Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 6 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    i dati sull'occupazione mostrano qualche miglioramento, ma non sono affatto soddisfacenti, considerato che si registra, a seconda dei periodi presi in esame, una stasi o aumenti modesti in termini di decimali di punto;
    la disoccupazione in valori assoluti rimane a livelli elevatissimi, incompatibili con una società civile, in particolare per uno Stato la cui Costituzione statuisce all'articolo 1 «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro»;
    la disoccupazione giovanile, nel secondo trimestre, è al 35,5 per cento, con un ulteriore aumento a luglio che ha portato il dato del mese al 39,2 per cento;
    la situazione del Mezzogiorno è drammatica con un tasso di inattività del 45,3 per cento e una disoccupazione del 19,3 per cento, mentre la disoccupazione giovanile supera, in alcune aree, il 50 per cento;
    la crisi della natalità, evidenziata anche dal Ministro della salute con la sua campagna per il «fertility day», è motivo di grave allarme ed è dovuta non a una fuga dalle responsabilità da parte delle nuove generazioni ma alla loro esclusione da ogni prospettiva occupazionale. Crisi di natalità che, in prospettiva, è il più preoccupante problema del Paese con ricadute pesanti di lungo periodo sul piano economico, politico e sociale, nonché, ovviamente, su quello demografico;
    il blocco del turn over imposto dalla «riforma Fornero» ha ingessato il mercato del lavoro impedendo il fisiologico turn over fra lavoratori anziani e neo assunti con ulteriori effetti negativi sulla occupazione giovanile;
    l'approvazione delle misure concernenti l'anticipo pensionistico (APE) nella prossima manovra di bilancio rappresenta, in tale contesto, una grande occasione per invertire il trend e riaprire ai giovani le porte del mercato del lavoro, in quanto è prevedibile, che, se le condizioni non saranno eccessivamente onerose, la pensione anticipata raccoglierà un numero considerevole di adesioni, ponendo le basi per un ricambio generazionale che potrebbe essere la leva per un rilancio dello sviluppo;
    un programma straordinario di prepensionamenti e assunzioni potrebbe indurre una svolta nella crisi economica che da anni attanaglia l'Italia in quanto farebbe crescere la domanda interna, allargando la base dei percettori di un reddito stabile e influenzando positivamente i consumi, in particolare quelli di beni durevoli e il settore delle costruzioni che hanno un ruolo trainante nella economia reale;
    un tale programma consentirebbe, inoltre, di conseguire altri due obiettivi di fondamentale importanza, quali l'aumento della produttività con l'immissione di lavoratori aperti all'innovazione in sostituzione di dipendenti al limite della pensione, stanchi e demotivati, e il miglioramento della qualità dei servizi della pubblica amministrazione che, da tempo, è condizionata negativamente dalla crescita sempre più marcata dell'età media del proprio personale;
    i costi sarebbero molto contenuti e ampiamente compensati dalla operazione di esodo, in quanto i lavoratori interessati al prepensionamento hanno un costo medio che è almeno il doppio, secondo stime prudenziali, di un neo assunto,

impegna il Governo:

   a valutare la sostenibilità delle scoperture che si apriranno, a seguito della approvazione dell'anticipo pensionistico (APE), nel settore pubblico, scoperture che andranno ad aggiungersi a quelle già manifestatesi negli ultimi anni;
    ad approfondire, in particolare, i gravissimi vuoti di organico che già oggi investono comparti strategici, quali quelli della giustizia e della sicurezza, che indeboliscono la risposta dello Stato alla criminalità organizzata e mettono a rischio la tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente garantiti in aree molto vaste del Paese con una progressiva estensione del contagio anche a regioni che in passato non erano interessate al fenomeno;
    ad affrontare con assoluta priorità il problema della efficienza della pubblica amministrazione e della qualità dei servizi che essa è tenuta ad assicurare ai cittadini e alle imprese;
    ad attivare, subito dopo avere raccolto le adesioni all'anticipo pensionistico (APE), una rapidissima indagine ministeriale volta a definire le esigenze di personale della macchina pubblica e ad avviare con immediatezza le procedure previste dalla legge per il ripianamento degli organici nella misura necessaria ad assicurare la efficacia e la efficienza della azione amministrativa;
    a mettere a punto un piano di incentivi fiscali e previdenziali finalizzati ad agevolare il turn over nel settore privato, premessa indispensabile per un aumento della produttività e della competitività delle aziende produttive, con l'obiettivo di tendere a un riavvio del processo di crescita dell'economia e dell'occupazione e al superamento dei problemi strutturali che affliggono da anni il nostro Paese e impediscono allo stesso di uscire dalle secche della stagnazione.
(1-01383) «Formisano, Portas, Di Lello, Di Gioia, Pisicchio».

Risoluzioni in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 luglio 2016 in Turchia si è svolto un tentativo di colpo di Stato che ha improvvisamente e drammaticamente mutato gli equilibri interni ed internazionali del Paese. Una parte dell'esercito turco ha tentato di rovesciare il presidente Recep Tayip Erdogan e il Governo in carica. Il bilancio del tentato golpe ha registrato oltre 300 morti e circa 1.500 feriti;
    il presidente Erdogan, nel tentativo di riprendere con forza il controllo del Paese e mostrare il pugno duro nei confronti dei responsabili della fallita rivolta, ha aperto alla reintroduzione della pena di morte per chi commette atti di tradimento nei confronti dello Stato. La pena capitale in Turchia era stata abolita nel 2004 proprio quando era premier Erdogan ed aveva costituito una pietra miliare nell'avvicinamento della Turchia all'Europa. Anche l'attuale capo del Governo, Binali Yildirim, dichiarando che «ora è il momento di fare pulizia», ha assicurato alla folla che chiedeva la condanna a morte per gli autori del golpe che il Governo «ha recepito il messaggio» e che «sarà fatto quanto necessario»;
    il presidente turco ha di fatto sospeso ogni misura democratica: ad oggi, sono oltre 100.000 i dipendenti pubblici licenziati o sospesi dall'incarico e 32.000 le persone arrestate perché sospettate di essere in contatto con la setta gulenista fra cui più di 6.000 militari (le cui immagini, denudati, ammanettati e inginocchiati, hanno fatto il giro del mondo), più di 700 magistrati, 100 poliziotti e 120 giornalisti, 58 membri del Consiglio di Stato e 140 membri della Suprema corte d'appello, oltre a migliaia di altri civili; tra i dipendenti pubblici sono stati epurati 30.000 insegnanti e funzionari del Ministero dell'istruzione, oltre 3.000 membri della magistratura, quasi 9.000 funzionari del Ministero dell'interno, di cui quasi 8.000 agenti delle forze di polizia, circa 100 membri dell’intelligence e 1.500 dipendenti del Ministero delle finanze, oltre 2.000 dipendenti del Ministero della salute e 1500 lavoratori della presidenza degli affari religiosi. Sono stati vietati 20 siti web di informazione e sono state ritirate altrettante licenze radiotelevisive;
    una modifica costituzionale approvata nel maggio 2016 ha tolto l'immunità parlamentare ai deputati della Grande Assemblea nazionale della Turchia (GNAT) e decine di rappresentanti, ad esempio 55 su 59 membri del gruppo HDP, il partito curdo guidato da Selahattin Demirtas, rischiano di essere perseguiti per procedimenti pendenti a loro carico quasi tutti relativi a reati di opinione;
    la reazione del Governo turco al tentativo di colpo di Stato non può passare per azioni che mettano a rischio la democrazia e lo stato di diritto nel Paese. Il diritto di tutti a un equo processo in piena conformità con la convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, compreso il protocollo relativo all'abolizione della pena di morte, è la ferma posizione assunta all'unanimità dai 28 Paesi dell'Unione europea in occasione del Consiglio degli affari esteri del 18 luglio 2016, al quale ha partecipato il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale – Paolo Gentiloni – che ha ribadito che l'Italia resta totalmente contraria ad ogni ipotesi di reintroduzione della pena di morte. Una decisione in tal senso deve comportare l'immediata interruzione dei negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione europea, essendo in contrasto con i principi dell'Unione europea stessa;
    l'Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Unione europea, Federica Mogherini, ha sottolineato con forza che «non ci sono scuse per portare il Paese lontano dai diritti fondamentali e dallo stato di diritto e che saremo estremamente vigilanti su questo non per il bene dell'Ue o dei negoziati di adesione del Paese all'Unione, ma per il bene del popolo turco (...) nessun Paese può diventare Stato membro dell'Ue se introduce la pena di morte, questo è nel nostro acquis quindi è sicuro»;
    lo stato di emergenza proclamato da Erdogan sta causando drammatiche ed inaccettabili conseguenze soprattutto per le donne. Già in passato Erdogan non ha nascosto il suo pensiero sostenendo che il posto delle donne nella società è la maternità e che «porre donne e uomini sullo stesso piano è contro natura»;
    pur essendo il primo Paese firmatario della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (2011), la Turchia nella classifica del gender gap del World economic forum del 2015 era in 130esima posizione ed attualmente al 77o posto su 100 nell'indice sull'uguaglianza di genere dell'Undp (programma per lo sviluppo dell'Onu);
    ad avere la peggio a seguito della stretta sui diritti umani imposta dal presidente Erdogan potrebbero essere i 3,5 milioni di spose-bambine: ai loro aguzzini, l'Alta Corte di Istanbul ha recentemente concesso l'amnistia, eliminando di fatto il reato di abuso sessuale su minori indifesi con il «perdono» concesso agli uomini che violentano bambine e poi le sposano. La disposizione dell'Alta Corte di Istanbul arriva a seguito della decisione della Corte costituzionale del 15 dicembre 2015, in base alla quale i reati di pedofilia, e nello specifico commessi nei confronti di minori di 15 anni, sono da considerare alla stregua di abusi sessuali ordinari. La cesura ora pone come limite, ingiustificabile, l'età di 12 anni: dai 13 anni in su, dunque, le vittime sono considerate adolescenti consapevoli della natura di un atto sessuale. La decisione, in assenza di un nuovo pronunciamento legale, diventerà legge effettiva il 13 gennaio 2017. La stessa Corte ha inoltre annullato un provvedimento in base al quale chi è giudicato colpevole del reato di pedofilia deve scontare una pena di almeno 16 anni di prigione. L'annullamento definitivo è previsto per il 23 dicembre 2016. Una legge che potrebbe avere dei risvolti devastanti: già ora, 3.000 uomini accusati di stupro di minori hanno sposato le loro giovani vittime, pur di sfuggire alla pena;
    già due giorni prima del golpe del 15 luglio, una delegazione turca aveva incontrato la Commissione Onu per la CEDAW (Convention on the Elimination of all Forms of Discrimination Against Women): dall'organizzazione internazionale erano pervenute forti critiche sulla condizione delle donne e dei minori nel Paese, con un Parlamento dove l'85 per cento dei membri è di sesso maschile;
    la Turchia è divenuto il 13o Stato membro del Consiglio d'Europa il 13 aprile 1950 e come tale è vincolato dalla convenzione europea sui diritti dell'uomo;
    i numeri degli arresti e delle sospensioni dai pubblici uffici registrati ad oggi e le modalità con cui vengono portati avanti non risultano proporzionati alla reazione di un Governo democratico ad un tentato golpe e la violazione dei valori democratici e dei diritti umani in Turchia, come Stato membro del Consiglio d'Europa, della NATO e candidato a far parte dell'Unione europea, non possono essere ulteriormente tollerate,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa sul piano internazionale al fine di persuadere il Governo turco a ripristinare lo stato di diritto, la libertà di stampa e di opinione, il rispetto dei diritti umani ed, in particolare, dei diritti delle donne e dei minori, oltre alle condizioni minime di agibilità politica per le opposizioni;
    a sostenere con forza, nelle opportune sedi internazionali, ogni iniziativa affinché da parte del Governo turco venga garantito lo svolgimento di un processo giusto, democratico ed equo per le persone coinvolte nel tentato golpe;
    ad agire in ogni utile sede affinché venga scongiurato il ripristino della pena di morte nel Paese;
    a farsi promotore presso l'Unione europea di un'iniziativa affinché venga intrapresa un'azione comune e congiunta al fine di indurre il Governo turco a ripristinare lo stato di diritto e il rispetto dei principi democratici.
(7-01112) «Zampa, Tidei, Malisani, Gasparini, Gnecchi, Bruno Bossio, Garavini, Moretto, Culotta, Minnucci, Carnevali, Carra, Gadda, Venittelli, Tullo, D'Incecco, Carocci, Patrizia Maestri, Blazina, Rubinato, Malpezzi, Zan».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    nell'ultima riunione del comitato scientifico dell’International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas (ICCAT), tenutasi questa settimana a Madrid, la Commissione, evidenziando l'inadeguatezza e l'inefficacia delle misure adottate fino ad ora, ha chiesto azioni decisive per ridurre la sovrapesca del pesce spada;
    secondo l'ICCAT il livello degli stock di pesce spada presente nel mare Mediterraneo è tra i più bassi mai registrati, le catture sono costituite per il 75 per cento da individui giovanili che non hanno ancora raggiunto l'età riproduttiva e pertanto il recupero biologico di questa specie, la cui disponibilità rispetto a 30 anni fa è crollata del 70 per cento, è estremamente difficile;
    attualmente, la taglia minima prevista per la cattura di pesce spada è di 90 cm di lunghezza alla forca, mentre l'inizio della maturità sessuale è a 130 cm per i maschi e a 149 cm per le femmine; in particolare, per queste ultime, la taglia minima per un successo riproduttivo del 50 per cento è almeno 142 cm;
    il depauperamento dello stock è stato denunciato anche da Stati membri, come Italia, Grecia e Malta, dove, la pesca al pesce spada è praticata da sempre e che insieme rappresentano il 60 per cento del totale delle catture nel Mediterraneo;
    relativamente al nostro Paese, i dati sulle catture storiche, ad oggi disponibili in maniera consistente solamente dall'anno 2002, sono insufficientemente rappresentativi di tale pesca, posto che l'Italia, con il 41 per cento delle catture di pesce spada, è il principale Paese di tutto il Mediterraneo;
    al prossimo meeting della Commissione ICCAT, che si terrà a novembre 2016, l'Unione europea dovrebbe proporre un adeguato piano di recupero del pesce spada del Mediterraneo, con l'obiettivo di raggiungere il rendimento massimo sostenibile entro il 2020, come previsto all'articolo 2 del Regolamento (UE) 1380/2013 relativo alla politica comune della pesca,

impegna il Governo:

   ad intraprendere, presso le opportune sedi comunitarie, ogni utile iniziativa, affinché si predisponga un piano di ricostituzione dello stock di pesce spada che preveda un limite di catture e quote così da garantirne il recupero a livelli sostenibili, come previsto nella normativa internazionale (ICCAT) e europea (PCP);
   ad assumere iniziative per definire le chiavi di riparto delle quote da assegnare, assicurando un accesso preferenziale ad attrezzi di pesca maggiormente selettivi considerando quanto previsto all'articolo 17 del regolamento (UE) 1380/2013 (selettività attrezzo; assenza di illegalità/storico di conformità; contributo all'economia locale; storico di volume di catture), al fine di non penalizzare la piccola pesca o il segmento di flotta tradizionale;
   a promuovere, presso le opportune sedi comunitarie, la revisione della normativa sulla taglia minima al fine di stabilire una misura in linea con l'inizio dell'età di maturità (142 cm) invece dell'attuale di 90 cm di lunghezza alla forca e senza tolleranze, così da diminuire la pesca di individui immaturi che ad oggi rappresenta il 75 per cento delle catture;
   ad assumere iniziative per ridurre la cattura di esemplari giovanili attraverso la modulazione di fermi pesca autunnali da ottobre a dicembre, anche attraverso l'introduzione, in tale periodo, del divieto di utilizzo del palangaro derivante;
   ad ottimizzare la tracciabilità delle catture e il loro controllo attraverso l'istituzione di un certificato e a migliorare la qualità e la disponibilità dei dati scientifici sulle catture storiche nazionali, non solo per consentirne una loro immediata trasmissione agli organi scientifici internazionali (STECF e ICCAT) ma anche per valutare l'entità della pesca illegale, che per il pesce spada rappresenta un valore di oltre 25 milioni di euro l'anno;
   ad escludere, per un determinate periodo di tempo, dalla lista delle imbarcazioni autorizzate alla cattura di pesce spada di cui al decreto direttoriale n. 3992 del 29 febbraio 2016 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa verifica, le imbarcazioni che sono state precedentemente sanzionate per illegalità (pesca illegale di pesce spada con reti derivanti), così da assicurare, promuovere ed incentivare una cultura di conformità.
(7-01113) «Benedetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   in data 6 aprile 2016, nella seduta n. 603, l'interpellante depositava interpellanza n. 2-01334 avente ad oggetto l'emergenza del carcere di Taranto, con la quale si denunciavano le molteplici criticità presenti all'interno dell'istituto di pena, correlate essenzialmente al sovrannumero di detenuti e alla significativa carenza di personale penitenziario;
   alla data odierna tale interpellanza non ha ricevuto risposta;
   la situazione nel carcere di Taranto, nel frattempo continua ad aggravarsi, con il reiterarsi di numerosi episodi di violenza tra detenuti e nei confronti della polizia penitenziaria;
   il perdurare dell'attuale stato di cose lascia ipotizzare non solo che quanto accaduto negli ultimi tempi, e anche nei giorni scorsi, possa ripetersi, ma che si possa assistere ad un ulteriore escalation con grave rischio per tutta la popolazione carceraria, detenuti e personale;
   in data 5 ottobre 2016 l'agenzia ANSA diffondeva la seguente nota: «Una quarantina di poliziotti penitenziari che vivono a Taranto con le loro famiglie, dopo aver girovagato per le carceri della nazione, domani chiederà di andare via dal carcere del capoluogo ionico». Lo annuncia Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria), precisando che «le motivazioni di tale estremo gesto di protesta sono riconducibili alla impossibilità di lavorare più volte denunciate e rappresentate con manifestazioni di protesta davanti al carcere, con scioperi della fame, con autoconsegna e finanche con incontri dal prefetto e dal sindaco di Taranto». La carenza «di personale di Taranto (oltre 60 unità) – sostiene Pilagatti – è arrivata a livelli così drammatici che costringe i poliziotti a carichi di lavoro sovrumani e non più tollerabili, e con eventi critici (aggressioni, minacce anche di morte) che avvengono ormai con cadenza giornaliera». Soprattutto «nelle ore pomeridiane e notturne – osserva il segretario del Sappe – il carcere di Taranto è pressoché sguarnito nonostante la presenza di circa 500 detenuti, e le poche unità in servizio devono preoccuparsi di più sezioni detentive contemporaneamente (200 detenuti) in cui sono presenti detenuti con gravi patologie croniche, problemi psichiatrici, di droga, che rendono ancora più problematico un lavoro già tanto difficile». La protesta «dei lavoratori di Taranto – conclude Pilagatti – sarà seguita anche dai poliziotti di Lecce che da settimane sono in stato di agitazione, sempre a causa della grave carenza di organico (quasi 150 unità) che diverrà sempre più pesante con l'imminente apertura di una sezione per detenuti con problemi psichiatrici»;
   quanto denunciato dal sindacato Sappe, più volte reso pubblico dai mezzi di comunicazione, è confermato sulla base di recenti visite al carcere di Taranto di parlamentari ionici, e dalla verifica quotidiana che l'interpellante ha modo di effettuare nell'ambito dell'attività professionale forense –:
   se siano a conoscenza delle criticità esposte e delle azioni che il sindacato intende promuovere, con ogni prevedibile conseguenza;
   se si ritenga di adottare iniziative di urgenza, inviando con immediatezza a Taranto il personale necessario a completare l'organico;
   se si ritenga di affrontare, in generale, il problema del sovraffollamento delle carceri attraverso iniziative straordinarie, soprattutto in caso di carcerazione cautelare, quali l'impiego del braccialetto elettronico, salva l'adozione di più utili provvedimenti straordinari di clemenza.
(2-01495) «Chiarelli».

