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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 27 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nella notte del 24 agosto 2016, alle ore 3,36, si è registrato un terremoto di magnitudo 6.2, che ha colpito alcune regioni del centro Italia, con epicentro nei comuni laziali e marchigiani di Amatrice, Accumoli, Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montegallo, Montemonaco e diverse loro frazioni, causando la pressoché completa distruzione delle località testé citate;
    tale terribile terremoto ha provocato la morte di 298 persone ed il ferimento di altre 388;
    ad un mese dal terremoto si registra un numero elevato (circa 2.714) di persone costrette a vivere in tende e strutture d'emergenza allestite per gli sfollati;
    gli edifici esaminati risultano essere: n. 1.320 parzialmente inagibili; n. 3.065 inagibili; n. 530 inagibili per rischio esterno pur non essendo danneggiati, e n. 4.276 agibili;
    i plessi scolastici esaminati sono stati dichiarati: n. 3 inagibili per rischio esterno; n. 141 temporaneamente inagibili; n. 466 agibili; n. 38 inagibili;
    la tragedia è stata ulteriormente aggravata dalle condizioni del territorio, con enormi asperità per morfologia e con strade difficilmente percorribili a causa delle macerie provocate dal terremoto e di gravi problemi di dissesto preesistenti;
    a causa del crollo del piccolo ospedale di Amatrice è stato ancora più difficile soccorrere i feriti;
    durante la tragica notte del terremoto si sono interrotte le linee di comunicazione telefonica e dell'energia elettrica, e per molte vittime è stato impossibile chiedere soccorso;
    a seguito del terremoto del 2002 in Puglia e Molise fu emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3774 del 20 marzo 2003, con la quale l'intero territorio nazionale è stato diviso in quattro zone a diversa pericolosità, eliminando le zone non classificate;
    in base alla zonizzazione prevista dall'ordinanza su richiamata, la zona 1, «a sismicità alta», nella quale ricadono 708 comuni, risulta essere la zona più pericolosa ed esposta a fortissimi terremoti; nella zona 2, «a sismicità media», che comprende n. 2.345 comuni, possono verificarsi forti terremoti; nella zona 3, «a sismicità bassa», composta da 1.560 comuni, possono verificarsi forti terremoti ma con frequenza rara, mentre la zona 4, che è considerata «a sismicità molto bassa», comprende n. 3.488 comuni dove i terremoti sono rari e la decisione se prescrivere o meno la progettazione antisismica e lasciata all'autonomia delle regioni;
    l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006 ha aggiornato la precedente del 2003;
    risulta essere costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, con una dotazione finanziaria di 44 milioni di euro per l'anno 2010, 145,1 milioni di euro per l'anno 2011, 195,6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013, 2014, 2015, ed infine 44 milioni di euro per l'anno 2016;
    i finanziamenti riportati dal sito della Protezione civile rappresentano grosso modo l'1 per cento del fabbisogno per mettere in sicurezza gli edifici a rischio sismico;
    con l'anno in corso si esauriscono i finanziamenti stanziati nel bilancio dello Stato;
    le uniche misure assunte dal Governo per fronteggiare la gravissima situazione in cui versano i territori colpiti dal sisma risultano essere lo stanziamento di 50 milioni di euro ed il differimento delle scadenze fiscali per i residenti di tali comuni;
    il Presidente del Consiglio dei ministri, unitamente al commissario straordinario per il terremoto Vasco Errani, nella conferenza stampa tenutasi presso la Presidenza del Consiglio in data 23 settembre 2016 hanno affermato che per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto nella tragica notte del 24 agosto 2016 occorre una cifra non inferiore ai 4 miliardi di euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per reperire e stanziare, nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2016, le risorse necessarie per la ricostruzione dei territori colpiti dal terremoto il 24 agosto 2016;
   a considerare la possibilità di assumere iniziative volte a stanziare le risorse necessarie per tale ricostruzione al di fuori dei vincoli del patto di stabilità;
   a riconsiderare l'elenco delle località colpite da tale sisma ai fini dell'esenzione dal pagamento dei tributi, rettificando la lista dei comuni di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1o settembre 2016, dalla quale risultano esclusi molti comuni danneggiati;
   ad assumere iniziative per sospendere il pagamento di tributi ed imposizioni fiscali per tutti i residenti fino alla ricostruzione di edifici e luoghi, al fine di favorire una celere ricostruzione del tessuto produttivo ed industriale delle aree colpite, così da agevolare la ripresa dell'economia locale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a stanziare maggiori risorse per il Fondo per la prevenzione del rischio sismico, al fine di consentire la prosecuzione delle attività di pianificazione e realizzazione in corso;
   a promuovere un piano di messa in sicurezza di tutti gli edifici pubblici e privati nelle zone a più alto rischio sismico, offrendo consistenti vantaggi e sollievi fiscali ai proprietari di immobili che scelgano la strada dell'ammodernamento e della messa in sicurezza degli edifici;
   ad intervenire presso la Commissione europea affinché siano stanziati fondi per l'adeguamento sismico di edifici pubblici e privati degli Stati membri dell'Unione europea nelle zone ad alto rischio sismico;
   a promuovere apposite campagne di informazione per migliorare la conoscenza del fenomeno sismico al fine della riduzione del rischio connesso ai terremoti, mettendo altresì in essere un'azione di sensibilizzazione volta a diffondere una cultura della prevenzione sismica nella popolazione e soprattutto da parte degli amministratori pubblici.
(1-01362) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    nelle prime ore del 3 agosto 2014 miliziani dei sedicente Stato islamico hanno attaccato la ragione e la città di Sinjar, nell'Iraq nordoccidentale, a pochi chilometri dal confine con la Siria, nella quale risiedono la maggior parte degli yazidi, una antichissima comunità religiosa di etnia curda, i cui esponenti sono definiti dagli estremisti islamici come «adoratori del diavolo» a causa della loro antica religione di influenza persiana, precedente alla nascita dell'Islam;
    all'attacco è seguito quello che è ormai comunemente riconosciuto come un vero e proprio genocidio ai danni di tale comunità: almeno cinquemila yazidi sono stati uccisi e gettati in fosse comuni perché si sono rifiutati di convertirsi all'Islam; settemila donne, migliaia delle quali minorenni, sono state catturate, violentate e portate verso Raqqa e Mosul, dove sono state poi vendute come schiave sessuali, e oltre un migliaio di ragazzini yazidi sono stati strappati alle loro famiglie, imprigionati e militarmente addestrati nei campi dell'Isis per diventare futuri kamikaze;
    dopo la riconquista di Sinjar, avvenuta nel novembre 2016, la scoperta di decine di fosse comuni ha purtroppo confermato le dimensioni dal massacro avvenuto a danno degli yazidi;
    un rapporto del 30 agosto 2016, che ha aggiornato i dati sulle fosse comuni di vittime dell'Isis in territorio siriano e iracheno, ha contato settantadue siti di sepolture di massa, contenenti quindicimila corpi, la metà del quali si trovano nel solo territorio di Sinjar e nei quali i corpi rinvenuti sono pressoché tutti della comunità yazida, che prima degli attacchi in quella zona contava decine di migliaia di persone;
    il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una «Risoluzione sullo sterminio sistematico della minoranze religiose da parte del cosiddetto “Isis/Daesh”», con la quale ha riconosciuto la definizione di genocidio con riferimento alle atrocità perpetrate a danno della comunità yazida, e ha evidenziato che «ciò implica pertanto l'adozione di misure in applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite del 1848 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio»;
    l'europarlamentare svedese che ha promosso la risoluzione ha dichiarato che se «i massacri condotti da Isis contro questo popolo rientreranno definitivamente tra i crimini condannati dalla Convenzione delle Nazioni Unite, un domani – si spera non molto lontano – i jihadisti, potrebbero essere condannati per crimini contro l'umanità davanti alla Corte Penale Internazionale»;
    pur apprezzando i contenuti della risoluzione, l'organizzazione «Yazda», che dagli Stati Uniti si batte per diffondere la consapevolezza sul genocidio subito dalla loro piccola comunità, ha osservato che «il linguaggio della risoluzione, per quanto riguarda la parte concernente gli yazidi, non rende conto della portata effettiva del nostro genocidio. I numeri dei rapiti che vengono riportati sono assai lontani da quelli reali di oltre 5.800 persone prese prigioniere. La risoluzione non fa menzione in grande dettaglio degli stupri sistematici, delle conversioni forzate, degli sfollati»;
    l'obiettivo del pieno riconoscimento del genocidio a danno degli yazidi è perseguito anche dal Rapporto stilato nel giugno 2016 dalla Commissione internazionale indipendente d'inchiesta sulla Siria, istituita dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu nell'agosto 2011 e considerata la più alta commissione d'inchiesta sulle violazioni dei diritti umani nel conflitto siriano;
    il rapporto afferma che «il genocidio contro la popolazione yazida è tuttora in atto», illustra come «l'ISIS ha cercato di distruggere gli yazidi attraverso uccisioni, schiavitù sessuale, torture, sottoponendoli a trattamenti inumani e degradanti, trasferimenti forzosi che hanno causato seri problemi alla loro salute fisica e psicologica, infliggendo loro condizioni di vita che comportano una lenta morte, imponendo misure che impediscono la nascita di bambini yazidi, compresa la conversione forzata degli adulti, separando gli uomini e le donne, e i bambini dalle proprie famiglie, e cercando di cancellare la loro identità di yazidi», e si conclude con l'invito rivolto al Consiglio di sicurezza dell'Onu di ricorrere alla corte penale internazionale perché persegua i responsabili;
    la definizione giuridica internazionale di genocidio, in conformità dell'articolo II della convenzione delle Nazioni Unite del 1846 sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, comprende «tutti gli atti riportati in appresso, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) imposizione deliberata al gruppo di condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) imposizione di misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; e) trasferimento forzato di bambini da un gruppo a un altro; che, inoltre, l'articolo III della summenzionata convenzione considera perseguibile non soltanto il genocidio, ma anche la cospirazione e l'incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio nonché la complicità nello stesso»;
    il rapporto evidenzia come l'Isis tuttora tenga in ostaggio più di tremiladuecento donne e bambini nelle aree da esso controllate in Siria, dove le donne e le bambine continuano ad essere schiavizzate sessualmente mentre i maschi vengono indottrinati, addestrati e impiegati nella guerra, tutti vittime di «orrori quasi inimmaginabili»;
    Nadie Murad, di ventuno anni, una delle donne rapite dal miliziani, vittima di stupri, ridotta in schiavitù, dopo la fuga è divenuta il volto internazionale delle donne e delle bambine della sua comunità e ha motivato con queste parole il proprio impegno: «Mi fa star male ricordare ogni volta tutti i dettagli, ma non è nulla in confronto al dolore della mia comunità e di un'intera regione dell'Iraq e della Siria che ribolle nella guerra: è là che vedi il vero dolore, il mio in confronto ad esso non è così importante. Lo faccio perché in ogni angolo del mondo è necessario che si sappia quello che ci è successo, in modo che il mondo si renda conto della sofferenza di 3.500 donne e ragazza che sono tuttora in schiavitù e vengono stuprate ogni ora e ogni giorno, del genocidio subito da una comunità pacifica e impotente, come pure del dolore di tutte le minoranze e di chiunque non condivida l'interpretazione dell'islam portata avanti dallo Stato islamico. La violenza contro le donne e i bambini deve finire, nessun'altra ragazza deve subire quello che ho subito io. Ho perso tutto ciò che avevo una volta: famiglia, amici, patria e sogni, li ho persi, e migliaia di yazidi hanno perso i propri cari, tutte le minoranze rimpiangono la propria terra. Voglio svegliare i giovani musulmani e renderli consapevoli della malvagità dallo Stato islamico, in modo che nessuno più si unisca ad esso. Voglio che il mondo sappia che lo Stato islamico non rappresenta alcuna religione, ma rappresenta il male. E in questo modo sento di fare qualcosa, di resistere al nemico, ed è qualcosa di più utile che piangere e compiangermi in una stanza»,

impegna il Governo:

   a promuovere e sostenere nelle competenti sedi internazionali il riconoscimento ufficiale del genocidio degli yazidi e le iniziative volte a perseguirne i responsabili;
   ad adoperarci affinché siano tratti in salvo con la massima urgenza le donne e i bambini ancora in ostaggio;
   a garantire pieno e attivo sostegno agli sforzi diplomatici internazionali volti alla risoluzione del conflitto siriano, al contempo impegnandosi nell'ambito della comunità internazionale, in particolar modo presso i Governi di Siria ed Iraq, affinché siano adottate misure a protezione dalla comunità yazida;
   a dare piena attuazione alle conclusioni della risoluzione del 4 febbraio 2016 del Parlamento europeo sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto «ISIS/DAESH» con particolare riferimento al «contrasto della radicalizzazione» in tutti i paesi della comunità internazionale, compresi gli Stati membri dell'Unione europea e al miglioramento dei «sistemi giuridici e giurisdizionali per evitare che loro cittadini e abitanti, possano abbandonare il Paese per unirsi al cosiddetto «ISIS/Daesh» e partecipare alle violazioni dai diritti umani e del diritto internazionale umanitario, nonché per garantire che, qualora lo facciano, siano perseguiti penalmente quanto prima, anche qualora incitino attraverso la rete a perpetrare tali reati o li sostengano.
(1-01363) «Cirielli, Rampelli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    la riforma del sistema di bilancio e dell'assetto della contabilità nazionale ha trasformato il documento di bilancio da strumento formale a strumento di programmazione economica pluriennale: lo scopo principale era quello di attuare una poderosa spending review al fine di rientrare nei parametri imposti da Maastricht per potere essere ammessi all'Unione monetaria (tra i cinque criteri di convergenza era infatti previsto che il debito pubblico dovesse essere: contenuto entro il 60 per cento del prodotto interno lordo e il disavanzo dei conti dello Stato entro il 3 per cento del prodotto interno lordo (PIL);
    con l'approvazione nel 2012 della legge costituzionale n. 1 di riforma degli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, è stato inserito nella Carta il pareggio di bilancio (secondo quanto stabilito dal Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance – cosiddetto Fiscal Compact) – al fine di raggiungere il rispetto, per i paesi della zona euro, delle cosiddette Golden rules: il pareggio, o eventualmente l'avanzo, del conto della pubblica amministrazione e la riduzione, ogni anno, di un ventesimo del rapporto debito prodotto interno lordo (qualora questo sia superiore al 60 per cento;
    nel passaggio di consegne dal precedente esecutivo all'attuale, il programma di lavoro è stato rimodulato (si vedano le Proposte per una revisione della spesa pubblica 2014-2016) e strutturato in 3 fasi: la prima, diagnostica, condotta tra il novembre del 2013 e marzo 2014, che si è conclusa con le raccomandazioni per gli interventi di emergenza inviate (11 marzo) dal commissario straordinario al Comitato interministeriale; la seconda, avviata nel maggio 2014, con lo scopo di realizzare le riforme di «riorganizzazione», legate anche alla riconfigurazione territoriale dello Stato; la terza ed ultima, denominata performance budgeting, riguardante la trasformazione della revisione della spesa da procedura ad hoc a parte integrante della preparazione del bilancio dello Stato, in virtù di una realizzazione effettiva di un bilancio orientato ai risultati conseguibili tramite le risorse stanziate e disponibili;
    nonostante ciò, l'opera di riduzione della spesa pubblica sembra essere ben lontana dai risultati annunciati: nell'ultimo Def si legge, infatti, come la scesa pubblica sia cresciuta progressivamente negli ultimi anni, fino ad attestarsi al 50,5 per cento del prodotto interno lordo nel 2015, tanto che già a febbraio il Country Report della Commissione aveva sollevato dubbi sull'efficacia della spending review e al pericolo di contagio che l'Italia potrebbe veicolare in Europa;
     anche il disegno di legge di assestamento per il 2016 – di cui è appena terminata la prima lettura alla Camera – evidenzia come l'andamento della riduzione della spesa pubblica sia ancora lontano dagli obiettivi prefissati: sia i saldi di cassa che di competenza registrano un generale peggioramento, con un miglioramento del solo ricorso al mercato (di parte di competenza);
    in particolare, il predetto disegno di legge rileva, per il risparmio pubblico in saldo corrente, un ulteriore peggioramento del 6,9 per cento rispetto alla previsione iniziale (le previsioni assestate sono peggiorative di 173 milioni) e, ugualmente, in saldo di cassa, l'entità del peggioramento è di circa 2 miliardi;
    finora, dunque, non è stata messa in atto né una efficace riforma del sistema tributario né un complessivo intervento razionale di spending review: tutti gli interventi governativi ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non sono stati né saranno sufficienti (si vedano, ad esempio, i decreti attuativi della riforma della Pubblica Amministrazione e quelli della delega fiscale), senza una contestuale diminuzione delle aliquote fiscali e senza una vera implementazione di quanto già previsto – ma mai attuato – nella legge n. 42 del 2009 per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;
    per poter tagliare la spesa in maniera selettiva basterebbe infatti applicare i principi dell'individuazione dei fabbisogni e dei costi standard, con tagli previsti non sui bilanci consuntivi ma su quelli preventivi: il passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo standard (che finanzia i servizi) potrebbe infatti orientare la politica delle amministrazioni verso una nuova logica meritocratica che eviti le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilità e favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità, al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
    è ben noto, infatti, come gli sprechi della pubblica amministrazione non siano attribuibili soltanto ed esclusivamente a situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche a situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa;
    l'attuazione del federalismo fiscale voleva correggere proprio questa incongruenza: la riforma ha segnato dunque una svolta, grazie al disegno di un sistema di finanza multilivello che ha declinato in modo nuovo ed originale i rapporti tra Stato, autonomie ed Unione europea, al fine di assicurare un coordinamento unitario e coerente non solo della finanza pubblica, ma delle stesse politiche pubbliche che si dipanano oggi tra i diversi livelli di governo;
    il concetto dei costi e fabbisogni standard è infatti legato a due fondamentali scopi: quello di ottimizzare e omogeneizzare i valori produttivi e, attraverso essi, contenere i prezzi e quello di valutare gli scostamenti dei costi reali e, con essi, lo stato di efficienza del sistema produttivo;
    la riforma costituzionale in atto, nonostante inserisca il principio dei costi/fabbisogni standard nella Carta costituzionale, prevede invece un sostanziale accentramento della gestione della spesa; al contrario, se avesse potenziato l'autonomia fiscale territoriale secondo quanto previsto dal federalismo fiscale, si sarebbe potuto migliorare il complessivo andamento della riduzione della spesa con le regioni virtuose a far da traino ed esempio a quelle meno virtuose;
    basti pensare che se tutte le regioni italiane avessero i costi della regione Lombardia (dove si attuano i costi standard e lo Stato spende per i servizi 2.265 euro pro capite, contro una media nazionale di 3.600 euro) si avrebbero risparmi per 68 miliardi di euro; la Lombardia è inoltre la regione meno indebitata d'Italia in rapporto ai propri cittadini, con un valore che si attesta sullo 0,21 per cento del PIL regionale, contro una media nazionale dell'1,54 per cento del prodotto interno lordo (rispetto all'esposizione contratta dagli enti territoriali);
    se tutti i governi territoriali avessero una gestione virtuosa come quella lombarda, il debito totale si ridurrebbe fino a 4,5 miliardi di euro;
    inoltre, la previsione, al comma 4 dell'articolo 119 della Costituzione novellato dalla «riforma Boschi», di una riserva di legge rinforzata che definirà «gli indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza» non assicura la prossima, effettiva e certa applicazione di questi indicatori. Anzi, la loro costituzionalizzazione, in un momento storico in cui il federalismo fiscale ha subìto una forte battuta d'arresto e nel quadro di una riforma che incide sul riaccentramento e sull'affievolimento dell'autonomia finanziaria di enti locali e territoriali, fa piuttosto presagire che la definizione di riforma «inattuata», data nella sentenza n. 273/2013 dalla Corte costituzionale, diventerà presto una condizione permanente dei costi standard;
    il coordinato disposto dei nuovi articoli 70 e 117, ove la riforma concludesse il suo percorso, con il conferimento alla potestà legislativa esclusiva statale della materia del coordinamento della finanza pubblica, ma senza procedimento legislativo bicamerale, sommato all'impatto che la legge costituzionale n. 1 del 2012 e che la legge rinforzata n. 243 del 2012 hanno avuto sull'impianto dell'autonomia finanziaria locale, leggi che hanno già pesantemente ridotto la possibilità di manovra delle istanze territoriali in nome del rispetto, prima, del patto di bilancio e del raggiungimento, oggi, del pareggio di bilancio, potrebbe impedire il pieno completamento del federalismo fiscale;
    la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni in uno dei settori più delicati ed importanti della spesa pubblica, quello sanitario, in cui i tagli lineari e indiscriminati si ripercuotono pesantemente sui cittadini, e soprattutto sui cittadini meno abbienti che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle cure a causa dell'aumento esponenziale di queste (ovviamente inversamente proporzionali all'entità dei tagli);
    da anni si discute sulle capacità di risparmio nel settore sanitario confondendo tra loro il concetto di taglio con quello di spending review; la revisione della spesa consiste nell'applicare i costi standard immediatamente, in tutto il Paese, tagliando dove si spreca, imponendo le best practices a tutte le regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento della buona sanità regionale;
    i governatori delle regioni «virtuose», quelle regioni con modelli di sanità efficienti e con bilanci in ordine, hanno rappresentato i loro timori, riguardanti – tra l'altro – il rischio che gli ennesimi tagli paventati nella prossima manovra rendano il sistema non più sostenibile, causando la chiusura di ospedali;
    la revisione della spesa pubblica, infine, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, deve andare di pari passo anche con una revisione del sistema tributario improntata ad una sostanziale riduzione delle aliquote fiscali,

impegna il Governo:

