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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 14 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni I e V,
   premesso che:
    il 26 ottobre 2015, la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, con la deliberazione n. 8 del 2015, nell'ambito di un'approfondita disamina del meccanismo del cosiddetto «otto per mille» e in perfetta continuità con il passato, ha replicato il suo pesante «j'accuse» allo Stato italiano per non aver ancora provveduto ad attivare le procedure di revisione, che pure erano previste con cadenza triennale, di un sistema, quello della destinazione della quota inoptata dell'otto per mille dell'IRPEF, che nel solo ultimo trentennio, sempre secondo la magistratura contabile, «ha contribuito ad un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana»;
    la relazione dei magistrati contabili sottolinea, in primis, le problematicità legate alla scelta non manifesta da parte dei contribuenti. Invero, secondo il meccanismo attualmente vigente previsto dall'articolo 47 della legge 20 maggio 1985, n. 222, recante disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi, una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, dev'essere destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica. La destinazione però non avviene solo sulla base delle scelte espresse dai contribuenti in sede di dichiarazione annuale dei redditi, ma anche con riferimento a tutte le rimanenti scelte non espresse ed in misura proporzionale a quelle espresse. In sostanza, in forza di tale sistema, tutti i contribuenti che non esprimono alcuna scelta ai fini del riparto della quota dell'otto per mille (e che sono la maggioranza, rappresentando quasi il 60 per cento del totale) contribuiscono, senza volerlo espressamente, con una parte dell'imposta sui redditi versata allo Stato, al sostentamento sia della Chiesa cattolica sia di tutte le confessioni religiose, circa undici, che successivamente all'entrata in vigore della legge n. 222 del 1985 hanno stipulato con lo Stato italiano un'intesa, ai sensi dell'articolo 8, terzo comma della Costituzione;
    in realtà, con il riparto delle scelte non espresse (tra cui, peraltro, rientrano non solo le dichiarazioni non presentate ma anche le scelte irregolari e quelle dei defunti) sono stati avvantaggiati, con un effetto moltiplicativo con fattore pari a 2,5, i maggiori destinatari delle opzioni, prima fra tutti la Chiesa cattolica che, essendo a sua volta la confessione religiosa maggioritaria, riceve aiuti che, a giudizio dei firmatari del presente atto, vanno oltre il suo peso e le sue necessità istituzionali, acquisendo dal riparto più del doppio rispetto a quanto risulterebbe invece dal calcolo operato sulla base delle sole scelte espresse. A titolo esemplificativo, nel solo anno 2014, la Conferenza episcopale italiana ha conseguito l'82 per cento dell'intero ammontare da ripartire, a fronte del 38 per cento delle opzioni espresse sul totale dei contribuenti, ossia oltre un miliardo di euro anziché 485 milioni;
    la suddetta modalità, sempre secondo la Corte dei conti, rischia peraltro di alimentare una forma di «affermazione di un pluralismo confessionale imperfetto» e di disattendere, di contro, il «principio di laicità, quale emerge dagli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della Costituzione, che implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato, per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale» (si veda Corte costituzionale, sentenza n. 203 del 1989);
    c’è di più. Dalla circostanza che la percentuale di preferenza nelle scelte espresse determina l'allocazione della complessiva quota di gettito, deriva che le confessioni religiose destinatarie vengono paradossalmente a ricevere più dalla quota non espressa che da quella espressa: insomma, i soli contribuenti optanti decidono per tutti, un po’ come accade nelle consultazioni elettorali, laddove i seggi vengono ripartiti a prescindere dal numero dei votanti e dalla percentuale di astensione; altra considerazione, che dovrebbe destare ulteriore perplessità, è quella che molti dei contribuenti non optanti sono indotti a ritenere, in buona fede, che la loro quota resti nella disponibilità dell'erario, presumendo che il proprio contributo serva ad interventi quali la cooperazione internazionale, la lotta alla fame nel mondo, gli interventi educativi, culturali e artistici nel nostro Paese. A tale proposito, la stessa Corte dei conti ha sostenuto che, proprio sotto il profilo oggettivo, le somme computabili in base alle scelte non espresse dovrebbero essere considerate denaro pubblico a tutti gli effetti e, conseguentemente, riassorbite nel bilancio dello Stato o, al più, computate tra quelle destinate a scopi sociali a diretta gestione statale. Si tratterebbe peraltro di cifre altissime, visto che le somme raccolte sono salite da 290 milioni di euro nel 1990 a 1,2 miliardi di euro nel 2014 (182,3 per cento dei quali, come si è visto, rimessi alla Chiesa cattolica);
    nelle sue deliberazioni la Corte dei conti ha addebitato al Governo una culpa in vigilando e rivolto un monito al Ministero dell'economia e delle finanze, responsabile della vigilanza sui fondi e sulla loro erogazione, nonostante le cifre coinvolte siano importanti: la Conferenza episcopale italiana, ad esempio, nel 2014 ha incassato 1.054.310.702,18 euro, di cui circa 388 milioni utilizzati per il sostentamento del clero, circa 433 milioni per le esigenze di culto e 245 milioni di euro per gli interventi caritativi. Critiche sono state rivolte anche alla Presidenza del Consiglio dei ministri che, dal canto suo, non ha garantito la dovuta trasparenza, benché i contribuenti siano direttamente coinvolti nelle scelte, sulle erogazioni da parte delle amministrazioni statali, né ha riportato, nell'apposita sezione del sito internet istituzionale, le attribuzioni annuali alle varie confessioni religiose e la destinazione che queste, nella loro discrezionalità e nell'ambito degli impieghi ammessi nei patti stipulati con lo Stato, danno ai contributi ricevuti. Al contrario, la rilevanza degli importi ed il diretto coinvolgimento dei cittadini imporrebbero un'ampia pubblicità e la messa a disposizione dell'archivio completo delle contribuzioni versate negli anni, al fine di favorire forme diffuse di controllo;
    gli stessi magistrati contabili hanno tenuto a stigmatizzare che inoltre lo Stato, «in violazione dei principi di buon andamento, efficienza ed efficacia della pubblica amministrazione, mostra disinteresse ad incentivare la quota di propria competenza, cosa che ha determinato, nel corso del tempo, la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore (scesi nel 2014 a soli 170 milioni di euro) dando l'impressione che l'istituto sia finalizzato – più che a perseguire lo scopo dichiarato – a fare da apparente contrappeso al sistema di finanziamento diretto delle confessioni»;
    mentre il sistema era nato originariamente come meccanismo per garantire il sostentamento del clero, tale voce è diventata percentualmente sempre meno rilevante (il 34,1 per cento del totale). Parrebbe infatti che la Chiesa cattolica preferisca destinare il 47 per cento dei fondi ricevuti dallo Stato a mezzo dell'otto per mille alle cosiddette «esigenze di culto» e cioè al finanziamento delle catechesi, dei tribunali ecclesiastici e della costruzione di nuove chiese, alla manutenzione dei propri immobili e alla gestione del proprio patrimonio: tutte finalità alle quali, naturalmente, a giudizio dei firmatari del presente atto, non sarà mai dedicato alcuno spot televisivo, che sarà piuttosto dedicato agli aiuti al terzo mondo, ai quali invece nella realtà viene destinato un misero 8 per cento dell'intero gettito garantito dall'otto per mille;
    in conclusione, la Corte dei conti ha voluto soprattutto far emergere tutti gli elementi di debolezza intrinseci nella normativa e nella gestione di un istituto, quello dell'otto per mille, definito dalla stessa come opaco, esente dai dovuti controlli e discriminante dal punto di vista della pluralità religiosa, poco rispettoso dei principi di proporzionalità, di volontarietà e di eguaglianza, tutti rilievi che impongono valutazioni ed iniziative da parte sia del legislatore che del Governo atte a superare tutte le suddette criticità;
   numerose sono le proposte di rango costituzionale – occorrendo superare mediante un atto unilaterale la tutela costituzionale apprestata dall'articolo 7 della Costituzione alle forme pattizie di regolazione dei rapporti con la Chiesa cattolica e, contestualmente, le intese con le altre confessioni religiose regolate dall'articolo 8 della Costituzione medesima – depositate in Parlamento allo stato attuale e finalizzate alle modifiche al sopracitato meccanismo di attribuzione della quota dell’«8 per mille»;
    l'articolo 7 della Costituzione stabilisce il regime pattizio mediante il quale sono regolati i rapporti tra lo Stato e la Chiesa cattolica, quali soggetti indipendenti operanti al livello della sovranità, attribuendo speciale tutela costituzionale alle norme dei Patti lateranensi e alle loro modificazioni concordate tra le parti. Invece, a tenore dell'articolo 8, terzo comma, i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose diversa dalla cattolica, che agiscono sul piano dell'autonomia garantita ad esse dall'ordinamento interno, «sono regolati, per legge, sulla base di intese con le relative rappresentanze»;
    le leggi di approvazione delle intese successivamente stipulate, ai sensi dell'articolo 8, terzo comma, della Costituzione, tra lo Stato e le varie confessioni religiose hanno riguardato l'Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7o giorno, le Assemblee di Dio in Italia, la Chiesa evangelica valdese – Unione delle chiese valdesi e metodiste, la Chiesa evangelica luterana in Italia, l'Unione delle comunità ebraiche italiane, la Sacra arcidiocesi ortodossa d'Italia ed Esarcato per l'Europa meridionale, la Chiesa apostolica in Italia, l'Unione cristiana evangelica battista d'Italia, l'Unione buddhista italiana e l'Unione induista italiana;
    l'articolo 7, n. 6, dell'Accordo fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana del 1984, di revisione del Concordato lateranense del 1929, ha previsto la costituzione di un'apposita Commissione paritetica con il compito di predisporre le norme «per la disciplina di tutta la materia degli enti e beni ecclesiastici e per la revisione degli impegni finanziari dello Stato italiano e degli interventi del medesimo nella gestione patrimoniale degli enti ecclesiastici». Il sistema beneficiale di finanziamento alla Chiesa cattolica proposto dalla Commissione, interamente ripreso successivamente dalla legge 20 marzo 1985, n. 222 (Norme sugli enti e i beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico al servizio delle diocesi), trae le sue origini dall'esigenza di rivedere radicalmente gli impegni finanziari dello Stato nei confronti della Chiesa cattolica, nonché dal proporre un sistema che potesse essere esteso anche alle altre confessioni religiose che avessero stipulato un'intesa con lo Stato italiano. Tale legge, essendo il meccanismo in essa previsto riconducibile alla bilaterale negoziazione fra lo Stato e la Chiesa cattolica e collocandosi a pieno titolo nel contesto concordatario, si connota per una particolare forza di resistenza rispetto ad eventuali modificazioni unilaterali;
    le leggi che, sulla base delle rispettive intese, regolano i rapporti con le confessioni religiose che concorrono alla ripartizione dell'8 per mille insieme alla Chiesa cattolica ed allo Stato, prevedono che in occasione della presentazione di disegni di legge relativi a materie che coinvolgano i rapporti tra le confessioni e lo Stato, saranno previamente promosse le intese del caso, in conformità all'articolo 8 della Costituzione;
    nonostante il gettito dell'8 per mille sia cresciuto esponenzialmente nel tempo, arrivando alla cifra abnorme di 1,1 miliardi di euro l'anno, si tratta di uno dei pochi settori usciti indenni dai tagli abbattutisi invece su altri comparti della spesa pubblica,

impegnano il Governo:

   ad avviare le suddette intese al fine di modificare l'attuale normativa sulla destinazione dell'importo corrispondente alle scelte non espresse da parte dei contribuenti nella ripartizione della quota dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche ed eliminare l'effetto controverso derivante dall'allocazione anche della quota delle scelte non manifestate;
   ad assumere iniziative per prevedere che la suddetta quota, relativa alle scelte non manifestate, rimanga di pertinenza esclusiva dello Stato, affinché lo stesso la impieghi per finanziare attività aventi finalità sociale.
(7-01119) «Melilla, Quaranta, Scotto, Paglia, Marcon, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Martelli, Nicchi, Palazzotto, Pannarale, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini, Zaratti».


   La II Commissione,
   premesso che:
    è passato poco più di un anno dall'accordo siglato dal Ministro Orlando con le autorità degli Emirati Arabi in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione, consistente in un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale fra i due Paesi, con l'intento di migliorare e intensificare la collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e commerciali e dell'aumento esponenziale del numero di connazionali residenti negli EAU e, dall'altro, dell'aumento delle richieste di estradizione e di assistenza giudiziaria formulate da parte italiana;
    in particolare, con il Trattato di estradizione i due Pesi si sono impegnati reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l'esecuzione di una condanna definitiva, mentre l'Accordo di mutua assistenza giudiziaria impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti, citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali, acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro, pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato. L'accordo prevede inoltre che l'assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali;
    ad oggi l'Italia non ha ancora concluso questo percorso, ratificando il trattato, percorso così positivamente intrapreso dal Governo al fine di sanare una negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner commerciali soprattutto nei settori dell'energia e della difesa. Gli Emirati, per esempio, sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti italiani;
    il 3 marzo 2016 la ratifica dell'accordo è stata presentata in Consiglio dei ministri per ottenerne l'approvazione, passaggio che sembrava una pura formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati, interno, giustizia, economia e finanze, ma punto all'ordine del giorno venne rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell'ordinamento emiratino, che farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo tipo;
    in merito al ritardo nella ratifica dell'accordo è stata presentata un'interrogazione a risposta in Commissione, la n. 5-09675;
   il Ministro Orlando, sin da subito, aveva reso noto l'interesse del Governo italiano in merito alle immediata operatività dei due accordi anche prima della loro entrate in vigore, prevista a seguito di ratifica parlamentare per l'Italia e del Consiglio supremo federale per gli Emirati Arabi;
    va considerata in questo quadro, inoltre, positivamente la grande quantità di trattati che, opportunamente, il Parlamento sta approvando in questo periodo su materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti Messicani, Armeni, Iraq, Filippine;
    la presenza di latitanti in quei territori, purtroppo ad oggi, non è affatto diminuita, e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e l'urgenza di una piena e completa operatività dell'accordo: il riferimento è, in ordine di tempo, prima all'individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni, che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati: si tratta di fatti che si aggiungono all'ormai da tempo noto caso dell'ex-parlamentare Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle inchieste napoletane contro la camorra;
    le autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di estradizione da quel Paese, hanno più volte segnalato come gli Emirati rischino di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori internazionali: diverse associazioni e personalità che si battono per la legalità e gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda, con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne, come per esempio quella del giornale online Ytali,

impegna il Governo:

   a presentare, con la massima urgenza, il disegno di legge per l'autorizzazione alla ratifica del trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l'Italia e gli Emirati Arabi Uniti, sottoscritto dalle parti il 16 settembre 2015, privilegiando tra le soluzioni prospettate ai rilievi sollevati in relazione al testo sottoscritto, quella che garantisca la miglior tutela dei principi costituzionali;
   nelle more della ratifica del trattato, a valutare se sussistano i presupposti per agire in via diplomatica, anche sulla base dei trattati internazionali di contrasto al crimine transnazionale già sottoscritti da entrambi i Paesi, quali ad esempio la Convenzione ONU contro il crimine transnazionale firmata a Palermo nel 2000, al fine di ottenere la tempestiva estradizione di Amedeo Matacena.
(7-01121) «Mattiello, Verini».


   La Commissione V,
   premesso che:
    il Fondo di solidarietà comunale (Fsc) opera una redistribuzione di parte del gettito Imu dei comuni italiani, andando a creare una perequazione orizzontale tra gli enti;
    nel 2015, alle amministrazioni comunali veniva prelevato il 38,23 per cento del gettito Imu 2014 stimato al fine di alimentare il Fsc. Parimenti, veniva trasferita una quota di fondo della quale il comune beneficiava. La differenza tra queste due grandezze poteva essere: positiva, nel caso in cui il comune fosse un beneficiario netto di risorse del fondo; negativa, nel caso, il comune fosse un contributore netto del fondo;
    nel 2016, il prelievo della quota Imu dei comuni è diminuito, passando dal 38,23 per cento al 22,43 per cento. Ciò significa che i comuni mantengono maggiori risorse Imu rispetto al 2015 e che il fondo verrà alimentato in misura minore. Pertanto, le risorse che dal fondo saranno trasferite saranno inferiori. Un'ulteriore novità introdotta nel 2016 risiede nel fatto che nel Fsc è compreso anche il ristoro della Tasi sulle abitazioni principali;
    le componenti che determinano il Fsc sono quella del rimborso e quella della perequazione, oltre a quella dell'alimentazione che prevede un'aliquota unica per tutti i comuni;
    per quanto concerne la prima componente, il ristoro riguarda la Tasi sulle abitazioni principali. Vale la pena evidenziare che tali restituzioni riguardano le agevolazioni operate a titolo di Tasi o di Imu per i locatari, per i canoni concordati e per i comodati. Ciò significa che i comuni che hanno ritenuto opportuno effettuare una redistribuzione di parte del gettito, attraverso agevolazioni su rendita catastale, numero di figli e altro, non riceveranno il ristoro di queste cifre. Al contrario, chi non ha operato alcun tipo di agevolazione avrà il ristoro totale. Questa parte di fondo non può, quindi, essere considerata dirimente nel definire quali enti sono contributori o beneficiari netti dell'effetto perequativo del Fsc. Per tale motivazione, è necessario scindere questa componente e analizzare la sola parte perequativa;
    considerando la sola parte di perequazione, i comuni toscani sono dei «contributori netti del Fondo» per circa 161,5 milioni di euro, dove la quota complessiva di alimentazione è pari a circa 192 milioni di euro e la quota trasferita è di 30,4 milioni;
    scendendo al livello comunale si nota come i beneficiari netti siano 100 comuni (il 35,8 per cento), mentre i restanti 179 comuni (il 64,2 per cento) siano dei contributori netti del fondo per la parte perequativa;
    il principio del prelievo risiede, quindi, nel fatto che chi ha un gettito standard alto avrà un prelievo in termini assoluti più alto di chi ha un gettito standard più basso. Questo fondamento regge nella misura in cui le strategie fiscali e le fonti di entrata degli enti sono similari, ma può diventare iniquo se si considera un comune che può avere come principale fonte di entrata l'Imu, tributo che in alcuni casi raggiunge l'80 per cento delle entrate tributarie. Il prelievo può quindi incidere per alte percentuali sulle entrate del comune rispetto ad altri enti dove le risorse provengono anche da altre entrate tributarie (ad esempio addizionale comunale all'Irpef) o extratributarie (ad esempio proventi da multe, proventi da impianti energetici, proventi da discariche, Cosap) che comportano un apporto rilevante di risorse;
    il blocco delle aliquote definito con la legge di stabilità 2016 non permette di compensare tramite lo sforzo fiscale le eventuali difficoltà in termini di risorse correnti;
    la contribuzione netta di alcuni comuni è stata molto pronunciata, tanto da presentare un fondo 2016 negativo anche dopo il ristoro della Tasi. Tale fattispecie in Toscana ha riguardato 29 comuni;
    sebbene tra di essi vi siano località turistiche, parimenti si ritrovano anche comuni non particolarmente dediti al turismo e che sono penalizzati dall'operare del fondo. La costa toscana non riflette solo la realtà balneare e turistica, ma anche e soprattutto quella di una zona dove la crisi economica ha ulteriormente peggiorato un contesto economico e lavorativo da anni in difficoltà. Si sono succedute le chiusure di importanti realtà produttive costiere a cui si sono unite crisi di comparto come quella del marmo-lapideo, della cantieristica portuale e del manifatturiero siderurgico. Ciò ha ovviamente avuto un forte impatto anche per le amministrazioni comunali da un punto di vista delle entrate;
    basando il proprio prelievo prettamente sull'Imu, questi enti vedono incidere la quota Imu di alimentazione del fondo e la parte perequativa (che nel loro caso è negativa) per percentuali al di sopra del 20 per cento delle entrate proprie al netto della Tari, con punte del 40 per cento nei loro bilanci di previsione 2016;
    le 29 amministrazioni comunali traggono ampia parte delle loro entrate dall'imposizione sull'immobiliare e non sono identificati necessariamente come enti «ricchi» o che possono contare su potenziali non utilizzati di entrata,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative finalizzate ad una revisione del meccanismo di prelievo e, soprattutto, di perequazione del fondo di solidarietà comunale che consideri l'effettiva ricchezza e capacità contributiva dell'ente e che non si basi esclusivamente sulla base imponibile dell'Imu;
   a valutare la possibilità, di assumere iniziative, per quanto attiene alle difficoltà dei 29 comuni toscani, per disporre una diminuzione del 50 per cento alla parte perequativa negativa al fine di poter redigere i bilanci di previsioni 2017, in attesa che una revisione dei meccanismi del fondo permetta di poter contribuire alla solidarietà comunale nei limiti della sostenibilità finanziaria del bilancio, considerato che in termini assoluti l'ammontare del 50 per cento della parte perequativa sarebbe pari, utilizzando le risultanze del fondo 2016, a 24,4 milioni di euro.
(7-01120) «Parrini, Fanucci».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    con «parcheggi rosa» ci si riferisce a parcheggi di cortesia, delimitati da strisce rosa e segnalati solitamente da un cartello con una cicogna, a volte gratuiti, riservati alle donne in attesa ed a quelle con bambini di età inferiore ai 12 mesi e localizzati in prossimità di strutture pubbliche, scuole, asili nido, negozi per l'infanzia e di ogni altro sito ritenuto utile alle mamme e alle donne in stato di gravidanza;
    da alcune indagini statistiche realizzate negli ultimi anni è emersa la difficoltà per le donne in stato di gravidanza e per quelle con bambini piccoli, conducenti di autoveicoli, di reperire parcheggi durante i loro spostamenti cittadini;
    per ovviare a tali difficoltà, molti comuni italiani, come Roma, Aosta, Parma, Rovigo, Lido di Jesolo, Barletta, Sabaudia e nella provincia di Torino, hanno aderito all'iniziativa dei «parcheggi rosa», istituendo, in via sperimentale, questi parcheggi di cortesia, al fine di sviluppare una proposta di mobilità solidale, a favore delle donne in gravidanza e delle mamme di bambini di età compresa tra 0 e 12 mesi;
    tali parcheggi, seppur destinati a soggetti cosiddetti deboli, non sono previsti dal vigente codice della strada, e di conseguenza le eventuali occupazioni indebite degli spazi riservati, non sono passibili di alcuna sanzione, fondandosi l'iniziativa esclusivamente sulla responsabilità e sul senso civico dei cittadini, invitati a rispettare i soggetti beneficiari dei parcheggi riservati;
    l'articolo 7, comma 1, lettera d), del codice della strada stabilisce infatti che i comuni possono riservare limitati spazi alla sosta dei veicoli degli organi di polizia stradale, dei vigili del fuoco, dei servizi di soccorso, nonché di quelli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria, munite del contrassegno speciale, o a servizi di linea per lo stazionamento ai capolinea ma non prevede ulteriori categorie di utenti a cui riservare gli stalli di sosta;
    i «parcheggi rosa» costituiscono un importante strumento sociale per le donne in stato di gravidanza e per le madri con neonati al seguito, tale da contribuire a vivere la maternità in una condizione di minore stress, permettendo loro di parcheggiare senza difficoltà nei luoghi dove la sosta risulta problematica,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di competenza al fine di apportare le opportune modifiche al codice della strada, così da prevedere l'istituzione di spazi di sosta e parcheggi «rosa» per neo-mamme e donne incinte, identificati con idonea segnaletica orizzontale e verticale, nell'ambito della regolamentazione della circolazione nei centri abitati.
(7-01118) «Spessotto, Liuzzi, Nicola Bianchi, Dell'Orco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni sulla stampa locale si è ritornati a parlare insistentemente dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, in particolare, dopo la diffusione da parte del presidente della regione Puglia dei dati epidemiologici relativi ad uno studio, condotto con la collaborazione del dipartimento di epidemiologia del servizio sanitario della regione Lazio, della Asl di Taranto, di Arpa Puglia e di AreS Puglia, per valutare l'effetto delle sostanze tossiche di origine industriale, emesse dall'Ilva sulla salute dei residenti di Taranto, Massafra e Statte;
   tale studio ha dimostrato chiaramente che esiste una relazione causa-effetto tra le emissioni industriali e il danno sanitario;
   già in precedenza era stato pubblicato l'aggiornamento del registro dei tumori di Taranto riguardante il periodo 2006-2011;
   infatti, tale nuova pubblicazione seguiva il primo report di incidenza dei tumori maligni della provincia di Taranto presentato nel 2014, comprendente i casi incidenti nell'intero territorio provinciale per gli anni 2006-2008;
   la pubblicazione del primo report del registro dei tumori di Taranto, tramite la valutazione dell'incidenza degli anni 2006-2008, aveva già segnalato delle criticità dello stato di salute della provincia di Taranto rispetto al Pool Sud dei registri tumori, soprattutto per quanto riguarda l'eccesso di rischio per il carcinoma alla mammella, collo dell'utero e ovaio nelle donne; nei maschi il rischio di carcinoma del polmone e della vescica, oltre a essere in eccesso rispetto al Pool Sud, risultava in eccesso anche rispetto al Pool nazionale; inoltre, soprattutto nei comuni dell'area orientale nello stesso confronto con il Pool nazionale si riscontrava un eccesso di carcinoma della tiroide per le donne;
   nell'ultima pubblicazione è emerso che il quadro generale dei dati registrati negli anni 2006-2011, è notevolmente peggiorato. Si evidenziano, in particolare per il sesso maschile, tassi più elevati nella provincia di Taranto rispetto al Pool Sud e Pool nazionale, per mesotelioma, carcinoma epatico, vescicale e polmonare. Inoltre, dati provinciali presentano tassi più elevati rispetto al Pool Sud anche per il carcinoma al fegato, rene, linfoma non hodgkin, prostata e stomaco nei maschi, mammella nelle donne e colon, melanoma, tiroide, encefalo in entrambi i sessi;
   inoltre è stato evidenziato il maggior interessamento del Sin (comuni di Taranto e Statte) rispetto all'intera provincia per quel che riguarda il carcinoma allo stomaco, colon, fegato, polmone, melanoma, mesotelioma, rene, vescica, tiroide nei maschi, linfoma non Hodgkin, mammella, cervice uterina nelle donne attestando la necessità di porre particolare attenzione in termine di assistenza e sorveglianza per i residenti nell'area a rischio ambientale;
   in particolare la pubblicazione evidenzia che, indipendentemente dall'eventuale riduzione dell'esposizione all'inquinamento ambientale, risulterà ancora per molti anni l'eccesso di patologie oncologiche nell'area a rischio, ciò richiedendo un miglioramento e potenziamento della rete di assistenza e prevenzione oncologica già in essere grazie ai fondi (progettuali e quindi temporanei) del Centro Salute e ambiente e della «Terra dei fuochi»;
   anche l'Istituto superiore di sanità ha condotto, con il progetto «Sentieri Kids» uno studio specifico centrato sui bambini e sui ragazzi e relativo alla mortalità e ad alcune malattie nella fascia d'età compresa tra 0-19 anni e per il periodo compreso tra il 1995 ed il 2009 nei 44 siti già analizzati da «Sentieri»;
   nei dintorni di tali siti abitano circa un milione di bambini e ragazzi ed i ricercatori hanno rilevato che la mortalità è superiore del 4 per cento alla media nazionale per i neonati fino ad un anno. Inoltre le situazioni cambiano da sito a sito ed in particolare è stato evidenziato che nei siti vicino agli ambiti industriali complessi la mortalità e l'ospedalizzazione per malattie respiratorie acute, oltre all'incidenza dei tumori, ha un picco. A Taranto la mortalità è più alta del 21 per cento nella fascia di età 0-1 e del 24 per cento nella fascia 0-14;
   di fatto, a fronte di un aumento così dimostrato dell'incidenza dei tumori nella popolazione della provincia di Taranto, il sistema di assistenza, cura e ospedalizzazione pubblica dei malati interessati non è sufficiente. Infatti la asl di Taranto attualmente conta la presenza di maggiori posti letto nei presidi privati rispetto a quelli pubblici (948 contro 613);
   con l'ultima delibera n. 256/2016 la regione Puglia ha potenziato maggiormente il privato a scapito dei presidi pubblici ed in particolare si sottolinea che la nuova programmazione non ha previsto alcun posto letto di pneumologia e chirurgia toracica per l'ospedale SS. Annunziata e Moscati di Taranto ad esclusione di alcuni posti letto nelle strutture private accreditate prevedendo invece 15 posti letto della disciplina di pneumologia presso l'ospedale di Manduria;
   dal punto di vista economico la situazione non è migliore, infatti, uno studio della Svimez, commissionata dal Sole 24 Ore, ha dimostrato che la crisi dell'Ilva sarebbe costata 9,87 miliardi di euro di prodotto interno lordo, in quanto tra il 2013 ed il 2015 il rallentamento dell'acciaieria avrebbe provocato una perdita di investimenti fissi lordi pari a 2,19 miliardi di euro e la contrazione dell’export sarebbe di 4,45, miliardi di euro. Inoltre, secondo il modello economico Svimez, sempre tra il 2013 ed il 2015, la perdita cumulata di consumi delle famiglie (espressione diretta e indiretta della crisi Ilva) sarebbe stata di 1,45 miliardi di euro –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere per garantire maggiori livelli di assistenza per la popolazione interessata dall'alta incidenza dei tumori;
   come intendano gestire l'emergenza sanitaria, che coinvolge maggiormente le fasce più deboli della popolazione tarantina, a fronte di un sistema di assistenza pubblica specifica non sufficiente;
   se ritengano improrogabile ed opportuno avviare, in accordo con la regione Puglia, iniziative per conferire un assetto speciale alla asl di Taranto per consentire in loco cure ed assistenza adeguate;
   quali iniziative concrete intendano porre in essere per avviare un nuovo e mirato programma di riconversione industriale per l'impianto siderurgico tarantino per garantire il rilancio dell'economia della città e un lavoro dignitoso per i tarantini e restituire fiducia nel futuro alle tante famiglie coinvolte.
(2-01508) «Labriola, Prataviera, Marguerettaz, Cristian Iannuzzi, Segoni, Prodani, Murgia, Marcolin, Bruno, Baldassarre, Matarrelli, Pastorino, Bechis, Mottola, Plangger, Formisano, Ottobre, Brignone, Andrea Maestri, Turco, Capelli, Zaccagnini, Vecchio, Rizzetto, Gigli, D'Agostino, Rabino, Chiarelli, Pili, Gebhard».

