Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 26 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    in Italia – secondo i più recenti dati Istat – vivono in uno stato di povertà 1 milione e 582 mila famiglie, un totale di quasi 4,6 milioni di individui. Si tratta del numero più alto dal 2005 ad oggi; e si tratta, parlando di povertà assoluta, della forma più grave di indigenza, quella di chi non riesce ad accedere a quel paniere di beni e servizi necessari per una vita dignitosa;
    le situazioni più difficili sono quelle vissute dalle famiglie del Mezzogiorno, dalle famiglie con due o più figli minori, dai nuclei il cui capofamiglia è in cerca di un'occupazione o operaio e dalle nuove generazioni. Un elemento inedito, messo in luce nell'ultimo rapporto su povertà ed esclusione sociale della Caritas, che stravolge il vecchio modello di povertà italiano, è che, oggi, la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all'età, diminuisce all'aumentare di quest'ultima. La persistente crisi del lavoro ha infatti penalizzato (o meglio, sta ancora penalizzando) soprattutto giovani e giovanissimi in cerca «di una prima/nuova occupazione» e gli adulti rimasti senza un impiego;
    oggi il fenomeno ha quindi un'estensione diversa e riguarda anche giovani coppie con più figli, cinquantenni che hanno perso il lavoro, padri e madri separati, anche e soprattutto al Nord;
    accanto al disagio di coloro che in modo transitorio, persistente (o nei casi più gravi cronico), sperimentano delle difficoltà legate alla mancanza di reddito e/o di lavoro, coesistono le situazioni più estreme vissute da chi, costretto a fuggire dal proprio Paese, soggiorna in Italia in condizioni drammatiche;
    in particolare, gli ultimi dati diffusi parlano di una vera e propria impennata degli sbarchi di migranti che segna – per il momento – il 2016 come anno record per numero di arrivi: con 153.450 arrivi si registra infatti il 10 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2015 e si supera di 1.300 persone il totale segnato lo stesso periodo del 2014, che, alla fine, raggiungendo quota 170.000, diventò l'anno con il maggior numero di arrivi;
    di recente, il prefetto Mario Morcone, capo del dipartimento per l'immigrazione del Ministero dell'interno, audito dal Comitato Schengen ha dichiarato che «l'accoglienza ci costa 1 miliardo e 200 milioni l'anno, ampiamente sotto quello che i migranti che vivono nel nostro Paese e lavorano legittimamente ci restituiscono sotto forma di Pil». Il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan aveva invece dichiarato in precedenza che «al netto dei contributi UE», il costo dell'accoglienza « è attualmente stimato a 2,6 miliardi di euro per il 2015, previsto a 3,3 miliardi per il 2016 e a 3,8 miliardi per il 2017»;
    a fronte dei dati contraddittori offerti da Ministero dell'interno e Ministero dell'economia e delle finanze, il rapporto fornito dal Centro Studi ImpresaLavoro, ci offre ulteriori e allarmanti dati: secondo ImpresaLavoro «il conto complessivo degli ultimi 6 anni supera gli 11 miliardi di euro, con una progressione impressionante: spenderemo nel 2016 cinque volte la cifra impegnata nel 2011, con un esborso per le casse dello Stato che arriverà a 4,1 miliardi su base annua»;
    i costi di gestione del fenomeno migratorio sono generati dall'emergenza che cresce esponenzialmente ogni anno, dall'aumento degli sbarchi, dalla faticosa gestione dei centri, dalla lentezza con cui il nostro sistema esamina le richieste di asilo e dispone gli eventuali rimpatri;
    in ogni caso, il contributo dell'Europa si ferma a 110 milioni di euro su base annua: erano 94 milioni nel 2011, sono arrivati a 160 nel 2014, e sono scesi a 112 nel 2016 (a fronte di un contributo alla Turchia di ben 3 miliardi di euro);
    dinnanzi alla situazione drammatica in cui versa il Paese, e considerate le migliaia di famiglie di cittadini italiani che vivono in condizioni di povertà, il Governo continua ad accettare di farsi carico del soccorso e dell'accoglienza dei migranti, in cambio di maggiore flessibilità da parte dell'Unione europea. Una contropartita pagata a caro prezzo, visto che l'Italia spende molto di più di quanto riceve, e offre ai partner europei l'idea di poter diventare un « hot spot continentale» in cambio di un po’ di flessibilità;
    l'Italia continua a sostenere il peso della gestione del fenomeno migratorio, senza avere riguardo, per i presentatori del presente atto di indirizzo, dei pesanti oneri finanziari che ne conseguono, in particolare quelli gravanti sui comuni esposti alle conseguenze delle politiche di accoglienza – che destinano sempre meno risorse alle politiche sociali – e senza curarsi dei gravosi oneri sociali che ne derivano;
    d'altra parte, è assai carente l'implementazione di politiche sociali in grado di prevenire ed abbattere le condizioni di povertà; scarsa è l'attenzione dedicata alle politiche per la famiglia – necessarie anche per fronteggiare la crisi demografica, che ha effetti negativi soprattutto nel medio e lungo termine –; si rilevano inoltre misure di contrasto alla disoccupazione giovanile per nulla efficaci; per non parlare di alcuni e specifici aspetti strutturali che caratterizzano negativamente il nostro Paese: mancano politiche e interventi specifici che contemplino una buona e piena occupazione femminile, l'adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, misure di conciliazione tra lavoro e responsabilità di cura per donne e uomini, l'accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, l'adozione di misure per prevenire, rallentare e prendere in carico la non autosufficienza;
    con riferimento al disegno di legge di bilancio di prossima presentazione alle Camere, l'impegno preso dal Ministro Poletti di aumentare già dall'anno prossimo lo stanziamento (fino a 1,5, miliardi di euro) per avviare un piano nazionale contro l'indigenza assoluta, sembra essere slittato al 2018,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza politiche di crescita adeguate a superare l'attuale situazione economica che ha causato l'impoverimento delle famiglie italiane e a prevedere una significativa ristrutturazione delle politiche per l'inclusione sociale e per il contrasto alla povertà, a partire da una maggiore attenzione alla primaria difesa della famiglia e dei bisogni della persona, attraverso una strategia integrata che assicuri un'interazione positiva delle misure economiche, sociali e dell'occupazione, garantendo adeguate risorse all'interno del prossimo disegno di legge di bilancio;
2) ad adottare ogni iniziativa volta a richiedere ed ottenere un impegno fattivo e responsabile degli Stati dell'Unione europea per l'applicazione piena del principio di solidarietà tra gli Stati membri nella condivisione delle politiche di accoglienza, alla luce dell'assoluta inefficacia dei programmi di relocation finora attuati, con particolare riferimento al contributo economico da parte dell'Unione europea;
3) ad intraprendere ogni iniziativa volta a far sì che i comuni abbiano risorse e mezzi sufficienti per far fronte alle questioni legate all'accoglienza dei migranti;
4) a rivalutare le misure di intervento, con particolare riferimento alle risorse impiegate, nella gestione del fenomeno migratorio, alla luce del bilancio complessivo delle politiche sociali implementate dal Governo, al fine di prevedere una più equa distribuzione delle risorse disponibili.
(1-01411) «Ravetto, Gelmini, Gregorio Fontana, Occhiuto, Garnero Santanchè, Giammanco, Biancofiore».


   La Camera,
   premesso che:
    il citomegalovirus o CMV appartiene alla famiglia degli Herpesvirus che comprende i più noti herpes labiale e genitale e il virus della varicella. Chi ha già avuto l'infezione non è immune completamente, quindi può contrarre una reinfezione;
    l'infezione da CMV si distingue in primaria o ricorrente, che a sua volta è distinta in riattivazione (da ceppo virale già presente nel soggetto) e reinfezione (da ceppo virale diverso da quello che ha già infettato l'organismo);
    le principali vie di contagio sono la saliva, il sangue, le urine e i rapporti sessuali; in casi molto rari il virus si trasmette in modo indiretto, attraverso l'utilizzo di oggetti comuni, come un bicchiere, uno spazzolino da denti o, importante per i bambini, un giocattolo;
    il CMV è un virus subdolo, che s'insinua nell'organismo spesso in punta di piedi, senza far perseguire in nessun modo la sua presenza. L'infezione generalmente causa solo una leggera febbre o senso di stanchezza, che spesso vengono ignorati o attribuiti ad altre cause, come influenza o stress;
    può provocare una sindrome mononucleosica protratta, con febbricola, stanchezza notevole e dolori muscolari; una caratteristica del citomegalovirus è che non si comporta allo stesso modo con tutti i soggetti;
    nelle persone immunodepresse, con ridotte difese immunitarie come i malati di Aids e di tumore o i trapiantati, il virus può essere all'origine di malattie gravi, quali polmoniti, epatiti o encefaliti;
    la gravidanza è associata a una transitoria immunodepressione, necessaria per evitare il rigetto del feto. Questa condizione favorisce non solo il contagio della gestante da parte del CMV, se non ha mai contratto l'infezione, ma anche la riattivazione o reinfezione, se il virus si presenta prima della gravidanza;
    se il citomegalovirus colpisce nei primi mesi il feto di una donna incinta che non ha mai avuto l'infezione, questo può subire effetti molto seri, perché l'organismo fetale non ha sviluppato ancora difese immunitarie, di conseguenza è privo di ogni tipo di protezione;
    i rischi per il nascituro sono numerosi e vanno dai problemi neurologici, come il ritardo mentale, i disturbi psicomotori, le sindromi spastiche, la sordità, ai disturbi più o meno seri dell'apparato gastroenterico, fino ai danni alla vista e agli occhi;
    il CMV è certamente un problema poco conosciuto, sottodiagnosticato, che colpisce un bambino su sette neonati nel nostro Paese. Si stima che l'infezione da citomegalovirus sia talmente diffusa (soprattutto tra portatori inconsapevoli) da interessare tra il 60 per cento e il 90 per cento della popolazione e che in Italia vi siano, ogni anno, 5.000 casi d'infezione congenita di neonati, ossia casi d'infezione in cui una donna incinta infetta trasmette l'infezione al feto;
    su mezzo milione di nati: 2.750 hanno sintomi alla nascita; 800 circa nascono ogni anno con disabilità permanenti di vario tipo e 1 bambino al giorno nasce con disabilità molto gravi: neurologiche, sordità, malformazioni, difetti di sviluppo cerebrale fino a cecità;
    difficile fare diagnosi retrospettive per cui molte disabilità non sono attribuite al citomegalovirus anche perché il virus può dare conseguenze tardive, avendo sintomi aspecifici, complicando ulteriormente l'inquadramento diagnostico. Anche i pediatri hanno, infatti, grande difficoltà a stabilire i danni attribuibili al CMV;
    i medici di base e anche molti ginecologi non informano le gestanti della necessità di sottoporsi al test e delle eventuali conseguenze per il feto se il virus è contratto in gravidanza. A questo proposito non esiste un reale coordinamento informativo che aiuti alla prevenzione del Citomegalovirus;
    con riferimento a questo dannosissimo virus lo Stato italiano non riconosce lo screening obbligatorio gratuito in gravidanza comportando de facto uno screening spontaneo e disomogeneo nelle varie realtà regionali con la conduzione ovvia di iter procedurali non corretti,

impegna il Governo:

1) a far conoscere questa malattia, attraverso una corretta e capillare informazione che spieghi i suoi effetti e che faccia acquisire comportamenti e forme di prevenzione improntati a una igiene corretta e che possano evitare o ridurre i danni che la malattia stessa può arrecare se contratta in periodo gestazionale;
2) a promuovere lo studio e la ricerca del citomegalovirus per permettere ai medici che assistono le gestanti di diagnosticarla rapidamente e per sviluppare nuovi e sempre più efficaci strumenti utili ad aiutare una madre che dovesse contrarre questo virus;
3) ad assumere iniziative per ridurre il rischio di trasmissione da citomegalovirus e favorire la prevenzione rendendo gratuito e obbligatorio lo screening per le donne in gravidanza al fine di ridurre anche i costi sociali di una diagnosi tardiva o di una inadeguata cura, visto che i neonati positivi al citomegalovirus vengono inseriti in un programma di controlli che li accompagna in media 10 anni o fino a quanto non abbiano maturato la negatività al virus;
4) a predisporre un censimento nazionale dei casi affinché in un lasso di tempo congruo si possa sapere con precisione qual è l'incidenza di casi che ricorre in Italia.
(1-01412) «Vezzali, Faenzi, Valiante, Latronico, Fitzgerald Nissoli, Calabrò, Parisi, Rabino, D'Agostino, Santerini, Pastorelli, Tinagli, Marzano, Giuseppe Guerini, Minnucci, Zanin, De Menech, Zoggia».

Risoluzioni in Commissione:


   La I Commissione,
   premesso che:
    nell'ambito del personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (C.N.V.V.F.) è necessario adottare specifici provvedimenti per la stabilizzazione dei vigili del fuoco cosiddetti discontinui, che costituiscono il personale precario del comparto, pur rappresentando una figura strategica per la sicurezza dei cittadini con lo svolgimento di attività di prevenzione, vigilanza e soccorso;
    gli stessi da tempo reclamano una regolarizzazione della loro posizione e, dunque, un rapporto di impiego con l'amministrazione pubblica, considerando che hanno ricevuto la medesima formazione dei loro colleghi permanenti, a cui ne sono equiparate le funzioni;
    queste persone, oltre a svolgere un servizio precario, sono state duramente colpite dai continui tagli alle risorse del settore sicurezza che hanno determinato una diminuzione dei giorni di richiamo in servizio di tale personale, da 20 a 14 giorni, con conseguente riduzione del corrispettivo, già modesto; attualmente, sono a rischio i loro stessi posti di lavoro poiché è stata prevista la chiusura di molteplici distaccamenti volontari presso i quali prestano servizio;
    tale situazione è inconcepibile, trattandosi di personale del Corpo indispensabile per l'efficace espletamento di un fondamentale servizio per cui sono stati specificamente formati, da quella stessa amministrazione pubblica, che intende adesso diminuire drasticamente la loro presenza nel comparto, disperdendo irragionevolmente le loro riconosciute competenze; tra l'altro, si dovrebbe poi procedere al bando di nuovi concorsi pubblici per supplire alla carenza di risorse umane che si determinerà nel comparto con l'incisiva diminuzione dei vigili discontinui, cagionando per le casse dello Stato un inutile ed oneroso costo;
    è evidente, quindi, la necessità di porre in essere provvedimenti di buon senso mirati alla salvaguardia della categoria, intervenendo con l'intento di stabilizzare detto personale o in alternativa ricollocarlo in altre amministrazioni. Inoltre, vista la competenza e l'esperienza acquisita dei vigili discontinui, vanno previsti specifici criteri per i quali si riconosca la loro priorità nei bandi pubblici per vigili del fuoco, fissando l'innalzamento dei limiti di età per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco, in conformità all'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che sancisce i principi di uguaglianza di tutte le persone di fronte alla legge e quello di non discriminazione;
    affinché possano essere ricollocati in altre amministrazioni, qualora non riescano ad entrare a far parte stabilmente del C.N.V.V.F., al personale discontinuo andrebbe riconosciuto lo stato giuridico di precari e, dunque, procedere all'abrogazione della previsione che, alla legge n. 183 del 2011, stabilisce che «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione»;
    in definitiva, deve dunque essere elaborato un programma a lungo termine che preveda le condizioni per la stabilizzazione dei vigili discontinui, nonché la ricollocazione di quel personale non più idoneo ad espletare il servizio, al fine di valorizzare e quindi non disperdere l'esperienza e la professionalità acquisita dallo stesso,

impegna il Governo:

   a promuovere urgenti iniziative per il riconoscimento dello stato giuridico di precari dei vigili del fuoco discontinui, procedendo alla stabilizzazione degli stessi, senza prevedere limiti di età anagrafica, presso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, o comunque prevedendo la ricollocazione in altre amministrazioni nell'ambito delle quali possano essere valorizzate l'esperienza e la professionalità acquisite in servizio da detto personale;
   ad assumere iniziative per definire un idoneo inquadramento, a salvaguardia dei vigili del fuoco discontinui, anche con l'istituzione di appositi ruoli, in relazione alle funzioni e ai compiti del personale permanente e volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   a prevedere per la categoria dei vigili discontinui un limite di età superiore e specifici criteri di prelazione, in considerazione della professionalità acquisita in servizio, nel bando del concorso pubblico per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco;
   ad assumere iniziative per favorire l'assunzione dei vigili discontinui anche nel settore privato con il riconoscimento di specifici sgravi fiscali per le aziende del settore antincendio e nei settori comunque attinenti, in considerazione delle competenze acquisite dal personale in questione.
(7-01133) «La Russa, Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».


   La III Commissione,
   premesso che:
    nell'ambito dell'Unesco il 18 ottobre 2016 veniva votata una risoluzione nella quale, con riferimento ai luoghi da sottoporre a tutela speciale in Gerusalemme in quanto considerati patrimonio dell'umanità, si menzionava soltanto il «nobile santuario», espressione che identifica tradizionalmente la Moschea Al Aqsa;
    in questa maniera, all'Unesco è stato invece escluso il «Monte del Tempio» sacro agli ebrei, dove tra l'altro si trova il celebre Muro del Pianto, con la conseguenza di offrire un appiglio a tutti coloro che negano alcuna giustificazione alla politica che lo Stato d'Israele svolge nella città che considera come sua capitale;
    nella circostanza, votavano a favore della risoluzione 24 Paesi, mentre 6 si opponevano e altri 26 si astenevano, consentendo l'approvazione del testo nella formulazione proposta;
    il nostro Paese si annoverava tra gli astenuti, non è chiaro se dietro specifiche istruzioni del Governo o meno, contribuendo di fatto a far approvare la risoluzione;
    la scelta fatta all'Unesco, che di fatto misconosce il carattere di luogo sacro attribuito dagli israeliti al Monte del Tempio, ha una forte valenza politica, potendo aprire la strada ad altre iniziative pregiudizievoli degli interessi nazionali israeliani a Gerusalemme e più in generale;
    sempre nell'ambito dell'Unesco, in effetti, ancorché in un comitato ristretto partecipato da 21 Stati fra i quali non figura l'Italia, il 26 ottobre 2016 si è proceduto a una nuova votazione, avente ad oggetto un documento nel quale si affermerebbe di fatto che ebrei e cristiani nulla avrebbero a che fare con Gerusalemme ed il suo patrimonio archeologico culturale;
    sottointesa al nuovo documento predisposto in ambito Unesco appare la volontà di preparare con una decisione dalla valenza solo apparentemente culturale l'approvazione futura di atti di natura più spiccatamente politica sul futuro status di una città che tanto gli israeliani quanto i palestinesi immaginano come la propria capitale, senza che peraltro questi ultimi abbiano ancora un loro Stato internazionalmente riconosciuto;
    per bocca del Presidente del Consiglio, il Governo italiano sembra aver preso le distanze rispetto agli esiti della votazione occorsa all'Unesco il 18 ottobre 2016, come Brasile e Messico;
    lascia margini al dubbio, tuttavia, la circostanza che il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale abbia difeso con forza l'astensione del rappresentante permanente dell'Italia in un'intervista pubblicata il 22 ottobre 2016 dal Corriere della Sera, nella quale se ne sottolineava la conformità alla prassi diplomatica e si rivendicava addirittura come un successo l'esito dell'operazione,

impegna il Governo:

