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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 14 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VI e X,
   premesso che:
    le imprese del tessile, per realizzare le collezioni annuali (ovvero il campionario), devono investire in ricerca, studi e idee; questo comporta di dedicare a ciò notevoli risorse; alcuni studi hanno quantificato un impegno economico fino 7 per cento del fatturato ma che può arrivare per le imprese di minori dimensioni anche oltre il 7 per cento;
    con tutta evidenza si tratta di un onere per le imprese del tessile quasi insostenibile, ma necessario in quanto il settore del tessile basa la capacità di stare sul mercato su modelli sempre innovativi, per questo motivo a partire dal 2006 sono stati approvati numerosi provvedimenti finalizzati al sostegno delle imprese attraverso appositi crediti di imposta;
    l'articolo 1, commi da 280 a 284, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la legge finanziaria 2007, ha previsto una misura fiscale sotto la forma di credito di imposta dal 10 per cento al 15 per cento dei costi sostenuti con il limite di 15 milioni di euro per periodo di imposta;
    con l'articolo 2, comma 66, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, si è proceduto ad elevare al 40 per cento la misura del credito d'imposta per i costi di ricerca e sviluppo relativi ai contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca, elevando a 50 milioni di euro per periodo d'imposta l'importo sul quale applicare il credito d'imposta;
    con l'articolo 4, commi dal 2 al 4, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, è stata prevista la detassazione del valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, finalizzate alla realizzazione di campionari, detto «bonus campionari» per quelle imprese con attività produttive classificabili nelle divisioni 13 o 14 della tabella ATECO 2007, in quanto l'attività di studio, ideazione e realizzazione delle collezioni da parte delle imprese dell'abbigliamento, è stata riconosciuta come un'attività di ricerca industriale e sviluppo pre-competitivo poiché la funzione di ricerca e sviluppo svolta dalle imprese di abbigliamento per la realizzazione di prodotti che seguono evoluzione della moda e questo comporta l'utilizzo di notevoli risorse che determinano la possibilità per l'impresa di restare sul mercato e salvaguardare i livelli occupazionali;
    con la legge 21 febbraio 2014, n. 9, di conversione con modificazioni, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, recante interventi urgenti di avvio del piano «Destinazione Italia», per il contenimento delle tariffe elettriche e del gas, per la riduzione dei premi RC-auto, per l'internazionalizzazione, lo sviluppo e la digitalizzazione delle imprese, nonché misure per la realizzazione di opere pubbliche ed EXPO 2015, è stato introdotto un credito di imposta per soggetti che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo promuovendo l'innovazione attraverso lo strumento dell'incentivo fiscale;
    il credito di imposta introdotto dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, non ha sortito alcun effetto reale per la mancanza di copertura finanziaria;
    infine, con l'obiettivo di incentivare gli investimenti e l'occupazione, con l'articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, legge di stabilità 2015, si è proceduto a sostituire l'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, che introduceva il credito di imposta per attività di ricerca in sviluppo, rinviando, ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l'individuazione di disposizioni per dare attuazione al credito d'imposta finalizzato al sostegno delle attività di ricerca e sviluppo;
    tra i costi ammissibili al credito d'imposta, l'articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015 sinteticamente prevede:
     a) i costi relativi al personale altamente qualificato, con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali o in rapporto di collaborazione con l'impresa;
     b) le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell'importo risultante dall'applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell'imposta sul valore aggiunto;
     c) le spese relative alla ricerca relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa;

    la circolare dell'Agenzia delle entrate n. 5/E del 16 marzo 2016, ha precisato che per la concreta individuazione, nel contesto delle suddette attività di ricerca e sviluppo, delle attività da considerare ammissibili nell'ambito dello specifico settore del tessile e della moda, valide, in linea generale, le indicazioni fornite dal Ministero dello sviluppo economico con la circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, che considera agevolabili, i costi sostenuti per svolgere le attività dirette alla realizzazione del contenuto innovativo di un campionario o delle collezioni e per la realizzazione dei prototipi, indicando in via orientativa come costi ammissibili: il lavoro del personale interno impiegato nelle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le prestazioni dei professionisti, le materie prime e materiali di consumo connessi alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi le lavorazioni esterne connesse alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le attrezzature tecniche specifiche;
    contrariamente a quanto accade in Paesi europei come la Francia che per il triennio 2013-2015 con il Cir (l'analogo strumento di credito di imposta per la ricerca francese, varato nel 1983) si è dotata di un fondo annuo di ben 5 miliardi di euro, in Italia le agevolazioni riconosciute sotto forma di credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo non hanno mai superato la cifra annua di 1 miliardo di euro;
    il settore tessile e calzaturiero è stato investito da una crisi derivante anche per l'aumentato impatto della concorrenza internazionale evidenziata dalla riduzione del peso del settore sul prodotto interno lordo che ha avuto gravi ricadute sui livelli occupazionali, e il credito di imposta, previsto da normative approvate nel passato, ha avuto una scarsa ricaduta e non è stato in grado di sostenere l'innovazione non consentendo alle imprese in particolare le start up, micro, piccole e medie imprese, di sostenere l'aggressiva concorrenza in particolare quella dei prodotti asiatici,

impegnano il Governo:

   ad adottare iniziative efficaci e specifiche per il settore del tessile, calzaturiero e della moda, in particolare per le attività, citate in premessa, che sono volte alla realizzazione del campionario, delle collezioni e dei prototipi;
   ad adottare ogni iniziativa volta a incrementare le risorse attualmente disponibili ai fini di una maggiore fruizione del credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo con il prossimo provvedimento finanziario utile, ovverosia la manovra di bilancio 2017, al fine rafforzare gli investimenti in ricerca e innovazione rilanciando, tra gli altri, anche il comparto manifatturiero del tessile e calzaturiero particolarmente significativo per il nostro Paese;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per istituire un apposito fondo presso il Ministero dello sviluppo economico finalizzato al sostegno delle start up, micro, piccole e medie imprese, che investono in ricerca e sviluppo nel comparto manifatturiero del tessile e del calzaturiero.
(7-01088) «Ricciatti, Paglia, Ferrara, Fassina, Melilla, Piras, Quaranta, Nicchi, Franco Bordo, Zaratti, Costantino, Duranti».


   La I Commissione,
   premesso che:
    i vigili del fuoco volontari iscritti negli elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, comunemente detti «discontinui» con la loro opera svolgono un ruolo di fondamentale importanza ai fini del buon funzionamento e dell'efficienza operativa del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    i vigili del fuoco «discontinui» svolgono lo stesso addestramento dei loro colleghi assunti in pianta stabile, intervengono con loro nelle operazioni soccorso, come da ultimo si è verificato anche in occasione del tragico sisma del 24 agosto 2016 che ha devastato alcune zone del centro Italia, consentono, con il loro servizio, di sopperire alle carenze di organico del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
    la scelta operata dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco e dal Ministero dell'interno di consentire per molti anni l'iscrizione negli elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, ha prodotto il formarsi di un numero molto elevato di vigili del fuoco preparati ed esperti ma che svolgono il loro lavoro in maniera precaria, con periodi di servizio operativo sempre più brevi e, conseguentemente, con retribuzioni in costante diminuzione. Ad oggi sono estremamente numerosi i vigili del fuoco «discontinui» che vivono la condizione di precariato, senza che tale stato sia stato riconosciuto formalmente, ormai da molti anni,

impegna il Governo:

   a porre in essere, con urgenza, iniziative volte alla stabilizzazione dei vigili del fuoco discontinui iscritti da almeno cinque anni negli elenchi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139;
   a prevedere la precedenza nelle assunzioni per il personale volontario dei vigili del fuoco risultato idoneo nella procedura selettiva, per titoli e accertamento dell'idoneità motoria, e nei concorsi pubblici le cui graduatorie siano ancora valide.
(7-01091) «Cozzolino».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    non risulta mai essere stato emanato il decreto ministeriale che istituisce il «Registro dei doni» presso il Ministero della difesa, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2007;
    tutte le richieste, di semplici cittadini e di parlamentari, di conoscere il contenuto e la destinazione dei doni ricevuti dall'amministrazione della Difesa a cominciare dai suoi vertici politici, non hanno avuto, con diverse motivazioni, possibilità di accesso;
    nonostante l'articolo 128 del regolamento della Camera contempli espressamente, tra l'altro, la possibilità di richiedere documentazione al Governo tramite interrogazione, in risposta all'atto di sindacato ispettivo 5-08707 il Ministro interrogato dichiarava che per i doni di rappresentanza «l'accesso ai correlati atti dell'amministrazione è disciplinato dalla legislazione vigente, con particolare riguardo alle procedure di cui alla Legge 241/1990», salvo tuttavia respingere la conseguente istanza formale di accesso ai documenti ex legge 241 del 1990 atteso lo status di parlamentare del richiedente;
    non sono ravvisabili nell'esistenza del «Registro dei doni» motivi riconducibili alla sicurezza nazionale tali da impedirne la conoscenza ai parlamentari e alla pubblica opinione;
    altri ministeri, al contrario di quello della difesa, hanno costituito il registro dei doni e il pubblico accesso ai suoi contenuti. Sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali per esempio è possibile leggere:
  «Registro dei doni
  Con il Decreto Ministeriale del 22 maggio 2012 (presa d'atto U.C.B. n. 202 del 18 giugno 2012) il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali si è dotato di un “Registro dei doni” in cui verranno iscritti i doni di rappresentanza ricevuti dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, dal Vice Ministro, dai Sottosegretari di Stato e dai loro congiunti.
  Il Registro conterrà la descrizione del bene, l'indicazione del donatore, il valore stimato, la data e il motivo della consegna nonché la destinazione.
  Il Registro, tenuto dall'Ufficio del Consegnatario del Centro di Costo “Gabinetto”, che ne cura il progressivo aggiornamento, sarà pubblicato nella presente sezione e aggiornato a cadenza semestrale»;
    sul sito del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale si può inoltre leggere:
  «Con DM n. 7 BIS dell'11 gennaio 2012, il Ministero degli Affari Esteri si è dotato di un "Registro dei doni" in cui vengono iscritti i doni di rappresentanza ricevuti dal Ministro degli Affari Esteri, dai Sottosegretari e dai loro congiunti, contenente la descrizione del bene, l'indicazione del donatore, la stima effettuata, la data e il motivo della consegna, la destinazione effettuata.
  Il MAE si è altresì dotato, per quanto non espressamente prevista dalla normativa vigente, anche di un registro dei doni di cortesia offerti dal Sig. Ministro, dai Sottosegretari e dai loro congiunti.
  Il “Registro” è tenuto dal Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, che ne cura il progressivo aggiornamento a cadenza semestrale.»;
    segue un file Excel con l'elenco dettagliato dei doni ricevuti, da chi sono stati regalati in che data e luogo e il valore economico presunto;
    appare fondamentale adottare, senza ulteriore dilazione, anche per il Ministero della difesa un registro dei doni e un file consultabile e periodicamente aggiornato, dei doni ricevuti dall'Amministrazione della difesa, in modo da rendere trasparente ed accessibile a tutti tali informazioni,

impegna il Governo:

   a trasmettere alle Commissioni parlamentari competenti la documentazione recante l'elenco dei doni ricevuti dai responsabili politici della Difesa che si sono succeduti negli ultimi anni;
   ad emanare prontamente il decreto ministeriale che istituisce il «registro dei doni» presso il Ministero della difesa, ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2007;
   a pubblicare nella pagina web del Ministero della difesa il registro dei doni con modalità di accesso analoghe a quelle del sito web del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
(7-01090) «Frusone, Basilio, Corda, Rizzo, Tofalo, Paolo Bernini».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    il Consiglio dei ministri, nella riunione del 3 marzo 2015, ha approvato la Strategia per la banda ultralarga, che prevede la suddivisione del territorio nazionale in quattro tipologie di cluster con costi e complessità di infrastrutturazione crescenti;
    tale Strategia prevede inoltre una sinergia di interventi pubblici e privati che abbiano come obiettivo: per le aree dei cluster A e per la maggioranza delle aree dei cluster B l'infrastrutturazione con reti di banda ultralarga a 100 Mbps, mentre per le aree dei cluster C e D un'infrastrutturazione con reti di banda larga veloce ad almeno 30 Mbps (obiettivi poi rivisti parzialmente nei bandi di pre-qualifica di cui si dirà poco sotto);
    come sottolinea la Strategia, «La tecnologia d'accesso fisso (Fixed Wireless Accesa, FWA) sta giocando un ruolo importante nel raggiungimento del primo obiettivo dell'Agenda Digitale Europea (copertura 100 per cento della popolazione almeno a 2 Mbps)»: le tecnologie FWA possono, infatti, contribuire alla diffusione dei servizi BUL ed in particolare nelle aree marginali;
    la stessa Commissione europea, infatti, ha chiarito negli orientamenti 2013 (più volte richiamati dalla Strategia BUL del Governo e dallo stesso Addendum) che «nella attuale fase di mercato e sviluppo tecnologico, le reti NGA» vanno individuate fra « i) reti di accesso in fibra ottica (FTTx), ii) reti cablate avanzate potenziate e iii) alcune reti di accesso senza fili avanzate in grado di garantire un'affidabile trasmissione ad alta velocità per abbonato»;
    Infratel Italia, per effetto degli accordi tra Ministero dello sviluppo economico e regioni Abruzzo, Molise, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana e Veneto sta dando attuazione ad una prima fase del progetto banda ultralarga che prevede che nelle, aree bianche dei comuni delle regioni citate vengano realizzate, da concessionari selezionati tramite procedura su base competitiva, reti abilitanti l'offerta di servizi a banda ultralarga;
    il bando di gara relativo a detta procedura, è stato pubblicato sulla GURI 5a serie speciale — n. 63 del 3 giugno 2016. Si prevede che i lavori abbiano inizio con l'aggiudicazione dei lotti di gara prevista entro il 2016;
    Infratel ha inoltre avviato una consultazione pubblica volta ad individuare i nodi di accesso potenzialmente rilegabili dall'infrastruttura ottica per il rilegamento delle reti di accesso (cosiddetto «FTTN») che si andrà a realizzare attraverso gli investimenti pubblici dei bandi BUL (almeno per quanto attiene non più del 30 per cento del cluster C e fino al 100 per cento del D);
    l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nella recente delibera 120/16/CONS precisa che «gli Orientamenti europei 2013 prevedono esplicitamente la necessità di selezionare infrastrutture tecnologicamente neutrali, per consentire agli interessati l'uso di una qualsiasi delle tecnologie disponibili per la fornitura di servizi agli utenti finali. Alla luce di tale principio, le architetture di tipo FTTN potranno prevedere oltre alla connessione di cabinet (FTTC) anche quella di nodi di rete di tipo Fixed Wireless Access (FWA) purché siano in grado di garantire i livelli di servizio e le prestazioni di connettività indicate dal bando»;
    la stessa Autorità di regolazione, nella delibera 659/15/CONS evidenzia che «nelle aree più specificatamente rurali l'impiego delle frequenze 3.6-3.8 GHz, si possa meglio prestare ad applicazioni fisse del tipo FWA per la fornitura di accesso radio» e che «l'utilizzo di tali frequenze potrebbe contribuire all'offerta di servizi a banda larga anche ad utenze residuali situate in aree marginali e rurali del Paese, in linea con quanto previsto all'interno degli obiettivi dei documento recante la Strategia italiana per la banda ultralarga»,

impegna il Governo:

   a concludere quanto prima le procedure di assegnazione della banda 3.6-3.8 GHz al fine di valorizzare anche l'uso di tali frequenze per il raggiungimento degli obiettivi di copertura della popolazione con servizi di banda larga ed ultralarga;
   a monitorare la corretta attuazione del piano di investimenti pubblici tramite intervento diretto nelle «aree bianche», con particolare attenzione agli obblighi dei beneficiari dei finanziamenti pubblici di realizzare un'infrastruttura che sia idonea ad offrire una condizione favorevole alla realizzazione dell'interconnessione con i punti di presenza degli operatori fissi e mobili presenti nelle aree di intervento e di relegare nodi fissi o mobili di operatori già presenti, ove intercettati dalla nuova infrastruttura, applicando quanto già indicato dall'Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni con la delibera 120/16/CONS, e basandosi sui principi di massimizzazione della copertura e del numero di operatori attestabili su tali nodi.
(7-01089) «Coppola, Bonaccorsi, Carrozza, Bruno Bossio, Scuvera, Gadda, Pinna, Dallai, Catalano, Ascani, Galgano, Barbanti, Bonomo, Alfreider, Bargero, Gribaudo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   con la legge 26 maggio 2000, n. 159 «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo complementare tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei (Centre International de Hautes Etudés Agronomiques Méditerranéennes – CIHEAM)», relativo ai privilegi e alle immunità del Centro in Italia, fatto a Roma il 18 marzo 1999 e del relativo scambio di note interpretativo effettuato in data 15 e 24 settembre 1999) sono state concesse immunità e privilegi ai funzionari dell'Istituto agronomico mediterraneo (IAM) di Bari, il quale fa parte della struttura operativa del CIHEAM;
   a tal proposito, nell'interrogazione n. 4/03697 del 24 febbraio 2014, deposita dalla prima firmataria del presente atto, si chiedeva se anche gli altri istituti facenti parte del CIHEAM, ovvero Chania (Grecia), Montpellier (Francia) e Saragozza (Spagna) godessero degli stessi privilegi e immunità dello IAM di Bari, nella risposta del 4 dicembre 2014, l'allora Vice Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Lapo Pistelli, aveva affermato che non è in vigore «né è mai stato sollecitato dalla parte interessata, alcun accordo fra le Autorità spagnole e l'istituto agronomico di Saragozza, nessun privilegio o immunità è riconosciuto all'istituto medesimo»;
   secondo l'articolo de Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2015: «Expo, all'istituto in conflitto d'interesse contratto da 1,3 milioni senza gara», allo IAM di Bari sono stati affidati l'ideazione e la gestione di Feeding knowledge, uno dei progetti di Expo 2015, assegnato a chiamata diretta senza alcun bando pubblico, per un contratto pari a 1,3 milioni di euro;
   sempre secondo lo stesso articolo, «la gara ha avuto come protagonista indiscusso lo stesso IAM, che non si è limitato a svolgere il ruolo di organizzatore ma è stato anche arbitro e giocatore. Ben sei membri sui 18 della commissione di pre-valutazione provenivano infatti dallo IAM e dal CIHEAM (...) Sui 18 progetti vincitori, inoltre, tre avevano come promotore o partner lo IAM, che in tutto ne ha presentati una trentina. Un conflitto di interessi che ha portato una delle aziende escluse dalla premiazione, la pugliese Emitech, a presentare una denuncia in procura a Milano»;
   l'Istituto di Bari è stato poi coinvolto anche nelle indagini sulla Xylella, il batterio che ha colpito gli ulivi del Salento;
   secondo l'articolo di Famiglia Cristiana del 12 marzo 2015 Xylella, il Pm: «Non posso indagare sul convegno di Bari perché c’è l'immunità totale», è stata evidente la difficoltà nell'acquisizione di documenti, a causa del particolare status giuridico del citato Istituto al quale viene riconosciuta extraterritorialità e immunità;
   secondo il sostituto procuratore di Lecce, Elsa Valeria Mignone: «L'Istituto agronomico mediterraneo, dove si è svolto il workshop del 2010 nel quale è stato portato il batterio da Xylella per scopi scientifici, gode per legge di immunità assoluta e l'autorità giudiziaria non può andare a indagare. Questo è un caso unico nello scenario mondiale. Se la causa del disseccamento è la Xylella c’è stato un enorme ritardo nel contenimento»;
   secondo l'articolo de La Repubblica del 3 maggio 2016: «Fiera del Levante, a Bari 20 indagati per truffa: L'ente non aveva i requisiti per i fondi pubblici», c’è stato un danno erariale da 12 milioni di euro perché per anni la Fiera del Levante avrebbe percepito finanziamenti pubblici senza averne i requisiti;
   tra i 30 coinvolti nell'indagine ci sono i due ex presidenti della Fiera, Lacirignola e Viesti, ai quali la Corte dei conti ha rispettivamente chiesto la restituzione di 30mila e 90mila euro (cioè dei compensi percepiti senza i requisiti);
   il 21 giugno 2013, a Parigi, il consiglio di amministrazione del CIHEAM aveva nominato Cosimo Lacirignola, già direttore dello IAM di Bari, segretario generale ad interim;
   nel frattempo, nel dicembre 2014, è stata tuttavia firmata dallo stesso direttore Lacirignola una convenzione per un progetto in Myanmar tra lo IAM di Bari e la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Dgcs) per un importo pari a 680.000 euro, nonostante le indagini in corso –:
   quali siano i motivi per i quali, atteso quanto dichiarato in premessa dal sostituto procuratore di Lecce, non si è ritenuto di assumere le iniziative di competenza per revocare l'immunità e consentire l'acquisizione dei necessari documenti per permettere ai magistrati di avviare le indagini;
   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative volte a revocare l'immunità al citato Lacirignola e quali azioni intenda intraprendere in tutti i casi in cui l'esercizio dell'immunità ostacoli l'azione della giustizia.
(2-01465) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Grande, Sibilia, Di Battista, Del Grosso».

Interrogazione a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la sua particolare posizione geografica, nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica;
   attualmente, nonostante parte della provincia di Rovigo sia stata duramente colpita dal sisma del 2012, territorio polesano risulta tuttora essere classificato come area soggetta a «minimo rischio sismico»;
   il recente decreto, firmato dal capo della protezione civile e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dei 18 agosto 2016 che assegna i contributi – relativi al 2015 – per gli interventi di prevenzione del rischio sismico, ha escluso difatti completamente la provincia di Rovigo;
   in base alla relativa classificazione nazionale, con la quale vengono ripartiti 123 milioni 381 mila euro, gli stessi comuni polesani colpiti e danneggiati dal terremoto del maggio 2012 risultano così essere esclusi dal rischio sismico;
   appare dunque utile, anche alla luce dei recenti eventi sismici che hanno interessato l'area polesana, valutare l'opportunità di correggere o comunque adeguare i requisiti che hanno portato alla classificazione del rischio sismico;
   nel 2006, infatti, era pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato una prima mappa disegnata dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) due anni prima e approvata dalla Commissione grandi rischi dopo l'esame di una commissione internazionale, mentre dal 2015 è in corso la redazione una nuova mappa che sarà presentata nei primi mesi dell'anno prossimo e che integrerà i dati raccolti nel decennio –:
   se e in che modo gli organi competenti e i Ministeri interessati si stiano adoperando per far sì che la riclassificazione del territorio oggi in atto possa tenere conto della particolarità di quelle realtà che – come il Polesine – pur non essendo classificate come «aree a rischio» sono state negli ultimi anni colpite da fenomeni sismici di rilevante intensità. (3-02487)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Ciip spa è la società a capitale interamente pubblico che gestisce il servizio idrico integrato del territorio dell'ATO numero 5 della Regione Marche, con convenzione di affidamento approvata con delibera dell'assemblea dell'autorità d'ambito n. 18 del 28 novembre 2007;
   il soddisfacimento del fabbisogno idropotabile viene garantito dalla sorgente di Capodacqua, localizzata a Capodacqua del Tronto (captazione a gravità); dalla sorgente Pescara del Tronto (captazione a gravità); dalla sorgente di Foce di Montemonaco localizzata in località foce di Montemonaco (captazione a gravità);
   dal punto di vista acquedottistico i due grandi acquedotti, che costituiscono le dorsali del sistema di distribuzione della risorsa idropotabile, sono gli acquedotti denominati del «Pescara» (dalle opere di captazione di Pescara prima e Capodacqua poi) e l'acquedotto dei Sibillini (dalle opere di captazione di Foce di Montemonaco), i quali si snodano dalla montagna sino al mare per servire i territori delle province di Ascoli Piceno e Fermo;
   la risorsa complessivamente concessa in prelievo, dalla predette sorgenti, assomma a 1156 l/s e rappresenta, nella buona sostanza, l'apporto idrico preponderante al soddisfacimento dei bisogni idropotabili della popolazione;
   il sistema di captazione di Capodacqua ed il sistema di captazione di Pescara del Tronto sono interconnessi e trasportati verso Ascoli Piceno mediante un'unica condotta;
   le condotte si snodano sui percorsi montani alternando tratti in galleria a tratti in rilevato;
   alla data del 25 agosto 2016, a seguito del sisma che ha colpito le zone in cui sono localizzate le sorgenti di Capodacqua e Pescara del Tronto, la Ciip spa rileva danni alle seguenti infrastrutture, comunicati a mezzo mail alla protezione civile:
    «Struttura Sorgente Capodacqua;
    Impianto di sollevamento Capodacqua e abitazione adiacente destinata alla guardiania dell'impianto stesso;
    N. 2 Condotte adduttrici in acciaio DN 500 destinate al trasporto di acqua potabile dalla sorgente di Capodacqua alla vasca di carico della sorgente di Pescara del Tronto (rilevate criticità in numerosi punti del tracciato);
    Condotta adduttrice principale in cemento DN 800 nel tratto Pescara del Tronto-Valle Romana (lungo la quale si sono verificate circa 7 rotture di cui 3 già riparate)»;
   a seguito di ulteriori operazioni di verifica, in data 30 agosto venivano segnalati danni rilevati anche lungo le condotte principali di Pescara d'Arquata e dell'Acquedotto del Vettore;
   tali opere sono ormai datate e realizzate secondo i criteri costruttivi dell'epoca. Manifestano pertanto tutte le criticità legate a tale circostanza e in taluni casi sono posizionate in zone a rischio geologico elevato. In particolare, le opere di captazione della sorgente Pescara si trovano in una zona prossima all'epicentro del sisma del 24 agosto e, proprio in relazione alla natura geologica della scaturigine (sorgente sospesa di sfioro sito in corrispondenza del sovrascorrimento dei Sibillini sulla formazione della Laga, in zona fortemente detritica da fagliazione) sussistono notevoli potenziali criticità in ordine alla possibile significativa variazione delle portate o alla compromissione totale della sorgente a seguito di eventi sismici rilevanti. Da sottolineare che il quantitativo idrico che interessa il nodo di Pescara è di circa 700 l/s ed è quello che alimenta tutta la valle del Tronto e parte del Fermano, per oltre 200.000 abitanti nel periodo estivo. Evidenti sono le catastrofiche conseguenze in caso di interruzione del servizio che sarebbe tra l'altro prolungato nel tempo –:
   di quali elementi il Governo disponga a proposito dello stato delle infrastrutture citate in premessa e se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza affinché nella stesura del primo provvedimento organico con il quale verranno dettagliate le regole per la fase di emergenza e per la fase di ricostruzione, siano previste delle misure specifiche per la messa in sicurezza del sistema di approvvigionamento e distribuzione della risorsa idrica, compresa la possibilità di realizzare un sistema di emergenza in grado di sopperire a eventuali cadute della portata o compromissione dell'infrastruttura principale. (5-09463)


   CIPRINI, DIENI, TRIPIEDI, LOMBARDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere, premesso che:
   nel 2007 l'INPS indiva, in Gazzetta Ufficiale n. 67 del 24 agosto 2007 un concorso pubblico per esami per 50 posti nei ruoli del personale amministrativo, area funzionale B, posizione economica B1;
   in data 14 giugno 2010 è stata pubblicata la graduatoria, finale del concorso, al termine del quale sono risultati, ammessi nella graduatoria 319 candidati tra vincitori ed idonei;
   è noto che l'Inps ha intrapreso un processo di riorganizzazione ed evoluzione anche a seguito della fusione con Inpdap ed Enpals;
   in occasione di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale tenutasi il 25 febbraio 2016, il presidente dell'Inps Tito Boeri ha fatto il punto sulla riorganizzazione ed evoluzione dell'istituto: «Il personale si è ridotto del 10 per cento in tre anni, ormai è sotto il livello dell'Inps prima della fusione con Inpdap ed Enpals. Le nostre sedi territoriali fanno fatica a reggere una domanda crescente dato anche l'incremento del numero di prestazioni che eroghiamo e la dura prova della crisi», sollecitando altresì il superamento del blocco del turn over nella pubblica amministrazione che inevitabilmente riduce la qualità delle istituzioni;
   gli idonei del concorso Inps dell'area B potrebbero essere utilizzati per coprire i sempre maggiori servizi cui deve rispondere l'istituto tanto più che risulterebbe una carenza di oltre 500 unità;
   eppure secondo quanto denunciato dagli idonei del concorso B1 amministrativi dell'Inps con un comunicato del 3 agosto 2016 (pubblicato in www.contropiano.org del 7 agosto 2016), per effetto di una rideterminazione dalle delle varie aree della pianta organica, attuate dall'Inps, si sta attuando una riduzione dell'area B con l'effetto di escludere gli idonei del suddetto concorso dalla legittima aspirazione all'assunzione;
   già per effetto delle procedure di riassorbimento del personale proveniente dalle province e dell'innalzamento dei limiti del blocco del turn over, di fatto non si è potuto procedete allo scorrimento di molte graduatorie dei concorsi pubblici che perderanno efficacia, il 31 dicembre 2016;
   invece lo scorrimento della graduatoria del suddetto concorso all'epoca bandito dall'Inps consentirebbe all'Istituto – in base al principio di economicità e speditezza dell'azione amministrativa anche un notevole risparmio economico e di tempo così ovviando ai costi derivanti dalla gestione di ulteriori procedure di reclutamento di personale amministrativo anche in applicazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 101 del 2013 convertito dalla legge n. 125 del 2013 –:
   se sia intenzione del Governo procedere ad una proroga dell'efficacia delle graduatorie dei concorsi pubblici;
   se sia vero che l'Inps abbia previsto una rideterminazione della pianta organica con riduzione del personale dell'area B e quali ne siano i motivi;
   se si intenda procedere allo «scorrimento» della graduatoria e all'immediato assorbimento da parte dell'amministrazione degli idonei B1 collocati nella graduatoria finale del concorso all'epoca, bandito dall'Inps di cui in premessa, anche in attuazione delle norme di cui al decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, finalizzate alla celere assunzione dei vincitori e degli idonei, anche prorogando l'efficacia delle graduatorie vigenti ovvero incentivando gli accordi tra le amministrazioni interessate circa la possibilità di utilizzare, prima di indire nuovi concorsi, le graduatorie relative ai concorsi approvate da altre amministrazioni, per profili analoghi o equivalenti, ai sensi dell'articolo 3, comma 61, terzo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 e dell'articolo 4, comma 3-ter, del decreto-legge n. 101 del 2013. (5-09468)