Interrogazione a risposta orale:


   MOLTENI e SIMONETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi del comma 3 dell'articolo 15, del decreto-legge n. 185 del 2015 (cosiddetto decreto enti territoriali), per la realizzazione del piano degli interventi strutturali a valere sul fondo «sport e periferie» il Coni avrebbe dovuto presentare un piano alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   ai fini della predisposizione di tale piano il Coni non ha emesso alcun bando, bensì pubblicato sul proprio sito un avviso, chiarendo che «per individuare gli interventi da proporre alla Presidenza» invitava «chiunque a segnalare entro il 15 febbraio 2016 le proprie proposte di intervento»;
   a tal fine, il Coni allegava il modello da compilare e allegare al messaggio di posta elettronica certificata di presentazione della proposta, indicando i contenuti che la proposta medesima doveva comprendere e le modalità di invio delle proposte di intervento;
   tale avviso conteneva in calce la precisazione che «la pubblicazione della presente comunicazione e la ricezione delle proposte non comportano per il Coni alcun obbligo o impegno, nei confronti dei soggetti interessati, di dar corso all'intervento proposto, né, per questi ultimi, alcun diritto a qualsivoglia prestazione da parte del Coni, a qualsiasi titolo»;
   secondo quanto riportato sempre sul sito del Coni, sono arrivate 1.681 proposte, valutate da un Comitato «indipendente di giuristi di chiara fama» nominato ad hoc;
   sempre secondo quanto pubblicato sul sito del Coni, in tutto gli interventi saranno 183, con maggiore presenza delle regioni del Sud «anche in ragione del maggior numero di proposte ricevute» –:
   se ritenga sia stata data sufficiente pubblicità alla possibilità di avanzare proposte di intervento;
   se non convenga sull'opportunità che, ai fini della trasparenza e della chiarezza procedurale, siano pubblicati sul sito del Coni anche gli esiti della valutazione del comitato indipendente sulle 1.681 proposte pervenute, al fine di avere contezza dei criteri procedurali perseguiti e fugare ogni dubbio su scelte discrezionali derivante dalla precisazione in calce all'avviso richiamata in premessa. (3-02553)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COVA, TERROSI, ROMANINI, PRINA, MARROCU, CASATI, CUOMO, ZANIN, FREGOLENT, FUSILLI, PAOLO ROSSI, BAZOLI, MALPEZZI, DALLAI, LAVAGNO, FRAGOMELI, TENTORI, CRIMÌ, COPPOLA, CASSANO, AMATO, ALBINI, SCANU, SENALDI, LACQUANITI, PATRIARCA, NACCARATO, LUCIANO AGOSTINI, NICOLETTI, CASTRICONE, FOSSATI, PREZIOSI e DELL'ARINGA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
   il comitato olimpico nazionale italiano (CONI) è la Confederazione delle Federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate e si conforma ai principi dell'ordinamento sportivo internazionale, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato olimpico internazionale, di seguito denominato CIO. È un ente pubblico che cura l'organizzazione ed il potenziamento dello sport nazionale ed in particolare la preparazione degli atleti e l'approntamento dei mezzi idonei per le Olimpiadi e per tutte le altre manifestazioni sportive nazionali o internazionali;
   lo Stato italiano finanzia con un fondo di circa 450 milioni di euro annui CONI per volgere le proprietà attività sportive;
   la Federazione italiana di atletica leggera (FIDAL) è una delle Federazioni appartenenti al CONI. Come riportato nei comunicati della stessa FIDAL viene indicato «(...) Nel Consiglio, tenuto conto del difficile momento economico del mondo sportivo, ha istituito anche un fondo di solidarietà a favore delle società; il contributo è di 50.000 euro, da destinare a club storici che si trovino in un particolare momento di necessità e difficoltà. Un sostegno una tantum, motivato da situazioni di particolare necessità e urgenza, e volto a sventare la riduzione delle attività agonistiche»;
   la delibera del Consiglio federale n. 90 del 28 luglio 2016 della FIDAL approva i requisiti e i criteri di assegnazione dei contributi previsti con il Fondo per le Società che si trovano in difficoltà istituito con delibera n. 77 del 23 giugno 2016. Tra i criteri approvati rientrano, come riportato dall'allegato alla delibera n. 90 del 28 luglio 2016, una attenzione solo per società con un alto livello di risultati agonistici in campo femminile e maschile, Società che in questi anni potrebbero aver investito fondi per poter competere ai campionati di società e ai titoli di società anche con atleti stranieri;
   i criteri adottati, ad avviso degli interroganti, non rispecchiano lo spirito dell'articolo 1, comma 1, dello statuto della stessa FIDAL che si ispira al principio di democrazia e di partecipazione di chiunque in condizioni di uguaglianza e di pari opportunità –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per rafforzare il sostegno, anche finanziario, alle società sportive che investono sui giovani e sui talenti italiani, nonché per sviluppare i vivai nazionali, con particolare riferimento a discipline come l'atletica leggera che più di altre risentono del difficile momento economico. (4-14486)


   QUARTAPELLE PROCOPIO, AMATO, ARLOTTI, BENI, BLAZINA, PAOLA BOLDRINI, BONOMO, BRUNO BOSSIO, BRAGA, CAMANI, CAPONE, CAPOZZOLO, CARROZZA, CHAOUKI, COCCIA, COMINELLI, DALLAI, D'ARIENZO, MARCO DI MAIO, D'INCECCO, DI SALVO, FABBRI, FEDI, FRAGOMELI, FUSILLI, GADDA, GARAVINI, GNECCHI, LAVAGNO, LODOLINI, LA MARCA, PATRIZIA MAESTRI, MANFREDI, MARANTELLI, MARCHI, MAZZOLI, MISIANI, MOGNATO, MORANI, MURER, PATRIARCA, PES, PICCIONE, PREZIOSI e REALACCI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. – Per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2013 a poche miglia dal porto di Lampedusa centinaia di migranti: l'Italia rispose attivando una delle più grandi operazioni umanitarie della storia, «Mare Nostrum», che ha infatti salvato più di 100 mila vite umane in un anno;
   il buon esempio del Governo italiano ha anche aperto la strada a iniziative coordinate dell'Unione europea per la gestione dei flussi migratori e per favorire lo sviluppo nei Paesi d'origine; nel frattempo, tuttavia, altre migliaia di persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e una parte importante delle politiche di Bruxelles sulle migrazioni, a partire dal ricollocamento dei richiedenti asilo in tutto il territorio dell'Unione europea, sono rimaste lettera morta in ragione del rifiuto più o meno esplicito di alcuni Governi degli Stati membri a collaborare;
   il 18 aprile 2015 nel Canale di Sicilia, si verificò un altro terribile naufragio, 75 miglia a nord di Tripoli, dove un'imbarcazione con più di settecento persone, di cui solo 28 riuscirono a sopravvivere, si inabissò, adagiandosi a 400 metri di profondità, e causando un numero sterminato di vittime, non ancora esattamente identificate;
   il 1o luglio 2016 la Presidenza del Consiglio ha dato l'avvio ad una complessa operazione, denominata Augusta, affidata al Ministero della difesa e coordinata dalla Marina militare, al fine di recuperare il relitto del barcone, con l'intero carico di salme, che sono state successivamente prelevate dalla tolda, grazie ad una straordinaria attività dei vigili del fuoco e delle Croce rossa che non ha avuto eguali al mondo;
   durante il difficilissimo lavoro di recupero e successiva identificazione delle salme, o meglio di ciò che spesso di queste salme è rimasto, a fronte di un infinito orrore e alla necessità di fare qualcosa per non dimenticare, si è pensato di dar vita ad un «polo scientifico e museale» nel cimitero Maggiore di Milano, in un'area vicina ai terreni Expo, realizzando due diversi percorsi, uno scientifico sulle tecniche di analisi del Dna, e uno dedicato invece più specificamente alla memoria e a come possa esistere una medicina «umanitaria», che attraverso l'esame di ciò che una vittima ha nello stomaco o sotto la suola delle scarpe possa stabilire luogo e ora della morte;
   del resto, il progetto di realizzare a Milano – città tappa fondamentale delle migrazioni verso il Nord Europa – un «polo scientifico e museale» per i diritti umani, non è nuovo, e l'idea di trasportare questo relitto al Nord, perché non venisse dimenticato, ma anzi trasformato in una tappa culturale per non dimenticare, è sorta man mano che le difficili operazioni di identificazione delle salme procedevano tra i «body bags», ossia i sacchi per cadaveri;
   da notizie a mezzo stampa, l'intera operazione, finanziata dalla Presidenza del Consiglio, sarebbe costata 9,5 milioni di euro, una parte dei quali – pari a 1,4 milioni di euro – sarebbero stati spesi nella prima fase, relativa all'ispezione del relitto, mentre circa 1,6 milioni di euro sarebbero poi stati spesi per la progettazione del recupero dell'imbarcazione. Infine, per la mobilitazione dei mezzi il costo sarebbe stato di circa 6,5 milioni di euro;
   sino ad oggi, invece, le autopsie e le identificazioni delle salme, curate dall’équipe coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo della sezione di medicina legale dell'università di Milano, sarebbero state a carico delle università di Catania, Messina e Palermo e dei reparti di medicina della polizia di Stato;
   restano, tuttavia, ancora numerose le operazioni di identificazione da portare a compimento, anche per dare degna sepoltura a persone che altrimenti sarebbero rimaste per sempre in fondo al mare, così come occorrono ulteriori risorse per dar vita a quel progetto di costruzione di un polo scientifico e museale a Milano, che se non potrà restituire un po’ di giustizia alla loro memoria –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per facilitare la realizzazione di un polo scientifico e museale nella città di Milano, attraverso il trasporto del relitto, nonché se e quali risorse preveda di mettere a disposizione, previo coinvolgimento delle Istituzioni dell'Unione europea e dei partner europei, al fine di terminare il doloroso percorso di identificazione delle vittime, anche alla luce della considerazione che i riconoscimenti hanno importanti ripercussioni sui familiari rimasti vivi, permettendo loro quei ricongiungimenti altrimenti impossibili in assenza dei certificati di morte. (4-14488)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il poligono di tiro di Capo Frasca è il terzo d'Europa per estensione territoriale, sviluppandosi in un'area di 14 chilometri quadrati, sul territorio dei comune di Arbus, nella costa sud-occidentale della Sardegna;
   la presenza di ordigni inesplosi e le esercitazioni militari in essere comportano il divieto di esercitare la pesca nel territorio circostante, penalizzando i pescatori, le cooperative e le marinerie dell'area;
   nonostante tale penalizzazione, i pescatori dei comuni di Arbus, Oristano, Terralba, Santa Giusta, Cabras, Arborea e Marrubiu non sono inseriti tra i beneficiari degli indennizzi previsti dalle leggi n. 898 del 1976 e n. 104 del 1990, nonché dal protocollo d'intesa siglato nel 1999 tra il Ministero della difesa e la regione Sardegna;
   in particolare, il citato protocollo ha riconosciuto solo alcune marinerie tra quelle interessate all'erogazione degli indennizzi, escludendo proprio le cooperative di pescatori e le marinerie dei comuni adiacenti il poligono di tiro di Capo Frasca;
   lo stesso articolo 332 del codice dell'ordinamento militare predispone un indennizzo in favore delle attività che vedono leso il proprio diritto di impresa;
   nell'aprile 2013 il Ministero della difesa aveva aperto alla possibilità di assicurare alle cooperative della zona immediata e positiva risoluzione del problema, ma a distanza di un anno non erano ancora stati dati concreti seguiti;
   nell'ottobre 2015 la Commissione difesa della Camera dei deputati approvava all'unanimità la risoluzione n. 8-00142 con la quale si impegnava il Governo al riconoscimento degli indennizzi dovuti ai pescatori delle marinerie adiacenti il poligono di Capo Frasca, finora esclusi dai benefici previsti per Capo Teulada e Quirra dal citato protocollo d'intesa siglato nel 1999;
   nonostante la disponibilità del Ministero della difesa, la Presidenza del Consiglio a distanza di un anno non ha ancora dato seguito agli impegni presi con la risoluzione: la Difesa, infatti, attesi anche i risvolti finanziari della vicenda, aspetta da tempo una proposta dal coordinamento della Presidenza del Consiglio che tarda inspiegabilmente ad arrivare –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per il «via libera» finanziario necessario a dare seguito alla risoluzione approvata dalla Commissione difesa della Camera dei deputati, in modo da procedere al riconoscimento delle giuste rivendicazioni dei pescatori sardi e di sanare una incomprensibile discriminazione per i piccoli pescatori di quel territorio. (4-14496)


   SGAMBATO, TARTAGLIONE, MANFREDI, CARLONI, CUOMO, VALIANTE e BOSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Caserta versa in condizioni drammatiche dal punto di vista finanziario come dimostrato dalla mancata approvazione del bilancio di previsione 2015 e dall'avvenuta adozione, ad opera del competente organo consiliare, con deliberazione n. 37 del 29 dicembre 2015, del provvedimento dichiarativo dello stato di dissesto finanziario ex articolo 244 del decreto-legislativo n. 267 del 2000 (TUEL) con tutte le limitazioni che ne conseguono in termini di concreta operatività dell'ente;
   la provincia, dunque, che pure ha cercato di mettere in opera una gestione prudente, si viene a trovare nell'oggettiva impossibilità di equilibrare la previsione 2015, con tutte le implicazioni negative da ciò discendenti e con immediate ripercussioni sui cittadini, con conseguente necessità, di dover deliberare, suo malgrado, lo stato di dissesto finanziario;
   nel contesto sinteticamente delineato e connotato dalla sostanziale impossibilità di elaborazione di un'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, essendo, infatti, decorsi i termini perentori, stabiliti dal succitato decreto-legge n. 267 del 2000, ulteriore elemento di criticità è stato rappresentato dalla missiva prot. n. 509/SEF del 17 giugno 2016 con la quale è stata formalizzata l'impossibilità dell'assunzione, da parte dei vari settori della provincia, di impegni di spesa ex novo (ivi compresi quelli relativi alla manutenzione straordinaria degli edifici di competenza), per effetto del superamento dei limiti previsti dall'articolo 250, comma 1, del TUEL;
   a ciò si aggiunga che la provincia non dispone nemmeno delle somme occorrenti a garantire dal 31 dicembre 2016 la fornitura di energia elettrica, con conseguente rischio di traumatica interruzione dell'anno scolastico 2016/2017 –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano mettere in campo per garantire che le vicende di cui sopra non si ripercuotano sui cittadini;
   come il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per garantire la sicurezza degli studenti e la continuità dell'anno scolastico in corso. (4-14501)


   SBERNA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la Federazione italiana gioco calcio alcuni giorni fa ha diffuso la notizia di aver sottoscritto un accordo di partnership con «Intralot» che la rende «premium sponsor» delle nazionali di calcio;
   la Intralot appartiene al gruppo Gamenet – concessionario di Stato per scommesse, slot, video-lotterie e ha numerosi punti scommesse, nonché una presenza crescente sul mercato online;
   si deve ricordare che la ludopatia si sta diffondendo in maniera preoccupante, tanto da diventare una vera e propria piaga sociale che sta rovinando tante persone e famiglie e la stessa economia del Paese;
   infatti, il 25 per cento dei giovani delle scuole superiori, di età compresa fra 15 e 19 anni dichiara di considerare l'azzardo come una fonte di reddito;
   inoltre, tre milioni di individui sono malati di gap (gioco d'azzardo patologico), mentre 88 miliardi di euro nell'intero Paese, pari al 5 per cento del prodotto interno lordo sono consumati in azzardo;
   dunque, esporre, direttamente o indirettamente, i giovani a un rischio gravissimo come quello delle ludopatie appare sbagliato, tenendo conto che nel 2015 sono stati registrati oltre un milione di giocatori tra i 15 e i 19 anni, l'8 per cento degli studenti italiani, 60.000 in più dell'anno precedente;
   l'azzardo non è un prodotto di consumo come tutti gli altri, non risponde ai valori educativi e di sviluppo del benessere psicofisico che si riconoscono al gioco, crea dipendenza ed espone a gravi rischi;
   la pubblicità è un elemento costitutivo della dipendenza: la induce e la produce. Quindi gli interessi insiti nel gioco d'azzardo sono altro rispetto ai valori sani dello sport, dell'etica, della legalità, della competizione positiva, del gioco di squadra;
   a seguito dei molteplici disaccordi espressi tra gli altri dal Garante per l'infanzia e l'adolescenza, dall'unione nazionale consumatori, dal presidente della Consulta nazionale antiusura «Giovanni Paolo II», monsignore Alberto D'Urso, le insegne Intralot sono state tolte dal materiale tecnico della squadra di calcio italiana e dai cartelloni pubblicitari;
   inoltre, la FIGC ha ribadito che «la visibilità di Intralot non sarà accostata all'immagine dei giocatori della Nazionale né, in alcuna forma, alle squadre giovanili azzurre». Queste rassicurazioni sono importanti, ma appaiono tuttavia ancora insufficienti, dal momento che l'Italia è tra i primi Paesi al mondo nel consumo di gioco d'azzardo;
   il «decreto Balduzzi» vieta la pubblicità del gioco d'azzardo con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive, radiofoniche, cui potrebbero assistere dei minori nonché sui giornali, su riviste e pubblicazioni e via internet;
   nella legge n. 208 del 2015 (stabilità 2016), sono state approvate disposizioni limitative della pubblicità, con riferimento sia agli orari in cui sono vietati i messaggi pubblicitari nelle tv generaliste sia ai contenuti dei messaggi stessi, nonché misure atte a realizzare campagne di informazione e di sensibilizzazione, in particolare nelle scuole, sui fattori di rischio connessi al gioco d'azzardo ed è stato istituito presso il Ministero della salute il fondo per il gioco d'azzardo patologico;
   è, quindi inopportuno, ad avviso dell'interrogante, che a fare da sponsor della nazionale di calcio, vista e seguita da milioni di italiani, sia una società attiva nel mondo delle scommesse con il rischio che si aggiri il divieto di pubblicità del gioco d'azzardo –:
   quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze e nel rispetto dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, per proteggere lo sport del calcio dallo sfruttamento commerciale e per rafforzare il contrasto alle ludopatie, disincentivando forme di pubblicità, anche indirette, del gioco d'azzardo. (4-14511)


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e BUSTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli italiani sono sempre più attenti alla salute e all'ambiente e con una maggior propensione a spendere di più per mangiare prodotti più sani, cresciuti senza pesticidi. Per fare un esempio un pacco di pasta costa in media 80 centesimi, ma se è fatta con grano bio si può pagare anche 2,15 euro. Nei primi 6 mesi di quest'anno i consumi di prodotti bio sono aumentati del 21 per cento e con essi le aziende italiane che fanno bio (ora sono oltre 60.000), mentre la superficie coltivata bio cresce in misura minore (dal 10 al 12 per cento della superficie agricola utilizzata) a vantaggio della Romania dove imprenditori italiani, con costi di produzione più bassi, coltivano 300.000 ettari ed in tanti fanno il biologico che poi esportano in tutta Europa e soprattutto anche in Italia;
   oltre alla denominazione, riconosciamo un prodotto bio perché viene certificato con il marchio europeo e quello dell'ente che è andato a verificare che la materia prima sia, effettivamente, quella dichiarata. In Italia ce ne sono 14, controllati da un ente unico, vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ma sono ben cinque, già, gli enti di certificazione italiani che hanno aperto l'ufficio in Romania. È certificato l'agricoltore, è certificato il mulino che acquista il grano, è certificato il pastificio che acquista la farina, il grossista che commercializza la pasta, il supermercato o il negozio che poi la vende. Il consumatore immagina che questa sia la filiera più tracciata che possa esistere perché ogni passaggio è certificato, però se quello che viene dopo non controlla quello che ha certificato prima la tracciabilità si interrompe e quello che viene venduto come bio altro non è se non un prodotto convenzionale (trattato con fitosanitari o mescolato al biologico) come nel caso, notizia di cronaca recente, delle diecimila cinquecento tonnellate di grano che il produttore pugliese Liuzzi avrebbe venduto per biologico con danni per 700 mila euro. A ciò si aggiunga che sappiamo esattamente quanto prodotti bio produce e immette sul mercato ogni singola regione italiana, non sappiamo quanto importiamo dall'Unione europea (in particolare Romania ed Ucraina);
   in base a quanto riportato nella puntata di Report del 10 ottobre 2016 sulle truffe delle certificazioni del biologico, gli interroganti apprendono che il vice ministro, Andrea Olivero, con delega al biologico, con il suo capo segreteria Enrico Maria Pollo, avrebbe incontrato Angelo Maugeri, amministratore dell'ente di certificazione Ecogruppo, per chiedere di rivedere l'interdizione nei confronti di una partita di prodotti agricoli contraffatti dell'imprenditore Romani. Enrico Pollo, console onorario d'Italia in Romania, ha seguito i rapporti imprenditoriali tra Italia e Romania nell'agricoltura e, stando a quanto emerge dall'inchiesta giornalistica, risulterebbe essere anche alla guida della società di consulenza aziendale «Archimedes», con dieci sedi fra Italia, Romania, Ucraina, Serbia, Montenegro e Russia, che avrebbe fornito prestazioni anche all'imprenditore Giampaolo Romani, inquisito proprio per truffe nel settore dell'agricoltura biologica –:
   se, in merito ai fatti sulla truffa delle certificazioni dei prodotti biologici riportati nella puntata Report del 10 ottobre 2016, non ritenga urgente fornire elementi in merito all'incontro che il vice ministro, Andrea Olivero, con delega all'agricoltura biologica, ha avuto, assieme al suo capo segreteria, Enrico Maria Pollo, con Angelo Maugeri, amministratore dell'ente di certificazione Ecogruppo di cui in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in campo per garantire la massima trasparenza sui processi di certificazioni dei prodotti bio.
(4-14521)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   continue e, quantomeno, inopportune, ad avviso dell'interrogante, sono le ingerenze delle istituzioni dello Stato all'estero in aperto sostegno di una parte politica;
   da ultimo, come si apprende da fonti di stampa, l'ambasciatore italiano in Canada, Gian Lorenzo Cornado, non si sarebbe limitato a schierarsi a favore del «sì» al referendum costituzionale, ma avrebbe addirittura organizzato per il 3 ottobre 2016 un evento a Toronto per fare campagna politica;
   in particolare, nelle locandine relative oltre al simbolo del Partito Democratico, figurerebbe il logo «Basta un sì»: per l'interrogante è evidente, dunque, che si tratti di un'iniziativa politica e di indirizzo in riferimento al referendum previsto per il 4 dicembre 2016;
   non si tratterebbe di un episodio isolato, posto che la Ministra Boschi, durante il suo comizio a Buenos Aires, avrebbe ringraziato l'ambasciatrice italiana Teresa Castaldo, che ha «organizzato questo incontro» e il console generale, la cui segreteria si sarebbe molto spesa per sponsorizzare l'evento;
   appare evidente all'interrogante come ormai rappresentanti diplomatici degli italiani all'estero siano scesi apertamente in campo per organizzare iniziative a favore di un Partito –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali urgenti iniziative di competenza si intendano adottare nei confronti degli alti dirigenti dello Stato che, ad avviso dell'interrogante, hanno confuso il ruolo istituzionale con le loro idee politiche e quali iniziative si intendano assumere affinché simili comportamenti non vengano reiterati.
(4-14495)


   MARCON. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   recentemente l'Unione europea ha intrapreso una strada che potrebbe segnare un grave precedente e un punto di non ritorno nelle politiche migratorie: rimpatri forzati in cambio di aiuti economici. Il riferimento è al recente nuovo accordo tra Unione europea ed Afghanistan, il « Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU» firmato a Kabul, al Palazzo presidenziale il 2 ottobre e il suo nesso con la Conferenza internazionale sull'Afghanistan che si è chiusa il 6 ottobre, con la promessa di nuovi sussidi economici al Paese (altri 15,2 miliardi di euro);
   per la prima volta infatti si fa un accordo di riammissione forzata con un Paese in una situazione di conflitto conclamato. Nello specifico, l'intesa dice che i cittadini afghani che non hanno base legale per restare in uno Stato membro dell'Unione, verranno rimpatriati nel loro Paese d'origine: si prediligerà il «ritorno volontario» altrimenti si procederà con i «rimpatri forzati» anche di massa;
   gli afghani sono il secondo gruppo per numero di richiedenti asilo giunti nell'Unione europea – sia nel 2015 che nei primi otto mesi del 2016, ora si trovano al centro di un accordo su rimpatri, riammissioni e reintegri;
   l'Afghanistan è classificato come quartultimo nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L'Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che sia secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell'Easo, dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati nel 2015 11 mila civili vittime di violenza. Prevedere in un Paese come questo un rimpatrio forzato è un pericolosissimo precedente e rischia di aggravare ulteriormente una situazione già di per sé drammatica;
   sebbene entrambe le parti neghino che vi sia un nesso diretto tra la firma dell'accordo e la concessione degli aiuti, osservatori e fonti giornalistiche rivelano che un collegamento in effetti vi sarebbe, e che sarebbe stata la Germania a imporre come condizione per l'elargizione di aiuti la firma dell'accordo. In due diversi sessioni parlamentari, il 29 settembre e il 2 ottobre 2016, autorevoli esponenti del Governo afghano come il Ministro degli affari esteri, Salahuddin Rabbani, e quello delle finanze, Eklil Hakimi, hanno fatto esplicito riferimento al legame tra la concessione degli aiuti e l'accordo sui rimpatri. Una condizionalità che di certo era nell'aria da tempo e che appare in linea con la tendenza europea dell'ultimo periodo ad esternalizzare la gestione di una crisi migratoria apparentemente senza soluzione, fornendo in cambio aiuti economici (si vedano il caso del recente accordo con la Turchia, nonché i processi di Rabat e Khartoum) –:
   quale sia la posizione del Governo in merito a quanto esposto in premessa;
   se il Governo intenda firmare un accordo bilaterale e se questo prevedrà anche il rimpatrio forzato;
   se non ritenga una contraddizione quanto previsto nell'accordo in merito ai rimpatri, alla luce delle condizioni di sicurezza dell'Afghanistan e della circostanza che la cooperazione italiana non ha recentemente ammesso, sulla base di un giudizio dell'ambasciata, confermato anche dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale), due progetti sull'Afghanistan proprio a causa delle condizioni di sicurezza e delle norme internazionali che dispongono che si possono fare rimpatri solo se il Paese di rimpatrio è sicuro. (4-14498)


   GARAVINI, TACCONI e GIANNI FARINA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   diversi consigli scolastici del Regno Unito, nel distretto metropolitano di Bradford e in altri, sottopongono alle famiglie italiane un questionario di raccolta dei dati necessari per l'iscrizione dei figli nelle scuole pubbliche locali, nel quale si propone una inopinata classificazione etnica dei potenziali alunni;
   il questionario per i ragazzi italiani, infatti, contiene questa stupefacente articolazione: «Italian» – ITAA (Italian Any Other) – ITAN (Italian Napoletan) – ITAS (Italian Sicilian) che richiama, ad avviso degli interroganti, i peggiori stereotipi razzisti diffusi nel mondo anglosassone oltre un secolo fa, agli inizi della Grande emigrazione;
   questo schema di raccolta dei dati sarebbe stato adottato addirittura dal dipartimento dell'educazione del Governo del Galles e, quindi, divulgato negli istituti scolastici locali;
   la notizia fa seguito a quella sulla richiesta avanzata alle aziende, ridimensionata ma non smentita, di compilare elenchi dei lavoratori stranieri distinti direttamente per provenienza nazionale e, indirettamente, per orientamento culturale e civile;
   si tratta di premesse evidentemente allarmanti rispetto alle trattative, di fatto già avviate, per una gestione auspicabilmente equilibrata e misurata delle conseguenze che la «Brexit» può produrre nei rapporti tra i partner europei e, in particolare, nella condizione dei lavoratori italiani che risiedono nel Reno Unito;
   al 31 dicembre 2015, in base alle risultanze dell'anagrafe degli italiani residenti all'estero, i cittadini italiani residenti nel Regno Unito sono 256.253; ad essi si devono aggiungere decine di migliaia di giovani temporaneamente residenti per ragioni di studio e i protagonisti delle cosiddette mobilità brevi per ragioni di lavoro, a testimonianza del fatto che il Regno Unito è stato e continua ad essere una delle mete preferenziali degli italiani che decidono di espatriare –:
   quali iniziative, tramite l'ambasciata italiana nel Regno Unito, il Governo intenda assumere per ottenere con effetto immediato non solo il ritiro del questionario scolastico, ma anche una pubblica dichiarazione da parte delle autorità inglesi di rammarico per quanto accaduto, che certo non giova all'immagine dell'Italia e degli italiani, nonché quali ulteriori iniziative diplomatiche intenda assumere affinché episodi come quello descritto non abbiano a ripetersi, a maggior ragione da parte di enti pubblici;
   quali linee il Governo intenda seguire per la tutela della condizione, della dignità e dei diritti dei nostri connazionali nel Regno Unito nella prospettiva di una gestione controllata della situazione venutasi a creare in conseguenza della «Brexit».
   (4-14522)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta orale:


   DAGA, DE ROSA, BUSTO, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la relazione dell'Unione sulla lotta alla corruzione 2014 stigmatizza il ritardo dell'Italia nella lotta alla corruzione e all'infiltrazione delle organizzazioni criminali, soprattutto per quanto riguarda i grandi appalti;
   nell’iter decisionale di approvazione di opere, piani e programmi le procedure ambientali Via-Vas costituiscono un momento nevralgico e di particolare delicatezza, considerato che la commissione esamina le opere e i piani di rilevante interesse per un valore complessivo di diverse decine di miliardi di euro ogni anno, e che può intervenire sui tracciati e sulle varianti di percorso, con conseguenze sul valore degli immobili e delle proprietà;
   il piano triennale per la prevenzione della corruzione 2014-2016 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nelle parte dedicata all'analisi dei rischi di corruzione, evidenzia che le procedure di Via-Vas nazionali sono connotate da rischi in relazione: alla discrezionalità delle decisioni; alla portata economica delle scelte; alla capacità di pressione dei gruppi interessati alla decisione;
   il piano fa riferimento soprattutto alle modalità di nomina dei membri della commissione, al profilo del conflitto di interessi e ad eventuali situazioni che possono determinare condizioni di inconferibilità degli incarichi;
   l'attuale commissione opera in regime di prorogatio da ben due anni;
   solo dopo numerosi solleciti effettuati attraverso atti di sindacato ispettivo, in cui si evidenziavano gravissime situazioni di conflitto di interessi di numerosi membri della commissione Via-Vas e la necessità di nominare una nuova commissione, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 7 maggio 2015 emanava un avviso pubblico per la raccolta delle candidature e un decreto che definiva i pochi e basilari requisiti per la partecipazione alla selezione, senza indicare alcun criterio oggettivo e i punteggi per la scelta tra i curricula e rimandando sostanzialmente ad una autodichiarazione del concorrente;
   gli atti di individuazione dei soggetti meritevoli di essere nominati venivano trasmessi alla Corte dei conti per la verifica di legittimità;
   con deliberazione depositata il 3 agosto 2016, la Corte dei conti ricusava il visto evidenziando numerose criticità, rimaste irrisolte anche dopo una prima nota di richiesta di chiarimenti inviata al Ministero il 1o giugno 2016;
   la Corte ha rilevato che non risultano predeterminati in modo adeguato criteri e parametri di giudizio e che la motivazione a supporto degli atti di incarico non dà conto della dovuta valutazione comparativa tra i soggetti, limitandosi ad affermare il possesso di qualità ritenute adeguate. Tra le ulteriori lacune e criticità la Corte ha evidenziato l'inadeguatezza della generica dichiarazione resa dagli aspiranti incaricati circa la sussistenza dei requisiti previsti dal decreto ministeriale n. 81 del 2015;
   con provvedimento del 28 settembre il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare revocava l'avviso pubblico del 7 maggio 2015 in ragione del «tempo trascorso» e delle «motivazioni poste a base della ricusazione del visto dell'Organo di controllo» –:
   se non ritenga di dover provvedere con urgenza all'emissione di un nuovo bando in cui siano garantite forme di trasparenza relativamente al profilo dei componenti della commissione Via-Vas, estese al patrimonio, agli incarichi professionali e associativi dei membri e dei familiari più prossimi, nonché degli eventuali partner professionali, al fine di assicurare l'assenza di situazioni di conflitto di interesse;
   quali iniziative concrete siano state messe in campo per approfondire le plurime e circostanziate segnalazioni dei potenziali conflitti di interesse e delle incompatibilità degli attuali commissari che continuano a rilasciare pareri sulle opere in regime di prorogatio. (3-02555)


   DE ROSA, TERZONI, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per la valutazione dei progetti, degli studi ambientali e delle osservazioni pervenute, è istituita la commissione nazionale VIA-VAS;
   la commissione esamina opere e piani di rilevante interesse proposti dallo Stato o da privati, per un valore complessivo di decine di miliardi di euro annui;
   la commissione può decidere sui tracciati, intervenendo sulle varianti, con conseguenze sul valore degli immobili e delle proprietà;
   il piano triennale per la prevenzione della corruzione 2014-2016 evidenzia che le procedure VIA-VAS nazionali presentano rischi in relazione: alla discrezionalità, alla portata economica, alla capacità di pressione di gruppi interessati;
   il piano fa riferimento soprattutto alle modalità di nomina e alla sottoscrizione di autocertificazioni rispetto a eventuali situazioni che possono determinare l'inconferibilità dell'incarico;
   solo dopo numerosi atti di sindacato ispettivo, il Ministro, il 7 maggio 2015, emanava un avviso per raccogliere le candidature; contestualmente, il Ministro stabiliva pochi requisiti per partecipare alla selezione, senza indicare criteri oggettivi e punteggi;
   il Ministro ha individuato i soggetti meritevoli di essere nominati; tali atti sono stati trasmessi alla Corte dei conti per la verifica di legittimità;
   con deliberazione 3 agosto 2016, la Corte ricusava il visto e la registrazione degli atti, evidenziando numerose criticità;
   la Corte dei conti chiariva che la scelta avviene attraverso una procedura pubblica con chiari criteri selettivi;
   nella deliberazione sono evidenziate ulteriori lacune e criticità, come quella sulla parità di genere;
   tra i nominativi emergono coincidenze con nomi di rappresentanti politici – o loro congiunti – o di persone prive delle necessarie competenze specifiche, tra cui: Carlo Salatino, già assessore del PD al comune di Cosenza; Bruno Villella, già coordinatore provinciale del Pd Cosenza; Domenico Mariani, ex amministratore delegato Amgas Bari, fratello dell'allora consigliere comunale di Bari e membro del consiglio direttivo di Ferrovie Sud-est; Simone Vigni, PD, presidente commissione assetto territorio del consiglio comunale Siena; Antonio Scurria, geologo, presidente del consiglio comunale S. Agata di Militello; Luciano Taranto, ingegnere, ex amministratore delegato ATOME3, UDC, condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale; Barbara Barattolo, architetto; Stefano Bettarini, ingegnere; Antonio Gatto, architetto; Biagio Bisignani, ingegnere;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con avviso pubblico del 28 settembre 2016, ha revocato l'avviso per la raccolta delle candidature, proprio alla luce dei rilievi della Corte –:
   come si spieghi che, nonostante il notevole ritardo nell'emanazione, l'avviso per la raccolta delle candidature non rispettasse i princìpi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, sia per l'inadeguatezza dei requisiti richiesti ai candidati sia per la palese violazione del principio della parità di genere;
   se intenda, nella predisposizione del prossimo avviso, precisare fin da subito i criteri di selezione con relativi punteggi, con procedura chiara e tracciabile, e garantire la pubblicità dei curricula dei soggetti individuati dal Ministro;
   se intenda chiarire nel dettaglio le procedure di selezione all'interno del Ministero e a che tipologie di controllo siano state sottoposte le dichiarazioni e i curricula dei nominativi selezionati;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per cambiare la ripartizione tra le diverse categorie professionali, aumentando il numero di soggetti con conoscenze nel settore delle scienze biologiche e naturali, considerato che quasi tutti i progetti sono sottoposti anche a valutazione di incidenza ambientale;assegnare un peso importante nella selezione alle pubblicazioni scientifiche, pubblicate su riviste riconosciute;
   quali misure di trasparenza intenda promuovere, come la pubblicizzazione delle sedute e dell'ordine del giorno, la possibilità di fare audizioni pubbliche e la piena attuazione delle norme esistenti e, a giudizio degli interroganti, inattuate sulle inchieste per le procedure di valutazione di impatto ambientale. (3-02556)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) 2015/757 stabilisce norme per il monitoraggio, la comunicazione e la verifica accurati delle emissioni di anidride carbonica (CO2) e di altre informazioni pertinenti in relazione alle navi che arrivano, circolano o partono dai porti sotto la giurisdizione di uno Stato membro, al fine di promuovere in modo efficace dal punto di vista dei costi la riduzione delle emissioni di CO2 derivanti dal trasporto marittimo;
   gli accertamenti sul rispetto degli obblighi relativi alle emissioni inquinanti legate all'utilizzo dei combustibili, da effettuarsi mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave e mediante controlli sui documenti di bordo e sui bollettini di consegna dei combustibili, sono di competenza del Corpo delle capitanerie di porto e della guardia costiera, mentre le sanzioni sono irrogate dalla autorità portuale;
   da un recente articolo apparso sul Corriere del Veneto il 29 settembre 2016, è emerso che la capitaneria di porto di Venezia, nel corso dei suoi controlli, ha riscontrato – in questi ultimi due anni – numerose irregolarità in merito ai carburanti utilizzati dalle navi da crociera;
   in particolare, nel 2015, su 60 controlli, 6 navi sono state multate per l'utilizzo di carburanti con tenore di zolfo oltre i limiti prescritti dalla legge, mentre per il 2016, su 80 controlli, sono state multate 5 navi, per un totale di 11 sanzioni comminate dalla capitaneria di porto di Venezia nel giro di due anni;
   le informazioni relative alle compagnie da crociera sanzionate sono state rese note all'opinione pubblica solo di recente, nonostante la sottoscrizione dell'accordo volontario Venice Blue Flag, che prevede l'impegno di utilizzo in laguna, sia in fase di navigazione sia in fase di attracco, di carburante con contenuti di zolfo inferiore allo 0,1 per cento;
   nessun atto di controllo specifico in merito alle emissioni inquinanti da grandi navi viene riportato nella sezione informazioni ambientali della autorità portuale di Venezia né della capitaneria di porto;
   i dati della Commissione europea stimano che 50.000 persone muoiono prematuramente ogni anno in Europa a causa dell'inquinamento dell'aria a causa del trasporto marittimo, e questo nonostante siano disponibili misure adeguate per risolvere efficacemente il problema –:
   se i Ministri interrogati possano fornire informazioni dettagliate sui controlli effettuati dalle autorità competenti negli ultimi anni sul rispetto degli obblighi relativi alle emissioni inquinanti da parte delle grandi navi e rendere altresì noti tutti i dati relativi alle irregolarità, con le relative sanzioni, eventualmente riscontrate durante i suddetti controlli.
(4-14493)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Enit, Agenzia nazionale italiana del turismo, è l'ente che opera per conto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nella promozione dell'offerta turistica italiana; il decreto-legge del 31 maggio 2014, n. 83, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, all'articolo 16, ha disposto la trasformazione di Enit in ente pubblico economico, prevedendo la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione della riforma;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 maggio 2015, registrato alla Corte dei conti il 29 maggio 2015, ed adottato con delibera commissariale n. 6 del 2015, è stato approvato il nuovo statuto di Enit;
   con decreto del 3 luglio 2015 il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha nominato il dottor Antonio Nicola Preiti e il dottor Fabio Maria Lazzerini componenti del consiglio di amministrazione dell'Enit, ai sensi dell'articolo 5 dello statuto, mentre, con successivo decreto ministeriale del 24 luglio 2015 e registrato alla Corte dei conti il 3 settembre 2015 al n. 3.666, la dottoressa Evelina Christillin è stata designata presidente per un triennio;
   ad oggi, nel sito internet dell'Agenzia manca l'indicazione dei compensi dei componenti del consiglio di amministrazione e non risulta presente il regolamento organizzativo, di fondamentale importanza per comprendere la riorganizzazione avvenuta in conseguenza della trasformazione di Enit in ente pubblico economico;
   ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» l'articolo 46 «Violazione degli obblighi di trasparenza – Sanzioni», al comma 1, riporta come «l'inadempimento degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente o la mancata predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità costituiscono elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale, eventuale causa di responsabilità per danno all'immagine dell'amministrazione e sono comunque valutati ai fini della corresponsione della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei responsabili». Secondo il comma 2, invece, «il responsabile non risponde dell'inadempimento degli obblighi di cui al comma 1 se prova che tale inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile»;
   nella sezione «Amministrazione trasparente» del sito internet di Enit non risultano le pubblicazioni del bilancio consuntivo 2015 e del bilancio preventivo 2016;
   «Tutto sbagliato tutto da rifare», blog tematico curato da Luciano Ardoino, in un articolo dell'8 ottobre 2016 evidenzia come sul sito di Enit non siano presenti le pubblicazioni sui bilanci 2015 e 2016 e nemmeno, nella sezione trasparenza, gli importi di stipendi ed eventuali premi dei dirigenti attuali e di quelli passati –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se, alla luce delle regole in materia di trasparenza a cui devono attenersi le pubbliche amministrazioni, intenda motivare l'assenza, all'interno del sito online di Enit, dei compensi dei componenti del consiglio di amministrazione, del regolamento organizzativo dell'ente, del bilancio consuntivo del 2015 e del bilancio preventivo del 2016. (5-09770)


   PARENTELA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a Catanzaro, con delibera n. 112 del 26 agosto 2016 il consiglio comunale ha approvato la concessione d'uso gratuito per vent'anni degli spazi del complesso monumentale San Giovanni per l'insediamento della facoltà di psicologia a favore dell'università Magna Grecia di Catanzaro;
   nel corso di una conferenza stampa tenutasi in data 15 settembre 2016, il sindaco di Catanzaro ed il rettore, a modifica di quanto deciso dall'assemblea consiliare del 26 agosto 2016, hanno statuito la destinazione del piano terra del complesso museale a sede di master e corsi di alta formazione universitari;
   l'ufficio tecnico dell'università Magna Grecia ha effettuato una verifica scrupolosa dei locali messi a disposizione del comune di Catanzaro, sia « in situ» che sulle planimetrie, riscontrando l'inadeguatezza degli spazi, ai fini didattici, per i corsi di laurea ad elevato numero di studenti e conseguentemente ha espresso parere non favorevole all'insediamento del corso di laurea in scienze tecniche di psicologia cognitiva presso la struttura del complesso monumentale del San Giovanni, rif. Nota del 12 settembre 2016 prot. rettorato n. 196/2016; nello stesso documento si evince che la sala più grande è pari a 155 metri quadri posta al primo piano del complesso, mentre le sale al piano terra che dovrebbero essere destinate ai master, all'alta formazione ed allo svolgimento delle tesi di laurea, risultano nettamente inferiori e pertanto del tutto inadeguate alle esigenze minime indispensabili allo svolgimento di qualsivoglia attività didattica. Inoltre, come noto, il piano terra del complesso monumentale del San Giovanni risulta del tutto sprovvisto di servizi igienici. Ora, non si comprende come la struttura possa essere inidonea ad ospitare la facoltà di psicologia ma sia idonea ad ospitare l'alta formazione universitaria giacché il numero degli studenti è lo stesso, se non maggiore (secondo i dati forniti dall'università): 250/300 studenti per la facoltà di psicologia, tra i 400 e i 1000 gli studenti dei master;
   il criterio adottato dagli uffici A.S.L. preposti alla verifica dei progetti, con riguardo ai requisiti igienici e di sicurezza, è quello di adottare l'indice generico del decreto ministeriale 18 dicembre 1975 (1.96 metri quadri/studente) per le aule attrezzate con postazioni a banchi singoli e/o speciali e di adottare l'indice di cubatura di 4 metri cubi studente per le aule frontali;
   la concessione, anche parziale del complesso monumentale, ad avviso dell'interrogante potrebbe configurare un eventuale danno erariale visto e considerato che lo stesso ha ricevuto ingenti fondi pubblici e finanziamenti POR Calabria per la sua riqualificazione funzionale (realizzazione dei servizi igienici, l'adeguamento impiantistico, l'abbattimento delle barriere architettoniche e altro);
   il complesso monumentale del San Giovanni è vincolato dalla Soprintendenza per i beni culturali e «qualsiasi intervento anche di semplice adattamento da eseguire sull'immobile per lo svolgimento delle attività universitarie deve ottenere la necessaria autorizzazione in ossequio alle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 42/2004» (cit. nota prot. n. 86724 del 4 agosto 2016 indirizzata dalla soprintendenza al comune di Catanzaro) –:
   se si ritenga che la variazione di destinazione d'uso e/o modifica degli ambienti espositivi del complesso monumentale del San Giovanni di Catanzaro sia in sintonia con la necessaria tutela del bene sottoposto a vincolo;
   se la concessione d'uso gratuito del complesso museale a favore dell'università Magna Grecia risulti conforme a quanto prescritto nel decreto ministeriale 18 dicembre 1975 e nel decreto legislativo n. 42 del 2004. (5-09785)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2016, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, tramite le direzioni generali del turismo e del bilancio, a quanto risulta all'interrogante, ha inviato una nota all'Enit, con la quale sollecita nuovamente la consegna da parte dell'Ente dei piani operativi relativi agli impegni di spesa assunti, ricordando che per talune linee d'impegno, le somme cadranno in perenzione alla fine dell'anno;
   sempre per quanto consta all'interrogante, le schede-progetto presentate sinora da Enit risulterebbero lacunose e insufficienti a giustificare la concessione delle cospicue risorse iscritte a bilancio e che ammontano a qualche decina di milioni di euro –:
   se l'Enit abbia accolto l'invito a consegnare la documentazione richiesta per non perdere le risorse finanziarie ancora disponibili. (4-14497)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con una nota del 13 settembre 2016, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, tramite le direzioni generali del turismo e del bilancio ha richiesto all'Enit di «ritirare l'atto conclusivo della procedura» relativa alle progressioni economiche all'interno delle aree funzionali di appartenenza del personale non dirigente in servizio presso l'Enit al 1o gennaio 2015;
   la motivazione principale, secondo il Ministero, riguarda il mancato rispetto da parte dell'Enit, di quanto previsto dall'articolo 11 dello Statuto: «ogni atto di ordinaria o straordinaria amministrazione che possa ragionevolmente essere considerato fondamentale per l'attività Enit» deve essere presentato al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per il «seguito di competenza» e l'analisi postuma dell'atto, «ha rilevato alcuni profili di illegittimità»;
   la decisione di aumentare gli stipendi del personale non dirigente fu presa nei luglio del 2015 e sollevò numerose proteste. A firmare il provvedimento fu il commissario pro tempore, Cristiano Radaelli, nonostante il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106), disponesse la cessazione delle attività della vecchia agenzia, che veniva trasformata in ente pubblico economico;
   notizie assunte dall'interrogante riferiscono che nel corso di un consiglio di amministrazione della fine di settembre 2016, l'Enit abbia deliberato di interpellare l'Avvocatura e il Consiglio di Stato per chiedere un parere in merito;
   nello stesso consiglio di amministrazione, la presidente Christillin e i consiglieri Preiti e Lazzerini avrebbero anche deciso di trasformare i contratti di lavoro temporaneo del personale estero in rapporti a tempo indeterminato –:
   se risponda al vero quanto esposto in premessa e, nel caso, quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla richiesta di ritiro dell'atto relativo alle progressioni economiche del personale non dirigente;
   se il Ministero, che controlla l'ente ed ha l'onere della vigilanza, sia stato informato preventivamente e abbia dato parere favorevole alla trasformazione dei contratti del personale estero, un provvedimento destinato ad incrementare, stabilmente, il costo dell'organico. (4-14506)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dall'8 ottobre 2016 il Palazzo della Gran Guardia di Verona ospita la mostra «I Maya. Il linguaggio della bellezza»;
   l'esposizione, che terminerà il 5 marzo 2017, è promossa dal comune di Verona con il supporto di Arena Museo Opera (AMO), prodotta e organizzata da Arthemisia Group e Kornice srl con l'intervento dell'Istituto nazionale di antropologia e storia del Messico (INAH);
   la mostra è, inoltre, patrocinata dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il Ministro interrogato, a giugno 2016, nel corso del viaggio della delegazione italiana a Città del Messico in occasione dell'inaugurazione del nuovo volo Alitalia Roma-Città del Messico, ha annunciato in anteprima l'apertura «verso fine anno di una grande mostra dedicata alla cultura Maya che sarà allestita a Verona, in Gran Guardia, e successivamente a Roma presso le Scuderie del Quirinale»;
   Andrea Brunello, amministratore della società trevigiana Kornice, è stato rinviato a giudizio per truffa aggravata a causa di una vicenda avvenuta nella città di Brescia che ha visto addirittura la revoca, nel 2012, della delega ai musei per l'ex assessore alla cultura di Brescia;
   Brunello, secondo quanto appreso dall'interrogante, avrebbe incassato 790.000 euro come bonus per aver superato un limite di visitatori durante una mostra su Matisse organizzata dalla società Artematica (ora in liquidazione) in collaborazione con la Fondazione Brescia Musei;
   il comune di Brescia, nel procedimento penale, si è costituito parte civile chiedendo il risarcimento dei danni d'immagine;
   come già dichiarato da Brunello alla stampa locale bresciana, lo stesso avrebbe gonfiato il numero dei visitatori così da ottenere il bonus pecuniario;
   tale mostra è già stata proposta a Treviso, a Brescia e a Conegliano Veneto e in queste sedi non è stata realizzata;
   la concessione del comune di Verona prevede la totale gratuità e l'autofatturazione dell'IVA a carico dello stesso comune pari a 16.804 euro, fondi a carico dei cittadini –:
   se il Ministro interrogato fosse a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   senza nulla togliere alla validità della mostra se non si ritenga inopportuna, e anche lesiva dell'immagine del Ministero, la concessione del patrocinio ad un evento organizzato da una società amministrata da un personaggio rinviato a giudizio per truffa aggravata ai danni di una pubblica amministrazione. (4-14523)


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dalla IIª relazione semestrale 2015 del commissario straordinario del Governo per le fondazioni lirico-sinfoniche, al paragrafo 4.2.2.1, emerge un riconoscimento del percorso virtuoso intrapreso dalla fondazione teatro lirico G. Verdi di Trieste;
   si legge, infatti, che «I risultati economici del 2014 e 2015 sono migliori rispetto allo storico (...)», ma anche che «Le entrate (...) non tengono il passo con le attese, prevalentemente a causa di contributi FUS minori rispetto alle previsioni»;
   la ripartizione FUS 2014/2015, in effetti, evidenzia una percentuale negativa (- 44,1 per cento) a fronte di un ricavo del +34 per cento e di un incremento delle presenze di +16 per cento;
   a tale riguardo, l'interrogante rileva poca trasparenza nella mancata pubblicazione degli esiti di riparto dei fondi 2015 in base ai punteggi attribuiti dalla commissione consultiva per la musica agli elementi utili alla valutazione qualitativa delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche;
   sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo infatti sono pubblicati soltanto gli esiti relativi all'anno 2014;
   nonostante la commissione ministeriale per il riparto del fondo unico per lo spettacolo relativamente alla parte qualitativa per l'anno 2016 si sia riunita il 28 settembre 2016, nessuna notizia/risultato si ha ancora in merito;
   sussiste il timore che il teatro Verdi di Trieste possa essere nuovamente penalizzato, nonostante continui a registrare una gestione virtuosa ed una crescita dei numeri relativamente alla stagione sinfonica 2016 e agli abbonamenti della stagione lirica 2016/2017 –:
   quali siano le ragioni del segno negativo pari a –44,1 per cento nel riparto dei fondi per «qualità/produzioni» relativo all'anno 2015 alla fondazione Teatro Lirico G. Verdi di Trieste, posto che i dati positivi del ricavo (+34 per cento) e delle presenze (+16 per cento) dovrebbero essere un buon indice di qualità della rassegna proposta e di gradimento da parte dell'utenza;
   per quali motivi gli esiti relativi all'anno 2015 non siano stati ancora pubblicati sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   quali siano gli esiti del riparto per il 2016. (4-14527)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   sembrano numerosi, a quanto risulta all'interrogante, i casi di appartenenti alle forze armate che richiedono di accedere agli atti ai sensi della legge n. 241 del 1990 per scopi difensivi, al fine di tutelare le proprie ragioni in una causa e che sono costretti a ricorrere per vie legali tramite la giustizia amministrativa per poter accedere;
   sono diverse le sentenze dei giudici che accolgono i ricorsi degli interessati, semplicemente affermando che si tratta di un tipo di accesso, appunto difensivo, che prevale su altri interessi;
   in altri termini l'amministrazione militare, di fronte a una richiesta di questo tipo, non deve fare altro che mettere a disposizione documenti di immediata disponibilità, senza la necessità di elaborarli; inoltre non vi è alcun pericolo che attraverso i dati e documenti richiesti si verifichi un indiretto controllo sulla specifica attività della macchina amministrativa;
   è evidente che tale atteggiamento dell'amministrazioni arreca esborsi economici ai ricorrenti per una mera interpretazione della normativa vigente in materia di accesso agli atti –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative, se del caso diramando una opportuna circolare, in grado di chiarire definitivamente i modi e i tempi per assicurare l'accesso agli atti del proprio personale dipendente che ne faccia legittima richiesta. (4-14509)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   RICCIATTI, MELILLA, QUARANTA, DURANTI, NICCHI, PIRAS, SCOTTO, FRATOIANNI, COSTANTINO, GIANCARLO GIORDANO e FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i recenti eventi che hanno riguardato l'Italia hanno portato i Governi che si sono succeduti dall'estate del 2011 ad oggi ad intervenire sulla spesa pubblica, tanto è vero che molti dei provvedimenti sin oggi emanati hanno avuto come obiettivo quello di contenere la spesa e il debito pubblico;
   la ricerca degli sprechi ha portato al centro del dibattito economico l'efficienza, l'utilità e soprattutto il finanziamento di alcuni enti che fanno parte della pubblica amministrazione, tra i quali rientrano anche le camere di commercio, attualmente oggetto di un complesso processo di riforma rispetto al quale, come ben noto, sono state espresse molteplici criticità sia in sede parlamentare che extraparlamentare;
   con la legge di stabilità 2015 e, segnatamente, l'articolo 1, commi da 391 a 394, della legge n. 190 del 23 dicembre 2014, le camere di commercio sono state inserite nel sistema della tesoreria unica, con conseguente diminuzione secca di interessi attivi sulle giacenze bancarie che, per quanto risulta agli interroganti, ha comportato nel caso della camera di commercio del comune di Macerata una perdita secca di circa 170.000 euro di interessi attivi. In sostanza, si è passati, infatti, dal tasso di interesse che per scaglioni arrivava fino al 3 per cento lordo, ad un tasso di interesse stabilito dal Ministero dell'economia e delle finanze sulle giacenze di tesoreria unica che ad oggi corrisponde allo 0,001 per cento lordo in virtù del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 9 giugno 2016;
   appare incomprensibile come questo meccanismo produca perdita di proventi su disponibilità liquide del sistema camerale su cui lo Stato non opera, peraltro, alcun trasferimento –:
   se il Ministro interrogato sia conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno adottare, già nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2017, ogni iniziativa normativa utile finalizzata all'esclusione del sistema camerale dall'applicazione delle disposizioni in materia di tesoreria unica dettate previste dalla'legge di stabilità 2015, consentendo così alle camere di commercio di investire in conti correnti realmente fruttiferi le proprie disponibilità, così come avveniva prima del 2015. (3-02554)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BOCCADUTRI, COPPOLA, NARDI, SANI, COVELLO, ANZALDI, LEVA, PIAZZONI, PINNA, BERRETTA, GASPARINI, GIAMPAOLO GALLI, DI SALVO, GIUSEPPE GUERINI, BASSO, BRUNO BOSSIO, MOSCATT, LODOLINI, MANCIULLI, ZAN, GIULIETTI, PILOZZI, LATTUCA, BARBANTI, LOSACCO, FERRARI, RACITI, MARCO MELONI, BARGERO, BRANDOLIN, PAOLA BRAGANTINI e BAZOLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 900, della legge di stabilità 2016 ha previsto che, al fine di assicurare, la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) n. 751/2015 del 23 aprile 2015 relativo al nuovo regime armonizzato dell'Unione europea delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carte di debito e di credito, il Ministero dell'Economia e delle Finanze avrebbe dovuto emanare, entro il 1o febbraio 2016, un decreto ministeriale attuativo;
   ad oggi non si ha alcuna notizia né dei tempi circa la sua possibile emanazione, né di quelli dell'auspicata preventiva consultazione pubblica circa il suo contenuto;
   tale situazione d'incertezza in ordine all'esercizio delle opzioni nazionali previste dal regolamento, e quindi sull'effettivo contenuto del complessivo quadro normativo introdotto col regolamento dell'Unione europea, sta creando una grave situazione di svantaggio competitivo per il sistema nazionale dei pagamenti al dettaglio e più in generale per tutti gli utenti dei servizi di pagamento con carte. Tra i soggetti negativamente affetti da tale inerzia rientrano anche le autorità pubbliche nazionali che dovranno approntare gli strumenti, anche organizzativi, e le risorse necessarie all'efficace ed efficiente esercizio delle funzioni che dovranno essere loro attribuite ai sensi del regolamento dell'Unione europea;
   inoltre, al di là dell'esercizio delle opzioni nazionali, il decreto ministeriale in questione è necessario anche per ottemperare ad alcuni specifici obblighi che il regolamento europeo in parola pone a carico degli Stati membri, quali ad esempio quelli (di cui agli articoli 13 e 14) in materia di definizione dell'apparato dei controlli e di quello sanzionatorio nazionale per i quali il termine a provvedere scadeva il 9 giugno 2016;
   l'articolo 1, comma 900, lettera c), della legge di stabilità 2016 ha, peraltro, modificato il comma 5 dell'articolo 15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), prevedendo che i decreti ministeriali attuativi della norma prevista dal precedente comma 4 dello stesso articolo (che stabilisce l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti mediante carte di debito e di credito) devono disciplinare le modalità, in termini e l'importo delle sanzioni amministrative pecuniarie anche in relazione ai soggetti interessati, anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili;
   questa circostanza alimenta il clima di incertezza degli operatori ed è fortemente lesiva del diritto del consumatore a scegliere lo strumento di pagamento preferito –:
   in quali tempi i Ministri interrogati procederanno all'adozione del decreto ministeriale de quo. (4-14485)


