Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 5 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    il tessile-abbigliamento e il calzaturiero rappresentano un settore di specializzazione dell'economia italiana, ma negli ultimi decenni hanno conosciuto un notevole ridimensionamento dovuto alla crescente concorrenza proveniente dalle economie emergenti (in particolare, da quelle asiatiche) che hanno spiazzato parte dei produttori italiani, quelli meno competitivi, spinti fuori dal mercato. Tale ridimensionamento, accompagnatosi anche allo spostamento di parti della produzione all'estero, si è tradotto in una riduzione del peso sul prodotto interno lordo del settore, che dal 3 per cento di inizio anni novanta è sceso all'1,7 per cento. Resta comunque un settore che produce quasi il 9 per cento del valore aggiunto industriale complessivo;
    i forti cambiamenti e il disorientamento creato dall'entrata in gioco di tanti e tanto agguerriti competitor internazionali, non hanno frenato il dinamismo delle nostre imprese italiane, che dimostrano sempre una straordinaria capacità di ripresa, mettendo in campo nuovi protagonisti e nuove idee;
    questo rende il tessuto industriale italiano ancora reattivo e, dunque, in grado di individuare gli scenari di sviluppo più consoni alle proprie caratteristiche. Nella competizione con produttori localizzati nelle aree in via di sviluppo, che godono di enormi vantaggi competitivi per disponibilità di risorse umane, costo del lavoro e regolazione del sistema produttivo, le imprese dei Paesi avanzati registrano una progressiva perdita delle loro posizioni, in particolare sulle produzioni a basso valore aggiunto;
    in questo nuovo quadro, l'industria tessile e calzaturiera italiana si dichiara da anni decisa a sottrarsi ad una concorrenza internazionale troppo sbilanciata sui costi di produzione, e a ridefinire il proprio posizionamento strategico scegliendo la strada dell'espansione sui mercati esteri grazie ad una proposta commerciale che la colloca nella fascia alta e medio alta del mercato;
    questo nuovo impianto strategico, caratterizzato dalla focalizzazione sulla qualità e sul contenuto innovativo del prodotto (sia in termini di design, sia in termini di ricerca tecnologica), oltre ad imporre cambiamenti sostanziali nella sfera tipicamente manifatturiera, ha generato l'esigenza di ampliare tutte le funzioni di valorizzazione del prodotto sul mercato;
    tuttavia, pur nella consapevolezza che i mercati di consumo alto e medio-alto rimarranno un riferimento prioritario per la produzione di settore del nostro Paese – per specializzazione, qualità delle lavorazioni e costi di produzione – tra gli operatori si stanno però facendo strada ipotesi strategiche che vorrebbero l'Italia protagonista dei mercati anche su segmenti diversi;
    su tale analisi le piccole-medie imprese del settore devono sempre di più formare e specializzare il personale. A questo proposito, alcune analisi rilevano come principale fattore di criticità una generale perdita di attrattiva del settore da parte delle nuove generazioni che, associata alla scarsa attenzione delle imprese alla formazione sta compromettendo la possibilità di mantenere i livelli di competenze acquisiti sul territorio;
    le piccole e medie imprese inoltre riscontrano da sempre grandi difficoltà ed una di queste è proprio quella dell'internazionalizzazione, sia in termini di penetrazione di mercati esteri, sia in termini di organizzazione di reti internazionali di approvvigionamento e subfornitura. Questo non significa precludere aprioristicamente una possibilità sull'estero. Le imprese meglio strutturate, con dimensioni e cultura manageriale adeguate, potranno sicuramente intraprendere questa strada, a patto però che vi sia anche un adeguato sostegno della politica pubblica e si sia in grado di sviluppare forme di collaborazione tra imprese;
    in questo scenario le scelte di efficienza organizzativa presuppongono un processo che agisce su diversi livelli: una razionalizzazione delle funzioni manifatturiere, il potenziamento delle funzioni gestionali/amministrative e di coordinamento tecnico, lo sviluppo di funzioni operative legate alle aree dello stile e della prototipia, e che per questo privilegiano le funzioni progettuali e di marketing. Il risultato di queste scelte strategiche dipenderà fortemente dalla volontà/capacità delle imprese di attuare strategie di accorpamento, costruire reti di imprese, e razionalizzare le proprie risorse e le proprie azioni,

impegnano il Governo:

   a sostenere le piccole e medie imprese del settore tessile e calzaturiero, assumendo iniziative volte a prevedere benefici fiscali o finanziamenti attraverso gli enti preposti al fine di favorire la penetrazione dei loro prodotti nei mercati esteri;
   a sostenere gli investimenti attraverso incentivi fiscali per la creazione di filiere corte «made in Italy» l'impiego di fibre naturali;
   ad assumere iniziative per prevedere sistemi premianti e/o incentivanti volti all'ottenimento di certificazioni di qualità e di sostenibilità ambientale basati sull'analisi del ciclo di vita dei prodotti del lavoro svolto all'interno delle aziende del settore;
   ad assumere le necessarie iniziative di carattere normativo al fine di incentivare, anche con misure fiscali, gli investimenti per la digitalizzazione e l'informatizzazione delle piccole e medie imprese del settore tessile e calzaturiero e per la formazione commerciale e tecnica del personale;
   ad assumere iniziative per incentivare la formazione e la preparazione tecnica nel settore tessile e calzaturiero.
(7-01111) «Vallascas, Pesco, Terzoni, Fantinati, Cancelleri, Crippa, Da Villa, Della Valle».


   Le Commissioni IX e X,
   premesso che:
    l'Italia è tra i principali produttori europei di biciclette; nel nostro Paese circolano circa 25 milioni di unità; l'Ancma (associazione di categoria dei produttori di bici e accessori) ha pubblicato gli ultimi dati del mercato della bici relativi al 2015, evidenziando che, dopo un positivo bilancio nella produzione italiana di biciclette, nel 2014, con un aumento del 6,6 per cento, nel 2015, il mercato della bicicletta è tornato nuovamente a scendere, registrando una diminuzione del 2,86 per cento nelle vendite, che quindi tornano al di sotto della soglia minima di 1,6 milioni di unità vendute;
   in particolare, risultano diminuite le vendite delle biciclette tradizionali, mentre si registra una consistente crescita nella vendita del numero di biciclette a pedalata assistita (+9,83 per cento) che, con 56.189 unità, rappresentano il 3,5 per cento del totale delle biciclette vendute in Italia;
    al di là dei dati economici relativi alla produzione, nell'anno del consolidamento della ripresa della domanda di mobilità, il fronte delle scelte modali degli italiani ha registrato una decisa spinta verso le soluzioni di trasporto più ecologiche e sostenibili;
    in un quadro generale di incremento degli spostamenti per tutti i modi di trasporto, le percorrenze a piedi e in bicicletta, in particolare, sono aumentate di oltre un quarto in un solo anno, invertendo un trend negativo che si prolungava dal 2008;
    come risulta dal 12o Rapporto Isfort Audimob per il 2014, il monitoraggio degli spostamenti effettuati a piedi o in bicicletta evidenzia una forte spinta complessiva della mobilità non motorizzata, in particolare nelle aree urbane (+25 per cento di percorrenze nel 2014), invertendo un lungo ciclo negativo. Allo stesso tempo, la quota modale della mobilità ecologica nelle città ha ripreso a salire, dopo diversi anni, attestandosi al 28,1 per cento;
    nella suddivisione tra spostamenti a piedi e spostamenti in bicicletta, il 2014 segna un ulteriore incremento della quota modale della bici, in particolare negli ambiti urbani: si passa infatti dal 4,7 per cento del 2013 al 5,3 per cento del 2014, con un valore relativo alla mobilità ciclistica che torna ai livelli del 2008;
    il cosiddetto cicloturismo, o turismo in bicicletta, individua quella tipologia di viaggi itineranti o gite giornaliere, senza finalità agonistiche, lungo percorsi prevalentemente agevoli, su strade a scarso traffico o riservate alle biciclette (ciclopiste). Il cicloturismo è una proposta turistica che offre un contatto diretto con l'ambiente circostante, con la possibilità di approfondire la cultura e le tradizioni, ad una velocità a misura d'uomo che consente di «vivere» i percorsi, sostandovi per visita, ristoro, ospitalità;
    si tratta quindi di una tipologia di turismo certamente sostenibile, perché preserva l'ambiente e che può costituire un importante volano economico per tutto il turismo nazionale;
    attualmente, il cicloturismo è un valore aggiunto poco considerato per il turismo nel nostro Paese, ma se adeguatamente supportato potrebbe risolvere i problemi di numerosi operatori turistici, specialmente nei periodi di bassa stagione, come la primavera o l'autunno, periodi ideali per praticare il cicloturismo;
    in Italia, i cicloturisti sono per la maggior parte stranieri, provenienti dal Nord Europa, tedeschi, inglesi, scandinavi, ma anche americani, dove è maggiormente radicata una cultura del turismo sostenibile, che comprenda anche il cicloturismo;
    larga parte dei cicloturisti sono ricompresi nella fascia di età tra i 25 e i 49 anni. La maggior parte di essi viaggia in coppia, ma ci sono anche famiglie e talvolta gruppi superiori a quattro persone, con comitive che possono superare le trenta persone; generalmente, il cicloturista fa parte della cosiddetta «classe media», superando così completamente l'immagine del cicloturismo come vacanza «economica», scelta da chi non può «permettersi un altro tipo di viaggio»;
    le località turistiche italiane più richieste per il cicloturismo si trovano in Piemonte, Trentino Alto Adige, Toscana ed Emilia-Romagna e vengono visitate, a scopo di cicloturismo, non solo in piena estate ma anche in primavera e autunno;
    da un paio d'anni è realtà il progetto della Federazione italiana amici della bicicletta: «Bicitalia». Si tratta di una mappa aggiornata della rete di ciclovie nazionali che include circa 18 mila chilometri di strade ciclabili (10 mila mappati), 18 itinerari e 50 ciclovie di qualità; Bicitalia è un network che prende in considerazione i collegamenti molto ampi, sovraregionali; a livello europeo, la corrispondente di Bicitalia e «Eurovelo», un grande reticolato ciclabile sviluppato dalla European Cyclists Federation: 70 mila chilometri di strade, tutte con infrastrutture standardizzate, che consentono, volendo, di recarsi da un Paese all'altro, utilizzando esclusivamente la bicicletta;
    esistono diverse iniziative di cicloturismo in numerose località italiane (ad esempio il Granfondo dell'Appennino in Liguria, e la Maratona des Dolomites), a cui partecipano ogni anno migliaia di ciclisti, oltreché cicloamatori; tali appuntamenti producono un importante indotto turistico, grazie alla forte visibilità che viene data ai territori nei quali si svolgono le corse;
    il cicloturismo muove ogni anno in tutta Europa oltre 10 milioni di persone; è necessario pertanto favorirne la promozione e la valorizzazione, attraverso uno sviluppo di reti ciclabili a vari livelli, che parta dalla manutenzione delle reti già esistenti e consenta agli appassionati di fruire di percorsi e luoghi che avranno un sicuro ritorno economico;
    in grande espansione nel mondo dell'offerta turistica risultano i cosiddetti bike hotels e gli alberghi bike friendly, spesso uniti in consorzi, che dedicano strutture specifiche ai cicloamatori;
    la delibera del Cipe n. 1 del 1o febbraio 2001 ha individuato la Rete nazionale di percorribilità ciclistica (Rnpc) – Bicitalia quale rete infrastrutturale a livello nazionale, integrata nella rete transeuropea Eurovelo, dichiarandola di interesse strategico nazionale,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse specifiche da destinare alla valorizzazione e alla promozione del settore del cicloturismo, coinvolgendo l'intera filiera turistica, dando particolare rilievo alle iniziative e agli eventi già esistenti;
   a sostenere tutte le attività legate al settore del cicloturismo, anche attraverso la valorizzazione dell'offerta turistica e favorendo le proposte di pacchetti turistici specifici, in piena collaborazione con gli enti locali coinvolti;
   a monitorare periodicamente i percorsi ciclabili Bicitalia ed Eurovelo, verificando lo stato di avanzamento dei lavori delle vie ciclabili e la messa in sicurezza dei percorsi.
(7-01110) «Polidori, Biasotti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, per sapere – premesso che:
   il 25 settembre 2016 le vittime del decreto «salva-banche» si sono recate a Laterina (AR) nella cittadina di residenza della Ministra Maria Elena Boschi e di suo padre PierLuigi Boschi, vicepresidente di Banca Etruria dal 2014 al febbraio 2015 e membro del consiglio di amministrazione della stessa banca dal 2011 al 2014, per manifestare pacificamente, come di consueto e come già dimostrato nelle decine di manifestazioni precedenti, con regolare permesso rilasciato dalla questura di Arezzo;
   questi cittadini, risparmiatori, vittime del «salva-banche», sono stati sottoposti all'ingiustizia dell'azzeramento dei propri risparmi a causa della mala gestio della banca e dei provvedimenti di risoluzione discutibili del Governo e delle Autorità di vigilanza, tra l'altro divenuti oggetto di esposti già depositati in diverse procure;
   i più fortunati, tra questi cittadini, nella speranza di recuperare parte del maltolto, dovranno sottoporsi allo stress del giudizio dell'Anac, sempre che il Governo approvi il decreto attuativo per l'arbitrato;
   altri potranno forse recuperare solo parte dei loro risparmi sottoponendosi ad un rocambolesco invio di documenti al Fitd;
   ai più sfortunati rimarrà soltanto la possibilità di intraprendere infinite cause legali;
   i risparmiatori «vittime del salva-banche», ancora scossi dalla violenza subìta e mortificati dalle vane speranze di recupero, il 25 settembre a Laterina sono stati sottoposti ad una ulteriore enorme ingiustizia da parte delle forze dell'ordine che avrebbe potuto anche degenerare se non fossero state tutte persone pacifiche;
   a quanto risulta agli interroganti i manifestanti prima di raggiungere Laterina sono stati fermati a due posti di blocco, ad uno dei quali è stato vietato l'accesso alla statale che permetteva loro di raggiungere nel più breve tempo possibile il paese ma la cui strada guarda caso costeggiava la villa Boschi;
   una volta dirottati sulla strada secondaria, per raggiungere il luogo della manifestazione, non hanno potuto utilizzare neanche 4 delle vie secondarie successive, in quanto le stesse erano bloccate da decine di auto, camionette, blindati e agenti delle forze dell'ordine, forse perché quelle strade potevano condurre anche verso la residenza Boschi, obbligando così i manifestanti ad allungare il percorso di circa 10 chilometri;
   si stima che tra posti di blocco e luogo della manifestazione, fossero presenti circa 150 agenti appartenenti ai reparti della polizia di Stato, dei carabinieri, digos, guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato, vigili urbani e, secondo quanto si apprende dal gruppo Facebook «Vittime del salva-banche», sarebbero intervenuti anche fotografi della polizia scientifica e reparti speciali in borghese, muniti di videocamere e macchine fotografiche, utilizzate per registrare video e scattare foto ai manifestanti e alle targhe delle loro auto –:
   chi e per quali motivazioni abbia deciso un tale eccessivo dispiegamento di forze dell'ordine;
   perché pacifici cittadini, per la quasi totalità pensionati, siano stati fotografati e probabilmente schedati;
   dove, chi, come e a quale scopo gestisca questo archivio foto e video, e chi sia il garante dei dati personali acquisiti;
   a quanto ammonti il costo complessivo sostenuto dallo Stato per questo schieramento di svariati corpi delle forze dell'ordine, in un giorno festivo.
(2-01494) «Pesco, Alberti, Villarosa, Brescia, Corda, Brugnerotto, Marzana, Lorefice, Gagnarli, L'Abbate, Dell'Orco, Carinelli, Terzoni, Daga, Sibilia, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Nesci, Crippa, Luigi Di Maio, Chimienti, Di Battista, Fantinati, Luigi Gallo».

