Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 16 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il controllo della spesa pubblica, attraverso le procedure di «revisione della spesa pubblica», cosiddetta spending review, ha una incidenza fondamentale sul percorso di risanamento dei conti pubblici, che deve essere realizzato contestualmente ed in parallelo un processo di sostegno alla crescita dell'economia del Paese, senza la quale non è possibile conseguire l'abbattimento del cospicuo debito pubblico accumulato negli anni e liberare risorse da destinare alla ripresa economica ancora debole;
    la revisione della spesa pubblica è entrata nel dibattito politico nel 2006 e 2007, poi rimossa e ripresa dal Governo con l'affidamento dell'incarico al professor Piero Giarda, che ha presieduto dal 1986 al 1995 la Commissione tecnica per la spesa pubblica presso il Ministero del tesoro;
    un primo importante contributo in materia di revisione di spesa pubblica risale al rapporto preliminare del settembre 2011, redatto dal professore Piero Giarda, in seguito all'incarico attribuitogli dall'allora Ministro Giulio Tremonti del Governo Berlusconi;
    il rapporto contiene una descrizione della spesa pubblica e di come si è evoluta in 60 anni con un'interessante classificazione di «sprechi» ed «inefficienze»;
    come noto, nell'autunno del medesimo anno, in seguito alle dimissioni del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, si insediò il Governo tecnico Monti, che affidò Enrico Bondi la commissione per la spending review;
    Bondi non diede seguito al rapporto Giarda, ma, a fronte di un compenso lordo di 150.000 euro annui, produsse un lavoro di analisi della spesa per amministrazione in rapporto alla quantità di risorse impiegate rispetto alla media standard indicata dall'ISTAT, a prescindere dalla quantità dei servizi e delle attività delle medesime amministrazioni, quindi un lavoro a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo difficilmente utilizzabile per orientare la classe politica ad una virtuosa riduzione della spesa, e, dopo aver lasciato innumerevoli tabelle, lasciò l'incarico nel gennaio 2013;
    il Governo Monti non attuò nessun taglio finalizzato ad un processo organico di razionalizzazione e lotta agli sprechi, anzi si è limitato a far quadrare i conti pubblici, attuando i soliti invisi tagli lineari e aumentando le entrate mediante l'inasprimento della pressione fiscale a carico dei contribuenti e delle imprese;
    in seguito la Commissione fu affidata per pochi mesi al ragioniere Mario Canzio, che fu poi sostituito;
    nel mese di ottobre 2013, in virtù dell'articolo 49-bis inserito nel testo del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 9, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia, il Governo Letta ha inteso adottare misure per il rafforzamento della spending review e ha nominato Carlo Cottarelli, «con il compito di formulare indirizzi e proposte, anche di carattere normativo, nelle materie e per i soggetti di cui al comma 1...», ossia il Comitato interministeriale nominato al fine di coordinare l'azione di Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica e migliorare la qualità dei servizi pubblici offerti;
    il commissario Cottarelli, che ai sensi della legge citata «opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione» ha prodotto nel 2014 il gruppo di lavoro costituito un progetto organico di tagli alla spesa pubblica, diretto alla razionalizzazione e semplificazione dell'apparato burocratico della pubblica amministrazione, ivi inclusi gli enti territoriali e locali, finalizzato al risparmio di risorse anche mediante la soppressione della duplicazione di funzioni e, soprattutto, lo smaltimento della «giungla delle partecipate pubbliche»;
    gli obiettivi di riduzione della spesa pubblica del piano Cottarelli costituivano la base per le previsioni di spesa per il triennio 2014-2016 della legge di stabilità 2014 e lo strumento per reperire le risorse utili per realizzare gli interventi del programma nazionale di riforma, contenuti nel DEF 2014;
    da informazioni trapelate sulle analisi della spesa, svolte dal team del commissario Cottarelli, il progetto-base prevedeva risparmi di spesa per circa 7 miliardi euro nel 2014, 18 miliardi di euro nel 2015 e ben 33,9 miliardi di euro nel 2016;
    
nel settembre 2014, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera l’ex Ministro Piero Giarda ha dichiarato, in merito alla volontà del Premier Renzi di tagliare del 3 per cento le spese di ogni ministero, che: «questa non è spending review ma un semplice taglio di spesa, simile a quelli spesso visto in passato. Naturalmente si tratta di una scelta legittima....» quindi non nuova e finalizzata solo alla rapida riduzione del deficit e a riempire le casse;
    come è noto, in seguito all'insediamento del Governo Renzi, e successivamente all'adozione del decreto-legge n. 66 del 2014, il commissario Cottarelli ha lasciato ufficialmente la commissione a meno di un anno dalla sua nomina;
    gli incarichi suesposti per la revisione della spesa pubblica non sono stati svolti «a costo zero» per la finanza pubblica e, con riferimento all'ultimo incarico al commissario Cottarelli, la norma è stata approvata dal Parlamento, che, quindi, «ha ratificato» una scelta da cui si attendevano risultati;
    le professionalità impiegate e gli studi e analisi prodotte potrebbero rappresentare una base di partenza per decisioni politiche in merito al controllo ed alla gestione della spesa pubblica;
    la discrezionalità con cui i Governi succedutisi rinunciano all'utili delle analisi correlate alla revisione della spesa pubblica denota una tendenza a rinviare un percorso organico di risanamento delle finanze pubbliche con effetti a medio e lungo termine, non più procrastinabile a causa delle scarse risorse ridottesi per la flessione della crescita del prodotto interno lordo italiano, che compromette la possibilità di rilanciare gli investimenti;
    la revisione della spesa è fondamentale per intervenire sulla strumentazione della programmazione ex-ante, dunque, la valutazione del Parlamento, in sede di sessione di bilancia, dei documenti finanziari potrebbe essere rafforzata, se supportata da una conoscenza specifica sulle varie possibilità di impiego alternative delle risorse pubbliche;
    peraltro, le decisioni di spending review hanno un impatto importante sull'assetto delle istituzioni e della pubblica amministrazione, sia centrale che territoriale, per cui auspicabile coinvolgere tutte le forze politiche in campo per un'ampia condivisione;
    già il rapporto Giarda nel 2011 aveva evidenziato la possibilità di un'aggressione della spesa pubblica superiore a 200 miliardi di euro;
    sarebbe opportuno che le Commissioni parlamentari di merito possano valutare e adottare come base di lavoro, per realizzare un progetto condiviso di spending review, l'analisi finale del commissario Cottarelli, al fine di valutare gli esiti di un incarico, che è gravato sul bilancio dello Stato per circa 300.000 euro annui;
    le analisi, ivi contenute, aggiornate in base ai tagli effettuati nel periodo 2011-2013 sono basate su dati forniti dalle amministrazioni coinvolte, quindi rappresentano elementi di valutazione e di informazione da sottoporre alla valutazione di tutte le forze politiche e presenti in Parlamento, per una maggiore conoscenza delle dinamiche di spesa per il funzionamento detta pubblica amministrazione;
    è evidente la difficoltà degli esecutivi di intervenire sulla spesa pubblica, per la impopolarità di scelte e tagli invisi, per cui è auspicabile che il progetto di spending review non sia più sottoposto alla discrezionalità dell'Esecutivo, ma sia affidato alle Commissioni di merito del Parlamento, a cui affidare l'eredità del lavoro svolto fino ad oggi, affinché non resti inutilizzato, ma approfondito per realizzare proposte da sottoporre alla votazione del Parlamento;
   inoltre, la legge costituzionale n. 1 del 2012, all'articolo 5, comma 4, nel riformare l'articolo 81 della Costituzione italiana, stabilisce che le Camere, secondo le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti, esercitano la funzione di controllo sulla finanza pubblica con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all'efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni e dunque l'affidamento dal processo di revisione della spesa alle Commissioni di merito consentirebbe al Parlamento di esercitare la funzione di controllo ivi citata e adottare misure correttive;
    a seguito della disponibilità dell'analisi di Cottarelli, terminata a fine 2014, il Governo Renzi ad oggi non si è avvalso pienamente delle proposte di revisione per consentire una razionale spesa pubblica finalizzata al risanamento ma anche al sostegno degli investimenti;
    la macchina burocratica ancora resta costosa nonostante la non procrastinabile esigenza di scongiurare l'attivazione delle clausole di salvaguardia correlate all'aumento delle aliquote IVA;
    l'ultimo documento di programmazione economica e finanziaria non contiene una forte progettualità di risparmi di spesa, come individuati da Cottarelli per il 2016, ma conferma soprattutto i tagli imposti al settore degli enti locali e territori;
    in seguito all'approvazione della legge 4 agosto 2016, n. 163 che modifica i contenuti e la formazione del bilancia dello Stato, con l'adozione della nuova legge di bilancia si potranno superare le rigidità degli stanziamenti di bilancio a legislazione vigente e modificare con la prima sezione della legge (ex-legge di stabilità) i parametri che sottostanno all'evoluzione di entrata e di spesa del bilancio statale;
    dunque, si aprono maggiori occasioni per attuare una costante « spending review», non più procrastinabile;
    gli ultimi dati sulla lenta crescita economica, che porteranno rivedere a ribasso i tassi di crescita del prodotto interno lordo, prospettati nel DEF 2016, mettono a rischio la possibilità di evitare l'aumento dell'IVA, che, da fonti giornalistiche, il Ministro dell'economia e delle finanze, intenda affrontare con una manovra di maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione e rientro dei capitali esteri, entrate dunque non certe;
    un'ulteriore richiesta di maggiore flessibilità alla Commissione europea sembra impraticabile, a causa del crescente debito pubblico interno, e dunque è necessario razionalizzare la spesa pubblica per evitare una maggiore aumento della pressione fiscale, non più sopportabile dai cittadini e dagli operatori economici;
    si ricorda che nel DEF 2016 il Governo per il triennio 2016-2018 ha previsto effetti di risparmio, a seguito dei provvedimenti assunti, pari a 25 miliardi di euro per il 2016, 27,6 miliardi per il 2017 e 28,6 miliardi per il 2018 ed in particolare con a manovra per il 2017 intende attuare misure alternative (ad oggi ancora non definite) all'attivazione della clausola dell'aumento dell'IVA, mediante la revisione della spesa pubblica, fra cui include anche le spese fiscali, che, potrebbe comportare un taglio alle agevolazioni da valutare in concomitanza con la recente dichiarazione del Ministro dell'economia e finanze di non poter procedere alla riduzione dell'IRPEF già nel 2017;
    oggi si apprende da fonti giornalistiche (Il Sole 24 ore) che il Governo, in fase di predisposizione della nota di aggiornamento al DEF 2016, prevede un contributo di soli 3-3,5 miliardi di euro dalla fase 3 della spending review, in gran parte imputabili al potenziamento della centralizzazione degli acquisti;
    da quanto sopra è evidente la necessità che il processo di revisione della gestione delle risorse pubbliche, per aumentarne l'efficienza, il controllo e l'uso a vantaggio di un effettivo rafforzamento della economia, non si traduca in una compressione dei servizi pubblici resi ai cittadini e delle agevolazioni fiscali,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie, anche normative, affinché tutte le forze politiche in Parlamento possano essere coinvolte, nel processo di elaborazione di proposte in materia di revisione della spesa pubblica, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo, per raggiungere una visione maggiormente condivisa sulla razionalizzazione e sull'efficientamento della spesa pubblica, per conseguire risparmi di risorse a medio e a lungo termine e per garantire ai cittadini la stabilità e la sostenibilità delle finanze pubbliche, e il benessere della collettività indipendentemente dalle scelte di politica economica e finanziaria degli Esecutivi.
(1-01347) «Cariello, Cecconi, Castelli, Caso, D'Incà, Sorial, Brugnerotto, Pisano, Pesco, Alberti, Ruocco, Villarosa».

Risoluzione in Commissione:


   Le Commissioni VIII e XIII,
   premesso che:
    una effettiva messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati costituisce un obiettivo di politica ambientale ed economica per il Paese;
    tale intervento è utile per lo sviluppo economico dell'Italia in quanto può aprire da un lato interessanti prospettive di riqualificazione urbanistica e territoriale, anche liberando ampie zone per la fruizione collettiva, dall'altro può essere la premessa per una loro nuova valorizzazione produttiva, previa riconversione – ove possibile ed opportuno – verso produzioni non inquinanti ed anzi ecologicamente orientate;
    esso può anche contribuire alla crescita dell'occupazione, soprattutto qualificata, nel nostro Paese. Infatti, grazie allo sviluppo della ricerca anche applicata, negli interventi di messa in sicurezza e bonifica vengono utilizzate sempre più frequentemente tecnologie innovative e complesse, la cui applicazione su larga scala richiede l'impiego di un numero cospicuo e crescente nel tempo di laureati e tecnici specializzati;
    ciò rappresenta il presupposto indispensabile per il riuso anche in chiave agricola delle aree contaminate;
    una corretta politica di tutela della qualità del suolo garantisce la salubrità dei prodotti agroalimentari;
    si afferma però la necessità di introdurre norme e disposizioni tecniche uniformi e certe per garantire ai consumatori la qualità dei prodotti ed alle aziende la certezza dell'attività d'impresa;
    la materia delle bonifiche dei siti contaminati non è oggetto di una disciplina organica da parte del diritto europeo, ma principi rilevanti per tale materia sono presenti nella regolamentazione della responsabilità ambientale (direttiva ELD 2004/35/EC) e nella normativa sulle emissioni industriali (direttiva IED 2010/75/EC);
    in Italia la disciplina vigente in tema di bonifiche è oggetto di continue revisioni parziali e scollegate fra loro, per lo più attraverso decreti-legge, e tale frammentarietà genera difficoltà di applicazione della norma da parte degli operatori e disomogeneità di applicazione a livello nazionale;
    attualmente in Italia non esistono parametri certi per indicare, in base ai dati prodotti dalle indagini svolte nelle aree contaminate, la destinazione d'uso dei terreni;
    diventa quindi di prioritaria importanza la definizione da parte del Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dei parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentari, e la disciplina delle relative modalità di verifica, così come previsto dall'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto legge n. 136 del 2013;
    tali parametri dovranno tener conto della condizione del suolo, del sottosuolo, delle acque con un capitolo specifico al cosiddetto inquinamento di fondo, per garantire un'adeguata compliance valutativa oggettiva;
    Sogesid spa, società in house del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è coinvolta come stazione appaltante e per attività di progettazione in numerosi interventi di bonifica e messa in sicurezza e questa società è stata oggetto di indagini giudiziarie e di interrogazioni parlamentari;
    anche Invitalia spa, società in house del Ministero dello sviluppo economico, è coinvolta come stazione appaltante e per attività di progettazione in interventi di bonifica quali quelli per le aree di Piombino, Trieste, Bagnoli con compiti analoghi a quelli di Sogesid;
    in importanti siti di interesse nazionale quali Bagnoli, Bussi sul Tirino, Cogoleto operano sia il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che commissari di Governo, generando sovrapposizioni di competenze che si traducono in inefficienze complessive;
    i numerosissimi accordi di programma ancora in essere, che hanno visto negli anni il tentativo di coinvolgere il sistema privato nei percorsi di messa in sicurezza e bonifica nei siti industriali, non sempre hanno raggiunto gli obiettivi prefissati;
    vi sono siti contaminati che, a causa della difficoltà di individuare i responsabili dell'inquinamento o per la presenza di contenziosi in atto, costituiscono un pericolo sanitario e il sindaco, quale massima autorità sanitaria, è individuato come soggetto che deve attivare gli interventi in via sostitutiva, in base all'articolo 250 del decreto legislativo n. 152 del 2006;
    nonostante la legge preveda che, qualora il comune non sia in grado di intervenire a bonificare o a mettere in sicurezza l'area contaminata, sia la regione a subentrare, gli interventi da effettuare sono talmente numerosi che molti rimangono attuati;
    vi è una forte preoccupazione relativamente allo spandimento dei fanghi di depurazione in agricoltura dovuta al fatto che queste sostanze non sono trattate secondo la normativa vigente e quindi concorrono ad aumentare gli inquinanti in agricoltura,

impegnano il Governo:

   a promuovere un'organica riforma della disciplina riguardante la bonifica dei siti contaminati, tenendo in considerazione il contesto normativo generale in materia di protezione del suolo e garantendo la corretta applicazione della disciplina comunitaria;
   a monitorare e rendicontare i risultati raggiunti da tutti gli accordi di programma in tema di riqualificazione ambientale e produttiva delle aree sottoscritti dal Governo attraverso i Ministeri e, in base agli esiti di tale verifica, a mettere in campo nelle situazioni più critiche iniziative più efficaci di risanamento;
   a dare attuazione al disposto di cui all'articolo 1, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 136 del 2013, in base al quale il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, è tenuto a definire i parametri fondamentali di qualità delle acque destinate ad uso irriguo su colture alimentare, disciplinando contestualmente le relative modalità di verifica;
   ad adottare i decreti interministeriali, previsti dall'articolo 1 comma 6 del decreto legge n. 136 del 2013, per l'indicazione dei terreni della regione Campania che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare ma esclusivamente a colture diverse o solo a produzioni agroalimentari determinate;
   ad assumere iniziative per istituire, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, un tavolo tecnico permanente presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con l'obiettivo di garantire un confronto tecnico scientifico con gli istituti scientifici nazionali, con gli esperti del settore e con il Sistema delle Agenzie ambientali al fine di definire linee guida tecniche per gli operatori, affidando la definizione delle modalità di funzionamento del tavolo tecnico, al quale dovranno partecipare anche il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della salute e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, oltre a una rappresentanza della Conferenza unificata e delle Arpa, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto;
   a promuovere la formazione e l'aggiornamento in tema di applicazione della normativa sulle bonifiche, considerando la differenza fra siti contaminati storici e quelli attuali;
   ad assumere iniziative per garantire l'applicazione delle migliori tecniche disponibili a livello internazionale;
   ad assumere iniziative per definire, avvalendosi delle competenze del sistema della agenzie ambientali, dell'Istituto superiore di sanità e del CNR, procedure di verifica e certificazione delle nuove tecnologie applicabili per la messa in sicurezza e bonifica dei siti contaminati che tengano conto anche di criteri di sostenibilità e della necessità di limitare il consumo di suolo e di risorse naturali;
   ad assumere iniziative per eliminare le figure dei commissari straordinari qualora i siti rientrino nella normativa afferente ai siti di interesse nazionale;
   ad adottare iniziative per definire e circoscrivere in maniera dettagliata l'attività di Sogesid spa e di Invitalia spa, rivedendone gli obiettivi statutari e valutando anche l'individuazione di un'unica società in house che si occupi di interventi ambientali, con particolare riferimento a quelli di messa in sicurezza e bonifica di aree contaminate, secondo criteri di economicità, razionalità ed efficienza della pubblica amministrazione;
   a verificare l'efficacia della normativa che consente gli spandimenti di concimi ed ammendanti provenienti da fanghi di depurazione civili e industriali sui terreni agricoli;
   ad assumere iniziative, per escludere da ogni vincolo che riguardi le norme del pareggio di bilancio, le somme relative agli interventi dei comuni per mettere in sicurezza e bonificare i siti contaminati, e ad individuare un percorso normativo che consenta comunque – soprattutto in caso di rischio sanitario – un'azione rapida ed efficace per la bonifica o la messa in sicurezza di tali siti.
(7-01094) «Bratti, Carra, Borghi, Realacci, Mazzoli, Tino Iannuzzi, Cominelli, Carrescia, Manfredi, Stella Bianchi, De Menech, Giovanna Sanna, Gadda, Zardini, Ginoble, Braga, Mariani, Amoddio».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, DEL GROSSO e COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, prevede che la Conferenza unificata acquisisca le designazioni dei rappresentanti delle autonomie locali nei casi previsti dalla legge;
   il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 2006, n. 204, reca il «Regolamento di riordino del Consiglio superiore dei lavori pubblici» e, in particolare, l'articolo 3 ne disciplina la composizione;
   l'articolo 3, comma 3, lettera d) del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 2006, n. 204, prevede che tra i componenti effettivi del Consiglio superiore dei lavori pubblici vi siano cinque rappresentanti designati dalla Conferenza unificata, scelti tra soggetti in possesso di specifiche qualità tecniche, corrispondenti all'importanza e alla delicatezza delle funzioni del Consiglio stesso;
   le regioni, nella seduta del 21 luglio 2016 del Consiglio superiore dei lavori pubblici, hanno chiesto di rinviare la designazione dei propri rappresentanti;
   nella seduta della Conferenza unificata del 3 agosto 2016 le regioni hanno designato, quali propri rappresentanti all'interno del Consiglio superiore dei lavori pubblici, l'ingegnere Edoardo Balzarini, esperto della regione Sardegna e l'architetto Gianluca Marcantonio, esperto della regione Abruzzo, secondo quanto indicato in un documento che è allegato al verbale della Conferenza unificata del 3 agosto 2016;
   il 3 agosto 2016 la Conferenza delle regioni e delle province autonome, con protocollo n. 3864 /DES-1LP ha notificato al Consiglio superiore dei lavori pubblici le designazioni dei rappresentanti di parte delle regioni e a tale comunicazione sono stati allegati i curricula degli esperti regionali;
   nella comunicazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome allegato al verbale della Conferenza unificata (allegato 3) e scaricabile da internet all'indirizzo www.statoregioni.it, i curricula degli esperti regionali Edoardo Balzarini, esperto della regione Sardegna e l'architetto Gianluca Marcantonio, esperto della regione Abruzzo, in realtà non sono allegati;
   un quotidiano on-line, Primadanoi.it, ha pubblicato il 3 settembre 2016 un articolo con il seguente titolo «Testimoniò al suo processo: D'Alfonso lo fa nominare nell'organo che controlla i lavori pubblici» per informare il cittadino della nomina al Consiglio dei lavori pubblici di Marcantonio;
   l'architetto Gianluca Marcantonio ha già svolto incarichi professionali per conto della regione Abruzzo guidata da Luciano D'Alfonso –:
   quale sia il curriculum dell'esperto della regione Abruzzo, in considerazione dei requisiti richiesti dall'articolo 3, comma 3, lett. d), del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 2006, n. 204, ovvero «il possesso di specifiche qualità tecniche, corrispondenti all'importanza e alla delicatezza delle funzioni del Consiglio Superiore»;
   per quale motivo non siano stati resi pubblici i curricula allegati alla lettera indirizzata alla Conferenza unificata protocollo n. 3864 /DES-1LP della Conferenza delle regioni e delle province autonome. (4-14215)


   SCOTTO, GIANCARLO GIORDANO e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2016 all'articolo 1, commi 109 e 110, estende alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 l'esonero contributivo (introdotto per il 2016 dai commi 178-181 dell'articolo 1 della medesima legge di stabilità 2016) per i datori di lavoro privati operanti nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna;
   l'estensione di tale incentivo è tuttavia condizionata alla ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del piano di azione coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, da effettuarsi entro il 31 marzo 2016;
   all'esito della ricognizione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stabilito l'ammontare delle risorse disponibili e disposto l'utilizzo delle stesse per l'estensione del beneficio dell'esonero contributivo per le nuove assunzioni nel 2017, eventualmente rimodulando la durata temporale e l'intensità dell'esonero in ragione delle risorse che si renderanno disponibili. Il termine per l'adozione del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è il 30 aprile 2016. Dovrà comunque essere assicurata una maggiorazione della percentuale di contribuzione e del relativo importo massimo per l'assunzione di donne di qualsiasi età, prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi;
   l'incentivo è comunque subordinato all'autorizzazione della Commissione europea, ai sensi di quanto disposto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato (articolo 108 del TFUE);
   il piano di azione coesione, articolato in più fasi di riprogrammazione dei programmi cofinanziati, ha raggiunto, nel suo complesso un valore di oltre 13,5 miliardi di euro, a cui concorrono risorse nazionali derivanti dalla riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi operativi (circa 11,6 miliardi di euro, di cui 9,3 miliardi già allocati in specifiche linee di intervento e 2,3 miliardi ancora da assegnare) e risorse riprogrammate attraverso rimodulazione interna ai medesimi programmi (2 miliardi di euro);
   secondo i dati forniti dalla ragioneria generale dello Stato sullo stato di attuazione delle linee di intervento programmate attraverso il piano di azione coesione, al 30 ottobre 2015 risultavano impegni giuridicamente vincolanti pari a 6.511,7 milioni di euro, pari all'80,15 per cento delle risorse programmate. I pagamenti ammontavano invece a 1.558,6 milioni di euro, pari al 19,2 per cento delle risorse;
   ad oggi, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che doveva essere adottato entro il 30 aprile 2016 di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali per determinare le risorse disponibili in esito alla ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi del piano di azione coesione (PAC), non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti rispetto ai cronoprogrammi approvati, non risulta ancora stato adottato;
   non risultano neanche noti i risultati di tale ricognizione, nonostante l'approssimarsi della data a decorrere dalla quale lo sgravio dovrebbe essere applicato –:
   se tale ricognizione di risorse sia stata effettuata e, in tal caso, quali elementi si intendano fornire al fine di verificare i risultati di tale ricognizione;
   quali siano in motivi per i quali, ad oggi, non risulti ancora emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato in premessa e quali iniziative si intendano adottare al riguardo nell'ambito della prossima manovra di bilancio 2017 al fine di assicurare l'estensione dell'esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate nel 2017 ai datori di lavoro privati operanti nelle regioni dell'Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna. (4-14216)