   TENTORI, GIUSEPPE GUERINI, PIAZZONI, ROCCHI, MARZANO e MALPEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la deliberazione di giunta regionale della Lombardia n. 5251 del 31 maggio 2016 ha attivato in via sperimentale uno «sportello della famiglia», per la cui erogazione sono stati stanziati 30.000 euro, che promuova azioni di «informazione sui diritti della famiglia con riferimento all'educazione culturale e scolastica dei figli, con particolare attenzione al diritto di accesso e condivisione dei Piani scolastici dell'offerta formativa (POF), nonché dei progetti culturali delle Amministrazioni Locali e della loro offerta culturale sul territorio»; e che fornisca un «servizio di raccolta e analisi di segnalazioni e richieste di supporto e sostegno presentate a Regione Lombardia attraverso il Call Center regionale e la casella mail istituzionale dedicata»;
   la finalità dell'iniziativa è stata resa nota a mezzo stampa dall'assessore alle culture, identità e autonomie della regione Lombardia Cristina Cappellini che ha dichiarato essere volta alla denuncia delle «aberranti lezioni ispirate alla teoria gender»;
   all'interno della legge n. 107, la «Buona Scuola», il comma 16 dell'articolo 1 prevede l'attuazione dei principi di pari opportunità e la promozione dell'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha già provveduto con circolare prot. AOODPIT n. 1972 del 15 settembre 2015 a fornire alle istituzioni scolastiche, ai genitori e agli studenti precisi e puntuali chiarimenti e riferimenti normativi a supporto dell'articolo 1, comma 16, della legge 107 del 2015, riguardo a una presunta possibilità di inserimento all'interno dei piani dell'offerta formativa delle scuole della cosiddetta «Teoria del Gender» –:
   se il Governo sia a conoscenza dell'iniziativa della regione Lombardia citata in premessa e come questa si concili con quanto previsto dalla legge n. 107 del 2015 e con le iniziative già assunte dal Governo. (5-09479)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   alla luce di quanto accaduto ad Amatrice e nelle zone colpite dal sisma del 24 agosto 2016, si ravvisa l'esigenza di valutare politiche di prevenzione che scaturiscano dalla piena consapevolezza della sismicità del nostro territorio, in particolare per quanto riguarda gli edifici che ospitano gli istituti scolastici del nostro Paese;
   a tal fine, le istituzioni hanno il dovere, ognuna in ragione delle proprie competenze, di verificare se le norme che impongono di costruire secondo criteri antisismici siano realmente rispettate o se, invece, vengano aggirate pur di contenere i costi di fabbricazione;
   a giudizio dell'interrogante, è necessario che il Governo ponga in essere una tempestiva opera di ricognizione sui territori considerati ad alto rischio per verificare se gli edifici scolastici presentino o meno le caratteristiche antisismiche previste dalla legge;
   a giudizio dell'interrogante, l'Esecutivo dovrebbe valutare, inoltre, provvedimenti che impongano controlli più stringenti in fase di realizzazione delle opere per assicurare l'assoluto rispetto delle leggi in vigore;
   l'Esecutivo dovrebbe, a giudizio dell'interrogante, verificare se ci sia una carenza legislativa tale da dover intervenire con una propria iniziativa per porre fine alla politica delle proroghe e dei rinvii, in particolare per quanto riguarda l'adeguamento dei vecchi fabbricati ai criteri antisismici;
   occorre accertare se ci siano edifici scolastici situati nelle zone ad alto rischio sismico che non sono stati adeguati ai criteri antisismici e, ciò nonostante, continuino ad essere considerati agibili e frequentati dagli studenti –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per verificare che tutti gli edifici collocati nelle zone ad alto rischio sismico che ospitano gli istituti scolastici rispettino i requisiti per essere considerati antisismici. (4-14162)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 27, terzo comma, della Costituzione italiana sancisce che «le pene devono tendere alla rieducazione del condannato» e tale principio acquista una valenza particolare con riferimento ai soggetti minori, per i quali tale funzione, come ribadito in numerose pronunce della Corte costituzionale, «è da considerarsi se non esclusiva, certi ente preminente» e, «proprio perché applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identità», ha «una connotazione educativa più che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale»;
   in Italia, però, la realtà delle carceri minorili è ben lontana dai dettami costituzionali e, da luogo di transito, gli istituti penitenziari diventano spesso per i giovani una specie di limbo o, ancor peggio, la sola risposta al problema;
   tale preoccupante situazione è stata ulteriormente acuita dalla legge del 2014 che ha esteso ai venticinque la possibilità di restare nel carcere minorile, cambiando così gli equilibri di questi istituti penitenziari;
   secondo la denuncia di Cito Auricchio, segretario regionale della Uspp Campania, infatti, «succede sempre più spesso che i piccoli boss dalla personalità ormai strutturata intrattengano pericolosi rapporti con gli altri ospiti adolescenti. Se non si provvede a destinare gli ultra ventenni a circuiti ad hoc c’è il serio pericolo di innescare sempre più frequenti meccanismi di emulazione, e di spezzare quindi il percorso riabilitativo di chi è più piccolo ed ha ancora la possibilità di ricominciare da capo»;
   la recente rivolta nel carcere di Airola è, purtroppo, la dimostrazione concreta di tale drammatica situazione: due detenuti maggiorenni hanno messo in ginocchio per alcune ore l'istituto penale minorile della cittadina beneventana, con il pesante bilancio di una sezione dell'istituto completamente sfasciata e due agenti feriti;
   secondo il Sappe le carceri minorili rischiano di diventare vere e proprie «università del crimine», soprattutto se si considera che oggi nei sedici istituti penitenziari minorili italiani, i maggiorenni sarebbero in alcuni casi la maggioranza;
   al contempo, la situazione della giustizia minorile presenta ulteriori problematiche, da una costante riduzione delle risorse finanziarie ed umane alla gestione non sempre efficace ed efficiente svolta dalle stesse amministrazioni preposte alla garanzia dei servizi minimi essenziali –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per affrontare la drammatica situazione degli istituti penitenziari minorili, con particolare riferimento a quelli del Sud Italia, garantendo il rispetto del principio della rieducazione della pena e arrivando a un ripensamento della legge del 2014, anche attraverso la previsione di settori diversi per il collocamento di giovani di età molto diversa e il trasferimento immediato di chi trasgredisce alle regole.
(4-14167)


   BRIGNONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio Renzi, durante la trasmissione «Che tempo che fa» messa in onda su Rai 3, aveva invitato i cittadini a scrivere a bellezza@governo.it;
   il sito della Presidenza del Consiglio dei ministri riportava la seguente frase: «Il Governo ha messo a disposizione 150 milioni di euro per recuperare i luoghi culturali da recuperare, ristrutturare o reinventare per il bene della collettività o un progetto culturale da finanziare»;
   a seguito dell'invito da parte del Presidente Renzi, sono stati migliaia i cittadini che hanno inviato all'indirizzo bellezza@governo.it, osservazioni e suggerimenti o hanno sollecitato risposte in relazione al progetto «bellezza» messo in campo dal Governo;
   di fatto, dopo poche settimane dal sopra indicato invito, l'indirizzo non era più abilitato a ricevere mail;
   infatti, il sito http://www.governo.it/approfondimento/bellezzagovernoit/4793 è fermo al 5 di agosto con la semplice dicitura «aggiornamento»;
   pertanto a oggi non è dato sapere quali siano le opere selezionate e la quantificazione loro concessa, quali siano i membri della commissione che ha operato le scelte, quali siano i criteri di scelta usati per ognuna di loro –:
   se siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritengano di dover dare spiegazioni sul «blocco» per interventi di aggiornamento dell'indirizzo internet bellezza@governo.it fermo ormai al 5 agosto 2016;
   se non si ritenga opportuno – soprattutto in funzione del principio di trasparenza – informare i cittadini sulla motivazione della sospensione del servizio messo in atto dal Governo e interrotto solo dopo poche settimane;
   quali siano stati gli eventuali criteri già messi in atto per la selezione delle opere, e le sovvenzioni messe a disposizione per ogni opera e quali siano i nomi dei membri della commissione atta a selezionare e scegliere i singoli interventi. (4-14187)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2016, è stato varato il decreto-legge sul sistema bancario;
   il decreto definisce i meccanismi per rimborsare gli investitori che si sono visti azzerare le obbligazioni dei quattro istituti messi in risoluzione a fine 2015 e più precisamente: Banca delle Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti;
   il decreto-legge si compone di tre parti: rimborsi, recupero crediti e Deferred Tax Asset (Dta) e fondo di solidarietà per la riconversione del personale del credito;
   nell'ambito di diverse dichiarazione da parte del Governo, il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi affermava anche: «.... Siamo intervenuti salvando i correntisti che sarebbero andati a gambe all'aria e non vi è stato alcun elemento di favore per i manager o la struttura delle banche che sono state messe in risoluzione. I cittadini hanno salvato i propri soldi, ci sono sanzioni per i manager e i commissariamenti. La verità al netto della propaganda è che il nostro atteggiamento è stato molto rigoroso e serio»;
   sempre il Presidente del Consiglio dei ministri Renzi dichiarava a proposito dei rimborsi: «...Abbiamo stabilito che ha diritto a un rimborso forfettario automatico fino all'80 per cento dell'investimento in obbligazioni subordinate l'investitore che abbia un reddito lordo al di sotto dei 35 mila euro, oppure un patrimonio mobiliare inferiore ai 100 mila euro, anche se ha il reddito superiore ai 35 mila euro. I cittadini non spendono niente perché è il fondo bancario che paga. I rimborsi riguardano solo chi ha comprato le subordinate entro il 12 giugno del 2014. Sulla base di quest'ultimo criterio, su 10 mila investitori restano fuori solo 158 persone che hanno comprato le obbligazioni sul mercato secondario online. Questi avranno la possibilità di ricorrere all'arbitrato. Con questo provvedimento abbiamo salvato i correntisti»;
   il decreto legislativo di recepimento della direttiva 2014/65/UE e del regolamento (UE) n. 600/2014 relativi ai mercati degli strumenti finanziari (MiFID II-MiFIR) e del regolamento (UE) n. 909/2014 relativo al regolamento titoli e ai depositari centrali (CSDR) recentemente approvato dal Governo, definisce la negoziazione in conto proprio come «... l'attività di acquisto e vendita di strumenti in contropartita diretta e la relazione a ordini di clienti»;
   i provvedimenti attuativi per completare le regole che consentivano i rimborsi automatici agli investitori delle quattro banche salvate contenuti nel regolamento del Fondo di solidarietà, a fronte del soddisfacimento di criteri reddituali e patrimoniali, dovevano poter concedere ai titolari di obbligazioni una rassicurazione circa i tempi e le modalità di risarcimento;
   di fatto, a una lettura attenta del regolamento del Fondo di solidarietà – pubblicato sul sito del Fondo interbancario di tutela dei depositi –, alla pagina 6, si precisa che «... sono esclusi gli acquisti avvenuti nell'ambito di operazioni di compravendita sul mercato secondario in cui la banca in liquidazione abbia svolto solo un'attività d'intermediazione tra acquirente e venditore, senza aver instaurato alcun rapporto negoziale diretto come sopra definito»;
   tuttavia, nel caso specifico di acquisti di obbligazioni subordinate effettuati sul mercato secondario – cioè non direttamente all'emissione –, tali acquisti sono avvenuti con le stesse modalità sostanziali che caratterizzano il rapporto negoziale diretto banca-cliente;
   è pertanto necessario sottolineare che entrambi i due processi di acquisto – relativi ad acquisti di obbligazioni subordinate effettuati sul mercato secondario e non direttamente con l'emissione – si svolgevano in modo identico e la diversità si poteva apprendere solo di conferma di esecuzione dell'ordine;
   nessun cliente e nemmeno gli operatori bancari, hanno mai avvertito una differenza e pertanto nessun risparmiatore è stato mai informato, a quanto consta agli interroganti, dell'una o dell'altra modalità di compravendita dei titoli;
   la difformità emerge soltanto dalle attestazioni degli ordini eseguiti, ma solamente a ordine eseguito. Infatti si evince che alcune di queste operazioni sono state eseguite in contropartita diretta, altre tramite intermediario abilitato – cioè la stessa banca –. Pertanto, nel caso di collocamento tramite intermediario abilitato, il rimborso non è previsto, così come evidenziato a pagina 6 del regolamento del Fondo di solidarietà;
   se il sopra evidenziato punto non dovesse essere modificato, moltissimi risparmiatori – solo in Banca Marche, il 65 per cento – resterebbero esclusi dal rimborso, pertanto vi saranno risparmiatori che, avendo acquistato tramite intermediario abilitato e non sapendolo, invieranno la documentazione per il rimborso al Fondo interbancario di tutela dei depositi, ma non saranno rimborsati per le motivazioni esposte e non potranno nemmeno avvalersi dell'arbitrato perché già adito la via del rimborso forfettario, che automaticamente esclude quella dell'arbitrato;
   alla luce dell'attuale situazione, si può evincere che, per le quattro banche coinvolte, prima commissariate, poi soggette alla contestabile applicazione del Bail In – con azzeramento di azioni e obbligazioni subordinate e crollo di fiducia conseguente –, mentre i risparmiatori di altre banche possono godere di ben altre attenzioni: fondo Atlante e warrant per tutelare i risparmiatori –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non si ritenga pertanto necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché siano rimborsati – considerata anche la premessa dello stesso Fondo interbancario di tutela dei depositi, che, testualmente, ammette «che la disciplina degli indennizzi forfettari scaturisce da una normativa innovativa e non ancora supportata» – tutti gli obbligazionisti delle quattro banche coinvolte, a patto che rientrino nei paletti del reddito e del patrimonio mobiliare;
   se non si ritenga necessario e urgente che si integri il regolamento di cui in premessa con un'interpretazione esplicativa e vincolante per consentire ai risparmiatori di vedersi riconosciuti gli stessi diritti dei rimborsati;
   se non si ritenga di assumere iniziative per ampliare la platea dei beneficiari del decreto-legge 3 maggio 2016 n. 59 e il successivo regolamento del Fondo di solidarietà, considerato che per gli interroganti risulterebbero in qualche modo agevolati i risparmiatori della sola Banca Etruria che ha collocato le obbligazioni solo tramite contropartita diretta;
   se corrisponde al vero che allo stato attuale saranno rimborsati i risparmiatori con aliquote ben al di sotto dell'80 per cento della somma investita per i meccanismi dell'interesse effettivo e rendimento BTP;
   se corrisponda al vero che saranno rimborsati in parte solo 4000 risparmiatori sui 12.500 che hanno visto azzerare i propri investimenti. (4-14191)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIARO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda dell'insolvenza della società di armamento coreana Hanjin, settima compagnia al mondo del trasporto contenitori, sta creando allarme e preoccupazione nel mondo logistico italiano;
   gravi sono infatti le ripercussioni provocate dal crac della società coreana su tutti gli operatori dalla catena logistica;
    migliaia di container posizionati sulle banchine dei porti italiani vengono rilasciati solo dietro il pagamento di ingiustificate cauzioni richieste da alcuni operatori terminalisti. Il danno per gli operatori logistici, gli agenti marittimi, gli importatori ed esportatori sta assumendo dimensioni significative, nonostante la collaborazione della Hanjin Italia;
   tale situazione diventa ogni giorno più caotica anche per effetto del susseguirsi di notizie di agenzia approssimative e contraddittorie –:
   se il Governo non ritenga necessario adoperarsi nei confronti della rappresentanza diplomatica coreana affinché venga fornito un quadro aggiornato attendibile sul reale stato finanziario ed operativo di quella società, valutando tutte le soluzioni possibili per attenuare i danni e i disagi che la situazione sta creando. (5-09460)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   negli scorsi giorni Yasser Arman, segretario del Sudan People's Liberation MovementNorth (SPLM-N), gruppo ribelle che opera in Sud Kordofan, regione meridionale del Sudan contesa dal Sud Sudan, ha dichiarato di essere in possesso di informazioni secondo cui esisterebbe un piano dell'Unione europea per finanziare le Rapid Support Forces (RSF, nome ufficiale dei gruppi «janjaweed»);
   in particolare, secondo Arman la Germania metterebbe a disposizione ingenti somme di denaro, mentre all'Italia sarebbe stato affidato il supporto logistico;
   queste pesanti accuse sono state confermate alla rivista online «Africa ExPress» anche da fonti diplomatiche dell'Organizzazione delle Nazioni Unite a Khartoum;
   i «janjaweed» sono una milizia filo-governativa sudanese composta da predoni appartenenti alla famiglia estesa dei Baggara, protagonista di gravissime nefandezze nella regione del Darfur ed insediata nel Sudan Occidentale e nel Ciad Orientale;
   secondo Arman l'accordo tra Unione europea e milizie della RSF sarebbe stato stipulato, affinché queste ultime provvedano a combattere l'immigrazione irregolare verso l'Europa, il terrorismo ed il traffico di esseri umani;
   tuttavia, in tal modo si garantirebbe legittimazione internazionale ad un gruppo che per oltre dieci anni ha agito per conto del Governo sudanese terrorizzando la popolazione civile di origine africana, assalendo villaggi, saccheggiandoli, bruciando abitazioni, uccidendo gli uomini adulti e violentando le donne nella speranza di dargli un figlio arabo;
   si parla di un gruppo che ha rapito centinaia di bambini e ragazzi, trasformando i maschi in fanciulli soldato o schiavi e rendendo le femmine proprie concubine;
   gruppi di investigatori inviati in Darfur dall'ONU hanno confermato il carattere omicida dei gruppi «janjaweed» già alcuni anni or sono;
   lo stesso Presidente sudanese, Omar Al Bashir, salito al potere con un golpe il 30 giugno 1989, è stato incriminato dalla Corte penale internazionale di genocidio e crimini contro l'umanità, e contro di lui è stato spiccato un mandato di cattura;
   attualmente i «janjaweed» operano sotto il comando del NISS (National Intelligence and Security Service), i servizi segreti del regime sudanese;
   secondo lo stesso Arman sarebbero stati stanziati circa 100 milioni di euro per l'operazione, grazie ai quali i «janjaweed» riuscirebbero a procurarsi veicoli ed equipaggiamento logistico che, con ogni probabilità, verrebbe in seguito utilizzati più negli scontri interni che per la lotta all'immigrazione irregolare;
   assumono, dunque, un significato più profondo ed inquietante le parole pronunciate il 2 settembre dal leader di questi gruppi Mohamed Hamdan Dagl, che in conferenza stampa aveva dichiarato di combattere gli migrati illegali a nome dell'Europa;
   i fatti narrati sono riportati, tra gli altri, anche nell'articolo pubblicato dalla rivista online «Africa ExPress» dal titolo «Sudan: nella guerra contro i migranti l'Italia finanzia e aiuta i janjaweed» –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda a verità;
   quali siano gli attuali rapporti tra l'Unione europea (ed in particolare l'Italia) e le Rapid Support Forces;
   laddove quanto denunciato dal Sudan People's Liberation Movement-North, trovasse conferma se non ritenga doveroso ed urgente assumere iniziative per porre immediatamente termine a qualsiasi forma di collaborazione tra il nostro Paese, l'intera Unione europea e le RSF. (4-14198)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 luglio 2016 con proprio decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fissato un limite di contaminazione ambientale per le sostanze PFOA, PFOS e altri PFAS;
   l'EFSA aveva già fissato, a titolo precauzionale la dose giornaliera massima di assunzione (TDI) per PFOS a 150 nanogrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno mentre per il PFOA, una TDI pari a 1,5 microgrammi (1.500 nanogrammi) per chilogrammo di peso corporeo al giorno;
   in una nota inviata alla regione Veneto l'Istituto superiore di sanità (ISS) ha proposto di «applicare agli scarichi nei corpi idrici, limiti non dissimili ai livelli di performance (obiettivo) già indicati per le acque trattate destinate al consumo umano. Nello specifico: PFOS ≤ 0,03 μg/L, PFOA ≤ 0,5 μg/L, PFBA ≤ 0,5 μg/L e altri PFAS ≤ 0,5 μg/L», indicazioni che sono state inserite nel decreto del direttore della sezione tutela ambientale della regione Veneto n. 37 del 29 giugno 2016;
   nel decreto del 6 luglio 2016 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fissato un limite massimo per la presenza del contaminante PFOA+PFOS nelle acque potabili pari a 6 mila ng/I (il limite di PFOA+PFOS delle acque in uscita dallo scarico del depuratore nella zona contaminata in precedenza era fissato a 15.000 ng/L), mentre questo caso l'ISS aveva fissato la soglia a 500 nanogrammi per litro;
   le sostanze perfluoro alchiliche a catena lunga (ovvero PFOS e PFOA) non sono più utilizzate, mentre quelle a catena corta (gli PFAS appunto) risultano tuttora in produzione;
   per quanto concerne i valori limite per gli altri PFAS, al contrario delle indicazioni dell'ISS, nel decreto il Ministero non li ha indicati –:
   quali siano le ragioni e le basi scientifiche per le quali per i limiti PFOA+PFOS non sono state seguite le indicazioni dell'Istituto superiore di sanità;
   quali siano le ragioni per le quali non sono stati indicati limiti per le altre sostanze PFAS ovvero se ciò sia avvenuto in ragione del fatto che i limiti per quelle sostanze sono stati fissati dalla regione Veneto acclarando, con questo, che occorre far riferimento ai parametri stabiliti con il decreto del direttore della sezione tutela, ambientale n. 37 del 29 giugno 2016;
   per quanto riguarda invece il limite fissato dal Ministero su PFOS e PFOA, se i limiti fissati possano essere utilizzati per avviare o meno un'eventuale operazione di bonifica della zona contaminata. (4-14181)


   TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nell'elenco ufficiale dei siti destinatari degli interventi di bonifica in Lombardia vi è l'area ex Bosch di Crema (in via Cavalli). Nonostante i proclami da parte delle varie amministrazioni che si sono succedute da più di 15 anni, l'area risulta ancora non bonificata, secondo quanto emerge anche dalla recente risposta del competente assessore del comune di Crema ad apposita interpellanza in merito. La questione è di stretta attualità, dato che il sito è ancora presente nell'elenco regionale dei siti contaminati. Nel corso degli anni, diversi sono stati gli incontri, i monitoraggi, i piani proposti e le rilevazioni: in particolare nel 2014 l'Agenzia regionale per l'ambiente aveva rilevato contaminazione da idrocarburi nel terreno e solventi clorurati nelle acque sotterranee e nel luglio 2015 la provincia invitava ancora l'azienda ad «attivare interventi di messa in sicurezza di emergenza puntuali» per rimuovere le sostanze e monitorare la falda;
   a fronte di tali interventi istituzionali, il piano di caratterizzazione non è stato ancora approvato e, conseguentemente, nemmeno il progetto di bonifica;
   tanto premesso, in considerazione della sostanziale inerzia delle amministrazioni territoriali in quest'ambito, appare evidente che, stante il pericolo riguardante il livello essenziale della tutela ambientale e della tutela della salute dei cittadini, appare necessario che si proceda con ogni mezzo idoneo all'attivazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza puntuali già giudicati indispensabili dalle amministrazioni competenti, sebbene inattuati –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione di cui alla premessa e in che modo intenda intervenire, anche promuovendo una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per scongiurare il pericolo per i livelli essenziali di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini nell'ambito in questione. (4-14185)


   COLONNESE, FICO e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la baia o spiaggia del Cauco ed è uno dei luoghi più belli della Costiera amalfitana. Si trova nel borgo marinaro di Erchie, frazione del comune di Maiori (Sa). Una spiaggia di sassolini, chiusa da un costone roccioso, ricoperto di rigogliosa vegetazione mediterranea, affacciata da un mare spettacolare e dominata da una antica torre di avvistamento, Torre Le Cerniola. La baia del Cauco è raggiungibile solo via mare (ma pare che ultimamente sia stata ricavata una discesa privata ubicata all'interno della roccia). Questo angolo di paradiso, indicato come una delle spiagge più belle d'Italia, purtroppo è stato scenario di diversi crolli di rocce questa estate. In alcuni casi ci sono stati anche dei feriti. Il primo episodio risale a luglio, quando un pezzo di roccia con tanto di vegetazione sopra, si è staccato dal costone ed è finito in mare, andando a formare un nuovo scoglio davanti alla spiaggia;
   il secondo episodio ha procurato panico nella tarda mattinata del 21 agosto 2016 ad Erchie, frazione di Maiori, dove una parte del costone roccioso è improvvisamente caduta dall'altezza di circa 15 metri sulla spiaggia affollata, come ogni weekend, da centinaia di bagnanti. È rimasta ferita seriamente una ragazza di Sant'Antonio Abate, che è stata trasportata al Ruggì di Salerno, e un ragazzo, anch'egli trasferito al nosocomio metelliano, sarebbe stato soccorso dalla guardia costiera;
   in seguito a questi crolli, alla baia del Cauco sono apparsi dei cartelli a indicare il divieto di sostare entro 30 metri dalla spiaggia, nelle altre cale intorno solo un generico «pericolo caduta massi»;
   il sindaco di Maiori Antonio Capone racconta in un'intervista a La Stampa, le difficoltà di procedere alla messa in sicurezza delle spiagge: «Dobbiamo innanzitutto capire di chi è il costone da cui si sono staccate le rocce. Siamo quasi sicuri che appartenga a due privati, stiamo effettuando le ultime verifiche. Dopodiché procederemo con le ordinanze per chiedere i lavori per mettere in sicurezza i luoghi e permettere di nuovo a chi vuole di andare sulle spiagge»;
   i turisti chiedono che le spiagge di Maiori vengano messe in sicurezza, oltre a lamentare la quasi assoluta mancanza di spiagge libere, ridotte ad esigui lembi tra uno stabilimento e l'altro (nella fattispecie ad Erchie una dei due spazi preposti praticamente coincide con la foce di un torrente che attraversa il borgo e che trasporta le acque dalla montagna al mare), costringendo i bagnanti a tortuose gimcane anche per raggiungere il mare;
   anche per la cattiva qualità delle acque la Costiera amalfitana viene menzionata sul sito del Ministero della salute, con ampi tratti non balneabili, dovuti a carenza o addirittura assenza di depuratori: vietato farsi il bagno ad Amalfi (585 metri), ma non viene specificato quale tratto; a Maiori, presso la foce Reginna Maior e al porto; a Minori da spiaggia ovest a spiaggia est Reginna Minor; a Ravello presso la spiaggia Marmorata e spiaggia del Dragone; a Cetara presso la spiaggia del porto, a Vietri sul Mare da 100 metri ovest a 100 metri est Bonea. Dai rilievi di Goletta Verde di Legambiente, risulta che per undici bandiere blu ci sono nove tratti di costa bagnati da un mare con una carica batterica al di sopra dei limiti imposti: secondo uno schema sulla consistenza della depurazione, a fronte di un carico inquinante stimato dall'Istat, nella migliore delle ipotesi gli impianti possono coprire circa il 50 per cento delle necessità di depurazione. In costiera c’è una grossa carenza fino al caso limite di Ravello dove è intervenuta la magistratura. Esiste quindi un rischio sanitario oggettivo, un serio rischio che riguarda la tutela della salute, spesso gli amministratori locali non emettono l'ordinanza di divieto di balneazione, né tantomeno indicano il divieto con gli appositi cartelli;
   i lavori, facenti parte del Grande progetto di risanamento ambientale dei corpi idrici superficiali della provincia di Salerno, sono fermi per mancanza di fondi. I fondi europei, stanziati dalla regione nel 2012, erano in possesso della provincia, e non sono mai giunti ai diversi comuni beneficiari. Il Grande progetto prevede lavori, di diverso tipo, nei comuni di Cetara, Maiori, Minori, Tramonti, Ravello, Scala, Atrani, Conca dei Marini, Furore e Praiano, per una somma complessiva di circa 29 milioni di euro. Ad oggi, nonostante i fondi siano stati stanziati, non possono essere utilizzati, poiché inseriti nella vecchia programmazione, ora dovranno essere inseriti nella nuova;
   di tali fondi, destinati alla riqualificazione o risanamento ambientale dell'area, era già stata chiesta notizia nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-02902 a prima firma dell'interrogante, a tutt'oggi senza risposta –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non ritengano opportuno, intervenire per accelerare le opere di messa in sicurezza dei costoni, anche in virtù del fatto che la Costiera amalfitana, considerata patrimonio dell'umanità dall'Unesco, è uno dei luoghi più esclusivi del pianeta, superando quindi la «competenza» degli enti locali anche con iniziative normative, e restituire in sicurezza la fruizione dei luoghi ai turisti che vi accorrono da tutto il mondo;
   se non si ritenga opportuno, in seguito alle segnalazioni che giungono dai turisti che lamentano numerosi disagi, promuovere un monitoraggio sull'utilizzo delle aree demaniali;
   quali iniziative intendano assumere al fine di acquisire elementi, per quanto di competenza, in merito alla programmazione dei fondi che potrebbero essere destinati alla riqualificazione e al risanamento ambientale dell'area oggetto dell'interrogazione, onde scongiurare l'emergenza sanitaria che scaturisce dall'inquinamento delle acque, spesso non segnalato. (4-14186)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCON e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro della difesa Roberta Pinotti è in carica dal febbraio del 2014;
   negli scorsi mesi la questione degli F35 e dell'aumento delle spese militari è stata al centro del dibattito politico e dell'attenzione dell'opinione pubblica;
   in questi mesi sono state avviate campagne ed iniziative pubbliche per la riduzione o la cancellazione del programma di acquisizione degli F35;
   i promotori di queste campagne (ed in particolare la campagna Taglia le ali alle armi e la Rete Disarmo) hanno chiesto ripetutamente, a partire da una lettera indirizzata sia al Presidente del Consiglio Renzi che al Ministro della difesa Pinotti il 19 marzo 2014, pubblicamente e per via formale un incontro, richiesta cui a quanto risulta all'interrogante, non hanno mai avuto risposta positiva;
   il Ministro della difesa ha un passato di attivista pacifista nei movimenti per il disarmo e per questi motivi dovrebbe avere sensibilità e attenzione alle sollecitazioni che vengono dai cittadini organizzati in questi movimenti;
   in passato altri Ministri della difesa (come il generale Corcione o l'onorevole Arturo Parisi) hanno mostrato sensibilità al confronto e disponibilità al dialogo e hanno sempre incontrato i rappresentanti delle organizzazioni pacifiste –:
   quali siamo i motivi per la mancata risposta positiva alla richiesta delle organizzazioni pacifiste;
   se la Ministra della difesa intenda incontrare i rappresentanti delle suddette organizzazioni in tempi ravvicinati;
   se non ritenga di avviare un tavolo di confronto permanente con i rappresentanti delle organizzazioni pacifiste e per il disarmo. (5-09470)