Interrogazione a risposta orale:


   CANI, BURTONE, PES, NACCARATO, COVA, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso dagli organi di informazione che Intralot, del gruppo Gamenet, sarà il premium sponsor della Nazionale di calcio fino al 2018;
   Gamenet controlla Intralot ed è concessionaria di Stato per giochi, slot machine, e scommesse;
   il calcio è lo sport più diffuso e praticato nel nostro Paese in particolare dai giovani;
   purtroppo il fenomeno della dipendenza da gioco è una piaga molto diffusa;
   il Governo è fortemente impegnato nel contrasto alle ludopatie;
   nei comunicati stampa di annuncio di tale partnership vengono usate parole come «progetto culturale» e «valori condivisi» che appaiono abbastanza singolari –:
   quali iniziative il Governo, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, ritenga di poter assumere per rafforzare le politiche di contrasto alle ludopatie, anche sul piano della comunicazione, e per evitare che i valori dello sport, fondamentali per la crescita dei giovani e in particolare dei minori, siano inficiati da messaggi fuorvianti e contraddittori come quelli che emergono dalla vicenda di cui in premessa. (3-02532)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA e MANZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legga n. 107 del 2015 («buona scuola»), all'articolo 1, commi 87, 88, 89, ha previsto una «sanatoria» (corso intensivo riservato) per coloro i quali, alla data della sua entrata in vigore (16 luglio 2015), avevano un contenzioso relativo al concorso per dirigente scolastico 2004 e 2006, ma non per quelli che avevano ricorsi pendenti relativi al concorso per dirigente scolastico del 2011 e che avevano superato tutte le prove (preselezione, due prove scritte e l'orale);
   i bandi di concorso del 2004-2006 per dirigente scolastico non contemplavano una prova preselettiva, a differenza di quello del 2011, che ne prevedeva una con 100 quesiti a risposta multipla sulle materie attinenti al ruolo e alle funzioni del ruolo, da risolvere in 100 minuti;
   per superare questo differente trattamento e ridurre contenziosi costosi per Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e per coloro che hanno ancora ricorsi pendenti davanti al Consiglio di Stato sulle precedenti prove concorsuali sarebbe opportuno valutare la possibilità, in occasione del prossimo bando di concorso per dirigenti scolastici, di prevedere l'ammissione di diritto alle prove scritte, superando la fase preselettiva, per quanti hanno già abbondantemente dimostrato, nel concorso del 2011 la loro preparazione e che talora, negli anni seguenti, hanno anche svolto funzioni vicarie di dirigenza scolastica –:
   se si intenda prevedere, nel prossimo bando di concorso per dirigenti scolastici l'ammissione diretta alle prove scritte, senza preselezione, per gli idonei del concorso per dirigenti scolastici del 2011. (5-09695)


   CARRESCIA e MANZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015, la «buona scuola», se non applicata correttamente rischia di avere conseguenze negative e provocare situazioni di grande confusione a indirettamente danneggiare i principi di stabilità didattico-educativo, professionalità degli insegnanti e incrinare la collegialità nella scuola;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dà la possibilità ai docenti di distaccarsi dall'insegnamento per un anno scolastico, attraverso un bando ben definito per poter fare un'esperienza migliorativa nel ruolo di responsabile per la formazione di progetti nazionali, ai sensi dell'articolo 1, comma 65, della legge citata, utili per la formazione e la ricerca in quattro ambiti;
   essa prevede inoltre il numero di docenti del cosiddetto «potenziato/funzionale» che vanno a coprire il distacco del docente assente ed impegnato per la formazione di progetti nazionali;
   per l'anno scolastico 2016/2017, a tal fine, alla regione Marche, a quanto consta agli interroganti, sono state assegnate n. 23 unità;
   alla data del 21 settembre 2016 le unità selezionate erano 21; successivamente, in data 28 settembre, i docenti sono scesi a 18, i quanto alcuni di essi si sono visti costretti a rinunciare all'incarico, poiché, a quanto risulta agli interroganti, avrebbero messo a rischio la funzionalità della scuola, dove erano assegnati, con conseguenze per la didattica e gli studenti; il numero dei docenti del «potenziato» nelle Marche è diminuito rispetto all'anno scolastico 2015-2016;
   questa situazione deriva sia dalle carenze di organico nelle scuole marchigiane sia da quelle che appare agli interroganti una poco oculata gestione delle risorse umane da parte della sovrintendenza scolastica regionale –:
   se siano a conoscenza della situazione esistente nelle Marche e quali iniziative intendano intraprendere per superare le criticità evidenziate. (5-09701)


   GRILLO, VACCA, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dopo il terremoto che ha interessato ad agosto del 2016 il centro Italia, con la devastazione del territorio e il crollo di molti edifici pubblici, si è riaccesa l'attenzione dell'opinione pubblica italiana sulla sicurezza delle nostre scuole. Catania e la sua provincia sono un'area ad alto rischio sismico, una delle maggiori d'Italia;
   dal sito dell'ufficio scolastico regionale per la Sicilia e dal documento allegato al decreto del direttore generale n. 7451 del 3 maggio 2016 si apprende che sono circa 200 le scuole ubicate nella provincia di Catania, comprese quelle del capoluogo etneo;
   a Catania il giornale www.supress.it ha realizzato un'inchiesta sullo stato degli edifici scolastici in città e tale reportage segnala:
    a) alla succursale dell'istituto Boggio Lera, in Corso Indipendenza, un edificio che ha gravi problemi strutturali e ove si notano vistose crepe lungo le pareti e nel pavimento del cortile vicino;
    b) al liceo classico Nicolò Spedalieri, in Piazza Riccò, la sussistenza di parti mancati di cornicione e crepe nelle pareti esterne all'edificio;
    c) nel centro storico della città di Catania, all'istituto tecnico industriale Archimede, in viale Regina Margherita, la presenza di pareti così danneggiate che presentano dei buchi;
   nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università scientifica e della ricerca vi è la sezione «Scuole in Chiaro» dedicata alle informazioni relative alle scuole;
   il sito «Scuole in Chiaro», nello specifico, ha informazioni in merito:
    alla didattica; ai servizi e all'attività; alla finanza, all'autovalutazione e alle informazioni sull'edilizia scolastica, in quest'ultima sezione, le scuole di Catania e della provincia hanno indicato l'ubicazione, il rischio sismico dell'area e se la certificazione antisismica sia stata rispettata;
    i dati riguardanti la certificazione antisismica dovrebbero essere continuamente aggiornati e accessibili a tutti i cittadini;
   dal sito dell'Invg (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia), l'intera area della Sicilia orientale, limitatamente alle strutture come ospedali, scuole, e altro, viene considerata zona sismica 1 (ad alto rischio) –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanti siano gli edifici scolastici a Catania e nella sua provincia dotati di certificazione antisismica;
   quali iniziative, il Governo, per quanto di competenza, intenda intraprendere affinché siano adeguati tutti gli edifici scolastici di Catania e della provincia alle norme tecniche antisismiche;
   quali iniziative si intendano adottare affinché il sito «Scuole in chiaro» venga aggiornato continuamente, in modo da fornire le informazioni relative alle scuole catanesi con particolare riguardo alla sicurezza degli alunni. (5-09709)


   PELLEGRINO, SCOTTO, ZARATTI, PALAZZOTTO e FRANCO BORDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel luglio 2015, con l'approvazione definitiva, al Senato, del disegno di legge n. 1962, recante disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – legge europea 2014 – il Parlamento ha proibito la cattura dei richiami vivi con i mezzi vietati dalla Direttiva Uccelli, tra cui reti, trappole e vischio;
   il 3 agosto 2016 sul numero 31 del Bollettino ufficiale della regione autonoma Friuli Venezia Giulia è stato pubblicato il decreto del responsabile delegato di posizione organizzativa «Trattazione attività connesse alla gestione venatoria», concernente il «rilascio del provvedimento di deroga per la cattura di uccelli in piccola quantità appartenenti a specie cacciabili finalizzato al potenziamento degli allevamenti di avifauna selvatica in cattività con soggetti di cattura»;
   con detto decreto la regione Friuli-Venezia Giulia ha di fatto autorizzato, a fini di riproduzione per farne richiami vivi per la caccia, la cattura di centinaia di uccelli appartenenti alle specie merlo, tordo sassello, tordo bottaccio e cesena; ciò per gli interroganti in evidente contrasto con le normative, nazionali e comunitarie, che vietano di fatto tale possibilità, e, soprattutto, ignorando il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, che aveva evidenziato l'illegittimità della richiesta di quella regione autonoma;
   nella stesura dell'atto che autorizza la cattura, infatti, la regione Friuli-Venezia Giulia ha riportato solo le considerazioni tecniche dell'Ispra, omettendo i passaggi della corrispondenza in cui l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale aveva fatto notare alla regione Friuli-Venezia Giulia che la richiesta di catture confligge con la legge nazionale ed è di fatto illegittima –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa per assicurare su tutto il territorio nazionale il rispetto della normativa europea, onde evitare l'apertura di una procedura di infrazione e di un'eventuale condanna da parte della Corte di giustizia europea. (5-09710)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRELLI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, PASTORINO, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'impianto siderurgico Ilva di Taranto ha provocato e provoca malattie e decessi nei quartieri più vicini all'impianto, soprattutto nei bambini;
   è stato provato che tra il 2008 e il 2014 c’è stato un nesso chiaro tra l'inquinamento e la mortalità nei rioni a rischio di Taranto, soprattutto per cause respiratorie e, da quando sono aumentati le polveri sottili e l'anidride solforosa, ci sono stati più ricoveri, con effetti «importanti» nei bambini fino ai 14 anni;
   secondo lo «Studio di coorte sugli effetti delle esposizioni ambientali ed occupazionali sulla morbosità e mortalità della popolazione residente a Taranto», voluto dal Centro salute e ambiente della regione Puglia, risulta che più aumenta la produzione siderurgica, a fronte di un aumento dell'inquinamento, aumentano determinate malattie e cause di morte, tra le quali i tumori;
   si tratta di uno studio che ha confermato quanto era già noto dal 2011 con lo studio Sentieri, ovvero che nei quartieri Tamburi, Paolo VI e Borgo – i tre con «vista» sulla fabbrica – si moriva più spesso e prima che altrove;
   il suddetto studio, condotto da un team guidato dal professor Francesco Forastiere, in collaborazione con Arpa Puglia e Ares Puglia, ha messo in evidenza come le polveri sottili industriali (Pm10) siano responsabili di un aumento del 4 per cento del rischio di mortalità, in particolare del 5 per cento per tumore polmonare, oltre che del 10 per cento per infarto del miocardio. L'anidride solforosa, invece, provoca un aumento del 9 per cento della mortalità, con eccessi più marcati per tumore polmonare (+17 per cento) e infarto (+29 per cento). Nel periodo compreso tra il 2006 e il 2011, entrambi gli inquinanti sono stati responsabili, inoltre, di aumento del rischio di tumore del polmone tra i residenti: alle polveri è imputabile un +29 per cento, mentre all'anidride solforosa sarebbe riconducibile un incremento del 42 per cento;
   se si considerano i ricoveri per quartiere di residenza, emerge un «eccesso di ricorso alle cure ospedaliere» compreso tra il 7 e il 50 per cento a Tamburi e Paolo VI, con dati rilevanti nella fascia d'età compresa tra gli 0 e i 14 anni. I bambini finiscono più spesso in ospedale se sono residenti a Tamburi (+24 per cento), Borgo (+73 per cento) e Paolo VI (+26 per cento) e gli incrementi diventano ancora più elevati quando si considera o le sole infezioni delle vie respiratorie;
   il dossier che racchiude lo studio di cui in premessa evidenzia, quindi che «all'andamento produttivo» dell'Uva tra il 2008 e il 2014, «ha corrisposto un effetto sui livelli di inquinamento in prossimità dell'impianto e nei quartieri limitrofi» e l'andamento della mortalità «ha seguito in modo speculare» proprio i livelli di produttività e di inquinamento nei quartieri Tamburi e Borgo;
   il governatore della regione Puglia Emiliano ha sottolineato come dai dati del dossier emerga che «sono necessari con immediatezza interventi dal parte del Governo sulla attività della fabbrica per evitare che questi dati sulla eccessiva mortalità siano confermati nel futuro» e ha dichiarato l'urgenza di iniziative che solo il Governo può intraprendere, dal momento che il rapporto è stato trasmesso più di una settimana fa al Presidente del Consiglio, dando istruzione ai commissari per la regolazione dell'attività dell'impianto –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per regolamentare l'attività dell'impianto, visto il rischio evidente per la salute degli abitanti dei quartieri siti in prossimità dell'impianto medesimo. (4-14415)


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalle maggiori testate giornalistiche e dalle agenzie stampa e dal web è stato recentemente sottoscritto un contratto di sponsorizzazione fino al 2018 tra la «Federazione italiana giuoco calcio» e la società internazionale di scommesse Intralot;
   Intralot fa parte del gruppo Gamenet ed è concessionario di Stato Italiano per scommesse, slot, web-betting con un fatturato in crescita dell'8,5 per cento e una raccolta di denaro da «giochi» di 3 miliardi di euro;
   Intralot e FIGC sosterrebbero la bontà dell'accordo sulla base «della promozione dei valori del calcio e del gioco responsabile, prevedendo l'impegno in attività sociali, rafforzando il lavoro nella promozione della cultura della legalità e per la diffusione di comportamenti consapevoli all'interno del mondo del calcio e di lotta alle ludopatie»;
   è stata lanciata una petizione online sul sito web «change.org» dal titolo «Via il gioco d'azzardo dalla Nazionale !» affinché si receda dal contratto di sponsorizzazione;
   risulta difficile giustificare l'opportunità di tale scelta, ovvero che una della più importanti società di « betting» possa contrastare il gioco d'azzardo e le ludopatie ad esso correlate e gestire per conto dello Stato le scommesse, peraltro sulle stesse partite della Nazionale italiana;
   si stima che dall'1,5 per cento al 6 per cento della popolazione italiana sia affetta da ludopatia o malattia da gioco d'azzardo, una vera e propria patologia che rovina persone, famiglie, nuclei sociali –:
   se il Governo sia a conoscenza della vicenda e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, ritenga di poter assumere per rafforzare le politiche di contrasto alle ludopatie, anche sul piano della comunicazione, e per evitare che i valori dello sport, fondamentali per la crescita dei giovani e in particolare dei minori, siano inficiati da messaggi fuorvianti e contraddittori come quelli che emergono dalla vicenda di cui in premessa. (4-14421)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Vittorio «Vik» Arrigoni era un giornalista e scrittore italiano, pacifista e sostenitore della soluzione binazionale come strumento di risoluzione del conflitto israeliano-palestinese;
   Arrigoni si trasferì nella Striscia di Gaza per agire contro l'ingerenza dello Stato di Israele nei confronti della popolazione araba palestinese;
   il 13 aprile 2011 Arrigoni viene rapito a Gaza da un commando terrorista che chiede, per la sua liberazione, il rilascio immediato dal carcere di uno sceicco salafita detenuto da Hamas e altri militanti jihadisti, ma nella notte tra il 14 e il 15 aprile il giornalista viene ucciso;
   è notizia recente che la madre di Vittorio Arrigoni, Egidia Beretta, ha lanciato un appello al Governo Italiano e all'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri, Federica Mogherini, chiedendo di non permettere allo Stato israeliano di fermare la Zaytouna, imbarcazione della Freedom Flotilla Coalition, denominata anche «la barca delle donne per Gaza» che sfiderà pacificamente il blocco di Gaza con lo scopo di attirare l'attenzione del mondo sull'assedio illegale cui è costretta dal 2007 la Striscia di Gaza e i suoi quasi due milioni di abitanti;
   la Zaytouna è composta da un equipaggio totalmente di donne: attiviste, marinaie, esponenti della società civile ed esponenti parlamentari nazionali ed europei. L'obiettivo della «barca delle donne per Gaza» è ricordare l'importanza del ruolo femminile nella resistenza quotidiana all'occupazione israeliana e anche per unire donne di altri paesi alle donne di Gaza, al fine di non farle sentire isolate dall'assedio disumano che perdura da anni;
   nella missiva indirizzata al Governo, la madre di Arrigoni chiede di intervenire urgentemente, poiché sembrerebbe che la Marina israeliana abbia intenzione di attaccare la Zaytouna, ora in navigazione verso la Striscia di Gaza;
   infatti, come ordinato dal Governo israeliano alle sue forze navali, la Marina israeliana dovrebbe dirottare l'imbarcazione verso un proprio porto arrestando e deportando le tredici donne a bordo;
   va rilevato che tutte le missioni pacifiste delle imbarcazioni Freedom Flotilla Coalition sono mirate a richiamare l'attenzione sull'assedio illegale imposto da molti anni da Israele nei confronti della Striscia di Gaza;
   si ricorda inoltre che il Chapter 7 della Carta delle Nazioni Unite, all'articolo 41 prevede che il Consiglio di sicurezza può decidere quali misure, che non contemplino l'uso della forza militare, prendere per rendere efficaci le sue decisioni. E può chiedere ai membri delle Nazioni Unite di applicare queste misure. Le misure possono contemplare la totale o parziale interruzione dei rapporti economici e delle comunicazioni, nonché la rottura delle relazioni diplomatiche –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritengano opportuno assumere con urgenza ogni iniziativa di competenza, anche in collaborazione con l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, per far sì che il Governo israeliano non aggredisca la Zaytouna ora in navigazione verso la Striscia di Gaza, tenendo conto che – in caso di assalto della Zaytouna – da parte della Marina israeliana, si potrebbe configurare, ad avviso degli interroganti, un atto di pirateria marittima, alla luce del fatto che le numerose missioni della Freedom Flotilla Coalition sono dirette a Gaza e non in Israele e quindi navigano in acque internazionali. (4-14424)


   PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende che Intralot sarebbe diventata main sponsor della Nazionale italiana di calcio;
   Intralot è uno dei maggiori gruppi globali nel settore del gioco d'azzardo, in corso di integrazione con l'altro colosso Gamenet, con cui darà vita ad un gruppo da oltre 1 miliardo di euro di fatturato e 6 miliardi di euro di raccolta, di cui 3 in Italia;
   nel nostro Paese il gruppo è concessionario di Stato per scommesse, slot, vlt ed ha un'attività in crescita costante;
   la sponsorizzazione della Nazionale di calcio si configura a tutti gli effetti come un fortissimo investimento pubblicitario, destinato anche ad un pubblico di minori e con fortissima capacità di diffusione mediatica;
   si tratta di una contraddizione fortissima con gli indirizzi più volte espressi dal Parlamento, che è arrivato a prevedere nella legge di stabilità per il 2016 il divieto di pubblicità televisiva per il gioco d'azzardo da definire più in dettaglio mediante un decreto attuativo;
   il Governo tuttavia non ha ancora emanato tale decreto, ma si è comunque impegnato a farlo a breve, pur con limiti che l'interrogante ritiene non condivisibili –:
   quali iniziative il Governo, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, ritenga di poter assumere per rafforzare le politiche di contrasto alle ludopatie, anche sul piano della comunicazione, e per evitare che i valori dello sport, fondamentali per la crescita dei giovani e in particolare dei minori, siano inficiati da messaggi fuorvianti e contraddittori come quelli che emergono dalla vicenda di cui in premessa. (4-14426)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 29 settembre 2016 durante la puntata di Piazza Pulita è andata in onda l'aggressione che ha subito la giornalista de La7, Sara Giudice, nel quartiere Magliana di Roma, mentre stava girando, con il suo cameraman, un video in merito a un'inchiesta sul traffico illecito di rifiuti;
   le immagini ritraggono la giornalista de La7 che pone delle domande al titolare dell'azienda dei rifiuti che opera nel quartiere della Magliana a Roma e che evidenzia: «Un giro illecito di milioni di euro. Mentre documentavamo in via della Magliana, strada piena di impianti di recupero di materiale ferroso, abbiamo notato un camioncino che lasciava rifiuti all'interno di questa azienda. Siamo entrati e abbiamo chiesto conto di tutte le giuste certificazioni, così come richiede la legge, e le nostre domande non sono state particolarmente gradite»;
   nel video si vede il proprietario dell'impianto che esce dall'azienda per impedire al cameraman di riprendere. Gli animi si scaldano e Sara Giudice decide di salire in auto per ripartire ma prima viene trattenuta. Il padre del proprietario interviene, cominciando a scuotere l'automobile, tentano ripetutamente di aprirla e intimando al figlio di passargli «il ferro». E minaccia Sara Giudice: «Scendi, che ti sfonno e ti spappolo»;
   la giornalista e il cameraman cominciano a urlare e chiamano i Carabinieri per chiedere aiuto, ma intanto gli aggressori hanno rotto il vetro dell'auto e preso la telecamera, distruggendola e lasciando i pezzi sul ciglio della strada;
   il giornalismo d'inchiesta rappresenta un valore immenso per la società e l'aggressione subita dalla giornalista Sara Giudice è gravissima sia per la persona, sia per la preziosità del lavoro che andava a svolgere e deve rappresentare un punto definitivo nella guerra che da anni si sta combattendo contro il traffico illecito dei rifiuti di cui il nostro territorio subisce anche gli effetti diretti, per i fumi tossici che i cittadini sono costretti a respirare;
   secondo il Rapporto Ecomafie 2016 di Legambiente, il business dell'ecomafia, seppur in calo, è di 19,1 miliardi di euro. Nel 2015 sono stati accertati 27.745 reati ambientali, sono cresciuti gli incendi, con un'impennata che sfiora il 49 per cento, che hanno mandato in fumo più di 37.000 ettari di vegetazione. Il Lazio nella classifica regionale degli illeciti è sempre la prima regione del centro Italia;
   i traffici di rifiuti si propagano oltre i confini nazionali dove i materiali di scarto sono destinati illegalmente al riciclo o a un approssimativo recupero energetico soprattutto per il recupero dei materiali ferrosi, scarti di gomma e/o pneumatici, metalli, plastica e tessili –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per chiarire la provenienza dei materiali ferrosi scaricati nel deposito dell'azienda di raccolta dei rifiuti di cui in premessa;
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati ritengano opportuno assumere, per quanto di competenza, per contrastare la filiera del malaffare legato ai rifiuti e stroncare i fenomeni conseguenti, legati anche all'inquinamento ambientale;
   quali iniziative si ritenga opportuno adottare, per quanto di competenza, al fine di tutelare chi è addetto a informare l'opinione pubblica e per garantire la libertà di stampa e di espressione. (5-09711)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari è soccombente in 85 delle cause di lavoro intentate da ex-dipendenti con contratto a termine prima del 2012;
   il sovrintendente Biscardi ha sinora esposto agli organi di stampa la volontà di dichiarare la soccombenza della Fondazione in tutte le azioni legali promosse dai lavoratori così da assumerli tutti per procedere immediatamente dopo ai licenziamenti. Così facendo ci si appellerebbe alla legge n. 223 del 1991 sui licenziamenti collettivi per evitare il default della Fondazione, poiché sarebbe per lui inammissibile la permanenza degli eventuali 85 neoassunti in virtù della molto compromessa situazione patrimoniale dell'ente;
   nella relazione della Corte dei Conti del 26 maggio 2016 relativa al bilancio del 2014 si legge che il patrimonio della Fondazione corrisponde a –945.000 euro, con un utile di +15.176 euro rispetto all'anno precedente, derivante unicamente dall'aumento dei contributi pubblici comunali e non da eventuali utili derivanti da biglietteria e contributi privato;
   la grave situazione finanziaria della Fondazione ha portato l'ente ad aderire al piano di risanamento aziendale nelle modalità previste dalla legge n. 112 del 2013, in base alla quale attraverso un finanziamento statale a lungo termine la Fondazione potrebbe raggiungere un equilibrio finanziario entro il 2016. Tale piano di risanamento è stato approvato con decreto interministeriale (Ministero dell'economia e delle finanze/Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) in data 27 luglio 2015;
   il ricorso alla legge n. 223 del 1991 è stata l'unica alternativa proposta fino all'assunzione dei primi 21 lavoratori (professori d'orchestra) tra gli 85 ex-dipendenti di cui sopra, avvenuta nell'ultima settimana dello scorso mese;
   da notizia di stampa del 1o ottobre 2016 pubblicata da Il Corriere del Mezzogiorno si apprende che secondo un piano di sostenibilità elaborato dal sindacato CGIL sarebbe possibile mantenere tutti gli 85 neoassunti senza effettuare alcun licenziamento;
   tale piano tiene conto del fatto che ogni anno lavorano al Petruzzelli circa 175 dipendenti sia a tempo indeterminato che contratti a termine di diverso tipo. La pianta organica del teatro approvata nel 2008 contava 171 dipendenti successivamente ridotti a 136 unità a causa della crisi finanziaria dell'ente. Il costo del lavoro annuale della Fondazione si aggira intorno ai 6-6,5 milioni di euro e comprende anche gli aggiunti. Ne deriva che occorrerebbero meno di 400.000 euro annui per gli 85 reintegri, ovvero per mantenere tutte le posizioni a tempo indeterminato;
   il calcolo è numericamente corretto, ma non tiene conto delle diverse mansioni dei lavoratori né della concreta possibilità che si possano avere «doppioni» nell'organico orchestrale, corale o tecnico-amministrativo o che certe altre posizioni possano restare scoperte. È proprio sulla base dei profili di chi rientrerà in servizio e degli esuberi che ne conseguiranno che saranno stabiliti gli eventuali licenziamenti;
   il piano di sostenibilità elaborato dalla CGIL mira a salvare tutti i lavoratori in una nuova visione della Fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e teatri di Bari, volta ad una crescita sostanziale negli anni a venire, data prevalentemente dall'aumento del numero del personale;
   oltre a non considerare la possibilità dei doppioni, la proposta del sindacato presuppone che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo accetti l'aumento del numero della pianta organica del teatro da 136 a 175 unità. Non è chiaro se tale aumento possa essere compatibile con il piano di risanamento aziendale in corso e se possa essere accettato dal Ministero –:
   se intenda, per quanto di competenza, monitorare il processo di riassunzione degli ex-dipendenti della Fondazione Petruzzelli, richiedendo una documentazione dettagliata sui singoli circa le loro mansioni al fine di garantire la massima trasparenza nei procedimenti;
   se intenda vagliare la possibilità di estensione della pianta organica della Fondazione Petruzzelli, comunicando quanto prima il suo parere alle parti in causa;
   se intenda fornire indicazioni riguardo ai criteri da seguire nella scelta dei dipendenti da mantenere qualora si proceda con i licenziamenti. (5-09704)

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'identità della città di Cagliari rappresenta un valore fondante insostituibile per la comunità che vi abita;
   l'identità storica della città rappresenta altresì uno dei più formidabili brand cagliaritani, in grado di corroborare l'interesse turistico per la città, contribuendo così in modo straordinario alla improcrastinabile ripresa economica;
   sono da tempo in corso lavori di rifacimento stradale nel largo Carlo Felice che hanno portato alla scoperta di vestigia del passato sottostanti il manto stradale;
   è nota da tempo la localizzazione, nella sede dei lavori, dei resti della città romana, mentre i cagliaritani più anziani ancora ricordano le importanti rovine romane a suo tempo portate alla luce dagli scavi di costruzione del complesso bancario prospiciente la via del Mercato Vecchio;
   nella zona attualmente interessata dagli scavi, nella parte alta del largo, al confine del quartiere della Marina, insisteva anche il complesso di mura difensive che circondava pressoché interamente i quartieri storici della città, la cui demolizione venne completata negli anni successivi al 1866, quando Cagliari cessò di essere annoverata tra le piazzaforti militari;
   probabilmente al 1856 risale invece la demolizione della porta di Stampacio o Stampace, immortalata nelle prime foto della città, scattate da Eduard Delessert;
   sarebbe dunque interessante sapere se una parte delle massicce opere urbane portate alla luce dagli attuali scavi nel largo siano pertinenza delle antiche mura della città;
   qualora una parte delle vestigia riportate alla luce dagli attuali scavi fosse davvero riferibile alle antiche mura civiche, pur nella convinzione che non debbano essere rallentati i lavori di ripristino della sede stradale, sarebbe davvero importante che tali reperti potessero essere valorizzati, a fini identitari e turistici, per poter più compiutamente contribuire alla narrazione storica dell'affascinante passato della nostra città;
   la stampa locale ha riportato che, nell'attuale sede degli scavi, sarebbe intervenuta la Sopraintendenza, che avrebbe eseguito rilievi specifici, che dovrebbero aver consentito di inquadrare adeguatamente l'esatta attribuzione e l'importanza dei reperti portati alla luce dalle azioni di sventramento stradale –:
   se gli attuali scavi nella parte alta del largo Carlo Felice abbiano fatto affiorare resti storici di pertinenza romana o dell'antica cinta muraria della città di Cagliari e, in particolare, della porta Stampace;
   se — in tal caso — non ritengano utile assumere iniziative volte a promuovere, per quanto di competenza, l'immediata valutazione di un'adeguata valorizzazione di tali reperti, attraverso la conservazione della possibilità della fruizione visiva diretta, accompagnata da adeguati supporti fisici e multimediatici che consentano di introdurre sia il cagliaritano, che il turista, alla narrazione storica della città di Cagliari e del fascino del suo brand. (4-14418)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRUGNEROTTO, PESCO, ALBERTI, FICO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza 238/2009 la Corte Costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della TIA;
   la sentenza delle Corte ha trovato successiva conferma nella sentenza della Cassazione 3756 del 9 marzo 2012, secondo cui la Tia è un tributo non soggetto ad Iva; nonché nella recente sentenza delle Sezioni Unite della stessa Corte n. 5078/2016, che ha ulteriormente confermato che la Tia non debba essere assoggettata all'Iva;
   già da alcuni anni molti cittadini si sono attivati effettuando le richieste di rimborso, sostenuti anche dalle associazioni dei consumatori;
   sin dal 2010 il M5S (tramite il blog di Beppe Grillo) ha segnalato ai cittadini la possibilità di richiedere il rimborso dell'Iva sulla Tia;
   ciò nonostante, ancora oggi gran parte dei concessionari incaricati della riscossione non si è adeguata, perdurando nell'illegittima applicazione dell'Iva;
   significativa è la risposta ricevuta il 18 luglio 2016 dal servizio clienti della società ETRA spa (la multiutility che si occupa della gestione del servizio idrico integrato e della gestione dei rifiuti nei territori tra Altopiano di Asiago fino ai Colli Euganei, comprendendo l'area del Bassanese, l'Alta Padovana e la cintura urbana di Padova): facendo seguito ad una richiesta di restituzione dell'Iva da parte di un cittadino, il concessionario ha risposto che in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore o dell'emanazione di linee guida da parte degli apparati statali competenti, «ha presentato all'Agenzia delle entrate, in via prudenziale, istanza di rimborso dell'IVA versata negli anni pregressi 2006-2015. Pertanto non appena ETRA Spa avrà comunicazione da parte dell'Agenzia delle Entrate provvederà ad informare tempestivamente tutti i suoi clienti»;
   da molti anni, quindi, si perpetua una situazione assurda, per cui le società di gestione dei servizi continuano ad applicare l'Iva sulla Tia, nonostante le ripetute sentenze e, contemporaneamente, presentano istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate, che a sua volta si rifà alle circolari del Ministero dell'economia e delle finanze (n. 111/1999, n. 3/DF/2010) e delle risoluzioni dell'Agenzia delle entrate (nn. 25/2003 e 250/2008), che confermano l'applicabilità dell'Iva alla Tia, in totale contrasto con l'orientamento giurisprudenziale –:
   quali siano le ragioni per cui non sia stata ancora trovata soluzione al problema esposto in premessa e quali iniziative intenda avviare per contrastare l'illegittima applicazione dell'Iva sulla Tia. (5-09697)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA, MOLTENI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 138 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011 obbliga tutti gli iscritti agli Ordini professionali a seguire corsi di formazione;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 137 del 2012, attuativo dell'articolo 3, comma 5, del citato decreto-legge n. 138, prevede che corsi di formazione possano essere organizzati anche da soggetti terzi, riguardo ai quali l'Ordine deve solo accertare se l'ente abbia o meno i requisiti documentali idonei allo svolgimento dell'attività formativa;
   in altri termini, gli enti autorizzati sono legittimati a proporre corsi di formazione anche a pagamento se la materia è di interesse professionale e gli Ordini non possono opporsi a che vengano organizzati se non violando la legge;
   è ovvio che in tal modo a poco servano i predetti corsi; inoltre, chi esercita realmente la professione si tiene comunque aggiornato per espletare al meglio la propria attività e l'obbligo di partecipare a simili corsi determina soltanto la perdita di ore di lavoro (quasi sempre, infatti, i corsi sono organizzati nei giorni feriali in fasce orarie mattutine o pomeridiane) –:
   a quanto ammontino i costi, anche indiretti, derivanti dal sistema dei corsi di formazione professionale obbligatoria;
   quanti e quali siano gli enti e le associazioni che svolgono i corsi, suddivisi per i diversi Ordini professionali;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per rivedere l’iter formativo continuo, posto che l'attuale, ad avviso degli interroganti, non persegue l'obiettivo prefissato di garantire un aggiornamento professionale relativo alla specializzazione di ciascuno. (5-09698)