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato sul quotidiano: «Il Corriere della Sera» del 2 ottobre 2016, nel 2015 l'incidenza percentuale delle commissioni bancarie nette applicate dagli istituti di credito nazionali è risultata la più elevata d'Europa, raggiungendo il 36,5 per cento oltre un terzo dei ricavi disponibili;
   i predetti risultati emergono da un'indagine dell'Associazione artigiani piccole imprese (Cgia) di Mestre, che rileva come, negli ultimi 7 anni (2008-2015), la crescita dei costi dei conti correnti, delle carte di credito e degli altri servizi bancari ha subito in Italia un'impennata che non ha avuto eguali nel resto d'Europa; inoltre, il documento aggiunge, che se l'incremento è stato del 20 per cento in Italia, nel Regno Unito si è fermato all'11,5 per cento, in Francia all'11,1 per cento, in Spagna al 6,5 per cento, mentre in Germania è sceso del 4,6 per cento, in Belgio del 7 per cento e nei Paesi Bassi è crollato del 27 per cento;
   al riguardo, il rapporto del centro studi della Cgia di Mestre, evidenzia che, nel 2015, i ricavi netti assoluti derivanti dalle commissioni bancarie nel nostro Paese, hanno sfiorato i 30 miliardi di euro, quasi 5 miliardi di euro in più rispetto al 2008, confermando come il sistema italiano sia fra i meno concorrenziali a livello europeo;
   l'Associazione degli artigiani delle piccole e medie imprese di Mestre, osserva inoltre che, se si considera che con la crisi economica sono cresciute a dismisura le sofferenze in capo alla clientela e la contrazione dei tassi di interesse ha ridotto ai minimi termini i margini di redditività delle nostre banche, queste ultime, appesantite da costi fissi ancora troppo elevati, hanno ritenuto più conveniente ridurre gli impieghi, e quindi i rischi, e aumentare i ricavi dalle commissioni sui conti correnti, sui servizi bancomat/carte di credito, i servizi di incasso/pagamento e dalle attività extra creditizie, come la vendita di titoli, valute e strumenti di capitale;
   al riguardo, l'interrogante evidenzia come il documento in precedenza evidenziato, ribadisce un quadro complessivo preoccupante e inaccettabile, nell'ambito del rapporto tra il sistema bancario ed i risparmiatori, sia con riferimento ai costi fissi applicati alla clientela, che hanno raggiunto livelli inaccettabili, che nei riguardi della persistente rigidità connessa all'erogazione dei prestiti alle imprese e alle famiglie, le cui conseguenze accrescono le difficoltà economiche, rallentando la ripresa e i consumi interni;
   la necessità di rapidi interventi da parte del Governo, finalizzati ad attenuare i costi relativi alle commissioni bancarie, evidentemente inaccettabili, come evidenzia il rapporto della Cgia di Mestre, risulta urgente ed opportuna a giudizio dell'interrogante, in particolare se si considera l'attuale fase socioeconomica del Paese, ancora debole e fragile in termini di ripresa economica –:
   quali orientamenti il Governo intenda esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se il Governo sia a conoscenza del rapporto della Cgia di Mestre, che evidenzia come la clientela italiana sia la più tartassata in termini di costi, da parte del sistema bancario nazionale;
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di pervenire a una revisione del sistema dei costi fissi applicato dagli istituti di credito, posto che la struttura delle commissioni, così com’è attualmente prevista, determina l'incidenza più alta a livello europeo. (4-14400)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da notizie stampa si apprende che la «Mustafa Kan», nave cargo da 7 mila tonnellate e lunga 136 metri, battente bandiera panamense, è affondata 24 miglia al largo della costa di Avola;
   l'imbarcazione diretta in Marocco trasportava fosfato di ammonio, utilizzato come fertilizzante, che rischia lo sversamento in mare. Gli uomini della capitaneria di Siracusa, coadiuvati da tre mezzi della flotta «Castalia» inviati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sono al lavoro per limitare i danni;
   le autorità coinvolte fanno sapere che risulta impossibile il recupero dei fusti di fosfato di ammonio ed altri materiali inquinanti essendo la nave capovolta;
   la Mustafa Kan è semi sommersa in un fondale profondo 2mila metri al largo del porto di Avola e, soprattutto, dell'area marina protetta del Plemmirio, una delle riserve naturali più importanti della Sicilia;
   il fosfato di ammonio è un composto utilizzato come fertilizzante che, in eccessive quantità, dà luogo ad un inquinamento acquatico da fosfati, causando l'eutrofizzazione delle alghe –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di intervenire con la massima urgenza per predispone un piano per la messa in sicurezza della nave e la bonifica del sito interessato, al fine di evitare che un eventuale sversamento possa provocare un enorme danno all'ecosistema;
   se sia già stato individuato chi sosterrà i costi di recupero e bonifica. (4-14405)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   GIACOMONI, BERGAMINI, SANDRA SAVINO e LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le associazioni professionali, gli studi associati e le società semplici sono realtà, spesso di modesta entità, costituite da lavoratori autonomi e professionisti non iscritti ad albi che offrono consulenze utilizzando prevalentemente il proprio lavoro intellettuale senza ricorrere a beni strumentali di rilievo;
   per le ragioni di cui sopra, essendo il «prodotto» di tali realtà costituito in buona sostanza dalle conoscenze e dalle abilità del singolo associato, gli studi associati e le realtà semplici raramente ricorrono all'assunzione di personale dipendente o all'acquisto di beni strumentali e si considera che svolgano attività di lavoro autonomo e non di impresa;
   la Corte di cassazione, più volte sollecitata dai contribuenti sulla sussistenza dell'obbligo per tali realtà di pagare l'imposta regionale sulle attività produttive, la cosiddetta irap, si è pronunciata in maniera talvolta discordante, adottando però un orientamento che aveva come comune denominatore l'idea che non fossero tenuti al pagamento dell'irap i soggetti non dotati di un'autonoma organizzazione, intendendosi con quest'ultima definizione la presenza di personale dipendente ed il ricorso a beni strumentali di rilievo;
   l'orientamento di cui sopra era talmente consolidato che diversi studi associati e società semplici versavano l'Irap e poi ne chiedevano, ed ottenevano, il rimborso;
   tuttavia, le recenti sentenze n. 7291/2006 e n. 7371/2016 delle Sezioni Unite hanno completamente ribaltato il precedente orientamento, affermando che le associazioni professionali, gli studi associati e le società semplici esercenti attività di lavoro autonomo sono sempre soggette ad irap, indipendentemente dalla struttura organizzativa della quale si avvalgono;
   migliaia di contribuenti, la cui unica colpa è quella di aver rispettato una normativa poco chiara basandosi su ripetute sentenze interpretative della Corte di cassazione, si trovano ora esposti al rischio di dover versare non solo l'irap «arretrata», ma anche gli interessi e le sanzioni pari al 90 per cento del dovuto –:
   se intenda fare chiarezza sulla questione esposta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per sanare quantomeno le situazioni pregresse, fino a poco tempo fa non considerate violazioni. (5-09690)


   FRAGOMELI, PELILLO e RIBAUDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'interrogazione presentata in Commissione finanze, il 4 maggio, il Governo ha fornito una interpretazione, ai fini Imu, del concetto di terreno agricolo che ricomprende sia i terreni incolti, sia quelli destinati ad orto, intendendo come tale la superficie di terreno destinato all'utilizzo familiare, ancorché il medesimo non sia destinato all'esercizio dell'attività agricola in modo professionale;
   l'articolo 1, comma 13, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, ridisegna il perimetro dell'esenzione Imu per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l'esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare ministeriale 14 giugno 1993, n. 9;
   per effetto della citata modifica, dal 2016, tali terreni sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare;
   tuttavia, la citata circolare n. 9 del 1993 chiariva anche che, ai fini dell'applicazione dell'ICI, l'esclusione dall'elenco dei terreni assoggettati all'imposta valeva per quelli sui quali le attività agricole sono esercitate in forma non imprenditoriale, ricomprendendo in questo gruppo i piccoli appezzamenti di terreno coltivati occasionalmente senza strutture organizzative; gli orti restavano oggettivamente al di fuori del campo di applicazione dell'ICI, senza necessità di verifica se il comune in cui erano situati fosse o meno «montano»;
   l'attuale assimilazione degli orti ai terreni agricoli genera anomalie applicative, in quanto chi possiede e coltiva un orto non essere né coltivatore diretto né imprenditore agricolo professionale o comunque per tale superficie non ha diritto di esserlo e l'assoggettamento all'Imu crea discriminazione tra soggetti che possiedono catastalmente beni del medesimo valore in aree altimetriche differenti;
   l'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, che ha anticipato l'istituzione dell'Imu, richiama le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, in materia di ICI, il quale, al comma 1, lettera c), definisce in senso restrittivo il terreno agricolo come bene adibito all'esercizio delle attività dell'imprenditore agricolo indicate all'articolo 2135 del codice civile –:
   se non ritenga utile chiarire la completa esclusione dall'applicazione dell'Imu per i terreni non propriamente agricoli a prescindere dalla localizzazione altimetrica, in conformità a quanto stabilito dal citato articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011. (5-09691)


