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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 3 novembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    da oltre 5 anni la Siria vive l'inferno della guerra civile. Nelle guerre civili terrore, ferocia e violenza raggiungono livelli inimmaginabili, in quanto il nemico non è «alle porte», ma in strada. Dei 22 milioni di abitanti che la popolavano 470.000 sono morti (400.000 secondo l'Onu), 11,4 milioni hanno perso la casa, di cui 4,8 si sono rifugiati all'estero e 6,6 sono sfollati. I danni, secondo il Syrian Center for Policy Research ammontano a 250 miliardi di dollari. Il caos è tale che numeri della guerra siriana sono controversi. L'Osservatorio siriano per i diritti umani, organizzazione dell'opposizione non radicale in esilio con sede a Londra, documenta che tra il 20 ottobre 2014 e il 20 ottobre 2016, la sola aviazione governativa siriana ha ucciso 9.708 civili, di cui 2.109 sono minori al di sotto dei 18 anni, 1.397 sono donne al di sopra dei 18 anni e 6.202 uomini. Sono impressionanti anche le stime dei feriti, che sarebbero 54 mila. Si contano più di 69.180 raid con elicotteri in 24 mesi che hanno sganciato sulla popolazione 37.501 barili bomba;
    in tutta la Siria, secondo la recente comunicazione Onu (29 settembre), ci sono almeno 18 località assediate, quasi tutte dalle forze governative appoggiate da Mosca, dove vivono 861 mila persone a cui gli aiuti umanitari arrivano con difficoltà; da quando è terminata la tregua concordata tra Usa e Russia dal 22 al 28 settembre sono stati uccisi 320 civili, tra cui 100 bambini, 96 dei quali ad Aleppo;
    dal mese di aprile 2016, la guerra civile ha avuto come epicentro la città di Aleppo, che è divenuta luogo di scontro tra le forze filogovernative, appoggiate dai russi, e i ribelli delle diverse fazioni più o meno moderate, che si ritrovano a condividere il campo di battaglia urbano con i miliziani dell'Isis. Dei 2,3 milioni di abitanti del 2011, 1,5 milioni vivono nella parte occidentale della città, controllata dalle truppe di Assad, tra 250.000 e 300.000 sono intrappolati nella zona est, teatro di scontri e bombardamenti brutali, i restanti 600.000 sono morti o fuggiti;
    Aleppo, che prima della guerra era la città più vivace, aperta, ricca, acculturata, tollerante, produttiva della Siria e del Medio Oriente, ha subito gli effetti dei più pesanti scontri armati e bombardamenti del conflitto siriano. La parte vecchia di Aleppo, le cui origini risalgono a circa 5.000 anni fa, considerata patrimonio culturale dell'umanità dall'Unesco ha subito danni gravissimi, che includono la quasi totale distruzione della Grande Moschea della città, l'abbattimento del minareto risalente all'VIII secolo e danni anche all'antico suq, il caratteristico dedalo di vie mercantili, risalente al medio evo;
    in questa tragedia il dramma più grave è vissuto dai bambini: l'Unicef parla di due milioni e mezzo di minori rifugiati nei Paesi confinanti con la Siria. Uno su tre, non ha mai conosciuto altro che la guerra. 150 mila sono quelli nati come rifugiati, nei campi, sulle barche, nei centri di accoglienza d'Europa. Secondo l'Unicef sono seimila le scuole distrutte in Siria;
    il grosso dei rifugiati siriani si è riversato sostanzialmente in tre Paesi: Libano, Giordania e Turchia. Nella fascia meridionale della Turchia, vivono ufficialmente oltre 3 milioni di siriani. I primi sono arrivati poco dopo lo scoppio della rivoluzione anti-Assad, nel 2012, il grosso è entrato tra il 2013 e il 2015. Ora le frontiere sono chiuse e il Governo turco sta ultimando la costruzione di un muro lungo circa 200 chilometri per sigillare il territorio, contro l'immigrazione clandestina e la penetrazione di jihadisti del Califfato. Campi e muro sono gli effetti pratici dell'accordo sul controllo dei rifugiati e dell'immigrazione tra Unione europea in Turchia; il 20 giugno l'esercito turco ha sparato su un gruppo di siriani che voleva entrare: 11 morti di cui 4 bambini;
    nel limbo libanese i numeri si confondono e si sovrappongono. 1,4 milioni sarebbero i siriani ufficialmente registrati come rifugiati, ma altre centinaia di migliaia sarebbero i siriani privi di documenti ufficiali presenti nel Paese, per un totale di quasi due milioni di rifugiati in un Paese di poco più di 4 milioni di abitanti. Il dato che segnala l'Unicef riguardo alla popolazione minorenne è impressionante: 1,4 milioni di bambini «vulnerabili», «a rischio di esclusione e sfruttamento», contando 800 mila rifugiati siriani, 470 mila libanesi, 130 mila palestinesi. Per la gran parte concentrati nella Bekaa, che era già la regione più derelitta del Paese. I bambini siriani sono quelli nelle peggiori condizioni: legalmente non esistono perché spesso non sono stati registrati alla nascita (almeno 50 mila nel 2015 secondo l'Unhcr). I genitori ufficialmente non si trovano in Libano e non possono muoversi assediati dai check-point e dalla paura di essere scoperti. L'Unicef col finanziamento dell'Unione europea (114,45 milioni di euro nel triennio 2013-16) e l'aiuto di ong locali tiene aperti i centri di soccorso: ma fuori dalle strutture protette, per racimolare denaro e andare avanti si usano anche i bambini. I dossier scrivono di matrimoni precoci per un'adolescente siriana su cinque, se non di più;
    la Giordania, con una popolazione di 6,5 milioni ospita 650 mila profughi siriani e denuncia di non ricevere abbastanza aiuti per l'emergenza. Le cifre sono ben lontane dai 3 miliardi ricevuti dalla Turchia per i suoi 2,5 milioni di profughi; se la situazione nei campi vicino alla capitale è soddisfacente, il campo profughi di Rukban, il primo passo verso la salvezza fino a qualche mese fa, è diventato una trappola. La Giordania ha sigillato l'area, circa mille chilometri quadrati, dopo l'attacco al suo posto di frontiera di Rukban, il 21 giugno: 7 le guardie uccise. Secondo fonti non confermate i terroristi hanno usato un camion che serviva a portare aiuti umanitari, imbottito di tritolo, e hanno ingannato i soldati. Attraverso le immagini satellitari è stata confermata l'esistenza centinaia di sepolture in mezzo alle tende e ai rifugi improvvisati. In cinque mesi è arrivato al campo un solo convoglio con cibo e medicinali, ai primi di agosto; l'Unione europea ha deciso recentemente di fornire alla Giordania assistenza finanziaria con un prestito a medio termine per un importo massimo di 200 milioni di euro, finalizzata a coprire il fabbisogno residuo di finanziamento esterno del Paese per il periodo 2016-2017, che la Commissione ha quantificato, in base alle stime del Fondo monetario internazionale, in circa 3,2 miliardi di dollari;
    il 9 maggio 2011, con la decisione 2011/273/Pesc del Consiglio, l'Unione europea, senza l'avallo del Consiglio di sicurezza delle Nazione Unite, ha dato il via alle misure restrittive nei confronti della Siria; l'embargo, più volte riconfermato, sta silenziosamente strangolando il Paese. Un nemico insidioso, di cui si parla troppo poco, ma che produce pesantissime conseguenze sulla vita quotidiana; scarseggiano i generi alimentari di prima necessità, ogni giorno diventa più difficile procurarsi le materie prime per le fabbriche, la benzina per i trasporti, il gasolio per il riscaldamento nelle case, le medicine, i pezzi di ricambio per i macchinari. Negli ospedali l'attività viene rallentata dalla scarsità del materiale sanitario o dall'impossibilità di riparare le attrezzature medicali. Oggi, di fatto, milioni di siriani combattono ogni giorno la guerra contro malnutrizione, malattie, povertà e disoccupazione che sono le conseguenze indotte dallo strangolamento a cui il Paese è stato sottoposto a causa dell'embargo; il 27 maggio 2016 un comunicato dell'Unione europea ha informato che il Consiglio d'Europa ha deciso di rinnovare le sanzioni alla Siria in scadenza il 1o giugno; il 24 agosto i tre patriarchi cristiani di Damasco, Giovanni X Yazigi, patriarca della chiesa greco-ortodossa di Antiochia, Gregorio III Laham, patriarca cattolico greco-melchita e mar Ignatius Aphrem II, patriarca siro-ortodosso, hanno lanciato un appello alla comunità internazionale e a tutte le nazioni coinvolte chiedendo di cancellare le sanzioni internazionali che «ostacolano l'ingresso e la distribuzione di cibo e di aiuti», «fermare l'assedio al popolo siriano» e permettere al Paese e ai suoi cittadini di «vivere in modo dignitoso», godendo dei «diritti di base come nel resto del mondo»;
    in questo quadro, per raccontare il dramma dei bambini siriani e in particolare di quelli di Aleppo, basta semplicemente elencare gli eventi succedutisi nel solo 2016:
     11 gennaio: un raid russo contro il villaggio di Anjara, a ovest di Aleppo causa la morte di 17 civili, tra cui 8 bambini che si trovavano a scuola. Il Cremlino nega di aver colpito la scuola;
     8 febbraio: giunge notizia che 11 bambini sono morti annegati nell'ultimo naufragio al largo delle coste turche. Dal 2 settembre 2015, giorno della morte di Aylan Kurdi, all'8 febbraio 376 bambini sono morti nell'attraversamento dell'Egeo secondo Unicef. Aylan aveva 3 anni e scappava dalla guerra in Siria con la sua famiglia. Venivano da Aleppo. Avevano provato a chiedere un visto per il Canada, per poter raggiungere i parenti. Ma il visto gli era stato negato. Un testimone ha raccontato le ultime parole di Aylan, prima che la barca si ribaltasse: «Papà, ti prego, non morire»;
     29 aprile: Medici senza frontiere denuncia i bombardamenti che da giorni funestano la città di Aleppo; a Sukkari, una struttura gestita da Msf è stata colpita dai caccia del regime di Damasco, con l'uccisione di almeno 50 persone, tra le quali 2 medici e numerosi bambini. Che gli ospedali siano obiettivi dei raid, sia da parte dell'esercito di Damasco, ma anche dell'Isis e dell'ex Fronte al Nusra (la cui denominazione attuale è Jabhat Fateh al Sham, dopo la formale rottura a luglio 2016 dei rapporti con Al Qaeda), lo conferma per l'ennesima volta Medici senza frontiere. Dall'inizio della guerra al 7 ottobre nella zona est di Aleppo ci sono stati almeno 23 attacchi documentati e solo 8 ospedali sono ancora attivi. Le 2 principali strutture medico-chirurgiche sono state danneggiate 5 volte ciascuna. Dalle zone devastate le organizzazioni umanitarie insistono: vengono metodicamente attaccati ospedali, ambulanze, cliniche di fortuna, scuole, strutture comunitarie, abitazioni civili, condotte idriche, depositi di cibo. Non rimangono che pochi medici in città: il 50 per cento è fuggito, il resto è stato decimato. Secondo Msf ci sono solo 35 medici nella zona est di Aleppo e solo 7 di loro sono in grado di effettuare interventi chirurgici su feriti di guerra. Le organizzazioni mediche ad Aleppo riferiscono che gli attacchi doppi (cosiddetti « double-tap») accadono regolarmente. Appena le équipe di soccorso raggiungono l'area colpita, gli aerei da combattimento attaccano lo stesso luogo per la seconda volta. Dopo la tragedia del 29 aprile, nei quartieri nelle mani dei rivoltosi è stata abolita la preghiera del venerdì, perché ormai anche le moschee gremite di fedeli sono diventate bersagli ideali, come lo sono le lunghe code dei civili in attesa di poter acquistare il pane davanti ai forni della città;
     il 16 maggio, la Commissione sociale ed economica delle Nazioni Unite per l'Asia Occidentale (ESCWA) ha pubblicato uno studio sull'impatto umanitario delle sanzioni unilaterali applicate da Usa e Unione europea sulla Siria (« Study on Humanitarian Impact of Syria-Related Unilateral Restrictive Measures»). Tali sanzioni prevedono forti restrizioni sia sui contatti tra banche occidentali e istituzioni finanziarie siriane sia sull'esportazione verso la Siria di materiali cosiddetti « dual-use», ovvero utilizzabili sia in ambito civile sia per la produzione di armamenti. Lo studio sottolinea come le forti e complesse sanzioni applicate sul regime siriano abbiano effetti collaterali notevoli sulla distribuzione di aiuti umanitari e la realizzazione di progetti a sostegno della popolazione civile da parte delle numerose organizzazioni internazionali presenti sul territorio, incluse le Nazioni Unite. In particolare, lo studio sottolinea il fatto che sulla carta sia le sanzioni europee sia quelle americane prevedono la possibilità di deroga per permettere flussi finanziari e importazione di materiali per uso umanitario, ma il framework legale in cui tali eccezioni possono essere applicate risulta nella maggior parte dei casi estremamente complesso comportando gravi ritardi, notevoli costi aggiuntivi e in molti casi la totale impossibilità di portare a termine le attività umanitarie. Lo studio include perciò un elenco di possibili interventi volti a migliorare il framework legale delle sanzioni in modo da rendere possibile le attività umanitarie e allo stesso tempo mantenere la dovuta pressione sul regime siriano;
     10 agosto: il portavoce dell'Unicef Christophe Boulierac denuncia che nei quartieri orientali 100 mila bambini «sono costretti a bere acqua contaminata», perché non è possibile raggiungerli neanche con le autobotti, che riescono invece a rifornire la zona occidentale. L'Onu chiede una tregua umanitaria «di almeno 48 ore» per ripristinare l'elettricità e gli acquedotti. La situazione si ripete il 23 settembre: gli attacchi governativi hanno danneggiato la centrale di pompaggio dell'acqua di Bab al-Nayrab che fornisce acqua alle 300 mila persone intrappolate nella parte orientale della città. Per ritorsione, la centrale di Suleì-man al-Halabi, che si trova a est, è stata bloccata dai ribelli e così anche un milione e mezzo di civili nella parte occidentale della città sono senz'acqua;
     18 agosto: le immagini di Omran Daqnish salvato dalle macerie della sua casa distrutta da un bombardamento e messo su un'ambulanza da un volontario della Syria Civil Defense fanno il giro del mondo. Un mese dopo, Omran va a scuola, sempre ad Aleppo. Il padre ha rifiutato l'asilo offerto da Turchia e Germania. Nell'attacco, la famiglia ha perso il figlio maggiore, Ali, 10 anni, morto tre giorni dopo in ospedale. I Daqnish (che sono sunniti) ritengono quanto accaduto una volontà di Dio. La famiglia rifiuta di essere intervistata e di far apparire Omran dopo quella tragica sera;
     19 settembre: nel pieno della tregua, proclamata il 12 settembre, viene bombardato e distrutto in gran parte un importante convoglio che portava aiuti sufficienti per 78 mila persone. 12 i morti. Le foto satellitari disponibili indicano che l'attacco è stato condotto dal cielo e di notte. La Gran Bretagna accusa l'aviazione russa. Alcune settimane dopo la Russia accusa l'aviazione del Belgio, provocando una forte tensione diplomatica tra i due Paesi;
     21 e 25 settembre: si riunisce il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite convocato d'urgenza su richiesta di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna. Mercoledì 21 settembre il segretario di Stato americano Kerry e il Ministro degli esteri russo Lavrov si rinfacciano reciprocamente la responsabilità di aver violato la tregua. Il 25 settembre Samantha Power, ambasciatrice americana all'Onu, dichiara: «L'azione della Russia in Siria è barbarie, non anti-terrorismo. Invece di perseguire la pace in Siria, Mosca e Assad fanno la guerra, con 150 attacchi nelle ultime 72 ore». Tutti i membri del Consiglio di sicurezza dell'Onu, tranne la Cina, sono più o meno direttamente coinvolti sul terreno: il conflitto siriano, oltre a essere una guerra per procura tra l'Iran e le potenze sunnite, è una sorta di guerra mondiale in pectore;
     28 settembre: il vescovo della Chiesa presbiteriana di Aleppo, una delle 11 confessioni cristiane della città, denunzia che i cristiani di Aleppo sono passati in cinque anni «da 130 mila a 35 mila, meno del 3 per cento della popolazione: uccisi o costretti a fuggire, è pulizia etnica (...) Nelle nostre scuole ci sono 850 allievi, oltre il 90 per cento sono musulmani». Lo stesso accade nelle scuole gestite dai francescani o dai salesiani. Il vero problema, è la provocazione del vescovo Ibrahim Nussayr, è che «Europa e America non sono più Paesi cristiani, altrimenti non si spiega tanta indifferenza». «La Siria ha dato sette papi alla Chiesa. Qui sono nate tante confessioni, come quella maronita. Senza la Siria non ci sarebbe stato il cristianesimo»; lo stesso giorno Sua Santità, durante un'udienza papale di fronte a 25 mila fedeli afferma che «i responsabili dei bombardamenti daranno conto a Dio»; il 9 ottobre papa Francesco annunzia come primo nome in elenco dei futuri nuovi cardinali, quello di monsignor Mario Zenari, attuale nunzio apostolico a Damasco, che «rimane nell'amata e martoriata Siria»;
     29 settembre: «Un genocidio di bambini». È questa la definizione del massacro di Aleppo data dal portavoce italiano dell'Unicef, Andrea Iacomini. 96 bambini morti in 7 giorni e 223 feriti. Iacomini sottolinea che le Nazioni unite hanno smesso di contare i bambini uccisi nel 2013, quando erano circa 11 mila. Oggi le vittime potrebbero essersi quintuplicate rispetto ad allora. Dopo due giorni l'elenco dei bambini vittime ad Aleppo si allunga con altri 20 nomi; il 6 ottobre Jan Egeland, consigliere Onu per gli aiuti umanitari, denunzia che solo nelle ultime due settimane ad Aleppo est sarebbero morte almeno 376 persone, 1.266 i feriti, tra loro per lo più bambini, donne, anziani. Secondo l'Osservatorio siriano per i diritti umani, dal 30 settembre 2015, data di avvio delle operazioni, i raid russi hanno causato la morte di 9.364 persone, 3.804 civili, 2.746 jihadisti dell'Isis e 2.814 membri di diversi gruppi ribelli;
     30 settembre: Save the Children informa che ad Aleppo orientale rimarranno chiuse anche le scuole sotterranee, a causa delle cosiddette «bombe terremoto» o bombe «anti-bunker», che esplodono solo dopo essere entrate profondamente negli edifici. Ad Aleppo orientale le scuole avrebbero dovuto riaprire per il nuovo anno scolastico il 1o ottobre, ma rimarranno chiuse a causa del feroce attacco a cui continua a essere sottoposta la città, privando di un'educazione quasi 100 mila bambini in età scolare. Il solo rumore delle bombe anti-bunker genera uno stato di terrore e di panico inimmaginabili. Il loro potere di distruzione è immenso, possono demolire rifugi sotterranei e scantinati. Gli edifici colpiti vengono annientati completamente; secondo la Syria Civil Defence il 17 ottobre una di queste bombe ha ucciso 14 persone di un'unica famiglia, compresi 8 bambini e 2 donne, in un bombardamento sul quartiere di al-Marja nella parte orientale;
     dal 23 al 30 settembre gli attacchi sferrati con missili partiti dalla parte est di Aleppo hanno colpito in particolare i quartieri cristiano-armeni. Essi hanno causato la morte di 57 persone (20 bambini, 14 donne e 23 uomini) e il ferimento di altre 167, di cui 37 bambini e 53 donne. Dietro gli attacchi, i miliziani dell'ex Fronte al Nusra, una organizzazione affiliata ad Al Qaeda, ma che secondo le autorità armene della città «prende ordini da Ankara». La comunità armena di Aleppo ha lanciato appelli e richieste di aiuto a tutte le Chiese del mondo, affinché «cessino i bombardamenti contro i civili innocenti in ambedue le parti della città»;
     2 ottobre: con uno stanziamento di 25 milioni di euro, l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini, e il commissario europeo per gli aiuti umanitari, Christos Stylianides, lanciano una iniziativa europea per Aleppo, con lo scopo di facilitare la consegna urgente nei quartieri orientali degli aiuti necessari per salvare le vite dei civili e di accogliere in Europa i malati, le cui cure non sono disponibili nella regione. L'iniziativa appoggiata dal Governo italiano, prevede che un convoglio si muova dalla parte ovest a quella est di Aleppo, prelevando da scorte rese possibili anche dai finanziamenti di risposta di emergenza dell'Unione europea, per dare aiuto fino a un massimo di 130 mila persone;
     il 6 ottobre: Aiuto alla Chiesa che soffre, fondazione nata nel 1947 per sostenere la Chiesa in tutto il mondo lancia l'iniziativa « Peace for the Children» tramite la quale un milione di bambini, siriani e non, hanno sottoscritto una petizione da inviare alla Unione europea e all'Onu per chiedere la pace. Come ambasciatori dei bambini siriani dal 10 al 13 ottobre il patriarca greco-ortodosso Giovanni X, il siriaco-ortodosso Ignatio Aphrem II, e il cattolico melchita Gregorio III si sono recati a Bruxelles e Ginevra per consegnare ai rappresentanti di Unione europea, e Onu la petizione e con esse i disegni dei bambini di Aleppo e di tutta la Siria; il 18 ottobre un milione di bambini di tutto il mondo pregano per la pace in Siria;
     11 ottobre: l'Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia la morte di 25 persone, tra le quali 5 minori e donne, durante i bombardamenti degli aerei russi nella parte orientale della città di Aleppo; due giorni dopo (fonti Onu) i morti sono saliti a circa 150 e i raid aerei a 50; uno dei raid ha colpito il mercato di Bustan Qasr, nella parte di Aleppo controllata dai ribelli, uccidendo, secondo l'Osservatorio, 40 persone;
     12 ottobre: Sua Santità al termine di una udienza generale, rinnova l'appello già pronunciato il 7 agosto «affinché si provveda a un immediato cessate il fuoco in Siria», «terra amata e martoriata», «che rispettato almeno per il tempo necessario a consentire l'evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini, che sono ancora intrappolati sotto i bombardamenti»; l'appello è ripreso dai Ministri degli esteri di Italia, Francia e Germania;
     13 ottobre: alcuni razzi lanciati dal settore orientale di Aleppo hanno raggiunto il quartiere a maggioranza cristiana di Sulaymaniyah nella zona ovest e hanno colpito una scuola, uccidendo almeno quattro bambini; secondo il vicario apostolico latino di Aleppo, mons. Georges Abou Khazen, i media occidentali «continuano a parlare e denunciare solo le violenze che avvengono ad Aleppo est»; nello stesso giorno il Governo siriano secondo quanto riferito dal vice inviato speciale dell'Onu per la Siria, dà luce verde ai convogli Onu per distribuire gli aiuti in 25 delle 29 aree assediate in Siria: sono esclusi i quartieri orientali di Aleppo controllati dai ribelli;
     17 ottobre: l'Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia che il bilancio dei raid aerei e bombardamenti di artiglieria nelle ultime 24 ore sui quartieri orientali di Aleppo, ha provocato almeno 50 morti, compresi 18 minori e 8 donne; nello stesso giorno le forze armate russe denunciano che nel mese di settembre oltre 130 bambini sono morti negli attacchi dei miliziani ad Aleppo ovest; questi attacchi, secondo i russi, hanno «un carattere sistemico» contro le strutture di interesse sociale (scuole, moschee, mercati);
     20 ottobre: inizia una tregua durante la quale sia l'aviazione russa sia le truppe siriane dichiarano di rispettare il cessate il fuoco. Su richiesta dell'Onu e delle organizzazioni umanitarie, la tregua viene prolungata dalle 11 ore iniziali a 3 giorni, mentre per 4 giorni, i bombardamenti saranno sospesi per 11 ore al giorno. I raid aerei peraltro cessano dalla mattina del 18 ottobre. Obiettivo della tregua è quello di consentire l'esodo di civili verso la parte occidentale e favorire l'abbandono di Aleppo da parte delle milizie ribelli. L'iniziativa ripete quanto già accaduto in altre parti della Siria: negli stessi giorni il Governo siriano consente l'evacuazione dalla cittadina di Muadhamia al Sham, nella provincia di Damasco, di 620 combattenti ribelli e delle loro famiglie sotto assedio nella zona da mesi. I ribelli hanno potuto in sicurezza lasciare la zona e spostarsi in un'area in mano all'opposizione. Ad Aleppo, nei volantini lanciati da elicotteri del Governo siriano vengono evidenziate 6 strade per i civili e 2 strade per i ribelli che vogliono lasciare la città per recarsi in aree della periferia controllate dall'opposizione; viceversa accade che i combattenti dell'ex Fronte al Nusra, dopo aver respinto la proposta, minacciano di giustiziare chiunque tenti di fuggire e impediscono ai civili di uscire dalle aree controllate, sparandogli. Con riferimento alle proposte russo siriane, la Coalizione nazionale delle forze di opposizione siriana e l'Esercito libero siriano contestano all'Onu di «fare il gioco del regime di Assad che vuole svuotare Aleppo dai suoi abitanti»; già il 12 ottobre il presidente russo Putin aveva dichiarato che le formazioni di ribelli vicine ad Al Qaeda utilizzano i civili di Aleppo est come scudi umani. Il 22 ottobre il Ministero degli esteri russo accusa i miliziani ad Aleppo, di non aver permesso la consegna degli aiuti umanitari o il deflusso dei civili dalle aree della città nelle loro mani; pochissimi civili vengono evacuati, soprattutto feriti gravi. Peraltro l'utilizzo dei civili come scudi umani o l'installazione di postazioni militari nei pressi di luoghi in cui si concentrano i civili (scuole, ospedali, mercati, moschee) è prassi corrente sia dell'Isis, che delle formazioni armate dei gruppi musulmani radicali, come dimostrano le notizie provenienti da Mosul o le modalità operative di Hamas durante l'ultima Intifada;
     22 ottobre: Save the Children denunzia che dal 23 settembre sono 136 i bambini morti e altri 387 quelli rimasti feriti a causa dell'esplosione di bombe a grappolo ad Aleppo est. Secondo il Centro di documentazione delle violazioni dei diritti umani in Siria, dal 10 settembre al 10 ottobre sarebbero circa 137 gli attacchi con bombe a grappolo, con un incremento del 791 per cento rispetto alla media degli 8 mesi precedenti. Le bombe a grappolo solitamente sanciate dagli aerei o sparate da mezzi di terra, spargono una miriade di bombe più piccole che sono in grado di colpire un'area grande come un campo da calcio. L'impatto delle bombe a grappolo sui corpi dei bambini può essere devastante: una bomba di piccole dimensioni che colpisce a distanza ravvicinata può causare gravi fratture ossee, provocare la cecità o addirittura mutilarlo gravemente;
     23 ottobre: riprendono i combattimenti ad Aleppo; diverse organizzazioni umanitarie, come il Comitato internazionale della Croce rossa (Cicr) e l'Osservatorio siriano per i diritti umani, denunziano il fallimento del principale obiettivo della tregua: l'evacuazione dei feriti, dei malati e delle famiglie che avevano intenzione di allontanarsi dall'epicentro dei combattimenti; lo Stato maggiore russo riferisce che la parte occidentale di Aleppo è stata bombardata 52 volte dai militanti durante i 3 giorni della tregua; 14 persone sono state uccise e 50 sono rimaste ferite. I ribelli avrebbero attaccato, per 15 volte, anche i corridoi umanitari;
     24 e 25 ottobre: i nuovi gruppi di profughi siriani giungono in Italia in modo legale e sicuro con in tasca un visto umanitario rilasciato dall'ambasciata italiana di Beirut. Sono salite quindi a 400 le persone, tra cui numerosi bambini, che beneficiano del progetto-pilota dei «corridoi umanitari» promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Tavola valdese e Comunità di Sant'Egidio;
     26 ottobre: il Ministro della difesa russo, sottolineato che su Aleppo non ci sono raid aerei dal 18 ottobre, si dichiara pronto a una nuova tregua umanitaria se si riceveranno garanzie dalle organizzazioni internazionali che verranno evacuati malati, feriti e civili; nello stesso giorno un raid aereo contro una scuola nella provincia di Idlib, sotto il controllo dell'ex Fronte al Nusra, uccide 35 civili, tra cui 11 bambini; l'Osservatorio siriano per i diritti umani lo attribuisce all'aviazione russa; l'Unicef sottolinea che questo attacco è il più grave attacco contro una scuola dall'inizio della guerra civile;
    nel mese di ottobre 2016 si acuisce anche la tensione tra le cancellerie occidentali e Mosca:
     il 7 ottobre il Parlamento russo ratifica (446 voti favorevoli su 446 presenti) il trattato firmato con Assad per la permanenza a tempo indeterminato dei russi nella base aerea di Latakia, che si aggiunge a quella navale di Tartous e all'installazione dei sistemi antiaerei e anti-missile S-400 e S-300; nello stesso giorno il Segretario di Stato americano John Kerry dichiara che i raid di Mosca e Damasco contro la città di Aleppo sono «azioni che richiedono un'inchiesta appropriata per crimini di guerra»; il 14 il trattato russo-siriano è ratificato del Presidente Putin;
     l'8 ottobre la Russia pone il veto in Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite alla bozza di risoluzione presentata dalla Francia (sottoscritta da 40 Paesi, tra cui l'Italia) che chiedeva l'attuazione del cessate il fuoco e l'immediato accesso umanitario nelle aree assediate della città. Dal 2011, è la quinta volta che Mosca blocca con il veto un documento sulla guerra in Siria. Il documento ha ottenuto 11 voti a favore, 2 contrari (incluso il veto della Russia) e 2 astensioni (tra cui la Cina);
     il 10 ottobre la Francia, per voce del Ministro degli esteri francese Jean Marc Ayrault, avanza la proposta di chiedere alla Corte penale internazionale l'apertura di un'indagine per crimini di guerra in merito ai bombardamenti contro Aleppo; sulla proposta concorda il segretario generale uscente delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon che invita nuovamente il Consiglio di sicurezza dell'Onu a votare una richiesta per consentire alla Corte penale internazionale (Cpi) l'avvio delle indagini per crimini di guerra in Siria. Una precedente richiesta era stata bloccata nel 2014 per il veto posto da Russia e Cina;
     il 16 ottobre il Segretario di Stato americano John Kerry e il Ministro degli esteri britannico Boris Johnson, riunitisi a Londra, rilanciano la prospettiva di nuove e più dure sanzioni economiche contro Mosca se non cesseranno i raid contro Aleppo;
     il 21 ottobre, nel vertice europeo a Bruxelles, l'Italia blocca l'ipotesi di nuove sanzioni contro la Russia, propugnate da Francia, Germania e Gran Bretagna. I leader europei «condannano gli attacchi del regime siriano e dei suoi alleati, in particolare la Russia, contro i civili ad Aleppo» e sollecitano «un'immediata cessazione delle ostilità e la ripresa di un processo politico credibile sotto l'egida delle Nazioni Unite»;
     nello stesso giorno il Consiglio dell'Onu per i diritti umani approva una risoluzione di condanna nei confronti del regime di Bashar al-Assad, e della Russia che lo sostiene, in cui si chiede alla Commissione internazionale d'inchiesta sulla Siria di condurre un'indagine speciale sui fatti di Aleppo per identificare i presunti responsabili delle violazioni e degli abusi. La Russia accusa il Consiglio di parzialità;
     il 22 ottobre la Russia avvia una controffensiva mediatica, accusando di «crimini di guerra» la coalizione occidentale impegnata nella liberazione dell'Iraq dall'Isis; secondo l'esercito russo, «troppo spesso, matrimoni, funerali, ospedali, commissariati di polizia e convogli umanitari finiscono sotto il fuoco della coalizione» anche in aree dove l'Isis non è presente. Il 25 ottobre il Ministro degli esteri russo Lavrov dichiara che «gli Usa agiscono a Mosul come la Russia ad Aleppo». Inoltre il Ministero della difesa russo (24 ottobre) rende noto che «nelle ultime 24 ore, accordi di tregua sono stati firmati con i rappresentanti dei ribelli di quattro aree a Latakia e Damasco» e che il numero di insediamenti che hanno aderito a un accordo per la cessazione delle ostilità in Siria sale a 840;
     l'appello lanciato ad agosto dal filosofo Bernard Henri Lévy: «l'Europa salvi il suo onore, impedendo la fine di Aleppo», è stato sinora inascoltato. Neppur oggi l'Unione europea, di fronte al disastro che investe anch'essa, intende unirsi nell'azione positiva, nemmeno sotto il profilo economico. A parte l'accordo con la Turchia le risorse per fare fronte all'emergenza del resto scarseggiano: all'appello, soltanto per il fabbisogno 2016 per Iraq e Siria, mancano quasi 450 milioni di euro. I principali 5 donatori (per il conflitto in Iraq e Siria) sono Germania, Stati Uniti, Giappone, Unione europea e Regno Unito. Con i fondi a disposizione si è riusciti a garantire il fabbisogno di meno della metà (il 33 per cento degli sfollati interni e ad appena il 6 per cento rifugiati siriani;
     il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha riproposto il 21 settembre all'Onu, l'applicazione della «responsabilità di proteggere», il principio che implica anche lo strumento bellico in difesa dei più deboli. Lo enunciò Benedetto XVI intervenendo all'Assemblea generale del Palazzo di vetro nel 2008, quando osservò che se gli Stati non sono in grado di proteggere le proprie popolazioni dalla violazione dei diritti umani, «la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e da altri strumenti internazionali»;
     Migrantes, per voce di monsignor Perego, chiede «una nuova operazione Mare Nostrum» e l'apertura di corridoi umanitari per proteggere e accompagnate almeno le persone più fragili e deboli: le donne, le famiglie con bambini, i minori non accompagnati;
    numerosi sono gli atti di indirizzo approvati nel corso dell'attuale legislatura, in relazione ai quali è necessario verificare le attività poste in essere dal Governo e lo stato di attuazione che riguarda la situazione della Siria, delle popolazioni colpite, dei minori e della città di Aleppo:
     la mozione n. 1-00178 approvata alla Camera l'11 settembre 2013, nella quale si impegna il Governo pro tempore a portare avanti la riflessione con i partner europei sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria affinché sia più forte la pressione sull'attuale regime e si attenuino invece gli effetti sulla popolazione civile; tema ripreso nel 2016 da almeno due atti di indirizzo (mozione n. 1-01285, risoluzione in Commissione n. 7-01002), in considerazione della palese gravità degli effetti dell'embargo;
     le risoluzioni approvate alla Camera e al Senato il 3 dicembre 2014 impegnano il Governo a sostenere l'appello Save Aleppo per Aleppo «Città aperta», lanciato dalla Comunità di Sant'Egidio il 22 giugno 2014, sottoscritto da autorità internazionali e premi Nobel, sottoposto al segretario generale dell'Onu il 7 novembre 2014, con l'obiettivo di salvare gli abitanti della città;
     le numerose mozioni approvate alla Camera il 6 maggio 2015, sulla situazione del campo profughi di Yarmouk, sobborgo di Damasco, e dei profughi in Libano col fine di creare corridoi umanitari e programmi di accoglienza, destinate ai bambini di Yarmouk e alle centinaia di minori che sono profughi in Libano;
     ancora sui profughi in Libano, la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00150 approvata in Commissione affari esteri alla Camera il 4 novembre 2015, attuativa della raccomandazione (Ue) n. 2015/914, con la quale la Commissione dell'Unione europea invita tutti gli Stati membri a procedere al reinsediamento di almeno 20.000 persone bisognose di protezione internazionale ovvero minori, donne o anziani nell'arco di due anni, promuovendo la costituzione di un fondo internazionale per la scolarizzazione dei minori rifugiati e assicurando un adeguato livello di finanziamento per i programmi multilaterali e bilaterali di protezione e di assistenza di tutti i profughi in Libano;
     la risoluzione n. 6-00219, approvata dall'Assemblea della Camera il 16 marzo 2016, impegna il Governo a valutare le reali possibilità di creare zone protette dentro la Siria dovei siriani possano stare, dove i bambini possano andare a scuola, dando una concreta speranza ai cittadini siriani di poter tentare di vivere una vita quasi normale almeno in alcune parti del loro territorio;
     le mozioni approvate al Senato il 7 aprile 2016, volte ad attivare misure di tutela dei diritti dell'infanzia nei territori controllati dall'Isis, prevedono che l'azione del Governo si attivi in sede sia europea che internazionale, al fine di approntare una forte azione per predisporre corridoi umanitari che consentano di mettere in salvo la popolazione civile, in particolare i minori, nei territori interessati dal califfato islamico; inoltre, impegnano il Governo a garantire aiuto e protezione ai minori vittime di violenza e a valutare il ricorso all'affido familiare, quale strumento attraverso il quale il nostro Paese può aiutare i suddetti minori,

