Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 9 novembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    in questi giorni sono in corso consultazioni in sede di Commissione paritetica Stato/provincia autonoma di Bolzano, detta «Commissione dei sei», su una bozza di norma di attuazione dello statuto di autonomia che, per paradosso, invece di profilare l'applicazione del dettato del medesimo statuto in materia di rispetto del bilinguismo, ne determinerà, secondo quanto già emerso sulla stampa e dalle dichiarazioni di propri membri, una netta e inaccettabile limitazione;
    la proposta di «norma di attuazione dello Statuto speciale» in questione, secondo le notizie di stampa e le dichiarazioni ufficiali, prevedrebbe una arbitraria reinterpretazione dello statuto di autonomia con l'espressa restrizione del diritto della comunità di lingua italiana di potere riconoscersi anche in Alto Adige in un proprio patrimonio di denominazioni di località nella propria lingua, limitando pericolosamente il principio di parità dei gruppi linguistici residenti in provincia di Bolzano;
    l'ipotesi in discussione prefigurerebbe anche l'approvazione di elenchi di denominazioni di località solo in lingua tedesca con la violenta cancellazione delle medesime dizioni nelle lingue italiane, nonostante l'uso diffuso delle medesime sul territorio;
    la bozza della norma di attuazione sarà sottoposta a visto anche da parte dei Ministri competenti, in primis quello per gli affari regionali e dell'interno, ma si ritiene anche della difesa (per le implicazioni relative all'utilizzo delle denominazioni «abolite» in lingua italiana sulle carte geografiche militari) e degli affari esteri e della cooperazione internazionale (in relazione alle connesse questione relative alle relazioni fra Italia ed Austria vincolate dall'accordo De Gasperi/Gruber che riconosce l'autonomia alle popolazioni a ridosso del confine del Brennero e sancisce il principio del bilinguismo della toponomastica);
    le misure contenute nella bozza di norma di attuazione sarebbero recepite immediatamente da una legge provinciale il cui iter è già avviato con l'assegnazione alla competente commissione legislativa. La legge provinciale recepirebbe le limitazioni dettate dalla norma di attuazione che, avendo un rango costituzionale, determinerebbe una ridefinizione degli ambiti di applicazione dello statuto di autonomia per quanto riguarda il bilinguismo, a danno esclusivo della comunità di lingua italiana;
    la legge provinciale, rimodellando una precedente norma impugnata nel 2012 dal Governo, annullerebbe il contenzioso instaurato presso la Corte costituzionale vanificando la riaffermazione da parte della Consulta dell'intangibilità del principio assoluto del bilinguismo nella toponomastica;
   il principio del bilinguismo applicato alla toponomastica in Alto Adige è contenuto nello statuto dell'autonomia agli articoli 8 e 101. Infatti, lo statuto definisce oggi senza incertezze l'ambito entro il quale possa essere esercitata la competenza della provincia in materia di toponomastica «fermo restando l'obbligo del bilinguismo» (articolo 8). E ancora: «Nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione» (articolo 101); si ribadisce sostanzialmente che, oltre alla toponomastica in lingua italiana, si debba usare nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca anche la toponomastica nella lingua tedesca, che quindi si aggiunge e non si sostituisce a quella italiana su una porzione del territorio nazionale;
    la possibile approvazione da parte della «Commissione dei sei», di elenchi che sulla base di scelte politiche operino una cancellazione in Alto Adige di uno dei diritti naturali di ogni cittadino italiano come quello alla libertà di espressione nella propria madre lingua, costituisce un vulnus che va scongiurato; la ferita alla convivenza risulterà fatale in caso di provvedimenti assunti da parte del Governo attraverso norme di attuazione allo statuto speciale che introducano limiti all'esercizio all'utilizzo della lingua italiana per la denominazione ufficiale di località diffusamente conosciute con nomi storici in lingua italiana a vantaggio di un monolinguismo tedesco che mortifica la comunità di lingua italiana residente in provincia di Bolzano e offende la comunità nazionale tutta;
    fra le centinaia di nomi di luogo in lingua italiana di cui si minaccia la cancellazione forzosa nonostante l'uso diffuso e riconosciuto possono considerarsi quelli di Vetta d'Italia (contestata con criteri esclusivamente politici ma non storici o d'uso), Lavena (per la località di Langfenn sopra Bolzano); i nomi di castelli notissimi come Appiano, Tures, Presule e altri, decine di località minori come quelle nei comuni di Silandro o Naturno in Val Venosta che, pur richiamandosi al nome dei comuni stessi (che rimarrebbero bilingui), perderebbero la loro declinazionale locale. Così nel comune di Naturno l'alpeggio dovrebbe chiamarsi solo «Malga Naturnser Alm» invece dell'attuale Malga di Naturno, o nel comune di Silandro l'alpeggio dovrebbe chiamarsi solo Malga Schlanderser Alm invece di Malga di Silandro. Anche il nome del confine di Stato Resia nella sua articolazione locale verrebbe cancellato in lingua italiana: Malga Rescher Alm invece del conosciuto Malga di Resia. Gli elenchi sono lunghissimi e drammatici nella loro violenza morale verso la cultura e l'identità della comunità italiana del territorio e quella nazionale che in queste denominazioni si riconosce almeno da oltre un secolo;
    nel 2010 la procura di Bolzano si era occupata dei cartelli segnaletici in montagna – 36.000 cartelli in versione monolingue tedesca – e della loro necessaria integrazione con la lingua italiana, in quanto la scritta monolingue rappresenta una violazione della legge per mancato rispetto delle disposizioni vigenti in materia di toponomastica e bilinguismo;
    è assolutamente inopportuno che su una parte del territorio nazionale, la lingua italiana possa essere soppressa dall'uso nella toponomastica;
    la toponomastica monolingue rappresenta, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, un dichiarato tentativo di «autodeterminazione» e superamento dell'unità nazionale, il cui unico vero effetto, immediato, è quello di originare una profonda frattura nella società,

impegna il Governo:

1) anche alla luce delle considerazioni di alti vertici istituzionali in merito all'italiano come lingua «a vocazione universale», e in particolare delle affermazioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale ai recenti Stati generali della lingua di Dante, ovvero che «la lingua è il veicolo attraverso cui passano la nostra cultura, i nostri valori, la nostra visione del mondo», ad adottare con determinazione ogni iniziativa utile, nell'ambito delle proprie competenze e nel pieno rispetto dello statuto di autonomia speciale per il Trentino Alto Adige-Südtirol, a contrastare iniziative di qualsivoglia genere, anche normative, non rispettose del bilinguismo e delle peculiarità di una provincia plurilingue, tenuto conto della imprescindibilità della presenza della toponomastica italiana;
2) alla luce di quanto denunciato in data 1o ottobre 2016 dal Club Alpino Italiano (CAI) di Bolzano, ad adottare iniziative idonee volte ad evitare che la soppressione dell'uso della lingua italiana nella toponomastica, possa rappresentare un serio problema di sicurezza per escursionisti e residenti, nonché determinare un aumento degli incidenti in montagna che comportino danni fisici, anche gravi, alla persona, in quanto la segnaletica monolingue non permette di conoscere ed evitare, ad esempio, un pericolo;
3) a tutela del diritto e nel rispetto delle leggi, a porre in essere iniziative a tutela del paritetico bilinguismo nella Provincia Autonoma di Bolzano;
4) a prestare grande attenzione alla questione dell'uso della toponomastica unicamente in lingua tedesca, nel pieno rispetto dell'autonomia della provincia autonoma di Bolzano e del suo statuto, per la finalità che sottende, cioè di superare i principi di «unità nazionale» e di incrinare rapporti paritetici tra le comunità locali;
5) a non approvare norme di attuazione dello statuto di autonomia e ad impugnare, ritenendone sussistenti i presupposti, leggi provinciali che possano interpretare in senso restrittivo il dettato e lo spirito dello statuto per quanto concerne il bilinguismo della toponomastica non riconoscendo denominazioni di luogo in lingua italiana diffusamente utilizzate e/o censite sulla base di criteri oggettivi nonché accettate anche internazionalmente, perché inserite nelle tavole d'uso militare approvate dall'Istituto geografico militare;
6) ad avviare iniziative, sulla base di quanto esposto in premessa, con la provincia autonoma di Bolzano per una soluzione del contenzioso che riconosca l'indiscutibile diritto all'ufficializzazione della toponomastica in lingua tedesca e ladina in aggiunta alla toponomastica in lingua italiana riconosciuta e non in sostituzione di essa;
7) a chiarire quale sia la posizione del Governo per il mancato rispetto da parte della provincia Autonoma di Bolzano del principio di bilinguismo della toponomastica richiamato dall'accordo De Gasperi/Gruber.
(1-01434) «Biancofiore, Brunetta, Giammanco, Alberto Giorgetti».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IX e X,
   premesso che:
    l'Italia rappresenta il primo produttore di biciclette in Europa;
    seppur con una flessione nel 2015 rispetto al 2014 il volume di esemplari prodotti fa sì che il nostro Paese sia ancora leader sia nella produzione di biciclette che nella produzione di tutta la componentistica correlata;
    il 2015 ha visto anche una crescita del numero di biciclette a pedalata assistita vendute (+9,83 per cento) che, con 56.189 unità, rappresentano ancora solo il 3,5 per cento del totale delle biciclette vendute nel nostro Paese;
    sono presenti in Italia più di 24 milioni di biciclette con circa 10 milioni di ciclisti che usano frequentemente le due ruote;
    l'utilizzo della bicicletta, ossia il cicloturismo può rappresentare un'importante leva economica per il turismo nazionale: secondo dati Enit infatti, il ritorno economico del cicloturismo ha una potenzialità che supera i 3 miliardi di euro di fatturato all'anno;
    le destinazioni cicloturistiche italiane più richieste sono quelle dove sono presenti maggiori servizi ad uso del ciclista come, ad esempio, l'Emilia-Romagna ed il Veneto;
    i cicloturisti in Italia sono per il 61 per cento stranieri e il 39 per cento italiani;
    le strutture scelte dai cicloturisti sono generalmente dotate di standard e livelli di comfort medio alti;
    particolare rilievo nell'offerta turistica dedicata a questo segmenti hanno i bike hotel e gli alberghi bike friendly, generalmente uniti in consorzi, che dedicano servizi specifici ai cicloturisti;
    le numerose manifestazioni di cicloturismo e amatoriali italiane vedono la partecipazione di migliaia di ciclisti e in molti casi rappresentano un veicolo promozionale straordinario, producendo un forte indotto turistico grazie alle specificità e alle caratteristiche del prodotto che viene promozionato;
    la realizzazione di ciclovie di media e lunga percorrenza a fini prevalentemente ricreativi e turistici sta diventando una esigenza sempre più sentita dalle amministrazioni a vari livelli, presso le quali va crescendo di giorno in giorno la consapevolezza della necessità di valorizzare i propri territori all'insegna della sostenibilità,

impegnano il Governo:

   a valorizzare il cicloturismo attraverso specifici accordi con enti locali e associazioni del settore;
   ad assumere iniziative per potenziare la rete informativa lungo i percorsi cicloturistici esistenti;
   a sostenere gli sforzi per la messa in sicurezza e la manutenzione delle ciclovie;
   a sostenere i progetti volti a trasformare le linee ferroviarie dismesse in ciclovie turistiche.
(7-01142) «Abrignani, Sottanelli».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il settore pataticolo occupa un posto di assoluto rilievo tra le produzioni orticole nazionali con numeri rilevanti sia in termini di coltivatori, oltre 50.000, che di superficie investita, oltre 55.000 ettari e con una produzione lorda vendibile di circa 800 milioni di euro per le patate da consumo e circa 100 milioni di euro per quelle da industria;
    la coltivazione di tale prodotto ha tuttavia costi di produzione molto elevati, oltre 8.000 euro/ettaro a causa del costo del seme, della preparazione del terreno e delle nuove tecniche di irrigazione volte a ridurre il consumo idrico, posto che quella della patata necessita di maggior apporto idrico rispetto ad altre coltivazioni;
    la produzione nazionale non soddisfa la domanda interna e l'Italia importa circa 700.000 tonnellate/anno di patate per il consumo fresco ed oltre 150.000 tonnellate/anno destinate alla trasformazione e il prezzo varia da un anno all'altro in relazione agli investimenti effettuati nei Paesi fornitori. La dipendenza dalle importazioni può influire, non sempre positivamente, sulle capacità di programmazione degli operatori nazionali, con prezzi più bassi per i coltivatori;
    come noto, a fronte del fatto che il settore pataticolo non è mai stato regolamentato da una specifica organizzazione comune di mercato a livello europeo, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha, nel corso del tempo, attivato alcuni interventi a sostegno del comparto quali l'accordo interprofessionale per il prodotto destinato alla trasformazione industriale e lo stoccaggio privato per quello destinato al mercato fresco al fine di dilazionarne l'immissione sul mercato, interventi che hanno consentito la diversificazione degli investimenti e il mantenimento dell'equilibrio di mercato, salvaguardando il reddito degli operatori;
    in particolare, l'accordo interprofessionale per l'industria, concordato e sottoscritto dalle parti con continuità dal 1988 fino al 2015, ha permesso di aumentare da 47.000 a 200.000 tonnellate il rifornimento delle industrie con patate italiane; la riduzione delle importazioni dall'estero ha determinato un notevole risparmio per la bilancia commerciale italiana, oltre ad un significativo incremento di reddito per i pataticoltori italiani; la crescita del settore ha permesso di specializzare alcune aree del Paese verso una pataticoltura da industria (Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio, Abruzzo, Calabria), limitando le importazioni ai periodi di minore produzione nazionale (gennaio-marzo);
    il regolamento (CE) n. 1182/2007 di riforma del settore ortofrutticolo, ha disposto la cessazione al 31 dicembre 2011 degli interventi nazionali, interventi che per l'Italia, fino a quella data si attestavano intorno ai 6 milioni di euro all'anno, cifra che rappresentava lo 0,8 per cento della produzione lorda vendibile, stimata in 1 miliardo di euro;
    a partire dal 2012 la patata non beneficia più di alcun aiuto pubblico, con l'eccezione dell'anno 2014 per il quale, utilizzando l'ultima annualità di applicazione dell'articolo 68 del regolamento (UE) n. 73/2009, è stato possibile aiutare il comparto con circa 3 milioni di euro destinati a sostenere la trasformazione industriale, la denominazione di origine protetta e l'indicazione geografica protetta della patata;
    la coltivazione del prodotto in parola rappresenta un irrinunciabile contributo socioeconomico per tutte le regioni italiane, in particolare per quelle meridionali e per le marginali e di montagna, dove la pataticoltura garantisce non solo l'economia locale ma anche l'occupazione e diventa pertanto strategico salvaguardare questa specificità, minacciata dall'assenza di una strategia di intervento a favore del settore,