   PILI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo un comunicato del comando della base di Teulada l'interrogante sarebbe stato oggetto di una denuncia per violazione di segreto d'ufficio e procurato allarme a seguito delle dichiarazioni rese dopo una visita ispettiva nello stesso poligono di Teulada svoltasi il 5 agosto 2016;
   questa denuncia è solo l'ultimo tentativo di impedire all'interrogante di far emergere e perseguire gli abusi nella gestione delle basi militari;
   chi ha violato le leggi è chi ha fatto realizzare un deposito radioattivo dentro la base senza nessun tipo di autorizzazione;
   all'interno della base militare, con centinaia di uomini e donne, a due passi dai centri abitati è stato consentito di lasciare il territorio disseminato di missili carichi di torio radioattivo senza occuparsi del loro recupero e smaltimento;
   non esiste violazione di legge, proprio perché all'interrogante è stato vietato di vedere qualsiasi sito sottoposto a segreto di Stato;
   si è, ad avviso dell'interrogante dinanzi ad un tentativo di grave intimidazione istituzionale;
   l'interrogante ha divulgato un video realizzato all'interno della base considerato che lo stesso sito non rientrava per stessa dichiarazione del comandante in area riservata;
   nel video oltre alle immagini dello stabile contenente i materiali radioattivi sono registrate le voci dei responsabili che dichiarano apertamente che si tratta di un «deposito temporaneo di materiali e rifiuti radioattivi»;
   il video rappresenta senza filtri un deposito di scorie radioattive in una base militare, la superficialità, la negligenza e la totale assenza di rispetto regole minime per la tutela ambientale e non solo;
   il superamento del doppio o del triplo della soglia di rischio dei materiali radioattivi contenuti all'interno del deposito rappresenta la più evidente dimostrazione della violazione di tutte le leggi in materia;
   dalla visita ispettiva e dalle dichiarazioni dei tecnici dell'Arpas emerge che:
    1) nel poligono di Teulada sono stati utilizzati missili contenenti torio (sino ad oggi era stato escluso);
    2) dopo 17 anni dal loro primo utilizzo trovati ancora radioattivi sul terreno;
    3) i missili radioattivi sparati anche fuori dalla penisola interdetta delta;
    4) esiste un deposito radioattivo;
    5) non esiste nessun tracciato dei residui radioattivi –:
   se sia stato informato il Ministro della difesa della denuncia penale nei confronti dell'interrogante;
   se esistano precedenti di documentazione audiovisiva delle visite dei parlamentari nelle basi militari;
   se trovino conferma i dati emersi dalla visita ispettiva e riportati nell'ultimo paragrafo delle premesse. (5-09476)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda della Apple, condannata da una recente sentenza della Commissione europea a pagare circa tredici miliardi di euro per aver goduto dal 2003, di vantaggi fiscali illeciti accordati dall'Irlanda, ha acceso i riflettori anche sugli accordi fiscali simili (cosiddetti accordi di tax ruling), grazie ai quali gli altri Stati membri possono concordare con largo anticipo e con estrema riservatezza il regime di favore con cui calcoleranno il trattamento fiscale di una multinazionale;
   sono molte le multinazionali che, sfruttando le lacune e la complessità del sistema fiscale europeo e la totale mancanza di cooperazione tra gli Stati membri, hanno deciso negli ultimi tempi di delocalizzare le loro sedi e di stabilirle in Paesi che promettono significativi sconti fiscali; tali pratiche, definite dalla commissaria per la concorrenza, Margrethe Vestager, come tipico caso di «aiuti di Stato», rappresentano un problema cruciale per l'economia europea, poiché, oltre a causare ogni anno mancati introiti per miliardi di euro ai bilanci statali, al tempo stesso danneggiano, alterandola, quella sana competizione tra le aziende alla base del progetto economico europeo;
   secondo quanto riportato dal settimanale l'Espresso del 4 settembre scorso, le multinazionali che nel solo 2013 risultavano aver sottoscritto accordi simili con il fisco italiano erano 47, un dato recentemente non confermato, ma neanche smentito dal Governo italiano, che in Parlamento europeo si è trincerato dietro una «cortina» di riservatezza;
   al fine di migliorare la trasparenza dei ruling fiscali dei Paesi membri e contrastarne l'attuale regime di opacità, dal 1o gennaio 2017 troverà applicazione la direttiva n. 2015/2376/UE, che, imponendo lo scambio obbligatorio (oggi facoltativo) ed automatico di informazioni relative ad ogni accordo fiscale con le aziende, consentirà di eliminare quella discrezionalità concessa fino a quel momento ai Governi di decidere se e a quali colossi dell'economia accordare vantaggi fiscali –:
   quante e quali siano le società con cui il fisco italiano ha sottoscritto accordi di tax ruling ed a quali condizioni.
(5-09473)


   ALBERTI e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con comunicato del 4 luglio 2016, ampiamente ripreso da molte testate giornalistiche nazionali, Equitalia spa ha reso nota l'attivazione del portale Equiclick, un nuovo strumento digitale, accessibile anche attraverso smartphone e tablet, che la società di riscossione ha definito, eufemisticamente, come uno sportello esattoriale «in tasca» al cittadino;
   nel comunicato si apprende che: «Equiclick è composta da due “aree”, la prima – open e senza password – non richiede credenziali per accedervi e, con la funzione “paga online”, ti permette di saldare cartelle e avvisi utilizzando carta di credito o prepagata» Mentre: «...utilizzando le credenziali personali (codice fiscale, password e pin forniti dall'Agenzia delle entrate) si entra nell'area riservata e si può verificare in tempo reale la propria situazione relativa a cartelle e avvisi di pagamento. Qui è consentito, in modo semplice e veloce, di selezionare dalla lista dei propri documenti quelli che si vogliono pagare, generare il codice del bollettino Rav con l'importo aggiornato e saldare il debito. Sempre all'interno dell'area riservata è possibile consultare la lista dei documenti rateizzabili e selezionarli, ottenere la rateizzazione e, se si vuole, cominciare subito a pagare, anche memorizzando le scadenze delle rate sul calendario dello smartphone o del tablet. Se si ritiene di non dover pagare gli importi richiesti, si ha la possibilità di inviare la domanda per sospendere la riscossione in attesa delle verifiche dell'ente creditore, con gli strumenti previsti dalle norme»;
   l'iniziativa è stata corredata anche da un filmato visionabile su Youtube della durata di appena due minuti, in cui si illustra il funzionamento dell’app Equiclick sui nuovi dispositivi tecnologici; dalla visione emerge, nel complesso, che l'intera operazione si riduce a mettere a disposizione le funzionalità telematiche – già da tempo presenti sul sito web di Equitalia – all'interno di applicazioni adatte all'uso da tablet e smartphone l'unica reale novità è la possibilità di pagare immediatamente le cartelle attraverso l'addebito in carta di credito anche prepagata;
   se si consulta il sito della società, nella pagina dedicata a «come e dove pagare» emerge, tuttavia, che tale modalità di pagamento – certamente utile per evitare disagi presso gli uffici postali – ha un costo tutt'altro che irrisorio per il contribuente: esso ammonta, addirittura, all'1 per cento della intera cartella esattoriale, al lordo di imposte, sanzioni, interessi, interessi di mora, oneri di riscossione, spese esecutive e diritti di notifica; un esempio aiuterà a comprendere i termini economici della questione: su una cartella da centomila euro il pagamento con carte di credito imporrebbe, a conti fatti, il sostenimento di ben mille euro a titolo di commissioni;
   esaminando nel merito le ulteriori modalità di pagamento delle cartelle esattoriali, si evince, però che il contribuente ha a disposizione un'alternativa altrettanto comoda e assai meno onerosa: il versamento attraverso il circuito CBILL, attivabile tramite home banking; con costi variabili tra 1,30 e 2,00 euro ad operazione – a seconda dell'istituto di credito – il cittadino può ordinare alla propria banca di pagare le somme per le quali è esposto pre-generando sul sito di Equitalia il corrispondente codice RAV;
   si tratta, invero, di un'operazione abbastanza semplice: tuttavia, nel sito di Equitalia essa è citata in maniera del tutto marginale, senza fornire alcuna istruzione operativa; al contrario, una volta terminata l'operazione preliminare di generazione del codice RAV – essenziale tanto per pagare con modalità carta di credito che con il circuito CBILL – il contribuente è invitato dal sistema, attraverso uno shortcut, a percorrere la prima via, che, come segnalato, è decisamente più costosa; questo accade sia sul sito internet della società di riscossione e, a maggior ragione, nella modalità app, ove il pagamento con carta di credito costituisce l'unica soluzione percorribile;
   va altresì considerato che l'utilizzo dell’home banking, ancorché in crescente diffusione presso cittadini ed imprese, è certamente meno capillare dell'utilizzo delle carte di credito e che non tutti gli istituti bancari hanno ancora aderito al protocollo CBILL;
   è sorprendente il fatto che in un'epoca in cui grande enfasi è data al pagamento con mezzi tracciabili e il ricorso alla carta di credito sia ampiamente incentivato tra i consumatori in tutte le réclame – anche attraverso riduzioni di prezzo e altri benefici – il contribuente debba pagare, invece, esose commissioni quando oggetto della transazione è il pagamento di imposte, tasse, contributi o multe;
   a nulla rileva la constatazione che trattasi di contribuenti tardivi o in mora, poiché a tale funzione risarcitoria provvede già il sistema sanzionatorio;
   invero, è interesse della collettività a che il contribuente, soprattutto se in mora o tardivo, sia facilitato nell'adempimento affinché le somme dovute vengano incassate prima possibile. Nella riscossione nazionale, però, avviene il contrario; l'unico sistema gratuito è quello più lento e rischioso: recarsi a pagare presso gli uffici di Equitalia, mentre scarsa attenzione è rivolta ai sistemi elettronici alternativi alla carta di credito come l’home banking anche se più economici per cittadini ed imprese –:
   se non ritenga opportuno assumere tutte le iniziative, anche a carattere normativo, affinché il pagamento delle cartelle esattoriali attraverso l'utilizzo di carte di credito, anche prepagate, avvenga gratuitamente, senza l'addebito di commissioni di alcun genere a carico del contribuente, ovvero, in subordine, siano applicate commissioni di importo analogo a quelle applicate per il pagamento con sistema CBILL. (5-09474)


   PELILLO e VENITTELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la circolare 36/E dell'Agenzia delle entrate, del 19 dicembre 2013, sono stati esplicitati dall'amministrazione finanziaria i chiarimenti aventi ad oggetto i profili catastali e gli aspetti fiscali degli impianti fotovoltaici, in merito al trattamento fiscale da applicare al corrispettivo conseguito a seguito della cessione del diritto di superficie;
   in base a tale circolare l'equiparazione, ai fini delle imposte sui redditi, delle disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso agli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento, previsto dall'articolo 9, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, può operare esclusivamente qualora sia possibile procedere ad una contrapposizione di due valori omogenei e questo è fattibile solo allorquando il diritto di superficie sia stato acquistato, in precedenza, a titolo oneroso e con un importo oggettivamente determinabile;
   in altri termini, il corrispettivo percepito a seguito della concessione del diritto di superficie può essere inquadrato nella fattispecie delineata all'articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR, che include tra i redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusivamente nell'ipotesi in cui il medesimo diritto reale sia stato, in precedenza, acquistato a titolo oneroso;
   in conseguenza di questa specifica equiparazione, risultano applicabili alla plusvalenza conseguita – calcolata come differenza fra i corrispettivi percepiti e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto – tutte le disposizioni dettate ai fini della cessione della piena proprietà; pertanto, ad esempio, qualora fra la cessione e l'acquisto (a titolo oneroso) del diritto reale di godimento siano trascorsi più di cinque anni, la plusvalenza conseguita non può essere assoggettata a tassazione;
   con specifico riguardo ai compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario – ovvero senza aver sostenuto un costo oggettivamente determinabile e direttamente riferibile al diritto ceduto –, gli stessi debbano essere inclusi nella fattispecie recata dall'articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, vale a dire fra i redditi diversi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere;
   conseguentemente, ai fini della determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione, trova applicazione la disposizione recata dall'articolo 71, comma 2, del TUIR, la quale prevede che il reddito da sottoporre a tassazione sia costituito dalla differenza fra l'ammontare percepito nel periodo d'imposta e le spese specificamente inerenti alla sua produzione;
   l'applicazione della circolare dell'Agenzia delle entrate comporta conseguentemente l'imponibilità del corrispettivo anche in tutti i casi in cui non lo sarebbe applicando l'articolo 67, comma 1, lettera b), tra cui il diritto costituito sul terreno agricolo ereditato, ovvero dopo cinque anni da quando è stato acquistato il fondo, e il diritto costituito sul lastrico solare dell'abitazione principale o sull'immobile acquistato o costruito da almeno cinque anni; inoltre, essendo le uniche spese deducibili quelle «specificamente inerenti alla sua produzione», l'imponibile Irpef sarebbe praticamente sempre costituito dall'intero corrispettivo, proprio perché non esiste alcun costo specifico di acquisto, altrimenti si ricadrebbe nella fattispecie di cui alla citata lettera b);
   la Corte di cassazione, con la sentenza n. 15333, depositata il 4 luglio 2014, contrariamente a quanto previsto dalla citata circolare 36/E del 2013, ha statuito che, essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l'articolo 9, comma 5, del Tuir, implicante l'equiparazione della disciplina fiscale relativa alle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento; per la persona fisica, il corrispettivo derivante dalla cessione del diritto di superficie costituisce dunque reddito diverso ai sensi del citato articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, qualora si tratti di area fabbricabile (sarà tassata la differenza tra il costo, rivalutato e maggiorato delle spese, ed il prezzo di vendita);
   in caso di terreno agricolo, invece, nessuna tassazione è applicabile, salvo che non siano trascorsi almeno cinque anni dall'acquisto; il reddito afferente a tale corrispettivo non può essere inquadrato tra redditi diversi ed in particolare tra quelli derivanti dall'assunzione di obblighi di permettere di cui all'articolo 67, comma 1, la lettera l), del Tuir, in quanto, da un lato, la generale equiparazione del trasferimento di un diritto reale di godimento al trasferimento del diritto di proprietà, correlata all'articolo 9, comma 5, del TUIR, non consente, neanche, l'applicazione dell'articolo 67, comma 1, la lettera l), del Tuir in relazione all'obbligo di permettere (concedere a terzi l'utilizzo del terreno), e, dall'altro lato, i redditi determinati dall'assunzione di obblighi, cui fa riferimento tale ultima disposizione, vanno ricollegati specificatamente a diritti personali, piuttosto che a diritti reali e nel caso di diritto di superficie, la Corte ritiene si sia indiscutibilmente in presenza di diritti reali;
   la Corte, peraltro, rammenta che, in relazione alla tassazione delle plusvalenze immobiliari infraquinquennali, con riguardo alla lettera b), il limite temporale posto, di cinque anni, evidenzia la volontà del legislatore di tassare solo le plusvalenze aventi natura speculativa: la tassabilità o meno della plusvalenza è stata limitata nell'ambito un quinquennio, oltre detto periodo non potrà più presumersi il carattere speculativo dell'operazione di acquisto e la successiva vendita del bene –:
   se non ritenga di intervenire in sede amministrativa al fine di chiarire la corretta interpretazione della disciplina in materia di tassazione del diritto di superficie, in modo da superare la precedente pronuncia dell'amministrazione finanziaria del 2013, rendendola quindi conforme a quanto previsto dalla consolidata giurisprudenza di legittimità. (5-09475)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 luglio 2012 sono stati consegnati i lavori di adeguamento della strada statale 32 («Ticinese») alle imprese esecutrici Ati Lauro Spa e De Giuliani Srl;
   tali lavori interessano il tratto dal chilometro 23,300 al chilometro 31,000;
   in particolare, i sopracitati lavori interesserebbero la sistemazione stradale del II lotto e cioè del tratto tra il chilometro 23+300 (comune di Pombia) e il chilometro 31+000 (comune di Borgoticino);
   dalla sezione dedicata da Anas Spa all'opera sul proprio sito si viene a conoscenza di come l'importo totale attualmente previsto per l'esecuzione dei lavori ammonti a 31.557.131,60 euro;
   ad oggi, l'avanzamento dei lavori corrisponderebbe al 71,83 per cento del totale;
   nella sezione prevista all'indicazione della data di ultimazione dell'opera si può al momento leggere come «Il termine dei lavori è in corso di ridefinizione»;
   tali lavori provocano ormai da diverso tempo continui disagi agli abitanti dei comuni limitrofi, ma anche ai passeggeri diretti ai terminal di Malpensa, oltre ai parecchi pendolari che ogni giorno percorrono a scopo lavorativo tale tratta;
   tali disagi, segnalati da diversi sindaci i cui comuni sono interessati da lavori, possono essere identificati in lunghe code automobilistiche causate in particolar modo da rotatorie iniziate e ancora non terminate che mettono a rischio ciclisti, motociclisti e automobilisti;
   secondo una visura camerale datata 7 settembre 2016, una delle due imprese che insieme compongono l'ATI a cui sono stati affidati i lavori sopracitati, la Lauro Spa, in data 18 luglio 2016 avrebbe depositato presso la cancelleria del tribunale di Vercelli (VC) il ricorso per l'ammissione da parte della stessa Lauro alla procedura di concordato preventivo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione;
   se possano indicare la data di previsione di fine lavori;
   se possano fornire all'interrogante copia del cronoprogramma dell'opera in questione depositato alla consegna dei lavori e quello ad oggi vigente;
   se l'inserimento della Lauro Spa nella procedura di concordato preventivo possa significare, oltre che ulteriori ritardi per quanto riguarda la consegna dei lavori, anche una rinuncia da parte della stessa ai lavori e di conseguenza l'affidamento dell'opera ad altra impresa;
   nel caso in cui tale ipotesi si concretizzasse, quali criteri verranno usati da ANAS per la consegna dei lavori al nuovo soggetto in questione. (5-09477)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Serenissima Sgr, società di gestione del risparmio con sede a Verona, di natura istituzionale, posseduta da operatori finanziari ed industriali, banche ed assicurazioni, ha presentato al comune di Peschiera del Garda (VR) una manifestazione di interesse ai fini della definizione di possibili strategie per la valorizzazione del patrimonio immobiliare del comune di Peschiera del Garda in risposta alle esigenze di carattere pubblico e sociale del territorio;
   la proposta è quella di istituire un «Progetto fondo scuole comune di Peschiera del Garda», Fondo di investimento immobiliare nel quale il comune veronese dovrebbe partecipare con l'attuale scuola media, con il diritto di superficie di un terreno da acquistare e sul quale dovrebbe essere costruita la nuova scuola media e con l'immobile un tempo adibito a Casa di riposo;
   nello stesso Fondo parteciperebbe anche Cassa depositi e prestiti investimenti SGR attraverso il conferimento di tre immobili un tempo adibiti a caserme asburgiche di proprietà del Fondo Alternativo d'investimento immobiliare chiuso denominato «Fondo investimenti per la valorizzazione»;
   gli edifici di costruzione asburgica erano stati trattati nell'ambito dell'operazione cosiddetta «Valore Paese dimore»; pare di capire che i progetti di valorizzazione tempo fa messi in campo non hanno sortito alcun effetto;
   nell'operazione in questione risulta coinvolta anche Investimenti Immobiliari Italiani Sgr spa (lnvimit Sgr), società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze, in qualità di gestore del fondo «I3-Core» comparto territorio;
   non appare chiaro il beneficio per il comune di Peschiera del Garda in quanto a fronte di conferimenti importanti — due immobili in posizione ultra redditizia e un terreno —, a quanto risulta all'interrogante ne trarrebbe solo la costruzione di una nuova scuola per la quale pagherebbe anche spese annuali, quasi se fosse un canone;
   il cronoprogramma prevede:
    entro metà settembre la finalizzazione del progetto di valorizzazione da condividere con le parti e contenente i valori di massima dell'iniziativa e degli investimenti richiesti;
    entro fine settembre la presentazione ai partner istituzionali per le valutazioni interne;
    entro fine ottobre la raccolta dei commenti e la finalizzazione del progetto di valorizzazione;
    entro metà novembre la presentazione dello studio di fattibilità al comune e conseguente presentazione formale della proposta ad Invimit (ente nazionale che si muove per Cassa depositi e prestiti –:
   se Cassa depositi e prestiti e lnvimit SGR siano coinvolte anche in altri progetti simili concernenti comuni veronesi e con quali partner. (4-14165)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la stampa dà notizia di pressioni dirette del Ministro interrogato finalizzate ad ottenere le dimissioni dell'amministratore delegato di MPS Fabrizio Viola, poi effettivamente realizzatesi l'8 settembre 2016;
   tale intervento sarebbe verificato per richiesta del Presidente del Consiglio e su indirizzo della banca d'affari JP Morgan, attualmente consulente della stessa MPS relativamente al piano di dismissione di NPL e all'aumento di capitale, nonché capofila di un ipotetico pool di operatori finanziari che dovrebbero intervenire nell'operazione;
   è del tutto evidente che non spetta al Ministro dell'economia e delle finanze intervenire con modalità, a giudizio dell'interrogante, opache e irrituali sulla governance di un istituto, tanto più se, come nel caso di MPS, lo stesso Tesoro sia coinvolto in qualità di azionista;
   tale intervento, se confermato, getterebbe un'ombra pesante sul sistema bancario italiano, dimostrandone, secondo l'interrogante, la permeabilità ad interventi politici dettati da interessi terzi –:
   se e come il Ministro intenda smentire adeguatamente notizie circostanziate riportate da importanti organi di stampa, che, se confermate, farebbero emergere, ad avviso dell'interrogante, una condotta quantomeno inopportuna rispetto al ruolo attualmente ricoperto. (4-14193)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   è nota la vicenda che riguarda le Ferrovie del Sud Est, oggetto anche di procedimenti di natura giudiziaria;
   a margine delle questioni di natura penale che saranno accertate nelle sedi a ciò deputate, emerge una situazione di gravissima carenza sul piano dei servizi forniti;
   ai tanti disagi che interessano l'utenza, costituita prevalentemente da lavoratori pendolari e studenti, negli ultimi tempi si è aggiunto un progressivo rischio per la sicurezza di operatori e passeggeri;
   in particolare, sono state denunciate, da vari soggetti, gravi carenze in tema di manutenzione dei mezzi, tanto su gomma quanto su ferro;
   ultimamente sono state documentate gravi situazioni di pericolo dovute al mancato funzionamento dei sistemi automatici che regolano i passaggi a livello; in modo ormai quasi regolare le sbarre che interdicono il traffico stradale resterebbero alzate durante il transito dei convogli ferroviari;
   notizie di stampa riferiscono che sia stato raccomandato ai conduttori di effettuare il passaggio a velocità limitata e utilizzando ogni mezzo disponibile per attrarre l'attenzione degli automobilisti –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se, al fine di prevenire ulteriori possibili gravi incidenti, anche con riferimento a quanto già accaduto purtroppo in Puglia, si intendano assumere immediate iniziative quali il presidio fisico dei passaggi a livello, o, estremo rimedio, la sospensione del servizio nelle more del ripristino degli impianti.
(2-01463) «Chiarelli».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   la Corte di cassazione, sez. II civ., con la sentenza n. 15899 del 29 luglio 2016, che riprende la precedente giurisprudenza della stessa Corte in materia, ha ribadito che non è sufficiente segnalare genericamente all'inizio del territorio comunale l'attivazione del controllo elettronico della velocità, ma che gli autovelox devono essere adeguatamente segnalati e le pattuglie ben visibili, a pena di annullamento degli accertamenti effettuati, ricordando che la legge n. 168 del 2002 prescrive l'obbligo per la pubblica amministrazione proprietaria della strada di dare idonea informazione del controllo di velocità, con l'apposizione di cartelli indicanti la presenza di autovelox, che «devono essere installati con adeguato anticipo rispetto al luogo dove viene effettuato il rilevamento della velocità, e in modo da garantirne il tempestivo avvistamento, in relazione alla velocità locale predominante»;
   il 28 gennaio 2016 è stato approvato alla Camera dei deputati il dispositivo della mozione 1-01085 che impegna il Governo: ad adottare ogni iniziativa utile a mettere fine agli episodi di utilizzazione impropria degli apparecchi o sistemi di rilevamento della velocità attraverso l'utilizzazione di dispositivi o di mezzi tecnici di controllo a distanza, di cui all'articolo 142, comma 12-bis, del codice della strada, nell'inosservanza – peraltro – dell'obbligo di utilizzazione delle risorse per manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, posto dal comma 12-ter dello stesso articolo ed a proporre al Parlamento, nel primo provvedimento utile, modifiche normative atte a disciplinare il meccanismo sanzionatorio attualmente previsto nell'articolo 142, comma 12-quater, ultimo periodo, sì da superare le difficoltà oggettive rappresentate dall'impossibilità di «intercettare» i predetti proventi – direttamente introitati dagli enti stessi, anche se inadempienti – per decurtarli della percentuale prevista a titolo di sanzione per l'inosservanza dei predetti obblighi. A tale fine potrà essere valutato di prevedere che le risorse in parola siano introitate direttamente su apposito capitolo del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per essere riassegnate agli enti aventi diritto per la realizzazione di specifici piani di intervento conformi alle finalità di legge nonché di sostituire il predetto meccanismo sanzionatorio con sanzioni amministrative pecuniarie adeguate; a valutare l'opportunità di coinvolgere, nella predetta proposta, gli uffici territoriali del Ministero dell'economia e delle finanze, quali ulteriori soggetti riceventi la relazione telematica e competenti ad irrogare le sanzioni; a presentare al Parlamento, entro il 30 settembre 2016, un report sullo stato di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 142, commi da 11-bis ad 11-quater, che in particolare, indichi quali e quanti enti locali sono stati inadempienti rispetto agli obblighi di legge in esame –:
   se il Governo non intenda dare al più presto attuazione al dispositivo della mozione n. 1-01085 anche alla luce della sentenza n. 15899 del 29 luglio 2016 della Corte di cassazione.
(2-01466) «Baldelli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la regione Marche da anni ha fatto della infrastrutturazione logistica (porti, interporto, reti stradali di grande comunicazione) un obbiettivo strategico per lo sviluppo produttivo;
   la regione Marche, è soggetto protagonista di progetti internazionali specifici, Corridoio adriatico, e generali, Macroregione adriatico ionica, volti a sviluppare sistemi economici integrati e reti di trasporto sul versante est-ovest del Mediterraneo orientale;
   la regione Marche su iniziativa specifica del consiglio regionale, ha, da tempo valutato iniziative legislative e atti amministrativi volti a dare sostegno giuridico e risorse specifiche a questi obbiettivi, senza che tuttavia questo impegno e queste proposte siano state mai approvate, privando l'azione politica di strumenti efficaci;
   la sistematica riduzione del personale ferroviario e la chiusura di impianti di produzione ed officine, nonostante una domanda costante, in queste settimane si concludano con il trasferimento forzato di parte del personale (quello dedicato ai servizi di staff e di programmazione) in altre divisioni di Trenitalia (per altro senza incarichi e senza ruoli con quello che all'interrogante appare il solo scopo di depotenziare e poi chiudere l'unità produttiva di Ancona);
   la società Cargo nei prossimi mesi parrebbe essere trasformata in una società a responsabilità limitata denominata Mercitalia);
   gli indici di produttività degli impianti marchigiani si collocano ai primi posti in campo nazionale;
   la collocazione geografica dell'impianto di Ancona ha fatto registrare nel periodo 2010/2016 un costante aumento della produzione cosiddetta «passante». Tale collocazione resta strategica all'interno dei 9500 chilometri della rete commerciale individuata finanche dal PGTL del 2001 secondo la logica del sistema a rete disegnata dallo SNIT (sistema nazionale integrato dei trasporti);
   tali scelte, compreso il trasferimento di personale in Emilia Romagna e in Puglia di personale e lavorazioni toglierà al territorio non solo importanti segmenti occupazionali, ma un interlocutore direttivo con il quale confrontare obbiettivi generali e specifici progetti che riguardino la programmazione regionale –:
   quali iniziative il Governo ritenga assumere dinanzi al rischio di ulteriori smantellamenti nelle Marche e per indurre la società Trenitalia a rivedere e modificare le scelte in fieri; se intenda, con urgenza, convocare l'azienda Trenitalia Cargo per un confronto e se, nell'immediato, non ritenga necessario istituire un tavolo istituzionale dove insieme ai rappresentanti dei lavoratori, alle forze sindacali, agli esponenti del mondo produttivo e commerciale della regione e alla regione Marche sviluppare una proposta. (5-09461)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il nuovo codice degli appalti, di cui al decreto legislativo n. 50 del 19 aprile 2016, giustamente ha previsto (articolo 59, comma 1) che «gli appalti relativi ai lavori sono affidati, ponendo a base di gara il progetto esecutivo, il cui contenuto, come definito dall'articolo 23, comma 8, garantisce la rispondenza dell'opera ai requisiti di qualità predeterminati e il rispetto dei tempi e dei costi previsti»;
   questa norma intende assicurare che gli appalti pubblici vengano aggiudicati sulla base di progetti esecutivi, completi ed accurati, per consentire la più rapida e funzionale esecuzione delle opere, senza ritardi e rallentamenti, fortemente negativi per la comunità;
   tuttavia, l'esperienza indica che molte amministrazioni e stazioni appaltanti, soprattutto gli enti locali, non sono in condizione di anticipare le risorse finanziarie necessarie per la redazione delle progettazioni esecutive, stante la forte ed obiettiva carenza di fondi e la difficile situazione economica e di bilancio in cui versano;
   ne derivano pesanti difficoltà ai fini della sollecita predisposizione dei progetti esecutivi – che comunque hanno costi considerevoli –, con conseguenti, inevitabili e dannosi ritardi per l'affidamento degli appalti pubblici;
   questi ritardi rischiano di produrre ulteriori e negative conseguenze per la predisposizione dei progetti di opere, da finanziare con le risorse della Unione europea nel nuovo ciclo di programmazione 2014-2020;
   la regione Campania ha attivato uno specifico fondo a rotazione, con una copertura iniziale di 40 milioni di euro, per «la concessione di contributi, in conto anticipazione, da restituire secondo le modalità» prefissate nel relativo bando «per la progettazione delle opere e delle infrastrutture degli enti locali e degli altri organismi di diritto pubblico»; finalità del fondo è consentire l'acquisizione di progetti idonei alla migliore realizzazione delle opere previste –:
   quali iniziative e quali strumenti il Ministro intenda attivare al fine di assegnare adeguate risorse finanziarie, con un apposito fondo in conto anticipazione, per consentire alle Amministrazioni, alle stazioni appaltanti, agli enti locali, di sostenere il costo per predispone la progettazione, in particolare quella esecutiva, da porre a base delle gare di appalto per lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 50 del 2016.
(5-09462)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIPPA e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un articolo pubblicato dal sito www.lastampa.it in data 15 luglio 2016, Trenitalia avrebbe deciso di spostare i treni Frecciabianca Venezia-Torino e Milano-Torino dalla linea storica a quella ad alta velocità a partire dal mese di settembre 2016, azione che di fatto andrebbe a sopprimere la sosta in zone nevralgiche come Novara e Vercelli;
   come già accennato quindi, le modifiche sopracitate andrebbero a toccare in particolare le città di Novara e Vercelli, causando di fatto gravissime conseguenze sulle migliaia di pendolari, studenti e lavoratori, che ogni giorno usufruiscono di tale servizio su rotaie;
   secondo il piano di Trenitalia, la soppressione delle fermate già citate sarebbe compensata dalla revisione del tabellone dei regionali veloci, che vedrebbe aggiunti nuovi convogli a quelli esistenti;
   questi nuovi treni sarebbero, secondo l'articolo già citato, più veloci rispetto ai regionali attuali (che comunque verranno mantenuti) perché si fermeranno solo a Chivasso, Vercelli e Novara saltando Santhià, Magenta e Rho;
   come riporta la Stampa, il piano sarebbe dovuto entrare in vigore per quanto riguarda la sua prima fase già nel mese di agosto per essere ultimato nel mese di dicembre;
   come però si può leggere dall'articolo pubblicato sul sito www.novaratoday.it in data 12 settembre 2016, a seguito di un incontro fra l'assessore della regione Piemonte dei trasporti, Francesco Balocco, e l'Amministratore delegato di Trenitalia, Barbara Morgante, la stessa Trenitalia avrebbe posticipato la soppressione del servizio al mese di marzo 2017;
   come si apprende dall'articolo poi, regione Piemonte, Trenitalia e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sono infatti attivati per individuare delle soluzioni condivise  –:
   se il Ministro interrogato possa confermare il piano di razionalizzazione della linea ad alta velocità Venezia-Torino e Milano-Torino, come citato in premessa;
   quali siano le soluzioni in questo momento ipotizzate insieme a regione Piemonte e Trenitalia al fine di risolvere la situazione;
   nel caso in cui non si arrivi a soluzioni condivise che possano essere realmente a beneficio dei migliaia di lavoratori e studenti che ogni giorno percorrono la tratta in questione, quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere nei confronti di Trenitalia al fine di far rientrare quella che si prospetta come l'ennesima nota dolente nei confronti dei pendolari dopo i continui aumenti delle tariffe, disagi sulle linee, scarsa igiene a bordo delle carrozze, sovraffollamento delle stesse e chiusura di alcune di esse in modo del tutto incondizionato. (4-14164)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 1444 del 2 aprile 1968 fissa le disposizioni da applicarsi ai piani regolatori generali e relativi piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate; ai nuovi regolamenti edilizi con annesso programma di fabbricazione e relative lottizzazioni convenzionate, alle revisioni degli strumenti urbanistici esistenti;
   le distanze minime tra costruzioni indicate dall'articolo 9 del decreto variano in relazione alle zone territoriali omogenee in cui ricadono gli edifici, alla loro altezza ed alla presenza o meno di strade destinate al traffico veicolare;
   solo per i centri storici (le zone A), in caso di ristrutturazione, vi è l'obbligo di mantenere le distanze intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, mentre nelle altre zone omogenee per gli edifici di nuova costruzione (0 ricostruiti ex novo) è prescritta in ogni caso una distanza minima di dieci metri tra le pareti finestrate e quelle degli edifici antistanti. In presenza di strade, le distanze minime corrisponderanno alla larghezza della sede stradale maggiorata, per ciascun lato, ad una misura variabile dai 5 ai 10 metri, a seconda dell'ampiezza della strada, di conseguenza, in questo caso, la distanza minima potrà andare dai 17 ai 35 metri. La norma ammette distanze inferiori solo nel caso di gruppi di edifici che formano oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate, con esclusione degli interventi diretti, realizzati sulla base di un singolo permesso di costruire;
   l'intenzione della norma, all'epoca, era quella di razionalizzare la realizzazione di fabbricati all'interno delle aree urbane per evitare scempi edilizi irrimediabili e consentire alle amministrazioni comunali di poter procedere ad interventi di allargamento di strade urbane nonché di dotarsi di strumenti urbanistici complessivi, quali i piani regolatori generali i quali, sempre in ossequio alla suindicata normativa, dovevano comunque rispettare le distanze riviste dalla legislazione nazionale;
   il decreto ministeriale dopo alcuni anni di effettiva vigenza, è letteralmente caduto nel dimenticatoio, considerato anacronistico rispetto alle mutate esigenze urbanistiche delle città italiane, nelle quali si è edificato nel rispetto dei soli piani regolatori urbanistici locali, spesso in netto contrasto con il disposto normativo dell'articolo 9 del decreto ministeriale n. 1444 del 1968;
   di recente il decreto ministeriale n. 1444 del 1968 è stato «rispolverato» nell'ambito di procedimenti di giustizia amministrativa e Civile e, di fatto, ha bruscamente bloccato tutti i vari «Piano Casa» e i relativi incentivi, soprattutto in tema di ristrutturazioni, che le amministrazioni regionali e comunali hanno fatto propri per favorire la ripresa edilizia;
   si è formata, infatti, una giurisprudenza consolidata sia in ambito amministrativo (Consiglio di Stato) che civile (Corte di Cassazione) e penale (Corte di Cassazione) che ritiene immodificabili i principi suindicati attraverso l'adozione di strumenti urbanistici in deroga. Sul punto, tra le tante pronunce, è opportuno segnalare: Consiglio di Stato, Sezione/V, sentenza 1491/2009 secondo cui: «... la distanza minima di dieci metri tra costruzioni vincola anche i Comuni in sede di formazione e di revisione degli strumenti urbanistici, con la conseguenza che ogni previsione regolamentare in contrasto con l'anzidetto limite minimo è illegittima, essendo consentita all'amministrazione locale solo la fissazione di distanze superiori»;
   lo stesso Consiglio di Stato ribadisce che non esiste alcuna possibile sanatoria per le violazioni in tema di distanze. Infatti, con sentenza resa dalla Sezione II n. 9751/2010 si ribadisce che: «... in tema di distanze legali nelle costruzioni essendo le prescrizioni contenute dettate a tutela dell'interesse generale a un prefigurato modello urbanistico, non tollerano deroghe convenzionali da parte dei privati. Tali deroghe se concordate sono invalide, né tale invalidità può venir meno per l'avvenuto rilascio di concessione edilizia, poiché il singolo atto non può consentire la violazione dei principi generali dettati, una volta per tutte con gli indicati strumenti urbanistici»;
   a ciò si aggiunga che la Suprema Corte di cassazione penale, con orientamento ormai consolidato, ha stabilito che risponde del reato di abuso d'ufficio il dirigente comunale che rilascia permesso a costruire in violazione della disciplina sulle distanze stabilita dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968, le cui disposizioni prevalgono sulle diverse previsioni contenute negli strumenti. Disciplina statale che, statuisce la Suprema Corte, vincola anche lo stesso giudice il quale, se emette sentenza in difformità della norma statale, che è chiamato insindacabilmente ad applicare, commette, anch'egli, abuso d'ufficio;
   a seguito delle suindicate pronunce vi sono state, negli ultimi anni, una molteplicità di sentenze dei giudici di merito che, applicando i principi enunciati dalle Supreme Corti, hanno, di fatto, bloccato qualsiasi opera tesa a superare i limiti (anacronistici) imposti dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968. Peraltro, anche il tentativo effettuato con il recente decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (cosiddetto decreto del fare) non è idoneo allo scopo in quanto non supera il vincolo imposto, in tema di distanze, dal succitato decreto ministeriale, evidentemente non del tutto chiaro al momento della stesura;
   l'unica possibilità di derogare la detta normativa appare quella di modificare l'articolo 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942 e successive modificazioni e integrazioni che qualifica i limiti edilizi inderogabili anche da parte delle leggi successive che non agiscano, contestualmente, sulla norma qualificante; ovvero di abrogare il decreto ministeriale n. 1444 del 1968 introducendo una nuova normativa nazionale che regolamenti anche il tema delle distanze minime degli edifici in considerazione delle attuali esigenze e delle mutate condizioni urbanistiche;
   il comparto edile sta vivendo una profonda crisi, anzi un autentico crollo del mercato immobiliare che si ripercuote soprattutto sulle maestranze lavorative sempre più a rischio di licenziamenti;
   la vigenza « ex novo» del decreto ministeriale n. 1444 del 1968 rappresenta attualmente, per l'intero comparto edile italiano, un autentico cappio che di fatto impedisce soprattutto le ristrutturazioni edilizie, necessarie in Italia per la vetustà dell'intero patrimonio immobiliare italiano e per la loro non adeguatezza per fronteggiare la sismicità del territorio. A riprova di ciò basta prendere in esame i vari «Piano Casa» adottati e più volte prorogati dalle amministrazioni regionali e comunali che di fatto hanno trovato un'applicazione tanto risibile da risultare praticamente nulla;
   una deroga alle prescrizioni del decreto ministeriale citato, dimostratosi ormai anacronistico in considerazione dello sviluppo delle città negli oltre 40 anni trascorsi dalla sua stesura, consentirebbe il recupero del patrimonio edilizio esistente con l'applicazione delle nuove tecniche di costruzione e soprattutto ricostruzione (antisismicità, impianti fotovoltaici, e altro), rimandando specificamente ai vari comuni e ai «piani casa», o piani regolatori, la regolamentazione delle costruzioni nel proprio ambito; tutto ciò eviterebbe la cementificazione di altre aree della periferia urbana, su cui i vari costruttori dirotterebbero le proprie attenzioni;
   da anni l'Associazione nazionale costruttori edili (Ance) invia ai Governi via via succedutisi note relative alla necessita di intervento sul decreto ministeriale 1444 del 1968 e sui suoi nefasti effetti sui «piani casa» delle varie amministrazioni locali. Da ultimo, si sottolinea che i provvedimenti emanati all'indomani del sisma in Emilia Romagna hanno consentito la ricostruzione degli edifici con specifica deroga alle norme del decreto ministeriale 1444 del 1968;
   a giudizio dell'interrogante, la ripresa economica tanto evocata passa anche e soprattutto per il comparto edilizio –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere con urgenza le iniziative normative invocate già da molto tempo dagli operatori del settore al fine di superare l'anacronistica disciplina contenuta nel decreto ministeriale 1444 del 1968 che paralizza l'intero settore edilizio. (4-14168)


   GAGNARLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Foiano della Chiana (Arezzo), corre un tratto di autostrada A1, una porzione della quale è tangente al centro abitato delle Farniole;
   l'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada), prescrive per le nuove costruzioni, le demolizioni integrali e conseguenti ricostruzioni o gli ampliamenti fronteggianti le strade, il mantenimento di una distanza dal confine stradale non inferiori a 30 metri per le strade di tipo A (autostrade);
   nella seduta del 27 luglio 2016, il consiglio comunale di Foiano della Chiana (Arezzo) ha approvato una modifica all'articolo 37 del proprio regolamento edilizio che consente di costruire in deroga alle distanze minime da mantenere rispetto al confine stradale prescritte nell'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica del 16 dicembre 1992 n. 495;
   in particolare, con l'entrata in vigore del nuovo testo dell'articolo 37 del suddetto regolamento edilizio, sarà possibile costruire a distanza di 1,50 metri dal confine del tratto autostradale A1, tangente al centro abitato delle Farniole, in palese contrasto con quanto disposto dall'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica del 16 dicembre 1992, n. 495, a giudizio dell'interrogante mettendo in serio rischio la circolazione e contravvenendo ai principi generali dell'ordinamento giuridico italiano in materia di gerarchia delle leggi;
   dal 1o ottobre 2012, l'ANAS non svolge più funzione di soggetto concedente nella convenzione con Autostrade per l'Italia; dette funzioni sono automaticamente passate al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che le esercita attraverso la struttura di vigilanza sulla concessionarie autostradali –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare, qualora si ravvisino le violazioni indicate in premessa, per assicurare l'osservanza delle disposizioni normative nazionali attualmente vigenti relative alle distanze delle costruzioni dal confine stradale per le strade di tipo A (autostrade). (4-14177)


   SPESSOTTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI e DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con nota delle Ferrovie dello Stato italiane datata 1o agosto 2016, identificata con sigla FS-DCPA/A0011/P/2016/0000315 e avente per oggetto «Rilevazione potenziale criticità alla sicurezza», la direzione centrale protezione aziendale di Ferrovie dello Stato italiane segnalava al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, all'Autorità nazionale per la sicurezza delle ferrovie e alle amministrazioni competenti di RFI e Trenitalia, i potenziali rischi per la sicurezza fisica in stazione e lungo l'intera linea ferroviaria derivanti dall'utilizzo dell'applicazione «Pokemon go»;
   tale applicazione interattiva di «realtà aumentata» rischia infatti di trasformarsi in un fenomeno pericolosissimo sul fronte della sicurezza non solo ferroviaria ma anche stradale, dal momento che oltre a distrarre i conducenti si caratterizza come minaccia per i pedoni e i ciclisti;
   di recente, il Codacons, a fronte di un aumento degli incidenti stradali in Italia causati da utenti distratti dal videogioco, ha presentato un esposto alla procura di Roma sollecitando un'indagine per «attentato alla sicurezza dei trasporti»;
   sul tema è intervenuta anche l'ASAPS (Associazione dei sostenitori della polizia stradale), che si è fatta portavoce per chiedere all'Esecutivo l'adozione di apposite misure per arginare un fenomeno destinato a diventare sempre più dilagante con l'aumentare della popolarità dell'applicazione in questione;
   come confermato dai dati forniti da Aci ed lstat, l'utilizzo del cellulare alla guida sta diventando la prima causa dei sinistri per distrazione (tre su quattro) –:
   se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per arginare i rischi derivanti da un utilizzo scorretto delle applicazioni per smartphone, a tutela della sicurezza dei passeggeri ferroviari e degli utenti della strada. (4-14182)


   NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo apparso il 1o settembre 2016 portale della testata giornalistica « Il Corriere della Calabria», si riporta di un grave incidente, cioè di «uno scontro mortale sulla statale Silana-Crotonese, nei pressi di San Giovanni in Fiore»;
   «un uomo – precisa l'articolo – è morto in seguito alle ferite riportate nello scontro fra un'auto e un tir tra Camigliatello Silvano e Lorica, nella curva che precede l'hotel Biafora»;
   «del tutto inutile – viene narrato – è stata per lui la corsa al pronto soccorso di Cosenza, dove tanto il camionista come il conducente dell'auto sono stati trasferiti dal personale del 118, immediatamente accorso sul luogo dell'incidente»;
   «nel frattempo, la strada – si legge nella citata fonte – è stata chiusa e il traffico deviato sulla statale 108, mentre sul posto Vigili del fuoco e personale Mas sono al lavoro per ripristinare la viabilità»;
   «toccherà invece ai carabinieri di San Giovanni in Fiore – chiosa l'articolo – chiarire la dinamica dell'incidente»;
   stando alle copiose notizie di stampa del passato, nei pressi del luogo del predetto incidente sono nel tempo avvenuti altri incidenti stradali, generalmente, come nel caso specifico, in corrispondenza di piogge, a seguito delle quali l'asfalto diventa molto scivoloso, come l'interrogante ha verificato di persona;
   addirittura, proprio a pochi passi dal luogo del citato sinistro sono ancora visibili dei fiori, che, esposti periodicamente, ricordano un altro grave incidente purtroppo mortale;
   per l'interrogante la pendenza delle curve in molti tratti della strada statale di cui si tratta, la 107, è visibilmente sbagliata o non favorevole a una buona tenuta di strada, il che rende ancora più probabile, in termini statistici, il verificarsi di incidenti stradali, soprattutto per il fatto che nessuna misura efficace per la sicurezza della circolazione, che andrebbe inevitabilmente rallentata, risulta, essere stata adottata da Anas, gestore della riferita statale, esclusione di due cosiddetti «autovelox», funzionanti, per le due direzioni di marcia, posizionati dopo il cavalcavia numero 9 ubicato nei pressi dello svincolo stradale per Rovito, Lappano e San Pietro in Guarano;
   per averla percorsa tante volte, all'interrogante risulta che in più punti della stessa statale, in cui si trovano gallerie ancora scarsamente illuminate, siano ai lati presenti statue correlate alla religione cattolica e altri segni di incidenti mortali;
   particolarmente critica appare la possibilità di soccorsi tempestivi nei periodi invernali e in condizioni meteorologiche avverse, in considerazione del fatto che il ospedaliero di San Giovanni in Fiore (Cs) – centro di 17 mila abitanti di cui è originario l'attuale governatore della Calabria, ubicato lungo la statale 107 tra Cosenza e Crotone, che dal predetto comune montano mediamente si raggiungono in circa 60 minuti di auto – è stato progressivamente privato delle risorse umane e strumentali necessarie a garantire una risposta efficace in caso di emergenza e urgenza sanitaria, con un continuo e penalizzante rifacimento della rete dell'assistenza ospedaliera nell'ambito del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, di cui l'interrogante ritiene d'averne dimostrato l'assoluta infondatezza, nell'interpellanza n. 2/01258 del 3 febbraio 2016;
   la conferma di quanto testé riassunto in ordine alle potenzialità di risposta sanitaria nell'emergenza-urgenza dell'ospedale civile di San Giovanni in Fiore stai nel fatto che per il suddetto incidente, come riportato da « Il Corriere della Calabria», i feriti sono stati trasferiti direttamente nel più lontano ospedale di Cosenza, città dalla quale sono nella stessa circostanza pervenuti, risulta all'interrogante, anche i Vigili del fuoco, essendo di fatto chiuso il distaccamento di San Giovanni in Fiore, che per ragioni ovvie l’«interrogante ha proposto al Ministero dell'interno di trasformare in permanente, ricevendo un incomprensibile diniego dal sottosegretario delegato, Gianpiero Bocci, che il 7 ottobre 2014, nel rispondere sul merito all'interrogazione n. 4-03837 del 5 marzo 2014, circa il previsto, nuovo riordino dei distaccamenti dei vigili del fuoco ha dichiarato che «l'analisi, effettuata sulla base di dati oggettivi, ha consentito di bilanciare miglior modo possibile la distribuzione dei personale nei vari comandi provinciali garantendo le esigenze di sicurezza e tutela di tutti i territori»;
   all'interrogante l'ennesimo, riassunto episodio di incidente stradale nei pressi di San Giovanni in Fiore sembra, invece, un nuovo campanello d'allarme in merito alla mancanza di sicurezza dell'intero territorio in parola, in caso di emergenza;
   all'interrogante, infine, risulta che non è più manutenuta dall'Anas la ex statale 107, in stato di generale abbandono e che nella zona del riferito incidente procede parallelamente all'attuale 107 ed è dunque utilizzata per deviare il traffico in simili circostanze –:
   quali urgenti iniziative di competenza il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti intenda assumere per illuminare meglio le gallerie presenti e per limitare le possibilità di incidente lungo la strada statale 107, in particolare, nei tratti più problematici in caso di intemperie;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di dover garantire a San Giovanni in Fiore un distaccamento permanente dei vigili del fuoco, in ragione della sua ubicazione e per la notevole frequenza degli incidenti nelle vicinanze, sulla statale 107;
   quali iniziative di competenza il Ministro della salute intenda adottare, anche per il tramite della struttura commissariale per il rientro dal disavanzo sanitario della Calabria, perché l'ospedale di San Giovanni in Fiore possa rispondere con efficacia nei casi di emergenza-urgenza sanitaria, in considerazione della riferita difficoltà di raggiungere Cosenza e Crotone, presso cui si trovano strutture ospedaliere più attrezzate. (4-14184)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società denominata So.ge.a.al. ha pubblicato un avviso per la collocazione delle azioni Sogeaal inoptate che recita:
    «Avviso pubblico per la collocazione di azioni So.ge.a.al. inoptate», di cui alla procedura in oggetto, trasmesso alla Commissione in data 18/05/2015 e pubblicato sulla G.U.U.E. 2015/S 103-187402 in data 30/05/2015, sulla G.U.R.I. V Serie Speciale n. 59 del 22/05/2015, e sul profilo di committente della presente Stazione Appaltante;
   nel primo originario bando pubblico è stato previsto che: le offerte dovranno pervenire entro le ore 12:30 del 16 luglio 2015 per l'acquisto delle azioni inoptate della società gestione Aeroporti Alghero, So.ge.a.al. SPA c/o Notaio Francesco Pianu – via Roma, 27, 07100 Sassari;
   in seguito, e reiteratamente, sono stati pubblicati, a far data dal 2 giugno 2015, altrettanti avvisi di proroga termini o sospensione degli stessi:
   il primo termine stabilito al 16 luglio 2015, h. 12:30, è stato prorogato al 30 settembre 2015, ore 12:30;
   il termine del 30 settembre 2015, ore 12:30 è stato poi posticipato al 10 novembre 2015, ore 12.30;
   il termine del 10 novembre 2015, ore 12.30 è stato posticipato al 20 dicembre 2015, ore 12:30;
   il termine del 20 dicembre 2015, ore 12.30 è stato posticipato al 5 febbraio 2016 ore 12.30;
   il termine del 5 febbraio 2016, ore 12.30 è stato posticipato al 31 marzo 2016 ore 12.30;
   il termine del 31 marzo 2016, ore 12.30 è stato posticipato al 2 maggio 2016, ore 12:30;
   il termine del 2 maggio 2016, ore 12.30, è stato posticipato al 6 giugno 2016, ore 12:30;
   il termine del 6 giugno 2016, ore 12.30 è stato posticipato al 15 luglio 2016, ore 12:30;
   il termine del 15 luglio 2016, ore 12.30 è stato posticipato al 7 settembre ore 12.30;
   tali reiterati rinvii hanno determinato dal primo bando all'ultimo rinvio un arco temporale di ben 412 giorni, con tutto ciò che questo aspetto, non secondario, ha determinato nella procedura seguita per la cessione di una quota del 71,25 per cento delle quote;
   nessuna di queste proroghe risulta, ad avviso dell'interrogante, motivata e tantomeno giustificata, considerato che una tale collocazione di quote societarie non può essere trattata alla stregua di una «mera trattativa privata»;
   è fin troppo evidente che in 412 giorni le condizioni di mercato e le stesse decisioni comunitarie in materia di gestione aeroportuale hanno modificato anche radicalmente lo status gestionale, finanziario ed economico dell'aeroporto stesso;
   in tal senso si segnala che la giunta regionale con propria delibera n. 45/1 ha adottato è successivamente trasmesso in data 4 agosto 2016 al consiglio regionale un disegno di legge che reca disposizioni per specifici interventi sul capitale della società Gestione aeroporti Alghero – So.ge.a.al. spa, al fine di dare compiuto seguito alle operazioni di privatizzazione avviate in ottemperanza alle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge regionale n. 10 del 2010;
   nella relazione di accompagnamento è detto: «si ritiene di poter correttamente ed opportunamente intervenire con un ulteriore apporto finanziario per ricapitalizzare la medesima società, primariamente dopo aver valutato i relativi costi di gestione riportati nel Piano industriale per gli anni 2016/2027, approvato dall'Assemblea della SOGEAAL in data 13 luglio 2016»;
   ben si comprende la portata di un provvedimento di tale natura che, proprio perché non ancora esaminato dal consiglio regionale della Sardegna, genera un evidente grado di indeterminatezza dello stesso avviso pubblico e delle conseguenti eventuali offerte;
   appare all'interrogante rilevante, significativo e al contempo contraddittorio il motivo adotto dalla giunta regionale per l'intervento sul capitale, quale sopra delineato, in considerazione della valutazione del preminente interesse pubblico alla partecipazione, in via diretta ed indiretta, del socio regione Sardegna e della SFIRS alle operazioni sul capitale di Sogeal spa;
   nella stessa relazione si cita, poi, il vigente piano nazionale degli aeroporti dal quale si evince «il ruolo di scalo primario, con forte specializzazione low cost, e traffico internazionale turistico» nell'ambito dei bacini degli aeroporti sardi caratterizzati tra loro, prosegue il piano nazionale, da un forte rapporto di complementarietà destinato a generare condizioni che potranno meglio rispondere alla domanda di traffico dell'intera regione;
   questo presupposto appare non solo anacronistico ma proteso a fornire un dato del tutto non corrispondente alla realtà e privo di riscontri;
   la Commissione europea, infatti, con propria decisione del settembre 2015, quindi posteriore all'indizione del bando, ha ritenuto legittimo il finanziamento dei voli low cost solo a condizione che l'aeroporto avesse una natura pubblica;
   risulta del tutto fuorviante e non veritiero, dunque, il motivo addotto dalla relazione della giunta regionale per privatizzare con il richiamo alla specializzazione low cost dell'aeroporto stesso;
   va inoltre segnalato, come elemento dirimente ai fini dei presupposti iniziali dell'avviso pubblico, il fatto che i dati relativi all'analisi di Assoaeroporti abbiano fatto rilevare un tracollo dell'aeroporto stesso con una riduzione di oltre il 60 per cento nell'ultimo anno del flusso di passeggeri internazionali;
   tale risultato in termini di gestione economica e finanziaria appare non solo rilevante ma fortemente incidente nell'analisi della valutazione del valore delle azioni inoptate;
   un crollo rilevante del valore che, a giudizio dell'interrogante, potrebbe essere stato determinato funzionalmente ad un deprezzamento del valore stesso del capitale azionario tale da avvantaggiare l'eventuale acquirente;
   resta sotteso che tale disegno di legge costituisce, a prescindere al contenuto, un elemento di indeterminatezza assoluta della procedura anomala di vendita delle quote inoptate;
   è noto ai più che esiste una contiguità politica e personale tra l'assessore regionale dei trasporti Massimo Deiana e un consigliere di amministrazione della società F2l ing. Antonello Cabras, società che da settimane svolge un'azione di due diligence presso l'aeroporto di Alghero;
   tale rapporto politico e di notoria costante frequentazione personale potrebbe costituire un elemento di vantaggio rilevantissimo a favore della F2l in assenza di elementi puntuali e predeterminati dell'assetto finanziario e societario della stessa società di gestione dell'aeroporto;
   appare indispensabile una puntuale verifica della conformità ai principi comunitari ed alla normativa nazionale di settore della procedura espletata per la vendita delle azioni inoptate e la conseguente scelta del socio privato di maggioranza della So.ge.a.al. spa;
   l'articolo 1 del codice dei contratti, prescrive che nei casi in cui le norme vigenti consentono la costituzione di società miste per la realizzazione e/o gestione di un'opera pubblica o di un servizio, la scelta del socio privato debba svolgersi con procedure di evidenza pubblica;
   nello specifico settore concernente la gestione dei servizi e la realizzazione delle infrastrutture degli aeroporti, è l'articolo 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, a prevedere che siano costituite apposite società di capitale, alle quali possono partecipare anche le regioni e gli enti locali interessati;
   in seguito, con il decreto ministeriale n. 521 del 1997 «Regolamento recante norme di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537» sono stati stabiliti i criteri per l'applicazione della richiamata disposizione;
   in particolare, all'articolo 2 è stato specificato che: «1. Le società di gestione aeroportuale sono costituite esclusivamente sotto forma di società di capitale, secondo la disciplina del codice civile, ed in qualità di soci possono partecipare, senza il vincolo della proprietà maggioritaria, anche le regioni, le province, i comuni e gli enti locali nonché le camere di commercio, industria ed artigianato interessati; 2. La scelta del socio privato di maggioranza avviene sulla base di procedure ad evidenza pubblica attivate mediante un confronto concorrenziale determinato in base alle previsioni di cui agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 533, recante norme sulla costituzione di società miste in materia di servizi pubblici degli enti territoriali, che tenga in particolare conto le capacità tecniche e finanziarie dei soggetti interessati; 3. La cessione a privati delle quote di maggioranza è subordinata all'espletamento di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1-ter, del decreto-legge 28 giugno 1995, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1995, n. 351, mediante, pertanto, le procedure di cui al decreto-legge 30 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474 [...]»;
   in base alle disposizioni appena richiamate, ai fini della costituzione di una società mista per la gestione aeroportuale, valgono le regole poste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 533 del 1996 in materia di servizi pubblici locali;
   nello specifico occorre, dunque, riferirsi alle norme procedurali degli articoli 2 e 3 del predetto regolamento, secondo il quale nelle gare per l'individuazione del socio privato di maggioranza, la lettera d'invito deve specificare «gli elementi che dovranno essere indicati nell'offerta e che saranno valutati ai fini della scelta del contraente, con particolare riferimento ad un piano economico-finanziario, esteso all'intero arco temporale indicato nel bando, nel quale siano specificate, fra l'altro: le caratteristiche tecniche del servizio; le condizioni economiche che saranno praticate all'utenza, eventualmente anche sotto forma di tariffe differenziate per fasce; gli eventuali servizi accessori»;
   la finalità della normativa sulla costituzione di società miste a prevalente capitale privato è certamente quella di garantire l'imparzialità della scelta del contraente, considerando anche che il socio di maggioranza è colui che conduce l'azione sociale, identificandosi necessariamente con il gestore del servizio;
   la scelta del predetto socio deve avvenire con le stesse modalità che la legge prescrive per l'aggiudicazione di un contratto d'appalto o di una concessione di servizi;
   ben prima del consolidarsi dell'orientamento giurisprudenziale sulla gara a doppio oggetto, per le società miste in materia di servizi pubblici locali degli enti territoriali e – per effetto del rinvio contenuto nell'articolo 10, comma 13, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 – anche per quelle operanti nel settore della gestione aeroportuale, il legislatore nazionale aveva previsto l'obbligo di conformare la gara per la scelta del socio a quelle per l'affidamento di appalti e concessioni, valutando le offerte in base alle modalità di esecuzione del servizio e ad un piano economico-finanziario;
   per le società di gestione dei servizi pubblici locali a prevalente capitale privato, la selezione mediante gara (intesa come appalto-concorso di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, con il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa) è stata prevista normativamente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 533 del 1996, mentre i contrasti interpretativi superati con le indicazioni della Corte di giustizia sull'obbligo di gara a doppio oggetto, hanno riguardato il modello della società per azioni a capitale pubblico maggioritario;
   la motivazione di tale circostanza può essere rinvenuta nella considerazione che – in base alle disposizioni del codice civile sulle società di capitali – non può esistere partecipazione maggioritaria, da cui non consegua il controllo della gestione della società ed al contempo del servizio ad essa affidata;
   è contraria alle disposizioni ed ai principi comunitari in materia di affidamenti pubblici di appalti e concessioni qualsivoglia altra interpretazione con particolare riferimento ad ipotesi che prevedano la cessione al privato dell'intero pacchetto di maggioranza di proprietà dello Stato o di altro ente pubblico in un momento successivo alla costituzione della società;
   ritenere possibile applicare le sole procedure di cui al decreto-legge n. 332 del 1994 e non più le disposizioni del regolamento n. 533 del 1996 appare all'interrogante un palese aggiramento delle norme sottese alla tutela della trasparenza e al confronto realmente concorrenziale sull'affidamento non solo del pacchetto azionario ma soprattutto della gestione della società;
   trattandosi di società costituita per la gestione di un servizio pubblico, deve comunque escludersi che un privato – attraverso l'acquisto successivo dell'intero pacchetto di maggioranza – possa acquisirne l'affidamento (del servizio stesso), senza il previo esperimento di un confronto concorrenziale, nell'ambito di una procedura di evidenza pubblica che abbia ad oggetto il servizio;
   nel caso che si sottopone all'attenzione, infatti, non si sta pianificando una mera modificazione della compagine societaria, ma attraverso l'acquisto della titolarità della maggioranza delle azioni, il privato verrebbe immesso nella gestione di un servizio pubblico in regime di monopolio naturale – quale è quello concernente la gestione aeroportuale – che in precedenza era nella titolarità dell'ente pubblico affidante, seppure attraverso la società di gestione;
   in via generale – secondo una interpretazione conforme alle disposizioni in tema di affidamenti pubblici – deve ritenersi che il comma 3 dell'articolo 1 del decreto n. 521 del 1997 non possa trovare applicazione nei casi come quello che si segnala, in cui in precedenza sia stato disposto l'affidamento diretto del servizio di gestione aeroportuale ad una società a totale partecipazione pubblica;
   disponendo, infatti, la procedura della cessione del pacchetto di maggioranza ad un privato – seppure individuato in presunte procedure di non discriminazione e trasparenza – si realizza il medesimo assetto di un affidamento a società mista a prevalente partecipazione privata, senza il necessario previo esperimento di una procedura di evidenza pubblica;
   in buona sostanza, ad avviso dell'interrogante, attraverso la procedura in essere, si contravviene agli obblighi procedurali posti dal comma 2 del medesimo articolo;
   la So.ge.a.al avrebbe dovuto conformarsi agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 533 del 1996 recante norme sulla costituzione di società miste in materia di servizi pubblici degli enti territoriali, in quanto richiamati dall'articolo 1 del decreto ministeriale n. 521 del 1997;
   in base alla lettura fornita dal Consiglio di Stato della già citata comunicazione del 2004 della Commissione sui partenariati pubblico-privati «L'apporto privato alle attività del PPPI consiste, a parte il conferimento di capitali o altri beni, nella partecipazione attiva all'esecuzione dei compiti assegnati all'entità a capitale misto e/o nella gestione di tale entità» (Consiglio di Stato sezione V, sentenza 18 dicembre 2009, n. 8376);
   per questi motivi, nell'impostazione del legislatore nazionale la necessità di una chiara definizione dei compiti operativi assegnati può emergere solo nel caso in cui si costituisca una società mista a prevalente capitale pubblico. Diversamente, per quelle a capitale privato maggioritario non può revocarsi in dubbio che vi sia l'apporto del privato nella gestione dell'ente. Per questa ragione la selezione mediante gara secondo le procedure per l'affidamento degli appalti è stata prevista normativamente sin dal 1996;
   con la procedura sottoposta ad urgente valutazione dell'Autorità il socio eventualmente subentrante acquisirebbe la maggioranza delle azioni della società, ottenendo al contempo – attraverso l'esercizio dei poteri allo stesso riconosciuti dal codice civile – anche il controllo dominante sulla gestione della So.ge.a.al. e soprattutto su quella del servizio alla stessa assegnato mediante affidamento diretto;
   la So.ge.a.al, per esplicito mandato del soggetto pubblico, la regione Sardegna, ha dato mandato per ricercare un mero socio finanziatore, assegnando a quest'ultimo una quota largamente maggioritaria delle azioni, per cui la procedura per la cessione delle azioni deve essere, comunque, conforme ai principi di trasparenza e non discriminazione, per garantire la massima partecipazione e, conseguentemente, la massimizzazione degli introiti e per questo sarebbe stato opportuno non riservare la partecipazione ai soli operatori di settore;
   la procedura per la vendita delle azioni inoptate al 71,25 per cento del capitale sociale della So.ge.a.al. spa, non risulterebbe, secondo l'interrogante, conforme agli articoli 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 533, in quanto l'aggiudicazione avverrebbe in favore della miglior offerta a rialzo sul prezzo delle azioni, senza prevedere alcun confronto competitivo sulle modalità di gestione del servizio considerato che la busta C prevista dal bando verrebbe aperta solo nell'ipotesi, del tutto surreale, di un'offerta identica degli eventuali partecipanti;
   appare anche evidente che proprio nell'eventualità di un unico partecipante al bando la parte dei servizi e della gestione verrebbe affidata senza alcun tipo di concorrenzialità ma anche senza alcuna verifica-valutazione delle proposte gestionali che ricadrebbe totalmente in regime privatistico e monopolistico del soggetto concorrente;
   tale procedura e l'eventuale definizione del provvedimento di vendita non sarebbero conformi al principio in base al quale una qualunque modifica della lex di gara, idonea ad incidere sulla soddisfazione dell'interesse pubblico alla par condicio ed alla massimizzazione delle domande presentate, è soggetta all'obbligo di un'ulteriore pubblicazione, con decorrenza ex novo dei termini per la presentazione della domanda di partecipazione o dell'offerta –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per bloccare tali procedure, alla luce delle competenze in materia sia di gestione aeroportuale che di concessioni aeroportuali;
   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza in relazione alla citata procedura al fine di scongiurare il compimento di eventuali atti non conformi alla legge da parte dei soggetti richiamati, controllati dal Ministero attraverso Enac, con grave pregiudizio sia del patrimonio pubblico che dell'assetto gestionale e operative di una infrastruttura delicata come un aeroporto. (4-14190)


   NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del direttore Paolo Pollichieni, apparso il 9 agosto 2016 portale web della testata giornalistica « Il Corriere della Calabria», si raccontano gli effetti di «due ore di pioggia», che hanno messo in ginocchio il tratto autostradale tra Palmi e Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria;
   proprio nella stessa giornata, è spiegato nell'articolo, «un fiume di fango si è riversato sul tracciato, mettendo a rischio l'incolumità dei viaggiatori nel bel mezzo dell'esodo estivo»;
   «tagliamo nastri, brindiamo professionalità dei tecnici, spendiamo in rinfreschi e sbrodoliamo – commenta il giornalista, con riferimento alla gestione politica e tecnica dell'ammodernamento dell'autostrada A3 – lodi ai vecchi e nuovi governanti. A Lupi e Matteoli prima, a Delrio oggi»;
   lo stesso giornalista rammenta i «salamelecchi per Ciucci ieri e per Armani oggi», assieme ricordando che «della ristrutturata A3 abbiamo un paio di chilometri sotto sequestro a Vibo perché costruiti in modo da uccidere gli automobilisti, e un – paio di chilometri tra Palmi e Gioia Tauro che lunedì, complice una pioggia durata poche ore, hanno messo a serio rischio l'incolumità dei viaggiatori nel bel mezzo dell'esodo estivo»;
   l'articolo è corredato di foto eloquenti, in cui si vedono le sconcertanti immagini del «fango a carrettate che piove dall'alto e finisce sul sedime autostradale» –:
   quali iniziative urgenti intenda adottare, anche di carattere ispettivo, per verificare la sicurezza dell'autostrada A3 in Calabria, con riguardo ai tratti ammodernati e a quelli che per scelte politica rimarranno come sono sempre stati;
   quale sia nel dettaglio il costo dei singoli lotti oggetto di ammodernamento e quali siano state le imprese che a qualsiasi titolo vi hanno lavorato, con quali tempistiche, con quanto personale, con quali garanzie per i lavoratori e con quali verifiche specifiche da parte di Anas in ordine all'esecuzione delle opere in progetto;
   quali iniziative intenda assumere per assicurare, in Calabria, il completamento dell'autostrada in parola in modo che assolva alla sua funzione. (4-14196)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PALESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   recenti inchieste giornalistiche (vedi l'Espresso) hanno riportato per l'ennesima volta all'attenzione dell'opinione pubblica la situazione dei Cara, i centri di accoglienza per richiedenti asilo, e in particolare di quello di Borgo Mezzanone a Foggia;
   dai reportage emergerebbe che tali centri divengono veri e propri centri di scambio e basi per organizzazioni criminali che gestiscono il business dell'accoglienza e smistano i migranti disperati a lavorare in condizioni disastrose nei campi o, peggio, li utilizzano per commettere reati;
   sempre dalla stampa si apprende di inchieste giudiziarie in corso sulle procedure con cui questi centri sono stati affidati in gestione, parrebbe, sempre agli stessi soggetti;
   notizie tanto gravi da aver indotto lo stesso Ministro interrogato a chiedere un dettagliato report alla prefettura di Foggia sulla situazione di Borgo Mezzanone;
   nel recente passato, in occasione delle ultime operazioni antiterrorismo condotte nel Sud Italia e che avevano rilevato la presenza di soggetti pericolosi anche nel centro di Bari, era già stato interrogato il Ministro dell'interno chiedendo di alzare il livello di attenzione, in quanto, in questi centri di accoglienza, le organizzazioni criminali trovano terreno fertile e anche i terroristi riescono a nascondersi, mimetizzandosi tra i disperati in fuga dalle guerre, organizzando attentati contro l'Italia e l'Occidente a spese del nostro Paese e dei cittadini italiani, posto che il sostentamento dei migranti in quei centri costa al Governo italiano dai 22 ai 40 euro al giorno –:
   se il Ministro non ritenga di dover urgentemente fornire ogni utile elemento in merito alla situazione denunciata in premessa, anche alla luce delle relazioni ricevute dalla prefettura di Foggia sulla situazione di Borgo Mezzanone;
   se, al netto delle inchieste giudiziarie in atto, e che si spera possano velocemente giungere a conclusione, il Ministro non ritenga di dover avviare un'attività ispettiva ed una indagine interna sulle procedure con cui sono stati dati in gestione i centri di accoglienza in Italia;
   se il Ministro non ritenga, come peraltro già sollecitato in passato, di dover adottare iniziative drastiche e coraggiose, da proporre anche in sede europea, per continuare a garantire accoglienza in questi centri solo a chi ne ha realmente bisogno, adottando ogni possibile precauzione per isolare cellule criminali e terroristiche, partendo dal presupposto che l'accoglienza è un valore sacrosanto, ma non può certo essere praticata a scapito della legalità e della sicurezza del nostro Paese e dei nostri cittadini. (3-02488)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in Sardegna si registra un’escalation criminale senza precedenti sta mettendo in ginocchio un numero sempre più in aumento di importanti aziende agricole del sud Sardegna;
   non si contano più gli attentati incendiari che in questi ultimi mesi e in particolare in quest'ultimo mese hanno letteralmente raso al suolo fienili, mezzi agricoli e messo in crisi importanti attività produttive agricole e zootecniche;
   un filo conduttore che riguarda aziende con grandi estensioni terriere, abbondantemente superiori ai cento ettari, in alcuni casi oltre 300 ettari, tutte in pianura, dei veri e propri biliardi orografici;
   tutte le aziende sono state colpite in modo mirato e preciso al cuore produttivo: fienili pieni e mezzi meccanici indispensabili per la conduzione agricola;
   si tratta di gesti criminali che minano la gestione ordinaria per chi aveva e ha bestiame da accudire e mezzi meccanici indispensabili per il governo agricolo di aziende così estese;
   è difficile ricondurre tutti questi attentati a motivi marginali e futili, ma appare sempre più evidente che ci possa essere una matrice unitaria e nel contempo allarmante;
   tutti questi episodi vanno indagati unitariamente per valutare se dietro questi attentati ci siano fenomeni di racket, oppure un piano speculativo legato a grandi estensioni terriere agricole pianeggianti;
   non è un segreto che società più o meno evidenti stanno mettendo sotto attacco la Sardegna per quanto riguarda progetti speculativi legati agli incentivi energetici;
   non è un segreto nemmeno che, per stessa ammissione di questi faccendieri, si cercano terreni agricoli pianeggianti e di grandi estensioni, perché costano meno rispetto a quelli delle zone industriali;
   il Ministro dell'interno deve immediatamente attivare tutte le azioni necessarie perché questo susseguirsi di attentati non solo venga arrestato ma si pongano in essere tutte le iniziative utili a stabilire la matrice di questi gesti criminali;
   l'interrogante ha svolto un sopralluogo e un incontro con i produttori agrozootecnici colpiti nell'azienda Di Penta di Ortacesus devastata da un gravissimo attentato che ha distrutto capannoni, fienili e mezzi meccanici;
   è indispensabile indagare sulla matrice di questi attentati e assicurare alla giustizia i responsabili;
   non è accettabile che il mondo della campagne sia sotto attacco criminale e non si mettano in campo azioni straordinarie per fermare questo disastro;
   si tratta di attentati che hanno il chiaro obiettivo di mettere sul lastrico queste aziende e nel contempo favorirne il fallimento;
   le conseguenze sono evidenti: gli sciacalli organizzati e speculatori seriali sono pronti a «tuffarsi» a capofitto per acquisire queste immense estensioni agricole;
   ad essere messo sotto attacco c’è il patrimonio agricolo sardo, a partire dagli stessi mezzi necessari per la conduzione agricole;
   sono decine i trattori e mezzi meccanici distrutti dolosamente dalle fiamme, presi di mira per colpire la gestione delle terre, e poi in tutti i casi i fienili pieni di alimenti per il bestiame. Tutti rasi al suolo con danni strutturali irrecuperabili e la distruzione di immense quantità di alimenti, da fieni a granaglie;
   un vero e proprio racket che colpisce ormai da settimane le aziende agricole del sud della Sardegna;
   si intravede un tentativo delinquenziale di impoverire la struttura portante dell'agricoltura sarda per poi pianificarne l'assalto;
   per questo il Ministro dell'interno non deve derubricare questi attentati a fatti episodici, ma deve valutarne l'impatto e la matrice unitaria;
   il 27 maggio 2016 a Villasor un'azienda agricola importante è stata messa in ginocchio con la distruzione di ben 4 trattori; il 12 luglio a Corte Arena, Guspini, sono stati distrutti il fienile, capannoni e oltre 50 ettari: il 18 luglio a sa Zappara, Guspini, sono stati distrutti capannone e fienile; il 9 agosto in un'azienda a San Gavino dei fratelli Sanna, sono stati distrutti capannoni, fienili e tutti i mezzi meccanici; il 21 agosto a san Giovanni Suergiu a Riu Sassu sono stati distrutti 2 trattori, capannoni e 50 quintali di avena; infine a Ortacesus, nell'azienda Di Penta, sono stati distrutti tutti i mezzi meccanici, fienili e capannoni;
   si tratta solo di alcuni degli episodi resi noti dalla cronaca che non possono essere annoverati tra fatti di campagna;
   serve un'attenzione particolare perché troppi elementi sono univoci e non è pensabile non aprire un fronte di indagine unitario per capire se vi sia o meno qualche fenomeno criminale che sta attentando all'agricoltura sarda –:
   se il Governo non intenda intervenire urgentemente, per quanto di competenza, per evitare che questa escalation criminale abbia seguito;
   se non si ritenga, per quanto di competenza, di schierare un apposito apparato investigativo per individuare i responsabili e la natura di tali attentati all'agricoltura sarda. (4-14170)


   VARGIU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli attuali, travolgenti flussi migratori da Paesi extracomunitari comportano l'arrivo in Italia di un notevole numero di individui sprovvisti di documenti di riconoscimento, la cui identificazione avviene spesso in maniera assai grossolana e non certificata;
   particolare rilevanza assume, in tale contesto, l'arrivo in Italia di individui sprovvisti di documenti di riconoscimento che si auto-qualificano come «soggetti di età inferiore ai diciotto anni»;
   nel solo 2014, sarebbero stati circa 14.000 i minori non accompagnati e non provvisti di documenti di identificazione personale che hanno raggiunto il nostro Paese attraverso i canali della immigrazione clandestina;
   l'ordinamento giuridico vigente prevede importanti forme di tutela dei minori, anche stranieri, la cui applicazione comporta un regime di garanzie favorevole che tende a rendere convenienti autocertificazioni fasulle di minore età da parte di soggetti migranti maggiorenni;
   una parte dei sedicenti minori provenienti dai flussi migratori che trovano rifugio nei centri di accoglienza tende successivamente ad allontanarsi dagli stessi e, talora, a far perdere le proprie tracce. In alcuni casi, tali individui si rendono responsabili di reati, che prevedono percorsi giudiziari differenti, qualora vengano commessi da soggetti in minore età;
   la determinazione della reale età anagrafica del soggetto a cui viene attribuito un reato commesso nel territorio italiano riveste pertanto importanza fondamentale ai fini della pena e comporta sovente che l'autorità giudiziaria richieda un accertamento medico legale rivolto alla determinazione dell'età anagrafica;
   purtroppo non esistono metodi scientifici univoci ed universali per l'accertamento dell'età anagrafica infradiciottenne. La stessa comunità scientifica internazionale si interroga sull'argomento e fatica a trovare indicatori oggettivi, anche perché la maggior parte degli studi auxologici disponibili riguardano popolazioni giovanili con caratteristiche differenti rispetto a quelle degli attuali migranti;
   in tale situazione, stante che nei casi dubbi la minore età è comunque sempre presunta, è forte il rischio di estendere garanzie giuridiche tipiche dei soggetti minori ad individui di età anagrafica di molto superiore ai diciottenni;
   qualora tali soggetti di identità incerta e di dubbia età anagrafica commettano un reato nel nostro Paese, è dunque frequente che vengano avviati a percorsi di detenzione e pena, di norma riservati a soggetti minorenni e condivisi dai minori di nazionalità italiana;
   nei carceri minorili italiani si verifica pertanto il rischio – concretizzatosi svariate volte nel carcere minorile di Quartucciu (Cagliari) – che venga condiviso il regime di restrizione di libertà tra soggetti di nazionalità italiana o comunitaria, di età sicuramente infradiciottenne e soggetti extracomunitari migranti, di identità ed età anagrafica incerta che, in fase di definitivo accertamento, ha o dimostrato età anagrafiche anche di molto superiore ai 18 anni;
   è del tutto evidente che tale commistione tra soggetti di età anagrafica talora assai differente, in ambienti ristretti quali quelli dei carceri minorili, non è certo favorevole alla salubrità sociale degli ambienti stessi, né alla loro prevalente funzione di riabilitazione, di rieducazione e di reinserimento –:
   se non ritenga indispensabile proporre un protocollo validato per il percorso di certificazione dell'età anagrafica dei minori non accompagnati e sprovvisti di documenti di identificazione certa che arrivano in Italia con gli attuali flussi migratori dai Paesi extracomunitari.
(4-14171)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la rotta tra il Sulcis e il Maghreb per il flusso migratorio è sempre più pericolosa;
   giorno dopo giorno si rafforza, con lo sbarco di centinaia e centinaia di persone che a bordo di barchini carichi di clandestini a bordo hanno apparentemente autonomamente raggiunto la Sardegna;
   gli sbarchi tra Teulada, Porto Pino e Domus de Maria sono la conferma della pericolosità di un fronte incontrollato del sud dell'isola; non meno di 3/400 clandestini in meno di un mese;
   si tratta di un flusso inarrestabile che sta mettendo a dura prova la scarsità di uomini e mezzi a disposizione;
   è una situazione che il Ministero dell'interno sembra all'interrogante continui a nascondere e sottovalutare;
   l'immagine eloquente è ciò che è accaduto dentro la caserma Carlo Alberto nel viale buon cammino a Cagliari con un flusso continuo di clandestini recuperati nelle viste del sud Sardegna;
   migranti che vengono ammassati nei corridoi e nei cortili della caserma costringendo gli operatori della polizia a lavorare in condizioni insostenibili e dove gli stessi clandestini sono costretti a cercare refrigerio sotto i cassonetti dell'immondizia;
   la denuncia della Uil Polizia è l'ennesima che viene fatta e si aggiunge alle interrogazioni parlamentari sulla scandalosa gestione da parte del Ministero dell'interno di questa vicenda;
   è impossibile che non sia stata ancora data soluzione a questa vergognosa gestione e soprattutto non siano stati messi in condizione di operare dignitosamente gli uomini della polizia, dei carabinieri, della guardia di finanza e della capitaneria di porto;
   è facile fare conferenze stampa nei salotti romani altra cosa è la reale situazione in trincea;
   si tratta di una gestione scandalosa che l'interrogante denuncia da tempo con prefettura e responsabili del Ministero dell'interno, a giudizio dell'interrogante, inefficienti e incapaci di affrontare questa situazione;
   far operare la polizia di Stato in un fatiscente stabile vecchio di 300 anni, cadente e senza servizi è raccapricciante –:
   se non ritenga di prevenire sbarchi indiscriminati e incontrollati nelle coste sud dell'isola;
   se non ritenga di dismettere sul piano logistico la struttura della caserma Carlo Alberto di Cagliari;
   se non ritenga di dover rafforzare con immediatezza gli organici delle forze dell'ordine a tutti i livelli, considerata la gravissima scarsità di uomini e mezzi per fronteggiare sia l'ordinario che lo straordinario carico di lavoro. (4-14172)


   ROSTAN. – Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Parlamento il 5 febbraio 2014 ha provveduto alla conversione in legge del decreto-legge n. 136 del 2013 «Terra dei Fuochi»;
   il testo definitivo, licenziato dal Parlamento, ha previsto, tra le varie disposizioni in esso articolate a tutela dell'ambiente e nell'ambito delle strategie di contrasto ai roghi tossici, l'introduzione del reato di combustione dei rifiuti, una spinta alle attività di bonifica dei suoli inquinati, il conferimento di poteri speciali al prefetto di Napoli, la creazione, presso il dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, di un gruppo per il monitoraggio, la mappatura dei terreni inquinati, l'uso dell'esercito e lo screening sanitario gratuito per i cittadini residenti in Campania e Puglia;
   il testo, inoltre, ha previsto il coinvolgimento, ai fini delle attività di monitoraggio ambientale e dello stato di salute della cittadinanza residente in Campania ed in Puglia, ed in particolare nei territori a rischio inquinamento e roghi tossici, dell'Istituto superiore della sanità, nonché l'implementazione dello studio «sentieri»;
   la legge, inoltre, ha accolto anche molte delle richieste fatte da comitati e associazioni ambientaliste in sede di audizione, con particolare riferimento alla previsione di particolari strumenti di accelerazione delle bonifiche, l'utilizzo dell'Esercito a scopo di sorveglianza, nonché l'istituzione di un fondo ad hoc (fondo unico giustizia) alimentato dalla confisca dei beni provenienti dalle attività della criminalità organizzata e dai guadagni legati agli eco-reati per reperire risorse per le bonifiche;
   alta è l'attenzione dell'opinione pubblica circa lo stato di applicazione delle norme contenute nel decreto-legge sulla «terra dei fuochi», nonché fortissime sono le aspettative e le speranze delle popolazioni residenti in Campania, ed in particolare, nell'area a nord di Napoli, nel casertano e nell'agro nolano, territori martoriati dalle eco-mafie che, negli anni, non hanno mai esitato di fronte alla possibilità di assicurarsi facili e cospicui guadagni attraverso lo sversamento abusivo di rifiuti tossici e di roghi dolosi;
   nonostante i buoni propositi del legislatore, ad oltre due anni dalla sua entrata in vigore, non accennano a diminuire, nella terra dei fuochi, i roghi tossici e gli sversamenti abusivi di rifiuti;
   si sta diffondendo, tra le popolazioni residenti, che pure hanno accolto con favore e speranza il testo di legge sopra descritto, un preoccupante sentimento di sfiducia nei confronti delle istituzioni e questo proprio a causa del forte rallentamento che stanno subendo le modalità di attuazione del decreto-legge «terra dei fuochi», con particolare riferimento al dispiegamento dell'Esercito, all'avvio delle bonifiche, al contrasto ai roghi tossici, ancora molto diffusi con frequenza praticamente giornaliera;
   tra i territori più colpiti dal fenomeno dei roghi tossici figurano, ormai stabilmente, i comuni di Giugliano in Campania. Melito di Napoli, Casoria, Casalnuovo, Afragola, Scampia (popoloso quartiere della città di Napoli) e Qualiano, per i quali si rende indispensabile un aumento dei controlli da parte delle forze dell'ordine a supporto delle forze di polizia locali;
   nell'ultimo mese, in soli tre giorni, in tre zone del giuglianese e precisamente presso la cosiddetta area «Gesen», a ridosso di un vecchio campo Rom dismesso, presso la zona ASI e presso le vie di accesso del campo Rom di Via San Francesco a Patria, si sono sprigionati tre grossi incendi di natura dolosa, aventi ad oggetto sterpaglie miste a rifiuti tossici per i quali la procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli nord avrebbe aperto un'inchiesta;
   e ancora, pochi giorni addietro, alla periferia di Napoli, al confine tra il capoluogo ed i comuni di Casoria, Afragola e Casalnuovo, all'altezza del centro commerciale IKEA, si è levato uno dei roghi tossici più gravi del 2016, almeno finora, che ha visto bruciare grossi cumuli di rifiuti, copertoni ed alcune baracche del campo Rom di Contrada Salice, con alcune fiamme che sono arrivate a lambire l'impianto di una nota società di lavorazione e trattamento di carburanti;
   occorre fornire una risposta immediata, rapida e capillare avverso un fenomeno sempre più diffuso ed emergenziale e che sta mettendo fortemente a rischio la salute ed il futuro di intere comunità –:
   quali siano le iniziative che il Governo intende adottare per accelerare, incrementare e migliorare la sinergia tra le varie istituzioni coinvolte nel presidio del territorio per il contrasto del fenomeno dei roghi tossici tanto diffuso nella cosiddetta terra dei fuochi. (4-14173)


   CHAOUKI, MATTIELLO, POLVERINI, FEDI, MOGNATO, AMATO, CAPONE, CARROZZA, MALISANI, CIMBRO, PICCIONE, CARNEVALI, MICCOLI e GNECCHI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da un'inchiesta de L'Espresso dell'11 settembre 2016 a firma di Fabrizio Gatti, nonché da un articolo uscito su La Repubblica a firma di Eugenio Scalfari in data 13 settembre 2016, delle condizioni di profondo degrado in cui versa il Centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) di Borgo Mezzanone, vicino Foggia;
   l'inchiesta prima, e l'articolo dopo, fanno luce su una situazione che, stando a quanto riportato dalla stampa, appare di grave lesione dei diritti umani. Il centro d'accoglienza per richiedenti asilo, il terzo per dimensioni in Italia, è gestito dalla cooperativa «Sisifo» e da una sua consorziata «Senis Hospes» che, stando a quanto si legge su L'Espresso: «incassano dal Governo 22 euro al giorno per persona, per un totale di quattordicimila euro al giorno, oltre quindici milioni di appalto in tre anni»;
   la lunga inchiesta di Gatti fa luce su una gestione del Cara niente affatto rigorosa e finanche su un giro di prostituzione che, sempre in questo Cara, coinvolgerebbe giovani ragazze ospiti del centro. Un centro dunque permeabile alla mala vita organizzata, che non tutela gli ospiti e che li espone anzi a pericoli di varia natura;
   «nonostante quello che lo Stato versa alla cooperativa di gestione, nessuno ha insegnato loro nulla dell'Italia»; l'inchiesta denuncia inoltre la mancata attivazione di corsi di lingua italiana per richiedenti asilo e condizioni igienico-sanitarie molto precarie –:
   il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti riportati e se non ritenga urgente procedere ad una approfondita verifica delle condizioni del Cara di Borgo Mezzanone, al fine di intervenire rapidamente per garantire la sicurezza della struttura nonché per fornire agli ospiti del Cara una sistemazione adeguata e rispettosa della dignità umana. (4-14174)


   GINEFRA, MARIANO, BOCCIA, MICHELE BORDO, CAPONE, CASSANO, GRASSI, LOSACCO, MASSA, MONGIELLO, PELILLO, VENTRICELLI, STUMPO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le feste patronali e in generale quelle ricorrenze e quelle celebrazioni che rivestono un forte carattere identitario per le comunità locali rappresentano spesso occasione e pretesto in cui i clan malavitosi evidenziano la propria supremazia sul territorio attraverso messaggi simbolici;
   a Valenzano tradizionalmente si celebra la festa patronale, dedicata al santo protettore san Rocco, durante le giornate del 15, 16 e 17 agosto;
   quest'anno, in occasione della conclusione delle celebrazioni della giornata del 16 agosto, è stata lanciata, da largo Plebiscito, una mongolfiera che riportava l'intitolazione alla famiglia Buscemi (che evidentemente aveva sponsorizzato i festeggiamenti), con tanto di dedica: «viva san Michele, viva san Rocco»;
   i Buscemi in questione sono molto probabilmente gli esponenti dell'omonimo gruppo mafioso, attivo nel paese di Valenzano;
   altrettanto probabilmente, la dedica a San Michele, che precedeva quella a san Rocco, era un omaggio fin troppo esplicita a Michele Buscemi, ucciso a Valenzano nel 2008;
   è verosimile, ad avviso degli interroganti, che con questo sistema i Buscemi abbiano voluto segnalare in forma pubblica e spettacolare il proprio controllo sul territorio –:
   quali iniziative abbia assunto o intenda assumere per ribadire e potenziare la presenza delle istituzioni a Valenzano e, in generale, nei paesi dell’hinterland barese, in modo da sottrarre terreno a simili fenomeni disgreganti. (4-14175)