   a far immediatamente chiarezza sulla politica italiana nei confronti della questione di Gerusalemme e, più in generale, dei rapporti tra Israele ed Autonomia nazionale palestinese;
   ad operarsi, nell'ambito dell'Organizzazione delle Nazioni Unite ed in ogni altra sede opportuna, affinché il carattere multiconfessionale della città di Gerusalemme venga ribadito rispetto ad ogni tentati o più o meno surrettizio di negarlo, anche e soprattutto per non indebolire internazionalmente la posizione di Israele sulla questione concernente il controllo della propria capitale.
(7-01132) «Gianluca Pini, Pagano».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    nell'ottica di garantire all'Italia una effettiva crescita in ambito scientifico, tecnico gestionale, progettuale, nonché per attrarre investimenti internazionali, occorre investire sia per rimpatriare i cervelli fuoriusciti dall'Italia o dall'Europa, sia per attrarre risorse qualificate estere capaci di portare competenze e reti di relazioni in Italia;
    per quanto riguarda il contesto normativo, si ricorda che un primo intervento ha riguardato il rientro di professionalità scientifiche e appartenenti al mondo della ricerca: l'articolo 17 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, ha introdotto incentivi per il trasferimento nel territorio italiano di docenti e ricercatori universitari; la norma prevedeva, per i due periodi di imposta successivi al trasferimento, l'imponibilità ai fini IRPEF dei redditi di lavoro dipendente o autonomo nella misura del 10 per cento e l'esclusione dalla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP; tale norma è stata prorogata dall'articolo 44 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e dall'articolo 1, comma 14, della legge 23 dicembre 2014, n. 190; i benefici sopra descritti continueranno ad essere fruibili per i docenti e ricercatori che inizieranno a svolgere la loro attività in Italia fino al 31 dicembre 2017;
    successivamente, la legge 30 dicembre 2010, n. 238, ha introdotto incentivi fiscali per il rientro in Italia di cittadini dell'Unione europea che hanno risieduto continuativamente per almeno ventiquattro mesi in Italia, i quali studiano, lavorano o hanno conseguito una specializzazione post lauream all'estero: il beneficio consiste in una riduzione della base imponibile IRPEF al 20 per cento per le lavoratrici ed al 30 per cento per i lavoratori, con riferimento al reddito di lavoro dipendente, d'impresa o di lavoro autonomo; l'articolo 10, comma 12-octies, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, ha prorogato al 31 dicembre 2017 gli incentivi fiscali disciplinati dalla predetta legge;
    tuttavia, con l'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 – emanato in attuazione della delega per la riforma del sistema fiscale, di cui alla legge n. 23 del 2014 – si è provveduto a disciplinare nuovamente la materia del rientro dei lavoratori all'estero; le nuove norme hanno introdotto un'agevolazione temporanea, ma operante a regime, per i lavoratori che rivestono ruoli direttivi, ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione e che, non essendo stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti e impegnandosi a permanere in Italia per almeno due anni, trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato: per questi soggetti il reddito di lavoro dipendente prodotto concorre alla formazione del reddito complessivo nella misura del settanta per cento del suo ammontare; l'attività lavorativa va prestata prevalentemente nel territorio italiano, deve essere svolta presso un'impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa; le agevolazioni previste si applicano per un periodo limitato, ossia a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i quattro periodi successivi; la norma chiarisce che le agevolazioni si applicano anche ai beneficiari delle misure di cui alla legge n. 238 del 2010; il predetto articolo 16 del decreto legislativo n. 147, contestualmente, nel quadro del riordino delle vigenti agevolazioni sul rientro dei lavoratori dall'estero, ha abrogato le norme del decreto-legge n. 192 del 2014 che – come accennato – avevano prorogato l'efficacia dell'agevolazione di cui alla legge n. 238 del 2010, a partire dal 6 ottobre 2015;
    da ultimo, l'articolo 1, comma 239, della legge di stabilità 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha consentito ai lavoratori rientrati in Italia coi benefici della legge n. 238 del 2010 entro il 31 dicembre 2015 di optare (entro il 1o giugno 2016) per l'applicazione, nel periodo in corso al 31 dicembre 2016 e per quello successivo, tra:
     a) il regime disposto dalla legge n. 238 del 2010, nei limiti e alle condizioni indicati dalla legge stessa (la menzionata parziale detassazione IRPEF dei redditi di lavoro dipendente, autonomo o d'impresa, rispettivamente dell'ottanta e del settanta per cento per lavoratrici o lavoratori);
     b) in alternativa, il regime previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015, che prevede, in presenza dei requisiti di legge, di sottoporre il reddito di lavoro dipendente a IRPEF per il settanta per cento del suo ammontare (con detassazione del 30 per cento);
    di fatto, se un lavoratore rientra oggi in Italia dopo aver lavorato all'estero, gli incentivi di cui può usufruire sono solo quelli previsti dal decreto legislativo n. 147 del 2015, se ricorrono i requisiti previsti dalla normativa: questo perché i lavoratori contemplati dalla legge n. 238 del 2010 potevano, sì, optare per i benefici fiscali previsti dal predetto decreto legislativo, ma solo esercitando l'opzione entro la fine di giugno 2016, come chiarito dai provvedimenti attuativi dell'Agenzia delle entrate: il termine per esercitare l'opzione è quindi ormai scaduto; inoltre, i benefici fiscali previsti dalla legge n. 238 del 2010 dureranno fino al 31 dicembre 2017, ma solo per i lavoratori rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2015: di conseguenza, le consistenti agevolazioni della citata legge n. 238 del 2010 non sono più operative per i nuovi rimpatriati;
    sembra necessario aggiornare la normativa in vigore, aumentando in termini di durata e quantità i benefici fiscali per i cervelli che abbiano dei requisiti ben determinati quali un dottorato di ricerca conseguito all'estero o almeno, 5 anni di esperienza all'estero in lavori altamente qualificati, che si riducono a 4 in caso di master post lauream, che vogliono entrare nel nostro Paese, non limitando il beneficio ai soli cittadini italiani o europei, ma potenziandone l'estensione anche ai cittadini di altre nazioni,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per estendere di un anno la durata del beneficio fiscale di cui al decreto legislativo n. 147 del 2015, prevedendo una detassazione decrescente nel tempo e ampliando l'ambito soggettivo di applicazione della norma anche ai lavoratori di nazionalità non europea;
2) ad assumere iniziative per conferire maggiore certezza al requisito della prevalenza dell'attività lavorativa in Italia;
3) ad assumere iniziative per rendere più gravose le conseguenze della decadenza dal beneficio, per evitare il mero vantaggio fiscale, eventualmente obbligando il lavoratore a risiedere in Italia per almeno tre anni successivi al trasferimento;
4) ad assumere iniziative per rendere più stringente la prova della residenza fiscale ai fini della concessione dell'agevolazione;
5) a intraprendere iniziative di pubblicizzazione dell'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), requisito imprescindibile per richiedere le agevolazioni in questione;
6) a consentire che l'esercizio dell'opzione sia fatto dal lavoratore dipendente altamente qualificato al momento dell'assunzione, nonché, per monitorare la forza attrattiva della norma, ad assumere iniziative per inserire nelle comunicazioni di assunzione, un campo obbligatorio che segnali il lavoratore come soggetto potenziale beneficiario del diritto e la presenza o meno della scelta al centro per l'impiego competente, facendo sì che analoghe informazioni siano riportate nella dichiarazione dei redditi, per dare evidenza della scelta fatta ed estendere la facoltà di optare per tale regime anche in fase di dichiarazione.
(7-01131) «Alberti, Pesco, Villarosa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto sullo stato dell'editoria in Italia per l'anno 2016 presentato dall'Associazione, italiana editori a Francoforte sede della più importante fiera dell'editoria in Europa evidenzia ancora una volta la criticità della Puglia per il suo basso numero di lettori;
   nonostante nell'ultimo anno si sia passati da una media del 26,8 per cento della popolazione al 27,5 per cento ci si trova ancora molto lontani dalla media nazionale che è al 42 per cento e a condividere purtroppo il triste ultimo posto con la Campania;
   è un dato che contrasta fortemente con il dinamismo delle case editrici pugliesi che sono 58 e hanno avuto una produzione di ben 3.171 titoli nel corso dell'ultimo anno;
   tale criticità è presente anche in Basilicata ed è un dato che dovrebbe far riflettere anche in considerazione dell'appuntamento del 2019 quando Matera sarà capitale europea della cultura;
   in vista di quella data deve essere l'intero Mezzogiorno e in particolare la Puglia a recuperare alla lettura intere fasce di popolazione, perché nel 2016 non è pensabile che il 70 per cento dei pugliesi non abbia letto neppure un libro nell'arco di un anno;
   occorre partire dai più piccoli, e dai bambini, e serve un patto tra case editrici, scuole e istituzioni per promuovere adeguatamente il piacere della lettura;
   un ruolo importante possono averlo anche la Fiera del Levante e il protagonismo delle case editrici –:
   se il Governo non ritenga opportuno, in vista dell'appuntamento di Matera 2019 capitale europea della cultura, promuovere un piano di rilancio della lettura coinvolgendo istituzioni, case editrici e scuole, al fine di sostenere il valore della lettura e ampliare il numero dei lettori in tale area, ponendo come obiettivo quello del raggiungimento almeno della media nazionale nel corso del prossimo biennio. (3-02587)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il vermentino offerto da Obama a Renzi secondo l'interrogante non rispetta la normativa vigente e provoca un danno gravissimo alla Sardegna;
   il silenzio del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali della regione sarda, non solo è scandaloso ma è ad avviso dell'interrogante corresponsabile di un « Sardinia Sounding» gravissimo;
   l'utilizzo di un marchio vermentino è un atto vietato da tutte le leggi europee e dagli stessi accordi tra Stati Uniti e Europa;
   accettare questo vergognoso episodio accaduto durante la cena di Stato significa, secondo l'interrogante, avallare un comportamento non conforme alle normative vigenti che potrebbe minare alla radice la tutela del vermentino di Sardegna e di quello di Gallura, gli unici che potevano essere venduti e serviti con quel nome. In base all'articolo 7 dell'accordo dell'Unione europea-USA sui vini attualmente in vigore quel vino non poteva essere servito in una cena di Stato e tantomeno commercializzato negli Stati Uniti;
   si tratta di vino di fatto «fuorilegge» sotto ogni punto di vista;
   il Governo italiano deve contrastare con immediatezza tale produzione e richiamare il Governo americano al rispetto delle normative sulla tutela dei prodotti a denominazione di origine geografica;
   si tratta, secondo l'interrogante, di una violazione gravissima delle norme consumata in una cena di Stato che avalla di fatto la produzione, non conforme alla legge, di un vino tipicamente sardo ma in realtà prodotto negli Stati Uniti;
   con quell'atto il Governo americano, secondo l'interrogante, ha praticamente tentato maldestramente di legittimare una «copiatura» di prodotto utilizzando totalmente il marchio che viene ripetutamente associato con dubbia modalità alla Sardegna;
   si tratta di un danno d'immagine mondiale senza precedenti per il vermentino in una chiara declinazione che evidenzia sia il mancato rispetto delle norme che il pregiudizio alla Sardegna;
   il Vermentino risulta nell'allegato IV (parte A) dell'accordo elencato come un vino di qualità ed esclusivamente come Vermentino di Gallura o di Sardegna;
   gli Stati Uniti «dispongono che determinati nomi possano essere utilizzati come nomi di origine per i vini soltanto per designare vini la cui origine è indicata da tali nomi e inseriscono tra tali nomi quelli elencati nell'allegato IV, parte A (nomi di vini di qualità prodotti in regioni determinate e nomi di vini da tavola a indicazione geografica) e parte B (nomi degli Stati membri)»;
   dalla norma sopra richiamata consegue che il Vermentino può essere utilizzato esclusivamente per indicare vino Vermentino di Gallura o di Sardegna;
   le denominazioni europee (definite dagli USA come «segni geografici» in quanto, come noto essi continuano la loro sterile battaglia contro le indicazioni geografiche) sono, come prescritto dall'articolo 27, section 4.24 del Code of Federal Regulation riservate ai soli vini provenienti dalle corrispondenti regioni geografiche dell'Unione europea (si veda l'articolo 7 sopra riportato) Tutto questo si evince in modo chiaro anche nel sito TTB (Alcohol and Tobaco Tax and Trade Bureau);
   in base a quanto detto il disposto dell'articolo 7 dell'accordo prevede ulteriormente che «Le autorità competenti di ciascuna parte adottano provvedimenti volti a garantire che i vini non etichettati in conformità del presente articolo non siano immessi sul mercato o siano ritirati dal mercato finché non siano etichettati in conformità del presente articolo»;
   quel vino, quindi, non può essere commercializzato negli Stati Uniti;
   d'altra parte, ad avviso dell'interrogante, si evince anche un indebito aggancio all'indicazione geografica Vermentino di Sardegna dalla lettura del sito web www.palminawines.com;
   una operazione commerciale che induce in errore i consumatori e danneggia le produzioni sarde con il silenzio, secondo l'interrogante scandaloso, di regione e Governo;
   atteggiamenti e comportamenti gravi come la proposizione nella stessa tavola di Stato di un improbabile pecorino di New York –:
   se non si ritenga indispensabile intervenire con ogni tipo di iniziativa ritenuta utile e necessaria per contrastare e fermare quella che appare all'interrogante una operazione commerciale oltremodo dubbia sul piano della legittimità ai danni delle produzioni enologiche e non solo della Sardegna. (5-09887)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della trasmissione televisiva «Le Iene show» del 23 ottobre 2016 è stato trasmesso un servizio realizzato da Filippo Roma e Marco Occhipinti che ha riguardato le modalità di utilizzo da parte del sottosegretario Domenico Rossi di un'automobile di servizio ad uso non esclusivo con autista con targa parzialmente oscurata che risulterebbe essere una Fiat, modello «Bravo»;
   come affermato dall'intervistatore e come mostrato nelle immagini trasmesse, il sottosegretario Rossi in più occasioni avrebbe utilizzato la predetta autovettura per spostarsi da un luogo poco distante dalla propria abitazione al luogo di lavoro e viceversa. A tal proposito il sottosegretario Rossi ha dichiarato che «Non posso escludere che qualche mattina sia successo. Se ho sbagliato, diciamo così, ho sbagliato onestamente, in buona fede»;
   sulle modalità di utilizzo delle autovetture di servizio è intervenuto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 settembre 2014, stabilendo, all'articolo 3 che l'utilizzo «(...) è consentito solo per singoli spostamenti per ragioni di servizio, che non comprendono lo spostamento tra abitazione e luogo di lavoro in relazione al normale orario di ufficio» (comma 1) e facendo divieto di concedere autovetture di servizio «(...) con modalità che ne consentano l'uso per finalità diverse da quelle previste al comma 1(...)» (comma 2);
   il servizio de Le Iene ripropone anche le dichiarazioni fatte il 18 aprile 2014 dal Presidente del Consiglio dei ministri in merito all'uso delle auto blu da parte dei sottosegretari e per tale motivo l'interrogante ritiene che il comportamento del sottosegretario sia oltremodo riprovevole e per tale ragione auspica un immediato intervento delle procure, ordinaria, militare e della Corte dei conti al fine di accertare, ciascuna per le proprie competenze, il regolare utilizzo dell'auto da parte del sottosegretario Domenico Rossi –:
   quali immediate iniziative intenda adottare la Ministra interrogata alla luce di un comportamento, ad avviso dell'interrogante deprecabile, del sottosegretario Domenico Rossi;
   se non si ritenga doveroso dare il buon esempio ai cittadini contribuenti provvedendo ad informarli tramite il sito web istituzionale delle modalità di utilizzo e dei costi di esercizio delle cinque automobili di servizio ad uso non esclusivo, con o senza autista, di cui dispone il Ministero della difesa;
   se non si ritenga di dover immediatamente assumere le iniziative di competenza per revocare ogni incarico al sottosegretario Domenico Rossi e, ove ne sussistano i presupposti, segnalare i fatti alle competenti autorità giudiziarie per le valutazioni del caso in premessa. (5-09895)


   DA VILLA, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO, VALLASCAS e CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) 2015/751 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, adottato in attuazione dell'articolo 114, comma 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), è in vigore e si applica a decorrere dal 9 dicembre 2015, per gli articoli 3, 4, 6 e 12; dal 9 giugno 2016 per gli articoli 7, 8, 9 e 10; dall'8 giugno 2015, per tutti gli altri articoli;
   l'articolo 288 del TFUE stabilisce che «il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri». La Corte di giustizia precisa, nella sentenza Politi del 14 dicembre 1971, che si tratta di un'efficacia diretta piena: verticale, cioè invocabile verso ciascuno Stato membro, e orizzontale, ossia invocabile nei rapporti tra privati nell'ambito dell'intera Unione;
   secondo la dottrina e la concorde giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia europea, i regolamenti, in quanto direttamente applicabili negli ordinamenti interni di ciascuno Stato membro della Unione europea, producono i loro effetti senza bisogno di un intervento formale di adattamento o di recezione, obbligando alla loro applicazione i giudici e tutti gli organi della amministrazione statale; il giudice nazionale deve applicare integralmente il diritto comunitario e dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando la eventuale norma interna, sia anteriore che successiva, confliggente con quella europea;
   l'articolo 1, comma 900, della legge di stabilità 2016 ha previsto che, per promuovere i pagamenti basati su carte di debito e credito, in particolare quelli di importo contenuto, nonché assicurare la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) 2015/751, il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto emanare un decreto ministeriale entro il 1o febbraio 2016;
   la legge di delegazione europea 2015 (n. 170 del 12 agosto 2016), all'articolo 11, delega il Governo a adottare, entro il 16 settembre 2017, un «decreto legislativo recante le norme occorrenti all'adeguamento del quadro normativo vigente a seguito dell'entrata in vigore del regolamento» (UE) 2015/751, senza abrogare, nemmeno parzialmente, la disposizione sopra citata;
   la coesistenza della immediata efficacia delle parti del regolamento (UE) n. 2015/751 direttamente applicabili con la indeterminatezza degli strumenti demandati alla opzione nazionale di ogni Stato membro, non solo crea una situazione ambigua di svantaggio competitivo per il sistema nazionale dei pagamenti al dettaglio e più in generale per tutti gli utenti dei servizi di pagamento con carte, ma minaccia di ingenerare un contenzioso ampio e di incerta e faticosa definizione –:
   se, e con quali motivazioni, il Governo ritenga superati, in tutto o in parte, gli adempimenti posti a suo carico dal mai abrogato articolo 1, comma 900, della legge di stabilità 2016, ovvero in quali tempi ritenga altrimenti di procedere all'adozione del decreto ministeriale de quo, che eserciti quanto meno le opzioni di cui all'articolo 3 del regolamento (UE) n. 2015/751, lasciando eventualmente al successivo decreto legislativo la definizione della restante disciplina –:
   come il Governo intenda evitare, nella prospettiva che passino oltre quindici mesi tra la piena decorrenza del regolamento (UE) n. 2015/751 e l'adozione dei provvedimenti di adeguamento del quadro normativo nazionale, un danno per la competitività del sistema nazionale dei pagamenti, nonché per la certezza giuridica di consumatori, esercenti e imprese, e infine per l'interesse dell'amministrazione, non solo giudiziaria, a evitare negligenze e contenziosi;
   se non ritenga conseguentemente di anticipare il più possibile l'approvazione del decreto legislativo di cui alla legge di delegazione europea 2015. (5-09898)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   da segnalazioni ricevute dall'interrogante, il 20 ottobre 2016 è stata convocata una riunione, senza oggetto all'ordine del giorno, con alcuni medici dell'azienda ospedaliera di Careggi a Firenze, ma fuori dai locali di Careggi, alla quale avrebbero partecipato, l'assessore regionale alla sanità Stefania Saccardi, la direttrice generale di Careggi e Federico Gelli, deputato del Partito democratico, direttore sanitario del presidio ospedaliero Firenze Centro (ospedale di Santa Maria Nuova e stabilimento Palagi), nonché responsabile sanità per il PD;
   in base alle segnalazioni ricevute si apprende che durante la riunione è stata fatta propaganda per il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, a favore del «Sì»;
   sempre secondo le segnalazioni ricevute, sarebbero stati utilizzati mezzi aziendali per convocare la riunione e comunque era evidente, sin dal principio, che la riunione era voluta dai vertici politici e aziendali dell'ospedale Careggi, vertici che poi erano puntualmente presenti all'incontro;
   si ritiene necessario verificare se tale comportamento sia legittimo e/o opportuno, tanto più perché, come risulta dalle segnalazioni ricevute, sarebbero stati utilizzati per realizzare una propaganda politica, strumenti aziendali –:
   di quali elementi disponga il Governo nella vicenda, in particolare nei motivi per cui, si sia realizzato l'utilizzo improprio dei mezzi aziendali per convocare tale riunione;
   se non si ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza anche normative, per evitare che tali comportamenti abbiano a ripetersi all'interno delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, presso le strutture sanitarie, che dovrebbero dedicarsi unicamente alla tutela della salute dei cittadini, invece di pubblicizzare la prossima consultazione referendaria, dando per di più chiare indicazioni di voto. (4-14649)


   CRIPPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 13 ottobre 2014, presso la strada provinciale della Valstrona, e in particolare presso la località di Prelo (frazione di Loreglia, Verbano Cusio Ossola), le signore Elisabetta Cerutti e Marisa Morea furono travolte da una frana, rischiando la vita;
   le conseguenze furono: le rispettive autovetture distrutte, ricoveri in ospedale, con lunga degenza e attuali pesanti conseguenze fisiche per Marisa Morea, le signore salve per miracolo grazie alla presenza di due alberelli contro i quali le vetture si fermarono, oltre all'arrivo di residenti, forze dell'ordine, protezione civile e Croce Rossa, chiamati in soccorso proprio dalla sopracitata Morea;
   come normale prassi in questi casi, sia Cerutti sia Morea hanno chiesto i danni confortate in questo da infinite attestazioni di solidarietà e da espressioni di garanzia date dagli amministratori pubblici, come riportato dalle testate locali;
   con il supporto dei rispettivi legali quindi le due hanno inoltrato la richiesta, in via extra giudiziale, di risarcimento per il danno subito;
   nonostante le rassicurazioni però, come si può leggere dall'articolo del sito web de La Stampa VCO dell'11 giugno 2016, l'assicurazione della provincia del Verbano Cusio Ossola ha risposto alla richiesta dicendo che non intenderebbe pagare, in quanto l'evento si è verificato in un'area per la quale è stato dichiarato lo stato di calamità naturale e in queste situazioni le assicurazioni quindi non risponderebbero, appellandosi ad una delibera del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2014, quindi successiva all'evento;
   le due vittime della vicenda starebbero ora valutando l'opportunità di una causa nei confronti della provincia del VCO, specie in considerazione del fatto che il giorno della frana la strada era regolarmente percorribile e non chiusa al traffico e che non sarebbero state presenti segnalazioni di pericolo –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione di cui in premessa;
   se la deliberazione del Consiglio dei ministri citata in premessa possa essere richiamata con effetto retroattivo in modo da permettere ad un'assicurazione di un ente pubblico quale è una provincia, di evitare di corrispondere il rimborso dovuto per un evento come quello citato che ha visto, loro malgrado, protagoniste due cittadine;
   quali iniziative di competenza il Governo abbia intenzione di mettere in campo al fine di evitare che situazioni simili possano ripetersi in futuro.
(4-14652)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGANO e GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel 2013, a seguito di colloqui ufficiali intercorsi tra le autorità italiane e libiche, vennero siglati degli accordi finalizzati al rafforzamento della cooperazione bilaterale nell'ambito del controllo delle frontiere, per fronteggiare l'emergenza immigrazione;
   tali accordi si basano sulla premessa che lo sviluppo di un'adeguata capacità nel settore della sorveglianza e della sicurezza marittima sia essenziale per gestire efficacemente flussi migratori, contestualmente tutelando i diritti fondamentali e l'incolumità dei migranti;
   in particolare, il Ministro dell'interno italiano e il suo omologo libico sottoscrissero accordi che prevedevano la fornitura da parte dell'Italia di 8 motovedette da 15 metri, 2 pattugliatori d'altura da 35 metri, un multiruolo da 20 metri e un pattugliatore da 20 metri;
   l'Italia si impegnò altresì a curare, presso i cantieri di Adria, la manutenzione di tutte le unità commissionate dalla Libia, ad eccezione di 2 imbarcazioni da 28 metri e 15 metri, che rimasero ferme nel porto di Tripoli, tuttora inutilizzabili per mancata manutenzione;
   le unità rimorchiate, riportate in Tunisia, sono state immediatamente revisionate e approntate per la riconsegna alle autorità libiche, ma lì sono rimaste a causa dell'aggravarsi degli scontri interni;
   a distanza di circa 3 anni, i pattugliatori si trovano ancora a Biserta, in Tunisia, e a causa del tempo trascorso e dell'inattività, non sono attualmente in condizioni di navigare, necessitando di ulteriori lavori di manutenzione e di assistenza tecnica;
   dovrebbe esser opportunamente formato anche il personale libico addetto al controllo delle frontiere marittime;
   la costituzione di un Governo unitario riconosciuto internazionalmente a Tripoli ha reso teoricamente possibile ripristinare un dialogo con la Libia, attuale crocevia dei flussi migratori;
   in questo contesto, la restituzione alla Libia di questi pattugliatori appare un adempimento dovuto in ragione degli accordi sottoscritti nel 2013 ed è di fondamentale importanza per controllare le coste libiche e gestire i flussi migratori;
   le autorità libiche, a quanto risulta agli interroganti, hanno ripetutamente chiesto al Governo italiano di riconsegnare le imbarcazioni ed adempiere a tutte le condizioni previste dagli accordi, a partire dalla formazione del loro personale;
   la piena attuazione degli accordi rilancerebbe la collaborazione tra Italia e Libia nel contrasto alle reti dei trafficanti e rientrerebbe in un indirizzo più ampio, che prevede di cooperare con i Paesi terzi per incrementare la loro capacità di gestire le proprie frontiere ed i flussi migratori che le attraversano;
   l'Italia ha già stipulato accordi in questa direzione con Egitto, Gambia, Libia, Niger, Nigeria e Tunisia, nell'intento di attuare specifici programmi di assistenza tecnica a beneficio delle forze di polizia di quegli Stati;
   va considerata altresì la perdita economica che conseguirebbe ad una eventuale decisione della Direzione centrale dell'immigrazione e delle frontiere del Ministero dell'interno di non dar seguito agli accordi, pari all'investimento effettuato per dotare le autorità libiche dei pattugliatori, che ammonta a svariati milioni di euro;
   la mancata esecuzione di accordi già sottoscritti rischia inoltre di danneggiare anche la credibilità del nostro Paese nei confronti dei suoi interlocutori internazionali, una situazione simile si sarebbe verificata anche con la Tunisia;
   va tenuto conto inoltre l'elemento dell'intensificazione del fenomeno migratorio, del traffico di esseri umani e dell'alto numero di persone che si accingerebbero ad attraversare il Mediterraneo per raggiungere l'Italia –:
   se il Governo intenda dare attuazione agli accordi bilaterali sottoscritti nel 2013 con il Governo libico nell'ambito del controllo delle frontiere;
   quali siano le ragioni che ne ritardano l'esecuzione e se tali accordi sottoscritti nel 2013 siano ancora ritenuti validi. (4-14651)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le indagini in corso e i primi provvedimenti cautelari della magistratura hanno evidenziato ulteriormente l'esigenza di assicurare alla Valle del Sabato, in provincia di Avellino, un'azione coesa di tutti i livelli istituzionali tesa a garantire la bonifica dell'area;
   a giudizio dell'interrogante, occorre assicurare un monitoraggio costante dei dati relativi all'inquinamento e approfondire i dati recentemente emersi per accertare se ci siano correlazioni con le patologie tumorali e i relativi indici di mortalità;
   gli amministratori, che vivono quotidianamente il territorio e ne affrontano i problemi, hanno più volte rappresentato il disagio nel quale versano i cittadini residenti nella Valle del Sabato per una serie di circostanze che la vedono significativamente penalizzata dal punto di vista ambientale;
   stando a quanto dichiarato dal Comitato «Salviamo la Valle del Sabato» in una recente conferenza stampa, nell'area sarebbero stati rilevati ossido di azoto e benzene in quantità elevata nell'aria, 64 superamenti nel solo 2015 per le polveri sottili PM 10 rilevati dalla centralina dello Stir di Pianodardine;
   secondo tale Comitato, la percentuale di berillio nel terreno, rilevato recentemente dall'Arpac a seguito di un incendio di un deposito di automobili da rottamare, sarebbe superiore ai livelli di sicurezza;
   l'indice di mortalità SRM rilevato dal Crom per decessi legati a malati tumorali ai polmoni posiziona i comuni di Atripalda e Montoro tra i comuni più a rischio in Irpinia;
   secondo il Comitato, l'ossido di azoto e il benzene per la città di Atripalda, in 7 giorni di monitoraggio, è arrivato ad una concentrazione media nell'aria di 90 microgrammi su 40;
   il piano di risanamento della regione Campania indica i territori dei comuni di Atripalda e Avellino come zone da risanare;
   la particolare condizione nella quale versa la Valle Del Sabato ha visto impegnati i vari livelli istituzioni, come la Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, con il sopralluogo del mese di aprile 2016 per la vicenda della ex Isochimica, e il Governo, la regione e la provincia sul versante delle oltre 27 mila ecoballe presenti nello Stir di Pianodardine;
   dette ecoballe, grazie alla solerzia e all'impegno del presidente De Luca e del Presidente del Consiglio, saranno rimosse entro la primavera del prossimo anno;
   a giudizio dell'interrogante, occorre uno sforzo corale affinché si evitino altre attività inquinanti per la Valle del Sabato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della particolare condizione nella quale versa la Valle del Sabato e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche con la collaborazione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e l'Istituto superiore di sanità, per accertare il livello di inquinamento dell'area e la eventuale correlazione con il tasso di mortalità per patologie tumorali. (5-09897)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il segretario del Partito per la tutela dei diritti dei militari e forze di polizia Luca Marco Comellini ha segnalato all'interrogante la grave situazione legata alla cassa di previdenza delle forze armate;
   nel 2022 la cassa di previdenza delle forze armate inizierà la fase del « default». La notizia è stata data il 13 ottobre 2016 dallo stato maggiore della difesa nel corso di una riunione con i membri del Cocer;
   il vertice militare ha sottolineato che senza un preciso intervento normativo l'istituto che oggi garantisce una sorta di previdenza complementare al personale militare è destinato ad andare in default a partire dal 2022;
   la Cassa è un ente di diritto pubblico non economico, nato il 1o luglio 2010 e deriva dall'accorpamento delle preesistenti Casse militari costituite negli anni Trenta per le esigenze previdenziali degli ufficiali e dei sottufficiali di ogni singola forza armata;
   l'allarme lanciato nei giorni scorsi dallo stato maggiore della difesa nasce sicuramente dalla relazione di approvazione del bilancio consolidato per l'esercizio finanziario 2015 contenuta nel verbale sottoscritto il 22 aprile 2016 dai membri del collegio dei revisori dei conti della Cassa di previdenza delle forze armate;
   l'organo di verifica evidenzia per il fondo degli ufficiali dell'Aeronautica militare un trend negativo in continuazione con i precedenti esercizi finanziari; a partire dal 2012 ciò «è indice di illiquidità importante» e a conti fatti mette inequivocabilmente in luce l'insostenibilità del sistema di previdenza complementare basato principalmente sulla contribuzione degli iscritti che versano nelle casse dell'istituto il 2 per cento dell'80 per cento della retribuzione tabellare percependo poi liquidazioni e indennità calcolate sull'ultima retribuzione per ogni anno di servizio effettivo di iscrizione al relativo fondo e, in aggiunta solo per gli ufficiali, gli assegni vitalizi determinati annualmente con decretazione del Ministro della difesa;
   la notizia del possibile « default» è giunta inaspettatamente tra il personale delle forze armate e dell'Arma dei carabinieri, mentre tra i 270.000 militari iscritti ai fondi di previdenza integrativa sta già dilagando la preoccupazione per le sorti delle loro future «indennità supplementari» e dell’«assegno speciale» (vitalizio e solo per gli ufficiali);
   il 20 luglio il Consiglio di amministrazione della Cassa al termine della procedura di gara avviata il 12 maggio, ha provveduto ad affidare, in via definitiva e per i prossimi tre anni, la gestione dei conti correnti intestati ai fondi previdenziali dell'Ente controllato dalla Ministra della difesa alla Nuova Banca delle Marche spa che si è aggiudicata il bando con il punteggio di 88,77 battendo, di misura, la Banca Popolare di Sondrio società cooperativa per azioni, seconda e unica concorrente che di punti ne ha ottenuti solo 68,20;
   l'Istituto di credito a cui la Cassa delle forze armate ha affidato la gestione dei suoi conti correnti è attualmente presieduto da Roberto Nicastro, con amministratore delegato Luciano Goffi; l'istituto è nato solo il 23 novembre 2015 per l'effetto del decreto-legge 183 del 22 novembre 2015 «Disposizioni urgenti per il settore creditizio», poi decaduto e confluito nella legge di stabilità per il 2016, subentrando nell'intera operatività dell'attività bancaria di Banca delle Marche spa –:
   se siano a conoscenza di quanto denunciato nell'ambito della riunione del Cocer;
   se si intenda assumere con somma urgenza un'iniziativa tesa a sanare tale grave situazione finanziaria della Cassa di previdenza delle forze armate;
   se non si intenda intervenire con un'apposita iniziativa normativa al fine di scongiurare il default della Cassa di previdenza con il rischio di un danno incommensurabile a migliaia di lavoratori delle forze armate. (5-09882)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2016, la direzione generale per il personale militare, di concerto con il comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, ha pubblicato una circolare con la quale si dà corso all'immissione nei ruoli dei volontari in servizio permanente delle Forze armate, per il 2015, dei volontari in ferma prefissata quadriennale reclutati ai sensi della legge 23 agosto, n. 226, nonché ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 19 aprile 2005, n. 113;
   i militari in ferma prefissata quadriennale a cui è rivolta questa circolare sono quelli delle 1o e 2o immissione 2010 (raffermati) e 1o e 2o immissione 2011;
   il numero dei posti disponibili al servizio permanente previsti da questa circolare sono indicati nella colonna 2 degli Allegati A, B, C, D della stessa circolare;
   dalla lettura della colonna 2 degli allegati di cui alla suddetta circolare, si evince che i posti messi a disposizione dalla forza armata sono un numero assolutamente insufficiente rispetto alla platea dei destinatari se confrontati con le immissioni in ruolo degli anni precedenti;
   per la 1o e 2o immissione 2011 sono stati messi a disposizione 230 posti su una platea potenziale di 3055 unità e per i raffermati 1o e 2o immissione 2010, cosiddetti raffermati, sono stati messi a disposizione 97 posti su 1600 militari effettivamente in servizio;
   questa circolare ha cancellato le speranze e le aspettative di migliaia di ragazzi arruolati nel 2010 e nel 2011 e sta seriamente preoccupando i volontari delle immissioni successive;
   nelle precedenti selezioni per il servizio permanente effettivo non si era mai scesi, come numero di posti resi disponibili, sotto il 30/35 per cento della forza partecipante;
   con questa circolare si scende, per uno dei due casi citati, sotto il 10 per cento –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché detta circolare venga ritirata o, almeno, integrata consentendo l'immissione in servizio permanente ad un numero maggiore di militari raffermati. (4-14635)


   CAPELLI. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la decisione della NATO di ridurre la consistenza delle singole forze, visti i cambiamenti nella situazione della politica globale più recente sta avendo gravi conseguenze per quel che riguarda il personale impiegato in varie basi militari situate in territorio italiano;
   si fa riferimento, in particolare, alla base di Camp Darby, situata nel territorio comunale di Pisa (dove sono a rischio 20 posti di lavoro) e all'aeroporto di Decimomannu, che si colloca a 25 chilometri da Cagliari, e dove 60 persone rischiano di rimanere senza occupazione;
   per quel che riguarda Camp Darby, già nel 2012, la base, nata nel 1951 grazie ad un accordo tra Italia e Stati Uniti, con il quale il nostro Paese consegnò agli americani mille ettari di pineta toscana, un primo ridimensionamento ha causato il licenziamento di personale civile, poi riassorbito in altre amministrazioni dello Stato;
   ora, la decisione del Governo statunitense di ridimensionare ancora la base, con la parziale chiusura del maxi arsenale alle spalle di Tirrenia, di cui la metà sarà restituita al Ministero della difesa italiano, mette di nuovo in discussione il lavoro di molti dipendenti;
   lo stesso discorso vale per l'aeroporto di Decimomannu. Si ricorda che nel 1959 fu firmato un importante accordo tra Italia, Canada e Germania Occidentale che disciplinava le modalità d'uso del poligono e della base stessa;
   Decimomannu è stata una vera «università» per i piloti di guerra delle forze occidentali, ma nel febbraio 2016 l'aeronautica tedesca ha annunciato il suo ritiro, dopo 57 anni, dalla base, causando grave preoccupazione tra i sindacati e i dipendenti civili che lavorano alla base;
   i due casi sopra esposti fanno ritenere che si debba ripensare completamente la funzione delle basi militari presenti in Italia, superando la mera formazione con esercitazioni a fuoco, che, pur non del tutto eliminabili, dovrebbero essere minoritarie rispetto ad altri strumenti, in grado di tutelare l'ambiente e i posti di lavoro;
   prioritariamente, però, è necessario intervenire per salvare i posti di lavoro messi a forte rischio dai ridimensionamenti sopra ricordati;
   la legge n. 98 del 1971, infatti, prevede l'assunzione a tempo indeterminato, con inquadramento anche in soprannumero in quanto occorra, nei ruoli organici del personale delle amministrazioni dello Stato, nei confronti dei cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale, alle dipendenze di organismi militari della NATO o di singoli Stati esteri che ne fanno parte, e che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso di prescritti requisiti;
   successivamente la legge n. 244 del 2007 ha esteso quanto sopra ricordato anche al personale civile che avesse prestato servizio continuativo, per almeno un anno, alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della NATO o di singoli Stati esteri che ne fanno parte;
   inoltre, la citata legge n. 244 del 2007, ha istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze uno specifico fondo a decorrere dal 2008, rifinanziato l'ultima volta nel 2013;
   successivi provvedimenti legislativi hanno prorogato la scadenza sopra ricordata, mentre risulta all'interrogante che le prescrizioni citate siano state attuate sia dal Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione (decreto 23 luglio 2015), sia in precedenza dall'Agenzia delle dogane (decreto 12 novembre 2011), che hanno consentito l'assunzione di personale vittima delle circostanze sopra ricordate –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere, anche in occasione della predisposizione del disegno di legge di bilancio, per finanziare il fondo sopra ricordato, in modo da poter consentire l'impiego del personale della base di Camp Darby e dell'aeroporto Decimomannu, che perderanno il lavoro a causa del ricordato ridimensionamento delle strutture dell'Alleanza atlantica in Italia. (4-14636)


   GRANDE, BASILIO, CORDA, RIZZO, FRUSONE e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 giugno 2016 si è svolto un incontro presso il CETLI NBC di Civitavecchia al quale hanno preso parte rappresentanti politici e comitati cittadini territoriali con la presenza del Sottosegretario Gioacchino Alfano, avente quale tema la prevista costruzione di un ossidatore chimico e lo stesso incontro è stato possibile solo dopo insistenti sollecitazioni di numerosi soggetti politici istituzionali e territoriali che si occupano di ambiente sulla base delle persistenti preoccupazioni delle popolazioni sul suddetto impianto;
   il Ministero della difesa organizzando tale incontro ha inteso confrontarsi con i citati soggetti sulle problematiche connesse all'ossidatore, ad eventuali rischi ed al piano temporale che il Ministero della difesa aveva predisposto per la sua realizzazione;
   dalla riunione è emersa la netta ed unanime contrarietà, da parte di tutti i soggetti istituzionali e non, alla costruzione dell'impianto per possibili ricadute ambientali e conseguenti implicazioni sanitarie sulla popolazione;
   durante il meeting era emersa anche la richiesta di continuare ad utilizzare gli attuali impianti, adottando i dovuti adeguamenti, per smaltire quelle armi chimiche per le quali ad oggi non è stato possibile provvedere allo smaltimento e per la distruzione delle quali il Ministero della difesa aveva considerato originariamente la necessità di ricorrere ad un ossidatore termico;
   gli interroganti ritengono che il riadattamento degli attuali impianti può presentare comunque rischi in considerazione delle particolarità e pericolosità di quei proietti per i quali il Ministero della difesa aveva ritenuto di dover avviare la costruzione di un ossidatore chimico, che si ricorda offriva, a parere della amministrazione della Difesa, la migliore soluzione tecnologica esistente per la risoluzione di tale problematica;
   il sottosegretario Alfano, a quanto risulta agli interroganti, aveva rinviato a fine luglio 2016 un aggiornamento tra i rappresentanti politici su come il Ministero della difesa intende procedere e ad oggi non risulta ancora fissato alcun incontro –:
   se sia stata presa in considerazione la valutazione complessiva degli esponenti politici del territorio e quali siano le conseguenti iniziative che il Ministro intende porre in essere rispetto al tema in questione. (4-14640)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 900, della legge di stabilità 2016 ha previsto che, al fine di assicurare, la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) n. 751/2015 del 23 aprile 2015 relativo al nuovo regime armonizzato dell'Unione europea delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carte di debito e di credito, il Ministero dell'economia e delle finanze avrebbe dovuto emanare, entro il 1o febbraio 2016, un decreto ministeriale attuativo;
   ad oggi non si ha alcuna notizia né dei tempi circa la sua possibile emanazione, né di quelli dell'auspicata preventiva consultazione pubblica circa il suo contenuto;
   tale situazione d'incertezza in ordine all'esercizio delle opzioni nazionali previste dal regolamento, e quindi sull'effettivo contenuto del complessivo quadro normativo introdotto col regolamento dell'Unione europea, sta creando una grave situazione di svantaggio competitivo per il sistema nazionale dei pagamenti al dettaglio e più in generale per tutti gli utenti dei servizi di pagamento con carte. Tra i soggetti negativamente affetti da tale inerzia rientrano anche le autorità pubbliche nazionali che dovranno approntare gli strumenti, anche organizzativi, e le risorse necessarie all'efficace ed efficiente esercizio delle funzioni che dovranno essere loro attribuite ai sensi del regolamento dell'Unione europea;
   inoltre, al di là dell'esercizio delle opzioni nazionali, il decreto ministeriale in questione è necessario anche per ottemperare ad alcuni specifici obblighi che il regolamento europeo in parola pone a carico degli Stati membri, quali ad esempio quelli (di cui agli articoli 13 e 14) in materia di definizione dell'apparato dei controlli e di quello sanzionatorio nazionale per i quali il termine a provvedere scadeva il 9 giugno 2016;
   l'articolo 1, comma 900, lettera c), della legge di stabilità 2016 ha, peraltro, modificato il comma 5 dell'articolo 15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), prevedendo che i decreti ministeriali attuativi della norma prevista dal precedente comma 4 dello stesso articolo (che stabilisce l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti mediante carte di debito e di credito) devono disciplinare le modalità, in termini e l'importo delle sanzioni amministrative pecuniarie anche in relazione ai soggetti interessati, anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili;
   questa circostanza alimenta il clima di incertezza degli operatori ed è fortemente lesiva del diritto del consumatore a scegliere lo strumento di pagamento preferito –:
   in quali tempi i Ministri interpellati procederanno all'adozione del decreto ministeriale de quo.
(2-01522) «Boccadutri, Coppola, Nardi, Sani, Covello, Anzaldi, Leva, Piazzoni, Pinna, Berretta, Gasparini, Giampaolo Galli, Di Salvo, Giuseppe Guerini, Basso, Bruno Bossio, Moscatt, Lodolini, Manciulli, Zan, Giulietti, Pilozzi, Lattuca, Barbanti, Losacco, Ferrari, Raciti, Marco Meloni, Bargero, Brandolin, Paola Bragantini, Bazoli, Aiello, Ascani, Bonaccorsi, Bonomo, Burtone, Causi».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 3 del 2015, convertito dalla legge n. 33 del 2015 relativo alla trasformazione delle principali banche popolari italiane in società per azioni ha creato delle distorsioni del consolidato equilibrio finanziario ed economico nazionale;
   la trasformazione in società per azioni della Banca popolare di Bari ha generato anche problemi di ordine pubblico dovuti alle dimostrazioni degli azionisti che da mesi e da anni hanno richiesto la vendita delle azioni in proprio possesso senza esito positivo. Le maggiori preoccupazioni dei risparmiatori sono legate alla progressiva riduzione del valore nominale delle azioni che potrebbe avere effetti pregiudizievoli irreparabili sulla propria situazione patrimoniale. Si sottolinea che molti dei clienti della Banca hanno investito tutti i propri risparmi negli strumenti finanziari legati al valore nominale delle azioni della Banca Popolare di Bari confidando nella solidità della stessa e nelle garanzie costituzionali disposte in materia di tutela del risparmio. Da quanto si apprende la domanda di azioni della Banca risulta essere minima ed il considerevole aumento delle offerte di negoziazioni incrementa la progressiva svalutazione delle stesse. Le difficoltà della banca implicano pregiudizi non solo per il sistema economico della regione Puglia ma altresì per la stabilità del sistema finanziario nel suo complesso. Si evidenzia che il 20 marzo 2009 è stata completata la cessione della partecipazione maggioritaria della Cassa di risparmio di Orvieto spa pari al 73,57 per cento del capitale al gruppo Banca popolare di Bari e le difficoltà finanziarie della Cassa di risparmio di Orvieto si sono progressivamente riflesse sulla consolidata stabilità patrimoniale della Banca polare di Bari. Non si comprendono le ragioni di tale acquisizione, visto che la medesima ha generato i suddetti problemi di stabilità economica e finanziaria del sistema produttivo e dei risparmiatori, prevalentemente, della regione Puglia;
   le associazioni dei risparmiatori e di tutela dei consumatori sono in procinto di avviare ogni genere di azione giudiziaria volta a far chiarezza sul caso, in particolar modo al fine di verificare se l'acquisizione di Cassa di risparmio di Orvieto sia avvenuta in assenza di conflitti di interesse e nel rispetto delle logiche di sana e prudente gestione tipiche del sistema creditizio e se le modalità di sottoscrizione e collocazione delle azioni nei confronti dei risparmiatori sia avvenuta in assenza di conflitti di interesse ed in coerenza dei profili di rischio di risparmiatori e soprattutto di famiglie e pensionati;
   in particolar modo si evidenzia che le indagini necessitano di tempo, mentre i termini previsti dalla normativa per la conversione delle banche popolari in società per azioni, ovverosia il 31 dicembre 2016, sono perentori –:
   se sia al corrente dei disagi che il termine perentorio previsto per il 31 dicembre 2016 ha creato, fino al punto di costringere il prefetto di Bari a ricevere gli azionisti che hanno dimostrato il proprio disagio in piazza;
   quali iniziative intenda proporre, per quanto di competenza, al fine di risolvere la questione, nel rispetto della tutela costituzionale del risparmio, e di rimediare ai pregiudizi generatisi per i risparmiatori;
   se reputi opportuno assumere una tempestiva iniziativa normativa volta a procrastinare il termine della conversione in società per azioni dal 31 dicembre 2016 al 31 dicembre 2017.
(2-01523) «Cariello, Pisano».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI e CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 319 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006 ha introdotto, all'articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 22 dicembre 1986, la lettera i-quinquies;
   tale norma ha disposto che dall'imposta lorda sia possibile detrarre un importo pari al 19 per cento «delle spese, per un importo non superiore a 210 euro, sostenute per l'iscrizione annuale e l'abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica rispondenti alle caratteristiche individuate» con successivo decreto;
   il decreto interministeriale del 28 marzo 2007, emanato dal Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 106 del 9 maggio 2007, definisce «associazioni sportive» le società e le associazioni sportive dilettantistiche indicate dall'articolo 90, commi 17 e seguenti, della legge n. 289 del 2002 che abbiano nella propria denominazione sociale l'espressa indicazione della finalità sportiva e della ragione o denominazione sociale dilettantistica;
   lo stesso decreto stabilisce le tipologie di strutture sportive ed indica le specifiche per quanto concerne la documentazione che attesti il sostenimento delle spese;
   il sito internet www.comuni.it, in un articolo dal titolo «Detrazioni fiscali per le spese di istruzione: il vademecum», illustra come non sia «ammesso nessuno sconto fiscale per i corsi di lingua, sia in Italia che all'estero, come pure per le spese per i viaggi di istruzione organizzati dagli istituti (...)»;
   l'articolo del 23 aprile 2014 pubblicato sul sito internet www.fiscooggi.it ribadisce che «(...) non siano detraibili le spese per corsi su singole materie. Le spese sostenute per la frequenza di corsi di lingua, anche se sostenuti presso un istituto abilitato, non rientrano tra le spese ammesse in detrazione»;
   inoltre, il sistema scolastico nazionale prevede, per gli studenti frequentanti il triennio della scuola secondaria di secondo grado, che le attività extra – scolastiche quali corsi di musica, corsi di informatica, corsi di lingue, sport, volontariato, lavoro e altro svolte all'interno o al di fuori dell'istituzione scolastica costituiscano credito formativo, come previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale n. 49 del 2000. Questo, insieme al credito scolastico, concorre a determinare il punteggio finale agli esami di Stato;
   anche per le spese per tali attività non è prevista alcuna detrazione; quindi, eccezion fatta per lo sport, tutte le spese sostenute dalle famiglie per lo svolgimento delle attività extrascolastiche, finalizzate alla crescita civile, sociale e culturale dei minori, non godono di alcun beneficio fiscale –:
   se i Ministri interrogati intendano promuovere iniziative per una detrazione fiscale analoga a quella prevista per le attività sportive anche per le attività extrascolastiche che contribuiscono alla crescita civile, sociale e culturale dei minori;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative per prevedere dei benefici fiscali per le spese sostenute per i corsi di lingue tenuti dai minori in Italia o all'estero e per le spese per i viaggi di istruzione organizzati dagli istituti scolastici. (5-09886)

