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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 29 luglio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La II Commissione,
   premesso che:
    il Ministro della giustizia ha firmato in data 16 settembre 2015 con il suo omologo emiratino Sultan bin Saeed Al Badi un trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Emirati Arabi Uniti, ed un accordo di cooperazione giudiziaria in materia penale fra i due Paesi;
    come spiega un comunicato del Ministero, rilasciato nella medesima data, le due intese, puntano a migliorare e intensificare la collaborazione fra Italia ed Emirati Arabi Uniti in materia di giustizia, alla luce, da un lato, della crescita dei rapporti economici, finanziari e commerciali e dell'aumento esponenziale del numero di connazionali residenti negli Emirati Arabi Uniti e, dall'altro, dell'aumento delle richieste di estradizione e di assistenza giudiziaria formulate da parte italiana. In particolare, con il trattato di estradizione, i due Paesi si impegnano reciprocamente a consegnare persone ricercate che si trovano sul proprio territorio, per dare corso ad un procedimento penale o consentire l'esecuzione di una condanna definitiva;
    l'accordo di mutua assistenza giudiziaria impegna invece Italia ed Emirati Arabi Uniti a collaborare in materia di ricerca e identificazione di persone, notificazione di atti e documenti, citazione di soggetti coinvolti a vario titolo in procedimenti penali, acquisizione e trasmissione di atti, documenti ed elementi di prova, informazioni relative a conti presso istituti bancari e finanziari, assunzione di testimonianze o di dichiarazioni (ivi inclusi gli interrogatori di indagati ed imputati), espletamento e trasmissione di perizie, esecuzione di attività di indagine, effettuazione di perquisizioni e sequestri, nonché sequestro, pignoramento e confisca dei proventi del reato e delle cose pertinenti al reato. L'accordo prevede inoltre che l'assistenza possa essere accordata anche in relazione a reati tributari e fiscali;
    il Ministro Orlando ha sin da subito espresso l'auspicio che i due accordi possano avere immediata operatività anche prima della loro entrata in vigore, prevista a seguito di ratifica parlamentare per l'Italia e del Consiglio supremo federale per gli Emirati Arabi;
    gli Emirati Arabi sono tra i principali partner commerciali dell'Italia, ma la mancata vigenza di un trattato di cooperazione giudiziaria ha attratto in quel Paese anche latitanti come l'ex parlamentare Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a tre anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa nella fattispecie di ’ndrangheta e delinquenti dediti al riciclaggio internazionale come messo recentemente in evidenza dalle inchieste napoletane contro la camorra;
    il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti, il 3 marzo 2016, presentando in Commissione antimafia la nuova relazione annuale della direzione nazionale antimafia, ha messo in evidenza quanto sia sempre più decisiva la cooperazione giudiziaria internazionale nel contrasto alla criminalità organizzata;
    il Consiglio dei ministri ha invece rinviato la decisione in merito all'approvazione del disegno di legge di ratifica del trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra Italia e Emirati Arabi, che consentirebbe il rientro dei latitanti italiani che si trovano in quel Paese. Decisione iscritta all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri del 3 marzo 2016, poi slittata, per approfondimenti;
    Amedeo Matacena al momento, quindi, non corre rischio di essere estradato in Italia nonostante secondo la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, avrebbe rivestito un ruolo fondamentale di un complesso sistema criminale, imprenditoriale ed economico riferibile alla ’ndrangheta. Proprio per la sua fuga all'estero, secondo la ricostruzione della procura distrettuale antimafia di Reggio, si ritrovano a processo, accusati di averne favorito la latitanza, la moglie Chiara Rizzo, l'ex Ministro dell'interno Claudio Scajola e i segretari dei coniugi Matacena-Rizzo, Martino Politi e Maria Grazia Fiordalisi. Tutti e quattro sul banco degli imputati davanti al tribunale collegiale di Reggio. Gli inquirenti sta o sostenendo che l'ex deputato di Forza Italia ha progettato e pianificato la sua fuga dall'Italia anticipando la sentenza della Corte di Cassazione: lasciando quindi Reggio, la Calabria e la residenza di Montecarlo per trovare riparo inizialmente alle Seychelles da qui a Beirut in Libano ed infine a Dubai negli Emirati Arabi Uniti;
    proprio a Dubai, il 28 agosto 2013, Matacena è stato fermato, arrestato per un breve periodo, per poi esser rilasciato e dove, ancora oggi, vive libero di muoversi ma senza possibilità di lasciare gli Emirati Arabi;
    la cooperazione giudiziaria è uno strumento necessario per azzerare le sacche di impunità, soprattutto dei colletti bianchi, cioè di quel modo di fare mafia che ha a che fare con la corruzione, il riciclaggio e il traffico internazionale di valori;
    a quasi un anno dalla firma dell'accordo internazionale il Parlamento non ha ancora neanche potuto calendarizzarne la ratifica;
    alla luce di quanto premesso, non risulta chiaro quali siano le effettive ragioni per le quali il Governo non abbia ritenuto una priorità assumere iniziative per ottenere una rapida estradizione del cittadino italiano Amedeo Matacena dagli Emirati Arabi Uniti richiesta dalla magistratura italiana, anche perché è di tutta evidenza che la necessità di adoperarsi in ogni modo per porre fine ad una simile latitanza rappresenterebbe, da parte della politica, una concreta testimonianza di attivo e partecipe sostegno al lavoro svolto dalla magistratura e dalle forze dell'ordine per il contrasto ai sodalizi mafiosi,

impegna il Governo:

   a calendarizzare ed approvare, nel prossimo Consiglio dei ministri, il disegno di legge per l'autorizzazione alla ratifica del trattato di estradizione e di mutua assistenza giudiziaria tra l'Italia e gli Emirati arabi uniti, sottoscritto dalle parti il 16 settembre 2015;
   ad adoperarsi, di conseguenza e per quanto di propria competenza, a favorire un rapido iter del disegno di legge per l'autorizzazione alla ratifica dei citati accordi;
   nelle more della ratifica del trattato, coerentemente all'auspicio espresso dal Ministro Orlando di poter dare immediata operatività ai citati trattati sottoscritti, ad agire per vie diplomatiche al fine di ottenere l'estradizione del Matacena.
(7-01070) «Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Colletti, Sarti, Parentela, Manlio Di Stefano, Sibilia, Grande, Di Battista, Scagliusi, Spadoni, Del Grosso».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    dal 18 febbraio 2016 sono in vigore per gli Stati membri dell'Unione europea le disposizioni di cui al regolamento (UE) n. 83, approvato in Commissione il 29 gennaio 2014, recante la disciplina dei tempi di volo, di servizio e di riposo degli equipaggi (di seguito denominato «Parte ORO-FTL»), con l'eccezione delle attività effettuate da velivoli «aerotaxi» (voli non di linea a domanda con velivoli aventi configurazione posti passeggeri non superiore a 19), velivoli impiegati in attività di emergenza sanitaria (EMS), velivoli impiegati in attività CAT con un solo pilota ed attività effettuata con elicotteri;
    il citato regolamento prevede i requisiti che devono essere soddisfatti da un operatore e i suoi membri d'equipaggio in merito ai limiti dei tempi di volo e di servizio e requisiti relativi ai tempi di riposo per i membri d'equipaggio, definendo tempi di riferimento, alloggi, tipi di servizi, periodi e relativi riposi, nel minimo e nel massimo, oltre che le responsabilità dell'operatore e dei membri d'equipaggio;
    con specifico riferimento ai tempi di volo ed ai periodi di servizio, la nuova disciplina prevede regimi assai elevati: si pensi, a titolo esemplificativo, che il periodo di servizio di volo massimo giornaliero, per i membri d'equipaggio acclimatati, è previsto per 2 tratte fino a 12 ore e 45 minuti, per 4 tratte fino a 11 ore e 45 minuti, per 7 tratte fino a 10 ore e 30 minuti. In termini generali, i periodi di servizio totali ai quali un membro d'equipaggio può essere assegnato non devono superare: 1) 60 ore di servizio in un periodo di 7 giorni consecutivi; 2) 110 ore di servizio in un periodo di 14 giorni consecutivi; e 3) 190 ore di servizio in un periodo di 28 giorni consecutivi, ripartite il più omogeneamente possibile in tale periodo. Il tempo di volo totale delle tratte che un membro d'equipaggio assegnato come membro d'equipaggio operativo non deve superare sono: 1) 100 ore di volo in un periodo di 28 giorni consecutivi; 2) 900 ore di volo per anno di calendario; 3) 1.000 ore di volo in un periodo di 12 mesi di calendario consecutivi. Il servizio post-volo è calcolato come periodo di servizio;
    sussistono tuttavia ulteriori ipotesi di aggravio dei tempi di volo e di servizio con la previsione della riduzione dei periodi di riposo minimi e di circostanze impreviste durante le operazioni di volo che possono modificare i limiti sul servizio di volo, il servizio e i periodi di riposo a discrezione del comandante. A questo riguardo al titolo 2, ORO.FTL.205 periodo di servizio di volo (PSV), lettera f), in merito alle «Circostanze impreviste durante le operazioni di volo – Discrezionalità del comandante», si prevede un aumento delle ore massime di volo, senza cambiare equipaggio, di due ore: per cui, a titolo esemplificativo, nel caso di check in dalle 6 alle 13,29, con tempo di volo massimo di 13 ore, l'equipaggio terminerebbe indicativamente per le ore 19, senza considerare le eventuali ulteriori 2 ore allungando il servizio fino alle ore 21;
    il peggioramento del previsto regime è evidente se si pensi al caso in cui, nella fascia di orario dalle 5,45 alle 5,59 del mattino, si effettui un massimo di 12 ore e 45 minuti per due settori, eventualmente da allungarsi considerando le due ore a discrezione del comandante. Ne deriva, a titolo esemplificativo, che un pilota di una determinata compagnia aerea che abbia effettuato un check in alle 5,50 presso l'aeroporto di Fiumicino per andare a Boa Vista, con expected flight time di 6 ore di volo, opera in 2 settori con servizio massimo fino alle 18,35. Potrebbe prospettarsi il caso che a Boa Vista si presenti un qualsiasi problema per cui comandante a sua discrezione, magari per esigenze familiari, decida comunque di tornare il prima possibile a Fiumicino, allungando i tempi e il servizio fino a due ore. Pertanto, l'intero equipaggio di un volo, in applicazione della normativa modificata, potrà effettuare un atterraggio alle 20,30, essendo in servizio dalle 5,45 e, presumibilmente, sveglio almeno dalle 4,30;
    l'Agenzia europea per la sicurezza aerea è chiamata, ai sensi dell'articolo terzo paragrafo del regolamento n. 83 del 2014 che introduce l'articolo 9-bis al regolamento n. 965 del 2012, ad effettuare un esame continuo dell'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti dei tempi di volo e di servizio e i requisiti relativi ai tempi di riposo previsti dalla normativa europea richiamata;
    tale esame in funzione di controllo presuppone il coordinamento e l'assistenza degli Stati membri e, quindi, dei soggetti competenti in materia, fra cui evidentemente l'ENAC a garanzia della sicurezza dell'aviazione civile;
    sulla questione incidono altresì le norme a tutela dei lavoratori derivanti dall’«Accordo europeo sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo dell'aviazione civile» (di cui al decreto legislativo n. 185 del 2005 attuativo della direttiva 2000/79/CE),

impegna il Governo:

   a salvaguardare la sicurezza dei voli, evitando che l'applicazione del regolamento (UE) 83/2014 – che, secondo il firmatario del presente atto, prevede un regime deteriore per le ragioni illustrate in premessa in ordine ai tempi di volo e di servizio – causi un aumento dei rischi, assicurando un adeguato livello di tutela del lavoro nel rispetto della normativa vigente, con specifico riferimento al personale di volo dell'aviazione civile;
   ad illustrare specificamente le misure previste, anche dai competenti soggetti come l'ENAC, per consentire l'esame continuo dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea sull'efficacia delle disposizioni concernenti i limiti di volo e a redigere la relativa relazione, al fine di garantire la sicurezza dei voli.
(7-01071) «De Lorenzis».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta orale:


   DALL'OSSO, CHIMIENTI, LOMBARDI, TRIPIEDI e COMINARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia, l'Europa ed il mondo intero sono da quasi un decennio attanagliati da una crisi economica forse pari a quella vissuta nel 1929;
   imprenditori, lavoratori autonomi e dipendenti si trovano oramai in molti casi situazioni a dir poco invivibili ed al limite della sopravvivenza oltreché della decenza;
   misure di sostegno sono state poste in essere in Italia dai Governi che si sono via via succeduti;
   nessuno degli Esecutivi è stato in grado di risolvere il problema, ovvero i problemi, in relazione ai quali si è visto un aumento esponenziale di richieste ai servizi sociali comunali, all'Agenzia delle entrate e a Equitalia per la dilazione o la sospensione del pagamento delle tasse oltreché alle regioni per la sospensione o il rinvio del pagamento dell'Irap;
   come se non bastasse ci sono state e continuano ad esserci vittime causate dalla crisi e dalle situazioni contingenti, circa 4 mila vittime l'anno, con un andamento che negli anni della crisi ha visto un +12 per cento fra le persone in età lavorativa;
   come enunciato da Maurizio Pompili, direttore del Centro di prevenzione del suicidio dell'ospedale Sant'Andrea di Roma, in questi anni l'interesse degli operatori è cresciuto, contattano ormai da tutta Italia il Centro per la prevenzione del suicidio, ma le istituzioni non hanno preso a cuore la questione;
   al Centro del Sant'Andrea si rivolgono 1.100-1.200 persone ogni anno per consulenze, richieste di aiuto, anche attraverso la help line e progetti –:
   quali iniziative il Governo abbia adottato per prevenire tali casi di difficoltà e sollevare i soggetti coinvolti e le famiglie da situazioni di estremo disagio;
   quali iniziative e di sostegno, per quanto di competenza, il Governo abbia assunto od intenda assumere al fine di aiutare i soggetti coinvolti;
   se il Governo abbia intenzione di istituire una commissione ministeriale sulle morti avvenute a causa della crisi. (3-02433)