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso la cancelleria delle esecuzioni del tribunale civile di Teramo ad un avvocato difensore di un creditore o anche ad un singolo cittadino non è permesso, a differenza di altri tribunali, conoscere se a carico di un soggetto debitore sia in atto una procedura esecutiva immobiliare al fine di valutare la convenienza a proporre o meno intervento nell'interesse del proprio assistito/creditore;
   a tali richieste la cancelleria delle esecuzioni immobiliari, a quanto risulta all'interrogante, nega ogni informazione sulla procedura (omettendo di comunicare il numero di RGE, l'eventuale data di udienza e l'ammontare del credito a carico del debitore), adducendo l'esistenza di una non meglio specificata «circolare del Presidente del Tribunale di Teramo» che vieterebbe ai cancellieri di fornire il numero delle procedure esecutive e ogni altra informazione relativa alle medesime;
   il cancelliere informa, altresì che, al fine di ottenere dette informazioni, i soggetti interessati (avvocato, segreteria o semplice cittadino) dovrebbero preliminarmente recarsi presso la conservatoria dei registri immobiliari e ivi richiedere la visura a pagamento. Solo successivamente sarebbe consentito loro di recarsi in tribunale e richiedere le informazioni necessarie;
   il dottor Mazza, un dirigente amministrativo del tribunale di Teramo informa l'interrogante dell'esistenza di tale circolare del presidente del tribunale, senza però permetterne la visione, sia di un quesito posto da quest'ultimo al Ministero di giustizia con risposta affermativa della liceità di tale comportamento;
   tale modalità di gestione degli uffici del tribunale di Teramo appare un unicum giacché, giustamente, va a beneficio sia degli operatori di giustizia, sia dei singoli cittadini poter essere messi a conoscenza di procedure esecutive immobiliari a carico dei propri debitori senza dover peregrinare da un ufficio all'altro della città –:
   come questa prassi si concili con i principi di trasparenza, efficienza ed economicità della pubblica amministrazione, e più in particolare, dell'amministrazione della giustizia;
   se il presidente del tribunale di Teramo abbia mai comunicato al Ministero della giustizia la volontà di «secretare» il registro relativo alle esecuzioni immobiliari e, in caso affermativo, se il Ministro abbia risposto a questa comunicazione autorizzando tale pratica di secretazione;
   se il registro delle esecuzioni immobiliari sia un registro consultabile dal «pubblico» anche mediante idonea identificazione ovvero possa essere secretato ed in base a quale norma di legge ciò sia possibile;
   se il Ministro, quindi, sia a conoscenza dell'esistenza e del contenuto della circolare in questione e, in caso negativo, se non ritenga opportuno disporre una ispezione ministeriale presso il citato tribunale. (5-09715)


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 19 dicembre del 2014 la corte di assise di Chieti presieduta dal dottor Romandini definiva il maxi processo per la discarica di Bussi con l'assoluzione di tutti gli imputati dal reato di avvelenamento delle acque e con il proscioglimento per intervenuta prescrizione dalla fattispecie di disastro ambientale, previa derubricazione nell'ipotesi colposa;
   il caso giudiziario, già noto alle cronache oltre per la gravità dei fatti anche per le incaute dichiarazione rese dal precedente presidente del collegio Spiniello che sono valse la sua ricusazione dal processo, riceveva un'ulteriore eco mediatica dopo la pubblicazione su Il Fatto Quotidiano di pesanti dichiarazioni rese da due giudici popolari secondo cui la loro libera valutazione sarebbe impedita dalla mancata lettura degli atti e viziata da indebite pressioni esercitate dal Romandini che, appena tre giorni prima la data della pronuncia della sentenza, nel corso di un incontro conviviale in un locale pubblico di Pescara, avrebbe spiegato loro, peraltro in maniera equivoca, che se gli imputati fossero stati condannati per dolo avrebbero potuto appellarsi e, in caso di accoglimento dei loro motivi, rivalersi sui giudici aggredendone il patrimonio personale;
   intervistato sulla vicenda, Romandini non commentava le dichiarazioni, nel rispetto della segretezza della camera di consiglio, ignorando però che l'episodio descritto dai giudici popolari non si fosse verificato in camera di consiglio, bensì durante un incontro informale;
   in ragione di ciò e di altri elementi equivoci – la conoscenza da parte del presidente D'Alfonso di gravi anomalie sull'andamento del processo nonché le «voci» circolate poche settimane prima della conclusione del processo e riportate dall'avvocato Gerardis secondo cui lo stesso si sarebbe definito con l'assoluzione di tutti gli imputati – veniva presentata al Ministro della giustizia l'interrogazione n. 5-05613 poi tramutata nell'interrogazione n. 3-02468, ambedue presentate dal primo firmatario del presente atto – per chiedere al Ministro se fosse a conoscenza dei fatti narrati e se intendesse promuovere un'ispezione ministeriale presso il tribunale di Chieti in relazione ai medesimi;
   il 13 settembre 2016, nel corso della seduta n. 671, l'interrogazione riceveva risposta dal Sottosegretario alla giustizia, Gennaro Migliore che, dopo aver riassunto i termini della vicenda, rappresentava che il Ministro aveva avviato gli accertamenti volti a fare piena luce sulla vicenda, segnalando che a ciò era seguita lo scorso mese di maggio la promozione di un'azione disciplinare a carico del Romandini «per violazione degli articoli 1 e 2, comma primo, lettera e), del decreto legislativo n. 109 del 2006, per avere questi ingiustificatamente interferito nella libertà di determinazione dei giudici popolari componenti del collegio della Corte di assise dallo stesso presieduto, ponendo in essere condotte idonee a condizionarne la serenità di giudizio»;
   Migliore, dopo aver dichiarato che analoga iniziativa era stata promossa dalla procura generale presso la Corte di Cassazione, concludeva informando che il procedimento a carico del Romandini era stato definito il 5 gennaio 2016 con decreto di archiviazione dal gip del tribunale di Campobasso, conclusione dalla quale sembrerebbe evincersi, a giudizio degli interroganti, che in tal modo per il Ministero è stato chiarito ogni dubbio e soddisfatta ogni esigenza investigativa;
   la risposta resa dal Ministero risulta agli interroganti, non soddisfacente, apparendo piuttosto insolito che un procedimento disciplinare originato da pesanti dichiarazioni rese a carico di un magistrato, nella fattispecie di un presidente di corte d'assise in una vicenda tanto delicata come quella della mega discarica di Bussi, sia stato definito con un decreto di archiviazione senza che ad esso sia seguita l'apertura di un'indagine per reato di calunnia a carico dei due giudici popolari, o del giornalista del Fatto, ovvero dall'avvocato Gerardis (questi ultimi sentiti il 20 maggio 2015 dal procuratore di Campobasso come «persone informate sui fatti»);
   questa circostanza dimostra, ad avviso degli interroganti, come l'ambiguità e la poca chiarezza che hanno da subito contraddistinto questa vicenda giudiziaria perduri ancora oggi al punto da richiedere ulteriori approfondimenti ispettivi, tenuto conto anche del fatto che ad essere coinvolta è una procura, quella di Campobasso, che, chiamata ad indagare su un magistrato, avrebbe dovuto agire con massima perizia e scrupolo, senza lesinare trasparenza e neutralità –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in ordine a quanto esposto in premessa;
   se il Ministro interrogato, ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 109 del 2006, abbia richiesto la trasmissione di copia degli atti in relazione al provvedimento di archiviazione adottato nell'ambito del procedimento disciplinare sopracitato e se, a fronte della gravità dei fatti descritti in premessa, si sia avvalso della facoltà di chiedere la fissazione dell'udienza di discussione orale al presidente della sezione disciplinare. (5-09716)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di luglio e agosto 2015 tre operatori del porto di Genova hanno avanzato istanza di proroga delle concessioni a loro attribuite a suo tempo dall'autorità portuale di Genova. L'autorità portuale ha inviato il 26 agosto richiesta di chiarimenti in merito al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La risposta del Ministero, pur richiamando la prevista emanazione di un regolamento, indicava come: «in assenza dell'emanazione del suddetto regolamento, si ritiene che i casi di specie rappresentati da A.P vadano gestiti secondo le norme attualmente vigenti in tema di proroga o rinnovo delle concessioni demaniali»;
   l'autorità portuale ha quindi provveduto alla pubblicazione delle istanze, per 60 giorni, con relativi avvisi su Gazzetta ufficiale della comunità europea e Gazzetta ufficiale della Repubblica Nazionale, su tre quotidiani nazionali, sull'albo pretorio e sul suo sito internet. Esauriti i termini previsti dalla pubblicazione e verificato come non siano pervenute domande concorrenti od opposizioni/osservazioni, è stato avviato l'esame della documentazione acquisita;
   verificata attentamente l'affidabilità del concessionario, rispetto ai piani di impresa avanzati, agli investimenti previsti, alle previsioni di sviluppo dei traffici e dell'occupazione, alla sostenibilità economica della proposta e osservando come gli stessi non contrastino con gli obiettivi del piano strategico nazionale della portualità e della logistica, ma anzi risultino con essi pienamente coerenti, con voto unanime del comitato portuale del 5 settembre 2016 è stata deliberata la proroga delle concessioni di anni 25, 10, 34 a fronte della richiesta di anni 40, 30, 40 dei richiedenti;
   in tale occasione, è stata data risposta sulla base della normativa europea e nazionale alle osservazioni avanzate dal Collegio dei revisori che hanno ritenuto comunque di segnalare al Ministero vigilante e ad altri le perplessità; tutto ciò provoca una situazione di stallo, bloccando attraverso investimenti privati lo sviluppo del principale scalo italiano, la sua qualificazione sul mercato internazionale dei traffici e quindi il rafforzamento del proprio livello di occupazione diretto e indotto;
   tutto ciò rischia concretamente di determinare per l'interrogante una possibile distorsione della concorrenza a favore di altre realtà, visto che proroghe analoghe sono state rilasciate a Trieste, La Spezia, Livorno, Savona, in alcuni casi con la pubblicazione dell'evidenza, anche con tempi inferiori ai 60 giorni utilizzati a Genova, come si può osservare dagli atti ufficiali delle autorità portuali competenti, senza che i collegi dei revisori di quelle realtà avanzassero osservazioni –:
   se e come si intenda procedere per superare questa situazione che rischia di compromettere l'attività, dei Terminal di cui in premessa, il loro sviluppo, e l'occupazione complessiva del porto di Genova. (5-09696)

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata n. 5-07893, nella seduta del 25 febbraio 2016 presso la Commissione ambiente, il Governo aveva riferito che «la realizzazione dell'opera di collegamento autostradale della Valtrompia, incluso il primo tratto Concesio-Sarezzo, è subordinata all'aggiornamento del Piano Economico Finanziario (PEF) allegato alla Convenzione della società concessionaria Brescia-Padova, nella quale l'intervento è previsto. L'opera figura come contributo verso ANAS S.p.A. quale stazione appaltante, l'erogazione del quale risulta tuttavia collegato alla definizione del PEF ad esito della procedura per la realizzazione della Valdastico nord»;
   il comunicato del Cipe della seduta del 10 agosto 2016 riporta che «in riferimento al Corridoio viario tra la Valle dell'Astico, la Valsugana e la Valle dell'Adige, sono stati evidenziati rilevanti passi avanti nell'intesa tra Provincia autonoma di Trento, Regione Veneto e Stato»;
   inoltre, lo stesso comunicato riporta che il Cipe ha espresso parere favorevole, con osservazioni, sull'aggiornamento dei piani economico finanziari (PEF) di alcune concessionarie autostradali, tra le quali Autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova s.p.a.;
   da allora, i mass media (BSnews.it dell'11 agosto 2016 e Quibrescia.it del 12 agosto 2016) sottolineano uno stretto collegamento tra le due opere, evidenziando che il Cipe ha dato il via libera alla Valdastico nord e che la Serenissima può vedersi ora rinnovare la Concessione fino al 2026 e dare all'Anas il contributo di 250 milioni di euro che, a sua volta, può aggiudicare i lavori per la Valtrompia all'impresa Ics Grandi Lavori del gruppo Salini;
   l'autostrada della Valtrompia è un'opera strategica per lo sviluppo economico dell'intero territorio bresciano, poiché garantisce la mobilità su gomma del comparto produttivo che incide sull'economia del distretto industriale di Lumezzane e della Valtrompia –:
   se il Ministro interrogato intenda rendere noto lo stato della trattativa in corso per il raggiungimento dell'intesa tra la provincia autonoma di Trento, la regione Veneto e lo Stato e quale sia ad oggi l'effettivo avanzamento dell’iter procedurale di approvazione delle opere concernenti l'autostrada Valtrompia. (4-14417)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


  VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la regione Sardegna parteciperebbe al piano nazionale di distribuzione dei flussi migratori non programmati nella misura del 2,96 per cento della quota nazionale;
   secondo i dati divulgati nel corso dell'ultimo tavolo di coordinamento regionale sui flussi migratori, tenutosi nella prefettura di Cagliari il 2 agosto 2016, al 31 luglio, i migranti trasferiti nei centri di accoglienza della Sardegna nel corso del 2016 sarebbero stati 4.259 (migranti accompagnati), mentre sarebbero stati 2.459 nel 2014 e 5.414 nel 2015;
   a questi dati si aggiungerebbero quelli relativi agli sbarchi diretti (295 unità al 31 luglio 2016) che, assieme al dato dei migranti accompagnati, porterebbe il numero degli sbarchi a 4.554;
   sempre secondo tali dati i minori stranieri non accompagnati sarebbero stati 950;
   nel corso del successivo mese di agosto si sarebbero intensificati gli sbarchi nell'isola con una frequenza tale da superare le oltre 6 mila presenze, un numero considerevole per la capacità e il dimensionamento delle strutture preposte alle procedure di accoglienza;
   a fine agosto il Ministero avrebbe rimodulato in aumento le quote assegnate la Sardegna di 1.260 unità, nel limite del 2,96 per cento della quota nazionale;
   da quanto sarebbe stato riportato dagli organi di stampa locali, emergerebbe una situazione fortemente critica, nel sistema dell'accoglienza approntato nell'isola, dove non ci sarebbero strutture in grado di garantire sicurezza, salute, integrazione e inclusione sociale;
   questa situazione verrebbe aggravata dalla presenza di minori, in molti casi non accompagnati, che necessiterebbero di strutture specifiche e differenti da quelle per gli adulti;
   è il caso di rilevare che, in quest'ultimo caso, alcuni operatori del settore dell'assistenza ai minori stranieri non accompagnati avrebbero sollevato la questione dell'impossibilità di dare continuità ai servizi offerti per la mancanza o i ritardi nell'erogazione dei contributi pubblici;
   questa situazione solleverebbe questioni di estrema gravità relative alla tenuta del sistema complessivo dell'accoglienza, con implicazioni di ordine sociale inerenti alla sicurezza, all'ordina pubblico sia per i cittadini residenti, sia per gli immigrati;
   la stessa Anci Sardegna avrebbe in più circostanze denunciato l'impossibilità del territorio sardo di sostenere il peso di flussi migratori sempre più frequenti consistenti;
   è il caso di riferire che nel mese di gennaio 2016 il presidente regionale dell'Anci avrebbe indicato quale quota limite per la sostenibilità del sistema di accoglienza le 3.500 unità;
   l'intensificarsi dei flussi migratori avrebbe creato criticità nei comuni sardi interessati, in capo ai quali ricadono molteplici competenze e responsabilità a fronte di risorse – strumentali, umane e finanziarie – inadeguate;
   da quanto riportato dagli organi di stampa locali, e da quanto riferito dall'Anci Sardegna, sembrerebbe che la quota del 2,96 per cento sia stata ampiamente superata, oltre a essere state sottovalutate le questioni che viceversa risulterebbero di primaria importanza come l'assistenza ai minori, il controllo sugli sbarchi diretti e i problemi e le necessità degli immigrati economici –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano i dati reali sui flussi migratori in Sardegna, comprensivi degli sbarchi diretti, e se sia rispettata la quota spettante alla Sardegna del 2,96 per cento;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per contenere il numero dei migranti assegnati alla Sardegna al fine di rendere sostenibile, a tutela dei residenti e degli immigrati, il sistema di accoglienza attualmente in funzione;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per fornire ai soggetti interessati, a cominciare dagli enti locali, strumenti e risorse adeguate per sostenere l'onere di competenze, adempimenti e responsabilità derivanti dal sistema dell'accoglienza. (5-09699)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRECO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   recentemente a un carabiniere della compagnia di Pietraperzia, residente a Barrafranca, ignoti hanno esploso colpi di fucile contro la sua abitazione;
   il vile atto non appare come isolato, tenuto conto che il territorio è stato caratterizzato da altri episodi di natura malavitosa, quali l'incendio della macchina del comandante della caserma dei carabinieri di Pietraperzia e successivamente nell'arco di poche settimane il tentativo di ignoti i quali hanno cercato di incendiare l'abitazione del sindaco Antonio Bevilacqua, mentre questi si trovava all'interno con la sua famiglia;
   in quell'occasione il sindaco Bevilacqua denuncio che una parte del paese mantiene legami con la mafia e all'episodio seguì una partecipata fiaccolata di solidarietà al sindaco;
   a giugno una vasta operazione antimafia ha portato all'arresto di dieci persone, ritenute appartenenti al locale clan;
   secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il gruppo criminale aveva ampia disponibilità di armi, che usava in esercitazioni di tiro organizzate nelle campagne di Pietraperzia, e in più si cimentava anche nella regolazione delle controversie tra privati cittadini, godendo di una rete di contatti che consentiva di conoscere i movimenti delle forze dell'ordine a Pietraperzia;
   recentemente ha suscitato un particolare clamore l'agguato all'avvocato Antonio Giovanni Bonanno, il quale ferito gravemente con colpi di pistola a Pietraperzia davanti al terreno di sua proprietà successivamente è deceduto;
   l'avvocato Bonanno, che era di Barrafranca (En), si trovava a bordo della propria auto al momento dell'agguato, in compagnia della moglie che è rimasta illesa. Il triste fatto ha suscitato notevole commozione e rilevanza;
   si precisa che a seguito della tragica notizia relativa alla brutale aggressione subita dell'avvocato Bonanno l'Ordine degli avvocati di Enna ha condannato il grave episodio, deliberando l'astensione dalle udienze, sia civili che penali, nonché «di costituire un presidio permanente per discutere sull'adozione di eventuali successive iniziative, in conseguenza anche degli sviluppi della vicenda»;
   il brutale episodio ha suscitato notevole preoccupazione tra la società civile;
   l'asse Barrafranca – Pietraperzia rimane ancora una zona calda dove da qualche tempo, dopo la guerra di mafia che l'ha vista in prima linea negli anni 90, si è tornato nuovamente a sparare;
   il prefetto di Enna, Maria Rita Leonardi, nel corso di una riunione, convocata recentemente ha stabilito che vengano intensificati i controlli nei due comuni;
   oggi è necessario creare una sinergia «stabile e duratura» tra le istituzioni locali affinché vengano aumentati i controlli delle forze dell'ordine sul territorio e promuovere una diffusa cultura della legalità per marginare episodi e fatti criminali –:
   se siano previste iniziative per prevenire e contrastare in maniera più efficace tali atti di criminalità che investono il territorio interessato;
   quali procedure siano state attivate per assicurare il potenziamento numerico delle forze dell'ordine del comprensorio al fine di garantire una sorveglianza efficace e una maggiore sicurezza al fine di evitare che il perdurare della situazione possa incidere pesantemente sulla percezione dello Stato sul territorio. (4-14411)