impegna il Governo:

1) a rafforzare il proprio impegno sulle questioni esposte in premessa sia in sede comunitaria, sia presso le sedi internazionali, in concorso e in accordo con gli altri Paesi dell'Unione, al fine di raggiungere un accordo tra le parti in conflitto nella città di Aleppo volto a consentire:
  a) la cessazione dei raid aerei e dei bombardamenti terrestri in particolare verso gli obiettivi più sensibili, quali scuole, ospedali e mercati;
  b) il divieto di utilizzo delle bombe a grappolo, delle bombe anti-bunker e delle barrel bomb;
  c) l'apertura di corridoi umanitari ad Aleppo, destinati ad allontanare dal teatro degli scontri, sotto la copertura dell'Onu e con tutte le garanzie necessarie i civili bisognosi di cure, nonché i minori rimasti privi del sostegno familiare e le famiglie che volontariamente intendano lasciare la parte della città nelle mani degli insorti;
  d) lo svolgimento delle attività scolastiche per tutta la popolazione in età scolare che ancora risiede nella città di Aleppo, garantendo la sicurezza degli edifici e la regolarità delle lezioni, al fine di restituire ai bambini una dimensione di vita normale e senza traumi;
2) ad assumere iniziative per contrastare il fenomeno dei matrimoni precoci e forzati che vengono usati in Siria come arma di guerra e di ricatto per diffondere il panico, intimidire e disperdere la popolazione;
3) a utilizzare per le medesime finalità il seggio nel Consiglio di sicurezza che spetta all'Italia dal 1o gennaio 2017, assumendo in tale ambito una posizione volta a favorire un accordo tra le parti in conflitto in Siria e la cessazione delle ostilità;
4) a portare avanti la riflessione, con i partner europei, sulle modalità di applicazione delle sanzioni nei confronti della Siria affinché sia mantenuta la pressione sull'attuale regime, ma si attenuino invece gli effetti sulla popolazione civile, in particolare favorendo l'avvio di una riflessione sulla modifica del framework legale delle sanzioni rispetto alla loro applicazione ad attività di tipo umanitario, al fine di renderlo più snello e facilmente accessibile per le organizzazioni umanitarie operanti sul territorio come indicato dal report « Study on Humanitarian Impact of Syria-Related Unilateral Restrictive Measures» di ESCWA;
5) ad assumere iniziative per rafforzare i corridoi umanitari dalla Siria già in essere, dotandoli di adeguate risorse e ampliandone la sfera di intervento, concentrando gli sforzi in direzione della messa in sicurezza e dell'accoglienza dei minori a rischio nelle aree del conflitto e nei campi profughi, con particolare riferimento ai minori rimasti privi del sostegno familiare e ai nuclei familiari e, in tale ambito, a incrementare la partecipazione ad iniziative internazionali di analogo tenore;
6) in considerazione delle esigenze finanziarie prospettate in premessa, a individuare specifiche risorse destinate al sostentamento e alla messa in sicurezza dei profughi interni e degli sfollati, anche indirizzando parte delle disponibilità destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo e, in tale ambito, ad adoperarsi per il medesimo scopo presso l'Unione europea;
7) a valutare l'opportunità di attivare specifiche campagne di comunicazione istituzionale volte a sensibilizzare l'opinione pubblica sugli eventi in corso in Siria, anche al fine di risvegliare le coscienze dei cittadini e di favorire l'accoglienza e l'integrazione di coloro che fuggono dall'inferno siro-iracheno.
(1-01419) «Lupi, Rosato, Buttiglione, Quartapelle Procopio, Alli, Cicchitto, Manciulli, Nicoletti, Causin, Moscatt».