   PESCO, BRUGNEROTTO, ALBERTI, FICO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza 238/2009 la Corte Costituzionale ha riconosciuto la natura tributaria della TIA;
   la sentenza delle Corte ha trovato successiva conferma nella sentenza della Cassazione 3756 del 9 marzo 2012, secondo cui la Tia è un tributo non soggetto ad Iva; nonché nella recente sentenza delle Sezioni Unite della stessa Corte n. 5078/2016, che ha ulteriormente confermato che la Tia non debba essere assoggettata all'Iva;
   già da alcuni anni molti cittadini si sono attivati effettuando le richieste di rimborso, sostenuti anche dalle associazioni dei consumatori;
   sin dal 2010 il M5S (tramite il blog di Beppe Grillo) ha segnalato ai cittadini la possibilità di richiedere il rimborso dell'Iva sulla Tia;
   ciò nonostante, ancora oggi gran parte dei concessionari incaricati della riscossione non si è adeguata, perdurando nell'illegittima applicazione dell'Iva;
   significativa è la risposta ricevuta il 18 luglio 2016 dal servizio clienti della società ETRA spa (la multiutility che si occupa della gestione del servizio idrico integrato e della gestione dei rifiuti nei territori tra Altopiano di Asiago fino ai Colli Euganei, comprendendo l'area del Bassanese, l'Alta Padovana e la cintura urbana di Padova): facendo seguito ad una richiesta di restituzione dell'Iva da parte di un cittadino, il concessionario ha risposto che in attesa di un intervento chiarificatore del legislatore o dell'emanazione di linee guida da parte degli apparati statali competenti, «ha presentato all'Agenzia delle entrate, in via prudenziale, istanza di rimborso dell'IVA versata negli anni pregressi 2006-2015. Pertanto non appena ETRA Spa avrà comunicazione da parte dell'Agenzia delle Entrate provvederà ad informare tempestivamente tutti i suoi clienti»;
   da molti anni, quindi, si perpetua una situazione assurda, per cui le società di gestione dei servizi continuano ad applicare l'Iva sulla Tia, nonostante le ripetute sentenze e, contemporaneamente, presentano istanza di rimborso all'Agenzia delle entrate, che a sua volta si rifà alle circolari del Ministero dell'economia e delle finanze (n. 111/1999, n. 3/DF/2010) e delle risoluzioni dell'Agenzia delle entrate (nn. 25/2003 e 250/2008), che confermano l'applicabilità dell'Iva alla Tia, in totale contrasto con l'orientamento giurisprudenziale –:
   quali siano le ragioni per cui non sia stata ancora trovata soluzione al problema esposto in premessa e quali iniziative intenda avviare per contrastare l'illegittima applicazione dell'Iva sulla Tia. (5-09692)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi il Ministro interrogato ha convocato un vertice interlocutorio, al quale hanno partecipato, tra l'altro, il Governatore della Banca d'Italia, i vertici di Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi, i rappresentanti dell'Acri, dell'Associazione bancaria italiana e del Fondo Atlante, al fine di trovare una soluzione per la vendita delle quattro cosiddette « good banks» messe in risoluzione;
   attualmente Ubi Banca sembra essere interessata all'acquisizione di tre delle quattro banche e precisamente Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti, ma non senza aver soddisfatto la condizione impostale dalla BCE che prevede un aumento del proprio capitale pari a 600 milioni di euro (cioè il 30 per cento dell'attuale capitalizzazione di mercato dell'istituto); da parte sua Ubi Banca ha tenuto a precisare che il suo eventuale interesse nei confronti dei tre istituti dipende dal valore aggiunto che un loro acquisto potrebbe dare ai suoi azionisti, posto che un altro degli ostacoli che si oppongono alla trattativa è rappresentato dal cospicuo valore dei prestiti non performanti degli stessi;
   strettamente connesso alla vicenda è il problema del finanziamento del fondo di risoluzione, che attualmente è l'azionista delle quattro nuove banche essendo stato finanziato con un prestito per un valore pari a 1,6 miliardi di euro complessivi concesso proprio da Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi Banca e garantito dalla Cassa depositi e prestiti, prestito che, secondo gli accordi, avrebbe dovuto essere rimborsato grazie ai proventi della cessione degli asset e della vendita dei crediti delle quattro banche sottoposte a procedura di risoluzione; qualora, infatti, Ubi Banca procedesse all'acquisto di tre delle quattro banche l'incasso del Fondo sarebbe praticamente nullo, con l'offerta della ex popolare lombarda che si configurerebbe di fatto come un nuovo salvataggio delle stesse ed un'offerta economica prossima allo zero;
   la suddetta circostanza renderebbe di fatto impossibile rimborsare il prestito da 1,6 miliardi, lasciando a qual punto aperte due strade: far scattare la garanzia della Cassa depositi e prestiti oppure ricorre ad un'ulteriore «soluzione di sistema» e chiedere un nuovo finanziamento al sistema bancario, già compromesso dalla vicenda del Monte dei Paschi ed il necessario rafforzamento patrimoniale di Unicredit –:
   se al Governo risulti possibile e praticabile una soluzione che preveda l'acquisizione da parte di un istituto terzo a prezzo ridotto e la copertura delle perdite da parte di Cassa depositi e prestiti. (5-09693)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTO, GINATO, CAMANI, CRIVELLARI, NARDUOLO, GADDA, CARNEVALI e AMODDIO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il massiccio arrivo di migranti degli ultimi anni ha imposto una continua riorganizzazione del sistema di prima accoglienza articolato sull'asse Stato e enti locali e più precisamente sulla sinergia tra il Ministero dell'interno, le prefetture ed i comuni;
   secondo fonti di stampa accreditate, una parte delle risorse stanziate per l'anno in corso per la fornitura di beni e servizi nei centri governativi di accoglienza non risulterebbe ancora erogata dal Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero dell'interno e l'ultimo trasferimento da parte del dipartimento del tesoro, che ha reso possibile ripianare i debiti 2015 e pagare i servizi da gennaio a marzo 2016, risalirebbe al 31 marzo 2016;
   i finanziamenti per i centri di accoglienza al di fuori del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) risulterebbero a carico del capitolo 2351 dello stato di previsione del Ministero dell'interno, rubricato «spese per i servizi di accoglienza in favore di stranieri»;
   il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016, approvato con la legge 28 dicembre 2015, n. 209, prevedeva per il citato capitolo 2351 dello stato di previsione del Ministero dell'interno una dotazione di 450 milioni di euro aggiornata a 503 milioni di euro con la legge di assestamento in via di approvazione parlamentare;
   il mancato trasferimento di risorse ha portato il Ministero dell'interno ad accumulare arretrati nei confronti delle cooperative e degli enti gestori che assicurano i servizi di vitto e alloggio e di assistenza sanitaria, nei centri di accoglienza, nelle strutture temporanee e negli hot spot;
   l'interruzione dei pagamenti da parte della prefetture potrebbe compromettere il funzionamento del sistema, che al 26 settembre 2016, conta 160.030 ospiti, comportando una possibile interruzione dei servizi da parte delle cooperative, onlus e società che gestiscono i centri per i migranti;
   in particolar modo nel Veneto, risulta agli interroganti che i soggetti in convenzione con le prefetture stiano attendendo i pagamenti relativi al primo semestre 2016; nelle diverse province, si sarebbero accumulati dai tre ai sei mesi di ritardo e tale situazione ha costretto le cooperative ad anticipare le risorse mancanti, ricorrendo alla loro liquidità disponibile e a fidi bancari con interessi elevati e difficilmente recuperabili –:
   se le informazioni riportate in premessa risultino confermate;
   come si intenda garantire, per quanto di competenza, la continuità dei servizi offerti dagli enti che assicurano il funzionamento dell'accoglienza al di fuori del sistema «SPRAR»;
   a quanto ammontino i trasferimenti già effettuati a favore del Ministero dell'interno nel corso del 2016 e quanto residui al completo trasferimento delle somme stanziate per quest'anno;
   se non si ritenga urgente intervenire per prevedere il trasferimento delle risorse necessarie per il funzionamento dei servizi di accoglienza. (5-09672)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MATTIELLO, VERINI e MICCOLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   è passato poco più di un anno dall'accordo siglato dal Ministro Orlando con le autorità emiratine in materia di cooperazione giudiziaria e di estradizione, ma della ratifica del medesimo ad oggi non si sa nulla. La presenza in quella zona di latitanti purtroppo non è quindi finita e gli ultimi clamorosi fatti di cronaca accrescono la necessità e l'urgenza della piena operatività dell'accordo. Il riferimento è, in ordine di tempo, prima all'individuazione negli Emirati di Cetti Serbelloni, che deve scontare una condanna definitiva per aver evaso tasse in Italia per circa un miliardo di euro, poi al ritrovamento di due opere di Van Gogh rubate ad Amsterdam nel 2002, riconducibili ad attività di riciclaggio del narcotrafficante Imperiale, lui pure individuato negli Emirati. Si tratta di fatti che si aggiungono all'ormai da tempo noto caso dell'ex-parlamentare Matacena;
   un anno fa sembrava che Italia ed Emirati avessero intrapreso un percorso risoluto, volto a sanare questa negativa smagliatura nei rapporti tra i due Paesi, che sono per altro ottimi partner commerciali soprattutto nei settori dell'energia e della difesa. Gli Emirati per esempio sono i primi importatori al mondo di sistema di difesa e armamenti italiani. Il 3 marzo 2016 la ratifica dell'accordo è stata presentata in Consiglio dei ministri per ottenerne l'approvazione, passaggio che sembrava una pura formalità, essendo stato preceduto dal placet dei Ministeri interessati, interno, giustizia, economia e finanze, ma il punto all'ordine del giorno venne rinviato e il trattato rimandato per ulteriori approfondimenti. Pare che il nodo fosse legato alla pena di morte, presente nell'ordinamento emiratino, che farebbe sorgere riserve circa la possibilità di ratificare un accordo di questo tipo;
   se così fosse, si tratterebbe di una riserva superabile, avendo l'Italia rapporti consolidati con altri Paesi con le stesse caratteristiche, a cominciare – per fare un esempio – dagli Stati Uniti d'America, Paese nel quale la pena capitale vige in diversi Stati. La smagliatura sulla cooperazione giudiziaria tra Italia ed Emirati appare più grave pensando alla quantità di trattati in relazione ai quali, opportunamente, il Parlamento sta approvando le relative leggi di ratifica in questo periodo su materie analoghe. Per fare soltanto qualche esempio tra i più recenti votati alla Camera ci sono quelli con Austria, Vietnam, Andorra, Stati Uniti Messicani, Armenia, Iraq, Filippine. Colpisce in particolare quello con il Principato di Andorra sullo scambio di informazioni in materia fiscale, perché l'accordo sottostante è stato firmato il 22 settembre 2015, cioè addirittura successivamente alla firma dell'accordo con gli Emirati;
   le autorità giudiziarie italiane, che si occupano di casi legati alle richieste di estradizione da quel Paese, hanno segnalato più volte come gli Emirati rischino di diventare una sorta di porto franco per latitanti italiani e riciclatori internazionali. Diverse associazioni e personalità che si battono per la legalità, nonché gli organi di informazione più volte si sono occupati della vicenda, con prese di posizione, servizi, inchieste, reportage e campagne (come per esempio quella del giornale online Ytali) –:
   cosa intenda fare il Governo per presentare, al più presto, alle Camere il disegno di legge per la ratifica. (5-09675)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   BALDELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa si apprende che diversi automobilisti marchigiani lamentano il fatto che alcuni comuni della provincia di Ancona usino in modo improprio le apparecchiature elettroniche per il controllo automatico della velocità come, da ultimo, il caso dell'installazione da parte del comune di Filottrano di un autovelox sulla strada provinciale 362 Jesina, con il quale da giugno ad agosto 2016 sono state elevate circa 18.000 sanzioni;
   il prefetto, secondo la direttiva del Ministro dell'interno del 14 agosto 2009, è l'organo preposto a coordinare e pianificare i lavori della Conferenza provinciale permanente, al cui interno opera l'Osservatorio per il monitoraggio sugli incidenti stradali, che dovrebbe svolgere l'attività di ricognizione ed eventuale revisione dei tratti di strada in cui è consentito l'impiego di sistemi di controllo remoto delle violazioni del codice della strada;
   la Corte di cassazione, sez. II civ., con la sentenza n. 15899 del 29 luglio 2016, che riprende la precedente giurisprudenza della stessa Corte in materia, ha ribadito che non è sufficiente segnalare genericamente all'inizio del territorio comunale l'attivazione del controllo elettronico della velocità, ma che gli autovelox devono essere adeguatamente segnalati e le pattuglie ben visibili, a pena di annullamento degli accertamenti effettuati, ricordando che la legge n. 168 del 2002 prescrive l'obbligo per la pubblica amministrazione proprietaria della strada di dare idonea informazione del controllo di velocità, con l'apposizione di cartelli indicanti la presenza di autovelox, che «devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo dove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante»;
   con l'approvazione della mozione n. 1-01085 la Camera ha impegnato il Governo: ad adottare ogni iniziativa utile a mettere fine agli episodi di utilizzazione impropria degli apparecchi o sistemi di rilevamento della velocità attraverso l'utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza, di cui all'articolo 142, comma 12-bis, del codice della strada, nell'inosservanza – peraltro – dell'obbligo di utilizzazione delle risorse per manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, posto dal comma 12-ter dello stesso articolo ed a proporre al Parlamento, nel primo provvedimento utile, modifiche normative atte a disciplinare il meccanismo sanzionatorio attualmente previsto nell'articolo 142, comma 12-quater, ultimo periodo, sì da superare le difficoltà oggettive rappresentate dall'impossibilità di «intercettare» i predetti proventi – direttamente introitati dagli enti stessi, anche se inadempienti – per decurtarli della percentuale prevista a titolo di sanzione per l'inosservanza dei predetti obblighi. A tale fine potrà essere valutato di prevedere che le risorse in parola siano introitate direttamente su apposito capitolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per essere riassegnate agli enti aventi diritto per la realizzazione di specifici piani di intervento conformi alle finalità di legge nonché di sostituire il predetto meccanismo sanzionatorio con sanzioni amministrative pecuniarie adeguate; a valutare l'opportunità di coinvolgere, nella predetta proposta, gli uffici territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze, quali ulteriori soggetti riceventi la relazione telematica e competenti ad irrogare le sanzioni; a presentare al Parlamento, entro il 30 settembre 2016, un report sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 142, commi da 11-bis ad 11-quater, che in particolare, indichi quali e quanti enti locali sono stati inadempienti rispetto agli obblighi di legge in esame –:
   se i comuni della provincia di Ancona, compreso quello di Filottrano, che hanno installato gli autovelox nei tratti di strada di loro competenza, abbiano rispettato fedelmente l’iter previsto dalla normativa vigente in merito alla revisione dei tratti di strada in cui è consentito l'impiego di sistemi di controllo remoto delle violazioni del codice della strada, se i cartelli indicanti la presenza di questi rilevatori automatici per il controllo della velocità siano stati installati così come indicato dalla citata sentenza in materia della Corte di cassazione e se la prefettura di Ancona abbia una mappatura completa ed aggiornata sulla localizzazione di tali apparecchiature fisse;
   se il Governo, per evitare che i comuni continuino ad usare gli introiti delle multe elevate attraverso gli autovelox come strumento improprio per fare cassa, non intenda dare seguito al più presto agli impegni assunti con l'approvazione della mozione n. 1-01085. (3-02529)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   VELLA e SECCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la superstrada a pedaggio denominata «Pedemontana Veneta» è un'infrastruttura, in corso di realizzazione, di lunghezza complessiva di circa 95 chilometri; collegherà il comune di Montecchio Maggiore (Vicenza) a quello di Spresiano (Treviso), intersecando i distretti industriali di Thiene-Schio, Bassano del Grappa e Treviso, finendo per interconnettersi con 3 autostrade (A4, A31 e A27);
   con decreto del commissario delegato n. 10 del 20 settembre 2010, è stato approvato, con prescrizioni, il progetto definitivo della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta, di cui all'articolo 2, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3802 (15 agosto 2009), dichiarando l'opera di pubblica utilità, urgente ed indifferibile;
   da notizie in possesso degli interroganti, la cantierizzazione dell'opera è avvenuta il 10 novembre 2011 a Romano d'Ezzelino (Vicenza); nel bassanese i lavori sono iniziati il 4 febbraio 2013 e la loro fine è prevista per il 2017, con entrata in servizio nel 2019;
   l'infrastruttura, realizzata in finanza di progetto dall'ATI SIS SCpA – Itinere SA che gestirà l'opera e ne riscuoterà il pedaggio per 39 anni, avrà un costo di 2.391 milioni di euro, di cui 173 provenienti da fondi pubblici;
   in un momento di grave crisi economica ed in considerazione dell'aumento dei costi, dovuti all'accoglimento di osservazioni dei comuni interessati per opere «compensative» del disagio arrecato e «bretelle» di collegamento, i suddetti contributi saranno limitati;
   in queste settimane gli industriali di Bassano del Grappa, snodo fondamentale nonché centro dell'area relativa alla superstrada pedaggiata, hanno chiesto di concludere i lavori, sottolineando gli sprechi e i pericoli che incombono sui cittadini a causa di contratti che prevedrebbero rimborsi di risorse pubbliche ai concessionari dell'opera in caso di dati di traffico inferiori ai trend previsti;
   a quanto consta agli interroganti, dodici importanti imprenditori veneti avrebbero posto all'attenzione del Governo una missiva in cui si richiede il completamento della superstrada pedemontana –:
   quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per il prosieguo dei lavori della superstrada Pedemontana Veneta e se, nel caso in cui si ritenga di non completare l'opera, sia previsto uno stanziamento di appositi fondi per riportare la situazione a come era precedentemente all'avvio dei lavori, nel rispetto dei cittadini e delle imprese che hanno subito per anni i disagi dei cantieri aperti e delle pesanti modifiche alla viabilità oltre ai numerosi danni al suolo e al sottosuolo. (5-09684)