   TERZONI, GALLINELLA, CIPRINI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 2 dicembre 2016 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per l'omessa esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) relativa al mancato rispetto delle direttive 75/442/CEE, 91/689/CEE e 1999/31/CE in materia di gestione rifiuti e discariche;
   già nel 2007 l'Italia era stata riconosciuta colpevole dalla Corte per centinaia di discariche illegali e omessi controlli nella gestione dei rifiuti;
   sono 196 discariche le discariche che l'Europa ha giudicato abusive o comunque non a norma (in origine erano 422 quelle poste sotto la lente d'ingrandimento degli organi comunitari);
   tra queste figura quella di Vigna Vecchia nel comune di Gualdo Tadino in provincia di Perugia;
   la discarica che occupa nove mila metri quadrati di superficie, risulta essere attiva dal 1992. Nel 1997 nella cava fu trovato il materiale di risulta dell'incendio avvenuto nello stabilimento Merloni di Gaifana. La ditta che si occupò dello smaltimento del materiale dopo i controlli risultò fallita dal 1995;
   secondo le segnalazioni fatte all'epoca dal Corpo forestale dello Stato, tre metri sotto terra fu ritrovato materiale di risulta proveniente da demolizioni edili e industriali (travi in cemento armato, lastre di catrame e così via); tra i sette e i nove metri di profondità spuntò invece uno strato di colore scuro composto da «rifiuti bruciati di varia natura come compressori, carcasse, griglie, rifiuti plastici e bituminosi». Rifiuti che arrivarono a contatto con le acque sotterranee;
   a questo sito, sempre nel territorio del comune di Gualdo Tadino, negli anni se ne sono poi aggiunti altri due: Palombara e Pian delle Quaglie;
   le analisi e i rilievi che sono continuati nel tempo hanno consentito di rilevare nelle tre cave trasformate in altrettante discariche, la presenza di materiali semilavorati e lavorati provenienti dalla ex Merloni, residui contenenti amianto, idrocarburi e terre e rocce da scavo accumulati in maniera illecita e che, stando ad alcune indiscrezioni raccolte da fonti stampa, sembrerebbero poter provenire dai vicini cantieri della Quadrilatero;
   con ordinanza n. 3 del 26 gennaio 2016, notificata al legale rappresentante della ditta Co.Ge.Cav. s.r.l., iscritta dalla provincia di Perugia nel registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero dei rifiuti non pericolosi al n. 354/08 relativamente all'impianto di recupero sito in località Pian delle Quaglie del comune di Gualdo Tadino, alla legale rappresentante della ditta S.I.M.A. Fossato s.r.l. in qualità di produttore e trasportatore del rifiuto e alla legale rappresentante della ditta Cava Mancini di Socci Romana & C. s.a.s., in qualità di proprietaria (Responsabile in solido) dell'area ove è avvenuto il deposito di rifiuti, il comune di Gualdo Tadino ha ordinato la rimozione, entro 60 giorni dalla notifica dell'atto, di tutti i rifiuti costituiti anche da terre e rocce da scavo depositate in località Pian delle Quaglie e per le quali è stato evidenziato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione previste per l'uso a verde pubblico, privato e residenziale per il parametro idrocarburi pesanti C>g12 con obbligo di comunicare l'inizio dei lavori, che sarebbero dovuti iniziare entro 30 giorni dalla notifica, e il termine degli stessi ad ARPA e Comune di Gualdo Tadino;
   l'ordinanza chiedeva anche, entro 60 giorni dal termine delle operazioni di rimozione dei rifiuti, l'esecuzione dell'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica estesa a tutta l'area oggetto di riambientamento e non sottoposta a sequestro;
   nell'ambito della risposta all'interrogazione a proposito degli interventi di bonifica della discarica abusiva in località Vignavecchia del comune di Gualdo Tadino, presentata in regione Umbria dai consiglieri del Movimento 5 Stelle Andrea Liberati e Maria Grazia Carbonari in data 23 ottobre 2015, l'assessore Fernanda Cecchini afferma che «La Regione Umbria con nota dell'Assessore all'Ambiente e alle Politiche per il Territorio prot. N. 11157 del 28/01/2015, ha richiesto al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell'articolo 1 comma 113 della L. n. 147/2013, la concessione di un contributo di euro 657.254» per l'esecuzione del progetto di MISP/Risanamento ambientale del sito redatto dal comune di Gualdo Tadino e approvato dalla regione Umbria con D.D. n. 1844 del 30 marzo 2015;
   il Ministero, si apprende sempre dalla risposta all'interrogazione di cui sopra, ha inserito il sito nel «Piano Straordinario Decreto Ministeriale n. 303/2014 sezione programmatica; proposta 1o stralcio FSC richiesto al DPS con nota del 03/06/2015», con priorità 4, per un importo pari ad euro 550.000;
   in attesa di poter acquisire tale finanziamento la regione Umbria si è attivata inserendo le risorse necessarie all'avvio della procedura di bonifica in ambito di assestamento di bilancio del 2015 per un ammontare di circa 657 mila euro a favore del comune di Gualdo Tadino;
   con nota prot. n. 32441 del 24 dicembre 2015 (acquisita al protocollo comunale il 24.12.7315 con il n. 31758) la Presidenza del Consiglio dei ministri ha diffidato il comune di Gualdo Tadino e la regione Umbria ad affidare e consegnare, entro 60 giorni dal ricevimento, i lavori per la messa in sicurezza permanente del sito in località Vignavecchia;
   con propria D.D. n. 153 del 15 febbraio 2016 il comune di Gualdo Tadino ha provveduto ad aggiudicare definitivamente i lavori di risanamento ambientale e di messa in sicurezza permanente del sito;
   in data 17 febbraio 2016 in un articolo apparso sul Corriere dell'Umbria l'assessore all'ambiente del comune di Gualdo dichiarava che «l'inizio dei lavori di messa in sicurezza è previsto per la seconda metà del mese di marzo e si sarebbero protratti per un periodo di 120 giorni, mentre in una seconda fase verranno attivati i sistemi di pompaggio che rimarrà attivo per circa un anno»;
   con nota prot. n. 8751 del 4 aprile 2016 è pervenuta comunicazione con la quale il Ministero dell'economia e delle finanze ha chiesto a regione Umbria e comune di Gualdo Tadino il reintegro delle sanzioni applicate, per il sito Vignavecchia, dall'Unione europea pari a euro 776.017,10;
   con nota n. 409873 del 23 maggio 2016 l'ufficio ambiente del comune di Gualdo Tadino ha comunicato all'Avvocatura civica:
    a) di essere favorevole, visti i tempi ristrettissimi per un ricorso al TAR, alla predisposizione di atti finalizzati ad avanzare ricorso presso il Presidente della Repubblica come già intrapreso dalla regione Umbria;
    b) di essere favorevole alla costituzione, in tutela dell'ente, presso le sedi giurisdizionali che l'Avvocatura avrebbe ritenuto più utili, avverso il ricorso che la regione Umbria ha presentato al Presidente della Repubblica contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e nei confronti del comune;
   con nota prot. n. 47484 del 26 maggio 2016 il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato la sospensione dei termini dell'azione di rivalsa comunicata con nota prot. n. 8751 del 4 aprile 2016;
   con nota n. 410596 del 30 maggio 2016 l'ufficio ambiente del comune di Gualdo Tadino ha trasmesso all'Avvocatura civica la nota prot. n. 47484 del 26 maggio 2016 del Ministero dell'economia e delle finanze e le iniziative intraprese dall'ANCI Nazionale;
   con nota n. 410605 del 30 maggio 2016 l'Avvocatura civica ha riscontrato le note sopra citate concordando sulla necessità di intraprendere azioni difensive in tutela dell'ente;
   come conseguenza il comune di Gualdo Tadino ha deliberato (delibera di giunta n. 141 del 10 giugno 2016) di «incaricare l'Avv. Luigina Matteucci, Responsabile dell'Avvocatura civica del Comune di Gualdo Tadino, a rappresentare e difendere l'Ente e proporre tutte le azioni giudiziali esperibili, coordinandole, se del caso, con le iniziative intraprese dall'ANCI Nazionale, avverso la diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri del 21.12.2015 ed avente per oggetto: "Diffida del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 2015, emanata ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge n. 131 del 2003, e dell'articolo 41 della legge 24 dicembre 2012, n. 231 – Discariche Abusive"» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se e di quali elementi disponga il Governo circa lo stato di attuazione degli interventi relativi alle tre discariche a cui si fa riferimento in premessa e quali siano i tempi previsti per la messa a norma secondo le prescrizioni della Corte di giustizia dell'Unione europea, al fine di evitare le pesanti sanzioni inflitte con periodicità semestrale;
   se non si ritenga di dover intervenire anche organizzando un tavolo di confronto al qual far partecipare tutte le parti in causa: regione Umbria, comune di Gualdo Tadino e ditte incaricate, al fine di consentire una rapida risoluzione dei contenziosi in corso e tracciare una road map in grado di garantire la messa in sicurezza e/o la bonifica delle aree citate in premessa a tutela della salute dei cittadini. (3-02434)


   BRUNETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   è noto che nella settimana corrente una folta delegazione istituzionale del nostro Paese sia in visita negli Stati Uniti per partecipare alla convention dei Democratici a Philadelphia, in cui sarà ufficializzata la nomination di Hillary Clinton come candidata alla Casa Bianca;
   alla convention risulta abbiano preso parte sia la Presidente della Camera dei deputati, onorevole Laura Boldrini sia la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, onorevole Maria Elena Boschi;
   è meno nota la dinamica degli inviti, e il sostegno del Governo alla suddetta missione, nonché, più in generale, il rapporto delle istituzioni italiane con le elezioni presidenziali americane, dato che la scorsa settimana a Cleveland, sede della convention dei Repubblicani che ha ufficializzato la candidatura di Donald Trump, la presenza dell'Italia era limitata al solo Armando Varricchio, ambasciatore del nostro Paese negli Stati Uniti –:
   sulla base di quali inviti, quali criteri e quali motivazioni sia stata composta la delegazione istituzionale presente all'interno della convention dei Democratici a Philadelphia, e se e come il Governo italiano abbia sostenuto tale missione, anche in riferimento ai costi. (3-02436)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARESI e DELL'ORCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei territori colpiti dai terremoti del maggio 2012 si stanno manifestando numerosi casi di piccole e medie imprese, in gran parte locali, subappaltatrici di lavori nell'opera della ricostruzione di edifici privati che non ricevono i dovuti pagamenti per le opere eseguite a seguito dell'apertura di procedure fallimentari o di concordato da parte delle imprese affidatarie dei lavori;
   l'ordinanza n. 86, del 6 dicembre 2012, del già presidente Errani in qualità di commissario delegato recante «Criteri e modalità di assegnazione di contributi per la riparazione, il ripristino con miglioramento sismico o la demolizione e ricostruzione di edifici e unità immobiliari ad uso abitativo che hanno subito danni gravi a seguito degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 e che sono stati dichiarati inagibili (ESITO E1, E2 o E3)», in particolare, all'articolo 8 «Erogazione del contributo», comma 1, lettera c), sub 9), prevede una «dichiarazione del legale rappresentante dell'impresa affidataria nella quale attesta di rispettare, nei confronti dei fornitori e delle imprese esecutrici, tempi di pagamento non superiori a 30 giorni dalla data di erogazione del contributo per ogni stato di avanzamento lavori e si impegna a pagare i fornitori e le imprese esecutrici entro 30 giorni dal riconoscimento del saldo del contributo»;
   ciò che in diversi casi non avviene, tanto meno successivamente al presentarsi di situazione concorsuale; Rete Imprese Modena ha già sollevato il problema, sollecitando un intervento che possa evitare un processo di fallimenti a catena, che impoverirebbe il tessuto imprenditoriale locale già duramente colpito dagli effetti del sisma;
   il decreto-legge n. 74 del 2012, convertito con modificazioni, dalla legge 1o agosto 2012, n. 122, che disciplina gli interventi di ricostruzione nulla dice in proposito;
   le linee guida del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere (C.C.A.S.G.O.) pubblicate in Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 262 del 9 novembre 2012, per quanto riguarda la ricostruzione affidata ai privati con l'impiego di fondi pubblici, precisa che: «i contratti stipulati tra i privati percettori dei contributi e le imprese, si collocano nell'ambito dell'autonomia privata, ai sensi del codice civile e delle leggi che li integrano, e pertanto, si tratta di contratti di diritto privato»;
   la problematica del mancato pagamento dei subappaltatori rientra quindi nell'ambito dei contratti di appalto di diritto privato in cui le parti contrattuali, possono, nell'ambito della autonomia contrattuale di cui all'articolo 1322 del codice civile, disciplinare i propri interessi patrimoniali, mediante i negozi giuridici previsti dal codice civile, nei limiti imposti dalla legge e dalle norme corporative, con buona pace dei tempi e dei risultati reali che certamente non sono corrispondenti ai bisogni espressi dai subappaltatori stessi;
   non trovano applicazione le norme contenute all'articolo 118, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di subappalto, considerato che il predetto decreto è applicabile ai contratti delle stazioni appaltanti, degli enti aggiudicatori e dei soggetti aggiudicatori, aventi per oggetto l'acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere attinenti al settore pubblico;
   in particolare l'articolo 118, comma 3, recita: «Nel bando di gara la stazione appaltante indica che provvederà a corrispondere direttamente al subappaltatore o al cottimista l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite o, in alternativa, che è fatto obbligo agli affidatari di trasmettere, entro venti giorni dalla data di ciascun pagamento effettuato nei loro confronti, copia delle fatture quietanzate relative ai pagamenti da essi affidatari corrisposti al subappaltatore o cottimista, con l'indicazione delle ritenute di garanzia effettuate. Qualora gli affidatari non trasmettano le fatture quietanzate del subappaltatore o del cottimista entro il predetto termine, la stazione appaltante sospende il successivo pagamento a favore degli affidatari. Nel caso di pagamento diretto, gli affidatari comunicano alla stazione appaltante la parte delle prestazioni eseguite dal subappaltatore o dal cottimista, con la specificazione del relativo importo e con proposta motivata di pagamento –:
   se, nelle more della definizione di una normativa specifica maggiormente stringente anche per questa tipologia di contratti di diritto privato che riconosca il diritto dei subappaltatori a veder riconosciuto il proprio lavoro nello svolgimento delle opere e servizi e nella pratica inefficacia delle disposizioni commissariali come riferito in premessa, per i territori in cui si sia decretato lo stato di emergenza, non si intendano assumere iniziative per estendere le previsioni del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in particolare l'articolo 118, comma 3. (5-09296)