   La Camera,
   premesso che:
    l'attuale situazione siriana rappresenta un grave elemento di destabilizzazione per la pace nel mondo, che non può certo essere relegato al rango di episodio locale, ma più ancora rappresenta un'insostenibile sofferenza per la coscienza democratica dell'intero Occidente per la violenza quotidianamente perpetrata nel Paese, devastato da una guerra civile senza confini, le cui conseguenze più pesanti sono pagate dai civili innocenti, dalle donne, dai bambini, con perdita di centinaia di migliaia di vite umane;
    a fronte del perdurare della guerra civile in Siria, anche per la complessità del quadro politico interno e della frammentarietà cangiante delle forze in campo nel teatro di confronto siriano, la comunità internazionale stenta a trovare ipotesi di soluzioni di pace, così come appare difficilmente praticabile l'intervento della Corte penale internazionale al fine di individuare e giudicare i responsabili degli efferati «crimini di guerra e contro l'umanità» perpetrati durante gli ultimi cinque anni nel Paese mediorientale;
    in Italia, l'Associazione radicale Adelaide Aglietta rappresenta un'organizzazione promotrice di sistematiche campagne e mobilitazioni rivolte al perseguimento degli obiettivi di pace e libertà, fondati sulla non violenza;
    in questi giorni, l'Associazione Adelaide Aglietta ha lanciato una petizione on line rivolta al segretario generale delle Nazioni Unite, ai Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri delle Nazioni Unite, finalizzata a chiedere l'amministrazione controllata e provvisoria dell'ONU in Siria ed il disarmo di tutte le forze presenti in campo, quali pre-condizioni necessarie per il ristabilimento della pace nel Paese mediorientale (https://www.change.org);
    tale petizione rappresenta uno strumento politico a disposizione della intera comunità del web per agire attraverso la moral suasion sugli organismi internazionali, affinché strutturino una proposta di intervento che offra speranza alla popolazione civile siriana, per poter avviare il Paese ad un lento processo di pacificazione e ricostruzione democratica, che abbia come obiettivo finale libere elezioni;
    l'impegno del Governo italiano in direzione analoga a quella indicata dalla petizione dell'Associazione Aglietta rappresenterebbe una auspicabile e chiara presa di posizione del nostro Paese in difesa dei valori della pace, della libertà e della democrazia,

impegna il Governo

1) a farsi promotore di nuove iniziative politico-diplomatiche che vadano nella direzione del ripristino dei valori della pace, della libertà e della democrazia in Siria, anche attraverso un'azione nell'ambito dei preposti organismi internazionali che avanzi l'ipotesi dell'istituzione di un'amministrazione controllata e provvisoria delle Nazioni Unite in Siria, sulla base del disarmo di tutte le forze in campo e del ritiro di tutte le compagini militari e della previsione di un periodo di transizione durante il quale sia affidato all'Onu l'incarico di amministrare il Paese, di garantirne la sicurezza, di coordinarne la ricostruzione dell'ordine civile, politico e materiale, nonché di stabilire le condizioni per garantire libere elezioni ai cittadini siriani.
(1-01420) «Vargiu, Matarrese, Monchiero, Menorello, Fitzgerald Nissoli, Quintarelli, Fauttilli, Distaso, Dambruoso, Rubinato, Rostellato, Andrea Maestri, Capelli, Oliaro, Galgano, Molea, Bombassei, Caruso, Marazziti».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    nel mondo della ricerca e delle università, gli studi di genere da anni vengono portati avanti da professori e ricercatori. Il genere è una categoria di analisi che riguarda diversi tipi di studi, in particolare filosofia, storia e sociologia. Tante sono state le polemiche e le preoccupazioni sul concetto di gender e gender equality. L'Associazione italiana di psicologia (AIP), nel marzo 2015, ha diffuso un documento in cui afferma di «intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l'inconsistenza scientifica del concetto di «ideologia del gender»»;
    nel Quinto incontro della Commissione sull'eguaglianza di genere del Consiglio d'Europa, che si è svolta a Strasburgo il 2-5 aprile 2014, è stato discusso e preparato il « Gender Equality Glossary» in cui sono introdotte definizioni, che sono strumenti e standard del Consiglio d'Europa. Il lavoro di definizione di termini e standard inerenti la gender equality si è concluso nel novembre del 2015 con la stesura definitiva e l'approvazione del « Gender Equality Glossary»;
   le fonti principali del glossario sono la Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza contro le donne e la violenza domestica e la raccomandazione 17 sugli standard e i meccanismi di eguaglianza di genere e il suo memorandum. Nel glossario sono contenute molte definizioni, tra cui quelle di genere ed eguaglianza di genere;
    la definizione di genere è quella contenuta nella convenzione di Istanbul, articolo 3, lettera c), «Il termine gender indica i ruoli, i comportamenti, le attività e le attribuzioni socialmente costruiti, che una data società considera come appropriati per le donne e per gli uomini»;
   la definizione di eguaglianza di genere è la seguente: « Gender equality significa un'eguale visibilità, autonomia, responsabilità e partecipazione dei due sessi in tutte le sfere della vita pubblica e privata. Il concetto di Gender Equality si oppone semplicemente alla Gender Inequality (concetto di ineguaglianza tra i sessi), cioè alla disparità delle condizioni delle vita delle donne e degli uomini. Sostiene il principio di una piena partecipazione delle donne e degli uomini alla vita in società. Il principio di egualità dei sessi accetta e valorizza egualmente le differenze inerenti alle donne e agli uomini, con i differenti ruoli che essi ed esse ricoprono nella società. Il concetto include il diritto ad essere differenti. Questo implica di prendere in considerazione le differenze tra le donne e gli uomini, relative alle loro classi sociali, alle loro opinioni politiche, alle loro religioni, alle etnie, alle razze o all'orientamento sessuale. L'eguaglianza tra donne e uomini implica discutere e prendere in considerazione come sia possibile andare oltre al fine di cambiare le strutture della società che contribuiscono a mantenere le relazioni di potere tra donne e uomini ineguali e di raggiungere un migliore equilibrio tra i diversi valori e priorità femminili e maschili»;
    la raccomandazione CM/Rec(2007)17 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa sulle norme e i meccanismi di eguaglianza tra le donne e gli uomini dispone: «1. L'eguaglianza tra donne e uomini è un principio dei diritti umani e i diritti umani delle donne fanno, inalienabilmente, integralmente e indissolubilmente, parte dei diritti universali della persona. 2. L'eguaglianza tra donne e uomini è allo stesso modo un imperativo per la realizzazione della giustizia sociale e una condizione essenziale della democrazia. L'accettazione di questi princìpi implica non solamente l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione, legale o altre, fondata sul sesso, ma anche la realizzazione di un certo numero di altre esigenze che devono essere considerate come indicatori qualitativi della volontà politica di realizzare l'eguaglianza reale, di fatto tra le donne e gli uomini;
    la strategia del Consiglio d'Europa per l'eguaglianza tra le donne e gli uomini 2014-2017 aggiunge che questa nozione di eguaglianza «implica anche l'eguaglianza tra donne e uomini nell'accesso alle risorse e nella distribuzione delle risorse»;
    tali definizioni costituiscono uno standard del Consiglio d'Europa e riguardano l'ambito sociale, politico e culturale del genere e dell'eguaglianza di genere;
    nella normativa è presente un uso non univoco delle espressioni «genere e uguaglianza di genere»,

impegna il Governo

ad intraprendere le opportune iniziative di competenza al fine di recepire nella normativa italiana le definizioni contenute nel «Glossario dell'Eguaglianza di Genere» del Consiglio d'Europa, in modo da usare termini come gender o gender equality in conformità con gli standard internazionali, evitando inutili polemiche.
(7-01137) «Centemero».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'esito del referendum popolare inglese del 24 giugno 2016, prodromico al processo di uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, imporrà ai mercati finanziari un riassetto ed una redistribuzione di funzioni e attività, in ragione del ruolo sino ad ora svolto dal London Stock Exchange (LSE) nel mercato comune europeo;
    all'esito dell'uscita della Gran Bretagna dall'UE i principali operatori bancari e intermediari finanziari internazionali perderanno il passaporto europeo ai sensi della direttiva «MiFiD» e dovranno trasferire le proprie sedi operative dalla City di Londra all'interno dell'Unione: a ciò deve aggiungersi, che, evidentemente, le attività di liquidazione e di regolamento delle transazioni denominate in euro (cosiddetto mercato dell’Euroclearing) dovranno lasciare Londra per essere ridomiciliate nell'Eurozona;
    allo stato, in Italia le fasi di liquidazione e regolamento delle transazioni finanziare sono gestite da Monte Titoli s.p.a., per i titoli mobiliari, e dalla Cassa di compensazione e garanzia s.p.a., per gli strumenti derivati; entrambe le società fanno parte, insieme a Borsa Italiana s.p.a., del London Stock Exchange Group (LSE Group), creato nell'ottobre del 2007 con la fusione tra il London Stock Exchange e Borsa Italiana s.p.a.; a sua volta, Borsa Italiana, con sede a Milano, benché sia stata fortemente penalizzata a seguito dell'introduzione in Italia della tassa sulle transazioni finanziarie, rimane una piazza finanziaria capace di gestire un elevato volume d'affari e possiede, grazie anche all'investimento britannico in Italia, una piattaforma e una infrastruttura qualitativamente non dissimili da quelli del LSE;
    è recente, peraltro, la deliberazione di proposta di fusione tra il Deutsche Boerse Group e il LSE Group, che dovrebbe completarsi entro la prima metà del 2017, una volta acquisite le autorizzazioni dalle competenti autorità di vigilanza: ciò dimostra l'interesse britannico a mantenere una presenza del LSE Group sul mercato comunitario continentale, nonostante la formale uscita della Gran Bretagna dall'Unione;
    considerati il legame industriale tra le borse valori di Londra e Milano e, tenuto conto della capacità di Milano di offrire servizi ad elevato valore in termini di formazione, competenze e infrastrutture, va assolutamente sostenuta l'ambizione di Milano ad assorbire quantomeno una parte del mercato dell'Euroclearing in uscita da Londra: tale opportunità, se realizzata, può rendere Milano la capitale finanziaria dell'Eurozona, e di conseguenza produrre benefici sulla crescita del prodotto interno lordo nazionale;
    proprio in quest'ottica, il Comitato Select Milano, ascoltato in audizione dalla Commissione finanze il 21 settembre 2016, ha intrapreso un'iniziativa di diplomazia economica per identificare le condizioni attese dagli operatori bancari e dagli intermediari finanziari per considerare il trasferimento a Milano delle risorse delle piattaforme per l’Euroclearing;
    il Comitato Select Milano, nel corso della predetta audizione dinanzi alla commissione finanze della Camera, ha illustrato un programma di misure fiscali, organizzative e normative capaci di offrire agli investitori internazionali forme di collaborazione transnazionale, che coltivino dalla base la possibilità di replicare, tramite l'esercizio dell'autonomia privata nell'autoregolamentazione degli interessi, le ragioni di successo del modello inglese;
    in particolare, è stata evidenziata la possibilità di promuovere un ambiente normativo di natura privatistica, congeniale alle relazioni finanziarie e d'affari: a tal fine, le provvidenze di carattere fiscale e il potenziamento degli strumenti finalizzati a facilitare il rientro (e/o l'arrivo) in Italia di risorse umane di alta qualificazione, devono essere accompagnati da un pegno diretto delle istituzioni italiane a promuovere la collaborazione tra operatori finanziari, imprese e libere professioni;
    in tal senso, cogliendo la direzione indicata delle fusioni tra borse, sembra quanto mai opportuno valorizzare l'adozione e l'utilizzo di uno strumento normativo di aggregazione di matrice europea, pienamente operativo in Italia ai sensi del decreto legislativo n. 240 del 1991, il Gruppo economico d'interesse europeo (GEIE) che è espressamente pensato – citando i considerando del regolamento (CEE) n. 2137/85 del Consiglio del 25 luglio 1985, relativo all'istituzione di un gruppo europeo di interesse economico – perché «le persone fisiche, le società e gli altri enti giuridici possano effettivamente cooperare oltre le frontiere», mediante la creazione di un nuovo centro di imputazione che consenta «di facilitare o di sviluppare l'attività economica dei suoi membri per permettere loro di migliorare i propri risultati» e la cui capacità di adattamento «alle condizioni economiche» sia «garantita dalla notevole libertà lasciata ai suoi membri per organizzare i loro rapporti contrattuali e il funzionamento interno del gruppo»;
    il GEIE, può, in ipotesi, aggregare nel futuro distretto affari di Milano partners internazionali, quali la City of London Corporation, l'ente di governo del Miglio Quadrato di Londra, che ha necessità di avere un piede nell'Unione, e l’International Financial Services Centre (IFSC) di Dublino, che pur non avendo la scala per assorbire il mercato dell’Euroclearing, possiede competenze ed esperienza che possono essere messi a sistema in Italia;
    tale GEIE dovrà promuovere la redazione e l'adozione di codici di comportamento, capaci di esprimere un vero e proprio sistema di autoregolamentazione del futuro distretto affari di Milano (cosiddetto codice del distretto), al quale dovranno partecipare, tramite appositi consorzi di categoria che ne recepiscano i contenuti in specifici protocolli di adesione vincolanti per gli associati, gli operatori bancari, gli intermediari finanziari, le società di gestione del risparmio, i gestori di mercati regolamentati e di sistemi multilaterali, e i prestatori di servizi;
    parallelamente, occorre offrire agli investitori internazionali strumenti per mitigare il rischio lentezza, della giustizia: in questo senso, per evitare che eventuali contenziosi tra investitori e intermediari possano immediatamente ricadere sulla magistratura ordinaria, occorre consolidare, con apposite misure di sostegno, il nuovo Arbitro per le controversie finanziarie (ACF), il cui regolamento è stato approvato dalla Consob con delibera n. 19602 del 4 maggio 2016, aumentandone almeno la competenza per valore;
    inoltre, per consentire una risoluzione veloce ed efficace delle controversie tra operatori professionali, va rafforzato il ruolo dell'arbitrato: la Camera arbitrale di Milano, ad esempio, può essere messa a sistema attraverso una convenzione all'interno di una filiera industriale afferente al futuro distretto affari;
    l'ordinamento giuridico italiano è già in grado di assecondare questo scenario: la disciplina dell'arbitrato rituale e amministrato attualmente in vigore già consente di evitare che l'aumento delle dispute tra intermediari possa riversarsi, nelle sue ipotetiche patologie, sul distretto giudiziario di Milano;
    l'occasione è un motivo in più per portare a termine un intervento che consenta, non solo di deflazionare, ma soprattutto di rendere efficiente ed efficace il sistema delle impugnazioni,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi, per quanto di competenza, per la costituzione di un distretto di affari a Milano capace di svolgere la funzione di cittadella finanziaria europea e creare un ecosistema per l'intera gamma dei servizi d'investimento ai sensi della direttiva «MiFiD»;
2) ad assumere iniziative per organizzare il nascituro distretto di affari in forma di Gruppo economico d'interesse europeo (GEIE) e a favorire l'adesione al GEIE di soggetti internazionali accanto a soggetti istituzionali italiani;
3) a favorire l'elaborazione di un codice del distretto di natura giuridica privatistica ma con rilevanza di autoregolamentazione;
4) a promuovere la partecipazione al GEIE di operatori bancari, intermediari finanziari, società di gestione del risparmio, gestori di mercati regolamentati e di sistemi multilaterali, e prestatori di servizi, attraverso la normazione di consorzi di categoria o il riconoscimento dello status di consorzi di categoria ad enti preesistenti;
5) ad assumere iniziative normative per espandere il ruolo dell'Arbitro per le controversie finanziarie, aumentandone la competenza per valore;
6) ad assumere iniziative normative per rafforzare il ruolo dell'arbitrato nelle dispute afferenti ratione materiae al nascituro distretto di affari di Milano, ripensando il sistema delle impugnazioni e promuovendo la stipula di convenzioni con organismi di arbitrato.
(7-01138) «Bernardo, Gitti, Pagano».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    alle recenti Olimpiadi di Rio tutti hanno ammirato il gesto dell'atleta Elisa Di Francisca che, scesa dal podio, ha voluto festeggiare la conquista della medaglia d'argento sventolando la bandiera europea;
    l'immagine è finita su tutti i siti, ma paradossalmente si è anche molto dibattuto su una possibile violazione del regolamento del Comitato olimpico internazionale, dato che gli atleti possono mostrare solo la bandiera del loro Paese, non altre, e l'Unione europea non è considerata un Paese;
    il gesto di Elisa Di Francisca ha rappresentato un richiamo importante allo spirito di integrazione europea, oggi fortemente in difficoltà per la crisi che stanno attraversando le istituzioni dell'Unione europea;
    se avessero gareggiato come Stati Uniti d'Europa alle ultime Olimpiadi di Rio, i Paesi membri dell'Unione europea, avrebbero conquistato 325 medaglie contro le 120 degli Stati Uniti e le 70 della Cina;
    in questo senso, lo sport può assolvere un ruolo importante nello stimolare l'educazione al confronto, alla fratellanza e alla promozione del dialogo interculturale, incoraggiando, anche attraverso atti simbolici, il rafforzamento dello spirito unitario di integrazione europea;
    è necessario ritrovare al più presto tale spirito comunitario ed unitario attraverso ulteriori e nuove iniziative d'integrazione, anche a carattere sportivo, che possano essere rappresentative della comune patria europea e in grado di valorizzare le ricche diversità culturali presenti al suo interno come patrimonio comune continentale,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché gli atleti italiani alle prossime Olimpiadi di Tokyo del 2020 siano rappresentati non solo dalla bandiera nazionale, ma anche da quella europea;
   a farsi promotore di tale forte iniziativa anche presso gli altri Paesi dell'Unione, al fine di diffondere nel mondo l'immagine di un'Europa unita nella diversità ed in modo tale che sulle divise degli atleti di tutte le nazionali olimpiche europee e sui monitor di tutte le televisioni del mondo, campeggi la doppia bandiera, nazionale ed europea, nelle forme e nelle proporzioni che si riterrà opportuno proporre.
(7-01140) «Manzi, Narduolo, Rampi, Carocci, Coccia, Dallai, Ghizzoni, Iori, Malisani, Rocchi, Ventricelli, Ascani, Blazina».


