Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 21 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il 1o luglio 2016 è divenuta applicabile la legge 6 maggio 2015, n. 52, comunemente conosciuta come Italicum, in materia di elezione della Camera dei Deputati;
    è attualmente in corso un ampio dibattito politico su possibili e articolate ipotesi di riforma della citata legge,

si impegna

ad avviare, nelle sedi competenti, una discussione sulla legge 6 maggio 2015, n. 52, al fine di consentire ai diversi gruppi parlamentari di esplicitare le proprie eventuali proposte di modifica della legge elettorale attualmente vigente e valutare la possibile convergenza sulle suddette proposte.
(1-01351) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Parisi, Sottanelli, Formisano, Bueno, Locatelli».


   La Camera,
   premesso che:
    come riconosciuto dalla risoluzione n. 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l'ideologia estremista violenta del cosiddetto «ISIS/Daesh», i suoi atti terroristici, i suoi continui, gravi, sistematici e diffusi attacchi contro i civili, gli abusi dei diritti umani e le violazioni del diritto internazionale umanitario da esso perpetrate, comprese quelle di matrice religiosa ed etnica, la sua opera di distruzione del patrimonio culturale e il traffico di beni culturali costituiscono una minaccia globale e senza precedenti per la pace e la sicurezza internazionali;
    le minoranze religiose ed etniche quali le comunità cristiane (assiro-caldeo-siriaca, melchita e armena), yazide, turcomanne, shabak, kakai, sabee-mandee, curde e sciite, così come anche molti arabi e musulmani sunniti, sono nel mirino del cosiddetto «ISIS/Daesh» e molti degli appartenenti a tali comunità sono stati uccisi, massacrati, picchiati, rapiti, torturati e sottoposti a estorsioni, ridotti in schiavitù (in particolare, le donne e le bambine, che sono state vittime anche di altre forme di violenza sessuale), obbligati con la forza a convertirsi all'Islam e sono stati oggetto di matrimoni forzati e della tratta di esseri umani, mentre i bambini sono stati arruolati con la forza e i luoghi di culto, le tombe e i cimiteri sono stati deliberatamente distrutti;
    il genocidio, i crimini contro l'umanità e i crimini di guerra, oltre a destare preoccupazione per tutti gli Stati membri dell'Unione europea i quali sono determinati a collaborare per prevenirli e porre termine all'impunità dei loro autori, conformemente alla posizione comune 2003/444/PESC del Consiglio del 16 giugno 2003, sono reati che vanno affrontati mediante l'adozione di misure nazionali e il rafforzamento della cooperazione internazionale, nonché mediante la Corte penale internazionale e la giustizia penale internazionale, dal momento che anche la risoluzione n. 2249 (2015) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite autorizza i Paesi membri che dispongono delle necessarie capacità a prendere tutti i provvedimenti del caso, in conformità del diritto internazionale, in particolare della Carta delle Nazioni Unite, nonché del diritto internazionale umanitario, dei rifugiati e dei diritti umani, nei territori sotto il controllo del cosiddetto «ISIS/Daesh», in Siria e in Iraq, per intensificare e coordinare gli sforzi al fine di prevenire e reprimere gli atti di terrorismo;
    l'articolo II della convenzione delle Nazioni Unite del 1948, relativo alla prevenzione e alla repressione del crimine di genocidio, lo definisce comprensivo degli atti, commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale, comportanti: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all'integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) imposizione deliberata al gruppo di condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) imposizione di misure miranti a impedire nascite all'interno del gruppo; e) trasferimento forzato di bambini da un gruppo a un altro;
    l'articolo III della convenzione di cui al punto precedente considera perseguibile non soltanto il genocidio, ma anche la cospirazione e l'incitamento diretto e pubblico a commettere un genocidio, nonché la complicità nello stesso;
    dal 2014 circa 5.000 yazidi sono stati uccisi, mentre molti altri sono stati torturati o convertiti con la forza all'Islam; almeno 2.000 donne yazide sono state ridotte in schiavitù, hanno subito matrimoni forzati e sono state vittime della tratta di esseri umani; sono state stuprate bambine anche di soli sei anni e bambini yazidi sono stati reclutati con la forza come soldati del cosiddetto «ISIS/Daesh»; esistono chiare prove dell'esistenza di fosse comuni di yazidi rapiti dal cosiddetto «ISIS/Daesh»;
    la notte del 6 agosto 2014 oltre 150.000 cristiani sono fuggiti davanti all'avanzata del cosiddetto «ISIS/Daesh» verso Mosul, Qaraqosh e altri villaggi nella piana di Ninive, dopo essere stati derubati di tutti i loro averi, e ad oggi essi continuano a essere sfollati e vivono in condizioni precarie nel nord dell'Iraq;
    il cosiddetto «ISIS/Daesh» ha catturato quanti non sono riusciti a fuggire da Mosul e dalla piana di Ninive, le donne e i bambini non musulmani sono stati ridotti in schiavitù e alcuni sono stati venduti, mentre altri sono stati brutalmente assassinati e filmati dai responsabili;
    nel febbraio 2015 il cosiddetto «ISIS/Daesh» ha rapito oltre 220 cristiani assiri, dopo aver annientato varie comunità agricole della sponda meridionale del fiume Khabur, nella provincia nordorientale di Hassakeh, e ad oggi solo pochi sono stati rilasciati, mentre il destino degli altri resta ignoto;
    molti organismi delle Nazione Unite, tra cui il consigliere speciale del segretario generale dell'ONU per la prevenzione del genocidio, il consigliere speciale del segretario generale dell'ONU sulla responsabilità di proteggere e l'ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, hanno riconosciuto che gli atti commessi dal cosiddetto «ISIS/Daesh» possono costituire crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    la commissione internazionale d'inchiesta indipendente ha documentato e riferito che gli appartenenti a minoranze etniche e religiose che si oppongono al cosiddetto «ISIS/Daesh» e ad altri gruppi terroristici, milizie e gruppi armati non governativi nelle zone di fatto controllate da questi ultimi sono tuttora perseguitati;
    è dovere della comunità internazionale intraprendere un'azione collettiva per proteggere le popolazioni, in conformità della Carta delle Nazioni Unite quando uno Stato (o un soggetto non statale) da solo non è in grado di proteggere la sua popolazione o è di fatto autore di tali reati e ciascun individuo ha il diritto di vivere secondo la propria coscienza e di professare e cambiare liberamente le proprie convinzioni religiose e non religiose, mantenendo il diritto e il dovere del rispetto reciproco;
    il cosiddetto «ISIS/Daesh» sta commettendo un genocidio nei confronti dei cristiani, degli yazidi e di altre minoranze etniche e religiose che non condividono la sua interpretazione dell'Islam e ciò implica, da parte della comunità internazionale, l'adozione di misure atte a perseguire e a punire, in applicazione della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948, chi, per ragioni etniche o religiose, pianifica, incoraggia, commette o tenta di commettere, favoreggia o sostiene atrocità, oppure cospira in tal senso;
    il riconoscimento da parte dell'Unione europea del genocidio dell'Isis contro gli yazidi e i cristiani e altre minoranze religiose ed etniche è positivo, ma non basta perché non rende conto della portata effettiva del genocidio yazida: i numeri dei rapiti che vengono riportati sono assai lontani da quelli reali di oltre 5.800 persone prese prigioniere e, essendo state le minoranze trattate diversamente dall'Isis, tale differenza andrebbe evidenziata nelle risoluzioni internazionali;
    è importante il riconoscimento dei massacri condotti da Isis contro questo popolo tra i crimini condannati dalla Convenzione delle Nazioni Unite, perché in tal modo un domani — si spera non molto lontano — i jihadisti, potrebbero essere condannati per crimini contro l'umanità davanti alla Corte penale internazionale e salire alla sbarra come fu per i gerarchi bosniaci e quelli nazisti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, nelle competenti sedi internazionali, affinché ognuna delle parti contraenti della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e di altri accordi internazionali in materia di prevenzione e repressione di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, in particolare, con riguardo ai Paesi che in vario modo offrono sostegno, cooperazione, o finanziamenti a tali crimini, o ne sono complici, assolva pienamente agli obblighi giuridici che incombono su di loro in virtù della Convenzione o degli altri accordi internazionali ponendo fine a questi comportamenti inaccettabili, che stanno causando ingenti danni alle società irachena e siriana e stanno destabilizzando gravemente i paesi vicini nonché la pace e la sicurezza internazionali;
    ad assumere iniziative più efficaci dirette a contrastare la radicalizzazione e a migliorare i sistemi giuridici e giurisdizionali per evitare che i cittadini possano abbandonare il Paese per unirsi al cosiddetto «ISIS/Daesh» e partecipare alle violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario, nonché garantire che, qualora lo facciano, siano perseguiti penalmente quanto prima, anche qualora incitino attraverso la rete a perpetrare tali reati o li sostengano;
    a promuovere iniziative atte a garantire le necessarie condizioni di sicurezza e un futuro a tutti coloro che sono stati costretti ad abbandonare il loro Paese d'origine o sono stati sfollati con la forza, affinché possano far effettivamente rientro quanto prima nel loro Paese, salvaguardando le loro case, terre, proprietà e cose, e i loro luoghi di culto, e possano avere una vita e un futuro dignitosi;
    a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, un riconoscimento del genocidio del popolo yazida e il perseguimento dei responsabili, affinché vengano assicurati al giudizio della Corte penale internazionale.
(1-01352) «Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 6 maggio 2015, n. 52, recante «Disposizioni in materia di elezione della Camera dei deputati» (cosiddetto «Italicum») ad avviso dei firmatari del presente atto è stata imposta a viva forza dal Governo Renzi, a colpi di maggioranza e a colpi di fiducia, in assoluto disprezzo della volontà popolare;
    la legge presenta diverse criticità e profili di incostituzionalità, che richiamano in larga misura quelli già riscontrati dalla Corte costituzionale nella sentenza 13 gennaio 2014, n. 1;
    le disposizioni previste dalla legge n. 52 del 2015 si applicano dallo scorso 1o luglio 2016, nonostante per la vigenza della riforma costituzionale si sia ancora in attesa del referendum confermativo, e se si dovesse verificare una tornata elettorale per il rinnovo del Parlamento senza che sia entrata in vigore la riforma della parte seconda della Costituzione, si verrebbe a creare l'assurda situazione in cui i due rami del Parlamento, operanti ancora in un regime di bicameralismo perfetto, sarebbero eletti con modalità irragionevolmente differenti, dalle quali scaturirebbe con ogni probabilità una condizione di insanabile ingovernabilità;
    anziché impegnarsi in questa fase in un inutile ed estenuante dibattito su come modificare la legge elettorale, appare più utile, in attesa dell'esito del referendum, dedicare i lavori parlamentari ad affrontare i problemi che sottolineano i cittadini italiani, quali sicurezza, immigrazione, occupazione, risparmio e pressione fiscale,

  impegna se stessa ed i propri organi, ciascuno per le proprie competenze, a deliberare in ordine a modifiche della legge 6 maggio 2015, n. 52, in tempi ristrettissimi, immediatamente dopo il prossimo referendum costituzionale ex articolo 138 della Costituzione.
(1-01353) «Brunetta, Fedriga, Rampelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 luglio 2016, il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta della Ministra della salute Beatrice Lorenzin, di istituire per il 22 settembre di ogni anno una giornata nazionale dedicata all'informazione e formazione sulla fertilità umana. Come riporta il comunicato stampa del medesimo Consiglio dei ministri «l'iniziativa colloca il tema al centro delle politiche sanitarie ed educative del Paese, con la consapevolezza che la salute riproduttiva è alla base del benessere psico-fisico, oltre che relazionale, di tutti i cittadini, anche tenuto conto che il problema della denatalità influenza direttamente molti settori, in campo economico, sociale, sanitario e previdenziale»;
    a seguito della suddetta decisione assunta dal Consiglio dei ministri è stata avviata dal Ministero della salute una campagna di comunicazione sul « fertility day», fatta di slogan e cartoline come «Sbrigati, non aspettare la cicogna», che chiedono alle donne di fare più figli e farli presto. Una campagna che ha giustamente provocato forti critiche e proteste, alle quali la Ministra ha risposto con un laconico: la campagna sul « fertility day» «non è piaciuta ? Ne facciamo una nuova»;
    il 1o settembre 2016, lo stesso Presidente del Consiglio Renzi, prendeva le distanze dalla campagna di comunicazione sul « fertility day» voluta dalla Ministra Lorenzin affermando: «Non sapevo niente di questa campagna (...). Non conosco nessuno dei miei amici che fa un figlio perché vede un cartellone pubblicitario»;
    la campagna di comunicazione ministeriale sulla fertilità ha mostrato chiaramente non tanto l'intento di informare, ma piuttosto quello di promuovere un'ideologia;
    l'immagine minacciosa della donna con la clessidra ha richiamato l'antica idea della donna ridotta corpo e natura «obbligata a fare figli» attraverso messaggi regressivi: se non fai presto non avrai figli, al massimo, ma non è sicuro, solo uno. Se non fai figli non contribuisci al bene comune e tu giovane, infertile sei come una buccia di banana avvizzita;
    una campagna di comunicazione, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, aggressiva, ricattatoria, minacciosa che ha prodotto un rigetto sociale amplissimo in primo luogo di tante donne e una forte critica di esperti di comunicazione, di scienze mediche e psicosociali che ha generato ansia per «l'orologio biologico che corre»;
    già nel lontano marzo 2014, pensando alla predisposizione del piano nazionale per la fertilità (elaborato nel maggio 2015) la Ministra Lorenzin in una intervista al quotidiano Avvenire, affermava che «i bambini devono tornare a nascere e serve educare alla maternità», dato che «il crollo demografico è un crollo non solo economico, ma anche sociale». «La decadenza» va «frenata con politiche di comunicazione, di educazione e di scelte sanitarie» e «bisogna dire con chiarezza che avere un figlio a trentacinque anni può essere un problema»;
    è chiara ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la linea ideologica di parte che muove la Ministra, impropriamente, nelle scelte di governo volte a svuotare la sentenza della Corte Costituzionale che ha superato il divieto di fecondazione eterologa; ignorare cinicamente le difficoltà che molte donne incontrano nel ricorrere alla legge sull'interruzione volontaria di gravidanza, spingere verso una condanna mondiale della surrogacy intesa addirittura come crimine contro l'umanità;
    scelte del Governo improntate da una doppiezza politica da censure: da una parte di propugna uno Stato interventista-paternalista sui comportamenti procreativi delle persone, dall'altra si attacca l'universalismo delle politiche del diritto alla salute con scelte che impoveriscono il sistema sanitario pubblico e lo indirizzano al mercato e alla logica del profitto;
    il tema della denatalità, privato di quella che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo, la falsa coscienza della Ministra, è un problema serio. I dati dell'Istat evidenziano come i nuovi nati siano in costante diminuzione. Nel 2015, le nascite sono state 488 mila (-15 mila), nuovo minimo storico dall'Unità d'Italia. Il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. La decisione di mettere al mondo dei figli viene sempre più posticipata, come documenta l'aumento dell'età media delle madri al parto;
    affrontare il problema della denatalità da parte del Governo a colpi di pedagogia autoritaria è fuorviante e inefficace;
    rinunciare o rimandare la scelta di fare un figlio sta dentro un complesso mosaico di ragioni che riguardano in primo luogo la soggettività in cui si intrecciano sessualità, amore, futuro, identità sessuali, libertà, relazioni tra i sessi, desiderio, fiducia che non possono essere né semplificate con richiami volontaristici, né tantomeno ricondotti solo a parametri sociali ed economicistici;
    la bassa crescita o la decrescita demografica è, in primo luogo, un problema che deve essere affrontato in una dimensione globale e non solo nazionale o patriottica, bensì nelle sue strette connessioni con le politiche dell'immigrazione;
    un piano nazionale della fertilità per sostenere le nascite nel nostro Paese deve muovere dall'affermazione della libertà di scelta di maternità e del diritto alla salute riproduttiva e dal promuovere robuste politiche attive e strutturali per garantire l'autonomia delle persone e il rispetto delle loro scelte di vita che creino le condizioni di sostegno alla scelta di fare figli: un nuovo sistema del welfare e in esso più servizi socio-educativi, riconoscimento sociale della cura, sostegno al reddito, congedi parentali incentivanti per gli uomini, più lavoro femminile organizzato per poter accudire le relazioni umane;
    molte realtà europee dimostrano che c’è un rapporto diretto tra accesso femminile al lavoro, natalità e benessere generale, ma l'Italia si conferma uno dei Paesi europei a più bassa occupazione femminile, e questo condiziona fortemente la stessa possibilità di determinare il proprio progetto di vita;
    i dati del «Rapporto Italia 2015» dell'Eurispes hanno evidenziato l'incidenza della precarietà e dell'incertezza per il futuro nella crescita del numero di chi non si sente in grado di dare garanzie alla propria famiglia con il proprio lavoro,

impegna il Governo:

   a prendere nettamente le distanze dalle scelte e dalle decisioni assunte dalla Ministra Lorenzin con atti concreti e immediati, riconsiderando nel merito e nel metodo le proposte, le decisioni e le iniziative prese sul « fertility day» di cui in premessa;
   a cancellare definitivamente la campagna pubblicitaria Che ha procurato un rigetto sociale porgendo le scuse alle italiane;
   ad assumere iniziative per prevedere che il 22 settembre diventi giornata di formazione e informazione sul diritto alla salute riproduttiva per la prevenzione della fertilità e cura della sterilità riguardo a giovani uomini e donne;
   ad affermare il principio della libertà nelle scelte procreative, innanzitutto delle donne nel regolare la loro fecondità, considerando la libertà di non fare figli, come libertà di grado non inferiore a quella di farli;
   a prevedere studi specifici di genere, anche riguardo agli effetti sulla fertilità di donne e uomini e sulle malattie neo-natali conseguenti all'inquinamento e alla contaminazione delle matrici ambientali;
   a investire risorse finalizzate ad un piano di prevenzione alla sterilità attraverso l'informazione e la promozione di stili di vita che riducano o eliminino tra i giovani i fattori di rischio della sterilità medesima;
   ad assumere iniziative per creare e sostenere una rete qualificata tra centri di cura di giovani malati/e (a partire dalle patologie oncologiche) e centri di crioconservazione dei gameti maschili e femminili per poter postdatare la scelta di maternità per ragioni di malattia e non solo;
   a garantire l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita in tutto il territorio nazionale, promuovendo la conoscenza e la pratica della donazione dei gameti nel rispetto di rigorosi standard di sicurezza e di anonimato delle donatrici e dei donatori;
   a garantire a tutti e tutte l'accesso ai farmaci innovativi, con particolare riferimento a quelli per l'epatite C, per prevenire patologie nelle gravidanze anche a tutela di chi viene al mondo;
   a includere l'endometriosi tra gli obiettivi prioritari della ricerca sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la genesi della malattia, la terapia specifica, il trattamento delle recidive, la prevenzione dell'infertilità, anche al fine di porre la donna al centro di un percorso il più veloce possibile per la diagnosi e la successiva cura, prevedendo altresì l'istituzione del registro nazionale dell'endometriosi e opportuni registri regionali;
   ad assumere iniziative per avviare efficaci campagne di formazione e informazione per i medici ginecologi, i medici e gli operatori dei presìdi consultoriali, e per i medici di medicina generale;
   ad assumere iniziative per attivare opportune reti di eccellenza pubbliche impegnate nella formazione degli operatori sanitari e nella massima trasmissione del know how clinico-diagnostico e terapeutico;
   ad avviare un capillare programma di promozione dei metodi contraccettivi, di conoscenza riguardo al libero accesso alla contraccezione d'emergenza, e di informazione per la prevenzione e la lotta contro l'HIV/AIDS e altre infezioni sessualmente trasmissibili, assegnando a tal fine la dovuta centralità ai consultori, quale servizio per la rete di sostegno e alla preservazione della fertilità e alla sessualità libera, nel rispetto pieno e senza impostazioni giudicanti della libertà di scelta;
   ad assicurare una qualificata attività di informazione, formazione ed educazione sentimentale nelle scuole, per poter affermare la maternità come scelta e realizzare una vita affettiva e sessuale libera dagli stereotipi e i pregiudizi;
   ad assumere iniziative per prevedere un indispensabile incremento delle risorse finanziarie a favore della rete dei consultori, anche al fine di poterne implementare gli organici e le sedi;
   a mettere in campo chiare scelte di politica economica e sociale strutturali a partire dalla manovra finanziaria, volte a sostenere realmente l'autonomia delle persone rimuovendo gli ostacoli sociali che possono condizionare la realizzazione del desiderio e della volontà di maternità attraverso: a) un piano straordinario di promozione e sostegno al lavoro femminile con incentivi a modalità organizzative basate su nuovi rapporti tra produzione e riproduzione, b) il riconoscimento sociale e la valorizzazione del lavoro di cura anche con lo sviluppo di infrastrutture sociali di stampo europeo riguardo a sicurezza, qualità, diffusione equa in tutto il territorio nazionale, a partire da quelle dedicate all'infanzia rifinanziando – tra l'altro – il piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, al quale concorrono gli asili nido, i servizi integrativi, e i servizi innovativi nei luoghi di lavora, presso le famiglie e presso i caseggiati, di cui all'articolo 1, comma 1259, della legge n. 296 del 2006;
   ad assumere efficaci iniziative, anche nell'ambito dell'Unione europea, volte a prevedere l'esclusione dal rispetto del patto di stabilità per le spese relative a servizi sociali e al welfare al fine di: a) incrementare le risorse attualmente assegnate al fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e al fondo per le politiche sociali; b) attuare efficaci politiche di abitative con la priorità dello sviluppo dell'edilizia residenziale pubblica e del sostegno alla locazione per i giovani che desiderino convivere, sposarsi, fare figli;
   ad assumere iniziative per riconoscere il tempo dedicato alle attività di cura ai fini pensionistici con il riconoscimento di contributi figurativi legati al numero dei figli o ad eventuali altri impegni di cura, nonché con il riconoscimento di integrazioni contributive per i periodi di lavoro part time per ragioni di cura e possibilità di anticipo della pensione per necessità di accudimento di persone non autosufficienti nel quadro di una revisione del sistema pensionistico che contempli flessibilità e libertà di scelta;
   ad assumere iniziative per aumentare gli sgravi fiscali a favore della maternità per le donne lavoratrici, con particolare riguardo alle piccole e micro imprese, sulle quali i costi incidono in misura proporzionalmente maggiore.
(1-01354) «Nicchi, Gregori, Scotto, Pannarale, Martelli, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni, l'esigenza di un'analisi rigorosa dei meccanismi che influiscono sull'andamento della spesa pubblica e la necessità di definire interventi mirati al contenimento e alla sua progressiva riqualificazione sono state più volte oggetto di attenzione da parte del legislatore;
    le politiche di riduzione di spesa pubblica fin qui seguite sono state improntate ad una filosofia di politica economica, quella dell'austerità; si tratta di politiche che sono state completamente fallimentari: dall'inizio della crisi il debito pubblico nei Paesi dell'eurozona è passato mediamente dal 60 per cento al 95 per cento rispetto al prodotto interno lordo e l'economia europea ha vissuto lunghi periodi di stagnazione. In Italia il prodotto interno lordo è di dieci punti inferiore rispetto al periodo antecedente alla crisi;
    queste politiche hanno significato la riduzione dei trasferimenti al sistema delle autonomie locali e il definanziamento del servizio sanitario nazionale, comportando la riduzione di importanti servizi per i cittadini e l'aumento dell'imposizione fiscale a livello locale, come evidenziato nel 2015 dalla Corte dei Conti; inoltre, le stesse politiche hanno comportato una compressione degli investimenti pubblici, senza i quali non è possibile uscire dalla crisi;
    per perseguire l'obiettivo del pareggio del bilancio (obiettivo che ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo è da ritenersi comunque profondamente sbagliato) e quello della diminuzione del debito senza rinunciare allo sviluppo occorrono ingenti risorse finanziarie; il problema principale è stato quello di reperire i mezzi necessari senza fare ulteriore ricorso al mercato finanziario, nel rispetto degli impegni assunti con il patto di bilancio europeo (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'unione economica e monetaria, più conosciuto come « Fiscal Compact», approvato il 2 marzo 2012 da 25 dei 27 Stati membri dell'Unione europea ed entrato in vigore il 1o gennaio 2013);
    il taglio della spesa pubblica è progressivamente diventato una sorta di mantra ideologico di una politica economica (fondata sulla riduzione dell'intervento e degli investimenti pubblici) che ha avuto un impatto pro-ciclico, negativo per la crescita, dimenticando che la crisi del 2007 non ha origine nell'eccesso di spesa pubblica, ma nel fallimento dei mercati finanziari privati che ha comportato poi il salvataggio di banche private con fondi pubblici;
    in questo contesto si è concretizzata la promozione di un'azione di riduzione della spesa preordinata all'eliminazione degli sprechi e al riorientamento delle risorse verso gli obiettivi considerati primari: appunto la spending review, introdotta in principio dal Governo Prodi nel 2007, riproposta dal Governo Monti nel 2011 e successivamente proseguita dall'attuale Governo in carica, che ha legato il successo di questa azione prevalentemente alla destinazione dei risparmi a tagli e sgravi fiscali invece che agli investimenti pubblici. Spesso la spending review si è tradotta esclusivamente in una politica di tagli, senza alcuna rimodulazione e riorientamento della spesa;
    quello della spending review riguarda un tema molto complesso perché ha un rilievo non solo tecnico, ma anche politico e sociale. In questa prospettiva, peraltro, esso risulta strettamente collegato a quello, ben più generale, del ruolo dello Stato nella crisi finanziaria e può costituire l'occasione per l'avvio di un più profondo rinnovamento della pubblica amministrazione e dei suoi meccanismi di gestione;
    alla luce di quanto previsto dalla legge di contabilità e dai successivi interventi normativi, risultano finora prodotti diversi documenti di analisi e valutazione della spesa, ad iniziare dal «Rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato», documento previsto dall'articolo 41 della legge n. 196 del 2009 sull'attività triennale di spending review – volto ad illustrare la composizione e l'evoluzione della spesa ed i risultati conseguiti con le misure adottate ai fini del suo controllo e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni; tale documento è stato presentato alle Camere per la prima volta nell'agosto 2012;
    si evidenza, inoltre, il cosiddetto rapporto Giarda presentato dal Ministro per i rapporti con il Parlamento pro tempore e discusso nel Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012. Secondo tale rapporto l'importo presumibile della spesa che può essere oggetto di revisione nel breve e lungo termine, viene definito dal rapporto come «spesa aggredibile»: l'attribuzione di tale qualifica deve essere intesa nel senso che si tratta di una massa di spesa che può essere soggetta ad analisi e, se le motivazioni sussistono, può essere sottoposta a riduzione. Così definita, la spesa aggredibile viene quantificata in circa 295 miliardi di euro, nel cui ambito, tuttavia, in un'azione volta al conseguimento di risultati nel breve periodo, solo una percentuale del 25/30 per cento di alcune voci di spesa può essere effettivamente fonte di possibili risparmi. Tale rapporto, infine, è stato successivamente incluso in un ulteriore documento del marzo 2013, predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Ministro per i rapporti con il Parlamento, recante «Analisi di alcuni settori di spesa pubblica» che reca, inoltre, un gruppo di sei lavori che analizzano, in successione, le spese dell'Arma dei carabinieri, della polizia di Stato e dei suoli corpi specialistici, dei vigili del fuoco, delle prefetture e delle capitanerie di porto; un altro gruppo di quattro lavori concerne alcuni settori sottoposti a particolare attenzione legislativa, quali le spese delle province, i possibili risparmi da accorpamento delle stesse, i trasferimenti alle imprese dal bilancio dello Stato ed, infine, i trasferimenti da quelli degli enti territoriali, in relazione ad una possibile riduzione della relativa entità; altri due lavori, da ultimo, concernono rispettivamente la spesa per investimenti pubblici e a titolo di esempio per quanto concerne le amministrazioni centrali, il Ministero dell'interno. Si tratta di lavori, precisa il documento che non hanno lo scopo di fornire proposte operative sulla riduzione della spesa, essendo invece finalizzati «ad avviare la dialettica tra le strutture di Governo competenti sulle procedure di spending review e (...) i responsabili della gestione dei singoli servizi o attività sulla formulazione di proposte per il riordino della loro organizzazione produttiva, anche finalizzate a realizzare risparmi di spesa»;
    successivamente al rapporto Giarda dell'aprile 2012, a seguito dell'istituzione, con il decreto-legge n. 52 del 2012 della figura del commissario straordinario alla spesa pubblica, il commissario Bondi ha predisposto, nel mese di luglio del 2012, un lavoro relativo alla spesa per consumi intermedi di regioni, province, comuni, università ed enti di ricerca. Tali analisi sono organizzate in tre volumi, ed utilizzano le rilevazioni desumibili dal sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici (SIOPE), sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche. Il primo volume, «Consumi Intermedi di Regioni, Province, Comuni (pop.> g100.000 ab.), Università, Enti di ricerca», riporta gli eccessi di spesa di ciascun ente determinati rispetto al valore mediano di ciascun gruppo di enti nell'acquisto di alcune sottocategorie di spesa dei consumi intermedi. Il secondo volume, «Nota tecnica per il Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi», redatto dall'Istat, si concentra sui pagamenti per l'acquisto di beni e servizi e l'utilizzo di beni di terzi sostenuti dai comuni nell'anno 2011, con l'obiettivo di determinare un valore medio che funga da benchmark per il livello effettivo di spesa. Il terzo volume, «Analisi dell'inefficienza nella spesa degli enti locali. Prima sperimentazione», redatto dalla SOSE (soluzioni per il sistema economico), esamina, attraverso tecniche econometriche specifiche, i pagamenti dei comuni per l'acquisto di beni e servizi, con l'obiettivo di individuare un benchmark e per differenza l'eccesso di spesa;
    a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina che attualmente regola l'attività del Commissario straordinario prevista dall'articolo 49-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, (legge n. 98 del 2013), il 4 ottobre 2013 è stato nominato commissario straordinario per la spending review Carlo Cottarelli, che ha assunto le relative funzioni a decorrere dal 23 ottobre 2013, cessando poi dall'incarico nell'ottobre 2014;
    nel 2015, infine, Carlo Cottarelli pubblicherà un libro dal titolo «La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare» dove spiega come nei primi mesi il lavoro sia proceduto in parallelo su due livelli. Il primo è stato costituito da 25 gruppi di lavoro che hanno operato, con qualche eccezione, quasi 8 gruppi tematici o «orizzontali» e 17 gruppi «verticali» per le varie componenti della pubblica amministrazione (i 13 Ministeri, la Presidenza del Consiglio, più regioni, province, comuni). A questi gruppi è stato chiesto di presentare proposte di risparmio entro fine 2015. Tuttavia, visto che non poteva essere sicuro che avrebbero avanzato proposte concrete, ha proceduto anche su un secondo piano attraverso il cosiddetto «Gruppo base» costituito da Carlo Cottarelli stesso e dalle persone, alcune a tempo pieno, altre a « part time», che avevano operato direttamente con lui. Al riguardo, Cottarelli scrive «Ho fatto bene, perché se i gruppi di lavoro “orizzontali” hanno prodotta qualche proposta di riforma, le proposte avanzate dei gruppi verticali sono state, con qualche eccezione, limitate. Cinque gruppi di lavoro verticali non hanno completato nemmeno i lavori, anche per la caduta del governo Letta. Nel libro si fa talvolta riferimento alle “proposte dei gruppi di lavoro”. Con questo si intende uno dei 25 gruppi orizzontali o verticali. I loro rapporti sono stati pubblicati a inizio aprile 2015 (http://revisionedellaspesa.gov.it/rapportigruppidilavoro.htlm). Nel libro si fa invece più spesso riferimento alle “proposte della Revisione della spesa”. Con questo termine si intendono le proposte avanzate dal commissario stesso, molte delle quali sono raccolte sotto il titolo “Proposte per una Revisione della spesa pubblica (2014-2016)” dell'11 marzo 2014. Anche questo documento è stato pubblicato ufficialmente a inizio aprile 2015 (http://revisionedellaspesa.govit/documenti/PRIME_PROPOSTE_PER_UNA_REVISIONE_DELLA_SPESA–xfinale.pdf) anche se era stato già oggetto di una fuga di notizie su diversi siti web non appena completato.»;
    il programma di lavoro del commissario è stato trasmesso alle Camere il 18 novembre 2013, e su di esso si è espressa la commissione bilancio della Camera con una risoluzione approvata il successivo 4 dicembre, ma essa non ha mai avuto modo valutare in modo approfondito l'analisi finale del commissario Cottarelli, nonostante la legge costituzionale n. 1 del 2012, all'articolo 5, comma 4, nel riformare l'articolo 81 della Costituzione, stabilisca che le Camere, secondo le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, esercitano la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni;
    nel marzo 2015 l'incarico di commissario straordinario per la spending review è stato, quindi, affidato a Yoram Gutgeld e Roberto Perrotti. Roberto Perrotti, in particolare, è cessato dall'incarico nel dicembre 2015 e, recentissimamente, come Cottarelli in precedenza, ha pubblicato un libro dal titolo « Status Quo» che ha suscitato particolare scalpore sulla stampa nazionale anche a seguito di alcune dichiarazioni rese dallo stesso Perrotti in aspra polemica con il Governo per la consistenza della spending review effettivamente svolta in modo efficace;
    nel 2012, 2013, 2014 e 2015 si è assistito in buona sostanza ad una progressione impressionante in cui anno dopo anno, dalla struttura del Governo sono caduti vari commissari della spending review, dimissionari o depotenziati, dopo essere stati presentati come i deus ex machina della lotta agli sprechi, senza peraltro risultare chiaro se il lavoro da questi prodotto sia stato effettivamente sfruttato dal Governo in modo efficace e consono alle finalità che dovrebbero presiedere la spending review, ovverosia quelle della «revisione» e non del «taglio» alla spesa pubblica, visto e considerato che inizialmente si dovrebbe procedere alla revisione « review» della spesa pubblica e successivamente, semmai, al taglio «cut» ove necessario, visto che il livello si spesa pubblica appropriato in qualunque Paese del mondo dipende anche da quanto quel Paese può permettersi;
    critiche di merito sulle modalità attraverso le quali è stata attuata la spending review del Governo sono state espresse il 23 giugno 2016 anche dalla Corte dei Conti. In particolare, il presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri ha sottolineato come «lo sforzo di contenimento degli ultimi anni appare assai severo», soprattutto sulle spese «che più incidono sul funzionamento delle amministrazioni e sui servizi resi ai cittadini», ricordando in particolare che tra 2010 e 2015 la spesa per i redditi da lavoro dipendente nella P.A. è diminuita «in valore assoluto a oltre 10 miliardi». L'azione di riequilibrio dei conti pubblici si tradotta anche in risparmi «molto rilevanti» della spesa per interessi sul debito. Tuttavia «l'urgenza, a volte affannosa, di realizzare un rigido percorso di rientro verso l'equilibrio di finanza pubblica ha reso più difficile il bilanciamento con le esigenze, anch'esse pressanti, di salvaguardia di politiche pubbliche vitali» come «infrastrutture» e «opere pubbliche». Nella relazione sul rendiconto generale dello Stato la magistratura contabile sottolinea «l'uscita dalla stretta emergenza finanziaria e l'auspicio di una ripresa economica più solida hanno consentito, di recente, di predisporre correttivi a manovre di taglio che, alla lunga, stavano mostrando “effetti collaterali” insostenibili». È stato, poi, evidenziato come l'azione del governo relativamente al processo di riordino degli «assetti organizzativi» della pubblica amministrazione che «è stato defatigante, continuo e disordinato e, in taluni casi, si è venuto a sovrapporre ad analoghi percorsi derivanti dalla ridefinizione delle competenze dei ministeri ovvero dalla costituzione di Enti e Agenzie nazionali. Anche il processo di riduzione della rete periferica degli uffici dei ministeri è stato sinora troppo timido e ha, in definitiva, inciso solo sui vertici degli uffici». La conclusione della magistratura contabile, affidata al procuratore generale della Corte dei Conti, Martino Colella, è chiara: «L'attuale ipertrofia di enti e strutture, comprese le cosiddette autorità indipendenti» richiede «che si attivi una concreta attività di sfoltimenti degli stessi, partendo dai casi in cui più evidente è la duplicazione delle competenze e la sostanziale mancanza di un interesse pubblico attuale alla loro sopravvivenza»;
    la legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) contiene numerose disposizioni ascrivibili al controllo della spesa pubblica. Il Governo valuta in circa 7,2 miliardi di euro nel 2016, circa 8,2 nel 2017 e 10 miliardi nel 2018 le risorse ottenute tramite la spending review nella legge 208 del 2015;
    i risparmi previsti per lo Stato sono in larga parte basati su interventi selettivi di riduzione della spesa dei Ministeri per circa 2,7 miliardi di euro nel 2016, 2,1 miliardi nel 2017 e 2,3 miliardi nel 2018, che in termini di saldo netto da finanziare ammontano a circa 3,3 miliardi nel 2016, 2,4 miliardi nel 2017 e 1,8 miliardi nel 2018. Tra gli interventi più rilevanti vi è l'azzeramento del fondo per la riduzione della pressione fiscale, alimentato dai risparmi accertati a consuntivo derivanti dai processi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica da parte delle amministrazioni centrali, in relazione all'attuazione di manovre di finanza pubblica adottate in anni precedenti (circa 0,8 miliardi nel 2016 e circa 0,4 miliardi negli anni 2017 e 2018). Altre misure di riduzione sono attuate attraverso la revisione dei trasferimenti e dei contributi destinati a imprese pubbliche e private. Rientrano tra questi la riduzione degli stanziamenti in favore di Ferrovie dello Stato italiane (0,4 miliardi nel 2016), la rimodulazione del fondo per gli interventi agevolativi alle imprese (35 milioni nel 2016, 41 milioni nel 2017 e 60 milioni nel 2018), la riduzione dei contributi in conto interessi relativi ai finanziamenti a carico del fondo rotativo per il sostegno alle imprese (55 milioni nel 2016 e 50 milioni in ciascuno degli anni successivi). Ulteriori risparmi sono assicurati attraverso la riduzione dei compensi spettanti ai centri autorizzati di assistenza fiscale (40 milioni nel 2016 e 70 milioni per gli anni 2017 e 2018), dei finanziamenti agli istituti di patronato (15 milioni annui). Infine, si prevede la riprogrammazione delle risorse per l'edilizia sanitaria (0,3 miliardi nel 2016 e 0,6 miliardi in ciascuno degli anni 2017 e 2018), la dismissione degli immobili in uso al Ministero della difesa (0,2 miliardi nel 2016), la diminuzione, per un importo di 10 milioni a decorrere dal 2016, della quota dell'otto per mille del gettito Irpef destinato allo Stato e la riduzione delle somme corrisposte annualmente ai partiti politici in relazione alla destinazione del due per mille dell'Irpef da parte dei contribuenti (10 milioni per l'anno 2016 e 20 milioni per gli anni 2017 e 2018);
    per quanto riguarda le regioni, un risparmio rilevante è atteso dal passaggio al nuovo saldo obiettivo di finanza pubblica (circa 1,8 miliardi nel 2016, circa 1 miliardo nel 2017 e 660 milioni nel 2018). Inoltre, alle regioni e province autonome è richiesto un contributo migliorativo per un importo di circa 4 miliardi di euro nel 2017 e di circa 5,5 miliardi nel 2018 (comprensivi dei risparmi di spesa derivanti dal ricorso alle centrali di committenza degli acquisti di beni e servizi da parte delle regioni pari a 480 milioni di euro in ciascuno degli anni 2017 e 2018). La ripartizione di tale contributo tra i vari comparti, compresa la sanità, viene definita annualmente con un accordo da recepire in Conferenza Stato-regioni. In assenza di una intesa, il Governo stabilisce la distribuzione del taglio tramite un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
    per quanto concerne il servizio sanitario nazionale (SSN) è prevista una riduzione del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard per il solo anno 2016, al livello di 111 miliardi di euro, con un conseguente effetto migliorativo dell'indebitamento netto di circa 1,8 miliardi. Una quota del finanziamento al servizio sanitario nazionale pari a 0,8 miliardi di euro è subordinata all'adozione dei nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA). Sempre nel settore sanitario, la legge di stabilità fornisce, altresì, diversi strumenti di efficientamento come il rafforzamento delle procedure di acquisizione centralizzata e l'introduzione di piani di rientro per le aziende ospedaliere, anche universitarie, per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) e dal 2017 per le aziende sanitarie locali (ASL);
    è prevista, inoltre, in via temporanea una proroga delle disposizioni già previste per il triennio 2014-2016 in materia di revisione del meccanismo di indicizzazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo, con un risparmio di spesa che al netto degli effetti fiscali ammonta a circa 335 milioni nel 2017 e circa 750 milioni nel 2018. Tra le misure di revisione della spesa che riguardano il settore del pubblico impiego rientra l'inasprimento del blocco del turn-over per il periodo 2016-2018, nella misura del 25 per cento dell'equivalente finanziario derivante dalle cessazioni di personale della medesima qualifica avvenute nell'anno (al netto degli effetti fiscali e contributivi pari a 23 milioni nel 2016, 81 milioni nel 2017 e 164 milioni nel 2018). Ulteriori risparmi derivano dalle disposizioni di limitazione e riduzione delle risorse per il trattamento economico accessorio degli addetti del pubblico impiego (36 milioni di euro annui). Altri interventi di minore rilevanza finanziaria sono caratterizzati da una razionalizzazione di risorse per alcuni interventi di carattere previdenziale, anche attraverso la riconsiderazione della spesa effettivamente necessaria per soddisfare il relativo fabbisogno;
    il documento di economia e finanza 2016 continua ad attribuire alla spending review un ruolo centrale nella politica di bilancio e quantifica i risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa, in termini di indebitamento netto, di 25 miliardi di euro circa nel 2016, 27,645 miliardi di euro nel 2017 e 28,678 miliardi nel 2018 (tali risparmi derivano in misura differente dai seguenti provvedimenti: decreto-legge n. 4 del 2014, decreto-legge n. 66 del 2014, decreto-legge n. 90 del 2014, legge di stabilità 2015, legge di stabilità 2016). In tale percorso la revisione della spesa rientra, comprendendo anche la revisione delle spese fiscali, nel mix di strumenti che il Governo intende impiegare per la disattivazione delle clausole di salvaguardia nel 2017 (anno in cui ammonterebbero a circa 0,9 punti di prodotto interno lordo, ovvero oltre 15 miliardi di euro);
    il peggioramento del quadro congiunturale potrebbe aumentare l'esigenza di rivedere ulteriormente le stime della spending review in prospettiva della prossima sessione di bilancio;
    senza entrare nel merito delle polemiche che si sono susseguite in questi anni sulla metodologia adottata dai vari Esecutivi nel procedere alla revisione della spesa pubblica, alla luce dei principi costituzionali, appare quanto mai necessario avviare un serio ragionamento, affinché il processo di revisione della spesa pubblica esca dagli schemi della centralizzazione decisionale e preveda, piuttosto, l'effettivo coinvolgimento del Parlamento, della Corte dei Conti oltre che l'indispensabile e concreto contributo dei dicasteri, le regioni, le autonomie locali, enti pubblici e società partecipate dallo Stato nella elaborazione di proposte di revisione intelligente della gestione delle risorse pubbliche che non si traducano necessariamente in una insostenibile compromissione dei servizi pubblici resi ai cittadini o nell'incremento della pressione fiscale, alla luce della considerazione che determinati «tagli» una volta determinati devono essere governati, non certo dal commissario straordinario di turno che può fare delle proposte, ma dalla dirigenza pubblica, apicale o meno che sia, che deve assicurare comunque il lavoro «crudo» della pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