   SCOTTO, GIANCARLO GIORDANO e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il conto finanziario 2015 della Presidenza del Consiglio dei ministri è redatto in conformità al disposto dell'articolo 13 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 novembre 2010, che disciplina l'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed espone i risultati della gestione del bilancio di previsione 2015, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 dicembre 2014. Il documento illustra i risultati della gestione del bilancio per l'entrata e la spesa distintamente per competenza e residui. In particolare, nel conto finanziario sono illustrate le entrate iniziali e definitive di competenza dell'anno, accertate, riscosse e rimaste da riscuotere, nonché le spese di competenza dell'anno iniziali e definitive, impegnate, pagate e rimaste da pagare. È, altresì, evidenziato l'avanzo di esercizio;
   secondo i conti finanziari della Presidenza del Consiglio dei ministri disponibili sul sito online del Governo, dal 2011 al 2015, la spesa complessiva di palazzo Chigi si attesta sui 17 miliardi di euro;
   con le riforme realizzate da Mario Monti, il budget totale è sceso sui 4 miliardi di euro annui. Nel 2013 (anno del Governo Letta) il bilancio consuntivo è stato ridotto a 3,5 miliardi, ed è risalito poi con il primo anno di Governo Renzi a 3,6 miliardi. Nel 2015 la spesa di palazzo Chigi nel secondo anno di Governo Renzi si è attestata sui 2 miliardi di euro;
   la voce principale di spesa riguarda la protezione civile. In media si tratta di oltre il 60 per cento del budget. Tra le voci principali di spesa anche il segretariato generale, editoria, gioventù e gli affari regionali;
   con l'arrivo del Presidente Matteo Renzi a palazzo Chigi si registra un forte aumento delle spese del segretariato generale. Questo organo si occupa dell'espletamento dei compiti della Presidenza, e sovrintende all'organizzazione e alle gestione amministrativa. Dal 2013 (Governo Letta) al 2014 la cifra totalmente impegnata è passata da poco più di 396 milioni a oltre 750 milioni. Nel 2015, la somma stanziata al segretariato generale è rimasta in proporzione alta rispetto alle altre voci, con 586 milioni stanziati. Dunque, la voce segretariato generale, sotto il Governo Renzi, è passata dall'11 per cento al 20 per cento del totale;
   è stabile l'ammontare destinato alla protezione civile, di gran lunga la voce principale di spesa. Dal 2012 al 2014 si parla di oltre 2 miliardi di euro l'anno. Nel 2015, però, durante il secondo anno del Governo Renzi la somma destinata alla protezione civile si attesta, invece, sui 942 milioni. Un drastico calo che non appare giustificato, se si pensa che a tale voce corrispondono non solo gli interventi direttamente emergenziali, ma anche, ad esempio, a spese per la realizzazione di programmi, progetti e monitoraggi finalizzati alla previsione ed alla prevenzione di calamità, nonché per la sorveglianza tecnico-scientifica dei fenomeni naturali, oppure a spese per la realizzazione di interventi infrastrutturali prioritariamente connessi alla riduzione del rischio sismico e per far fronte ad eventi straordinari nei territori degli enti locali, delle aree metropolitane e delle città d'arte –:
   quali informazioni s'intendano fornire in merito all'impiego delle spese destinate alla protezione civile in riferimento al conto finanziario 2015, con particolare riguardo alle motivazioni che hanno portato ad un drastico calo della spesa di protezione civile pur in presenza di un contesto caratterizzato dall'esigenza di garantire un sistema di prevenzione ed intervento, come dimostrano i drammatici avvenimenti del terremoto di Amatrice, Arcuata ed Accumoli. (4-14231)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da articoli di stampa si apprende che il Trans Adriatic Pipeline (Tap) parte terminale del corridoio meridionale del gas che attraverserà sei Paesi per un totale di 3.500 chilometri, dal Mar Caspio al Salento attraverso Scp (South Caucasus Pipeline) e Tap, è bloccato sulle sponde pugliesi;
   sul litorale di San Foca (comune di Melendugno), in provincia di Lecce, infatti, dovevano essere spostati 231 alberi di ulivo (almeno nella prima fase) per consentire il passaggio del gasdotto, spostamento che doveva essere fatto prima della fine di aprile 2016, perché dopo quella data e fino al 1o novembre gli alberi sono in stato vegetativo e potrebbero non sopravvivere al reimpianto; ritardo che, di fatto, blocca i lavori preliminari;
   oggi ci sono 66 prescrizioni che fanno riferimento al ripristino ambientale; la A44 è quella che blocca i lavori e che attende l’«Ok» della regione Puglia che è l'ente vigilante;
   la regione ritiene necessario superare tre ostacoli; il «no» del comune, le osservazioni dei vigili del fuoco e il divieto di spostamento per gli ulivi interessati dalla xylella;
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha già chiarito i dubbi di sua competenza; le osservazioni dei vigili del fuoco sono superate dal fatto che non si tratta di alberi ad alto fusto; il «no» del comune non costituirebbe un problema per il fatto che è un ente coinvolto ma non vigilante;
   il gasdotto attraverserà 6 Paesi, ha un costo stimato di 45 miliardi di euro, porterà circa 10 miliardi di metri cubi di gas naturale all'anno dal Caspio all'Italia e all'Europa, assicurando il fabbisogno utile a coprire le necessità di 7 milioni di famiglie e quando sarà completato potrebbe raddoppiare la sua capacità complessiva;
   esso risponde all'esigenza europea di sicurezza e diversificazione dell'approvvigionamento energetico;
   la Commissione europea, il Parlamento e il Consiglio hanno assegnato a questa infrastruttura lo status di progetto di interesse comune secondo le nuove linee guida Ten-E (Trans European Energy infrastructure);
   è un progetto che contribuirà all'integrazione dei mercati energetici degli Stati membri, consentendo loro di diversificare le fonti energetiche e ponendo fine all'isolamento energetico di alcuni di essi;
   il TAP ha conseguito già nel 2014 il decreto di compatibilità ambientale che ha individuato in San Foca l'alternativa migliore sotto il profilo tecnico, ambientale e paesaggistico;
   il 20 maggio 2015 è stato firmato il decreto di autorizzazione unica che ha abilitato la costruzione e l'esercizio dell'opera, sottolineandone la pubblica utilità, l'indifferibilità e l'urgenza, anche ai fini degli espropri; l'operatività del TAP è prevista entro il 31 dicembre 2020;
   appare contraddittorio invocare la competizione internazionale (soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno) e assumere atteggiamenti attendisti anche in presenza di studi e dossier che fanno superare dubbi e perplessità –:
   come si giustifichi il ritardo nell'apertura del cantiere, mentre l'esigenza dell'Italia è quella di guadagnare competitività e autosufficienza energetica;
   se e fino a che misura sarà possibile alla regione Puglia opporsi a decreti datati 2014 e 2015 che hanno privilegiato la pubblica utilità, l'indifferibilità e l'urgenza dell'opera in linea con gli impegni europei e con l'esigenza di garantire gas a 7 milioni di famiglie;
   se sia possibile ipotizzare anche per l'Italia la data di apertura dei cantieri visto che Grecia e Albania hanno già iniziato i lavori. (4-14227)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   un progetto, condotto con modalità a dir poco discutibili, rischia di attraversare l'intero campidano, passando da Decimoputzu sino a Gonnosfanadiga;
   una vera e propria sottrazione di 500 ettari circa messa in campo, ad avviso dell'interrogante con metodi da faccendieri, che prospettano esborsi di denaro subito in cambio di terreni e aziende da radere al suolo;
   si tratta di una operazione giocata tutta sotto la millantata prospettiva di un esproprio di pubblica utilità;
   alla base dell'operazione ci sono proposte di contratti per sfruttare per 30 anni i terreni e poi, una volta distrutto tutto, restituire il deserto;
   un piano da 18 milioni di euro per acquisire il diritto di superficie in cambio di 500 ettari di terreni e immobili che secondo le «clausole capestro» del contratto potevano essere rase al suolo senza se e senza ma;
   un compenso per quei terreni apparentemente elevato che, a giudizio dell'interrogante nasconde il vero obiettivo di questi faccendieri: sfruttare quelle superfici per incassare decine di milioni di euro all'anno di incentivi freschi per il termodinamico solare;
   emerge tra tutto un dato emblematico, in rapporto ad analoghi impianti: ogni ettaro di terreno è destinato a incassare 5 milioni di euro di incentivi per i prossimi 25 anni;
   questi soggetti pagherebbero per quei terreni 18 milioni di euro per incassare oltre 2 miliardi di euro di incentivi nei prossimi 25 anni;
   si tratterebbe di una vera e propria operazione ai danni della Sardegna e dei sardi che rischiano di farsi portar via terre produttive e in piena produzione per far guadagnare miliardi di euro di incentivi a faccendieri senza scrupoli;
   si tratta ovviamente di denaro prelevato a piene mani dalle tasche dei sardi e non solo attraverso le bollette elettriche;
   tutto questo avverrebbe dichiarando circostanze, ad avviso dell'interrogante, non corrispondenti alla realtà visto che si asserisce nei progetti speculativi che si tratta di terreni incolti e abbandonati quando, invece, si tratta di aziende in piena produzione;
   le aree sono costituite da decine di ettari di fiorenti uliveti, colture imponenti di mangimi legati all'attività agropastorale e lattiero-casearia;
   è stata messa in campo un'operazione per far regredire sempre di più la Sardegna a scapito delle produzioni agricole e a favore di quelli che appaiono all'interrogante, speculatori senza scrupoli sbarcati nel medio campidano con effetti deleteri per agricoltori e allevatori;
   questa aziende, a quanto risulta all'interrogante, sono oggetto di indebite pressioni e di millanterie varie, inclusa la prospettazione di esproprio;
   è giusto che su questi metodi sia la procura a valutare se si ravvisino anche da un punto di vista penale reati, ma è l'altrettanto vero che Governo non può in alcun modo avallare questi piani speculativi;
   basterebbe sentire gli agricoltori per comprendere metodi e circostanze destituite di fondamento raccontate da faccendieri e intermediari di questo piano speculativo;
   l'effetto lesivo si evince da un primo inequivocabile elemento: nel contratto sottoscritto era prevista una clausola che prevedeva che se entro 18 mesi non fossero arrivate le autorizzazioni si sarebbe dovuta pagare una penale di 6.000 euro a contratto;
   a quanto risulta all'interrogante non solo non è stato pagato quanto previsto dal contratto, ma risulta che l'intermediario abbia chiesto, e in qualche caso ottenuto, un cospicuo rimborso, versati non si sa come ad affini dello stesso faccendiere;
   un contratto che, a quanto risulta all'interrogante, prevedeva esplicitamente per il mediatore dell'operazione, tale architetto Virdis, una cospicua cifra, solo di provvigioni per la stipula dei contratti di diritto di superficie;
   un'ipotesi reale di esproprio per pubblica utilità coinvolgerebbe anche le alte sfere sia del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che la stessa Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la contiguità politica tra i vertici del Governo ed alcuni dei personaggi coinvolti in questa operazione deve essere approfondita e interrotta;
   non è un segreto che i proprietari di alcune società coinvolte nel progetto speculativo siano comparse più volte a sostegno diretto del Presidente del Consiglio dei ministri in campagne elettorali e non solo;
   tutto questo deve essere fermato in ogni modo, verificando i metodi a dir poco discutibili messi in campo per «strappare» questa terra agli agricoltori e allevatori sardi –:
   se non ritengano con urgenza di bloccare, per quanto di competenza, queste operazioni speculative ai danni della Sardegna e dei sardi;
   se non ritengano di dover segnalare tali operazioni speculative i cui atti sono alla base dei progetti presentati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le autorizzazioni rivendicate;
   se non ritengano, per quanto di competenza, di impedire tali progetti nelle aree agricole, in considerazione dell'esigenza prioritaria di salvaguardare il suolo agricolo e non solo, evitando un così grave insensato consumo. (5-09505)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la vigente direttiva quadro sui rifiuti (2008/98/CE) si basa sull'obiettivo di realizzare la cosiddetta «società fondata sul riciclaggio» che dovrebbe ridurre al minimo lo stoccaggio dei rifiuti in discarica;
   la risoluzione del Parlamento europeo (del 20 aprile 2012) individua le priorità del VII programma di azione ambientale e chiede di prevedere la piena attuazione della legislazione sui rifiuti;
   l'11 giugno 12 il Consiglio dell'Unione europea ha adottato un documento richiedendo alla Commissione di includere nel VII programma di azione ambientale misure che supportino le condizioni per un'economia circolare e verde;
   la quota di rifiuto urbano residuo (RUR) dalla raccolta differenziata destinata a smaltimento, è regolamentata dalla direttiva discariche (1999/31/CE) e dal suo decreto di recepimento decreto legislativo numero 36 del 2003);
   la direttiva (articolo 6, lett. a)) stabilisce che «solo i rifiuti trattati vengono collocati a discarica». Tuttavia, la stessa lettera a) dell'articolo 6 specifica che la collocazione a discarica può anche essere ammessa per «(...) qualsiasi (...) rifiuto il cui trattamento non contribuisca agli obiettivi di cui all'articolo 1 della presente Direttiva, riducendo la quantità dei rifiuti o i rischi per la salute umana o l'ambiente»;
   l'obbligo di pretrattamento viene essenzialmente ricondotto nella pratica al TMB (trattamento meccanico biologico) o all'incenerimento, dal momento che i soli trattamenti biologici o termici sono in grado di conseguire la riduzione della fermentazione potenziale del rifiuto da collocare in discarica, e dei conseguenti impatti in termini di produzione di biogas, percolati, e altro;
   in molte regioni sono stati denunciati illeciti intorno al ciclo dei rifiuti tanto da risultare necessaria una Commissione parlamentare d'inchiesta su queste attività, soprattutto per i danni all'ambiente;
   nelle scorse settimane la stampa si è occupata dei rifiuti nella Capitale; per i ritardi nella raccolta e circa gli impianti di Tmb (trattamento meccanico biologico). Un autorevole quotidiano riportava: «Dagli impianti esce un prodotto difficile da smaltire. Un impasto indefinito, a metà fra materiale di recupero e frazione organica, che secondo gli esperti non è a norma, “difforme” da quanto prevede la legge. Inquinante». (...) «le campionature (a dicembre 2015), contenevano una maggiore concentrazione di composti inquinanti che la normativa aggiornata vieterebbe»;
   senza voler considerare il danno di immagine che ha prodotto per l'intero Paese l'idea di una città come Roma che non è in grado di far funzionare il sistema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti, va ricordato che con le temperature registrate nel mese di agosto 2016 e con i cumuli di immondizia giacente, peraltro maleodorante, con la presenza massiccia di topi che ci girava intorno, si è sfiorato il rischio di epidemia per i residenti, ma anche per i turisti –:
   se non ritengano necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a intensificare i controlli su tutto il territorio nazionale e predispone piani di emergenza affinché situazioni simili non possano più verificarsi;
   se non sia il caso di verificare, per i profili di competenza, quanto riportato sulla stampa per scongiurare che la presenza negli impianti di Tmb di materiale inquinante, difficile da smaltire, difforme e/o vietato dalla normativa vigente, possa arrecare danni ambientali e alle popolazioni residenti o, peggio, finire commercializzato in modo illecito;
   se non pensino che sia giunto il momento di affrontare il problema rifiuti in modo organico per evitare che:
    a) una nuova «terra dei fuochi» possa essere scoperta;
    b) vengano seppelliti rifiuti di ogni tipo nei piazzali antistanti gli istituti scolastici, come è accaduto in alcune regioni del Mezzogiorno;
    c) i fondali marini si trasformino in «cimitero» per migliaia di pneumatici;
    d) possano esistere in mare isole di plastica, trasportate dalle correnti, che non essendo biodegradabili rischiano di sopravvivere a intere generazioni, producendo morie di pesci e provocando danni non quantificabili all'ecosistema. (4-14218)


   DURANTI, ZARATTI, PELLEGRINO, FERRARA e RICCIATTI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'ispezione dell'Ispra, coadiuvata da Arpa Puglia, in data 20 e 21 aprile 2016, il 7 settembre 2016 è stato pubblicato l'aggiornamento della stessa Ispra sullo stato di attuazione delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale in vigore relativamente agli impianti dell'Ilva di Taranto;
   quello che emerge dal rapporto è una situazione estremamente critica, e molte delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale, tra le quali molte estremamente importanti, risultano non attuate;
   peraltro, dopo la suddetta ispezione del mese di aprile, è seguito un sopralluogo straordinario da parte di Arpa Puglia e del personale della ASL di Taranto nel mese di maggio, a seguito di specifica segnalazione riguardo alle modalità di gestione del reparto sottoprodotti dell'area cokeria. Per effetto della visita in loco sono state accertate talune violazioni, comunicate alle autorità competenti;
   proprio con riguardo ai ritardi nell'attuazione degli obblighi di legge relativi all'ILVA di Taranto, la stessa Fiom Cgil, ha chiesto un incontro urgente con i commissari straordinari, Gnudi, Laghi e Carrubba, sulle violazioni dell'autorizzazione integrata ambientale. Come riporta una nota del citato sindacato, «diffide e violazioni sono state segnalate a Ilva durante le verifiche periodiche, sia ordinarie che straordinarie, effettuate da ISPRA e ARPA: il mancato rispetto dei termini, peraltro attualmente prorogati, la violazione di quanto disposto dal decreto relativamente sia alla richiesta di autorizzazioni e sia alla classificazione e gestione dei rifiuti. È indispensabile e non più rinviabile un incontro urgente con l'azienda (...), in modo da garantire la massima trasparenza con le organizzazioni aziendali relativamente all'attuazione di tutte le misure intraprese e da intraprendere» –:
   quale sia l'effettivo stato di avanzamento dei lavori previsti dal piano ambientale con particolare riferimento alle aree a maggior impatto ambientale (cokerie, parchi, discariche, e altre);
   quali iniziative urgenti si intendano intraprendere affinché i commissari e l'azienda adottino tutte le idonee misure volte a dare una rapida soluzione alle diffide e alle violazioni segnalate da ISPRA e ARPA durante i controlli, a difesa della salute pubblica e dell'ambiente. (4-14220)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge 28 dicembre 2015, n. 208, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), ha reso permanente l’Art Bonus introdotto in maniera temporanea dal decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge del 9 luglio 2014, n. 106;
   l’«Art Bonus» è un regime fiscale agevolato sotto forma di un credito d'imposta del 65 per cento in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo. La disposizione è finalizzata a favorire e potenziare il sostegno del mecenatismo e delle liberalità al fondamentale compito dello Stato di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale;
   il sito internet del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel comunicato stampa pubblicato il 23 giugno 2016, ha riportato le dichiarazioni del Ministro Dario Franceschini secondo il quale «l’Art Bonus supera i 100 milioni di donazioni a partire dalla sua prima applicazione di fine 2014 fino a oggi. L'agevolazione fiscale al 65 per cento per le donazioni in cultura, che ci pone all'avanguardia in Europa, si rivela un successo e dimostra quanto cittadini, enti e imprese abbiano a cuore la tutela del patrimonio culturale nazionale»;
   la nota stampa illustra come «(...) oltre 3.5 milioni dei 100.075.851 euro finora elargiti in favore di progetti di tutela del patrimonio culturale pubblico e in sostegno delle fondazioni liriche e delle realtà dello spettacolo sono frutto di donazioni di persone fisiche, oltre 45.1 milioni provengono da enti e fondazioni bancarie e circa 51.4 milioni provengono dalle imprese»;
   «il comunicato presenta l'allegato «Erogazioni liberali per mecenate» che illustra i dati estratti dal portale www.artbonus.gov.it dai quali emerge una notevole sproporzione dei fondi raccolti tra le varie Regioni: Abruzzo: 34.000 euro, Basilicata 0 euro, Calabria 2.700 euro, Campania 627.102 euro, Emilia Romagna 11.123.163 euro, Friuli Venezia-Giulia 555.800 euro, Lazio 4.701.299 euro, Liguria 2.205.790 euro, Lombardia 33.266.802 euro, Marche 700.648 euro, Molise 0 euro, Piemonte 15.857.977 euro, Puglia 812.847 euro, Sardegna 304.615 euro, Sicilia 45.400 euro, Toscana 9.371.274 euro, Trentino Alto Adige 3.400 euro, Umbria 148.260 euro, Valle d'Aosta 0 euro e Veneto 20.314.774 euro;
   il quotidiano il Piccolo di Trieste nell'articolo «Musei e teatri a secco di mecenati. L'Art Bonus fa "flop" in regione» del 6 settembre 2016, riporta come «in Friuli Venezia Giulia (...) sono stati raccolti 566.843 euro dei 115 milioni accumulati dall’Art Bonus a livello nazionale. Una goccia suddivisa tra l'altro in sei progetti dei quali uno già concluso (..). È il compendio di Villa Varda a Brugnera ad aver messo assieme la colletta più cospicua: 300mila euro di donazioni al Comune, per un intervento complessivo pari a 370 mila euro. Al secondo posto la Fondazione Teatro lirica Giuseppe Verdi di Trieste, che ottiene 152 mila euro a fronte di interventi complessivi pari a 45 milioni coperti grazie ai fondi pubblici (9 milioni dal Fus, 3 milioni dalla Regione e 1,5 milioni dal comune di Trieste. (...) Se si esclude il Verdi, non compaiono altri teatri del Fvg. Nemmeno il Rossetti che pure avrebbe bisogno di restaurazioni. Del resto la regione partecipa all’Art Bonus con un solo museo, quello archeologico nazionale di Aquileja (che fa parte del Polo museale del Fvg che fa capo alla Sopraintendenza), ancora senza mecenate (...)»;
   tra i progetti finanziabili attraverso l’«Art Bonus» in Friuli Venezia Giulia sono presenti, inoltre, i Mosaici di Stalla Violin ad Aquileia, che ha ricevuto 110 mila euro, la Statua della giustizia a Udine alla quale sono stati donati 4.534 euro e la Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli che ha raccolto 300 euro;
   l'articolo «Erogazioni liberali fallimento dimostrato» pubblicato sul Piccolo del 13 settembre 2016 ha riportato alcune dichiarazioni del primo firmatario del presente atto secondo il quale «il dimostrato fallimento, nel Friuli Venezia Giulia, delle erogazioni liberali alla cultura, dovrebbe far seriamente riflettere gli enti locali su come si sia sottovalutata fino ad oggi una reale e concreta opportunità finanziaria che in molte aree è stata sfruttata in maniera eccellente. (...) Programmi chiari, progetti e tempistiche certi, soprattutto informazione e promozione delle iniziative. Questa la strategia messa in campo, anche da singole amministrazioni comunali in molte parti d'Italia. (...) Che servano la consapevolezza della potenzialità dello strumento, una programmazione seria, ma soprattutto la volontà e la capacità di adoperarsi affinché l’Art Bonus non resti l'ennesima opportunità non sfruttata, è più che evidente. E correre ai ripari diventa assolutamente necessario» –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei risultati pubblicati, intenda chiarire le motivazioni delle evidenti difformità delle erogazioni raccolte nelle diverse regioni;
   quali iniziative, finalizzate al concreto utilizzo delle opportunità fornite dall’«Art Bonus», intenda promuovere anche attraverso i propri organi periferici e di concerto con le regioni e gli enti locali. (5-09504)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   esiste un cospicuo numero di tirocinanti presso il Ministero della giustizia che lavorano da tempo (anche 5 anni), dopo aver superato una o più selezioni e che hanno contribuito presso le cancellerie, le procure e i tribunali alla gestione dei dati informatizzati e alla loro sicurezza;
   sono laureati in ingegneria informatica che vengono retribuiti con compensi medi di circa 400 euro lordi mensili;
   hanno ricevuto un attestato nel quale sono elencati i programmi software gestiti e sviluppati presso gli uffici giudiziari e le ore spese per la formazione del personale pubblico;
   sarebbe allo studio un cambio di organigramma della struttura lavorativa del Ministero della giustizia che prevede la collaborazione di ingegneri, geometri, tecnici, ma non menziona gli informatici;
   si prospetta anche un bando per cancellieri –:
   se siano in grado di precisare se anche questi giovani potranno partecipare al concorso vista la lunga esperienza maturata e se questi 5 anni possano costituire un titolo valutativo, utile nella formazione della graduatoria di merito. (4-14223)


   COLLETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   presso la cancelleria delle esecuzioni del tribunale civile di Teramo ad un avvocato difensore di un creditore o anche ad un singolo cittadino non è permesso, a differenza di altri tribunali, conoscere se a carico di un soggetto debitore sia in atto una procedura esecutiva immobiliare al fine di valutare la convenienza a proporre o meno intervento nell'interesse del proprio assistito/creditore;
   a tali richieste la cancelleria delle esecuzioni immobiliari, a quanto risulta all'interrogante, nega ogni informazione sulla procedura (omettendo di comunicare il numero di RGE, l'eventuale data di udienza e l'ammontare del credito a carico del debitore), adducendo l'esistenza di una non meglio specificata «circolare del Presidente del Tribunale di Teramo» che vieterebbe ai cancellieri di fornire il numero delle procedure esecutive e ogni altra informazione relativa alle medesime;
   il cancelliere informa, altresì che, al fine di ottenere dette informazioni, i soggetti interessati (avvocato, segreteria o semplice cittadino) dovrebbero preliminarmente recarsi presso la conservatoria dei registri immobiliari e ivi richiedere la visura a pagamento. Solo successivamente sarebbe consentito loro di recarsi in tribunale e richiedere le informazioni necessarie;
   il dottor Mazza, un dirigente amministrativo del tribunale di Teramo informa l'interrogante dell'esistenza di tale circolare del presidente del tribunale, senza però permetterne la visione, sia di un quesito posto da quest'ultimo al Ministero di giustizia con risposta affermativa della liceità di tale comportamento;
   tale modalità di gestione degli uffici del tribunale di Teramo appare un unicum giacché, giustamente, va a beneficio sia degli operatori di giustizia, sia dei singoli cittadini poter essere messi a conoscenza di procedure esecutive immobiliari a carico dei propri debitori senza dover peregrinare da un ufficio all'altro della città –:
   come questa prassi si concili con i principi di trasparenza, efficienza ed economicità della pubblica amministrazione, e più in particolare, dell'amministrazione della giustizia;
   se il presidente del tribunale di Teramo abbia mai comunicato al Ministero della giustizia la volontà di «secretare» il registro relativo alle esecuzioni immobiliari e, in caso affermativo, se il Ministro abbia risposto a questa comunicazione autorizzando tale pratica di secretazione;
   se il registro delle esecuzioni immobiliari sia un registro consultabile dal «pubblico» anche mediante idonea identificazione ovvero possa essere secretato ed in base a quale norma di legge ciò sia possibile;
   se il Ministro, quindi, sia a conoscenza dell'esistenza e del contenuto della circolare in questione e, in caso negativo, se non ritenga opportuno disporre una ispezione ministeriale presso il citato tribunale. (4-14230)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il trasporto è pubblico se consente di esercitare il diritto alla mobilità servendosi di mezzi collettivi;
   è l'alternativa all'uso del mezzo privato, molto più inquinante e una soluzione in termini di costo per chi è costretto a raggiungere la propria sede di studio o di lavoro se questa è ubicata in altra provincia o regione;
   secondo il CENSIS (la ricerca è di almeno 3 anni fa) in Italia l'esercito dei pendolari è composto di almeno 13 milioni di persone (il 22 per cento della popolazione residente) cresciuto fra il 2001 e il 2007 del 35,8 per cento per le mutate esigenze abitative, soprattutto nelle grandi città e per l'incremento delle iscrizioni alle università;
   a questi lavoratori il tempo destinato agli spostamenti (in media tra i 15 e i 45 minuti a tratta) costa un mese di lavoro in più l'anno;
   l'avvento dell'alta velocità ha cambiato in parte il target dei pendolari, aggiungendo alle categorie di utenti tradizionali (impiegati e insegnanti 43 per cento, studenti 23 per cento e operai 17,5 per cento) anche professionisti (avvocati, dirigenti, liberi professionisti) che hanno preferito mantenere la loro residenza in una città diversa da quella ove svolgono abitualmente la loro professione;
   la maggior parte della rete ad alta velocità, quella che collega i grandi centri italiani, è servita dalla rete Trenitalia, in alcuni casi in sovrapposizione con Italo;
   l'alta velocità per sua natura efficiente, è naturalmente più costosa;
   su alcuni collegamenti (Torino-Milano, Milano-Bologna, Bologna-Firenze, Firenze-Roma, Roma-Napoli) sono state attivate delle formule di abbonamento che hanno consentito ai pendolari di pagare cifre inferiori al 20 per cento rispetto al costo effettivo in seconda classe o classe smart del biglietto;
   sono 12 mila i pendolari che usufruiscono oggi dell'alta velocità a prezzi scontati e che per la decisione di NTV e Trenitalia di tagliare tutte le forme di abbonamento, perderebbero la possibilità di utilizzarla per l'insostenibilità dei costi;
   va precisato che se divenisse obbligatoria la prenotazione (restrizione resa necessaria probabilmente anche per ragioni di sicurezza) anche per gli abbonati, sui treni non ci sarebbe posto per tutti, perché la sola tratta Torino-Milano ha 1600 abbonati che intaserebbero i treni negli orari strategici;
   alcune tratte servite finora da treni frecciabianca spariranno per far posto a treni frecciarossa, più veloci che, però, a fronte di una riduzione dei tempi di percorrenza, prevederanno un aumento del prezzo del biglietto;
   il trasporto locale è gestito per lo più attraverso contratti di servizio fra Ferrovie dello Stato italiane e le regioni interessate che destinano, ormai da anni, sempre meno risorse per garantirlo, preferendo erogare finanziamenti a società private o compagnie di trasporto pubblico regionale, che effettuato il trasporto su gomma;
   esiste un enorme divario in termini di servizi ed efficienza fra la rete ferroviaria delle regioni del Nord con quelle del Centro-Sud dove l'alta velocità è ancora tutta da realizzare;
   la regione Marche è una di quelle realtà che negli anni ha visto molto ridotta l'efficienza ferroviaria; ha subito tagli di linee e gli stessi collegamenti con la capitale sono stati ripetutamente oggetto di interrogazioni parlamentari –:
   se non ritenga necessario prestare attenzione all'esigenza dei pendolari che è quella di poter beneficiare di collegamenti dignitosi, con tempi di percorrenza congrui e a prezzi competitivi, rispondendo al preciso diritto alla mobilità che il servizio pubblico deve garantire;
   se non ritenga utile trovare una mediazione fra «pubblica utilità» e «diritti minimi» necessaria a garantire ai numerosissimi lavoratori e studenti pendolari il diritto alla mobilità che in alternativa caricherebbe le famiglie dei costi per un alloggio temporaneo fuori sede;
   se non ritenga indispensabile assumere iniziative per prevedere investimenti che facciano crescere di pari passo le infrastrutture nazionali sia al Nord sia nel Centro Sud e garantire, per quanto di competenza, che quelle regionali, che in alcune realtà sono le uniche disponibili, non divengano incompatibili con una mobilità oggi fondamentale se si vuole permettere alla domanda e all'offerta di lavoro di trovare sintesi, soprattutto in un periodo di crisi economica, e se non si vuole impedire ai giovani di cogliere un'opportunità nella formazione universitaria. (4-14219)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   articoli di stampa, anche molto dettagliati, riportano informazioni circa la presenza nella provincia di Foggia di insediamenti di cittadini comunitari e non, che vivono stanziali, ma in condizioni «limite»;
   precisamente a Borgo Mezzanone (circa 10 chilometri da Foggia, ma frazione di Manfredonia) risiedono, nel cosiddetto «Ghetto dei Bulgari», in un villaggio abusivo fatto di roulotte e baracche, circa 1000 persone, tutti cittadini comunitari, fra cui molti bambini, in assenza totale di acqua corrente, elettricità e servizi igienici. Inutile dire che i minori presenti non vanno a scuola, non hanno nulla per giocare e vivono come in una favela;
   a Rignano Garganico, invece, c’è il cosiddetto «Ghetto nero» un'area sotto sequestro (con facoltà d'uso) da marzo 2016, in cui vivono circa 2500 immigrati adulti;
   la maggior parte di queste persone spera di avere un'opportunità di lavoro nella raccolta dei pomodori che impiega, nella sola provincia di Foggia, circa 20 mila manovali, gestiti quasi tutti dal caporalato;
   un «caporale» che trasporta in media 20 manovali si fa pagare 5 euro per persona per il trasporto nei campi e, a quanto riferiscono le associazioni che difendono gli interessi di questi lavoratori, prende 50 centesimi per ogni cassa da tre quintali di raccolto del manovale a cui restano gli altri 4 euro della paga. Pertanto, se a un manovale per 12 ore di lavoro nei campi e sotto il sole restano 55 euro (sempre che riesca a raccogliere i 15 cassoni che impone la media per manovale), al «caporale» vanno i 100 euro per il passaggio nel furgone e i 150 per la trattenuta sul compenso per il raccolto dei 20 manovali trasportati;
   a parte gli sporadici controlli della Guardia di finanza sulla regolare contrattualizzazione della manodopera e per mettere in luce gli eventuali illeciti e una segnalazione fatta dai comuni interessati all'ambasciata bulgara, affinché collabori con le istituzioni italiane, non sembrano esserci segnali concreti o piani d'azione per una soluzione della questione che impedisca sacche di degrado e l'ampliamento delle aree che, nel tempo, vanno espandendosi, facendo registrare nuovi arrivi –:
   se non ritengano necessario intervenire al fine di scongiurare epidemie e verificare se, come e dove trasferire questi disperati che vivono al limite della sopravvivenza, in modo abusivo e perfino sfruttati dal caporalato;
   se non si ritenga di assumere iniziative per assicurare, almeno ai bambini, condizioni dignitose di vita e fare in modo, visto il perdurare della situazione, che possano avere diritto a frequentare la scuola entro il ciclo dell'obbligo, anche ai fini dell'integrazione;
   quali iniziative di competenza intendano assumere per sostenere gli enti locali affinché siano garantiti i servizi sociali per evitare che la situazione di generale degrado e l'allontanamento dei genitori dall'insediamento per l'intera giornata possa esporli a rischi o li possa portare a compiere atti illeciti. (5-09501)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 15 settembre 2016 un lavoratore è morto dopo essere stato investito da un Tir, fuori dai cancelli della GLS di Piacenza;
   il lavoratore stava partecipando ad un picchetto organizzato con il sindacato USB dai lavoratori della SEAM, cooperativa appaltatrice dei servizi di logistica preso la GLS, dopo che era stato disatteso un accordo sindacale relativo all'assunzione di precari;
   l'autista del tir che ha ucciso il lavoratore avrebbe tentato di forzare il blocco, stando a testimoni su spinta di un addetto vicino all'azienda;
   al momento dell'omicidio, erano presenti in loco le forze dell'ordine, senza che questo sia bastato a scongiurare comportamenti inaccettabili, quali la forzatura di un picchetto –:
   perché le forze dell'ordine non siano riuscite ad evitare la morte di un lavoratore durante una legittima manifestazione sindacale;
   se sia prassi normale che si consenta in presenza di un blocco il tentativo di partenza di un tir, per di più, a quanto riferiscono alcune fonti, su esplicito incitamento di un addetto vicino alla controparte. (4-14225)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi gli organi di stampa hanno parlato di un ragazzo spagnolo, un deejay 23enne di San Sebastian, che in giro per Milano, senza apparente motivo, avvicinava persone come se dovesse chiedere informazioni turistiche e poi sferrava pugni sui suoi malcapitati interlocutori;
   arrestato il 27 luglio 2016 dalle forze dell'ordine, dopo aver commesso almeno 10 aggressioni, peraltro tutte precedentemente denunciate, è stato portato nel carcere di San Vittore in preda a un delirio che non ha saputo spiegare;
   da indagini condotte sul soggetto è emerso che per lo stesso reato aveva già una denuncia nel suo paese, a San Sebastian e da mesi era sottoposto a terapia psichiatrica;
   quindi, accertato che avesse bisogno di cure, è stato disposto il suo trasferimento dal carcere di Milano agli arresti domiciliari presso una struttura, peraltro in provincia di Savona, che potesse curare i suoi disturbi psicotici;
   per il suo trasferimento non è stato predisposto il servizio di scorta, non sono stati avvisati né la struttura che doveva accoglierlo né i suoi legali e nemmeno la sua famiglia, per cui una volta rilasciato, ha fatto perdere le sue tracce;
   oggi si sa che è tornato nel suo Paese;
   la disposizione della restrizione in carcere perché «pericoloso» e «a rischio di fuga» non avrebbe dovuto permettere il suo rilascio senza servizio di scorta, senza accompagnamento e senza comunicazione ai legali e alla famiglia;
   è notevole il rischio che è stato corso e che riguarda sia lo stato di salute del giovane sia l'incolumità dei cittadini che lo hanno incontrato e che hanno viaggiato sui mezzi pubblici con lui; si tratta di un soggetto in evidente difficoltà, che ha manifestato violentemente il suo disturbo e per giunta solo, in un Paese straniero, dopo un'esperienza come quella del carcere –:
   se trovi conferma il fatto che fosse sottoposto a terapia (i suoi legali hanno scritto che necessita di terapia psichiatrica costante) e se avesse sufficienti dosi di farmaci quando è stato rilasciato;
   quali iniziative di competenza intendano assumere per evitare che nel futuro si ripetano casi simili. (4-14226)