   COLONNESE, BRESCIA e LOREFICE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Nocelleto è una frazione del comune di Carinola, in provincia di Caserta, e conta circa 2000 abitanti;
   è giunta agli interroganti la notizia che circa 80 migranti siano ospitati in due case private e abbiano provocato diversi momenti di tensione sociale, di cui l'ultimo avrebbe richiesto l'intervento delle forze dell'ordine per evitare che si degenerasse a causa di un migrante in evidente stato di ubriachezza;
   Nocelleto non dispone di un presidio stanziale di carabinieri né di polizia. Il presidio più vicino è a Carinola che peraltro di notte non ha personale;
   le due strutture adibite a centri di accoglienza straordinari, di cui una ospitava la scuola media di Nocelleto, non sembrano essere idonee all'accoglienza: i soggetti affidatari dovrebbero risultare vincitori di gara d'appalto ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 163 del 2006, e dovrebbero essere dunque firmatari, tra gli altri, dell'allegato A al bando di gara «capitolato d'oneri», in base al quale, oltre ai servizi di sussistenza, ai migranti ospitati deve essere garantita assistenza medica e mediazione culturale;
   sul sito del comune di Carinola, nella sezione bandi, i link relativi ai servizi di accoglienza per richiedenti asilo, rimandano ad un pdf di altra gara (http://www.comune. carinola.ce.it/portal/modules.php ?name= Trasparenza–Albo&op=getfile&id=3436);
   l'attuale andamento del fenomeno migratorio, ha mostrato l'esigenza di un intervento che non sia solo emergenziale, ma che abbia un approccio sistematico e strutturato. Nell'ambito del sistema organizzativo di accoglienza bisognerebbe prestare particolare cura non solo alle procedure relative ai pubblici appalti per la gestione dell'accoglienza dei migranti, comprese le strutture temporanee, ma anche agli affidatari di tali servizi al fine di prevenire e contrastare eventuali fenomeni corruttivi e di infiltrazione da parte della criminalità e momenti di tensione sociale come quelli descritti in premessa; inoltre, visto l'esiguo numero di abitanti della frazione ospitante le strutture oggetto dell'interrogazione, gli interroganti ritengono proporzionalmente sperequato il numero di migranti accolti, per di più ospitati in due sole strutture, in una promiscuità che facilmente può degenerare in momenti di tensione sociale;
   nonostante la direttiva del Ministro dell'interno in materia di implementazione delle attività di controllo sui soggetti affidatari dei servizi di accoglienza dei cittadini extracomunitari, nella circolare n. 11209 del 20 agosto 2015 trasmessa ai prefetti si denotano delle evidenti criticità di tutto il sistema di accoglienza «emergenziale», che non risponde in maniera efficace ed efficiente al fenomeno spesso ignorando le indicazioni di buone prassi per la sua gestione –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se intenda fornire informazioni circa la gara d'appalto indetta per stabilire quale associazione e quali strutture si sarebbero occupate dell'accoglienza;
   quali risultino essere le modalità operative dell'associazione vincitrice;
   se sia stata verificata, per quanto di competenza, l'effettiva sussistenza nelle strutture ospitanti di adeguati requisiti igienico-sanitari e di sicurezza e quale sia la frequenza con la quale i migranti ospiti del centro siano seguiti dai mediatori culturali;
   come intenda intervenire per prevenire eventuali episodi di tensione e conflitto sociale fra migranti e cittadini che stanno interessando tutto il territorio nazionale, denotando delle evidenti criticità di tutto il sistema di accoglienza «emergenziale». (4-14176)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 24 e il 25 agosto 2016 sono state distrutte dalle fiamme due autovetture, di cui una risultata di proprietà del consigliere di opposizione di Siano, Antonio Buonaiuto;
   i vigili del fuoco stanno eseguendo le perizie per verificare la natura dell'incendio e al momento non si esclude nessuna ipotesi, ma qualcuno pensa possa trattarsi di una ritorsione riconducibile alla sua attività istituzionale;
   non è la prima volta che esponenti politici sono oggetto di attentati e una lunga scia di episodi simili si è verificata anche in passato, come nel vicino comune di Bracigliano;
   ad avviso dell'interrogante, sono sempre più numerosi i casi di atti violenti generati da un pericoloso inasprimento del confronto politico che non si addice affatto al principio del rispetto della democrazia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, atteso il ruolo di consigliere comunale di una delle vittime, di quali elementi disponga circa la natura dell'incendio e se, quest'ultimo sia maturato nell'ambito delle attività politiche svolte dallo stesso;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per pervenire a contrastare atti di intimidazione e di violenza a carico di esponenti politici locali.
(4-14178)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con diniego dd.18/08/2016 prot. gen. n. 51545, il Comune di Roma, per il tramite della Dirigente del Dipartimento Sviluppo economico – Ufficio Affissioni, rigettava la richiesta dell'associazione Südtiroler Heimatbund di preventivare i diritti e le somme dovute al Comune medesimo per l'affissione dei manifesti «Südtirol ist nicht italien»;
   il rifiuto trova motivazione nel fatto che «Südtirol è un toponimo tedesco che indica il Tirolo del Sud ricompreso nel territorio della Repubblica italiana e, pertanto, il contenuto del manifesto “il Sudtirolo non è Italia” risulta non veritiero e in contrasto con l'articolo 116 della Costituzione»;
   è evidente che il contenuto del manifesto rientra nel diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero di cui all'articolo 21 della Costituzione;
   a parere dell'interrogante, pertanto, più che una violazione dell'articolo 116 della Costituzione rappresentata dal contenuto del manifesto, si rinviene nel provvedimento di diniego un palese tentativo di azzeramento di quel pluralismo ideologico che è alla base di ogni Stato democratico e per noi costituzionalmente garantito – appunto – dall'articolo 21 della Carta; –:
   di quali elementi disponga su quanto esposto in premessa e se non intenda adottare iniziative normative per tutelare più efficacemente la libertà di manifestazione del pensiero anche per il tramite di affissioni pubbliche. (4-14188)


   COLONNESE, BRESCIA, LOREFICE e MANLIO DI STEFANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 agosto 2016, 40 cittadini sudanesi fermati dalla polizia presso il comune di Ventimiglia e facenti parte di un gruppo più ampio di 48 cittadini sudanesi, sono stati forzatamente imbarcati per essere espulsi su un aereo, presumibilmente decollato dall'aeroporto di Milano-Malpensa o da quello di Torino-Caselle, con destinazione finale Khartoum (Sudan) e con scalo intermedio in Egitto;
   risulterebbe che i 48 cittadini sudanesi fermati a Ventimiglia siano stati poi trasferiti presso il centro cosiddetto hotspot di Taranto per essere sottoposti a procedure di identificazione prima di essere trasferiti presso l'aeroporto individuato per il volo di rimpatrio;
   la EU-Horn of Africa Migration Route Initiative, presentata nel corso della IV Conferenza ministeriale euro-africana tenutasi a Roma il 27 e 28 novembre 2014 e conosciuta anche come «Processo di Khartoum», mira a stipulare accordi con Paesi di origine e transito in merito alla questione migratoria, nello specifico per il contrasto del traffico di esseri umani per mezzo di maggiori controlli alle frontiere, con l'obiettivo implicito di contenere i flussi migratori provenienti dal Corno d'Africa; l'Agenda europea sulle migrazioni presentata dalla Commissione europea a maggio 2015 ha recepito molte delle decisioni previste dal processo di Khartoum;
   ad aprile 2016 il Governo italiano ha inviato una proposta indirizzata alla Commissione ed al Consiglio dell'Unione europea denominata « Migration Compact-Contribution to an EU strategy for external action on migration» che prevede un percorso di esternalizzazione delle frontiere italiane ed europee per la gestione dei flussi migratori, attraverso accordi con Paesi di transito ed origine dei migranti, in continuità con quanto avviato nel processo di Khartoum;
   in data 3 agosto 2016 il capo della polizia italiana Franco Gabrielli ha sottoscritto un accordo, chiamato « Memorandum of Understanding», con il Governo del Sudan rappresentato dal generale Hashim Osman Al Hussein, che prevede una stretta collaborazione tra i due Governi sul tema migrazioni, in continuità con quanto previsto dal processo di Khartoum al Migration Compact, e che include accordi specifici per la riammissione nel Paese d'origine di cittadini sudanesi;
   numerosi rapporti redatti negli anni da autorevoli attori internazionali quali, per citarne alcuni, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), Amnesty International, o Human Rights Watch sono concordi nell'affermare che nel Sudan siano presenti gravissime e sistematiche violazioni dei diritti umani fondamentali, oltre che in atto violenti conflitti nelle zone del Darfur, Kordofan del Sud e Nilo Blu;
   l'attuale Presidente del Sudan Omar Hasan Ahmad al-Bashir risulta indagato e condannato per genocidio e crimini di guerra e nei suoi confronti la Corte penale internazionale ha spiccato due mandati di arresto;
   le espulsioni collettive sono vietate dal diritto internazionale così come sancito dall'articolo 4 del Protocollo n. 4 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali; l'Italia si conforma al diritto internazionale nella tutela del principio di non-refoulement così come sancito dall'articolo 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia per violazioni inerenti ad espulsioni e respingimenti di stranieri con le sentenze Hirsi Jamaa e altri c. Italia, Sharifi e altri c. Italia e Grecia, Khlaifia e altri c. Italia;
   l'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 286 del 1998 vieta l'espulsione o il respingimento verso uno Stato dove lo straniero possa essere oggetto di persecuzione o se rientrante in categorie vulnerabili;
   l'articolo 10, terzo comma della Costituzione garantisce il diritto d'asilo allo straniero a cui sia impedito nel Paese d'origine l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Repubblica italiana;
   l'articolo 24 della Costituzione sancisce il diritto di difesa come diritto inviolabile a tutela dei propri diritti;
   il testo del « Memorandum Understanding» non è stato reso pubblico ma riveste chiaramente una forte valenza di natura politica oltre che oneri per la finanza e dovrebbe pertanto essere ratificato dal Parlamento in base a quanto previsto dall'articolo 80 della Costituzione;
   in ogni caso l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1985 prevede che ogni accordo di relazione internazionale sottoscritto dal Governo venga pubblicato integralmente sulla Gazzetta Ufficiale –:
   se non intenda fornire con urgenza delucidazioni approfondite su quanto accaduto fornendo altresì specifiche garanzie, se in condizione di farlo, rispetto al fatto che i cittadini sudanesi espulsi non siano sottoposti al rischio di ulteriori gravi violazioni di diritto oltre a quanto già subito come, inter alia, la mancata effettiva possibilità di difesa contro la procedura di espulsione;
   se possa fornire concrete garanzie che i cittadini sudanesi respinti non fossero portatori di specifiche vulnerabilità e che sia stata approfondita in maniera esaustiva la situazione individuale;
   se non intenda rendere pubblici i contenuti del « Memorandum of Understanding» sottoscritto con il Sudan così come previsto da normativa vigente;
   se non intenda interrompere ogni azione volta al respingimento, alla riammissione e di conseguenza alla sottoscrizione di ulteriori accordi con interlocutori, quali il Governo del Sudan o simili, che violano palesemente diritti umani fondamentali, e principi di diritto internazionale ed interno ai quali l'Italia si conforma;
   se non si intenda interrompere immediatamente l'utilizzo di centri cosiddetti hotspot che continuano a non avere una chiara definizione giuridica nell'ordinamento interno ed europeo, e risultano invece ad avviso degli interroganti luoghi di negazione di diritto. (4-14189)


   CIRACÌ, MARTI e DISTASO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile – direzione centrale per l'emergenza e il soccorso tecnico con circolare n. 8 EM/2015 del 28 luglio 2015, a firma del Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (ing. Gioacchino Giomi), ha ridefinito l'impianto organizzativo del servizio nazionale dei sommozzatori dei vigili del fuoco, definendo in 21 il numero delle sedi dei nuclei di soccorso subacqueo e acquatico, ai quali «.... sono da aggiungere i 3 Nuclei di Grosseto, Viterbo e Brindisi in stato di osservazione in considerazione della fase di transizione avviata...». In detta circolare si indicava anche che «Entro un anno dalla emanazione della presente circolare, a cura della DCEST, saranno acquisiti gli elementi necessari per le determinazioni relative alle sedi in osservazione»;
   il Ministro dell'interno con decreto registrato dal dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile – direzione centrale delle risorse umane al n. 2394 del 31 luglio 2015, avente per oggetto la definizione del nuovo modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, individuava nell'Allegato 2 «.... i reparti ed i nuclei speciali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco», non indicandovi i nuclei sommozzatori di Grosseto, Viterbo e Brindisi, e stabiliva altresì che «Dalla data di entrata in vigore del presente decreto i distaccamenti permanenti, i reparti e i nuclei speciali non indicati negli allegati 1 e 2 sono soppressi». Indicava inoltre che «Entro due anni dell'entrata in vigore del presente decreto, il Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile effettua una verifica della funzionalità del nuovo modello organizzativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
   il direttore regionale dei vigili del fuoco per la Puglia (ing. Salvatore Spanò), a seguito dei due atti di cui ai punti precedenti, con nota n. 1464 del 2 febbraio 2016 ha stabilito il nuovo assetto organizzativo del servizio sommozzatori del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in ambito regionale Puglia, attuando un modello organizzativo, concordato con gli uffici centrali del dipartimento dei vigili del fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile, che prevedeva il mantenimento in esercizio del nucleo di soccorso subacqueo e acquatico di Brindisi;
   la Puglia è la regione Italiana avente la maggiore estensione di costa in Italia, circa 865 chilometri, e la zona del Canale d'Otranto è caratterizzata da un elevatissimo indice di posti barca da diporto ed una elevatissima densità di popolazione nelle località abitate costiere;
   la Puglia, ed il Salento in modo particolare, continua a registrare un forte incremento delle presenze turistiche, con un aumento notevole della effettiva popolazione presente sul territorio. Detto aumento non risulta essere concentrato solo nel periodo estivo, bensì distribuito durante tutto l'anno;
   la Puglia è la regione con la più alta concentrazione di grotte marine d'Italia. In particolare, il Salento è caratterizzato da un elevatissimo numero di grotte, di cui circa 120 sono grotte marine e circa 85 interne potenzialmente soggette ad allagamenti. Questa caratteristica geomorfologica, abbinata al continuo aumento di turisti nonché di appassionati che praticano la disciplina della speleosubacquea, costituisce un fattore di rischio acquatico assolutamente di primo piano;
   in merito a detta problematica risulta che, con la circolare n. 8 EM/2015 del 28 luglio 2015 citata in premessa, la Puglia sia inserita fra i 4 distretti nazionali per «l'assetto speleosubacqueo livello avanzato» e che presso il NSSA di Brindisi operino, attualmente, 2 dei 5 specialisti sommozzatori VVF speleosubacquei di livello avanzato disponibili nel Distretto C-Puglia;
   la città di Brindisi è dotata di un aeroporto «sul mare» che vanta un volume di traffico di tutto rispetto. Risulta essere il 18o aeroporto sui 45 italiani per numero di movimenti, quasi 17.000 nel 2015, con un trend in crescita, segnando quasi 2.250.000 di passeggeri, sempre nel 2015. Gli enti locali preposti alla gestione e pianificazione delle emergenze prevedono, nei piani per fronteggiare un malaugurato incidente aereo a mare o un ammaraggio di aeromobile che interessi gli specchi d'acqua in prossimità del porto di Brindisi, l'indispensabile intervento del NSSA di Brindisi;
   il porto di Brindisi è interessato dalla movimentazione di un elevato numero di navi, sia a carattere commerciale che turistico;
   la costa Salentina è sempre più frequentemente oggetto di sbarco di migranti e il porto di Brindisi, sempre più spesso, viene utilizzato per le operazioni di sbarco dei migranti soccorsi con le navi della Marina militare, della Guardia costiera o di altre amministrazioni, anche estere;
   nel periodo luglio 2015 – luglio 2016 il NSSA di Brindisi ha effettuato un quantitativo di interventi in linea (se non superiore) con la media nazionale degli altri NSSA, pur avendo visto ridimensionato l'ambito territoriale di stretta competenza. Si ricorda che in alcune condizioni il NSSA di Brindisi è chiamato ad operare fino in Calabria e Campania;
   nel periodo di osservazione, il NSSA di Brindisi ha sempre gara possibile, sia nei turni diurni che nei turni notturni di servizio;
   le professionalità in servizio presso il NSSA di Brindisi hanno contribuito alla riuscita delle operazioni di recupero dei 3 speleosub dispersi a Palinuro nel mese di agosto 2016;
   presso il NSSA di Brindisi sono attualmente operanti n. 7 unità con una anzianità di servizio, come sommozzatore, variabile da 6 a 25 anni e un'età anagrafica variabile da 37 a 53 anni. L'attuazione del riordino di cui al decreto n. 2394 del 31 luglio 2015 comporterebbe, con ogni probabilità, la perdita di dette professionalità –:
   se il Ministro fosse a conoscenza dei contenuti della circolare n. 8 EM/2015 del 28 luglio 2015, citata in premessa, al momento della firma del decreto n. 2394 del 31 luglio 2015;
   se siano stati emanati eventuali atti di indirizzo, successivi al decreto 2394 del 31 luglio 2015, circa le modalità di «soppressione» dei nuclei specialistici di cui sopra;
   quale sia l'effettivo risparmio conseguente alla soppressione del NSSA di Brindisi, posto che questo pare individuabile, ad avviso degli interroganti, solo nella possibilità che qualcuno dei 7 sommozzatori in servizio presso detto NSSA, scoraggiato e demotivato a seguito del trattamento che l'Amministrazione di appartenenza gli ha riservato, abbandoni la specializzazione, con grave danno per l'amministrazione, e quindi non percepisca più la prevista indennità di circa 320,00 euro lorde mensili;
   se sia già a conoscenza delle valutazioni formulate dagli uffici del Corpo nazionale dei vigili del fuoco relativamente al «periodo di osservazione» indicato nella circolare n. 8 EM/2015 del 28 luglio 2015;
   se non ritenga necessario rivedere l'organizzazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che si prospetterebbe attuando i contenuti dei primi due atti citati in premessa; in particolare se non ritenga indispensabile escludere dallo «stato di osservazione» il NSSA di Brindisi, considerandolo operativo a tutti gli effetti, e potenziarlo, stante anche la sua ubicazione strategica rispetto alle possibili richieste di intervento, mantenendo così il rischio acquatico dell'area salentina ad un livello accettabile. (4-14194)


   NESCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del direttore Paolo Pollichieni, apparso il 15 febbraio 2016 sul portale web dell'agenzia giornalistica « Il Velino», si riporta che Giuseppe Scopelliti, ex presidente della regione Calabria, ha la scorta di Stato per la sua incolumità;
   lo stesso Scopelliti è stato condannato in primo grado a sei anni, nell'anno 2014, e interdetto perpetuamente dai pubblici uffici, per il tribunale di Reggio Calabria avendo commesso i reati di abuso di ufficio e falso;
   il decreto-legge 6 maggio 2002, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2002, n. 133, prevede, all'articolo 3, una commissione consultiva per l'adozione delle misure di sicurezza personale, che si esprime «sull'adozione, la modifica e la revoca delle misure di protezione e di vigilanza»;
   la riferita fonte dell'ordinamento prevede tra l'altro, all'articolo 5, comma 1, che presso «gli Uffici territoriali del Governo, nell'ambito del Gabinetto, opera un ufficio per la sicurezza personale, con compiti di raccolta ed analisi preliminare delle informazioni relative a situazioni personali a rischio, comunque acquisite a livello locale, nonché di raccordo informativo con l'UCIS e con gli altri uffici interessati»;
   al comma secondo del citato articolo 5, è stabilito che, per le esigenze di cui al comma precedente, il prefetto territorialmente competente «convoca e presiede apposite riunioni di coordinamento»;
   sul portale web blitzquotidiano.it si riporta, in un articolo del 13 luglio parte un servizio del giornalista Carlo Macrì, pubblicato su « Il Corriere della Sera», nel quale si legge che «nelle 2.056 pagine dell'ordinanza viene anche citato l'episodio dell'esplosivo ritrovato nel 2002 nel bagno del Comune di Reggio Calabria, destinato all'allora sindaco Giuseppe Scopelliti», che «per il procuratore Cafiero de Raho» fu «una messa in scena costruita anche con l'apporto dei servizi segreti, perché Scopelliti doveva apparire come una persona in contrasto con la ‘ndrangheta locale»;
   da notizie stampa si apprende che, nell'ambito dell'inchiesta di cui si tratta, l'ex sottosegretario alla presidenza della regione Calabria, Alberto Sarra, avrebbe tirato in ballo proprio Scopelliti difendendosi dall'accusa di essere coinvolto in una cupola di potere capace, con la ‘ndrangheta, di condizionare le elezioni e di drenare finanziamenti pubblici a vantaggio di sodalizi criminali;
   gli elementi riassunti sono sufficienti, a parere dall'interrogante, per una nuova valutazione, secondo quanto previsto dalla summenzionata legge, in merito alla scorta di cui beneficia l'ex governatore della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, dopo la condanna rimediata candidatosi a occupare un posto al parlamento europeo per il partito Ncd, lo stesso del Ministro dell'interno in carica;
   vale ricordare che per il testimone di giustizia Rocco Mangiardi, di Lamezia Terme (Cosenza) – il cui contributo effettivo allo Stato (di diritto) si è rivelato significativo e al momento ben diverso rispetto a quello reso dal condannato in primo grado Scopelliti, che ha fatto ricorso in appello – è stato previsto il ripristino dell'auto della scorta almeno sino al 31 dicembre prossimo, il che a parere dell'interrogante suona ancora come una beffa e disincentiva le testimonianze di giustizia, specie se vi sono sproporzioni, di là dagli aspetti burocratici specifici, come quella testé rammentata –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per verificare se vi siano effettivamente elementi di rischio che comportino il mantenimento della scorta per il citato ex presidente della regione Calabria e per garantire al Mangiardi la sicurezza e l'incolumità personale cui abbisogna. (4-14197)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO, MARZANA, BRESCIA, SIMONE VALENTE e DI BENEDETTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alla vigilia delle prove scritte per il concorso scuola 2016, finalizzato all'immissione in ruolo di 63.712 docenti nel triennio 2016-18 secondo quanto statuito dai DDG nn. 105, 106 e 107 emanati il 23 febbraio 2016, i neoassunti tramite procedura concorsuale per l'anno scolastico 2016-2017 avrebbero dovuto essere 32 mila e le immissioni in ruolo avrebbero dovuto essere completate entro il 15 settembre 2016;
   come si evince a pagina 109 del DDG 105 del 23 febbraio 2016, denominato «Concorso per titoli ed esami finalizzato al reclutamento del personale docente per i posti comuni dell'organico dell'autonomia della scuola secondaria di primo e secondo grado», il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella figura del Direttore Generale per il personale scolastico aveva decretato la messa a bando, per la Regione Toscana, di 35 posti comuni per la classe di concorso AA24, lingue e culture straniere negli istituti di istruzione secondaria di II grado (francese) e di 24 posti comuni per la classe di concorso AA25, lingua inglese e seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di primo grado (Francese);
   in data 7 settembre 2016 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato una nota di trasmissione, il decreto ministeriale n. 669 del 2016 e le tabelle riportanti i posti disponibili per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2016/17 nella scuola primaria e secondaria di I e Il grado;
   come si apprende dall'articolo apparso in data sul quotidiano La Repubblica-Firenze, a firma Valeria Strambi, a fronte di soli 25 vincitori in Toscana le cattedre a tempo indeterminato riservate ai vincitori di concorso 2016 per le classi di concorso AA24 e AA25 sono improvvisamente diventate 10 secondo le disposizioni dell'ufficio scolastico regionale della Toscana, per di più da spartire con i colleghi iscritti nelle graduatorie ad esaurimento in virtù della norma che prevede la suddivisione dei ruoli secondo il criterio del 50-50, come sancito dall'articolo 399, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297;
   i docenti vincitori di concorso nelle suddette classi di concorso dovranno dunque, secondo quanto si evince dalle tabelle riportanti i posti disponibili per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2016-17, rinunciare al ruolo ed essere nuovamente assunti a tempo determinato;
   la situazione esposta precedentemente e relativa alle classi di concorso AA24 e AA25 in Toscana non è però l'unica a contraddire il bando di concorso e le tabelle inerenti i posti messi a bando per ogni singola regione il 23 febbraio 2016: analoghi episodi di autentica dispersione dei posti messi a bando hanno riguardato, sempre in Toscana, anche le classi di concorso di economia aziendale (dei 19 posti annunciati non ne resta nemmeno uno), di scienze naturali, chimica e biologia (dei 40 posti annunciati, ugualmente, non ne risulta più neppure uno), di musica, di filosofia e scienze umane, di laboratorio per i servizi di ricettività alberghiera;
   analizzando la situazione di alcune classi di concorso della scuola secondaria di II grado, confrontando i posti banditi e quelli disponibili per le immissioni in ruolo, in data 11 settembre 2016 il sito Orizzonte Scuola evidenzia come in alcune classi di concorso, per le quali le graduatorie di merito risultano già in vigore, non vi siano più disponibilità, vanificando almeno per l'a.s. 2016/2017 i sacrifici sostenuti dai vincitori di concorso e dagli idonei;
   particolarmente allarmante, a mero titolo esemplificativo, è la situazione delle classi di concorso A18 (Filosofia e scienze umane) e A19 (filosofia e Storia), per le quali non risulta alcun posto disponibile per vincitori di concorso in Abruzzo (A18 banditi 4 posti; Al 9 banditi 10 posti), Basilicata (A18 banditi 3 posti; A19 banditi 5 posti), Campania (A18 banditi 40 posti; A19 banditi 77 posti), Emilia Romagna (A18 banditi 19 posti; A19 banditi 20 posti), Liguria (A18 banditi 15 posti; A19 banditi 13 posti) e Piemonte (A18 banditi 29 posti; A19 banditi 13 posti);
   come evidenziato dai sindacato ANIEF in data 10 settembre 2016, da un'attenta analisi delle tabelle di disponibilità dei posti vacanti, allegate al decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 669/2016, utili per le immissioni in ruolo, risulta che ad essere danneggiati siano i docenti di tutti i livelli scolastici; colpite le regioni del Sud e una parte delle zone centrali della penisola, dove il fenomeno delle mancate assunzioni sarà elevatissimo. A farne le spese, inoltre, non saranno solo i docenti che si sono imposti nella selezione nazionale bandita il 23 febbraio scorso (DDG nn. 105, 106 e 107 del 23 febbraio 2016), ma anche i tanti docenti delle graduatorie ad esaurimento che, per l'ennesima volta, dovranno rinunciare al contratto a tempo indeterminato –:
   a cosa sia dovuta, nelle tabelle riportanti i posti disponibili per le immissioni in ruolo per l'anno scolastico 2016/2017 nella scuola primaria e secondaria di I e Il grado trasmesse il 7 settembre 2016, la scomparsa dei posti a bando risultanti dai DDG nn. 105, 106 e 107 del 23 febbraio 2016;
   se non ritenga opportuno, a tutela di docenti che hanno ampiamente dimostrato le loro competenze e superato una procedura concorsuale rigorosa, assumere iniziative per garantire loro la trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato o, in alternativa, quantomeno la stipula di un contratto a tempo determinato valevole fino al 31 agosto. (5-09466)


   LODOLINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio scolastico regionale Marche con avviso AOODRMA.0011625 del 1o agosto 2016, ha comunicato, anche agli effetti della legge 7 agosto 1990, n. 241, i criteri generali per il conferimento degli incarichi aggiuntivi di reggenza nelle scuole sottodimensionate, rispetto ai parametri stabiliti dall'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dall'articolo 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183, nonché nelle le sedi rimaste vacanti e disponibili dopo le operazioni di mobilità in ambito regionale e interregionale;
   in detto avviso, venivano elencati, quali criteri prioritari, di cui era stata data informazione alle organizzazioni sindacali: esperienze, competenze maturate, anzianità di servizio, viciniorità, fatte salve specifiche situazioni e valutazioni nell'ambito della discrezionalità dirigenziale di organizzazione;
   con DDG n. 921 del 26 agosto 2016 dell'ufficio scolastico regionale delle Marche sono stati disposti gli incarichi di reggenza per l'anno scolastico 2016/17;
   tra questi risulta all'interrogante che sedi di reggenza richieste in continuità con quelle assegnate negli anni precedenti, non siano state confermate, assegnandole ad altri dirigenti che, in base ai criteri fissati, risultavano meno titolati, adottando quindi una valutazione discrezionale, in base alle esigenze dell'amministrazione;
   vi sono state, al contrario, posizioni formali da parte di tutti gli organismi dell'istituto scolastico in questione, a favore di un mantenimento della precedente titolarità della reggenza, motivandola con significativi risultati raggiunti e validità del percorso didattico intrapreso –:
   quante siano le istituzioni scolastiche delle Marche nell'anno scolastico 2016/17;
   quante sedi scolastiche siano risultate disponibili per affidare incarichi di reggenza per l'anno scolastico 2016/17 perché vacanti o sottodimensionate;
   quanti dirigenti scolastici abbiano chiesto la reggenza;
   quanti dirigenti scolastici abbiano chiesto la conferma della reggenza precedentemente assegnata;
   quanti dirigenti scolastici, che ne hanno fatto richiesta, siano stati confermati nella reggenza degli anni precedenti;
   quanti dirigenti scolastici non abbiano avuto la conferma della reggenza degli anni precedenti, in che sedi e quali siano le motivazioni adottate in base ai criteri di assegnazione posti, ovvero gli elementi formali e circostanziati che hanno motivato l'applicazione del principio di discrezionalità per esigenze dell'amministrazione, in deroga ai criteri dati;
   qualora risultassero atti non adeguatamente motivati e/o discriminatori, cosa intenda fare il Ministro per ripristinare il rispetto delle regole ed il riconoscimento di eventuali torti arrecati. (5-09478)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARLONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto Martuscelli di Napoli, ente di diritto pubblico senza scopo di lucro sorto nel lontano 1873 ha una lunga storia e ha educato migliaia di persone non vedenti e ipovedenti, provenienti in particolare dall'Italia meridionale;
   tale istituto, da oltre due a: i vive una pesante crisi economico-finanziaria, che ha portato alla sospensione forzata dei servizi e delle attività rivolte ai minorati della vista, creando così un grave nocumento ai ragazzi e alle loro famiglie che attraverso le attività specialistiche svolte in istituto potevano realizzare percorsi di riabilitazione, educazione e autonomia;
   nel 2015, stante la grave crisi economica finanziaria che attraversa l'istituto il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha azzerato il consiglio d'amministrazione e nominato un commissario, per altro durato un solo anno, portando di fatto alla chiusura l'istituto;
   successivamente, grazie anche ad alcuni pareri degli uffici dell'amministrazione centrale di vari Ministeri, la stessa amministrazione con atto del maggio 2016 si è affrettata a dichiarare che non era più competente, in quanto nel 2010 era stato soppresso un decreto del 1926 che assegnava al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il controllo e la vigilanza sugli istituti speciali come il Martuscelli;
   a giugno 2016 a seguito della dimissioni del commissario però il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca si affrettava a nominare subito un nuovo commissario, pur non avendone più titolo –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione sopraesposta e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intenda adottare per far sì che l'Istituto Martuscelli possa riprendere le sue attività e possa ritornare al centro dei processi educativi-riabilitativi da sempre apprezzati e riconosciuti su tutto il territorio nazionale. (4-14169)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCON. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il signor Sergio Andreis, nato il 23 dicembre 1952 a Brescia, ha rifiutato, per motivi di coscienza, di svolgere sia il servizio militare di leva che il servizio civile sostitutivo; è stato conseguentemente detenuto nelle carceri militari di Gaeta e Forte Boccea dal 10 luglio 1979 al 10 ottobre 1980, quando è stato liberato dopo la grazia concessa dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini; al termine del periodo di detenzione è stato posto in congedo dalle autorità militari per avere assolto agli obblighi di leva;
   la sede INPS di Brescia, il 28 ottobre 2000, ha respinto la richiesta, presentata dal signor Sergio Andreis, di accredito figurativo del servizio militare ai sensi dell'articolo 49 della legge n. 153 del 1969 con la motivazione che «sono esclusi dall'accredito periodi di detenzione trascorsi in attesa di giudizio seguito da sentenza di condanna e quelli di reclusione successivi alla condanna stessa»;
   peraltro, l'articolo 49 della legge n. 153 del 1969 recita: «I periodi di servizio militare e quelli equiparati di cui agli articoli 56 n. 1, del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827; 7,8 e 9 della legge 20 febbraio 1958, n. 55, nonché i periodi di servizio militare ed equiparati di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 364, sono considerati utili a richiesta dell'interessato ai fini del diritto e della determinazione della misura della pensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, anche se tali periodi eccedano la durata del servizio di leva e gli assicurati anteriormente all'inizio dei servizi predetti, non possano far valere periodi di iscrizione nell'assicurazione anzidetta;
   la disposizione di cui al precedente comma non si applica nei confronti di coloro che abbiano prestato o prestino servizio militare come militare di carriera e nei confronti di coloro in cui favore il periodo di servizio militare o assimilato sia stato o possa venir riconosciuto ai fini di altro trattamento pensionistico sostitutivo dell'assicurazione generale obbligatoria;
   dall'entrata in vigore della presente legge le norme dell'articolo 6 della legge 28 marzo 1968, n. 341, cessano di applicarsi all'assicurazione predetta;
   sono altresì considerati utili ai fini del diritto alla pensione e della determinazione della misura di essa i contributi accreditati ai sensi della legge 10 marzo 1955, n. 96, e successive modificazioni e integrazioni;
   il secondo comma dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968, n. 488, è così modificato: «Agli effetti previsti dal presente articolo i contributi accreditati ai sensi della legge 10 marzo 1955, n. 96 e successive modificazioni, sono equiparati ai contributi volontari, su espressa domanda dell'interessato»;
   con il messaggio n. 6033, datato 21 febbraio 2005, avente come oggetto «Diniego dell'accredito figurativo dei periodi di detenzione per rifiuto di prestare il servizio militare di leva», il direttore centrale della direzione centrale delle prestazioni INPS, scriveva: «La Direzione generale per il Personale Militare del Ministero della difesa, con nota del 13 aprile 2004, ha ritenuto che il diritto alla valutazione figurativa del servizio militare discenda dall'avvenuto assoggettamento ad un obbligo costituzionale, talché un rifiuto a tale assolvimento appare condizione preclusiva alla valutazione stessa. Pertanto i periodi di detenzione per rifiuto di prestare servizio militare di leva non possono essere valutati ai fini dell'accredito figurativo»;
   il messaggio dell'INPS sopra citato, che non può innovare previsioni di legge, è evidentemente una interpretazione peggiorativa della norma, contraria ai pronunciamenti della Corte Costituzionale in materia di obiezione di coscienza al servizio militare e le decisioni dell'INPS discriminano nell'iter pensionistico i cittadini obiettori che per motivi di coscienza hanno rifiutato di svolgere sia il servizio militare di leva che il servizio civile sostitutivo rispetto a coloro i quali hanno svolto il servizio militare di leva –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative urgenti di competenza il Governo intenda adottare perché anche agli obiettori, a suo tempo condannati a periodi di detenzione per la loro scelta per motivi di coscienza, venga riconosciuto l'accredito figurativo del servizio militare ai fini pensionistici, assolto con modalità diverse da quello del servizio di leva.
(5-09469)


   DE MENECH. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Procond elettronica srl è un'azienda storica con sede a Longarone, fondata antecedentemente la catastrofe del Vajont, che produce schede elettriche;
   dal 2007 lo stabilimento, attivo nella produzione di controlli elettronici per elettrodomestici ed auto motive, è controllato da Selcom Elettronica Spa di Castel Maggiore (Bologna), che ha sedi in Italia, Tunisia, Cina e Usa.
   Il 7 settembre 2016 al Ministero dello sviluppo economico si è svolto un incontro richiesto dalle parti sindacali circa la situazione del gruppo Selcom, che occupa ad oggi circa 770 lavoratori distribuiti negli stabilimenti della Procond Elettronica di Longarone (290) e nelle sedi di Bologna (360), Palermo (110) e Milano (10);
   i volumi produttivi sono garantiti da committenti importanti e i livelli qualitativi ottenuti grazie ad una forte specializzazione dei processi e alla flessibilità dei tanti lavoratori impegnati su più turni di lavoro. Commesse e clienti importanti garantiscono una autonomia funzionale;
   la Procond elettronica srl è a rischio chiusura a causa dell'esposizione finanziaria con le banche e con i fornitori che ammonta a circa 136 milioni di euro. Una somma che l'azienda dovrebbe rifondere in parte entro la metà di settembre per poter resistere, altrimenti rischia il concordato e il commissariamento, con la messa in vendita degli stabilimenti;
   l'azienda per quanto riguarda Longarone non ha mai fatto intendere che i problemi fossero di tale portata;
   negli ultimi 15 anni gli stabilimenti del gruppo non hanno usufruito della cassa integrazione;
   in questi giorni l'azienda ha informato i dipendenti che il salario sarà frazionato in busta paga con una tranche cospicua alla scadenza naturale del pagamento e il resto a fine mese, per riuscire così a versare Irpef e Tfr ai lavoratori, somme ancora non pagate;
   la Procond elettronica srl rappresenta un patrimonio industriale, professionale e tecnologico nonché occupazionale per il territorio bellunese –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione venutasi a creare nei territori interessati dagli stabilimenti dell'azienda Selcom Elettronica s.p.a ed in particolare della situazione dello stabilimento di Longarone, e come si intenda intervenire per evitare ricadute drammatiche sotto il profilo occupazionale. (5-09471)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PATRIZIA MAESTRI, GNECCHI, DAMIANO, DI SALVO, BONOMO, PAOLA BOLDRINI, CARNEVALI, ARLOTTI, ROSTELLATO, VENITTELLI, TERROSI, RUBINATO, VICO, MORETTO, MONTRONI, MURER, D'INCECCO, MARIANI, SCUVERA, TULLO, MOGNATO, MIOTTO, CAMANI, MALPEZZI, CARLONI, ROMANINI, PATRIARCA, ALBANELLA, AMATO, ANTEZZA, ALBINI, ZANIN, PIAZZONI, CASELLATO, ROCCHI, GASPARINI, ROTTA e LATTUCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 282, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) ha disposto la proroga della sperimentazione, avviata per il triennio 2013-2015, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (articolo 4, comma 24, lettera b), e poi prorogato anche per l'anno 2016 dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2015), concernente la possibilità per la madre lavoratrice dipendente o iscritta alla gestione separata (ivi comprese le libere professioniste che non risultino iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria e non siano pensionate) di richiedere, in sostituzione anche parziale, del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati, per un massimo di sei mesi;
   il successivo comma 283 ha previsto di estendere l'applicazione sperimentale del « voucher baby sitting» anche alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici, nel limite di spesa di 2 milioni di euro per l'anno 2016, demandando ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro sessanta giorni, la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo del beneficio per le nuove categorie interessate;
   nonostante il termine indicato sia ormai trascorso, non risulterebbe ancora adottato il decreto in parola così da rendere, allo stato attuale, inaccessibile il fondo alle lavoratrici autonome o imprenditrici alle quali è destinato;
   il 3 agosto 2016 con il messaggio n. 3285 l'Inps ha comunicato l'esaurirsi del previsto stanziamento di 20 milioni di euro per l'anno 2016 per il « voucher baby sitting» per le lavoratrici dipendenti ed in attesa delle eventuali rideterminazioni da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha disposto di non prendere in considerazione ulteriori istanze –:
   se il Ministro interrogato non intenda provvedere con la massima sollecitudine all'adozione del decreto necessario a dare attuazione allo stanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2016 destinati ai « voucher baby sitting» per le madri lavoratrici autonome o imprenditrici;
   se non ritenga altresì di assumere le iniziative di competenza per integrare per il 2016 lo stanziamento di 20 milioni di euro previsto articolo 1, comma 282, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 per i « voucher baby sitting» destinati alle lavoratrici dipendenti o iscritte alla gestione separata INPS;
   se abbia considerato l'opportunità di assumere iniziative per prorogare anche per l'anno 2017 la sperimentazione « voucher baby sitting» tanto per le lavoratrici dipendenti quanto per le autonome o imprenditrici. (4-14180)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane i lavoratori del bacino di crisi di Caserta hanno denunciato il fatto che la provincia casertana risulterebbe fuori dai sussidi previsti dal testo del decreto correttivo del Jobs act che approderà al Consiglio dei ministri nelle prossime ore;
   si tratta di 235 milioni di euro stanziati per i lavoratori delle aree di crisi industriale complessa, ma tra queste sono state individuate solo nove zone: Gela, Piombino. Livorno, Rieti, Termini Imerese, Trieste, Taranto, Ascoli Piceno e Molise;
   ancora una volta si manifesta un totale disinteresse da parte del Governo nei confronti di quella che è certamente una delle aree più depresse in assoluto dell'intero Paese, come dimostrano impietosamente i dati sulla disoccupazione (specie giovanile e femminile);
   la scelta fatta dal Governo sembra ancora più incoerente dopo le numerose «passerelle» effettuate in quella stessa zona negli anni dai vari Presidenti del Consiglio succedutisi;
   nonostante si sia parlato per mesi di piani di rilancio e progetti supportati dalla mobilità, ad oggi la triste realtà mostra centinaia di famiglie (in larga parte monoreddito) messe in ginocchio e senza alcuna alternativa a quei sussidi da cui l'area casertana sarebbe stata esclusa;
   va considerato, peraltro, che la crisi economica globale che attanaglia ormai da anni il nostro Paese ha colpito con ancor più vigore proprio il Mezzogiorno, che necessiterebbe dunque di maggiori attenzioni –:
   se non ritenga doveroso ed urgente inserire il bacino di crisi casertano tra le aree oggetto degli interventi previsti dallo schema di decreto correttivo del Jobs Act, prevedendo magari forme di mobilità anche retroattiva (considerato che in molti vivono ormai da due anni senza alcun sussidio) e prevedendo per il 2017 progetti di ricollocazione. (4-14183)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge 124 del 2015 prevede, all'articolo 11, che il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici. I decreti legislativi sono adottati nel rispetto, tra l'altro, dei seguenti principi e criteri direttivi:
    istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito (...);
   il decreto legislativo 171 del 2016 sulla dirigenza sanitaria prevede:
    l'istituzione di un elenco direttori generali idonei;
    la nomina di una commissione per l'istituzione dell'elenco dei direttori generali;
    la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di un avviso di selezione per titoli e formazione dei direttori generali;
    la definizione dei criteri e le procedure di valutazione e verifica dell'attività dei direttori generali;
    la verifica dei risultati aziendali del direttore generale;
   tra gli enti vigilati dal Ministero della salute vi è l'AIFA;
   l'atto di nomina del direttore generale dell'AIFA Luca Pani indica nel 16 novembre 2016 il termine della durata dell'incarico;
   nella risposta all'interpellanza n. 2-01118 il sottosegretario De Filippo dichiara che l'efficienza della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera prevista nell'articolo 9-bis della legge 125 del 2015 sarà al massimo di 707,1 milioni di euro anziché 1.500 milioni di euro;
   la relazione tecnica del decreto-legge 113 del 2016 riguardo all'articolo 21 riporta come il pay back, per gli anni 2013, 2014 e 2015, pari a 1.988 milioni di euro, non è stato realizzato per effetto dell'annullamento da parte del TAR del Lazio delle determinazioni dell'AIFA del 30 ottobre 2014, nonché dell'intero procedimento finalizzato al ripiano della spesa farmaceutica territoriale e ospedaliera per l'anno 2013;
   a seguito dell'approvazione del decreto-legge 113 del 2016 sono stati presentati circa 60-70 ricorsi da parte delle aziende farmaceutiche per ottenere l'annullamento dell'articolo 21 in quanto le quote di pay back risulterebbero errate;
   il collegio dei revisori dell'AIFA ha chiesto la restituzione delle somme percepite dal dottor Pani, in qualità di rappresentante italiano presso l'EMA, per un importo di circa 700.000 euro in quanto eccedenti il tetto stipendiale definito con l'articolo 23-ter del decreto-legge 201 del 2011, rideterminato dall'articolo 13 del decreto legge 66 del 2014, come scrive il Sole 24 ore Sanità, del 1o dicembre 2015 –:
   se siano a conoscenza delle valutazioni e delle verifiche dei rendimenti dei vertici dirigenziali dell'AIFA;
   se l'individuazione del direttore generale dell'AIFA avverrà secondo le procedure di avviso pubblico.
(2-01464) «Grillo, Baroni, Colonnese, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Nesci».

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la mobilità dei pazienti tra le varie regioni permette di scegliere liberamente i luoghi di cura più adeguati alla loro patologia, soprattutto in termini di competenza specifica e di disponibilità del personale sanitario;
   le strutture di riconosciuta competenza clinico-assistenziale nei confronti di alcune malattie, sono anche quelle scelte dalla maggior parte dei pazienti affetti dalle patologie specifiche di cui si fanno carico, per cui sono di fatto quelle maggiormente attrattive per la qualità delle cure offerte, oltre che per il fatto che sono spesso le uniche che in quel determinato campo sono in grado di fornire specifici trattamenti;
   queste stesse strutture di eccellenza in alcuni casi si stanno orientando a respingere i pazienti, perché informate dalla loro regione che è ancora in vigore per il 2016 un tetto pari al fatturato del 2011;
   le regioni in cui si trovano le strutture di eccellenza sono state di fatto avvisate dalle regioni di provenienza dei cittadini malati del fatto che, per mancanza di risorse disponibili, esse non faranno fronte ai pagamenti: ci si riferisce, in particolare, al caso di giovani affetti da malattie rare il cui flusso verso strutture dell'Emilia Romagna sta per essere bloccato o fortemente ridotto per via di blocchi e ostacoli di questo tipo;
   tutto questo trarrebbe origine dal comma 574 dell'articolo 1 della legge 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) e dall'articolo 15, comma 14, del decreto-legge n. 95 del 2012 (spending review del Governo Monti), che imporrebbe un tetto all'attività dal 2014 pari al 2011 meno il 2 per cento (senza specificare la durata di questo limite) –:
   se sia a conoscenza del fatto che i limiti imposti alla circolazione dei pazienti tra le varie regioni, così come interpretati da alcune regioni, siano causa di enormi disagi per i pazienti e, tra questi in particolare, per quelli affetti da malattie rare e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (3-02486)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, DI VITA, MANTERO e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale San Gennaro dei Poveri, è una struttura ospedaliera di interesse storico-artistico del capoluogo campano situata nel centro storico e in particolare nel rione Sanità, risalente al XVI secolo. Nel XV secolo consisteva in un lazzaretto per malati contagiosi poi ampliato nel 1656 dopo l'epidemia di peste che investì l'Europa;
   già dal 2011 l'Ospedale sta subendo un progressivo smantellamento: prima il pronto soccorso nel novembre 2011, poi dei reparti di ostetricia e ginecologia nel 2014 ed oggi risulta agli interroganti che ci sia in corso anche lo smantellamento dei reparti di ematologia ed oncologia: a lanciarne l'allarme sono alcuni rappresentanti del Comitato per la Rinascita dell'ospedale San Gennaro e le sigle sindacali Cgil, Cisl e Uil. «In questi giorni — fanno sapere i portavoce del Comitato e dei sindacati — si sta procedendo al trasferimento all'Ascalesi, che dovrebbe essere ultimato entro la metà di settembre». La chiusura di questi ultimi due reparti sancirebbe di fatto la definitiva chiusura dell'antica struttura ospedaliera;
   dei fondi spesi per i reparti di ostetricia e ginecologia (circa tre milioni e mezzo di euro), appena nel 2009 e per le apparecchiature di rianimazione (mai collaudate e mai andate in funzione) era già stata chiesta notizia in un'interrogazione a prima firma dell'interrogante, la n. 4-05484 del 10 luglio 2014, ancora oggi senza risposta;
   con deliberazione n. 460 del 20 marzo 2007 la giunta regionale della Campania ha approvato l'accordo attuativo, ed il piano di rientro dal disavanzo e di riqualificazione e razionalizzazione del servizio sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311; in data 24 luglio 2009 la regione Campania è stata sottoposta a commissariamento, a norma dell'articolo 4 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159;
   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 24 aprile 2010 il nuovo presidente della regione Campania è stato nominato commissario ad acta per il piano di rientro con il compito di proseguire nell'attuazione del piano stesso;
   detta deliberazione, nell'individuare gli atti ai quali attendere in via prioritaria al punto c) dispone di procedere al «riassetto della rete ospedaliera e territoriale con adeguati interventi per la dismissione/riconversione/riorganizzazione dei presidi non in grado di assicurare adeguati profili di efficienza e di efficacia»;
   dal mese di dicembre 2011 il P.O.S. Gennaro non è quindi più dotato di pronto soccorso per cui il ricovero ordinario, diurno o continuativo, avviene esclusivamente attraverso le liste d'attesa per i ricoveri programmati. Il presidio ospedaliero S. Gennaro ospita alcune strutture uniche nell'ASL NA1 Centro, come il polo onco-ematologico, la riabilitazione cardiologica, l'endocrinologia medica e chirurgica, il centro diabetologico di riferimento regionale, la NAD (nutrizione artificiale domiciliare);
   la struttura rappresenta quindi un importante punto di riferimento, non solo sanitario per il territorio e per il centro di Napoli, con un bacino di utenza di circa 100 mila persone, in un territorio fortemente deprivato socialmente e che ha visto negli ultimi episodi di cronaca una escalation di violenza, dovuta, come da più parti denunciato, all'assenza delle istituzioni sul territorio;
   il quartiere si è mobilitato per non far chiudere questo ultimo baluardo di legalità che negli anni ha già dovuto rinunciare già al pronto soccorso;
   la realizzazione dell'ospedale del Mare nel quartiere Ponticelli è al centro di un piano regionale di riorganizzazione delle strutture sanitarie che nel prefigurato obiettivo di accorpamento dei presidi ospedalieri San Gennaro, Loreto Mare, Incurabili e Ascalesi, e ha innescato il progressivo smantellamento di diversi reparti presso i cinque ospedali;
   nel piano regionale di programmazione della rete ospedaliera ai sensi del decreto ministeriale n. 70 del 2015 relativo al piano per gli anni 2016-2018, approvato con decreto del commissario ad acta n. 33 del 17 maggio 2016, viene riportato che la prossima apertura dell'Ospedale del Mare contribuirà a diminuire il problema strutturale dell'emergenza in città. La Direzione Aziendale della ASL Na1 dovrà mettere in campo ogni procedura e azione al fine di attivare l'Ospedale del Mare quanto prima agendo direttamente sulla acquisizione del personale necessario. Questo richiede nel frattempo una fase transitoria che prevede una necessaria rimodulazione di quanto in precedenza programmato per i presidi che avrebbero dovuto confluirvi, e cioè Ascalesi, San Gennaro, Incurabili e Loreto Mare. Il S. Gennaro, disattivato quale presidio ospedaliero, diviene una struttura ad indirizzo territoriale riabilitativo;
   da fonti di stampa, gli interroganti sono venuti a conoscenza di un progetto presentato al presidente della regione, Vincenzo De Luca, ed al suo staff regionale che prevedrebbe la conversione dell'antico nosocomio in una struttura di ricezione turistica: un bed & breakfast, una caffetteria accanto al complesso monumentale delle Catacombe di San Gennaro, una succursale museale del «Madre» con anche la sede di una facoltà di scienze turistiche. Un progetto diviso in tre blocchi: due parti, relative al Museo e all'Università e alle Catacombe, verrebbero finanziate da investimenti privati. Mentre alla regione Campania spetterebbe farsi carico del solo presidio ospedaliero che sarebbe ridotto ad un presidio sanitario di assistenza diagnostica e terapeutica in regime ambulatoriale e di day e one-day surgery. A presentare il progetto la neonata Fondazione San Gennaro (facente capo al parroco della Parrocchia di S. Maria della sanità, Don Antonio Loffredo), un otorino del San Gennaro e un team di architetti;
   sempre secondo le sigle sindacali e i comitati di quartiere, sarebbe questo il motivo della repentina chiusura dei reparti ospedalieri, nonostante l'Ospedale del Mare non sia ancora terminato e i tempi di programmazione del nuovo polo ospedaliero, condizionati ulteriormente dalla chiusura del cantiere nel 2010 a seguito di un'inchiesta per difformità fra lavori eseguiti e la preliminare progettazione e che vide coinvolte 12 persone fra dirigenti Asl e amministratori delle ditte concessionarie, non garantiscano un'adeguata assistenza sanitaria ai cittadini napoletani –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali siano i criteri seguiti e se e quali osservazioni siano state fatte sulle decisioni di riorganizzazione della rete sanitaria in Campania da parte dei rappresentanti del Ministero della salute in sede di monitoraggio del piano di rientro della regione Campania, con particolare riferimento a quanto descritto in premessa;
   come intenda attivarsi, per quanto di competenza, il Ministro interrogato per monitorare i servizi sanitari regionali, ivi incluso quello della regione Campania, e sia stata verifica l'adeguatezza complessiva dello stato di approntamento ordinario e straordinario rispetto alla ridefinizione degli standard di servizio;
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza sanitaria, tenendo conto che un presidio sanitario è di necessità maggiore rispetto ad un polo di ricezione turistica, in un momento che denota tutte le criticità dei servizi sanitari, facendo salvo così il diritto alla salute come sancito dall'articolo 32 della Costituzione. (5-09464)


   DI VITA, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, NESCI, NUTI, MANNINO, CANCELLERI, DI BENEDETTO, RIZZO, VILLAROSA, D'UVA, MARZANA e LUPO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 19 giugno 2015 è entrato in vigore il decreto del Ministero della salute 2 aprile 2015 n. 70 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 127 del 4 giugno 2015), il quale è stato emanato in attuazione dell'articolo 1, comma 69, legge 30 dicembre 2004, n. 311 e dell'articolo 15, comma 13, lettera c) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135);
   il decreto ministeriale n. 70 del 2015 è un complesso documento di programmazione sanitaria che introduce, mediante le disposizioni contenute nel suo allegato tecnico, una serie di importanti novità per la sanità italiana, a cui le regioni e le strutture sanitarie dovranno adeguarsi — quantomeno sulla carta — entro il 2016;
   nello specifico, il decreto ministeriale in questione è un regolamento recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. In altri termini, il decreto ministeriale n. 70 del 2015 ridisegna sia la mappa, che l'organizzazione dell'intera rete ospedaliera italiana. Infatti, il regolamento intende garantire, nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, dei livelli qualitativi appropriati e sicuri, favorendo, al contempo, una significativa riduzione dei costi, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza (cosiddetti LEA). Infatti, si è in presenza di un complesso documento tecnico, che si caratterizza per l'enorme numero di previsioni finalizzate ad assicurare, su tutto il territorio nazionale, un'uniforme definizione degli standard delle strutture sanitarie dedicate all'assistenza ospedaliera;
   il primo tentativo di intervento in merito alla riorganizzazione della rete ospedaliera siciliana, avvenuta con la pubblicazione il 14 gennaio 2015 del decreto dell'allora assessore alla sanità Lucia Borsellino (decreto assessoriale n. 46 del 14 gennaio 2015, recante la «Riqualificazione e rifunzionalizzazione della rete ospedaliera territoriale della Regione siciliana»), emanato dopo un lungo e travagliato iter politico-burocratico, è stato tuttavia bocciato dal Governo Renzi, con una nota congiunta del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze risalente all'ottobre del 2015;
   secondo i Ministri Beatrice Lorenzin e Carlo Padoan, nonostante gli elementi di novità presenti all'interno del decreto, come la territorializzazione del sistema sanitario secondo metodo Hube and Spoke, questi non sarebbero apparsi risolutivi del sistema di criticità della sanità siciliana. A tal proposito Renato Botti, direttore della programmazione sanitaria, sottolineava in particolare la persistenza della «frammentazione dell'offerta sanitaria siciliana»;
   l'annunciata uscita degli imminenti bandi di concorso in sanità dettati dalla definizione delle piante organiche che, proprio nel decreto Borsellino in questione trovava fondamento, sembravano allora dover svanire nel nulla;
   successivamente, in base a quanto affermato dal succeduto assessore per la salute Baldo Gucciardi, entro la fine di giugno 2016 si sarebbero dovute sbloccare le stabilizzazioni degli lsu della sanità siciliana e da luglio sarebbero partite le procedure concorsuali a garanzia delle assunzioni per la copertura dei posti vacanti (5000 secondo le stime) nell'arco del 2016-2017;
   nei mesi estivi appena trascorsi, invero, i tecnici dell'assessorato si sono interfacciati a più riprese con il Ministero della salute per affrontare i vari nodi del percorso che dovrebbe portare alla definizione della rete ospedaliera siciliana entro la fine del 2017, in base alla proroga all'uopo concessa dal Ministero stesso;
   in tale ottica è stato emanato il decreto assessoriale n. 1188/2016, firmato il 29 giugno 2016, che intende modificare il precedente decreto assessoriale n. 46, ovvero la rete ospedaliera così come era stata predisposta dall'ex assessore Lucia Borsellino, e «cristallizzare» la ricognizione di tutti gli atti delle nove Asp e delle 17 aziende ospedaliere dell'isola, in particolare relativi alla definizione delle piante organiche e dunque alle procedure di assunzione e stabilizzazione del personale, ai fini della copertura dei posti vacanti e disponibili nei nuovi assetti organizzativi delle aziende e degli enti del servizio sanitario regionale;
   s’è potuta apprendere da recenti fonti di stampa (La Repubblica, edizione di Palermo, del 29 agosto 2016, articolo dal titolo: «Assunzioni nella sanità, manager in assessorato: solo in cinque presentano piano valido»), la notizia dell'apprezzamento da parte del Ministero della salute di tale nuova bozza di rete ospedaliera presentata dall'assessorato regionale siciliano alla sanità;
   in base alla citata notizia, delle 17 aziende sanitarie e ospedaliere siciliane, solo cinque avrebbero presentato una ricognizione valida dei vecchi vincitori di concorso da assumere subito. Tale sarebbe stato il bilancio dell'incontro avvenuto proprio il 29 agosto 2016 tra l'assessore alla Salute siciliano i manager della sanità siciliana. Un vertice, per l'appunto, convocato all'indomani dell'annuncio dell'apprezzamento da parte del Ministero della nuova bozza di rete ospedaliera che cassa il vecchio piano Borsellino. Un passaggio necessario per sbloccare la procedura di assunzioni;
   con una nota del 5 agosto 2016, l'assessore aveva infatti chiesto ai manager di stilare la lista dei vecchi vincitori di concorso nelle discipline che certamente non verranno ridimensionate con la nuova bozza di rete ospedaliera, ovvero quelle legate alle aree di emergenza che più di tutte stanno soffrendo a causa della carenza di personale e del blocco del turn-over in vigore dal 2012;
   pur tuttavia, all'interrogante non risulta traccia che possa effettivamente documentare l'avvenuta espressione di tale parere di apprezzamento in merito alla bontà del nuovo decreto assessoriale. Per tale ragione, il 30 agosto 2016 s’è all'uopo provveduto a inviare una lettera con posta elettronica certificata al Ministero della salute con la richiesta di prova documentata del parere espresso, di cui si ritiene opportuna la conoscenza nel dettaglio in virtù del principio di trasparenza;
   l'8 settembre 2016 l'assessore Gucciardi ha presentato la nuova rete ai direttori generali e ai sindacati. Il piano prevede l'accorpamento di almeno 150 reparti in tutta la Sicilia per allinearsi ai dettami del decreto ministeriale n. 70 del 2015 che stabilisce il numero esatto di servizi e posti letto per bacini di utenza;
   in tale occasione, l'assessore Gucciardi ha ribadito che la proposta di piano elaborata dall'assessorato regionale della salute per allineare la rete ospedaliera e le reti tempo-dipendenti dell'emergenza-urgenza al decreto ministeriale n. 70 del 2015, sarebbe stata, con poche prescrizioni, apprezzata dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   nelle more della definizione della nuova rete ospedaliera — ha aggiunto Gucciardi — al fine di garantire i livelli essenziali di assistenza e le reti dell'emergenza-urgenza, l'assessorato regionale della salute avvierà il primo step di reclutamento del personale. Tale step — ha spiegato — riguarderà prioritariamente le procedure di concorso già definite relative ai profili professionali indispensabili ad assicurare le prestazioni sanitarie obbligatorie per la tutela della salute dei cittadini;
   a tal proposito occorre precisare che, tra le principali critiche mosse a più riprese al nuovo decreto assessoriale, v’è in particolare quella circa la stabilità della rete delle emergenze-urgenze che, in particolare, secondo il sindacato dei medici, non sarebbe pronta a reggere la forza d'urto della nuova organizzazione così come delineata dal nuovo decreto assessoriale –:
   se possa confermare la circostanza, affermata dall'assessorato siciliano alla salute, che il Ministero della salute abbia espresso parere positivo circa il nuovo decreto assessoriale n. 1188 del 2016 di riorganizzazione della rete ospedaliera siciliana e se, dunque ritenga effettivamente che la nuova rete ospedaliera, così delineata, possa rispettare gli standard richiesti dal decreto ministeriale n. 70 del 2015 e garantire il rispetto dei Lea, in particolare con riferimento alla rete delle emergenze-urgenze;
   se il suddetto parere sia stato espresso e, dunque, trasmesso alla regione siciliana in via protocollata, oppure solo informalmente per le vie brevi, e, nel caso, se possa fornire i relativi riferimenti di protocollo o della corrispondenza all'uopo intercorsa;
   se, per opportuna conoscenza e in virtù del principio di trasparenza, possa riferire il contenuto nel dettaglio del parere espresso relativamente al decreto assessoriale n. 1188 del 2016 di riorganizzazione della rete ospedaliera siciliana. (5-09465)


