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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 4 ottobre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza di Mineo è stato istituito nei 2011 a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale a fronte agli arrivi causati dalla cosiddetta Primavera Araba, per divenire, successivamente al 2013, un Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo ordinario, sotto la responsabilità del Ministero dell'interno;
    da tempo il Cara di Mineo è al centro di numerose inchieste giudiziarie e sullo stesso indagano, tuttora, ben tre Procure, di Roma, di Catania e, da ultimo, quella di Caltagirone per abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata del procedimento di scelta del contraente nella gara d'appalto per la gestione triennale dei servizi del centro stesso;
     tale gara fu ritenuta illegittima dall'Autorità Nazionale Anticorruzione e, a seguito delle indagini del procedimento «Mafia Capitale», fu avviata un'indagine allo scopo di accertare presunti illeciti;
    inoltre, le indagini sulla contabilità relativa alle presenze giornaliere dei migranti ospiti del C.A.R.A. di Mineo hanno evidenziato che sono stati rendicontati e corrisposti, negli anni 2012, 2013, 2014 e 2015, importi superiori a quelli dovuti, per un ammontare di circa un milione di euro;
    il sistema di accoglienza, a seguito anche delle ultime modifiche apportate con il decreto legislativo n. 142/2015, si articola in «prima accoglienza» (articolo 9) e «seconda accoglienza» (articolo 14), mancando per i cosiddetti Hot Spot una disciplina sia comunitaria che nazionale;
    per far fronte ai continui arrivi di immigrati e alla mancata attivazione degli strumenti di respingimento ed espulsione previsti dal nostro ordinamento e da quello comunitario (att. 10 e 13 del decreto legislativo 286/98 e direttiva 2008/115/CE), nell'ambito della cosiddetta «seconda accoglienza», i centri, previsti dalla legge come temporanei (CAS), di fatto, sono diventati quelli più numerosi ed utilizzati;
    lo Stato corrisponde agli enti gestori delle strutture di accoglienza in media 35 euro al giorno per ogni richiedente ospitato e spesso si registrano situazioni senza controllo e monopoli da parte di associazioni e cooperative che gestiscono, anche in diverse province e regioni, numerosi centri di accoglienza e, in alcuni casi, senza partecipare ad alcun bando ma per assegnazione diretta da parte delle Prefetture;
    il sistema di accoglienza, così come delineato dal decreto legislativo 142/2015, risulta, infatti, privo di un idoneo sistema di controlli, sia sugli enti gestori che sulle strutture impiegate, come dimostrano le numerose inchieste giudiziarie, riportate anche dalla stampa, che hanno coinvolto, non solo il centro di Mineo, ma anche altri centri in Italia;
    dunque, sistema così come delineato e gestito non è in grado di assicurare un controllo e una corretta gestione dell'accoglienza, delle risorse pubbliche ivi impiegate e dei flussi migratori, bensì risulta un sistema criminogeno che si palesa indipendentemente dal numero degli ospiti o della tipologia del centro;
    secondo i dati forniti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate, dal 2013 ad oggi sono arrivati nel nostro paese clandestinamente solo via mare ben 498.841 immigrati;
    sempre secondo gli stessi dati al 28 settembre, nel 2016 a fronte di 131.974 arrivi le domande di protezione internazionale presentate sono state solo 81.420 mentre nel sistema di accoglienza risultano 160.030 richiedenti asilo a fronte di soli 208 immigrati clandestini nei Centri di Identificazione ed Espulsione;
     attualmente le presenze al centro di accoglienza di Mineo sono circa 2.000 e, secondo gli ultimi dati, a livello nazionale nei 2016 il tasso di riconoscimento dello status di rifugiato e del 5 per cento, mentre quello di protezione sussidiaria è del 14 per cento;
    la direttiva 2013/33/Ue, recepita con il decreto legislativo 142/2015, all'articolo 8 comma 3 prevede il trattenimento dei richiedenti asilo in una serie di casi, tra cui, in particolare, per motivi di sicurezza nazionale ed ordine pubblico;
    recentemente, Gilles De Kerchove, coordinatore dell'antiterrorismo UE, in audizione lunedì scorso al Parlamento europeo, ha ribadito che i flussi migratori sono stati utilizzati dai jihadisti dello Stato islamico per infiltrarsi in Europa e che le Libia sta diventando «un trampolino» per lo stato islamico da cui pianificare attacchi verso l'Europa;
    nella notte del 30 agosto 2015 un diciottenne ivoriano, ospite del centro di Mineo in cui ha fatto ritorno la mattina seguente, avrebbe trucidato i coniugi Vincenzo Solano e Mercedes Ibanez, che sarebbe anche stata violentata dallo stesso, nella loro villa a Palagonia,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per abolire l'attuale sistema di accoglienza, partendo proprio dal centro di Mineo balzato alle cronache per innumerevoli scandali ed inchieste giudiziarie, e ad attivare le opportune iniziative, anche a livello internazionale, affinché vengano istituiti nei Paesi di partenza dei migranti appositi centri di accoglienza per l'identificazione, la presentazione e l'esame delle domande di protezione internazionale;
   a dichiarare lo stato di emergenza, alla luce del sovraffollamento in tutti i centri e non soltanto in quello di Mineo, al fine di inquadrare correttamente il fenomeno immigrazione che non deve essere gestito come evento ordinario ma come evento emergenziale destinato ad azzerarsi, anche rafforzando le azioni di respingimento previsti dal nostro ordinamento e da quello comunitario (articolo 10 del decreto legislativo 286 del 1998 e articolo 13 del regolamento CE 562 del 2006 cosiddetto codice frontiere Schengen) nonché assumendo le iniziative di competenza per mantenere il reato di immigrazione clandestina;
   a disporre trattenimento dei richiedenti asilo all'interno del Centro di Mineo nelle more della sua chiusura definitiva, per le evidenti ragioni di sicurezza e ordine pubblico richiamate in premessa e in particolare per i fatti del 30 agosto 2016, e contestualmente ad assumere iniziative per aumentare il numero dei centri di identificazione ed espulsione in accordo con le regioni che diano il loro assenso, nei quali trattenere anche tutti gli immigrati giunti clandestinamente in Italia dalle frontiere marittime e terrestri, in assenza di respingimento immediato alla frontiera e per non avere formalizzato alcuna domanda di protezione internazionale nei Paesi di partenza, provvedendo ad assumere le opportune iniziative normative per aumentare il periodo di trattenimento fino a diciotto mesi in attuazione dell'articolo 15 della direttiva 2008/115 Ue.
(1-01376) «Rondini, Molteni, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Picchi, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    gli ultimi dati disponibili descrivono il sistema di accoglienza dei migranti in Italia perennemente gestito con un approccio emergenziale e approssimativo, mai affrontato con una programmazione seria e rigorosa, nonostante non ci sia alcuna emergenza. Dal 1o gennaio al 29 settembre 2016, infatti, sono sbarcati sulle nostre coste 132.044 migranti, contro i 131.841 nello stesso periodo del 2015 e i 138.674 nello stesso periodo nel 2014. Quindi, numeri assolutamente in linea che configurano con sempre maggiore evidenza il carattere strutturale del fenomeno;
   da diversi anni ormai le organizzazioni della società civile denunciano le falle di un sistema di accoglienza che si basa prevalentemente su maxi centri per migranti (di cui il Cara – Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è il principale esempio), anziché dotarsi di un modello alternativo di accoglienza diffusa, dove la distribuzione dei richiedenti asilo sui territori permetterebbe di non intaccare i fragili equilibri sociali, già messi a dura prova dall'incessante crisi economica e di garantire un'integrazione concreta e mirata;
    la normativa prevede che, all'ingresso del Cara, il migrante riceva un attestato nominativo che certifica il suo status di richiedente asilo e di ospite del centro, nonché un opuscolo che spiega l'organizzazione della vita all'interno della struttura. Egli è altresì informato del diritto di contattare l'Unhcr, della normativa in materia di visite e permanenza nel centro. Il periodo di «accoglienza» non dovrebbe eccedere i 35 giorni, oltre i quali il richiedente asilo dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno della durata di tre mesi, rinnovabile di tre mesi in tre mesi, fino alla definizione della richiesta di asilo;
    il Cara di Mineo, fin dalla data della sua creazione nel 2011, ha invece mostrato scorrettezza nell'applicazione della normativa, una situazione insostenibile, condizioni disumane e opacità nella gestione;
    già nel rapporto del 2011, «il diritto alla protezione-studio sullo stato del sistema di asilo in Italia e proposte per una sua evoluzione», elaborato dall'associazione Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), nell'ambito del progetto cofinanziato dall'Unione europea e dal Ministero dell'interno, si evidenziava che nel centro, sebbene fosse classificato come Cara, non risultavano erogati servizi essenziali quali l'assistenza legale, il servizio di mediazione linguistico-culturale, l'assistenza sociale e psicologica; non era prevista né la distribuzione delle carte telefoniche né del pocket money. Inoltre, nel centro venivano trasferiti richiedenti asilo provenienti da altri Cara per i quali era già pendente la procedura di asilo, in quanto già auditi da altre commissioni territoriali e in attesa della notifica delle decisioni. I trasferimenti comportavano il conseguente allungamento dei tempi di definizione delle relative procedure e si aggiungevano come ostacoli ad un effettivo accesso alla tutela giurisdizionale, in quanto le decisioni di rigetto notificate, in mancanza di mediatori linguistici, non erano tradotte nella lingua comprensibile al richiedente, e indicavano tribunali non competenti. Inoltre, veniva riscontrato che i richiedenti permanevano nel centro senza un titolo di soggiorno, in violazione di quanto disposto dall'articolo 20 comma 3, del decreto legislativo n. 25 del 2008, mentre il permesso di soggiorno per richiesta asilo veniva rilasciato solo a coloro che lasciavano il centro. Infine, veniva segnalato che alla istituzione del centro di Mineo non era seguita una istituzione di una apposita commissione territoriale operante presso la struttura, al fine di esaminare tempestivamente, nei termini di legge, le domande di protezione internazionale, provocando così una frustrazione dei richiedenti e il frequente scoppio di rivolte e disordini;
    da allora l'accresciuto numero dei richiedenti asilo presso il Cara di Mineo, ormai giunto a circa quattromila, ben oltre la capienza della struttura, ha aggravato le criticità e le violazioni dei diritti fondamentali e sono venute alla luce sconcertanti e drammatiche vicende, che denotano la assoluta inidoneità della struttura, non solo a garantire una accoglienza secondo gli standard prescritti dalla normativa interna e comunitaria, ma persino a garantire le condizioni minime igienico-sanitarie e di sicurezza per gli stessi ospiti;
    l'inadeguatezza della struttura, unita al pressappochismo e all'improvvisazione del sistema di accoglienza dei migranti, ha trasformato il Cara di Mineo in una «Guantamano italiana» dove alle gestioni degli appalti sospettate di illegalità e allo spreco di risorse pubbliche, oggetto di indagini da parte della procura di Caltagirone, si aggiungono il grave degrado e lo stato di abbandono del centro, teatro di reati e arresti per traffico di migranti ospiti, sequestri, violenze, tentativi di suicidio e delitti. Tutte gravi cause provocate da un sistema di accoglienza inadeguato e mal programmato;
    al Cara di Mineo sono presenti richiedenti la protezione internazionale che hanno avviato la procedura alla polizia di frontiera o alla questura, che attendono la decisione definitiva anche per anni, durante i quali rimangono in un limbo giuridico che non ne agevola la reale integrazione, anzi li emargina e spesso per pura sopravvivenza li costringe a delinquere;
    finora, il richiedente asilo, al quale la commissione territoriale nega il riconoscimento dello status di rifugiato (in uno dei tre diversi livelli di protezione internazionale: asilo, protezione sussidiaria, protezione umanitaria), ha diritto, ovviamente, di impugnare la decisione negativa davanti al tribunale del distretto di Corte d'appello dove ha sede la commissione, di partecipare ad un'udienza dove ha il diritto di essere sentito dal giudice, di appellare l'eventuale sentenza negativa e di ricorrere in Cassazione contro l'eventuale sentenza negativa in grado di appello: non si tratta di un lusso, ma dei 3 gradi di giudizio che la Costituzione riconosce come diritto fondamentale a tutti, senza discriminazioni, perché «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa. Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti», (articolo 113 Costituzione);
    nel mese di agosto 2016, il Ministro della giustizia ha presentato un piano d'intervento che prevede procedure più snelle, la cancellazione dell'appello ed espulsioni più veloci, per rispondere all'ingolfamento dei tribunali, al numero delle procedure di richiesta di asilo inevase, e ai ricorsi in caso di rigetto della domanda che nei primi sei mesi del 2016 sono stati oltre 15 mila, 3.500 al mese. Questo decreto creerebbe una giustizia «di serie b», trattandosi di cittadini di origine straniera, poiché rendere superflua l'udienza, acquisire la videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo davanti alla commissione e togliere l'appello significa per i presentatori del presente atto, scrivere una pagina di «apartheid giudiziaria», proprio sulla pelle dei più deboli, con una discriminazione istituzionale degna di periodi storici bui per i diritti umani;
    una soluzione per risolvere le lungaggini processuali potrebbe essere l'attivazione di commissioni territoriali (che attualmente sono poche) in ogni provincia, per gestire numeri più ridotti e quindi accettabili e sostenibili di domande. Conseguentemente, i ricorsi potrebbero essere incardinati nel tribunale della città dove il richiedente ha il domicilio, senza ingolfare i tribunali delle città capoluogo di regione. Misure che eviterebbero la violazione dei diritti fondamentali delle persone;
    il sistema di accoglienza basato su gestioni extra ordinem dei centri di accoglienza, improvvisati e sovraffollati, dovrebbe essere superato e condotto nell'alveo virtuoso del sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), che, nei casi utilizzati, ha dato ottimi risultati;
    si supererebbe un sistema di accoglienza, fuori norma con una gestione sostanzialmente basata su un approccio emergenziale: dei 159.473 cittadini stranieri ospitati, addirittura 123.396 (77 per cento) sono collocati in strutture temporanee e di emergenza, contro soli 22.192 (13,9 per cento) posti nel sistema Sprar. Un numero di posti, quelli del sistema Sprar, di fatto stabili negli ultimi anni, nonostante una vera e propria esplosione dei posti gestiti in emergenza. In questa sproporzione si insinuano potenziali sacche di reddito per chi dell'accoglienza vuole farne un business, dato che l'accoglienza straordinaria poggia su procedure e requisiti assolutamente meno controllati dell'accoglienza tramite Sprar;
    l'Alto commissariato per i rifugiati Unhcr nel 2012, nel documento «Raccomandazioni dell'Unhcr sugli aspetti rilevanti della protezione dei rifugiati in Italia», con particolare riferimento al sistema di accoglienza, sottolinea che «(...) In considerazione delle diversità esistenti tra le varie tipologie di strutture (Cara, Sprar, centri delle aree metropolitane e “Piano d'accoglienza per i migranti”), l'attuale approccio dovrebbe essere riconsiderato, garantendo alti standard per tutti i richiedenti asilo. In ogni caso l'assistenza in attesa della decisione sulla domanda di asilo non dovrebbe essere limitata ad un massimo di sei mesi, ma concessa per periodi più lunghi, fino al termine dell'esame in questione. Sarebbe infine preferibile evitare la permanenza dei richiedenti asilo per lunghi periodi nei centri collettivi di grandi dimensioni. Allo stesso tempo, l'assistenza ed i servizi offerti ai richiedenti asilo ed ai rifugiati dovrebbero essere maggiormente distinti, offrendo ai primi l'assistenza adeguata in attesa della decisione sul loro status ed ai rifugiati misure di supporto per facilitare la loro integrazione nella società italiana»,

impegna il Governo:

   a decidere in tempi brevi la definitiva chiusura del Cara di Mineo, approntando una ridistribuzione territoriale dei richiedenti asilo e di ogni migrante presente presso la struttura, tenendo conto del territorio italiano nel quale hanno avviato la loro procedura di asilo;
   a impegnare le proprie energie nella costruzione di un sistema di accoglienza dei migranti organico, snello e rispettoso dei diritti, per superare quello attuale prevalentemente basato su collocamenti in strutture straordinarie e sovraffollate, preferendo invece il sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati, finora sottoutilizzato;
   ad assumere iniziative per rivedere il piano di intervento presentato dal Ministro della giustizia riguardante le richieste di protezione internazionale, valutando l'ipotesi prospettata in premessa di integrare le commissioni territoriali presenti, con l'attivazione di un numero maggiore a livello provinciale.
(1-01377) «Andrea Maestri, Civati, Brignone, Matarrelli, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    governare la globalizzazione è un obiettivo molto ambizioso, una sfida da non perdere in quanto è un processo che porta con sé molte opportunità, ma è altresì un percorso pieno di insidie, dato che un mondo senza barriere e stereotipi per ora è solo un progetto, un pianeta nel quale possano convivere pacificamente culture e credi diversi, etnie e tradizioni differenti è una necessità, così come realizzare una società complessa nella quale ogni individuo si possa sentire a casa e pienamente integrato è ciò su cui dobbiamo lavorare;
    l'ambizione di coniugare il rispetto delle regole con l'integrazione è la condizione necessaria per realizzare una società moderna e multietnica;
    gli ultimi anni sono stati caratterizzati da fenomeni migratori senza precedenti, passando da una gestione «possibile» di immigrati economici a flussi di dimensioni cosiddette bibliche che non si riescono a controllare: esodi di massa di donne, uomini e bambini in fuga da guerre e persecuzioni, vittime di sfruttamento, individui in cerca di futuro, con storie di disperazione e speculazioni unite in un viaggio della speranza che si consuma nelle acque del Mediterraneo;
    persone in fuga da stermìni di massa, persecuzioni politiche e religiose o dalla miseria più assoluta; famiglie intere che investono tutti i loro averi per intraprendere un faticoso cammino con l'illusione di un lavoro sicuro e della stabilità affidando la loro vita a scafisti senza scrupoli che li abbandonano in mare privi di viveri, su precarie imbarcazioni;
    una realtà, quella dei richiedenti asilo e dei profughi, che si soccorrono davanti alle nostre coste o in mare aperto raccogliendo i loro mayday, che necessita di interventi che vanno oltre la gestione dell'emergenza;
    l'Europa non si è mostrata particolarmente disponibile a collaborare: pur ammettendo che quello dell'immigrazione non può restare solo un problema italiano, continua a non consentire deroghe alle norme che impongono al Paese di prima accoglienza l'onere dell'identificazione e della dichiarazione dello status, in base al quale attivare poi la ripartizione di quote di richiedenti asilo e di rifugiati fra gli stati membri;
    sulle coste italiane sbarcano, infatti, persone di ogni età prive di documenti, che non è possibile ricondurre immediatamente al Paese di appartenenza e che fanno di tutto per confondere i soccorritori rispetto alla loro età e nazionalità;
    fatto questo che impone di ospitarli temporaneamente in strutture, al fine di avere il tempo di effettuare il loro riconoscimento e consentire ai soccorritori di assicurare loro le prime cure;
    questi centri, a volte improvvisati, dato che vengono utilizzati edifici dismessi o siti individuati in condizioni di urgenza e necessità, costringono a vivere queste persone stipate oltre la ragionevole capienza, rischiando di trasformarle in polveriere. Luoghi nei quali lo stress accumulato e il desiderio di libertà possono accendere risse e non di rado il rischio emergenza sanitaria è elevato; siti destinati a una convivenza forzata fra persone che per storie personali e cultura poco hanno in comune; strutture dalle quali spesso fuggono persone non identificate che si perdono sul territorio nazionale;
    va ricordato che i comuni di Pozzallo, Rosarno, Reggio Calabria, Lampedusa, Catania, Linosa e non solo, che hanno resistito alla pressione degli arrivi continui, rischiando perfino il dissesto economico, hanno dato prova di grande umanità e messo in atto risposte straordinarie, consentendo l'accoglienza di minori non accompagnati e la sepoltura dei tanti che non sono riusciti a superare le insidie e gli stenti del lungo viaggio;
    il volontariato, il territorio, i cittadini hanno dato prova di grande umanità rispondendo all'emergenza umanitaria e facendo tutto il possibile per assicurare a questi disperati la prima accoglienza;
    dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono passati cinque anni, anni nei quali il Governo ha cercato di sensibilizzare le istituzioni europee e internazionali affinché partecipassero a questa enorme macchina della solidarietà;
    sono stati erogati finanziamenti anche europei, che hanno messo il nostro Paese nelle condizioni di destinare somme all'accoglienza e individuare soluzioni che hanno portato tutte le regioni italiane a condividere con quelle di frontiera la pressione degli arrivi senza sosta; è stato possibile individuare strutture, anche private, e assicurare condizioni di vita migliori ai tanti immigrati stipati nei centri di prima accoglienza;
    in questo complesso contesto si situa la storia del Cara di Mineo. Mineo è un comune di circa seimila abitanti in provincia di Catania che ha ospitato nella struttura «Residence degli Aranci» fino a quattromila immigrati nordafricani, un numero di persone quasi doppio rispetto alla sua reale capienza;
    in questo centro, individuato come uno degli « hot spot» immigrazione, è difficile favorire l'inclusione sociale e fornire assistenza e tutele ai soggetti più vulnerabili;
    in questi anni esso ha ottenuto proroghe quando la gestione ordinaria ne avrebbe richiesto la chiusura; è stato sottoposto a verifiche dell'Anac quando sono stati denunciati appalti illegittimi per la sua conduzione; nel 2015 ne è stata commissariata l'amministrazione;
    i limiti di questa struttura sono stati più volte segnalati e verificati da Commissioni parlamentari di inchiesta e sono stati oggetto di audizioni puntuali;
    è stato contestato da più parti anche il tentativo di riqualificazione, resosi necessario per il perdurare dello stato di necessità che ne richiede il pieno impiego;
    il 20 settembre 2016 l'ONU ha tenuto il suo primo vertice sul tema rifugiati e immigrazione con il proposito di unire e coordinare un sistema «umano» dell'accoglienza e dare la migliore risposta internazionale possibile a questa emergenza,