   a promuovere una revisione della spesa pubblica sul modello definito dalla regione Lombardia e ad assumere iniziative per istituire forme premiali crescenti per le regioni che si avvicinano gradualmente a suddetti costi, al fine di creare un meccanismo di efficientamento del complessivo sistema di gestione della spesa pubblica, in cui le regioni e gli enti locali virtuosi rappresentino un traino e un esempio per le restanti amministrazioni, anche attraverso la previsione normativa dell'obbligo di importazione dei modelli virtuosi nelle regioni più indebitate e con i costi per i servizi più alti;
   ad assumere iniziative normative atte ad implementare la riforma del federalismo fiscale al fine di completare l'attuazione del vigente articolo 119 della Costituzione (già prevista dalla legge n. 42 del 2009) – con cui si stabilisce non soltanto il principio dell'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, nel rispetto dei vincoli economici e finanziari derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa – nonché al fine dare piena attuazione alle disposizioni di cui alla citata legge n. 42 del 2009, in materia di fiscalità territoriale, condicio sine qua non per un corretto percorso di revisione della spesa pubblica;
   ad assumere iniziative normative per implementare l'utilizzo e l'applicazione sistemica dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, anche attraverso forme premiali per le amministrazioni virtuose, affinché questo criterio sia sempre preponderante rispetto a quello della spesa storica e, progressivamente, possa divenire il criterio esclusivo;
   ad assumere iniziative per introdurre al più presto il sistema dei costi standard nel settore della sanità pubblica, affinché il costo ragionevole dei servizi e degli strumenti sanitari, a parità di disponibilità finanziarie, possa diventare il riferimento nazionale nell'ambito delle politiche sanitarie ed il presupposto fondamentale per garantire il diritto alla salute, nell'ottica di conseguire significativi risparmi di spesa anche in questo comparto.
(1-01364) «Guidesi, Giancarlo Giorgetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Grimoldi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
   il sisma che si è verificato il 24 agosto 2016 ha prodotto una nuova ferita al cuore dell'Italia: le regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, coinvolte nel terremoto, stanno facendo i conti con uno sciame inarrestabile;
   secondo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), oltre al primo evento di magnitudo 6 e a un altro di magnitudo 5, sono state registrate almeno 11.500 (aftershocks) scosse di assestamento, di cui 200 di magnitudo fra 3 e 4 gradi e 14 di magnitudo fra i 4 e i 5; solo negli ultimi sette giorni ne sono state registrate 171, fra i 2 e i 3 gradi di intensità;
   sempre secondo l'INGV, l'area interessata dalle scosse si sta estendendo le osservazioni statistiche sul fenomeno sismico in atto non escludono che possano verificarsi ulteriori terremoti di magnitudo rilevante, anche se la probabilità è definita molto bassa e si attesta intorno al 3 per cento;
   la macchina dei soccorsi attivata nelle ore successive al sisma ha dato prova di grande efficienza e competenza, scongiurando una catastrofe peggiore, portando in salvo quasi 250 persone illese dalle macerie e soccorso circa 400 feriti;
   la vera forza di questa solidarietà, va ricordato, risiede nel cuore e nella grande umanità di cui sono capaci gli operatori di protezione civile e il personale dei corpi civili e militari dello Stato, che hanno recuperato fino all'ultimo i 295 deceduti;
   il racconto di chi ha visitato i comuni colpiti dal sisma descrive uno scenario post bellico; i residenti, alcuni giovani in particolare, hanno detto che questi comuni (Amatrice, Arquata, Accumoli, Acquasanta, Pescara del Tronto per citarne alcuni) esistono nel loro ricordo, nella mente di chi li ha vissuti, ma che in realtà, oggi, sono paesi senza vita. Località «fantasma» che necessitano di tutto e che per lungo tempo resteranno disabitate;
   il giorno dopo il sisma il Consiglio dei ministri ha dichiarato lo stato di emergenza per i territori colpiti dagli eventi sismici e ha stanziato i primi 50 milioni di euro per gli interventi più urgenti, a valere sul Fondo nazionale per le emergenze;
   nei giorni immediatamente successivi l'evento sismico è stata lanciata dal Premier l'idea di un progetto denominato «Casa Italia», ambizioso programma pluriennale per la messa in sicurezza del territorio nazionale che, per essere realizzato, richiederebbe l'attivazione di una consultazione finalizzata a valutare contributi di idee ed esperienze oltre che di una strategica individuazione di risorse;
   a un mese dal sisma si sta già cercando di superare la fase di stretta emergenza e provvedendo a mettere in atto la fase due dei soccorsi, smontando le tendopoli per fare posto a strutture che ospiteranno negozi, bar ed esercizi commerciali, al fine di ridare vita a quei luoghi che costituiranno il collante per chi resta oltre che ripristinare un'attività di ricostruzione che deve partire dalla quotidianità;
   a chi non potrà rientrare nella sua casa si sta cercando di assicurare in vari modi una sistemazione attraverso la concessione di contributi o chiedendo a chi ha una seconda casa di offrirla a chi non ce l'ha più, in attesa dei moduli abitativi provvisori che, secondo le previsioni, dovrebbero essere consegnati entro 7 mesi;
   pur con mille difficoltà è stato garantito l'inizio regolare dell'anno scolastico per tutti i ragazzi in due aree distinte (Amatrice e Arquata Accumoli e Acquasanta), al fine di evitare ai più piccoli i disagi del pendolarismo e assicurare il rispetto del diritto costituzionale all'istruzione;
   all'emergenza tutta l'Italia ha risposto con diverse raccolte di fondi, tra cui quella degli sms, che ha raggiunto ad oggi quasi 15 milioni di euro;
   con l'invio di generi di ogni tipo è stata garantita la presenza nelle tendopoli di personale medico, è stato assicurato il supporto psicologico ed è stato attivato il ripristino della viabilità necessaria a scongiurare l'isolamento delle aree colpite dal sisma;
   la maggior parte dei residenti ha dichiarato immediatamente di non essere disponibile a trasferimenti in altri comuni, ma di voler restare, per onorare le proprie radici, e vigilare sulle operazioni di messa in sicurezza e ricostruzione;
   il sindaco di Amatrice ha più volte ripetuto, assieme ad altri sindaci, che il suo timore è quello che spente le luci dell'emergenza su questi comuni, tutto finisca nell'oblio;
   il commissario Errani e il Governo hanno già assicurato che verranno concessi contributi per la ricostruzione a chi è residente e chi non lo è, ma aveva un'abitazione nelle aree colpite dal sisma;
   sono state adottate misure volte a differire il pagamento dei tributi per i residenti nei comuni colpiti che non sono nelle condizioni di assolvere agli obblighi fiscali, così come sono stati sospesi temporaneamente i pagamenti delle utenze domestiche;
   l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia non dice esplicitamente che ci siano rischi imminenti, pur ricordando che l'Italia si trova nella zona di convergenza tra la placca africana e quella euroasiatica ed uno dei Paesi, fra quelli del Mediterraneo, a più alto rischio terremoti;
   in Italia quasi l'80 per cento degli edifici è stato edificato senza il rispetto di normative antisismiche, introdotte solo a seguito del terremoto in Irpinia nel 1981;
   ad ogni evento sismico (circa 60 terremoti in un secolo hanno già scosso l'Italia) è d'uso ripetere il refrain che si deve fare di questo Paese – come hanno fatto già altri (ad esempio il Giappone) – un Paese sicuro, dove anche dopo terremoti di elevato grado i danni sono minimi e non si parla più di vittime;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 (aggiornata nel 2006) recante «primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», ha diviso l'intero territorio nazionale in quattro zone a diversa pericolosità (zona 1 a «sismicità alta» nella quale sono compresi 708 comuni; zona 2 a «sismicità media» che comprende 2345 comuni, zona 3 a «sismicità bassa» con 1560 comuni; zona 4 a «sismicità molto bassa» o aree non catalogate, nella quale si contano 3488 comuni);
   a seguito del terremoto verificatosi il 6 aprile 2009 nel comune de L'Aquila fu emanato il decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, con il quale è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico, rifinanziato ogni anno, che per quest'anno prevede una dotazione pari a 44 milioni di euro, una cifra lontana da quella che occorrerebbe in realtà per un serio adeguamento sismico degli edifici pubblici e per le infrastrutture strategiche, ma lontanissima anche da quella che prevederebbe un piano di intervento sull'edilizia residenziale privata efficiente,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, in collaborazione con i comuni (soprattutto quelli situati nelle aree ad alto rischio sismico), per il monitoraggio degli edifici pubblici e privati e delle infrastrutture strategiche e la predisposizione di una mappatura nazionale degli interventi urgenti da finanziare;
   a promuovere un piano di incentivazioni fiscali per favorire i privati che volessero programmare misure di messa in sicurezza delle proprie abitazioni, in considerazione dell'elevato costo degli interventi;
   ad avviare campagne nazionali di informazione sul rischio sismico, affinché nelle località più vulnerabili venga insegnato ai residenti il giusto comportamento in caso di terremoto, spiegando cosa non deve essere assolutamente fatto, nella consapevolezza, che saper gestire il panico è utile a salvare vite umane;
   ad attivare iniziative, come per esempio l'iniziativa « art bonus», affinché le comunità o i mecenati possano autofinanziare la messa in sicurezza di un campanile, di una chiesa o di un luogo simbolo del proprio comune, contribuendo così alla conservazione del patrimonio artistico italiano;
   a censire gli edifici scolastici, gli ospedali, le strutture residenziali per anziani e disabili, fissando un lasso di tempo congruo per assicurare la loro antisismicità, al fine di garantire prioritariamente l'incolumità dei soggetti più vulnerabili;
   ad assumere iniziative affinché siano valutate con maggiore cura le richieste di edificazione rispetto alla ubicazione, attivando controlli sulla qualità delle opere realizzate;
   ad assumere iniziative per inasprire le pene per le accertate responsabilità e l'imperizia dimostrata in fase di rilascio di certificazioni di congruità, di abitabilità, di idoneità, assicurando il rispetto della normativa anticorruzione e antimafia per le imprese appaltatrici di opere pubbliche;
   a valutare di assumere iniziative per il rifinanziamento del fondo istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze anche per i prossimi anni, al fine di poter prevedere interventi di ricostruzione e consolidamento, favorendo il rapido rientro a casa di quanti abbiano subito danni contenuti;
   ad individuare soluzioni adeguate a consentire a chi ha perso il lavoro o l'attività d'impresa (agricoltori, artigiani, micro imprese e imprese familiari) di attivare forme transitorie di sostegno al reddito o di beneficiare di prestiti agevolati, al fine di evitare l'abbandono dei territori e la perdita di tipicità dei luoghi;
   a valutare la possibilità di erogare finanziamenti (o prevedere l'accesso a contributi a fondo perduto per i privati) da destinare al ripristino dell'impiantistica sportiva, al fine di offrire ai giovani la possibilità di avere luoghi di aggregazione e svago e, comunque, di allenarsi e proseguire la loro attività agonistica;
   a concordare, con l'Associazione bancaria italiana e le società locali di riscossione dei tributi, iniziative volte a prorogare ulteriormente la sospensione temporanea dei mutui (già fissata al 31 dicembre 2016), senza oneri a carico degli intestatari e che consentano di non considerare morosi i contribuenti che non riescano a far fronte alle prossime scadenze.
(1-01365) «Vezzali, D'Agostino, Rabino, Sottanelli, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Lainati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano, Marcolin, Borghese, Merlo».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia centrale è classificata zona ad alto rischio sismico come la quasi totalità della catena appenninica. Ventiquattro milioni sono le persone che vivono in zone a elevato rischio tellurico – classificate zona 1 – e, ventiquattromila sono le scuole che sorgono in zone critiche, come dichiarato dal Consiglio nazionale dei geologi;
    nella notte del 24 agosto 2016, una fortissima scossa di terremoto di magnitudo di 6.0 della scala Richter ha devastato alcuni paesi dell'Appennino centrale tra le Marche e il Lazio, mietendo circa 300 vittime. I luoghi più colpiti dal sisma sono stati Amatrice e Accumoli (RI), Pescara del Tronto e Arquata del Tronto (AP);
    purtroppo, la terra continua a tremare in tutto in Centro Italia, infatti solo alcuni giorni fa una scossa di magnitudo 4.1 ha colpito nuovamente le zone già interessate dal sisma del 24 agosto, portando nuovamente paura tra le popolazioni;
    a poco più di un mese dall'evento calamitoso, Fabrizio Curcio, capo del dipartimento della Protezione civile, afferma che secondo una stima approssimativa, i danni generati dal sisma ammontano ad almeno 3-4 miliardi di euro;
    il presidente del Glis (istituito dall'associazione nazionale italiana d'ingegneria sismica), riferendosi al terremoto del 24 agosto 2016, ha dichiarato: «l'80 per cento dei fabbricati nelle zone ad alto rischio non reggerebbe un terremoto come quello della scorsa notte. Crollerebbero tutti, incluso scuole, ospedali, caserme, prefetture, ossia i luoghi considerati strategici in caso di emergenza, come un terremoto»;
    l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), ha dichiarato che il 50 per cento delle scuole è stato costruito prima del 1981;
    nel rispetto dei principi contenuti nel capo IV, parte II, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), i comuni e le regioni sono obbligati a uno studio di vulnerabilità delle strutture pubbliche. Di fatto, vi sono alcune regioni che hanno emanato leggi regionali di riferimento solo nel 2012;
    in Italia non esiste una mappatura degli interventi effettuati nelle strutture pubbliche contenente le necessarie informazioni del fabbricato dalla sua nascita fino agli eventuali provvedimenti effettuati nel corso degli anni;
    il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, (cosiddetto «Sblocca Italia»), articolo 9 – capo IV, stabilisce le misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive, convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164. Riguardo all'affidamento diretto, non si può prescindere dalla considerazione che appare irragionevole la reintroduzione dell'affidamento diretto in particolare per ciò che concerne i lavori di essa in sicurezza degli edifici scolastici;
    la legge n. 107 del 2015 recante riforma del sistema nazionale d'istruzione e formazione, all'articolo 1, commi 145-179, fa riferimento al Piano per l'edilizia scolastica e si muove lungo tre linee di azione denominate: «scuole belle», «scuole nuove», «scuole sicure». Ognuna di queste tre linee fa riferimento a normative e fondi diversi;
    in particolare, la linea di azione «scuole sicure» raggruppa le linee di finanziamento per gli interventi di messa in sicurezza delle scuole, di manutenzione straordinaria, per l'adeguamento alla normativa antisismica e per l'eliminazione delle barriere architettoniche, nonché per la rimozione dell'amianto. In questo piano rientra il decreto interministeriale 23 gennaio 2015 (cosiddetto decreto mutui), che dà attuazione all'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza e adeguamento sismico di edifici scolastici di proprietà degli enti locali o delle regioni;
    inoltre, il decreto di attuazione della legge n. 107 del 2015 ha disposto 7000 interventi per la verifica dello stato dei solai degli edifici scolastici. Il decreto prevede un riparto delle risorse su base regionale e provinciale, in base al numero di edifici, alla popolazione scolastica e all'affollamento delle strutture, utilizzando sin da subito i dati resi disponibili dall'Anagrafe scolastica. Tra i quattro criteri individuati per la selezione degli interventi c’è l'indice di rischio sismico;
    con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 23 dicembre 2015 n. 943 sono stati approvati gli interventi regionali per adeguamento infrastrutturale e antisismico degli edifici del sistema scolastico e sono stati assegnati 37,5 milioni di euro, i criteri e le modalità per l'assegnazione erano stati definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 ottobre 2015;
    tuttavia, la procedura per l'assegnazione dei finanziamenti appare ai presentatori del presente atto complessa e fumosa tanto più che i provvedimenti attuativi hanno fatto slittare i tempi originariamente previsti per l'accesso al finanziamento. Il fondo unico per l'edilizia scolastica ha una dotazione di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici, ma la realizzazione della procedura del cosiddetto decreto mutui, relativa all'adozione da parte delle regioni dei piani d'intervento triennali, è slittata di molti mesi e in ragione di ciò, nella seduta dell'Osservatorio dell'edilizia scolastica del 1o ottobre 2015, il sottosegretario Faraone ha preannunciato uno slittamento fino al 31 dicembre 2015;
    in ultimo, il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 concernente il nuovo codice sugli appalti, ha reintrodotto il massimo ribasso per gli appalti sotto il milione di euro. Ciò fa emergere numerose problematiche anche per quanto riguarda l'offerta economicamente più vantaggiosa e le commissioni giudicatrici poiché non consente di individuare delle metodologie che siano in grado di assicurare una maggiore trasparenza delle procedure dei lavori, tanto più se si parla di scuole;
    va ricordato inoltre che il capo del dipartimento della Protezione civile, il 13 settembre 2016 ha firmato l'ordinanza n. 393 relativa alla gestione dell'emergenza terremoto del 24 agosto, disponendo altresì ulteriori interventi urgenti per ottimizzare le attività per la gestione dell'emergenza, in particolare in materia di svolgimento dell'attività scolastica;
    Cittadinanzattiva – organizzazione fondata nel 1978, che promuove l'attivismo dei cittadini per la tutela dei diritti e la cura dei beni comuni, ha presentato di recente il XIV Rapporto sulla sicurezza, qualità e accessibilità a scuola;
    il rapporto fa emergere che le scuole italiane sono pericolanti, inaccessibili ai disabili e a rischio in caso di evento sismico. Inoltre si denuncia che il 15 per cento degli edifici presenta lesioni strutturali, che solo l'8 per cento è stato progettato secondo le norme antisismiche e che due terzi di tali edifici non hanno l'agibilità statica;
    dal campione di centocinquanta scuole individuate in diverse regioni, è stato riscontrato che negli ultimi tre anni si sono verificati 112 crolli negli edifici scolastici ferendo il personale e gli studenti;
    emerge quindi un quadro allarmante, se si ricorda che al 29 per cento delle scuole che, negli ultimi due anni hanno chiesto agli enti locali di intervenire è stata data risposta negativa e un ente locale su tre non effettua interventi strutturali. Un istituto scolastico su tre si trova in aree particolarmente rischiose a causa dell'elevata sismicità, ma solo l'8 per cento è stato progettato secondo la normativa antisismica;
    sempre il rapporto sopracitato evidenzia che il 35 per cento delle scuole del campione monitorato possiede il certificato di agibilità statica, il 32 per cento quello di agibilità igienico-sanitaria, mentre il certificato di prevenzione incendi è presente appena nel 10 per cento delle scuole monitorate;
    i dati nazionali relativi all'anagrafe edilizia scolastica 2015 effettuati e resi noti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, fanno emergere che la certificazione di agibilità per esempio è assente in oltre il 94 per cento delle scuole della regione Calabria e in circa la metà degli istituti di Lazio, Sicilia, Sardegna e Campania;
    nelle zone ad altro rischio sismico, soprattutto laddove il recente terremoto ha colpito – nelle province di Rieti, Ascoli Piceno, Fermo, l'Aquila, Teramo e Perugia – risulta che la certificazione di agibilità è presente solo nell'8 per cento delle scuole di Rieti e provincia, nel 23 per cento circa di quelle di L'Aquila e Teramo;
    infine, nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, appare la convocazione dell'osservatorio per l'edilizia scolastica del 20 settembre 2016, avente per oggetto: il riepilogo dei programmi e dei finanziamenti in materia di edilizia scolastica, situazione delle scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016, definizione della Giornata nazionale della sicurezza nelle scuole e infine Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica. Va tuttavia ricordato che sul sito istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non è pubblicato alcun dato riferito ai dati relativi alla certificazione e nessuna voce riguardante i finanziamenti in materia di edilizia scolastica previsti dalla legge n. 107 del 2015,

impegna il Governo:

   a rendere noti i tempi di aggiornamento dell'Anagrafe dell'edilizia scolastica, i criteri per assicurare la trasparenza degli interventi, le modalità e i tempi degli stessi;
   a pubblicare i dati delle certificazioni e delle modalità di utilizzo dei fondi erogati relativi agli interventi di cui al fondo unico per l'edilizia scolastica – la cui dotazione è di 3,9 miliardi di euro per la messa in sicurezza, ristrutturazione e realizzazione di edifici scolastici –;
   a rendere pubblici gli impegni presi dall'Osservatorio dell'edilizia scolastica, nell'ambito della riunione del 20 settembre 2016 e in particolare per quanto riguarda le scuole interessate dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'applicazione effettiva delle norme in materia di accesso civico agli atti che riguardano la scuola, da parte dei cittadini e delle associazioni;
   ad assumere iniziative per stanziare in occasione della prossima e imminente sessione di bilancio, risorse adeguate volte ad avviare e garantire la ricostruzione degli edifici pubblici e privati e in particolare degli edifici scolastici interessati dal sisma del 24 agosto 2016;
   ad assumere iniziative per garantire l'immediata ristrutturazione o ricostruzione delle scuole coinvolte dal terremoto;
   ad aggiornare le mappe di pericolosità sismica del territorio nazionale anche mediante la previsione del vincolo di presenza di geologi in ogni comune;
   ad assumere iniziative per favorire specifiche misure a sostegno della ricostruzione delle scuole coinvolte dal sisma e di quelle del Paese per cui necessitano interventi urgenti in materia di messa in sicurezza in particolare degli edifici pubblici come scuole e ospedali, nel pieno rispetto della trasparenza e della concorrenza;
   ad assumere iniziative per prevedere la certificazione obbligatoria «Anagrafe dell'immobile pubblico», documento contenente tutte informazioni concernenti le condizioni di sicurezza e gli interventi effettuati, e a renderla trasparente e di accesso pubblico;
   a promuovere una realistica classificazione sismica del territorio nazionale, una pianificazione urbanistica e una progettazione che segua i criteri antisismici volti a mettere in sicurezza tutti gli edifici pubblici;
   ad assumere iniziative per rifinanziare gli interventi relativi alle circa tredicimila richieste rimaste inevase dal primo provvedimento in materia di sicurezza degli edifici scolastici e di prevenzione del crollo dei relativi solai e controsoffitti;
   a promuovere mirate iniziative di educazione scolastica che rendano la popolazione studentesca consapevole dei rischi sismici favorendo politiche di sensibilizzazione per addivenire a comportamenti corretti in caso di evento sismico.
(1-01366) «Brignone, Artini, Baldassarre, Bechis, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il 24 agosto 2016, alle ore 3.36 una scossa di terremoto di magnitudo 6 e di profondità di 4,2 chilometri, seguita poi da repliche, ha colpito un'area dell'Appennino centrale che è al confine tra quattro regioni: Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo;
    297 persone sono decedute mentre, alla data del 25 settembre 2016, gli sfollati sono 2468, e danno la dimensione di quanto ci sarà da fare per ricostruire, ripartire, tornare a vivere;
    nel dare i numeri degli sfollati è bene tener conto che oltre quelli direttamente assistiti dalla Protezione civile, ve ne sono almeno altrettanti che sono fuori dalla loro abitazione e che hanno trovato rifugio presso parenti ed amici. Non sono pertanto annoverati tra gli assistiti dalla Protezione civile. Tra questi molti hanno le abitazioni inagibili e presto saranno in carico al CAS (Contributo autonoma sistemazione) e/o alle SAE (Soluzioni abitative emergenziali);
    il Governo, il 25 agosto 2016 ha varato la dichiarazione dello stato di emergenza per 180 giorni, conferendo i necessari poteri di ordinanza al capo della Protezione civile, e ha stanziato i primi 50 milioni di euro per le più immediate esigenze di soccorso e assistenza;
    la macchina dei soccorsi si è subito messa in moto: la Protezione civile, i Vigili del fuoco, le, forze dell'ordine, le Forze armate, le organizzazioni di volontariato, le colonne mobili di regioni e province autonome, il Servizio sanitario nazionale, i servizi sanitari regionali, il Corpo nazionale di soccorso alpino e speleologico, la Croce rossa si sono spese anche per riattivare al più presto la viabilità che era stata compromessa e riattivare il sistema delle comunicazioni, non solo tra loro, ma anche per consentire alla popolazione di comunicare;
    i danni maggiori sono stati nei tre comuni di Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto (in particolare nella frazione di Pescara del Tronto), ma ci sono danni anche nelle zone limitrofe. Tra Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo sono una cinquantina le attività che sono state costrette a chiudere e 670 sono le aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino, tra Arquata del Tronto, Amatrice e Accumoli;
    dopo attente verifiche si è scoperto che la perimetrazione del cratere è stata fatta in modo prudenziale ed è quindi sottostimata;
    per quanto riguarda le Marche, dal maceratese all'ascolano, passando per il fermano, si sono registrati danni, talvolta gravi, ad abitazioni, infrastrutture ed attività produttive. Nel maceratese, i comuni di Camerino, Acquacanina, Bolognola, Fiastra, Muccia, Serravalle di Chienti, Montecavallo, Fiordimonte, Pieve Torina, Pievebovigliana, Ussita, Visso, Castelsantangelo sul Nera, sono fra quelli che hanno riportato maggiori danni e in cui si registrano circa mille sfollati. La stessa città di Macerata e altri comuni limitrofi risultano danneggiati, come alcuni comuni del fermano, come ad esempio Falerone, dove la scuola è inagibile, o quelli del versante subappenninico dell'ascolano, tra cui Montemonaco, Montegallo, Comunanza, Venarotta, Roccafluvione. I sindaci e le popolazioni di questi territori non possono e non devono essere lasciati soli a fronteggiare un'emergenza così difficile;
   in Umbria sono stati colpiti anche i comuni di Spoleto e di Foligno e diverse altre aree del comprensorio che non sono attualmente ricomprese nell'area del cratere sismico; su 1331 sopralluoghi eseguiti dalla prefettura di Perugia alla data del 14 settembre 2016, le inagibilità dirette o indotte si attestano intorno al 25 per cento;
    i territori dell'Umbria maggiormente colpiti ricadono nella zona della Valnerina, in particolare nei comuni di Norcia, Preci, Cascia e Monteleone di Spoleto nei quali è stata decretata l'emergenza sismica. Molte sono le frazioni colpite nel comune di Norcia: Nottoria, Frascaro, Savelli, Ancarano, Campi, Pescia, S. Andrea, Paganelli, Piediripa, Popoli, Valcaldara, Ocricchio, San Pellegrino e Castelluccio, solo alcuni dei centri lesionati. Sono molte le case sparse danneggiate fra Norcia e la montagna che sale a Castelluccio, quest'ultimo fortemente colpito per lo sgretolamento di edifici e costruzioni lesionati e non ricostruiti a seguito degli eventi sismici verificatosi nel 1979 e nel 1997;
    a tutto ciò, nell'immediato, si è fatto fronte installando tende e cucine da campo sia a Norcia che a San Pellegrino dove vengono preparati e somministrati pasti alle popolazioni sfollate e al personale della Protezione civile e Vigili del fuoco che prestano servizio ed assistenza nelle zone colpite dal sisma;
    la provinciale che collega Norcia a Castelluccio è chiusa perché danneggiata e questo accade ogni volta che una catastrofe naturale colpisce l'Umbria, al punto da causare l'isolamento di Castelluccio;
    il modello di sviluppo della Valnerina da anni ormai si fonda sulla filiera turismo/ambiente/cultura: le misure necessarie al sostegno dell'economia dovranno pertanto essere molteplici;
    in Abruzzo il comune di Pizzoli risulta escluso dal cratere sismico ma ha subito danni; analogamente, gli edifici dei comuni di Campli, Civitella del Tronto e Torricella Sicura hanno subito notevoli lesioni, in particolare al patrimonio storico architettonico e ai luoghi di culto, che sono tuttora inagibili;
    il principale problema dell'emergenza è il rischio di impoverimento demografico. Risulteranno pertanto determinanti, anche per l'economia, le azioni di sostegno e normalizzazione dei servizi erogati dai presidi ospedalieri, dalle aziende pubbliche di servizi alla persona e dal sistema integrato di assistenza socio sanitaria che, per le aree interne, necessita di essere ripensato. Non ultimo poi il sistema scolastico; nelle scuole in cui si sono verificate inagibilità per motivi strutturali è venuto il momento di disporre la ricostruzione di nuovi edifici antisismici in sostituzione dei vecchi, soprattutto laddove le criticità si sono reiterate ad ogni evento sismico di una certa rilevanza;
    è necessario installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma: tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
    a livello europeo, come nel caso dei terremoti a L'Aquila e in Emilia Romagna, l'Italia non ha attivato il meccanismo di protezione civile europeo, ma ha richiesto assistenza attraverso immagini satellitari. Il Centro di coordinamento di risposta alle emergenze della Commissione europea sta seguendo da vicino la situazione ed è in contatto con le autorità della protezione civile;
    le autorità italiane, a quanto risulta ai presentatori del presente atto, avrebbero contattato informalmente la Rappresentanza della Commissione europea a Roma per annunciare la loro intenzione di richiedere l'assistenza del Fondo di solidarietà dell'Unione europea;
    in linea di principio gli aiuti del Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue) sono ammissibili come per qualsiasi altro Stato membro colpito da una serie catastrofi, se sono soddisfatti i criteri del regolamento del Fondo di solidarietà;
    non vi è alcuna urgenza immediata a giudizio dei presentatori del presente atto per chiedere un aiuto del Fsue, tanto più che la fase immediatamente post-disastro è ancora in corso. L'Italia ha 12 settimane, dal verificarsi del disastro, per presentare una domanda, vale a dire entro il 16 novembre 2016: è importante che questa domanda sia basata su una solida valutazione del danno causato dalla catastrofe;
    il Fondo di solidarietà può essere mobilitato se i danni diretti causati dalla catastrofe superano la soglia. Per l'Italia la soglia a livello nazionale è un danno complessivo diretto superiore a 3,312 miliardi di euro (vale a dire 3 miliardi di euro a prezzi del 2011). Il caso dovrebbe quindi essere trattato come una «catastrofe grave» (come è stato il caso per i terremoti a L'Aquila nel 2009 e in Emilia-Romagna nel 2012) che hanno portato a un maggiore livello di aiuti del FSUE;
    se il danno è più piccolo, inferiore a 3,312 miliardi di euro, l'Italia potrebbe richiedere una «catastrofe regionale». In questo caso il danno diretto totale deve superare l'1,5 per cento del prodotto interno lordo della regione colpita. Se più regioni sono colpite la soglia è applicata al Pil medio di tali regioni;
    il capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ha stimato in «non meno di tre-quattro miliardi» tali danni e i fondi, secondo il Commissario Vasco Errani, dovrebbero essere stanziati nel «decreto che sarà approvato dal Cdm non oltre il 2-3 ottobre e che servirà a riconoscere i danni del terremoto, definitivamente»;
    per mobilitare il Fondo di solidarietà dell'Unione europea è necessaria una richiesta da parte delle autorità nazionali competenti. In Italia questa autorità è il Dipartimento nazionale della Protezione civile, direttamente collegato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La Commissione europea non può attivare il Fondo di propria iniziativa;
    insieme alla sua applicazione, l'Italia può richiedere il pagamento di un anticipo (il 10 per cento dell'aiuto del Fsue previsto), che potrebbe essere pagato dopo una rapida prima valutazione della domanda e prima che il Parlamento europeo e il Parlamento italiano abbiano completato la procedura di bilancio;
    l'Italia ha già beneficiato di aiuti del Fsue per un totale di oltre 1,3 miliardi di euro (la più grande quantità di aiuti versata da uno Stato membro) per otto diverse catastrofi, tra cui i più gravi terremoti a L'Aquila (Abruzzo) nel 2009 e in Emilia Romagna nel 2012;
    i pagamenti sono limitati a finanziare le operazioni di emergenza: servizi di soccorso, ripristino delle infrastrutture, fornitura di assistenza e alloggi, operazioni di ripristino e sgombro, protezione del patrimonio culturale al fine di impedire ulteriori danni;
    esiste la possibilità per le regioni di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani (2014/2020), finalizzata alla «ricostituzione del patrimonio agricolo danneggiato dalle calamità naturali» e la Commissione europea potrebbe confermare (come fece nel caso dell'Emilia Romagna) che non richiederà la restituzione dei fondi legati ai progetti che non potranno essere conclusi o stanno rallentando a causa del terremoto;
    in caso di catastrofi naturali il Trattato dell'Unione europea prevede la possibilità di conferire aiuti di Stato, per i quali sono necessarie la notifica e l'autorizzazione della Commissione europea che in questi casi si impegna a fornire una risposta in tempi celeri;
    la Commissione europea propone, per il periodo 2014-2020, un aumento dei fondi strutturali quasi raddoppiando i fondi per la sostenibilità energetica, in parte utilizzabile per la riqualificazione degli edifici;
    attualmente, sempre a livello europeo, nell'ambito delle iniziative Smart Cities, vi sono 209 milioni di euro per progetti di risparmio energetico nelle città, inclusa la ristrutturazione di edifici e per il bilancio 2014-2020, nell'ambito di Orizzonte 2020, la Commissione europea potrà arrivare ad investire fino a 2 miliardi di euro nei fondi per ricerca e innovazioni per promuovere nuovi materiali, apparecchiature tecniche più efficienti ed edifici più sicuri dal punto di vista sismico, anche con progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative;
    il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti, ha dichiarato, in data 26 settembre 2016, che «Nel prossimo Consiglio dei ministri verrà esaminato il provvedimento che rafforzerà le misure di sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto, tra le quali il risarcimento dei danni e le norme per la ricostruzione per avviare la fase di superamento dell'emergenza», aggiungendo che «il Dpcm di nomina della struttura di missione di Casa Italia e del professor Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano, come coordinatore è stato già firmato venerdì 23 settembre 2016 e “vedrà sicuramente un importante stanziamento di risorse all'interno della legge di bilancio”. Il piano Casa Italia conterrà, secondo quanto affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, le “linee guida alle quali sta lavorando il senatore Renzo Piano” e “avrà bisogno di dispiegare i propri effetti nel corso degli anni”»,

