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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 21 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il Servizio sanitario nazionale, istituito dalla legge n. 833 del 1978, che aveva finora garantito il fondamentale diritto alla salute, dopo ben quattro riforme, fatica sempre più a rappresentare il pilastro fondamentale del sistema di welfare pensato dal legislatore in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;
    i limiti e le iniquità del sistema sono sempre più evidenti e la sanità pubblica, in questi ultimi anni, non sembra più essere in grado di adempiere a questo compito;
    per garantire universalità ed equità, la sanità pubblica ha bisogno di maggiori risorse finanziarie e, allo stesso tempo, di un profondo cambiamento. Il cambiamento non si può affidare alle risposte del mercato e al maggiore ricorso al privato – che finiscono inevitabilmente per generare disuguaglianze –, ma deve invece trovare gli strumenti riformatori avendo come stella polare un servizio pubblico accessibile e universale fondato sulla fiscalità generale, capace di garantire effettivamente a tutti e tutte il diritto alla salute;
    si sta in realtà andando verso un sistema sanitario a due binari: uno pubblico, inefficiente e inadeguato, destinato alle fasce sociali medie e basse, e uno misto pubblico-privato di sanità integrativa, finanziato con assicurazioni sanitarie private o di categoria, con prestazioni spesso migliori destinate ai cittadini con redditi più alti. Un sistema a due binari, peraltro, auspicato da soggetti portatori di interessi economici ed enti di ricerca quale soluzione di una presunta insostenibilità dell'attuale Servizio sanitario nazionale;
    recenti ricerche dell'Istat e del Censis hanno evidenziato le dimensioni del mancato accesso alle cure di milioni di cittadini. Nell'ultimo anno undici milioni di italiani hanno dovuto rinunciare a prestazioni sanitarie per difficoltà economiche. I numeri sono in forte aumento: nel 2012 erano 9 milioni;
    il livello della partecipazione alla spesa per l'assistenza ambulatoriale e diagnostica in continuo aumento, oltre all'allungamento, a volte di mesi, delle liste di attesa e alla mancata programmazione dell'offerta a livello territoriale, determinano la fuga di massa quasi obbligata dal servizio pubblico, tanto da indurre 10 milioni di italiani a ricorrere alle cure a pagamento nelle strutture private e 7 milioni alle prestazioni in libera professione nei servizi pubblici;
    nel 49o rapporto Censis, il confronto fra pubblico e privato su tempi e costi delle prestazioni evidenzia, per esempio, che per una risonanza magnetica le strutture private richiedono in media 142 euro, per un'attesa di 5 giorni, mentre, nel pubblico, si pagano 63 euro di ticket, ma l'attesa sale a 74 giorni. Tradotto: 79 euro di spesa in più e 69 giorni in meno nel confronto fra pubblico e privato;
    nel 2015 la Corte dei conti ha rilevato quasi 2,9 miliardi di euro di ticket sanitari pagati dagli italiani tra partecipazione alla spesa farmaceutica, specialistica ambulatoriale, pronto soccorso e altre prestazioni. A questi, va aggiunto un miliardo di euro per prestazioni private nei servizi pubblici;
    i servizi sanitari regionali non garantiscono più equità di accesso e uniformità dei livelli di assistenza sul territorio nazionale. A quindici anni dalla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione, che ha introdotto disposizioni nella direzione del federalismo si aggravano, in sanità, le disuguaglianze del Paese; si accrescono inoltre l'indebolimento del senso di cittadinanza nazionale, la frammentazione dell'assistenza, anche di quella farmaceutica, la declinazione del diritto costituzionale alla salute in modi diversi a seconda della residenza e del reddito. I diritti di cittadinanza cessano di essere uguali sul territorio nazionale. La Conferenza Stato-regioni è sempre più un luogo di mediazioni tra lo Stato e le regioni più ricche e forti del Centro-Nord a scapito di quelle più povere e deboli del Centro-Sud, spesso in disavanzo e commissariate, come dimostra l'ultimo accordo sulla mobilità sanitaria interregionale;
    per la prima volta dopo molti anni, alcuni indicatori di salute della popolazione italiana mostrano un peggioramento. Gli anni di vita in buona salute si sono ridotti di circa 6 anni dal 2005 al 2013 e nel 2014 si è fermato l'incremento della speranza di vita attesa. Secondo un rapporto dell'Agenzia europea per l'ambiente, l'Italia ha la punta massima europea di morti per inquinamento e ci si interroga sulle possibili cause del picco di mortalità registrato nel 2015;
    riguardo alla qualità dei sistemi sanitari, nel giro di pochi anni, su 37 Paesi analizzati, l'Italia è scesa dal 15o posto al 20o nel 2014 e al 21o nel 2015;
    nel suo rapporto 2016 sul coordinamento della finanza pubblica, la Corte dei conti mette in luce come «negli anni della crisi, il contributo del settore sanitario al risanamento è stato di rilievo»: una flessione della spesa in media di 2 punti all'anno, in termini reali, tra il 2009 e il 2014;
    nel rapporto spesa sanitaria/Pil, si è da tempo al di sotto della media dei Paesi europei più avanzati. Il rapporto sullo stato sociale 2015 del dipartimento di economia e diritto dell'università La Sapienza di Roma ha confermato come i dati della spesa sanitaria italiana, sia in rapporto al Pil che pro capite, collocano il Paese sotto la media dei rispettivi valori dell'Unione europea a 15. Dopo di noi ci sono solo Spagna, Grecia e Portogallo. Dati confermati dal rapporto sanità del Crea sanità-università di Roma Tor Vergata, dell'ottobre 2015, secondo il quale la spesa sanitaria italiana è del 28,7 per cento più bassa rispetto ai Paesi dell'Unione europea, con una forbice, anche in percentuale di prodotto interno lordo, che si allarga anno dopo anno;
    nonostante ciò, la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza 2016 conferma ancora una volta che la spesa sanitaria in rapporto al Pil continuerà a diminuire ancora e, quindi, in termini reali la fetta di risorse spettante alla sanità pubblica continuerà a ridursi. Se nel 2010 la spesa sanitaria in rapporto al Pil era del 7 per cento, la nota di aggiornamento riporta che nel 2015 era del 6,8 per cento; nel 2018 sarà del 6,7 per cento e nel 2019 del 6,6 per cento. Per ritornare ai livelli spesa sanitaria/Pil del 2010, il documento di economia e finanza 2016 ricorda che bisognerà attendere il 2030-2035;
    è censurabile il ritardo con cui il Governo si appresta a presentare il disegno di legge di bilancio 2017. Ad oggi l'Esecutivo non ha ancora presentato al Parlamento il disegno di legge, sebbene sia tenuto a farlo entro il 20 ottobre. Dalle anticipazioni del Governo e degli organi di stampa non si può comunque non rilevare come, seppure sembrerebbe esserci per il 2017 un lieve incremento in valore assoluto del fondo sanitario nazionale rispetto al 2016, gli investimenti e le risorse complessive per la sanità pubblica italiana continuano ad essere gravemente insufficienti a garantire a tutti il diritto alla tutela della salute. Così come le pochissime risorse che verrebbero destinate all'assunzione/stabilizzazione di medici e infermieri, laddove il problema del blocco del turnover, dei lavoratori precari e dell'elevata età media del personale sanitario imporrebbe ben altri interventi e finanziamenti. A questo si aggiungano i previsti tagli complessivi di spesa per oltre 3 miliardi di euro e che direttamente o indirettamente finiranno per colpire, come sempre avviene, il comparto sanitario;
    dal 2008 in poi la sanità pubblica ha subito tagli molto pesanti, con effetti negativi sulle prestazioni, sulla qualità dei servizi, sull'assistenza territoriale, sui finanziamenti all'edilizia sanitaria. I tagli sono serviti, più che a ridurre inefficienze e sprechi, a trovare risorse immediate per finanziare le manovre economiche che in questi anni si sono succedute;
    è necessaria una totale inversione di rotta non solo per garantire l'assistenza sanitaria, ma anche per cogliere le opportunità legate agli investimenti nel settore. Infatti, oltre a garantire il diritto alla tutela della salute, la spesa per il servizio sanitario nazionale può rappresentare un eccellente investimento economico. Come ricorda la Cgil, il valore aggiunto diretto e indotto derivante dalle attività della filiera della salute supera i 150 miliardi di euro, pari a circa il 12 per cento del Pil;
    negli ultimi dieci anni vi è stata una notevole crescita dell'innovazione farmaceutica, dei servizi informatici, delle telecomunicazioni e dei dispositivi medici, con un intreccio tra il terziario avanzato e settori ad alta tecnologia che ha impatti rilevanti, sia in termini occupazionali che di remunerazione degli investimenti. Per ogni euro speso in sanità si generano 1,7 euro circa;
    piuttosto che con una riduzione dei diritti e dell'universalismo, le necessarie risorse da liberare per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale devono essere trovate attraverso una vera lotta alla corruzione, alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, da un controllo rigoroso degli accreditamenti, nonché da investimenti e risorse di altri ministeri e settori della pubblica amministrazione (difesa, Tav, opere infrastrutturali inutili e altro), rivedendo a tal fine quelle che dovrebbero essere le vere priorità del nostro Paese;
    è urgente una revisione del sistema degli appalti pubblici in ambito sanitario. Come ricordato di recente dal presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, in sanità vi è il più alto tasso di proroghe e rinnovi spesso a prezzi non concordati e non in linea con il mercato;
    l'associazione Libera ha segnalato che la sola perdita erariale dovuta all'illegalità in sanità per il triennio 2010/2012 era di circa 1,6 miliardi di euro;
    si è di fatto di fronte a un blocco della contrattazione nel pubblico impiego, del turn over e alla volontà del Governo di non rispondere pienamente alla precarietà del personale sanitario, con abuso di contratti atipici (partite iva, collaborazioni coordinate e continuative, contratti a tempo determinato, contratti Sumai per attività non ambulatoriali, borse di studio spesso finanziate da privati) e il ricorso sempre più esteso e improprio alle esternalizzazioni attraverso il terzo settore e cooperative anche in attività sanitarie. Questo comporta meno diritti, peggiori condizioni di lavoro e una riduzione della quantità e della qualità dei servizi. Il Servizio sanitario nazionale progressivamente si svuota favorendone la privatizzazione, come già avviene da tempo per la lungodegenza, la riabilitazione, gli hospice, mentre i processi di accorpamento e centralizzazione delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere aumentano la componente giuridico-amministrativa a scapito delle attività sanitarie;
    dal 25 novembre 2015, il Servizio sanitario nazionale si sarebbe dovuto adeguare alla direttiva 2003/88/CE, che ha dettato norme più eque in materia di orari e riposi del personale sanitario. La direttiva, recepita nel nostro Paese col decreto legislativo n. 66 del 2003, prevede che il personale sanitario negli ospedali non possa lavorare più di 48 ore alla settimana e individua precisi turni di lavoro e di riposo. Tuttavia, continue deroghe, con conseguente procedura di infrazione dell'Unione europea, hanno impedito l'applicazione delle norme, resa difficile dalla riduzione delle risorse e dal sostanziale blocco del turn over;
    mancano oltre 47 mila infermieri, quasi tutti al Centro-Sud. Questa carenza impedisce di raggiungere adeguati livelli di assistenza, garantendo sicurezza e servizi efficienti, e di conseguenza comporta l'aumento dell'età media del personale sanitario;
    le carenze di personale rendono difficile spostare gli equilibri dall'ospedale al territorio, dall'acuzie alla cronicità e alla prevenzione, perché le sostituzioni dei pensionamenti devono prioritariamente coprire i turni ospedalieri;
    una criticità ormai intollerabile sta nell'impossibilità per il Servizio sanitario nazionale di garantire la libertà di scelta delle donne alla maternità responsabile, alla contraccezione e all'interruzione volontaria di gravidanza riconosciuta dalla legge n. 194 del 1978, per l'impoverimento dei consultori, l'elevatissima percentuale di obiezione di coscienza tra il personale e la diffusione della cosiddetta obiezione di struttura. Nel 2013 sono risultati obiettori il 70 per cento dei ginecologi, il 49 per cento degli anestesisti e il 47 per cento del personale non medico. Percentuali inaccettabili e comunque sottostimate;
    se si considera l'obiezione di struttura, il 35 per cento delle strutture viola l'articolo 9 della legge n. 194 del 1978, che regola il diritto all'obiezione di coscienza e obbliga tutte le strutture ad assicurare, in ogni caso, l'espletamento delle procedure previste;
    una prima risposta legislativa, volta a garantire la piena attuazione della legge n. 194 del 1978, può venire dall'indicazione per tutte le regioni di individuare le strutture pubbliche nelle quali istituire servizi specifici dedicati alla diagnostica prenatale e alle procedure e interventi di interruzione volontaria della gravidanza, anche oltre il novantesimo giorno, con personale composto obbligatoriamente da non obiettori di coscienza;
    a ciò si aggiunga il perdurante basso ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, nel rispetto dei precetti normativi previsti dalla stessa legge n. 194 del 1978. Nel 2013 solo il 9,7 per cento delle donne ha potuto utilizzarla;
    questa sottoutilizzazione comporta l'impossibilità delle donne di esercitare il diritto di scelta sulle metodiche ed è legata a difficoltà dovute all'imposizione del ricovero ordinario in quasi tutte le regioni. Nel dicembre 2015 l'associazione Amica ha presentato una lettera aperta alla Ministra della salute, sottolineando come il ricovero ordinario per l'interruzione volontaria di gravidanza farmacologica sia una procedura inappropriata, che comporta uno spreco enorme di risorse (oltre 1.000 euro a paziente, contro circa 600 del ricovero in day hospital e circa 50 della procedura ambulatoriale). Inoltre, permettere la procedura ambulatoriale minimizzerebbe gli effetti dell'obiezione di coscienza sull'applicazione della legge n. 194, in quanto gli obiettori nei consultori sono solo il 22 per cento;
    riguardo ai consultori è da evidenziare come quelli ancora esistenti abbiano subito una drammatica riduzione e depauperamento, con équipe incomplete ed uno svilimento della multidisciplinarietà socio-sanitaria, che è una delle loro più importanti peculiarità;
    malgrado che il progetto obiettivo materno infantile già nel 2000 assegnava un ruolo strategico centrale ai consultori nella tutela e nella promozione della salute riproduttiva, disegnando l'obiettivo di 1 consultorio ogni 20 mila abitanti, si è, oggi, a poco più della metà, un trend che non accenna a cambiare rotta. I consultori sopravvissuti a tale decimazione vengono inoltre snaturati sul modello dell'ambulatorio specialistico di serie B;
    la riduzione del numero dei consultori, la gran parte dei quali lavora sotto organico per blocco del turn over del personale, ha una ricaduta negativa in primo luogo sull'applicazione della legge n. 194 del 1978;
    a sedici anni dalla stesura del progetto obiettivo materno infantile, l'obiettivo di allora è volutamente disatteso;
    è auspicabile che il Parlamento concluda l'esame delle proposte di legge sulla tutela delle scelte procreative delle donne e per la promozione del parto fisiologico, con particolare attenzione ai livelli essenziali di assistenza relativi alla sicurezza, alle tecniche di controllo del dolore del parto, alla remunerazione del «drg» del parto naturale e del cesareo (sono molte le differenze nelle diverse regioni), alle norme relative alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti (norme in cui al dato quantitativo non si somma nessun dato qualitativo o di particolarità territoriale);
    i nuovi livelli essenziali di assistenza, contenuti in un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il cui schema è in via di presentazione al Parlamento per i pareri delle Commissioni competenti, contano su un importo del tutto inadeguato di 800 milioni di euro previsti dalla legge di stabilità per il 2016 e vincolati nel fondo sanitario nazionale, che rischia con tutta probabilità di non consentire l'esigibilità e l'uniformità delle prestazioni. L'insufficienza degli 800 milioni di euro è riconosciuta dalle stesse regioni, che hanno infatti chiesto una verifica per valutare il reale impatto economico dei nuovi livelli essenziali di assistenza;
    nei nuovi livelli essenziali di assistenza, seppure si amplia la copertura assistenziale per alcune patologie rare e per l'erogazione delle nuove prestazioni diagnostiche e terapeutiche, nulla si dice degli esclusi dalla titolarità del diritto e dalla sua esigibilità. Così come criticabili sono l'aumento della partecipazione di spesa e i costi indotti da nuove forme di erogazione, nonché la riclassificazione di prestazioni di ricovero in prestazioni ambulatoriali soggette a ticket;
    il citato schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, a proposito della continuità, assistenziale, specifica che il Servizio sanitario nazionale garantisce la continuità assistenziale per l'intero arco della giornata e per tutti i giorni della settimana. Le aziende sanitarie organizzano le attività sanitarie per assicurare l'erogazione, nelle ore serali e notturne e nei giorni prefestivi e festivi, delle prestazioni assistenziali non differibili. Tuttavia, il Governo è fermo alle dichiarazioni di intenti e ha approvato il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione della medicina generale in cui, tra le altre cose, si taglia l'orario dei medici di continuità assistenziale (ex guardia medica), interrompendolo alla mezzanotte e demandando la presa in carico dei bisogni dei cittadini al servizio di emergenza-urgenza (il 118);
    nella forma si salva la copertura nell'arco delle 24 ore, dal momento che la presa in carico viene effettuata dal personale del 118 (medici e/o infermieri e/o personale del terzo settore); nella sostanza c’è un taglio netto alle prestazioni, perché la guardia medica è più capillare e il 118 è spesso impegnato in urgenze non differibili;
    è necessaria una riformulazione dell'assistenza territoriale che può essere sintetizzata dalle case della salute, che rappresentano un punto di riferimento per i cittadini, dove i servizi di assistenza primaria si integrano nel territorio con quelli specialistici, della sanità pubblica e della salute mentale e coi servizi sociali e le associazioni di volontariato, garantendo la presa in carico dei portatori di handicap e dei malati cronici. In questo senso l'integrazione socio-sanitaria è essenziale e la collaborazione coi comuni è indispensabile per portare avanti programmi multisettoriali;
    per svolgere questo ruolo le case della salute devono essere il punto di raccordo di una rete diffusa di servizi, dalla sperimentazione dell'ospedale di prossimità e di comunità a gestione integrata medico di base e infermiere per i casi meno complessi, all'assistenza domiciliare specialistica, riabilitativa e infermieristica, agli hospice, evitando che diventino una mera riconversione poliambulatoriale di strutture ospedaliere dismesse o un sostituto surrogato di distretti estesi e burocratizzati;
    una diffusa ed estesa rete territoriale rivolta alla cronicità, alla lungoassistenza e alla riabilitazione post acuzie deve intercettare bisogni e dare risposte capillari diverse dalle residenze sanitarie assistenziali (RSA), spesso gestite da privati, con alte rette di degenza insostenibili per molti degli anziani e i loro congiunti o per i comuni;
    perché la riformulazione dell'assistenza territoriale sia efficace bisogna rivedere completamente il gigantismo organizzativo messo in atto in varie regioni attraverso accorpamenti che hanno portato alla nascita di aziende sanitarie locali e distretti di enormi dimensioni;
    lo stretto legame tra la salute pubblica e l'inquinamento ambientali rende necessario il rafforzamento della collaborazione tra aziende sanitarie locali e agenzie ambientali;
    la prevenzione in ambiente di vita e di lavoro richiede un ruolo diverso e una maggiore sinergia del Ministero della salute e del Servizio sanitario nazionale con le regioni e altri Ministeri: trasporti, ambiente e tutela del territorio e del mare, sviluppo economico, politiche agricole, alimentari e forestali. Va quindi ripensato un modello organizzativo della prevenzione, che non può essere relegato al solo problema degli stili di vita, anch'essi influenzati da aspetti sociali, di reddito e culturali come dimostrano le indagini epidemiologiche sulla mortalità;
    la riorganizzazione della prevenzione, dell'assistenza domiciliare e territoriale e delle reti ospedaliere rende necessario investire oggi, per ottenere risparmi complessivi per il Servizio sanitario nazionale domani;
    l'inadeguatezza delle risorse destinate al finanziamento del fondo sanitario nazionale è resa evidente dalla tendenza alla crescita della spesa farmaceutica, esemplificata dall'alto costo di prodotti sostenuti da prove di efficacia, come i farmaci contro l'epatite C e i nuovi vaccini. In mancanza di specifici provvedimenti la crescita è destinata a incrementare nel prossimo futuro, con l'immissione sul mercato di nuovi farmaci biologici in campo oncologico e di alcuni farmaci per le malattie infettive o neurologiche, per cui le aziende tendono a fissare un prezzo molto elevato;
    i 500 milioni di euro stanziati dalla legge di stabilità per il 2015 per i farmaci innovativi e per quelli destinati alla cura dell'epatite C si sono dimostrati inadeguati: ogni regione deve avere le risorse finanziarie per acquistare il farmaco a prezzo intero e diverse di queste non hanno fondi sufficienti. A causa dell'alto costo il Servizio sanitario nazionale ha deciso di limitarne l'erogazione partendo dai pazienti più gravi: finora sono stati trattati circa 52 mila pazienti (il 5 per cento dei potenziali beneficiari). Un razionamento economico di cure efficaci inaccettabile;
    l'attuale e iniqua situazione è che solo i pazienti nello stadio più avanzato della malattia hanno diritto al trattamento, quando un trattamento precoce eviterebbe non solo le sofferenze ai pazienti, ma anche i costi assistenziali connessi;
    al riguardo, giova ricordare che, in caso di emergenze sanitarie, in base all'accordo in capo all'Organizzazione mondiale per il commercio, denominato TRIPs, esiste la possibilità, in caso di «emergenza sanitaria», di derogare alla protezione brevettuale attraverso la licenza obbligatoria a cui gli Stati aderenti all'Organizzazione mondiale della sanità possono ricorrere per proteggere la salute pubblica;
    con oltre un milione di soggetti portatori cronici di virus dell'epatite C, l'Italia ha il primato europeo per numero di soggetti positivi al virus e mortalità per tumore primitivo del fegato e l'epatite C può essere considerata a tutti gli effetti un'emergenza nazionale di sanità pubblica. Per tale motivo, è ipotizzabile per l'Italia percorrere la strada della «emergenza sanitaria» prevista dal TRIPs, al fine di giungere a una licenza obbligatoria per i farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C (hcv). Attraverso la licenza obbligatoria è possibile infatti produrre i farmaci anti-epatite C a costo contenuto e garantirne l'accessibilità a tutti coloro che ne hanno bisogno. Con una tale licenza infatti, un Governo forza i possessori di un brevetto, o di altri diritti di esclusiva, a concederne l'uso per lo Stato o per altri soggetti;
    riguardo ai vaccini, la spesa annuale sostenuta dal Servizio sanitario nazionale ammonta a 318 milioni di euro. La disponibilità di vaccini in associazione, pur rendendone più agevole la somministrazione, ha comportato un regime di monopolio con aumento dei costi non sempre giustificato e scarsità sul mercato dei vaccini. Per affrontare questo problema è ragionevole proporre che l'Aifa, quando vi siano almeno due vaccini disponibili, utilizzi bandi competitivi per ridurre i prezzi ottenendo un accettabile rapporto costo-efficacia;
    il rafforzamento dell'universalità ed equità del Servizio sanitario nazionale deve passare anche attraverso un ampliamento del diritto alla salute per le persone senza fissa dimora, modificando la legge n. 833 del 1978. Le persone senza fissa dimora patiscono il degrado delle condizioni di vita e il loro essere «invisibili» e, quindi, fuori da una rete di sostegno che non sia quella caritativa. Infatti, queste persone, non avendo il requisito della residenza anagrafica, non possono accedere al servizio sanitario pubblico: non possono iscriversi al Servizio sanitario nazionale, non possono scegliere il medico di base, l'assistenza ospedaliera è limitata alla gestione delle emergenze e per loro le cure primarie sono erogate solo da ambulatori gestiti dal volontariato;
    indicativa di quella che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare la totale inadeguatezza dell'attuale dicastero della salute a invertire il perdurante declino del Servizio sanitario nazionale è stata l'ideologica campagna informativa sul «fertility day» voluta dalla Ministra della salute in due differenti momenti. Una prima campagna, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo aggressiva e psicologicamente ricattatoria nei confronti della libertà delle donne e una seconda intollerabilmente razzista. Entrambe ritirate con tante scuse della Ministra,

impegna il Governo:

