Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 18 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    i Ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, e della difesa, Roberta Pinotti, hanno illustrato gli esiti del vertice Nato svoltosi a Varsavia già nell'ambito di un'audizione svoltasi il 26 luglio 2016 presso le commissioni affari esteri e difesa dei due rami del Parlamento, dando notizia in quella circostanza della disponibilità offerta dal nostro Paese a partecipare alla costituzione dei quattro battaglioni rinforzati e multinazionali, a rotazione, che l'Alleanza aveva appena deciso di schierare in Polonia e nelle tre Repubbliche Baltiche a scopo di rassicurazione;
    durante la seduta delle commissioni sopra citata, il capo della diplomazia del nostro Paese e il responsabile politico della difesa nazionale precisavano altresì come il dispiegamento temporaneo di truppe italiane nell'ambito dei battaglioni a rotazione non avrebbe manifestato alcun intento aggressivo nei confronti della Federazione russa;
    successivamente si apprendeva che l'apporto italiano avrebbe interessato il battaglione destinato alla Lettonia e sarebbe stato pari a circa 140 uomini;
    la Repubblica di Lettonia è uno Stato di fatto binazionale che ospita una consistente minoranza russofona, in parte privata della cittadinanza, ridotta all'apolidia e quindi esclusa del godimento dei diritti politici, caso che nell'Unione europea si verifica soltanto nell'attigua Repubblica d'Estonia;
    proprio la sostanziale discriminazione di cui sono vittime i russofoni residenti in Lettonia che non hanno superato l'esame di accertamento della conoscenza della lingua, della storia e della cultura lettone – circa trecentomila persone – è causa di permanenti preoccupazioni delle autorità lettoni in merito all'effettivo grado di legittimazione di cui godono le istituzioni nazionali di quel Paese;
    anche la politica dell'istruzione appare fortemente lesiva dei diritti dei cittadini lettoni di lingua russa che, pur rappresentando circa un terzo della popolazione, sono costretti a frequentare scuole nelle quali l'apprendimento avviene esclusivamente in lingua lettone, persino negli istituti fondati e gestiti da lettoni russofoni;
    a quanto si sa, i militari del nostro Paese dovrebbero essere schierati in Latgalia, una regione lettone nella quale la popolazione russofona risulta fortemente maggioritaria;
    il contingente che il Governo programma di inviare in Lettonia si troverà quindi calato in un contesto assai delicato, nel quale non è possibile escludere che si verifichino provocazioni di varia natura, anche interne, attualmente imprevedibili, che potrebbero essere artatamente ricondotte ad ingerenze esterne;
    in occasione di una recentissima visita al nostro Paese, il, segretario generale dell'Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, precisava peraltro in termini assai differenti e molto assertivi che i militari italiani saranno schierati ai confini con una Russia divenuta particolarmente aggressiva, circostanza che esponeva il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, ad una situazione oggettivamente imbarazzante mentre si celebrava un importante anniversario al Nato Defense College di Roma;
    tra le altre cose, le misure della Nato che coinvolgono la compagnia italiana in partenza per la Lettonia e comporteranno, nel 2018, anche l'attribuzione al nostro Paese del comando della forza di reazione ultrarapida dell'Alleanza, venivano collegate da Jens Stoltenberg anche alla recente decisione russa di schierare nel distretto di Kaliningrad, che confina con la Polonia e le Repubbliche Baltiche, dei missili Iskander, che sono di per sé armi funzionali alla credibilità della deterrenza nucleare e quindi sostanzialmente difensive, a dispetto delle apparenze;
    l'annuncio del segretario generale Jens Stoltenberg ha determinato una reazione russa di segno fortemente negativo nei confronti del nostro Paese, che indebolisce oggettivamente l'ambizione del Governo italiano, ripetutamente enunciata ma mai convintamente sostenuta nelle sedi competenti, di pervenire alla rimozione delle sanzioni imposte contro la Russia ed espandere la cooperazione bilaterale con Mosca in un ampio ventaglio di settori;
    sarebbe in effetti invece allo studio l'ipotesi opposta, di imporre ulteriori e nuove limitazioni agli scambi con la Federazione russa in ragione del suo coinvolgimento nella battaglia in atto ad Aleppo in Siria;
    quanto accade dimostra, immediatamente a ridosso delle elezioni presidenziali statunitensi quanto siano già ristretti i margini di manovra in cui si trova ad operare il Governo italiano e la situazione sotto questo profilo sembra sul punto di peggiorare ulteriormente;
    nel breve volgere di pochi giorni, tra il 18 ottobre ed il 21 ottobre 2016 il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si recherà in visita negli Stati Uniti su invito del Presidente Barack Obama e parteciperà successivamente ad un delicato Consiglio europeo, che vede in agenda anche la trattazione del tema delle relazioni tra l'Unione europea e la Russia;
    nel suo complesso, l'opinione pubblica del nostro Paese non sembra condividere i timori antirussi che stanno condizionando le scelte dell'Alleanza atlantica ed è di certo contraria ad assumere rischi inutili;
    le truppe italiane che sono in procinto di raggiungere la Lettonia potrebbero più utilmente essere schierate in Libia ed in Iraq, dove vengono fronteggiate articolazioni pericolose del sedicente Stato Islamico, organizzazione che è presente anche in Europa con i cosiddetti Foreign Fighters rientrati dai teatri esteri e con persone radicalizzate nelle moschee o per via telematica dalla predicazione jihadista,

impegna il Governo:

   a non dar corso alla promessa di inviare una compagnia di militari italiani in Lettonia;
   a rinunciare altresì al comando della forza di reazione ultrarapida dell'Alleanza;
   ad impiegare le risorse militari nazionali eventualmente liberate da questi impegni in Europa Nord-orientale per rafforzare la presenza del nostro Paese laddove l'Isis viene combattuto, come l'Iraq, la Libia e la stessa Siria;
   nel caso in cui si decidesse egualmente di inviare un contributo militare ai battaglioni multinazionali a rotazione che verranno schierati a cavallo tra Polonia e Repubbliche Baltiche, ad assumere iniziative per imporre regole di ingaggio e caveat restrittivi al loro eventuale impiego nell'eventualità di una crisi locale che coinvolgesse la Russia o la minoranza russofona lettone;
   qualora il dispiegamento avvenga comunque, a porre in essere efficaci iniziative affinché la Repubblica di Lettonia adotti nei confronti della minoranza russofona politiche meno discriminatorie, in particolare cancellando lo scandalo dell'apolidia cui è condannata una parte cospicua della sua popolazione.
(1-01393) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 22 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo afferma: «Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l'organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità»;
    la Dichiarazione sottende, pertanto, ad un'idea di persona quale «membro della società», dalla quale deve ricevere e alla quale deve dare. C’è in questa affermazione la filosofia del personalismo comunitario all'interno della più ampia visione di umanesimo integrale. Alla sicurezza sociale viene infatti associata la realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali «indispensabili» alla dignità umana e al libero sviluppo della personalità;
    la sicurezza sociale della persona è quella condizione nella società che le consente di essere, quanto più possibile, libera dal bisogno, oltre che dal potere e dalla paura;
    i flussi migratori misti rappresentano uno dei fenomeni strutturali più importanti dei nostri tempi e sono anche il banco di prova dell'agire politico nel rispetto dei diritti umani internazionali. Ci vuole una nuova visione che tenga conto dei singoli progetti migratori e che sia in grado di sviluppare un sistema di soluzioni ma, anche e soprattutto, di relazioni e di integrazione. Bisogna sapere riconoscere la complessità, evitando letture grossolane del fenomeno e lavorare in modo integrato tra i sistemi di protezione al fine di ottimizzare le risorse anche economiche per scelte e misure sostenibili che riconoscano la dignità dei singoli;
    in particolare, l'aumento dei flussi migratori e la conseguente attenzione mediatica hanno messo in luce il fenomeno della tratta delle donne nigeriane, una realtà ben conosciuta e studiata dagli operatori del settore ma largamente ignorata nel dibattito politico. Come ribadisce un reportage del Financial Times pubblicato alla fine del 2015 le organizzazioni nigeriane, che in molti casi sono strutturate come veri e propri racket criminali, traggono beneficio dalle condizioni di insicurezza e povertà del loro Paese per alimentare il mercato dello sfruttamento sessuale. Dei quasi 900 mila migranti sbarcati in Europa nel 2015 dopo un viaggio attraverso il Mediterraneo, circa un quinto sono arrivati in Italia. Tra loro, quasi 5 mila erano donne nigeriane: il numero è di quattro volte superiore rispetto all'anno precedente. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni più della metà di queste donne sono destinate alla prostituzione forzata. Gli operatori umanitari che hanno familiarità con questo crimine constatano che il profilo delle donne nigeriane destinate alla prostituzione è cambiato nel tempo: sono sempre più giovani e sempre di più reclutate nelle zone rurali del Paese, sono poco istruite e molto povere, quindi sempre più facilmente ricattabili, alcune con disturbi mentali;
    secondo il Financial Times la tratta di esseri umani è in aumento in molti Paesi e le reti criminali si sono modernizzate e adeguate ai meccanismi dei nuovi e massicci movimenti verso l'Europa. Lo sfruttamento riguarda 21 milioni di persone in tutto il mondo e utilizza più di 500 rotte: 4,5 milioni di queste persone sono destinate allo sfruttamento sessuale. «Il problema è particolarmente grave in Italia», scrive il Financial Times, a causa di una combinazione di vari fattori, quali «la posizione geografica, il potere della criminalità organizzata locale soprattutto nelle regioni più povere dove lo Stato è debole e una persistente domanda di prestazioni sessuali». In generale, il traffico di esseri umani coinvolge vittime provenienti da vari Paesi, sia comunitari che non comunitari, il cui comune denominatore è rappresentato tra gli altri dai seguenti fattori: la diffusione della violenza di genere, la femminilizzazione della povertà, la violazione dei diritti economici e sociali, la disparità di opportunità tra donne e uomini, gli ostacoli all'accesso alla giustizia e la mancanza di rimedi effettivi giurisdizionali e la corruzione;
    la tratta, nelle indicazioni contenute nella convenzione di Palermo che si configurano nello spostamento, nell'inganno, nella coercizione e nello sfruttamento, presuppone metodi di reclutamento e sfruttamento sempre più subdoli, variegati e di difficile identificazione. Ciò è particolarmente evidente nel caso delle vittime provenienti dai Paesi comunitari, spesso sottoposte a sottili forme di violenza e ricatto affettivo. Le donne che riescono ad emanciparsi dalla condizione di sfruttamento spesso non ricevono il sostegno indispensabile per immettersi nel mondo del lavoro, cadendo nel rischio di rivittimizzazione. In altre parole, non figurando in nessuna forma di «categoria protetta» né essendo previsti, ad esempio, sgravi fiscali per chi assume lavoratori e lavoratrici in quella condizione, le associazioni si trovano a dover inserire una vittima di tratta sopravvissuta a un inferno psicologico, con carenze di ogni tipo (istruzione, lingua, curriculum, traumi fisici e psicologici), presso aziende che sono alquanto restie a raccogliere l'offerta;
    alle donne ridotte alla schiavitù sessuale occorrono molti anni per ripagare i propri debiti: sono costrette a lavorare ogni sera e anche durante il giorno, spesso devono provvedere al loro vitto e alloggio e vengono picchiate e maltrattate dai loro sfruttatori o dalle loro sfruttatrici se non portano abbastanza denaro. Se restano incinte, sono poi costrette a subire aborti praticati illegalmente e dunque non sicuri;
    per le donne che riescono a sottrarsi allo sfruttamento la strada verso la libertà e l'autodeterminazione è molto difficile. La legge italiana (l'articolo 18 del Testo Unico immigrazione, decreto legislativo n. 286 del 1998) prevede una protezione immediata per le vittime e il rilascio di un permesso per restare in Italia. In pratica, tuttavia, per accedere al percorso di protezione si richiede la denuncia dei trafficanti e la dimostrazione di trovarsi in condizioni di pericolo, prima di fornire loro una certezza sulla sistemazione in un luogo protetto e su uno stato giuridico legale. Questo funziona come ostacolo alla denuncia stessa. I percorsi di reinserimento e di integrazione sono poi molto complicati. Molte di loro di fronte alle difficoltà non vedono via d'uscita e sono costrette a tornare a prostituirsi;
    è urgente e necessario individuare azioni e politiche pubbliche di inclusione che agendo a lungo termine, individuino e perseguano due parallele finalità: la tutela dei diritti e delle pari opportunità delle persone che migrano e l'esigenza di benessere e di pacifica convivenza delle comunità locali;
    si riconosce l'importanza dell'adozione nel mese di febbraio 2016 del primo piano nazionale d'azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, a norma dell'articolo 9 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24. Il piano è propedeutico alla emanazione del nuovo programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale e delle relative modalità di attuazione e finanziamento;
    l'adozione di un piano sistemico è sicuramente un traguardo positivo che può far uscire le azioni di contrasto da un ambiente di precarietà;
    ora che il piano esiste è possibile rilevare delle criticità che necessitano di ulteriori riflessioni sviluppate con gli operatori attivi costantemente nel campo. Si evidenziano tre priorità sulle quali è necessario agire:
     a) il tema dei finanziamenti il cui quadro deve essere consolidato per evitare il rischio che vengano assimilati ai finanziamenti del sistema immigrazione e asilo sotto la regia del Ministero dell'interno;
     b) il tema del contributo non esplicitato che viene dalla società civile e dalla rete delle organizzazioni all'attuazione e al monitoraggio delle azioni del piano;
     c) il tema del sistema di relazioni di tutte le parti interessate che deve essere individuato all'interno del piano, incluso il meccanismo di referral;
    pur evidenziando che la tratta di esseri umani è un fenomeno complesso che riguarda tre tipologie diverse, il tema dello sfruttamento sessuale, il tema dei minori e il tema dello sfruttamento lavorativo, si ritiene necessario focalizzare gli impegni sul tema dello sfruttamento sessuale e della condizione femminile,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per garantire un finanziamento strutturale del sistema antitratta attraverso l'investimento di:
    a) 20 milioni di euro per il programma di emersione e protezione con finanziamento triennale;
    b) 15 milioni di euro annui su azioni di sviluppo del sistema, in particolare al fine di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all'emersione e all'integrazione sociale delle vittime compresa la sensibilizzazione nei Paesi d'origine;
   a potenziare il raccordo tra sistema di asilo e sistema antitratta, con particolare riferimento al riconoscimento delle vittime nella fase di primissima accoglienza;
   ad applicare pienamente l'articolo 18 del Testo Unico sull'immigrazione di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, in particolar modo nel cosiddetto percorso sociale, laddove la vittima non sia nelle condizioni di denunciare i propri sfruttatori:
   a far interagire le strutture interessate (Ministeri della giustizia, della difesa, dell'interno e dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio) al fine di garantire una lettura complessiva del programma di integrazione e protezione;
   a garantire la costituzione di una banca dati basata sull'interoperabilità dei sistemi già in uso nei Ministeri della giustizia, della difesa, dell'interno e presso il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio, anche ai fini del procedimento penale;
   a promuovere e rispettare l'ottica di genere nelle politiche e nelle azioni, anche attraverso attività di formazione specificatamente rivolta alle forze di pubblica sicurezza.
(1-01394) «Martelli, Nicchi, Scotto, Costantino, Duranti, Carlo Galli, Ricciatti, Placido, Pannarale».