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settore dell'intermediazione finanziaria spesso non brilla per trasparenza e alcuni prodotti finanziari sembrano fatti apposta per nascondere i costi addossati al cliente, spesso inesperto;
   sono sempre di più i fondi comuni d'investimento che garantiscono ai risparmiatori una cedola, promettendo così un rendimento certo, ma in realtà la prelevano dal capitale dell'investitore. Questi investimenti risultano appetibili per i risparmiatori, in quanto, al confronto del rendimento quasi nullo dei titoli di Stato, riproducono i meccanismi tipici delle obbligazioni e inducono a percepire la cedola come rendimento. In realtà, nel loro regolamento, è prevista una piccola postilla che consente al gestore di prelevare, se necessario, la cedola dal capitale investito. In pratica, se la gestione del fondo genera un rendimento sufficiente a pagare le cedole, il cliente si vede pagare quanto promesso e il suo capitale non viene intaccato; in caso contrario, le cedole vengono prelevate in parte o in tutto dal capitale inizialmente investito che, alla scadenza, verrà restituito al risparmiatore decurtato;
   da un articolo pubblicato sulla rivista economica on-line La voce, si rileva che questo fenomeno riguarda un terzo dei fondi comuni con cedola collocati in Italia. Su un campione di 287 fondi comuni, inclusi tutti quelli che sono scaduti negli ultimi due anni e quelli che scadranno entro il 2024, che prevedono un periodo di collocamento e il pagamento di cedole periodiche, in oltre il 30 per cento dei casi, il valore della quota del fondo comune, alla data dell'ultimo stacco cedole, era inferiore al suo valore iniziale: quindi il capitale investito è stato decurtato per pagare parte delle cedole. Nel 13 per cento dei casi, non solo il capitale è stato intaccato, ma la riduzione di valore della quota è stata addirittura maggiore del valore totale delle cedole staccate;
   dai dati emerge una rilevazione ancora più preoccupante: al diminuire dei tassi d'interesse di mercato il fenomeno acquista proporzioni allarmanti; ne sono la prova i fondi emessi negli ultimi due anni, per i quali, in tre casi su quattro, gli intermediari hanno pagato le cedole attingendo parzialmente al capitale, mentre più di un fondo su due ha generato una perdita complessiva superiore all'importo delle cedole pagate;
   il risparmiatore dovrebbe essere protetto e adeguatamente informato quando acquista un prodotto finanziario, anche in relazione ai costi che sostiene, che spesso si annidano nei contratti finanziari e che possono erodere una parte significativa dei già fin troppo esigui rendimenti offerti attualmente dalle attività finanziarie;
   quello che potrebbe apparire come un imbroglio da parte degli intermediari finanziari è in realtà una piccola regola, formulata in maniera poco comprensibile e contenuta all'interno di un prospetto informativo di oltre cento pagine che è stato approvato dalla Consob, così come il regolamento del fondo che è stato approvato dalla Banca d'Italia –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa;
   se non ritenga opportuno assumere tempestivamente iniziative normative affinché, nel pieno rispetto dell'articolo 47 della Costituzione, il risparmio dei cittadini italiani sia meglio tutelato e disciplinato attraverso regole certe e trasparenti. (4-14637)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pescara ha pubblicato sul proprio sito ufficiale, nell'apposita sezione, lettera informativa n. 139/16 del 24 ottobre 2016, il cui punto 2 («Convegno consulta delle professioni 28.10.16») pubblicizzava un evento organizzato dalla Consulta delle professioni della Camera di commercio di Pescara dal titolo «La riforma della Costituzione della Repubblica Italiana» fissato per il prossimo 28 ottobre 2016, alle ore 15,30, presso l'Aula Alessandrini del tribunale di Pescara;
   il medesimo evento veniva pubblicizzato dal Consiglio dell'ordine anche mediante l'invio di email a tutti gli iscritti;
   dal programma del convegno, scaricabile dal medesimo sito, si evince che all'evento parteciperanno, rispettivamente nella qualità di unico relatore ed interventore, il professore Giuseppe Marazzita, professore ordinario di diritto costituzionale presso la facoltà di giurisprudenza dell'università di Teramo, e la sottosegretaria per la giustizia, senatrice Federica Chiavaroli, soggetti apertamente schierati a favore del «Sì» nella consultazione referendaria del prossimo 4 dicembre;
   in particolare, risulta all'interrogante che il professor Marazzita sia il 141o firmatario del Manifesto per il «Sì» al referendum sulla riforma costituzionale (cfr. http://www.bastaunsi.it/manifesto/), mentre la senatrice Chiavaroli dal 28 gennaio 2016 ricopra il ruolo di sottosegretario al Ministero della giustizia;
   è indubbio, quindi, a giudizio dell'interrogante, che il convegno pubblicizzato sul sito del consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pescara, lungi dall'avere un carattere meramente descrittivo e informativo della riforma costituzionale, possieda, al contrario, una inequivocabile natura politica, essendo finalizzato a sostenere e sponsorizzare le ragioni del «Sì»;
   per pubblicizzare tale evento il consiglio dell'Ordine si sarebbe avvalso, a quanto risulta all'interrogante, della propria newsletter, con ciò utilizzando sempre ad avviso dell'interrogante abusivamente tutti i contatti e-mail contenuti nella banca dati per scopi diversi da quelli propri del consiglio dell'Ordine medesimo;
   l'articolo 11 del decreto legislativo n. 196 del 2013 (cosiddetto codice della privacy) in tema di «Modalità del trattamento e requisiti dei dati» stabilisce, tra le altre cose, che i dati personali oggetto di trattamento sono «trattati in modo lecito e secondo correttezza» nonché «raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati e quali determinazioni intenda assumere in relazione ai medesimi;
   se, in particolare, ritenga legittimo che il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Pescara pubblicizzi attraverso la propria newsletter un evento di natura politica organizzato per il sostegno al «Sì» al referendum o, al contrario, se ritenga che con questo comportamento il Consiglio, utilizzando i contatti email per altri scopi, abbia violato l'articolo 11 del codice della privacy;
   se ritenga di dover promuovere una ispezione nei confronti del consiglio dell'Ordine di Pescara dando incarico al Consiglio nazionale forense di procedere all'attività necessaria. (5-09892)


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da organi di informazione risulta che l'Ordine degli avvocati di Isernia ha aderito a un incontro previsto, per il 29 ottobre 2016 presso il Grand Hotel Europa, dal titolo «Un Sì per l'Italia», un appuntamento elettorale finalizzato alla divulgazione e sponsorizzazione delle ragioni del «Sì» al referendum costituzionale che si terrà il prossimo 4 dicembre;
   la natura politica e unilaterale delle informazione sui contenuti della riforma che verranno rese nel corso di questo convegno si evince, ad avviso dell'interrogante, non solo dal titolo dell'incontro «Un Sì per l'Italia», ma anche dai soggetti che parteciperanno in qualità di relatori e interventori, fra cui spicca la figura del senatore Pier Ferdinando Casini, apertamente schierato a sostegno delle ragioni del «Sì»;
   l'Ordine degli avvocati di Isernia ha deciso di riconoscere all'evento carattere formativo. Ciò si evince dalla home page del sito ufficiale del medesimo Ordine in cui, oltre alla pubblicità dell'evento, espressamente denominato «Evento formativo referendum costituzionale 29 ottobre 2016», viene altresì specificato nella sezione «visualizza dettagli» che lo stesso «è accreditato dal COA di Isernia con n. 3 crediti formativi per gli Avvocati e n. 2 udienze per i Praticanti Avvocati»;
   l'articolo 11 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, impone agli avvocati e ai praticanti avvocati l'obbligo della «Formazione continua» finalizzata a curare il continuo e costante aggiornamento della loro competenza professionale per assicurare la qualità delle prestazioni professionali e per contribuire al migliore esercizio della professione nell'interesse dei clienti e dell'amministrazione della giustizia. Per tale ragione è indubbio che tale obbligo vada assolto attraverso la partecipazione ad eventi di carattere strettamente formativo e non politico;
   se è vero che in queste settimane in tutta Italia, compreso il Molise, sono previsti incontri finalizzati ad informare ed illustrare i contenuti della riforma costituzionale, è altresì vero che l'assegnazione di crediti formativi debba essere riconosciuta esclusivamente, come nel caso di incontri organizzati dall'Ordine degli avvocati di Campobasso, per gli eventi che hanno un effettivo carattere formativo, quelli cioè in cui in cui vengono presentate in maniera paritetica sia le ragioni del «Sì» che del «No» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati e quali determinazioni intenda assumere in relazione ai medesimi;
   se, in particolare, ritenga legittimo che il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Isernia pubblicizzi sul proprio sito istituzionale e attribuisca carattere formativo ad un evento che appare all'interrogante di natura chiaramente politica dando la possibilità di intervenire ad una sola parte politica;
   se, infine, ritenga di dover promuovere un'ispezione nei confronti del consiglio dell'Ordine e di Isernia, dando incarico al Consiglio nazionale forense di procedere all'attività necessaria. (5-09893)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'inchiesta «Dama nera» delle Fiamme Gialle, oltre a imprenditori, titolari di aziende appaltatrici di opere pubbliche e personalità come l'ex-sottosegretario Luigi Meduri, risultano coinvolti cinque dirigenti e funzionari dell'Anas della direzione generale di Roma, tra cui Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di Anas Spa, ritenuta dai finanzieri «vero e proprio deus ex machina del sodalizio»;
   tali dirigenti e funzionari «abusando dei poteri derivanti dall'incarico ricoperto nell'ambito di Anas, sono riusciti ad ottenere utilità e provviste corruttive da imprenditori, titolari di società di rilievo nazionale, in casi con l'intervento di un “ colletto bianco ” (un avvocato di Catanzaro) e del citato esponente politico»;
   l'inchiesta avrebbe interessato anche la gara per la realizzazione della variante di Morbegno, dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano, sulla strada statale 38 dello Stelvio, l'intervento viabilistico approvato dalla delibera del CIPE 121/2001;
   l'appalto veniva aggiudicato, per 145 milioni di euro, ad ATI Tecnis spa, riferibile agli imprenditori catanesi Concetto Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, così come la Cogip Infrastrutture spa, entrambe società con sede legale a Tremestieri Etneo;
   secondo quanto reso noto dalla Guardia di finanza, «Accroglianò veniva interessata dai predetti imprenditori siciliani e, per conto degli stessi, da Meduri, non solo per la velocizzazione dei pagamenti conseguenti all'iscrizione di “ riserve ” nelle contabilità di cantiere, risolte attraverso il meccanismo dell’“ accordo bonario ”, ma, anche e soprattutto, per l'ottenimento dell'autorizzazione alla cessione di un ramo d'azienda, concernente la realizzazione della Variante di Morbegno»;
   in sintesi emergeva come: Costanzo Domenico ed il Bosco Concetto intendessero cedere il ramo d'azienda (in realtà, come detto, l'appalto), relativo alla realizzazione della Variante di Morbegno, in favore di un'altra società con sede a Sondrio e che tale cessione fosse condizionata all'autorizzazione dell'appaltante Anas Spa, attraverso la presa d'atto. In relazione all'espletamento di tali «pratiche», venivano documentati plurimi episodi di corruzione, concretizzatisi in 6 dazioni di denaro, dal dicembre 2014 all'agosto 2015, per un totale pari ad almeno 150 mila euro –:
   se il Governo sia in grado di fornire un elenco circostanziato dei bandi di gara o affidamenti diretti di appalti per lavori infrastrutturali, sul territorio della regione Lombardia, gestiti da Anas, ai quali abbiano partecipato e con quale ruolo, le persone coinvolte ed arrestate nell'inchiesta della Guardia di finanza «dama nera», al fine di chiarire in che misura quanto sopra esposto possa aver pregiudicato la realizzazione della «variante di Morbegno» in termini di economicità, trasparenza e tempistiche. (5-09894)

Interrogazione a risposta scritta:


   GULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la linea ferroviaria Palermo-Messina-Catania per diversi tratti è a binario unico;
   è necessaria una visione integrata della problematica dei trasporti nell'isola, anche al fine di rendere l'isola competitiva in ambito euro-mediterraneo;
   l'interrogante ha precedentemente presentato altri atti di sindacato ispettivo in merito alle problematiche infrastrutturali, evidenziando la necessità di interventi complessivi per uno sviluppo efficace ed efficiente, coerente anche con la vocazione turistico-culturale della Sicilia e tale da supportare le attività economiche dell'isola;
   alla data odierna tra i principali problemi legati alla tratta ferroviaria Palermo-Messina vi è quello dei ritardi in partenza ed in arrivo, principalmente a causa della mancanza del doppio binario;
   i tempi di percorrenza dei treni in tale tratta risultano superiori rispetto alla media italiana ed europea;
   il raddoppio ferroviario tra Patti e Castelbuono contribuirebbe notevolmente a risolvere gli annosi problemi legati ai ritardi nel transito di molti treni lungo la tratta Palermo-Messina –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda assumere per completare il doppio binario nella tratta Patti-Castelbuono e ridurre, nelle more del suddetto completamento, i disagi per i viaggiatori. (4-14634)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   VITO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 febbraio 2016, l'interrogante ha presentato, congiuntamente all'onorevole Brunetta, l'interpellanza urgente n. 2-01256, chiedendo se, con la sospensione cautelare di Fabrizio Rossi, operatore della polizia di Stato, non si ponesse una grande questione democratica e se tali misure disciplinari limitassero le libertà sindacali delle donne e degli uomini in divisa;
   in risposta all'interpellanza, il Governo nella seduta del 5 febbraio 2016, ha dichiarato che tale provvedimento disciplinare era stato preso dal «capo della polizia direttamente, su motivata proposta del questore di Roma,» che «ha sospeso cautelarmente dal servizio un dipendente avente la qualifica di assistente capo. Il provvedimento è stato motivato da gravi motivi disciplinari anche alla luce del grave pregiudizio arrecato dal predetto all'immagine e al prestigio dell'Amministrazione in ragione dell'ampia risonanza mediatica che l'episodio è riuscito ad ottenere»;
   in data 11 ottobre 2016, il TAR del Lazio, al quale l'operatore Fabrizio Rossi aveva fatto ricorso avverso la sospensione, ha dato ragione a quest'ultimo poiché, secondo la previsione di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981, disposizione in concreto applicata nell'emissione del provvedimento impugnato col ricorso, è facoltà dell'Amministrazione adottare la sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale solo «quando la natura del reato sia particolarmente grave» –:
   quali siano le intenzioni del Ministro interrogato al riguardo, considerato che il Tar del Lazio ha sospeso l'efficacia del decreto adottato dal Ministero dell'interno – dipartimento della pubblica, sicurezza, in persona del capo della polizia, che sospendeva dal servizio l'operatore Fabrizio Rossi. (3-02588)


   PALAZZOTTO, DURANTI e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 21 ottobre 2016 oltre 100 migranti, molti dei quali con i documenti in regola, un lavoro già avviato e la protezione internazionale attivata, sono stati, a giudizio degli interroganti, letteralmente rastrellati e deportati dalla stazione di Milano verso l’hotspot di Taranto;
   le associazioni Babele, Ohana, da Campagna Welcome Taranto e da campagna LasciateCIEntrare, hanno denunciato l'accaduto descrivendo i fatti e giudicandoli di una gravità assoluta;
   si tratta di una ulteriore lesione di diritti umani fondamentali. Persone spogliate dei loro effetti personali fino anche a tre giorni, e private della loro libertà senza motivo e giustificazione. Fra di loro, addirittura, vi era un migrante in piena condizione di «vulnerabilità», con permesso di soggiorno tedesco, inspiegabilmente deportato da Milano all’hotspot jonico e da questo allontanato ed abbandonato per strada e di cui, adesso, si sono addirittura perdute le tracce;
   le condizioni reali di vita cui sono sottoposti i migranti negli hotspot, per gli interroganti veri e propri centri di detenzione senza cornice giuridica, in cui è, peraltro, impedito il libero accesso alle associazioni di tutela dei migranti;
   centri, come appunto quello di Taranto, in cui si continua ad assistere – da mesi – a procedure di dubbia legittimità da parte della polizia;
   oltre ai 100 migranti deportati, infatti, va ricordato il gravissimo episodio che ad agosto 2016 ha visto protagonisti 48 sudanesi, prelevati a Ventimiglia e da lì trasferiti a Taranto – dove sono stati trattenuti con modalità di dubbia legittimità per tre giorni, in tenda, come denunciato da Tavolo Asilo – per poi essere nuovamente portati a Torino ed imbarcati su un aereo – quindi con un «respingimento collettivo» che dovrebbe essere vietato – verso il Sudan, Paese in cui vi sono continue e certificate violazioni dei diritti umani ed in cui vi è un concreto pericolo di vita per quelle persone –:
   quali siano le ragioni di queste operazioni di polizia;
   di quali elementi disponga il Governo circa le attività svolte dalle organizzazioni internazionali di tutela dei rifugiati presenti nell’hotspot di cui in premessa, nello specifico dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e dell'Oim, l'Organizzazione internazionale delle migrazioni;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire l'accesso ai cosiddetti hotspot alle associazioni che si occupano di diritti dei migranti, oltre che agli operatori della stampa;
   se non ritenga necessario che luoghi che si configurano esclusivamente quali centri in cui, di fatto, per gli interroganti avviene una contrazione del diritto d'asilo, quale è riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra, e di trattenimento dei migranti con procedure di dubbia legittimità, debbano essere chiusi. (3-02589)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso delle proteste di un gruppo di abitanti di Gorino contro la delibera di requisizione del prefetto per l'utilizzo dell'ostello del luogo, denominato «Amore e natura», al fine di ospitare un gruppo di venti profughi;
   a quanto è dato sapere, gli abitanti del piccolo centro in provincia di Ferrara hanno ritenuto che l'utilizzo dell'ostello per la collocazione dei profughi avrebbe determinato un danno alla comunità, in quanto unica struttura ricettiva del luogo; la loro protesta è andata a buon fine considerando che il prefetto, per motivi di ordine pubblico, ha successivamente fatto alloggiare i profughi in strutture di paesi limitrofi;
   considerando che il soggiorno dei richiedenti asilo nel nostro Paese andrebbe gestito anche nel rispetto delle comunità ospitanti, si ritiene che sequestrare l'unica struttura ricettiva del territorio interessato, tra l'altro, a poche ore dall'arrivo dei profughi e senza alcun coinvolgimento della comunità interessata, non sia una procedura che possa favorire l'accoglienza;
   le esigenze connesse l'ospitalità dei richiedenti asilo deve essere contemperata necessariamente, anche con quelle degli abitanti dei territori ospitanti, al fine di evitare che si verifichino episodi come quelli avvenuti a Gorino –:
   se e quali iniziative intenda adottare il Ministro affinché il fenomeno dell'immigrazione venga gestito con procedure idonee ad evitare episodi come quelli esposti in premessa. (5-09890)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da sempre la provincia di Varese lamenta una forte carenza di organico sul fronte della sicurezza;
   soprattutto Busto Arsizio, sesta città lombarda, a fronte di 82.500 abitanti può contare «solo» su 57 poliziotti, di cui 48 effettivamente impiegabili in strada, con un'età media di 47 anni;
   il commissariato di Busto Arsizio, negli ultimi diciotto mesi, ha perso 12 uomini tra pensionamenti e trasferimenti, ad oggi ancora non rimpiazzati;
   oramai alcuni quadranti della città sono completamente scoperti e non vi è possibilità di garantire una volante e/o il pronto intervento 113;
   le proiezioni, nel breve termine, sembrano essere ancora più funeste alla luce dei previsti pensionamenti senza alcun ricambio;
   a titolo di paragone, si evidenzia che la città di Gela, con minori abitanti (77 mila), ha un commissariato di polizia con 110 poliziotti in organico –:
   se e quali iniziative di competenza intenda urgentemente adottare riguardo a quanto esposto in premessa, posto che è a rischio la sicurezza dei cittadini. (4-14639)


