Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 20 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la legge elettorale è un elemento essenziale dei sistemi democratici perché incide profondamente sul loro funzionamento e ne determina molte caratteristiche e la scelta del modello di legge elettorale deve essere consapevolmente diretta alla costruzione del modello di democrazia che si vuole realizzare;
    appare essenziale sciogliere definitivamente il nodo del rapporto tra l'esigenza di garantire governabilità e quella di avere un Parlamento realmente rappresentativo, nel quale gli eletti siano selezionati da parte dei cittadini, che questi ultimi abbiano la possibilità di condizionare gli eletti durante il mandato parlamentare e di indirizzare le scelte politiche fondamentali attraverso il Parlamento;
    la governabilità non è inconciliabile con tali obiettivi, ma è anzi dimostrato che, se realizzati, essi producono normalmente un effetto di stabilizzazione dei Governi e di consolidamento delle decisioni politiche assunte;
    ricostruire un Parlamento rappresentativo e responsivo nei confronti degli elettori è il presupposto essenziale non solo della democrazia, ma anche della governabilità, poiché non si può governare un Paese complesso senza che vi sia un Parlamento realmente rappresentativo della popolazione;
    solo un Parlamento realmente rappresentativo e in contatto con i cittadini può assumere decisioni condivise e sorrette dal consenso della maggioranza del Paese, oltre che dalla maggioranza in Parlamento;
    un Parlamento democratico suscita dibattito dentro la società, la quale partecipa attivamente all'adozione delle leggi, con tutte le sue articolazioni sociali, economiche e culturali;
    il coinvolgimento collettivo nella fase dell'assunzione delle leggi fa sì che, quando queste siano approvate, siano anche destinate a durare nel tempo;
    la buona governabilità, per conciliarsi con la democrazia, deve dunque procedere dal basso, attraverso un processo di progressiva aggregazione delle idee che si trasforma nella decisione finale della legge;
    la governabilità che si ottiene con il meccanismo del premio di maggioranza sacrifica gli elettori ed è imposta dall'alto, essendo dunque, innanzitutto, antidemocratica;
    attraverso il premio, le elezioni parlamentari sono completamente sradicate dal loro rapporto con gli elettori e le comunità territoriali e si trasformano, invece, in un grande plebiscito mediatico per il Governo e per il leader, cui consegue ancillarmente la composizione del Parlamento;
    nei sistemi con premio di maggioranza è infatti quest'ultimo che determina l'esito reale delle elezioni, perché chi vince il premio ottiene la maggioranza e dunque governa, realizzando così, di fatto, una sorta di elezione diretta dell'Esecutivo, cui consegue per di più meccanicamente la composizione del Parlamento, realizzando una forma di governo antidemocratica;
    il meccanismo del premio, subordinando sostanzialmente l'elezione del Parlamento a quella del Governo, produce un risultato antidemocratico e autoritario;
    la governabilità ottenuta col premio è una governabilità totalmente artificiale e quindi, paradossalmente, «instabile» e precaria, perché si fonda sull'illusione che investendo del potere una sola persona tutti i problemi siano sol per questo risolti;
    mentre la governabilità costruita dal basso produce decisioni stabili, la governabilità imposta dall'alto produce decisioni immediate ma precarie, poiché le leggi sono il frutto di decisioni solitarie di Governi appoggiati da un Parlamento privo di forza di rappresentanza reale;
    il premio è anche un meccanismo deresponsabilizzante per l'elettore, che può di fatto decidere solo per il capo, senza poter evidentemente intrattenere alcun rapporto reale con l'unico soggetto davvero elettivo, il parlamentare, e termina perciò il suo ruolo nel giorno dell'elezione;
    la legge n. 52 del 2015 di riforma della disciplina per l'elezione della Camera dei deputati approvata dal Parlamento intende promuovere la governabilità proprio attraverso il ripristino di un sistema elettorale con premio di maggioranza (non diversamente dall'impostazione della precedente «legge Calderoli»);
    è l'impostazione di fondo della legge n. 52 del 2015 che la rende, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, fondamentalmente antidemocratica e incompatibile con la Costituzione e dunque essa non è emendabile ma deve essere integralmente sostituita;
    la legge elettorale per il Parlamento italiano deve essere anzitutto rappresentativa dei cittadini e dunque si deve preferire una formula proporzionale senza alcun premio di maggioranza;
    la legge elettorale per il Parlamento deve avvicinare gli eletti agli elettori e, dunque, deve articolarsi in circoscrizioni medio-piccole entro le quali debbono concludersi tutti i calcoli elettorali, senza manipolazioni nazionali;
    un sistema elettorale con formula proporzionale da applicarsi in circoscrizioni medio-piccole, oltre a garantire rappresentatività e vicinanza agli elettori, favorisce l'aggregazione fra le forze politiche piccole e medio-piccole, spingendole a mettere insieme le loro idee, se conciliabili, dentro forze politiche più grandi ma coese e favorisce l'omogeneità interna dei partiti e dei movimenti, disincentivando frantumazioni e scissioni;
    un sistema elettorale con formula proporzionale da applicarsi in circoscrizioni medio-piccole, rispettando i voti che gli elettori esprimono sulla base delle liste locali, a livello nazionale evita di disperdere i seggi tra forze politiche troppo piccole e premia naturalmente le forze politiche maggiori, così favorendo l'emersione di una maggioranza parlamentare effettivamente voluta dai cittadini, a differenza di quella prodotta dagli artifici giuridici del premio nazionale previsto dal cosiddetto «Porcellum» e dal cosiddetto «Italicum»;
    un sistema elettorale come quello descritto, favorendo l'emersione di una maggioranza parlamentare effettivamente voluta dai cittadini, garantisce una governabilità prodotta dalle scelte politiche dei cittadini e non artificialmente costruita con espedienti giuridici;
    un sistema elettorale organizzato sulla base di circoscrizioni medio-piccole, nelle quali applicare una formula proporzionale corretta con la garanzia per gli elettori di esprimere concretamente le proprie preferenze nella scelta dei propri rappresentanti, garantisce l'elezione di un Parlamento rappresentativo e favorisce la governabilità del Paese,

impegna se stessa e i propri organi a deliberare

in tempi rapidi in ordine ad una nuova legge elettorale con formula proporzionale in circoscrizioni medio-piccole e modalità di espressione della preferenza da parte degli elettori.
(1-01349) «Dieni, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli».


   La Camera,
   premesso che:
    gli yazidi sono una comunità di origini antiche che si caratterizza come vera e propria nazione senza Stato proprio. È una popolazione di lingua curda, originaria delle montagne del Kurdistan, a cavallo tra Iraq e Turchia che professa una religione – lo yazidismo – le cui nozioni fondamentali deriverebbero da antiche religioni precedenti all'ebraismo, assorbendo in seguito elementi dal Cristianesimo e dall'Islam;
    gli yazidi, prima della costituzione del califfato islamico dell'Isis, erano circa 800 mila, dei quali almeno 500 mila vivevano nel nord dell'Iraq, nella zona montuosa vicino a Mosul e lungo la frontiera con la Turchia. Le altre comunità sono sparse in Siria, nella zona di Aleppo, in Armenia, in Georgia, nelle regioni del Caucaso e dell'Iran e più di 40.000 yazidi vivono in Germania e in Russia;
    questa comunità ha costituito dunque da millenni una minoranza numerica coesa in queste regioni del vicino e Medio Oriente, ma non è una minoranza aggiunta, bensì è nazione costitutiva dell'identità di quegli Stati e di quei territori;
    pur essendo considerata religione pagana dalle autorità islamiche, e dunque senza neppure le parziali tutele riservate alle altre «religioni del libro», questa comunità non era mai stata oggetto di volontà sistematica di annientamento come quella progettata e realizzata dal Daesh o Stato islamico;
    questa volontà cui sono seguite azioni conseguenti si configura storicamente, moralmente e giuridicamente come genocidio. Come tale, infatti, è definibile la pulizia etnico-religiosa attraverso massacri sistematici o, in alternativa, riduzione in schiavitù, in particolare delle donne, le quali sono particolare oggetto di crudeltà come documentato da inconfutabili testimonianze;
    si fa presente che questo tipo di persecuzione accomuna oggi tutte le minoranze non islamiche e stanno colpendo, con identica volontà e sistematicità genocidaria, anche la comunità cristiana, ormai quasi estinta in Iraq e su questa medesima strada in Siria, dopo che per millenni una convivenza faticosa e senza la pienezza dei diritti era stata comunque possibile;
    ripercorrendo a grandi linee l’escalation di violenze dello Stato islamico, si ricorda l'offensiva islamista nel nord dell'Iraq, allorché gli yazidi sono stati vittime di abusi e violenze di massa da parte dei miliziani del califfato e in massa sono stati costretti a scappare dalle zone di origine del Sinjar, a pochi chilometri dalla città di Mosul, nel nord dell'Iraq. Migliaia di uomini e ragazzi sono stati massacrati e torturati, bambini anche piccolissimi sono stati rapiti e rivenduti, le loro madri e sorelle sono state sistematicamente stuprate, in un crescendo di violenza efferata testimoniato in un recente rapporto di Amnesty international, con una strategia islamista di pulizia etnica della razza-religione yazida;
    migliaia di ragazze sono state costrette con la forza a contrarre matrimonio con i guerriglieri dell'Isis, vendute o offerte ai combattenti o simpatizzanti. Molte di queste schiave sessuali, poco più che bambine, ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni o anche più giovani, una volta divenute merce sessuale degli islamisti non hanno retto all'umiliazione e hanno preferito suicidarsi;
    l'irruzione degli uomini dell'Isis a Mosul ha comportato, in poche settimane, un esodo che ha portato più di un milione di yazidi e cristiani a rifugiarsi nella regione irachena del Kurdistan, e nello specifico nella regione di Erbil, Dohuk e Zakho;
    il presidente della commissione di inchiesta sulla Siria delle Nazioni Unite, Paulo Pinheiro, ha definito come un vero e proprio genocidio quello che i miliziani dell'Isis stanno compiendo ai danni degli yazidi in Iraq, ma anche in Siria;
    il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sullo sterminio delle minoranze religiose, ribadendo una risoluta condanna del cosiddetto Isis/Daesh e delle gravi violazioni dei diritti umani di cui si è reso responsabile, che equivalgono a crimini contro l'umanità e crimini di guerra ai sensi dello statuto di Roma della Corte penale internazionale, come pure la necessità di adottare misure affinché il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite riconosca tali violazioni come genocidio;
    tenendo in considerazione tutta una serie di elementi e documentazioni prodotte tra il 2014 ed il 2016, così come testimonianze dirette, dalle affermazioni di Papa Francesco sulla sofferenza di «una violenza inumana» patita da cristiani, yazidi e altre minoranze nella regione, la Camera dei rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti d'America, con l'adesione del Senato, ha approvato il 14 marzo 2016 una risoluzione in cui si afferma che le atrocità perpetrate dal Daesh contro cristiani, yazidi e altre minoranze etniche e religiose in Iraq e Siria costituiscono crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    già il 7 dicembre 2015 la Commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti d'America aveva chiesto al Governo federale di designare le comunità cristiane, yazide, sciite, turcomanne e shabak dell'Iraq e della Siria come vittime di genocidio per mano del Daesh. La richiesta è stata accolta e ampliata, a livello della comunità internazionale e delle Nazioni Unite, dalla risoluzione che chiede a tutti i Governi, incluso quello degli Stati Uniti d'America, e alle organizzazioni internazionali di chiamare le atrocità del Daesh con il loro giusto nome: crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
    nel marzo 2016 il Congresso degli Stati Uniti d'America ha votato all'unanimità una risoluzione in cui le atrocità dell'Isis nei confronti di yazidi, cristiani e sciitinei perpetrate in Siria e in Iraq sono da considerarsi con il termine «genocidio»;
    anche la Casa dei Comuni britannica, in data 20 aprile 2016, si è espressa con una mozione indirizzata al Governo mettendo in luce la sofferenza che cristiani, yazidi e altre minoranze etniche e religiose in Iraq e Siria stanno subendo e chiedendo al Governo di indirizzarsi immediatamente al Consiglio di sicurezza dell'Onu con lo scopo di conferire l'appropriata giurisdizione in materia alla Corte penale internazionale, così che i perpetratori possano essere portati davanti agli organi di giustizia,

impegna il Governo:

   a promuovere ogni iniziativa, nelle competenti sedi internazionali, volta al riconoscimento formale del genocidio nei confronti del popolo yazida affinché sia condannato e contrastato con ogni mezzo;
   a denunciare nelle competenti sedi internazionali quegli Stati e quei Governi che finanziano o appoggiano ideologicamente (wahabismo) la discriminazione degli yazidi e anche dei cristiani, impedendo nei loro territori presenze e comunità diverse da quelle islamiche;
   a far valere, d'intesa con gli altri Paesi dell'Unione europea, nel quadro delle Nazioni Unite, la necessità di un effettivo impegno degli Stati per la tolleranza e la libertà religiosa, in particolare delle minoranze perseguitate, laddove risultino minacciate o compresse per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di Governo, sia attraverso un tacito assenso;
   a prendere in considerazione – come già deliberato all'unanimità dal Congresso degli Stati Uniti d'America – la definizione di genocidio per tutte le minoranze religiose oggetto di sterminio;
   a promuovere, nelle competenti sedi internazionali, di concerto con i partner dell'Unione europea, iniziative atte a rafforzare il rispetto del principio di libertà religiosa, la tutela delle minoranze religiose e il monitoraggio delle violazioni, dando concreta attuazione agli strumenti internazionali esistenti.
(1-01350) «Centemero, Carfagna, Brunetta, Crimi».

Risoluzioni in Commissione:


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    il fascicolo del fabbricato dovrebbe costituire un dossier indispensabile per gli edifici esistenti e per quelli di nuova costruzione, entro cui inserire tutti i dati di conoscenza dello status in cui si trova l'immobile, dagli aspetti strutturali, a quelli geologici, impiantistici, manutentivi rilevandone le criticità e individuandone i rimedi. Una vera e propria carta di identità o più specificatamente una sorta di libretto sanitario, indispensabile per poter effettuare una diagnosi per ciascun edificio e, qualora si riscontrasse un cattivo stato di salute, operare adeguatamente per conferirgli i livelli di sicurezza necessari;
    dopo il recente terremoto che ha colpito il Centro Italia, innumerevoli istituzioni rappresentative delle diverse figure di professionisti e tecnici di settore hanno sottolineato ancora una volta l'importanza che ogni edificio sia accompagnato dal «Fascicolo del fabbricato». La percezione dell'esposizione al rischio sismico è aumentata negli anni, e l'esigenza di un dossier per il fabbricato sta diventando un'esigenza sociale e di sicurezza indispensabile, anche in considerazione del fatto che ad avere problemi strutturali non sono solo le case dei centri storici, ma anche edifici recenti e di rilevanza strategica come le scuole e gli ospedali;
    risulta fondamentale che ogni edificio sia accompagnato dal fascicolo del fabbricato, che contiene tutte le informazioni necessarie sugli aspetti che riguardano la stabilità e la sicurezza ai fini della protezione, soprattutto, dagli eventi sismici;
    una ricerca del 2012 del dipartimento di architettura, ingegneria delle costruzioni e ambiente costruito del Politecnico di Milano (per conto della Fondazione Opificium e del CNPI) ha definito gli «indici di efficienza dell'edificio», come un sistema di valutazione degli immobili esistenti dal punto di vista del degrado, dell'invecchiamento, delle anomalie e della documentazione. Tali indici, integrati all'interno del fascicolo del fabbricato, risulterebbero uno strumento capace di descrivere pienamente la situazione di un bene nella sua completezza e nelle sue parti, fornendo a utenti, gestori, amministratori e manutentori una situazione chiara ed esaustiva dello stato di fatto;
    nel piano per l'assetto idrogeologico – PAI – (piano territoriale di settore, strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, gli interventi e le norme d'uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio), vengono esplicitamente indicate le zone e le aree in cui non è possibile l'edificazione, ma nonostante ciò ad oggi si continua ad assistere a paradossali nuove concessioni edilizie che consentono l'edificazione e l'espansione edilizia anche in zone classificate a rischio idrogeologico, senza contare l'abusivismo;
    attualmente in Italia solo alcune regioni hanno istituito, anche a seguito del piano casa, la redazione del fascicolo del fabbricato, ma in quasi nessuna è stata resa obbligatoria ad eccezione della regione Puglia, che, con la legge regionale n. 27 del 20 maggio 2014 «Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del rischio e sicurezza delle costruzioni – Istituzione del fascicolo del fabbricato», ha predisposto un sistema integrato e informatizzato per la conoscenza dello stato conservativo del patrimonio edilizio;
    ad oggi, quindi, il fascicolo del fabbricato non è obbligatorio in tutti i comuni italiani,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative che, a livello nazionale, progressivamente rendano obbligatoria la redazione del fascicolo del fabbricato, sia in forma cartacea che digitale, sia per edifici pubblici che privati, sia per quelli di nuova costruzione che per quelli preesistenti;
   a promuovere nell'immediato un programma attuativo che garantistica a tutti gli edifici pubblici (scuole, ospedali, caserme, municipi e altri) l'adozione del fascicolo del fabbricato;
   ad avviare contestualmente una politica di incentivazione e defiscalizzazione in modo che i privati, già proprietari di un immobile, non siano penalizzati economicamente nell'adozione del fascicolo del fabbricato, ma ne vengano incentivati;
   ad assumere iniziative per prevedere conseguentemente per i privati l'introduzione obbligatoria del fascicolo del fabbricato in maniera graduale, predisponendo inizialmente il suo impiego obbligatorio solo per le nuove costruzioni, in un secondo momento estendendo l'obbligo agli atti di compravendita e in un terzo momento estendendolo anche agli immobili esistenti;
   ad assumere iniziative per rendere obbligatoria la predisposizione del fascicolo del fabbricato in tutti gli atti di compravendita e di affitto di immobili, una volta messo a sistema il suo utilizzo, prevedendo l'obbligo di allegare tra la documentazione notarile anche il suddetto fascicolo;
   ad adottare iniziative per prevedere che per gli edifici di nuova costruzione il fascicolo del fabbricato sia un documento essenziale senza il quale il comune non sia autorizzato a rilasciare l'agibilità del fabbricato;
   a promuovere l'elaborazione di una specifica norma tecnica caratterizzata da un sistema standardizzato nazionale di analisi che consenta di determinare l'attribuzione di indici di efficienza, con metodi oggettivi e comparati, capaci di fornire un quadro immediato della situazione di ciascun immobile, con particolare riferimento agli aspetti di sicurezza;
   ad assumere iniziative volte a prevedere che il fascicolo del fabbricato venga redatto da tecnici abilitati, e che tale documentazione contenga almeno le seguenti informazioni base:
    a) anno di costruzione, titolo abilitativo e provvedimenti autorizzativi;
    b) destinazione d'uso delle unità immobiliari;
    c) indicazioni urbanistiche e dei vincoli presenti,
    d) tipologia della struttura portante dell'edificio;
    e) tipologia degli orizzontamenti (solai, volte, di copertura ed interpiano, e altro);
    f) caratteristiche del sistema impiantistico;
    g) categoria del terreno (decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 14 gennaio 2008, punto 3.2) con specificata la classe di pericolo;
    h) interventi di modifica strutturale eventualmente eseguiti e loro titoli autorizzativi, estremi del collaudo statico;
    i) estremi del certificato di abitabilità e/o d'uso;
    j) referto tecnico di verifica della condizione statica aggiornate in relazione allo stato di invecchiamento, di degrado, e le possibili anomalie;
    k) l'individuazione e la riproduzione, nel fascicolo del fabbricato, chiaramente su carta, delle eventuali fonti di pericolosità idraulica o idrogeologica, mettendole in relazione spaziale con il fabbricato;
   a prevedere che la documentazione del fascicolo del fabbricato sia aggiornata in occasione di ogni lavoro o di modifica significativa dello stato di fatto e/o della destinazione ad uso dell'intero fabbricato o di parte di esso e che l'aggiornamento sia effettuato anche nel caso di lavori eseguiti da enti erogatori di pubblici servizi (luce, acqua, gas, telefono, e altri);
    ad assumere iniziative volte a prevedere che in ogni caso competa al proprietario l'obbligo dell'aggiornamento nel termine perentorio di dieci anni dall'ultimo deposito della scheda di sintesi.
(7-01096) «Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Turco».