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    il recente arresto a Taranto di due ufficiali della Marina militare e di un imprenditore accusati di corruzione in un appalto del valore di oltre 11 milioni di euro ripropone con forza il problema delle pratiche tangentizie anche nelle forze armate;
    gli arresti nella principale base della Marina assumono rilievo particolare perché seguono di pochi mesi numerosi altri arresti, a gennaio e ottobre 2015, di personale militare e civile della medesima direzione di commissariato e lo scandalo dei carburanti «scomparsi» ad Augusta, che ha visto coinvolti dipendenti militari e civili di stanza nella base siciliana e a Roma;
    se fossero confermate le notizie di stampa secondo le quali uno degli arrestati a Taranto, era stato mandato a dirigere il reparto che gestisce quasi tutti i contratti della base nonostante avesse già avuto una condanna per truffa militare, si porrebbe con evidenza il problema del criterio di assegnazione degli incarichi;
    purtroppo episodi analoghi si sono verificati con allarmante frequenza anche in altri settori delle forze armate, segno di una non sufficiente opera di sensibilizzazione e di controllo da parte della struttura di comando;
    tale situazione lede profondamente l'immagine ed il prestigio delle forze armate e non rende una fotografia degna, invece, del rispetto che meritano la larghissima parte dei militari, per l'impegno, l'onestà e la dedizione profuse nello svolgimento dei propri compiti;
    nonostante la vastità del fenomeno si continua a ritenere non applicabile ai militari la normativa anticorruzione, come dimostra il fatto che dalle relazioni annuali del responsabile anticorruzione, sono del tutto esclusi i dipendenti militari (circa 170 mila) e presi in considerazione solo quelli civili (circa 27 mila), nonostante i primi siano quelli che ricoprono gli incarichi di maggiore responsabilità per quanto attiene la gestione degli appalti;
    da un'analisi effettuata dai firmatari del presente atto sulla banca dati dei contratti pubblici detenuta dall'Autorità nazionale anticorruzione, risulterebbe che la stragrande maggioranza dei contratti stipulati dall'amministrazione della difesa viene attribuita con procedure diverse dalla gara pubblica, nonostante non abbia per oggetto forniture di carattere militare o riservato, ma si riferisca a prestazioni di servizi come pulizie o forniture come alimentari o carburanti;
    tale situazione, oltre al rischio di generare discredito alle forze armate e all'amministrazione della difesa, ha evidenti ripercussioni sul morale della stragrande maggioranza dei dipendenti militari e civili che svolgono con dedizione e onestà il proprio servizio;
    sembra dunque necessario un sostanziale e profondo ripensamento da parte dei vertici della difesa delle politiche di lotta alla corruzione, anche in ambito militare e delle iniziative per la crescita di una sostanziale cultura della legalità che vada oltre il nominalismo e il puro richiamo al senso del dovere,

impegna il Governo:

   ad elaborare una relazione, sulla base dei contratti del Ministero della difesa degli ultimi tre anni, che delinei tipologie e criticità delle procedure adottate;
   ad assumere iniziative per ridurre al massimo le procedure diverse dalle forniture competitive e a evidenza pubblica, a meno che non sussistano precise e stringenti esigenze di sicurezza nazionale o urgenza;
   a far sì che il responsabile anticorruzione del Ministero eserciti pienamente la propria attività su tutti gli uffici e il personale, indipendentemente dal fatto che si tratti di civili o militari;
   ad adottare iniziative per definire norme cogenti che non consentano l'assegnazione di incarichi con responsabilità di assegnazione di commesse e stipula di contratti a dipendenti che presentino profili di criticità, anche in presenza di procedimenti penali o disciplinari non ancora conclusi;
   ad assumere iniziative per definire apposite norme per tutte le forze armate e per le forze di polizia ad ordinamento militare, che prevedano metodi certi che garantiscano la posizione di coloro che segnalano determinati comportamenti disciplinando il whistleblowing in modo da prevedere:
    a) una clausola di riservatezza per il personale che provvede ad effettuare le segnalazioni di illeciti, svincolando tale principio dal rapporto gerarchico esistente tra di essi;
    b) l'istituzione di un fondo di garanzia a tutela dei segnalanti di illeciti che sostenga economicamente chi è vittima di ritorsione;
    c) la previsione di un sistema sanzionatorio in linea con le norme previste dal codice dell'ordinamento militare.
(7-01122) «Rizzo, De Lorenzis, Frusone, Basilio, Corda, Tofalo, Paolo Bernini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   Med Nuçe è una delle tante emittenti televisive satellitari fondate da esponenti delle comunità curde al di fuori del territorio turco, con sede operativa in Belgio e sede legale in Italia;
   in data 29 settembre 2016, Med Nuçe riceveva una mail da parte di Eutelsat spa, società proprietaria dei satelliti per telecomunicazioni, in cui si richiedeva la cessazione delle trasmissioni. Ad una seconda lettera il 2 ottobre è seguito il giorno successivo 3 ottobre, l'oscuramento della televisione satellitare;
   la società Med Nuçe, secondo quanto visionato, risulta essere in regola sia con le autorizzazioni che con i pagamenti;
   diversi giorni prima dell'oscuramento di Med Nuçe, in Turchia venivano chiusi, in base a uno speciale decreto-legge e senza l'approvazione del parlamento 12 canali televisivi e 11 stazioni radiofoniche della comunità curda, tutti già autorizzati e in regola con la legge turca; in particolare figurano tra i canali chiusi anche: Zarok TV (canale curdo per bambini), TV 10 (il cui principale pubblico sono gli aleviti), Jiyan TV (che trasmette dialetto curdo «Kirmancki») e Hayat TV (con programmi focalizzati sul mondo del lavoro e i suoi problemi);
   la compagnia francese Eutelsat, oltre alla sospensione di Med Nuçe (canale notiziario in turco) ha chiuso, con le stesse modalità, Newroz Tv (canale televisivo che privilegia il Kurdistan orientale e l'Iran);
   tutti questi canali sono animati, oltre dalle redazioni, da decine di volontari, e contribuiscono allo sviluppo della cultura e della lingua curda con le loro trasmissioni nei diversi dialetti curdi;
   Med Nuçe trasmette dal 2013 in curdo e turco. Nel 2015 il canale ha cambiato format, trasmettendo news tutto il giorno, dalle 6.00 del mattino fino alla mezzanotte, almeno fino al giorno dell'interruzione delle trasmissioni, con un notiziario ogni ora e con 26 programmi prodotti e dedicati non solo alle problematiche dei curdi, ma anche alle donne, alle condizioni di lavoro e sviluppo, alle differenze identitarie e alle tematiche politiche locali ed internazionali;
   dalla dichiarazione dello stato di emergenza, susseguente al tentativo di colpo di Stato del 15 giugno 2016, oltre 200 giornalisti sono stati indagati, più di 100 giornalisti sono stati arrestati e decine di aziende sono state chiuse. Come risultato di queste azioni governative, almeno 2.308 giornalisti hanno perso il loro posto di lavoro;
   secondo l'indice sulla libertà di stampa mondiale del 2016 diffuso da Reporters sans frontières, la Turchia è al 151esimo posto su 180 Paesi. In queste condizioni è chiara la volontà del governo turco, ossia mettere a tacere quelle che sono le voci non allineate e rendere praticamente invisibili le voci critiche. Insieme a quella degli altri canali e delle altre estate giornalistiche, l'interruzione delle trasmissioni di Med Nuçe è una ulteriore prova della condotta autoritaria del Governo turco;
   non è chiaro in base a quale ordine sia stata presa la decisione di oscurare Med Nuçe, ma risulta che l'autorità per le telecomunicazioni della Turchia RTUK (Radyo ve Televizyom üst Kurulu), abbia inviato in data 17 maggio 2016, nella convinzione che l'emittente avesse una autorizzazione in quel Paese, una lettera alla corrispondente autorità norvegese NMA (Norwegian media Autority) chiedendo cooperazione al fine di avviare procedure volte a sanzionare diverse emittenti satellitari in lingua turca tra cui Med Nuçe, per presunte violazioni sia della Convenzione europea dei diritti umani, sia della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, attribuendo esplicitamente alle medesime di «servire gli interessi del terrorismo»;
   è noto che la società Eutelsat ha ricevuto da parte della Turchia una commessa per lanciare tre satelliti tra il 2018 e il 2020 e che già opera in quel Paese con la società Skylogic Eurasia che offre alla polizia e all'esercito turco importanti servizi in materia di telecomunicazioni;
   l'oscuramento da parte di Eutelsat spa, soggetto di diritto francese sottoposto alla legislazione comunitaria, appare in contrasto con la normativa dell'Unione europea sul mercato unico dei servizi audiovisivi e tanto più grave in quanto avvenuto a giudizio degli interpellanti arbitrariamente da parte di un soggetto privato, Eutelsat, sulla base di una comunicazione informale di un organismo non appartenente ad uno Stato membro dell'Unione e non per via di una presa di posizione formale da parte dei regolatori europei o dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni italiana, che invece, in data 2015, ha autorizzato con delibera l'emittente Med Nuçe a trasmettere e da quella data non ha mai disposto in senso contrario –:
   se siano a conoscenza dei fatti riportarti in premessa e come sia stato possibile che una emittente televisiva privata satellitare, con sede legale nel nostro Paese, sia stata chiusa con una semplice comunicazione di un soggetto privato, Eutelsat;
   quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare per consentire la ripresa delle trasmissioni di Med Niçe;
   quali iniziative intendano intraprendere per garantire la libertà di stampa e di espressione come sancite dalla Carta costituzionale e per prevenire in futuro violazioni di queste libertà che sembrerebbero essere state palesemente negate in questa circostanza;
   se non intendano, per quanto di competenza, promuovere una iniziativa diplomatica per chiedere al Governo turco il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in particolare connesse al diritto all'informazione e alla libertà di espressione.
(2-01512) «Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il Governo continua ad essere inadempiente sulla questione delle servitù militari in Sardegna, con molte omissioni, vedasi vittime da torio e uranio, e una grave e reiterata azione di devastazione ambientale;
   da settimane i pescatori della costa occidentale della Sardegna protestano duramente per chiedere la chiusura del poligono di Capo Frasca e riprendere senza limiti l'attività lavorativa da sempre gravemente condizionata dalle esercitazioni militari che occupano gran parte dello specchio acqueo antistante;
   è l'unico poligono dove il divieto di navigazione è permanente e il cui utilizzo avviene solo con autorizzazione limitata;
   il documento dei sindaci e delle organizzazioni di categoria, rivendica non solo il pagamento dei danni all'attività produttiva, ma la bonifica e la restituzione del territorio alle comunità locali e agli operatori del mare;
   secondo la procura di Cagliari nel poligono di Teulada sono stati esplosi in diversi punti oltre 4.200 missili Milan contenenti sostanze radioattive e in particolare torio;
   secondo quanto riferito dai tecnici incaricati dalla procura non solo non esiste nessuna tracciabilità di questi 4.200 missili e quindi delle ricadute radioattive sul territorio, ma sarebbero stati rinvenuti sul terreno appena 19 residui radioattivi;
   il primo firmatario del presente atto in visita ispettiva ha rinvenuto all'interno del poligono di Teulada un deposito temporaneo inadeguato e di dubbia legittimità di scorie radioattive privo di qualsiasi controllo;
   la documentazione video raccolta dal primo firmatario del presente atto e resa pubblica dimostra in modo inequivocabile la fatiscenza dello stabile;
   una porzione importante del poligono, la punta avanzata della Sardegna verso il Mediterraneo è definita penisola interdetta, non solo per la devastazione ambientale, comprese presenze di elevata radioattività, ma anche per la grave menomazione dell'area con demolizione di costa e isolotti;
   nel poligono militare del Salto di Quirra risultano essere state distrutte tonnellate di bombe, missili, esplosivi di ogni genere, provenienti da ogni angolo d'Italia;
   tali materiali venivano fatti esplodere all'interno di scavi di imponenti dimensioni provocando nubi tossiche superiori anche ai 50 metri di come si evince dagli atti processuali della procura di Lanusei;
   diversi generali, ai vertici della Difesa, hanno negli anni provveduto all'acquisto dei missili Milan per poi assumere incarichi di vertice nelle industrie belliche produttrici di tali armamenti;
   non esiste nessun serio e credibile piano di bonifica per le aree militari e tantomeno le aree a mare;
   le bonifiche di Capo Frasca rilevano un'artificiosa presenza di amianto che farà lievitare in modo esponenziale il costo del trattamento di quei terreni;
   a Teulada non è stata avviata alcuna bonifica;
   a Quirra è stata bonificata una sola discarica lungo la strada mentre è preclusa l'area dove sono state smaltite sottoterra migliaia di tonnellate di esplosivi;
   il tipo di esercitazioni e l'utilizzo di un territorio così vasto contrasta in modo evidente con le nuove emergenze di difesa, considerati i reiterati attentati «in casa» che meriterebbero di riconfigurare la difesa non in chiave di armamenti ma di addestramento di uomini alla sicurezza civile da svolgere a maggior contatto con i cittadini;
   a parere degli interpellanti la riconfigurazione del sistema difesa dovrebbe comportare un maggiore investimento sul personale militare, sia in termini di incremento dei contingenti, sia nella formazione legata alla sicurezza civile, compreso il genio militare indispensabile in una regione insulare come la Sardegna –:
   se non intenda cessare, come da reiterati indirizzi parlamentari, l'attuale occupazione invasiva e distruttiva di siti di importanza comunitaria;
   se non intenda accogliere le richieste dei sindaci e degli operatori economici di Capo Frasca;
   se esista o sia mai esistito un segreto di Stato sul deposito di scorie radioattive rinvenuto e documentato nella base di Teulada;
   se esista un registro di tracciabilità dei residui radioattivi dei 4.200 missili esplosi nel poligono di Teulada;
   se esista un registro di tracciabilità dei residui radioattivi dei missili esplosi nel poligono di Salto di Quirra;
   se e che tipo di stanziamenti esistano, e in quali capitoli di bilancio, per la bonifica dei poligoni militari della Sardegna;
   se risulti vero che la società Vitrociset, notoriamente dedita alla ricerca applicata di alto livello tecnologico, sia la vincitrice di un appalto (e che tipo si appalto) di movimento terra nel poligono di Capo Frasca;
   se esista all'interno del poligono militare di Salto di Quirra documentazione fotografica o filmica relativa alla distruzione di materiale bellico con procedure di brillamento illegale, oltre che con modalità pericolosissime per l'ambiente circostante, e se la stessa sia sottoposta a segreto di Stato;
   se e che tipo di collaborazioni esistano o siano esistite tra l'aeronautica militare e l'università di Siena e, in particolar modo, se sia stato mai dato un incarico formale a docenti di quell'università per verificare la presenza di torio nell'area del poligono di Salto di Quirra;
   se siano state adottate iniziative in conseguenza dell'assunzione di incarichi da parte di vertici militari nell'industria bellica, come riportato nell'atto di sindacato ispettivo n. 4-06574 del 23 ottobre 2014.
(2-01514) «Pili, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, VACCA, BRESCIA, LUIGI GALLO, MARZANA, DI BENEDETTO e D'UVA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con legge 28 dicembre 2015, n. 208 concernenti «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2016) sono state conferite al Coni risorse finanziarie pari a 2 milioni di euro per il 2016 e 8 milioni per il 2017 in favore delle attività del Comitato promotore per le Olimpiadi di Roma 2024;
   il decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185 (cosiddetto decreto Giubileo) ricomprende tra le finalità del «Fondo sport e periferie» gli interventi volti alla presentazione e alla promozione della candidatura di Roma per le Olimpiadi 2024 (per il 2015 si parla di una dotazione pari a 20 milioni di euro; nel 2016 sono stati disposti 50 milioni di euro e per concludere nel 2017 con la somma pari a 30 milioni di euro);
   il 17 febbraio 2016 presso il Palazzo dei Congressi in Roma si è tenuta la presentazione del progetto di candidatura ai Giochi olimpici e paralimpici del 2024; in occasione dell'evento organizzato dal Comitato promotore Roma 2024 e dal Coni era stato annunciato un budget previsionale di spesa pari a circa 5,3 miliardi di euro;
   analizzando il bilancio 2015 del Coni si evince che Coni Servizi ha speso su richiesta del Coni, al di fuori del contratto di servizio, 2 milioni e 681 mila euro per le attività legate alla candidatura; e nel budget 2016, il Coni ha stimato in 5,1 milioni di euro il maggiore fabbisogno per «il sostegno e la promozione della candidatura di Roma alle Olimpiadi e Paralimpiadi estive del 2024»;
   il suddetto budget relativo all'esercizio 2016, nella sua prima rimodulazione ha previsto maggiori risorse per 13,5 milioni di euro, di cui: 9 milioni provenienti dal fondo per le periferie; 2 milioni di contributi statali stanziati nell'ultima legge di stabilità e destinati a Roma 2024; 2,5 milioni di ricavi e contributi provenienti da sponsor privati per le attività legate al marketing;
   il presidente del Coni, in occasione di una intervista televisiva resa nel mese di giugno 2016, ha quantificato in 10 milioni di euro la spesa affrontata dal Comitato;
   a seguito dell'approvazione della mozione, avvenuta il 29 settembre 2016, con cui il Consiglio dell'assemblea capitolina ha impegnato il sindaco e la giunta ad adottare gli atti necessari al ritiro della candidatura di Roma, la richiesta è stata formalizzata con lettera inviata al Comitato olimpico internazionale; di conseguenza le risorse già previste per la candidatura olimpica torneranno in economia –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per garantire la destinazione delle risorse già previste per la candidatura di Roma 2024 ad investimenti nell'impiantistica sportiva e nella promozione dello sport di base. (5-09795)