   AMATO e CASTRICONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 agosto 2016 il signor Lorenzo Di Nino, di 69 anni, di Pratola Peligna (Aquila) colpito da aneurisma dell'aorta è deceduto a Terni a 5 ore dal malore;
   stante le dichiarazioni del figlio agli organi di stampa, il paziente per aver accusato un malore alle 7.30 del 12 agosto, viene visitato dalla guardia medica al proprio domicilio a Pratola Peligna;
   il medico di guardia medica sollecita l'intervento del 118 che effettua il trasporto in ambulanza presso il pronto soccorso del presidio ospedaliero di Sulmona dove viene posto il sospetto clinico di aneurisma. Vengono contattati diversi ospedali tra cui l'ospedale clinicizzato SS Annunziata di Chieti;
   sempre secondo il contenuto degli articoli di stampa, a Chieti la sala operatoria è occupata e sarebbe tornata disponibile dopo le ore 15. Gli altri ospedali abruzzesi risultano non idonei per la patologia del paziente. Acquisita la disponibilità all'accettazione nel presidio ospedaliero di Terni, il paziente veniva trasferito in elisoccorso, che alle 12 circa è arrivato a sei chilometri dall'ospedale umbro presso la piazzola per l'atterraggio dell'elicottero, per poi raggiungere l'ospedale in ambulanza, morendo alle 12.45 a pochi metri dal pronto soccorso –:
   se la rete di emergenza urgenza e la rete cuore dell'Abruzzo, malgrado l'epilogo, garantiscano la sicurezza delle cure nei tempi giusti, in particolare per chi risiede nelle aree interne e se e quanto abbiano inciso i tagli al personale operati dalla regione. (5-09480)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICCHI. — Al Ministro della salute, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   una recente deliberazione del direttore delle risorse umane degli Istituti fisioterapici ospitalieri (IFO), ha proceduto al comando presso lo stesso ente del dottor Francesco Vaia, già dirigente sanitario del policlinico «Umberto I», per la durata di un anno a decorrere dal 15 giugno 2016, con la qualifica di direttore sanitario di presidio;
   il dottor Francesco Vaia è stato condannato nel settembre 2012 dalla sezione d'appello della Corte dei conti al pagamento, in favore della Asl RmC, della somma di 300.000 euro, più interessi e spese, per la condotta dolosa tenuta in occasione dello svolgimento del concorso interno a 12 posti di dirigente amministrativo della Asl RmC;
   le responsabilità del Vaia nello scandalo della sanità denominato «Lady ASL» sarebbero ancora più gravi. Il giudice per le indagini preliminari Figliola, che ne aveva disposto l'arresto, denunciò il «particolare allarme sociale destato dalla situazione afferente al Vaia. Lo stesso risulta pluricondannato a una pena complessiva di anni 1 e mesi 7 di reclusione, e a lire 1.200.000 di multa, per associazione per delinquere, reato commesso in Napoli dal 1991 al 1993, nonché per vari e numerosi reati di corruzione e per atti contrari ai doveri d'ufficio»;
   le dichiarazioni della stessa «Lady Asl» riportate nel libro di Alessio D'amato «Lady ASL la casta della sanità, fatti e misfatti», accusano il Vaia di aver chiesto e intascato tangenti per farle ottenere l'autorizzazione per la realizzazione della clinica San Michele. Di contro lo stesso Vaia dichiara che «l'inchiesta su Anna Iannuzzi è nata proprio dal sopralluogo che ho fatto io con l'assessore Battaglia nel maggio del 2005 nella clinica San Michele [...] Questa signora si sta vendicando. Dice gravi menzogne contro chi ha cominciato a farle saltare in aria il suo castello»;
   sulla base di un certificato penale del neo direttore sanitario non immacolato, l'interrogante ricorda che, ai sensi della normativa vigente, non possono ricoprire incarichi dirigenziali pubblici coloro che hanno riportato una condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un a o per delitto non colposo, ovvero a pena detentiva non inferiore a 6 mesi per delitto non colposo, commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso di poteri, o violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione –:
   come si concili la nomina del dottor Francesco Vaia a direttore di presidio dell'IFO, Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, con la normativa vigente sulle cariche dirigenziali pubbliche;
   quali iniziative abbiano assunto o intendano assumere gli Istituti fisioterapici ospitalieri in relazione all'incarico di direttore sanitario di presidio ospedaliero attribuito al dottor VAIA, alla luce della situazione rappresentata in premessa.
(4-14192)


   NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo apparso il primo settembre 2016 sul portale della testata giornalistica « Il Corriere della Calabria», si riporta che «la procura della Repubblica di Catanzaro ha aperto un fascicolo sulla morte di una neonata nell'ospedale Pugliese del capoluogo, iscrivendo sei medici tra gli indagati»;
   «la piccola di appena due giorni – si legge nell'articolo – è morta nel reparto neonatale 29 agosto scorso a seguito, secondo quanto si è appreso, di una infezione polmonare»;
   «la bimba – prosegue l'articolo – era venuta alla luce con parto cesareo al termine di una gravidanza senza problemi»;
   tuttavia, ricostruisce il succitato articolo, subito dopo la nascita della piccola i medici erano intervenuti sottoponendola a una cura antibiotica, con il decesso, purtroppo, dopo due giorni;
   nello stesso articolo si legge che «gli investigatori del Nisa, a cui sono state delegate le indagini, hanno sequestrato le cartelle cliniche della mamma e della neonata» e che a breve «verrà affidato l'incarico a un pool di periti per effettuare l'autopsia»;
   ad oggi, la Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, di cui l'interrogante ritiene d'averne dimostrato l'assoluta infondatezza, nell'interpellanza n. 2/01258 del 3 febbraio 2016;
   la procura della Repubblica di Reggio Calabria ha, riassumendo l'inchiesta denominata «Mala Sanitas», reso nota l'ipotesi di un sistema, negli Ospedali riuniti di Reggio Calabria, di sconcertante occultamento di errori sanitari nell'ambito della ginecologia-ostetricia, con l'iscrizione nel registro degli indagati, l'arresto e la sospensione di diversi medici, pure di altri reparti della suddetta azienda ospedaliera;
   con nota del commissario dell'Asp di Crotone, dottor Sergio Arena, prot. 14543 dell'11 febbraio 2016, indirizzata alla commissione aziendale per l'autorizzazione e l'accreditamento (CAAA) dell'Asp di Crotone, lo stesso ha «sospeso, con decorrenza immediata, tutte le attività di verifica c/o vigilanza intraprese» dal predetto organismo, contestualmente trasmettendo il decreto del commissario ad acta n. 21 del 10 febbraio 2016, con il quale la struttura commissariale per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria ha, a giudizio dell'interrogante evitando istruttoria e contraddittorio, revocato l'intera procedura di verifica dei requisiti tecnologici, strutturali e organizzativi della cardiochirurgia del policlinico universitario di Catanzaro, il 5 agosto 2015 disposta dal dipartimento regionale per la tutela della salute e conclusa dalla menzionata CAAA con verbale del 20 gennaio 2016;
   con la sua deliberazione n. 152 del 2 maggio 2016 – dopo aver bloccato la commissione che a seguito della richiesta del dipartimento tutela della salute avrebbe dovuto, in vigilanza, verificare i requisiti del punto nascita del presidio ospedaliero di Crotone – lo stesso commissario dottor Arena ha stabilito che le «sale parto» dell'ospedale di Crotone hanno i requisiti tecnologici e organizzativi, ma non hanno i requisiti strutturali, avviando un programma per i relativi lavori di adeguamento;
   il 12 maggio 2016 moriva nell'ospedale di Crotone un neonato, pare già deceduto prima della nascita, e veniva aperta un'inchiesta dalla procura della Repubblica di Crotone;
   nella stessa deliberazione, in quanto alla ricerca dei requisiti, si fa riferimento a un sopralluogo della direzione sanitaria di presidio, che ha in sostanza – e secondo l'interrogante fuori del diritto – scavalcato le competenze proprie della commissione per l'autorizzazione e l'accreditamento, che peraltro è organismo collegiale;
   l'articolo 1, comma 541, della legge n. 208 del 2015 detta le modalità per la concreta attuazione dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2004, che dispone l'adempimento (anche) per il personale del ruolo sanitario nazionale della direttiva 2003/88/CE su turni e i riposi obbligatori –:
   se in ordine al ricordato, recente decesso del neonato nell'ospedale Pugliese di Catanzaro, non ritenga di disporre un'ispezione ministeriale per accertare, per quanto di competenza, le eventuali cause, anche sul piano tecnico-professionale;
   se non ritenga di disporre un'ispezione in ordine alla ricordata vicenda delle sale parto dell'ospedale di Crotone, anche alla luce della grave, ricordata vicenda della morte del neonato;
   se non ritenga di assumere ogni iniziativa urgente di competenza volta ad accelerare la copertura delle migliaia di posti mancanti per l'adempimento dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014, con riguardo al ruolo sanitario nazionale.
(4-14195)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   un grave fatto sta avvelenando il clima politico del comune di Rutino, in provincia di Salerno, dove si è votato il 5 giugno 2016 per eleggere il nuovo candidato sindaco;
   come si apprende dagli organi di stampa locale, però, il candidato vincitore, Gerardo Immerso, era per legge incandidabile e, pertanto, ineleggibile, avendo riportato una condanna a due anni per ricettazione;
   accertata l'esistenza della condanna definitiva, la prefettura di Salerno il 6 luglio 2016 ha chiesto al nuovo primo cittadino di dimettersi dall'incarico, ma, nonostante ciò, lo stesso ha continuato ad amministrare il comune, rischiando di rendere nulli tutti gli atti prodotti e di mettere a repentaglio l'attività amministrativa;
   obiettando alla prefettura che gli effetti della «legge Severino» non riguarderebbero il suo caso, il 25 agosto 2016, Gerardo Immerso si è limitato a «sospendersi» dall'incarico;
   la legge è chiara e prevede la sospensione e decadenza per «coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché sia ripristinato uno stato di legalità nell'ambito dell'amministrazione comunale di Rutino. (4-14166)


   CIRIELLI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con deliberazione n. 33 dell'11 aprile 2008, la giunta municipale di San Pietro al Tanagro (SA), nell'ambito delle proprie competenze, approvava il prospetto delle tariffe relative alla Tarsu, stabilendo, in particolare, una tariffa di euro 2,50 al metro quadro per la categoria «B», magazzini senza vendita diretta;
   le suddette tariffe venivano confermate anche per i successivi anni da 2009 a 2012, rispettivamente con le deliberazioni n. 1/2009, n. 35/2010, n. 42/2011 e n. 33/2012;
   con deliberazione n. 58 del 19 novembre 2013, la giunta comunale rideterminava per l'anno 2013 le tariffe Tarsu, riducendo ad euro 0,80 al metro quadro la tariffa relativa agli immobili classificati come «Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita diretta»;
   per l'annualità 2012, relativamente ai citati immobili, nonostante la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani fosse stata stabilita in euro 2,50 al metro quadro sarebbe stata inspiegabilmente applicata una tariffa ridotta di euro 0,80;
   la riduzione della tariffa Tarsu per l'annualità 2012, a quanto consta all'interrogante, non troverebbe legittimità, in nessun documento formale dell'amministrazione comunale e, come è facile immaginare, ha agevolato numerosi cittadini, diversi dei quali amministratori comunali o loro familiari, proprietari di immobili della categoria interessata, a fronte di un minore introito nelle casse comunali di euro 19.109,7;
   l'applicazione di una tariffa comunale ridotta, in assenza di un provvedimento formale di rideterminazione della stessa, ed in deroga al dettato della determinazione di giunta comunale che aveva stabilito le tariffe in vigore, delinea una condotta quanto meno dubbia sotto il profilo dei presupposti di legittimità;
   il mancato introito di quota parte delle tariffe comunali, conseguente alla dubbia applicazione di un'aliquota tariffaria inferiore a quella stabilita con atto formale della giunta comunale, se confermato, configurerebbe un'ipotesi valutabile sotto il profilo del danno all'erario;
   avendo il consiglio comunale già deliberato il bilancio consuntivo esercizio 2012 ha reso di fatto inesigibile la quota parte della Tarsu non incassata per tempo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, se intenda promuovere, per quanto di competenza, una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato in ordine ai profili amministrativo-contabili della gestione condotta. (4-14179)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 12 agosto 2016 il Ministero dell'economia e delle finanze, grazie al proprio 4,024 per cento è il primo azionista del Monte dei Paschi di Siena; lo è diventato per effetto della discesa di Fintech che ha dimezzato la propria partecipazione passando dal 4,5 al 2,242 per cento;
   come si apprende da Il Sole 24 Ore del 13 agosto 2016, l'istituto si troverà a dover affrontare richieste danni per 283 milioni di euro; richieste avanzate da diversi soci in buona parte per presunte falsità nei prospetti informativi degli aumenti di capitale realizzati a partire dal 2008;
   tra le richieste più rilevanti c’è quella proposta dal gruppo Coop Centro Italia che ha deciso di citare in giudizio Mps, poiché ritiene sostanzialmente non rappresentativi della realtà i documenti relativi agli aumenti di capitale 2008, 2011 (gestione Mussari-Vigni) e del 2014 così reclamando danni per complessivi 137,1 milioni di euro;
   come ha evidenziato Fabio Pavesi su Il Sole 24 Ore del 14 agosto 2016 «Ora che il disastro è di fatto compiuto, si chiedono i danni... Investimento che, come è noto, per tutti gli azionisti è stato di fatto bruciato. E che quell'investimento sia stato gravoso lo dicono i numeri. Buona parte delle perdite per 100 milioni cumulate dalla Cooperativa dal 2012 al 2014 sono frutto delle svalutazioni proprio delle azioni Mps. Solo nel 2014 le azioni della banca senese in portafoglio sono state svalutate per 67 milioni. E in totale dal 2012 al 2014 le rettifiche finanziarie hanno superato i 140 milioni, azzerando di fatto la redditività industriale. Ma quel che non si dice nella richiesta danni è che Coop Centro Italia non era solo azionista Mps, è stata per molto tempo anche debitrice della banca. Una sorta di doppio ruolo azionista e cliente che si è visto ahimè in molte situazioni di crisi bancarie dove gli interessi del socio e del cliente si sovrapponevano in un dubbio gioco di interessi confliggenti. La Cooperativa nel 2014 aveva in corso mutui con Mps Capital Service per 13 milioni, con scadenza 2020. E altri 32 milioni di mutuo con Banca Toscana (sempre del gruppo Mps), con scadenza al 2018. Nel corso del 2015, come si legge nel bilancio, la Coop Centro Italia rimborsa anticipatamente il mutuo da 32 milioni, ma tra i debiti spunta un nuovo mutuo fresco con Mps capital service da 65 milioni. A fine 2015, quindi, tra vecchi e nuovi prestiti l'esposizione verso la banca senese complessiva ammonta a 78 milioni. È quasi la metà dell'intera esposizione bancaria della cooperativa. Vien da chiedersi se il dazio amaro pagato dall'ingresso nel capitale della banca come azionista sia stato in parte compensato da tassi di favore sui mutui. Non sarà capitato certamente ma quel ruolo scomodo di socio e importante cliente non è da sottovalutare»;
   il prestito sociale, come è noto, costituisce una forma di autofinanziamento della società cooperativa, che si concretizza nell'apporto, da parte dei soci persone fisiche, di capitali rimborsabili, solitamente a medio e a breve termine, per il conseguimento dello scopo mutualistico e per la realizzazione dell'oggetto sociale;
   il prestito sociale vale per l'universo delle cooperative italiane quasi 11 miliardi di euro, tuttavia non è tutelato da adeguati fondi di garanzia, non essendo le cooperative riconosciute come enti dediti alla raccolta ed alla gestione del risparmio, attività riconosciuta ad enti come banche e SGR (società di gestione del risparmio), e non potendo quindi aderire al fondo di garanzia interbancario a tutela del deposito;
   in Friuli-Venezia Giulia, i soci prestatori hanno perso parte dei fondi investiti, a seguito della crisi di ben 2 cooperative: la Coop Operaie di Trieste, con 17.000 risparmiatori e 103 milioni di euro di prestito sociale, e più recentemente la Coop Ca, fallita a dicembre 2015, con 3.000 soci prestatori e circa 27 milioni di prestito sociale;
   come riportato da alcuni articoli di stampa e, recentemente, dalla trasmissione televisiva «Report» di Rai 3 dell'8 maggio 2016, il prestito sociale, che per sua natura dovrebbe finanziare l'attività, commerciale, viene investito dalle grandi cooperative del consumo (le cosiddette Coop) in buona misura in titoli finanziari. Viene, inoltre, depositato, in libretti sui quali il socio Coop può addebitare il conto della spesa oppure dai quali può prelevare giornalmente denaro, come si trattasse di un normale conto corrente bancario. In alcuni punti vendita, come documentato dal servizio di «Report», persino tramite un servizio bancomat;
   pare quindi del tutto evidente agli interroganti che alcune cooperative svolgono servizi assimilabili a quelli prestati da veri e propri sportelli bancari, pur non essendo sottoposte alla stessa vigilanza delle banche e senza offrire le garanzie previste per i depositi bancari fino ai 100.000 euro, per generare profitti da operazioni finanziarie dei cui rischi i soci prestatori sono presumibilmente poco consapevoli;
   persino la Banca d'Italia, con il documento di consultazione «Disposizioni di vigilanza – Raccolta del risparmio dei soggetti diversi dalle banche» del novembre 2015, nell'intento dichiarato «di rafforzare i presidi normativi, patrimoniali e di trasparenza a tutela dei risparmiatori che prestano fondi a soggetti diversi dalle banche», anche in considerazione delle problematiche emerse in occasione di alcuni episodi di crisi d'impresa, ha specificato che «la raccolta dei soggetti non bancari non solo non deve essere a vista ma neppure può essere pubblicizzata come tale o con altre espressioni contrastanti con il chiaro disposto dell'articolo 11 TUB»;
   l'ordinamento attribuisce alla Banca d'Italia esclusivamente compiti regolamentari e non anche poteri di verifica del rispetto delle norme in materia di raccolta dei soggetti diversi dalle banche. Qualora, nell'esercizio dell'attività di vigilanza bancaria e finanziaria oppure a seguito di esposti, la Banca d'Italia venga a conoscenza di possibili violazioni normative, che possano integrare fattispecie di reato (in particolare, l'abusiva attività di raccolta del risparmio), la stessa ne dà comunicazione all'autorità giudiziaria competente;
   la mancata autorizzazione alla raccolta ed alla gestione del risparmio non sottopone le cooperative ad attività di vigilanza da parte della Banca d'Italia, né richiede maggiori obblighi di trasparenza in termini di informativa contabile;
   eppure come rivela Fabio Pavesi su Il Sole 24 Ore del 14 agosto 2016 «L'incidente di Coop Centro Italia non è né un caso isolato, né un'eccezione. Rappresenta la regola per il sistema delle cooperative italiane, che fanno della finanza un business parallelo a quello tipico del loro mandato naturale, quello delle catene di supermercati... Del resto è l'intero sistema delle Cooperative di consumo italiano ad aver scelto la strada della finanza, spesse volte arrischiata o meglio indotta da intrecci politico-corporativi come proprio modus vivendi. Più che supermercati grandi holding finanziarie... Negli ultimi 5 anni, come ancora documenta R&S Mediobanca, l'intero sistema delle Coop ha realizzato proventi dalla finanza per oltre un miliardo, ma ha subito svalutazioni (perdite) sempre dalla finanza per ben 814 milioni. Il saldo positivo è quindi alla fine ben poca cosa. Bastava investire in un fondo bilanciato, anziché in banche politicamente contigue, per avere ritorni ben più elevati e con meno rischio»;
   la Costituzione, all'articolo 45, riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata assicurando con legge gli opportuni controlli, il carattere e le finalità e, all'articolo 47, incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme disciplinando e controllando l'esercizio del credito –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   se non ritengano opportuno assumere un'iniziativa normativa, per quanto di propria competenza, diretta a disciplinare con maggiore chiarezza i casi nei quali le attività descritte possano essere consentite, nonché aggravando, a tutela dei risparmiatori, le sanzioni in caso di violazione della medesima normativa;
   quali iniziative urgenti di competenza intendano intraprendere, anche di tipo ispettivo, nei confronti della Coop Centro Italia e delle altre cooperative, a tutela dei risparmiatori, del risparmio e del credito, per vigilare che non sia svolta dalle cooperative con ampia base sociale attività non conforme alle norme tramite i servizi offerti e connessi alla raccolta dei prestiti dai soci. (5-09467)


   PLANGGER. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 dicembre 2008, il Ministero dello sviluppo economico ha approvato il piano di sviluppo della rete di trasmissione elettrica nazionale 2008, per la prima volta assoggettato a valutazione ambientale strategica ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2009 e il 19 dicembre 2008 è stato siglato l'accordo per la cessione a Terna della rete di energia elettrica in alta tensione di ENEL distribuzione;
   presso il comune di Marlengo è attiva la centrale idroelettrica Hydros che ha una producibilità media annua di oltre 25 milioni di kWh, che fa della centrale di Marlengo una delle più grandi della provincia autonoma di Bolzano;
   la suddetta centrale idroelettrica rientra nel piano 2008 per l'elettrodotto 132 kV «Prati di Vizze (BZ) — Steinach (AT)» al fine di aumentare la capacità di scambio di energia elettrica tra Italia ed Austria con un collegamento a 132 kV con la regione austriaca del Tirolo attraverso il valico del Brennero, collegamento che, sul lato italiano, sarà realizzato mediante sfruttamento del tracciato dell'elettrodotto «Prati di Vizze – Brennero», attualmente esercito in media tensione;
   a fronte anche dell'entrata in servizio della nuova centrale idroelettrica ENERPASS di Moso in Passiria, e l’import sulla futura linea «Prati di Vizze — Steinach» — sarà potenziata la magliatura della rete a valle del nodo di Prati di Vizze mediante la realizzazione di due brevi raccordi in entrata-uscita della linea 132 kV «Castelbello — Bolzano» all'impianto Edison di Marlengo;
   le due linee di alta tensione attraverseranno il centro abitato di Marlengo causando ingenti problemi urbanistici e paesaggistici, tali che il comune ha chiesto l'interramento delle linee, proposta che l'Arpa provinciale ha condiviso;
   la società Terna ha prospettato un'unica possibilità per interrare le due linee, ed è quella che il comune di Marlengo sostenga i costi per farlo;
   in base all'articolo 34 della legge provinciale 23 dicembre 2015, n. 18, il comune potrebbe sostenere questo costo aprendo un mutuo da restituire con i fondi per il miglioramento ambientale che, a partire da novembre 2016, riceverà con il rinnovo del contratto trentennale per il sito della centrale idroelettrica Hydros, ma gli uffici provinciali competenti ravvisano la possibilità per il comune di incorrere in una condanna per danno erariale da parte della Corte dei Conti in quanto si tratta di finanziare lavori per beni che appartengono a terzi –:
   se sussista il rischio che un tale investimento da parte del comune di Marlengo, seppure su beni di proprietà di terzi, anche se Terna è un soggetto quasi interamente pubblico, possa determinare un danno erariale al comune, nonostante l'Arpa provinciale abbia già attestato che i vantaggi dell'investimento siano superiori agli svantaggi, e quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di addivenire a una positiva soluzione della questione. (5-09472)


   SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI e CARINELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 366/16/CONS, l'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni (AgCom) ha diffidato Poste italiane spa ad attuare correttamente le previsioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, che riserva a Poste italiane la notifica degli atti giudiziari;
   come si legge nella citata delibera, a seguito di numerose segnalazioni pervenute da parte di utenti e singoli professionisti e in ragione della diffusione sul territorio nazionale di continui disservizi e casi specifici di «drammatica inefficienza», l'Autorità ha ritenuto sussistenti i presupposti per diffidare la società Poste a dare corretta e uniforme applicazione alle vigenti disposizioni in materia di notificazioni di atti a mezzo posta connesse con la notificazione di atti giudiziari;
   l'AgCom ha inoltre diffidato Poste italiane «a sottoporre alle valutazioni dell'Autorità, entro 60 giorni dalla notifica della delibera stessa, un piano con la puntuale indicazione di idonee misure organizzative volte a garantire la piena affidabilità ed il corretto svolgimento del servizio e ad evitare il ripetersi di situazioni di grave disservizio»;
   non è la prima volta che il Garante per le comunicazioni mette in luce le carenze del servizio offerto da Poste italiane, attraverso periodiche attività di verifica del «processo produttivo» aziendale nei principali Centri primari di distribuzione (CDP), ispezioni dalle quali sono emerse «evidenti problematiche rilevanti nella gestione del servizio»;
   la questione relativa alla notificazione degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale, e, più nello specifico, con riguardo alla riserva legale a favore di Poste italiane, era stata già oggetto dell'interrogazione n. 5-09219 del 20 luglio 2016, a prima firma dell'interrogante, cui non è stata data risposta dal Ministro –:
   se il Ministro interrogato possa riferire maggiori informazioni, sia riguardo al contenuto sia alla tempistica di emanazione, in merito all'annunciato piano nazionale che Poste italiane avrebbe predisposto per migliorare il servizio di corrispondenza e «irrobustire le procedure esistenti»;
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno predisporre tutte le iniziative di competenza, ritenute necessarie, per arginare i disservizi del servizio postale messi in evidenza nella ultima delibera predisposta dall'Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, assicurando, in modo uniforme sul territorio nazionale, livelli di qualità adeguati alla rilevanza del servizio reso da Poste italiane spa e agli interessi pubblici ad esso sottesi. (5-09481)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Selcom si occupa di sistemi elettronici di grande specializzazione, producendo schede elettroniche e sistemi di automazione industriale per aziende come Gd, Tetrapack, Bosch e Toyota;
   il gruppo conta 770 dipendenti in varie sedi in tutta Italia: quasi la metà dei lavoratori, 360, è impiegata nella sede di Castel Maggiore (Bologna), 110 a Palermo, 290 a Belluno e 10 a Milano;
   è inoltre presente con proprie succursali in Cina, Tunisia, USA;
   il fatturato ha avuto un trend in crescita negli anni, superando i 200 milioni di euro;
   nei giorni scorsi i sindacati, dopo un incontro tenutosi con l'azienda al Ministero dello sviluppo economico, hanno comunicato il rischio di chiusura dell'azienda bolognese a causa di seri e stringenti problemi finanziari;
   la situazione della Selcom appare drammatica e la vertenza si presenta complessa, a causa delle pendenze finanziarie del gruppo nei confronti di banche, fornitori e pubblico, che potrebbero far precipitare la situazione in poche settimane;
   secondo fonti sindacali, cominciano peraltro già a scarseggiare alcune componenti indispensabili per le lavorazioni ed è già stata annunciata l'impossibilità di pagare per intero lo stipendio di settembre;
   è quindi evidente che quella che nasce come fortissima crisi finanziaria rischia di tramutarsi rapidamente in crisi della capacità produttiva, divenendo così irrecuperabile;
   va sottolineato che la situazione debitoria non deriva da una crisi di fatturato, che continua ad essere significativo, né da mancanza di redditività, ma, ad avviso dell'interrogante da una gestione non oculata dell'azienda, che ha portato al mancato rispetto degli accordi con il sistema bancario;
   deve essere anche ricordato che sono in corso tentativi di cessione almeno di un ramo d'azienda, per poter migliorare la posizione finanziaria;
   serve tuttavia tempo, per poter impostare un piano industriale credibile, che consenta la stabilizzazione finanziaria e la continuità produttiva, anche con l'accordo dei debitori;
   appare del tutto chiaro che questo tempo non può essere garantito dal mercato e che si rende necessario un intervento pubblico a garanzia dei debitori, dei lavoratori, della salvaguardia di una storia industriale significativa –:
   se il Governo intenda intervenire, anche tramite Cassa depositi e prestiti (Cdp), per stabilizzare la posizione finanziaria della società, ai fini di consentire la predisposizione di un piano industriale che ne permetta la continuità produttiva. (4-14163)

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Scotto e altri n. 2-01462, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ricciatti, Giancarlo Giordano, D'Attorre, Franco Bordo, Placido, Pellegrino.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Chimienti e altri n. 5-09438, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gagnarli.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Rostan n. 2-01455 del 5 agosto 2016;
   interpellanza urgente Patrizia Maestri n. 2-01459 del 12 settembre 2016;

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione risposta scritta Marcon e Duranti n. 4-09333 del 3 giugno 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09470;
   interrogazione a risposta scritta Marcon n. 4-11659 del 14 gennaio 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09469;

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Scotto e altri n. 2-01462 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 671 del 13 settembre 2016. Alla pagina 40866, seconda colonna, alla riga quinta, sostituire il nome «Guido» con «Diego».

  Interpellanza urgente Terzoni e altri n. 2-01461 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 671 del 13 settembre 2016:
   alla pagina 40864, seconda colonna, alla riga trentacinquesima deve leggersi: «il piano di emergenza svolge una», e non come stampato;
   alla pagina 40865, prima colonna, alla riga quarta deve leggersi: «il piano di emergenza comunale stabilisce le», e non come stampato;
   alla pagina 40865, prima colonna, alla riga ventunesima deve leggersi: «fondo perduto a favore dei privati al fine», e non come stampato;
   alla pagina 40865, prima colonna, alla riga quarantottesima deve leggersi: «la verifica sia degli edifici di interesse», e non come stampato;
   alla pagina 40866, prima colonna, alla riga sedicesima sostituire la parola «Processo» con la parola «Progresso».