   a porre in essere tutte le iniziative di competenza volte a favorire lo svolgimento, nell'ambito degli organi parlamentari competenti, di una sorta di sessione straordinaria dedicata alla spending review sui documenti prodotti sino ad oggi al riguardo ed in particolare circa l'analisi finale del commissario Carlo Cottarelli;
   a porre in essere ogni iniziativa, anche normativa, volta ridefinire i criteri attraverso i quali è stato sino ad oggi disciplinato il processo di elaborazione delle proposte in materia di spending review in maniera tale da assicurare il massimo coinvolgimento fattivo da parte del Parlamento, della Corte dei conti, dei Ministeri, delle regioni, delle autonomie locali, degli enti pubblici e delle aziende partecipate per aumentarne l'efficienza e il controllo, assicurando il buon andamento della pubblica amministrazione a sensi dell'articolo 97 della Costituzione, da cui dipende anche la piena fruizione dei servizi pubblici e conseguentemente il benessere delle persone.
(1-01355) «Marcon, Melilla, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».


   La Camera,
   premesso che:
    già nell'estate 2012 l'ecosistema fluviale del Fiume Ticino rischiava di essere fortemente compromesso da una grave siccità causata dalla scarsità di piogge. Le criticità rientrarono grazie alla proficua collaborazione tra parco lombardo della valle del Ticino e consorzio del Ticino (l'ente che gestisce il deflusso dell'acqua nel lago Maggiore); quest'ultimo infatti (grazie ad un accurata gestione in fase di deflusso del accumulo d'acqua garantito dal fatto che era stato assunto come livello di riferimento 1,50 metri sullo zero idrometrico a Sesto Calende) liberava nel fiume la quantità d'acqua che era conservata nel Lago Maggiore, permettendo così al Ticino di sopperire al grave momento e garantendo anche la quantità d'acqua necessaria all'attività agricola di ben due regioni e cinque province nonché al corretto funzionamento delle centrali idroelettriche interessate;
    con lettera del 7 marzo 2014, il direttore dell'ufficio federale dell'ambiente UFAM della Confederazione Svizzera, chiedeva chiarimenti al direttore generale per lo sviluppo sostenibile, il clima e l'energia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in merito alle anomalie riscontrare sulla regolazione del lago Maggiore e di adoperarsi per il rispetto del disciplinare di regolazione (disciplinare in vigore ma risalente al gennaio 1940). Tale richiesta nasceva dal timore della Confederazione Svizzera di possibili inondazioni derivanti dai forti cumuli, sia di neve che di acqua, nei bacini di monte nella regione sud-alpina. Quanto appena descritto creava i presupposti per la decisione del Ministero che, con nota inviata nel giugno 2014, invitava il consorzio del Ticino ad adoperare la regolazione dei livelli del lago secondo quanto stabilito nella vigente regolamentazione, mantenendo la regolazione estiva entro il limite +1.0 metro rispetto alla zero idrometrico di Sesto Calende;
    con nota congiunta, inviata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i presidenti del parco lombardo della valle del Ticino e del parco Ticino Piemonte e lago Maggiore esponevano la contrarietà dei rispettivi enti alla imposizione della quota di 1,00 metro di accumulo del lago anche perché influiva negativamente sul programma di sperimentazione DMV fiume Ticino/gestione livelli Lago Maggiore. Gli stessi inoltre, facevano notare come il modello di gestione (applicato cinque anni prima) abbia garantito la quantità d'acqua necessaria agli agricoltori e alle altre attività produttive sempre nel rispetto dell'ambiente fluviale che si ricorda ha avuto sino dal 2002 il riconoscimento MAB/UNESCO di Riserva della biosfera. Dalla relazione tecnica del Parco Lombardo della Valle del Ticino in merito al sopracitato programma di sperimentazione del DMV e del modello di gestione dei deflussi dal lago, si evince come, al 31 maggio 2014, la situazione di accumulo nevoso e dei bacini di monte fosse molto inferiore rispetto agli anni 2012 e 2013, periodo in cui la sperimentazione a quota +1,50 metri era in piena applicazione, e che ciò non comportò alcun problema idrico né a valle, né a monte. La relazione inoltre (prendendo in considerazione il fatto che le modalità di regolazione dei flussi del lago fossero di competenza solo italiana, con il solo obbligo di comunicazione agli svizzeri) faceva osservare come il Ministero decise di dare seguito alla richiesta di chiarimenti della Confederazione Svizzera senza acquisire alcuna informazione dai soggetti territoriali interessati;
    il parco del Ticino, nella relazione presentata alla Conferenza dei servizi del 29 aprile 2015, evidenziava come per quell'anno fosse reale il pericolo di siccità estiva in quanto grafici di afflusso idrico erano simili a quelli degli anni precedenti che si erano dimostrati particolarmente critici (2003, 2006 e 2012) e che nonostante ciò non si riteneva necessario riportare il livello a +1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende in modo di avere più risorse idriche a disposizione;
    con deliberazione n.1/2015 del 12 maggio 2015 l'Autorità di bacino del fiume Po, in risposta alle istanze del consorzio Ticino che chiedeva di portare la quota di regolazione estiva del lago a +1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende, approvava l'avvio della sperimentazione della regolazione estiva dei livelli del lago Maggiore imponendo però la quota di livello massimo a +1,25 metri e modalità di svaso preventivo più rigide rispetto a quelle vigenti fino a quel momento. Questa decisione portava il Parco Lombardo della Valle del Ticino ad inviare, il 14 luglio 2015, una diffida all'Autorità di bacino del fiume Po, sollecitando l'incremento del livello massimo di regolazione del lago Maggiore nel periodo estivo a +1,50 metri sullo zero idrometrico di Sesto Calende;
    la relazione commissionata dal consorzio del Ticino presentata al tavolo tecnico istituito dalla Autorità di bacino del fiume Po dalla società Blu Progetti nell'aprile 2015 dimostrava, sulla base della analisi storica dei dati di anni di afflussi e deflussi nel lago, come il mantenere il livello a 1,50 metri non aumentava il rischio di alluvioni/allagamenti delle aree adiacenti alle sponde lacuali anche in caso di eventi meteo eccezionali;
    il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo all'interrogazione n. 3-01659 (discussa nella seduta della Camera n. 476 del 5 agosto 2015), si esprimeva per una valutazione dell'innalzamento a +1,30 metri dal marzo 2018 «a fine 2017» e solo «in seguito, sulla base dell'andamento della sperimentazione» l'innalzamento a quota +1,50 (tempistica che, considerato il perdurare di anno in anno delle sopra descritte criticità, desta molta preoccupazione ai soggetti interessati in primis gli agricoltori);
    tra la primavera e l'estate del 2016 il fiume Ticino e il lago Maggiore stanno subendo un altro grave periodo di siccità, gravi danni sia per l'ambiente naturale che per tutte le attività produttive legate al fiume e al lago; si fa riferimento alla nota stampa del 6 aprile del 2016 dove, ancora una volta, il Parco Lombardo della Valle del Ticino evidenziava come riportare il livello del lago a quello della sperimentazione (+1,50 metri sullo zero idrometrico) per tutto l'anno, fosse la condizione necessaria per garantire al fiume Ticino il giusto deflusso d'acqua tale da non compromettere il suo ecosistema riconosciuto dall'Unesco, come riserva della biosfera e l'attività di circa 7.000 aziende della principale zona agricola italiana,

impegna il Governo;

   ad assumere le iniziative di competenze per autorizzare il consorzio Ticino ad innalzare il livello del lago Maggiore a +1,50 metri sullo zero idrometrico per tutto l'arco dell'anno;
   ad attivarsi presso la Confederazione Svizzera per la revisione del disciplinare del 24 gennaio 1940, n. 3680, relativo alla concessione della costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago Maggiore, pubblicato sul Bollettino ufficiale del Ministero dei lavori pubblici 1940 – n. 25, secondo le attuali esigenze.
(1-01356) «Prina, Cova, Carra, Falcone, Gadda, Tentori, Senaldi, Gasparini, Ginefra, Paolo Rossi, Romanini, Scuvera, Oliverio».


   La Camera,
   premesso che:
    tra le donne italiane che hanno fatto la storia si deve annoverare la scrittrice nuorese Grazia Deledda, che è considerata una delle più grandi scrittrici italiane. Il 10 dicembre 2016 ricorre il 90o anniversario dall'assegnazione del premio Nobel per la letteratura che la scrittrice ricevette nel 1926 grazie ai suoi romanzi ed in particolare all'opera «Canne al vento»;
    Grazia Deledda è ancora oggi l'unica donna nel campo della letteratura italiana ad aver ottenuto il premio Nobel per la letteratura e in particolare, nel campo dell'opere letterarie;
    la vita e la storia personale di Grazia Deledda sono inoltre molto formative ed esemplari per le studentesse e gli studenti italiani sia dal punto di vista letterario sia per la capacità, straordinaria per una donna di quell'epoca, di superare l'ostilità familiare e dell'ambiente nuorese e di affermare la sua passione per la letteratura, le sue capacità e il suo talento per la scrittura in un campo allora riservato prevalentemente agli uomini;
    la scrittrice nacque a Nuoro nel 1871 in una famiglia benestante, quarta di sei figli, intrappolata nella scarsa considerazione sociale in cui era relegata la donna in quegli anni. In questo ambiente le fu consentito di seguire pochi studi regolari (fino alla quarta elementare), perché all'epoca le ragazze non dovevano studiare: bastava saper fare una firma o due conti per la vendita delle uova. Grazie alla sua forza di volontà però riuscì a continuare e a coltivare, da autodidatta, gli studi letterari, imparando la lingua italiana come una lingua straniera e leggendo i grandi narratori russi, Dostoevskj e Tolstoj, i narratori francesi, Zola e Flaubert, e gli italiani Fogazzaro, D'Annunzio e Carducci. A diciassette anni, nel 1888, pubblicò il suo primo racconto in una rivista per ragazze. Sperimentò diverse forme letterarie, scrivendo versi, novelle e ben cinquantasei romanzi a cui deve la fama e la notorietà;
    la profonda conoscenza e l'amore per la sua terra, la Sardegna, per le sue tradizioni e per il suo popolo, presenti in tutta la sua opera, attribuiscono grande valore formativo alla lettura e allo studio dei romanzi dell'autrice sarda; l'attenzione che l'autrice rivolge alla cultura e alle tradizioni della propria terra costituiscono un elemento in grado di suscitare negli studenti la conoscenza e l'attenzione per le loro regioni e città e per le tradizioni locali;
    altro elemento di forte valenza pedagogica ed educativa consiste nella costanza, nello spirito di sacrificio e nella perseveranza per mezzo dei quali l'autrice riuscì ad affermare il suo talento letterario, superando i pregiudizi dell'epoca secondo cui «una donna scrittrice non può essere onesta»;
    negli anni scorsi fu presentato all'allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Ministro pro tempore dell'istruzione dell'università e della ricerca e al Ministro pro tempore del lavoro e delle politiche sociali con delega alle pari opportunità un appello dalle associazioni «Se Non Ora Quando», «Noi Donne 2005», « Feminas in Carrelas» affinché Grazia Deledda fosse reintegrata nel canone della letteratura italiana e venisse inserita tra i grandi protagonisti della nostra letteratura il cui studio e irrinunciabile. Appare di fondamentale importanza che le indicazioni nazionali vengano aggiornate in tal senso. Tra i nomi della letteratura italiana è inoltre assente il nome di Grazia Deledda e non compare nel curricolo scolastico, così come quello di altre donne insigni nel campo della letteratura, della poesia, delle scienze, dell'economia e di moltissimi altri settori,

impegna il Governo:

a individuare iniziative per celebrare il 90o anniversario dall'assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Grazia Deledda, per far conoscere su scala nazionale e per far studiare nelle scuole di tutti gli ordini e di tutti gradi la figura e la straordinaria opera di Grazia Deledda e per celebrare le donne e gli uomini italiani che sono stati insigniti del premio Nobel o di altri prestigiosi premi internazionali, quali esempi per i giovani.
(1-01357) «Centemero, Brunetta».

Risoluzioni in Commissione:


   La II Commissione,
   premesso che:
    attualmente, non esiste una banca dati telematica pubblica delle sentenze dei giudici di merito, e gli archivi risultano frammentati a livello di singolo tribunale;
    da un confronto con il funzionario responsabile dell'archivio del tribunale di Milano è emerso che la maggior parte degli atti processuali archiviati in Italia sono ancora conservati unicamente in formato cartaceo e che i relativi fascicoli, alcuni risalenti a molti decenni fa, stanno andando incontro al deperimento del loro supporto fisico;
    questo fenomeno risulta tanto più grave, a parità di tempo e di condizioni di conservazione, quanto più bassa è la qualità e la grammatura della carta e quindi, nel caso dei documenti incorporati sulle cosiddette veline, il degrado è tragicamente rapido;
    alcuni dei fascicoli che rischiano di andare incontro a un sostanziale macero riguardano casi di grande importanza storica, sociale e politica per il nostro Paese: grandi casi di cronaca, sentenze significative per l'evoluzione giurisprudenziale in alcuni ambiti, storici processi di mafia e di terrorismo;
    quanto a questi ultimi fenomeni, residua un interesse investigativo anche attuale, dimostrato da recenti richieste di rogatoria internazionale presentate da un nostro partner europeo per accedere a parte di tale documentazione;
    i funzionari dell'archivio di Milano, in riscontro alla nota 027.0016/2016 BB della direzione generale della giustizia penale del luglio 2016 (vds prot.8063.E del tribunale del 18 luglio 2016), hanno trasmesso un elaborato comprendente il monitoraggio dei procedimenti penali di interesse storico, con la quale hanno rappresentato la qualità degli atti e la priorità degli interventi da realizzare in base alle condizioni di oggettivo degrado chimico e strutturale del complesso processuale;
    prendendo a parametro i costi che l'archivio di Milano ha già effettivamente ed autonomamente sopportato per preservare alcuni fascicoli in stato di degrado urgente, tra l'altro attraverso un progetto di recupero sociale dei detenuti del carcere di Bollate, ammessi al lavoro esterno in forma di un regime carcerario affievolito, si può stimare in circa euro 0,4+Iva a pagina il costo di digitalizzazione dei documenti, comprensivo dei costi per ricomporre le pagine danneggiate;
    se neppure l'archivio del tribunale di Milano, con le risorse attualmente disponibili, è però in grado di provvedere autonomamente alla completa digitalizzazione dei fascicoli di processi storici in suo possesso, risulta impensabile che vi provvedano da soli archivi di tribunali con minori capacità economiche, organizzative o con una minore sensibilità e consapevolezza della tematica;
    se si vuole salvare questa ingente quanto cruciale documentazione, centralizzarla e renderla poi disponibile per via telematica a tutti i soggetti interessati, è necessaria una somma stimabile in 15 milioni di euro per tutta Italia, frazionabile in più anni,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per provvedere urgentemente alla digitalizzazione dei fascicoli di processi di interesse storico di cui in premessa;
   a realizzare una banca dati pubblica delle sentenze di interesse storico, dotata di diversi livelli di accesso per la consultazione e l'estrazione di informazioni da parte dei soggetti interessati;
   ad assumere iniziative per reperire le risorse necessarie per la realizzazione del progetto di digitalizzazione di cui sopra, prevedendo la possibilità di destinare una parte dei diritti di cancelleria riscossi come corrispettivo dei servizi degli archivi degli uffici giudiziari alla parziale copertura economica dei costi.
(7-01100) «Marzano, Catalano, Dambruoso, Nesi, Marcolin, Bruno, Quintarelli, Prodani, Giuditta Pini, Murgia, Zaccagnini, Pastorelli, Locatelli, Molea, Galgano, Bombassei, Oliaro, Monchiero, Matarrese, Vargiu, Coppola, Palmieri».


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 104 dello Statuto delle Nazioni Unite stabilisce che l'organizzazione gode, sul territorio di ciascuno dei suoi membri, della capacità giuridica necessaria per l'esercizio delle sue funzioni e per il conseguimento dei suoi fini;
    l'articolo 105 stabilisce, inoltre, che la stessa gode, sul territorio di ciascuno dei suoi membri, dei privilegi e delle immunità necessari per il conseguimento dei suoi fini e che i rappresentanti dei membri delle Nazioni Unite e i funzionari dell'organizzazione godranno parimenti dei privilegi e delle immunità necessari per l'esercizio indipendente delle loro funzioni inerenti all'organizzazione;
    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la Convenzione su privilegi e immunità mediante una risoluzione adottata il 13 febbraio 1946;
    l'organizzazione, con i suoi beni e averi, indipendentemente dal luogo in cui si trovano e dal loro detentore, gode dell'immunità di giurisdizione, salvo esplicita rinuncia della stessa a tale immunità in un caso particolare, e i suoi locali sono inviolabili;
    i suoi beni e averi, indipendentemente dal luogo in cui si trovano e dal loro detentore, sono esenti da perquisizioni, requisizioni, confische, espropriazioni e qualsiasi altra forma di coercizione esecutiva, amministrativa, giudiziaria o legislativa;
    gli archivi dell'organizzazione e, in generale, tutti i documenti da essa posseduti o conservati, sono inviolabili, indipendentemente dal luogo in cui si trovano;
    senza essere sottoposta ad alcun controllo, regolamento o moratoria finanziaria, l'organizzazione può: a) possedere fondi, oro o divise di qualsiasi natura e avere conti in qualsiasi moneta; b) trasferire liberamente, da un Paese a un altro o all'interno di un qualsiasi Paese, i fondi, l'oro o le divise in suo possesso e convertire queste ultime in qualsiasi altra moneta;
    i rappresentanti dei membri presso gli organi principali e sussidiari delle Nazioni Unite e alle conferenze convocate dalle Nazioni Unite, durante l'esercizio delle loro funzioni e durante il viaggio di andata e ritorno dalla sede della riunione, godono dei seguenti privilegi e immunità: a) immunità da arresto o da detenzione e sequestro dei loro bagagli personali e, per quanto concerne gli atti da essi compiuti in qualità di rappresentanti (parole e scritti compresi), immunità da qualsiasi giurisdizione; b) inviolabilità di qualsiasi pratica e documento; c) diritto di fare uso di codici e di ricevere documenti o corrispondenza per corriere o valigie sigillate; d) esenzione, per sé e per i congiunti, da qualsiasi misura restrittiva i materia di immigrazione, da ogni formalità di registrazione degli stranieri e da qualunque obbligo di servizio nazionale nel Paese visitato o attraversato nell'esercizio delle proprie funzioni; e) stesse agevolazioni concesse ai rappresentanti dei Governi stranieri in missione ufficiale temporanea, in materia di disciplinamenti monetari o di cambio; f) stesse immunità e agevolazioni concesse agli agenti diplomatici per i loro bagagli personali; g) altri privilegi, immunità e agevolazioni non incompatibili con quanto precede, concessi agli agenti diplomatici, salvo il diritto di chiedere l'esenzione da dazi doganali sugli oggetti importati (diversi da quelli che costituiscono i loro bagagli personali) o l'esenzione da accise o da tasse sulle vendite;
    i privilegi e le immunità non sono concessi ai rappresentanti dei membri a loro vantaggio personale, bensì allo scopo di garantire l'esercizio, in piena indipendenza, delle loro funzioni relative all'organizzazione;
    un membro ha pertanto non solo il diritto, ma il dovere di revocare l'immunità al suo rappresentante (tutti i delegati aggiunti, i consiglieri, gli esperti tecnici e i segretari di delegazione) in tutti i casi in cui ritenga che essa ostacoli l'azione della giustizia e qualora possa essere revocata senza compromettere lo scopo per cui era stata concessa;
    non esistono particolari norme consuetudinarie che impongono agli Stati di concedere immunità ai funzionari delle organizzazioni internazionali, non appartenenti alle Nazioni Unite;
    obblighi in tal senso possono derivare solo da convenzioni: l'accordo istitutivo dell'organizzazione, accordi successivi con gli Stati membri, con Stati terzi, e in particolare con lo Stato in cui è stata istituita la sede;
    sempre per via convenzionale vengono regolate le immunità dei rappresentanti degli Stati presso le organizzazioni ed è possibile sempre rinunciare all'immunità;
    è ormai norma consuetudinaria, confermata da numerose convenzioni, l'applicazione dell'immunità dalla giurisdizione civile, per interpretazione estensiva con la situazione degli Stati, anche alle organizzazioni internazionali;
    le organizzazioni internazionali, non appartenenti alle Nazioni Unite, in qualità di soggetti derivanti dalla volontà degli Stati, godono di un'immunità volta a garantire l'indipendenza dell'esercizio della loro missione;
    in tale contesto, alcuni individui chiamati in veste ufficiale presso le organizzazioni internazionali possono beneficiare di uno status particolare;
    pur condividendo l'importante lavoro delle organizzazioni internazionali, non si può non constatare che l'immunità abbia prodotto in più casi evidenti problematiche relative alla tutela dei diritti umani;
    un esempio è costituito dal massacro di Srebrenica, dell'11 luglio 1995: migliaia di musulmani bosniaci che vivevano nella zona protetta, all'epoca sotto la tutela dell'Onu, sono stati prelevati dalle truppe serbo-bosniache e trucidati;
    allo stato attuale non, c’è ancora una condanna, in quanto la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, datata 11 giugno 2013, ha respinto il ricorso presentato dall'associazione «Madri di Srebrenica» e dai familiari delle vittime che avevano citato in giudizio sia le Nazioni Unite, avendo autorizzato la missione in ex Jugoslavia, sia i Paesi Bassi che, con le proprie forze armate, avevano il compito di garantire la sicurezza dell’enclave musulmana; i tribunali olandesi, ai quali l'organizzazione si era rivolta in prima battuta, hanno negato la giurisdizione a causa dell'immunità di cui godono le Nazioni Unite e i suoi funzionari;
    sempre sullo stesso argomento, è opportuno ricordare che:
     a) il 27 luglio 2016 è stata approvata in via definitiva alla Camera dei deputati il disegno di legge di ratifica dell'Accordo tra la Repubblica italiana e l'organizzazione Bioversity International relativo alla sua sede centrale, fatto a Roma il 5 maggio 2015, con il quale vengono concessi all'organizzazione e ai suoi funzionari privilegi e immunità pari a quelli stabiliti dalla citata convenzione del 1946; tra l'altro, uno dei membri del consiglio di tale organizzazione è Claudio Lenoci, il quale nel 1996, in seguito all'inchiesta sullo scandalo Cooperazione, ha patteggiato la pena per i reati contestatigli: concorso in corruzione e violazione della legge sul finanziamento dei partiti;
     b) con la legge 26 maggio 2000 n. 159 («Ratifica ed esecuzione dell'Accordo complementare tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei (Centre International de Hautes Etudes Agronomiques Méditerranéennes – Ciheam), relativo ai privilegi e alle immunità del Centro in Italia, fatto a Roma il 18 marzo 1999 e del relativo scambio di note interpretative effettuato in data 15 e 24 settembre 1999)» sono state concesse immunità e privilegi ai funzionari dell'Istituto agronomico mediterraneo (Iam di Bari, il quale fa parte della struttura operativa del Ciheam;
    peraltro, nell'interrogazione, n. 4/03697 del 24 febbraio 2014, a prima firma del presentatore del presente atto di indirizzo, si chiedeva se anche gli altri istituti facenti parte del Ciheam: Chania (Grecia), Montpellier (Francia) e Saragozza (Spagna) godessero degli stessi privilegi e immunità dello Iam di Bari; il vice Ministro pro tempore agli affari esteri, Lapo Pistelli, nella sua risposta aveva affermato che non è in vigore «né è mai stato sollecitato dalla parte interessata, alcun accordo fra le Autorità spagnole e l'istituto agronomico di Saragozza, nessun privilegio o immunità è riconosciuto all'istituto medesimo»;
    secondo l'articolo de Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2015: «Expo, all'istituto in conflitto d'interesse contratto da 1,3 milioni senza gara», allo Iam di Bari sono stati affidati l'ideazione e la gestione di Feeding knowledge, uno dei progetti di Expo 2015, assegnato a chiamata diretta senza alcun bando pubblico, per un contratto pari a 1,3 milioni di euro; sempre secondo lo stesso articolo, «la gara ha avuto come protagonista indiscusso lo stesso IAM, che non si è limitato a svolgere il ruolo di organizzatore, ma è stato anche arbitro e giocatore. Ben sei membri sui 18 della commissione di pre-valutazione provenivano infatti dallo IAM e dal CIHEAM (...) Sui 18 progetti vincitori, inoltre, tre avevano come promotore o partner lo IAM, che in tutto ne ha presentati una trentina. Un conflitto di interessi che ha portato una delle aziende escluse dalla premiazione, la pugliese Emitech, a presentare una denuncia in procura a Milano»; l'istituto di Bari è stato poi coinvolto anche nelle indagini sulla Xylella, il batterio che ha colpito recentemente gli ulivi del Salento;
    secondo l'articolo di Famiglia Cristiana del 12 marzo 2015: Xylella, il Pm: «Non posso indagare sul convegno di Bari perché c’è l'immunità totale», è stata evidente la difficoltà nell'acquisizione di documenti, a causa del particolare status giuridico dell'Istituto al quale viene riconosciuta extraterritorialità e immunità;
    secondo il sostituto procuratore di Lecce, Elsa Valeria Mignone: «L'Istituto agronomico mediterraneo, dove si è svolto il workshop del 2010 nel quale è stato portato il batterio da Xylella per scopi scientifici, gode per legge di immunità assoluta e l'autorità giudiziaria non può andare a indagare. Questo è un caso unico nello scenario mondiale. Se la causa del disseccamento è la Xylella c’è stato un enorme ritardo nel contenimento»;
    secondo l'articolo de La Repubblica del 3 maggio 2016: «Fiera del Levante, a Bari 20 indagati per truffa: L'ente non aveva i requisiti per i fondi pubblici», c’è stato un danno erariale da 12 milioni di euro perché per anni la Fiera del Levante avrebbe percepito finanziamenti pubblici senza avere i requisiti;
    tra i 30 coinvolti nell'indagine ci sono i due ex presidenti della Fiera del Levante, Lacirignola e Viesti, ai quali la Corte dei conti ha rispettivamente chiesto la restituzione di 30 mila e 90 mila euro (cioè dei compensi percepiti senza i requisiti);
    il 21 giugno 2013, a Parigi, il consiglio di amministrazione del Ciheam aveva nominato Cosimo Lacirignola, già direttore dello Iam di Bari segretario generale ad interim;
    nel frattempo, nel dicembre 2014, è stata firmata dallo stesso direttore Lacirignola una convenzione per un progetto in Myanmar tra Io Iam di Bari e la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) per un importo pari a 680.000 euro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative affinché sia applicata per analogia, nei casi citati in presenza e analoghi, la sezione 14 della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite, secondo la quale i privilegi e le immunità non sono concessi ai rappresentanti dei membri a loro vantaggio personale, bensì allo scopo di garantire l'esercizio, in piena indipendenza, delle loro funzioni relative all'organizzazione;
   a verificare se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte a revocare l'immunità al proprio rappresentante in tutti i casi in cui l'esercizio dell'immunità ostacoli l'azione della giustizia;
    ad assicurare, per quanto di competenza, chi, in relazione alle nomine dei consigli delle organizzazioni internazionali vengano selezionati esclusivamente soggetti incensurati.
(7-01099) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Del Grosso».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 11 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, recante semplificazione fiscale e dichiarazione dei redditi precompilata, prevede delle modifiche agli articoli 8, 30 e 33 del Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni (di seguito TUS), approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, in materia di dichiarazione di successione;
    nello specifico, il novellato articolo 7 dell'articolo 28 del TUS esclude l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione nei casi in cui l'eredità è «devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a euro centomila e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, salvo che per effetto di sopravvenienze ereditarie queste condizioni vengano a mancare»;
    con la disposizione sopra citata viene, quindi, innalzato da euro 25.833 ad euro 100.000 il limite di valore dell'attivo ereditario, in relazione al quale non sussiste l'obbligo della presentazione della dichiarazione di successione, al ricorrere delle condizioni di cui al citato articolo 28, comma 7;
    i documenti da allegare alla dichiarazione di successione, elencati all'articolo 30, lettere c), d), g, h), i) sono: la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione; la copia autentica dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata dai quali risulta l'eventuale accordo delle parti per l'integrazione dei diritti di legittima lesi; la copia autentica dell'ultimo bilancio o inventario di cui all'articolo 15, comma 1, del TUS e all'articolo 16, comma 1, lettera b), nonché delle pubblicazioni e prospetti di cui alla lettera c) dello stesso articolo 16 del TUS; la copia autentica degli altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni di legge; i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili, nonché delle riduzioni e detrazioni di cui agli articoli 25 e 26 del TUS;
    in relazione ai predetti documenti — ferma restando la possibilità, da parte dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate di richiedere, ove necessario, i documenti in originale o in copia autentica – il contribuente potrà allegare alla dichiarazione di successione copie non autenticate, unitamente alla dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, attestante che le stesse costituiscono copia degli originali, corredata di copia del documento di identità del dichiarante;
    come annunciato più volte dal Governo e riportato nelle maggiori testate giornalistiche, la disposizione sopra citata è da considerarsi parte di un pacchetto di misure «antiburocrazia» che in realtà non riesce a semplificare e sburocratizzare i rapporti con la pubblica amministrazione;
    per dare una concreta incisività in merito alla presentazione della dichiarazione di successione si ritiene, infatti, necessario estendere l'attuale esonero anche ai casi in cui, pur essendoci un attivo ereditario non superiore a 100 mila euro, si sia in presenza di immobili o diritti reali immobiliari;
    nei casi sopra citati, per ridurre gli adempimenti a carico dei contribuenti, si potrebbe ritenere valida la semplice presentazione delle volture immobiliari presso l'ufficio del catasto e/o l'agenzia delle entrate, allegando il prospetto di liquidazione delle imposte ipotecaria, catastale e bollo, il modello F23 – che verrà sostituito dall'unico modello di pagamento F24 entro il 1o gennaio 2017 — e le dichiarazioni sostitutive di atto notorio accompagnate da copie non autentiche di documenti così come previsto dalla novellata normativa;
    nel caso in cui, invece, l'attivo ereditario abbia un valore superiore a 100 mila euro e si debba presentare la dichiarazione di successione, si ritiene opportuno prevedere l'abrogazione dell'obbligo di effettuare le volture catastali consentendo l'adempimento mediante la semplice presentazione della dichiarazione di successione all'ufficio del catasto,