   TRIPIEDI, PETRAROLI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, ZOLEZZI, DE ROSA, L'ABBATE, SCAGLIUSI, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, TERZONI, TONINELLI, MANTERO, BARONI, COZZOLINO, VALLASCAS, FRUSONE, MASSIMILIANO BERNINI, DA VILLA, LUIGI GALLO e DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 luglio 2016, sul sito di informazione online laringhiera.net, veniva pubblicata una notizia riguardante l'allarme lanciato dai mitilicoltori di Taranto che denunciavano, rispetto alla professione da loro svolta, di essere stati dimenticati dalle istituzioni;
   l'articolo faceva riferimento al fatto che a quattro anni dall'introduzione del divieto di allevamento di mitili nel primo seno del Mar Piccolo, il comparto della mitilicoltura di Taranto continua a vivere una situazione di incertezza totale in assenza delle necessarie politiche di rilancio del settore. Ciò è dovuto al fatto che le annunciate bonifiche delle acque registrano ritardi e inadempienze, talvolta clamorose, addebitabili, a seconda delle varie competenze, alla regione Puglia, al comune di Taranto e al commissario per le bonifiche;
   la serie di disagi sono stati comunicati dai presidenti delle organizzazioni di settore in una lettera inviata al presidente della regione Puglia, Michele Emiliano e per conoscenza al competente assessore all'agricoltura della regione, Leonardo Di Gioia;
   nel documento è stato riportato che dalla regione Puglia, i mitilicoltori stanno ancora attendendo la pubblicazione del bando relativo alla erogazione dei contributi per la calamità naturale risalente all'estate 2015 che provocò la moria di gran parte delle produzioni e del novellame. Deliberato dalla regione nel gennaio 2016, il contributo attende a tutt'oggi l'avvio dei procedimenti che ne consentano l'utilizzo;
   all'assessorato al lavoro della regione Puglia è stato inoltre chiesto, senza alcun riscontro positivo, di includere il settore della mitilicoltura tra i destinatari della cassa integrazione in deroga. Così come, non essendo stato possibile prevedere un G.A.C. (gruppo di azione costiera) per Taranto, non sono stati avviati percorsi alternativi di sostegno al settore nella fase di riorganizzazione della filiera produttiva e di impostazione di una adeguata strategia di marketing necessaria per recuperare il mercato perso;
   le associazioni di categoria del tarantino, ritengono necessario avviare una fase urgente di confronto al fine di verificare il migliore utilizzo di strumenti di sostegno e di riqualificazione del personale occupato, per sostenere il settore, per costruire una diversa prospettiva per il futuro e per le bonifiche del Mar Piccolo, zona di lavoro dei mitilicoltori tarantini;
   le organizzazioni di settore hanno inviato una lettera all'assessorato regionale e all'asl e per conoscenza al presidente della regione e al sindaco di Taranto, nella quale si chiedeva il perché del mancato spostamento delle produzioni in spazi appositamente attrezzati e il perché dei ritardi dell'emanazione del piano delle coste da parte dell'amministrazione comunale, strumento necessario per accedere ai bandi FEAMP (fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca);
   da più parti, sulle coste del nostro Paese, vi sono casi simili a quelli sopraindicati dove gli addetti al settore mitilicoltore denunciano la mancanza o l'insufficienza, anche nei casi in cui i previsti fondi FEAMP vengono ricevuti dai mitilicoltori, di adeguati finanziamenti da parte delle autorità preposte;
   per i fondi FEAMP, si cita la risposta ad un'interrogazione dell'eurodeputata Renata Briano, riportata in data 12 gennaio 2016 dall'agenzia ansa.it. La parlamentare europea, alla domanda posta di poter ottenere studi, misure preventive e strumenti sostenibili a sostegno delle zone italiane di produzione di mitili, ostriche e vongole, riceveva risposta dal commissario europeo per l'ambiente, gli affari marittimi e la pesca, Karmenu Vella, che considerava già disponibili i finanziamenti da parte dell'Unione europea per sostenere i soggetti interessati specificando che, per tale motivo, la Commissione non stava prendendo in considerazione ulteriori interventi a livello europei;
   a giudizio degli interroganti, nei confronti della mitilicoltura, tradizione millenaria in diversi siti d'Italia, e della salvaguardia dei posti di lavoro del settore, da parte delle istituzioni non viene posta la necessaria attenzione. Inoltre, in diversi casi come quello citato della zona di Taranto, non vengono valutate le reali potenzialità di sviluppo economico di luoghi di incomparabile bellezza e di grande ricchezza di cui si dispone –:
   se il Governo per quanto di competenza, non intenda assumere iniziative per prevedere lo stanziamento di fondi nazionali specifici per il settore della mitilicoltura, al fine di assicurare ai lavoratori della categoria il rilancio del settore;
   se, per quanto di competenza, i Ministri interrogati, non intendano assumere iniziative per verificare il migliore utilizzo degli strumenti di sostegno e di riqualificazione del personale occupato e, ove vi sia necessità, per effettuare le bonifiche dei mari dove sono siti gli allevamenti dei mitili;
   se non intendano assumere ogni iniziativa di competenza al fine di consentire la fruizione dei previsti fondi FEAMP. (5-09298)


   CENNI, TERROSI, SCUVERA, TENTORI e CARRA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Unione europea e Stati Uniti sono impegnati da oltre tre anni nel negoziato «Ttip», il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, un accordo commerciale che prevede una zona di libero scambio tra le due sponde dell'Atlantico;
   l'accordo potenzialmente dovrebbe interessare oltre 800 milioni di persone, 508 milioni di cittadini europei e 320 milioni di cittadini statunitensi. Gli Stati Uniti e l'Unione europea rappresentano da soli il 40 per cento del prodotto interno lordo mondiale e il 30 per cento degli scambi commerciali;
   le due parti sono l'Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea (che negozia a nome dei 28 stati membri) e gli Stati Uniti, e in particolare gli uffici e le direzioni inerenti il commercio internazionale. A conclusione della fase di negoziato, Paesi membri e il Parlamento europeo dovranno votare per adottare o respingere l'accordo commerciale raggiunto;
   in questi giorni è in corso a Bruxelles il 14esimo round di negoziati sull'accordo di libero scambio tra Ue e Usa. Secondo fonti comunitarie l'obiettivo è quello di «riuscire a chiudere prima della fine dell'amministrazione Obama, (come confermato dal segretario di stato Usa John Kerry: "Concludere un ambizioso accordo sul Ttip entro quest'anno resta un'alta priorità del presidente Obama") con un ritmo molto intenso di negoziati tenuto negli ultimi due mesi, così come si prevede essere nei prossimi tre. Il momento decisivo sembrerebbe dover essere il prossimo settembre 2016, quando è previsto un significativo numero di incontri a livello politico tra la commissaria Ue al commercio Cecilia Malmstroem e il rappresentante Usa Michael Froman, chiamati a sciogliere al massimo livello i nodi tuttora aperti»;
   sul tema come noto, esistono posizioni molto differenziate nell'opinione pubblica italiana, alcune tese a mettere in luce le grandi possibilità di export per le produzioni di qualità italiane, altre molto attente ai possibili rischi inerenti ad una attenuazione della protezione dei prodotti italiani, a partire da quelli a denominazione;
   l'Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall'Unione europea. Una dimostrazione della grande qualità delle nostre produzioni italiane, ma soprattutto del forte legame che lega le eccellenze agroalimentari italiane al proprio territorio di origine ed all'investimento che i produttori hanno compiuto su questa connessione;
   il sistema delle indicazioni geografiche dell'Unione europea favorisce il sistema produttivo e l'economia del territorio; tutela l'ambiente perché il legame indissolubile con il territorio di origine esige la salvaguardia degli ecosistemi e della biodiversità; sostiene la coesione sociale dell'intera comunità. Allo stesso tempo, grazie alla certificazione comunitaria si danno maggiori garanzie ai consumatori con un livello di tracciabilità e di sicurezza alimentare, anche in funzione all'azione di contrasto ai fenomeni di contraffazione, più elevato rispetto ad altri prodotti;
   secondo l'ultimo rapporto Ismea – Qualivita, il settore italiano agroalimentare di qualità (prodotti DOP ed igp) ha un valore di 13,4 miliardi di euro; l'impatto che potrebbe quindi rappresentare il Ttip per tale comparto e per l'economia nazionale è notevole considerando che attualmente gli Stati Uniti assorbono circa il 7 per cento di tutte le nostre esportazioni alimentari;
   il Ttip dovrebbe al tempo stesso prevedere una tutela adeguata per i prodotti certificati italiani ed europei. Vale la pena di ricordare che negli USA è pesante il fenomeno dell’Italian sounding. L’italian sounding si basa sulla capacità di proporre al consumatore prodotti che, indipendentemente dalla qualità e dal luogo di produzione, vengono associati a caratteristiche che richiamano l'Italia e l'italianità, con un nome simile a quello del prodotto «originario», una etichetta o un confezionamento che utilizzi colori o immagini che richiamano esplicitamente l'Italia;
   una recente ricerca promossa dal Consorzio parmigiano reggiano ha evidenziato che «utilizzando nomi o immagini che richiamano l'Italia, il 67 per cento dei consumatori americani viene tratto in inganno ritenendo che il prodotto sia realmente di origine italiana»;
   appare quindi evidente che con l'occasione offerta dai negoziati sui Ttip, potrebbe essere rafforzato ulteriormente il diritto ad una corretta informazione da parte dei consumatori, che potranno essere certi della provenienza di ciò che stanno acquistando;
   nelle scorse settimane sembrerebbe essere stato reso noto, dalla Commissione europea, l'elenco di 200 eccellenze dell'agroalimentare e 22 superalcolici da inserire nel Ttip: l'Italia detiene il maggior numero di prodotti segnalati a pari merito con la Francia (42), seguita da Spagna (25), Germania e Grecia (20), Portogallo (18), Gran Bretagna (7), Austria e Repubblica Ceca (6), Olanda (4), Polonia (3), Danimarca, Belgio e Irlanda (2) e poi Ungheria, Cipro, Romania e Svezia (1);
   le eccellenze italiane inserite sarebbero le seguenti: aceto balsamico di Modena igp; balsamico tradizionale di Modena DOP; arancia rossa di Sicilia igp; asiago DOP; bresaola della Valtellina igp; cappero di Pantelleria igp; cotechino di Modena igp; culatello di Zibello DOP; fontina DOP; Garda DOP olio evo; gorgonzola DOP; grana padano DOP; kiwi latina igp; lardo di colonnata igp; lenticchia di Castelluccio Norcia igp; mela alto Adige igp; montasio DOP; mortadella bologna igp; mozzarella di bufala campana DOP; parmigiano reggiano DOP; pecorino romano DOP; pecorino sardo DOP; pecorino toscano DOP; pesca e nettarina di romagna igp; pomodoro di pachino igp; prosciutto di Modena DOP; prosciutto di Parma DOP; prosciutto san Daniele DOP; prosciutto toscano DOP; provolone Valpadana DOP; quartirolo lombardo DOP; radicchio rosso di Treviso igp; ricciarelli di Siena igp; riso nano vialone veronese igp; speck alto Adige igp; taleggio; Terra di Bari DOP olio Evo; osceno IGP olio Evo; Valtellina Casera DOP; Veneto Valpolicella/Veneto Euganei e Berici/Veneto del Grappa olio Evo; Zampone Modena IGP. Per le bevande spiritose: Grappa IG;
   va rimarcato che sono attualmente 284 i prodotti (DOP, IGP, STG) inseriti nell'elenco delle denominazioni italiane, iscritte nel registro delle denominazioni di origine protette, delle indicazioni geografiche protette e delle specialità tradizionali garantite (regolamento (UE) n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012). Un elenco che è comunque in continuo aggiornamento per lo sforzo che i produttori, e i trasformatori stanno compiendo;
   risulterebbe invece essere stata accolto nel trattato con il Canada, il riconoscimento di tutte le produzioni a denominazione;
   in virtù della notizia sopra richiamata, sono subito emerse, e sono state notificate ai parlamentari dei vari territori, proteste da numerosi consorzi dei prodotti certificati italiani non presenti in tale lista, preoccupati di ricevere danni e penalizzazioni;
   non risulta infatti agli interroganti che siano stati resi noti, nel dettaglio, i criteri utilizzati per la selezione dei prodotti e quali soggetti siano stati coinvolti per redigere la lista –:
   se l'elenco sopra richiamato trovi conferma;
   in caso affermativo quali siano stati i criteri utilizzati per redigere la lista resa nota dalla Commissione europea con l'elenco di eccellenze dell'agroalimentare da inserire nel Ttip;
   se sia stata stimata la possibilità di conseguenze negative per le denominazioni non comprese;
   quale sia stato l’iter che ha portato alla definizione di tale lista e quali soggetti italiani e comunitari siano stati coinvolti;
   quali iniziative si intendano assumere affinché gli accordi per il Ttip tutelino comunque le produzioni italiane interessate dal mercato verso gli Usa, nonché i prodotti statunitensi in ingresso, e garantiscano le informazioni e gli strumenti utili al contrasto del rischio di contraffazioni, promuovendo adeguatamente anche quei prodotti di qualità attualmente esclusi dalla suddetta lista. (5-09316)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO e SEGONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto project financing è secondo agli interroganti uno degli strumenti che maggiormente aggravano le casse dello Stato in relazione alla realizzazione di opere pubbliche. In genere la politica – quando non ha responsabilità dirette – se ne accorge sempre dopo. Il caso della Pedemontana Veneta è dunque inedito. Il Governo si è reso conto in tempo che la nuova arteria da 95 chilometri che dovrebbe collegare le province di Vicenza e Treviso «senza oneri per lo Stato» potrebbe costare ai contribuenti 20 miliardi di euro. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti ha attivato nei giorni scorsi una girandola di frenetiche riunioni per salvare il salvabile e Palazzo Chigi è dovuto intervenire a seguito della mancata risposta dei ministri interrogati e del silenzio del governatore del Veneto, Luca Zaia;
   la storia della Pedemontana Veneta è paradossale. L'operazione parte nel 2003 con i consueti «ingredienti» dell'epoca: legge obiettivo e project financing. La prima garantisce — secondo l'ideatore dell'appalto, Ercole Incalza, — l'esecuzione delle opere con tempi e costi certi. Il secondo è apparentemente geniale: il costruttore finanzia e costruisce l'autostrada e se la ripaga con i proventi del traffico, senza spese per lo Stato;
   con la Pedemontana Veneta si batte ogni record: nel 2009 Silvio Berlusconi e Guido Bertolaso decisero che tra Treviso e Vicenza c'era una vera e propria emergenza traffico, tale da adottare un decreto che svincolasse la Pedemontana dalle già lasche procedure della legge obiettivo. Inoltre, fu istituito un commissario nella persona di Silvano Vernizzi — braccio destro dell'allora Governatore Giancarlo Galan per i cantieri — che diventò l’«autorità concedente» (ma normalmente l'autorità concedente è il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti o l'Anas, o almeno una regione). Il commissario Vernizzi firmò una serie di documenti con il consorzio Sis, vincitore della gara del 2003, formato dal costruttore piemontese Matterino Dogliani e dal gruppo spagnolo Sacyr. I governatori veneti — Galan prima, Luca Zaia poi — approvarono tutto. Forse senza rendersi conto di alcuni elementi: il costo dell'opera che, dagli 895 milioni di euro iniziali, ha raggiunto la cifra di 2,7 miliardi di euro e, l'elemento più rilevante, consistente nell'atto di Vernizzi di impegnare la regione Veneto a risarcire il concessionario se per caso il traffico, e quindi i pedaggi, risultassero inferiori alle previsioni. Naturalmente, come tradizione del project financing, le previsioni di traffico alla base dell'operazione sono altissime, per dimostrare la bontà dell'affare: 44 mila veicoli al giorno nel 2023;
   nei giorni scorsi, a Palazzo Chigi grande è stato l'imbarazzo del sottosegretario De Vincenti quando due dirigenti di Banca europea per gli investimenti (Bei) e della Cassa depositi e prestiti (Cdp) gli hanno detto che, secondo un loro studio, le previsioni di traffico messe nel piano sono tre volte superiori alla realtà. Ciò comporta per la regione Veneto l'obbligo di rimborsare il consorzio Sis con la somma di 365 milioni di euro ogni anno per la durata della concessione, 39 anni: 14 miliardi di euro che diventano 20 comprendendo gli interessi;
   l'apertura di un tavolo di consultazione così teso da parte dei sottosegretario De Vincenti è giustificabile probabilmente dalla richiesta di pagamento (riscossione) dell'inizio di luglio, da parte del commissario Vernizzi, il concedente, effettuata tramite una perentoria lettera al Presidente dei Consiglio Matteo Renzi. Il ragionamento del commissario Vernizzi è che il consorzio Sis ha iniziato i lavori in un modo curioso, anziché costruire la strada un po'alla volta ha sbancato tutto il percorso, scavando una profonda trincea di 95 chilometri lungo la campagna veneta, ma non ha più un sostegno economico per proseguire i lavori. Ha speso finora poco meno di 400 milioni di euro di contributo statale senza metterci un euro da parte sua. Il contributo pubblico in conto capitale era all'inizio di 150 milioni di euro per aumentare fino a 614 milioni di euro grazie a un miracoloso «atto aggiuntivo» firmato nel 2013 da Vernizzi e con l'assenso di Zaia. Ora il commissario chiede al Presidente del Consiglio Renzi gli ultimi 200 milioni di euro per evitare di chiudere i cantieri, dal momento che sembra che il concessionario dovesse provvedere con soldi privati e avesse titolo giuridico per pretendere di incassare tutto il contributo anche se non ha speso soldi personalmente;
   il privato per costruire l'opera deve finanziarsi sul mercato, in tal caso per circa 1,5 miliardi di euro, ma nessuna banca finora ha corso il rischio di prestare fondi al costruttore Matterino Dogliani. La garanzia sottostante è della regione Veneto che però, se dovesse fare fronte ai 366 milioni euro all'anno, andrebbe in default. In pratica per una banca comprare le obbligazioni Sis sarebbe come investire in titoli di Stato italiani nel novembre del 2011;
   nella vicenda narrata in premessa ha un ruolo anche l'ex Ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli, oggi capo dell’investment banking europeo di Jp Morgan. La banca americana ha pronto il piano per l'emissione delle obbligazioni con cedola dell'8 per cento, un lauto interesse che alla fine sarebbe pagato da Zaia. Grilli tiene molto all'affare che porterebbe nelle casse di Jp Morgan una cifra stimata tra i 40 e gli 80 milioni di euro per la prestazione di arranger. Siccome nessuna banca vuole comprare il Pedemontana Bond, Grilli sta facendo pressioni sulla Banca europea per gli investimenti e sulla Cassa depositi e prestiti perché si convincano a partecipare all'operazione: sarebbe un segnale forte per il mercato e garantirebbe successo dell'operazione;
   per questa ragione i tecnici di Banca europea per gli investimenti e della Cassa depositi e prestiti hanno messo a punto lo studio sulle previsioni di traffico che nei giorni scorsi hanno illustrato a De Vincenti. E le conclusioni sono infauste: solo un pazzo investirebbe su un'operazione così strampalata, ed essendo Banca europea per gli investimenti e Cassa depositi e prestiti banche pubbliche i loro manager non possono fare follie. A complicare il quadro c’è però un manifesto interesse del presidente di Cassa depositi e prestiti, Claudio Costamagna, per l'operazione. Da mesi Grilli sta esercitando pressioni su di lui in modo insistente facendo leva sull'ottimo rapporto tra i due banchieri, cementato dalla mossa realizzata da Grilli nello scorso gennaio: ha assunto in Jp Morgan la moglie di Costamagna, Alberica Brivio Sforza, assegnandole il ruolo di « senior private banker per la clientela Ultra High Net Worth»;
   il sottosegretario De Vincenti deve trovare una soluzione non semplice. Il complesso sistema di clausole firmate da Vernizzi rende quasi impossibile risolvere il «pasticcio» senza pagare sontuose penali al consorzio Sis. Purtroppo, il codice appalti, appena riformato su iniziativa del Governo, non contiene l'unica norma che avrebbe salvato il Paese da flagelli del genere: vietare per legge il project financing;
   la sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei Conti, il 30 dicembre 2015 ha presentato la delibera 18/2015/G, intitolata «La Superstrada a Pedaggio Pedemontana Veneta» in cui è evidenziato come: «Appare incerta la sostenibilità finanziaria dell'opera, viste le previsioni ottimistiche sui volumi di traffico ed il conseguente rischio che gli insufficienti flussi di cassa generati possano produrre ulteriori esborsi pubblici; alla perdita di strade a libera circolazione si potrebbe, pertanto, aggiungere un ulteriore onere collettivo, attraverso la socializzazione delle eventuali perdite»;
   il costo di realizzazione, nel corso degli anni, è cresciuto notevolmente. Nello studio di fattibilità del 2003 – seppur con riferimento ad una soluzione progettuale diversa, senza oneri capitalizzati e Iva – veniva valutato sotto il miliardo di euro; oggi ha superato, con gli oneri capitalizzati, i 3 miliardi di euro;
   modesta risulta agli interroganti, l'attività di controllo e di monitoraggio dell'opera, anche a causa della direzione dei lavori affidata, peraltro per disposizione legislativa, all'esecutore stesso. Ciò imporrebbe, pertanto, una rigorosa attività di vigilanza e di alta sorveglianza da parte del commissario delegato, mentre è mancata per gli interroganti, un'attività in tal senso da parte Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, come carente è stata l'attività di vigilanza sulla contabilità speciale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al riguardo.
(4-13956)


   ABRIGNANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   fino ad agosto 2009 il soggetto passivo del «bollo auto» era la società di leasing proprietaria del veicolo (articolo 5, comma 32, del decreto-legge n. 953 del 1982); con l'articolo 7, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99 è stato stabilito che per i veicoli concessi in locazione finanziaria il soggetto passivo è l'utilizzatore, salva la responsabilità solidale della società di leasing nell'ipotesi di versamento cumulativo delle tasse secondo le modalità previste dalle regioni o province autonome;
   nonostante la modifica normativa (cfr. relazione illustrativa all'articolo 7 della legge n. 99 del 2009), e gli orientamenti del dipartimento delle finanze (nota del 27 giugno 2012 prot. n. 13270), dell'Agenzia delle entrate (guida al bollo auto del 2010, guida al superbollo), nonché di gran parte della giurisprudenza, alcune regioni hanno continuato a chiedere alle società di leasing la tassa regionale relativa ai veicoli concessi in leasing, sull'assunto che la norma prevedesse un regime di responsabilità solidale in capo al proprietario del veicolo e all'utilizzatore; ne è scaturito un ingente contenzioso tuttora pendente presso le commissioni tributarie e in Corte di cassazione;
   in proposito è intervenuto con due specifiche disposizioni l'articolo 9, commi 9-bis, 9-ter e 9-quater del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125;
   da un lato, il comma 9-bis dell'articolo 9 ha fornito interpretazione autentica dell'articolo 5, comma 29, del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953, come modificato dall'articolo 7, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, in materia di locazione finanziaria, affermando il principio per cui, per i veicoli concessi in leasing, dal 15 agosto 2009, il soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica è esclusivamente l'utilizzatore, configurando invece la responsabilità solidale della società di leasing, solo nell'ipotesi in cui questa provveda ad eseguire il versamento cumulativo delle tasse dovute per la durata dei contratti di leasing stipulati;
   dall'altro, con il comma 9-ter dell'articolo 9, nell'intento di dissuadere il fenomeno delle immatricolazioni leasing nelle regioni o province con tariffe più basse della media nazionale e sulla falsa riga di quanto previsto nel resto d'Europa in tema di tassa automobilistica, è stata introdotta la regola in vigore per l'imposta, provinciale di trascrizione (articolo 9, comma 2, del decreto-legge n. 174 del 2012) che individua nella provincia nella quale il veicolo è presuntivamente destinato a circolare il beneficiario del gettito fiscale (la provincia dell'acquirente nelle semplici formalità di rima intestazione e di trasferimento di proprietà del veicolo, ma anche, per coerenza, la provincia dell'utilizzatore a titolo di locazione finanziaria inteso come conduttore dello stesso (cfr. nota del dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze prot. n. 23970 del 31 ottobre 2012). Tenuto conto del carattere innovativo, tale norma si applica ai veicoli con scadenza del termine utile per il pagamento successiva al 16 agosto 2015;
   a seguito del decreto-legge n. 78, le regioni avevano quindi in prevalenza rinunciato ai contenziosi pendenti, tranne alcune (in particolare, Lombardia e Lazio) che avevano proseguito nelle controversie mettendo in dubbio a vario titolo la legittimità della norma interpretativa;
   intervenendo sull'articolo 9 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, il comma 6 dell'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 ha disposto:
    l'abrogazione del comma 9-bis contenente la norma di interpretazione autentica volta ad individuare, in caso di locazione finanziaria, per le scadenze dei versamenti successive al 15 agosto 2009 l'utilizzatore come unico soggetto passivo tenuto al pagamento della tassa automobilistica;
    il differimento dal 16 agosto 2015 al 25 giugno 2016 della previsione di cui al comma 9-quater riguardante la determinazione della competenza e del gettito della tassa automobilistica in relazione al luogo di residenza dell'utilizzatore;
   a seguito dell'abrogazione del citato comma 9-bis, il comma 7 dell'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, prevede che per i veicoli concessi in locazione finanziaria l'unico soggetto tenuto al pagamento della tassa automobilistica regionale è il soggetto utilizzatore, ma solo dal 1o gennaio 2016; pertanto, per le annualità precedenti, resta impregiudicata l'individuazione del soggetto passivo della tassa automobilistica;
   in pratica, il combinato disposto dei commi 6 e 7 dell'articolo 10 del decreto-legge enti locali (decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113) determina la riemersione dei dubbi interpretativi che erano stati risolti in modo molto diversificato – ma per lo più in senso conforme a quello previsto dal comma 9-bis dell'articolo 9 del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78 – dalla giurisprudenza, con evidenti pregiudizi tanto agli interessi delle regioni quanto a quelli dei contribuenti;
   per di più, l'interrogante rileva che tale diversa impostazione potrebbe essere letta come volta a modificare, con effetti retroattivi, la disciplina esistente dando adito a più di un dubbio di legittimità costituzionale. Inoltre, tanto se si intende l'intervento come una disposizione «cripto-interpretativa», tanto se la si configura come norma innovativa, essa risulterebbe in contrasto con la disciplina dello statuto dei diritti del contribuente la quale prevede che le norme di interpretazione autentica devono essere sempre «espresse», e vieta l'estensione a nuovi soggetti della responsabilità tributaria operata mediante decreto-legge;
   l'interrogante, oltre ad evidenziare come la tecnica normativa utilizzata per la disciplina di questa specifica materia, non appaia idonea a rispondere in modo chiaro, netto ed univoco alla necessità del consolidamento dei profili di certezza del diritto, essenziali per la tutela del libero esercizio di impresa, rileva come la nuova previsione proposta dal Governo nel decreto n. 113 del 2016 determina l'insorgenza di una serie di problematiche per la clientela del leasing e gli operatori del settore, connesse ai pagamenti già effettuati, alle tariffe ed esenzioni applicate nel lasso di tempo intercorso tra l'entrata in vigore del decreto n. 78 del 2015 ed il 24 giugno 2016, nonché (e questo è l'aspetto che potrebbe generare maggiori problemi) alle difficoltà nella restituzione del gettito mancato alle altre regioni, in quanto secondo la normativa del 2015, la competenza del pagamento della tassa automobilistica appartiene alla regione del cliente utilizzatore, a prescindere dalla sede di immatricolazione di riferimento della società di leasing, con maggiori oneri e costi a carico dei clienti e degli operatori del settore;
   l'interrogante rileva che il legislatore (ed, in particolare, il Governo che ha proposto tale previsione nella originaria versione del testo del decreto n. 113 del 2016 presentato al Parlamento) non può e non dovrebbe contrastare, o comunque penalizzare il settore privato, mediante norme che se da una parte favoriscono taluni bilanci regionali, dall'altra penalizzano fortemente l'esercizio delle attività di scambio di beni e servizi da parte della clientela leasing e degli operatori del settore;
   si rileva inoltre che tre mesi prima del varo del decreto n. 113 del 2016, come segnalato all'interrogante, una regione, disattendendo l'applicazione della norma in vigore: ha reso noto un accordo in sede di conferenza Stato regioni volto a pervenire al superamento della norma di interpretazione autentica dando notizia soprattutto dell'emanazione a breve di un decreto del Governo in tal senso;
   la stessa regione contestualmente ha provveduto al blocco delle istanze di autotutela presentate dai contribuenti e, nel mese di maggio 2016, il consiglio regionale ha approvato una legge che riapre termini per regolarizza i bolli auto senza pagamento di sanzioni e interessi –:
   se il Governo sia al corrente delle circostanze descritte e rappresentate in premessa;
   se ed in quale misura il Governo ritenga di poter assumere iniziative correttive, per impedire effetti distorsivi e penalizzanti degli indirizzi normativi proposti, sui soggetti che operano nel settore della locazione finanziaria. (4-13975)


   SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 giugno 2016 gli interroganti presentavano l'interrogazione n. 4-13565 ove si evidenziava come alcuni articoli di stampa nazionale e in particolare il quotidiano «Panorama» avessero parlato nelle ultime settimane della costituzione di una struttura, denominata dai media «La Bestia» parallela apparentemente operante presso le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri con il mero obiettivo di dirigere e orchestrare la propaganda politica elettorale in vista del referendum costituzionale, al di fuori, dunque, di ogni logica istituzionale, la cui guida sarebbe stata affidata a consulenti attivi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, come Jim Messina;
   in particolare, con tale interrogazione si chiedeva al Presidente del Consiglio dei ministri e alla Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento di poter assicurare che tale struttura, ove effettivamente costituita, non sia incardinata presso la Presidenza del consiglio o presso qualunque altra struttura pubblica, né si avvalga in qualunque modo di risorse pubbliche;
   a questa interrogazione il Governo non ha mai né risposto né replicato pubblicamente nonostante l'eccezionale gravità delle questioni ivi sollevate, in quanto potenzialmente lesive dei principi contenuti nell'articolo 9, comma 21, della legge 22 febbraio 2000, n. 28, recante «Disposizioni per la parità d'accesso ai mezzi d'informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica», secondo il quale a far data dalla convocazione dei comizi e fino alla chiusura delle operazioni di voto «è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni»;
   sotto tale profilo suscita, peraltro, perplessità la disponibilità delle somme allocate sul Fondo per le esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Tale fondo risulta iscritto nel capitolo 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze e il citato articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, prevede espressamente che sia ripartito annualmente con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze;
   sulla base del decreto ripartizione delle unità di voto del bilancio dello Stato, nel predetto fondo risultano attualmente disponibili per competenza 518,5 milioni di euro per il 2016, 985,53 milioni di euro per il 2017 e 519 milioni di euro per il 2018;
   con il disegno di legge recante «Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2016» (C. 3974) presentato l'11 luglio 2016 si prevede addirittura all'articolo 4, comma 2, che per far fronte ad esigenze indifferibili che si manifestano nel corso della gestione, la dotazione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, sia incrementata di 955.069.060 euro per l'anno 2016, con la conseguenza che per il solo anno 2016 la disponibilità del predetto fondo possa arrivare a quasi un miliardo e mezzo di euro, al netto delle disponibilità previste per il 2017 pari quasi a un miliardo come si è detto (985,53 milioni di euro) e oltre mezzo miliardo di euro per il 2018 (519 milioni di euro);
   si evidenzia, inoltre, che la dotazione del fondo originariamente prevista dalla norma prevedeva uno stanziamento di soli 27 milioni di euro per l'anno 2015 e 25 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016. Purtuttavia, a seguito dell'entrata in vigore di numerose disposizioni varate durante l'attuale Governo (quali l'articolo 3, comma 1, della legge 2 ottobre 2015, n. 171, l'articolo 17, comma 1, lettera i), del decreto-legge 25 novembre 2015, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 2016, n. 9, l'articolo 1, commi 63, 175, 177, 595, 639 e 968, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 e, successivamente, l'articolo 11, comma 1, lettera e), del decreto-legge 16 maggio 2016, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2016, n. 131, e successivamente, l'articolo 19, comma 1, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113) tale dotazione è stata rideterminata nel tempo in maniera oltremodo considerevole con stanziamenti per centinaia di milioni di euro di cui non si conoscono ad oggi gli impieghi nonostante la crisi economica che attanaglia il nostro Paese –:
   quali elementi si intendano fornire sugli impieghi relativi al fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   se si possa escludere in modo assoluto che tali risorse saranno utilizzate per promuovere la campagna del «SI» al referendum costituzionale del prossimo autunno 2016, anche escludendo eventualmente il ricorso ad un provvedimento d'urgenza a tal fine. (4-13978)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta scritta:


   PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il costante e forte aumento della mobilità delle persone a livello globale richiede un coerente sviluppo dei servizi di sostegno e una maggiore fluidità nel riconoscimento a livello transnazionale delle prerogative individuali legate ad autorizzazioni amministrative;
   la possibilità di utilizzare le patenti di guida in diverse realtà di studio e di lavoro rappresenta una condizione essenziale per l'esercizio delle attività e delle professioni che si svolgono contemporaneamente o in periodi alterni in due Paesi;
   tra l'Italia e il Brasile, tra i quali negli ultimi lustri si sono sviluppati consistenti fenomeni di reciproca immigrazione e di mobilità per ragioni di studio, di lavoro e di professione, dal 2008 sono in corso contatti bilaterali volti ad aggiornare alla luce delle novità intervenute un accordo sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida;
   tali rapporti hanno visto impegnati i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e degli affari esteri e della cooperazione internazionale con gli omologhi brasiliani in un prolungato e intenso scambio di informazioni e indirizzi, allo scopo di attualizzare l'accordo del 2008, che ha conosciuto già da qualche tempo la definitiva trasmissione da parte brasiliana della documentazione e dei pareri necessari al buon esito della lunga vicenda;
   per il tempo decorso e per l'urgenza dei problemi pratici connessi alla risoluzione della questione c’è una viva e diffusa attesa sia tra i brasiliani residenti in Italia che tra gli italiani residenti in Brasile, alla quale è giusto dare risposte non più procrastinabili e certe –:
   in quali tempi il Governo ritenga di poter dare una risposta conclusiva e di poter firmare il protocollo di aggiornamento dell'accordo bilaterale tra Italia e Brasile per il reciproco riconoscimento delle patenti di guida e in quali tempi pensi che si possa avviare la fase di attuazione amministrativa dello stesso.
(4-13958)


   D'AMBROSIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 23 luglio 2016 su fonti di stampa l'interrogante ha appreso della triste vicenda di un concittadino di Mola di Bari, Stefano Tanzi 34 anni, vittima di violenza e ridotto in fin di vita da ignoti a Tilburg nel sud dell'Olanda;
   Stefano è stato trovato esanime nel mezzo di una strada da alcuni passanti, è stato ricoverato presso l'ospedale «Elisabeth» di Tilburg riportando pare profonde ferite alla testa, lividi sul volto e diverse fratture agli arti e alle costole ed ora è in terapia intensiva in coma farmacologico;
   i familiari della vittima, in una intervista, affermano di non aver ricevuto adeguata collaborazione dalla polizia locale, per far luce sulla vicenda sulla quale pare siano state date versioni poco compatibili con le ferite riportante dalla vittima –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per far chiarezza sulla vicenda. (4-13963)


   LA MARCA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, PORTA e TACCONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel quadro dell'intenso sviluppo delle «nuove mobilità» che si registra in questi anni, quelle di studio e professionali sono in costante crescita e rappresentano un filone destinato ad ulteriori incrementi, soprattutto per i Paesi tra i quali intercorre un flusso di relazioni consolidate sia sul piano sociale che su quello economico e commerciale;
   l'Italia e il Canada possono essere considerati un caso esemplare di questi processi di mobilità e interscambio qualificati, in ragione della consolidata presenza di una comunità d'origine che supera il milione e mezzo di persone e di un interscambio di notevole portata, destinato a crescere con l'entrata a regime del CETA, l'accordo di libero scambio tra l'Europa e il Canada;
   da molti anni istituti educativi impegnati nella promozione della lingua e della cultura italiana in terra canadese si fanno promotori di visite di studio in Italia di numerosi gruppi di studenti di scuola superiore, che preludono a più prolungate permanenze di formazione di livello universitario e a esperienze professionali, e reciprocamente è alta, anche se quantitativamente non sempre soddisfatta, la domanda di giovani italiani che intendono frequentare corsi presso università canadesi e realizzare stage presso aziende locali, spesso gestite da italodiscendenti;
   le difficoltà occupazionali che da alcuni anni persistono in Italia indurrebbero molti giovani che cercano occupazioni qualificate, soprattutto se dotati di qualifiche professionali richieste sui mercato del lavoro canadese (ad esempio, architetto, ingegnere, medico, infermiere) a considerare con interesse l'opzione canadese se in tal senso fossero facilitati sul piano dei permessi di ingresso e su quello del riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali;
   queste dinamiche di carattere sociale, culturale e professionale, tuttavia, non sono assecondate da accordi e normative che consentano la realizzazione di tali progetti di lavoro e di vita, fluidificando le procedure e consentendo il reciproco riconoscimento dei titoli conseguiti;
   le prospettive di realizzazione di accordi bilaterali tra i due Paesi che possano soddisfare le esigenze che si manifestano a livello sociale e professionale sono rese più complesse dal fatto che in Canada le competenze in materia di formazione e di regolamentazione delle attività professionali appartengono alle province, che godono di larga autonomia rispetto al Governo federale –:
   se il Governo abbia preso in considerazione l'eventualità della stipula di un accordo Italia-Canada per il reciproco riconoscimento dei titoli di studio e dei titoli professionali e, in caso contrario, se il Governo non intenda al più presto avviare gli opportuni contatti con le autorità canadesi per aprire un tavolo di lavoro e di dialogo finalizzato alla definizione di un accordo su queste materie;
   se il Governo ritenga doversi procedere con un preventivo accordo quadro a livello federale per passare successivamente ad accordi operativi con le singole province canadesi, titolari delle specifiche competenze, in vista di ulteriori accordi interprofessionali, o procedere nel senso di stipulare accordi direttamente con le province, come ha fatto la Francia con il Québec, per aprire la strada a risolutive convenzioni tra i rispettivi ordini professionali. (4-13972)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale (CTVIA) è stata investita con nota prot. 7687/DVA del 21 marzo 2016, acquisita al prot. N. 1093/CTVIA del 25 marzo 2016 della richiesta di avvio della procedura di Verifica di assoggettabilità alla VAS del «Programma recante l'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento rifiuti urbani e assimilati in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili.»;
   come risulta dal verbale della riunione della CTVIA del 10 giugno 2016 ben 14 soggetti hanno espresso parere favorevole all'assoggettabilità a Valutazione ambientale strategica del Programma a fronte di 9 che invece sono stati di opposta opinione;
   il 10 giugno 2016 la Commissione ha reso il parere che è stato comunicato dalla direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali alla direzione generale per i rifiuti e l'inquinamento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota del 20 giugno 2016 nella quale si rappresenta che il Programma «... come delineato dal Rapporto preliminare non ha i contenuti per essere sottoposto alla verifica di assoggettabilità VAS» e che pertanto «alla luce di quanto sopra sollecitato dalla stessa CTVIA, il procedimento di assoggettabilità a VAS concernente il programma in oggetto non può essere ulteriormente proseguito»;
   tale parere è stato reso «Valutato il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale e s.m.i. ed in particolare il combinato disposto dell'articolo 6 comma 2 e dell'articolo 12 comma 1, che esclude l'applicazione della procedura di verifica di assoggettabilità alla VAS per tutti i piani e i programmi che sono elaborati per la gestione dei rifiuti»;
   in realtà l'articolo 6, comma 2 recita invece che «2. Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi: a) che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto; b) per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.»;
   il citato comma 3 dell'articolo 6 esclude la valutazione solo per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l'uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, prevedendo che sia necessaria solo qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12 e tenuto conto del diverso livello di sensibilità ambientale dell'area oggetto di intervento;
   l'articolo 12, a sua volta, disciplina solo le modalità tecniche di trasmissione della documentazione prevedendo che l'autorità procedente trasmette all'autorità competente, su supporto informatico ovvero, nei casi di particolare difficoltà di ordine tecnico, anche su supporto cartaceo, un rapporto preliminare comprendente una descrizione del piano o programma e le informazioni e i dati necessari alla verifica degli impatti significativi sull'ambiente dell'attuazione del piano o programma, facendo riferimento ai criteri dell'allegato I del decreto;
   il parere appare, perciò all'interrogante fondato su un'erronea lettura ed applicazione del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   la conclusione della citata nota del 20 giugno 2016 della direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali appare inoltre alquanto sibillina alla luce dell'altrettanto poco chiara conclusione della CTVIA che testualmente recita quanto segue: «... si invita l'Autorità competente a voler verificare la procedibilità dell'istanza che all'uopo viene restituita» –:
   se il Ministro interrogato ritenga, in sede di autotutela, di richiedere un approfondimento istruttorio alla CTVIA e chiarimenti alle direzioni interessate in esito al procedimento di assoggettabilità alla Valutazione ambientale strategica del «Programma recante l'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento rifiuti urbani e assimilati in esercizio o autorizzati a livello nazionale, nonché l'individuazione del fabbisogno residuo da coprire mediante la realizzazione di impianti di incenerimento con recupero di rifiuti urbani e assimilabili». (5-09299)