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO e MANNINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'autunno del 2015 è scoppiato lo scandalo legato alla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata a Palermo, che vedeva al centro il giudice della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Silvana Saguto, e l'amministratore giudiziario avvocato Gaetano Cappellano Seminara: secondo quanto emerse dalle indagini della procura di Caltanissetta, si era creato un sistema, del quale facevano parte magistrati, funzionari, amministratori giudiziari e loro parenti ed amici, volto alla gestione clientelare dei beni sequestrati e confiscati, consentendo l'arricchimento spropositato e ingiustificato di pochi soggetti, portando ad una generalizzata mala gestione dei beni stessi e ad un sistematico fallimento della quasi totalità delle aziende sottoposte a misure di prevenzione;
   mentre si è ancora in attesa dei risultati dell'inchiesta sopra citata, nell'edizione del 15 settembre 2016 di Repubblica Palermo nonché del Giornale di Sicilia Palermo sono comparse notizie relative ad un nuovo scandalo riguardante la gestione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata nel palermitano;
   in particolare, la procura regionale della Corte dei conti starebbe indagando, anche a seguito di segnalazioni provenienti dall'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati e di dettagliati esposti, su 10 amministrazioni giudiziarie nel palermitano e già sarebbero emersi sperperi nella gestione dei beni, favoritismi nelle nomine dei consulenti, nonché veri e propri abusi;
   tra questi, viene citato il caso eclatante degli immobili sequestrati al costruttore Lo Sicco, dati in amministrazione giudiziaria al commercialista Luigi Turchio, ben noto nel palermitano e da anni nominato dai tribunali di mezza Sicilia per gestire beni sequestrati alla mafia: nello specifico, questi immobili, inizialmente classificati come ruderi, una volta sequestrati sono stati ristrutturati e affittati, e i relativi proventi accreditati regolarmente al boss Lo Sicco per ben 14 anni –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative intendano intraprendere per quanto di competenza, al fine di assicurare una gestione più efficiente dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e porre fine alle continue e improprie manipolazioni da parte dei soggetti che sarebbero deputati alla loro corretta gestione;
   se alla luce della gestione delle nomine degli amministratori giudiziari nel corso degli ultimi anni, non si intendano promuovere iniziative ispettive presso la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo. (4-14229)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BLAZINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende di una spirale di polemiche innescate dall'organizzazione sindacale Gilda di Trieste sulla questione dell'introduzione dell'insegnamento curricolare della lingua slovena in alcuni istituti comprensivi che hanno coinvolto anche l'ufficio scolastico regionale;
   tale insegnamento è adottato con successo in alcune scuole della provincia, considerando che si tratta di una lingua comunitaria in seguito all'entrata della Repubblica di Slovenia nell'Unione europea, e contemporaneamente della lingua del territorio, usata dagli appartenenti alla minoranza slovena;
   attualmente lo sloveno viene insegnato come seconda lingua straniera presso sette scuole nella provincia di Trieste, facendo con ciò seguito alle aspettative di numerosi genitori per i quali la conoscenza dello sloveno rappresenta una grande opportunità in un'area storicamente plurilingue e pluriculturale;
   la regione Friuli Venezia Giulia, crocevia delle tre importanti entità linguistiche europee, quella latina, germanica e slava, ha come peculiarità proprio la presenza delle minoranze linguistiche tra le quali anche quella slovena;
   lo stesso Ministro interrogato ha avuto modo di rimarcare, nel corso delle numerose visite nel Friuli Venezia Giulia, l'importanza della conoscenza della lingua del vicino quale elemento fondamentale per una piena interazione sociale e culturale in particolare tra le nuove generazioni ed in questo senso ha più volte auspicato l'insegnamento dello sloveno nelle scuole di Trieste e Gorizia, nonché in quelle udinesi;
   l'articolo 12, commi 3 e 4, della legge 23 febbraio 2001, n. 36, «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia», prevede la diffusione dell'insegnamento della lingua slovena nelle scuole italiane, come d'altronde previsto per l'insegnamento dell'italiano nelle scuole slovene dei tre comuni bilingui della vicina Slovenia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, in tal caso, quali indicazioni intenda dare all'ufficio scolastico regionale al fine di rispondere alle polemiche, ad avviso dell'interrogante, impropriamente innescate dalla sopra citata sigla sindacale e come, altresì, intenda procedere per promuovere ulteriormente tale approccio. (5-09494)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il recente concorso a cattedra per l'assunzione dei docenti è risultato molto selettivo e ha prodotto un numero considerevole di bocciature, fatto questo, che rischia di lasciare buchi nell'organico;
   il bando ha previsto una lista di idonei pari al 10 per cento che, con tutta probabilità, collocherà molti docenti fuori dalle graduatorie di merito;
   il concorso è stato bandito per docenti abilitati, già ampia ente giudicati e valutati nei loro percorsi abilitativi che, se non dovessero riuscire a rientrare nella lista di idoneità, saranno costretti a sostenere un nuovo concorso, ma fra tre anni, secondo quanto previsto dalla «Buona scuola»; –:
   se non ritenga utile assumere iniziative per prevedere l'inserimento di tutti gli idonei in una graduatoria di merito superando il limite del 10 per cento fissato dal bando che consentirebbe al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di non trovarsi con cattedre vacanti – visto l'approssimarsi dell'inizio dell'anno scolastico – in presenza di docenti esclusi non per demerito ma per gli effetti di un limite imposto dalla procedura concorsuale, decisione che, peraltro ridurrebbe l'utilizzo dei supplenti – una delle finalità della legge n. 107 del 2015 – che, invece, secondo calcoli pubblicati dagli organi di stampa, sarebbero ancora in numero molto elevato, vicino alle 80 mila unità. (5-09495)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 13 luglio 2015 articolo 1, comma 113, lettera g), modifica il comma 15 dell'articolo 400 del decreto legislativo del 16 aprile 1994 aggiungendo che le graduatorie concorsuali si fermano al numero dei posti messi a concorso maggiorati del 10 per cento;
   molti insegnanti, costituitisi in comitati, stanno inviando segnalazioni ai sindacati e ai parlamentari per evidenziare che il comma sopra citato crea una serie di vuoti procedurali, perché:
    1) non dà la possibilità agli idonei di verificare la giusta valutazione dei titoli da parte della commissione e quindi fare ricorso;
    2) non esiste una data a partire dalla quale conteggiare i tempi utili per eventuali ricorsi, considerato che chi risultasse idoneo oltre la quota dei 10 per cento potrebbe non ricevere comunicazione e, quindi, non conoscere il proprio punteggio;
    3) nel caso di rinunce da parte degli inclusi in graduatoria dovrebbe scattare ovviamente il successivo idoneo, ma questo non è contemplato dalla legge configurandosi in questo caso il paradosso del posto vuoto in organico pur con presenza di idonei;
    4) dato che il concorso ha validità triennale, nel caso le Gae (graduatorie ad esaurimento) fossero esaurite si veda Basilicata A037 – rimarrebbero vacanti i posti che si rendono disponibili nell'arco del triennio –:
   se non ritenga utile assumere iniziative per:
    a) ampliare la lista di idonei, rispetto all'attuale 10 per cento previsto, come avviene in tutti i concorsi pubblici;
    b) prevedere questa misura per evitare il paradosso del posto vuoto in organico pur in presenza di idonei, ipotesi non peregrina visto l'alto numero di docenti che non hanno, superato le prove, che non giustificherebbe il notevole esborso economico sostenuto dallo Stato per l'indizione del concorso. (5-09496)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la domanda di mobilità imposta con l'entrata in vigore della legge n. 107 del 2015 ha prodotto un forte disagio fra i docenti, soprattutto quelli specializzati sul sostegno;
   molti di loro sono stati assegnati ad ambiti territoriali molto lontani (anche centinaia di chilometri) dal luogo di residenza, spesso addirittura in altre regioni;
   le assegnazioni sono state effettuate con un algoritmo e non tenendo conto delle reali esigenze degli alunni e dei docenti;
   il rischio che si corre è che l'insoddisfazione e l'insostenibilità che produrrà la situazione sui docenti si potrà trasferire sugli alunni che presentano disagi e necessitano, invece, di aiuto; ragazzi che avrebbero bisogno di dedizione, tempo, della stabilità della relazione con l'insegnante, di fiducia, elementi determinanti per centrare i risultati –:
   se non ritenga utile il ripensamento del modello di calcolo, visto che l'algoritmo ha creato disagio e se ritenga possibili soluzioni equilibrate per valorizzare le competenze dei docenti e salvaguardare la stabilità delle famiglie, posto che la situazione attuale prospetta pendolarismo (se possibile) o la divisione di nuclei familiari (nel caso il coniuge non potesse seguire il docente trasferito) a danno, soprattutto, dei minori che sarebbero costretti a cambiamenti di luoghi e abitudini (oltre che di relazioni) rispetto alla quotidianità a cui erano abituati. (5-09497)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dal portale istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si può accedere all'applicazione «Scuola in Chiaro» che nasce, secondo quanto riportato nelle pagine dell'applicazione stessa, nel 2011 per rispondere all'esigenza di mettere a disposizione della collettività tutte le informazioni disponibili relative alle scuole italiane di ogni ordine e grado, in una forma organica e strutturata;
   l'applicazione «Scuola in Chiaro» permette di:
    cercare una scuola o un centro di formazione professionale regionale sul territorio nazionale;
    conoscere tutte le informazioni disponibili sugli istituti scolastici di ogni ordine e grado e sui centri di formazione professionale ricercati;
    mettere a confronto l'offerta formativa delle scuole e dei centri di formazione selezionati;
    accedere direttamente ad alcuni servizi legati alla ricerca di scuole come, per esempio, le «iscrizioni on-line»;
   tra le informazioni disponibili sul portale vi è quella sull'edilizia che può essere consultata nel dettaglio, in cui sono contenute informazioni su ogni singolo edificio ed in particolare sotto la voce «Vincoli» è possibile sapere se l'edificio:
    è in area soggetta a vincolo idrogeologico;
    è sito in zona a vincolo paesaggistico;
    è di vetustà superiore a 50 anni;
    è situato in zona sismica;
    è stato progettato o successivamente adeguato con la normativa tecnica antisismica;
   nel portale è possibile reperire anche informazioni sull'età dell'immobile, la proprietà e l'uso;
   da una analisi dei dati riguardanti l'adeguamento alla normativa tecnica antisismica degli edifici scolastici presenti in Abruzzo e presenti su Scuole in Chiaro è stato riscontrato che circa i tre quarti degli immobili scolastici non risultano adeguati con la normativa tecnica antisismica;
   la regione Abruzzo insiste su un territorio in gran parte classificato come ad alto e medio rischio sismico (zone 1 e 2);
   secondo quanto riportato nella home page di «scuola in chiaro», la base informativa che alimenta l'applicazione è costituita da dati già presenti nel sistema informativo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (continuamente aggiornati) e dalle informazioni inserite da ciascuna istituzione scolastica attraverso le funzioni presenti sul portale SIDI, il sistema centralizzato che offre alle scuole le funzionalità necessarie allo svolgimento delle operazioni gestionali, amministrative e contabili;
   sui dati di ogni scuola è presente un avviso dal seguente contenuto: «I dati contenuti nella presente sezione contengono tutte le informazioni di carattere tecnico relative agli edifici scolastici attivi censiti così come comunicati dagli enti locali proprietari degli stessi per il tramite dei nodi regionali dell'Anagrafe. Si precisa che, a seguito di accordo in conferenza unificata di intesa con Comuni e Province, è stato stabilito di aggiornare al 31 gennaio 2016 la pubblicazione dei dati relativi alle certificazioni degli edifici al fine di consentire l'adeguamento delle informazioni contenute nella sezione agli interventi recentemente autorizzati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Sarà comunque a breve disponibile nella pagina web denominata Anagrafe del Piano di edilizia scolastica l'informazione aggregata a livello provinciale delle certificazioni degli edifici scolastici NOTA: I dati sono riferiti all'anno scolastico 2014/15»;
   per rispondere concretamente all'esigenza di mettere a disposizione della collettività tutte le informazioni disponibili relative alle scuole italiane di ogni ordine e grado, è indispensabile che i dati contenuti siano sempre aggiornati –:
   quali siano state le iniziative del Governo per favorire e ottenere l'aggiornamento in «tempo reale» dei dati relativi alle scuole, con particolare attenzione agli aspetti riguardanti la tutela della sicurezza degli alunni e, in generale, delle persone;
   quali siano state, negli ultimi 3 anni, le risorse complessive stanziate dallo Stato e finalizzate ad adeguare gli edifici scolastici di ogni ordine e grado secondo la normativa tecnica antisismica;
   alla luce della grave situazione degli edifici scolastici descritta in premessa, quali sono le iniziative Governo, anche attraverso i propri organi periferici, volte ad accertare e assicurare che gli alunni frequentino scuole adeguate alla normativa antisismica. (5-09499)


   MARTELLI, PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il grande senso di responsabilità che caratterizza il personale della scuola ha consentito il normale avvio dell'anno scolastico 2016-2017, nonostante le infernali condizioni di lavoro cui sono costretti ad operare funzionari e dipendenti degli ex provveditorati agli studi – oggi uffici scolastici territoriali – preposti alle assunzione dei docenti ed all'assegnazione delle relative cattedre;
   il suddetto personale, infatti, da oltre un anno lavora quotidianamente ed incessantemente all'attuazione della cosiddetta «buona scuola» che, come ampiamente prevedibile e ripetutamente denunciato stante la pregressa situazione di carenza di organico, avrebbe comportato in capo agli stessi, solo per gestire in una prima fase le assunzioni e successivamente la mobilità provinciale e nazionale degli insegnanti, un sovraccarico di lavoro tale da costringerli ad operare con tempistiche incalzanti e senza la possibilità di godere del necessario recupero psicofisico;
   emblematico è il caso della regione Lombardia il cui avvio dell'anno scolastico è stato salutato, come riportato anche dai mass-media, da una situazione di confusione e di caos in parte generata dal disagio manifestato dal personale impiegato presso gli uffici scolastici territoriali ed in parte dall'inadeguatezza della dotazione organica di personale sia docente che tecnico-amministrativo (ATA), che non consentirà di garantire l'offerta formativa prevista dalle scuole e la gestione amministrativa e dei servizi tecnici e ausiliari a supporto dell'organizzazione e dei servizi scolastici;
   con un documento del 6 maggio 2016, le rappresentanze sindacali unitarie degli uffici scolastici territoriali della Lombardia, sostenuti anche dal Consiglio superiore della pubblica istruzione e dalle organizzazioni sindacali (che nel frattempo avrebbero proclamato la mobilitazione nazionale del personale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del successivo 19 maggio), ed in vista di tutti gli adempimenti di loro competenza legati all'attuazione della riforma, quali tutta la partita dell'affidamento degli incarichi ai docenti sottratta dirigenti scolastici e la gestione della mobilità territoriale delle cattedre (inclusa la gestione del contenzioso avverso i risultati dei trasferimenti e lo strascico dei tentativi di conciliazione ancora in essere), avevano avanzato una richiesta di potenziamento del personale presso gli uffici scolastici territoriali, anche suggerendo di ricorrere ad alcune unità di personale soprannumerario delle Province soppresse;
   dopo aver constatato che le loro istanze si sarebbero infrante contro il muro di gomma eretto dall'amministrazione scolastica, le stesse rappresentanze sindacali unitarie hanno minacciato di rivolgersi ai giudici del lavoro per vedersi tutelata la propria salute psicofisica attraverso il ripristino di condizioni lavorative che garantiscano il godimento di normali relazioni familiari e sociali;
   l'approssimarsi dell'avvio dell'anno scolastico 2016-2017 ha determinato le dirigenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a sollecitare con varie circolari l'espletamento dell'azione amministrativa con eccessivo ed impraticabile tempismo rispetto ai numerosi adempimenti e scadenze, tale da obbligare il personale degli uffici scolastici territoriali a trattenersi ben oltre il normale orario di lavoro. Inoltre, alla tempistica serrata, si sono aggiunte direttive confuse, incerte e contradditorie che hanno ancor più appesantito il carico di lavoro e l'inadeguatezza di un sistema informatico che invece di supportare il carico di lavoro del personale ha, invece, contribuito a rendere la situazione più esplosiva;
   lo stesso personale, ormai esausto ed esasperato, è stato chiamato, nella settimana a ridosso dell'apertura delle scuole, a concludere gli adempimenti relativi alle immissioni in ruolo ed a programmare ed attuare le numerose, delicate e complesse operazioni di avvio anno scolastico, come la definizione dell'organico di fatto, la tabulazione dei posti disponibili per le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie, provinciali ed interprovinciali, le operazioni a annuali, la definizione delle supplenze dalle graduatorie ad esaurimento che, tra l'altro, avrebbero dovuto essere soppresse e che invece sono state rimpinguate dalle pronunce di reinserimento dei giudici amministrativi;
   di contro, tutto il suddetto lavoro, teso a migliorare l'offerta scolastica sul territorio, non è in grado di soddisfare la domanda dei cittadini;
   con riferimento alla dotazione organica delle scuole della provincia di Mantova, ove, come nel resto della regione Lombardia hanno prevalso logiche elettorali, spot e posizioni ideologiche che hanno restituito una scuola tutt'altro che «buona», vano è stato il tentativo delle organizzazioni sindacali di sollecitare risorse umane sufficienti a garantire i tempi scuola (tempo pieno e tempo prolungato) senza che sia richiesto alcun contributo aggiuntivo alle famiglie, il rispetto del rapporto classi/numero alunni di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009, i corsi serali, il funzionamento delle quarte e quinte classi dell'istruzione e formazione professionale. Nella medesima provincia si è assistito per la prima volta all'assegnazione di un organico di fatto ridotto rispetto a quello di diritto, a fronte di un aumento di alunni pari a 5.300 unità rispetto allo scorso anno, che avrebbe dovuto comportare risorse aggiuntive, come già segnalato dalla stessa dirigente regionale dell'ufficio scolastico regionale, pari ad almeno 700 unità di personale docente e 500 unità di personale ATA;
   sempre a Mantova a pochi giorni dall'avvio dell'anno scolastico le lezioni saranno garantite da supplenze temporanee che dovrebbero assicurare l'insegnamento fino all'espletamento delle operazioni d'avvio da parte del provveditorato. Come per il resto del Paese anche nella provincia mantovana i contenziosi e le conciliazioni legati alla mobilità, non sono ancora di fatto chiusi, potendo comportare per alcune scuole variazioni nell'organico anche piuttosto sensibili; così come le operazioni di assegnazione ed utilizzazione annuale provinciale, ma soprattutto interprovinciale, sono lungi dall'essere definite e peseranno sulla continuità didattica dei prossimi giorni;
   le classi relative all'insegnamento del sostegno sono ad oggi carenti di specializzati: nella sola provincia di Mantova, a fronte di una assegnazione di 149 posti alla scuola media, sono state autorizzate solo 51 assunzioni in ruolo, che però hanno prodotto, per assenza di specializzati, solo una stabilizzazione. Nella scuola primaria ed in quella dell'infanzia le immissioni in ruolo si contano sulle punte delle dita di una mano, mentre nessuna può registrarsi nella scuola secondaria di secondo grado, nonostante nella provincia di Mantova si registri un rapporto docenti/alunni diversamente abili superiore alla norma e pari a 1 su 2;
   sul fronte delle classi di concorso nelle scuole medie mantovane sono esaurite quelle di tecnologia (solo 11 sono i posti disponibili) e matematica (solo 43 i posti disponibili per le immissioni in ruolo). Per l'insegnamento di italiano si registra, addirittura, una sola immissione a ruolo a fronte delle 33 previste;
   le suddette tre macro-emergenze relative all'insegnamento dell'italiano, della matematica e del sostegno alle medie, dimostrano che sarebbe stata necessaria un'operazione più oculata, mirata e più rispettosa delle professionalità dei precari e delle esigenze del territorio;
   i dati restituiscono anche il totale fallimento del piano di stabilizzazione previsto dalla legge n. 107 del 2015 (cosiddetta buona scuola). Infatti, anziché proporre la stabilizzazione di 130.000 docenti (nella realtà rivelatisi solo 85.000), sarebbe stato invece semplicemente sufficiente definire un piano pluriennale di immissione in ruolo sulla base delle esigenze dei territori, ed un contestuale piano di abilitazione e specializzazione (mediante corsi per i già abilitati e concorsi per tutti) per alcune classi di concorso totalmente scoperte;
   gravissima è poi la situazione del personale ATA: le norme, a giudizio degli interroganti, irresponsabili, che ne hanno definito il taglio della pianta organica ed i vincoli di sostituzione in caso di malattia mettono ogni giorno in ginocchio la gestione amministrativa e logistica delle scuole;
   in tale contesto sarebbe urgente quanto necessaria la riapertura di un dialogo con tutti gli attori della scuola, incluse le rappresentanze sindacali, anche al fine di ribaltare quella concezione che vede gli organici delle scuole come un semplice «costo» finanziario da abbattere e totalmente slegati dalla funzione docente –:
   alla luce di quanto premesso, come pensi di affrontare le spinose questioni che affliggono in questi giorni la scuola italiana e quali iniziative intenda intraprendere affinché vengano superati i disagi di quanti operano nell'amministrazione scolastica esposti in premessa. (5-09502)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'anno scolastico è cominciato con enormi problemi organizzativi, che non possono essere imputati al caso, ma a precisi errori legislativi e amministrativi;
   moltissime sono infatti le cattedre oggi ancora non assegnate, a causa del ritardo con cui è partita la procedura e all'utilizzo di un nuovo software incapace di dialogare con il precedente, oltre che privo di funzioni indispensabili per la corretta e rapida definizione delle graduatorie;
   sono da considerarsi anche le difficoltà che si registrano negli uffici amministrativi, sotto organico e penalizzati dalla legge di stabilità 2015 che prevede l'impossibilità di sostituire gli assistenti amministrativi assenti (qualunque sia la causa di tale assenza – malattia, maternità, infortunio) in tutte le segreterie scolastiche con più di 3 assistenti amministrativi in organico di diritto (la stragrande maggioranza dei casi);
   a settembre inoltrato, con l'anno scolastico già iniziato, devono ancora terminare in tutta Italia le assegnazioni provvisorie dei docenti già di ruolo, operazione che determinerà in molti casi il cambio di docente a inizio anno;
   le nuove immissioni in ruolo sono state fatte con enorme ritardo;
   a scuola iniziata, in moltissime realtà non sono state ancora effettuate le nomine dei supplenti annuali e per le classi di concorso dove le graduatorie ad esaurimento sono esaurite (come per esempio matematica) i supplenti annuali riusciranno ad arrivare solo a ottobre;
   laddove una classe rimanga temporaneamente sguarnita, si dovrà quindi procedere a supplenza da graduatoria di istituto fino all'avente diritto, in attesa di poter disporre di una supplenza annuale;
   il nuovo sistema degli ambiti territoriali e della chiamata diretta del dirigente scolastico ha penalizzato ancora di più le aree geografiche e le scuole più fragili, dove oggi si concentrano la maggior parte dei posti scoperti;
   a complicare il quadro sarà l'esito del concorso recentemente bandito, che sta faticosamente procedendo tra ritardi e problemi, e che comporterà l'immissione in ruolo di molti docenti ad anno scolastico avviato e quindi un ulteriore cambio di insegnante per molti alunni;
   per i più sfortunati, si potrebbe arrivare a cambiare 4 docenti in un anno, a parte le supplenze temporanee, con le ovvie conseguenze in termini di qualità dell'apprendimento;
   tutte queste conseguenze erano insite nelle previsioni della «Buona Scuola» e nelle modalità di svolgimento del concorso, senza tuttavia che il Governo abbia mai voluto prenderle in considerazione;
   si è quindi riusciti nel non facile compito di costringere lavoratrici e lavoratori della scuola a trasferimenti a centinaia di chilometri di distanza, senza garantire nemmeno la piena e immediata copertura delle cattedre, e quindi senza tutelare né i diritti dei lavoratori né quelli degli studenti;
   di fatto, per moltissime classi la scuola inizierà in modo regolare con quasi un mese di ritardo rispetto all'inizio della frequenza –:
   se il quadro sopra descritto risponda a verità e quali siano i numeri effettivi di corsi di insegnamento privi di una situazione stabile al 14 settembre 2016;
   quali conseguenze abbia tratto la Ministra da quella che appare all'interrogante una partenza tanto falsa e come intenda operare per garantire una migliore organizzazione futura. (4-14214)