impegna il Governo:

   a trovare soluzioni efficaci per ridurre l'alto numero di immigrati ancora presenti nel Cara di Mineo e a lavorare a un piano di riparto nazionale che consenta di evitare per il futuro queste concentrazioni disumane e ingestibili;
   alla luce delle anomalie che hanno caratterizzato la gestione del Cara di Mineo, a vigilare e contrastare le speculazioni sull'accoglienza, verificando la congruità delle strutture pubbliche e private destinate a ospitare gli immigrati e la trasparenza delle procedure di assegnazione;
   nell'ottica del superamento di un modello di accoglienza come quello di Mineo, a negoziare con l'Europa – forti degli auspici dell'assemblea delle Nazioni Unite – una soluzione condivisa che consenta agli immigrati che ne fanno richiesta il ricongiungimento con i familiari residenti negli altri Paesi e a stabilire forme comuni per la gestione dell'accoglienza, visto che la politica dei «muri» e dei «no» è insostenibile quando si ragiona di dignità, di umanità, di persone;
   a destinare ai comuni di «frontiera», a partire da quello di Mineo, le risorse necessarie per gestire la presenza di immigrati e assicurare loro i servizi senza penalizzare i residenti.
(1-01378) «Vezzali, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Sottanelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Mineo nasce nel 2011, a seguito della proclamazione, da parte del Governo italiano, dello stato di emergenza per far fronte all'eccezionale afflusso di migranti sulle coste italiane a seguito degli sconvolgimenti politici avvenuti nei  paesi arabi del nordafrica;
    nel marzo 2011, con ordinanza del Presidente del Consiglio, per ospitare i migranti viene requisito e affidato alla gestione della Croce rossa il «Residence degli aranci», un villaggio precedentemente occupato dai militari Usa della base di Sigonella, di proprietà della Pizzarotti spa, e ne viene affidata la gestione alla Croce rossa;
    nel giugno 2011, con decreto del commissario delegato viene nominata soggetto attuatore per la gestione del Cara la provincia di Catania, la quale indice procedura negoziale per l'affidamento dei servizi, ad eccezione di quelli sanitari che restano alla Croce rossa Italiana; la gestione dei servizi viene assegnata all'ATI Sisifo Consorzio di coop sociali fino a fine 2011 e poi prorogata fino al 31 dicembre 2012;
    il 20 dicembre 2012, allo scopo di assumere a livello locale la gestione ordinaria del centro sollevando da responsabilità dirette l'amministrazione centrale, i 9 comuni della zona costituiscono il Consorzio Calatino Terra d'Accoglienza;
    il 28 dicembre 2012 un'ordinanza del Presidente del Consiglio dispone la fine della gestione emergenziale e il rientro in regime ordinario, mentre l'area su cui sorge il centro viene acquisita in locazione dopo una trattativa con la Pizzarotti spa;
    nel marzo 2013 la prefettura di Catania stipula una convenzione per la gestione del Cara di Mineo con il Consorzio Calatino Terre d'Accoglienza, il quale affida in appalto i servizi all'interno del Cara all'ATI Sisifo Consorzio di cooperative sociali. In seguito, per tutto il 2013 si succedono varie proroghe, sia della convenzione fra prefettura e Consorzio Calatino che dell'appalto al Consorzio Sisifo per la gestione dei servizi;
    ad aprile 2014 il Consorzio Calatino indice una gara di appalto con base d'asta di 97.893.000,00 euro per la gestione per tre anni dei servizi presso il Cara di Mineo fino al 31.12.2016, e il 30 luglio l'appalto viene assegnato all'unico concorrente ATI Consorzio di Cooperative Sociali Casa della Solidarietà;
    all'assegnazione dell'appalto fa seguito un groviglio di vicende giudiziarie (parere di Anac sulla illegittimità della gara d'appalto, annullamento in autotutela, ricorso dei Consorzio Calatino e ulteriore risposta di Anac), finché nel maggio 2015 il Consorzio Calatino Terra d'Accoglienza conferma la determinazione del 30 luglio 2014 e dichiara definitiva l'aggiudicazione dell'appalto alla ditta vincitrice;
    a breve distanza di tempo nel luglio 2015, la sezione misure di prevenzione del tribunale di Roma, ai sensi dell'articolo 34 dei codice antimafia, dispone la misura di prevenzione patrimoniale dell'amministrazione giudiziaria nei confronti del gruppo La Cascina, che comprende anche le società la Cascina Global service srl e la cooperativa Casa della Solidarietà. Tale misura porterà al commissariamento della gestione del centro e al recesso della prefettura di Catania dall'accordo di programma con il Consorzio Calatino Terre di accoglienza, che conseguentemente cesserà dalle funzioni di stazione appaltante;
    nel frattempo il Cara di Mineo è stato oggetto di attenzione, fin dal maggio 2015, da parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, la quale intende presentare entro il mese di ottobre 2016 una articolata relazione in merito;
    i sopralluoghi effettuati dalla commissione nel Centro di Mineo hanno consentito di verificare criticità accentuate nella gestione in termini di qualità dei servizi resi agli ospiti: abitazioni degradate e talora fatiscenti, sovraffollamento, precarie condizioni igienico sanitarie, presenza insufficiente in relazione al numero degli ospiti di operatori qualificati per il sostegno educativo, psicologico, sanitario, linguistico. Altre gravi carenze sono state riscontrate anche sul piano della trasparenza della gestione amministrativa, in relazione al rapporto coi fornitori, all'assunzione del personale, al sistema di registrazione delle presenze;
    dopo il commissariamento della gestione del Centro, il 27 novembre 2015 ne ha assunto la gestione diretta la prefettura di Catania, che ha istituito un'apposita «struttura di missione» con il compito, tra gli altri, di supportare l'ufficio territoriale di governo nei compiti di controllo, monitoraggio e verifica degli standard delle prestazioni erogate, nonché di predisporre la nuova procedura di gara. Il ritorno alla gestione diretta del Ministero dell'interno ha quindi posto un argine alle criticità sopra descritte favorendo un ritorno alla legalità;
    l'indirizzo assunto dal Governo e condiviso dalla Conferenza unificata del 14 luglio 2014 in merito alle politiche dell'accoglienza prevede l'abbandono dei centri di grandi dimensioni e la distribuzione dei migranti in piccoli gruppi sul territorio nazionale, ma tale prospettiva – più efficace per la tutela delle persone immigrate e la qualità dell'accoglienza, per la sicurezza e la sostenibilità delle comunità locali – richiede un processo graduale che non consente di rinunciare nell'immediato ad alcune grandi strutture, fra cui quella di Mineo;
    in questo contesto è stata recentemente avanzata l'ipotesi di attrezzare una parte del centro per assolvere alla funzione di « hotspot» per l'identificazione dei soggetti appena sbarcati, prospettiva che presenta notevoli controindicazioni legate alla commistione con la popolazione immigrata già residente nonché alla distanza di Mineo dai luoghi di sbarco che imporrebbe un ingente impiego di uomini e mezzi per i trasferimenti. Sarebbe opportuno creare specifici lotti dedicati all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà famiglie e minori non accompagnati,

impegna il Governo:

   a ridurre progressivamente le presenze all'interno del centro di Mineo, proseguendo nel ridimensionamento della struttura avviato dopo il commissariamento;
   a garantire la necessaria discontinuità nel modello di gestione, proseguendo nell'opera di riqualificazione dei servizi offerti al fine di una migliore qualità dell'accoglienza nel rispetta della dignità dei soggetti ospitati;
   ad escludere l'ipotesi di adibire il Cara di Mineo alla funzione di « hotspot»;
   a destinare appositi lotti all'ospitalità e all'assistenza di categorie vulnerabili, quali donne in difficoltà, famiglie e minori non accompagnati;
   a indire, per la futura gestione, gare di appalto separate per singoli lotti corrispondenti alle diverse tipologie di servizi, in modo da favorire la concorrenza ed elevare la qualità e l'economicità della gestione.
(1-01379) «Carnevali, Misuraca, Monchiero, Beni, Burtone, Fiano, Gadda, Giuseppe Guerini, Moretto, Chaouki, Patriarca, Binetti, Bosco, Battaglia, Cuomo, Garofalo».


   La Camera,
   premesso che:
    da diverso tempo il gruppo Forza Italia denuncia le condizioni di degrado e le situazioni oggettivamente criminogene, nonché lesive della dignità umana, che caratterizzano il Cara di Mineo;
    fin dalla sua nascita, un assembramento di migranti così ingente (con punte di circa 4.000 presenze) ha dato luogo a rischi continui legati ad esigenze di ordine pubblico, non riuscendo a garantire le necessarie misure di sicurezza, presentando grandi difficoltà di accesso ai servizi di supporto psicologico e legale per gli stessi migranti e, soprattutto, registrando fenomeni di degrado, prostituzione, illegalità e violenza difficilmente gestibili, come riconosciuto dalle stesse forze di polizia;
    nel mese di settembre 2015, in risposta al question time depositato dal gruppo Forza Italia, la Ministra per i rapporti con il Parlamento e le riforme costituzionali, Maria Elena Boschi, aveva dichiarato che, a seguito del commissariamento del centro, si sarebbe provveduto alla gestione e al controllo diretto da parte del Ministero dell'interno, in modo da «valutarne poi eventualmente la chiusura o meno – a seguito appunto delle verifiche e degli accertamenti in corso – e, sicuramente, riportare anche il Cara di Mineo nell'alveo di una gestione ordinaria»;
    dal novembre 2015, come peraltro confermato in Aula dal sottosegretario Manzione nella seduta del 3 ottobre 2016, l'attività dell'associazione di imprese che gestisce il Cara di Mineo è infatti sottoposta al diretto controllo e monitoraggio del Ministero dell'interno. Le condizioni del centro non hanno però subito alcun significativo miglioramento, se non quello di una riduzione del numero dei soggiornanti, e l'unica strategia, nonché il solo impegno emerso anche dalle dichiarazioni del sottosegretario Manzione svolte in Aula, è quello di «alleggerire le presenze»;
    la Commissione «Migranti» (Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate), nella «Relazione sulle attività svolte fino al 31 gennaio 2016», rilevava ancora gravissime criticità di natura umanitaria e organizzativa nel Cara di Mineo, anche in relazione agli sviluppi dell'inchiesta giudiziaria cosiddetta «mafia capitale», individuando nel «caso-Mineo» solo una delle manifestazioni più drammatiche di un problema di vaste dimensioni, tanto che nella relazione stessa si legge: «Le vicissitudini, non solo giudiziarie del Cara di Mineo, in ragione della loro complessità e risonanza mediatica, rappresentano, quindi, una sorta di paradigma dell'intreccio affaristico criminale nella gestione dell'emergenza migratoria, ma non costituiscono certo un caso isolato»;
    come emerge dagli atti della Commissione «Migranti», il caso-Mineo è la punta di iceberg di una grave criticità sistemica del nostro Paese in materia di gestione dei flussi e di accoglienza dei migranti-richiedenti asilo, nonché l'emblema del fallimento delle politiche messe in campo dal Governo Renzi in questo ambito;
    sempre dai lavori della citata Commissione di inchiesta, con particolare riferimento alla missione presso il Cara di Mineo del 7-8 luglio 2016, emerge l'assoluta inopportunità dell'apertura di un hotspot nelle strutture del centro, perché ciò comporterebbe un inutile dispendio di risorse umane e materiali nonché notevoli rischi per la sicurezza, in considerazione della necessità di effettuare trasferimenti di migranti/richiedenti asilo da e per il Cara lungo un percorso di oltre 50 chilometri;
    le criticità riscontrate nel centro di Mineo, oltre a rendere disumano, inefficiente e dispendioso l'intero sistema di gestione dei flussi e di accoglienza, si ripercuotono negativamente sia sulla vita dei cittadini, particolarmente esposti ai rischi derivanti dalla crescente e incontrollata presenza di migranti irregolari sul territorio (e i cittadini siciliani, da questo punto di vista, hanno pagato un prezzo altissimo, ed è inaccettabile continuare a gravare su di loro), sia sulle amministrazioni locali, spesso sull'orlo del dissesto finanziario perché costrette a far fronte con proprie risorse alle numerose emergenze di natura logistica e umanitaria legate al fenomeno migratorio;
    a prescindere dalle politiche di gestione del fenomeno migratorio che il Governo intende mettere in campo, la storia e le persistenti drammatiche condizioni del centro siciliano invocano necessariamente una chiusura immediata della struttura, per porre fine ad una condizione di diffusa illegalità che, nonostante il commissariamento e il controllo diretto del Governo, continuano a caratterizzare il Cara di Mineo,

impegna il Governo:

   a presentare una specifica e puntuale relazione entro il 31 dicembre 2016 in merito alla gestione del Cara di Mineo di questo ultimo anno, con particolare riferimento agli interventi adottati per il miglioramento delle condizioni dei soggiornanti e della situazione complessiva della struttura e per la prevenzione e il controllo delle numerose attività criminogene poi effettivamente riscontrate;
   data l'oggettiva impossibilità di condurre il Cara di Mineo nell'alveo di una gestione ordinaria, ad adottare ogni iniziativa volta ad impedire l'accesso alla struttura da parte di ulteriori migranti, a desistere da ogni iniziativa volta ad aprire nelle strutture del Cara di Mineo un nuovo «hotspot», e a garantire, in tempi strettissimi, la definitiva chiusura del Centro.
(1-01380) «Prestigiacomo, Gregorio Fontana, Ravetto, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di prima accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è stato inaugurato il 18 marzo 2011 a seguito della proclamazione dello stato di emergenza nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini stranieri provenienti dalle regioni del Nord Africa con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 12 febbraio 2011;
    l'individuazione della struttura avveniva attraverso decreto di requisizione, n. 16455 del 2 marzo 2011, nelle 403 villette di quello che era il residence «Villaggio degli aranci» dismesso nel 2011 dai militari statunitensi allo scadere del contratto con la Pizzarotti spa. Il costo stimato di indennizzo derivante dalla requisizione veniva individuato in circa 6 milioni di euro annui, che lo Stato ha versato nelle casse della Pizzarotti spa;
    il 18 ottobre 2011, dopo i primi sette mesi, la gestione passava dalla Croce Rossa al Consorzio Calatino, «Terra d'Accoglienza»;
    lo stato di emergenza cessava – a norma dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 aprile 2011 – in data 31 dicembre 2012; tale termine veniva posticipato al 31 dicembre 2012 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 ottobre 2011 e, successivamente, con circolari del Ministero dell'interno, al 28 febbraio 2013 e poi al 31 marzo 2013; mentre con ordinanza capo dipartimento della protezione civile n. 33 del 28 dicembre 2012 si prevedeva per la struttura di Mineo una proroga dell'attività sino al 30 giugno 2013;
    l'ordinanza di protezione civile appena citata autorizzava il prefetto di Catania a stipulare apposita convenzione, con decorrenza dal 1o gennaio 2013 e per sei mesi, con il Consorzio dei comuni del Calatino «Terra d'Accoglienza» che acquisiva la disponibilità dell'immobile «Residence degli Aranci» in Mineo (CT), nel limite di euro 12.670.000,00. Il termine del 30 giugno 2013 veniva prorogato, poi, più e più volte fino all'indizione del bando di gara per l'affidamento della struttura nel giugno del 2014;
    in data 25 febbraio 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, firmava un parere di illegittimità della citata gara d'appalto;
    nell'ambito dell'inchiesta «Mafia Capitale» erano già emersi inquietanti elementi riguardo a numerose attività criminali connesse alla gestione dei flussi migratori e dei centri di accoglienza per i richiedenti asilo che dimostrerebbero come alcuni personaggi, oggi arrestati o indagati, avrebbero, con grave danno alla collettività, tratto vantaggi personali grazie a rapporti privilegiati anche con gli uffici del Ministero dell'interno;
    specificatamente alla struttura di Mineo, come riportato dal quotidiano La Repubblica il 5 marzo 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, ha definito la gara d'appalto per la gestione del centro di Mineo «lesiva della concorrenza, parziale, senza alcuna trasparenza e criteri di economicità» per le casse pubbliche, bocciando senza appello la procedura che affidava per tre anni la gestione del Cara di Mineo, bandita dal consorzio «Calatino terra di accoglienza», che raggruppa i comuni del comprensorio in provincia di Catania e nato per volontà dell'ex commissario per la gestione del Cara, il sottosegretario Giuseppe Castiglione;
    in data 5 giugno 2015 si apprendeva da fonti di stampa poi confermate dalla procura di Catania del coinvolgimento dello stesso Giuseppe Castiglione in una inchiesta della stessa procura. Oltre a Giuseppe Castiglione «nella qualità di soggetto attuatore per la gestione del Cara di Mineo», compaiono altri 5 soggetti indagati: Giovanni Ferrera, «nella qualità di direttore generale del Consorzio tra Comuni, Calatino Terra di Accoglienza»; Paolo Ragusa, «nella qualità di presidente della Cooperativa Sol. Calatino»; Luca Odevaine «nella qualità di consulente del presidente del Consorzio dei Comuni», e i sindaci di Mineo e Vizzini, Anna Aloisi e Marco Aurelio Sinatra;
    «Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, poste in essere tra il 2001 ed il 2014 – scrive la procura di Catania – in concorso tra loro e nelle rispettive qualità, con collusioni ed altri mezzi fraudolenti turbavano le gare di appalto per l'affidamento della gestione del Cara di Mineo del 2011, prorogavano reiteratamente l'affidamento e prevedevano condizioni di gara idonee a condizionare la scelta del contraente con riferimento alla gara d'appalto del 2014»;
    in data 19 giugno 2015, il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione proponeva la misura straordinaria del commissariamento dell'appalto, la quale veniva recepita in data 23 giugno dal prefetto di Catania che nominava la dottoressa Maria Nicotra, già avvocato dello Stato, commissario straordinario per l'appalto di servizi e gestione del Cara di Mineo;
    infine, con più atti, veniva sciolto «per motivi di interesse pubblico» il Consorzio dei Comuni «Calatino Terra d'accoglienza», revocato l'accordo stipulato per la gestione del centro e costituita una «struttura di missione» per la gestione del centro di accoglienza;
    il centro di accoglienza di Mineo è la struttura che ospita in assoluto il numero maggiore d'immigrati in Europa. A fronte di una capacità stimata massima, di 2.000 unità, secondo i dati del Ministero dell'interno, la struttura al 19 settembre 2016 ospitava 3.457 persone (pari al 25 per cento di tutte le presenze nei centri governativi di prima accoglienza in Italia);
    i migranti sono ospitati in circa 370 alloggi – tipologia villette a schiera a due piani di circa 160 mq ciascuna – in media 9 o 10 migranti per struttura. I restanti 34 edifici ospitano gli uffici dell'amministrazione o sono utilizzati per la fornitura di servizi (sanitari, socio-assistenziali, psicologici, legali e altro);
    già in un rapporto del dicembre 2011, redatto dal Comitato territoriale dell'ARCI di Catania, si definiva il Centro: l’«antitesi dell'integrazione, mina la sicurezza del territorio animando scontri e tensioni fra comunità». Dalla sua costituzione, il 18 marzo 2011, aggiunge l'ARCI, il Cara ha offerto condizioni di vita «prive di contesto e coesione sociale, scollate dalla propria cultura, disorientate nella selva di leggi e di prassi amministrative del tutto ignote agli ospiti per l'assoluta mancanza di qualsiasi forma di mediazione sociale culturale e di assistenza legale»;
    il centro di Mineo, situato in piena campagna e mal collegato dai mezzi di trasporto è, di fatto, una città a sé stante; a fronte di una popolazione di circa 5.200 abitanti nel vicino centro abitato di Mineo, la struttura crea di per sé un enorme squilibrio. Considerate le dinamiche di sviluppo contenute del territorio questo crea forti tensioni e rappresenta un serio ostacolo all'interazione sociale e culturale dei migranti ospitati nel centro con il territorio;
    negli anni, gli ospiti del Centro hanno più volte organizzato proteste contro le condizioni in cui sono costretti a vivere, lamentando in particolare i lunghissimi tempi di attesa, il collegamento inesistente con i centri urbani, il pagamento del pocket money in sigarette e ricariche telefoniche;
    per questo la Commissione per i diritti umani del Consiglio d'Europa ha espresso una severa censura nei confronti dell'Italia, in particolare per la gestione del centro di accoglienza di Mineo perché è stata inadempiente rispetto agli obblighi di garantire standard minimi di accoglienza ai richiedenti asilo ed ai rifugiati;
    nel mese di giugno 2016 una nuova indagine della procura di Caltagirone veniva aperta sulla presunta truffa legata ai rimborsi in favore dell'ente gestore per le presenze giornaliere dei migranti nel centro di accoglienza; delle persone indagate dalla procura risultano ancora in servizio presso il centro, alcune addirittura con ruoli di responsabilità;
    durante la nuova visita della «Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema di accoglienza, identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattamento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate», avvenuta nel luglio 2016 la Commissione constatava che nulla è cambiato nelle condizioni di vita degli ospiti e nella gestione e convergeva sulla necessità di chiudere definitivamente il centro di accoglienza di Mineo, nonché scongiurare qualsiasi ipotesi di trasformazione del centro in hotspot;
    alla luce dalle indagini in corso, emerge con chiarezza che attorno al centro di accoglienza di Mineo si è costruita una enorme speculazione, una vera e propria holding criminale che ha usato l'accoglienza per accaparrarsi fondi pubblici;
    il sistema criminale che viene alla luce è legato alla natura stessa del centro e non ha nulla a che fare con l'accoglienza e l'integrazione; mantenere in vita il centro e trasformarlo in hotspot, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, si giustificherebbe soltanto con una volontà politica di tenere in piedi la grande speculazione economica che è al centro delle diverse inchieste della magistratura;
    l'unica scelta rispetto al centro di accoglienza di Mineo appare quindi quella della sua definitiva chiusura nel più breve tempo possibile, incentivando un modello di accoglienza diffusa che garantirebbe una migliore integrazione dei bisognosi di protezione internazionale e richiedenti asilo e una riduzione dei costi dell'accoglienza,

impegna il Governo:

   ad avviare nel più breve tempo possibile tutte le procedure necessarie allo svuotamento, alla dismissione ed alla definitiva chiusura del Cara di Mineo;
   a non procedere a nuove procedure di gara per l'assegnazione di qualsiasi tipo di servizio legato alla gestione del Cara di Mineo ed a risolvere ogni vincolo contrattuale con la proprietà della struttura;
   ad interrompere ogni procedura avviata relativa alla riqualificazione ed alla trasformazione del centro di Mineo in struttura « hotspot».
(1-01381) «Palazzotto, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    il centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo è stato istituito nel febbraio 2011 a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria per far fronte agli arrivi causati dalla cosiddetta Primavera Araba, e ha funzionato dapprima sotto la guida della protezione civile e poi dal Ministero dell'interno;
    in seguito alla chiusura dell'emergenza, decretata con la «ordinanza di protezione civile finalizzata a regolare la chiusura dello stato di emergenza umanitaria ed il rientro nella gestione ordinaria, da parte del Ministero dell'interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l'afflusso di cittadini stranieri sul territorio nazionale» del 28 dicembre 2012, l'accoglienza doveva proseguire fino al giugno 2013;
    in quella fase la gestione del centro è stata prorogata per ben quattro volte in favore dei medesimi soggetti che se la erano aggiudicata nell'ottobre 2011 in base ad un bando che nell'ambito dell'inchiesta su «mafia capitale» uno degli imputati ha definito un «bando creato ad hoc» per affidare la gestione a un consorzio siciliano di cooperative sociali denominato «Sisifo», già ente gestore anche del centro di Lampedusa, del Cara di Foggia e del Centro soccorso e prima accoglienza di Cagliari;
    dopo ben quattro proroghe in favore del consorzio Sisifo, nel 2014 è stato pubblicato il nuovo bando di gara – per un valore di ben cento milioni di euro – per l'affidamento del Cara di Mineo, aggiudicato da parte di un'associazione temporanea d'impresa capeggiata da «La casa della Solidarietà»;
    sul bando del 2014 il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, audito nel novembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, ha dichiarato: «Quando, però, l'appalto attuale è stato rifatto, noi avevamo individuato, su richiesta di uno dei soggetti che non aveva partecipato alla gara, una serie di criticità nel modo in cui era stato costruito il bando, che non era semplicemente quello dei chilometri, ma si evidenziava come quel tipo di bando, soprattutto dal punto di vista economico, molto più sostanzioso, fosse un bando che di fatto limitava significativamente il meccanismo della concorrenza, tant’è che alla gara ha partecipato un unico soggetto, un'unica Ati, che guarda caso aveva vinto l'appalto con un ribasso dell'1 per cento»;
    nonostante la segnalazione effettuata dell'Autorità anticorruzione al consorzio «Calatino terra di accoglienza» l'appalto non è stato revocato fino a quando non sono intervenuti gli arresti collegati all'inchiesta romana di «mafia capitale», e solo nel 2015 si è proceduto al commissariamento del centro nell'ambito delle indagini della procura di Catania sulle presunte irregolarità negli appalti;
    nel giugno 2016 il Cara di Mineo è stato travolto dall'ennesima inchiesta, questa volta guidata dalla procura di Caltagirone, che ha contestato a una decina di persone a vario titolo coinvolte nell'appalto del 2014 i reati di abuso d'ufficio, turbativa d'asta e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente;
    tra gli accertamenti effettuati da parte della procura ci sono quelli relativi ad una presunta truffa da un milione di euro nella contabilità sulle presenze giornaliere dei migranti ospiti del Cara di Mineo, finalizzati alla liquidazione all'ente gestore importi superiori a quelli dovuti nel periodo compreso tra il 2012 e il 2015;
    il costante sovraffollamento del Centro ha costretto i suoi ospiti a vivere in condizioni di degrado sociale e assistenziale e non di rado ha dato luogo a tensioni con le forze dell'ordine e, inoltre, diverse inchieste giornalistiche hanno denunciato l'impiego illegale di ospiti del centro in attività lavorative illegali, il mercato nero all'interno del centro e addirittura episodi di prostituzione;
    il Cara di Mineo è solo l'esempio più eclatante del fallimento della gestione dei richiedenti asilo sul territorio nazionale, dovuta alla incapacità di smaltire le richieste e i ricorsi conseguenti ai casi di diniego nei tempi previsti, dando luogo soltanto a un indebito arricchimento dei soggetti incaricati dall'accoglienza, come stanno dimostrando le numerose inchieste giudiziarie degli ultimi anni;
    i dati dimostrano che a fronte della presenza di migliaia di persone nei Cara il tasso di accoglimento delle richieste non arriva neanche al dieci per cento, mentre lo Stato spende centinaia di milioni di euro ogni anno per far funzionare strutture che non assicurano un'efficace gestione del flusso migratorio che si riversa sulle coste italiane;
    in particolar modo in Italia, infatti, la parte maggioritaria degli immigrati è costituita dai cosiddetti migranti economici, quindi non in fuga da situazioni di guerra che possono giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato, e dei quali l'Unione europea si disinteressa completamente, financo escludendoli da quelli oggetto di redistribuzione tra gli Stati membri,

impegna il Governo:

   a disporre la chiusura del centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo e il progressivo smantellamento delle altre strutture a tal fine istituite sul territorio nazionale;
   nelle more della chiusura del centro di Mineo, a trattenere le persone ivi raccolte sino alla individuazione di soluzioni alternative, a tal fine anche aumentando i rimpatri dei soggetti arrivati illegalmente e ai quali non viene riconosciuto alcun titolo di protezione internazionale.
(1-01382) «Rampelli, La Russa, Giorgia Meloni, Petrenga, Taglialatela, Cirielli, Maietta, Nastri, Rizzetto, Totaro».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il 3 ottobre 2013 a poche miglia dal porto di Lampedusa centinaia di migranti: l'Italia rispose attivando una delle più grandi operazioni umanitarie della storia, «Mare Nostrum», che ha infatti salvato più di 100 mila vite umane in un anno;
   il buon esempio del Governo italiano ha anche aperto la strada a iniziative coordinate dell'Unione europea per la gestione dei flussi migratori e per favorire lo sviluppo nei Paesi d'origine; nel frattempo, tuttavia, altre migliaia di persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e una parte importante delle politiche di Bruxelles sulle migrazioni, a partire dal ricollocamento dei richiedenti asilo in tutto il territorio dell'Unione europea, sono rimaste lettera morta in ragione del rifiuto più o meno esplicito di alcuni Governi degli Stati membri a collaborare;
   il 18 aprile 2015 nel Canale di Sicilia, si verificò un altro terribile naufragio, 75 miglia a nord di Tripoli, dove un'imbarcazione con più di settecento persone, di cui solo 28 riuscirono a sopravvivere, si inabissò, adagiandosi a 400 metri di profondità, e causando un numero sterminato di vittime, non ancora esattamente identificate;
   il 1o luglio 2016 la Presidenza del Consiglio ha dato l'avvio ad una complessa operazione, denominata Augusta, affidata al Ministero della difesa e coordinata dalla Marina militare, al fine di recuperare il relitto del barcone, con l'intero carico di salme, che sono state successivamente prelevate dalla tolda, grazie ad una straordinaria attività dei vigili del fuoco e delle Croce rossa che non ha avuto eguali al mondo;
   durante il difficilissimo lavoro di recupero e successiva identificazione delle salme, o meglio di ciò che spesso di queste salme è rimasto, a fronte di un infinito orrore e alla necessità di fare qualcosa per non dimenticare, si è pensato di dar vita ad un «polo scientifico e museale» nel cimitero Maggiore di Milano, in un'area vicina ai terreni Expo, realizzando due diversi percorsi, uno scientifico sulle tecniche di analisi del Dna, e uno dedicato invece più specificamente alla memoria e a come possa esistere una medicina «umanitaria», che attraverso l'esame di ciò che una vittima ha nello stomaco o sotto la suola delle scarpe possa stabilire luogo e ora della morte;
   del resto, il progetto di realizzare a Milano – città tappa fondamentale delle migrazioni verso il Nord Europa – un «polo scientifico e museale» per i diritti umani, non è nuovo, e l'idea di trasportare questo relitto al Nord, perché non venisse dimenticato, ma anzi trasformato in una tappa culturale per non dimenticare, è sorta man mano che le difficili operazioni di identificazione delle salme procedevano tra i «body bags», ossia i sacchi per cadaveri;
   da notizie a mezzo stampa, l'intera operazione, finanziata dalla Presidenza del Consiglio, sarebbe costata 9,5 milioni di euro, una parte dei quali – pari a 1,4 milioni di euro – sarebbero stati spesi nella prima fase, relativa all'ispezione del relitto, mentre circa 1,6 milioni di euro sarebbero poi stati spesi per la progettazione del recupero dell'imbarcazione. Infine, per la mobilitazione dei mezzi il costo sarebbe stato di circa 6,5 milioni di euro;
   sino ad oggi, invece, le autopsie e le identificazioni delle salme, curate dall’équipe coordinata dalla professoressa Cristina Cattaneo della sezione di medicina legale dell'università di Milano, sarebbero state a carico delle università di Catania, Messina e Palermo e dei reparti di medicina della polizia di Stato;
   restano, tuttavia, ancora numerose le operazioni di identificazione da portare a compimento, anche per dare degna sepoltura a persone che altrimenti sarebbero rimaste per sempre in fondo al mare, così come occorrono ulteriori risorse per dar vita a quel progetto di costruzione di un polo scientifico e museale a Milano, che se non potrà restituire un po’ di giustizia alla loro memoria –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per facilitare la realizzazione di un polo scientifico e museale nella città di Milano, attraverso il trasporto del relitto, nonché se e quali risorse preveda di mettere a disposizione, previo coinvolgimento delle Istituzioni dell'Unione europea e dei partner europei, al fine di terminare il doloroso percorso di identificazione delle vittime, anche alla luce della considerazione che i riconoscimenti hanno importanti ripercussioni sui familiari rimasti vivi, permettendo loro quei ricongiungimenti altrimenti impossibili in assenza dei certificati di morte.
(2-01488) «Quartapelle Procopio, Amato, Arlotti, Beni, Blazina, Paola Boldrini, Bonomo, Bruno Bossio, Braga, Camani, Capone, Capozzolo, Carrozza, Chaouki, Coccia, Cominelli, Dallai, D'Arienzo, Marco Di Maio, D'Incecco, Di Salvo, Fabbri, Fedi, Fragomeli, Fusilli, Gadda, Garavini, Gnecchi, Lavagno, Lodolini, La Marca, Patrizia Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchi, Mazzoli, Misiani, Mognato, Morani, Murer, Patriarca, Pes, Piccione, Preziosi, Realacci».

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   CECCONI, MANLIO DI STEFANO, DIENI, DEL GROSSO, COZZOLINO, DI BATTISTA, DADONE, GRANDE, D'AMBROSIO, SCAGLIUSI, NUTI, SIBILIA, TONINELLI e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   recentemente il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha effettuato un viaggio in Sudamerica nel corso del quale ha avuto diversi incontri pubblici con la comunità degli italiani ivi residenti organizzati dall'ambasciata italiana che, a quanto si desume dai resoconti giornalistici, si sono palesemente trasformati in veri e propri comizi a favore del «Si» al referendum del 4 dicembre 2016; i fatti e le dichiarazioni che hanno connotato il suddetto viaggio, a latere della presenza del Ministro ad alcuni protocolli preliminari, ne pongono in serio dubbio la legittimità, a fronte della sua qualifica ufficiale, resa dall'ufficio stampa del dicastero, quale «missione istituzionale»;
   risulta altresì agli interroganti che in tale campagna siano stati coinvolti, infatti, rappresentanti del corpo diplomatico italiano e le sedi estere, che non possono essere arruolati alla stregua di volontari o soldati in favore di una parte della campagna referendaria;
   a fronte dei fatti indicati, si configura, a parere degli interroganti, un uso spregiudicato di organi e istituzioni nonché della carica ricoperta, questioni che rendono l'asserita «missione istituzionale», le spese connesse e sostenute, le personalità e le istituzioni coinvolte un abuso dell'esercizio di cariche pubbliche e di Governo;
   le rappresentanze diplomatiche promuovono la più ampia comunicazione politica sui mezzi di informazione in lingua italiana editi e diffusi all'estero, o comunque rivolti ai cittadini italiani all'estero, secondo i principi in vigore in Italia sulla parità di accesso e di trattamento e sull'imparzialità rispetto a tutti i soggetti politici;
   il 3 ottobre 2016 il circolo Pd di Toronto ha organizzato una conferenza sulla riforma costituzionale, dove era prevista anche la presenza dell'ambasciatore Gian Lorenzo Cornado; nelle locandine relative all'iniziativa, peraltro, oltre al simbolo del Partito Democratico, figurava il logo «Basta un Sì», rendendo così evidente di come si trattasse di un'iniziativa politica e di indirizzo circa il prossimo referendum costituzionale –:
   quali iniziative intenda adottare per garantire la necessaria imparzialità e correttezza delle ambasciate e degli uffici consolari italiani in ordine al referendum costituzionale previsto per il 4 dicembre 2016 e, conseguentemente, se non reputi di dover impartire disposizioni affinché gli ambasciatori e il personale degli uffici consolari non partecipino a iniziative di parte. (3-02528)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIMBRO, LA MARCA e TIDEI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   gli inviati della trasmissione televisiva «Le Iene», Luigi Pelazza e l'operatore Mauro Pilai, in Marocco dal 26 settembre 2016 per le riprese di un servizio televisivo sulla prostituzione minorile nel Paese, sono stati, stando ai primi articoli apparsi sulle principali testate giornalistiche italiana, fermati a Marrakech nel pomeriggio di mercoledì da una decina di agenti della polizia marocchina, e scortati fino all'aeroporto della città, là dove sono stati obbligati a dormire sul pavimento per tutto la notte, sorvegliati dalla scorta della polizia;
   nel corso dell'operazione, le telecamere, e l'ingente materiale raccolto su «un grande giro di prostituzione minorile con ragazzi e ragazze di 13 e 14 anni pagati 300 o 400 euro per avere rapporti sessuali», è stato sequestrato, assieme ai telefoni cellulari, questi ultimi restituiti in serata. L'interprete locale che li accompagnava è stato arrestato, e di lui non si hanno notizie;
   il blitz è avvenuto, come detto, a Marrakech, all'uscita da un appartamento, dove gli inviati Mediaset stavano raccogliendo testimonianze filmate di alcuni ragazzi. Dopo essere stati fermati per alcune ore, sono stati poi rilasciati e portati in aeroporto per dare esecuzione a un ordine di espulsione dal Paese. Pelazza sostiene che li hanno accusati di «aver filmato i minori senza consenso. L'obiettivo però era quello di sequestrare il materiale video e la nostra attrezzatura, e così hanno fatto»; la rete di prostituzione minorile, sempre per l'inviato, «coinvolge non solo turisti occidentali ma anche turisti arabi e personaggi locali»;
   a Pelazza e Pilai non è stato inoltre possibile mettersi in contatto con l'ambasciata italiana. Sempre secondo le prime dichiarazioni rilasciate, è stato loro chiesto di firmare documenti in francese: richiesta alla quale hanno opposto un rifiuto, data l'assenza di funzionari italiani presenti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti su esposti e quali iniziative urgenti intenda mettere in atto, nell'ambito delle relazioni diplomatiche con le autorità del Marocco, affinché vengano fornite adeguate spiegazioni circa il grave comportamento degli agenti di polizia, con particolare riferimento ai materiali sequestrati e all'ingiustificato trattamento riservato ai reporter italiani che stavano svolgendo un'ordinaria inchiesta giornalistica. (5-09668)