impegna il Governo

   ad assumere le iniziative di competenza per rivedere la normativa prevista all'articolo 11 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, al fine di semplificare realmente gli adempimenti per la presentazione della dichiarazione di successione.
(7-01098) «Laffranco».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    con la riforma dell'organizzazione comune di mercato (OCM) zucchero del 2006, l'Unione europea ha disposto l'erogazione per un quinquennio di aiuti comunitari e nazionali a favore degli operatori del settore bieticolosaccarifero, a fronte dell'impegno dell'Italia a ridurre almeno del 50 per cento la quota di produzione nazionale di zucchero (articolo 36 del regolamento (CE) n. 318/2006);
    l'Italia, rispettando gli impegni presi, ha ridotto del 67 per cento la propria quota di produzione attraverso la chiusura di 15 stabilimenti sui 19 operanti sull'intero territorio nazionale, rinunciando alla produzione di 1.049.064 tonnellate di quota zucchero e riducendo le superfici coltivate barbabietola a circa 50-60 mila ettari;
    in relazione al comparto bieticolo-saccarifero, la Commissione europea ha previsto, con la proposta di riforma della politica agricola comune (PAC) dell'ottobre del 2011, la cessazione del regime delle quote settoriali a partire dal 30 settembre del 2015. Tuttavia, con l'accordo politico del 27 giugno 2013 tra Stati membri ed istituzioni comunitarie, è staso definito lo slittamento del termine per la cessazione dell'attuale regime delle quote al 30 settembre 2017 (articolo 101 comma 3 e articolo 165 comma 3);
    l'intenzione della riforma OCM era di condurre il mercato dello zucchero verso la piena liberalizzazione, senza che aziende agricole e imprese della trasformazione potessero più far conto su meccanismi di protezione, con l'unica eccezione degli interventi per fronteggiare le crisi contingenti e le situazioni di pericolo per la sicurezza dei rifornimenti e la tutela dei consumatori, come peraltro già previsto negli altri settori agricoli;
    in Italia gli effetti della riforma, nel concreto, sono andati oltre gli obiettivi e gli impegni dichiarati ed hanno comportato, con la campagna bieticola 2016 la chiusura di due dei quattro impianti saccariferi salvati nel 2006, il mantenimento in Emilia Romagna e Veneto di due soli impianti per altro riferibili al medesimo operatore economico, la riduzione delle superfici coltivate a barbabietola complessivamente a poco più di 30 mila ettari;
    gli operatori del settore bieticolo-saccarifero, industriali ed agricoli, consapevoli da tempo che il settore sarebbe incorso in una costante marginalizzazione della sua presenza in Italia, hanno sviluppato progetti di rilancio della bieticoltura a livello nazionale per utilizzi agro energetici e di chimica verde basati anche su varietà di bietole non da zucchero (energy beet);
    questi utilizzi sarebbero in grado, da un lato, di valorizzare il patrimonio agro-industriale italiano esistente favorendo l'adozione di tecnologie abilitanti fondamentali che aumentino la compatibilità ambientale dei processi produttivi e, dall'altro, sviluppare nuove attività produttive in settori più strettamente collegati alla green economy;
    sotto il profilo quantitativo l'obiettivo di questi progetti è il raggiungimento, nei prossimi anni, di una superficie finalizzata a queste produzioni di circa 15 mila ettari che, sommata alla superficie tradizionalmente impegnata a livello saccarifero potrebbe vedere tornare in Italia investimenti a bietole per 50-60 mila ettari, in linea quindi con gli obiettivi della riforma;
    l'agricoltura italiana, d'altra parte, ha grande bisogno di alternative colturali e la diversificazione della bietola per usi diversi dallo zucchero ne rappresenta un elemento fondamentale; la coltivazione della barbabietola ha storicamente offerto agli agricoltori una possibilità di diversificazione stabile della rotazione delle colture, nonché favorito anche il consolidamento di un noto apporto positivo alla tutela dell'ambiente, essendo la bieticoltura da sempre un modello di sostenibilità ambientale; la barbabietola, infatti, grazie alla sua radice fittonante, migliora la struttura del suolo e riduce la compattazione e l'erosione del suolo concorrendo alla riduzione dell'uso di pesticidi, di concimi chimici e di altri prodotti tecnici di cui si auspica nel futuro una più sostanziale limitazione;
    tra i possibili vantaggi del mantenimento della coltivazione bieticola vi è anche la sinergia con il settore cerealicolo che, a sua volta, versa in Italia in una crisi particolarmente acuta causato dalla depressione del prezzo di vendita. È stato dimostrato, infatti, come la rotazione tra barbabietola e grano duro garantisca numerosi benefici dal punto di vista agronomico, ambientale ed economico (riduzione delle emissioni di gas serra, riduzione dei costi di produzione e aumento delle rese di produzione con conseguente miglioramento dei redditi degli agricoltori), tanto da aver dato luogo, ormai da diversi anni, tra industria utilizzatrice di grano duro di alta qualità ed associazioni di bieticoltori, ad accordi per favorire l'integrazione orizzontale tra le due colture;
    circa la possibilità, per l'agricoltura nazionale, di mantenere attivo un significativo settore bieticolo, occorre considerare che la sostenibilità economica di questi progetti di utilizzo alternativi a quello saccarifero non può fare a meno della integrazione di prezzo nell'aiuto accoppiato fino ad oggi riconosciuto alle barbabietole con destinazione alimentare;
    allo stato attuale, viceversa, le norme nazionali che regolano la materia in attuazione dei regolamenti europei, cioè il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali prot. 6513 del 18 novembre 2014 «Disposizioni nazionali di applicazione del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013», prevedono che il sostegno accoppiato sia concesso sulla base degli ettari di superficie a barbabietola da zucchero seminata e coltivata secondo le normali pratiche colturali ed impegnata nei contratti di fornitura stipulati con un'industria saccarifera;
    di ciò va tenuto conto anche in vista della cessazione dell'attuale regime delle quote nel 2017 e della revisione della politica agricola comune, per accompagnare la riconversione dell'industria di trasformazione e per scongiurare l'abbandono della coltivazione della barbabietola da parte degli agricoltori,

impegna il Governo

a salvaguardare e valorizzare il comparto bieticolo-saccarifero concertando e concordando in sede comunitaria l'estensione, se non già compatibile, del sostegno accoppiato di cui all'articolo 25 del decreto 18 novembre 2014 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, anche alle produzioni destinate a progetti di chimica verde o di valorizzazione energetica e, quindi, non solo impegnate nei contratti di fornitura stipulati con l'industria saccarifera.
(7-01097) «Romanini, Antezza, Luciano Agostini, Falcone, Dal Moro, Capozzolo, Carra, Zanin, Venittelli, Cova, Prina, Paolo Rossi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PARENTELA e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 182 cosiddetta «Trasversale delle Serre», inserita da ANAS s.p.a nell'elenco delle grandi opere da realizzare e oggetto di atto dell'interrogazione n. 4-06869 presentata dal primo firmatario del presente atto in data 13 novembre 2014, è un'opera della lunghezza totale di 56,5 chilometri che ricade interamente nei territori provinciali di Vibo Valentia e Catanzaro ed è suddivisa in cinque tronchi principali che procedono dalla costa tirrenica verso la costa jonica;
   ad oggi, malgrado la progettazione dell'infrastruttura risalga al 1966 e il primo appalto sia datato 1983, il tratto aperto e percorribile da Anas è pari ad appena circa 30,8 chilometri complessivi per un importo spesso superiore ai 250 milioni di euro. Esistono poi dei lotti in esecuzione per circa 6,3 chilometri;
   la questione ancora più grave è l'esistenza di interventi per cui esiste progettazione, come risulta dallo stesso sito dell'ANAS, da finanziare o in corso di finanziamento per circa 355 milioni di euro e per uno sviluppo complessivo di circa 18 chilometri;
   nella proposta preliminare al piano regionale dei trasporti della Calabria dell'aprile 2016 tra gli interventi sulla rete stradale regionale di competenza dell'ANAS vi è la «realizzazione della nuova trasversale delle Serre» e sono stati illustrati gli interventi in corso di realizzazione con uno stato di avanzamento dei lavori però risalente al febbraio 2015 e pertanto non aggiornato;
   le risorse per le sopra richiamate progettazioni erano state inserite nella delibera del CIPE n. 62/2011, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 agosto 2011 «Individuazione ed assegnazione di risorse ad interventi di rilievo nazionale ed interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del piano nazionale per il Sud» e con la deliberazione n. 68 del 20 marzo 2015 della giunta regionale della Calabria, avente ad oggetto «rimodulazione del fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2007/2013. Delibere CIPE 62/2011, 78/2011, 7/2012, 89/2012. Proposta di assegnazione delle somme a norma dei punti 2.3 e 2.4 della Delibera CIPE 21/2014; proposta di rimodulazione delle assegnazioni di cui alla Delibera CIPE 89/2012» si è garantita la salvaguardia delle risorse di cui alla delibera CIPE 62/2011 per un importo pari a euro 183.600.000,00 (euro 183 milioni/600.000);
   il presidente della regione Calabria ha indetto una conferenza stampa per salutare l'apertura di questi tratti di strada affermando: «La Trasversale è una delle opere che deve essere portata a compimento. Per questo abbiamo già deciso di destinare circa 14 milioni e mezzo di euro per il tratto del Passo dello Scornari, che è oggetto di progettazione da parte di ANAS, e che consentirà di completare il collegamento tra versante tirrenico dell'Autostrada, aree interne e Serra San Bruno. Appena possibile procederemo con la gara d'appalto. Abbiamo ancora programmato ulteriori lavori per il completamento; una intesa istituzionale è già pronta per la sottoscrizione con il Ministero delle Infrastrutture». (CN24 del 28 luglio 2016). Oliverio afferma anche: «Abbiamo già stanziato 15 milioni di euro per il Passo dello Scornaro e gli altri 220 milioni di euro necessari per il completamento sono stati inseriti nell'intesa con il Ministero delle Infrastrutture» (Il giornale di Calabria 28 luglio 2016). Nell'intervista rilasciata a RAI 3 Michele Drosi, sindaco di Satriano (CZ), nella sua veste di componente dello staff regionale al sistema della logistica dell'assessore Francesco Russo affermava «Ho avuto una interlocuzione con l'assessore proprio per portare alla sua attenzione la vicenda della Trasversale delle Serre che stiamo seguendo con grande attenzione» (IL REDATTORE.IT 21 aprile 2016; «In arrivo circa 260 milioni di euro» Soveratiamo.com 4 maggio 2016) –:
   se al Governo risulti la consistenza delle risorse economiche effettivamente disponibili e stanziate per il completamento dell'infrastruttura SS182 cosiddetta Trasversale delle Serre di importanza strategica per la Calabria. (5-09522)


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   presso Villa Bellini, a Catania, dal 28 agosto 2016 all'11 settembre 2016, si è svolta la manifestazione denominata «Festa Nazionale dell'Unità anno 2016»;
   Villa Bellini è stata occupata dal grande palco dei concerti, situato nel Piazzale delle Carrozze e da molti stand della festa;
   Villa Bellini è la più grande area comunale di protezione civile adibita, eventualmente, a interventi di soccorso per la popolazione in caso di calamità naturali;
   l'ordinanza dirigenziale n. 679 del 12 agosto 2016 della direzione ecologia ed ambiente del comune di Catania autorizzava, esclusivamente, quale doveva essere il limite delle emissioni sonore degli eventi musicali che si svolgevano alla Festa nazionale dell'Unità;
   nel sito istituzionale del comune di Catania, come riporta il giornale on-line Catania Today del 29 agosto 2016, non risulta esserci stata nessun'altra autorizzazione per la Festa Nazionale dell'Unità, né tanto meno quella riferita all'occupazione di suolo pubblico;
   gli oneri per l'occupazione temporanea di suolo pubblico nel comune di Catania risultano essere:
    a) euro 15,49 al mq per deposito cauzionale a garanzia di eventuali danni arrecati alla pavimentazione stradale;
    b) euro 2,58 al mq per diritti di segreteria;
    c) euro 2,00 per mq per i giorni corrispondenti, causale: «occupazione suolo pubblico temporaneo»;
    d) marche da bollo e altri versamenti;
   l'associazione Free Green Sicilia ha denunciato, in un articolo pubblicato il 15 settembre 2016 nel giornale on-line Iene Siciliane, che lo svolgimento della Festa dell'Unità a Catania, in Villa Bellini, avrebbe violato le norme previste dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 42 del 2004, in particolare: «i beni culturali non possono essere distrutti, deteriorati, danneggiati o adibiti ad usi non compatibili con il loro carattere storico o artistico oppure tali da recare pregiudizio alla loro conservazione» –:
   come si concili l'individuazione di Villa Bellini, come area di svolgimento della Festa nazionale dell'Unità, con il fatto che, essa risulta essere la più grande area comunale di Catania adibita a protezione civile e per interventi di soccorso a favore della popolazione, in caso di calamità naturali;
   se sia a conoscenza di eventuali danni ad opere scultoree e ai giardini di Villa Bellini a seguito della permanenza, in tale luogo e per quindici giorni della Festa Nazionale dell'Unità;
   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere al riguardo.
(5-09533)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRECO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è noto che il sistema dei rifiuti in Sicilia è al collasso con pericolo per la salubrità dell'ambiente e per la salute dei cittadini;
   con ordinanza del Presidente della regione Sicilia è stato fissato un ciò ai quantitativi di rifiuti da conferire in discarica per i comuni; ciò ha comportato che le città sono rimaste sommerse da cumuli di immondizia, rifiuti non raccolti e le elevate temperature estive hanno generato problematiche di natura igienico-sanitaria e ambientale;
   il problema non è destinato a soluzione per la limitata capacità delle discariche gestite da privati e poiché ci si trova di fatto in regime di «oligopolio» e il mancato avvio in tutti i comuni della raccolta differenziata;
   i sindaci sono rimasti inascoltati in merito a una pianificazione del ciclo dei rifiuti alla richiesta di sistemi locali efficienti di raccolta rifiuti differenziata e alla richiesta di porre fine all'eterna liquidazione degli Ato;
   dalla relazione territoriale sulla gestione dei rifiuti nella regione Siciliana, approvata dalla commissione parlamentare d'inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati emerge che la situazione attuale è di continue emergenze come testimoniano le numerose ordinanze emanate dal presidente della regione;
   molti territori siciliani sono invasi dai rifiuti e l'idea di portare i rifiuti fuori regione e la prova più lampante dell'attuale crisi del sistema;
   nell'emergenza continua i comuni, a tutela della salute pubblica e della salubrità dell'ambiente, sono costretti ad affidare a privati la raccolta e lo smaltimento;
   le continue interruzioni del servizio di pubblica necessità di raccolta dei rifiuti hanno posto in risalto un quadro molto pesante sul piano del rischio igenico-sanitario collegato ad un non coretto ciclo dei rifiuti della comunità siciliana;
   la Sicilia non risulta all'interrogante dotata di un piano regolatore regionale per la gestione dei rifiuti, con conseguente stato di provvisorietà ed emergenza;
   la crisi del sistema è sottolineata dalla gestione dei 27 Ato che hanno esautorato i comuni dalle competenze proprie, provocando una gravissima crisi finanziaria che è conseguente della deficitaria e a giudizio dell'interrogante non trasparente gestione. Il risultato è che si sono prodotti, a quanto consta dell'interrogante, debiti complessivi superiori al miliardo di euro, con conseguenze devastanti in termini di tasse comunali per i cittadini;
   la creazione di strutture articolate hanno determinato un aumento del costo del servizio e un peggioramento del servizio stesso, sicché gran parte dei cittadini, a quanto risulta all'interrogante si rifiuta di pagare;
   si è innescato un circolo vizioso che ha fatto lievitare i debiti accumulati dagli Ato. Non potendo pagare discariche, costi per il carburate e gli operatori ecologici, il risultato è l'accumularsi di ingenti quantità di spazzata per strada. Il problema non stato risolto dalle eterne liquidazioni degli ATO;
   le gestioni, ad avviso dell'interrogante antieconomiche, degli Ato hanno dato luogo a una diffusa situazione di illiquidità anche per i numeri pignoramenti presso terzi proposti dai creditori. La situazione è aggravata dall'attività di liquidazione e gestione degli Ato, fonte di aggravio della situazione debitoria. La compresenza di commissari straordinari e di commissari liquidatori non sembra, a quanto risulta all'interrogante, aver garantito adeguatamente la transizione verso i nuovi assetti gestionali voluti con l'ordinanza 8. Rif del 2013, successivamente prorogata e reiterata;
   sono le stesse recenti ordinanze del presidente della regione a testimoniare la eccezionalità della situazione che impone anche ai sindaci il ricorso temporaneo a speciali forme di raccolta dei rifiuti;
   lo stato di emergenza dei rifiuti in Sicilia può essere risolto in via definitiva a giudizio dell'interrogante, con la nomina di un commissario che attraverso poteri straordinari e procedure più snelle sia in grado di aumentare le percentuali di raccolta differenziata, contenendo la volumetria dei conferimenti in discarica e iniziando il recupero energetico –:
   se il Governo non ritenga di valutare i presupposti per la dichiarazione dello stato di emergenza con riferimento allo smaltimento dei rifiuti in Sicilia e per la nomina di un commissario delegato alla sua gestione, che dovrebbe essere individuato tra personalità estranee a tutti i soggetti che fino a oggi a diverso titolo si sono occupati dell'emergenza rifiuti in Sicilia. (4-14259)


   NICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   da fonti giornalistiche (IlTirreno-Gelocal.it, 28 agosto 2016) si apprende che la Società autostrade in data 5 agosto 2016 ha reso noto, tramite quotidiani locali, l'elenco dei terreni da espropriare per la costruzione della terza corsia della A11, il cui termine per presentare le osservazioni (sia per chi sarà espropriato, sia per chi sarà danneggiato indirettamente dall'esproprio) è il 18 settembre 2016;
   si evince, da fonti giornalistiche (Reportpistoia, 13 settembre 2016), che è nato un Comitato unitario per ribadire la ferma contrarietà alla realizzazione del progetto. A promuoverlo, sono i rappresentanti delle associazioni ambientaliste Legambiente circolo di Pistoia, WWF sezione Pistoia e Prato e semplici cittadini che vi hanno aderito a titolo personale;
   il 2018 potrebbe essere l'anno dell'inizio dei lavori per la realizzazione della terza corsia. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha approvato dal 2011 il programma preliminare e concesso l'autorizzazione alla stesura del progetto definitivo;
   il progetto definitivo prevede l'ampliamento della terza corsia dell'A11 da Firenze Peretola a Pistoia, per un tratto complessivo di 27,4 chilometri, 9,5 dei quali attraversano il comune di Prato;
   attualmente sono presenti due corsie per senso di marcia più due di emergenza, per una lunghezza di 22,40 metri. È previsto il loro ampliamento a 32,50 metri e la realizzazione di tre corsie per ogni senso di marcia più una di emergenza per ciascuna carreggiata;
   i cittadini che si oppongono denunciano la sostanziale inutilità di questa grande opera, e propongono come alternativa un piano di mobilità sostenibile lungo la direttrice toscana Firenze-Lucca-Pisa-Livorno, attraverso la realizzazione di una rapida ed efficiente metropolitana di superficie che da Firenze porti i viaggiatori verso il mare, l'aeroporto internazionale di Pisa e il porto di Livorno, sfruttando il trasporto su rotaia, più ecologico e sostenibile rispetto a quello su gomma;
   la terza corsia, dato il costo oneroso, porrebbe il rischio concreto di non avere i fondi finanziari necessari a portare a termine né la metropolitana leggera né la nuova corsia autostradale, sarebbe quindi un'opera dannosa non solo sotto il profilo dell'impatto ambientale, ma anche per l'impegno finanziario, prevedendo un costo complessivo che, a conclusione della terza corsia fino a Lucca, è assai realistico prevedere un costo di oltre 3 miliardi di euro, considerando i costi aggiuntivi di spesa sul preventivo effettuato dalla regione già tre anni fa (850 milioni da Firenze a Montecatini); da qui il rischio concreto di non potere portare a compimento l'opera, come sta accadendo per il sottoattraversamento dell'alta velocità a Firenze;
   inoltre, la terza corsia sull'A11 sarebbe un'ulteriore insostenibile cementificazione dell'area metropolitana Firenze-Pistoia-Lucca (da Firenze a Pistoia si tratta di una striscia di territorio di 27 chilometri di lunghezza e 4 di larghezza, quasi completamente cementificata e attraversata dall'autostrada A11 e da altre 4 strade interprovinciali, denominate – partendo da Pistoia – Via Fiorentina, Via Toscana, «Nuova Pratese», Via Vecchia Pratese, Via Montalese);
   a parere dell'interrogante appare prioritario concentrare le risorse per la messa in sicurezza del territorio dalle frane e dalle alluvioni, la modernizzazione delle ferrovie a binario unico tramite una moderna mobilità, quella degli acquedotti, che hanno crescenti perdite di acqua potabilizzata e che hanno anche tubature in cemento/amianto da sostituire, il completamento della rete delle fognature e degli impianti di depurazione, solo per citarne alcune;
   dalla realizzazione delle suddette opere pubbliche prioritarie, sicuramente ne beneficerebbero migliaia di piccole e medie imprese e tanti disoccupati in tutte le realtà locali del nostro Paese, mentre la realizzazione della terza corsia sull'A11 potrebbe rappresentare solo un'ulteriore cementificazione della Toscana, in grado di dare lavoro prevalentemente a pochissime grandi imprese che si muovono sullo scenario europeo ma con pochissimi benefici per le aziende e le economie locali –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di competenza, di rivedere, anche alla luce dei pareri degli esperti, delle associazioni ambientaliste e degli abitanti della zona, su cui ricadranno i principali costi ambientali e sociali, la decisione di realizzare la grande opera che, da Firenze a Lucca, andrà a costare molto, troppo, sia in termini ambientali che in quelli finanziari, in una regione e in un Paese che ha ben altre priorità da avviare a soluzione, come la messa in sicurezza sismica degli edifici pubblici e privati. (4-14268)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dai giornali di stampa del rapimento in Libia dei due tecnici, Bruno Cacace e Danilo Calonego, della società Con.I.Cos di Mondovì, in provincia di Cuneo, attualmente impegnata nella manutenzione dell'aeroporto di Ghat, nel sud del Paese. Si tratta dell'ennesimo rapimento avvenuto negli ultimi anni in territorio libico;
   l'interrogante ha già denunciato con precedenti atti di sindacato ispettivo che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale pur essendo ben consapevole delle molte imprese italiane che operano in Libia e dei rischi a cui sono quotidianamente sottoposti i lavoratori, non adotta adeguati provvedimenti per garantirne la sicurezza;
   a quanto è dato sapere, Bruno Cacace e Danilo Calonego, avevano sempre avuto una scorta armata, ma negli ultimi giorni era stata tolta loro, perché non ritenuta più necessaria;
   la procura di Roma indagherà sul rapimento, procedendo per sequestro di persona con finalità di terrorismo –:
   se e quali iniziative di competenza siano state adottate dal Ministro interrogato per rintracciare Bruno Cacace e Danilo Calonego;
   se e quali iniziative siano state poste in essere dal Ministro interrogato per tutelare i lavoratori delle imprese italiane che operano in Libia, considerando la nota situazione di rischio per la sicurezza che sussiste in tale Stato. (5-09524)

Interrogazione a risposta scritta:


   GUIDESI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in Yemen infuria ormai da anni, nel disinteresse completo dei media italiani ed in assenza di serie iniziative della comunità internazionale per porvi fine, una sanguinosa guerra civile che ha finito per coinvolgere numerosi Paesi più o meno vicini;
   in particolare, l'Arabia Saudita ha assunto la guida di operazioni militari assai incisive, condotte principalmente da aerei che colpiscono bersagli in territorio yemenita nel tentativo di agevolare la vittoria delle fazioni che si oppongono agli Houti, di confessione sciita;
   in questo contesto, proprio da aerei appartenenti alla coalizione a guida saudita che combatte gli Houti il 12 settembre 2016 sono stati colpiti nei pressi di Sanaa tre stabilimenti del gruppo Alsonidar & Sons, di cui è partner l'azienda modenese Caprari Pumping Powers, una delle realtà imprenditoriali più importanti al mondo nello sviluppo di pompe ed elettropompe centrifughe idrauliche;
   dei tre siti colpiti il 12 settembre 2016, uno risulta essere proprio della Caprari Pumps Yemen Ltd, controllata della Caprari Pumping Powers, presente in Yemen da oltre 20 anni;
   a questa azione, di cui ha dato notizia la Reuters, malgrado il danno subito dalla Caprari non ha fatto seguito alcun passo di protesta da parte delle autorità italiane, a giudizio degli interroganti verosimilmente a disagio nel muovere rilievi nei confronti dei Governi dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti, con i quali continuano ad esser intrattenuti rapporti di grande cordialità;
   in un comunicato congiunto, Caprari Pumps Yemen Ltd, Tubificio e Mattonificio Alsonidar hanno stigmatizzato l'accaduto, sottolineando il carattere non militare delle loro attività produttive a fronte della pretesa saudita di aver attaccato legittimi bersagli coinvolti nello sforzo bellico degli Houti;
   il bombardamento subito dalla Caprari Pumps Yemen Ltd ripropone la questione dell'embargo alle forniture militari destinate all'Arabia Saudita ed ai suoi alleati impegnati nella campagna contro gli Houti yemeniti –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per tutelare le attività economiche svolte dalle imprese del nostro Paese operanti in Yemen;
   se, in particolare, il Governo non giudichi opportuno effettuare dei passi politico-diplomatici nei confronti delle autorità dell'Arabia Saudita, che guidano la coalizione allestita contro gli Houti in Yemen, allo scopo di ottenere qualche forma di risarcimento in favore delle imprese bombardate il 12 settembre 2016;
   quali iniziative il Governo ritenga di dover adottare per pervenire al blocco effettivo delle forniture militari nei confronti dei Paesi belligeranti in Yemen.
(4-14253)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MANFREDI e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a partire dagli anni 2000 la cosiddetta «terra dei fuochi», situata tra le province di Napoli e Caserta, è diventata tristemente nota per i continui roghi di rifiuti, molti dei quali tossici, smaltiti illegalmente dalla camorra nella zona;
   l'area interessata dal fenomeno si estende per più di 1000 chilometri quadrati, conta circa 2 milioni e mezzo di abitanti e rappresenta uno dei territori più inquinati d'Italia, con un livello di incidenza di tumori sulla popolazione residente al di sopra della media nazionale;
   la drammatica compromissione della qualità di aria acqua e suolo e il conseguente grave pericolo sanitario hanno motivato ad agire con urgenza e – con il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 – ad avviare una serie di interventi tra cui la mappatura dei terreni destinati all'agricoltura, per accertarne il livello di contaminazione e procedere alle operazioni di bonifica;
   la bonifica del suolo è evidentemente indispensabile per ripristinare la sicurezza ambientale e sanitaria e costituisce l'unico strumento per mantenere all'uso agroalimentare le aree oggetto dell'intervento;
   risulta ancora non attuata la definizione – da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – del regolamento riguardante i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari, e la disciplina delle relative modalità di verifica, così come previsto dall'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 136 del 2013, inserito durante l'esame in commissione su iniziativa dei parlamentari democratici; tali parametri devono considerare la condizione del suolo, del sottosuolo, delle acque, con particolare riferimento al cosiddetto inquinamento di fondo;
   il Comitato interministeriale previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 136 del 2013 ha approvato un ampio programma di interventi straordinari ed urgenti per la tutela sanitaria e la bonifica dei suoli agricoli indicando le risorse necessarie per avviare la fase operativa; è necessario conoscere quali saranno i finanziamenti aggiuntivi, i soggetti incaricati e gli strumenti attuativi tecnico giuridici di tale piano –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e urgente dare completa attuazione al decreto-legge n. 136 del 2013, adottando il provvedimento di cui all'articolo 1, comma 6-sexies, e rendendo note le linee di finanziamento per il programma di interventi predisposto dal Comitato interministeriale previsto dall'articolo 2. (5-09542)


   VELLA e OCCHIUTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni è stato richiesto agli Stati membri dell'Unione europea un impegno sempre maggiore e incisivo verso la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti, oltreché il riuso e la raccolta differenziata di qualità;
   l'Unione europea è intervenuta con la direttiva 2008/98/CE al fine di stabilire il quadro normativo di riferimento sui rifiuti, precisando concetti basilari quali le definizioni di rifiuto, recupero e smaltimento, intervenendo a rafforzare le misure da adottare per la prevenzione dei rifiuti, prevedendo un approccio che tenga conto dell'intero ciclo di vita dei prodotti e dei materiali, non soltanto della fase in cui diventano rifiuti, e concentrando l'attenzione sulla riduzione degli impatti ambientali connessi alla produzione e alla gestione dei rifiuti;
   a tutti gli Stati dell'Unione europea è richiesto di attivarsi per fare in modo che, entro il 2020, si avviino politiche di prevenzione del rifiuti e almeno il 50 per cento dei rifiuti domestici o simili (come carta, plastica, vetro, metalli) venga riciclato o riutilizzato per ottenere nuovi prodotti: una parte importante delle politiche sull'economia circolare che anche l'Unione europea intende implementare;
   a livello nazionale i principi comunitari di cui alla direttiva sopra citata sono stati recepiti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», stabilendo all'articolo 179, comma 1 che la gestione dei rifiuti debba avvenire nel rispetto della seguente gerarchia: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia e) smaltimento;
   il comma 2 dell'articolo 179 del decreto sopra citato stabilisce altresì che nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1 devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articolo 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica;
   il comma 3 dell'articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 174, specifica altresì che con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall'ordine di priorità sopra citato qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse;
   ai sensi dell'articolo 182, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all'articolo 181. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli;
   in materia di rifiuti è altresì intervenuto il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, recante «Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti», che, all'articolo 6, comma 1, lettera p), ha stabilito che non sono ammessi in discarica i rifiuti con PCI (potere calorifico inferiore) >g 13.000 kJ/kg a partire dal 29 febbraio 2016 ad eccezione dei rifiuti provenienti dalla frantumazione degli autoveicoli a fine vita e dei rottami ferrosi per i quali sono autorizzate discariche monodedicate che possono continuare ad operare nei limiti delle capacità autorizzate alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225;
   tale previsione è finalizzata al successivo recupero energetico di dette tipologie di rifiuto nel rispetto della gerarchia delle operazioni di gestione dei rifiuti così come prevista all'articolo 179, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;
   successivamente, la legge 28 dicembre 2015, n. 221, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali», all'articolo 46, ha disposto l'abrogazione dell'articolo 6, comma 1, lettera p), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
   alla luce di quanto sopra esposto, il quadro normativo di riferimento in materia ambientale appare piuttosto confuso specialmente in merito alle opzioni di utilizzo delle discariche autorizzate al deposito dei rifiuti di rottamazione, considerato che l'obiettivo di destinare in via esclusiva la discarica allo smaltimento di rifiuti, con elevato potere calorifico e per i quali sono ormai disponibili e ampiamente collaudate efficienti tecnologie di recupero energetico, sembra essere stato ampiamente vanificato –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere le opportune iniziative al fine di definire le modalità di utilizzo delle discariche autorizzate fino ad oggi al deposito dei rifiuti da rottamazione e se una eventuale autorizzazione, che consenta di colmare le discariche ad oggi utilizzate in via esclusiva per i rifiuti da rottamazione anche con altre tipologie di rifiuto, possa essere oggetto dell'avvio di una procedura di infrazione presso le competenti sedi europee, alla luce della gerarchia di gestione che relega lo smaltimento ad una fase esclusivamente residuale. (5-09543)


   ZARATTI, DURANTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'ispezione dell'Ispra, coadiuvata da Arpa Puglia, in data 20 e 21 aprile 2016, il 7 settembre 2016 è stato pubblicato l'aggiornamento della stessa Ispra sullo stato di attuazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale in vigore relativamente agli impianti dell'Ilva di Taranto;
   quello che, emerge dal rapporto è una situazione estremamente critica, e molte delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, tra le quali molte estremamente importanti, risultano non attuate;
   peraltro, dopo la suddetta ispezione del mese di aprile, è seguito un sopralluogo straordinario da parte di Arpa Puglia e del personale della ASL di Taranto nel mese di maggio, a seguito di specifica segnalazione riguardo le modalità di gestione del reparto sottoprodotti area cokeria. Per effetto della visita in loco sono state accertate talune violazioni, comunicate alle autorità competenti;
   proprio con riguardo ai ritardi nell'attuazione degli obblighi di legge relativi all'ILVA di Taranto, la stessa Fiom Cgil, ha chiesto un incontro urgente con i commissari straordinari, Gnudi, Laghi e Carrubba, sulle violazioni dell'autorizzazione integrata ambientale. Come riporta una nota del citato sindacato, «diffide e violazioni sono state segnalate a Ilva durante le verifiche periodiche, sia ordinarie che straordinarie, effettuate da ISPRA e ARPA: il mancato rispetto dei termini, peraltro attualmente prorogati, la violazione di quanto disposto dal decreto relativamente sia alla richiesta di autorizzazioni e sia alla classificazione e gestione dei rifiuti. È indispensabile e non più rinviabile un incontro urgente con l'azienda, in modo da garantire la massima trasparenza con le organizzazioni aziendali relativamente all'attuazione di tutte le misure intraprese e da intraprendere» –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, si intendano intraprendere affinché i commissari e l'azienda adottino tutte le idonee misure volte a dare una rapida soluzione alle diffide e alle violazioni segnalate da ISPRA e ARPA durante i controlli, a difesa della salute pubblica e dell'ambiente. (5-09544)


   ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 195 comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che è compito dello Stato «la determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione, ai fini della raccolta e dello smaltimento, dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico, sono definiti, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani»;
   l'articolo 238, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che «la tariffa per la gestione dei rifiuti è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base di parametri, determinati con il regolamento di cui al comma 6, che tengano anche conto di indici reddituali articolati per fasce di utenza e territoriali.» Il comma 10 del medesimo articolo dispone che: «Alla tariffa è applicato un coefficiente di riduzione proporzionale alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l'attività di recupero dei rifiuti stessi»;
   l'articolo 1, comma 649, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 dispone che «nella determinazione della superficie assoggettabile a TARI non si tiene conto di quella parte ove si formano in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere a loro spese i relativi produttori, a condizione che ne dimostrino l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente. Per i produttori di rifiuti speciali assimilati agli urbani, nella determinazione della TARI, il comune, con proprio regolamento, può prevedere riduzioni della parte variabile proporzionali alle quantità che i produttori stessi dimostrino di avere avviato al recupero»;
   con la risoluzione 2/DF del Ministero dell'economia e delle finanze, datata 9 dicembre 2014 e relativa alla determinazione della superficie tassabile, si specifica che «Non può ritenersi corretta l'applicazione del prelievo sui rifiuti alle superfici specificamente destinate alle attività produttive, con la sola esclusione di quella parte di esse occupata dai macchinari. Tale comportamento potrebbe, infatti, dare origine ad una ingiustificata duplicazione dei costi poiché i soggetti produttori di rifiuti speciali oltre a far fronte al prelievo comunale dovrebbero anche sostenere il costo per lo smaltimento in proprio degli stessi rifiuti»;
   il Consiglio di Stato, con sentenza 3941 del 24 luglio 2014, si è espresso sull'attività di trattamento dei rifiuti speciali e sulla riduzione tariffaria per il conferimento di rifiuti urbani assimilati destinati al recupero, specificando che: «Non avendo lo Stato ancora emanato alcun regolamento per la determinazione dei criteri di assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani, si continuano ad applicare i criteri per l'assimilazione previsti nella deliberazione 27 luglio 1984 del Comitato interministeriale in conformità alla normativa che ha stabilito, con deliberazione consiliare n. 24 del 20 maggio 1998 in atti, l'assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani in conformità ai criteri di cui alla sopra citata deliberazione 27 luglio 1984 l'attività di trattamento dei rifiuti speciali conferiti al servizio pubblico di raccolta, previa convenzione con il gestore, costituisce essa stessa per qualificazione di legge (articoli 188, comma 3, lettera a) e 189, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006) un servizio pubblico e dunque deve essere considerata come attività svolta a favore del territorio di riferimento e cioè come attività prevalente per conto degli locali soci. Per una società in house, avente per oggetto la gestione di servizi pubblici, l'attività che deve essere prevalente è quella da svolgere in attuazione di tale incarico di servizio pubblico attribuito dagli enti locali. Pertanto, la riduzione tariffaria per il conferimento di rifiuti urbani assimilati destinati al recupero non spetta soltanto all'utente che consegna tali rifiuti al gestore del servizio pubblico, ma anche all'utente che conferisce tali rifiuti ad un'impresa autorizzata diversa dal gestore del servizio, non determinando alcuna disparità di trattamento tariffario tra i diversi utenti»;
   non risulta agli interroganti l'emanazione del regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   molti comuni non hanno ancora emanato il regolamento che avrebbe dovuto disciplinare quali superfici produttive esonerare al pagamento della Tari –:
   se il Ministro interrogato, anche indicando quali siano i tempi per l'emanazione del regolamento di cui al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006, ritenga opportuno assumere iniziative normative al fine di determinare un elenco di attività le cui superfici produttive non siano da assoggettare a Tari, in modo da escludere la possibilità di una duplicazione dei costi di smaltimento dei rifiuti per queste aziende. (5-09545)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LODOLINI, BRATTI, MARIANI, MAZZOLI, ARLOTTI, FRAGOMELI, CURRÒ, RIBAUDO, MANFREDI, CARRESCIA, BRAGA, BARBANTI, GINATO, PELILLO, FREGOLENT, DE MARIA, MARCO DI MAIO, RICCIATTI, PETRINI, MANZI, TINO IANNUZZI, GINOBLE e BORGHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Falconara Marittima (An) è al centro dell'area AERCA, area ad elevato rischio di crisi ambientale e rientra tra i siti inquinati di interesse nazionale SIN;
   il 28 agosto 2016 i cittadini di Falconara Marittima per l'ennesima occasione, hanno dovuto fare i conti con il ripetersi del fenomeno legato a nauseabonde esalazioni tipiche della lavorazione di idrocarburi – simili a gas – che si sono diffuse a partire dalle ore 10. Vigili del fuoco, Arpam, capitaneria e polizia locale si sono da subito attivati rispetto al pronto ed immediato allarme lanciato dai cittadini;
   sul fenomeno analogo fu depositata una prima interrogazione parlamentare nel settembre 2013 dal firmatario del presente atto;
   migliaia di persone subiscono con assidua frequenza forte disagio provocato da tali esalazioni e tale problema è di impatto immediato e dirompente sulla vita quotidiana sino al punto da imporre di rimanere in casa con finestre ermeticamente chiuse. Anche le attività produttive e il turismo risentono fortemente del problema;
   tali esalazioni potrebbero rappresentare un potenziale rischio per la salute pubblica se dovessero verificarsi le condizioni per cui alle emissioni fossero riferibili anche sostanze tossiche: il timore per tale rischio ha generato un diffuso allarme sociale, ansia e preoccupazione tra gli abitanti della città;
   non c’è certezza sulla natura delle esalazioni. Tra le ipotesi, rispetto alla loro origine, come si evince da articoli pubblicati sulla stampa locale, si fa riferimento al carico/scarico di una petroliera ad uno dei terminali della raffineria API oppure a uno dei serbatoi che hanno ricevuto lo scarico di una petroliera;
   nel 2010 è stata concessa all'API l'autorizzazione integrata ambientale (AIA), che ha sostituito ogni altra precedente autorizzazione. Una delle prescrizioni dell'AIA prevedeva che entro 24 mesi l'Api avrebbe dovuto fornire uno studio di fattibilità relativo ad un progetto per abbattimento VOC (composti organici volatili) –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto, quali eventi abbiano generato l'origine di tali esalazioni nella giornata del 28 agosto 2016, e se il Governo sia in possesso o intenda richiedere alla raffineria i registri di ingresso e di uscita dei prodotti provenienti dalle navi in questione;
   quali iniziative il Governo intenda porre in essere per evitare il ripetersi di tali fenomeni e dunque per la tutela dell'ambiente e della salute pubblica;
   se il Governo sia a conoscenza di quali interventi l'Api raffineria abbia posto in essere, a seguito dell'autorizzazione integrata ambientale, in termini di modernizzazione e innovazione tecnologica dell'impianto, e quale sia l'esito di eventuali controlli effettuati dall'ISPRA. (5-09516)


   ZARATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con l'interpellanza urgente n. 2-00780 a prima firma Zaratti, concernente iniziative di competenza volte alla riduzione dei voli in transito all'aeroporto Roma-Ciampino, al fine di tutelare la salute dei residenti nelle aree prossime al sedime aeroportuale, l'interrogante ha posto in evidenza come lo sviluppo delle compagnie low cost dall'anno 2000, presso tale scalo, abbia determinato un progressivo aumento del numero dei voli, in un territorio ad elevata antropizzazione, originando una grave crisi ambientale e sanitaria ampiamente conosciuta e documentata nel Report Agenti Fisici–02 (2012) dell'Arpa Lazio e dalle successive rilevazioni ambientali condotte nel tempo dal Cristal (Centro regionale sul rumore aeroportuale di Arpa Lazio), nonché da altri studi ed indagini epidemiologiche condotte da competenti istituti regionali e comunali;
   la Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, nel rispondere all'interpellanza, il 19 gennaio 2015, ricordava che «....con apposita conferenza dei servizi del 1o luglio 2010 è stata approvata l'impronta acustica dello scalo e l'ipotesi di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale onde consentire al gestore Aeroporti di Roma di elaborare i piani di risanamento acustico e valutare eventuali restrizioni operative da applicare all'aeroporto»;
   nel corso dell'intervento la stessa Sottosegretaria ha evidenziato che: «... anche il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con nota del 29 febbraio 2012, inviata alla società Aeroporti di Roma, ha richiamato i doveri del gestore riguardo all'individuazione delle aree critiche ove risultino superati i limiti di rumore previsti dalla normativa vigente» (D.M. 29 novembre 2000 ndr), e come suddetta società, in data 3 dicembre 2013, ha comunicato all'ENAC di aver provveduto a trasmettere ai soggetti competenti il piano di contenimento ed abbattimento del rumore, in ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 2.2, comma 2, dello stesso DM»;
   la risposta si concludeva rendendo noto come all'epoca fossero in fase di analisi e verifica da parte della commissione aeroportuale i risultati di una nuova procedura sperimentale di decollo dei velivoli atta ad ottenere un'impronta acustica effettiva coerente con quanto approvato nella conferenza dei servizi del 10 luglio 2010;
   le amministrazioni comunali competenti, anche sulla base della valutazione operata dall'Arpa Lazio in merito ai contenuti tecnici e alle elaborazioni modellistiche poste a base delle scelte operate dal gestore, per gli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore, con propri atti adottati entro 90 giorni dalla ricezione del su citato piano di contenimento ed abbattimento del rumore, hanno deliberato il rigetto della proposta, ritenendola largamente insufficiente ed inefficace;
   il piano, nello specifico, non appariva all'interrogante aderente all'ordine con il quale il legislatore ha inteso definire i criteri e le priorità d'intervento. Secondo quanto stabilito all'articolo 5, comma 3, del decreto ministeriale n. 29 novembre 2000 infatti: «Gli interventi strutturali finalizzati all'attività di risanamento devono essere effettuati secondo la seguente scala di priorità: a) direttamente sulla sorgente rumorosa; b) lungo la via di propagazione del rumore dalla sorgente al ricettore; c) direttamente sul ricettore...»;
   lo stesso piano di contenimento proponeva come azione diretta sulla sorgente, lo studio e la successiva entrata in esercizio di una procedura di volo, già oggetto di sperimentazione a partire dalla fine del luglio 2013, ritenuta maggiormente «performante» da un punto di vista dell'impatto acustico, in grado di ridurre, secondo il proponente, l'estensione delle zone di superamento dei limiti evidenziati dalla mappa dei conflitti;
   la sperimentazione della nuova procedura di decollo non risulta all'interrogante essere mai stata approvata dalla competente commissione aeroportuale ed il confronto della nuova mappa acustica che sarebbe derivata dall'adozione definitiva della procedura di volo sperimentale, con la zonizzazione acustica aeroportuale vigente, ha posto in evidenza una parziale modifica dei limiti di rumore esclusivamente in direzione sud e sud-est dello scalo (prevalentemente sul territorio del comune di Marino), lasciando la situazione inalterata nelle aree dell'intorno aeroportuale, ricadenti nel territorio del comune di Ciampino, in posizione laterale alla pista di volo 15/33;
   la modifica delle rotte non ha corrisposto ad una reale diminuzione dell'emissione acustica della sorgente e pertanto non è stata ritenuta efficace a conseguire il rispetto dei valori limite del rumore prodotto dall'operatività dell'infrastruttura aeroportuale;
   in merito all'individuazione dei ricettori poi, il piano non conteneva indicazioni puntuali degli specifici fabbricati che sarebbero stati interessati dagli eventuali interventi di bonifica previsti e al di là di una generica previsione temporale di 5 anni, non venivano minimamente indicate le priorità e le modalità di attuazione degli interventi, né la previsione dei costi degli stessi;
   allo stato attuale, l'intervento sui ricettori non sarebbe applicabile compiutamente in ambito aeroportuale in quanto, diversamente dalle emissioni dovute alle infrastrutture stradali e ferroviarie, non è previsto un livello minimo da garantire all'interno degli immobili, essendo gli attuali limiti di zona e di classificazione acustica comunale, applicabili solo in ambiente esterno;
   a seguito dell'analisi delle diverse motivazioni addotte nelle rispettive delibere comunali di diniego e delle necessarie verifiche di natura tecnica, aeroporti di Roma avrebbe incaricato il dipartimento di ingegneria astronautica elettrica e energetica (Diaee) della Facoltà di ingegneria civile ed industriale dell'università di Roma «La Sapienza», per una rielaborazione del piano in oggetto al fine di tenere conto delle osservazioni ritenute rilevanti ed attuabili ed, in data 11 novembre 2015, ha provveduto alla trasmissione del nuovo piano di contenimento ed abbattimento del rumore agli enti territorialmente interessati dalla presenza dell'infrastruttura, al fine di acquisirne l'approvazione;
   ad una prima valutazione risulterebbe come il documento integrativo proposto ancora una volta invertirebbe la scala di priorità, indicando gli interventi sui ricettori come quelli da assumere immediatamente dopo l'approvazione del piano di contenimento, senza peraltro fornire, anche in questa nuova formulazione, un cronoprogramma e una previsione dettagliata dei costi, mentre gli interventi sulla sorgente verrebbero posticipati di tre anni in quanto riguarda la sostituzione della flotta con velivoli più performanti e alla scadenza dei cinque anni per ciò che riguarda la riduzione del numero dei voli;
   se si dovesse prendere per buono il piano nuovamente proposto dal gestore aeroportuale, i primi interventi effettivamente incisivi di contenimento ed abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica nel territorio dei comuni di Roma, Ciampino e Marino si avrebbero non prima di 9 anni dall'approvazione della zonizzazione acustica aeroportuale, che ha certificato il superamento dei limiti acustici fissati dalla normativa vigente per lo scalo «G.B. Pastine»;
   per effetto del «Regolamento recante l'individuazione degli aeroporti di interesse nazionale, a norma dell'articolo 698 del codice della navigazione», di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 settembre 2015, n. 201, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 294 del 18 dicembre 2015, vigente dal 2 gennaio 2016, l'aeroporto di Ciampino è stato ricompreso tra i sistemi aeroportuali di interesse nazionale riguardo al bacino di traffico del Centro Italia;
   ai sensi del comma 2 dell'articolo 5 del decreto ministeriale 29 novembre 2000 è ora il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata, chiamato ad approvare il piano di contenimento ed abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica relativo all'aeroporto «G.B. Pastine» di Ciampino, così come proposto dal gestore –:
   quali siano gli esiti dell'istruttoria e delle valutazioni tecniche operate dalla direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in merito al piano di contenimento ed abbattimento del rumore derivante dal traffico di origine aeronautica relativo all'aeroporto «G.B. Pastine» di Ciampino, così come proposto da Aeroporti di Roma, quando e con quali procedure si intenda approvare detto piano e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, al ministro interrogato intenda assumere perché i livelli d'inquinamento acustico presenti nell'intorno dello scalo «G.B. Pastine» rientrino rapidamente nei limiti di legge, riducendo il livello d'esposizione della popolazione residente attualmente insediata nell'intorno del sedime aeroportuale. (5-09521)


   MURGIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come emerge dalle circostanziate denunce dei diversi amministratori locali che si sono avvicendati alla guida del paese di Ottana, la zona industriale sarebbe fortemente inquinata; negli anni ’70 si decise di portare in Sardegna l'industria chimica; furono aperte numerose fabbriche di fibre e una centrale termoelettrica che funzionava ad olio combustibile; da alcuni anni l'Eni, che gestiva gli impianti, ha abbandonato il sito, lasciando in eredità disoccupazione, cassa integrazione e soprattutto inquinamento; inquinamento atmosferico, nelle falde delle fonti, nel terreno; una commissione parlamentare d'inchiesta sui rifiuti, nel 1998, scrisse che «l'unica preoccupazione era quella di non intralciare il processo di industrializzazione»; nel frattempo, si parla di fanghi rossi dell'Enichem stoccati a cielo aperto, morie di pesci nel fiume Tirso, ceneri della termodistruzione sui frutteti, fino all'allarme ozono scattato nel 1999; si parla di cumuli di plastica abbandonati e bruciati; scarti di macellazione, residui di oli grassi smaltiti in grosse buche scavate sul terreno; sono decine le aziende coinvolte che hanno inquinato senza pagare alcunché; si potrebbero citare decine di casi di smaltimento improprio e a giudizio dell'interrogante delinquenziale; nel frattempo, l'incidenza dei tumori si è fatta sentire; ci sono le denunce circostanziate dell'Aiea, l'associazione degli esposti all'amianto, le indagini del Nucleo operativo ecologico di Sassari e il lavoro della compagnia dei carabinieri della stazione di Ottana che ha indagato appunto sulla pericolosissima fibra e su rifiuti di ogni genere occultati; secondo l'Aiea sarebbero molte le morti attribuibili all'amianto; l'Inail non ha mai riconosciuto la possibilità che le morti degli operai che lavoravano nell'area industriale fossero legate all'amianto; in Sardegna sono 450 mila gli ettari considerati inquinati. I Sin – siti di interesse nazionale – risultano avere aree contaminate molto estese che necessitano interventi radicali di bonifica, i Sin sono stati definiti dal decreto legislativo n. 22 del 1997 (cosiddetto decreto Ronchi), dal decreto ministeriale n. 471 del 1999 e dal decreto n. 152 del 2006; i Sin individuati erano 57 poi ridotti a 39; le caratteristiche di un Sin che permettano di beneficiare delle ingenti risorse economiche per le bonifiche sono assolutamente compatibili con quelle presentate dalla zona industriale di Ottana –:
   se il Governo intenda valutare i presupposti per includere il sito industriale di Ottana tra i siti di interesse nazionale, in modo da poter assumere iniziative per erogare le risorse necessarie per bonificare radicalmente tutto il territorio. (5-09529)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della chiusura della Settimana verde dell'Unione europea e della Giornata mondiale dell'ambiente, l'Eurostat, l'ufficio di statistica dell'Unione europea, ha interrogato gli abitanti di 83 centri urbani europei per conoscere i livelli e soprattutto la percezione dell'inquinamento metropolitano dei Paesi europei;
   per quanto concerne i livelli sonori, Dublino mantiene, la più alta percentuale di soddisfazione (82 per cento), davanti a Helsinki (81 per cento) e Lussemburgo (79 per cento). In fondo alla classifica, ancora Bucarest che registra la più bassa percentuale di abitanti soddisfatti (31 per cento). Roma si attesta al 45 per cento;
   l'inquinamento acustico determina una serie di problemi alla salute, eppure il numero degli europei esposti ad elevati livelli di rumore sta crescendo: traffico stradale è una fonte primaria di rumore nelle città, dato che ogni giorno espone quasi 70 milioni di europei a livelli che superano i 55 decibel. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), un'esposizione prolungata a tali livelli può aumentare la pressione sanguigna ed essere causa di infarto;
   circa 50 milioni di persone che vivono nelle aree urbane sono esposte a livelli eccessivamente elevati di rumore nelle ore notturne. Per 20 milioni il rumore dovuto al traffico notturno ha effettivamente un effetto nocivo sulla salute. Il problema più importante è la perdita del sonno. Per un sonno ristoratore, l'Organizzazione mondiale della sanità raccomanda un rumore di fondo inferiore ai 30 decibel, con singoli rumori che non superano i 45 decibel;
   tra gli altri problemi causati dall'inquinamento acustico figurano quelli dell'udito, come l'acufene, quelli della salute mentale e lo stress;
   livelli elevati di rumore possono anche influire sulle prestazioni professionali ed essere causa di disturbo nelle attività scolastiche;
   l'impatto dell'inquinamento acustico è nocivo anche per gli animali, dato che questi sono molto sensibili ai rumori, avendo un apparato uditivo molto complesso e sensibile a un maggior numero di frequenze (basse ed alte). A causa del forte rumore, gli animali si ammalano più facilmente. Se alcune specie sono in grado di adattarsi all'ambiente urbano, per altre esiste il timore che l'inquinamento acustico possa determinare l'abbandono dei siti abituali di riproduzione e alimentazione;
   il diritto dell'Unione europea impone alle autorità di informare il pubblico sull'impatto dell'inquinamento acustico e di consultarlo sulle misure che intendono adottare per affrontare il problema tal modo i cittadini possono verificare se le misure di gestione del minore comportano dei reali miglioramenti ed eventualmente rivolgersi ai loro rappresentanti eletti. Infatti gli Stati membri sono tenuti a registrare i livelli di rumore nelle città, sulle strade e ferrovie e negli aeroporti e a proporre piani per affrontare questa forma di inquinamento;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo ha confermato un'interpretazione estensiva dell'articolo 8 («Diritto al rispetto della vita privata e familiare»), facendo rientrare nell'alveo dello stesso non solo il diritto dell'individuo a non subire violazioni di carattere materiale del domicilio e della vita privata, ma anche il diritto di vivere al riparo da interferenze che si riflettano sulla tranquillità personale e sullo stato di salute;
   nonostante l'esistenza di norme nazionali ed europee, nel nostro Paese i limiti imposti vengono per lo più disattesi;
   alcuni sindaci permettono, negligentemente, manifestazioni che, ben oltre gli orari consentiti, producono un alto livello di inquinamento acustico –:
   se e quali iniziative interventi concreti e risolutivi il Governo intenda mettere in campo per il risanamento dell'inquinamento acustico; se il Governo intenda avviare, promuovere e sostenere progetti, campagne ed iniziative atte a sensibilizzare ed educare maggiormente i cittadini ad una riduzione dell'inquinamento e ad un miglioramento della vita animale e umana anche in termini di salute;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative affinché l'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, eserciti un ruolo più incisivo anche alla luce dell'inerzia delle amministrazioni;
   se intendano porre in essere iniziative più rigorose per contrastare le riscontrate e tutelare così i cittadini. (5-09532)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VII Commissione:


   BORGHESI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'8 maggio 2016, durante la trasmissione televisiva su Rai 3 «Che tempo che fa», il Premier aveva annunciato che erano stati stanziati dal Governo 150 milioni di euro per recuperare, restaurare piccole opere o luoghi culturali, dietro la esclusiva segnalazione dei semplici cittadini. Questo l'appello del Presidente del Consiglio dei ministri Renzi: «Ci sono, pronti, 150 milioni di euro che vanno assegnati entro il 10 agosto. Le segnalazioni dovranno arrivare entro il 31 maggio. Pompei e gli Uffizi aiutano l'Italia a tornare orgogliosa di se stessa, bene ! Ma abbiamo bisogno anche del piccolo borgo dimenticato o del museo abbandonato o della chiesetta da ristrutturare. E meglio ancora se un gruppo di cittadini, una associazione, una proloco, una cooperativa, una impresa innovativa si offre di gestire questi beni come luoghi dell'anima per la comunità. Dunque, scrivete a bellezza@governo.it. Segnalate i luoghi che a vostro giudizio aiutano il nostro territorio a essere comunità. Perché su questo tema ci giochiamo il futuro dell'Europa, vedrete...»;
   la scadenza delle domande per partecipare all’«operazione-bellezza» era prevista appunto per il 31 maggio 2016 e una commissione ad hoc avrebbe stabilito a quali progetti assegnare le risorse, mentre il relativo decreto attuativo doveva essere emanato il 10 agosto 2016;
   in questi giorni l'interrogante ha appreso che, malgrado le moltissime segnalazioni di luoghi meritevoli di intervento (139.759 le segnalazioni totali al 31 maggio), al momento della verifica dell’iter della realizzazione effettiva presso gli uffici governativi si riceve come risposta, con fare peraltro molto sbrigativo, che: «tutto quello che c’è da sapere si trova sul sito del Governo nella sezione “Aggiornamenti”»;
   detta sezione però riporta solo l'intervista suddetta fatta dal Presidente del Consiglio dei ministri alla trasmissione condotta da Fazio, ma del decreto e del resto nessuna traccia;
   anche presso gli uffici del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la risposta non è stata diversa –:
   per quale motivo il decreto non sia stato ancora adottato, se gli interventi siano stati selezionati e i relativi importi fissati, chi siano i membri della commissione che ha operato le scelte ed in base a quali i criteri, o se piuttosto tutto si sia fermato e le risorse promesse siano state già dirottate su quelli che l'interrogante giudica altri «annunci» o peggio annullate. (5-09546)


   VEZZALI, RABINO e PISICCHIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   lo stanziamento del fondo unico per lo spettacolo (FUS) nell'ultimo anno ha rilevato un incremento, in valore assoluto, di quasi 1 milione di euro. Nonostante ciò la percentuale di attribuzione del FUS all'ambito della musica è rimasta invariata al 14 per cento;
   la riforma ha introdotto profonde trasformazioni nella rete dei teatri di tradizione, richiedendo fusioni e riorganizzazioni per riuscire a rimanere concorrenziali rispetto alle regole imposte dal FUS, innescando, di fatto, una competizione insostenibile per le realtà minori e moltiplicando il numero di eventi in cartellone a scapito della qualità dell'offerta;
   i teatri di tradizione rappresentano per le realtà in cui operano una risorsa e, forse, l'unica possibilità che turisti e residenti hanno per godere di uno spettacolo dal vivo. A differenza delle fondazioni lirico sinfoniche, offrono un prodotto culturale di qualità, pur se in dimensioni inferiori, con il vantaggio di una snellezza organizzativa e gestionale (non hanno le masse artistiche corali/orchestrali/corpo di ballo fisse), e una maggiore economicità a livello produttivo;
   per evitare che la crisi e la competizione con le realtà più grandi possano farli sparire (già operano cercando di superare difficoltà di ogni tipo), questi teatri vanno sostenuti ed incentivati, e vanno garantite loro risorse adeguate;
   va considerata l'attenzione che il Governo sta mostrando rispetto alle peculiarità territoriali che caratterizzano il nostro Paese, per valorizzarle e ottimizzare l'offerta turistico-culturale sostenendo l'economia –:
   cosa ritenga di dover fare anche per aiutare a sopravvivere e proteggere i teatri di tradizione e i festival che difendono la memoria e promuovono la cultura e per il territorio rappresentano opportunità di lavoro, turismo e identità. (5-09547)


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'8 maggio 2016, nel corso della trasmissione televisiva «Che tempo che fa» trasmessa da Rai Tre il Presidente del Consiglio annunciava l'iniziativa denominata « bellezza@governo.it» con la quale il Governo avrebbe assegnato 150 milioni di euro da destinare entro il 10 agosto 2016 al recupero di luoghi e beni architettonici o al finanziamento di progetti culturali;
   come specificato anche sul sito istituzionale della Presidenza del Consiglio le email pervenute da ogni angolo del Paese, da parte di cittadini, associazioni e comuni, fino alla mezzanotte del 31 maggio 2016 (termine ultimo entro cui inoltrare le richieste di beneficio), sono state 139.759, e circa ottomila i luoghi segnalati come meritevoli di intervento (tra cui borghi e ville romane, conventi e forti, chiese e aree archeologiche, palazzi storici e castelli e perfino interi centri storici), essendoci molte richieste convergenti verso le medesime situazioni di degrado. Lo stesso sito oltre ad ufficializzare l'iniziativa precisava che sarebbe stata successivamente istituita una commissione ad hoc che avrebbe stabilito a quali progetti assegnare le risorse;
   lo stesso successo e lo stesso tempismo non si registrano sul fronte della concreta azione di Governo al riguardo. Infatti, non risulta ad oggi alcuna traccia né dell'istituenda commissione che avrebbe dovuto valutare i progetti, né del decreto per l'assegnazione delle risorse che avrebbe dovuto essere emanato entro il 10 agosto 2016. Insomma, la lusinghiera iniziativa lanciata dal premier appena quattro mesi fa sembra essere «evaporata» nel nulla;
   «Segnalate i luoghi che a vostro giudizio aiutano il nostro territorio ad essere comunità. Perché su questo tema ci giochiamo il futuro dell'Europa, vedrete...», scriveva il Premier Renzi nel maggio del 2016, e continuava «Pompei e gli Uffizi aiutano l'Italia a tornare orgogliosa di se stessa, bene ! Ma abbiamo bisogno anche del piccolo borgo dimenticato o del museo abbandonato o della chiesetta da ristrutturare», alludendo a quel patrimonio diffuso del quale parla anche il Ministro interrogato e che continua a trovarsi in una condizione di sostanziale e totale abbandono –:
   quali siano i motivi a giustificazione del ritardo con il quale procede l'iniziativa esposta in premessa, e quali urgenti iniziative intenda intraprendere al fine di garantire che le richieste avanzate nell'ambito della stessa vengano evase. (5-09548)


   COSCIA, MANZI, BONACCORSI, ASCANI, BLAZINA, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, MALISANI, MALPEZZI, NARDUOLO, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI e MARIANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sono più di trecento i beni culturali gravemente danneggiati a seguito del drammatico evento sismico che ha interessato il 24 agosto 2016 quattro regioni del territorio appenninico del Centro Italia (Umbria, Marche, Abruzzo e Lazio);
   una parte consistente dei beni riguarda quelli ecclesiastici, luoghi di particolare rilevanza territoriale e simbolica;
   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sin dalle prime ore successive al sisma, ha attivato l'unità di crisi del Ministero, prevedendo specifiche ricognizioni per verificare i danni a strutture architettoniche, chiese e musei, anche con l'intervento, nelle aree di maggiore emergenza, dei cosiddetti Caschi blu della cultura;
   attraverso l'impegno diretto del Ministero oggi risulta in corso il recupero dalle macerie delle opere d'arte e si sta verificando lo stato dei beni culturali danneggiati dal sisma; è stato destinato, inoltre, ai fini della messa in sicurezza e del restauro l'intero incasso dei musei della prima giornata di «domenica» successiva al sisma;
   il Governo ha annunciato la definizione di un piano a medio termine denominato «Casa Italia» per incentivare la prevenzione antisismica e l'approvazione, già nei prossimi giorni, di un provvedimento contenente misure urgenti volte a risarcire i danni causati dal terremoto;
   l'avvio delle ricostruzione – come già accaduto in seguito ai precedenti eventi sismici che hanno colpito il Paese – richiede l'individuazione di determinate priorità di intervento, in collaborazione con le sue strutture periferiche e le regioni coinvolte, anche recuperando le positive esperienze maturate in termini di recupero del patrimonio culturale in occasione degli eventi sismici verificatisi in Emilia Romagna nel 2012 e nelle regioni Umbria e Marche nel 1997 –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia avviato per verificare lo stato dei beni culturali colpiti dal sisma e quali altre azioni ritenga utile avviare, coinvolgendo ulteriormente la propria struttura, in relazione valutazione della normativa tecnica vigente e alla definizione di possibili aiuti per la messa in sicurezza, il recupero e il restauro del patrimonio storico, artistico, culturale e religioso nei territori colpiti dal sisma. (5-09549)


   LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, D'UVA, BRESCIA, DI BENEDETTO e MARZANA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, sotto la direzione di Massimo Osanna, in data 15 dicembre 2014, ha bandito una gara per il «Miglioramento delle modalità di visita e per il potenziamento dell'offerta culturale del sito archeologico di Pompei», codice identificativo gara: 6023328F7E, da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi degli articoli 81, comma 1, 83, comma 1, e 84 del codice degli appalti, per un importo totale da quadro economico iniziale di 2.326.268,79 euro, iva esclusa, avente come responsabile unico di procedimento Adele Lagi;
   la commissione di gara, avente come presidente lo stesso soprintendente Massimo Osanna, in data 1o aprile 2015, ha designato impresa aggiudicataria il Consorzio «Arte'm Net» corrente in Napoli, Via Argine, 1150, codice fiscale n. 06144681217, con l'assegnazione di un punteggio totale 75,138 ed un ribasso offerto, rispetto alla base d'asta, del 18,33 per cento;
   ben maggiori, tuttavia, erano le percentuali di ribasso offerte dalle altre tre imprese partecipanti al bando di cui sopra: 22,58 per cento la Ett S.p.a.; 24,88 per cento la Space S.p.a.; 25,40 per cento Cinecittà Allestimenti e Tematizzazioni;
   l'impresa aggiudicataria del suddetto bando, Consorzio «Arte'm Net», come dichiarato sul proprio sito internet, è un consorzio costituito a Napoli nel settembre del 2008 che include, inter alia, «L'Erma di Bretschneider», casa editrice specializzata in archeologia;
   «L'Erma di Bretschneider» ha un rapporto di collaborazione con «Osanna Edizioni», casa editrice di proprietà della famiglia del soprintendente Massimo Osanna, occupandosi di curare le pubblicazioni estere di quest'ultima, come dichiarato anche nello stesso sito internet della «Osanna Edizioni»;
   «L'Erma di Bretschneider», inoltre, come riportato da Thonnas Mackinson in data 1o ottobre 2015 ne ilFattoQuotidiano.it, ha realizzato e distribuito, in occasione dell'EXPO e contestualmente alla mostra allestita a Roma presso l'Ara Pacis dal 2 luglio al 15 novembre 2015, un catalogo, del prezzo di 80,75 euro, dal titolo «Nutrire l'Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei», riportante testi di Massimo Osanna e Adele Lagi;
   il Consorzio «Arte'm Net» si era già visto aggiudicare un altro bando di gara della Soprintendenza speciale Pompei, Ercolano e Stabia, codice identificativo gara: 0502660825, per I) progettazione e realizzazione editoriale, II) progettazione e realizzazione oggettistica e III) vendita di prodotti editoriali e oggettistica presso i siti di Scavi di Pompei e Scavi di Ercolano, dietro corresponsione fissa annua di 15.000,00 euro più una quota percentuale complessiva sul fatturato, al netto dell'Iva, del 9 per cento;
   il responsabile unico della procedura di gara 6023328F7E, Adele Lagi, ha collaborato con la «Prismi Arte'm», impresa facente parte del consorzio «Arte'm NET», per talune pubblicazioni, come ad esempio nel catalogo dal titolo «Rosantico. Natura, bellezza, gusto, profumi tra Paestum, Padula e Velia»; la società Cinecittà Allestimenti Tematizzazioni, con numero di registro generale 2707 del 2015, ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione quarta contro la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nei confronti del Consorzio «Arte'm NET» al fine di accedere agli atti, censurati dall'amministrazione, della gara di cui sopra, ottenendo la sospensiva dell'aggiudicazione in data 10 luglio 2015;
   in seguito ad insoddisfacente documentazioni sulle procedure telematiche di aggiudicazione della gara, in quanto i log di sistema rilasciati risultavano privi dei relativi codici di decrittazione, con numero di registro generale 4324 del 2015, Cinecittà Allestimenti Termatizzazioni, Rti Cinecittà – Ibm Italia Spa – Hgv Advertising hanno presentato ricorso presso il medesimo tribunale contro il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ottenendo l'obbligo, da parte dell'amministrazione, dell'esibizione degli atti e la nomina del prefetto di Napoli come commissario ad acta per la verifica della legittimità dell'affidamento in data 24 settembre 2015;
   ciononostante, in data 2 ottobre 2015, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia ha proceduto alla stipula del contratto con il Consorzio «Arte'm NET» per 1.843.504,76 euro escluso iva;
   recentemente, in data 21 aprile 2016, l'Autorità nazionale anticorruzione, esaminando l’iter di selezione delle professionalità da destinare alla segreteria tecnica di progettazione del «Grande Progetto Pompei», con bando protocollo n. 9223 del 21 agosto 2014 emanato dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, ha rilevato «la sussistenza di un'ipotesi di conflitto di interessi» nei confronti del soprintendente Massimo Osanna, nella sua veste di responsabile del procedimento e come presidente della Commissione di concorso perché uno dei candidati, risultato poi secondo classificato e quindi in posizione utile alla stipula di un contratto, sarebbe stato, nel 2012, vincitore di una borsa di ricerca della «Fondazione Von Humboldt» presso la scuola di specializzazione di Matera, all'epoca diretta da Massimo Osanna, nonché coautore di un volume curato assieme al medesimo;
   risulterebbero ulteriori elementi concernenti il Consorzio «Arte'm NET» che, a quanto consta agli interroganti, potrebbero sollevare dubbi di conflitti di interessi o comunque collegamenti atti a favorire il suddetto Consorzio, che sono rappresentati dal fatto che Maria Utili, direttrice del polo museale della Campania, è la moglie di Guido Savarese, direttore editoriale del Consorzio «Arte'm NET»;
   in base a quanto finora espresso, malgrado il Presidente del Consiglio dei ministri abbia più volte innalzato Pompei a «simbolo dell'Italia che riparte», appare quantomeno equivoca la gestione di taluni bandi di gara e di selezione da parte della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, specie in considerazione dell'orientamento n. 95 dell'Autorità nazionale anticorruzione del 7 ottobre 2014, secondo cui «qualora sussista un conflitto di interessi anche solo potenziale, l'obbligo di astensione dei pubblici dipendenti di cui all'articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990 costituisce una regola di carattere generale che non ammette deroghe ed eccezioni» –:
   se il Ministro interrogato non ritenga urgente assumere iniziative per la sospensione delle gare d'appalto e di selezione che, sulla base dei fatti descritti in premessa, presentino un sospetto conflitto di interessi anche solo potenziale. (5-09550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BATTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il punto 27 della direttiva 2014/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (cosiddetta Direttiva Barnier) del 26 febbraio 2016 sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno afferma che nel caso in cui i proventi derivanti dal diritto di autore siano investiti «occorre che l'investimento sia effettuato in linea con la politica generale di investimento e gestione dei rischi dell'organismo di gestione collettiva»;
   al contrario, sul sito internet della Società italiana degli autori e degli editori (SIAE), apposita ente dedicato a fornire informazioni trasparenti agli utenti e ai cittadini circa l'attività svolta e il personale impiegato, sono pubblicati i dati relativi ai fondi degli enti di diritto privato controllati, tra i quali il fondo Pentagramma, che specifica che la SIAE ha sottoscritto quote della SICAV-ST Indaco Pentagramma per un valore complessivo di euro 295.000.000 (valore unitario quota euro 100), cui sono state aggiunte ulteriori n. 595.474,394 (valore unitario quota euro 100,76) vincolate alla gestione del fondo di solidarietà. Tali risorse saranno gestite in una logica di portafoglio, con l'ausilio di un gestore professionale per ottimizzare i rendimenti e contenere al massimo il rischio connaturato alla gestione finanziaria;
   tuttavia, non è data alcuna specificazione circa la figura del «gestore professionale» – peraltro, in evidente contrasto con i principi di diversificazione delle pratiche di investimento – preposto al controllo dei rendimenti degli investimenti e alle modalità di contenimento del rischio relative alla gestione delle risorse finanziare destinate a confluire nel suddetto fondo;
   come risulta da siti specializzati, quali Cityware e Bloomberg, Indaco Pentagramma è un fondo, il cui obiettivo è quello di favorire l'aumento di capitale. Il fondo investe in obbligazioni e/o prestiti o altri valori mobiliari a reddito fisso emessi da società, dai Paesi e/o agenzie governative e/o da organismi sovranazionali. Inoltre, il fondo non ha vincoli circa il rating delle obbligazioni emesse –:
   se sia a conoscenza della situazione che caratterizza la politica di investimento perseguita dalla SIAE e, se del caso, non ritenga di dover assumere iniziative specifiche, per quanto di competenza, per una revisione della predetta gestione finanziaria relativa ai proventi ricavati dallo sfruttamento dei diritti d'autore rendendola, così, conforme al quadro normativo europeo, come delineato dalla direttiva 2014/26/UE, e in particolare in osservanza del principio di «prudenza» – come previsto dalla direttiva in questione – allo scopo di determinare una procedura di investimento più efficace e sicura. (4-14260)


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   29 settembre 2016, il Teatro romano di Verona — luogo pubblico e di grande valore storico artistico — ospiterà «Cinema on ice», «un evento privato aziendale, accessibile solo su invito» organizzato dalla ditta Antolini Luigi & C. spa, attiva nel settore del marmo — per festeggiare i 60 anni di attività;
   al posto del palco sarà realizzata una pista di circa 25 metri per 14, lungo la quale i pattinatori su ghiaccio danzeranno interpretando le più celebri colonne sonore di film di fama mondiale, preferibilmente vincitori di premi Oscar;
   l'evento in programma, rigorosamente su invito e quindi non aperto alla cittadinanza, si svolgerà durante il prossimo fine settimana, ma i lavori di allestimento sono iniziati già dal 14 settembre 2016, tanto che l'evento programmato in precedenza in occasione del Tocatì — il Festival internazionale dei giochi in strada —, una serata intitolata «Azzardopatia: il buco nero del gioco», «un happening contro un non gioco che umilia, rovina, uccide», condotto da Gian Antonio Stella, con Marco Paolini e Enzo Iachetti e con la partecipazione di numerosi esperti, giornalisti e testimonial, si è tenuto domenica 18 settembre nella sala della Gran Guardia;
   le polemiche relative alla concessione da parte del comune di Verona di quello che viene considerato il più importante teatro romano del nord Italia non sono mancate, sin dai mesi scorsi;
   la vicenda si trascina dal 7 aprile, quando la giunta, inizialmente, bocciò l'iniziativa proprio per «l'incompatibilità con gli eventi già autorizzati», ma a giugno la giunta del sindaco Tosi ha deciso di concedere ugualmente il sito e la possibilità di costruirvi una pista del ghiaccio, trascurando, ad avviso dell'interrogante, le delicate condizioni del monumento che avrebbe invece bisogno di urgente restauro;
   sul tema si era espressa la direzione dei musei d'arte e monumenti di Verona, che in una nota, chiedeva alla giunta di non concedere il teatro perché «la trasformazione in pista di ghiaccio di un sito archeologico così delicato» non sarebbe consona «al decoro del monumento»;
   il 1o settembre 2016 è arrivato, però, anche il nulla osta della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Verona, un parere, a giudizio dell'interrogante, redatto con eccessiva accondiscendenza — viene da chiedersi quanto il soprintendente Fabrizio Magani, storico dell'arte e già direttore generale del Ministero in Abruzzo, dove è stato impegnato per i restauri dopo il terremoto, finendo anche indagato dalla magistratura, abbia davvero a cuore la salvaguardia dei siti posti sotto la sua protezione — in cui ci si limita a indicare che «dovranno essere adottate tutte le cautele possibili affinché le installazioni sceniche non danneggino le strutture monumentali»;
   al comune, la ditta richiedente dovrà versare 9.200 euro per maggiori costi di smontaggio di impianti elettrici e strutture per la sicurezza. Il canone di concessione, invece, non è stato reso noto;
   sugli organi di stampa locale comincia a farsi strada anche l'ipotesi che il sindaco Tosi abbia concesso il Teatro romano a titolo gratuito –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali siano le ragioni delle scelte operate dalla Soprintendenza di Verona e se intenda intervenire affinché le autorità statali preposte adempiano puntualmente allo svolgimento dei loro doveri. (4-14271)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, ha introdotto, nell'ambito delle disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, un credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura (cosiddetto «Art-Bonus»), finalizzato a favorire e potenziare il sostegno del mecenatismo e delle liberalità al fondamentale compito della Repubblica di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;
   quale ambito oggettivo, il suddetto articolo prevede un regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015, e nella misura del 50 per cento delle erogazioni effettuate nel 2016, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo e relativi a manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici; sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica (es. musei, biblioteche, archivi, aree e parchi archeologici, complessi monumentali, come definiti dall'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione; realizzazione di nuove strutture, restauro e potenziamento di quelle esistenti, di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo;
   successivamente, la legge n. 208 del 28 dicembre 2015 (legge di stabilità 2016) ha stabilizzato, rendendolo permanente il credito d'imposta nella misura del 65 per cento in favore delle erogazioni liberali a sostegno della cultura e dello spettacolo, indipendentemente dalla natura e dalla forma giuridica, purché effettuate in modalità da offrire sufficienti garanzie di tracciabilità;
   come dichiarato dallo stesso Ministro Franceschini, l’«Art Bonus è andato bene per le piccole e medie donazioni, ma a parte un solo caso, quello di Unicredit che ha offerto 14 milioni in tre anni per l'Arena di Verona, non c’è stata ressa di grandi aziende italiane. Vorrei che come in altri Paesi, la valutazione sull'impatto sociale delle imprese fosse anche in base a quanto donano per il recupero del nostro patrimonio»;
   secondo i dati diramati dal sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, fino ad oggi sono state effettuate erogazioni liberali da 3240 mecenati, tutte suddivise per tagli che vanno da 1 a 1.000 euro, da 1.000 a 10.000 euro, da 10.000 a 100.000 euro ed oltre 100.000 euro –:
   quale sia il dato aggiornato in possesso all'amministrazione finanziaria, aggregato per provincia, di quanti hanno donato avvalendosi dell'Art Bonus e le relative cifre, e quali siano stati i dieci progetti finanziati più generosamente e da parte di chi. (5-09537)


   SANDRA SAVINO e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in data 5 settembre 2014, notificato il 19 settembre 2014, la Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a è stata sottoposta ad amministrazione straordinaria, il commissariamento non era determinato da deficit patrimoniale (gravi perdite del patrimonio, ai sensi dell'articolo 70, lettera b), del TUB), bensì da asserite gravi irregolarità nell'amministrazione e gravi violazioni normative (articolo 70, lettera a), del TUB);
   il Ministro interrogato emetteva il provvedimento in un lasso temporale di circa 24 ore dal momento in cui gli perveniva la proposta del Governatore della Banca d'Italia, senza, ad avviso degli interroganti, aver espletato adeguata istruttoria e nonostante fosse chiamato ad emettere un atto assolutamente discrezionale, e motivava mediante semplice rinvio alla proposta stessa, recepita, quindi, acriticamente;
   il decreto, di appena 9 righe tra preambolo e statuizione, veniva impugnato davanti alla magistratura amministrativa, unitamente agli atti antecedenti e successivi; da notizie pervenute agli interroganti le questioni sono ancora sub iudice e devono essere quindi definite;
   la Banca d'Italia nominava durante la gestione commissariale ben tre commissari: nello specifico il signor Riccardo Sora, successivamente sostituito dal signor Salvatore Immordino e dal signor Francesco Bochicchio;
   con provvedimento datato 21 novembre 2015, approvato dal Ministro dell'economia e delle finanze con decreto del 22 novembre 2015, la Banca d'Italia disponeva, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 180 del 2015, l'avvio della risoluzione della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a. (oltre che della Banca delle Marche, della Banca Popolare dell'Etruria e della Cassa di Risparmio della Provincia di Ferrara);
   il programma di attuazione della risoluzione prevedeva l'adozione di una serie di misure, tra cui la sottoposizione della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a., in amministrazione straordinaria, a risoluzione, ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, con conseguente chiusura della procedura di amministrazione straordinaria in essere e cessazione degli incarichi dei commissari straordinari e del comitato di sorveglianza, nonché la disposizione della permanenza in carica presso la banca in risoluzione dell'alta dirigenza;
   il medesimo programma prevedeva altresì a nomina del commissario speciale e dei membri del comitato di sorveglianze della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a., in risoluzione, ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, i cui atti tengono luogo di quelli dei competenti organi sociali degli azionisti e dei titolari di altre partecipazioni, con conseguente sospensione dei diritti di voto in assemblea e degli altri diritti derivanti da partecipazioni che consentono di influire sulla banca;
   nel programma è stata prevista anche la riduzione integrale delle riserve e del capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, e del valore nominale degli elementi di classe 2, computabili nei fondi propri, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 27, comma 1, lettera b), e dell'articolo 52, comma 1, lettera a), punti i) e iii), richiamato dall'articolo 28, comma 3, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, al fine di assicurare la copertura di una parte delle perdite quantificate sulla base delle risultanze delle valutazioni provvisorie di cui all'articolo 5 del medesimo decreto;
   il provvedimento sopra citato prevedeva l'adozione dello statuto della banca ponte (ente ponte), con l'obiettivo di una sua collocazione sul mercato; l'approvazione della strategia e del profilo di rischio; la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo, l'approvazione dell'attribuzione delle deleghe e delle remunerazioni; l'individuazione delle eventuali restrizioni all'attività dell'ente ponte ai sensi dell'articolo 42, comma 3, lettera 4, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180;
   è stata altresì stabilita la cessione dell'azienda da parte della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a, in risoluzione, all'ente ponte «Nuova Cassa di Risparmio di Chieti s.p.a.», ai sensi dell'articolo 43, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180; restano esclusi dalla cessione i debiti subordinati non computabili nei fondi propri emessi dalla banca in risoluzione; il capitale sociale dell'ente ponte è detenuto dalla Banca d'Italia a valere sul patrimonio autonomo del fondo di risoluzione;
   il programma ha previsto la costituzione di una: «società veicolo» per la gestione delle attività, ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, con capitale sociale detenuto dalla Banca d'Italia a valere sul patrimonio autonomo del fondo di risoluzione, l'approvazione dell'atto costitutivo e dello statuto della società, della strategia e del profilo di rischio, la nomina dei componenti degli organi di amministrazione e controllo della società nonché l'approvazione dell'attribuzione delle deleghe e delle remunerazioni;
   è stata stabilita la cessione alla «società veicolo» per la gestione delle attività delle sofferenze detenute dall'ente ponte, ai sensi dell'articolo 46 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180; e la proposta di sottoposizione della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a., in risoluzione, a liquidazione coatta amministrativa;
   con decreto del 9 dicembre 2015 il Ministro dell'economia e delle finanze, recependo la proposta della risoluzione appena citata, sottoponeva la Cassa di Risparmio di Chieti s.p.a a liquidazione coatta amministrativa;
   l'articolo 1, comma 854, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge stabilità 2016) ha abrogato il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183 («salvabanche»);
   nel biennio precedente il commissariamento la Banca è stata sottoposta a due ispezioni da parte della autorità di vigilanza, la prima ha riguardato il periodo dal 4 aprile 2012 al 30 giugno 2012, e la seconda il periodo dal 20 febbraio 2014 al 20 maggio 2014;
   nel corso degli accertamenti ispettivi del 2012, ed a conclusione di quelli del 2014, il Consiglio di amministrazione ha recepito integralmente e per importi superiori le indicazioni dei teams ispettivi in tema di rettifiche/svalutazioni su crediti;
   nonostante le ingenti rettifiche effettuate a conto economico, il core tier one della banca, a quanto risulta agli interroganti ha evidenziato una crescita costante a partire dal 6,90 per cento riferito all'esercizio 2010 sino ad attestarsi all'8,80 per cento dal 31 dicembre 2013, registrando in questo modo un dato più che adeguato rispetto alle disposizioni della vigilanza in materia;
   alla data del 30 giugno 2014, recepiti tutti gli accantonamenti indicati dagli ispettori e quantificabili in oltre euro 60 milioni di euro, il livello del rapporto in parola ammontava al 8,37 per cento, dato questo anche ben superiore ai minimi regolamentari prefissati dalla Banca d'Italia;
   nel momento, dunque, in cui è stata disposta l'amministrazione straordinaria, la Banca era in una situazione patrimoniale, di redditività e di liquidità assolutamente adeguata, tanto è vero che non è stata commissariata per deficit patrimoniale, né tanto meno è stato dichiarato il deficit patrimoniale durante la gestione commissariale;
   come sin qui esposto, ad avviso degli interroganti, è pertanto ragionevole ritenere che la Carichieti sia stata accumunata alle altre tre banche «salvate» con l'ormai famoso decreto «salva banche», stanti a quelli che gli interroganti giudicano le inopinate e trasmodanti rettifiche su crediti operate dai commissari che hanno portato ad una copertura del «monte sofferenze» non paragonabile ad alcuna azienda concorrente;
   tali perdite, congiuntamente ad altre svalutazioni inopinate dell'attivo della banca, hanno prodotto l'azzeramento del valore delle azioni e delle obbligazioni subordinate; pertanto, è da ritenersi, ad avviso degli interroganti, che l'ammontare così elevato delle rettifiche su crediti operate dalla gestione commissariale, di fatto sia stato funzionale esclusivamente al collocamento sul mercato della banca a scapito della fondazione proprietaria ma soprattutto del territorio;
   i commissari straordinari hanno fornito una situazione contabile della banca al 30 settembre 2015 (solo 40 giorni prima della risoluzione), evidenziante un patrimonio netto positivo di euro 68 milioni, nonostante le ingenti rettifiche effettuate nell'arco della gestione commissariale;
   la Cassa è stata sempre adempiente nei confronti delle proprie controparti, procedendo addirittura, a quanto è dato sapere, al rimborso di obbligazioni subordinate sino alla data di avvio della risoluzione;
   il tribunale di Chieti, con sentenza del 14 luglio 2016, ha dichiarato lo stato d'insolvenza della banca messa in liquidazione coatta amministrativa, evidenziando che la situazione al 30 giugno 2014 raccoglie le rettifiche del disciolto consiglio di amministrazione della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti in ottemperanza ai rilievi formulati nel corso degli accertamenti ispettivi della Banca d'Italia, di cui danno atto i funzionari dell'organo di vigilanza;
   in merito alle valutazioni operate dagli organi commissariali con riferimento alle svalutazioni su crediti, va osservato che le richieste formulate dal tribunale (concernenti le delibere commissariali sulle svalutazioni effettuate e le proposte di svalutazione sottoposte alla valutazione commissariale) a quanto consta agli interroganti sono rimaste sostanzialmente e significativamente inevase;
   nella sentenza sopra citata è altresì sottolineato il fatto che negli atti non vi sono elementi che consentono di affermare l'esistenza di uno stato d'insolvenza al momento dell'avvio della risoluzione, insolvenza manifestatasi solo al momento dell'emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa scaturita da rettifiche di valore di crediti di cui non è stata data alcuna giustificazione –:
   se, alla luce di quanto esposto e delle numerose anomalie riscontrate, in particolare in seguito alla sentenza del tribunale di Chieti riportata in premessa, il Ministro interrogato non ritenga necessario chiarire le effettive motivazioni che hanno portato al commissariamento della Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti s.p.a., e quali iniziative di competenza intenda predisporre, anche alla luce dei dubbi sollevati dal tribunale sull'operato degli organi preposti, per tutelare risparmiatori e azionisti di Carichieti, e, più in generale, provvedere al pieno ristoro di coloro che hanno investito in modo inconsapevole i propri risparmi in strumenti finanziari subordinati emessi dall'istituto citato. (5-09538)


   GEBHARD, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1 della legge di stabilità 2016 ha fissato a 10 euro complessivi l'importo del canone di abbonamento alla televisione per uso privato di cui al regio decreto-legge 21 febbraio 1938 n. 246, e ha introdotto una nuova riscossione del canone mediante addebito sulle fatture per la fornitura di energia elettrica prevedendone il versamento entro il 31 ottobre 2016;
   il 21 giugno 2016 l'Agenzia delle entrate ha emanato una circolare esplicativa (n. 29) di determinazione del canone dovuto per le varie casistiche di utenti, specificando le regole di individuazione delle utenze residenziali addebitabili e le regole applicabili per determinare l'importo del canone da addebitare;
   l'Agenzia delle entrate, nella suddetta circolare, definisce quanto è dovuto dall'utente a seconda del mese di attivazione dell'utenza elettrica nel 2016 e stabilisce che, chi ne beneficia già dal primo gennaio 2016, sarà tenuto a versare 10 rate di canone Rai per un esborso totale di 100 euro, mentre chi attiverà l'utenza nei mesi successivi, verserà delle rate mensili crescenti, sempre superiori ai 10 euro;
   i contribuenti che non ricevono l'addebito del canone Rai in bolletta (come chi non ha un'utenza elettrica intestata o chi abita nelle isole minori in cui non è presente l'allacciamento alla rete nazionale), sono chiamati a pagare, sempre entro il 31 ottobre 2016, tramite il modello F24;
   sono già stati pubblicati dall'Agenzia delle entrate i codici tributo operativi dal 1o settembre 2016 che i contribuenti dovranno inserire nel modello F24 –:
   quale sia l'ammontare dei canoni fino ad oggi versato dai contribuenti.
(5-09539)


   VILLAROSA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 luglio 2015 un devastante tornado si è abbattuto tra Mira e Dolo, sulla riviera del Brenta, in Veneto, a due passi da Venezia: il vortice è stato uno dei più potenti mai registrati in Italia, classificato come EF4 sulla scala Enhanced FujIta in Veneto; il bilancio complessivo parla di oltre 400 fabbricati inagibili, così come 200 sfollati; la stima totale dei danni provocati dal tornado, per i due comuni più colpiti, ovvero Mira e Dolo, ha superato i cento milioni di euro;
   a fronte del conseguente stato emergenziale, con la legge n. 208 del 2015, ai commi 422 e seguenti, il Governo ha stanziato un contributo a favore delle popolazioni colpite da vari eventi in tutta Italia, spendibile mediante «credito d'imposta» in compensazione a un finanziamento agevolato «acceso» dai danneggiati nel limite di 1,5 miliardi di euro: per gli eventi calamitosi dell'8 luglio 2015 il limite massimo spendibile è stato fissato nella misura 31 mln di euro;
   il contributo previsto verrà erogato sotto forma di «finanziamento agevolato» sia per i privati sia per le aziende;
   solo una volta richiesto il finanziamento maturerà il credito d'imposta a favore dei richiedenti e le modalità verranno stabilite con provvedimento dell'Agenzia delle entrate nel limite di 60 mln annui;
   è stato altresì stabilito che il credito maturerà al netto di eventuali indennizzi assicurativi ricevuti dai beneficiari per le medesime finalità;
   si prevede inoltre che la durata massima del finanziamento è venticinquennale, che i contributi verranno erogati sulla base degli stati di avanzamento lavori relativi all'esecuzione dei lavori e che i contratti di finanziamento prevedono specifiche clausole risolutive espresse, anche parziali, per i casi di mancato o ridotto impiego del finanziamento, ovvero di utilizzo anche parziale del finanziamento per finalità diverse da quelle indicate nei commi da 422 a 428 e che in tutti i casi di risoluzione del contratto di finanziamento, il soggetto finanziatore potrà chiedere al beneficiario la restituzione del capitale, degli interessi e di ogni altro onere dovuto;
   al comma 428 si prescrive poi che «Le modalità attuative dei commi da 422 a 428, anche al fine di assicurare uniformità di trattamento, un efficace monitoraggio sull'utilizzo delle risorse, nonché il rispetto del limite di 1.500 milioni di euro di cui al comma 423, sono definite con ordinanze adottate dal Capo del Dipartimento della protezione civile d'intesa con le regioni rispettivamente interessate e di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni»;
   il 28 luglio il Consiglio dei ministri ha deliberato lo «stanziamento di finanziamenti per la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 5, comma 2, lettera d), della legge 24 febbraio 1992, n. 225, successive modifiche ed integrazioni»;

All'articolo 1, comma 5, lettera e), si legge che:
    «Per gli immobili destinati ad abitazione principale verrà concesso un contributo pari all'80 per cento del minor valore tra perizia e importo indicato nella “scheda b” e comunque non superiore alla 150.000 euro;
    per le seconde case e le attività economiche il contributo si riduce al 50 per cento sempre entro il limite di 150.000 euro;
    per le attività economiche i contributi massimi concedibili sono nel limite del 50 per cento del minor valore tra l'importo totale indicato nella scheda “C” citata e l'importo risultante dalla perizia asseverata di cui alla successiva lettera l), con riferimento al fabbisogno segnalato per il ripristino strutturale e funzionale dell'immobile, e ne limite dell'80 per cento del minor valore tra l'importo totale indicato nella scheda “C” citata e l'importo risultante dalla perizia asseverata di cui alla successiva lettera l), con riferimento al fabbisogno segnalato per il ripristino dei macchinari e delle attrezzature danneggiati e l'acquisto di scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti danneggiati o distrutti e non più utilizzabili a causa dell'evento calamitoso, comunque entro il limite massimo complessivo di euro 450.000,00 per tutte le tipologie di contributo»;
   a parere degli interroganti le misure predisposte non sono adeguate e dimostrano scarsa sensibilità nei confronti di popolazioni colpite da eventi «rari» e inaspettati, eventi frutto esclusivamente della natura, di cui l'uomo non è parte attiva e che non possono essere risolti utilizzando la forma del «finanziamento agevolato» da compensare mediante credito d'imposta;
   sarebbe stato auspicabile l'erogazione di un contributo diretto verso persone e aziende senza alcuna induzione alla richiesta di finanziamenti «agevolati», con conseguente pagamento di rate dispendiose e con rischio d'insolvenza; questa potrebbe essere una forma alternativa di agevolazione verso le aree del Paese in difficoltà, con scarsa crescita economica; ma qui si tratta di cittadini colpiti da eventi disastrosi, per le quali misure di sostegno diretto sarebbero state più adeguate;
   si evidenzia inoltre che delibera del Consiglio dei ministri è del 2016: questo significa che i primi crediti si potranno ottenere solo nel 2017, quindi due anni dopo l'evento calamitoso;
   tutto ciò mette a rischio tutte le imprese che pagheranno le rate del mutuo per due anni prima di poterlo compensare, con gravi rischi per i bilanci delle aziende; per di più, il contributo si riduce di molto a causa del finanziamento perché l'eventuale 80 per cento del finanziamento ricevuto verrà in parte eroso dai costi bancari;
   inoltre, è da considerare che il credito d'imposta potrà essere utilizzato solo in compensazione: non si tiene dunque conto di potenziali soggetti incapienti, che pertanto non potranno fruire della misura;
   si evidenzia infine la prossimità dei termini e l'assenza ingiustificata delle linee guida dell'Agenzia delle entrate senza le quali non si può procedere nonostante il termine ultimo previsto sia il 29 settembre 2016: vista la mancanza di certezza sarebbe necessario far slittare il termine, dando così maggiore certezza ai danneggiati –:
   se sia a conoscenza delle descritte problematiche e quali iniziative intenda adottare, negli ambiti di propria competenza, per porvi rimedio. (5-09540)


   FRAGOMELI e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la circolare dell'Agenzia delle entrate 19 dicembre 2013, n. 36/E, si chiariscono le modalità con cui sono rilevati – ai fini delle imposte dirette e dell'IVA – gli incentivi erogati ai titolari di impianti di energia da fonti rinnovabili e si inquadrano in ambito catastale gli impianti di tipo fotovoltaico, ponendo particolare attenzione alla questione della qualificazione mobiliare o immobiliare di tali impianti e alle conseguenze che ne derivano in materia catastale e tributaria;
   sulla base dei chiarimenti resi ai fini fiscali dall'Agenzia delle entrate, con riferimento alle installazioni fotovoltaiche poste su edifici ed a quelle realizzate su aree di pertinenza, non hanno autonoma rilevanza catastale e costituiscono semplici pertinenze delle unità immobiliari, le porzioni di immobili ospitanti gli impianti di produzione di energia di modesta entità;
   con la medesima circolare n. 36/E/2013, l'Agenzia delle entrate ha precisato che quando l'impianto fotovoltaico si configura come bene mobile si applica l'aliquota di ammortamento del 9 per cento (circolare n. 46/E/2007), mentre quando l'impianto fotovoltaico costituisce un bene immobile l'aliquota di ammortamento applicabile è pari al 4 per cento corrispondente a quello previsto per «fabbricati destinati all'industria»;
   l'articolo 1, comma 21, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, stabilisce che la determinazione catastale del valore degli immobili a destinazione speciale (censibili nella categoria D) è effettuata tramite stima diretta, tenendo conto del suolo, delle costruzioni e degli elementi a essi strutturalmente connessi (che ne accrescono la qualità e l'utilità, nei limiti dell'ordinario apprezzamento), ma escludendo la considerazione dei macchinari, congegni, attrezzature e altri impianti, funzionali allo specifico processo;
   l'Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili (Aidc), nella norma di comportamento n. 197, del 18 luglio 2016, ha specificato, con riferimento che agli impianti fotovoltaici ed eolici fissi al suolo (cosiddetti imbullonati), che si rende applicabile il coefficiente di ammortamento del 9 per cento, con l'eccezione delle parti che si qualificano come fabbricati, cui si rende applicabile il 4 per cento. Alle componenti «autonome» si applicano invece, i coefficienti diversificati previsti per ogni tipologia dal provvedimento del 1988;
   nell'ambito della discussione della risoluzione n. 8-00067 approvata dalla Commissione Finanze, il Governo ha condiviso l'opportunità di introdurre una previsione normativa che contempli una specifica aliquota di ammortamento per gli impianti fotovoltaici, a prescindere dalla natura mobiliare o immobiliare degli stessi;
   una riduzione della percentuale di ammortamento comporterebbe un evidente aumento dell'imposizione fiscale per i cittadini che hanno voluto investire nelle energie rinnovabili in quanto dilaterebbe a tal punto i tempi di recupero dell'investimento che, prima ancora che tale investimento sia del tutto ammortizzato, il materiale fotovoltaico installato sarà già obsoleto ed avrà quindi subito un forte decremento del valore intrinseco, unitamente ad un sicuro aumento dei costi di smaltimento dell'impianto stesso;
   è necessario evitare il pericolo di penalizzare gli investimenti in energie rinnovabili, che producono benefici per l'ambiente riducendo il consumo delle risorse naturali –:
   se non ritenga utile assumere iniziative normative che chiariscano in via definitiva, in linea con la previsione dell'Associazione italiana dottori commercialisti ed esperti contabili, l'assoggettabilità ad ammortamento con aliquota del 9 per cento per gli impianti fotovoltaici ed eolici fissi anche, qualora si qualifichino come fabbricati in quanto ancorati al suolo (cosiddetti imbullonati). (5-09541)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BERNARDO, PELILLO, PAGLIA, SANDRA SAVINO, LAFFRANCO, BUSIN, GEBHARD, SOTTANELLI e PAGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i commi da 855 a 861 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) istituiscono e disciplinano il fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazione in favore di investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 183 del 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio della provincia di Chieti);
   in particolare, il comma 857 prevede che, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità 2016, sono definiti: le modalità di gestione del fondo; le modalità e condizioni di accesso al fondo stesso; i criteri di quantificazione delle prestazioni; le procedure da esperire, che possono essere anche di natura arbitrale;
   inoltre, il comma 859 stabilisce, nei casi di ricorso a procedura arbitrale, che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le competenti Commissioni parlamentari sono nominati gli arbitri;
   il termine di 180 giorni di cui al citato comma 857 è scaduto, senza che al momento siano stati emanati i predetti decreti del Ministro dell'economia e delle finanze;
   con il decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, sono stati previsti ulteriori spazi di tutela, consentendo ai clienti che ha o acquistato le obbligazioni subordinate delle quattro banche entro il 12 giugno 2014 – data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea della «Direttiva BRRD» di optare per un indennizzo automatico, alternativo alla procedura arbitrale;
   l'indennizzo automatico, il cui importo è forfetario e pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto di oneri e spese connessi alle operazioni di acquisto e della differenza, se positiva, tra rendimenti ottenuti e tasso sui Btp, può essere richiesto entro il 30 dicembre 2016, al ricorrere di almeno una fra due condizioni definite, di carattere patrimoniale e reddituale;
   l'assenza del decreto attuativo in materia di ricorso alle procedure arbitrali, tuttavia, sta generando incertezza tra gli investitori, che non hanno a disposizione i dovuti elementi informativi per scegliere fra l'indennizzo forfettario, sicuramente più celere e certo, e la procedura arbitrale, che potrebbe eventualmente garantire un rimborso superiore all'80 per cento  –:
   quale sia la tempistica per l'adozione dei decreti ministeriali di cui al comma 857 dell'articolo 1 legge n. 208 del 2015, nonché per la definizione della proposta di sua competenza ai fini dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 859 dell'articolo 1 della medesima legge;
   se non ritenga opportune assumere iniziative per prorogare il termine per la presentazione della documentazione per l'istanza di erogazione dell'indennizzo forfetario da parte degli investitori, fissato al 30 dicembre 2016 ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59. (5-09517)