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella Gazzetta Ufficiale – 4a Serie speciale – del 29 gennaio 2016 veniva pubblicato il bando del concorso pubblico, per titoli ed esami, per il reclutamento di n. 559 allievi agenti della polizia di Stato, riservato, ai sensi dell'articolo 2199, comma 4, lettera a), del decreto legislativo n. 66 del 2010, ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma;
   il 13 maggio 2016 venivano pubblicati i risultati della prova scritta d'esame del concorso;
   il 31 maggio 2016 veniva rinviata la pubblicazione del diario degli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale per il giorno 17 giugno 2016;
   dopo una serie di rinvii, la pubblicazione del diario degli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale veniva fissata per il giorno 14 ottobre 2016;
   il motivo dei rinvii sarebbe riconducibile alla presentazione di segnalazioni di presunte anomalie e ricorsi da parte dei concorrenti;
   come denunciato dai sindacati di polizia, il comparto delle forze dell'ordine soffre di carenze di organico e l'aumento dell'età media del personale in divisa rende sempre più difficile garantire la sicurezza –:
   quali fatti hanno impedito la regolare prosecuzione dello svolgimento delle prove del concorso e quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per assicurare la ripresa del regolare e celere svolgimento del concorso di cui in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere per affrontare e risolvere la carenza di personale delle forze di polizia e quali iniziative intenda adottare per garantire la sicurezza dei cittadini, soprattutto nelle ore notturne che necessitano di un maggiore e capillare presidio dei territori;
   quali iniziative intenda assumere affinché gli auspicabili nuovi inserimenti nelle forze dell'ordine, atti a colmare le carenze di personale, possano contribuire ad abbassare l'età media degli agenti in servizio. (4-14419)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da fascicoli collegati all'inchiesta «Mammasantissima» emergerebbe che gli avvocati Paolo Romeo e Giorgio De Stefano avrebbero agito come soggetti «cerniera» tra l'ambito visibile e quello occulto dell'organizzazione criminale ’ndranghetista reggina;
   in particolare, l'affermazione a livello nazionale del PD, il commissariamento per mafia del comune di Reggio Calabria e le sconfitte sofferte dal centrodestra calabrese avrebbero portato i succitati soggetti a valutare la possibilità di inserire nelle coalizioni locali di centrosinistra, considerate più forti, soggetti controllabili;
   Paolo Romeo avrebbe quindi sostenuto alle primarie comunali Domenico Donato Battaglia, sconfitto per una manciata di voti, e poi la lista comunale «Oltre» (che elesse un consigliere);
   alle successive elezioni regionali, inoltre, attraverso Romeo e De Stefano la cupola avrebbe sostenuto lo stesso Battaglia (eletto) ed il candidato Romeo Sebi;
   in questa occasione sarebbe intervenuto anche l'ex sottosegretario regionale in quota Alleanza nazionale Alberto Sarra, ritenuto uomo di Paolo Romeo, arrestato per associazione mafiosa e a lungo in contatto con l'assessore regionale De Gaetano (poi arrestato nell'operazione «Rimborsopoli») –:
   se i fatti, così come riportati dalla stampa, corrispondano a verità;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di contrastare il radicamento delle cosche ’ndranghetiste reggine sul territorio e, in particolare, la loro infiltrazione nelle istituzioni locali. (4-14422)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel giugno 2016, in seguito a episodi legati a richieste da parte delle famiglie di far consumare ai bambini pasti portati da casa, la Corte d'appello di Torino si è espressa stabilendo la legittimità di tale richiesta;
   i ricorsi erano stati presentati in quanto i bambini che consumavano cibo portato da casa erano stati separati dagli altri che consumavano il pasto nella mensa e collocati in locali diversi, con conseguente negazione della natura anche pedagogica del momento del pranzo;
   l'istituzione delle mense scolastiche nasce con obiettivi di natura solidaristica da una parte, ma anche pedagogica, perseguendo la finalità di prevedere per tutti i bambini l'accesso di almeno un pasto al giorno di qualità e di equilibrato valore nutritivo, al di là delle risorse familiari e, contemporaneamente, di riconoscere al momento della mensa un valore educativo, non solo alimentare ma anche comportamentale;
   l'organizzazione del servizio di ristorazione scolastica chiama in causa molti attori: il comune, infatti, deve garantire l'adeguatezza e la pulizia dei locali e un servizio di refezione che garantisca la qualità ed il corretto ed equilibrato valore nutritivo dei pasti; le istituzioni scolastiche, da parte loro, devono fornire assistenza educativa e materiale con il proprio personale nel momento del pranzo;
   l'erogazione del servizio di refezione continuerà ad essere obbligatoria per i comuni esclusivamente per gli utenti iscritti al servizio e la diminuzione degli utenti comporterà l'aumento del costo unitario, circostanza che rischia di pesare a discapito della qualità del cibo e anche del servizio in genere;
   secondo i dati dell'indagine europea sulla situazione sociale e sulla diffusione della povertà nei Paesi membri (Eu-Silc), in Italia, la quota di minori che vive in famiglie non in grado di assicurare almeno un pasto adeguato al giorno rappresenta il 5,9 per cento;
   l'introduzione di cibi dall'esterno e il consumo di pasti personali nei locali delle mense scolastiche pone quindi determinate esigenze organizzative e sanitarie delle scuole e delle famiglie –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di emanare linee guida nazionali che assicurino la qualità del servizio di ristorazione erogato dalle istituzioni scolastiche e del cibo fornito, nel rispetto delle esigenze di tutti gli attori coinvolti nella vicenda. (5-09694)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO e COMINARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è noto che il personale del comparto scuola ha sempre goduto di una speciale normativa in ordine al trattamento pensionistico: in particolare, l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 351 del 1998 e l'articolo 59 della legge n. 449 del 1997 che dispone che la cessazione del servizio abbia effetto dall'inizio dell'anno scolastico e accademico, «con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell'anno»;
   è accaduto che il decreto-legge n. 201 del 2011 (la cosiddetta «riforma Fornero»), emanato a dicembre del 2011, a metà dell'anno scolastico, introducendo numerose modifiche in materia di incremento dei requisiti anagrafici per il pensionamento di vecchiaia ordinario e anticipato e l'innalzamento dei requisiti di anzianità contributiva, ha prodotto sui lavoratori della scuola un effetto retroattivo che ha impedito loro di far valere i requisiti di cui erano in possesso nell'anno 2011-2012;
   in tal modo, il personale docente della scuola in questione si è trovato nella condizione di poter accedere al pensionamento solamente 4 anni dopo l'emanazione della legge e si è generata la questione dei cosiddetti «quota 96» che, dal 2011, ha colpito migliaia di lavoratori del comparto scolastico che, pure avendo maturato i requisiti per accedere al trattamento pensionistico, sono rimasti ingiustamente bloccati in servizio;
   nonostante le numerose iniziative parlamentari anche del sottoscritto interrogante, il Governo è intervenuto a giudizio degli interroganti in modo evasivo, tanto che ancora oggi è difficile ricevere un dato preciso concernente il numero dei lavoratori che si trovano nella condizione «quota 96», con il rischio di compromettere ogni iniziativa volta a sanare tale ingiustizia normativa;
   è evidente, dunque, come sia necessario, conoscere con esattezza il numero delle unità che, ad oggi, rientrano tra i cosiddetti «quota 96» –:
   quale sia il numero e l'effettiva platea dei lavoratori «quota 96» aventi diritto alla pensione, a giudizio degli interroganti, ingiustamente penalizzati dalla normativa della suddetta «legge Fornero», senza considerare coloro che sono già andati in pensione per aver raggiunto nel frattempo i requisiti previsti dalla cosiddetta «Riforma Fornero» o per aver aderito alla cosiddetta «opzione donna», o, ancora, per aver beneficiato delle norme relative alla cosiddetta «salvaguardia» ovvero in forza di altri provvedimenti. (5-09700)


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, TRIPIEDI, TERZONI e GALLINELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la J.P. Industries, fondata nel 2012 dall'imprenditore Giovanni Porcarelli, ha rilevato dalla procedura di amministrazione straordinaria i complessi aziendali della ex Antonio Merloni spa;
   l'area coinvolta dalla crisi del gruppo Merloni è interessata da un accordo di programma per la disciplina degli interventi di reindustrializzazione, sottoscritto dal Ministero dello sviluppo economico, dalla regione Umbria, dalla regione Marche, e da Invitalia, integrato con atto del 12 ottobre 2012 finalizzato alla salvaguardia e al consolidamento del tessuto imprenditoriale, nonché al reimpiego e alla riqualificazione dei lavoratori della società; l'intervento agevolativo è attuato ai sensi della legge n. 181 del 1989, le cui risorse finanziarie ammontano a 26 milioni di euro;
   una parte rilevante delle risorse dell'accordo di programma, circa 9 milioni di euro, sono destinati per il comparto ex Merloni, mentre 2,6 milioni di euro sono stati accantonati dalle regioni Umbria e Marche per cofinanziare un grande progetto di ricerca e sviluppo della Jp Industries che, qualora andasse in porto, otterrebbe 10-15 milioni di euro, di contributo pubblico;
   tutte risorse, però, a cui J.P. Industries non può accedere finché non si risolvono gli strascichi dell'ormai noto contenzioso con le banche, il cui ricorso contro la vendita della ex Merloni è stato respinto dalla Corte di Cassazione;
   tuttavia, nonostante l'accordo di programma e la risoluzione della vertenza con la sentenza della Corte di Cassazione, le banche non concedono prestiti e il piano industriale, a tutt'oggi, rimane in una situazione di grave «stallo», tanto che già a luglio 2016 l'imprenditore Porcarelli annunciò l'avvio della procedura di mobilità – poi ritirata – per 400 dei 684 dipendenti (619 gli operai) della J.P. Industries;
   a pagare il prezzo più pesante della crisi sono i dipendenti: infatti sono circa 200 i lavoratori in mobilità, con un età inferiore a 50 anni, che dal 12 ottobre 2016 resteranno senza alcun sostegno al reddito –:
   se il Governo sia a conoscenza della prossima scadenza del trattamento di mobilità per i 200 dipendenti della ex Merloni e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per tutelarne gli interessi;
   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare, anche promuovendo un'azione congiunta con le regioni e le istituzioni locali interessate, al fine di salvaguardare il futuro della ex Merloni, favorire l'attuazione dell'accordo di programma, nonché rilanciare lo sviluppo della fascia appenninica, già fortemente penalizzata in termini di lavoro e opportunità dalla crisi economica in atto. (5-09708)


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, TRIPIEDI, COZZOLINO e DE LORENZIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo una indagine di Willis Towers Watson pubblicata da www.repubblica.it/economia il 16 febbraio 2016 «a livello europeo il Belpaese è nelle ultime posizioni della classifica media delle retribuzioni: specialmente sui salari d'ingresso, che viaggiano a una media di 27 mila euro annui. La ricerca confronta 15 economie del Vecchio continente, e contiene rilevazioni di mercato su retribuzione e benefit relativi a 50 posizioni organizzative in 60 paesi. Sui salari ai neolaureati l'Italia, si diceva, è ultima come nel 2014: anzi, vede il divario sulla Spagna penultima ampliarsi del 12 per cento, e le posizioni intermedie come l'Olanda sono a – 47 per cento da qui»;
   eppure in una brochure del Ministero dello sviluppo economico denominata «Invest in Italy» per sollecitare gli investimenti stranieri e la competitività viene valorizzato il basso livello delle retribuzioni in Italia, sottolineando che «Un ingegnere in Italia guadagna in media un salario di 38.500 euro, quando in altri Paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800»;
   è noto che la stesura del «Pilastro europeo dei diritti sociali» prevede come imprescindibile la questione della qualità dei posti di lavoro (che si ripercuote direttamente sulla produttività lavorativa e sulla resilienza del mercato del lavoro) caratterizzata da elementi quali salari dignitosi, sicurezza del posto di lavoro, accesso all'istruzione e alla formazione permanente, anche al fine di eliminare la segmentazione del mercato del lavoro, comprese le trappole dei salari bassi e dell'impiego part time, del precariato e dell'esclusione sociale;
   anche la Costituzione, all'articolo 36, prevede il diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa;
   il dossier governativo punta invece, ad avviso degli interroganti, alla valorizzazione del basso costo del lavoro quale strumento per attrarre gli investimenti e aumentare la competitività del Paese Italia;
   a parere degli interroganti, non è possibile aumentare la competitività puntando semplicemente sul basso livello delle retribuzioni, indebolendo i diritti anche retributivi dei lavoratori, anziché puntare sull'investimento in nuove competenze, professionalità e formazione ed in infrastrutture efficienti e moderne quali fattori distintivi per la competitività del Paese –:
   quali siano le motivazioni a fondamento della scelta di attrarre gli investitori stranieri in Italia vantando le basse retribuzioni esistenti che spesso rendono poco dignitosa la vita dei cittadini italiani, anziché investire sia sul piano dello sviluppo delle competenze e della formazione dei lavoratori per favorirne migliori condizioni di vita e di lavoro, sia nello snellimento burocratico ed in infrastrutture moderne ed efficienti in grado di superare i gap competitivi del Paese. (5-09712)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA e GREGORI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   appare grave la scelta comunicata in queste ore da Almaviva di chiudere gli stabilimenti di Roma e Napoli con il licenziamento di 2511 lavoratrici e lavoratori, dopo un lungo periodo di contratti di solidarietà e taglio degli stipendi;
   è altrettanto inaccettabile, a giudizio degli interroganti, anche il tentativo di scaricare la responsabilità sulle lavoratrici e sui lavoratori, nonché sulle rappresentanze sindacali per presunte indisponibilità a misure di riorganizzazione aziendale, ai fini dell'incremento della produttività;
   a giudizio degli interroganti le responsabilità di questi gravi licenziamenti, oltre che dell'azienda, sono di chi continua ad indire gare ad evidenza pubblica seguendo la logica del massimo ribasso, che giustificano trattamenti economici minimi e la violazione di qualsiasi norma fondamentale a tutela del diritto del lavoro e dei diritti sindacali;
   anche il Governo dovrebbe agire con maggiore decisione nelle iniziative di contrasto e nei tavoli istituzionali di crisi come quello di Almaviva –:
   quali iniziative urgenti, anche normative, s'intendano mettere in campo al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori di cui in premessa;
   in particolare, se il Governo intenda convocare con immediatezza i vertici aziendali di Almaviva per raggiungere un accordo di stabilizzazione della crisi occupazionale in corso. (4-14412)