impegna il Governo:

   a tenere periodicamente informato il Parlamento e a coinvolgere tutte le forze politiche nelle varie fasi degli interventi di ricostruzione e ai tavoli tecnici, anche al fine di testimoniare il sostegno alle popolazioni colpite, dimostrando serietà ed impegno ma soprattutto non lasciando sole le comunità e le popolazioni che hanno perso tutto;
   ad assumere iniziative per garantire la continuità della vita economica e sociale dei territori colpiti attraverso interventi di sostegno alle infrastrutture e alle attività produttive;
   a verificare la possibilità di conferire aiuti di Stato, seguendo la procedura di notifica preventiva alla Commissione europea, in modo da poter esercitare una maggiore flessibilità nello stanziamento dei fondi necessari alla ricostruzione;
   ad assumere iniziative per attivare, a tempo debito, il Fsue, nonché a collaborare con le regioni al fine di proporre una riallocazione finanziaria dei programmi di sviluppo rurale italiani nelle zone colpite dal sisma;
   ad assumere iniziative per prevedere deroghe in materia paesaggistica e ambientale per consentire di installare moduli che consentano di non chiudere le attività agrituristiche e zootecniche rese inagibili dal sisma, posto che tali moduli, provvisori, potrebbero garantire la continuità lavorativa in attesa di poter ristrutturare le strutture principali;
   a promuovere progetti pilota dimostrativi di edifici e quartieri che consumino meno energia di quella prodotta e/o con standard di sicurezza sismica realizzati con tecnologie innovative, che possano rientrare nell'ambito delle iniziative Smart Cities e Orizzonte 2020 dell'Unione europea;
   ad assumere iniziative per riperimetrare la zona del cratere sismico, inserendo quei comuni citati in premessa ed ora esclusi da una prima stima dei danni, nonché altre zone nelle quali i danni, al momento, non siano ancora stati censiti;
   ad assumere iniziative per stanziare, nel provvedimento che rafforzerà le misure di sostegno per le popolazioni colpite dal terremoto, i fondi necessari alla ricostruzione, non solo edilizia, delle zone terremotate, non rimandando la previsione di tali misure al disegno di legge di bilancio;
   ad assumere iniziative per evitare che «Casa Italia» resti «una scatola vuota» destinata a diventare l'ennesimo Dipartimento alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad assumere iniziative per prorogare lo stato di emergenza nelle zone colpite dal terremoto, che scade a fine febbraio 2017, poiché a giudizio dei presentatori del presente atto il periodo individuato non è sufficiente neppure per coprire i tempi di realizzazione delle cosiddette «casette», che il capo della Protezione civile conferma essere di «sette mesi al massimo»;
   ad assumere iniziative per ricostruire, con criteri antisismici, prioritariamente gli edifici scolastici;
   ad assumere iniziative per potenziare la viabilità fra le regioni colpite dal sisma, in modo da evitare l'isolamento di intere zone della dorsale appenninica;
   ad assumere iniziative per prevedere, oltre alla sospensione di alcune misure fiscali, disposta dal decreto ministeriale il 1o settembre 2016, anche il rinvio dei pagamenti di oneri e contributi previdenziali, al fine di non aggravare ulteriormente la situazione di aziende agricole e piccole imprese;
   ad assumere iniziative per sospendere, per i cittadini non residenti, il pagamento di tributi e servizi ove gli immobili di loro proprietà siano dichiarati inagibili;
   ad assumere iniziative per prevedere la sospensione del pagamento di tributi, contributi e premi assicurativi per tutta la durata della ricostruzione;
   ad assumere adeguate iniziative normative affinché sia possibile ricorrere alla Cassa integrazione guadagni straordinaria e alla Nuova prestazione sociale per l'impiego (Naspi) anche per quelle categorie produttive che ora ne sono escluse, come i commercianti e i lavoratori autonomi (artigiani e liberi professionisti);
   ad assumere iniziative volte a prevedere il superamento del patto di stabilità per i comuni colpiti dal sisma;
   a riconoscere la fondamentale importanza del turismo come volano dell'economia e il contributo che a questo settore portano le cosiddette «seconde case», assumendo iniziative per prevedere pertanto, in modo paritario, i proprietari di tali immobili fra i soggetti con diritto di rimborso per i danni subiti;
   a privilegiare forme di contributo diretto ai soggetti che saranno riconosciuti come aventi diritto ad un rimborso per la ricostruzione.
(1-01367) «Brunetta, Baldelli, De Girolamo, Fabrizio Di Stefano, Laffranco, Occhiuto, Polidori».


   La Camera,
   premesso che:
    il terremoto del 24 agosto 2016 di magnitudo 6.2 ha colpito un'estesa zona dell'Appennino centrale, coinvolgendo le regioni quali il Lazio, le Marche, l'Abruzzo e l'Umbria. Il sisma ha prodotto la perdita di 297 vite umane, 386 feriti, 238 estratte dalle macerie, 4.800 sfollati assistiti dalla protezione civile;
    la maggior parte dei decessi dovuti al crollo degli edifici si sono verificati nei comuni delle regioni Lazio e Marche (Amatrice, Arquata del Tronto e Montegallo). Oltre alla devastazione totale di alcuni comuni (Amatrice, Accumoli, Acquasanta, Arquata del Tronto, Montemonaco), si sono registrati ingenti danni a edifici pubblici e privati in alcuni comuni montani di Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Valnerina;
    un grande ringraziamento per l'efficienza e la tempestività nei soccorsi nelle zone colpite dal terremoto va a tutte le forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, della protezione civile, della Croce Rossa Italiana, dei funzionari e dei volontari. Ancora oggi sono operativi nei territori colpiti dal sisma;
    l'Italia è una nazione con un elevato rischio sismico. A seguito del grave terremoto del Molise, lo Stato ha iniziato un primo percorso volto alla prevenzione dei danni provocati dagli eventi sismici. Il territorio nazionale è stato diviso per classi di pericolosità (quattro), sono stati definiti i criteri tecnici per le costruzioni che si trovano in zone a rischio di terremoto. Secondo questa classificazione le zone 1 e 2 sono definite ad alta sismicità e comprendono 3.053 comuni, la zona 3 è a sismicità bassa e comprende 1.560 comuni, la zona 4 comprende 3.488 comuni per cui si potrà avere una rara incidenza di eventi sismici. A seguito del terremoto nel 2009 che ha coinvolto il comune dell'Aquila è stato istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il fondo per la prevenzione del rischio sismico. Ogni anno ha una dotazione differente. Per l'anno 2016 sono stati stanziati 44 milioni di euro;
    la regione Emilia Romagna dopo il sisma che l'aveva colpita nel 2012 ha adottato il meccanismo del credito d'imposta, così da avere subito tutta la somma disponibile e di poter partire immediatamente con la ricostruzione da parte dei cittadini;
    importanti sono anche gli incentivi alla ricostruzione sulle seconde case, anche dei non residenti, perché hanno una ricaduta positiva sul tessuto economico turistico delle aree colpite dal terremoto, dove, infatti, solitamente ci sono più dimoranti che residenti;
    con delibera del 25 agosto 2016 il Consiglio dei ministri dichiara lo stato di emergenza di 180 giorni per le aree colpite dal sisma. Per i primi interventi sono stati erogati 50 milioni di euro sul fondo per le emergenze nazionali (legge n. 225 del 24 febbraio 1992, articolo 5, comma 5);
    con decreto del 1o settembre 2016 vengono sospesi gli obblighi tributari per i residenti e per chi ha sede operativa nei comuni colpiti dal sisma, nel periodo compreso dal 24 agosto al 16 dicembre;
    il Governo dopo l'evento sismico ha subito varato un piano chiamato «Casa Italia», il cui obiettivo è quello dell'ammodernamento edilizio (dissesto idrologico, edilizia scolastica, beni culturali e periferie). Tale piano dovrà necessariamente avere una durata pluriennale di 10-20 anni e oltre a garantire la sicurezza territoriale, potrà costituire, con l'apertura dei cantieri un volano per l'aumento dell'occupazione e dello sviluppo economico. Inoltre, è previsto l'allargamento e il potenziamento del «sismabonus», lo stanziamento di risorse straordinarie dedicate a risolvere l'emergenza post terremoto in Centro Italia. Il Governo, nella sessione di bilancio, estenderà al 2017 la detrazione del 65 per cento per gli interventi di efficienza energetica anche a quelli di adeguamento sismico. Visto che sono stati riportati ingenti danni a edifici di pubblica utilità e a più di trecento beni culturali nei comuni colpiti dal grave evento sismico, le azioni annunciate dal Governo potranno essere ancora più efficaci attraverso un tavolo di concertazione con le regioni interessate al fine di definire al meglio le priorità sulle quali intervenire;
    oltre ai danni verificatisi alle strutture ci sono i danni alle attività economiche, produttive artigianali, agricole, zootecniche e turistiche. Sono i settori fondanti del tessuto economico e sociale dei comuni colpiti dal sisma. La crescita di queste attività è direttamente proporzionale alla crescita del turismo in questi comuni. Lo stato di allarme di queste zone, dovuto anche a una scorretta e allarmante comunicazione dei mass media, hanno portato alla fuga dei turisti e comportano il rischio di una progressiva desertificazione di queste zone;
    il serio rischio, è che in questi comuni si arresti del tutto il settore produttivo, con conseguente caduta del prodotto interno lordo pro-capite. Di vitale importanza per queste aree sarà poter contare su una nuova e innovativa strategia di sviluppo come per esempio creare una rete di prodotti eccellenza legati a luoghi unici nel loro scenario, in modo da poter creare un pacchetto turistico competitivo anche in tutti i mercati internazionali;
    il sisma del 24 agosto 2016 ha inoltre reso nuovamente di attualità il problema dell'edilizia scolastica, della sicurezza dei nostri figli. Da Nord a Sud, non c’è stato un solo centro abitato del Paese che non abbia focalizzato la propria attenzione sugli edifici scolastici, riscontrando troppo spesso criticità, edifici non sicuri, spesso sporchi, inadeguati alla richiesta formativa del nostro Paese;
    il rinnovamento e la riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico devono rappresentare, infatti, una delle priorità dell'azione del Governo: offrire luoghi innanzitutto sicuri agli studenti è fondamentale per il presente e per un futuro migliore;
    nella sua audizione alla Camera, il Ministro Delrio ha poi detto che è intenzione del Governo «non introdurre ulteriori oneri burocratici ed economici a carico dei cittadini», fugando ogni dubbio sulla invocazione di risolvere i problemi della sicurezza degli immobili attraverso il fascicolo/libretto, il cosiddetto «fascicolo del fabbricato», che sarebbe invece solo un insieme di carte che riguardano l'edificio ma non rappresenterebbe un punto sulla situazione della sicurezza del fabbricato,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per prevedere l'utilizzo del credito d'imposta per garantire un'immediata liquidità e finanziamenti alle famiglie e alle imprese che devono procedere ad una veloce ricostruzione, attuare una ricostruzione rapida delle abitazioni e delle sedi delle attività produttive private, favorire una rapida ripresa della vita e delle attività di questi territori;
   ad assumere iniziative per una rapida rateizzazione e un graduale rimborso dei tributi sospesi, nonché per prevedere la sospensione dei tributi, dopo adeguate verifiche tecniche, per tutte le imprese che hanno subito danni alla loro attività produttiva;
   ad assumere iniziative per una accelerazione nell'attuazione del piano «Casa Italia», al fine di incentivare la prevenzione antisismica e disporre dei fondi per le misure più urgenti per la ricostruzione delle abitazioni principali e delle seconde case;
   nella ripartizione dei fondi, a dare priorità alla ricostruzione di opere pubbliche strategiche come le scuole, per le quali sia stata accertata l'inadeguatezza strutturale dopo l'evento sismico, nonché ad assumere iniziative per prevedere l'esclusione dai vincoli del patto di stabilità per l'edilizia scolastica;
   a mettere in sicurezza tutti i lavoratori delle aree colpite dal sisma con ammortizzatori sociali in deroga dai 12 ai 18 mesi;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per conferire ai sindaci dei comuni interessati, in casi di straordinaria necessità quale quella di un evento sismico, la possibilità di fare ordinanze per trasformare gli annessi o pertinenze in legno alle abitazioni principali, qualora siano previsti dalle leggi regionali, in presidi di protezione civile, per consentire una immediata risposta a tutti coloro che si trovano in una evidente situazione di necessità;
   a valutare la richiesta all'Unione europea per la predisposizione di un fondo per la tutela e la messa in sicurezza di quei beni artistici, e archeologici colpiti da sisma o da calamità naturali;
   ad attivarsi per un piano nazionale strategico di promozione del turismo dei comuni colpiti dall'evento sismico, proponendo eventi che uniscano la scoperta delle bellezze paesaggistiche a quella delle eccellenze tipiche della produzione locale;
   ad assumere iniziative per incentivare la ricostruzione delle seconde case dei non residenti, perché hanno una funzione primaria nel tessuto economico di queste aree e sono uno dei motori che eviterebbe la loro desertificazione;
   a portare avanti, a fronte dell'imprevedibilità delle calamità naturali e, in particolar modo, dei fenomeni sismici, una potenziata e migliorata campagna di informazione e formazione per una più compiuta attività conoscitiva della sismicità del territorio e del fenomeno sismico in sé, della gestione dell'emergenza e della prevenzione e del contenimento delle possibili conseguenze;
   a prestare particolare attenzione al rischio di dissesto idrogeologico che potrà facilmente presentarsi a seguito delle piogge stagionali nei luoghi già colpiti dal sisma, approntando misure di prevenzione in relazione ai possibili ulteriori disagi ed effetti negativi sul territorio e sulla popolazione;
   a favorire tavoli di concertazione per assicurare la piena partecipazione ed il consapevole consenso degli enti territoriali e delle comunità locali rimaste coinvolte dal sisma nelle scelte da effettuarsi per la ricostruzione.
(1-01368) «Galgano, Monchiero, Matarrese, Oliaro, Molea, Vargiu».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XI,
   premesso che:
    uno degli strumenti cooperativi che in questi anni ha destato una crescente attenzione, è il così detto Workers Buy Out (WBO), consistente nell'acquisizione (della maggioranza o della totalità) del capitale sociale di un'impresa, generalmente in crisi, da parte dei propri dipendenti, siano essi dirigenti, impiegati, operai, usando come forma giuridica la società cooperativa, quale forma di risposta alle crisi aziendali ed occupazionali, particolarmente acuitesi nella lunga recessione iniziata nel biennio 2007-2008;
    il ricorso a tale forma imprenditoriale la si ritrova, con modalità diverse, in molti Paesi. Nasce negli Stati Uniti, sperimentato grazie all'utilizzo dei fondi pensione e al ricorso all’Employee Stock Ownership Plan (ESOP), mentre in America Latina è conosciuto come empresas recuperadas por sus trabajadores (ERT), ma la recente crisi economica ha portato anche nei Paesi del Sud Europa ad una proiezione verso il WBO come probabile soluzione per salvare posti di lavoro, imprese e, allo stesso tempo, evitare un impoverimento delle comunità locali. Francia, Spagna e Italia hanno così assistito, soprattutto negli ultimi sei anni, a una crescita di start-up e di cooperative di lavoro provenienti da processi di WBO avviati su aziende in difficoltà;
    in Italia, le prime operazioni di WBO sono comparse nei primi anni ‘80 come risposta all'aumento della disoccupazione causata dai ridimensionamenti, dalle ristrutturazioni e dalle chiusure di imprese soprattutto manifatturiere, trovando impulso anche a seguito dell'emanazione della legge 27 febbraio 1985, n. 49 (cosiddetta legge Marcora) che ha promosso la costituzione di cooperative da parte di lavoratori licenziati, cassaintegrati o dipendenti di aziende in crisi o sottoposte a procedure concorsuali, attraverso un fondo di rotazione per il finanziamento di progetti presentati da società cooperative (fondo gestito principalmente da Cooperazione finanza industria-CFI), nonché attraverso un fondo statale speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli occupazionali tramite l'assunzione da parte dei lavoratori di opportune iniziative imprenditoriali in forma cooperativa;
    dai dati presentati nel rapporto «Le imprese recuperate in Italia» redatto nel 2015 da Euricse — l'istituto di ricerca sull'impresa cooperativa e sociale — si evince come i casi di WBO in Italia siano prevalentemente piccole e medie imprese, tra cui in particolare aziende aventi da 10 a 49 dipendenti (quasi il 70 per cento), da 50 a 249 dipendenti (poco più del 22 per cento) e con meno di 10 dipendenti (quasi il 7,5 per cento), risultando solo due le imprese che hanno oltre 250 dipendenti;
    inoltre, il settore prevalente è quello manifatturiero (63,3 per cento) e quasi tutti i casi di WBO sono costituiti dalla trasformazione di imprese con manodopera altamente qualificata e ad alta intensità di lavoro; nei sette anni dall'inizio della crisi (tra il 2007 e il 2013) si è passati da 81 WBO attivi a 122 WBO, con un importante ruolo nel salvataggio di posti di lavoro nei periodi di gravi difficoltà economiche;
    ulteriormente, a partire dal 1990, con le prime chiusure di WBO, fino al 2014, il tasso medio di natalità dei WBO è stato del 4,9 per cento, mentre il tasso medio di chiusura è stato del 4,5 per cento, da cui si deduce un tasso di crescita netto leggermente positivo;
    va però specificato, come nel periodo 2000-2007, sono nati solo tre WBO e ciò ha portato quasi a zero il tasso di apertura, mentre se si guarda agli anni di funzionamento della cosiddetta Legge Marcora (1990-1999 e 2008-2014), i tassi di apertura e di chiusura si fanno più significativi, sottolineando un tasso di formazione di WBO superiore alla media delle imprese manifatturiere sia italiane che degli altri Paesi OCSE: tra il 1990 e il 1999 e tra il 2008 e il 2014 i WBO italiani ha registrato un tasso medio di apertura pari al 6,9 per cento a fronte di un tasso medio di chiusura del 4,6 per cento;
    da tali dati si evince come le cooperative recuperate non rappresentano solo una soluzione temporanea per salvare l'impiego dei lavoratori, ma possono costituire uno strumento a medio termine per la salvaguardia dell'occupazione e per il miglioramento dei livelli di partecipazione attiva della comunità;
    tra i diversi casi di WBO in Italia, dal nord al sud, si possono citare: la copisteria Zanardi di Padova, finita anche sulle pagine del New York Times, dopo il suicidio dell'ex proprietario storico a causa dei debiti impossibili da liquidare, in cui 24 dipendenti dei 110 che vi lavoravano, decisero di fondare una cooperativa proprio nello stesso punto, conseguendo dopo un anno di attività un fatturato di 2,5 milioni di euro; il Birrificio Messina, che dopo cinque anni di buio e cassa integrazione ha visto 15 dipendenti riunitisi in cooperativa, rilevare l'azienda e rilanciarne l'attività grazie al proprio trattamento di fine rapporto e canali di finanziamento. Non mancano le iniziative che rappresentano un vero e proprio strumento di riscatto sociale, come nel caso delle aziende confiscate alla mafia;
    come già accennato, a supporto di tali iniziative, a seguito dell'approvazione della legge Marcora, nel 1986 nasceva la compagnia finanziaria industriale (CFI), su iniziativa di AGCI, Confcooperative e Lega nazionale delle cooperative, uno dei primi progetti unitari all'interno del movimento cooperativo, ancora oggi esistente come Cooperazione, finanza e impresa, (C.F.I.), proprio per gestire il fondo rotativo Marcora. Dalla sua fondazione al 30 giugno 2016 C.F.I. ha investito 201 milioni di euro, che hanno permesso di creare o salvare 14.520 posti di lavoro e realizzare interventi in 357 imprese cooperative;
    dal 1996, l'attività del CFI a sostegno delle nuove cooperative nate da aziende in crisi si bloccò quasi del tutto per la procedura di infrazione di cui alla legge n. 49 del 1985 disposta dalla Commissione europea e solo con le successive modifiche e integrazioni apportate dalla legge 3 marzo 2001, n. 57, si ebbe una ripresa di tali interventi; è stato disposto infatti che oltre alle cooperative di produzione e lavoro di nuova costituzione, possono usufruire degli interventi previsti dalla legge n. 49 del 1985 anche le cooperative già esistenti e le cooperative sociali al fine di realizzare progetti di crescita e sviluppo, favorendo quindi la patrimonializzazione delle aziende stesse;
    ad integrazione di tale normativa, si è inserito l'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, finalizzato a consentire ai dipendenti di un'impresa in crisi di mettersi in proprio e di richiedere all'Inps l'anticipazione dell'intero importo dell'indennità di mobilità cui si ha diritto, quale risorsa da utilizzare, eventualmente integrata dal trattamento di fine rapporto, quale quota capitale a disposizione del lavoratore per la costituzione della cooperativa;
    di recente è intervenuto anche l'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, rubricato «Misure per favorire la risoluzione di crisi aziendali e difendere l'occupazione», che sancisce il diritto di prelazione, in capo alle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti delle imprese sottoposte a fallimento, concordato preventivo o amministrazione straordinaria, nel caso di affitto o vendita di aziende, rami d'azienda o complessi di beni e contratti di proprietà delle suddette imprese. Al comma 3, il medesimo articolo, stabilisce inoltre che l'atto di aggiudicazione dell'affitto o della vendita a tali società cooperative costituisce titolo ai fini della corresponsione anticipata dell'indennità nel caso in cui le società siano costituite da lavoratori in mobilità che ne abbiano fatto richiesta ai sensi dell'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nonché delle mensilità non ancora percepite dell'assicurazione sociale per l'impiego introdotta dalla legge 28 giugno 2012, n. 92;
    inoltre, mediante il Fondo istituito dal Ministero dello sviluppo economico con il decreto ministeriale 4 dicembre 2014, le società finanziarie concedono finanziamenti a tasso agevolato per la durata massima di dieci anni, per favorire la nascita e lo sviluppo di società cooperative promosse e costituite da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di cooperative sociali, nonché lo sviluppo e il consolidamento di società ubicate nelle regioni del Mezzogiorno. Il 17 luglio 2015, con la firma della Convenzione tra società finanziarie e Ministero dello sviluppo economico, è divenuta pienamente operativa, l'attività di gestione del Fondo agevolato di circa 10 milioni di euro;
    nel luglio 2013 la proposta di risoluzione del parlamento europeo, sul contributo delle cooperative al superamento della crisi (2012/2321 (INI)), approvata, ha posto particolare attenzione al fenomeno dei workers buy out. In particolare il testo recita «si ritiene che il trasferimento di un'impresa ai dipendenti mediante la creazione di una cooperativa e altre forme di azionariato dei dipendenti possano essere la soluzione migliore per garantire la continuità aziendale, questo tipo di riconversione, con specifico riferimento alle cooperative di lavoro e ai workers buy out, deve essere sostenuto da una specifica linea di bilancio dell'UE che preveda anche gli opportuni strumenti finanziari; chiede urgentemente la creazione, con la partecipazione della Banca europea per gli investimenti (BEI), delle parti sociali e degli stakeholder del movimento cooperativo, di un meccanismo europeo volto a promuovere lo sviluppo delle cooperative e in particolare, le riconversioni di imprese in cooperative, anche, ad esempio, attraverso lo strumento dei fondi mutualistici»;
    oltre che un efficace strumento di gestione delle crisi aziendali, in diversi casi il WBO può costituire la soluzione per il rinnovo del tessuto produttivo del Paese, soprattutto per le piccole e medie imprese, superando i rischi legati al ricambio generazionale della proprietà e così favorendo la continuità aziendale e la tutela delle professionalità delle maestranze;
    non ultimo, merita un particolare rilievo la positiva incidenza di tali operazioni sui bilanci delle pubbliche amministrazioni, laddove si considerino, al netto degli oneri legati agli interventi di sostegno finanziario riconosciuti dall'ordinamento italiano – comunque rimborsati dalle società cooperative beneficiarie – i costi che si scongiurano in termini di erogazioni sociali conseguenti alle chiusure aziendali nonché le positive ricadute che si generano sotto il profilo fiscale, grazie all'ammontare delle imposte pagate sia dalla nuova impresa attiva che dai lavoratori reimpiegati;
    al riguardo, si consideri che le risorse apportate dal Ministero dello sviluppo economico come partecipazione in CFI – Cooperazione finanza e impresa, che sono pari a 84 milioni di euro, nel periodo 2007-2015, hanno generato un ritorno economico per lo Stato stimato in 576 milioni di euro, pari a 6,8 volte il capitale impiegato (valore stimato tenendo conto delle imposte pagate dalle imprese e dai lavoratori e del minore utilizzo degli ammortizzatori sociali);
    infine, per quanto attiene alla piena operatività degli strumenti già esistenti, ed in particolare alla possibilità di ottenere l'anticipazione dell'intero importo della mobilità ai sensi dell'articolo 7, comma 5, della legge 23 luglio 1991, n. 223, si deve rilevare una incomprensibile diversità di valutazione fiscale operata da alcune sedi provinciali INPS, le quali riconoscono detti importi al netto delle ritenute fiscali nonostante, come noto e come è specificamente indicato dalle stesse istruzioni alla compilazione dei redditi predisposte dall'Agenzia delle entrate, tali redditi siano da considerarsi esenti per la parte reinvestita nella costituzione di società cooperative. A tal riguardo appare necessario un tempestivo intervento chiarificatore, anche in vista del superamento dell'indennità di mobilità e della sua sostituzione con i nuovi strumenti di sostegno del reddito in caso di disoccupazione involontaria,

