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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 28 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'attività di revisione della spesa, intesa come processo diretto a migliorare l'efficienza e l'efficacia della spesa pubblica attraverso analisi e valutazioni sistematiche delle strutture organizzative della pubblica amministrazione e delle relative procedure di decisione e attuazione, costituisce uno strumento di razionalizzazione nella gestione delle risorse di cui si è fatto largo uso negli ultimi anni;
    l'esigenza di un'analisi rigorosa dei meccanismi che influiscono sull'andamento della spesa pubblica e la necessità di definire interventi mirati al contenimento e alla progressiva riqualificazione della stessa sono state più volte oggetto di attenzione da parte del legislatore, nella più ampia cornice definita dal rispetto degli obiettivi europei sui saldi di finanza pubblica e, negli anni più recenti, nell'ambito di una congiuntura economica instabile e caratterizzata dal persistere degli effetti della crisi finanziaria e delle tensioni sui debiti sovrani;
    in tale contesto, un'azione di spending review preordina all'eliminazione, delle inefficienze e al riorientamento delle risorse pubbliche verso gli obiettivi considerati primari costituisce una terza via fra l'aumento del prelievo fiscale e la riduzione del perimetro dell'intervento pubblico, tenuti in considerazione, da un lato, il livello attuale della tassazione e, dall'altro, i rischi sociali connessi a una diminuzione dei servizi e delle tutele previsti a favore delle fasce disagiate della popolazione e dei più deboli;
    le premesse per una consapevole discussione politica sugli obiettivi e sulle priorità da realizzare attraverso la spesa e sulla gestione responsabile delle risorse pubbliche sono state poste da numerosi studi condotti in Italia, a partire dal lavoro della commissione tecnica per la spesa pubblica, operante presso il Ministero del tesoro dal 1986 al 2005, e successivamente della commissione tecnica per la finanza pubblica, operante nel 2006 presso il Ministero dell'economia e delle finanze e istituita dal Ministro Tommaso Padoa Schioppa;
    per quanto concerne le procedure di controllo della spesa pubblica, in via sperimentale, la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha avviato un programma di analisi e di valutazione, divenuto permanente con la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), che ne ha disposto la prosecuzione e l'aggiornamento con riferimento alle missioni e ai programmi nei quali si articola il bilancio dello Stato, assegnandone la realizzazione alla Ragioneria generale dello Stato;
    i meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica sono stati successivamente ricondotti a sistema e potenziati dalla legge 31 dicembre 2009, n. 196, nuova legge di contabilità e finanza pubblica, che ha previsto l'istituzionalizzazione del processo di analisi e di valutazione della spesa delle amministrazioni centrali dello Stato e la sua graduale estensione alle altre amministrazioni pubbliche (a riguardo è intervenuto il decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123);
    alla disciplina generale in tema di analisi e di revisione della spesa si sono affiancati interventi legislativi che, oltre ad ampliarne l'ambito di operatività, hanno definito specifiche modalità applicative, facendo in particolare leva sulla diffusione del metodo dei fabbisogni e dei costi standard per gli enti territoriali, su cui è intervenuta la legge delega 5 maggio 2009, n. 42, di attuazione del federalismo fiscale;
    nel quadro della disciplina procedurale così definita, in ragione di una congiuntura economica eccezionalmente sfavorevole, dal 2009 al 2016 sono state approvate numerose misure volte ad introdurre specifici interventi di contenimento della spesa pubblica, in particolare attraverso la riduzione delle spese per il personale, la razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione di enti pubblici, la dismissione di partecipazioni, la riorganizzazione, con criteri rigorosi, delle società partecipate dagli enti territoriali;
    al fine di contrastare il perdurare degli effetti economici negativi, destinando maggiori risorse politiche per la crescita e al contempo, garantendo il graduale consolidamento dei conti pubblici, il Governo attualmente in carica ha rinvigorito l'azione di contenimento della spesa con il decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, la legge di stabilità 2015 (legge 23 dicembre 2014, n. 190), il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 73 e la legge di stabilità 2016 (legge 23 dicembre 2015, n. 208), che hanno disposto interventi di contenimento della spesa delle amministrazioni statali e degli enti pubblici, di centralizzazione degli acquisti, di adozione di costi standard e di razionalizzazione del patrimonio pubblico;
    l'attuazione della riforma della pubblica amministrazione prevista dalla legge delega 7 agosto 2015, n. 124 costituisce il pilastro di un processo di efficientamento strutturale della spesa pubblica che si completa attraverso le riforme della seconda parte della Costituzione, le quali realizzano l'obiettivo di razionalizzazione dell'assetto degli organi istituzionali e stabilizzano la riorganizzazione degli enti territoriali introdotta attraverso la legge 7 aprile 2014, n. 56;
    a una politica di revisione della spesa condotta prevalentemente da commissari straordinari nominati dal Governo, sta progressivamente subentrando un processo fondato sulla collaborazione tra le amministrazioni e il Ministero dell'economia e delle finanze per l'individuazione di interventi scarsamente efficaci, anche tramite l'analisi dei singoli capitoli di bilancio;
    i risparmi finora conseguiti derivano, in gran parte, da interventi di razionalizzazione connessi a cambiamenti nei meccanismi di spesa e negli assetti organizzativi delle amministrazioni, dall'aumento dell'efficienza nella fornitura di beni e di servizi e dall'abbandono di pratiche considerate obsolete; la riduzione del numero dei centri di spesa e gli strumenti di e-procurement sono, in particolare, due aspetti fondamentali della strategia di razionalizzazione dei processi e dei costi di acquisto, volti a favorire la pianificazione coordinata delle iniziative onde aumentare la quota realizzata in forma aggregata;
    grazie allo sforzo dedicato all'attività di spending review a tutti i livelli di governo, complessivamente, dal 2013 al 2016, la spesa corrente in percentuale del Pil è scesa di 1,4 punti percentuali (dal 47,4 al 46,0 per cento); dal 2014 i risparmi, in termini di indebitamento netto, ammontano a circa 3,6 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi di euro nel 2015 e si stima saliranno a 25 miliardi di euro per il 2016, 27,6 miliardi di euro per il 2017 e circa 28,7 miliardi di euro per il 2018;
    i risparmi che ne derivano stanno consentendo di finanziare misure a sostegno di crescita e occupazione, come la riduzione dell'imposizione fiscale, l'incremento degli investimenti pubblici, lo stimolo agli investimenti privati e le riforme strutturali e, pertanto, l'attività di spending review ha un rilievo non solo tecnico, ma anche politico e sociale, che risulta strettamente collegato a quello, ben più generale, del ruolo dello Stato;
    le novità conseguenti all'aggiornamento delle regole contabili avvenuto – in attuazione dell'articolo 15 della legge n. 243 del 2012 – con l'approvazione della legge 4 agosto 2016, n. 163, che ha integrato in un unico provvedimento i contenuti dei disegni di legge di bilancio e di stabilità, con la finalità di incentrare la decisione di bilancio sull'insieme delle entrate e delle spese pubbliche, anziché sulla loro variazione al margine, come avvenuto fino alla precedente sessione di bilancio, hanno riportato al centro del dibattito parlamentare le priorità dell'intervento pubblico considerato nella sua interezza;
    anche per tale ragione, l'attività del Parlamento nell'analisi dell'andamento e della gestione della spesa pubblica costituisce un aspetto cruciale dell'azione finalizzata a mettere in atto efficaci politiche di sviluppo economico, di riduzione del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, di investimenti pubblici e di welfare, individuando le più adeguate procedure di razionalizzazione della spesa che consentano di coniugare, in un'ottica di medio e lungo periodo, le esigenze di risparmio correlate al consolidamento dei conti pubblici, con quelle di crescita del Paese,

impegna il Governo

a proseguire, in un rapporto di costante dialettica con il Parlamento, nel processo di razionalizzazione ed efficientamento della spesa pubblica nell'ottica della massimizzazione dei risparmi di risorse nel medio e lungo periodo e a porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie affinché il Parlamento possa essere coinvolto nel processo di elaborazione di proposte in materia di spending review, sotto il profilo quantitativo e qualitativo, garantendo ai cittadini la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche, senza pregiudicare gli investimenti pubblici infrastrutturali e la qualità dei livelli di servizi pubblici e delle prestazioni sociali.
(1-01369) «Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Giampaolo Galli, Boccadutri, Paola Bragantini, Capodicasa, Cenni, Dell'Aringa, Fanucci, Cinzia Maria Fontana, Ginato, Giulietti, Guerra, Laforgia, Losacco, Marchetti, Melilli, Misiani, Parrini, Pilozzi, Preziosi, Rubinato».


   La Camera,
   premesso che:
    tra novembre 2013 e i primi mesi del 2014, Carlo Cottarelli, allora commissario alla spending review, aveva elaborato, con i suoi gruppi di lavoro, un piano triennale che avrebbe generato notevoli risparmi di spesa: se tutte le misure fossero state realizzate, queste avrebbero portato a risparmi per 7 miliardi nel 2014, 18,1 miliardi nel 2015 e 33,9 miliardi nel 2016;
    se il piano fosse stato attuato, oggi si sarebbero pertanto liberate tante risorse per la diminuzione della pressione fiscale: a partire dalla riduzione delle tasse sul reddito delle persone fisiche, per proseguire con la riduzione dell'Ires e la cancellazione dell'Irap;
    il piano non è però mai giunto a compimento, e dopo Cottarelli tanti consulenti economici del Presidente del Consiglio Renzi hanno gettato la spugna, da ultimo Roberto Perotti. Risultato: da tre anni a questa parte il Governo fa legge di stabilità/legge di bilancio tutte in deficit;
    anche nel corso dell'esame dell'ultima legge di stabilità, il Gruppo Forza Italia ha cercato, attraverso specifiche proposte emendative volte a sterilizzare le clausole di salvaguardia (che purtroppo ancora oggi incombono sui conti pubblici), di riprendere il «piano Cottarelli» e attuare finalmente tutte le misure in esso contenute, dalla riorganizzazione degli enti pubblici, con il taglio delle partecipate locali ai costi standard in sanità e nei Comuni; dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici alla ricetta elettronica, anche aggiungendo altri interventi che consentono un reale efficientamento della macchina pubblica, e non i famigerati tagli lineari riproposti dal Governo Renzi;
    il documento di economia e finanza 2016 evidenzia come con il Governo Renzi la spesa pubblica sia aumentata e continuerà ad aumentare: il dato sale da 826 miliardi di euro nel 2015 a 849 miliardi nel 2019, con un aggravio di ventitré miliardi in cinque anni. Aumenta la spesa pubblica corrente, cioè quella non produttiva, mentre scende quella per investimenti; il tutto mentre il debito pubblico sfora il tetto record di 2.252 miliardi di euro, ben 145 miliardi in più rispetto a febbraio 2014, quando il Presidente Matteo Renzi venne chiamato a Palazzo Chigi dall'allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano;
    nonostante siano stati effettuati alcuni tagli di spesa, non si ha ad oggi piena contezza in merito alle voci individuate nel piano originale di spending review ed effettivamente decurtate, ed è evidente (e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo inaccettabile) la politica portata avanti dal Governo Renzi, che ha visto utilizzare le risorse provenienti dai pochi risparmi ottenuti, per finanziare ulteriori spese, volte più che altro ad acquisire consenso, piuttosto che per interventi strutturali di riduzione della pressione fiscale o del debito pubblico;
    ai dati sulla spesa pubblica si affiancano, più in generale, quelli sullo stato dei conti pubblici; le previsioni contenute nel Documento di economia e finanza si sono rivelate, come più volte denunciato dai sottoscrittori del presente atto di indirizzo, inesatte e comunque troppo ottimistiche. La crescita di quest'anno arriverà, se andrà bene, allo 0,7 per cento in termini reali: valore lontanissimo da quell'1,2 per cento previsto dal Governo solo pochi mesi fa, appunto nel def di aprile. Mezzo punto di Prodotto interno lordo di differenza, quasi la metà;
    rispetto alle previsioni del Governo, ancora maggiore è la distanza sul dato relativo all'inflazione. Se tutto va bene il 2016 chiuderà a zero, quando il Governo aveva previsto un 1 per cento tondo. Ne deriva che il tasso nominale di crescita nel 2016 sarà uguale al tasso reale, e cioè 0,7 per cento: meno di un terzo di quanto era l'obiettivo del Governo (2,2 per cento) sempre nel def di aprile. Questo vuol dire una spaventosa revisione in peggioramento di tutti i valori rilevanti di finanza pubblica: gettito, deficit, debito e pressione fiscale. In altri termini, si avrà un aumento di deficit ben oltre il 2,3 per cento: si andrà pericolosamente verso il 3 per cento e assieme al deficit continuerà a crescere il debito;
    andrà ancora peggio il 2017, che inizierà con un trascinamento negativo in termini di crescita, e chiuderà, ben che vada, attorno allo 0,7 per cento: ben lontano dall'1,4 per cento previsto come sempre nel def di aprile. Il 2017, poi, continuerà anche nella deflazione, con conseguente aumento del deficit, a questo punto con sforamento della barriera del 3 per cento e del debito oltre il 135 per cento;
    se a queste tendenze di finanza pubblica si aggiunge l'esigenza di disinnescare gli aumenti di aliquota riguardanti l'IVA (con effetti di maggior gettito stimati in circa 15,1 miliardi nel 2017 e 19,6 miliardi dal 2018) e l'accisa sui carburanti (con maggiori entrate non inferiori a 350 milioni di euro a decorrere dal 2018), si arriva a una manovra inevitabilmente «sangue sudore e lacrime» da 30-40 miliardi di euro;
    in tema di spending review, è utile poi fare un riferimento più preciso all'esperienza anglosassone, che ne è il presupposto implicito: nel Regno Unito tale politica infatti non si riferisce solo ad un intervento ex post, rispetto ad un'emergenza, ma anche ex ante, come lo prova la sua dimensione quasi ventennale. E, se è vero che «la spending review è venuta al tempo in cui lo stato sta spendendo significativamente di più di quanto incassa in tasse e incontra il gap del deficit di bilancio», è vero anche che tale politica è nata già alla fine degli anni novanta, per facilitare la pianificazione della spesa, con un'ottica pluriennale, rispetto alla tradizionale pianificazione annuale attraverso il budget (cioè quello che nel nostro Paese è la «legge di Bilancio»). Nel Regno Unito consiste infatti in un monitoraggio dei capitoli di spesa pubblica con l'obiettivo di fissare, con un'ottica triennale, un tetto alle risorse disponibili di ciascun Ministero o dipartimento. È un processo di allocazione delle risorse di spesa pubblica, in accordo con le priorità del Governo, che rende fissi i budget per ciascun dipartimento e demanda a ciascun Ministero la decisione su come meglio attuare e distribuire le spese all'interno delle rispettive aree di responsabilità;
    viste le recenti riforme che hanno interessato la struttura del bilancio dello Stato, sarebbe opportuno adottare un atteggiamento più rigoroso nella definizione del bilancio di previsione, al fine di una piena razionalizzazione delle politiche di spesa; già con il decreto legislativo n. 90 del 2012, ai fini del completamento della riforma in senso funzionale della struttura del bilancio dello Stato, organizzata per missioni e programmi, si era provveduto alla ridefinizione dei programmi di spesa al fine di rendere più stringente il collegamento tra le risorse stanziate e le funzioni perseguite, stabilendo altresì una piena corrispondenza tra le risorse e il livello amministrativo/responsabile, con la previsione dell'affidamento di ciascun programma a un unico centro di responsabilità amministrativa; da ultimo, l'articolo 3 della legge 4 agosto 2016, n. 163, (concernente il contenuto della legge di bilancio), che modifica in più parti la disciplina in ordine alla copertura finanziaria delle leggi di spesa, elimina le clausole di salvaguardia, prevedendo contestualmente nuovi meccanismi di compensazione in caso di scostamento degli oneri rispetto alle previsioni,

impegna il Governo:

   a mettere in atto ogni iniziativa volta a consentire, nel corso dell'anno, l'allocazione di risorse poste a bilancio, rafforzando obiettivi straordinari che possono maturare alla luce del ciclo economico o di eventi eccezionali, così come previsto dalla spending review nella sua versione «originale»;
   ad adottare ogni iniziativa volta a portare a compimento il piano elaborato dall'allora commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentano un reale efficientamento della macchina pubblica, implementando l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni;
   a presentare alle Camere un piano che illustri in maniera dettagliata le misure adottare in merito ai tagli di spesa pubblica conseguiti nel corso della presente legislatura, definendo quali siano stati, ad oggi, gli effetti concreti degli interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa messi in atto, come il Governo abbia fino ad ora utilizzato i dati forniti dalle analisi svolte dai commissari per la spending review, specificando altresì quali siano stati, ad oggi, i risultati dell'attività di monitoraggio e di revisione dei fabbisogni e dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi dalle regioni e dagli enti locali;
   al fine di una razionalizzazione delle politiche di spesa, ad adottare ogni iniziativa di competenza volta a valorizzare il momento in cui le risorse sono effettivamente incassate ed erogate, al fine di consentire una più immediata e concreta comprensione dell'azione pubblica, e rendere più stretto e trasparente il legame tra decisione parlamentare sull'allocazione delle risorse e i risultati dell'azione amministrativa, per migliorare la previsione e la gestione degli andamenti di finanza pubblica, con particolare riferimento al fabbisogno e al debito pubblico.
(1-01370) «Alberto Giorgetti, Brunetta, Prestigiacomo, Milanato, Crimi».


   La Camera,
   premesso che:
    l'elevato livello di spesa pubblica che ha sempre distinto la nostra Nazione, unito, soprattutto nell'ultimo decennio, agli effetti di una perdurante e profonda crisi economica, hanno spinto la politica e il legislatore ad affrontare con crescente attenzione la necessità di individuare percorsi mirati al contenimento e ad una progressiva riqualificazione della spesa;
    queste obiettivo, entrato nel linguaggio comune con il termine spending review, ha trovato una sua prima collocazione di rango legislativo con il decreto-legge n. 52 del 2012 che ha istituito la figura del Commissario straordinario per la spesa pubblica, ma già nel 2011 su impulso dell'allora Ministro dell'economia Giulio Tremonti si era proceduto a una prima organica relazione in materia di spesa pubblica;
    dopo la parentesi del Governo Monti nel corso del quale si è preferito un severo inasprimento della tassazione a politiche di risparmio della spesa pubblica, il tema della spending review è tornato al centro dell'attenzione anche in seguito all'adozione del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, che all'articolo 49-bis ha dettato una nuova disciplina dell'attività volta alla razionalizzazione dalla spesa pubblica, semplificando quella già prevista dal decreto-legge n. 52 del 2012 ma confermando gli organi preposti alla sua realizzazione, individuati nel Comitato interministeriale e nel Commissario straordinario;
    il primo lavoro organico in materia di revisione della spesa è stato il «Rapporto Giarda», presentato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e discusso nel Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012, che ha presentato un'analisi del livello e della struttura della spesa pubblica italiana, evidenziando alcune criticità;
    tra queste il Rapporto evidenziava gli anomali livelli e struttura della spesa pubblica italiana, la costosità della produzione dei servizi pubblici, il carattere «improprio» dei rapporti finanziari centro-periferia e affermava che la dimensione della spesa e della sua struttura costituissero «ostacolo ad uno scenario di ripresa ciclica dell'economia», possibile solo a fronte di una riduzione del prelievo fiscale, a sua volta derivante dalla lotta alle situazioni di inefficienza nella produzione dei servizi pubblici e da una migliore allocazione delle risorse;
    sulla scia delle nuove disposizioni adottate, nell'ottobre 2013 il Governo Letta ha nominato a Commissario straordinario per la revisione della spesa il Professor Carlo Cottarelli, poi dimessosi in seguito a un duro confronto con il nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi;
    nell'ambito di tali polemiche il Commissario aveva avuto modo di rilevare come si stesse «diffondendo la pratica di autorizzare nuove spese indicando che la copertura sarà trovata attraverso future operazioni di revisione della spesa o, in assenza di queste, attraverso tagli lineari delle spese ministeriali... Il totale delle risorse che sono state spese prima di essere state risparmiate per effetto di queste decisioni ammonta ora a 1,6 miliardi di euro per il 2015», evidenziando come tale modo di procedere impedisse di destinare i risparmi conseguiti attraverso la riduzione della spesa a interventi strutturali di riduzione della tassazione perché li destinava ad altre spese, interventi spot, incapaci di incidere sulle problematiche più profonde dell'economia nazionale;
    il Commissario Cottarelli, poi sostituito con persone più gradite al Premier, dichiarò inoltre che non erano state neanche esaminate le numerose relazioni che egli aveva già predisposto da mesi contenenti l'analisi economica dettagliata dei diversi segmenti della spesa pubblica e le possibilità di intervento su ciascuno di essi;
    da quando il Professor Cottarelli ha lasciato il suo incarico, il Governo, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è stato molto abile a spostare l'attenzione politica e dell'opinione pubblica dal tema della revisione della spesa, tanto che anche il Consigliere economico del Governo per la revisione della spesa succedutogli, ha deciso di dimettersi e ha ora appena pubblicato un libro nel quale afferma che il suo lavoro, così come quello di tutti gli altri esperti che negli anni si sono passati la staffetta a Palazzo Chigi, è stato un fallimento, per scelta della politica, che con una mano ha tagliato mentre con l'altra ha rimpinguato altri capitoli di spesa;
    gli interventi di spending contenuti nella legge di stabilità per l'anno in corso mostrano con chiarezza tutti i limiti della attuale messa in pratica delle politiche di spending review;
    nella legge, infatti, i risparmi previsti per lo Stato sono in larga parte basati su interventi selettivi di riduzione della spesa dei Ministeri, dall'azzeramento del fondo per la riduzione della pressione fiscale, proprio quello alimentato dai risparmi derivanti dal processo di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica da parte delle Amministrazioni centrali, sulla revisione dei trasferimenti e dei contributi destinati a imprese pubbliche e private, tra le quali la riduzione degli stanziamenti in favore di Ferrovie dello Stato, la riduzione dei contributi in conto interessi relativi ai finanziamenti a carico del fondo rotativo per il sostegno alle imprese, la riprogrammazione delle risorse per l'edilizia sanitaria, nonché dal concorso agli obiettivi di riduzione della spesa di Regioni e Comuni, i quali di conseguenza sono costretti a tagliare i servizi ai cittadini;
    altro capitolo oggetto di consistenti tagli è stato il Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe giustificarsi con l'adozione di strumenti di efficientamento come il rafforzamento delle procedure di acquisizione centralizzata e l'introduzione di piani di rientro per le aziende ospedaliere, anche universitarie, per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e per le aziende sanitarie locali, tutte misure nella realtà assai lontane da una effettiva messa in opera;
    se oltre a questo consideriamo il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, il mancato rinnovo dei contratti, lo smembramento o la privatizzazione di strutture essenziali come il Corpo forestale o la Croce rossa italiana, appare evidente che gli esiti di una spending review così condotta sono assai lontani dalle ambizioni originarie;
    con riferimento agli enti locali il decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, aveva previsto la «determinazione del fabbisogno standard per Comuni e Province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento nei loro riguardi del criterio della spesa storica», ma anche con riferimento all'adozione di questo modello si registrano pesanti ritardi;
    nella relazione sul rendiconto generale dello Stato del giugno 2016 la Corte dei conti ha rilevato che «il recupero della crescita del Pil appare ancora troppo modesto e, soprattutto, in ritardo rispetto alla ripresa in atto negli altri principali Paesi europei», fatto che costituisce un «elemento di maggiore vulnerabilità» italiana, e ha stigmatizzato come l'azione del Governo relativamente al processo di riordino degli assetti organizzativi della pubblica amministrazione sia stato «defatigante, continuo e disordinato e, in taluni casi, si è venuto a sovrapporre ad analoghi percorsi derivanti dalla ridefinizione delle competenze dei Ministeri ovvero dalla costituzione di Enti e Agenzie nazionali», e che «anche il processo di riduzione della rete periferica degli uffici dei Ministeri è stato sinora troppo timido e ha, in definitiva, inciso solo sui vertici degli uffici»;
    il Rapporto Giarda aveva stabilito un importo presumibile della spesa suscettibile di essere oggetto di revisione nel breve e lungo termine, definita «spesa aggredibile» e quantificata in circa 295 miliardi di euro, nel cui ambito tuttavia, in una azione volta al conseguimento di risultati nei breve periodo, solo una percentuale del 25/30 per cento di alcune voci di spesa può essere effettivamente fonte di possibili risparmi;
    tra il 2014 e il 2016 il risultato effettivo degli interventi di contenimento ed efficientamento della spesa pubblica non solo si è fermato allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo, ma il dato è in realtà sovrastimato perché gran parte del risparmio consiste in minori trasferimenti agli enti locali che possono reagire aumentando le tariffe;
    la necessità di contenere la spesa pubblica non può penalizzare i servizi essenziali né tantomeno può comportare un inasprimento della tassazione locale ma deve essere volta all'abbattimento di sprechi ed inefficienze, attraverso interventi mirati e selettivi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per l'elaborazione e l'applicazione di criteri in materia di revisione della spesa che garantiscano l'erogazione dei servizi alla cittadinanza, evitando che siano messi in atto tagli inutili se non dannosi e intervenendo piuttosto su sprechi e inefficienze e nel senso di una migliore allocazione delle risorse disponibili;
   ad assicurare il costante monitoraggio degli effetti della revisione della spesa e la tempestiva informazione al Parlamento sui relativi esiti;
   ad adoperarsi per implementare nella Pubblica Amministrazione le attività di misurazione dei risultati raggiunti dall'azione amministrativa e di verifica dell'efficienza dell'organizzazione amministrativa;
   ad adottare ogni iniziativa necessaria alla piena attuazione della disciplina vigente in materia di costi e fabbisogni standard, di cui al decreto legislativo n. 216 del 2010.
(1-01371) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il regolamento (CE) n. 1760/2000 istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e di etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine;
    scopo del suddetto regolamento era quello di dare stabilità al mercato delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine a seguito della crisi dell'encefalopatia spongiforme bovina, cosiddetto «morbo della mucca pazza», migliorando la trasparenza in merito alle condizioni di produzione e commercializzazione di tali prodotti, in particolare per quanto attiene alla rintracciabilità;
    successivamente, in tema di etichettatura, è stato emanato il regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, entrato in vigore il 13 dicembre 2011, che ha trovato applicazione a decorrere dal 13 dicembre 2014, grazie al regolamento (UE) n. 1337/2013 attuativo del suddetto regolamento;
    il regolamento (UE) n. 1169/2011 ha realizzato un riassetto della normativa previgente e consolidato in un unico testo le norme di carattere generale sulla pubblicità, sull'etichettatura, sull'indicazione degli allergeni e sull'etichettatura nutrizionale. Inoltre, ha reso obbligatoria per il produttore/allevatore l'indicazione di origine per le carni fresche suine, ovine, caprine e di volatili;
    dal 1o aprile 2015 è divenuto, quindi, obbligatorio in tutti i Paesi europei indicare in etichetta l'origine delle carni fresche, refrigerate o congelate suine, ovine, caprine e di volatili. In etichetta, dunque, si trova indicato il luogo dell'allevamento e della macellazione, mentre l'indicazione dell'origine è su base volontaria, se la carne è ottenuta da animali nati, allevati e macellati nello stesso Paese;
    si deve, però, evidenziare una grave carenza nel suddetto regolamento. Infatti, resta tutt'oggi ancora esclusa dall'obbligo di etichettatura d'origine, oltre alla carne di cavallo, anche quella di coniglio, il cui consumo è molto diffuso a livello nazionale. Obbligo che, invece, potrebbe garantire una maggiore trasparenza sul luogo di nascita, allevamento e macellazione nonché una migliore tutela per i nostri allevamenti e per i consumatori;
    questo vulnus normativo va colmato il prima possibile, in quanto sono centinaia le aziende molto importanti – alcune anche molto grandi per numero di capi allevati, per capannoni, per investimenti, per impiego di manodopera, soprattutto nel territorio emiliano-romagnolo – che soffrono l'ingerenza nel mercato cunicolo nazionale di carni e prodotti derivati, a prezzi irrisori, provenienti da altri Paesi europei ed extraeuropei. Infatti, sul territorio italiano arrivano stabilmente massicce importazioni di conigli dall'estero, soprattutto dalla Francia e Ungheria, andando ad appesantire il mercato e condizionando negativamente le quotazioni;
    l'origine dei prodotti è fondamentale sia per la sicurezza che per il diritto all'informazione dei consumatori ma anche per le esigenze in materia di benessere animale;
    non si deve dimenticare che il 96,5 per cento dei consumatori italiani ritiene necessario che l'origine degli alimenti debba essere scritta in modo chiaro e leggibile nell'etichetta,