   1) ad assumere iniziative per incrementare le risorse del fondo sanitario nazionale e rivedere la previsione del documento di economia e finanza 2016 di una riduzione della spesa sanitaria in rapporto al prodotto interno lordo per i prossimi anni, prevedendone invece un significativo incremento sia in valori assoluti che in rapporto al prodotto interno lordo in relazione ai fabbisogni reali individuati dalle regioni;
   2) ad invertire la politica di riduzione delle risorse del sistema di protezione sociale, a partire dai servizi sociosanitari, e a interrompere la pericolosa spinta verso il secondo pilastro delle assicurazioni complementari o integrative per le prestazioni sanitarie e sociali;
   3) ad assumere iniziative per stanziare le opportune risorse finanziarie – prevedendo le eventuali deroghe alla normativa vigente in materia – volte a consentire lo sblocco del turn over nel Servizio sanitario nazionale, in particolare per il personale medico, infermieristico, tecnico e socio sanitario di supporto, e la stabilizzazione dei precari su base regionale, attraverso lo sblocco del turn over al 100 per cento e l'indizione di concorsi regionali per disciplina e profilo con graduatorie regionali al fine di consentire la riorganizzazione e la riqualificazione dei servizi sanitari con particolare attenzione al territorio;
   4) ad assumere iniziative per riconoscere e valorizzare quei profili professionali, quali gli operatori sociosanitari, indispensabili per rafforzare il sistema assistenziale e contribuire al miglior funzionamento dei servizi;
   5) a garantire l'uniformità nazionale delle politiche sanitarie tramite processi di decentramento amministrativo, partecipazione democratica e corretta sussidiarietà tra Stato, regioni, comuni e ASL/ASO per evitare la burocratizzazione e ministerializzazione che nega lo spirito della riforma sanitaria del 1978;
   6) ad assumere iniziative per procedere nell'immediato all'abrogazione del cosiddetto superticket e successivamente abolire gradualmente le compartecipazioni alla spesa sanitaria, soprattutto in presenza di disabilità, al fine di garantire l'universalità delle cure e l'accesso ai servizi da parte dei cittadini, con l'obiettivo di evitare la sempre più frequente rinuncia forzata di molti cittadini all'acquisto di farmaci o all'accesso alle prestazioni sanitarie pubbliche, col conseguente ricorso ai privati;
   7) ad attuare un piano di edilizia sanitaria, supportato da adeguate risorse finanziarie, finalizzato alla messa in sicurezza alla manutenzione e al recupero delle strutture, con abbattimento delle barriere architettoniche, ottenimento dell'efficienza energetica e umanizzazione dei luoghi di lavoro per gli operatori sanitari e gli utenti;
   8) ad attivare efficaci iniziative, anche normative, volte a intensificare il contrasto alle frodi e alla corruzione, nonché alle diseconomie e agli sprechi interni alla sanità, prevedendo che tutte le risorse certificate liberatesi vengano reinvestite unicamente nel Servizio sanitario nazionale;
   9) ad assumere iniziative per introdurre specifiche previsioni in materia di appalti pubblici nel settore della sanità pubblica, al fine di eliminare le distorsioni legate al troppo frequente ricorso a proroghe automatiche e taciti rinnovi di appalti, nonché per incrementare la trasparenza e il controllo nelle procedure che riguardano i meccanismi di spesa;
   10) a promuovere, per quanto di competenza, un sistema di accreditamento rigoroso e di qualità all'interno della programmazione pubblica con valutazione dei risultati, che non penalizzi l'occupazione, ma tenga conto, nei casi di responsabilità o inefficienza del privato, della possibilità di reinternalizzare e regionalizzazione gli operatori, i servizi e le attività esternalizzati, appaltati o accreditati;
   11) ad assumere iniziative per rinnovare con adeguate risorse il sistema delle cure primarie, investendo sulla prevenzione e sull'assistenza domiciliare e territoriale, soprattutto ad alta integrazione sociale (anziani, salute mentale, disabilità), salvaguardando, nell'ambito della razionalizzazione delle reti ospedaliere, i piccoli presidi in zone disagiate, rivedendo peraltro, sotto questo aspetto, le stesse norme relative alla chiusura dei punti nascita con meno di 500 parti, norme nell'ambito delle quali al dato quantitativo non si somma nessun dato qualitativo o di particolarità territoriale;
   12) ad assumere iniziative per incrementare le risorse destinate alle non autosufficienze e a interventi di assistenza domiciliare per le persone affette da disabilità gravi e gravissime;
   13) a implementare l'assistenza territoriale, le reti di poliambulatori collegati telematicamente con gli ospedali e nuove forme organizzative in grado di erogare prestazioni assistenziali sulle 24 ore, assumendo le iniziative di competenza per sospendere e rivedere quindi il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina generale approvato nell'aprile 2016 alla luce delle forti criticità esposte in premessa;
   14) a realizzare le case della salute, come luogo di partecipazione dei cittadini e programmazione della sanità territoriale nell'ambito di politiche complessive che assicurino continuità assistenziale e una rete di servizi extraospedalieri, senza limitarsi alla mera riconversione in poliambulatori di strutture sanitarie dismesse, con la necessaria innovazione della sanità di iniziativa;
   15) a promuovere politiche di genere finalizzate ad eliminare la disuguaglianza secondo il principio di equità e appropriatezza delle cure, incentivando la presenza di tavoli di coordinamento regionali;
   16) a sviluppare un'efficace programmazione delle politiche sanitarie e sociosanitarie secondo indicatori «genere correlati» e a implementare la medicina di genere in ambito di ricerca e universitario e con percorsi di educazione medica continua;
   17) a valorizzare e ridare piena centralità ai consultori, quale servizio per il sostegno alla sessualità libera e alla procreazione responsabile, attraverso un adeguamento delle risorse, della rete di servizi, degli organici e della loro formazione, delle sedi, nonché secondo la piena attuazione della legge n. 405 del 1975 e del progetto obiettivo materno infantile;
   18) a garantire la piena applicazione della legge n. 194 del 1978 in tutte le strutture e su tutto il territorio nazionale, nel rispetto del principio della libera scelta e del diritto alla salute delle donne e della maternità e paternità responsabili, assumendo tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, finalizzate anche all'assunzione di personale non obiettore per garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza;
   19) ad assumere le opportune iniziative normative affinché in ogni regione siano individuate le strutture sanitarie pubbliche nelle quali istituire servizi dedicati a compiti relativi alla diagnostica prenatale e allo svolgimento delle procedure e interventi di interruzione volontaria della gravidanza, anche oltre il novantesimo giorno, con personale composto obbligatoriamente da non obiettori di coscienza;
   20) ad assumere iniziative perché ogni struttura pubblica o del privato accreditato (sia essa un ospedale o un consultorio) applichi pienamente la legge, in modo tale che solo a fronte di questo impegno possa essere concesso l'accreditamento;
   21) ad assumere tutte le iniziative utili affinché sia implementato e facilitato su tutto il territorio nazionale l'accesso all'interruzione volontaria di gravidanza col metodo farmacologico in regime di day hospital e nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall'articolo 8 della legge n. 194 del 1978, reinvestendo i conseguenti risparmi nel potenziamento delle reti dei consultori e in un accesso più facile alla contraccezione;
   22) a prendere nettamente le distanze dalle scelte e dalle decisioni assunte dalla Ministra Lorenzin con atti concreti e immediati, riconsiderando nel merito e nel metodo le proposte, le decisioni e le iniziative prese in occasione del fertility day di cui in premessa, che ne hanno ancora una volta messo in luce, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, l'inadeguatezza a gestire un Ministero così importante;
   23) ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per il rimborso alle regioni per l'acquisto di medicinali innovativi, istituito con la legge di stabilità per il 2015, incrementandone sensibilmente la dotazione finanziaria e rivedendo contestualmente i criteri di priorità, in modo che tutti i pazienti possano usufruire dei trattamenti innovativi;
   24) riguardo ai farmaci per l'epatite C, ad avviare quanto prima le opportune iniziative volte a modificare l'attuale normativa nazionale al fine di ricomprendere anche l’«emergenza sanitaria» (di cui all'accordo TRIPs) tra le condizioni per la concessione dell'uso del brevetto senza il consenso del titolare, e ad adottare conseguentemente tutte le iniziative in sede internazionale per chiedere quindi, sulla base del citato TRIPs, la prevista deroga alla protezione brevettuale attraverso la «licenza obbligatoria» per i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C, al fine di produrli a costo contenuto garantendo l'accesso al trattamento a tutti coloro che ne hanno bisogno;
   25) ad assumere le opportune iniziative in sede europea e internazionale affinché venga posto in discussione il superamento del brevetto per i farmaci, individuando modalità che permettano un'equa remunerazione dei costi di ricerca e di produzione dei farmaci senza ricorrere alla protezione brevettuale;
   26) ad assumere le opportune iniziative normative affinché l'Aifa ricorra a bandi competitivi per la determinazione del prezzo di acquisto dei vaccini individuati come strategici nel piano nazionale vaccinazioni;
   27) ad avviare una politica di maggiori investimenti e incentivi finalizzati ad estendere la ricerca biomedica indipendente, con particolare riferimento alle biotecnologie e alla valutazione di efficacia degli interventi terapeutici e riabilitativi, per far crescere modelli innovativi dei servizi pubblici e nuove attività economiche, con ricadute importanti per la qualità dei servizi, l'occupazione e la ripresa economica;
   28) ad avviare le opportune iniziative normative affinché la prevista quota premiale di riparto delle risorse previste per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a favore delle regioni che abbiano adottato misure idonee per una corretta gestione dei bilanci sanitari venga attribuita anche per quelle regioni sottoposte ai piani di rientro che, nell'ambito di processi efficaci di riorganizzazione dei servizi, rispondano in modo appropriato ai bisogni di cura e di salute dei cittadini;
   29) ad assumere le opportune iniziative, anche in ambito europeo, volte a prevedere l'esclusione dal rispetto del patto di stabilità delle spese relative ai servizi socio-sanitari e al welfare;
   30) a promuovere, nell'ambito delle proprie competenze e d'intesa con le regioni, un'efficace politica di prevenzione volta al rafforzamento della collaborazione e delle sinergie tra le aziende sanitarie, con particolare riferimento ai dipartimenti di prevenzione, e le agenzie ambientali, anche tramite la costituzione di nuove entità organizzative integrate ambientali-sanitarie, inserite nei servizi sanitari regionali, intervenendo attivamente su altri settori affinché la prevenzione attraversi tutte le politiche a livello nazionale;
   31) ad assumere un'opportuna iniziativa di modifica della legge n. 833 del 1978, per consentire alle persone senza fissa dimora, prive della residenza anagrafica, di essere iscritte negli elenchi degli utenti del Servizio sanitario nazionale relativi al comune in cui si trovano.
(1-01395) «Nicchi, Gregori, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    il grasso estratto dai frutti dalla specie di palma Elaeis guineensis, risulta essere l'olio vegetale più importato nel mondo occidentale a fronte del suo ampio e versatile impiego in ambito cosmetico, alimentare, energetico;
    i bassi costi di produzione, l'assenza di sapore e di odore e la grande produttività della palma da cui viene ricavato, risultano essere incentivi per un aumento della sua coltivazione nel Sud-est asiatico (dove ad ora si concentra circa il 90 per cento della produzione), in Africa e nell'America del sud, impattando interi ecosistemi ad alta biodiversità tanto da risultarne seriamente minacciati o completamente distrutti a causa della coltivazione della palma;
    le monocolture di palma da olio sono accompagnate da deforestazione, erosione dei suoli, contaminazione delle acque, distruzione degli ecosistemi e della diversità bio-culturale delle foreste antropogeniche, tali da compromettere sia l'ambiente sia l'equilibrio delle popolazioni indigene;
    la composizione dell'olio di palma risulta essere, per percentuale di grassi saturi contenuti, simile a quella del burro e del lardo. Al contrario, infatti, di altri olii vegetali (olio d'oliva, olio di semi), quelli tropicali contengono un'elevata percentuale di acidi grassi saturi (92 per cento nell'olio di cocco, 82 per cento nell'olio di palmisto e 49 per cento in quello di palma), prerogativa che conferisce all'olio consistenza solida o semisolida a temperatura ambiente, ma che solleva non pochi dubbi sui rischi per la salute umana legati alla sua assunzione;
    sono diversi gli studi scientifici che avvertono sui rischi sanitari dell'olio di palma, tra cui: uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità, che dimostra come i principali acidi grassi (come acidi grassi saturi, l'acido miristico e l'acido palmitico) comportino un aumento del livello di colesterolo nel sangue, favorendo malattie cardiovascolari; uno studio del Center for Science in the Public Interest (CSPI), che conferma il fatto che l'olio di palma aumenti i fattori di rischio cardiovascolare, poiché l'acido palmitico è uno dei grassi saturi che più aumenta il rischio di coronaropatie; recenti studi, che dimostrano che l'acido palmitico infiamma le membrane cellulari, induce l'aterosclerosi e ha un ruolo chiave nella produzione di un fattore necrotico che è all'origine di tumori; uno studio dell’American Heart Association che consiglia di limitarne l'uso per le persone che devono ridurre il livello di colesterolo. Molto importate, infine, il recentissimo studio dell'EFSA in cui viene denunciato come nell'olio di palma siano contenute tre sostanze tossiche: glicidil esteri degli acidi grassi (GE), 3-monocloropropandiolo (3-MCPD), e 2-monocloropropandiolo (2-MCPD) e relativi esteri degli acidi grassi, una delle quali genotossica e cancerogena, il glicidiolo (GE), formatesi durante la raffinazione degli oli vegetali;
    molte grandi aziende hanno escluso l'uso dell'olio di palma dai loro prodotti, a fronte della forte campagna di boicottaggio dell'olio di palma condotta dai cittadini, tra cui il Movimento 5 stelle, sin dal 2014 e dall'introduzione dell'obbligo di etichettatura degli alimenti regolamentato dall'Unione europea, tanto che nella maggior parte dei prodotti industriali si è vista comparire la dicitura «senza olio di palma»;
    l'olio di palma permane, per contro, nel latte in polvere, continuando ad essere utilizzato dalle fasce giovanissime della popolazione. Il latte artificiale contiene olio di palma insieme ad una miscela di olii vegetali, per assomigliare quanto più possibile alla composizione del latte materno, ricco di grassi saturi. Il latte umano, infatti, è composto da acidi grassi che per 23 per cento derivano da acido palmitico e per 34 per cento da acido oleico. L'acido palmitico, molto comune in animali e piante, si trova anche nell'olio di palma e nell'oleina di palma (derivata dall'olio di palma), mentre nell'olio di semi di palma o olio di palmisto si ritrova prevalentemente acido laurico;
    il latte materno, alimento naturale specie-specifico, rimane però un complesso sistema biologico dinamico e inimitabile, in grado di soddisfare le esigenze nutritive e metaboliche del neonato/lattante. L'elevata biodisponibilità dei suoi nutrienti strutturali e funzionali, la presenza di cellule, il sofisticato network di fattori bioattivi (con funzioni trofiche, metaboliche, ormonali e immunomodulanti) conferiscono alla sua composizione dignità di gold standard. Gli alimenti per lattanti, per contro, rappresentano il risultato di una sfida tecnologica e scientifica affrontata da anni con impegno di imitare, con risultati limitati, l'universo nutritivo e funzionale del latte materno;
    la differenza principale tra il latte materno e quello artificiale rimane quella qualitativa, e riguarda la natura chimica della struttura alla quale appartiene l'acido palmitico che, sia nel latte materno sia in quello artificiale, si trova ma nei cosiddetti trigliceridi, grassi che hanno la forma di un pettine a tre denti. Nel latte materno la maggior parte dell'acido palmitico si trova nella posizione del dentino centrale del pettine, la cosiddetta posizione 2, mentre in quello artificiale la maggior parte si trova nelle posizioni più esterne e questo riguarda tutte le fonti vegetali di acido palmitico, che sia olio di palma, di colza o altro. Questa diversa struttura chimica ha dunque delle conseguenze: l'acido palmitico in posizioni diverse dalla 2 viene assorbito meno, e viene assorbito meno anche il calcio, con conseguenti disturbi gastrointestinali minori, come tensioni addominali, coliche, stitichezza, piccoli reflussi, secondo, tra gli altri uno studio pubblicato nel 2013 dal Centro nazionale per l'informazione sulle biotecnologie americano;
    l'aggiunta di derivati dell'olio di palma nel latte artificiale associata a ridotto assorbimento di calcio comporta un maggiore rischio di osteoporosi nei bambini alimentati con questi latti;
    il rischio principale per i lattanti nell'assunzione di latte in polvere con olio di palma permane quello dell'assorbimento di sostanze genotossiche e cancerogene. Una ricerca dell'Università polacca di Gansk, pubblicata in Italia solo dal Test-Salvagente, ha infatti analizzato 24 latti in polvere, gran parte dei quali venduti in tutta Europa, con i seguenti risultati: la contaminazione da 3-Mcpd è 4 volte oltre il limite fissato dall'Efsa per il migliore dei campioni, 150 volte sopra per il peggiore. Un'altra inchiesta di Altroconsumo sullo stesso argomento denuncia come un bimbo di 5 mesi che beve 5 biberon di latte supera la soglia di sicurezza per il 3-MCP: per 5 biberon di latte al giorno (1050 ml) il bimbo andrebbe ad assumere una quantità di 3-MCPD fino a 53 mcg (calcolato dal valore nella polvere), dieci volte superiore al limite di sicurezza, che per un bimbo di 7 kg è di 5,6 mcg;
    in commercio, nonostante la campagna informativa contro l'olio di palma, vi sono solo un paio di aziende che hanno deciso di eliminarlo dagli ingredienti del latte artificiale per neonati, mentre tutte le altre continuano a usarlo, spesso come secondo ingrediente della lista. Plasmon, dopo anni di ricerca, ha lanciato di recente sul mercato il latte per lattanti e di proseguimento Nutrimune, senza olio di palma. Coop lo ha eliminato da tempo dal suo latte Crescendo: l'ha sostituito con una miscela d'altri olii vegetali, tra cui quello di semi di girasole, di semi di colza e l'extravergine d'oliva. È senza palma anche il Bimbosan Super Premium 1 e 2;
    è necessaria la salvaguardia della salute attraverso una ponderata alimentazione soprattutto in epoche precoci della vita – come sostenuto dal britannico David Barker – in considerazione del fatto che l'apporto o la carenza di determinati elementi nelle prime fasi della vita, compresa quella intrauterina, assolvono un ruolo chiave nella programmazione endocrino-metabolica dell'individuo ed agiscono quale co-fattore ambientale nello sviluppo di malattie cronico-degenerative ad eziologia multifattoriale (Developmental Origins of Health and Disease) determinando il destino biologico dell'individuo;
    va segnalata la campagna di sensibilizzazione, tra cui la petizione finalizzata ad escludere l'olio di palma dal latte in polvere, lanciata sul portale Change.org e promossa dai portali specializzati Il Fatto Alimentare e Great Italian Food Trade,

impegna il Governo:

   a intraprendere iniziative normative volte a sancire il divieto di utilizzo di olio di palma nella formulazione di prodotti destinati ai neonati, quali il latte in polvere;
   a intraprendere iniziative normative volte al divieto, decorso un anno dall'approvazione della presente mozione, della vendita e dell'importazione nel territorio nazionale di prodotti contenenti olii tropicali (di palma o palmisto o cocco) a fini alimentari e cosmetici;
   ad assumere iniziative, con opportuni strumenti normativi, finalizzate alla sostituzione dell'olio di palma con olii che non siano nocivi per la salute umana e per l'ambiente e che incentivino le economie nazionali e i settori agricoli interessati (olio di semi di girasole, olio d'oliva e altri).
(1-01396) «Busto, Tripiedi, De Lorenzis, Fantinati, Grillo, Mantero, Liuzzi, Vallascas, Daga, Micillo, Crippa, Chimienti, Paolo Bernini, Ciprini, De Rosa, Gagnarli».


   La Camera,
   premesso che:
    la Società per la gestione di attività SGA s.p.a. è la bad bank utilizzata nel 1997 nell'ambito dell'operazione di salvataggio del Banco di Napoli, alla quale al momento del fallimento di una delle più antiche istituzioni creditizie d'Italia furono trasferite le sofferenze bancarie con lo scopo di recuperare i rispettivi crediti;
    i crediti incagliati a titolo oneroso e pro soluto che il Banco di Napoli cedette alla SGA, al netto della svalutazione per le perdite previste, ammontavano a circa 12.378 miliardi di lire, circa 6,4 miliardi di euro, e ad oggi la SGA, stando ai dati riportati dalla Borsa italiana, è riuscita a rientrare di circa il novanta per cento delle esposizioni cedute dal Banco di Napoli;
    la SGA ha altresì acquistato crediti e attivi dell'Istituto per lo sviluppo economico dell'Italia Meridionale, partecipato dal Banco di Napoli e posto in liquidazione nel 1996;
    dopo i primi anni in perdita, e salvo una parentesi negativa nel solo bilancio 2012, dal 2003 la SGA è tornata in attivo registrando profitti anche molto elevati, pari a 98 milioni di euro nel 2008, 113 milioni nel 2011, 14 milioni nel 2013, 13 milioni nel 2014 e quasi 30 milioni di euro nel 2015;
    negli anni la SGA ha anche accumulato un «tesoro» di alcune centinaia di milioni di euro, riserve di utili che si sono formate negli anni grazie proprio all'attività di recupero e gestione dei crediti deteriorati, al 31 dicembre 2014 aveva 484 milioni tra cassa e disponibilità liquide, più altri 238 milioni alla voce crediti;
    con l'articolo 7 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, recante «Disposizioni urgenti in materia di procedure esecutive e concorsuali, nonché a favore degli investitori in banche in liquidazione» è stato previsto che «Le azioni rappresentative dell'intero capitale sociale della Società per la Gestione di Attività S.G.A. S.p.A., istituita nel quadro degli interventi di risanamento, ristrutturazione e privatizzazione del Banco di Napoli per le quali è attribuito al Ministero dell'economia e delle finanze il diritto di pegno (...) sono interamente trasferite al Ministero dell'economia e delle finanze»;
    come corrispettivo del trasferimento delle azioni il decreto-legge determina un importo «non superiore a 600.000 euro, pari al loro valore nominale», e in merito all'operatività della società stabilisce la possibilità che essa sia estesa all'acquisizione alla gestione di crediti e altre attività finanziarie anche da soggetti diversi dal Banco di Napoli;
    con il passaggio del pacchetto azionario, il Governo è diventato proprietario a tutti gli effetti della SGA e potrà disporre del suo patrimonio, un tesoro di oltre seicento milioni di euro;
    già nel 2015 il Ministero dell'economia e delle finanze sembrava intenzionato a utilizzare la SGA come veicolo, o come uno dei veicoli, per dar vita a una bad bank di sistema destinata ad alleggerire il carico dei crediti problematici in capo alle banche italiane, arrivato ormai a superare i trecento miliardi di euro tra sofferenze e incagli;
    tale progetto, tuttavia, è stato fortemente osteggiato in sede europea, in primo luogo in quanto considerato passibile di configurare un aiuto di Stato e, in secondo luogo, proprio a causa del particolare assetto proprietario della SGA, controllata da Intesa-Sanpaolo ma con il pacchetto azionario in pegno al tesoro, e del prezzo necessario per procedere ad un eventuale passaggio di proprietà;
    fino a pochi giorni fa non era chiaro se la SGA, che attualmente occupa circa settanta dipendenti nella sua sede napoletana, sarebbe entrata a far parte del Fondo Atlante oppure se avrebbe operato in proprio o accanto ad altri investitori o soggetti pubblici nell'ambito del piano per sostenere le banche in difficoltà;
    al momento del varo del citato decreto-legge, nel mese di maggio 2016, il Ministro dell'economia e delle finanze aveva dichiarato che «si stanno analizzando a livello tecnico le possibili utilizzazioni di queste aggiuntive risorse che erano collocate presso la SGA», ma già in giugno aveva affermato che la società «potrà investire qualche centinaio di milioni di euro in veicoli costituiti dal fondo Atlante per acquistare sofferenze bancarie»;
    in esito alla deliberazione adottata nella riunione del consiglio di amministrazione della società svoltasi il 3 agosto 2016, ad oggi la SGA risulta essere il primo azionista del fondo Atlante2, il nuovo veicolo voluto dal Governo per sostenere i salvataggi delle banche italiane e in particolare nell'imminente intervento in favore del Monte dei Paschi di Siena, di cui sottoscriverà una quota pari a 450 milioni di euro;
     il 5 ottobre 2016 ha avuto luogo l'assemblea straordinaria di SGA, convocata per modificare lo statuto e l'oggetto sociale, una trasformazione necessaria per il Governo al fine di svincolarla dal vecchio Banco di Napoli e farne un soggetto che potrà operare pienamente e liberamente sul mercato;
    il trasferimento della SGA e del suo patrimonio al Ministero dell'economia e delle finanze, nonché l'impiego delle risorse deliberato, costituiscono un danno patrimoniale diretto a carico della Fondazione Banco Napoli, che all'epoca vide azzerate le sue azioni nel capitale della banca e che vanta crediti milionari che dovrebbero essere restituiti ai soci e, quindi, tornare al territorio, risorse importanti per il Meridione che potrebbero essere destinate al welfare, all'educazione, al recupero culturale e al rilancio imprenditoriale;
    la Fondazione Banco Napoli persegue «fini di interesse sociale e di promozione dello sviluppo economico e culturale prevalentemente nelle regioni meridionali (...) mette a disposizione le proprie risorse economiche attraverso l'erogazione di contributi per aiutare enti no profit a realizzare iniziative di interesse collettivo e svolge un'attività di intervento volta a influire con la massima efficacia sull'ambiente socio-economico e culturale» e, in particolare, «privilegia il settore dell'educazione, della ricerca scientifica e delle innovazioni tecnologiche, della promozione dell'arte e della cultura, della conservazione e valorizzazione dei beni culturali, nonché del volontariato e della solidarietà»,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza volte a rivedere i processi decisionali che hanno portato alla individuazione del Fondo Atlante 2 quale destinatario degli utili di gestione della società di gestione di attività SGA;
   ad assumere iniziative per destinare le risorse della società di gestione di attività SGA in favore di attività che favoriscano lo sviluppo delle imprese meridionali e la relativa maggiore occupazione.
(1-01397) «Taglialatela, Rampelli».

Risoluzioni in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    i dati diffusi dal rapporto «Review on Antimicrobial Resistance», pubblicato nel 2016, riportano che, entro il 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero essere la prima causa di morte al mondo, con un tributo annuo di oltre 10 milioni di vite, più del numero dei decessi attuali per cancro;
    il 26 maggio 2016 gli scienziati del dipartimento alla difesa Usa hanno individuato un super-batterio resistente a qualsiasi tipo di antibiotici, si tratta di una specie di «escherichia coli» riscontrata nelle urine di una donna di 48 anni della Pennsylvania;
    il dettaglio più allarmante, spiega il rapporto pubblicato sulla rivista della Società americana di microbiologia, «Antimicrobial Agents and Chemotherapy», è che l'agente patogeno in questione è resistente persino all'antibiotico di ultima generazione «colistin». La colistina, infatti, è considerata l'ultima spiaggia degli antibiotici e se un batterio riesce a sopravvivere anche a questa è impossibile fermarlo. Potrebbe essere, scrivono i media americani, «la fine della strada» per gli antibiotici;
    uno scenario che potrebbe essere evitato; infatti, il 21 settembre 2016, i Paesi membri dell'Onu si sono riuniti per fare il punto e proporre soluzioni sulla lotta all'antibiotico-resistenza, quella che è stata definita «la più grande sfida della Medicina contemporanea»;
    i rappresentanti dell'Assemblea generale dell'Onu hanno firmato il documento che impegna i 193 Paesi membri a mettere in atto politiche e iniziative per contrastare l'antibioticoresistenza;
    oggi si stimano circa 700 mila morti l'anno a causa dell'antibiotico-resistenza, una stima approssimata per difetto, in quanto non si dispone di un sistema di monitoraggio globale;
    l'Istituto superiore di sanità nel rapporto 09/32 mette in evidenza, «come dimostrano le tendenze registrate da numerosi studi effettuati al riguardo, come l'utilizzo terapeutico degli antibiotici, riscontra un continuo declino in termini di efficacia. Purtroppo, tale declino non è compensato, come invece avveniva in passato, dalla disponibilità di nuovi antibiotici efficaci ed è, almeno in larga misura, associato al loro abuso/cattivo utilizzo. L'uso improprio degli antibiotici ha fatto sì che oggi la loro efficacia non sia più un bene garantito, come a lungo siamo stati abituati a pensare, e che quelli oggi disponibili debbano essere maggiormente difesi, alla stregua di “risorse non rinnovabili”. Gli effetti di queste tendenze sono molto evidenti in Italia, che è uno dei Paesi europei con il più alto consumo di antibiotici (24,5 DDD/1000 abitanti/die) insieme ad altri Paesi dell'Europa meridionale (Grecia in testa, con >g30 DDD/1000 abitanti/die). Conseguentemente, l'Italia condivide con questi Paesi un alto livello di antibiotico-resistenza nei principali agenti batterici di infezioni gravi (stafilococco, Escherichia coli, Pseudomonas spp., pneumococco) e verso le principali classi di antibiotici (penicilline, cefalosporine, macrolidi e fluorochinoloni). La comunità scientifica internazionale è dunque ampiamente concorde nel sostenere la necessità di contrastare il fenomeno tramite una inversione di tendenza che porti ad un corretto utilizzo (mirato, razionale e parsimonioso) degli antibiotici attualmente a disposizione, tenendo presente come la resistenza possa essere ridotta a vantaggio della sensibilità ma che, in ogni caso, questo avverrà con minore rapidità rispetto all'avanzare dell'antibiotico-resistenza»;
    il comunicato stampa dell'Agenzia nazionale del farmaco diramato il 10 maggio 2016 rende noto che «la comunità scientifica internazionale e le istituzioni preposte alla tutela della salute hanno lanciato l'allarme sullo sviluppo di resistenze antimicrobiche da molto tempo, a fronte di una percezione pubblica del fenomeno, a livello globale, ancora piuttosto limitata»;
    si tratta di un’«era post-antibiotica», uno scenario apocalittico, quello in cui le infezioni sfuggono alle armi della medicina moderna per divenire intrattabili, riportando il mondo, dal punto di vista sanitario, al periodo precedente alla seconda guerra mondiale. Oggi si tratta di una concreta minaccia per la salute pubblica mondiale come più volte ricordato dall'Oms, dalle istituzioni europee e da quelle italiane. Uno stato di cose determinatosi rapidamente e contemporaneamente in tutto il mondo a causa, principalmente, dell'utilizzo eccessivo e inappropriato di antibiotici, sia per uso umano che per quello veterinario;
    il sistema di sorveglianza europeo ECDC (European Centre for Disease Prevention and Control) stima che in Italia il consumo di antibiotici sistemici, nonostante presenti un lieve calo rispetto al passato, sia superiore alla media europea, sia in ambito ospedaliero che territoriale;
    circa l'80-90 per cento dell'utilizzo degli antibiotici avviene a seguito della prescrizione dei medici di medicina generale, pertanto la medicina generale rappresenta il punto focale per il monitoraggio del consumo di questa classe di farmaci, nonché il punto su cui è importante agire per migliorarne l'appropriatezza prescrittiva. Difatti, l'impiego improprio di antibiotici, oltre ad esporre i soggetti ad inutili rischi derivanti dai loro effetti collaterali, pone grandi problematiche cliniche connesse al possibile sviluppo di resistenze;
    le condizioni cliniche per le quali si osserva un impiego di antibiotici più frequentemente inappropriato, nella popolazione adulta, sono le infezioni acute delle vie respiratorie (IAR) e le infezioni acute non complicate delle basse vie urinarie (IVU). La metà della popolazione è colpita annualmente da almeno un episodio di IAR; di conseguenza, le IAR rappresentano circa il 75 per cento degli interventi medici nella stagione invernale. Inoltre, esse sono una delle principali cause di morbilità e di mortalità nel mondo. È stimato che oltre l'80 per cento delle IAR abbia un eziologia virale, pertanto gli antibiotici non sono solitamente indicati per il loro trattamento; ne consegue la possibilità di individuare macro indicatori di un uso scorretto degli antibiotici nella popolazione adulta in carico alla medicina generale;
    uno dei problemi più annosi è certamente costituito dal «gradiente Nord-Sud», che vede le regioni del meridione consumare un numero significativamente superiore di dosi, senza alcuna giustificazione dal punto di vista epidemiologico. La variabilità regionale vede realtà di eccellenza, come la Liguria (16,2 dosi giornaliere ogni mille abitanti) e la provincia autonoma di Bolzano (14,4 dosi giornaliere ogni mille abitanti), e contesti che fanno più fatica a ridurre i consumi come la Campania (32,7 DDD/1000 ab die), la Puglia (30,3 DDD/1000 ab die) e la Calabria (28,4 DDD/1000 ab die);
    proprio a livello europeo si valutano con interesse esperienze di Paesi che fanno registrare un consumo inferiore di antibiotici. I Paesi Bassi sono la realtà europea maggiormente virtuosa, con un differente sistema di confezionamento dei farmaci, che consente di preparare dosi unitarie e pacchetti personalizzati. Lo studio Antimicrobial Resistance and causes of Non-prudent use of Antibiotics in human medicine in European Union (Arna), finanziato dall'Unione europea e condotto da un team di ricerca olandese, ha concluso infatti che una delle principali cause del fenomeno dell'automedicazione con antibiotici sono i cosiddetti left-overs, ovvero quelle dosi che superano il numero di quelle prescritte dal medico curante e che rimangono nella disponibilità dei pazienti;
    lo studio ha effettuato una survey in sette Paesi europei, tra cui l'Italia, e nel dettaglio, su 9.313 pazienti italiani intervistati, il 9 per cento ha affermato di utilizzare gli antibiotici senza ricorrere ad una prescrizione medica e, di questi, l'87 per cento utilizza le rimanenze di confezioni di antibiotico disponibile tra famiglia e parenti. Alla luce di quanto emerso anche nel nostro Paese si sta discutendo, nelle sedi deputate, sull'istituzione di un limite alla prescrizione degli antibiotici nell'ambito della terapia individuale;
    nel libro «principi di Politica degli Antibiotici», di Smjla Kalenic e Michael Borg è illustrato come «gli antibiotici influenzano la normale flora umana che può diventare resistente e poi agire come riserva di geni di resistenza. Ciò pone un particolare problema nel trattamento dell'infezione di un paziente potendo potenzialmente influenzare i microrganismi di una certa popolazione. Pertanto, quando possibile, devono essere utilizzati antibiotici con ridotto spettro d'azione. Gli antibiotici sono pure diffusamente utilizzati in medicina veterinaria (per infezioni o come fattori di crescita) e in agricoltura, creando altre riserve di microbi resistenti agli antibiotici che possono infettare l'uomo. L'uso eccessivo degli antimicrobici è direttamente responsabile dello sviluppo della resistenza; di conseguenza devono essere favoriti i migliori modelli di prescrizione»;
    la prescrizione impropria in ospedale è stata descritta come «troppi pazienti che ricevono antibiotici a largo spettro non necessari, per via di somministrazione errata, dose sbagliata e per troppo tempo». Il laboratorio di microbiologia svolge un ruolo fondamentale per la gestione corretta degli antibiotici nelle strutture sanitarie. L'applicazione routinaria dei test di sensibilità (antibiogrammi) è di aiuto nell'identificare i livelli di sensibilità e resistenza a singoli antibiotici e nella scelta della terapia appropriata da parte dei medici. I laboratori di microbiologia devono saggiare gli antibiotici raccomandati. Refertare solo quelli di prima scelta se l'isolato è sensibile; se è resistente, aggiungere l'antibiotico di seconda scelta. Ciò rende meno probabile la prescrizione dell'antibiotico di seconda scelta (solitamente a spettro più ampio, più tossico, più costoso). Informazioni aggiuntive dal laboratorio di microbiologia che possono offrire una guida generale per la scelta dell'antibiotico e ridurre l'uso improprio»;
    il rischio di resistenza antimicrobica non deriva solo dall'abuso di antibiotici in ambito ospedaliero o domestico, ma anche a seguito della trasmissione di batteri resistenti agli antimicrobici attraverso la catena alimentare e della trasmissione di tale resistenza dai batteri animali ai batteri umani;
    il fenomeno dell'antibiotico-resistenza si è sviluppato anche a seguito dell'abuso di antimicrobici negli allevamenti, in particolare negli allevamenti intensivi, dove l'elevata densità della popolazione animale nelle stalle aumenta il rischio dell'insorgenza e della diffusione delle infezioni;
    per mitigare il rischio di resistenza antimicrobica in modo efficace, tenuto conto della co-resistenza e della resistenza incrociata, l'uso prudente degli antimicrobici deve determinare una riduzione generale dell'uso di tali sostanze attraverso azioni dirette a prevenire l'insorgenza delle infezioni, migliorando lo stato di salute e benessere degli animali, proibendo programmi sanitari nei quali gli animali siano trattati sistematicamente con antimicrobici a titolo profilattico;
    l'uso degli antibiotici in veterinaria dovrebbe essere limitato al trattamento delle patologie e non esteso alla prevenzione o alla profilassi di gruppo/allevamento;
    il Ministero della salute nella relazione finale dell'anno 2015 nell'ambito del «Piano Nazionale Residui» ha presentato un focus sugli antibiotici da cui emerge «l'uso eccessivo o non appropriato di antibiotici, unitamente a scarsa igiene e/o carenze nelle pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, ha causato negli anni il fenomeno dell'antimicrobicoresistenza, in quanto si sono create condizioni favorevoli allo sviluppo, diffusione e persistenza di microrganismi resistenti agli antimicrobici sia negli esseri umani che negli animali, trasformando il fenomeno di naturale adattamento biologico dei microrganismi in una seria minaccia per la salute pubblica a livello mondiale. L'Unione europea, nell'ottica della One Health è attiva da più di 15 anni nel contrasto a tale minaccia con una serie di Piani e di azioni che spaziano da attività di prevenzione delle infezioni microbiche e della loro diffusione, al controllo sull'utilizzo appropriato e prudente dei farmaci sia in medicina umana ed animale, allo sviluppo di nuovi antibiotici e al miglioramento della comunicazione, educazione e formazione per operatori e pazienti»;
    nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea C 299 sono state infatti pubblicate le Linee guida sull'uso prudente degli antimicrobici in medicina veterinaria, che rappresenta uno dei principali settori strategici dell'Unione europea nel quadro del contrasto alla resistenza antimicrobica;
    le linee guida si prefiggono l'obiettivo di fornire una guida pratica agli Stati membri in materia di sviluppo e attuazione di strategie per favorire l'uso prudente di antimicrobici in medicina veterinaria, attraverso piani d'azione che mirino a migliorare lo stato di salute e benessere degli animali;
    alcune misure indicate nel documento che contribuirebbero alla prevenzione delle malattie e alla riduzione della necessità di utilizzo di antimicrobici sono volte a: favorire un miglioramento delle condizioni igieniche e biosicurezza di tutta la filiera zootecnica, evitare situazioni di stress per gli animali allevati che possono indebolire i sistemi immunitari degli animali e renderli più sensibili alle infezioni, come ad esempio il sovraffollamento nelle aziende zootecniche, favorire misure preventive efficaci dirette a migliorare la salute animale e gli standard di benessere e monitorare i patogeni e la loro sensibilità a livello di allevamento, con l'obiettivo finale di garantire che l'uso di antimicrobici avvenga su singoli gruppi;
    il 2 marzo 2016 è stata approvata all'unanimità una risoluzione dalle commissioni 9a (Agricoltura e produzione agroalimentare), 12a (Igiene e sanità) del Senato, sulla riduzione dell'impiego di antibiotici nell'allevamento animale;
    una riduzione drastica dell'uso di antibiotici non è una sfida impossibile, infatti l'Olanda ha ridotto negli ultimi 5 anni del 70 per cento il consumo degli antibiotici ad uso veterinario ed è ultima nella classifica europea per il consumo giornaliero di antibiotici, vantando uno dei più bassi livelli di antibiotico-resistenza al mondo;
    l'Olanda mantiene alta l'attenzione sull'uso consapevole di antibiotici, attraverso l'adozione di linea guida evidence based, formazione del personale sanitario e campagne istituzionali rivolte ai cittadini. La sua prossima sfida è di ridurre del 50 per cento sia le prescrizioni inappropriate, sia le infezioni prevenibili nei prossimi cinque anni. L'Olanda ha il pregio di essere intervenuta non solo nel settore sanitario ma anche in quello veterinario, consapevole che questi due ambiti sanitari sono strettamente correlati. Dal 2007 al 2016 ha ridotto di quasi il 70 per cento l'uso di antibiotici negli allevamenti di pollame, bestiame e maiali, riuscendo a frenare la pericolosa crescita registrata a partire dagli anni Novanta;
    in Olanda, davanti alla constatazione che dal 1990 al 2007 l'uso di antibiotici negli allevamenti era raddoppiato, il Servizio medico veterinario nazionale olandese ha lanciato una partnership pubblica-privata tra aziende alimentari, veterinari e Governo. Nel giro di due anni, ha raccolto i dati sull'uso di antibiotici in 40 mila allevamenti. Individuati quali erano gli allevatori che facevano maggiore uso di antibiotici e i veterinari che ne prescrivevano di più, si è iniziato a lavorare per accrescere la consapevolezza della resistenza globale agli antibiotici. In contemporanea, il Governo ha imposto la riduzione del 20 per cento nel 2011, del 50 per cento nel 2013 e del 70 per cento nel 2015 dell'uso di antibiotici in veterinaria, sfida che è stata vinta dimostrando che le abitudini possono cambiare;
    la resistenza antibiotica è una minaccia seria alla salute globale e pertanto non deve essere sottovalutata; la prevenzione e il controllo delle infezioni dovranno essere una priorità nel nostro Paese, occorre quindi che tutte le istituzioni cooperino per modificare i comportamenti di tutti gli attori coinvolti: allevatori, consumatori, medici e pazienti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché gli ospedali siano dotati di servizi di microbiologia permanente, al fine di identificare i livelli di sensibilità e resistenza a singoli antibiotici e coadiuvare i medici prescrittori nella scelta delle terapie più appropriate;
   ad adottare iniziative efficaci che mirino alla riduzione del consumo degli antibiotici in ambito ospedaliero, promuovendo l'applicazione di test di sensibilità agli antibiotici (antibiogrammi) necessari per garantire l'appropriatezza prescrittiva;
   a promuovere, per quanto di competenza, un differente sistema di confezionamento dei farmaci, prevedendo l'introduzione di dosi unitarie o pacchetti personalizzati al fine di evitare auto prescrizioni da parte dei cittadini;
   ad assumere iniziative per promuovere programmi di formazione professionale specifica degli operatori sanitari, migliori prassi, anche con riguardo alle terapie corrette, migliori modelli prescrittivi, misure per prevenire e ridurre la trasmissione di patogeni, il controllo delle infezioni e misure igieniche;
   ad assumere iniziative, attraverso campagne istituzionali di informazione e di educazione sanitaria sull'uso prudente di antimicrobici, volte ad incoraggiare tutti i cittadini ad agire in modo proattivo per ridurre la minaccia alla resistenza antibiotica;
   ad adottare le necessarie iniziative per prevenire lo sviluppo e la trasmissione delle malattie all'interno degli allevamenti e per incentivare sistemi di allevamento estensivo e allevamenti con metodi biologici, che garantiscano maggior rispetto del comportamento e del benessere animale, nonché una minore incidenza delle infezioni;
   ad assumere iniziative per attuare programmi di controllo e monitoraggi delle aziende zootecniche al fine di rafforzare l'attività di vigilanza sulle condizioni di vita e di salute degli animali e di contrasto di eventuali abusi nell'utilizzo di antimicrobici;
   ad assumere iniziative per creare un sistema nazionale volto ad incrementare i controlli sulla distribuzione, prescrizione ed uso di medicinali veterinari, nonché a promuovere l'obbligo della ricetta elettronica per i farmaci veterinari al fine di evitare l'abuso degli antibiotici negli allevamenti;
   ad assumere iniziative, anche normative, per vietare l'applicazione di sconti di marketing basati sul meccanismo prezzo/volume sull'acquisto di antibiotici ad uso veterinario;
   ad individuare, anche attraverso l'Istituto superiore di sanità, protocolli di sorveglianza epidemiologica dei nosocomi, e a verificare che stessi siano attuati, in modo costante, al fine di identificare eventuali ceppi multi-resistenti e strategie mirate di intervento.
(7-01127) «Mantero, Gagnarli, Silvia Giordano, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Nesci, Grillo, Busto, Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gallinella, L'Abbate, Parentela».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    in Italia, il settore del tabacco rappresenta una realtà agricola e industriale molto importante: il nostro Paese detiene, infatti, il primato di produzione di tabacco in Europa e la tabacchicoltura interessa circa 50.000 lavoratori nel ciclo della produzione agricola, della prima trasformazione e del relativo indotto, nonché circa 3.000 aziende agricole;
    il settore produttivo del tabacco risulta fortemente concentrato in determinate regioni (il distretto dell'Alta Valle del Tevere in Umbria, la Toscana, il Veneto e la Campania), rappresentando per alcune di esse una delle principali risorse economiche e una significativa fonte di occupazione;
    negli ultimi dieci anni la tabacchicoltura italiana ed europea hanno subito una radicale riforma della politica di settore nell'ambito della politica agricola comune (PAC), passando da un sostegno tra i più elevati ad un vero e proprio divieto di ogni forma di aiuto finalizzato alla coltura del tabacco: il mantenimento della coltivazione in Italia è, dunque, da attribuire a un insieme di azioni coordinate e complementari messe in atto sia dalle istituzioni che dall'intero sistema tabacchicolo nazionale;
    in questo contesto, risulta rilevante l'impegno assunto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dalle regioni per dare garanzia commerciale ai tabacchicoltori, attraverso la stipula di accordi con le manifatture internazionali per assicurare l'acquisto del prodotto italiano, come ad esempio l'intesa programmatica sottoscritta nel 2005 con Japan Tobacco International per l'acquisto di tabacco italiano ed il supporto alla filiera, intesa rinnovata nel 2011 e, da ultimo, il 5 ottobre 2016;
    un impegno, quello del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e delle multinazionali, che ha permesso ai tabacchicoltori di continuare ad investire nella coltivazione, raccolta e prima lavorazione del tabacco – che coinvolge circa 2.000 addetti per anno – e a garantire una produzione costante nel tempo;
    grazie a questi accordi si è generato un circolo virtuoso che consente ai tabacchicoltori di allocare anche all'estero una parte del tabacco prodotto in Italia, con un impatto positivo per lo sviluppo socio-economico delle aree interessate alla coltivazione;
    gli accordi commerciali siglati nel 2012 tra la manifattura e il Consorzio Tti (Trasformatori tabacco Italia) hanno tra l'altro favorito, nel distretto dell'Alta Valle del Tevere, la diffusione di best practices agricole a basso impatto ambientale, che si sono affermate come un modello di efficienza: dal 2012 ad oggi, infatti, più del 41 per cento del fabbisogno energetico annuale per la produzione di tabacco è stato coperto dall'impiego di fonti rinnovabili (fotovoltaico, il 9,78 per cento, biomasse, 17,8 per cento, cippato, il 14,16 per cento); inoltre, il tabacco umbro è stato tra le prime colture a utilizzare un sistema di tracciabilità di filiera – introdotta con un progetto pilota nazionale finanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – basato sulla gestione informatizzata di tutte le operazioni di campagna;
    alla luce del quadro finora tracciato, è evidente che il ridimensionamento in Italia della coltivazione del tabacco può generare, a livello territoriale, costi economici e sociali molto più alti di quelli che possono apparire ad una analisi poco approfondita;
    l'adozione di politiche restrittive in sede europea e l'eventuale introduzione anche in Italia – come sta accadendo in Francia, Inghilterra, Irlanda e Slovenia – del cosiddetto «pacchetto generico», rischierebbero di annullare gli effetti positivi generati in questi anni dalla virtuosa collaborazione tra istituzioni, settore produttivo e manifattura, favorendo una crescita esponenziale di prodotti contraffatti e di vendite illegali, con conseguenze negative anche sulla tenuta del gettito erariale,