   LATTUCA, ROBERTA AGOSTINI, LUCIANO AGOSTINI, GALPERTI, GIULIETTI, PARRINI, MAZZOLI, BRUNO BOSSIO, BARUFFI, FERRARI, GINEFRA, STUMPO, GIORGIO PICCOLO, LODOLINI, SPERANZA, LAFORGIA, PELUFFO, TIDEI, LENZI, FRAGOMELI, RICHETTI, MALPEZZI, MALISANI, CARRA, SANI, BOCCADUTRI, MARCO MELONI, RAMPI, MARCO DI MAIO, FERRO, MARCHETTI e GNECCHI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – premesso che:
   come si apprende dagli organi di informazione si è dimessa la presidente della Cassa di Risparmio di Cesena, Catia Tomasetti, eletta meno di otto mesi fa alla guida dell'istituto di credito e conseguentemente si sono dimessi anche il vice presidente e alcuni consiglieri di amministrazione;
   alla base di questa decisione vi sarebbe la volontà dello «schema volontario» del Fondo Interbancario di tutela dei depositi di nominare direttamente gli amministratori tant’è che non risulta non essersi dimesso Guido Bossina chiamato il 15 luglio 2016 a ricoprire la carica di direttore generale proprio su indicazione del fondo;
   il fondo interbancario ha effettuato nell'ultima assemblea dello scorso mese di luglio un aumento di capitale pari a 280 milioni di euro acquisendo 560 milioni di nuove azioni al prezzo di 0,50 euro ciascuna, ricordando che il loro valore iniziale si aggirava intorno ai 14 euro, con punte anche di 19 euro, e giungendo a controllare il 93,5 per cento delle azioni della Cassa di Risparmio;
   sarebbe quindi in previsione la convocazione di due assemblee dei soci di cui una ordinaria per la nomina di un nuovo consiglio di amministrazione e un'altra straordinaria per modificare lo statuto dell'istituto di credito introducendo la figura dell'amministratore delegato attualmente non prevista;
   è del tutto evidente che tale dinamica rischia di recidere definitivamente i legami tra la Cassa di Risparmio ed il territorio fattore che suscita forte preoccupazione anche nel tessuto economico e sociale cesenate –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle dinamiche in atto per quanto concerne la situazione della Cassa di Risparmio di Cesena e quali iniziative intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, affinché siano salvaguardati i risparmiatori e sia tutelato il rapporto tra banche e territorio che, come nel caso di specie, è imprescindibile per il futuro delle aziende e di questa in particolare, anche in considerazione della storia dell'istituto di credito e della forte svalutazione già subita da parte degli azionisti. (4-14487)


   SANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 7 della legge n. 376 del 1975 sono stati introdotti contributi integrativi alle cooperative edilizie per la costruzione di alloggi residenziali;
   l'articolo 9 della legge n. 136 del 1999, che ha rifinanziato la legge n. 376 del 1975, ha previsto specifici stanziamenti per le cooperative edilizie costituite fra appartenenti alle forze armate e alle forze di polizia. L'entità dei contributi complessivi, determinata dall'allora Ministero dei lavori pubblici, doveva essere pari al 4 per cento della spesa riconosciuta ed approvata, inclusi gli oneri finanziari. L'articolo 9 specificava inoltre che per gli oneri derivanti dalla legge dovessero essere utilizzati gli appositi accantonamenti sia del Ministero dell'interno che del Ministero delle finanze (10 miliardi di lire ciascuno);
   ai sensi della legge n. 492 del 1975 e della legge n. 136 del 99, il provveditorato interregionale per le opere pubbliche Toscana-Marche-Umbria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il D.P. 2735 del 16 novembre del 2006, ha assegnato alla Cooperativa edilizia Virgo Fidelis (composta da soci appartenenti alle forze armate e alle forze di polizia) un contributo annuo costante 35ennale di 20.658,25 euro pari al 4 per cento della spesa accertata di 516.456,89 euro;
   il calcolo sopracitato del 4 per cento è stato erroneamente elaborato sul costo parziale dell'opera che corrisponde in realtà, così come accertato e certificato nel verbale conclusivo, a 845.212,53 euro da cui si ricaverebbe un contributo annuo di 33.808,50 euro;
   alla cooperativa Virgo Fidelis viene attualmente erogata dal Ministero competente solo una piccola parte del contributo complessivo, pari a 8.093,68 euro annui;

continuamente interpellato, nel corso degli anni dalla Cooperativa Virgo Fidelis, il provveditorato interregionale per le opere pubbliche Toscana-Marche-Umbria ha rimarcato, fin dal mese di luglio 2014, che il parziale pagamento del contributo è da attribuire alla «mancanza di fondi stanziati sui pertinenti capitoli» del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che «tale situazione, comune peraltro a diverse cooperative edilizie, è stata posta all'attenzione degli organi preposti proponendo un provvedimento legislativo per il rifinanziamento della Legge 492 del 1975»;
   appare evidente in primo luogo che l'enorme disparità fra il contributo inizialmente concesso e quello realmente erogato stia creando gravi problematiche di carattere finanziario ai soci della cooperativa Virgo Fidelis che hanno programmato gli investimenti proprio in virtù del contributo assegnato;
   appare altrettanto grave che finanziamenti disposti per legge, soprattutto per la realizzazione della propria abitazione, non vengano erogati puntualmente ai beneficiari e che i Ministeri competenti si «rimpallino» la responsabilità di un problema che, per loro stessa ammissione, riguarda molte realtà cooperative del territorio nazionale –:
   per quale motivo i fondi stanziati sui pertinenti capitoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, citati in premessa, non siano sufficientemente capienti per finanziare interamente il contributo previsto con il D.P. 2735 del 16 novembre 2006;
   quante e quali cooperative edilizie presenti sul territorio nazionale non ricevano, ad oggi, la totalità degli importi erogati con le leggi n. 136 del 1999 e n. 376 del 1975;
   se i Ministri interrogati ritengano urgente ed opportuno intraprendere iniziative normative per il rifinanziamento della legge n. 492 del 1975. (4-14525)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Palaspecchi è una struttura di 50.000 metri quadrati nata come centro direzionale, subito sequestrata per mafia alla famiglia Graci; acquistata all'asta dal costruttore Parnasi, è rimasta abbandonata per circa 30 anni in stato di incuria tale da renderla pericolosa per lo stato di salute dei cittadini ed è ora occupata abusivamente da famiglie nomadi e da senza tetto che l'hanno vandalizzato e trasformata, in sede di attività illecite, oltre ad averne accresciuto lo stato di malsana condizione;
   il provvedimento urgente di bonifica emesso dal sindaco di Ferrara non è stato rispettato dal proprietario che è stato denunciato alla Procura per la sua grave inottemperanza;
   l'attuale amministrazione ha ora messo in atto un progetto di dubbia efficacia che prevede la riconversione del Palaspecchi in 268 alloggi social housing da affittare a canone calmierato, tranne una quota del 20 per cento destinata a vendita convenzionata, 110 posti letto per studenti e tremila metri quadrati destinati a servizi e al settore commerciale. Allo scopo, è stata costituita, da Parnasi, Vitadello Intercantieri e ACER Ferrara, la società Ferrara 2007 che detiene la proprietà dell'immobile;
   il 25 giugno 2014, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra il comune di Ferrara e la società Ferrara 2007, per il conferimento dei terreni, degli immobili sovrastanti e di circa 5 milioni di euro, CDPI Sgr che, versando il 70 per cento dei circa dei 40 milioni di euro (32,9 milioni) del fondo Immobiliare, diventa responsabile della riqualificazione del palazzo, ACER Ferrara che, partecipando con una quota di 3,375 milioni di euro, dovrà gestire l’housing sociale e Intercantieri Vittadello (2 milioni di euro) che si occuperà delle opere di costruzione;
   secondo recenti notizie di stampa, i consigli di amministrazione di Cassa depositi e prestiti (CDP) e della società investire SGR che avrà il ruolo di gestire quel fondo, hanno già approvato il progetto; mentre gli accordi tra società Ferrara 2007 e CDP sembrano essere quasi conclusi, come pure l'accordo con Intercantieri Vittadello;
   la questione, però, presenta diversi aspetti incongruenti, e non pochi profili del titolare della Intercantieri, il 12 marzo 2016, è stato arrestato con l'ipotesi di reato di corruzione per tangenti ANAS; esistono diverse ipoteche sull'immobile, la società Ferrara 2007, con un capitale sociale di 10.000 euro, appare sostanzialmente una scatola vuota, considerato l'importo del conferimento e il fatto che abbia diversi milioni di euro di tributi non pagati al comune di Ferrara;
   considerate le suddette questioni lo stato pessimo dell'immobile e il fatto che Ferrara sia prima città in Emilia-Romagna con più alloggi sfitti (circa 4000), sembrerebbe opportuno, in luogo del progetto in itinere, procedere con la demolizione del palazzo, la conseguente bonifica e la riconversione dell'area in luoghi pubblici dedicati a giovani ed anziani;
   ad oggi, non è chiaro, in presenza di atti e fatti di simile gravità portati più volte alla luce anche dalla stampa locale e dalla televisione nazionale, se CDP abbia valutato in maniera adeguata l'investimento di decine di milioni di euro, anche pubblici, in questo progetto –:
   se il Governo, non intenda approfondire la questione al fine di tutelare lo Stato azionista di maggioranza di CPD, evitando l'utilizzo di risorse pubbliche in un progetto potenzialmente dannoso, tenuto conto del mercato immobiliare in cui si collocherebbe e delle situazioni di dubbia legittimità in cui alcuni attori del progetto sono coinvolti;
   se il Governo, in costanza dello svolgimento di attività di dubbia liceità all'interno dell'immobile, non ritenga urgente attivarsi, per quanto di competenza, per rimuovere le cause di pericolo per l'ordine pubblico. (4-14529)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2016 il dottore Marco Morelli ha assunto la carica di amministratore delegato e direttore generale di Mps di cui il tesoro è il maggiore azionista;
   il consiglio di amministrazione ha 30 giorni di tempo per esprimersi sui suoi «requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza, competenza e correttezza». Se il voto fosse negativo, dice la legge, «il difetto di idoneità determina la decadenza dall'ufficio». Se il Consiglio di amministrazione dovesse invece dare parere positivo, potrebbe intervenire comunque il governatore della Banca d'Italia Visco, che «in caso di difetto o violazione, pronuncia la decadenza dalla carica»;
   qualche giorno fa è apparsa sulla stampa (Il Fatto quotidiano) la notizia di una presunta mancanza – da parte di Morelli – dei requisiti richiesti per il nuovo incarico; l'8 ottobre 2013 la Banca d'Italia lo avrebbe infatti multato per 208.500 euro per gravi irregolarità commesse nell'operazione Fresh (che coinvolgeva anche Jp Morgan) quando era vicedirettore generale di Mps;
   la notizia della multa irrogata da Bankitalia potrebbe essere determinante per la decisione del consiglio di amministrazione in merito alla nomina di Morelli: la legge infatti include espressamente tra i «criteri di correttezza» da esaminare «le relazioni d'affari dell'esponente, le condotte tenute nei confronti delle autorità di vigilanza e le sanzioni da queste irrogate»;
   «con il nome in codice Fresh» – si legge nell'articolo del Il Fatto – «si intende un “aumento di capitale riservato a JP Morgan per 950 milioni di euro”, effettuato nell'aprile 2008 “nell'ambito di un più ampio programma di rafforzamento patrimoniale finalizzato all'acquisizione di Banca Antonveneta”. Una serie di contratti collegati, tra i quali due lettere dette in gergo di indemnity, salvaguardavano Jp Morgan da eventuali perdite. In pratica non c’è stato l'integrale trasferimento a terzi del rischio d'impresa, per cui quei 950 milioni non potevano essere considerati un vero rafforzamento patrimoniale. Ma i documenti che dimostravano quanto fosse fittizio l'aumento di capitale sono stati celati alla Vigilanza, un'irregolarità sanzionata con multe per complessivi 3,5 milioni di euro a 17 amministratori e dirigenti, dal presidente Mussari a scendere, Morelli compreso»;
   il comportamento di Morelli, «risulta di particolare gravità considerato che egli ha partecipato a tutte le fasi dell'operazione, dalle prime interlocuzioni (periodo al quale risale l'indemnity del 2008, da lui stesso sottoscritta) fino alla definizione del termination agreement». Morelli, alla vigilia del giudizio di Visco, si difese con la sua annunciata archiviazione nel processo Mps. Ma Bankitalia replicava: l'irrilevanza penale della condotta non esclude la sua gravità nella sfera bancaria, dove secondo la legge «ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa»;
   scrive inoltre Bankitalia: «Il sig. Morelli conosceva l'esistenza (come risulta comprovato dalla email del 12 marzo 2009) della indemnity rilasciata nel 2009. All'ex dirigente non poteva sfuggire la necessità di trasmettere tale documento alla Vigilanza: la garanzia in esame riportava in capo a Mps il rischio di impresa in ordine alla quota parte di notes Fresh su cui insisteva». Viste «la gravità del comportamento tenuto» e «le molteplici violazioni», Bankitalia ha inflitto a Morelli una multa pari «al triplo della base edittale»;
   ebbene, oggi Morelli è chiamato a realizzare un aumento di capitale da 5 miliardi di euro, proprio con Jp Morgan global coordinator –:
   se le notizie riportate e diffuse da Il Fatto risultino al Governo e se e quali apprezzamenti siano stati svolti, alla luce del comportamento tenuto dal dottore Morelli come manager di Mps in un'operazione con Jp Morgan, per il quale è stato sanzionato da Banca d'Italia, in ordine ai requisiti di professionalità, onorabilità, indipendenza, competenza e correttezza richiesti calla legge per guidare la banca senese. (4-14530)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso il tribunale di Grosseto è in corso un processo penale per i presunti abusi commessi nelle foresterie dell'Ippodromo dei Pini sito nel comune di Follonica;
   in particolare, tale procedimento vede imputate tre giunte del comune di Follonica e tre presidenze del Consorzio Etruria;
   al centro del processo ci sono 167 foresterie di varie metrature che dovevano essere vendute o affittate soltanto a chi faceva parte del mondo dell'ippica e che invece, per un articolo della convenzione tra amministrazione e società che gestisce la struttura, potevano finire sul mercato immobiliare senza troppi riguardi;
   due sono le ipotesi di reato: abuso d'ufficio e lottizzazione abusiva. L'abuso d'ufficio è stato contestato soltanto alla giunta guidata da Eleonora Baldi e a tutti i suoi assessori a seguito della approvazione della delibera di giunta n. 69 del 2010;
   a causa di tale delibera il comune è accusato di aver «limato» la prescrizione della provincia, la quale disponeva «per gli alloggi della foresteria, la convenzione dovrà prevedere l'utilizzo solo da parte del personale addetto al centro ippico e non l'alienazione, l'affitto o comunque l'uso a terzi». Ma nella nuova convenzione veniva introdotta una novità: e cioè che quegli alloggi potevano essere utilizzati dai soci della Club House, senza specificare chi fossero e soprattutto quali requisiti sarebbero stati necessari per associarsi;
   nel 2008 un precedente procedimento era stato archiviato per prescrizione, il quale a seguito della delibera n. 69 del 2010 veniva riaperto;
   il processo è stato più volte rinviato, fino ai giorni d'oggi senza arrivare nemmeno ad una sentenza di primo grado, ma avvicinandosi ai limiti della prescrizione;
   questi rinvii hanno causato un grave nocumento al procedimento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario assumere iniziative normative volte ad accelerare i tempi della giustizia ed evitare che possano verificarsi situazioni come quella descritta in cui l'accertamento delle responsabilità rischia di essere vanificato per effetto delle lungaggini del sistema giudiziario. (4-14504)


   MOLTENI e FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la situazione penitenziaria della Liguria presenta sia una carenza dell'organico della polizia penitenziaria che un problema di sovraffollamento carcerario, questioni rese note dal sindacato di categoria SAPPe anche attraverso comunicati stampa. Particolarmente disagiata risulta la casa circondariale di Imperia che soffre di una particolare carenza d'organico nei vari ruoli della polizia penitenziaria, che al 31 agosto 2016 risulta pari a 50 poliziotti penitenziari a fronte di un organico di 71 unità;
   tale condizione crea difficoltà sia alla vigilanza che al controllo dei detenuti; costantemente si opera sotto i livelli minimi di sicurezza. In più occasioni ci sono state in servizio solo tre unità nel turno di notte a garantire la sicurezza dell'istituto e molte volte solo quattro unità nel turno pomeridiano di cui soltanto due addette alla vigilanza e controllo delle 4 sezioni detentive, numeri insufficienti a contrastare qualsiasi tipo di evento critico che si possa determinare;
   la situazione negativa dell'organico è stata indotta proprio dall'adozione di provvedimenti da parte dell'amministrazione penitenziaria; tre unità risultano distaccate presso gli uffici giudiziari di Savona, non vi è un direttore in sede, ma è presente solo due giorni a settimana quello di Sanremo; Imperia è sede di tribunale, cosa che comporta l'assegnazione in sovrannumero dei detenuti a disposizione dell'autorità giudiziaria e di tutti gli arrestati da Ventimiglia/Savona;
   l'istituto di Imperia può ospitare 78 detenuti, al 31 luglio si registrava la presenza di 95 detenuti, ovverosia una situazione di sovraffollamento;
   vi è un eccessivo divario tra polizia penitenziaria e detenuti nonostante una serie di eventi che dovrebbero far innalzare il livello di attenzione; al 10 luglio ad esempio si registrano: 37 atti di autolesionismo, 1 incendio doloso, 19 ricoveri ospedalieri, 2 manifestazione di protesta collettiva di cui 1 esercitata da un gruppo di persone dall'esterno (con lancio di petardi all'interno delle mura), 7 casi a rischio di proselitismo, 2 aggressioni, 13 scioperi della fame, 2 tentati suicidi, 2 aggressioni alla polizia penitenziaria; tutto ciò si traduce in un grave quadro di insicurezza dell'istituto di pena;
   il contingente dei sottoufficiali è al minimo poiché delle 7 unità previste ne risultano soltanto 2 assegnate; il personale femminile è indispensabile per le operazioni di controllo sui minori e familiari dello stesso sesso che accedono in istituto per i colloqui con i detenuti. Nel reparto femminile è presente una sola unità delle quattro previste, in quanto le altre risultano anch'esse essere state assegnate provvisoriamente in altri istituti. Anche in tal caso la criticità è stata segnalata dal SAPPe agli uffici del provveditorato senza nessun intervento, tanto che, in alcune giornate in cui era assente anche l'unica poliziotta, le operazioni di perquisizione sono state svolte dal comandante di reparto, che è, per l'appunto, di sesso femminile; si tratta però di operazioni che mal si associano a quelle spettanti al funzionario comandante del reparto;
   durante il periodo di assenza del comandante titolare nessuna sostituzione è stata mai prevista, tanto che detto incarico veniva affidato al ruolo degli ispettori, benché in questo istituto vi sia un vice comandante ma tuttora assegnato presso altro istituto della Liguria da diverso tempo –:
   quali controlli e verifiche siano state effettuate in merito alle problematiche sopra riportate evidenziate dagli atti prodotti dal sindacato di categoria SAPPe e comunicate agli uffici ministeriali;
   quali iniziative intenda, intraprendere il Ministro interrogato, con particolare riferimento alla richiesta di rientro in sede del personale distaccato presso altri istituti;
   quali iniziative intenda, adottare per ripristinare l'organico di polizia della casa circondariale di Imperia. (4-14519)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto Callora, lungo la strada statale 17 dell'Appennino Abruzzese ed Appulo-Sannitico, è attualmente interessato, per quanto di conoscenza, da lavori di manutenzione che prevedono lavorazioni nella parte inferiore delle campate del viadotto (sostituzione degli appoggi, risanamento delle travi e dei trasversi con consolidamento di questi ultimi);
   non è la prima volta che tale viadotto viene interessato da lavori di manutenzione: con nota n. 13998 del 1o aprile 2015, l'Anas comunicava, infatti, l'espletamento di una nuova gara per la manutenzione straordinaria della parte inferiore del viadotto, dopo che erano stati già avviati – sempre sullo stesso tratto – alcuni interventi di ricostruzione della soletta, risanamento corticale, sostituzione dei giunti di dilatazione e delle barriere di protezione marginale, interventi curati dalla ditta Nidaco Costruzioni s.r.l., oggetto di bando di gara aggiudicato il 25 novembre 2013 (si veda il comunicato dell'Anas n. 9843 del 25 novembre 2013);
   a seguito della riapertura del viadotto, avvenuta nel giugno 2015, l'Anas concludeva infine l'intervento di manutenzione straordinaria alle opere strutturali del viadotto avviati a marzo 2014 e che avevano comportato la chiusura dell'arteria, ora interessata dai citati lavori di sostituzione degli appoggi, risanamento delle travi e dei trasversi con consolidamento di questi ultimi, posto che alla citata riapertura poteva notarsi un avvallamento sicuramente non presente in precedenza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei nuovi lavori di manutenzione straordinaria che l'Anas sta realizzando sul viadotto Callora, lungo la strada statale 17 Appulo-Sannitica e se intenda assumere ulteriori iniziative per accertare come si siano svolti i fatti ai quali si fa riferimento;
   se il Ministro possa fornire informazioni aggiornate sui motivi per cui tali lavori non siano stati realizzati durante il primo appalto e se sussista altresì una relazione tra tali lavori curati a suo tempo sul viadotto dalla Nidaco s.r.l. e quelli attuali. (5-09764)


   SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento dell'Unione europea n. 1300/2014, in vigore dal 1o gennaio del 2015, estende all'intero sistema ferroviario europeo il pacchetto di specifiche tecniche (STI) sull'accessibilità per le persone con disabilità e con mobilità ridotta (PRM);
   in particolare, tale regolamento, all'articolo 7, stabilisce che ciascuno Stato membro assicuri che venga eseguito e attuato un inventario dei beni, al fine di individuare le barriere all'accessibilità, fornire informazioni agli utenti e monitorare e valutare progressi compiuti in materia di accessibilità;
   tra i requisiti tecnici per l'accessibilità nel sistema ferroviario, previsti da tale norme, rientrano, ad esempio, i percorsi tattili di orientamento nelle stazioni ferroviarie, le targhette tattili sui bagni e gli ascensori, gli standard minimi di illuminazione nei treni e nelle aree, la realizzazione di porte più ampie e rampe più comode;
   a tal fine, ogni Stato membro, a norma dell'articolo 8 del regolamento, ha l'obbligo di redigere un piano nazionale d'attuazione (PNA), da notificarsi alla Commissione europea entro il 1o gennaio 2017, per la progressiva eliminazione, con tempi e modalità definiti, degli ostacoli all'accessibilità e per l'applicazione delle suddette norme alle nuove realizzazioni;
   stando ai dati forniti da Rete ferroviaria italiana (RFI), attualmente RFI mette a disposizione dei viaggiatori il servizio di assistenza PRM in un circuito di 270 stazioni, su complessive 2.286, diffuse sul territorio nazionale, individuate mediante accordi con le imprese ferroviarie e con le associazioni più rappresentative delle persone con disabilità –:
   se il Ministro interrogato possa fornire informazioni dettagliate e aggiornate circa l'adozione del piano nazionale di attuazione del regolamento (Ue) n. 1300/2014 e lo stato di adeguamento delle circa 2000 stazioni ferroviarie appartenenti al network di Rfi alla «specifica tecnica di interoperabilità ferroviaria per le persone a mobilità ridotta». (5-09765)


   SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati forniti da Rete ferroviaria italiana-RFI per il 2015, sulla rete ferroviaria, cosiddetta fondamentale, su oltre 16.700 chilometri di linee, sono attivi 4.813 passaggi livello, di cui 1.033 gestiti da privati;
   stando all'ultimo rapporto presentato dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, il dato degli incidenti gravi avvenuti a un passaggio a livello è in drammatica crescita negli ultimi anni, con oltre il 16 per cento sul numero complessivo degli incidenti;
   tra le 100 vittime degli incidenti ferroviari nel 2015, 89 casi (con 57 morti e 32 feriti) sono dovuti a comportamenti sbagliati di passeggeri e persone che hanno attraversato, anche in auto, passaggi a livelli chiusi, che non hanno rispettato la linea gialla sulle banchine in stazione o hanno attraversato i binari senza usare i sottopassi o con le cuffie all'orecchio;
   Rete ferroviaria italiana ha annunciato nei mesi scorsi un piano di eliminazione dei passaggi a livello, sostituendoli con opere di viabilità alternative in collaborazione con gli enti locali, attraverso la sottoscrizione di accordi e convenzioni;
   tra i dispositivi tecnologici più avanzati in grado di scongiurare i possibili rischi legati all'attraversamento dei passaggi a livello vi sono i sistemi di scansione laser, in grado di effettuare una rilevazione laser dell'area dei passaggi a livello, al fine di evitare la collisione tra un convoglio e un veicolo posto all'interno delle barriere ferroviarie;
   risulta agli interroganti che l'Italia abbia già provveduto a dotarsi di tali dispositivi a scansione laser, installandoli su circa 200 passaggi a livello presenti sulla rete nazionale –:
   se il Ministro possa confermare i dati, riportati in premessa, in merito all'installazione di dispositivi di sicurezza di ultima generazione ai passaggi a livello e se possa altresì fornire ulteriori informazioni circa l'ubicazione, i costi e un eventuale piano di implementazione, previsto per i prossimi anni, nell'installazione di detti meccanismi a livello nazionale, per limitare al massimo i possibili rischi legati all'attraversamento dei passaggi a livello. (5-09767)


   GALLINELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da alcune fonti stampa si apprende che il 3 ottobre 2016, Rocco Girlanda, ex sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti, è stato nominato nuovo dirigente della direzione affari istituzionali di Anas;
   Girlanda svolgerà tale importante ruolo all'interno del Ministero suddetto, e non presso la sede dell'Anas;
   in seguito all'esperienza di Sottosegretario, il ruolo ricoperto da Rocco Girlanda all'interno del dicastero delle infrastrutture e dei trasporti non è mai stato chiarito, né è stata data risposta ad una interrogazione parlamentare (4-04384) su tale questione;
   per il ruolo di direttore affari istituzionali di Anas non si ha notizia di altri candidati, né sul sito dell'ente c’è alcuna indicazione sulla retribuzione prevista per tale carica –:
   quale sia stato negli ultimi due anni il ruolo di Rocco Girlanda all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   su quali basi sia stata scelta la figura di Girlanda per ricoprire il ruolo di dirigente della direzione affari istituzionali di Anas e perché si sia deciso di scegliere come sede per lo svolgimento di questo incarico il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e non la sede della stessa ANAS;
   quale sia la retribuzione prevista per tale incarico e perché al momento non risulti ancora pubblica sul sito dell'Anas. (5-09780)