   LAFFRANCO e ARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 20 maggio 2016 il Presidente della Bielorussia, Alexandr Lukashenko, è stato in visita ufficiale in Italia dove ha incontrato, tra gli altri, il Sottosegretario di Stato agli affari esteri e alla cooperazione internazionale, on. Vincenzo Amendola;
   la visita ufficiale del Presidente Lukashenko ha rappresentato un'importante occasione per ricostruire le relazioni politiche e commerciali della Bielorussia con l'Italia e, in generale, con l'Unione europea, occasione giunta dopo la revoca, nel febbraio 2016, delle sanzioni disposte a suo carico nel 2011 dall'Unione europea;
   di recente il Consiglio europeo ha espresso, sul sito ufficiale, la volontà di proseguire «il dialogo sulle riforme necessarie per modernizzare la Bielorussia e sul potenziale di sviluppo delle relazioni con l'Unione europea (compreso un eventuale sostegno finanziario)»;
   nonostante le affermazioni del Presidente Lukashenko siano focalizzate a ricostruire le relazioni politiche e commerciali con il nostro Paese, i fatti smentiscono tale impegno;
   si registrano, infatti, elevati flussi di prodotti di contrabbando provenienti dalla Bielorussia, con particolare riferimento alle sigarette, di cui la Bielorussia risulta essere la principale fonte di approvvigionamento per il mercato italiano ed europeo;
   circa 6 miliardi di sigarette illegali consumate in Europa sono prodotte in Bielorussia dalla Grodno Tobacco Factory («GTFN»), azienda posseduta interamente dal Governo di quel Paese;
   nel marzo del 2016, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione, con 414 voti a favore, 214 contrari e 66 astensioni, per chiedere alla Commissione europea di adottare strumenti legislativi comunitari e internazionali per combattere tale contrabbando;
   i deputati europei hanno rilevato come il commercio illecito dei prodotti del tabacco e, in particolare, il contrabbando di sigarette contraffatte, causi perdite alle entrate dell'Unione europea e dei suoi Stati membri (in termini di imposte doganali, IVA e accise) pari a oltre 10 miliardi di euro l'anno;
   negli ultimi anni si è osservato un aumento delle cosiddette « illicit whites», sigarette prodotte legalmente in un Paese e destinate prevalentemente al contrabbando, la cui immissione sul mercato di destinazione non è autorizzata e delle quali non sono noti i componenti, che spesso non rispondono ai requisiti minimi di sicurezza previsti dalla normativa nazionale ed europea, aumentando i rischi per la salute umana;
   il Governo ha affrontato questo argomento, rispondendo in Commissione finanze della Camera all'interrogazione a risposta immediata n. 5/09339, presentata dall'interrogante, ma non sono stati forniti elementi circa gli aspetti della questione attinenti alle competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere affinché il Governo della Bielorussia ponga in essere tutte le misure necessarie a bloccare il traffico internazionale che alimenta la criminalità organizzata a danno delle entrate erariali italiane, provocando ulteriori pericoli per la salute pubblica, e se non intenda coordinarsi con gli altri Ministri competenti, affinché il Governo italiano si faccia promotore in sede di Unione europea di iniziative volte a vincolare qualsiasi aiuto finanziario alla Bielorussia ad azioni concrete, da parte del Governo di Lukashenko, destinate a interrompere il flusso illecito di sigarette, con particolare riguardo ad azioni mirate di controllo del confine. (5-09669)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   CAUSIN e BOSCO. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. – Per sapere – premesso che:
   negli ultimi 60 anni quasi 900 mila persone hanno abbandonato la montagna (Centro europeo ricerche), dando inizio ad un progressivo abbandono delle attività commerciali, peraltro ancora in corso;
   alcuni Paesi si ripopolano solamente nel periodo estivo per il rientro, per ferie, dei vecchi abitanti;
   questo spopolamento è un dato di fatto oggettivo e potrebbe portare, nel giro di pochi anni, ad avere «villaggi fantasma», spesso, nei periodi invernali, isolati per le abbondanti nevicate;
   i motivi di tale abbandono sono noti da tempo: queste terre, infatti, non offrono lavoro e possibilità di sviluppo, difficoltà di carattere sociale che li pongono ben al di sotto dello standard tipico di una moderna società;
   modi per salvaguardare queste realtà ce ne sarebbero, ma, oggettivamente, l'unica risorsa sfruttabile è il turismo, che però al giorno d'oggi richiede un complesso di infrastrutture eccessivamente oneroso per queste piccole realtà sconosciute. I posti di lavoro che si creerebbero non sarebbero comunque sufficienti a coprire la domanda: si crea, di conseguenza, una situazione di stallo in cui nessuno (amministrazioni e privati) azzarda a creare qualcosa per il futuro, per il timore di non ricevere riscontro economico dall'investimento;
   vivere di pastorizia e agricoltura oggi non è più sufficiente: soppiantate dagli allevamenti e dalle coltivazioni intensive della pianura, le piccole produzioni danno poco più del sostentamento personale, impedendo di sostenere le spese che la vita moderna richiede (tasse, scolarizzazione, sanità, trasporti ed altro). Dati di fatto, questi, che inducono a credere che presto le piccole realtà della montagna saranno abbandonate al degrado e alla forza della natura, con conseguenze umane, sociali, territoriali che non possono non creare apprensione e preoccupazione –:
   quali siano gli interventi che il Governo ha posto, o intende porre in essere, al fine di frenare ed invertire tale tendenza che crea un comprensibile e diffuso allarme sociale. (3-02520)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   nella seduta n. 2 del 12 novembre 2015 della Commissione VIII, nell'ambito delle comunicazioni in ordine agli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio calabrese all'emergenza idrica Messina, il Ministro interrogato ha riferito circa lo stanziamento di 2 milioni di euro da parte dello Stato per far frotte all'evento franoso che si è verificato il 24 ottobre 2015 nella collina di Calatabiano, che ha danneggiato la condotta idrica di Fiumefreddo che rifornisce il comune di Messina;
   come ha riferito il Ministro interrogato, «l'attuale situazione di dissesto del versante nel comune di Calatabiano determina significativi fattori di rischio residuo per la sicurezza dell'abitato di Calatabiano e condiziona fortemente la scelta dell'intervento di ripristino dell'erogazione idrica di Messina»;
   purtroppo, fino ad oggi, sono stati effettuati solo i lavori di somma urgenza con tubi provvisori, mentre nulla è stato fatto per il ripristino definitivo della condotta, che dovrà essere realizzato solo dopo aver messo in sicurezza il versante;
   la Gazzetta del Sud online del 24 luglio 2016 riporta che il progetto della sistemazione della collina è stato trasmesso al dipartimento della protezione civile nazionale per l'approvazione;
   a seguito delle piogge dei giorni scorsi una nuova criticità rischia di vanificare i lavori eseguiti e danneggiare irreparabilmente le condotte provvisorie, già martoriate dagli incendi di questa estate;
   il Gazzettinonline del 26 settembre 2016 riporta: «“C’è in atto un movimento cinematico in evoluzione del versante in frana – spiega il geologo Carmelo Garufi dell'Amam – nell'area dei 4 tubi (direzione Alcantara), per un tratto di circa 35 metri, con un richiamo di erosione accelerata a valle sotto il by-pass”. Il timore, è che l'avvallamento sotto la condotta, che ha già interessato almeno tre dei quattro tubi, possa aggravarsi con l'evoluzione del dissesto. Sotto accusa non solo i ritardi per i lavori di consolidamento del versante collinare da parte della Protezione Civile Regionale, ma la mancata manutenzione delle opere di drenaggio, realizzate nella prima fase degli interventi di mitigazione del rischio sulla collina di contrada Piraino da parte della Protezione Civile Regionale a salvaguardia del sostante centro abitato. (...) Ad oggi, dopo quasi un anno dalla rottura della condotta, con un intervento provvisorio sull'acquedotto, con la realizzazione del by-pass che sarebbe dovuto – durare pochi mesi, non sono state ancora assunte decisione definitive»;
   in caso di frana, le persone che abitano nella zona sono in pericolo, anche perché il georadar non è attivo da maggio per mancanza di fondi;
   da una nota della regione Siciliana al comune di Calatabiano (prot. n. 6047 del 12 settembre 2016) si apprende che nel Patto per il Sud con riferimento alla regione siciliana, approvato dal Cipe e in corso di registrazione alla Corte dei conti, figurano 3 milioni di euro per l'intervento 19/R918/G1 – Consolidamento e sistemazione idrogeologica del versante C da Piano Piraino;
   non risulta ancora chiaro se il progetto della sistemazione definitiva del versante sia stato definitivamente approvato;
   le opere di sistemazione definitiva del versante sono prioritarie per salvaguardare sia l'abitato sottostante di Calatabiano, sia la città di Messina con i suoi 240.000 abitanti circa;
   nella citata seduta del 12 novembre 2015, il Ministro interrogato aveva assicurato tutto il possibile supporto per la soluzione definitiva del problema –:
   quali siano i motivi per i quali non sia stata ancora erogata l'intera somma dei 2 milioni di euro uso previsti per l'emergenza frana del 24 ottobre 2015, ai sensi dell'Ordinanza del dirigente della protezione civile n. 295 del 7 novembre 2015, se le istruttorie dei relativi progetti presso le autorità statali competenti risultino già concluse e quali tempi si prevedano per rendere formalmente disponibile la dotazione finanziaria dei 3 milioni di euro prevista per il consolidamento la sistemazione idrogeologica del versante C da Piano Piraino.
(2-01485) «Attaguile».

Interrogazione a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la regione Lombardia con delibera di giunta regionale del 30 dicembre 2009 n. 8/10966 programmava la ricerca e la sperimentazione in materia di «cattura e confinamento di anidride carbonica», al fine di individuare un impianto pilota di confinamento geologico di CO2;
   il 22 febbraio 2010 il Ministero dello sviluppo economico ha sottoscritto con la regione Lombardia un protocollo d'intesa finalizzato allo stoccaggio di CO2 prodotto nel territorio regionale;
   tra il 2007 e il 2012 nell'ambito del programma europeo «spazio alpino» veniva individuato un progetto denominato «Geomol». Il progetto «Geomol» veniva avviato nel settembre 2012, con l'individuazione di un'area pilota nel febbraio 2012 comprendente un'ampia area della provincia di Brescia, di quella di Mantova e di parte del modenese e delle zone del comune di Mirandola;
   obiettivo del progetto Geomol era lo studio del sottosuolo al fine di individuare strutture idonee per stoccaggi CO2, gas, geotermico, estrazioni di idrocarburi;
   nel febbraio 2014 la regione Lombardia, in collaborazione con l'istituto di ricerca della regione Lombardia Éupolis e della società RSE spa – Ricerca sul sistema energetico, elaborava il rapporto finale del progetto pilota di stoccaggio geologico della CO2. Il progetto riguarda lo stoccaggio in acquifero profondo nei conglomerati di Sergnano, su un'estensione territoriale di circa 1500 chilometri quadrati e comprendenti 5 province lombarde (Milano, Lodi, Cremona, Bergamo, Brescia);
   il progetto ipotizza punti di iniezione sottosuolo in diverse zone del cremonese e bergamasco: in particolare, nelle zone dei comuni di Soncino, Pandino e Caravaggio, sul presupposto di una natura geologica del sottosuolo favorevole a questo tipo di interventi. Il progetto ipotizza tecniche di stoccaggio di CO2 combinate ad altre attività minerarie quali stoccaggio CO2 e metano, utilizzando la CO2 come « cushion gas», e la CO2 EOR, quindi l'iniezione di CO2 per favorire l'estrazione del fondo dei giacimenti di gas e condensati (attività ritenuta finora non economica). L'impianto pilota prevede di iniettare CO2 emessa dai principali soggetti industriali lombardi responsabili di emissioni;
   questo intervento sembra tuttavia non considerare i rischi ambientali e in particolare il rischio sismico che in questo territorio è di elevata gravità. Soltanto nel territorio di Soncino infatti si incontrano almeno tre sorgenti sismogeniche composite e una sorgente sismogenetica attiva quale la faglia sismica ITIS 104, causa del terremoto del 1802 di Soncino, di magnitudo 5,9. Dal progetto risulta che proprio la zona di Soncino sia una di quelle zone più idonee per l'iniezione di CO2 in acquifero;
   è tuttavia evidente che con iniezioni di CO2 della portata indicata il rischio può aumentare considerevolmente. A questo deve aggiungersi lo sviluppo di altri progetti relativi a operazioni nel sottosuolo come quelli nel territorio di Caravaggio, dove la società Geothermal starebbe realizzando un impianto geotermico ad alta entalpìa, in combinazione a possibili estrazioni di idrocarburi e nel permesso di ricerca minerario «calcio», mentre è in fase di valutazione di impatto ambientale la perforazione del pozzo Fontanella 1 proprio nei pressi di Soncino. È evidente che la concentrazione di operazioni di vasta scala e di rilevantissima entità in un territorio così a rischio andrebbe valutata complessivamente e con speciale riguardo, attese le particolari circostanze in cui interventi sui quali non c’è sicurezza si svolgono –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa, delle attività avviate da precedenti Governi, nonché di tutti gli altri progetti inerenti a interventi massicci nel sottosuolo e quali iniziative di competenza intendano adottare per il monitoraggio e la garanzia di uno speciale livello di attenzione e controllo richiesto dalla specificità del territorio. (4-14391)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTANTINO, RICCIATTI, DURANTI, CARLO GALLI, KRONBICHLER e NICCHI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo 8 anni, nell'ottobre del 2013 la Corte di cassazione ha stabilito di procedere con la confisca completa di tutti i beni appartenenti a Danilo Sbarra, il costruttore romano referente di Cosa Nostra, della Camorra e della banda della Marranella, morto nel 2006, che per anni e anni ha riciclato i fondi della criminalità organizzata, proteggendo il suo impero tramite un intricato sistema di prestanomi;
   la confisca ha riguardato quarantanove immobili, tra cui la Villa Sant'Urbano nel parco della Caffarella, sull'Appia Pignatelli, appartamenti e negozi a Sabaudia, a Vieste e in Sardegna, le quote maggioritarie (e in caso minoritarie) di nove società fittizie, per un valore complessivo di quaranta milioni di euro;
   testualmente, la sentenza recita: «Tutte le eccezioni formulate dai difensori sul punto dell'ineseguibilità della misura di prevenzione patrimoniale, devono intendersi superate, in quanto Danilo Sbarra, seppur assolto dal 416-bis (l'associazione di stampo mafioso) è ritenuto soggetto di pericolosità sociale per i suoi rapporti qualificati con esponenti illustri di associazioni di stampo mafioso, finalizzati al reinvestimento di denaro di provenienza illecita»;
   uno degli affari più redditizi in cui il riciclaggio di fondi della criminalità organizzata ha portato alla confisca del bene è stata la villa Sant'Urbano. Danilo Sbarra, amico fraterno di Pippo Calò, boss della mafia soprannominato «il cassiere di Cosa Nostra», compra la maxi struttura immersa nel parco archeologico con tempio annesso, da Domenico Balducci, esponente della Banda della Magliana. «Dopo aver eseguito dei lavori di ristrutturazione con soldi di dubbia provenienza, nel 1991 il comune di Roma decise di acquistare il tempietto staccando un assegno di 4,9 miliardi di lire intestato alla “Erode Attico”, società di Sbarra. Su quella compravendita gli investigatori accesero un faro, perché quell'intera struttura all'Appio presentava diverse irregolarità e fu per questo messa sotto sequestro preventivo», afferma un articolo di Repubblica dell'8 ottobre del 2013;
   la difficile trattativa tra l'amministrazione e la Erode Attico portò, nel 1997, il comune di Roma ad avviare le pratiche di esproprio. L'esproprio però non venne mai eseguito. Tre anni dopo la società Erode Attico di propria iniziativa riavvia gli accordi presentando istanza di «cessione volontaria». Una mossa tanto abile quanto lecita che consentì a Sbarra di chiudere la partita riguardante l'area del «Tempio» ma continuando nel resto dell'area la propria attività commerciale di ristorazione all'interno della quale avvenivano riunioni della malavita; tutta l'area, appunto, viene confiscata con la sentenza della Corte di Cassazione nel 2013;
   i cittadini residenti e il municipio VIII, spingendo verso un protocollo d'intesa con la Soprintendenza, e convinti della necessità di valorizzare l'intera area e compresa la Villa che nel frattempo era in gestione di privati (inserita nel parco regionale dell'Appia Antica), piuttosto che il solo Tempio di Sant'Urbano, hanno chiesto all'allora sindaco Ignazio Marino «di lavorare per annettere al patrimonio comunale la villa adiacente, per strappare al privato un'area importantissima del Parco della Caffarella, tutta da indagare e studiare e che potrebbe svelare, attraverso indagini archeologiche, il passato di quello che era il tempio di Cerere e Faustina»;
   nel maggio del 2016 si viene a sapere che il comune di Roma non ha esercitato il diritto di prelazione su villa Sant'Urbano. Ciò significa che la villa non è stata acquisita dal patrimonio capitolino, e che l'asta è stata vinta da una società, dopo l'asta aperta ai privati e su cui, appunto, il comune non ha posto il suo diritto prelazione nonostante l'opposizione del municipio VIII e benché la Soprintendenza avesse dichiarato che era già previsto un piano per l'utilizzo della villa –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, come intenda ovviare, per quanto di competenza, alla perdita di un bene che, in quanto confiscato, dovrebbe essere aperto al pubblico e utilizzato a finalità sociali, e come, soprattutto, intenda procedere rispetto alla tutela e alla valorizzazione di Villa Sant'Urbano, in quanto area fondamentale per ottimizzare i lavori di recupero e riqualificazione dell'intera area artistica dell'antico tempio della Caffarella, dedicato a Cerere e Faustina. (4-14397)


   LAFFRANCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 24 settembre 2016 presso il teatro Secci di Terni, nell'ambito dell'edizione 2016 del Terni Festival, festival internazionale della creazione contemporanea è andato in scena lo spettacolo Schonheitsabend, una coproduzione tra differenti enti, austriaci, olandesi, belgi e tedeschi;
   nel corso dello spettacolo è stata rappresentata una scena pornografica, la danzatrice Florentina Holzinger si è apposta in vita una cintura con un fallo in lattice applicato e ha penetrato il danzatore Vincent Riebeek con un rapporto anale continuo e prolungato durato circa una decina di minuti; insomma scene di pura pornografia;
   il festival è gestito dalla Fondazione Teatro Stabile dell'Umbria con il patrocinio e il contributo, tra l'altro, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha inserito il Teatro stabile dell'Umbria tra i teatri di rilevante interesse culturale, prevedendo a suo favore un finanziamento in tal senso;
   la Fondazione Teatro stabile dell'Umbria riceve dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo anche finanziamenti a favore dello spettacolo dal vivo per la realizzazione di festival e rassegne;
   peraltro, tra i finanziatori del festival, oltre alla regione dell'Umbria, risulta esserci anche il comune di Terni che, a causa delle disastrose condizioni economiche, ha dovuto varare un piano di ripiano del debito della durata di 10 anni, per una cifra di circa 15 milioni di euro, per evitare la dichiarazione di predissesto finanziario –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per evitare che fondi pubblici siano utilizzati per proporre spettacoli di dubbia etica e non rispettosi del sentimento comune. (4-14398)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   si richiama integralmente l'interpellanza n. 2-01484 del 30 settembre 2016;
   sul Fatto Quotidiano del 30 settembre 2016, dal titolo «Sole 24 Ore, il gruppo chiude il semestre con 50 milioni di rosso. “ Necessario aumento capitale ” – La relazione semestrale del gruppo registra tutti i principali indicatori finanziari in terreno negativo. Il patrimonio netto crolla a 28,2 milioni, bruciando 59 milioni rispetto alla fine dello scorso anno. Calano i ricavi (da 165,4 a 151,8 milioni) e si assottiglia la redditività (-19,7 milioni per il margine operativo lordo). E, come se non bastasse, “ si prevedono ulteriori perdite nella seconda parte dell'esercizio in corso”» si legge: «La relazione semestrale del gruppo guidato da Gabriele Del Torchio descrive uno scenario buio per il gruppo editoriale che registra tutti i principali indicatori finanziari in terreno negativo. (...) Alla luce dei risultati economici, finanziari e patrimoniali rilevati nel primo semestre 2016 – prosegue il documento – si rendono necessarie valutazioni da parte degli amministratori in merito alla sussistenza del presupposto di continuità aziendale (...). In particolare, si segnala la presenza di significative incertezze che possono far sorgere dubbi significativi circa il permanere del presupposto della continuità aziendale» relativamente alla situazione economica, finanziaria e patrimoniale. Non certo buone notizie per il neo eletto numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia, che dovrà ora tentare di salvare il salvabile. Senza escludere una dura resa dei conti con gli ex amministratori del gruppo, guidato negli anni addietro da Donatella Treu sotto la presidenza di Benito Benedini. Le premesse per una eventuale rivalsa sono del resto già nella semestrale dove si precisa che «i risultati del primo semestre 2016 e quelli stimati per fine anno sono significativamente divergenti rispetto alle previsioni dell'esercizio in corso formulate sulla base del piano industriale 2015-2019, approvato dal Consiglio di amministrazione il 13 marzo 2015». «Tale piano risulta quindi disatteso e non applicabile» precisa il documento. (..) la semestrale, sotto il profilo finanziario, dà conto del fatto che l'editrice, di recente al centro di polemiche sulla buonuscita del direttore del quotidiano, Roberto Napoletano, abbia sforato uno dei paletti (quello del rapporto fra posizione finanziaria netta e patrimonio netto) fissati dalle banche per la concessione di una linea di credito revolving da 50 milioni di euro. (...) il gruppo prevede di non poter rispettare i paletti imposti dalle banche al 31 dicembre 2016 e al 23 ottobre del prossimo anno»;
   su Il Giornale del 4 ottobre 2016 si legge: «Nuovo esposto in arrivo per la Consob sul caso de IlSole24Ore da parte dei presidente del collegio sindacale, Luigi Biscozzi, molto perplesso dal cda di venerdì scorso. Mentre il capo della Procura milanese, Francesco Greco, avrebbe deciso di approfondire le ragioni dell'esposto presentato dall'Adusbef per falso in bilancio, false comunicazioni sociali e market abuse, incaricando la Guardia di Finanza. La Consob dovrà valutare se il cda del Sole, che dopo la riunione che venerdì ha approvato una semestrale con un rosso record di 50 milioni e ha registrato 6 dimissioni su 11 membri, fosse o meno legittimato a eleggere un nuovo presidente (Carlo Robiglio) e un suo vice (Luigi Abete). (..) Con quale autorevolezza ... Confindustria sostiene oggi il «sì» al referendum come condizione necessaria per il risanamento del Paese e la sua governabilità, se poi nell'unica società controllata presenta bilanci di dubbia credibilità ? Nomina consiglieri ai quali chiede poco dopo le dimissioni ? Sfora i covenants bancari e riceve le attenzioni di Consob e pm ? La semestrale voluta da Del Torchio è in vari passaggi istruttiva. Per esempio le rettifiche sulle banche dati, costate 7,5 milioni di patrimonio netto e 1,5 di margine operativo: si tratta di abbonamenti pluriennali ad archivi e riviste specializzate, i cui ricavi venivano per lo più caricati sul primo anno anziché calcolati «pro rata». C’è poi il caso delle imposte anticipate (...) minore recuperabilità di imposte per 10,4 milioni. D'altra parte la relazione mette in guardia nella sezione sui «rischi» anche di fronte a possibili nuove sorprese: sulle stesse banche dati, o anche sulla certificazione delle copie multiple digitali»;
   sul Fatto Quotidiano del 18 settembre 2016 citato si legge «(..) Del Torchio addebita a Napoletano la responsabilità di aver gestito, in stretta collaborazione con la Treu, l'operazione degli abbonamenti digitali multipli venduti a una misteriosa società di Londra e che sono stati censurati dall'Ads (Accertamento diffusione stampa) come un modo di dopare i dati diffusionali del giornale, e con essi il prezzo di vendita delle pagine pubblicitarie..)» –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche ai sensi del dodicesimo comma dell'articolo 1 del decreto-legge n. 95 del 1974, in relazione a quanto premesso e, in particolare, circa gli effetti che la mala gestio de il Sole 24 ore pare abbia determinato sui 27 mila malcapitati risparmiatori, visto che la governance del quotidiano ha probabilmente utilizzato il pubblico risparmio per tappare i buchi della disinvolta gestione e dei mega stipendi dei direttori «maestri nelle prediche sul rigore», facendo conseguire perdite superiori al 90 per cento dell'investimento iniziale pari alla raccolta di 250 milioni di euro dalla quotazione in borsa del gruppo il Sole 24 ore;
   se il Governo intenda adoperarsi per chiarire l'effettivo andamento delle vendite tra copie cartacee vendute in edicola, abbonamenti cartacei, abbonamenti digitali singoli, abbonamenti digitali venduti a pacchetto (le cosiddette copie multiple), rappresentando il numero complessivo fornito al mercato, visto che secondo fonti stampa, Il Sole 24 ore avrebbe dichiarato un dato di gran lunga superiore a quello reale;
   se il Governo intenda assumere iniziative urgenti di carattere normativo, per evitare che la gestione disinvolta delle imprese quotate in borsa, possa bruciare il valore dei risparmi investiti, arrivando a interessare la magistratura, con l'aggravante di un quotidiano di Confindustria che predica rigore nei conti pubblici e nella gestione delle municipalizzate, diventando, come in questo caso, ad avviso degli interpellanti, esso stesso una sorta di municipalizzata ad personam a spese di ignari risparmiatori.
(2-01490) «Pesco, Alberti, Fico, Pisano, Ruocco, Villarosa, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial, Daga, Dall'Osso, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Della Valle, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fraccaro, Frusone, Gagnarli».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'economia e delle finanze, durante una videointervista al teatro Franco Parenti, organizzata dal quotidiano Il Foglio, ha dichiarato che se il referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale dovesse concludersi con una vittoria dei No ci sarebbe una «crisi di sfiducia in tutto il Paese»;
   a fronte delle critiche sollevate l'indomani al Ministro presso le commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, durante l'audizione sulla nota di aggiornamento del Def 2016, su questa dichiarazione, il Ministro stesso ha dichiarato che: «Vorrei soltanto dire una cosa, però, rispetto alle cose che ha detto, le assicuro, assicuro lei e tutti i membri delle commissioni, che è mio impegno costante difendere l'immagine dell'Italia soprattutto a livello internazionale con i fatti e con i miei statement. Se c’è un timore a livello che lega gli esiti del referendum alla stabilità sui mercati non è qualcosa che ho messo in giro io. È qualcosa che le investment banks fanno regolarmente purtroppo oramai da molte settimane e si sta cercando di convincerle del contrario ma questo è molto difficile»;
   le dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell'economia e delle finanze il giorno precedente non sembrano andare nella direzione da lui stesso auspicata in audizione; appaiono piuttosto confermare gli scenari prefigurati a suo dire dagli investment banks –:
   quali iniziative concrete il Governo intenda mettere in campo per proteggere il sistema Italia da eventuali speculazioni politiche e finanziarie internazionali ad opera delle banche di investimento ed altri soggetti e per tutelare da indebiti condizionamenti esterni la libera volontà degli elettori, in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo.
(2-01491) «Baldelli, Brunetta».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la tassazione sulle medie e piccole imprese, nonostante un calo dovuto all'intervento del Governo che le ha ridotte e la grave crisi economico-sociale che ha colpito il nostro Paese, risulta ancora eccessiva e non permette uno sviluppo delle stesse che rappresentano «il volano» dell'economia italiana;
   infatti, nel nostro Paese esiste un tessuto industriale basato su moltissime piccole e medie imprese che operano in maniera molto positiva, soprattutto attraverso l’export. Molte di queste aziende, infatti, proprio grazie alla qualità dei loro prodotti riescono a competere anche nei mercati internazionali. Tra l'altro, è da sottolineare che Paesi come la Cina riescono ad essere all'avanguardia proprio grazie al minore costo del lavoro;
   il Governo è già intervenuto, nello scorso anno, abolendo la componente lavoro dell'Irap;
   tuttavia, risulta necessario, fin dalla prossima legge di bilancio, intervenire riducendo la tassazione delle piccole e medie imprese proprio per rilanciare un settore considerato trainante per lo sviluppo dell'economia; 
   occorre poi valutare l'opportunità di intervenire sulla riduzione della tassazione per gli artigiani o favorire con agevolazioni fiscali la loro attività;
   infine, l'interrogante ritiene utile, come già detto dal Ministro dell'economia e delle finanze, attivare un sussidio di disoccupazione europeo che implementi le misure contro la disoccupazione (CIG) previste dalla normativa vigente del nostro Paese. Infatti, la vera sfida che l'Europa deve affrontare nei prossimi anni è proprio quella di attivare tutti gli strumenti necessari idonei a tutelare quei lavoratori che perdono il loro posto di lavoro, in modo da non aggravare la crisi sociale che è presente in molti Paesi periferici della stessa –:
   se non sia necessario, fin dalla prossima manovra di bilancio, intervenire con iniziative normative dirette a ridurre la tassazione sull'attività delle medie e piccole imprese, in modo da rilanciare un settore trainante dell'economia italiana oppure ridurre ulteriormente il costo del lavoro delle stesse;
   se non sia opportuno assumere iniziative volte a prevedere agevolazioni fiscali per il settore dell'artigianato, considerata l'importanza che questo ha per il nostro Paese. (4-14389)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   gli stress test della FED del mese di giugno 2016 hanno rivelato come la Deutsche Bank detenga, nel suo bilancio, contratti derivati per un ammontare pari a undici volte il prodotto interno lordo tedesco, ossia circa 42 miliardi di dollari, un valore pari a circa duemila volte la capitalizzazione di mercato dell'istituto;
   secondo indiscrezioni provenienti da fonti qualificate, non soltanto la stessa banca teutonica non sarebbe in grado di smaltire un ammontare così elevato di derivati, ma non avrebbe neanche i fondi per pagare la multa di 14 miliardi di euro;
   lo scorso venerdì, si è diffusa la notizia che la Deutsche Bank avrebbe raggiunto un accordo con il dipartimento di giustizia degli Stati Uniti per la riduzione della multa a 5,4 miliardi, al fine, sembra, di allentare la presa dei mercati finanziari sulla banca e per aiutarla a superare la forte crisi di liquidità che secondo l'opinione di diversi analisti starebbe attraversando;
   ad oggi il Wall Street Journal ha però smentito che si sia arrivati ad una soluzione di patteggiamento, anche se conferma che le trattative siano ancora in corso;
   l'FMI ha ritenuto di catalogare la banca tedesca quale prima possibile fonte di choc esterni per il sistema finanziario globale, seguita da Hsbc e Crédit Suisse. Il sistema bancario tedesco presenterebbe, quindi, il maggior grado di rischio di contagio esterno in proporzione ai rischi interni (anche prima di Francia, Regno Unito e Usa);
   nel documento dell'FMI si legge: «La Germania ha bisogno di studiare se i suoi piani di risoluzione delle banche sono applicabili, dal punto di vista, ad esempio, della tempestiva valutazione delle attività da trasferire, dell'accesso continuo alle infrastrutture dei mercati finanziari e dalla possibilità delle autorità di assicurare controlli su una banca con tempi di risoluzione di pochi giorni, con l'imposizione, se necessario, di una moratoria»;
   nelle ultime settimane, i titoli delle Deutsche Bank hanno subito fortissime oscillazioni nel mercato e, dall'inizio dell'anno, la banca ha registrato un calo in borsa del 50 per cento, mentre il calo dell'indice delle altre banche europee è stato pari a circa la metà;
   l'economista del Peterson Institute di Washington, Jacob F. Kirkegaard, sostiene che la banca tedesca sia ormai priva di fiducia generale ed alcuni analisti dichiarano che probabilmente avrà bisogno di una ricapitalizzazione statale, possibile attraverso i nuovi strumenti del bail in, anche se la Merkel non si è resa disponibile a questa soluzione, specialmente in considerazione della linea dura assunta in merito alle banche italiane;
   sicuramente la banca tedesca avrà bisogno di un aumento di capitale perché, come afferma lo stesso Kirkegaard: «Gli ultimi eventi hanno sottolineato che l'attuale modello di business di Deutsche Bank è insostenibile: semplicemente non le può essere consentito di operare con un bilancio da 1.500 miliardi di euro e solo poche decine di miliardi di euro di capitale» –:
   se il Ministro, considerata la situazione esposta in premessa, non ritenga necessario fornire elementi sul numero dei contratti derivati che il dipartimento del tesoro ha oggi in corso con la Deutsche Bank e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, al fine di ridurne il volume. (4-14394)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel carcere di Cremona un detenuto ha aggredito un agente di polizia penitenziaria in servizio, che non ha potuto fare affidamento sull'allarme del reparto perché fuori uso (articolo «Cremona, Sappe: “Detenuto aggredisce agente, allarme era fuori uso”» su Il Giorno del 3 ottobre 2016);
   questo grave episodio si va ad aggiungere ad altri accaduti in tempi recenti in Lombardia, nei quali a causa del malfunzionamento di strutture afferenti al Ministero della giustizia si sono verificati episodi di eccezionale gravità, quali l'aggressione con un coltello ad un magistrato avvenuta a Lodi nel maggio del 2015, a causa della disfunzionalità del macchinario del metal detector, che era fuori uso da almeno sei mesi, o ancora quello ancora più grave della strage nel tribunale di Milano dell'aprile del 2015, costata la vita a tre persone, caso in cui l'omicida, a quel che risulta, dopo essere passato attraverso il metal detector è riuscito a far passare senza problemi la borsa che conteneva la pistola con la quale ha compiuto la strage attraverso il Fep, lo strumento preposto al controllo degli effetti personali (si veda quanto riportato dall'agenzia ANSA sul suo sito in data 9 marzo 2016, articolo intitolato «Giardiello, chieder perdono è poco»);
   il mancato funzionamento del sistema anti-aggressione nel carcere di Cremona che ha provocato l'aggressione è quindi solo l'ennesimo episodio da ricondursi all'assenza di condizioni di sicurezza idonee nelle strutture dell'amministrazione della giustizia, la quale è da ricondursi con evidenza alla mancata erogazione di risorse finanziarie necessarie a questo scopo: gli episodi recenti qui ricordati, infatti, sono evidentemente solo quelli più eclatanti, per via della loro eccezionale gravità, in luoghi essenziali per la garanzia della sicurezza dei cittadini, quali i tribunali e i penitenziari –:
   se il Ministro interrogato sia informato del fatto di cui alla premessa e, in considerazione anche degli altri episodi menzionati tra quelli più eclatanti per via della loro eccezionale gravità, quali iniziative abbia assunto e intenda assumere per garantire adeguati standard di sicurezza nelle strutture afferenti alla gestione del Ministero della giustizia. (4-14390)


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come rileva il sindacato di polizia penitenziaria OSAPP (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), non vi è il regolare approvvigionamento dei viveri destinati alle mense del personale di polizia penitenziaria negli istituti del Piemonte e la Valle d'Aosta; infatti, come segnala il sindacato in parola «... La ditta che gestisce le mense obbligatorie di servizio degli Agenti di Polizia Penitenziaria delle carceri del Piemonte e Valle d'Aosta non avrebbe approvvigionato (in alcuni casi a singhiozzo) le mense degli istituti. Conseguenza: gli Agenti lasciati letteralmente a “pane ed acqua” anzi solo ad acqua visto che la mancanza di derrate alimentari (pasta, carne, verdure, olio) riguarderebbe anche la fornitura del pane. Inevitabili i disagi nelle mense obbligatorie di servizio.(...) Gli agenti, stanchi delle vessazioni di un lavoro sempre più frustrante, hanno “mal digerito” (è il caso di dire) la vicenda e non escludono forme legittime di protesta.» – (stralcio comunicato stampa OSAPP del 30 settembre 2016);
   tali gravi carenze di continuità nell'approvvigionamento dei viveri destinati alle mense del personale di polizia penitenziaria negli istituti del Piemonte e la Valle d'Aosta ovviamente sono lesive della dignità del lavoratore e creano gravi disagi e disfunzioni compromettendo i compiti affidati a tale personale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, anche di natura emergenziale, intenda adottare, in particolare per garantire il regolare e necessario approvvigionamento dei viveri destinati alle mense del personale di polizia penitenziaria in servizio negli istituti penitenziari del Piemonte e della Valle d'Aosta. (4-14393)


   DADONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti di stampa che nella casa di reclusione di Alessandria e nella casa di reclusione di Asti vi è una gravissima carenza di personale delle forze di polizia penitenziaria e di personale amministrativo;
   su richiesta del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) il direttore della casa di reclusione di Alessandria (dottor Domenico Arena) ha fatto pervenire missiva in cui evidenzia che su una pianta organica che prevede 243 persone tra commissari, ispettori, sovrintendenti ed agenti/assistenti sono effettivamente in servizio 193 unità. Se a tale cifra si sottrae il personale amministrato distaccato (12) e quello in CMO (29) la carenza totale rispetto alla pianta organica è di 91 persone;
   escludendo il personale in forza al nucleo tradizioni cittadino (N.T.C) il personale effettivo in servizio scende a 129 persone di cui 1 commissario, 8 ispettori, 1 sovraintendente e 119 tra agenti e assistenti;
   di questi ultimi 26 unità sono assegnate alle cariche specialistiche, 6 all'ufficio matricola, 2 all'ufficio comando e 1 al casellario detenuti; risulta pertanto che il personale che svolge in via prioritaria e continuativa i servizi di vigilanza ed osservazione dei detenuti ammonta ad appena 84 unità di polizia penitenziaria;
   secondo il direttore della casa di reclusione di Alessandria «l'attuale organizzazione del lavoro, in vigore dal 2012, richiede per la copertura dei servizi sul livello minimo di sicurezza nell'ambito del c.d servizio a turno n. 65 unità di polizia penitenziaria. Considerando che sulle 84 unità a disposizione deve rigorosamente applicarsi un'aliquota del 35 per cento per il godimento e la fruizione dei diritti soggettivi in capo a ciascuna unità, le unità che devono ritenersi a priori assenti dal servizio a vario titolo sono 29. È evidente che con le 55 unità rimanenti non è materialmente possibile assicurare la predisposizione sul livello minimo di sicurezza (65 unità) senza compromettere in maniera significativa la fruizione dei diritti soggettivi in capo al personale»;
   sempre su richiesta del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) il direttore della casa di reclusione di Asti (Elena Lombardi Vallauri) ha fatto pervenire missiva in cui evidenzia che sebbene vi sia un organico del ruolo agenti/assistenti amministrato adeguato alla pianta organica, l'istituto soffra per 34 lunghe assenze a vario titolo tra le quali 11 missioni al GOM, 13 distacchi vari e 1 missione per la banda del Corpo e per una gravissima carenza di sovrintendenti ed ispettori. A causa della carenza di personale, poi, l'Istituto non ha attivo il servizio di sentinella il che condiziona fortemente la sicurezza;
   la carenza di personale condiziona anche la possibilità di ampliare le attività all'esterno dei detenuti, attività che potrebbero costituire un'alternativa alla mancanza di spazi interni (vi è un'azienda agricola gestita da cooperative la cui attività potrebbe essere ottimizzata grazie ad una maggiore sicurezza). In altri termini la mancanza di personale non solo incide sulla sicurezza ma impedisce di applicare un diritto costituzionale cioè quello della funzione rieducativa della pena;
   il direttore sottolinea, inoltre, come le risorse in arrivo dalla casa di reclusione di Alba costituiscano un blando e sporadico aiuto a causa della discontinuità ed incertezza con le quali vengono assicurate;
   appare quindi evidente come la carenza di organico nelle case di reclusione di Asti e Alessandria sia molto grave e vada a pregiudicare seriamente la sicurezza e la qualità della vita di chi lavora in questi istituti –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle gravissime carenze di organico delle case di reclusione di Alessandria ed Asti e in che modo e in quali tempi si intenda provvedere al dislocamento di agenti, ispettori, sovraintendenti di polizia penitenziaria e di tutto il personale necessario presso gli istituti in questione. (4-14396)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   SCOTTO, FRANCO BORDO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 27 settembre 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilanciato inaspettatamente, dopo mesi di silenzio, la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina nel corso dell'incontro per i 110 anni di Salini-Impregilo per «togliere la Calabria dall'isolamento e far sì che la Sicilia sia più vicina», specificando altresì come la realizzazione di un'opera inutile, costosa e faraonica come il «Ponte» possa generare 100.000 posti di lavoro. Inoltre, nei giorni successivi il Ministro interrogato ha dichiarato alla stampa che lo Stato sarebbe pronto a investire risorse pubbliche;
   il Ministro interrogato, oltre che il Presidente del Consiglio dei ministri e altri esponenti di maggioranza e Governo, con riferimento alla realizzazione del «Ponte», hanno sempre tenuto a precisare che si sarebbe dovuta dare priorità alla realizzazione delle opere importanti per lo sviluppo infrastrutturale ed economico del Paese che, purtroppo, conta una altissima percentuale di opere incompiute arrivate nel 2014, avendo riguardo all'ultimo dato disponibile dell'Anagrafe delle opere, a quota 868 da 692 nel 2013 con il record negativo proprio della Regione Sicilia che vede sul territorio ben 215 opere rimaste al palo. Al netto di ciò, si ritiene comunque inammissibile che il Presidente del Consiglio, dopo il disastro alluvionale di Genova, il disastro ferroviario in Puglia e il drammatico sisma dello scorso 24 agosto con quasi 300 morti e decine di feriti che continuano ancora oggi a lottare contro la vita e la morte, rilanci la realizzazione per meri scopi pre-elettorali di un'opera assurda come «il Ponte» in una delle aree territoriali più sismiche del Paese;
   molti aspetti delle vicende connesse alla realizzazione del «Ponte» rimangono ancora oscuri come quella relativa all'ammontare delle penali che lo Stato dovrebbe pagare al consorzio Eurolink, di cui Impregilo è capofila, per la mancata realizzazione del «Ponte»;
   per quanto risulta agli interroganti nell'ambito della legge di bilancio 2017 potrebbe essere addirittura introdotta una norma «ad hoc» per riattivare il progetto del «Ponte», nonché destinata la somma di 2 miliardi di euro di risorse pubbliche a tal scopo –:
 quali siano gli effettivi intendimenti del Governo in merito al possibile inserimento, nell'ambito del disegno di legge di bilancio 2017, di una norma «ad hoc» per riattivare il progetto del «Ponte», destinando addirittura 2 miliardi di euro di risorse pubbliche a tale scopo, e a quanto ammontino oggi le penali che lo Stato dovrebbe pagare al Consorzio Eurolink.
(3-02524)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, TURCO, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da anni, ciclicamente, torna di attualità per la politica ed i media il progetto relativo alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina;
   nell'ultima settimana di settembre 2016 il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha rispolverato un «cavallo di battaglia» che ha accomunato i sogni di molti ex Presidenti del Consiglio dei ministri, il ponte sullo Stretto di Messina, rilanciando il progetto della grande infrastruttura nel corso dell'assemblea che ha celebrato a Milano i 110 anni del gruppo Salini-Impregilo;
   in un'interrogazione presentata dal gruppo Alternativa Libera in Commissione ambiente al Ministro interrogato il 23 settembre 2015, si era evidenziata l'intenzione del Governo di promuovere il suddetto progetto per il rilancio del Sud, progetto proposto dal Ministro dell'interno Alfano nella sede dello Svimez, (associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), che chiedeva in quella sede al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi la definizione di un calendario preciso di realizzazione dell'opera entro il 2018;
   nel programma delle infrastrutture strategiche allegato al Documento di economia e finanza 2015 era riportato un elenco di venticinque opere prioritarie del costo di 70.936 milioni di euro, tra le quali non compariva tuttavia il progetto del ponte sullo Stretto di Messina;
   il Ministro interrogato aveva risposto all'interrogazione in Commissione, confermando che nel Documento di economia e finanza 2015 non vi era alcun riferimento al progetto di realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e che tale progetto non risultava all'interno delle linee programmatiche del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   in un'intervista a Il Corriere della sera del 2 ottobre 2016 il Ministro interrogato ha ribadito che per il ponte sullo Stretto di Messina il Governo è ancora allo studio di fattibilità e che nella legge di bilancio non sono previsti fondi per la realizzazione dell'opera –:
   se il rinnovato interesse del Governo relativo al ponte sullo Stretto di Messina trovi riscontro, oltre che in dichiarazioni pubbliche, anche in un piano concreto in cui siano state previste delle tempistiche per una programmazione economico-finanziaria dell'opera suddetta da parte del Ministero competente. (3-02525)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha rilanciato pochi giorni fa il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, promettendo addirittura una partecipazione dello Stato all'onere finanziario per circa la metà del costo previsto, vale a dire per due dei quasi quattro miliardi di euro necessari, salvo poi fare retromarcia dichiarando addirittura che il ponte «non è una priorità»;
   oggi in una lettera a un quotidiano si attesta sulla medesima linea anche il Ministro interrogato, affermando il suo scarso interesse per la questione del ponte e che «non lo considero una priorità e non lo sento come un problema»;
   una dichiarazione simile circa l'intenzione del Governo di procedere con la realizzazione del ponte era stata resa dal Presidente del Consiglio dei ministri appena nel 2015, mentre nel 2014 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, nel corso di un'informativa urgente del Governo sull'eventuale realizzazione del ponte, aveva affermato che il Governo né aveva previsto lo stanziamento di risorse per la sua realizzazione, né lo aveva inserito tra le priorità delle grandi opere, ma che, anzi, dal 2013 il Parlamento aveva fatto decadere le concessioni, che il Governo aveva messo in liquidazione la società «Ponte sullo stretto» e che era in atto un contenzioso;
   il ponte sullo Stretto di Messina è un'opera di importanza strategica e la sua realizzazione non esclude quella delle altre infrastrutture strategiche necessarie al rilancio della nazione e, in particolare, del Meridione d'Italia –:
   quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. (3-02526)


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con 157 chilometri e un'utenza pari a circa 4.000 passeggeri giornalieri, la ex Ferrovia centrale umbra è una linea a scartamento ordinario in concessione, il cui tracciato si snoda quasi totalmente nel territorio dell'Umbria;
   il 26 gennaio 2016 è stato sottoscritto l'accordo quadro tra regione Umbria e Rete ferroviaria italiana per la gestione della ex Ferrovia Centrale Umbra da parte di Rete ferroviaria italiana, che prevede l'incremento della capacità di traffico sulla linea ferroviaria umbra, il potenziamento dei collegamenti con Roma e le Marche, nonché investimenti per la messa in sicurezza e la riqualificazione della rete;
   durante lo svolgimento di un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea dell'interrogante in data 8 marzo 2016 riguardo alla suddetta tratta, il Ministro interrogato ha illustrato che «allo stato risulta in corso una progettazione di massima e uno studio di fattibilità per definire gli interventi necessari alla sicurezza e all'esercizio a cura dell'azienda Umbria tpl e mobilità, considerato che rientra nelle competenze della regione la programmazione e la gestione di questa parte di servizio. Si sta facendo questo lavoro insieme, alla luce dell'accordo che abbiamo raggiunto di presa in carico della rete umbra, al fine di garantire un'intermodalità e una funzionalità, uno scambio dei mezzi sulle due reti nazionale e regionale. La prima fase cerca di gestire l'infrastruttura secondo gli attuali standard, eliminando tutte le soluzioni critiche sull'armamento, sulla sede, e le opere d'arte; la seconda fase, che permetterà l'implementazione di questa rete secondo gli standard di Rete ferroviaria italiana, avrà la necessità di applicazione dei sistemi controllo marcia treno sull'intera tratta e adeguamento dei sistemi di sicurezza e segnalamento.»;
   per quanto riguarda la quantificazione e la durata dei cantieri, il Ministro interrogato ha risposto che non è ancora possibile stabilirle nelle due prime fasi di analisi e di programmazione degli interventi. In relazione all'investimento complessivo, il Ministero è stato sollecitato soprattutto ad occuparsi della principale direttrice, cioè la linea Perugia-Terni, e stima che l'investimento necessario per un adeguamento funzionale alle esigenze di mobilità ed interscambio con la rete nazionale sia nell'ordine dei 100-120 milioni di euro –:
 quale sia lo stato di avanzamento della progettazione e dello studio di fattibilità della ex Ferrovia centrale umbra, nonché quali investimenti si intendano effettuare per dare piena funzionalità alla linea e potenziare il trasporto ferroviario pubblico locale. (3-02527)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   dalla stampa si apprende la notizia secondo cui dal mese di aprile 2016 il Ministero dell'interno ha sospeso i pagamenti nei confronti di soggetti che gestiscono centri e servizi di accoglienza per migranti, per via di un ammanco di circa 600 milioni di euro dalle casse del ministero;
   ciò pone a grave rischio un sistema già precario, creando enormi disagi agli operatori di settore, all'efficacia degli interventi e su tutti ai migranti che rischiano di veder leso il diritto all'accoglienza; si stima infatti che circa 20.000 migranti potrebbero restare fuori sistema di accoglienza andando ad aggiungersi alle diverse migliaia presenti sul territorio e che, per l'insorgere di vari ostacoli burocratici o gestionali all'accesso alla domanda di protezione internazionale, già risultano fuori dal sistema di accoglienza pur avendone diritto;
   il sistema di accoglienza italiano è caratterizzato da grande frammentarietà, lunghissimi tempi di permanenza e soprattutto dalla forte permanenza di centri di accoglienza straordinari (CAS), al limite della legittimità, che ricoprono più del 70 per cento fabbisogno di posti e sono caratterizzati da grandi inefficienze, di frequente al centro di scandali e criticità per carenze nei servizi, sovraffollamento, violazioni di diritto, quando non oggetto di vere e proprie fattispecie di reato; l'inefficace gestione di carattere emergenziale dal punto di vista economico e qualitativo genera ricadute dirette ed indirette sui migranti e sul territorio tutto, causando tensioni sociali dovute spesso alla mancata inclusione dei migranti ed il rischio evidente di marginalità;
   la prefettura di Como in data 15 luglio 2016 ha pubblicato un avviso pubblico per «Manifestazione di interesse per affidamento del servizio di trasporto, con autista, di migranti da Como alle idonee strutture di accoglienza site nel territorio della Repubblica»; la gara è stata aggiudicata per un servizio attivato per il periodo dal 1o agosto al 31 dicembre 2016;
   per far fronte alla caotica situazione ai valichi di frontiera del nord Italia il Governo ha applicato da mesi soluzioni costose e che destano perplessità rispetto all'efficacia e sostenibilità economica quali i trasferimenti effettuati dai comuni di Ventimiglia e Corno verso il centro cosiddetto hotspot del comune di Taranto, per una percorrenza di più di 1.000 chilometri ed un costo di circa 5.000 euro per singolo mezzo per tratta, più di 10.000 euro per un viaggio di andata e ritorno, costo spropositato anche in considerazione della scelta irragionevole dato che in molti casi si è registrato come migranti tentino nuovamente di tornare al Nord per attraversare la frontiera;
   in data 28 settembre 2016 il Ministro dell'interno ha confermato, rispondendo ad un question time sul tema immigrazione, l'attivazione di un nuovo centro di accoglienza temporanea per migranti presso l'area «Ex Rizzo» nel comune di Como, per un costo pari a circa 323 mila euro;
   in audizione presso la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impiegate» tenuta in data 19 luglio 2016, il capo del dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell'interno, prefetto Morcone, ammetteva come per la sostenibilità economica del centro di accoglienza di Mineo, le cui vicende sono da tempo tristemente note, risulti necessaria la presenza minima di 2.000 persone, in relazione al rimborso pro capite pro die percepito e ai costi di gestione, dimostrando come lo spreco di ingenti risorse economiche impiegate sia parte congenita di un meccanismo inefficace;
   di recente il Governo ha rilanciato la proposta della riqualificazione di caserme ed altre ex strutture delle Forze armate in disuso con una stima di costo pari a 40 milioni di euro, da dedicare all'accoglienza dei migranti, manifestando una totale cecità rispetto ad anni di studi e report rispetto alla totale inadeguatezza di grandi centri per l'accoglienza, oltre alla contraddizione rispetto al piano della cosiddetta accoglienza diffusa pure richiamata dall'azione di Governo, quale unico sistema di gestione razionale;
   nonostante gli studi al riguardo, nonché i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, dimostrino la necessità di superare i centri di identificazione ed espulsione (CIE) in quanto teatro di violazioni di diritto ed estremamente inefficaci nel rapporto costo/benefici, questi centri risultano ancora operativi, anzi è in atto un'intensa attività di rilancio da parte del Governo, al fianco di centri cosiddetti hotspot che risultano per giunta caratterizzati da una carenza grave di legittimazione giuridica;
   in data 14 settembre 2016 il Comitato tecnico del Ministero dell'interno ha approvato progetto di investimento di 5,2 milioni di euro per la realizzazione di una nuova rete di recinzione ed altre migliorie strutturali da realizzarsi presso il centro di accoglienza ex c.a.r.a. di Borgo Mezzanone (Foggia), teatro anch'esso da anni di gravissime criticità;
   in data 3 agosto 2016 il capo della polizia italiana Franco Gabrielli ha sottoscritto un accordo, ad avviso degli interroganti, di dubbia legittimità, il « Memorandum of Understanding», con il Governo del Sudan che è retto da una dittatura che non si conforma al diritto internazionale e alla tutela dei diritti umani, prevedendo una stretta collaborazione tra i due Governi sul tema migrazioni, di cui non risultano ancora noti né i dettagli né gli oneri economici –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere e con quali tempi al fine di reperire le risorse necessarie e di scongiurare una situazione ingestibile;
   se intenda rendere noto a quanto ammonta la spesa per i trasferimenti forzati effettuati ed in atto dalle zone limitrofe ai valichi di frontiera del nord Italia, di cui non si comprende la ratio se non quella di mera deterrenza;
   se e quali urgenti iniziative intenda assumere per ripensare completamente l'utilizzo delle risorse economiche disponibili, rilanciando con forza anche a livello europeo la questione garantendo una maggiore efficacia di interventi e ponendo fine ad azioni costose, temporanee ed inefficaci come quelle citate in premessa in favore di soluzioni di lungo periodo.
(2-01486) «Cozzolino, Lorefice, Brescia, Colonnese, Dieni, Cecconi, Dadone, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la stazione dei carabinieri di Grassano riveste una importanza strategica per il presidio del territorio non solo per quel che concerne il centro abitato ma per l'intera collina materana;
   il territorio si caratterizza anche per vaste aree rurali e negli ultimi tempi purtroppo interessate da episodi di furti;
   suddetta stazione risulta essere sottodimensionata rispetto alla pianta organica prevista, si parla infatti di 4 unità operative, e alle esigenze che quotidianamente si manifestano, oltre ad essere ubicata in una struttura non adeguata –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di potenziare in maniera strutturale gli effettivi di stanza presso la stazione dell'Arma di Grassano, nonché le dotazioni di mezzi a disposizione, e accelerare il trasferimento in una sede più idonea. (5-09664)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la scorsa estate, il Sindacato autonomo di polizia aveva attirato l'attenzione sui problemi di organico della polizia di frontiera di Venezia, presente con tre distaccamenti all'aeroporto Marco Polo di Tessera, al porto passeggeri di Venezia, primo home port crocieristico del Mediterraneo, e al porto commerciale di Marghera;
   stando ai dati forniti dal Sap, nel 2015 la polizia di frontiera di Venezia aveva ispezionato 6.568 navi, 74.757 voli e 10.788.097 persone;
   voli e passeggeri in transito erano inoltre stimati in aumento nel corso del 2016;
   nel frattempo, l'emergenza terroristica determinata dagli attentati in Francia, Belgio e Turchia ha reso più gravosi i controlli di polizia alle frontiere, come prova quanto è accaduto proprio al Marco Polo il 24 settembre 2016, quando una frase in cui un passeggero alludeva ad una grappa di gran qualità che aveva fatto imbarcare — definita improvvidamente come una «vera bomba nella stiva» – ascoltata e fraintesa da un altro viaggiatore in transito, si rivelava sufficiente a determinare lo sgombero di un jet diretto in Canada con 261 persone a bordo nonché ispezioni accurate;
   sempre al principio dell'estate scorsa, il Sap aveva lamentato l'assenza di locali d'appoggio per il nucleo della polizia di frontiera distaccato presso il nuovo terminal traghetti di Fusina, inaugurato nel 2014;
   risultava inoltre carente allo scalo aeroportuale di Tessera il personale dotato della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, al punto che appariva impossibile garantire al Marco Polo la presenza continuativa di un capo turno, se non affidandone la mansione impropriamente ad agenti ed assistenti, di sera e di notte;
   l'insufficienza del personale in possesso della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria era avvertita anche al porto di Venezia, specialmente in relazione all'esecuzione del piano di sicurezza «Cristoforo Colombo», che prevede una più penetrante attività di vigilanza e controllo;
   si potrebbero forse risolvere strutturalmente i problemi segnalati all'aeroporto di Tessera, al porto di Venezia ed al porto di Marghera attingendo al bacino dei neo sovrintendenti della polizia di Stato –:
   se la situazione di insufficienza emersa all'inizio dell'estate nei ranghi della polizia di frontiera di Venezia sia stata in qualche modo almeno parzialmente corretta o meno, con particolare riguardo all'aeroporto Marco Polo di Tessera, e come;
   se il Governo stia o meno considerando di ovviare strutturalmente alle carenze segnalate in premessa destinando parte dei neo sovrintendenti della polizia di Stato alla polizia di Frontiera di Venezia. (4-14392)


   SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 28 settembre 2016, un migrante irregolare senegalese, di 24 anni, temporaneamente ospitato nella tendopoli allestita nel centro della Croce Rossa Italiana situato a Roma, in via Ramazzini 31, e già tratto in arresto dalle forze dell'ordine, si sarebbe reso responsabile di una gravissima aggressione;
   vittima della violenza è stata la titolare di un'erboristeria in via Ascanio Rivaldi, una signora che è stata aggredita nel proprio esercizio commerciale in seguito al suo rifiuto di consegnare la propria borsa al malvivente;
   in segno di accoglienza e ospitalità verso una persona che avrebbe ritenuto in difficoltà, la vittima, nota come la signora Pina, aveva precedentemente invitato colui che l'avrebbe successivamente aggredita a prendere un the nel suo negozio, regalandogli anche un sapone;
   l'aggressore tratto in arresto era apparentemente accompagnato da una seconda persona, non ancora identificata;
   in seguito al pestaggio subito, la vittima ha dovuto esser ricoverata in un vicino ospedale, il San Camillo, nel quale le venivano diagnosticati un trauma cranico, la rottura di tre costole e lo spappolamento della milza, che doveva conseguentemente essere asportata chirurgicamente;
   l'episodio ha destato viva sensazione nel quartiere, aggiungendosi ai già molti reclami della popolazione residente a Roma Monteverde, ormai insofferente per l'alto numero di profughi inviati nella zona dal Governo;
   sono stati in effetti documentati dalla stampa anche casi di molestie sessuali ed è noto il fatto che i migranti ospitati a via Ramazzini girano in gruppi di 4/5 persone, sentendosi forti dell'immunità che gli deriva dal loro stato di «rifugiati», rovistando sistematicamente i cassonetti della nettezza urbana e chiedendo denaro davanti a bar, supermercati e negozi, mentre non risulta attivo alcun vero controllo all'interno della tendopoli che assicuri la vigilanza su eventuali infiltrazioni anche delinquenziali;
   esasperati dal crescente numero di casi di molestie e di accattonaggio riconducibili ai migranti, che ha trasformato un'area di Roma reputata sicura e ben frequentata in una zona «off limit», i cittadini di Roma Monteverde si sono autoimposti un vero e proprio coprifuoco serale;
   in risposta all'emergenza, è sorto altresì un comitato di quartiere per la sicurezza di Monteverde, che ha promosso il 30 settembre 2016 una manifestazione pubblica per chiedere la chiusura della tendopoli di via Ramazzini –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per evitare che gli ospiti temporanei della tendopoli allestita a Roma in via Ramazzini 31 elemosino denaro e rovistino nei cassonetti, visto che spetta loro una diaria e che sono teoricamente assistiti dalla Croce rossa italiana;
   se la Croce rossa italiana o altro soggetto a ciò abilitato effettui controlli di sicurezza sui migranti irregolari ospitati nella tendopoli di via Ramazzini 31;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per proteggere la cittadinanza del quartiere romano di Monteverde dalle conseguenze del degrado dell'ordine pubblico locale;
   se e quando verrà chiusa la tendopoli di Via Ramazzini 31. (4-14395)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   risulta agli interpellanti che alcuni uffici scolastici regionali hanno disposto utilizzazioni e assegnazioni provvisorie su posti di sostegno di docenti di ruolo privi di titolo di studio di specializzazione, nell'ambito delle operazioni di mobilità annuale;
   la soluzione sarebbe stata individuata per far rientrare il maggior numero possibile di docenti trasferiti fuori regione, in seguito alla mobilità straordinaria 2016/17 e alla necessità di collocare un docente perdente posto nella stessa scuola o in una vicina, a totale discapito della qualità del sostegno che potrebbero fornire i docenti specializzati a disposizione;
   la legge n. 104 del 1992 stabilisce che «l'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati»;
   risulta inoltre che all'interno di molte regioni sia stata fatta un'errata distribuzione, tra i vari ambiti territoriali, delle cattedre di sostegno da mettere a disposizione a causa della mancanza dell'adeguata rilevazione delle effettive esigenze degli alunni con disabilità che dovrebbe essere realizzata nel periodo estivo come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 185 del 2006;
   la situazione si presenta tale per cui, anche a parità di bisogni da parte degli alunni, in alcune province sono previsti più posti di sostegno di altre con la conseguenza che nelle prime i docenti specializzati per il sostegno vengono subito assorbiti e si ricorre anche ai docenti non specializzati, mentre nelle altre non vengono utilizzati tutti i docenti specializzati, siano essi di ruolo o precari –:
   se non ritenga il Ministro interpellato di dover assumere iniziative al fine di prevedere la possibilità per i docenti specializzati per il sostegno di scegliere più di una provincia della stessa regione per la richiesta di utilizzazione e di assegnazione, attraverso l'individuazione dell'organico su base regionale previsto dall'articolo 1, commi 63 e 64, della legge n. 107 del 2015, prevedendo contestualmente anche il ritiro di tutti i provvedimenti che contemplano l'utilizzo improprio di docenti di ruolo non specializzati, affinché il supporto agli alunni con disabilità sia fornito da chi ha adeguata formazione ed esperienza.
(2-01489) «Centemero, Brunetta».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   CARUSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie in possesso dell'interrogante, Poste italiane ha revocato a partire dal marzo 2016 i permessi sindacali retribuiti alla «Federazione nazionale comunicazioni Ugl comunicazioni» con sede legale in Roma in via Volturno n. 40 firmataria del contratto collettivo Poste italiane spa e dotata di rappresentatività oltre il 5 per cento, come documentalmente risultante alla stessa azienda dalle deleghe sindacali in possesso della medesima;
   la revoca dei permessi sindacali retribuiti sarebbe stata giustificata da Poste italiane spa sulla base di una presunta situazione di incertezza in ordine all'identificazione del legale rappresentante della «Federazione nazionale comunicazioni Ugl comunicazioni» e dei legittimi fruitori dei permessi sindacali retribuiti, e ciò sulla base di quanto comunicato dalla Confederazione Ugl che attribuisce alla propria e diversa associazione sindacale denominata «Federazione nazionale Ugl comunicazioni» la rappresentatività sindacale, pur essendo quest'ultima sprovvista di qualsivoglia iscritto, delega sindacale e/o rappresentante con esclusione del «reggente», nominato dalla medesima Confederazione Ugl e dipendente della società Alitalia;
   in realtà tale sospensione dei permessi sindacali retribuiti operata dalla società Poste italiane spa sta arrecando un gravissimo pregiudizio unicamente alla «Federazione nazionale comunicazioni Ugl comunicazioni» – da non confondere lessicalmente per una pseudo parziale omonimia con la «Federazione nazionale Ugl comunicazioni» – atteso che la prima è l'unica organizzazione sindacale ad avere una diffusione capillare su tutto il territorio nazionale, ad essere presente in 82 province italiane con i propri rappresentanti ed oltre ad avere 1.000 fruitori di permessi sindacali, a questo punto sospesi, con un provvedimento di dubbia legittimità dal responsabile delle relazioni industriali di Poste Italiane spa;
   sempre secondo notizie in possesso dell'interrogante, i predetti fatti sarebbero oggetto di un esposto all'Autorità nazionale anticorruzione, nonché di giudizi pendenti dinanzi ai tribunali competenti, stante, secondo l'interrogante, la dubbia legittimità della condotta di Poste italiane spa;
   la condotta di Poste italiane s.p.a. appare assolutamente ingiustificata e ci si chiede come sia possibile che ciò sia avvenuto in una vicenda che vede contrapposta una confederazione sprovvista di qualsivoglia rappresentanza e rappresentatività all'interno dell'azienda Poste italiane spa ad una organizzazione sindacale, autonoma associazione di diritto privato, i cui requisiti di rappresentatività sono documentati e in possesso e a disposizione della medesima Poste italiane spa –:
   quali tempestive iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere per accertare se Poste Italiane spa abbia tenuto una condotta corretta, con particolare riferimento alla verifica della rappresentatività sindacale.
(3-02521)


   GNECCHI, DAMIANO, ALBANELLA, ARLOTTI, BARUFFI, BOCCUZZI, CASELLATO, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, GIACOBBE, GRIBAUDO, INCERTI, PATRIZIA MAESTRI, MICCOLI, PARIS, GIORGIO PICCOLO, ROSTELLATO, ROTTA, SIMONI, TINAGLI, ZAPPULLA, MARTELLA e BINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   alla luce dell'anomalo incremento dell'utilizzo dei voucher in tutti i settori produttivi, il Governo ha opportunamente rafforzato le misure relative alla tracciabilità di tali strumenti di pagamento delle prestazioni lavorative, con il decreto legislativo di prossima pubblicazione;
   in agricoltura, sono emersi alcuni dubbi interpretativi relativamente ai tetti di retribuzione annua percepibile dal lavoratore da parte del singolo datore di lavoro, anche alla luce di alcune circolari Inps, recentemente riproposti su alcuni quotidiani;
   in particolare, la circolare Inps n. 49 del 2013 esplicitava che per il settore dell'agricoltura non avrebbe trovato applicazione il limite economico dei 2.000 euro annui, in virtù della disciplina allora vigente;
   successivamente, tuttavia, il dettato dell'articolo 48, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 81 del 2015 chiarisce in maniera inequivoca che anche al settore agricolo si debba applicare il suddetto tetto retributivo dei 2.000 euro, nonostante sia stato innalzato il reddito annuo percepibile complessivamente dai diversi datori di lavoro dai precedenti 5.000 agli attuali 7.000 euro;
   alla luce degli impegni formalmente assunti, anche in sede di esame dello schema di decreto legislativo di prossima pubblicazione, sui tetti retributivi non sono previste modifiche normative –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di superare i dubbi interpretativi di cui in premessa, al tal fine adottando le opportune misure finalizzate all'emanazione di istruzioni e circolari esplicative da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e da parte dell'Inps.
(3-02522)


   FEDRIGA, SIMONETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI e SALTAMARTINI. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il piano di riorganizzazione dell'Inps, voluto con forza e unilateralmente dal presidente Boeri (si veda la determinazione n. 89 del 30 giugno 2016), che ha varato un regolamento di organizzazione modificante, in sostanza, l'assetto dei poteri interni, con la previsione di una posizione di supremazia del presidente nella scelta e gestione dei dirigenti, ha aperto lotte interne tra i vertici Inps (il collegio dei sindaci ha dichiarato illegittimo il regolamento con parere negativo del 5 luglio 2016 ed il 27 luglio 2016 il Civ ha chiesto il ritiro all'unanimità, minacciando, in caso contrario, il ricorso al tribunale amministrativo regionale);
   grave è, a parere degli interroganti, la vicenda del «taglio» alle pensioni di reversibilità e della circolare n. 195 del 2015, in merito alla quale l'Inps ha dapprima parlato di un semplice refuso per poi dover ammettere di averla sbagliata;
   se non fosse stato per la denuncia della Lega Nord con precedente atto di sindacato ispettivo per opera del quotidiano La Verità, migliaia di pensionati sarebbero stati colpiti nel silenzio;
   sia che trattasi di svista o di errore consapevole è evidente a giudizio degli interroganti il caos che regna all'interno dell'Inps, l'incapacità dell'attuale presidente a ricoprire l'incarico e, ancor di più, la mancata vigilanza da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, facendo sorgere ulteriori perplessità in ordine all'operazione di «taglio» dei trattamenti ai superstiti –:
   se e quali urgenti iniziative di propria competenza il Ministro interrogato, in qualità di autorità vigilante, intenda tempestivamente adottare per garantire maggiore trasparenza all'operato dell'Inps, a tutela in primis dei diritti e delle prestazioni dei lavoratori e dei pensionati, anche revocando, ove necessario, l'incarico all'attuale presidente. (3-02523)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in Basilicata vi è una platea molto ampia di lavoratori ex mobilità in deroga ai sensi del decreto ministeriale 83473 del 1o agosto 2014;
   a seguito dei vari riparti risultano esservi circa un centinaio di posizioni di lavoratori a cui l'indennità di mobilità è scaduta nel corso del 2015 che ancora non hanno ricevuto tutte le spettanze dovute;
   tra Inps e regione Basilicata si assiste ad un «rimpallo» di responsabilità;
   la questione verterebbe sul termine dei tre anni e non dei 40 mesi previsti dalla normativa per cui buona parte di questi lavoratori dovrebbe ricevere ancora 4 mesi spettanti e invece l'Inps li avrebbe espunti dall'elenco dei beneficiari;
   questa situazione sta creando notevoli difficoltà a questi lavoratori e alle loro famiglie –:
   se il Governo sia a conoscenza di siffatta situazione e quali iniziative intenda assumere per sbloccare tale impasse affinché l'Inps eroghi, anche per questi lavoratori, le spettanze dovute. (5-09663)


   BURTONE, BATTAGLIA e CUOMO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Basilicata risulta essere anche in relazione al rapporto con la popolazione una delle regioni che nel corso degli anni ha utilizzato lo strumento degli ammortizzatori in deroga per fronteggiare il processo di deindustrializzazione e desertificazione produttiva che purtroppo si è manifestato negli anni della crisi;
   con l'emanazione del decreto ministeriale 83473 e con l'esaurimento a partire dal prossimo primo gennaio 2017 dello strumento della mobilità in deroga molti lavoratori si trovano in difficoltà anche perché lo strumento di sostegno previsto dalla regione Basilicata non riesce a coprire tutta la platea interessata;
   il Governo, nel corso del Consiglio dei ministri del 23 settembre 2016 ha approvato alcune modifiche alla disciplina degli ammortizzatori sociali prevista dal decreto legislativo 148 del 2015;
   tra le modifiche previste vi è l'ampliamento, per l'anno 2016, della percentuale (dal 5 per cento al 50 per cento) delle risorse finanziarie non spese che le regioni e le province autonome possono utilizzare, anche in deroga ai criteri di cui al decreto n. 83473 del 2014, per la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga. In alternativa, è prevista la possibilità per le regioni e province autonome di destinare le risorse non spese ad azioni di politica attiva;
   ovviamente si tratta di una modifica rilevante –:
   quali siano le risorse disponibili per la regione Basilicata e quali iniziative intenda assumere il Governo per monitorare e supportare l'azione di presa in carico di questi lavoratori in difficoltà, anche predisponendo misure di politica attiva finalizzate al reinserimento occupazionale. (5-09666)


   BURTONE, BATTAGLIA e CUOMO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della realizzazione del Centro Oli della Total in territorio di Gorgoglione, in provincia di Matera operano diverse imprese;
   le imprese operanti, oltre a far ricorso alle agenzie interinali per il reclutamento di personale sembrerebbero privilegiare personale proveniente da fuori regione persino dall'estero;
   tale situazione ha suscitato la reazione da parte delle organizzazioni sindacali anche perché tale cantiere insiste su un territorio e in un contesto sociale caratterizzato da percentuali molto alte di disoccupazione in ogni fascia di età;
   vi sarebbero tra l'altro anche aziende che pongono personale in mobilità e poi procedono ad utilizzare personale reclutato come riportato in premessa –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché possano essere valorizzati i lavoratori del posto, verificando anche la regolarità di eventuali procedure di mobilità attivate in presenza di necessità di personale.
(5-09670)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROBERTA AGOSTINI e MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo la Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) in Italia il 24,8 per cento delle donne in età fertile utilizza sistemi poco sicuri per evitare una gravidanza indesiderata. Il 17,5 per cento ricorre alla pericolosa pratica del coito interrotto, il 4,2 per cento si affida ai metodi naturali e il 3,1 per cento alla buona sorte o altri rimedi. La contraccezione ormonale viene scelta solo dal 16,2 per cento delle italiane, con percentuali particolarmente basse nelle regioni meridionali. È proprio da questi territori che provengono più della metà delle 7.819 « baby mamme», con meno di 19 anni, che hanno partorito nel 2014;
   il settimanale l'Espresso ha acceso l'attenzione sulla riclassificazione delle pillole anticoncezionali. Dal 26 luglio 2016 infatti, non vi è alcuna pillola contraccettiva che si trovi in fascia A, cioè che sia rimborsabile per intero. Questo perché da quella data è entrata in vigore una determina Aifa (Agenzia italiana del farmaco) che inserisce in fascia C i farmaci anticoncezionali prima in fascia A, gratuita e a carico del servizio sanitario Nazionale (Ssn): Triminulet, Planum, Ginodem, Milvane, Etinilestradiolo e Gestodene Mylan Generics, Practil, Kipling, Gestodiol, Antela, Desogestrel Etinilestradiolo Aurobindo, Estmar, Minulet, Brilleve;
   se è vero che già molte donne usano le pillole della fascia C, perché sono molecole più nuove e anche perché più pubblicizzate dalle case farmaceutiche, è altrettanto vero che quelle appena escluse dalla fascia A sono pillole poco costose, i prezzi variano intorno a 3/5 euro a confezione, e rappresentano una preziosa opportunità per le fasce sociali più deboli, quelle che godono anche dell'esenzione dal ticket. Ad utilizzare le pillole passate in fascia C sono soprattutto le ragazze più giovani e le donne straniere;
   la legge 194 del 1978, stabilisce, all'articolo 2, che i consultori, tra le altre cose, si facciano carico dell'attuazione della disposizione che prevede: «la somministrazione su prescrizione medica, nelle strutture sanitarie e nei consultori, dei mezzi necessari per conseguire le finalità liberamente scelte in ordine alla procreazione responsabile è consentita anche ai minori» –:
   se il Governo non ritenga di dover intervenire per garantire a tutte le donne il diritto alla salute sessuale e riproduttiva, evitando di aumentare costi di farmaci a cui ricorre la parte di popolazione che più necessita di tutela, per condizione economica, sociale e culturale. (5-09665)