   La X Commissione,
   premesso che:
    la vertenza degli stabilimenti della multinazionale Vesuvius ha dirette e rilevanti connessioni con gli stabilimenti di produzione di acciaio in Italia;
    da una parte, lo stabilimento di Macchiareddu in Sardegna, nel comune di Assemini, approvvigiona con il 60/70 per cento delle sue produzioni lo stabilimento Ilva di Taranto dall'altro una buona parte di tali produzioni è destinata agli impianti ex Lucchini di Piombino;
    per entrambi i casi, sia Ilva di Taranto che la ex Lucchini di Piombino, risulta attivato un impegno finanziario di risorse statali ingente per il mantenimento e la ripresa produttiva degli impianti di produzione di acciaio;
    gli stessi sono stati di fatto dichiarati di interesse strategico nazionale;
    nella ratio degli interventi statali e nello stesso dibattito parlamentare è emerso con chiarezza che vi era l'obiettivo di mantenere produttivi questi impianti, anche al fine di garantire e tutelare l'intera filiera produttiva dell'acciaio;
    nelle varie disposizioni legislative che si sono succedute, in particolar modo sull'Ilva di Taranto, è stato ribadito l'obiettivo, con lo stanziamento di risorse conseguenti, di tutelare non solo le industrie primarie ma anche le attività indotte dell'intera filiera;
    lo stabilimento di Assemini (105 dipendenti e circa 80 lavoratori indiretti) produce in media 130 mila pezzi all'anno di materiale refrattario isostatico per colate in altiforni di primaria qualità, riconosciuta in ambito internazionale;
    produzioni indispensabili nella filiera produttiva dell'acciaio e con un evidente e decisivo apporto alla qualità ambientale e alla sicurezza degli stessi impianti;
    è evidente, dunque, che la ratio di salvaguardare l'indotto era direttamente connessa non solo al mantenimento della capacità produttiva, alla qualità ambientale e alla sicurezza dello stabilimento, ma anche al mantenimento operativo e produttivo di tutto l'indotto;
   in questa direzione appare assolutamente irrinunciabile l'apporto di produzioni come celia dello stabilimento della Vesuvius di Assemini;
   il tentativo, ad avviso dei firmatari del presente atto, subdolo, della multinazionale Vesuvius di chiudere lo stabilimento sardo e dislocare le produzioni all'estero è inaccettabile e costituisce un atteggiamento che va contrastato per evitare che l'obiettivo di unitarietà del processo produttivo dell'acciaio venga dissolto;
    la multinazionale Vesuvius ha annunciato la chiusura degli stabilimenti italiani entro la fine dell'anno e per 200 lavoratori diretti e altrettanti dell'indotto si profila il licenziamento;
   la Vesuvius vanta crediti rilevanti nei confronti dell'Ilva;
   l'Ilva di Taranto, principale utilizzatrice delle produzioni Vesuvius è sottoposta a regime commissariale straordinario in base al decreto-legge n. 1 del 2015, che ha disciplinato il passaggio dalla gestione commissariale speciale di ILVA, di cui al decreto-legge n. 61 del 2013 alla nuova gestione commissariale di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003;
    si tratta di commissari indicati e nominati dal Governo in carica;
    negli stessi dispositivi di legge recanti norme per l'Ilva sono previste particolari disposizioni per regolare i rapporti con le imprese dell'indotto, con particolare riferimento a prestazioni necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza e alla continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali;
    il decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, convertito, con modificazioni dalla legge 1o febbraio 2016, n. 13 recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del gruppo ILVA ha previsto al comma 6-octies una modifica dei criteri per le imprese che risultino fornitrici di beni e servizi connessi all'attività di risanamento ambientale o necessari alla continuazione dell'attività di società;
    è fin troppo evidente che il Governo, attraverso i commissari, ha un potere rilevante nei confronti della Vesuvius alla quale va ribadita la ratio delle norme che impone di fatto il mantenimento in essere dell'intera filiera produttiva indotta e che le forniture e i relativi pagamenti possono essere effettuati solo e ad esclusiva condizione che le produzioni siano tutte riconducibili ad impianti in essere sul territorio nazionale,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative urgenti affinché, per il tramite dei commissari dell'Ilva e dell'ex Lucchini di Piombino, sia chiarito ai vertici di Vesuvius che le norme vigenti impongono di fatto il mantenimento in essere dell'intera filiera produttiva indotta e che le forniture e i relativi pagamenti possono essere effettuati solo e ad esclusiva condizione che le produzioni siano tutte riconducibili ad impianti in essere sul territorio nazionale;
   a convocare con urgenza una riunione con le parti interessate per revocare la procedura di mobilità e attivare tutti gli strumenti possibili per il mantenimento degli asset produttivi e degli stessi livelli occupazionali;
   ad assumere, in via subordinata, ogni iniziativa di competenza per avviare trattative volte alla cessione al gruppo Ilva dello stabilimento Vesuvius di Assemini, al fine di garantire la continuità produttiva sia del gruppo Ilva che di quelli di Assemini.
(7-01139) «Prodani, Pili».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 4 giugno 2016 è stato ritrovato nella sua abitazione a Caracas il corpo senza vita di Mauro Monciatti, alto funzionario del consolato italiano in Venezuela, originario di Sinalunga;
   nonostante le autorità venezuelane avessero indicato come causa della morte un «infarto al miocardio», tale tesi è apparsa subito non convincente per gli stessi familiari della persona deceduta che hanno ipotizzato un omicidio legato all'attività lavorativa del congiunto;
   il 9 giugno 2016 nel corso della discussione alla Camera dei deputati di un atto di sindacato ispettivo relativo a tale vicenda (interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5-08848), il sottosegretario delegato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, parlando del Venezuela come di un Paese che «sta attraversando una delle fasi più critiche della sua storia che si sta ripercuotendo anche sulla numerosa comunità italiana residente, le cui condizioni economiche e sociali sono fortemente deteriorate» ha di fatto non escluso la tesi dell'omicidio;
   secondo quanto si apprende da organi di informazione il ritrovamento del cadavere, presentava circostanze sospette che avrebbero infatti evidenziato un'aggressione; il corpo di Mauro Monciatti riportava inoltre segni evidenti di escoriazioni incompatibili con una «morte naturale» da arresto cardiaco che avrebbe potuto tecnicamente provocare il decesso ma essere diretta conseguenza di violenze fisiche;
   alcune fonti giornalistiche hanno inoltre riferito che i primi accertamenti della polizia scientifica locale hanno parlato di un trauma violento alla testa causato da un corpo contundente senza ferite di arma da taglio, mentre il console italiano in Venezuela Mauro Lorenzini ha dichiarato che non sembra esserci stata una rapina, né un furto poi degenerato;
   ulteriori indagini approfondite sulla reale causa della morte risultano oggi difficili; le autorità venezuelane avrebbero infatti effettuato due autopsie nel corpo di Mauro Monciatti e per tale motivo la salma rientrata in Italia non presenta organi interni. L'attuale autopsia disposta dalla procura della Repubblica di Roma è ancora in corso ed in attesa di ricevere i «vetrini» degli esami di laboratorio da parte delle autorità sanitarie venezuelane;
   la procura della Repubblica di Roma ha da tempo svolto istanza di rogatoria internazionale, ad oggi, senza successo;
   i familiari di Mauro Monciatti hanno presentato una denuncia alla procura della Repubblica di Siena che, appurata la precedente apertura del procedimento penale presso la procura della Repubblica di Roma, ha immediatamente trasmesso gli atti a quest'ultima nel rispetto delle norme sulla competenza;
   il decesso di Mauro Monciatti ha causato forte emozione nella comunità di Sinalunga soprattutto per il mancato chiarimento rispetto alle cause di un decesso di un funzionario dello Stato che appare diretta conseguenza di un atto di violenza; il consiglio comunale cittadino ha approvato il 14 ottobre 2016 un ordine del giorno che impegna il sindaco e l'intero consiglio comunale ad adoperarsi nei confronti delle istituzioni nazionali preposte per fare chiarezza sulle reali cause della morte –:
   quali iniziative urgenti abbia assunto e intenda assumere il Governo per fare piena chiarezza sulle cause della morte di Mauro Monciatti, per dare risposte certe ai familiari, per assicurare eventuali colpevoli alla giustizia e per riconoscere la giusta dignità al lavoro svolto da un servitore dello Stato, scomparso nell'adempimento del proprio dovere.
(2-01536) «Cenni, Dallai, Mariani, Rocchi, Beni, Albini, Terrosi, Scuvera, Parrini, Guerra, Marchi, Preziosi, Petrini, Rubinato, Moretto, Fiorio, Carra, Bratti, Braga, Luciano Agostini, Laforgia, Fanucci, Tullo, Giuseppe Guerini, Fregolent, Bini, Stella Bianchi, Lavagno, Carrozza, Cuperlo, Donati, Fontanelli, Fossati, Gnecchi, Porta, Fedi, Ginato, Carnevali, Manfredi, La Marca, Iacono, Crivellari, Fabbri, Bindi».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   da oltre un decennio il settore manifatturiero italiano sta attraversando una fase recessiva per effetto di una molteplicità di fattori, come la congiuntura economica mondiale, lo sviluppo delle economie asiatiche, l'apertura di nuovi mercati, l'innovazione tecnologica e un generale ripensamento delle politiche industriali e dei modelli di produzione, che ha portato alla chiusura di numerosissime aziende, ridimensionando conseguentemente capacità produttiva e occupazione nel nostro Paese;
   la riduzione del numero di imprese, impianti produttivi e occupati sarebbe stata accentuata anche dalla diffusione delle politiche di delocalizzazione poste in essere dalle imprese per superare limiti e criticità del contesto economico italiano, come gli elevati costi di alcuni fattori della produzione, la pressione fiscale e l'eccessiva burocrazia;
   secondo il rapporto sull'andamento dell'economia mondiale dell'Unctad – la Conferenza dell'Onu su commercio e sviluppo –, nel periodo 2007-2016, la produzione industriale italiana è diminuita del 22 per cento, in particolare – fatta 100 la produzione industriale nel 2010 –, nel primo trimestre 2007, la produzione sarebbe stata a quota 118, mentre nel primo trimestre 2016, a quota 92;
   secondo l'inchiesta «Addio al lavoro», pubblicata dal settimanale «l'Espresso», il 16 ottobre 2016, il processo di deindustrializzazione, degli ultimi 25 anni, avrebbe rimodulato la mappa del tessuto produttivo del nostro Paese;
   in particolare, la citata inchiesta ha rilevato un generale ridimensionamento del numero degli addetti e una radicale modifica della classifica, per numero di dipendenti, delle aziende italiane;
   in tal senso, risulterebbero esplicativi i dati sulla Fiat: nel 1990, era la prima azienda italiana per numero di addetti (267 mila in Italia), mentre oggi conta oltre 300 mila addetti nel mondo e appena 84.887 nel nostro Paese;
   nella classifica delle aziende per numero di addetti, negli ultimi 25 anni sono saliti Poste italiane (oggi al primo posto) e Ferrovie dello Stato italiane, entrambe controllate dallo Stato, mentre sono spariti «due colossi industriali privati com'erano Olivetti e Montedison, e sono scivolati fuori classifica anche altri operatori che un tempo davano lavoro a decine di migliaia di persone, Ilva, Alitalia, Fincantieri»;
   nell'edizione del 10 ottobre 2016 del Corriere Economia, Marcello Minenna ha analizzato i dati sull'andamento industriale, confrontandoli con il prodotto interno lordo, a partire dalla crisi economica del 2011-2012;
   secondo l'analisi «La lentezza del recupero induce a sospettare che la recessione abbia spazzato via una significativa fetta di base produttiva: imprese e interi distretti industriali. Con la ripartenza della domanda interna solo le aziende che sono sopravvissute hanno ricominciato a produrre di più»;
   è il caso di rilevare che le politiche di promozione delle industrie e dei prodotti italiani nel mondo, al fine di aprire nuovi mercati e di attrarre investitori stranieri nel nostro Paese – come l’International Forum of Sovereign Wealth Funds o Invest in Italy – lungi dall'aver determinato un incremento delle produzioni e delle unità lavorative nel nostro Paese, avrebbe portato all'acquisizione di aziende, di brand storici ovvero di beni del patrimonio immobiliare del nostro Paese;
   in molti casi le aziende cedute all'estero possedevano un patrimonio brevettuale di immenso valore, frutto della storia, dell'ingegno e delle competenze manifatturiere italiane, oggi non più nella disponibilità del nostro Paese;
   da quanto esposto emergerebbe nel complesso una generale mancanza di indirizzi nel settore industriale italiano in un contesto mondiale in cui le strategie di mercato, sia nelle economia consolidate sia nei Paesi emergenti, scaturirebbero da piani industriali nazionali;
   sembrerebbe che le aziende italiane, in assenza di una chiara strategia nazionale di politica industriale, siano in balia dei cicli economici e del mercato, in una fase, tra l'altro, di grande transizione del comparto manifatturiero, che, sta mettendo in discussione capisaldi e presupposti dell'economia mondiale e che richiederebbe proprio l'adozione di un piano industriale del nostro Paese;
   il 15 luglio 2014, sul quotidiano economico Il Sole24ore, in un editoriale dal titolo «Un piano industriale per far ripartire l'Italia», il Ministro interrogato, all'epoca viceministro, ha sostenuto «Non c’è altra strada che mettere nero su bianco un piano industriale per l'Italia che definisca le iniziative ordinarie straordinarie da intraprendere, i margini precisi di flessibilità di cui abbiamo bisogno e la quantificazione del risultato atteso»;
   è il caso di rilevare che a distanza di due anni non vi siano ancora le risultanze delle valutazioni formulate dal Ministro –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alla crisi industriale del nostro Paese e quali iniziative intenda adottare per fronteggiarla;
   se non si ritenga opportuno approntare un piano industriale che definisca il contesto economico, gli obiettivi, le risorse secondo una visione prospettica di lungo termine per sostenere lo sviluppo del settore manifatturiero italiano.
(2-01535) «Vallascas, Gagnarli, Nicola Bianchi, Dell'Orco, Cariello, Da Villa, Ferraresi».

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, MASSIMILIANO BERNINI, GRILLO, AGOSTINELLI, CECCONI, CIPRINI, GALLINELLA, DAGA, LUIGI DI MAIO, CASTELLI, MICILLO, MANNINO, DE ROSA, ZOLEZZI, BUSTO e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa Consorzio nazionale servizi (CNS) ha vinto la gara Consip, con validità 6 anni, per la realizzazione delle casette prefabbricate dei terremotati del sisma del 24 agosto 2016, appalto che in seguito ai recenti eventi sismici del 26 e 30 ottobre potrebbe raddoppiare;
   il quotidiano LaVerità in data 3 novembre 2016 a questo proposito riporta che la commessa da 1,1 miliardi di euro è stata data all'emiliana CNS, già sanzionata dall'Antitrust e appena condannata dal TAR per il «cartello» con Manutencoop in violazione delle normative UE sullo concorrenza ha vinto una commessa da 1,1 miliardi di euro;
   fino a metà ottobre 2016 pendeva sulla CNS il ricorso al TAR, ma in data 14 ottobre 2016 il TAR del Lazio ha confermato l'accusa dell'Antitrust per manipolazione del mercato;
   sempre nell'articolo citato viene riportato che la realizzazione delle casette avrebbe un costo particolarmente elevato, tanto da equipararle a quelle di «ville di lusso» –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato, per quanto di propria competenza, alla luce dei fatti esposti in premessa e sulla base di un sempre più marcato orientamento a raggiungere una progressiva centralizzazione del sistema di acquisti di beni e servizi, al fine di garantire una maggiore vigilanza da parte di Consip ed evitare situazioni come quelle sopra descritte;
   se non ritenga di dover affrontare – anche attraverso iniziative volte ad apportare modifiche del quadro normativo – il problema causato dai ricorsi al Tar proprio al momento della gara, con conseguenti ritardi nel suo espletamento;
   se non si ritenga di dover valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche attraverso l'intervento del commissario straordinario del Governo per la ricostruzione nei territori colpiti dal terremoto del 24 agosto 2016, per procedere all'annullamento immediato della gara di cui in premessa, al fine di evitare allungamenti dei tempi dovuti a possibili cause legali indette da concorrenti, a sentenze di organismi di controllo o a contenziosi;
   come sia stata possibile l'ammissione alla gara di un'azienda già sottoposta a sanzioni dell'autorità antitrust senza prevedere la possibilità di riserva. (3-02608)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 979, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura e la conoscenza del patrimonio culturale, ha assegnato a tutti i cittadini italiani o di altri Paesi membri dell'Unione europea residenti nel territorio nazionale, i quali abbiano compiono diciotto anni di età nell'anno 2016, un « bonus» dell'importo di euro 500 da utilizzarsi per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l'acquisto di libri nonché per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali, monumenti, gallerie, aree archeologiche, parchi naturali e spettacoli dal vivo;
   benché il sopraccitato articolo disponesse che entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e con il Ministro dell'economia e delle finanze, fossero definiti i criteri e le modalità di attribuzione e di utilizzo del « bonus», lo stesso decreto è stato pubblicato solamente sulla Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2016;
   diversi organi di stampa, tra questi Gazzetta di Parma, hanno denunciato nei giorni scorsi la farraginosità delle procedure di accreditamento al sistema, in particolare con riferimento alle modalità di ottenimento della «Spid» –:
   se non si ritenga di avviare una campagna di informazione mirata, anche e soprattutto con il coinvolgimento degli istituti scolastici superiori, finalizzata ad assicurare la più capillare diffusione del « bonus cultura» tra i diciottenni e se non si ritenga, altresì, necessario assumere iniziative per semplificare e velocizzare la procedura di accreditamento. (4-14698)


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, TRIPIEDI e PESCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha indetto, nel dicembre del 2011, un concorso pubblico per esami per il reclutamento di 69 dirigenti di seconda fascia;
   come emerge dalle indagini e da quanto pubblicato dal giornale la « Verità» del 9 ottobre 2016 alcuni candidati hanno ottenuto i compiti con le tracce già svolte su una copia taroccata di una Gazzetta Ufficiale (che conteneva lo svolgimento dei quesiti), unico supporto ammesso durante la prova;
   secondo quanto riportato da www.corriere.it del 21 settembre 2016 «Le ipotesi di reato, per il momento, vanno dal tentativo di abuso d'ufficio, alla violazione di una legge del 1925 che punisce chi copia durante i concorsi pubblici. I nomi degli indagati non sono al momento noti, ma ci sarebbe almeno uno dei membri della Commissione esaminatrice, Alberto Libeccio, che tra l'altro pochi mesi prima del concorso aveva tenuto un corso di formazione proprio su una delle tracce poi uscite all'esame, e il capo segreteria del Direttore generale Giuseppe Peleggi, Paolo Raimondi. Un'ex dirigente dell'agenzia delle dogane dichiara a Report che sarebbe stato proprio Raimondi, evidentemente con altri, a falsificare la Gazzetta»;
   l'articolo 4-bis del decreto-legge n. 78 del 2015 dispone che, «ai fini della sollecita copertura delle vacanze nell'organico dei dirigenti», venutosi a creare per effetto della sentenza n. 37 del 2015 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'assegnazione di funzioni dirigenziali a funzionari di 3a area, autorizzava le Agenzie fiscali ad indire concorsi pubblici «da espletare entro il 31 dicembre 2016»;
   Salvatore Giacchetti, presidente aggiunto onorario del Consiglio di Stato, in un articolo in www.lexitalia.it dell'11 aprile 2016, dal titolo «Il lato oscuro delle Agenzie fiscali» ha evidenziato che: «la Corte Costituzionale, con la citata sentenza n. 37/2015, dichiara illegittimi gli incarichi dirigenziali e il Ministro Padoàn, nella sua qualità di longa vox delle Agenzie, prima deplora ufficialmente che la Corte Costituzionale “non ha facilitato il lavoro dell'Agenzia” (sorvolando elegantemente sulla non del tutto irrilevante circostanza che si trattava di un lavoro contra legem) e poi si fa convincere ad attribuire agli ex incaricati la qualità di POS-Posizioni Organizzative Speciali: et voilà, con un prodigio da resurrezione di Lazzaro, gli incarichi dirigenziali riprendono di colpo nuova vita con la nuova etichetta di POS; il che potrebbe essere definito un artificio e un raggiro per eludere il dictum della Corte con il puerile escamotage di ridenominare in modo diverso gli stessi incarichi dirigenziali in precedenza dichiarati illegittimi»; ne è conseguito un nuovo ricorso contro dette «Posizioni organizzative speciali» (Pos);
   ad oggi, il concorso a 69 posti come dirigente rimane bloccato per le suddette gravi irregolarità e, residuando comunque una carenza di 118 unità dirigenziali, sicuramente per gli interroganti non si arriverà, entro il 2016, alla nomina dei nuovi dirigenti come stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2015, con la conseguenza nefasta che il Governo – molto probabilmente – sarà costretto ad una nuova proroga delle cosiddette posizioni organizzative speciali anche ponendosi in contrasto con quanto stabilito in merito alla Corte costituzionale –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e quali urgenti iniziative intenda intraprendere per superare l'inerzia dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e risolvere l'ormai annosa controversia sulla regolarità dei concorsi pubblici relativi ai dirigenti delle Agenzie delle dogane e dei monopoli nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale e dei principi del buon andamento della pubblica amministrazione;
   se intenda assumere iniziative per rimuovere i responsabili di quanto accaduto nel predetto concorso a 69 posti, ovvero quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere nei loro confronti a tutela del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione.
(4-14709)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA, COSTANTINO, PAGLIA, PIRAS, DURANTI, KRONBICHLER, ZARATTI e FASSINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   sul Fatto Quotidiano del 25 ottobre 2016, in occasione della pubblicazione di un articolo a firma di Gianluca Roselli dal titolo «Tutti i modi per truccare il voto all'estero: in palio c’è oltre un milione di Sì», è stato intervistato il coordinatore nazionale della Filef Rodolfo Ricci;
   la Filef (Federazione italiana dei lavoratori emigrati e famiglie) è una Associazione – fondata nel 1967 da Carlo Levi, Paolo Cinanni e altri intellettuali – che, con la sua presenza in tutti i Paesi del mondo e nelle regioni italiane, determina una partecipazione attiva e diretta di centinaia di migliaia di lavoratori emigrati, rappresentando essi stessi i loro problemi di vita e di lavoro e proponendo soluzioni, unitarie e mai corporative, nell'ambito della realtà complessa delle società estere e del nostro Paese;
   nel corso dell'intervista, nonché con un comunicato stampa emanato dalla Filef, riferendosi all'imminente referendum costituzionale, il coordinatore Rodolfo Ricci ha esposto le preoccupazioni ampiamente condivise all'interno della Filef che di volta in volta emergono in relazione al voto per corrispondenza all'estero, sottolineando, in particolare, i rischi di brogli derivanti dalla potenzialmente possibile sottrazione e incetta di plichi che possono essere manomessi e votati da parte, non tanto di singoli, ma, eventualmente, da organizzazioni messe all'uopo a punto per questo scopo e che dispongano di consistenti mezzi e informazioni;
   per quanto riguarda in particolare il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, facendo presente che la Filef nazionale è ufficialmente schierata per il «NO», pur nel rispetto delle diversificate posizioni all'interno dell'Associazione, è stato sottolineato il ruolo di informazione che può essere svolto da operatori di queste organizzazioni, indipendentemente dalle posizioni sul voto, anche perché all'estero, per specifici settori di popolazione, è difficile acquisire informazioni in altro modo;
   soprattutto, per l'organizzazione della consultazione referendaria all'estero, risulta che è stato reso noto al Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) che il Ministero dell'economia e delle finanze abbia dotato il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale della somma di 19,7 milioni di euro per l'organizzazione della consultazione, di cui 6,7 milioni solo per l'Argentina –:
   quale sia, nello specifico, la ripartizione dei suddetti fondi Paese per Paese e quali siano i parametri adottati per questa suddivisione e le funzioni specifiche che saranno assolte con tali fondi, in modo da contribuire anche ad evitare il proliferare di approcci scandalistici al voto degli italiani all'estero, una consuetudine, a parere dell'interrogante, non accettabile.
(4-14701)


   RAMPELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in seguito a un viaggio in Crimea svolto nella sua qualità di assessore alla cooperazione internazionale del comune di Padova, con una delegazione di amministratori e imprenditori, l'esponente politico di Fratelli d'Italia – Alleanza nazionale, Marina Buffoni è stata inserita nella black list del sito ucraino « Mirotvorez»;
   sul sito compaiono incredibilmente il nome, le generalità e altre informazioni relative all'assessore Buffoni, e la si qualifica come «nemica di Kiev» inserendola nella cosiddetta lista della morte tra «i terroristi filo-russi, separatisti, mercenari, criminali di guerra, e assassini»;
   la delegazione della quale faceva parte l'assessore si è recata in Crimea per alcuni incontri istituzionali, dando seguito a un formale invito proveniente dal Governo russo;
   secondo quanto riportato da notizie di stampa nel caso dell'associazione che cura il sito «ufficialmente si tratta di un'organizzazione non governativa, di fatto è un gruppo molto vicino alla politica ucraina»;
   l'inserimento del nome dell'assessore Buffoni, e di quello di altri esponenti politici locali finiti nella lista della morte prima di lei, è, ad avviso dell'interrogante, un atto chiaramente volto a intimorire gli esponenti politici e imprenditoriali italiani ed europei e finalizzato a ostacolare i rapporti con la Federazione russa –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito, anche adoperandosi, ove ne sussistano i presupposti, per pervenire all'oscuramento del sito. (4-14711)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni giorni nel territorio dei comuni di Forlì, Cesena e limitrofi numerose segnalazioni di cittadini alle autorità locali hanno ravvisato la presenza di un odore pesante;
   nonostante il tempestivo impegno di tutti gli enti preposti, non si ha notizia di una chiara identificazione delle cause che hanno portato all'emanarsi di questo odore acre che ha reso in alcune ore delle giornate tra il 31 ottobre e il 2 novembre 2016, l'aria decisamente irrespirabile;
   nel territorio del comune di Forlì sono attivi due inceneritori, uno destinato allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani gestito dall'azienda pubblico-privata Hera spa e uno per lo smaltimento dei rifiuti ospedalieri gestito dall'azienda interamente privata Mengozzi spa;
   secondo la sezione di Forlì-Cesena dell'Arpae, non sarebbero gli inceneritori a rendere l'aria così maleodorante;
   si registra la pressante richiesta di molti cittadini, oltre che delle istituzioni locali, di avere certezze e chiarimenti in merito alle ragioni dell'odore acre, anche in considerazione della preoccupazione diffusa che possa essere dovuta a sostanze nocive per la salute –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati possano e intendano mettere in atto, anche promuovendo una verifica del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per assicurare che si faccia massima chiarezza sull'origine del cattivo odore nel più breve tempo possibile;
   se i Ministri non ritengano opportuno mettere a disposizione ogni strumento in loro possesso per sostenere l'impegno degli enti che già si sono attivati nel tentativo di chiarire le cause e le conseguenze del fenomeno, anche rafforzando temporaneamente la presenza di personale e mezzi di competenza statale sul territorio, allo scopo di dare risposte agli abitanti delle zone interessate e alle loro preoccupazioni. (4-14704)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Enit, Agenzia nazionale italiana del turismo, è l'ente pubblico economico controllato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Il decreto-legge n. 83 del 2014, che ha disposto la trasformazione di Enit attraverso un commissariamento straordinario, ha stabilito che, nel perseguimento della missione di promozione del turismo, interviene per individuare, promuovere e commercializzare i servizi turistici e culturali e per favorire la commercializzazione dei prodotti tipici in Italia e all'estero, con particolare riferimento agli investimenti nei mezzi digitali attraverso il potenziamento del portale Italia.it;
   inoltre, l'articolo 16, comma 8, recita che «il Commissario sentite le organizzazioni sindacali, adotta un piano di riorganizzazione del personale, individuando, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, sulla base di requisiti oggettivi e in considerazione dei nuovi compiti dell'ENIT e anche della prioritaria esigenza di migliorare la digitalizzazione del settore turistico e delle attività promo-commerciali, la dotazione organica dell'ente come trasformato ai sensi del presente articolo (...)»;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 maggio 2015 è stato approvato il nuovo statuto di Enit, mentre l'8 ottobre 2015 si è insediato il nuovo consiglio di amministrazione;
   lo statuto riporta le finalità e i compiti dell'ente, che è indirizzato a «curare la promozione all'estero dell'immagine turistica unitaria italiana e prevede la realizzazione di strategie promozionali a livello nazionale ed internazionale e di informazione all'estero, di sostegno alle imprese per la commercializzazione dei prodotti turistici italiani»;
   in un'intervista in merito agli obiettivi strategici dell'ente, pubblicata il 28 luglio 2016 da Webitmag, il direttore innovazione e sviluppo digitale di Enit, Roberta Milano, ha dichiarato come questi riguarderanno «l'incremento della spesa media e del numero di turisti, l'incremento del turismo nelle destinazioni minori e gli incentivi al turismo sostenibile (...)». Lo studio Giaccardi Associati, specializzato in marketing del turismo e in strategie d'impresa, nel report pubblicato sul proprio sito online ha analizzato i dati delle interazioni ottenute dalle pagine Facebook delle regioni italiane ed europee valutando la loro capacità di creare «engagement». Dallo studio emergerebbe come «Italia.it mantiene la prima posizione nella classifica rispetto agli account turistici di 29 Paesi e rimane sul podio, in seconda posizione dopo l'Irlanda, nella classifica del «Talking About This», inoltre, risulta dallo studio che per quanto riguarda l'analisi dei «like», invece, «resta stabile in quattordicesima posizione con un incremento dello 0,45 per cento ma deve prestare sempre più attenzione a Visit Holland che continua a crescere di oltre 4.000 fan»;
   l'articolo pubblicato su Ttg Italia il 14 ottobre 2016, riporta l'intervista a Fabio Lazzerini, consigliere delegato di Enit, realizzata durante TTG Incontri, il principale marketplace del turismo B2B (Business to business) in Italia, tenutosi alla Fiera di Rimini dal 13 al 15 ottobre scorso, che ha dichiarato come occorra «interpretare le esigenze dei visitatori (...) mentre per quanto riguarda la strategia web, «la rielaborazione del famigerato portale italia.it è in atto, così come lo è l'integrazione sui social dei vari brand delle sedi Enit nel mondo». Nel corso di TTG Incontri è stata intervistata anche Roberta Milano che ha sottolineato come occorra investire e agire soprattutto su piattaforme di instant messaging;
   nonostante le strategie web illustrate dai rappresentati dell'ente e le statistiche sull'interazione tra social network e settore turistico sopra riportate, il sito di Enit, nella sezione «Studi – Il movimento turistico degli stranieri in Italia», indica che «sul versante dei flussi turistici stranieri in Italia, nel primo semestre 2016, secondo i dati Istat provvisori, si registra una flessione del 3,3 per cento per quanto concerne gli arrivi e dell'1,3 per cento nelle presenze a differenza dell'anno precedente». L'analisi è stata evidenziata anche dall'osservatorio nazionale del turismo in data 28 settembre 2016;
   nel sito online di Enit, inoltre, nella sezione dedicata alla struttura organizzativa, non compare il nominativo del direttore delle vendite, responsabile degli obiettivi di promozione e commerciali, nonché, degli strumenti più idonei al raggiungimento degli obiettivi dell'azienda –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda spiegare chiaramente quali azioni e quali strategie l'Enit stia adottando, e di quali risorse umane necessiti, per perseguire il compito di commercializzazione dei prodotti previsto dal decreto-legge n. 83 del 2014 e dallo statuto dell'ente;
   se intenda spiegare quali siano le tempistiche e le modalità di riorganizzazione del portale Italia.it finalizzata al perseguimento degli obiettivi stabiliti;
   se corrisponda al vero che non sia stato pubblicato sul sito dell'Enit il nominativo del direttore delle vendite responsabile degli obiettivi promozionali e commerciali dell'Ente e, in caso affermativo, per quali ragioni. (5-09954)


   PRODANI e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Enit, Agenzia nazionale italiana del turismo, è l'ente sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il compito di promuovere l'offerta turistica italiana;
   il decreto-legge del 31 maggio 2014, n. 83, ha disposto la trasformazione di Enit in ente pubblico economico e attraverso un commissariamento straordinario ha previsto l'adozione di un piano di riorganizzazione del personale, individuando la dotazione organica dell'ente, nonché le unità di personale a tempo indeterminato in servizio presso ENIT e Promuovi Italia s.p.a. da assegnare all'ENIT;
   il comma 9 dell'articolo 16, infatti, specifica come «(...) il personale a tempo indeterminato in servizio presso Enit assegnato all'ente (...) può optare per la permanenza presso quest'ultimo oppure per il passaggio al Mibact o ad altra pubblica amministrazione. La Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento della funzione pubblica, acquisisce dall'ENIT l'elenco del personale interessato alla mobilità e del personale in servizio presso ENIT non assegnato all'ENIT stessa dal medesimo piano di riorganizzazione di cui al comma 8, e provvede, mediante apposita ricognizione presso le amministrazioni pubbliche, a favorirne la collocazione, nei limiti della dotazione organica delle amministrazioni destinatarie e con contestuale trasferimento delle relative risorse (...)»;
   la trasformazione dell'Enit in ente pubblico economico ha portato, nel contempo, ad una serie di contenziosi promossi dai dipendenti che, nella maggioranza dei casi, hanno optato per il trasferimento verso la pubblica amministrazione;
   come segnalato il 12 ottobre 2016 dal blog «Tutto sbagliato tutto da rifare» curato da Luciano Ardoino, sarebbe opportuno assumere iniziative per ridefinire l'organico e il modus operandi dell'ente;
   Evelina Christillin, presidente dell'Enit, intervistata dal direttore di Ttg Italia Remo Vangelista il 13 ottobre 2016, ha rimarcato come l'Ente stia cercando di definire la struttura e che «(...) per ottimizzare i costi siamo passati da 8 a 3 dirigenti. A cui aggiungo i 27 dipendenti arrivati da Promuovi Italia. Vi sono ancora molte cose da fare, ma la macchina ora si muove. (...) Sul discorso personale restano da smarcare alcune situazioni, visto che i 70 dipendenti in carica alla precedente gestione sono in attesa di essere ricollocati dalla Funzione Pubblica, senza contare che la Convenzione triennale è ferma alla Corte dei Conti, bloccando di fatto anche l'attuazione di una larga parte del piano strategico»;
   l'interrogante, intervistato dalla testata giornalistica LaNotizia il 18 ottobre 2016, ha rimarcato, invece, come «la struttura operativa è ancora ingessata, a causa dell'immobilità del Governo, responsabile di questo aspetto. (...) A un anno dalla nomina del nuovo Cda non sono state ancora individuate le risorse umane necessarie per lo sviluppo dei piani annunciati. Dal punto di vista operativo è un fatto grave, perché l'Enit ha un ruolo fondamentale per la promozione del turismo. Ora è di fatto monca» –:
   se il Ministro intenda chiarire le motivazioni per le quali, a distanza di un anno dall'insediamento del nuovo consiglio di amministrazione, non sia ancora chiara la dotazione organica di Enit necessaria per lo sviluppo dei piani annunciati e il raggiungimento degli obiettivi prefissati;
   se sia stata effettuata la prevista ricognizione presso la pubblica amministrazione finalizzata al ricollocamento dei 70 dipendenti citati in premessa e secondo quale tempistica sia previsto il trasferimento;
   se possa indicare le tempistiche con le quali, una volta trasferito il personale, Enit si doterà delle risorse umane necessarie. (5-09956)


   VALLASCAS, GAGNARLI, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, CARIELLO, DA VILLA e FERRARESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 30 ottobre 2016, in un articolo titolato «Allarme in Sardegna: grande svendita ai privati», il quotidiano «Il Fatto Quotidiano» ha dato conto delle preoccupazioni di alcune associazioni ambientaliste in merito alle recenti modifiche apportate alla normativa della regione Sardegna in materia di usi civici;
   secondo quanto riportato dal quotidiano, sarebbero state introdotte delle innovazioni, con particolare riguardo al procedimento di «Sclassificazione di terreni civici», sia nella finanziaria regionale 2016 (articolo 4, commi 24, 25, 26, 27) sia con la legge regionale 25 ottobre 2016 (Disposizioni urgenti in materia di usi civici. Modifiche all'articolo 18-bis della legge regionale n. 12 del 1994);
   secondo il Fatto Quotidiano, gli usi civici interesserebbero circa 4 mila chilometri quadrati sui 24 mila dell'isola, mentre, per l'associazione ambientalista «Gruppo d'intervento giuridico», «un sesto della Sardegna sarà sdemanializzato. E poi rischia di essere venduto. Tutto per colpa di una delibera della Regione. L'hanno approvata zitti zitti, di notte: ci aveva provato il centrodestra, adesso riprova il centrosinistra. E tutti tacciono»;
   l'associazione ambientalista riferirebbe, infatti, delle precedenti iniziative legislative regionali volte a modificare la normativa in materia, sfociate nel 2013 nella legge regionale 2 agosto 2013, n. 19, (Norme urgenti in materia di usi civici, di pianificazione urbanistica, di beni paesaggistici e di impianti eolici), successivamente dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 210 del 2014;
   sembrerebbe che le preoccupazioni maggiori siano determinate dalla percezione di una progressiva e generalizzata riduzione delle tutele nei confronti degli usi civici, con l'introduzione di troppi elementi di discrezionalità nel decretare la perdita delle funzionalità originarie ovvero dalla stessa scarsa considerazione ai fini della tutela ambientale della salvaguardia dei terreni civici, anche quando viene meno la funzione economico-sociale di garantire risorse alla collettività che ne è proprietaria;
   in tal senso, è il caso di riferire che l'assessore regionale dell'urbanistica, Cristiano Erriu, nel replicare alle valutazioni espresse dagli ambientalisti, avrebbe dichiarato sull'edizione del 30 ottobre scorso del giornale online Sardiani-post, «l'interesse economico collettivo è meglio garantito dal potenziale occupazionale dell'attività industriale che non dalle tradizionali attività di legnatico, eccetera, peraltro già abbandonate da tempo in quanto non rispondenti a esigenze economiche che risalivano a un secolo prima»;
   a giudizio dell'interrogante, la citata dichiarazione, oltre a sottolineare l'inadeguata attenzione per quanto attiene il valore dell'ambiente, non coglierebbe neanche gli indirizzi della stessa Corte costituzionale che, nella citata sentenza n. 210 del 2014, sottolinea proprio il ruolo degli usi civici nella tutela ambientale anche quando, come detto in precedenza, fossero venute meno le esigenze e le funzioni economiche-sociali della collettività;
   la Corte afferma infatti che «i profondi mutamenti economici e sociali intervenuti nel secondo dopoguerra hanno inciso anche in questo settore, mettendo in ombra il profilo economico dell'istituto ma ad un tempo evidenziandone la rilevanza quanto ad altri profili e in particolare quanto a quelli ambientali»;
   nel complesso, da quanto emerso dalle notizie di stampa, la normativa regionale risulterebbe una riduzione delle garanzie e delle tutele dell'ambiente, per una porzione consistente del territorio regionale della Sardegna, regione che in molti casi ha subito anche processi di cementificazione e deturpazione del territorio –:
   se quanto esposto corrisponda al vero;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per rafforzare la salvaguardia e il riconoscimento della funzione degli usi civici nel più complesso sistema di tutela ambientale;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative in materia di sclassificazione degli usi civici per salvaguardarne la funzione ambientale anche quando vengono meno le funzioni economico-sociali volte a garantire risorse alla collettività. (5-09957)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, GAGNARLI, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, CARIELLO, DA VILLA e FERRARESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo una recente ricerca elaborata del centro studi di Confimprenditori, risulterebbe procedere a rilento – ed essere lontana da una risoluzione – la questione dei pagamenti alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni, circostanza che penalizzerebbe gravemente le imprese italiane e avrebbe già causato numerosi fallimenti;
   secondo la ricerca, dello stock di 60 miliardi di euro stimato al 31 dicembre 2011, resterebbero da pagare tuttora 18 miliardi di euro;
   secondo i dati pubblicati sul sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, all'11 agosto del 2015 – ultimo aggiornamento disponibile sono stati stanziati, nell'ambito di un piano straordinario per il pagamento dei debiti pregressi, 56,3 miliardi, 44 dei quali sarebbero stati erogati agli enti debitori e 38,6 effettivamente pagati alle imprese;
   nel dettaglio, lo Stato avrebbe pagato 5,7 su 7 miliardi di debito maturato, le regioni 23 su 33, mentre gli enti locali 9 su 16 miliardi di euro di debiti contratti;
   la ricerca di Confimprenditori farebbe anche un'attenta analisi sulle difficoltà finanziarie delle imprese italiane e metterebbe in relazione i dati sui ritardi dei pagamenti con quelli sui fallimenti: secondo l'associazione, un fallimento su cinque, circa 3 mila imprese all'anno, sarebbe causato dai mancati pagamenti da parte degli enti pubblici;
   questa situazione acquista particolare rilevanza in relazione agli impegni assunti in tal senso dal Governo;
   il 19 marzo del 2014, al conduttore della trasmissione Porta a Porta, il Presidente del Consiglio dei ministri avrebbe detto «Se il 21 settembre, giorno di San Matteo, noi abbiamo sbloccato i pagamenti dei debiti P.A. lei va a Monte Senario a piedi da Firenze», lasciando intendere una risoluzione celere della questione;
   nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2016, si sostiene che in Europa i tempi medi di pagamento della Pubblica Amministrazione alle imprese sono diminuiti di oltre 10 giorni da quando è entrata in vigore la Direttiva, e l'Italia ha registrato i risultati migliori tra i 28 Paesi, con una riduzione di 15 giorni nel periodo 2011-2014;
   i dati del Documento di economia e finanza risulterebbero, non solo eccessivamente ottimistici, come sostenuto da numerosi osservatori economici, ma discordanti rispetto alle stime della stessa Banca d'Italia che, nella relazione annuale per l'anno 2015, sostiene che «Nel confronto internazionale le Amministrazioni pubbliche italiane presentano tempi di pagamento mediamente più lunghi e un livello dei debiti commerciali più elevato» e «nel 2015 è ancora proseguita la flessione dei tempi medi di pagamento, giunti a circa 115 giorni; erano oltre 120 nel 2014 e avevano raggiunto un picco di quasi 200 nel 2010»;
   per quanto concerne l'ammontare del debito la Banca d'Italia sostiene che «Nel 2014, anno in cui il piano si è pressoché concluso, i debiti commerciali ammontavano al 4,3 per cento del PIL (circa 70 miliardi). Nel 2015 [...] lo stock di debiti commerciali è lievemente diminuito, al 4,0 per cento del PIL (circa 65 miliardi)».
   secondo un'analisi della camera di commercio di Mestre, che riporta il monitoraggio di Intrum Justitia, il nostro Paese è all'ultimo posto nella graduatoria dei 28 Paesi dell'Ue, con un tempo medio di pagamento registrato nel 2016 pari a 131 giorni –:
   quale sia l'ammontare complessivo del debito commerciale maturato dalle amministrazioni pubbliche e quali siano i tempi medi di pagamento dell'Italia;
   quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per accelerare i processi di pagamento della pubblica amministrazione e portare il nostro Paese ai livelli dei tempi medi di pagamento europei;
   se il Governo non intenda verificare, per quanto di competenza, quali siano i motivi dei ritardi o dei mancati pagamenti alle imprese da parte della pubblica amministrazione. (5-09948)