   TINO IANNUZZI, BORGHI, REALACCI, MANFREDI, VALIANTE e MAZZOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo codice degli appalti (decreto legislativo n. 50 del 19 aprile 2016) giustamente ha previsto che «gli appalti relativi ai lavori sono affidati, ponendo a base di gara il progetto esecutivo, il cui contenuto (...) garantisce la rispondenza dell'opera ai requisiti di qualità predeterminati e il rispetto dei tempi e dei costi previsti»;
   questa norma intende assicurare che gli appalti pubblici vengano aggiudicati sulla base di progetti esecutivi completi, per consentire la più rapida e funzionale esecuzione delle opere, senza ritardi fortemente negativi per la comunità;
   tuttavia, l'esperienza indica che molte amministrazioni appaltanti, soprattutto gli enti locali, non sono in condizione di anticipare le risorse necessarie per la redazione delle progettazioni esecutive, stanti la obiettiva carenza di fondi e la difficile situazione economica e di bilancio in cui versano;
   ne derivano pesanti difficoltà per la sollecita predisposizione dei progetti esecutivi – che comunque hanno costi considerevoli – con conseguenti e dannosi ritardi per l'affidamento degli appalti pubblici;
   questi ritardi rischiano di produrre ulteriori e negative conseguenze per la predisposizione dei progetti di opere da finanziare con le risorse della Unione europea nel ciclo di programmazione 2014-2020;
   la regione Campania ha attivato uno specifico fondo a rotazione, con copertura iniziale di 40 milioni di euro, per «la concessione di contributi, in conto anticipazione, da restituire secondo le modalità (...) per la progettazione delle opere e delle infrastrutture degli enti locali e degli altri organismi di diritto pubblico»;
   finalità del fondo è consentire l'acquisizione di progetti idonei alla migliore realizzazione delle opere –:
   quali iniziative e quali strumenti il Ministro intenda attivare al fine di assegnare adeguate risorse finanziarie, con un apposito fondo in conto anticipazione, al fine di consentire alle amministrazioni appaltanti e agli enti locali, di sostenere il costo per predispone la progettazione esecutiva, da porre a base delle gare di appalto per lavori pubblici. (5-09685)


   TERZONI, GALLINELLA, CECCONI, AGOSTINELLI, CIPRINI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nelle regioni Umbria e Marche è in corso di esecuzione il progetto Quadrilatero, quale prevede la realizzazione di un sistema di infrastrutture viarie, i cui assi rappresentano idealmente i quattro lati di un quadrilatero;
   il progetto viario della Quadrilatero consiste nel completamento e nell'adeguamento di due arterie principali (l'asse Foligno-Civitanova Marche strada statale 77 e l'asse Perugia-Ancona statali 76 e 318), della Pedemontana Fabriano-Muccia/Sfercia e di altri interventi viari, idonei ad assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti e, più in generale, a migliorare ed incrementare l'accessibilità alle aree interne delle regioni interessate;
   dal punto di vista strategico-logistico il progetto infrastrutturale viario ha l'obiettivo di inserirsi nel sistema delle principali dorsali del Paese, potenziando gli assi viari di attraversamento delle regioni Marche e Umbria, al fine di migliorare il collegamento con le regioni circostanti e verso l'Europa;
   il progetto viario è suddiviso nei due maxilotti seguenti:
    a) maxilotto 1, il cui contraente generale è la società di progetto Val di Chienti: strada statale 77 «Val di Chienti» tratto Foligno-Collesentino (completamento 4 corsie); strada statale 78 «Val di Fiastra» tratto Sforzacosta-Sarnano; Intervallive di Macerata e Tolentino-San Severino strada statale 3 «Flaminia» tratto Foligno-Pontecentesimo; Allacci strada statale 77 a strada statale 16 (Civitanova Marche) e a strada statale 3 (Foligno);
    b) maxilotto 2, il cui contraente generale è la società di progetto DIRPA2 Scarl: strada statale 76 «Val d'Esino» tratti Fossato di Vico-Cancelli e Albacina-Serra San Quirico (completamento 4 corsie); strada statale 318 di «Valfabbrica» tratti Pianello-Valfabbrica (completamento 4 corsie); Pedemontana delle Marche tratto Fabriano-Muccia/Sfercia –:
   se il Governo intenda fornire un quadro preciso delle risorse stanziate da parte dello Stato e del loro utilizzo per il pagamento degli indennizzi relativi agli espropri, suddivisi per lotti e sublotti, nonché degli espropri effettuati per i quali non sia stato corrisposto il relativo indennizzo, suddivisi per lotti e sublotti. (5-09686)

Interrogazione a risposta scritta:


   VECCHIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'associazione Codici Onlus – Centro per i Diritti del Cittadino, associazione di promozione sociale ex lege n. 383 del 2000 ha verificato, a seguito di diverse lamentele raccolte tramite le segnalazioni effettuate dai consumatori siciliani, che i prezzi per voli da Catania alle altre città italiane, in particolar modo Milano, risultano essere eccessivamente elevati;
   da una simulazione, effettuata in data 21 luglio 2016 dall'associazione a titolo puramente esemplificativo su un noto motore di ricerca di viaggi, è emerso che un biglietto andata e ritorno per Tokyo da Roma costa 544 euro a fronte dei 603 necessari per raggiungere Milano da Catania;
   tale situazione comporta ingenti danni nei confronti sia di coloro che per motivi lavorativi o di salute hanno la necessità di spostarsi dal capoluogo etneo verso le altre zone del Paese, sia degli studenti fuori sede, iscritti ad atenei collocati nelle diverse città italiane, spesso appartenenti alle regioni più settentrionali, che per motivi di studio sono costretti a spendere cifre ingiustificatamente elevate per fare rientro presso le proprie famiglie d'origine o per rientrare nella città sede dell'ateneo;
   i fatti esposti mostrano una indubbia lesione delle prerogative dei consumatori ed utenti del trasporto aereo che hanno visto calpestati i diritti previsti ed espressamente tutelati dall'articolo 2 del codice del consumo, oltre che dal regolamento europeo n. 261/2004 e dalla convenzione di Montréal;
   tale modus operandi ha violato anche gli interessi collettivi dei consumatori ex articolo 139 codice del consumo e non tiene conto di emergenze che alcune famiglie disagiate devono sostenere;
   a giudizio dell'interrogante è da biasimare la pratica condotta dalle compagnie aeree che fissano il prezzo del biglietto in ragione dell'anticipo con cui viene effettuato l'acquisto, per cui il prezzo del biglietto in prossimità della partenza raggiunge cifre esorbitanti –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alle dinamiche esposte in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per ovviare a eventuali comportamenti scorretti e lesivi nei confronti degli utenti-consumatori, posti in essere dalle compagnie aeree o da altri soggetti ad oggi non identificati. (4-14409)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI, NACCARATO, MORETTO, MOGNATO, ROSTELLATO, D'ARIENZO, MIOTTO e DE MENECH. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   durante la mattinata del 1o ottobre 2016, il sindaco di Rovigo Massimo Bergamin avrebbe promosso e partecipato di persona ad un non meglio precisato «controllo» all'interno di una abitazione della città in cui trovano regolarmente accoglienza richiedenti asilo, riferendosi a «clandestini e persone senza documenti» ed esibendo platealmente e pubblicamente la propria azione;
   la prefettura di Rovigo, nel replicare puntualmente al primo cittadino, ha già ribadito che le persone che trovano sistemazione in strutture che hanno aderito al bando della prefettura – come nel caso in questione – e ospitano richiedenti asilo risultano essere già tutte identificate dalla questura. Pertanto ogni riferimento a persone «clandestine e senza documenti» risulta infondato;
   non si sa dunque a quale titolo sindaco e polizia locale siano potuti entrare dentro alloggi privati e sempre a quale titolo abbiano potuto chiedere di identificare gli occupanti, attivandosi peraltro senza alcuna autorizzazione da parte dell'autorità giudiziaria e senza alcun coordinamento con prefettura e questura;
   sulla vicenda in questione è già stato annunciato un esposto alla procura di Rovigo, nel quale si configurano diverse ipotesi di reato;
   l'iniziativa promossa dal sindaco di Rovigo appare agli interroganti essere l'ennesima e, in questo caso, più grave strumentalizzazione a fini propagandistici del fenomeno migratorio –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e circa i presupposti di fatto e di diritto che possono aver giustificato le azioni compiute dal primo cittadino di Rovigo;
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda mettere in atto per evitare il ripetersi di simili attività di propaganda che vengono promosse da cariche istituzionali e per tutelare i diritti dei migranti richiedenti asilo. (3-02530)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2016 la Corte d'appello di Torino ha sancito il diritto per 58 famiglie di poter scegliere tra la mensa scolastica a pagamento e il pasto portato da casa, stabilendo che ciascun istituto debba adottare idonee misure organizzative in relazione alla specifica situazione logistica, indicando comunque che i principi da perseguire, per il consumo del pasto, debbano promuovere la coesistenza degli alunni e non la reciproca esclusione;
   nel mese di settembre 2016 tribunale di Torino ha rigettato il reclamo presentato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca contro l'ordinanza d'urgenza, emessa dallo stesso ad agosto, che riconosceva il diritto agli studenti di portarsi il pranzo da casa e consumarlo nel refettorio con i compagni; con tale sentenza viene inoltre riconosciuto un diritto che non vale solo per chi ha intrapreso l'azione legale ma per tutti gli alunni;
   il comune di Torino, responsabile del servizio di refezione scolastica e dei locali preposti, ha comunicato, in primo momento, che il servizio «misto» sarebbe iniziato il 3 ottobre e che le famiglie avrebbero dovuto comunicare la volontà di non usufruire della mensa scolastica entro il 23 settembre;
   tale decisione aveva già creato forti preoccupazioni nei dirigenti scolastici e nelle imprese di ristorazione coinvolte, circa le norme «temporanee» da utilizzare fino al 3 ottobre e sulla organizzazione complessiva del servizio «misto» che richiede regole igieniche e sanitarie atte ad impedire intossicazioni e quindi locali distinti tra chi usufruisce della mensa e chi del pasto portato da casa. Regole che necessitano conseguentemente di una spesa aggiuntiva per l'allestimento, la pulizia ed il controllo dei pasti nei locali dello stesso servizio «misto»;
   scuole ed imprese di ristorazione hanno inoltre rimarcato i rischi di azioni penali a cui potrebbero essere soggetti: i primi per non poter assicurare un diritto sancito da una sentenza, i secondi per le intossicazioni alimentari che potrebbero verificarsi a seguito di una mancata sorveglianza nei locali del servizio «misto»;
   problematiche sono già emerse nei giorni scorsi; da fonti stampa si apprende infatti che sono stati denunciati dirigenti scolastici per non aver autorizzato la fruizione del pasto da casa nei locali scolastici e che in alcuni plessi sono stati chiesti contributi in denaro ai genitori per la sorveglianza degli alunni mentre consumavano il pranzo non proveniente dal servizio mensa;
   il comune di Torino ha recentemente posticipato al 31 gennaio 2017 l'inizio del servizio «misto», vietando fino a quella data l'utilizzo dei cibi domestici all'interno dei refettori scolastici;
   appare evidente che, tra la sentenza del mese di settembre e la data del 3 ottobre fissata inizialmente dal comune di Torino per l'inizio del servizio «misto», siano sorte evidenti difficoltà di gestione ricadute esclusivamente su società o istituzioni differenti da chi ha in gestione lo stesso servizio e che la decisione del comune di allungare di altri 4 mesi la definizione di un piano concreto ed efficace di ristorazione differenziata possa causare gravissime problematiche alle categorie coinvolte: ai dirigenti ed al personale delle scuole, alle imprese di ristorazione ed alla continuità dei livelli occupazionali dei dipendenti, alle famiglie degli alunni ed agli stessi scolari –:
   se i ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano opportuno fare luce sulla vicenda descritta in premessa e se ritengano utile intraprendere iniziative atte ad affrontare le evidenti problematiche sorte a seguito della mancata attuazione e del rinvio del servizio «misto» di refezione scolastica al fine di tutelare la corretta esecuzione delle citate pronunce del tribunale e della Corte d'appello nel rispetto dei diritti di tutte le categorie coinvolte. (5-09676)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 4-14386, l'interrogante segnalava il caso del sindaco di Rovigo Massimo Bergamin che si era introdotto, in compagnia del capo della locale polizia municipale, Giovanni Tesoro, in locali adibiti alla residenza temporanea di richiedenti asilo e quindi che si configurano come alloggi privati a tutti gli effetti;
   con tale atto si chiedeva quali iniziative i Ministro interrogato intendesse adottare per evitare la violazione di diritti fondamentali quali quello delle privacy dei migranti richiedenti asilo;
   in data 1o ottobre 2016 Bergamin, accompagnato dal comandante della polizia locale, Giovanni Tesoro reiterava quella che per l'interrogante risulta come ma vera e propria violazione di domicilio in una diversa abitazione e sempre diffondendo immagini fotografiche in totale spregio del diritto alla privacy;
   il Prefetto di Rovigo Caterino a questo proposito ha parlato di «intrusione» e di «assurdità» delle dichiarazioni di Bergamin riguardo allo status dei richiedenti asilo e ha affermato che, in tale contesto, «l'atteggiamento del sindaco non aiuta» –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, per quanto di competenza, in relazione a tale situazione, fatta di atti ripetuti che, ad avviso dell'interrogante, violano la legalità e mettono a repentaglio una funzione delicata dello Stato quale l'accoglienza dei richiedenti asilo eventualmente valutando la sussistenza dei presupposti per promuovere iniziative ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-14403)