impegna il Governo:

   ad attivarsi nelle opportune sedi europee per l'inserimento, nella normativa dell'Unione, dell'obbligo di etichettatura di origine per le carni di coniglio e cavallo, oltre a quello di allevamento e di macellazione, così come previsto per le carni fresche bovine, suine, ovine, caprine e di volatili, già regolamentate dall'Unione europea;
    a porre in essere ogni iniziativa possibile e utile per tutelare gli allevatori e i produttori, in particolare emiliano-romagnoli, attraverso la valorizzazione del prodotto cunicolo;
    ad assicurare un maggiore impegno per consentire la traduzione in atti normativi delle istanze provenienti sia dal mondo produttivo italiano che dai consumatori.
(7-01108) «Fedriga, Gianluca Pini, Guidesi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, MASSIMILIANO BERNINI, CECCONI, AGOSTINELLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, LUIGI DI MAIO, CASTELLI, FERRARESI, VILLAROSA, ALBERTI, BARONI, DI BATTISTA, LOMBARDI, VIGNAROLI, RUOCCO, FRUSONE, CIPRINI, CRIPPA e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina delle costruzioni in zona sismica è contenuta nel Capo IV del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. L'articolo 1, comma 1, del testo unico qualifica le norme in esso contenute come «principi fondamentali e generali [...] per la disciplina dell'attività edilizia»;
   la Corte Costituzionale, chiamata a valutare la legittimità costituzionale di talune leggi regionali intervenute nella disciplina delle costruzioni nelle zone sismiche ed il rispetto delle norme statali di principio contenute nel decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (sentenze nn. 182/2006, 201/2012, 254/2010, 248/2009, 101/2013), ha ritenuto che la materia degli interventi edilizi in zone sismiche e della relativa vigilanza rientri nell'ambito del governo del territorio, nonché nella materia della protezione civile, per i profili concernenti la tutela dell'incolumità pubblica e, dunque, competa allo Stato la determinazione dei principi fondamentali;
   nelle predette pronunce la Corte ha ripetutamente affermato che «L'intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l'ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell'incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.»;
   la Corte ha ulteriormente rilevato che le norme sismiche contenute del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 dettano «una disciplina unitaria a tutela dell'incolumità pubblica, mirando a garantire, per ragioni di sussidiarietà e di adeguatezza, una normativa unica, valida per tutto il territorio nazionale» (sentenze n. 201 del 2012 e n. 254 del 2010);
   in particolare, la disciplina di cui all'articolo 94, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 prescrive che «Fermo restando l'obbligo del titolo abilitativo all'intervento edilizio, nelle località sismiche [..] non si possono iniziare i lavori senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della regione»;
   peraltro, laddove siano coinvolti interessi primari della collettività, anche la disposizione di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 prevede che non siano ammissibili procedure semplificate;
   ciò nonostante si riscontrano soluzioni normative regionali (si vedano nelle Marche la legge regionale 3 novembre 1984, n. 33; nel Lazio la legge regionale 11 agosto 2009, n. 21 e il regolamento 7 febbraio 2012, n. 2) in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale. In luogo dell'autorizzazione preventiva scritta, viene infatti consentito l'inizio degli interventi in zona sismica anche a seguito della semplice denuncia alla struttura regionale competente o di un'attestazione di avvenuto deposito documentale, mentre il controllo preventivo è affidato al metodo del sorteggio a campione in percentuali minime;
   rilevanti sono le conseguenze anche sotto il profilo sanzionatorio se si consideri che, in base al combinato disposto di cui agli articoli 96 e 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, nelle zone dichiarate sismiche «gli ufficiali di polizia giudiziaria, gli ingegneri e geometri degli uffici tecnici delle amministrazioni statali e degli uffici tecnici regionali, provinciali e comunali, le guardie doganali e forestali, gli ufficiali e sottufficiali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e in generale tutti gli agenti giurati a servizio dello Stato, delle province e dei comuni sono tenuti ad accertare che chiunque inizi costruzioni, riparazioni e sopraelevazioni sia in possesso dell'autorizzazione rilasciata dal competente ufficio tecnico della regione a norma degli articoli 61 e 94». Gli stessi soggetti, appena accertato un fatto costituente violazione delle predette norme, sono tenuti a compilare processo verbale che viene trasmesso al competente ufficio tecnico della regione e all'autorità giudiziaria –:
   se il Governo non ritenga di dover adottare le iniziative necessarie, anche normative idonee a garantire l'uniforme e corretta applicazione nel territorio nazionale dei principi fondamentali in materia di costruzioni in zona sismica richiamati in premessa e la tutela dell'incolumità pubblica, con particolare riferimento agli articoli 93 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 e all'articolo 19 della legge 241 del 1990, affinché gli stessi siano rispettati anche per gli interventi di ricostruzione conseguenti al sisma del 24 agosto 2016, prevedendo i presupposti sostanziali e procedurali per l'esercizio del potere sostitutivo ex articolo 120 della Costituzione in caso di mancato adeguamento delle leggi regionali. (5-09610)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con quello che l'interrogante ritiene un blitz della Presidenza del Consiglio dei ministri il progetto «scempio» di Decimoputzu denominato Flumini Mannu sul termodinamico passa a Palazzo Chigi per l'approvazione della valutazione di impatto ambientale;
   il progetto è stato ufficialmente trasmesso al Presidente del Consiglio dei ministri, con il parere contrario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e quello favorevole della commissione di valutazione impatto ambientale;
   il progetto che devasta le terre agricole del campidano, secondo quanto riportato dal sito ufficiale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è nelle mani del Presidente del Consiglio dei ministri;
   sul piano, ad avviso dell'interrogante, spregiudicato della Flumini Mannu, società con sede a Londra, che devasta il territorio agricolo di Decimoputzu a colpi di impianti solari destinati a cancellare centinaia di ettari agricoli, cambia la sede decisionale;
   passa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare direttamente a Palazzo Chigi;
   ad esprimere il «via libera» era stata prima delle ferie estive la commissione di valutazione di impatto ambientale, nonostante il parere totalmente contrario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   la decisione di trasmettere gli atti a Palazzo Chigi è, a giudizio dell'interrogante, un vero e proprio «blitz» contro comuni, associazioni e soprattutto contro i proprietari di quelle aree, allevatori e agricoltori da generazioni, che non solo non hanno mai venduto quei terreni ma sono totalmente contrari a farlo;
   in questo «scempio» sono diversi gli aspetti, ad avviso dell'interrogante, inquietanti della decisione di trasmettere questi atti alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   prima di tutto la procedura: un progetto devastante sul piano ambientale e paesaggistico approvato su terreni di cui la società cinese, a quanto risulta all'interrogante, non risulta proprietaria;
   sarebbe il primo caso in Italia di esproprio per una discutibile pubblica utilità di aree agricole private tolte ad un allevatore per metterle nelle mani di quelli che all'interrogante appaiono speculatori e faccendieri della pseudo energia rinnovabile;
   un piano, secondo l'interrogante, scellerato che nasconde faccendieri e speculatori, visto che pur di ottenere incentivi milionari pubblici si occupano terre agricole con il sostanziale assenso di organi dello Stato e il silenzio di molti;
   non è dato sapere se la decisione sarà in capo alla figura del Presidente del Consiglio o del consiglio dei ministri;
   si tratta di un aspetto non secondario, visto che nell'ipotesi che sia il Presidente a decidere da solo, la regione non verrebbe coinvolta, mentre nel caso fosse il Consiglio dei ministri sarebbe obbligatoria la partecipazione del presidente della regione alla seduta collegiale per decidere le sorti finali del progetto;
   a prescindere da tutto la regione deve impugnare, senza se e senza ma, il provvedimento gravissimo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che costituirebbe, se attuato, un precedente devastante per l'autonomia sarda;
   è inquietante che una società privata, giapponese con solide basi italiane, abbia presentato un progetto su aree, a quanto risulta all'interrogante, non proprie;
   questo aspetto è semplicemente devastante per tutti i principi del diritto, proprio perché si aprirebbe un precedente inquietante: non esisterebbe più la proprietà privata che verrebbe calpestata a favore di altri privati, per giunta, ad avviso dell'interrogante, speculatori;
   i metodi utilizzati da questa società appaiono maldestri e vanno valutati, secondo l'interrogante, anche sotto il profilo della liceità, alla luce delle dichiarazioni, sempre ad avviso dell'interrogante, destituite di fondamento sulle condizioni di utilizzo dei terreni e soprattutto quando si prospettano espropri per pubblico interesse;
   in quelle aree agricole in base alle leggi vigenti possono essere autorizzati soltanto interventi relativi ad attività agricole e/o strettamente connesse non certo attività di produzione energetica di tipo industriale come quella in progetto;
   la competenza sulla pianificazione del territorio è esclusiva della regione Sardegna;
   tutti i decreti nazionali in materia non sono applicabili in contrasto con gli statuti speciali;
   l'inaccettabile piano presentato dalla società Flumini Mannu ltd, è un chiaro ed evidente tentativo di realizzare una centrale solare termodinamica nei comuni di Decimoputzu e Villasor, funzionale solo ed esclusivamente all'ottenimento di ingenti incentivi statali;
   un piano che mira ad un'operazione che appare all'interrogante speculativa e funzionale solo ad ottenere lauti profitti con la contrarietà delle popolazioni interessate;
   un piano che comporta una devastazione per le aree agricole, con ricadute del tutto inesistenti per il territorio e la stessa popolazione locale;
   la società Flumini Mannu ltd, con sede legale a Londra (Bow Road, 221) non dispone, secondo quanto risulta all'interrogante, in alcun modo delle aree oggetto della proposta di intervento;
   gli attuali proprietari di tali aree, come ampiamente documentato e dichiarato, hanno manifestato la piena e totale contrarietà alla cessione dei propri beni, perché queste rappresentano di fatto la loro ragione di vita;
   tale elementare constatazione, ancor prima delle altre di natura tecnica, economica ed urbanistica, costringerà il popolo sardo ad un contrasto senza fine, considerato che tale progetto non ha per l'interrogante alcuna rilevanza pubblica e soprattutto perché la sua approvazione costituisce un indebito arricchimento di privati che, a nessun titolo, per l'interrogante avrebbero potuto ottenere tale autorizzazione su un patrimonio di cui non dispongono;
   l'interesse pubblico di tale intervento è, ad avviso dell'interrogante, destituito di ogni fondamento proprio perché tutti i soggetti pubblici hanno dichiarato la totale contrarietà all'intervento e, quindi, non si vede come possa essere stata avanzata questa ipotesi, che per l'interrogante si rivela surreale e per molti versi inaccettabile;
   a questo si aggiunge la competenza esclusiva della regione autonoma della Sardegna in materia di tutela del paesaggio, la «panoramica», il governo e la pianificazione del territorio;
   competenza che non può in alcun modo essere violata e messa in discussione da un iter autorizzativo che a giudizio dell'interrogante si porrebbe in contrasto con principi elementari di diritto civile, privatistico, urbanistico e non ultimo costituzionale;
   la giunta regionale, secondo l'interrogante, deve opporsi formalmente al provvedimento autorizzativo del progetto in questione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed evitare che si crei in Sardegna un precedente gravissimo sia per l'autonomia regionale sia per i principi fondanti del diritto;
   l'unica certezza del progetto presentato dalla società Flumini Mannu ltd, è l'impatto di 269 ettari di strutture di acciaio e di specchi che andranno a coprire gran parte della piana, comportando, di fatto, la desertificazione dei suoli e la loro definitiva sottrazione agli usi agricoli, l'utilizzo abnorme di acqua per far funzionare l'impianto, il possibile cambiamento del microclima, per la presenza di un certo quantitativo di tubi che raggiungono elevate temperature, il possibile impatto inquinante sui terreni, l'impatto sulla fauna, l'impatto sulle risorse archeologiche e turistiche della zona –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per rigettare la richiesta della Flumini Mannu per tutte le implicazioni anche di legittimità richiamate;
   se non ritenga di dover assumere iniziative normative per stabilire il divieto alla proposizione di progetti di tale natura in terreni non di proprietà del soggetto richiedente e di progetti ricadenti in aree agricole. (5-09614)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 settembre 2015 «Fondo di solidarietà comunale ha definito la ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015», pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 231 del 5 ottobre 2015;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri presenta, a giudizio dell'interrogante profili di dubbia legittimità; inoltre l'articolo 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo per violazione dell'articolo 119 della Costituzione – Violazione del principio di leale collaborazione – Violazione degli articoli 2, 3 e 5 della Costituzione;
   l'articolo 16 comma 6, del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, secondo l'interrogante, nell'imporre riduzioni di spesa nei confronti di ciascun comune, non solo introduce un meccanismo distorto di tagli a carico dei predetti enti territoriali e dei correlativi trasferimenti delle risorse risparmiate in favore dell'Erario statale, ma si pone in contrasto con i basilari canoni di solidarietà, uguaglianza e adeguatezza, nonché con i principi costituzionali dell'autonomia finanziaria degli enti locali, del decentramento e della sussidiarietà;
   la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, nella parte in cui non prevede, nel procedimento di determinazione delle riduzioni del Fondo sperimentale di riequilibrio da applicare a ciascun comune nell'anno 2013, alcuna forma di coinvolgimento degli enti interessati, né l'indicazione di un termine per l'adozione del decreto di natura non regolamentare da parte del Ministero dell'interno.
   è evidente che con la dichiarazione di incostituzionalità dell'articolo 16, 6o comma da parte del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012, per violazione degli articoli 119, 3 e 97 della Costituzione verrebbe meno anche il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri impugnato emesso in sua attuazione;
   nel contesto del decreto si asserisce che i territori che vantano ridotti livelli di spesa e indebitamento sino destinatari di una maggiore richiesta di sacrificio, in termini di contenimento della spesa corrente e di progressiva erosione dei trasferimenti Stato-autonomie locali: il tutto senza che il legislatore sia in grado di valorizzare e premiare, così come dovrebbe, la virtuosità delle predette realtà territoriali, funzionali a concorrere all'equilibrio complessivo del bilancio della Repubblica, a mente degli articoli 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, della Costituzione;
   gli enti locali virtuosi, in sostanza; non dispongono più di alcuna compartecipazione al gettito dei tributi erariali riferibili al loro territorio (come sarebbe ai medesimi garantito dall'articolo 119 della Costituzione, anche in termini di perequazione) e, peraltro, subiscono l'onere di una crescente contribuzione (una sorta di compartecipazione reverse rispetto a quella indicata dall'articolo 119, comma secondo, della Costituzione, che la prevede in favore del sistema autonomistico locale sul gettito dell'Erario e non viceversa) alle finanze centrali, praticata sotto forma di prelievo statale sui tributi locali;
   la logica dei tagli perseguita dal legislatore statale, appare all'interrogante di dubbia legittimità e determina:
    evidente disparità di trattamento e di sacrifici tra i vari comparti di cui si compone la pubblica amministrazione: disparità che va a detrimento delle predette autonomie locali, in violazione dei principi di solidarietà e del canone istituzionale di uguaglianza, recati dagli articoli 2 e 3 della Costituzione;
    inoltre secondo l'interrogante il provvedimento si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza e quello di proporzionalità, nei limiti in cui il sacrificio imposto alle autonomie locali (peraltro in modo incoerente e diseguale tra le stesse) non è accompagnato da un pari sacrificio imposto ad altri comparti;
    oltreché con l'articolo 5 della Costituzione dal momento che se, da una parte, si apportano tagli indiscriminati ed eccessivi alle risorse finanziarie a disposizione delle amministrazioni locali – che già si trovano in grave difficoltà sotto il profilo del reperimento dei fondi necessari a garantire l'erogazione dei servizi essenziali per i cittadini – le esigenze dell'autonomia e del decentramento tutelate dall'articolo 5 vengono, dall'altra, totalmente vanificate. Attraverso il taglio delle risorse degli enti territoriali viene non solo gravemente compromessa l'autonomia delle realtà locali, ma altresì pericolosamente minato l'intero assetto ordinamentale che si regge sui principi del federalismo fiscale e della sussidiarietà;
    con gli articoli 117 e 119 della Costituzione la logica dei tagli sproporzionati e non ragionevoli introdotta priva i comuni della propria autonomia di spesa, incidendo in maniera pregiudizievole sull'equilibrio dei relativi bilanci (che vengono in sostanza svuotati) in spregio a quanto sancito dal primo comma dell'articolo 119 della Costituzione;
   l'articolo 16, comma 6, finisce per collidere sotto più aspetti con le richiamate previsioni costituzionali;
   appare più che evidente la rilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata in quanto la lesione determinata è riferibile unicamente alla disposizione contenuta nel il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri gravato che, invero, costituisce automatica applicazione dell'articolo 16, comma 6, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito dalla legge n. 135 del 2012;
   è di indubbia evidenza che con la questione di legittimità costituzionale sollevata tale decreto risulterebbe anche illegittimo e verrebbe meno la lesione stessa;
   la non manifesta infondatezza, traspare dal fatto che l'articolo 119 della Costituzione attribuisce ai comuni una autonomia finanziaria di entrata e di spesa, esercitata attraverso la redazione del bilancio finanziario di previsione, redazione e conseguente approvazione resa possibile dal conoscere le entrate sulle quali poter contare per poi esercitare la propria autonomia in materia di spesa;
   un intervento di riduzione dei trasferimenti che intervenga ad esercizio finanziario quasi concluso incide pesantemente sull'autonomia finanziaria degli Enti locali che ne sono colpiti, in quanto hanno già sostenuto quasi del tutto le spese indicate nel bilancio di previsione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo;
   gli enti locali non possono fondare la loro esistenza istituzionale unicamente su entrate proprie per effettuare le spese di loro competenza, sono previste risorse ulteriori di provenienza statale;
   è prevista la compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al territorio dell'ente e la quota del fondo perequativo da calcolarsi (sui fabbisogni standard quando ci saranno !) sui valori determinati nella generalità dei casi dall'intervento finanziario dello Stato effettuato mediante i ricorrenti trasferimenti, indipendentemente dai «ricavi imprenditoriali» prodotti dall'ente di riferimento;
   eventuali riduzioni dei trasferimenti provenienti da tale fondo devono garantire la compensazione e correlata perequazione, possibile solo se il parametro rimane identico, se cioè si ha riguardo alla capacità contributiva degli enti locali;
   non è garantito il buon andamento degli enti locali dalla mancata fissazione di un termine per l'adozione del decreto ministeriale attuativo di tale disposizione normativa, e ciò contrasta tanto con l'articolo 119 quanto con l'articolo 97 della Costituzione;
   sussistono pienamente le condizioni affinché si addivenga alla sospensione dell'efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri impugnato dal momento che altrimenti i comuni colpiti si verrebbero a trovare in una profonda situazione di squilibrio finanziario, non fronteggiabile –:
   se il Governo non intenda, anche in previsione della prossima manovra di bilancio modificare, prendendo adeguate coperture, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri richiamato, al fine di restituire ai comuni le risorse a giudizio dell'interrogante illegittimamente sottratte;
   se non intenda assumere iniziative per ripristinare gli stanziamenti pregressi al fine di tutelare l'equilibrio finanziario dei comuni gravemente colpiti da tali determinazioni. (5-09619)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio del ministri, nella seduta del 26 settembre 2016, ha indicato il giorno 4 dicembre 2016, quale data per votare il referendum sulla riforma costituzionale;
   la disciplina elettorale stabilisce – che oltre ai cittadini residenti all'estero – anche i cittadini temporaneamente all'estero per almeno tre mesi per motivi di lavoro, studio o cure mediche, e chi vive con loro, possono esercitare il diritto al voto dall'estero per posta, ai sensi della legge 27 dicembre 2001, n. 459 e del relativo regolamento di attuazione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 1993, n. 104;
   gli italiani che vogliono votare all'estero devono quindi assicurarsi che il consolato abbia l'esatto indirizzo al fine di consentire la spedizione del plico elettorale;
   gli italiani all'estero possono altresì votare in Italia, ma devono comunicare la propria intenzione al consolato ed hanno soltanto dieci giorni di tempo da quando il referendum è indetto;
   il voto per corrispondenza è la modalità ordinaria di voto adottata e per quanto concerne le elezioni politiche; il cittadino italiano residente all'estero può optare – entro il termine fissato dalla legge – per il voto in Italia, presso le sezioni elettorali del comune nelle cui liste elettorali è iscritto mediante una comunicazione indirizzata al consolato di residenza entro il 31 dicembre dell'anno precedente a quello previsto per la scadenza naturale della legislatura o, in caso di scioglimento anticipato delle Camere;
   mentre per l'indizione di referendum, il cittadino italiano all'estero deve obbligatoriamente comunicare al consolato entro il decimo giorno successivo all'indizione delle votazioni se intende votare in Italia;
   tale breve scadenza e la mancanza di informazione non consentiranno alla maggior parte dei cittadini residenti o temporaneamente all'estero, di vedersi garantito il diritto all'esercizio del voto in Italia o per corrispondenza –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritengano di dover adottare immediate e urgenti misure organizzative per garantire l'effettivo esercizio del diritto al voto ai cittadini italiani residenti all'estero e ai cittadini temporaneamente all'estero per motivi di studio, lavoro o cure mediche;
   se non ritengano di dover individuare – mediante gli strumenti a disposizione – criteri atti a garantire una capillare informazione sulle modalità di voto dei cittadini italiani all'estero per il prossimo appuntamento elettorale del 4 dicembre 2016. (4-14313)


   NESCI, CHIMIENTI, LUPO, SIMONE VALENTE, LUIGI GALLO, VACCA e BRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   in una nota a cura di Peppe Caridi, apparsa il 23 settembre 2016 sul sito meteoweb.eu, si dà notizia dell'evacuazione delle scuole a Tropea (Vibo Valentia), a seguito di una scossa di terremoto, nella stessa giornata, «di magnitudo 3.2 registrata alle ore 09,24»;
   come dimostrato nel post, mediante la pubblicazione del messaggio di uno dei genitori dei bambini interessati, dopo la riferita scossa di terremoto c’è stata una notevole preoccupazione generale;
   «il Comune di Vibo Valentia – si legge in un articolo pubblicato il 23 settembre 2016 sul sito della testata giornalistica “Il Vibonese” – ha disposto la chiusura delle scuole e di tutti gli edifici pubblici in seguito alla scossa di terremoto di magnitudo 3.2 che si è registrata» nel Vibonese;
   «analogo provvedimento – ha riportato il citato articolo su “Il Vibonese” – è stato adottato da molti altri comuni della provincia, tra i quali Serra San Bruno e San Calogero»;
   «a Tropea, invece, sono stati evacuati – si legge nella summenzionata fonte – i piani alti del nosocomio cittadino e i pazienti sono stati trasferiti al pianterreno»;
   come riportato sul sito di « Il Vibonese» in un articolo dell'11 dicembre 2015, l'interrogante ha già scritto al Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo interventi per garantire il diritto allo studio nelle scuole della provincia di Vibo Valentia, priva di risorse adeguate, peraltro proponendo con apposita interpellanza, la n. 2-00807 svolta il 16 gennaio 2015, un aumento dei trasferimenti centrali per l'espletamento delle funzioni spettanti alle province, purtroppo senza riscontro positivo;
   il 15 novembre 2013 l'interrogante partecipò, dopo aver promosso in prima persona l'iniziativa, a un tavolo tecnico sui problemi dell'edilizia scolastica a Tropea, anche all'insegna del pieno coinvolgimento e della partecipazione dei genitori;
   allora si evidenziò quale strumento utile per gli interventi necessari l'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013, convertito, con modificazioni dalla legge n. 128 del 2013, che ha previsto uno stanziamento ad hoc per la sottoscrizione di mutui trentennali, con l'erogazione dei fondi attraverso le regioni;
   in seguito, nell'agosto 2016, il comune di Tropea fu sciolto per infiltrazioni mafiose, con la conseguente nomina di commissari per l'ordinario governo locale;
   il 12 marzo 2016, nel corso di una conferenza stampa il Presidente del Consiglio dei ministri ha parlato di un piano da 3,7 miliardi di euro che saranno destinati a rilanciare l'edilizia scolastica e a rendere le scuole più sicure;
   a Vibo Valentia è in previsione, per accordo del 2007 con il Ministero della salute in seguito all'emergenza sanitaria in Calabria, la costruzione di un nuovo ospedale, non ancora realizzato –:
   quale sia lo stato di sicurezza e di adeguamento antisismico delle scuole e degli ospedali della provincia di Vibo Valentia, nonché dell'intera Calabria, secondo gli elementi disponibili;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire la sicurezza nelle scuole e negli ospedali della predetta provincia e della regione Calabria. (4-14316)


   COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Cnil, la Commission Nationale de l'Informatique et des Libertés, l'ente che vigila sull'applicazione della legge sulla privacy in Francia, ha rilevato che il sistema operativo Windows 10 viola le norme francesi;
   un'approfondita indagine, durata oltre un anno, sul sistema operativo di Microsoft ha rilevato che Windows 10 non rispetta il diritto alla privacy sotto numerosi aspetti quali: raccolta eccessiva di dati degli utenti, mancanza di sicurezza in uno dei sistemi di autenticazione dell'Os, presenza di un advertising ID che si attiva di default, assenza di informazioni sull'opzione per il blocco dei cookies, trasferimento dei dati personali fuori dall'Unione europea verso gli Stati Uniti in base al Safe Harbor che però ora non è più valido;
   il Cnil ha deciso di pubblicare una nota formale per la «gravità delle violazioni e il numero di utenti coinvolti», visto che ci sono oltre 10 milioni di persone che usano Windows in Francia. Nel dettaglio, il Cnil ha scoperto che Windows 10 raccoglie dati sulle specifiche app che gli utenti scaricano, e quanto tempo passano su queste app, informazioni considerate eccessive e non funzionali al servizio. Inoltre, Windows 10 usa i cookies per mostrare pubblicità personalizzate senza informarne gli utenti in modo adeguato o permettere l’opt-out. Viene considerato poco sicuro il sistema basato su un Pin di quattro caratteri per accedere ai servizi Microsoft, perché non c’è limite su quanti tentativi si possono fare per entrare e mancherebbe inoltre il consenso individuale al trattamento di alcuni dati personali;
   la legislazione italiana, all'articolo 11 del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo n. 196 del 2013) dispone che i dati possono essere trattati soltanto nel rispetto del principio di finalità per i quali sono stati raccolti, del principio di pertinenza e non eccedenza dei dati, disposizioni che appaiono all'interrogante in contrasto con i dati oggetto dei rilievi del CNIL nei confronti di Microsoft –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di tutelare adeguatamente la privacy dei cittadini italiani, in particolare nei contesti della pubblica amministrazione che contemplano, nelle loro dotazioni informatiche, l'installazione del sistema operativo Windows. (4-14318)


   COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato da un articolo del 13 settembre 2016 pubblicato sul sito internet del Fatto Quotidiano il coordinatore nazionale del sindacato Usb dei vigili del fuoco, Costantino Saporito, ha denunciato che detriti con amianto sono stati utilizzati per riempire, livellare e mettere in sicurezza le aree delle tendopoli realizzate nella zona di Arquata del Tronto;
   l'Usb, come riportato sempre nell'articolo, oltre ad aver filmato e fotografato la presenza dell'amianto, in data 3 settembre 2016 ha inviato una comunicazione formale al Ministero dell'interno per informare della presenza dell'amianto e per chiederne la sua rimozione, comunicazione alla quale non sarebbe stata data alcuna risposta –:
   se corrisponda al vero che alcune tendopoli in località Arquata del Tronto si trovino su un terreno in cui vi è presenza di amianto e quali iniziative di competenza, si intendano porre in essere per bonificare detti territori. (4-14319)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dietro l’«assalto» alle terre del campidano per la realizzazione di opere di grande impatto ambientale e paesaggistico sta emergendo una vera e propria lobby affaristico-politica che appare all'interrogante direttamente collegata alla compagine di Governo;
   in questo scenario si registrano atti politici e istituzionali con i quali si sollecita il commissariamento della procedura e lo sblocco dei progetti devastanti presentati nei comuni di Decimoputzu e Gonnosfanadiga;
   in questo quadro si registra la decisione del Governo di stanziare 98 milioni di euro di incentivi all'anno per quei progetti termodinamici;
   il promotore dei due progetti è un uomo che risulta all'interrogante schierato in prima linea in tutte le campagne elettorali del Presidente del Consiglio e segretario del partito di maggioranza relativa nella compagine di Governo;
   l'operazione speculativo-energetica sui terreni agricoli del medio campidano risulta totalmente riconducibile a un gruppo di imprenditori che appaiono vicini e direttamente connessi al Pd nazionale, schierato a sostegno di quello che l'interrogante giudica lo scempio di Decimoputzu e Gonnosfanadiga;
   il quadro speculativo che emerge dall'operazione messa in campo per «scippare» le terre agricole alla Sardegna, per realizzare un vero e proprio «assalto» agli incentivi per il termodinamico solare, è ad avviso dell'interrogante semplicemente scandaloso;
   si tratta di operazioni tutte giocate ad alto livello, con la Sardegna eterna colonia per progetti di devastante impatto ambientale;
   l'operazione italo-giapponese nasce, ad avviso dell'interrogante, nell'ambito di rapporti consolidati riconducibili alla Leopolda e alla segreteria nazionale del Pd, considerato il rapporto tra lo stesso Presidente del Consiglio e Gianluigi Angelantoni, patron di Archimede Solar Energy promotore del progetto relativo alle aree agricole sarde;
   a sostenere tutta l'operazione, supportata a quanto risulta all'interrogante anche dal Ministro Calenda, pare essere, tra l'altro, l'intero partito di maggioranza relativa, che sollecita iniziative affinché il Governo avochi a sé le procedure finalizzate a sbloccare i piani speculativi sardi;
   Angelantoni risulta sistematico protagonista delle iniziative elettorali del Presidente del Consiglio Renzi, con tanto di manifesti che annunciano la sua presenza insieme al segretario del Pd all'apertura delle campagne elettorali per le primarie, ma anche alle iniziative del Pd nazionale e alle fondazioni collegate;
   a seguito dello svolgimento di alcuni di questi eventi risulta, inoltre, all'interrogante siano stati diramati diversi tweet del Presidente del Consiglio a favore del termodinamico solare;
   proprio due mesi fa, in pompa magna, con Ministri al seguito, tra cui l'appena nominato Calenda, il Presidente del Consiglio Renzi in persona ha annunciato un mega stanziamento di incentivi a favore del termodinamico solare, pari a 98 milioni di euro all'anno, incentivi dimensionati con una potenza elettrica di 120 megawatt a favore di nuovi progetti, secondo una pianificazione che si attaglia perfettamente ai due impianti sardi: entrambi di 50/55 megawatt, ovvero 100/110 megawatt complessivi;
   si tratta di un'operazione che scatta alla fine del 2014 con l'avvento del Presidente Renzi a Palazzo Chigi;
   l'imprenditore Angelantoni, a quanto consta all'interrogante, ha praticamente sostenuto personalmente e senza risparmiarsi l'ascesa del Presidente Renzi alla guida del Pd e quindi di Palazzo Chigi;
   lo stesso parla a diverse iniziative promosse dal Pd, incluse campagne elettorali di sindaci, e partecipa con ruolo da protagonista all'ultima conferenza programmatica sull'ambiente;
   recentemente compaiono insieme il patron dello scempio di Decimoputzu e Gonnosfanadiga, il Presidente del Consiglio Renzi e un grande elargitore di finanziamenti alla fondazione di Renzi, tale Ghisolfi, che mirava a costruire, sempre in Sardegna, ben 5.000 campi di calcio di canne per realizzare una centrale di produzione di biofuel; il progetto di Decimoputzu denominato Fiumini Mannu richiama una norma di legge che mette in capo alla regione Sardegna l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili;
   se anche il Presidente del Consiglio dei ministri approverà la valutazione di impatto ambientale, l'autorizzazione sarà obbligatoriamente in capo alla regione perché quello è l’iter che risulta dalle richieste avanzate al Ministero;
   dopo il passaggio governativo il tutto ritorna nelle mani della regione –:
   se non si intenda bloccare questo progetto nefasto che riguarda Decimoputzu e Gonnosfanadiga che risulta contrastato da tutti gli enti locali e dagli stessi proprietari delle aree;
   se non si intendano assumere iniziative per vietare qualsiasi progetto speculativo in ambito pseudo-energetico e a maggior ragione laddove non esiste la disponibilità delle aree;
   se non si ritenga di assumere iniziative per bloccare i progetti che difettino del parere positivo degli enti locali e della stessa disponibilità delle aree. (4-14325)


   VAZIO, GIACOBBE, BASSO, CAROCCI, FIORIO e TULLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2016 il Consiglio dei ministri ha adottato la delibera che ha reso operativa la norma contenuta nella legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, commi 422-428) che, per la prima volta, riconosce in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale un contributo ai cittadini e alle imprese danneggiati dagli eventi calamitosi e alluvionali che si sono verificati tra il 2013 e il 2015;
   i danni subiti da 281 imprese agricole liguri a seguito di tali eventi ammontano secondo le verifiche effettuate dalla regione Liguria – a oltre 16 milioni di euro;
   nel mese di aprile 2016, alla riunione organizzata presso la regione Liguria, su istanza dei parlamentari liguri del Pd, alla presenza di un funzionario della regione, dell'assessore Stefano Mai e delle organizzazione di categoria, era stata sollecitata la regione Liguria ad integrare le richieste per il risarcimento dei danni presso la protezione civile nei modi di legge;
   al termine della suddetta riunione l'assessore regionale Stefano Mai ed il funzionario, dottor Luca Fontana, avevano promesso ai presenti di dare seguito alle sollecitazioni ricevute e quindi di avviare immediatamente le relative procedure;
   il dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio aveva poi ulteriormente confermato la giustezza delle suddette prospettazioni e quindi illustrato all'assessore Stefano Mai quali fossero le modalità da seguire per conseguire il risarcimento dei danni subiti dalle imprese agricole liguri;
   a tal riguardo, si segnalano le note del dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio CG/0023131 del 10 maggio 2016 e CG/0033081 del 30 giugno 2016;
   come noto le istanze per il risarcimento dei danni avrebbero potuto essere inoltrate e le schede avrebbero potuto essere integrate prima dell'adozione del provvedimento approvato per la liquidazione dei danni dal Consiglio dei ministri il 28 luglio;
   circa le succitate procedure, esistendo perplessità da parte dei funzionari del dipartimento agricoltura e dell'assessore Stefano Mai, i parlamentari liguri del PD avevano documentato, con autorevoli pareri del Ministero dell'economia e delle finanze, poi confermati dal dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio, che i danni nel settore agricolo erano ricompresi nell'ambito delle misure di protezione civile di cui alle lettere d) ed e) dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e, della legge di stabilità 2016;
   dai documenti che sono stati acquisiti dai consiglieri regionali del Pd presso gli uffici regionali a mezzo di formale richiesta in data 8 settembre 2016, emerge che la regione Liguria non ha indicato nelle schede di rilevazione alla protezione civile (SCHEDA C), richiamate nel provvedimento del Consiglio dei ministri 28 luglio 2016, o documentato diversamente, i danni subiti dalle imprese agricole negli anni 2014-2015 – che ammontano ad oltre 16 milioni di Euro – né ha integrato le suddette schede, e non ha formulato una specifica richiesta a tal riguardo;
   l'assessore regionale Stefano Mai, ha implicitamente riconosciuto l'errore, ma nel contempo ha altresì contraddittoriamente affermato che non sussisterebbero problemi al riguardo, in particolare dichiarando (ANSA – 26 settembre 2016) di avere «personalmente inviato tre lettere al capo dipartimento Curcio per chiedere riscontro puntuale dell’iter e della documentazione inviata. Già nella prima lettera, datata 27 aprile, avevamo provveduto a trasferire l'ammontare dei danni delle imprese alluvionate e nella risposta il dipartimento ci confermava la validità delle nostre trasmissioni.»;
   ha inoltre dichiarato che «terminata l'emergenza legata al sisma in Centro Italia, il dipartimento nazionale farà una ricognizione in tutte le regioni, quindi anche in Liguria, per contabilizzare la stima dei danni e inserire il fabbisogno nella prossima Legge di Stabilità». I funzionari della protezione civile, ed in particolare l'ingegnere Francesco Campopiano, interpellati con riferimento alla Liguria, dopo aver acquisito e verificato documenti e corrispondenza intercorsa, hanno nello specifico confermato e formalizzato «... che, rispetto agli eventi alluvionali dei mesi di ottobre e novembre 2014, per i quali è stato riconosciuto lo stato di emergenza nazionale con apposite delibere del Consiglio dei ministri, è stato verificato che il fabbisogno dei danni alle attività produttive rappresentato nei modi e nei termini previsti dalle Ordinanze del Capo del Dipartimento nn. 203/2014 e 216/2014 non contempla i danni alle strutture, alle scorte ed ai macchinari delle imprese agricole. La nota PG/2016/88171 del 27 aprile 2016, trasmessa dal Dipartimento Agricoltura della Regione Liguria, non è la richiesta di integrazione del fabbisogno dei danni già espresso di cui sopra, ma attiene all'attivazione di specifiche risorse sul Fondo di solidarietà nazionale di cui alla D.Lgs 102/1994, e quindi diverse da quelle emergenziali. Inoltre, la richiesta non è stata formulata dal Commissario delegato per gli eventi in argomento o dal soggetto individuato in ordinario per la prosecuzione degli interventi (Direttore generale del dipartimento Ambiente della Regione Liguria), per tal motivo alla stessa nota non è stato dato seguito, nel senso di integrare la ricognizione del fabbisogni già ricevute ...»;
   pertanto, i danni subiti dalle imprese agricole liguri non sarebbero risarcibili in quanto la relativa copertura non è stata inclusa nelle risorse messe a disposizione con il succitato provvedimento del Consiglio dei ministri, non essendo stata formulata correttamente la richiesta da parte dalla regione Liguria –:
   se il Governo sia a conoscenza di questi fatti e se corrisponda al vero che, allo stato attuale delle procedure, i danni subiti dalle imprese agricole liguri nel corso degli eventi alluvionali del novembre 2014 non sarebbero risarciti in forza del provvedimento approvato dal Consiglio dei ministri in data 28 luglio 2016;
   se tale responsabilità sia riconducibile, come risulterebbe dagli atti acquisiti, alla mancata richiesta dei danni e alla mancata trasmissione da parte della regione Liguria delle informazioni necessarie, ai sensi della normativa vigente, con le procedure e nei tempi previsti;
   considerato che in questo caso le imprese agricole interessate subirebbero un danno rilevantissimo, per molte esiziale, tale da compromettere la prosecuzione della loro attività, con ripercussioni, per la dimensione di tale danno, su tutta l'economia delle zone colpite, se il Governo intenda attuare, per quanto nelle sue competenze, tutte le iniziative utili a definire le modalità e i percorsi necessari ad ovviare a tale esito. (4-14333)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   l'Etiopia è uno Stato federale diviso su basi etniche, governato dal 1991 da una coalizione elettorale, l'Ethiopian People's Revolutionary Democratic Front. Una coalizione che dovrebbe formalmente garantire l'espressione delle diversità che compongono la nazione, ma dove, di fatto, ad esercitare il potere è il Fronte Popolare di Liberazione del Tigré, espressione della minoranza tigrina, a discapito delle altre comunità, in particolare gli Oromo e gli Amhara che sono la maggioranza della popolazione etiope;
   durante le olimpiadi, il 21 agosto 2016, l'atleta Feyisa Lilesa arriva al traguardo della maratona dopo 42 chilometri di corsa e alza le mani al cielo a pugni chiusi, mimando le manette di un arresto. Con questo gesto vuole puntare i riflettori del mondo sulla tragica situazione del suo Paese, l'Etiopia: da mesi gli appartenenti all'etnia Oromo, di cui fa parte anche Lilesa, sono in conflitto col Governo centrale di Addis Abeba, la cui repressione ha provocato centinaia di vittime, migliaia di feriti, arresti e desaparecidos soltanto nell'ultimo anno; Lilesa, dopo le olimpiadi, si è rifugiata negli Stati Uniti dove ha chiesto asilo politico;
   la regione Oromia è la più grande di tutta l'Etiopia ed include anche la capitale del Paese, Addis Abeba. L'etnia originaria della regione, gli Oromo appunto, è il più nutrito degli 80 gruppi etnici che vivono nel Paese e da soli costituiscono il 34 per cento della popolazione etiope. Sono rappresentati dal Congresso federalista Oromo, il più grande partito politico legalmente registrato dell'Oromia che però non detiene alcun seggio in Parlamento;
   l'inizio delle proteste avviene nel corso del mese di novembre 2016, quando il Governo centrale propone un piano per l'espansione amministrativa della Capitale (Integrated Development Master Plan) che prevede l'esproprio di molti territori di proprietà degli Oromo. Forti proteste si sollevano da parte di tutta la comunità che vive nell'Oromia, tanto che il Governo a gennaio ritira formalmente il piano di espansione. Tuttavia, decine di villaggi vengono distrutti e migliaia di contadini si trovano improvvisamente senza terra, esposti alla fame e alla miseria senza alcuna alternativa;
   nonostante il ritiro del progetto, forti manifestazioni continuano, attraversando il Paese per chiedere riforme, uno Stato di diritto, la liberazione dei detenuti politici, per rivendicare la propria identità etnica (vent'anni fa è stata soppressa ufficialmente la lingua oromo) e denunciare l'emarginazione economica. In particolare nelle città di Bahir Dar, Ambo, Adama, Asassa, Aweday, Gimbi, Haromaya, Neqemte, Robe e Shashemene, la tensione sale ulteriormente e le forze governative reprimono violentemente le manifestazioni;
   il malcontento degli Oromo, vittime di violenze e genocidi dalla fine del XIX secolo si è diffuso in tutto il Paese e tra il 6 e il 7 di agosto 2016 vengono organizzate nuove manifestazioni nella parte nord dell'Oromia e anche nella regione di Amhara che la polizia reprime nel sangue causando un centinaio di vittime. Le immagini dei morti abbandonati nudi nei campi, dei corpi dei bambini martoriati dai proiettili, delle ragazze e dei ragazzi riversi a terra ancora con gli zaini in spalla e il viso nel loro stesso sangue, a quanto consta agli interroganti, vengono documentati dai media internazionali nonostante il blocco di internet disposto dalle autorità. Secondo Human Rights Watch, che è riuscita a raccogliere più di un centinaio di testimonianze che raccontano la violenza della polizia e dell'esercito, questi ultimi morti vanno ad aggiungersi alle altre centinaia registrate dal novembre del 2015: le stime evidenziano più di 400 morti e migliaia di arresti. Anche Amnesty International denuncia le violazioni dei diritti umani e soprattutto la condizione inumana di prigioni illegali dove sarebbero perpetuate anche torture nei confronti dei dissidenti;
   soltanto pochi giorni dopo il plateale gesto di Lilesa, si compiva l'ultima azione repressiva del Governo etiope contro gli oppositori nel distretto di Gondar il 29 agosto 2016 con un bilancio di almeno 90 morti, centinaia di feriti e altrettanti arresti;
   nonostante le evidenze, il Governo di Addis Abeba ha sempre negato le accuse «bollandole» come esagerazioni e puntando il dito contro le fazioni radicali e violente che si stanno facendo sempre più strada nel movimento di protesta, respingendo la richiesta dell'ONU per consentire l'invio dei propri osservatori per monitorare la situazione;
   la politica degli espropri è tutt'altro che nuova per il Governo etiope, che ricorre spesso all'esproprio per convertire di migliaia di ettari di terreno in piantagioni agricole, venduti e concessi per lo sfruttamento intensivo alle imprese spesso occidentali e legate al regime. Un'altra minaccia sempre presente per le comunità locali è la cosiddetta «villaggizzazione»: le autorità attraverso le violenze delle forze di sicurezza cercano di forzare alcune comunità a trasferirsi da aree urbane (da destinare a investimenti privati) ai villaggi governativi, dove l'amarico è la lingua ufficiale;
   l'Italia è fra i primi partner commerciali dell'Etiopia e il primo fornitore europeo. Il volume degli scambi tra i due Paesi è stato l'anno scorso pari a circa 365 milioni di euro in settori che vanno dall'agricoltura all'industria e con opere molto discusse come costruzione della diga di Gibe III sul fiume Omo che ha arrecato notevoli danni all'ecosistema dalla zona e anche qui il trasferimento coatto delle comunità locali in altre aree –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per chiedere il ripristino dei diritti umani e l'immediata fine delle violenze in Etiopia;
   se non intenda assumere iniziative affinché le autorità etiopi autorizzino l'ingresso di osservatori stranieri inviati sotto l'egida delle Nazioni Unite con lo scopo di investigare e individuare le responsabilità di queste atrocità, così come chiesto dall'ONU e da numerose organizzazioni per i diritti umani.
(2-01481) «Scotto, Palazzotto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, DI BATTISTA, GRANDE, SCAGLIUSI, SPADONI e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2016, aerei della coalizione internazionale anti-jihadista a guida statunitense (di cui fa parte anche l'Italia) hanno compiuto quattro raid aerei contro le forze siriane circondate dal gruppo del sedicente Stato islamico vicino all'aeroporto di Deir Ezzor causando la strage di molti soldati siriani (fra 30 e 35 i militari uccisi, 62 secondo le notizie raccolte dall'esercito russo, oltre a un centinaio di feriti);
   la coalizione anti-Isis a guida Usa ha poi confermato di aver colpito forze siriane ma in modo non intenzionale, precisando che la coalizione stava bombardando un'area colpita in passato e credeva di avere nel mirino una postazione dell'autoproclamato Califfato;
   gli Usa sono stati accusati da più parti di avere pesantemente violato il fragilissimo cessate il fuoco negoziato faticosamente con la Russia, che, dopo l'incidente, ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell'Onu;
   tuttavia, se i raid si spiegano con coordinate errate degli obiettivi, dichiarano le autorità russe, allora questa è «una diretta conseguenza del rifiuto degli Stati Uniti di coordinare con la Russia le loro azioni contro i gruppi terroristici in Siria»;
   la situazione in Siria sta nuovamente peggiorando. Nelle ultime 24 ore, il numero degli attacchi è rapidamente aumentato e la tregua sembra ormai ad altissimo rischio;
   per ora, intanto, a pagarne le conseguenze restano le popolazioni allo stremo che non hanno visto nemmeno l'ombra degli attesi convogli umanitari, mentre le violenze aumentano gradualmente in molte regioni del Paese, compresa Aleppo e i sobborghi intorno a Damasco;
   peraltro, due giorni dopo, la sera del 19 settembre 2016 un convoglio dell'Onu carico di aiuti umanitari è stato bombardato a nord-ovest della città di Aleppo, in Siria. L'attacco ha provocato 20 vittime e 18 dei 31 camion che trasportavano viveri e medicinali per gli abitanti della città sotto assedio sono stati distrutti. I vertici militari americani hanno affermato che solo gli aerei dell'aviazione russa o l'esercito siriano avrebbero potuto attaccare la colonna mentre a loro volta, come in un gioco tra le parti, funzionari russi hanno respinto tali accuse, ipotizzando che avrebbe potuto farlo anche il regime siriano –:
   quale sia stato il ruolo del nostro Paese in ordine all'attacco e se vi abbia partecipato e soprattutto quale sia il motivo per cui a distanza di diversi giorni il Governo non si sia ancora dissociato da un atto che, oltre ad aver permesso l'avanzata dell'Isis, potrebbe aver compromesso la tregua del 9 settembre 2016 firmata a Ginevra tra Usa e Russia. (5-09602)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO e MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   per il 3 ottobre 2016 il circolo Pd Toronto ha organizzato una Conferenza sulla riforma costituzionale, con l'intervento, tra gli altri, dell'ambasciatore Gian Lorenzo Cornado;
   nelle locandine relative all'iniziativa, peraltro, oltre al simbolo del Partito Democratico, figura il logo «Basta un Sì»; è evidente dunque che si tratti di un'iniziativa politica e di indirizzo circa il prossimo referendum costituzionale;
   per criteri quantomeno di inopportunità un ambasciatore secondo l'interrogante non dovrebbe schierarsi politicamente, ed è evidente che, invece, l'attuale ambasciatore d'Italia in Canada, lo faccia, con particolare riguardo al Partito democratico, come evidente, peraltro, in relazione a sue dichiarazione del 2016 — «il Pd, il partito più grande d'Europa; Quando vengono personalità politiche dall'Italia, invitatele al Circolo Italia Unita del Partito Democratico» – e ad altre precedenti iniziative, quale quella tenutasi il 27 febbraio 2016 «A cena con l'Ambasciatore», serata organizzata dal circolo Pd di Ottawa in collaborazione, con il Comites locale;
   non può non destare forte perplessità che un ambasciatore si presti ad essere protagonista di eventi organizzati da partiti politici, questione di inopportunità che, ad avviso degli interroganti, non può non porsi sulla scia di quanto previsto dall'articolo 98 della Costituzione, terzo comma, che stabilisce che anche per i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero si possono stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi a partiti politici –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto a quanto riferito in premessa;
   se, in particolare, non ritenga inopportuno che un ambasciatore si schieri apertamente con le ragioni, in questo caso, legate ad un voto per un referendum costituzionale, di un partito politico.
(4-14331)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAPPULLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 23 settembre 2016, a 22 miglia da Capo Murro di Porco, a largo della costa siracusana è naufragata la nave Mustafà Kan;
   la nave, da 7 mila tonnellate, battente bandiera panamense sembra trasportasse circa 8 mila tonnellate di fosfato di ammonio;
   il cargo è affondato capovolgendosi e la capitaneria di porto ha spiegato che i fusti contenenti il fertilizzante non si possono recuperare proprio a causa della posizione della nave;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha tempestivamente ed opportunamente inviato mezzi speciali antinquinamento;
   pur in presenza di rassicurazioni sul continuo monitoraggio della situazione che non registra allo stato perdite di prodotto cresce la preoccupazione tra le comunità e le associazioni ambientaliste sui rischi e i pericoli che potrebbe correre un tratto di mare e di costa così bello e importante come quello di Capo Murro di Porco, tra le più suggestive riserve naturali siciliane –:
   quali siano le ragioni e le dinamiche che hanno determinato l'incidente;
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare in modo certo e inequivocabile la tipologia dei prodotti trasportati e la loro quantità;
   quali operazioni di sicurezza si stiano svolgendo, nonché quali iniziative si intendano adottare per informare tempestivamente il territorio circa gli interventi programmati e lo sviluppo costante della situazione. (5-09609)

Interrogazione a risposta scritta:


   LEVA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con determina dirigenziale 18 giugno 2010, n. 31 dalla Direzione generale II – servizio energia della regione Molise, nel comune di Montenero di Bisaccia (Campobasso) in contrada Cannivieri (zona produttiva di tipo D) è stata autorizzata l'installazione di un impianto a biomassa per produzione energetica da masse legnose della potenza di 1 megawatt di proprietà della società agricola «Il Quadrifoglio» di Grifone Anna Rosa & C. s.n.c. con sede legale in via Argentieri, 181-86036 Montenero di bisaccia (Campobasso);
   l'impianto a biomassa, classificato secondo il decreto ministeriale 2 marzo 1987 «industria inquinante insalubre di prima classe», si è insediato nel 2010 in area produttiva di Tipo D, ricadente in sito di interesse comunitario IT7222212 «Colle Gessaro», in contrasto con le N.T.A. del vigente piano regolatore generale comunale;
   la predetta autorizzazione unica era carente di valutazione di incidenza;
   la provincia di Campobasso con ricorso notificato in data 29 ottobre 2010, ha impugnato davanti al TAR Molise gli atti relativi e la richiamata determina dirigenziale unitamente alla autorizzazione unica;
   il TAR Molise con sentenza n. 637/2014 (depositata in segreteria il 21 novembre 2014) ha accolto il ricorso della provincia ed ha determinato: «La Regione Molise procederà dunque ad eseguire la Valutazione di Incidenza nel termine di 120 giorni dalla comunicazione della presente sentenza o dalla sua notifica se anteriore e, sulla scorta delle risultanze di tale indagine, provvederà, nel medesimo termine, a confermare, modificare, integrare con prescrizioni o annullare il provvedimento di autorizzazione unica, i cui effetti, sino a tale data, restano fermi».
   i 120 giorni di cui al dispositivo della sentenza-TAR Molise sono scaduti a fine marzo 2015 e ad oggi, a distanza di circa 1 anno e 6 mesi, l'amministrazione regionale del Molise ancora non provvede a dare concreta esecuzione alla succitata sentenza-TAR, mentre l'impianto a biomassa continua ad operare indisturbato in totale assenza del fondamentale documento autorizzativo e in quella che appare all'interrogante la irresponsabile indifferenza degli organi preposti al controllo sia del suo ciclo produttivo che delle emissioni in atmosfera;
   la Centrale a biomassa in questione emette polveri sottili (Pm10) in quantità superiori al limite massimo consentito come ha accertato Arpa Molise con i rilievi di ottobre 2015;
   l'area in cui opera la biomassa (IT 1404 secondo la proposta di zonizzazione di cui alla delibera della giunta regionale n. 375/2014) pur essendo classificata come la peggiore del territorio molisano risulta all'interrogante essere totalmente sfornita di centraline fisse per la misurazione delle emissioni così come impone il decreto legislativo n. 155 del 2010;
   questa precaria situazione impedisce di fatto altri adempimenti obbligatori che prevede il precitato decreto come ad esempio: la valutazione della qualità dell'aria-ambiente; l'accertamento dei Pm2,5 e dei Pm1; la presenza degli altri elementi inquinanti; l'attivazione di campagne di controllo delle emissioni quando, come nel nostro caso, si supera la soglia di valutazione superiore; la salvaguardia del «principio di precauzione» (cfr. Consiglio di Stato sentenza n. 4227/2013);
   il richiamato decreto legislativo n. 155 del 2010 fa, inoltre, divieto di misurare le emissioni a soggetti diversi che non siano di appartenenza statale (quindi regioni e enti locali);
   nessuna ordinanza sindacale è stata adottata dal sindaco del comune di Montenero di Bisaccia al fine di tutelare la salute dei cittadini e la tutela del territorio –:
   di quanti elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se si intenda promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione allo stato dei luoghi, al livello di inquinamento in atto e ai rischi per la salute e per l'ambiente; quali ulteriori iniziative di competenza il Governo ritenga di poter attivare al riguardo. (4-14334)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURGIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'archivio di Stato venne istituito come sezione con decreto ministeriale 15 aprile 1959 e divenne Archivio di Stato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1409 del 1963, con il compito di raccogliere la documentazione storica di tutti gli uffici statali della provincia, relativa agli affari esauriti da oltre quarant'anni;
   l'Istituto conserva un patrimonio documentario di circa quattordicimila unità, suddivisi in fondi, i più importanti dei quali sono: atti notarili, prefettura, cessato catasto, tribunale, pretura e questura, cui si aggiungono donazioni private di documenti e libri;
   si segnala la presenza di un ricca biblioteca specialistica con pubblicazioni relative alla storia sarda ed in particolare alle discipline archivistica, paleografica e diplomatistica;
   l'archivio custodisce un patrimonio immenso di fatti storici e amministrativi che raccontano la vita di un popolo e del suo territorio anche nelle sue mutazioni antropologiche, sociali, culturali ed economiche;
   custodire, tramandare, sviluppare attraverso un'attività di comunicazione e ricerca sul campo in maniera integrata è ciò che dovrebbe fare ogni istituto che si occupa di tenere in piedi le tradizioni, la storia e la memoria delle nostre popolazioni, tanto più che rappresenta lo Stato;
   a dirigere l'intera struttura c’è una sola persona, per altro con grandi capacità e spirito di abnegazione; un altro dipendente non ha un contratto fisso;
   mancano i mezzi tecnici per digitalizzare e mettere a disposizione del pubblico l'enorme quantità di materiali; mancano le risorse per svolgere ogni attività di ricerca –:
   se il Governo intenda prendere in esame tale grave situazione e se intenda investire più risorse per personale specializzato (archivisti, documentaristi, ricercatori, storici); se si intenda dotare l'Archivio di mezzi tecnici moderni per poter svolgere al meglio, in linea con le esigenze contemporanee, il lavoro di catalogazione, conservazione, tutela e comunicazione delle migliaia di materiali contenuti.
(5-09598)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di aprile 2016 è stata consegnata nelle disponibilità dell'Arma dei Carabinieri la nuova scuola Marescialli di Firenze, inaugurata il 24 settembre 2016 alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi e della Ministra della difesa Pinotti, del Capo di Stato Maggiore della difesa, generale Claudio Graziano, del comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette;
   purtroppo, la nuova caserma è stata oggetto di inchieste giudiziarie culminate con le condanne dell'ex presidente del provveditorato ai lavori pubblici Angelo Balducci, dell'ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis, dell'imprenditore Francesco De Vito Piscicelli e dell'ex presidente della Btp Riccardo Fusi per concorso in corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d'ufficio. Tra i condannati e che è stato condannato a due anni vi è anche il senatore Denis Verdini; la pena è stata sospesa, per concorso in corruzione relativamente alla vicenda degli appalti per la ristrutturazione della scuola dei marescialli di Firenze;
   la Corte dei conti, in un dossier, sugli «appalti secretati» agli albori dell'inchiesta giudiziaria così si pronunciava: «Emblematico e grave è il caso della realizzazione della nuova Scuola per marescialli dei Carabinieri di Firenze, non ancora ultimata a 13 anni dall'iniziale protocollo d'intesa e oggetto di lunghi e pesanti contenziosi legati sia a vere o presunte responsabilità dell'Amministrazione per aver messo a gara la realizzazione di un progetto di dubbia esecutività senza aver prima provveduto tempestivamente all'eliminazione delle incertezze sorte sulla completezza della bonifica del suolo sia a comportamenti delle imprese aggiudicatarie dell'appalto temporaneamente associate». «Doveva costare 270 milioni di euro, quell'edificio ed è costato almeno 450;»
   sulla Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 2016 è stato pubblicato il «Concorso nazionale tra artisti per la realizzazione di opere d'arte da destinare alla Scuola marescialli e brigadieri dell'Arma dei carabinieri». In quell'occasione sono state commissionate diverse opere artistiche per un totale di 610 mila euro «al netto di IVA al 10 per cento» –:
   quali iniziative per quanto di competenza siano state intraprese dall'Amministrazione della difesa per ottenere dai responsabili della lievitazione dei costi della nuova scuola Marescialli di Firenze il risarcimento, almeno in parte, del danno economico prodotto dalla loro imperizia e dalla corruzione;
   a quanto ammontino le spese sostenute per l'inaugurazione della nuova scuola Marescialli di Firenze e se sia possibile conoscerne il dettaglio. (5-09621)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI, GIANCARLO GIORGETTI, FEDRIGA, MOLTENI e GUIDESI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   alcuni media iraniani — in particolare, The Iran Project – hanno dato notizia dell'arrivo nel porto di Bandar Abbas di una fregata della Marina militare italiana, apparentemente l'Euro;
   le stesse fonti iraniane affermano che la predetta nave da guerra del nostro Paese condurrà in alto mare delle esercitazioni con unità della Marina militare della Repubblica Islamica, identificate come cacciatorpediniere Alvand ed Alborz, unitamente ad un certo numero di elicotteri;
   tale eventuale esercitazione non sarebbe classificabile come un'attività addestrativa ordinaria, di mera natura tecnica, ma avrebbe grande rilevanza politica, essendo condotta con le navi di un Paese con cui si stanno ricucendo importanti relazioni commerciali ma che ancora non può essere equiparato ad un vero e proprio Stato alleato;
   l'arrivo della fregata italiana a Bandar Abbas è stata notata dal sito israeliano Debka, secondo il quale il nostro Paese starebbe per fornire assistenza logistica alle navi iraniane in transito o in futuro anche di stanza nel Mediterraneo;
   Israele, Paese alleato dell'Italia, considera ancora uno Stato nemico la Repubblica Islamica d'Iran, in ragione del fatto che questa non ne riconosce il diritto ad esistere, circostanza che potrebbe trasformare in un grave motivo di attrito con Tel Aviv l'eventuale avvio di una cooperazione militare marittima tra il nostro Paese e le Forze armate iraniane;
   sembra quindi ancora molto prematuro elevare la collaborazione tra l'Italia e l'Iran ad un livello comprensivo di relazioni militari bilaterali e del tutto inopportuno farlo mentre Teheran non riconosce ancora il diritto ad esistere di Israele –:
   se effettivamente la fregata italiana giunta a Bandar Abbas abbia in programma di svolgere delle esercitazioni congiunte con la Marina iraniana in alto mare e, nel caso affermativo, quali siano le ragioni che hanno indotto ad una decisione tanto impegnativa;
   se corrispondano al vero le circostanze generalizzate dal sito israeliano Debka, secondo cui l'Italia si preparerebbe ad assistere logisticamente la Marina iraniana nel Mediterraneo;
   a quale livello di collaborazione si intenda spingere il rapporto tra le Forze armate del nostro Paese e quelle iraniane ed in che tempi. (4-14326)


   RIZZO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Pietraperzia (Enna), nei giorni scorsi è avvenuto un grave fatto di cronaca che ha visto come vittima un militare della locale caserma dei carabinieri;
   tre colpi di fucile caricato a pallettoni sono stati esplosi nella notte fra sabato 17 e domenica 18 settembre 2016 contro la propria abitazione di Barrafranca. Il militare si trovava dentro casa con la sua famiglia;
   «quello al militare è il terzo attentato nel giro di un anno che coinvolge il Comune di Pietraperzia. Prima è stata bruciata la macchina del comandante della caserma dei carabinieri (che è stato poi trasferito) e qualche mese dopo ignoti hanno cercato nottetempo di incendiare l'abitazione del sindaco mentre questi si trovava all'interno con la sua famiglia. Si tratta di una grave escalation a cui bisogna rispondere con la massima fermezza e rigore e non certo soltanto trasferendo chi fa il proprio dovere col massimo impegno» queste le parole rilasciate alla stampa dal senatore Giarrusso dopo l'accaduto –:
   se il Governo possa chiarire come vengano rispettati ed attuati i piani coordinati di controllo del territorio predisposti dalla prefettura nella provincia di Enna;
   se e con quale programma di potenziamento il Governo intenda rafforzare la disponibilità di uomini e mezzi nelle caserme di competenza del comando provinciale dei Carabinieri di Enna, con particolare riferimento alla caserma di Pietraperzia;
   se il Governo intenda rappresentare in modo dettagliato quale sia lo stato di copertura delle piante organiche delle stazioni dei Carabinieri, nonché delle disponibilità di automezzi dislocati in Sicilia a supporto delle attività di prevenzione del crimine e per le attività di tutela dell'ordine pubblico. (4-14335)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 59 del 2016 stabilisce la possibilità di ottenere un rimborso automatico parziale per alcune categorie di risparmiatori-investitori colpiti da una perdita patrimoniale a seguito della procedura di risoluzione adottata per la Banca Popolare dell'Etruria spa, la Banca Marche spa, la Carife spa e la Carichieti spa;
   l'articolo 8, comma 1, lettera a), del medesimo decreto-legge n. 59 stabilisce che tale possibilità riguardi solo «la persona fisica, l'imprenditore individuale, anche agricolo, e il coltivatore diretto, o il suo successore mortis causa, che ha acquistato gli strumenti finanziari subordinati indicati nell'articolo 1, comma 855, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di stabilità per il 2016), nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con la Banca in liquidazione che li ha emessi»;
   nel suddetto modo si escludono tutti coloro che abbiano acquistato titoli obbligazionari subordinati sul mercato secondario, secondo la discutibile premessa che questi abbiano agito a fini speculativi e comunque disponendo di informazioni adeguate;
   in questi giorni sono state ricevute numerose segnalazioni di casi di impossibilità di adesione alla procedura di cui in oggetto, determinati da cambi di intestazione della proprietà dei titoli avvenuti all'interno dello stesso nucleo familiare, anche con parziale continuità di rapporto: è il caso, ad esempio, di obbligazioni acquistate all'emissione da due coniugi congiuntamente, e poi transitate nella disponibilità di uno solo dopo una causa di divorzio; oppure di una cointestazione fra due fratelli, con la successiva liquidazione ad uno fra loro;
   tali o altri simili passaggi avrebbero formalmente determinato la cessione del titolo e il suo immediato riacquisto sul mercato secondario, con conseguente perdita del diritto al risarcimento;
   appare del tutto evidente che tali situazioni esulano dalla finalità della norma in oggetto, che evidentemente si preoccupa di rendere possibile il rimborso all'interno dello stesso gruppo famigliare, tanto da prevedere espressamente il caso del successore mortis causa;
   sembra tuttavia che, in assenza di un provvedimento che fornisca rapidamente un'interpretazione autentica della norma, in molti si vedranno pregiudicati un loro diritto, dovendo eventualmente affidare all'autorità giudiziaria la loro soddisfazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della problematica descritta in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere per porvi celermente rimedio. (5-09615)


   SANDRA SAVINO e LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, convertito dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, ha stabilito una sostanziale riforma della disciplina delle banche popolari, prevedendo, all'articolo 1, un complessivo intervento di riforma della forma giuridica e della governance delle stesse;
   nello specifico, la lettera b) del comma 1 del predetto articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3, prevede che l'attivo della banca popolare non può superare 8 miliardi di euro e in caso di superamento di tale limite, l'organo di amministrazione è tenuto a convocare l'assemblea per le determinazioni del caso;
   se entro un anno dal superamento del limite l'attivo non è stato ridotto al di sotto della soglia, ne è stata deliberata la trasformazione in società per azioni, la Banca d'Italia, tenuto conto delle circostanze e dell'entità del superamento, può adottare il divieto di intraprendere nuove azioni ai sensi dell'articolo 78, o i provvedimenti previsti nel titolo IV, capo I, sezione I, del Tub o proporre alla Banca centrale europea la revoca dell'autorizzazione all'attività bancaria e al Ministro dell'economia e delle finanze la liquidazione coatta amministrativa; restano fermi i poteri di intervento e sanzionatori attribuiti alla Banca d'Italia dal presente decreto legislativo;
   alla luce di quanto previsto dalla normativa sopra citata, è dunque stabilito l'obbligo, per le banche popolari con un attivo superiore a 8 miliardi di euro, di procedere alla trasformazione in S.p.a. entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d'Italia e dunque entro il 31 dicembre 2016;
   si tratta, in ordine decrescente per volume dell'attivo bancario, della trasformazione in S.p.a. dei seguenti istituti: Banco Popolare, Ubi, Bper, Popolare di Milano, Popolare di Vicenza, Veneto banca, Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese, Popolare di Bari e Popolare dell'Etruria e del Lazio. A questi bisogna aggiungere un undicesimo gruppo al di sopra degli 8 miliardi di euro, quello che è derivato dalla fusione operata nell'aprile 2016 tra Volksbank dell'Alto Adige e Popolare di Marostica;
   il settimanale Milano Finanza ha reso noto che, al 25 giugno 2016, gli istituti Banco Popolare, Popolare di Milano, Ubi Banca, Popolare di Vicenza e Veneto Banca avevano provveduto alla trasformazione del proprio istituto in Spa, mentre all'appello mancavano ancora ben sei istituti di quelli citati precedentemente;
   i dati riportati da Assopopolari (associazione nazionale fra le banche popolari) mostrano come la trasformazione in società per azioni delle prime 10 banche popolari, con un totale attivo superiore agli 8 miliardi di euro (oltre il 90 per cento dell'intera categoria del credito popolare), penalizzerà fortemente i territori di riferimento e l'economia reale del Paese;
   attualmente, le banche popolari erogano crediti a clientela per circa 375 miliardi di euro, un valore che rappresenta il 27 per cento degli impieghi complessivi del sistema bancario italiano; lo snaturamento della natura mutualistica delle banche popolari avrà un effetto di riduzione del credito alle famiglie di 25 miliardi di euro e del credito alle imprese di 55 miliardi di euro;
   un ulteriore effetto negativo, secondo Assopopolari, è costituito dalla previsione sui tagli imposti ai costi del personale, che saranno pari a oltre 1,5 miliardi di euro, determinando una contrazione del numero degli occupati pari a circa 20.000 unità;
   il Governo, al fine di motivare la validità del provvedimento sopra citato, ha sostenuto che l'operazione comporterà anche benefici verso la clientela, oltre a quelli di più agevole accesso al credito, anche in termini di migliore qualità dei servizi offerti in regime di costi inferiori; da quanto invece emerge da studi in merito, negli anni passati c’è stato un notevole travaso di clientela retail (quella a minor reddito), i dalle banche di maggiori dimensioni verso quelle con una struttura inferiore, banche popolari comprese, proprio in virtù del radicamento al territorio che contraddistingue queste ultime;
   non c’è dunque alcun legame logico tra la finalità perseguita dal provvedimento di trasformazione delle principali banche popolari italiane in Spa e le esigenze di crescita e di occupazione che esprime, oramai da tempo, il nostro Paese;
   il 20 settembre 2016 il Sottosegretario di Stato al Ministero dell'economia e delle finanze, Pier Paolo Baretta, ha dichiarato che «non tutte le banche popolari che, secondo la riforma, devono trasformarsi in società per azioni hanno ottemperato alla norma» ponendo l'accento sul fatto che «bisogna guardare all'intero universo delle banche popolari e non solo alle undici interessate al processo di trasformazione» –:
   se il Ministro interrogato non intenda fornire un aggiornamento sullo stato di attuazione della riforma delle banche popolari, in modo da fare chiarezza sul numero degli istituti che, con attivo superiore a 8 miliardi di euro, hanno provveduto alla loro trasformazione in società per azioni. (5-09616)


   PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge del 29 novembre 2008 n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, all'articolo 30 stabilisce che «i corrispettivi, le quote e i contributi di cui all'articolo 148 del TUIR e all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 non sono imponibili a condizione che gli enti associativi siano in possesso dei requisiti qualificanti previsti dalla normativa tributaria e trasmettano per via telematica all'Agenzia delle entrate, al fine di consentire gli opportuni controlli, i dati e le notizie rilevanti ai fini fiscali mediante un apposito modello da approvare con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate»;
   in attuazione delle sopra citate disposizioni, è stato emanato il provvedimento protocollo n. 15896/2009 del 2 settembre 2009, con il quale è stato approvato il modello per la trasmissione dei dati e delle notizie rilevanti ai fini fiscali (modello EAS): esso dispone espressamente che, per gli enti costituitisi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 185 del 2008, i modello va presentato entro sessanta giorni dalla data di costituzione;
   con circolare N. 12/E del 9 aprile 2009, l'Agenzia delle Entrate ha precisato che gli enti associativi interessati dalle disposizioni fiscali di favore di cui ai citati articoli 148 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir) e 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, non potranno più farne applicazione qualora non assolvano all'onere della comunicazione nei termini e secondo le modalità stabilite con il menzionato provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;
   con circolare N. 38/E del 28 settembre 2012 l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile al dichiarativo EAS l'istituto della remissione in bonis, in base al quale i contribuenti in possesso dei requisiti sostanziali che non hanno inviato la comunicazione entro il termine previsto possono fruire comunque dei benefici fiscali, inoltrando il modello entro il termine di presentazione del modello Unico successivo all'omissione, versando contestualmente la sanzione pari a 258 euro;
   il modello EAS si compone di 38 quesiti ai quali l'associazione deve fornire risposta, con la parziale eccezione degli enti sportivi dilettantistici di cui all'articolo 90 della legge 289 del 2002 e delle associazioni di promozione sociale di cui alla legge 383 del 2000, iscritte nei relativi registri nazionali o locali, per le quali è ammessa la trasmissione di a EAS «ridotta» a soli cinque quesiti;
   ai fini della fruizione delle agevolazioni fiscali di cui all'articolo 148 del T.U.I.R. e all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, le associazioni debbono essere rette da atti costitutivi e/o statuti redatti nella forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata o registrata, per cui, in carenza, la trasmissione della EAS è giuridicamente priva di effetti;
   pertanto, una parte dei quesiti proposti (nella fattispecie quelli corrispondenti ai numeri 1, 2, 7, 8, 11, 25, 26, 27, 35, 36) trovano risposta direttamente nelle norme degli atti costitutivi e statuti registrati presso l'Agenzia delle Entrate e per essi dovrebbe trovare applicazione il disposto dell'articolo 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, secondo cui «al contribuente non possono (...) essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche»;
   altri quesiti (e segnatamente quelli contrassegnati dai numeri da 9 a 10, da 12 a 24 e da 28 a 33) hanno riguardo a comportamenti o fatti dell'ente associativo – quali, a titolo meramente esemplificativo, lo svolgimento di attività a beneficio di terzi non associati, lo svolgimento di raccolte fondi e la tenuta del relativo rendiconto, l'ammontare di contributi pubblici o proventi per sponsorizzazioni, il loro carattere di abitualità o occasionalità, e altro – che sono certamente utili all'amministrazione finanziaria per le attività di verifica alle quali è preordinato il dichiarativo EAS, ma che evidentemente non ha senso richiedere nel termine tassativo di sessanta giorni dalla costituzione dell'associazione, atteso che, in un lasso di tempo così breve, è ragionevole ritenere che essa non può aver organizzato le attività in dettaglio o, comunque, potrebbe non disporne dei dati a consuntivo;
   inoltre, il suindicato termine appare troppo anticipato e perentorio se si tiene conto che, in appena sessanta giorni, l'associazione deve decidere se richiedere le agevolazioni normative in discussione o rinunciarvi «vita natural durante», a prescindere dal fatto che abbia iniziato o meno un'attività rilevante a tali fini; invero, l'onere di tale scelta ed i termini per la sua formalizzazione potrebbero farsi decorrere a partire dalla data di inizio dell'attività decommercializzata, piuttosto che da quella di costituzione, rispettando così il diritto del sodalizio a non dover esprimere alcuna scelta fintanto che non ne sorga una reale necessità; d'altro canto, è evidente che le disposizioni attualmente vigenti spingano le associazioni ad inoltrare comunque il dichiarativo EAS a prescindere dal godimento o meno dei benefici fiscali al solo scopo di non vedersene preclusa la fruizione nel futuro, qualora intendano avviare iniziative suscettibili di detassazione –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere tutte le iniziative, anche a carattere normativo, affinché siano espunte dal modello EAS di cui all'articolo 30 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito dalla legge n. 2 del 2009, tutte le domande attinenti ad informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche, in ossequio al disposto dell'articolo 6, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, prevedendo altresì che il termine di sessanta giorni per l'invio del dichiarativo in parola decorra dall'inizio dell'attività decommercializzata ai sensi dell'articolo 148 del Testo unico delle imposte sui redditi e dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, piuttosto che da quella di costituzione dell'ente associativo. (5-09617)