   La Commissione XII,
   premesso che:
    la mobilità dei pazienti tra le varie regioni permette di scegliere liberamente i luoghi di cura più adeguati alla loro patologia, soprattutto in termini di competenza specifica e di disponibilità del personale sanitario;
    le strutture di riconosciuta competenza clinico-assistenziale nei confronti di alcune malattie, sono anche quelle scelte dalla maggior parte dei pazienti affetti dalle patologie specifiche di cui si fanno carico, per cui sono di fatto quelle maggiormente attrattive per la qualità delle cure offerte, oltre che per il fatto che sono spesso le uniche che in quel determinato campo sono in grado di fornire specifici trattamenti;
    queste stesse strutture di eccellenza in alcuni casi si stanno orientando a respingere i pazienti, perché informate dalla loro regione che è ancora in vigore per il 2016 un tetto pari al fatturato del 2011;
    le regioni in cui si trovano le strutture di eccellenza sono state di fatto avvisate dalle regioni di provenienza dei cittadini malati del fatto che, per mancanza di risorse disponibili, esse non faranno fronte ai pagamenti: ci si riferisce, in particolare, al caso di giovani affetti da malattie rare il cui flusso verso strutture dell'Emilia Romagna sta per essere bloccato o fortemente ridotto per via di blocchi e ostacoli di questo tipo;
    tutto questo trarrebbe origine dal comma 574 dell'articolo 1 della legge n. 280 del 2015 (legge di stabilità 2016) e dell'articolo 15 comma 14 del decreto-legge n. 95 del 2012 («spending review» del Governo Monti), che imporrebbe un tetto all'attività dal 2014 pari al 2011 meno il 2 per cento (senza specificare la durata di questo limite),

impegna il Governo

ad assumere iniziative, per quanto di competenza, relativamente alla limitazione imposta alla circolazione dei pazienti tra le varie regioni, da considerarsi causa di enormi disagi ai pazienti e, tra questi, in particolare a quelli affetti da malattie rare.
(7-01095) «Binetti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per sapere – premesso che:
   nel 2007 l'INPS indiva in Gazzetta Ufficiale n. 67 del 24 agosto 2007 un concorso pubblico per esami per 50 posti nei ruoli del personale amministrativo, area funzionale B, posizione economica B1;
   in data 14 giugno 2010 è stata pubblicata la graduatoria finale del concorso, al termine del quale sono risultati ammessi nella graduatoria 319 candidati tra vincitori ed idonei, di cui già 150 risultano assunti (posizione ultimo assunto n. 164) e ne rimangono circa 155 in attesa di assunzione;
   tale graduatoria, durante il periodo di vigenza naturale pari a tre anni, di fatto risulta bloccata a partire dal decreto-legge n. 138 del 2011 che ha inciso imponendo dei vincoli alle nuove assunzioni nella pubblica amministrazione;
   successivamente le politiche di spending review, l'accorpamento degli enti previdenziali e, in seguito, il riordino delle province hanno sancito un ulteriore taglio degli organici con conseguente blocco delle nuove assunzioni, impedendo alle pubbliche amministrazioni con gravi scoperture d'organico, quali l'INPS, di procedere a nuovi reclutamenti fino al totale riassorbimento degli esuberi delle province e della croce rossa (procedura ancora adesso in atto);
   in data 8 ottobre 2014 l'INPS aveva presentato alle organizzazioni sindacali una bozza — rimasta tale a seguito del blocco imposto dalla legge n. 190 del 2014 — del piano triennale dei fabbisogni 2015-2017 dal quale emergeva che al 31 dicembre 2015 sarebbero stati assunti tutti gli idonei B1 amministrativi presenti in graduatoria;
   è noto che l'Inps ha intrapreso un processo di riorganizzazione ed evoluzione anche a seguito della fusione con Inpdap ed Enpals;
   in occasione di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale tenutasi il 25 febbraio 2016, il presidente dell'Inps Tito Boeri ha fatto il punto sulla riorganizzazione ed evoluzione dell'istituto: «Il personale si è ridotto del 10 per cento in tre anni, ormai è sotto il livello dell'Inps prima della fusione con Inpdap ed Enpals. Le nostre sedi territoriali fanno fatica a reggere una domanda crescente dato anche l'incremento del numero di prestazioni che eroghiamo e la dura prova della crisi», sollecitando altresì superamento del blocco del turn over nella pubblica amministrazione che inevitabilmente riduce la qualità delle istituzioni;
   in data 7 luglio 2016, nella sala della Regina presso la Camera dei deputati, si è tenuta la presentazione del XV rapporto annuale dell'Inps, ove nel testo integrale del suddetto rapporto si evince una forte contrazione del personale di area B, che a dicembre 2016 conterebbe 5.150 unità a fronte delle 5.693 unità previste in dotazione organica (determinazione del commissario straordinario dottor Conti – n. 58 del 12 maggio 2014). Nello stesso documento si fa presente la necessità di un fabbisogno di personale pari a 1.969 unità totali per l'anno 2016 e viene altresì precisato che «Questo fabbisogno necessario per garantire il mantenimento dei livelli di servizio può essere almeno in parte soddisfatto, per il 2016, mediante l'assunzione di 700 unità di personale già autorizzate, tenendo comunque conto che in questo contingente debbono essere comprese le stabilizzazioni delle circa 300 unità di personale attualmente comandato presso l'Istituto»;
   gli idonei del concorso dell'Inps dell'area B potrebbero essere utilizzati per coprire i sempre maggiori servizi, cui deve rispondere l'Istituto tanto più che — nella medesima area — risulterebbe una carenza di oltre 500 unità;
   eppure secondo quanto denunciato dagli idonei del concorso B1 amministrativi dell'Inps con un comunicato del 3 agosto 2016 (pubblicato in www.contropiano.org del 7 agosto 2016), per effetto di una rideterminazione delle varie aree della pianta organica attuata dall'Inps, si sta attuando una riduzione dell'area B con l'effetto di escludere gli idonei del suddetto concorso dalla legittima aspirazione all'assunzione;
   già per effetto delle procedure di riassorbimento del personale proveniente dalle province e dell'innalzamento dei limiti del blocco del turn over, di fatto non si è potuto procedere allo scorrimento di molte graduatorie dei concorsi pubblici che perderanno efficacia il 31 dicembre 2016;
   invece lo scorrimento della graduatoria del suddetto concorso all'epoca bandito dall'Inps consentirebbe all'Istituto – in base al principio di economicità e speditezza dell'azione amministrativa – anche un notevole risparmio economico e di tempo così ovviando ai costi derivanti dalla gestione di ulteriori procedure di reclutamento di personale amministrativo, anche in applicazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013 convertito dalla legge n. 125 del 2013 –:
   se sia intenzione del Governo assumere iniziative per una proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici;
   se sia vero che l'Inps abbia previsto una rideterminazione della pianta organica con riduzione del personale dell'area B e quali ne siano i motivi;
   se si intenda procedere allo «scorrimento» della graduatoria e all'immediato assorbimento da parte dell'amministrazione degli idonei B1 collocati nella graduatoria finale del concorso all'epoca bandito dall'Inps di cui in premessa, anche in attuazione delle norme di cui al decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, finalizzate alla celere assunzione dei vincitori e degli idonei, anche prorogando l'efficacia delle graduatorie vigenti ovvero incentivando gli accordi tra le amministrazioni interessate circa la possibilità di utilizzare, prima di indire nuovi concorsi, le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni, per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto- legge n. 101 del 2013.
(2-01470) «Massimiliano Bernini, Ciprini, Dieni».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 23 gennaio 2016 è cessato dalla carica per fine mandato il consiglio di amministrazione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac), l'autorità italiana di regolamentazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell'aviazione civile;
   in base all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250, recante Istituzione dell'Ente nazionale per l'aviazione civile, il «consiglio di amministrazione è composto dal presidente e da quattro membri scelti tra soggetti di comprovata cultura giuridica, tecnica ed economica nel settore aeronautico, nominati, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il consiglio rimane in carica cinque anni e la nomina dei suoi componenti è rinnovabile per una sola volta. Esercita le competenze stabilite dallo statuto dell'Ente»;
   in occasione della scadenza del mandato del consiglio di amministrazione di Enac il Gruppo parlamentare dell'interrogante aveva chiesto al Governo, con un comunicato stampa, di aprire una consultazione pubblica per la selezione dei nuovi consiglieri, affinché, oltre alle soprarichiamate competenze giuridiche, tecniche ed economiche, fossero individuati soggetti di specchiata moralità, indiscussa esperienza, in assenza di conflitti di interessi e in assenza di procedimenti giudiziari per i reati di cui alla legge «Severino»;
   ad otto mesi dalla scadenza del consiglio di amministrazione di Enac, pur a fronte di numerosi solleciti, il Governo non solo non ha risposto all'appello di una consultazione pubblica ma non ha ancora sciolto la riserva sui nomi da insediare ai vertici dell'Ente, con grave disagio per un intero comparto, come quello del trasporto aereo, che presenta delicate e complesse problematiche ancora da risolvere che impongono la piena titolarità, legittimità e operatività di un Ente chiamato per legge a garantire la piena sicurezza della mobilità aerea nel nostro Paese. A tale proposito, giova ricordare che, negli ultimi quattro anni, la percentuale dei passeggeri negli aeroporti italiani è aumentata di circa il 7 per cento, toccando il numero di quasi 157 milioni di unità;
   questo mancato rinnovo del consiglio di amministrazione sta, inoltre, aggravando gli annosi problemi di governance di un ente pubblico da oltre 13 anni ininterrottamente in mano alla stessa persona, l'attuale presidente, Vito Riggio, che si è visto confermare in perpetuum da tutti i Governi in carica con norme e commissariamenti ad hoc –:
   se il Governo intenda chiarire i suoi intendimenti in merito al rinnovo del consiglio di amministrazione di Enac.
(5-09514)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FREGOLENT, D'OTTAVIO, BARGERO, PATRIARCA, GRIBAUDO, FIORIO e DAMIANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di un torneo denominato «Memorial Antonio Gioia» la squadra dei Giovanissimi di fascia B del Settimo Calcio ha incontrato, sul campo del Volpiano, i pari età dell'Alpignano;
   si tratta di squadre composte da ragazzi di 12/13 anni di età;
   la squadra del Settimo indossa una maglia colore fucsia;
   come riportato dalle cronache che hanno avuto anche rilevanza sul piano nazionale il colore della maglia in maniera del tutto incomprensibile ha dato il via ad una serie di pesantissimi insulti di stampo omofobo all'indirizzo dei ragazzi del Settimo;
   gli insulti provenivano da frange di ragazzi del Volpiano squadra con cui esiste una rivalità campanilista con il Settimo;
   i dirigenti della squadra del Settimo non hanno sporto denuncia per evitare di esasperare gli animi;
   tale episodio denota ancora una volta l'emergere di una incultura razzista e omofoba che non può trovare tolleranza da parte delle autorità sportive competenti ed impone una attenta riflessione a tutte le centrali educative di questo Paese in particolare nell'ambito dello sport;
   non è purtroppo la prima volta che sul territorio nazionale proprio in occasione di confronti che riguardano squadre giovanili si verificano episodi di siffatta gravità;
   occorre intervenire con rapidità coinvolgendo tutti i soggetti istituzionali, associativi e soprattutto dei genitori per far prevalere i principi fondamentali dello sport –:
   se, in considerazione di quanto riportato in premessa, il Governo non intenda promuovere in tempi rapidi una più attenta e vasta riflessione, coinvolgendo tutti i soggetti protagonisti a partire dalle scuole calcio, per avviare iniziative anche di carattere nazionale finalizzate alla formazione e al rafforzamento della cultura del rispetto e della tolleranza nell'interesse dello sport e delle nuove generazioni per scongiurare il ripetersi di simili episodi.
(4-14237)


   ZOLEZZI, DAGA, MANNINO, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tra le macerie di Amatrice e nella polvere che si respira esiste il ragionevole dubbio della presenza documentata di amianto utilizzato negli anni passati e nell'edilizia residenziale: il sospetto è emerso dopo che il sindacato Usb dei vigili del fuoco ha denunciato attraverso una lettera inviata al Ministro Angelino Alfano e ai vertici del Corpo dei vigili del fuoco, il 13 settembre 2016, la presenza documentata con foto e filmati di amianto nelle zone rosse come risulta da un articolo del Fatto Quotidiano del 13 settembre 2016 di Antonio Massari: «nella zona di Arquata del Tronto, vicino al palazzetto dello sport, accanto al campo mensa dei vigili del fuoco – dice Costantino Saporito, coordinatore Nazionale del Sindacato Usb – hanno ampliato un'area e l'hanno coperta di detriti: tra quelle pietre c'era amianto». Dallo stesso articolo si evince che una piazzola per l'atterraggio degli elicotteri è accanto alle aree incriminate, «quindi il rischio diventa ancora maggiore, perché con il movimento delle pale, non possiamo neanche augurarci che l'amianto resti fermo»;
   per quanto riguarda la tendopoli della scuola non v’è certezza della presenza di amianto. Anzi a sentire il sindaco, Alessandro Petrucci, non dovrebbe esserci alcun rischio. Dalle dichiarazioni fatte nel medesimo articolo risulta che il sindaco di Arquata del Tronto, abbia affermato che «nell'area della scuola è stata trasportata solo ghiaia». Che vi sia amianto nei detriti trasportati, comunque, lo conferma Stefano Giordano, anch'egli del coordinamento nazionale Usb, che con Saporito, ne ha documentato la presenza attraverso fotografie e video: «Oltreché nei detriti l'abbiamo visto nelle coperture dei tetti, nelle grondaie, nelle canne fumarie»;
   il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile con riferimento all'articolo succitato de Il Fatto Quotidiano precisa che il materiale utilizzato dai vigili del fuoco per la sistemazione di due aree nel territorio di Arquata del Tronto (una delle quali destinata ad un insediamento scolastico), «fornito dal Comune di Arquata, non proviene dalle macerie del sisma del 24 agosto. Si tratta, invece, di un semilavorato, prodotto da ditta specializzata, regolarmente campionato e certificato come risulta dalla documentazione prodotta dal fornitore, e di materiale proveniente da cava, anch'esso regolarmente tracciato»;
   con ogni evidenza esistono, a giudizio degli interroganti, delle marcate contraddizioni tra le varie parti attive sul territorio che rendono poco chiara l'attività e le opere necessarie alla salvaguardia della salute dei cittadini –:
   se il Governo, per quanto di competenza, non ritenga necessario, a fronte di quanto espresso in premessa, creare una piattaforma digitale all'interno del sito della protezione civile tale da riportare tutte le informazioni necessarie riguardanti le opere per la ricostruzione del sisma del 24 agosto 2016, in virtù del principio di trasparenza e chiara informazione, utile alla cittadinanza interessata dal terremoto;
   se il Governo, per quanto di competenza, non intenda procedere a tutte le operazioni necessarie a delimitare la presenza dell'amianto in situ, nei comuni maggiormente colpiti dal terremoto del 24 agosto 2016, onde evitare ulteriori danni alla salute dei cittadini e alla salute degli operatori addetti ai lavori di messa in sicurezza delle aree interessate dal sisma;
   se il Governo per quanto di competenza, non intenda avviare un monitoraggio volto ad accertare la sicurezza delle opere finora compiute per la realizzazione delle aree destinate all'alloggio delle tende da campo, delle scuole e delle varie infrastrutture atto a verificare la presenza dell'amianto nelle apposite aree di sedime. (4-14243)


   COSTANTINO, FASSINA, FRATOIANNI, DURANTI, RICCIATTI, CARLO GALLI, D'ATTORRE, PIRAS, PANNARALE, MARCON, PLACIDO, PELLEGRINO, NICCHI e FOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 14 luglio 2016 i carabinieri del Ros di Caserta hanno sequestrato due milioni di euro di patrimonio a una fazione del clan Casalesi, tra i quali spiccano anche quote societarie di alcune attività di Rocchetta a Volturno e Sant'Agapito, in provincia di Isernia;
   si tratta di quote di un'azienda nata nel 2010 e operante nell'ambito della ristorazione, azienda che aveva aperto alcuni locali nei due paesi isernini, per poi chiuderli recentemente;
   il sequestro delle suddette quote societarie è scattato per la contestazione dei reati di associazione mafiosa e riciclaggio. Le indagini hanno infatti dimostrato che gli imprenditori che hanno investito nell'area isernina fossero fedelissimi di Giovanni Garofalo, luogotenente di Michele Zagaria a Casapesenna, Caserta;
   a settembre del 2016, su iniziativa della direzione distrettuale antimafia de L'Aquila, sostenuta operativamente anche dalla procura nazionale antimafia, l'operazione «Isola Felice» (ampia indagine che ha coinvolto Molise, Abruzzo, Calabria, Sicilia, Lazio e Marche) ha colpito un'associazione di stampo mafioso dedita al traffico di armi e droga, all'estorsione e al riciclaggio, operante anche sul versante bassomolisano;
   nel territorio termolese sono stati cinque gli arresti effettuati, con tre persone trasferite nel penitenziario di Larino di cui una residente proprio a Termoli e le altre due a Campomarino, ai domiciliari, invece, altri due soggetti, mentre per un terzo è stato definito l'obbligo di dimora. Nella città costiera sono stati posti i sigilli di sequestro a un bar-ristorante della zona sud e due società che lavorano nella ristorazione interdette al momento;
   già nel 2011, in via Mazzini, zona centralissima della città di Termoli, venne ritrovata in un garage un'auto contenente un verso arsenale di armi da guerra, sempre appartenente alla clan ’ndranghetista Ferrazzo di Crotone. Dalle indagini è emerso un quadro allarmante rispetto alla diffusione di interessi della ’ndrangheta nel Molise, oltre che in Abruzzo;
   il 1o settembre 2016 il comando della legione carabinieri del Molise è stato soppresso e accorpato alla legione carabinieri dell'Abruzzo con indubbi riflessi operativi per tutto il territorio regionale;
   il consiglio regionale molisano, con l'approvazione della delibera n. 217 del 2016 in materia di infiltrazione della `ndrangheta e della camorra nel Basso Molise, «Mozione concernente la presenza sul territorio regionale dei collaboratori di giustizia e/o di condannati agli arresti domiciliari per reati gravi provenienti da altri territori», presentata dal consigliere Michele Petraroia, deliberava che: «[...] preso atto che il territorio regionale con sempre maggior frequenza viene individuato come sede di domicilio per collaboratori di giustizia dalla criminalità organizzata e/o per esponenti condannati al confino o a scontare gli arresti domiciliari, come nel caso recente dell’(...), di (...), moglie del (...), che seguono un lungo elenco di figure simili aperto, nel lontano passato, dall’(...), inviato nel Basso Molise;
   tenuto conto della progressiva diminuzione degli operatori delle Forze dell'Ordine, della diversa organizzazione intervenuta nell'attività delle Stazioni dell'Arma dei Carabinieri e dell'imminente superamento del Corpo Forestale dello Stato; considerato che, a decorrere dal 1o settembre 2016, il Comando della Legione Carabinieri del Molise sarà soppresso ed accorpato alla Legione Carabinieri dell'Abruzzo con indubbi riflessi operativi e ricadute non positive per il territorio regionale», impegnava «il Presidente della Giunta regionale del Molise ed il Presidente del Consiglio regionale del Molise ad intervenire nei confronti della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero della difesa, del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia e della Delegazione Parlamentare del Molise: per sollecitare ogni utile potenziamento degli Organici delle Forze dell'Ordine presenti sul territorio regionale evitando tagli e/o riduzioni connesse con il superamento del Corpo Forestale dello Stato, per verificare la possibilità di limitare la presenza dei collaboratori di giustizia e/o di condannati agli arresti domiciliari per reati gravi provenienti da altri territori, per avanzare formale istanza sulla permanenza della Legione Carabinieri della Regione Molise evitandone la soppressione» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intendano assumere per garantire sul fronte della logistica investigativa e operativa tutto il supporto necessario alle istituzioni molisane, anche attraverso il rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine, compresa la ricostituzione del comando della legione carabinieri del Molise. (4-14245)


   MARCO DI STEFANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Enac, Ente nazionale aviazione civile, definisce i limiti dell'esercizio delle proprie funzioni in relazione alle attribuzioni esercitate tramite un contratto di programma triennale con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   l'Enac da oltre quarant'anni gestisce il cerimoniale di Stato presso l'aeroporto di Fiumicino tramite propri funzionari che, negli anni, hanno ricevuto innumerevoli attestati di stima da parte di ambasciate, ministeri e organismi internazionali;
   il cerimoniale di Stato è l'ufficio governativo presso il quale vengono accolte le più alte cariche dello Stato, i rappresentanti governativi dei Paesi esteri e delle principali organizzazioni internazionali con sede in Italia ed i loro delegati in arrivo, partenza o transito;
   il 5 agosto 2016 l'Enac ha pubblicato sul suo sito istituzionale un bando di gara europeo della durata di tre anni per un costo totale di euro 678.150,00 + IVA ai sensi del decreto legislativo n. 50 del 2016 per l'affidamento della gestione delle attività poste in essere presso l'ufficio cerimoniale di Stato nell'aeroporto di Fiumicino;
   il bando prevede anche l'assunzione di dieci unità e ne delinea le caratteristiche selettive, a quanto risulta all'interrogante, senza prevedere, stante anche la delicatezza delle attività che i lavoratori andranno a svolgere, la richiesta del certificato relativo ai carichi pendenti o equipollente per i cittadini degli stati esteri;
   il personale assunto, poi dovrà essere formato dall'Enac non avendo nessuna esperienza in merito –:
   se sia opportuno, anche in relazione all'aumento delle misure di sicurezza in tutti gli aeroporti internazionali, al trasferimento dei voli di Stato del nuovo A340 in dotazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri presso l'aeroporto di Fiumicino e al conseguente utilizzo, da parte delle autorità e delle relative delegazioni, che presso il cerimoniale di Stato possa operare personale di una società privata e/o europea che verrebbe così a conoscenza di dati sensibili, con evidenti problemi di sicurezza e riservatezza.
(4-14249)


   QUARANTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 7 settembre 2016 il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti si reca a Genova per partecipare a un dibattito sulla situazione dell'industria nel capoluogo ligure. Incontra il sindaco Marco Doria e, successivamente, alcune delegazioni di lavoratori; fra questi ci sono i rappresentanti sindacali di Ericsson e Piaggio. Le aziende sono al centro di due gravi vertenze sindacali: Ericsson, seppur in buona salute e nonostante abbia ricevuto cospicui fondi pubblici (si veda al proposito l'interpellanza urgente n. 2-01432) ha confermato l'uscita dalla produzione di 380 lavoratori, di cui 147 solo a Genova; Piaggio ha, a sorpresa in questi giorni, comunicato la messa in mobilità di 182 lavoratori;
   poche ore dopo l'incontro l’Ansa riporta il seguente comunicato dove De Vincenti assicura i lavoratori circa l'impegno del Governo nella difesa dei posti di lavoro: «“Entro il 12 settembre vanno evitati i licenziamenti previsti da Ericsson, ma serve anche il tempo per aprire un confronto con l'azienda sul piano industriale in Italia. In passato il Governo ha avuto un dialogo con la multinazionale da cui sono nati investimenti importanti nel nostro Paese, il Governo vuole che continui a farli ”. Lo ha detto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Claudio De Vincenti stasera a Genova alla Festa de l'Unità. De Vincenti ha parlato della crisi della multinazionale svedese e di altre crisi aziendali con il sindaco Marco Doria. “ C’è un chiarimento che dobbiamo fare con Ericsson, la nostra interlocuzione con l'azienda sarà robusta per difendere i posti di lavoro. Anche a Piaggio Aerospace stiamo chiedendo un piano industriale chiaro da discutere con i sindacati. Noi crediamo che il piano industriale presentato è inadeguato: bisogna dare consistenza e prospettiva all'azienda”»; 
   il 12 settembre 2016 è stato fissato un tavolo di confronto al Ministero del lavoro e delle politiche sociali tra Ericsson e le organizzazioni sindacali; nel corso del quale, da una parte, è stata sancita la posizione inamovibile della multinazionale svedese a procedere con i licenziamenti e, allo stesso tempo, le organizzazioni sindacali hanno appreso che il promesso interessamento del sottosegretario De Vincenti non c’è stato. La denuncia di tali fatti e rinvenibile in un comunicato stampa del 13 settembre 2016 firmato da Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil Genova;
   nel comunicato si legge: «Nonostante le rassicurazioni della scorsa settimana da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti circa un intervento definito pubblicamente “robusto” sull'Azienda, il Governo, di fatto, ha voltato le spalle ai lavoratori Ericsson. Infatti, al tavolo romano di ieri, i lavoratori hanno appreso con sconcerto la notizia che il sottosegretario De Vincenti non aveva in alcun modo contattato e coinvolto il Ministero del Lavoro per agire sull'Azienda. Non si comprende se, sino ad oggi, il Governo abbia sottovalutato il problema o se faccia parte della sua politica industriale dare carta bianca alle multinazionali»;
   va tenuto conto di quanto promesso dal sottosegretario sopra richiamato e della gravissima situazione in cui da ormai mesi si trovano 567 lavoratori della Ericsson –:
   se il Governo possa riferire le ragioni della mancata comunicazione al Ministero del lavoro e delle politiche sociali delle vertenze sopramenzionate, così come promesso dal sottosegretario De Vincenti ai lavoratori interessati e se possa chiarire quale politica industriale intenda perseguire per il nostro Paese. (4-14250)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, PORTA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nel documento di assestamento all'attenzione della Camera compare il recupero di 2,6 milioni di euro a vantaggio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da destinare al reintegro delle risorse per i corsi di lingua e cultura italiane all'estero, somme venute a mancare in conseguenza della rimodulazione della spesa richiesta dal Ministero dell'economia e delle finanze, allo stesso Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in sede dell'approvazione della legge stabilità 2016;
   tale meritoria decisione consente di mantenere i livelli di investimento consolidati nel settore negli ultimi anni, anche se a seguito degli interventi migliorativi introdotti anche a livello parlamentare rispetto alle poste inizialmente previste;
   l'atteggiamento di disponibilità del Governo risponde ad un'esigenza strategica ormai condivisa, quella di vedere nella «diplomazia culturale» un fattore di sempre più esteso accreditamento dell'Italia nel mondo e, di conseguenza, di considerare una precisa priorità della politica estera del Paese il soddisfacimento della domanda di formazione in italiano avanzata sia da un consistente numero di italodiscendenti che da un crescente numero di stranieri;
   l'esperienza di promozione della lingua e cultura italiane in Canada è stata tra le più avanzate e innovative, sia per il sostegno del Governo italiano, sia per il concorso delle autorità canadesi impegnate in una politica di realizzazione del multiculturalismo, sia per la capacità che gli enti gestori dei corsi hanno dimostrato sul campo, in particolare nell'Ontario e nel Québec;
   questo sistema, che è stato di riferimento per la costruzione di altre positive esperienze in diverse aree del mondo, è oggi seriamente minacciato ed è divenuto concreto il rischio di una sensibile regressione, che si prospetterebbe difficilmente recuperabile in futuro;
   si fa riferimento all'orientamento dello York Catholic District School Board dell'Ontario di tagliare, per ragioni finanziarie, il programma riguardante l'International Language Extended Day Program, coinvolgendo 400 corsi di italiano integrati in 23 scuole e frequentati da circa 8.500 alunni, orientamento che diventerà operativo se entro il 20 dicembre del corrente anno non saranno individuate «soluzioni finanziare alternative» volte ad assicurare la operatività del programma nei limiti delle possibili coperture;
   nello stesso tempo, in Québec, il PICAI, l'ente che da oltre quarant'anni ha assicurato l'offerta e la continuità dei corsi di lingua e cultura italiane, non riceve finanziamenti pubblici dallo Stato italiano da tre anni per il fatto di avere virtuosamente accantonato una riserva di fondi proveniente da diverse fonti di finanziamento;
   tali fondi, comunque, sono stati utilizzati per dare continuità ai corsi pur in mancanza del sostegno del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e sono ormai esauriti;
   entro la fine del 2016 tale ente si troverà di fronte all'alternativa di concludere l'anno scolastico e proseguire l'attività se sostenuto dai contributi ministeriali oppure di cessarla definitivamente; in tale eventualità per il Québec si aprirebbe un vuoto di promozione della lingua e cultura italiane altrimenti non recuperabile, anche per il fatto che un altro ente gestore a sua volta non ha avuto alcun sostegno finanziario dalle autorità italiane –:
   se non ritenga di dover assumere nelle forme e nelle dimensioni possibili, un'immediata iniziativa affinché la paventata decisione di chiudere i corsi integrati in Ontario non sia assunta entro la fine del 2016 e il PICAI a Montreal sia messo nella condizione di concludere l'anno formativo e concorrere poi ai contributi previsti per l'anno finanziario 2017. (5-09511)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta immediata:


   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi notizie di stampa riportavano di un probabile taglio di 1,5 miliardi di euro del fondo sanitario nazionale;
   la possibilità che, oltre a non prevedere la conferma dei due miliardi di euro in più nel 2017, ci possa essere un ulteriore taglio preoccupa profondamente per le inevitabili conseguenze derivanti: in primo luogo, la revisione dei livelli essenziali di assistenza e la loro effettiva implementazione, poiché tra le condizioni poste dalle regioni c’è proprio la specifica richiesta di riconferma dei 113 miliardi di euro sul 2017, rispetto ai 111 del 2016, e, in secondo luogo, il mancato rifinanziamento del fondo per i farmaci innovativi che, per il 2017, non ha ancora alcuna voce di finanziamento;
   i presidenti delle regioni «virtuose», quelle regioni con modelli di sanità efficienti e con bilanci in ordine, hanno rappresentato i loro timori, riguardanti – tra l'altro – il rischio che gli ennesimi tagli rendano il sistema non più sostenibile, causando la chiusura di ospedali;
   da anni si discute sulle capacità di risparmio nel settore sanitario, confondendo tra loro il concetto di taglio con quello di spending review: la revisione della spesa è ben altra cosa rispetto ai tagli. Essa consiste nell'applicare i costi standard immediatamente, in tutto il Paese, tagliando dove si spreca, imponendo le best practice a tutte le regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento della buona sanità regionale;
   qualora il Governo decidesse di destinare meno risorse di quelle previste nei saldi di finanza pubblica, ciò non può che considerarsi un evidente taglio nel settore della sanità;
   nel mese di febbraio 2016 la Conferenza Stato-regioni ha sottoscritto un'intesa con il Governo che prevede un preciso incremento del fondo, riconfermato e ribadito all'atto della previsione della revisione dei livelli essenziali di assistenza, che hanno un valore complessivo di 1,5 miliardi di euro e che attualmente trovano copertura da parte del Governo per soli 800 milioni di euro. La differenza è coperta dai bilanci regionali. Allo stato dei fatti, dunque, l'incremento del fondo sanitario è già previsto dall'accordo Stato-regioni;
   senza gli illogici tagli imposti dal Governo, la regione Lombardia potrebbe fare molto di più per i propri cittadini e non solo;
   l'eccellenza del proprio sistema ospedaliero è unanimemente riconosciuta e confermata dai dati sull'emigrazione sanitaria regionale che attestano come solo il 3 per cento dei lombardi (la percentuale più bassa d'Italia) scelga di farsi curare fuori dalla sua regione, contro una media nazionale di quasi il 9 per cento, con picchi del 19 per cento di Calabria e Puglia e del 20 per cento del Molise;
   la Lombardia, peraltro, è anche la regione che vanta il maggior credito verso le altre regioni per la mobilità sanitaria dei pazienti: le spetta un rimborso di 534 milioni di euro, centinaia di milioni di euro sottratti ai lombardi;
   il Governo, inoltre, non può ignorare la spesa sanitaria per l'immigrazione: tra il 2003 ed il 2012 i ricoveri ospedalieri ordinari di cittadini extracomunitari sono cresciuti del 52,6 per cento, nella sola Milano il costo dell'assistenza sanitaria per gli irregolari ammonta a circa venti milioni di euro l'anno –:
   se trovino conferma le notizie stampa circa il supplementare taglio alla sanità rispetto ai 113 miliardi di euro per il 2017 già concordati con le regioni, taglio che si ripercuoterebbe ulteriormente in maniera negativa anche e soprattutto sulla revisione dei livelli essenziali di assistenza.
(3-02494)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il 13 luglio 2016 l'Unesco ha prodotto un documento in cui si sottolinea la condizione di forte rischio, specialmente ambientale, cui risulta esposta la città di Venezia;
   una situazione di Venezia, che è da ritenersi gravissima sotto numerosi aspetti (peraltro sottolineati nello stesso documento Unesco) come quello del rischio ambientale derivante dai lavori di realizzazione del Mo.S.E., dal transito grandi navi e dall'annosa necessità di bonificare l'area di Porto Marghera;
   come si fa notare anche nel documento dell'Unesco, la città è immersa in uno degli ecosistemi più complessi e fragili in assoluto, il quale risulta sempre più compromesso da dinamiche di sfruttamento fortemente invasive e pericolose, come il transito quotidiano delle grandi navi passeggeri e commerciali all'interno della laguna e della città stessa che da anni mette a repentaglio la città e l'ecosistema circostante;
   si ricorda che, anche a seguito della dell'incidente della nave Costa Concordia davanti all'isola del Giglio nel gennaio del 2012, il Governo Monti, con il decreto ministeriale «Clini-Passera» del 2 marzo 2012 aveva stabilito il divieto per il passaggio delle navi superiori alle 40 mila tonnellate, ma sospendendolo — (nell'articolo 3 «disposizioni transitorie») in attesa della definizione di soluzioni alternative che avrebbero dovuto essere individuate «dall'Autorità marittima, con proprio provvedimento» invitando la stessa autorità a mitigare i rischi attuali con l'adozione di misure specifiche «d'intesa con il Magistrato delle acque di Venezia e l'Autorità portuale»;
   nel 2013, il Governo Letta aveva previsto una serie di misure: dal 1o gennaio 2014 doveva essere vietato il passaggio nel Canale dei traghetti, con conseguente riduzione del 25 per cento dei transiti davanti a San Marco e del 50 per cento delle emissioni inquinanti; dal 1o gennaio 2014 doveva essere ridotto fino al 20 per cento, (rispetto al 2012) il numero delle navi da crociera di stazza superiore alle 40 mila tonnellate abilitate a transitare per il Canale della Giudecca; dal 1o novembre 2014 doveva essere definitivamente precluso il transito delle navi crocieristiche superiori a 96 mila tonnellate di stazza lorda;
   l'applicazione effettiva del «decreto Clini-Passera» viene prorogata più volte, mentre i progetti vengono esaminati dalle varie commissioni, compresa quella VIA che li boccia praticamente tutti, finché l'applicazione del decreto viene definitivamente sospesa riportando il limite di tonnellaggio per le navi in transito nella laguna alle originarie 96 mila unità;
   fino ad oggi nessuna soluzione è stata trovata: dal 2012 nulla è cambiato, si continua a rinviare ulteriormente ogni decisione, e a Venezia le navi continuano a passare a pochi metri dal palazzo Ducale e dalla Basilica di San Marco;
   il limite delle 96 mila tonnellate che sarebbe dovuto scattare dal 2015 è stato di fatto annullato dalla sentenza del TAR del Veneto del gennaio 2015 –:
   se il Governo non reputi urgente assumere iniziative per prevedere — nelle more dell'individuazione di soluzioni condivise alternative a quelle attuali – il divieto di navigazione per le imbarcazioni di stazza lorda superiore a 40 mila tonnellate nel Canale di San Marco e nel Canale della Giudecca, come peraltro già previsto dal decreto «Clini-Passera» del 2 marzo 2012 ma mai attuato;
   se non si intenda attivarsi fin da subito al fine di prevedere un «numero chiuso» circa l'accesso delle grandi navi da crociera, nelle more di una rapida decisione che porti ad escludere definitivamente il transito delle grandi navi nel canale di San Marco e nel canale della Giudecca;
   se non si ritenga opportuno valutare tutte le opzioni alternative presentate da istituzioni, organismi scientifici, società civile, comitati – senza preclusione alcuna e con principi di imparzialità ed oggettività – avendo ben presente il rispetto di alcune condizioni fondamentali, quali: la preclusione ad ogni manomissione dell'ecosistema lagunare, il limite delle emissioni in atmosfera e dell'inquinamento acustico, il divieto a qualsiasi soluzione atta a produrre moti ondosi che danneggino le fondamenta della città e l'ecosistema lagunare nel suo complesso.
(2-01472) «Marcon, Zaratti, Pannarale, Franco Bordo, Pellegrino, Giancarlo Giordano, Folino, Scotto».