   BUSTO, CRIPPA, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, CANCELLERI, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI e VALLASCAS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in accordo con quanto stabilito dalle direttive europee nell'ambito degli obiettivi al 2020, anche in Italia da alcuni anni esiste un obbligo per i fornitori di benzina e gasolio di immettere in consumo una quota minima di biocarburanti al fine di svilupparne la filiera, aumentarne l'utilizzo e limitare l'immissione di CO2 in atmosfera;
   già a fine 2014, secondo la 3o relazione biennale dell'Italia sui progressi realizzati nella promozione e nell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, il 17,1 per cento dei consumi finali di energia italiani è stato coperto grazie alle fonti rinnovabili, un valore superiore al target assegnato all'Italia dalla direttiva 2009/28/CE per il 2020;
   dal 2012 il biocarburante immesso in consumo è conteggiato ai fini dell'obbligo solo se accompagnato da un certificato di sostenibilità rilasciato dall'ultimo operatore economico della catena di consegna;
   per verificare il rispetto di questi criteri, tutti i soggetti coinvolti nella filiera di produzione del biocarburante devono aderire al sistema nazionale di certificazione o a un sistema volontario approvato dalla Commissione europea, oppure devono conformarsi ad accordi bilaterali o multilaterali specifici, conclusi tra l'Unione europea e Paesi terzi;
   nel 2015 i soggetti obbligati hanno avuto l'obbligo di immettere in consumo una quantità di biocarburante il cui contenuto energetico fosse almeno il 5 per cento di quello della benzina e del gasolio immessi nello stesso anno e, secondo quanto riportato nel rapporto 2015 delle attività del gestore dei servizi energetici «Nel 2014 sono stati immessi in consumo circa 10,8 milioni di Gcal (gigacalorie) di biocarburanti sostenibili, corrispondenti al 3,3 per cento del contenuto energetico del fossile immesso nel 2013, pari a oltre 326,7 milioni di Gcal, di cui circa 243,5 milioni di Gcal di gasolio e 83,2 milioni di Gcal di benzina»;
   il biocarburante principalmente immesso in consumo in Italia è il biodiesel, con una quota che, nel 2014,ha superato il 93 per cento e le materie prime più utilizzate per la produzione dei biocarburanti sono risultate essere la palma (47 per cento), la colza (27 per cento), rifiuti e sottoprodotti (19 per cento) e infine le coltivazioni alimentari (7 per cento);
   la 3o relazione biennale dell'Italia sui progressi realizzati nella promozione e nell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, pubblicata sempre dal GSE, per il settore trasporti riporta una percentuale del 4,48 per cento dei consumi, per la quasi totalità coperti dall'utilizzo di biocombustibili e, in particolare, da biodiesel prodotto in Italia da materie prime importate provenienti dall'Indonesia e da altre nazioni europee;
   già nel 2011, la stessa Commissione europea, sulla base dei risultati di uno studio condotto dall'International Food Policy Research Institute (IFPRI) era arrivata alla conclusione che l’Indirect Land Use Change dei biocombustibili è assai significativo e aveva stabilito che i biocarburanti a base di prodotti usati anche nell'alimentazione potevano contare solo per un massimo di 7 per cento nel target del 10 per cento. Il restante 3 per cento doveva provenire da altre tecnologie, come i biocarburanti di seconda e terza generazione e la mobilità elettrica alimentata da rinnovabili;
   nel marzo 2016 tali risultati sono stati confermati e rafforzati dal rapporto GLOBIOM (Global Biosphere Management Mode) « The land use change impact of biofuels consumed in the EU» che calcola le emissioni provocate dal cambiamento d'uso dei suoli per soddisfare l'ulteriore domanda di biocarburanti in Europa al fine di raggiungere i target fissati;
   partendo da questi risultati, l'associazione europea Transport & Environment ha calcolato l'impatto i termini di emissioni dell'uso del biodiesel da olio vegetale vergine, lungo l'intero ciclo di vita, pari a circa l'80 per cento in più di emissioni rispetto al diesel fossile;
   sempre da tale studio sembrerebbe che l'olio di palma e il biodiesel a base di soia producono emissioni rispettivamente tre e due volte più alte rispetto al diesel fossile;
   da articoli di stampa specializzata, si apprende che il 15 luglio 2016 tre aziende associate ad Assobiodiesel, associazione membro di Confindustria energia, hanno deciso di uscire dall'associazione «a seguito di una diversa visione strategica sul futuro delle materie prime, palma e derivati, da utilizzare per la produzione del biodiesel e dei relativi sistemi di valorizzazione»;
   la visione strategica diversa sembrerebbe legata al fatto che queste tre aziende fuoriuscite producono biodiesel a «filiera corta», e comunque prendono la gran parte di materia prima dall'Europa, subendo una dura concorrenza delle aziende che preferiscono invece importare olio di palma a prezzo molto più basso;
   a giudizio degli interroganti ciò farebbe supporre che i criteri di sostenibilità non siano realmente rispettati nel mercato dei biocombustibili ma che, al contrario, l'obbligo di immissione e i meccanismi finora definiti abbiano innescato un processo di impoverimento delle risorse naturali soprattutto nei Paesi produttori delle materie prime;
   la Corte dei conti europea, nella relazione speciale n. 18/2016, sostiene che le valutazioni svolte dalla Commissione europea, sulle quali è basato il riconoscimento dei sistemi volontari, non esaminavano adeguatamente alcuni aspetti importanti, necessari per garantire la sostenibilità dei biocarburanti e, in generale, le criticità sollevate «potrebbero nuocere» al raggiungimento dei target al 2020 per le Fer nei trasporti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda predisporre per poter raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del settore dei trasporti, al fine di evitare che siano trasferiti in altri Paesi gli impatti ambientali associati all'utilizzo di materie energetiche non realmente sostenibili. (5-09311)


   DAGA, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A1 Milano-Napoli, è oggetto da molti anni di un progetto di ampliamento a tre corsie per senso di marcia, la Valle dell'Isone percorsa dal tratto compreso fra le uscite di Firenze sud e Incisa-Reggello, presenta un notevole interesse paesaggistico e naturalistico, tanto che nei torrenti che ne fanno parte sono presenti specie animali tutelate anche dalla direttiva n. 92/43/CEE sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (cosiddetta «direttiva Habitat»). Nello specifico il tracciato dell'A1 prevede nel tratto vicino alla frazione di San Donato in Collina la realizzazione di una terza galleria in aggiunta a quelle esistenti;
   dal 2011 Autostrade per l'Italia ha modificato il progetto originario di questo tratto, prevedendo la «variante San Donato». Come risulta dalle schede predisposte dalla società Autostrade per l'Italia il tracciato verrebbe modificato attraverso la rettifica di una curva che attualmente è addossata ad uno dei versanti della Valle dell'Isone e, secondo il nuovo progetto, verrebbe spostata al centro della Valle stessa, mediante la realizzazione di un enorme terrapieno alto metri 20, nel quale dovrebbero essere collocati circa un milione e mezzo di metri cubi di terre e rocce risultanti dagli sbancamenti effettuati per ampliare l'autostrada e dallo scavo della nuova galleria;
   Autostrade spa, in relazione a lavori per la terza corsia A1, Lotto 2, ha presentato e ricevuto approvazione del piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo con provvedimento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – direzione generale per le valutazioni ambientali n. 11238 del 15 maggio 2013. Tale piano prevede il «rimodellamento posto al chilometro 309 (a nord delle gallerie San Donato nuova ed esistenti), avente funzione di stabilizzazione del versante – caratterizzato da fenomeni di instabilità geotecnica – a monte ed a valle della sede autostradale di volume complessivo pari a 1.426.300 metri cubi (cfr. pagina 50, punto 6.5.2, del piano di utilizzo). Ma a tal riguardo non sono ravvisabili né documentati specifici fenomeni di instabilità geotecnica, né questi, al di là di un generico riferimento a presunte frane non più attive che sarebbero state riscontrate nella zona, sono esattamente indicati nello stesso piano di utilizzo, nella valutazione di impatto ambientale od in altri atti amministrativi. Solamente una parte delle terre verrà utilizzata per il rilevato di allargamento del nastro autostradale (pagina 6 del parere della commissione tecnica VIA n. 1204 del 19 aprile 2013: «nel piano di utilizzo vengono indicate, per ciascuna tratta, le percentuali attese dei terreni che verranno utilizzati per rilevati... e rimodellamenti. In totale, considerando quindi l'intero tratto autostradale Firenze Sud-Incisa (lotti 1 e 2), viene previsto un riutilizzo per i rilevati tal quale pari al 3 per cento e con trattamento pari al 70 per cento e un riutilizzo per i rimodellamenti pari al 27 per cento»). Quest'ultimo è l'unico rimodellamento previsto nel piano di utilizzo (cfr. cit. pagina 50, punto 6.5.2 del piano di utilizzo), ne consegue quindi che ben il 27 per cento delle terre da scavo è destinato alla collina di San Donato;
   le terre e rocce derivanti dalla realizzazione dell'opera, in particolare quelle provenienti dall'escavazione della nuova galleria del San Donato, potranno avere caratteristiche chimiche in colonna B ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, ossia contenere sostanze contaminanti in concentrazioni tali da determinarne una destinazione d'uso per siti ad uso industriale e commerciale. Quindi tali terre e rocce (che inevitabilmente avranno una concentrazione di sostanze inquinanti prodotte dallo scavo della galleria), verranno trattate a calce e saranno riportate direttamente nella Valle dell'Isone, in un'area di circa 24 ettari che verrà recintata in quanto diventerà di proprietà di Autostrade per l'Italia (pagina 38 del progetto definitivo – studio di impatto ambientale, SPEA, maggio 2011) con una destinazione d'uso a pertinenza autostradale, trasformando irreversibilmente, il terreno ed i torrenti esistenti, che saranno completamente riconfigurati e trasformati di fatto in nuovi canali artificiali. Infatti, il piano di utilizzo prevede nella stessa area del rimodellamento morfologico un sito di deposito per i rifiuti derivanti dalle lavorazioni di cantiere;
   la «variante San Donato» e la discutibile gestione delle terre da scavo potrebbe determinare un significativo aumento dei rischi idrogeologici, derivanti dal fatto che il rimodellamento morfologico graverà proprio sopra le sorgenti del fiume Isone, in un'area intrisa di acque, che alimentano le falde di attingimento di tutti i pozzi artesiani della valle fino a Ponte a Niccheri;
   si evidenziano le gravose conseguenze ambientali del progetto che incidono ulteriormente sul territorio di Bagno a Ripoli, in aggiunta agli impatti derivanti dalle opere del Lotto 1, segnatamente nella parte relativa al centro urbano di Antella, anche in considerazione dell'elevato pregio paesaggistico ed ambientale della Valle dell'Isone, del suo particolare microclima e della fauna autoctona di assoluta rarità come testimoniato nella relazione scientifica («Specie protette nell'area destinata alle terre di scavo per l'ampliamento alla terza corsia dell'autostrada A1 nel tratto compreso tra San Donato in Collina e Osteria Nuova – Firenze») dei ricercatori Fabio Cianferoni (PhD, dottore in scienze biologiche) e Giuseppe Mazza (PhD, dottore in scienze naturali) nonché oggetto di una petizione al Parlamento europeo (European Parliament B-1047, Bruxelles) –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga doveroso attivare le iniziative di competenza affinché sia tutelata un'area di straordinaria rilevanza naturalistica e paesaggistica, mediante l'attuazione di soluzioni progettuali alternative che individuino una diversa area per la destinazione delle terre e delle rocce da scavo;
   se il Ministro non ritenga urgente promuovere ogni necessaria verifica in ordine alla variante progettuale descritta in premessa, anche al fine di rassicurare la popolazione allarmata dalla progettata trasformazione del territorio e dai rischi di compromissione dell'ambiente;
   se il Ministro sia intenzionato ad adottare le iniziative di competenza tese ad evitare la distruzione di specie animali e vegetali tipiche della Valle dell'Isone, protette dalla direttiva « Habitat», anche allo scopo di assicurare che l'obiettivo della conservazione degli habitat e delle specie selvatiche sia concretamente conseguito. (5-09313)

Interrogazione a risposta scritta:


   PIRAS, ZARATTI, RICCIATTI, DURANTI e QUARANTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Saras (Società anonima raffinerie sarde) è entrata in produzione nel giugno del 1966, in un'area della Sardegna meridionale – Sarroch (Cagliari) – di assoluto pregio paesaggistico e ambientale, fra le più fertili dal punto di vista agricolo, caratterizzata da un sistema di zone umide tradizionalmente dedicato alle attività della piccola pesca;
   Sarlux (attuale denominazione della Saras), società quotata in borsa, è la più grande raffineria del Mediterraneo e tratta circa 15 milioni di tonnellate l'anno di petrolio, il 25 per cento del totale della movimentazione navale di greggio;
   l'inquinamento prodotto in cinquant'anni di attività è penetrato nel territorio, nel sistema idrico, nei fondali marini e contamina l'aria, esponendo la popolazione locale tutta e i lavoratori a una molteplicità di agenti inquinanti, determinando innumerevoli casi di morti premature;
   nel gennaio del 2009, un importante film documentario d'inchiesta, prodotto dal regista Massimiliano Mazzotta, denominato Oil, ha messo in luce il gravissimo inquinamento dell'area, le profonde modificazioni ambientali e nella struttura sociale e la pesante complicità dello Stato in quello che appare essere un vero e proprio disastro ambientale;
   nel 2013 la prestigiosa rivista internazionale di epidemiologia dell'università di Oxford «Mutagenesis» ha pubblicato i risultati di una ricerca condotta su 75 bambini delle scuole elementari di Sarroch;
   le conclusioni dell'indagine, condotte attraverso la comparazione con eguale campione di coetanei residenti in un'area di campagna, sono inequivocabili: «il nostro studio dimostra che i bambini residenti in prossimità del polo industriale di Sarroch presentano incrementi significativi di danni e alterazioni del Dna» rispetto agli standard di riferimento;
   nel 2014 l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), chiamata ad analizzare i costi sanitari e ambientali dell'industria, l'impatto sulle produzioni agricole e in termini di morti premature, ha classificato la Saras-Sarlux di Sarroch al 92o posto (su 1329) fra gli impianti più inquinanti d'Europa (l'Ilva di Taranto è al 29o);
   recentemente, in risposta a un'interrogazione del senatore Roberto Cotti, come riportato da tutti i principali quotidiani sardi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha ammesso la riconducibilità dell'inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle acque di falda nell'area di Sarroch alle attività della Salux-Saras, sostenendo altresì che l'azienda ha provveduto ad attivare le necessarie misure di messa in sicurezza delle falde;
   pare assolutamente blanda e insufficiente la risposta del Ministro considerata l'attività ultradecennale della raffineria, oltre che la documentazione sopra citata;
   va reso atto che finora non vi è mai stato alcun approfondito studio epidemiologico di parte pubblica –:
   quali siano le iniziative poste in essere dai Ministri interrogati per conoscere, sul piano ambientale, epidemiologico e sanitario, le reali condizioni del territorio e delle popolazioni che lo abitano;
   quali iniziative, per quanto di competenza, siano state poste in essere affinché Saras-Sarlux garantisca l'assoluto rispetto delle soglie di concentrazione previste dalla normativa vigente;
   quali siano le iniziative di competenza che si intendano porre in essere per mettere in sicurezza l'area, per riparare il danno ambientale e riconoscere un effettivo risarcimento al territorio. (4-13964)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GALGANO, BOMBASSEI, MATARRESE, CATANIA, VARGIU, OLIARO, CAPUA e VECCHIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   vista la necessità di riaffermazione dell'unicità e del valore del «prodotto e del territorio Italia», occorrerebbe innalzare il numero degli arrivi e delle presenze sulla globalità del territorio nazionale, agevolando l'innalzamento degli standard qualitativi dell'offerta turistica nazionale, migliorando le strutture esistenti e creandone anche in aree ad elevato potenziale ma con scarsa capacità ricettiva;
   al fine di accrescere la remuneratività per l'intero comparto ricettivo, è importante supportare lo sviluppo di attività strutturate in grado di produrre effetti positivi e duraturi sulle economie degli specifici territori, anche attraverso efficaci attività di promozione e di comunicazione, svincolare l'offerta nazionale dai condizionamenti degli operatori esteri, produrre offerte definite e calibrate sugli specifici target di riferimento, valorizzare le offerte locali accrescendone la valenza e la visibilità, destagionalizzare l'offerta e l'afflusso turistico;
   per favorire lo sviluppo del comparto turistico, tenuto conto anche dell'imponente stabile ricaduta occupazionale, è necessario definire e porre in essere in tempi brevi strategie, progetti ed attività in grado di produrre effetti e ricadute positive sui settori di riferimento, evitando il ricorso all'ennesima infruttuosa sperimentazione e garantendo che lo sviluppo dei progetti e delle attività sia curato da specialisti ed aziende in possesso del know-how, delle competenze, conoscenze, esperienze e consapevolezze necessarie per l'ottenimento del massimo risultato;
   per recuperare in tempi brevi l'enorme gap accumulato dal nostro Paese nei confronti dei competitor esteri, anche in considerazione dei contributi, consigli, indicazioni, richieste ed istanze pervenute dalle varie associazioni operanti nel settore (consorzi di albergatori e di agriturismi, aziende di promozione del turismo singoli albergatori e titolari di attività ricettive assessorati al turismo e sviluppo economico, associazioni pro loco, comitati nazionali e internazionali), si avverte l'esigenza di accrescere la valenza del potenziale e dell'offerta nazionale nei mercati mondiali, sviluppare proficue attività di marketing, promozione e comunicazione, introducendo strumenti innovativi capaci di agevolarle, definire percorsi ed iniziative concordate e condivise dai territori in grado accrescere la competitività complessiva dell'offerta nazionale, concepire l'offerta turistico ricettiva quale imprescindibilmente legata a quella delle produzioni e dei prodotti italiani;
   a tal fine sarebbe altresì opportuna la valorizzazione delle risorse e delle potenzialità progettuali già selezionate nell'ambito dei programmi d'innovazione industriale denominati «Industria 2015», principalmente all'obiettivo C, gestiti dal Ministero dello sviluppo economico che risultano pienamente rispondenti alle esigenze sopra espresse e che hanno la potenzialità di contribuire fattivamente allo sviluppo di iniziative ed attività in grado di accrescere in breve tempo la competitività dell'offerta nazionale –:
   quali iniziative intenda il Governo adottare a supporto di uno dei settori chiave dell'economia nazionale quale è il turismo, fin troppo trascurato ed abbandonato alla libera iniziativa delle imprese operanti nello stesso, e, in particolare, se si intenda recuperare un patrimonio di idee, di progetti e di innovazioni sviluppato dal sistema nell'ambito dei programmi «Industria 2015» che, in quanto già oggetto di verifica e selezione, hanno la potenzialità di contribuire fattivamente allo sviluppo di iniziative ed attività in grado di accrescere in breve tempo la competitività dell'offerta nazionale.
(5-09305)