   PETRINI, PELILLO, FRAGOMELI e LODOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sull'attività di commercio di giornali quotidiani, di periodici, di libri, dei relativi supporti integrativi e di cataloghi, l'imposta sul valore aggiunto è dovuta in regime cosiddetto monofase dagli editori sulla base del prezzo di vendita al pubblico, in relazione al numero delle copie vendute, ai sensi dell'articolo 74, comma 1, lettera c) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e pertanto le operazioni attive effettuate dalle società che svolgono attività di distribuzione editoriale solo effettuate fuori campo Iva;
   l'Iva sui costi afferenti le cessioni di prodotti editoriali effettuate dai distributori e non soggette all'imposta ai sensi del citato articolo 74, è ammessa in detrazione per l'effetto del disposto di cui all'articolo 19, comma 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   ai sensi dell'articolo 30, comma 3, lettera a), del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a euro 2.582,28, all'atto della presentazione della dichiarazione quando esercita esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l'effettuazione di operazioni soggette ad imposta, con aliquote inferiori a quelle dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni;
   ai sensi dell'articolo 3, comma 6, del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1995, n. 349, il citato rimborso spetta se l'aliquota mediamente applicata su tutti gli acquisti e su tutte le importazioni, supera quella mediamente applicata su tutte le operazioni effettuate, maggiorata del 10 per cento;
   la circolare n. 13 del 5 marzo 1990 ha precisato che per la determinazione dell'aliquota media si può tenere conto di tutte le operazioni attive, anche non soggette all'imposta, a condizione che risultino oggettivamente rilevabili dalla contabilità regolarmente tenuta, escluse quelle che conferiscono autonomo titolo di legittimazione al rimborso, quali quelle previste dagli articolo 7, 8, 8-bis e 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
   tuttavia, con provvedimento dell'Agenzia delle entrate del 15 gennaio 2007, di approvazione del modello di presentazione della richiesta di rimborso di Iva annuale, e con provvedimento del 14 settembre 2006, di approvazione del modello per la richiesta di rimborso per l'utilizzo in compensazione del credito Iva trimestrale, l'amministrazione finanziaria ha precisato quali le operazioni attive da considerare ai fini del calcolo dell'aliquota media;
   stante la rigida elencazione delle operazioni ammesse alla determinazione dell'aliquota media, prevista dai citati provvedimenti, tra le quali non vengono citate quelle di cui all'articolo 74, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, si deve ritenere che l'amministrazione finanziaria abbia inteso superare il richiamo alla citata circolare n. 13 del 1990 a tutte le operazioni effettuate anche non soggette all'imposta;
   l'impossibilità, per le società di distribuzione, di richiedere il rimborso dell'Iva a credito ai sensi del citato articolo 30, comma 3, lettera a) del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 comporterebbe l'applicazione dell'utilizzo in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero della richiesta di rimborso ai sensi del quarto comma, del citato articolo 30, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 il quale prevede che il contribuente possa chiedere il rimborso dell'eccedenza detraibile, risultante dalla dichiarazione annuale, se dalle dichiarazioni dei due anni precedenti risultano eccedenza detraibili; in tal caso il rimborso può essere richiesto per un ammontare comunque non superiore al minore degli importi delle predette eccedenze;
   le società di distribuzione editoriale, che soffrono da anni la crisi del settore a causa del crollo dei volumi di affari, si trovano in forte difficoltà nella gestione del credito strutturale derivante dal citato regime monofase di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 e la concessione di una seppur temporanea liquidità con l'apertura alla possibilità di rimborso a credito potrebbe migliorare le condizioni degli operatori –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato circa la possibilità di applicare la procedura di rimborso dell'Iva di cui all'articolo 30, comma 3, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, anche alle società di distribuzione editoriale – come per gli anni antecedenti al 2006 – che, operando in un regime monofase, si trovano strutturalmente a credito, indicando anche quale sia l'onere finanziario connesso ad una eventuale modifica normativa che preveda questa possibilità. (5-09618)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un incontro svoltosi recentemente a Lecce alcune imprese del settore igiene ambientale hanno rappresentato una situazione che, a parere dell'interrogante, ha assoluto bisogno di delucidazioni e di intervento per le conseguenze gravi che potrebbe generare a danno delle stesse;
   l'Agenzia dell'entrate di Lecce – direzione provinciale – avrebbe notificato infatti alle imprese del settore un avviso di accertamento con cui viene recuperata a tassazione la deduzione Irap per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 44 del 15 dicembre 1997;
   a parere dell'ufficio fiscale le imprese operanti nel settore di igiene ambientale non avrebbero diritto alla suddetta deduzione, poiché operanti in concessione ed a tariffa nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti;
   l'avviso di accertamento, pari complessivamente a diversi milioni di euro, dovrebbe essere impugnato alla commissione tributaria di Lecce, con il rischio di dover comunque versare cifre considerevoli a titolo di iscrizione provvisoria;
   a parere delle imprese la tesi dell'ufficio sarebbe destituita di fondamento giuridico, dal momento che le stesse non operano in concessione e a tariffa bensì con contratti di appalto, per cui il diritto alla deduzione Irap vale per legge;
   in questo senso le stesse imprese avrebbero depositato il 21 giugno 2016 presso l'Agenzia un parere pro veritate del professor Francesco Vetrò, docente di diritto amministrativo dell'università del Salento, a corredo dei contratti di appalto e documenti fiscali, e che, a detta delle stesse, l'Agenzia delle entrate avrebbe però «totalmente ignorato» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e consapevoli dei danni che la situazione potrebbe arrecare alle imprese;
   se i Ministri interrogati non ritengano necessaria una verifica in relazione a quanto sopra esposto e ai presupposti per cui l'Agenzia delle entrate – direzione provinciale di Lecce – avrebbe emesso gli avvisi di accertamento nei confronti di imprese del settore igiene ambientale vincitrici di appalti pubblici e non erogatrici di servizi in concessione e a tariffa;
   se non ritengano opportuno intervenire, per quanto di competenza, perché l'Agenzia delle entrate di Lecce in autotutela ritiri il citato avviso di accertamento. (5-09596)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, BUSINAROLO, COZZOLINO, DA VILLA e SPESSOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il bacino termale euganeo è tra i primi bacini termali d'Europa, noto soprattutto per le caratteristiche del fango curativo, riconosciuto come farmaco naturale che ottenuto un brevetto europeo. Il marchio regionale di certificazione «Fango Maturo D.O.C» («Fango D.O.C. Thermae Abano Montegrotto – Regione Veneto») è un ulteriore attestato di qualità, grazie al quale questo bacino termale ha rappresentato, per un lungo periodo, un fiore all'occhiello del territorio, fonte di attrazione turistica, di sviluppo economico ed occupazionale;
   purtroppo, questa area versa da anni in una condizione di abbandono e incuria evidenti; la crisi del settore termale e l'assenza di un intervento da parte delle amministrazioni per il rilancio del settore e di investimenti per la valorizzazione e lo sviluppo del territorio, hanno prodotto la chiusura di decine di hotel e strutture termali in particolare tra Abano Terme, Montegrotto Terme, Teolo, Galzignano e Battaglia Terme; se tali strutture non saranno riqualificate rapidamente, non solo non verrà messo a valore questo potenziale economico consistente, ma esse saranno sempre più luoghi di concentrazione del disagio sociale, dentro un contesto economico già fragile, oltre che caratterizzato dall'aumento dei casi di corruzione, con il rischio di produrre conseguenze ancor più allarmanti sul piano della convivenza civile, come dimostrano i ripetuti interventi da parte delle forze dell'ordine –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano assumere sia per riqualificare il bacino termale euganeo anche in termini di incentivi attraverso misure di defiscalizzazione a favore dei proprietari delle strutture termali dismesse che decidano di ristrutturarle e renderle di nuovo funzionanti, sia per rilanciare il settore termale, che è strategico per il nostro Paese non solo per la prevenzione e la cura in campo sanitario, ma anche per il turismo.
(4-14322)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Cassa depositi e prestiti spa ha assunto negli ultimi anni un ruolo significativo nel settore immobiliare, occupandosi in particolare di acquisizione di asset pubblici destinati ad una successiva valorizzazione patrimoniale;
   in questo versante, ha operato tramite le controllate CDP Immobiliare spa e CDPI sgr;
   la prima, interamente partecipata da Cassa depositi e prestiti, ha per obiettivo la riqualificazione urbanistica e la commercializzazione del proprio patrimonio;
   la seconda, che vede Cassa depositi e prestiti al 70 per cento e Acri e Abi al 15 per cento, opera tramite il Fondo Investimenti per la valorizzazione relativamente alla dismissione di immobili pubblici e tramite il Fondo investimenti per l'abitare nel social housing;
   recenti notizie di stampa hanno ipotizzato che sia in procinto di avviarsi un'operazione di cessione di asset immobiliari da parte di Cassa depositi e prestiti, senza che fosse chiaro se il riferimento fosse a una o entrambe le società e soprattutto se questa preludesse a un disimpegno complessivo dal settore;
   appare infatti chiaro come l'acquisizione di immobili pubblici sia stata condotta in questi anni con maggiore attenzione alla necessità del cedente, che dell'acquirente;
   lo dimostra il fatto che le operazioni di dismissione immobiliare da parte del demanio e di altri enti pubblici abbiano trovato scarsissimo interesse da parte degli operatori di mercato, e Cassa depositi e prestiti come principale se non unico interlocutore;
   d'altra parte non risulta che dalle attività immobiliari Cassa depositi e prestiti abbia ricavato risultati economici significativi;
   appare evidente che un disimpegno di Cassa depositi e prestiti potrebbe rappresentare un problema per la sostenibilità di alcuni progetti già avviati, come è il caso dell'ex Manifattura Tabacchi di Modena, o complicare ulteriormente la gestione di situazioni ad alto impatto sociale, come quella relativa all'ex caserma Masini di Bologna –:
   quale sia l'orientamento strategico di Cassa depositi e prestiti rispetto al settore immobiliare, in tutte le sue attuali articolazioni, e quali siano le operazioni di dismissione di asset immobiliari o di quote di partecipazione previste per il 2016-2017. (4-14324)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le agenzie fiscali, istituite dal decreto legislativo n. 300 del 1999, si basano sulla distinzione tra la direzione politica esercitata dal Ministero dell'economia e delle finanze e la gestione amministrativa esercitata dalle medesime agenzie sulla scorta di apposite convenzioni periodiche con il Ministero dell'economia e delle finanze che stabiliscono le attività e gli obiettivi annuali da perseguire, e sono caratterizzate dall'autonomia amministrativa, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, finanziaria e contabile;
   l'articolo 1, comma 515, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), come modificato dall'articolo 1, comma 213, della legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015), ha previsto il trasferimento o la delega delle funzioni amministrative, organizzative e di supporto, inerenti la magistratura ordinaria, tributaria ed amministrativa, nonché delle funzioni espletate dalle agenzie fiscali e dei relativi oneri finanziari alla regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle province autonome di Trento e Bolzano;
   il predetto comma 515 della legge n. 147 del 2013 prevede altresì, ai fini di evitare disparità di trattamento, duplicazioni di costi e di attività sul territorio nazionale, che, in ogni caso, è escluso il trasferimento e la delega delle funzioni delle agenzie fiscali sia in relazione ad ambiti di materia relativi a concessioni statali e alle reti di acquisizione del gettito tributario sia con riferimento: 1) alle disposizioni che riguardano tributi armonizzati o applicabili su base transnazionale; 2) ai contribuenti di grandi dimensioni; 3) alle attività strumentali alla conoscenza dell'andamento del gettito tributario; 4) alle procedure telematiche di trasmissione dei dati e delle informazioni alla anagrafe tributaria;
   per, l'Agenzia delle entrate di Trento e di Bolzano, tra i tributi armonizzati a livello dell'Unione europea ed esclusi dalla delega, rientra la rilevante gestione dell'Iva;
   per l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Trento e di Bolzano le relative funzioni di competenza ed i connessi settori fiscali di attività rientrano pressoché totalmente in quelli esclusi dalla delega;
   considerato che già attualmente gli standard e i livelli qualitativi dei servizi erogati dall'Agenzia delle entrate, dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché dalle commissioni tributarie di 1o e 2o grado di Trento e di Bolzano raggiungono livelli ritenuti di eccellenza, a detta dell'interrogante, non risulta chiaro quali siano i reali benefici e i vantaggi connessi alle deleghe di funzioni in oggetto a favore dei cittadini e delle imprese della regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e quali le ripercussioni per il personale dipendente impiegato;
   l'affidamento di tali competenze alle province di Trento e di Bolzano comporterebbe, peraltro, un incremento significativo del rischio di conflitti d'interessi, con conseguente compromissione dell'autonomia, indipendenza e libertà d'esercizio delle funzioni delegate, in considerazione dei rilevanti legami politici e contrattuali sul territorio, nonché delle molteplici partecipazioni dirette ed indirette delle istituzioni e degli enti locali in aziende e attività economiche che rivestirebbero, al contempo, sia il ruolo di «controllore» che quello di «controllato» –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per definire l'ambito dei settori fiscali delegati per l'Agenzia delle entrate, per l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, nonché per le commissioni tributarie di 1o e 2o grado delle province di Trento e Bolzano e quale modello organizzativo ritenga di promuovere per garantire e coordinare l'esercizio delle funzioni delegate con quelle di competenza dello Stato, salvaguardando efficacemente, come avviene nel resto del Paese, l'autonomia, l'indipendenza e la neutralità degli accertamenti, controlli fiscali ed ulteriori relative attività sul territorio interessato;
   se siano stati quantificati costi, gli eventuali benefici e le modalità di ripartizione dei medesimi tra Stato e province autonome di Trento e Bolzano per il trasferimento e l'esercizio delle suddette deleghe, anche con riferimento al personale dipendente interessato. (4-14328)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 settembre 2016, con ordine di servizio no 39/2016 avente ad oggetto la nuova articolazione dell'orario di servizio del personale di polizia penitenziaria della casa circondariale di Cagliari-Uta, l'autorità dirigente mutava totalmente gli orari correnti con decorrenza dal 1o ottobre 2016;
   in particolare, detto provvedimento, tra le altre cose, revoca la possibilità di usufruire del servizio giornaliero e continuativo di 7 ore e 12 minuti articolato su cinque giorni fino ad ora prestato dal personale di polizia penitenziaria su proposta della stessa direzione sin dall'apertura del nuovo istituto di pena;
   l'organizzazione del servizio articolato su cinque giorni viene incontro alle esigenze di numerose unità di polizia penitenziaria in servizio presso la casa circondariale di Cagliari, già costretto a pagare di tasca propria i pasti usufruiti fuori dall'orario di servizio e ad alloggiare (e pagare) presso la locale caserma agenti a causa della distanza tra la sede di lavoro e la residenza familiare, distanza anche di diverse centinaia di chilometri;
   la decorrenza del 1o ottobre 2016 non tiene minimamente conto del servizio precedentemente programmato e delle esigenze personali del personale già programmate;
   l'accordo nazionale quadro, la fonte normativa più autorevole in materia, prevede l'articolazione dell'orario su cinque giorni all'articolo 8, comma 3, punto b), senza disciplinarne concretamente nel merito le modalità;
   tutte le previsioni normative in materia di organizzazione del lavoro ed orari di servizio del personale di polizia penitenziaria demandano la materia alla contrattazione decentrata, in particolare nella definizione del protocollo d'intesa locale che, per l'appunto, disciplinava e contemplava l'orario articolato su cinque giorni con prestazioni lavorative giornaliere e continuative della durata di 7 ore e 12 minuti;
   durante la contrattazione sindacale decentrata presso la casa circondariale di Cagliari-Uta avvenuta in data 13 settembre 2015 per la modifica del protocollo d'intesa, tutte le organizzazioni sindacali, ad eccezione di una, hanno rifiutato di sottoscrivere i nuovi accordi, sostanzialmente confermando validità contrattuale al precedente protocollo e demandando il tutto alla commissione arbitrale presso il provveditorato regionale per la ricerca del nuovo accordo;
   per tutte queste ragioni anche sul piano giuridico, oltre che su quello umano, l'ordine del direttore appare all'interrogante non solo inaccettabile ed autoritario, ma perfino di dubbia legittimità a norma di legge;
   il direttore nel suddetto ordine di servizio cita di aver avuto indicazioni in merito dal provveditore regionale della Sardegna che imporrebbero lo svolgimento dell'orario di servizio su cinque giorni mediante due cosiddetti rientri con turno prolungato della durata di nove ore;
   quella che parrebbe essere la motivazione di tale modifica sarebbe ad avviso dell'interrogante assurda se confermata nei fatti e, cioè, di risparmiare tre pasti settimanali alle unità di polizia penitenziaria inquadrate con l'orario di lavoro anzidetto, comportando quindi l'ulteriore aggravio di spesa per quei poliziotti alloggianti in caserma che si vedrebbero costretti a pagarsi ulteriori tre pasti la settimana oltre quelli serali;
   la tanto ricercata efficienza amministrativa andrebbe però a scontrarsi con le evidenti necessità della stessa amministrazione penitenziaria che si vedrebbe praticamente costretta a erogare ulteriori fondi dal proprio bilancio per il pagamento di straordinari e gli stessi pasti che vorrebbe economizzare, a causa della carenza di personale, come asserito anche dal comandante del reparto nel citato verbale di contrattazione;
   non da ultimo, appare utile evidenziare la disparità di trattamento da parte dell'amministrazione penitenziaria nei confronti della polizia penitenziaria in servizio presso la regione Sardegna, in particolare presso la casa circondariale di Cagliari-Uta a seguito del provvedimento del direttore, posto che l'articolazione del servizio della cosiddetta «settimana compattata» o «corta» con orari di servizio continuativi e giornalieri di 7 ore e 12 minuti è tuttora utilizzata e concessa al personale in numerosissimi istituti della penisola –:
   se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire affinché sia revocato l'ordine di servizio n. 39/2016 del 15 settembre 2016 adottato presso la casa circondariale di Cagliari-Uta;
   se si intendano assumere iniziative per assicurare il rispetto dei vincoli contrattuali contenuti negli accordi vigenti, in particolare in materia di organizzazione del servizio ed orari di servizio della polizia penitenziaria, in accordo con le organizzazioni sindacali rappresentative;
   se intendano assumere iniziative affinché il provveditorato regionale ricerchi un accordo tra le parti teso alla formulazione del nuovo protocollo d'intesa locale presso la casa circondariale di Cagliari-Uta;
   se intenda adoperarsi per una definizione puntuale delle modalità di svolgimento dell'orario articolato su cinque giorni lavorativi, uniformando su tutto il territorio dello Stato la disciplina stessa ed evitando disparità di trattamento come nel caso relativo al personale di polizia penitenziaria della Sardegna, già penalizzato da dirigenti che appaiono all'interrogante non rispettosi delle prerogative sindacali e delle ordinarie necessità personali e familiari dei propri dipendenti. (5-09608)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA, D'INCECCO, GIANCARLO GIORDANO, CAPODICASA, TANCREDI, LACQUANITI, GINOBLE, LIBRANDI, CASTRICONE, CENNI, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, RICCIATTI, PALESE, QUARANTA, GUERRA, COSTANTINO, BOCCADUTRI, PARRINI, MISIANI, DURANTI, MARTELLI, GIULIETTI e PREZIOSI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia ha da tempo annunciato un treno veloce sulla relazione ferroviaria Pescara-Roma ma di questa promessa si sono perse le tracce, anzi i tempi di percorrenza di questa tratta ferroviaria tra l'Abruzzo e la Capitale sono ulteriormente aumentati e oggi si impiegano 4 ore per coprire una distanza di appena 200 chilometri;
   i vecchi «rapidi» del secolo scorso ci mettevano 3 ore da Pescara a Roma, cioè un'ora in meno, e dunque si è in presenza di scelte di Trenitalia, a giudizio degli interroganti, inaccettabili e irrazionali che penalizzano fortemente i viaggiatori abruzzesi e laziali;
   eppure basterebbe un minimo di buona volontà per migliorare il servizio e riavvicinare una utenza ormai scoraggiata e delusa: innanzitutto si dovrebbero eliminare le fermate inutili sia nel territorio abruzzese che in quello laziale, almeno per quanto riguarda i collegamenti della prima mattinata e del tardo pomeriggio, nel secolo scorso il rapido fermava solo a Chieti, Sulmona, Avezzano e Tivoli;
   ora invece le fermate abruzzesi sono 8 e nel Lazio ancora di più, pur essendo scarsamente utilizzate;
   dovrebbero poi essere utilizzati treni più veloci e meno vecchi, sporchi e senza servizi, che peraltro spesso subiscono guasti durante il tragitto con enormi disagi per gli utenti;
   dovrebbe essere attivato il controllo centralizzato del traffico, specialmente nel tratto Sulmona-Avezzano;
   il dubbio è che Trenitalia stia portando alla morte la relazione Pescara-Roma, come ha già fatto con l'altra relazione Pescara-Napoli soppressa alcuni anni fa, nonostante il suo interesse sociale ed economico-turistico –:
   se trovi conferma la decisione di Trenitalia di attivare un treno veloce sulla tratta Pescara-Roma e quali iniziative di competenza intenda assumere nei confronti di Trenitalia che, ad avviso degli interroganti, nei fatti sta affossando questa fondamentale relazione tra l'Abruzzo e il Lazio a tutto vantaggio del trasporto privato su gomma con evidenti danni economici, ambientali e sanitari per le popolazioni interessate. (3-02515)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo del 20 settembre 2016 apparso sul quotidiano locale « primo Piano Molise» si apprende che il finanziamento del cosiddetto «Lotto zero» sarebbe stato inserito nella delibera del CIPE dell'agosto 2015 con cui è stato approvato il programma pluriennale ANAS 2015-2020;
   il cosiddetto «Lotto zero» è un progetto che prevede la costruzione di una strada di 5,450 chilometri, al fine di creare un collegamento tra la strada statale n. 17 e la strada Isernia-Castel di Sangro, all'altezza del bivio per Miranda, attraverso la costruzione di otto viadotti e due gallerie;
   con delibera di giunta regionale n. 88 del 2013, venne rilasciato giudizio positivo di compatibilità ambientale, nonostante l'autorità di bacino dei fiumi Liri, Garigliano e Volturno avesse sollevato, a quanto consta all'interrogante, osservazioni in merito all'impatto dell'opera viaria sulle sorgenti San Martino e, in generale, sul sistema acquifero. Il tutto con un più che potenziale rischio di intorbidimento delle acque sorgive, soprattutto in fase di costruzione. Pare che gli stessi dubbi sollevati dall'autorità di bacino non siano stati sciolti nemmeno da uno studio di consulenza idrogeologica affidato all'università del Molise;
   l'opera che avrebbe un costo stimato di 140 milioni di euro dovrebbe essere realizzata nel 2018;
   gli esponenti del comitato «No Lotto zero» denunciano un costo eccessivo dell'opera, ritengono l'infrastruttura impattante sotto il profilo ambientale e riguardo all'approvvigionamento idrico della città –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali siano, per quanto di competenza, i loro orientamenti in merito;
   se il Governo ritenga opportuno chiarire se il progetto sia stato effettivamente finanziato, quali siano gli elementi contenuti nella delibera e se l'opera, una volta effettuata, richieda azioni di bonifica ambientale e di risanamento idrogeologico. (5-09601)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da recenti articoli di stampa locale e nazionale, blog e social media si evince che la Toto Holding spa stia proponendo, con un progetto del 2013, la rettifica di due tratti in concessione relativi all'A24 Roma- L'Aquila-Teramo e all'A25 Torano-Chieti-Pescara per complessivi 30 chilometri circa e 55 gallerie e un investimento di quasi 2,5 miliardi di euro;
   le motivazioni addotte in relazione alle sopracitate modifiche dei tracciati sono quella di rendere più efficienti i tracciati, anche dal punto di vista dei nuovi criteri ambientali e delle emissioni, e quella dell’«adeguamento sismico» dell'intera infrastruttura in concessione;
   accanto al corretto obiettivo di messa in sicurezza antisismica e miglioramento infrastrutturale, appare utile approfondire se le soluzioni proposte siano coerenti con dette finalità;
   per l'A24 la trasformazione partirebbe all'altezza di Roviano, nel tratto laziale, dove una nuova galleria accorcerebbe di 3 chilometri il tracciato esistente che sbocca in Abruzzo, aggiungendo poi tre tunnel, invece, nel tratto Carsoli-Torano che porterebbero il tracciato di oggi di 27,3 chilometri a 23,9 chilometri con una differenza di 3 chilometri e mezzo. Per l'A25 sono previsti 3 tunnel da Cerchio fino a Bussi-Popoli bypassando, nel tratto abruzzese, Pratola Peligna e quindi Sulmona. Infatti, secondo quanto si evince, l'attuale tracciato Cerchio-Bussi è di circa 45 chilometri che con il nuovo progetto di Strada dei Parchi diventerebbero poco meno di 28;
   secondo il «progetto Toto» la rettifica di alcuni tratti di A24 e A25: «abbasserebbe e metterebbe in sicurezza i viadotti delle autostrade A24 e A25 grazie alla realizzazione di gallerie che diminuiscono il percorso per Roma di circa 31 chilometri. Dieci anni di lavoro previsti e 20 mila posti di lavoro»;
   la Strada dei Parchi spa è un'azienda della Toto Holding spa ed è nata nel 2003 come joint venture tra il gruppo Autostrade per l'Italia e il gruppo Toto; dal 2011, con l'uscita della società del gruppo Atlantia, è interamente controllata dalla holding del gruppo Toto. Strada dei Parchi ha in concessione la costruzione e l'esercizio dell'autostrada A24 (Roma-Teramo) e della A25 (Torano-Pescara) e i servizi connessi, subentrando alla precedente «gestione per conto ANAS». Dette autostrade, A24 e A25 uniscono – nel cuore dell'Italia – il versante tirrenico a quello adriatico e sono immerse in un paesaggi distintivo e straordinario, quello tra la regione Lazio e la regione Abruzzo, che interessa 6 parchi naturali e il massiccio del Gran Sasso;
   Strada dei Parchi S.p.A. è concessionaria dell'Autostrada fino al 2030, ma, in cambio dell'investimento su A24 e A25, chiederebbe allo Stato di allungare la concessione di 45 anni per sostenere economicamente detto intervento: è evidente che questo sarebbe a carico dello. Stato e dei cittadini;
   secondo quanto presentato da Strada dei Parchi spa il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato nell'adunanza del 3 gennaio 2015 con parere n. 68/2014 il documento, già trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 22 marzo 2013, di valutazione dei tempi di intervento per il rischio sismico dell'infrastruttura che prevede peraltro la rettifica dei citati tratti autostradali;
   considerando solo i trafori e tralasciando per ora gli impatti che sono determinati anche dai tratti all'aperto, sarebbero toccati almeno 10 corpi idrici sotterranei di interesse ambientale e idrogeologico, ovvero più di un terzo di quelli della regione Abruzzo e tra i più significativi della catena montuosa degli Appennini;
   le aree interne verrebbero quindi stravolte così come i loro paesaggi, con tunnel di decine di chilometri per bucare i Simbruini e il Sirente, assieme a gioielli ambientali unici in Europa come le Gole di San Venanzio ed anche le Gole del Sagittario. Sarebbero infatti direttamente coinvolti il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il parco regionale del Sirente-Velino, la riserva del Monte Genzana e la riserva delle Gole di San Venanzio, senza considerare gli impatti sulle aree immediatamente limitrofe come la riserva di San Domenico a Villalago o la riserva delle Gole del Sagittario. Una scelta che rischia di compromettere pesantemente il futuro e la vocazione di quelle aree legata alle produzioni agroalimentari di qualità e ad un turismo attento ai valori paesaggistici, ambientali e culturali;
   dai dati annuali del rapporto AISCAT 2015 si evince una bassissima percentuale di aumento del traffico merci e passeggeri nelle autostrade dei Parchi e comunque non coerente con la descritta esigenza di incremento della capacità autostradale e che sarà interamente a carico dei cittadini;
   da ultimo occorre ricordare che il sistema autostradale della «Strada dei Parchi» deve proprio la sua stessa denominazione alle ricchezze ambientali e paesaggistiche dei luoghi attraversati –:
   se trovi conferma la necessità di verifica e adeguamento antisismico dell'intera infrastruttura «A24-A25» in concessione al gruppo Toto holding;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire se il progetto proposto sia strategico per lo sviluppo infrastrutturale del Paese e se tale rettifica sia utile per lo sviluppo dell'interconnessione logistica del Centro Italia e compatibile con il valore ambientale e paesaggistico dei territori interessati, al fine di scongiurare la replica di un caso emblematico di opere costose e poco utili, quale quello della BRE-BE-MI.
(5-09603)


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada fondovalle Cavonica, detta anche «trasversale 14» e lunga 25 chilometri, collega i comuni della collina materana (Accetura, Ferrandina, Garaguso, Oliveto Lucano, San Mauro Forte, Salandra e Stigliano) con la strada statale Basentana n. 407;
   l'arteria provinciale è di fondamentale importanza per il traffico veicolare perché consente il collegamento dei comuni interni della provincia di Matera con le arterie più importanti della regione e le città di Potenza e Matera dove sono ubicati i beni e i servizi principali;
   la fondovalle Cavonica, a poco più di tre anni dalla sua inaugurazione ed apertura al transito veicolare e dopo decenni di attesa per la sua realizzazione ed una mole di investimenti per realizzarla, versa già in condizioni di degrado e impraticabilità per la presenza di buche, crepe, rialzi del manto stradale, rattoppi che mettono in serio pericolo l'incolumità degli automobilisti;
   la sicurezza viaria risulta determinante per promuovere uno sviluppo sostenibile delle località interne della provincia di Matera, dove insistono insediamenti industriali, attività basate sull'agricoltura biologica, attività turistico-ricettive di sviluppo;
   l'arteria Cavonica, strada a scorrimento veloce, è stata inaugurata il 16 marzo 2013 ed è costata oltre 19 milioni di euro di investimenti pubblici e quasi trent'anni di progettazione per togliere dall'atavico isolamento i comuni della collina materana. Gli abitanti della zona preoccupati per la loro incolumità e sicurezza stanno abbandonando i piccoli centri per trasferirsi nei due capoluoghi pur di evitare pericoli ed estenuanti viaggi con tempi di percorrenza più lunghi;
   la fondovalle Cavonica fu definita un'arteria strategica per i comuni delle aree interne della provincia di Matera e, negli ultimi tempi, l'intensità e la violenza delle precipitazioni meteorologiche hanno provocato numerosi episodi con frane e smottamenti del terreno, che hanno determinato l'interruzione forzata della viabilità;
   il sistema infrastrutturale della Basilicata presenta molte carenze sul piano viario, della sicurezza e della manutenzione. Il territorio lucano è estremamente fragile e friabile e molte strade, a causa del dissesto idrogeologico e delle pessime condizioni meteorologiche, subiscono periodicamente gli effetti del dilavamento dei boschi e della infiltrazioni d'acqua nella sede stradale fino ai cedimenti del terreno –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per migliorare l'efficienza del sistema infrastrutturale della Basilicata e per garantire l'incolumità degli automobilisti, valutando l'ipotesi di convocare un tavolo istituzionale con le parti interessate. (5-09604)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
  l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01147, presentata il 4 ottobre 2013, nella seduta n. 91, sulla regolarità dell'affidamento senza gara e in subappalto dell'incarico di progettazione preliminare e definitiva dell'opera strategica di interesse nazionale, denominata «Ammodernamento della S.S. 275», non ha ancora ricevuto alcuna risposta;
   è stata altresì presentata il 30 maggio 2014 l'interrogazione a risposta in Commissione n. 4-04990, nella seduta n. 237, sul ritrovamento di tali discariche di sostanze pericolose, nocive e tossiche e le conseguenti indagini della Guardia di finanza lungo il tracciato della medesima opera di «Ammodernamento S.S. 275»;
   non hanno ricevuto risposta, invece l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04038, presentata il 14 novembre 2014, seduta n. 332, su situazioni di conflitti di interesse nell'ambito della progettazione dell'opera citata e l'interrogazione a risposta in Commissione 5-09200, presentata il 19 luglio 2016, seduta n. 657, sul danno erariale verificatosi e sulla proposizione dell'azione civile per il recupero delle somme;
   si è appreso dagli organi di stampa (si veda, su lecceprima.it, «Ss 275, Cantone boccia tutti: “Il progetto può non essere più attuale”», a firma di G. De Giorgi) del provvedimento dell'Autorità anticorruzione n. 909 del 31 agosto 2016, che conclude l'attività ispettiva al riguardo, in cui sono dedotti «comportamenti non conformi» alla normativa vigente, fra cui il mancato espletamento della procedura di evidenza pubblica per l'affidamento e la mancata vigilanza degli organi preposti;
   in particolare, nell'articolo di stampa già citato, si riporta un significativo stralcio della delibera in cui si afferma a pagina 69 che «A fronte dell'importanza dell'opera e dell'interesse pubblico alla sua realizzazione è emerso, tuttavia, che il procedimento di attuazione ha mostrato tutti i suoi limiti in relazione agli ostacoli che di volta in volta si sono presentati, determinati dal prevalere di scelte dettate da interessi di parte e dalla mancanza di un adeguato coordinamento fra tutte le istituzioni coinvolte»;
   l'Autorità anticorruzione, infatti, ha accertato «comportamenti non conformi» in ordine alla responsabilità per omessa vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre alla corresponsabilità della struttura tecnica di missione nella gestione del procedimento tecnico-amministrativo, della regione Puglia e di Anas, sotto molteplici aspetti, e conclude testualmente che «il progetto definitivo posto a base di gara può non essere più attuale» pagina 69), enunciando le motivazioni a sostegno: dal decorso del tempo, al rinvenimento delle discariche abusive, a possibili intervenute modifiche delle aree interessate, con necessaria rivalutazione degli elaborati espropriabili e via di seguito;
   nel frattempo sul tracciato perdurano le manifestazioni dei lavoratori che invocano chiarezza e tempi certi per individuare tutte le soluzioni atte a dare concrete prospettive ai lavoratori stessi e alle loro famiglie;
   tra le soluzioni che si stanno riformulando per la progettazione spunta anche una vecchia proposta di suddivisione del progetto in due lotti, provvedendo a terminare solo fino a Montesano, avanzata dall'allora presidente della provincia, Giovanni Pellegrino, che, ovviamente ad avviso dell'interrogante, non può essere presa in considerazione alla luce di quanto sopra osservato e nell'attuale valutazione di una nuova progettazione dell'opera non deve e non può più esser trascurato nessun elemento emerso (presenza di discariche, irregolarità penali ed amministrative) e nessun accertamento delle autorità competenti, giudiziarie ed amministrative –:
   in quali tempi il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza per la revoca dell'affidamento inerente alla strada statale 275;
   se si intenda procedere all'affidamento di una progettazione ex novo in tutte le sue parti, attese le osservazioni compendiate nella richiamata delibera dell'Autorità anticorruzione n. 909 del 31 agosto 2016, e quali iniziative di competenza si intendano intraprendere in relazione ai soggetti le cui responsabilità sono state verificate nella stessa. (5-09607)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia, sull'analisi della probabilità che il territorio venga interessato, in un certo intervallo di tempo, generalmente 50 anni, da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 marzo 2003 n. 3274, «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica»;
   è stato emanato poi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 ottobre 2003 – dipartimento della protezione civile – disposizioni attuative dell'articolo 2, commi 2, 3 e 4, dell'ordinanza suddetta in Gazzetta Ufficiale del 29 ottobre 2003 n. 252);
   sono stati dettati, pertanto, i principi generali sulla base dei quali le regioni, a cui lo Stato ha delegato l'adozione della classificazione sismica del territorio, hanno compilato l'elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale;
   il comune di Camerano (Ancona) è classificato relativamente al rischio sismico come zona 2 – (possibilità del verificarsi di forti terremoti);
   la caserma dei carabinieri è collocata in un edificio in via Martiri della Libertà n. 6 edificio di proprietà dello stesso comune di Camerano (Ancona);
   con delibera di giunta n. 63, del 18 giugno 2014 il comune di Camerano, detto edificio è stato declassato, relativamente alla destinazione d'uso, per Non Idoneità, dalla classe d'uso IV (edifici strategici) alla classe d'uso II (civili abitazioni);
   con deliberazione del dirigente III settore del comune di Camerano del 27 giugno 2014 è stato conferito incarico, per la verifica strutturale dell'edificio – sede della caserma dei carabinieri in Camerano (Ancona), via Martiri della Libertà n. 6, da riutilizzare in classe d'uso II (civile abitazione) – secondo la legislazione vigente alla data di realizzazione (anno 1975) e l'acquisizione del «certificato di idoneità statica dell'edificio»;
   a seguito di detto incarico, veniva presentata al comune di Camerano (Ancona) la verifica della vulnerabilità sismica della caserma dei carabinieri in cui, dopo aver esamina l'edificio in tutti i suoi aspetti costruttivi, il tecnico designato dal comune, a pagina 23 della relazione conclude: «L'edificio, anche se utilizzato come civile abitazione (classe 2) non è strutturalmente idoneo senza che siano effettuati interventi di adeguamento strutturale»;
   a tutt'oggi l'edificio di via Martiri della Libertà n. 6 è utilizzato al piano terra come caserma dei carabinieri e al primo piano come alloggio del comandante della stazione senza che nessun intervento di adeguamento strutturale sia ancora mai stato eseguito, per cui permangono serie preoccupazioni sulle conseguenze che ne potrebbero derivare in caso di forte scossa di terremoto per un edificio strategico e alloggio del comandante –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare in merito, per far in modo che l'edificio abbia un adeguamento sismico e per salvaguardare, senza ulteriori e pericolose dilazioni, l'incolumità delle persone che attualmente nello stesso alloggiano e lavorano;
   se non si ritenga necessario trasferire, nelle more degli «interventi di adeguamento strutturale», la caserma dei carabinieri di Camerano (AN), nonché le persone che vi alloggiano, in una struttura idonea. (5-09594)