impegna il Governo:

   ad attivare urgentemente le azioni previste dal piano nazionale per il settore pataticolo, in particolare:
    a) promuovendo e incentivando l'adozione, da parte degli operatori, di innovazioni tecnologiche nella gestione agronomica della coltura capaci di aumentare le rese, la redditività e la sostenibilità di una produzione di altissima qualità attraverso la validazione scientifica (prove sperimentali) ed aziendale (prove dimostrative);
    b) sviluppando uno specifico progetto di ricerca finalizzato all'ampliamento varietale in funzione della richiesta diversificata dei mercati, per un utilizzo culinario e gustativo alternativo alle attuali programmazioni varietali e per la trasformazione industriale, con successiva validazione scientifica (prove sperimentali) ed aziendale (prove dimostrative);
    c) attivando programmi colturali dedicati alla produzione di tubero-seme nazionale;
    d) sviluppando un modello «innovativo» di prodotto basato sugli aspetti della tracciabilità dell'origine, della freschezza, del profilo calorico favorevole, del contenuto di fattori nutrizionali positivi (vitamina C);
    e) avviando un programma di informazione al consumatore in materia di sicurezza alimentare e di marketing per la valorizzazione del prodotto;

   ad intervenire con decisione, durante il prossimo negoziato per la riforma di medio termine della politica agricola comune, affinché alla patata sia riconosciuto l'aiuto accoppiato sulla base dell'articolo 52 del regolamento dell'Unione europea n. 1307/2013;
   ad incentivare e promuovere tutte le iniziative utili a rafforzare i rapporti di filiera attraverso il riconoscimento di associazioni di organizzazioni di produttori (AOP) nazionali previste dal regolamento dell'Unione europea n. 1308/2013;
   al fine di assicurare agli operatori del settore informazioni ed elementi utili a predisporre le migliori strategie commerciali, ad attivare un osservatorio economico nazionale sul settore pataticolo con il compito, tra gli altri, di condurre specifiche analisi degli andamenti produttivi nazionali ed europei.
(7-01141) «L'Abbate, Gallinella, Parentela, Benedetti, Gagnarli, Lupo, Massimiliano Bernini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Cgia Associazione artigiani piccole imprese di Mestre ha diffuso nelle ultime settimane alcuni dati relativi all'incremento delle accise su benzina e gasolio che i diversi Governi hanno applicato successivamente a tragici eventi sismici al fine di raccogliere fondi per la ricostruzione e la messa in sicurezza;
   i dati diffusi dalla Cgia mostrano, in particolare, che le entrate per lo Stato, derivanti dall'aumento delle accise suddette, corrisponderebbero a circa 145 miliardi di euro, a fronte dei circa 70 spesi effettivamente nella ricostruzione e stimati dal Consiglio nazionale degli ingegneri;
   l'associazione ha analizzato nel dettaglio le misure adottate a seguito degli eventi del Belice (1968), del Friuli (1976), dell'Irpinia (1980), delle Marche/Umbria (1997), della Puglia/Molise (2002), dell'Abruzzo (2009) e dell'Emilia Romagna (2012) e dedotto che lo Stato in questi anni ha aumentato 5 volte le accise sui carburanti, consentendo all'erario di incassare molti più fondi di quanti effettivamente ne sono stati investiti;
   in particolare, ad esempio, in occasione del terremoto del Friuli (1976), l'accisa introdotta da un Esecutivo presieduto da Aldo Moro fu di 99 lire al litro. Dal 1976 al 2015 questa imposta ha garantito un gettito di 78,1 miliardi di euro nominali, mentre per gli ingegneri la ricostruzione è costata 4,7 miliardi di euro nominali; a seguito del sisma d'Abruzzo (2009), invece, il Governo Berlusconi ritoccò il prezzo della benzina e del gasolio per autotrazione di 0,004 euro al litro. A fronte di una spesa ipotizzata di 13,7 miliardi di euro nominali, lo Stato finora ha incassato 539 milioni di euro nominali;
   è evidente che alla luce di tale analisi, una parte delle maggiori entrate derivate dall'aumento delle accise sul carburante, potrebbe essere destinata a coprire parte dei «danni indiretti» subiti da attività commerciali, ristoratori, albergatori ed imprese artigiane presenti sul territorio interessato dal sisma, come avvenuto già in occasione della ricostruzione che ha seguito il terremoto del 1997 in Umbria –:
   se il Governo sia a conoscenza della relazione diffusa dalla Cgia di Mestre e se effettivamente tale analisi corrisponda al vero;
   se il Governo non intenda comunque destinare, attraverso le iniziative anche normative di competenza, una parte delle eventuali maggiori entrate derivanti da provvedimenti di emergenza successivi ad eventi sismici, ad un fondo per i «danni indiretti» di attività commerciali, ristoratori, albergatori e imprese artigiane presenti sul territorio interessato dall'evento. (5-09976)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIBILIA, FRUSONE, MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, SPADONI, DEL GROSSO, TOFALO, DI BATTISTA, GRANDE e GALLINELLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 27 ottobre 2016 nella prima Commissione dell'Assemblea delle Nazioni Unite è stata votata la risoluzione denominata L 41 in cui si chiede che nel 2017 siano avviate le trattative per arrivare a un divieto delle armi nucleari con l'obiettivo della loro totale eliminazione, prevista fin dal 1970 dall'articolo VI del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP). Il Trattato, approvato dalla quasi totalità dei Paesi della terra, compresi quelli che possiedono armi nucleari, stabilisce che «Ciascuna Parte si impegna a concludere in buona fede trattative su misure efficaci per una prossima cessazione della corsa agli armamenti nucleari e per il disarmo nucleare, come pure per un trattato sul disarmo generale e completo sotto stretto ed efficace controllo internazionale»;
   la citata risoluzione è stata approvata con 123 voti a favore, 38 voti contrari e 16 astensioni. L'Italia ha espresso voto contrario sostenendo la posizione degli Stati Uniti e di altre potenze nucleari;
   la risoluzione L 41 stabilisce lo svolgimento di una conferenza tematica delle Nazioni Unite a partire dal marzo 2017, una riunione aperta a tutti gli Stati membri con il fine di negoziare uno «strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari, che porti verso la loro eliminazione totale». I negoziati, al riguardo, continueranno poi nel mese di giugno e luglio del 2017;
   sempre il 27 ottobre 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione nella quale tra l'altro si afferma di accogliere con favore la raccomandazione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite di convocare una conferenza nei 2017 per negoziare uno strumento giuridicamente vincolante per vietare le armi nucleari. Sempre la risoluzione del Parlamento europeo invita gli Stati membri dell'Unione europea a sostenere la convocazione di una conferenza nel 2017 e di partecipare in modo costruttivo ai suoi lavori –:
   per quale ragione il Governo non abbia ritenuto opportuno coinvolgere e far esprimere il Parlamento circa la decisione da assumere (voto favorevole, astensione o contrario) nei confronti della risoluzione L 41;
   come giustifichi la decisione dell'Italia d'isolarsi da larga parte della comunità internazionale schierandosi con i Paesi nucleari (con l'eccezione di Cina e Pakistan che si sono astenuti) nel voto contrario alla risoluzione L 41;
   come intenda dare attuazione a quella parte della risoluzione del Parlamento europeo del 27 ottobre 2016 sul disarmo nucleare, nella quale si invitano «gli Stati membri dell'UE a sostenere la convocazione di una conferenza nel 2017 e di partecipare in modo costruttivo ai suoi lavori». (5-09995)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   fin dagli anni ’70, è stata riconosciuta l'importanza di disciplinare l'accessibilità agli spazi e alle infrastrutture da parte di utenti con capacità deambulatorie limitate o nulle per l'eliminazione e superamento delle barriere architettoniche;
   rete ferroviaria italiana (RFI) ha avviato un programma di interventi per il miglioramento dell'accessibilità, iniziati nel 2015 per un investimento complessivo di circa 160 milioni di euro, nelle stazioni a maggiore frequentazione. Si tratta di lavori orientati al graduale adeguamento delle circa 2000 stazioni ferroviarie appartenenti al network RFI alla «specifica tecnica di interoperabilità ferroviaria per le persone a mobilità ridotta», compatibilmente con i vincoli presenti (strutturali, architettonici, logistici e di esercizio);
   attualmente, risultano realizzati interventi in circa 40 stazioni, tra queste le principali sono: Bologna Centrale, Piacenza, Modena, Reggio Emilia, Rimini, Ravenna, Firenze Santa Maria Novella, Firenze Campo Marte, Napoli Centrale, Bari Centrale, Milano Centrale, Milano Porta Garibaldi, Rho Fiera, Roma Termini, Roma Tiburtina, Roma Ostiense, Ciampino, Ladispoli, Roma San Pietro, Novara, Vercelli, Venezia Mestre, Treviso;
   ulteriori risorse, 380 milioni di euro, sono state rese disponibili nell'agosto 2016 con l'aggiornamento del contratto di programma –:
   se il Ministro intenda chiarire quali stazioni saranno oggetto di riqualificazioni nel periodo 2017-2019 e se, in particolare, tra queste, vi sia la stazione ferroviaria di Latina;
   a quanto ammontino fondi stanziati, quanto sia stato speso finora e se saranno rese disponibili ulteriori risorse nel periodo 2017-2019. (5-09975)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:


   COSCIA, MALISANI, RAMPI, BONACCORSI, MANZI, NARDUOLO, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, IORI, MALPEZZI, PES, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni è in corso la settima conferenza dei siti italiani nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO;
   tra i 190 Stati membri della Convenzione sulla protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale del 1972, l'Italia è il Paese con il maggior numero di siti iscritti, 47 su 962;
   è da tempo accresciuta la consapevolezza della necessità di avviare una riflessione più ampia sulle misure necessarie di promozione, tutela e valorizzazione del patrimonio;
   con l'approvazione della legge 20 febbraio 2006, n. 77 «Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella “lista del patrimonio mondiale”, posti sotto la tutela dell'UNESCO», cui si prevede di apportare modifiche con il progetto di legge approvato alla Camera sulla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale immateriale e attualmente in corso di esame in VII Commissione al Senato (A.S. 2371), è stata possibile, in forma organica e coordinata, un'operazione di notevole importanza e di sicuro riferimento in materia di gestione dei siti;
   a sostegno dell'attività già in atto, risulta necessario individuare ulteriori meccanismi capaci di sviluppare politiche atte non solo a preservare le testimonianze materiali, ma anche a creare nuova cultura, supportando i gestori dei siti nell'attività quotidiana di tutela e valorizzazione del patrimonio –:
   come il Ministro intenda dare seguito alle indicazioni emerse dalla settima conferenza dei siti italiani nella lista del patrimonio mondiale dell'UNESCO.
(5-09986)


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa risulta che, con riferimento alla messa in sicurezza ed alla ricostruzione degli immobili danneggiati dai recenti eventi sismici che hanno, colpito il Paese, il Consiglio dei Ministri del 4 novembre 2016, avrebbe approvato il testo di un ulteriore emanando decreto-legge che velocizza alcune procedure amministrative legate alla ricostruzione;
   secondo quanto previsto dal suddetto provvedimento, i comuni interessati hanno la facoltà di effettuare direttamente gli interventi indispensabili per la messa in sicurezza del loro patrimonio storico-artistico (attraverso, ad esempio, la chiamata diretta dei direttori dei lavori), essendo per questo anche autorizzati ad assumere a tempo determinato fino a 350 impiegati fra tecnici e amministrativi;
   tale previsione esautora sostanzialmente il ruolo delle Soprintendenze, andando, peraltro, ad esasperare quella marginalizzazione alla quale sono condannati, da tempo, molti tecnici, tra i quali restauratori, architetti, storici dell'arte ed archeologi, che già lavorano per gli uffici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ed affida all'interventismo ed alla capacità di valutazione dei singoli sindaci, la sopravvivenza del patrimonio storico-artistico ed archeologico ricadente sul territorio dagli stessi amministrato;
   diversamente, in territori nei quali il sopraggiungere di eventi climatici sfavorevoli rischia di aggravare rapidamente le criticità provocate dal sisma, le esperienze delle professionalità delle Soprintendenze avrebbero dovuto essere valorizzate e rafforzate, anche grazie a quella «Soprintendenza unica speciale per il terremoto», quale interlocutore unico anche nella prospettiva della ricostruzione, annunciata quasi un mese fa dal Ministro interrogato e non ancora varata;
   fino ad oggi si è solo assistito a quella che appare all'interrogante incapacità del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di dotarsi in breve tempo, come del resto è avvenuto per la protezione civile, di una struttura efficace di pronto intervento. Infatti, non è stato ancora rimosso dalle chiese colpite dal sisma di agosto tutto il patrimonio amovibile e sono crollate buona parte di quelle già danneggiate e mai messe in sicurezza;
   la delega ai comuni dei compiti istituzionali e costituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo rischia di rappresentare la fine dichiarata di quel modello italiano di tutela del patrimonio culturale che tutto il mondo invidia al nostro Paese;
   in caso di catastrofi naturali come questa, anche al fine di superare incertezze ed improvvisazioni il 23 aprile 2015 è stata emanata una direttiva per i danni ai beni culturali che al momento sembra totalmente disattesa –:
   alla luce di quanto esposto, quale sia la strategia del Ministero, con quali tempi e con quali risorse e come intenda coordinarsi con gli altri soggetti istituzionali. (5-09987)


   PALMIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 208 del 2015 ha introdotto un bonus di 500 euro per acquisti di natura culturale destinato ai giovani che diventano maggiorenni nel 2016;
   l'attuazione della norma si è resa possibile solo dal 3 novembre 2016, con quasi un anno di ritardo, con l'attivazione del sito 18app. I ragazzi devono registrarsi dopo aver ottenuto identità Spid attraverso 4 diversi possibili provider: Poste italiane, Tim, Infocert, Sielte con diverse procedure di accreditamento;
   gli acquisti possono essere effettuati sia in luoghi fisici che mediante e-commerce. Anche gli esercenti devono accreditarsi: dopo una prima registrazione, devono di volta in volta accedere al sito per poter richiedere il rimborso del buono ottenuto dal 18enne ed emettere relativa fattura;
   i ritardi nell'attuazione della norma, la farraginosità del processo di accreditamento e la mancata informazione capillare non hanno stimolato gli esercenti del settore culturale, soprattutto nelle piccole realtà, ad aderire a questa iniziativa che avrebbe dovuto, nelle intenzioni del Governo, elevare il livello di consumo di prodotti culturali da parte dei giovani e, di conseguenza, spingere i consumi culturali, specialmente a favore dei piccoli esercizi commerciali del settore;
   a pochi giorni dall'attivazione del sito sembra all'interrogante che la norma sia servita a favorire solo i grandi operatori. Per esempio, Amazon ha immediatamente fornito i servizi connessi all'utilizzo del bonus, creando un apposito sito amazon.bonus18.it; viceversa ci sono state solamente poco più di 150 mila registrazioni di esercenti, a fronte di un risultato ben più corposo indicato dal Governo come obiettivo –:
   quali iniziative intenda assumere a tutela dei librai e in genere degli operatori del settore culturale italiano, affinché possano avere le giuste opportunità per intercettare almeno parte dell'utilizzo del bonus. (5-09988)


   SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, VACCA, MARZANA, BRESCIA, D'UVA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto-legge n. 83 del 2014 ha introdotto un credito d'imposta per le erogazioni liberali in denaro a sostegno della cultura e dello spettacolo, il cosiddetto «art bonus»;
   l’«art bonus» nasce, quindi, come supporto per «interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo»;
   in attuazione del comma 5 del citato articolo, i soggetti beneficiari delle erogazioni liberali sono tenuti a comunicare mensilmente al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo l'importo totale delle erogazioni liberali ricevute nel mese di riferimento, nonché a fornire comunicazione di tale importo e della destinazione d'uso dello stesso, mediante il proprio sito web e in un apposito portale, artbonus.gov.it, in cui vengono pubblicate tutte le informazioni relative allo «stato di conservazione del bene, gli interventi di ristrutturazione o riqualificazione eventualmente in atto, i fondi pubblici assegnati per l'anno in corso, l'ente responsabile del bene, nonché le informazioni relative alla fruizione»;
   allo scopo di agevolare le erogazioni liberali da parte di tutti i cittadini interessati ad intervenire per valorizzare i beni culturali del nostro Paese, in data 22 ottobre 2015 sono stati accolti due ordini del giorno, rispettivamente tesi a prevedere la possibilità per associazioni culturali presenti sul territorio di chiedere l'accreditamento di ulteriori siti culturali statali a cui destinare le erogazioni liberali e a prevedere la possibilità di effettuare i versamenti per i siti culturali accreditati direttamente online;
   ad oggi sul sito artbonus.gov.it non risulta ancora possibile effettuare i versamenti direttamente online, per i quali, invece, sono reperibili solo le coordinate bancarie per l'accreditamento mediante bonifico;
   inoltre, a garanzia dell'effettiva fruizione del patrimonio culturale di cui si dispone, sarebbero utili la valorizzazione e il tempestivo riconoscimento di figure professionali afferenti al settore in questione, ci si riferisce in particolare all'economista della cultura, classe LM-76 (ex S-83) – scienze economiche per l'ambiente e la cultura –:
   quale sia lo stato di attuazione degli impegni assunti dal Governo e richiamati in premessa. (5-09989)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la sequenza di scosse sismiche che ha colpito il centro ha fortemente compromesso il patrimonio artistico e reso inagibile buona parte dei luoghi di culto presenti nei circa 200 paesi coinvolti dal terremoto;
   un patrimonio che oltre ad avere un valore storico e culturale si inserisce in percorsi turistici e rappresenta, in non pochi casi, il vero collante di una comunità;
   molti singoli benefattori hanno espresso la volontà di «adottare» un monumento e sono in atto raccolte di fondi da destinare a questi luoghi e a queste popolazioni;
   in molti stanno contattando i sindaci per offrire consulenze o lavori a titolo gratuito;
   una spontaneità che, considerata l'importanza e la delicatezza degli interventi, dovrebbe essere coordinata;
   alcuni amministratori intervistati hanno affermato di aver visto aggravarsi l'entità dei danni al patrimonio per la lentezza imposta dalla burocrazia e dalla sovrapposizione delle competenze;
   il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha attivato una task force che sta gestendo tutte le donazioni attraverso accordi operativi o protocolli d'intesa anche pluriennali cercando di dare un ordine alle priorità per realizzare un sistema efficace di collaborazione con chiunque voglia adoperarsi affinché in questi paesi riaprano le scuole;
   vanno considerati i vincoli cui è sottoposto il patrimonio artistico, le professionalità necessarie per la catalogazione dei detriti, la progettualità specifica indispensabile per ottenere risultati ottimali e la cura che occorre per il restauro di ciò che resta –:
   se non ritenga di dover promuovere un intervento organico, magari attivando una cabina di regia nazionale per evitare che ciascun sindaco o ciascuna comunità religiosa possa procedere in emergenza e fare da sé, visto che aspettare che chi deve intervenire intervenga, in questa situazione, non è efficace, anzi, peggiora le cose, e per evitare, soprattutto, che la fama di alcuni monumenti e il ritorno di immagine che la donazione può portare possano concentrare l'interesse dei finanziatori su alcune opere a danno di altre. (4-14753)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 febbraio 2015 i signori Vitale Tiziana, Carmelo e Cutini Anna – rispettivamente padre, figlia e madre – depositavano presso la procura della Repubblica presso il tribunale civile e penale di Sulmona un esposto nel quale assumevano di essere state vittime del reato di usura perpetrato ai loro danni dall'istituto di credito B.C.C. (agenzia n. 37 di Pescasseroli, AQ) di cui erano clienti;
   dato atto che, nel periodo compreso tra il 1997 e il 2009, erano stati loro concessi dalla banca, prima al padre e poi alla figlia, a questi subentrante nell'attività alberghiera familiare, n. 4 contratti di mutuo, gli esponenti denunciavano che gli ultimi due erogati alla signora Vitale Tiziana fossero da ritenersi usurari: il primo (n. 215 del 10 aprile 2001) per usura sopravvenuta e il secondo (n. 301466 del 12 novembre 2009) per usura pattizia;
   sulla base di tale denuncia, la procura avviava un'indagine (proc. penale n. 160/2015 P.M.) contro ignoti per i reati di cui agli articoli 644, commi 1, 2, 3, 4 e 81 e 479 c.p. nel corso della quale nominava il dottor Giuseppe Schiavo, dottore commercialista in Sulmona, consulente tecnico d'ufficio a cui chiedeva, tra le altre cose, di verificare le considerazioni di parte quanto alla sussistenza delle condizioni usurarie e del conseguente illecito arricchimento;
   esaminata analiticamente tutta la documentazione in atti e quella acquisita dalla B.C.C. di Roma s.c.a.r.l., il dott. Schiavo depositava il 29 luglio 2015 relazione peritale in cui rilevava in entrambi i contratti di mutuo evidenti anomalie nell'applicazione del tasso di interesse dato l'evidente superamento, in alcuni casi di quasi 8 punti percentuali, del tasso soglia usura (T.S.U.);
   circa il mutuo del 2001 rilevava che su 16 rate totali, in ben 13 «il tasso di mora applicato ha una maggiorazione oltre soglia usura» concludendo per una «un'usura sopravvenuta sul tasso di mora» (pp. 71 e ss. relazione peritale); circa il mutuo del 2009, riscontrava la sussistenza di «un'usura pattizia sul tasso di mora» (cfr. pp. 107 e ss. relazione peritale) nonché «un'usura pattizia sul tasso/commissione applicata eventualmente per l'estinzione anticipata» del contratto di mutuo (pp. 112 e ss. relazione peritale). In ragione di ciò, concludeva per la sussistenza dei reati di estorsione, truffa ed usura di cui, rispettivamente, agli articoli 629, 640 e 644 del codice penale (p. 149 della perizia);
   il nostro ordinamento vieta alle banche e a tutti gli intermediari finanziari di praticare l'anatocismo, ossia la produzione di interessi sugli interessi, attraverso la loro capitalizzazione;
   si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi a che a titolo di interessi moratori (Corte Costituzionale sentenza n. 29/2009 e decreto-legge n. 394 del 2000, articolo 1, comma 1);
   l'articolo 1815, comma 2, del codice civile stabilisce che se sono convenuti interessi usurari, la clausola che li prevede è nulla e non sono dovuti interessi;
   la giurisprudenza ha consacrato il principio secondo cui ai fini dell'applicazione della disciplina antiusura e del superamento del tasso soglia è rilevante ogni genere di onere collegato all'erogazione del credito, quindi anche il costo pattuito per l'estinzione anticipata del mutuo;
   negli ultimi anni numerosi casi di anatocismo e di usura bancaria hanno coinvolto imprenditori e famiglie comportando ai loro danni la perdita delle proprie aziende e case, dovuta alle procedure pignoratizie avviate dagli istituti di credito;
   risulta all'interrogante che numerosi pignoramenti, in particolare quelli richiesti attualmente dalle banche, ivi compreso quello subito dalla signora Vitale Tiziana, siano infondati in quanto basati su debiti derivanti da somme quantificate in maniera non corretta dagli istituti di credito, in applicazione di interessi usurari e di calcoli composti degli interessi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza al fine di tutelare gli imprenditori e le famiglie da prassi e usi bancari spesso lesivi dei diritti e degli interessi dei consumatori e dei cittadini;
   di quali elementi disponga il Governo – anche per il tramite del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e dell'Osservatorio sull'erogazione del credito e sulle condizioni praticate dalle banche alla clientela – in relazione al caso esposto in premessa e ad altri analoghi che riguardino l'istituto di credito B.C.C.
   (5-09977)