   CIRACÌ, MARTI, FUCCI e LATRONICO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento alle ampie discussioni in corso in ambiti sia musicali che politici sul destino della riforma dei conservatori musicali, appare opportuno sottolineare e chiarire l'aspetto legato alla presenza o meno dei corsi preaccademici nel futuro della formazione accademica italiana. Si tratta di una questione non burocratica ma sostanziale e molto complessa, sia dal punto di vista didattico-professionale che per le vaste implicazioni e conseguenze che una tale scelta può comportare sulla sopravvivenza stessa dei conservatori medio-piccoli. Uno dei punti di merito e distinzione dei conservatori italiani rispetto ad altri Paesi è proprio la presenza di una visione unitaria dell'insegnamento della musica, per studenti e docenti, che coinvolge lo studente dall'infanzia all'università, in un contesto già professionale, e in parte con caratteristiche ancora di artigianato;
   dovrebbe essere evidente che, sia la scuola media ad indirizzo musicale che il liceo musicale, non possano e non debbano sostituire il conservatorio ai fini di una formazione veramente professionale, possedendo finalità completamente diverse; altrettanto notorio dovrebbe essere che non esistono attualmente istituzioni alternative già pronte che possano sostituire i conservatori nei corsi preaccademici, magari a costo zero, come si usa dire oggi per la cultura. Uno dei punti sui quali si cade in equivoco è quello legato al livello di insegnamento impartito nella prima fascia dei corsi preaccademici, che va dagli 8 ai 14 anni, che viene erroneamente associata alle scuole inferiori primarie e secondarie e che per tale ragione comprometterebbe, secondo alcuni, la dimensione «universitaria» del conservatorio. Tuttavia non si considera che in Italia, anche nella prima fascia dei corsi preaccademici, la natura dell'insegnamento è già professionale, e al momento non vi sono alternative altrove;
   per la ragione di cui in premessa, è fondamentale che questi corsi vengano affidati a docenti «veri», di ruolo e di provata esperienza e professionalità: rappresentando proprio questa fase l'insegnamento fondante e fondamentale per la formazione professionale di un musicista;
   l'abolizione dei preaccademici dai conservatori creerebbe discontinuità didattica e professionale e danneggerebbe anch'essa gravemente una formazione veramente professionale che, data la natura della musica classica e colta, deve essere iniziata necessariamente nel periodo dell'infanzia; non a caso la presenza di una visione unitaria dell'insegnamento professionale della musica è sempre stato uno dei punti di forza dei conservatori italiani che, ad esempio, manca all'estero e che i francesi stanno cercando di riprendere dal nostro esempio;
   l'abolizione dei preaccademici dai conservatori provocherebbe il declassamento, l'accorpamento o la chiusura dei conservatori medio-piccoli che mancherebbero del numero sufficiente di allievi dei corsi superiori, privando la nostra nazione di un vero e proprio vivaio musicale;
   la chiusura, o declassamento, o accorpamento, della maggior parte dei conservatori in nome dei cosiddetti «politecnici delle arti», oltre ad annullare o danneggiare le complesse relazioni culturali che ogni conservatorio ha con il proprio territorio, danneggerebbe l'immagine complessiva dell'Italia, che è ancora oggi famosa nel mondo proprio per la sua storia musicale, e inoltre verrebbe distrutta o compromessa sia l'identità culturale che generale di molte realtà locali;
   i conservatori italiani rappresentano una istituzione storica, in alcuni casi secolare, di alto livello nell'insegnamento professionale della musica e di produzione artistica, fortemente legata al proprio territorio, alla propria identità e alla propria storia; questa presenza è fondamentale per lo sviluppo culturale di molte città medio-piccole, con conseguente rivalutazione anche del territorio circostante e ulteriore valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici;
   la maggior parte dei conservatori medio-piccoli favoriscono i rapporti internazionali in vari modi: presenza di studenti stranieri che portano indotto nelle città medio-piccole italiane e le fanno conoscere all'estero, collaborazioni istituzionali con le più importanti istituzioni all'estero, programmi «Erasmus», «Socrates», presenza di numerosi docenti di fama internazionale che in caso di chiusura si troverebbero nella condizione di doversi allontanare, scambi di studenti e docenti sia in Europa che con altri Paesi del mondo (in particolare Brasile, Cina, Corea del Sud, Giappone e U.S.A.) –:
   se corrisponda al vero la notizia dell'intenzione del Ministro interrogato di decretare la fine dell'esperienza dei preaccademici dei conservatori, arrecando un notevole danno a tutto il sistema della musica e dei conservatori italiani.
(4-14217)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il provvedimento n. 13400 del 2 agosto 2010 ha incluso nella graduatoria provinciale definitiva di Catania gli idonei al profilo di direttore dei servizi generali amministrativi per la partecipazione all'attività di formazione almeno 10 persone;
   la graduatoria è stata predisposta a seguito di test di accesso;
   nella stessa provincia fino all'anno 2015/2016 sono stati immessi in ruolo nel profilo di direttore dei servizi generali amministrativi tutti coloro (9 soggetti) che avevano completato la formazione prevista nella procedura concorsuale finalizzata alla mobilità professionale del personale amministrativo;
   l'11 agosto 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha emanato una nota con la quale determina le modalità dell'immissione in ruolo dei direttori dei servizi generali amministrativi per l'anno 2016/2017 prevedendo l'utilizzo di eventuali aspiranti ancora presenti nelle graduatorie o in altre graduatorie non ancora esaurite;
   la provincia di Catania avrebbe disponibilità di 3 posti per l'immissione in ruolo di direttore dei servizi generali amministrativi;
   il provveditore di Catania ha dichiarato (nota 13579 del 26 agosto 2016) che per questo profilo le graduatorie sono esaurite;
   la graduatoria provinciale definitiva degli idonei al profilo di direttore dei servizi generali amministrativi per la partecipazione all'attività di formazione risulterebbe essere non ancora esaurita –:
   se non ritenga coerente, con quanto sancito nei principi della «buona scuola» in merito alla scelta e alla valutazione del personale qualificato e competente da inserire nei posti apicali della scuola pubblica con economia di costi, l'attivazione della procedura di formazione per chi è ancora in graduatoria, possiede i titoli e ha superato i test di accesso;
   se non ritenga che considerare esaurita la graduatoria provinciale definitiva degli idonei al profilo di direttore dei servizi generali amministrativi per la partecipazione all'attività di formazione, penalizzerebbe chi oggi possiede una laurea, è in seconda posizione economica, ha effettuato sostituzione di un direttore dei servizi generali amministrativi per due anni e ha superato il test di accesso, ma attende da 6 anni solo la formazione (che potrebbe essere non necessaria per una persona che per due anni ha già svolto le funzioni di direttore dei servizi generali amministrativi);
   quali iniziative intenda assumere per evitare di penalizzare chi ha i titoli, il servizio e ha superato i test di accesso alla formazione per l'inclusione nella graduatoria provinciale definitiva degli idonei al profilo di direttore dei servizi generali amministrativi, in relazione al fatto che (se si ritenesse esaurita la graduatoria) verrebbe collocato nel ruolo di direttore dei servizi generali amministrativi chi ha semplicemente maggiore anzianità di servizio, ma che, con un solo anno di sostituzione nel profilo di assistente amministrativo o di direttore dei servizi generali amministrativi, di fatto, viene equiparato a chi possiede il titolo di laurea. (4-14221)


   CIRACÌ, MARTI, FUCCI e LATRONICO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   facendo seguito a quanto dichiarato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, nell'audizione al Senato del 21 giugno 2016, si richiama l'attenzione sulla questione del precariato nei conservatori di musica, affinché si giunga rapidamente ad una giusta risoluzione del pluridecennale problema dei precari con immissione in ruolo anche per coloro che rientrano nella legge n. 128 del 2013, secondo la disponibilità delle cattedre vacanti, dando così a questi docenti gli stessi diritti di quelli storici della legge n. 143 del 2004, già immessi in ruolo senza concorso;
   la riforma dei conservatori o il riordino degli istituti pareggiati dovrebbero essere preceduti dalla definitiva risoluzione della questione dei precari della legge n. 128 del 2013, anche considerato il fatto che tale condizione è in palese contrasto con il dettato dell'Unione europea, che limita la condizione di precariato continuativo ad un massimo di tre anni. Il Governo e il Parlamento darebbero in questo modo un segnale importante di serietà e onestà anche di fronte a musicisti che, costretti nel precariato per così lungo tempo, hanno subito negli anni un danno professionale e personale;
   a tutt'oggi sembrerebbe profilarsi l'ipotesi per cui i docenti della legge n. 128 del 2013 potrebbero essere sfavoriti nell'immissione in ruolo in favore di altre categorie di docenti degli istituti pareggiati che abbiano prestato servizio come supplenti selezionati con procedure diverse da quelle nazionali statali dei conservatori, avendo seguito percorsi differenti. Se si dovesse dar seguito all'immissione in ruolo di questa categoria di docenti senza concorso o procedura statale di reclutamento e senza la dovuta verifica del titolo di musicista, si cadrebbe in una disparità di trattamento a tutto svantaggio di coloro che sono reduci dalle procedure nazionali statali di durata pluridecennale sul reclutamento dei precari;
   quanto sopra si ripercuoterebbe negativamente anche sulla funzionalità e sull'organizzazione dei conservatori e sulla qualità dell'offerta, conservatori costretti a procedure e situazioni non chiare per un'altra generazione e con costi economici e artistici non prevedibili; ciò potrebbe apparire come il tentativo di riservare, un trattamento privilegiato alle istituzioni musicali non statali, con grave danno per i docenti precari della legge 128 del 2013;
   già nel 2014 si era verificata una disparità di trattamento fra i precari ex legge n. 143 del 2004, definiti dal Ministro Giannini «storici» (senza dare ragione o criterio per tale definizione), immessi in ruolo anch'essi senza concorso e senza particolari procedure, e i precari di cui alla legge n. 128 del 2013 definiti non storici. Per essere ammessi nella graduatoria della legge n. 143 del 2004 era stato allora necessario e sufficiente possedere 360 giorni di servizio, senza alcun riguardo ai titoli artistici, che sono stati utilizzati e valutati solo successivamente per graduare gli ammessi in graduatoria (non a caso allora circa 50 docenti risultarono possedere un punteggio artistico pari a zero); per essere ammessi nella graduatoria legge n. 128 del 2013 occorrevano invece 3 anni di servizio in conservatorio, conseguibili esclusivamente tramite procedure concorsuali ripetute più volte dai precari, e nelle quali era conditio sine qua non il raggiungimento di 24 punti di titoli artistici;
   se dovesse essere attuato nei termini su esposti quanto dichiarato dal Ministro nell'audizione al Senato del 21 giugno 2016 si verificherebbero, in aggiunta alle tante cause e ricorsi collettivi già in essere e allo stato di caos generale, ulteriori situazioni di conflittualità, che si ripercuoteranno, oltre che sul funzionamento dei conservatori, anche sul piano politico-istituzionale;
   i conservatori si trovano in una situazione di vacanza concorsuale dal 1990;
   i collegi dei docenti di quasi tutti i conservatori, all'unanimità, hanno fatto appello per una soluzione immediata al problema dei precari, che porta così tanto disordine e danneggiamento nell'organizzazione e gestione delle attività didattiche, causando l'insostenibilità dell'attività professionale –:
   se alla luce di quanto in premessa, rientri nelle intenzioni del Governo assumere iniziative per far sì che i precari di cui alla legge n. 128 del 2013 vengano immessi in ruolo già dal prossimo anno accademico 2016/17, tramite un atto straordinario, oppure tramite una norma transitoria da inserire, ove ne sussistano i presupposti, nell'imminente decreto del Presidente della Repubblica sul reclutamento, o in qualche altro modo. (4-14224)