impegnano il Governo:

   ad operare affinché vengano rafforzati gli attuali strumenti di sostegno alle operazioni di WBO, in primo luogo coinvolgendo e sensibilizzando le diverse amministrazioni e parti sociali, a vario titolo impegnate nella gestione delle crisi aziendali, al fine di prospettare, qualora ne sussistano le condizioni, il ricorso a tale opportunità imprenditoriale ed occupazionale, tenendo in speciale considerazione la possibilità di ricorrervi in nuovi settori produttivi, e di contribuire ad affrontare alcune emergenze sociali, quali l'occupazione dei lavoratori e il rilancio delle aziende confiscate alle mafie;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere, qualora dovesse profilarsi la possibilità di riproporre misure agevolative per il sostegno dell'occupazione, attraverso la decontribuzione, l'applicabilità di tali agevolazioni anche a favore dei lavoratori che danno vita ad una iniziativa imprenditoriale in forma cooperativa per rilevare l'azienda di cui erano dipendenti;
   a monitorare l'andamento delle richieste di attivazione delle operazioni di WBO, anche al fine di valutare la possibilità di incrementare le risorse attualmente messe a disposizione per il loro sostegno finanziario, con particolare riguardo per le misure di cui al decreto ministeriale 4 dicembre 2014;
   a monitorare l'andamento delle richieste di attivazione delle operazioni di WBO, anche al fine di valutare – in considerazione delle finalità meritevoli degli interventi finanziari previsti dal decreto ministeriale 4 dicembre 2014 e sulla scorta dei risultati conseguiti – la possibilità di incrementare le risorse attualmente messe a disposizione per il loro sostegno finanziario, con particolare riferimento al supporto dello start up di cooperative costituite in prevalenza da lavoratori provenienti da aziende in crisi, di cooperative che gestiscono aziende confiscate alla criminalità organizzata e di cooperative sociali, oltre che al sostegno dello sviluppo di cooperative nel Mezzogiorno;
   a valutare la possibilità di affidare in gestione al CFI eventuali risorse comunitarie utilizzabili per lo startup di cooperative (Wbo, successione di impresa, finalità di cui al capoverso precedente e altro);
   a favorire, per quanto di competenza, l'adozione di iniziative normative finalizzate ad introdurre nuovi strumenti di sostegno finanziario, rispetto a quelli previsti dall'attuale formulazione dell'articolo 17 della citata «legge Marcora», quali il prestito subordinato e il prestito partecipativo;
   al fine di assicurare un'applicazione coerente ed omogenea da parte di tutti gli uffici dell'INPS, ad adottare le necessarie iniziative di indirizzo affinché sia chiarito e confermato il regime di esenzione fiscale degli importi di mobilità reinvestiti nella costituzione di società cooperative, nonché a predisporre le opportune iniziative affinché analogo regime venga riconosciuto anche a seguito del superamento dello strumento dell'indennità di mobilità.
(7-01106) «Incerti, Benamati, Damiano, Gnecchi, Misiani, Albanella, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Gribaudo, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Giorgio Piccolo, Rostellato, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 1, commi da 134 a 138, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), ha introdotto la possibilità, per i contribuenti decaduti nei tre anni antecedenti al 15 ottobre 2015 dalla rateazione delle somme dovute a seguito di definizione dell'avviso di accertamento per adesione o acquiescenza, di essere riammessi al pagamento rateale;
    l'Agenzia delle entrate, con la circolare n. 13/E del 22 aprile 2016, nel precisare l'ambito operativo delle predette norme, ha chiarito che esse riguardano i contribuenti riammessi in rateazione a seguito di atto di adesione all'accertamento, al processo verbale di constatazione o all'invito a comparire, oppure per acquiescenza; l'Agenzia, peraltro, in palese contraddizione rispetto al dettato normativo, che nulla dice al riguardo, ha espressamente escluso dal novero dell'agevolazione i contribuenti decaduti che avessero avviato i relativi pagamenti sulla base degli altri istituti deflattivi del contenzioso, in particolare la conciliazione e gli accordi di mediazione;
    sulla materia è successivamente intervenuto l'articolo 13-bis del decreto-legge n. 113 del 2016, il quale consente la riammissione alla rateizzazione dei contribuenti decaduti dal beneficio alla data del 1o luglio 2016, fino a un massimo di ulteriori 72 rate mensili, presentando apposita richiesta, anche se le rate scadute non sono state integralmente saldate; il comma 2 dell'articolo 13-bis concede di ottenere un nuovo piano di rateizzazione, a condizione che le rate scadute siano integralmente pagate all'atto della domanda, anche alle dilazioni concesse, a qualsiasi titolo, in data antecedente al 22 ottobre 2015: i primi due commi della norma sembrano dunque riferirsi alle somme di cui all'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ovvero alle rateazioni ottenute dall'agente della riscossione (Equitalia);
    lo stesso articolo 13-bis reca, al comma 3, una specifica disciplina per i debitori decaduti dal 15 ottobre 2015 al 1o luglio 2016 dai piani di rateizzazione concessi nelle ipotesi di definizione degli accertamenti di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, o di omessa impugnazione degli stessi: tali contribuenti possono ottenere, a semplice richiesta, la concessione di un nuovo piano di rateizzazione anche se, all'atto della presentazione della richiesta stessa, le rate eventualmente scadute non siano state saldate;
    il menzionato comma 3 dell'articolo 13-bis si riferisce alle rateazioni concesse dall'Agenzia delle entrate, con riferimento agli accertamenti con adesione e per acquiescenza (omessa impugnazione) indicati dal decreto legislativo n. 218 del 1997; la norma non menziona espressamente gli altri due istituti deflativi del contenzioso, ovvero la mediazione e la conciliazione, disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 17-bis e 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992 sul processo tributario;
    tuttavia, sia l'accertamento con adesione sia la mediazione e conciliazione sono tre istituti deflativi del contenzioso i quali perseguono la medesima finalità, ossia di definire bonariamente e velocemente la pretesa contenuta nell'atto di accertamento, e tutti e tre gli istituti presentano le medesime modalità di versamento, con possibilità di rateazione, per espresso riferimento operato dalle norme istitutive all'articolo 8 del decreto legislativo n. 218 del 1997, cui peraltro rinvia – globalmente – il menzionato articolo 13-bis del decreto-legge n. 113 del 2016;
    pertanto, escludere dall'ambito operativo della riammissione di cui all'articolo 13-bis del decreto-legge n. 113 del 2016 gli istituti della mediazione e della conciliazione determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra fattispecie analoghe, disciplinate dalla medesima norma (l'articolo 8 del decreto legislativo n. 218 del 1997), contraddicendo in tal modo lo spirito della disposizione introdotta;
    l'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate è riferita comunque a una norma diversa (quella contenuta nella legge di stabilità 2016), la quale ha una portata più limitata dell'articolo 13-bis del decreto-legge n. 113 del 2016,

impegna il Governo:

   a intraprendere ogni iniziativa utile, di carattere interpretativo o normativo, affinché sia rispettato il dettato del menzionato articolo 13-bis del decreto-legge n. 113 del 2016, che rinvia globalmente alla definizione degli accertamenti di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, includendovi anche i predetti istituti della mediazione e della conciliazione;
   a riammettere, anche con un'iniziativa interpretativa aderente alla nuova normativa in vigore dal 2016, alla dilazione del pagamento anche le somme già rateizzate ad esito di conciliazione giudiziale e mediazione nel processo tributario.
(7-01107) «Moretto, Pelillo, Sanga, Marco Di Maio, Ginato, Carella, Fragomeli, Fregolent, Zoggia».


   La X Commissione,
   premesso che:
    il tessuto industriale della provincia di Mantova è già caratterizzato da una fragilità strutturale, ma negli ultimi anni è risultato ulteriormente indebolito dall'aggravarsi della crisi economica;
    la crisi a Mantova e nella provincia mantovana non accenna a diminuire; i licenziamenti nel 2015 sono aumentati del 23 per cento, questo significa che, nel solo 2015, oltre 3000 mantovani hanno perso il posto di lavoro;
    solo nelle aziende con più di 15 addetti, nel 2015 hanno perso il posto 1578 lavoratori, a questi vanno aggiunti gli esuberi nelle piccole imprese stimabili a detta dei sindacati in ulteriori 1600-1700 unità;
    l'abbattimento degli ammortizzatori sociali, messo in atto dal Governo nel 2015, ha determinato un aumento delle perdite di posti di lavoro, la stessa cassa integrazione è stata ridimensionata nei tempi di utilizzo e nelle causali d'accesso;
    lo stesso Jobs Act, che nel 2015 aveva avuto, grazie all'introduzione degli sgravi contributivi per le imprese, un sufficiente impatto in materia di assunzioni, nel 2016, a fronte di agevolazioni molto più contenute rispetto al 2015, non ha determinato nuove assunzioni; si è infatti assistito a un forte ridimensionamento delle assunzioni; in particolare a Mantova risultano essere meno del 27 per cento gli avviamenti al lavoro e addirittura crollano del 54 per cento le assunzioni a tempo indeterminato;
    è tutto da verificare quanto potrà accadere, a fronte della libertà di licenziamento introdotta dal Jobs Act, sulle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2015; bisognerà vedere se i posti di lavoro saranno mantenuti nel 2018, al termine dei tre anni di sgravi contributivi che sono stati concessi alle imprese che assumono;
    nella provincia di Mantova sono 7.600 coloro che cercano lavoro infatti nei primi sei mesi del 2016 gli iscritti ai centri per l'impiego della provincia di Mantova non solo non sono diminuiti, ma sono cresciuti, passando dai 6.793 del 2015 ai 7.594 di giugno 2016; mentre sono scesi del 27 per cento gli avviamenti al lavoro: 17.159 rispetto ai 23.470 del 2015 (dati del primo quadrimestre 2016);
    i dati sulle assunzioni a tempo indeterminato nel 2016 sono drammatici, se tra gennaio e aprile 2015 erano state 6.743, nello stesso periodo del 2016 queste sono passate a 3.103, un calo del 54 per cento;
    senza una ripresa dell'occupazione ed un sostegno adeguato il tessuto produttivo di Mantova e della sua provincia non ha alcuna possibilità di uscire dalla crisi;
    solo una quota minoritaria di aziende ha un buon andamento legato alla capacità di esportazione e all'alta qualità delle produzioni, ma la maggioranza delle imprese, strettamente legate al mercato interno, vive una fase di sofferenza, connessa al rallentamento dei consumi di un Paese in deflazione;
    sono necessari investimenti su ricerca e sviluppo, e solide politiche industriali; è di tutta evidenza che la sfida dei mercati e della competizione non si può affrontare attraverso la politica dei costi e la cancellazione dei diritti dei lavoratori, ma è necessario sostenere e sviluppare la qualità delle produzioni;
    in questi anni di crisi il territorio mantovano ha pagato pesantemente in termini di posti di lavoro, con conseguente «precarizzazione del lavoro» e impoverimento sociale; questo impone una forte discontinuità e scelte da parte del Governo e degli enti locali che mettano al centro un piano per una buona e stabile occupazione, con particolare attenzione ai giovani e alle donne;
    la legge n. 181 del 1989 costituisce la legge quadro in materia di misure di sostegno per il rilancio delle aree colpite da crisi industriale e di settore. La legge individua finanziamenti per programmi di investimento produttivo o per la tutela ambientale, completati eventualmente da progetti per innovare l'organizzazione;
    con decreto del Ministero per lo sviluppo economico del 9 giugno 2015 sono stati stabiliti i termini, le modalità e le procedure per il riconoscimento delle aree di crisi industriale, sia quelle caratterizzate da crisi complessa, sia quelle interessate da situazioni di crisi industriale non complessa, ma comunque con impatto significativo sullo sviluppo dei territori e dell'occupazione, ai fini della concessione ed erogazione delle agevolazioni previste dalla legge 15 maggio 1989, n. 181;
    è necessario con urgenza procedere per la provincia di Mantova al riconoscimento da parte del Ministero dello sviluppo economico di area di crisi industriale non complessa in quanto si tratta di un territorio in cui la recessione economica e la perdita occupazionale hanno un impatto significativo sullo sviluppo dei territori, ma in forma meno grave e diffusa rispetto ai casi di crisi complessa,

impegna il Governo

ad assumere, con urgenza, ogni utile iniziativa che consenta il riconoscimento della «situazione di crisi industriale non complessa» per il territorio di Mantova e della sua provincia.
(7-01105) «Ricciatti, Martelli, Fassina, Ferrara, Scotto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane e dei monopoli ha indetto nel dicembre del 2011 un concorso pubblico per esami per il reclutamento di 69 dirigenti di seconda fascia. Lo svolgimento delle due prove scritte, una teorica ed una pratica riguardavano l'una la sospensione cautelare dal servizio e la connessa restitutio in integrum e l'altra il «bunkeraggio»;
   tale concorso e le presunte irregolarità erano state già enunciate nell'interrogazione n. 3/00219 presentata il 22 luglio 2013, e tutt'oggi senza risposta;
   anche da fonti stampa si apprende che un membro della commissione esaminatrice Alberto Libeccio, a tutt'oggi dirigente generale a capo di una importante direzione di vertice dell'Agenzia, qualche mese prima dell'espletamento delle predette prove, ha organizzato un corso di formazione al quale era stato invitato a partecipare un gruppo di funzionari già titolari di incarichi dirigenziali presso la stessa Agenzia delle dogane;
   nel predetto corso è stato esaminato l'argomento oggetto della prima prova teorica, mentre nello stesso periodo il medesimo membro della Commissione di esame ha diramato delle dettagliate disposizioni di servizio attinenti alla seconda prova di esame di contenuto pratico;
   tali disposizioni, contenenti istruzioni operative e indirizzate ai dirigenti e agli incaricati di funzioni dirigenziali, hanno avuto verosimilmente una diffusione molto limitata non essendo state pubblicate sul sito dell'Agenzia e restando pressoché sconosciute alla restante parte del personale doganale, tenuto anche in conto della natura particolarmente tecnica delle questioni ivi trattata;
   l'esame scritto tenutosi a Roma nel luglio 2013 è stato preceduto da una nota nella quale la commissione esaminatrice ha ammesso alla consultazione da parte dei candidati, esclusivamente alcuni testi espressamente indicati concernenti per lo più la materia delle dogane e delle accise, escludendo quindi codici e raccolte di norme inclusi «leggi o decreti singoli (legge n. 241 del 1990; decreto legislativo n. 165 del 2001)» ovvero i contratti collettivi, che peraltro sono di consuetudine ammessi in tutti i pubblici concorsi;
   la graduatoria del concorso è stata impugnata davanti al Tar del Lazio per una serie di vizi ed irregolarità tra le quali la violazione del principio di collegialità in relazione al modus procedendi seguito dalla commissione per la valutazione delle prove scritte ovvero la correzione individuale degli elaborati da parte del sopra menzionato membro della commissione. Nel contempo, anche un verbale della commissione esaminatrice è finito sotto esame del tribunale civile di Roma per essere stato impugnato da alcuni concorrenti con querela di falso in un separato giudizio dinanzi alla autorità giudiziaria;
   il Tar del Lazio, Sez II, con la sentenza 6095 del 2015 ha annullato gli atti impugnati disponendo «la rinnovazione integrale – a cura di una nuova commissione esaminatrice – della fase di correzione degli elaborati di tutti i candidati che hanno partecipato alle prove scritte» perché A) i componenti della Commissione non hanno dato prova di affidabilità nell'esecuzione dei compiti ad essi affidati e, comunque per effetto della querela di falso attualmente versano in condizioni di incompatibilità sopravvenuta; B) occorre comunque garantire l'unicità e contestualità delle operazioni di correzione e valutazione delle prove scritte. Tra l'altro, nella anzidetta sentenza si da atto che la stessa difesa erariale con la memoria depositata in data 16 febbraio 2015 ha definito «stravagante e maldestro il riepilogo delle operazioni di correzioni delle prove scritte risultante dal verbale 31», con ciò avvalorando l'idea di una commissione esaminatrice inadeguata che ha penato quantomeno con superficialità e approssimazione;
   l'Agenzia ha appellato la sentenza emessa dall'organo giurisdizionale di primo grado dinanzi alla IV sezione del Consiglio di Stato. Si fa notare che il collegio giudicante, che ha poi deciso la controversia, è stato presieduto dal dottor Filippo Patroni Griffi, tornato a svolgere attività giurisdizionale dopo essere stato prima Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione con il Governo Monti e Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con il Governo Letta, a differenza del collega consigliere dottor Garofali attuale capo di gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze e già titolare, del medesimo incarico istituzionale con lo stesso Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Patroni Griffi. Del collegio di giudici amministrativi, è stato parte anche il consigliere dottor Nicola Russo, che secondo la notizia data da La Repubblica e riportata Dagospia il 23 luglio 2016, sarebbe indagato per vicende comunque estranee al concorso delle dogane ma legate a storie di sentenze «addomesticate» in connessione a prostituzione anche minorile;
   con decisione del 13 aprile 2016 n. 1446, il Consiglio di Stato nel confermare l'esistenza di anomalie e incongruenze nella fase di valutazione e correzione delle prove scritte, ha tuttavia riformato solo parzialmente la impugnata sentenza del Tar del Lazio, affidando all'originaria commissione la rinnovazione delle correzioni dei soli elaborati già giudicati inidonei da tutti i commissari che però espressero il proprio voto personale non in forma collegiale, ma su indicazione del dottor Libeccio componente dell'organo tecnico «incaricato della prima lettura di ogni elaborato»;
   nel frattempo si è appreso da diverse testate giornalistiche che appena una settimana fa vi è stata una perquisizione da parte dei carabinieri del nucleo investigativo di Roma, su delega della procura della capitale, presso gli uffici centrali dell'Agenzia ed in particolare in nove uffici di funzionari nonché nell'ufficio del capo segreteria del direttore generale. Le indagini in corso tenderebbero a dimostrare che le tracce relative ai temi sorteggiati erano già note ad alcuni candidati, mentre, sempre secondo la procura, alcuni funzionari tra cui il capo segreteria del direttore generale avrebbero introdotto nelle aule dove si è svolto l'esame copie di Gazzette ufficiali debitamente contraffatte contenenti le tracce dei temi svolti, in luogo della normativa ammessa alla consultazione, pagine contenenti anche lo stesso tema svolto;
   con la sentenza 9846 del 2016, depositata il 20 settembre 2016, il TAR del Lazio ha accolto il ricorso di Dirpubblica e bloccato la formulazione del bando di selezione a 403 dirigenti dell'Agenzia delle entrate, per tre motivi: 1) è stato «bocciato» il sistema di attribuzione dei punteggi in base alla valutazione dei titoli che avrebbe privilegiato i funzionari che avevano ricoperto incarichi dirigenziali; 2) è stata contestata dai giudici amministrativi anche la riserva del 50 percento dei posti messi a concorso a favore del personale organicamente appartenente al ruolo dell'agenzia delle Entrate inquadrato nella terza area funzionale, più alta rispetto a quella del 30 per cento prevista dall'articolo 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 272 del 2004; 3) è stata rilevata la mancata previsione di una quota del 50 per cento dei posti di dirigente disponibili al corso-concorso selettivo di formazione della Scuola nazionale dell'amministrazione;
   va tenuto conto anche del clamore mediatico suscitato da queste vicende con conseguente grave danno all'immagine ed al decoro dell'amministrazione –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, anche sul piano disciplinare, nei confronti dei componenti della commissione di esame del predetto concorso a 69 posti, ai quali evidentemente non può essere più affidato alcun ruolo di responsabilità nell'interesse del Paese e dell'intera collettività;
   quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Governo per risolvere l'ormai annosa controversia sulla regolarità dei concorsi pubblici relativi al Ministero dell'economia e delle finanze, e in particolare modo alle Agenzie delle entrate e delle dogane;
   se non sia il caso di assumere iniziative per annullare tutti i concorsi in atto riferiti alle agenzie fiscali;
   se il Governo intenda assumere iniziative normative per stabilire che i membri del Consiglio di Stato, non possano assumere funzioni apicali nei gabinetti dei Ministeri, prassi ormai consolidata e che li vede spesso esercitare funzioni dirigenziali con riferimento ai concorsi ministeriali, considerato che, in caso di contenziosi amministrativi, per altro molto frequenti, si ritrovano «a giudicare» sé stessi o loro colleghi.
(2-01477) «Pesco, Alberti, Fico, Pisano, Ruocco, Villarosa, Cecconi».