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO, NARDUOLO, ROSTELLATO, ZAN, MOGNATO e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alla mezzanotte del 4 ottobre 2016 un incendio è divampato nella sede di Monselice in provincia di Padova della ditta Nek.srl, che si occupa di raccolta, trasporto, trattamento e riciclaggio dei rifiuti;
   il rogo ha coinvolto l'intero capannone di circa 4000 metri quadri, bruciando i macchinari di lavorazione e il materiale in trattamento;
   sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco da Padova, Abano, Este, Rovigo e Treviso con 25 operatori e 10 automezzi tra cui 3 autobotti che sono stati impegnati fino all'intera mattinata seguente per domare le fiamme;
   sul posto sono arrivati anche i tecnici dell'Arpav per verificare la qualità dell'aria dopo le esalazioni;
   le cause del rogo sono al vaglio dei tecnici dei vigili del fuoco e dei carabinieri;
   fino ad ora non vi sono pronunce da parte delle autorità inquirenti, ma appare probabile che il rogo abbia origini dolose;
   nel dicembre 2015 l'azienda era stata al centro di una dura vertenza sindacale riguardante la sorte delle 24 lavoratrici nella cooperativa Libera di Rovigo impiegate nella ditta;
   la vicenda si era conclusa con il licenziamento delle lavoratrici e i titolari della Nek avevano sporto denuncia per violenza in concorso e per danneggiamento dei macchinari della società;
   l'incendio della Nek ha generato forte preoccupazione nelle comunità locali per la natura e per le dimensioni dell'incendio e per il rischio di inquinamento ambientale;
   in Veneto negli ultimi due anni una lunghissima sequenza di incendi ha colpito diverse società attive nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti;
   soltanto negli ultimi mesi gli interroganti hanno presentato interrogazioni al Ministro per i casi riguardanti la ditta Eco 2000 srl di Fossò (VE) incendiata il 17 luglio 2016, la ditta Veritas di Mogliano Veneto (TV) incendiata il 17 settembre 2016 e la Fe.Mar di Caorle (VE) incendiata il 25 settembre 2016;
   secondo gli interroganti su questi fatti è necessario avviare tutte le azioni necessarie per individuare i responsabili degli incendi e l'eventuale coinvolgimento di gruppi criminali organizzati;
   inoltre, tra il 27 luglio e il 15 agosto la ditta di trasporto di rifiuti di proprietà dei fratelli Zeggio a San Bellino in provincia di Rovigo è stata teatro di due incendi dolosi che hanno distrutto diversi automezzi con danni per centinaia di migliaia di euro;
   la relazione territoriale sul Veneto della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati (Doc. XXIII N. 17), discussa e approvata dalla Camera in data 14 settembre 2016, ha evidenziato la presenza di gruppi criminali nel ciclo illecito dei rifiuti e, in particolare per le province di Venezia e Treviso, ha sottolineato il fenomeno degli incendi di natura dolosa contro aziende operanti nel settore dei rifiuti;
   è noto che il settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti è oggetto di forti interessi da parte della criminalità organizzata che ha stabilito una presenza significativa anche in Veneto –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per accertare le cause e la matrice dell'incendio di Monselice;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per potenziare la presenza delle forze dell'ordine da impiegare in azioni di prevenzione e controllo del territorio. (4-14410)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   i commi 180-185 dell'articolo 1 della legge 107 del 2015 assegnano al Governo una maxidelega per emanare, entro 18 mesi dalla entrata in vigore della legge, decreti legislativi relativi a 9 ambiti tematici sulla scuola per riordino, la semplificazione e codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione;
   il comma 181 contiene la delega per il riordino delle disposizioni in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione mediante redazione di un nuovo testo unico che oltre a contenere le disposizioni del decreto legislativo n. 297 del 1994 racchiuda anche le altre fonti normative in materia d'istruzione; la riorganizzazione delle norme per materie omogenee; l'adeguamento del dettato normativo al quadro nazionale e dell'Unione europea; l'indicazione chiara delle leggi abrogate. Il nuovo Testo unico oltre al riordino e al coordinamento formale e sostanziale delle disposizioni di legge potrà prevedere integrazioni e modifiche innovative per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica;
   un nuovo Testo unico in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione è necessario ed improrogabile in quanto è dal 1994 che il governo non provvede ad una rivisitazione sistematica della normativa scolastica in vigore e la scuola, nel corso degli anni, è stata oggetto di numerosi provvedimenti e dispositivi, a volte anche in contraddizione tra di loro, che necessitano di una decisa semplificazione;
   i compilatori del nuovo testo unico dovranno fare i conti non solo con la grande quantità di disposizioni, ma anche e soprattutto con il lavoro di interpretazione, che costituisce il prerequisito per l'inserimento delle disposizioni all'interno di qualsiasi testo unico, atto la cui funzione non è solo quella di riunire in un unico volume tutte le norme di un determinato settore, ma anche quella di armonizzarle e di scartare le norme non più in vigore;
   nei testi unici, peraltro, viene di solito inserita una disposizione che preclude la possibilità di far prevalere norme di settore non inserite nel Testo unico stesso a meno che la legge non preveda espressamente l'abrogazione della disposizione contenuta nel Testo unico, anche se non necessariamente in contrasto;
   il rischio che si corre con l'avvento del nuovo testo unico, dunque, è quello di cancellare norme importanti che, nel corso degli anni, hanno informato la prassi delle istituzioni scolastiche. Si pensi, per esempio, alle disposizioni che regolano le competenze e le funzioni degli organi collegiali della scuola. Alcune di queste ancora regolate dai regi decreti degli anni ’20 con i quali fu introdotta la «riforma Gentile». Come per esempio, la norma che prevede la prevalenza del voto del presidente del consiglio di classe in caso di parità. Oppure quella che regola il processo di assegnazione dei voti di scrutinio;
   c’è poi tutto l'impianto della contrattazione collettiva, introdotta anche nella scuola, dal decreto legislativo n. 29 del 1993, seguito dal decreto legislativo n. 165 del 2001 il cosiddetto testo unico del pubblico impiego. In questo caso il rischio che si corre è quello di introdurre modifiche unilaterali negli obblighi di lavoro. Che potrebbero addirittura precludere la riapertura dei tavoli negoziali. Pure necessaria per effetto della recente pronuncia della Corte costituzionale con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme che bloccano per il futuro il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Il peggioramento delle condizioni di lavoro degli insegnanti, infatti, qualora fosse introdotto per legge, direttamente nel testo unico, andrebbe a scontrarsi con una disposizione contenuta nella legge n. 15 del 2009: la norma che preclude alla contrattazione collettiva la possibilità di derogare le leggi. Che però fa salve le deroghe introdotte con il contratto di lavoro vigente;
   poi c’è la questione delle sanzioni disciplinari. Questione particolarmente delicata perché nel testo unico del 1994 (il decreto legislativo n. 297 del 1994) vi sono norme, tuttora in vigore, in aperto contrasto con quelle contenute nel «decreto Brunetta». Si tratta in particolare della disciplina sostanziale che regola le sanzioni del personale docente, più pesanti di quelle previste per il resto del pubblico impiego. Secondo la prevalente giurisprudenza di merito, non sono applicabili dai dirigenti scolastici (ma il Ministero è di diverso avviso). In questo caso il contrasto potrebbe essere risolto essenzialmente in tre modi. Il primo è la delegificazione della materia e relativa restituzione al tavolo negoziale. Il secondo, è il recepimento «decreto Brunetta» con relativa cancellazione della disciplina sostanziale delle sanzioni attualmente in vigore. Il terzo è la riscrittura totale dell'intera materia, con l'introduzione di nuovi istituti validi solo per i docenti;
   la scuola italiana sta vivendo nell'incertezza normativa più assoluta, dove pezzi di contratto e di testo unico in materia d'istruzione si stanno perdendo per strada –:
   in quali tempi sia prevista l'approvazione del nuovo testo unico e in che modo si intenda ovviare alle problematiche.
(2-01492) «Centemero».


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 — «buona scuola» — tra le deleghe che attribuisce al Governo prevede l'intervento in materia di adeguamento alle nuove norme delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e delle modalità di svolgimento degli esami di Stato del primo e del secondo ciclo;
   da notizie apparse sulla stampa si apprende che, per l'esame di Stato conclusivo del II ciclo, le modifiche sulle quali il Ministero sta lavorando prevedono l'introduzione nella valutazione della prova Invalsi, somministrata agli studenti del quinto anno nel corso dell'anno scolastico e non come prova d'esame, la riduzione delle prove scritte a due, italiano più materia di indirizzo, e la conseguente eliminazione della terza prova;
   ai fini della valutazione finale dello studente verrebbero considerate anche le ore di alternanza scuola-lavoro, senza effettuare un monitoraggio a livello nazionale di come sia stata attuata e applicata su tutto il territorio nazionale la normativa relativa all'alternanza;
   sarebbe prevista anche la modifica dei criteri per sostenere l'esame orale che sarebbe basato su alcuni spunti e documenti suggeriti dalla commissione;
   secondo le indiscrezioni il Governo avrebbe previsto modifiche anche del sistema dei voti: il punteggio finale sarebbe sempre espresso in centesimi ma quello derivante dai crediti scolastici passerebbe da 25 a 40 punti; altri 40 punti arriverebbero dagli scritti — fino a 20 punti per ciascuna prova — e i rimanenti 20 punti sarebbero assegnati sulla base del colloquio;
   il Governo starebbe inoltre ipotizzando interventi anche sulla composizione delle commissioni; dalle notizie stampa si apprende che le ipotesi sarebbero due: la prima secondo la quale le commissioni sarebbero formate esclusivamente da commissari interni e il solo presidente sarebbe esterno alla scuola; la seconda ipotesi valuta anche la possibilità di lasciare invariata la composizione delle commissioni, tre commissari interni e tre esterni, ma si introdurrebbe la figura del presidente unico per tutte le commissioni operanti nella stessa scuola;
   non viene prevista nessuna prova relativa alla conoscenza di una lingua straniera e delle competenze acquisite con il CLIL, tenendo presente l'importanza di conoscere una lingua straniera ed in particolare la conoscenza dell'inglese, una lingua ormai imprescindibile nel mercato del lavoro;
   le novità potrebbero interessare gli studenti che sosterranno l'esame di Stato nel 2017, quindi coloro che al momento frequentano il quarto anno degli istituti secondari superiori;
   al termine della scuola secondaria di I grado — primo ciclo — sarebbero previste solo due prove, con l'esclusione anche in questo esame della prova di lingua straniera;
   si legge inoltre che venga eliminata la valutazione nell'esame di Stato conclusivo del primo ciclo la prova Invalsi, nonostante il fatto che «la rilevazione serve a migliorare l'efficacia della scuola per le fasce più deboli della popolazione scolastica e a far emergere e diffondere le esperienze di eccellenza presenti nel Paese». I test infatti non servono per dare un giudizio sull'operato del docente, né per punire o fare classifiche tra scuole, ma per consentire agli istituti di riflettere sul proprio operato e migliorarsi –:
   quali siano le effettive prove, le modalità di svolgimento degli esami e la composizione delle commissioni e quali i tempi di approvazione dello schema di decreto legislativo, in considerazione del fatto che i cambiamenti dell'esame di Stato e del relativo sistema di valutazione dei crediti e di svolgimento delle prove richiede già da ora che le studentesse e gli studenti, sia del primo che del secondo ciclo, conoscano il nuovo esame per prepararsi adeguatamente.
(2-01493) «Centemero».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LEVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale del 20 maggio 2016 n. 313, il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha indetto il «bando accesso medici alle scuole di specializzazione A.A. 2015/2016»;
   il sistema di selezione prevede che i candidati idonei per punteggio siano immediatamente assegnati alla loro prima sede universitaria prescelta e che, per i candidati che presentino un punteggio inferiore ai primi sopracitati, che comunque sia idoneo per la loro scuola di specializzazione prescelta, ma non idoneo per la prima sede universitaria da essi selezionata, il loro stato concorsuale è quello di candidato «prenotato»;
   per tutti gli altri concorrenti che presentino un punteggio che non dia loro la matematica sicurezza di essere idonei per nessuna delle tre specializzazioni prescelte, vale lo stato di candidato in attesa. Per quest'ultima categoria la possibilità di essere resi idonei dipende dagli scorrimenti di graduatoria;
   tali scorrimenti si succedono dalla fine del mese di agosto fino alla fine di ottobre. Tuttavia, la possibilità di mantenere la graduatoria aperta esclusivamente per due mesi ha prodotto già nello scorso concorso nazionale un ampio numero di posti vacanti perché i tempi ristretti di «ripescaggio» non hanno consentito l'attribuzione di tutti i contratti disponibili;
   questa situazione ha prodotto un duplice danno sia ai candidati che non hanno potuto beneficiare delle borse di studio specialistiche potenzialmente a loro attribuibili, sia a carico degli atenei che si sono trovati a dover fare i conti con un depauperamento delle risorse umane, con interi reparti ridotti a non avere specializzandi in corsia –:
   se non si ritenga necessario valutare la possibilità di concedere una proroga agli scorrimenti delle graduatorie fino all'esaurimento totale dei posti, per evitare che vadano perdute numerose borse di studio, attribuibili a candidati che «di fatto» ne avrebbero titoli. (4-14399)


   MATARRELLI, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, PASTORINO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   una bambina di 23 mesi a Reggio Calabria affetta da diabete è stata rifiutata in quattro asili nido che le hanno negato l'iscrizione;
   il caso è stato denunciato dall'associazione A.G.D. di Villa S. Giovanni, impegnata da anni sul territorio in attività di sensibilizzazione e di formazione sulle problematiche relative al diabete, presieduta dall'avvocato Carminiti che ha richiamato l'attenzione su uno specifico protocollo d'intesa in materia, siglato dai Ministri interrogati e recepito dalla regione Calabria e su un documento riguardante l'inserimento dei bambini diabetici a scuola, firmato dalla Commissione nazionale sul diabete presieduta dalla dottoressa Paola Pisanti (Ministero della salute), in collaborazione con le associazioni che si occupano della tutela dei diritti del diabetico nel novembre 2013;
   il documento in questione affronta il tema della somministrazione dei farmaci a scuola ponendo al centro dell'attenzione il diritto dei bambini ad una piena e sicura inclusione scolastica garantendo che il bambino non sia trattato come un diverso per la presenza continua a scuola di una persona a lui dedicata;
   il documento strategico è stato presentato in Senato il 7 novembre del 2013, recepito nell'ordinamento di sole 7 regioni (Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Lazio, Sicilia, Abruzzo, Umbria e Calabria), lasciando un vuoto normativo nelle rimanenti regioni italiane e non prevedendo un effettivo controllo sulla sua applicazione in quelle dove è stato applicato;
   nel caso descritto la madre della bambina, affetta anche lei da diabete, potrebbe essere costretta a mettersi in aspettativa o a lasciare il lavoro per prestare le cure necessarie alla figlia –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, i ministri interrogati intendano adottare per garantire l'istruzione e l'assistenza negli istituti scolastici per i soggetti affetti da diabete su tutto il territorio nazionale. (4-14406)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CIMBRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Direct Line, azienda britannica operante nel settore assicurativo dal 1985, nel 2002 sbarca in Italia, ponendo nel 2014 il suo polo unico nella sede di Cologno Monzese; sede che andrà quindi ad occuparsi della gestione delle polizze assicurative per tutto il Paese. Ad oggi, la sede conta circa 847 lavoratori, tutti a tempo indeterminato;
   nel 2015, la società viene acquisita dal gruppo spagnolo MAPFRE: multinazionale di 38.000 dipendenti, presente in 47 Paesi con 34 milioni circa di clienti. Contestualmente, l'amministratore delegato di MAPFRE, Antonio Huertas, rassicura le dipendenze sul fatto che l'operazione di acquisizione non determinerà alcuna perdita di posti di lavoro;
   il 10 giugno 2016, la nuova dirigenza comunica invece l'esubero di 200 posizioni, distribuite su tutti i dipartimenti interni della sede (con un'incidenza maggiore sul «contact center», settore che da solo conta quasi 500 dipendenti). Un gran numero dei licenziati sono giovani donne, 39 anni in media di età, con figli a carico; molte di loro hanno maturato anche fino a 15 anni di anzianità in azienda, e tutte, come detto, godono di un contratto a tempo indeterminato. Dal 15 settembre sono decaduti tutti gli accordi sindacali e dal 30 novembre scadrà il contratto collettivo aziendale;
   prima di tale data nessuna comunicazione in merito era stata data ai lavoratori o alle rappresentanze sindacali; analogo discorso per la situazione finanziaria dell'azienda: da un giorno all'altro si scopre così il 2015 essere stato l'anno peggiore di sempre, con una marcata perdita di competitività con gli altri istituti assicurativi;
   per il sindacato, «la procedura che stanno usando non è regolare: prima degli esuberi, si deve riorganizzare. Questo dice il nostro contratto nazionale Ania». La riorganizzazione andrà a toccare fin da subito invece i lavoratori superstiti, i quali subiranno una corposa riduzione delle loro retribuzioni. Le proposte di compromesso avanzate dai lavoratori sono state nel frattempo rifiutate dall'azienda;
   il 16 giugno, i vertici sindacali di Fisac CGIL, First CISL, F.N.A e Uilca, con una delegazione della RSA Direct Line e alcuni lavoratori si sono uniti in presidio sotto la sede milanese dell'ANIA, richiedendo un intervento della stessa affinché possa farsi parte attiva nella gestione corretta dell'articolo 16, come da prassi nel settore. I medesimi sindacati hanno richiesto inoltre un'audizione in regione Lombardia, Commissione attività produttive e occupazioni. Una lettera è stata inviata al sindaco di Milano, per sollecitarne l'intervento, e nei mesi di luglio e agosto sono stati indetti dalle rappresentanze sindacali aziendali, in accordo con i lavoratori, numerosi e partecipati scioperi, con presidi sindacali continui e costanti davanti la sede aziendale di Cologno;
   in data 12 agosto la direzione del personale della società ha inviato tramite email a tutti i dipendenti un «Piano di incentivazione economica per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro»; in data 29 settembre, nonostante nel piano di incentivazione volontaria all'esodo fosse espressamente indicato che le adesioni sarebbero state accettate dando priorità alle figure indicate come esubero e secondo l'ordine di ricezione, la direzione del personale ha dichiarato chiuso il piano, rifiutando numerose richieste anche di figure rientranti tra quelle dichiarate in esubero e con data antecedente rispetto a quelle invece già accettate;
   ad oggi, nessun piano industriale è stato presentato né da parte della dirigenza di Direct Line né da parte della proprietà spagnola MAPFRE –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere al fine di convocare le parti e fare chiarezza sulle prospettive produttive ed occupazionali della società Direct Line, oggi MAPFRE. (5-09673)