impegna il Governo:

   ad assicurare il pieno sostegno allo sviluppo del settore tabacchicolo italiano, ribadendo, in coerenza con quanto fatto finora in sede europea e internazionale, la posizione italiana di contrarietà a politiche di settore eccessivamente restrittive, come ad esempio il «pacchetto generico»;
   ad assumere iniziative in vista della revisione parziale della politica agricola comune del 2017, per ottenere la riapertura del dossier tabacco che è stato immotivatamente discriminato nei confronti degli altri comparti agricoli come unico prodotto agricolo contemplato dall'allegato 2 del trattato di Roma che non accede ad alcun aiuto europeo;
   a garantire, per quanto di competenza, lo svolgimento delle attività previste dagli accordi sottoscritti tra Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e manifatture internazionali affinché sia assicurato un monitoraggio costante dei progressi e delle iniziative relative alla sostenibilità della filiera tabacchicola e lo sviluppo di buoni standard agricoli, considerato che, nel mercato globale, il tabacco italiano può riuscire a competere solamente raggiungendo e mantenendo un elevato standard qualitativo.
(7-01126) «Romanini, Sani, Galperti, Oliverio, Parrini, Capozzolo, Cova, Sgambato, Prina, Dal Moro, Mongiello, Palma, Carra, Cuomo, Donati, Cenni, Amato, Patrizia Maestri, Paolo Rossi, Terrosi, Ascani, Albanella, Bossa, Falcone».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il dna dei sardi d'Ogliastra non può essere utilizzato se non dopo una nuova autorizzazione;
   la banca dati che aveva fruttato un guadagno stratosferico nella borsa di Londra di 60 milioni di euro in due giorni è stata bloccata;
   la decisione assunta nei giorni scorsi dal Garante per la protezione dei dati personali è chiara e netta: senza un nuovo consenso quei dati sono carta straccia;
   tale decisione segue la segnalazione dell'interrogante al Garante per la protezione dei dati personali e i reiterati atti di sindacato ispettivo;
   è stata sostanzialmente accolta la richiesta di revoca dell'autorizzazione alla gestione della banca genetica nella disponibilità del consorzio Genos acquisita dalla società Tiziana Life Sciences, con sede a Londra e quotata nell'omonima borsa londinese;
   nelle reiterate interrogazioni del sottoscritto e nella stessa segnalazione al Garante era riportata quella che l'interrogante ritiene la palese violazione di norme nazionali e internazionali, considerata la stessa raccomandazione del Consiglio d'Europa sui test e gli screening genetici a fini di cura che devono essere effettuati in conformità ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla Convenzione per la protezione degli individui, con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali;
   ora deve essere valutata la revoca della cessione della banca dati perché si possa riprendere il percorso pubblico di quel progetto genetico interrotto prematuramente per quelli che l'interrogante giudica l'ingordigia e l'affarismo di taluni personaggi;
   è fondamentale la disposizione dell'authority che obbliga qualsiasi nuova società a «ricontattare gli interessati, al fine di rendere loro un'idonea informativa e raccogliere una nuova manifestazione di consenso nei termini illustrati nel presente provvedimento»;
   l'operazione sul dna dei sardi era stata un colpo del secolo con un guadagno secco in borsa di 60 milioni di euro;
   nei dieci giorni successivi all'acquisto del dna dei sardi gli inglesi della Tiziana Life Sciences si erano messi nel portafoglio di borsa una cifra che, a giudizio dell'interrogante, vale 230 volte il valore d'acquisto della banca dati genetica per la quale avevano speso solo 258.000 euro;
   si tratta di un incremento del valore di borsa registrato sin dal primo giorno e cresciuto in maniera esponenziale in una settimana di borsa sino al 37 per cento di incremento registrato il 25 luglio;
   la Tiziana Life il giorno prima dell'acquisto, era il 15 luglio, ultimo giorno di chiusura prima dell'acquisito, valeva in borsa 162 milioni di euro; in appena dieci giorni il valore della capitalizzazione raggiunge i 222 milioni di euro segnando lo spaventoso guadagno di oltre 60 milioni di euro;
   da 162 milioni di euro a 222 milioni di euro, un colpo senza precedenti giocato tutto sull'anima genetica dei sardi;
   l'annuncio dell'acquisto era stato fatto il 18 luglio. E la comunicazione in borsa fu esplicita: Tiziana Life ha comprato i 13.000 campioni per 258.000 euro; dopo l'annuncio le azioni sono salite dal valore del 15 luglio di 1,72 euro a 2,36 del 25 luglio, con un incremento valore di 0,64 euro per azione. Tiziana Life Sciences ha capitale nominale di 94.393.401 azioni del valore di 3 pence (0,03 sterline) l'una. In pratica il valore della società in borsa (Market Capital dell'azienda) è passato da: 162 milioni di euro a 222 milioni di euro, cioè 60 milioni 820 mila euro in più –:
   se non si ritenga di dover intervenire attraverso apposite iniziative normative per disciplinare in modo certo e compiuto tali casi;
   se non si ritenga di dover chiedere al Governo inglese un intervento immediato che favorisca l'applicazione della decisione del Garante per la protezione dei dati personali;
   se il Governo non ritenga che sussistano i presupposti per assumere un'iniziativa volta a privare di effetti una compravendita, a giudizio dell'interrogante minata nella sua radice giuridica con riferimento al titolo di proprietà della banca genetica, e consentire un percorso di governo pubblico, d'intesa con la regione sarda, così come inizialmente previsto per quel tipo di ricerca. (5-09860)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il 10 agosto 2016 il quotidiano francese Le Monde ha pubblicato un articolo firmato dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, e dalla Ministra della difesa, Roberta Pinotti, sui temi della sicurezza e della difesa, resi attuali, secondo i due esponenti del Governo, dal risultato del referendum britannico e dal concatenarsi di attacchi terroristici che starebbero «alimentando un sentimento di angoscia senza precedenti in Europa»;
   nell'articolo, oltre all'ipotesi della promozione, da parte di un gruppo di Stati membri, di una sorta di Unione per la difesa europea, verrebbe avanzata l'ipotesi «di dotare l'Ue di un'accresciuta autonomia d'azione, rafforzando le capacità militari comuni, con una maggiore cooperazione tra gli Stati membri e un rafforzamento dell'industria europea della difesa»;
   alcuni organi di stampa avrebbero messo in relazione la pubblicazione dell'articolo con alcune voci non ufficialmente confermate di un'ipotesi di fusione tra l'Airbus e Leonardo-Finmeccanica;
   in particolare, l'edizione online di Repubblica Economia del 24 agosto 2016, nel commentare il rialzo delle quotazioni in borsa di Leonardo-Finmeccanica, specificava che «A sostenere le quotazioni, spiegano dalle sale operative, c’è l'articolo pubblicato da Le Monde e scritto dai ministri italiani degli Esteri e della Difesa, Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti»;
   il citato articolo, nel riferire la proposta formulata dai due esponenti del Governo in merito a una più stretta collaborazione nella politica europea di sicurezza e difesa e di una maggiore integrazione industriale e continentale, ipotizza che si sarebbe trattato di «Parole che il mercato legge nell'ottica di un possibile avvicinamento tra Leonardo e Airbus, che potrebbe anche portare alla fusione tra i due gruppi»;
   la stessa ipotesi di fusione sarebbe stata formulata da Milano Finanza del 24 agosto 2016 in un articolo dal titolo «Leonardo, il mercato specula su una fusione con Airbus»;
   secondo altri organi di stampa la fusione verrebbe interpretata come «Operazione che potrebbe spingere Hollande a schierarsi dalla parte italiana per ottenere maggiore flessibilità sui conti pubblici. In cambio, la Francia otterrebbe gli elicotteri Agusta e gli aerei di Alenia e si toglierebbe così di mezzo pericolosi concorrenti sui principali mercati (soprattutto arabi)»;
   è il caso di sottolineare che Finmeccanica, dal 1o gennaio 2017 Leonardo, così come è riportato nel sito internet «è un'azienda globale ad alta tecnologia e uno degli attori chiave nel mercato mondiale dell'industria dell'Aerospazio, Difesa e Sicurezza», conta oltre 47.000 dipendenti, dei quali circa il 37 per cento all'estero ed è presente, con propri uffici e insediamenti industriali, in 15 Paesi;
   in considerazione della rilevanza e del posizionamento dell'azienda nel mercato globale, dei settori ad alto contenuto tecnologico in cui opera, della partecipazione dello Stato con oltre il 30 per cento delle azioni di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, la notizia di un'eventuale fusione con Airbus è destinata a destare forti preoccupazioni per il futuro del gruppo, sia per quanto attiene alla salvaguardia del controllo italiano nella gestione dell'azienda sia per i rischi connessi alla perdita del dominio nazionale sul patrimonio brevettuale sia per il mantenimento dei livelli occupazionali e produttivi –:
   quali siano gli indirizzi di politica industriale del Governo per quanto attiene al settore della difesa, con particolare riguardo a eventuali fusioni di gruppi industriali italiani a partecipazione pubblica con aziende straniere;
   se non si intenda chiarire quanto dichiarato dai Ministri della difesa e degli affari esteri e della cooperazione internazionale nell'articolo pubblicato su Le Monde, con particolare riguardo all'auspicio formulato di «dotare l'Ue di un'accresciuta autonomia d'azione, rafforzando le capacità militari comuni, con una maggiore cooperazione tra gli Stati membri e un rafforzamento dell'industria europea della difesa»;
   se corrispondano al vero le ipotesi formulate da alcuni organi di stampa su una presunta fusione tra Airbus e Leonardo-Finmeccanica e, in caso affermativo, quali siano le valutazioni e le previsioni di natura economica alla base dell'operazione;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che l'Italia perda il controllo sul gruppo Leonardo-Finmeccanica per effetto della fusione ipotizzata in premessa che rischia di determinare un grave impoverimento dell'industria italiana, delle sue competenze, delle sue conoscenze, del suo patrimonio brevettuale e delle sue tecnologie, oltre a compromettere livelli occupativi e produttivi.
(2-01516) «Vallascas, Brugnerotto, Da Villa, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, Lorefice, Cozzolino».

Interrogazione a risposta orale:


   CAPEZZONE e DISTASO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia, in sede Unesco, si è a due riprese espressa con un voto di astensione rispetto a un documento che nega le radici ebraiche di Gerusalemme, del Muro del Pianto, del Monte del Tempio –:
   quale sia stata la catena decisionale che ha portato l'Italia a scegliere il voto di astensione, differenziando il nostro Paese dalla gran parte degli alleati occidentali che invece hanno votato contro (Usa, Uk, Germania, Olanda);
   come si giustifichi questa decisione, la cui responsabilità politica è ad avviso degli interroganti incancellabile e ricade inevitabilmente sull'Esecutivo, visto che è inimmaginabile che ambasciatori agiscano senza direttive governative;
   come si concilii questa votazione con le reiterate dichiarazioni di amicizia del Governo verso Israele. (3-02571)

Interrogazione a risposta scritta:


   TACCONI, FEDI e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 1988, n. 470 istituisce l'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (A.i.r.e.) che contiene i dati dei cittadini italiani che risiedono all'estero e di quelli che vi trasferiscono la residenza per periodi superiori a 12 mesi;
   l'articolo 2, lettera b) della legge stabilisce che l'iscrizione nelle anagrafi degli italiani residenti all'estero può avvenire anche «per trasferimento dall'AIRE di altro comune o dall'anagrafe di cui al comma 4 dell'articolo 1, quando l'interessato ne faccia domanda, avendo membri del proprio nucleo familiare iscritti nel Aire o nell'anagrafe della popolazione residente del comune»;
   al di fuori di tale casistica non sono previste altre motivazioni per richiedere il trasferimento della propria iscrizione all'A.i.r.e. da un comune all'altro;
   non è raro il caso in cui gli italiani residenti all'estero non intrattengono più alcun legame con il comune di origine, avendo trasferito il centro dei loro interessi in Italia in un altro comune per avervi acquistato un immobile;
   l'acquisto e il possesso di un immobile costituisce una chiara volontà di stabilire nel nuovo territorio di elezione la propria dimora italiana –:
   se non si intendano assumere iniziative normative per ampliare le possibilità di trasferimento dall'A.i.r.e. di un altro comune, prevedendo espressamente che il trasferimento possa avvenire, oltre che per le motivazioni di cui all'articolo 2, lettera b) della legge n. 470 del 27 dicembre 1988, anche per il possesso di immobili nel comune nelle cui liste si richiede l'iscrizione. (4-14588)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   all'indomani degli ultimi eventi in cui, ancora una volta, si è registrata una cattiva qualità dell'aria nei comuni di Siracusa, Augusta, Priolo e Melilli, l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) di Siracusa ha richiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – in una nota che accompagna il rapporto annuale 2015 sulla qualità dell'aria – di aggiornare la normativa sugli inquinanti. In particolare, per alcuni composti di chiara origine industriale che non rientrando, ad oggi, nelle tabelle ministeriali, si rende di fatto impossibile valutarne l'impatto: gli idrocarburi non metallici, per esempio, non risultano inseriti nella disciplina di cui al decreto legislativo n. 155 del 2010;
   i dati forniti dalle centraline di rilevamento rappresentano la principale e la più attendibile fonte di informazione per la valutazione dell'inquinamento atmosferico in un'area ad alto rischio come quella del sito di interesse nazionale di Siracusa, Priolo, Melilli, Augusta;
   nel citato rapporto dell'Arpa Siracusa si dà evidenza degli inquinanti di chiara origine industriale per i quali la norma non prevede valori limite come gli idrocarburi non metanici e l'idrogeno solforato. Queste sostanze, per le quali non è possibile esprimere giudizi di qualità vista l'assenza di valori di riferimento, sono frequentemente presenti sul territorio e spesso in concentrazioni superiori a quelle riportate dalla letteratura scientifica. L'Arpa rileva che sia concentrazioni orarie nel comprensorio siracusano sia concentrazioni orarie di idrocarburi non metanici superiori a 200 mic/m3 sono solitamente causa di intensi disturbi olfattivi tra la popolazione. Si precisa che tali episodi si verificano in fasce orarie e in siti che escludono il traffico veicolare;
   tutto ciò è riportato nel rapporto qualità dell'aria: infatti, un incremento della percentuale di concentrazione orarie degli idrocarburi non metanici sul 70 per cento dei siti monitorati mette in evidenza la forte presenza di altri inquinanti, quali i composti solforati. Vengono, in particolare, riscontrate percentuali di superamento della soglia olfattiva e, specificamente: il metilmercaptano con il 63 per cento, il tiofene con il 42 per cento, il propilmercaptano con il 74 per cento e il disolfurodipropilene con il 52 per cento;
   la nota dell'Arpa evidenzia: «ad ulteriore supporto, vi sono i dati del 2016 fino al recente periodo di ottobre. Sono evidenti concentrazioni orarie ben superiori alla soglia dei 200 microgrammi per metro cubo che hanno procurato situazioni di malessere alla popolazione raggiungendo talvolta livelli orari di alcuni migliaia di microgrammi per metro cubo: questi dati allarmanti, ma annunciati, contribuiscono a fare del Sin di Priolo una delle zone maggiormente inquinate d'Italia»;
   all'inquinamento atmosferico va infatti sommato quello del suolo, con la presenza di metalli pesanti (arsenico, cromo, mercurio con concentrazioni anche di oltre 1.000 volte il valore limite, zinco, rame, e altro): idrocarburi, benzene, IPA, diossine, tutti con concentrazioni molto al di sopra dei valori limite. L'inquinamento nella falda è caratterizzato dalla presenza di metalli pesanti: mercurio con concentrazioni anche di oltre 50 volte il valore limite, cromo, piombo, antimonio, selenio, nitriti, zinco, e altro; alifatici clorurati cancerogeni, cloro e benzeni;
   i cittadini del Sin di Priolo attendono da quasi vent'anni interventi di bonifica e di riqualificazione ambientale e, da anni, è ormai accresciuta la sensibilità della cittadinanza sul tema dei rischi sanitari e soprattutto sull'incidenza dell'inquinamento sulla salute della popolazione residente;
   l'Arpa chiede al Ministero di porre in essere ulteriori strumenti normativi per agevolare l'azione di controllo e di prevenzione e di disporre, in ambito autorizzatorio, specifiche azioni sostitutive a quelle prescrizioni i cui tempi di adeguamento non sono compatibili con le esigenze del territorio. Solo a titolo di esempio, nell'attesa che tutti i camini siano dotati di sistema Sme, che si installino gli analizzatori in continuo di idrogeno solforato nei post combustori degli impianti Claus e che venga effettuata la copertura delle vasche degli impianti di trattamento delle acque di scarico, si potrebbero prescrivere delle azioni integrative a quelle già previste nell'attuale piano di monitoraggio e controllo quali, ad esempio, un accesso diretto ai dati di processo, da parte degli organi di controllo, tramite i sistemi di automazione già presenti negli impianti –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza della nota dell'Arpa Siracusa e del rapporto annuale sulla qualità dell'aria;
   se il Ministro intenda porre in essere ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, che possano agevolare l'azione di controllo dell'Arpa;
   se il Ministro, nell'attesa di una modifica delle norme di cui al decreto legislativo n. 155 del 2010 finalizzata ad integrare le sostanze inquinanti, non ritenga di costituire un tavolo tecnico interistituzionale con la presenza dell'istituto superiore di sanità dell'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e di altri soggetti interessati.
(2-01517) «Amoddio, Bini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nelle giornate del 14 e 15 ottobre 2016 una mareggiata senza precedenti ha investito le coste della Sardegna da Teulada al Poetto, fino a raggiungere tutta la costa sud-est;
   la grave mareggiata ha messo in ginocchio tanti operatori del settore balneare sardo;
   si registrano decine di stabilimenti letteralmente distrutti;
   è indispensabile un intervento immediato che consenta di bloccare, da una parte, le scadenze tributarie e, dall'altra, di individuare forme di risarcimento per quella che si configura come una calamità naturale;
   gli operatori economici hanno chiesto la dichiarazione di stato di calamità naturale, nonostante per il settore non sia prevista alcuna tutela di questo tipo;
   il comparto è stato purtroppo vittima di un evento eccezionale di una portata imprevedibile per il mese di ottobre;
   il settore conta circa 600 aziende in tutto il demanio dell'isola;
   il comparto balneare non è destinatario di allerta meteo specifici, ma ci si rifà agli avvisi di burrasca emessi dai siti web che forniscono informazioni meteo-marine dedicate prevalentemente ai naviganti;
   i servizi turistico-ricreativi sono disciplinati dalle ordinanze delle capitanerie di porto e della regione;
   la stagione balneare di norma è dal 1o maggio al 31 ottobre e, sebbene l'obbligo di tenere aperte le strutture sia dal 15 giugno fino al 15 settembre, il clima favorevole e la numerosa presenza dei turisti nella bassa stazione sono diventati di stimolo per la categoria che garantisce i servizi essenziali nelle spiagge, mantenendo di conseguenza parte del personale addetto;
   non si tratta certo di un interesse legato al profitto, che ovviamente fuori stagione permette solo di coprire i costi, ma soprattutto di una attenzione turistico-balneare da parte di chi crede davvero che il «fuori stagione» debba essere appetibile per chi arriva anche grazie ai servizi che si possono trovare nelle spiagge;
   da una parte, il settore non usufruisce di alcun incentivo, pur offrendo dei servizi ormai indispensabili per turisti e locali e garantendo tanti posti di lavoro ai giovani sardi; dall'altra, si aggiunge la difficoltà di tutelarsi per eventi atmosferici eccezionali, poiché difficilmente le assicurazioni offrono polizze per questo tipo di rischio;
   è indispensabile la dichiarazione di stato di calamità naturale per le aree costiere della Sardegna colpite dagli eventi climatici dei giorni scorsi, con sospensione del pagamento dei canoni demaniali per i proprietari degli stabilimenti balneari e delle attività commerciali in regime di concessione;
   gli eventi meteorologici che hanno colpito nei giorni scorsi la costa sarda hanno prodotto danni ingentissimi alle imprese e a tutto il sistema balneare della costa;
   le forti mareggiate hanno devastato stabilimenti balneari, bar, ristoranti ed altre attività commerciali e il maltempo e l'intensità degli eventi atmosferici hanno determinato gravi danni ai beni pubblici e privati, alle attività economiche e produttive;
   la devastazione di moltissimi stabilimenti balneari ha provocato danni che solo nella spiaggia del Poetto superano il mezzo milione di euro;
   il distruttivo evento meteorologico ha messo in ginocchio attività economiche, mettendo a rischio la stessa esistenza di quelle attività;
   occorre agire con tempestività, al fine di consentire il ripristino delle attività compromesse ed evitare che tali danni possano portare alla cessazione delle attività stesse;
   per questa ragione è indispensabile che la regione richieda lo stato di calamità e il Governo deve accogliere tale istanza con rapidità;
   occorre in ogni caso fare la puntuale valutazione dei danni che devono essere risarciti anche attraverso sgravi fiscali e la sospensione di oneri a carico degli operatori economici –:
   se il Governo non intenda predisporre le iniziative necessarie, d'intesa con la regione, per la dichiarazione di stato di emergenza, al fine di rinvenire le risorse necessarie al ristoro dei danni e di sospendere le tasse e i pagamenti concessori. (5-09839)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 14 ottobre 2016 sono in corso lavori straordinari di rifacimento della pista dell'aeroporto romano «G.B. Pastine», la cui ultimazione sarebbe prevista per il 29 dello stesso mese;
   i lavori si svolgono con l'impiego di grandi macchine per movimento terra, martelli pneumatici e fresatrici a lavoro ininterrottamente nell'arco delle 24 ore 7 giorni su 7;
   molti cittadini che vivono nell'intorno dello scalo lamentano fortissimi livelli di rumore anche notturno, difficoltà alle vie respiratorie e irritazioni oculari per la dispersione delle polveri proveniente dall'aria di cantiere;
   gli impatti ambientali connessi alle attività di cantiere stanno producendo gravi disagi alla popolazione residente con il rischio di determinare forti disturbi alla salute dei cittadini;
   nei contenuti minimi del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100 e allegato XV del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, devono essere ricomprese le valutazioni dei rischi che le lavorazioni di cantiere comportano per l'area circostante –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della natura e dello svolgimento delle opere e delle obbligatorie valutazioni d'impatto ambientali relative alla loro cantierizzazione, nonché dei rischi che le lavorazioni di cantiere comportano per l'area circostante e quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire e tutelare la salute dei cittadini anche valutando se sussistono i presupposti per sospendere i lavori in caso di accertata violazione delle norme vigenti. (5-09849)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio del 2012, su richiesta dell'Agenzia regionale per la difesa del suolo della regione Lazio, finalizzata ad interrompere la contaminazione acquifera del fiume Tevere, causata dalla presenza sulle sponde di ingenti quantitativi di rifiuti, dopo vent'anni, veniva sgomberato il campo nomadi di via del Baiardo, nella zona di Tor di Quinto a Roma;
   l'area golenale, di circa sei ettari, dopo la bonifica effettuata dall'Ama nel settembre dello stesso anno con rimozione di circa 800 tonnellate di rifiuti, rimane in stato di abbandono e diventa oggetto di continuo sversamento di rifiuti solidi urbani, speciali e tossici;
   nell'aprile del 2014, il dirigente del commissariato di Ponte Milvio, denunciava con lettera la grave situazione di degrado ambientale all'Ardis, invitandola ad intervenire;
   lo stesso prefetto di Roma allora in carica Franco Gabrielli nel luglio 2015 reiterava la richiesta di bonifica dell'area scrivendo alla regione Lazio, all'Ardis e all'Agenzia del demanio;
   nel dicembre del 2015 il dipartimento tutela ambiente e protezione civile di Roma Capitale diffidava per iscritto l'Ardis e la regione Lazio ad effettuare l'intervento di bonifica;
   all'inizio del 2016 l'Ardis, nel frattempo sciolta e incorporata nella struttura regionale direzione regionale risorse idriche e difesa del suolo, respinge la diffida dichiarandosi non competente;
   ancora nella primavera 2016, quintali di lastre di amianto vengono abbandonati a poche decine di metri dalla pista ciclabile che costeggia l'area;
   pochi giorni fa la procura della Repubblica di Roma, su proposta dell'attuale dirigente del commissariato Ponte Milvio, Filiberto Mastrapasqua, sequestra l'area nominando la regione custode giudiziario;
   il 13 ottobre il consiglio del XV municipio di Roma Capitale vota all'unanimità un documento con il quale si chiede di «chiudere urgentemente l'accesso alla discarica con una barriera di new jersey; far attivare ogni procedura utile per la bonifica totale dell'area; convocare d'urgenza il Comitato dell'Ordine della Sicurezza di Roma Capitale per una seduta straordinaria dedicata al problema» –:
   se i Ministri interrogati, nell'ambito delle proprie competenze, non ritengano urgente promuovere iniziative con la partecipazione dell'autorità di bacino, della prefettura, della competente soprintendenza nonché degli enti territoriali interessati, per fronteggiare la situazione critica dell'area golenale, a salvaguardia del fiume Tevere, bene paesaggistico tutelato ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. (5-09850)