Interrogazione a risposta scritta:


   FASSINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Arianna Sim s.p.a., con sede legale in Roma, è stata sottoposta a liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 15 luglio 2016, su proposta della Banca d'Italia e con il conforme parere della Consob;
   come si legge in un comunicato della Banca d'Italia «Il provvedimento si è reso necessario tenuto conto dell'irreversibile compromissione della situazione tecnica aziendale e della sussistenza di irregolarità e violazioni normative di gravità tale da giustificare la revoca dell'autorizzazione»;
   al momento, a quanto risulta, i 18 lavoratori della Sim sono stati sottoposti ad una procedura di licenziamento collettivo;
   sono mesi che i lavoratori e le sigle sindacali rappresentate si battono per una soluzione decorosa, che veda come priorità non solo la salvaguardia del denaro dei clienti, ma anche dei posti di lavoro. Le soluzioni presentate a tutti i livelli, con la più ampia disponibilità dei sindacati e dei lavoratori tutti, finora sono rimaste senza risposte –:
   quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, s'intendano assumere per salvaguardare i livelli occupazionali dei lavoratori in questione e di quelli che versano in situazioni analoghe;
   se si intenda convocare, per quanto di competenza, un tavolo urgente di concertazione con le associazioni sindacali e il commissario liquidatore per valutare tutte le eventuali strategie di salvataggio dallo stato di crisi. (4-14710)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   ROSSOMANDO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa pubblicate in questi giorni, si apprende che vi sono state segnalazioni di episodi di violenza nel carcere di Ivrea, in particolare risulterebbe che il 14 ottobre 2016, un gruppo di detenuti aveva incendiato rotoli di carta e rotto suppellettili nelle celle per protestare contro le condizioni di vita all'interno del carcere;
   l'ultimo episodio, risalente ad una settimana fa, ha riguardato la denuncia di un recluso sul sito « Infoout» dove il detenuto racconta che, nella notte del 25 ottobre «le guardie hanno usato violenza indiscriminata... chiamata la squadra di supporto da Vercelli e riuniti in forza armati di idranti e manganelli hanno distrutto dei compagni detenuti riducendone due quasi in fin di vita», facendo seguire l'elenco dei detenuti picchiati, con nomi e cognomi;
   in relazione a ciò, da notizie di stampa, lo stesso Garante dei detenuti eporediese avrebbe affermato, pur con tutta la prudenza del caso, che: «Sono stato in carcere nei giorni successivi e ho incontrato uno dei due detenuti che denunciano di essere stati malmenati. Effettivamente ho visto lividi e ferite al naso»;
   la direttrice del carcere di Ivrea, successivamente, con una nota, ha smentito «l'intera dinamica dei fatti fantasiosamente ricostruiti nella lettera di un detenuto riportata da alcuni organi di informazione», aggiungendo che «non è mai avvenuto presso questo istituto alcun pestaggio»;
   il garante regionale dei detenuti del Piemonte ha sottolineato come «la situazione di Ivrea emerge in questo periodo come una delle più delicate (...) le segnalazioni su quel carcere sono ricorrenti e preoccupanti»;
   infine, si apprende ancora da notizie di stampa che, nei prossimi giorni, l'amministrazione penitenziaria compirà un sopralluogo a Ivrea per accertare quale sia l'esatta dinamica dei fatti al centro delle inchieste e che la procura ha fatto sapere che «Ci sono fascicoli per lesioni contro ignoti aperti a seguito di esposti presentati dai detenuti e dal garante – Non si tratta di un'indagine al momento. Gli accertamenti sono in corso» –:
   quali iniziative intenda adottare per fare chiarezza sull'accaduto e su tutti i fatti riportati, quali siano i provvedimenti sin ora assunti e quali iniziative intenda adottare per affrontare la situazione di criticità del carcere di Ivrea. (3-02607)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   IORI, LENZI, GHIZZONI, ZAMPA, MARCO DI MAIO, FABBRI, PAOLA BOLDRINI, RICHETTI, MONTRONI, PATRIARCA, ARLOTTI, ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI, BARUFFI e GANDOLFI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale per i minorenni di Bologna è unico in tutta l'Emilia Romagna e deve fronteggiare, con 6 giudici togati oltre al presidente ed un ristretto nucleo di impiegati amministrativi (25 unità, di cui attualmente vacante il 50 per cento) il carico di lavoro proveniente da una delle regioni con maggiore popolazione in Italia, con numeri pari a dieci volte quelli generati in altre realtà regionali, pur dotate di due uffici minorili (e del doppio dei magistrati ed amministrativi) sul loro territorio;
   il cosiddetto «bacino di utenza» (numero degli abitanti per ciascun giudice) conta circa 4.377.000 abitanti, vale a dire circa 630.000 abitanti per ogni giudice togato (laddove, ad esempio, il tribunale per i minorenni di Roma, a fronte di un bacino di utenza di 5.730.000 persone, ha complessivamente un numero di 15 giudici togati; il tribunale per i minorenni di Ancona, su un bacino di utenza complessivo di 1.565.000 abitanti, ha sei giudici togati, vale a dire 260.000 utenti per ciascun magistrato togato; nel Friuli, a fronte di una popolazione di 1.235.000 abitanti, vi sono cinque giudici, sicché ogni giudice togato ha un bacino di utenza di 247.000 persone);
   pertanto, per rispondere ai flussi di lavoro e alle specifiche esigenze dettate dal tipo di emergenze del territorio, il tribunale per i minorenni di Bologna ha un numero inadeguato di magistrati togati, inferiore a qualsiasi altro tribunale per i minorenni italiano e, conseguentemente, un numero altrettanto inadeguato di personale amministrativo;
   per quanto attiene poi alle problematiche relative alla «qualità» dell'utenza, è appena il caso di ricordare che ormai, come è di comune dominio, la diffusione della malavita organizzata si è da tempo ramificata su tutto il territorio nazionale; inoltre, nuove criticità visibili e invisibili attraversano il nostro Paese e il nostro tempo: i flussi migratori e i nuovi correlati problemi di integrazione, le relazioni familiari sempre più fragili e conseguenti disagi, le vecchie e nuove povertà economiche ed altro;
   ciononostante, come riferito dal presidente di corte di appello di Bologna, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il tribunale ha, negli ultimi 3 anni, incrementato del 40 per cento la sua attività giurisdizionale «grazie all'abnegazione e dedizione dei suoi magistrati e del personale amministrativo» –:
   se, alla luce di queste valutazioni, il Ministro non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza, anche normative, affinché vengano riconsiderati i criteri di assegnazione dei giudici togati e del personale amministrativo nei tribunali per i minorenni, e vengano implementate tali risorse nel tribunale per i minorenni di Bologna. (5-09951)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, GAGNARLI, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, CARINELLI, CARIELLO e DA VILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato nelle scorse settimane in due distinti articoli dal quotidiano La Verità, i vertici dell'Anas, nell'ultimo anno, avrebbero avviato e completato le procedure per l'assunzione di 13 nuovi dirigenti venendo meno alle previsioni del decreto legislativo n. 175 del 2016, in materia di partecipate, e delle linee guida dell'Autorità nazionale anticorruzione sulla pubblica amministrazione, con particolare riguardo al rispetto dei princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità nelle procedure di selezione del personale;
   gli articolisti, tra le altre cose, avrebbero sollevato la questione della discrezionalità che avrebbe contraddistinto le procedure di selezione, oltre a rilevare che alcuni dei dirigenti reclutati potrebbero essere messi in relazione con alcuni progetti annunciati dal Governo – come il ponte sullo stretto di Messina, le cui competenze dovrebbe ricadere sull'Anas – mentre altri «provengono da aziende da cui è passato anche il presidente-ad di Anas», Gian Vittorio Armani;
   nel dettaglio, nell'articolo del 6 ottobre 2016, viene riportato che «nell'ultimo mese sono stati assunti due pezzi da 90 che nei confronti del ponte (sullo stretto di Messina) non sono neutrali»;
   il citato riferimento riguarderebbe Rocco Girlanda, già sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti nel Governo Letta, nominato dirigente affari istituzionali dell'Anas distaccato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ed Emanuela Poli, nuova responsabile delle relazioni istituzionali di Anas, sino al 31 agosto portavoce di Salini-Impregilo, azienda capofila del consorzio internazionale Eurolink che aveva vinto nel 2005 la gara d'appalto per la realizzazione del ponte sullo stretto;
   Rocco Girlanda, secondo quanto riferisce il giornale, nel riportare le presunte dichiarazioni dell'Anas, dovrebbe «agevolare i processi autorizzativi presso il Ministero relativi alle opere Anas, che solitamente sono lunghissimi e Girlanda è anche stato segretario del Cipe. Il suo compito sarà quello di velocizzare queste procedure»;
   secondo quanto riferito, nel rilevare la mancanza del titolo di laurea, indispensabile «per tutti i dirigenti», il giornale sostiene che «il titolo più qualificante di Girlanda per il nuovo incarico è quello di appartenere al Nuovo centro-destra, il cui segretario Angelino Alfano, siciliano, è certamente interessato al progetto e alla sua spendibilità in chiave politica sul territorio»;
   nell'articolo pubblicato il 7 ottobre 2016 sul quotidiano La Verità viene riferito il fatto che i 13 dirigenti sarebbero stati «reclutati tramite una società esterna di cacciatori di teste a cui Armani ha fornito i profili delle figure da cercare. Molti di questi provengono da aziende da cui è passato anche il presidente-Ad di Anas»;
   è il caso di rilevare che l'Anas – controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e sottoposta tecnica e operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – gestisce la rete stradale e autostradale italiana, circostanza dalla quale ne scaturiscono grandi responsabilità nell'esercizio di un ruolo e di una funzione che richiedono il rispetto dei princìpi di trasparenza e imparzialità;
   tutto questo assumerebbe una grande rilevanza alla luce della recente inchiesta per corruzione che avrebbe interessato l'Anas e avrebbe portato il giudice per le indagini preliminari di Roma a parlare nel marzo 2016 di «un marciume diffuso all'interno di uno degli enti pubblici più in vista nel settore economico degli appalti» –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano state le procedure e i criteri di selezione e reclutamento dei 13 dirigenti di cui in premessa;
   se, nelle procedure di selezione e reclutamento dei 13 dirigenti, l'Anas abbia rispettato i princìpi di trasparenza, pubblicità e imparzialità di cui al decreto legislativo n. 175 del 2016 e le linee guida dell'Autorità nazionale anticorruzione sulla pubblica amministrazione. (5-09950)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   si stanno consolidando e ulteriormente diffondendo progetti e iniziative di riuso di ferrovie sospese o dismesse con treni storico-turistici, iniziative che vedono protagonisti istituzioni locali, soggetti sociali e Fondazione FS;
   l'Ansf (Agenzia per la sicurezza ferroviaria) ha già emanato una prima circolare sulla circolazione e la sicurezza di treni storico-turistici contribuendo positivamente ad una prima regolazione e sviluppo del settore come in altri Paesi europei;
   si rendono necessarie ulteriori indicazioni e regolazioni tecniche per cogliere tutte le potenzialità di riuso delle infrastrutture di cui sopra –:
   come intenda intervenire per portare rapidamente a completamento le indicazioni e regolazioni tecniche di riuso turistico di ferrovie sospese o dismesse, su cui peraltro un apposito gruppo di lavoro opportunamente istituito dall'Ansf ha già da tempo completato la definizione di specifiche proposte. (5-09952)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione di Minturno-Scauri serve un bacino di utenza che interessa diversi comuni (Minturno, Santi Cosma e Damiano, Castelforte e Spigno Saturnia), i cui complessivi abitanti ammontano a 34.027 (dati ISTAT al 1o gennaio 2016); a questi, si aggiungono utenti provenienti dall'area settentrionale della regione Campania che, per motivi di lavoro, fanno capo a Roma anziché a Napoli e moltissimi residenti del comune di Formia in particolare delle zone di Gianola e Santa Croce, probabilmente per la facilità di raggiungimento della stazione e per il servizio di parcheggio offerto;
   si apprende da fonti stampa che il treno 12276 delle ore 4,03 da Minturno-Scauri, per interventi di manutenzione sulla linea, nei giorni dal 2 novembre al 5 novembre 2016, inizia la sua corsa dalla stazione di Formia e che ai pendolari della stazione di Minturno è stato assicurato un servizio navetta per mezzo autobus gestito da Trenitalia che li raccoglie nel piazzale della stazione e li conduce a Formia;
   in seguito a numerose segnalazioni pervenute presso la Federazione provinciale Confconsumatori, si veniva a conoscenza che il 2 novembre 2016 veniva inspiegabilmente soppresso il servizio autobus sostitutivo predisposto da Trenitalia per il treno delle ore 4,03. In particolare, alle ore 3,45 veniva diramato un annuncio tramite altoparlante dell'arrivo dell'autobus, ma, nonostante ciò, questo non giungeva. A questo punto i pendolari si recavano dal capo stazione di Minturno chiedendo spiegazioni, e quest'ultimo, chiamato telefonicamente il capo stazione di Formia, chiedeva che il treno 12276 posticipasse la partenza alle 4,30 onde poter garantire ai pendolari il raggiungimento con mezzi propri della stazione di Formia. Quindi, i pendolari si recavano con le proprie autovetture presso la stazione di Formia con la certezza di trovare il treno fino alle 4,30, ma ivi giunti alle ore 4,25 appuravano che il treno 12276 era già partito;
   il 24 ottobre 2016 si è tenuto, presso la sede dell'assessorato ai trasporti della regione Lazio, l'incontro dell'Osservatorio regionale trasporti circa il cambio orari dicembre e l'illustrazione del nuovo contratto di servizio regione-Trenitalia. In sostanza, verranno migliorati gli standard qualitativi del trasporto regionale attraverso l'acquisto di nuove tipologie di treni e saranno previsti collegamenti diretti per Roma (e viceversa) solo ed esclusivamente, con collegamenti dalla stazione di Formia, raggiungibile da Minturno con treni regionali provenienti da Napoli ai quali sono programmate coincidenza a distanza di 10 minuti;
   di conseguenza, la velocizzazione dei tempi di collegamento sponsorizzata come uno degli obiettivi del nuovo orario, per i treni interessanti la stazione di Minturno Scauri non solo non ci sarà, ma sarà compromessa per i tempi di scambio a Formia laddove i ritardi facessero saltare le coincidenze. Inoltre, verranno soppressi i quattro regionali veloci ottenuti dopo anni di richieste e che per i pendolari costituiscono un traguardo importante, nonché tutti i treni che avevano origine e termine nella stazione di Minturno Scauri con l'aggravio di dover sempre provvedere al cambio presso la stazione di Formia per dirigersi verso nord –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per implementare e rendere più efficiente il sistema di trasporto ferroviario del Paese, con particolare attenzione alle esigenze di pendolari e alle tratte con maggiori criticità come quella sopra richiamata. (5-09958)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ex compagnia di bandiera Alitalia avrebbe dichiarato il 31 ottobre 2016, come riportato da articoli di stampa, la volontà di non volare più dall'aeroporto di Reggio Calabria «Tito Minniti» per le gravi perdite economiche che si sarebbero accumulate nel corso del tempo, nonostante i voli da e per Roma e per Milano risulterebbero spesso utilizzati da molti passeggeri o sarebbero anche pieni;
   se la notizia fosse confermata, Reggio Calabria, il cui scalo di interesse nazionale è già costretto ad affrontare l'esercizio provvisorio a causa della crisi irreversibile della società di gestione Sogas (per la quale il tribunale di Reggio Calabria risulta avere dichiarato il fallimento), risulterebbe tagliata fuori dal resto d'Italia e d'Europa;
   il fallimento di Sogas, la concomitante chiusura dell'aeroporto di Crotone dal 1o novembre 2016 e ora la decisione di Alitalia priverebbero la regione Calabria, e cioè circa 2 milioni di persone, e tutti i turisti interessati a raggiungere quella regione di collegamenti aerei unicamente possibili attualmente solo dall'aeroporto internazionale di Lamezia Terme;
   le ripercussioni negative si realizzerebbero anche presso gli scali italiani verso/da i quali esistevano relazioni trasportistiche –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente della gravissima situazione di cui sopra;
   quali iniziative di competenza intenda assumere, nell'immediato, per risolvere la situazione ed evitare che Alitalia abbandoni i voli da e per Reggio Calabria da considerarsi assolutamente strategica e prioritaria non solo per la Calabria ma anche per la vicina Sicilia e l'intero Mezzogiorno, con importanti possibili ripercussioni sul nord Italia dal punto di vista sia turistico, che lavorativo;
   se non ritenga utile, assumere iniziative per favorire la presenza di altre compagnie aeree italiane e straniere che operino già in Italia per far sì che gli slot attualmente appannaggio di Alitalia possano essere posti sul mercato, con particolare riferimento alle compagnie low cost, per ampliare i collegamenti diretti tra Reggio Calabra e il nord Italia a partire dagli aeroporti di Verona e Bergamo, entrambi snodi centrali per il traffico aereo del nord-est e del nord-ovest del Paese. (4-14705)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni di stampa si apprende che Trenitalia ha presentato alla regione Lazio un nuovo piano orario della linea ferroviaria pontina (Roma-Latina-Minturno Scauri), che entrerà in vigore nel mese di dicembre 2016, tagliando quest'ultima stazione dal collegamento regionale diretto. Quella di Minturno Scauri è infatti l'ultima stazione della regione Lazio al confine con la Campania;
   da quello che si apprende, per i cittadini e pendolari di Minturno Scauri sarà una vera e propria via crucis arrivare a Roma poiché i collegamenti con la capitale d'Italia e viceversa saranno garantiti esclusivamente dalla limitrofa stazione di Formia. In sintesi, le migliaia di pendolari e di utenti del servizio ferroviario dovranno recarsi alla stazione di Formia in autobus, o con treni regionali provenienti da Napoli che, rientranti nel contratto di servizio della regione Campania, assicurano il collegamento fino a Formia. Pertanto, il prosieguo successivo per Latina-Roma sarà garantito, a detta di Trenitalia, con «coincidenze» a distanza di 10/15 minuti. Analoga situazione per il ritorno;
   come è facilmente immaginabile la percorrenza Minturno-Roma verrà nella migliore delle ipotesi (avendo fede nelle dichiarazioni di Trenitalia) aumentata di 10/15 minuti, nella peggiore delle ipotesi, nel caso molto frequente di un ritardo del treno proveniente da Napoli, aumentata anche per più di un'ora per la necessità di attendere il collegamento successivo;
   ad aggravare ulteriormente la situazione è la decisione, nel nuovo piano orario, di ridurre i collegamenti per Roma da Formia. Ben quattro treni in meno nell'importante fascia oraria delle ore 07,00-08,00 oltre ai due tardo serali delle ore 22,01 e 23,06 utili per i lavoratori turnisti;
   a corollario di tutto anche il divieto imposto ai mezzi Cotral di raggiungere la stazione di Formia che, per assurdi lavori di riqualificazione della piazza e del parcheggio antistante, non dispone più di spazi di manovra e di aree di sosta atti a favorire una razionale circolazione degli autobus;
   tali notizie hanno messo in allarme i tantissimi cittadini e pendolari che usufruiscono quotidianamente della stazione Minturno Scauri per raggiungere Roma. Una stazione ferroviaria, l'ultima del territorio laziale, che serve un bacino di utenza che interessa Minturno Scauri e i comuni limitrofi quali Castelforte, Santi Cosma e Damiano, Spigno Saturnia, Coreno Ausonio, Ausonia e le stesse frazioni di Formia più prossime a Minturno. Insomma, una popolazione di quasi 100 mila persone tagliate fuori da un efficiente trasporto pubblico regionale –:
   se il Ministro interrogato sia informato di quanto in premessa e se non ritenga opportuno, nei limiti delle proprie competenze, assumere con urgenza ogni iniziativa utile per potenziare il servizio ferroviario su tutto il territorio nazionale, partendo dai territori, come quelli sopra indicati della regione Lazio, che sono già provati da gravi problematiche economiche e sociali. (4-14712)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARCO DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 19 aprile 2016 con analoga interrogazione si era posto problema della carenza di organico di polizia nel territorio della provincia di Forlì-Cesena;
   tale criticità è stata evidenziata anche da numerosi articoli di stampa, dalle segnalazioni di molti cittadini, da tutti i sindacati di polizia;
   da informazioni di stampa pare che la direzione centrale affari generali sollecitata dalla segreteria nazionale del Siulp abbia, invece, negato la presenza di tale criticità;
   da articoli di stampa si evince che per il dipartimento della pubblica sicurezza, il commissariato di Cesena sarebbe addirittura in sovrannumero rispetto a un decreto ministeriale del 1989, che stabilisce il personale in forza nei presidi di polizia, omettendo di precisare che all'epoca la provincia di Forlì includeva al proprio interno anche tutto il territorio dell'odierna provincia di Rimini;
   alla situazione di crisi si aggiunge la continua chiamata di personale della questura di Forlì-Cesena in altre zone d'Italia, cosa che impoverisce ulteriormente la presenza sul territorio;
   negli ultimi tempi il Ministero dell'interno ha disposto che personale della questura Forlì-Cesena e del commissariato di Cesena, sia posto a disposizione di una questura del Centro Italia per esigenze di servizio connesse al trasferimento della sede della prefettura, costringendo gli agenti di polizia ad allontanarsi dalle famiglie per settimane e, soprattutto, a ridurre ancora la presenza della polizia sui territorio;
   fino a poche settimane fa la sede della questura di Forlì-Cesena è stata interessata da importanti lavori di sistemazione che sono durati un anno con profondi disagi per personale e per i cittadini: lavori che peraltro non risolvono il problema dell'inadeguatezza della sede attuale della questura, come evidenziato in precedenti interrogazioni –:
   se il Ministro interrogato, cogliendo l'occasione dei movimenti di personale ministeriale previsti per le prossime settimane, non intenda provvedere alla sostituzione del personale andato in pensione con altro personale, anche di età inferiore alla media di quello attuale, posto che il personale in servizio risulta avere un'età particolarmente elevata rispetto alla media;
   quali altre iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere per accrescere la presenza della polizia di Stato sul territorio di Forlì-Cesena;
   come intenda procedere per individuare una nuova sede idonea ad ospitare la questura di Forlì-Cesena, nonché una sede permanente e non transitoria per il commissariato di Cesena. (4-14702)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di gestione dei flussi migratori nella provincia salernitana versa ormai in un vero e proprio stato di emergenza;
   nel corso della conferenza sulla Convenzione europea dei diritti inviolabili dell'uomo, tenutasi il 24 ottobre 2016 presso l'università di Salerno, il prefetto ha dichiarato che «le attuali strutture che operano per il sistema di accoglienza dei migranti iniziano ad andare in sofferenza e quindi occorre assolutamente coinvolgere altri territori nella distribuzione dell'accoglienza»;
   confermando le gravi carenze delle misure finora messe in atto a qualunque livello istituzionale, dal nazionale al locale, per fronteggiare la portata dell'attuale fenomeno migratorio, come denunciato anche da Angela Di Stasi, direttrice dell'Osservatorio sullo spazio europeo di libertà, perfino il prefetto di Salerno, Salvatore Malfi, ha ricordato che «l'accoglienza ai migranti è prossima al collasso» e ha aggiunto che «purtroppo i Comuni coinvolti nella distribuzione delle strutture di accoglienza sono meno di 30 sui 158 di tutto il territorio provinciale»;
   secondo Malfi la soluzione avrebbe dovuto essere ricerca negli Sprar (strutture di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), con cui i sindaci individuano i luoghi migliori, stabilendo numeri e parametri, in cui si può consentire un sistema di accoglienza;
   con gli arrivi degli ultimi giorni di ottobre, il 2016 sarà ricordato come l'anno record, finora, per numero di sbarchi: 153.450 sarebbero i migranti arrivati, ovvero il 10 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e i numeri sono destinati ancora a crescere;
   oggi si condannano le barricate, ma non si condanna con altrettanta forza l'assenza di strategie ed interventi in merito ad un fenomeno migratorio che sembra inarrestabile e che, se continuerà ad essere gestito con le stesse modalità, non potrà che creare i presupposti per nuove povertà, nuove mancanze di integrazione e nuovi conflitti –:
   quale sia la reale portata del fenomeno migratorio nella provincia di Salerno e quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per rispondere concretamente al disastro delle politiche migratorie e di accoglienza in tale provincia, posto che anche il prefetto ne denuncia l'inadeguatezza. (4-14703)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   persiste e si aggrava la pressione della criminalità in tutto il territorio canturino;
   il 20 ottobre 2016, ad esempio, un'abitazione situata nella centralissima via Milano di Cantù ha subìto un furto nelle prime ore della sera, alle 20,30;
   via Milano, ma in una sezione extraurbana, è stata interessata altresì anche da una rapina, che ha colpito il supermercato Tigotà in pieno giorno, nelle prime ore del mattino;
   il 27 ottobre è stata la volta di Vighizzolo, ove i ladri sono riusciti a scavalcare le recinzioni in ferro poste a difesa di un cortile, scalando poi le grondaie e quindi penetrando in un appartamento al primo piano nel quale solo per caso l'anziano condomino era temporaneamente assente, trovandosi in visita dai vicini;
   sempre nella decade finale di ottobre 2016, altri attacchi al patrimonio hanno avuto luogo a Cantù in via Como, in via Tobruk e via Borgognone, nonché nei comuni di Alzate e Senna, dove un bar ha subìto la famigerata «spaccata» –:
   quali iniziative di competenza il Governo ritenga di dover adottare per arginare l'ondata di reati contro il patrimonio che sta abbattendosi a Cantù e dintorni;
    in particolare, se il Governo non ritenga utile contrastare l'azione della criminalità comune inserendo il territorio canturino tra quelli interessati dall’«Operazione strade sicure» condotta dall'Esercito del nostro Paese. (4-14707)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MATARRESE, VARGIU, DAMBRUOSO e PIEPOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 giugno 2012, n. 92, al comma 31 dell'articolo 2, dispone che: «... In tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1o gennaio 2013, è dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 50 per cento del trattamento mensile iniziale di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell'anzianità aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo determinato, se il rapporto è proseguito senza soluzione di continuità o se comunque si è dato luogo alla restituzione di cui al comma 30 (...);
   alla luce di quanto stabilito dal predetto comma 31, il comma 34 del medesimo articolo 2 ha disposto l'esclusione della corresponsione del contributo per i seguenti casi: «...a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; b) interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere (...);
   la disposizione prevista dal predetto comma 34 è stata successivamente prorogata per l'anno 2016;
   la mancata proroga della norma o la mancata predisposizione di un provvedimento che possa rendere strutturale l'esclusione dai contributi dovuti per i due casi previsti dal comma 34 contribuirebbero certamente a mettere in seria difficoltà le imprese italiane già profondamente penalizzate dagli effetti dell'attuale crisi economica e di liquidità –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per prorogare ulteriormente la disposizione di cui all'articolo 2, comma 34, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e, per quale periodo di tempo, ovvero se intenda adottare un'iniziativa normativa volta a rendere strutturale e definitiva l'esclusione dai contributi per i casi previsti dalla medesima disposizione. (5-09945)