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Manifattura Italiana Tabacco s.p.a., storica azienda con sede a Chiaravalle (AN) attualmente impegna 65 lavoratori nello stabilimento marchigiano e una ventina a Roma;
   negli ultimi cinque anni, 10 lavoratori sono usciti dal ciclo produttivo;
   le segreterie regionali Cgil Cisl Uil e la rappresentanza sindacale unitaria della manifattura Tabacchi di Chiaravalle, nel corso di un recente incontro con gli assessori regionale competenti, hanno detto di temere che le strategie aziendali possano puntare verso una richiesta di concordato, per le quali — secondo i lavoratori — «non ci sono le condizioni, in quanto la Manifattura ha margini di guadagno significativi»;
   le organizzazioni hanno parlato di accordi internazionali in corso di definizione che, se confermati, da soli assicurerebbero lavoro per tutti gli operai attualmente impiegati;
   il 5 ottobre si terrà una riunione del consiglio di amministrazione che le organizzazioni sindacali definiscono «delicatissima per il futuro dell'azienda» –:
   quali iniziative intendano assumere in relazione alla vicenda della Manifattura Italiana Tabacco s.p.a, con particolare riferimento alle prospettive industriali e occupazionali. (4-14402)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, BENEDETTI, GAGNARLI e LUPO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'invito alla presentazione dei progetti della campagna 2016/2017 relativo alla misura «promozione sui mercati dei Paesi terzi» dell'OCM Vino, prevede che i soggetti proponenti, al fine di verificare l'applicabilità del criterio di priorità di cui alla lett. b) del comma 1 dell'articolo 11 del decreto ministeriale n. 32072 del 18 aprile 2016, dichiarino di essere «nuovi beneficiari»;
   la suddetta norma per «nuovo beneficiario» intende uno dei soggetti beneficiari in virtù di quanto disposto dall'articolo 3 che non hanno goduto dell'aiuto sulla misura «promozione» nel corso dell'attuale periodo di programmazione 2014-2018; nel caso di raggruppamenti, il requisito deve essere posseduto da tutti i partecipanti al raggruppamento medesimo;
   dall'elenco dei proponenti ammessi a graduatoria pubblicato il 26 luglio, risulta tuttavia che tra i soggetti costituenti raggruppamenti o altre forme di natura consortile molti sono «vecchi beneficiari» e pertanto il relativo raggruppamento risulterebbe escluso dalla premialità legata al requisito di «nuovo»;
   a seguito di formali richieste di chiarimenti in merito a quanto sopra detto, risulta agli interroganti che il Ministero abbia disposto che i soggetti vecchi beneficiari, se messi insieme in un raggruppamento, diventano automaticamente nuovi beneficiari con diritto alla relativa premialità;
   a seguito di tale evidente confusione, derivante da una non corretta interpretazione della norma o da eventuali disattenzioni del comitato di valutazione, molti proponenti hanno presentato ricorso presso le competenti autorità e di fatto ad oggi il procedimento per l'assegnazione dei contributi risulta fermo anche per quei proponenti in regola con la premialità riguardo al vincolo «nuovi beneficiari» –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro in relazione a quanto espresso in premessa e come intenda procedere al fine di sbloccare il procedimento per l'assegnazione dei contributi a valere sulla misura «Promozione» prima della scadenza del termine del 15 ottobre 2016 entro il quale devono essere comunicati alla Commissione europea i nominativi dei soggetti in graduatoria. (5-09678)


   TERROSI, OLIVERIO e COVA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea, a dimostrazione del forte legame che lega le eccellenze agroalimentari italiane al territorio di origine;
   uno dei prodotti a denominazione tra i più famosi nel mondo è il pecorino romano DOP che è un formaggio a pasta dura e cotta, prodotto con latte fresco di pecora proveniente da greggi allevate allo stato brado la cui zona di produzione comprende il territorio della regione Lazio, e ad oggi, prevalentemente quello della Sardegna;
   secondo lo studio realizzato dalla Professoressa Anna Carbone (università degli studi della Tuscia Viterbo, 2003) esiste una differenziazione merceologica per le due produzioni, laziale e sarda, identificate rispettivamente come «pecorino romano genuino» e «pecorino sardo tipo romano», riconosciuta dal mercato in termini di differenza di prezzo a vantaggio della provenienza laziale e quantificabile con larga approssimazione in un 10-15 per cento (Anelli, De Santis 1989; Ismea 2002);
   secondo lo studio citato, esiste uno spazio di mercato distinto per le due produzioni: nonostante il maggior prezzo, il prodotto laziale occupa un segmento di mercato perlopiù nazionale e negli ultimi anni internazionale mentre al pecorino romano sardo è stato assegnato un ruolo del tutto diverso poiché sono altre in quella regione le produzioni a denominazione considerate di più alta qualità;
   delle 38 aziende laziali che producevano l'apprezzato formaggio è rimasta una sola, nel comune di Nepi (VT), che ha incrementato negli ultimi anni il proprio fatturato del 20 per cento e il numero dei dipendenti che attualmente sono pari a 40, assicurando ai circa 400 allevatori il ritiro del latte in modo continuativo e tempi certi di pagamento;
   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali il 9 marzo 2016 ha approvato il piano di regolazione dell'offerta del pecorino romano DOP proposto dal Consorzio e ha assegnato all'unica azienda laziale che produce pecorino romano, denominata «I Buonatavola Sini», una produzione massima pari a 6.000 quintali a fronte dei 12.000 quintali trasformati –:
   se non intenda favorire il riequilibrio delle quote di produzione da assegnare all'azienda laziale, considerando lo splafonamento verificatosi nell'anno corrente, legato all'andamento positivo delle richieste di prodotto provenienti soprattutto dal mercato americano, anche adottando misure per sostenere le produzioni e comunicare al consumatore distintamente le diverse tipologie di prodotto, laziale e sardo. (5-09679)


   ZACCAGNINI e SCHULLIAN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le api, in quanto insetti dediti all'impollinazione, hanno una notevole importanza ecologica ed economica. Come diffuso da più organi di stampa il fenomeno della moria delle api è sempre più esteso e sembra inarrestabile;
   in relazione al progetto di monitoraggio della salute delle api «Beenet», il Governo rispondeva, in data 3 dicembre 2014, all'interrogazione a risposta in commissione n. 5-04098, del firmatario del presente atto: «[...] Il Ministero, intende confermare per il futuro il progetto denominato BEENET, nell'ambito del quale è stata definita una rete di monitoraggio nazionale sullo stato di salute degli alveari, anche al fine di approfondirne le cause di moria delle api e di spopolamento. Si tratta di un progetto che coinvolge 3.000 alveari situati in ogni regione e provincia autonoma, attraverso periodici controlli e successive analisi di laboratorio sulle diverse matrici raccolte (api morte, api vive, covata, cera, polline). (...) Il progetto BEENET, è coordinato dal CRA-API in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, con il Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. [...]»;
   se il Ministro intenda fornire aggiornamenti sullo stato di riattivazione del progetto BEENET anche in relazione alla crisi del settore dell'apicoltura. (5-09680)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 10 marzo 2015 con decreto ministeriale n. 5445 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, è stato approvato il nuovo piano assicurativo agricolo nazionale per l'anno 2015. Tale documento, come previsto dal decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, ogni anno definisce produzioni agricole, tempistiche e modalità alle quali occorre attenersi affinché i produttori agricoli possano beneficiare dei contributi pubblici — previsti dalla normativa europea e nazionale — a parziale ristoro dei costi sostenuti per la copertura dei rischi di perdite economiche causate da avversità atmosferiche, da epizoozie e fitopatie;
   tra le diverse novità apportate al piano nazionale assicurativo vi è l'abolizione della distinzione tra polizze pluririschio e multirischio, prevedendo unicamente polizze la cui quantificazione del danno si concretizza come differenza tra resa effettiva e resa assicurata, tenendo conto della compromissione della qualità;
   nel piano assicurativo è stata altresì operata una distinzione delle avversità classificate in catastrofali, caratterizzate da alto impatto territoriale e bassa frequenza (siccità, alluvione, gelo e brina), di frequenza, eventi caratterizzati da alta frequenza, ma a modesto impatto territoriale (eccesso di neve, eccesso di pioggia, grandine, venti forti) e accessorie come colpo di sole, vento caldo, sbalzi termici;
   è altresì stabilito che il contributo pubblico a vantaggio delle imprese agricole a parziale ristoro del costo assicurativo è pari al 65 per cento della spesa ammessa ridefinendo le modalità di calcolo dei parametri;
   come riportato dalle, maggiori agenzie di stampa le aziende che hanno sottoscritto le polizze assicurative nel 2015 attendono da tre mesi il contributo dello Stato e l'aspetto più negativo è che dal Ministero non è stata resa nota alcuna data, neppure indicativa di quando le aziende verranno risarcite;
   è del tutto evidente che, rispetto agli anni precedenti, i cambiamenti apportati nel nuovo piano, anziché generare semplificazione, hanno causato una grave complicazione provocando una mancanza di liquidità delle aziende –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere al fine di provvedere all'erogazione dei contributi alle imprese agricole per le polizze assicurative del 2015. (5-09677)