   PELLEGRINO e ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dal quotidiano «La Nuova Sardegna» del 28 agosto 2016, nei giorni precedenti un membro del consiglio direttivo del Parco nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, il professore Vincenzo Di Fraia, è stato sorpreso ad infrangere una norma di tutela, ambientale, navigando con la «sua» imbarcazione adibita al trasporto pubblico di passeggeri, perciò in esercizio di titolo professionale, in area di massima tutela (Ma);
   nell'articolo si legge: «Lo Squalo finisce nella rete della Capitaneria. I militari (...) hanno multato l'imbarcazione che trasporta i turisti nelle isole dell'arcipelago. Attraversava una zona vietata alla navigazione dietro Caprera. Al timone dello Squalo IV un comandante dall'esperienza blasonata, Enzo Di Fraia. Che oltre a essere un super marinaio è anche componente del Consiglio direttivo del Parco, l'ente che quelle regole le ha scritte e le fa applicare». Come chiarito sempre nel medesimo articolo, si tratta delle norme di salvaguardia emanante in attuazione del decreto istitutivo, che risalgono ormai a oltre 20 anni fa;
   l'ente sta procedendo all'imminente adozione del piano del parco, che potrà intervenire sulla definizione dei vincoli e della zonazione dell'area protetta; infatti, questo tema è posto all'ordine del giorno dell'adunanza prevista il 24 ottobre 2016;
   a parere degli interroganti, è grave e preoccupante che il suddetto consigliere ricopra il ruolo di membro del citato consiglio direttivo, laddove i suoi comportamenti si confermino in contrasto con le norme ambientali;
   giova peraltro ricordare che lo stesso Di Fraia, insieme ad altri 3 colleghi, predispose una delibera volta a contravvenire una disposizione di legge, ridestinando le somme stanziate dalla legge di stabilità 2013 all'acquisto dell'isola di Budelli, ad altri fini. La suddetta deliberazione poi è stata giustamente annullata dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; ora il consigliere si rende nuovamente attore di azioni che appaiono in evidente contrasto con le norme di salvaguardia dell'area protetta e la sua permanenza potrebbe, col voto, condizionare l'adozione di specifici provvedimenti inseriti nel piano del parco –:
   se, alla luce di quanto esposto quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione alla condotta del suddetto membro del consiglio direttivo del parco nazionale dell'arcipelago di La Maddalena, anche al fine di garantire che l'adozione del piano del parco sia messa al riparo da possibili pressioni o condizionamenti.
   (5-09851)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto ha rilasciato parere favorevole V.I.A. (valutazione di impatto ambientale) – A.I.A. (autorizzazione integrata ambientale) con deliberazione della giunta regionale n. 917 del 20 luglio 2015 al progetto per la produzione di bio-BDO ad Adria (Rovigo) proposto dalla società Mater-Biotech s.p.a.;
   il progetto, seppur innovativo dal punto di vista del prodotto, ha previsto la costruzione di una centrale di cogenerazione turbogas a metano da 7,52 Mwe e una centrale a biomasse di 599 kWe;
   la Pianura padana e in particolare la zona in questione mostrano un forte inquinamento dell'aria con eccessi per il limite annuo dei giorni di superamento del parametro PM10; ciò determina effetti gravissimi sulla salute umana: si stima, infatti, 30.000 morti in più all'anno a fronte della relazione lineare tra valori del parametro ed effetti negativi sulla salute riscontrata dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità;
   lo studio di ricaduta, a quanto risulta agli interroganti, ha preso in esame solo le emissioni di alcuni dei camini dell'impianto, escludendo quello con flusso più consistente EC9 che, anche se derivante da caldaia a metano, comporta l'emissione di una quota, seppur limitata, di PM10 come accertato in bibliografia;
   nonostante ciò lo studio di ricaduta accerta un contributo aggiuntivo del 6,6 per cento del SQA giornaliero per le polveri sottili, parametro che a giudizio degli interroganti non rispetta gli standard ambientali per l'area in esame;
   nella decisione di compatibilità ambientale non risultano interventi di compensazione per le emissioni;
   la Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione contro l'Italia per il mancato rispetto dei limiti di qualità dell'aria;
   l'azienda ha chiesto di non divulgare al pubblico molti documenti tra cui l'intero studio di impatto ambientale (SIA), quello di impatto viabilistico, il quadro energetico, gli schemi a blocchi, il piano di monitoraggio e controllo, l'analisi energetica dell'impiantistica;
   l'articolo 9, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2015 prevede che il proponente, possa chiedere in maniera motivata di non rendere pubblica parte della documentazione relativa allo studio di impatto ambientale; l'autorità competente deve accogliere o respingere in maniera motivata la richiesta soppesando l'interesse alla riservatezza con l'interesse pubblico all'accesso alle informazioni, così come stabilito dalla convenzione di Aarhus;
   la regione Veneto ha accettato, secondo gli interroganti pedissequamente, le richieste dell'azienda, non rendendo tale documentazione accessibile al pubblico;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è il referente per il segretariato della convenzione di Aarhus;
   oltre alle attività di monitoraggio proposte direttamente dall'azienda (che non è dato conoscere) sarebbero altresì previste una serie di prescrizioni per il monitoraggio imposte dagli enti, comprese quelle relative al corretto contenimento dei batteri geneticamente modificati impiegati; i risultati di tali monitoraggi devono essere pubblicati sui siti web istituzionali sulla base dell'articolo 28, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006; ad oggi non sono rintracciabili;
   l'articolo 8, comma 3, della legge 8 luglio 1986, n. 349, prevede un intervento del Ministero in caso di inadempienza da parte delle regioni;
   in presenza di superamenti dei limiti di legge che abbiano conseguenze sulla salute umana, sarebbero opportuni interventi che vadano nella direzione del risanamento, assicurando la riduzione delle emissioni e, nel caso, la compensazione delle stesse a scala locale –:
   se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per assicurare piena pubblicità ai dati di monitoraggio dei progetti assoggettati a valutazione di impatto ambientale, evitando così il ripetersi di situazioni come quella esposta in premessa.
   (5-09855)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa e secondo i dati relativi ai campionamenti in mare del rapporto «Goletta Verde 2016», promosso annualmente da Legambiente, la situazione del trattamento delle acque reflue in Salento presenta alcune criticità;
   secondo quanto si apprende sono ad oggi in funzione depuratori obsoleti e inadeguati a reggere il carico di comunità cresciute negli anni nel loro assetto urbano, spesso abusivo, peraltro concepiti senza tenere conto del reale bacino di utenza di località, specie nel corso della stagione estiva, si veda ad esempio, tra i maggiori, i casi di San Cesareo, Gallipoli, Otranto, che accolgono centinaia di migliaia di vacanzieri ogni anno;
   alla sopraddetta criticità si aggiunga che la scarsa disponibilità idrica superficiale naturale condiziona fortemente la tipologia dei recapiti finali in tutta la Puglia. Questo comporta che solo il 4 per cento dei recapiti finali dei depuratori è costituito da corpi idrici superficiali significativi, il 76 per cento è costituito da lame e corsi d'acqua minori o dal suolo, il 15 per cento recapita ancora a mare;
   alla regione Puglia, con il decreto legislativo n. 152 del 2006, Norme in materia ambientale, è stata attribuita la competenza dell'attuazione del piano di tutela delle acque;
   nel consiglio regionale pugliese del 20 ottobre del 2009, sono state definite le aree di sviluppo del servizio idrico integrato, e in particolare negli agglomerati urbani di Nardò e di Porto Cesareo, ciascuno dei quali servito da un proprio impianto depurativo con recapito finale nel mare Ionio, attraverso la realizzazione di una condotta sottomarina, in località Torre Inserraglio;
   detta area costiera marina e terrestre rappresenta un significativo e alto valore ambientale e paesaggistico non solo per la regione ma per l'Italia tutta;
   con i due comuni di Nardò e Porto Cesareo, regione Puglia e l'Acquedotto pugliese (Aqp) hanno siglato il 30 settembre del 2015 un articolato e argomentato protocollo d'intesa a portare a buon fine l'opera fognaria;
   l'Acquedotto pugliese è stato da qualche tempo incaricato della progettazione in tre moduli per un importo pari a: 6.500.00,00 euro in fase di appalto; 10.288.596,00 euro in fase di acquisizione dei pareri sul progetto e 1.650.000,00 euro per il secondo lotto da progettare;
   il citato progetto della rete idrica e fognaria è all'attenzione dell'Unione europea per effetto di una procedura d'infrazione (2034/2004 – causa C 565 C/2010);
   il comune di Nardò nel consiglio comunale del 6 luglio 2016 ha deliberato la revoca del protocollo d'intesa del 29 gennaio 2016 che prevedeva, tra l'altro, la realizzazione della condotta sottomarina e il collegamento della rete fognaria di Porto Cesareo a quella di Nardò, allaccio che salvaguardava le previsioni del finanziamento per l'infrastruttura della fogna e il potenziamento del depuratore –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda e se non ritenga opportuno raccogliere, per quanto di competenza, elementi rilevanti sullo stato di attuazione del citato progetto di rete fognaria, sussistendo peraltro una procedura di infrazione, a tutela della salute dei cittadini e della fauna, e della flora marina della zona citata, al fine di risolvere una decennale questione che rischia di esplodere, anche per l'aumento vertiginoso nel periodo estivo di un forte inquinamento di tipo fecale per la presenza nell'acqua di microrganismi patogeni, focolai epidemici.
(4-14578)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, tra il parco nazionale della Majella e il parco nazionale d'Abruzzo, nonostante le cure prestate dai veterinari è morto un orso marsicano, perché investito da un Tir;
   gli esemplari di orso presenti in Abruzzo sono 50 e secondo i numeri stimati dal parco d'Abruzzo negli ultimi 45 anni risultano essere morti 112 orsi a causa di incidenti stradali, arma da fuoco e avvelenamento, facendo emergere il rischio d'estinzione della specie;
   l'aumento delle strade, l'occupazione da parte dell'uomo dei territori dove vivono le specie protette, il mancato rispetto dei limiti di velocità nei tratti di strada interessati dalla presenza di animali e l'assenza di misure di salvaguardia degli animali producono tali conseguenze –:
   se non ritengano di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di mettere in sicurezza le strade e garantire l'incolumità delle persone e degli animali;
   se non ritengano di dover adottare iniziative per la realizzazione di mappature delle zone più a rischio, al fine di promuovere una disciplina normativa che renda obbligatori i dissuasori acustici e ottici, nonché la realizzazione di «viadotti per la fauna» per la salvaguardia degli orsi e degli altri animali. (4-14585)


   FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il direttore del parco nazionale del Gran Sasso – Monti della Laga, Domenico Nicoletti, ha recentemente affermato, nel corso del Festival della Montagna, che i progetti speciali territoriali Scindarella e Prati di Tivo previsti nel decreto terremoto «Barca» e nel master plan della regione Abruzzo e acquisiti nel piano del parco del 2004, sono stati confermati anche nel recente piano del parco sottoposto a procedura di valutazione di sviluppo ambientale come imposto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   nello stesso senso, si è espresso l'attuale vice presidente della giunta regionale Lolli che in più sedi ha dichiarato che la regione Abruzzo ha come priorità la realizzazione di progetti speciali, tra i quali quelli Scindarella e Prati di Tivo;
   i progetti Scindarella e Prati di Tivo sono progetti turistici che pianificavano nuovi impianti di risalita e non solo, che in parte ricadono all'interno del parco del Gran Sasso;
   nella relazione al piano per il parco – rapporto ambientale – valutazione ambientale strategica (VAS) – datata luglio 2016 e disponibile sul sito dell'ente parco, non è contenuto alcun riferimento ai progetti Scindarella e Prati di Tivo;
   il mancato richiamo dei due progetti nella Vas, e l'assenza delle necessarie previsioni urbanistiche per l'attuazione dei due progetti speciali suscita secondo l'interrogante grandi dubbi non solo in merito alla reale possibilità di realizzazione dei progetti, ma anche in relazione all'esistenza di una concreta volontà in tal senso da parte delle istituzioni preposte –:
   se il Ministro interrogato non intenda intervenire al fine di appurare se i progetti su indicati siano realmente previsti nel piano del parco e se, nel caso in cui i due progetti fossero stati esclusi, sia possibile correggere il piano del parco in corso d'opera;
   nel caso di esclusione dei due progetti, quale sarebbe la destinazione delle risorse previste a tutt'oggi per finanziarli.
   (4-14599)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del P.O.N. sicurezza per lo sviluppo 2007-2013 regioni obiettivo convergenza, è stato promosso dal Ministero dell'interno e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il progetto M.I.A.P.I. (monitoraggio e individuazione delle aree potenzialmente inquinate) allo scopo di contrastare le ecomafie e i fenomeni di illegalità ambientale;
   l'attività di telerilevamento dei parametri geofisici (magnetometrici, radiometrici e termici) ha individuato nella parte nord-ovest del territorio comunale di Nola, in provincia di Napoli, numerose aree inquinate precedentemente non note e siti potenzialmente contaminati;
   le mappe M.I.A.P.I. della piana di Boscofangone a Nola hanno riscontrato inquietanti variazioni magnetiche e radiometriche nell'area di Nola-Villa Literno, lasciando ipotizzare la presenza nel suolo o nel sottosuolo, nelle acque superficiali o in quelle sotterranee, di sostanze contaminanti in altissime concentrazioni, tali da determinare un pericolo per la salute pubblica, per l'ambiente naturale e quello costruito –:
   se i Ministri interrogati intendano rendere pubbliche le informazioni acquisite dal telerilevamento M.I.A.P.I., desecretando le istruttorie e gli atti prodotti;
   se non ritengano opportuno chiarire le iniziative adottate, per quanto di competenza, per i siti dell'area di Boscofangone nel comune di Nola (Napoli) in cui sono state accertate eccezionali anomalie magnetiche e radiometriche;
   se nelle aree inquinate di Nola, localizzate dalla piattaforma aerea, siano state effettuate attività di indagini geofisiche a terra quali sondaggi, scavi, prelievi, campioni, misure e analisi di laboratorio, o verificata la presenza di inquinanti nel sottosuolo e/o nelle acque sotterranee e superficiali in corrispondenza dei siti individuati;
   se le preoccupanti situazioni evidenziate nei dossier M.I.A.P.I. della piana di Boscofangone a Nola (Napoli) e in particolare dei siti compresi nelle zone Asi, Cis-Interporto Vulcano Buono, Asse di supporto Nola-Villa Literno, siano state oggetto di ulteriori accertamenti da parte del gruppo carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-14611)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sulla collina dei Giganti di Mont ’e Prama nel comune di Cabras è in corso un'azione devastante che vede l'aratura e la piantumazione a vigneti di tutte le aree intorno al primo compendio archeologico che ha portato alla luce le grandi statue;
   il compendio è stato letteralmente circondato da arature e piantumazioni di vigneti, a segnare due aspetti rilevanti: la devastazione di un'area archeologica potenziale e soprattutto quello che appare all'interrogante il tentativo evidente di elevare il valore di quelle aree in previsione di una dichiarata potenzialità archeologica;
   nell'area oggetto dell'attuale campagna di scavi e in quella circostante, circa 40 ettari complessivamente, vi sono prospettive straordinarie per restituire alla conoscenza archeologica e non solo un giacimento monumentale unico nel suo genere;
   un’équipe del laboratorio di geofisica ambientale del dipartimento della facoltà di ingegneria civile, ambientale e di architettura dell'università di Cagliari guidata dal professor Gaetano Ranieri avrebbe rilevato migliaia di potenziali reperti archeologici esterni alla natura dei suoli;
   l'università di Cagliari dispone di un'apparecchiatura modernissima, fatta di sedici georadar, posizionati a una distanza di dodici centimetri l'uno dall'altro che vengono trascinati ad una velocità mai superiore ai venti chilometri orari; una strumentazione che permette di esaminare il sottosuolo da una profondità che va dai cinquanta ai centottanta centimetri; tale strumentazione è in grado di rilevare le anomalie nel sottosuolo, ovvero elementi che non risultano componenti naturali del terreno; nella zona di Mont ’e Prama, sarebbero state rilevate ben 56 mila «anomalie»;
   si tratterebbe di pietre di dimensioni superiori a quelle che si dovrebbero trovare in quell'ambiente con un diametro che supera i quindici centimetri e quindi come tali non «naturali»;
   in quell'area, secondo alcune riflessioni, potrebbe essere individuato il più grande santuario dell'isola di epoca tardo nuragica;
   tutto questo è stato abbondantemente divulgato ad ogni livello con la richiesta di immediata acquisizione di quelle aree;
   non solo non sono state acquisite tali aree, ma le soprintendenze, secondo l'interrogante, non hanno fatto quanto necessario per impedire lo sfruttamento delle medesime;
   è stata consentita l'incontrollata aratura e la stessa piantumazione di quelle aree che impediscono, se non con esborsi rilevantissimi, qualsiasi valorizzazione dell'area archeologica;
   nel 2010 il Ministro dei beni e delle attività culturali pro tempore, su sollecitazione dell'interrogante, decise uno stanziamento rilevante per la valorizzazione dei giganti di Mont ’e Prama definendo un protocollo d'intesa che prevedeva la promozione di un vero e proprio compendio archeologico unitario nell'area del Sinis;
   gli stanziamenti esistenti risultano esauriti;
   in questo quadro deve essere attuato il progetto di musealizzazione all'aperto di quell'area che consenta anche con le nuove tecniche digitali e virtuali di far rinascere in quel contesto il più grande museo a cielo aperto della civiltà nuragica;
   occorre acquistare le aree private e consentire che nessuno possa rivendicare il premio di rinvenimento che sostanzialmente impedisce per mancanza di fondi di attivare nuovi scavi;
   gli archeologi sostengono che una necropoli non giustifichi statue di dimensioni pari a quelle già trovate, a conferma che la Sardegna era una terra di uno straordinario livello culturale con notevoli risorse, e propongono politiche di scambio a livello internazionale;
   con queste ricerche viene riconosciuto il ruolo fondamentale della Sardegna nella storia del Mediterraneo di quel periodo storico –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per stanziare urgenti risorse al fine di acquisire l'intera area oggetto del compendio archeologico, bloccando le speculazioni e individuando, per quanto di competenza, i responsabili di eventuali autorizzazioni ad arature e piantumazioni rilasciate dalle strutture statali competenti;
   se non ritenga di dover dar seguito agli impegni già assunti dallo Stato al fine di promuovere e valorizzare un progetto complessivo di musealizzazione all'aperto che possa fare dell'area una grande attrattiva nel cuore del Mediterraneo.
(5-09838)


   ZAPPULLA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale del dramma antico rimane un faro nazionale e internazionale della cultura classica;
   l'Inda e il ciclo delle rappresentazioni classiche sono un riferimento culturale e artistico di eccellenza nel panorama mondiale;
   vanno realizzati tutti gli interventi economici, istituzionali, culturali e politici adeguati a salvaguardare il ruolo e il profilo di eccellenza culturale, anche accrescendone e potenziandone ulteriormente strutture e patrimonio artistico;
   per la città di Siracusa e l'intera Sicilia è riferimento insostituibile anche per la politica del turismo e di promozione del patrimonio monumentale, archeologico e paesaggistico;
   le inchieste egregiamente sviluppate dalla procura della Repubblica di Siracusa sulla gestione sull'Inda hanno posto ombre inquietanti sulla trasparenza e sulla regolarità gestionale;
   l'Inda continua a rappresentare per la cultura e per il turismo italiani straordinario veicolo di promozione e attrazione e fare prevalere verità e giustizia illuminando ogni zona d'ombra è interesse primario dell'istituto, della città e dell'intera comunità;
   a seguito di una specifica interrogazione presentata dall'interrogante, il Ministro Franceschini avviò una indagine ispettiva che si concluse con la decisione di nominare il dottor Pier Francesco Pinelli commissario straordinario dell'istituto per un periodo di 12 mesi;
   lo stesso si è insediato il 17 febbraio 2015 con il mandato prioritario di definire le proposte di modifica dello statuto;
   allo stato non risulta alla città di Siracusa né all'opinione pubblica che siano state assunte decisioni in materia né che sussistano proposte di modifiche ed integrazioni;
   rimangono invece insoluti gli eventuali provvedimenti organizzativi e professionali legati alle vicende giudiziarie, permane la necessità di diversi ruoli di controllo e di gestione con una loro maggiore professionalizzazione, resta indifferibile l'individuazione di una competente direzione artistica che agisca in sinergia con l'altrettanta competente direzione tecnica da selezionare – come auspicato dall'ex consigliere delegato – Walter Pagliaro – in modo trasparente attraverso un bando pubblico;
   si considera di estremo rilievo rilanciare la già straordinaria scuola specializzandola ulteriormente con la possibilità di attrarre giovani attori da tutta Italia ed Europa;
   altrettanto importante appare la possibilità di decidere la realizzazione del Festival Mediterraneo del teatro antico con cadenza annuale, come riferimento scientifico e culturale di valenza internazionale da realizzare a Siracusa, utilizzando e valorizzando risorse e strutture artistiche non solo della città ma anche della provincia e dell'intera regione;
   è fondamentale che l'Inda esca al più presto dalla gestione commissariale consentendo una piena operatività degli organismi statutari in grado di elaborare, programmare e realizzare le azioni, le iniziative e i progetti giusti per un necessario salto di qualità –:
   se il Ministro intenda porre termine, come previsto alla fine dei 12 mesi, la gestione commissariale;
   se sia a conoscenza delle eventuali proposte di modifiche dello statuto e se non si ritenga, in proposito, di coinvolgere le istituzioni locali e la stessa comunità di Siracusa;
   se sia a conoscenza dei contratti di collaborazione e consulenza attivati dal Commissario;
   se trovino conferma le notizie circa l'intenzione del Ministro interrogato di inserire l'Inda nell'ambito di una ampia riforma dell'intero settore del teatro, con una conseguente centralizzazione del destino dell'Istituto, ad avviso dell'interrogante svuotando e mortificando in tal modo il ruolo della città di Siracusa e della Sicilia. (5-09841)