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Cementir – Sacci (multinazionale italiana che opera nel settore del cemento, attraverso la produzione e la distribuzione di cemento grigio e bianco, calcestruzzo, inerti e manufatti) ha deciso di avviare le procedure di licenziamento collettivo dichiarando in esubero complessivamente 260 lavoratori; in particolare, l'azienda relativamente al sito di Spoleto (Perugia) ha annunciato l'esubero di 21 lavoratori di cui 8 adibiti alle lavorazioni presso la cava in concessione di Spoleto;
   più analiticamente Cementir Italia ha previsto 106 licenziamenti in tutta Italia: 96 operai e 10 quadri e impiegati, distribuiti negli stabilimenti di Taranto, 47 ad Arquata Scrivia, 25 in provincia di Alessandria, 21 a Spoleto – Perugia, 10 a Maddaloni (Caserta), 2 nel centro di distribuzione di Civitavecchia, e 1 nella sede di Roma;
   i lavoratori e i sindacati hanno risposto all'annuncio dei licenziamenti con alcuni scioperi e mobilitazioni chiedendo l'intervento delle istituzioni locali e dei Ministeri interessati al fine di avviare un tavolo istituzionale che affronti la grave emergenza occupazionale nei siti interessati;
   secondo l'ipotesi avanzata da alcuni rappresentanti sindacali, la scelta di porre in essere la mobilità dei lavoratori sarebbe legata piuttosto ad esternalizzare i processi produttivi, riducendo i costi fissi a partire da quello del lavoro;
   gli interroganti evidenzino che proprio presso il sito di Spoleto appaiono difficilmente giustificabili gli esuberi dichiarati posto che, spesso, dipendenti sono chiamati a svolgere ore di straordinario e in alcuni giorni doppi turni; inoltre dei 21 dipendenti coinvolti nella procedura di esubero presso il sito di Spoleto, 3 o 4 lavoratori sarebbero vicini al pensionamento e gli altri potrebbero essere ricollocati o riassorbiti dall'azienda che ha in concessione la gestione della cava ed è attiva –:
   quale sia l'esito delle iniziative finora adottate al fine di superare la crisi occupazionale in atto nel gruppo Cementir Sacci e quali ulteriori iniziative si intendano intraprendere per favorire un piano di rilancio che preveda – anche con l'apertura di un tavolo di confronto con l'azienda e con il coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali – il riassorbimento e/o ricollocamento dei lavoratori, delle aree interessate e che tenga conto della situazione concreta e del riscontro delle reali motivazioni poste a base degli esuberi in ciascun sito produttivo del gruppo. (5-09953)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è diventata difficile la situazione della Ico di Alanno (ex Kimberly Klark) su cui da tempo c'era il rischio del licenziamento per 123 dipendenti;
   l'intervento della regione Abruzzo ha garantito il posto di lavoro per 65 lavoratori, mentre altri 58 dovranno andare in mobilità;
   i sindacati sono pronti a sottoscrivere un accordo con regione e provincia, con l'obiettivo di lavorare con aziende in crescita o prossime a essere insediate nel comprensorio affinché possano attingere dal bacino della Ico di Alanno nel caso di nuove assunzioni di personale;
   i 65 dipendenti ai quali è stata garantita la prosecuzione del rapporto di lavoro saranno variamente allocati: 40 alle macchine, 15 alla logistica divisi fra Alanno e la Ontax (ex Chicco) di Ortona, altri 10 fra gli stabilimenti di Pianella San Giovanni Teatino e Foggia. I 58 posti in mobilità godranno di 18 mesi di ammortizzatori sociali per chi ha fino a 49 anni e di 24 per gli over 50;
   queste soluzioni non sono state accettate dai lavoratori che hanno rigettato le proposte e chiesto il rispetto del piano industriale che tre anni fa caratterizzò il passaggio da Kimberly a Ico, che prevedeva lo sviluppo dello stabilimento di Alanno puntando alla prosecuzione della attività di produzione di carta tissue nei volumi esistenti, seppur passando attraverso un'operazione di ristrutturazione necessaria per rendere economicamente sostenibile la realizzazione di un prodotto finito a marchio cliente. Alanno sarebbe diventato un polo cartaio;
   con le soluzioni proposte, invece, i lavoratori ritengono non rispettati gli accordi e annunciano «una mobilitazione totale che nei giorni prossimi sfocerà in scioperi e manifestazioni» –:
   se non intenda convocare, per quanto di competenza, vertici aziendali, parti sociali, regione Abruzzo ed enti locali per trovare soluzioni volte a garantire una continuità lavorativa per i 123 dipendenti dell'azienda. (4-14697)


   DE GIROLAMO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 luglio 2016 un sub di 44 anni, Francesco Annechiarico è morto durante un'immersione a Foce Verde, al lido di Latina, eseguendo lavori di pulizia sulla statua raffigurante Gesù che si trova in quel tratto, a circa 12 metri di profondità. Anche il padre di Annechiarico era morto nel 2005 durante un'immersione all'isola d'Elba per effettuare lavori di manutenzione di una condotta nelle acque di Marina di Campo;
   sono numerosi gli incidenti analoghi accaduti negli ultimi anni, dovuti all'assenza di una disciplina specifica che identifichi e tuteli la categoria degli operatori subacquei e iperbarici, che vengono utilizzati senza una reale formazione, nei vari segmenti dell'attività subacquea industriale (edilizia, metalmeccanica, petrolchimica e didattico-turistica);
   è stata approvata la legge della regione siciliana 21 aprile 2016, n. 7, recante «Disciplina dei contenuti formativi per l'esercizio delle attività della subacquea industriale» che, all'articolo 1, comma 2, definisce come «Sommozzatori e lavoratori subacquei» coloro che «eseguono, in immersione, attività lavorative subacquee anche in via non esclusiva o in modo non continuativo, operando in acque marittime inshore ed offshore o interne»; l'articolo 2, comma 1, stabilisce dei percorsi formativi articolati in tre livelli di qualificazione correlati alle attività sopra espresse: di primo livello (inshore diver), o «sommozzatore», di secondo livello (offshore air diver), detto anche di categoria « TOP UP» e di terzo livello (offshore sat diver), detto anche di categoria «altofondalista» (saturazione); detti livelli vengono attivati con l'iscrizione nel repertorio telematico presso il dipartimento regionale del lavoro, dell'impiego, dell'orientamento, dei servizi e delle attività formative dell'assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali, del lavoro, nonché con relativa pubblicazione nel proprio sito internet;
   la legge trova fondamento anche in ambito europeo (articoli 3, 4 e 5 della legge regionale n. 7 del 2016) perché la card rilasciata dalla regione siciliana ha una riconoscibilità, ai sensi della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, sull'intero territorio comunitario;
   la legge regionale n. 7 del 2016, prevede, definendoli per la prima volta in Italia, limiti di profondità abbinati a relativi percorsi formativi per il conferimento di un titolo che certifica le capacità e le competenze degli operatori, e può essere considerata fondamentale per la formazione che deve ricevere un lavoratore che effettua una attività lavorativa subacquea al di fuori delle aree portuali;
   nell'interrogazione n. 4-06112, pubblicata il 14 luglio 2016, seduta n. 660 del Senato, si legge: «(...) Soltanto i lavoratori iscritti al repertorio telematico gestito dall'Assessorato per il lavoro della Regione Siciliana e in possesso della card del “commercial diver italiano” possono essere considerati idonei per effettuare un tipo di attività fuori dalle aree portuali»;
   la situazione creatasi in seguito alla approvazione della legge regionale e alla mancata impugnativa deliberata dal Consiglio dei ministri ha creato numerosi squilibri che andrebbero sanati con l'emanazione di un provvedimento legislativo nazionale consono, da un lato, a riconoscere diritti, doveri e compiti dei lavoratori e, dall'altro, a tutelare i datori di lavoro da possibili incidenti che si verificano svolgendo tali attività usuranti –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati per tutelare in termini di sicurezza sul lavoro e di antinfortunistica gli operatori subacquei e iperbarici, nonché tutti i lavoratori e le aziende di questo settore, affinché tali incidenti non si ripetano e perché le capitanerie di porto intervengano con disposizioni precise, ed in particolare con la richiesta della « card» del « commercial diver italiano», secondo i limiti di profondità previsti dalla tipologia di lavoro da svolgere. (4-14708)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il sistema di contingentamento del prelievo del tonno rosso, così come viene recepito dal nostro Paese, non offrirebbe, a detta di operatori e associazioni di categoria, eguali opportunità di pesca alle diverse marinerie italiane;
   in particolare, sembrerebbe che, con l'introduzione delle quote, dal 1999, sarebbero stati definiti dei criteri, per l'individuazione delle imbarcazioni ammesse alla cattura, che si sarebbero rivelati eccessivamente selettivi oltreché escludenti rispetto alla molteplicità degli operatori e alle diverse marinerie presenti nel nostro Paese;
   questi criteri avrebbero condizionato lo sviluppo del settore e favorito un sistema di aggregazione tra imbarcazioni che ha rafforzato le grandi imprese a discapito dei piccoli operatori;
   nel 2000 operavano 238 imbarcazioni, 50 per la circuizione e 188 per il palangaro, la quasi totalità delle quali proveniente dalle marinerie siciliana e campana;
   per effetto dei citati processi di aggregazione e per la rinuncia delle quote da parte di alcuni operatori, oggi, le imbarcazioni autorizzate sono 42 (12 per la circuizione e 30 per il palangaro), prevalentemente siciliane e campane (41 su 42);
   grazie agli esiti positivi del piano di ricostituzione degli stock di tonno rosso nell'Atlantico e nel Mediterraneo, negli ultimi anni, l'ICCAT ha costantemente aumentato il totale ammissibile di cattura, quasi raddoppiando, in tre anni, la quota destinata alla Unione europea e all'Italia, accrescendo di fatto e potenzialità del settore;
   il regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016, sembrerebbe offrire una maggiore apertura alle potenzialità del settore e più ampie competenze agli Stati membri;
   l'articolo 9, paragrafo 6, del regolamento prescrive che «In deroga ai paragrafi 3 e 5 del presente articolo, per gli anni 2016 e 2017, se uno Stato membro è in grado di dimostrare che la propria capacità di pesca potrebbe non consentire il pieno utilizzo del contingente assegnatogli, esso più decidere di includere un maggior numero di navi e di tonnare nei propri piani di pesca annuali di cui all'articolo 7»;
   l'articolo 9 aprirebbe nuovi spiragli per la pesca del tonno in Italia, visto che negli anni scorsi, nell'opporre il diniego a nuove istanze di autorizzazione, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali avrebbe addotto, quale motivazione, proprio le limitazioni poste dall'Unione europea al numero di imbarcazioni da autorizzare;
   l'articolo 8 stabilisce che «in sede di assegnazione delle possibilità di pesca a loro disposizione, gli Stati membri utilizzano criteri trasparenti e oggettivi anche di tipo ambientale, sociale ed economico e si adoperano inoltre per ripartire equamente contingenti nazionali tra i vari segmenti di flotta tenendo conto della pesca tradizionale e artigianale nonché per prevedere incentivi per le navi da pesca dell'Unione che impiegano attrezzi da pesca selettivi o che utilizzano tecniche di pesca caratterizzate da un ridotto impatto ambientale»;
   secondo lo studio «La pesca in Italia» della direzione generale politiche interne dell'Unione europea – unità tematica politiche strutturali e di coesione del Parlamento europeo, la pesca artigianale costituisce la maggior parte della flotta peschereccia italiana, in particolare, sostiene che «il 78 per cento della flotta peschereccia italiana ha una lunghezza dello scafo minore di 15 metri, e secondo il criterio impiegato dal Consiglio Generale per la Pesca nel Mediterraneo, dovrebbe considerarsi come artigianale»;
   il 100 per cento di sbarchi legali di tonno rosso catturato accidentalmente dalle barche non autorizzate e rientranti nella categoria UNCL viene effettuata dalle imbarcazioni che effettuano la pesca del pesce spada, categoria più penalizzata dalla mancanza di autorizzazioni individuali;
   consentire l'accesso alla pesca del tonno rosso alle flotte artigianali, nel rispetto e nei limiti dell'articolo 9, paragrafo 6, del regolamento (UE) 2016/1627, con imbarcazioni tra i 12 e 15 metri e con l'esclusione dei sistemi di circuizione e ferrettara, potrebbe ampliare le opportunità di pesca tra gli operatori italiani e nel contempo garantire una pratica di pesca sostenibile –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'applicazione del regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio, con particolare riguardo alla possibilità conferita agli Stati membri di derogare ai paragrafi 3 e 5 dell'articolo 9 e includere un maggior numero di navi e di tonnare nei propri piani i pesca annuali;
   se non ritenga opportuno, in relazione alle previsioni dell'articolo 9 del regolamento, assumere iniziative per aumentare il numero degli operatori della pesca del tonno rosso con particolare riguardo alle imbarcazioni della pesca artigianale sotto i 15 metri e sotto 10 tonnellate di stazza lorda, autorizzate alla pesca del pesce spada, escluse quelle che, in licenza, hanno l'utilizzo delle reti da traino oppure circuizione considerate dallo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, e dalla normativa «non artigianali»;
   se non ritenga opportuno, in relazione alle previsioni dell'articolo 9 del regolamento, assumere iniziative per aumentare il numero degli operatori, tenendo conto della necessità di rimuovere le disparità di trattamento tra marinerie, denunciate dalle associazioni di categoria, e consentire l'accesso alla pesca alle flotte regionali oggi di fatto escluse.
(2-01534) «Vallascas, Nicola Bianchi, Dell'Orco, Cariello».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione del Ministero della salute sul sistema di allerta europeo «RASFF», che registra gli allarmi per rischi alimentari verificati a causa di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, contaminanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti nel 2015, risulta che le Alert notification, le più gravi, costituiscono il 25 per cento di tutte le notifiche e riguardano anche prodotti distribuiti sul mercato;
   la maggior parte delle notifiche riguardano le micotossine, soprattutto le aflatossine e, per quanto riguarda le categorie di prodotti, le principali non conformità sono state riscontrate nella frutta secca;
   le aflatossine sono micotossine che contaminano i cibi, derivanti da funghi della famiglia degli Aspergilli, che non sono visibili ad occhio nudo e non hanno sapore e solo un accurato controllo della filiera di coltivazione e produzione potrebbe garantire ai consumatori di essere esenti da rischi;
   alcuni tipi di aflatossine sono state classificate nel 1993 dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione tra le sostanze sicuramente cancerogene per l'uomo; queste sostanze danneggiano il Dna e la produzione delle proteine nella cellula e provocano in particolare il cancro al fegato; l'assunzione di aflatossine in dosi minime, inoltre, è comunque fonte di lento avvelenamento dell'organismo e può causare danni nelle persone con malattie epatiche croniche;
   si apprende da dati Coldiretti, che sulla base della relazione RASFF ha recentemente stilato «La classifica dei cibi più pericolosi», che nel 2015 c’è stato in generale un notevole incremento di importazione dall'estero di prodotti stranieri pericolosi e che praticamente tutte le categorie sono finite sotto accusa per l'eccessiva presenza di residui chimici, micotossine, metalli pesanti, contaminanti microbiologici, diossine o additivi e coloranti;
   in particolare, nel 2015 la frutta secca si è classificata come il prodotto più pericoloso per la presenza di aflatossine oltre i limiti e la Turchia è stato il Paese oggetto di maggiori notifiche e respingimenti;
   nonostante l'Italia sia il maggior produttore europeo di nocciole – e il secondo del mondo proprio dopo la Turchia – il nostro Paese ne importa da questa una ingente quantità: nel 2015 le importazioni di nocciole dalla Turchia sono aumentate in valore del 47 per cento, facendo segnare il valore record di 295 milioni di euro, massimo storico, con un ulteriore balzo in avanti dell'8 per cento nel primo semestre del 2016;
   l'importazione di prodotti contaminati appare tanto più pericolosa in quanto questi prodotti vengono utilizzati come ingredienti nelle preparazioni di cibi che vengono poi definiti made in Italy senza che la presenza di ingredienti stranieri venga riportato in etichetta –:
   quali iniziative si intendano assumere al fine di garantire e salvaguardare la salute dei cittadini e di prevedere misure volte ad introdurre la massima trasparenza delle informazioni a disposizione del consumatore per una corretta comunicazione e la possibilità di una scelta sana e consapevole;
   se non si ritenga di dover intervenire anche a livello europeo affinché la qualità dei prodotti alimentari venga salvaguardata, anche in considerazione del particolare ruolo che la produzione italiana, la tradizione agro-alimentare e il marchio made in Italy rappresentano nel Paese e nel mondo. (5-09946)