   MARCON e PANNARALE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la questione dei cosiddetti «quota 96» concerne una platea di aspiranti pensionati rimasta ostaggio degli effetti della cosiddetta «riforma Fornero» che, inspiegabilmente, non tenne conto delle specificità del comparto scuola;
   l'articolo 24, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011, nell'indicare il 31 dicembre 2011 quale limite tra i vecchi ed i nuovi criteri per l'accesso al trattamento pensionistico, non stabilì infatti che per il solo comparto scuola tale limite dovesse coincidere con il 31 agosto 2012, data di conclusione dell'anno scolastico. Il comparto, al fine di garantire il diritto allo studio degli studenti ha, da sempre, usufruito di un'unica e sola finestra di uscita, coincidente con la fine dell'anno scolastico;
   in questo modo sono risultati penalizzati tutti quei lavoratori della scuola nati nel biennio 1951-1952, all'epoca circa 4.000, i quali sono rimasti bloccati in servizio, nonostante avessero maturato a fine anno i requisiti pensionistici (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni e 36 di contributi) e presentato relativa domanda di accesso al trattamento previdenziale;
   sul tema dei «quota 96» non è stata ancora trovata una soluzione definitiva in grado di porre fine al vulnus inferto all'intera platea dei lavoratori;
   nonostante la presentazione di numerosi atti parlamentari e di sentenze, con conseguenti rassicurazioni ed impegni da parte del Governo, risultano essere ancora presenti lavoratori a giudizio degli interroganti ingiustamente penalizzati;
   risulta tuttavia molto difficile individuare l'esatta platea degli interessati: un punto su cui esistono da sempre per gli interroganti opacità e mancanza di trasparenza da parte del Governo e dell'Inps. Tra i dati delle due istituzioni è sempre infatti esistita una significativa discrepanza;
   i comitati «quota 96» hanno recentemente presentato una stima dei soggetti interessati di massimo 2.000 unità per il riconoscimento della pensione, con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2016 e decorrenza economica dalla data di effettivo pensionamento;
   i costi per il bilancio dello Stato, a parere degli interroganti, risulterebbero decisamente contenuti relativamente al triennio 2017-2019, con massimo 1.000 soggetti che maturerebbero il diritto alla pensione nel 2017, 800 nel 2018 e 200 nel 2019;
   già per altre categorie di lavoratori, inoltre, risulta essere stato individuato un numero massimo di salvaguardia da pare della Ragioneria dello Stato;
   si segnala altresì come la grande maggioranza dei lavoratori attualmente interessati sia costituita da insegnanti di scuola dell'infanzia e scuola primaria, che risultano impossibilitati a procedere con il riscatto della laurea perché non prevista dalla normativa dell'epoca per l'accesso alla professione;
   l'Inps, cui era stata presentata richiesta da parte dei comitati «quota 96» per l'esatta individuazione della cifra ancora interessata, a quanto risulta agli interroganti, avrebbe affermato che i dati vengono forniti unicamente ad istituzioni, Ministeri o in risposta ad interrogazioni parlamentari;
   la quantificazione del numero dei «quota 96» è indispensabile anche nel contesto del calcolo degli oneri per l'ottava salvaguardia in corso di definizione;
   se, nell'imminenza della presentazione della manovra di finanza pubblica, il Governo non ritenga opportuno farsi carico di individuare tramite l'Inps l'esatta quantificazione della platea dei lavoratori «quota 96». (4-14423)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PARENTELA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   non appena avuta conferma della presenza di Aethina tumida nella provincia di Reggio Calabria il Ministero della salute ha attivato le procedure necessarie a fronteggiare l'emergenza, disponendo, come prevede la normativa europea, l'eradicazione degli apiari per evitare che i fenomeni diventino endemici;
   sono stati pubblicati sulla rivista Apidologie (Granato et al., 2016) i risultati delle analisi genetiche effettuate sui coleotteri sudafricani (Aethina tumida Murray) dei focolai calabrese e siciliano. I ricercatori hanno analizzato la sequenza del gene della citocromo ossidasi mitocondiale I, già utilizzata in precedenti lavori che hanno ricostruito i percorsi e le tappe dell'invasione globale del piccolo coleottero dell'alveare. Le analisi genetiche eseguite sui campioni «italiani» hanno evidenziato che i coleotteri appartengono a un ceppo distinto rispetto a quello dei coleotteri «statunitensi» e «australiani». Le sequenze dei campioni calabresi e siciliano risultano molto vicine a quella di un campione proveniente dal Camerun, depositato nella banca dati GenBank. Gli autori concludono quindi che i focolai italiani derivano da una nuova introduzione di coleotteri dall'Africa verso il focolaio primario calabrese nella piana di Gioia Tauro. Qui gli insetti hanno completato più cicli di sviluppo e da qui hanno raggiunto la Sicilia a causa dell'attività apistica, dove, però, dopo il ritrovamento iniziale nelle ultime due stagioni non sono più stati rinvenuti coleotteri. In base a questi risultati risulta quindi molto probabile che i coleotteri siano giunti con delle merci nel porto di Gioia Tauro, piuttosto che con una non verosimile importazione illegale di materiale apistico dall'Africa sub-sahariana. Nel Nord Africa peraltro i coleotteri sono stati segnalati solo in Egitto, ma è probabile che la popolazione sia originata dall'importazione di api infestate dall'Etiopia ma non abbia trovato le condizioni per stabilirsi (Neumann et al., 2016);
   le sopracitate analisi avvalorano ancora di più l'ipotesi avanzata dal professore Roversi (entomologo CREA Firenze) e dal dottore Lodesani (direttore CRA-API) di un'importazione del coleottero assieme al legname tropicale. Il commercio di legnami dall'Africa Sub-Sahariana comprende un flusso importante di materiali in arrivo sui porti italiani, rappresentato spesso da tronchi di grosse dimensioni non soggetti a controlli. Si fa presente che numerosi coleotteri Nitidulidi – stessa famiglia dell’Aethina Tumida – e Cerambicidi sono stati ritrovati sotto la corteccia di tronchi arrivati in un porto italiano;
   a ciò si aggiunga che gran parte delle associazioni apistiche e degli apicoltori evidenziano come l'eradicazione degli apiari tramite abbruciatura non abbia sortito risultati sperati, ma che anzi abbia favorito lo sfarfallamento nell'ambiente del coleottero, allargando l'area dell’«infezione», e scoraggiato gli apicoltori a denunciate la presenza del parassita per il timore di dover distruggere le arnie. In soli due anni, invece di diminuire, la quantità di coleotteri ritrovati è quasi duplicata –:
   se non si intendano assumere iniziative per sospendere immediatamente l'abbruciamento coatto delle arnie e disporre invece indagini sulle importazioni dall'Africa subsahariana collocando «nuclei esca» ed eseguendo controlli sanitari mirati sui legnami in arrivo nei porti italiani primo fra tutti quello di Gioia Tauro;
   come sia possibile che si importino delle merci ad alto rischio, senza alcuna misura di profilassi;
   se non si ritenga opportuno ricostituire l'unità di crisi includendo le competenze apistiche, entomologiche, tattiche fino ad oggi, a giudizio degli interroganti, ingiustificatamente escluse e ignorate. (5-09702)


   LUPO, LUIGI DI MAIO, L'ABBATE, GALLINELLA e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 1991 il Ministero dell'agricoltura e foreste, direzione generale della produzione agricola divisione IV – ricerca e sperimentazione di concerto con l'Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano, condusse un'importante sperimentazione sull'uva da tavola, presentando un progetto innovativo realizzato successivamente nel 1992 dalla sede operativa di Turi (BA) al «Simposio internazionale sulle uve da mensa» Bari-Palermo agosto 1991 e pubblicato dal Ministero dell'agricoltura e delle foreste nel maggio 1994;
   la sperimentazione e confluita nel Progetto finalizzato sul miglioramento qualitativo delle uve da tavola del Ministero dell'agricoltura e delle foreste come citato nella relazione tecnica progetto MAF uve da tavola, scheda: 6 viticoltura protetta, titolare: dottor Donato Antonacci. Aveva la necessità di ottenere una dilatazione del periodo di offerta al mercato oltre che con la commercializzazione di vitigni diversi caratterizzati da diverse precocità, anche con l'ausilio di tecniche agronomiche idonee allo scopo;
   inoltre, come citato nella relazione tecnica di cui sopra, fu studiata la possibilità di proteggere il vigneto dai danni del vento nel periodo primaverile-estivo e da grandine durante tutto il ciclo, mediante l'apposizione sullo stesso di reti plastiche, per le quali è stata esaminata l'influenza delle caratteristiche costruttive delle diverse reti offerte dal mercato (in particolare sia per quanto riguarda la forma della maglia e la sua dimensione in riferimento alla capacità di lasciarsi attraversare dalla radiazione luminosa) sulla produzione dell'uva e le implicazioni conseguenti;
   come citato nella pubblicazione, C.S. Liuni — D. Antonacci — A. Coletta «Proposta di una nuova strutturazione per l'allevamento a tendone delle uve da mensa» Simposio Internazionale uve da mensa, Bari/Palermo 26-31 agosto 1991, vi fu l'esigenza di variare la struttura protettiva, di cui al punto precedente, in modo da realizzare due palchi. Su quello superiore vengono disposte le reti aventi azioni frangivento e antigrandine, su quello inferiore, posto di traverso al primo, si pongono i teli plastici, i quali vengono mantenuti solo per il periodo utile alla realizzazione della forzatura –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
   se risulti agli atti quali aziende agricole e quali vitigni furono coinvolti nella sperimentazione condotta dal professor Liuni, dal dottor Antonacci e dal dottor Coletta denominata «Proposta di una nuova strutturazione per l'allevamento a tendone delle uve da mensa»;
   quali aziende agricole e quali vigneti siano stati coinvolti per sperimentare la variante della struttura protettiva tramite la realizzazione dei due palchi, così come descritto nella pubblicazione del MAF — C.S. Liuni — D. Antonacci — A. Coletta. (5-09706)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la zona di tutela biologica (ZTB) della Fossa di Pomo è stata istituita con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 16 giugno 1998 per tutelare le più importanti nursery del nasello e degli scampi del Mare Adriatico, attraverso il divieto di pesca a strascico e altri tipi di pesca distruttivi;
   nel 2003 tale divieto nella ZTB è stato abrogato, immotivatamente, lasciando la zona senza alcuna tutela. Successivamente, il Ministero con decreto del 22 gennaio 2009 ha vietato per tutto l'anno la pesca del novellame e la pesca professionale e sportiva in tutte le zone di tutela biologica;
   nel 2011 il piano di gestione nazionale sullo strascico in Adriatico centrosettentrionale, ha espressamente ribadito il divieto di pesca a strascico nella ZTB della Fossa di Pomo;
   la Fossa di Pomo/Jabuka è riconosciuta come la più importante nursery di naselli del Mar Adriatico e la più importante nursery di scampi del bacino Mediterraneo e tali specie hanno un alto valore commerciale per la pesca italiana;
   le ultime valutazioni scientifiche dell'Unione europea rivelano che gli stock ittici dell'Adriatico sono in drammatico e costante declino a causa dell'eccessivo sforzo di pesca, in particolare quelli di nasello e scampi;
   il decreto ministeriale 3 luglio 2015 sull’«arresto temporaneo obbligatorio – annualità 2015» ha esteso il divieto di strascico oltre la ZTB per meglio tutelare la risorsa biologica nella Fossa di Pomo e introdotto per un anno misure di attuazione di tale divieto;
   queste ultime misure sono state prorogate sino al 16 ottobre 2016, con decreto del Sottosegretario di Stato del 20 luglio 2016 a firma dell'On. Giuseppe Castiglione;
   risulta che nella ZTB della Fossa di Pomo tra il 2012 e il 2014 vi sia stata una continua attività di pesca e dal luglio 2015 numerosi pescherecci sono stati sanzionati per attività di strascico, nonostante la vigenza del divieto di pesca;
   secondo quanto si apprende da un appello lanciato dalle maggiori associazioni ambientaliste quali Legambiente, Marevivo, Greenpeace, MedReact, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali sarebbe intenzionato a lasciar decadere quanto previsto dal citato decreto del 2015, ovvero le norme di attuazione del divieto assoluto di pesca a strascico nell'area individuata come Fossa di Pomo;
   la chiusura alla pesca della Fossa di Pomo per la tutela di aree importantissime per la ricostituzione di stock si inquadra da un lato nel contesto generale della crisi delle risorse alieutiche del Mare Adriatico e del Mediterraneo tutto e, dall'altro, in un rinnovato slancio della cooperazione tra Italia e Croazia, che è la premessa necessaria alla ricostruzione degli stock ittici dell'area –:
   se il Ministro sia a conoscenza che si sono verificati vari e gravi casi di pesca illegale che mettono a rischio il potenziale recupero degli stock di nasello e scampi e quali iniziative abbiano intrapreso gli organi di controllo per far rispettare il divieto di pesca nella ZTB dal 2009 e della pesca a strascico nell'area individuata dai decreti del 3 luglio 2015 e del 20 luglio 2016;
   se il Ministro ritenga opportuno applicare e finalmente rendere definitivo il divieto di pesca a strascico nell'area della Fossa di Pomo individuata dal decreto del 3 luglio 2015, stante il fatto che l'Adriatico centro-settentrionale è una delle zone più importanti per il settore della pesca nazionale, ove lo sfruttamento del nasello e degli scampi è ben oltre la soglia di sostenibilità;
   se il Ministro intenda estendere il divieto di pesca anche ai palangari, le cui attività nella Fossa di Pomo sono fortemente aumentate dal luglio 2015 a danno dei riproduttori di nasello;
   nella base di quale criterio scientifico si giustifichi la ripresa della pesca demersale nella Fossa di Pomo, la più importante area di nursery di specie ad alto valore per il futuro della pesca in Adriatico;
   come si intenda raggiungere entro il 2020 l'obiettivo previsto dalla politica comune della pesca del rendimento massimo sostenibile per la pesca demersale di stock fortemente in declino e soggetti alla pesca eccessiva in Adriatico. (4-14413)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   SBROLLINI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nell'aprile 2016 i principali media nazionali ed in particolare quelli del nord est, riportavano la notizia di una presunta «gara di aghi» all'ospedale di Vicenza. Secondo quanto apparso sui media e secondo quanto denunciato dal primario Vincenzo Riboni alcuni medici e infermieri del pronto soccorso di Vicenza avrebbero architettato un gioco-gara con tabellone sulle abilità a reperire accessi venosi ai pazienti, con un punteggio da assegnare per la tipologia dell'ago cannula;
   il primario del pronto soccorso di Vicenza, venuto a conoscenza della «gara di aghi» documentata all'interno di una chat sugli smartphone dei medici e degli infermieri coinvolti, ha immediatamente denunciato l'accaduto all'azienda Ulss 6 di Vicenza;
   l'azienda, in seguito ad alcuni accertamenti interni, ha sorprendentemente scelto di sospendere per 10 giorni il primario;
   nonostante il venir meno della previsione penale del fatto, la grave questione deontologica riguardante i medici e gli infermieri coinvolti nella vicenda non è stata contemplata, senza che gli stessi abbiano subito formalmente nessuna significativa conseguenza. Vi è stato un richiamo di natura amministrativa per «l'uso improprio del cellulare» durante l'orario di attività di servizio per l'infermiera e il medico in servizio, e l'assoluzione per gli altri sei infermieri e medici coinvolti;
   la direzione, successivamente, ha eseguito un trasferimento di reparto di alcuni di questi. Dei due medici che erano in prova, uno si è dimesso e l'altro è stato confermato dallo stesso primario Riboni. Il reparto di pronto soccorso dell'ospedale di Vicenza è da molto tempo un reparto di eccellenza nella sanità veneta e in quella nazionale. È guidato ed organizzato da molti anni, ventiquattro, dal dottor Vincenzo Riboni che nella sua lunga carriera non ha mai fatto mancare serietà e professionalità nelle cure di tutti i pazienti;
   il primario Vincenzo Riboni, grazie al sostegno dell'associazione dei primari Anpo, ed in particolare del presidente nazionale, è ora ricorso al giudice del lavoro contro la sanzione comminata dall'Ulss in seguito alla denuncia della cosiddetta «gara degli aghi». L'udienza dovrebbe essere fissata nelle prossime settimane –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, e di quali ulteriori elementi disponga in merito;
   se il Governo intenda assumere iniziative, in collaborazione con le regioni e anche di carattere normativo, per pervenire ad un codice di comportamento del personale sanitario che garantisca la qualità e l'appropriatezza dei servizi erogati al cittadino, così evitando il ripetersi di casi simili a quelli sopradescritti. (3-02533)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLONNESE, LOREFICE, DI VITA, GRILLO, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Annalisa Casali, una donna di 36 anni, è morta il 3 ottobre 2016, all'ospedale di Careggi (FI), dopo avere dato alla luce il suo bambino. La donna era giunta al reparto maternità nella notte tra il 2 e 3 ottobre con le doglie, partorendo poi in maniera naturale, senza bisogno di taglio cesareo. Subito dopo il parto la donna veniva ricoverata in terapia intensiva per complicanze: le veniva riscontrata la rottura della milza, che le veniva asportata. Le condizioni della neo mamma sono però peggiorate, fino a che la donna è morta, il 3 ottobre;
   secondo i primi accertamenti, la rottura della milza, potrebbe essere stata una complicazione grave causata dalla «manovra di Kristeller», che è una manovra ostetrica eseguita durante il parto in contemporanea con la contrazione. Essa consiste nell'applicazione di una spinta a livello del fondo dell'utero con lo scopo di facilitare l'espulsione della testa fetale in fase espulsiva avanzata;
   questa procedura, definita manovra «invisibile» perché mai riportata in cartella clinica, è pratica molto diffusa nonostante le sue controindicazioni. Essa infatti può portare a importanti complicanze sia materne (emorragie, distacco di placenta, rottura-lacerazione dell'utero, frattura costale, lesioni al bacino, rottura del fegato e della milza, lacerazioni dello sfintere anale) sia per il bambino (asfissia perinatale, frattura della clavicola, disabilità neurologiche permanenti, paralisi e handicap cerebrale, morte fetale);
   la maternità di Careggi è stata più volte centro di episodi di cronaca per la morte o per danni irreversibili a partorienti e/o neonati, nonostante conti più di 3000 parti all'anno e una percentuale di cesarei inferiore al 20 per cento;
   di recente, e cioè dall'inizio di quest'anno, nella sala parto del policlinico ci sono stati vari problemi, con lesioni gravissime e anche decessi di neonati. Quattro casi eclatanti, uno nel 2012 che ha comportato un risarcimento record di oltre due milioni di euro, e altri tre dall'inizio del 2016: una bambina, nata da parto gemellare, ha subito un'ipossia che l'ha ridotta in stato vegetativo; un'inchiesta penale è stata aperta invece su un altro caso di una bimba morta poco prima di nascere nell'aprile scorso (9 i dipendenti di Careggi indagati), a giugno un neonato ha avuto un gravissimo malore che lo ha ridotto in stato vegetativo e a luglio è morta una bimba che ha avuto un'ipossia a fine aprile;
   il progetto di sorveglianza attiva, messo in piedi da due anni dal Centro nazionale di sorveglianza e promozione della salute dell'Iss, grazie a un finanziamento del Centro controllo malattie (CCM) del Ministero della salute, ha creato una rete di circa trecento presidi sanitari pubblici e privati, che coprono però solo il 49 per cento dei nati nel Paese, anche se il progetto rappresenta un lodevole tentativo di rilevare, nel dettaglio, i percorsi assistenziali in modo da identificare eventuali criticità cliniche o organizzative e indicare le strategie di prevenzione delle morti evitabili –:
   se non intenda assumere iniziative per vietare le pratiche pericolose come la manovra del Kristeller, che, nonostante siano largamente controindicate, vengono comunque attuate, ovvero se non si ritenga opportuno informare preventivamente la gestante dei rischi connessi a tali pratiche;
   come intenda attivarsi per monitorare e verificare l'adeguatezza complessiva dello stato di approntamento ordinario e straordinario rispetto alla definizione degli standard di servizio;
   se non consideri necessario ed urgente intervenire per implementare il progetto di sorveglianza attiva di cui in premessa in modo da ottenere un quadro della situazione completo, il cui monitoraggio sia esteso a tutte le regioni italiane;
   se non intenda istituire una task force ispettiva per verificare eventuali errori nelle procedure eseguite e accertare se a determinare i casi avversi abbiano contribuito difetti organizzativi. (5-09703)