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Napoli, con il progetto «Monumentando» avviato nella precedente consiliatura, ha programmato il restauro di 27 monumenti della città;
   ad aggiudicarsi la gara indetta dal comune di Napoli «Programma Unesco e valorizzazione città storica» è risultata la società di pubblicità Uno Outdoor s.r.l.;
   la realizzazione dei restauri — oltre a subire rallentamenti, mutamento della programmazione operativa e sospensioni dei lavori — presenta criticità operative e finanziarie che hanno indotto l'ufficio di vigilanza lavori dell'Autorità nazionale anticorruzione a intervenire nei confronti del comune di Napoli, a luglio e settembre 2016, in ordine alla esistenza di interdittiva antimafia della ditta aggiudicataria dei restauri dei siti San Severino a Sossio e Teatro antico, e in ordine all'uso dei ponteggi e delle recinzioni a scopo pubblicitario del tutto difforme da quanto previsto dal contratto di sponsorizzazione e dalle vigenti normative;
   è stata avviata dall'Autorità anticorruzione formale istruttoria nei confronti del comune di Napoli in ordine alla durata delle esposizioni pubblicitarie in atto e alla estensione delle stesse risultando che i tempi delle dette esposizioni siano stati prolungati del tutto illegittimamente dal comune di Napoli prevedendo la presenza delle sovradimensionate pubblicità già nella fase di progettazione e non solo durante la esecuzione del lavoro, come richiesto dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 42 del 2004;
   oggetto della verifica dell'Anac, inoltre, è la mancata stipula del contratto con lo sponsor nonostante siano passati oltre 32 mesi dall'aggiudicazione, mentre le esposizioni pubblicitarie sono state consentite ben prima dell'avvio dei lavori, sul presupposto, privo di riscontri effettivi, di ragioni di urgenza nella consegna dei cantieri;
   l'uso dei beni culturali rientranti nel progetto Monumentando da parte del comune di Napoli a scopo pubblicitario, essendo in palese contrasto con le norme di legge che ne disciplinano la materia, sta di fatto mortificando la tutela e la fruizione pubblica dei beni stessi, sviliti proprio nella loro funzione di valorizzazione del contesto ambientale ed urbano in cui sono collocati, in aperto contrasto con l'articolo 9 della Costituzione che attribuisce alla Repubblica, in tutte le sue articolazioni, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per contrastare usi speculativi di facciate monumentali e culturali la cui tutela rientra nei compiti istituzionali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. (5-09859)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione del Fondovalle del Calore Salernitano, opera viaria strategica di collegamento tra le aree interne del Cilento e della Valle del Sele, è un'annosa questione, che si trascina da oltre dieci anni, tra pareri favorevoli, sospensioni dei lavori in corso e vertenze con la Soprintendenza;
   la sospensione cautelare dei lavori relativi al 1o lotto funzionale, disposto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici delle province di Salerno e Avellino, sembrava essere stata fortunatamente scongiurata quando nel 2013 il TAR ha confermato la regolarità dell'azione tecnico-amministrativa messa in campo dalla provincia di Salerno;
   nonostante si auspicasse una proficua collaborazione da parte della Soprintendenza per l'adozione degli atti finalizzati all'immediata riapertura dei cantieri e nonostante i numerosi tentativi fatti dall'amministrazione provinciale per evitare anni di ricorsi, e intervenuto un ennesimo «stop» ai lavori: la Soprintendenza, insistendo in un atteggiamento che all'interrogante appare ostruzionistico e contrario al principio di leale collaborazione che dovrebbe connotare l'operato delle pubbliche amministrazioni, ricorreva in appello al Consiglio di Stato;
   anche in questa occasione il giudice del Consiglio di Stato, con sentenza del 4 settembre 2014, ha definitivamente accertato la regolarità della procedura della provincia e condannato i Ministeri dei beni e delle attività culturali e del turismo e delle politiche agricole alimentari e forestali;
   nonostante ciò, e come se non bastasse, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha chiesto al Consiglio di Stato la revocazione della sentenza per assunto errore documentale, ma per l'ennesima volta i giudici amministrativi hanno confermato la correttezza dell'intera procedura, dando il via libera definitivo alla ripresa dei lavori, e condannato il Ministero al pagamento delle spese processuali;
   non si può trascurare il grave danno per la provincia di Salerno causato dai ricorsi secondo l'interrogante temerari intentati dalla Soprintendenza;
   già sulla scorta della sentenza del Consiglio di Stato la Soprintendenza avrebbe dovuto, ad avviso dell'interrogante, limitarsi a recepire le indicazioni espresse e dare rapido corso ai lavori, ma ha continuato a sottrarsi al dialogo con le istituzioni e ad accanirsi in questa dannosa battaglia che, oltre a bloccare la realizzazione di una strategica infrastruttura per il territorio, ha anche determinato la crisi economica per aziende e lavoratori impegnati nel completamento dell'opera;
   la questione è già stata sottoposta al Governo con ben tre atti di sindacato ispettivo n. 4-06453, n. 4-02229 e n. 4-03093, ma ad oggi il Ministro non ha risposto a nessuno degli atti in argomento;
   la fondovalle del Calore salernitano rappresenta un'opera infrastrutturale di fondamentale importanza per lo sviluppo del territorio a sud della provincia di Salerno, anche sul piano economico e turistico, in quanto collega aree interne del Cilento e del Vallo della Lucania con gli agglomerati industriali della Valle del Sele;
   tale paradossale e assurda vicenda conferma l'urgente necessità di intervenire con una riforma strutturale nel complicato mondo delle norme che disciplinano le opere pubbliche e gli strumenti giudiziari che ne possono bloccare il completamento;
   l'intrigato corpo normativo sta sempre più rappresentando un ostacolo alla crescita economica, al miglioramento delle condizioni di vita di tanti cittadini salernitani e al «sistema Salerno» che rischia di non sviluppare appieno le sue grandi potenzialità –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative ritenga opportuno adottare per verificare eventuali responsabilità per quella che all'interrogante appare inerzia della Soprintendenza, che ha portato a un sicuro e ingente danno economico, non solo per la provincia di Salerno, ma per tutti gli enti coinvolti che hanno dovuto sostenere notevoli spese legali. (4-14590)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Nola (Napoli), in località «Torretta – Tre Ponti», lungo la strada provinciale 92, è ubicata in posizione isolata la «Torre della duchessa» (N. C. E. U. foglio n. 1, particella n. 5): un edificio di notevole interesse architettonico, storico, etnoantropologico che caratterizza da secoli con la sua presenza la fisionomia del luogo;
   pervenuta in uno stato di eccezionale integrità, la torre circolare con base leggermente a scarpa è costituita da due ordini separati da cornicioni in piperno modanato con una copertura emisferica, mentre le due celle interne, inferiore e superiore, sono collegate da uno scalone ligneo elicoidale attraverso un'apertura nella volta intermedia;
   la fabbrica, già documentata nella Carta Topografica della Campagna Felice della Società di Storia Patria di Napoli redatta nel 1761, viene indicata nella cartografia di Giovanni Antonio Rizzi Zannoni del 1793 come «Torre del Fusaro»;
   alla fine del XVIII secolo risale, invece, la trasformazione dell'edificio in chiesa campestre: le celebrazioni liturgiche, infatti, venivano officiate al primo piano e i contadini che si raccoglievano all'esterno potevano seguire la messa attraverso l'ampia apertura ad arco posta al primo piano, protetta da una grata metallica ancora esistente;
   ristrutturata nel 1894 dal duca di Marigliano, Giulio XI Mastrilli, come attesta un'iscrizione marmorea sul vano di accesso, la torre presenta una cella inferiore utilizzata attualmente come deposito per attrezzi agricoli;
   la cella superiore conserva, al contrario, un pavimento settecentesco e un altare in stucco policromo addossato alla parete su cui è dipinta una scena sacra, non identificata ma riquadrata da cornici in stucco di gusto rococò –:
   quali iniziative urgenti di salvaguardia il Ministro intenda predisporre per evitare il danneggiamento, la distruzione o la perdita di un'importantissima testimonianza di civiltà;
   quali iniziative di tutela, diretta e indiretta, siano state adottate dalle Soprintendenze archeologia, belle arti e paesaggio per il comune di Napoli e dell'area metropolitana di Napoli per garantire la salvaguardia architettonica e paesaggistica della «Torre della duchessa» nel comune di Nola (Na). (4-14598)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni il patrimonio culturale e archeologico della cittadina di Tufino (Napoli) è stato sottoposto a una costante opera criminosa attraverso scavi clandestini e clamorose sottrazioni che hanno privato la comunità locale e nazionale di centinaia di reperti e opere d'arte;
   particolarmente grave è lo sconcertante caso della sparizione della monumentale fontana fatta erigere nel 1757 dal re di Napoli, Carlo III di Borbone sulla Regia Strada delle Puglie in località «Epitaffio di Schiava»;
   come ben documentato dall'abbondante materiale fotografico, tra cui le istantanee di Leonardo Avella pubblicate nel volume VIII di Foteca Nolana (2673, 2674, 2675), la maestosa fontana proponeva in chiave monumentale il modello settecentesco delle fontane borboniche che ancora oggi si ritrovano lungo la Strade delle Puglie a Monteforte Irpino, Ariano Irpino e in altre località della provincia di Foggia;
   realizzata in pietra calcarea lavorata, la «Fontana del Re» poggiava su un alto basamento e mostrava nella parte inferiore una vasca mistilinea, mentre la parte superiore – di notevole impatto scenografico – era caratterizzata da un impianto a edicola con una rilevante apertura centrale fiancheggiata da pilastri con volute laterali e un grande fastigio con pinnacoli sormontato da un grande stemma di Carlo III di Borbone;
   al centro del prospetto era posta una lapide con epigrafe in latino, che celebrava l'iniziativa regia di ripristino dei ponti e delle fonti d'acqua potabile allo scopo di incrementare i traffici e i commerci lungo l'arteria stradale;
   dall'ultima ricognizione, svolta dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli e dell'area metropolitana, risulta però che la monumentale fontana sia completamente scomparsa a causa degli smontaggi e dei saccheggi, effettuati negli ultimi anni dai predatori d'arte;
   attualmente dal sito della «Fontana del Re» in località «Epitaffio di Schiava» a Tufino (Napoli) è scomparsa anche la struttura in muratura di tufo su cui era agganciato il grande stemma regio e dell'importante bene culturale si sta perdendo, addirittura, la memoria –:
   quali iniziative siano state intraprese per fare luce sulla scomposizione e sul trafugamento della fontana borbonica in località «Epitaffio di Schiava» di Tufino (Napoli);
   quante siano state nel tempo le sottrazioni e le denunce effettuate dalle autorità locali e se i singoli blocchi lapidei della fontana monumentale siano stati registrati nei database del «comando tutela del patrimonio culturale» e in quelli del «segretariato generale Interpol di Lione delle opere»;
   se le attività fin qui condotte abbiano prodotto risultati con il recupero di una parte degli elementi scolpiti della Fontana di Carlo III di Borbone sottratti alla comunità di appartenenza. (4-14602)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel 1949 furono concessi in comodato d'uso temporaneo esterno per l'arredamento di uffici e sedi di rappresentanza dell'ufficio tecnico erariale di Napoli del Ministero delle finanze, numerosi dipinti e oggetti d'arte di proprietà dello Stato prelevati dal Museo nazionale di Capodimonte;
   nell'ottobre del 1974 quel consistente nucleo di capolavori fu oggetto di un clamoroso furto su commissione;
   a distanza di quarantadue anni da quell'eclatante sottrazione, non si hanno più notizie delle opere rubate –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti e di quali informazioni dispongano sull'elenco delle opere trafugate, sul loro valore commerciale, sulle attività di controllo e sulle iniziative finalizzate a fare luce sulla vicenda;
   se le informazioni descrittive delle opere d'arte rubate nel 1974, accompagnate dalle rispettive fotografie di catalogo o d'inventario, effettuate durante il periodo del comodato d'uso, siano state registrate nei database del «Comando tutela del patrimonio culturale» e in quelli del «Segretariato generale Interpol di Lione»;
   quale parte delle opere d'arte sottratte al Museo nazionale di Capodimonte siano state recuperate. (4-14603)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di San Felice a Cancello (Ce) lungo via Polvica, ai piedi dei massicci calcarei permeabili mesozoici delle colline di Cancello, all'interno di una vasta area alberata, sorgono le sorgenti sulfuree del «Mefito» o della «Mofeta», identificate catastalmente alla sezione A del N.C.E.U., foglio n. 7, particelle nn. 5027-5028, intestate al Demanio dello Stato opere di bonifica;
   le cinque polle di acqua sulfurea, attive durante i mesi estivi quando danno origine a un torrente stagionale, costituiscono un sito di particolare interesse geoarcheologico e paesaggistico-ambientale;
   consacrate alla dea Mefite, divinità italica legata al culto della acque, le sorgenti del Mefito a San Felice a Cancello (Ce) furono conosciute e apprezzate per i benefici curativi già in epoca romana e medievale;
   nel 1822 il governo borbonico fece recintare l'area delle sorgenti con un muro in tufo allo scopo di proteggere il sito e utilizzare le acque per l'irrigazione dei terreni: contestualmente progettò una serie di canali per approvvigionare il real sito di Carditello;
   nel 1849 Tommaso Enrico d'Aquino principe di Caramanico progettò nelle «bocchette del Mefito» che «rendevano 36 palmi cubi di acqua ogni minuto secondo» un impianto di macchine idrauliche e iniziò il cavamento dei canali ostruiti e la sistemazione dell'area;
   note da secoli a storici, archeologi, geologi, architetti, cartografi, italiani e europei, le sorgenti sulfuree del Mefito sono state attentamente studiate e pubblicate da Pirro Ligorio e Ambrogio Leone (XVI secolo), Filippo Cluverio, Camillo Pellegrino e Giovanni Jansonio (XVII secolo), Gianstefano Remondini, Francesco Maria Pratilli, Domenico Romanelli, Nicolò Lettieri (XVIII secolo); Francesco Sacco, Bartolomeo Grasso, Gaetano La Pira e Gaetano Caporale (XIX secolo), Francesco Verneau (1907), mentre in tempi recenti si sono occupati del sito geoarcheologico Pietro Celico (1980), Mariavittoria Antico Gallina (2004), Flavia Calisti (2005) e Giuseppe Magliocca (2006, 2011) che ne ha registrato una significativa ripresa dopo un periodo di inattività dovuto a fattori naturali come la riduzione delle piogge e l'abbassamento delle falde acquifere;
   oggi il sito delle sorgenti del Mefito, dopo la ripresa dell'attività di scaturigine a 15o C con portata 510 l/s, ha riguadagnato la sua antica suggestione grazie anche alle incrostazioni calcaree che circondano le pozze dove un tempo era possibile fare bagni termali, ammirando le particolari formazioni con i caratteristici depositi creati dalle acque sgorganti, ricche di acido solforico e carbonato di calcio –:
   quali provvedimenti amministrativi e/o altre iniziative siano stati adottati dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio delle province di Caserta e Benevento per la tutela dell'area delle sorgenti sulfuree del Mefito ricadenti nel comune di San Felice a Cancello (Ce);
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere con urgenza le iniziative di competenza per la dichiarazione «di notevole interesse pubblico» allo scopo di salvaguardare le caratteristiche ambientali e paesaggistiche del sito, la singolarità geoarcheologica e la memoria storica;
   se il Ministro interrogato non ritenga di illustrare i progetti in corso o in cantiere per il restauro e la valorizzazione delle sorgenti sulfuree del «Mefito» e nel comune di San Felice Cancello (Ce).
   (4-14604)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il territorio di Acerra (Napoli) è attraversato da numerosi canali storici e corsi d'acqua di origine naturale: il Canale Gorgone, il Canale Lescaro o Inferno, il Canale principale dei Regi Lagni e i suoi due controfossi, il Canale Spinelli, il Canale Vecchio, il Lagno di Mofito o Molito;
   il complesso e singolare reticolo idrografico acerrano è inserito nell'elenco delle acque pubbliche di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775: è sottoposto, pertanto, al regime vincolistico previsto dal decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice dei beni culturali e del paesaggio);
   con delibera n.163 del 20 settembre 2016, la giunta comunale di Acerra ha richiesto alla regione Campania un decreto «di irrilevanza ai fini paesaggistici» per tutti i canali storici e i corsi d'acqua naturali che attraversano il territorio comunale e che assolvono la funzione di raccolta delle acque sotterranee locali e delle acque ruscellanti o scaturite dalle importanti sorgenti minerali, poste in aree archeologiche;
   la dichiarazione di irrilevanza ai fini paesaggistici, se avallata dalla regione Campania e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, farebbe decadere i vincoli di rispetto, innescando una ulteriore corsa alla speculazione incontrollata che comprometterebbe ogni pianificazione urbanistica regionale e provinciale, esponendo il territorio a pericoli idrogeologici e ambientali;
   l'abrogazione della fascia di rispetto, inoltre, causerebbe la scomparsa della diversificazione dei microambienti e della morfologia degli alvei e delle fasce riparie e la fine dei rapporti idrodinamici fra i corsi d'acqua e l'ambiente circostante, sancendo la perdita dei valori archeologici, storici, paesaggistici, faunistici, agricoli e tradizionali con l'impossibilità di attuare processi di sviluppo sostenibile;
   la decadenza dei vincoli di rispetto paesistici, infine, metterebbe a rischio la realizzazione sul territorio del progetto «risanamento ambientale e valorizzazione del corridoio ecologico dei Regi Lagni» finanziato dall'Unione europea e finalizzato al risanamento ambientale dei Regi Lagni attraverso la bonifica del territorio e la promozione di un progetto idraulico di canalizzazione e sistemazione idraulica, nonché alla valorizzazione e riqualificazione dell'intero bacino idrografico;
   nel comune di Acerra sarebbe vanificata anche la pianificazione del parco archeologico di Suessula attraversato dai canali e dai corsi d'acqua citati, sottoscritto dal Governo pro tempore il 26 marzo 2009 e dal Ministero dei beni e delle attività culturali il 27 maggio 2013 –:
   se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sia a conoscenza dei fatti e se abbia ricevuto determinazione formale dalla regione Campania ai sensi dell'articolo 142, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004, per quanto di competenza;
   se sui citati beni sussista ancora, a tutti gli effetti, il vincolo paesaggistico che comporta, in caso di interventi da realizzarsi nell'ambito della fascia di rispetto dei 150 metri, l'attivazione delle procedure autorizzative previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se, nell'ambito dei compiti di vigilanza e tutela dei valori paesaggistici dei citati beni, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli abbia rilevato casi, di abusivismo edilizio e adibizioni illecite e deturpanti in contrasto con la compatibilità paesaggistica;
   se sia stato attivato un coordinamento tra il nucleo di tutela del patrimonio artistico dei carabinieri, l'ente locale territoriale, la regione proprietaria e la prefettura;
   se siano stati adottati decreti di rimessa in pristino (articolo 167, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004);
   se il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo intenda predisporre ulteriori iniziative allo scopo di non far decadere i vincoli di rispetto sull'importante opera storica, ambientale e paesaggistica rappresentata dal reticolo di canali e corsi d'acqua naturali di cui in premessa che costituiscono beni di notevole interesse pubblico. (4-14605)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAUSI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 marzo 2014, n. 23, di delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita (cosiddetta delega fiscale), all'articolo 3, comma 1, lettera f), prevede che il Governo rediga annualmente, anche con il contributo delle regioni in relazione ai loro tributi e a quelli degli enti locali del proprio territorio, un rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, da presentare alle Camere contestualmente alla nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (DEF);
   l'articolo 4 della citata legge delega prevede l'introduzione, con decreto legislativo, di un rapporto annuale, allegato al disegno di legge di bilancio, sulle spese fiscali (cosiddette tax expenditures), eventualmente prevedendo l'istituzione di una commissione di esperti, nonché norme dirette a ridurre, eliminare o riformare le spese fiscali che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificate o superate alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione;
   in attuazione delle citate disposizioni è stato emanato il decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 160, il quale, all'articolo 1, reca novelle alla legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, n. 196) al fine di introdurre strumenti di monitoraggio delle spese fiscali e prevedere il coordinamento dei medesimi strumenti con le procedure di bilancio;
   la nuova disposizione prevede la revisione annuale delle tax expenditures esistenti considerando il loro impatto economico e la redazione di un rapporto programmatico al Parlamento volto a ridurre o riformare le spese fiscali ingiustificate, superate dalla nuova situazione sociale ed economica, ovvero le spese fiscali che risultino avere le medesime finalità di programmi di spesa esistenti;
   l'articolo 2, comma 1, del citato decreto legislativo aggiunge l'articolo 10-bis.1 alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, relativo al contrasto e monitoraggio dell'evasione fiscale e contributiva ed ai relativi profili di pubblicizzazione dei risultati;
   il nuovo articolo 10-bis.1 prevede, in particolare, che il Governo presenti annualmente il citato rapporto, ivi distinguendo tra imposte accertate e riscosse, nonché tra le diverse tipologie di avvio delle procedure di accertamento, oltre a contenere i risultati del recupero di somme dichiarate e non versate e degli effetti della correzione di errori nella liquidazione sulla base delle dichiarazioni;
   è, altresì previsto che la relazione contenga un aggiornamento, sulla base dei confronti tra i risultati ottenuti e gli obiettivi prefissati delle strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva, evidenziando, ove possibile, il recupero di gettito attribuibile alla maggiore propensione all'adempimento da parte dei contribuenti (tax compliance);
   la nota di aggiornamento al DEF del 2015, redatta sulla base dei criteri previsti dalla legge di stabilità 2013 (articolo 1, comma 299, legge 24 dicembre 2012, n. 228), conteneva il rapporto sui risultati conseguiti nell'anno 2014 in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva e la relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva;
   ad oggi i citati rapporti non risulterebbero ancora presentati –:
   quali siano i tempi di trasmissione alle Camere dei citati documenti ai fini della valutazione volta ad orientare le strategie per il contrasto dell'evasione fiscale e contributiva e per la revisione delle spese fiscali ingiustificate, in considerazione del fatto che i citati documenti andrebbero comunque ufficializzati e trasmessi anche successivamente all'approvazione della nota di aggiornamento al documento di economia e finanza da parte del Parlamento. (5-09843)


   RIZZO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Cgia di Mestre, vale a dire uno dei più autorevoli osservatori economici del nostro Paese, ha criticato in un articolo apparso su Repubblica.it del 3 settembre 2016 dal titolo «Allo Stato 145 miliardi di accise per i terremoti, ma ha speso solo la metà» il fisco italiano;
   secondo la ricostruzione eseguita dal Cgia, negli ultimi 48 anni sono stati ben cinque gli aumenti sulle accise per «drenare» risorse che sarebbero servite per finanziare la ricostruzione in zone colpite da eventi tellurici in Italia;
   dal 1970 al 2015, secondo i dati sui consumi di carburanti per autotrazione, sono stati versati nelle casse dello Stato 145 miliardi di euro nominali, mentre le stime del Consiglio nazionale degli ingegneri in merito alle spese effettuate per ricostruire le zone che hanno beneficiato di tali introiti (Valle del Belice, Friuli, Irpinia, Marche-Umbria, Molise-Puglia, Abruzzo ed Emilia Romagna) sono state pari a 70,4 miliardi di euro;
   è evidente, da un rapido calcolo matematico, che gli italiani hanno versato più del doppio rispetto alle spese sostenute –:
   se il Ministro sia in grado di fornire, in maniera puntuale e dettagliata, in quadro riepilogativo dell'uso delle citate risorse rendendo disponibili tali dati;
   se, qualora le citate informazioni risultassero veritiere, intenda chiarire come siano state utilizzate le somme eccedenti le spese sostenute per la ricostruzione di zone terremotate;
   se intenda assumere iniziative affinché le somme non più necessarie alla ricostruzione, provenienti dagli aumenti delle accise introdotte a seguito di sisma, possano essere vincolate ed utilizzate in maniera esclusiva per finanziare interventi di prevenzione nelle zone a più alto rischio sismico. (5-09857)


   GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 20 settembre 2016, al termine di un seminario di medici e scienziati sui danni del tabagismo, il professor Riccardo Polosa, ordinario di medicina interna presso l'università di Catania e direttore scientifico della Lega italiana anti fumo, ha recapitato al Ministro della salute, a nome del «Comitato scientifico per la ricerca sulla sigaretta elettronica», una lettera che suggerisce la promozione del vaping nell'ambito delle politiche sanitarie di contrasto dei danni da fumo;
   il documento è sottoscritto, tra gli altri, al citato professor Polosa, dall'ex Ministro della salute e direttore dell'Istituito europeo di oncologia Umberto Veronesi, dal professor Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'Istituto nazionale dei tumori di Aviano, dal dottor Fabio Beatrice, direttore della struttura complessa di otorinolaringoiatria dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, e dal dottor Carlo Cipolla, direttore della cardiologia dell'Istituito europeo di oncologia;
   nella lettera si legge: «Sono circa 700.000 l'anno i morti da fumo in Europa e l'80 per cento di questi decessi sarebbe evitabile con una buona attività di prevenzione. Le persone fumano per la nicotina ma muoiono per il fumo e questo perché la stragrande maggioranza delle malattie fumo correlate nasce dall'inalazione di catrame, particelle e gas tossici. Al contrario le sigarette elettroniche possono eventualmente rilasciare nicotina al netto delle sostanze tossiche presenti nel fumo di sigaretta. Per questo motivo diverse Organizzazioni di Salute Pubblica indicano sempre più le e-cig come protagoniste nella lotta alla riduzione del danno da tabacco»;
   su questa base si suggerisce «di approfondire scientificamente con urgenza il ruolo delle e-cig come alternativa al tabacco. Una regolamentazione ragionevole e proporzionata delle sigarette elettroniche potrebbe salvare milioni di vite e, di conseguenza, riuscirebbe a far ridurre le enormi spese legate alla prevenzione e alla cura di malattie fumo correlate per tutti i singoli Stati», poiché «secondo l'ampio rapporto condotto nel Regno Unito per conto di Public Health England, l'autorità sanitaria inglese, le elettroniche sono per il 95 per cento meno dannose rispetto alle sigarette convenzionali», c’è comunque «ampio consenso all'interno della comunità scientifica sul fatto che il vapore elettronico sia significativamente meno dannoso del fumo di tabacco, con un rischio residuo che è destinato a ridursi ulteriormente grazie all'innovazione tecnologica e all'introduzione di specifici standard di qualità e sicurezza. Pertanto le sigarette elettroniche potrebbero svolgere un ruolo importante nel raggiungere uno degli obiettivi delle Nazioni Unite per il 2025: ridurre del 30 per cento il numero di fumatori e le morti per cancro e tumori»;
   i firmatari del documento affermano inoltre che «la riduzione del danno provocato dal tabacco è parte della soluzione, non parte del problema. Se le autorità preposte a definire le norme per la regolamentazione dei prodotti del tabacco continueranno ad applicare le stesse norme del tabacco alle e-cig e, contestualmente, considerare i prodotti contenenti nicotina a basso rischio come parte del problema, ridurranno il potenziale enorme di tali alternative», poiché «misure eccessivamente restrittive sulle e-cig possono proteggere le sigarette convenzionali dalla concorrenza di altri prodotti meno dannosi»; i sottoscrittori della lettera invitano i responsabili della politica sanitaria a seguire l'esempio dell'Inghilterra, «dove la sensibilizzazione all'utilizzo delle sigarette elettroniche come porta d'uscita dal tabagismo, promossa anche dai medici di medicina generale, ha consentito una riduzione del numero di fumatori senza precedenti alcuni» –:
   se e come il Governo intenda recepire le indicazioni di questo contributo, in particolare rispetto al rapporto tra la disciplina fiscale delle «e-cig», la regolamentazione del relativo mercato e il loro utilizzo nelle politiche di contrasto dei danni da fumo. (5-09858)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 12 agosto 2016, la IV sezione del Consiglio di Stato ha pubblicato la sentenza n. 3631, con la quale ha negato ad un giornalista l'accesso ai contratti in titoli derivati sottoscritti dal Ministero dell'economia e delle finanze, al quale questi aveva presentato una richiesta in ossequio all'articolo 22 della legge n. 241 del 1990, per l'avvio di un'inchiesta giornalistica in concomitanza con un'inchiesta parlamentare, i cui documenti non sono coperti da segreto o da riservatezza. Il tutto nel più trasparente e libero esercizio del diritto di cronaca (ex articolo 21 della Costituzione);
   tutto ciò è accaduto nonostante dal 1o gennaio 2016 i derivati di copertura e i derivati speculativi devono essere trattati e inseriti in bilancio secondo i nuovi principi contabili italiani e quindi devono essere pubblici;
   il 19 aprile 2016, durante l'audizione in Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato, nell'ambito dell'esame del Documento di economia e finanza del 2016, l'Ufficio parlamentare di bilancio ha rilevato «Per quanto riguarda i derivati, nel corso del 2015 il Tesoro ha aumentato il grado di trasparenza, pubblicando alcune informazioni, con riferimento ai contratti sottoscritti sia dallo Stato sia dalle Amministrazioni locali. In particolare, con la pubblicazione del Rapporto sul debito pubblico 2014 sono state fornite informazioni sui derivati del Tesoro (...) Tuttavia, né nel citato Rapporto, né nel DEF vengono fornite informazioni sull'effetto atteso dai derivati nel periodo di previsione: i relativi importi sono infatti aggregati assieme alle altre voci che concorrono alla determinazione del raccordo tra l'indebitamento e la variazione del debito. Trattandosi di importi molto rilevanti (...) gli effetti in esame andrebbero autonomamente evidenziati. Si ribadisce in proposito l'utilità di rendere noto distintamente: – l'effetto atteso dal flusso di cassa generato dai derivati, indicando l'eventuale componente di tale flusso derivante da clausole di estinzione anticipata di cui si preveda l'esercizio; – l'effetto sul debito atteso dal previsto esercizio di altre clausole contrattuali (swaption) o da operazioni di rinegoziazione. Inoltre sarebbe opportuno che – al pari di quanto fatto in genere per le altre operazioni inerenti la gestione del debito – anche le operazioni concluse aventi oggetto contratti derivati fossero tempestivamente rese note sul sito del MEF, almeno per quanto attiene le loro caratteristiche strutturali e i loro effetti attesi su fabbisogno e debito, fatti salvi i profili di tutela connessi alla natura privatistica dei contratti»;
   il SEC95, il SEC2010 e il decreto ministeriale 18 aprile 2002 disciplinano la modalità di contabilizzazione delle poste patrimoniali; nella proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali dell'Unione europea, dal Ministero dell'economia e delle finanze «gli strumenti finanziari derivati dovrebbero essere registrati nel conto patrimoniale al loro valore di mercato. Se non sono disponibili (...) i prezzi di mercato dovrebbero essere valutati sulla base dell'importo necessario per l'acquisto o la compensazione del contratto o del valore del premio da pagare» –:
   se il Governo intenda rendere noti:
    a) quali siano i flussi attesi generati da contratti derivati sottoscritti – e il relativo fabbisogno finanziario – previsti per gli esercizi di bilancio 2017-2018-2019 con la distinzione tra flussi generati da operazioni di «interest rate swap», estinzioni o rimodulazioni previste di «swaptions» anche quelle di tipo «stand alone» e contratti che verranno estinti per effetto di clausole di «early termination»;
    b) quale sia il costo economico atteso da tali operazioni e la variazione dell'indebitamento, così come previsto dalle regole SEC2010;
    c) quale si la probabilità di realizzazione associata a tali flussi in uscita, ipotizzata in circa 4,7 miliardi di euro per il 2017, oltre 4 per il 2018, oltre 3,7 per il 2019, con probabilità largamente superiore al 90 per cento di realizzazione in funzione dell'attuale curva dei tassi attesi;
    d) dove siano indicate nel bilancio dello Stato le specifiche dei flussi finanziari e costi economici connessi ai derivati;
    e) se nei capitoli di spesa vi sia una commistione tra interessi passivi del sottostante e interessi sul debito-differenziali negativi generati dai derivati;
    f) quale sia il parere fornito dalla Corte dei Conti in merito poiché, come è noto, i princìpi contabili di trasparenza, chiarezza, inerenza, significatività, integrità non ammettono compensazioni di diversa natura;
    g) qualora la probabilità di uscite finanziarie sia superiore a quella che tecnicamente è definita come una deviazione standard, se intenda assumere iniziative per appostare dei fondi rischi specifici a fronte di uscite finanziarie ritenute altamente probabili come previsti per le aziende. (4-14594)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   alcuni consiglieri comunali del comune di Campi Salentina (LE) hanno segnalato all'Anac in data 18 luglio 2016 alcune irregolarità – per gli anni 2013 e 2014 – relative ad una illecita fruizione di permessi retribuiti al datore di lavoro, ex articoli 79 e 80 del Tuel, da parte di un consigliere comunale nonché assessore presso lo stesso comune;
   l'assessore in questione ha sforato sovente il limite delle 24 ore mensili spettanti per attività amministrativa connessa alla carica; ha inoltre attestato, con il meccanismo dell'autocertificazione, la presenza in sedute del coordinamento dell'ambito territoriale di Campi Salentina – dallo stesso presiedute ma mai esistite – molte delle quali risultano essere convocate invocando numeri di protocollo inesistenti o già attribuiti ad altri atti amministrativi; lo stesso sostiene di aver partecipato a riunioni di giunta comunale mai tenutesi, e a tal proposito è opportuno evidenziare il certificato della giunta del 28 ottobre 2014: nonostante tale seduta non sia mai avvenuta, l'assessore si dichiara presente producendo un certificato in ordine al quale nessuno tra gli uffici certificatori ne ha riconosciuto la firma;
   l'assessore dichiara di aver partecipato a sedute di consigli comunali che, a detta dell'interessato, avrebbero avuto tempi di durata più lunghi rispetto a quegli effettivi e documentati;
   la questione ha interessato anche il responsabile del settore finanziario del comune di Campi Salentina che, con nota protocollo n. 2340 del 26 febbraio 2016, ha chiesto all'azienda presso la quale l'assessore svolge il suo lavoro privato, la restituzione delle somme indebitamente corrisposte con riserva di calcolare anche le annualità precedenti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali gravi fatti e se, a fronte delle numerose irregolarità descritte in premessa e denunciate anche all'Anac, sussistano i presupposti per avviare un'ispezione della ragioneria generale dello Stato e dell'ispettorato della funzione pubblica, al fine di impedire il perpetuarsi di quelle che appaiono di gravi violazioni e il reiterarsi di danni economici a carico del comune di Campi Salentina. (4-14610)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 6 ottobre è stato pubblicato il rapporto della CEPEJ per l'anno 2014, relativo all'analisi dei dati quantitativi e qualitativi raccolti nei 45 Stati del Consiglio d'Europa e Israele, sui bilanci dei sistemi giudiziari, professionisti della giustizia, sull'organizzazione dei sistemi giudiziari e sull'efficienza e sulla qualità del servizio pubblico della giustizia;
   i dati trasmessi dal Governo italiano, relativi ai giudici di pace e ai giudici onorari di tribunale sono errati, quelli sui vice procuratori onorari incompleti: diversi da quelli predisposti nel 2014 dal Ministero della giustizia;
   alla Commissione, che distingue tra giudici professionali, a tempo parziale, a tempo pieno e occasionale, e giudici non professionali, il Governo ha fornito dati errati:
    1) classificando i giudici di pace e i giudici onorari di tribunale come giudici non professionali;
    2) indicando un numero dei giudici di pace e dei giudici onorari di tribunale inferiore a quello esistente: 3.068 contro i 4.029;
    3) omettendo di comunicare il numero degli altri giudici non di ruolo in servizio (esperti di sorveglianza, componenti degli organi giudiziari per i minorenni in primo e secondo grado – oltre 1.500 nel 2014, secondo il Consiglio superiore della magistratura – e i giudici delle commissioni tributarie);
   tale errata rappresentazione di fatto ha occultato l'esistenza di una magistratura precaria, priva di tutela sociale e sottopagata, e ha di conseguenza impedito alla Cepej di valutare anche il grado di indipendenza dei giudici falsamente etichettati come onorari, in base al loro trattamento economico (valutazione che la Cepej non opera sui magistrati non professionali, in quanto non svolgono in via prevalente le funzioni di giudice e traggono il proprio reddito da altri lavori);
   il Governo ha omesso di comunicare che nel 2014 i vice procuratori onorari erano 1.776 (come indicato nella stessa relazione al disegno di legge per la legge n. 57 del 2016), e che essi sono impiegati in rappresentanza del pubblico ministero nell'80 per cento dei processi penali di primo grado davanti al tribunale e nel 100 per cento dei processi penali davanti al giudice di pace, impedendo alla Cepej di misurare l'impatto del loro impiego sul carico di lavoro particolarmente oneroso dei pubblici ministeri di carriera (2.108, nel 2014 – dati CSM), di fatto nuovamente omettendo di rappresentare la natura precaria di una parte di magistrati professionali;
   il Movimento Sei Luglio ricorda che la violazione dei diritti dei magistrati onorari è oggetto di procedimenti in corso alla Commissione europea e al Comitato europeo dei diritti sociali e all'esame del Parlamento europeo. Per contrastare l'invio errato del Governo, Movimento Sei Luglio sta mettendo a punto denunce integrative per consentire agli organi europei di vigilare correttamente e ammonire l'Italia, affinché applichi la normativa europea –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se non ritenga opportuno intervenire affinché venga inviata tempestivamente alla Cepej la documentazione corretta predisposta dal Ministero della giustizia;
   se non consideri urgente assumere iniziative affinché sia applicata compiutamente la normativa europea relativa all'impiego della magistratura cosiddetta onoraria estendendo a questa categoria gli stessi diritti e le stesse garanzie dei magistrati di ruolo. (4-14581)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 7 – Appia – collega, tra gli altri, i due capoluoghi pugliesi di Taranto e Brindisi con un tracciato lungo circa 70 chilometri attraverso due carreggiate separate per ogni senso di marcia e due corsi per ogni carreggiata. Il tratto stradale in questione lambisce i comuni di Grottaglie, Villa Castelli, Francavilla Fontana, Oria, Latiano e Mesagne, per terminare all'interconnessione con la strada statale 16 Adriatica a Brindisi;
   la corsia di destra, più di quella di sorpasso, per ogni carreggiata lungo tutto il suddetto tracciato, mostra evidenti segni di deterioramento e, più in generale, il tratto di strada evidenzia notevoli problemi per una corretta e sicura viabilità;
   la strada statale ha un limite di velocità di 90 km/h e i veicoli che transitano, per diversi chilometri anche non consecutivi, hanno problemi di stabilità con evidenti rischi che potrebbero causare sinistri stradali –:
   quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare al fine di risolvere le criticità sul tratto di strada in questione;
   se l'Anas abbia già pianificato una manutenzione della strada e quando sia prevista;
   per quale motivo la strada in questione presenti le criticità espresse in premessa e l'ANAS non sia già intervenuta per risolverle. (5-09845)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione del comune di Roma Capitale, è stata attenzionata, da una serie di denunce depositate, in data 19 settembre 2016, a firma di Fabrizio Cianci, segretario EcoRadicali, Associazione radicale ecologista, all'attenzione del prefetto di Roma, del difensore civico del Lazio, del presidente dell'ANAC, della presidente della Commissione antimafia e del direttore dell'Agenzia del demanio;
   l'oggetto delle denunce è il seguente: «violazione dello Statuto Comunale di Roma Capitale e lesione dei diritti civici»; la notizia rilanciata dal sito di Ecoradicali descriveva come «[...] Lo scorso 4 luglio il Segretariato Comunale di Roma Capitale ha vidimato e inviato agli Uffici del Sindaco i moduli della Interrogazione d'Iniziativa Popolare che abbiamo promosso per chiedere all'Amministrazione di chiarire i propri indirizzi rispetto alla gestione del Nuovo Cinema Aquila, di proprietà comunale e ormai chiuso da oltre un anno. Oltre cinquecento cittadini hanno sottoscritto l'interrogazione nell'arco di 48 ore, a dimostrazione di quanto il tema sia sentito non solo nel territorio del Municipio 5, ma, più in generale, da una cittadinanza che in questi ultimi anni ha assistito a una progressiva desertificazione degli spazi di produzione e fruizione culturale, un po’ in tutta la metropoli a causa di malagestione e illegalità»;
   il bene, confiscato alla cosiddetta «Banda della Magliana», è stato trasferito nel 2003 al patrimonio indisponibile di Roma Capitale; esso è quindi soggetto alle normative antimafia: deve essere gestito per «finalità sociali» direttamente dall'ente comunale o affidato a cooperative sociali, attraverso un bando un pubblico di assegnazione;
   nonostante la mancata risposta al quesito, la sindaca ha ipotizzato un trasferimento del Nuovo Cinema Aquila al municipio 5, che intenderebbe affidare «temporaneamente» la struttura a un gruppo di associazioni vicine al neo-Presidente del M5S;
   si profilerebbe, quindi, di fatto un affidamento diretto «mascherato» che è in contrasto con la normativa vigente e le direttive europee, rispetto a un bene che appartiene a tutti i cittadini romani –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i loro orientamenti in merito, in particolare, se non intendano assumere iniziative volte a implementare la normativa in materia di beni confiscati alla criminalità organizzata in modo da escludere che la gestione di tali beni possa essere oggetto, in qualsiasi forma o modalità e anche transitoriamente, di affidamenti diretti, assicurando il rispetto dei principi di trasparenza e di partecipazione. (4-14577)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   due giorni fa, a Casalpusterlengo, in provincia di Lodi, si è verificato un gravissimo episodio ai danni di una ragazza di 21 anni, la quale, dopo aver sorpreso un ladro nella propria abitazione, è stata violentemente picchiata da quest'ultimo;
   secondo quanto riportato dagli articoli apparsi sulla stampa, tra cui quello pubblicato su Il Cittadino, il gravissimo episodio è accaduto in pieno giorno, precisamente alle 10 di mattina, in una delle villette di via Rabin, nel rione Ducatona;
   in particolare, il ladro, dopo aver scavalcato la recinzione della proprietà ed essersi introdotto in casa forzando la porta finestra sul retro, credendo che nell'abitazione non ci fosse nessuno, avrebbe cominciato a mettere a soqquadro le stanze, aprendo cassetti e mobili, a caccia di denaro e preziosi;
   in realtà, al piano di sopra della villetta si trovava la figlia di 21 anni dei proprietari, la quale, uditi i rumori provenienti dal piano inferiore e credendo fosse la madre di rientro a casa, sarebbe scesa in soggiorno;
   il ladro, con un cappello in testa e pare con accento dell'est, vistosi così scoperto, invece di fuggire, avrebbe immediatamente aggredito e picchiato selvaggiamente la ragazza, per poi fuggire da una finestra;
   nonostante le ferite e sotto shock, la ragazza è comunque riuscita a dare l'allarme e sul posto sono giunti subito i carabinieri, sebbene il ladro, pare non ancora rintracciato, sia a piede libero e in condizioni di delinquere ancora;
   già a giugno 2016 il prefetto di Lodi aveva evidenziato come il controllo del territorio dovesse più che mai essere «particolarmente orientato alla prevenzione e alla repressione dei furti, con operazioni mirate nelle fasce orarie in cui vengono commessi con maggiore frequenza» e solo un mese e mezzo prima, la stessa prefettura aveva convocato un vertice delle forze dell'ordine per analizzare l'incremento dei furti in abitazione in città, concentrati tra San Bernardo, Fanfani e Albarola, e il boom di razzie nelle aziende della zona industriale di Lodi Vecchio;
   successivamente e a seguito di questo gravissimo episodio, che ha particolarmente colpito i cittadini di Casalpusterlengo anche per i tempi e le modalità con cui si è verificata l'aggressione, sono scoppiate proteste e polemiche anche per l'inerzia del comune nell'attuare misure di sicurezza necessarie per il controllo e la vigilanza del territorio e la tutela dei residenti, come evidenziato dal depotenziamento dell'organico della polizia locale, dalla mancanza di implementazione della video-sorveglianza e dalla scarsa applicazione del regolamento di polizia urbana –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa e dagli articoli di stampa e quali iniziative, nell'immediato, intenda adottare, anche alla luce del gravissimo episodio verificatosi a Casalpusterlengo, al fine di assicurare un'adeguata e maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio della provincia di Lodi, implementando le risorse materiali in dotazione e il personale attualmente in servizio. (4-14579)