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA e NESCI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 marzo 2008, con regolamento (CE) n. 284 del 2008, la «Cipolla rossa di Tropea Calabria» è entrata nell'elenco europeo delle «denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette»;
   la cipolla rossa di Tropea è coltivata da più di duemila anni lungo la fascia tirrenica della Calabria, nella zona tra le province di Vibo Valentia e Cosenza, in particolare nel territorio dei comuni che vanno da Amantea, Campora San Giovanni fino a Briatico, Tropea e Capo Vaticano e Nicotera;
   il direttore generale del dipartimento dell'ispettore centrale della tutela della qualità e della repressione frodi di prodotti agro-alimentari, in risposta ad un quesito posto da un imprenditore agricolo calabrese specializzato nella produzione della cipolla rossa di Tropea, ha affermato che: «il metodo di ottenimento del prodotto è esclusivamente quello descritto all'articolo 5 del disciplinare di produzione che non prevede la coltivazione in serra» e che: «La produzione di cipolla rossa di Tropea Calabria avviene in terreni sabbiosi o tendenzialmente sabbiosi, di medio impasto, a tessitura franco-argillosa o limosa che decorrono lungo la fascia costiera o che costeggiano fiumi e torrenti, di origine alluvionale che seppur ghiaiosi non limitano lo sviluppo e l'accrescimento del bulbo. I terreni costieri — prosegue la nota del dipartimento — sono idonei alla coltura della cipolla precoce da consumo fresco, quelle di aree interne, di natura argillosa e franco argillosa sono adatti alla tardiva da serbo»;
   per quanto sinora asserito, non può, dunque, essere immesso sui mercati (nazionali ed estero), fregiandosi del marchio igp, un prodotto coltivato in serra. I metodi di ottenimento diversi da quelli nei campi (nella zona geografica interessata) darebbero vita, di fatto, a un prodotto contraffatto. Alcune agenzie di stampa locali, tuttavia, riportano una preoccupante situazione – in particolare nelle provincia di Vibo Valentia e zone limitrofe – in cui una tipologia di cipolla rossa viene, in maniera fraudolenta, etichettata ed esportata come «cipolla rossa di Tropea»;
   la Coldiretti, già nel 2013, denunciava come, a fronte di una produzione in Calabria di «cipolla rossa di Tropea» di circa 200 mila quintali, fosse immessa sul mercato una quantità di prodotto superiore al milione di quintali. Se, poi, quanto denunciato in questi giorni dal sopracitato imprenditore agricolo e riportato nelle testate locali fosse confermato si parlerebbe, addirittura, di 700, 800 quintali al giorno di cipolla rossa coltivata in serra e venduta come rossa di Tropea Calabria Ipg;
   in data 6 novembre 2013, il sottosegretario di Stato alle politiche agricole alimentari e forestali, in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-00946, ha affermato: «pur considerando che il soggetto operativo e rappresentativo per il confronto in materia con le istituzioni è individuato ex lege nel Consorzio, confermo comunque la disponibilità del Ministero ad accogliere iniziative specifiche per l'istituzione di un tavolo tecnico nell'ottica di una amministrazione partecipata e nel comune obiettivo di difesa dei prodotti e del consumatore» –:
   per quali motivi, dopo due anni e mezzo, non sia stato ancora costituito un tavolo di crisi che coinvolga gli attori della filiera di produzione della «cipolla rossa di Tropea», la regione Calabria e gli enti locali interessati al fine di contrastarne, in maniera efficace, la sua contraffazione e se non ritenga urgente, oggi più che mai, disporre un controllo capillare da parte delle autorità preposte al fine di arginare il fenomeno. (4-14404)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   GIAMMANCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale di Cefalù costituisce un presidio di eccellenza sanitaria a livello non solo regionale, ma nazionale. Si tratta di un ospedale molto attivo sul territorio, di una struttura composta da reparti (oncologia, neurologia, ortopedia, chirurgia vascolare) con alti indicatori di qualità, complessità, efficienza operativa e sostenibilità economica;
   l'ospedale di Cefalù può vantare un bilancio in attivo, ma il nuovo progetto di piano sanitario della regione siciliana prevedrebbe, come si apprende da numerose fonti di stampa, il ridimensionamento dell'ospedale di Cefalù a ospedale territoriale, semplice presidio sanitario di zona. Qualora tale disegno dovesse concretizzarsi, rimarrebbero inutilizzati molti strumenti tecnologi e macchinari di ultima generazione acquistati, a suo tempo, dalla regione siciliana per l'ospedale in questione;
   tra le conseguenze più immediate e preoccupanti del ridimensionamento dell'ospedale di Cefalù ci sarà un probabile incremento dei decessi per patologie cardiache. In una stima fatta dal personale sanitario dell'ospedale si prevede un incremento di almeno 50 decessi ogni anno per patologie cardiache, di cui 30-35 per infarto, dal momento che, in seguito ai tagli, sarebbero negate angioplastiche anche in emergenza e cure altamente qualificate. Le conseguenze sulla salute dei cardiopatici sarebbero particolarmente gravi, poiché l'ospedale in questione è centro « hub» nella rete per l'infarto (bacino 120-150 mila abitanti) ed è specializzato nella cura dello scompenso cardiaco e delle aritmie (bacino di ben oltre 600 mila). Anche nell'ipotesi in cui il reparto di cardiologia fosse risparmiato dai tagli, non potrebbe in alcun modo funzionare se non inserito all'interno di un attivo ed efficiente ospedale;
   i costi sanitari, inoltre, aumenterebbero, poiché con il ridimensionamento del nosocomio di Cefalù, i centri metropolitani sarebbero più congestionati e funzionerebbero in modo meno efficiente, con il conseguente e costoso fenomeno di emigrazione sanitaria in altre regioni, il cui peso graverebbe sulle tasche dei cittadini;
   Enzo Tango, segretario generale della Uil Fpt Sicilia ha commentato con preoccupazione: «È una delle strutture più qualificate della Sicilia, che ogni anno conta 7.200 ricoveri. Per questo il ridimensionamento dell'ospedale di Cefalù, che possiede i requisiti per essere classificate come presidio di primo livello, sarebbe inaccettabile. I tagli, in un territorio così vasto e popoloso, produrrebbero solo gravi carenze sanitarie e occupazionali»;
   da fonti di stampa si apprende di un ripensamento da parte della regione siciliana, come dichiarato dal presidente Crocetta all'indomani di un'assemblea cittadina svoltasi nel comune di Cefalù, che ha visto l'adesione di migliaia di esponenti della società civile, ma le voci sul ridimensionamento de «Il Giglio» continuano a non placarsi;
   un bacino di circa 600 mila abitanti sarà sostanzialmente privato del diritto alla salute, in stridente contrasto con il mantenimento di una sovrabbondanza di strutture sanitarie di elevato livello nelle grandi aree urbane –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa, se le cause del ridimensionamento dell'ospedale di Cefalù siano imputabili al piano di rientro dai disavanzi sanitari e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di scongiurarne la chiusura, ove verificasse che l'ipotesi in questione sia stata presa in considerazione dalla regione siciliana. (3-02531)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   BURTONE e LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la regione siciliana ha annunciato la definizione di un piano di riordino ospedaliero ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015;
   suddetta ipotesi di piano, pur nella necessità di una riorganizzazione della rete ospedaliera sul territorio regionale, ha evidenziato da subito limiti e incongruenze che necessitano di un ulteriore approfondimento;
   non si è trattata della consueta obiezione di «campanile», ma in molti casi di questioni di merito e di oggettive condizioni che riguardano i territori;
   non a caso a quanto appreso dagli organi di informazione, la regione siciliana avrebbe deciso di aprire una fase di confronto con i territori e di non inasprire i toni del confronto anche con le organizzazioni sindacali e gli operatori sanitari;
   in particolare, si porta all'attenzione del Governo la questione concernente l'ospedale di Militello Val di Catania che, in base ad una prima ipotesi di piano veniva classificato come ospedale di comunità, il che sostanzialmente si sarebbe declinato con la chiusura di reparti fondamentali come chirurgia e medicina e di fatto dello stesso pronto soccorso;
   l'ospedale di Militello, ubicato in un comprensorio complesso e si configura sulla base dei criteri già individuati dal cosiddetto «decreto Balduzzi», come ospedale al servizio di aree disagiate;
   da Militello si impiega un'ora per raggiungere la struttura ospedaliera di Caltagirone e un'ora per una qualsiasi struttura ospedaliera della città di Catania;
   un piano che non prenda in considerazione tale oggettiva difficoltà è un piano che viene meno al principio fondamentale di cercare di assicurare ai cittadini il diritto di cura; Militello Val di Catania non è il solo caso di evidente criticità presente all'interno della suddetta ipotesi di piano di riordino;
   per questo diventa imprescindibile un'attenzione da parte del Governo, nell'ambito delle proprie prerogative, al fine di supportare un'azione di riorganizzazione maggiormente conforme alle esigenze dei territori e più razionale  –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative, nel rispetto delle competenze regionali in materia sanitaria, intenda assumere in tempi rapidi al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza e scongiurare il declassamento dell'ospedale di Militello Val di Catania, in considerazione della sua assoluta strategicità in un comprensorio disagiato, nonché per rivedere le criticità complessive emerse nell'ambito della suddetta ipotesi di piano di riorganizzazione ospedaliera sul territorio siciliano, tutelando il diritto alla salute e di cura dei cittadini. (5-09681)


   NICCHI e GREGORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con la prossima legge di bilancio sarà definita la quota di finanziamento del Fondo sanitario nazionale che servirà, tra l'altro, a coprire ulteriori spese quali, per esempio, quelle derivanti dai farmaci innovativi;
   con riferimento ai farmaci innovativi e alla cura dell'epatite C, ricordiamo che le risorse attuali consentono di trattare circa 50 mila pazienti (il 5 per cento dei potenziali beneficiari), in base ai criteri di gravità definiti dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa);
   si stima che in Italia siano circa un milione le persone affette da questa patologia. Il fatto inoltre che l'Italia abbia il primato europeo per numero di soggetti HCV positivi e mortalità per tumore primitivo del fegato, e che oltre 20 mila persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato e nel 65 per cento dei casi, nonché che l'HCV risulta causa unica o concausa dei danni epatici, indicano come l'epatite C possa essere considerata a tutti gli effetti un'emergenza nazionale di sanità pubblica;
   giova ricordare che, in caso di emergenze sanitarie e in base all'accordo in capo all'Organizzazione mondiale per il commercio, denominato TRIPs, esiste la possibilità di derogare alla protezione brevettuale attraverso la licenza obbligatoria a cui, ogni Stato che aderisce all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) può ricorrere al fine di proteggere la salute pubblica;
   è ipotizzabile per l'Italia percorrere la strada della «emergenza sanitaria» al fine di giungere a una licenza obbligatoria per i nuovi farmaci antivirali ad azione diretta contro il virus dell'epatite C (HCV). Attraverso la «licenza obbligatoria» è possibile infatti produrre i farmaci anti-epatite C a costo contenuto e garantirne l'accessibilità a tutti i pazienti che ne hanno bisogno. Con una tale licenza infatti, un Governo forza i possessori di un brevetto, o di altri diritti di esclusiva, a concederne l'uso per lo Stato o per altri soggetti;
   proprio per spingere il nostro Paese a richiedere e ottenere la suddetta deroga alla protezione brevettuale e chiedere la «licenza obbligatoria» è in corso una importante campagna di raccolta firme di una petizione, così da consentire a tutti i pazienti di poter accedere alla terapia per l'epatite C, a carico del Servizio sanitario nazionale –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per chiedere la prevista deroga alla protezione brevettuale attraverso la «licenza obbligatoria» per i nuovi farmaci antivirali per l'epatite C, al fine di favorire la produzione di farmaci a costo contenuto e garantirne l'accessibilità a tutti i pazienti che ne necessitano. (5-09682)


   DI VITA, GRILLO, LOREFICE, NESCI, COLONNESE, SILVIA GIORDANO, MANTERO e DALL'OSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 2 aprile 2015, n. 70, del Ministero della salute è un complesso documento di programmazione sanitaria che definisce standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, ridisegnandone la mappa in una ottica di riduzione dei costi; entro la fine del 2016, le regioni dovrebbero adottare piani sanitari conformi alle prescrizioni contenute nel suddetto decreto;
   il primo tentativo di intervento in ordine alla riorganizzazione della rete ospedaliera siciliana è avvenuto nel gennaio 2015 durante l'assessorato di Lucia Borsellino; nonostante contenesse alcuni positivi elementi di novità, quali la territorializzazione del sistema sanitario secondo metodo Hube and Spoke, tale progetto è stato bocciato dal Governo Renzi;
   pertanto, il 29 giugno 2016, il nuovo assessore alla sanità della regione siciliana, Baldo Gucciardi, ha firmato un piano di riorganizzazione della rete ospedaliera (con il decreto n. 1188/2016), che avrebbe ottenuto l'approvazione del Ministero della salute, prontamente informato del progetto, almeno in base alle notizie diffuse dalla stampa locale, successivamente smentite dal presidente Crocetta travolto da un'ondata di critiche acerrime, a causa dei tagli imposti dal progetto di Gucciardi;
   il governatore siciliano parla di «mera bozza», di semplice simulazione, e il Governo secondo gli interroganti, gli dà sponda, sostenendo che il «Piano Gucciardi» non esisterebbe; tuttavia pare che la regione sia stata convocata il 3 agosto 2016 presso il Ministero della salute, al fine di discutere nel dettaglio il progetto di riorganizzazione della rete ospedaliera e di verificarne la conformità al decreto adottato dallo stesso dicastero ad aprile dello scorso anno;
   occorre infine precisare che il sindacato dei medici ha espresso serie preoccupazioni riguardo alla parte del piano di riordino delle rete ospedaliera relativa alle emergenze, non ritenendola idonea a reggere la forza d'urto della nuova organizzazione delineata dal piano medesimo –:
   quale sia il contenuto delle comunicazioni intercorse negli ultimi tre mesi tra il Ministero della salute e l'assessorato alla sanità della regione siciliana, specie con riguardo allo sblocco delle assunzioni del personale sanitario, quali documenti siano stati inviati da parte delle istituzioni regionali al Ministro interrogato in merito alla riorganizzazione della rete ospedaliera e se sia in grado di fornire dati e documenti precisi in relazione al piano sanitario che la regione siciliana dovrà adottare entro la fine dal 2016, al fine di conformarsi alle prescrizioni contenute nel decreto 2 aprile 2015, n. 70. (5-09683)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   RICCIATTI e FERRARA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Electron Italia è controllata al 100 per cento da Finmeccanica, ora Leonardo, nella quale lavorano 68 dipendenti;
   Electron Italia progetta e realizza sistemi integrati di sicurezza fisica per infrastrutture di rilevante importanza a livello nazionale anche per la stessa Finmeccanica, questo settore è considerato « core» dall'attuale Leonardo – Finmeccanica;
   Leonardo – Finmeccanica persegue strenuamente l'obiettivo di vendere Electron Italia, quasi rincorrendo l'unico soggetto esterno che sembra interessato ad acquistare Electron Italia;
   con la vendita di Electron Italia è a rischio la perdita dell'azienda e del prezioso patrimonio di competenze, conoscenze e gestione dei sistemi di sicurezza sia interni che esterni a Leonardo – Finmeccanica, che i dipendenti possono vantare, tenuto conto che sembrerebbe che Leonardo – Finmeccanica intenda cedere ad un acquirente che, secondo i sindacati, non avrebbe i requisiti per garantire un futuro occupazionale ai lavoratori;
   nell'audizione svoltasi il 3 maggio 2016 presso la Commissione attività produttive della Camera dei deputati il Ceo dottor Moretti ha sottolineato l'importanza di avere il pieno controllo delle aziende coinvolte nei processi produttivi di Leonardo – Finmeccanica;
   negli scorsi mesi i 68 dipendenti della Electron Italia hanno visto una riduzione dell'organigramma di primo livello e la mancanza di prospettive certe nel medio periodo;
   i dipendenti dell'Electron Italia hanno chiesto di essere integrati nel gruppo, tenuto conto del bagaglio di esperienza, know-how, certificazioni, conoscenza e gestione dei sistemi di sicurezza sia interni al gruppo che esterni, posseduto dai dipendenti;
   Leonardo – Finmeccanica è un'azienda italiana attiva nei settori della difesa e dell'aerospazio e della sicurezza il cui maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze –:
   in base a quali motivazioni Leonardo abbia oggi proceduto a valutare la vendita della Electron Italia ad un solo soggetto escludendo a priori la possibilità di valutare le proposte o offerte di altri soggetti e, in tale contesto, se non ritenga, allo scopo di non disperdere un patrimonio di competenze nella gestione dei sistemi di sicurezza, assumere iniziative per l'integrazione di questi nel gruppo Finmeccanica, tenuto conto che la progettazione e la realizzazione di sistemi integrati di sicurezza fisica per infrastrutture è di rilevante importanza, tanto che la stessa Leonardo – Finmeccanica considera questo settore « core». (5-09687)