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da fonti stampa si apprende di nuovi arresti a Taranto per gli appalti indetti della Marina Militare. Nella fattispecie si apprende che il capitano di vascello Giovanni Di Guardo, comandante della base di Maricommi di Taranto, è stato arrestato in flagranza con l'accusa di corruzione nella serata del 14 settembre 2016 dalla guardia di finanza assieme all'imprenditore Vincenzo Pastore, sindaco di Roccaforzata e presidente della società cooperativa Teoma che si occupa di pulizie;
   da quanto si apprende sembrerebbe che l'imprenditore e sindaco di Roccaforzata è stato sorpreso mentre corrompeva con una mazzetta da 2.500 euro il comandante della base di Maricommi, la direzione del commissariato che si occupa della gestione finanziaria e delle forniture per la Marina a Taranto. Gli arresti sono avvenuti nell'ambito di un'indagine su un appalto per il servizio di pulizie da 11 milioni di euro;
   tali situazioni non sono nuove a Taranto e seguono gli arresti di marzo 2014 quando venne alla luce il cosiddetto sistema «del dieci per cento», un presunto giro di tangenti estorte agli imprenditori dell'appalto dai vertici della base;
   a luglio 2016 è stata resa nota una nuova indagine in merito a tangenti versate da due titolari di un'azienda per una fornitura di carne mai effettuata alla nave Cavour, di base a Taranto;
   in seguito agli ultimi episodi la Marina militare ha emanato un comunicato in cui afferma di aver incrementato al proprio interno le attività ispettive e di controllo finalizzate a prevenire e contrastare il fenomeno della corruzione;
   con l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5/01942 a prima firma dell'interrogante in merito agli appalti della Marina militare a Taranto, si chiedeva una internalizzazione parziale o completa dei servizi delle Forze armate che oggi sono appaltati a ditte esterne; si chiedeva altresì di prevedere che questi servizi siano erogati da personale attualmente impiegato nelle Forze armate ovvero di procedere al bando di eventuali concorsi pubblici per l'assunzione di ulteriore personale e, in quest'ultima ipotesi si chiedeva se fosse stato già valutato quanti lavoratori sarebbero stati impiegati per svolgere tali funzioni –:
   quali iniziative utili il Ministro intenda adottare al fine di porre termine a queste incresciose vicende che gettano discredito sulle Forze armate;
   quanti e quali appalti e sub-appalti siano stati affidati alla società cooperativa Teoma, ad aziende collegate ad essa o ad associazioni temporanee di impresa che vedono partecipare la società cooperativa Teoma e quali iniziative di competenza siano state intraprese al fine di scongiurare ogni possibile attività illecita;
   se il Ministro preveda di internalizzare i servizi di cui in premessa, che attualmente sono dati in appalto;
   quali iniziative di competenza siano state adottate da parte delle Forze armate nei confronti del personale coinvolto nel sistema «del dieci per cento», nella fornitura di carne alla nave Cavour e in queste nuove indagini e arresti enunciati in premessa. (5-09515)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la produzione normativa del Governo Renzi in tema bancario si è rivelata particolarmente dinamica, ma ad avviso degli interpellati assolutamente inutile e dannosa, in particolare per gli effetti catastrofici prodotti sui risparmiatori e per la tenuta dell'intero sistema bancario; per non parlare dell'atteggiamento tenuto dall'Esecutivo sulla vicenda del Monte dei Paschi di Siena, che negli ultimi giorni ha conosciuto ulteriori sviluppi che hanno portato al cambio di vertice e alla nomina del nuovo amministratore delegato, il dottor Marco Morelli;
   la storia recente del Monte dei Paschi è caratterizzata da inchieste giudiziarie, perdite, operazioni finanziarie spericolate, suicidi molto dubbi, e, soprattutto, da rapporti molto poco trasparenti con il mondo politico, in particolare quello della sinistra. Un mix micidiale di fattori, quindi, che ha determinato una crisi, quella del Monte dei Paschi di Siena, che appare oggi in grado di coinvolgere l'intero sistema bancario italiano, nonché l'economia del nostro Paese;
   gli episodi degli ultimi giorni sono solo l'ultimo tassello di una trama di eventi inquietanti che sembrano non avere fine. Gli stessi criteri che hanno ispirato la nomina del nuovo amministratore delegato risultano ad oggi poco chiari; come evidenziano alcune recenti dichiarazioni del seguente tenore, «c’è una sola domanda che va fatta: il nuovo amministratore delegato di Monte dei Paschi è stato scelto dal ministro dell'Economia, maggiore azionista della banca col 4 per cento, o lo ha scelto Jp Morgan»;
   il dubbio in merito alla nomina del nuovo amministratore delegato – e agli interessi effettivi che tale investitura nasconde – sorge spontaneo alla luce del «prestito ponte» concesso ad MPS da 42 Morgan e da un consorzio di banche per ripulire i bilanci dalle sofferenze: un prestito garantito prevalentemente dallo Stato con le GACS e su cui Monte dei Paschi paga commissioni per centinaia di milioni di euro;
   notizie di stampa riportano di come si sia trattato di un cambio di vertice assolutamente repentino, nonché il racconto che lo stesso Fabrizio Viola ha fatto ai consiglieri d'amministrazione di Mps della telefonata ricevuta dal Ministro interpellato, che avrebbe riferito: «Alla luce delle perplessità espresse da alcuni investitori in vista del prossimo aumento di capitale e d'accordo con la Presidenza del Consiglio, riteniamo opportuno che lei si faccia da parte»;
   giovedì 8 settembre 2016 il consiglio di amministrazione di Montepaschi avrebbe dovuto riunirsi per un aggiornamento sui lavori del piano di messa in sicurezza dell'istituto. Fin dalla mattinata i consiglieri sono stati preallertati che non sarebbe stato un consiglio di amministrazione ordinario: Viola, amministratore delegato della banca dall'aprile del 2012, si presenterà a sorpresa dimissionario. Di fronte a una ventina di testimoni (consiglieri, collegio sindacale più i dirigenti ammessi al consiglio), Viola avrebbe spiegato le ragioni della sua decisione: la telefonata ricevuta dal Ministro interpellato, l'analoga telefonata ricevuta dal presidente Massimo Tononi, il contesto nel quale sono maturate;
   è evidente come sullo sfondo ci siano le tensioni ripetute con Jp Morgan, la banca d'affari Usa, consulente di Mps dal giugno scorso, che in tutta questa vicenda ha assunto un ruolo sempre più preponderante. «Diciamo che sono entrati in banca senza bussare», avrebbe raccontato uno dei più stretti collaboratori dell'ex amministratore delegato;
   tra l'altro, la scelta del nuovo amministratore delegato, nonostante si sia cercato di offrire un'apparenza di rispetto delle regole di governance di una grande società quotata, e quindi, di attivare il comitato nomine e un head hunter la selezione, è ricaduta proprio su Marco Morelli, sul cui nome c'era già il pieno consenso di Jp Morgan e delle banche d'affari coinvolte nel riassetto di Mps;
   è noto che nel mese di  luglio 2016, il capo di JP Morgan Jamie Dimon ha incontrato a colazione il Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Dimon, con Vittorio Grilli, capo per l'Europa, e regista dell'operazione, ha affossato il piano messo a punto dalla stessa JP Morgan insieme a Mediobanca. Gli stessi avrebbero argomentato che l'aumento di capitale, dopo gli otto miliardi di euro bruciati nel 2014 e 2015, apparirebbe quasi impossibile con lo stesso capo azienda;
   ed è così che sarebbe arrivata la chiamata del Ministro interpellato, a cui, come azionista del Monte del Paschi (con poco più del 4 per cento), è toccato il compito di comunicare a Viola che, su richiesta di alcuni investitori, deve farsi da parte, ovviamente sottolineando «con accordo del presidente del Consiglio». E, evidentemente e naturalmente, anche con il consulente americano JP Morgan, che nella vicenda ha assunto un ruolo centrale;
   sui rischi per le banche italiane nel caso in cui non si trovasse una soluzione per il Montepaschi e il risultato del referendum — che a sua volta sta condizionando non poco le vicende senesi — fosse negativo per la maggioranza di Governo, le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Renzi sono assolutamente contrastanti: a volte più rassicuranti, in altre occasioni meno;
   nelle stesse ore — e con tutta probabilità non è un caso — c’è anche l'intervento dell'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia John Philips, il quale dichiara pubblicamente che «la vittoria del sì sarebbe una speranza per l'Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro». Normalmente gli ambasciatori americani non sono mai così espliciti, e tali dichiarazioni in merito al referendum costituzionale che si dovrà tenere nei prossimi mesi hanno rappresentato, a giudizio degli interpellati, un'ingerenza inaccettabile;
   anche in relazione al referendum, c’è quindi incertezza in merito ai tempi per la ricapitalizzazione di Mps; molto sembra essere legato alle tecnicalità dell'aumento stesso (aspetto assai delicato sul quale Viola si sarebbe scontrato più volte con Jp Morgan): se fosse senza diritto di opzione non si dovrebbero attendere le tre settimane della negoziazione dei diritti e quindi si potrebbe accelerare nella vendita delle nuove azioni. Di fatto si trasformerebbe l'aumento in una nuova ipo di Mps, rivolta prevalentemente a investitori istituzionali, a cominciare proprio dai quei due-tre fondi sovrani, soprattutto asiatici (e forse anche cinesi, già presenti in Mps con la Banca Centrale di Pechino), che avrebbero guardato con favore alle proposte di Jp Morgan;
   quello dei fondi sovrani sarebbe comunque un interesse ancora da confermare sulla base di un preciso piano industriale e finanziario. Sarà questo il lavoro su cui dovrà concentrarsi il nuovo amministratore delegato Marco Morelli, già a capo in Italia di Bofa-Merrill Lynch – una delle banche del consorzio di pre-garanzia dell'aumento capitanato da Jp Morgan e Mediobanca nonché ex vicedirettore generale di Mps dal 2006 al 2010 (all'epoca dell'acquisizione di Antonveneta, ovvero quando sono iniziati i guai per l'istituto senese) e prima ancora top banker proprio di Jp Morgan in Italia per oltre un decennio, Morelli, gradito al Governo Renzi, sarebbe quindi stato scelto perché più in linea con l'impostazione che le banche d'affari stanno dando all'operazione;
   nei giorni scorsi, dopo che il titolo Mps è crollato nuovamente, riducendo la capitalizzazione della banca a soli 586 milioni di euro, il Presidente del Consiglio ha dichiarato che: «ci sono tutte le condizioni perché l'aumento di capitale di Mps si possa fare e si possa chiudere il più presto possibile»;
   come detto, resta però profonda l'incertezza sui tempi e sulle modalità della ricapitalizzazione e sull'ipotesi di una revisione del piano originario; e sorge più di una perplessità in merito ai protagonisti (Jp Morgan e investitori cinesi) e ai numeri dell'aumento di capitale, e alle ricadute che questo avrà sui contribuenti (in relazione all'eventuale garanzia che lo Stato dovrà prestare) e, soprattutto, sugli azionisti e gli obbligazionisti di MPS, ovvero quei risparmiatori a cui si era rivolto lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri il 21 gennaio 2016 quando aveva dichiarato come fosse un «bell'affare» investire nella banca senese, «una banca che ha attraversato vicissitudini pazzesche ma che oggi è risanata, è un bel brand»: peccato che, dal «suggerimento» del presidente del Consiglio, il titolo MPS sia crollato da 75 a 19 centesimi (-75 per cento);
   sarà quindi necessario chiarire se, ai fini della ricapitalizzazione di MPS, si intenderà attivare gli strumenti del bail in, compreso l'azzeramento degli azionisti e obbligazionisti subordinati, e come l'Esecutivo intenderà tutelare i risparmiatori, a parere degli interpellati incoraggiati a loro volta dalle dichiarazioni dello stesso Presidente del Consiglio; 
   in questo tragico quadro, si aggiungono anche diverse inquietanti dichiarazioni in merito al presunto «odore di massoneria» che emana da Montepaschi, denunciato da Ferruccio de Bortoli in un intervento alla Scuola di Politiche di Enrico Letta, nonché da Alessandro Profumo, presidente di Mps dal 2012 all'anno scorso; la stampa riporta che «per spolpare la banca, secondo l'analisi di Profumo, i vertici hanno condotto una gestione dissennata, fra dirigenti che aiutavano i soliti amici e dirigenti incapaci promossi per affiliazione». In poche parole, sempre la stessa storia, legata al groviglio funesto di interessi su cui il Governo ha il dovere di fare chiarezza una volta per tutte –:
   quale sia il ruolo che ha assunto il Ministro interpellato – quale rappresentante del primo socio di Mps – nel cambio al vertice della banca senese, se sia vera la notizia della telefonata rivolta all'ex amministratore delegato Fabrizio Viola riportata in premessa, e se ci sia stato e in quali termini un coinvolgimento nella scelta del nuovo board da parte di Jp Morgana;
   se il Ministro interpellato intenda chiarire tempi e modalità per la ricapitalizzazione di Mps, con riferimento all'importo, ai sottoscrittori che vi parteciperanno, alle garanzie che presterà lo Stato e all'eventuale applicazione dei meccanismi del bail-in, specificando in particolare se intenda rassicurare gli azionisti e obbligazionisti in merito al rischio di azzeramento delle rispettive posizioni;
   quali iniziative di vigilanza il Ministero dell'economia e delle finanze abbia intrapreso negli scorsi anni, in qualità di autorità di vigilanza sulle fondazioni bancarie ex decreto legislativo n. 153 del 1999, nei confronti della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e se non siano stati ravvisati comportamenti anomali da parte dei suoi amministratori;
   se non ritenga opportuno, in qualità di socio della banca, chiedere agli amministratori una relazione dettagliata sugli Npl (non performing loans) accumulati nel tempo dall'istituto e, in particolare, la lista dei debitori che non hanno ripagato il proprio debito richiedendo, per questi, informazioni circa le motivazioni per le quali il credito è stato concesso;
   se non ritenga opportuno, in qualità di socio della banca, assumere iniziative per sollevare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per mala gestio, con richiesta del risarcimento del danno procurato ai portatori di interesse della banca.
(2-01474) «Brunetta, Laffranco, Occhiuto, Alberto Giorgetti».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, poi confluito nell'articolo 1, commi 842-854 della legge 28 dicembre 2015, n. 4 (legge di stabilità per il 2016), è stata introdotta una procedura per tutelare i possessori di obbligazioni subordinate, che hanno subito una svalutazione dei loro titoli, nell'ambito del percorso attuato dal Governo per la risoluzione della crisi di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, Banca delle Marche spa, Cassa di risparmio della provincia di Chieti spa e Cassa di risparmio di Ferrara spa;
   nella legge di stabilità per il 2016 (articolo 1, commi 855-861) si prevede l'istituzione di un fondo di solidarietà per l'erogazione di rimborsi in favore dei detentori di obbligazioni subordinate emesse da una delle quattro banche in liquidazione;
   con il decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni, dalla legge 30 giugno 2016, n. 119, sono state introdotte agli articoli 8-10 ulteriori misure di tutela in favore di coloro che hanno investito nelle quattro banche sottoposte a procedure di risoluzione, consentendo a tali soggetti la possibilità di scelta se ricorrere all'arbitrato o chiedere il rimborso automatico;
   in particolare, l'articolo 9 del decreto-legge prevede che, a specifiche condizioni e in presenza di determinati presupposti di ordine patrimoniale e reddituale, questi investitori possono chiedere l'erogazione di un indennizzo forfetario, pari all'80 per cento del corrispettivo pagato per l'acquisto degli strumenti finanziari detenuti alla data di risoluzione delle banche in liquidazione, al netto degli oneri e delle spese connessi all'operazione di acquisto e della differenza positiva tra il rendimento degli strumenti finanziari subordinati e il rendimento di mercato individuato secondo specifici parametri. Tale indennizzo è a carico del fondo di solidarietà;
   ai sensi del comma 1 del medesimo articolo, la procedura di rimborso forfettario è riservata agli investitori che:
     a) abbiano acquistato strumenti finanziari subordinati entro il 12 giugno 2014 (data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale europea della direttiva «BRRD») e li detenevano al 22 novembre 2015 (data di risoluzione delle banche in liquidazione);
    b) abbiano un rapporto negoziale diretto con una delle quattro banche in liquidazione che li ha emessi;
    c) abbiano patrimonio mobiliare di valore inferiore a 100.000 mila euro alla data del 22 novembre 2015;
    d) abbiano reddito complessivo ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche nell'anno 2014 inferiore a 35 mila euro;
   viene inoltre precisato che la presentazione dell'istanza di indennizzo forfettario preclude la possibilità di esperire la procedura arbitrale (articolo 1, commi da 857 a 860 della legge stabilità per il 2016). Parimenti l'attivazione della procedura arbitrale preclude la possibilità di rimborso automatico e, laddove la predetta procedura sia stata già attivata, la relativa istanza è improcedibile. Inoltre, limitatamente agli strumenti finanziari acquistati oltre il 12 giugno 2014, gli investitori possono accedere alla procedura arbitrale, anche laddove abbiamo fatto istanza per l'erogazione dell'indennizzo forfettario in relazione agli strumenti acquistati in data anteriore al 12 giugno 2014;
   la limitazione dell'accesso agli indennizzi automatici solo agli investitori che hanno acquistato le obbligazioni subordinate nell'ambito di un rapporto negoziale diretto con la banca in liquidazione che li ha emessi esclude migliaia di risparmiatori a cui intermediari hanno venduto obbligazioni subordinate, anche senza le necessarie informazioni sui rischi e sulla natura dei titoli –:
   se il Governo non ritenga opportuno modificare la normativa in materia di accesso agli indennizzi automatici, evitando che siano esclusi i soggetti che hanno investito in titoli obbligazionari attraverso altri operatori e che siano penalizzati rispetto a coloro che hanno acquistato le medesime obbligazioni direttamente dalla banca emittente in liquidazione e possono invece esigere il rimborso. (3-02492)


   BRUNETTA, LAFFRANCO, OCCHIUTO e ALBERTO GIORGETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la produzione normativa del Governo Renzi in tema bancario si è rivelata particolarmente dinamica, ma a giudizio degli interroganti assolutamente inutile e dannosa, in particolare per gli effetti catastrofici prodotti sui risparmiatori e per la tenuta dell'intero sistema bancario; per non parlare dell'atteggiamento tenuto dall'Esecutivo sulla vicenda del Monte dei paschi di Siena, che negli ultimi giorni ha conosciuto ulteriori sviluppi che hanno portato al cambio di vertice e alla nomina del nuovo amministratore delegato, il dottor Marco Morelli;
   tra l'altro, i criteri che hanno ispirato la nomina dello stesso Morelli risultano ad oggi poco chiari, come evidenziano alcune recenti dichiarazioni del seguente tenore: «c’è una sola domanda che va fatta: il nuovo amministratore delegato di Monte dei paschi di Siena è stato scelto dal Ministro dell'economia e delle finanze, maggiore azionista della banca col 4 per cento, o lo ha scelto Jp Morgan?»;
   il dubbio in merito alla nomina del nuovo amministratore delegato – e agli interessi effettivi che tale investitura nasconde – sorge spontaneo alla luce del prestito ponte concesso a Monte dei paschi di Siena da Jp Morgan e da un consorzio di banche per ripulire i bilanci dalle sofferenze: un prestito garantito prevalentemente dallo Stato con la garanzia pubblica per la cartolarizzazione delle sofferenze bancarie (gacs) e su cui Monte dei paschi di Siena paga commissioni per centinaia di milioni di euro;
   notizie di stampa riportano di come si sia trattato di un cambio di vertice assolutamente repentino, nonché il racconto che lo stesso Fabrizio Viola ha fatto ai consiglieri d'amministrazione di Monte dei paschi di Siena della telefonata ricevuta dal Ministro interrogato, che avrebbe riferito: «Alla luce delle perplessità espresse da alcuni investitori in vista del prossimo aumento di capitale e d'accordo con la Presidenza del Consiglio dei ministri, riteniamo opportuno che lei si faccia da parte»;
   giovedì 8 settembre 2016 il consiglio di amministrazione di Monte dei paschi di Siena avrebbe dovuto riunirsi per un aggiornamento sui lavori del piano di messa in sicurezza dell'istituto. Fin dalla mattinata i consiglieri sono stati preallertati che non sarebbe stato un consiglio di amministrazione ordinario: Viola, amministratore delegato della banca dall'aprile del 2012, si presenterà a sorpresa dimissionario. Di fronte a una ventina di testimoni (consiglieri, collegio sindacale più i dirigenti ammessi al consiglio), Viola avrebbe spiegato le ragioni della sua decisione: la telefonata ricevuta dal Ministro interrogato, l'analoga telefonata ricevuta dal presidente Massimo Tononi, il contesto nel quale sono maturate;
   è evidente come sullo sfondo ci siano le tensioni ripetute con Jp Morgan, la banca d'affari Usa, consulente di Monte dei paschi di Siena dal giugno 2015, che in tutta questa vicenda ha assunto un ruolo sempre più preponderante. «Diciamo che sono entrati in banca senza bussare», avrebbe raccontato uno dei più stretti collaboratori dell'ex amministratore delegato;
   tra l'altro, la scelta del nuovo amministratore delegato, nonostante si sia cercato di offrire un'apparenza di rispetto delle regole di governance di una grande società quotata, e quindi di attivare il comitato nomine e un head hunter per la selezione, è ricaduta proprio su Marco Morelli, sul cui nome c'era già il pieno consenso di Jp Morgan e delle banche d'affari coinvolte nel riassetto di Monte dei paschi di Siena;
   nei giorni scorsi, dopo che il titolo Monte dei paschi di Siena è crollato nuovamente, riducendo la capitalizzazione della banca a soli 586 milioni di euro, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che: «ci sono tutte le condizioni perché l'aumento di capitale di Monte dei paschi di Siena si possa fare e si possa chiudere il più presto possibile»;
   in ogni caso, resta profonda l'incertezza sui tempi e sulle modalità della ricapitalizzazione e sull'ipotesi di una revisione del piano originario; e sorge più di una perplessità in merito ai protagonisti (Jp Morgan e investitori cinesi) e ai numeri dell'aumento di capitale, e alle ricadute che questo avrà sui contribuenti (in relazione all'eventuale garanzia che lo Stato dovrà prestare) e, soprattutto, sugli azionisti e gli obbligazionisti di Monte dei paschi di Siena, ovvero quei risparmiatori a cui si era rivolto lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri il 21 gennaio 2016, quando aveva dichiarato come fosse un «bell'affare» investire nella banca senese, «una banca che ha attraversato vicissitudini pazzesche ma che oggi è risanata, è un bel brand»: peccato che, dal «suggerimento» del Presidente del Consiglio dei ministri, il titolo Monte dei paschi di Siena sia crollato da 75 a 19 centesimi (-75 per cento);
   sarà quindi necessario chiarire se, ai fini della ricapitalizzazione di Monte dei paschi di Siena, si intenderà attivare gli strumenti del bail-in, compreso l'azzeramento degli azionisti e obbligazionisti subordinati, e come l'Esecutivo intenderà tutelare i risparmiatori, a parere degli interroganti incoraggiati a loro volta dalle dichiarazioni dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri –:
   quale sia il ruolo che ha assunto il Ministro interrogato – quale rappresentante del primo socio di Monte dei paschi di Siena – nel cambio al vertice della banca senese, se sia vera la notizia della telefonata rivolta all'ex amministratore delegato Fabrizio Viola riportata in premessa e se ci sia stato e in quali termini un coinvolgimento nella scelta del nuovo board da parte di Jp Morgan. (3-02493)

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   slitterà almeno al 2017 la nascita del nuovo carcere al «Quattro» di Forlì, essendo saltato anche l'appalto con l'ultima ditta esecutrice dei lavori: quest'anno è stata infatti approvata la risoluzione contrattuale. Ora lo Stato e l'azienda sono in contenzioso, sul quale non sono stati forniti dettagli;
   come sottolineato già due anni fa in una precedente Interpellanza urgente, e una storia infinita quella del penitenziario di Forlì, costruzione tanto più urgente perché la vecchia casa circondariale di via della Rocca versa in uno stato fatiscente, indegno di un Paese civile;
   nel 2009 una parte del carcere fu investita da un crollo che portò alla chiusura della sezione a custodia attenuata, tuttora ancora indisponibile: per riaprirla occorre una manutenzione dell'impianto di riscaldamento e delle docce, la tinteggiatura dei locali e un'accurata pulizia di tutti gli ambienti;
   la struttura ospita circa 150 carcerati (contro una ridotta capienza ricettiva), mentre la polizia penitenziaria risulta essere pari a un centinaio di agenti non totalmente operativi, a causa di limitazioni di vario genere, nei diversi ruoli;
   cinque anni fa detenuti (che lamentano lunghi tempi di attesa per le risposte dei magistrati di sorveglianza, anche in relazione alle richieste di misure alternative e ai permessi) scrissero una lettera al Presidente della Repubblica Napolitano, minacciando lo sciopero della fame, a causa delle pesantissime condizioni di vita dietro le sbarre;
   sorto a fine Ottocento, il complesso della Rocca mostra l'usura del tempo; il trasferimento sembrava a portata di mano appena sette anni fa, poi è successo di tutto fra «impasto» di burocrazia, imprevisti, interventi delle soprintendenze varie, questioni legate agli appalti e ritrovamento di ordigni bellici;
   nel 2014, il sottosegretario Ferri annunciò che la consegna del nuovo istituto sarebbe avvenuta, salvo ulteriori imprevisti, (che sono, puntualmente arrivati) prima della fine di giugno 2016:
   va rilevato che, a fine 2009, l'allora Ministro della giustizia Alfano dichiarò che il carcere sarebbe stato aperto nel dicembre 2012;
   secondo quanto riportato da fonti autorevoli, il contenzioso tra le parti è stato aperto prima che l'azienda portasse a termine il secondo stralcio dei lavori, che sarebbe dovuto terminare nel dicembre dello scorso anno (primo e secondo stralcio avevano un importo complessivo di 51,5 milioni di euro);
   al momento, risultano essere stati realizzati al 100 per cento (per 7,5 milioni di euro complessivi) parte degli alloggi di servizio, gli edifici tecnologici e le reti impiantistiche. Il costo iniziale dell'opera era 59 milioni di euro –:
   quali urgenti ed efficaci iniziative il Ministro interpellato intenda adottare, ai fini di una ripresa e conseguente accelerazione dei lavori.
(2-01473) «Molea, Monchiero».