   TIDEI e ZAMPA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Med Nuce è una delle tante emittenti televisive satellitari fondate da esponenti delle comunità curde al di fuori del territorio turco, con sede operativa in Belgio e sede legale in Italia;
   in data 29 settembre 2016, Med Nuce riceveva un’e-mail da parte di Eutelsat spa, società proprietaria dei satelliti per telecomunicazioni, in cui si richiedeva la cessazione delle trasmissioni. Ad una seconda lettera del 2 ottobre è seguito, il giorno successivo 3 ottobre, l'oscuramento della televisione satellitare;
   la società Med Nuce ha affermato di essere in regola sia con le autorizzazioni che con i pagamenti;
   nello stesso giorno venivano chiusi in Turchia 12 canali televisivi e 11 stazioni radiofoniche della comunità curda, tutti già autorizzati e in regola con la legge turca;
   l'autorità per le telecomunicazioni della Turchia RTUK (Radyo ve Televizyom üst Kurulu), in data 17 maggio 2016, inviava una lettera alla corrispondente autorità norvegese NMA (Norwegian media Autority) chiedendo cooperazione al fine di avviare procedure volte a sanzionare diverse emittenti satellitari in lingua turca tra cui Med Nuce, per presunte violazioni sia della Convenzione europea dei diritti umani, sia della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera, attribuendo esplicitamente alle medesime di «servire gli interessi del terrorismo»;
   è noto che la società Eutelsat ha ricevuto da parte della Turchia una commessa per lanciare tre satelliti tra il 2018 e il 2020 e che già opera in quel Paese con la società Skylogic Eurasia che offre alla polizia e all'esercito turchi importanti servizi in materia di telecomunicazioni –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e come intenda adoperarsi, per quanto di competenza per favorire una soluzione che porti al ripristino della libertà di stampa e di espressione che sembrano essere state negate ad una emittente televisiva privata satellitare, con sede legale nel nostro Paese. (5-09802)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARZANA, CARIELLO, NESCI, D'UVA, VILLAROSA, GRILLO, LOREFICE, LUPO, DI BENEDETTO, DI VITA, RIZZO, MANNINO, NUTI e LUIGI DI MAIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 56 del 7 aprile 2014 «(legge Delrio)» ha istituito le città metropolitane, ha rivisto profondamente ruolo ed organizzazione delle province, trasformate in enti territoriali di area vasta e ha introdotto una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni;
   la suddetta legge aveva fissato al 31 dicembre 2014 il termine ultimo per le regioni per approvare le proprie leggi di ratifica per il riordino delle funzioni delegate o trasferite alle province, e nel settembre 2014, al fine di accelerare tale adempimento era stato siglato, in sede di Conferenza unificata, un accordo nel quale la data del 31 dicembre veniva individuata non più per l'approvazione delle leggi regionali, ma quale limite temporale per la presentazione di idonei dispositivi normativi per l'attuazione della legge nazionale;
   l'Assemblea regionale siciliana, in forza del terzo comma dell'articolo 15 dello statuto speciale che attribuisce alla regione competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, con legge regionale 4 agosto 2015, n. 15, in corso di valutazione da parte della Corte Costituzionale, non aveva recepito l'intera architettura della «legge Delrio»;
   il cronoprogramma del riordino delle funzioni dell'amministrazione locale, dettato dalla «legge Delrio» n. 56 del 2014, è stato recepito solo nel maggio 2016, con la conseguenza che le funzioni ancora non sono state né accorpate né trasferite e, a distanza di quasi tre anni, sono ingenti le ripercussioni che si riflettono sia nell'ambito della gestione della dotazione organica che nella fornitura dei servizi ai cittadini;
   ma ciò che ha destabilizzato totalmente l'ente provincia è certamente la trama finanziaria disposta dalla legge di stabilità n. 190 del 23 dicembre 2014 (stabilità 2015), attraverso cui le province sono state chiamate a concorrere in modo sostanzioso al contenimento della spesa pubblica, tramite l'imposizione di una rilevante riduzione della spesa corrente, progressivamente crescente negli anni compresi tra il 2015 ed il 2017;
   difatti i commi 418 e 419 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 hanno stabilito che le province e le città metropolitane dovranno concorrere al contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione della spesa corrente di 1 miliardo di euro per l'anno 2015, di 2 miliardi di euro per l'anno 2016 e di 3 miliardi di euro a decorrere dall'anno 2017;
   lasciando immutato il contesto normativo e finanziario e confermando l'impalcatura «strabica» tra la «legge Delrio» e le leggi di stabilità che si sono succedute, si è compromessa irrimediabilmente la sostenibilità dell'ente provincia con grave ripercussioni sui costi del personale e sull'erogazione di servizi essenziali (manutenzione scuole secondarie, viabilità locale, assistenza agli alunni disabili);
   ebbene, per fare qualche esempio di provincia al limite del dissesto finanziario, in applicazione dell'articolo 1, comma 418, delle legge 23 dicembre 2014, n. 190, il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 2016, n. 160, all'articolo 8 ha stabilito in euro 11.776.981,28 la somma che la provincia di Siracusa deve versare allo Stato, a titolo di contributo alla finanza pubblica per l'anno 2016;
   sono ormai tante le province anche di altre regioni a soffrire; ad esempio, in data 6 ottobre 2016 gli uffici della provincia di Caserta comunicavano ai dirigenti scolastici l'indisponibilità di risorse finanziarie per la manutenzione e la messa in sicurezza degli edifici scolastici, nonché per il pagamento delle forniture dell'energia elettrica a causa delle risorse che l'ente ha dovuto trasferire allo Stato centrale in seguito a quanto disposto alla legge di stabilità 2015 –:
   quali siano le iniziative di competenza che il Governo intende adottare affinché si possano individuare le misure per rideterminare gli obiettivi per il concorso alla spesa pubblica e scongiurare il dissesto finanziario di questi enti locali che oramai sono al collasso sia per la gestione della dotazione organica che per la garanzia dei vari servizi da erogare ai cittadini. (4-14550)


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione nazionale autotrasporto viaggiatori (Anav), associazione di Confindustria, che rappresenta le imprese di trasporto con autobus, in data 2 aprile 2015, attraverso il comunicato stampa «Denuncia UE sui ticket bus: il comunicato stampa del Presidente Biscotti» ha spiegato che l'associazione, insieme all'Iru (International Road Transport Union) e ad altre associazioni italiane ed europee rappresentative delle imprese di trasporto con autobus, Confcooperative, Confartigianato, Astic (Spagna), Fbaa (Belgio), Aftri (Francia), Fntv (Francia), Astag (Svizzera), Knv (Olanda), Wko (Austria) e Bdo (Germania), con il supporto di circa 280 imprese italiane e straniere, ha denunciato l'Italia alla Commissione europea contro i «ticket» applicati da molte amministrazioni comunali italiane (oltre 50) ai bus, turistici e di linea, per l'accesso e/o la sosta ai centri cittadini;
   la nota stampa di Anav, in particolare, ha illustrato che il ricorso è stato presentato dopo il fallimento di diversi tentativi di dialogo con le amministrazioni locali e «sono oltre 50 le città italiane, complessivamente meta di circa il 70 per cento del flusso turistico nazionale ad applicare il ticket bus per un prelievo annuo sul sistema delle imprese che sfiora i 100 milioni di euro ed incide mediamente per circa il 10 per cento sui costi dei servizi di trasporto turistico con autobus (...) con punte del 50 per cento sul singolo servizio turistico. In molte città poi, oltre al ticket si aggiunge l'imposta di soggiorno, per cui il turista che utilizza l'autobus paga due volte per la permanenza in città»;
   Nicola Biscotti, presidente di Anav, ha dichiarato come «le delibere comunali sui ticket bus contrastano con le norme fondamentali dell'ordinamento comunitario, violando il principio di proporzionalità ed ostacolando la libera prestazione di servizi ed il corretto funzionamento del mercato interno. La nostra richiesta alla Commissione europea è l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti dello Stato italiano. Le abnormi ed illegittime imposizioni tariffarie imposte agli autobus da numerosi comuni italiani sono dettate da esigenze di cassa dei comuni, che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi di miglioramento della mobilità urbana, della decongestione del traffico e o della tutela dell'ambiente e del patrimonio artistico e che appaiono distorsive della concorrenza modale. In nessun altro Paese europeo gli autobus sono tassati per il solo fatto di accedere alle città: altri e ben più efficaci sono gli strumenti adottati per contrastare traffico e inquinamento senza danneggiare imprese e collettività servite». Secondo Biscotti, infine, «il prelievo è tanto più iniquo, in quanto non è reinvestito neppure in parte nella creazione e/o miglioramento dei servizi o delle infrastrutture per l'accoglienza dei visitatori»;
   nonostante la presentazione della suddetta denuncia da parte di Anav alla Commissione europea, ad oggi, alcuna risposta è stata data in merito;
   il primo firmatario del presente atto ha depositato l'interrogazione n. 4-05882, in data 7 agosto 2014, seduta n. 281, che risulta ancora senza risposta, con la quale chiedeva ai Ministri interrogati quali iniziative urgenti intendessero adottare, ricorrendo anche a modifiche normative del codice della strada nel rispetto delle autonomie locali, per garantire una disciplina omogenea e razionale delle zone a traffico limitato (ZTL) che non ostacolasse i flussi turistici nell'accesso ai centri delle città; e se intendessero intervenire, nella sede opportuna della Conferenza unificata, per evitare che l'imposta di soggiorno potesse costituire una inaccettabile duplicazione degli oneri a carico dei turisti che utilizzano l'autobus come mezzo di trasporto –:
   quali iniziative, anche a carattere normativo, i Ministri interrogati intendano intraprendere, per quanto di competenza, alla luce della denuncia presso la Commissione europea da parte di Anav e delle associazioni italiane rappresentative delle imprese di trasporto con autobus, per migliorare la mobilità, disincentivando soluzioni come quella del ticket citato in premessa che appaiano contrarie alla normativa europea e rischiano di esporre il Paese a procedure di infrazione. (4-14551)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   secondo la legislazione fiscale italiana, per la precisione all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, le pensioni corrisposte a persone non residenti in Italia da enti che, invece, hanno sede nel nostro Paese, o da stabili organizzazioni nello stesso territorio, sono imponibili in linea generale in Italia;
   la Repubblica dominicana non risulta essere nelle liste dei Paesi a fiscalità privilegiata previste dalla legislazione italiana e nel report 2011 del Forum globale OCSE per l'implementazione degli standard fiscali internazionali;
   nella citata Repubblica dominicana risiede una dinamica comunità italiana che nel prossimo anno rivedrà la riapertura dell'ambasciata italiana a Santo Domingo;
   tra questi cittadini italiani, iscritti all'AIRE, vi è una rilevante quota di pensionati dall'Italia che a causa della mancanza di un accordo bilaterale per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione e l'elusione fiscale pagano le tasse sulla pensione stessa in Italia;
   la situazione sopra ricordata causa grave disagio tra i pensionati italiani residenti nella Repubblica dominicana;
   infatti, numerose e motivate sono le richieste provenienti dagli stessi pensionati italiani residenti nella Repubblica dominicana relative alla necessità di arrivare ad un accordo che permetta di pagare le imposte direttamente nel Paese di iscrizione all'AIRE –:
   se vi siano motivi, e in caso affermativo quali, che ostino all'avvio di negoziati tra i due Stati per evitare le doppie imposizioni e quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interpellati per venire incontro alle esigenze dei pensionati italiani residenti in tale Paese del Centro America.
(2-01511) «Fitzgerald Nissoli, Dellai, Santerini, Vezzali, Sottanelli, Vecchio, Marzano, Fauttilli, Baradello, Sberna, Tabacci, Gigli, Menorello, Galgano, Oliaro, Monchiero, Matarrese, Vargiu, Catania, Giuditta Pini, Zanin, Salvatore Piccolo, Dambruoso, Binetti, Buttiglione, De Mita, Causin, Garofalo, Cera, Gullo, Riccardo Gallo, Schirò, Piccione, Preziosi, Rampi, Quintarelli».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI, DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell’iter decisionale di approvazione degli interventi la Commissione nazionale A.I.A./IPPC svolge un ruolo nevralgico considerato che ad essa sono sottoposti impianti di rilevante interesse industriale, per un valore complessivo della produzione di diverse decine di miliardi di euro ogni anno, e può decidere sulle tipologie di impianti, chiedendo e/o imponendo varianti progettuali;
   il 7 maggio 2015 il Ministro ha emanato un avviso pubblico per raccogliere le candidature per la nomina a membro della Commissione A.I.A.;
   nonostante le circostanziate criticità segnalate nei mesi precedenti in relazione alla Commissione ministeriale VIA-VAS sul versante del conflitto di interessi, il Ministro ha individuato, secondo non precisate modalità selettive, i soggetti meritevoli di essere nominati nella Commissione AIA e trasmesso gli atti alla Corte dei conti per la verifica di legittimità;
   con deliberazione del 3 agosto 2016, la Corte dei conti ricusava il visto evidenziando numerose criticità, rimaste irrisolte anche dopo una prima nota di richiesta di chiarimenti inviata al Ministero il 1o giugno 2016;
   in particolare, la Corte chiariva che la commissione A.I.A. è inequivocabilmente un organismo di tipo tecnico-scientifico e, sulla base dell'ordinamento e della Costituzione Italiana, la sua nomina non può essere ricondotta ad un atto di alta amministrazione; di conseguenza, la scelta dei commissari deve avvenire attraverso una procedura pubblica in cui siano chiariti immediatamente i criteri selettivi, i parametri di valutazione e la motivazione a supporto degli atti di incarico. Tali parametri non risultano rispettati nella procedura di selezione ministeriale, né è stata adeguatamente motivata la scelta dei componenti;
   la Corte ha, inoltre, evidenziato ulteriori lacune e criticità, quali il mancato rispetto della parità di genere nella composizione della commissione;
   tra i nominativi emergono diversi soggetti (Mauro Patti; Guido Monteforte Specchi; Maria Stagno d'Alcontres; Salvatore Lo Nardo; Vittorio Amadio; Renzo Baldoni; Chiara Di Mambro) che precedentemente operavano presso l'attuale commissione VIA-VAS per i quali, quindi, si opera ad avviso degli interroganti un semplice trasferimento di mansioni, peraltro parziale, visto che diversi progetti sono sottoposti a procedure congiunte di V.I.A.-A.I.A.; pertanto viene meno quell'innovazione nelle nomine che era richiesta nel piano anti-corruzione;
   alcune di queste persone sono state oggetto di precedenti interrogazioni che evidenziavano situazioni di conflitti di interessi;
   vi sono coincidenze con nomi di diversi rappresentanti politici o loro congiunti come Santi Gioacchino Geraci, già sindaco di Castelbuono (PA); Marina Monassi, già direttore generale di Acegas e presidente dell'autorità-portuale di Trieste; Antonio Ludovico Principato, candidato con l'UDC nel 2005 per le regionali a Pistoia; Maurizio Ranno, candidato di Grande Sud alle elezioni nazionali del 2013;
   con provvedimento del 4 ottobre 2016 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare revocava l'avviso pubblico del 7 maggio 2015 in ragione del «tempo trascorso» e delle «motivazioni poste a base della ricusazione del visto dell'Organo di controllo» –:
   come si spieghi che l'avviso per la raccolta delle candidature non rispettasse i principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, sia per l'inadeguatezza dei requisiti richiesti ai candidati, sia per l'assenza di adeguata motivazione e per la palese violazione del principio della parità di genere;
   se intenda chiarire nel dettaglio le procedure di selezione all'interno del Ministero e a che tipologie controllo siano state sottoposte le dichiarazioni e i curricula dei nominativi selezionati;
   se intenda, nella predisposizione del prossimo avviso, precisare fin da subito i criteri di selezione con relativi punteggi, con procedura chiara e tracciabile, e garantire la pubblicità dei curricula dei soggetti individuati dal Ministro;
   se non si ritenga di assegnare un peso importante nella selezione alle pubblicazioni scientifiche edite su riviste scientifiche riconosciute. (3-02558)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   COSCIA, MANZI, BONACCORSI, NARDUOLO, MALISANI, RAMPI, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALPEZZI, PES, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il progetto MigrArti, sostenuto nell'ultimo anno dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in collaborazione con l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali – Unar e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ha creato le condizioni e le opportunità per far conoscere le varie esperienze che nel nostro Paese si occupano di promuovere e sostenere l'accoglienza e l'integrazione dei popoli migranti, ormai parte integrante dal punto di vista umano, economico, culturale e lavorativo del tessuto sociale del sistema Paese;
   per il progetto il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha stanziato 800 mila euro e, attraverso due bandi da 400 mila euro ciascuno per il cinema e lo spettacolo dal vivo, ha finanziato 45 progetti dei 1.000 presentati: 439 per il teatro, la danza e la musica e 528 per le attività cinematografiche;
   insieme al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha, inoltre, indetto il concorso nazionale «Un logo per Migrarti», rivolto ai licei artistici e agli istituti tecnici con il quale è stato selezionato il simbolo di tutta la campagna e destinato il premio di 4.000 euro all'istituto dello studente vincitore per l'avvio di progetti e attività laboratoriali di spettacolo sulle tematiche dell'immigrazione;
   dal successo dei due bandi è emersa con chiarezza una grande attenzione per questi temi. La Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia ha istituito la prima edizione del premio MigrArti, una sezione collaterale del Festival dedicata al migliore tra cortometraggi e documentari realizzati grazie al progetto;
   rappresenta quasi un dovere e un'opportunità interessarsi e valorizzare tutte le culture presenti sul territorio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga – a seguito del positivo riscontro ottenuto – attivarsi al fine di riproporre il progetto MigrArti per l'anno 2017, pensando anche a nuove proposte che amplino la platea dei partecipanti, coinvolgano più comunità straniere e interessino tutte le realtà istituzionali presenti sul territorio. (3-02565)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la commissione d'inchiesta del consiglio regionale della Toscana ha approvato due relazioni conclusive sulle vicende legate alla Banca Montepaschi di Siena (MPS);
   secondo la commissione, le responsabilità principali sono da attribuire «al management che ha guidato il gruppo Mps, sia la banca, sia la Fondazione, durante la stagione dei prodotti finanziari ad alto rischio, dell'acquisizione di Antonveneta e delle operazioni di ristrutturazione dei derivati». Ci sono i manager di Mps. Ci sono gli amministratori della banca. C’è la Vigilanza. Ma c’è anche la politica;
   da un articolo del « Corriere di Siena» del 16 ottobre 2016 titolato: «Acquisto Antonveneta, l'Avvocato Falaschi insiste, quel contratto è nullo», l'avvocato invita gli azionisti-risparmiatori-dipendenti MPS, ma anche gli esponenti politici locali, ad attivarsi per perseguire un adeguato risarcimento; il 13 ottobre 2016 il gip Ezio D'Amizia ha ascoltato le motivazioni dell'avvocato Falaschi e si è riservato di decidere; il ricorso chiama in causa la responsabilità dei vertici di Banca d'Italia;
   la Banca d'Italia non poteva non essere al corrente della suddetta situazione in quanto nell'ultima ispezione del marzo 2007 su Banca Antonveneta aveva verificato come i parametri su quest'ultima fossero tutti negativi e come la stessa risultasse già in «insolubile difficoltà». (L'unico elemento positivo dell'istituto di credito veneto era proprio il prestito dell’«ABN-AMRO», anche perché risulta che banca MPS avesse inviato il prospetto informativo giustificante l'aumento di capitale («(...) massimi Euro 5 miliardi mediante emissione di massime n. 7.462.686.567 azioni ordinarie, di risparmio e privilegiate»), il 28 aprile del 2008, alla CONSOB ed il 23 aprile del 2008 alla Banca d'Italia; nel prospetto informativo di MPS del 23 aprile 2008 inviato a Bankitalia risultava in maniera espressa e letterale che MPS che comprava, avrebbe dovuto restituire anche il finanziamento concesso ad Antonveneta da ABN-AMRO pari a circa 7,5 miliardi. Si precisa che l'aumento di capitale non era sufficiente a coprire il fabbisogno necessario in considerazione del patrimonio dell'epoca di banca «MPS» e dei verbali dell'ispezione su Antonveneta del marzo 2007);
   secondo l'avvocato Falaschi Banca d'Italia era al corrente della reale situazione della Banca Antonveneta e nonostante ciò autorizzò l'operazione di acquisizione della stessa da parte di banca «MPS» definendo l'operazione come «sana e prudente gestione», definizione tra l'altro obbligatoria per concedere l'autorizzazione così come previsto dall'articolo 19 del Testo unico bancario;
   la normativa vigente prevede 10 anni di tempo per ricorrere ed il termine di prescrizione scade 16 marzo 2018. Il ricorso potrebbe rendere nullo il contratto di acquisizione e potrebbe addirittura condurre la controparte dell'epoca «Santander» alla restituzione dei 17 miliardi di euro pagati dalla banca MPS;
   i ricorrenti qualificano il contratto caratterizzato da:
    a) autorizzazione falsa e nulla, in frode alla legge articolo 1344 codice civile;
    b) oggetto illecito come da articolo 1346 del codice civile e quindi contratto nullo in base all'articolo 1418 del codice civile che prescrive: «Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa, l'illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346»;
   sulla base dei documenti e delle prove in possesso, l'avvocato Falaschi sostiene che l'autorizzazione di Banca d'Italia firmata dall'allora Governatore Mario Draghi con il documento del 17 marzo 2008 e che recita testualmente «L'acquisizione del complesso aziendale riferito ad Antonveneta comporterà un costo di 9 miliardi di euro», è illecita quindi nulla perché in realtà ha ad oggetto un costo totale di 17 miliardi di euro certificati dai bonifici che la banca senese ha pagato il 30 maggio 2008 perché andrebbero considerati i 7 miliardi aggiuntivi del debito con «ABN-AMRO»;
   si tratta di una autorizzazione probabilmente illegittima perché «condizionata» a un aumento di capitale, aumento tra l'altro proveniente in realtà da una linea di finanziamento concessa a MPS;
   l'articolo 19 del TUB prevede che «La Banca d'Italia rilascia l'autorizzazione quando ricorrono condizioni atte a garantire una gestione sana e prudente della banca, valutando la qualità del potenziale acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione» e che l'autorizzazione possa essere «sospesa o revocata se vengono meno o si modificano i presupposti e le condizioni per il suo rilascio»;
   al processo «milanese» su MPS, la banca ha patteggiato con il pagamento della sanzione di euro 600 mila e la confisca di euro 10 milioni Banca Mps era chiamata a rispondere ai sensi della legge n. 231 del 2001;
   agli interpellanti risulta inoltre che la Banca MPS stia apportando delle importanti e pericolose modifiche allo statuto del fondo pensione complementare dei dipendenti di MPS;
   sembra stia scomparendo la trasparenza e che venga modificato l'articolo 5 in merito a:
    a) l'ammontare delle contribuzioni
    b) regime delle prestazioni;
    c) criteri generali di impiego delle risorse;
    d) caratteristiche dei comparti di investimento;
   tali informazioni, a quanto risulta agli interpellanti, non saranno più disponibili neanche mediante informazione annuale così come previsto dall'articolo 7 dello statuto; inoltre la modifica dell'articolo 12 eliminerebbe la comunicazione «di ogni vicenda idonea alla modifica del funzionamento del fondo» da inviare all'autorità vigilanza;
   la ricostruzione della vicenda descritta sarebbe più chiara se fosse stata tempestivamente avviata una Commissione di inchiesta sul tema –:
   se sia a conoscenza dei fatti sopra descritti;
   di quali elementi disponga il Governo, anche in relazione alla sua qualità di azionista del Monte dei Paschi di Siena, in merito all'ispezione del marzo 2007 condotta dalla Banca d'Italia presso Banca Antonveneta, con particolare riferimento agli esiti della stessa da cui sarebbero emersi i dati negativi del medesimo istituto di credito e il debito con la banca olandese ABN-AMRO;
   se non ritenga opportuno fornire ogni utile chiarimento sul tipo di azioni che intende intraprendere il Governo, per quanto di competenza, anche alla luce del «patteggiamento» nel processo di Milano e del fatto che il Ministero dell'economia e delle finanze risulta essere il primo azionista del Monte dei Paschi di Siena con oltre il 4 per cento della partecipazione azionaria;
   se risponda al vero che lo statuto del fondo pensione complementare dei dipendenti del Monte dei Paschi di Siena stia procedendo con le modifiche descritte e se non ritenga che le stesse semmai debbano garantire una «maggiore» trasparenza.
(2-01513) «Villarosa, Pesco, Alberti, Fico, Pisano, Ruocco, Cecconi».