   DE LORENZIS e PETRAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa on line si apprende di un dossier di 41 pagine «Servizi di trasporto ferroviario in Calabria. Proposte di sviluppo per la fascia ionica» inviato al Ministro interrogato ad opera di associazioni e movimenti riuniti nella «Rete ferrovia ionica bene comune» (FIBC);
   l'intento della FIBC è quello di porre attenzione alle tratte ferroviarie che attraverso la fascia jonica congiungono Calabria, Puglia e Basilicata, in quanto a loro avviso la situazione del trasporto ferroviario appare grave e si teme il rischio di un ulteriore arretramento in relazione all'assenza degli investimenti per il sistema delle infrastrutture calabresi e con riferimento ai programmi comunitari e nazionali è stata rilevata la totale assenza di risorse per la Calabria e per il Meridione più in generale. FIBC ha anche promosso una petizione on line su change.org per promuovere soluzioni per incentivare il trasporto su ferrovia;
   dal sito SILOS (Sistema informativo legge opere strategiche), in merito alle opere ferroviarie previste sulla costa jonica si evince che l'opera «Adeguamento rete ferroviaria meridionale» che coinvolge le regioni Campania – Puglia – Basilicata – Calabria – Sicilia – Sardegna, non risulta presente nell'11o allegato infrastrutture ed inoltre non sono previsti, al 31 marzo 2016, fondi per la sua realizzazione –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in merito al dossier inviato dalla «Rete ferrovia ionica bene comune» e alle proposte ivi enunciate;
   quali iniziative utili il Ministro intenda promuovere al fine di incrementare le infrastrutture e i servizi per il trasporto ferroviario sulla fascia jonica. (5-09782)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Anas è una società per azioni di diritto privato, avente come socio unico Ministero dell'economia e delle finanze, sotto la vigilanza tecnica e operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   da verifiche sismiche condotte nel corso del 2010 sulla allora sede compartimentale dell'ANAS di Campobasso, sita a via Genova 54, verifiche affidate all'università degli studi del Molise, sono emerse, come si può leggere nelle considerazioni del rapporto finale elaborato dalla suddetta università, «deficienze di natura strutturale» della sede «tali da compromettere la sicurezza del fabbricato non solamente in fase sismica»;
   la stessa università del Molise evidenziava alcuni possibili interventi per l'adeguamento della costruzione alle prestazioni richieste, suggerendo, alla luce delle deficienze diffuse degli elementi costituenti la struttura e degli oneri connessi alla realizzazione di interventi transitori e definitivi, un confronto tra gli oneri connessi alla demolizione e ricostruzione del fabbricato, attraverso «un'analisi finalizzata a documentare la convenienza tecnico-economica di tali interventi», soluzione questa ritenuta la più adeguata per rispondere alle esigenze del compartimento dell'ANAS del Molise;
   nonostante tali rilevazioni accademiche, la sede ANAS di proprietà di via Genova non veniva fatta oggetto di alcuna valutazione circa l'economicità di procedere all'adeguamento delle strutture e quindi al suo utilizzo, ma veniva altresì stabilito di reperire una nuova sede;
   quindi, con delibera del consiglio di amministrazione del 31 maggio 2011 e successivo bando n. 140130 del 18 ottobre 2011, veniva avviata un'indagine di mercato immobiliare per l'acquisto di un edificio per l'attività istituzionale del compartimento con sede in Campobasso e, successivamente, veniva disposta l'aggiudicazione definitiva dell'avviso di indagine di mercato, in favore della Spinosa Costruzioni Generali s.p.a., fondata e diretta da Giovanni Spinosa, indagato per corruzione e turbativa d'asta, per la costruzione di un nuovo edificio, per un importo offerto pari a circa 13 milioni di euro;
   nelle more del completamento della costruzione del nuovo edificio, al costo di circa 240.000 euro annui, con contratto di locazione 6+6, veniva altresì locato l'edificio di proprietà della Larivera Immobiliare s.p.a. sito in via Luigi Falcione a Campobasso, edificio costruito per «uso commerciale»;
   le recenti indagini giudiziarie sulle gravi vicende corruttive legate ad ANAS, hanno fatto emergere, nell'ambito del secondo capitolo dell'inchiesta «Dama Nera»; tra le altre, anche un'indagine legata proprio all'aggiudicazione dei lavori per la costruzione della nuova sede Anas di Campobasso, attualmente oggetto di un'inchiesta da parte della procura di Roma –:
   se, alla luce di un possibile danno all'erario dovuto alla costruzione della nuova sede dell'Anas di Campobasso, il cui appalto è attualmente sotto indagine della procura di Roma e alla decisione di locare un nuovo immobile senza intervenire sulla sede di proprietà di via Genova, i Ministri non ritengano di attivare i propri poteri di vigilanza e controllo nei confronti dell'Anas al fine di verificare l'effettiva regolarità delle procedure esposte in premessa. (4-14500)


   LAFFRANCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli interventi sul raccordo autostradale 06 Perugia-Bettolle, peraltro assolutamente necessari, sono iniziati tutti contemporaneamente e su tratti talmente trafficati da determinare numerosi disagi sia per i residenti che per chi vi transita;
   il raccordo Perugia-Bettolle riveste un'importanza strategica non solo per la viabilità interna della città di Perugia e in riferimento al trasporto di beni di prima necessità per tutto il territorio umbro, ma anche perché si tratta di uno snodo che collega il meridione e il settentrione d'Italia, in particolare nell'anno in cui è stato indetto il Giubileo della Misericordia;
   dal 14 al 23 ottobre 2016 si terrà a Perugia, come ogni anno, la manifestazione «Eurochocolate», ma i cantieri sono ancora aperti e non verranno rimossi dall'Anas, nonostante la richiesta delle autorità perugine;
   in data 21 gennaio 2016 il Governo, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata in Commissione ambiente (5-07459), ha dichiarato che, nonostante «i turni in orario notturno e festivo in aggiunta a quelli diurni non sono stati previsti nei contratti di appalto in corso, in quanto avrebbero comportato costi aggiuntivi tali da non consentire la copertura finanziaria di tutti gli interventi», l'Anas ha segnalato «che, in accordo con le imprese appaltatrici e senza alcun aggravio di costi per la finanza pubblica,» aveva «comunque già disposto l'estensione dell'orario di lavoro giornaliero con l'introduzione di turni aggiuntivi nonché l'incremento di uomini e mezzi in entrambi i cantieri a maggior impatto sul traffico; in particolare, nel cantiere della galleria Volumni (località Ponte San Giovanni),» sarebbero stati «raddoppiati i turni di lavoro, passando da 8 a 16 ore lavorative al giorno» ed era «stato introdotto un turno aggiuntivo nella giornata di sabato. (...) Turni lavorativi in orario notturno sono già stati eseguiti in tale cantiere e altri turni notturni sono previsti per particolari fasi dei lavori, data l'interferenza con la sottostante viabilità comunale e ferroviaria» –:
   quali iniziative siano effettivamente state predisposte per velocizzare la chiusura dei lavori;
   quanti turni lavorativi siano stati aggiunti a quelli già previsti, per quale ammontare di ore e, nello specifico, quanti siano stati i turni giornalieri raddoppiati, quanti di sabato, ed, infine, quanti notturni e festivi. (4-14510)


   DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 10 ottobre 2016, un treno freccia argento che circolava sulla tratta ferroviaria Mantova-Modena, intorno alle ore 11 all'altezza di Carpi, avrebbe attraversato il passaggio a livello di via Remesina con le sbarre del blocco stradale alzate;
   secondo fonti stampa, Rete ferroviaria italiana (RFI) avrebbe fatto sapere che il dispositivo automatico, preposto all'azionamento della sbarra (in gergo tecnico pedale), avrebbe correttamente funzionato ma, a causa della bassa velocità del treno in questione, le sbarre si sarebbero rialzate prima del suo attraversamento completo;
   la ricostruzione di RFI, se confermata, rileverebbe comunque una falla nel sistema automatico della barriera posto che sembrerebbe non rilevare la presenza di un treno in transito o in avvicinamento a velocità contenute e comunque denoterebbe una distanza tra il cosiddetto pedale e le barriere di blocco del transito stradale tale da richiedere l'installazione di dispositivi che consentono di verificare la libertà dell'attraversamento, come previsto dell'articolo 4.24 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   la suddetta ricostruzione di RFI significherebbe inoltre che, in tale occasione, sarebbero saltate le precauzioni previste dall'articolo 15 del regolamento della circolazione ferroviaria in caso di mal funzionamento dei passaggi a livello, dato che l'anomalia non sarebbe stata rilevata con anticipo;
   sebbene fortunatamente non sia accaduto alcun incidente, sarebbe comunque necessario avviare un'indagine ministeriale sull'episodio considerato che si tratterebbe di un'anomalia che può ripetersi e che, secondo quanto riportato dalla stampa, nella stessa mattinata avrebbe interessato anche il vicino impianto tra Fossoli e Budrione;
   l'episodio di via Remesina risulta, inoltre, particolarmente preoccupante, considerato non solo il traffico presente quotidianamente sull'arteria stradale ma soprattutto il fatto che i binari sono attraversati anche da una pista ciclabile percorsa spesso da bambini e ragazzi che dalle frazioni vanno a scuola a Carpi;
   sarebbe opportuno realizzare uno studio sul raddoppio della linea Modena-Verona, così da poter migliorare complessivamente questa tratta mettendo mano a tutti i passaggi a livello e togliendo traffico veicolare in una delle zone più inquinate d'Europa;
   in generale, secondo gli ultimi dati forniti dalla polizia ferroviaria, gli incidenti sui passaggi a livello sono in aumento: nel 2015 si sono verificati 30 incidenti ai passaggi a livello con un aumento di ben il 25 per cento rispetto al 2014 –:
   se il Ministro e la direzione competente siano informati sui fatti in premessa e, considerato che l'inconveniente avrebbe potuto determinare un incidente grave nonché al fine di un generale miglioramento della sicurezza, se l'organismo investigativo ministeriale intenda portare avanti una verifica sull'episodio;
   se, in considerazione della distanza piuttosto lunga tra il meccanismo di pedale e la barriera, il passaggio a livello di via Remesina sia sussidiato da dispositivi che consentono di verificare la libertà dell'attraversamento, ai sensi dell'articolo 4.24 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   se, in relazione all'episodio descritto in premessa, risultino essere stati attivati la marcia a vista o altri provvedimenti cautelativi ai sensi dell'articolo 15 del regolamento della circolazione ferroviaria;
   se, in considerazione della pericolosità dell'impianto di via Remesina, risulti in atto da parte di RFI un programma di eliminazione del suddetto passaggio a livello con opere alternative;
   se sia intenzione del Ministero promuovere uno studio per il raddoppio della linea Modena-Verona e per l'eliminazione di tutti i passaggi a livello sulla tratta al fine di inserire il progetto nel contratto di programma con RFI;
   a quanto ammontino complessivamente i fondi statali per l'eliminazione dei passaggi a livello e se, in considerazione dell'aumento dell'incidentalità connessa, sia stato previsto un conseguente incremento di tali fondi. (4-14512)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dalla ripresa delle attività dell'aeroporto di Rimini «Federico Fellini» nell'aprile 2015 l'ufficio polizia di frontiera di Rimini ha subito un consistente calo di organico, con 12 movimenti in uscita (di cui 3 assistenti capo trasferiti d'ufficio ad altra sede nonostante avessero specifiche capacità professionali inerenti l'attività della Polizia di frontiera) e 5 movimenti in entrata;
   oltre ad avere dovuto affrontare una difficile situazione nella stagione estiva appena trascorsa, tali movimenti portano l'ufficio, in vista della stagione estiva 2017, ad uno sbilancio totale in negativo di 7 operatori;
   al contempo, il traffico passeggeri dell'aeroporto «Fellini» ha subito un costante incremento, destinato a crescere anche nella stagione estiva 2017, con la previsione già dalla prossima stagione invernale di nuovi collegamenti extra-Schengen 5 giorni su 7, oltre ai voli di aviazione generale, con il 90 per cento circa dei passeggeri che transitano dallo scalo provenienti da Paesi extra-Schengen (Russia, Ucraina, Bielorussia, Albania e altri) tra cui aree a rischio per le vicende legate al terrorismo internazionale, che devono essere sottoposti a un controllo più approfondito sia dal punto di vista della frontiera che della sicurezza;
   va ricordato che lo scalo riminese serve un territorio turistico ed economico che nella sola provincia di Rimini vede 16 milioni di presenze ogni anno;
   l'ufficio ha inoltre fra le mansioni anche i controlli di frontiera presso il porto di Rimini, distante 7 chilometri dall'aeroporto, a cui devono essere inviati almeno due operatori, spesso senza congruo preavviso;
   a giudizio dei sindacati di categoria, il dispositivo di personale minimo da impiegare per l'attività di frontiera e la vigilanza dello scalo dovrebbe essere di circa 12 operatori per turno, che determinano un impegno di circa 36 unità, a cui vanno aggiunti gli operatori che devono effettuare il riposo settimanale, quelli in congedo ordinario e le malattie;
   l'organico dell'ufficio è attualmente di 42 operatori di polizia e 2 impiegati civili, a fronte di un massimo di 55 componenti raggiunto negli anni precedenti;
   per fare fronte ai controlli di frontiera durante la stagione estiva il personale ha dovuto effettuare, soprattutto nelle giornate di maggiore traffico passeggeri, numerose ore di straordinario e ha dovuto rinunciare al riposo settimanale, nonché far fronte a diverse aggregazioni di personale presso altre sedi –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, visto il prevedibile aumento dei voli negli anni a venire, sanare la carenza di organico di personale effettivo dell'ufficio polizia di frontiera – scalo marittimo e aereo di Rimini, ripristinando i 7 operatori del quadro permanente che sono venuti a mancare;
   se al di là di questa prima necessaria iniziativa, vi sia l'intenzione di prevedere per le prossime stagioni estive delle aliquote di personale aggregato presso lo scalo «Federico Fellini» di Rimini, nell'ordine di almeno 10 unità. (5-09762)


   TARICCO, GRIBAUDO, LUCIANO AGOSTINI, PRINA, PAOLO ROSSI, RUBINATO, TARTAGLIONE, AMATO, ROSTELLATO, CAPOZZOLO e ROTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dai dati in possesso degli interroganti risulterebbe che i migranti e rifugiati sbarcati in Italia nel 2016 provengono soprattutto da Nigeria (15 per cento), Gambia (10 per cento), Somalia (9 per cento), Eritrea, Guinea e Costa d'Avorio (8 per cento) e la spinta all'emigrazione deriva da fattori di instabilità politica e sociale;
   sulla base dei dati raccolti dalla UNHCR, la UN Refugee Agency, gli arrivi via mare di immigrati, nei primi nove mesi del 2016, sono in totale 131.702 di cui 16.792 nel mese di settembre (ca. 5.000 persone in meno del mese di agosto);
   arriverebbero in Italia soprattutto uomini (70 per cento) con un numero considerevole di minori non accompagnati, in continua crescita (16 per cento);
   gli sbarchi sono più numerosi in Sicilia (69 per cento), ma se ne contano anche in Calabria, Puglia e Sardegna;
   purtroppo la cosiddetta «relocation», vale a dire la ripartizione dei migranti fra i vari Paesi europei, nonostante le pressioni del nostro Paese, e gli impegni formali della Commissione europea, procede a ritmi lenti e non produttivi: sempre da dati UNHCR, a settembre 2016, su 160.000 persone che devono essere redistribuite tra Grecia e Italia entro un possibile settembre 2017, soltanto 5.290 sono state riallocate nei Paesi europei e, di queste, soltanto 1.156 provengono dall'Italia, le restanti tutte dalla Grecia; parliamo di un 3 per cento del totale;
   numerose indagini hanno dimostrato che le condizioni dei migranti accolti in Grecia e Turchia sono pessime, se non vergognose, talvolta con situazioni prossime alla prigionia, più che all'accoglienza;
   l'Italia ha operato fin dai primi tempi di questa emergenza umanitaria nell'ottica del sostegno oltreché dell'accoglienza, investendo in termini di economie, energie, impegno civile e umano, con un coinvolgimento diretto delle proprie forze militari e assistenziali ben oltre il limite dettato dal dovere, mossa dalla necessità e dalla volontà di accogliere, anziché erigere muri;
   nonostante l'imponente sforzo messo in campo, il sistema appare ancora frammentato e non sufficientemente controllato e, proprio la situazione di emergenza, rischia di offre spazio a circostanze di criticità estrema, dettate da contingenza e mancanza di sufficienti regole e supervisione;
   alloggiare i richiedenti asilo, evitando conflitti con la popolazione locale ed evitando sprechi di risorse è questione complessa, in quanto entrano in gioco questioni sociali, culturali ed economiche;
   il rischio di risposte di accoglienza improntate più alla ricerca di business che non alla volontà di contribuire ad una risposta ad una emergenza crea in molti casi tensioni anche sui territori, compromettendo l'immagine complessiva dello sforzo in atto;
   alcuni imprenditori, a tal riguardo, lucrando sul fenomeno, rimettono in circolo strutture ricettive che non sempre sono adeguate per diventare centri di accoglienza, mentre alcune cooperative candidate, non sempre hanno i requisiti e le competenze per poterlo fare;
   numerose comunità locali si trovano talvolta ad accogliere e gestire numeri di rifugiati, in relazione al numero di residenti, eccessivamente alti, mentre servirebbe una proporzionalità tra numero dei rifugiati accolti ed i residenti;
   visti i numeri importanti e vista la situazione che nella sua straordinarietà sta purtroppo diventando ordinaria e quindi richiederebbe un approccio strutturale, sarebbe necessario prevedere percorsi formativi obbligatori ed una abilitazione per garantire requisiti minimi e una provata professionalità per potersi candidare all'accoglienza di cittadini migranti e, altresì, sarebbe indispensabile, prevedere una verifica serrata del rispetto della convenzione di affidamento una volta avviata –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non ritenga di dover individuare percorsi formativi e procedure di accreditamento con criteri qualitativi e di professionalità minimi, adeguati, misurabili che permettano una verifica rigorosa, in grado di eradicare speculazioni ed atti illegittimi nelle attività di accoglienza degli immigrati. (5-09777)


   BOCCUZZI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da anni, si apprende da articoli di stampa e mass media locali che, in alcuni uffici della polizia di Stato della provincia di Bolzano, si è rilevata la presenza di materiali di eternit e/o di derivati in vinilamianto anche con misurazione di fibre aerodisperse; tra questi, vi sono l'ex sede oramai non spiacente della Polstrada di Merano, l'ex ufficio posto al 4o piano del locale questura di Bolzano, denominato ex TLC UTILP che venne chiuso proprio tra il 2010 e 2011 per la presenza accertata di fibre aerodisperse, nonché parte della scuota ex allievi di polizia di viale Druso a Bolzano e la casermetta appartamento posto nel sottotetto alla stazione delle Ferrovie dello Stato di Merano della Polfer;
   nonostante vi siano state nel tempo circolari esplicative inerenti alla tematica dell’«amianto», segnalazioni varie di «avvenuto contatto» con fibre aerodisperse e/o materiali in amianto, indicazioni dettagliate di sedi ed uffici ove era presente tale minerale sotto diverse forme e malgrado sia stato acclarato tra i dipendenti della polizia di Stato un caso di patologia grave correlata all'amianto quale mesotelioma pleurico maligno al polmone, nulla è stato fatto per tutelare la salute di tali lavoratori;
   ad oggi, risulta, che non vi sia stato nessun tipo di informazione e di comunicazione da parte degli organi preposti sul pericolo dell'amianto e sulla presenza anche bassa, di concentrazione di fibre aerodisperse in questi luoghi di lavoro né alcuna iniziativa mirata all'informazione preventiva e ad una profilassi medico-sanitaria sul personale di almeno 40 anni di età che abbia prestato servizio nelle sedi menzionata;
   che il valore limite di esposizione per l'amianto è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono affinché nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria superiore al valore limite, disponendo altresì che quando tale valore limite sia superato, il datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il più presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione. Il lavoro può proseguire nella zona interessata solo se vengono prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intendano intervenire al fine di far chiarezza su tale vicenda e avviare un iter di screening medico per tutto il personale che direttamente o indirettamente sia venuto in contatto con il suddetto minerale. (5-09778)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   è talvolta accaduto che, successivamente al loro passaggio in quiescenza, dei prefetti siano stati nominati ad altro incarico nell'ambito dell'amministrazione dell'interno od altra amministrazione dello Stato, in ragione del loro prestigio;
   le posizioni occupate dai prefetti cessati dal servizio attivo erano a volte retribuite ed a volte no;
   in base all'articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dall'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, questa pratica risulterebbe però oggi preclusa;
   la norma citata, infatti, così recita: «È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1 comma 2 del decreto legislativo n. 165 del 2011 nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione come individuate dall'Istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1 comma 2 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 nonché alle autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza»;
   sempre in base alla norma richiamata, «Alle suddette amministrazioni è altresì fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle amministrazioni di cui al primo periodo e degli enti e società da esse controllati ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi degli enti di cui all'articolo 2 comma 2-bis del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013 n. 125. Incarichi e collaborazioni sono consentiti esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno non prorogabile né rinnovabile presso ciascuna amministrazione. Devono essere rendicontati eventuali rimborsi di spese corrisposti nei limiti fissati dall'organo competente dell'amministrazione interessata. Gli organi costituzionali si adeguano alle disposizioni del presente comma nell'ambito della propria autonomia»;
   mancano statistiche ufficiali sull'ampiezza del fenomeno, prima e dopo l'entrata in vigore delle disposizioni precedentemente richiamate –:
   quanti prefetti in pensione risultino attualmente svolgere altri incarichi presso il Ministero dell'interno o altra amministrazione pubblica e quanti fra questi vengano ancora regolarmente retribuiti. (4-14489)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i vigili del fuoco, come previsto dall'articolo 1, comma terzo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, non sono compresi tra i lavoratori per i quali è prevista l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro che garantisce il diritto alle prestazioni INAIL;
   gli appartenenti al Corpo nazionale dei vigili del fuoco usufruiscono, tramite l'Opera nazionale assistenza (ONA), di una copertura assicurativa per i ricoveri, gli infortuni in servizio e le malattie professionali;
   il rischio di infortuni sul lavoro al quale sono esposti i vigili del fuoco, per la tipicità della loro professione, renderebbe necessaria una garanzia dinamica che si faccia carico della tutela dell'infortunato fin dal momento dell'evento, per tutto quello che possa occorrere per il recupero completo e tempestivo dell'integrità fisica e della salute in generale;
   tale garanzia dinamica non sembra assicurata ai vigili del fuoco dall'attuale quadro normativo vigente –:
   se il Governo intenda intervenire, anche con iniziative normative, per ricomprendere i vigili del fuoco tra i soggetti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965. (4-14491)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i comuni di Mirano e Santa Maria di Sala contano insieme più di 46 mila abitanti e territorio ricompreso tra questi comuni costituisce la più grande zona industriale in provincia di Venezia dopo quella di Porto Marghera;
   il controllo di un territorio così esteso e fortemente popolato è oggi assicurata da una stazione dei carabinieri che dispone di circa 15 effettivi;
   l'attuale presidio delle forze dell'ordine appare assolutamente insufficiente a garantire la sicurezza del territorio. Appare inoltre sproporzionata, se confrontata con altre realtà, la presenza di forze dell'ordine;
   nel passato era stata avanzata l'ipotesi elevare l'attuale stazione dei carabinieri in tenenza, ma ad oggi nulla è stato realizzato –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire una maggiore presenza delle forze dell'ordine nel territorio dei comuni di Mirano e Santa Maria di Sala. (4-14492)


   PETRAROLI, LOREFICE, COLONNESE e BUSTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'impresa KB srl con sede nel Comune di Busto Arsizio in provincia di Varese, è titolare di alcune strutture residenziali dedicate all'assistenza sociale;
   l'impresa KB srl è l'ente gestore che si occupa dell'accoglienza di oltre 600 richiedenti asilo in provincia di Varese presso centri di accoglienza straordinari (CAS) dislocati tra i comuni di Busto Arsizio, Samarate, Uboldo, Gallarate, Gorla Minore, Fagnano Olona e Somma Lombardo con un giro d'affari che supera i 6 milioni di euro l'anno;
   l'ente gestore è di frequente al centro di forti proteste da parte dei richiedenti asilo accolti che lamentano condizioni di accoglienza indegne, condizioni che generano gravi tensioni sociali;
   secondo quanto si apprende da un articolo pubblicato in data 15 settembre 2016 sul quotidiano online « varesenews.it» dal titolo «Un bagno ogni 25 persone, così si vive nel centro di accoglienza di via dei Mille» e da diversi articoli pubblicati dal quotidiano online « laprovinciadivarese.it», i richiedenti asilo ospitati nei centri gestiti dalla KB srl verserebbero in una situazione ingestibile a causa di gravi carenze strutturali e assenza di servizi fondamentali;
   tra le criticità strutturali vi sarebbero condizioni di sovraffollamento, assenza di acqua calda nei bagni, assenza di manutenzione ordinaria, improprio rapporto tra bagni disponibili e persone accolte con diretta ricaduta sulle condizioni igienico-sanitarie;
   rispetto alla carenza nell'erogazione dei servizi dovuti vengono denunciate scarsa qualità e quantità delle forniture alimentari, scarsa se non del tutto assente tutela sanitaria e legale, assenza di servizi volti all'inclusione sociale, quale l'erogazione di corsi di lingua italiana;
   stando ai dati disponibili aggiornati a settembre 2016, il numero dei migranti accolti in Italia risulta essere di 159.473 persone, di cui ben 123.396, pari all'80 per cento: all'interno di strutture di accoglienza straordinaria (CAS), con un'evidente sproporzione rispetto all'accoglienza in centri ordinari previsti dalla normativa;
   la regione Lombardia accoglie circa il 13 per cento di tutti i migranti aventi diritto presenti sul territorio nazionale, attestandosi al primo posto rispetto al numero di presenze;
   l'articolo 11 del decreto legislativo n. 142 del 2015 dispone che l'accoglienza presso CAS sia limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento presso strutture di accoglienza ordinaria, eppure da fonti di stampa risulterebbe che la presenza di richiedenti nelle strutture gestite dalla KB srl si sia protratta a lungo nel tempo fino anche a due anni;
   la circolare del Ministero dell'interno n. 11209 del 20 agosto 2015 in materia di implementazione delle attività di controllo sui centri e sui servizi di accoglienza dei migranti, nonché l'articolo 20 del decreto legislativo n. 142 del 2015 richiamano e definiscono le responsabilità della prefettura territorialmente competente circa i controlli e i monitoraggi da effettuare sui livelli di assistenza e sulla qualità dei servizi erogati nei centri di accoglienza;
   il Governo, d'intesa con l'Anci, consapevole delle inefficienze del sistema attuale di accoglienza, ha predisposto un piano volto ad una più razionale distribuzione dei migranti accolti su tutto il territorio nazionale ispirata al principio della cosiddetta accoglienza diffusa –:
   se e quali urgenti iniziative intenda assumere affinché si effettuino i dovuti controlli di competenza circa le criticità riscontrate e ad esse sia posto rimedio, onde evitare l'aggravarsi di violazioni di diritto, conflitti e tensioni sociali;
   se e quali urgenti iniziative intenda assumere per provvedere ad una ridistribuzione delle persone accolte presso centri ordinari e in quali tempi. (4-14499)


   RICCIATTI, COSTANTINO, FAVA, QUARANTA, MARTELLI, AIRAUDO, PLACIDO, FERRARA, MELILLA, PIRAS, SANNICANDRO e DURANTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati forniti dal Ministero dell'interno, in tutta Italia nel 2014 le denunce per usura sono state solo 372 di cui nove nelle Marche. Secondo l'Eurispes l'usura nel 2015 ha toccato quota 82 miliardi di euro;
   negli ultimi due anni, una impresa su dieci si è rivolta ai 40 mila «strozzini» presenti sul territorio nazionale con tassi di interesse che vanno dal 120 al 250 per cento;
   secondo Sos impresa, sono circa 3 mila gli artigiani e gli imprenditori marchigiani caduti nella rete dell'usura. Nei primi otto mesi del 2016 dieci imprese locali si sono rivolte a Fidimpresa per tentare di uscire dalla morsa ottenendo 152 mila euro grazie al fondo antiusura;
   secondo Eurispes, la provincia più esposta al rischio di penetrazioni di usura è Macerata, collocandosi al cinquantesimo posto nella classifica nazionale;
   fondamentale diventa quindi il ruolo dei Confidi per lasciare artigiani, commercianti ed imprenditori lontani dall'usura –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per potenziare il ruolo del Confidi come strumento utile alle imprese per continuare ad operare nella legalità ed in che modo intenda promuovere questo ruolo;
   se il Governo sia a conoscenza del dilagante fenomeno dell'usura e se abbia preso atto dell'estensione dello stesso in tutta Italia, salvo rare eccezioni;
   come il Governo intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per scardinare simili fenomeni. (4-14502)


   RAMPI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul sito istituzionale del comune di Vimercate in provincia di Monza e Brianza campeggia la promozione di un'iniziativa di un gruppo politico del Parlamento europeo (EFD2 – Europe of Freedom and Direct Democracy) cui aderiscono gli eurodeputati del MoVimento 5 Stelle che oggi esprime il sindaco e la maggioranza dei consiglieri comunali del comune medesimo;
   il sito del comune rappresenta l'istituzione che è di tutti i cittadini e non può in alcun modo essere strumento di parte, di fazione, di costruzione di consenso di parte;
   il corso promosso da due eurodeputati di cui vengono riportati nomi e cognomi, viene pubblicizzato con link diretto al sito 5 Stelle Europa (www.movimento5stelle.it/parlamentoeuropeo);
   si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un gravissimo precedente di appropriazione di fazione delle istituzioni repubblicane di cui al nostro Paese ha purtroppo tragici precedenti storici –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere ogni iniziative di competenza, anche normativa, per far rispettare il bene supremo dell'indipendenza e dell'università delle istituzioni, garantendo ciò che fino ad oggi era garantito dal buon senso e dal rispetto delle istituzioni ma che sembra ormai non appartenere più all’ethos di alcune delle forze politiche del Paese. (4-14508)