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da una circolare del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, i comuni nei quali vi è la presenza di extracomunitari, sono obbligati a concedere la residenza agli extracomunitari dopo tre soli mesi di accoglienza;
   l'interrogazione segnala, al riguardo, che secondo quanto si evince dal documento suesposto le procedure per la permanenza nel nostro Paesi, si attivano subito dopo lo sbarco dei migranti i quali fanno richiesta di protezione internazionale e, in quel momento, viene concesso un permesso di soggiorno temporaneo (ovvero una ricevuta che dovrebbe durare il tempo necessario perché una apposita commissione ne valuti i requisiti);
   al contempo tuttavia, l'immigrato viene accolto nei vari centri di permanenza, all'interno di abitazioni private, negli alberghi, nelle case delle cooperative e l'insieme di queste due condizioni gli permette di ottenere la residenza;
   anche i richiedenti asilo hanno diritto all'iscrizione anagrafica in quanto titolari di questa ricevuta e per ottenere la residenza, si evidenzia nella circolare ministeriale, non sembrano esserci notevoli difficoltà, in quanto la permanenza in un centro di accoglienza di circa tre mesi costituisce dimora abituale e pertanto legittima la richiesta di iscrizione anagrafica;
   l'interrogante evidenzia, inoltre, che anche chi è stato inviato in un appartamento o in una struttura alberghiera ottiene ugualmente la residenza come un «normale cittadino italiano», anzi un cittadino italiano deve presentare della documentazione come ad esempio documento di identità, codice fiscale, patente, mail, numero di telefono del proprietario dell'appartamento o dichiarazione del proprietario;
   l'interrogante rileva, inoltre, come i vantaggi della residenza per gli extracomunitari siano enormi: dall'accesso all'assistenza sociale, alla concessione di sussidi, alle agevolazioni previste da ogni comune verificate mediante l'indicatore Isee, all'iscrizione al servizio sanitario nazionale, ai sussidi per i canoni di locazione, finanche alla richiesta per ottenere il conseguimento della patente di guida italiana;
   a giudizio dell'interrogante, pertanto, quanto suesposto rappresenta un problema grave di dimensioni rilevanti; desta evidenti preoccupazioni tale decisione del Ministero dell'interno, in quanto con la residenza si obbliga di fatto i comuni, come ad esempio quello di Novara, ad accollarsi i costi sociali dell’«accoglienza» –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa, posto che la circolare ministeriale rischia di provocare gravissime ricadute sui territori comunali sia riferite all'ordine e alla sicurezza pubblica, sia sul piano amministrativo;
   se non ritenga urgente ed opportuno rivedere tale decisione, a giudizio dell'interrogante grave e sbagliata, in considerazione del fatto che tale scelta rischia di aggravare ulteriormente la situazione attuale nazionale in tema di sicurezza, a causa di politiche sulla immigrazione rivelatesi manifestamente fallimentari, che accrescono le difficoltà di mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza sul territorio italiano, anche e soprattutto a causa della presenza sempre più numerosa di extracomunitari i quali molto spesso svolgono attività criminali e delittuose.
   (4-14589)


   GIANCARLO GIORDANO e FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso della recente visita del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Stefania Giannini ad Avellino l'inviato della trasmissione «Striscia la notizia» Luca Abete, ha tentato di rivolgere alcune domande alla titolare del Ministero, in quanto in alcuni precedenti servizi televisivi aveva raccolto numerose testimonianze, soprattutto di genitori degli alunni, circa l'inefficienza di diverse scuole campane sprovviste delle più elementari necessità strumentali igienico-sanitarie e lo stato di precarietà nel quale versano le stesse strutture;
   l'inviato, che ha tentato di rappresentare simbolicamente e in modo del tutto pacifico questa esigenza che riguardava la comunità scolastica campana, in un primo momento veniva trattenuto e poi scaraventato verso una inferriata dal personale del servizio d'ordine e da responsabili della questura di Avellino riportando le prime visibili contusioni;
   cercando di fare semplicemente il proprio lavoro di intervistatore, in un contesto che non vedeva assolutamente situazioni di protesta collettiva né altre di potenziale messa a rischio dell'incolumità pubblica, l'inviato veniva affrontato da un responsabile della questura, il quale prima proferiva parole di insulto e offesa personale e successivamente nell'avventarsi contro l'inerme corrispondente lo colpiva sulla testa con un pesante manrovescio bloccandone di fatto ogni libero movimento;
   nonostante Luca Abete ribadisse l'esclusiva volontà di rivolgere solo delle domande al Ministro Stefania Giannini, veniva fatto nuovamente oggetto di insulti e improperi da parte del medesimo responsabile e scaraventato in un'auto della polizia che provvedeva a tradurlo in questura, anche qui accompagnato da una serie di insulti personali;
   l'intera ricostruzione, dei fatti è stata realizzata in presa diretta da cameraman della troupe della nota trasmissione televisiva di «Canale 5» e proposta integralmente nella messa in onda serale del 17 ottobre 2016 e poi rilanciata sui diversi canali dei social network;
   l'incresciosa vicenda è proseguita in questura dove si è potuto ascoltare, anche qui in presa diretta di registrazione audio, la continuazione dei comportamenti irriguardosi sostenuti nei confronti del signor Luca Abete allorquando sono continuati gli insulti personali, con epiteti violenti e razzisti nonché minacce di arresto, senza che l'inviato commettesse alcunché limitandosi a difendere la sua versione dei fatti, confortata dalle immagini televisive, rispetto a quella che appare del tutto non corrispondente alla realtà di un responsabile della questura di Avellino –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere alla luce del riscontro oggettivo e incontestabile dell'accadimento dei fatti innanzi esposti, che hanno suscitato nel Paese un'enorme reazione di sconcerto e di condanna;
   quali altre iniziative intenda promuovere in merito alla gestione dell'ordine pubblico da parte delle forze di polizia quando non vi sono condizioni oggettive di rischio e pericolo per l'incolumità collettiva ma solo lo svolgimento pacifico del lavoro informativo da parte degli operatori del settore o dimostrazioni di dissenso civile e non violento da parte di cittadini in occasione di esposizioni pubbliche di rappresentanti istituzionali. (4-14591)


   NASTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante segnala che il 17 agosto 2016 una donna di 43 anni, che da sola passeggiava col suo cane a Villadossola, comune di 7 abitanti della provincia del Verbano Cusio Ossola, è stata aggredita da un profugo, ospite da circa un mese in città, in un alloggio privato gestito dalla cooperativa Azzurra di Omegna (VB);
   l'interrogante evidenzia in particolare, che alle ore 20 quando la donna si trovava lungo il torrente Ovesca, che divide in due la città ha incrociato 4 profughi, uno dei quali le si è avvicinato e l'ha fatta cadere gettandosi su di lei e palpeggiandola ovunque; gli altri 3 profughi non sono intervenuti in difesa della donna che nel frattempo si era messa a gridare;
   le urla sono state udite da alcuni ragazzi, podisti di una società sportiva, che si stavano allenando poco distante, i quali sono accorsi facendo fuggire gli aggressori;
   la suesposta donna è ricorsa alle cure dei medici dell'ospedale di Domodossola (Verbanio-Cusio-Ossola), i quali non hanno riscontrato alcuna ferita grave, ma tuttavia hanno evidenziato un forte spavento che ha causato un trauma psicologico;
   i carabinieri di Villadossola hanno successivamente identificato i quattro profughi: l'aggressore è un diciottenne bengalese e si tratta di uno dei 12 migranti che la prefettura del Verbano-Cusio-Ossola aveva mandato a Villadossola a luglio 2016 assegnazione fatta informando l'amministrazione comunale a trasferimento quasi avvenuto;
   l'interrogante evidenzia inoltre che Villadossola ospitava in altre strutture altri 8 migranti, alcuni dei quali inseriti nel progetto Sprar e pertanto non avrebbe dovuto ricevere la seconda ondata di 12 migranti;
   l'aggressione in precedenza esposta, ha destato molta preoccupazione a Villadossola nella cui città, dopo circa quindici giorni, si è verificato un altro grave episodio, fortunatamente meno grave: una ragazzina di tredici anni che rientrava a casa è stata avvicinata nei pressi della stazione ferroviaria da un extracomunitario che le ha fatto delle avances; la ragazza, spaventata, ha raccontato tutto ai genitori che hanno fatto denuncia ai carabinieri;
   l'interrogante evidenzia altresì che a seguito dell'aggressione alla donna in precedenza esposta, il migrante è stato trasferito dalla cooperativa Azzurra in una struttura a Omegna (VB) e successivamente a Madonna del Sasso (VB); il medesimo trasferimento ha suscitato proteste anche a Omegna che ospita 148 migranti;
   l'interrogante segnala ancora che il 12 settembre 2016, dopo due mesi di indagini, la procura della Repubblica di Verbania ha ottenuto dal giudice per le indagini preliminari una misura di custodia cautelare per il migrante che aveva aggredito donna: il bengalese è stato messo agli arresti domiciliari nella struttura e della Cooperativa a Madonna del Sasso;
   a giudizio dell'interrogante, in definitiva, le vicende suesposte di cronaca nera, confermano che non sussistano elevati livelli di sicurezza e di tutela dei cittadini, nella regione Piemonte ed in particolare nei territori della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e che la situazione è estremamente grave e allarmante;
   la necessità di innalzare i livelli di protezione e di presidi nei riguardi dell'area piemontese in precedenza richiamata, risulta pertanto, a parere dell'interrogante, urgente ed essenziale, stante le condizioni attuali esistenti, in particolare in relazione alle verifiche legate alla regolarità dei tanti extracomunitari, che vivono in condizioni fuori legge, come peraltro dimostrano i fatti suesposti –:
   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, e quali iniziative intendano intraprendere al fine di potenziare i sistemi di controllo e vigilanza per le comunità delle province piemontesi citate in premessa interessate dai fenomeni di violenza, in particolare da parte di extracomunitari presenti irregolarmente sul territorio. (4-14593)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta dell'Assemblea della Camera del 17 luglio 2015 è stato accolto con raccomandazione dal Governo, l'ordine del giorno n. 9/03098-A/072, presentato dall'interrogante, con il quale si sollecitavano le opportune iniziative affinché fosse inserito il personale civile dell'Amministrazione dell'interno nel cosiddetto ruolo speciale previsto dalla imminente riforma della pubblica amministrazione;
   al riguardo, infatti, si ritiene che a tale personale debba essere riconosciuta «unicità» della categoria, considerando che alla moltitudine di funzioni che gli sono attribuite, e che richiedono di frequente importanti sacrifici, non corrisponde un giusto inquadramento e sostegno economico. Del resto, il personale civile dell'interno è già riconosciuto, sotto il profilo giuridico, come categoria speciale attraverso una serie di provvedimenti legislativi che si sono susseguiti nel tempo –:
   quale seguito sia stato dato all'impegno assunto con l'ordine del giorno n. 9/03098-A/072;
   per quali motivi non siano state ancora assunte iniziative per inserire il personale dell'amministrazione civile dell'interno in un ruolo speciale (come avvenuto per la carriera prefettizia), con conseguente riconoscimento economico che sia proporzionato all'alta professionalità ed alle competenze ad esso riconosciute.
(4-14600)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Cavallasca, comune della provincia comasca, esiste una caserma appartenuta alla guardia di finanza ormai in disuso, soggetta al Demanio, che si sospetta venga presto adibita a luogo di ricovero per migranti irregolari richiedenti tutela internazionale;
   in prossimità dell'immobile – che è privo di impianti elettrici, riscaldamento, porte e serrature – sono stati infatti visti tecnici intenti ad operare rilievi, con tutta la strumentazione del caso;
   proprio in ragione della sua fatiscenza, nel 2011 il Governo rinunciò ad utilizzare i locali della ex caserma di Cavallasca per ospitarvi i profughi in fuga dalla Libia in guerra;
   Cavallasca accoglie già, in una casa privata situata nei pressi del locale municipio, una ventina di migranti richiedenti asilo ed è forte il sospetto che i rilievi alla ex caserma della guardia di finanza preparino l'arrivo di altre decine di migranti, se non addirittura più di cento;
   la caserma già appartenuta alla guardia di finanza si trova in prossimità del confine di Stato con la Svizzera ed a ridosso del parco della Spina Verde;
   la provincia di Como sta già ospitando un numero molto elevato di aspiranti rifugiati, circa 2 mila, alloggiati in 108 siti la cui capacità complessiva risulterebbe non superiore alle 1.500 unità;
   la popolazione locale è in allarme e non contribuisce a rasserenare gli animi la circostanza che la prefettura di Como stia mantenendo un riserbo assoluto sulle proprie intenzioni –:
   se effettivamente il Governo intenda adibire la ex caserma della guardia di finanza di Cavallasca all'accoglienza di migranti richiedenti tutela internazionale, malgrado il comune ne ospiti già alcune decine, e quante persone si ritenga eventualmente di destinarvi;
   nel caso in cui il Governo abbia deciso veramente di inviare ulteriori sedicenti profughi a Cavallasca, per quale ragione la prefettura di Como sia ancora silente al riguardo;
   se il Governo non ritenga ormai satura la capacità di accoglienza della provincia comasca, che ospita ormai circa 2 mila richiedenti asilo in strutture che complessivamente prese hanno una capienza non superiore alle 1.500 unità. (4-14608)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dopo l'esperienza maturata, nel corso di 3 edizioni del concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione di medicina, sono maturate almeno tre tipi specifici di criticità denunciate in vario modo dagli stessi aspiranti ad entrare nelle scuole di specializzazione;
   la prima è la discrepanza tra numero di studenti che si iscrivono al corso di laurea in medicina e chirurgia e il numero complessivo dei contratti messi a bando per entrare nelle diverse scuole. La seconda riguarda in concreto le modalità di espletamento del concorso nelle diverse sedi, in cui i giovani medici riscontrano condizioni di tolleranza diverse, per cui in alcune è lecito scambiarsi informazioni, in altre ci sono suggerimenti compiacenti da parte di qualcuno, in altre ancora si ravvisa la possibilità di consultare fonti di documentazione di vario genere;
   lo scorrimento delle graduatorie inoltre, sottoposte ai criteri di scelta dei candidati fortunati che hanno vinto più di una opzione, è talmente lenta da creare difficoltà assai pesanti per tutti gli altri;
   ai medici che hanno partecipato quest'anno alle prove di selezione per l'ammissione alla scuola, sembra quindi che sia necessario rivedere l'impianto complessivo delle procedure selettive, per superare le criticità oggettive da loro rilevate e più volte denunciate anche negli anni precedenti;
   l'attuale sistema non è in grado di garantire uniformità di condizioni organizzative e valutative su base nazionale e per questo propongono di adottare una graduatoria unica nazionale;
   i giovani medici neo-laureati chiedono da tempo di istituire il corso di specializzazione in medicina generale e cure primarie, integrando l'esperienza maturata dai corsi regionali di formazione specifica di medicina generale e dalla scuola di specializzazione in medicina delle comunità a scienze delle cure primarie. Si tratta di una scuola di specializzazione presente in tutta Europa che consentirebbe di innalzare la qualità della formazione specifica di medicina generale;
   i medici chiedono un aumento del numero di domande da somministrare durante le prove, con quesiti di selezione strutturali in modo da esplorare non tanto o non solo le conoscenze specifiche acquisite nel corso degli anni, ma soprattutto le capacità di ragionamento clinico tipiche del medico. In tal modo, si valorizzerebbero le capacità di ragionamento riducendo il peso delle domande che richiedono competenze di carattere prevalentemente mnemonico;
   i medici chiedono altresì di adottare nuovi modelli nell'analisi dei bisogni del servizio sanitario nazionale per determinare il fabbisogno di medici generalisti e specialisti sul territorio nazionale, e contestualmente che ci sia un incremento delle risorse da destinare ai contratti di formazione, con un riequilibrio tra profili specialistici e generalisti;
   semplificare l'organizzazione delle prove concorsuali permetterebbe di uniformare gli standard organizzativi e le relative procedure di controllo e di vigilanza che potrebbero essere agevolmente intensificate;
   ai fini della valutazione dei titoli, appare opportuno che si tenga conto esclusivamente del voto di laurea, eliminando il riferimento agli esami di indirizzo che crea non pochi margini di errore nella valutazione dei candidati;
   le prove di selezione si potrebbero ridurre ad una-due giornate e i candidati potrebbero concorrere a tutti i tipi di specializzazione, in tutte le sedi, facilitando gli scorrimenti e riducendo i relativi tempi di attesa. Inoltre, si potrebbe ridurre, fino ad eliminarla, la dispersione di contratti e di borsa –:
   cosa intenda fare il Governo in relazione al numero di borse che ogni anno vanno perse, dal momento che se ne rimettono a bando un numero decisamente inferiore, defraudando molti aspiranti alla scuola di specializzazione;
   quali tra le proposte fatte dai neo-laureati, il Governo sarebbe disposto ad approfondire per tradurle in misure di cambiamento. (3-02572)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARZANA, VACCA, LUIGI GALLO, D'UVA, CHIMIENTI, SIMONE VALENTE, BRESCIA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le scuole dell'infanzia a titolarità pubblica non sono sufficienti a coprire l'intero fabbisogno; l'offerta scolastica è in parte colmata dalle scuole dell'infanzia paritarie dove presta servizio un numero consistente di docenti che però, ai fini della ricostruzione di carriera, vedono puntualmente leso il riconoscimento integrale del servizio prestato presso le suddette scuole paritarie;
   per la ricostruzione di carriera, ancora oggi, viene applicato l'articolo 485 del testo unico delle leggi sulla scuola, approvato con il decreto legislativo 6 aprile 1994, n. 297, il quale dispone che debba essere riconosciuto il servizio del docente non di ruolo, prestato nelle scuole non soltanto statali, ma anche non statali pareggiate. Lo stesso riconoscimento è previsto per il servizio che sia stato prestato nelle scuole non statali parificate;
   il predetto testo che corrisponde e sostanzialmente alle proposizioni degli articoli 1 e 2 del decreto-legge 19 giugno 1970, n. 370, convertito dalla legge n. 576 del 26 luglio 1970, all'articolo 485 recita: «Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all'estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici (...). Agli stessi fini e nella identica misura, di cui al comma 1, è riconosciuto, al personale ivi contemplato, (...) i servizi di ruolo e non di ruolo prestati nelle scuole materne statali o comunali, comprese quelle dei predetti educandati e quelle all'estero (...)»;
   la tipologia delle scuole pareggiate era contemplata dall'articolo 356 del predetto decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il quale assegnava tale denominazione alle scuole secondarie non statali, funzionanti da almeno un anno, che fossero gestite da enti pubblici o ecclesiastici. Il pareggiamento comportava, peraltro, che i docenti dovessero essere assunti mediante concorso pubblico e che godessero di un trattamento economico iniziale pari a quello degli insegnanti delle corrispondenti scuole statali;
   mentre la definizione di scuole parificate è contenuta nell'articolo 344 del sopra citato testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione di ogni ordine e grado e il servizio in esse prestato poteva essere riconosciuto in carriera;
   orbene, l'anomalia deriva dal fatto che l'articolo 385 del testo unico delle leggi sulla scuola del 1994 non include le odierne scuole, paritarie fra le scuole non statali, il cui insegnamento può essere riconosciuto in carriera. Ciò è dovuto esclusivamente al fatto che il predetto testo unico è stato pubblicato ben prima della data in cui in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la legge (legge n. 62 del 10 marzo 2000) che ha riformato l'intera materia delle scuole non statali, abilitate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, sostituendo alle allora vigenti quattro tipologie di scuole non statali (autorizzate, parificate, legalmente riconosciute e pareggiate) l'unica categoria di scuola paritaria;
   nello specifico, la legge 10 marzo 2000, comma 1, n. 62, recante «Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e, all'istruzione», all'articolo 1 recita: «(...) il sistema nazionale d'istruzione, fermo restando quanto previsto dall'articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali»;
   è bene precisare che il servizio svolto nelle scuole paritarie destinatarie della parità in virtù della legge n. 62 del 10 marzo 2000, così come anche chiarito dalla circolare prot. 69064 del 4 agosto 2010 del Ministero dell'economia e delle finanze è valido ai fini della ricostruzione di carriera –:
   quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda mettere in atto affinché il servizio pre-ruolo svolto dai docenti nelle scuole dell'infanzia paritarie sia riconosciuto ai fini della ricostruzione della carriera e della determinazione dell'anzianità di servizio ai sensi dell'articolo 485 del decreto legislativo n. 297 del 1994, recante il testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado.
   (5-09834)


   SGAMBATO, MALPEZZI, CAROCCI, ROCCHI, D'OTTAVIO, PES, FAMIGLIETTI e MANZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il percorso abilitante quinquennale in scienze della formazione primaria (laurea magistrale-85bis), previsto con decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, risulta essere l'unico percorso abilitante alla professione di insegnante per le scuole infanzia e primaria ed ha, come esclusivo sbocco lavorativo, l'insegnamento, nonché prevede il superamento di 30 esami, la frequenza obbligatoria a 20 laboratori, oltre a 600 ore di tirocinio diretto e indiretto e di altre attività accademiche;
   gli iscritti al corso di laurea in scienze della formazione primaria LM-85bis, hanno dovuto superare un test, con numero programmato nazionale definito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in base al fabbisogno nazionale. I laureati del cosiddetto «vecchio ordinamento» (laurea quadriennale), immatricolati al corso di laurea in scienze della formazione primaria prima del 2011, hanno avuto, a parità di titolo, non solo la possibilità di trovare un impiego nella scuola pubblica, attraverso le vecchie GAE (graduatorie ad esaurimento), ma anche l'opportunità di accedere ad un corso di specializzazione aggiuntivo (semestrale), dedicato al sostegno, che era parte integrante del corso di laurea;
   tuttavia, queste opportunità vengono precluse attualmente agli studenti del cosiddetto «nuovo ordinamento»: allo stato attuale, i futuri laureati in scienze della formazione primaria (SFP-lm85bis) risultano dunque fortemente penalizzati da tale situazione, anche perché si trovano, di fatto, equiparati a coloro che non sono in possesso di laurea dato che possono far richiesta di accesso alla II fascia assieme ai diplomati magistrali, poiché il loro titolo è stato considerato «abilitante ex lege»;
   appare evidente che il criterio del fabbisogno sulla base del quale sono stati banditi annualmente i percorsi di laurea di scienze della formazione primaria LM-85bis risulti essere inficiato sia per infanzia che per primaria, dal notevole numero di diplomati magistrali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per prevedere la definizione di un secondo canale di assunzione a tempo indeterminato mediante scorrimento delle graduatorie per gli abilitati scienze della formazione primaria LM-85bis in virtù del processo abilitativo conseguito, equiparabile in toto ad una procedura concorsuale;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda agevolare l'assunzione degli abilitati con laurea magistrale in scienze della formazione primaria (Sfp-lm85bis) anche alla luce degli innumerevoli decreti cautelari a favore dei diplomati magistrali che stanno ottenendo il ruolo senza aver mai effettuato una selezione in ingresso;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto per permettere il conseguimento della specializzazione sul sostegno (inclusa di diritto nel percorso quadriennale) ai futuri docenti che hanno già acquisito, durante il corso di laurea in scienza della formazione primaria (Sfp-lm85bis), quasi la metà di crediti sui 60 totali della specializzazione. (5-09846)


   D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, concernente «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.», disciplina le modalità di formazione delle classi relative all'istruzione secondaria di primo grado;
   l'articolo 11, comma 1, del suddetto decreto, in particolare, prevede che le classi prime delle scuole secondarie di I grado e delle relative sezioni staccate siano costituite, di norma, «con non meno di 18 e non più di 27 alunni, elevabili fino a 28, qualora residuino eventuali resti. Si procede alla formazione di un'unica prima classe quando il numero degli alunni iscritti non supera le 30 unità»;
   tali disposizioni devono ritenersi subordinate, tuttavia, a quanto disposto dall'articolo 5 del citato decreto del Presidente della Repubblica, il quale disciplina i casi in cui all'interno delle classi vi siano alunni in situazione di disabilità;
   l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, stabilisce come «le dotazioni organiche complessive dei posti di sostegno restano definite ai sensi dell'articolo 2, commi 413 e 414, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. I dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, gli enti locali e le altre istituzioni competenti e soggetti aventi titolo, individuano le modalità di distribuzione delle risorse utili all'integrazione degli alunni disabili, anche attraverso la costituzione di reti di scuole, e stabiliscono la dotazione organica per la scuola dell'infanzia e per ciascun grado di istruzione»;
   il successivo comma, infine, assicura dei limiti alla possibilità di formare classi numerose in presenza di alunni disabili, determinando che «le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell'infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe dall'insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola»;
   nonostante tali di posizioni, presso l'Istituto comprensivo «G. Verga» del comune di Acquedolci (Messina), risulta, ad oggi, la costituzione di una classe a tempo normale composta da 32 alunni, di cui 2 in situazione di disabilità;
   tale condizione veniva confermata in data 20 settembre 2016 dal dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo di Acquedolci (Messina), la quale, con atto prot. N. 0004332-B/19, rendeva nota la necessità di una urgente soluzione a tale condizione, attraverso l'auspicabile sdoppiamento della classe, al fine di consentire la costituzione di due distinte classi, nel rispetto della normativa sin qui richiamata;
   dalla stessa nota si evince, tuttavia, come tale richiesta non sia stata a oggi concessa dall'ufficio scolastico competente;
   con nota del 13 settembre 2016 – prot. N.0004110/B14 –, i genitori degli alunni iscritti inoltravano diffida al dirigente dell'ufficio scolastico territoriale, ambito VIII di Messina, all'ufficio scolastico per la Sicilia e all'assessorato regionale per la pubblica istruzione;
   a oggi tale classe, così composta, non risulta né rispondente ai criteri previsti dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, n. 81, né all'articolo 5 dello stesso provvedimento, il quale meriterebbe attenzione maggiore vista la disciplina prevista per alunni diversamente abili –:
   quali iniziative intenda adottare per verificare il rispetto della normativa in materia di costituzione di classi delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado in relazione alla costituita classe dell'Istituto comprensivo «G. Verga» del comune di Acquedolci (Messina). (5-09854)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione alla direttiva 86/457/CEE, l'articolo 5 della legge 30 luglio 1990 n. 212, recante delega al Governo per l'attuazione di direttive delle Comunità europee in materia di sanità e di protezione dei lavoratori, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 4 agosto 1990, n. 181 è stato istituito in Italia il «corso di formazione specifica in medicina generale»;
   a seguito della definizione di tale percorso formativo, il possesso del relativo titolo è diventato condizione indispensabile per l'inserimento negli elenchi che danno accesso alla convenzione della medicina generale;
   il percorso formativo per il conseguimento del diploma di medico di «medicina generale», oggi affidato alle regioni, prevede un esame di accesso a numero chiuso, ha durata triennale ed è articolato attraverso differenti tirocini formativi specifici, con giudizio finale;
   l'attuale approccio formativo delegato alle regioni è fonte di forte disomogeneità nella individuazione degli attori della formazione e – conseguentemente – della qualità degli stessi percorsi formativi;
   nell'ordinamento della maggior parte degli altri Paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca), la formazione dei medici dell'assistenza primaria avviene all'interno dell'università, sede istituzionalmente preposta alle attività di specializzazione medica post laurea –:
   se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative per istituire quanto prima anche in Italia le scuole di specializzazione in «medicina generale», promuovendo un'omogeneizzazione degli attuali percorsi formativi regionali e riportando opportunamente nel naturale alveo universitario tutte le attività di specializzazione medica post laurea. (4-14587)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 febbraio 2014 il Presidente del Consiglio in un discorso alle Camere ha dichiarato: «Come si può pensare che il Comune, la Provincia abbiano competenza sull'edilizia scolastica senza però avere la possibilità di spendere soldi che sono lì bloccati perché esistono norme che si preoccupano della stabilità burocratica ma non si rendono conto della stabilità delle aule in cui vanno a studiare i nostri figli ?»
   stando a quanto riportato sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il piano di edilizia scolastica risulta in fase di attuazione a valere sulla dotazione di 3,9 miliardi di euro del fondo unico per l'edilizia scolastica, e in due anni sarebbero già stati avviati oltre dodicimila interventi;
   nella giornata del 13 ottobre 2016 in seguito a diversi disagi dovuti ad allagamenti e crolli strutturali, il servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro della ASL di Brindisi ha effettuato un sopralluogo presso l'Istituto professionale statale per l'industria e l'artigianato «G. Ferraris», al termine del quale lo ha dichiarato inagibile;
   come si apprende dal verbale n. 47, i funzionari della Asl brindisina hanno dichiarato la struttura inagibile sulla base delle «criticità a livello impiantistico e strutturale», e hanno rilevato l'esistenza di una «seria condizione di pericolo per gli occupanti della scuola»;
   nonostante i ripetuti incontri che hanno preceduto il sopralluogo dei funzionari dell'ASL di Brindisi e le segnalazioni che si susseguono oramai da anni senza alcuna forma di riscontro, il 14 ottobre 2016, la preside dell'istituto Rita Ortenzio De Vito ha chiuso simbolicamente con un lucchetto e un nastro da cantiere l'istituto «Ipsia Ferraris» di via Adamello, invitando gli studenti a proseguire le lezioni presso il parco circostante;
   la Costituzione italiana rivendica il dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, ed è altrettanto dovere delle istituzioni garantire l'attuazione di tale diritto, fornendo mezzi e – nella fattispecie – strutture decorose, sicure e a norma di legge;
   questo diritto, invece, nell'Istituto «Ipsia G. Ferraris» risulta compresso da anni dalle carenze strutturali dell'edificio e dai conseguenti rischi cui si trovano esposti gli studenti;
   con la legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta «legge Delrio», è stata disposta la riorganizzazione delle province limitandole sia nelle disponibilità economiche, sia sotto il profilo delle competenze ma mantenendo in capo ad esse le competenze in materia scolastica;
   lo stesso presidente della provincia di Brindisi in più occasioni e anche a mezzo stampa ha lamentato la mancanza dei fondi necessari per permettere una ristrutturazione reale di tutti gli edifici scolastici deficitari, tra i quali rientra anche l'Ipsia «G. Ferraris» di Brindisi –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere in merito al disagio che sta vivendo l'intera comunità scolastica dell'istituto professionale «Ipsia G. Ferraris» di Brindisi;
   se vi siano altri fondi ministeriali per l'edilizia scolastica già assegnati e non riportati nel sito in riferimento all'anno 2015-2016;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per sanare lo squilibrio tra mandato istituzionale e risorse finanziarie determinatosi a danno degli locali e in particolar modo delle province in seguito all'adozione della legge n. 56 del 2014. (4-14601)