Interrogazione a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il mercato dei prodotti biologici è in costante crescita e costituisce un elemento fondamentale per lo sviluppo della nostra economia agricola;
   infatti, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali al 31 dicembre 2014 risultavano 55.433 operatori certificati, 42.546 produttori esclusivi, 6.524 preparatori esclusivi, 6.104 che effettuano sia attività di produzione che di preparazione, 259 operatori che effettuano attività di importazione, con un aumento di oltre il 5 per cento rispetto al 2013. È importante anche il dato sulla superficie coltivata con metodo biologico, quasi un milione e 400 mila ettari. Il numero delle imprese che utilizzano il metodo biologico è il primo in Europa;
   nonostante il lavoro delle forze dell'ordine e degli organismi di controllo del Ministero, delle regioni e delle province autonome con metodi rigorosi (lungo tutta la filiera produttiva) le frodi del mercato sono ancora molte. Ciò determina una forte ricaduta negativa sui prodotti dell'agricoltura del nostro Paese e compromette l’export dei prodotti agricoli vero volano dell'economia agricola italiana;
   dai dati del 2016 risultano iscritti al Databio (il database sul quale si può verificare l'attendibilità delle aziende e tracciarne i prodotti) circa 50 mila operatori. Ma in certi casi la situazione delle frodi è davvero drammatica per l'economia italiana. Infatti, nel 2015 ci sono state alcune falsificazioni come l'olio con pesticidi importato dall'est dell'Europa o il riso piemontese «spacciato» per immune da prodotti chimici;
   è necessario, pertanto, aumentare i controlli che, comunque si sono già intensificati, per salvaguardare la salute dei consumatori e per fare del prodotto biologico un elemento si sviluppo dell'economia agricola italiana che rappresenta un settore fondamentale per la crescita economica del nostro Paese –:
   quali siano allo stato attuale i controlli effettuati e le infrazioni contestate dagli organismi di controllo;
   se non sia opportuno monitorare, per quanto di competenza, in modo costante gli operatori che coltivano con il metodo biologico, così da impedire le eventuali frodi o infrazioni, al fine di avere un prodotto di qualità che può anche essere esportato con successo all'estero;
   se non sia opportuno assumere iniziative per destinare ai produttori biologici agevolazioni fiscali o contributi economici per sviluppare e far crescere la loro attività;
   se non sia opportuno attivare campagne di sensibilizzazione presso l'opinione pubblica per fare conoscere i prodotti biologici di qualità. (4-14706)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLONNESE, LOREFICE e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione degli ordini dei medici (FNOMCEO), con un documento presentato il 20 luglio 2016, ha annunciato la dura presa di posizione contro i medici che sconsigliano i vaccini: nel documento sono previste sanzioni disciplinari fino alla radiazione dei medici scettici;
   da fonti di stampa risulta agli interroganti che sarebbero già in atto due procedimenti disciplinari a carico di due medici «antivaccino», uno a Firenze e l'altro a Treviso;
   le informazioni che appaiono in questi giorni sul tema dell'obbligatorietà delle vaccinazioni sono confuse, contraddittorie e fuorvianti: le testate giornalistiche fanno riferimento a provvedimenti come se fossero già in atto, ad esempio in relazione alla necessità di avere assolto all'obbligo vaccinale per l'iscrizione al nido d'infanzia, che però, tranne che in Emilia-Romagna, ancora deve essere oggetto di discussione e di approvazione;
   negli anni ’60 era prevista l'obbligatorietà delle vaccinazioni per difterite, tetano e poliomielite con specifiche sanzioni penali a carico dei genitori che omettessero di vaccinare i propri figli e con l'obbligo per le scuole di verificare l'avvenuta vaccinazione come presupposto della frequenza scolastica. Con la legge di depenalizzazione n. 689 del 1981, il reato di omessa vaccinazione fu trasformato in illecito amministrativo. Dopo di allora il Ministero della salute ed il legislatore, anche alla luce della riforma sanitaria introdotta con la legge n. 833 del 1978, hanno puntato sull'informazione e sulla persuasione, piuttosto che sulla repressione, e i vaccini introdotti successivamente (contro pertosse, meningite, varicella e altri) sono solo raccomandati e non obbligatori. Ciò non significa che siano meno importanti (oggi rientrano tutti nei livelli essenziali di assistenza), ma si è ritenuto che il nostro Paese fosse in condizione di superare le norme impositive sostituendole con partecipazione ed efficienza dei servizi vaccinali. Questo nuovo atteggiamento ha indotto a sopprimere, con il decreto del Presidente della Repubblica n. 335 del 1999, il divieto di frequenza scolastica per i non vaccinati, che era poco in linea con il principio costituzionale dell'istruzione obbligatoria per tutti i minori;
   partendo da una corretta interpretazione dell'articolo 32 della Costituzione, secondo cui «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», l'obbligo di sottoporsi ad un determinato trattamento è possibile solo se previsto da una legge ordinaria e solo uno stato di necessità per la salute pubblica consente al legislatore l'imposizione di un trattamento sanitario;
   infine, l'eventuale introduzione della vaccinazione coatta per legge nel nostro ordinamento sarebbe preclusa dalla convenzione di Oviedo, ratificata in Italia con la legge n. 145 del 2001, che ha stabilito il fondamentale principio dell'autodeterminazione in materia di salute. Il motivo del contrasto con la convenzione è che, essendo la vaccinazione un trattamento preventivo proposto a persone sane, non può sussistere lo stato di necessità che è l'unica situazione per la quale non è richiesto il consenso del paziente o del suo rappresentante legale;
   per tutte le vaccinazioni, obbligatorie o raccomandate, valgono, senza differenze i principi costituzionali della libertà di scelta e di autodeterminazione; –:
   se non ritenga che la sensibile riduzione delle coperture vaccinali possa essere arginata attraverso l'informazione piuttosto che mediante la repressione avviando tutte le iniziative di competenza necessarie a determinare una prassi uniforme su tutto il territorio nazionale che fornisca una dettagliata informazione ai cittadini per una scelta consapevole e condivisa ed evitando che si perseguano interessi diversi da quelli della protezione della salute;
   se non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per evitare forme di limitazione alla facoltà del medico di agire in scienza e conoscenza;
   come intenda attivarsi, per favorire l'informazione completa sulle vaccinazioni e tutelare il diritto sancito dall'articolo 32 della Costituzione. (5-09947)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con sentenza n. 2294/14 del tribunale di Bologna, pronunciate il 6 giugno 2014, il Ministero della salute è stato condannato al pagarne to della somma di euro 1.056.389,05, oltre interessi e rivaluta, quale risarcimento ai familiari di Giulio Conventi, deceduto a seguito di trasfusione di sangue infetto;
   la legge 25 febbraio 1992, n. 201, si ricorda, prevede un'indennità vitalizia per coloro che, a seguito di trasfusioni, vaccinazioni obbligatorie o somministrazione di emoderivati, hanno riportato danni irreversibili o addirittura sono deceduti;
   la predetta sentenza in data 15 maggio 2015 è stata notificata in forma esecutiva al Ministero della salute, nelle persona del Ministro pro tempore, in Roma, e in data 20 maggio 2015 al Ministero della salute presso l'Avvocatura dello Stato, in Bologna;
   in data 4 dicembre 2015, a quanto risulta all'interrogante, è stata inoltrata a mezzo posta certificata la richiesta di messa in esecuzione della sentenza, rimasta priva di risposta e sollecitata in data 25 gennaio 2016, ma ad oggi ancora priva di effetto;
   la famiglia versa al momento in serie difficoltà economiche ed ha pertanto necessità di incassare al più presto il credito derivante dalla sentenza;
   non pare opportuno, trattandosi di un diritto, dover ricorrere alla procedura esecutiva, ben più complessa e dispendiosa –:
   quali siano le ragioni che ad oggi hanno impedito al Ministero di dare corso alla sentenza di cui in premessa ed entro quali termini si intenda ottemperare alla sua esecuzione. (5-09955)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, secondo il «nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva» introdotto dal decreto ministeriale 7 aprile 1999, le vaccinazioni obbligatorie sono quattro e riguardano l'antidifterite, l'antitetanica, l'antipoliomielite e l'antiepatite virale B;
   in questi giorni è oggetto di discussione il piano nazionale di prevenzione vaccinale 2016-2018 per il quale sembra essere prevista l'introduzione di un maggiore numero di vaccini obbligatori quali: anti rotavirus, anti herpes zoster, anti varicella, anti meningococco b e anti pneumococco, le vaccinazioni si aggiungerebbero alle 4 già obbligatorie previste dal decreto ministeriale e dal piano sanitario nazionale 1998-2000;
   le vaccinazioni sono state e saranno sempre fondamentale per la tutela della salute e l'avanzamento della ricerca medico/scientifica, tuttavia, soprattutto nell'ambito delle vaccinazioni pediatriche, negli ultimi anni sono state numerose le sentenze che hanno avuto ad oggetto i danni da esse derivati;
   nel rapporto OsMed dell'Aifa sono calcolati 7.892 effetti collaterali dovuti da vaccini. Si dice poi che «analogamente agli anni precedenti, circa un terzo, il 32%, delle segnalazioni è stato definito grave». Nel rapporto OsMed si nota che l'80 per cento degli effetti collaterali avviene sotto i due anni di età;
   nel 2014 i casi di reazioni avverse sono stati 8.182 nel 2013 3.727; nel 2012 2.555, nel 2011 2.430, nel 2003 750. Un trend in impennata che il presidente di Aifa, Luca Pani, commenta così: «Nel 2015 è stata dedicata particolare attenzione alle attività volte a garantire maggior trasparenza e vi è più tempestività nel registrare le informazioni di farmacovigilanza»;
   si precisa come la vaccinazione resa obbligatoria con sanzioni, isolamento, processi e sentenze di non conformità nega i princìpi della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani», in quanto viola la dignità della persona e la sua integrità fisica. Una decisione della Corte europea dei diritti umani pubblicata nel 2002 afferma che «in quanto trattamento sanitario non volontario, la vaccinazione obbligatoria interferisce con il diritto alla privacy così come garantito dall'articolo 8 “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”»; la Carta dei diritti dell'Unione europea, all'articolo 3 (Diritto all'integrità della persona) stabilisce: a) Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. b) Nell'ambito della medicina e della biologia deve essere in particolare rispettato il consenso libero e informato della persona interessata –:
   se la Ministra interrogata sia conoscenza dei fatti narrati in premessa e non reputi opportuno, anche alla luce del rapporto OsMed dell'Aifa, fornire dati che riguardino l'incidenza danni provocati, soprattutto in ambito pediatrico, da vaccinazioni obbligatorie, chiarendo le percentuali relative a rapporti di causa/effetto;
   se la Ministra interrogata nell'ambito del piano nazionale di prevenzione vaccinale 2016-2018, anche alla luce di recenti fatti di cronaca inerenti al decesso della neonata di Torino, non reputi opportuno assumere iniziative volte a prevedere che il servizio sanitario nazionale offra in maniera diversificata i vaccini del «pacchetto esavalente» per i neonati, arrivando alla netta distinzione nella somministrazione tra vaccini obbligatori e vaccini facoltativi. (4-14700)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la società Carapelli Firenze s.p.a., con sede in Tavarnelle Val di Pesa (FI), è un'importante azienda attiva da oltre un secolo nel settore della produzione e vendita di olio d'oliva;
   attualmente la società possiede due impianti di produzione e stoccaggio, a Tavarnelle e a Inveruno (MI);
   si apprende da fonti sindacali che ha dato l'avvio a una procedura di mobilità ex articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 e del decreto legislativo n. 151 del 1997 a seguito di sopravvenute difficoltà economiche e di un contesto macroeconomico sfavorevole;
   l'azienda ha manifestato la propria intenzione di dismettere l'impianto di Inveruno, dichiarando contestualmente un esubero di 98 unità su 136 presenti nel sito, fatto che corrisponde alla totale chiusura della linea produttiva e a una profonda revisione della componente impiegatizia;
   secondo fonti sindacali (CGIL), tale chiusura mette a rischio un indotto, legato a fornitori, imbottigliatori, trasportatori e altre figure, pari a circa altri cento posti di lavoro –:
   se si sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per fare chiarezza sulla vicenda e verificare se siano stati rispettati i vincoli contrattuali, sindacali e di legge;
   quali iniziative si intendano intraprendere al fine di prevenire le ricadute sociali e occupazionali riguardanti il territorio nel quale è presente l'impianto Carapelli, già contrassegnato in passato da alcune gravi crisi aziendali e occupazionali e, più in generale, per la tutela del settore agroalimentare, segnatamente in considerazione del fatto che l'azienda interessata è una rappresentante di punta di un settore chiave per la storia, la cultura e l'economia del nostro Paese. (5-09949)

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato il 1o novembre 2016 dal quotidiano La Stampa edizione di Novara, i rappresentanti delle principali sigle sindacali, hanno illustrato alla Camera del lavoro, lo scenario che verrebbe a determinarsi nel giro di pochi mesi nella provincia di Novara, per i servizi postali, nel caso in cui Poste italiane decida la vendita di quote di maggioranza dell'ente ai privati;
   al riguardo, i sindacati hanno evidenziato che, ove avvenisse quanto suesposto, la corrispondenza postale verrebbe consegnata a giorni alterni a partire dal prossimo febbraio 2017, con una riduzione consistente di portalettere; ci sarebbero numerose chiusure di sportelli a partire da quelli periferici ed inoltre il centro postale operativo di via Monte Rosa a Novara subirebbe una riduzione dell'organico del personale sempre più netto;
   a seguito di quanto paventato, i lavoratori del settore postale, (che in provincia sono 800, 350 dei quali portalettere) hanno proclamato per il 4 novembre 2016 uno sciopero a Roma e alcune manifestazioni a Novara, per far comprendere come la linea aziendale di Poste italiane spa, sia sbagliata e pericolosa, se si valutano gli effetti negativi, sul piano occupazionale oltre che sociale, che deriverebbero da tale decisione;
   un esempio della riduzione già in atto del personale, sostengono i sindacati, risulta evidente a Novara presso il Centro di via Monte Rosa, dove viene smistata tutta la posta, una struttura che risulta fondamentale, in quanto supporta anche la provincia di Verbano-Cusio-Ossola che nel passato aveva 200 addetti, ridotti a 116 dipendenti con molti trasferimenti a Milano, mentre attualmente sono 99 e a fine anno si prevede che si ridurranno a 90, senza turnover;
   i medesimi rappresentanti delle categorie sindacali, evidenziano di conseguenza, l'impossibilità nel garantire un'adeguata qualità del servizio, aggiungendo inoltre un appesantimento del clima di lavoro, dovuto all'aumento sempre più frequente di domande di esodo, da parte dei dipendenti postali della provincia di Novara;
   a giudizio dell'interrogante, lo scenario esposto conferma una linea aziendale intrapresa già da diverso tempo da Poste italiane spa sull'intero territorio nazionale, inaccettabile e sbagliata, in considerazione del fatto che, nel tentativo di erogare lo stesso volume complessivo di servizi (mantenendo gli stessi fatturati) la stessa azienda fornisce servizi sempre più scadenti, riducendo sempre più gli sportelli e il personale (con minori costi), senza rendersi conto che gli uffici postali rappresentano una necessità indispensabile per le moltissime persone che vivono in zone periferiche e soprattutto nei piccoli comuni (in questo caso del novarese) –:
   se trovino conferma le notizie pubblicate dal quotidiano di cui in premessa, secondo le quali, Poste spa sarebbe intenzionata a vendere quote di maggioranza della società ai privati, determinando prevedibili effetti negativi per i servizi postali sul territorio novarese, che i rappresentanti delle categorie sindacali, giudicano estremamente gravi e preoccupanti;
   in caso affermativo, come si giustifichi tale decisione considerato che la città di Novara e la provincia rappresentano una comunità popolosa composta in particolare da anziani, oltre a costituire un territorio ad alta densità produttiva;
   quali iniziative di competenza, il Governo intenda intraprendere nei riguardi di Poste italiane spa affinché, possa essere scongiurata l'eventuale chiusura degli uffici postali della provincia di Novara, come sostenuto dai rappresentanti sindacali, assicurando la permanenza di un servizio pubblico essenziale per l'intera comunità interessata, nonché del servizio universale disciplinato dalla vigente normativa nazionale. (4-14699)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Centemero e altri n. 1-01357, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sandra Savino, Vella.

  La mozione De Maria e altri n. 1-01375, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carlo Galli, Naccarato, Albini, Amato, Basso, Beni, Bergonzi, Blazina, Boccuzzi, Paola Boldrini, Borghi, Brandolin, Bratti, Capozzolo, Carloni, Carnevali, Carra, Carrozza, Crivellari, Coccia, Culotta, Marco Di Maio, D'Ottavio, Fiano, Fontanelli, Fossati, Fragomeli, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Giacobbe, Giorgis, Grassi, Iori, Laforgia, Lodolini, Magorno, Malisani, Marantelli, Marchi, Meta, Minnucci, Mongiello, Narduolo, Petrini, Pollastrini, Rubinato, Giovanna Sanna, Scuvera, Taricco, Terrosi, Valiante, Verini, Vico, Zardini.

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Giovanna Sanna e altri n. 1-01414, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 novembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capelli e Fabbri, e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Giovanna Sanna, Buttiglione, Capelli, Pes, Coscia, Cani, Marrocu, Mura, Pinna, Francesco Sanna, Scanu, Ascani, Blazina, Bonaccorsi, Carocci, Coccia, Crimì, Dallai, D'Ottavio, Ghizzoni, Iori, Malisani, Malpezzi, Manzi, Narduolo, Orfini, Rampi, Rocchi, Sgambato, Ventricelli, Fabbri.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  La interrogazione a risposta in Commissione Burtone n. 5-08958, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 giugno 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cuomo.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Sberna n. 4-13787 del 13 luglio 2016.