   RONDINI, MOLTENI, GUIDESI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni articoli di stampa, tra cui quello apparso su La verità del 12 ottobre 2016, si apprende che sempre più immigrati, alloggiati nei diversi e numerosi centri e accoglienza dislocati sul territorio italiano, hanno avanzato o stanno avanzando ai comuni domanda per l'iscrizione anagrafica;
   a seguito di tale domanda, agli immigrati che hanno già ottenuto il certificato di residenza, viene conseguentemente rilasciata la carta di identità e riconosciuto l'accesso ai servizi sociali erogati dai comuni, che andrebbero, dunque, ad aggiungersi a quelli già previsti e forniti nell'ambito del servizio di accoglienza;
   secondo gli ultimi dati disponibili, all'11 ottobre 2016 nel sistema accoglienza erano presenti 163.910 immigrati (sebbene il numero sia destinato ad aumentare rapidamente per i continui sbarchi) e a fronte dell'incremento delle domande per l'iscrizione anagrafica, le casse comunali, già in difficoltà, sono destinate in breve tempo al tracollo, soprattutto quelle dei piccoli comuni, dove sono stati alloggiati dalle prefetture il maggior numero di immigrati nell'ambito dell'accoglienza cosiddetta «diffusa»;
   sempre secondo gli ultimi dati disponibili, aggiornati al 7 ottobre 2016, circa il 60 per cento delle domande di protezione internazionale viene denegato già in prima istanza, con la conseguenza che, benché il certificato di residenza sia provvisorio, nelle more della sua cancellazione, l'immigrato divenuto irregolare, tuttavia, può godere di tutti i servizi erogati dal comune, continuando a gravare sulle casse dello stesso;
   numerosi sindaci hanno sollevato rilievi e proteste già nella primavera scorsa e l'Anci aveva chiesto un intervento mirato e tempestivo del Governo sulla questione;
   nonostante l'avviato «dialogo aperto», il 17 agosto 2016, pare che il Ministero abbia emanato una circolare e imposto ai comuni di concedere la residenza agli immigrati ospitati nei centri di accoglienza, anche per il tramite delle cooperative che hanno in gestione tali centri;
   con la circolare del 17 agosto 2016, il Ministero dell'interno pare però abbia solo precisato che «dalle disposizioni normative sembra emergere un quadro certo sul diritto del richiedente protezione internazionale, ospitato presso strutture di accoglienza e titolare del permesso di soggiorno, all'iscrizione anagrafica ed al rilascio della carta d'identità», richiamando, nel merito, le disposizioni normative di cui all'articolo 6, comma 7 del decreto legislativo 23 luglio 1998 n. 286, (testo unico sull'immigrazione) e l'articolo 5, comma 3 del decreto legislativo 8 agosto 2015, n. 142;
   benché l'articolo 5, comma 3 del decreto legislativo n. 142 del 2015, al fine di considerare il centro quale dimora abituale, faccia riferimento ai centri di cui agli articoli 9, 11 e 14, tuttavia, nelle strutture di cui all'articolo 11, nell'ambito dei quali sono accolti la maggioranza dei richiedenti protezione internazionale, l'accoglienza dovrebbe essere solo temporanea;
   si registrano le istanze e le proteste di numerosi sindaci, sui quali di fatto viene scaricato in ultima istanza il costo dell'accoglienza, con conseguente danno e riduzione dei servizi erogati alla cittadinanza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se ciò corrisponda al vero e quali iniziative intenda adottare per modificare l'attuale normativa affinché non sia consentita l'iscrizione anagrafica, con il conseguente rilascio della carta di identità e l'accesso ai servizi sociali erogati dai comuni, agli immigrati ospitati nei centri di accoglienza, a fronte dei rilievi e delle richieste avanzate dai sindaci e per i motivi sopra esposti. (4-14520)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 10 ottobre 2016 una giovane di 22 anni è stata aggredita nel parco delle Rogge di Chiari, in provincia di Brescia, da tre stranieri extracomunitari, che l'hanno prima rapinata e poi violentata;
   la testimonianza della giovane vittima e le indagini condotte dalle forze dell'ordine hanno portato alla rapida identificazione dei responsabili, risultati essere tre pakistani richiedenti asilo, residenti del bresciano da circa un anno;
   dei tre pakistani fermati, due risiedevano in una struttura di accoglienza gestita da una cooperativa nella stessa Chiari, mentre il terzo dimorava in altro centro, situato nel vicino comune di Castrezzato;
   i tre pakistani erano giunti a Chiari e Castrezzato in base ad una disposizione della prefettura di Brescia che aveva incontrato forti opposizioni bipartisan, tanto da parte degli amministratori locali quanto dai consiglieri comunali appartenenti ai partiti di opposizione;
   attraverso le strutture di accoglienza predisposte a Castrezzato è risultato essere transitato anche un cittadino kosovaro espulso dal territorio del nostro Paese alla fine del 2015;
   l'episodio occorso al parco delle Rogge di Chiari ha destato viva sensazione nella cittadinanza, rafforzando i timori e le preoccupazioni generate lo scorso anno dal possibile arrivo di tanti sedicenti profughi provenienti da Paesi anche culturalmente molto lontani dal nostro;
   gli amministratori locali ora chiedono a viva voce adeguate garanzie per la sicurezza dei cittadini di cui sono responsabili –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per garantire l'ordine e la sicurezza pubblica a Chiari, Castrezzato e tutte le altre località del bresciano che ospitano, in strutture gestite da privati, sedicenti profughi delle cui attitudini e del cui passato nulla o quasi si sa;
   quali motivi impediscano di assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a chiudere sollecitamente le strutture di accoglienza affidate ai privati in provincia di Brescia, spostando in altre località coloro cui verrà riconosciuta una qualche forma di tutela internazionale e rimpatriando al più presto gli altri, che risulteranno invece privi dei requisiti necessari alla concessione del beneficio. (4-14528)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la crisi economica è ancora molto presente e si stanno facendo sempre più forti due tendenze: un declino della crescita della produttività e il persistere di disuguaglianze in termini di ricchezza, salari, benessere ed opportunità;
   un settore particolarmente importante è quello dell'istruzione e della formazione: le competenze che si acquisiscono nel percorso di istruzione hanno un impatto diretto sulle possibilità e le tipologie di occupazione e dunque sulla retribuzione e sull'autonomia delle persone;
   le donne continuano ad essere le più svantaggiate sul mercato del lavoro in termini sia di opportunità sia di retribuzione, dunque di autonomia;
   i dati dell'OSCE mettono in luce che gli individui con più alta formazione e più alte competenze hanno maggiori possibilità di godere di buona salute, di avere un impatto sulle decisioni e sui processi politici e di partecipare ad attività associative o di volontariato: in una parola di partecipare e contribuire alla vita sociale, economica e politica del proprio Paese;
   il programma PISA (The Program for international student assessment), con cui si valutano le competenze di studentesse e di studenti, prevede strumenti per misurare il benessere degli studenti (well-being) ed è pianificato un rapporto sulle politiche educative e sulle pratiche per diminuire le disuguaglianze sociali per il 2017;
   persiste inoltre un consistente gap nel dotare gli studenti di solide skills – il che è preoccupante;
   « The ABC of gender equality in Education» sottolinea che gli insegnanti e le scuole di molti Paesi debbono incoraggiare maggiormente le ragazze a vedere come le scienze e la matematica siano essenziali per la loro carriera e per le opportunità di vita. La raccomandazione del 2013 dell'OECD sulla gender equality nell'educazione, nell'occupazione e nelle imprese ha messo in luce che le donne rimangono decisamente sottorappresentate negli studi e nei lavori nelle cosiddette STEM, ossia nel campo delle scienze, dell'ingegneria e delle tecnologie –:
   quali iniziative la Ministra interrogata intenda mettere in atto per incoraggiare maggiormente le studentesse e gli studenti a intraprendere percorsi di formazione nelle STEM (scienze, tecnologie, ingegneria e matematica) ed, in particolare, per colmare il gap di rappresentanza delle studentesse.
(2-01506) «Centemero».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'Istat ha condotto una indagine, recentemente pubblicata, dal titolo «I percorsi di studio e lavoro dei diplomati e dei laureati»; l'indagine è stata condotta su una popolazione di 299.449 individui, appartenenti a 90 atenei, che si sono laureati nel 2011 in un ateneo italiano;
   dai dati, che prendono in esame la condizione occupazionale a 5 anni dal conseguimento del titolo, si evince che per i laureati di I e di II livello provenienti da facoltà delle aree letterarie, geo-biologico, psicologico e giuridico, risulta più difficile l'inserimento nel mercato del lavoro;
   in particolare, per i laureati dell'area letteraria e dell'area geo-biologica la difficoltà si presenta sia per quelli di I livello che di II livello;
   per quanto riguarda il gruppo psicologico le difficoltà maggiori sono relative ai laureati di I livello per i quali si riscontra un basso tasso di occupazione, mentre per quanto riguarda l'area giuridica hanno maggiori difficoltà a trovare sbocchi occupazionali i laureati di II livello;
   in generale, nell'indagine si conferma la stima di una percentuale del 73 per cento di laureati di II livello che a distanza di alcuni anni dal conseguimento del titolo risultano occupati;
   le competenze che si acquisiscono nel percorso di istruzione hanno, secondo il rapporto 2015-16 OSCE, un impatto diretto sulle possibilità e la tipologia di occupazione e dunque sulla retribuzione e sull'autonomia delle persone. In particolare, le donne continuano ad essere le più svantaggiate sul mercato del lavoro in termini di opportunità e di retribuzione;
   le differenze rispetto alle condizioni di accesso al mondo del lavoro dipendono da fattori connessi alle scelte di studio/formazione e queste differenze incidono in maniera diversa sui vari gruppi in possesso del titolo di I o di II livello;
   i diplomati delle scuole superiori optano per la prosecuzione degli studi di livello superiore, avendo a disposizione informazioni limitate in merito alle università e agli istituti tecnici superiori. Non hanno a disposizione inoltre informazioni quali il rischio di abbandono scolastico, la valutazione dei costi, le opportunità sul mercato del lavoro, l'impatto futuro delle tecnologie –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di prevedere un sistema o progetti di orientamento per le giovani e i giovani al fine del proseguimento degli studi al livello superiore e affinché siano chiare le opportunità, i rischi e anche le difficoltà attinenti alla scelte di determinati corsi di laurea di I o di Il livello o degli istituti tecnici superiori.
(2-01507) «Centemero».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CAROCCI, SGAMBATO, COCCIA, ROCCHI, IORI, BLAZINA, MALISANI, PES, NARDUOLO, MANZI e GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in Italia è indispensabile acquisire la specializzazione per le attività didattiche di sostegno mediante l'abilitazione, per la quale vengono indetti appositi corsi di specializzazione come previsto dall'articolo 13 del decreto ministeriale n. 249 del 2010;
   le caratteristiche dei corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità, devono prevedere l'acquisizione di un minimo di 60 crediti formativi, comprendere almeno 300 ore di tirocinio pari a 12 crediti formativi universitari e articolarsi distintamente per la scuola dell'infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondo grado;
   inoltre, al comma 1 del suddetto articolo, viene stabilito che: «in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione e della compiuta regolamentazione dei relativi percorsi di formazione, la specializzazione per l'attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità si consegue esclusivamente presso le università»;
   parimenti, anche su posto comune è stabilito che gli insegnanti possano accedere alle procedure di reclutamento solo se in possesso di un titolo abilitativo come sancito dall'articolo 1, comma 110, della legge n. 107 del 2015 secondo cui: «a decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali (...) esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento»;
   tuttavia, da notizie di stampa si apprende che molti docenti privi del titolo abilitativo o della specializzazione sul sostegno stiano conseguendo il medesimo all'estero attraverso corsi che non prevedono alcuna prova di ingresso e nessun percorso formativo adeguato. Tale fenomeno diventa macroscopico per quanto riguarda la specializzazione sul sostegno, vista la carenza di insegnanti specializzati;
   tali corsi sono molto costosi, ma consentono in tempi rapidissimi di conseguire un titolo attraverso cui si può essere inseriti in graduatoria una volta tornati in Italia. Infatti, si può facilmente richiedere il riconoscimento del titolo conseguito attraverso una verifica di omologazione da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca in applicazione della direttiva 2005/36, recepita dal decreto-legge n. 206 del 6 novembre 2006, per cui anche nel nostro Paese è possibile presentare richiesta di riconoscimento del titolo di studio conseguito in un Paese membro dell'Unione europea;
   tra il 2012 e il 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato solo per il riconoscimento dei titoli di abilitazione all'insegnamento conseguiti solo in Romania circa 500 decreti attuativi;
   per queste ragioni, molti aspiranti docenti stanno recandosi all'estero ottenendo il riconoscimento di tali abilitazioni o specializzazioni –:
   se sia a conoscenza di questo grave fenomeno e quali iniziative intenda intraprendere per impedire che questa pratica gravemente lesiva dei diritti dei ragazzi ad una didattica di qualità possa proseguire.
(5-09766)


   PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 4 ottobre 2016 il Ministro interrogato ha convocato un incontro con le parti sociali per fare il punto su alcune questioni tra cui, in primis, l'avvio dell'anno scolastico 2016/2017 e la connessa evoluzione del sistema di istruzione a seguito dell'entrata in vigore della riforma della «buona scuola»;
   si è trattato di un incontro atteso ed avvenuto dopo la richiesta avanzata unitariamente dai sindacati sulle problematiche legate all'avvio dell'anno scolastico, stanti le gravi disfunzioni che hanno segnato la ripresa delle lezioni a causa dei cambiamenti introdotti dalla legge n. 107 del 2015 e che, si spera, dovrebbe segnare la volontà politica del Governo di ricucire con il mondo della scuola la profonda frattura determinatasi e di riaprire le relazioni sindacali, al fine di rimediare ai guasti ed agli errori della riforma;
   la disordinata gestione della mobilità, l'andamento assai discusso del concorso per il reclutamento a tempo indeterminato nel triennio 2016-2018 di 63.172 docenti, la gravissima e cronica insufficienza dell'organico del personale ATA, e le procedure per le assunzioni rese incerte dalle conciliazioni sulla mobilità nazionale, hanno reso il clima incandescente e maturi i tempi per superare tutte le criticità, anche in vista del varo del disegno di legge di bilancio 2017, attraverso un confronto serrato che porti all'individuazione di soluzioni condivise e rispettose delle aspettative delle famiglie e di tutto il personale della scuola;
   con riferimento all'incontro la Flc-Cgil avrebbe manifestato nei confronti del Governo addirittura un'apertura di credito. Secondo il sindacato in quell'occasione si sarebbero raggiunti dei risultati interessanti, che tuttavia andranno definiti nella legge di stabilità per il 2017. In particolare, sempre secondo il sindacato, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si sarebbe assunto l'impegno ad allineare gli attuali 25.000 posti in organico di fatto (costituiti dalle disponibilità temporanee fino al 30 giugno) all'organico di diritto (ovvero, ai posti vacanti e disponibili per l'intero anno scolastico), e di avviare un piano straordinario di assunzione per il personale ATA, che vada oltre il turnover;
   sulle altre questioni poste nel corso dell'incontro dalle organizzazioni sindacali allo scopo di superare le ingiustizie della riforma, come la necessità di rifare le operazioni di mobilità, di riportare il bonus nell'ambito della contrattazione, di superare la chiamata diretta, di rivedere i criteri di valutazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, e di definire contrattualmente la formazione, le risposte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ad avviso dell'interrogante sono state fumose ed evasive;
   una netta chiusura, invece, il Ministro interrogato l'ha manifestata rispetto alle seguenti esigenze:
    1) trovare idonee soluzioni alla spinosa questione del precariato, con particolare riferimento ad un piano di stabilizzazione per coloro che sono compresi nelle graduatorie ad esaurimento;
    2) avviare una fase transitoria per la seconda fascia dei docenti con la previsione del doppio canale;
    3) potenziare l'organico per le scuole dell'infanzia;
    4) garantire posti effettivi per i vincitori del concorso, derogando allo sforamento del 10 per cento degli idonei;
    5) trovare una soluzione politica al problema al contenzioso nato con i diplomati magistrali che fanno richiesta di inserimento nella graduatoria ad esaurimento;
    6) avviare una operazione di qualità verso le scuole del Mezzogiorno: dalla generalizzazione delle scuole dell'infanzia all'aumento del tempo scuola, al fine di innalzare i livelli di apprendimento e combattere la dispersione scolastica –:
   quali e quante delle suddette questioni troveranno definitiva risoluzione nell'ambito del disegno di legge di bilancio per il 2017 che il Governo si appresta a varare. (5-09774)


   PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le pubblicazioni delle graduatorie di merito del concorso per l'assunzione a tempo indeterminato nel triennio 2016-2018 di 63.172 docenti stanno restituendo una realtà sconcertante: è già possibile prevedere che il numero dei vincitori (maggiorato del 10 per cento di riserva dei posti previsto dalla legge n. 107 del 2015 per gli idonei di precedenti concorsi), sarà inferiore al numero di posti messi a disposizione nel bando;
   il suddetto dato, con un tasso di non ammessi che sfiora il 50 per cento, e che in alcune regioni e classi di concorso raggiunge il 75 per cento, è stato determinato non solo da una elevata selettività e complessità delle prove concorsuali, ma, soprattutto, da alcune anomalie delle stesse che avrebbero finito con l'inficiarne la regolarità come: l'elevato numero dei quesiti da risolvere in poco tempo, i problemi al software e le errate istruzioni per lo svolgimento della prova computerizzata, commissioni modificate senza ragionevole preavviso, mancanza di griglie di valutazione e di criteri trasparenti;
   a tale circostanza va aggiunto anche il paradosso che per molte classi di concorso si registrerà un eccesso di candidati vincitori (soprattutto in Campania e Lazio), che però non potranno occupare le cattedre vacanti di altre regioni;
   la vigente previsione del limite del 10 per cento risulta, inoltre, fortemente penalizzante e punitiva per coloro che hanno già superato le prove concorsuali giungendo, in qualità di idonei, fino alla valutazione dei titoli; circostanza questa, che unita a quella della mancata possibilità di scorrimento delle graduatorie di merito, avranno l'effetto di determinare la perdita di innumerevoli posti messi a bando. La percentuale pari al 10 per cento, infatti, per alcune classi di concorso è sufficiente, mentre per altre è deficitaria: risulta, pertanto, controproducente limitare arbitrariamente e nella stessa misura il numero di idonei in classi di concorso con caratteristiche molto diverse fra loro. Inoltre, dal medesimo limite risultano particolarmente penalizzati gli ambiti disciplinari orizzontali e quelli del sostegno. Di più. In molti casi, i vincitori inseriti nelle graduatorie risultano essere per lo più gli stessi per le diverse procedure per cui hanno concorso: stando così le cose, al momento della scelta della classe di concorso su cui conseguire l'agognato ruolo da parte loro, non ci sarà possibilità di scorrimento per gli altri candidati che pure avevano superato l'intera procedura concorsuale, con il rischio di lasciare, ancora una volta, numerose cattedre scoperte e vanificare i sacrifici dei candidati e il lavoro svolto dalle commissioni –:
   alla luce di quanto fin qui esposto, anche al fine di non alimentare ulteriormente il numero di ricorsi a cui è attualmente esposta l'amministrazione scolastica, se non ritenga di dover assumere iniziative per:
    a) rimuovere il limite del 10 per cento di riserva dei posti ex legge n. 107 del 2015 per gli idonei di precedenti concorsi, al fine di creare una graduatoria di merito che includa tutti coloro che hanno già precedentemente superato le prove concorsuali da utilizzarsi nell'ambito del suo triennio di validità e di coprire eventuali rinunce o nuove esigenze dell'amministrazione, in modo che l'idoneità possa ulteriormente valere come titolo valutabile per le, graduatorie di II fascia o successivi concorsi, nel caso in cui gli idonei non vengano assunti nel triennio;
    b) prevedere, come già avvenuto per gli idonei del concorso 2012, una fase transitoria volta alla tutela di tutti gli idonei del concorso 2016, con modalità e tempistiche da definire. (5-09775)


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il bando per l'ammissione al corso di laurea magistrale in psicologia lm-51 anno accademico 2016/2017, emanato con decreto del rettore dell'università «G. D'Annunzio» di Chieti – Pescara n. 982/2016 prevede che l'ammissione stessa al corso di studi avvenga, fino a copertura dei posti disponibili, in base all'ordine cronologico di ricevimento delle domande di immatricolazione e che il numero dei posti disponibili sia pari a 120 unità, di cui 8 riservate a candidati stranieri;
   lo stesso bando prevede che la procedura di immatricolazione sia articolata nelle seguenti 2 fasi:
    1) immatricolazione al corso di laurea magistrale in psicologia da effettuare fino alla copertura dei posti disponibili dalle ore 10:00 (GMT+1) del 22 settembre 2016 entro e non oltre le ore 23:59 (GMT+1) del 28 settembre 2016;
    2) perfezionamento dell'immatricolazione attraverso l'invio di copia digitalizzata dell'attestazione di pagamento della prima rata di iscrizione;
   dalla graduatoria generale pubblicata dalla stessa università di Chieti, nel rispetto dell'ordine di prenotazione registrato dal sistema informatico, si può verificare che l'ultima prenotazione utile, la centododicesima, è avvenuta il 22 settembre 2016 alle ore 10:14 e 18 secondi, ovvero a meno di un quarto d'ora dall'avvio della procedura di iscrizione;
   ad avviso dell'interrogante tale procedura esclude in maniera del tutto irrazionale uno studente che non può o non riesce ad accedere alla procedura informatizzata per qualsiasi ragione, come anche il riscontro di anomalie legate a sistemi informatici o alla connessione internet, tant’è vero che alle ore 10:43 del 22 settembre risulta prenotata la studentessa n. 200 della graduatoria;
   a conferma di quanto esposto, sull'avviso della graduatoria l'università stessa ammette che «durante la procedura di presentazione delle domande di immatricolazione, si sono verificate anomalie nel sistema informatico»;
   appare di dubbia legittimità limitare l'iscrizione ad un corso di studi attraverso il criterio dell'ordine cronologico di iscrizione –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo a modalità, tempi e procedure previste alla base di tale «selezione» e abbia fornito indicazioni sullo svolgimento delle citate procedure, anche mediante apposite circolari;
   se il Ministro abbia intenzione di adottare iniziative, anche tenendo conto delle proposte parlamentari depositate e dei numerosi contenziosi del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in ordine ai test di ammissione ai corsi di studio, per regolamentare l'accesso degli studenti all'università in maniera non discriminatoria e restrittiva. (5-09779)


   FABBRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 21 settembre 2016, rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 3-02496, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, concernente iniziative volte a consentire anche agli insegnanti di religione di svolgere il ruolo di vicari del dirigente scolastico, faceva presente che:
    a) la legge di stabilità 2015 ha abrogato la possibilità per i dirigenti scolastici di avvalersi dell'esonero e del semiesonero dall'insegnamento per la figura del collaboratore vicario (o primo collaboratore) che riguarderebbe tutte le tipologie di docenti;
    b) la legge n. 107 del 2015, al comma 83 dell'articolo 1, assegna al dirigente scolastico la possibilità di individuare i propri collaboratori entro il limite del 10 per cento dell'organico dell'autonomia, di cui fanno parte anche gli insegnanti di religione cattolica;
    c) il comma 7 dell'articolo 1 della medesima legge ha previsto l'assegnazione del contingente di potenziamento dell'offerta formativa destinato alle attività finalizzate a migliorare l'organizzazione delle scuole, in una modalità a causa della quale, in relazione alla funzione di collaboratore vicario, «non è possibile che si possa presentare tale opportunità» per gli insegnanti di religione cattolica, identificando in modo puntuale la causa di ciò nell'assenza di un piano di potenziamento dell'offerta formativa per tale materia;
    d) in caso di applicazione non del tutto corretta di singoli casi, il Ministro competente ha dichiarato di essere «pronta, ove necessario, a intervenire»;
   già all'avvio del corrente anno scolastico, negli istituti di ogni ordine e grado, proprio grazie alla presenza di risorse di organico assegnate alle istituzioni scolastiche a titolo di potenziamento, docenti di tutte le discipline risultano distaccati dall'insegnamento ai fini dell'assunzione della funzione di primo collaboratore del dirigente, nella prevista quota del 10 per cento dell'organico, e sono stati sostituiti nelle loro classi dai colleghi facenti parte dell'organico dell'autonomia, grazie alla suddetta risorsa del potenziamento;
   dal combinato disposto di quanto descritto sopra, pur non esistendo una norma positiva tendente alla esclusione di detti docenti, essi tuttavia risultano tuttora discriminati di fatto, limitando nel contempo la possibilità da parte dei dirigenti scolastici di esercitare la loro legittima potestà fiduciaria nell'assegnare ad essi la funzione vicaria entro al quota del 10 per cento prevista dalla legge;
   i docenti di religione cattolica ai sensi dell'articolo 309 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1984 godono a tutti gli effetti degli stessi diritti e doveri degli altri docenti –:
   come si intenda procedere allo scopo di mettere fine a tale reale discriminazione, ovviando alla mancata previsione da parte del Ministero delle conseguenze di quanto sopra descritto;
   quali iniziative si intendano assumere per ristabilire la possibilità di sostituire i docenti di religione individuati come vicari, con supplenti approvati dall'autorità ecclesiastica, autorizzando di conseguenza la copertura dei costi derivanti mediante il capitolo di spesa già esistente relativo alle attività alternative e alle supplenze relative all'insegnamento della religione cattolica. (5-09781)


   SGAMBATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2016 M.S. risultava iscritto al Convitto nazionale «Vittorio Emanuele II» di Napoli in seguito ad un concorso;
   il ragazzo soffre di un'allergia al latte e ai suoi derivati che non gli ha mai impedito la regolare iscrizione ai cicli scolastici precedenti; l'allergologo, così come previsto dall'anafilassi, ha suggerito di mettere a disposizione della struttura scolastica i seguenti farmaci: bronco dilatatore, cortisone e fast jeckt di adrenalina;
   la famiglia non ha mai avuto problemi, dunque, ad inserire il figlio negli ordini di scuola precedenti dove, tra l'altro, non vi sono stati episodi di distrazione che hanno condotto a una crisi allergica tale da dover ricorrere agli strumenti summenzionati;
   tuttavia, nonostante il ragazzo abbia superato le selezioni e, nel mese di giugno 2016, la famiglia abbia firmato il «patto formativo», la scuola ha impedito la sua frequentazione nonostante le procedure di iscrizione fossero state completate regolarmente;
   proprio nel mese di luglio, infatti, era stata completata l'iscrizione con la presentazione alla segreteria didattica dei documenti richiesti, compreso il certificato di idoneità sportiva agonistica;
   il 31 agosto 2016 la famiglia viene contattata dall'educatore, colui che avrebbe dovuto sorvegliare il ragazzo anche nelle ore extra scolastiche (comprese quelle notturne), che fissa un incontro per una presentazione formale e chiede di far certificare al pediatra l'assenza di allergia al paracetamolo;
   all'atto di consegna del summenzionato certificato la famiglia ribadisce l'allergia di cui soffre il ragazzo ed evidenzia anche che il figlio, come tutti gli allergici, avrebbe potuto avere dei problemi con le contaminazioni e che, per questo, sarebbe stato necessario avere sempre con sé i farmaci di cui sopra;
   in data 12 settembre 2016 la famiglia viene convocata dalla dirigente scolastica per un colloquio nel corso del quale viene consigliato di rivolgersi ad altre scuole;
   tuttavia, lo stesso giorno la madre del ragazzo viene convocata dalla segreteria didattica dell'istituto all’open day, fissato per il giorno 14 settembre 2016, occasione in cui agli alunni vengono attribuite le camere. A tale evento la famiglia accompagna il ragazzo a scuola, dove però viene negato l'accesso;
   il 15 settembre 2016 la famiglia richiede che venga protocollato il certificato rilasciato dall'allergologa dottoressa Maiello in cui si legge che «al momento non accenna reazioni per inalazione di proteine del latte vaccino» ed anche che «al momento la sua patologia è compatibile con la vita comunitaria»;
   nonostante tale certificazione al ragazzo viene impedito di accedere all'istituto;
   risulterebbe che il ragazzo si sarebbe trasferito in un altro liceo scientifico sportivo;
   il giovane, dunque, non ha potuto frequentare il liceo scientifico sportivo da lui scelto, inoltre, in data 21 settembre 2016 le altre istituzioni scolastiche vicino alla residenza della famiglia erano oramai sature di iscrizioni, sia nella provincia di Napoli che di Caserta;
   attualmente, il ragazzo deve fare circa 100 chilometri al giorno per frequentare un liceo che sia in linea con il programma formativo svolto fino alla terza media;
   sarebbe auspicabile che la tutela della sicurezza professionale degli operatori non impedisse il rispetto del diritto allo studio e a una scelta formativa che favorisca la serenità e il benessere del minore –:
   come intenda intervenire per verificare che non sia stato leso il diritto allo studio del minore. (5-09786)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FORMISANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il comma 87 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 appare evidente la volontà del Governo di sanare i numerosi contenziosi pendenti, concernenti le procedure concorsuali per l'immissione in ruolo dei dirigenti scolastici, coprendo, al contempo, la disponibilità dei posti vacanti e limitando le possibili conseguenze economiche legate alla prosecuzione dei contenziosi in essere;
   nel successivo comma 88, dell'articolo 1, della stessa legge vengono individuati i soggetti cui è rivolta la sanatoria, in particolare: a) i soggetti vincitori e collocati utilmente nelle graduatorie che hanno superato positivamente tutte le fasi concorsuali, anche se annullate successivamente in sede giurisdizionale, del concorso per titoli ed esami per il reclutamento dei dirigenti scolastici del 13 luglio 2011; b) i soggetti che hanno avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio, ovvero che non hanno avuto, alla data di entrata in vigore della suddetta legge, alcuna sentenza definitiva nell'ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico del 22 novembre 2004 e del 3 ottobre 2006;
   successivamente con decreto ministeriale n. 499 del 2015 vengono fissate le disposizioni sulle modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale per l'inserimento nei ruoli dirigenziali dei possessori dei requisiti previsti dal citato comma 88;
   da quanto emerge dai predetti commi, sono stati esclusi dalla procedura concorsuale di inserimento nei ruoli dirigenziali tutti coloro i quali hanno un contenzioso ancora pendente avverso il concorso bandito nel 2011;
   sempre relativamente a questo concorso, sono invece inclusi tutti coloro i quali hanno superato tutte le fasi dello stesso concorso annullato in sede giurisdizionale;
   risultano altresì inclusi tutti coloro i quali hanno un contenzioso aperto riguardante i concorsi del 2004 e del 2006;
   sembrerebbe si sia creata un'evidente disparità di trattamento nei confronti di soggetti che si trovano nelle stesse condizioni e, cioè, candidati che hanno contenziosi ancora pendenti per concorsi effettuati in anni differenti ed un pregiudizio a danno di chi ha presentato ricorso per il concorso del 2011 ed aveva un giudizio ancora pendente all'entrata in vigore della legge n. 107 del 2015 –:
   se il Ministro non intenda valutare la possibilità di promuovere iniziative normative, per quanto di competenza, sia per dare risposte in relazione alle questioni oggetto dei contenziosi ancora in corso sia per chiarire la corretta applicazione delle disposizioni con riferimento alla situazione che si è venuta a creare, al fine di evitare situazioni di disparità di trattamento e ulteriori ricorsi, rispondendo al contempo ad un'esigenza reale, visto il numero di reggenze di scuole conferite, anche quest'anno, su tutto il territorio nazionale. (4-14490)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 ottobre 2016 il responsabile del servizio tecnico e il dirigente del settore edilizia della provincia di Caserta hanno inviato ai dirigenti dell'istituti scolastici della provincia medesima una comunicazione, con la quale si rappresentava l'indisponibilità di risorse finanziarie da parte dell'amministrazione provinciale per lo svolgimento delle attività di manutenzione straordinaria e per l'adeguamento degli edifici scolastici di competenza dell'ente alle vigenti prescrizioni in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro, di prevenzione incendi, nonché di prevenzione ed attenuazione del rischio sismico. In una precedente lettera che il presidente della provincia di Caserta ha inviato al prefetto il 21 luglio 2016 veniva specificato che, in ragione di tale indisponibilità, a decorrere dal 1o gennaio 2017 tutti gli edifici scolastici ospitanti scuole superiori in provincia di Caserta saranno non a norma e ne dovrà essere disposta la chiusura;
   nella lettera citata del 21 luglio 2016 il presidente della provincia di Caserta ha sostenuto che la ragione di tale dissesto finanziario non è stata causata da una cattiva gestione dell'ente, ma dalle risorse che l'ente locale ha dovuto trasferire allo Stato centrale in seguito a quanto disposto dalla legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015);
   le ragioni di tale gravissima situazione dell'edilizia scolastica sarebbero pertanto addebitabili alla drammatica situazione finanziaria dell'ente, dimostrata anche dalla mancata approvazione del bilancio di previsione 2015 e dall'avvenuta adozione del provvedimento dichiarativo dello stato di dissesto finanziario ex articolo 264 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL, testo unico enti locali) con tutte le limitazioni da ciò discendenti in termini concreta operatività dell'ente stesso;
   sempre nella medesima comunicazione, l'ente provinciale ha rappresentato ai dirigenti scolastici l'indisponibilità di risorse a decorrere dal 31 dicembre 2016 per il pagamento delle forniture dell'energia elettrica: ulteriore ragione che comporterebbe la traumatica interruzione dell'anno scolastico 2016-2017;
   risulta agli interroganti che tale situazione comporterebbe anche l'impossibilità del funzionamento dei riscaldamenti negli edifici scolastici;
   a giudizio degli interroganti, si tratta di una situazione gravissima che coinvolgerebbe circa 83.000 studenti mettendo a repentaglio la prosecuzione dell'anno scolastico ed esponendo i ragazzi anche ai seri rischi connessi alla agibilità degli edifici stessi, così come recentemente avvenuto con il crollo di alcune controsoffittature dell'istituto Pizzi di Capua quando solo per un caso fortunato detto crollo si è verificato pochi minuti prima dell'inizio delle attività didattiche, scongiurando quella che sarebbe stata una vera e propria strage;
   con una precedente interrogazione n. 3-03063, presentata in Senato il 28 luglio 2016 dalla senatrice Moronese, si sottoponevano al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e delle infrastrutture e dei trasporti le problematiche relative all'istituto scolastico Pizzi di Capua; ad oggi non è stata fornita risposta alle domande volte, tra l'altro, a conoscere le iniziative che si intendevano intraprendere per risolvere le problematiche connesse alla sicurezza dell'edificio scolastico in questione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, gli orientamenti in proposito;
   se non ritenga di doversi attivare con urgenza, nell'ambito delle proprie competenze affinché sia risolta la grave situazione evidenziata che mette a rischio la sicurezza e il diritto allo studio di decine di migliaia di studenti della provincia di Caserta. (4-14505)


   GULLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da oltre 15 giorni, come si apprende da notizie stampa degli organi d'informazione locali, alcune scuole comunali della città di Messina sono chiuse per gravi problemi strutturali, mentre altre sono parzialmente chiuse per lavori di adeguamento alle norme antisismiche;
   in almeno due scuole, dopo l'esecuzione dei carotaggi, è stato accertato che le strutture sono state realizzate con cemento depotenziato, al punto che il comune ha dovuto procedere alla chiusura sine die mediante ordinanza sindacale;
   una popolazione scolastica di oltre 1.500 studenti delle scuole primarie e secondarie di primo grado, sta subendo notevoli disagi per via delle doppie turnazioni o peggio ancora per la sospensione delle attività scolastiche;
   la legge «La buona scuola» n. 107 del 2015 ha autorizzato la spesa di 40 milioni di euro per l'anno 2015 per finanziare indagini diagnostiche degli edifici scolastici;
   la sospensione delle attività didattiche impedisce ai dirigenti scolastici di garantire il numero minimo di giorni consentito dalla legge per non invalidare l'anno scolastico;
   il diritto allo studio è sancito dall'articolo 34 della Costituzione della Repubblica italiana;
   il comune di Messina, a quanto pare, non ha le risorse economiche per fare fronte a tale situazione emergenziale che si sta estendendo anche ad altri istituti scolastici;
   il «pianeta scuola» a Messina sta vivendo nel caos totale, non solo dal punto di vista della sicurezza degli edifici, ma anche per altri aspetti, considerato che il comune non ha nemmeno i fondi per garantire il pagamento della mensa scolastica;
   la mancata fornitura del servizio mensa, in particolare, sta determinando non solo disagi per le famiglie meno abbienti, ma avrà ripercussioni anche sul piano lavorativo con riduzione dell'organico di diritto per l'anno scolastico 2017-2018 –:
   se e quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per quanto di competenza, per intervenire in sostegno al comune di Messina, stante la perdurante e cronica mancanza di fondi, affinché venga assicurato lo svolgimento del servizio scolastico e altri attinenti;
   di quali elementi disponga circa i ritardi nell'avvio delle procedure di adeguamento sismico e l'esecuzione di lavori con l'impiego di cemento depotenziato;
   se si intendano assumere iniziative per verificare se altri istituti scolastici della città di Messina si trovino nella medesima situazione. (4-14514)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca appare quanto segue: Il piano di edilizia scolastica, fortemente voluto dal Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, fin dal suo discorso per ottenere la fiducia alle Camere del 24 febbraio 2014 è in fase di attuazione. Il solo fondo unico per l'edilizia scolastica ha una dotazione di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, la ristrutturazione e la realizzazione di edifici scolastici e in due anni sono stati avviati 12.041 interventi;
   con delibera del Cipe, e con il cosiddetto «Decreto del Fare» del 30 giugno 2014, decreto ministeriale 906 del 2013, sono stati stanziati per la messa in sicurezza, manutenzione e ristrutturazione degli edifici scolastici 400 milioni per 1.636 interventi di cui 1.533 già aggiudicati;
   di questi: con 150 milioni di euro, sono stati finanziati 692 interventi dei quali 418 conclusi, 227 avviati e 47 non avviati o non aggiudicati. Altri 381 interventi di cui alle graduatorie del decreto-legge del «Fare», saranno finanziati con i ribassi d'asta che serviranno anche per 845 interventi per il conseguimento del certificato di agibilità e per il completamento della messa norma previsti da Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   tuttavia, le scuole continuano a cadere a pezzi, come successo il 10 ottobre 2016 nella scuola elementare Edmondo De Amicis di Padova dove è crollato il controsoffitto in cartongesso, trascinandosi con sé la struttura metallica sovrastante di un'aula e solo grazie alla prontezza delle insegnanti – che hanno fatto uscire immediatamente tutti gli studenti – non ci sono state conseguenze che potevano essere molto gravi;
   le scuole hanno l'obbligo di fare due verifiche all'anno alle strutture e, in caso di riscontro di anomalie, il dirigente scolastico ha l'obbligo di segnalarle all'amministrazione comunale che deve intervenire tempestivamente;
   tuttavia, nella scuola De Amicis, l'ultimo sopralluogo del responsabile prevenzione e sicurezza risale a una settimana fa –:
   se il Governo – come chiesto più volte dalla prima firmataria del presente atto in diversi atti di sindacato ispettivo per i quali non ha mai ricevuto risposta – non ritenga urgente rendere noti i tempi e i costi dell'aggiornamento dell'anagrafe dell'edilizia scolastica nonostante dovesse essere aggiornata a gennaio 2016;
   se non si ritenga – al fine di evitare altri rischi che potrebbero coinvolgere gli studenti, docenti e il personale scolastico – di dover assumere iniziative volte ad impegnare nuovi fondi per la messa in sicurezza delle scuole;
   riguardo ai fondi già stanziati con il cosiddetto «decreto del fare» del 30 giugno 2014, per la messa in sicurezza, manutenzione e ristrutturazione degli edifici scolastici, se non ritenga doveroso per favorire la partecipazione e la trasparenza, rendere noto il criterio di assegnazione dei fondi per gli interventi già effettuati e le motivazioni che hanno portato a non concedere tali finanziamenti;
   se Governo disponga di un report di tutti i lavori effettuati dalle scuole che ne abbiano fatto richiesta;
   quali siano le motivazioni che, ad oggi, non hanno portato ancora all'avvio di molti dei 1.533 interventi già aggiudicati come si legge dal sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   con riferimento ai 381 interventi previsti dalle graduatorie del cosiddetto «decreto del fare» che devono essere ancora finanziati con il metodo dei ribassi d'asta, se non ritenga invece di dover assumere iniziative per rivedere stanziamenti in base alla serietà delle imprese e non al ribasso d'asta, onde evitare che i contenimenti dei costi possano non garantire la sicurezza degli interventi;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per disporre tempi tassativi per gli interventi necessari al conseguimento del certificato di agibilità e per il completamento della messa norma previsti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative normative, per tracciare i criteri che i comuni devono adottare per valutare l'idoneità tecnici che sono impiegati nei controlli e nelle verifiche delle scuole. (4-14516)


   MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in occasione del concorso dei docenti della scuola, svoltosi recentemente, sono state registrate, a parere dei diretti interessati, alcune anomalie nei criteri fissati dal Ministero riguardanti le griglie di valutazione;
   ad esempio, per la prova scritta relativa alla nuova classe di concorso A037 nella griglia di valutazione approvata dalla commissione di Pavia (Lombardia) il 7 giugno 2016 (in base a quanto stabilito dal decreto ministeriale n. 95 del 23 febbraio 2016) si legge come primo criterio (da 0 a 2 punti su un massimo di 5,5 totale a risposta) «pertinenza»; il punteggio parte da 0 che corrisponde in questa griglia a «rispondenza nulla alle indicazioni e alle richieste», ma molti candidati avrebbero avuto 0 nel «criterio pertinenza» pur avendo scritto una risposta;
   invece, sempre per la stessa prova scritta, nella griglia di valutazione approvata dalla commissione del Lazio al primo criterio (da 0 a 2 punti su un massimo di 5,5 totale a risposta) «pertinenza», il punteggio parte anche qui da 0, ma lo 0 in questa griglia corrisponde a: «in caso di risposta assente (così come previsto dalla normativa)», la dicitura fa sempre riferimento al decreto ministeriale n. 95 del 2016;
   in base a quanto esposto, quindi, nel Lazio ha avuto punteggio 0 solo il candidato che non ha risposto, mentre ha avuto 0,5 chi ha dato una risposta non pertinente, invece, in Lombardia, ha avuto 0 chi ha dato una risposta non pertinente;
   anche per quanto riguarda i «criteri» di «correttezza linguistica e completezza», il discorso è il medesimo, cioè vi sarebbe disparità di votazione sullo stesso criterio della griglia di valutazione, tant’è che in Lombardia su circa 160 iscritti, sono stati ammessi all'orale solamente due candidati; tutti gli altri non hanno superato lo scritto; nel Lazio, invece, i risultati, per la stessa prova scritta, sono stati molto diversi;
   tutto ciò è facilmente verificabile attraverso la consultazione dei documenti rintracciabili nelle pagine web degli uffici scolastici regionali –:
   se non ritenga, sulla base di quanto esposto, di dover procedere a una verifica dei criteri di valutazione al fine di correggere le diversità di trattamento fra i docenti. (4-14518)


   MINARDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero si era impegnato a dare indicazione agli uffici scolastici regionali affinché venisse agevolato l'accoglimento in via eccezionale delle domande cosiddette tardive di trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part-time. Ciò al fine di agevolare la possibilità di ottenere l'assegnazione provvisoria, anche per «minor orario», dei docenti che ne avessero fatto richiesta nella stessa provincia di Ragusa. Infatti, molti docenti ragusani sono stati assegnati a presidi scolastici lontani dalla propria famiglia e dalle proprie abitazioni. Ciò si ripercuote negativamente, soprattutto in un momento di crisi economica, sulla situazione degli stessi docenti;
   l'ufficio scolastico provinciale di Ragusa non ha tenuto conto delle richieste di part-time tardivo, a quanto consta all'interrogante, adducendo la motivazione di non aver ricevuto in merito alcuna disposizione scritta, ma solo verbale, da parte dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia. Ciò ha compromesso la possibilità per molti docenti ragusani di svolgere il proprio lavoro nella stessa provincia chiedendo il part-time;
   è inoltre da evidenziare che altri uffici provinciali della stessa regione siciliana hanno, al contrario, proceduto all'accoglimento delle relative richieste di part-time tardivo, consentendo a molti docenti di ottenere quanto richiesto;
   è poi da rilevare la scarsità dei posti disponibili per i docenti della provincia di Ragusa, ancor più penalizzata visto che le assegnazioni provvisorie sono appena 74, fronte delle altre province, dove i posti sono più consistenti: Agrigento 300; Caltanissetta 350; Catania 1.159; Enna 94; Messina 264; Palermo 1.927; Siracusa 300; Trapani 338, per cui l'ufficio scolastico provinciale, secondo interrogante, non ha individuato in modo congruo la disponibilità degli stessi –:
   se non sia necessario ed urgente intervenire per sanare tale ingiustificata situazione in cui si trovano i docenti della provincia di Ragusa che vogliono richiedere il part-time, tenendo conto che tra l'altro, potrebbe essere effettuato tramite una richiesta integrativa che permetta agli stessi docenti di chiedere il part-time tardivo;
   se non sia opportuno chiarire le motivazioni che hanno determinato tale situazione per i docenti della provincia di Ragusa e l'operato dell'ufficio scolastico della provincia di Ragusa;
   quali siano le cause che hanno generato la situazione relativa alla disponibilità dei posti di docente definite dall'ufficio scolastico provinciale di Ragusa come detto in premessa. (4-14524)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Inarcassa è la cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti che in base a quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, siano in possesso di partita Iva e iscrizione all'ordine professionale di appartenenza;
   Inarcassa provvede pertanto ad erogare pensioni di vecchiaia, anzianità, inabilità e invalidità nonché servizi finalizzati a sostenere l'esercizio della professione;
   per quanto concerne l'applicazione dell'articolo 18 del regolamento generale di previdenza, emerge una questione che comporta un distinguo problematico per gli assistiti Inarcassa tra pensione di vecchiaia, che non comporta la cancellazione dall'ordine/albo professionale, con possibilità di prosecuzione della libera attività, permanendo l'obbligo di contribuzione alla cassa previdenziale, e pensione di anzianità che invece è subordinata alla cancellazione dall'ordine/albo professionale;
   tale distinzione crea di fatto una situazione di palese discriminazione tra pensionati appartenenti alla stessa cassa;
   casse previdenziali autonome di altre professioni non pongono in essere alcun distinguo consentendo a chi lo voglia di rimanere iscritto ed esercitare la libera attività –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale questione e se non ritenga opportuno assumere iniziative per porre fine ad una evidente limitazione della libertà degli iscritti all'Inarcassa. (5-09763)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 185 del 24 settembre 2016 sono entrati in vigore i correttivi al cosiddetto jobs act, tra i quali anche quelli relativi alle nuove modalità per l'utilizzo dei voucher;
   in particolare, i nuovi obblighi prevedono che gli utilizzatori dei buoni lavoro, fatta eccezione per imprese agricole, lavoro domestico, attività non commerciali ed enti pubblici, debbano inviare almeno 60 minuti prima dell'inizio di ciascuna prestazione, un sms o un messaggio di posta elettronica all'Ispettorato nazionale del lavoro;
   in attesa dell'emanazione del decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che individua le modalità applicative della disposizione, gli utilizzatori dovranno muoversi in una situazione di incertezza, pur rischiando, comunque, di incorrere nella sanzione amministrativa da 400 a 2.400 euro;
   stando alle indicazioni contenute nella relazione di accompagnamento al citato decreto legislativo, la strada suggerita – nelle more – è di seguire le stesse modalità applicative del lavoro intermittente (quindi sms al numero 3399942256 o email all'indirizzo intermittenti@pec.lavoro.gov.it);
   in alternativa, il committente potrebbe continuare ad utilizzare la procedura vigente prima della riforma, ovvero l'invio di una comunicazione telematica tramite un'apposita sezione sul sito Inps –:
   entro quali tempi il Ministro interrogato intenda adottare il decreto relativo alle modalità applicative e se non ritenga opportuno assumere iniziative per sospendere l'applicazione delle sanzioni in attesa di chiarimenti circa le citate modalità;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per esplicitare dettagliatamente i committenti e le tipologie di impresa esenti dal nuovo obbligo di comunicazione dell'attivazione del voucher. (5-09768)


   TARICCO, GRIBAUDO, RABINO, MONCHIERO e FIORIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Diageo, multinazionale quotata in borsa con sede a Londra, leader mondiale della produzione e imbottigliamento di alcolici e superalcolici, con marchi come Guinness, Smirnoff, Gordon's e Pampero, opera 180 Paesi e occupa 28 mila addetti;
   una delle sedi si trova a Santa Vittoria d'Alba (CN), realtà con 430 dipendenti, dove si imbottiglia vino proveniente dalla California e destinato al mercato inglese;
   Diageo nel 2015 ha venduto il comparto vino alla multinazionale australiana Treasury Wine Estates (TWE), mantenendo l'appalto sull'imbottigliamento per due anni, con probabile rinnovo a giugno 2017; tra le clausole contrattuali c'era la possibilità di disdire l'accordo con un preavviso semestrale;
   imbottiglia ogni anno 4 milioni di casse da 9 litri di vino proveniente dall'estero (in particolare USA) per la TWE, con marchi come Beaulieu Vineyards, Sterling Vineyards e Blossom Hill;
   in questi mesi TWE ha valutato altri «co-packer» per l'imbottigliamento ed è arrivata alla decisione di spostare le produzioni di vino in altro sito, probabilmente in Inghilterra: il 5 ottobre 2016 i vertici aziendali hanno infatti comunicato alle sigle sindacali di Flai-Cgil, Fai-Cisl e Uila-Uil che la TWE vuole trasferire, probabilmente per l'effetto «Brexit», in sede inglese il ramo dell'imbottigliamento;
   il trasferimento dovrebbe iniziare da aprile 2017 ed essere completato nel dicembre dello stesso anno;
   le produzioni inerenti al comparto del vino corrispondono al 40 per cento dei volumi complessivi dello stabilimento, la ricaduta occupazionale sarebbe pari a 120 unità su circa 430, senza tener conto dell'indotto;
   la situazione è grave, in quanto Diageo ad oggi non ha altre produzioni da portare in alternativa, non ci sono investimenti e non esiste alcun piano industriale di prospettiva futura;
   il polo produttivo di Santa Vittoria d'Alba, unico stabilimento italiano del gruppo, parrebbe messo in forte discussione;
   risulterebbe che i sindacati abbiano subito allertato il Ministero dello sviluppo economico e convocato le prime assemblee dei lavoratori, e che la direzione aziendale avrebbe motivato la decisione con la non competitività dei costi logistici e con gli effetti della svalutazione della sterlina degli ultimi mesi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno valutare iniziative volte a chiarire nel dettaglio la vicenda, così da poter dare tempestivamente risposte concrete ai soggetti coinvolti, per primi i lavoratori, eventualmente attraverso la convocazione delle parti. (5-09784)

Interrogazione a risposta scritta:


   GINEFRA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor M.Z. ha presentato alla Camera la petizione n. 978 annunciata in Assemblea l'8 settembre 2015, con la quale denunzia il trattamento iniquo, ingiusto, discriminante subito a causa dell'applicazione dei regolamenti CEE n. 1198/2006 e n. 498/2007;
   la materia è stata assegnata alla Commissione lavoro;
   il signor M.Z. era dipendente amministrativo in un'azienda di pesca italiana che ha usufruito del decreto ministeriale di «arresto definitivo» del peschereccio «Papa Giovanni» – UE 7072 – iscritto al n. 00961 dei RR.NN.MM.&GG. del Compartimento marittimo di Molfetta fascicolo 886/AD/08;
   mentre l'armatore ha ottenuto un congruo indennizzo per l'arresto definitivo del peschereccio, al dipendente amministrativo non sarebbe stata riconosciuta nessuna tutela lavorativa o economica;
   il dipendente amministrativo lamenta la perdita del posto di lavoro e la privazione degli ammortizzatori sociali a causa dell'applicazione di un regolamento dell'Unione europea –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare, in casi come quello di cui in premessa, per favorire il ricollocamento lavorativo del dipendente o, in subordine, assicurare la necessaria tutela sociale. (4-14503)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COMINARDI, ALBERTI e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'atto di bracconaggio è costituito dall'illecito impossessamento della fauna selvatica – fauna particolarmente protetta dall'articolo 2 della legge n. 157 del 1992 – o su specie selvatiche non cacciabili o al di fuori dei periodi previsti per l'esercizio venatorio sulle singole specie cacciabili dall'articolo 18 della stessa legge o dal tentativo di impossessarsene. Tutt'oggi fenomeni di bracconaggio sono diffusi nel nostro Paese, in particolare nella provincia di Brescia, come evidenziato dal servizio della trasmissione «Striscia la Notizia» dal titolo «Una rete da annullare» in onda il 5 ottobre 2016, nel quale l'inviato Edoardo Stoppa ha denunciato la presenza a Monte Isola (Brescia) di un negozio dove vengono vendute illegalmente reti utilizzate per intrappolare migliaia di uccelli;
   un articolo pubblicato dal Giornale di Brescia del 9 maggio 2016 riporta elementi che confermano la maglia nera della provincia di Brescia. Secondo quanto rilevato dalla Lega per l'abolizione della caccia e dal comitato contro l'uccisione degli uccelli nel «Calendario del cacciatore bracconiere 2015/2016» che raccoglie i dati dal 1o febbraio 2015 al 31 gennaio 2016, i reati venatori si distribuiscono su praticamente tutto il territorio nazionale con 95 province interessate su 110; tuttavia, la provincia di Brescia si attesta come il principale territorio di bracconaggio italiano con il 17,9 per cento (236) di tutte le persone denunciate in Italia (1324). Emerge dalla ricerca che, a Brescia, la vigilanza del WWF sorprenderebbe a bracconare un cacciatore su quattro, mentre secondo dati forniti dalle polizie provinciali, nelle altre province sarebbe un cacciatore ogni dieci. In Italia, nel periodo in esame, ci sono stati 596 casi di reati rilevanti contro fauna selvatica, soprattutto uccelli, 110 in meno rispetto al periodo precedente, ma in crescita rispetto al 2013/2014. I reati venatori sono compiuti per il 77,8 per cento da cacciatori, in possesso di licenza di caccia o che l'hanno avuta in passato. A livello regionale, la prima in classifica per bracconaggio e la Lombardia (24,9 per cento); seguono Campania (16 per cento), Toscana (9,9 per cento) e Sicilia (7,5 per cento);
   sempre il rapporto sottolinea l'importante contributo rivestito dal volontariato ambientale nella repressione del bracconaggio: in un anno, il 36 per cento delle persone denunciate sono state scoperte grazie all'attività o ad un'iniziativa delle guardie venatorie volontarie. Il numero più alto di persone denunciate per bracconaggio proviene invece da controlli effettuati in autonomia dal Corpo forestale dello Stato e dai Corpi forestali regionali (28 per cento, 335 persone), a cui si aggiungono le 137 denunce realizzate dal Nucleo operativo ambientale che porta al 46 per cento il contributo che i corpi forestali danno alla lotta al bracconaggio. Il Corpo forestale di Brescia conta 19 stazioni, con un comando provinciale, 126 unità in pianta organica e 71 effettivamente a disposizione. Seguono i controlli della polizia provinciale che contribuiscono con il 18 per cento di persone denunciate (214). Il rapporto indica che questo fenomeno è compatibile con lo smantellamento della polizia provinciale nelle sue mansioni di vigilanza ittico-venatoria: infatti, il personale di polizia provinciale si era ridotto a circa 2.500 addetti nel 2015, alla fine del 2015, 744 operatori risultava o collocati sul portale della mobilità del dipartimento della funzione pubblica, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 125 del 2015 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 settembre 2015 –:
   se Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati e degli elementi riportati in premessa;
   quali iniziative i Ministri interrogati, per quanto di competenza, ritengano di assumere per rafforzare i controlli per la prevenzione e deterrenza rispetto al fenomeno del bracconaggio ed ai reati venatori, con particolare riferimento alle problematiche evidenziate nella provincia di Brescia. (5-09769)


   GAGNARLI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il lupo italiano è una razza canina italiana di grande interesse e, probabilmente, tra quelle derivanti direttamente da incroci con il lupo selvaggio, la Teglio definita geneticamente. Negli anni passati questa razza è stata impiegata dal Corpo forestale dello Stato prevalentemente per il soccorso in montagna, la ricerca di persone disperse in superficie e sotto le macerie, la ricerca di animali feriti o dispersi, l'antibracconaggio. Quindi, (nell'ambito della protezione civile e ambientale, come ausilio alle forze dell'ordine e, naturalmente, anche in ogni altro compito di interesse sociale, dalla pet therapy allo sport;
   nel corso di circa un decennio, a protezione di questa razza sono stati emanati 2 decreti del Presidente della Repubblica (del 25 giugno del 1987 e del 21 dicembre del 1988), 2 decreti ministeriali (decreto ministeriale Min. A. e F. del 31 marzo 1990 e del 20 aprile del 1994) ed una delibera del C.I.P.E. del 25 maggio del 1989. L'Ente preposto alla salvaguardia dell'integrità genetica del lupo italiano è stato inizialmente l'ETLI (Ente per Tutela del lupo italiano), al quale è stata affidata altresì la tenuta del registro ufficiale della razza (RAU). Dalle citate norme è anche derivato, elemento unico nell'ambito della cinofilia ed estremamente qualificante, il divieto di commercializzazione della razza e del suo allevamento al di fuori dell'ETLI medesimo;
   in seguito, con decreto ministeriale n. 651/2012, preso atto che il prefetto di Torino aveva dichiarato estinto l'ETLI per inadeguata gestione, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha decretato l'affidamento della razza lupo italiano all'Associazione degli affidatari allevatori lupo italiano (AAALI aps) a decorrere da 1o gennaio 2012;
   in data 16 luglio 2016, alcuni soci dell'AAALI aps hanno presentato un esposto al Ministero denunciando una errata gestione della stessa, irrispettosa dei propri documenti fondativi e regolatori, con grave danno per la democrazia interna e per la trasparenza dovute al rispetto della normativa per le associazioni del terzo settore che attingono al finanziamento del 5 per mille;
   i soci autori del suddetto esposto ritengono anche che dalla documentazione disponibile non è definibile la effettiva proprietà della razza e del logo «lupo italiano» e che tale indeterminatezza potrebbe, oltre a costituire un grosso problema al momento della registrazione dei cuccioli all'anagrafe canina, costituire tentazione ed alibi per la commercializzazione dei cuccioli da parte di soci, in disaccordo col principio dell'affido e dell'allevamento soltanto nell'ambito di un organo riconosciuto ufficialmente dallo Stato;
   l'ETLI, nel corso della sua vita, ha goduto di contributi pubblici a fondo perduto, mentre l'AAALI, come associazione di promozione sociale, non ha beneficiato di pubblici finanziamenti, se non quelli riconducibili al 5 per mille o ad altri, eventuali, previsti da leggi ordinarie di settore –:
   se risulti l'effettivo ammontare dei contributi pubblici devoluti all'Ente per la tutela del lupo italiano durante la sua esistenza;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per chiarire definitivamente a chi appartenga effettivamente la proprietà della razza canina denominata «lupo italiano» e del relativo logo e, quindi, di chi siano i cani già affidati e le future cucciolate, ciò anche per risolvere i problemi in essere con le singole realtà regionali relativamente all'anagrafe canina ed agli eventuali contrasti con soci irrispettosi del disciplinare. (5-09772)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'ICQRF, l'ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari, è uno dei maggiori organismi europei di controllo dell'agroalimentare. Tra i suoi compiti a livello nazionale ci sono, la prevenzione e la repressione delle frodi nel commercio dei prodotti agroalimentari e dei mezzi tecnici di produzione per l'agricoltura; vigilanza sulle produzioni di qualità registrata (Dop, Igp, Bio), contrasto dell'irregolare commercializzazione dei prodotti agroalimentari introdotti da Stati membri dell'Unione europea o Paesi terzi e i fenomeni fraudolenti che generano situazioni di concorrenza sleale tra gli operatori e sanzioni per il corretto funzionamento degli accordi interprofessionali;
   a livello europeo e mondiale, l'Icqrf è autorità ex officio e autorità di coordinamento sul vino e difende il made in Italy di qualità in tutti i Paesi europei, contrastando le contraffazioni al di fuori dei confini dell'Ue, anche con accordi di cooperazione;
   la legge n. 154 del 28 luglio 2016, in particolare, agli articoli, 1, 5, 15, in merito alla semplificazione dei controlli ed il decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177, all'articolo 7, commi 1 e 2, che accorpa il Corpo forestale dello Stato ai Carabinieri, definendo le competenze, sembrano depotenziare l'I.c.q.r.f, dando al C.f.s. all'interno dei Comando dei carabinieri le competenze in materia di controllo e semplificando il sistema dei controlli, facendo in modo che il suddetto ispettorato resti una scatola vuota con le professionalità più alte ma privato delle competenze;
   secondo la relazione annuale 2009 «Piano Nazionale integrato dei controlli ufficiali», l'I.c.q.r.f. ha svolto l'83,8 per cento delle attività di controllo del comparto agroalimentare rispetto agli altri organi del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha il 43,9 per cento, fra tutti gli organi interessati, della ripartizione dei controlli del comparto agroalimentare; esegue oltre il 40 per cento dei controlli sui prodotti alimentari; nell'ambito della tutela delle frodi dei prodotti agroalimentari esegue nei settori di intervento, oltre l'80 per cento dei controlli svolti dagli organi del Ministero; secondo i dati forniti dal «Piano Nazionale Integrato dei controlli», relazione 2013, il contributo dell'Icqrf al sistema dei controlli statali per la tutela del made in Italy è del 38,7 per cento che sale al 39,1 per cento come evidenziato nella relazione del 2014 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative, anche normative, intenda assumere per rafforzare i poteri dell'Icqrf, considerato che la legge n. 154 del 28 luglio 2016, in particolare gli articoli 1, 5, 15 riguardanti la semplificazione dei controlli sui prodotti agro-alimentari ed il decreto legislativo 19 agosto 2016 n. 177, all'articolo 7, commi 1 e 2, che accorpa il Corpo forestale dello Stato ai Carabinieri definendone le competenze, a giudizio dell'interrogante sembrano depotenziare l'Icqrf, che rappresenta al contrario un organismo che, sino ad oggi, ha dimostrato di essere fondamentale per quel che concerne il controllo agro-alimentare e che dovrebbe essere tutelato per l'attività che svolge senza che esso sia svuotato di mansioni e competenze;
   in che modo il Ministro interrogato intenda garantire i livelli attuali di controlli sui prodotti agro-alimentari ed in particolare come ritenga che le attività svolte dall'Icqrf possano essere adeguatamente effettuate da altri organismi.
   (5-09776)