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità per l'anno 2016, legge 28 dicembre 2015, n. 208, all'articolo 1, commi da 207 a 211, disciplina le modalità per il «reclutamento straordinario di docenti universitari per chiamata diretta»;
   a tal fine, la legge istituisce un apposito fondo denominato «fondo per le cattedre universitarie del merito Giulio Natta», al quale sono destinati trentotto milioni di euro per l'anno 2016 e settantacinque milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
   in particolare, il comma 210 prevedeva che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge fosse emanato un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per individuare i criteri per la valutazione delle professionalità da acquisire e per determinare le modalità per accedere alle risorse finanziarie stanziate da parte degli atenei;
   le citate disposizioni sono ormai in vigore da duecentosettanta giorni, ma dell'emanando decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non si ha alcuna notizia, e mancano anche i decreti attuativi per l'istituzione delle cattedre;
   con le disposizioni sul reclutamento straordinario si tentava di far arrivare nelle università studiosi di alto profilo senza gravare sui bilanci degli atenei, e lasciando ai professori la libertà di scelta se rimanere o lasciare quella sede universitaria al termine della ricerca –:
   perché non siano stati ancora adottati i decreti attuativi e in quali tempi sia prevista la loro adozione;
   se i fondi risparmiati per questo ritardo siano stati reinvestiti in altro modo e, se del caso, in che modo.
(4-14307)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta immediata:


   FITZGERALD NISSOLI, GIGLI, CARUSO e FAUTTILLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto processo di razionalizzazione della rete diplomatico-consolare, che parte dalla XVI legislatura, si è concretizzato con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, in base alle cui indicazioni si è proceduto alle chiusura di alcune sedi diplomatiche e consolari;
   tra le sedi soppresse è rientrata la sede diplomatica e consolare italiana in Santo Domingo, che ha cessato le attività il 31 dicembre 2014;
   tale fatto ha destato notevoli disagi ai connazionali ivi residenti, disagi che continuano a persistere nonostante i provvedimenti adottati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per ammortizzare gli effetti della chiusura, come l'istituzione, a Santo Domingo, di una di sezione distaccata dell'ambasciata d'Italia in Panama, operativa dal 2015, e quella del consolato generale onorario;
   si fa presente che il tribunale amministrativo regionale del Lazio, in data 20 luglio 2015, ha annullato, in accoglimento di un'istanza dell'associazione «Casa de Italia», il provvedimento di soppressione dell'ambasciata a Santo Domingo. Si tratta di una decisione importante, anche se successivamente il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del tribunale amministrativo regionale;
   non si può, inoltre, non notare che con un gesto di tale rilevanza politica, quale è la chiusura di un'ambasciata, si affievoliscono i rapporti con la Repubblica Dominicana, strategici per l'Italia, e si sminuisce il ruolo della comunità italiana ivi residente che conta ben 6.349 iscritti all'Aire al 1o gennaio 2016;
   da notizie stampa, si rileva tra l'altro che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale perderebbe la proprietà di quattro terreni lasciati in eredità all'ambasciata, del valore complessivo di 30 milioni di euro, di cui non è possibile cambiare la destinazione d'uso e che tornerebbero in possesso ai precedenti proprietari;
   dai connazionali che vivono in questo Paese del Centro America continuano ad arrivare segnali di disagio che un Paese moderno come l'Italia non può permettersi di trascurare, venendo, infatti, messe in discussione non solo l'efficienza e l'efficacia dei servizi ai connazionali all'estero –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per affrontare una situazione non accettabile, venendo incontro alle richieste della comunità italiana della Repubblica Dominicana. (3-02514)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GARAVINI, TACCONI, FEDI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'innesto dell'insegnamento in italiano negli ordinamenti scolastici dei diversi Paesi nei quali si realizza la promozione della lingua e della cultura italiana all'estero rappresenta un obiettivo primario che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale persegue da alcuni anni in considerazione dei positivi risultati ottenuti sul piano dei percorsi di integrazione, della formazione interculturale e multilinguistica e della serietà dell'organizzazione e delle metodologie didattiche;
   l'invio del personale insegnante all'estero, adibito nello svolgimento dei corsi d'italiano, inseriti nelle scuole locali o nelle classi bilingue, rappresenta uno snodo essenziale di questo sistema formativo e una garanzia di qualità culturale e didattica del servizio offerto;
   l'applicazione dell'insegnamento in italiano nelle scuole straniere è fondata su accordi stabiliti con le autorità scolastiche locali e presuppone la precisa osservanza degli impegni convenzionalmente assunti, ad iniziare da quelli riguardanti il calendario scolastico e l'organizzazione didattica dei corsi nei diversi istituti;
   nell'area europea, dove esistono consistenti comunità italiane che esprimono ancora una sensibile domanda di formazione in italiano delle giovani generazioni, si manifesta il maggior interesse per il pronto e corretto inserimento del personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca inviato dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, volto a corrispondere alle vive attese educative delle famiglie e, nello stesso tempo, a sviluppare i rapporti di cooperazione con le autorità scolastiche locali;
   di fatto, però, gli insegnanti inviati dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, negli ultimi anni sono arrivati con diverse settimane di ritardo rispetto all'apertura dell'anno scolastico, a causa della sfasatura tra i tempi delle nomine ministeriali e l'avvio delle attività di insegnamento, che nella maggior parte dei Paesi europei partono in anticipo rispetto all'Italia;
   per il corrente anno scolastico, a seguito di ricorsi giudiziari avanzati da alcuni interessati, pare che le nomine siano andate anche al di là del consueto ritardo, determinando gravi disagi negli istituti scolastici di diverse realtà europee e una perdita di credibilità nella capacità del nostro Paese di rispettare sul piano amministrativo gli impegni assunti;
   questa situazione, ad esempio, a quanto consta agli interroganti, si è verificata diffusamente in Germania, in particolare nelle classi bilingue di Francoforte, che ad alcune settimane di distanza dall'apertura dell'anno scolastico non hanno potuto ancora regolarizzare i corsi in italiano;
   la diffusione della lingua e della cultura italiane negli ordinamenti locali e il bilinguismo rappresentano opzioni prioritarie e di prospettiva, che non possono essere limitate o compromesse da pratiche amministrative sfasate e contraddittorie rispetto al funzionamento degli ordinamenti scolastici di Paesi verso i quali le nostre autorità diplomatiche e consolari hanno assunto precisi impegni operativi –:
   quali disposizioni intendano dare i Ministri interrogati alle strutture amministrative ministeriali affinché il sistema di nomine e di invio di personale scolastico all'estero sia regolato in modo da tener conto dei calendari scolastici dei Paesi ai quali esso è destinato e da poter onorare gli impegni assunti, evitando cadute di credibilità, disfunzioni operative e delusione tra gli utenti. (5-09589)

Interrogazione a risposta scritta:


   GADDA, GIANNI FARINA, MARCO DI MAIO, VAZIO, MORANI, DALLAI, FREGOLENT, PARRINI, GUERRA, BRAGA, DONATI e PLANGGER. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l'Unione europea, entrato in vigore il 1o giugno 2002, riconosce in linea di principio ai cittadini svizzeri e dell'Unione europea di scegliere liberamente il Paese, tra quelli contraenti, in cui lavorare e stabilire il proprio domicilio;
   secondo i dati dell'ufficio federale di statistica svizzero, sono circa 308 mila i lavoratori frontalieri, di cui circa 70 mila quelli italiani, residenti in maggioranza nelle province di Varese e Como, così come sono numerose anche le piccole e medie imprese italiane situate nelle aree di confine con la Confederazione ad offrire beni e servizi nel mercato elvetico;
   negli ultimi anni si è assistito – con sempre maggiore preoccupazione – al continuo ripetersi di atteggiamenti ostili da parte svizzera nei confronti di imprese o lavoratori di nazionalità italiana:
    a) il 9 febbraio 2014, un'iniziativa popolare denominata «Contro l'immigrazione di massa» ha modificato la Costituzione federale prevedendo tetti massimi e contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa. I limiti all'immigrazione devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli svizzeri, essi devono comprendere anche i frontalieri, come recita il testo dell'iniziativa, che deve esser recepito entro 3 anni dal voto;
    b) a novembre 2014 il Gran Consiglio del Canton Ticino ha portato al 100 per cento il moltiplicatore comunale per tutti i frontalieri. Un aumento di imposizione fiscale rilevante, passato dal 78 per cento medio applicato dai comuni fino al massimo consentito, che si è indirizzato verso i residenti all'interno della fascia di confine. L'appesantimento del carico fiscale è stato motivato da uno dei partiti proponenti, l'Udc/Svp, come una misura pensata per combattere un fenomeno fuori controllo, come quello del frontalierato;
    c) il 24 marzo 2015, il Gran Consiglio del Canton Ticino ha approvato una legge sulle imprese artigianali introducendo elementi restrittivi e ostativi nei confronti dei professionisti italiani che intendono stabilire in Svizzera la propria società;
   a questa breve sintesi degli eventi principali si deve aggiungere che il 25 settembre 2016 in Ticino si è tenuta una nuova iniziativa popolare promossa per inserire nella Costituzione cantonale il principio di «preferenza agli indigeni», e l'esito del referendum ha premiato la campagna delle forze della destra radicale;
   a parere degli interroganti queste iniziative rappresentano una palese violazione unilaterale degli accordi bilaterali tra la Confederazione elvetica e l'Unione europea;
   l'interrogante apprende, pertanto, con favore le parole di preoccupazione espresse dal Ministro interrogato seguito all'esito del referendum;
   con la mozione n. 1/00952, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a «rivalutare l'accordo tra Italia e Svizzera in materia fiscale in relazione alla formulazione, da parte delle competenti autorità federali e cantonali svizzere, di specifiche assicurazioni formali tendenti ad escludere la validità e l'applicazione di qualsivoglia iniziativa discriminatoria e lesiva dell'accordo di libera circolazione delle persone intercorrente tra Unione europea e Confederazione elvetica nei confronti di cittadini italiani occupati o occupabili in Svizzera e di aziende italiane potenzialmente interessate al mercato elvetico, nonché alla rimozione di ogni forma di discriminazione sin qui messa in campo» e «ad assumere iniziative, anche in sede europea, tese a garantire il rispetto delle norme che regolamentano il riconoscimento delle qualifiche professionali in forza dell'accordo tra l'Unione europea e la Svizzera»;
   l'accordo tra Italia e Svizzera in materia fiscale è entrato in vigore con la legge 4 maggio 2016, n. 69, e la sua piena applicazione dovrebbe essere accompagnata dalla rimozione di tutte le norme tese a limitare o ostacolare la libera circolazione;
   gli interroganti sono consapevoli che l'esito referendario sarà di difficile applicazione pratica, come testimonia la legge che il Consiglio nazionale ha varato in prima lettura il 21 settembre in applicazione della consultazione popolare del 2014, tuttavia preoccupa il diffondersi di un sentimento di ostilità nei confronti dei lavoratori frontalieri specialmente italiani –:
   visti gli impegni assunti con la mozione n. 1/00952, quali iniziative intenda assumere il Governo nei confronti della Confederazione elvetica a seguito dell'esito referendario nel Canton Ticino e a seguito dell'approvazione della legge di attuazione della consultazione popolare del 2014.
   (4-14308)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il 12 marzo 2016 su Rai3, nella rubrica Tgr Ambiente Italia, è andato in onda un servizio sulla situazione dell'inquinamento e le sue conseguenze, nella città di Augusta, in provincia di Siracusa, vissuta ormai da decenni;
   a risvegliare le coscienze degli italiani, e a riportare alla cronaca la situazione drammatica del territorio è stato Don Palmiro Prisutto, l'arciprete augustano che, insieme ai cittadini e alle tante associazioni no profit attive sul territorio, da circa trent'anni, combatte contro la piaga dell'inquinamento ambientale, l'alta mortalità per tumori e l'alta incidenza di natalità con malformazioni, nel famigerato «triangolo della morte», Augusta-Priolo-Melilli;
   per due anni e fino a febbraio del 2016, ogni 28 del mese, nella Chiesa Madre di Augusta, Don Palmiro Prisutto ha dedicato la messa serale ai concittadini, uccisi dal cancro (principalmente al fegato, al seno e ai polmoni), elencando i loro nomi, l'età e la causa della morte. L'elenco, che finora conta oltre 800 persone, è stato continuamente aggiornato grazie alle segnalazioni dei parenti dei defunti. L'arciprete ha poi deciso di non effettuare più la celebrazione di queste messe e di continuare la lotta all'inquinamento con altre modalità;
   l'area «deturpata» si estende su una superficie di circa trenta chilometri di costa, tra il mare e le colline della Sicilia sud orientale, dove si susseguono ciminiere, tubature arrugginite, cisterne, capannoni in stato di completo abbandono e stabilimenti, o parti di essi, oramai chiusi. Da sessant'anni qui è presente un polo industriale petrolchimico, già tra i più grandi d'Europa. Attualmente, le attività si sono drasticamente ridotte, il lavoro scarseggia, ma resta un'eredità di veleni, inquinamento del suolo, dell'acqua e dell'aria circostanti, risultato di anni di attività di dubbia legittimità esenti da ogni tipo di controllo, che ha portato ad una completa contaminazione della catena alimentare, determinando così la nascita di bambini malformati e un significativo aumento della percentuale di persone che si ammalano di tumore;
   il polo petrolchimico siracusano ha origini nel 1949, quando ad Augusta è stata realizzata la Rasiom, il primo complesso di raffinazione del petrolio e la trasformazione dei suoi derivati. A metà del 1950 la raffineria cominciò a produrre, sfruttando le numerose agevolazioni e gli incentivi economici erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno, per attrarre nel Sud investimenti di gruppi, sia privati che pubblici;
   nella suddetta area, dopo la Rasiom, si insediarono: la Liquichimica, ora Sasol, che doveva utilizzare le paraffine lineari per la produzione di bioproteine; la Cogema; l'Eternit; la Sicilfusti; l'Edison, che investì quanto ricavato dalla cessione delle industrie elettriche allo Stato nella Chimica con la S.in.cat. (Società Industriale Catanese), produttrice inizialmente di fertilizzanti; la Celene, una società a capitale misto Edison-Union Carbide, produttrice di polimeri; la Montecatini, per prodotti chimici e petrolchimici; nel 1953 venne costruita la centrale termoelettrica Enel Tifeo, alimentata con olio combustibile fornito dalla Rasiom;
   agli inizi degli anni ’70 la I.c.a.m. (impresa congiunta Anic Montedison) che produce ancora oggi oltre 700.000 tonnellate/anno di etilene; la centrale termoelettrica Enel di Melilli; il depuratore consortile della IAS (Industria acque siracusane); la raffineria Isab, costruita demolendo oltre 200 abitazioni di Marina di Melilli e cancellando letteralmente quest'ultima dalla carta geografica; infine l'impianto di gassificazione e cogenerazione di residui petroliferi della Erg, la cosiddetta Isab-Energy;
   la realizzazione di questa vasta area industrializzata comportò, in quegli anni, un aumento dell'occupazione, un incremento della popolazione per richiesta di manodopera e l'aumento del reddito pro capite. A partire però dalla fine degli anni ’70 è iniziata la chiusura di diversi stabilimenti per il trasferimento dei cicli produttivi, con conseguenti diminuzione dell'occupazione e concrete prospettive di sviluppo. Tra le cause di questa involuzione, si ricordano, la ridotta raffinazione del greggio medio orientale, la nascita di nuove raffinerie in Europa, la delocalizzazione degli impianti di trasformazione, nonché l'entrata di Cina e India tra i Paesi produttori a costi più bassi;
   il progressivo abbandono del polo industriale ha lasciato un territorio devastato da un gravissimo inquinamento ambientale. Nel sottosuolo sono state rilevate diossine e furani fino ad una profondità di 20-30 centimetri. Nell'atmosfera sono state riscontrate elevate concentrazioni di sostanze cancerogene e teratogene quali acrilonitrile, benzolo, cadmio, cromo, nichel, silice, vanadio, diossine e furani. La falda idrica è stata infiltrata e inquinata da idrocarburi. Anche i fondali marini, antistanti gli scarichi industriali, sono risultati contaminati da metalli pesanti, diossine, idrocarburi policiclici aromatici ed eternit. Inoltre, la carenza di normative di sicurezza, e l'impunito mancato rispetto delle poche esistenti, ha causato e soprattutto continua a causare, emissioni di nubi maleodoranti e addirittura incendi ed esplosioni;
   già nel 1990 l'area industriale Priolo-Melilli-Augusta è stata dichiarata «a rischio di crisi ambientale». Ma a quella crisi se ne sono aggiunte altre: la crisi occupazionale e soprattutto, quella sanitaria, con la progressiva dismissione del polo ospedaliero di Augusta, in atto tutt'oggi;
   il sisma del dicembre 1990, con epicentro ad Augusta, ha rimarcato come l'area non sia affatto idonea ad ospitare un polo industriale petrolchimico, per via degli ingenti danni che potrebbero scaturire dalla concomitanza, appunto, dei due fattori di rischio;
   la grande area industrializzata ha creato gravi e numerosi problemi di salute. Uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ha riportato come ad Augusta, nel periodo che va dal 1951 al 1980, si è avuto un notevole aumento della mortalità, soprattutto per cause tumorali: si è passato dall'8,9 per cento del quinquennio ’51-’55 al 23,7 per cento del quinquennio ’76-’80, con punte del 29,9 per cento nel 1980. Nella provincia di Siracusa, nel triennio 2000-2002, la mortalità per tutti i tipi di tumore è aumentata del 7 per cento. Relativamente alla tipologia della malattia, si è riscontrato un aumento di tumori del fegato e del pancreas in entrambi i generi. In particolare, come sottolineato da uno studio dell'Enea del 2001, i tumori del polmone, della trachea, dei bronchi e del sistema nervoso centrale (+30 per cento) sono risultati in aumento tra i soli uomini, mentre eccessi del tumore del colon-retto, della mammella e dell'utero sono stati riscontrati nelle sole donne. È stato registrato anche un aumento dei ricoveri, di entrambi i generi, per tumori maligni nel loro complesso, malattie del sistema circolatorio e respiratorio e malattie dell'apparato digerente e urinario. Lo studio Sentieri dell'Istituto superiore di sanità conferma, integra e dettaglia i dati di cui sopra e la rilevanza del disagio sanitario dell'area;
   le peggiori conseguenze dell'inquinamento sulla salute sono state riscontrate sui neonati: vittime innocenti con seri problemi di malformazioni. Ad Augusta, nel 1980, su 600 nati, 13 bambini (di cui sette non sopravvissuti) hanno manifestato malformazioni congenite di diverso tipo. Per 10 anni, la percentuale di malformati ad Augusta è stata dell'1,9 per cento (contro una media nazionale dell'1,54 per cento) fino ad un picco del 5,6 per cento nel 2000. Sono stati riscontrati anche casi di malformazioni genitali: negli anni ’80-’89 hanno interessato il 21,4 per cento dei nati (la media nazionale era del 10 per cento). Nel decennio 1990-2000 i casi sono aumentati del 30,3 per cento. In particolare, come sottolineato dalla Rivista della sanità meridionale (Anno III – Numero I – gennaio 2013), solo ad Augusta, nel periodo ’90-98, tra le varie malformazioni dell'apparato genitale, l'ipospadia ha interessato il 13,2 per cento dei nati, contro un 7,9 per cento dell'intera Sicilia orientale;
   nel 2000 l'area tra Siracusa e Augusta è stata dichiarata sito di interesse nazionale per la bonifica (Sin), uno dei 48 siti industriali super-inquinati che si trovano sul territorio italiano. Sono 5.800 ettari su terraferma tra i comuni di Priolo, Melilli, Augusta e Siracusa, con 180 mila abitanti al censimento del 2011, e più di diecimila ettari in mare. Il sito include stabilimenti chimici, petrolchimici, raffinerie, un inceneritore per rifiuti speciali, discariche industriali e un'area portuale. I terreni sono contaminati da metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili e amianto. Ceneri di pirite sono state interrate sulla costa e perfino sotto i campi sportivi costruiti negli anni settanta a Priolo e Augusta che, infatti, attualmente non sono praticabili e già da parecchi anni rientrano tra i siti da bonificare;
   nel 2003 l'università di Catania ha confermato come i fondali antistanti gli scarichi industriali siano stati altamente contaminati da metalli pesanti quali mercurio, con concentrazioni 22 volte superiori al limite consentito, diossine, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili ed eternit;
   come riportato nel dossier redatto per il convegno «Le indagini nell'area a rischio di Augusta e Siracusa», organizzato nel 2009 dall'Organizzazione mondiale della sanità, «il suolo è stato inquinato da polveri tossiche emesse dai camini dei diversi stabilimenti, la falda idrica si trova in uno stato di notevole degrado perché soggetta alle infiltrazioni delle numerose discariche abusive, disseminate nel territorio. La falda idrica ha, inoltre, subito un forte inquinamento da idrocarburi, causato da serbatoi di carburante privi del doppio fondo con effetti macroscopici quale la presenza di carburanti di varia natura nei pozzi comunali di Priolo (acqua per uso domestico) e Melilli (acqua per irrigazione)». La classificazione Iarc (Agenzia internazionale per la ricerca del cancro) ha confermato nell'atmosfera alte concentrazioni di sostanze cancerogene e teratogene;
   nonostante i gravi impatti sull'ambiente e sulla salute, non è stata trovata nessuna soluzione significativa per l'area. Negli anni sono stati proposti diversi piani di bonifica dell'intera area industriale che non sono però risultati risolutivi. Nel 2005 è stato siglato un accordo di programma quadro per il risanamento delle aree contaminate di Priolo, con lo stanziamento di 64 milioni di euro per i piani di bonifica della Rada di Augusta, dell'ex Eternit, della penisola Magnisi e del porto di Siracusa. Tuttavia, l'area ex Eternit è stata messa in sicurezza senza però una bonifica definitiva e la rimozione delle ceneri di pirite dalla penisola di Magnisi non è stata mai conclusa per sospensione dei lavori da parte della ditta vincitrice dell'appalto. Negli anni successivi sono iniziati altri lavori di bonifica, mai però portati a definitivo compimento. Secondo dati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, aggiornati a marzo 2013, i progetti di bonifica hanno interessato appena il 20 per cento dell'area contaminata;
   da agenzie di stampa si apprende che il 23 ottobre 2014, a seguito di numerosi esposti, denunce e segnalazioni sulla cattiva qualità dell'aria da parte di diverse associazioni ambientaliste, il procuratore di Siracusa, ha aperto ben 13 fascicoli sull'inquinamento, delegando le indagini alla polizia di Stato e ai carabinieri di Augusta, per accertare, non solo eventuali responsabilità da parte delle industrie, ma anche per verificare eventuali irregolarità sulle procedure per il rilascio delle autorizzazioni. Da un articolo apparso su il Giornale di Sicilia il 3 gennaio 2016, si apprende che, i consulenti della procura della Repubblica di Siracusa, hanno consegnato una prima relazione dalla quale si evince che per quanto riguarda specificatamente una raffineria: «i dati comunicati dal gestore non garantiscono nessuna certezza relativamente alla quantità delle emissioni prodotte dalla raffineria» e che «le metodologie di monitoraggio utilizzate non consentono nemmeno la verifica da parte di terzi del rispetto dei limiti»;
   come se la situazione ambientale del territorio non fosse sufficientemente critica, e ancora lontana dall'essere sanata, dal 2006 è in atto il tentativo di realizzazione del progetto della piattaforma polifunzionale Oikothen, un impianto per rifiuti pericolosi e non, in contrada Costa Mendola nel comune di Augusta. Nonostante i pareri non favorevoli espressi dal comune di Augusta in tutte le sedi competenti, e della stessa regione Siciliana che ha negato l'autorizzazione integrata ambientale relativa all'impianto, il Tar di Catania ha accolto il ricorso cautelare della Oikothen e provocato la nomina di un commissario regionale ad acta che, inopinatamente, annullando il precedente decreto di diniego dell'autorizzazione integrata ambientale, ha rilasciato l'autorizzazione. L'area individuata per la realizzazione della suddetta piattaforma ricade proprio sopra la falda acquifera della zona di Augusta. Tale falda, misteriosamente, per un periodo di tempo non compariva nelle cartografie della zona. Dopo una richiesta di verifica, da parte dell'attuale amministrazione cittadina, all'ISPRA, la falda è ricomparsa;
   un tempo la costa siracusana era considerata tra i litorali ed i fondali marini più belli d'Italia. Un territorio che avrebbe potuto avere una forte vocazione turistica e puntare su questa la sua economia, ha visto distrutti itinerari naturalistici spettacolari dai veleni delle industrie e dalle malefatte dei loro gestori e di chi avrebbe dovuto vigilare. Importanti siti archeologici, ed insediamenti preistorici, quali Megara, Hyblaea, Thapsos e Stentinello sono stati deturpati irrimediabilmente –:
   se il Governo sia a conoscenza delle gravi conseguenze dovute dall'inquinamento ambientale del territorio siracusano, tra i comuni di Augusta, Priolo e Melilli, e dei ritardi delle bonifiche, a giudizio degli interpellanti, non più ignorabili;
   come il Governo intenda provvedere, urgentemente, a dare attuazione con soluzioni efficaci e definitive, alla bonifica del sito di interesse nazionale tra Siracusa e Augusta, rispondendo così alle richieste della popolazione siciliana del luogo, che, con il suo lavoro, per sessant'anni, ha sacrificato salute, ambiente e futuro, per lo sviluppo industriale dell'intera nazione.
(2-01475) «Andrea Maestri, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco, Pisicchio».