Interrogazione a risposta immediata:


   FORMISANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   anche se in leggero calo rispetto agli anni pregressi, gli arretrati degli uffici giudiziari sono ancora troppo elevati;
   oltre seicentomila procedimenti in materia civile sono a rischio di risarcimento ai sensi della «legge Pinto», il che significa, al di là dell'eventualità che i risarcimenti vengano effettivamente richiesti, che lo Stato non è in grado di assicurare una ragionevole durata dei procedimenti, rispettando i tempi che lo Stato stesso si è dato;
   l'eccessiva durata è una palese violazione del dettato costituzionale e del diritto dei cittadini a un giusto processo nei termini sanciti dall'articolo 111 della Costituzione;
   è, inoltre, una violazione dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
   la lunghezza dei processi allontana i cittadini dalle istituzioni e alimenta la sfiducia nello Stato, rendendo meno credibile la battaglia per la legalità e incide in senso sfavorevole sulle decisioni di investimento delle aziende e sullo sviluppo economico;
   le cause del perdurare di questi ritardi sono molteplici, ma, sicuramente, concorrono anche le carenze di magistrati, nonché del personale amministrativo;
   dare ai cittadini e alle imprese una giustizia efficiente è un dovere primario dello Stato e i vincoli di bilancio non possono costituire valida giustificazione al riguardo, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti;
   il Ministero della giustizia ha il dovere di avviare tutte le iniziative per porre rimedio, per quanto in suo potere, alle carenze di organico delle sedi giudiziarie;
   il numero di posti vacanti è per i magistrati ordinari di 1.134 unità su 10.181, con una percentuale di scoperture dell'11,17 per cento;
   molto più pesanti sono le carenze di magistrati onorari (2.939 unità su un organico complessivo di 10.190), con una percentuale di posti da coprire superiore al 28 per cento;
   drammatica è la situazione dei giudici di pace: a fronte di 3.404 unità previste si registra la presenza in servizio di soli 1.361 giudici, con una percentuale di carenze di organico di oltre il 60 per cento;
   mentre per i magistrati ordinari si comprendono i tempi lunghi dei concorsi pubblici, per i magistrati onorari per i quali è stata emanata la nuova disciplina non dovrebbero esserci ostacoli per procedere alle nuove assunzioni –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per avviare le procedure volte a coprire in tempi brevissimi i vuoti di organico esistenti nelle diverse sedi giudiziarie. (3-02495)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   alcune testate di informazione locale, nonché quotidiani nazionali tra cui «La Stampa» del 18 settembre 2016, hanno rilevato come il vestiario e l'equipaggiamento in dotazione al personale di polizia penitenziaria in servizio negli istituti penitenziari del Piemonte e la Valle d'Aosta, risulta, come segnalato dal sindacato di polizia penitenziaria OSAPP (organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria), gravemente carente, infatti, come segnala il sindacato in parola, il personale di polizia Penitenziaria «... (incontra non poca difficoltà per vestirsi) ... Il problema, si legge nella lettera firmata dal segretario generale del sindacato, Leo Beneduci, (del 16.09.2016) riguarda tutto il territorio nazionale e, in particolare, il Piemonte e la Valle d'Aosta. Il sindacato denuncia infatti “le carenze o addirittura l'assenza di forniture e/o di rinnovi”, si per quanto riguarda le uniformi invernali che quelle estive e gli anfibi. L'invito è a “porre finalmente fine agli inconvenienti segnalati – conclude la lettera – in modo da conformare le attività e i servizi dell'amministrazione alle esigenze della polizia penitenziaria” — stralcio comunicato stampa ANSA del 17 settembre 2016 —»;
   tali gravi carenze di dotazione del vestiario ovviamente non consentono, al personale di polizia penitenziaria, di poter svolgere con diligenza i ruoli e i compiti ad esso affidati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative, anche di natura emergenziale, intenda adottare, in particolare per garantire la necessaria provvista del vestiario e dell'equipaggiamento in dotazione al personale di polizia penitenziaria in servizio negli istituti penitenziari del Piemonte e della Valle d'Aosta. (4-14242)


   GIACHETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Giuseppe Scuderi, attualmente detenuto presso la casa circondariale di Roma-Rebibbia, è stato condannato all'ergastolo per omicidio volontario aggravato con una sentenza della corte di assise di Appello di Catania del marzo 2004 sulla base di dichiarazioni di collaboratori di giustizia senza alcuna prova storica di reità;
   nel mese di marzo di quest'anno il detenuto Scuderi ha dato incarico al suo difensore di fiducia di formulare una richiesta diretta al direttore della casa circondariale di Caltagirone per l'acquisizione della copia del registro penitenziario della casa mandamentale di Val Militello di Catania del 1989 con riferimento all'entrata e all'uscita dei detenuti sottoposti al regime di semilibertà, in quanto era tale la sua condizione di condannato per reati bagatellari;
   l'alibi dello Scuderi, infatti, si basa sulle informazioni contenute nel suddetto registro relativamente all'orario effettivo di uscita e di entrata del giorno 16 febbraio 1989 presso la casa circondariale di Militello Vai di Catania;
   pertanto, la richiesta dello Scuderi avanzata all'amministrazione penitenziaria provveditorato regionale per la Sicilia è presupposto necessario al fine di poter dimostrare, in sede di revisione della sentenza di condanna della Corte di Assise di Appello di Catania per il reato di omicidio contestatogli, l'effettivo orario di rientro al carcere dello Scuderi, il quale all'epoca si trovava in regime di semilibertà, con la possibilità di recarsi a lavoro al mattino e rientrare al carcere la sera;
   il 13 aprile 2016 la direzione della casa di Caltagirone comunicava l'impossibilità di rintracciare il suddetto registro di entrata e di uscita dei detenuti della casa mandamentale di Militello Val di Catania probabilmente a seguito del trasloco dal vecchio al nuovo istituto penitenziario –:
   se sia a conoscenza della gravità della situazione riportata in premessa e come si giustifichi che un'amministrazione penitenziaria non si attivi in alcuna maniera per rendere effettivo il diritto di accesso ai documenti di una pubblica amministrazione, preordinato all'esercizio della difesa in giudizio;
   come sia possibile che un'amministrazione penitenziaria non fornisca la documentazione relativa ai registri di entrata e di uscita richiesta legittimamente da un detenuto, – e che ogni casa circondariale ha il dovere di custodire ed esibire – al fine di dimostrare la propria lontananza dal luogo ove è stato commesso il delitto per il quale è condannato;
   se rientri nelle normali prassi penitenziarie e di giustizia che non si ricostruiscano registri di entrata e di uscita andati persi;
   in che modo intenda intervenire per garantire il diritto di difesa dello Scuderi e quali iniziative di competenza intenda adottare per ricostruire la vicenda del medesimo, considerato che l'attestazione dell'ingresso dello Scuderi nella casa circondariale è di vitale importanza, in quanto lo scagionerebbe dalla commissione del reato di omicidio. (4-14251)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:


   TULLO, CARLONI, ANZALDI, BRANDOLIN, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CASTRICONE, COPPOLA, CRIVELLARI, CULOTTA, MARCO DI STEFANO, FERRO, GANDOLFI, GRIBAUDO, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, META, MINNUCCI, MOGNATO, MURA, PAGANI, SIMONI, ERMINI, BASSO, CAROCCI, GIACOBBE, VAZIO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 31 agosto 2016 la compagnia di container Hanjin shipping ha presentato istanza di fallimento nella Corea del Sud e negli Stati Uniti innescando una crisi nella filiera del sistema mondiale del trasporto marittimo di merci, con enormi ripercussioni anche sul sistema logistico nazionale;
   il trasporto delle merci è una delle principali attività dell'economia globale e il mare è la principale via di trasporto per il commercio, con percentuali di traffico merci tra l'80 e il 90 per cento;
   la Hanjin shipping è la prima compagnia di trasporto di container della Corea del Sud ed è la settima a livello mondiale, con una flotta di 141 navi portacontainer;
   secondo le stime circolate in questi giorni sui mezzi d'informazione economica, la bancarotta ha bloccato 65 navi portacontainer cariche di merci, per 14 miliardi di dollari;
   gli osservatori del settore addebitano la crisi soprattutto alla finanza speculativa connessa al fenomeno del gigantismo navale;
   la bancarotta della compagnia coreana rischia di produrre una situazione devastante per il settore dello shipping del nostro Paese, innescando un pericoloso effetto domino per l'economia italiana. La categoria più colpita è quella degli agenti marittimi, ma l'intero mondo della logistica sta registrando perdite enormi dal punto di vista economico, oltre che occupazionale, a partire dai quasi 100 occupati nella sede di Genova;
   infatti al momento ci sarebbero più di 5000 container contenenti merci destinate ai porti italiani, per la maggior parte prodotti finiti e componentistica in importazione, per un valore complessivo quantificabile fra i 300 e i 350 milioni di dollari bloccati sulle banchine dei porti o nelle stive delle navi che sono rilasciati solo dietro il pagamento di ingiustificate cauzioni richieste da alcuni operatori terminalisti; in alcuni casi, le navi evitano di entrare nei porti per il timore fondato di essere poste subito sotto sequestro;
   il danno per gli operatori della filiera della logistica sta diventando sempre più rilevante e la situazione ingestibile a causa dell'assenza di comunicazioni affidabili rese urgenti dalla dimensione internazionale della crisi –:
   se il Governo non intenda acquisire tutte le informazioni necessarie a capire l'effettiva condizione finanziaria e operativa della società Hanjin shipping allo scopo di predisporre i necessari interventi per ridurre gli effetti della crisi di tale società sul comparto portuale e logistico, salvaguardando i livelli occupazionali.
(3-02500)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FREGOLENT, PAOLA BRAGANTINI, D'OTTAVIO, GIORGIS e ROSSOMANDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la zona di corso Grosseto di Torino è oggetto da anni di progetti di riqualificazione urbana e di ammodernamento delle infrastrutture: è prevista, infatti, la realizzazione di un nuovo tunnel ferroviario e la demolizione dell'attuale cavalcavia;
   tale opera permetterà, intatti, notevoli miglioramenti di numerose tipologie ed in particolare:
    della viabilità territoriale: permettendo un collegamento rapido ed efficace tra Torino e l'area metropolitana con l'aeroporto, attraverso un nuovo asse infrastrutturale che riguarda sia il trasporto pubblico che quello privato;
    ambientale: incentivando e potenziando il trasporto pubblico soprattutto su rotaia e quello ciclabile, limitando conseguentemente le emissioni di gas nocivi dei veicoli privati;
    estetico: abbattendo il lungo cavalcavia che oggi oscura la visuale di numerosi palazzi;
   il nuovo tunnel di corso Grosseto è già stato finanziato per un totale di circa 180 milioni di euro: 160 a carico della regione Piemonte (di cui 142 di fondi ex-Fas assegnati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e 20 a carico dello Stato con fondi Cipe;
   a poche settimane dall'apertura del cantiere l'amministrazione comunale di Torino ha dichiarato la contrarietà alla realizzazione dell'opera ed il sindaco Chiara Appendino ha chiesto un incontro al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per chiedere una revisione sostanziale del progetto e una riallocazione dei fondi ex Fas;
   nel corso di tale incontro, che si è svolto il 13 settembre 2016, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio ha sottolineato la difficoltà di una revisione progettuale dell'infrastruttura, che è comunque ad oggi di competenza regionale. Il Ministro ha inoltre evidenziato il rischio di un definanziamento dell'opera, in quanto l'utilizzo dei fondi ex-Fas già stanziati sarebbe vincolato alla rendicontazione entro il 2018;
   la mancata realizzazione dell'opera di corso Grosseto rischierebbe inoltre di gravare ulteriormente sui bilanci del comune: in primo luogo i 5 milioni di euro spesi per la revisione del progetto, senza dimenticare le inevitabili penali per le società appaltatrici ad oggi quantificate in almeno 10 milioni di euro;
   risulta quindi evidente come, ad avviso degli interroganti, l'ambiguità e l'immobilismo dell'attuale amministrazione comunale possa avere conseguenze disastrose non soltanto per la mancata realizzazione di una infrastruttura indispensabile per la viabilità dell'intera area metropolitana di Torino, ma anche per i bilanci dell'amministrazione comunale (ammontabili tra fondi ex-Fas, revisioni progettuali e penali ad oltre 160 milioni di euro) –:
   quali iniziative urgenti possano ed intendano mettere in campo i Ministeri interrogati affinché venga realizzato il sottopasso di corso Grosseto di Torino;
   entro quale tempistica e quali parametri progettuali debba essere realizzata l'opera per poter usufruire dei fondi ex-Fas già stanziati;
   se siano a conoscenza della somma a cui ammonterebbero, nel dettaglio, le ricadute finanziarie relative al comune di Torino (tra fondi ex-Fas, revisioni progettuali e penali) in caso di mancata realizzazione dell'opera sopracitata. (5-09512)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   gli « hotspot» sono il primo e più sensibile punto di «accoglimento» per i migranti in Italia e sono interessati – specialmente negli ultimi mesi – da continui ed abbondanti flussi di arrivi. Solo per quanto riguarda quello di Taranto, nei giorni che vanno dal 31 agosto al 7 settembre 2016 sono sbarcate 1668 persone, di cui 239 minori non accompagnati;
   in seguito agli arrivi di cui sopra, in data 10 settembre 2016 la prima firmataria del presente atto ha effettuato una visita presso la struttura del capoluogo jonico per appurare in prima persona le condizioni cui sono sottoposti i migranti, sia dal punto di vista fisico, che per quanto riguarda il rispetto dei loro diritti basilari. Nello specifico, in tale occasione e stato consentito l'accesso solamente al primo firmatario del presente atto in quanto parlamentare della Repubblica, mentre è stato fatto divieto di entrata ai rappresentanti delle associazioni che si occupano dei diritti dei migranti, come la «Babele» di Taranto e l'Asgi «Associazione per gli studi giuridici sulla immigrazione»;
   alla richiesta di spiegazioni circa il diniego alla entrata per i rappresentanti della associazioni di cui sopra, è stato risposto dal vicario prefetto di Taranto che la prefettura ha acquisito agli atti (in data 22 marzo 2016) una circolare del Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione con oggetto «Afflusso di cittadini stranieri sul territorio italiano. Disposizioni operative» che dispone «che devono essere trasmesse ad una specifica casella di posta elettronica certificata le istanze di accesso ai centri di accoglienza, debitamente motivate»;
   il vicario prefetto ha inoltre aggiunto che – nonostante l'invio di richiesta di autorizzazione alla data del 10 settembre 2016 – dal Ministero non sia giunta alcuna risposta. A tal proposito, è stato anche inoltrato successivo sollecito;
   tale incresciosa situazione, per cui è sostanzialmente vietato l'ingresso negli « hotspot» a soggetti esterni e qualificati, si è già ripetuta in passato. Occorre inoltre ricordate l'appello lanciato nel giugno 2016 dalla Federazione della stampa italiana e dalla Unione sindacale dei giornalisti Rai, in merito appunto alla impossibilità di accesso – per i giornalisti – agli « hotspot» stessi;
   in seguito all'appello di cui sopra, risulta agli interpellanti che vi siano state generiche rassicurazioni da parte del Ministero dell'interno circa un positivo accoglimento delle richieste dei giornalisti e degli operatori delle associazioni che si occupano dei diritti dei migranti;
   ad oggi, come appunto testimoniato anche dalla visita del 10 settembre 2016 sopracitata permane l'impossibilità di accesso agli « hotspot» per tutti i sopracitati soggetti terzi;
   per quanto a conoscenza degli interpellanti, la circolare del Ministero dell'interno indirizzata alla prefettura di Taranto si riferirebbe ai centri di accoglienza e non agli « hotspot» –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali azioni intenda tempestivamente intraprendere affinché sia garantito il libero accesso alle associazioni che si occupano di diritti dei migranti, oltre che per gli operatori della stampa.
(2-01469) «Duranti, Scotto».

Interrogazioni a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI e PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 12 settembre 2016 la Consulta provinciale antifascista di Ravenna ha reso pubblica una ricerca condotta sul più grande social network esistente al mondo, Facebook, riguardante la presenza al suo interno di 94 pagine (ma potrebbe con molta probabilità essere superiore) pubbliche apologetiche del fascismo e istigatrici, con nomi di gerarchi fascisti, ed evidenti richiami al fascismo italiano, e con contenuti apologetici del fascismo ex lege n. 645 del 1952 e/o richiami razzisti e altro ex lege n. 205 del 1993;
   nel 2008 l'Unione europea con la decisione quadro 2008/913/GAI, contro il negazionismo e «sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale», ha chiesto agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché siano resi punibili diversi comportamenti intenzionali, tra cui:
    a) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, quali definiti agli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale;
    b) l'apologia, la negazione o la minimizzazione grossolana dei crimini definiti all'articolo 6 dello statuto del Tribunale militare internazionale, allegato all'accordo di Londra dell'8 agosto 1945;
   Facebook, che è una società privata statunitense, regola il suo rapporto con gli utenti e con chiunque interagisca con il social network con principi base generici e universali;
   in Italia dove conta ben 28 milioni di utenti attivi, le norme in materia di internet e social network non sono ancora chiare e precise;
   il 21 marzo 2016 in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della discriminazione razziale è stata presentata una ricerca contenuta nel volume «Discorsi d'odio e social media» che analizza l'uso del linguaggio offensivo nei nuovi media da parte di gruppi xenofobi e di estrema destra e i possibili strumenti per contrastarlo: in primis quelli legislativi che, in Italia, restano ancora insufficienti;
   attualmente, per chiedere la chiusura di una pagina di questo genere su Facebook occorre la segnalazione di un privato la cui identità può essere però rivelata al titolare della pagina della quale si chiede la chiusura. Ciò espone il privato a potenziali ritorsioni. Inoltre, segnalazioni da soggetti privati hanno avuto, finora, poca forza per influenzare Facebook a chiudere, in quanto i suoi riferimenti culturali e i principi di base di cui si è dotato, non tengono conto della matrice antifascista italiana e della normativa che la regola. Pertanto, il recepimento dell'azione di rimozione è eventuale e discrezionale in tutti i sensi;
   il 31 maggio 2016 la Commissione europea ha concordato un codice di condotta con cui le società che gestiscono i principali social network (Facebook, Twitter, YouTube e Microsoft) si impegnano, nei Paesi membri, a ostacolare gli incitamenti illegali all'odio online e a sviluppare procedure interne e addestrare il personale per garantire che venga controllata «la maggioranza delle notifiche valide» che chiedono la rimozione di contenuti e pagine illegali, in meno di 24 ore;
   la rete telematica è la nuova frontiera della lotta antifascista di questo secolo e, affinché il proselitismo neo e vetero fascista, nazista, razzista, di organizzazioni e di gruppi, per tenersi uniti, rafforzarsi e diffondersi con questo mezzo sia osteggiato, è opportuno e necessario dotarsi di una normativa efficace che risolva questa situazione così fragile e che obblighi la polizia postale a segnalare e chiedere a Facebook le necessarie chiusure nel rispetto della nostra legislazione;
   la Consulta propone presso il Ministero dell'interno la creazione di un osservatorio permanente esclusivo che monitori la rete telematica e i social network e che garantisca direttamente ogni eventuale iter di rimozione –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto e se non ritenga urgente attivarsi, per quanto di competenza, affinché vengano rimosse in tempi brevi da Facebook le pagine pubbliche presenti apologetiche del fascismo, razziste e xenofobe;
   quali strumenti e iniziative di competenza intenda mettere in atto affinché il codice di condotta dell'Unione europea, concordato con i principali social network, venga applicato anche in Italia nel pieno rispetto della legislazione nazionale e le società aderenti collaborino attivamente con le autorità del nostro Paese;
   se non intenda prendere in seria considerazione la creazione di un Osservatorio permanente esclusivo in materia presso il Ministero dell'interno affinché l'attività di monitoraggio e di rimozione possa diventare più efficace e incisiva e vengano adottate tutte le misure necessarie stabilite dalla decisione quadro 2008/913/GAI. (4-14246)