   D'INCÀ, PESCO, RUOCCO, VILLAROSA e ALBERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende che Veneto Banca, il 13 gennaio 2015, delibera l'acquisto di un portafoglio di 1.200 prestiti ipotecari vitalizi (PIV) della banca JP Morgan per un valore di circa 205 milioni di euro. La tipologia di prestito risalta essere poco diffusa e particolarmente rischiosa ed un'operazione del genere posta in essere da un istituto di credito in difficoltà desta qualche perplessità;
   successivamente a detta operazione finanziaria la banca JP Morgan provvede all'acquisto di 900 mila azioni di Veneto Banca appartenenti a determinati soci per un valore di 39,50 euro (pari ad un valore complessivo di 35,55 milioni di euro). Pochi mesi dopo il valore delle azioni, di Veneto Banca viene rideterminato al ribasso per un valore di 7,30 euro ad azione fino ad una tendenziale valutazione pari a zero in seguito all'infruttuoso tentativo di quotazione in borsa;
   da un report pubblicato dalla Banca centrale europea si evince che l'operazione di acquisto di 205 milioni euro di prestiti ipotecari vitalizi non sia stata corredata da adeguate valutazioni del rischio e sembrerebbe essere priva di specifiche motivazioni. L'operazione ha influito altresì negativamente per 5 punti base sul Cet1. Infine, così come si apprende dal report, l'operazione sembrerebbe esser stata posta in essere «(...) senza il coinvolgimento della funzione di compliance». L'operazione nel suo complesso ha implicato anche il pagamento di consulenze pari all'1 per cento del valore nominale dell'operazione alla centrale attività finanziarie e 450 mila euro ad Eidos Partners;
   a dicembre 2015 si è assistito ai primi effetti negativi dell'operazione; infatti, al fine di coprire il mancato recupero di somme relative ai prestiti ipotecari vitalizi acquistati, è stato effettuato un accantonamento di 4,5 milioni di euro;
   da fonti stampa si apprende che il reale obiettivo dell'operazione sia stato un aiuto agli azionisti «amici» di Veneto Banca in cambio, da parte di quest'ultima, di un acquisto di 205 milioni di euro di prestiti ipotecari vitalizi di JP Morgan;
   sarebbe opportuno verificare se l'acquisto di 205 milioni di euro di prestiti ipotecari vitalizi da parte di Veneto Banca sia stato effettuato in conformità alla normativa in vigore e se risulti conforme alle regole di «sana e prudente gestione» –:
   se risulti al Governo quali siano gli azionisti di Veneto Banca le cui azioni siano state acquistate, in modo diretto o indiretto, da JP Morgan;
   quali iniziative di competenza, anche sul piano normativo, il Governo intenda assumere per salvaguardare i risparmiatori, in particolare rendendo più stringente la disciplina per operazioni rischiose come quella descritta in premessa, condotte da istituti di credito che versano in situazione di difficoltà finanziaria, ed eventualmente intervenendo sul sistema sanzionatorio penale. (5-09996)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPADONI, DELL'ORCO, FERRARESI e SARTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in un recente articolo de Il Resto del Carlino dal titolo «Trasfusione infetta, vince la causa. Ma il Ministero non lo paga» recante la firma del giornalista Mike Scullin, viene trattata la storia di un imprenditore di Scandiano (RE) di settant'anni che a distanza di 26 anni dai fatti vince la causa in via definitiva contro il Ministero della salute per una trasfusione di sangue infetto;
   lo Stato deve corrispondere al cittadino la somma di 32 mila euro, denaro non ancora versato e al contempo esige che sia lo stesso cittadino a pagare le spese di lite; di fatti, il 26 maggio, l'Agenzia delle entrate gli notifica una cartella esattoriale che gli impone di pagare le spese di registrazione, pari alla somma di 1.162 euro, della sentenza che condannava il Ministero;
   numerosi sono i casi in cui ai cittadini viene chiesto di anticipare somme anche ingenti per la registrazione delle sentenze dagli stessi vinte al posto del Ministero che, inadempiente, non solo non ha versato loro la somma cui era stato condannato ma non ha nemmeno rimborsato le spese di lite, compresa la somma di registrazione della sentenza;
   tantissime sono le interrogazioni da parte del M5S relative gli emodanneggiati che, per ottenere un risarcimento iniziano una causa civile in tribunale e, una volta averla vinta, non vengono risarciti da parte del Ministero della salute. Da qualche tempo ciò accade anche per le prestazioni di indennizzo previste dalla legge n. 210 del 1992: per le sentenze successive al 2012 il Ministero, direttamente o tramite l'Ausl, inizia a non erogare la prestazione indennitaria bimestrale, né tanto meno gli arretrati, somme pari ad alcune decine di migliaia di euro –:
   quali interventi intendano intraprendere i Ministri interrogati e dove intendano riferire i fondi necessari al fine di risolvere in via definitiva la problematica concernente le procedure di indennizzo previsto dalla legge n. 210 del 1992 e le procedure di risarcimento per i soggetti danneggiati da trasfusioni con sangue infetto;
   se i Ministri interrogati non intendano porre in essere tutte le iniziative necessarie per introdurre una compensazione dei crediti affinché lo Stato non possa mai esigere un credito nei confronti di un cittadino il quale, a sua volta, vanti un credito di pari o di maggiore importo rispetto al primo, al fine di scongiurare la situazione paradossale in cui il cittadino debba dare risorse allo Stato quando lo Stato soccombente non le elargisce;
   quali strategie i Ministri interrogati intendano intraprendere per risolvere questa situazione, a giudizio degli interroganti incresciosa, affinché lo Stato, tramite l'Agenzia delle entrate, non esiga più il pagamento della registrazione delle sentenze dai cittadini verso cui lo Stato stesso è debitore per il medesimo titolo. (4-14749)


   SPADONI, DELL'ORCO, FERRARESI e SARTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società En.Cor viene costituita nel 2007 con 200 mila euro di capitale, detenuto interamente dal comune di Correggio (Reggio Emilia) e con un finanziamento regionale a fondo perduto di 1,1 milioni di euro;
   viene progettato un sistema di produzione di energia termica e di energia elettrica attraverso differenti fonti rinnovabili, per alimentare una rete di teleriscaldamento. Sul suddetto progetto, che viene fatto in vista di finanziamenti europei e di agevolazioni nazionali sulle fonti rinnovabili di energia, tutte le forze politiche sono d'accordo;
   al fine di giustificare una partecipazione totalitaria, il comune vincola la società a servire prioritariamente i bisogni delle strutture del comune stesso. Nel febbraio 2007 il consiglio comunale autorizza il sindaco, perché la società ottenga credito, a concedere a favore di En.Cor lettere di patronage non assimilabili a vere e proprie fidejussioni;
   tra gli anni 2007 e 2010 il comune di Correggio rilascia a favore di En.Cor 7 lettere di patronage per 15 milioni di euro verso Banca nazionale del lavoro, per 12 milioni verso Sanfelice Banca Popolare e per 9,6 milioni verso Banco Popolare;
   la società En.Cor chiude gli esercizi dal 2008 al 2011 con una perdita reale stimata di oltre 3 milioni di euro, secondo i dati della perizia del febbraio 2013, commissionata a dei consulenti, i quali concludono invitando il consiglio comunale a vendere o liquidare la società;
   il comune di Correggio viene commissariato e nel dicembre del 2013 Adriana Cogode, viceprefetto vicario di Reggio Emilia, ne assume la guida che lascerà dopo sei mesi a Ilenia Malavasi, eletta sindaco di Correggio il 9 giugno 2014;
   nel giugno 2013 la finanziaria Amtrade con sede a Zurigo e costituita da pochi mesi acquista le azioni di En.Cor risultando l'unica ad avere risposto al bando comunale. Il capitale versato è di soli 800.000 euro e la finanziaria fallisce pochi mesi dopo;
   i giornali la Voce di Reggio e Reggio Report hanno rivelato che Amtrade Holding, sede a Baar nel cantone svizzero di Zug, è stata liquidata e sciolta definitivamente il primo luglio 2016, mentre la sua gemella Amtrade Energy era fallita, sempre a Zug, nel mese di febbraio. Secondo Reggio Report le società Amtrade «spuntano come funghi nei paradisi fiscali di mezzo mondo»;
   il tribunale civile in una delle sentenze di primo grado condanna il comune di Correggio ad ottemperare agli impegni verso gli istituti di credito: il comune di Correggio è chiamato a risarcire Banca San Felice di quasi 11 milioni e circa 4 al Banco Popolare. Rimane ancora in attesa di sentenza il contenzioso con BNL;
   il giornalista imputato nel processo Aemilia Marco Gibertini, già condannato in primo grado, avrebbe portato avanti un'intermediazione con una banca per ottenere una fidejussione milionaria a favore di una società che ha gravitato nell'orbita di En.Cor;
   i parlamentari del MoVimento 5 Stelle sono intenzionati ad approfondire ogni aspetto dello scandalo En.Cor attraverso la Commissione antimafia;
   la recente delibera della Corte dei Conti — che impone al comune si Correggio di rivedere il bilancio — a quanto risulta agli interroganti è stata inviata dalla giunta, nonostante avesse l'obbligo di fornirla a tutti i consiglieri, solo dopo la denuncia del M5S tramite mezzo stampa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica, amministrativo-contabile tramite i servizi ispettivi di finanza pubblica, al fine di evitare che siano i cittadini a doverci rimettere a causa di una vicenda che ha creato un danno economico enorme dovuto, a parere degli interroganti, ad una sconsiderata amministrazione del comune di Correggio.
(4-14750)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   CARELLA, PIAZZONI, FERRO e MARCO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Ariccia è un comune della provincia di Roma ed è attraversata da strada statale 7 Appia e nel centro abitato risultano presenti tre ponti di collegamento tra i vari quartieri: quello monumentale che collega Albano a piazza della Repubblica, dove insiste lo storico palazzo Chigi; il ponte San Rocco ed il Ponte di Galloro;
   il recente sciame sismico che ha sconvolto l'Umbria e le Marche ha coinvolto indirettamente anche il territorio dei Castelli Romani e quindi Ariccia;
   a seguito della scossa di terremoto di domenica 30 ottobre 2016 si sono verificate apparenti micro lesioni sulle strutture indicate che hanno spinto il sindaco della cittadina ad emanare ordinanza sindacale di chiusura cautelativa alla circolazione sui tre ponti;
   alcuni giornali locali hanno diffuso notizie allarmanti sulla stabilità del ponte Monumentale, con conseguenti ripercussioni sulla percezione di insicurezza da parte dell'opinione pubblica;
   l'ordinanza di chiusura al traffico dei tre ponti ha avuto pesanti ricadute sulla viabilità del centro abitato di Ariccia, ma anche sull'intera area dei Castelli Romani attraversati dalla strada statale 7 Appia –:
   se il Ministro interrogato non intenda verificare con urgenza come Anas intenda intervenire;
   quali siano i tempi ed i modi di tale intervento, così da poter constatare l'effettiva pericolosità ed instabilità delle strutture e predisporre ulteriori misure al fine di prevenire eventuali problemi per la sicurezza pubblica;
   qualora fossero accertati i danni sulle strutture, se intenda assumere iniziative per accelerare ogni intervento di messa in sicurezza o di consolidamento al fine di rispondere alle reali esigenze delle popolazioni residenti non solo nel comune di Ariccia ma anche in altri comuni ricadenti sull'asse viario della strada statale 7 Appia. (3-02623)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   MATARRESE, DAMBRUOSO, VARGIU e PIEPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dagli organi di stampa, alcuni tratti della strada statale 7 sono interessati da anni da problemi che ne inficiano la viabilità e la sicurezza e che hanno causato, nel corso del tempo, numerosi incidenti e vittime. Appaiono, dunque, improcrastinabili alcuni interventi di messa in sicurezza, della strada statale;
   in particolare, sembra che il tratto della strada statale 7 che attraversa il comune di Palagiano, in provincia di Taranto, necessiti, proprio ai fini del miglioramento delle condizioni di sicurezza per gli automobilisti, di interventi urgenti e nello specifico di due rotatorie;
   pare che nel corso degli anni la realizzazione di queste infrastrutture sia stata sempre rinviata a causa di impedimenti di diversa natura. Il procrastinarsi della situazione di pericolosità su questo tratto di strada avrebbe motivato il comune a diffidare l'Anas a predisporre, entro 60 giorni, il progetto dei lavori di realizzazione delle due rotatorie;
   una delle cause di rinvio della costruzione delle due rotatorie, a quanto consta agli interroganti, pare sia riconducibile alla richiesta dell'Anas di far verificare al comune di Palagiano lo stato di sistemazione idrogeologica dell'area in questione al fine di ottenere il necessario parere favorevole dell'autorità di bacino, imprescindibile per la realizzazione delle suddette rotatorie. Di contro, pare che l'amministrazione comunale non condivida la richiesta dell'ANAS poiché non considera quella sistemazione idrogeologica necessariamente propedeutica all'espletamento delle successive fasi di attuazione delle due rotatorie al chilometro 625 + 800 e 626 + 250 sulla statale 7 –:
   quali siano gli elementi effettivamente ostativi alla realizzazione delle due rotatorie nel comune di Palagiano, quali iniziative di competenza intenda adottare per consentire l'inizio dei lavori e se siano programmati ulteriori interventi per migliorare la viabilità e la sicurezza sulla strada statale n. 7. (5-09978)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comma 9 dell'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha avviato il primo programma «6000 Campanili» concernente interventi infrastrutturali di adeguamento, ristrutturazione e nuova costruzione di edifici pubblici;
   un primo elenco di 115 progetti, risultati ammissibili al primo finanziamento di 100 milioni di euro (decreto-legge n. 69 del 2013) e un secondo elenco di 59 progetti risultati ammissibili grazie a un ulteriore finanziamento di 50 milioni di euro (legge di stabilità 2014) sono stati finanziati;
   molti comuni al di sotto dei 5000 abitanti, hanno aderito al programma inoltrando, via Pec, la richiesta di finanziamento alle ore 9,00,00 del 13 maggio 2015 in osservanza delle relative disposizioni;
   l'allegato A del decreto 7 agosto 2015 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha inserito tra le domande ammesse, oltre a quelle pervenute alle ore 9,00,00 anche quelle pervenute alle ore 8,59,59 del 13 maggio 2015;
   gli enti locali che hanno inviato la mail un secondo prima delle 9 sono stati ammessi in graduatoria sulla base di quanto disposto dal decreto ministeriale 2 novembre 2005 — dipartimento per l'innovazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – riguardo al riferimento temporale della Pec;
   ciò ha comportato che una parte delle domande pervenute alle ore 9,00,00 fossero posizionate nella graduatoria dopo quelle pervenute alle 8,59,59 e venissero escluse dal finanziamento;
   diversi comuni esclusi hanno presentato ricorsi al Tar, in quanto ritenevano che l'ammissione delle richieste di finanziamento pervenute alle ore 8,59,59 e non alle ore 9,00 comportasse un'ingiusta penalizzazione, ma il TAR Lazio nel gennaio 2016 li ha respinti;
   sarebbe indispensabile, prima di avviare nuovi bandi, rifinanziare la prima graduatoria facendovi rientrare almeno tutti i comuni a suo tempo ammessi ma non finanziati, molti dei quali sono piccoli comuni dei territori montani delle 4 regioni colpite dal recente sisma –:
   se sia intenzione del Ministro interrogato, relativamente al programma «6000 Campanili», assumere iniziative per finanziare, tramite scorrimento della graduatorie, le domande non finanziate a seguito dell'ammissione di quelle pervenute alle ore 8,59,59 del giorno di scadenza fissato dal bando. (5-09979)


   MANNINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2014 il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato la bozza delle nuove norme tecniche per le costruzioni (NTC) di cui al parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici n. 53/2012, espresso nell'adunanza dell'Assemblea generale del 14 novembre 2014;
   l’iter per la redazione del decreto ministeriale di approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni non si è ancora ultimato, ma già emergono alcune criticità in ordine a contenuto del documento in questione;
   in particolare, il Consiglio nazionale dei geologi e la Comunità scientifica geologica italiana — con nota prot. 3990 dell'11 ottobre 2016 – hanno avuto modo di rilevare la sussistenza di una sostanziale contrapposizione tra l'azione politica volta a mettere in atto protocolli che siano indirizzati alla prevenzione dal rischio e tesi a favorire la messa in sicurezza del territorio nazionale e le nuove norme tecniche per le costruzioni;
   nel suddetto appello, il Consiglio nazionale dei geologi evidenzia come le nuove norme — in contrasto, peraltro, con la generalizzata tendenza di matrice internazionale di una crescente presenza, anche normativa, di conoscenze geologiche a supporto dei progetti, con particolare riferimento proprio alla tematica della riduzione delle pericolosità — non siano di fatto in grado di configurarsi quale riferimento normativo innovativo e non rappresentino un idoneo strumento per la prevenzione e la messa in sicurezza del già fragile territorio nazionale;
   nella nota sopra richiamata si rileva, in buona sostanza, la necessità che la progettazione tenga conto del modello geologico, geologico stratigrafico e sismostratigrafico sito-specifico, imprescindibili nella definizione dei comportamenti degli ammassi geologici e degli effetti di sito;
   il Consiglio nazionale dei geologi sottolinea, inoltre, come la fase di esplorazione del sottosuolo — suddivisa, con le nuove norme, in due momenti distinti, uno di tipo geologico, l'altro geotecnico — debba essere contenuta in un unico piano delle indagini geognostiche e delle prove geotecniche che possa soddisfare le esigenze di tutti i progettisti specialistici che redigono il progetto, conformemente alle nuove disposizioni in materia di appalti ed ai riferimenti normativi europei –:
   se non ritenga opportuno, nell'ottica di favorire la messa in sicurezza del territorio nazionale, accogliere le istanze formulate dal Consiglio nazionale dei geologi di cui in premessa. (5-09980)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo del 4 agosto 2016, n. 169 «Riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, in attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 7 agosto 2015, n. 124», prevede all'articolo 8 i compiti e le funzioni delle autorità di sistema portuale;
   l'articolo 10 del decreto legislativo del 4 agosto 2016, n. 169, sostituisce l'articolo 8 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e stabilisce che il presidente dell'autorità di sistema portuale è nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il presidente o i presidenti delle regioni interessate. Non viene più previsto, infatti, che il nome del candidato debba essere proposto nell'ambito di una terna di esperti, da comunicare al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato, designati rispettivamente dalla provincia, dai comuni e dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, né rimane la possibilità di richiedere una seconda terna di candidati con atto motivato da parte del Ministro. Di conseguenza, la nuova riforma ha accentrato il potere esautorando i soggetti periferici e locali;
   in data 4 agosto 2016 con la pubblicazione dello specifico avviso sul sito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è partita la raccolta di manifestazioni di interesse per l'incarico dei presidenti delle 15 autorità di sistema portuale italiane per le quali da fonte stampa si evince che siano arrivati oltre duecento curricula. Tuttavia, essi non sono stati resi pubblici, impedendo di fatto all'opinione pubblica di conoscere le candidature dei soggetti che si sono preposti;
   da fonte stampa del Corriere del Mezzogiorno di Bari datata 2 ottobre 2016, si apprende di una possibile nomina del professor Ugo Patroni Griffi a capo dell'autorità di sistema portuale di Bari, definendo la stessa nomina come una certezza;
   Ugo Patroni Griffi è figlio di un emerito professore ordinario dell'università di Bari presso la quale, tra l'altro, secondo quanto riferito anche dalla stampa nazionale, vi sarebbero docenti imparentati tra loro; Ugo Patroni Griffi è anche nipote dell'ex senatore di Forza Italia Antonio Lorusso e dell'assessora del sindaco Michele Emiliano, Simonetta Lorusso Lenoci; Ugo Patroni Griffi, appartenente ad una delle «grandi famiglie» di Bari, è stato nominato dall'allora sindaco Michele Emiliano come manager pubblico. Ugo Patroni Griffi, come presidente della Fiera del Levante di Bari, seguito di un contributo pubblico di diversi milioni di euro e con la diminuzione del costo del personale in accordo con i sindacati, ne ha risanato il bilancio;
   Ugo Patroni Griffi, essendo docente dell'università di Bari in merito al diritto della navigazione, si è proposto per la presidenza dell'autorità portuale. Il presidente della regione Puglia, Michele Emiliano, ha già caldeggiato la nomina del professor Patroni Griffi a capo dell'autorità di sistema portuale di Bari;
   il presidente di un'autorità di sistema Portuale riveste un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la sua nomina deve basarsi su oggettivi criteri di comprovata competenza al fine di porre a capo dell'Autorità la persona più qualificata –:
   se il Ministro, al fine di garantire la trasparenza delle scelte dei presidenti delle autorità di sistema portuale, intenda rendere pubblici sul sito web del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i curricula di tutti i soggetti che hanno partecipato alle manifestazioni di interesse per l'incarico dei presidenti delle 15 autorità di sistema portuale italiane;
   se il Ministro, al fine di garantire l'assoluta chiarezza del suo operato, l'assenza di conflitti di interessi, il rispetto di criteri meritocratici e la specchiata moralità dei candidati, non ritenga opportuno rendere noti quali siano i criteri di scelta tra le candidature pervenute per ciascuna delle 15 autorità;
   se il Ministro possa rendere noto quale sia il metodo di selezione dei curricula pervenuti per l'autorità di sistema portuale di Bari e trovino conferma le indiscrezioni giornalistiche sulla preferenza per il professor Patroni Griffi.
(5-09994)

INTERNO

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in più occasioni sono state evidenziate, anche con altri atti di sindacato ispettivo al Ministro, le tante criticità in tema di sicurezza dei cittadini che riguardano in particolare la regione Puglia e la provincia di Taranto;
   il combinato disposto di una grave crisi economica ed occupazionale, e la contestuale presenza di numerose emergenze, che vanno dalla gestione dei migranti (a Taranto è presente anche un hotspot) a quella di una lunga serie di vertenze che riguardano il mondo del lavoro, costituiscono una, sicuramente non l'unica, delle cause dell'aumento della microcriminalità diffusa;
   la insufficienza degli organici che interessa tutte le forze dell'ordine, polizia carceraria compresa, impedisce oggettivamente, nonostante tutto l'impegno profuso, un'adeguata, e assolutamente necessaria, azione di prevenzione;
   da tempo si susseguono azioni malavitose che colpiscono imprese, commercianti, cittadini; assalti, rapine, furti in casa. Inoltre, molte risorse vengono impiegate per la gestione dell’hotspot e più in generale per il controllo dei migranti che transitano dalla Puglia. Pochi giorni fa un gruppo di migranti ospitati in un residence della litoranea ionica ha bloccato una strada in forma di protesta per alcune rivendicazioni sul trattamento, a loro dire, non corrispondente alle proprie aspettative;
   in tema di carceri a Taranto si susseguono atti di insubordinazione da parte dei detenuti, come quello avvenuto pochi giorni fa, che mettono a rischio la incolumità degli operatori, notoriamente sotto organico;
   in data 7 novembre 2016 si è toccato il massimo, al momento, della violenza e del rischio per i cittadini, in occasione di un assalto in stile «far west», avvenuto ai danni di un autobus partito da Taranto, transitato da Martina Franca, diretto a Roma. Nei pressi di Cerignola, una banda di malviventi ha bloccato il mezzo e sotto la minaccia delle armi ha derubato i passeggeri. Un atto di inaudita violenza che per fortuna non ha causato peggiori danni alle persone –:
   se non ritenga di dover attivare con estrema urgenza un piano straordinario di interventi in Puglia, e a Taranto in particolare, diretti innanzitutto ad adeguare gli organici di tutte le forze dell'ordine, e a ripristinare le normali condizioni di sicurezza per i cittadini, allo stato assolutamente carenti.
(2-01539) «Chiarelli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la Costituzione sancisce (articolo 19) la libertà di professare «la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto» e stabilisce (articolo 20) che le associazioni religiose «non possono essere causa di speciali limitazioni legislative»;
   la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite all'articolo 1§ indica come fondamentale la «libertà di religione» e tutela «la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
   il consiglio regionale della Liguria, il 4 ottobre 2016, ha approvato modifiche alla legge regionale n. 4 del 1985 (disciplina urbanistica dei servizi religiosi):
    a) inserendo all'articolo 2 il comma seguente:
     « c-bis) gli immobili, ospitanti centri culturali di matrice religiosa.»;
    b) sostituendo il comma 4 dell'articolo 3 nel seguente modo:
  «4. I progetti per la realizzazione di attrezzature di tipo religioso sono localizzati sul territorio comunale dopo aver sentito i pareri, non vincolanti, di organizzazioni e comitati di cittadini presenti nelle zone suscettibili di un simile impianto e nelle aree ad esse limitrofe. Resta ferma la facoltà per i Comuni di indire referendum, nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale, per conoscere l'orientamento della popolazione interessata.
  4-bis. Ogni soggetto, pubblico o privato, che intenda realizzare le attrezzature di cui all'articolo 2 è tenuto a presentare apposita istanza secondo le modalità e le procedure previste dalle disposizioni nazionali e regionali in materia. Il richiedente deve indicare, in particolare:
   a) la presenza di adeguate opere di urbanizzazione o, se assenti o inadeguate, l'esecuzione o l'adeguamento con oneri a proprio carico;
   b) il rispetto delle distanze minime tra le aree e gli edifici da destinare alle diverse confessioni religiose, definite con deliberazione annuale della Giunta regionale;
   c) la presenza di strade di collegamento adeguatamente dimensionate, tali da non congestionare il traffico pedonale e motorizzato nel momento di maggior affluenza di fruitori alla struttura;
   d) la realizzazione di adeguati servizi igienici, nonché l'accessibilità dei detti servizi e dell'intera struttura da parte di soggetti portatori di handicap;
   e) la congruità architettonica e dimensionale degli edifici di culto previsti con le caratteristiche generali e peculiari del paesaggio ligure, così come individuate dagli atti di pianificazione territoriale regionale.

  4-ter. I soggetti di cui al comma 4 bis sono tenuti a stipulare, sulla base dell'istanza presentata, una convenzione, a fini urbanistici, con il Comune interessato, nella quale venga prevista espressamente la possibilità di risoluzione o di revoca in caso di accertamento da parte del Comune di mancanze o di attività non previste nella convenzione»;
    prevedendo articolo 3, comma 1) che:
     «Le modifiche alla legge regionale n. 4/1985 di cui ai precedenti articoli non si applicano alle strutture religiose esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge»;

   a giudizio degli interpellanti, la regione Liguria non è legittimata a legiferare in materia religiosa, lo Stato (articolo 117 Costituzione) «ha competenza esclusiva»;
   non si può declassare una questione rilevante come la sfera religiosa delle persone a norma urbanistica;
   queste norme di natura urbanistica si configurano come una «speciale limitazione legislativa» alla libertà di culto rendendo di fatto irrealizzabile la previsione di nuovi luogo di culto e di attrezzature di interesse religioso;
   il diritto alla libertà di culto non può essere limitato da pareri seppur non vincolanti di soggetti terzi;
   la previsione concernente «la facoltà per i Comuni di indire referendum, per conoscere l'orientamento della popolazione interessata» sottopone il diritto costituzionale di esercitare la libertà di culto alla volontà di consultazioni popolari;
   si introduce una discriminazione tra i centri di culto cattolici, preesistenti all'introduzione della legge, e quelli delle altre confessioni;
   il fanatismo religioso trova terreno fertile proprio nelle divisioni, nella strumentalizzazione, nelle contrapposizioni ideologiche e nelle situazioni irregolari, mentre lo strumento migliore per contrastarlo, a giudizio degli interpellanti, risiede certamente nel dialogo, nel confronto e nella convivenza civile;
   la Liguria è caratterizzata da una società fortemente multiculturale e multireligiosa, sia per motivazioni storiche, sia per la forte attrattiva migratoria sia per le mutate sensibilità della popolazione autoctona –:
   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per impugnare innanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, la legge della regione Liguria 4 ottobre 2016, n. 23, che ha modificato la legge regionale 24 gennaio 1985, n. 4 (Disciplina urbanistica dei servizi religiosi), per salvaguardare concretamente il diritto di libertà di religione e di culto sul territorio ligure, come sancito dagli articoli 19 e 20 della Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU;
   quali politiche il Governo intenda porre in essere per promuovere il dialogo interreligioso.
(2-01540) «Lacquaniti, Carocci, Giacobbe, Tullo, Basso, Vazio, Rostellato».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
I Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e PLANGGER. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 4-bis della legge 27 dicembre 2001, n. 459, come inserito dalla legge 6 maggio 2015, n. 52 (articolo 2, comma 37, lettera a)), viene ora riconosciuto per le elezioni politiche e i referendum nazionali il diritto di voto per corrispondenza nella circoscrizione estero, previa espressa opzione valida per un'unica consultazione, agli elettori italiani che per motivi di lavoro, studio o cure mediche si trovano temporaneamente all'estero per un periodo di almeno tre mesi nel quale ricade la data di svolgimento della medesima consultazione elettorale, nonché ai familiari con loro conviventi;
   la suddetta legge prevede che l'opzione per il voto per corrispondenza pervenga direttamente al comune d'iscrizione nelle liste elettorali entro i dieci giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto convocazione dei comizi elettorali, con possibilità di revoca entro lo stesso termine (comma 2 del suddetto articolo 4-bis);
   il referendum costituzionale ex articolo 138 della Costituzione per l'approvazione del testo della legge costituzionale concernente «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» è stato indetto, per il 4 dicembre 2016, con decreto del Presidente della Repubblica del 27 settembre 2016, pubblicato il 28 settembre 2016 Gazzetta Ufficiale, e l'opzione per esprimere il voto per corrispondenza avrebbe dovuto essere esercitata in data 8 ottobre 2016;
   la circolare n. 40/2016 del Ministero dell'interno, tuttavia, ha previsto come termine ultimo per esercitare l'opzione la data del 2 novembre, concedendo a coloro che vogliono esercitare il diritto di voto all'estero, 24 giorni ulteriori rispetto al termine previsto dalla legge n. 459 del 2001 –:
   quanti siano gli aventi diritto che abbiano fatto richiesta di esercitare l'opzione per esprimere il voto per corrispondenza nelle date comprese tra l'8 ottobre e il 2 novembre 2016. (5-09981)


   MUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vigili del fuoco cosiddetti discontinui sono parte del personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (C.N.V.V.F.) e, pertanto, sono iscritti in appositi elenchi istituiti presso i comandi provinciali;
   essi rappresentano una figura strategica del comparto, cui è riconosciuto un ruolo ausiliario che consente di svolgere efficacemente il soccorso pubblico;
   per costoro risulta diverso l'inquadramento presso il Corpo, poiché svolgono il loro servizio in modo temporaneo, in assenza, dunque, di un rapporto d'impiego con l'amministrazione pubblica;
   non solo si tratta di vigili del fuoco precari, ma a causa dei continui tagli alle risorse del comparto sicurezza è stata prevista una diminuzione dei giorni di richiamo in servizio di tale personale, da 20 a 14 giorni, e ciò ha determinato un'incisiva diminuzione del corrispettivo, già modesto, che percepiscono;
   la sovrapposizione tra i discontinui e i volontari è stata accresciuta dalla legge n. 183 del 2011 che ha introdotto al decreto legislativo n. 368 del 2001 una lettera c)-bis con la quale si è stabilito che «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'amministrazione», determinando così per i discontinui la perdita, su un piano formale, dello status di precari;
   a quanto sembra, non vi è alcuna volontà dell'amministrazione di stabilizzare o ricollocare il personale sia volontario che discontinuo;
   nello specifico, sembra sia stato indetto un nuovo concorso (ad avviso dell'interrogante con ulteriore ed inutile spreco di denaro pubblico) che non prevede alcuna estensione riguardo ai posti destinati al personale volontario, nonché una flessibilità maggiore in relazione al limite di età per la partecipazione –:
   se non intenda promuovere urgenti iniziative per salvaguardare il ruolo dei vigili del fuoco cosiddetti discontinui, anche al fine di consentire la stabilizzazione degli stessi presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (prevedendo a favore di questa categoria un limite di età maggiormente flessibile, unitamente ad una quota di riserva maggiore nei concorsi, per non disperdere l'esperienza maturata sul campo), attraverso la ricollocazione all'interno del personale non operativo per i non idonei fisicamente, o comunque la ricollocazione in ulteriori enti o aziende. (5-09982)


   DIENI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, NUTI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno migratorio attuale, pur se imponente e di difficile contenimento, non può portare a sacrificare alla burocrazia alla tutela dei diritti umani;
   un caso di cui l'amministrazione italiana purtroppo ha dimostrato, ad oggi, di essersi disinteressata è quello di M.D., inserito in comunità di accoglienza per minori di Polistena dal 2011 e che tuttora vive lì in condizione di sostanziale clandestinità, in quanto, nonostante il tentativo esperito dai responsabili del centro, gli è stata negata la cittadinanza, con lettera del Ministero dell'interno del 2 maggio 2016, prot. K.10/356129, firmata dal responsabile Sesti Miraglia, dato che il soggetto non percepisce reddito;
   M.D. ha 22 anni ed è affetto da un deficit cognitivo che non lo mette in condizione di poter svolgere un lavoro retribuito;
   M.D. è nato in Italia, a Caserta, ed è vissuto sempre nel nostro Paese: è stato tolto da un campo nomadi all'età di 9 anni dato che in esso lui e altri minori erano soggetti a violenza e venivano destinati all'accattonaggio;
   il ragazzo non ha famiglia e non è noto dove si trovino i suoi genitori, ai quali da tempo è stata revocata la potestà genitoriale;
   dall'età di nove anni fino al diciottesimo anno di età è stato ospitato presso una comunità per minori a Cosenza, ottenendo permessi di soggiorno per minore età;
   all'età di 18 anni viene trasferito in altra struttura, a Polistena (Reggio Calabria), che accoglie giovani fino al ventunesimo anno di età con disturbi del comportamento;
   gli operatori si trovano di fronte ad una situazione burocratica difficile da risolvere: M.D. da 18 anni e 1 giorno è senza permesso di soggiorno;
   gli operatori dopo 2 anni riescono a fargli ottenere il passaporto serbo;
   di fronte al diniego della cittadinanza da parte del Ministero dell'interno viene a chiedersi quale dovrebbe essere il destino di M.D. ragazzo nato in Italia e che non ha mai visto la Serbia, senza genitori e con un disagio psichico, in caso di un provvedimento di respingimento –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda intervenire, per quanto di competenza, per impedire l'adozione di un provvedimento di respingimento nei confronti di M.D., consentendo invece al ragazzo nato in Italia, affetto da deficit cognitivo, di ottenere la cittadinanza. (5-09983)


   COSTANTINO, FASSINA, QUARANTA e D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in seguito allo sgombero del maggio 2015 del campo abusivo di Ponte Mammolo, un gruppo di migranti è stato accolto nel centro Baobab di via Cupa a Roma;
   a causa di una sentenza del T.A.R. del Lazio – che ha stabilito che la struttura doveva essere restituita al proprietario dello stabile di via Cupa, la società immobiliare Tamarri, a novembre 2015, i rappresentanti del dipartimento per le politiche sociali del comune di Roma hanno comunicato ai volontari la necessità di sgomberare il centro e trovare nuova collocazione per i presenti. È stata trovata una soluzione per quasi tutti gli ospiti, ad eccezione di 30 migranti;
   i volontari hanno deciso di proseguire ad assistere coloro che non hanno trovato rifugio, manifestando alle autorità preoccupazione per l'assenza a Roma di centri di accoglienza per migranti in transito;
   nei pressi del Baobab, per l'assenza di strutture in grado di offrire supporto ai transitanti, si è creato un punto di ricovero all'aperto con strutture impiantate dai volontari che accoglie centinaia di profughi;
   durante il commissariamento del comune di Roma, il prefetto Tronca ha invitato le organizzazioni di volontari ad aiutarlo nell'individuazione di un'area destinata ad accogliere i migranti. Tra le ipotesi figurava quella degli spazi esterni del centro Ittiogenico di via Tiburtina (in stato di abbandono) di proprietà della regione Lazio. Dopo un'iniziale disponibilità da parte di quest'ultima a valutarne la fattibilità, non si è più avuto riscontro;
   rispetto ai 55.000 migranti in transito assistiti da volontari, Organizzazioni non governative e privati, ad oggi, sono 400 le persone che stazionano in strada presso via Cupa;
   le Organizzazioni non governative sono in grado di allestire un campo grazie alla donazione di una tenda 6x8 ricevuta da un'associazione cattolica, di 20 tende UNHCR da 12 posti in arrivo da Idomeni, di cucine da campo e bagni chimici. È stata, inoltre, raccolta la disponibilità delle maggiori associazioni (CRI, MEDU e altre) ad intervenire per la realizzazione. La necessità di una struttura di accoglienza per transitanti è evidenziata anche dall'impegno dimostrato da Papa Francesco I che, con donazioni periodicamente consegnate da monsignor K. Krajewski, elemosiniere del Papa, interviene a sostegno delle persone ospitate in via Cupa –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per definire una soluzione per i profughi bisognosi di accoglienza, con particolare riferimento alla possibilità di istituire, in via prioritaria, una struttura attrezzata nei pressi del centro Baobab di Roma.
(5-09984)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALIANTE, RAGOSTA e CAPOZZOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 novembre 2016 il consigliere del comune di Scafati, avvocato Marco Cucurachi, presentava al prefetto della provincia di Salerno «Esposto sull'illegittimità delle deliberazioni assunte dal Consiglio Comunale di Scafati in relazione al procedimento di decadenza ex articolo 69 TUEL, avviato nei confronti dello stesso Consigliere Cucurachi»;
   la vicenda trae origine da alcune ingiunzioni di pagamento della società di riscossione dei tributi per il comune di Scafati, la Geset Italia spa, per presunto mancato pagamento della Tarsu, da parte del consigliere Cucurachi;
   il consigliere Cucurachi ritenendo illegittima la pretesa creditoria, con ricorso notificato il 10 ottobre 2016 chiedeva alla commissione tributaria provinciale di Salerno l'annullamento dell'atto impugnato;
   in data 21 ottobre 2016 il ricorso del consigliere Cucurachi veniva iscritto al ruolo generale con il n. 5691/16;
   nelle more dell'iscrizione al ruolo generale il consiglio comunale di Scafati, ritenendo sussistente la causa di incompatibilità tra l'azione proposta ed il ruolo istituzionale ricoperto dal consigliere Cucurachi, con delibera n. 48 del 12 ottobre 2016, avviava il procedimento di decadenza nei confronti del consigliere Cucurachi per «lite pendente»;
   l'articolo 63, comma 4, del TUEL, stabilisce che «la pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto non determina incompatibilità»;
   il punto n. 8 dell'ordine del giorno della seduta consiliare del 3 novembre 2016, prevedeva la discussione sul procedimento di decadenza avviato nei confronti del consigliere Cucurachi;
   con parere del dirigente dell'area servizi al territorio del comune di Scafati, dottoressa Anna Sorrentino del 28 ottobre 2016, l'amministrazione chiariva la legittimità della sospensione del procedimento di decadenza instaurato nei confronti del consigliere Cucurachi, in attesa della definizione del reclamo da parte della Geset e finanche del contenzioso in sede tributaria;
   il consiglio comunale, nonostante il parere reso dalla dottoressa Sorrentino, votava la proposta di delibera n. 55 del 28 ottobre 2016, volta a proseguire la procedura di decadenza nei confronti del consigliere Cucurachi, per le incompatibilità di cui all'articolo 69 del TUEL;
   i consiglieri comunali di minoranza durante la seduta del consiglio comunale chiedevano al segretario generale, dottoressa Immacolata Di Saia, di rendere un parere in merito al procedimento di decadenza nei confronti del consigliere Cucurachi, ma il segretario rifiutava di esprimere il parere, ancorché fosse di sua competenza;
   il consiglio comunale a maggioranza si esprimeva a favore della prosecuzione del procedimento di decadenza del consigliere Cucurachi;
   in data 3 novembre 2016 il consigliere Cucurachi riceveva una telefonata minatoria in ordine alla sua partecipazione alla riunione di consiglio;
   il 23 marzo 2016 il prefetto di Salerno, nominava una commissione d'indagine con il compito di svolgere mirati accertamenti diretti a verificare eventuali, possibili condizionamenti e infiltrazioni della criminalità organizzata di tipo mafioso nell'ambito dell'attività gestionale ed amministrativa dell'ente locale;
   in data 22 settembre 2016 la commissione prefettizia concludeva i propri lavori consegnando una relazione al prefetto di Salerno;
   l'incertezza circa l'esito dell'indagine prefettizia, la telefonata minatoria ricevuta dal consigliere Cucurachi e la procedura di decadenza dello stesso, ad avviso degli interroganti, genera di fatto l'impossibilità di funzionamento del consiglio comunale –:
   quali elementi si intendano fornire sui fatti descritti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo. (5-09985)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 26 ottobre 2016 l'interrogante ha inviato una lettera al prefetto di Pavia, dottoressa Erminia Rosa Cesari, nella quale esprimeva disappunto e forte preoccupazione per il corteo organizzato a Pavia il 5 novembre, da movimenti di estrema destra che si rifanno dichiaratamente al fascismo, e sottolineava che ancora vige in Italia il reato di apologia di fascismo;
   le forze democratiche e i partiti già avevano espresso formalmente la loro contrarietà allo svolgimento di tale corteo;
   il 2 novembre il prefetto, in risposta alla lettera inviata dall'interrogante, specifica che il promotore del corteo del 5 novembre ha presentato relativa comunicazione alla locale questura segnalando che la manifestazione è analoga a quelle svolte nei nove anni precedenti;
   il prefetto sottolinea inoltre che, al fine di evitare qualsivoglia criticità dal punto di vista dell'ordine e della sicurezza pubblica, la questione è stata più volte discussa sia in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica alla presenza del sindaco e del presidente della Provincia di Pavia sia in occasione di riunioni di coordinamento delle forze di polizia dove, peraltro, sono stati definiti i necessari servizi di ordine pubblico;
   l'Anpi e altre forze che si richiamano dichiaratamente alla Carta costituzionale nata dall'antifascismo, hanno organizzato un presidio di protesta nei confronti del corteo organizzato dai movimenti di estrema destra;
   al presidio antifascista erano presenti l'Anpi provinciale, diversi rappresentanti delle istituzioni, quali il sindaco di Pavia Massimo De Paoli, alcuni assessori e consiglieri comunali, una parlamentare, oltre a molti liberi cittadini per un totale di circa 200 persone;
   le forze di Polizia risultavano, nei racconti diretti dei presenti, schierati al fine di tenere separati il corteo fascista e il presidio democratico;
   alle ore 20 circa, come risulta dalla testimonianza dei presenti, è iniziata una serrata trattativa con i funzionari di polizia che chiedevano alle persone presenti al presidio di spostarsi altrove, avendo ricevuto disposizioni di lasciar passare il corteo. La risposta, pacifica e ferma, è stata che i manifestanti erano lì per ribadire lo sdegno ad un gesto contrario ai valori democratici del nostro Paese, e che sarebbe stato motivo di soddisfazione se la manifestazione fosse almeno servita a far deviare il corteo dal percorso che gli organizzatori avevano deciso: passare proprio per la via principale della città, come uno sfregio;
   intorno alle ore 21 circa alcune auto delle forze dell'ordine si sono posizionate circa duecento metri dietro il presidio pacifico, in Strada Nuova, all'altezza di via Capsoni, bloccando il passaggio e dando l'impressione che veniva accolta la proposta di far deviare il corteo;
   dopo le 22 un gruppo di carabinieri ha ricevuto l'ordine di avanzare verso il presidio pacifico con gli scudi e i manganelli. Più increduli che preoccupati, non capendone la ragione, i cittadini sono rimasti fermi e sono stati spinti con gli scudi, c’è stata qualche manganellata sulle teste di chi era in prima fila, tanto che un uomo ha riportato una ferita alla testa ed ha ricevuto le opportune cure in pronto soccorso –:
   per quali ragioni sia stato consentito un corteo che si ispira ad ideologie e parole d'ordine fasciste, espressamente vietate dalla legge;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro affinché vengano accertate, per quanto di competenza, le responsabilità della gestione, ad avviso dell'interrogante pessima, della manifestazione del 5 novembre che, nonostante un intervento aggressivo e violento delle forze dell'ordine presenti sulla piazza, non è ulteriormente degenerata soltanto grazie alla pacifica protesta del presidio antifascista;
   se non sia il caso di assumere le più opportune iniziative per impedire la prosecuzione di questi accadimenti che l'interrogante ritiene irriguardosi dei principi costituzionali e in contrasto con norme di legge e regolamentari;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che la città di Pavia e le zone circostanti divengano luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista. (4-14751)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il signor Antonio Urso, appartenente ai ruoli della polizia di Stato, ricopre dall'anno 2005 l'incarico di presidente della FIPE (Federazione italiana pesistica);
   per tale incarico, Urso percepisce annualmente la somma di 36 mila euro;
   ai lauti compensi «federali», si aggiungono i 120 mila euro percepiti per l'incarico ricevuto dal Coni quale «Coordinatore dei rapporti tra la Scuola dello Sport e l'Istituto di Medicina e Scienza dello Sport di Roma», in base ad un contratto biennale che scadrà il 30 settembre 2017, nonché i 60 mila guadagnati per lo stesso incarico nel periodo 1o ottobre 2013 – 30 settembre 2015;
   Antonio Urso risulta altresì percepire ulteriori 30 mila euro annui in quanto presidente della Federazione europea di pesistica (E.W.F.);
   a quanto sopra devono aggiungersi i compensi per le numerose docenze;
   Urso percepisce inoltre regolarmente lo stipendio mensile che spetta ad ogni appartenente ai ruoli della polizia di Stato;
   lo statuto dei gruppi sportivi della polizia di Stato – Fiamme oro, al paragrafo 2.10, peraltro recita testualmente che è consentito: «a tutti i dipendenti della Polizia di Stato di far parte di Organi Statutari elettivi o di nomina, centrali o periferici, del CONI, ovvero delle FSN-DSA, nonché di partecipare ai lavori degli stessi compatibilmente con le esigenze di servizio e qualora sia di interesse per l'attività dei Gruppi Sportivi Fiamme Oro, autorizzando la predetta partecipazione attraverso l'Ufficio di Coordinamento della Polizia di Stato – Fiamme Oro di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 782/1985,ai sensi dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica 395/1995»;
   i molteplici incarichi svolti dall'assistente capo della polizia di Stato Antonio Urso hanno costituito e costituiscono a tutt'oggi un rilevante impegno quotidiano che implica frequenti spostamenti e permanenze fuori sede, di notevole durata, sia a livello nazionale che internazionale –:
   se le assenze dell'assistente capo della polizia di Stato Antonio Urso dal servizio siano state regolarmente autorizzate, nonché quanti e quali siano stati, nel corso degli anni della sua presidenza FIPE ed EWF, i turni di servizio espletati, specificando in particolar modo in quali date lo stesso li abbia svolti e con quali mansioni. (4-14752)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 28 ottobre 2016 il Comitato regionale dell'INPS Sardegna ha approvato all'unanimità — con una sola astensione — l'ordine del giorno relativo alla strutturale carenza degli organici dell'istituto in ambito regionale;
   dai dati elaborati dagli uffici del comitato regionale dell'INPS Sardegna risulta che, a fronte di una popolazione residente pari a 1.658.138 abitanti, della sua distribuzione su un territorio vasto e dispersivo pari a 24.090 chilometri quadrati (il terzo più esteso in ambito nazionale), siano attualmente operativi 844 dipendenti INPS, con un rapporto di 1 dipendente ogni 1.963,62 abitanti (il terzo peggiore rapporto dopo Liguria e Friuli Venezia Giulia). A livello provinciale, il dato peggiore è detenuto da Cagliari, con 1 dipendente INPS ogni 2.379,67 abitanti;
   a questo quadro strutturale, si aggiunge la costante fuoriuscita per pensionamento del personale amministrativo e medico dell'ente previdenziale;
   a causa dell'impossibilità di una fase di affiancamento e di una adeguata formazione del personale, la riduzione degli organici impone alle direzioni regionali e provinciali continui interventi di riassetto organizzativo e produttivo che si traducono in una diminuzione dell'efficienza e della qualità delle risposte offerte ai cittadini, ai pensionati e al sistema delle aziende;
   tale scarsa produttività risente peraltro della dotazione obsoleta degli strumenti tecnici in uso al personale, della lentezza e dell'intermittenza delle connessioni alle linee Adsl-banda larga;
   attualmente, l'Istituto garantisce lo svolgimento delle molteplici attività mediche con l'ausilio di 15 medici dipendenti e 28 medici assunti con contratto a tempo determinato. Tale condizione di precarietà – che si rinnova sistematicamente ad ogni scadenza annuale dei contratti – fa registrare per diversi mesi un sostanziale collasso delle attività dell'ente previdenziale che, a sua volta, produce insopportabili ritardi ai fini del riconoscimento dei diritti dell'utenza, specie di quella più fragile;
   la recente cessazione dal servizio di un medico ed il contestuale, imminente pensionamento di un altro professionista sanitario – in assenza di un piano di sostituzioni e del superamento dei rapporti di lavoro precari — rischia di aggravare in modo irreversibile l'attuale situazione già critica;
   da diversi anni, presso le sedi dell'INPS della Sardegna opera del personale in comando di fascia B e C proveniente da altre amministrazioni la cui mancata stabilizzazione entro dicembre 2016 rischia di provocare l'ulteriore riduzione di 10 unità nella dotazione organica dell'Ente;
   la situazione di estrema criticità sopra descritta, in assenza delle necessarie ed urgenti determinazioni che permettano il reintegro delle risorse umane necessarie, non potrà garantire al sistema economico, produttivo e all'utenza in generale della Sardegna servizi in linea con gli standard qualitativi, quantitativi e nei tempi soglia definiti resi in ambito nazionale e rischierà di vanificare i sacrifici delle popolazioni e gli sforzi che il «sistema Sardegna» sta compiendo per l'attenuazione della drammatica crisi occupazionale e sociale –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere affinché l'INPS in Sardegna possa continuare a svolgere il proprio ruolo istituzionale e garantire i tempi accettabili l'erogazione dei servizi ai cittadini. (4-14746)