   CARLONI, BENI, PIAZZONI e GIUDITTA PINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato Italiano ha approvato la legge n. 76 del 20 maggio 2016 «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze garantendo per la prima volta nella Storia della Repubblica alcuni diritti fondamentali alle coppie omosessuali e alle famiglie di fatto di qualunque orientamento sessuale;
   nonostante l'approvazione di questa legge, per il sistema sanitario nazionale le persone omosessuali sono ancora considerate ufficialmente «malate di mente», ancorché solamente con la specifica di «omosessualità egodistonica», sufficiente a permettere le cosiddette «terapie riparative» o «terapie di conversione» nonostante l'Oms dal 17 maggio del 1990 abbia chiarito che non esiste nessuna differenza tra persone di diverso orientamento sessuale ed abbia successivamente considerato le «terapie riparative» o «terapie di conversione» assolutamente prive di fondamento scientifico;
   già nel 2012 una nota del Ministero della sanità aveva garantito il passaggio, nel manuale per la diagnostica, dell'omosessualità della categoria ICD 9CM a quella ICD 10 e la completa cancellazione dell'omosessualità come patologia anche nella sua forma «egodistonica», già per il mese di ottobre 2013;
   alla data attuale questo passaggio non è ancora avvenuto;
   la World psychiatric association (Wpa), associazione mondiale degli psichiatri, a marzo 2016 ha pubblicato, a conclusione di studi durati trent'anni, una nota in sei punti sulla normalità degli orientamenti omosessuali anche in relazione alla genitorialità; malgrado tale nota, attualmente, la Società italiana di psichiatria, che aderisce alla Wpa, non risulta, a quanto consta agli interroganti, aver ancora pubblicato alcun documento di riconoscimento della nota Wpa e non risulta essere iniziato alcun dibattito scientifico, medico e psichiatrico in merito;
   tale tema era già stato affrontato con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-06030 del 5 luglio 2015 a cui tutt'ora non si è avuta risposta –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno e doveroso aderire in modo chiaro ed inequivocabile alla norma dell'Oms in materia sulla completa depatologizzazione di omosessualità e bisessualità, escludendo l'omosessualità egodistonica dall'elenco delle patologie mediche e chirurgiche prevedendo così anche il passaggio immediato all'ICD 10CM;
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per vietare le cosiddette «terapie riparative» già riconosciute, sempre dagli anni novanta, dall'Oms, come «forme di tortura senza alcuna base scientifica»;
   se il Ministro non ritenga opportuno introdurre protocolli e buone pratiche per garantire accoglienza, promozione della salute, prevenzione, ricerca, terapie, anagrafica ed altri accessi;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso assumere subito iniziative che recepiscano – indipendentemente dal passaggio dell'omosessualità dalla categoria ICD 9CM a quella ICD, di cui in premessa – gli orientamenti espressi nella nota della World psychiatric association del marzo 2016, dando indicazioni affinché il Servizio sanitario nazionale si conformi ad essi, considerato che ciò avrà conseguenze in termini di norme di indirizzo e protocolli attuativi che le regioni devono poi stabilire ed approvare, nel pieno della loro autonomia. (5-09671)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata:


   VITO, BRUNETTA, OCCHIUTO, CALABRIA, CENTEMERO, GREGORIO FONTANA, PALMIZIO, RAVETTO, SECCO e SISTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   dal 2010 gli stipendi dei pubblici dipendenti non fruiscono dell'adeguamento rispetto all'aumento del costo della vita calcolato in base agli indici Istat;
   con sentenza n. 178 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta – a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza medesima nella Gazzetta ufficiale (29 luglio 2015) – del regime di sospensione della contrattazione collettiva, disciplina successivamente prorogata dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 e dall'articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   la Corte costituzionale, ravvisando nelle suddette misure una violazione dell'autonomia negoziale, ha fatto notare che la previsione di misure che inibiscono la contrattazione economica tende a rendere strutturale il regime del «blocco», situazione che si pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall'articolo 39 della Costituzione;
   una prolungata sospensione delle procedure negoziali e dell'ordinaria retribuzione risulta essere in contrasto con i principi di eguaglianza, di tutela del lavoro, di proporzionalità della retribuzione al lavoro svolto. Le misure adottate hanno, altresì, introdotto disparità di trattamento arbitrarie anche tra le varie categorie di dipendenti pubblici;
   la Corte costituzionale ha quindi chiesto la riapertura della contrattazione nel pubblico impiego (che interesserebbe oltre 3 milioni di lavoratori), confermando che «il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata»;
   ad oggi, nessun contratto di lavoro è stato rinnovato, né risultano avviate trattative al riguardo, determinando una situazione di evidente illegittimità;
   la situazione è particolarmente grave per i comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate, costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio, data anche la necessità di potenziare le politiche attive di sicurezza nazionale;
   l'illegittimo mancato rinnovo dei contratti, obbligo direttamente scaturente dalla sentenza della Corte costituzionale, ha determinato ulteriori danni ai lavoratori del pubblico impiego –:
   se e in quali tempi il Governo intenda adottare iniziative volte a dare seguito a quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale, per avviare in particolare le trattative per il rinnovo dei contratti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate, prevedendo le relative risorse finanziarie all'interno del disegno di legge di bilancio di prossima presentazione. (3-02519)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO e ZOLEZZI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda legata alla Serit, società che opera nel settore dei servizi per l'igiene e il territorio, attiva in molti comuni del territorio veronese e presieduta dall'ex assessore regionale all'agricoltura, Roberto Bissoli, è balzata all'attenzione dell'opinione pubblica quando, pochi giorni fa (si veda il « Corriere di Verona» del 9 settembre 2016) il comune di Rivoli Veronese (Vr), ha presentato un esposto presso la procura della Repubblica di Verona denunciando quanto accaduto il 10 giugno 2016, presso i locali della filiale di Veneto Banca spca a Verona, data in cui venivano redatti due atti, siglati nella stessa giornata, a distanza di poche ore, dal notaio Ruggero Piatelli. Nello specifico, il primo atto riguardava il passaggio da Vittoria Bazzoli, proprietaria dell'area di 50 mila metri quadrati in località Terramatta, nel comune di Rivoli Veronese, alla «4963 Srl» di Marco Parolini, al prezzo di 2 milioni e 320 mila euro, mentre, con il secondo atto, il Parolini rivendeva i terreni appena acquistati alla «Fraer leasing spa», con sede a Bologna, al prezzo di 6 milioni e 875 mila euro, dunque per una somma pari al triplo rispetto alla precedente. Nell'atto figurano quale parte acquirente dalla società di leasing, Roberto Bissoli, presidente di Serit s.r.l., con obbligo a Marco Parolini di provvedere al completamento delle opere preliminari all'edificazione del centro di stoccaggio e trattamento rifiuti per un costo di 1 milione e 750 mila euro. Nell'atto si prevede che Serit diventerà proprietaria dell'area tra 12 anni, dopo che avrà corrisposto 144 rate più gli interessi alla finanziaria leasing. Il consiglio di amministrazione di Serit ha disposto, inoltre, la sottoscrizione del leasing per 9 milioni e mezzo di euro, per il quale deve versare un acconto del 35 per cento pari a 3 milioni 325 mila euro, un milione in più rispetto al prezzo originario con cui la Bazzoli aveva venduto il terreno. Per fronteggiate il mutuo, è stato acceso un mutuo a copertura parziale del leasing con Sparkasse di Bolzano per 2 milioni 350 mila euro (ovvero il costo del terreno al primo atto), da pagare in 5 anni con lettera di patronage di Amia;
   il comune di Rivoli Veronese, da sempre fortemente contrario al trasferimento della Serit sul proprio territorio, ha chiesto che gli vengano pagati oltre 2 milioni di euro di oneri di urbanizzazione. In risposta il presidente di Serit s.r.l. ha dichiarato che, essendo Serit una società pubblica, la stessa non sia tenuta a tale pagamento;
   il fatto che Serit affermi di essere una società pubblica significherebbe che avrebbe dovuto fare un bando di gara per l'assegnazione dei lavori, mentre il tutto è stato assegnato con procedura diretta alla ditta di Giannantonio Parolini, padre e socio di Marco Parolini –:
   se i Ministri interrogati, siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, alla luce delle criticità emerse nella vicenda sopra descritta, non ritengano opportuno assumere iniziative normative al fine di rafforzare gli obblighi di trasparenza di cui al decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013 evitando che possano ripetersi casi come quello di Rivoli Veronese. (5-09667)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   durante la presentazione di Industria 4.0, il piano nazionale per rilanciare gli investimenti e le imprese italiane che si è tenuta a Milano il 21 settembre 2016, alla presenza del Presidente del Consiglio Matteo Renzi, è stata distribuita una brochure, scritta dall'Italian Trade Agency per conto del Ministero dello sviluppo economico, che avrebbe dovuto illustrare i vari punti di forza del nostro Paese per l'attrazione di capitali in Italia;
   tra questi ce n’è uno che potrebbe apparire una semplice gaffe se non fosse che racchiude in poche righe il tratto che questo Governo ha dato alle politiche sul lavoro e dello sviluppo economico. Nella pagina «Capitale umano e talento», infatti, il Governo si vanta di un aspetto che caratterizza più di tutti il mercato del lavoro italiano e il brano recita testualmente: «L'Italia offre un livello di salari competitivo (che cresce meno rispetto al resto dell'Unione europea) e una forza lavoro altamente qualificata»;
   un passo che, ad avviso degli interpellanti, si potrebbe tradurre più o meno così: alta specializzazione a prezzi stracciati e secondo il Governo questa sarebbe una qualità da esaltare. Addirittura viene fornito un chiaro esempio su quanto sia conveniente investire nel nostro Paese e a questo proposito viene fatto un paragone sul guadagno medio di un ingegnere italiano e un collega «europeo»: «Un ingegnere in Italia guadagna in media uno stipendio di 38.500 euro, quando in altri Paesi europei lo stesso profilo ne guadagna mediamente 48.800», recita la brochure;
   quindi, pagare poco un lavoratore diventa non un problema al quale porre rimedio ma una qualità del mercato del lavoro italiano e per questo va esaltata;
   a leggere quella brochure, sembra proprio che l'unica ricetta che il Governo propone per superare la crisi e attrarre investimenti sia quella di «svendere» l'Italia e i lavoratori italiani. D'altronde, dopo il Jobs Act si può anche licenziare più facilmente e pure questa caratteristica viene esaltata nella pubblicazione. Insomma, per il Ministero dello sviluppo economico sembra proprio che gli investimenti si facciano sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori;
   agli interpellanti appare paradossale come una delle prime cause della nuova emigrazione, i bassi salari, venga presentata all'estero come una qualità e un vantaggio per le imprese invece di mettere in atto politiche del lavoro che abbiano come obiettivo dare a tutti e tutte un impiego dignitoso e retribuito allo stesso livello delle medie europee;
   ad avviso degli interpellanti oltre a rappresentare una pessima figura per il Governo, il contenuto della suddetta brochure potrebbe perfino rappresentare un boomerang per chi l'ha pensata, perché una campagna strutturata su una competizione salariale al ribasso attirerebbe solo speculatori che nel nostro Paese non investirebbero certamente in ricerca, sviluppo e formazione;
   per convincere le imprese a rimanere in Italia o a tornare a investire servirebbe piuttosto valorizzare e mettere a sistema l'università e la ricerca, riformare la fiscalità, intervenire sui costi dell'energia e sulle infrastrutture, sullo snellimento della burocrazia, migliorare i servizi;
   il tema dei bassi salari è un problema serio in Italia. Basti pensare, come ricorda un servizio del Corriere, che l'Italia è il Paese in cui ad un operaio medio della Fiat occorrerebbero quasi 1.500 anni per guadagnare quanto ha guadagnato Marchionne nel solo 2015: 62,5 milioni di euro. In Italia un lavoratore dell'edilizia, per eguagliare i compensi percepiti l'anno scorso dall'amministratore delegato e direttore generale di Italimmobiliare, dovrebbe lavorare fino al 2270 e un dipendente di Prada dovrebbe vivere quattro secoli, per raggiungere la cifra incassata nel 2015 dall'amministratore delegato;
   un top manager guadagna quanto mille operai. Accumula patrimoni che potrebbero risanare il bilancio di intere città, costruire opere pubbliche e creare migliaia di altri posti di lavoro –:
   se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative per ritirare la campagna informativa avviata durante la presentazione di Industria 4.0 in quanto, a giudizio degli interpellanti, offensiva per la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori italiani;
   se il Governo non intenda provvedere o abbia già provveduto a rimuovere dal sito internet Investinitaly la brochure descritta in premessa;
   se e quali iniziative concrete il Governo intenda mettere in atto al fine di ridurre la precarietà, soprattutto quella giovanile, aumentare i salari affinché siano in linea con gli standard europei, e redistribuire la ricchezza a favore delle fasce più deboli;
   se e quali politiche il Governo intenda mettere in atto per attrarre investimenti e capitali esteri che non puntino esclusivamente al basso costo della manodopera italiana rispetto a quella di altri Paesi europei, come la Germania o la Francia.
(2-01487) «Ferrara, Scotto, Franco Bordo, Airaudo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Lodolini e Fragomeli n. 5-09595, pubblicata, nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Michele Bordo.

  L'interrogazione a risposta scritta Gianni Farina n. 4-14349, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Fitzgerald Nissoli, Vezzali.

  L'interrogazione a risposta orale Corsaro n. 3-02518, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 ottobre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Taglialatela, Rizzetto.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Bergamini n. 7-00936, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 581 del 2 marzo 2016.

   La IX Commissione,
   premesso che:
    lo spettacolo viaggiante è regolato dalla legge n. 337 del 1968, la quale riconosce, all'articolo 1, la funzione sociale di tale attività ed impegna lo Stato a promuovere e consolidare lo sviluppo del suddetto settore. Il riconoscimento della funzione sociale di questa sana e popolare forma di divertimento sancisce la valenza di un'attività di aggregazione sociale che raggiunge anche località prive di luoghi di spettacolo e divertimento;
    l'attuale formulazione del codice della strada causa serie difficoltà agli operatori degli spettacoli viaggianti, soprattutto quando si trovano ad effettuare i loro continui e consueti spostamenti da una città ad un'altra. Alcune modifiche al codice hanno, infatti, ristretto i limiti dimensionali dei mezzi, portandoli dai precedenti 2,70 metri di larghezza agli attuali 2,50 metri. Lo stesso vale per la lunghezza, in quanto si è passati dai precedenti 23 metri agli attuali 18. Ne consegue che molti dei mezzi di cui si servono gli operatori del settore oggi sono classificati, ai sensi del codice della strada, come trasporti eccezionali;
    dal 1986 tali mezzi sono stati dotati di un documento sostitutivo (DGM 243), specificatamente previsto dal regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada, che, a seguito di visita e prova, concedeva loro la circolazione sulla «intera rete nazionale»;
    dal novembre 2014, però, una parte del parco automezzi dello spettacolo viaggiante non può più accedere alle autostrade e alle strade principali a seguito di una risposta fornita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ad un quesito posto dall'Associazione italiana società autostrade e trafori sull'ammissibilità alla circolazione di mezzi in dotazione allo spettacolo viaggiante, muniti di detto documento sostitutivo della carta di circolazione;
    nello specifico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti facendo riferimento al punto 7, lettera a), dell'articolo 175 del codice della strada, il quale stabilisce che sulle carreggiate, sulle rampe, sugli svincoli, sulle aree di servizio o di parcheggio e in ogni altra pertinenza autostradale è vietato trainare veicoli che non siano rimorchi, ha di fatto escluso la possibilità per i mezzi utilizzati negli spettacoli viaggianti di poter circolare sulle autostrade e strade principali;
    al momento, infatti, i carri carovana, non considerati rimorchi, sono autorizzati a circolare di anno in anno, con speciali permessi (Mod. DGM 243/245), che non sostituiscono la carta di circolazione. Tale modello equivale ad un foglio di via provvisorio, valido un anno e rinnovabile, e riporta gli estremi del veicolo non considerato rimorchio ed è associato a una targa provvisoria (articolo 99, comma 1, codice della strada), ma non consente il transito in autostrada;
    il Governo, in data 31 marzo 2016, rispondendo alla interrogazione a risposta immediata in commissione n. 5/08265, a firma Bergamini e Biasotti, ha affermato che: La naturale soluzione della questione sollevata coinciderebbe con la regolarizzazione dei carri carovana attraverso la loro immatricolazione ai sensi dell'articolo 93, comma 1, del codice della strada: il possesso della carta di circolazione e la presenza della targa consentirebbero il transito sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali. Inoltre, con l'immatricolazione si approderebbe anche ad una regolarizzazione di tali veicoli sotto il profilo fiscale e assicurativo; tale procedura è però subordinata all'accertamento dei carri in argomento e dei loro requisiti di idoneità alla circolazione, a norma dell'articolo 75 del codice della strada;
    a seguito di tale risposta, l'Unione nazionale attrazionisti viaggianti (UNAV) ha scritto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, divisione 4, per sollecitare una circolare interpretativa da indirizzare alla motorizzazione civile, senza la quale gli Uffici territoriali non avrebbero potuto procedere all'immatricolazione di cui al paragrafo precedente; il 1o giugno 2016 la divisione 4 ha trasmesso tale nota alla direzione generale della motorizzazione, ma i suoi uffici territoriali non sarebbero stati istruiti in merito, a quanto consta ai presentatori del presente atto, vanificando di fatto l'impegno del Governo;
    come stabilito dall'articolo 80 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e alla luce della classificazione di trasporti eccezionali, gli operatori degli spettacoli dei viaggianti sono tenuti con cadenza annuale a sottoporre i loro mezzi a revisione, pur considerando che la loro percorrenza annua è molto bassa (al massimo 1500 chilometri annui) e che lo è altrettanto la loro velocità di trasferimento;
    da qualche tempo le motorizzazioni civili chiedono che la revisione di tali veicoli venga eseguita presso le sedi delle stesse, anziché sul luogo dove sono installate le attrazioni, come prevedrebbe la circolare emanata dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 12 febbraio 2013, registro n. 3842,

impegna il Governo:

   ad assumere le opportune iniziative normative per modificare il codice della strada, prevedendo che i veicoli adibiti esclusivamente a spettacoli viaggianti siano esclusi dall'articolo 10 del medesimo codice, che reca la disciplina in materia di veicoli eccezionali e trasporti in condizioni di eccezionalità, e introducendo un'apposita regolamentazione della circolazione di tali veicoli, da adottare su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con il Ministro dell'interno e con la Conferenza Stato, regioni e province autonome;
   ad assumere le opportune iniziative normative per modificare l'articolo 80 del codice della strada, in materia di revisioni, al fine di prevedere che la revisione dei veicoli adibiti esclusivamente a spettacoli viaggianti deve essere effettuata ogni due anni, nel rispetto delle specifiche decorrenze previste dalle direttive comunitarie vigenti in materia;
   a ribadire, tramite una circolare interpretativa indirizzata alla motorizzazione civile, che i veicoli speciali che trasportano materiale per circhi o parchi di divertimenti siano in diritto di far revisionare tali veicoli nel luogo in cui si trovano, così come previsto dalla lettera del Ministero dei trasporti e della navigazione, IV direzione centrale – divisione 43, del 5 marzo 1998;
   ad adottare le iniziative di competenza per la sollecita emanazione della circolare interpretativa, sulla base della quale gli uffici territoriali della motorizzazione possano procedere all'immatricolazione di cui in premessa, ed a monitorarne l'effettiva applicazione da parte di tali uffici.
(7-00936) «Bergamini».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Bergamini n. 7-00831 del 26 ottobre 2015.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Caruso n. 4-13359 del 7 giugno 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Tino Iannuzzi n. 5-09462 del 14 settembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Burtone n. 5-09506 del 19 settembre 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Terrosi n. 5-09639 del 29 settembre 2016.