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale ordinario di Lanusei nel procedimento penale promosso a carico di M.F. ed altri, per il reato di cui all'articolo 437, commi 1 e 2, del codice penale, con ordinanza del 13 febbraio 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 311, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), nella parte in cui attribuisce al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e per esso allo Stato, la legittimazione all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno ambientale, escludendo la legittimazione concorrente o sostitutiva della regione e degli enti locali sul cui territorio si è verificato il danno, in riferimento agli articoli 2, 3, 9, 24 e 32 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza;
   con decreto 11 luglio 2014, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale ordinario di Lanusei aveva rinviato a giudizio i comandanti militari del Poligono Interforze Salto di Quirra e del suo distaccamento a mare di Capo S. Lorenzo, succedutisi nei rispettivi comandi dal marzo 2001 al 2012, imputando loro il reato di cui all'articolo 437, commi 1 e 2, codice penale;
   agli imputati era stato contestato di aver omesso l'adozione di precauzioni e cautele nell'esercizio delle attività militari, tra cui anche la collocazione di segnali di pericolo di esposizione di uomini ed animali a sostanze tossiche e radioattive presenti nelle aree ad alta intensità militare, cagionando così un persistente e grave disastro ambientale con enorme pericolo chimico e radioattivo per la salute del personale civile e militare del Poligono, dei cittadini dei centri abitati circostanti, dei pastori insediati in quel territorio e dei loro animali da allevamento;
   tra le persone offese indicate nel decreto di rinvio a giudizio figuravano lo Stato, la regione autonoma Sardegna, le province di Cagliari e d'Ogliastra, nonché i comuni il cui territorio era stato esposto alle sostanze contaminanti;
   nel corso dell'udienza preliminare e nella prima udienza dibattimentale, si costituivano o avevano fatto richiesta di costituzione di parte civile per il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale la regione autonoma Sardegna, la provincia di Cagliari ed alcuni comuni, nonché numerose persone, tra cittadini, personale militare, allevatori e loro familiari, che avevano lamentato danni patrimoniali alla salute, da esposizione a sostanze nocive e da perdita parentale;
   tutti questi soggetti avevano chiesto anche la chiamata in causa, quale responsabile civile dei danni asseritamente patiti, lo Stato italiano, il quale si costituiva in persona del Presidente del Consiglio dei ministri;
   con istanza depositata all'udienza del 29 ottobre 2014, la regione autonoma Sardegna, quale ente sul cui territorio si era prodotto il danno descritto nel capo di imputazione, aveva chiesto, altresì, di costituirsi parte civile per il risarcimento del danno ambientale, previa dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'articolo 311, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non si è costituito parte civile per chiedere il risarcimento del danno ambientale;
   la Corte costituzionale, con decisione del 19 aprile 2016, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 311, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (norme in materia ambientale), sollevata, in riferimento agli articoli 2, 3, 9, 24 e 32 della Costituzione, nonché al principio di ragionevolezza, dal tribunale ordinario di Lanusei;
   sin da quella data, 19 aprile 2016, o dalla sua pubblicazione avrebbe potuto, dunque essere fissata l'udienza per la ripresa del processo riferito ai reati gravissimi quali l'omessa adozione di precauzioni e cautele nell'esercizio delle attività militari, tra cui anche la collocazione di segnali di pericolo di esposizione di uomini ed animali a sostanze tossiche e radioattive presenti nelle aree ad alta intensità militare, che hanno cagionato un persistente e grave disastro ambientale con enorme pericolo chimico e radioattivo per la salute del personale civile e militare del Poligono, dei cittadini dei centri abitati circostanti, dei pastori insediati in quel territorio e dei loro animali da allevamento;
   appare all'interrogante improcrastinabile procedere alla fissazione della nuova udienza, anche alla luce della gravità della situazione ambientale e dei reati evidenti documentati puntualmente e in modo inequivocabile negli atti dell'inchiesta;
   risulterebbe incomprensibile e ingiustificabile un ulteriore ritardo proprio per la delicatezza del processo stesso, considerata anche quella che a giudizio dell'interrogante, si è rilevata una grave inerzia manifestata dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che non si è costituito parte civile per chiedere il risarcimento del danno ambientale;
   tutto ciò necessiterebbe, per l'interrogante di un intervento autorevole del Ministero della giustizia, anche alla luce di paventati depotenziamenti del tribunale di Lanusei che finirebbero per provocare grave nocumento al corretto e regolare svolgimento del processo stesso;
   la mancata fissazione dell'udienza in questione, ad avviso dell'interrogante, non può in alcun modo essere tollerata e il Ministero della giustizia ha, secondo l'interrogante, il dovere precipuo di assumere ogni iniziativa di competenza in relazione alle cause che ostano al prosieguo dell’iter dibattimentale;
   in tal senso vanno rilevate due circostanze, a giudizio dell'interrogante quantomeno dubbie, circa il trasferimento del pubblico ministero Domenico Fiordalisi, che aveva condotto in modo esemplare le indagini e del capo della squadra mobile di Nuoro Fabrizio Mustaro;
   elementi questi che, per la complessità del processo, non possono non pesare sulla stessa regolare e tempestiva prosecuzione anche per scongiurare possibili e deprecabili prescrizioni –:
   se il Ministro della giustizia non ritenga di valutare se sussistono i presupposti per promuovere ogni iniziativa di competenza presso gli uffici giudiziari di Lanusei;
   per quale motivo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia ritenuto di non doversi costituire parte civile nel dibattimento di cui sopra, in considerazione della gravità dei reati all'ambiente contestati nel rinvio a giudizio. (5-09592)

Interrogazione a risposta scritta:


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 19 dicembre del 2014 la corte di assise di Chieti presieduta dal dottor Romandini definiva il maxi processo per la discarica di Bussi con l'assoluzione di tutti gli imputati dal reato di avvelenamento delle acque e con il proscioglimento per intervenuta prescrizione dalla fattispecie di disastro ambientale, previa derubricazione nell'ipotesi colposa;
   il caso giudiziario, già noto alle cronache oltre per la gravità dei fatti anche per le incaute dichiarazione rese dal precedente presidente del collegio Spiniello che sono valse la sua ricusazione dal processo, riceveva un'ulteriore eco mediatica dopo la pubblicazione su Il Fatto Quotidiano di pesanti dichiarazioni rese da due giudici popolari secondo cui la loro libera valutazione sarebbe impedita dalla mancata lettura degli atti e viziata da indebite pressioni esercitate dal Romandini che, appena tre giorni prima la data della pronuncia della sentenza, nel corso di un incontro conviviale in un locale pubblico di Pescara, avrebbe spiegato loro, peraltro in maniera equivoca, che se gli imputati fossero stati condannati per dolo avrebbero potuto appellarsi e, in caso di accoglimento dei loro motivi, rivalersi sui giudici aggredendone il patrimonio personale;
   intervistato sulla vicenda, Romandini non commentava le dichiarazioni, nel rispetto della segretezza della camera di consiglio, ignorando però che l'episodio descritto dai giudici popolari non si fosse verificato in camera di consiglio, bensì durante un incontro informale;
   in ragione di ciò e di altri elementi equivoci – la conoscenza da parte del presidente D'Alfonso di gravi anomalie sull'andamento del processo nonché le «voci» circolate poche settimane prima della conclusione del processo e riportate dall'avvocato Gerardis secondo cui lo stesso si sarebbe definito con l'assoluzione di tutti gli imputati – veniva presentata al Ministro della giustizia l'interrogazione n. 5-05613 poi tramutata nell'interrogazione n. 3-02468, ambedue presentate dal primo firmatario del presente atto – per chiedere al Ministro se fosse a conoscenza dei fatti narrati e se intendesse promuovere un'ispezione ministeriale presso il tribunale di Chieti in relazione ai medesimi;
   il 13 settembre 2016, nel corso della seduta n. 671, l'interrogazione riceveva risposta dal Sottosegretario alla giustizia, Gennaro Migliore che, dopo aver riassunto i termini della vicenda, rappresentava che il Ministro aveva avviato gli accertamenti volti a fare piena luce sulla vicenda, segnalando che a ciò era seguita lo scorso mese di maggio la promozione di un'azione disciplinare a carico del Romandini «per violazione degli articoli 1 e 2, comma primo, lettera e), del decreto legislativo n. 109 del 2006, per avere questi ingiustificatamente interferito nella libertà di determinazione dei giudici popolari componenti del collegio della Corte di assise dallo stesso presieduto, ponendo in essere condotte idonee a condizionarne la serenità di giudizio»;
   Migliore, dopo aver dichiarato che analoga iniziativa era stata promossa dalla procura generale presso la Corte di Cassazione, concludeva informando che il procedimento a carico del Romandini era stato definito il 5 gennaio 2016 con decreto di archiviazione dal gip del tribunale di Campobasso, conclusione dalla quale sembrerebbe evincersi, a giudizio degli interroganti, che in tal modo per il Ministero è stato chiarito ogni dubbio e soddisfatta ogni esigenza investigativa;
   la risposta resa dal Ministero risulta agli interroganti, non soddisfacente, apparendo piuttosto insolito che un procedimento disciplinare originato da pesanti dichiarazioni rese a carico di un magistrato, nella fattispecie di un presidente di corte d'assise in una vicenda tanto delicata come quella della mega discarica di Bussi, sia stato definito con un decreto di archiviazione senza che ad esso sia seguita l'apertura di un'indagine per reato di calunnia a carico dei due giudici popolari, o del giornalista del Fatto, ovvero dall'avvocato Gerardis (questi ultimi sentiti il 20 maggio 2015 dal procuratore di Campobasso come «persone informate sui fatti»);
   questa circostanza dimostra, ad avviso degli interroganti, come l'ambiguità e la poca chiarezza che hanno da subito contraddistinto questa vicenda giudiziaria perduri ancora oggi al punto da richiedere ulteriori approfondimenti ispettivi, tenuto conto anche del fatto che ad essere coinvolta è una procura, quella di Campobasso, che, chiamata ad indagare su un magistrato, avrebbe dovuto agire con massima perizia e scrupolo, senza lesinare trasparenza e neutralità –:
   di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in ordine a quanto esposto in premessa;
   se il Ministro interrogato, ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 16 del decreto legislativo n. 109 del 2006, abbia richiesto la trasmissione di copia degli atti in relazione al provvedimento di archiviazione adottato nell'ambito del procedimento disciplinare sopracitato e se, a fronte della gravità dei fatti descritti in premessa, si sia avvalso della facoltà di chiedere la fissazione dell'udienza di discussione orale al presidente della sezione disciplinare.
(4-14310)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, prevede all'articolo 13, comma 14, che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti adotti apposite linee guida per disciplinare le modalità di erogazione di contributi, sussidi o ogni altra forma di emolumento da parte dei gestori di aeroporti in beneficio dei vettori aerei in funzione dell'avviamento e sviluppo di rotte destinate a soddisfare e promuovere la domanda nei rispettivi bacini di utenza. Le suddette linee guida devono essere adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sentiti l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Ente nazionale per l'aviazione civile, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145;
   l'articolo 13, comma 15, del decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, prevede che i gestori aeroportuali debbano comunicare all'Autorità di regolazione dei trasporti e all'Ente nazionale per l'aviazione civile l'esito delle procedure previste dal comma 14, ai fini della verifica del rispetto delle condizioni di trasparenza e competitività;
   in data 2 ottobre 2014 con decreto ministeriale n. 397, sono state adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti le «Linee guida inerenti le incentivazioni per l'avviamento e lo sviluppo di rotte aeree da parte dei vettori ai sensi dell'articolo 13, commi 14 e 15, decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014», sulle quali l'Autorità di regolazione dei trasporti si è espressa con un parere del marzo 2014;
   in data 11 agosto 2016 con decreto ministeriale n. 275, sono state adottate dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti delle modifiche alle linee guida sopracitate, in ragione delle problematiche interpretative verificatesi in sede di applicazione, nonché in considerazione della necessità di incentivare il traffico aereo negli aeroporti regionali. Tuttavia, nell'adozione delle modifiche non risultano agli interpellanti essere stati sentiti preventivamente i pareri dell'Autorità di regolazione dei trasporti e dell'Ente nazionale per l'aviazione civile;
   risulta che solo in data 8 settembre 2016, quindi 28 giorni dopo l'emanazione del decreto ministeriale n. 275, l'Autorità di regolazione dei trasporti ha fornito il parere previsto ai sensi dell'articolo 13, commi 14 e 15, del decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145. Nel parere fornito, l'Autorità di regolazione dei trasporti riferisce di aver ricevuto le nuove «linee guida» dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 8 agosto 2016, quindi 3 giorni prima dell'emanazione del decreto ministeriale n. 275 del 2016. Nella nota di accompagnamento inviata dal Ministero, si chiedeva di «far conoscere eventuali valutazioni con la massima consentita urgenza»;
   agli interpellanti non risulta sia pervenuto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il parere previsto, ai sensi dell'articolo 13, commi 14 e 15, decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, dell'Ente nazionale per l'aviazione civile;
   relativamente al consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), si segnala come quest'ultimo sia cessato dalla carica per fine mandato il 23 gennaio 2016;
   in base all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, recante istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, il «consiglio di amministrazione è composto dal presidente e da quattro membri scelti tra soggetti di comprovata cultura giuridica, tecnica ed economica nel settore aeronautico, nominati, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il consiglio rimane in carica cinque anni e la nomina dei suoi componenti è rinnovabile per una sola volta. Esercita le competenze stabilite dallo statuto dell'Ente»;
   in occasione della scadenza del mandato del consiglio di amministrazione di Enac il gruppo parlamentare degli interpellanti aveva chiesto al Governo, con un comunicato stampa, di aprire una consultazione pubblica per la selezione dei nuovi consiglieri, affinché, oltre alle soprarichiamate competenze giuridiche, tecniche ed economiche, fossero individuati soggetti di specchiata moralità, indiscussa esperienza, in assenza di conflitti di interessi e in assenza di procedimenti giudiziari per i reati di cui alla legge «Severino»;
   ad otto mesi dalla scadenza del consiglio di amministrazione di Enac, pur a fronte di numerosi solleciti, il Governo non solo non ha risposto all'appello di una consultazione pubblica ma non ha ancora sciolto la riserva sui nomi da insediare ai vertici dell'Ente, con grave disagio per un intero comparto, come quello del trasporto aereo, che presenta delicate e complesse problematiche ancora da risolvere che impongono la piena titolarità, legittimità e operatività di un Ente chiamato per legge a garantire la piena sicurezza della mobilità aerea del nostro Paese. A tale proposito, giova ricordare che, negli ultimi quattro anni, la percentuale dei passeggeri negli aeroporti italiani è aumentata di circa il 7 per cento, toccando il numero di quasi 157 milioni di unità;
   questo mancato rinnovo del consiglio di amministrazione sta, inoltre, aggravando gli annosi problemi di governance di un ente pubblico da oltre 13 anni ininterrottamente in mano alla stessa persona, l'attuale presidente, Vito Riggio, che si è visto confermare in perpetuum da tutti i Governi in carica con norme e commissariamenti ad hoc –:
   se quanto riportato in premessa corrispondesse alla verità, quali siano le motivazioni per le quali il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha adottato il decreto ministeriale n. 275 dell'11 agosto 2016 senza i pareri previsti dell'Autorità di regolazione dei trasporti – giunto solo in data 8 settembre 2016 – e dell'Ente nazionale per l'aviazione civile – che non risulta agli interpellanti ancora pervenuto – ai sensi dell'articolo 13, commi 14 e 15, decreto-legge del 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014;
   come si concilino le modifiche apportate alle linee guida di cui in parola con le disposizioni emanate dalla Commissione europea sugli aiuti di Stato;
   quali siano gli intendimenti del Governo in merito al rinnovo del consiglio di amministrazione di Enac.
(2-01476) «De Lorenzis, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Cecconi».

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la legge 6 maggio 2015, n. 52, recante il nuovo sistema elettorale per l'elezione della Camera dei deputati, contiene altresì nuove norme concernenti l'esercizio del diritto di voto degli italiani all'estero non iscritti all'AIRE, in quanto ivi stabiliti per un periodo di tempo inferiore a quello stabilito per la suddetta iscrizione;
   tali nuove norme dispongono che possono votare «per corrispondenza nella circoscrizione Estero, previa opzione valida per un'unica consultazione elettorale, i cittadini italiani che, per motivi di lavoro, studio o cure mediche, si trovano, per un periodo di almeno tre mesi nel quale ricade la data di svolgimento della medesima consultazione elettorale, in un Paese estero in cui non sono anagraficamente residenti ai sensi della legge 27 ottobre 1988, n. 470»;
   poi la legge prevede: «L'opzione di cui al comma 1, redatta su carta libera, sottoscritta dall'elettore e corredata di copia di valido documento di identità, deve pervenire al comune di iscrizione elettorale entro i dieci giorni successivi alla data di pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali» con le stesse modalità potranno votare i familiari conviventi con i suddetti cittadini;
   gli interpellanti tralasciano per il momento l'incertezza suscitata dall'accezione «familiari conviventi» e le disposizioni successive in ordine all'attuazione pratica della nuova disciplina adottata, che pare gravosa per il cittadino che ne è oggetto ed oltremodo farraginosa per le pubbliche amministrazioni competenti;
   preme agli interpellanti segnalare l'estrema esiguità del tempo concesso – 10 giorni a decorrere dal giorno di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali – per porre in essere l'opzione del voto all'estero da parte di coloro che vi avrebbero diritto – questione che rischia di vanificare se non annullare la ratio della norma stessa, che deve rendere accessibile ed estendere il più possibile l'esercizio del diritto di voto;
   a fronte della consultazione referendaria cui sono chiamati i cittadini il 4 dicembre 2016, che investe le fondamenta ordinamentali ed istituzionali del nostro Paese, risulta a rischio il voto di migliaia di cittadini, questione che va a tutti i costi scongiurata –:
   se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative normative, atte a prorogare il termine indicato in premessa, entro il quale i cittadini interessati dalla nuova disciplina devono esercitare l'opzione di voto.
(2-01479) «Dieni, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colonnese, Cominardi, Corda, Crippa, Da Villa, Dall'Osso, De Lorenzis, Della Valle, Dell'Orco, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, D'Incà, Fantinati, Fico, Fraccaro, Frusone».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi a Como, presso la stazione ferroviaria di San Giovanni, si sono accampati, in attesa di tentare di raggiungere illegalmente i Paesi del Nord Europa o perché respinti legittimamente a Chiasso dalle autorità svizzere, in osservanza della normativa in materia di asilo, diverse centinaia di immigrati, di cui non è noto né il numero esatto né le generalità o lo status giuridico, essendosi, per la maggior parte, sottrattisi alle procedure di identificazione;
   in breve tempo, i giardini presso la stazione ferroviaria si sono trasformati in un vero e proprio bivacco all'aperto, in condizioni di degrado, insicurezza e di assoluta illegalità, a cui hanno contribuito anche elementi dei centri sociali e soggetti dei cosiddetti «no borders», che hanno fomentato disordini tra gli immigrati accampati;
   nonostante la costante e allarmante attenzione anche della stampa e l'impegno profuso dalle forze dell'ordine, la situazione di degrado e illegalità a Como si è protratta per oltre tre mesi, creando anche un notevole danno alla città di Como, nota per la sua vocazione turistica;
   la soluzione adottata dalla prefettura e dal comune di Como, d'intesa con il Ministero dell'interno, di allestire un centro di accoglienza per ospitare circa 300 immigrati, in via Regina, nell'area ex Rizzo, nel quartiere San Rocco, si è dimostrata inappropriata e profondamente errata, sotto diversi profili;
   l'apertura di tale baraccopoli è stata centro di violenze, liti e scontri, creando non poca tensione e preoccupazione tra i cittadini residenti;
   il centro è in un quartiere già ad alta concentrazione di immigrati, adiacente e confinante con il cimitero, con la sede universitaria ed abitazioni private, i cui residenti, già esasperati, non sono stati neanche preventivamente interpellati;
   tale decisione, ad avviso degli interroganti, violerebbe le normative nazionali ed internazionali poiché ospiterebbe chi si sottrae volontariamente ai protocolli di protezione internazionale e nazionale;
   la struttura rischia di attrarre coloro i quali sono intenzionati a recarsi illegalmente nel Nord Europa, a cui lo Stato italiano garantirebbe, dunque, ospitalità;
   nel giro di pochi giorni, il centro risulta ormai pieno e, fuori da esso, si sono già creati altri bivacchi abusivi –:
   a quanto ammontino i costi sinora sostenuti per l'allestimento ed il mantenimento del centro di cui in premessa, che fine abbiano fatto i migranti non trasferiti in tale struttura, posto che i giardini della stazione sono stati sgomberati ma non tutti gli immigrati sono confluiti in essa, e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per procedere alla chiusura del centro di via Regina e all'espulsione e al rimpatrio di chi non versa nelle condizioni previste dalla legge per accedere agli strumenti di accoglienza e protezione internazionale. (3-02509)


   BRUNETTA e BERGAMINI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   nella notte tra venerdì 23 e sabato 24 settembre, a Prato, poco prima di una visita programmata del Presidente del Consiglio dei ministri, una pattuglia della polizia ha rimosso un lembo della scritta «Renzi hai fallito», che il movimento giovanile di Forza Italia aveva posizionato al primo piano del palazzo sede del coordinamento provinciale dello stesso partito, proprio di fronte al Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci, dove avrebbe dovuto recarsi Matteo Renzi sabato mattina per un'iniziativa sul referendum costituzionale;
   interpellato sull'accaduto, il capo della polizia pratese, Paolo Rossi, ha confermato che una pattuglia ha ritenuto di rimuovere la parte di striscione per ragioni di ordine e sicurezza pubblica, specificando che questo non avrebbe leso i diritti di nessuno;
   il questore ha dichiarato che si tratterebbe di un'azione volta ufficialmente a «stemperare gli animi» e a «rimuovere ogni ostacolo alla buona riuscita di un evento» quale la visita istituzionale del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ad avviso degli interroganti, la scritta del movimento giovanile di Forza Italia era una chiara manifestazione di protesta civile, senza insulti: una constatazione più che legittima, che tuttavia la polizia ha nei fatti impedito censurando il cognome del Presidente del Consiglio dei ministri –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa, e delle motivazioni che hanno portato alla censura della scritta del movimento giovanile di Forza Italia esposta in occasione della visita del Presidente del Consiglio dei ministri e se non ritenga che tale iniziativa abbia ingiustamente limitato la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero. (3-02510)