   FIORIO, FIANO, FERRARI, GADDA e LODOLINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il « secondary ticketing» è un mercato di biglietti parallelo a quello autorizzato, attivo particolarmente su internet, che offre in vendita tagliandi per ogni genere di eventi (in particolare dello «spettacolo dal vino») ad un prezzo maggiorato rispetto a quello iniziale. Questo fenomeno è attivo in tutto il mondo e sta raggiungendo pericolosi livelli di guardia anche nel nostro Paese, dove ormai per la prevendita dei biglietti il canale maggiormente utilizzato è proprio la rete;
   con sofisticati software è infatti possibile aggirare le restrizioni utilizzate dai siti ufficiali (solitamente quattro tagliandi per utente) ed acquistare centinaia di biglietti; tagliandi che uno stesso individuo, può rivendere, a prezzo maggiorato, sia su appositi siti internet dedicati a tale pratica, sia con pacchetti turistici che prevedono anche volo e pernottamento, sia attraverso le tradizionali forme di bagarinaggio;
   per fare alcuni esempi: per il concerto di Milano di Bruce Springsteen del mese di luglio 2016 sono stati venduti 40 mila tagliandi in un minuto; mentre particolarmente eclatante fu l'episodio dell'8 dicembre 2014, quando in un solo minuto un singolo acquirente riuscì ad acquistare online 1012 biglietti per un concerto degli U2 al Madison Square Garden di New York, nonostante il rivenditore avesse fissato un limite massimo di 4 tagliandi ad utente;
   recenti indagini hanno reso noto che i margini di guadagno medi per il mercato del « secondary ticketing» sono del 49 per cento a tagliando, mentre il volume di affari complessivo dovrebbe aumentare del 20 per cento nei prossimi 4 anni. Sono inoltre emersi, negli Stati Uniti, inquietanti intrecci di proprietà tra siti «ufficiali» e siti di «rivendita» (TicketsNow, ad esempio, appartiene dal 2008 a TicketMaster);
   il « secondary ticketing» sta continuando a crescere anche in virtù di una normativa, nazionale e comunitaria, parziale ed inefficace. I siti internet rivenditori di biglietti non sono attualmente soggetti a sanzioni giuridiche o penali rilevanti qualora l'acquirente, con tecniche informatiche fraudolente, acquisti un numero maggiore di biglietti rispetto a quelli consentiti. D'altro canto, la Corte di Cassazione, nel 2008 (sentenza numero 10081), ha sancito che «chi acquista e poi rivende a proprio rischio non compie alcuna attività di intermediazione, neppure atipica», almeno finché non venga dimostrata la provenienza illecita del bene;
   è altrettanto evidente che il « secondary ticketing» causi anche perdite alla finanza pubblica, in quanto i ricavi effettuati con la vendita «non ufficiale» dei tagliandi non vengono spesso denunciati come reddito;
   su questo stesso tema è intervenuta anche la Siae che ha posto seri dubbi circa l'assolvimento degli oneri legati ai versamenti, da parte di intermediari non autorizzati, dell'imposta sugli spettacoli che è proporzionale proprio a prezzo di vendita;
   oltre alle problematiche che riguardano i consumatori circa gli aumenti esponenziali dai biglietti e quelli di natura fiscale degli intermediari non autorizzati, il « secondary ticketing» assume oggi anche una valenza di sicurezza pubblica. Recenti tragici episodi di cronaca hanno infatti evidenziato come eventi di massa come gli spettacoli dal vivo, di ogni natura, possano essere obiettivi sensibili del terrorismo internazionale. Con le attuali norme è oggi impossibile poter risalire dal biglietto al nominativo che lo ha effettivamente utilizzato;
   nell'ordinamento italiano, per gli spettacoli sportivi calcistici in impianti superiori alle 10 mila unità, è vigente dal 2005 il decreto del Ministero dell'interno 6 giugno 2005. In base a tale atto i biglietti devono essere associati anche alle generalità od alla ragione sociale dell'acquirente. Si tratta in sintesi di biglietti nominativi che permettono l'ingresso esclusivamente assieme ad un documento valido di identità e che quindi non possono essere utilizzati, ad esempio, nei circuiti del « secondary ticketing»;
   l'Unione europea, nonostante il « secondary ticketing» abbia una dimensione evidentemente transfrontaliera, ha ribadito in più occasioni la volontà di lasciare ai singoli Stati membri la possibilità di legiferare in materia. In alcune nazioni sono, infatti, in discussione proposte di legge: in Inghilterra è stato prospettato di vietare la rivendita di tagliandi con un ricarico superiore al 10 per cento rispetto al loro prezzo base, mentre in Belgio è stata avanzata l'idea di mettere in vendita biglietti di ingresso nominativi ai concerti, nonché la determinazione di un numero massimo di biglietti per persona –:
   se i Ministeri interrogati, in relazione a quanto espresso in premessa, non ritengano necessario assumere iniziative urgenti, anche di carattere normativo, per contrastare con efficacia e tempestività il fenomeno del « secondary ticketing», al fine di tutelare i consumatori, garantire la sicurezza pubblica ed evitare forme di evasione fiscale. (5-09612)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comitato Lavoratori delle campagne, la Rete campagne in lotta e il Si Cobas Foggia, attraverso i propri portali e organi di diffusione di stampa e tv denunciano come: «A un anno dall'inizio delle mobilitazioni dei lavoratori e delle lavoratrici e dei conseguenti incontri con gli organi di governo locale, ben pochi degli impegni presi da regione, prefettura e ministeri sono stati attuati. Nelle ultime settimane si sono susseguiti numerosi incontri, con presenti gli organi istituzionali [...]I tavoli sono la prosecuzione del protocollo tra Ministeri e regioni steso in maggio a Roma per combattere il caporalato, e hanno interessato numerosi temi che riguardano la vita dei braccianti agricoli della provincia di Foggia. Esprimiamo sostanziali dubbi su quanto deliberato da questi tavoli, che contraddicono le intenzioni espresse da Questura, Prefettura e Regione Puglia negli incontri con i comitati autorganizzati dei lavoratori avuti a seguito delle manifestazioni di questi mesi: Sulla sanità, i presidi sanitari mobili, che avrebbero dovuto essere presenti nei luoghi di residenza dei lavoratori dall'inizio della stagione, non sono stati fatti partire. Dagli incontri trapela esclusivamente l'intenzione di potenziare gli ambulatori cittadini già esistenti, un intervento completamente irrilevante rispetto al numero e alle necessità dei tanti lavoratori che abitano negli insediamenti, di fatto non raggiunti dal servizio. Allo stato attuale questi ultimi risultano scoperti, vista anche l'assenza dei presidi di Emergency il cui taglio serviva proprio a reindirizzare i fondi sul servizio pubblico»;
   l'unica iniziativa che sembra essere in via di attuazione è lo sgombero del Ghetto «di Rignano», e la ricollocazione dei suoi abitanti in tre tendopoli – ancora da costruire – nei comuni di Foggia, Lucera e Apricena. Soluzioni già dimostratesi fallimentari, come evidente da quanto succede in altri territori come Rosarno dove hanno prodotto effetti sociali e abitativi disastrosi non risolvendo il problema della marginalizzazione dell'isolamento dei loro abitanti, ipotesi che la stessa regione Puglia negli incontri di marzo e giugno 2016 aveva rifiutato come intervento di risoluzione della questione del Ghetto;
   il 7 settembre è avvenuto un ulteriore incontro nel quale il questore, a quanto risulta all'interrogante, ha di fatto ammesso la responsabilità riguardo alle lungaggini burocratiche per la regolarizzazione dei lavoratori che autocertificano la propria residenza –:
   se i Ministri interroganti siano a conoscenza dei fatti narrati e quali iniziative intendano intraprendere al riguardo; se non intendano fare proprie le richieste dei «Lavoratori Delle Campagne», della «Rete Campagne in Lotta» e del «Si Cobas Foggia» che insistono sulla necessità di mettere in campo misure utili a contrastare il fenomeno del caporalato nella realtà foggiana;
   se i Ministri interrogati non reputino opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, circa i temi dei presidi sanitari che avrebbero dovuto essere presenti nei luoghi di residenza dei lavoratori, della casa e dei trasporti in relazione ai quali a quel che risulta all'interrogante le risorse stanziate dalla regione Puglia, che ammontano ad un milione di euro, non sono state messe a bando;
   se non si intendano assumere iniziative affinché le questure applichino la corretta procedura secondo la legge per la regolarizzazione dei documenti dei lavoratori migranti e, in particolare, se intendano attivarsi affinché l'autocertificazione della residenza del lavoratore sia effettivamente acquisita dalle questure competenti territorialmente. (4-14320)


   NACCARATO, MOGNATO, CASELLATO, MARTELLA, MORETTO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle prime ore di domenica 25 settembre 2016 un incendio è divampato nella sede di Caorle della ditta Fe.Mar. Ambiente di proprietà di Debora Gnan e Diego Giro, che si occupa di raccolta e trasporto di rifiuti;
   nel rogo sono stati coinvolti il capannone e un camion con danni ingenti che ad una prima stima ammonterebbero ad oltre 100.000 euro;
   sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Portogruaro, San Donà e Mestre con 14 operatori e 4 automezzi che hanno lavorato fino alle 10 del mattino per domare le fiamme;
   dalle prime ricostruzioni l'incendio sarebbe scoppiato da tre diversi focolai e avrebbe origini dolose;
   sulla dinamica del fatto la procura di Pordenone ha aperto un'indagine affidata ai carabinieri di Caorle e il capannone è stato messo sotto sequestro;
   la vicenda ha generato forte preoccupazione nella comunità locale per la natura e per le dimensioni dell'incendio;
   in Veneto negli ultimi due anni una lunghissima sequenza di incendi ha colpito diverse società attive nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti;
   secondo gli interroganti su questi fatti è necessario avviare tutte le azioni necessarie per individuare i responsabili degli incendi e l'eventuale coinvolgimento di gruppi criminali organizzati;
   soltanto una settimana fa, il 17 settembre 2016, si è verificato un altro incendio doloso a Mogliano Veneto, nella sede della ditta Veritas, che si occupa di smaltimento rifiuti, già oggetto di una interrogazione al Ministro (atto n. 4-14255, seduta 677 del 21 settembre 2016) da parte degli interroganti;
   il 17 luglio 2016 nella sede della ditta Eco 2000 srl nel comune di Fossò in provincia di Venezia sono stati incendiati alcuni camion per la raccolta di rifiuti e gli interroganti hanno presentato una interrogazione al Ministro per accertare la natura e le cause del fatto (atto n. 4-13854, seduta 658 del 20 luglio 2016);
   la relazione territoriale sul Veneto della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati (Doc. XXIII N. 17), discussa e approvata dalla Camera in data 14 settembre 2016, ha evidenziato la presenza di gruppi criminali nel ciclo illecito dei rifiuti e, in particolare per le province di Venezia e Treviso, ha sottolineato il fenomeno degli incendi di natura dolosa contro aziende operanti nel settore dei rifiuti;
   è noto che il settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti è oggetto di forti interessi da parte della criminalità organizzata che ha stabilito una presenza significativa anche in Veneto –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per contribuire a fare luce sulle cause e sulla matrice dell'incendio di Caorle;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per potenziare la presenza delle forze dell'ordine da impiegare in azioni di prevenzione e controllo del territorio. (4-14321)


   SARRO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 settembre 2016 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di S. Maria Capua Vetere, su richiesta della competente procura, emetteva ordinanza di custodia cautelare nei confronti di alcuni amministratori locali;
   in conseguenza del provvedimento restrittivo, il prefetto di Caserta disponeva, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 235 del 2012, la sospensione dalla carica dei predetti amministratori;
   tra questi figura il sindaco di Alvignano (CE) che, fino a quel momento, ricopriva anche la carica di presidente della provincia di Caserta;
   si è posta, pertanto, l'esigenza di individuare il soggetto istituzionale cui demandare l'esercizio delle funzioni vicarie, in ragione del fatto che presso la provincia di Caserta, al verificarsi della decadenza del presidente, la carica di vice-presidente non risultava assegnata;
   non potendo trovare applicazione il procedimento sostitutivo di cui all'articolo 1, comma 66, della legge 7 aprile 2014, n. 56, veniva inoltrato apposito quesito alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   il dipartimento per gli affari regionali, le autonomie e lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri con nota del 19 settembre 2016 si è così pronunciato: «al fine di garantire la continuità amministrativa dell'ente e considerato che le relative funzioni possono essere esercitate, in mancanza di un Vice-Presidente, solo da un consigliere, nell'ipotesi prospettata si può far ricorso al principio generale che presiede tutta l'attività amministrativa della conservazione e salvaguardia delle funzioni svolte ricorrendo al consigliere anziano quale figura di garanzia, come individuata dall'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico della legge sull'ordinamento degli enti locali)»;
   ai sensi del combinato disposto risultante dagli articoli 40, secondo comma, e 73, sesto comma, del decreto legislativo n. 267 del 2000 è consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior cifra individuale da calcolare sommando i voti di preferenza alla cifra di lista;
   inspiegabilmente a tutt'oggi non si è dato corso all'applicazione delle disposizioni indicate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e pacificamente applicabili al caso di specie, procedendo all'assegnazione delle funzioni vicarie al consigliere anziano in carica, agevolmente individuabile in conformità alla previsione degli articoli 40 e 73 del decreto legislativo n. 267/2000 –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere per evitare che possano prodursi situazioni analoghe a quella sopra descritta e garantire quindi la corretta funzionalità degli enti locali, a cominciare dal caso della provincia di Caserta.
   (4-14327)


   CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 30 dicembre 2012, all'interno dei locali dello stabile CMM (Centro multimediale) sito in via D. Giovanni Bosco a Terni, veniva rinvenuto privo di vita il lavoratore Moreno Francesconi di anni 57 dipendente della Athena scrl, il quale stava prestando servizio di vigilanza con orario 20,00-8,00;
   il corpo senza vita veniva scoperto dal figlio la mattina del 30 dicembre, intorno alle ore 9,30, esclusivamente in conseguenza di una iniziativa personale dello stesso che, preoccupato per il mancato rientro del padre, si attivava al fine di verificare dove si trovasse;
   per accedere ai locali in cui si trovava il corpo del padre, il figlio doveva chiedere le chiavi dei locali del CMM a un collega del padre, il quale gliele avrebbe consegnate presso la propria abitazione;
   a seguito del decesso dell'uomo la divisione amministrativa della questura di Terni avviava nel luglio 2013 un'indagine sulla vicenda che, secondo quanto riportato dalla stampa on line (www.umbria24.it del 29 luglio 2013), portava alla denuncia per esercizio abusivo di attività di vigilanza ex articolo 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza: «Le contestazioni parlano di "esercizio abusivo dell'attività di vigilanza". La legge (ex articolo 134 Tulps) prevede che, durante l'orario notturno o di chiusura al pubblico, l'attività di custodia di beni immobili e mobili sia affidata esclusivamente alle guardie giurate, ovvero personale qualificato, sottoposto a specifici controlli preventivi di polizia che ne accertino il requisito di buona condotta» (umbria24.it del 29 luglio 2013);
   il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza prevede che l'attività «di custodia beni immobili e dei beni mobili in esso contenuti» sia affidata «durante l'orario notturno o di chiusura al pubblico» esclusivamente alle guardie giurate, e che gli enti committenti del servizio sono tenuti ad accertare che chi svolge l'attività di vigilanza debba essere regolarmente in possesso di autorizzazione prefettizia;
   gli stabili del CMM sono di proprietà del comune di Terni ed erano gestiti, al momento dei fatti, dalla partecipata regionale U.S.I. Umbria Servizi Innovativi spa;
   sulla morte del lavoratore ha pesato fortemente la mancanza di soccorso tempestivo e un servizio di controllo di 12 ore in orario notturno senza centrale operativa;
   la vigilanza privata è l'attività di uomini e mezzi che operano per la sicurezza di beni e/o enti pubblici o privati, e non estende la propria tutela alle persone, funzione di esclusiva competenza delle forze di polizia;
   una prima regolamentazione all'attività di vigilanza privata fu quella relativa alle guardie particolari giurate, con la legge 21 dicembre 1890, n. 7321, che all'articolo 45 stabiliva: «I comuni, i corpi morali e i privati cittadini possono destinare guardie particolari alla custodia delle loro proprietà, le guardie particolari devono possedere i requisiti determinati dal regolamento, essere approvate dal Prefetto e prestare giuramento innanzi al Pretore. I loro verbali nei limiti del servizio cui sono destinate, faranno fede in giudizio sino a prova contraria»;
   le disposizioni legislative principali, pur con successive modifiche e chiarimenti, che regolano ancora oggi la vita ed i rapporti giuridici degli istituti di vigilanza privata italiani e delle guardie giurate sono: il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (articoli da 133 a 141); il regio decreto-legge 26 settembre 1935, n. 1952, convertito dalla legge n. 508 del 1936 (articoli da 1 a 6); il regio decreto-legge 12 novembre 1936, n. 2144, convertito dalla legge n. 526 del 1937 (articoli da 1 a 6); il regolamento per l'esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 (articoli da 249 a 260); il decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101 del 2008, che ha modificato l'articolo 138 del testo unico, per cui ora anche la guardia particolare giurata, che lavori alle dipendenze di un istituto di vigilanza privato, è qualificabile un «incaricato di pubblico servizio» (articolo 4); il decreto del Ministro dell'interno n. 269 del 2010;
   nonostante gli interventi legislativi, anche recenti, sono segnalate lacune nell'osservanza degli stessi;
   i servizi tipici offerti dagli istituti di vigilanza consistono principalmente nel piantonamento, servizio ispettivo, trasporto valori, custodia beni e valori, localizzazione satellitare, teleallarme, telesoccorso e videosorveglianza;
   gli agenti addetti all'attività di vigilanza privata, pur non essendo obbligati, vivono spesso situazioni di pericolo, rischiando la vita;
   risulta da fonti di stampa che le indagini condotte dalla divisione amministrativa della questura di Terni avrebbero portato alla denuncia dei titolari dell'agenzia di vigilanza per cui l'uomo lavorava, per presunte violazioni relative al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza;
   in merito ai fatti esposti e stata già presentata in data 30 ottobre 2015 una analoga interrogazione a risposta scritta dall'interrogante rimasta senza risposta (n. 4/10922) –:
   se trovi conferma che il signor Moreno Francesconi fosse privo della qualifica di guardia giurata;
   se trovi conferma che la società Athena scrl per la quale il dipendente deceduto prestava servizio e il dipendente medesimo fossero privi della licenza e del decreto prefettizio per esercitare l'attività di vigilanza privata e per quale motivo lo stesso si trovasse nei locali del CMM nella notte del 30 dicembre 2012;
   di quali elementi disponga, per quanto di competenza, in merito all'inizio dell'attività lavorativa del signor Francesconi Moreno e di altri dipendenti di Athena all'interno della struttura CMM;
   quali opportune iniziative di competenza, alla luce dei fatti descritti in premessa, intenda porre in essere al fine di verificare il rispetto della normativa di legge prevista dal testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, anche in tema di affidamento del servizio di vigilanza nel caso di specie, per fare luce su tutti gli aspetti di questa triste vicenda. (4-14330)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015 – cosiddetta della «Buona scuola – attribuisce al Governo ampie deleghe in 9 ambiti che riguardano l'istruzione da attuarsi entro i 18 mesi successivi all'entrata in vigore della legge;
   la legge n. 107 del 2015 è stata promulgata il 13 luglio 2015, e sono dunque passati più di 14 mesi ma non è stato ancora emanato nessun decreto legislativo;
   le deleghe prevedono interventi in molteplici materie che porteranno importanti e consistenti modifiche al sistema nazionale di istruzione, con conseguenze rilevanti sia per gli operatori che per gli studenti;
   le deleghe, infatti, intervengono in materia di:
    riordino delle disposizioni normative in materia di istruzione, mediante redazione di un nuovo testo unico che, oltre a contenere le disposizioni del decreto legislativo n. 297 del 1994, dovrebbe racchiudere anche le altre fonti normative in materia d'istruzione, riorganizzare le norme per materie omogenee, adeguare il dettato normativo al quadro nazionale e dell'Unione europea e indicare in maniera chiara quali siano le leggi abrogate;
    definizione di nuove norme sulla formazione iniziale per l'insegnamento nella scuola secondaria, nel senso di prevedere per l'accesso alla professione vari stadi successivi;
    riforma riguardante gli insegnanti di sostegno, finalizzata alla promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali, mediante la ridefinizione del ruolo dei docenti di sostegno, anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
    revisione dei percorsi dell'istruzione professionale e il raccordo con i percorsi dell'istruzione e della formazione professionale;
    istituzione del sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, che sarà costituito dai servizi educativi dell'infanzia e dalle scuole dell'infanzia;
    definizione dei livelli essenziali del diritto allo studio al fine di garantire che questo possa essere effettivamente esercitato; i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) dovranno riguardare sia i servizi alla persona, con particolare riferimento alle situazioni di disagio, sia i servizi strumentali;
    potenziamento della carta dello studente;
    revisione, riordino e adeguamento delle scuole e delle istituzioni scolastiche italiane all'estero, al fine anche di realizzare un effettivo coordinamento della gestione della rete scolastica e dell'attività di promozione della lingua italiana all'estero tra Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    adeguamento alle nuove norme delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo e delle modalità di svolgimento degli esami di Stato del primo e del secondo ciclo;
    promozione e diffusione della cultura umanistica; valorizzazione del patrimonio e della produzione culturale, musicale, teatrale, coreutica e cinematografica, nonché sostegno alla «creatività connessa alla sfera estetica» –:
   a che punto sia la predisposizione degli schemi di decreti legislativi attuativi delle deleghe contenute nella legge n. 107 del 2015, considerato che gli stessi vanno sottoposti alle competenti commissioni parlamentari, e che il tempo a disposizione per un attento e approfondito esame di così ampie e importanti materie è ormai molto contenuto e che il regolare avvio dell'anno scolastico con norme definite e certe deve costituire un obiettivo prioritario per l'azione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
(2-01480) «Centemero».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAPONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 12 ottobre 2015 la regione Puglia, con determina n. 37 12/10 del servizio scuola, università e ricerca (pubblicata sul BURP n. 138 del 22 ottobre 2015) approvava definitivamente la graduatoria regionale relativa alle manifestazione di interesse presentate dagli enti locali pugliesi per la realizzazione di nuove scuole nell'ambito del più complessivo programma nazionale #scuoleinnovative. Tra i partecipanti all'avviso pubblico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che aveva destinato alla Puglia fondi pari a 21 milioni 633 mila 515 euro finalizzati alla costruzione di scuole innovative, c'erano il comune di Bari, con un intervento stimato pari a 9 milioni 500 mila euro, classificatosi primo in graduatoria con un punteggio pari a 164 e la provincia di Lecce che, con la candidatura per l'intervento di ricostruzione dell'Istituto Nautico di Gallipoli «Amerigo Vespucci», era stata ammessa dalla regione Puglia per un finanziamento di 12 milioni di euro, ottenendo il secondo posto in graduatoria con un punteggio pari a 162;
   ai sensi dell'avviso pubblico, e successivamente alla approvazione della graduatoria, al Ministero spettavano la ratifica delle proposte e l'approvazione definitiva della graduatoria con l'ammissione a finanziamento. Al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca spettava anche il compito di bandire un concorso di progettazione nazionale per la scelta del miglior progetto finalizzato alla realizzazione del nuovo Nautico;
   secondo l'ordine della graduatoria e per quanto è dato apprendere dalle ricostruzione degli organi di stampa, i due interventi sommati insieme esaurivano la disponibilità delle risorse finanziarie assegnate alla Puglia e, così si legge dalle ricostruzioni, «nell'ambito della definizione delle aree progettuali la ripartizione delle risorse da parte del Ministero ha determinato un taglio dei fondi destinati a Gallipoli di 9 milioni di euro che sono invece stati convogliati per incrementare il progetto delle scuole del capoluogo pugliese passato da una previsione di spesa di 9 milioni e mezzo a oltre 18 milioni di euro»;
   si apprende inoltre che, «dopo la conclusione della procedura di evidenza pubblica e l'approvazione della graduatoria finale di merito, il Comune di Bari ha proposto alla Regione Puglia una nuova stima del costo del progetto, rideterminando la spesa per l'intervento da 9.500 mila euro a 18 milioni di euro, nuova valutazione del progetto accettata sia dalla Regione Puglia che dal Miur»;
   in seguito a tale situazione che, a parere dell'interrogante, ha il profilo di un vero e proprio «colpo di scena», la provincia di Lecce ha presentato ricorso al Tar del Lazio denunciando la illegittimità della decisione assunta sostenendo come «nelle procedure di evidenza pubblica, siano esse gare di appalto, concorsi pubblici, bandi per finanziamenti o contributi, le domande presentate dai concorrenti corredate della relativa documentazione amministrativa, tecnica ed economica, una volta inviate tempestivamente all'Amministrazione che ha indetto l'avviso pubblico non possono essere modificate, variate, integrate, pena la inevitabile violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e par condicio, che costituiscono le regole fondanti di ogni procedura selettiva pubblica»;
   il Tar del Lazio ha inizialmente, con decreto del 14 giugno 2016, sospeso l'efficacia degli atti impugnati fissando la discussione del ricorso nella camera di consiglio del 2 agosto 2016. In questa sede, attraverso una ordinanza cautelare, ha ritenuto fondate le ragioni della ricorrente provincia di Lecce dando il via libera alla restituzione dei 12 milioni destinanti all'Istituto nautico di Gallipoli e fissando udienza pubblica per la discussione del merito il 28 febbraio 2016. Nello specifico, si apprende dalla stampa, «la nuova ordinanza del giudice amministrativo romano ha ritenuto fondati i motivi di ricorso proposti dal difensore di Palazzo dei Celestini, ravvisando nei provvedimenti impugnati “la violazione dei principi di parità di trattamento, tutela della par condicio e del legittimo affidamento”» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti precedentemente descritti che appaiono lesivi del diritto acquisito regolarmente dall'Istituto nautico di Gallipoli e gravemente dannosi per l'intero territorio salentino; quali determinazioni il Ministro interrogato intenda assumere dinanzi all'ordinanza cautelare del Tar Lazio e se non ritenga di dover procedere, in autotutela, alla riassegnazione delle somme così come dalla graduatoria dell'ottobre 2015 pubblica sul Bollettino ufficiale della regione Puglia n. 138 del 2015;
   posto che in ogni caso appare grave una ridestinazione così decisa di risorse affidate dietro pubblico avviso e sancite da una graduatoria pubblica se, anche per questo, non ritenga necessario procedere alla restituzione delle somme nel rispetto dei principi inviolabili di trasparenza, legalità e di equità. (5-09593)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo una risposta data ad un atto di sindacato ispettivo il 21 settembre 2016 alla Camera dei deputati dallo stesso Ministro interrogato:
    la legge di stabilità 2015 ha abrogato la possibilità per i dirigenti scolastici di avvalersi dell'esonero e del semiesonero dall'insegnamento per la figura del collaboratore vicario (o primo collaboratore) che riguarderebbe tutte le tipologie di docenti;
    la legge n. 107 del 2015 al comma 83 dell'articolo 1, assegna al dirigente scolastico la possibilità di individuare i propri collaboratori entro il limite del 10 per cento dell'organico dell'autonomia di cui fanno parte anche gli insegnanti di religione cattolica;
    il comma 7 dell'articolo 1 della medesima legge ha previsto l'assegnazione del contingente di potenziamento dell'offerta formativa destinato alle attività finalizzate a migliorare l'organizzazione delle scuole, in una modalità a causa della quale, in relazione alla funzione di collaboratore vicario, «non è possibile che si possa presentare tale opportunità» per gli insegnanti di religione cattolica, identificando in modo puntuale la causa di ciò nella assenza di un piano di potenziamento dell'offerta formativa per tale materia;
    in caso di applicazione non del tutto corretta di singoli casi, il Ministro competente ha dichiarato di essere «pronta ove necessario, a intervenire»;
   già all'avvio del corrente anno scolastico, negli istituti di ogni ordine e grado, proprio grazie alla presenza di risorse di organico assegnate alle istituzioni scolastiche a titolo di potenziamento, docenti di tutte le discipline risultano distaccati dall'insegnamento ai fini dell'assunzione della funzione di primo collaboratore del dirigente, nella prevista quota del 10 per cento dell'organico e sono stati sostituiti nelle loro classi dai colleghi facenti parte dell'organico dell'autonomia grazie alla suddetta risorsa del potenziamento;
   dal combinato disposto di quanto descritto sopra, pur non esistendo una norma positiva tendente alla esclusione di detti docenti, essi tuttavia risultano tuttora discriminati di fatto, con una limitazione nel contempo della possibilità da parte dei dirigenti scolastici di esercitare la legittima potestà fiduciaria nell'assegnare ad essi la funzione vicaria entro la quota del 10 per cento prevista dalla legge;
   i docenti di religione cattolica ai sensi dell'articolo 309 del testo unico decreto legislativo n. 297 del 1984 godono a tutti gli effetti degli stessi diritti e doveri degli altri docenti –:
   come si intenda procedere allo scopo di mettere fine a tale reale discriminazione, ovviando alla mancata previsione da parte del Ministero delle conseguenze di quanto sopra descritto;
   come si intenda ristabilire la possibilità di sostituire i docenti di religione individuati come vicari, con supplenti approvati dall'autorità ecclesiastica, autorizzando, di conseguenza, la copertura dei costi derivanti, mediante, il capitolo di spesa già esistente relativo alle attività alternative e alle supplenze concernenti l'insegnamento della religione cattolica.
(4-14317)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel Centro internazionale di fisica teorica (ICTP) di Miramare a Trieste, prestigioso istituto fondato nel 1964 dal Nobel Saalam, da decenni vengono a formarsi scienziati da tutto il mondo;
   in base all'accordo finanziario relativo al centro, siglato tra l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, l'Unesco ed il Governo italiano, l'Italia partecipa per una quota molto elevata al budget dell'istituto, per un importo che nel 2014 si è attestato su venti milioni di euro;
   il Centro di fisica di Trieste costituisce un'eccellenza nel campo della fisica e accoglie da sempre scienziati provenienti da moltissime azioni, tra le quali anche la Corea del Nord;
   la Corea del Nord è al centro dell'attenzione di tutto il mondo a causa della sua dichiarata intenzione di dotarsi di armi nucleari e degli esperimenti nucleari che continua platealmente a mettere in atto;
   in seguito all'esperimento nucleare del 6 gennaio 2016 e alla richiesta di chiarimenti in merito agli scienziati nordcoreani eventualmente formati presso il centro di Trieste, all'istituto è stata trasmessa un'informativa che ricordava il divieto d'impartire formazione specialistica in materie sensibili utilizzabili per lo sviluppo di armamenti ufficiali –:
   di quali elementi disponga il Governo, per quanto di competenza, circa la presenza di scienziati nordcoreani ammessi all'Ictp e se del caso, quanti siano e in che modo si intenda garantire il rispetto della risoluzione n. 2270 adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite nel marzo 2016. (4-14332)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già con atto di sindacato ispettivo n. 5-08408 l'interrogante richiamava l'attenzione del Ministro interrogato sulle modalità di calcolo delle situazioni reddituali incidenti sul diritto e sulla misura delle prestazioni collegate al reddito;
   nel dettaglio, si poneva l'accento sulla previsione di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge n. 2017 del 2008 (come modificato da ultimo dall'articolo 13, comma 6, lettere a) e b) del decreto-legge n. 78 del 2011), in materia di modalità di verifica delle situazioni reddituali incidenti sul diritto e sulla misura delle prestazioni collegate al reddito, e sulla relativa interpretazione restrittiva e penalizzante applicata dall'Inps;
   in particolare, l'Inps, con il messaggio n. 21172 del 12 agosto 2010, interpretava ed applicava la predetta disposizione di cui all'articolo 35, comma 8, relativamente al riconoscimento ed alla misura della pensione ai superstiti, adoperando quale sistema di determinazione dei redditi la somma dei redditi percepiti in due anni: quello relativo all'anno antecedente alla richiesta della prestazione ed il reddito di prestazione nell'anno prima della liquidazione del trattamento medesimo;
   in sede di risposta in data 28 aprile 2016, il rappresentante del Governo precisava che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con nota del 12 gennaio 2015, indicava all'Inps che «(...) Da tale previsione per così dire procedurale non può derivare che ai fini della determinazione della prestazione collegata al reddito debbano essere sommati i redditi dell'anno precedente con i redditi dell'anno in corso, in quanto ciò porterebbe ad un artificioso incremento dei redditi non giustificato dal tenore letterale della disposizione», concludendo che «qualora un soggetto si riteneva leso dalle modalità operative seguite dall'Inps in precedenza, questi possa far valere il suo diritto avanti l'istituto e che l'Inps a quel punto valuterà la sua istanza anche tenendo conto delle nuove istruzioni»;
   in seguito a tali chiarimenti ministeriali, l'Inps adottava le modalità di cui al messaggio del 5 agosto 2015, n. 5178, e cioè che «(...) ai fini della liquidazione o della ricostruzione delle prestazioni previdenziali collegate al reddito già in godimento (...) rileva il maggior reddito da lavoro dipendente (...)»;
   tuttavia, poiché la verifica del diritto e della misura delle prestazioni collegate al reddito in godimento viene effettuata a decorrere dal 1o gennaio di ciascun anno (come ricordato dallo stesso istituto nel richiamato messaggio n. 5178/2015), l'istituto considera il maggior reddito con decorrenza 1o gennaio 2016 e nulla si prevede in merito al precedente errato sistema di determinazione dei redditi basato sulla sommatoria;
   risulta infatti all'interrogante che l'Inps, sede provinciale di Cremona, continui a rigettare i ricorsi presentati da chi, per l'appunto, si ritiene leso nel proprio diritto dalle modalità operative seguite dall'Inps ante indicazioni ministeriali –:
   se non ritenga opportuno, in qualità di autorità vigilante sull'ente previdenziale, accertarsi della corretta applicazione da parte dell'Inps delle indicazioni ministeriali in merito alle modalità di calcolo delle situazioni reddituali incidenti sul diritto e sulla misura delle prestazioni collegate al reddito e se non ritenga che le indicazioni ministeriali debbano avere per l'Inps efficacia retroattiva e, dunque, che l'istituto debba procedere alla restituzione del quantum decurtato dall'importo della prestazione erogata per effetto di quella che appare una errata interpretazione ed applicazione della norma di legge.
(5-09605)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le api, in quanto insetti dediti all'impollinazione, hanno una notevole importanza ecologica ed economica. Come diffuso da più organi di stampa il fenomeno della moria delle api è sempre più esteso e sembra inarrestabile;
   in relazione al progetto di monitoraggio della salute delle api «Beenet», il Governo rispondeva, in data 3 dicembre 2014, all'interrogazione a risposta in commissione n. 5-04098, del firmatario del presente atto: «[...] Il Ministero, intende confermare per il futuro il progetto denominato BEENET, nell'ambito del quale è stata definita una rete di monitoraggio nazionale sullo stato di salute degli alveari, anche al fine di approfondirne le cause di moria delle api e di spopolamento. Si tratta di un progetto che coinvolge 3.000 alveari situati in ogni regione e provincia autonoma, attraverso periodici controlli e successive analisi di laboratorio sulle diverse matrici raccolte (api morte, api vive, covata, cera, polline).. Il progetto BEENET, è coordinato dal CRA-API in collaborazione con l'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, con il Dipartimento di scienze e tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. [...] –:
   se il Ministro interrogato non reputi necessario riattivare il progetto «BEENET», di monitoraggio della salute delle api, anche alla luce della scarsissima produzione di questa annata che arriva fino al 70 per cento meno del solito;
   se non reputi urgente un'iniziativa che verifichi l'adeguatezza delle misure introdotte finora e individui risorse finanziarie in breve tempo al fine di scongiurare il rischio della scomparsa dell'apicoltura in alcune regioni del nostro Paese, come ad esempio la Sicilia, dove è improcrastinabile un intervento del Governo stesso, tenendo conto, anche dell'impegno assunto nella risposta all'interrogazione citata in premessa. (5-09606)