Interrogazione a risposta immediata:


   RAMPELLI, NASTRI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Monfalcone ha sede una delle unità produttive per la realizzazione di navi mercantili del gruppo Fincantieri, uno dei più grandi al mondo nel settore della cantieristica navale;
   Fincantieri conta più di settemila occupati diretti e trentamila lavoratori esternalizzati, con un rapporto tra dipendenti e lavoratori in appalto di uno a quattro, fatto che pone la società da anni al centro di polemiche sindacali e di procedimenti giudiziari per le accuse che la pratica degli appalti e subappalti dia luogo a bacini di illegalità;
   nel solo stabilimento di Monfalcone il sistema di appalti e subappalti coinvolge circa quattrocento aziende, che a loro volta danno lavoro a quattromila operai, la stragrande maggioranza dei quali stranieri;
   in seguito al fallimento del tentativo messo in atto dall'azienda di delocalizzare il settore relativo alla produzione degli scafi, questa ha fatto ricorso sempre più massicciamente alla flessibilità offerta dalle ditte subappaltatrici, esponendosi a gravi accuse di caporalato, di sfruttamento dei lavoratori e di mancato rispetto delle norme sulla sicurezza degli operai;
   nel dicembre del 2014 in seguito a un blitz nel cantiere di Monfalcone della direzione antimafia, della Polizia, della Guardia di finanza e dei carabinieri, questi ultimi sporsero denuncia nei confronti di otto titolari di imprese operanti nell'ambito degli appalti Fincantieri accusate di associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, evidenziando ancora una volta l'emergenza rappresentata dalle infiltrazioni malavitose calamitate dalla cantieristica tra Gorizia e Monfalcone;
   tale denuncia andò ad aggiungersi ai procedimenti già in corso, nei quali alcune aziende erano state accusate di avere costituito un'organizzazione dedita all'estorsione ai danni di lavoratori stranieri impiegati negli appalti di Fincantieri;
   l'altissima percentuale di ricaduta, di crescita e indotto creata dalla cantieristica navale, individuata da uno studio in un rapporto di 1 a 5,5, rimane per la quasi totalità preclusa alle aziende e ai lavoratori italiani, a causa della concorrenza sleale praticata dalle imprese straniere che si aggiudicano gli appalti e, di fatto, avallata da quella che è una delle maggiori aziende pubbliche –:
   quali iniziative intenda assumere affinché l'azienda di cui in premessa garantisca la legalità e il rispetto delle norme da parte delle aziende cui affida appalti e subappalti, in tal modo permettendo alle aziende italiane di partecipare agli stessi in una condizione di leale concorrenza. (3-02561)

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   diversi italiani che vivono in Svizzera e Germania si sono visti attribuire nelle bollette della luce le quote mensili del pagamento del canone RAI pur avendo chiesto l'esenzione per i casi e nelle forme richieste dalle disposizioni dell'Agenzia delle entrate entro la data prescritta del 16 maggio 2016;
   la correzione di tale disfunzione con le procedure on-line non risulta essere particolarmente agevole;
   per persone che hanno redditi limitati, alle preoccupazioni della regolarizzazione delle procedure di pagamento, si aggiungono le spese postali per l'invio dall'estero delle raccomandate e per le telefonate onerose ai numeri indicati dal portale della RAI e dall'Agenzia delle entrate;
   l'indicazione che sarebbe stata data ad alcuni interessati tramite i call center specializzati sarebbe quella di cambiare tipologia di contratto, trasformandolo in contratto per non residenti, cosa che aprirebbe la strada, tuttavia, a tariffe presumibilmente meno favorevoli e non esimerebbe i titolari dall'obbligo di richiedere l'esenzione ogni anno –:
   se non si intenda disporre una urgente verifica delle richieste di esenzione avanzate da residenti all'estero, allo scopo di regolarizzare al più presto le bollette e di procedere al reintegro degli indebiti;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per fare in modo che il nuovo sistema di riscossione del canone non dia luogo a situazioni problematiche per gli italiani all'estero, obiettivamente in condizioni di maggiore difficoltà nei rapporti con l'amministrazione e con gli enti erogatori di servizi, come nei casi sopra richiamati. (4-14546)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta immediata:


   DE GIROLAMO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, ha introdotto disposizioni che consentono al Ministero della giustizia di procedere ad assunzioni straordinarie;
   in particolare, il Ministero della giustizia è autorizzato, per il triennio 2016-2018, ad assumere a tempo indeterminato fino a 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale da inquadrare nei ruoli dell'amministrazione giudiziaria. Il personale potrà essere selezionato sia bandendo nuovi concorsi che attingendo a graduatorie ancora valide; le procedure straordinarie avranno inoltre priorità su ogni altra procedura di trasferimento all'interno del Ministero della giustizia;
   il provvedimento specifica che sarà compito del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione, definire con apposito decreto le modalità secondo cui procedere all'assunzione delle unità suddette;
   i tirocinanti che svolgono il loro servizio presso l'amministrazione giudiziaria dal 2012 sono vincitori di un bando di concorso pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 257 del 4 novembre 2015, ai sensi dell'articolo 21-ter del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 132, con il quale sono state introdotte disposizioni per l'organizzazione e il funzionamento dell'amministrazione giudiziaria;
   inoltre rispondono quali soggetti giovani e titolati (requisito minimo è il possesso di una laurea) al fabbisogno del settore giustizia, così come previsto dal decreto-legge n. 117 del 2016;
   sarebbe quindi stato opportuno prevedere un inquadramento specifico per i tirocinanti già formati e pronti a prendere servizio –:
   quali siano le ragioni che hanno portato il Ministro interrogato a non prevedere un inquadramento per i tirocinanti citati in premessa, quindi per quali ragioni non siano stati considerati idonei ai fini delle assunzioni previste dal decreto-legge n. 117 del 2016 quali vincitori di un precedente concorso e se, nel momento in cui sarà indetto un ipotetico prossimo concorso pubblico, il tirocinio di perfezionamento che si concluderà il 30 novembre 2016 sarà considerato come semplice titolo preferenziale. (3-02566)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALMIZIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa apparse negli ultimi mesi sugli organi di informazione locali si apprende che nel carcere di Sant'Anna, di Modena si registrano numerosi eventi critici che mettono seriamente a repentaglio la sicurezza del personale;
   risale al mese di luglio 2016 la notizia di un detenuto, che procuratosi gravi lesioni sul corpo con una lametta, ha poi cercato di aggredire con un bastone un poliziotto intervenuto per calmarlo;
   nello stesso periodo un detenuto tunisino, non nuovo ad azioni del genere, ha aggredito un agente con schiaffi e calci;
   nei giorni scorsi sarebbe scoppiata una rissa tra detenuti italiani e detenuti marocchini le cui conseguenze sono state contenute grazie all'intervento della polizia penitenziaria;
   le condizioni di lavoro e della sicurezza degli agenti della polizia penitenziaria è al centro di una battaglia sindacale che ha visto le organizzazioni sindacali dichiarare più volte lo stato di agitazione; inoltre, in seguito alle numerose aggressioni che questo personale si trova a contrastare, 130 agenti del carcere di Modena avrebbero chiesto il trasferimento;
   sulla base di dichiarazioni rilasciate alla stampa da esponenti sindacali si apprende che questa situazione di crisi non costituisce una novità per questo istituto di pena, in quanto il carcere di Modena viene utilizzato ciclicamente per ospitare detenuti particolarmente violenti, che vengono poi successivamente trasferiti in altri carceri per motivi di sicurezza;
   la situazione di tensione tra la popolazione detenuta viene registrata anche da associazioni che svolgono all'interno del carcere attività di volontariato;
   la situazione del carcere è stata più volte stigmatizzata anche dal Garante regionale dei detenuti;
   nel mese di luglio 2016 anche i penalisti di Modena hanno protestato contro la situazione del carcere di Sant'Anna, in particolare per il fatto che Modena risulterebbe priva del magistrato di sorveglianza relative ricadute su tempi e sulle modalità per l'espletamento di tutte le pratiche di gestione delle detenzioni –:
   quali iniziative intenda assumere per verificare le reali condizioni del carcere di Sant'Anna, anche prevedendo l'invio di ispettori ministeriali, al fine di assicurare al personale di polizia penitenziaria la garanzia della loro incolumità fisica, consentendo quindi agli stessi di poter lavorare in un clima più sereno e sicuro. (4-14544)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FAMIGLIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in conseguenza dell'applicazione della circolare 11 novembre 2015, prot. n. 2061 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale – gli esami per il conseguimento delle patenti e degli altri titoli abilitativi alla guida possono essere prenotati, presso gli uffici della Campania, esclusivamente da candidati residenti in detta regione;
   la previsione penalizza pesantemente le scuole guida con sede nelle aree dell'entroterra campano – e nella maggior parte dei casi in paesi di montagna – che avendo la propria sede operativa lungo i confini regionali, hanno perso gran parte dei clienti con conseguenze rilevanti sul futuro delle loro imprese;
   da un'analisi fatta in collaborazione con l'Istat, e ristretta ai comuni campani confinanti con altre regioni – fisiologicamente con numerosi clienti non residenti in Campania – ed al numero di imprese attive con codice Ateco «85.53» «Attività delle scuole guida», emerge che sono 19 le unità locali operanti nei comuni di confine e che occupano 36 addetti;
   sono queste attività, di piccola dimensione e pressoché a conduzione familiare, a pagare maggiormente le conseguenze del provvedimento teso a limitare gli abusi compiuti –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per salvaguardare l'esistenza delle scuole guida dei paesi di confine della regione Campania e se sia percorribile l'ipotesi di una deroga per le scuole guida citate, prevedendo dei vincoli che possano ulteriormente limitare possibili abusi (limiti d'età dei clienti e limitazione delle pratiche da poter offrire).
   (5-09796)