   GALATI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   è di qualche giorno fa la notizia del violento pestaggio, avvenuto presso la stazione Bologna della linea B della metropolitana di Roma, ai danni del cittadino trentasettenne Maurizio di Francescantonio, aggredito brutalmente insieme alla madre in seguito ad un invito da parte dello stesso ad un gruppo di persone a non fumare all'interno dei vagoni della metropolitana come prescritto dalla legge;
   la vicenda, che ha fortemente turbato l'opinione pubblica e suscitato la preoccupazione della società civile, propone agli occhi del Paese il quadro desolante e paradossale di una città, capitale del Paese, ormai preda dell'illegalità e dell'inciviltà, nella quale persino la più legittima richiesta avanzata da un cittadino, di rispetto delle più elementari regole di senso civico, di educazione e di rispetto reciproco, anziché essere apprezzata ed accolta senza indugio, diviene un fattore di rischio;
   è questo l'ennesimo episodio di brutale criminalità registrato nella città di Roma sulle linee dei pubblici servizi di trasporto urbano e suburbano della capitale; l'interrogante evidenzia come la percezione della sicurezza della città di Roma, tuttavia, assuma una più larga dimensione, che non rimane circoscritta al livello amministrativo della città, ma richiede invece una più attenta e profonda attenzione da parte delle istituzioni centrali preposte alla tutela della sicurezza e della integrità dei cittadini;
   la questione rileva, a parere dell'interrogante, rispetto ad un duplice profilo:
    a) da una parte, quello delle modalità di esercizio della funzione di tutela della pubblica sicurezza nella fase di prevenzione, controllo, vigilanza sull'ordine pubblico e del rispetto delle regole, nell'ambito di una rete di trasporto fortemente esposta non solo alla microcriminalità urbana di bande o gruppi delinquenziali che agiscono isolatamente, ma anche e soprattutto al rischio di atti di terrorismo internazionale. Appare infatti inconcepibile che, dinanzi alle minacce derivanti dal terrorismo internazionale connesso alle forme di criminalità internazionale organizzata dell'Isis, i presidi di sicurezza della città di Roma appaiano disarmati ed impreparati dinanzi alla gestione ordinaria di fatti di criminalità legata a bande o gruppi non organizzati che agiscono episodicamente;
    b) dall'altra parte, ma non secondariamente, il profilo della lesione dell'immagine della città e del Paese ed il conseguente innalzamento dei livelli di sfiducia generalizzata non solo all'ente «Roma capitale», ma nei riguardi dell'intero Paese, in specie in ottica internazionale ed in chiave economica e turistica;
   la percezione persistente dell'elevato livello di criminalità, il rischio di esposizione a scippi e borseggi sui trasporti pubblici e nelle aree più affollate della città, nonché la frequenza di episodi di aggressioni ed altre forme di violenza incidono negativamente sull'immagine internazionale del Paese, rappresentata nel mondo per mezzo della sua capitale;
   il grado di sicurezza della popolazione è infatti alla base di qualsiasi prospettiva possibile di un rilancio necessario della credibilità, interna ed internazionale, della città italiana che ospita il Governo della nazione ed influisce ed interferisce, inevitabilmente, con le prospettive di stabilità economica e di attrattività del Paese, con la produttività dei cittadini e in conclusione con il successo economico nazionale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, coerentemente ai propri poteri di impulso ed indirizzo delle azioni di tutela dell'ordine pubblico, per implementare la percezione della sicurezza a presidio dell'incolumità dei cittadini e per rilanciare positivamente l'immagine della capitale d'Italia, fortemente compromessa dalla persistenza di livelli elevati di criminalità. (3-02511)


   RAMPELLI, RIZZETTO, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   in Veneto i comuni di Agna e di Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova, e il comune di Cona, in provincia di Venezia, ospitano ormai da oltre un anno la più alta concentrazione, oltre il dieci per cento, di rifugiati della regione;
   all'arrivo dei primi migranti, nel luglio 2015, i sindaci avevano avuto assicurazioni che si sarebbe trattato solo di una soluzione provvisoria e, invece, il numero delle persone da ospitare è lievitato fino ad arrivare a oltre milleottocento presenze, a fronte di una popolazione locale di neanche diecimila abitanti;
   le strutture impiegate e allestite per i migranti nei due hub di San Siro di Bagnoli e Conetta di Cona, che si trovano ad una distanza di appena cinque chilometri l'uno dall'altro e che ospitano rispettivamente 833 e 1.007 migranti, sono già da mesi drammaticamente sovraffollate;
   l'elevato numero dei migranti concentrati nella zona, inoltre, sta generando numerosi problemi nella vita delle comunità locali, con i residenti costretti a subire la presenza di centinaia di migranti, che girovagano e bighellonano per il paese o bivaccano in piazza o nei giardini pubblici, e i sindaci che devono gestire l'ordine pubblico in una condizione perennemente al limite dell'emergenza;
   il 3 agosto 2016 il Ministro interrogato, durante un incontro al Ministero dell'interno, ha rassicurato i sindaci dei comuni coinvolti che entro l'estate 2016 il numero dei migranti ospitati negli hub sarebbe diminuito fino a riportare le strutture alla capienza originaria, mentre gli altri sarebbero stati distribuiti in altre strutture, micro hub diffusi nella regione e realizzati sfruttando strutture demaniali e statali già esistenti e in disuso;
   ad oggi, tuttavia, a quanto risulta agli interroganti nulla di quanto promesso è stato fatto –:
   quando e in che modo intenda risolvere la drammatica situazione che si è venuta a determinare nei comuni di cui in premessa. (3-02512)


   TANCREDI, MISURACA e BOSCO. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   il terremoto che ha colpito l'Italia centrale il 24 agosto 2016, oltre a causare la morte di 298 persone e migliaia di sfollati, inevitabilmente ora ci pone di fronte al compito di ricostruire i centri abitati, in modo da consentire non solo alle popolazioni ivi residenti di continuare a vivere nel loro territorio, ma anche di riprendere al più presto le attività produttive da cui dipende la stessa esistenza delle comunità colpite;
   nel corso delle riunioni congiunte, tenutesi con i comitati provinciali dell'Aquila e Teramo al fine di individuare e condividere azioni a presidio della legalità nelle attività di gestione dell'emergenza conseguente al sisma, il commissario straordinario per la ricostruzione, Vasco Errani, ha ribadito l'irrinunciabilità dei principi della trasparenza e del rispetto delle norme, che troveranno la giusta collocazione all'interno del decreto sulla ricostruzione che dovrebbe essere varato dal Consiglio dei ministri entro il 2 o il 3 ottobre 2016;
   nel processo di ricostruzione, che dovrà rifarsi al modello Expo per ciò che concerne il rispetto delle norme e della trasparenza, vi dovranno essere, oltre alla collaborazione con l'Anac, liste di merito per le imprese chiamate ad operare sui luoghi colpiti dal sisma, in modo da averne il massimo controllo e, di conseguenza, in maniera tale da poter seguire interamente il percorso della ricostruzione;
   una presenza costante e visibile dello Stato nei territori così duramente colpiti dal terremoto del mese di agosto 2016 dovrà e potrà servire anche per scoraggiare gli episodi di sciacallaggio che si sono immediatamente verificati all'indomani del sisma –:
   quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere, anche in vista del provvedimento che il Consiglio dei ministri dovrebbe varare nelle prossime settimane, al fine di garantire il rispetto della legalità e della sicurezza nel processo di ricostruzione dei borghi dell'Italia centrale colpiti dal sisma del 24 agosto 2016. (3-02513)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIVATI, ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il diritto d'asilo è un diritto fondamentale dell'uomo, riconosciuto dalla Costituzione all'articolo 10;
   oltre al diritto di asilo, i trattati internazionali, in particolare la Convenzione di Ginevra, riconoscono a tutte le persone il diritto di richiedere e di vedersi riconosciuto lo status di rifugiato nel momento in cui il richiedente avesse subito specifici atti di persecuzione o abbia il fondato timore di poterli subire tornando nel suo Paese d'origine;
   il richiedente asilo ha il diritto di esercitare questo suo diritto presso gli uffici preposti dall'amministrazione dello Stato, sulla quale, quindi, grava l'obbligo di ricevere tale domanda;
   da un comunicato diramato da Baobab Experience si apprende che la questura di Roma, in data 21 settembre 2016, non avrebbe accettato le domande di protezione internazionale da parte di decine di profughi che si erano recati presso gli uffici per la prima istanza, rinviando al 21 ottobre la possibilità di farlo;
   alle persone che aspettavano in fila dalle prime ore del mattino, la comunicazione in questione sarebbe stata data a voce da agenti in divisa preposti all'ingresso. La decisione, secondo quanto riferito dagli agenti, è stata motivata dalla necessità di smaltire il pregresso già programmato –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se non ritenga che il comportamento adottato dalla questura possa pregiudicare l'accesso alla procedura per richiedere asilo, violando così le norme nazionali e internazionali in materia di diritto d'asilo;
   come intenda intervenire per ristabilire condizioni minime di legalità, tali da permettere alle persone che ne fanno richiesta di avanzare domanda di asilo da subito, senza essere rinviate al prossimo mese;
   quali iniziative intenda assumere affinché le persone respinte vengano adeguatamente informate dei propri diritti e tutelate, così da scongiurare il rischio che cadano nel circuito della clandestinità.
   (4-14309)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il land grabbing è una pratica di acquisizione su larga scala di terreni agricoli da parte di fondi stranieri, soprattutto cinesi ed americani, in Paesi in via di sviluppo, mediante acquisto o affitto di grandi estensioni;
   solitamente non si tratta di azioni predatorie, ma di speculazioni a medio-lungo termine che scommettono sulla crescita del valore dei terreni agricoli. Sono operazioni finanziarie di piccola dimensione ma che in campo agricolo, anche in considerazione della modesta dimensione media delle aziende europee, hanno invece una portata rilevante;
   dapprima il fenomeno aveva interessato solo alcuni Paesi dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, ma negli ultimi anni si sta espandendo anche in Europa. In Italia sembra che gruppi cinesi siano interessati nell'acquisto di frantoi italiani di medio-grandi dimensioni. Dopo aver acquistato Salov, con marchi Sagra e Filippo Berio, i cinesi vogliono cimentarsi nelle produzione di olio extra vergine di oliva made in Italy, un bene di lusso, per un'economia cinese in grande crescita;
   in Italia mancano, minimo, 400.000 ettari di olivicoltura per garantire il fabbisogno interno. Non si produce a sufficienza neppure per quanto richiesto dal mercato interno, mentre il consumo mondiale dell'olio extra vergine d'oliva è in continua crescita;
   l'olivicoltura, per essere competitiva a livello mondiale e per far fronte al crescente fabbisogno interno, necessariamente deve dotarsi di nuove piantagioni più moderne e attrezzate. Questi nuovi strumenti sarebbero utili anche per combattere il sempre più crescente fenomeno delle contraffazioni alle quali l'olio è soggetto;
   la recente normativa in tema di olio rappresenta certamente un miglioramento per gli interventi di settore e introduce strumenti importanti per il contrasto delle frodi e per la tutela della qualità, ma è necessario un ulteriore e significativo passaggio affinché il made in Italy e la bontà dell'olio extravergine italiano abbiano il riconoscimento in termini di maggiore valorizzazione economica, migliorando la concorrenzialità con gli altri Paesi, anche in termini di quantità e qualità degli oli per i quali l'Italia è già leadership nel mondo;
   occorre iniziare una seria e valida programmazione della coltura dell'olio, attraverso un programma pluriennale finalizzato all'aumento dei terreni olivati che esaltino le qualità degli oli italiani extravergini con un'offerta di volumi di maggiore significatività;
   il piano olivicolo nazionale (PON) è un'azione non episodica ma pluriennale sostenuta da un adeguato sforzo finanziario che sostiene gli impegni degli agricoltori/olivicoltori;
   il nuovo piano olivicolo, però, per l'interrogante rispetta solo in parte le vere e inderogabili necessità del settore in termini di programma; manca totalmente di un piano attuativo in termini di finanziamento. Sono stati previsti solo piccoli finanziamenti che andranno poi a disperdersi tra i vari enti del settore o soggetti non qualificati, come sovente è accaduto, senza arrivare a chi realmente vorrebbe fare della buona olivicoltura;
   risulta necessaria, a parere dell'interrogante, un'assegnazione di risorse finanziarie, più congrua e mirata, a quelle aziende che vogliono seriamente realizzare un'olivicoltura di qualità, anche perché le varie organizzazioni di prodotto e delle categorie di settore hanno già a loro disposizione altre forme di finanziabilità. Purtroppo di quel poco che viene finanziato per l'olivicoltura solo una piccola parte arriva realmente ai produttori di olio di qualità –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per limitare il fenomeno del land grabbing affinché i prodotti made in Italy continuino ad essere totalmente italiani, non solo nel nome, a salvaguardia del lavoro e delle professionalità acquisite dagli operatori del settore olivicolo nazionale, nonché per rilanciare la competitività del settore olivicolo italiano;
   quali iniziative normative intenda mettere in atto affinché si pongano le basi per un vero rilancio del settore olivicolo dando piena attuazione al piano olivicolo nazionale (PON), presupposto indispensabile per un ripresa degli oli extravergini di oliva italiani e per potere dare forza a una nuova olivicoltura che affronti in modo o deciso le numerose problematiche esistenti;
   se non ravvisi la necessità di assumere iniziative, con riferimento a quanto evidenziato, in premessa, al fine di prevedere un'assegnazione di finanziamenti più congrua e soprattutto mirata a quelle aziende che producono olio di qualità.
   (5-09591)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   da anni, ormai, i livelli essenziali di assistenza non sono più effettivamente garantiti in molte regioni del nostro Paese, specie nel Mezzogiorno;
   ciò avviene anche e soprattutto a causa di riforme mal riuscite e tagli indiscriminati;
   tra le regioni maggiormente colpite vi è sicuramente la Campania;
   nell'ultimo lustro si è assistito alla progressiva cessione di sovranità dal settore pubblico a quello privato, alla dismissione di numerosi punti nascita presenti sul territorio regionale ed all'ulteriore indebitamento di una rete ospedaliera già ampiamente al di sotto degli standard numerici nazionali;
   attualmente, come se ciò non bastasse, è emersa una nuova emergenza: il 13 settembre 2016, infatti, sono state attivate le procedure di raffreddamento e di conciliazione ai sensi dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 146 del 1990 così come modificato dalla legge n. 83 del 2000 per circa duemila lavoratori del comparto della sanità accreditata della Campania;
   le procedure in questione arrivano in seguito ai decreti 85/2016 e 89/2016 emessi dalla regione Campania, e sono figlie del contenzioso ormai da tempo in atto tra regione e datori di lavoro;
   infatti, coi decreti citati la regione ha previsto regole rigidissime per i budget relativi al privato accreditato, tagli particolarmente rilevanti e la cancellazione di vecchi contenziosi tra le strutture e la regione (oltre al vincolo per le stesse di non aprirne altri in futuro);
   i dipendenti coinvolti si sono visti, nella giornata del 26 settembre 2016, recapitare altrettante lettere di preavviso di licenziamento;
   dopo le mortificazioni del dumping contrattuale, del mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro e del mancato pagamento di numerosi arretrati, adesso duemila persone vedono a repentaglio i propri posti di lavoro;
   in questo modo ad essere penalizzati, saranno tra l'altro non solo i lavoratori, ma anche tutti quei cittadini che dai primi di ottobre 2016 rischiano di vedersi privati della giusta assistenza;
   considerato che ad oggi non si è avuta nessuna convocazione da parte della prefettura e che dunque le procedure debbono ritenersi espletate, le segreterie regionali di FP-CGIL, FP-CISL e UIL-FPL hanno proclamato uno sciopero di 24 ore dei lavoratori del settore interessato per il prossimo 17 ottobre;
   sulle criticità della sanità accreditata campana l'interpellante aveva già presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4/10410 al Ministero della salute, presentata il 18 settembre 2015, ed a cui non è mai stata data risposta, nonostante nella stessa data il Ministro fosse stato delegato a rispondere –:
   se il Governo non ritenga urgente e doveroso, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari regionali, convocare immediatamente un tavolo di confronto che coinvolga tutte le parti interessate, al fine di trovare una soluzione in grado di tutelare i diritti dei lavoratori, mantenere i livelli occupazionali e garantire per le cittadine ed i cittadini della Campania il rispetto del diritto alla salute costituzionalmente riconosciuto.
(2-01478) «Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   NICCHI, GREGORI, SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in queste settimane, temi quali i rischi di tenuta del servizio sanitario nazionale e le scelte del Governo sul futuro della sanità pubblica, che avrebbero dovuto stare al centro del dibattito soprattutto in questi giorni che precedono la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza e l'avvio della sessione di bilancio, sono stati di fatto del tutto messi in secondo piano da quella che agli interroganti appare la surreale campagna informativa sul «fertility day» voluta dalla Ministra interrogata. Una campagna che, a giudizio degli interroganti, ha visto un succedersi di gaffe, errori, inaccoglibili messaggi pseudo-pedagogici e scelte comunicative offensive per milioni di cittadini: a fine agosto 2016 il Ministero della salute aveva avviato una campagna di comunicazione sul «fertility day» aggressiva e psicologicamente ricattatoria, fatta di cartoline come «Sbrigati, non aspettare la cicogna», che ha avuto talmente tante e forti critiche, che la Ministra interrogata si è vista costretta a sospenderla immediatamente. Quindi, solo pochi giorni fa, c’è stata la pubblicazione di un opuscolo, sempre per il «fertility day» e sempre a cura del Ministero della salute, che altro non era, secondi gli interroganti, se non un concentrato di luoghi comuni, offensivo, ideologico e intollerabilmente razzista. Anche questo ritirato con tante scuse della Ministra interrogata;
   insomma, una «giostra» non solo mediatica che, per quelle che appaiono evidenti responsabilità del Ministero, ha distolto e distratto il dibattito politico, i soggetti interessati, l'opinione pubblica e i cittadini dalla discussione sulle scelte per il futuro del servizio sanitario: inadeguatezza di risorse finanziarie, liste d'attesa, ticket, pronto soccorso al collasso e altro;
   già si paventano rischi di ulteriori tagli, o nella migliore delle ipotesi, di mancati incrementi al finanziamento del servizio sanitario nazionale;
   a breve arriverà all'esame del Parlamento lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza, che andrà a sostituire l'ancora vigente decreto del 2001;
   si ricorda che per i nuovi livelli essenziali di assistenza la legge di stabilità per il 2016 ha stanziato 800 milioni di euro, laddove le risorse necessarie a garantire l'esigibilità e uniformità del diritto all'assistenza sociosanitaria e i livelli essenziali dovrebbero essere di circa 3 miliardi di euro. Di fatto, aumentano le prestazioni da garantire ai cittadini a parità di finanziamento complessivo e, dovendo garantire alcune prestazioni, per esempio i nuovi vaccini (valore stimato 220 milioni di euro all'anno), si dovrà inevitabilmente tagliare e risparmiare su altre prestazioni e servizi. Che gli 800 milioni di euro stanziati per i nuovi livelli essenziali di assistenza siano insufficienti lo sanno anche le stesse regioni, che hanno infatti chiesto una verifica entro il 2016 per valutare il reale impatto economico dei nuovi livelli di assistenza;
   peraltro, come ha anche ricordato la Cgil, se oltre 40 milioni di euro di ticket deriveranno dall'ampliamento dei nuovi livelli essenziali di assistenza con nuove prestazioni ambulatoriali, circa 18-20 milioni di euro di nuovi ticket sono invece conseguenti alla decisione di spostare alcune prestazioni chirurgiche dall'attuale regime in day surgery (gratuito) a quello ambulatoriale che comporta invece il pagamento del ticket –:
   se intenda assumere iniziative per garantire un incremento delle risorse – attualmente insufficienti – per i nuovi livelli essenziali di assistenza e per il fondo sanitario nazionale rispetto ai 113 miliardi di euro previsti dall'intesa Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ritenuti più volte necessari dalla stessa Ministra interrogata, e se non intenda escludere un aumento di nuovi ticket a carico dei cittadini, conseguente all'approvazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza. (3-02505)


   VARGIU, MONCHIERO, MATARRESE, DAMBRUOSO, VECCHIO, GALGANO e LIBRANDI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   in attuazione del patto per la salute 2014-2016 e dei commi 553-554 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016 è in corso di completamento l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con il quale saranno ridefiniti i livelli essenziali di assistenza;
   il provvedimento avrà un carattere effettivamente costitutivo, in quanto sostituirà il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 novembre 2011 attualmente in vigore e si porrà come fonte primaria per la definizione delle attività, dei servizi e delle prestazioni garantite ai cittadini con le risorse pubbliche messe a disposizione del servizio sanitario nazionale;
   nel suddetto schema di decreto non è inserita la riabilitazione oncologica. Tale omissione è ad avviso degli interroganti del tutto ingiustificata alla luce delle evidenze scientifiche e dei dati sulla prevalenza e sulla guarigione da tumore in Italia, nonché delle proiezioni sul numero di persone in vita dopo una diagnosi di tumore recente o lontana nel tempo. Il paziente con neoplasia rappresenta l'esempio più significativo in cui malattia e disabilità sono presenti simultaneamente, interagendo tra loro e determinando un fabbisogno riabilitativo peculiare rispetto a quello conseguente ad altre lesioni. Un assetto normativo e organizzativo che non consideri adeguatamente tale evidenza presenta, pertanto, una vistosa insufficienza, i cui effetti negativi sono destinati a moltiplicarsi e a generare a cascata costi per spesa inappropriata;
   gli italiani sopravvissuti ad una diagnosi di tumore nel 2010 erano 2.587.347, pari al 4,4 per cento della popolazione. Nel 2015, secondo le recenti elaborazioni dell'Associazione italiana registri tumori (Airtum), sono stati diagnosticati 366 mila nuovi casi di tumore, ovvero circa mille nuovi casi al giorno, mentre i decessi sono stati 175 mila, ovvero il 30 per cento del totale (seconda causa di morte nel Paese). I pazienti in cura nel 2015 sono stati 3 milioni;
   nel prossimo futuro questi numeri sono destinati a crescere, in conseguenza degli attuali trend di prevalenza e di guarigione: la sopravvivenza al cancro è oggi sempre più possibile grazie alla disponibilità di nuove tecnologie per la diagnosi precoce, nonché alla diffusione e adesione a programmi di screening per la prevenzione, alla maggiore efficacia delle terapie, alla disponibilità di nuovi farmaci, soprattutto di quelli immunoncologici. La cronicizzazione delle malattie neoplastiche e la lungo sopravvivenza di un numero crescente di pazienti saranno, dunque, due sfide cruciali per la sanità del futuro e impongono che la riabilitazione oncologica sia una delle prestazioni garantite nei livelli essenziali di assistenza, come da tempo richiesto con forza dalle associazioni del volontariato oncologico;
   tale omissione risulta ancor più inaccettabile alla luce del modello di riabilitazione in ambito oncologico promosso nel quaderno del Ministero della salute n. 8 del 2011, «La centralità della persona in riabilitazione: nuovi modelli organizzativi e gestionali». A rafforzare la validità del modello e della fondatezza delle richieste che provengono dal mondo del volontariato, rappresentato unitariamente nella Favo, ci sono le esperienze virtuose delle reti oncologiche di Piemonte-Valle d'Aosta e Toscana;
   in Piemonte il progetto «La riabilitazione per i malati di cancro», avviato con determina regionale n. 425/28.1 del 27 ottobre 2003, è stato inserito nel contesto della rete oncologica regionale che prevede la completa presa in carico del malato, anche in fase riabilitativa, attraverso i centri accoglienza e servizi ed i gruppi interdisciplinari cure. Tali modelli dimostrano che la valorizzazione delle peculiarità della malattie neoplastiche è possibile, anche nella fase di riabilitazione, e che la corretta individuazione del setting delle prestazioni necessarie comuni a tutte le neoplasie e di quelle specifiche per tipologia consente un impiego di risorse appropriato e una risposta adeguata al bisogno assistenziale. Tali modelli regionali, sia per quanto attiene ai profili meramente contabilistici, sia per quanto attiene ai profili organizzativi, dovrebbero poter essere esportati su tutto il territorio nazionale, come d'altronde conseguirebbe alla previsione della riabilitazione oncologica nei livelli essenziali di assistenza;
   l'evidenza di «modelli virtuosi regionali» e di «best practice» già realizzate conferma la possibilità di un approccio unitario e complessivo alle necessità della riabilitazione oncologica e impone che tali programmi di riabilitazione siano fatti propri dal servizio sanitario nazionale ed estesi a tutte le realtà del Paese –:
   se non ritenga opportuno dare immediata evidenza alle specificità del cancro nella fase della riabilitazione, assumendo iniziative per rivedere il nuovo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza e quindi riconoscere almeno un'area specifica di attività alle prestazioni e ai servizi compresi nella riabilitazione oncologica. (3-02506)