   GALLINELLA, L'ABBATE e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   all'articolo 5, comma 2, lettera g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale», si dispone che i decreti che dovranno essere adottati dovranno puntare, tra le altre cose, su una armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di qualità dei prodotti, sulle produzioni a qualità regolamentata, quali le denominazioni di origine, le indicazioni geografiche registrate ai sensi della vigente normativa europea e la produzione biologica, e contro le frodi agroalimentari, al fine di evitare duplicazioni, di tutelare maggiormente i consumatori e di eliminare gli ostacoli al commercio e le distorsioni della concorrenza, nonché al fine di coordinare l'attività dei diversi soggetti istituzionalmente competenti sulla base della normativa vigente;
   va sottolineata l'importanza che la sicurezza alimentare riveste per i cittadini consumatori, nonché per la tutela della loro salute, e allo stesso tempo l'importanza che riveste un sistema efficace e coordinato di controlli sulla qualità dei prodotti agroalimentari per la tutela del made in Italy;
   ogni giorno l'agroalimentare italiano è esposto al rischio di frodi e contraffazioni, sia relativamente alle materie prime, sia dal punto di vista del confezionamento e dell'etichettatura;
   le produzioni cosiddette «biologiche» si stanno moltiplicando – anche perché quello del biologico «italiano» è un mercato con oltre 3 miliardi di euro di fatturato – ma, come emerso anche recentemente da diverse denunce giornalistiche, spesso dietro una certificazione «biologica» si nascondono prodotti che non hanno nulla a che fare con questa modalità di coltivazione di prodotti agricoli, traendo in inganno e quindi truffando sia i cittadini consumatori che le aziende che realmente producono «biologico» nel nostro Paese –:
   a che punto sia l’iter relativo all'esercizio delle deleghe previste dalla legge citata in premessa, al fine di garantire ai cittadini consumatori prodotti di qualità e, al contempo, di tutelare le aziende agroalimentari italiane. (5-09783)

Interrogazione a risposta scritta:


   BENEDETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a ottobre 2015 vengono vendute, come biologico, 10500 tonnellate di grano di origine sconosciuta ad aziende in tutta Italia e all'estero; la truffa viene perpetuata dall'azienda agricola pugliese Liuzzi, che ha aumentato i suoi terreni da 11 a 675 ettari, aumentando quindi la sua produzione di grano duro da 50 ad appunto 10500 tonnellate;
   la truffa viene scoperta dopo 6 mesi, a marzo 2016, tramite una verifica di un ente certificatore per conto di una cooperativa acquirente, e seguita dalla denuncia dei Carabinieri. Uno dei molini che ricevono il grano contraffatto è il Molino Grassi, certificato dalla CCPB Srl certificazione e controllo dei prodotti biologici;
   CCPB certifica tutti i marchi più importanti, da Almaverde, Granarolo, Orogel, Parmalat, nonché distributori come Coop, Natura Sì, Molino De Vita, Alcenero e diversi pastifici. Sono in tutto 160 aziende associate in un consorzio che si chiama «Il biologico» che è proprietario di CCPB;
   i controllati sono i proprietari dell'ente che li controlla. Tuttavia, chi vigila sull'imparzialità degli enti di certificazione, l'ente unico Accredia, non ravvisa nel caso di CCPB alcun conflitto d'interesse, con la motivazione che un consorzio di imprese in quanto forma giuridica non produce prodotti e non ne immette sul mercato;
   per limitare il più possibile le frodi nel mondo del biologico è assolutamente fondamentale che ci sia una piattaforma informatica di tracciabilità che consenta di verificare in tempo reale la regolarità degli acquisti e delle vendite, con la tracciabilità fino al campo di produzione;
   attualmente è attivo un sistema informatico che integra il data base dei documenti di certificazione e delle sanzioni degli operatori del biologico italiano, di Accredia, ente nazionale di accreditamento, e la piattaforma informatica per la tracciabilità di FederBio, organizzazione interprofessionale privata. Tale sistema attualmente è accreditato dallo Stato e coinvolge anche i principali organismi di certificazione del settore e le imprese delle filiere;
   a proposito di tale piattaforma, Andrea Olivero, viceministro dell'agricoltura con delega all'agricoltura biologica ha dichiarato di essere al lavoro proprio assieme a Federbio perché si possa fare e se ne possa garantire un accesso pubblico;
   a novembre 2015 si chiude un'inchiesta, denominata Vertical Bio, della procura di Pesaro su alcuni prodotti falsamente bio, tra cui 350000 tonnellate che sono entrati, nell'arco di 5-6 anni, dal porto di Ravenna: trattasi di granaglie con presenza di organismi OGM e di prodotti tossici utilizzati in maniera intensiva, per un volume d'affare complessivo di 126 milioni di euro. La merce, proveniente dall'India, dal Kazakistan, dall'Ucraina e dalla Moldavia, triangolando attraverso la Romania e Malta diventava bio. Di queste 350000 tonnellate sono state sequestrate solo le ultime 2000;
   il processo in corso a Pesaro vede imputati aziende italiane e due enti certificatori sospesi in Italia tra cui Biozoo, che tuttavia ha continuato a certificare con la società sorella moldava ICS Biozoo e a inviare in Italia merce contraffatta;
   in particolare Biozoo è attiva con la ditta export Agroidea che vende all'importatrice Fratelli Grimaldi, alla quale l'autorizzazione all’import da parte dell'Icqrf non è mai stata bloccata, nonostante la segnalazione da parte dell'organizzazione interprofessionale Federbio –:
   se il Ministro interrogato ritenga che la forma giuridica del consorzio sia una garanzia sufficiente perché non vi siano conflitti di interesse tra le imprese consorziate e l'ente certificatore di proprietà del consorzio stesso che fornisce loro le certificazioni per il biologico e quali eventuali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere in materia;
   a che punto sia l'implementazione di tale piattaforma vista l'importanza di renderla pubblica e di trasferirla in capo al Ministero per garantirne la terzietà;
   per quali motivi l'Icqrf, nonostante le segnalazioni ricevute da Federbio, non abbia ricevuto di ritirare preventivamente l'autorizzazione all’import alla ditta Fratelli Grimaldi, attualmente coinvolta nell'inchiesta Vertici Bio. (4-14517)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI e BENAMATI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 28 settembre 2016 il servizio igiene e sanità pubblica di Parma ha comunicato di aver ricevuto dalla locale azienda ospedaliero-universitaria «complessivamente 14 segnalazioni di legionellosi che in gran parte hanno interessato cittadini residenti o frequentanti la zona tra via Traversetolo, via Montebello e via Pastrengo [...] le caratteristiche della distribuzione spazio-temporale dei casi indirizzano verso una fonte comune di esposizione che viene indagata anche con campionamenti di acque potabili [...] a scopo precauzionale è stato prescritto ad IREN (gestore del servizio idrico) di garantire un intervento di clorazione sulla rete idrica»;
   nei giorni seguenti il numero delle persone contagiate è progressivamente aumentato fino a 38 casi accertati. Due donne di 86 e 77 anni sono decedute a causa delle complicazioni che la legionella ha provocato su patologie preesistenti;
   il 5 ottobre 2016 la procura della Repubblica presso il tribunale di Parma ha aperto un fascicolo contro ignoti per i reati ipotizzati di epidemia colposa, lesioni e omicidio colposo;
   lo stesso 5 ottobre, nel corso della riunione dell'unità di crisi istituita dalla regione Emilia-Romagna, l'assessore alle politiche per la salute, Sergio Venturi, ha comunicato che dalle analisi effettuate non sarebbero state rilevate tracce di legionella nell'acqua;
   dagli ulteriori accertamenti condotti da Arpae e Ausl è stata rilevata la presenza del batterio su alcune torri di evaporazione di impianti di raffreddamento dell'acqua in uso in diversi edifici pubblici e privati della città;
   in modo precauzionale le torri ove è stato rilevato il batterio, ed in attesa di ulteriori accertamenti, sono state spente e su di esse è stata avviata un'attività di sanificazione straordinaria –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se, anche in attesa del completarsi degli ulteriori accertamenti in corso, non ritenga opportuno verificare, per quanto di competenza, l'effettiva applicazione, a Parma e su tutto il territorio nazionale, delle linee-guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi approvate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 5 maggio 2000, ovvero se non consideri opportuno assumere iniziative per prevederne un aggiornamento e una revisione, alla luce dei numerosi episodi di contagio occorsi nella città di Parma. (5-09771)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICCHI, GREGORI e SCOTTO. — Al Ministro della salute, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il programma di Rai3 «Report» del 10 ottobre 2016 ha trasmesso un'inchiesta dal titolo «Disonore al merito», e relativa a chi rappresenta l'Italia in Europa;
   la vicenda riguarda il dottor Pasqualino Rossi: assunto nel 1998 dal Ministero della salute come direttore medico, si è occupato di farmaco vigilanza, e negli anni è diventato un importante dirigente dell'Aifa, l'agenzia italiana per il farmaco;
   nel 2008, proprio in veste di dirigente dell'Aifa, dopo due anni di indagini viene arrestato dal procuratore di Torino Guariniello, insieme ad altri funzionari pubblici e dirigenti di società di intermediazione nel settore farmaceutico. L'accusa è di corruzione;
   nelle 400 pagine che spiegano il provvedimento, il Gip di Torino scrive: «Da quanto emerso, si registra una totale assenza nel Rossi dell'interesse per la tutela della salute pubblica». Per conto dell'Aifa si occupa delle procedure di valutazione e autorizzazione dei farmaci presso l'agenzia del farmaco internazionale. La procura piemontese intercetta e pedina il dirigente per mesi. Ne esce il ritratto di un funzionario pubblico alla continua ricerca di soldi, per mantenere un tenore di vita al di sopra delle sue possibilità;
   il processo è finito in prescrizione e si è chiuso nel settembre del 2015;
   nonostante quanto su esposto, la Ministra Lorenzin ha scelto di «premiare» proprio il dottor Pasqualino Rossi e di mandarlo come rappresentante del nostro Paese a Bruxelles in tema di sicurezza alimentare, dei farmaci e della salute veterinaria. Una nomina suggerita da una commissione interna e approvata dalla medesima Ministra Lorenzin;
   a rendere la cosa ancora più grave e per certi versi surreale, è che la scelta sarebbe caduta su di lui perché al momento della decisione, la Ministra Lorenzin non conosceva la sua storia giudiziaria;
   l'inchiesta di Report si chiude con queste riflessioni della giornalista Milena Gabanelli: «il Ministero avrebbe dovuto istruire un procedimento disciplinare, (...), non risulta lo abbia fatto e così oggi, quando il Ministro Lorenzin siede al tavolo europeo insieme ai suoi colleghi europei per decidere per esempio su un farmaco da dare agli animali e che poi entra nella catena alimentare, a preparargli il dossier è Pasqualino Rossi. Ministro, lo ritiene un caso di meritocrazia ? Lei pensa che sia opportuno che a rappresentarci in Europa sia un dirigente con un passato così ? È sua facoltà rimuoverlo. Se intende farlo ne daremo conto» ;
   ad avviso degli interroganti non rientra in una scelta meritocratica, quella di aver nominato il dottor Rossi, arrestato nel 2008 per corruzione e quindi assolto per intervenuta prescrizione, quale rappresentante italiano a Bruxelles, nell'ambito della tutela della nostra sicurezza alimentare e della sanità animale –:
   se il Governo reputi opportuno che a rappresentare l'Italia in Europa sia un dirigente con l’iter giudiziario di cui in premessa e se si intendano assumere iniziative per rimuovere il dottor Rossi dal suo incarico. (4-14494)


   BUSIN. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione del nuovo ospedale di Padova è non soltanto fondamentale per la sanità padovana e veneta, ma rappresenta anche una delle opere strategiche più importanti per tutto il Veneto;
   gli enti coinvolti, a vario titolo, per la realizzazione dell'opera, hanno discusso per anni sul progetto più idoneo, ma è solo in questi ultimi mesi, grazie alla fattiva collaborazione del comune di Padova, che la situazione sta volgendo ad una positiva conclusione e che dovrebbe portare alla sottoscrizione di un accordo di programma tra le diversi parti – regione Veneto, università di Padova, azienda ospedaliera di Padova e comune di Padova – per la realizzazione del nuovo polo ospedaliero cittadino nell'ara cosiddetta di Padova est;
   in passato, sul progetto avanzato dalla precedente amministrazione comunale guidata da Flavio Zanonato e che prevedeva la realizzazione dell'ospedale nell'area di Padova Ovest, erano avanzate molte ombre;
   già nel luglio del 2013 il Corriere del Veneto riportava che nel giugno 2011, in un noto ristorante padovano, ci sarebbe stata una cena tra l'ex presidente del Consorzio Venezia Nuova, Mazzacurati, il consulente della Coveco, il consorzio di cooperative, associato al Consorzio Venezia Nuova, coinvolto nello scandalo tangenti, Pio Savioli, l'allora sindaco di Padova Zanonato, il rettore dell'università di Padova Zaccaria, l'ex segretario regionale della sanità del Veneto Ruscitti, e che l'argomento sarebbe stato il nuovo ospedale di Padova;
   la notizia di questo presunto incontro si baserebbe su alcune intercettazioni, operate dalla Guardia di finanza a carico di Pio Savioli e riportate a mezzo stampa, che rivelano come lo stesso Savioli nel corso di una telefonata con Franco Morbiolo, capo della Coveco, avrebbe fatto forti pressioni per sostenere la nuova struttura ospedaliera di Padova, e che lo stesso Savioli in una intercettazione avrebbe detto: «visto che paghiamo noi Ruscitti è giusto utilizzarlo anche su altri fronti»;
   il quotidiano La Stampa nell'edizione di 16 giugno 2014 riportava la notizia che ci sarebbe un nuovo filone di indagine sulla sanità veneta, mettendola in relazione con il caso Mose e i fatti veneziani, e che, secondo quanto riportato dal giornale piemontese, sarebbero evidenti i collegamenti tra politica, imprese e «faccendieri», già implicati nelle indagini riguardanti il Mose, tra cui anche l'ex presidente della regione Veneto Giancarlo Galan, seduti al tavolo delle trattative per la costruzione del nuovo ospedale di Padova;
   nel Mattino di Padova del 7 giugno 2016 il consigliere regionale veneto Maurizio Conte sosteneva come potrebbero essere consiglieri comunali a dover rispondere di presunte deliberazioni di consiglio relative al nuovo ospedale di Padova, quando però nessuna deliberazione non risulta attualmente essere stata assunta dal medesimo consiglio, cosa che finisce per incutere preoccupazione e timore tra gli amministratori locali padovani;
   il Gazzettino di Padova del 3 ottobre 2016 e il Corriere del Veneto dell'ottobre riportano la notizia secondo cui sarebbero in atto delle pressioni su alcuni consiglieri comunali di Padova allo scopo di scongiurare la realizzazione del nuovo Ospedale a Padova est, la cui definitiva approvazione sarà a breve licenziata da tutti gli enti interessati –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare per contrastare episodi di irregolare affidamento di lavori pubblici e se, alla luce delle indagini della magistratura, non intenda intervenire sul quadro normativo per renderlo più efficace e trasparente a tutela del pubblico interesse.
(4-14507)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 e 15 novembre 2013 il coordinatore dell'Unità operativa tutela animale del Ministero della salute, dottoressa Rosalba Matassa e i medici veterinari, dottor Pantaleo, dottor Bellucci e dottoressa Raucci – appartenenti alla stessa unità operativa – insieme al Comando dei carabinieri per la tutela della salute (NAS) di Bari, eseguivano un'ispezione presso il rifugio Dog's Hostel s.r.l. sito nel comune di Trani – contrada S. Tommaso, che aveva in essere convenzioni con diversi comuni per l'accalappiamento di cani randagi, al fine di verificare le condizioni dei 500 cani e altri animali presenti nella struttura a seguito delle numerose segnalazioni da parte delle associazioni di protezione animali;
   alla luce delle numerose irregolarità riscontrare durante l'ispezione, i Nas di Bari hanno provveduto al sequestro preventivo ai sensi dell'ex articolo 321 comma 3 bis c.p.p. dei cani e di altri animali presenti nella struttura poiché si prefiguravano reati ai sensi dell'articolo 727 e 544 ter c.p.;
   si procedeva quindi alla nomina della Lega della Difesa del Cane, quale custode giudiziario degli animali sequestrati;
   il 29 agosto 2016 il pubblico ministero con apposito provvedimento stabiliva che entro il 12 settembre 2016 dovessero essere terminate le operazioni di restituzione dei cani ai comuni proprietari e inoltre che fossero restituiti ai proprietari del rifugio, Malcangi Riccardo e Tatullo Maria, indagati per il reato ai sensi dell'articolo 727 del c.p., i 78 cani rimanenti con collocamento presso la struttura denominata Salice;
   i suindicati proprietari non apparivano per la restituzione dei cani, pertanto i Nas stabilivano altra data di convocazione per l'effettiva consegna dei cani agli intestatari;
   i Nas stabilivano inoltre che in caso di rinuncia di Malcangi e Tatullo a comparire per la consegna dei cani, la Lega nazionale per la difesa del cane «anche al di fuori degli obblighi di custodia giudiziaria, non potrà esimersi dal continuare a prendersi cura nel medesimo sito, con diritto di rivalsa nei confronti degli aventi causa degli animali eventualmente lasciati privi di cure e quindi illecitamente in stato di abbandono»;
   pertanto, di fronte all'inottemperanza del provvedimento emesso dal PM da parte dei titolari del Rifugio, i Nas non chiedevano ulteriori misure cautelari nei confronti di Malcangi e Tatullo, bensì imponevano alla Lega nazionale per la difesa del cane gli obblighi di mantenimento degli animali fuori la custodia giudiziaria;
   in dita 23 settembre 2019, la Lega nazionale per la difesa del cane provvedeva a fare una denuncia-esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Bari per esporre i fatti sopra descritti, comunicando altresì che avrebbe interrotto tutti i contratti di servizi della fornitura, comunicando altresì che in breve tempo i cani in questione sarebbero restati anche senza acqua –:
   se i Ministri interrogati siano conoscenza dei fatti narrati in premessa; e quali iniziative di competenza intenda assumere per assicurare, in questo e in casi analoghi la tutela e, il benessere degli animali e gli adempimenti connessi alla cura dei cani dissequestrati ma privi di tutela. (4-14515)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con la liquidazione dell'IRI, la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha agevolato per tutte le società operanti sul territorio nazionale il passaggio del personale in altri enti pubblici, siglando per tali finalità protocolli d'intesa tra le parti sociali;
   il personale della «Italter», già gruppo I.R.I. operante in Sicilia, in base alla legge regionale della regione siciliana 1o settembre 1993, n. 25, articolo 76, è transitato – a differenza delle altre ex società del gruppo – senza soluzione di continuità nell'amministrazione regionale siciliana con contratto a tempo determinato di durata biennale, regolato dal contratto collettivo nazionale di lavoro edile, compensando i debiti che la regione aveva maturato con la società;
   la regione siciliana, così come disposto dalla sopracitata legge regionale, ha utilizzato costantemente il personale ex I.R.I.;
   nel 2001, regione siciliana e lo Stato intervenivano con due provvedimenti legislativi finalizzati ad una completa normalizzazione del rapporto di lavoro;
   la regione siciliana, con legge regionale 10 dicembre 2001, n. 21, articolo 48, rendeva omogeneo il trattamento economico con quello dei dipendenti regionali, sottolineando ai fini della « ratio legis», che il calcolo dell'anzianità di servizio del personale in questione dovesse essere effettuato sommando l'anzianità posseduta nell'amministrazione regionale nei periodi di effettivo servizio a quella già conseguita nella società di provenienza in quanto società a capitale interamente pubblico;
   lo Stato, con legge 28 dicembre 2001, n. 448, articolo 20, ha posto le condizioni per stabilizzare il personale precario siciliano, facendo gravare gli oneri sui fondi della legge 31 dicembre 1991, n. 433, che la regione siciliana ha rimodulato più volte, escludendo proprio la stabilizzazione del personale e disattendendo altresì le disposizioni legislative dalla stessa emanate – legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, articolo 115;
   lo Stato, riconosciuta la disparità di trattamento intervenuta tra colleghi dipendenti di società ex I.R.I. – tutti transitati in enti pubblici ad esclusione dei soli siciliani – con legge 24 dicembre 2007, n. 244, articolo 2, comma 553, ha autorizzato la regione siciliana a trasformare in contratti a tempo indeterminato i vigenti contratti stipulati per il personale individuato dalla legge regionale 1o settembre 1993, n. 25, articolo 76;
   ad oggi, però, la regione siciliana non ha ancora provveduto a trasformare in contratti a tempo indeterminato i contratti del personale di cui sopra –:
   se il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, nuove iniziative, anche di natura normativa, al fine di prevedere una stabilizzazione del personale di cui in premessa. (4-14513)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, NICCHI, PIRAS, DURANTI, MELILLA, QUARANTA e COSTANTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'impegno della guardia di finanza di Pesaro nel contrasto al fenomeno del commercio di prodotti contraffatti ha portato, dall'inizio dell'anno, al sequestro di oltre 11 mila prodotti contraffatti o non sicuri e alla segnalazione alle autorità competenti di 39 soggetti;
   molte attività sono state svolte nel periodo estivo e, in modo particolare, in concomitanza degli eventi che hanno richiamato un maggior afflusso di persone presso le principali località della provincia pesarese, in cui hanno operato le compagnie di Urbino, Pesaro e Fano;
   fra le ultime operazioni svolte nel comparto, si segnala un'attività che ha consentito di sottoporre a sequestro 292 imballaggi in legno contraffatti (cosiddetti « pallet») con riferimento ai marchi registrati EPAL, IPPC/FAO – FITOK, di proprietà del Consorzio Servizi Legno Sughero (CONLEGNO). Tali «pallet» sono risultati non conformi ai requisiti di qualità e sicurezza richiesti dalla normativa vigente. In tale occasione le fiamme gialle pesaresi hanno accertato che l'azienda produceva e commercializzava abusivamente i pallet riutilizzando altri usati o danneggiati, senza rispettare le specifiche norme in materia che prescrivono l'igiene della merce trasportata per gli operatori del settore durante la movimentazione dei bancali. Per tali ragioni, il responsabile dell'attività è stato deferito alla locale procura della Repubblica per i reati di contraffazione di marchi, introduzione in commercio di prodotti con segni falsi e ricettazione;
   per quanto attiene all'impegno della guardia di finanza nel periodo estivo, realizzato nell'ambito di un più ampio dispositivo di intensificazione di controllo del territorio si è proceduto al sequestro di complessivi 10.947 prodotti contraffatti o non sicuri. I prodotti contraffatti erano idonei, una volta posti in vendita, a trarre in inganno gli acquirenti che, seppure attirati dall'apparente qualità della merce recante marchi falsificati delle più note griffe, anche del made in Italy, sono spesso ignari del fatto che tali articoli non rispettano gli standard di sicurezza e costituiscono un potenziale pericolo per la salute del consumatore finale;
   inoltre, il commercio di prodotti non genuini a prezzi più bassi di mercato produce forme di concorrenza «sleale» basate su minori costi di produzione provocando alle imprese che rispettano le regole un rilevante danno economico connesso alle mancate vendite con conseguenti perdite di posti di lavoro. Infatti, la contraffazione alimenta la diffusione di un'economia criminale parallela che genera ulteriori illeciti, quali lo sfruttamento della manodopera irregolare, la produzione di oggetti pericolosi e privi di quei requisiti di sicurezza (giocattoli per bambini), l'evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro ottenuto dalla vendita –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare la salute dei consumatori e per promuovere una cultura del corretto acquisto e come intenda sconfiggere il fenomeno della contraffazione.
   (5-09773)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Poste Italiane risulta vincitrice, ormai da alcuni anni, della gara d'appalto per la consegna delle cartelle esattoriali da parte di Equitalia spa;
   la nomina a messo notificatore, che avviene con provvedimento formale adottato dal dirigente dell'ufficio competente per la notifica, è regolata dall'articolo 1 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, commi 158 e 159;
   la nomina prevede, in ogni caso, a norma di legge, la partecipazione ad apposito corso di formazione e qualificazione, organizzato a cura dell'ente locale, ed il superamento di un esame di idoneità;
   il portalettere nominato messo notificatore straordinario da Equitalia, nomina che risulta senza scadenza e che solo Equitalia può eventualmente ritirare, deve, in base alle vigenti disposizioni, in caso di irreperibilità del destinatario al secondo tentativo di notifica di un atto emesso da Equitalia, compilare la relata nelle parti indicate e depositare personalmente gli atti, non recapitati, presso la casa comunale;
   nonostante i portalettere con qualifica di messo notificatore siano tenuti a compiere personalmente tutte le attività del processo di notificazione, tra cui rientra anche la consegna dell'atto inesitato alla casa comunale, agli stessi, come emerso da alcune testimonianze, citate anche nella sentenza n. 1058/2016 del tribunale di Torino, verrebbe richiesto dall'azienda di attestare di aver compiuto anche la formalità del deposito degli atti nella casa comunale, formalità poi messe in atto in tempi successivi da altri messi;
   il portalettere, nominato messo notificatore, che si rifiuta di sottoscrivere la relata di notifica di deposito ove non fosse lui stesso a curare il deposito dell'atto presso la casa comunale, verrebbe sanzionato disciplinarmente dall'azienda;
   l'articolo 45 del decreto legislativo n. 112 del 1999 fa espresso divieto che il messo notificatore si faccia rappresentare o sostituire nell'attività di notifica per cui è stato nominato dal concessionario –:
   sulla base di quali presupposti giuridici si giustifichino le attuali modalità di notifica delle cartelle di Equitalia richieste ai messi notificatori di Poste e se non si intendano chiedere chiarimenti a Poste italiane in merito ad una auspicabile modifica organizzativa che consenta ai messi di procedere personalmente al deposito dell'atto nella casa comunale con contestuale sottoscrizione della relata;
   se non si ritenga altresì di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare che il lavoratore, che riveste la qualifica di incaricato di pubblico servizio per l'attività di messo notificatore, sia esposto a responsabilità civili e penali per falso ideologico. (4-14526)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-08180, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bargero.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Villarosa e altri n. 5-08605, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pisano.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lodolini e altri n. 5-09595, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pes.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis e Spessotto n. 5-09727, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sibilia.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cristian Iannuzzi n. 5-09745, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mucci.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Ruocco e Pesco n. 5-09750, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Villarosa.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Cova n. 2-01454 del 3 agosto 2016;
   interpellanza urgente Lattuca n. 2-01482 del 30 settembre 2016;
   interpellanza urgente Quartapelle Procopio n. 2-01488 del 4 ottobre 2016;
   interpellanza urgente Boccadutri n. 2-01497 del 10 ottobre 2016;
   interrogazione a risposta scritta Taricco n. 4-14444 del 10 ottobre 2016.