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 giugno 2016 la carica di sindaco di Nettuno è ricoperta dal dottor Angelo Casto, vice questore aggiunto della polizia di Stato;
   con dichiarazione del 22 giugno 2016 indirizzata alla segreteria del comune di Nettuno e pubblicata sul sito internet istituzionale dell'ente locale, il dottor Casto ha attestato che nei suoi confronti: «non sussistono motivi di ineleggibilità o di incompatibilità, di cui ai decreti legislativi 18/08/2000, n. 267, 31/12/2012, n. 235 e 8/04/2013, n. 39 a ricoprire la carica di sindaco del Comune di Nettuno»;
   tuttavia, il decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali prevede, all'articolo 60, comma 1, n. 2, che non sono eleggibili «nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i funzionari di pubblica sicurezza»;
   come ricavabile dal curriculum del dottor Casto, pubblicato sul sito del comune, e come esposto in una lettera diffusa in data 19 agosto del 2016 dall'opposizione in consiglio comunale, e ripresa da diversi mezzi d'informazione locali, l'eletto sindaco del comune di Nettuno avrebbe ricoperto al tempo delle elezioni, e ricoprirebbe tuttora incarichi di grande prestigio presso il commissario straordinario di Governo per le persone scomparse;
   secondo gli stessi scriventi tale ruolo, considerata la competenza territoriale del suo ufficio estesa a tutta Italia, lo porrebbe «nelle condizioni di ineleggibilità previste dal decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1982 n. 335 articolo 53, nonché dalla nota di chiarimento emanata dal Capo della Polizia il 6 aprile 1995 al protocollo N. 335/9801 G.D.8 quanto dall'articolo 60, comma 1 e 2 del decreto legislativo 267/2000» –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondono al vero;
   se il dottor Casto rivesta e/o abbia rivestito effettivamente, già al momento della candidatura, la posizione di funzionario di pubblica sicurezza presso il commissario straordinario di Governo per le persone scomparse o comunque presso un ufficio con competenza territoriale nazionale;
   se un tale ruolo, alla luce delle norme citate, determini un'eventuale condizione di ineleggibilità del dottor Casto e, in tal caso, quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare. (4-14247)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sul quotidiano La provincia, in particolare nell'edizione del 13 settembre 2016 si apprende che nel comune di Madignano, in provincia di Cremona, si è svolta una affollata assemblea pubblica, indetta dal sindaco per le preoccupazioni espresse dalla cittadinanza a fronte dell'emergenza venutasi a creare nel comune per l'allocazione, su decisione della prefettura, di oltre trenta immigrati in un appartamento sito nella palazzina di via Colombo;
   pare infatti che l'invio degli immigrati di cui sopra e il loro alloggiamento nell'immobile sia stato disposto dalla prefettura di propria iniziativa e a seguito di una convenzione stipulata con l'associazione Marvelli di Ripalta Arpina ma senza alcuna consultazione e coinvolgimento dell'amministrazione comunale, all'oscuro anche dell'effettivo numero dei cittadini extracomunitari che sarebbero stati ospitati nel proprio territorio;
   come riportato dalla stampa, il sindaco ha riferito, infatti, di essere stato contattato dalla prefettura la quale gli aveva comunicato l'invio di sole «due o tre persone, che in pochi giorni sono invece arrivati a 33»;
   a seguito dalle verifiche richieste dal comune all'Ats Valpadana risulta che nella palazzina di via Colombo gli immigrati siano stati alloggiati in un immobile composto da una sola stanza che, secondo le caratteristiche e le norme vigenti in materia di abitabilità, può ospitare al massimo 5 persone;
   sempre nel corso delle stesse verifiche l'immobile risultava privo delle certificazioni di conformità degli impianti elettrico e termoidraulico, giunte in secondo tempo ed oggetto, al momento, delle opportune verifiche da parte dell'amministrazione comunale;
   pare, inoltre, dai controlli effettuati, che l'associazione Marvelli non abbia ancora attivato i servizi alla persona per cui si era impegnata nella convenzione con la prefettura;
   all'assemblea pubblica in premessa non hanno partecipato nè il prefetto nè l'associazione Marvelli, seppur invitati proprio a fronte delle perplessità e delle richieste di chiarimenti da parte della cittadinanza, presente invece in gran numero per l'importanza delle questioni oggetto dell'incontro, ossia in particolare la non idoneità della struttura abitativa individuata e le procedure prefettizie adottate;
   lo stesso sindaco è ancora oggi in attesa di un riscontro alle richieste avanzate alla prefettura in merito alla legittimità della procedura adottata e ai requisiti previsti dalla normativa in tema di abitabilità dell'immobile in cui sono stati alloggiati gli immigrati;
   quanto sta accadendo nel comune di Madignano non appare un caso isolato, tanto che alla medesima assemblea pubblica erano presenti altri due sindaci della zona, Marco Ginelli di Ripalta Arpina e Alex Severgnini di Capergnanica, che hanno lamentato analoghi problemi;
   del caso si è occupata anche la trasmissione serale «Dalla vostra parte» su Rete 4, che ha trasmesso un ulteriore servizio dedicato all'emergenza immigrati nel comune di Madignano, a poco più di un mese dalla precedente trasmissione –:
   quali siano i motivi per i quali la prefettura di Cremona non abbia dato riscontro tempestivo alle richieste di chiarimento avanzate dal sindaco di Madignano e dalla stessa cittadinanza in merito alla legittimità delle procedure adottate per l'invio e l'allocazione di più di trenta immigrati nel proprio comune ed in una struttura priva dei requisiti di abitabilità; quale sia la procedura adottata dalla prefettura stessa e se sia conforme alle disposizioni che regolano l'accoglienza di cui al decreto legislativo 142 del 2015 tra cui la leale collaborazione tra i diversi livelli di governo; quali controlli sia preventivi che successivi alla stipula della convenzione con l'associazione Marvelli siano stati fatti dalla prefettura medesima in merito alla certificazione urbanistica e sanitaria all'immobile sito in via Colombo, la sua idoneità e conformità alle vigenti normative, nonché relativamente all'ente gestore del centro e ai servizi di accoglienza offerti ed effettivamente erogati dallo stesso. (4-14252)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta immediata:


   SANTERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. – Per sapere – premesso che:
   attualmente non viene previsto che gli insegnanti di religione cattolica possano essere individuati come collaboratori del dirigente scolastico;
   si ricorda che fino ad oggi gli insegnanti di religione cattolica hanno svolto questo ruolo;
   si tratterebbe di un'esclusione ingiustificata e che non è prevista da nessuna delle leggi che regolano la situazione degli insegnanti di religione, a partire dalla legge n. 824 del 1930 che, all'articolo 7, disponeva che: «Gli incaricati dell'insegnamento religioso hanno gli stessi diritti e doveri degli altri docenti, fanno parte del corpo insegnante e intervengono ad ogni adunanza collegiale di esso, plenaria o parziale»;
   successivamente la legge 25 marzo 1985, n. 121, nel protocollo addizionale, all'articolo 5 (in relazione all'articolo 9), attuativa degli accordi di revisione del Concordato con la Santa Sede, ha stabilito che: «L'insegnamento della religione cattolica nelle scuole indicate al n. 2 è impartito (...) da insegnanti che siano riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica, nominati, d'intesa con essa, dall'autorità scolastica»;
   anche le successive norme analoghe (decreto del Presidente della Repubblica n. 751 del 1985, decreto legislativo n. 297 del 1994, decreto del Presidente della Repubblica n. 202 del 1990, decreto del Presidente della Repubblica n. 175 del 2012) affermano con chiarezza che gli insegnanti di religione cattolica fanno parte della componente docente degli organi della scuola e hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri insegnanti;
   la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 14 settembre 2016 afferma che: «la determinazione dell'organico relativo a questa materia avviene con un criterio diverso e separato»; inoltre, il rapporto di lavoro degli insegnanti di religione, oltre che di ruolo, prevede anche contratti da incaricati annuali;
   appare, quindi, inaccettabile l'esclusione sopra ricordata, anche qualora essa fosse giustificata con l'impossibilità di sostituire i docenti di religione con supplenti che necessitano dell'idoneità, per ragioni di mancanza di fondi;
   sarebbe, infatti, possibile rimediare a questo attingendo al capitolo delle attività alternative all'ora di religione –:
   quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Ministro interrogato per sanare quella che appare all'interrogante una palese discriminazione tra insegnanti, consentendo anche agli insegnanti di religione di svolgere il ruolo di vicari del dirigente. (3-02496)


   BRESCIA, VACCA, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, MARZANA, DI BENEDETTO, D'UVA e VILLAROSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi tre anni scolastici (anni scolastici 2013/2014, 2014/2015, 2015/2016) gli edifici hanno subito, secondo il rapporto redatto da Cittadinanzattiva, 112 crolli;
   le scuole monitorate da Cittadinanzattiva appartengono alle seguenti 10 regioni: Piemonte, Lombardia, Lazio, Marche, Abruzzo, Molise, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna;
   nel 15 per cento delle scuole sono state riscontrate lesioni strutturali, in gran parte (73 per cento) sulla facciata esterna, nel 27 per cento negli ambienti interni. L'81 per cento dei responsabili del servizio di protezione e prevenzione o dei dirigenti ha chiesto interventi manutentivi all'ente proprietario, ma ben in un caso su quattro non è stato effettuato alcun intervento. Nel 14 per cento è stato effettuato con molto ritardo, nel 52 per cento con qualche ritardo e solo nell'8 per cento dei casi tempestivamente. Una scuola su quattro ha chiesto interventi di tipo strutturale che, quasi in un caso su tre (29 per cento), non sono stati mai effettuati. Solo nel 14 per cento sono intervenuti tempestivamente;
   dal portale istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si può accedere all'applicazione «Scuola in chiaro» che nasce, secondo quanto riportato nelle pagine dell'applicazione stessa, nel 2011 per rispondere all'esigenza di mettere a disposizione della collettività tutte le informazioni disponibili relative alle scuole italiane di ogni ordine e grado, in una forma organica e strutturata;
   l'applicazione «Scuola in chiaro» permette di:
    a) cercare una scuola o un centro di formazione professionale regionale sul territorio nazionale;
    b) conoscere tutte le informazioni disponibili sugli istituti scolastici di ogni ordine e grado e sui centri di formazione professionale ricercati;
    c) mettere a confronto l'offerta formativa delle scuole e dei centri di formazione selezionati;
    d) accedere direttamente ad alcuni servizi legati alla ricerca di scuole, come, per esempio, le «iscrizioni on-line»;
   tra le informazioni disponibili sul portale vi è quella sull'edilizia che può essere consultata nel dettaglio, in cui sono contenute informazioni su ogni singolo edificio e, in particolare, sotto la voce «vincoli» è possibile sapere se l'edificio:
     a) è in area soggetta a vincolo idrogeologico;
    b) è sito in zona a vincolo paesaggistico;
    c) è di vetustà superiore a 50 anni;
    d) è situato in zona sismica;
    e) è stato progettato o successivamente adeguato con la normativa tecnica antisismica;
   nel portale è possibile reperire anche informazioni sull'età dell'immobile, sulla proprietà e sull'uso;
   da una analisi a campione dei dati riguardanti l'adeguamento alla normativa tecnica antisismica degli edifici scolastici presenti, ad esempio, in Abruzzo e presenti su «Scuola in chiaro» è stato riscontrato che circa i tre quarti degli immobili scolastici non risultano adeguati alla normativa tecnica antisismica. La regione Abruzzo insiste su un territorio in gran parte classificato come ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2);
   secondo quanto riportato nella home page di «Scuola in chiaro», la base informativa che alimenta l'applicazione è costituita da dati già presenti nel sistema informativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (continuamente aggiornati) e dalle informazioni inserite da ciascuna istituzione scolastica attraverso le funzioni presenti sul portale Sidi, il sistema centralizzato che offre alle scuole le funzionalità necessarie allo svolgimento delle operazioni gestionali, amministrative e contabili;
   sui dati di ogni scuola è presente un avviso dal seguente contenuto: «I dati contenuti nella presente sezione contengono tutte le informazioni di carattere tecnico relative agli edifici scolastici attivi censiti, così come comunicati dagli enti locali proprietari degli stessi per il tramite dei nodi regionali dell'Anagrafe. Si precisa che, a seguito di accordo in conferenza unificata di intesa con comuni e province, è stato stabilito di aggiornare al 31 gennaio 2016 la pubblicazione dei dati relativi alle certificazioni degli edifici al fine di consentire l'adeguamento delle informazioni contenute nella sezione agli interventi recentemente autorizzati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Sarà comunque a breve disponibile nella pagina web denominata «Anagrafe del piano di edilizia scolastica» l'informazione aggregata a livello provinciale delle certificazioni degli edifici scolastici. Nota: I dati sono riferiti all'anno scolastico 2014/15»;
   per rispondere concretamente all'esigenza di mettere a disposizione della collettività tutte le informazioni disponibili relative alle scuole italiane di ogni ordine e grado, è indispensabile che i dati contenuti siano sempre aggiornati;
   nonostante l'Anagrafe nazionale dell'edilizia scolastica sia on line da un anno, le informazioni non risultano aggiornate, né complete. Mancano le certificazioni di agibilità statica, igienico-sanitaria e prevenzione incendi, annunciate per gennaio 2016;
   il recente crollo dell'istituto comprensivo «Romolo Capranica» di Amatrice ha dimostrato l'inaffidabilità delle informazioni fornite dall'ente locale e l'insufficienza e l'inefficacia delle indagini diagnostiche cofinanziate dallo Stato –:
   alla luce della grave situazione degli edifici scolastici descritta in premessa e dei recenti drammatici fatti di cronaca, quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere al fine di implementare gli interventi di adeguamento sismico, nonché il monitoraggio e le indagini diagnostiche, sì da garantire che gli alunni frequentino scuole sicure e a norma. (3-02497)


   GAROFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il crollo della scuola di Amatrice, a seguito del sisma che ha colpito l'Italia centrale la notte del 24 agosto 2016, ha inevitabilmente rappresentato un allarme circa lo stato della sicurezza degli edifici scolastici in tutto il Paese;
   in particolare, dal sito Meridionews.it del 13 settembre 2016, si è appreso della seduta congiunta svoltasi presso il comune di Messina della terza e settima commissione (rispettivamente pubblica istruzione e manutenzione immobili servizi pubblici), convocata al fine di fare il punto sullo stato di sicurezza e manutenzione dei plessi scolastici della città;
   il dirigente della manutenzione stabili comunali di Messina ha evidenziato, in una apposita relazione, le carenze dell'intero patrimonio scolastico: su circa 112 plessi, quasi tutti necessitano di interventi di messa in sicurezza, consistenti in adeguamenti alle norme igienico-sanitarie, alle norme Cei (Comitato elettrotecnico italiano) degli impianti elettrici e termici, alle norme relative alla sicurezza anti-incendio, oltre, infine, alla verifica della vulnerabilità sismica delle strutture;
   sempre dalla relazione del dirigente alla manutenzione stabili comunali della città di Messina si apprende che, per quanto riguarda le verifiche sismiche, sarà possibile stabilire se le scuole siano a norma soltanto dopo l'effettuazione di indagini strutturali, per le quali è in corso di ultimazione un appalto;
   altro elemento sconfortante che emerge dalla relazione del dirigente alla manutenzione stabili comunali di Messina è che ad oggi sono state effettuate verifiche sismiche soltanto su cinque istituti scolastici della città: da queste verifiche si apprende che tutti e cinque i plessi scolastici necessitano di interventi di miglioramento sismico;
   anche i due istituti dove gli adeguamenti sismici sono stati effettuati – il Manzoni e il Salvo D'Acquisto – non risultano comunque esenti da rischi, in quanto l'adeguamento sismico non ha riguardato gli interventi considerati necessari a seguito delle verifiche effettuate sui solai;
   questo significa che, in un territorio a rischio sismico 1 (sismicità alta) nella classificazione effettuata dalla Protezione civile e dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, al momento nessun fabbricato adibito a scuola può essere considerato assolutamente sicuro;
   d'altro canto, complicazioni burocratiche impediscono l'utilizzo di fondi già stanziati da numerosi atti, fra i quali, ad esempio, la delibera Cipe 32/2010;
   la messa in sicurezza degli edifici scolastici non è certamente una questione che riguarda solo il comune di Messina: per fronteggiare una situazione di questa portata e pericolosità occorre indubbiamente reperire maggiori risorse da utilizzare per l'effettuazione non solo dei lavori di ordinaria manutenzione, ma anche e soprattutto degli interventi che rendano gli istituti scolastici (ma anche quelli adibiti ad altri servizi pubblici) maggiormente resistenti ai terremoti;
   un piano nazionale, che prevedesse interventi di questa natura, non solo garantirebbe una maggiore sicurezza per quanti frequentano istituti scolastici ed altri edifici pubblici, ma avrebbe anche un impatto positivo per quanto concerne la salvaguardia del patrimonio immobiliare e, più in generale, sul piano dello sviluppo economico –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere al fine di mettere in sicurezza gli edifici scolastici e pubblici di Messina ed in generale del Paese, anche sbloccando risorse finanziarie «incagliate», al fine di salvaguardare l'incolumità dei cittadini e di avviare in Italia una cultura della sicurezza e prevenzione anti-sismica che ad oggi è sempre mancata.
(3-02498)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'inizio del nuovo anno scolastico sta diventando ad avviso degli interroganti sempre più evidente il fallimento della tanto sbandierata riforma della cosiddetta buona scuola, che avrebbe dovuto risolvere in un colpo solo tutti i mali del sistema scolastico italiano;
   le assunzioni e i percorsi di stabilizzazione non sono riusciti a risolvere né la questione della continuità didattica per i bambini né quella relativa alla meritata stabilità da parte degli insegnanti, molti dei quali sono stati costretti a trasferirsi a centinaia di chilometri dalle proprie città di origine e dalla proprie famiglie, mentre molti altri rimangono ancora in balia del precariato e degli incarichi di supplenza;
   inoltre, con riferimento alle assunzioni ci si muove ancora nella completa incertezza dovuta alla mancata pubblicazione dei dati sugli organici, sul numero di studenti e soprattutto sui pensionamenti, in province, come ad esempio Roma, nelle quali la situazione è complicata anche dai tanti errori sulla mobilità del personale di ruolo e dai cronici sotto-organici negli uffici;
   allo stato sembra evidente che il completamento del piano assunzioni, e quindi la copertura dei tutte le cattedre, non è avvenuto nei tempi necessari per l'anno scolastico appena avviato e da un'inchiesta effettuata da un noto quotidiano le supplenze risultano essere in calo di appena tredicimila unità su centodiciottomila;
   il potenziamento degli istituti, uno dei punti qualificati dal Governo come più importanti della riforma perché avrebbe dovuto mettere le scuole in condizioni di produrre progetti e attività deliberate dai collegi dei docenti attraverso il piano dell'offerta formativa triennale, si sta rivelando, invece, come un mero contenitore nei quali gli uffici scolastici regionali piazzano gli insegnanti in sovrannumero, senza considerare affatto le classi di concorso richieste dalle singole scuole;
   egualmente fallimentare appare essere il bilancio delle operazioni «scuole belle» e «scuole sicure» con migliaia di edifici scolastici sporchi e fatiscenti e oltre diciottomila scuole site nelle zone a maggiore rischio sismico da mettere in sicurezza –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere con riferimento alle questioni esposte in premessa, al fine di restituire finalmente dignità al sistema scolastico italiano, agli studenti e agli insegnanti.
(3-02499)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con una lettera pubblicata il 17 settembre 2016 dall'edizione locale del quotidiano «La Repubblica», la dirigente scolastica del 2o circolo didattico di Ercolano (NA) ha lanciato l'allarme rispetto alle condizioni in cui versa la struttura in cui si tengono le lezioni;
   si parla di una scuola che ospita ogni anno oltre 800 bambini e che viene quotidianamente attraversata da circa un migliaio di persone, costruita da un illustre architetto del Novecento (Luigi Cosenza) ma mai ristrutturata o ammodernata;
   nel corso degli anni, infatti, è emersa la necessità di lavori urgenti e corposi, tanto che già nel 1999 si era cominciato a parlare di riqualificare, ristrutturare e mettere in sicurezza l'edificio;
   a tal fine l'amministrazione comunale locale ha reperito, anche attraverso l'accensione di mutui, le risorse economiche necessarie ed elaborato diversi progetti definitivi che, però, non sono mai andati in appalto;
   va peraltro segnalato come nel 2009 la giunta comunale avesse approvato i progetti preliminari e definitivi per i lavori di ristrutturazione dell'edificio scolastico in questione, calcolando una spesa complessiva di euro 4.728.935,57;
   tale somma era già disponibile ed iscritta al bilancio comunale;
   ciononostante, dal 1999 ad oggi nulla è stato fatto per riqualificare la struttura, che nel frattempo si è ulteriormente deteriorata;
   attualmente i cornicioni, ripetutamente spicconati nel corso di lavori d'urgenza avvenuti negli anni per rimuovere i più gravi pericoli che si andavano formando, lasciano esposte alle intemperie le strutture in ferro, mentre la continua rimozione di intonaci pericolanti ha reso ben visibile il tufo di base;
   nel 2003 i tecnici incaricati dal comune avevano segnalato con forza l'urgenza di lavori ai solai di copertura, ma neanche in tal senso il comune ha ritenuto di dover provvedere;
   le diverse amministrazioni succedutesi hanno continuato a prendere tempo nominando tecnici su tecnici (pagati sempre profumatamente) e limitandosi ai lavori di urgenza;
   anche oggi la risposta fornita da sindaco e giunta si sostanzia nella necessità di attendere che l'amministrazione comunale prepari un nuovo progetto ed un nuovo bando di gara;
   intanto, però, le risorse disponibili nell'ambito del patto di stabilità sono state impegnate altrove, e dunque neanche in quest'ultimo scorcio di 2016 sarà possibile intervenire;
   il 14 settembre 2016 è crollata la copertura del pilastro d'ingresso della scuola;
   nella cifra originariamente stanziata dal comune non sono ricompresi interventi di adeguamento alla normativa antisismica;
   nessuna delle scuole di Ercolano è in regola, da questo punto di vista;
   dopo i recenti avvenimenti di Amatrice e delle altre località colpite dal terremoto del mese di agosto 2016, è assurdo che si continui a sottovalutare il problema e che non vi sia un piano urgente di messa in sicurezza degli edifici scolastici –:
   se non si ritenga doveroso ed urgente intervenire, per quanto di competenza e anche alla luce di quella che l'interrogante giudica l'inerzia dell'amministrazione comunale di Ercolano, per garantire la messa in sicurezza e a norma dell'edificio scolastico in questione. (4-14238)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Coordinamento nazionale Tfa ha negli scorsi giorni in merito al concorso 2016 segnalato la necessità di abolire il limite al numero di idonei fissato al 10 per cento dei posti banditi dalla legge n. 107 del 2015;
   tale necessità sorge anche e soprattutto alla luce delle vicende che hanno caratterizzato il concorso in questione: basti pensare, in particolare, all'elevato grado di selettività di tale procedura;
   la previsione del limite al numero di idonei sembrerebbe essere particolarmente vessatoria nei confronti di tutti coloro i quali, partecipando alle prove concorsuali, le hanno superate giungendo fino alla valutazione dei titoli;
   va detto che, peraltro, la presenza di ambiti disciplinari orizzontali e classi di concorso diverse che tuttavia vedono la partecipazione di una analoga platea di aspiranti, ha provocato una situazione per la quale in molti casi i vincitori inseriti nelle graduatorie risultano essere per lo più gli stessi per le diverse procedure per cui ha o concorso;
   in questo modo al momento della loro scelta della classe di concorso su cui conseguire il ruolo, non ci sarà possibilità di scorrimento per gli altri candidati che pure avevano superato l'intera procedura concorsuale;
   il rischio è, dunque, quello di lasciare ancora una volta numerose cattedre scoperte e vanificare i sacrifici dei candidati e il lavoro svolto dalle commissioni –:
   se non ritenga doveroso ed urgente assumere iniziative per rimuovere il limite al numero di idonei e creare una graduatoria di merito comprensiva di tutti coloro che hanno superato le prove concorsuali da utilizzarsi nell'ambito del suo triennio di validità, al fine di coprire eventuali rinunce o nuove esigenze dell'amministrazione;
   se non ritenga che tale idoneità possa ulteriormente valere come titolo valutabile per le graduatorie di II fascia o successivi concorsi, nel caso in cui gli idonei non vengano assunti nel triennio;
   se non ritenga  di dover rendere in ogni caso pubblici gli elenchi di chi ha superato le prove orali, in modo da consentire a tutti gli aspiranti docenti un più facile controllo della propria posizione e dei punteggi a loro attribuiti per i titoli culturali e di servizio. (4-14239)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il concorso per i nuovi insegnamenti previsti nei licei musicali ha visto la partecipazione degli abilitati nelle ex classi A31/32 (musica) e A77 (strumento musicale nella scuola secondaria di I grado), caratterizzandosi da subito per notevoli criticità;
   la principale è consistita nella possibilità per i docenti di ruolo utilizzati in questi anni per l'insegnamento nei suddetti licei, i quali reclamano da tempo un diritto al passaggio di cattedra per il solo servizio svolto, di far parte delle commissioni giudicatrici del concorso, con evidente conflitto di interessi;
   in effetti dai primi dati raccolti emergono alcuni aspetti di ambiguità: la percentuale di vincitori rispetto ai partecipanti, infatti, è estremamente bassa;
   su circa 3.000 partecipanti e 1.104 posti banditi tra le classi di concorso A53, A55, A63 e A64, vi sarebbero infatti solo circa 650 vincitori;
   questi docenti così altamente selezionati (si ricorda che più della metà di essi avevano già superato le selezioni per il tirocinio formativo attivo e svolto un corso di durata triennale per l'abilitazione) non possono comunque ottenere il ruolo nell'anno scolastico appena iniziato, perché il Ministero dell'economia e delle finanze non ha autorizzato la conversione di tali cattedre in organico di diritto;
   si parla, peraltro, di un numero tutto sommato esiguo di personale coinvolto nella vicenda, per il quale si potrebbe trovare una soluzione in grado di tutelare da subito i vincitori di concorso –:
   se non ritengano, per quanto di competenza, di poter formulare una proposta di ruolo in corso di questo a o scolastico, con decorrenza giuridica dal 1o settembre 2016 e trattamento economico dal 1o settembre 2017, o differimento di entrambe le decorrenze al 1o settembre 2017;
   se non ritengano opportuna la previsione di una clausola di salvaguardia nei contingenti dell'anno prossimo a favore dei vincitori di concorso rispetto alle procedure di mobilità e alla priorità nella scelta dell'ambito. (4-14240)