   MARCO DI STEFANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nella regione Lazio operano due ferrovie concesse in particolare nel trasporto pubblico locale: la Roma Lido, la cui infrastruttura è compresa all'interno dei confini del comune di Roma, e la Roma Viterbo che va oltre i confini del comune di Roma e serve diversi comuni delle province di Roma e di Viterbo;
   quest'ultima, inoltre, viveva una diversa realtà istituzionale, trattandosi di una ferrovia concessa connessa, compresa perciò nell'elenco di cui al decreto ministeriale del 5 agosto 2005, con obblighi e norme sulla sicurezza e sull'assegnazione della capacità da rispettare come previsto dall'articolo 3 dello stesso decreto;
   la regione Lazio, secondo l'interrogante si è limitata, invece, ad assegnare le due concesse alla gestione dell'Atac, di proprietà del comune di Roma, per svolgere insieme le funzioni di gestore della rete e del servizio di trasporto con pessimi risultati da più parti lamentati;
   la regione Lazio ha espresso la volontà di rinunciare alla qualificazione della Roma Viterbo ex concessa come infrastruttura connessa alla rete nazionale;
   tale iniziativa fu accolta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e immediatamente formalizzata attraverso l'esclusione della linea Roma Viterbo tra quelle elencate nell'allegato al decreto 5 agosto 2016 avente per oggetto l'individuazione delle reti ferroviarie rientranti nell'ambito del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112;
   non sono state date motivazioni della scelta rinunciataria, né dalla regione Lazio, né dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come se tagliare una connessione con la rete nazionale di un territorio ricco di insediamenti artigianali e industriali non avesse potuto rappresentare anche un fattore negativo per sviluppo economico di interesse sovraregionale;
   la ferrovia Roma Lido è stata fatta oggetto di una proposta di project financing da parte di alcune imprese riunite in Consorzio;
   il 20 maggio 2016 il presidente della regione Lazio Zingaretti ha firmato con il Presidente del Consiglio l'intesa per il Lazio che prevede «l'impegno di spesa di 180 milioni per la Roma Lido per trasformarla in servizio metropolitano, utilizzando le risorse per l'ammodernamento della linea e delle stazioni» e l'impegno di «154 milioni per la Ferrovia concessa Roma Viterbo, che versa in condizioni di gravissimo ritardo infrastrutturale»;
   l'assessore Civita aveva invece informato che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sostiene tecnicamente che non vi siano le condizioni per la trasformazione della linea in metropolitana e ciò, sia per il diradamento delle stazioni, sia per il grado di riempimento, che non giustificherebbero questa diversa qualificazione –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative volte a:
    a) agevolare l'acquisizione da parte di Rfi, delle due ferrovie concesse Roma Lido e Roma Viterbo al fine dell'ammodernamento e messa in sicurezza delle infrastrutture ferroviarie e delle relative stazioni, convogliando al riguardo tutte le risorse a vario titolo ad esse destinate, ivi comprese quelle eventualmente disponibili nell'integrazione prevista dalla legge di stabilità 2016 e dal decreto-legge «sblocca Italia» per gli investimenti ferroviari;
    b) attivare, tramite le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti competenti per materia, un'attenta verifica della necessità del mantenimento della connessione della Roma-Viterbo alla rete nazionale, di cui al decreto 5 agosto 2005, e quindi delle eventuali funzioni cargo della linea stessa, con la rivisitazione del progetto approvato per l'ammodernamento della linea;
    c) verificare i presupposti per sostenere finanziariamente la regione Lazio, in mancanza degli strumenti adeguati da parte della stessa, coinvolgendo l'Agenzia per la regolazione dei trasporti, al fine di definire gli schemi dei bandi delle gare, per svolgere una regolare competizione fra imprese relativamente alle due ferrovie ex concesse. (5-09797)


   DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   una soluzione di viabilità veloce che colleghi Cuneo ad Asti è strategica e fondamentale per le province di Cuneo e Asti, ma ad oggi la soluzione autostradale (A33) scelta risulta incompiuta su diversi lotti in maniera parziale ed integralmente per il tratto lungo 9 chilometri da Cherasco ad Alba (lotto II.6);
   il progetto iniziale per il lotto II.6 prevedeva un tunnel a doppia canna sotto la collina di Verduno il cui costo è lievitato nel tempo ad oltre 760 milioni di euro, risorse che il Governo non ha mai stanziato;
   in un question time tenutosi nel mese di aprile 2016 – in merito al completamento dell'autostrada in questione – il Ministro rispondeva che per poter realizzare la galleria di Verduno sarebbe stato necessario aumentare la tariffazione sulla Asti-Cuneo di oltre il 45 per cento nei prossimi 4 anni, per poter consentire un introito di oltre 2 miliardi di euro, «soluzione insostenibile per gli attuali flussi di traffico presenti». Aggiungeva inoltre come fosse stata, quindi, richiesta una revisione del progetto e come il progetto esecutivo di questo lotto della galleria fosse stato trasmesso al Ministero nell'ottobre 2015. Vi sarebbero, inoltre, notevoli complessità di intervento e ancora una volta, nonostante la revisione progettuale dal punto di vista della copertura finanziaria, questa non potesse essere garantita dal piano economico finanziario agli attuali flussi di traffico. Si starebbe quindi, per ammissione in detta sede del Ministro medesimo, studiando come poter rendere sostenibile questo intervento che è indispensabile per dare funzionalità piena all'autostrada e realizzare eventualmente una parte della galleria di Verduno, intanto dando però un'idea che i lavori proseguono. Il Ministro ha inoltre sostenuto di stare lavoro al fine di ottenere una revisione progettuale che consenta di smettere di discutere di opere che poi non si realizzano mai, ma di rendere realizzabili delle opere da troppo tempo attese;
   in una missiva del mese di giugno 2016 inviata dai tecnici del Ministero al presidente di Confindustria Cuneo, poi, si evinceva come il completamento dell'Asti-Cuneo fosse legato alla possibilità di ridurne i costi «senza impattare significativamente sulla funzionalità del collegamento e preservando l'utilizzo del territorio». Suscitava peraltro perplessità il fatto che il Ministero avesse ritenuto di fornire tali informazioni ad una parte sociale piuttosto che al tavolo di monitoraggio istituzionale attivo in provincia di Cuneo e coinvolgente i rappresentanti istituzionali del territorio (inclusi i parlamentari). In ogni caso, stando al tenore di questa missiva, o si riducono i costi tramite un progetto alternativo o l'autostrada non verrà mai completata;
   a parte le promesse sembrerebbe che nessun atto concreto e nessun progetto alternativo sia per il momento stato posto in essere dal Ministero né, nonostante ripetute richieste dal sopracitato tavolo di monitoraggio, vi sia stata ad oggi alcuna comunicazione ufficiale in materia da parte del Ministero o dell'Anas;
   tutto ciò è sempre più inaccettabile se si pensa che il primo finanziamento dell'A33 risale all'agosto del 1998 (legge n. 295) ed una soluzione è oggi dovuta alle popolazioni interessate –:
   se il Ministro abbia (e a che livello di finitura) un piano alternativo al progetto iniziale che prevedeva una doppia canna per il lotto II.6 dell'autostrada A33, quali siano i costi di tale progetto (anche in termini di indennizzi al concessionario) e se questi saranno collegati a concessioni riguardanti altre tratte autostradali (quali la A21 Torino-Piacenza), quale sarà l'impatto ambientale del nuovo progetto e quale sarà la tempistica di completamento dei lavori;
   se sia già in corso, e nel caso a che punto si trovi, una trattativa con il concessionario del progetto autostradale A33. (5-09800)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   sul sito di AdR – Aeroporti di Roma, si apprende che, per lavori di «riqualifica e ordinaria manutenzione» della pista di volo, lo scalo aeroportuale Pastine di Ciampino sarà chiuso al traffico aereo per sedici giorni, dal 14 al 29 ottobre 2016;
   ufficialmente – si legge sul sito di AdR – la chiusura dello scalo – permetterà «l'esecuzione di interventi di manutenzione sulla pavimentazione – che saranno eseguiti 7 giorni su 7 h24 – su alcune porzioni della pista di volo dei raccordi e della via di rullaggio»;
   tali lavori verranno eseguiti mentre, presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è tuttora in corso il procedimento di valutazione d'impatto ambientale (VIA) sul masterplan dell'aeroporto di Ciampino presentato da ENAC e AdR, documento in cui non compare nessuno specifico riferimento a tali nuove opere infrastrutturali;
   non risulta all'interrogante che tali lavori di manutenzione siano stati sottoposti alla procedura di valutazione d'impatto ambientale, nonostante la presenza di decine di migliaia di tonnellate di sabbia e altri materiali accumulati nei piazzali dell'aeroporto e l'enorme impianto di conglomerati bituminosi che è stato costruito in un angolo dell'aeroporto;
   come denunciato di recente dal Comitato per la riduzione dell'impatto ambientale dell'aeroporto di Ciampino/CRIAAC, fatta eccezione per il richiamato avviso pubblicato sul sito AdR, nessuna informazione sul tipo e sull'entità delle opere è stata fornita ai cittadini che abitano a poche decine di metri dalla pista e che subiranno pesantemente l'impatto dei lavori;
   si rileva altresì che nell'area interessata dai lavori, a quanto consta all'interrogante, non è stato possibile individuare la presenza di alcuna cartellonistica, obbligatoria secondo la normativa vigente, che indichi in prossimità del cantiere, i titoli autorizzativi per i lavori di prossima realizzazione –:
   se i Ministri interrogati per quanto di competenza, possano fornire chiarimenti sulla natura e sulle finalità dei lavori in corso d'opera presso lo scalo aeroportuale di Ciampino, e sulle motivazioni alla base della mancata sottoposizione alla procedura di valutazione d'impatto ambientale dei suddetti lavori;
   se i Ministri interrogati possano altresì fornire informazioni aggiuntive circa la nuova conformazione che lo scalo aeroportuale assumerà a seguito degli interventi di manutenzione previsti e le relative conseguenze sul piano dell'impatto acustico nell'area aeroportuale. (4-14545)


   D'UVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 11 novembre 2014, n.164, ha convertito con modificazioni, il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante «misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive»;
   l'articolo 29 del citato decreto-legge dispone la pianificazione strategica della portualità e della logistica, al fine di migliorare la competitività del sistema portuale e logistico, agevolando la crescita dei traffici delle merci e delle persone, nonché la promozione dell'intermodalità nel traffico merci, anche in relazione alla razionalizzazione, al riassetto e all'accorpamento delle autorità portuali, da effettuarsi ai sensi della legge n. 84 del 1994;
   per tali fini, è adottato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del citato decreto-legge, il «piano strategico nazionale della portualità e della logistica»;
   tale piano, così come pubblicato dal Governo sul proprio sito istituzionale, in ottemperanza alle citate disposizioni legislative ha reso noti i porti «ritenuti strategici ai fini del conseguimento degli obiettivi della rete trans-europea dei trasporti, nonché rispondenti all'evoluzione della domanda di traffico e alla necessità del trasporto multimodale»;
   nonostante la sua importanza strategica, l'elevato traffico di passeggeri e le peculiari caratteristiche, il Governo ha ritenuto di escludere dai porti definiti centrali dal Piano strategico nazionale della portualità e della logistica il porto della città di Messina e, di conseguenza, l'intera area metropolitana dello Stretto;
   con l'articolo 7 del decreto legislativo n. 169 del 2016 recante riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, sono state istituite quindici autorità di sistema portuale, le quali andranno a sostituire, sia nelle modalità di funzionamento che nella gestione economico-amministrativa, le attuali autorità portuali;
   lo stesso decreto ha stabilito, tra l'altro, l'accorpamento dell'autorità portuale di Messina alla costituenda autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Meridionale, le cui funzioni, nonostante le già richiamate peculiarità, congiuntamente alla fondamentale importanza strategica dell'area dello Stretto di Messina, avrebbero richiesto una gestione autonoma e invece verranno affidate al porto core della città di Gioia Tauro;
   in data 8 ottobre il quotidiano consultabile online « La Gazzetta del Sud» pubblicava con proprio articolo la notizia di un possibile rigetto circa la richiesta avanzata dalla regione siciliana in merito alla concessione di una proroga di 36 mesi per il mantenimento dell'autonomia gestionale ed economico-finanziaria dell'attuale autorità portuale di Messina, in modo da ritardare l'accorpamento previsto con il core di Gioia Tauro;
   secondo la stessa fonte, inoltre, analoghe richieste avanzate da altre autorità portuali potrebbero essere, invece, accolte, assicurando soltanto ad alcune città un graduale passaggio da una gestione totalmente autonoma ad una sostanzialmente subordinata;
   ad avviso dell'interrogante risulta necessaria una verifica circa la fondatezze tali affermazioni, in considerazione delle possibili disparità che la città di Messina ha subito già in sede di scelta dei core previsti dal decreto, nonché dei conseguenti accorpamenti, ovvero in relazione ad un più opportuno graduale passaggio di competenze e funzioni –:
   se si intendano assumere iniziative per accogliere la citata istanza di proroga pari a 36 mesi per mantenimento dell'autonomia gestionale ed economico-finanziaria, ritardando, di conseguenza, l'accorpamento previsto per l'autorità portuale di Messina ovvero per le altre autorità che hanno avanzato analoga richiesta. (4-14548)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   RONDINI, FEDRIGA, MOLTENI, GUIDESI, GIANLUCA PINI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, PICCHI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da articoli di stampa si apprende che sempre più immigrati, alloggiati nei diversi e numerosi centri di accoglienza dislocati sul territorio, stanno avanzando ai comuni domanda per l'iscrizione anagrafica;
   nonostante le proteste di numerosi sindaci e l'avviato «dialogo aperto» con l'Anci, che aveva chiesto un intervento tempestivo del Governo sulla questione, pare che il 17 agosto 2016 sia stata emanata una «circolare» ministeriale, la quale ha imposto ai comuni di concedere la residenza agli immigrati;
   agli immigrati, che ottengono il certificato di residenza, viene conseguentemente rilasciata la carta di identità e riconosciuto l'accesso ai servizi sociali erogati dai comuni, in aggiunta, dunque, a quelli già forniti nell'ambito del servizio di accoglienza;
   l'incremento delle domande per l'iscrizione anagrafica e del numero degli immigrati nel sistema accoglienza, pari a 163.910 all'11 ottobre 2016, pone a serio rischio di tracollo le casse comunali, già in difficoltà, soprattutto quelle dei piccoli comuni, dove le prefetture hanno consentito la cosiddetta accoglienza «diffusa», con conseguente danno e riduzione dei servizi erogati alla cittadinanza;
   con la predetta «circolare», il Ministero dell'interno pare, però, abbia solo precisato che il diritto del richiedente protezione internazionale all'iscrizione anagrafica ed al rilascio della carta d'identità «sembra emergere» dalle disposizioni normative vigenti, benché le prefetture, secondo notizie stampa, lo impongano anche ai sindaci che hanno provato a respingere tali domande;
   inoltre, l'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 142 del 2015, che ha recentemente riformato il sistema di accoglienza, al fine di considerare il centro quale dimora abituale, fa riferimento anche ai centri di cui all'articolo 11, ove sono accolti la maggioranza dei richiedenti protezione internazionale ma nell'ambito dei quali la permanenza dovrebbe essere solo temporanea;
   infine, secondo gli ultimi dati, il 60 per cento delle domande di protezione internazionale viene denegato e, dunque, gli immigrati, divenuti irregolari, tuttavia potranno ancora godere di tutti i servizi erogati dai comuni, continuando a gravare sulle casse degli stessi, nelle more della cancellazione del certificato di residenza –:
   quali urgenti iniziative, qualora quanto riportato in premessa corrispondesse al vero, il Ministro interrogato intenda adottare affinché non sia consentita l'iscrizione anagrafica, con relativo rilascio della carta di identità e l'accesso ai servizi sociali erogati dai comuni, a tutti gli immigrati ospitati nei centri di accoglienza, a tutela delle risorse comunali e dei servizi erogati alla cittadinanza.
(3-02567)