   D'ARIENZO e NACCARATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 2016 cinque motrici della ditta Alfa Trasporti Srl, azienda veronese, sono stati incendiati e distrutti a seguito di un attacco doloso da parte di due individui, come evidenziato dalle immagini di una telecamera di vigilanza del distributore Esso, al chilometro quinto della tangenziale sud, poco prima dell'uscita di Borgo Roma presso il quale erano parcheggiate;
   nella stessa provincia di Verona si ricordano gli incendi che hanno colpito e distrutto cinque autocarri all'interno di un piazzale privato in Via Bassona, sette autoarticolati presso l'azienda commerciale Brendolan con sede in Belfiore, il deposito di Caldiero della medesima azienda Brendolan, tre camion frigo e due capannoni dell'azienda veronese Osa, per due volte la stessa azienda di Ronco all'Adige, «l'Adige Agricoltura» specializzata nello stoccaggio di plastica frammentata ed i cinque autoarticolati della ditta Veronesi mangimi, incendio che, sebbene avvenuto nella provincia di Padova, ha interessato una nota azienda veronese;
   gli incendiari sono arrivati sul posto attraverso un campo che costeggia il distributore dopo aver tagliato la rete di recinzione che sta sopra un piccolo terrapieno. Ciò dimostra la pianificazione dell'attentato e la conoscenza minuziosa del territorio da parte dei responsabili, anche in ragione del fatto che i camion della società erano da poco parcheggiati in quel luogo;
   a parere degli interroganti l'azione presenta le caratteristiche tipiche dell'intimidazione della criminalità organizzata;
   considerati anche gli incendi esso le ditte che trattano rifiuti, sia nella provincia di Verona sia in Veneto, vi sono, ad avviso degli interroganti, elementi per ritenere che sia in atto un'azione di espansione della criminalità organizzata sul territorio che si inserisce nell'economia legale attraverso l'intimidazione e la destrutturazione di aziende concorrenti;
   l'atto in questione è ormai più che un campanello di allarme, ovvero l'ennesima conferma della strategia criminale per operare illecitamente sul territorio che la criminalità dimostra di conoscere molto bene –:
   se e in che modo il Governo intenda attivarsi per potenziare, per quanto di competenza, gli strumenti necessari a rafforzare le attività investigative di prevenzione e repressione della criminalità organizzata in Veneto e, in particolare, in provincia di Verona. (4-14642)


   BIANCOFIORE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o ottobre 2016, la sicurezza della città di Bolzano è stata messa a dura prova da gravi tafferugli innescati da fazioni opposte di immigrati extracomunitari che si sono fronteggiati a colpi di coltelli, mazze da cricket, sassi ed altro sulle passeggiate del Talvera nel cuore del centro storico;
   le passeggiate del Talvera sono il giardino pubblico della città, oasi della tranquillità dal dopoguerra, le quali, fino allo spropositato arrivo di immigrati intollerabili per una piccola città, mai erano state oggetto di scontri e violenze diurne che hanno terrorizzato bambini, genitori, anziani e sportivi che le frequentano;
   solo grazie al pronto intervento delle forze di polizia e carabinieri si è potuto evitare spargimento di sangue e i colpevoli sono stati tratti tutti in arresto;
   la quota ufficiale dei richiedenti asilo per Bolzano dovrebbe ammontare a 550 persone e viceversa la città ne sopporta più del doppio, «fantasmi» che girano liberi, senza controllo e che si sono resi protagonisti di un’escalation di episodi di violenza;
   tali extracomunitari richiedenti asilo bivaccano quotidianamente sui prati del Talvera occupando le strutture ludiche, cagionando molteplici problemi di natura igienica, senza l'adeguato intervento dell'amministrazione comunale, alla quale spetterebbe il pattugliamento del giardino pubblico;
   i cittadini afghani, del Gambia, del Mali e del Senegal oggetto dei gravi scontri del 1o ottobre risultano essere tutti richiedenti asilo, ad alcuni dei quali il beneficio era stato già negato mesi fa;
   uno di essi, tale Hotak Faisal, non è stato espulso ed era a piede libero nonostante fosse stato di recente arrestato per una violenta rapina all'ufficio del Money Transfer nelle vicinanze della questura di Bolzano;
   gli stessi pernottano nelle strutture tra l'ex hotel Alpi e il centro della zona piani a spese del cittadino – contribuente che avrebbe almeno diritto alla sicurezza;
   alla stazione ferroviaria qualche giorno prima c'era stata un'altra piccola rissa e quella del Talvera parrebbe essere una vendetta legata a questioni di spaccio di stupefacenti;
   il sindaco di Bolzano ha annunciato la corretta installazione di 90 telecamere che, ad onor del vero, risulta essere un provvedimento già deciso dalla gestione commissariale pre-elezioni amministrative del maggio 2016;
   nulla però è stato predisposto per monitorare i movimenti di extracomunitari per prevenire episodi malavitosi all'interno dei centri di accoglienza, per educarli alla civile convivenza e per rassicurare i cittadini rispetto a quello che appare un esproprio della loro città;
   va considerato il costante pericolo di paventati muri alla frontiera al Brennero da parte dell'Austria e, dopo la chiusura della via Balcanica, il confine italiano dell'Alto Adige potrebbe diventare l'imbuto di tutta l'ondata immigratoria diretta al Nord Europa con conseguenze esiziali per la provincia –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere e quando per garantire l'espulsione di cittadini extracomunitari che si sono resi artefici di episodi di violenza, che hanno terrorizzato la città e fatto salire la tensione e il sentimento di intolleranza dei cittadini verso le popolazioni immigrate e se intenda intervenire, come non più rinviabile, per risolvere il problema del carico eccessivo di richiedenti asilo sulla città capoluogo. (4-14644)


   MOLTENI e CAPARINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del capo del dipartimento della pubblica sicurezza, adottato il 9 dicembre 2015, il capo della polizia pro tempore, Alessandro Pansa, sospese cautelativamente l'assistente capo Fabrizio Rossi, reo di aver rilasciato alla trasmissione televisiva Ballarò un'intervista, con voce camuffata e volto oscurato, nella quale aveva reso dichiarazioni su argomenti riservati «mostrando ai giornalisti materiale obsoleto e deteriorato in dotazione alla Polizia di Stato»;
   nel decreto sopracitato si asseriva altresì che Fabrizio Rossi aveva prelevato materiale di vecchio tipo «non più in uso al personale della Polizia di Stato per poi esibirlo» all'intervistatore con il chiaro intento di denigrare l'istituzione di appartenenza;
   in difesa dell'assistente capo della polizia di Stato, il segretario generale del Sap, Gianni Tonelli, iniziava allora uno sciopero della fame che sarebbe durato per 61 giorni, allo scopo di evidenziare la natura politica ed intimidatoria della punizione irrogata all'assistente capo, privato senza vero giusto motivo anche della retribuzione e quindi posto in una situazione oggettivamente difficile anche in ragione della sua condizione di padre di una bambina di sei anni;
   l'11 ottobre 2016 il Tar del Lazio si pronunciava però a favore di Fabrizio Rossi, sospendendo il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio che questi aveva impugnato;
   il Sap sarebbe inoltre recentemente venuto in possesso di un documento della digos, nel quale si confermerebbe che in realtà Fabrizio Rossi aveva detto il vero ed esibito materiale obsoleto, ma ancora effettivamente in uso alla polizia di Stato, allo scopo ultimo non di denigrare l'istituzione ma di rafforzare la richiesta di nuovi e migliori equipaggiamenti;
   si invocano da più parti interventi riparatori nei confronti di Fabrizio Rossi, che prima della sospensione cautelativa aveva anche ottenuto una promozione per meriti straordinari –:
   quali iniziative riparatrici il Governo intenda assumere per ristorare il grave torto subito l'assistente capo della polizia di Stato Fabrizio Rossi, ingiustamente sospeso cautelativamente dal servizio solo per aver raccontato alla Rai in quali difficili condizioni operino le forze di polizia del nostro Paese. (4-14647)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo un rapporto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al 31 ottobre 2015 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia erano 9.699, di cui l'11,9 per cento di origine albanese, pari a 1.159;
   di questi ultimi, oltre un terzo (il 32,2 per cento) si trova in Emilia Romagna, dove rappresenta il 63,7 per cento del totale dei minori stranieri non accompagnati: 374 su 587 al 31 ottobre 2015;
   il flusso dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) di nazionalità albanese ha subito anche in provincia di Rimini dal 2013 all'ottobre 2016 un'impennata dai 3 del 2013 ai 26 di quest'anno e attualmente i ragazzi albanesi inseriti in struttura sono 33 su un totale di 41 minori stranieri non accompagnati accolti;
   dal 2015 è previsto un contributo da parte del Ministero pari ad euro 45,00 a minore al giorno a fronte di un costo medio in struttura di euro 80,00/90,00 a minore al giorno, con la differenza a carico dei bilanci sociali dei comuni;
   il solo comune di Rimini per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati ha speso nell'anno 2014 euro 700.000 e nell'anno 2015 euro 925.000, e la spesa sull'anno in corso è pari ad euro 760.000;
   le autorità competenti hanno registrato che da quest'anno si sta abbassando l'età dei minori stranieri non accompagnati, albanesi, spesso quindicenni, presumibilmente per ottenere la conversione del permesso di soggiorno al compimento della maggiore età, in base ai requisiti previsti dall'articolo 32 del T.U. dell'immigrazione (tre anni di permanenza sul suolo italiano, di cui due impegnati all'interno di un percorso di integrazione sociale);
   dai racconti dei minori si evince che vengono accompagnati in Italia in aereo o in nave da un familiare, e che spesso hanno dei riferimenti nella cerchia familiare d'origine già migrata sul territorio italiano, presso cui si appoggiano per un periodo da qualche giorno a un mese, per poi presentarsi presso le forze dell'ordine;
   dalle indagini familiari richieste al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, espletate dall'Osservatorio internazionale per le migrazioni, emerge che esiste per i minori la possibilità di rientrare in patria con un progetto di reintegro nel tessuto sociale di provenienza, anche con un sostegno economico, al quale i minori non scelgono mai di aderire, né dimostrano, fatti salvi alcuni casi, particolare interesse al progetto di sostegno e tutela sociale proposto dal servizio di tutela minori, e anzi assumono sovente comportamenti devianti di difficile gestione per le stesse strutture di accoglienza;
   al momento nel riminese è attivo sul tema un tavolo coordinato dalla prefettura di Rimini che vede tra i vari partecipanti anche la questura di Rimini, il comando provinciale dei carabinieri e il tribunale di Rimini;
   già nel luglio 2015 il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna aveva rilevato il fenomeno, segnalato da vari comuni dell'Emilia-Romagna, evidenziando come, considerata la specificità dei datati accordi Italia-Albania in materia di immigrazione e l'evidente improprio sfruttamento del welfare nazionale a tutela dei minori in assenza di condizioni legittimanti, la problematica dovrebbe essere affrontata in termini generali dal Governo per porre un argine a un flusso migratorio incentivato anche attraverso attività illecite specificamente organizzate;
   quanto sopra esposto fa presupporre che vi sia una precisa organizzazione e programmazione dei viaggi dei minorenni albanesi verso l'Italia, con particolare riferimento al territorio riminese –:
   se il Governo sia a conoscenza del fenomeno dei minori stranieri non accompagnati albanesi in Italia e quali dati abbia in merito;
   se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative per affrontare il problema in maniera sinergica. (4-14648)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIBAUDO, CULOTTA, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI, CURRÒ, BARBANTI, ZOGGIA, RAGOSTA, FRAGOMELI, ALBANELLA, RAMPI, IACONO, BERRETTA, MOSCATT, CAPODICASA e GNECCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 81 del 2015 ha previsto il superamento dei contratti di lavoro di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) e la relativa trasformazione per tutte quelle tipologie di lavori che di fatto configurano un rapporto di lavoro subordinato entro il 31 dicembre 2015;
   con la circolare n. 3 del 2016 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono stati definiti criteri e tempi di trasformazione nel settore privato. Per quanto riguarda il pubblico, per la stessa identica materia nessuna decisione o percorso viene deciso. L'unica cosa certa comunque è che a partire dal 1o gennaio 2017 le pubbliche amministrazioni non potranno più stipulare o mantenere questa tipologia di contratti che di fatto nascondono il rapporto di lavoro subordinato;
   il comma 227 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità) ha previsto la possibilità di trasformare detti contratti di collaborazione in contratti di lavoro dipendente a tempo determinato, senza maggiori oneri per la pubblica amministrazione e previa verifica di idoneità, ciò nelle more dell'emanazione dei decreti di riordino previsti dalla riforma sulla pubblica amministrazione;
   alcuni enti pubblici (regioni, enti locali e sanità) hanno avviato processi di trasformazione e quindi di stabilizzazione attraverso accordi sindacali di comparto;
   anche il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel settore della ricerca, sta procedendo alla trasformazione dei contratti di collaborazione coordinata a progetto, instaurati con personale del mondo della ricerca scientifica; nulla si muove invece per quanto riguarda i 900 collaboratori amministrativi con contratto co.co.co. che lavorano nelle segreterie didattiche, il cui rapporto di lavoro, come più volte ricordato, non lascia alcun dubbio sulla natura «subordinata» come meglio contemplato nella circolare 3/2016 citata;
   si ricorda che questi 900 lavoratori hanno dei posti accantonati, ai sensi della legge n. 124 del 1999 nella misura del 50 per cento dei posti resisi vacanti in organico di diritto, quindi attualmente coprono e svolgono mansioni su posti di pianta organica;
   è ormai prossima la scadenza del 31 dicembre 2016 e pertanto il Governo dovrà assumere delle decisioni sul futuro di detto personale;
   l'amministrazione pubblica (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) per ogni inadempienza nell'applicazione delle suddette norme potrebbe paradossalmente essere sanzionata pesantemente, stante il numero di azioni legali intrapresi da parte di molti dei suddetti lavoratori, il cui contenzioso attualmente è in fase di decisione presso i giudici del lavoro di diversi tribunali d'Italia –:
   se e quali iniziative intenda assumere il Governo relativamente ai 900 contratti di collaborazione in essere;
   se non ritenga opportuno al fine di evitare di soccombere nei giudizi (in corso di definizione) di assumere iniziative per procedere da subito alla trasformazione di detti contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.) in contratti di lavoro dipendente, avviando il processo di stabilizzazione nei posti all'uopo accantonati, anche previa verifica di idoneità. (5-09883)


   CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO, BRESCIA, SIMONE VALENTE, D'UVA, DI BENEDETTO e MARZANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nonostante manchi oltre un mese al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, alcune case editrici di testi scolastici tra le quali «Il Capitello» inseriscono nei loro manuali e sussidiari per la scuola primaria una ricostruzione del nostro ordinamento come se l'esito del referendum avesse già certificato la vittoria del «sì»;
   come si legge in un articolo pubblicato sul sito del quotidiano Il Giornale in data 18 ottobre 2016, nel sussidiario «Imparare facile» della casa editrice Cetem viene descritto il funzionamento del sistema parlamentare con le modifiche introdotte dalla riforma costituzionale; ad esempio, alla pagina 85, del suddetto sussidiario si legge «Il Senato della Repubblica: i suoi componenti sono indicati dalle diverse Regioni in cui è suddiviso il territorio Italiano», senza che si sia atteso l'esito del referendum;
   tali contenuti, ad avviso degli interroganti, potrebbero rappresentare un modo infelice per influenzare i genitori nella scelta del voto referendario –:
   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza del contenuto dei sussidiari di cui in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al fine di salvaguardare la correttezza e l'obiettività del materiale di studio e dell'informazione fornita agli studenti, in particolare garantendo che venga insegnata a tutti gli studenti la struttura ordinamentale attualmente vigente.
(5-09896)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RONDINI, GRIMOLDI e MOLTENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in attesa del referendum sulla riforma costituzionale del 4 dicembre, c’è già chi si porta avanti e anticipa le scelte degli italiani;
   notizie di stampa riportano il caso di un sussidiario per la quinta elementare della Cetem, «Imparo facile», che, alle nuove generazioni racconta un'altra storia rispetto a quella – attualmente – reale;
   descrivendo il ruolo del Senato, a pagina 85, si legge: «I suoi componenti sono indicati dalle diverse Regioni in cui è suddiviso territorio italiano»;
   appare incomprensibile come in quella pagina, la vittoria del «Sì» al referendum costituzionale del 4 dicembre, con la conseguente modifica dell'ordinamento politico, sia data per scontata –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire la correttezza e la completezza dei testi scolastici e del materiale di studio e, in senso più ampio, dell'informazione fornire agli studenti, posto che inesattezze tecnicamente e giuridicamente macroscopiche rischiano di determinare, come nel caso di specie, confusione nei giovani alunni. (4-14638)


   LO MONTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 107 del 2015 si è stabilito di procedere ad un piano di assunzioni straordinarie dei docenti nella scuola;
   le assunzioni programmate per l'anno scolastico 2016/17 e quelle del prossimo triennio prevedono la graduale immissione in ruolo dei docenti dalle graduatorie ad esaurimento secondo il criterio della spartizione duale: i posti disponibili dovrebbero essere divisi al 50 per cento fra docenti delle graduatorie di merito e precari delle graduatorie ad esaurimento secondo le previsioni della legge n. 107 del 2015 (la «buona scuola»);
   nelle regioni settentrionali, a differenza di quelle meridionali, essendo le graduatorie ad esaurimento costituite da pochissimi iscritti, si registra una grande richiesta di personale docente;
   di conseguenza, i docenti precari saranno costretti, per lavorare, ad un trasferimento nelle sedi in cui è disponibile la cattedra con gravi ripercussioni anche a livello familiare;
   infatti, secondo il piano di assunzioni previsto dalla legge di cui sopra, per conseguire l'immissione in ruolo, i precari delle graduatorie ad esaurimento, costretti a presentare la domanda in tutte le province italiane, dovranno trasferirsi nelle zone ove vi è carenza di personale;
   tale programma di assunzioni trascura del tutto la professionalità acquisita dagli insegnanti in molti anni di insegnamento precario svolto con sacrificio e dedizione;
   stante la situazione, molti docenti delle graduatorie ad esaurimento hanno deciso di non presentare la domanda di assunzione straordinaria, in ragione della variabile relativa alla mobilità e al trasferimento, anche a centinaia di chilometri di distanza, dalla provincia di residenza, consapevoli che chi non la presentava resta nelle graduatorie ad esaurimento della sua provincia e continua a partecipare, al 50 per cento con il concorso, in base al testo unico, alle operazioni di assunzione dei prossimi anni –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine rivedere le modalità assunzionali di cui sopra, tutelando in tal modo le legittime aspettative dei docenti presenti nelle graduatorie ad esaurimento. (4-14643)