   DELL'ORCO e FERRARESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 23 del 1996 prevede l'anagrafe dell'edilizia scolastica, un database aggiornato a cura del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con dati riguardanti, tra le altre cose anche la funzionalità del patrimonio edilizio, certificati di agibilità, di collaudo statico e l'indice di vulnerabilità sismica degli edifici;
   il Ministro ha presentato i dati aggregati dell'anagrafe i primi di agosto 2015 annunciando che erano terminati i rilievi da parte delle regioni su 42.292 edifici scolastici e che si era in attesa solo dell'8 per cento dei dati da parte dei comuni. La pubblicazione completa dei dati, come ribadito anche dalla sentenza del Tar del Lazio n. 3014 del 19 marzo 2014, deve essere resa pubblica, ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del decreto legislativo n. 82 del 2005, nel testo riformulato dall'articolo 9, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012 che dispone che: «Le pubbliche amministrazioni pubblicano nel proprio sito web, all'interno della sezione Trasparenza, valutazione e merito, il catalogo dei dati, dei metadati e delle relative banche dati in loro possesso ed i regolamenti che ne disciplinano l'esercizio della facoltà di accesso telematico e il riutilizzo, fatti salvi i dati presenti in Anagrafe tributaria»;
   attualmente l'unico database ministeriale fruibile online dai cittadini, che riporti dati sui singoli edifici, risulta essere «Scuola in chiaro» http://cercalatuascuola.istruzione.it/cercalatuascuola/, uno strumento nato nel 2011 che è stato ampliato con una sezione sull'edilizia scolastica. Secondo quanto riportato sul sito, la base informativa che alimenta l'applicazione è costituita da dati già presenti nel sistema informativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (continuamente aggiornati) e dalle informazioni inserite da ciascuna istituzione scolastica attraverso le funzioni presenti sul portale SIDI;
   per quanto riguarda l'edilizia, però, il suddetto sito riporta in realtà dati superati e aggiornati solo all'anno scolastico 2014/2015 e risulta in generale estremamente lacunoso; inoltre, non sono presenti voci specifiche sul possesso di certificati di agibilità, certificati di collaudo statico e valutazioni del rischio di sismicità degli edifici scolastici;
   per il comune di Modena in particolare sembrerebbero mancare quasi del tutto i dati sugli edifici scolastici: su 77 scuole pubbliche, oltre il 68 per cento non ha comunicato i dati sull'edificio –:

se il sito «Scuola in chiaro» riporti attualmente in maniera completa i dati dell'anagrafe dell'edilizia scolastica in possesso del Ministero e raccolti ai sensi della legge n. 23 del 1996 e, in caso contrario, a cosa sia dovuto il ritardo nella pubblicazione dei dati;
   perché sul sito «Scuola in Chiaro» manchino delle voci specifiche che indichino con chiarezza se la scuola ha un certificato di collaudo statico e di agibilità e la valutazione di vulnerabilità sismica e se il Ministero intenda eventualmente integrare questi dati in forma disaggregata per ogni singola scuola e plesso;
   considerata che la provincia di Modena è stata toccata da vicino dal recente sisma del 2012, perché sul sito «Scuola in Chiaro» risultano mancanti molti dati sullo stato dell'edilizia scolastica del comune di Modena e quando sia previsto il completamento, l'aggiornamento e la fruibilità online dei dati come indicato dall'accordo in Conferenza unificata del 30 luglio 2015. (4-14241)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di agosto 2016 i dirigenti scolastici hanno impiegato la maggior parte del tempo a organizzare la chiamata diretta degli aspiranti docenti;
   con decreto ministeriale n. 669 del 7 settembre 2016, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca definito le procedure delle ulteriori operazioni da completare entro i giorni successivi; entro sabato 10 settembre 2016 andavano assegnati anche i vincitori del concorso ai rispettivi ambiti territoriali e pertanto in soli due giorni, i presidi si sono visti costretti a pubblicare nell'albo online del sito web della scuola, un avviso di disponibilità dei posti rimasti vacanti dopo le operazioni espletate nel mese di agosto;
   l'avviso pubblicato nell'albo online – secondo quanto disposto dal criterio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – prevedeva anche data e ora entro cui i docenti devono inviare una mail di autocandidatura insieme con il curriculum, con il risultato che solo il giorno 17 settembre, i vincitori del concorso hanno saputo a quale ambito territoriale erano stati assegnati;
   pertanto, i dirigenti alla data odierna sono obbligati ad incrociare le autocandidature ricevute con la corrispondenza dei curriculum degli aspiranti professori alle figure mancanti nel proprio organico;
   successivamente, dovranno rispondere, con una mail di convocazione a colloquio o di proposta diretta dell'incarico triennale; e dovranno aver svolto entro il 21 settembre, gli eventuali colloqui per poi successivamente effettuare la scelta, ottenere l'accettazione dei docenti e registrare la comunicazione al Sidi, il Portale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   i disagi di quanto sopra esposto hanno portato, con l'avvio dell'anno scolastico 2016/2017, alla situazione per cui alcune scuole, si trovano senza docenti, poiché un posto su tre di quelli messi a concorso docenti non è stato ancora assegnato;
   secondo quanto si apprende dai dati forniti da «Tuttoscuola» il numero di vincitori è inferiore a quello dei posti messi a bando, con una percentuale che si attesta al 55 per cento dei docenti partecipanti al concorso che non risultano averlo superato;
   a causa di una selezione poco comprensibile, per molte materie da insegnare nelle classi, il numero dei vincitori sarà inferiore ai posti disponibili;
   «Tuttoscuola», dopo una settimana dall'avvio delle lezioni scolastiche, riportava che risultano circa il 32 per cento di posti vacanti su 522 graduatorie pronte;
   il 32 per cento, – se proiettato sul totale dei posti messi a concorso –, porterebbe circa 20.404 posti vacanti su 63.712 messi a concorso, senza contare che gli esiti dei concorsi relativi alla scuola dell'infanzia e della primaria non sono ancora pubblicati; pertanto i sopra enunciati numeri sono purtroppo destinati a crescere;
   con la «Buona Scuola», le operazioni sul personale docente si sono concluse al 15 settembre 2016, e quindi con le scuole già aperte in alcune regioni. La nomina dei supplenti è quindi prevista successivamente al 15 settembre, con il risultato che in alcune classi non è stato possibile avviare l'anno scolastico nemmeno con il personale docente;
   molte scuole hanno segnalato che, considerata la situazione attuale, è probabile che il calendario delle lezioni non potrà essere definitivo fino all'inizio del secondo quadrimestre, con l'effettivo e concreto disagio di docenti e studenti che non potranno contare su una programmazione definitiva;
   ciò suddetto a comprova che, non solo il sistema informatico messo a punto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è stato impostato a quanto consta agli interroganti con gravi errori di calcolo – poiché non è stato in grado di registrare le preferenze di assegnazione delle cattedre richieste dai docenti – ma ha messo in seria difficoltà i dirigenti scolastici sulle chiamate dirette;
   docenti che si sono visti recapitare mail con l'assegnazione di cattedre mai richieste e uffici regionali scolastici che dovranno porre rimedio ai tempi del concorso e a quelli imposti dalla legge n. 107 del 2015 con nuove convocazioni per consentire agli insegnanti, come in passato, di poter scegliere la cattedra;
    il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha probabilmente accantonato i posti liberi che invece sono stati erroneamente utilizzati sulla nuova mobilità su ambiti territoriali e medesima situazione si replicherà nel prossimo biennio e quindi i vincitori del concorso potrebbero restare privi dell'immissione in ruolo, dovendo così fra tre anni partecipare di nuovo al concorso per insegnare –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   poiché allo stato attuale l'effetto dei trasferimenti da Nord a Sud dei passaggi di ruolo o dei trasferimenti dai posti di sostegno a disciplina, ha provocato mancanze di cattedre in moltissime regioni, se non ritenga di dover assumere iniziative di competenza affinché i docenti vincitori di concorso possano vedersi assegnate le cattedre richieste nelle proprie regioni;
   dal momento che il sistema messo in atto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a seguito della legge n. 107 del 2015 ha creato secondo gli interroganti uno spreco di tempo e molta incertezza, se non ritenga per il futuro di dover trovare nuove formule affinché i dirigenti si vedano comunicate le assegnazioni d'ufficio delle cattedre dopo aver stilato le graduatorie per i posti vacanti a seguito del colloqui effettuati;
   se non ritenga di dover trovare una modalità diversa rispetto a quella applicata nel mese di agosto 2016 relativamente alle chiamate dirette, poiché i docenti che hanno nel frattempo ottenuto l'assegnazione vicino alla propria abitazione in particolare al Sud, con molte probabilità lasceranno le cattedre assegnate a distanza di pochi giorni dall'avvio dell'anno scolastico con non pochi disagi di studenti, famiglie e dirigenti scolastici;
   in merito all'assegnazione delle cattedre, per quali ragioni non si è ritenuto di procedere come negli anni passati, con il sistema diretto di scelta al fine di evitare cattedre con assegnazioni provvisorie con il conseguente risultato di trasferimenti e nomine annuali ancora da fare;
   alla luce delle dichiarazioni del  Ministro interrogato che ha rassicurato e precisato che i vincitori di concorso potranno ottenere il ruolo nell'arco dei tre anni di validità delle graduatorie di merito, quale sarà il destino dei vincitori di concorso 2016 nel caso in cui non si vedranno assegnare alcuna cattedra nei tempi stabiliti dal concorso stesso, poiché risulterebbe che allo scadere dei prossimi tre anni sarà indetto un nuovo bando. (4-14244)


   COSTANTINO, PANNARALE, RICCIATTI e DURANTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 13 luglio del 2015, la cosiddetta buona scuola, è stata approvata nonostante sia stata preceduta da una grande protesta di massa dei docenti e preceduta anche da un ascolto tramite questionario, i cui dati non sono mai stati pubblicati;
   nell'anno 2015 sono stati indetti ben 7 scioperi contro la riforma di cui uno il 15 maggio con un adesione al 90 per cento dei docenti;
   l'80 per cento dei docenti italiani è meridionale e ben 70 mila dei 100 mila neoassunti sono stati trasferiti al nord, secondo un algoritmo che non ha tenuto conto dei punteggi e delle precedenze per figli disabili;
   i docenti di ruolo ante legem perdono progressivamente la titolarità di cattedra per decisione del dirigente scolastico, senza alcun criterio definito ed entrano nel potenziamento (triennalizzazione);
   i docenti precari delle graduatorie ad esaurimento non lavoreranno più. Lo dispone l'articolo 1, comma 108, della legge n. 107 del 2015;
   nonostante numerosi docenti precari abbiano vinto il ricorso alla Corte di giustizia europea con la sentenza del 26 novembre 2014, tutti sono stati assunti nei 100 ambiti territoriali nazionali, dove poi saranno reclutati per chiamata diretta per un incarico triennale invece di essere assunti con il sistema delle graduatorie e nelle rispettive regioni come avveniva in precedenza;
   nel dicembre 2015 viene segnalato, da alcuni docenti ed associazioni, come Psp Partigiani della scuola pubblica e il quotidiano on line La Tecnica della Scuola, che l'Associazione nazionale presidi (Anp) ha usato, in corsi di formazione per dirigenti scolastici in alcune città dell'Emilia Romagna, delle slides con affermazioni molto discutibili che sono state denunciate pubblicamente, suscitando un grande clamore a livello nazionale;
   nello specifico si tratta della slide numero 12, riguardante l'organico del personale. Parlando del trattamento del personale insegnanti si afferma testualmente: «[...] ma non avranno la certezza di una scuola vita natural durante, come adesso. Vantaggi per la scuola: [...] non avere le mani legate rispetto a docenti contrastivi»;
   la nota di spiegazione dell'Associazione nazionale presidi rispetto alla protesta sollevatasi dopo l'utilizzo di questa slide, in cui se ne giustifica il contenuto, si dice sostanzialmente che la contrastività dei docenti non era da intendersi nei confronti dei dirigenti, ma del piano triennale dell'offerta formativa (POF), che non può considerarsi sufficiente, in quanto si tratta di materia su cui finora il confronto dei dirigenti con i docenti è stato vincolante, visto che l'elaborazione e l'approvazione del POF erano ad essi delegate;
   intanto molti dirigenti scolastici facenti capo all'Associazione nazionale presidi prendono le distanze dalle affermazioni del suo presidente e dall'utilizzo della slide, e dai suoi ulteriori chiarimenti rispetto al piano triennale dell'offerta formativa;
   ad oggi il file delle slides dell'Associazione nazionale presidi sembra risultare non più visibile, in quanto «secretato» nei mesi successivi alla vicenda. Tuttavia numerose sono le foto delle slides riprese anche da quotidiani online e cartacei, così come gli articoli pubblicati sulla vicenda;
   oltre alla slide n.12, ce ne sono altre dal contenuto discutibilissimo. Nella slide «Considerazioni a latere» si recita testualmente: «Suggerimento per la composizione del comitato: sarebbe opportuno che il Collegio evitasse di eleggere docenti che abbiano incarichi di tipo sindacale (RSU o terminali di sindacati) all'interno della scuola[...]»;
   la slide sui criteri – a giudizio degli interroganti inaccettabili – di valutazione dei docenti: la slide recita testualmente che i descrittori siano nell'assunzione di compiti e di responsabilità nel coordinamento, fra gli altri: «di attività anche in orario extracurriculare, di attività in periodi di chiusura delle lezioni»;
   il 21 dicembre 2015 viene consegnato un esposto al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e all'ufficio scolastico regionale (Uu.Ss.Rr.) dell'Emilia Romagna affinché venga chiarita la loro posizione sulle slides usate per la formazione sopra citate. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a quanto risulta agli interroganti, ha risposto che in merito alla vicenda era competente l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia-Romagna, e per questo ha provveduto ad inoltrare presso gli uffici regionali l'esposto sopra citato. Ad oggi però non è ancora stata emessa nessuna risposta –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere in relazione all'operato dell'Associazione nazionale presidi rispetto ai materiali usati per la formazione dei dirigenti scolastici, che, ad avviso degli interroganti, si pongono in contrasto con i diritti costituzionali ai danni dei docenti, riferibili agli articoli 1-21-33-98 della Costituzione e se intenda far sì che l'ufficio scolastico regionale dell'Emilia-Romagna dia sollecito riscontro rispetto al suo operato in merito alla questione. (4-14248)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   non vi è ancora un'univoca interpretazione sulla obbligatorietà dell'iscrizione dei professionisti o lavoratori esercenti attività autonome alla gestione separata INPS, istituita nel 1996;
   già a partire dall'anno 2009, l'Inps ha avviato la cosiddetta operazione Poseidone andando a verificare i redditi conseguiti da tali lavoratori autonomi nel 2004 e la corrispondente iscrizione ad una gestione previdenziale professionale;
   nello svolgimento dell'attività di accertamento dell'Istituto, in particolare nella verifica incrociata con le dichiarazioni reddituali (cosiddetta operazione Poseidone), nel corso della quale sono stati iscritti d'ufficio anche professionisti appartenenti ad albi professionali dotati di una propria Cassa previdenziale, sono emerse problematiche di applicazione tra quanto disciplinato dai regolamenti delle Casse previdenziali stesse, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, e quanto previsto dalla normativa generale contenuta nella legge n. 335 del 1995 e nel relativo decreto attuativo decreto ministeriale n. 281 del 1996;
   l'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, prevede che «sono tenuti all'iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l'Inps e finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell'articolo 49 del testo unico delle imposte sui redditi»;
   per risolvere i dubbi interpretativi relativi alla individuazione dei soggetti tenuti all'iscrizione alla gestione separata il legislatore è già intervenuto con l'articolo 18 comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 11 del 2011, prevedendo che «L'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335 si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti all'iscrizione presso l'apposita gestione separata Inps sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato all'iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti, con esclusione dei soggetti di cui al comma 11»;
   in particolare per gli iscritti agli albi degli architetti ed ingegneri, la normativa che disciplina l'iscrizione ad Inarcassa è contenuta nell'articolo 21 della legge n. 6 del 1981 e negli articoli 7 e 23 dello statuto della Cassa;
   in virtù dei princìpi contenuti nella legge n. 335 del 1995, anche il professionista – ingegnere o architetto – non dipendente, che esercita in modo non esclusivo e continuativo la libera professione è soggetto esclusivamente ad una contribuzione previdenziale presso la relativa cassa previdenziale: Inarcassa. Se il professionista esercita in modo non esclusivo la libera professione ed è anche dipendente, ad esempio docente, il proprio datore di lavoro corrisponde all'ex Inpdap i relativi contributi previdenziali (l'Inpdap dal 1o gennaio 2012 è confluita nella «super Inps»);
   tuttavia, accade che l'Inps iscrive d'ufficio nella gestione separata Inps i professionisti ingegneri e architetti liberi professionisti che svolgono anche un'attività di lavoro dipendente ed invia provvedimenti di riscossione con la richiesta di pagamento di contributi omessi, applicando pesantissime sanzioni, in quanto essendo percettori di reddito professionale non avevano versato alcun contributo previdenziale su tale entrata;
   molti sono i professionisti ingegneri e architetti nonché dipendenti che hanno impugnato tali avvisi: la magistratura del lavoro adita con numerose pronunce di merito ha annullato gli avvisi di addebito emessi a titolo di omissione di contributi dovuti alla gestione separata dichiarando insussistente l'obbligo di iscrizione alla gestione separata e di versamento dei contributi a carico degli ingegneri ed architetti liberi professionisti nonché dipendenti, poiché l'iscrizione alla gestione separata ha carattere residuale essendo obbligatoria «esclusivamente» per i lavoratori autonomi che esercitano una professione per la quale non sia obbligatoria l'iscrizione ad appositi albi (come invece lo sono gli ingegneri ed architetti che sono iscritti al rispettivo albo) ovvero per coloro che, pur iscritti, svolgano un'attività non soggetta a versamento contributivo, quale che ne sia la tipologia e natura, agli enti di previdenza per i liberi professionisti (come invece accade per gli ingegneri e architetti che sono tenuti a versare contributi a Inarcasse sul reddito prodotto): secondo le pronunce della magistratura, i presupposti necessari per l'iscrizione alla gestione separata non ricorrono, dunque, per gli architetti e ingegneri che sono anche dipendenti, poiché sono iscritti ad un apposito albo professionale ed in relazione all'attività che svolgono sono tenuti già al versamento contributivo in favore di un ente di diritto privato (Inarcassa) compreso tra quelli di cui al comma 11 dell'articolo 18 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 11 del 2011 (tribunale di Avellino, sentenza n. 1108/2015; tribunale di Genova, sentenza n. 1327/2014; corte di appello di Genova, sentenza n. 322/2015; tribunale di Rieti, sentenza n. 339/2013; corte di appello di Torino, sentenza del 27 novembre 2014; tribunale di Venezia, sentenza n. 498/2015; tribunale di Palmi, sentenza n. 783/2015; tribunale di Napoli, sentenza del 7 novembre 2013; tribunale di Milano, sentenza del 19 febbraio 2014; tribunale di Milano, sentenza n. 1417/2015); in questo periodo di grande crisi dell'edilizia che coinvolge anche i professionisti ingegneri e architetti già sofferenti per una congiuntura economica assai critica, questo contributo alle casse dell'Inps risulta insostenibile anche per il costo delle spese legali da sostenere, oltre che non dovuto come confermato dalle pronunce della magistratura di merito;
   è evidente, a parere degli interpellanti, che le pretese creditorie portate dall'Inps sono frutto di una non conforme interpretazione delle norme da parte dell'Inps che numerose pronunce di merito hanno censurato –:
   se sia corretto che l'Inps iscriva alla gestione separata tutti i professionisti, ingegneri ed architetti, che esercitano la libera professione e che risultano già provvisti di una altra posizione di previdenza o di un rapporto di lavoro;
   quali urgenti iniziative, alla luce del problema descritto, il Governo intenda assumere per sospendere e annullare i provvedimenti di riscossione emessi dall'Inps e quali iniziative intenda adottare al fine di garantire una corretta interpretazione dell'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 e dell'articolo 18, comma 12, del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 11 del 2011 e di risolvere in tempi brevi il contenzioso crescente tra l'Inps e i professionisti interessati, sui quali non possono gravare gli effetti di una non conforme interpretazione della normativa e di differenti valutazioni da parte delle istituzioni interessate.
(2-01471) «Ciprini, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi, Tripiedi, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Colonnese, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, D'Ambrosio, De Lorenzis, Della Valle, Dell'Orco, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Fico, Fraccaro, Villarosa».