   GIUDITTA PINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sistema sanitario italiano prevede, ad oggi, la presenza diffusa su tutto il territorio nazionale dei medici di famiglia, quale primo presidio per le cure territoriali;
   dai dati Enpam, ente previdenziale delle categoria, si sa che, entro i prossimi 6 anni andranno in pensione circa 22000 medici di famiglia su tutto il territorio nazionale;
   a titolo esemplificativo, con i dati forniti dall'ente previdenziale, considerando gli attuali tassi di sostituzione tra personale in via di pensionamento e personale in entrata, ponderato per il tasso medio di pazienti serviti da ogni singolo medico di famiglia, la regione dalla quale proviene l'interrogante si troverebbe con circa 1.500.000 persone potenzialmente sprovviste di medico di famiglia;
   a tale dato va aggiunta la considerazione che la popolazione italiana è in progressivo invecchiamento;
   questo saldo fortemente negativo tra nuovi entrati e pensionati relativo alla professione può creare evidenti problemi di ordine pensionistico, in ordine alla sostenibilità delle casse previdenziali;
   i giovani neolaureati che scelgono specializzazioni quali chirurgia od ortopedia, possono contare su una retribuzione mensile di 1700 euro, mentre borsisti che aspirano a diventare medici di famiglia raggiungono gli 800 euro mensili –:
   se sia intenzione dei Ministri interrogati promuovere, per quanto di competenza, l'aumento dei posti nelle scuole post laurea di medicina al fine di ottenere un ricambio più in linea con le esigenze di copertura del territorio nazionale;
   se sia intenzione del Governo promuovere una programmazione delle risorse umane fondata sui numeri dei fabbisogni reali della medicina generale, che sono stati, per altro, oggetto di uno studio recente sulle graduatorie regionali della medicina generale, attualmente all'esame della commissione area strategica formazione della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurgici e degli odontoiatri (FNOMCeO);
   se sia intenzione del Ministro della salute assumere iniziative di competenza affinché sia conservato almeno l'attuale livello nel rapporto tra medici di famiglia e pazienti a carico;
   quali siano gli orientamenti del Ministro della salute riguardo alla sopravvivenza dell'istituto del medico di famiglia anche per il prossimo futuro. (5-09705)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la cooperativa Il Piccolo Carro gestisce nella regione Umbria cinque strutture di accoglienza socio-educative destinate anche a minori. Nel comune di Perugia sono presenti il gruppo appartamento «La Tribù» e la comunità educativa «L'Isola che non c’è», altre si trovano nei comuni di Bettona – «La Casa di Pietro» e «La Ghianda» – e ad Assisi, «Silo»;
   secondo il regolamento regionale vigente (RR n.8/2005), le autorizzazioni per l'esercizio di tali attività sono rilasciate esclusivamente a fine socio educativo e non socio-sanitario. In particolare, l'attività sanitaria, qualora necessaria in presenza di minori con doppia diagnosi rimane di competenza esclusiva delle asl invianti e non può essere svolta dalla cooperativa con personale proprio;
   da tragici fatti di cronaca – in particolare la morte di due minori, Daniela Sanjuan, affetta da grave patologia psichiatrica, e Sara Bosco, tossicodipendente, entrambe ospitate nelle strutture del Piccolo Carro e scomparse dalle stesse e da successivi controlli degli enti comunali competenti – è emerso che le strutture del Piccolo Carro svolgono attività sanitaria, con personale proprio, in violazione del predetto regolamento regionale e dell'autorizzazione rilasciata;
   da una nota della regione del maggio 2013 risulta, peraltro quanto segue: «...Si attesta che il Piccolo carro ...è stato inserito nel Gruppo di lavoro n. 3 promosso dalla Regione Umbria... in quanto soggetto titolare e gestore di comunità educativa a valenza terapeutica – a carattere residenziale per minori – al fine di individuare i profili di qualità dei servizi sociali e socio-sanitari per la definizione del percorso di accreditamento», ammettendo di fatto, ad avviso degli interroganti, la consapevolezza che la struttura svolgesse anche attività sanitaria ed in qualche modo, sempre a parere degli interroganti, avallando lo svolgimento di tale attività;
   nel luglio 2015, un gruppo tecnico di controllo, creato nel comune di Perugia proprio allo scopo di verificare lo stato delle strutture e dei servizi sociali o a ciclo residenziale o semiresidenziale per soggetti di età minore, segnalò che «le strutture gestite dalla cooperativa il Piccolo Carro... presentano una spiccata connotazione sanitaria accanto a quella socio-educativa... tale da travalicare le competenze attribuite... dal R.R. n. 8/2005» e chiedevano l'intervento di Comuni e Asl;
   soltanto in data 29 settembre 2016, la regione Umbria, a seguito di ulteriori solleciti e denunce, ha diffidato la società cooperativa Il Piccolo Carro dallo svolgere «qualsivoglia attività sanitaria in quanto non autorizzata», ai sensi della normativa regionale, così riconoscendo di fatto, che la società cooperativa autorizzata dal comune di Perugia per lo svolgimento di attività socio-assistenziali in realtà svolge anche attività sanitaria direttamente, con proprio personale –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se, nell'ambito delle proprie competenze e avvalendosi del contributo delle diverse Asl regionali, ritenga opportuno assumere iniziative per giungere ad un quadro chiaro della gestione delle strutture per la salute mentale socio educative e/o a carattere sanitario destinate ai minori presenti sul territorio nazionale, considerato che il caso umbro potrebbe essere soltanto un campanello di allarme per altre situazioni. (5-09713)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUSTO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il triclosan è un disinfettante introdotto negli anni ’70 per combattere e prevenire le infezioni negli ospedali, successivamente inserito nella composizione di molti cosmetici per l'igiene quotidiana della persona, quali detergenti intimi e dentifrici;
   l'FDA (Food and Drug Administration statunitense) ha recentemente vietato la circolazione di 19 principi attivi da uso cosmetico tra cui l'antibatterico triclosan, a fronte della dubbia utilità e dei forti sospetti di impatto negativo sulla salute dei consumatori. La decisione ha coinvolto ben 2.100 prodotti, che dovranno essere riformulati o ritirati dal commercio entro l'anno;
   l'uso del triclosan continua ad essere ammesso in Europa, nonostante diversi studi scientifici lo considerino un interferente endocrino associandolo allo sviluppo di antibiotico-resistenza, a fronte di un uso prolungato e continuo che vada ad alterare la normale fiore batterica cutanea, favorendo la crescita di batteri potenzialmente nocivi e resistenti ai farmaci;
   il triclosan è un biocida che va a bioaccumularsi nel grasso umano, comportando una esposizione permanente, tale da alterare le funzioni ormonali, riproduttive, muscolari e cardiache, nonché favorire il rischio di allergie, asma ed eczemi soprattutto infantili;
   in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Health Perspectives, gli scienziati della University of California, hanno osservato l'effetto del triclosan sul cervello, facendo registrare un preoccupante aumento dei livelli di calcio nei neuroni, un effetto che ostacola il normale sviluppo mentale;
   un ulteriore rischio del triclosan risiede nel danno ambientale provocato dal suo bioaccumulo in quanto sostanza non facilmente degradabile, tale da essere associato ad una contaminazione delle acque superficiali, di sedimenti e del suolo, nonché all'intossicazione degli organismi acquatici secondo un recente studio canadese;
   l'accumulo di triclosan nell'organismo è confermato dal suo ritrovamento in differenti campioni umani: tracce di triclosan sono state trovate, secondo lo Scientific American, nel latte materno, nel sangue, nelle urine; tracce sono nel 75 per cento dei campioni di urine secondo uno studio dell’Environmental Health Perspectives (EHP);
   l'Unione europea regolamenta il triclosan nella lista dei deodoranti e conservanti del regolamento comunitario 1223 del 2009 (allegato 5 «Elenco dei conservanti ammessi nei prodotti cosmetici», applicato in Italia secondo quanto stabilito da un apposito decreto del Ministro della salute) stabilendone una concentrazione massima dello 0,3 per cento. A partire dal marzo 2010, con la decisione 2010/169/UE è stato vietato l'uso del triclosan nei prodotti che vengono a contatto con gli alimenti, a fronte di una sospetta tossicità per l'uomo;
   sulla base di questo nuovo parere, la Commissione europea ha proposto una modifica della regolamentazione del triclosan, votata dal Comitato permanente dei prodotti cosmetici in data 10 ottobre 2013 e recepita con il regolamento (UE) n. 358 del 9 aprile 2014, tale da modificare l'allegato V e permettere l'uso del triclosan solo in dentifrici, saponi per le mani e saponi per il corpo/gel doccia, deodoranti (non spray), ciprie e correttori e prodotti per la pulizia delle unghie, prima dell'applicazione di unghie artificiali, a una concentrazione massima dello 0,3 per cento, e in colluttori a una concentrazione massima dello 0,2. Le nuove disposizioni si applicano a decorrere dal 30 ottobre 2014 per l'immissione nel mercato, e a decorrere dal 30 luglio 2015 per la messa a disposizione nel mercato dei prodotti cosmetici nel territorio della UE –:
   se, alla luce di quanto descritto, i Ministri non intendano attivarsi, per quanto di competenza, affinché siano rivisti i limiti d'uso del triclosan, stabiliti dal regolamento europeo, ai fini di giungere ad un completo divieto dell'antibatterico, così come disposto in altri Paesi, quali gli Stati Uniti d'America. (4-14414)


   BARGERO, BARUFFI, BATTAGLIA, BENAMATI, D'INCECCO, SCHIRÒ, BASSO, DONATI, BENI, GNECCHI, PAOLO ROSSI, ANTEZZA, BECATTINI, BERLINGHIERI, BERGONZI, ANZALDI, ROMANINI e MISIANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il diabete è una patologia cronica ad alta incidenza caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue;
   attualmente non esiste una cura per il diabete e la gestione della malattia mira a mantenere il controllo glicemico di un soggetto allo scopo di evitare iperglicemia e ipoglicemia e ridurre il rischio delle relative complicanze;
   il diabete può essere suddiviso in due categorie cliniche: tipo 1, caratterizzato da distruzione delle cellule beta del pancreas che secernono insulina, che solitamente determina un deficit assoluto di insulina: tipo 2, caratterizzato da risposta diminuita all'insulina (insulino-resistenza) produzione carente relativa (anziché assoluta) di insulina;
   in Italia, si stima che il 5,5 per cento della popolazione sia affetto da diabete (oltre il 90 per cento da diabete tipo 2);
   di questi, il 6,2 per cento in sola dieta, quasi i 2/3 sono in trattamento con ipoglicemizzanti orali o farmaci iniettabili diversi dall'insulina, il 30,2 per cento è in trattamento con insulina. Tra i soggetti trattati con insulina, il 50 per cento, è trattato con sola insulina e il 56 per cento con ipoglicemizzanti orali e insulina;
   si stima che in Italia ci siano circa 450.000 diabetici in trattamento insulinico intensivo, che necessitano di più di 3 iniezioni quotidiane. Le regioni a maggior prevalenza della patologia sono Piemonte, Emilia Romagna, Calabria, Campania, Lazio, Sicilia;
   al paziente affetto da diabete occorre un monitoraggio glicemico costante, dacché lo scompenso dell'equilibrio metabolico può provocare l'insorgenza di complicanze o metterne a rischio la vita stessa: tutti i protocolli terapeutici per la cura del diabete sono infatti basati sul monitoraggio accurato e continuo dei livelli di glucosio nel sangue;
   fino a pochi anni fa il controllo glicemico veniva effettuato esclusivamente per mezzo di una puntura sul dito, pratica che può risultare disagevole e dolorosa;
   il sistema Flash è una nuova tecnologia che misura costantemente i livelli di glucosio nei fluidi interstiziali, ed è basato su un sensore che, applicato sul retro della parte superiore del braccio, registra continuamente i dati del glucosio che vengono automaticamente memorizzati e memorizzati fino a 14 giorni;
   con una scansione indolore di 1 secondo del lettore sul sensore, i pazienti possono vedere una lettura del glucosio corrente, lo storico di 8 ore del glucosio e una freccia dell'andamento tendenziale indicante la direzione e la frequenza di variazione dei livelli di glucosio;
   la raccolta continua dei dati del glucosio fornisce informazioni affidabili sulla variabilità glicemica del paziente, supportando il processo decisionale di medici e pazienti nell'ottica della gestione della malattia;
   l'immissione di tale dispositivo sul mercato rappresenta quindi un'importante innovazione nella cura del diabete, unendo una minore invasività del monitoraggio glicemico con la garanzia di un controllo costante e accurato nel corso della giornata;
   l'impiego di tale strumento è da considerare un passo avanti nel trattamento dei pazienti con diabete in trattamento insulinico intensivo, in particolare per il monitoraggio nei bambini e la loro integrazione nell'ambiente scolastico, in quanto, oltre a essere praticamente indolore, offre la possibilità di un controllo a distanza tramite smartphone;
   il monitoraggio continuo migliora il compenso del livello di zucchero nel sangue e previene l'insorgenza di complicanze, garantendo minori accessi al pronto soccorso e minori costi per il servizio sanitario nazionale;
   pur rappresentando un'importante innovazione terapeutica, inclusa fra i presidi per il monitoraggio glicemico del servizio sanitario nazionale, molte regioni italiane non si sono attivate per garantire l'accesso a questo dispositivo –:
   quali iniziative intenda avviare per superare le criticità esposte in premessa;
   se non ritenga opportuno ed urgente adottare le iniziative necessarie per garantire ai pazienti diabetici il pieno accesso alle terapie innovative. (4-14416)


   GRILLO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, NESCI, MANTERO, DI VITA, COLONNESE e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la campagna informativa concernente il piano nazionale per la fertilità posta in essere dal Ministero della salute è ben nota all'opinione pubblica per le forti polemiche suscitate dalla diffusione di opuscoli e immagini ritenuti offensivi del comune sentire, in relazione a connotati umilianti sia dell'identità di genere e sia dell'identità di etnia;
   il forte sdegno espresso dall'opinione ha indotto il Ministro a discolparsi pubblicamente da ogni responsabilità che, come emerge dalle notizie di stampa, sono state fatte ricadere sul direttore della direzione generale della comunicazione, dottoressa Rodorigo, che sarebbe stata sollevata dall'incarico dirigenziale;
   da notizie di stampa emerge che Mediaticamente srl è la società che avrebbe realizzato la campagna informativa, senza che al riguardo il Ministero della salute, a quanto risulta agli interroganti, abbia fatto luce sull'esatta dinamica dell'affidamento intervenuto;
   nella sezione «amministrazione trasparente», relativa agli «atti di concessione», con data di pubblicazione del 26 settembre 2016, l'università La Sapienza, dipartimento di medicina sperimentale, risulta essere beneficiaria di 113.300,00 euro, ex articolo 15 della legge n. 241 del 1990, concessi in data 30 dicembre 2015, previo avviso pubblico per accordo di collaborazione e finalizzato alla realizzazione di un'iniziativa di informazione e comunicazione per la promozione della cultura della fertilità e analogo beneficio per le stesse finalità, pari a 176.448,00 euro, è stato concesso anche in data 29 dicembre 2014;
   dagli accordi sottoscritti tra il Ministero e l'università si evince che il responsabile del progetto è il professor Andrea Lenzi che «assicurerà il collegamento operativo con il Ministero che, a sua volta, indica quale Referente delle attività oggetto degli accordi il Direttore dell'Ufficio III della Direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, dottor Alfredo D'Ari, che assicurerà il collegamento operativo con l'Università ed il monitoraggio del presente accordo»;
   ai succitati accordi sono allegati i progetti di realizzazione, pressoché identici per le due diverse edizioni, e si prevede, in capo all'università, anche il compito di realizzare strategie di divulgazione ed informazione innovative, rivolte alla popolazione in età fertile e si evince che compete all'università l'ideazione e la diffusione del materiale informativo;
   il professor Andrea Lenzi è componente non di diritto del Consiglio Superiore di Sanità, nominato dal Ministro della salute, ed è altresì Presidente del Consiglio universitario nazionale (CUN), oltreché professore ordinario di endocrinologia, direttore della sezione di fisiopatologia medica ed endocrinologia del dipartimento medicina sperimentale presso la «Sapienza» università di Roma;
   destano perplessità le responsabilità dirigenziali attribuite all'indomani dello sdegno espresso dall'opinione pubblica, senza che il Ministero informasse che il responsabile del progetto è il professor Andrea Lenzi, e il referente dell'attività oggetto dell'accordo è il direttore dell'ufficio III della direzione generale della comunicazione e dei rapporti europei e internazionali, dottor Alfredo D'Ari, cognome quest'ultimo già noto all'interno del dicastero per la sua stupefacente diffusione sempre nell'ambito della formazione e della comunicazione e in relazione al quale risulta essere stata presentata un'interrogazione al Senato al Ministro della salute onde dirimere qualsiasi dubbio circa la presenza di eventuali conflitti d'interesse –:
   se esista un bilancio analitico degli importi devoluti e spesi dall'università per entrambe le concessioni citate in premessa;
   quali siano i termini di coinvolgimento della società Mediaticamente srl e di tutte le altre eventuali società o aziende coinvolte nel progetto;
   se possa rendere pubbliche tutte le comunicazioni previste negli accordi sottoscritti con l'università;
   quali siano le responsabilità attribuite alla dottoressa Daniela Rodorigo, tenuto conto che per la campagna informativa in questione sembra vi siano stati gli atti di concessione citati in premessa che demandavano l'intera gestione anche economica all'università citata. (4-14425)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIBAUDO e CULOTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il piano lanciato nel 2010 dalla multinazionale statunitense Exxon Mobil Corporation, una delle principali compagnie petrolifere di importanza mondiale, che opera sul mercato europeo col marchio Esso, prevede la vendita di pacchetti di impianti e il mantenimento del convenzionamento per cinque anni più cinque;
   le operazioni di cessione, tramite il cosiddetto «modello grossista», degli impianti di distribuzione dei carburanti di sua proprietà sono già state avviate;
   in particolare, per quanto riguarda l'Italia, già dall'anno scorso sono stati veduti più pacchetti di impianti a Reteitalia o a società facente parte dello stesso consorzio, come nel caso della Som: 55 impianti in Friuli Venezia Giulia, 66 nelle Marche e in Abruzzo, 47 in Trentino e 66 in Veneto;
   la cessione dei punti vendita è stata portata avanti senza alcun coinvolgimento degli attuali gestori e senza la condivisione di un accordo quadro che recepisca chiare clausole di salvaguardia dell'occupazione attraverso l'utilizzo di strumenti da concordare tra le parti, per impedire, altresì, la concentrazione delle reti nelle mani di un solo gestore;
   in Sicilia sembra si stia operando alla stessa stregua, non tenendo corto dell'autonomia speciale e del sistema autorizzativo della concessione dell'esercizio di distribuzione alla pompa, che è in capo al singolo gestore e non alla società Esso –:
   se il Governo sia a conoscenza delle strategie di mercato adottate dalla compagnia Esso;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere anche sul piano normativo, per evitare che dal «modello grossista» di trasferimento delle reti si possa generare un regime di oligopolio se non di monopolio che può mettere a serio rischio la sana concorrenza. (5-09707)