   LENZI, DI SALVO, CINZIA MARIA FONTANA, AMATO, ARGENTIN, BENI, PAOLA BOLDRINI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARIANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PIAZZONI, PICCIONE, GIUDITTA PINI, SBROLLINI, MARTELLA e BINI. – Al Ministro della salute. – Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2016 si è celebrata la prima giornata del «fertility day» nella quale si sono affrontati sia problemi di sterilità o infertilità che di denatalità della coppia;
   secondo i dati Istat nel 2015 le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. L'età media delle madri al parto sale a 31,6 anni, la più alta d'Europa dove la media è invece 28,8; gli ultrasessantacinquenni sono 13,4 milioni, il 22 per cento del totale. In diminuzione risultano sia la popolazione in età attiva di 15-64 anni (39 milioni, il 64,3 per cento del totale) sia quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7 per cento);
   sempre secondo i dati Istat, le donne sono coinvolte nelle responsabilità di cura più spesso degli uomini (42,3 per cento contro il 34,5 per cento) e anche per questo risulta più bassa la loro partecipazione al mercato del lavoro: tra le madri di 25-54 anni, la quota di occupate è pari al 55,5 per cento, mentre tra i padri raggiunge il 90,6 per cento;
   se è vero che in Italia una coppia su cinque non può avere figli per ragioni di salute, è anche vero che altrettante coppie, forse di più, non possono avere un figlio a causa di difficoltà economiche o lavorative;
   bonus bebé, voucher baby sitter, nuovi incentivi al welfare aziendale per la conciliazione della vita privata e del lavoro, divieto di dimissioni in bianco, congedi maternità anche per le lavoratrici atipiche e libere professioniste, congedi papà sono solo alcuni dei provvedimenti messi in campo negli ultimi trenta mesi di Governo e che rappresentano risposte concrete per chi diventa genitore o ha sulle spalle la responsabilità di una famiglia, magari in assenza di un welfare familiare stabile;
   secondo l'Istituto superiore di sanità, complessivamente, l'infertilità riguarda circa il 15 per cento delle coppie, ma valutare quale sia l'impatto dei diversi fattori di infertilità è molto difficile. Una stima affidabile, benché relativa solo ad una parte della popolazione, proviene dai dati riguardanti le coppie che si rivolgono ai centri per la procreazione assistita. I dati raccolti dal registro nazionale sulla procreazione medicalmente assistita sono i seguenti:
    a) infertilità maschile: 29,3 per cento;
    b) infertilità femminile: 37,1 per cento;
    c) infertilità maschile e femminile: 17,6 per cento;
    d) infertilità idiopatica: 15,1 per cento;
    e) fattore genetico: 0,9 per cento;
   il 28 luglio 2016 il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta della Ministra interrogata di istituire per il 22 settembre di ogni anno una giornata nazionale dedicata all'informazione e alla formazione sulla fertilità umana;
   a seguito della decisione assunta dal Consiglio dei ministri, è stata avviata dal Ministero della salute alla fine di agosto 2016 la campagna pubblicitaria dell'evento che ha giustamente provocato forti critiche e proteste; la campagna informativa mescolava senza distinzione denatalità e problemi di salute, facendo carico solo alla singola donna della mancata scelta a favore della maternità;
   il condivisibile obiettivo di combattere infertilità e sterilità è stato così nascosto dagli errori di comunicazione e ha offuscato quanto già fatto dal Governo –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché non siano le ragioni sociali o economiche ad incidere sulla scelta di una coppia ad avere figli, nonché quali misure preventive e di cura la Ministra interrogata intenda promuovere, comprese quelle di sostegno alle tecniche di fecondazione, e come si intenda procedere per migliorare la comunicazione. (3-02507)


   NESCI, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO e DALL'OSSO. —Al Ministro della salute. – Per sapere, premesso che:
   l'elemento più rilevante nel documento di economia e finanza 2016 è proprio l'ulteriore taglio alla sanità, misura corrispondente alle risultanze dell'accordo Stato-regioni dell'11 febbraio 2016, ove si prevede, a carico del servizio sanitario nazionale, quanto stabilito dalla legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità per il 2016), la quale al comma 680 dell'articolo 1 dispone tagli per 3.980 milioni di euro per il 2017 e 5.480 milioni di euro per il 2018 e 2019, quale contributo dovuto dalle regioni alla finanza pubblica; pertanto sulla sanità, oltre al taglio di 1,8 miliardi di euro del 2016, si aggiungono riduzioni per quasi 4 miliardi di euro per il 2017 e 5 miliardi di euro a decorrere dal 2018. Dalla medesima intesa risultano tagli di 100 milioni di euro per la prevenzione e gestione del rischio sanitario, nonché la prosecuzione delle politiche di tagli agli investimenti in edilizia sanitaria per 208 milioni di euro. Inoltre, permangono le misure sul personale: blocco del turnover e riduzione permanente del salario accessorio;
   nel triennio 2017-2019, la spesa sanitaria è prevista crescere ad un tasso medio annuo dell'1,5 per cento, ma il rapporto fra la spesa sanitaria e il prodotto interno lordo decresce e si attesta, alla fine dell'arco temporale considerato, ad un livello pari al 6,5 per cento. Il decrescere dell'incidenza sul prodotto interno lordo è un elemento inquietante perché si traduce in «meno salute» e si pone al di sotto della media dei Paesi Ocse e al di sotto dell'accettabilità;
   la Camera dei deputati, a giugno 2015, ha approvato la mozione n. 1-00767 presentata dal MoVimento 5 Stelle, con la quale, in maniera peraltro bipartisan, si è condivisa la necessità di porre rimedio all'emergenziale e non più sostenibile carenza di personale sanitario, impegnando il Governo allo sblocco del turnover e all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e alla garanzia di assicurare i livelli essenziali delle prestazioni in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale;
   inoltre anche nella legge di stabilità per il 2016, seppure con diversi limiti correlati alle regioni con piani di rientro, si era condivisa la necessità di porre in essere procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico-professionale e infermieristico sulla base delle valutazioni dei fabbisogni, con l'elaborazione di piani che ad oggi le regioni non hanno predisposto; nel documento di economia e finanza non c’è traccia degli impegni presi dal Governo al fine di risolvere la perdurante carenza di personale della sanità, a garanzia dei livelli essenziali di assistenza che, proprio a causa di tale carenza, sono gravemente compromessi;
   appare preoccupante la mancanza di uno scenario di politica del personale che rappresenta il principale fattore produttivo del sistema, senza il quale qualunque politica di «consolidamento dei risultati qualitativi raggiunti», come testualmente afferma il documento di economia e finanza, non è praticabile, dopo anni di vincoli alla spesa, blocco del turnover, blocco delle procedure contrattuali, blocco dei trattamenti accessori, riduzione delle risorse per la formazione specialistica dei medici, mancata attivazione dei corsi di specializzazione di alcune professioni non mediche, ricorso a lavoro precario, esternalizzazione di servizi anche sanitari e altro;
   l'articolo 14 della legge n. 161 del 2014, contenente «Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (cosiddetta Legge europea 2013-bis)», prevede, tra l'altro, che al fine di garantire la continuità nell'erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni, i contratti collettivi nazionali di lavoro del comparto sanità disciplinano le deroghe alle disposizioni in materia di riposo giornaliero del personale del servizio sanitario nazionale preposto ai servizi relativi all'accettazione, al trattamento e alle cure, prevedendo equivalenti periodi di riposo compensativo, immediatamente successivi al periodo di lavoro da compensare. Nelle more del rinnovo dei contratti collettivi vigenti, le disposizioni contrattuali in materia di durata settimanale dell'orario di lavoro e di riposo giornaliero cessano di avere applicazione;
   destano oltremodo preoccupazione le anticipazioni circolate sulla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza, prevista nel prossimo Consiglio dei ministri, e che non lasciano ben sperare circa gli interventi nel settore; infatti, se in primavera il documento di economia e finanza ha stimato una crescita italiana per il 2016 all'1,2 per cento, la nota di aggiornamento dovrà necessariamente rivedere una stima al ribasso –:
   come intenda garantire, per quanto di competenza, il rispetto della normativa europea sui turni e sui riposi obbligatori del personale, introdotta in Italia dalla legge n. 161 del 2014 ma non ancora attuata a causa dei ritardi accumulati nella copertura del fabbisogno certificato presso il Ministero della salute, e quali dati intenda fornire in merito alle necessità rilevate per ogni profilo professionale. (3-02508)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARTELLI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, SANNICANDRO, DURANTI e NICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'autunno non porta solo i primi maglioni, ma anche i risultati dell'estate e dei saldi, da sempre linfa vitale per i commercianti, penalizzati da un mercato interno ai minimi livelli in cui le svendite non hanno fatto tornare il sorriso;
   l'Istat registra, a luglio 2016, un calo del valore delle vendite dello 0,3 per cento da giugno 2016 e una contrazione dello 0,2 per cento anche rispetto al 2015. Nonostante gli sconti straordinari pubblicizzati in tante vetrine, scarpe e vestiti restano sugli scaffali. Le vendite di abbigliamento e pellicceria diminuiscono dello 0,2 per cento in valore rispetto al 2015 e pure le calzature, gli articoli in cuoio e da viaggio scendono dello 0,4 per cento. In generale, si riducono gli acquisti di tutti i prodotti non alimentari, con le sole eccezioni di giocattoli, mobili e articoli di profumeria;
   l'alimentare si conferma fonte di guadagno e cresce dello 0,5 per cento sull'anno. A beneficiarne è soprattutto la grande distribuzione, a partire dai discount alimentari che crescono del 2 per cento Si difendono bene, secondo la Coldiretti, anche i mercati contadini: vi hanno fatto la spesa, nel 2016, oltre quattro italiani su dieci, il 55 per cento in più di cinque anni fa. Continuano a soffrire, invece, i negozi fissi di minori dimensioni. La Confesercenti ha la visione più amara e si attende, a fine 2016, una «grave perdita di fatturato per il piccolo commercio, che solo ad agosto ha visto la scomparsa di 5.200 imprese»;
   il problema è che lo shopping diventa sempre più il regno dei grandi centri commerciali o comunque delle catene specializzate e delle griffe. Meno ottimista il presidente di Federdistribuzione, Giovanni Cobolli Gigli, che osserva come «anche a fronte di prezzi sostanzialmente fermi e di retribuzioni reali in crescita, le quantità acquistate dalle famiglie diminuiscono. Manca la voglia di comprare, prevale la preoccupazione e l'attendismo». Anche Confcommercio dà una lettura «molto negativa dei dati» e ritiene urgente un taglio di tutte le aliquote Irpef a partire dal 2017;
   per Federconsumatori e Adusbef è «indispensabile agire per una redistribuzione dei redditi». Per il Codacons addirittura andrebbero aboliti i saldi, liberalizzando il mercato, lasciando ai commercianti la possibilità di gestire i prezzi. Il vero sorriso arriva dall’export che in Italia torna a crescere: ad agosto 2016 cresce dell'11 per cento rispetto al 2015 e dello 0,9 per cento rispetto a luglio. Il traino viene dai beni strumentali (in crescita del 17,1 per cento nell'anno) e, tra i mercati di sbocco, dall'Estremo Oriente a partire da Cina (+28,4 per cento) –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per far ripartire il mercato interno;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare i piccoli e medi commercianti.   (5-09590)

Interrogazione a risposta scritta:


   BARBANTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con la deliberazione di giunta n. 37 del 15 giugno 2015, il presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia è stato autorizzato a sottoporre alla Camera di commercio di Crotone una proposta di servizio associato per l'esercizio comune delle funzioni dirigenziali e delle attività della segreteria generale, nonché delle funzioni di tenuta del registro delle imprese. Con la medesima delibera è stato approvato lo schema di convenzione ed è stato, autorizzato il presidente alla sottoscrizione;
   con delibera n. 43 del 3 luglio 2015, firmata dalla dottoressa Romeo in qualità di segretario generale facente funzioni della camera di commercio di Crotone e dal presidente, la Camera di commercio di Vibo Valentia ha preso atto della convenzione con decorrenza dal 1o luglio 2015 e durata fino al 31 dicembre 2015;
   con nota n. 4337, in data 3 luglio 2015, la camera di commercio di Vibo Valentia ha comunicato al Ministero dello sviluppo economico la scelta di esercizio in comune di funzioni dirigenziali con la camera di commercio di Crotone, trasmettendo la relativa documentazione;
   con lettera del 20 luglio 2015 (prot. 0122419) il Ministero dello sviluppo economico ha espresso alcune perplessità in merito alla previsione, contenuta nella convenzione, dell'incremento della retribuzione di posizione della dottoressa Romeo, in ragione del periodo di svolgimento delle funzioni «associate» presso la camera di Vibo Valentia, evidenziando che, «come più volte rappresentato dall'ARAN, non è ammessa l'erogazione di due o più retribuzioni di posizione, ma solamente la valorizzazione della retribuzione di risultato dei dirigenti che, in base alle previsioni del regolamento degli uffici e dei servizi, sono stati incaricati ad interim delle relative funzioni.» Ancora si legge nella lettera: «si esprimono infine forti perplessità in ordine alla possibilità di svolgimento delle funzioni di segretario generale da parte della dott.ssa Romeo, segretario facente funzioni della Camera di commercio di Crotone, come peraltro richiamato nella convenzione, tenuto conto che l'articolo 20, comma 2 della citata legge n. 580 del 93, indica espressamente che è consentito avvalersi, in forma associata ed in regime convenzionale, di un segretario generale titolare di altra Camera di commercio»;
   il documento conclude invitando, quindi, la camera di commercio di Vibo Valentia a riconsiderare la convenzione alla luce dei rilievi illustrati –:
   se e come la convenzione di cui in premessa sia stata modificata e quali siano gli orientamenti del Governo riguardo alle convenzioni che hanno rinnovato l'accordo e come queste si concilino con le previsioni legislative vigenti;
   se possa chiarire quali siano stati i trattamenti economici stipendiali ed accessori percepiti dai rispettivi dirigenti e segretari generali negli ultimi sei anni, e se questi siano stati attribuiti entro i limiti previsti dal contratto collettivo nazionale del lavoro per le camere di commercio senza una struttura organizzativa complessa;
   se possa fornire elementi circa le ragioni per cui sul sito della camera di commercio di Vibo Valentia non sia riscontrabile la retribuzione attuale dei dirigenti e del segretario generale nella sezione amministrazione trasparente.
(4-14311)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Galgano, Amoddio, Antezza.

  La mozione Centemero e altri n. 1-01350, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Archi.

  La mozione Carrescia e altri n. 1-01360, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Meta.

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Petrini e altri n. 7-01066, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scuvera.

  La risoluzione in Commissione Garofalo e altri n. 7-01101, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gandolfi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Scuvera n. 5-09312, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ferrari.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-09422, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zappulla.

  L'interrogazione a risposta scritta Zampa e altri n. 4-14277, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Incerti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Nicchi n. 1-01354, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 677 del 21 settembre 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    il 28 luglio 2016, il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta della Ministra della salute Beatrice Lorenzin, di istituire per il 22 settembre di ogni anno una giornata nazionale dedicata all'informazione e formazione sulla fertilità umana. Come riporta il comunicato stampa del medesimo Consiglio dei ministri «l'iniziativa colloca il tema al centro delle politiche sanitarie ed educative del Paese, con la consapevolezza che la salute riproduttiva è alla base del benessere psico-fisico, oltre che relazionale, di tutti i cittadini, anche tenuto conto che il problema della denatalità influenza direttamente molti settori, in campo economico, sociale, sanitario e previdenziale»;
    a seguito della suddetta decisione assunta dal Consiglio dei ministri è stata avviata dal Ministero della salute una campagna di comunicazione sul « fertility day», fatta di slogan e cartoline come «Sbrigati, non aspettare la cicogna», che chiedono alle donne di fare più figli e farli presto. Una campagna che ha giustamente provocato forti critiche e proteste, alle quali la Ministra ha risposto con un laconico: la campagna sul « fertility day» «non è piaciuta ? Ne facciamo una nuova»;
    il 1o settembre 2016, lo stesso Presidente del Consiglio Renzi, prendeva le distanze dalla campagna di comunicazione sul « fertility day» voluta dalla Ministra Lorenzin affermando: «Non sapevo niente di questa campagna (...). Non conosco nessuno dei miei amici che fa un figlio perché vede un cartellone pubblicitario»;
    la campagna di comunicazione ministeriale sulla fertilità ha mostrato chiaramente non tanto l'intento di informare, ma piuttosto quello di promuovere un'ideologia;
    l'immagine minacciosa della donna con la clessidra ha richiamato l'antica idea della donna ridotta corpo e natura «obbligata a fare figli» attraverso messaggi regressivi: se non fai presto non avrai figli, al massimo, ma non è sicuro, solo uno. Se non fai figli non contribuisci al bene comune e tu giovane, infertile sei come una buccia di banana avvizzita;
    una campagna di comunicazione, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, aggressiva, ricattatoria, minacciosa che ha prodotto un rigetto sociale amplissimo in primo luogo di tante donne e una forte critica di esperti di comunicazione, di scienze mediche e psicosociali che ha generato ansia per «l'orologio biologico che corre»;
    già nel lontano marzo 2014, pensando alla predisposizione del piano nazionale per la fertilità (elaborato nel maggio 2015) la Ministra Lorenzin in una intervista al quotidiano Avvenire, affermava che «i bambini devono tornare a nascere e serve educare alla maternità», dato che «il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale». «La decadenza» va «frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie» e «bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema»;
    è chiara ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la linea ideologica di parte che muove la Ministra, impropriamente, nelle scelte di governo volte a svuotare la sentenza della Corte Costituzionale che ha superato il divieto di fecondazione eterologa; ignorare cinicamente le difficoltà che molte donne incontrano nel ricorrere alla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, spingere verso una condanna mondiale della surrogacy intesa addirittura come crimine contro l'umanità;
    scelte del Governo improntate da una doppiezza politica da censure: da una parte di propugna uno Stato interventista-paternalista sui comportamenti procreativi delle persone, dall'altra si attacca l'universalismo delle politiche del diritto alla salute con scelte che impoveriscono il sistema sanitario pubblico e lo indirizzano al mercato e alla logica del profitto;
    il tema della denatalità, privato di quella che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo, la falsa coscienza della Ministra, è un problema serio. I dati dell'Istat evidenziano come i nuovi nati siano in costante diminuzione. Nel 2015, le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. La decisione di mettere al mondo dei figli viene sempre più posticipata, come documenta l'aumento dell'età media delle madri al parto;
    affrontare il problema della denatalità da parte del Governo a colpi di pedagogia autoritaria è fuorviante e inefficace;
    rinunciare o rimandare la scelta di fare un figlio sta dentro un complesso mosaico di ragioni che riguardano in primo luogo la soggettività in cui si intrecciano sessualità, amore, futuro, identità sessuali, libertà, relazioni tra i sessi, desiderio, fiducia che non possono essere né semplificate con richiami volontaristici, né tantomeno ricondotti solo a parametri sociali ed economicistici;
    la bassa crescita o la decrescita demografica è, in primo luogo, un problema che deve essere affrontato in una dimensione globale e non solo nazionale o patriottica, bensì nelle sue strette connessioni con le politiche dell'immigrazione;
    un piano nazionale della fertilità per sostenere le nascite nel nostro Paese deve muovere dall'affermazione della libertà di scelta di maternità e del diritto alla salute riproduttiva e dal promuovere robuste politiche attive e strutturali per garantire l'autonomia delle persone e il rispetto delle loro scelte di vita che creino le condizioni di sostegno alla scelta di fare figli: un nuovo sistema del welfare e in esso più servizi socio-educativi, riconoscimento sociale della cura, sostegno al reddito, congedi parentali incentivanti per gli uomini, più lavoro femminile organizzato per poter accudire le relazioni umane;
    molte realtà europee dimostrano che c’è un rapporto diretto tra accesso femminile al lavoro, natalità e benessere generale, ma l'Italia si conferma uno dei Paesi europei a più bassa occupazione femminile, e questo condiziona fortemente la stessa possibilità di determinare il proprio progetto di vita;
    i dati del «Rapporto Italia 2015» dell'Eurispes hanno evidenziato l'incidenza della precarietà e dell'incertezza per il futuro nella crescita del numero di chi non si sente in grado di dare garanzie alla propria famiglia con il proprio lavoro,

impegna il Governo:

   a prendere nettamente le distanze dalle scelte e dalle decisioni assunte dalla Ministra Lorenzin con atti concreti e immediati, riconsiderando nel merito e nel metodo le proposte, le decisioni e le iniziative prese sul « fertility day» di cui in premessa;
   ad assumere iniziative volte a sopprimere l'istituzione della giornata nazionale dedicata alla fertilità umana, cancellando definitivamente la campagna pubblicitaria che ha procurato un rigetto sociale porgendo le scuse alle italiane;
   ad affermare il principio della libertà nelle scelte procreative, innanzitutto delle donne nel regolare la loro fecondità, considerando la libertà di non fare figli, come libertà di grado non inferiore a quella di farli;
   a prevedere studi specifici di genere, anche riguardo agli effetti sulla fertilità di donne e uomini e sulle malattie neo-natali conseguenti all'inquinamento e alla contaminazione delle matrici ambientali;
   a investire risorse finalizzate ad un piano di prevenzione alla sterilità attraverso l'informazione e la promozione di stili di vita che riducano o eliminino tra i giovani i fattori di rischio della sterilità medesima;
   ad assumere iniziative per creare e sostenere una rete qualificata tra centri di cura di giovani malati/e (a partire dalle patologie oncologiche) e centri di crioconservazione dei gameti maschili e femminili per poter postdatare la scelta di maternità per ragioni di malattia e non solo;
   a garantire l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita in tutto il territorio nazionale, promuovendo la conoscenza e la pratica della donazione dei gameti nel rispetto di rigorosi standard di sicurezza e di anonimato delle donatrici e dei donatori;
   a garantire a tutti e tutte l'accesso ai farmaci innovativi, con particolare riferimento a quelli per l'epatite C, per prevenire patologie nelle gravidanze anche a tutela di chi viene al mondo;
   a includere l'endometriosi tra gli obiettivi prioritari della ricerca sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la genesi della malattia, la terapia specifica, il trattamento delle recidive, la prevenzione dell'infertilità, anche al fine di porre la donna al centro di un percorso il più veloce possibile per la diagnosi e la successiva cura, prevedendo altresì l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi e opportuni registri regionali;
   ad assumere iniziative per avviare efficaci campagne di formazione e informazione per i medici ginecologi, i medici e gli operatori dei presìdi consultoriali, e per i medici di medicina generale;
   ad assumere iniziative per attivare opportune reti di eccellenza pubbliche impegnate nella formazione degli operatori sanitari e nella massima trasmissione del know how clinico-diagnostico e terapeutico;
   ad avviare un capillare programma di promozione dei metodi contraccettivi, di conoscenza riguardo al libero accesso alla contraccezione d'emergenza, e di informazione per la prevenzione e la lotta contro l'HIV/AIDS e altre infezioni sessualmente trasmissibili, assegnando a tal fine la dovuta centralità ai consultori, quale servizio per la rete di sostegno e alla preservazione della fertilità e alla sessualità libera, nel rispetto pieno e senza impostazioni giudicanti della libertà di scelta;
   ad assicurare una qualificata attività di informazione, formazione ed educazione sentimentale nelle scuole, per poter affermare la maternità come scelta e realizzare una vita affettiva e sessuale libera dagli stereotipi e i pregiudizi;
   ad assumere iniziative per prevedere un indispensabile incremento delle risorse finanziarie a favore della rete dei consultori, anche al fine di poterne implementare gli organici e le sedi;
   a mettere in campo chiare scelte di politica economica e sociale strutturali a partire dalla manovra finanziaria, volte a sostenere realmente l'autonomia delle persone rimuovendo gli ostacoli sociali che possono condizionare la realizzazione del desiderio e della volontà di maternità attraverso: a) un piano straordinario di promozione e sostegno al lavoro femminile con incentivi a modalità organizzative basate su nuovi rapporti tra produzione e riproduzione, b) il riconoscimento sociale e la valorizzazione del lavoro di cura anche con lo sviluppo di infrastrutture sociali di stampo europeo riguardo a sicurezza, qualità, diffusione equa in tutto il territorio nazionale, a partire da quelle dedicate all'infanzia rifinanziando – tra l'altro – il piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi, e i servizi innovativi nei luoghi di lavoro, presso le famiglie e presso i caseggiati, di cui all'articolo 1, comma 1259, della legge n. 296 del 2006;
   ad assumere efficaci iniziative, anche nell'ambito dell'Unione europea, volte a prevedere l'esclusione dal rispetto del patto di stabilità per le spese relative a servizi sociali e al welfare al fine di: a) incrementare le risorse attualmente assegnate al fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e al fondo per le politiche sociali; b) attuare efficaci politiche di abitative con la priorità dello sviluppo dell'edilizia residenziale pubblica e del sostegno alla locazione per i giovani che desiderino convivere, sposarsi, fare figli;
   ad assumere iniziative per riconoscere il tempo dedicato alle attività di cura ai fini pensionistici con il riconoscimento di contributi figurativi legati al numero dei figli o ad eventuali altri impegni di cura, nonché con il riconoscimento di integrazioni contributive per i periodi di lavoro part time per ragioni di cura e possibilità di anticipo della pensione per necessità di accudimento di persone non autosufficienti nel quadro di una revisione del sistema pensionistico che contempli flessibilità e libertà di scelta;
   ad assumere iniziative per aumentare gli sgravi fiscali a favore della maternità per le donne lavoratrici, con particolare riguardo alle piccole e micro imprese, sulle quali i costi incidono in misura proporzionalmente maggiore.
(1-01354)
«Nicchi, Gregori, Scotto, Pannarale, Martelli, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
    interrogazione a risposta scritta Andrea Maestri n. 4-12657 del 29 marzo 2016;
   interpellanza Vargiu n. 2-01458 del 12 settembre 2016.