Interrogazione a risposta immediata:


   SCOTTO, AIRAUDO, MARTELLI, PLACIDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO e ZARATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   solo negli ultimi giorni si è assistito a tre vittime sul lavoro, in tre diversi infortuni: all'Ilva di Taranto, in un deposito dell'Atac a Roma e in un agriturismo a Trieste;
   a perdere la vita in Puglia è stato un operaio di 25 anni di una ditta appaltatrice, che stava lavorando sul nastro trasportatore quando un contrappeso ha ceduto facendo precipitare un carrello che lo ha schiacciato;
   a Roma a morire è stato un uomo di 53 anni, capo elettricista forse rimasto folgorato mentre era impegnato nella riparazione di un mezzo in un'officina nel deposito Atac di via dei Campi Sportivi, all'Acqua Acetosa;
   una persona è morta invece in un infortunio sul lavoro avvenuto nell'agriturismo «Zollia» a Trieste, in località Samatorza, nella zona del Carso, a ridosso del confine con la Slovenia. La vittima è rimasta schiacciata mentre lavorava con una macchina operatrice;
   mercoledì 14 settembre 2016 nella tarda serata a Piacenza si è appreso attoniti la notizia della morte di Abdesselem El Danaf. Un fatto gravissimo umanamente terribile in quanto El Danaf non è morto per un infortunio sul lavoro, ma per difendere i diritti e la tutela dei lavoratori; in sintesi un morto per il lavoro;
   i dati Inail relativi alle morti sul lavoro sono agghiaccianti; queste sono aumentate nel 2015 del 16 per cento rispetto al 2014, gli infortuni mortali sul lavoro sono stati 1.172, a fronte dei 1.009 del 2014;
   l'Inail ha reso noto che, nel solo primo semestre del 2016, i morti sul lavoro sono stati 417, con al momento un leggero calo che si auspica sia possibile verificare anche a fine 2016: di questi oltre il 93 per cento sono uomini e circa il 7 per cento donne;
   il 66,2 per cento dei morti sul lavoro nel 2015 hanno tra i 45 e i 64 anni, gli ultrasessantacinquenni sono circa il 10 per cento;
   le regioni con la più alta incidenza di morti sul lavoro sono: Emilia-Romagna (13,4 per cento), Veneto (10,6 per cento), Lombardia (10,6 per cento), Lazio (7,9 per cento) e Puglia (7,7 per cento);
   il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha dichiarato: «Ogni morte sul lavoro costituisce una ferita per l'Italia e una perdita irreparabile per l'intera società. Non è ammissibile che non vengano adeguatamente assicurate garanzie e cautele per lo svolgimento sicuro del lavoro»;
   la questione delle morti sul lavoro con tutta evidenza ha una connessione con la sicurezza sui luoghi di lavoro e la tutela della salute dei lavoratori, con la capacità di efficaci e periodici controlli dei luoghi di lavoro e sulla qualità dell'offerta di lavoro;
   è di tutta evidenza che l'affermarsi di forme di precariato, quali ad esempio i voucher, porta ad una diminuzione dei controlli sui luoghi di lavoro per una spending review inammissibile in questo contesto;
   le politiche liberiste di ristrutturazione del lavoro hanno delineato una cornice composta da: minori diritti; minori tutele; minore personale e più ore di lavoro per il singolo lavoratore; meno fondi; meno norme di sicurezza; più precarietà: meno garanzie e le morti sul lavoro ne sono il triste risultato;
   il susseguirsi di morti sul lavoro e di infortuni sui luoghi di lavoro dovrebbero portare il Governo ad un ripensamento complessivo delle politiche sul lavoro finora assunte che si sono basate essenzialmente sulla precarietà e sulla riduzione dei diritti dei lavoratori, nonché su politiche previdenziali che tendono a far restare in attività lavoratori fino a settanta anni e con una riduzione costante dei diritti e delle tutele, che sono alla base degli infortuni spesso gravi che accadono sui luoghi di lavoro –:
   se non intenda assumere come priorità la questione del contrasto alle morti e agli infortuni sul lavoro e quali misure o azioni il Governo intenda avviare per contrastare gli infortuni sul lavoro, partendo dall'assoluta necessità di aumentare i controlli sul rispetto dei parametri di sicurezza nei luoghi di lavoro e di sanzionare efficacemente quanti non li rispettano e, in tale ambiti, di quali dati disponga il Governo sui controlli effettuati dagli organi preposti alla sicurezza e prevenzione sul lavoro. (3-02491)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, GREGORI, NICCHI, PALAZZOTTO, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, DURANTI, FOLINO, ZARATTI, FRATOIANNI e SCOTTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dopo il sisma del 24 agosto 2016 e cessata la fase della prima emergenza, ora è la fase della ricostruzione. Si stimano circa 50 attività costrette a chiudere ad Arquata del Tronto, Acquasanta Terme, Montemonaco e Montegallo, i comuni più colpiti dal sisma;
   danni diretti ed indiretti li hanno subiti molte imprese dei comuni montani di Comunanza, Amandola, Montefortino, Roccafluvione ed aziende di Ascoli Piceno e San Benedetto del Tronto;
   3.700 sono le imprese che gravitano attorno al cratere sismico e sono 670 le aziende che hanno sede proprio nel cuore dell'Appennino tra Arquata del Tronto, Amatrice ed Accumuli. Sono piccole attività, molte a carattere industriale che non possono permettersi di perdere altro tempo. Per questo CNA e Fidimpresa hanno attivato ad Arquata del Tronto una postazione mobile che assiste le attività in questa prima fase post terremoto;
   è previsto blocco immediato dei contributi delle tasse per le imprese che sono state coinvolte e presto arriveranno gli atti formali per l'Ines, per l'Agenzia delle entrate e per i comuni, ma senza una ripresa economica di questa realtà non sarà possibile ricostruire il tessuto sociale delle comunità locali col rischio che interi territori montani vegano completamente abbandonati –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere una iniziativa per il sostegno al reddito per i piccoli imprenditori che sarebbero fuori dalle agevolazioni previste per i dipendenti. (5-09510)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Vesuvius ha annunciato la chiusura degli stabilimenti italiani entro la fine dell'anno e per 200 lavoratori diretti e altrettanti dell'indotto si profila il licenziamento;
   la decisione è stata annunciata nei giorni scorsi dai vertici dell'azienda nel corso del vertice al Ministero dello sviluppo economico richiesto dalle parti sociali per discutere del futuro dei due stabilimenti italiani;
   il vicepresidente della Flow Control Europe, Richard Sykes ha comunicato la decisione di chiudere gli stabilimenti di Assemini in Sardegna e Avezzano in Abruzzo dal 31 dicembre 2016, perché le condizioni del mercato dell'acciaio sono mutate;
   la decisione è stata giustificata con la sovraccapacità produttiva del gruppo in presenza della ridotta produzione globale di acciaio (in Italia, la crisi Ilva e le chiusure di acciaierie come Ferrero e Piombino);
   secondo i vertici della Vesuvius, gli stabilimenti italiani sarebbero i meno competitivi e i più onerosi e quindi la decisione di chiudere viene considerata ineluttabile;
   a rischio ci sono 105 lavoratori diretti nello stabilimento sardo e altrettanti impiegati nell'indotto;
   l'azienda nello stabilimento di Macchiareddu produce una media di 130 mila pezzi di materiale refrattario isostatico per colate in altiforni di primaria qualità riconosciuta in ambito internazionale;
   la decisione di chiusura è inaccettabile e in aperta violazione degli impegni presi anche presso il Ministero solo nel mese di luglio 2016;
   tale ennesima annunciata chiusura conferma, secondo l'interrogante, la totale incapacità del Governo nazionale e di quello regionale di rendere attrattivo il sistema imprenditoriale italiano e sardo;
   emerge un atteggiamento delle multinazionali che evidentemente, oltre ad imporre quella che l'interrogante ritiene arroganza produttiva, agiscono eludendo qualsiasi vincolo sociale nei confronti dei lavoratori –:
   se il Governo non ritenga di dover con urgenza convocare una riunione con le parti interessate e adoperarsi con tutti gli strumenti possibili per il mantenimento degli asset produttivi e degli stessi livelli occupazionali;
   se non si ritenga di dover mettere in campo un serio piano di rilancio del sistema industriale che consenta di rendere competitiva la produzione e di assicurare il mantenimento delle produzioni in essere;
   se non si ritenga di dover attivare tutti gli strumenti di salvaguardia dei lavoratori impegnati nello stabilimento di Macchiareddu, la cui area è già da tempo gravata da una grave crisi economica e sociale. (5-09513)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Rosato e altri n. 1-01292, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

  La mozione Vito e altri n. 1-01346, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Calabria.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Gallinella e altri n. 4-07551, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 gennaio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gagnarli.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Tinagli n. 5-08797, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-09422, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carella, Piccione.

  L'interrogazione a risposta scritta Massimiliano Bernini e altri n. 4-14233, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Di Battista.

Cambio di presentatore di interrogazione a risposta scritta.

  Interrogazione a risposta scritta n. 4-14016 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2016, è da intendersi presentata dall'on. L'Abbate, già cofirmatario della stessa.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Locatelli n. 1-01291, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 631 del 25 maggio 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    nel 2014, quando Daesh prese il sopravvento nella regione al confine tra Siria ed Iraq, circa 600.000 yazidi vivevano per lo più concentrati nel distretto di Sinjar, all'interno del governatorato di Ninive, nel nord dell'Iraq. Si tratta di un'etnia antichissima, linguisticamente di ceppo curdo e la cui identità è definita dalla professione di una fede preislamica, non contemplata dal Corano tra le religioni del Libro;
    proprio in quanto non appartenente ad una delle grandi religioni monoteiste, la storia di questo popolo pacifico è una storia di violenze e massacri, perpetrati durante l'impero ottomano e fino alle guerre irachene del 2003, quando una campagna di bombardamenti da parte di militanti sunniti uccise centinaia di yazidi;
    il rapporto del 2015 dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato la responsabilità di Daesh per il genocidio del popolo yazida davanti alla Corte penale internazionale; e ciò fin dal momento in cui, con l'invasione della piana di Ninive nell'agosto del 2014, la comunità yazida residente è stata posta di fronte alla scelta se convertirsi o essere sterminata;
    in quella fase drammatica il rapporto documenta come il genocidio ebbe inizio con il massacro di almeno 700 uomini uccisi nel villaggio di Kocho a Sinjar e con la cacciata di 200.000 yazidi dalle loro case. Almeno 40.000 yazidi in fuga rimasero intrappolati sul monte Sinjar con davanti l'unica scelta possibile: la morte per disidratazione e il consegnarsi ai boia di Daesh;
    le Nazioni Unite hanno stimato che nel 2015 5.000 yazidi sono stati massacrati e 7.000 donne e ragazze sono state ridotte in schiavitù. Secondo le informazioni riportate, sarebbero diverse migliaia le vittime delle violenze e oltre 3.500 le donne yazide tuttora prigioniere dell'Is;
    le accuse delle Nazioni Unite, oltre al genocidio, includono crimini di guerra verso i civili, bambini inclusi, e crimini contro l'umanità per cui si invoca il Consiglio di sicurezza e si chiede di ricorrere alla Corte penale internazionale perché persegua i responsabili;
    l'intento genocidiario si è reso evidente, oltre che con i massacri documentati dalle fosse comuni di sole vittime yazide, dalla politica di stupro sistematico e riduzione in schiavitù delle donne e ragazze yazide, deportate in massa nei luoghi controllati da Daesh e consegnate a veri e propri mercati di schiavi, dove le ragazze yazide sono state vendute sulla piazza pubblica come schiave per 150 dollari;
    migliaia di donne sono state in questo modo costrette con la forza a contrarre matrimonio con i guerriglieri dell'Isis, vendute o offerte ai combattenti o simpatizzanti. Molte di queste schiave sessuali sono poco più che bambine, ragazze di età compresa tra i 12 e i 15 anni o anche più giovani, divenute oggetti di attenzione sessuale degli islamisti e di violenze di gruppo; alcune non hanno retto all'umiliazione e hanno preferito suicidarsi;
    i bambini yazidi, anche piccolissimi, sono stati rapiti e rivenduti, in un crescendo di violenze sistematiche testimoniato anche in un rapporto di Amnesty international;
    tutto ciò è stato testimoniato dalla ventunenne yazida irachena Nadia Murad Basee Taha, audita di recente dal Comitato permanente per i diritti umani, istituito presso la Commissione affari esteri della Camera dei deputati, che è stata sottratta alla sua famiglia e violentata ripetutamente dai miliziani di Is; fuggita dopo 3 mesi grazie all'aiuto di una famiglia musulmana ha potuto raccontare anche nella sede delle Nazioni Unite e del Parlamento europeo gli scenari di brutali violenze e richiamare l'intera comunità internazionale su quanto sta accadendo;
    il genocidio è, in conformità alla risoluzione n. 260 del 1948, con la quale l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la «Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio», da intendersi come ciascuno degli atti commessi con «l'intenzione di distruggere in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso»;
    le violenze efferate compiute dall'Is in modo mirato nei confronti della minoranza yazida si configurano come atti riconducibili a tale definizione anche in quanto:
     a) a differenza delle «genti del Libro», ebrei e cristiani, che ha o potuto evitare la morte convertendosi all'Islam o pagando la tassa islamica, jizya, o andando in esilio, gli yazidi non hanno avuto nessuna possibilità di scelta, diversa dalla conversione, per sfuggire al massacro sistematico;
     b) i bambini maschi yazidi, rapiti e sottratti alle loro famiglie, sono stati avviati a programmi di educazione militare e di riconversione ideologica al fine di sradicare per sempre l'identità yazida dalla regione;
     c) le donne e le bambine yazide hanno subìto deportazioni di massa finalizzate alla loro riduzione in schiavitù sessuale, a stupri sistematici, alla perdita di identità fino alla induzione al suicidio;
     d) anche i recenti ritrovamenti di oltre cinquanta fosse comuni in alcune zone dell'Iraq, fino a poco tempo fa controllate dall'Isis, hanno confermato la sistematica eliminazione di tribù della minoranza yazida,

impegna il Governo:

a promuovere, anche in coordinamento con i partner dell'Unione europea, nelle competenti sedi internazionali, ogni iniziativa volta al riconoscimento del genocidio della popolazione yazida e ad assicurare ogni sforzo per la sottoposizione dei responsabili alla giurisdizione della Corte penale internazionale.
(1-01291)
(Nuova formulazione) «Locatelli, Malisani, Nicchi, Buttiglione, Fitzgerald Nissoli, Palese, Matteo Bragantini, Tidei, Cimbro, Chaouki, Furnari, Cristian Iannuzzi, Civati, Lo Monte, Pastorelli, Quintarelli, Marzano, Labriola, Franco Bordo, Kronbichler, Pellegrino, Di Lello, Zampa, Binetti, Piccone, Causin, Nicoletti, Roberta Agostini, Carloni, Cinzia Maria Fontana, Giacobbe, Romanini, Gribaudo, Iacono, Patrizia Maestri, Quartapelle Procopio, Schirò».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Ciprini n. 5-07773 del 12 febbraio 2016;
   interrogazione a risposta orale n. 3-02486 del 14 settembre 2016.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Fregolent e altri n. 3-02169 dell'8 aprile 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14237.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Scuvera n. 5-09312 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 664 del 29 luglio 2016. Alla pagina 40315, seconda colonna, alla riga ventisettesima, deve leggersi: «anche gli occupati nella consociata Ledeen», e non come stampato.

  Interpellanza Marti n. 2-01468 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 675 del 19 settembre 2016;
   alla pagina 41099, prima colonna, dalla riga terza alla riga quinta, deve leggersi: «Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:», e non come stampato;
   alla pagina 41101, seconda colonna, alla riga quarantesima, sostituire la parola «affrontare» con «approntare».