   PARISI, SOTTANELLI e FAENZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un recente evento pubblico è emerso che nel 2016 sono stati iscritti presso la procura della Repubblica di Prato 1.033 procedimenti penali in materia di prevenzione e sicurezza del lavoro, di cui 888 con indagati di nazionalità cinese (86 per cento del totale). Dal 1o settembre 2014 al 30 settembre 2016 sono state iscritte 3.146 notizie di reato in materia di lavoro, di cui 2.717 a carico di cinesi;
   in occasione del medesimo evento il sostituto procuratore Antonio Sangermano, di fronte all'eccezionalità della situazione pratese, ha auspicato una legge che conceda alle prefetture poteri di espulsione per lo straniero condannato in primo grado, mentre il capo della procura della Repubblica di Prato Giuseppe Nicolosi ha sottolineato come nel distretto pratese «l'immigrazione clandestina si trasformi in opportunità di sfruttamento», testimoniata dalla presenza sempre più consistente di operai clandestini africani;
   tra le inchieste che riguardano cittadini cinesi emerge quella che nel luglio 2016 ha portato all'arresto di una coppia ritenuta referente locale di un traffico di manodopera da Pechino a Prato. Nel marzo 2016 ha inoltre preso il via il processo su riciclaggio di denaro tramite money transfer – 4,5 miliardi di euro trasferiti in Cina tra il 2006 e il 2010 – che vede imputate 298 persone, quasi tutte di origine orientale, e la Bank of China;
   a Prato l'incidenza della popolazione straniera è al 18,2 per cento contro l'8,3 per cento nazionale. Dei 34.794 cittadini stranieri 16.918 sono cinesi, il cui numero è triplicato dal 2000 ad oggi. A questi vanno aggiunti almeno 13 mila clandestini di nazionalità cinese. Il numero di cittadini cinesi è in costante aumento, a differenza degli altri cittadini stranieri che registrano un trend in diminuzione non per uscita dal territorio ma per acquisizione della cittadinanza italiana, fenomeno pressoché irrilevante tra la popolazione cinese;
   il «caso Prato», capitale italiana dell'immigrazione, nelle parole dell'ex procuratore capo Piero Tony, è sul tavolo delle istituzioni locali e nazionali da molti anni; ma i dati sopra esposti disegnano un quadro tutt'altro che migliorato rispetto al passato che conferma il sostanziale fallimento delle iniziative assunte o annunciate sino ad oggi –:
   se il Ministro interrogato abbia in agenda interventi specifici finalizzati al contrasto dei fenomeni di illegalità all'interno del distretto cinese a Prato e all'indirizzamento sul territorio pratese di una quota del denaro sequestrato nell'ambito delle inchieste sul riciclaggio tramite money transfer. (3-02568)


   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 maggio 2016 l'interrogante presentava un'interrogazione a risposta immediata in Commissione nel quale si ricordava che l'articolo 4 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, prevede che «(...) le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato»;
   nella citata interrogazione si ricordava, inoltre, che «il comma 3 del citato articolo 4 del decreto legislativo n. 149 del 2011, afferma che “In caso di scioglimento anticipato del consiglio comunale o provinciale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni e, nei tre giorni successivi, la relazione e la certificazione sono trasmesse dal presidente della provincia o dal sindaco alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. La relazione di fine mandato è pubblicata sul sito istituzionale della provincia o del comune, entro e non oltre i sette giorni successivi alla data di certificazione effettuata dall'organo di revisione dell'ente locale, con l'indicazione della data di trasmissione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti”»;
   si osservava che se certamente il decreto legislativo ricordato non citava espressamente la figura del commissario straordinario come autore della relazione, sarebbe comunque stato necessario conoscere la relazione di fine mandato prevista dalla legge e si domandava quali iniziative di propria competenza avrebbe intrapreso il Ministro interrogato per consentire la pubblicazione della suddetta relazione;
   nella sua risposta in Commissione, il 19 maggio 2016, il Sottosegretario Bocci ricordava che, come detto, la legge non citava il commissario straordinario come sottoposto a quanto previsto dal citato decreto legislativo n. 149 del 2011, ma assicurava, comunque, che il prefetto Tronca avrebbe provveduto a far pubblicare sul sito istituzionale del comune di Roma la relazione di fine mandato predisposta dall'ex sindaco Marino e trasmessa alla Corte dei conti. Lo stesso aveva assicurato il commissario Tronca;
   in realtà, non risulta esservi traccia della suddetta relazione;
   si ricorda che la legge prevede che questa relazione sia resa pubblica, mentre ad oggi non risulta nota né cosa ci sia scritto, né se sia stata davvero prodotta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi che hanno portato alla mancata pubblicazione, sia sul sito del comune di Roma sia altrove, della relazione di fine mandato del sindaco Marino. (3-02569)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHAOUKI, MINNUCCI, RUBINATO, PATRIZIA MAESTRI, VERINI, GIULIETTI, CULOTTA, CANI, CASTRICONE, GNECCHI, SCHIRÒ, ROMANINI, GARAVINI, ZAMPA, COCCIA, SCUVERA, PIAZZONI, ROTTA, PINNA, ZAPPULLA, CAPOZZOLO, RIBAUDO e D'INCECCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nelle puntate del programma «Piazza Pulita», andate in onda il 29 settembre e il 6 ottobre 2016, è stata presentata un'inchiesta condotta dalla giornalista Sara Giudice sul traffico illecito di rifiuti nella Capitale;
   l'inviata, seguendo la gestione dei rifiuti speciali, in particolare rifiuti ferrosi, ha documentato diversi episodi in cui verrebbe violata la normativa vigente;
   secondo quanto si evince dal servizio, alcune imprese risparmierebbero sui costi di smaltimento, affidando i propri rifiuti a persone che li gestirebbero in modo illegale. Al tempo stesso, anche le ditte che si occupano del trattamento di questi materiali li prenderebbero in carico senza richiedere i documenti che tracciano l'origine del rifiuto;
   una parte dell'inchiesta si svolge in un'impresa romana, sita in via della Magliana, che si occupa del recupero di materiali ferrosi. La giornalista de La7 spiega in trasmissione l'accaduto: «abbiamo assistito a un camioncino che lasciava dei rifiuti all'interno di questa azienda. Siamo entrati e abbiamo chiesto se c'erano tutte le giuste certificazioni, come richiede la legge, e, diciamo che le nostre domande non sono state particolarmente gradite»;
   come si nota dal video la discussione con il proprietario dell'impianto si fa animata, la giornalista e il cameraman decidono quindi di andare via ma vengono bloccati. Interviene anche il padre dell'uomo che minaccia la giornalista: «scendi che ti sfondo», «scendi che ti spappolo», «finisci male». Gli aggressori, infine, utilizzando un oggetto contundente rompono il finestrino dell'auto, si impossessano della telecamera e la distruggono terrorizzando la giornalista con la loro violenza;
   Alfonso Sabella, ex assessore alla legalità del comune di Roma, presente in studio, commenta l'inchiesta, sostenendo che la questione dei rifiuti a Roma è una questione di racket, perché è un business di valore enorme, «Il rame ad esempio – spiega il magistrato – viene venduto al mercato nero a 60.000 dollari l'oncia». Anche il Rapporto Ecomafie 2016, realizzato da Legambiente, rileva il business delle ecomafie, che muoverebbero capitali pari a 19 miliardi –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei gravi fatti riportati e se non ritengano urgente procedere, anche mediante una verifica del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, a un allertamento sulla situazione dell'impianto citato in premessa;
   quali iniziative intendano intraprendere per verificare e contrastare la diffusione di pratiche illecite nel settore dei rifiuti. (5-09799)

Interrogazione a risposta scritta:


   NACCARATO e D'ARIENZO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 24 giugno 2016 la guardia di finanza di Verona ha eseguito un'operazione contro un'associazione criminale di 25 indagati per truffa, estorsione e riciclaggio;
   il tribunale di Verona ha disposto gli arresti per Rosario Capicchiano, Alfonso Giardino (1976), Michele Pugliese, Domenico Mercurio e Alfonso Aloisio, l'obbligo di dimora per Francesco Giardino (1968) e Gaetano Garofalo;
   inoltre, nell'ambito dell'inchiesta, sono indagate dalla procura della Repubblica di Verona altre 18 persone tra cui Maurizio Aloisio, numerosi appartenenti alla famiglia Giardino ed Eliseo Ventura;
   l'operazione, denominata dagli inquirenti «premium deal», ha ottenuto il risultato di reprimere gravi reati e costituisce una decisiva conferma degli allarmi, in più occasioni sollevati dagli interroganti, sulle attività delittuose nel territorio veronese di soggetti aventi relazioni con la ’ndrangheta, in particolare con il gruppo guidato da Nicolino Grande Aracri;
   infatti, alcune delle persone indagate risultano avere significativi precedenti penali e sono coinvolte nell'indagine Aemilia della direzione distrettuale antimafia di Bologna contro la ’ndrangheta;
   in particolare, i Giardino, i Pugliese e Capicchiano appartengono a famiglie con diversi esponenti associati alla criminalità organizzata;
   l'indagine Aemilia ha fatto emergere il fatto, ampiamente riportato dai mezzi di informazione, che Alfonso Giardino (1976), insieme ad altri familiari, si è adoperato, attraverso contatti con Marco Arduini e con l'ex assessore del comune di Verona, Marco Giorlo, per farsi assegnare importanti lavori pubblici dall'amministrazione pubblica scaligera, in cambio dell'appoggio elettorale assicurato allo stesso Giorlo e al sindaco di Verona;
   inoltre, alcuni indagati svolgono da tempo in provincia di Verona attività imprenditoriali che, alla luce dell'inchiesta e dei collegamenti con gruppi della ‘ndrangheta, potrebbero, ad avviso degli interroganti, risultare funzionali a favorire il ruolo della criminalità organizzata e a commettere reati economici;
   Alfonso Giardino (1976) è stato socio di Fer. Veneto srl, società con sede a Isola Capo Rizzuto e una sede operativa a Sona (Verona) in via Piemonte 13;
   sempre a Sona (Verona), in via Piemonte 13, ha una sede operativa New World Construction srl, amministrata da Melissa Manoli, imparentata con la famiglia Giardino, di cui è membro Alfonso, arrestato nell'inchiesta «premium deal», e ha tra i propri dipendenti Gaetano Garofalo, anch'egli indagato nella stessa inchiesta;
   sempre a Sona (Verona) in via Piemonte 13 ha sede Isol.Fer srl La società, ora di proprietà di Giuseppe Panipucci, è stata prima, fino all'aprile 2015, di Eliseo Ventura, indagato nell'inchiesta «premium deal», e poi, fino all'ottobre 2015, del già citato Gaetano Garofalo;
   sempre a Sona (Verona) in via Piemonte 13 ha sede Nicofer srl di proprietà di Daniel Nicoscia che appartiene a una famiglia legata da vincoli di parentela con i Giardino e con diversi familiari coinvolti in indagini contro la ‘ndrangheta. Tra i dipendenti di Nicofer c’è Antonio Nicoscia, cognato di Franco Pugliese, importante pregiudicato per gravi reati e considerato un affiliato alla ‘ndrangheta;
   infine anche Maurizio Aloisio, indagato nell'inchiesta «premium deal», possiede un'impresa attiva in Italia settentrionale, la Alfer srls con sede a Brebbia (Varese);
   molte delle aziende citate svolgono importanti lavori pubblici tramite contratti di subappalto;
   per le ragioni sopra esposte e considerato il consistente numero di interdittive antimafia emanato in tempi recenti dalla prefettura di Verona, gli interroganti manifestano al Governo la preoccupazione che le vicende dimostrino il radicamento di gruppi criminali affiliati alla ‘ndrangheta in Veneto –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti descritti in premessa;
   se e in che modo il Ministro interrogato intenda attivarsi per potenziare, per quanto di competenza, gli strumenti necessari a rafforzare le attività investigative di prevenzione e repressione della criminalità organizzata in Veneto e in particolare in provincia di Verona.
(4-14553)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:


   D'UVA, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, SIMONE VALENTE, BRESCIA e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 207-212, della legge di stabilità per il 2016 ha istituito il «Fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta», attraverso uno stanziamento pari a euro 38 milioni nel 2016 e a 75 milioni di euro dal 2017;
   in particolare, il comma 208 ha disposto che l'individuazione dei criteri di assunzioni, le modalità, nonché i procedimenti di nomina e di funzionamento delle commissioni di valutazione avvenisse con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti;
   il 12 ottobre 2016 il quotidiano consultabile on line Il Corriere della Sera pubblicava su proprio articolo il testo integrale dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato per regolamentare la disciplina prevista dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, commi 207-212 sin qui richiamata;
   secondo quanto stabilito dall'articolo 4 dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «almeno dieci giorni prima della pubblicazione del bando di cui all'articolo 2, sono costituite venticinque commissioni nazionali per la valutazione dei candidati alla procedura di reclutamento»;
   l'articolo 4 prevede che i presidenti di ciascuna commissione vengano nominati «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tra studiosi, di elevatissima qualificazione scientifica, che ricoprono posizioni di vertice presso istituzioni universitarie o di ricerca estere o internazionali»;
   i presidenti, infine, saranno tenuti a selezionare altri due commissari studiosi di elevata qualificazione scientifica e professionale tra coloro che sono inseriti in una lista di venti nominativi predisposta dall'Anvur;
   ad avviso degli interroganti la scelta adottata a norma dell'articolo 4 dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di nominare i presidenti delle commissioni per la valutazione dei candidati su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca suscita notevoli preoccupazioni, in quanto la procedura per l'assegnazione di incarichi pubblici vede una diretta nomina in deroga alle normali procedure per il reclutamento: la stessa nomina verrebbe fortemente influenzata da scelte politiche che non possono, e non devono, in alcun modo influenzare il mondo accademico universitario;
   per tali motivi si ritiene necessaria e urgente stabilire criteri che possano assicurare una terzietà nella scelta dei candidati e una maggiore impermeabilità alle influenze politiche –:
   se non ritenga di adottare iniziative volte all'urgente modifica delle disposizioni previste dallo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, assegnando al Consiglio universitario nazionale, organo terzo e altamente qualificato, il compito di nominare i presidenti delle commissioni di valutazione per la valutazione dei candidati alla procedura di reclutamento prevista, assicurando una maggiore autonomia del sistema universitario da quello politico. (3-02560)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il personale educativo che opera nei convitti e negli educandati dello Stato è equiparato giuridicamente ai docenti di scuola primaria, ma di fatto non viene considerato nell'ambito della professione docente, tant’è che non è stato riconosciuto il diritto al bonus di 500 euro previsto dalla legge n. 107 del 2015, né è stata data la possibilità agli educatori in esubero di riconvertirsi sul sostegno, contrariamente a quanto avvenuto per altri docenti diplomati (docenti tecnico-pratici e titolari di A075 e A076);
   molti educatori, pur risultando di ruolo, non hanno mai avuto una sede di titolarità, sia perché in alcuni casi il provveditorato ha stabilito la chiusura di alcuni convitti, sia a causa del taglio sugli organici operato dal Ministro pro tempore Gelmini;
   molti di loro, quindi, risultano in esubero da anni e, come nel caso di alcuni educatori della provincia di Bari, la loro professionalità viene messa a disposizione dell'ambito territoriale di Bari, nel quale svolgono di fatto mansioni corrispondenti a quelle di funzionario esperto;
   alcuni vengono chiamati, ad esempio, in sostituzione di funzionari in pensione che si occupavano della definizione degli organici della scuola secondaria di secondo grado del quarto ambito territoriale per grandezza di tutta la Nazione;
   nel 1990, sempre nella stessa provincia di appartenenza degli educatori, si verificò una situazione di esubero del personale educativo della provincia di Bari e sei unità furono trasferite d'ufficio nei ruoli dell'amministrazione periferica, persino in sovrannumero sull'organico complessivo del provveditorato;
   dato il precedente caso appena citato, nel 2010 alcuni educatori, non ancora contrattualizzati in maniera stabile, hanno presentato, richiesta di passaggio nei ruoli dell'amministrazione, trasmessa con parere favorevole dall'Ufficio scolastico regionale Puglia al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, poiché esiste un articolo di legge mai abrogato, articolo 73 legge n. 270 del 1982, che prevede espressamente: «il personale di cui al presente articolo può chiedere il passaggio nei ruoli del personale dell'amministrazione centrale e dell'amministrazione scolastica periferica del Ministero della pubblica istruzione. Tale passaggio sarà disposto d'ufficio nei confronti del personale in soprannumero.»;
   non avendo ricevuto risposta dopo tale richiesta, gli educatori coinvolti hanno presentato nuovamente domanda nel marzo 2014 e, anche in questo caso, la richiesta è stata trasmessa con parere favorevole;
   nonostante molti di loro abbiano provveduto, con il loro operato, a consentire un «corretto avvio dell'anno scolastico», così come riconosciuto dal provveditorato, questo personale educativo è collocato, ancora, in una specie di limbo, da quale non sembra riuscire a venir fuori –:
   per quali ragioni – se di fatto questo personale non appartiene alla funzione docente – l'amministrazione neghi la possibilità di riconversione sul sostegno e non riconosca il diritto all'aggiornamento mediante l'attribuzione del bonus;
   per quali motivi, allo stesso tempo, l'amministrazione neghi la possibilità di transitare nei ruoli degli uffici amministrativi, negando in questo modo l'applicazione di una legge ancora esistente.
(5-09801)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MUCCI e PRODANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola è incominciata ormai da più di un mese, eppure in diversi istituti scolastici italiani gli insegnanti di sostegno non sono ancora presenti;
   questo è quello che succede all'istituto tecnico commerciale Salvemini di Casalecchio, dove mancano ancora una quarantina di docenti, scuola all'avanguardia nell'integrazione degli studenti disabili, che sono 60 su 1.500, tra cui 47 ragazzi con situazioni di gravità, una trentina dei quali hanno bisogno di assistenza «uno a uno». Il preside, per tentare di gestire la situazione, ha chiesto alle famiglie di concordare giorni ed orari nei quali i ragazzi disabili, volendo, possano stare a casa;
   il problema riguarda il fatto che dei 18 docenti specializzati chiamati da altre regioni che sono stati assegnati come docenti di ruolo in tale scuola, in 17 si sono presentati il 1o settembre 2016 per firmare il contratto triennale, assentandosi però, quasi immediatamente dal lavoro (per lo più in malattia o per assistere familiari) e ottenendo poi una assegnazione temporanea vicino a casa;
   sembra che, a giorni, l'ufficio scolastico territoriale procederà a indicare i nuovi nominativi in modo che il preside possa procedere alle nomine, ma sempre attingendo dalle graduatorie. «Ma saranno non specializzati, sono docenti che si prestano ad attività di sostegno. Se la disabilità è lieve, potrà anche andare bene, ma se è grave, dovranno avere una grande disponibilità, perché servono competenze per fare questo lavoro», così spiega il preside;
   in tutto ciò, a farne le spese sono le famiglie: gli alunni si trovano docenti non specializzati precari sino «ad avente diritto» e i genitori non hanno più la sicurezza di poter affidare i proprio figli a personale competente che possa garantire un principio di continuità didattica. Che però è, ad oggi, inapplicabile, visto che decine di migliaia di docenti si alternano e cambiano di settimana in settimana;
   il diritto all'insegnante di sostegno non può essere considerato e trattato come qualcosa di accessorio, non riconoscendo così la sua indispensabilità per gli studenti disabili o con deficit di apprendimento, pur essendo esso intrinseco al diritto all'istruzione;
   tra l'altro, gli insegnanti di sostegno sono un vero e proprio ponte tra il resto della classe e l'alunno con disabilità, poiché il loro lavoro si basa proprio sulle attività per favorire l'integrazione del ragazzo disabile con gli altri compagni dai quali il ragazzo non deve mai sentirsi diverso o rispetto ad essi svantaggiato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di superare in tempi rapidi le problematiche inerenti alla nomina, su tutto il territorio nazionale, degli insegnanti di sostegno, al fine di garantire quella continuità didattica presupposto necessario per una corretta istruzione. (4-14547)


   MARCON e COSTANTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la professoressa Fiorenza Pontini, proveniente dal liceo Foscarini, a partire dall'anno scolastico in corso, insegna lingua inglese presso il liceo Marco Polo di Venezia;
   dall'osservazione del profilo aperto di facebook della docente a giudizio degli interroganti si evince chiaramente la sua posizione politica incentrata sull'intolleranza, sul razzismo e sull'apologia del fascismo focalizzando la sua attenzione specialmente contro gli immigrati e i mussulmani;
   le frasi rivolte verso questi ultimi sono assolutamente raccapriccianti: «morissero tutti», «vi brucerei vivi». Giunge persino a «consigliare» una sorta di pulizia etnica nei confronti dei bambini musulmani: «E poi ho torto quando dico che bisogna eliminare anche i bambini dei mussulmani tanto sono tutti futuri delinquenti»;
   di profili come questi in giro nei social network ve ne sono a migliaia, ma qui ci si trova di fronte al profilo pubblico di una docente di una delle più importanti scuole del centro storico veneziano, in cui studiano un migliaio di ragazzi dai 14 ai 19, e tra questi, ovviamente, c’è pure un numero crescente di ragazzi stranieri e di musulmani;
   ovviamente il profilo di questa «docente» è già noto a molti studenti;
   guardando il profilo sembrerebbe emergere che aderisce all'ideologia fascista, in quanto inneggia al duce, e nel suo profilo vi sono pure insulti di varia gravità anche nei confronti della Presidente della Camera Boldrini e del Presidente del Consiglio Renzi –:
   se non sussistano i presupposti per avviare un'ispezione in relazione al comportamento della docente di cui in premessa al fine di valutare se ricorrano gli estremi per una iniziativa disciplinare. (4-14554)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:


   AIRAUDO, PAGLIA, SCOTTO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Germania nasce nel 2014 la società Foodora, attiva nel servizio di consegna a domicilio di pasti preparati in ristoranti convenzionati. Il sistema prevede la prenotazione attraverso app o sito e il trasporto tramite bicicletta;
   in Italia inizia ad operare come Foodora Italia nel 2015 nelle città di Milano e Torino, con attività in rapidissima crescita;
   i lavoratori impegnati nel trasporto erano inizialmente ingaggiati con contratti che prevedevano un compenso orario vicino ai 5 euro, per poi passare ad inquadrarli come liberi professionisti pagati 2,70 euro a consegna;
   i lavoratori sono tenuti a fornire a proprie spese bicicletta, smartphone e spese telefoniche, ma sono tenuti a indossare divise aziendali e, di fatto, sottoposti a un'organizzazione del lavoro stabilita da Foodora;
   in data 8 ottobre 2016 a Torino circa 50 operatori hanno dato vita a una manifestazione di protesta, per segnalare condizioni di lavoro e di retribuzione non adeguata, invitando i clienti a sostenere la loro vertenza;
   in risposta, gli amministratori di Foodora Italia hanno comunicato la disponibilità a colloqui individuali, escludendo a priori qualsiasi possibilità di rappresentanza collettiva, con ciò ponendosi fuori da ogni volontà di corrette relazioni industriali;
   in data 10 ottobre 2016 si viene a conoscenza dalla stampa del fatto che due promoter della società, accusate di aver solidarizzato con la protesta, sono state di fatto licenziate, attraverso il blocco dell'accesso alla app che consente di lavorare;
   questo comportamento da parte dell'azienda appare agli interroganti lesivo del diritto del lavoro, senza che, peraltro, si possa invocare la cosiddetta sharing economy come giustificazione di comportamenti lesivi di diritti fondamentali, quali quello alla manifestazione del proprio pensiero e alla lotta per migliorare le proprie condizioni di lavoro –:
   se il Ministro interrogato non intenda porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a verificare le motivazioni relative ai «licenziamenti» avvenuti presso l'azienda Foodora, le reali condizioni di lavoro e i relativi contratti, considerato che il comportamento dell'azienda non appare agli interroganti in linea con le disposizioni in materia di diritto alla mobilitazione e alla rappresentanza sindacale, nonché se intenda adottare ogni iniziativa normativa utile per disciplinare i rapporti di lavoro nelle start up che operano nell'ambito della sharing economy, tenuto conto delle gravi criticità e problematiche sia contrattuali che relative ai diritti dei lavoratori evidenziate.
(3-02559)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLTENI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è allarme tra i frontalieri per la richiesta dell'Inps di restituire l'assegno di disoccupazione;
   nel rispetto della legge n. 147 del 1997, in vigore fino al 2012, centinaia di lavoratori frontalieri hanno percepito la «vecchia» indennità di disoccupazione, ma adesso rischiano di dover rimborsare la differenza tra l'importo percepito e la «Naspi»;
   la citata legge n. 147 del 1997; si ricorda, garantiva un'indennità di disoccupazione speciale per lavoratori frontalieri (12 mesi per un importo pari al 50 per cento dell'ultimo stipendio) a costo zero per lo Stato italiano, in quanto la Svizzera, in virtù di un accordo bilaterale ad hoc, era tenuta a rimborsare all'Italia parte dei contributi pagati dai frontalieri;
   nel 2012, poi, a causa della cessazione dell'accordo bilaterale, si bloccarono i rimborsi dalla Svizzera e l'Inps, nel mese di agosto, decise di non proseguire più, ai sensi della legge n. 147 del 1997, ritenendo che non vi fossero più i presupposti giuridici per mantenerla in vita, nonostante l'esistenza di un accantonamento di risorse per oltre 200 milioni di euro;
   ora l'Inps, comunicando che la legge n. 147 del 1997 è «scaduta» già dal maggio 2012, chiede il rimborso ai lavoratori che percepirono il relativo sussidio tra il maggio e l'agosto 2012, notizia confermata in una nota dell'organizzazione ticinese Ocst –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della richiesta dell'Inps e come si giustifichi alla luce del fatto che sono trascorsi 4 anni ed è lo stesso Istituto ad avere effettuato i pagamenti delle prestazioni nonché in considerazione del fatto che comunque l'ente si è di fatto appropriato di 200 milioni di euro di accantonamenti versati dai frontalieri ai sensi della legge n. 147 del 1997, citata in premessa. (5-09794)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in ragione dei provvedimenti recentemente varati dal Consiglio dei ministri, le aziende agricole con un volume di affari superiore a 7 mila euro non possono usare i voucher per pagare i lavoratori stagionali, a meno che non si tratti di studenti, cassintegrati e pensionati;
   si tratta di disposizioni che, per quanto giustamente finalizzate a eliminare gli abusi nell'utilizzo dei «voucher lavoro», rischiano di avere un effetto paradossalmente negativo sulle aziende agricole e su quei giovani disoccupati che sono alla ricerca di quelle offerte di lavoro che si creano durante periodi particolari dell'anno, come quello della vendemmia;
   è piuttosto evidente che la norma in vigore costituisce un ostacolo all'assunzione dei lavoratori stagionali e rischia di favorire il lavoro in nero, specie nelle realtà decisamente difficili del Mezzogiorno;
   le aziende agricole che hanno bisogno di personale si vedono costrette, infatti, a stipulare contratti di lavoro subordinato, anche se solo per uno o due giorni di impiego;
   essendo il limite dei settemila euro decisamente basso e, quindi, diffusamente superato, tale condizione colpisce quasi tutte le aziende che sono costrette ad un aggravio burocratico di non poco conto;
   è pacifico che occorre combattere gli abusi dei voucher lavoro, e bene ha fatto il Governo a muoversi in tal senso;
   è altrettanto evidente, tuttavia, che non serve passare da un eccesso all'altro;
   a giudizio dell'interrogante occorre rimediare ad un errore che rischia di avere effetti paradossali, aumentando la soglia dei 7 mila euro in maniera significativa e adeguandola alle esigenze delle aziende operanti nel settore e di chi vorrebbe cogliere le opportunità offerte dai lavori stagionali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere una modifica normativa che serva ad innalzare il limite stabilito dei 7 mila euro di volume di affari oltre il quale le aziende agricole non possono utilizzare i «voucher lavoro» a meno che non si tratti di studenti, cassintegrati e pensionati. (4-14549)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 ottobre 2016 la trasmissione televisiva Report, condotta da Milena Gabanelli, apriva la stagione con un servizio intitolato «Bio illogico» prodotto a seguito dell'inchiesta aperta dalla procura di Pesaro, «Vertical Bio», che ha visto la richiesta di rinvio a giudizio per gli imprenditori e i funzionari dei due enti di certificazione che operavano nel settore del biologico in diversi Paesi dell'est Europa;
   secondo quanto si apprende dagli organi di stampa la magistratura di Pesaro accuserebbe gli imputati di aver portato nel nostro Paese 350 mila tonnellate di prodotti contaminati da pesticidi facendoli passare come biologici. Grano duro proveniente dalla Romania sarebbe stato venduto al pubblico come grano biologico, quindi con prezzo maggiorato fino al triplo, quando in realtà non aveva tale caratteristica;
   in particolare, risulterebbe che gli enti certificatori (14 in Italia), cioè gli enti che devono controllare e attestare che la materia prima sia quella dichiarata (quindi che effettivamente sia biologica) – controllati da un ente unico, vigilati dal Ministero – vedano come proprietari gli stessi produttori. In altri termini sussisterebbe un palese conflitto di interessi, come ammesso dallo stesso Viceministro Andrea Olivero, dal momento che i controllori coincidono con i controllati;
   in questa oscura vicenda sarebbe stata coinvolta, come persona offesa, anche un'azienda di Saluzzo (Sedamyl), che nel 2012 avrebbe acquistato inconsapevolmente una partita di frumento presunto falso biologico dall'imprenditore Giampaolo Romani (sospeso in Romania e coinvolto nel citato processo di Pesaro), il quale avrebbe avuto stretti rapporti con Enrico Maria Pollo, capo segreteria del Viceministro Olivero e direttore di «Archimedes Professional»;
   nel 2014 l'ente di certificazione Ecogruppo (predisposto ai controlli), amministrato dal dottor Angelo Maugeri, declassava la merce acquistata dalla Sedamyl escludendola dal bollino «bio». A seguito di ciò il dottor Angelo Maugeri veniva convocato dal Ministero e, secondo quanto dichiarato dal dottor Maugeri stesso, in quella sede il viceministro Olivero e il dottor Pollo invitavano esplicitamente lo stesso, per quel che concerneva l'applicazione delle norme sulla certificazione bio in merito in particolare alla partita di grano giunta da Romani a Sedamyl, ad «interpretare i decreti» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del palese conflitto di interessi che intercorre tra l'ente controllante e i proprietari delle aziende produttrici e, di conseguenza, quali iniziative intenda assumere per risolverlo ed evitare il ripetersi di simili episodi;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quale tipo di rapporto vi sia tra il capo segreteria del viceministro Olivero e l'imprenditore Giampaolo Romani, ovvero colui che avrebbe venduto il falso grano biologico all'azienda Sedamyl.
(5-09798)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GALGANO, MONCHIERO, OLIARO, MATARRESE, MENORELLO, PALLADINO, VARGIU, MOLEA e QUINTARELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 20 settembre 2016 il professor Riccardo Polosa, ordinario di medicina interna presso l'Università di Catania e direttore scientifico della Lega italiana anti fumo, ha recapitato al Ministro interrogato, a nome del «Comitato scientifico per la ricerca sulla sigaretta elettronica», una lettera che suggerisce la promozione del vaping nell'ambito delle politiche sanitarie di contrasto dei danni da fumo;
   il documento è stato sottoscritto, tra gli altri, dal citato professor Polosa, dall'ex Ministro della salute e direttore dell'Istituito europeo di oncologia Umberto Veronesi, dal professor Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di oncologia medica dell'Istituto nazionale dei tumori di Aviano, dal dottor Fabio Beatrice, direttore della struttura complessa di otorinolaringoiatria dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, e dal dottor Carlo Cipolla, direttore della cardiologia dell'Istituito europeo di oncologia;
   nella lettera si legge: «Sono circa 700.000 l'anno i morti da fumo in Europa e l'80 per cento di questi decessi sarebbe evitabile con una buona attività di prevenzione. Le persone fumano per la nicotina ma muoiono per il fumo e questo perché la stragrande maggioranza delle malattie fumo correlate nasce dall'inalazione di catrame, particelle e gas tossici. Al contrario le sigarette elettroniche possono rilasciare nicotina al netto delle sostanze tossiche presenti nel fumo di sigaretta»;
   su questa base si suggerisce «di approfondire scientificamente con urgenza il ruolo delle e-cig come alternativa al tabacco. Una regolamentazione ragionevole e proporzionata delle sigarette elettroniche potrebbe salvare milioni di vite e, di conseguenza, riuscirebbe a far ridurre le enormi spese legate alla prevenzione e alla cura di malattie fumo correlate per tutti i singoli Stati», poiché «secondo l'ampio rapporto condotto nel Regno Unito per conto di Public health England, l'autorità sanitaria inglese, le elettroniche sono per il 95 per cento meno dannose rispetto alle sigarette convenzionali» –:
   quali siano le valutazioni del Ministro interrogato in merito al contributo che l'utilizzo delle sigarette elettroniche può dare nelle politiche di contrasto ai danni da fumo. (3-02562)