   CHIMIENTI, MARZANA, BRESCIA, VACCA, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, D'UVA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la professoressa Fiorenza Pontini, docente di lingua inglese presso l'Istituto d'istruzione «Marco Polo – liceo artistico» di Venezia, da mesi dal suo profilo sul social network « FaceBook» incita all'uccisione, allo sterminio e alla pulizia etnica;
   come si evince da un articolo di Repubblica.it del 21 ottobre 2016, oltre ai gravi insulti rivolti alla Presidente della Camera Laura Boldrini, al Ministro Lorenzin, o a quelli rivolti al premier Matteo Renzi, la professoressa ha postato frasi shock nei confronti dei migranti definendoli: «la peste del terzo millennio, con la differenza che la malattia è stata sconfitta questa ce la terremo ad infinitum»;
   la docente ha continuato a pubblicare post pregni di intolleranza e razzismo fino all'oscuramento del suo profilo FaceBook, lasciandosi andare a frasi che incitano all'odio nei riguardi di immigrati e musulmani come «ammazzateli tutti», «vi brucerei vivi», «e poi ho torto quando dico che bisogna eliminare anche i bambini dei musulmani tanto sono tutti futuri delinquenti»;
   nonostante gli screenshot dei post pubblicati dall'insegnante siano al vaglio della procura per l'aperto incitamento all'uccisione e alla pulizia etnica, e due procedimenti disciplinari siano stati aperti dall'ufficio scolastico regionale, è necessario e urgente che si prendano definitivi procedimenti disciplinari nei confronti di una docente che ha quotidianamente rapporti con alunni in età adolescenziale –:
   se trovi conferma che siano stati avviati procedimenti disciplinari nei confronti della professoressa Fiorenza Pontini, e quali eventuali ulteriori iniziative si intendano assumere, anche al fine di evitare che la stessa possa ripetere frasi e giudizi razzisti e incitanti all'odio come quelli citati in premessa davanti agli studenti con cui interagisce quotidianamente. (4-14653)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Cagliari con delibera n. 82 del 13 settembre 2016, ha imposto ai circa 900 studenti e docenti del liceo artistico e musicale Foiso Fois di Cagliari – interessato in parte da lavori di rifacimento – di liberare i locali dell'istituto Leonardo Da Vinci usati durante l'anno scolastico precedente, assegnando in cambio la sede dell'istituto Besta 2 sito a Monserrato;
   la comunicazione tardiva di trasferimento delle lezioni a studenti, docenti e famiglie ha causato un rallentamento e la compromissione della ripresa delle attività didattiche con forti disagi;
   le aule dell'istituto L. Da Vinci erano state predisposte ad ospitare la sezione musicale, tuttavia, le stesse aule sono state nuovamente modificate per accogliere gli studenti dell'istituto tecnico Martini;
   la decisione di trasferire le classi del liceo musicale Fois – già delocalizzate all'istituto L. Da Vinci al Besta 2 – comporta diverse difficoltà tra le quali aule non adeguate alla didattica musicale e artistica;
   tale decisione non risponde alle esigenze del liceo musicale e artistico che necessita per sua natura di un'unica sede distaccata con non meno di trenta aule e locali da adibire a lavoratori;
   inoltre, oltre al disagio venutosi a creare, la frammentazione in tre sedi diverse comporta, ad avviso degli interroganti, uno spreco di danaro pubblico, pesanti riduzioni di orario delle lezioni e a regime, turnazioni tra le tre sedi assegnate;
   il liceo pubblico Fois opera da mezzo secolo con ottimi risultati e peraltro accoglie circa 44 studenti con disabilità gravissime, adempiendo quindi anche a un servizio sociale di elevato valore;
   il collegio dei docenti, il 16 settembre 2016, inviava una delibera indirizzata alle istituzioni locali e regionali, nonché al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per esprimere il proprio dissenso;
   tuttavia, non avendo ricevuto alcuna risposta in merito, decidevano di mostrare il loro disagio, svolgendo lezioni all'aperto con l'obiettivo di rivendicare il diritto allo studio artistico e musicale in sedi e aule adeguate;
   l'assegnazione delle aule dell'istituto Besta 2, impone agli studenti e docenti ulteriore disagio dovuto al pendolarismo per raggiungere la sede lontana dai punti di arrivo dei mezzi pubblici –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga – poiché il trasferimento imposto in modo tardivo, ad avviso degli interroganti, lede il diritto fondamentale allo studio tutelato dalla Costituzione – di dover assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a un'adeguata e tempestiva soluzione, ascoltando le istanze degli interessati, affinché venga consentito agli stessi di superare i disagi dovuti alla dislocazione in tre sedi del liceo Fois e permettere agli studenti di frequentare le lezioni in modo regolare in aule adeguate corrispondenti alle esigenze dell'indirizzo didattico;
   considerato che la regione Sardegna ha il più alto tasso di dispersione scolastica europea, quali iniziative intenda assumere e quali progetti intenda mettere in campo per contrastare tale fenomeno.
(4-14654)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa, con tanto di foto originali, e diffusamente sui social network si apprende che in una scuola di Palermo è stato adottato per la V classe delle elementari – primaria di secondo grado – il libro di testo «storia e geografia del mondo a colori – sussidiario delle discipline» pubblicato dalla casa editrice «Il Capitello-Elementari»;
   il volume nel trattare l'argomento della composizione dello Stato italiano cita testualmente: «Il potere legislativo spetta al Parlamento eletto dai cittadini, che propone, discute e approva le leggi. Il Parlamento è composto da due assemblee: la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica. Poiché attualmente le due Camere hanno compiti pressoché uguali, è in corso una radicale riforma del Senato che affiderà a una sola Camera il potere di approvare le leggi». Così si legge nel testo edito da «Il Capitello-elementari» che dà, inoltre, per assodato che i componenti del Senato della Repubblica sono «indicati dalle Regioni in cui è suddiviso il territorio italiano»;
   come si deduce dalla lettura dell'estratto summenzionato si ha che prima dello svolgimento del referendum costituzionale, il cui esito appare del tutto non prevedibile e che è stato stabilito solo per il 4 dicembre 2016, un libro adottato in scuole della Repubblica indichi inopinatamente la natura del futuro Parlamento, addirittura precisando che «è in corso una radicale riforma del Senato» e che i senatori sono «indicati dalle Regioni in cui è suddiviso il territorio italiano», esattamente come sostiene la legge di riforma della Carta fondamentale promossa dal Governo Renzi e proposta dallo schieramento a sostegno del «SI» –:
   se risulti se e in quali scuole italiane il testo succitato in premessa sia stato adottato;
   se in altre scuole italiane, di ogni ordine e grado, vi siano in adozione testi similari che riportano quello che l'interrogante giudica un incontestabile arbitrio educativo, lesivo della correttezza dei programmi ministeriali, ponendosi di fatto come un improprio strumento di propaganda politico-elettoralistica, filo-governativo;
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per salvaguardare la correttezza e l'obiettività del materiale di studio in uso e dell'informazione fornita agli studenti. (4-14655)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor M.Z. ha presentato alla Camera la petizione n. 978 annunciata in Assemblea l'8 settembre 2015, con la quale denunzia il trattamento iniquo, ingiusto, discriminante subito a causa dell'applicazione dei regolamenti CEE n. 1198/2006 e n. 498/2007;
   la materia è stata assegnata alla Commissione lavoro;
   il signor M.Z. era dipendente amministrativo in un'azienda di pesca italiana che ha usufruito del decreto ministeriale di «arresto definitivo» del peschereccio «Papa Giovanni» – UE 7072 – iscritto al n. 00961 dei RR.NN.MM.&GG. del Compartimento marittimo di Molfetta fascicolo 886/AD/08;
   mentre l'armatore ha ottenuto un congruo indennizzo per l'arresto definitivo del peschereccio, al dipendente amministrativo non sarebbe stata riconosciuta nessuna tutela lavorativa o economica;
   il dipendente amministrativo lamenta la perdita del posto di lavoro e la privazione degli ammortizzatori sociali a causa dell'applicazione di un regolamento dell'Unione europea –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, in casi come quello di cui in premessa, per favorire il ricollocamento lavorativo del dipendente o, in subordine, assicurare la necessaria tutela sociale. (5-09884)


   MICCOLI, GNECCHI, GIORGIO PICCOLO, PATRIZIA MAESTRI e DI SALVO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Servirail srl gestiva, per conto di Trenitalia spa, il servizio di accompagnamento notte delle vetture letto, di quelle grand comfort e delle cuccette T6 su tutto il territorio nazionale;
   ottocento lavoratori della Servirail, Wasteels e Rsi (cuccettisti e manutenzione del servizio treni notturni) presenti su tutto il territorio, sono stati licenziati l'11 dicembre 2011, a causa di una progressiva e significativa flessione dichiarata da Trenitalia e rivolta al progressivo smantellamento del settore dei treni-notte;
   la gran parte di questi lavoratori, dopo lunghe battaglie e diversi mesi di disoccupazione, è stata ricollocata: nelle officine Trenitalia, in Trenord (società mista del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane) e un'altra parte nella società subentrata alla Servirail che attualmente, in regime di temporaneità, gestisce i rimanenti treni notte, la Angel Service; infine alcuni sono stati impiegati nelle ditte private Ecoindustria srl e Tmc Srl;
   nel complesso, dell'originario bacino della vertenza, sono rimasti disoccupati una quarantina di lavoratori calabresi e siciliani dell'ex Servirail, personale viaggiante qualificato, a suo tempo formatasi nella prestigiosa Compagnia internazionale Wagon – Lits;
   in data 28 luglio 2016 è stato sottoscritto un accordo tra le società del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane e le segreterie nazionali delle organizzazioni sindacali Filt/Cgil, Fit/Cisl, Uiltrasporti, Ugl Taf, Fast Mobilità e Orsa Ferrovie, per il perseguimento di politiche attive a sostegno del reddito e dell'occupazione per il personale del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, di cui al decreto 9 gennaio 2015, n. 86984, come adeguato alle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148;
   tra le finalità dell'accordo v’è quella di attuare interventi per l'agevolazione all'esodo, in favore dei lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato, anche in un'ottica di ricambio generazionale;
   nel suddetto accordo è previsto che: «all'esito dell'attivazione delle procedure, che potranno interessare circa 420 lavoratori tra la fine del corrente anno ed il primo semestre del 2017, le Società del Gruppo effettueranno un programma qualitativo di assunzioni, da perfezionarsi nel primo semestre 2017, come di seguito specificate: 120 in attività a bordo treno n. 60 in attività di Manutenzione dei rotabili, n. 100 in Manutenzione delle Infrastrutture, n. 80 laureati e diplomati, in attività specialistiche» –:
   se, alla luce di ciò, il Governo intenda assumere iniziative presso Ferrovie dello Stato Italiane al fine di favorire il ricollocamento dei rimanenti 40 lavoratori calabresi e siciliani qualificati e, ad oggi, ancora in attesa di occupazione. (5-09885)


   SPESSOTTO, DA VILLA, COZZOLINO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo recenti notizie di cronaca, sarebbe a rischio il posto di lavoro di circa 700 dipendenti del polo aeronautico di Tessera (Venezia), appartenenti alle tre società che fanno capo a Finmeccanica-Leonardo Spa, il gruppo presieduto da Gianni De Gennaro e guidato dall'amministratore delegato Mauro Moretti, del quale lo Stato italiano è l'azionista di riferimento;
   lo scandalo che ha coinvolto Finmeccanica – con al centro presunte tangenti per un appalto da 560 milioni di euro per la vendita al Governo di Delhi di 12 elicotteri – e il conseguente piano di riordino della società, potrebbero infatti avere gravi ricadute anche per il polo aeronautico di Tessera, per il quale si profila – nel breve e medio termine – la perdita tra i 200 e i 300 posti di lavoro e altrettanti lavoratori da ricollocare;
   nessun chiarimento è giunto a seguito dell'incontro tenutosi a Roma tra i sindacati nazionali e territoriali dei lavoratori e i rappresentanti di Finmeccanica-Leonardo sul destino delle tre società operanti a Tessera (Superjet International con 220 dipendenti, ex Alenia con 170 lavoratori e Agusta con 310 occupati) e sul futuro della partecipazione di Finmeccanica nella joint-venture italo-russa Superjet International;
   ciò nonostante, Finmeccanica, che ha confermato la cessione della sua quota del 25 per cento nella holding russa Scac e la prossima riduzione (dal 51 al 10 per cento) della sua quota in Superjet, si sarebbe impegnata a dare risposte «esaurienti» sul futuro della sede veneziana, la quale svolge, oltre alle rifiniture interne degli SSJ100, un'importante attività di « customer care» e di addestramento del personale di bordo, con un carico di oltre 30 aerei da consegnare all'irlandese Cityjett –:
   quali urgenti iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere la situazione critica attualmente vissuta dagli oltre 700 lavoratori del polo aeronautico di Tessera e se non intendano intervenire – per quanto di competenza – al fine di tutelare, anche attraverso il ricorso a un piano di sviluppo complessivo per Tessera, l'importante attività svolta dalla sede veneziana. (5-09888)


   GRIBAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Foodora è una società tedesca fondata nel 2014 che opera ad oggi in 36 città europee per fornire un servizio di consegna di pasti, preparati da ristoranti convenzionati, a domicilio, in Italia attiva nelle città di Milano e Torino;
   caratteristica dell'azienda è la richiesta ai lavoratori di utilizzare una bicicletta, di proprietà e a cura degli stessi, per la consegna dei pasti a domicilio;
   i lavoratori sono tenuti a indossare divise aziendali e non hanno autonomia decisionale per quanto riguarda orari e carichi di lavoro;
   secondo le testimonianze rese dai lavoratori la retribuzione sarebbe passata nelle scorse settimane da circa 5 euro/ora a circa 2,70 euro/consegna;
   la mobilitazione dei lavoratori di Foodora è iniziata l'8 ottobre 2016 a Torino e prosegue tuttora, arrivando ad una protesta di fronte alla sede di Milano il giorno 18 ottobre;
   l'azienda si oppone a confronti collettivi con i lavoratori asserendo che siano possibili solo in forma individuale;
   in data 10 ottobre 2016 si apprende che per due promoter dell'azienda, per aver solidarizzato con la mobilitazione, sarebbe stata bloccata la partecipazione alla App aziendale, fatto che comporta l'esclusione dalle comunicazioni necessarie allo svolgimento del lavoro configurando un sostanziale licenziamento de facto;
   tale comportamento da parte dell'azienda appare lesivo dei diritti dei lavoratori, e in particolare del diritto all'equo compenso sancito dall'articolo 36 della Costituzione e del diritto di manifestazione del pensiero;
   in data 19 ottobre il Ministro Boschi, durante il question time alla Camera, ha dato comunicazione dell'invio da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di ispettori del lavoro presso le sedi di Foodora;
   le problematiche emerse con Foodora non possono essere fatte risalire alla sharing economy, poiché non vi è un oggetto condiviso fra proprietari e consumatori –:
   quale sia l'esito dei controlli da parte degli ispettori del lavoro e se tale accertamento abbia consentito di verificare le motivazioni alla base dei predetti licenziamenti e il rispetto dei diritti di mobilitazione e rappresentanza sindacale, e se non si ritenga necessario assumere iniziative per un adeguamento della normativa in materia di collaborazioni coordinate e continuative per impedire comportamenti lesivi dei diritti dei lavoratori che si possono configurare come forme di sfruttamento del lavoro. (5-09889)

SALUTE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   la presidente dell'Associazione Italiana di Ostetricia (Aio), Antonella Marchi, ha sostenuto: «Per facilitare il parto naturale e la sicurezza al momento della nascita serve aumentare il personale in modo da garantire a ogni partoriente un'assistenza one-to-one. I parti cesarei ancora rappresentano il 36,7% dei circa 500 mila parti l'anno che si fanno nel nostro Paese, annoverandolo tra i peggiori europei». «Tra le cause – ha poi spiegato, la presidente dell'Aio – anche il fatto che gli ospedali e i consultori sono scoperti di ostetriche, senza le quali qualsiasi proposta rimane su carta. Assumerne è fondamentale per garantire il rapporto “uno a uno” con la partoriente, necessario per ridurre i cesarei, che se effettuati al di fuori delle necessità cliniche aumentano la mortalità materna e fetale». La presidente ha anche rilevato che è necessaria inoltre «una revisione annuale dei requisiti dei professionisti della sanità attraverso un portfolio delle competenze e delle performance»; ha invece rimarcato la sua contrarietà alla pratica del «BabyBirth», la fascia esterna che dovrebbe facilitare l'espulsione del neonato, «perché antitesi della nascita fisiologica», mentre ha ribadito il suo appoggio alla pratica del parto spontaneo dopo cesareo (Vbac), ma solo secondo linee guida in materia, inserendo l'ipotesi di accompagnamento della partoriente in ospedale da parte dell'ostetrica di fiducia, «ma solo se con iscrizione all'albo. Quello dell'abusivismo – ha concluso Marchi – è un enorme problema nella nostra professione»;
   nei Paesi europei la donna viene dimessa subito dopo il parto ed ha diritto ad un'ostetrica a domicilio nei primi 10 giorni successivi per le cure e la puericultura; va tenuto presente che, non avendo questo tipo di servizio in Italia, i tempi di ospedalizzazione si allungano, rendendo l'evento parto un fatto estremamente medicalizzato –:
   se la Ministra interpellata sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e se non reputi di dover far proprie le istanze sottolineate dall'Associazione italiana di ostetricia (Aio), sopra riportate, con particolare riferimento alla promozione della pratica «uno a uno», un'ostetrica – una donna al travaglio;
   se la Ministra non intenda assumere iniziative per definire nuove linee guida in materia di parto, applicando il «Birth Plan», il documento attraverso cui i genitori chiedono alla struttura di mettere in atto le proprie preferenze per il parto, condividendolo sia con l'ostetrica che con il ginecologo;
   se la Ministra non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia promossa un'attenta valutazione, a cura dell'ostetrica, del rischio clinico, per la scelta appropriata del luogo del parto;
   se la Ministra non pensi di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per prevedere forme di supporto ai genitori nella stesura del «Birth Plan» o piano nascita, da condividere con il medico e l'ostetrica della struttura dove la partoriente si recherà a partorire;
   se la Ministra non reputi opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per favorire la pratica della dimissione della partoriente a 6 ore dal parto, con presa in carico immediata da parte dell'ostetrica del consultorio e dove ciò non sia possibile, per aprire convenzioni con le libere professioniste;
   se la Ministra non reputi di assumere iniziative per prevedere laddove, non ci siano ancora ostetriche, la possibilità per le strutture pubbliche di aprire convenzioni, come per i ginecologi, con ostetriche libere professioniste, sempre vigilando sulla certificazione di iscrizione all'albo professionale, per evitare episodi di abusivismo, introducendo come nel resto dei Paesi europei la pratica secondo cui regioni e asl devono verificare annualmente i requisiti dei professionisti tramite il «Portfolio personale delle competenze e delle performance» per garantire la migliore assistenza alle famiglie e prevedere sanzioni per quelli non preparati nell'esercizio della professione;
   se la Ministra intenda attivarsi per definire in tempi brevi linee guida per il parto a casa ed «in casa maternità», come richiesto dall'Istituto superiore della sanità.
(2-01521) «Zaccagnini».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO e NICCHI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Parma sono usciti i primi risultati dell'indagine epidemiologica sull'epidemia di legionella che ha già colpito 37 persone, prevalentemente residenti nella zona del Montebello e che ha causato il decesso di due anziane;
   le indagini sono state avviate il 26 settembre 2016, non appena i casi si sono impennati rispetto alla media di 4 all'anno;
   le prime preoccupazioni e i primi interventi cautelari si erano concentrati sulla rete idropotabile, ma i risultati delle analisi sui campionamenti tendono ad escludere che il contagio provenga dall'acqua corrente;
   le colture dei 3 prelievi effettuati nella rete del pozzo Bizzozero sono risultate negative. Di 67 campionamenti in abitazioni di infettati, ad oggi sono disponibili 7 risultati negativi. C’è un campione provvisoriamente positivo a una legionella di tipo non patogeno, non infrequente nelle tubature e trattabile con la sanificazione delle tubature domestiche. Inoltre, anche la tipologia di contagio, così rapido a diffondersi in una zona in un tempo così limitato, fa pensare che non si tratti di inquinamento delle reti domestiche ma di contagio per via aerea;
   i principali «sospettati» dell'origine del contagio sono due impianti di «torri di evaporazione», sistemi di raffreddamento utilizzati in grandi edifici che ospitano attività lavorative. Si tratta degli impianti sul tetto delle Poste di via Pastrengo (disattivato a settembre con i condizionatori) e le 11 torri sul tetto del Centro di calcolo di Banca Intesa, tra via Po e via Langhirano. È stata acquisita la documentazione sulla manutenzione di tali impianti ed effettuati prelievi sulle acque di scolo, in relazione ai quali sono attesi i risultati delle colture. Le torri della banca non possono essere bloccate in via cautelare perché necessarie per il raffreddamento dei server e quindi per il funzionamento di tutto il sistema;
   il sindaco emetterà un'ordinanza perché tutti i possessori di tali impianti forniscano, entro un certo periodo, tutta la documentazione relativa al fine di avviare un monitoraggio e opere di sanificazione straordinaria. Saranno monitorati nei prossimi giorni gli impianti del Barilla Center, anche se si trova in un'area molto distante dal Montebello;
   il baricentro del focolaio epidemico è stato rilevato in piazzale Maestri, una zona molto frequentata anche da non residenti per questioni di lavoro;
   le persone comuni possono fare ben poco per difendersi dal contagio. Le «mascherine» da chirurgo non servono a nulla, quelle che potrebbero riparare dal batterio sono di tipo FFP2 utilizzate solitamente in ambiti di lavoro (smaltimento rifiuti, verniciature, costruzioni) e rendono piuttosto difficile la respirazione, dunque, per ora non resta che attendere gli esiti delle analisi e la manutenzione delle torri di evaporazione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato, per quanto di competenza, intenda intraprendere urgentemente per tutelare la salute e favorire l'accertamento delle cause della diffusione della legionella;
   se il Ministro interrogato non ritengano necessario promuovere un urgente accertamento sullo stato e sull'efficacia degli interventi disposti per fronteggiare l'epidemia di legionella in corso, anche al fine di prevenire un ulteriore diffondersi della patologia;
   se e quando si intenda attivare una campagna informativa rivolta ai cittadini;
   se il Ministro interrogato intenda promuovere nuove e più stringenti misure sanitarie al fine di tutelare i cittadini e gli operatori che vengono a contatto con le zone in cui sono stati riscontrati i casi di contagio;
   se il Governo abbia previsto lo stanziamento di fondi per iniziative di contrasto all'epidemia. (4-14645)


   PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 5 ottobre 2016 le principali testate e i social media davano notizia della lettera aperta attraverso cui Patrizio Cairoli rendeva pubblici la drammatica vicenda della morte del padre, accaduta poche ore prima;
   oltre al dolore per la morte del padre, accaduta in tempi e modalità non previste dalle diagnosi comunicate ai famigliari dai medici che seguivano il caso, la situazione era aggravata dal fatto che il paziente fosse spirato dopo una lunga agonia, avvenuta non già presso la propria abitazione, o almeno in un letto appartato, ma in pieno pronto soccorso;
   nella lettera il signore Cairoli denunciava quindi non tanto un caso di «malasanità» dovuto a cure inappropriate o addirittura sbagliate, bensì un atteggiamento poco rispettoso di un paziente che, effettivamente, ha dovuto vivere gli ultimi attimi della propria vita senza alcuna privacy, anzi davvero esposto, lui e i suoi famigliari, agli sguardi di tutta quella dolorante e varia umanità che staziona in una struttura di pronto soccorso;
   la struttura sanitaria in oggetto è l'ospedale San Camillo di Roma;
   da quando si è capito che per il padre del signor Cairoli non c'era più nulla da fare, sono passate 56 ore, durante le quali non è stato possibile offrire un minimo di privacy al malato e alla sua famiglia;
   il Ministro della salute Lorenzin, prontamente, ha mostrato interesse per il caso e ha dichiarato che avrebbe mandato ispettori per verificare se tutte le procedure fossero state rispettate –:
   se effettivamente siano stati inviati i citati ispettori, e quali risultanze abbiano prodotto le relative ispezioni;
   se esistano protocolli, indirizzi o indicazioni per tutelare la privacy di quei pazienti che sono in condizione pre-agonica, oppure se ciò sia lasciato alla sensibilità e alla discrezione del personale e della singola struttura. (4-14646)