   BRUNETTA e CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che nel sussidiario per il V anno delle scuola primaria «Imparo facile» edizione Cetem, nella sezione dedicata alla descrizione dell'organizzazione politica dello Stato, nel far riferimento alla composizione del Senato, sia riportato che i componenti della seconda Camera sono scelti dalle diverse regioni in cui è suddiviso il territorio italiano come se il referendum sulla riforma costituzionale si fosse già svolto e i cittadini avessero già espresso la loro opinione a favore della suddetta riforma;
   secondo gli operatori dell'editoria scolastica questa scelta sarebbe stata obbligata, in quanto i libri adottati non possono essere rivisti nel corso dell'anno scolastico;
   la giustificazione però non sembra fondata e la vicenda appare ancora più grave se si considera il fatto che per tutti gli ordini e gradi di scuola le adozioni devono essere deliberate dal collegio dei docenti nella seconda decade del mese di maggio e, per quanto riguarda le adozioni relative all'anno scolastico 2016-2017 in particolare, sono state comunicate entro il 9 giugno 2016 come previsto dalla nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – n. 3503 del 30 marzo 2016;
   questo caso non è isolato in quanto già nel mese di maggio 2016 la casa editrice Simone editori aveva pubblicato una guida per gli studenti dal titolo La Nuova Costituzione spiegata ai ragazzi che, come esplicitato nel titolo presentava come già approvata la riforma costituzionale; in merito a questo episodio la casa editrice si era impegnata a ritirare dal commercio il volume che era presentato come «Testo che favorisce un primo approccio con la rivoluzione che l'anno prossimo investirà il nostro ordinamento costituzionale», ma la pubblicazione è ancora oggi proposta con una lieve aggiunta nella presentazione nella quale è stato inserito l'avverbio «probabilmente» che comunque rappresenta ad avviso degli interroganti una distorsione della realtà istituzionale del Paese e una forzatura alle dinamiche democratiche che dovrebbero sottendere alla campagna referendaria;
   la legge n. 719 del 1964 prevede che i libri di testo siano forniti gratuitamente a tutti gli alunni delle scuole primarie –:
   quali iniziative intenda assumere la Ministra interrogata per verificare le notizie apparse sulla stampa e come intenda intervenire, per quanto di competenza, per assicurare la correttezza e l'obbiettività dei testi e del materiale didattico in uso alle scuole e, più in generale, dell'informazione che viene fornita agli studenti. (4-14607)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, BRUGNEROTTO, DA VILLA, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LOREFICE e COZZOLINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 26 maggio 2011, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, è stato firmato dal Governo, dalla regione, dagli enti locali, dai rappresentanti dei lavoratori l’addendum al protocollo d'intesa per la «chimica verde» nel sito di Porto Torres;
   l’addendum prevede azioni tese alla tutela dei lavoratori dell'indotto e del sistema delle imprese locali e l'attivazione di strumenti di promozione dello sviluppo locale e di contrasto della crisi delle aree industriali per la ricollocazione degli addetti diretti e indiretti;
   il citato impegno è stato preceduto negli anni da accordi territoriali a salvaguardia dei livelli occupativi e delle professionalità operanti all'interno dell'area industriale;
   le intese e l’addendum prevedevano misure volte a garantire la continuità occupazionale ovvero percorsi di ricollocamento professionale in un contesto caratterizzato dal frequente ricambio delle aziende d'appalto impegnate nell'area, circostanza che si sarebbe accentuata con la dismissione dell'impianto petrolchimico dell'Eni e l'avvio dei progetti di chimica verde, con Matrica, joint venture tra Novamont e Versalis;
   nonostante gli accordi, non sembra siano state rispettate negli anni le tutele previste, con particolare riguardo al ricollocamento professionale nelle nuove aziende d'appalto del territorio secondo criteri di trasparenza e nel rispetto dell'anzianità di servizio e delle competenze acquisite;
   molti operai lamenterebbero l'eccessiva discrezionalità di alcune organizzazioni sindacali nei processi di ricollocamento professionale e nell'individuazione delle misure di salvaguardia;
   è emblematica la vicenda, riferita da diversi organi di stampa, degli operai della Sicmi Montaggi srl, impresa che ha operato per oltre trent'anni nello stabilimento petrolchimico di Porto Torres e che, dal 2011, ha sospeso l'attività nell'area, con la conseguente collocazione delle 94 unità lavorative in cassa integrazione guadagni straordinaria;
   il percorso di ricollocamento professionale nelle nuove imprese d'appalto – percorso che avrebbe riguardato solo una parte degli ex operai Sicmi – si sarebbe caratterizzato per l'assenza di trasparenza, nonché per il mancato rispetto dei citati criteri di ingaggio, quali anzianità e competenze professionali;
   le maestranze lamenterebbero, inoltre, un'eccessiva discrezionalità e un'inadeguata tutela da parte di alcune organizzazioni sindacali così come riporta il quotidiano la Nuova Sardegna del 6 febbraio 2016 nel riferire le affermazioni di un operaio dell'ex Sicmi: «La Fiom-Cgil ha richiesto per gli operai della Simind i diritti acquisiti per gli anni di lavoro, dimenticandosi però di reclamare lo stesso trattamento per i 25 operai dell'ex Sicmi che dal 30 settembre 2015 si trovano in mobilità per fine contratto di lavoro all'interno del progetto chimica verde»;
   la vicenda degli ex operai Sicmi – diversi dei quali usciti definitivamente dalle produzioni del sito di Porto Torres – sarebbe analoga a quella di numerosi operai di altre aziende che hanno operato nell'area, e per i quali le misure a sostegno del reinserimento professionale, compresi gli impegni del citato addendum, sarebbero rimasti lettera morta –:
   se non si ritenga opportuno verificare il rispetto degli impegni e degli accordi definiti in questi anni a tutela dei livelli occupativi e delle competenze professionali dei lavoratori dell'area industriale di Porto Torres;
   se non si ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, le modalità attraverso cui sono stati attuati i percorsi di ricollocamento professionale nell'area di Porto Torres, con particolare riguardo al rispetto della trasparenza e dei criteri come l'anzianità di servizio e le competenze maturate;
   se non si ritenga opportuno verificare lo stato di attuazione e, nel caso, le motivazioni del mancato rispetto dell’addendum al protocollo d'intesa per la chimica verde siglato il 26 maggio 2011;
   quali iniziative si intendano adottare per favorire l'attuazione degli impegni sottoscritti con il citato addendum al protocollo d'intesa. (5-09836)


   CENNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il caporalato nel settore agricolo è un fenomeno ampiamente diffuso in molte regioni del nostro Paese anche per la stagionalità di alcune specifiche attività. Tale attività criminale ha assunto negli ultimi 25 anni caratteristiche nuove in relazione al fatto che molti braccianti e caporali sono di origine straniera;
   secondo i recenti dati, nel nostro Paese sono 80 i distretti agricoli nei quali sono stati riscontrati fenomeni di caporalato e grave sfruttamento in agricoltura, mentre sono tra i 400 mila e i 430 mila i lavoratori coinvolti. L'economia sommersa nel settore primario è stimata fra i 2 ed i 5 miliardi di euro, mentre il danno economico prodotto dalle irregolarità in agricoltura è valutato tra i 3,3 ed i 3,6 miliardi di euro;
   la paga giornaliera per i lavoratori in nero è in media di 25 – 30 euro, il 50 per cento in meno di quella prevista dal contratto nazionale, per 12 ore di lavoro;
   si apprende da organi di informazione che, a seguito di una indagine della questura di Prato relativa al lavoro nero, sarebbero state indagate alcune persone tra cui tre noti imprenditori operanti nel settore della produzione e commercializzazione del vino Chianti. Le indagini avrebbero appurato l'esistenza di un'associazione per delinquere che reclutava immigrati per lo più giunti in Italia come profughi per lavorare in nero nei vigneti. Le accuse comprendono anche quelle di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, interramento di rifiuti speciali, emissione di fatture false e frode in esercizio del commercio (secondo l'accusa verrebbe prodotto vino adulterato con uve provenienti dalla Sicilia e dalla Puglia, anziché dalla Toscana, in percentuale non consentite dalla normativa vigente);
   nei mesi scorsi, la zona del Chianti e le aziende agricole del territorio erano già stati lo scenario di episodi di caporalato. Tali vicende sono già state oggetto di specifiche interrogazioni parlamentari;
   la Camera ha approvato il 18 ottobre 2016 in via definitiva la legge «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura». Tale norma prevede: la riscrittura del reato di caporalato che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro; l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità; l'arresto obbligatorio in flagranza di reato; il rafforzamento dell'istituto della confisca; l'adozione di misure cautelari relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato; l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato; l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo antitratta; il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura; il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo;
   sarebbe comunque necessario, oltre al fondamentale ruolo di controllo di tutti i soggetti deputati a verificare l'esistenza di lavoro regolari, incentivare comportamenti virtuosi consentendo al consumatore di conoscere il «buon lavoro» propedeutico al prodotto agricolo di qualità;
   sono state presentate alla Camera dei deputati alcune proposte di legge che vanno in questa direzione. Sono previste, nello specifico, agevolazioni fiscali mirate per la realizzazione di progetti per la costituzione di «filiere produttive» etiche, coerenti con la disciplina nazionale ed europea in materia di diritto del lavoro, di ambiente, di salute e di tutela dei minori. I princìpi e criteri direttivi riguardano la definizione e lo sviluppo di sinergie fra sistemi di mappatura e tracciabilità delle produzioni; l'individuazione dei criteri per la definizione della sostenibilità ambientale, sociale ed economica della filiera; l'individuazione di un sistema disincentivante la concorrenza sleale lungo la catena della subfornitura della filiera e la sperimentazione di sistemi di controllo innovativi –:
   se il Governo disponga, per quanto di competenza, di ulteriori informazioni rispetto alla vicenda citata in premessa che ha interessato nuovamente la zona agricola del Chianti;
   se il Governo non ritenga necessario attivare un tavolo istituzionale, coinvolgendo la regione Toscana e le altre istituzioni locali interessate per assumere ogni iniziativa utile a contrastare tale fenomeno;
   se il Governo intenda assumere iniziative, per rafforzare e completare il nuovo quadro normativo introdotto per contrastare il lavoro nero ed incentivare lo sviluppo delle «filiere etiche produttive» di cui in premessa. (5-09840)


   POLVERINI e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di agosto 2016, l'Inps ha pubblicato il report sulle salvaguardie. Dalla tabella riepilogativa sui sette provvedimenti di salvaguardia, risultano: 128.079 certificazioni accolte, 54.509 certificazione non accolte, 1.949 domande giacenti e 106.616 pensioni liquidate, a fronte del limite numerico massimo di 172.466 soggetti salvaguardati previsto dalla legge;
   la pubblicazione dei report sulle salvaguardie non ha mai riportato nelle tabelle riepilogative delle suddette salvaguardie la suddivisione per sesso, quindi con i dati distinti fra uomini e donne;
   in vista all'adozione della VIII salvaguardia, che si auspica possa essere quella definitiva, diventa ancora più importante avere tale suddivisione perché da quello che si legge sui giornali potrebbe verificarsi una restrizione dei requisiti richiesti nelle precedenti salvaguardie per alcune categorie;
   presso la commissione lavoro della Camera si è svolta un'indagine conoscitiva sull'impatto di genere della normativa previdenziale e sulle disparità esistenti in materia di trattamenti pensionistici tra uomini e donne –:
   quante donne e quanti uomini, per specifico provvedimento di salvaguardia e per ogni singola platea prevista dalla salvaguardia stessa, abbiano avuto la certificazione accolta; la certificazione non accolta; la pensione liquidata. (5-09842)


   RICCIATTI, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, FERRARA, MELILLA, PIRAS, QUARANTA, SCOTTO, FRATOIANNI, DURANTI, NICCHI e COSTANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'operaio 37enne di origini bengalesi rimasto schiacciato sotto una porta blindata del peso di 500 chili durante il suo orario di lavoro alla Fincantieri è ancora gravissimo;
   è stato immediato l'arrivo della Croce Gialla di Ancona; al momento parrebbe che la vittima sia fuori pericolo di vita, ma le conseguenze dell'incidente sul lavoro restano molto rilevanti. Infatti, l'uomo è ancora ricoverato al reparto di rianimazione dell'ospedale regionale di Torrette con fratture multiple alle gambe e gravi lesioni al bacino. L'uomo è regolarmente residente ad Ancona e stava lavorando alla costruzione di una nave di lusso per conto di una ditta esterna;
   si è di fronte all'ennesimo incidente, l'ennesima tragedia scampata per un soffio; è stata seriamente compromessa la vita di una persona che non riprenderà probabilmente tutte le sue funzioni basilari e comunque non sarà più la stessa;
   le grandi navi da crociera che hanno rappresentato la rinascita del cantiere navale di Ancona e di cui giustamente tanto ci vantiamo nascondono, però, un lato molto oscuro e che spesso conviene a tutti non vedere. Lo sfruttamento totale del lavoro è il punto che da anni si denuncia; si tratta per gli interroganti di un modello organizzativo che la Fincantieri si è data: lavoro operaio completamente in appalto, appalti che servono solo ad abbattere il costo del lavoro, creando così anche una competizione tra le persone disposte a lavorare sempre a minor salario e a minori diritti, oltre che ad una perdita delle professionalità dirette per il cantiere e per tutto il territorio;
   il famoso «coordinamento delle lavorazioni» a cui Fincantieri si vorrebbe assurgere, il più delle volte sembra quasi che si trasformi in totale indifferenza per il mancato rispetto delle normative di sicurezza, purché la produzione vada avanti, purché si rispettino i tempi e si anticipino le consegne, purché siano onorati i contratti commerciali;
   in questo modello organizzativo, appare difficile capire da chi vengano rispettate ed onorate la vita e la dignità delle persone. Le grandi navi superlusso nascondono il peggior sfruttamento del lavoro in quanto i lavoratori che vi operano hanno stipendi sempre più bassi e molte volte neanche li percepiscono regolarmente;
   il «Coordinamento» di Fincantieri che doveva essere messo in campo non risulta agli interroganti aver ancora preso forma e così non è chiaro chi controlla che le procedure aziendali e le normative di sicurezza vengano rispettate;
   si auspica che Fincantieri, per il bene di tutta la cantieristica navale italiana, riveda il modello organizzativo che intende adottare per preservare la capacità di saper operare nel rispetto della tradizione industriale del nostro Paese; altrimenti, si corre il rischio di perdere ogni capacità di produrre, almeno come è stato fino ad oggi nel rispetto della dignità delle persone;
   i sindacati auspicano e sollecitano Fincantieri ad intervenire immediatamente affinché, soprattutto sulla costruzione 6246, sia garantita sempre la presenza della struttura aziendale pronta a vigilare anche in tema di sicurezza, e non solo di produzione, intervenendo sull'organizzazione del lavoro e non solo sui comportamenti individuali e si impegnano a segnalare agli enti ispettivi ogni inadempienza in materia di sicurezza e ambiente da parte di Fincantieri –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in merito. (5-09853)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e MUCCI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 17 luglio 2016, n. 136, «Attuazione della direttiva 2014/67/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, concernente l'applicazione della direttiva 96/71/CE relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi e recante modifica del regolamento (UE) n. 1024/2012 relativo alla cooperazione amministrativa attraverso il sistema di informazione del mercato interno (“regolamento IMI”)» ha introdotto un minimo salariale per i lavoratori stranieri che sono distaccati nello Stato italiano;
   il decreto legislativo n. 136 del 2016, all'articolo 2, lettera d), definisce il «lavoratore distaccato» «il lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia»;
   l'articolo 4 del decreto legislativo succitato, al comma 1, riporta che «al rapporto di lavoro tra le imprese e (...) i lavoratori distaccati si applicano, durante il periodo del distacco, le medesime condizioni di lavoro e di occupazione previste per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco»;
   l'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 136 del 2016 reca «Obblighi e sanzioni» e prevede che «l'impresa che distacca lavoratori in Italia ha l'obbligo di comunicare il distacco al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro le ore ventiquattro del giorno antecedente l'inizio del distacco e di comunicare tutte le successive modificazioni entro cinque giorni». In relazione a tale articolo, in Italia, inoltre, sarà obbligatoria la designazione di un referente domiciliato, con poteri di rappresentanza, che sia in grado di ricevere e inviare atti e documenti e che tenga i rapporti sociali con le parti;
   dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo n. 136 del 2016, avvenuta il 21 luglio 2016, n. 169, ad oggi, non è stato emanato il decreto attuativo previsto dal suddetto articolo;
   il sito online www.trasportoeuropa.it, in un articolo del 3 ottobre 2016, informa che il 14 settembre 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per contrastare il dumping sociale (2015/2255(INI)), precisando che l'autotrasporto è una delle attività più colpite dal fenomeno;
   per dumping si intende la vendita di un servizio o di un bene su di un mercato estero ad un prezzo inferiore rispetto a quello di vendita o a quello di produzione del medesimo prodotto sul mercato di origine; i fenomeni di dumping danneggiano le imprese comunitarie che hanno enormi costi di produzione che si riversano inevitabilmente sui costi finali e, per tali ragioni, l'Unione europea ha inserito nel corso degli anni molte misure di difesa commerciale, definite dazi antidumping;
   nella risoluzione viene affermato che «l'aumento delle pratiche abusive e del dumping sociale indeboliscono il sostegno al principio del mercato interno e la competitività delle imprese, (...) compromettono i diritti dei lavoratori europei e la fiducia nell'integrazione europea (...); i settori maggiormente interessati sono l'agricoltura, l'edilizia, il settore alimentare e della ristorazione, i trasporti, la sanità, i servizi di assistenza e i servizi domestici». Il testo precisa che il numero dei lavoratori distaccati nell'Unione europea è di 1,92 milioni di unità;
   il testo della risoluzione, in ultimo, invita gli Stati membri «a rafforzare i controlli e il coordinamento contro pratiche abusive e contro l'elusione della legislazione europea e nazionale vigente, che permettono lo sviluppo di una concorrenza sleale riducendo illegalmente i costi operativi e generano violazioni dei diritti dei lavoratori e sfruttamento»;
   un capitolo della risoluzione è dedicato ai trasporti, dove «l'Europarlamento chiede di intensificare i controlli sull'attuazione delle norme in materia di orari di lavoro e di riposo e chiede inoltre di migliorare i dispositivi di controllo (...)» –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire le tempistiche per l'adozione del decreto attuativo, alla luce di quanto esposto in premessa, volto a eliminare dal mercato unico europeo linee imprenditoriali che utilizzano la riduzione del costo del lavoro come obiettivo di competitività. (4-14576)


   TACCONI e PORTA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   annualmente l'Inps avvia una campagna per la rilevazione dell'esistenza in vita dei pensionati residenti all'estero;
   il modulo di attestazione dell'esistenza in vita deve essere compilato e sottoscritto dal beneficiario dell'assegno pensionistico ed inviato entro precisi termini a Citibank, l'istituto di credito incaricato dall'Inps per il pagamento delle pensioni all'estero;
   la firma del beneficiario sul suddetto modulo, come da istruzioni dell'Inps, deve essere autenticata da un cosiddetto «testimone accettabile», intendendo con tale denominazione, funzionari dell'ambasciata o del consolato di riferimento e altre autorità locali abilitate, tra cui funzionari del comune, giudici, magistrati, notai e altro;
   tale modalità di autenticazione della firma, come segnalato da molti pensionati e dagli organismi italiani di rappresentanza all'estero (Comites e Consiglio generale degli italiani all'estero), è suscettibile di creare non pochi disagi ai pensionati, vuoi per la distanza dalla sede diplomatico-consolare più vicina, vuoi per la difficoltà a convincere pubblici ufficiali locali a sottoscrivere un modulo prodotto in Italia, vuoi infine per i costi di una sottoscrizione davanti ad un notaio;
   lo scambio automatico di informazioni sul decesso dei pensionati, attraverso accordi con istituzioni previdenziali di altri Paesi, come auspicato dallo stesso presidente Boeri, sarebbe la via maestra per eliminare la tradizionale campagna di rilevazione;
   in molti Paesi operano patronati italiani che, sebbene organismi privati, assolvono a numerosi compiti istituzionali tali da essere considerati «organi integrati dallo Stato» (Corte Costituzionale, sentenza n. 42 del 7 febbraio 2000) –:
   se non si ritenga di assumere iniziative affinché l'Inps includa i responsabili dei patronati italiani operanti all'estero nell'elenco dei «testimoni accettabili» per l'autenticazione delle sottoscrizioni di esistenza in vita ai fini pensionistici.
(4-14580)


   NASTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la decisione della Cementir (multinazionale italiana che opera nel settore del cemento, attraverso la produzione e la distribuzione di cemento grigio e bianco, calcestruzzo, inerti e manufatti) di avviare le procedure di licenziamento collettivo per 260 lavoratori, rappresenta, ad avviso dell'interrogante, una decisione grave e penalizzante, sia dal punto di vista delle strategie aziendali, considerando come, nonostante la crisi delle costruzioni, gode di ottima salute (come dimostra l'ultima acquisizione da parte della famiglia Caltagirone della concorrente Sacci, avvenuta a luglio 2016, per un valore economico di 125 milioni di euro), che sotto il profilo della scarsa considerazione nei riguardi degli stessi lavoratori, non essendo essi stati coinvolti nel piano sociale ed industriale;
   al riguardo, l'ipotesi avanzata dai rappresentanti sindacali, secondo la quale la scelta di porre in essere la mobilità dei lavoratori, è legata ad esternalizzare i processi produttivi, riducendo i costi fissi a partire da quello del lavoro, ove fosse confermata, rappresenterebbe, secondo l'interrogante, il perpetuarsi di politiche industriali da parte del Governo in carica, sbagliate e recessive, i cui effetti negativi della crisi economica si ripercuotono sugli enti locali e la collettività, anche a causa della pressione fiscale tutt'altro che diminuita;
   con l'avvio delle procedure di mobilità della Cementir, a giudizio dell'interrogante, appare evidente come siano disattesi in maniera palese, gli impegni assunti anche con le istituzioni locali, dai quali l'azienda, nel corso degli anni, ha tratto enormi benefici, finanziari e di concessioni di vario genere;
   l'interrogante evidenzia, inoltre, che proprio ad Arquata, in provincia di Alessandria, il comune più impattato dai lavori della Tav, sarebbe paradossale che la multinazionale determini 15 esuberi (prima erano dichiarati 25), dopo che aveva promesso di fronte al prefetto e alle autorità provinciali e regionali di riassorbirli tutti se si fosse aggiudicato l'appalto di 50 milioni di euro per la fornitura del cemento che servirà alla Tav (senza contare l'acquisizione dell’asset in Belgio da HeidelbergCement per 312 milioni di euro);
   l'interrogante, inoltre, evidenzia che, secondo quanto risulta dalle agenzie di stampa del 12 ottobre 2016, il 18 ottobre 2016 presso Unindustria di Roma si è tenuto il secondo incontro per discutere la vertenza, ed è stato auspicato che, a quel tavolo, l'azienda riconsiderasse i licenziamenti e presentasse un serio piano industriale, dimostrandosi al tempo stesso disponibile a discutere un piano sociale –:
   di quali elementi dispongono i Ministri interrogati circa le intenzioni della Cementir, in relazione in particolare all'avvio delle procedure di licenziamento per i 260 lavoratori di cui in premessa e quali orientamenti, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se i Ministri interrogati abbiano già predisposto iniziative nei riguardi della Cementir, prevedendo la convocazione di un tavolo di trattative con i rappresentanti sindacali e gli enti locali interessati, finalizzate al superamento della decisione della multinazionale di avviare le procedure di mobilità per i lavoratori;
   quali ulteriori iniziative di competenza, i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di rilanciare l'attività produttiva della Cementir, tutelando al contempo i livelli occupazionali;
   se il Governo sia a conoscenza delle motivazioni economico-finanziarie per le quali la Cementir abbia deciso di avviare le procedure di mobilità per i lavoratori, considerato che, ad avviso dell'interrogante, si tratta di una decisione immotivata e che si auspica possano concludersi positivamente le trattative per il rilancio produttivo e la salvaguardia dei livelli occupazionali dell'azienda. (4-14582)


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 2000 opera in Italia la società Trenkwalder Italia Holding spa, succursale della multinazionale austriaca Trenkwalder;
   i rami operativi del gruppo sono Trenkwalder Italia Agenzia per il Lavoro, Trenkwalder Formazione srl e Sintex srl;
   nel 2004 essa ottiene l'autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (prot. 1182 sg) ad esercitare attività di somministrazione di lavoro, permanent placement e formazione;
   l'azienda opera attraverso una rete di oltre 40 sportelli sul territorio nazionale e tramite servizi online;
   attualmente la società impiega fra diretti e somministrati un numero di lavoratori compresi fra 8.000 e 10.000;
   dal 19 ottobre 2016 le sedi periferiche e centrali risultano chiuse senza alcun preavviso;
    l'amministratore Peter Zehenleitner parla di problemi di liquidità che impedirebbero temporaneamente di pagare i dipendenti;
   il dato di fatto, come riferito da CGIL CISL UIL, è che dal 15 ottobre 2016 non sono più versati emolumenti, e questo sta determinando problemi tanto ai lavoratori, quanto alle imprese terze presso cui questi svolgono le loro mansioni, data la chiusura di qualsiasi canale di comunicazione da parte di Trenkwalder;
   la crisi di Trenkwalder apre uno squarcio inquietante sullo stato di un settore, quello della somministrazione di lavoro, che impiega un numero sempre crescente di lavoratori e che ha goduto sensibilmente di sgravi contributivi nel 2015-2016;
   è quindi interesse pubblico che si risolva immediatamente il caso aperto da Trenkwalder, con la garanzia a tutti i dipendenti di poter godere del proprio salario e dei propri contributi, in continuità di prestazione lavorativa presso le imprese dove siano collocati –:
   se il Ministro interrogato si sia già attivato e come, per quanto di competenza, a tutela di lavoratori e imprese che si fossero rivolti ad una società, Trenkwalder, che operava su diretta autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   se e come si intenda riformare il settore del lavoro in somministrazione, per evitare che l'eventuale crisi di una società del ramo possa pregiudicare salari e contributi di lavoratori la cui opera è prestata altrove. (4-14583)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, MELILLA, FRATOIANNI, SCOTTO, NICCHI, DURANTI, QUARANTA, PIRAS e COSTANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da fonti sindacali (Cgil) emerge che nei primi otto mesi del 2016, le aziende marchigiane hanno assunto 87 mila persone, il 9,7 per cento in meno rispetto allo stesso periodo 2015;
   la maggior parte dei neo assunti ha un contratto a termine (77 per cento), il 16,6 per cento è stato assunto con un contratto a tempo indeterminato e solo il 6,1 per cento come apprendista. È questo il quadro che emerge dai dati dell'Osservatorio dell'Inps sulla precarietà, elaborati dall'Ires Cgil Marche;
   le trasformazioni dei contratti a tempo determinato in contratti stabili ammontano a 5.369, il 40 per cento in meno rispetto ai primi otto mesi del 2015;
   le trasformazioni di contratti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato sono state 2.059 con un incremento del 2,4 per cento rispetto al 2015;
   il saldo tra assunzioni e cessazioni per i contratti a tempo indeterminato continua ad essere negativo (-8.250);
   nei primi otto mesi del 2016 cresce, rispetto allo stesso periodo del 2015, il numero di voucher venduti (+29,3 per cento);
   rispetto al valore del 2014 i voucher venduti da gennaio ad agosto nel 2016 sono aumentati del 115 per cento;
   Giuseppe Santarelli, segretario regionale Cgil Marche, ha dichiarato che anche nelle Marche, si assiste al crollo delle tutele sul lavoro e cioè: meno assunzioni, più precarietà, «trionfo» dei voucher, aumento di licenziamenti disciplinari. Per questi motivi, appare necessario cambiare direzione e quindi cancellare il Jobs act e sostenere la ripresa con investimenti. La situazione occupazionale e sociale delle Marche è tra le più difficili in Italia, ma la questione, da tempo, non è al centro dell'attenzione della giunta regionale;
   rispetto ai valori medi osservati per il centro Italia e per il Paese nella sua totalità, la situazione delle Marche è peculiare:
    le assunzioni a tempo indeterminato si riducono ovunque, ma, nelle Marche, la contrazione è più marcata che per la media italiana (-41,9 per cento contro -32,9 per cento);
    le assunzioni a tempo indeterminato nelle Marche costituiscono una percentuale più bassa delle assunzioni totali rispetto all'incidenza rilevata nel centro Italia e in totale nel Paese (16,7 per cento contro 22,5 per cento e 24,1 per cento);
    le assunzioni a tempo determinato nelle Marche sono il 77,2 per cento del totale contro il 72,7 per cento del centro Italia ed il 71,5 per cento della media nazionale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non intenda assumere iniziative per rivedere le norme contenute nel « Jobs act», al fine di far ripartire davvero il mercato del lavoro. (4-14597)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 30 del 1991 attribuisce l'attività di miglioramento, selezione e valorizzazione del bestiame – con riguardo alla tenuta e aggiornamento dei libri genealogici – alle associazioni nazionali allevatori e, in loro assenza, all'Associazione italiana allevatori (AIA);
   la stessa legge affida i controlli delle attitudini produttive all'AIA che li realizza avvalendosi dell'opera delle associazioni territoriali ad essa aderenti (ARA ed APA) presso cui hanno sede gli uffici periferici dei controlli funzionali. Tali associazioni operano secondo disciplinari approvati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (rispettivamente, con decreto ministeriale n. 0004392 del 7 marzo 2013 e con decreto ministeriale n. 0016989 del 28 agosto 2013);
   la tenuta ed aggiornamento dei libri genealogici e la realizzazione ed elaborazione dei controlli sulla produttività animale è sostenuta dal finanziamento pubblico;
   annualmente il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, assegna a tal fine risorse finanziarie al sistema allevatori, utilizzando le tabelle elaborate dall'AIA con il «Manuale per il finanziamento dell'attività di tenuta dei libri genealogici e dei controlli funzionali delle Associazioni Regionali Allevatori» comunemente conosciuto come «manuale del forfait»;
   nel corso degli ultimi esercizi la situazione finanziaria del sistema allevatori ha manifestato difficoltà economiche crescenti che la ristrutturazione operativa e funzionale messa in atto non appare in grado d'arginare, per far fronte alle quale pare siano in atto la dismissione delle strutture commerciali partecipate nonché drastici interventi di riduzione del personale –:
   se sia a conoscenza della situazione, il cui perpetuarsi penalizza ed impoverisce la qualità genetica dell'allevamento italiano;
   se non ritenga necessario verificare, allo stato attuale, il corretto utilizzo da parte di tutto il sistema delle associazioni allevatori, dei fondi pubblici riconosciuti alle strutture del sistema medesimo per la tenuta dei libri genealogici e la realizzazione dei controlli sull'attività riproduttiva del bestiame;
   se non ritenga necessario, quanto prima, predisporre i bandi nazionali previsti dal programma di sviluppo rurale e relativi alla riorganizzazione zootecnica;
   non si ritenga di dover assumere iniziative per accelerare la redazione e l'approvazione del decreto legislativo, di cui al comma 4 dell'articolo 15 della legge n. 154 del 2016, volto al riordino – nell'innovato quadro normativo europeo – della datata disciplina nazionale sulla riproduzione animale. (5-09835)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, GRILLO, DI VITA, COLONNESE e NESCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane nel territorio ragusano si sta assistendo alla diffusione del virus del pomodoro «Tylcv», che sta provocando nelle aziende serricole il collasso delle nuove colture;
   il virus dell'accartocciamento fogliare del pomodoro è una malattia che distrugge la piantina prima ancora che dia il frutto, compromettendo così l'intero raccolto;
   si stima che circa l'80 per cento delle piantine dovranno essere estirpate;
   l'epidemia sembra sia dovuta all'effetto termico di un'estate lunga con temperature molto alte anche nel periodo autunnale;
   la diffusione del virus sta causando un danno economico ingente ai produttori serricoli della fascia trasformata, e per di più all'inizio della nuova campagna agraria, e ciò vanifica la speranza di portare a termine il raccolto, anche per l'impossibilità di comprare nuove piantine, dal momento che le banche negano alle aziende agricole ogni accesso al credito;
   la situazione è davvero preoccupante considerato che il settore dell'agricoltura in generale, e della serricoltura in particolare, rappresenta un capitolo fondamentale dell'economia produttiva dell’ex provincia di Ragusa;
   come sostenuto dall'ispettorato agrario e dagli uffici competenti dell'assessorato dell'agricoltura la virosi del pomodoro non è contemplata tra le calamità naturali in quanto malattia, con la conseguenza che non può nemmeno essere richiesto lo stato di calamità;
   la grave emergenza va affrontata tempestivamente ed efficacemente –:
   quali iniziative intendano intraprendere, per quanto di competenza, per bloccare immediatamente la grave virosi che sta infestando le coltivazioni di pomodoro nel territorio ragusano e dare risposte a tutti gli operatori del settore agricolo, provati da questo grave fenomeno;
   se non ritengano necessario intervenire, per quanto di competenza, per identificare con esattezza il virus e individuare le misure fitosanitarie opportune;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per definire degli interventi straordinari di ristoro economico per i produttori colpiti. (4-14606)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 16 ottobre 2016 alle ore 14 all'ospedale Cannizzaro di Catania ha perso la vita Valentina Milluzzo, una donna di 32 anni incinta al quinto mese di gravidanza procurata da un trattamento di fecondazione assistita, come riportato da un articolo del quotidiano II Corriere della Sera on line del 19 ottobre 2016;
   Valentina Milluzzo venne ricoverata all'ospedale di Catania il 29 settembre 2016; le sue condizioni di salute rimasero stazionarie fino al 15 ottobre; insorsero poi complicazioni tra la notte del 15 e il 16 ottobre;
   secondo una denuncia, presentata dai familiari della donna deceduta, il medico che stava assistendo la donna si sarebbe dichiarato obiettore di coscienza, come sempre si legge dal quotidiano Il Corriere della Sera sopracitato;
   il giornale on-line La Sicilia, del 20 ottobre 2016, riporta la notizia: «dai primi esami sulla cartella clinica non risulta che il medico dell'ospedale Cannizzaro si sia dichiarato obiettore di coscienza; questo dato è considerato molto rilevante dalla Procura di Catania, ai fini delle indagini in corso»;
   la legge 22 maggio 1978, n. 194 «Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza», all'articolo 9, prevede: «l'obiezione di coscienza non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliare quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo»;
   nella relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978) (dati preliminari 2014 – dati definitivi 2013), al punto 3.10, vi sono i dati dell'obiezione di coscienza per categorie professionali sanitarie;
   risulta, dalla relazione sopra citata, che in Sicilia tra i medici ginecologi gli obiettori di coscienza siano l'86,1 per cento sul totale dei medici del settore –:
   quali iniziative intenda intraprendere per tutelare la salute delle donne e, in particolare, di quelle in gravidanza nel caso in cui sia presente sul territorio un'alta percentuale di obiettori di coscienza tra il personale sanitario, così come indicato per la regione siciliana nella relazione del Ministro della salute sull'attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (legge n. 194 del 1978);
   se sia a conoscenza della dinamica precisa dei fatti accaduti all'ospedale Cannizzaro di Catania che hanno portato alla morte della donna Valentina Milluzzo; in particolare, se risulti che il medico ginecologo che assisteva la donna si sia dichiarato obiettore di coscienza;
   quali iniziative di competenza ritenga d'intraprendere affinché vengano assicurati i livelli essenziali di assistenza sanitaria con riferimento alle interruzioni di gravidanza in Sicilia e in tutto il Paese. (5-09844)