   FERRARESI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la riforma dell'Organizzazione comune di mercato dello zucchero, decisa in sede europea nel novembre 2005 (regolamento (CE) n. 318/2006), ha predisposto finanziamenti per la dismissione della filiera;
   l'Italia ha posto in atto un processo di ristrutturazione concordato in sede di tavolo bieticolo-saccarifero e formalizzato nell'accordo sottoscritto in data 8 febbraio 2006;
   l'articolo 1, comma 1054, della legge n. 299 del 2006 ha previsto l'attribuzione della quota di finanziamento per le riconversioni all'Agenzia per l'erogazioni in agricoltura (AGEA);
   la Commissione europea (decisione di esecuzione 2015/103 del 16 gennaio 2015), in applicazione del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, ha ritenuto che il mancato abbattimento di taluni silos, utilizzati ai fini del confezionamento dello zucchero, non fosse compatibile con il riconoscimento alle imprese dell'aiuto comunitario previsto per lo smantellamento totale degli stabilimenti, ma solo con quello previsto per lo smantellamento parziale;
   il riconoscimento dello smantellamento parziale comporta la restituzione da parte dello Stato italiano di 90,5 milioni di euro;
   uno degli stabilimenti interessati alla dismissione ed alla riconversione produttiva è sito nel comune di Finale Emilia, in provincia di Modena, già di proprietà della società COPROB-Italia Zuccheri;
    il progetto, presentato come Domus Energia srl, prevede la realizzazione di una centrale elettrica alimentata a biomassa, autorizzata dalla provincia di Modena il 14 maggio 2010; a Domus Energia srl è subentrata Enel Green Power Finale Emilia srl;
    attualmente la costruzione della centrale è terminata, ma permangono in loco i due precedenti silos utilizzati per la produzione dello zucchero;
   nel marzo 2011 l'AGEA aveva intimato a Eridania Sadam, proprietaria dell'impianto saccarifero di Russi di Ravenna, di procedere allo smantellamento totale dei silos; Eridania Sadam impugnava tale diffida;
   con sentenza 14 novembre 2013 la prima sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea (interpellata in merito) stabiliva che: «Gli articoli 3 e 4 del regolamento (CE) n. 320/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, (...) devono essere interpretati nel senso che, ai loro fini, la nozione di “impianti di produzione” comprende i silos destinati allo stoccaggio dello zucchero del beneficiario dell'aiuto (...) Spetta al giudice nazionale valutare caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche tecniche o del vero uso che è fatto dei silos di cui trattasi»;
   il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3184 del 2014, aveva in un primo momento respinto l'appello presentato da Eridania Sadam contro AGEA e Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, salvo poi, con una seconda sentenza depositata in segreteria il 15 giugno 2015, pronunciarsi in revocazione in parte qua della sentenza n. 3184 –:
   se e quante risorse siano già state erogate o si prevedeva di erogare allo stabilimento di Finale Emilia;
   se i 2 silos presenti presso tale stabilimento siano stati valutati nella loro precedente funzione come parte integrante dell'impianto di produzione o meno;
   quale sia l'entità delle risorse erogate alle aziende saccarifere per singolo impianto, suddivisa per: finanziamento per la rimozione-demolizione dello stabilimento, bonifica del sito, riconversione con costruzione di un nuovo stabilimento produttivo;
   quale sia la modalità di erogazione di detti finanziamenti;
   quali siano gli stabilimenti oggetto della contestazione da parte della Commissione europea che ha stabilito la restituzione da parte dello Stato italiano di 90,5 milioni di euro, oltre a quello di Russi di Ravenna;
    se e con quali modalità si pensi di dar seguito alla restituzione dei 90,5 milioni di euro;
   quali sanzioni potranno essere a carico del nostro Paese nel caso in cui il giudice dell'Unione condivida la valutazione della Commissione e se la Commissione si rivarrà sui soggetti inadempienti, quali Eridania Sadam, o agirà nei confronti dello Stato membro non ottemperante. (5-09613)


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli aiuti comunitari 2015-2020 sono percepiti dai soggetti che rivestono la qualifica di «agricoltore attivo»;
   questo requisito della nuova Politica agricola comune (Pac) persegue lo scopo di selezionare i beneficiari dei pagamenti diretti, escludendo gli agricoltori «non attivi»: un requisito molto complesso, disciplinato da numerose normative comunitarie e nazionali;
   nel 2015 molti piccoli produttori agricoli attivi, senza partita Iva, hanno presentato domanda di accesso alla riserva nazionale;
   l'accesso alla riserva nazionale da parte degli agricoltori può essere richiesto per ottenere l'attribuzione di nuovi titoli o l'aumento del valore dei titoli già detenuti, in ogni caso l'agricoltore deve soddisfare il solo requisito di essere un agricoltore attivo;
   l'individuazione dell'agricoltore attivo è verificata se il soggetto possiede almeno uno dei seguenti tre requisiti:
    agricoltore sotto un certa soglia di pagamenti diretti;
    iscrizione all'Inps;
    titolari di partita Iva.
   gli agricoltori attivi sotto una certa soglia sono quelli che nell'anno precedente hanno percepito pagamenti diretti di ammontare inferiore a:
    5.000 euro per le aziende prevalentemente ubicate in montagna e/o zone svantaggiate;
    1.250 euro nelle altre zone;
   in Italia la maggior parte dei beneficiari degli aiuti comunitari previsti dalla Pac è al di sotto di tali soglie, infatti, i percettori di aiuti inferiori a 5.000 euro rappresentano nel nostro Paese l'87 per cento della platea dei beneficiari, anche se la loro quota sull'ammontare dei pagamenti erogati è solo del 26 per cento;
   conseguentemente, la maggior parte dei beneficiari attuali della Pac è «agricoltore attivo» sotto una certa soglia di pagamenti diretti;
   la normativa nazionale e comunitaria non obbliga, quindi, gli agricoltori al possesso della partita Iva per percepire i pagamenti della Pac;
   nonostante ciò, Agenzia pubblica per i controlli in agricoltura, con la circolare prot. N. ACIU.2015.275 del 3 giugno 2015 (paragrafo 4 – Fattispecie di accesso alla riserva nazionale), ha introdotto un nuovo requisito al fine dell'individuazione dell'agricoltore attivo ovvero ha disposto che sia indicata «la data di apertura della partita IVA o, nel caso di partita IVA, già presente ma attiva in un ambito diverso da quello agricolo, la data di estensione dell'attività al regime agricolo»;
   in sostanza l'Agea, ponendosi per l'interrogante in contrasto con quanto sopra esposto, avrebbe stabilito che l'unico modo per verificare l'inizio dell'attività agricola sia l'apertura della partita Iva;
   l'aggiunta del requisito del possesso o dell'estensione della partita Iva non contemplato dalla normativa nazionale né dai regolamenti comunitari, ha fatto sì che molti piccoli produttori agricoli siano stati illegittimamente esclusi dall'attribuzione dei titoli Dar 2015 –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per evitare che i piccoli produttori agricoli, già colpiti dalla lunga crisi che sta attraversando il nostro Paese, possano essere danneggiati da quella che appare all'interrogante una burocratica e iniqua interpretazione delle norme che mal si concilia con quanto dispongono i regolamenti comunitari e la legislazione nazionale. (5-09620)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'attività della pesca del tonno è economicamente e socialmente significativa;
   l'impatto socioeconomico, a causa della riduzione dello sforzo di pesca nel corso degli ultimi anni, è stato un forte fardello per la categoria anche a causa del costo del gasolio e di gestione;
   la razionalizzazione delle catture e i sacrifici della categoria hanno contribuito notevolmente alla ricostituzione degli stock;
   la raccomandazione Iccat n. 14-04 ha approvato un piano pluriennale (2015-2017) per la conservazione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo;
   il regolamento comunitario n. 2016/72 del Consiglio del 22 gennaio 2016, pubblicato nella Gazzetta dell'Unione europea L.22/ del 28 gennaio 2016, con il quale è ripartito fra gli Stati membri il totale ammissibile di cattura (Tac) per il corrente anno riconosce all'Italia una quota pari a 2.752,56 tonnellate;
   la ripartizione delle quote fin dal lontano 2000 viene assegna da anni sempre agli stessi armatori e ai medesimi mestieri, creando un monopolio dei grandi armatori;
   nonostante la risoluzione del Parlamento europeo inviti gli Stati membri a coinvolgere più soggetti possibili a partire da chi esercita una pesca ecocompatibile con l'ambiente e le risorse, tutto è rimasto immobile sul piano della grande industria;
   dalla stampa si apprende che la redistribuzione delle quote tonno è così ripartita: circuizione oltre il 74 per cento, palangaro circa il 14 per cento, tonnare fisse oltre l'8 per cento e 3 per cento per le catture accessorie (by-catch);
   quest'anno c’è stato un incremento del 20 per cento della quota complessiva di pesca del tonno rosso dovuto alla progressiva ricostituzione dello stock, come certificato dall'Iccat;
   la piccola pesca è l'attività ittica che più persegue lo sviluppo compatibile e la pesca accidentale del tonno è punibile con pesanti sanzioni fino a 8 mila euro e la decurtazione dei punti della patente nautica;
   alla pesca sportiva e ricreativa sono state assegnate delle quote ammissibili, facendo sì che solo la piccola pesca rimanga esclusa dalle quote tonno –:
   quali iniziative il Ministro intenda attivare, nell'ambito delle proprie competenze affinché si realizzi un sano, giusto e corretto riequilibrio tra la pesca industriale con palangaro e reti di circuizione e la pesca artigianale, che rappresenta oltre il 70 per cento nel Mediterraneo, e se non intenda adoperarsi affinché la redistribuzione delle quote non riguardi gli stessi soggetti o gli stessi mestieri, al contrario di quanto prevede la risoluzione del Parlamento europeo, bensì includa anche una quota da destinare ai pescatori della piccola pesca. (4-14312)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FEDRIGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   desta non poco allarme e sconcerto la notizia di una pediatra di Trieste che ha contratto la tubercolosi in forma «attiva» (ovvero conclamata);
   la dottoressa, che si occupava di vaccini, ha svolto la sua attività in convenzione con la asl nei distretti 1, 2 e 3 fino al 15 settembre 2016 ed ora è ricoverata nel reparto malattie infettive dell'ospedale Maggiore cittadino;
   a seguito della scoperta, 3.490 bambini sono stati richiamati in via precauzionale per scongiurare un eventuale contagio; i piccoli da 0 a 6 anni vaccinati negli ultimi mesi dalla pediatra saranno sottoposti al test della tubercolina per verificare se sono entrati in contatto con il germe della Tbc, e comunque 600 bambini sotto l'anno di età saranno sottoposti a profilassi;
   non è il primo caso riscontrato a Trieste: nell'anno in corso sono stati già notificati sette casi di tubercolosi; 13 nel 2015;
   è doveroso accertare eventuali — ed a parere dell'interrogante quasi ovvi — collegamenti tra il manifestarsi della malattia e la massiccia immigrazione che ha interessato non soltanto la città di Trieste ma il Paese tutto –:
   se e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro intenda urgentemente adottare per accertare le modalità, il luogo e la causa che ha portato la pediatra a contrarre la malattia della tubercolosi;
   se e quali iniziative di competenza intenda porre in essere per un più efficace e tempestivo controllo sui pediatri che operano in convenzione e su tutto il personale sanitario non strutturato il cui lavoro implica contatto con i bambini.
(5-09599)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Enantone è un medicinale a base di leuprorelina acetato, appartenente al gruppo degli analoghi dell'ormone liberatore delle gonadotropine;
   l'Enantone è indicato anche per la donna nel trattamento di endometriosi genitale ed extragenitale (stadi I-IV), carcinoma della mammella in donne in pre e perimenopausa ove sia indicato il trattamento ormonale, fibromi uterini, terapia prechirurgica degli interventi di miomectomia e isterectomia, nonché nel trattamento prechirurgico degli interventi di ablazione endometriale e di resezione dei setti endouterini per via isteroscopica;
   una grossa preoccupazione di chi si deve sottoporre alla chemioterapia in giovane età è la possibilità che le cure compromettano la fertilità futura;
   pertanto, è importante tenere conto anche del desiderio della donna di avere in futuro dei figli;
   alcuni ricercatori dall'Istituto tumori di Genova hanno scoperto che l'Enantone — farmaco utilizzato anche per curare il cancro al seno — blocca la produzione di ormoni dell'ovaio della donna ed ha la facoltà di preservare più a lungo la fertilità nelle donne che si sottopongono a cicli di chemioterapia;
   preservare le ovaie della donna durante i trattamenti di chemioterapia, con l'aiuto del farmaco evita la menopausa precoce che si verifica in quattro pazienti su dieci;
   lo studio condotto dal 2003 al 2008 su 281 donne in sedici centri del Gruppo italiano mammella (Gim) afferma che «Fra le donne che hanno sospeso farmacologicamente la funzione dell'ovaio, al termine delle cure soltanto l'8,9 per cento è entrata in menopausa precoce rispetto al 25,9 per cento di chi non aveva assunto triptorelina»;
   sottoporsi a trattamenti di Enantone durante la cura di malattie tumorali, non preserva totalmente la fertilità, ma aumenta le possibilità di avere un ciclo mestruale normale dopo le cure antitumorali;
   tuttavia, l'Enantone non è prescrivibile attraverso il servizio sanitario nazionale, pertanto le donne che intendono preservare la possibilità di avere un figlio dopo i trattamenti chemioterapici sono obbligate ad acquistare il farmaco;
   l'Enantone deve essere somministrato con cicli periodici e il costo si aggira intorno ai 180 euro a fiala;
   le recenti e discutibili campagne ideate per il primo Fertility day — giornata nazionale dedicata all'informazione e formazione sulla fertilità umana promossa dal Ministero della salute, parlavano esplicitamente di «... aumentare soprattutto nei giovani la conoscenza sulla propria salute riproduttiva e fornire strumenti utili per tutelare la fertilità attraverso la prevenzione, la diagnosi precoce e la cura delle malattie che possono comprometterla e le tecniche di Procreazione medicalmente assistita»;
   di fatto, le donne costrette a sottoporsi a cicli chemioterapici non rientrano nella campagna promossa dal Ministero della salute, poiché uno dei farmaci che inibiscono e preservano le ovaie durante il trattamento non è mutuabile e molte donne, considerato l'elevato costo, sono costrette a non poterlo usare e a rischiare la propria fertilità futura –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non ritenga fondamentale salvaguardare la possibilità delle donne costrette a trattamenti chemioterapici e anti tumorali di poter diventare madri dopo l'eventuale guarigione;
   se non ritenga — anche in considerazione della sua attenzione posta alla salvaguardia della fertilità — di dover assumere iniziative per garantire l'erogazione dell'Enantone attraverso il servizio sanitario nazionale. (5-09600)

Interrogazione a risposta scritta:


   COZZOLINO, D'INCÀ, BRUGNEROTTO e SPESSOTTO. — Al Ministro della salute, Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il Corriere della Sera del 26 settembre 2016 ha pubblicato un articolo, a firma di Gian Antonio Stella, che riporta la vicenda del dottore Vincenzo Riboni primario del pronto soccorso dell'ospedale San Bortolo di Vicenza. A quanto riportato il dottore Riboni è stato sospeso senza stipendio fino al 2 ottobre 2016 a seguito di una denuncia da lui effettuata nei confronti di medici e infermieri operanti nella stessa struttura;
   il dottore Riboni segnala alla direzione della struttura sanitaria che alcuni operatori della stessa, medici e infermieri, durante il servizio si sarebbero scambiati ripetuti messaggi tramite chat telefoniche che avevano per oggetto una sorta di gara ad utilizzare sui pazienti cannule per infusione venosa di diametro più ampio di quello che sarebbe stato necessario;
   come riportato sempre dall'articolo di stampa, mentre in un primo momento la direzione della struttura sanitaria era sembrata accogliere le denunce del dottor Riboni, a seguito di una controdenuncia avanzata da un sindacato autonomo del personale infermieristico, la vicenda si conclude con il fatto che è il solo Riboni a subire una sanzione disciplinare;
   da quanto si apprende dalla fonte di stampa sembra che le principali vittime delle pratiche denunciate dal dottore Riboni fossero i pazienti del pronto soccorso che subivano trattamenti con strumenti non adeguati e che come tali praticavano più dolore: stralci di messaggi scambiati su questo tipo di pratiche sono stati pubblicati dal Corriere della Sera;
   sempre a quanto riportato dalla fonte di stampa, appare sorprendente che l'unico ad essere sanzionato sia stato proprio colui che ha denunciato la vicenda –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, quali verifiche intenda promuovere, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela della salute, e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda assumere per evitare che i dipendenti pubblici che denunciano comportamenti non conformi alla legge siano oggetto di possibili ritorsioni. (4-14329)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LODOLINI e FRAGOMELI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'INPS, il principale istituto pubblico d'Europa, di previdenza e prestazioni a sostegno del reddito, nel svolgere le sue funzioni si è avvalso di circa 300 unità di personale in «comando» provenienti da altre amministrazioni;
   tale strumento è stato utile soprattutto nel corso degli ultimi anni in relazione ai processi di razionalizzazione di strutture e personale per fronteggiare evidenti carenze di organico presenti all'interno dell'istituto e a cui ha fatto più volte espressamente riferimento lo stesso presidente dell'Inps, professor Tito Boeri;
   va evidenziato che la spesa complessiva per i comandati INPS è di fatto una partita di giro che non aumenta in alcun modo i costi complessivi anche per quel che riguarda il salario accessorio;
   una parte del personale pur avendo superato i 3 anni previsti dal Testo Unico del pubblico impiego, articolo 30, comma 2-sexies, è oggi nella impossibilità di poter accedere ai processi di stabilizzazione all'interno dell'istituto;
   in particolare è accaduto che nei primi giorni di luglio 2016 l'Inps abbia chiesto al personale comandato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il cui comando cessava il 31 agosto 2016, l'assenso alla stabilizzazione e che però il 24 agosto fosse comunicato ad 11 unità in comando, tutte di area B, e con molti anni di servizio in Inps, che dal 1o settembre sarebbero tornati a lavorare per il proprio ente di appartenenza;
   in data 14 settembre 2016 si è svolto, un incontro tra le organizzazioni sindacali e i vertici dell'Istituto in merito alle politiche assunzionali annunciate anche con riferimento alla situazione dei comandati;
   l'istituto avrebbe ribadito la volontà di stabilizzare entro il 31 dicembre 2016 il personale di area C attualmente in comando, mentre per i comandati di area B, nelle more di un assorbimento da parte di altre amministrazioni della graduatoria degli idonei del concorso pubblico a B1, si richiederà agli enti di appartenenza una proroga tecnica per procedere nel 2017 ad una eventuale successiva, stabilizzazione;
   del resto è stato lo stesso presidente Boeri nel suo intervento presso la Commissione di vigilanza sugli enti previdenziali dell'8 luglio 2016, a ribadire la volontà di stabilizzare il personale in comando;
   la determina presidenziale n. 106 del 28 luglio 2016 prevede che la pianta organica dell'Istituto sia composta da 5.396 unità lavorative dell'area B e 22.066 unità lavorative dell'area C;
   alla data di emanazione della determina presidenziale l'organico effettivo del personale in servizio presso l'Istituto era di n. 20.978 unità lavorative dell'area C e di n. 5164 dell'area B;
   è evidente che vi siano tutti i margini per un processo di stabilizzazione degli attuali comandati sia in area C che in area B avendo presente che spesso si tratta di comandati che si trovano a distanza di centinaia di chilometri dalle regioni delle amministrazioni di appartenenza;
   tale situazione sta ingenerando gravi preoccupazioni tra i lavoratori in comando, anche perché si stanno approssimando ulteriori scadenze –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, con la massima urgenza, al fine di individuare con l'Inps un percorso di progressiva stabilizzazione di tutto il personale di area B e C attualmente comandato, considerate le carenze in pianta organica e visto l'importante lavoro svolto da suddetto personale per il funzionamento stesso dell'Istituto di previdenza sociale. (5-09595)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, QUARANTA, COSTANTINO, D'ATTORRE, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, PIRAS, SANNICANDRO, NICCHI e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in una nota sindacale si legge l'esito dell'incontro del 26 settembre 2016 tra regione, responsabile del personale e sindacati di categoria che sancisce il fatto che non ci sia l'accordo per salvare i posti di lavoro dei 71 addetti dell'ex Cementificio Sacci di Castelraimondo (Macerata), acquisito dalla Cementir;
   i sindacati Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil affermano: «L'azienda non ha ascoltato nessuna richiesta per salvare il lavoro e la produttività del cementificio. Avevamo proposto di prorogare di ulteriori 15 giorni il confronto sulla procedura di mobilità in scadenza a fine mese per continuare il confronto. La Regione avrebbe garantito risorse per finanziare altri 3 mesi di cassa con l'obiettivo di traghettare l'azienda fino all'eventuale ripresa della produzione»;
   «Ora — prosegue la nota — l'indisponibilità dell'azienda porterà dal 3 ottobre ai primi licenziamenti». I sindacati si aspettano che la regione mantenga l'impegno di far bonificare dalla Cementir del gruppo Caltagirone, l'area dello stabilimento di Castelraimondo –:
   se il Ministro interrogato non intenda convocare immediatamente un tavolo per affrontare la crisi presso il Ministero dello sviluppo economico. (5-09597)