   PAOLA BRAGANTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in alcune regioni italiane, ed in particolare nella regione Piemonte, allo stato attuale vi sono numerose graduatorie ancora aperte, alcune da più di dieci anni, stilate a seguito di pubblici concorsi per la copertura di posti vacanti d'organico nelle varie strutture sanitarie;
   questo è dovuto alle varie proroghe che nel corso degli anni si sono succedute, di cui l'ultima è quella prevista dall'articolo 4, comma 4 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 (concernente la razionalizzazione della pubblica amministrazione) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, che prevede l'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato vigenti alla data di approvazione del decreto, relative ad amministrazioni pubbliche soggette a limitazioni alle assunzioni, prorogate al 31 dicembre 2016;
   se la lunga durata delle graduatorie per effetto delle varie proroghe è dovuta, da un lato, alla necessità di soddisfare i criteri di efficienza, efficacia ed economicità che informano la pubblica amministrazione, dall'altro lato, si ravvisa l'opportunità di far ricorso a nuove procedure concorsuali, previo avviso di mobilità, purché tale scelta sia debitamente motivata;
   in particolare, nell'ambito della costituita A.O.U. «Città della Salute e della Scienza di Torino» determinata dall'accorpamento delle ex aziende: San Giovanni battista, C.T.O./M Adelaide e Oirm/S. Anna è stata utilizzata completamente la graduatoria di operatore socio-sanitario categoria «B», approvata ex determinazione n. D8/26/36/2006 del 9 gennaio 2006 che contemplava candidati idonei di età piuttosto elevata, viste le proroghe intervenute, spesso prossimi alla pensione;
   presso la medesima azienda risultano altresì vigenti graduatorie datate non più rispondenti alle necessità della costituita azienda ospedaliero-universitaria Città della salute e della scienza di Torino, quali ad esempio quella di dirigente farmacista –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione sopraesposta e, nei limiti delle sue competenze e nel rispetto di quelle regionali in materia sanitaria, quali iniziative urgenti intenda adottare affinché si possa procedere a nuovi concorsi per l'assunzione di personale con qualifiche maggiormente corrispondenti alle esigenze di alcune amministrazioni, come le rinnovate aziende sanitarie. (4-14650)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARLONI, CULOTTA, GIACHETTI, MICCOLI, MINNUCCI, GIORGIO PICCOLO, SALVATORE PICCOLO e ROSTAN. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la crisi della società Almaviva Contact si inserisce nell'ambito di una politica di contenimento dei costi per i servizi di call center, che determina il trasferimento di molte commesse verso operatori con sede fuori dal territorio nazionale e in particolare in Paesi non appartenenti all'Unione europea;
   i gravissimi risvolti occupazionali si sommano ai rischi concernenti le modalità di trattamento dei dati da parte di tutti i soggetti a vario titolo coinvolti, con specifico riferimento a quelli svolti al di fuori dei confini europei dove non sono assicurate le adeguate garanzie per i diritti degli interessati previste dalla normativa comunitaria;
   conseguentemente la disciplina nazionale condiziona il trasferimento dei dati, anche temporaneo, verso un Paese terzo che non garantisca un livello di protezione adeguata (articoli 42, 43 e 45 del codice in materia di protezione di dati personali) all'adozione di stringenti misure che, tuttavia, non valgono per il caso frequente in cui l'importatore sia residente all'interno dell'Unione europea e subappalti tutto o parte del trattamento a un soggetto terzo extracomunitario;
   pertanto, con deliberazione del 10 ottobre 2013 il Garante per la protezione dei dati personali ha prescritto a tutti gli esercenti l'attività di call center effettuata in Paesi situati al di fuori dell'Unione europea, di specificare preliminarmente agli interessati, che effettuino la chiamata ad un call center o che siano destinatari della stessa, quale sia l'ubicazione dell'operatore, adottando, nel solo caso in cui la chiamata venga effettuata dal cittadino, apposite procedure per consentire agli stessi di scegliere che il servizio sia reso tramite un operatore sito nel territorio nazionale;
   tale prescrizione si salda con quanto statuito dall'articolo 24-bis del decreto-legge n. 83 del 2012, il cui comma 4 impone per i call center con almeno venti dipendenti, che «quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale»; il successivo comma 5 dispone che «quando un cittadino è destinatario di una chiamata da un call center deve essere preliminarmente informato sul Paese estero in cui l'operatore è fisicamente collocato»;
   le citate modalità di svolgimento del servizio costituiscono, ad avviso degli interroganti sia una tutela per i diritti individuali sia, indirettamente — ma in modo efficace —, una misura di sostegno all'occupazione nelle aziende di call center ubicate sul territorio nazionale –:
   quali interventi di competenza siano stati promossi e quali iniziative urgenti, anche di carattere normativo, il Governo intenda assumere per rendere effettive le citate prescrizioni, anche a salvaguardia dei livelli occupazionali nel territorio italiano. (5-09881)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel fabrianese si sta aggravando la situazione economica e sociale in un comprensorio che già paga pesantemente un tributo alla crisi economica;
   per oltre 450 lavoratori della ex Merloni si va incontro alla fine della mobilità;
   la Jp Industries, nel 2011, ha acquistato la Ardo, ex Merloni, promettendo il riassorbimento di 700 lavoratori tra Umbria e Marche e la continuità della produzione;
   ad oggi si è esaurito il termine dei due anni per i sussidi previsti per i lavoratori tra i quaranta e i cinquanta anni che sono stati estromessi dal ciclo produttivo a causa dell'acquisizione della Ardo da parte della JP Industries; si tratta di lavoratori in mobilità, con un età inferiore a 50 anni che, dal 12 ottobre 2016, sono rimasti senza alcun sostegno al reddito con il loro reddito è passato da 620 euro mensili a zero euro;
   già nel corso del 2015 si era esaurita la mobilità per i lavoratori di età inferiore ai 40 anni e, entro la metà di ottobre 2017, si concluderà la mobilità per i lavoratori con età superiore ai 50 anni;
   è solo l'inizio di una sorte che, se non cambieranno le condizioni attuali, toccherà a tutti i 450 dipendenti rimasti nel bacino degli ex Merloni; si tratta di un fatto grave, che dimostra le difficoltà del sistema istituzionale e produttivo nel creare alternative valide all'ammortizzatore sociale;
   a marzo del 2016 il Ministero dello sviluppo economico, attraverso Invitalia, ha rimodulato e sbloccato 26 milioni di euro di incentivi, previsti dalla legge n. 181 del 1989 e destinati ai comuni delle Marche e dell'Umbria investiti dagli effetti della chiusura della Merloni;
   per sei anni, l'accordo di programma non ha prodotto nulla e le risorse non sono state utilizzate a causa di una eccessiva difficoltà e rigidità nell'accesso ai fondi;
   è improrogabile avviare iniziative finalizzate al sostegno degli investimenti nell'area di crisi del fabrianese, tenuto conto che con decreto il Ministero dello sviluppo economico, sono stati stabiliti criteri e procedure per la concessione delle agevolazioni previste dalla legge 181 del 1989, ovvero le misure per la reindustrializzazione e il rilancio delle aree in crisi;
   il Governo aveva annunciato per le aree di crisi industriali complesse un assegno di tipo sociale di 500 euro mensili per i lavoratori con Naspi/mobilità in scadenza;
   ora la materiale attivazione delle procedure ricade sotto l'esclusiva competenza dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'Impresa –:
   se non si intendano assumere iniziative per procedere nel riconoscimento dell'area di Fabriano quale area di crisi industriale complessa;
   quali iniziative intenda assumere il Governo per dare seguito, per le aree di crisi industriale complessa, a quanto annunciato in materia di assegno sociale di 500 euro mensili per i lavoratori con Naspi/mobilità in scadenza, situazione nella quale versano i lavoratori della Ex Merloni. (5-09891)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il centro di meccanizzazione postale (CMP) di Sesto Fiorentino (Firenze), occupa all'incirca 850 addetti, tra lavoratori diretti e indotto, ed è uno tra i più importanti siti industriali postali della Toscana, sia per la sua posizione geografica strategica, sia per la tipologia del lavoro svolto all'interno dal centro;
   nell'ambito del nuovo piano industriale di Poste Italiane, presentato il 24 giugno 2016, è stata disposta la riduzione dei centri di meccanizzazione postale presenti in Italia, che passeranno dagli attuali 16 a 10, e, all'interno di questa riorganizzazione, è stato previsto il declassamento di due posizioni del CMP di Sesto Fiorentino a semplice centro prioritario (CP) entro il 2017, con conseguente drastica riduzione del personale e rilevanti ripercussioni sociali sul territorio;
   a gennaio 2017 scade la sospensione della dismissione del CMP di Sesto Fiorentino e, per quanto di conoscenza, la richiesta avanzata dai lavoratori, condivisa dalle rappresentanze sindacali unitarie e dalle organizzazioni sindacali regionali, per il cambio di destinazione d'uso industriale dell'impianto, non è stata ad oggi presa in esame da Poste italiane –:
   quali iniziative di competenza Ministri interrogati intendano adottare, al fine di evitare il ridimensionamento del Centro di meccanizzazione postale di Sesto Fiorentino, e la conseguente diminuzione degli attuali livelli occupazionali, impegnandosi, allo stesso tempo, per una riconversione del sito postale, a tutela dei lavoratori e del territorio. (4-14641)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione De Maria e altri n. 1-01375, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scotto.

Apposizione di firme a mozioni e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Carnevali e altri n. 1-01406, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Abrignani, Vico e Piccione e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Carnevali, Binetti, Abrignani, Monchiero, Beni, Burtone, Chaouki, Gadda, Gelli, Giuseppe Guerini, Moretto, Patriarca, Gnecchi, Fiano, Cinzia Maria Fontana, Vico, Piccione.

  La mozione Rampelli e altri n. 1-01409, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Palese, Distaso e Latronico e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Rampelli, Palese, Cirielli, Maietta, Petrenga, Taglialatela, Giorgia Meloni, La Russa, Nastri, Rizzetto, Totaro, Distaso, Latronico.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-09789, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benamati, Anzaldi, Arlotti, Baruffi, Bergonzi, Paola Boldrini, Bolognesi, Bratti, De Maria, Marco Di Maio, Gandolfi, Ghizzoni, Incerti, Iori, Lattuca, Lenzi, Patrizia Maestri, Marchi, Montroni, Pagani, Giuditta Pini, Richetti, Romanini, Tinagli, Zampa, Paola Bragantini, Patriarca.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-09848, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benamati, Anzaldi, Arlotti, Baruffi, Bergonzi, Paola Boldrini, Bolognesi, Bratti, De Maria, Marco Di Maio, Gandolfi, Ghizzoni, Incerti, Iori, Lattuca, Lenzi, Patrizia Maestri, Marchi, Montroni, Pagani, Giuditta Pini, Richetti, Romanini, Tinagli, Zampa.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Plangger n. 7-00511, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 324 del 4 novembre 2014.

   La I Commissione,
   premesso che:
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è senza dubbio alcuno un'organizzazione capillare con i suoi 377 distaccamenti permanenti e le sue 219 sedi di distaccamenti gestiti dal personale volontario;
    ad oggi il contingente permanente consta di oltre 31.600 unità, e i vigili del fuoco volontari attivi sono circa 20.000, su una base di 100.000 iscritti nelle liste, mentre sono 65.000 i richiami di 20 giorni che vengono programmati ogni anno con il loro contributo, garantendo così la funzionalità del Corpo nell'intero territorio nazionale e la funzionalità dei comandi provinciali;
    il Corpo secondo le stime che il Ministro dell'interno pro tempore aveva reso in audizione alla I Commissione affari istituzionali della Camera dei deputati il 14 aprile 2011, soffre di una sottodotazione che allora era stata quantificata in 3.000 unità;
    ad oggi, le carenze sono di maggiore entità a seguito del blocco del turn over che si è protratto negli anni 2011 e 2012 e che solo in parte è stato sbloccato per l'anno 2013. Alle 3.000 unità indicate dal Ministro andrebbero aggiunte le 10.000 unità stabilite nel programma ministeriale «Soccorso Italia in 20 minuti» che prevede l'apertura nel territorio nazionale di nuovi distaccamenti volontari, proprio per garantire un soccorso più immediato e capillare;
    il vigile del fuoco discontinuo svolge un'attività retribuita, rappresentando un'eccezione all'impianto normativo italiano sul volontariato: infatti il vigile del fuoco volontario percepisce un corrispettivo in denaro per l'attività prestata con modalità simili e di entità pari a una retribuzione;
    nonostante questo, il richiamo in servizio del personale volontario – e soprattutto discontinuo – dei vigili del fuoco non costituisce rapporto di lavoro a tempo determinato, secondo quanto stabilito dal comma 12 dell'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha introdotto la lettera c-bis) tra le esclusioni nel campo di applicazione della normativa sui contratti a tempo determinato del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante «Attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES»;
    si tratta di una norma altamente lesiva dei diritti dei volontari dei vigili del fuoco e che tende a eludere, per via normativa, la corretta applicazione non solo del diritto del lavoro, ma anche dei più elementari diritti di non discriminazione e di pari trattamento tra lavoratori sanciti dal diritto europeo e costituzionale;
    alcuni tribunali, infatti, stanno riconoscendo giudizialmente ai vigili del fuoco discontinui il diritto a ottenere il riconoscimento per intero di tutte le voci di indennità previste dal contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) del comparto dei vigili del fuoco, nonché il trattamento di fine rapporto (TFR);
    oltre che un danno erariale per lo Stato, che è condannato a risarcire le vittime della discriminazione nonché a pagare le spese del giudizio, è anche un danno di immagine per il Ministero dell'interno, che deve soccombere in giudizio in una causa che riguarda la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, obiettivo che dovrebbe essere una priorità per le istituzioni;
    il quadro normativo complessivo, inoltre, risulta essere contraddittorio a dimostrazione che non regge la tesi sostenuta dalla citata lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 368 del 2001;
    si prevede, nel suddetto quadro normativo, per il vigile del fuoco discontinuo il passaggio dallo stato (eventualmente presente) di disoccupato a quello di occupato negli elenchi dell'ufficio del collocamento pubblico, per il periodo del richiamo in servizio;
    è proprio sulla base dei giorni di contribuzione quali vigili del fuoco discontinui, che si accede alla liquidazione della disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti;
    occorre chiudere definitivamente con una positiva soluzione il deprimente problema del precariato nei vigili del fuoco;
    il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha realizzato uno sforzo straordinario per sopperire, nonostante le decrescenti risorse finanziarie, alla cronica carenza di personale, utilizzando da decenni una forte componente di personale precario, costituito dai vigili del fuoco cosiddetti discontinui, figura strategica del Corpo nazionale, pur essendo privi di un contratto a tempo indeterminato e non potendo essere richiamati in servizio per più di 14 giorni consecutivi, per un massimo di 160 giorni l'anno;
    queste professionalità, infatti, vengono frequentemente richiamate in servizio per colmare le cosiddette carenze di organico, garantiscono l'operatività dei comandi provinciali integrando le squadre di intervento e spesso sono utilizzati per svolgere attività di ordinaria amministrazione o attività amministrative all'interno dei comandi;
    la legge n. 183 del 2011, che ha introdotto al decreto legislativo n. 368 del 2001 una lettera c-bis) con la quale si è stabilito che «i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, non costituiscono rapporti di impiego con l'Amministrazione», è stata confermata nel 2015, con il decreto legislativo n. 81, articolo 29, comma 1, lettera c), determinando per i discontinui la perdita, su un piano formale ma non sostanziale, dello status di precari: quando prestano servizio attivo, percepiscono infatti una regolare busta paga dal Ministero dell'economia e delle finanze, hanno gli stessi doveri e compiti del personale con rapporto fisso e continuativo e riconosciuto il pagamento del TFR, grazie ad alcune sentenze di Stato;
    per effetto dell'articolo 29 del decreto legislativo n. 81 del 2015, che vuole precludere la possibilità di inquadrare i vigili del fuoco discontinui come lavoratori precari della pubblica amministrazione, si vorrebbe sottrarre la disciplina dei richiami dal quadro delle tutele contro l'illecita reiterazione dei contratti a termine nella pubblica amministrazione;
    appare di fondamentale importanza sottolineare la necessità di procedere ad una chiara suddivisione tra il personale volontario che presta la propria attività all'interno dei distaccamenti volontari e dei posti di vigilanza, da inserirsi in un apposito albo dei volontari, e il personale richiamato in servizio per le esigenze dei comandi provinciali che, sia pure in modo discontinuo, svolge funzioni in tutto e per tutto equiparate a quelle svolte dai colleghi a tempo indeterminato. Le funzioni cosiddette «volontarie», al pari di quanto avviene per i volontari della protezione civile, sono svolte da chi ha dichiarato la disponibilità a prestare la propria opera al servizio della comunità in caso di emergenza;
    non c’è dubbio che sia giunto il momento di affrontare in modo complessivo e strutturale il fenomeno del precariato anche all'interno del Corpo nazionale dei vigili del fuoco avviando un percorso progressivo che possa, da un lato, stabilizzare il maggior numero possibile di discontinui, e, dall'altro, individuare percorsi di valorizzazione delle esperienze acquisite per tutti coloro che non possano partecipare alle prove concorsuali;
    a livello comunitario potrebbe essere valutata criticamente la distinzione tra vigili del fuoco cosiddetti «discontinui» e vigili del fuoco professionali, considerato che i discontinui svolgono le medesime mansioni dei vigili del fuoco professionali, ricevono lo stesso trattamento economico e sono egualmente sottoposti al potere disciplinare dell'amministrazione datrice di lavoro;
    Governo e Parlamento devono, dunque, adottare misure per la stabilizzazione di tale categoria di lavoratori;
    occorrerebbe prevedere inoltre un innalzamento del limite di età per partecipare ai concorsi pubblici per tale categoria;
    la possibilità di innalzare l'età per la partecipazione ai concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco andrebbe valutata anche alla luce dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea – richiamata dai Trattati – che dispone il divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata «, in particolare, su... (omissis) l'età ...», nonché alla luce della sentenza della Corte di giustizia europea del 13 novembre 2014, causa C-416/13. L’iter della selezione concorsuale prevede già il superamento di «prove fisiche rigorose ed eliminatorie», sufficienti a raggiungere l'obiettivo di garantire piena operatività ai Corpi di polizia. In assenza, quindi, di una ragionevole giustificazione, le norme che impongono un limite d'età all'accesso ai concorsi realizzano, secondo la Corte, una manifesta disparità di trattamento basata sull'età. La sentenza della Corte di giustizia europea del 13 novembre 2014, dovrebbe indurre il nostro Paese a superare l'attuale impostazione, adeguandola all'orientamento della Corte, coerente con i principi europei consentendo comunque il raggiungimento degli obiettivi di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico;
    sarebbe poi da valutare l'impiego di personale non più operativo in servizi ausiliari e di supporto; il transito all'interno del Corpo di personale non operativo, dichiarato non più idoneo ad espletare il servizio da pompiere, tutelerebbe anche questo personale, attraverso l'assunzione nel supporto tecnico, correlato all'attività di soccorso, per il quale non è necessario avere l'idoneità al soccorso per la funzionalità del servizio. Nel passato le richieste di professionalità correlata all'attività di soccorso di alcuni comandi sono state coperte attraverso l'assunzione dall’ex ufficio di collocamento. Si consideri che l'assunzione di personale non operativo, determinerebbe una vera e propria macchina di lavoro all'interno dei Comandi Provinciali: si potrebbe utilizzare per la manutenzione dei mezzi, che oggi viene effettuata da aziende esterne, con relativi costi esorbitanti per le casse statali; si potrebbe utilizzare per la manutenzione ordinaria dei presidi dei vigili del fuoco, ad esempio figure quali muratori, idraulici, elettricisti e altri. Queste figure, oltre a garantire un enorme risparmio di risorse, ridurrebbero notevolmente i tempi di attesa per la manutenzione, oggi gravati da pesanti lungaggini burocratiche dovute anche alle gare di appalto e altro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per la soppressione dell'articolo 29, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 81 del 2015 eliminando così la previsione che i richiamati in servizio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco non abbiano rapporti di impiego con l'amministrazione;
   a prevedere un incremento pari ad almeno il 10 per cento dei posti riservati ai volontari richiamati in servizio del CNVVF, nell'ambito del concorso pubblico per l'accesso alla qualifica di Vigile del fuoco, anche stabilendo a favore di questa categoria un limite di età maggiormente flessibile, alla luce dell'esperienza maturata sul campo;
   ad introdurre una riserva di posti, pari ad almeno il 10 per cento, in tutti gli altri concorsi che prevedano l'accesso dall'esterno ai vari ruoli del CNVVF, a favore del personale volontario richiamato in servizio dei vigili del fuoco con il possesso dei requisiti previsti;
   a valutare la possibilità che una parte di questo personale, già professionalmente preparato, venga ricollocato all'interno di enti statali, regionali o comunali;
   a valutare la possibilità che una parte di questo personale, già professionalmente preparato, venga assunto dalla protezione civile nazionale o regionale, istituendo così dei nuclei specializzati, in grado di affiancare effettivamente in alcune circostanze il personale del CNVVF prevedendo questa possibilità in particolare per tutto quel personale che per vari motivi non potrà far parte di nuove procedure di stabilizzazione, posto che l'esperienza acquisita sul campo potrebbe essere utile per le conoscenze del territorio e per le tecniche di soccorso non difformi tra protezione civile e CNVVF;
   ad assumere iniziative per prevedere che il personale volontario richiamato in servizio del CNVVF, alla luce dell'alto livello di professionalità conseguito, se inserito nell'elenco dei centri dell'impiego, possa fruire di una specifica prelazione, creando di fatto una categoria specifica, con incentivi fiscali per le aziende che assumono tale personale con periodi crescenti in funzione degli anni di servizio o di iscrizione all'albo, per l'accesso al ruolo degli operatori e degli assistenti da impiegare in servizi ausiliari e di supporto, come ad esempio nel caso di officine specializzate e controllo negli accessi;
   a valutare la possibilità di promuovere una formazione mirata per quei soggetti che, per cause oggettive (ad esempio, motivi di salute), sarebbe più difficile stabilizzare nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e che invece potrebbero utilmente essere re-impiegati in servizi ausiliari e di supporto, anche alla luce dell'esperienza maturata;
   ad assumere iniziative per garantire, prima di qualsiasi nuova procedura selettiva da bandire, la stabilizzazione di tutto il personale precario e discontinuo al fine di cancellare la piaga del precariato;
   a bandire quanto prima una stabilizzazione di tutto il personale precario senza limiti di età che alla data del 31 dicembre 2016 abbia effettuato da almeno 3 anni il corso 120 ore o il servizio militare di leva e che abbia dalla data di decreto effettuato almeno 120 giorni di richiamo in servizio anche non consecutivi;
   a valutare, nell'ambito del processo di stabilizzazione, di assumere iniziative volte a destinare a tale finalità:
    a) 100 milioni di euro per quote tasse aeroportuali in favore del CNVVF (impiegabili solo per il personale) non versate da Enac, come da sentenza Tar;
    b) 30 milioni di euro annuali per quote tasse aeroportuali in favore del CNVVF (impiegabili solo per il personale);
    c) le maggiori entrate derivanti dall'aumento, a decorrere dal 1o giugno 2017, disposto con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, delle aliquote delle imposte sulla vendita di autovetture di lusso e dalla dismissione degli aerei Piaggio in forza al Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di assicurare un maggior gettito complessivo pari a 300 milioni di euro annui;
    d) parte delle maggiori entrate previste dalla voluntary disclosure (rientro dei capitali all'estero), perché il frutto dell'evasione fiscale rientrato «volontariamente» sia utilizzato a fini sociali (come dovrebbe essere anche per i beni sequestrati alla mafia).
(7-00511) «Plangger, Pili».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Massimiliano Bernini n. 7-00868, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 537 del 16 dicembre 2015.  