   L'ABBATE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si richiama la risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-02323 del 28 ottobre 2013 sul gruppo Sangalli – unico player italiano presente nel comparto oligopolistico del vetro, caratterizzato da forte presenza di multinazionali straniere — resa in data 27 febbraio 2014 dal Sottosegretario Dell'Aringa;
   in data 29 novembre 2014, il gruppo ha annunciato lo spegnimento del suddetto forno fusorio di Manfredonia, conclusosi in poche settimane, per poi procedere alla richiesta di concordato preventivo in bianco e al fallimento pronunciato dal tribunale di Treviso in data 3 febbraio 2016;
   nonostante i vari allarmi segnalati dalle sigle sindacali e dalla politica pugliese in merito a un trattamento di favore riguardo lo stabilimento friulano rispetto a quello sipontino, in data 4 ottobre 2016 viene ufficializzata la cessione della Sangalli Porto Nogaro alla Sisecam (multinazionale turca attiva nel settore delle costruzioni) al termine di una procedura di concordato in continuità indiretta. Pertanto, ad oggi, l'intero comparto del vetro piano per edilizia del nostro Paese è dominato da aziende straniere;
   la «questione meridionale» — come l'ha definita il sindaco di Manfredonia Riccardi – avendo riguardo allo stabilimento pugliese del gruppo vetrario, appare incagliata presso il Ministero dello sviluppo economico dal lontano gennaio 2015 e non s'intravedono vie d'uscita;
   si aggiunge che tra le banche finanziatrici del fido accordato il 21 novembre 2008 alla Sangalli Porto Nogaro (garantito dalla Sangalli Manfredonia spa) si rinvengono tra le altre «Unicredit corporate banking spa, Banca Popolare Friuladria spa, Veneto Banca spa, BNL spa, Banca Popolare di Vicenza scpa»;
   in data 28 luglio 2016 si è svolto l'incontro del tavolo tecnico riguardante le società pugliesi Sangalli Vetro Manfredonia, Sangalli Vetro Satinato e Sangalli Vetro Magnetronico in procedura fallimentare; nel corso di tale incontro ha preso la parola l'avvocato Ambrosini (ex commissario della fase concordataria e attuale presidente di Veneto Banca), il quale assiste un broker internazionale svizzero di origine greca che ha manifestato un interesse a rilevare il sito produttivo. Non avendo prestato, tale azienda, garanzie sull'intero importo, Ambrosini si è dichiarato disponibile a richiedere garanzie ulteriori;
   si rileva inoltre che l'interrogante ha effettuato una segnalazione a mezzo stampa sul rischio di fuga dell'imprenditore Sangalli all'estero in data 22 maggio 2015;
   in data 19 novembre 2015, il trust delle Isole Britanniche, East Investing Ltd, già titolare delle azioni della società lussemburghese, partecipante al capitale del gruppo Sangalli (la Glass Wall Europe sarl), ha ceduto l'intero pacchetto di azioni alla Acondale Ltd, un trust domiciliato presso lo studio legale panamense D'Aleman, Cordero e Lee Trust già noto alle cronache per lo scandalo riguardo il riciclaggio di danaro sporco del dittatore cileno Pinochet;
   il Ministro interrogato si era impegnato «ad acquisire ulteriori informazioni che possano ulteriormente chiarire le vicende aziendali» –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per la salvaguardia dei livelli occupazionali e per l'adozioni di misure di sostegno al reddito;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per favorire la ricerca di un player nazionale in grado di mantenere una quota nazionale in seno ad un comparto strategico per la ripresa economica, quale il vetro per l'edilizia;
   di quali elementi disponga il Governo in ordine alla vicenda di cui in premessa che presenta aspetti rimasti, ad avviso dell'interrogante, tuttora oscuri. (4-14754)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALESE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da un recente rapporto di Save the children sulla situazione delle mense scolastiche nel nostro Paese, emerge che ci sono «due Italie» anche nella qualità della refezione scolastica e nella tutela della salute e dei diritti dei bambini, specie di quelli appartenenti a famiglie con reddito medio basso;
   emerge, in particolare, che in Italia il 40 per cento delle scuole è privo di servizio mensa e che nelle regioni del Sud, a causa di scarsità di fondi dei comuni che non riescono a garantire agevolazioni sui prezzi alle famiglie con redditi bassi, oltre il 50 per cento degli alunni non usufruisce del servizio, con picchi dell'80 per cento in Sicilia e del 73 per cento in Puglia;
   dati diffusi dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel 2014 rivelano che nelle stesse regioni in cui i bambini non riescono ad usufruire della mensa, aumentano le percentuali di assenza dal tempo pieno e, addirittura, di abbandono scolastico;
   a ciò si aggiunge una situazione gravissima emersa nei giorni scorsi soprattutto nella provincia di Lecce, che riguarda la scarsa qualità dei cibi serviti con numerosi casi anche di intossicazione alimentare dei bambini dovuta pare ad infezioni da cui sarebbe stata affetta parte del personale e addirittura presenza di vermi nei pasti;
   su questa vicenda sono peraltro in atto indagini da parte dei nas e della procura della Repubblica e in numerosi comuni salentini il servizio è stato sospeso in via cautelativa;
   è evidente che il settore risente di una carenza di norme di controllo di qualità in tutta la filiera, dalla preparazione alla somministrazione dei pasti e che in alcuni casi i criteri in base ai quali le aziende si aggiudicano il servizio, non vengono poi rispettati nella quotidianità dello svolgimento dello stesso;
   la questione riveste grande importanza, in quanto investe aspetti legati sia alla salute dei bambini, sia alla serenità di famiglie in cui lavorano entrambi i genitori e non è possibile far tornare i piccoli a casa per pranzo, sia al dovere dello Stato di garantire equità sociale tra famiglie più e meno abbienti, sia alla necessità di verificare le modalità con cui vengono spesi fondi pubblici –:
   se, alla luce di tale situazione che richiede continui e reiterati controlli, il Ministro della salute non ritenga di doversi adoperare, per quanto di competenza, affinché il nucleo dei nas venga dotato di tutti gli uomini e i mezzi necessari per incrementare la propria attività ispettiva e di controllo;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per attivare con urgenza i propri poteri ispettivi, ad esempio tramite la formazione e l'invio di una task force interministeriale a cominciare dai comuni salentini in cui si sono verificati i casi di intossicazione per poi estendere i controlli a tutta Italia;
   se non ritengano indispensabile ed urgente promuovere una sorta di mappatura della situazione delle mense, regione per regione e comune per comune, in modo da comprendere come vengono bandite le gare, quali criteri di qualità e quali protocolli di controllo vengono imposti alle aziende, quali comuni garantiscono un sostegno alle famiglie con reddito basso e, di conseguenza, assumere iniziative per un intervento di sostegno statale;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per prevedere a livello nazionale controlli rigidissimi nei confronti delle aziende, sia sul fronte della sicurezza alimentare, sia su quello della salute dei dipendenti, sia su quello del confezionamento, prevedendo, conseguentemente, sanzioni rigide nei confronti delle aziende che non rispettano questi parametri.
(4-14747)