   LENZI, CARNEVALI, CAPONE, CASATI, PATRIARCA, PAOLA BOLDRINI, FOSSATI, PIAZZONI, MIOTTO, D'INCECCO e GIUDITTA PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto, dai commi 538 a 545, disposizioni in materia di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario, nonché di procedure concorsuali riservate per l'assunzione di personale precario del comparto sanità;
   in particolare, si imponeva l'obbligo alle regione e alle province autonome di dotarsi di un piano inerente il fabbisogno di personale tale da garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di orario di lavoro e, qualora sulla base del piano del fabbisogno del personale fossero emerse criticità, queste sarebbero state risolte attraverso procedure concorsuali straordinarie;
   inoltre, si prevedeva che vi fosse una riserva di posti nella misura massima del 50 per cento al personale medico, tecnico-professionale ed infermieristico in servizio alla data di entrata in vigore della legge che, alla data del bando, avesse maturato almeno tre anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi cinque anni con contratti a tempo determinato, di collaborazione coordinata e continuativa o con altre forme di rapporto di lavoro flessibile;
   successivamente, è intervenuta la circolare del Ministero della salute che ha definito le modalità operative delle disposizioni in oggetto, predisponendo che il piano di definizione del fabbisogno di personale avrebbe dovuto innanzitutto dar evidenza a due aspetti: fabbisogno necessario all'applicazione della legge n. 161 del 2014 («Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2013-bis»), con particolare riferimento all'area dell'emergenza urgenza e della terapia intensiva e fabbisogno correlato alla riorganizzazione della rete ospedaliera e di emergenza urgenza, ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015 (standard H);
   la medesima circolare, in merito alle assunzioni di personale flessibile, specificava la documentazione necessaria da inviare al Ministero della salute senza la quale, l'istruttoria ai fini dell'eventuale espletamento dei concorsi non poteva essere avviata e, in ogni caso, vista la necessità di definire standard di personale ospedaliero e territoriale a livello nazionale entro il 30 settembre 2016, le regioni e le province autonome avrebbero dovuto trasmettere le dotazioni di personale entro il 31 marzo 2016 per le 3 aree ospedaliera, distrettuale e della prevenzione –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa lo stato attuale, in ciascuna regione, dell’iter di applicazione dei commi 541-545 della legge n. 208 del 2015 e, se non ritenga doveroso ed urgente assumere iniziative di competenza affinché il prima possibile si possa procedere a nuove assunzioni nel comporto sanità. (5-09847)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 16 ottobre 2016 una giovane donna – che aveva fatto ricorso alla procreazione assistita – e che era in attesa di due gemelli al quinto mese di gravidanza è deceduta all'ospedale Cannizzaro (Catania) a causa della sepsi che si era estesa con una setticemia diffusa;
   da fonti di stampa si apprende che la donna era stata ricoverata il 29 settembre 2016 per una dilatazione dell'utero anticipata, situazione che sembrava andando migliorando, ma il 15 ottobre, nonostante le sue condizioni fossero precipitate sarebbe stata curata con antipiretico;
   secondo i famigliari, dai controlli effettuati, sarebbe emerso che uno dei due feti respirava male. Veniva poi eseguita una seconda ecografia e anche il secondo feto mostrava delle difficoltà respiratorie;
   sempre secondo i famigliari, il medico di guardia, nonostante la criticità del caso, avrebbe ribadito che sarebbe intervenuto sulla donna solo dopo che il cuore dei feti portati in grembo avesse cessato di battere, spiegando che era un obiettore di coscienza;
   la donna ha successivamente abortito i due feti, ma subito dopo è avvenuto il tragico epilogo con la sua morte;
   i famigliari della vittima hanno sporto denuncia e secondo il legale che li assiste, il medico che avrebbe dovuto tutelare la sua salute si sarebbe rifiutato di intervenire quando i feti sono entrati in crisi respiratoria, in quanto obiettore di coscienza;
   la procura di Catania ha confermato il contenuto della denuncia, sottolineando però come sia «la prospettazione dei fatti esposta dalla famiglia, che dovrà essere verificata» ha sequestrato la cartella clinica e aperto un'inchiesta sulla morte della donna disponendone l'autopsia e conseguente blocco dei funerali;
   l'applicazione della legge n. 194 del 1978 nelle strutture pubbliche è un diritto di tutte le donne e la presenza di medici non obiettori è e deve essere garantita per evitare tragici epiloghi come quello sopra esposto;
   la recente campagna promossa dal Ministero della salute sul fertility day – contestata da diverse associazioni di donne e dai cittadini, tanto che il Ministro Lorenzin l'ha ritirata – secondo la prima firmataria del presente atto è una campagna retorica, poiché prima di ogni altra cosa va garantito l'accesso ai servizi sanitari che la legge vigente impone in materia di diritto alla salute e all'autodeterminazione;
   la presenza di soli medici obiettori nelle strutture sanitarie, come è accaduto, può comportare notevoli rischi per la salute e il benessere delle donne interessate, il che è il contrario al diritto alla protezione della salute –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione al caso sopra esposto e quali iniziative intenda assumere affinché non si ripetano più tragici eventi come quello della donna deceduta a causa di quello che sembrerebbe agli interroganti il mancato intervento da parte di un medico obiettore;
   se non ritenga di dover assumere specifiche iniziative per assicurare che sia applicata la legge n. 194 del 1978, per garantire il diritto all'interruzione di gravidanza, alla salute e all'assistenza completa alle donne che ne facciano richiesta, ma soprattutto per garantire gli interventi finalizzati a salvare la vita delle donne in casi come quello di Catania;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a incrementare la presenza nelle strutture sanitarie di medici non obiettori, disincentivando la prassi di provvedere all'applicazione della legge vigente in materia di interruzione di gravidanza con medici «gettonisti» che non possono garantire un servizio idoneo e, come in questo caso, la salvaguardia della vita delle donne.
(5-09861)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, secondo il «nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l'età evolutiva», introdotto dal decreto ministeriale 7 aprile 1999, le vaccinazioni obbligatorie sono quattro e riguardano l'antidifterite, l'antitetanica, l'antipoliomielite e l'antiepatite virale B;
   in questi giorni, è oggetto di discussione il piano nazionale di prevenzione vaccinale 2016-2018 per il quale sembra essere prevista l'introduzione di un maggiore numero di vaccini obbligatori quali: anti rotavirus, anti herpes zoster, anti varicella, anti meningococco b e anti pneumococco; le vaccinazioni si aggiungerebbero alle 4 già obbligatorie previste dal decreto ministeriale e dal piano sanitario nazionale 1998-2000;
   le vaccinazioni sono state e saranno sempre fondamentali per la tutela della salute e l'avanzamento della ricerca medico/scientifica; tuttavia, soprattutto nell'ambito delle vaccinazioni pediatriche, negli ultimi anni sono state numerose le sentenze che hanno avuto ad oggetto i danni da esse derivati;
   nel rapporto Osmed di Aifa sono calcolati 7.892 effetti collaterali dovuti ai vaccini. Si dice poi che «analogamente agli anni precedenti, circa un terzo, il 32 per cento, delle segnalazioni è stato definito grave». Nel rapporto Osmed si nota che l'80 per cento degli effetti collaterali avviene sotto i due anni di età;
   nel 2014, i casi di reazioni avverse sono stati 8.182; nel 2013: 3.727; nel 2012: 2.555; nel 2011: 2.430; nel 2003: 750. Un trend in impennata che il presidente di Aifa, Luca Pani, commenta così: «Nel 2015 è stata dedicata particolare attenzione alle attività volte a garantire maggior trasparenza e vi è più tempestività nel registrare le informazioni di farmacovigilanza»;
   si precisa come lo strumento delle vaccinazioni rese obbligatorie con la previsione di sanzioni in caso di una loro mancata esecuzione, anche alla luce di recenti processi e sentenze sopra richiamate, nega per l'interrogante i princìpi della «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani», in quanto viola la dignità della persona e la sua integrità fisica. Una decisione della Corte europea dei diritti umani, pubblicata nel 2002, afferma che in quanto trattamento sanitario non volontario, la vaccinazione obbligatoria interferisce con il diritto alla privacy così come garantito dall'articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo; inoltre, la «Carta dei Diritti dell'Unione Europea», all'articolo 3, stabilisce il «Diritto all'integrità delle persona» disponendo che ogni individuo ha diritto alla proprio integrità fisica e psichica; nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata –:
   se la Ministra interrogata sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa, e se non la reputi opportuno, anche alla luce del rapporto Osmed di Aifa di cui in premessa, fornire dati che riguardino l'incidenza di danni provocati, soprattutto in ambito pediatrico, da vaccinazioni obbligatorie, chiarendone le percentuali e i rapporti di causa/effetto;
   se la Ministra interrogata, nell'ambito del piano nazionale di prevenzione vaccinale 2016-2018, anche alla luce di recenti fatti di cronaca inerenti al decesso della neonata di Torino dopo un ciclo di vaccinazioni, non reputi opportuno assumere iniziative affinché il servizio sanitario nazionale offra in maniera diversificata i vaccini del «pacchetto esavalente» per i neonati, arrivando alla netta distinzione nella somministrazione di vaccini, tra quelli obbligatori e quelli facoltativi.
   (4-14586)


   COSTANTINO, DURANTI, RICCIATTI, NICCHI e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 29 settembre 2016 Valentina Melluzzo, trentaduenne di Palagonia, incinta di due gemelli viene ricoverata presso l'ospedale Cannizzaro di Catania per una sospetta dilatazione dell'utero;
   la situazione rimane sotto controllo fino al 15 ottobre 2016, quando la paziente viene colpita da febbre alta, vomito e forti dolori, fino a quando un esame ecografico della stessa giornata non rileva la sofferenza fetale di uno dei due feti;
   nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, a distanza di qualche ora l'uno dall'altro, entrambi i gemelli muoiono in grembo, vengono poi asportate le placente, dopo quella che risulterebbe, per gli interroganti, una tardiva stimolazione all'espulsione dalla madre, che inizia a versare in condizioni gravissime, venendole diagnosticata una forte infezione e per questo viene trasferita in rianimazione dove muore alle 14 del 16 ottobre 2016;
   secondo quanto riportato nell'esposto consegnato presso la procura di Catania dall'avvocato della famiglia Salvatore Catania Milluzzo, il medico di turno nel reparto ginecologia si è rifiutato di intervenire perché obiettore di coscienza «fino a quando – queste sarebbero state le sue parole – il bambino non è morto»;
   in seguito alla decisione del Ministro interrogato di avviare un'ispezione che accerti le responsabilità, il primario di ginecologia dell'ospedale Cannizzaro, anche presidente della società italiana di ostetricia e ginecologia, Paolo Scollo, ha affermato: «nel mio reparto sono tutti obiettori e quando è il caso vengono fatti intervenire specialisti esterni». «Non esiste l'obiezione di coscienza in un aborto spontaneo – dice –, la signora prima ha abortito e poi è stata male. E nessuno dei miei medici ha mai pronunciato quelle parole. È tutto falso»;
   la Sicilia è in testa nella classifica dei medici ospedalieri obiettori di coscienza e, se il mancato intervento dell'obiettore verrà ritenuto responsabile della morte della paziente, ci si troverebbe davanti all'ennesima interruzione di pubblico servizio, e davanti a una vera e propria omissione delle proprie funzioni da parte di un medico, omissione che avrebbe condotto direttamente alla morte della giovane paziente –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per gestire la massiccia presenza degli obiettori di coscienza negli ospedali italiani, garantendo la continuità di pubblico servizio, oltre che la tutela della salute, della vita e delle scelte delle donne. (4-14592)


   MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Cercola (Napoli), a ridosso di una scuola, da diverso tempo, vi sono capannoni le cui coperture sono in eternit;
   la vicenda è stata oggetto di attenzione da parte della popolazione residente la quale si è rivolta al sindaco, ai dirigenti comunali competenti ratione materiae, alla magistratura ed agli organi di polizia e vigilanza;
   l'atto da cui sono scaturite le vicende in questione risale al 3 luglio 2014, a cui sono seguiti numerose altre denunce/esposti; tuttavia è verosimile ipotizzare che la situazione fosse nota già in precedenza;
   proprietari dei capannoni contenenti eternit risultano essere: Tranchese Raffaella unitamente agli eredi Esposito e la società Amog srl a cui, nel novembre 2014, veniva notificata una ordinanza con la quale si invitava alla rimozione e smaltimento dei manufatti in eternit. Tranchese Raffaella e gli eredi Esposito procedevano alla rimozione e bonifica del sito; la Amog srl, invece, proponeva ricorso al TAR e, ad oggi, non risulta ancora fissata la prima udienza;
   ad oggi l’eternit è ancora a pochi passi dalla scuola ed il comune non ha ancora provveduto alla rimozione dello stesso in danno del proprietario inadempiente. Le recenti attività che il comune di Cercola ha posto in essere si risolvono in un avviso di manifestazione di interesse ed in una comunicazione di avvio di un procedimento per lavori in danno –:
   se siano a conoscenza della situazione sopra descritta e se non ritengano di dover promuovere una verifica del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di acquisire un quadro chiaro e aggiornato dello stato dei luoghi;
   quali iniziative urgenti si intendano intraprendere a livello nazionale, anche di carattere normativo, al fine di tutelare la salute dei cittadini e di promuovere e favorire le operazioni di bonifica dei siti, ove sia accertata la presenza di materiali contenenti amianto, e il relativo smaltimento. (4-14609)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, BRUGNEROTTO, DA VILLA, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LOREFICE e COZZOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di ottobre del 2015, con la tappa di Istanbul, ha avuto inizio Invest in Italy, programma itinerante organizzato da ICE-Agenzia, su impulso del Ministero dello sviluppo economico, per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane e, nel complesso, per attrarre investitori stranieri nel nostro Paese;
   secondo quanto riportato nella sezione dedicata del sito del Ministero dello sviluppo economico, Invest in Italy combinerebbe « workshop per la presentazione di opportunità di investimento in Italia e incontri di business mirati con le comunità imprenditoriali locali, da declinare in base alle peculiarità dei singoli mercati»;
   in particolare il roadshow costituirebbe, secondo gli intenti dei promotori, «la cornice ideale per illustrare ad una platea di operatori selezionati e potenziali investitori, le principali riforme economiche messe in campo dal Governo per la crescita e le imprese, le politiche dell'Italia per l'attrazione degli investimenti esteri, il contesto economico italiano in termini di opportunità di mercato e scenario industriale, nonché gli aspetti legati alle procedure di insediamento e localizzazione»;
   il roadshow avrebbe già fatto tappa, dopo Istanbul, a Tokyo, New York, San Francisco e, nelle scorse settimane, a Londra, mentre altri appuntamenti sarebbero programmati a Pechino, Hong Kong, Singapore, Dubai;
   il Governo avrebbe già organizzato nel recente passato analoghe iniziative volte ad attrarre investitori stranieri nel nostro Paese;
   è il caso di ricordare che il Fondo strategico italiano ha organizzato a Milano, nel mese di settembre del 2015, la settima edizione dell’International Forum of Sovereign Wealth Funds, nel corso della quale il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, avrebbe in più circostanze sottolineato la disponibilità del Governo ad aiutare gli investitori a lungo termine;
   negli ultimi anni, anche per effetto dell'assenza di un piano industriale e di adeguati sostegni all'imprenditoria nazionale, si sarebbe accentuato il fenomeno della delocalizzazione delle imprese italiane, fenomeno che avrebbe interessato anche realtà produttive di primo piano come la Fiat;
   in questo contesto, le misure adottate per attrarre investitori stranieri in Italia si sarebbero esplicitate unicamente nell'acquisizione di quote azionarie, in alcuni casi consistenti, di società italiane, di brand storici del made in Italy o di porzioni del patrimonio immobiliare, mentre sarebbe del tutto inadeguato l'apporto in termini di nuove imprese e di nuovi posti di lavoro creati;
   il fenomeno sembrerebbe confermato dai dati relativi agli investimenti conclusi nel nostro Paese dalle economie in forte crescita e con grande disponibilità di liquidità, come la Cina, nella misura in cui l'Italia, nel 2014, sarebbe risultata il secondo Paese in Europa, per investimenti cinesi, e il primo dell'eurozona –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano le risultanze di questa prima fase del roadshow invest in Italy, con particolare riguardo ai risultati apprezzabili attraverso dati concreti, come il numero degli investitori invitati alle singole iniziative e la disponibilità manifestata a investire in Italia;
   quali settori dell'economia italiana hanno suscitato maggiore interesse nel corso di questa prima fase del roadshow invest in Italy;
   se, nel corso delle manifestazioni, sia stato possibile acquisire i dati relativi ai principali ostacoli e alle maggiori criticità riscontrati da imprenditori stranieri nell'avviare attività di investimento in Italia;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare che il roadshow invest in Italy, lungi dal creare nuova imprenditorialità nel nostro Paese, si riduca nella vendita del patrimonio industriale, manifatturiero e immobiliare italiano. (5-09837)


   FABBRI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Selcom si occupa di sistemi elettronici di grande specializzazione, producendo schede elettroniche e sistemi di automazione industriale per aziende come Gd, TetraPak, Bosch e Toyota;
   il gruppo conta 770 dipendenti in varie sedi in tutta Italia e quasi la metà dei lavoratori, 360, è impiegata nella sede di Castel Maggiore (Bologna);
   in questi giorni la stampa e le organizzazioni sindacali indicano e confermano notizie sulla crisi del gruppo Selcom, a rischio di fallimento per ragioni economiche;
   lo stabilimento di Castel Maggiore risulta godere di commesse ed essere il traino anche finanziario per il gruppo;
   da quanto riportato dalle fonti indicate sembra che sussistano positive prospettive aziendali e di continuità dell'attività produttiva di Selcom, mentre i maggiori problemi siano riconducibili a una evidente crisi di liquidità;
   la situazione debitoria sembra infatti derivante, non da una crisi di fatturato, che continua ad essere significativo, né da mancanza di redditività, ma, ad avviso dell'interrogante da una poca attenta gestione dell'azienda, che ha portato al mancato rispetto degli accordi con il sistema bancario;
   sono altresì in corso tentativi di cessione almeno di un ramo d'azienda, per poter migliorare la posizione finanziaria;
   i lavoratori hanno manifestato, con uno sciopero promosso dalle organizzazioni sindacali di riferimento, tutte le loro giuste preoccupazioni;
   la regione Emilia-Romagna, la città metropolitana di Bologna ed il comune di Castel Maggiore sono impegnati a mettere in campo le iniziative possibili, prima di tutto a tutela dei lavoratori;
   il 30 settembre 2016 il nuovo advisor del gruppo ha ufficialmente comunicato l'avvenuto deposito della richiesta di tre distinte procedure di concordato in bianco presso il tribunale di Bologna, formalizzando così, l'avvio di una procedura che, per i prossimi 120 giorni, consentirà il congelamento d'ogni debito e la ricerca, attraverso un procedimento ad evidenza pubblica, di possibili interessi per l'affitto/l'acquisizione dei siti aziendali privi di situazioni debito;
   il 19 ottobre 2016 si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico un tavolo di confronto tra le parti –:
   quali iniziative intenda mettere in campo per sostenere la continuità produttiva dell'azienda e la salvaguardia di posti di lavoro ad alta competenza e specializzazione. (5-09848)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, PAGLIA, SCOTTO, FRATOIANNI, COSTANTINO, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, DURANTI, NICCHI, FAVA e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la prevendita dei biglietti dei concerti finisce nel mirino dell'Antitrust, che apre un'istruttoria su Ticketone spa e quattro operatori del mercato secondario;
   alla base dell'iniziativa, il fenomeno segnalato tra l'altro da Unione nazionale consumatori e Altroconsumo;
   l'Autorità, infatti, indaga sul fenomeno relativo alla sostanziale impossibilità di acquistare, anche all'apertura delle vendite, biglietti per gli eventi di maggior richiamo sul sito internet di Ticketone spa, che detiene l'esclusiva per il canale online dei principali eventi e mette in vendita i biglietti ai prezzi fissati dagli organizzatori per conto dell'artista;
   i biglietti, sottolinea l'Antitrust, risulterebbero invece disponibili, anche pochi minuti dopo l'apertura delle vendite, su altri siti internet (mercato secondario), a prezzi spesso maggiori di quelli del primario;
   ciò si sarebbe verificato, anche di recente, in occasione della vendita dei biglietti per il concerto dei Coldplay in Italia e dei concerti dei One Direction, Foo Fighters, Red Hot Chili Peppers, Bruce Springsteen, Renato Zero, Adele e David Gilmour. L'Autorità ha avviato pertanto procedimenti istruttori nei confronti di Ticketone spa e dei quattro principali operatori del mercato secondario in Italia, al fine di verificare eventuali violazioni del codice del consumo;
   il procedimento nei confronti di Ticketone è diretto ad accertare se il professionista abbia predisposto idonee misure informatiche, previsioni contrattuali e modalità di vendita, nonché abbia esercitato un adeguato controllo, per garantire l'effettiva disponibilità di biglietti per i consumatori e per evitare la possibilità che alcuni soggetti, attraverso l'utilizzo di specifici software, procedano all'acquisto massivo e quasi istantaneo di tutti i biglietti sul canale on line. I procedimenti avviati nei confronti dei professionisti del mercato secondario sono diretti a verificare l'eventuale ingannevolezza delle informazioni relative alle condizioni di vendita sui siti, che potrebbero rendere non chiara la natura e le caratteristiche del servizio di intermediazione svolto, la tipologia e il prezzo di vendita dei biglietti offerti, nonché i diritti e le garanzie riconosciuti al consumatore, anche in caso di annullamento degli eventi;
   l'Autorità, con la collaborazione del nucleo speciale antitrust della guardia di finanza, ha effettuato accertamenti ispettivi presso le sedi di Ticketone spa e di una società che, pur non essendo parte del procedimento dell'Autorità, potrebbe avere elementi utili ai fini dell'indagine in questione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per contrastare il fenomeno ed evitare che si ripetano simili episodi.
(5-09852)


   VALLASCAS, BRUGNEROTTO, DA VILLA, NICOLA BIANCHI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LOREFICE e COZZOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da autorevoli fonti giornalistiche, sarebbero in corso le trattative per la cessione della Magneti Marelli, azienda del gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA), alla Samsung Elettronics;
   in base a quanto emerso, la cessione consentirebbe a FCA di dimezzare l'indebitamento del gruppo automobilistico – che verrebbe stimato attorno ai 5 miliardi per la fine dell'anno –, limitare gli effetti negativi del rallentamento del mercato americano e raggiungere, entro il 2019, una situazione di cassa positiva attorno ai 4 miliardi;
   l'operazione potrebbe avvenire sulla base di 3 miliardi di dollari (2,8 miliardi di euro), valore che risulterebbe poco meno del doppio delle stime degli analisti, e si dovrebbe concludere entro la fine dell'anno per registrare le plusvalenze nei conti del 2016;
   è il caso di rilevare che la Magneti Marelli, fondata nel 1919, è un'azienda leader nel settore della componentistica per automobili ed è presente in tutto il mondo con 89 stabilimenti, 12 centri di ricerca e oltre 40 mila dipendenti;
   l'azienda fattura oltre il 50 per cento fuori dal gruppo FCA e ha conseguito negli ultimi anni risultati importanti sia per i ricavi, con una stima di 7,5 miliardi di euro per il 2016, sia per i guadagni (l’ebit margin stimato al 5 per cento a fine anno, da 2,8 per cento del 2013);
   la Magneti Marelli, visti l'alto contenuto tecnologico delle produzioni e i dati sulla crescita economica nel mondo, rappresenterebbe un patrimonio di competenze, conoscenze e risorse che si concretizzerebbe nella dotazione brevettuale dell'azienda che, in caso di cessione, non resterebbe più nella disponibilità del nostro Paese;
   nel complesso, in base a quanto emerso dagli organi di stampa e dalle valutazioni formulate da numerosi osservatori, risulterebbe che la FCA sarebbe intenzionata a «sacrificare» un patrimonio italiano dell'ingegno e della tecnica per risanare i conti entro il 2019;
   negli ultimi anni si sarebbero registrati con crescente frequenza operazioni di cessione a investitori stranieri del patrimonio industriale e manifatturiero italiano, un fenomeno che, lungi dal valorizzarlo, avrebbe determinato un gravissimo processo di impoverimento del tessuto produttivo italiano, processo le cui conseguenze negative sarebbero ulteriormente accresciute anche per effetto dell'assenza di un piano industriale nel Paese –:
   se quanto esposto in premessa trovi conferma;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che il nostro Paese possa perdere il patrimonio di conoscenze e competenze tecniche, nonché il patrimonio brevettuale realizzato in circa un secolo di attività dalla Magneti Marelli, contrastando l'impoverimento del comparto industriale italiano e rilanciando le politiche per la valorizzazione di tale settore produttivo, anche alla luce delle conseguenze sul piano occupazionale.
(5-09856)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   per incentivare l'utilizzo dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, il comma 4, dell'articolo 27 della legge n. 99 del 2009, stabilisce che i comuni con popolazione fino a 20.000 residenti possano usufruire del servizio di scambio sul posto dell'energia elettrica prodotta, senza tener conto dell'obbligo di coincidenza del punto di immissione e del punto di prelievo dell'energia scambiata con la rete;
   il Gestore dei servizi energetici (GSE) è incaricato di predispone i criteri di calcolo per l'applicazione del servizio di scambio sul posto altrove, secondo quanto stabilito nell'allegato A alla deliberazione 570/2012/R/efr;
   i criteri di calcolo applicati dal GSE non determinano, tuttavia, per gli utenti che scelgono di usufruire del servizio di scambio sul posto altrove alcun vantaggio economico, posto che la regola di calcolo del contributo parte dal presupposto matematico di completa indifferenza economica tra i benefici di servizio di cambio sul posto e quelli di servizio di scambio sul posto altrove;
   stando allo spirito della legge è necessario che una convenzione di scambio sul posto ed una di scambio sul posto altrove, a parità di potenza installata ed energia prodotta e scambiata, eroghino corrispettivi equivalenti –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di riconoscere al servizio di scambio sul posto altrove un beneficio economico equivalente a quello di scambio sul posto in favore dei comuni con popolazione fino a 20.000 residenti che scelgono di avvalersi del servizio dello scambio sul posto altrove, ai sensi del comma 4 dell'articolo 27 della legge n. 99 del 2009. (4-14584)


   RICCIATTI, FERRARA, FRATOIANNI, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, MELILLA, DURANTI, QUARANTA, PIRAS, NICCHI, SCOTTO e COSTANTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ceduta lo scorso anno da Guzzini a Certina Holding, ha scelto di ridurre al minimo il personale di oggi di 184 unità;
   Teuco ha annunciato la mobilita per 108 dipendenti: un taglio drastico ed inatteso che riduce ai minimi termini le professionalità dell'azienda (194 lavoratori oggi rispetto ai 400 del 2007) con sede a Montelupone;
   la Società per azioni, unica nel settore dell'arredo bagno nel territorio, è di proprietà per l'80 per cento del gruppo Certina Holding e per il 20 per cento Guzzini che l'ha fondata e venduta nel 2015 all'azienda tedesca;
   avevano iniziato a sperare nel maggio 2016 i circa 200 dipendenti della Teuco di fronte alla possibilità di vedersi prorogato, sino a tutto il 2017 ed oltre, l'attuale contratto di solidarietà. E invece per 108 di loro su un totale di 194 si è aperta di nuovo la procedura di mobilità per il loro licenziamento definitivo;
   il significato di questo e le possibili azioni di lotta da intraprendere sono state illustrate nella sede della Cgil di Piediripa da parte delle organizzazioni sindacali che sono scese di nuovo sul piede di guerra;
   nel maggio 2016 era stato raggiunto e sottoscritto un accordo fra i lavoratori e l'azienda anche se i timori rimanevano tutti sul futuro, essendo ormai la situazione della ditta «molto complicata e compromessa» come affermò a suo tempo Marco Ferracuti della Cisl. «In quanto – sottolineò – la produzione della Teuco per l'80 per cento è destinata al mercato interno dove la forte crisi edilizia ed economica comporta oggettivamente grosse difficoltà ad acquistare questo tipo di prodotti»;
   da sempre era chiaro che l'esubero del personale ammontava a circa il 50 per cento delle maestranze, ma la dirigenza aveva dichiarato la sua piena disponibilità anche per l'anno 2017 a rinnovare il contratto di solidarietà o, in caso alternativo, ricorrere ad altri ammortizzatori sociali conservativi, cioè o la cassa integrazione straordinaria o quella ordinaria. Da allora è rimasto sempre in piedi il tavolo negoziale per monitorare l'andamento dell'azienda mese dopo mese con la scadenza di settembre per verificare il da farsi. Un nodo, quindi, che ora è venuto al pettine e nella maniera più drammatica possibile per ben 108 lavoratori –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non intenda convocare un immediato tavolo di confronto in sede ministeriale al fine di tutelare un'attività produttiva da sempre presente nel territorio maceratese. (4-14595)


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, MELILLA, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, COSTANTINO e FAVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sono circa 300 mila gli articoli sequestrati dalla guardia di finanza di Camerino (per un valore complessivo di circa 700 mila euro) nell'operazione «Dolcetto o scherzetto»: una serie di controlli a ottobre in vista di Halloween;
   si tratta di maschere di Halloween, costumi, giocattoli a forma di zucca, scheletri, trucchi, lanterne, cappellini a tema e tatuaggi temporanei, oltre ad una serie di altri prodotti, privi di indicazioni su effettiva provenienza, caratteristiche e materiali impiegati per la loro fabbricazione;
   sono cinque gli esercizi commerciali coinvolti, tutti gestiti da cittadini cinesi in comuni dell'entroterra Maceratese. Le irregolarità riscontrate hanno riguardato violazioni al «codice del consumo», con la commercializzazione di prodotti « made in China» ritenuti non sicuri, sprovvisti di certificazioni ed etichettature relative a provenienza e composizione merceologica;
   i responsabili sono stati segnalati alla locale camera di commercio per le previste sanzioni amministrative –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e cosa intenda fare, per quanto di competenza, per tutelare i consumatori ed applicare il codice del consumo. (4-14596)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza Marcon e Duranti n. 2-01499, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carlo Galli, Palazzotto, Fassina, Kronbichler, Nicchi, D'Attorre, Fratoianni, Gregori, Piras, Franco Bordo, Placido.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Sgambato e altri n. 5-09439, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piccoli Nardelli:
   l'interrogazione a risposta in Commissione Fedriga n. 5-09599, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Simonetti;
   l'interrogazione a risposta scritta Sibilia n. 4-14564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bonafede.

Cambio di presentatore di una interrogazione a risposta immediata in Commissione.

  Interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-09831, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2016, è da intendersi presentata dall'onorevole Da Villa, già cofirmatario della stessa.