   LEVA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la OTI Srl (Officine tessili italiane), di Pettoranello del Molise (IS), nell'aprile 2014 ha acquisito il ramo d'azienda produttivo della Ittierre spa in concordato preventivo;
   la suddetta operazione è stata completata nel mese di settembre 2014;
   in seguito alle vicende giudiziarie che hanno visto coinvolti i proprietari della OTI srl, la stessa è stata ceduta ad un nuovo soggetto economico (IKF Spa) che è divenuta società controllante del 100 per cento delle azioni;
   la nuova OTI è subentrata come previsto dalla legge, nel concordato della Ittierre con le stesse condizioni economiche assunte in precedenza per l'acquisizione del ramo;
   nel mese di ottobre 2015 la nuova OTI ha acquisito in continuità 40 lavoratori in organico (condizione obbligatoria per l'acquisizione del ramo);
   IKF società controllante, nel mese di luglio 2016, ha fatto richiesta presso il tribunale di Milano, di concordato preventivo in bianco;
   nella gestione della nuova Oti, IKF, secondo quanto appreso dagli organi di informazione e dalle comunicazioni ufficiali dei lavoratori, avrebbe maturato una esposizione debitoria nei confronti della procedura di liquidazione della Ittierre;
   da diversi mesi non risulterebbero pagate utenze e servizi;
   i lavoratori non percepiscono i salari dal mese di luglio 2016;
   le attività lavorative hanno avuto continuità fino ad oggi grazie ad una forma di autogestione dei lavoratori;
   l'attività lavorativa è sospesa nella maggior parte dei settori;
   c’è assoluta mancanza di informazioni e comunicazioni tra la proprietà e i lavoratori;
   la perdita di 43 posti di lavoro rappresenterebbe un rilevante impatto economico e sociale per una provincia di appena 80.000 abitanti  –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere al fine di tutelare i livelli occupazionali e garantire le forme di tutela necessarie dei lavoratori. (5-09714)

Interrogazione a risposta scritta:


   FERRARA, SCOTTO, FRANCO BORDO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   durante la presentazione di industria 4.0 del 21 settembre 2016, alla presenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, è stata distribuita una brochure, scritta dall’Italian Trade Agency per conto del Ministero dello sviluppo economico, che avrebbe dovuto illustrare i vari punti di forza del nostro Paese per l'attrazione di capitali in Italia;
   tra questi ce n’è uno che potrebbe apparire una semplice gaffe se non fosse che racchiude in poche righe il tratto che questo Governo ha dato alle politiche sul lavoro e dello sviluppo economico. Nella pagina «Capitale umano e talento», il Governo si vanta di un aspetto che caratterizza più di tutti il mercato del lavoro italiano e il brano recita testualmente: «L'Italia offre un livello di salari competitivo (che cresce meno rispetto al resto dell'Unione europea) e una forza lavoro altamente qualificata»;
   un passo che si potrebbe tradurre così: alta specializzazione a prezzi stracciati e secondo il Governo questa sarebbe una qualità da esaltare. Viene pure fornito un chiaro esempio su quanto sia conveniente investire nel nostro Paese e a questo proposito viene fatto un paragone sul guadagno medio di un ingegnere italiano e un collega «europeo»: «Un ingegnere in Italia guadagna in media uno stipendio di 38.500 euro, quando in altri Paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800», recita la brochure;
   quindi, pagare poco un lavoratore diventa non un problema al quale porre rimedio ma una qualità del mercato del lavoro italiano e per questo va esaltata;
   a leggere quella brochure, sembra che l'unica ricetta che il Governo propone per superare la crisi e attrarre investimenti sia quella di «svendere» l'Italia e i lavoratori italiani. D'altronde, dopo il Jobs Act si può anche licenziare più facilmente e pure questa caratteristica viene esaltata nella pubblicazione. Insomma, per il Ministero dello sviluppo economico sembra proprio che gli investimenti si facciano sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori;
   agli interroganti appare paradossale come una delle prime cause della nuova emigrazione, i bassi salari, venga presentata all'estero come una qualità e un vantaggio per le imprese invece di mettere in atto politiche del lavoro che abbiano come obiettivo dare a tutti e tutte un impiego dignitoso e retribuito allo stesso livello delle medie europee;
   ad avviso degli interroganti, oltre a rappresentare una pessima figura per il Governo, il contenuto della suddetta brochure potrebbe perfino rappresentare un boomerang per chi l'ha pensata, perché una campagna strutturata su una competizione salariale al ribasso attirerebbe solo speculatori che nel nostro Paese non investirebbero certamente in ricerca, sviluppo e formazione;
   per convincere le imprese a rimanere in Italia o a tornare a investire servirebbe piuttosto valorizzare e mettere a sistema l'università e la ricerca, riformare la fiscalità, intervenire sui costi dell'energia e sulle infrastrutture, sullo snellimento della burocrazia, migliorare i servizi; il tema dei bassi salari è un problema serio in Italia. Come ricorda un servizio del Corriere, l'Italia è il Paese in cui ad un operaio medio della Fiat occorrerebbero quasi 1.500 anni per guadagnare quanto ha guadagnato Marchionne nel solo 2015: 62,5 milioni di euro. In Italia un lavoratore dell'edilizia, per eguagliare i compensi percepiti l'anno scorso dall'amministratore delegato e direttore generale di Italimmobiliare, dovrebbe lavorare fino al 2270 e un dipendente di Prada dovrebbe vivere quattro secoli, per raggiungere la cifra incassata nel 2015 dall'amministratore delegato;
   un top manager guadagna quanto mille operai. Accumula patrimoni che potrebbero risanare il bilancio di intere città, costruire opere pubbliche e creare migliaia di altri posti di lavoro –:
   se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative per ritirare la campagna informativa avviata durante la presentazione di Industria 4.0 in quanto, a giudizio degli interroganti, offensiva per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori italiani;
   se il Governo non intenda provvedere o abbia già provveduto a rimuovere dal sito internet Investinitaly la brochure descritta in premessa;
   se e quali iniziative concrete il Governo intenda mettere in atto al fine di ridurre la precarietà, soprattutto quella giovanile, aumentare i salari affinché siano in linea con gli standard europei, e redistribuire la ricchezza a favore delle fasce più deboli;
   se e quali politiche il Governo intenda mettere in atto per attrarre investimenti e capitali esteri che non puntino esclusivamente al basso costo della manodopera italiana rispetto a quella di altri Paesi europei, come la Germania o la Francia. (4-14420)

Apposizione di una firma ad una risoluzione e indicazione dell'ordine dei firmatari.

  La risoluzione in Commissione Gnecchi e altri n. 7-01077, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Moretto.

  Conseguentemente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari si intende così modificato: Gnecchi, Moretto, Boccuzzi, Giacobbe, Albanella, Baruffi, Casellato, Cinzia Maria Fontana, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Giorgio Piccolo, Gribaudo, Di Salvo, Arlotti, Zappulla.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-01829, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 8 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.

  L'interrogazione a risposta scritta Lupo e Luigi Di Maio n. 4-05092, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 11 giugno 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: L'Abbate, Gallinella, Gagnarli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Michele Bordo e Mongiello n. 5-04427, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capone.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-06305, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 8 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Tino Iannuzzi n. 5-07672, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valiante.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Michele Bordo e Mongiello n. 5-07794, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capone.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-07870, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Grillo e altri n. 5-09047, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 giugno 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione De Maria n. 1-01375, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 683 del 30 settembre 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    nella fase finale della seconda guerra mondiale, in particolare nel triennio 1943-1945, l'Italia si è liberata dalla dittatura e dall'occupazione straniera e ha riconquistato: pace, libertà, indipendenza e unità nazionale e della Patria. Ciò è stato anche possibile grazie alla Resistenza, alla Guerra di liberazione e al sacrificio di migliaia di donne e uomini, civili e militari;
    i testimoni e gli eredi di quelle esperienze fondative della Repubblica, le associazioni combattentistiche e partigiane, così come le istituzioni e tutti i poteri pubblici hanno il dovere di coltivare e favorire la memoria e l'educazione delle nuove generazioni ai valori, ai principi e ai propositi della Costituzione della Repubblica;
    non meno fondativo è il sacrificio di decine di migliaia di italiani, civili e militari, trucidati dagli occupanti nazisti e dai militi della Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.) in Italia e all'estero, in particolare nel corso della fase finale della seconda guerra mondiale e di cui ancora poco diffusa è la conoscenza e la memoria;
    oltre 2.300 fascicoli riguardanti tali eccidi che hanno causato dai 15 ai 20 mila morti per gran parte anziani, donne e bambini, nonché militari, nell'immediato dopoguerra furono sottratti ai magistrati militari territoriali e oggetto poi di occultamento come dimostra il rinvenimento, nel 1994, nelle stanze della procura generale militare, di 695 fascicoli «archiviati provvisoriamente» nel 1960, ciò in contrasto con la Costituzione e con l'ordinamento, relativi a centinaia di processi riguardanti appunto tali fatti criminosi;
    a partire dal 1994 alcuni processi sono stati celebrati e numerose condanne all'ergastolo comminate, anche se nessun condannato ha poi nei fatti, scontato un solo giorno di prigione, soprattutto per il rifiuto del Governo della Germania ad applicare l'esecuzione delle pene comminate;
    studi recenti evidenziano come gran parte dei detti fascicoli durante gli anni della loro giacenza a Roma presso la procura generale militare, furono aperti e richiusi rapidamente senza eseguire reali indagini. E solo tra il 1994 e il 1995, allorché essi vennero trasmessi alle procure militari territoriali competenti, processi sono stati istruiti e celebrati per lo più a partire dal 2003 e ancora ve ne sono in corso;
    su 695 fascicoli rinvenuti, delle oltre 300 indagini istruite e portate a compimento, sono state effettuate pressoché tutte dalle procure militari di: La Spezia tra il 2002 e il 2008, da quella di Verona dal 2008 al 2010, oltre che da quella di Roma dal 2010 in poi;
     non vi è dubbio sull'impegno encomiabile delle magistrature militari territoriali che ovviamente non hanno potuto evitare le nefaste conseguenze dell'occultamento dei fascicoli;
    particolarmente gravi appaiono i casi relativi agli eccidi di militari italiani compiuti in territorio estero all'indomani dell'8 settembre 1943 soprattutto nelle isole greche (Cefalonia) nei Balcani, nei campi di prigionia;
    con legge del 15 maggio 2003, n. 107, è stata istituita la Commissione bicamerale di inchiesta sulle cause dell'occultamento di fascicoli relativi a crimini nazifascisti che ha concluso i propri lavori nel 2006 con la votazione di due relazioni (una di maggioranza e una di minoranza);
    il 15 febbraio 2016 i materiali relativi ai 695 fascicoli occultati sono stati desecretati e resi disponibili sul sito web della Camera dei deputati insieme alla documentazione prodotta dalla Commissione bicamerale d'inchiesta;
    è necessario, per chiudere con dignità la vicenda delle stragi ’43-’45, un'assunzione di responsabilità da parte dello Stato italiano per l'occultamento pluridecennale dei fascicoli che ha impedito il corso della giustizia ed esprimere altresì sentimenti di sincero rammarico nei confronti dei familiari e degli eredi oltre che delle città e dei paesi che furono teatro delle stragi. Ciò significa fare i conti con la nostra storia anche nei suoi passaggi più drammatici e rafforzare così la democrazia;
    il dovere della memoria è imposto dall'esigenza di chiudere la vicenda delle stragi ’43-’45 con l'attenzione che esse meritano, con l'accertamento della verità e col risarcimento, almeno morale, ai pochissimi superstiti ed ai loro familiari e con adeguate «riparazioni». Per altro verso, la memoria ragionata delle stragi è indispensabile oggi, in un contesto in cui i rigurgiti neofascisti in tutta Europa trovano il proprio humus anche nell'ambiguo e pericoloso revisionismo storiografico, che da decenni ormai viene ad evidenziarsi sempre di più, sino a posizioni di vero e proprio negazionismo;
    il ripetersi, in Italia come in Europa, di manifestazioni che rievocano un passato davvero tragico, rende necessario rafforzare la conoscenza dei fatti e delle barbarie compiute dal fascismo e dal nazismo occupante, in modo da creare gli antidoti necessari perché fatti del genere non accadano mai più;
    occorre chiudere definitivamente in modo dignitoso una pagina tremenda della storia del Paese. Ciò non per spirito vendicativo ma con intenti di collaborazione quali quelli già in essere tra Italia e Germania per il chiarimento e la condanna unanime delle atrocità compiute in danno dei diritti umani, così come ribadito dal Presidente Gauck e dal presidente del Parlamento europeo Shultz, in alcune visite a Marzabotto, e Sant'Anna di Stazzema, oltre che dal Ministro della giustizia tedesco, in altra occasione, a Civitella;
    in una di queste circostanze, del 2002 a Marzabotto, a cui era presente anche il Presidente della Repubblica italiana pro tempore; il Presidente della Germania ha avuto modo di sottolineare significativamente, come la «conciliazione non possa essere oblio». E proprio a questo fine è stato raggiunto negli anni scorsi, un accordo tra i Ministri degli affari esteri di Italia e Germania e l'ANPI (Associazione nazionale partigiani d'Italia), integrato poi successivamente dall'apporto dell'INSMLI (Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia) per la creazione di un completo «Atlante delle stragi compiute in Italia negli anni dal 1943 al 1945, dai nazisti tedeschi e dai fascisti». Il progetto, già realizzato, ha richiesto tre anni di lavoro. È stato finanziato dalla Germania ed è ora a disposizione degli storici, degli studiosi e dei politici su internet al sito www.straginazifasciste.it. Per il suo completamento ha concorso un contributo italiano reso possibile da un progetto dell'ANPI, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri in occasione del 70o della Liberazione;
    peraltro, con la sentenza del 3 febbraio 2012 la Corte internazionale dell'Aja purtroppo ha accolto il ricorso della Germania contro le sentenze dei tribunali militari italiani, che condannavano la Repubblica federale di Germania, come responsabile civile, a risarcire le vittime delle stragi e gli altri danni cagionati; la motivazione dei giudici dell'Aja si basa purtroppo sui principi del diritto internazionale consuetudinario per cui uno Stato sovrano non può essere soggetto alla giurisdizione di un tribunale straniero, senza possibilità di deroghe. Tesi che, in concreto, finisce per equiparare quelli che vanno intesi a tutti gli effetti come «crimini contro l'umanità» a mere azioni belliche. Questi eventi invece, vanno ben al di là delle atrocità connaturate con ogni guerra e dunque, dovrebbero essere perseguibili sempre ed ovunque;
    la sentenza della Corte dell'Aja ha lasciato aperta la via della conciliazione tra i due Stati, per addivenire ad un accordo per l'attuazione delle pene;
    è stata istituita una Commissione di storici italo-tedeschi, che ha depositato la sua relazione conclusiva nel 2013, formulando anche una serie di «raccomandazioni» perché si realizzino gli obiettivi della verità e della giustizia, a partire dalla presentazione del rapporto della Commissione di storici, i Ministeri degli affari esteri di Italia e Germania hanno impostato un programma di lavoro congiunto, con l'istituzione del Fondo per il futuro, alimentato da parte tedesca con 4 milioni di euro per il quadriennio 2013-2017, per la realizzazione di progetti volti a creare una memoria condivisa del tragico passato di guerra degli anni 1943-45,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi, per quanto di competenza, perché sia assicurata l'esecuzione anche in Germania sotto il profilo civile e penale delle sentenze di condanna dei criminali tedeschi, emesse dai tribunali italiani in relazione alle stragi del 1943-45;
   ad assumere iniziative presso la Repubblica federale tedesca per far sì che ai primi atti di riparazione compiuti facciano seguito iniziative concrete e consistenti volte alla ricostruzione di una memoria storica condivisa e alla riparazione morale per le vittime da parte della Germania, secondo le richieste formulate da molte associazioni e dall'ANPI e depositate al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   ad assumere iniziative per continuare a sostenere, attraverso il Fondo per il futuro, l'attuazione dei progetti promossi da enti e associazioni competenti volti a creare una memoria condivisa del tragico passato di guerra degli anni 1943-45 e a richiedere al Governo tedesco il rinnovo del Fondo per il quadriennio 2018-2021;
   ad attivare, nell'ambito delle proprie competenze, tutti gli strumenti volti a favorire la conoscenza e lo studio delle vicende sopra richiamate, anche al fine di contribuire all'approfondimento delle cause e degli effetti;
   ad adottare iniziative atte a facilitare, sostenere e promuovere studi e ricerche storiche, anche a livello territoriale, in merito ai tragici effetti delle stragi, nonché a promuovere e sostenere tutte le misure necessarie per la conservazione dei luoghi di memoria, con particolare riferimento alla seconda guerra mondiale, alla lotta partigiana, ed a tutto ciò che può essere utile per impedire che sulle tragiche vicende di quegli anni finisca per cadere l'oblio, contribuendo così non solo all'accertamento della verità, ma anche alla diffusa conoscenza dei fatti ai fini di una efficace prevenzione per il futuro e della formazione di una vera memoria collettiva;
   a informare con continuità il Parlamento in merito all'impatto e all'efficacia delle misure adottate e agli eventuali risultati conseguiti.
(1-01375) «De Maria, Villecco Calipari, Gribaudo, Quartapelle Procopio, Montroni, Fabbri, Gnecchi, Baruffi, Incerti, Patrizia Maestri».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Ferrara n. 2-01487 del 4 ottobre 2016;
   interrogazione a risposta immediata in Commissione Pesco n. 5-09692 del 5 ottobre 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Lupo e altri n. 4-05092 dell'11 giugno 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09706;
   interrogazione a risposta scritta Colletti n. 4-14230 del 16 settembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09715;
   interrogazione a risposta scritta Colletti e altri n. 4-14310 del 27 settembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09716.