   VALERIA VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dagli organi di stampa della chiusura a tempo indeterminato dell'Archivio storico di Napoli a causa di gravi problemi di tenuta statica dell'edificio ove è stato sino ad ora allocato, ex, Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a Pontenuovo;
   sembrerebbe in corso, da parte dell'amministrazione comunale di Napoli, la individuazione di sedi provvisorie per la temporanea collocazione dei vari fondi da cui è costituito l'archivio, tra cui alcune aree dell'Albergo dei Poveri e la biblioteca Gelsomina Verde di Secondigliano;
   il prezioso patrimonio documentario che costituisce l'archivio — già soggetto, nel tempo, a distruzioni, scomposizioni di raccolte unitarie e dispersione di materiale storico — rischia di subire uno smembramento ulteriore, difficilmente recuperabile attesa la connotazione di massima urgenza con la quale si sta dando corso al preannunciato trasferimento del materiale d'Archivio;
   il trasferimento, per quanto resosi urgente, richiederebbe in ogni caso un previo programma di corretto riposizionamento del materiale in via di rimozione, da ricollocare preferibilmente in una sede unica, così da garantirne, in uno alla conservazione, anche la coerente fruibilità come ha, peraltro, già osservato la dottoressa Rossana Rummo, direttrice generale per le biblioteche e gli istituti culturali, interpellata dalla stampa sulle criticità cui far fronte nel provvedere al ripetuto trasferimento del materiale dell'archivio storico di Napoli;
   sembra sia stata ipotizzata dal comune di Napoli la suddivisione del materiale d'archivio in via di trasferimento in «Sezione specifiche», con l'intenzione di provvedere alla successiva riunificazione delle non meglio precisate «Sezioni specifiche» provenienti dall'archivio dell'ex Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a Pontenuovo con quella allocata a San Lorenzo Maggiore, oggetto, quest'ultima, di specifico progetto Unesco;
   il recupero dell'archivio storico risulta, peraltro, già finanziato dall'Unione europea, e si apprende, da dichiarazioni dei competenti assessorati comunali rese alla stampa, che la programmazione dei fondi a ciò destinati risulterebbe già ratificata dal comune di Napoli e dalla regione Campania;
   il personale sino ad ora in servizio presso l'archivio allocato nell'ex Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a Pontenuovo, edificio soggetto alla chiusura di cui si sta trattando, risulta al momento ricollocato nella sede sita all'interno dell'ospedale dell'Annunziata, senza indicazioni sugli sviluppi futuri dell'attività lavorativa di competenza del personale stesso, con ulteriori negativi riflessi anche in termini di organizzazione e svolgimento delle funzioni istituzionali ad esso affidate –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra esposti; se siano state assunte iniziative, di concerto con il comune di Napoli, per il trasferimento del materiale costituente l'Archivio storico della città di Napoli, in sedi di nuova temporanea allocazione; quali iniziative intenda intraprendere il Ministro, per quanto di competenza, per tutelare l'integrità del patrimonio documentario già custodito presso l'Archivio sino ad ora sito nell'ex Ritiro di Santa Maria della Purificazione e dei Santi Gioacchino ed Anna a Pontenuovo. (5-09318)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il sito online del Ministero della salute, www.salute.gov.it, nella pagina dedicata al settore della nutrizione e patologie, definisce le intolleranze alimentari come una: «reazione indesiderata del nostro organismo scatenata dall'ingestione di uno o più alimenti (o sostanze attive) oppure da disfunzioni/disturbi a carico dell'apparato digerente (intolleranze enzimatiche e intolleranze farmacologiche). Tale reazione è strettamente dipendente dalla quantità dell'alimento non tollerato ingerito (dose-dipendente) ma a differenza delle allergie alimentari, non è mediata da meccanismi immunologici. L'intolleranza alimentare si manifesta con l'insorgere di sintomi spesso sovrapponibili a quelli delle allergie alimentari. Le intolleranze enzimatiche sono determinate dall'incapacità dell'organismo di metabolizzare alcune sostanze presenti negli alimenti. Questo difetto degli enzimi deputati al metabolismo di determinate sostanze generalmente è congenito, ma talvolta può essere acquisito nel tempo. Le intolleranze alimentari su base enzimatica sono numerose e comprendono un certo numero di malattie che riguardano il metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi (...).»;
   il documento del Ministero della salute denominato «Allergie alimentari e sicurezza del consumatore – Documento di indirizzo e stato dell'arte» pubblicato il 26 marzo 2014 evidenzia come: «l'1-2 per cento degli adulti ed il 5-8 per cento dei bambini sono interessati da allergie alimentari; tali dati si ritengono sottostimati in particolare per la mancanza di informazioni di buona qualità e per i differenti approcci diagnostici in vivo ed in vitro utilizzati nei vari studi. Un'indagine telefonica, eseguita sulla popolazione adulta europea, per riconoscere la mera convinzione soggettiva di essere portatori di allergia alimentare, ha consentito di ottenere anche dei dati italiani che hanno riportato un'incidenza del 3,6 per cento di allergia alimentare (...). Gli alimenti che venivano riferiti come più frequentemente responsabili dell'allergia alimentare erano in ordine di frequenza: la frutta (27,6 per cento), i vegetali (20,7 per cento), il latte vaccino (20 per cento), i legumi (15,9 per cento), il grano (14,5 per cento), la frutta secca (9,7 per cento), la carne (9 per cento), i frutti di mare (9 per cento), l'uovo (9 per cento) e il pesce (7,6 per cento) (...)»; il documento menzionato, inoltre, riporta che per quanto concerne la situazione in Italia: «la prevalenza dell'allergia alimentare sia più elevata nei primi anni di vita; l'incidenza viene stimata tra il 6 e l'8 per cento nei primi 2 anni, mentre tende a diminuire con l'età. L'allergia alimentare in età pediatrica ha un valore medio di prevalenza del 5 per cento»;
   il 13 dicembre 2014 è entrato in vigore il regolamento (UE) n. 1169 del 25 ottobre 2011 relativo all'etichettatura dei prodotti alimentari, finalizzato a garantire un adeguato livello di protezione dei consumatori in materia di informazione sugli alimenti. In particolare, «ai sensi dell'articolo 44, paragrafo 2, per gli alimenti offerti in vendita al consumatore finale o alle collettività, senza imballaggio, imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta, gli Stati membri possono adottare disposizioni nazionali concernenti i mezzi con i quali le indicazioni sugli allergeni devono essere rese disponibili e, eventualmente, la loro forma di espressione e presentazione»;
   il 13 gennaio 2015, l'interrogante ha depositato l'interrogazione n. 4-07495 con la quale ha chiesto al Governo di promuovere presso la Commissione europea un'azione ai sensi dell'articolo 44, paragrafo 2, del regolamento menzionato, finalizzata all'introduzione di disposizioni nazionali sulla materia che consentano alle imprese di scegliere, nel rispetto del principio di garantire un'informazione chiara e comprensibile al consumatore, tra opzione scritta e orale;
   sulle modalità di applicazione del regolamento 1169/11 il Ministero della salute, in data 6 febbraio 2015, ha diramato una circolare in relazione alle informazioni da divulgare al consumatore sulle sostanze o sui prodotti che provocano allergie e intolleranze (ex allegato II del regolamento n. 1169/2011) da parte degli operatori che producono cibi pronti per il consumo all'interno di una determinata struttura come ad esempio il ristorante, il bar con annessa attività di ristorazione, mensa, ospedali, scuole, attività di catering, e altro;
   la circolare specifica che l'obbligo sarà considerato assolto anche se l'operatore del settore alimentare si limiti ad indicare per iscritto, in maniera chiara ed in luogo ben visibile, una dicitura del tipo: «le informazioni circa la presenza di sostanze o di prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio»; oppure l'operatore del settore alimentare riporti, per iscritto, sul menù, sul registro o su apposito cartello, una dicitura del tipo: «per qualsiasi informazioni su sostanze e allergeni è possibile consultare l'apposita documentazione che verrà fornita, a richiesta, dal personale in servizio (...).»;
   il documento sottolinea infine, come: «la scelta circa la modalità da utilizzare per rendere dotto il consumatore finale è rimessa alla discrezionalità dell'operatore, che sceglierà la soluzione più idonea a seconda della propria organizzazione e dimensione aziendale (...)»;
   il Manifesto per la promozione del turismo accessibile è stato presentato dal Ministro per il turismo pro tempore, Michela Brambilla, il 20 ottobre 2009. Il documento, articolato in dieci punti ed elaborato dalla Commissione per la promozione e il sostegno del turismo accessibile, ha definito al punto 1 che: «la persona nella sua accezione più completa, con i suoi specifici bisogni derivanti da condizioni personali e di salute (ad esempio: disabilità motorie, sensoriali, intellettive, intolleranze alimentari, ecc.) è un cittadino ed un cliente che ha diritto a fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi adeguati e commisurati a un giusto rapporto qualità prezzo (...)»;
   il settore enogastronomico, in particolare la cucina tipica locale ed i prodotti tipici, costituiscono una rilevante peculiarità dell'offerta turistica nazionale;
   il sito online www.tourenogastronomici.it, nella sezione turismo enogastronomico spiega come: «il cibo assume un ruolo nuovo, diventando il medium di un territorio, di una cultura e dei valori legati alla terra ed alle proprie radici. (...) siamo il paese ideale per il turismo enogastronomico che è sempre in crescita e i numeri lo possono confermare. Ecco il motivo anche del sorgere di molti agriturismi e di percorsi ad hoc creati secondo una certa logica nel far apprezzare la propria terra a tutti coloro che vi si recano per scoprire gusti e sapori sempre nuovi. Il turismo enogastronomico vale cinque miliardi e si conferma, anno dopo anno, il vero motore della vacanza Made in Italy che è l'unica nel mondo a poter offrire ben 176 denominazioni di origine riconosciute a livello comunitario e 4396 specialità tradizionali censite dalle regioni, mentre sono 477 i vini DOC (...)»;
   nel sito internet Italia.it, portale istituzionale gestito dall'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e rivolto alla promozione turistica del nostro Paese, il tema dell'alimentazione è presente solamente nella sezione «link utili» alla voce «accessibilità». Il collegamento rimanda l'utente unicamente al sito in lingua italiana dell'Associazione italiana della celiachia, mentre non compare alcun riferimento alla normativa italiana e alla modalità prevista di informazione a disposizione del cliente finale. A parere dell'interrogante è assolutamente necessario, dunque, integrare la sezione dedicata e renderla facilmente individuabile agli utenti;
   il 14 luglio 2016 è stato presentato a Roma il «piano triennale 2016-2018 per il rilancio del turismo» – Enit, nuova governance, progetti e prospettive. Il giorno successivo, il comunicato stampa sul sito Enit.it riporta gli obiettivi del piano triennale, individuati «nell'incremento della spesa media turistica in Italia, nell'aumento dei volumi dell’incoming, nello sviluppo turistico delle destinazioni “minori” e nella promozione del turismo sostenibile (...)». Fra i punti del piano, inoltre, emerge una forte strategia digitale per la «Destinazione Italia» attraverso la redazione Enit-Italia.it, le redazioni regionali e le sedi estere dell'Enit. Tra i vari cluster su cui l'Agenzia intende concentrare i propri sforzi, il punto «Food e itinerari del gusto» risulta molto generale;
   il 15 luglio 2016 il sito online www.travelquotidiano.com illustra quanto affermato da Evelina Christillin, presidente dell'Enit, a margine della presentazione del piano: «(...) il pubblico ormai si orienta quasi tutto su internet, puntiamo alla digitalizzazione profonda ed utilizzo dei mezzi digitali, insieme alla distruzione del portale Italia.it che va rifatto completamente (...)» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per rendere più adeguata ed esaustiva l'informazione destinata agli utenti interessati da intolleranze alimentari che offre il sito online Italia.it;
   se, alla luce dell'importanza che riveste il settore enogastronomico in ambito turistico è in considerazione degli obiettivi della maggior tutela possibile degli utenti, si intenda rafforzare la comunicazione relativa alla informazione sulle intolleranze alimentari a disposizione della clientela. (4-13957)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   BRUNETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è noto che il Ministero dell'economia e delle finanze abbia un solido rapporto di svariate consulenze con la banca d'affari americana Jp Morgan, che si stimano in oltre cento milioni di euro;
   Jp Morgan, che ha chiuso il 2015 con un utile record di 24,4 miliardi di dollari, è consulente del Tesoro con particolare riferimento al tema delle sofferenze bancarie; allo stesso tempo è noto però come in passato la stessa banca d'affari sia stata particolarmente dura nei giudizi sull'Italia, tanto da consigliare a migliaia di investitori sparsi in tutto il mondo di tenersi lontano dalle banche del nostro Paese;
   con tutta probabilità, l'aumento esponenziale delle consulenze ad avviso dell'interrogante è dovuto proprio alla volontà di catturare il favore di Jp Morgan, anche per altre operazioni di notevole portata, e comunque per ricompensare il ruolo della stessa in ulteriori interventi, sempre collegati alla tenuta generale del sistema bancario italiano, con particolare riferimento all'operazione su Monte dei Paschi di Siena –:
   quanti siano i contratti e a quanto corrisponda l'ammontare dei rapporti di consulenza che il Ministero dell'economia e delle finanze e, più in generale, l'intera compagine di Governo, intrattiene con la banca d'affari Jp Morgan;
   se tale mole di consulenze non possa di fatto costituire un nodo, come pare all'interrogante, per ottenere la «benevolenza» di Jp Morgan per altre operazioni e ulteriori interventi della stessa connessi alla tenuta del sistema bancario italiano. (3-02437)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LODOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dei periodi autunnali ed invernali le precipitazioni atmosferiche determinano piene dei fiumi che portano a valle materiale che si deposita sugli arenili;
   questo materiale si deposita sulle spiagge e da tempo costituisce un costo notevole per le amministrazioni comunali che si trovano sui litorali alla foce dei fiumi e che si trovano ad essere interessate anche da mareggiate;
   con l'avvicinarsi della primavera gli operatori turistici sollecitano le amministrazioni alla pulizia delle spiagge per liberarle da suddetto materiale;
   si porta ad esempio il caso del comune di Senigallia (Ancona) che nel corso dell'anno 2015 è stato costretto ad aumentare la tassa sui rifiuti proprio per fronteggiare i costi di smaltimento del materiale spiaggiato a seguito di mareggiate e delle piene del fiume Misa;
   va ricordato che suddetto comune nel 2014 è stato interessato da una devastante alluvione;
   il costo praticato dalle imprese di smaltimento va suddiviso tra raccolta e consegna in discarica autorizzata e per il comune di Senigallia si tratta di costi che sfiorano il milione di euro;
   si tratta di importi che con il tempo stanno diventando insostenibili per l'amministrazione e rischiano di creare notevoli problemi di equilibrio e sostenibilità della finanza locale;
   ad avviso dell'interrogante, la rimozione del materiale depositato sulle spiagge e il suo smaltimento devono essere un costo ripartito per quote anche con i comuni che insistono lungo il fiume e i torrenti che ne costituiscono gli affluenti;
   se non vi è adeguata manutenzione degli argini a monte e alberi divelti giungono a mare, non è giusto che il costo di smaltimento debba gravare esclusivamente sul comune della foce;
   in questa fattispecie sarebbe da applicare in materia fiscale, secondo un corretto principio di sussidiarietà, una normativa più simile a quella che regolamenta i condomini con una partecipazione solidale tra tutti i comuni ricadenti nel bacino idrografico;
   questo renderebbe maggiormente sostenibili le spese di smaltimento del materiale –:
   se il Governo sia a conoscenza del problema riportato in premessa e se non ritenga di valutare l'opportunità di assumere, per quanto di competenza, iniziative volte a rivedere la normativa introducendo meccanismi perequativi o di solidarietà che aiutino i comuni costieri, come nel caso di Senigallia, a sostenere le spese di smaltimento dei materiali che si depositano sulle spiagge. (5-09297)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2013 il gruppo Parmacotto chiede alle banche creditrici una standstill sull'indebitamento, finalizzata alla sua ristrutturazione, dato che i livelli di fatturato e redditività non sono sufficienti a garantirne la sostenibilità;
   è il segnale dell'apertura di una crisi finanziaria con forti ripercussioni sul piano industriale, che porta 12 mesi dopo alla richiesta di concordato preventivo in bianco, con garanzia sulla tenuta occupazionale, che viene tuttavia giudicato con scetticismo dai sindacati, vista l'assenza di un credibile piano industriale;
   il tribunale fallimentare di Parma comunque attiva la procedura di concordato in continuità con riserva e nomina i tre commissari giudiziali;
   la procedura si conclude a giugno 2015, con la valutazione positiva da parte del tribunale del piano industriale 2015- 2017 e del contestuale piano di riduzione del debito;
   si ipotizza una riduzione della forza lavoro di 54 unità su 200, la ricapitalizzazione della società in misura non inferiore a 11,2 milioni di euro tramite copertura delle perdite, la ricostituzione di 3,6 milioni di capitale sociale, l'istituzione di strumenti finanziari partecipativi convertibili in azioni della società, oltre alla liquidazione di beni mobili e immobili e delle partecipazioni non strategiche;
   i sindacati «bocciano» il piano industriale e si avvia una fase di concertazione che coinvolge anche le istituzioni locali, finalizzata al contenimento degli esuberi e alla gestione degli ammortizzatori sociali;
   nel gennaio 2016 la proprietà propone un nuovo piano concordatario, in sostituzione del precedente, con la richiesta della rinuncia a 46,2 milioni da parte dei creditori, che viene accettato dall'assemblea degli stessi;
   il 4 luglio 2016 interviene la procura di Parma, che contesta la falsificazione del bilancio 2010 ai fini di ottenere dalla società pubblica Simest equity per 11 milioni di euro;
   ai sensi della legge 231 del 2001, viene quindi chiesto dal magistrato un sequestro per pari importo di beni e liquidità della società;
   il 13 luglio il gip convalida il sequestro, pur limitandolo alla liquidità presente sui conti correnti fino alla cifra di 11 milioni di euro e quindi rendendo nuovamente disponibili per l'attività i beni strumentali;
   il 19 luglio la procura chiede quindi al tribunale di dichiarare decaduto il piano concordatario, ritenendolo non più congruente dato il sequestro di 11 milioni di euro, e di attivare quindi lo stato di insolvenza della società;
   si fa quindi più probabile, anche se non certo, il fallimento di un'azienda che stava comunque recuperando in fatturato e redditività, dopo aver provveduto ad una ristrutturazione delle attività;
   deve essere scongiurato un esito negativo soprattutto sul versante della tenuta occupazionale, oltre che di tutela di un marchio e di una capacità produttiva con prospettive di crescita –:
   come si intenda procedere, per quanto di competenza e visto anche il coinvolgimento di Simest s.p.a. per evitare che un'improvvisa crisi di liquidità possa mettere a rischio la sopravvivenza dell'azienda, per cui la stampa specializzata parla anche di potenziale interesse di primari gruppi nazionali e internazionali. (4-13960)