   PESCO, RUOCCO, ALBERTI, VILLAROSA e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i commi da 855 a 861 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) istituiscono e disciplinano il fondo di solidarietà per l'erogazione di prestazione in favore di investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 183 del 2015, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione (Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio della provincia di Chieti);
   in tale contesto, il comma 857 prevede che, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, da emanare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge di stabilità 2016, sono definiti: le modalità di gestione del fondo, le modalità e condizioni di accesso al fondo stesso; i criteri di quantificazione delle prestazioni; le procedure da esperire, che possono essere anche di natura arbitrale;
   inoltre, il comma 859 stabilisce, nei casi di ricorso a procedura arbitrale, che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le competenti Commissioni parlamentari sono nominati gli arbitri;
   il termine di 180 giorni di cui al citato comma 857 è scaduto, senza che al momento siano stati emanati i predetti decreti del Ministro dell'economia e delle finanze –:
   quale sia la tempistica per l'adozione dei decreti ministeriali di cui al comma 857 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015, nonché per la definizione della proposta di sua competenza ai fini dell'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 859 della medesima legge;
   se reputi opportuno assumere iniziative per concedere una proroga del termine ultimo per la presentazione delle domande di rimborso pari al periodo temporale intercorrente tra la data del 30 giugno 2016 e la data di emanazione dei decreti in questione;
   se e quali iniziative intenda assumere per superare l'interpretazione, a giudizio degli interroganti estremamente restrittiva, del Fondo interbancario di tutela dei depositi e come si concili con le disposizioni di cui all'articolo 8 del decreto-legge n. 59 del 2016 l'esclusione dal rimborso forfettario degli acquisti di strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche in liquidazione, ancorché effettuati entro il 12 giugno 2014, presso le banche e gli intermediari appartenenti ai gruppi bancari, di cui le banche in liquidazione risultavano essere capogruppo alla data di acquisto degli strumenti finanziari stessi;
   in considerazione delle disposizioni di cui all'articolo 8, comma 1, lettera f), del decreto-legge n. 59 del 2016, che qualificano la «prestazione dei servizi e delle attività di investimento relativi alla sottoscrizione o al collocamento degli strumenti finanziari subordinati» come la prestazione di ciascuno dei servizi ed attività di cui all'articolo 1, comma 5, e all'articolo 25-bis del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58, ove nella prestazione di tale servizi o attività sono stati in qualsiasi forma e con qualsiasi modalità acquistati o sottoscritti dall'investitore i suddetti strumenti finanziari subordinati, nell'ambito di un rapporto negoziale con la banca in liquidazione, l'interpretazione e l'intenzione del Fondo interbancario di tutela dei depositi di escludere dalla procedura di rimborso forfettario gli acquisti di strumenti finanziari subordinati emessi dalle banche in liquidazione, ancorché effettuati entra il 12 giugno 2014, avvenuti nell'ambito di operazioni di compravendita sul mercato secondario in cui la banca in liquidazione abbia svolto attività di intermediazione tra acquirente e venditore, visto che tale prestazione, eseguita in modo diretto tra acquirente e banca, rientra tra quelle indicate all'articolo 1, comma 5, lettera b), del decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 («esecuzione di ordini per conto dei clienti»).
   (5-09536)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sin dal 1986 la normativa italiana prevede che le detrazioni per carichi di famiglia siano attribuibili solo a persone il cui reddito complessivo non superi la cifra di 2.840,51 euro;
   tale limite non è mai stato modificato in questi 30 anni, nonostante il cambio di valuta da lira ad euro, le variazioni del livello d'inflazione e l'enorme aumento del costo della vita;
   la scelta di non aggiornare la cifra massima per le detrazioni per carichi di famiglia ha comportato un evidente paradosso: laddove infatti l'importo del rateo pensionistico di reversibilità spettante pro quota ad uno o più figli dopo la morte del genitore supera 2.840,51 euro annui, essi perdono anche il diritto di stare a carico dell'altro genitore;
   eppure è evidente che una cifra magari poco superiore al limite previsto dalla normativa non può garantire l'autosufficienza del figlio ricevente la quota di pensione di reversibilità: esso è costretto, di fatto, a rimanere comunque a carico del genitore ancora in vita;
   il genitore superstite, per di più, si vede impedita la possibilità di detrarre spese mediche, sportive e universitarie relative ai figli;
   è evidente la differenza di trattamento che si viene a creare tra famiglie in cui entrambi i genitori sono in vita e famiglie in cui un genitore premuore: nel primo caso i redditi dei due genitori non si cumulano ed i figli sono considerati a carico, permettendo l'utilizzo delle detrazioni relative al loro mantenimento, nel secondo il genitore vedovo, pur percependo una frazione ridotta di pensione di reversibilità, rischia di vedersi privato di quelle stesse agevolazioni;
   eppure dovrebbe essere proprio la famiglia in cui un genitore è deceduto a vedersi maggiormente tutelata dallo Stato;
   in più la legge n. 335 del 1995 prevede il cumulo per l'Irpef del reddito derivante dalla propria attività lavorativa con quello relativo alla frazione di pensione di reversibilità goduta, con conseguente aggravamento della propria posizione fiscale;
   viene segnalata, ad esempio, all'interrogante, la situazione della famiglia del sottufficiale di Guardia di Finanza, deceduto nel 2012 a causa di tumore;
   i suoi tre figli, tutti minori, percepivano nel 2014 una frazione di pensione di reversibilità pari a 3.018 euro annui, assolutamente insufficiente a garantirgli un'indipendenza economica, ma comunque tale da privarli della possibilità di risultare a carico del genitore ancora in vita D. R. permettendo a quest'ultimo di usufruire delle detrazioni previste;
   quindi la vedova del sottufficiale in questione, lavoratrice dipendente costretta a lavorare solo part time per riuscire a gestire il nucleo familiare, si è vista paradossalmente chiedere dall'Agenzia delle entrate in restituzione una cifra di circa 7.000 euro per le detrazioni fiscali «erroneamente» concesse tra 2012 e 2013 –:
   se non ritenga urgente e doveroso assumere iniziative al fine di modificare la soglia prevista dalla normativa del 1986, così da parametrarla all'attuale costo della vita;
   quali iniziative ritenga di dover prendere al fine di risolvere la situazione della famiglia di D. R. e di tutte le altre famiglie che versano nella medesima condizione. (4-14266)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TINO IANNUZZI e CARRESCIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da anni lavorano presso il Ministero della giustizia, nei diversi uffici giudiziari in tutto il Paese, oltre 1.100 operatori inseriti con contratto di formazione nelle cancellerie, i cosiddetti «tirocinanti di giustizia» che, dopo un percorso di cinque anni (regionale prima, ministeriale poi) a seguito della selezione bandita con decreto interministeriale del 20 ottobre 2015, collaborano con il personale di ruolo per colmare il vuoto di organico superiore oramai alle 10.000 unità;
   questo ennesimo percorso formativo terminerà il 30 novembre 2016 e, ad oggi, non risultano soluzioni definitive affinché venga finalmente riconosciuto il lavoro finora egregiamente svolto da tale personale;
   investire risorse pubbliche nella formazione di nuovo personale, senza tuttavia prevederne una stabile collocazione futura e un definitivo inserimento lavorativo, produce danni di natura sia economica sia sociale;
   le conoscenze e la professionalità, acquisite dai tirocinanti con il percorso formativo compiuto e generalmente riconosciute ed apprezzate debbono, invece, essere valorizzate ed utilizzate a tempo indeterminato, previe procedure concorsuali che tengano appunto conto della loro esperienza e professionalità;
   i titolari di diversi uffici giudiziari, fra cui il Presidente della corte d'appello di Roma con una lettera al Ministro della giustizia (prot. n. 27315 del 27 giugno 2016), hanno prefigurato una valida soluzione alla predetta questione, nel rispetto dell'articolo 97 della Costituzione, del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, dei decreti legislativi nn. 165 del 2001 e 150 del 2009, ovvero di svolgere prove pratiche attitudinali tendenti ad accertare la professionalità dei tirocinanti;
   in attesa di una soluzione definitiva, nell'interesse degli uffici che sono in profonda situazione di sofferenza a causa delle pesantissime carenze di organico, è necessario, comunque, il rinnovo del percorso formativo dei tirocinanti, prevedendo per essi anche una borsa lavoro più adeguata e congrua al servizio svolto con dedizione e serietà;
   in occasione della discussione del decreto-legge 30 giugno 2016, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 2016, n. 161, il Governo, nella seduta della Camera dei deputati del 26 luglio 2016, ha accolto come raccomandazione l'ordine del giorno Carrescia-Tino Iannuzzi n. 9/3954-A/1, che ha impegnato l'Esecutivo «a riconoscere in modo significativo, nelle procedure concorsuali pubbliche disciplinate con decreto del Ministro della giustizia per l'assunzione di personale finalizzata a rendere più efficienti i servizi, il percorso formativo dei circa 1.100 tirocinanti di giustizia oggi a supporto agli Uffici e, nelle more, al rinnovo del loro percorso formativo con una borsa lavoro più adeguata e confacente al contributo che essi stanno dando al sistema giudiziario» –:
   quali urgenti ed indifferibili iniziative il Ministro intenda assumere per rinnovare il percorso formativo dei circa 1.100 tirocinanti della giustizia, che in questi anni hanno avuto ed hanno un ruolo importante e prezioso al servizio dei diversi uffici giudiziari, prevedendo una borsa lavoro più adeguata e corrispondente alla qualità e alla rilevanza del lavoro svolto, oltre che per riconoscere in modo significativo il percorso formativo svolto dai medesimi tirocinanti nelle procedure concorsuali pubbliche per l'assunzione di 1.000 unità di personale amministrativo decisa con il decreto-legge n. 117 del 2016. (5-09526)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IX Commissione:


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dell'insolvenza della società di armamento coreana Hanjin, settima compagnia al mondo del trasporto contenitori, sta creando allarme e preoccupazione nel mondo logistico italiano;
   gravi sono infatti le ripercussioni provocate dal crac della società coreana su tutti gli operatori dalla catena logistica;
   migliaia di container posizionati sulle banchine dei porti italiani vengono rilasciati solo dietro il pagamento di ingiustificate cauzioni richieste da alcuni operatori terminalisti. Il danno per gli operatori logistici, gli agenti marittimi, gli importatori ed esportatori sta assumendo dimensioni significative, nonostante la collaborazione della Hanjin Italia;
   tale situazione diventa ogni giorno più caotica anche per effetto del susseguirsi di notizie di agenzia approssimative e contraddittorie –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per valutare tutte le soluzioni possibili volte ad attenuare i danni e i disagi che la situazione sta creando al settore, in tale contesto acquisendo ogni elemento utile in merito al reale stato finanziario e operativo della predetta società. (5-09551)


   CATALANO e BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 giugno 2016, con interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5/08882, il primo firmatario del presente atto ha chiesto notizie circa i tempi e le modalità di accesso dei cittadini ai servizi del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti tramite autenticazione attraverso il sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale;
   nella sua risposta il Governo ha preso atto del ritardo nell'accesso ai servizi, individuandone la causa nella «frammentazione dei sistemi informativi, dovuta principalmente al disposto dell'attuale Regolamento di organizzazione del MIT, che assegna autonome funzioni ai centri elaborazione dati della motorizzazione, ai quali peraltro afferiscono una parte considerevole dei servizi al cittadino»;
   il Governo ha poi evidenziato il suo impegno ad unire le risorse economiche e umane dei diversi centri di responsabilità in un unico progetto, per mezzo del quale il responsabile del coordinamento funzionale dei sistemi informativi potesse raggiungere nel più breve tempo possibile il risultato dell'integrazione;
   infine, il rappresentante del Governo ha dichiarato che «nelle prossime settimane si potranno definire i tempi affinché i cittadini possano accedere tramite CNS e SPID, il cui avvio si prevede in contemporanea ai diversi servizi nell'ambito dei trasporti e delle opere pubbliche» –:
   se sia oggi possibile indicare il termine entro il quale sarà consentito al cittadino il pieno accesso, per via telematica e tramite autenticazione SPID, ai diversi servizi gestiti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (5-09552)


   SPESSOTTO, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, DELL'ORCO, NICOLA BIANCHI e CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle vicende relative allo scandalo Volkswagen, che ha coinvolto solo in Italia oltre settecentomila veicoli, la Commissione d'inchiesta sulla misurazione delle emissioni nel settore automobilistico (EMIS) del Parlamento europeo ha inviato, nel mese di luglio 2016, una richiesta formale indirizzata al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per ottenere informazioni circa i test che l'autorità di omologazione italiana ha condotto su alcuni veicoli per testare l'esistenza di anomalie nelle emissioni delle vetture diesel euro 5 commercializzate in Italia;
   in risposta alla suddetta richiesta, per quanto di conoscenza degli interroganti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto ad inviare al presidente della Commissione EMIS, nel mese di agosto, una relazione finale, che risulta inspiegabilmente ancora non essere stata resa pubblica, contenente i risultati dei test di emissione sulle vetture diesel euro 5 condotti dal Ministero;
   stando a quanto rilevato dalla lettura del suddetto rapporto, sarebbero state concluse le prove per 15 veicoli dei quali solo 8 sarebbero stati verificati all'interno degli stabilimenti del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), mentre i restanti, come quelli Fiat, risulterebbero essere stati testati direttamente nei laboratori FCA di Torino, destando quindi evidenti perplessità in merito alla terzietà e alla veridicità dei risultati;
   secondo quanto riportato nel rapporto, tutte le automobili Fiat, con il ciclo di prova con partenza a caldo, avrebbero superato i limiti di legge per le emissioni inquinanti in termini di Ossidi di Azoto (NOx), con valori che superano del 200 per cento e alle volte anche del 300 per cento i limiti di legge. In particolare il rapporto si riferirebbe ai modelli della Panda 1.3, dell'Alfa Romeo Giulietta 2.0, del Doblò 1.3, della Giulietta 1.6, della Jeep Cherokee 2.0, della Lancia Y 1.3 e della Fiat 500L;
   nell'analisi dei dati che mostrano il rapporto tra i test effettuati a caldo e freddo, e tra quelli inverso e freddo, non sarebbero stati inoltre riportati i dati relativi all'Alfa Romeo 1.6, alla Lancia Y e alla Jeep Cherokee, ovvero alle vetture che risulterebbero aver registrato i valori più alti nel comportamento emissivo;
   il report si conclude con le prove su pista, dove risulterebbero essere state analizzate solo quattro vetture italiane sulle quindici iniziali; inoltre, mentre per tutte le macchine non Fiat è stato studiato il rapporto tra temperatura esterna e percentuale di attivazione del dispositivo EGR (una tecnologia per abbattere gli ossidi di azoto), per le vetture del gruppo FCA, il dato non risulta essere stato riportato nella relazione finale;
   complessivamente, come denunciato a livello europeo, il rapporto apparirebbe agli interroganti incompleto ed omissivo – alla luce della mancanza nella relazione finale dei dati relativi alle emissioni di alcuni modelli Fiat e Jeep, ovvero i modelli che si teme montino dispositivi illegali – apparentemente discriminatorio a svantaggio dei marchi esteri, non significativo e con dati che non possono essere comparati né tra di loro, né con quelli ottenuti dalle autorità competenti di altri Stati membri –:
   se, a fronte di quanto denunciato in premessa circa la rilevata incompletezza e l'omissione di dati importanti contenuti nella relazione finale redatta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulle emissioni delle vetture diesel Euro 5, il Ministro possa chiarire i motivi per cui non ha ritenuto di pubblicare i dati contenuti nel suddetto rapporto di indagine, assumendo al contempo immediate iniziative per contrastare la manipolazione dei risultati sulle emissioni inquinanti condotte da alcune case automobilistiche.
   (5-09553)


   BIASOTTI, SECCO, BRUNETTA e MILANATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto da anni è sul podio quale prima regione turistica d'Italia. Un particolare apprezzamento è riservato alle città d'arte che si dimostrano forti poli attrattori e accolgono poco più della metà dei turisti che arrivano in regione. Il numero di arrivi e presenze nel corso degli anni si è dimostrato in costante crescita: per l'anno 2014 si sono registrati 8,6 milioni di arrivi e 18,8 milioni di presenze;
   non tutte le città d'arte, però, godono di collegamenti ferroviari diretti con la Capitale d'Italia e con le più importanti città d'arte del Centro-nord, quali Bologna e Firenze;
   dal 2004 ad oggi, la rete ferroviaria italiana ha subito numerose trasformazioni quali il raddoppio della linea fra Verona e Bologna a partire dal 1o ottobre 2009, l'affiancamento alla linea direttissima fra Bologna-Prato-Firenze della linea alta velocità/alta capacità diretta Bologna-Firenze a decorrere dal 4 dicembre del medesimo anno, nonché l'acquisto di nuovi convogli ferroviari all'avanguardia in grado di ricoprire le medesime distanze in tempi decisamente inferiori;
   Vicenza, come si può evincere da linee programmatiche (2013-2018) dell'attuale amministrazione, grazie alla valorizzazione del patrimonio artistico ed in particolare grazie a 3 grandi eventi organizzati di recente nella restaurata basilica Palladiana, dichiarata monumento nazionale con la legge 14 aprile 2014, n. 64, è entrata a far parte dei circuiti turistici nazionali ed internazionali, come non era mai accaduto in passato;
   nei prossimi anni l'obiettivo è quello di continuare a promuovere Vicenza come capitale dell'arte, della cultura e della bellezza, attraverso l'organizzazione di grandi eventi in basilica, nei vari monumenti storico-architettonici nonché nel nuovo padiglione della fiera, con lo scopo di mettere in luce le eccellenze locali e incentivare lo stesso circuito virtuoso, capace di attirare investimenti e spettatori da fuori città;
   il quotidiano inglese The Sun, in data 2 aprile 2016 ha pubblicato un articolo dal titolo « Venice is very nice but check out Vicenza», a cura di Matthew Hampton, responsabile del settore viaggi del giornale britannico, a dimostrazione del fatto che la città palladiana gode di fama internazionale ed è apprezzata a tutti i livelli;
   per parte sua il sindaco ha ribadito di aver parlato ai più alti livelli istituzionali non solo delle bellezze architettoniche di Vicenza, facendo presente i tanti investimenti in cultura e turismo realizzati negli ultimi anni per promuovere Vicenza come città d'arte, ma anche delle infrastrutture necessarie per la città e il territorio provinciale e regionale, per cui c’è bisogno della determinazione del Governo per poter procedere senza rallentamenti;
   in data 29 giugno 2015, il governatore del Veneto, dottor Luca Zaia, durante l'esposizione delle linee programmatiche per il quinquennio 2015-2020 ha posto come caposaldo l'obiettivo di consolidare la leadership nazionale del turismo Veneto, considerata la più grande industria della regione;
   a giudizio degli interroganti, alla luce delle dichiarazioni, del sindaco Variati e del Governatore Zaia, è di vitale importanza che il Ministro interrogato si attivi presso Trenitalia al fine di prevedere le predisposizioni di un collegamento diretto alta velocità tra Vicenza e Roma e viceversa, magari instradando sino a Vicenza un collegamento già esistente tra Roma e Verona, che attualmente termina la propria corsa nella città Scaligera –:
   se non ritenga, nel caso in cui Trenitalia non manifesti il proprio interesse per il prolungamento o l'instradamento di un convoglio verso la città Palladiana, di valutare se sussistano i presupposti per avviare contatti con il concorrente privato Nuovo trasporto viaggiatori, affinché Vicenza non rimanga per l'ennesima volta sprovvista di un collegamento ferroviario da tempo necessario. (5-09554)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, CARINELLI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada) fa espresso divieto alle auto di sostare negli stalli destinati a moto e bici, mentre, viceversa, non impedisce a quest'ultime – in assenza di cartello stradale che ne faccia un esplicito divieto – di occupare gli spazi a pagamento all'interno delle strisce blu anche se tale categoria di veicoli dovrebbe pagare il ticket ai sensi dell'articolo 158 c. 2B-6 del codice della strada ticket che però non può essere esposto per evidenti ragioni di ordine pratico;
   con circolare del 25 gennaio 2009, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha fornito alcuni chiarimenti circa la corretta interpretazione delle disposizioni del codice della strada in materia di stalli di sosta nei parcheggi e lungo le strade, con particolare riguardo agli spazi individuati come parcheggi destinati alle moto, ma rimangono, a giudizio degli interroganti, ancora molti dubbi circa l'applicazione delle norme di riferimento;
   come sottolineato anche nella citata circolare ministeriale, la regolamentazione della materia della sosta e del parcheggio non trova infatti una compiuta disciplina nel solo decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (codice della strada) e nel decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495 (regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, nel seguito regolamento), motivo per cui, per una completa disamina della materia, è necessario integrare la normativa codicistica con gli ulteriori provvedimenti legislativi;
   in particolare, il Ministero ha sottolineato come, qualora si intenda organizzare l'area di parcheggio, l'apposito segnale può essere corredato da pannelli integrativi per indicare con valore prescrittivo: limitazioni di tempo; tariffe per la sosta a pagamento; schema della disposizione dei veicoli (sosta parallela, obliqua, ortogonale) e categorie ammesse od escluse;
   l'obbligo di garantire la possibilità oggettiva di sosta per tutte le tipologie dei veicoli, anche in caso di parcheggio a loro riservato, deriva dal diritto alla libertà di circolazione, sancito dall'articolo 16 della Costituzione, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza;
   conseguentemente l'ente proprietario della strada, nelle ordinanze di regolamentazione della sosta e del parcheggio, deve tener conto di tutte le categorie di veicoli, con riferimento alla composizione delle correnti di traffico, cosicché sarebbe difficilmente sostenibile un divieto di sosta, ad esempio, su tutto o in larga parte del territorio di un comune, per una sola categoria di veicoli, in assenza di motivazioni tanto stringenti da giustificarlo;
   difatti, qualora l'ente proprietario riservi un parcheggio ad una sola categoria di veicoli attraverso appositi segnali verticali, oppure delimiti le dimensioni degli stalli di sosta in modo tale da consentirne la fruizione solo ad alcune tipologie di veicoli escludendo dalla sosta tutti quei veicoli che per le loro dimensioni non vi rientrano, il relativo provvedimento sarebbe viziato da eccesso di potere se non è giustificato da comprovate esigenze della circolazione o caratteristiche della strada e comunque da una motivazione congrua e logica nonché adeguata alla fattispecie, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del codice della strada –:
   se il Ministro interrogato non intenda assumere opportune iniziative, anche normative, al fine di superare l'attuale frammentazione del panorama normativo di riferimento in materia di stalli di sosta e relative modalità di parcheggio per i motocicli, e fornire altresì gli opportuni chiarimenti che si rendono necessari per far fronte alle manifeste difficoltà riscontrate dai conducenti nell'esposizione dei ticket di pagamento del parcheggio per le moto. (5-09518)


   OLIVERIO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le agitazioni dei lavoratori Alitalia da tempo stanno creando notevoli disagi all'utenza, in particolare a quella calabrese, in considerazione della assoluta rilevanza che riveste tale modalità di trasporto per il territorio della Calabria;
   la situazione si è aggravata negli ultimi giorni, come riportato anche dagli organi di informazione;
   in base alla legge n. 146 del 1990 ed in applicazione della delibera n. 14/387 della Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, durante gli scioperi, sono stabilite delle fasce orarie di tutela nelle quali i servizi devono essere garantiti tra cui anche quelli aeroportuali;
   a tal proposito, vi è anche una comunicazione dell'Enac del 16 settembre 2016 circa le modalità attuative concernenti l'astensione dal lavoro;
   nella tarda serata del giorno 19 settembre 2016 Alitalia, a quanto consta all'interrogante, effettuava la cancellazione del volo AZ1162 delle ore 06:45 del 22 settembre 2016, operativo proprio in fascia protetta;
   Alitalia altresì inviava comunicazione ai passeggeri con proposta di riprenotazione del volo per il giorno successivo sul volo AZ1166 delle ore 12:20;
   tale scelta, oltre a continuare a penalizzare l'utenza ed in particolare quella calabrese, appare a giudizio dell'interrogante, in netto contrasto con la legge sopra richiamata –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali disagi e quali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare i diritti dell'utenza e quali iniziative intenda assumere affinché vengano garantiti a tutela dei cittadini i collegamenti aeroportuali, in particolare nelle tratte che riguardano la Calabria considerata l'oggettiva difficoltà di collegamento che tale territorio presenta già in condizioni di normalità.
(5-09534)


   PARENTELA, DIENI e NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti apprendono da notizie a mezzo stampa che «i lavori per la realizzazione dell'aviosuperficie di Scalea (CS), invece che essere definitivamente sospesi, procedono a ritmo spedito, tanto che nel 2017 ne è prevista l'ultimazione»;
   l'aeroporto di Scalea srl svolge un'attività di deposito aerei in un hangar e deposito carburanti, senza licenza per vendere al pubblico. L'opera pubblica, finanziata dalla regione Calabria per 2,1 milioni di euro a valere su fondi Por/Fesr Calabria 2007-2013 è stata costruita col contributo privato di 3 milioni di euro, mediante lo strumento del project financing (a fronte di una concessione della durata di 25 anni);
   da quanto si legge su un articolo apparso sulla stampa locale calabrese del 16 settembre 2016, lo scalo aereo sarebbe infatti già parzialmente operativo, visto che «a luglio scorso sono atterrati diversi turisti svizzeri in transito, a dimostrazione dello stato di avanzamento dei lavori.». Sul sito di Enac si può, tuttavia, constatare che l'autorizzazione, rilasciata in data 5 giugno 2008, sarebbe, in realtà, scaduta in data 4 giugno 2011 e che le attività di trasporto pubblico ad aeroscolastica sarebbero state sospese con nota Enac 4356/AON del 16 gennaio 2014 su richiesta del gestore;
   molte sono le criticità dell'opera:
    a) l'aviosuperficie è costruita nel letto del fiume Lao, in una zona soggetta ad alluvione, e già dichiarata a «elevata pericolosità idraulica» (P3) nonché a «elevato rischio idraulico» (R4) dall'autorità di bacino della regione Calabria, tale per cui «sono possibili problemi per l'incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni relativi al patrimonio ambientale»;
    b) l'aviosuperficie ricade per buona parte all'interno del sito di interesse comunitario «Valle del fiume Lao» a motivo della varietà di habitat naturali di interesse scientifico internazionale, mentre per la restante parte non esiste alcuna «zona cuscinetto» intorno al sito di interesse comunitario, nonostante le evidenti «interferenze ecologiche» dovute alla presenza dell'avio-superficie in prossimità di habitat naturali pregiati, già definiti ad «alto grado di vulnerabilità dovuto agli insediamenti antropici vicini» nel documento «piano di tutela delle acque» della regione Calabria;
   inoltre, l'infrastruttura è prossima alla zona di protezione speciale «Pollino e Orsomarso» e alla «riserva naturale statale Valle del Fiume Lao», che ospita numerosi specie di uccelli rapaci, tra cui «l'Aquila Reale Aquila chrysaetos, il Gufo reale Bubo bubo e il Capovaccaio Nephronpercnopterus», che sono definiti come caratterizzati da popolazione a status conservazionistico sfavorevole;
    c) l'aviosuperficie è costruita secondo gli interroganti in contrasto con i vincoli di cui all'articolo 42 del decreto legislativo n. 42 del 2004, che prevede «aree di rispetto di 150 metri dalle sponde dei fiumi, torrenti e corsi d'acqua iscritti negli elenchi delle Acque Pubbliche, e di 300 metri dalla linea di battigia costiera del mare e dei laghi»;
    d) l'area è interessata da fenomeni di erosione costiera media, con un arretramento dalla linea di costa che nel comune di Scalea nel «tratto in corrispondenza della foce del Lao» è calcolata in circa 136 metri. –:
   come si giustifichi che – nell'ambito del PISL «Riviera dei Cedri sostenibile, accessibile e competitiva» — sia stata consentita la costruzione dell'aviosuperficie di Scalea ad avviso degli interroganti in contrasto con i vincoli di cui all'articolo 42 del decreto legislativo n. 42 del 2004 ed in una zona soggetta ad alluvione con seri problemi per l'incolumità delle persone;
   se il Governo non ritenga urgente avviare, per quanto di competenza, una verifica sui fatti avvenuti in questi ultimi anni in relazione sviluppo dell'aviosuperficie di Scalea. (5-09555)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOSCATT. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il recente progetto di potenziamento infrastrutturale e tecnologico che ha interessato la rete ferroviaria che collega Comiso a Canicattì ha consentito la velocizzazione del tracciato, grazie alla riduzione dei tempi di percorrenza, e il miglioramento delle condizioni di trasporto degli utenti, con la possibilità per questi ultimi di percorrere l'intero tragitto in 1 ora e 40 minuti;
   la suddetta tratta ferroviaria attraversa dodici comuni, tra le province di Agrigento, Caltanissetta e Ragusa, fungendo da collegamento con l'aeroporto internazionale «Pio La Torre» di Comiso, importante scalo per lo sviluppo economico-turistico del territorio;
   la tratta ferroviaria che collega Canicattì ad Agrigento, al contrario, non è stata finora interessata da analoghi interventi di ammodernamento, di cui necessiterebbe per consentire un più ampio collegamento del capoluogo agrigentino con le province suddette;
   un progetto di modernizzazione e potenziamento della linea ferroviaria che collega Canicattì ad Agrigento costituirebbe un fattore di crescita e sviluppo del territorio, e potrebbe garantire un aumento dei flussi turistici nonché un miglioramento delle condizioni di trasporto degli utenti, grazie alla velocizzazione dei tempi di percorrenza –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative per il completamento dei lavori di ammodernamento, includendo anche la tratta ferroviaria Canicattì-Agrigento, e quali siano i tempi di realizzazione;
   se, nelle more della realizzazione dei suddetti lavori, si possa prolungare la tratta ferroviaria fino a raggiungere la città dei Templi, sfruttando lo stesso convoglio o utilizzando un mezzo «pendolare» ad hoc, per permettere il collegamento diretto della città di Agrigento con le province limitrofe e l'aeroporto di Comiso. (4-14256)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da recenti articoli di stampa locale e nazionale, blog e social media si evince che la Toto Holding spa stia proponendo, con un progetto del 2013, la rettifica di due tratti in concessione relativi all'A24 Roma- L'Aquila-Teramo e all'A25 Torano-Chieti-Pescara per complessivi 30 chilometri circa e 55 gallerie e un investimento di quasi 2,5 miliardi di euro;
   le motivazioni addotte in relazione alle sopracitate modifiche dei tracciati sono quella di rendere più efficienti i tracciati, anche dal punto di vista dei nuovi criteri ambientali e delle emissioni, e quella dell’«adeguamento sismico» dell'intera infrastruttura in concessione;
   accanto al corretto obiettivo di messa in sicurezza antisismica e miglioramento infrastrutturale, appare utile approfondire se le soluzioni proposte siano coerenti con dette finalità;
   per l'A24 la trasformazione partirebbe all'altezza di Roviano, nel tratto laziale, dove una nuova galleria accorcerebbe di 3 chilometri il tracciato esistente che sbocca in Abruzzo, aggiungendo poi tre tunnel, invece, nel tratto Carsoli-Torano che porterebbero il tracciato di oggi di 27,3 chilometri a 23,9 chilometri con una differenza di 3 chilometri e mezzo. Per l'A25 sono previsti 3 tunnel da Cerchio fino a Bussi-Popoli bypassando, nel tratto abruzzese, Pratola Peligna e quindi Sulmona. Infatti, secondo quanto si evince, l'attuale tracciato Cerchio-Bussi è di circa 45 chilometri che con il nuovo progetto di Strada dei Parchi diventerebbero poco meno di 28;
   secondo il «progetto Toto» la rettifica di alcuni tratti di A24 e A25: «abbasserebbe e metterebbe in sicurezza i viadotti delle autostrade A24 e A25 grazie alla realizzazione di gallerie che diminuiscono il percorso per Roma di circa 31 chilometri. Dieci anni di lavoro previsti e 20 mila posti di lavoro»;
   la Strada dei Parchi spa è un'azienda della Toto Holding spa ed è nata nel 2003 come joint venture tra il gruppo Autostrade per l'Italia e il gruppo Toto; dal 2011, con l'uscita della società del gruppo Atlantia, è interamente controllata dalla holding del gruppo Toto. Strada dei Parchi ha in concessione la costruzione e l'esercizio dell'autostrada A24 (Roma-Teramo) e della A25 (Torano- Pescara) e i servizi connessi, subentrando alla precedente «gestione per conto ANAS». Dette autostrade, A24 e A25 uniscono – nel cuore dell'Italia – il versante tirrenico a quello adriatico e sono immerse in un paesaggi distintivo e straordinario, quello tra la regione Lazio e la regione Abruzzo, che interessa 6 parchi naturali e il massiccio del Gran Sasso;
   Strada dei Parchi S.p.A. è concessionaria dell'Autostrada fino al 2030, ma, in cambio dell'investimento su A24 e A25, chiederebbe allo Stato di allungare la concessione di 45 anni per sostenere economicamente detto intervento: è evidente che questo sarebbe a carico dello. Stato e dei cittadini;
   secondo quanto presentato da Strada dei Parchi spa il Consiglio superiore dei lavori pubblici ha approvato nell'adunanza del 3 gennaio 2015 con parere n. 68/2014 il documento, già trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 22 marzo 2013, di valutazione dei tempi di intervento per il rischio sismico dell'infrastruttura che prevede peraltro la rettifica dei citati tratti autostradali;
   considerando solo i trafori e tralasciando per ora gli impatti che sono determinati anche dai tratti all'aperto, sarebbero toccati almeno 10 corpi idrici sotterranei di interesse ambientale e idrogeologico, ovvero più di un terzo di quelli della regione Abruzzo e tra i più significativi della catena montuosa degli Appennini;
   le aree interne verrebbero quindi stravolte così come i loro paesaggi, con tunnel di decine di chilometri per bucare i Simbruini e il Sirente, assieme a gioielli ambientali unici in Europa come le Gole di San Venanzio ed anche le Gole del Sagittario. Sarebbero infatti direttamente coinvolti il parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, il parco regionale del Sirente-Velino, la riserva del Monte Genzana e la riserva delle Gole di San Venanzio, senza considerare gli impatti sulle aree immediatamente limitrofe come la riserva di San Domenico a Villalago o la riserva delle Gole del Sagittario. Una scelta che rischia di compromettere pesantemente il futuro e la vocazione di quelle aree legata alle produzioni agroalimentari di qualità e ad un turismo attento ai valori paesaggistici, ambientali e culturali;
   dai dati annuali del rapporto AISCAT 2015 si evince una bassissima percentuale di aumento del traffico merci e passeggeri nelle autostrade dei Parchi e comunque non coerente con la descritta esigenza di incremento della capacità autostradale e che sarà interamente a carico dei cittadini;
   da ultimo occorre ricordare che il sistema autostradale della «Strada dei Parchi» deve proprio la sua stessa denominazione alle ricchezze ambientali e paesaggistiche dei luoghi attraversati –:
   se trovi conferma la necessità di verifica e adeguamento antisismico dell'intera infrastruttura «A24-A25» in concessione al gruppo Toto holding;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire se il progetto proposto sia strategico per lo sviluppo infrastrutturale del Paese e se tale rettifica sia utile per lo sviluppo dell'interconnessione logistica del Centro Italia e compatibile con il valore ambientale e paesaggistico dei territori interessati, al fine di scongiurare la replica di un caso emblematico di opere costose e poco utili, quale quello della BRE-BE-MI. (4-14257)