   NACCARATO, MIOTTO, CAMANI e NARDUOLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute ha recentemente pubblicato i dati relativi alla diffusione delle vaccinazioni in Italia;
   l'andamento negativo degli ultimi anni è confermato in tutte le regioni nel 2015;
   la media per le vaccinazioni contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse e Hib è stata in media del 93,4 per cento rispetto al 94,7 per cento del 2014, al 95,7 per cento del 2013 e al 96,1 per cento del 2012;
   in questo quadro preoccupante esistono importanti differenze tra le regioni;
   la soglia raccomandata dall'Organizzazione mondiale della sanità per ottenere la cosiddetta immunità di popolazione è rappresentata dal 95 per cento per le vaccinazioni incluse nel vaccino esavalente (antidifterica, anti-tetanica, anti-pertossica, anti-polio, anti-Hib e anti-epatite B), generalmente impiegato in Italia nei neonati per il ciclo di base;
   per quanto riguarda le principali forme di vaccinazione, i dati relativi al 2015 indicano una situazione di cronico difetto da parte di tutte le regioni del Nord-est, in particolare da parte della provincia autonoma di Bolzano come confermano i dati pubblicati dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità;
   il Trentino Alto Adige/Südtirol, rispetto alla media nazionale, raccoglie quasi 4 punti percentuali di distacco nell'anti-epatite B (89,62 per cento contro il 93,2 delle altre regioni) e più di 3 punti nell'anti-tetanica (90,3 per cento contro il 93,56);
   il Veneto, rispetto alla media nazionale, raccoglie quasi 3 punti percentuali di distacco nell'anti-epatite B (90,8 per cento contro il 93,2 delle altre regioni) e quasi di 2 punti nell'anti-tetanica (91,75 per cento contro il 93,56);
   questi dati in Veneto sono il risultato della legge regionale n. 7 del 23 marzo 2007 che ha sospeso l'obbligo di vaccinazione per l'età evolutiva;
   particolarmente preoccupanti sono i dati per le vaccinazioni di morbillo e rosolia, che hanno perso ben 5 punti percentuali dal 2013 al 2015, dal 90,4 per cento all'85,3 per cento, incrinando anche la credibilità internazionale del nostro Paese impegnato dal 2003 nel piano globale dell'Oms per eliminare queste malattie;
   questa grave situazione rischia di far fallire il piano in quanto il presupposto per dichiarare l'eliminazione di una malattia infettiva da una regione dell'Oms è che tutti i Paesi membri siano dichiarati «liberi»;
   anche in questo caso il Trentino Alto-Adige/Südtirol si ferma alla percentuale del 77 per cento con la provincia autonoma di Bolzano addirittura al 68,8 per cento, per cui addirittura su 10 bambini solo 7 vengono vaccinati;
   ad opinione degli interroganti questi dati suscitano preoccupazione e allarme soprattutto dopo le numerose campagne di promozione del Ministero della salute che ha riconosciuto e finanziato diversi progetti per individuare strategie efficaci di promozione delle vaccinazioni;
   tali campagne non sono tuttavia riuscite a vincere la diffidenza di un numero crescente di soggetti, probabilmente anche in ragione della diffusione di campagne anti-vaccinazioni che stanno sortendo effetti molto gravi –:
   se sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   in che modo intenda attivarsi per favorire e promuovere la diffusione delle vaccinazioni nelle regioni del Nord-est e, in particolar modo, nelle province autonome di Trento e Bolzano. (4-14748)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   GALGANO e BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dell'area tra Marche ed Umbria interessata dalla crisi della Antonio Merloni spa, individuata dall'accordo di programma sottoscritto a marzo 2010 tra le regioni e il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 2, della legge n. 99 del 2009, continua a destare preoccupazione tra lavoratori e sindacati;
   in particolare, Cgil, Cisl e Uil dell'Umbria sono allarmati per il progetto di riconversione e riqualificazione industriale, previsto dall'accordo di programma, finalizzato alla salvaguardia ed al consolidamento del tessuto imprenditoriale dell'area coinvolta dalla crisi del gruppo Merloni, nonché al reimpiego dei lavoratori della società, prorogato con un secondo atto integrativo a marzo 2015;
   nell'ambito dell'attuazione di tale progetto, scrivono i sindacati, «è stato emanato dal Mise un avviso per la selezione di iniziative imprenditoriali nei Comuni ricadenti nell'area coinvolta dalla crisi del gruppo Antonio Merloni tramite ricorso al regime di aiuto di cui alla legge 181/1989», ma nel frattempo «i lavoratori interessati nelle regioni di Marche e Umbria stanno esaurendo o hanno esaurito gli strumenti di sostegno al reddito utilizzabili, senza contare le pesanti ricadute su imprese e occupazione dell'indotto diffuso nell'area compresa nelle due regioni»;
   rispetto a tale situazione e in riferimento al decreto legislativo n. 185 del 2016 che, all'articolo 2, comma 1, lettera f), prevede la possibile estensione della cassa integrazione straordinaria e della mobilità per le imprese localizzate nelle aree di crisi industriale complessa, riconosciuta ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2012, i sindacati chiedono che «tale possibilità venga prevista anche per le aree di crisi industriale complessa di cui alla previgente normativa, come quella umbro-marchigiana interessata all'Accordo di Programma Antonio Merloni, attraverso provvedimenti analoghi di sostegno al reddito che possano accompagnare gli interventi in atto, finalizzati alla riconversione e alla riqualificazione industriale, al reimpiego ed alla qualificazione dei lavoratori»;
   la fascia appenninica in cui insiste l'azienda ex Merloni è stata duramente colpita dalla crisi che ha determinato la chiusura di numerose imprese ed attività commerciali con conseguenti ricadute negative sulle famiglie e dunque sulla tenuta economica dell'intera zona –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per procedere con l'estensione, anche all'area umbro-marchigiana interessata all'accordo di programma Antonio Merloni, delle misure connesse al riconoscimento delle aree di crisi industriale complessa, ai sensi del decreto-legge n. 83 del 2012, per tutelare gli operai dell'azienda e risollevare l'economia dell'intera fascia appenninica. (5-09990)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel Fabrianese si sta aggravando la situazione economica e sociale;
   oltre 450 lavoratori della ex Merloni vanno incontro alla fine della mobilità;
   la Jp Industries ha acquistato la Ardo, promettendo il riassorbimento di 700 lavoratori e la continuità della produzione;
   è esaurito il termine dei due anni per i sussidi previsti per i lavoratori tra i quaranta e i cinquanta anni che sono stati estromessi dal ciclo produttivo a causa dell'acquisizione della Ardo da parte della JP Industries, lavoratori che dal 12 ottobre sono rimasti senza alcun sostegno al reddito, passato da 620 euro mensili a zero euro;
   nel 2015 si era esaurita la mobilità per i lavoratori di età inferiore ai 40 anni, alla metà di ottobre 2017 si concluderà la mobilità per i lavoratori con età superiore ai 50 anni;
   è l'inizio di una sorte che, se non cambieranno le condizioni attuali, toccherà a tutti i 450 dipendenti rimasti nel bacino degli ex Merloni; questo dimostra le difficoltà del sistema istituzionale e produttivo nel creare alternative valide all'ammortizzatore sociale;
   a marzo 2016 il Ministero dello sviluppo economico ha rimodulato 26 milioni di euro di incentivi di cui alla legge n. 181 del 1989 destinati ai comuni delle Marche e dell'Umbria investiti dagli effetti della chiusura della Merloni;
   per sei anni l'accordo di programma non ha prodotto nulla e le risorse non sono state utilizzate a causa di una eccessiva rigidità nell'accesso ai fondi;
   è improrogabile avviare misure finalizzate al sostegno degli investimenti nell'area di crisi del Fabrianese, tenuto conto che il Ministero ha stabilito criteri e procedure per la concessione delle agevolazioni previste dalla legge n. 181 del 1989, ovvero le misure per la reindustrializzazione e il rilancio delle aree in crisi;
   il Ministro dello sviluppo economico aveva annunciato per le aree di crisi industriale complessa un assegno di tipo sociale di 500 euro mensili per lavoratori con naspi/mobilità in scadenza;
   la materiale attivazione delle procedure ricade sotto l'esclusiva competenza dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'Impresa –:
   se non intenda assumere iniziative per procedere al riconoscimento dell'area di Fabriano come area di crisi industriale complessa e se non intenda dare seguito per le aree di crisi industriale complessa a quanto annunciato in materia di assegno sociale di 500 euro mensili per i lavoratori con naspi/mobilità in scadenza, situazione nella quale versano i lavoratori della ex Merloni. (5-09991)


   BENAMATI, BARGERO, CAMANI, SENALDI e MONTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la fusione termonucleare controllata è la fonte di energia che alimenta il sole ed è alla base della vita sulla Terra: è pulita (la reazione produce soltanto elio), sicura (in caso di qualsiasi incidente un reattore a fusione si spegne), inesauribile (il combustibile si produce dall'acqua e dal litio e libera da CO2);
   in Italia la fusione si studia in alcuni dei laboratori più prestigiosi: l'Enea a Frascati e Brasimone (che coordina l'attività), il Consorzio RFX a Padova, l'Istituto di fisica del plasma del CNR a Milano, il Consorzio Create e molte università e politecnici d'eccellenza. La forte integrazione con l'industria nazionale è testimoniata dal fatto che l'industria ad alta tecnologia italiana si è aggiudicata ultimamente gare per la costruzione di componenti di Iter per un importo complessivo di oltre 1 miliardo di euro, pari al 60 per cento del totale;
   nell'attuale situazione del programma di fusione internazionale, sembra possibile per l'Italia ospitare un esperimento denominato Divertor Tokamak Test facility (DTT) che integra ricerche di fisica e tecnologia e che accompagnerà Iter durante la sua fase operativa e contribuirà in modo determinante alla progettazione e costruzione del reattore dimostrativo Demo: tra i vari obiettivi, i test su materiali avanzati, tecniche innovative e modalità operative;
   le infrastrutture di recente approvazione sono realizzate – anche con il contributo dell'Italia – in altri Paesi che beneficiano in massima parte dei benefici correlati;
   l'investimento complessivo è di circa 500 milioni di euro, con ricaduta occupazionale di 270 persone per la costruzione e 500 per la sperimentazione, a cui se ne aggiungeranno altre nell'indotto per la gestione dell'impianto, per almeno 25 anni;
   esiste un forte interesse dell'industria italiana per questa infrastruttura per non disperdere il know-how sviluppato alla costruzione di Iter, uno straordinario successo che ha riconvertito produzioni a più bassa tecnologia dismesse;
   la localizzazione di grandi impianti di ricerca, rappresenta per il territorio un importante volano di sviluppo per attivare, attorno ad una realizzazione di alto valore scientifico e tecnologico, sinergie in campo economico e sociale;
   il finanziamento dovrebbe arrivare principalmente dalla comunità internazionale ed in parte da fondi nazionali con diverse regioni interessate ad ospitare l'infrastruttura di ricerca –:
   quale sia, nel quadro degli intendimenti del Ministro, lo stato di sviluppo specifico di questo potenziale progetto, anche alla luce di un più generale sforzo di sostegno alla ricerca in questo settore. (5-09992)


   DELLA VALLE, VALLASCAS, CRIPPA, DA VILLA, CANCELLERI e FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 novembre 2016 si è tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di incontro tra le associazioni di categoria dei venditori ambulanti e rappresentanti del Governo sull'applicazione della direttiva «Bolkestein» nel settore del commercio ambulante;
   dall'incontro al Ministero delle sviluppo economico le associazioni di categoria sono rimaste molto soddisfatte e fiduciose in quanto anche il presidente Anci Antonio Decaro ha richiesto la necessità di una proroga da parte dei comuni per le molte criticità dell'intesa in fase attuativa della direttiva e lo stesso Governo ha garantito una risposta in tempi brevi;
   si ricorda che in data 3 novembre 2015 furono discusse e votate in Commissione attività produttive delle risoluzioni non solo d'iniziativa del gruppo M5S ma di tutti i gruppi parlamentari e che tutte le risoluzioni in discussione, ad eccezione della risoluzione del Partito democratico, recavano un impegno ad escludere la categoria del commercio ambulante dall'applicazione della direttiva «Bolkestein»;
   benché il Governo non abbia accolto quest'ultimo impegno, riconosceva come il nostro Paese abbia un sistema di commercio ambulante con caratteristiche del tutto peculiari di cui bisogna tenere conto;
   si sottolinea anche, tra i Paesi europei, solo l'Italia e la Spagna hanno esteso l'applicazione della direttiva «Bolkestein» anche al commercio ambulante;
   fino all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 59 del 2010, la normativa italiana in materia riconosceva specifiche forme di tutela alle piccole imprese a conduzione familiare, riservando il settore del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche, alle imprese individuali e alle società di persone, evitando in tal modo una oggettiva quanto deprecabile sperequazione — finanziaria, fiscale ed operativa — tra operatori del medesimo settore;
   le disposizioni in materia di regolamentazione del commercio al dettaglio sulle aree pubbliche introdotte dalla direttiva suindicata, creano un’impasse normativa rispetto a quanto già sancito dalla normativa nazionale e regionale in materia, segnatamente sul versante della tutela delle piccole imprese, della chiarezza delle procedure operative e autorizzative e del rapporto con gli enti locali –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di escludere o differire l'applicazione della direttiva «Bolkestein» alla categoria del commercio ambulante e alle microimprese operanti nel settore che rappresentano il tessuto tradizionale socio-economico dell'Italia. (5-09993)

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Mucci n. 7-00781 del 24 settembre 2015.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Dieni n. 4-13708 del 6 luglio 2016;
   interrogazione a risposta scritta Fassina n. 4-14292 del 23 settembre 2016.