   FRUSONE, BASILIO e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il numero di iscritti alla scuola di direzione d'orchestra per l'anno accademico 2015/2016 presso il Conservatorio di musica «L. Refice» di Frosinone è stata pari a 8 unità tra biennio e triennio;
   ciascuno studente avrebbe diritto da piano di studi approvato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a circa 40/50 ore di lezione individuale con l'orchestra;
   il Consiglio accademico approvava a maggioranza in data 10 settembre (così come da verbale del Consiglio accademico in atti del Conservatorio) un Piano generale delle attività 2015-2016 che predisponeva un numero minimo totale di 170 ore di presenza orchestra necessarie al corretto andamento didattico del corso, comprendendo in quelle ore tutti gli insegnamenti di COID/02 sia del triennio, che del biennio per l'anno in corso, tutti gli esami di profitto di tutte le sessioni, gli esami di ammissione per l'anno accademico 2016/2017, le lezioni concerto. Inoltre venivano anche predisposte n. 20 borse di collaborazioni (ciascuna di 170 ore) a tempo parziale per gli studenti strumentisti per le attività di sostegno all'orchestra sinfonica e n. 10 borse di collaborazione (ciascuna di 30 ore) a tempo parziale per studenti cantanti (voci miste) per l'espletamento degli insegnamenti comprendenti la parte lirica e gli esami;
   in data 7 gennaio 2016 veniva presentato dal docente titolare regolare programma didattico modulato su 170 ore d'orchestra che veniva approvato dal direttore, maestro Raffaele Ramunto;
   la prima convocazione era calendarizzata, così come da programma, per il giorno 22 febbraio 2016, ma la stessa data fu ingiustificatamente cancellata dal direttore, il quale ne proponeva altre per poi regolarmente cancellare anch'esse;
   furono inviate dal docente numerose sollecitazioni al direttore e al presidente dottor Domenico Celenza riguardanti il corretto funzionamento del corso e per la costituzione dell'orchestra, tra cui una lettera degli stessi studenti datata 15 marzo 2016, completamente inevasa;
   il comportamento del direttore non cambiava perpetuando in questo modo un'azione lesiva verso gli studenti iscritti regolarmente al corso;
   in data 26 aprile 2016 il direttore comunicava verbalmente al docente di presunti tagli al bilancio che imponeva una riduzione del numero di ore di presenza dell'orchestra da 170 a 100 ore. Il docente procedeva dunque a rimodulare tutto il programma affinché non si danneggiasse oltremodo gli studenti, eliminando alcuni stage e brani per quanto già studiati durante le lezioni teoriche;
   tale programma veniva accolto dal direttore il quale convocava per la prima volta l'orchestra in data 23 maggio 2016 (inizio del primo stage 23/27 maggio 2016), a pochi giorni dalla fine del secondo (17 giugno 2016);
   in data 23 maggio 2016 e per i giorni a seguire di tutto il primo stage, compreso il saggio pubblico, gli studenti di direzione d'orchestra non potevano comunque svolgere regolari esercitazioni didattiche in quanto l'orchestra convocata dal direttore risultava sempre mancante di contrabbassi, timpani e di altri strumenti indispensabili per la corretta pratica orchestrale;
   in data 31 maggio 2016 veniva recapitata al direttore e al presidente una lettera scritta da parte del docente e dagli allievi, per segnalare l'urgenza di una corretta convocazione dell'orchestra, sottolineando il danno agli studenti;
   nella missiva si evidenziava anche l'esborso di denaro effettuato relativo all'orchestra, la quale non essendo stata utilizzata per i fini didattici, avrebbe potuto esporre l'istituto a danno erariale relativo alla spesa comunque effettuata;
   nessuna risposta fu data dal direttore Ramunto, né dal presidente Celenza;
   in data 6 giugno 2016 iniziava il secondo stage e la situazione di inadempienza non cambiava. Il direttore continuava a convocare l'orchestra sprovvista di molti strumenti fondamentali per le corrette esercitazioni pratiche degli studenti (totale assenza di contrabbassi, trombone, trombone basso, tuba. III e IV corno, flauto, I e II fagotto, 1 violino primo, triangolo, piatti, gran cassa, ottavino);
   in data 8 giugno 2016 veniva recapitata al direttore da parte del docente e dagli studenti una diffida ad adempiere ai suoi obblighi istituzionali firmata;
   in data 10 giugno 2016, venivano sospese le prove per ulteriore carenza di organico e veniva comunicato al direttore la rinuncia forzata al programmato saggio previsto per quel giorno;
   nella lettera inviata si rappresentava anche la negazione al diritto allo studio degli studenti e l'ulteriore danno erariale;
   in data 14 giugno 2016 veniva inviata, via posta elettronica certificata, e tramite consegna a mano, una lettera indirizzata proprio al Ministro interrogato, per segnalare la grave situazione dell'andamento didattico del Conservatorio di Frosinone «L. Refice», che comprometteva la portata a compimento della sessione d'esami;
   in data 17 giugno 2016 si riuniva la commissione convocata dal direttore per espletare gli esami di «Direzione di gruppi strumentali e vocali (Laboratorio lirico musicale) III»;
   la commissione preposta, preso atto della totale assenza dei cantanti previsti obbligatoriamente per il succitato esame, preso atto dell'assenza di molti strumenti necessari al regolare funzionamento dell'orchestra, dichiarava di non poter esaminare i candidati;
   parimenti, in data 17 giugno 2016, preso atto che nello stage del 13-17 giugno 2016, destinato anche al rilascio dei crediti formativi per l'insegnamento del biennio di direzione d'orchestra «Laboratorio Lirico Musicale» I e II, vi era stata l'assenza totale dei cantanti e la mancanza di strumenti fondamentali per l'orchestra per tutta la durata dello stesso;
   tale anomala situazione ha provocato una formazione insufficiente degli studenti ai quali conseguentemente non sono stati rilasciati dal docente i crediti formativi per l'insegnamento menzionato;
   si palesava inoltre il rischio di non portare a compimento anche gli esami di «Concertazione e Direzione di repertori Sinfonici e del Teatro Musicale» III (triennio) e «Prassi esecutiva e repertorio lirico, e sinfonico» I e II (biennio), in quanto anche in questi casi il direttore continua convocare l'orchestra sprovvista di molti strumenti fondamentali per le corrette se pur minime esercitazioni pratiche degli studenti di direzione d'orchestra;
   di tale situazione venivano informata, in data 21 giugno 2016 – anche la direzione e la presidenza del Conservatorio di musica di Frosinone nella persona del dottor Domenico Celenza;
   in data 7 settembre 2016, non essendo pervenuta alcuna notizia in merito alla grave situazione didattica amministrativa e essendo prossima la sessione autunnale degli esami di profitto, il docente presentava una nuova istanza al direttore, al presidente del conservatorio e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per chiedere la disposizione urgente di un piano di intervento per permettere agli studenti prima il regolare svolgimento degli insegnamenti e poi i relativi esami propedeutici per alcuni di loro alla laurea triennale in direzione d'orchestra, e per altri alla laurea specialistica di II livello in direzione d'orchestra;
   in data 7 settembre 2016 il direttore pubblicava sul sito del Conservatorio il calendario d'esami della sessione autunnale, inserendo anche gli esami di «Direzione di gruppi strumentali e vocali – Laboratorio Lirico Musicale li (Triennio di Direzione d'Orchestra) e «Laboratorio Lirico Musicale I e Io (Biennio di Direzione d'Orchestra), sebbene mai si fossero svolti regolarmente gli insegnamenti. Inoltre lettore nella modalità di nomina della commissione, violava, a giudizio degli interroganti, l'articolo 3, comma 2, del regolamento didattico del Conservatorio di Frosinone, approvato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (prot. N. 671 C/4 A del 28 gennaio 2011) concernente la costituzione delle commissioni degli esami di profitto;
   in data 8 settembre 2016 veniva inviata al direttore, al presidente del Conservatorio e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca da parte del docente lettera di diffida per l'immediata modifica dei calendario esami sessione autunnale anno accademico 2015/16, nuovo ordinamento prot. N.4492/03 del 7 settembre 2016, in quanto nessun insegnamento oggetto di esame si era ancora svolto nel presente anno accademico per l'assenza totale dei cantanti e di gran parte dell'orchestra, come denunciato da sempre in tutti gli atti precedenti;
   in data 8 settembre 2016, con lettera prot. n. 4563/A2 il direttore modificava la commissione, violando ancora l'articolo 3, comma 2, del regolamento didattico del Conservatorio senza però predisporre, ad oggi, nessun piano di recupero per il mancato svolgimento degli insegnamenti preparatori agli stessi esami –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   quali urgenti iniziative intenda porre in essere volte al ripristino immediato di un regolare e corretto percorso formativo e che rimedino alla gravissima situazione degli studenti dell'anno 2015/16 privati della formazione a cui avevano diritto;
   si intenda valutare se sussistano i presupposti per promuovere un'ispezione in relazione ai gravissimi fatti enunciati in premessa con conseguente valutazione in ordine all'eventuale rimozione del presidente dall'incarico. (4-14228)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, per sapere – premesso che:
   con riferimento a quanto previsto dal decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24, di attuazione della direttiva europea 2011/36/11E, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani, il Consiglio dei ministri, anche se con un ritardo di quattro anni, ha approvato in data 26 febbraio 2016 il testo definitivo del «piano nazionale contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani»;
   la regione Liguria, nella persona del suo presidente, Giovanni Toti, non ha presentato nei tempi stabiliti dal bando, la documentazione atta a richiedere i finanziamenti stanziati dal Governo per «Progetti di assistenza a favore delle vittime di tratta»;
   nella regione citata, i progetti di lotta alla tratta sono attivi dal 2000 attraverso un sistema integrato che coinvolge sia enti pubblici che realtà del terzo settore. Un intervento mirato, considerato d'eccellenza da parte del Parlamento europeo e dal Ministero della giustizia, che ha garantito un aiuto reale a più di 1600 donne in difficoltà e le ha aiutate a costruirsi una vita migliore;
   purtroppo, a causa della grave dimenticanza da parte della regione, tutti i progetti inerenti all'assistenza a favore delle vittime di tratta sono cessati nell'agosto 2016;
   il bando per l'assegnazione dei fondi – emanato dal Dipartimento per le pari opportunità il 10 giugno 2016 – risulta agli interpellanti essere in palese contraddizione con le previsioni del piano nazionale, poiché lo stesso ha perfino introdotto nuovi criteri di valutazione che si sono dimostrati inadeguati: su 28 progetti presentati, il dipartimento per le pari opportunità ne ha approvati e finanziati solo 18;
   inoltre, il piano nazionale, prevede un'azione anti-tratta coordinata per tutto il Paese, che andrà a penalizzare la gestione e l'autonomia della progettualità su base regionale andando ad inficiare i risultati raggiunti attraverso il bando;
   il problema, comunque, risulta travalicare i confini regionali; dai finanziamenti sono state escluse anche altre regioni, oltre alla Liguria, come il Piemonte, la Valle d'Aosta, la Sardegna e la parte orientale della Sicilia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritenga opportuno dover assumere iniziative volte ad individuare le risorse necessarie atte a finanziare tutti i progetti anti-tratta esclusi per via della mancata partecipazione al bando;
   se non ritenga di dover rivedere il sistema di finanziamento per bandi, optando per un sistema di servizi con una distribuzione territoriale dei fondi sulla base dell'entità del fenomeno suffragato da un attento monitoraggio dei risultati, come previsto dal piano nazionale licenziato a febbraio 2016.
(2-01467) «Pastorino, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pisicchio».

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, DI VITA, NESCI, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e COLONNESE. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 22 settembre 2016 è stato istituito, dal Ministero della salute, il primo « Fertility Day», giornata nazionale annuale, che rappresenta il punto centrale delle iniziative previste dal piano nazionale della fertilità per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica sul tema della prevenzione dell'infertilità e quindi della salute sessuale e riproduttiva di donne e uomini;
   il fertility day è stato preceduto da una campagna pubblicitaria volta ad incentivare le donne affinché facciano figli il prima possibile: uno dei manifesti pubblicitari dell'iniziativa mostra infatti una ragazza che tiene in mano una clessidra, mentre accanto a lei c’è scritto «La bellezza non ha età. La fertilità sì», in un altro c’è l'immagine del rubinetto con una goccia acqua con scritto «la fertilità è un bene comune»;
   le ragioni del piano nazionale della fertilità possono essere ricercate nei dati di natalità registrati nel 2015, circa 488 mila nascite, quindicimila in meno rispetto al 2014. Si tratta del minimo storico mai raggiunto dallo Stato italiano. Per trovare dati simili bisogna tornare al 1917-18, quando una buona fetta di popolazione maschile in età fertile era al fronte, nelle trincee;
   secondo ricerche sociologiche che hanno analizzato i mutamenti della fecondità nei Paesi avanzati, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro ha prodotto un nuovo equilibrio tra desideri di maternità e di realizzazione professionale. Gli effetti complessivi sulla fecondità della partecipazione della donna al mondo del lavoro non sono scontati, ma dipendono dall'esistenza di politiche pubbliche a sostegno della maternità e della genitorialità. La maggiore difficoltà di combinare maternità e lavoro sfavorisce la fecondità nei Paesi che non adottano politiche di sostegno alla famiglia, mentre elevati tassi di disoccupazione femminile potrebbero disincentivare le scelte di procreazione se le donne percepiscono la maternità come aggravante del rischio di esclusione da un mercato del lavoro strutturalmente poco accogliente nei loro confronti (si vedano al proposito gli scritti di R. Bartoletti);
   quanto appena descritto trova conferma nel modello Francese, infatti la Francia è il Paese che vanta il tasso di natalità più alto in Europa: 2,1 figli per donna ed è al quarto posto nella classifica della Cnn dei Paesi dove è più facile vivere da mamma e papà;
   le donne francesi, come si riporta su European Platform for Investing in Children dell'Unione europea, sono incentivate a non lasciare il lavoro per occuparsi dei figli e il tasso di occupazione femminile tra le francesi è superiore al 60 per cento (in Italia è circa il 46 per cento). I bimbi però hanno accesso agli asili nido sin da quando hanno solo due mesi. Una scelta a cui le francesi ricorrono spesso, tanto che 4 bimbi su dieci sotto i due anni vengono affidati a qualche servizio per l'infanzia (in Italia, secondo il rapporto della Commissione europea Eurydice ha accesso al nido solo un bimbo su 10) e 9 su dieci di quelli tra 3 e 6 frequenta la scuola materna. Non mancano in Francia gli aiuti alle puerpere, con infermiere che visitano la neomamma a domicilio per aiutarla nell'allattamento e nelle prime cure del neonato (ANSA);
   dall'indagine conoscitiva presentata dall'Istat, 8 ottobre 2015, alla XI Commissione «Lavoro Pubblico e privato» della Camera, emerge che le generazioni più giovani che continuano a essere interessate da significative disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro. Il tasso di interruzione dell'attività lavorativa per motivi familiari, che coinvolge il 22,4 per cento delle donne con meno di 65 anni (contro il 2,9 per cento degli uomini), sale al 30 per cento tra le madri ed è elevato anche tra le generazioni nate dopo il 1964, per le quali supera il 25 per cento. Oltre la metà delle interruzioni è dovuta alla nascita di un figlio. Se si considerano le neo madri per effetto della crisi economica, la quota di occupate che in corrispondenza di una gravidanza hanno lasciato o perso il lavoro è salita nel 2012 al 22,3 per cento (dal 18,4 per cento del 2005). Il problema delle interruzioni del lavoro è critico per le donne perché si traducono in uscite prolungate di almeno 5 anni nel 60 per cento dei casi. Oltre ad avere più interruzioni per motivi familiari, i percorsi lavorativi delle donne sono più spesso caratterizzati da lavori atipici: tra gli occupati, di età compresa tra i 16 e i 64 anni nel 2009 solo il 61,5 per cento delle donne ha avuto un percorso interamente standard, contro il 69,1 per cento degli uomini. Inoltre, dagli anni ’90 è progressivamente aumentato il part-time femminile (dal 21 per cento del 1993 al 32,2 per cento del 2014), con conseguenti minori livelli medi di retribuzione e importi più bassi dei contributi versati. A ciò va aggiunto che la quota delle lavoratrici irregolari è superiore a quella maschile, con un valore pari all'11,1 per cento contro l'8,9 per cento (Media triennio 2010-2012). Infine, l'Italia continua a essere un Paese caratterizzato da un'elevata asimmetria dei ruoli nella coppia (il 72 per cento delle ore di lavoro di cura della coppia con figli sono svolte dalle donne), da una bassa offerta dei servizi per l'infanzia e una crescente difficoltà di conciliazione, soprattutto per le neomadri (dal 38,6 per cento del 2005 al 42,7 per cento del 2012). I differenziali di genere nelle pensioni non verranno colmati fintanto che non saranno superate le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro, nell'organizzazione dei tempi di vita, e non sarà disponibile una rete adeguata di servizi sociali per l'infanzia;
   un'indagine condotta dal Censis e dalla Fondazione Ibsa per la ricerca scientifica del 1o ottobre 2014, dal titolo «Diventare genitori oggi: indagine sulla fertilità/infertilità in Italia» e presentata anche alla Camera dei deputati, in riferimento al peso della dimensione economica sulla fertilità e l'insufficienza delle politiche pubbliche, rileva che «l'87,7 per cento degli intervistati afferma che oggi in Italia si fanno pochi figli, anche in questo caso in linea con i dati ufficiali che segnalano l'ulteriore drastica caduta della natalità nel 2013, anno nel quale il tasso di natalità si ferma all'8,5 per 1.000 abitanti, rispetto al 9,0 per 1.000, che corrisponde ad una diminuzione consistente delle nascite, –3,7 per cento rispetto al 2012. Un fenomeno che viene spiegato essenzialmente da motivazioni di tipo economico tra cui prevale il peso della crisi economica attuale, che per circa la metà degli intervistati è tra le principali cause della scarsa propensione ad avere figli degli italiani. Inoltre l'83,3 per cento afferma che la crisi ha comunque una rilevanza poiché rende più difficile la scelta di avere un figlio anche per chi Io vorrebbe, aspetto sottolineato in misura maggiore proprio tra i più giovani fino a 34 anni (90,6 per cento), che sono contemporaneamente coloro che più subiscono l'impatto della crisi e sono maggiormente coinvolti nella decisione della procreazione»;
   l'indagine Censis succitata evidenzia altresì che alla domanda su quale dovrebbe essere il ruolo delle politiche familiari rispetto alla scelta di avere un figlio «il 60,7 per cento del campione ritiene che se migliorassero gli interventi pubblici, in grado di aiutare i genitori su vari fronti (attraverso sussidi, disponibilità di asili nido, sgravi fiscali, borse di studio, orari di lavoro più flessibili, possibilità di permessi per le esigenze dei figli, ecc.), le coppie sarebbero più propense ad avere figli» e della necessità di un più efficace intervento pubblico sono particolarmente convinti gli intervistati dai 35 ai 49 anni ovvero coloro che più probabilmente si trovano a confrontarsi con la scelta o le responsabilità della genitorialità. Solo il 35 per cento degli intervistati nega invece l'incidenza di tali politiche e si tratta soprattutto dei più giovani che spesso non sono ancora genitori;
   la medesima indagine Censis rileva che, secondo il parere degli intervistati, le politiche pubbliche a sostegno della famiglia sulle quali il Governo dovrebbe intervenire per sostenere le coppie nella scelta di avere un figlio, sono per il 70,6 per cento degli intervistati gli sgravi fiscali ed aiuti economici ed il 56 per cento fa riferimento ad un sostegno ai costi per l'educazione dei figli (come rette scolastiche, servizi di mensa o di trasporto) e il 67 per cento ritiene che debbano essere potenziati i servizi per la prima infanzia, come gli asili nido –:
   se, alla luce di quanto esposto in premessa, il Governo non intenda avviare un piano di politiche sociali che consenta alle donne di conciliare il lavoro con la famiglia;
   quali siano le politiche sociali attualmente attive a sostegno dei servizi sociali per l'infanzia e per le donne, e se si ritenga che le stesse siano adeguate e sufficienti a risolvere il problema della denatalità;
   quali politiche pubbliche di sostegno economico alla famiglia siano attive e quali ulteriormente si intendano attivare per sostenere le coppie nella scelta di avere un figlio, con particolare riferimento agli sgravi fiscali, agli aiuti economici o a forme di integrazione del reddito, al sostegno dei costi per l'educazione dei figli (come rette scolastiche, servizi di mensa o di trasporto) e al potenziamento dei servizi per la prima infanzia, come gli asili nido;
   se si ritenga che la riduzione del numero delle nascite in Italia sia da attribuire, come emerge dal piano nazionale della fertilità, alla «persistenza di un'attitudine adolescenziale dei giovani» o ad «diffuso un ripiegamento narcisistico sulla propria persona», ciò renderebbe necessario un aiuto psicologico rivolto alle giovani d'oggi piuttosto che politiche sociali attive volte a conciliare la maternità con il lavoro. (5-09498)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi sono state denunciate esalazioni maleodoranti nel comune di Falconara marittima;
   molti residenti, investiti dalla scia nauseabonda hanno chiamato i numeri per le emergenze ambientali di Falconara e Ancona;
   a Villanova i turisti hanno chiamato carabinieri, vigili del fuoco e vigili urbani, per effettuare segnalazioni, direttamente dalla spiaggia, dove erano presenti famiglie con bambini e molti giovani, perché si stavano disputando partite di beach volley;
   l'onda puzzolente si è sentita fino al Centro E. Bignamini, avvertita da degenti e personale in servizio;
   molte associazioni hanno cercato di capire e investito del caso l'ARPA Marche, affinché accertasse le cause di questo fenomeno;
   i disturbi denunciati dai residenti riguardavano bruciori di gola e agli occhi;
   dai sopralluoghi delle forze dell'ordine si è arrivati alla raffineria API;
   da molti anni la convivenza tra la raffineria e la comunità è conflittuale –:
   se siano in grado di escludere che l'esposizione a queste esalazioni maleodoranti possa provocare danni per la salute dei cittadini e, soprattutto, dei bambini;
   se risulti se questo fenomeno sia legato a un processo produttivo o si sia verificato per un incidente dovuto a errore umano;
   se fosse vero, come il tam tam di questi giorni afferma, che il fenomeno è stato avvertito per lo sversamento in mare del carico (o parte del carico) di una nave cisterna, quale sia il rischio che corre l'ambiente marino circostante, visto che lungo la costa ci sono aree balneabili, parchi marini e una consistente fetta dell'economia marchigiana si basa sulla pesca. (4-14222)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta orale:


   LENZI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps ha pubblicato in data 16 novembre 2015 un «Avviso di selezione pubblica, mediante richiesta di disponibilità, per il reperimento di un contingente di 900 medici, prioritariamente specialisti in medicina legale e/o in altre branche di interesse istituzionale, cui conferire incarichi professionali a tempo determinato finalizzati ad assicurare l'espletamento degli adempimenti medico legali delle UOC/UOS centrali e territoriali» al fine di rinnovare gli incarichi ai medici convenzionati esterni;
   è dal 2009 che l'Inps procede a questi bandi per l'individuazione di medici a cui affidare incarichi liberi professionali con le stesse mansioni di medici interni; a questi bandi hanno sempre potuto partecipare anche i medici in lista Inps, cosiddetti medici fiscali, a maggior ragione dopo la drastica riduzione delle risorse e delle visite fiscali;
   nel bando sono previste una lunga serie di incompatibilità che sarebbero comprensibili, forse, a fronte di una assunzione stabile piuttosto che un incarico precario annuale e in particolare: «Saranno escluse le domande di coloro che, già appartenenti ai ruoli di Amministrazioni Pubbliche e collocati in quiescenza, abbiano svolto, nel corso dell'ultimo anno di servizio, funzioni e attività medico legali in ambito previdenziale e/o assistenziale con un rapporto di lavoro a tempo indeterminato»;
   inoltre: «Sono tuttavia incompatibili con l'assunzione dell'incarico, i medici che si trovino, al momento della sottoscrizione del contratto, in una delle seguenti situazioni: esercitino l'attività di medico di medicina generale o di medico pediatra convenzionato con il SSN presso il territorio ove si dovrebbe svolgere l'incarico; esercitino un incarico analogo a quello oggetto della selezione presso Commissioni mediche in ambito previdenziale e/o assistenziale anche se in qualità di Rappresentante di Associazione di Categoria, indipendentemente dall'ambito territoriale; effettuino consulenze tecniche di parte, sia con riferimento ad incarichi in corso di espletamento all'atto della sottoscrizione del contratto che con riferimento ad incarichi da conferirsi, per conto e nell'interesse di privati, attinenti all'attività dell'INPS ovvero consulenze tecniche d'ufficio nei procedimenti giudiziari nei quali l'INPS figura quale legittimato passivo; svolgano o presentino la propria candidatura per incarichi politici o amministrativi, presso organi o enti territoriali e/o nazionali, cariche pubbliche elettive, incarichi governativi, mandato parlamentare; svolgano e abbiano svolto qualsiasi forma di collaborazione con CAF e Patronati negli ultimi tre anni»;
   l'articolo 17 della legge 124 del 2015, comma 1, lettera l), recita: «l) riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione all'Istituto nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l'effettuazione degli accertamenti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle predette funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e con la previsione del prioritario ricorso alle liste di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni»;
   il documento approvato all'unanimità in data 27 maggio 2014 dalla Commissione XII «Affari Sociali» della Camera dei deputati a conclusione dell'indagine conoscitiva sull'organizzazione dell'attività dei medici che svolgono gli accertamenti sanitari per verificare lo stato di salute del dipendente assente per malattia» recita: «Appare infine utile il percorso di fidelizzazione del personale sanitario anche attraverso il ricorso alla professionalità del medesimo, verificando ad esempio la possibilità che siano chiamati a partecipare alle commissioni per certificazioni di invalidità e, da ultimo, l'esclusione dalle suddette liste di chi è già in quiescenza»;
   l'avviso pubblico citato mira a creare un altro bacino di medici legali precari composto da 900 unità che si va aggiungere ai 1200-1300 medici legali con funzione di medicina fiscale; questo non può che far scadere la qualità del lavoro svolto;
   alcuni sindacati medici hanno preannunciato ricorsi e lo stesso ordine dei medici Fnmonceo, a quanto consta all'interrogante, ha scritto al presidente dell'Inps chiedendo il ritiro del bando –:
   se le incompatibilità indicate nell'avviso pubblico siano conformi con quanto previsto dalla recente normativa in tema di assunzioni e in tema di incompatibilità;
   se ritenga opportuna la creazione di una così vasta area di medici precari e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (3-02490)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE, CUOMO e BATTAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 26 maggio 2016 presso il Ministero dello sviluppo economico fu raggiunta una intesa in merito alla vertenza Coopbox con il ritiro da parte dell'azienda della revoca del contratto di secondo livello;
   in data 12 settembre 2016 a distanza di pochi mesi le organizzazioni sindacali denunciano la mancata erogazione ai lavoratori del premio di produzione fisso e la conseguente disdetta dei contratti integrativi e di elementi di retribuzioni individuali che disattendono in maniera unilaterale l'intesa raggiunta proprio in sede ministeriale;
   sono note le preoccupazioni che derivano dalla delicata situazione finanziaria di CCpl e dalla sanzione comunitaria che incombe proprio su Coopbox, ma è del tutto evidente che la soluzione non può essere quella di far pagare il conto ai lavoratori;
   a seguito di tale decisione è stato proclamato uno stato di agitazione ed è stato indetto uno sciopero –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda attivare con rapidità al fine di riconvocare urgentemente il tavolo di confronto in sede ministeriale con l'obiettivo di risolvere la questione relativa ai contratti integrativi e ai premi di produzione, nonché per affrontare il futuro produttivo degli stabilimenti di Bibbiano e Ferrandina che riguarda oltre 250 lavoratori. (5-09500)


   SANI e DALLAI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, ha previsto l'individuazione di impianti pilota di centrali geotermoelettriche a media ed alta entralpia;
   per tali tipologie di impianti l'autorità competente (come disposto dall'articolo 3, comma 2-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22) «è il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che acquisiscono l'intesa con la Regione interessata»;
   uno dei luoghi prescelti è «Montenero», situato nel comune di Castel del Piano (in provincia di Grosseto); il progetto è stato realizzato dalla società GESTO Geothermal Italy e prevede la costruzione di 6 pozzi (tre produttivi e tre reiniettivi) e dall'impianto Orc di potenza 5 megawatt collegato alla linea elettrica nazionale;
   l'amministrazione comunale di Castel del Piano, mai peraltro interpellata direttamente dal soggetto gestore, ha ribadito in numerose occasioni alle autorità competenti per legge, anche attraverso l'approvazione di una apposita delibera, l'avversità alla realizzazione di tale struttura che «si pone in aperto ed insanabile contrasto con le linee di sviluppo del territorio perseguite sia dalla pubblica amministrazione che dai soggetti privati, che oggi esprimono eccellenze ambientali, culturali e produttive di rilievo internazionale e che sono frutto di ingenti investimenti e fonte di redditività non comparabile con quella prevista dalla costruzione e gestione dell'impianto di Montenero». Perplessità sono state espresse anche dal tessuto sociale ed economico territoriale;
   l'impianto pilota denominato «Montenero» si inserisce infatti in un territorio ad alto valore paesaggistico legato all'agricoltura e alla valorizzazione dei prodotti tipici, di pregio e certificati (doc e docg vino Montecucco, dop olio extravergine di oliva Seggiano, docg Brunello di Montalcino, igt castagna dell'Amiata, igp fungo del monte Amiata, pef legname del bosco, dop pecorino toscano). Nell'area sono stati realizzati negli ultimi anni diverse centinaia di milioni di investimenti, prevalentemente nei settori vitivinicolo, olivicolo e agrituristico, con il recupero di un patrimonio storico – urbanistico di grande prego che ha restituito una forte identità al paesaggio rurale dell'area, creando anche centinaia di posti di lavoro nel settore alimentare di qualità;
   le criticità espresse dal comune di Castel del piano hanno carattere ambientale, paesaggistico, sociale ed economico. Nel dettaglio, è stato evidenziato che neo studio ambientale realizzato dalla società GESTO Geothermal Italy non sono stati valutati attentamente:
    rischi sismici: il territorio dove risiede l'impianto è classificato dalla regione Toscana «Zona sismica 3» e non sono stati valutati approfonditamente i potenziali rischi sismici connessi all'attività di reiniezione dei fluidi geotermici;
    rischi sulla salute pubblica e rischi ambientali: non sono stati presi in considerazione i dati dell'area interessata dall'impianto relativi ad analisi chimico – fisiche di acqua, aria, suolo e acustici;
   rischi sull'economia locale: non vengono chiariti gli aspetti degli impatti sull'economia e sulla pianificazione locale legata al sistema agro alimentare e della capacità tecnico – finanziaria per l'ottimale utilizzazione della risorsa mineraria;
    rischi per la stabilità delle infrastrutture viarie: le strade territoriali sono continuamente soggette a cedimenti determinati dalla scarsa permeabilità del terreno argilloso che determina accumulo di acqua e conseguentemente indebolimento del fondo stesso. I lavori per la centrale, che prevedono interventi idrici, possono aumentare il rischio di ulteriori cedimenti;
    rischi di incompatibilità con le norme vigenti: il progetto pilota di Montenero si colloca in evidente contrasto con alcuni strumenti regionali come il Pit ed il Paer;
   il Comune di Castel del piano ha inoltre evidenziato ufficialmente alle autorità competenti «l'apparente insussistenza in capo al soggetto proponente delle caratteristiche industriali e finanziarie necessarie alla ottimale utilizzazione della risorsa mineraria, come previsto dell'articolo 7, comma 1, lettera g) decreto del Presidente della Repubblica 27 maggio 1991, n. 395, applicabile alla presente procedura nelle more dell'emanazione delle Linee Guida di cui all'articolo 17 del decreto legislativo n. 22 del 2010. Tale decreto prevede che alla domanda deve essere allegata, tra le altre cose, una relazione dalla quale risultino le esperienze già acquisite dal richiedente nelle attività minerarie ed in particolare nel settore geotermico. Dalla documentazione pervenuta non risulta che la società GESTO abbia fornito elementi chiarificatori di quanto richiesto»;
   in data 31 agosto 2016 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato l'autorizzazione via al progetto di Montenero, mentre devono ancora ad oggi esprimersi la regione Toscana ed il Ministero dello sviluppo economico;
   va inoltre aggiunto, in questo contesto, che impianti pilota di centrali geotermoelettriche a media ed alta entralpia potrebbero essere realizzati in altri territori della zona a cavallo delle province di Siena e Grosseto, come quello in località «Casa del Corto» (comune di Piancastagnaio, provincia di Siena) e in località «Lucignano» (comune di Radicondoli, provincia di Siena) –:
   se i Ministri interrogati in relazione a quanto espresso in premessa, ritengano che la realizzazione di un impianto geotermico possa coesistere con le vocazioni e le peculiarità sociali, economiche e produttive, come quelle presenti nella località Montenero, e se il progetto presentato da GESTO corrisponda pienamente alle norme vigenti, a partire dai requisiti richiesti al soggetto gestore. (5-09503)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Vito e altri n. 1-01346, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ravetto.

Ritiro di documenti di indirizzo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   mozione Cariello n. 1-00667 del 13 novembre 2014;
   risoluzione in Commissione Bratti n. 7-00816 del 16 ottobre 2015;

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Ferrara n. 4-09225 del 18 maggio 2015;
   interpellanza Francesco Saverio Romano n. 2-01443 del 29 luglio 2016;

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Lenzi n. 5-07077 del 24 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02490.