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ferrovia Nova Gorica-Gorizia è una linea ferroviaria internazionale, il cui traffico è disciplinato dalla «Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Slovenia concernente l'esercizio del servizio ferroviario attraverso la frontiera di Stato» del 22 maggio 1995 e, conseguentemente, la circolazione dei treni è regolata dal regolamento circolazione treni di Rete ferroviaria italiana (R.F.I.), dai Regolamento segnali di R.F.I. per il tratto Gorizia C.le-confine di Stato e dal Regolamento segnali S.Z. (Signalni Pravilnik) per la tratta confine di Stato-Nova Gorica nonché nella stazione di Nova Gorica;
   il primo firmatario del presente atto ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-12973, il 26 aprile 2016, ancora senza risposta, con la quale ha chiesto al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio se intendesse «di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia e il Gruppo Europeo di Cooperazione Territoriale (Gect-Go), perseguire sforzi di coordinamento tra Italia e Slovenia finalizzati ad individuare le soluzioni più opportune per completare il corridoio ferroviario orizzontale»;
   il 19 settembre 2016 il Fatto Quotidiano, non essendoci stata un'evoluzione sul nodo ferroviario menzionato, ha ripreso l'argomento nell'articolo «Italia e Slovenia così vicine così lontane: tra Gorizia a Nova Gorica niente treni passeggeri. “Spesi nove milioni per nulla”» nel quale ha riportato come «(...) ci sono i circa 4 milioni spesi per progetti e studi di fattibilità rimasti lettera morta, e gli oltre 5 usati per costruire un polo logistico ferroviario oggi fantasma. Al confine tra Italia e Slovenia, i sindaci di Gorizia, Nova Gorica e San Pietro-Vertoiba, che speravano di veder finalmente ricuciti da un binario luoghi vicinissimi per geografia, ma separati per anni dalla storia, dovranno ancora attendere. Le loro aspettative si sono sgretolate di fronte alle scelte delle istituzioni dei due Paesi, tra cui anche Governo italiano e regione Friuli Venezia Giulia, che dopo aver investito una montagna di denaro in studi e infrastrutture, poi hanno scelto di non completare i collegamenti e spostare i fondi europei su altre priorità (...)»;
   l'articolo, inoltre, ha spiegato che secondo RFI, la società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane che gestisce le reti ferroviarie italiane, sulla linea internazionale «è in corso un intervento di upgrading tecnologico del sistema di distanziamento in sicurezza dei treni che consentirà di aumentare gli standard di regolarità e puntualità della circolazione ferroviaria. Lavori previsti nel contratto di programma tra Ministero dei Trasporti e Rfi, che costeranno in totale mezzo milione di euro (...). Tra il 2010 e il 2013 due progetti finanziati da Bruxelles con circa 4 milioni di euro hanno dimostrato che queste infrastrutture erano fattibili, per un costo totale poco superiore: 4,7 milioni (...)»;
   il direttore del Gect-Go Sandra Sodini ha dichiarato in merito: «al Gect-Go l'anno scorso davano già la cosa per fatta: i soldi sarebbero arrivati dall'Europa attraverso il programma di cooperazione Italia-Slovenia. Da lì venivano le ingenti risorse che negli anni 2000-2006 e 2007-2013 le istituzioni dei due Paesi avevano già destinato a investimenti in trasporti nella zona di confine. A fine 2015, però, è arrivata la brutta sorpresa: “Ci aspettavamo che le autorità locali e nazionali, dopo aver investito negli studi di fattibilità, avrebbero deciso di far fruttare quei soldi e realizzare concretamente le opere. La stessa UE parla sempre di usare bene i fondi e capitalizzare gli investimenti. Invece, al momento di definire i settori a cui destinare le risorse del programma, hanno escluso i trasporti dalle priorità”» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda definire chiaramente in cosa consista l’upgrading tecnologico sulla linea internazionale indicato da RFI e quale siano i tempi di realizzazione;

se intenda dare seguito ai progetti richiamati in premessa e sostenere attraverso azioni mirate la realizzazione del nodo ferroviario tra Gorizia e Nova Gorica che risulta di importanza fondamentale per i collegamenti tra l'Italia e l'Europa Centrale. (4-14261)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 17 settembre 2016 alcuni camion della ditta Veritas, società veneziana che si occupa di raccolta di rifiuti, sono stati incendiati nel piazzale dell'unità operativa di Mogliano Veneto in provincia di Treviso;
   sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco di Mestre e Treviso alle 2.30 e hanno lavorato fino alle 6 del mattino per domare le fiamme;
   nonostante la pioggia battente, l'incendio divampato da uno dei mezzi ha coinvolto altri camion presenti nel parcheggio della sede causando ingenti danni;
   tre sono i mezzi completamente distrutti e altri quattro pesantemente danneggiati;
   le cause dell'incendio sono oggetto di indagine da parte dei carabinieri che hanno già acquisito i video delle telecamere di sorveglianza;
   la vicenda ha generato forte preoccupazione nella comunità locale per la natura e per le dimensioni dell'incendio;
   in Veneto questo episodio è soltanto l'ultimo di una lunghissima serie, sulla quale gli interroganti, negli ultimi mesi (interrogazione n. 3-02138 seduta n. 597 e interrogazione n. 4-13854 seduta n. 658) hanno già chiesto al Ministro di avviare tutte le azioni necessarie a chiarire cause, responsabilità ed eventuale coinvolgimento di gruppi criminali;
   la relazione territoriale sul Veneto della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad essi correlati (Doc. XXIII N. 17), discussa e approvata dalla Camera in data 14 settembre 2016, ha evidenziato la presenza di gruppi criminali nel ciclo illecito dei rifiuti e, in particolare per le province di Venezia e Treviso, ha sottolineato il fenomeno degli incendi di natura dolosa contro aziende operanti nel ciclo dei rifiuti;
   negli ultimi due anni in Veneto e nella vicina provincia di Pordenone, infatti, numerosi incendi hanno interessato aziende che operano nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti;
   è noto che il settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti è, ormai da molto tempo, oggetto di forti interessi da parte della criminalità organizzata e questi eventi devono sollecitare l'attenzione delle autorità per le modalità tipiche degli atti intimidatori propri dei sodalizi criminali –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intenda adottare per accertare le cause e la matrice dell'incendio di Mogliano Veneto. (4-14255)


   NESCI, NUTI, PARENTELA, SARTI e SCAGLIUSI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo apparso il 18 settembre 2016 sul portale della testata giornalistica Il Corriere della Calabria, si riporta di un elicottero atterrato a Nicotera (Vibo Valentia);
   secondo il resoconto giornalistico, dal velivolo sono scesi «due novelli sposi che hanno voluto festeggiare con un volo il loro sì»;
   nel citato articolo si precisa che l'atterraggio è avvenuto «nella piazza principale di Nicotera, paese del Vibonese, transennata per evitare che qualcuno si potesse avvicinare»;
   sul fatto, aggiunge l'articolo, «la Procura della Repubblica di Vibo Valentia ha deciso di aprire un fascicolo formale», poiché «i magistrati intendono chiarire chi e perché ha dato l'autorizzazione all'atterraggio nella piazza di un paese, avvenuto mercoledì scorso»;
   «i carabinieri della Compagnia di Tropea – si legge nel pezzo – hanno già sentito il sindaco Franco Pagano, il comandante della polizia municipale ed il responsabile dell'ufficio tecnico»;
   «ai militari, il sindaco ha spiegato – racconta l'articolo – che nessuno ha autorizzato l'atterraggio, sostenendo che una richiesta era giunta ma per l'atterraggio al campo sportivo e che della pratica si è occupato l'ufficio tecnico»;
   «gli sposi – aggiunge la medesima fonte giornalistica – sarebbero partiti da Nicotera in elicottero dal campo sportivo, ma al ritorno il velivolo è atterrato in piazza»;
   «gli investigatori intendono anche accertare esattamente – anticipa l'articolo – chi siano gli sposi e se possano avere un qualche collegamento con persone vicine ad ambienti criminali»;
   il comune di Nicotera in passato è stato sciolto due volte, nel 2005 e poi nel 2010, per infiltrazioni mafiose;
   attualmente pende una nuova relazione della commissione d'accesso al predetto municipio, nominata dal prefetto di Vibo Valentia il 1o febbraio 2016 –:
   di quali notizie disponga sull'episodio riassunto il Ministro dell'interno e se, in caso di coinvolgimento di uffici municipali e di soggetti imparentati con esponenti di organizzazioni criminali, non ritenga di tenere conto di tali elementi aggiuntivi ai fini dello scioglimento di cui all'articolo 143 del Testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e seguenti. (4-14258)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si apprende che in data 24 agosto dall'aeroporto Torino Caselle con destinazione Khartoum è partito un volo per il rimpatrio di 48 individui di nazionalità sudanese;
   il rimpatrio sarebbe avvenuto in virtù di un memorandum of understanding firmato il 4 agosto dal Capo della polizia italiana Franco Gabrielli e dal suo omologo sudanese in materia di migrazioni;
   il Sudan è un Paese in cui le violazioni dei diritti umani sono sistemiche ed il cui presidente Omar-al-Bashír, ha l'unico curriculum di due mandati di cattura da parte della Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, di guerra e di genocidio nel Darfur;
   tale situazione sembra confermata dall'elevato tasso di accoglimento delle richieste di asilo e protezione accordato in oltre il 60 per cento dei casi;
   numerose sono le denunce di comportamenti e pratiche illegali nel Paese africano relativo al diritto di asilo, in particolare human rights watch ha denunciato rimpatri illegittimi da parte del Governo sudanese di cittadini eritrei ed etiopi in possesso dei requisiti per l'accoglienza umanitaria. Tra questi venivano segnalati molti minori;
   rilevante è, anche, il divieto posto delle autorità sudanesi ad ispezioni e controlli da parte degli operatori dell'UNHCR;
   l'Irin, agenzia stampa dell'Onu, ha sollevato più volte il caso lamentando i rischi dell'accordo tra Unione europea e Sudan in merito ai flussi migratori sottolineando le continue violazioni dei diritti umani nel Paese;
   sulla vicenda del rimpatrio ha espresso preoccupazione anche Amnesty International evidenziando i rischi concreti per i rimpatriati di essere sottoposti a persecuzioni, repressioni e altri gravi abusi;
   quanto emerge appare in evidente contraddizione con il diritto internazionale in merito all'obbligo di non rimpatrio verso Paesi nei quali si corre concreto rischio di violazione dei diritti umani –:
   se la misura del rimpatrio verso il Sudan sia compatibile con la situazione umanitaria, col rispetto degli elementari diritti umani e con la legislazione in materia di asilo nonché con la Costituzione e con gli obblighi derivanti dall'adesione dell'Italia alla Convenzione di Ginevra;
   su quali basi il Governo abbia accertato condizione e generalità dei soggetti rimpatriati;
   come si concilino le condizioni di illegalità e le continue e sistematiche violazioni dei diritti umani nel Paese africano con l'accordo stretto tra Italia e Sudan in materia migratoria. (4-14262)


   PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la struttura Centro di accoglienza per richiedenti asilo ubicata nel comune di Borgo Mezzanone in provincia di Foggia, è stata oggetto di un approfondito reportage a firma Fabrizio Gatti sul numero del settimanale L'Espresso dell'11 settembre 2016;
   le condizioni del centro in provincia di Foggia, descritte nell'articolo citato, appaiono assolutamente inconciliabili con i livelli minimi di assistenza, con il rispetto della dignità umana e dei diritti umani;
   sovraffollamento, carenze igieniche, mancanza delle più basilari norme di sicurezza, attività criminali appaiono evidenti e vengono raccontate puntualmente nel reportage;
   la struttura in questione è gestita dal consorzio SISIFO vincitrice del bando con offerta al ribasso del 25,96 per cento;
   il consorzio SISIFO è già salito agli onori della cronaca per la gestione del Centro di accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, in provincia di Catania, e attualmente al centro di inchieste giudiziarie, e per la gestione del centro di Lampedusa –:
   se il Ministero dell'interno abbia mai effettuato ispezioni presso la struttura di Borgo Mezzanone;
   quali iniziative siano state intraprese e se sia mai arrivata al Ministro interrogato ed alla prefettura di Foggia segnalazione su mancanze e irregolarità nella struttura;
   quali verifiche siano state compiute per assicurarsi che il ribasso presentato in sede di appalto non compromettesse i livelli minimi di assistenza ed accoglienza;
   quale sia stata l'attività di vigilanza sulla struttura da parte della prefettura di Foggia riguardo alle ipotesi di reato denunciate nell'articolo de L'Espresso;
   se le numerose inchieste sull'attività del consorzio SISIFO, sia in ambito di aggiudicazione degli appalti che nell'ambito della gestione dei centri di accoglienza, non suggeriscano un'attività ispettiva puntuale, per quanto di competenza, in relazione alle strutture gestite dal consorzio. (4-14265)


   ANDREA MAESTRI, CIVATI, BRIGNONE, MATARRELLI, PASTORINO, ARTINI, BECHIS e PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sul social network Facebook è attualmente presente una pagina chiamata «Benito Mussolini Aforismi e Opere», che piace a 35.734 persone e che, agli «Eventi», è collegata ad un'altra pagina che dà appuntamento a una ipotetica «Marcia su Roma da 1 milione di Camerati» per il 28 ottobre 2016;
   la pagina è stata creata nel settembre 2015 e alle «Informazioni» contiene un messaggio video per i lettori, commentato da una musica inquietante, che mostra un testo contenente un elenco di 15 punti contro lo Stato, la Costituzione, le leggi italiane e il Governo. Il video ha avuto finora 74 mila visualizzazioni e 3.297 condivisioni;
   la pagina poi rimanda a un omonimo Gruppo chiuso di 3.169 membri, creato per raggruppare tutti i camerati, che invita «ad iscriversi nell'eventualità di una nuova cancellazione della pagina»;
   alle informazioni sulla pagina è anche presente il collegamento a un sito web, http://benitomussolini.altervista.org/, aggiornato al 20 settembre 2016, al cui interno sono pubblicati testi, video o eventi del ventennio fascista che inneggiano alla dittatura e a Benito Mussolini esaltandone l'operato, commenti e scritti che inveiscono contro partiti antifascisti o che denigrano la democrazia e le istituzioni;
   alla suddetta pagina si accede anche dal sito « https://it.fievent.com/e/marcia-su-roma-da-1-milione-di-camerati/2969737», che promuove l'evento del 28 ottobre a «chi sarebbe disponibile a marciare su Roma per riprenderci quello che ci spetta: Roma, Italia !», permettendo sia il collegamento alla pagina di Facebook per un contatto più diretto, sia la diffusione attraverso la condivisione su vari social network –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa e quali iniziative intenda assumere, anche tramite la polizia postale, in relazione alle pagine di Facebook summenzionate e se, nel rispetto della XII disposizione finale della Costituzione della Repubblica Italiana che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto Partito Nazionale Fascista, contenuta della legge n. 645 del 1952, intenda vietare qualsiasi iniziativa pubblica che faccia riferimento a eventi o personaggi del disciolto partito nazionale fascista;
   come intenda attivarsi, per quanto di competenza, per rendere più efficace e capillare l'attività di controllo e di contrasto nei confronti di qualsiasi forma scritta o verbale che contenga segnali evidenti di apologia del fascismo, dando così nuovo vigore al dettato costituzionale e a ciò che è palese reato per la legge italiana. (4-14273)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI BENEDETTO, MARZANA, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA, SIMONE VALENTE, NUTI, MANNINO, DI VITA e LUPO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il concorso scuola 2016, secondo quanto statuito dai DDG nn. 105, 106 e 107 emanati il 23 febbraio 2016, prevede l'immissione in ruolo di 63.712 docenti nel triennio 2016-18. Più precisamente, entro il 15 settembre erano previste le prime 32 mila assunzioni per l'anno scolastico 2016-2017;
   come risulta dal DDG n. 106 del 23 febbraio 2016 (pagina 37), denominato «Concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado», il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva decretato la messa a bando, per la regione siciliana, di 28 posti comuni per la classe di concorso A023, «lingua italiana per discenti di lingua straniera»;
   come riportato, in data 10 settembre 2016, dal quotidiano online « La Sicilia», seguito della procedura concorsuale, i vincitori risultavano essere di numero pari a 28, ma, presumibilmente, non verrà garantita l'assunzione ad alcuno degli aventi diritto;
   infatti, in data 7 settembre 2016, il Ministero ha pubblicato una nota di trasmissione, il decreto ministeriale n. 669 del 2016 e le tabelle allegate riportanti i posti disponibili per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2016/17 nella scuola primaria e secondaria di I e II grado. In tali documenti si legge che non vi sono più posti da assegnare per la già citata classe A023;
   bisogna rilevare che si tratta di una classe di concorso nuova per cui non vi sono pensionamenti da attendere, né assunzioni di personale presente in graduatorie a esaurimento con cui suddividere i posti;
   in tal caso, i docenti vincitori di concorso dovranno dunque rinunciare al ruolo ed essere nuovamente assunti a tempo determinato;
   una situazione analoga è riscontrabile per altre classi di concorso: per la A048, «scienze motorie e sportive negli istituti di istruzione secondaria di II grado» e la A049, «scienze motorie e sportive nella scuola secondaria di I grado» il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca aveva decretato la messa a bando rispettivamente di 52 e 65 posti; nelle prime fasi della procedura concorsuale, la commissione giudicatrice ha ritenuto di dover bocciare numerosi candidati e ammetterne solo 79 su un totale di 297;
   infine con DDG n. 107 del 2016 lo stesso Ministero ha decretato i posti a bando per la classe di sostegno, vale a dire n. 26 posti per la scuola dell'infanzia, n. 124 posti per la scuola primaria, n. 56 per la scuola secondaria di I grado, n. 62 per la secondaria di Il grado;
   anche in tal caso risultano incongruenze tra il dato numerico iniziale e quello finale. Per la scuola primaria risultano 106 vincitori, per la secondaria di I grado ne risultano 34 e, infine, per la secondaria di II grado sono 62 ma, se si confronta il contingente nomine allegato al decreto ministeriale n. 669/2016, risultano azzerati i posti da assegnare;
   come evidenziato dal sindacato ANIEF, da un'attenta analisi delle tabelle allegate al decreto su citato, risulta che ad essere danneggiati siano i docenti di tutti i livelli scolastici; sono colpite le regioni del Sud e una parte delle zone centrali della penisola, dove il fenomeno delle mancate assunzioni sarà elevatissimo. A farne le spese, inoltre, non saranno solo i docenti che si sono imposti nella selezione nazionale bandita il 23 febbraio scorso (DDG nn. 105, 106 e 107 del 23 febbraio 2016), ma anche i tanti docenti delle graduatorie ad esaurimento che, per l'ennesima volta, dovranno rinunciare al contratto a tempo indeterminato –:
   a cosa sia dovuta, nelle tabelle riportanti i posti disponibili per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2016/17 nella scuola primaria e secondaria di I e II grado trasmesse il 7 settembre 2016, la scomparsa dei posti a bando risultanti dai DDG nn. 105, 106 e 107 del 23 febbraio 2016;
   se non ritenga opportuno, a tutela di docenti che hanno ampiamente dimostrato le loro competenze e superato una procedura concorsuale rigorosa, garantire loro la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato o in alternativa quantomeno la stipula di contratto a tempo determinato valevole fino al 31 agosto. (5-09519)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIULIETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107/2015, al comma 87 dell'articolo 1 recita testualmente: «Al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti del contenzioso pendente relativo ai concorsi per dirigente scolastico di cui al comma 88, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, volto all'ammissione dei soggetti di cui al comma 88 nei ruoli dei dirigenti scolastici»;
   appare evidente la volontà del legislatore di sanare i numerosi contenziosi pendenti concernenti le procedure concorsuali per l'immissione in ruolo dei dirigenti scolastici, coprendo, al contempo, la disponibilità dei posti vacanti e limitando le possibili conseguenze economiche legate alla prosecuzione dei contenziosi in essere;
   il successivo comma 88 dell'articolo 1 della suddetta legge individua i soggetti cui è rivolta la relativa sanatoria. In particolare questa riguarda: a) i soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie, ovvero che abbiano superato positivamente tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento dei dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale (...) 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011; b) i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della presente legge, alcuna sentenza definitiva, nell'ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, e al decreto del Ministro della pubblica Istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4o serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202. Successivamente con decreto ministeriale n. 499 del 2015 vengono fissate le disposizioni sulle modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale per l'inserimento nei ruoli dirigenziali dei possessori dei requisiti previsti dal citato comma 88;
   sono stati esclusi dalla procedura concorsuale di inserimento nei ruoli dirigenziali tutti coloro i quali hanno un contenzioso ancora pendente avverso il concorso bandito nel 2011. Sempre relativamente a questo concorso sono invece inclusi tutti coloro i quali hanno superato tutte le fasi dello stesso concorso annullato in sede giurisdizionale. Risultano altresì inclusi tutti coloro i quali hanno un contenzioso aperto riguardante i concorsi del 2004 e del 2006;
   si è creata un'evidente disparità di trattamento nei confronti di soggetti che si trovano nelle medesime condizioni e cioè candidati che hanno contenziosi ancora pendenti per concorsi effettuati in anni differenti ed un pregiudizio a danno di chi ha presentato ricorso per il concorso del 2011 ed aveva un giudizio ancora pendente all'entrata in vigore della legge n. 107 del 2015 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione creatasi con l'attuazione della legge n. 107 del 2015 e con il successivo decreto ministeriale n. 499 del 2015;
   se il Ministro non intenda valutare la possibilità e l'opportunità di promuovere interventi, per quanto di competenza, per dare risposte in relazione alle questioni oggetto dei contenziosi ancora in corso anche, ove se ne ravvisi la necessità, avvalendosi disposizioni di cui al comma 88 dell'articolo 1 della legge 107 del 2015;
   se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative normative per chiarire corretta applicazione delle disposizioni con riferimento alla situazione che si è venuta a creare, al fine di evitare situazioni di disparità di trattamento e ulteriori ricorsi rispondendo ad un'esigenza reale visto il numero di reggenze di scuole conferite, anche quest'anno, su tutto il territorio nazionale. (4-14263)


   SECCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la regione Veneto, a pochi giorni dall'avvio del nuovo anno scolastico, si trova sprovvista di circa 150 dirigenti scolastici, necessari alla guida degli istituti affinché si possa intraprendere senza alcuna complessità il ciclo di studi 2016-2017;
   l'ufficio scolastico regionale, nella sua programmazione annuale, contava di affidare 25 scuole, come da quote previste dalla legge n. 107/2015 – cosiddetta la buona scuola –, a dirigenti provenienti da altre parti d'Italia attraverso la mobilità interregionale;
   difatti, in Veneto sarebbero dovuti arrivare 25 degli 83 capi d'istituto, iscritti nelle graduatorie specifiche dell'Abruzzo e della Campania – ove vi sono più abilitati che posti liberi – ma nessuno di questi in lista d'attesa ha scelto detta regione. Invece hanno preferito, le scuole del Lazio, Toscana e dell'Emilia Romagna e non solo per vicinanza geografica;
   tutto ciò viene accolto da parte dell'Esecutivo con un silenzio ad avviso dell'interrogante sorprendente. Il precedente anno scolastico dalla suddette regioni erano arrivati circa una ventina di dirigenti, poi distribuiti nelle scuole delle varie province. Quest'anno, invece, uno solo di questi ha optato per il Friuli quale regione del nord;
   il vulnus della vicenda è rappresentato dal fatto che in Veneto non ci sono più prèsidi: la graduatoria del concorso regionale bandito nel 2013 è esaurita. Al netto di sempre più improbabili ripescaggi, agli ex provveditorati provinciali non resterà che riempire tutte le caselle delle presidenze vacanti ricorrendo alle reggenze, cioè affidando a un preside che gestisce già un proprio istituto l'incarico di guidare contemporaneamente anche un'altra scuola tra quelle rimaste senza responsabile, con tutte le difficoltà che ne conseguono;
   inoltre, l'ufficio scolastico regionale guidato da Daniela Beltrame – in attesa di una presa di posizione netta da parte del Governo – non ha ancora nominato i presidi-reggenti in tutte le scuole della regione. Un'operazione burocratica importantissima perché senza i dirigenti in carica non è possibile nominare in ruolo i nuovi docenti e neppure i supplenti, sia annuali sia con incarico temporaneo;
   dal canto proprio, il segretario della Flc-Cgil – Manolo Baio – ha dichiarato che: «il 12 settembre in Veneto l'anno scolastico non potrà avere un avvio regolare. Tantissime cattedre resteranno scoperte. In tante scuole non saranno presenti né i docenti nominati in ruolo né i supplenti. Se tutto va bene, la situazione si regolarizzerà a fine settembre. Anche perché gli orali del concorsone, come noi prevedevamo, sono in pesante ritardo»;
   quest'ultimo ha affermato altresì «Anche nel Veneto, alle prove scritte, è stato bocciato un docente su due e la mappa dei nuovi docenti di ruolo sarà pronta solo entro la fine della dell'anno. Secondo me, tutto questo sta succedendo non per responsabilità diretta dell'Ufficio scolastico regionale, né di quelli provinciali. Ha sbagliato il Governo che non ha saputo o voluto impartire al Miur linee politiche efficienti per applicare la Legge 157, detta anche la Buona Scuola»;
   dunque, lunedì 12 settembre 2016 la scuola è ricominciata con una grave emergenza: la carenza di docenti e di prèsidi, e quei pochi che vi rimangono sono chiamati a governare non più una scuola ma un territorio vasto, da «superburocrati» della pubblica istruzione e senza più i rapporti diretti con gli insegnanti e gli studenti. Insomma, i cosiddetti superpresidi sono dei veri e propri manager, imposti dall'Esecutivo in seguito ai tagli decisi per rispettare il tetto della spesa;
   per il momento sono 135 i presidi reggenti già nominati dall'ufficio scolastico regionale. Se si considera che in tutto, i presidi delle scuole di ogni ordine e grado ammontano a 579, si nota subito che i reggenti sono il 23 per cento dei dirigenti titolari;
   la summenzionata situazione viene definita «catastrofica» da quasi tutti i sindacati di categoria e, in passato, nella regione Veneto non si era mai verificata;
   a tal proposito il segretario regionale della Cgil-Scuola – Totò Mazza – ha affermato che: «In questo modo, visto che per ogni preside reggente lo Stato risparmia 25.000 euro lordi all'anno perché costa solo un terzo rispetto ad uno che ha la titolarità giuridica, nel solo Veneto il ministero del Tesoro risparmia ben 3 milioni e 375 mila euro»;
   predetto segretario ha aggiunto altresì: «Una bella somma che ad esempio potrebbe essere utilizzata per immettere in ruolo bidelli, impiegati e tecnici anche nelle scuole venete che hanno grosse carenze nell'organico di fatto»;
   da notizie in possesso dell'interrogante, la responsabilità di questa «storia di ordinaria burocrazia all'italiana» non va attribuita ai vertici regionali della scuola veneta, bensì al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con l'avallo del dicastero dell'economia e delle finanze, visto che non hanno voluto indire i concorsi per nuovi presidi di ruolo, ostinandosi a rendere esecutivi anche i punti negativi contenuti nelle graduatorie ricomprese nella legge n. 107/2015, cosiddetta la Buona Scuola;
   a giudizio dell'interrogante, la situazione che si presenta agli occhi della pubblica opinione è decisamente grave e necessita di una celere risoluzione, con l'assunzione delle responsabilità da parte del Ministero, al fine di sanare quanto occorso nelle sette province del Veneto ove la qualità dell'offerta formativa rischia di abbassarsi notevolmente, poiché un solo preside non può seguire decine di scuole, governando un esercito di 15-20 mila studenti e 400-500 docenti –:
   quali orientamenti intenda esprimere in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per incentivare l'arrivo dei dirigenti scolastici necessari presso la regione del Veneto;
   con riferimento alla legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetto della buona scuola, se, alla luce di quanto emerso dopo un anno dalla sua entrata in vigore, non intenda assumere iniziative normative correttive al fine di sanare le questioni relative all'utilizzo delle graduatorie di scorrimento in essa ricomprese;
   quali iniziative intenda assumere per evitare che le disposizioni contenute nella predetta legge peggiorino la qualità dell'insegnamento e dell'organizzazione scolastica, riversando i danni sugli studenti e sulle famiglie, in particolar modo per quelle in situazioni particolari e che hanno la necessità di esser seguite in maniera specifica. (4-14264)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   RICCIATTI, MARTELLI, AIRAUDO, PLACIDO, FERRARA, MELILLA, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, DURANTI e COSTANTINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da gennaio a luglio 2016, l'utilizzo dei voucher ha toccato quote 3,6 milioni. Un incremento, rispetto allo stesso periodo del 2015, pari al 29,6 per cento. Non solo: le Marche sono in cima alla classifica delle regioni del Centro-Italia per il rapporto tra numero di voucher emessi e il numero assoluto di occupati: 5,71 contro i 3,91 della Toscana, i 5,34 dell'Emilia Romagna e il 4,03 dell'Umbria;
   Giuseppe Santarelli, segreteria regionale Cgil Marche, ha dichiarato: «La liberalizzazione dei voucher voluta dal Governo con il Jobs act, sta impoverendo e polverizzando il lavoro e i diritti della nostra regione. C’è un uso indiscriminato e illegale da parte delle imprese di questo strumento, che va fermato prima possibile»;
   i voucher, infatti, vengono ormai utilizzati in tutte le attività economiche: dal distributore di benzina al bar, dal ristorante alla parrucchiera, dalla cooperativa alla fabbrica fino ad arrivare alla pubblica amministrazione;
   secondo Santarelli, «si utilizzano 2/3 voucher al giorno, per nascondere una giornata intera di lavoro senza dover pagare ferie, permessi, tredicesima e Tfr. La Cgil chiede l'abolizione del lavoro accessorio e ha raccolto 3 milioni di firme per il referendum abrogativo» –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere una revisione della gestione dei voucher e quali iniziative intenda intraprendere successivamente;
   se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative per abolire l'utilizzo dei voucher. (3-02501)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sono giorni drammatici per i quasi 600 dipendenti del call center Qè di Paternò in provincia di Catania;
   i lavoratori sono da tre mesi senza stipendio e la società che ha sede a Brescia si trova in gravi difficoltà finanziarie con una esposizione debitoria assolutamente critica;
   è una situazione che si trascina da tempo, ma ha subito una brusca accelerata nella scorsa primavera;
   l'ultimo tavolo tecnico svoltosi in prefettura ha registrato lo sfilarsi di alcune aziende che avevano mostrato un interesse per il call center catanese;
   eppure si tratta di una realtà importante che ha anche commesse di assoluta rilevanza tra cui Enel e Inps;
   i lavoratori sono molto preoccupati e sono in sciopero ad oltranza per avere certezze sul proprio futuro –:
   se il Governo sia a conoscenza della drammatica situazione descritta in premessa e quali iniziative intenda assumere per attivare immediatamente un tavolo di confronto finalizzato a salvaguardare prioritariamente i livelli occupazionali in una realtà complessa e difficile e a dare un futuro produttivo ad una realtà importante del panorama occupazionale catanese. (5-09520)


   ARGENTIN, BENI, CAPONE, AMATO, PAOLA BRAGANTINI, FOSSATI, SBROLLINI, PATRIARCA, MIOTTO, CARNEVALI, MURER, BURTONE, PAOLA BOLDRINI, MARIANO e D'INCECCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 giugno 2016 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale la legge n. 112 «Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare» al fine di inserire nel nostro sistema giuridico un sistema di protezione e promozione delle persone con disabilità;
   la norma, come si legge all'articolo 1 del testo «è volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l'autonomia delle persone con disabilità», ed è importante perché per la prima volta nell'ordinamento giuridico vengono individuate e riconosciute specifiche tutele per le persone con disabilità quando vengono a mancare i parenti che li hanno seguiti fino a quel momento;
   l'obiettivo del provvedimento è garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone disabili, consentendo per esempio alle stesse di continuare a vivere nelle proprie case o in strutture gestite da associazioni ed evitando il ricorso all'assistenza sanitaria –:
   quale sia, ad oggi, lo stato di attuazione della legge in questione, considerato che non risultano ancora emanati i provvedimenti attuativi con il rischio di veder così perdere i finanziamenti già stanziati. (5-09530)


   SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera del 20 settembre, prosegue l'acceso scontro all'interno dei vertici dell'Inps tra presidente e direttore generale, già iniziato mesi or sono e che sembrava destinato all'epilogo con l'autosospensione del direttore Cioffi, apparentemente concordata con il presidente Boeri, a seguito dell'apertura di un fascicolo, da parte della procura di Nocera, nei riguardi del direttore medesimo;
   invece, secondo la ricostruzione a mezzo stampa, alla fine del mese di marzo 2016 il direttore Cioffi rientra nelle sue mansioni trovandosi dinanzi alla determinazione del presidente n. 89, con la quale si emanava un regolamento di organizzazione che di fatto modifica l'assetto dei poteri interni prevedendo una posizione di supremazia del presidente nella scelta e gestione dei dirigenti;
   su questo e su altri punti il collegio dei sindaci dichiara illegittimo il regolamento, con parere negativo del 5 luglio 2016 e il 27 dello stesso mese il Civ (consiglio di indirizzo e vigilanza) chiede all'unanimità al presidente di ritirare il provvedimento, intimando in caso contrario il ricorso al Tar, ricorso che pochi giorni fa è stato presentato;
   Boeri, infatti, ha proceduto con la sua riorganizzazione, varando il 28 luglio 2016 «l'ordinamento delle Funzioni centrali e territoriali», che prevede la decadenza entro la fine dell'anno di tutti i dirigenti in carica e la selezione dei nuovi da parte di una commissione di tre esperti da lui nominati –:
   se e quali urgenti iniziative di propria competenza il Ministro interrogato in quanto autorità vigilante, intenda adottare per porre fine allo scontro sull'assetto di potere esposto in premessa e arginare la condotta, a giudizio dell'interrogante non condivisibile, del presidente Boeri.
(5-09531)