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la legge 24 dicembre 2004, n. 313 «Disciplina dell'Apicoltura», all'articolo 1 comma 1, riconosce l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale e finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine;
    all'articolo 2 della suddetta legge, l'apicoltura, ovvero la conduzione zootecnica delle api, è considerata, a tutti gli effetti, attività agricola ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, e sono considerati prodotti agricoli il miele, la cera d'api, la pappa reale o gelatina reale, il polline, il propoli, il veleno d'api, le api e le api regine, l'idromele e l'aceto di miele;
    è apicoltore chiunque detiene e conduce alveari, è imprenditore apistico chiunque detiene e conduce alveari ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile ed è apicoltore professionista chiunque esercita l'attività di imprenditore agricolo a titolo principale;
    sempre secondo quanto disposto dalla citata legge, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previa concertazione con le organizzazioni professionali agricole rappresentative a livello nazionale, con le unioni nazionali di associazioni di produttori apistici, riconosciute ai sensi della normativa vigente, con le organizzazioni nazionali degli apicoltori, con le organizzazioni cooperative operanti nel settore apistico a livello nazionale e con le associazioni a tutela dei consumatori, adotta un documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività per il settore apistico (DPA);
    l'unico DPA fino ad ora adottato è quello di cui al decreto ministeriale n. 20026 del 10 gennaio 2007, in base al quale emerge un quadro comunitario caratterizzato da una produzione di miele nettamente insufficiente rispetto al fabbisogno interno, con un grado di autoapprovvigionamento inferiore al 50 per cento, pertanto, con un costante ed elevato ricorso ad importazioni di miele dai Paesi terzi, in prevalenza dal Centro e Sud America, seguite da Est-Europa, Asia, Nord e Sud Africa; mentre le importazioni dalla Cina sono state bloccate dal febbraio 2002 all'agosto 2004, a causa del ritrovamento di residui di antibiotici non ammessi. Regno Unito e Germania sono tra i maggiori importatori e in modo particolare quest'ultima che, grazie all'elevato consumo interno, ricorre in misura massiccia alle importazioni di miele, cedendone tuttavia una certa quota, dopo essere stato nazionalizzato, agli altri Paesi della Comunità, in particolare l'Italia;
    nel decreto in parola l'attività apistica italiana è considerata un'attività agricola di antiche e gloriose tradizioni, grazie ad un ambiente naturale favorevole per condizioni climatiche e geografiche e alla presenza della razza di api Apis mellifera ligustica Spinola, particolarmente adatta all'allevamento e da tutti considerata vero e proprio patrimonio biologico dell'umanità per le riconosciute doti di produttività, mansuetudine, adattabilità climatica, resistenza alle malattie;
    l'apicoltura organizzata ha avuto in Italia un elevato e perdurante fenomeno di affermazione sociale che non si è arrestato neanche nel corso dei due ultimi conflitti bellici e che, a partire dagli anni 70, ha assistito, pur nel perdurare di difficoltà d'ordine sanitario, economico, ambientale, ad una costante crescita e ad un avvicinamento inconsueto di giovani all'allevamento delle api e quindi all'agricoltura;
    per le ragioni di cui al punto precedente l'apicoltura assolve anche ad un fondamentale ruolo socioculturale, visto che il suo esercizio è portatore di valenze storiche e tradizionali che possono rappresentare un importante elemento per mantenere viva l'identità territoriale e rafforzare il tessuto sociale nelle zone rurali o economicamente svantaggiate, e che lo stesso miele, opportunamente valorizzato come prodotto tipico strettamente legato al territorio di produzione, e qualificato in funzione delle sue componenti di interesse nutrizionale, può costituire una valida risorsa economica per tali zone;
    sono note le difficoltà nel delineare, sotto il profilo quantitativo, l'apicoltura italiana visto che il censimento obbligatorio degli alveari è previsto solo da alcune regioni e si realizza in modo estremamente diversificato, e che le informazioni statistiche risultano spesso insufficienti e imprecise, se non contraddittorie, data l'estrema polverizzazione aziendale, l'eterogeneità dei soggetti economici interessati, le profonde differenze esistenti in ambito territoriale, al punto che anche la stessa ISTAT ha difficoltà a determinare la consistenza e la struttura del comparto apicolo nazionale;
    in base ai dati ufficiali, aggiornati al 2007, che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha trasmesso alla Commissione europea, il patrimonio apistico italiano si attesta su 1.100.000 alveari e circa 75.000 apicoltori, di cui il 75 per cento che detengono pochi alveari a finalità prevalente di autoconsumo e di mantenimento di biodiversità, il 15 per cento di imprenditori apistici che vedono nell'apicoltura una forma di integrazione del reddito agricolo e meno del 10 per cento di apicoltori professionisti in possesso di 100 alveari/addetto, mentre la produzione nazionale si attesta intorno a 11.100 tonnellate/anno, pari a circa il 50 per cento del fabbisogno nazionale, con notevoli differenze sia a livello di costi di produzione, sia di mercato del miele, mentre per gli altri prodotti dell'alveare (gelatina o pappa reale, cera, polline, propoli, veleno, famiglie di api ed api regine, proprietà medicinali salutari dei prodotti dell'alveare) non vi sono valutazioni attendibili;
    sempre secondo i dati del 2007 l'Italia è tra i maggiori Paesi importatori di miele, con un flusso dell'ordine delle 15.000 tonnellate annue, che giungono principalmente da Argentina, Ungheria, Germania e Paesi dell'Est europeo, utilizzato in misura del 25 per cento dall'industria come ingrediente, mentre le esportazioni, pur con alti e bassi legati a particolari andamenti di mercato, si sono mantenute in questi ultimi anni intorno alle 2.500 tonnellate (circa il 24 per cento della produzione nazionale), soprattutto verso la Germania (che riceve circa i 3/4 della nostra esportazione) e la Svizzera, a dimostrazione dell'interesse e del potenziale che il miele italiano rappresenta sui mercati internazionali;
    il consumo pro-capite (meno di 500 g), sebbene abbia avuto un certo incremento rispetto al passato, posiziona l'Italia ai livelli più bassi rispetto agli altri Paesi comunitari e in risposta all'accresciuta qualificazione del mercato del miele italiano e alla crescita di consumi che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni, si è avuto un netto incremento produttivo dell'apicoltura italiana, ma soprattutto si è registrata una forte espansione dei flussi di importazione, il cui volume è praticamente decuplicato;
    nel 2007, il valore dell'apicoltura, in termini di produzione lorda vendibile, limitatamente al miele, poteva essere stimato intorno ai 20,6 milioni di euro all'anno, mentre, comprendendo i prodotti minori, il fatturato raggiungeva i 30 milioni di euro, con un indotto complessivo legato al settore apistico dell'ordine dei 57-62 milioni di euro, valore che rappresenta circa il 3 per mille della P.L.V. dell'intera agricoltura italiana;
    l'impollinazione, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, è considerata a tutti gli effetti un'attività agricola e l'articolo 9 della legge 24 dicembre n. 313 riconosce all'apicoltura quindi alle api, il fondamentale servizio di impollinazione per le colture agrarie e la flora spontanea, quantificata nel 2007 in termini di produzione agricola, tra i 1.500 ai 2.600 milioni di euro, mentre rimane difficilmente quantificabile il valore in termini di salvaguardia dell'ambiente e della biodiversità, coadiuvate dall'azione bottinatrice delle api, che, tra l'altro, garantiscono il successo riproduttivo della flora spontanea nonché di oltre l'80 per cento delle specie botaniche a rischio di estinzione;
    il decreto ministeriale del 10 gennaio 2007 considera, tra le principali patologie dell'alveare, la varroasi e la peste americana, mentre seguono patologie di minor diffusione e gravità quali la nosemiasi, micosi e virosi e la peste europea che, in taluni distretti e in alcune annate, possono essere causa di perdite economiche rilevanti. Per quanto concerne l'Aethina tumida (piccolo coleottero dell'alveare) veniva considerata come una nuova parassitosi il cui rischio non andava sottovalutato visto che aveva causato ingenti danni all'apicoltura di altri Paesi e, seppure non ancora segnalato sul territorio nazionale, ha già manifestato la sua presenza in Portogallo, rendendo necessaria l'implementazione di un programma nazionale di sensibilizzazione rivolto a tutti gli interessati ai fini di una diagnosi precoce del parassita e della migliore e più tempestiva lotta sanitaria, qualora se ne constati la presenza;
    l'attività apistica rappresenta un modello di sfruttamento agricolo non distruttivo, con un impatto ambientale praticamente nullo, cosa che rende l'apicoltura un'attività agricola di elezione per le aree marginali e le zone protette; inoltre, la presenza stessa delle api è indice di una corretta gestione del territorio, rivelando l'esistenza delle condizioni minime di sopravvivenza anche per altre forme biologiche; per questo l'ape è di fatto un utile indicatore biologico che contribuisce a definire lo stato di salute dell'ambiente, dalla cui stabilità dipende anche il grado di salubrità per l'uomo;
    l'apicoltura italiana non gode di misure strutturali di sostegno comunitarie e, nel mercato globale, si confronta con i costi e le modalità di produzione dei Paesi in via di sviluppo, quindi è enorme l'incidenza nei costi di produzione, rispetto a questi Paesi, dei seguenti fattori: manodopera; qualità delle misure d'igiene della lavorazione; politiche di lotta sanitaria; carburanti;
    nell'elenco dei prodotti DOP, IGP e STG del MIPAAF, aggiornato al 20 ottobre 2015, risultano essere inseriti solo 3 prodotti apistici aventi la seguente denominazione: 131, Miele della Lunigiana DOP (Toscana Massa Carrara); 132, Miele delle Dolomiti Bellunesi DOP (Veneto Belluno) e 133, Miele Varesino DOP (Lombardia Varese);
    è noto sin dall'antichità che il miele insieme agli altri prodotti dell'alveare, ovvero la cera, il propoli, il polline, la pappa reale e il veleno d'api, qualora ottenuti in modo naturale, abbiano degli indubbi effetti benefici per la salute ed il benessere dell'organismo e, per questo, oltre che nell'industria alimentare, trovano largo impiego nel settore nutraceutico, erboristico, parafarmaceutico, cosmetico ed omeopatico, perciò il loro utilizzo andrebbe incentivato rispetto agli altri prodotti di sintesi, in modo che sempre più persone possano usufruirne;
    da decenni oramai assistiamo ad una «crisi mondiale dell'apicoltura» caratterizzata da un'impressionante riduzione delle capacità produttive degli allevamenti apistici, conseguenza diretta di uno sviluppo sregolato e ambientalmente non sostenibile delle attività umane che degradano gli ecosistemi in cui le api insistono; tra i fenomeni di apicidio più eclatanti quelli del 2006 negli USA, quelli del 2007 in Argentina, con la perdita di oltre 1.450.000 alveari (un terzo degli allevamenti nazionali !) e, dal 2000 ad oggi, la sparizione dal 30 al 50 per cento degli alveari nelle varie regioni d'Europa, a causa di un'agricoltura estensiva, basata su un sempre più accentuato utilizzo della chimica e, più recentemente, sulle tecniche di manipolazione genetica;
    l'Italia distribuisce nelle sue campagne ben il 33 per cento della quantità totale di insetticidi utilizzati nell'intero territorio comunitario, a fronte di una SAU nazionale (superficie agricola utilizzata) ampiamente al di sotto del 10 per cento del totale della SAU europea, e per questa ragione è necessario che si promuovano azioni legislative volte a favorire una immediata e consistente riduzione della «chimica» in agricoltura in modo particolare di quella i cui principi attivi sono accusati dalla moria delle api;
    si evidenzia una grave perdita di biodiversità delle popolazioni Apis mellifera ligustica italiane a causa dell'infestazione dell'acaro parassita denominato varroa (Varroa destructor) che a partire dal 1981, anno in cui è entrato in Italia, ha annientato la quasi totalità delle colonie selvatiche che popolavano i nostri ambienti, lasciando la selezione dell'ape non più in mano della natura, ma delegandola all’«uomo» e a causa dell'uso sempre più diffuso in Italia degli ibridi tra sottospecie (provenienti anche dal Medio Oriente) allo scopo di aumentarne la produttività: il rischio è che in pochi anni non solo si rischierà di allevare soltanto pochissime linee genetiche, ma addirittura di vedere la scomparsa di tutta la sottospecie Apis mellifera ligustica;
    negli ultimi anni è stato registrato un calo progressivo di produzione di miele; infatti la tendenza negativa nell'anno 2016 non solo è stata confermata ma si è anche notevolmente aggravata, con cali di produzione che a livello nazionale sono attestati, mediamente, attorno al 50/60 per cento in meno, toccando in alcuni areali punte dell'80 per cento;
    Diego Pagani presidente della Conapi, il Consorzio nazionale apicolo aveva lanciato l'allarme: «Nel 2016 è crollata la produzione a causa dei cambiamenti climatici e dell'uso dei pesticidi e l'annata si preannuncia la peggiore da 35 anni a questa parte. Di conseguenza i prezzi aumenteranno e con loro anche il rischio delle frodi». Ad esempio, il raccolto di miele di agrumi in Sicilia e di Robinia (Acacia) nel nord Italia è crollato: sono state le 20 mila partite iva che fanno il mercato, alle quali è d'obbligo sommare le 23 mila di produttori per autoconsumo a pagare danni pesanti. Il calo è dovuto non solo a clima e pesticidi ma alla mortalità delle api, al frazionamento degli habitat, alle carenze nutrizionali, ai pesticidi, alle patologie e alle avversità dell'alveare, talvolta alle pratiche apistiche scorrette;
  Il calo produttivo rischia di facilitare la strada a nuove sofisticazioni alimentari, con l'introduzione nel mercato di miele proveniente da Paesi extraeuropei. Il pericolo arriva soprattutto da Cina e Bulgaria. Nel caso del miele bulgaro «può succedere che il miele – ha spiegato Pagani – venga tagliato con sciroppo di zucchero. L'adulterazione avviene in due modi: o viene miscelato al prodotto finale oppure viene usato per alimentare le api duranti il raccolto»;
    problema di non poco conto consiste anche nella cosiddetta «triangolazione»; «la triangolazione», – aggiunge il presidente Conapi – è la classica operazione attraverso la quale un miele extracomunitario entra illegalmente in un paese membro e diventa comunitario. Purtroppo per quello cinese la Spagna resta una porta troppo aperta ma anche Belgio e Inghilterra dovrebbero vigilare più attentamente»,

impegna il Governo:

   in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 5 della legge 24 dicembre 2004, n. 313 e in accordo con tutti i soggetti del «mondo apistico nazionale», ad adottare un nuovo documento programmatico contenente gli indirizzi e il coordinamento delle attività per il settore Apistico (DPA), che tenga conto dell'evoluzione del settore apistico nel nostro Paese degli ultimi 9 anni, anche a seguito dell'emanazione del decreto del Ministero della salute, di concerto col Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali «Approvazione del manuale operativo per la gestione dell'anagrafe apistica nazionale, in attuazione dell'articolo 5 del decreto 4 dicembre 2009, recante: “Disposizioni per l'anagrafe apistica nazionale”, dell'11 agosto 2014», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2014;
   ad intervenire presso le competenti sedi comunitarie al fine di introdurre norme per un'etichettatura di tutti i prodotti apistici che riporti i luoghi di raccolta e di confezionamento, in modo da consentire al consumatore di operare scelte sulla base di criteri qualitativi e di diversa origine botanica e territoriale del prodotto;
   ad assumere iniziative per tutelare il miele ed i prodotti apistici italiani, intensificando i controlli sugli aspetti qualitativi e botanici di tutti i prodotti apistici importati che dovranno necessariamente corrispondere a determinati parametri fissati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   ad adottare misure a tutela delle produzioni apistiche nazionali, anche attraverso la promozione di campagne di educazione alimentare ed informative di base, coinvolgendo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nonché altre organizzazioni e istituzioni competenti, per diffondere informazioni sulle caratteristiche del prodotto, sulle differenziazioni delle produzioni, sul valore nutrizionale, sulla tracciabilità del processo, sugli effetti benefici del miele e degli altri prodotti apistici, per la tutela del consumatore da eventuali frodi;
   a promuovere lo sviluppo di programmi di ricerca e sperimentazione apistica, incentrati sulla valutazione dell'efficacia nel medio-lungo termine di nuovi agrofarmaci, sullo studio dei pronubi selvatici come indice di biodiversità, sulla valutazione della tossicità dei prodotti fitosanitari sulle api e sugli altri impollinatori, sul monitoraggio del quadro sanitario degli allevamenti apistici e sull'individuazione e la divulgazione delle azioni di lotta sanitaria;
   ad assumere iniziative, coinvolgendo il mondo della ricerca e le rappresentanze agricole ed apistiche, per incentivare il «servizio d'impollinazione», in particolare nel settore sementiero, ortofrutticolo e della produzione biologica, anche attraverso un'attività di formazione degli apicoltori circa le tecniche di allevamento finalizzate all'espletamento di questo servizio, per favorire l'incremento quantitativo e qualitativo delle produzioni;
   ad assumere iniziative normative per includere l'apicoltura professionale e imprenditoriale tra le attività del settore primario che usufruiscono delle agevolazioni fiscali per l'acquisto di carburante, in modo particolare durante il nomadismo;
   ad assumere iniziative per favorire la semplificazione amministrativa del comparto apistico, prevedendo l'esonero dalla dichiarazione o segnalazione di inizio attività, la vendita diretta dei prodotti senza il cambio di destinazione d'uso dei locali ove questa si svolge, e per l'attività di smielatura/confezionamento del miele per piccole produzioni che possa effettuarsi in locali di uso temporaneo senza che sia necessario il cambio di destinazione d'uso;
   nel quadro della semplificazione amministrativa del comparto apistico, ad assumere iniziative per consentire agli imprenditori apistici e professionali, come già previsto per altri produttori agricoli, la vendita diretta per la cessione al dettaglio di tutti i prodotti apistici presso la sede aziendale (abitazione, laboratorio di smielatura e altro);
   ad assumere iniziative normative per integrare l'elenco delle «attività agricole connesse», di cui l'articolo 32, comma 2, del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi) e l'articolo 2135, comma 3, del codice civile, in relazione alla corretta valutazione del reddito ascrivibile ad una azienda apistica, ricomprendendo, oltre alla lavorazione e al confezionamento del miele (già compreso nell'elenco), anche tutti gli altri prodotti dell'apicoltura come elencati nella legge n. 313 del 2004 all'articolo 2, comma 2;
   ad includere la «pappa reale» o «gelatina reale» al punto 12 e al punto 16 rispettivamente della parte I e della parte III della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto», attribuendo alla stessa, una aliquota di compensazione ai fini IVA;
   a valutare l'opportunità di inserire tutti gli altri prodotti apistici di cui al comma 2 dell'articolo 2 della legge n. 313 del 2004, al punto 12 e 16 rispettivamente della parte I e della parte III della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 «Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto», attribuendo agli stessi, una aliquota di compensazione ai fini IVA;
   ad assumere iniziative per incentivare, anche attraverso misure di accesso al credito, la modernizzazione degli impianti apistici, l'acquisto ed il rinnovo delle attrezzature e dei macchinari da destinare ad attività apistica ed alla movimentazione degli alveari e per sviluppo del nomadismo, l'adeguamento agli adempimenti igienico-sanitari delle strutture destinate a lavorazione prodotti apistici, la diversificazione delle produzioni e dei servizi offerti dalle aziende apistiche, come i progetti didattico-culturali sull'apicoltura, e l'insediamento dei giovani apicoltori;
   ad assumere ogni altra utile iniziativa affinché venga esteso al periodo della melata, il divieto di utilizzo di prodotti fitosanitari ed erbicidi tossici per le api;
   al fine di contrastare tutte le patologie che interessano l'ape, ad assumere iniziative per incentivare la ricerca e la sperimentazione pubblica allo scopo di individuare strategie profilattiche basate sull'impiego di sostanze di origine naturale o a basso impatto e metodi preventivi, nonché per valutare fenomeni di resistenza e la presenza dei residui delle sostanze farmacologiche usate, nei prodotti dell'alveare;
   al fine di contrastare la varroasi ad assumere iniziative per incentivare la ricerca e la sperimentazione pubblica affinché vengano da subito individuati ed approvati nuovi presidi sanitari, molti dei quali già autorizzati a livello europeo e di basso impatto ambientale, che siano efficaci e convenienti soprattutto nei confronti dell'apicoltura professionale;
   a dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 313 del 24 dicembre 2004 «salvaguardia e selezione in purezza dell'ape italiana (Apis mellifera ligustica Spinola) e dell’Apis mellifera sicula Montagano e incentivazione dell'impiego di api regine italiane con provenienza da centri di selezione genetica» e dal decreto ministeriale n. 18354 del 27 novembre 2009 che impone agli apicoltori biologici di «privilegiare le razze autoctone secondo la loro naturale distribuzione geografica: Apis mellifera ligustica, apis mellifera sicula (limitatamente alla Sicilia) e, limitatamente alle zone di confine, gli ibridi risultanti dal libero incrocio con le razze proprie dei paesi confinanti», nonché a valutare l'opportunità di assumere iniziative per vietare in via transitoria nel nostro territorio, l'introduzione e l'utilizzo di api di sottospecie diverse da quelle autoctone, compresi gli ibridi.
(7-00868)
«Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione De Rosa n. 5-07109 del 26 novembre 2015.
   interrogazione a risposta in Commissione Bergonzi n. 5-09400 del 5 agosto 2016.
   interrogazione a risposta scritta Boccadutri n. 4-14485 del 14 ottobre 2016;

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Ginefra n. 4-14503 del 14 ottobre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09884;
   interrogazione a risposta scritta Ribaudo e altri n. 4-14556 del 19 ottobre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09883.