   RICCIATTI, FERRARA, QUARANTA, COSTANTINO, D'ATTORRE, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, PIRAS, SANNICANDRO, NICCHI e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dall'esecuzione di due verifiche fiscali nei confronti di altrettante imprese locali di Ascoli Piceno, con meticolosi approfondimenti documentali e indagini finanziarie ed economico/patrimoniali, si è risaliti dapprima alle società che risultavano aver solo cartolarmente rifornito alle imprese ascolane le cartucce;
   il numero finale è impressionante: evasione fiscale accertata per 662 milioni di euro. L'operazione «Fast print» è stata condotta dalla guardia di finanza di Ascoli Piceno. Il tutto è partito da un sequestro di accessori per l'informatica contraffatti. I finanzieri hanno individuato una massa impositiva sottratta all'erario pari a 396 milioni di euro di ricavi, 109 milioni di euro ai fini dell'Irap (imposta regionale sulle attività produttive), 8,5 milioni di euro di costi indebitamente detratti, 1,5 milioni di euro di ritenute non operate e/o non versate, in aggiunta alle correlate violazioni all'I.v.a. per 147 milioni di euro;
   una maxi evasione per una maxi rete di società, ben 78, di cui due cartiere. Da qui il nome «Fast print». Le società sono dislocate tra Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. «Grazie al collaudato sistema della cosiddetta “frode carosello”, che ha visto le società tutte “co-protagoniste”, attraverso l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, era stata tra l'altro fraudolentemente costituita una indebita provvista di crediti I.V.A. per 70 milioni di euro» spiega il comando piceno;
   danno all'erario e concorrenza sleale da parte delle imprese coinvolte nei confronti degli imprenditori onesti: praticare un prezzo più basso grazie alla frode consente infatti di attrarre maggiori clienti, come anche di ottenere risultati vantaggiosi a discapito delle imprese sane nell'aggiudicazione di appalti per forniture per la pubblica amministrazione;
   alla fine sono state denunciate 87 persone per diversi capi d'imputazione: evasione, riciclaggio, fatture per operazioni inesistenti, introduzione di prodotti con segni falsi e via dicendo. «L'indagine è partita quindi dal territorio Piceno, su una partita di cartucce e toner che, oltre ad essere posta in vendita a prezzi concorrenziali, evidenziava differenze nei contenitori di plastica degli inchiostri, presto riconosciuti come contraffatti. Dall'esecuzione di due verifiche fiscali nei confronti di altrettante imprese locali, con meticolosi approfondimenti documentali e indagini finanziarie ed economico/patrimoniali, si è risaliti dapprima alle società che risultavano aver solo cartolarmente rifornito alle imprese ascolane le cartucce e i toner di una nota marca e, in una seconda fase, alle società di tutta la filiera dedita alla commercializzazione, nell'intero territorio nazionale, delle cartucce e dei toner contraffatti»;
   da qui le complesse indagini e la ricostruzione degli scambi commerciali con le società cartiere dislocate a Roma e Milano ha riguardato numerosi Paesi quali Germania, Olanda, Romania, Estonia, Danimarca, Austria, Regno Unito, Ungheria, Cipro, Svizzera, Lussemburgo e Slovenia. I prodotti, giunti in Italia dai citati Paesi, venivano poi spediti direttamente ai reali acquirenti nazionali, senza mai entrare nella effettiva e materiale disponibilità delle società cartiere. Queste ultime provvedevano solamente ad emettere le false fatture di vendita per «nazionalizzare» la merce, oggetto di importazione comunitaria, e creare il credito I.v.a. in capo agli effettivi acquirenti in base a simulate operazioni nazionali;
   «Con l'operazione “Fast print” si conclude una delle indagini più impegnative mai affrontate sino ad oggi dalla guardia di finanza di Ascoli Piceno. Un'indagine che testimonia l'incessante e profondo impegno delle Fiamme Gialle picene contro l'evasione fiscale e la contraffazione dei prodotti, ovvero a tutela tanto dell'erario quanto degli imprenditori onesti» –:
   se non intendano fornire ogni utile elemento non intenda circa l'attività di lotta alla contraffazione portata avanti come obiettivo prioritario del Governo;
   come il Governo intenda aggiornare le linee guida già predisposte per far fronte a nuovi episodi di contraffazione. (5-09611)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 settembre 2016 la società Almaviva Contact operante nel settore dei call center ha recapitato alle rappresentanze sindacali unitarie nota con la quale annunciava il trasferimento collettivo dei lavoratori attualmente impegnati nella commessa ENEL a scadenza nel mese di dicembre 2016 dalla sede di Palermo a quella di Rende;
   il provvedimento riguarda i 396 dipendenti attualmente operanti nella sede di via Marcellini;
   il contratto riguardante tali dipendenti è di natura part-time per 4 ore giornaliere e una retribuzione di circa 600 euro mensili, anche per effetto degli accordi di solidarietà attualmente in essere nella sede produttiva di Palermo;
   da dichiarazioni sindacali si apprende anche come la maggioranza dei dipendenti interessati dal provvedimento di trasferimento abbia un'età media di circa 40 anni, sia coniugata e spesso con prole;
   tali condizioni rendono con tutta evidenza, per l'interrogante, difficoltoso il trasferimento e il reinserimento dei lavoratori nella sede calabrese di Almaviva Contact;
   risulta, pertanto, ipotizzabile il diniego al trasferimento di quota parte dei lavoratori attualmente impegnati nella commessa Enel;
   in ogni caso tale trasferimento comporterà un notevole impatto sui livelli occupazionali di Almaviva nel nodo produttivo di Palermo in contrasto, sostanziale, con l'accordo siglato presso il Ministero dello sviluppo economico in data 30 maggio 2016 e che riguardava lo «stop» alle procedure di licenziamento nel gruppo Almaviva Contact –:
   se il trasferimento alle condizioni descritte in premessa sia conforme all'accordo siglato in data 30 maggio 2016;
   quali garanzie il Ministro interrogato intenda chiedere all'azienda per scongiurare che il trasferimento collettivo sia, nei fatti, una procedura di licenziamento «mascherato»;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per verificare soluzioni alternative per i 396 lavoratori interessati dal provvedimento di trasferimento collettivo;
   se e quando sia prevista una convocazione del tavolo di crisi su Almaviva;
   se le notizie riguardanti il trasferimento collettivo dei dipendenti della sede di Palermo in via Marcellini non rendano urgente una convocazione del tavolo di confronto tra le parti presso il Ministero dello sviluppo economico. (4-14314)


   COMINARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva dell'Unione europea 2006/123/CE, meglio conosciuta come «direttiva Bolkestein», presentata dalla Commissione europea con riferimento ai servizi nel mercato europeo comune, ha come obiettivo quello di facilitare la circolazione di servizi all'interno dell'Unione europea;
   l'Italia ha dato attuazione alla direttiva mediante il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo 2010, applicando la direttiva anche al settore del commercio ambulante su aree pubbliche. Il Parlamento europeo, con risoluzione n. 2010/2109 INI, ha preso atto tuttavia della forte preoccupazione espressa dai venditori ambulanti nei confronti della possibilità che la direttiva 2006/123/CE possa essere applicata negli Stati membri estendendo il concetto di «risorsa naturale» anche al suolo pubblico, producendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche, che sarebbero gravemente dannose per l'occupazione, la libertà di scelta dei consumatori e l'esistenza stessa dei tradizionali mercati rionali;
   l'Italia è diventata l'unico Paese dell'Unione, insieme alla Spagna, ad aver applicato la «direttiva Bolkestein» al commercio ambulante, a parere dell'interrogante con le seguenti conseguenze: apertura del settore a nuove imprese straniere e multinazionali, divieto di rinnovo automatico delle concessioni e assegnazione degli spazi pubblici tramite bandi, con divieto di favorire il prestatore uscente, come previsto dagli articoli 11, 16 comma 4 e 70 comma 1 del decreto legislativo n. 59 del 2010. Il 5 luglio 2012 la Conferenza unificata ha raggiunto un accordo che prevede una proroga dell'attuale situazione fino al 7 maggio 2017, seguita da un regime transitorio di licenze, della durata compresa fra i nove e i dodici anni, durante i quali i comuni potranno assegnare gli spazi secondo criteri che tengano conto dell'anzianità di servizio nell'esercizio del mercato su aree pubbliche, per tutelare le imprese che già svolgono le loro attività in tali mercati. La Spagna ha fissato a 75 anni la durata di un simile regime transitorio a tutela delle imprese già presenti;
   nel Bresciano le associazioni di categoria, Fiva Confcommercio e Anva Confesercenti, calcolano che gli ambulanti siano oltre 2.500 (180.000 circa a livello nazionale) a più riprese impegnati in oltre 180 mercati settimanali, alle quali si aggiungono ulteriori due dozzine di manifestazioni a cadenza quindicinale, mensile o stagionale, per una partita che annovera oltre 200 mercati e circa 6 mila posteggi. È notizia del Giornale di Brescia del 17 settembre 2016 che entro il 7 ottobre 2016 i comuni dovranno dare comunicazione dell'avvio dei bandi di selezione per il rilascio e il rinnovo delle concessioni dei posteggi per l'esercizio dell'attività di commercio su aree pubbliche. Dallo stesso articolo del Giornale di Brescia, si evidenzia la protesta di tutti quegli ambulanti che accusano Fiva e Anva di «apatia», chiedendo a gran voce che gli ambulanti escano dalla «Bolkestein». Tra questi, il Goia (Gruppo organizzato indipendente ambulanti), nel bresciano guidato da Andrea Coccoli, che per il 28 settembre 2016 ha organizzato a Roma una manifestazione contro l'applicazione della direttiva Bolkestein alle attività legate al commercio ambulante –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei dati e degli elementi riportati in premessa;
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in merito, tenuto conto che fino ad oggi solo Italia e Spagna hanno recepito la direttiva in materia di commercio ambulante su aree pubbliche, peraltro con modalità molto diverse riguardo alla durata delle concessioni;
   quali iniziative i Ministri intendano intraprendere al fine di tutelare il diritto al lavoro degli ambulanti e se ritengano condivisibile la proposta avanzata dal Goia. (4-14315)


   FAUTTILLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la legge di Stabilità 2016, all'articolo 1, comma 163 ha previsto che, tramite regolamento da adottare ai sensi della legge n. 400 del 1988 articolo 17, comma 2, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, d'intesa con quello dell'economia e delle finanze, vengano fissati i nuovi criteri di riparto dei contributi a favore delle emittenti radiofoniche e televisive locali per la realizzazione di obiettivi di pubblico interesse;
   il regolamento sopra citato, però, non risulta al momento essere stato ancora emanato, mentre la consultazione pubblica relativa è stata indetta dal Ministero dello sviluppo economico solo in data 9 maggio 2016;
   non si comprende il motivo di questi ritardi che danneggiano gravemente un settore, quello dell'emittenza locale, che è fondamentale per la difesa del pluralismo dell'informazione in Italia;
   appare, quindi, auspicabile che si proceda quanto prima a sanare una situazione che appare intollerabile –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere le iniziative di competenza per poter procedere in tempi rapidi alla emanazione del citato regolamento, evitando così il temuto ritardo nell'erogazione dei contributi previsti dalla legge. (4-14323)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Brignone e altri n. 1-01366, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cristian Iannuzzi.

  La mozione Brunetta e altri n. 1-01367, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Crimi.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Mongiello e altri n. 7-00987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Faenzi.

  La risoluzione in Commissione Moretto e altri n. 7-01107, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Petrini, Barbanti, Ribaudo, Lodolini, Capozzolo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Zampa e altri n. 4-14277, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Zappulla, Valeria Valente.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Tancredi e altri n. 3-02513, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Binetti.

Cambio presentatore, apposizione di firme e cambio ordine dei firmatari.

  La mozione Carrescia n. 1-01360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2016, è da intendersi sottoscritta anche dal deputato Rosato, che ne diventa il primo firmatario, e dai deputati Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Vezzali, Galgano, Baradello, Tancredi, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu.
  Contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine dei firmatari deve intendersi così modificato: Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Carrescia, Pastorelli, Vezzali, Galgano, Baradello, Tancredi, Melilli, Verini, Ginoble, Luciano Agostini, Lodolini, Manzi, Marchetti, Morani, Petrini, Ascani, Giulietti, Sereni, Amato, Castricone, D'Incecco, Fusilli, Terrosi, Borghi, Bergonzi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Cominelli, Covello, De Menech, Gadda, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Meta, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Rosato n. 1-01360, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 679 del 26 settembre 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    un terremoto di magnitudo 6.0, il 24 agosto 2016, alle ore 3,36 del mattino, ha colpito una vasta area dell'Appennino centrale al confine tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo coinvolgendo, in particolare i comuni di Amatrice, Arquata del Tronto, Montegallo, Montemonaco fino Norcia, provocando inoltre danni anche in molte altre parti del territorio delle quattro regioni;
    il sisma, seguito da altre forti scosse e da oltre 6.000 repliche circa registrate alla data dell'8 settembre, ha causato ad oggi la perdita di 297 vite umane, 390 feriti, ha distrutto i centri storici dei comuni di Amatrice e Accumoli, in Provincia di Rieti, di Arquata del Tronto e Montegallo nella regione Marche; ha provocato ingenti danni in particolare nelle province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, nell'alta Valle del Nera, in quella del Velino e nella zona di Norcia in provincia di Perugia e lesioni a numerosi edifici pubblici e privati dell'ampio territorio appenninico di confine fra Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria; conseguenze significative sono state registrate anche in diversi comuni della provincia de L'Aquila e di Teramo; gli assistiti dal sistema di protezione civile, che all'inizio del mese di settembre erano 4.548, sono alla data del 25 settembre 2.468;
    sono ingenti i danni anche alle infrastrutture di collegamento, in particolare alla viabilità secondaria, e a tutte quelle destinate a erogare servizi pubblici essenziali; l'entità dei danni, anche se non ancora integralmente stimata, varia in relazione alla natura geologica del territorio colpito, al forte degrado o alla vulnerabilità di edifici;
    il sistema della protezione civile – funzionari, civili, volontari, la CRI, le protezioni civili regionali, come hanno sottolineato lo stesso Ministro Delrio e il sottosegretario De Vincenti in audizione, ha dato «prova di eccezionale efficienza»;
    con delibera del Consiglio dei ministri del 25 agosto 2016 è stato dichiarato lo stato d'emergenza per i territori colpiti, per i successivi 180 giorni, e sono stati stanziati 50 milioni di euro per i primi interventi;
    con decreto 1o settembre 2016 sono stati sospesi i termini dei versamenti e degli adempimenti tributari che scadono nel periodo compreso tra il 24 agosto ed il 16 dicembre 2016 per i contribuenti con residenza o sede operativa nel territorio dei comuni, di cui all'elenco dell'allegato 1) al medesimo decreto e per i soggetti, diversi dalle persone fisiche, aventi sede legale o sede operativa nel territorio dei comuni medesimi;
    nel decreto, si prevede la possibilità di estendere ad altri comuni, con successivo provvedimento del Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base delle comunicazioni del dipartimento della protezione civile, la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari;
    vaste zone del territorio nazionale sono ad elevato rischio sismico e idrogeologico; nei centri storici delle città e dei borghi antichi italiani circa 14.000 beni culturali – secondo l'Ispra – sono esposti a rischio frane e 28.483 ad alluvioni e sono più di trecento i beni culturali che risultano gravemente danneggiati a seguito del drammatico evento sismico dell'agosto scorso;
    il Governo dopo l'evento sismico ha subito varato un piano denominato «Casa Italia» il cui obiettivo è quello dell'ammodernamento edilizio (dissesto idrogeologico, edilizia scolastica, beni culturali e periferie) senza prevedere l'introduzione di ulteriori oneri burocratici ed economici a carico dei cittadini. Tale piano dovrà necessariamente avere una durata pluriennale di 10-20 anni e oltre a garantire la sicurezza territoriale potrà costituire, con l'apertura dei cantieri un volano per l'aumento dell'occupazione e dello sviluppo economico. Inoltre, è previsto l'allargamento e il potenziamento del «sismabonus», lo stanziamento di risorse straordinarie dedicate a risolvere l'emergenza post terremoto nel Centro Italia;
    è essenziale definire priorità di intervento, in collaborazione e in pieno coordinamento con le regioni e con gli enti locali interessati;
    nei comuni dell'area appenninica coinvolta in vario modo dal sisma l'economia si basa, in prevalenza, sui settori tradizionali dell'agricoltura, del turismo, del commercio e artigianato; gran parte delle attività produttive connesse e collegate a tali comparti hanno un mercato strettamente legato al territorio ed alla sua fruizione; per sostenere e rilanciare l'economia dei territori colpiti vanno perciò adottate misure fiscali, ammortizzatori sociali e linee di finanziamento agevolato a favore degli enti locali, dei cittadini e delle imprese di pari passo con quelle per la ricostruzione e la messa in sicurezza dei territori;
    anche i territori limitrofi all'area epicentrale risentono e risentiranno economicamente dell'effetto domino innescatosi nell'immaginario collettivo, con partenze anticipate dai luoghi di soggiorno, disdette delle prenotazioni già acquisite, crollo stimato delle prenotazioni nel medio termine;
    per evitare la desertificazione produttiva e il conseguente spopolamento di intere aree, occorre programmare, in una logica di sistema, una strategia mirata che preveda sul fronte del turismo l'attivazione di interventi integrati, anche di carattere strutturale e non solo emergenziale, per supportare le imprese in difficoltà, per creare e sviluppare nuove attività, per sostenere il trasferimento tecnologico, per valorizzare le produzioni di eccellenza e promuovere/supportare le potenzialità del sistema turistico locale, con particolare riferimento ai valori culturali e del paesaggio;
    la ricostruzione dal sisma deve essere inserita in una più ampia e forte strategia di sviluppo a breve/medio termine, che eviti l'abbandono dei territori colpiti e li renda nuovamente attrattivi, puntando sulla cultura, sull'ambiente, sulle attività turistiche – sia del comparto ricettivo sia dell'indotto; essa deve garantire il rispetto dell'identità urbanistica e architettonica dei luoghi danneggiati ed è perciò necessaria la più ampia sinergia fra le Istituzioni supportando anche dal punto di vista amministrativo i comuni, evitare plurime centrali di committenza, garantire procedure trasparenti e ricorrere a imprese e professionisti di «liste di merito»;
    è essenziale, in tale contesto, la ricostruzione quanto più rapida possibile degli edifici pubblici, delle abitazioni, (anche per favorire un rapido rientro nelle case, condizione necessaria per la tenuta della coesione sociale dei territori) e delle strutture che ospitano attività produttive;
    fondamentali sono il sostegno e gli incentivi alla ricostruzione di tutto il patrimonio immobiliare, anche delle «seconde case», dei non residenti; esse hanno un ruolo essenziale – oggettivamente misurabile – con ricadute positive sul sistema turistico-ricettivo, commerciale, artigianale, immobiliare e per la tenuta del sistema economico nel suo complesso: una delle peculiarità dei borghi nelle aree interne è segnatamente quella di moltiplicare, nella stagione turistica o nei periodi di vacanza legati alle festività, i dimoranti rispetto ai residenti, proprio grazie a queste proprietà che spesso, tra l'altro, costituiscono nuclei urbani consolidati che devono perciò essere adeguati dal punto di vista sismico unitamente alle abitazioni principali;
    il turismo ambientale è una grande risorsa in tutte le sue declinazioni culturali (patrimonio culturale, itinerari e cammini) sportive, enogastronomiche, nonché nelle forme residenziali di tipo scientifico e culturale, attraverso iniziative di formazione e ricerca messe a punto anche con il sistema universitario regionale in relazione ai temi del paesaggio, del patrimonio culturale, della fragilità del territorio; esemplare, in tale contesto, è il caso dei Parchi nazionali, dei Monti Sibillini e del Gran Sasso e Monti della Laga,

impegna il Governo:

   ad adottare con tempestività le iniziative normative necessarie al superamento della situazione di emergenza e al ritorno alle normali condizioni di vita in tutti i comuni colpiti dal sisma, individuati secondo un principio di gradualità rispetto alla natura dei danni subiti;
   a garantire la ricostruzione dell'intero patrimonio abitativo danneggiato dal sisma, nel rispetto dell'identità urbanistica ed architettonica dei luoghi, e degli insediamenti produttivi colpiti, attraverso l'applicazione dello strumento del credito d'imposta destinato a privati e imprese per il totale rimborso dei danni subiti e certificati;
   ad assumere iniziative per prevedere la sospensione del pagamento dei tributi in favore delle popolazioni e delle imprese colpite dal sisma, in misura tale da garantire la continuità e la redditività aziendale, nonché a prevedere un'adeguata gradualità nel rimborso dei tributi sospesi;
   a prevedere misure per assicurare la continuità d'esercizio delle imprese agricole, industriali, artigianali, commerciali e di servizio, anche mediante l'attivazione di linee di finanziamento finalizzate al rilancio delle attività produttive e l'accesso al fondo centrale di garanzia, secondo esperienze già maturate in altri eventi calamitosi; ad assumere iniziative per: a) concordare con l'Associazione bancaria italiana la sospensione e la ridefinizione dei mutui relativi agli immobili residenziali e alle attività produttive colpite dal sisma; b) prevedere la sospensione delle procedure di riscossione relative a contributi previdenziali e assistenziali, nonché la sospensione delle bollette relative alle utenze ordinarie erogate dai gestori dei servizi pubblici locali;
   ad assicurare la piena tutela dei lavoratori delle aziende colpite dal sisma che non hanno accesso agli ammortizzatori sociali ordinari o che li hanno esauriti, il rafforzamento delle misure di sostegno e lo stanziamento di risorse adeguate;
   ad accelerare la riparazione dei danni, la ricostruzione ex novo, l'adeguamento e il miglioramento sismico delle opere pubbliche per le quali sia stata dichiarata l'inadeguatezza strutturale, a partire dagli interventi sugli edifici scolastici, residenze per anziani, edifici destinati a servizi essenziali per la comunità, impianti sportivi assumendo iniziative per prevedere, in relazione ai danni arrecati dal sisma a cose e persone e attività economiche, per i periodi necessari misure quali l'esenzione dal patto di stabilità, deroghe al pareggio di bilancio e l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, esenzione dall'obbligo di alimentazione del fondo di solidarietà;
   a potenziare le infrastrutture viarie e ferroviarie e la diffusione della banda larga nelle aree colpite dal sisma, al fine di favorirne l'accessibilità ed il mantenimento del tessuto sociale ed economico;
   a prevedere misure di sostegno alla piena operatività delle strutture amministrative comunali nei territori compiti dal sisma, anche mediante una maggiore flessibilità relativa al turnover dei dipendenti;
   a prevedere misure per il recupero del patrimonio artistico e culturale danneggiato dal sisma, riconoscendo per i comuni delle aree colpite una priorità nell'accesso alle misure di finanziamento già previste dalla legislazione vigente e prevedendo campagne nazionali di promozione turistica e culturale dei territori interessati;
   ad assumere iniziative per rifinanziare il fondo per le aree interne al fine di destinare nuove risorse e finalizzare quelle non impegnate prioritariamente agli interventi nelle aree colpite dal sisma;
   ad avviare con tempestività, già a partire dalla prossima sessione di bilancio, il progetto «Casa Italia» consistente in un piano complessivo di interventi finalizzati alla messa in sicurezza del Paese dal punto di vista sismico, di contrasto del dissesto idrogeologico e di efficientamento energetico e tecnologico;
   a costruire una governance della ricostruzione che garantisca la piena partecipazione ed il consapevole consenso degli enti territoriali e delle comunità locali coinvolte dal sisma nelle scelte da effettuarsi;
   ad assicurare che la ricostruzione, coordinata dal commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016, avvenga secondo procedure di massima trasparenza, nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti in materia di appalti, di antimafia e di anticorruzione, anche attraverso il preventivo coinvolgimento di Anac e prevedendo l'istituzione di «liste di merito» relative alle imprese e ai professionisti da incaricare;
   a garantire che la ricostruzione avvenga attraverso il ricorso a procedure ordinarie, nel rispetto delle normative vigenti, stabilendo che eventuali deroghe previste, laddove necessarie, individuino puntualmente le disposizioni interessate.
(1-01360)
«Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Carrescia, Pastorelli, Vezzali, Galgano, Baradello, Tancredi, Melilli, Verini, Ginoble, Luciano Agostini, Lodolini, Manzi, Marchetti, Morani, Petrini, Ascani, Giulietti, Sereni, Amato, Castricone, D'Incecco, Fusilli, Terrosi, Borghi, Bergonzi, Stella Bianchi, Braga, Bratti, Cominelli, Covello, De Menech, Gadda, Tino Iannuzzi, Manfredi, Mariani, Marroni, Massa, Mazzoli, Morassut, Realacci, Giovanna Sanna, Valiante, Zardini, Meta, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu».

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Vezzali n. 1-01365 del 27 settembre 2016;
   mozione Galgano n. 1-01368 del 27 settembre 2016.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Realacci n. 4-14257 del 21 settembre 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09603.