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORI, D'ATTORRE e FASSINA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della pubblicazione avvenuta il 7 agosto 2015 del decreto di riconoscimento dell'area di crisi industriale complessa per il territorio ricompreso tra le due province di Isernia e Campobasso corrispondente ai comuni di Venafro (IS), Campochiaro (CB) e Bojano (CB), in cui ricadono due dei tre maggiori nuclei industriali regionali, da parte del Ministero dello sviluppo economico, la commissione regionale tripartita, riunita d'urgenza l'11 agosto 2015, deliberò all'unanimità l'approvazione di un documento integrativo teso a far riesaminare in via straordinaria parte delle domande di mobilità in deroga 2014 non ammesse a pagamento in prima istanza dall'INPS;
   la richiesta della regione Molise venne positivamente riscontrata dal direttore generale per gli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dottor Ugo Menziani, con nota del 17 agosto 2015 consentendo, in tal modo, alle sedi INPS del Molise di accogliere e liquidare le mobilità in deroga dell'annualità 2014 a ulteriori n. 720 lavoratori che andarono a sommarsi ai circa 1.000 già pagati in prima istanza per un totale di n. 1.800 lavoratori;
   ai sensi delle vigenti norme di legge, amministrative e regolamentari, possono accedere alla concessione della mobilità in deroga solo i percettori del trattamento, e in base a tale disposizione gli 1.800 lavoratori beneficiari hanno riproposto domanda a valere sul 2015;
   dopo l'assegnazione dei fondi relativi con appositi decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali controfirmati dal Ministero dell'economia e delle finanze, le preposte sedi INPS del Molise hanno liquidato fino al 31 maggio 2016 parte delle spettanze a circa n. 1.000 lavoratori, nel mentre sono rimaste in sospeso le rimanenti pratiche per via di una nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali inoltrata all'INPS e di cui, con più richieste di accesso agli atti del 01 luglio 2016 e del 12 luglio 2016 ed interpellanze a firma del consigliere regionale del Molise, Michele Petraroia, è stata richiesta copia; al momento tali atti non sono stati ancora riscontrati;
   nel riscontro della prefettura di Campobasso del 12 luglio 2016 si menzionano «motivazioni tecnico — giuridiche», non meglio specificate, quale impedimento per lo sblocco dei pagamenti per le 1.800 domande di mobilità in deroga 2015;
   la risposta del direttore dell'area terza della regione Molise, avvocato Alberta De Lisio, del 19 luglio 2016 evidenzia che il vertice apicale amministrativo regionale per materia, a tale data, non era in possesso della nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali con cui l'INPS aveva proceduto a sospendere i pagamenti ai lavoratori aventi diritto;
   il 21 luglio 2016 ed il 9 settembre 2016 si sono svolti più confronti a Roma tra le regioni interessate alle aree di crisi complesse, i sindacati nazionali ed il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti in cui sarebbe stato possibile affrontare anche questo specifico problema che coinvolge n. 1.800 lavoratori della regione Molise;
   ad oggi non risultano riscontrate le innumerevoli istanze del 28 giugno 2016, 1o luglio 2016, 12 luglio 2016, 19 agosto 2016 a firma del consigliere regionale del Molise, Michele Petraroia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e alla direzione nazionale INPS, oltre che alle preposte strutture politiche, istituzionali ed amministrative della regione Molise, sollecitate al rispetto delle vigenti normative anche con nota formale dal presidente del consiglio regionale del Molise del 14 settembre 2016;
   con il decreto interministeriale n. 1600075 del 9 settembre 2016 vengono assegnati alla regione Molise 17.360.000 euro a completamento dei pagamenti degli ammortizzatori sociali in deroga 2016, che potrebbero essere impiegati per completare la liquidazione dei trattamenti della mobilità in deroga per l'annualità 2015 –:
   se siano state superate le motivazioni che hanno indotto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali a fermare i pagamenti della mobilità in deroga per la regione Molise dell'annualità 2015;
   se siano state attivate ulteriori iniziative per confermare il parere positivo già espresso con nota del 17 agosto 2015 a firma del dottor Ugo Menziani del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per liquidare la mobilità in deroga 2014 ad ulteriori n. 720 lavoratori del Molise per l'annualità 2015. (4-14269)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a TELEIPPICA S.r.l. è stato affidato – con la procedura aperta in ambito comunitario – dall'Agenzia Assi (ex Unire) il servizio di trasmissione, elaborazione e diffusione del segnale audio-video originato dagli ippodromi italiani e stranieri;
   TELEIPPICA è la società del gruppo SNAI che cura, quindi, l'elaborazione e la trasmissione delle immagini di tutte le corse ippiche oggetto di scommessa. Oggi si occupa, però, anche di altri sport;
   ritenendo necessaria un'adeguata revisione dell'attuale processo di rilancio del settore, vale la pena porre maggior attenzione e analisi sulla struttura in essere partendo dalla stessa concessione del segnale televisivo pubblico assegnato a TELEIPPICA e dal suo effettivo servizio produttivo;
   l'articolo 15 della legge n. 154 del 28 luglio 2016 prevede che il Governo adotti un decreto legislativo per il riassetto delle modalità di finanziamento e gestione delle attività di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale. Sarebbe di vitale importanza per il settore che detto decreto legislativo sia adottato il prima possibile;
   in considerazione dell'importanza che ha assunto il servizio di gestione dell'informazione dedicata al settore ippico, il rilancio non si deve limitare solo alle immagini relative alle corse ippiche, bensì anche estendersi ad altri servizi ad esso connessi;
   in relazione al volume delle scommesse ippiche dipendente anche dalla diffusione delle immagini delle corse, quindi, appare evidente la funzione di supporto svolta dall'emittente. Come previsto dal disciplinare di gara, nel palinsesto del canale generalista – offerto sulla piattaforma di Sky Tv – sono inseriti spot pubblicitari che danno luogo ad ulteriori entrate;
   essendo TELEIPPICA s.r.l., parte della struttura del gruppo SNAI spa – concessionaria di giochi pubblici e partner tradizionale di alcuni dei più importanti eventi ippici in Italia – si potrebbe configurare una lesione del principio di esternalizzazione del servizio. Sarebbe necessaria una verifica circa l'effettivo operato svolto sino ad oggi dall'aggiudicatario, anche in applicazione del principio di imparzialità tra i soggetti –:
   quale sia il livello dei servizi offerti dalla TELEIPPICA s.r.l., se siano questi corrispondenti all'adempimento richiesto dal bando di concessione e, a fronte delle notizie della vendita degli immobili ivi compresi quelli utilizzati dalla stessa TELEIPPICA, in che modo e con quale operatore si proseguirà il servizio per i rimanenti anni di contratto e con quale mandato editoriale e con quale livello qualitativo;
   se siano state operate le opportune verifiche tecniche e di coordinamento editoriale del palinsesto secondo gli obblighi previsti dal bando (ad esempio 100 ore anno minime di trasmissioni dedicate alla divulgazione della cultura ippica);
   se dietro tale servizio vi sia una reale «corrispondenza economica», essendo l'aggiudicatario il medesimo ed unico soggetto raccoglitore e richiedente;
   se il forte calo della raccolta delle scommesse, attività cui l'operato di TELEIPPICA s.r.l. è strumentale, possa essere ricondotto a profili di non rispondenza ai requisiti del bando e alla necessaria qualità di informazione giornalistico/sportiva richiesta, aspetti che causano una enorme incidenza del costo del servizio, tale, a giudizio dell'interrogante, da poter profilare una inutile onerosità del servizio stesso. (5-09528)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la notizia, balzata alla cronaca mondiale, della fusione tra la tedesca Bayer e l'americana Monsanto, colossi l'una della chimico-farmaceutica e l'altra del mercato degli ogm e delle sementi, in seguito all'acquisizione della Monsanto da parte della Bayer per 66 miliardi di dollari, risulta essere al vaglio dell'Antitrust;
   la fusione dei due giganti porterebbe ad una concentrazione delle quote di mercato dei prodotti fitosanitari e delle sementi, anche alla luce delle operazioni di fusione/acquisizione, ChemChinaSygentaAG, e DuPont-DowChemical Co., che consegnerebbe a tre compagnie il 70 per cento del mercato dei pesticidi, a dimostrazione dello spostamento d'interesse delle maggiori multinazionali dell'agro-chimica verso il settore agricolo, in previsione dell'aumento della popolazione mondiale e della conseguente richiesta alimentare;
   le due società detengono il monopolio dei fitofarmaci, spesso associati, dalla letteratura scientifica, a malattie quali Parkinson, Alzheimer, Sla, diabete, infertilità, endometriosi, patologie respiratorie, autoimmuni, renali, cardiache, malformazioni. Uno di essi, il glifosato, diserbante della Monsanto, è stato dichiarato probabile cancerogeno dallo IARC ed ha recentemente ottenuto un rinnovo dell'autorizzazione da parte dell'Unione europea, anche grazie all'astensione della Germania, proprio mentre la sua azienda di riferimento nel settore confermava l'interesse all'acquisto della Monsanto produttrice dell'erbicida stesso;
   tali concentrazioni di mercato rischiano seriamente di portare ad un netto sbilanciamento dei rapporti di forza tra produttori di semi brevettati e agricoltori, con un conseguente indebolimento dei piccoli e medi agricoltori ed aumento dei prezzi dei prodotti già avvenuto in Europa, per quanto riguarda i cereali, per un ammontare del 30 per cento dal 2000 al 2008;
   l'aumento di peso economico internazionale della Bayer rischia di influenzare le politiche europee nella diffusione degli OGM e nella diffusione dell'uso dei pesticidi, compromettendo la biodiversità (già compromessa, secondo dati Fao, da una perdita nei cereali del 75 per cento durante il XX secolo) e la sostenibilità ambientale ed esponendo a rischi la stessa salute umana –:
   di quali elementi disponga il Governo circa gli effetti di tale fusione sui prezzi nel comparto, nonché sulla diffusione dei prodotti ogm;
   quali salvaguardie intenda predispone a tutela del prodotto nazionale e delle eccellenze italiane, tali da evitare la contaminazione del comparto agricolo con prodotti OGM, venduti già in Europa e largamente utilizzati in Italia nel settore zootecnico e a fini sperimentali;
   quali iniziative, per contro, intenda attuare per disincentivare l'uso dei pesticidi, estendendo le limitazioni d'uso imposte per il glifosato di cui il decreto del Ministero della salute del 9 agosto 2016, ai fini della tutela della salute umana e della sostenibilità ambientale. (4-14270)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è un diritto assicurare la piena partecipazione delle persone con disabilità a tutte le opportunità della vita quotidiana, come scuola, lavoro, salute, accessibilità e trasporti, qualità e uniformità dei servizi;
   la normativa vigente nel nostro Paese, impone anche l'accessibilità dei documenti informatici;
   l'attuazione dei principi di non discriminazione e di uguaglianza è assicurata anche dalla ratifica della Convenzione dell'Onu sui diritti delle persone con disabilità (legge n. 18 del 2009);
   la denuncia delle associazioni Uici e Fish dice che gli atti del Governo sottoposti a parere parlamentare sono completamente inaccessibili per chi ha un deficit visivo, mentre Camera e Senato offrono «la maggior parte» dei documenti in modalità accessibile;
   la lacuna maggiore risiede nel formato dei documenti (PDF protetti) impossibili da decodificare con i software (OCR, FineReader e ScreenReader) comunemente più usati dalle persone con disabilità visiva (ciechi e ipovedenti);
   l'inaccessibilità, oltre che rappresentare un'esclusione di questi soggetti dall'informazione, rappresenta un disvalore educativo e simbolico, visto che si parla diffusamente di integrazione ormai da tempo;
   questa lacuna costituisce un limite ai principi di democrazia e inclusione –:
   se non ritengano necessario sanare questa lacuna e precisare quali iniziative intendano adottare e in che tempi metterle in atto al fine di recuperare questo deficit che impedisce a ciechi e ipovedenti di informarsi autonomamente. (5-09525)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO e NESCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliero-universitaria «Policlinico Vittorio Emanuele» di Catania è la stazione appaltante dei lavori di costruzione del nuovo ospedale San Marco di Librino;
   nel sito dell'azienda ospedaliero-universitaria «Policlinico Vittorio Emanuele» è presente il progetto dell'ospedale San Marco, in particolare è scritto: «Il nuovo Ospedale San Marco dovrà quindi possedere, per un totale di 570 posti letto, i servizi e le specialità verso i quali maggiormente si esprime da parte dell'utenza un'elevata domanda di assistenza e rispetto ai quali è elevato il ricorso a strutture sanitarie extraregionali. Mediante un'attenta analisi della domanda sanitaria e una scrupolosa verifica di fattibilità, verranno pertanto individuate le attività e i servizi che dovranno essere trasferiti dalle preesistenti strutture o che verranno creati ex novo. Il riversamento dei servizi dal vecchio al nuovo ospedale sarà principalmente finalizzata alla necessità di potenziare, grazie a una struttura moderna e dotata dei più elevati standard di assistenza, la propria offerta nei settori di maggiore impegno assistenziale e di alta specialità ovvero quei settori che sono caratterizzati da una particolare intensità delle cure e dall'uso di tecniche diagnostiche sofisticate, potendo in tal modo rispondere in maniera più tempestiva e qualificata ai bisogni degli utenti. Il percorso di realizzazione del nuovo Ospedale San Marco ha visto la conclusione della gara con aggiudicazione dei lavori ad Uniter Consorzio Stabile, e l'avvio dei lavori con la posa della prima pietra avvenuta il 5 dicembre 2008», con la previsione della conclusione dell'opera ad ottobre 2011; tale apertura è poi slittata al 31 maggio 2015;
   sempre sul sito dell'azienda ospedaliero-universitaria «Policlinico Vittorio Emanuele» di Catania è presente lo stato di avanzamento dei lavori, aggiornato al 12 maggio 2016 dell'ospedale San Marco; in particolare, si legge: «Maggio 2016: sono in fase di conclusione le operazioni necessarie al pagamento del 41o Stato di Avanzamento dei lavori (SAL) del 16 dicembre 2015, da cui si evince che il totale dei lavori realizzati è pari al 77 per cento (euro 92.992.251 / euro 121.531.184 euro).»;
   nel piano triennale degli investimenti 2015-2017 dell'azienda ospedaliero-universitaria «Policlinico Vittorio Emanuele» Catania si legge: «Nel 2004 l'Assessorato Regionale della Sanità ha affidato l'incarico della realizzazione del Centro di Eccellenza Ortopedico (160 PL) insieme all'Ospedale S. Marco (560 PL) “all'azienda ospedaliera Universitaria “Vittorio Emanuele — Ferrotto — S. Bambino”. Sempre nel 2004 l'azienda ha predisposto un progetto preliminare, che è stato approvato dall'Assessorato Territorio e Ambiente il 29 giugno 2005. La procedura di affidamento della realizzazione attivata dall'azienda con le modalità dell'appalto-concorso, autorizzato dalla Commissione Regionale Lavori Pubblici, concluso l’iter autorizzativo, ha comportato l'aggiudicazione al Consorzio Uniter degli impianti (...). L'importo complessivo è di euro 131.771.946,00»;
   da notizie stampa pubblicate dal giornale on-line Pressagency in aprile 2016 riferite allo stato di realizzazione dell'ospedale S. Marco in Librino si apprende in particolare:
    «quello che potrebbe essere il più moderno ospedale del meridione, al momento rischia d'essere una delle classiche cattedrali incompiute»;
    «la mancata apertura del Pronto Soccorso nel nuovo San Marco, genera alla e nella popolazione, in quanto priverebbe l'intera area sud di Catania, comprendente i popolosi quartieri di Librino e di San Giorgio, di un presidio sanitario fondamentale e determinerebbe rischiosi squilibri nella distribuzione territoriale delle strutture per l'emergenza-urgenza»;
    «il pronto soccorso dell'ospedale Garibaldi Centro rimarrebbe infatti l'unico in città, con un prevedibile conseguente sovraffollamento»;
   da giornale on-line LiveSicilia – Catania del 10 giugno 2016 si apprende:
    «(...) che il nosocomio di Librino ci appare depotenziato prima di nascere, perché non abbiamo alcuna garanzia della presenza di un pronto soccorso al suo interno»;
    «(...) preso atto della chiusura di un importante punto di chiusura di un importante punto di primo soccorso nel centro storico (il presidio ospedaliero Vittorio Emanuele), l'ospedale San Marco Librino sarebbe un toccasana ma pare che non sia previsto il pronto soccorso»;
   il piano di rientro dal disavanzo della regione siciliana è stato siglato il 31 luglio 2007 e prevede una stima di interventi per il recupero del disavanzo sanitario;
   i piani di rientro sono finalizzati a ristabilire l'equilibrio economico-finanziario delle regioni interessate e, sulla base della ricognizione regionale delle cause che hanno determinato strutturalmente l'emersione di significativi disavanzi di gestione, individuano e affrontano selettivamente le diverse problematiche emerse nella regione stessa;
   la legge finanziaria per il 2005 e l'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, prevedono il ricorso a forme di affiancamento, da parte del Governo centrale, alle regioni che hanno sottoscritto gli accordi contenenti i piani di rientro (PdR);
   è prevista la preventiva approvazione dei provvedimenti predisposti dalle singole regioni in attuazione di quanto previsto nei rispettivi piani di rientro;
   sussiste un monitoraggio dell'attuazione dei provvedimenti e dell'impatto delle azioni poste in essere dalle regioni nel rispetto degli impegni del piano di rientro, a livello regionale ed interregionale –:
   se il mancato completamento della realizzazione e della consegna dell'ospedale di San Marco in Librino di Catania possa comportare effetti di ulteriore aumento del disavanzo sanitario e quali siano le cause del notevole ritardo nella consegna del nuovo ospedale;
   se la mancata apertura dell'ospedale di San Marco in Librino di Catania e la chiusura del punto di primo soccorso nel centro storico di Catania (il presidio ospedaliero Vittorio Emanuele) possa ledere il diritto dei cittadini catanesi a vedersi garantire i livelli essenziali di assistenza;
   quali iniziative, nell'ambito dell'attività di monitoraggio relativa all'attuazione dei provvedimenti posti in essere dalla regione siciliana per il rispetto degli impegni derivanti dal piano di rientro dal disavanzo sanitario, intenda assumere il Governo. (5-09523)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la rivista Environmental Science & Technology ha pubblicato di recente i risultati di una ricerca sulle sostanze chimiche dannose per la salute celate nella polvere;
   secondo la ricerca, condotta negli Stati Uniti, oltre il 96 per cento dei campioni di polvere raccolti, conteneva almeno 10 sostanze chimiche nocive;
   in ordine di pericolosità per la salute ha annoverato gli ftalati (DEHP) che possono provocare problemi ormonali e respiratori nei bambini, sostanze che si possono trovare in prodotti di uso quotidiano come detergenti per la casa, confezioni per alimenti, cosmetici, profumi e prodotti per l'igiene personale;
   i fenoli sono invece utilizzati in moltissimi prodotti per la pulizia e articoli per la casa; sono citati anche i ritardanti di fiamma, potenzialmente cancerogeni (presenti nei tessuti per divani), e i fluorurati, utilizzati per la realizzazione di pentole antiaderenti che vengono associati, non di rado, a problemi con del sistema immunitario, digestivo ed endocrino;
   queste sostanze chimiche, presenti nei prodotti di uso comune, secondo i ricercatori, vengono rilasciate nell'aria e nell'ambiente e si amalgamano con la polvere che si deposita sui mobili e sul pavimento; l'esposizione di queste piccolissime particelle avviene, quindi, per inalazione, ingestione o assorbimento attraverso la pelle;
   di sostanze tossiche pericolose per la salute, tutte contenute nella polvere delle case, se ne possono contare almeno 45 tipi diversi;
   particolarmente a rischio sono i bambini, soprattutto i neonati, abituati a giocare per terra e a mettere in bocca gli oggetti –:
   se esistano riscontri sulla effettiva pericolosità di questi prodotti di uso comune e se siano stati censiti in Italia casi di patologie direttamente connessi con queste sostanze, insorgenza di allergie, fenomeni asmatici, problemi immunitari o endocrini;
   se in Italia si effettuino e con che frequenza e capillarità controlli sui prodotti menzionati e tutti gli altri potenzialmente a rischio;
   se siano previste campagne di informazione circa la pericolosità di queste sostanze che, singolarmente potrebbero non determinare alcun problema, ma che per la frequenza di utilizzo e la molteplicità di prodotti di uso comune che le contengono, potrebbero effettivamente divenire un problema per la salute;
   se per la realizzazione dei prodotti destinati all'igiene dei bambini, le imbottiture dei seggiolini per le auto e dei passeggini, almeno in Italia, sia vietato l'uso di queste sostanze, visto che, secondo la ricerca citata, i soggetti più vulnerabili sono proprio i più piccoli. (4-14254)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'uso degli antibiotici ha assunto una portata eccessiva in ambito umano ed animale tale da provocare in alcuni batteri, quali streptococco, escherichia coli, salmonella il cosiddetto fenomeno dell'antibiotico-resistenza, la resistenza dunque agli stessi antibiotici;
   il fenomeno dell'antibiotico-resistenza è diventato oggi un rischio sanitario mondiale di conclamata pericolosità, tanto da paventare un'era post-antibiotici – nella quale infezioni comuni e lievi ferite possono diventare mortali – dalle dichiarazioni dello stesso Keiji Fukuda vicedirettore per la sicurezza sanitaria del WHO alla prefazione del 1o rapporto globale sulla resistenza antimicrobica (AMR), pubblicato lo scorso 30 aprile dalla Organizzazione mondiale della sanità [OMS World Health Organization (WHO)];
   un rapporto, « Tackling Drug-Resistant Infections Globally: final report and recommendations» – commissionato dal Wellcome Trust e dal Governo britannico al Review on Antimicrobial Resistance – stima che al mondo siano circa 700.000 le persone che muoiono ogni anno per infezioni resistenti ai farmaci, e che il costo indiretto sul sistema economico legato a questi decessi potrebbe toccare i 100 miliardi di dollari entro il 2050;
   in Europa si verificano annualmente 4 milioni di infezioni da germi antibiotico-resistenti, che causano oltre 37 mila decessi e sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse (sanitarie e non) di circa 1,5 miliardi di euro l'anno. L'Italia risulta essere tra i Paesi in cui la resistenza agli antibiotici si mantiene tra le più elevate in Europa stimato a circa 4.500-7.000 decessi l'anno;
   diversa attenzione da parte degli organi di sorveglianza sanitaria internazionale è stata posta sul problema, tanto che già nel 2001 il Consiglio dell'Unione europea ha inviato ai vari Paesi una raccomandazione ad adottare iniziative volte ad assicurare un uso prudente di antibiotici (raccomandazione del Consiglio, del 15 novembre 2001, sull'uso prudente degli agenti antimicrobici in medicina umana (2002/77/CE)) e la stessa Fao ha predisposto un piano d'azione costituito da quattro atti di intervento in ambito alimentare e agricolo nonché piani di azione nazionali;
   tra i fattori scatenanti l'antibiotico-resistenza, oltre l'uso sconsiderato di antibiotici in ambito medico umano, si annovera il massiccio uso di antibiotici negli allevamenti intensivi, usati anche semplicemente a scopo preventivo, per sopperire alla diminuzione delle difese immunitarie degli animali, alla carenza di igiene degli ambienti e ad intervenire nei casi frequenti di ferimenti ed escoriazioni derivanti dalle condizioni ci sovraffollamento negli allevamenti industriali. Il risultato è la contaminazione delle carni da parte di batteri super-resistenti, tali da esporre il consumatore ad un contagio diretto tramite ingestione privi di corretta cottura e indiretta, mediante contaminazione domestica, ambientale e delle falde acquifere;
   secondo dati aggregati in un report dalle agenzie europee Efsa, Ema e Ecdc nel 2015 l'Italia consuma annualmente 621,6 tonnellate di antibiotici di cui 435,12 tonnellate vengono destinate agli allevamenti (circa il 70 per cento) e precisamente 341 mg di antibiotici sono utilizzati per ogni chilo di carne prodotta, contro Francia e Germania ferme rispettivamente a 99 mg e 205 mg, e una media europea di 140 mg;
   una recente indagine di «Altroconsumo» pubblicata il 6 settembre 2016 ha denunciato la contaminazione da escherichia coli in 25 campioni su 40 (63 per cento) di carne di pollo analizzati a Roma e Milano, mentre qualche mese fa l'inchiesta-denuncia di Report (Rai Tre, 29 maggio 2016) aveva denunciato la presenza di batteri resistenti nella carne suina e condizioni ai limiti della tortura nell'allevamento Amadori (suini reclusi in spazi ridottissimi, agonizzanti, pieni di piaghe ed escoriazioni gravi calpestati dai topi);
   la campagna lanciata da Altroconsumo «Basta antibiotici nel piatto» invita i principali avicoltori e le più importanti catene di distribuzione ad evitare l'abuso di antibiotici negli allevamenti e a garantire buone condizioni igieniche;
   si richiama l'interrogazione a prima firma L'Abbate del 27 gennaio 2014 riferita all'indagine di «Altroconsumo» del 2013 su 250 campioni di carne in tutta Europa, al fine di indagare batteri della famiglia delle enterobatteriaceae, più inclini di altri a sviluppare un meccanismo di resistenza agli antibiotici. Questi batteri sono stati riscontrati nell'84 per cento dei 45 campioni italiani e in percentuali leggermente inferiori negli altri Paesi europei (Portogallo 74 per cento, Belgio 73 per cento, Spagna 72 per cento) –:
   quale sia l'impegno del Ministero della salute, anche attraverso mirate iniziative normative, per una riduzione dell'impiego di antibiotici, a fronte dell'invito delle maggiori agenzie di sicurezza sanitaria internazionale di intervenire in tale direzione;
   se non si ritenga opportuno avviare un programma di informazione nel settore zootecnico al fine della corretta informazione sui rischi del sovraffollamento negli allevamenti intensivi nonché per stimolare un diverso sistema di allevamento compatibile con il benessere animale;
   quali interventi intenda il Governo predisporre per monitorare il benessere degli animali negli allevamenti, quali causa della diffusione di malattie e ferite che sono alla base dell'uso massiccio degli antibiotici e, di conseguenza, del fenomeno dell'antibiotico-resistenza. (4-14267)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 16 settembre 2016, in occasione del tavolo tecnico convocato al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza della multinazionale inglese dell'acciaio Vesuvius, il vicepresidente, Richard Sykes, avrebbe annunciato la decisione dell'azienda di chiudere gli impianti attivi in Italia di Assemini e Aversano, mentre resterebbe in attività unicamente l'impianto produttivo di Desio;
   la decisione sarebbe stata motivata con il fatto che l'azienda si troverebbe in una condizione di sovraccapacità produttiva rispetto a una produzione globale di acciaio che ha subito una forte flessione negli anni;
   gli impianti interessati dal provvedimento producono infatti materiale refrattario isostatico per le colate degli altiforni in acciaieria che viene venduto alle industrie siderurgiche; conseguentemente, a una contrazione della produzione di acciaio, ne conseguirebbe una maggiora difficoltà della Vesuvius nell'allocare i materiali prodotti presso le acciaierie;
   è il caso di rilevare che, sempre secondo notizie di stampa, l'azienda, per abbattere i costi, intenderebbe trasferire le produzioni negli impianti dislocati in Polonia e nella Repubblica Ceca, continuando, nel contempo, a commercializzare i prodotti in Italia;
   il sito industriale di Assemini, dislocato nell'area industriale di Macchiareddu, ha una produzione annuale che si aggirerebbe attorno ai 130 mila pezzi;
   lo stabilimento, secondo quanto riportato dagli organi di stampa, occuperebbe 105 dipendenti a cui si aggiungerebbero un centinaio di unità lavorative indirette;
   è il caso di sottolineare che la chiusura dell'impianto di Assemini avverrebbe in un contesto di grave crisi economica che avrebbe penalizzato soprattutto il settore industriale determinando la chiusura di numerosi insediamenti produttivi della Sardegna;
   questa situazione di crisi, anche per le specializzazioni e le qualifiche del personale dell'azienda, renderebbe difficoltosa, se non impossibile, una ricollocazione nel mercato del lavoro dei dipendenti, diretti e indiretti, della Vesuvius;
   l'area industriale di Macchiareddu sarebbe stata già gravemente penalizzata dalla chiusura di numerose realtà produttive con conseguenze gravi per il tessuto sociale del territorio di Assemini che non sarebbe in grado di sostenere le conseguenze della chiusura di un ulteriore impianto produttivo –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano le risultanze del tavolo tecnico istituito al Ministero dello sviluppo economico sulla vertenza della Vesuvius, con particolare riguardo ai dettagli tecnici, come costi di produzione e andamento del mercato, che sottendono la decisione di chiudere l'impianto di Assemini;
   se vi siano, allo stato attuale, delle ipotesi di rinvio o di revoca della decisione assunta dalla Vesuvius;
   quali iniziative intenda adottare il Governo per salvaguardare i livelli occupativi e scongiurare la chiusura del sito produttivo di Assemini. (5-09527)


   PILI e MURGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico ha definito le procedure per l'individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa con impatto significativo sulla politica industriale nazionale;
   secondo il decreto, le crisi industriali complesse sono quelle che riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da:
    a) una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto;
    b) una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio;
   non sono oggetto di intervento le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale;
   per l'adozione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale, la crisi industriale complessa ha un impatto significativo sulla politica industriale nazionale nelle situazioni in cui:
    a) settori industriali con eccesso di capacità produttiva o con squilibrio strutturale dei costi di produzione necessitano di un processo di riconversione in linea con gli indirizzi comunitari e nazionali in materia di politica industriale;
    b) settori industriali necessitano di un processo di riqualificazione produttiva al fine di perseguire un riequilibrio tra attività industriale e tutela della salute e dell'ambiente;
   la regione o le regioni interessate, mediante deliberazione della giunta regionale, presentano al Ministero dello sviluppo economico una istanza di riconoscimento di situazione di crisi industriale complessa che contiene:
    a) la descrizione dei fattori di complessità della crisi industriale in termini di significatività sulla politica industriale nazionale;
    b) la descrizione della crisi, con le caratteristiche di cui al comma 1 del provvedimento di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto, ovvero della grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio;
    c) l'individuazione e la descrizione dei territori interessati dalla crisi industriale con riferimento ai parametri statistici del sistema locale di lavoro o dei sistemi locali di lavoro interessati, in rapporto con quelli della regione e delle aree di ripartizione territoriale omogenee;
    d) l'analisi della dinamica e dell'incidenza del settore di specializzazione produttiva del sistema locale di lavoro sul settore industriale di riferimento;
    e) l'analisi dell'incidenza economica del sistema locale di lavoro a livello provinciale, regionale e nazionale;
    f) la proposta di massima dei contenuti del progetto di riconversione e riqualificazione industriale, di seguito PRRI, in ordine:
     1) alla riqualificazione produttiva del comparto interessato dalla crisi ovvero alla sua riconversione in attività alternative nel rispetto degli indirizzi di politica industriale nazionale;
     2) alla strumentazione regionale attivabile, con particolare riferimento agli interventi di natura non rotativa cofinanziati dall'Unione europea o con risorse proprie, e alla eventuale partecipazione delle società regionali;
    g) le misure di politica attiva del lavoro;
   nei giorni scorsi il Governo ha annunciato la firma di un decreto per il riconoscimento di aree di crisi complessa per le aree industriali di Portovesme e Porto Torres;
   ad oggi non risulta nei siti del Ministero e tantomeno pubblicato il decreto per tale riconoscimento;
   nel preannunciato decreto non sarebbe contemplata l'area industriale di Ottana che ha tutte le caratteristiche insieme alla connessa area di Macomer di area di crisi complessa;
   la chiusura delle settore delle fibre, della chimica, delle plastiche e della stessa centrale elettrica nel sito di Ottana ha rilievo nazionale e strategico –:
   se sia stato adottato e quando il decreto per le aree di crisi complesse relativamente ai siti industriali di Portovesme e Porto Torres;
   se non si ritenga di dover urgentemente estendere l'ambito di tale decreto anche all'area industriale di Ottana connessa con quella di Macomer, anche per l'aggravarsi delle condizioni sociali e previdenziali di numerosi lavoratori dell'area. (5-09535)

Interrogazione a risposta scritta:


   GREGORI, D'ATTORRE e FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 7 agosto 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha emanato il decreto di riconoscimento dell'area di crisi industriale complessa ai sensi dell'articolo 27 della legge n. 134 del 2012, sancendo formalmente la possibilità di tutelare 3 mila lavoratori nella filiera tessile, nella filiera avicola e nel settore metalmeccanico;
   il tavolo tecnico di coordinamento sull'area di crisi del Molise è stato insediato ufficialmente presso il Ministero dello sviluppo economico e risulta composto da rappresentanze della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di Invitalia, della regione Molise e di volta in volta anche di esponenti di altri Ministeri interessati, quali quelli competenti in materia di agricoltura, ambiente e soprattutto di economia e finanze;
   il percorso procedurale prevede una doppia linea di intervento tesa a incentivare sia investimenti produttivi in favore delle imprese, nei comuni ricompresi nell'area di crisi, così come individuati dalla regione Molise, e sia interventi in favore della ricollocazione dei 3 mila occupati di Ittierre, Gam, settore metalmeccanico e aziende dell'indotto;
   la metodologia finalizzata a erogare sostegni finanziari alle imprese è sufficientemente definita e prevede una manifestazione d'interesse preliminare che andrà a recepire le disponibilità di investimento nel territorio interessato da parte delle aziende, per predisporre, nella fase successiva, un bando pubblico vero e proprio a cui le imprese potranno accedere nella misura e con le modalità di legge;
   gli strumenti della programmazione negoziata sperimentati in passato sul territorio, quali il contratto d'area del Molise Interno ed il patto territoriale europeo del Matese, pur gestendo poco meno di 400 miliardi di lire, non contribuirono a riassorbire gli esuberi della prima crisi della filiera avicola della Sam di Bojano;
   nella procedura dell'area di crisi industriale complessa ci si prefigge l'obiettivo di incentivare la ricollocazione lavorativa dei 3 mila dipendenti della Gam, dell'Ittierre, del settore metalmeccanico e delle aziende dell'indotto, prevedendo una preliminare individuazione nominativa dei lavoratori coinvolti, al fine di convocarli presso il centro per l'impiego e sottoporli ad un'azione di orientamento e profilazione;
   per adempiere a tali atti amministrativi, in attuazione della delibera di giunta regionale n. 656 della regione Molise del 30 novembre 2015, venne promulgata la determina dirigenziale n. 7678, del 18 dicembre 2015, con cui si individuarono i componenti nominativi del gruppo tecnico di lavoro in rappresentanza dell'Inps, di Italia Lavoro e dei centri per l'impiego;
   ad oggi, non risultano all'interrogante ancora individuati i nominativi dei 3 mila lavoratori coinvolti e, in assenza di tale adempimento, non si può procedere alla loro convocazione per acquisire la loro predisposizione alla ricollocazione lavorativa, all'autoimpiego o all'incentivo all'esodo, per il tramite di un finanziamento personalizzato non inferiore a 30 mila euro a testa, per un totale di 90 milioni di euro di incentivi da far inserire nell'accordo di programma col Governo;
   gli strumenti di politiche attive del lavoro, in assenza di un finanziamento specifico nazionale sono privi di copertura economica nel bilancio della regione Molise, e non raggiungono i 10 milioni complessivi nelle misure del POR – FSE 2014-2020 a valere per l'intero periodo programmazione comunitaria e per tutto il territorio regionale;
   nel patto per il Molise firmato il 26 luglio 2016 dal Governo, risultano inserite poste finanziarie pari a 378 milioni di euro nel Fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020, al cospetto dei 280 milioni di euro del 2007-2013, a sostegno delle misure di politiche attive del lavoro inserite nel POR FSE 2014-2020, e non sono note, al momento, altre coperture economiche tese a favorire la ricollocazione lavorativa individuale dei 3 mila addetti dell'Ittierre, della Gam, del settore metalmeccanico e delle aziende dell'indotto;
   la mancata individuazione della platea normativa dei lavoratori beneficiari degli strumenti di politiche attive del lavoro nell'area di crisi industriale complessa, e la mancata trasmissione di tale atto amministrativo al Ministero dello sviluppo economico, rischia di viziare l'intera procedura, e la sbilancia esclusivamente in favore delle imprese, lasciando privi di risposta i 3 mila lavoratori coinvolti così come accadde in occasione della stipula del Contratto d'Area per il Molise Interno e del Patto Territoriale Europeo del Matese;
   il 9 settembre 2016 dal confronto nazionale svoltosi tra le regioni interessate alle 9 aree di crisi industriale complessa (Rieti, Livorno, Piombino, Trieste, Val Vibrata, Molise interno, Taranto, Gela, Termini Imerese), le organizzazioni sindacali confederali ed il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti si è stabilito di prorogare gli ammortizzatori sociali con un provvedimento specifico in via di emanazione;
   sussistono a giudizio dell'interrogante criticità tecniche circa l'applicazione di tale provvedimento per la proroga della cassa integrazione straordinaria in scadenza il 4 novembre 2016 per i 300 addetti della Gam di Bojano, e non risulta chiara la possibilità operativa di accedere ai 500 euro mensili per 12 mesi in favore dei 1000 ex-dipendenti Ittierre a cui sta per scadere la mobilità, oltre agli altri lavoratori del settore metalmeccanico e dell'indotto tessile del territorio;
   la struttura ministeriale di Italia Lavoro è confluita nell'Anpal (Agenzia nazionale politiche attive del lavoro) presieduta dal dottor Maurizio Del Conte, e a tale agenzia è demandata la funzione di pianificare gli interventi di presa in carico, profilazione e ricollocazione occupazionale per i lavoratori, a partire dagli addetti delle n. 9 aree di crisi industriale complessa ex articolo 27 legge n. 134 del 2012 con sperimentazioni da sostenere con accordi di programma mirati al reinserimento lavorativo e/o con i fondi strutturali europei e/o di sviluppo e coesione;
   la delibera del consiglio regionale del Molise, n. 267 del 27 luglio 2016 con la quale è stato approvato all'unanimità l'ordine del giorno, a firma del consigliere, M. Petraroia, concernente l'area di crisi industriale complessa del Molise –:
   se il Governo, al fine di alleviare il forte disagio sociale in cui versa il territorio della provincia di Isernia e dell'area del Molise centrale non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per sostenere un progetto sperimentale di presa in carico con un finanziamento pari a 30.000 euro per ciascuno dei 3 mila lavoratori ex-Gam, Ittierre e del settore metalmeccanico coinvolti dal decreto di riconoscimento dell'area di crisi industriale complessa emanato dal Ministro dello sviluppo economico il 7 agosto 2015, finanziando con uno specifico accordo di programma tale progetto con fondi rivenienti dalle compensazioni dei 142 milioni di euro tagliati alla regione Molise con il POR 2014-2020, come da impegno assunto dal Sottosegretario pro tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, il 16 aprile 2014 riportato a pagina 14 del verbale di riunione;
   se il Governo non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a verificare se siano stati compiuti gli adempimenti tesi a garantire la fruibilità e l'accesso alla proroga di un anno per la cassa integrazione straordinaria per i 300 addetti della Gam, nonché l'accesso al trattamento di 500 euro mensili per 12 mesi ai 1.000 addetti Ittierre a cui scadrà la mobilità, oltre ai lavoratori dell'indotto metalmeccanico e del tessile che versano nelle medesime condizioni. (4-14272)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-01291, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Martelli.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Quaranta n. 4-14250, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Paglia, Kronbichler, Ricciatti, Duranti, Airaudo, Melilla, Costantino, D'Attorre, Fassina, Gregori.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Secco n. 5-08986 del 24 giugno 2016.