   BENAMATI e PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella risposta all'interrogazione n. 5-04770 in data 10 aprile 2015, il Viceministro dello sviluppo economico Claudio De Vincenti, segnalava che la società Italtel avrebbe avuto diritto al sostegno della società di servizio per la patrimonializzazione e ristrutturazione delle imprese se in possesso dei requisiti richiesti, e conformemente ai criteri e alle modalità di concessione previsti dal suddetto decreto;
   nella risposta all'interrogazione n. 5-06056 avente ad oggetto l'attuazione del fondo «Salva imprese» con riferimento a interventi di patrimonializzazione della società Italtel Spa in data 28 luglio 2015, il Sottosegretario allo sviluppo economico pro tempore senatrice Simona Vicari, affermava che il Governo, raccolte le opportune manifestazioni di interesse da parte degli investitori al fine di costituire detto fondo, stava lavorando alla costruzione del management team e della struttura di governance della società di gestione;
   la scorsa estate sulla stampa nazionale (articolo a firma di A. Puato sul «Corriere della Sera – Economia» del 27 giugno 2016), si accennava al fatto che sarebbero stati definiti i criteri di accesso, i nomi e i ruoli degli investitori istituzionali e la tempistica di partenza del Fondo «Turnaround» (già «Salvaimprese») e che tra le società potenzialmente interessate all'intervento del fondo, a detta dell'articolo riportato, potrebbe rientrare la società Italtel Spa, oggetto degli atti di sindacato ispettivo sopra menzionati;
   ad oggi il Fondo «Turnaround» non risulta ancora operativo, mentre esisterebbe una manifestazione di interesse per l'acquisizione della quota di controllo, fino al 100 per cento del capitale Italtel Spa da parte dell'azienda informatica barese Exprivia, i cui termini scadrebbero il 10 ottobre 2016, acquisizione che porterebbe alla nascita di un gruppo multinazionale specializzato nelle telecomunicazioni con 3000 dipendenti ed un fatturato vicino ai 600 milioni di euro –:
   quali siano, alla luce del possibile intervento del Fondo «Turnaround» e della recente manifestazione di interesse da parte di Exprivia, gli orientamenti del Governo sul futuro di Italtel. (5-09688)


   CRIPPA, VALLASCAS, DELLA VALLE, DA VILLA, CANCELLERI e FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da alcuni quotidiani nazionali, in un recente intervento il Ministro ha annunciato che sono in corso di preparazione «norme sugli energivori, per alleggerire l'onere delle rinnovabili sulle aziende che sono intense consumatrici di energia»;
   rispetto a tale provvedimento il Governo avrebbe «già raggiunto l'accordo con la commissione europea»;
   già con il decreto legislativo 79 del 1999, fino al 31 dicembre 2013, si prevedeva una ridotta partecipazione agli oneri generali per le attività ad alto consumo di energia elettrica;
   secondo l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ciò avrebbe comportato un aggravio sui clienti in bassa tensione, in particolare quelli non domestici;
   il decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, prevede una riduzione degli oneri generali di sistema elettrico sulla base dell'intensità di costo dell'energia elettrica, ovvero sull'incidenza del costo dell'energia elettrica utilizzata rispetto al fatturato rilevante ai fini Iva e la creazione di un elenco annuale di imprese presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico;
   il meccanismo di anticipo-conguaglio dell'incentivo avrebbe comportato attività di recupero dell'acconto erogato su 333 imprese per il 2013 per un importo di circa 1,6 milioni di euro;
   solo con il decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, all'articolo 8, comma 3, si è stabilito l'obbligo di diagnosi energetica, a decorrere dal 2015, per le imprese a forte consumo di energia iscritte nell'elenco pubblicato presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, o, in alternativa, l'obbligo di comunicare all'Enea l'esito della diagnosi condotta nell'ambito del sistema di gestione cui l'impresa si è volontariamente sottoposta;
   gli oneri generali, in questi anni, sono stati oggetto di diversi interventi normativi e regolatori che, di fatto, hanno penalizzato gli interventi di efficienza energetica e l'installazione delle fonti rinnovabili;
   elaborazioni della camera di commercio di Milano e della società Ref Ricerche sostengono che le piccole e medie imprese non hanno potuto beneficiare interamente della forte diminuzione del costo dell'energia a causa dell'incremento degli oneri di sistema e dei costi per i servizi di dispacciamento –:
   quali iniziative intenda adottare per alleggerire l'onere delle componenti A sulle aziende che sono intense consumatrici di energia e come intenda evitare un ulteriore aggravio sui consumatori alimentati in bassa tensione. (5-09689)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DALL'OSSO, CIPRINI, COMINARDI, CHIMIENTI e TRIPIEDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   oltre a note squadre calcistiche, anche alcune compagnie di trasporti sono soggette ad operazioni di investimento da parte di altri Stati;
   l'industria italiana dei bus è controllata per l'80 per cento da King Long Italia, società importatrice dei mezzi prodotti in Cina dalla Xiamen King Long;
   alcuni mesi orsono è stato dato avvio alla procedura di licenziamento di un quarto dei lavoratori in forza (46 su 184) nello storico stabilimento di Bologna, decisione improvvisa e inattesa dal momento che gli ordini in portafoglio non mancano e che lo stabilimento è l'unico in Italia ad essere attivo nella produzione di bus;
   vi è stata delocalizzazione addirittura fuori dall'Unione europea di singole produzioni che verrebbero affidate ad una importante azienda del settore, la turca Karsan –:
   se siano state poste in essere tutte le iniziative di competenza volte a garantire la produzione sul territorio italiano ed i posti di lavoro dello stabilimento Breda di Bologna. (5-09674)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FERRARA, DANIELE FARINA, FRANCO BORDO, MARTELLI, RICCIATTI e SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la direzione del gruppo General Electric e della Alstom Power di Sesto San Giovanni ha rifiutato la richiesta del Ministero dello sviluppo economico di riattivare il confronto tra le parti per individuare una soluzione alternativa ai licenziamenti previsti;
   ad oggi non vi è alcuna prospettiva industriale per il sito lombardo. L'azienda non ha predisposto un proprio piano di reindustrializzazione e si è detta disponibile soltanto a mettere a disposizione di un possibile acquirente il sito locale e non anche la proprietà intellettuale e di conoscenza tecnologica sviluppata a Sesto San Giovanni;
   l'azienda, arroccandosi rigidamente sulle proprie posizioni, ha assunto, ad avviso degli interroganti, un atteggiamento irresponsabile e ha respinto la proposta di sospendere il termine del 30 settembre per i licenziamenti, quando si conclude la procedura di mobilità;
   tale decisione, oltre ad avere gravi ed evidenti ricadute sul piano sociale, rappresenta l'ennesimo impoverimento di una eccellenza produttiva italiana;
   l'azienda, in modo quasi provocatorio e solo per alcuni degli esuberi del sito lombardo, si è limitata a prevedere delle ricollocazioni in Piemonte, Toscana, Puglia e Campania, mentre per la quasi totalità dei lavoratori sono previsti dei licenziamenti incentivati;
   gli interroganti, condannando la grave e irresponsabile politica di disimpegno industriale portata avanti con intransigenza dal gruppo General Electric, sottolineano la necessità di un piano di mantenimento del sito produttivo, anche mediante la riconversione o il subentro di terzi soggetti industriali e chiedono al Governo pieno impegno per garantire la salvaguardia dell'occupazione e delle prospettive industriali in tutti gli stabilimenti del gruppo, a partire da quello di Sesto San Giovanni;
   viste le dimensioni e l'importanza di General Electric sussistono tutte le condizioni per predisporre un piano alternativo ai licenziamenti;
   basti pensare come solo nel gennaio 2016 il Presidente del Consiglio ha incontrato ufficialmente il Ceo di General Electric, Jeff Immelt a Firenze, dando il via alla firma di un accordo che prevedeva investimenti da 600 milioni di dollari in Italia della multinazionale dell'energia statunitense. Tra gli obiettivi vi era quello di aumentare del 50 per cento i volumi produttivi in Italia e incrementare il fatturato di 1,7 miliardi di dollari in 5 anni attraverso una partnership pubblico-privata;
   proprio alla luce di quell'accordo, annunciato in pompa magna ad inizio anno, il Presidente del Consiglio dovrebbe intervenire in prima persona presso il Ceo di General Electric per fare pressione e impedire i licenziamenti e la chiusura dello stabilimento di Sesto San Giovanni. Non si possono promettere investimenti per milioni di dollari e contemporaneamente licenziare;
   il Governo, oltre a giudicare grave l'atteggiamento della General Electric, dovrebbe mettere in atto soluzioni concrete per consentire la ripresa del dialogo con le organizzazioni sindacali, le parti sociali e lo stesso Ministero dello sviluppo economico al fine di tutelare i posti di lavoro, salvaguardare un intero patrimonio di professionalità e garantire il rilancio del sito di Sesto San Giovanni;
   l'Italia è il secondo Paese manifatturiero d'Europa e deve tornare a investire sull'industria, preservando questa enorme ricchezza e non può continuare a perdere pezzi di patrimonio industriale –:
   se il Governo non intenda intervenire e con quali strumenti concreti, per riaprire un tavolo di trattative con General Electric affinché il gruppo si renda disponibile a ricercare soluzioni positive per il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori di Sesto San Giovanni, scongiurandone il licenziamento, e per la sopravvivenza e il rilancio dello stabilimento stesso;
   quali iniziative il Governo intenda mettere in campo affinché General Electric rafforzi le prospettive produttive e occupazionali di tutte le realtà italiane, preservando così un'attività industriale fondamentale per lo sviluppo del territorio e del Paese. (4-14401)


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati Artigiancassa e Banca d'Italia, diffusi dall'ufficio studi Confartigianato, al 31 marzo 2016 il credito erogato all'artigianato ligure risulta pari a 1 miliardo e 59 milioni di euro, in calo del 4,5 per cento rispetto ai valori registrati a marzo 2015 (pari a 50 milioni di euro in meno);
   in Italia il calo del credito al settore è stato ancora più pesante (-6,1 per cento), pari a oltre 2,8 miliardi di euro in meno su un totale di quasi 44. Le diminuzioni meno accentuate sono quelle di Molise con il -2,8 per cento, Valle d'Aosta con il -3,1 per cento Friuli-Venezia Giulia (-3,2 per cento). All'opposto, le riduzioni più marcate sono quelle registrate nelle Marche (-14,1 per cento), Umbria (-12,4 per cento) e Abruzzo (-8,6 per cento);
   si è ridotto anche lo stock di credito erogato al totale delle imprese liguri (quasi 19,6 miliardi di euro), anche se di un valore nettamente inferiore: -1,6 per cento. A livello nazionale si regista una diminuzione di quasi 875 miliardi di euro (-2,5 per cento);
   l'analisi per province mostra un netto calo dei prestiti nel territorio genovese (-5,2 per cento, pari a 496 milioni di euro), seguito da quello savonese (-4,8 per cento, pari a 283 milioni di euro) e spezzino (-4,6 per cento, pari a 132 milioni di euro). La provincia di Imperia, con 149 milioni di euro di stock di prestito all'artigianato, è l'unica delle quattro liguri a registrare un allentamento della morsa nel corso del trimestre compreso tra gennaio e marzo 2016: si passa infatti dal -3,6 per cento registrato a dicembre 2015 al -1,5 per cento di marzo di quest'anno;
   da questi dati emerge che lo stock dei prestiti dell'artigianato diminuisce ancora in modo pesante, ma in Liguria il calo è minore rispetto al resto d'Italia ed è questo un timido segnale che le misure adottate nella regione in favore del settore iniziano a produrre i primi effetti;
   considerando i dati sui tassi attivi effettivi sui finanziamenti, in Italia il tasso medio è del 4,82 per cento, diminuito di 91 punti base in un anno. A livello territoriale sono forti le differenze: il costo del credito è più alto nelle regioni del Sud, con un picco in Calabria dell'8,43 per cento e un gap di 361 punti base rispetto alla media italiana, mentre in Liguria il tasso medio è del 4,95 per cento, con una diminuzione di 53 punti base rispetto a marzo 2015. Grandi differenze si notano anche a livello provinciale: in Liguria il dato più eclatante è quello di Genova, che non solo registra uno dei 22 minori tassi attivi d'Italia, 4,15 per cento, ma anche un fortissimo calo del costo del denaro, pari a ben 222 punti base nell'ultimo anno. Diversa è la situazione nelle altre tre province in cui il tasso medio applicato è superiore alla media nazionale: a Savona il costo del denaro è del 5,63 per cento (-41 punti base rispetto a marzo 2015), a La Spezia è del 6,14 per cento (-93 punti base), a Imperia è del 6,66 per cento (-31 punti base) –:
   quali iniziative si intendano adottare in favore delle piccole imprese artigiane, soprattutto quelle liguri, per le quali il denaro risulta ancora troppo scarso e, soprattutto in alcune province, troppo caro e superiore alla media nazionale. (4-14407)


   MUCCI, QUINTARELLI, BONACCORSI, BARBANTI, MARZANO, TINAGLI, BASSO, MARCO DI MAIO, CATALANO, BRUNO BOSSIO, BONOMO, DALLAI, CARROZZA, TINO IANNUZZI, COPPOLA e PRODANI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», all'articolo 11-bis, si prevedono delle misure per le «start-up» turismo;
   in particolare, si tratta di start-up innovative che abbiano come oggetto sociale la promozione dell'offerta turistica nazionale attraverso l'uso di tecnologie e lo sviluppo di software originali, in particolare, agendo attraverso la predisposizione di servizi rivolti alle imprese turistiche;
   le imprese start-up innovative possono essere costituite anche nella forma di società a responsabilità limitata semplificata ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile e, qualora tali società siano costituite da persone fisiche che non abbiano compiuto il quarantesimo anno di età all'atto della costituzione della medesima società, sono esenti da imposta di registro, diritti erariali e tasse di concessione governativa;
   il successivo comma 4 prevede uno stanziamento pari a 2 milioni di euro, a decorrere dal 2015, per far fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del citato articolo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del numero di società che hanno usufruito degli sgravi sopra richiamati e quali iniziative intenda assumere per dare la giusta pubblicità a tale tipo di agevolazione. (4-14408)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Fiano e altri n. 7-01104, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fabbri.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Spadoni e altri n. 2-01465, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Lorenzis.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Benedetti e altri n. 4-14382, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Massimiliano Bernini, Parentela.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-09668, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Locatelli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-00843 del 5 agosto 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Quartapelle Procopio n. 5-05762 del 10 giugno 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Oliaro n. 5-09460 del 14 settembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Di Vita n. 5-09465 del 14 settembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Zaccagnini n. 5-09606 del 28 settembre 2016.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Parentela e Nesci n. 5-08461 del 20 aprile 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14404.