   OTTOBRE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come affermato nella precedente interrogazione a risposta immediata del 19 luglio 2016, il punto nascita dell'ospedale di Arco è stato chiuso perché non ha superato l'esame del Comitato percorso nascita nazionale; infatti è apparsa determinante la condizione orografica ritenuta meno disagevole rispetto a quelle dei bacini di Cavalese e Cles e anche il tasso di fidelizzazione delle pazienti (64 per cento) è risultato inferiore agli altri due;
   come già esposto, questi fattori risultano poco aderenti alla realtà del territorio: la chiusura del punto nascita di Arco obbliga le pazienti a servirsi dell'ospedale di Rovereto che, nonostante sulla carta appaia solo a 30 chilometri di distanza, comporta un viaggio di almeno due ore di macchina dal comune di Arco a quello di Rovereto sud e, ancor di più, dalla Val di Ledro in cui le ore diventano tre per la presenza turistica e, nel periodo invernale, a causa delle strade che, anche se di valle, diventano impercorribili per gli eventi atmosferici avversi da tutti i comuni montani limitrofi, come il comune di Ledro, di Drena, di Tenno e altri del bacino Alto Garda e Ledro;
   risulta all'interrogante che nella comunicazione tra la provincia di Trento e il Comitato citato si siano persi i dati di alcuni comuni, come quello di Ledro che conta 5.400 residenti; pertanto sembrerebbe che la decisione sia stata presa su dati non corrispondenti alla realtà locale e, anche in base a ciò, sorge all'interrogante il dubbio se il parere espresso dal Comitato percorso nascita nazionale sia vincolante o meno per la provincia di Trento;
   la provincia ha solo due elicotteri per l'elisoccorso che potrebbero essere indisponibili, come accaduto in questi ultimi due mesi, e questa situazione impone di portare all'attenzione del Ministero della salute che il rischio per la partoriente e il nascituro è superiore alla maggior qualità che può offrire l'ospedale di Rovereto;
   in seguito alla risposta del Ministro interrogato il 20 luglio 2016 di rassicurazioni sul monitoraggio della situazione, non sembrerebbe che si sia posta in essere un'oggettiva assistenza alle donne dell'area e del territorio e non risulterebbe essere stato avviato alcun monitoraggio delle strutture preposte e delle reali esigenze del territorio –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga opportuno adottare iniziative volte ad una valutazione pienamente aderente alla realtà del territorio che tenga conto prioritariamente della salute delle partorienti e dei nascituri. (3-02563)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il fondo sanitario nazionale è stato interessato per diversi anni da riduzioni del livello di finanziamento;
   l'Italia è il Paese più «vecchio» d'Europa, l'età media dei cittadini si sta innalzando e nel prossimo futuro si avrà una percentuale sempre maggiore di anziani, con conseguente aumento dell'incidenza delle malattie e della necessità di assicurare un adeguato livello di assistenza sanitaria;
   i farmaci innovativi risultano indispensabili per la cura di malattie gravi o sino ad oggi incurabili, ma presentano costi elevati che dovrebbero essere sostenuti dal servizio sanitario nazionale;
   in particolare, i farmaci innovativi oncologici risultano indispensabili per la cura dei pazienti interessati da patologie oncologiche, ai quali si deve assicurare la guarigione e il mantenimento di una buona qualità della vita;
   dai numerosi articoli di stampa e dalle interviste del Ministro interrogato rilasciate fin dalla serata di sabato 15 ottobre 2016, si è appreso che nel disegno di legge di bilancio per il 2017 è previsto:
    a) un ulteriore incremento del fondo sanitario nazionale;
    b) la stabilizzazione a regime del fondo per il finanziamento dei farmaci innovativi, nonché l'istituzione di un nuovo fondo, specifico per i farmaci innovativi oncologici, pari a 500 milioni di euro;
    c) la creazione di un nuovo fondo per il finanziamento del piano nazionale vaccini;
    d) il rafforzamento dei criteri per l'applicazione dei piani di rientro aziendali;
    e) la previsione di nuove assunzioni di medici e infermieri nel servizio sanitario nazionale;
   è di tutta evidenza che gli argomenti sopra solo riassunti rappresentano concrete risposte per i problemi che da anni affliggono la sanità –:
   se le notizie riportate dai media rispondano a verità, tenuto conto che non è ancora noto il contenuto ufficiale del disegno di legge di bilancio per il 2017.
(3-02564)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella trasmissione «Mi manda RAI 3», andata in onda a diffusione nazionale il 10 ottobre 2016, è stata data notizia che, nell'ambito dell'ospedale unico di Latisana-Palmanova (provincia di Udine), articolato su due sedi, il centro nascita e il reparto di pediatria con degenza, siti nella sede di Latisana, sono stati chiusi, nonostante fossero da poco terminati i lavori di totale rifacimento dell'area materno-infantile, costati svariati milioni di euro, e quindi fossero disponibili locali moderni, progettati e costruiti proprio per ospitare adeguatamente le strutture ostetrico-ginecologiche e pediatriche ora soppresse;
   le strutture costituenti il centro nascita e la pediatria del suddetto ospedale unico sono state concentrate invece nella sede di Palmanova, pur risultando tali ambienti vecchi, inadeguati e per alcuni aspetti non rispettosi delle normative vigenti, per cui sono iniziati e sono tuttora in corso lavori di ristrutturazione e adeguamento di costo presumibilmente assai elevato, ancorché non esattamente valutabile;
   l'area materno-infantile di Palmanova, pur essendo completamente inadeguata – con ricambi d'aria non a norma, porte molto strette che non consentono il passaggio dei letti (la partoriente è costretta ad alzarsi dal letto e raggiungere un secondo letto oltre la porta della stanza) e altro – è costantemente in sovraccarico, pur fornendo un servizio di degenza oltremodo disagevole; al contrario, l'area materno-infantile di Latisana è una struttura adeguata e perfettamente a norma, ma resta a tutt'oggi desolatamente vuota, anche se potrebbe offrire una degenza confortevole;
   la struttura ospedaliera di Palmanova risulta quindi completamente fatiscente e presenta forti criticità sia per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie sia dal punto di vista strutturale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e se non ritenga opportuno, in relazione alle precarie condizioni igienico-sanitarie della struttura richiamate in premessa, promuovere una verifica, tramite i carabinieri del Nas, anche alla luce della necessità di tutelare i livelli essenziali di assistenza. (4-14552)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PINNA, PAGANI, BERGONZI, REALACCI, CINZIA MARIA FONTANA, FRAGOMELI, PAOLO ROSSI, RUBINATO, CANI e CARLONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'attività di telemarketing consiste nel contatto, mediante l'uso del telefono e con l'ausilio di un operatore, tra un'azienda e la sua clientela, ai fini di invio di materiale pubblicitario, di vendita diretta, di ricerche di mercato o di comunicazione promozionale. Tuttavia, in tale ambito commerciale si rileva un utilizzo sempre più frequente di pratiche scorrette e invasive nei confronti dei consumatori, che si vedono costantemente vessati da telefonate indesiderate, ossia da «telemarketing selvaggio», che rappresenta una piaga sempre più diffusa che bersaglia i consumatori. La suddetta tecnica, poco ortodossa, è stata denunciata a più riprese dal Garante per la protezione dei dati personali, così come dal presidente della Fondazione Ugo Bordoni (FUB) e dal segretario generale dell'Unione nazionale consumatori;
   per ovviare al problema, con il decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010, n. 178, è stato istituito il registro pubblico delle opposizioni, gestito dalla FUB. Il registro nasce per essere un punto di equilibrio tra le esigenze degli abbonati agli elenchi telefonici pubblici e le imprese: fornisce un servizio a tutela del cittadino che decide di non voler più ricevere telefonate per scopi commerciali o di ricerche di mercato e, al contempo, rappresenta uno strumento per rendere più competitivo e trasparente il mercato tra gli operatori di marketing telefonico;
   nonostante ciò ad oggi solo 1,5 milioni di numeri fissi, su circa 115 milioni di linee telefoniche fisse e mobili, godono di una certa protezione grazie all'iscrizione nel registro, si tratta dell'1-2 per cento delle utenze. Ciò poiché l'iscrizione è limitata ai soli numeri pubblicati negli elenchi e, spesso, si rivela insufficiente a proteggere dalle chiamate indisturbate anche chi è iscritto poiché le norme sono aggirate o esplicitamente violate, come nel caso della vendita di dati forniti mediante il rilascio del consenso, da parte degli iscritti, a una specifica azienda. Si tratta, dunque, di uno strumento monco;
   a tal riguardo, da più parti sono state rilevate forti carenze del sistema e sono state proposte delle modifiche che amplierebbero significativamente l'ambito d'intervento e assicurerebbero un'azione più efficace ed incisiva. Le misure possono essere riassunte in tre operazioni: iscrizione al registro aperta anche ai numeri non presenti negli elenchi telefonici pubblici, includendo così la gran parte dei numeri di telefonia mobile; la possibilità di revoca universale del consenso a ricevere telefonate commerciali dal momento dell'iscrizione al registro (comunque permettendo al cittadino interessato a un determinato prodotto o servizio di dare il consenso a quella specifica azienda, purché essa operi nel rispetto delle norme vigenti sulla privacy); l'istituzione della responsabilità condivisa fra call-center e committente delle chiamate, in caso di mancato rispetto della volontà dell'abbonato di non ricevere telefonate commerciali, poiché spesse volte l'operatore commerciale agisce in modo abusivo senza accedere al registro e operando da territori non sottoposti alla normativa italiana, a discapito dello Stato italiano e delle aziende del settore che lavorino in modo serio e trasparente –:
   quali iniziative intenda assumere per rafforzare la normativa contro il «telemarketing selvaggio» e se intenda promuovere la revisione delle disposizioni contenute nel codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, al fine di migliorare e potenziare il registro delle opposizioni introducendo misure volte a: istituire un meccanismo di corresponsabilità fra l'azienda che avvia la campagna e il call-center che la attua, ampliare la possibilità di iscrizione al registro anche ai numeri di telefonia fissa e mobile non presenti negli elenchi pubblici e incentivare gli operatori a gestire efficacemente i dati in loro possesso. (5-09793)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lodolini e altri n. 5-09595, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pastorelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Realacci e Tino Iannuzzi n. 4-14465, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sgambato.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Mucci n. 4-14449, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 689 del 10 ottobre 2016.

   MUCCI e PRODANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie stampa di presunte irregolarità alle elezioni amministrative di Palermo nel 2012 da parte del MoVimento 5 Stelle;
   nella giornata del 9 ottobre 2016 la trasmissione Le Iene Show ha trasmesso un servizio su nuovi sviluppi della vicenda che riguardava la raccolta di firme a sostegno della lista MoVimento 5 Stelle. Il fatto nasce da una denuncia presentata, alla procura di Palermo, da un attivista siciliano, il professore Vincenzo Pintagro;
   a suo tempo le indagini svolte sulla denuncia si fermarono e il caso venne subito archiviato; la novità del 9 ottobre 2016 risiede nella presentazione, per la prima volta, di cinque pagine di moduli originari della raccolta firme, misteriosamente recuperati dopo quattro anni, che non erano stati presentati a causa di un errore nell'indicazione del luogo di nascita di un candidato;
   alcuni attivisti del MoVimento 5 Stelle avrebbero dunque cercato di rimediare a tale errore formale, per il quale si sarebbe rischiata l'esclusione della lista dalle elezioni;
   il professor Pintagro sembra essere stato testimone di una vera e propria produzione di carte false e firme false, da parte di due attiviste del movimento, – una delle quali attualmente parlamentare – su nuovi moduli che furono presentati in sostituzione di quelli autentici ma errati: si parla di centinaia di firme apparentemente false; alcuni interessati intervistati dalle Iene hanno riconosciuto come originale la firma sui moduli mai presentati e, invece, non a loro attribuibile la firma su quelli definitivi;
   agli interroganti ciò appare come una gravissima irregolarità sulla quale sarebbe necessario intervenire con estrema urgenza –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e, fermi restando gli eventuali profili di competenza dell'autorità giudiziaria, se non intenda assumere iniziative normative per implementare la disciplina relativa alla presentazione delle liste elettorali, così da evitare il ripetersi di casi come quello di cui in premessa. (4-14449)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Gigli n. 5-09191 del 15 luglio 2016;
   interrogazione a risposta scritta Rondini n. 4-14520 del 14 ottobre 2016.

Ritiro di una firma da una risoluzione.

  Risoluzione in Commissione Pagano e altri n. 7-01115, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016: è stata ritirata la firma del deputato Villarosa.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta scritta Ventricelli n. 4-13620 del 29 giugno 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09801.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Nastri n. 4-14463 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 691 del 12 ottobre 2016. Alla pagina 41929, seconda colonna, dalla riga terza alla riga sesta, deve leggersi: «interventi prossimi del Governo, in prossimità della presentazione del disegno di legge di bilancio al Parlamento –:», e non come stampato.