   DE MITA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Spoleto, nella seduta del 6 maggio 2013, a maggioranza dei voti, ha deliberato l'approvazione del bilancio consuntivo 2012 con relative relazioni allegate (atto deliberativo n. 13);
   il direttore generale del comune di Spoleto, nella seduta del consiglio comunale del 17 giugno 2013 (atto deliberativo n. 14), in riferimento al bilancio suddetto, ufficialmente ammetteva errori contabili e residui insussistenti, tanto da spingere la giunta comunale ad individuare un esperto in grado di fotografare la situazione finanziaria presente e passata;
   al termine di tale analisi, così come emerso da dichiarazioni ufficiali dei funzionari competenti e, soprattutto, da parte del sindaco di Spoleto, raccolte in comunicati stampa ed interviste televisive, emergerebbe un deficit di bilancio di svariati milioni di euro;
   tale risultanza procedurale ed economico-finanziaria, a giudizio dell'interrogante, oltre a rendere nullo e non rispondente alla realtà dei fatti il bilancio surrichiamato, va a stravolgere la futura gestione del comune, creando gravi disfunzioni;
   in tali situazioni il TUEL di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 detta disposizioni chiarissime –:
   se non ritenga di promuovere una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione alla situazione finanziaria del comune di Spoleto.
(4-13967)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano: «La Repubblica» edizione di Palermo del 18 luglio 2016, gli effetti legati alla crisi economica e finanziaria esistente nel Mezzogiorno ed in particolare nella regione siciliana, si manifestano in particolare sulle attività commerciali, come dimostrato dai dati del decremento di 451 imprese registrate nel 2015, rispetto all'anno precedente;
   i suesposti risultati, sono indicati all'interno del rapporto Eures, elaborato dalla Confesercenti siciliana in occasione dell'assemblea annuale tenutasi a Palermo e presentati dal presidente Vittorio Messina, il quale ha evidenziato come la contrazione dei consumi e delle perdite di beni e servizi legati al commercio, al terziario e alle attività d'impresa, ha colpito indistintamente l'intera isola, con conseguenze gravi e penalizzanti sul tessuto socioeconomico del territorio;
   al riguardo, il documento della Confesercenti siciliana, ha rilevato come la spesa media mensile per mobili e articoli per la casa, (tra il 2007 e il 2014) si sia dimezzata, passando da 150 euro a famiglia a 81 euro, così come risulta fortemente in calo, anche la spesa per l'istruzione, che passa da 16 euro nel 2007 a 9 euro nel 2014 e quella per abbigliamento e calzature, ridotta da 169 a 103 euro ed infine quella per ristorazione e servizi ricettivi, che si assottiglia da 79 a 51 euro;
   il medesimo rapporto evidenzia altresì, come i contribuenti siciliani risparmiano sempre di più anche in servizi come la ricreazione, gli spettacoli e la cultura: nel 2007 i siciliani spendevano 110 euro, nel 2014 invece 71 euro, e inoltre prosegue sempre il documento, se si esaminano i valori assoluti, emerge che la spesa media mensile a famiglia nel 2014 ammonta a 1779 euro, (700 euro in meno rispetto alla media nazionale che si attesta a 2489 euro);
   la contrazione dei consumi si ripercuote inoltre, sul numero delle imprese registrate in Sicilia, (erano 455.610 nel 2014, sono 455.159 con un tasso di variazione dello 0,1 per cento) in particolare a Trapani, con un –1,7 per cento, seguita da Agrigento, con un meno 1 per cento;
   le uniche realtà territoriali produttive in crescita, prosegue il rapporto Eures e pubblicato dal quotidiano in precedenza richiamato, sono le province di Catania, con lo 0,8 per cento in più di imprese (101.006 nel 2015 contro 100.234 nel 2014), Siracusa con lo 0,7 per cento in più di aziende (37.508 nel 2015 contro 37.254 del 2014) e Ragusa, con un tasso di crescita dello 0,4 per cento (35.556 imprese registrate nel 2015 contro le 35.426 del 2014);
   ulteriori profili di criticità, che emergono dal documento annuale della Confesercenti siciliana, si rinvengono inoltre dalle attività illecite legate al commercio abusivo ambulante, che soffoca e impedisce lo sviluppo delle imprese siciliane;
   in particolare, secondo il rapporto, nel 2014 le operazioni condotte della forze dell'ordine e censite dal dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno che hanno determinato l'arresto o la denuncia di 742 commercianti, risultano essere state 3,3 mila, principalmente per possesso o vendita di merce contraffatta con sanzione amministrativa nei riguardi di 617 persone (particolarmente colpita dal fenomeno risulta essere la provincia di Palermo, nella quale sono state condotte 1287 operazioni il 38,4 per cento di quelle complessivamente censite in Sicilia e denunciate o arrestate 286 persone, il 36,1 per cento del totale);
   l'unico dato in controtendenza evidenzia il presidente della Confesercenti siciliana Vittorio Messina, è la minore incidenza dei reati mafiosi, i cui valori scendono del 19,9 per cento tra il 2008 e il 2014 e del 9,9 per cento solo nel 2014;
   il suesposto rapporto, a giudizio dell'interrogante, desta sconcerto e preoccupazione, se si valuta come le politiche nazionali e regionali, in particolare da parte del Governo Renzi, dal punto di vista economico e sociale, siano state nel corso di questi anni, estremamente modeste per il Mezzogiorno, soprattutto per la regione siciliana;
   l'assenza di misure economiche e di sviluppo significative ed efficienti, in grado di rilanciare i consumi e la domanda interna da parte del Governo, a causa di una scarsa attenzione dell'Esecutivo in carica per le aree ad alta densità di disoccupazione e di crisi industriale, come la regione Sicilia, a parere dell'interrogante, accresce il divario e l'incertezza, con le altre realtà territoriali nazionali del Centro – Nord, i cui effetti negativi e penalizzanti rischiano di alimentare le tensioni sociali nell'Isola;
   il documento della Confesercenti siciliana, a giudizio dell'interrogante, segnala pertanto la necessità di rapidi interventi da parte dei Ministri interrogati, al fine di invertire il trend in corso oramai da a i, attraverso incentivi e misure di sostegno in grado di restituire la fiducia ai consumatori e alle attività d'impresa della regione isolana –:
   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa, nell'ambito delle rispettive competenze;
   se i Ministri interrogati non convengano che gli indicatori economici forniti dalla Confesercenti siciliana, confermino una situazione di grave incertezza sul piano economico e sociale dell'isola, in particolare sul fronte della scarsa domanda e dei consumi modesti, che determinano un effetto domino sulle attività d'impresa in particolare quelle del commercio;
   quali iniziative, urgenti e necessarie il Governo intenda intraprendere nei riguardi del Mezzogiorno e, in particolare, nella regione siciliana, le cui condizioni complessive socioeconomiche, nonostante il recente rapporto della Svimez indichi come il 2015 sia stato un anno «eccezionale per il Mezzogiorno, in realtà a giudizio dell'interrogante, permangono di grave arretratezza produttiva e culturale. (4-13971)


   BALDELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità del 2016 ha previsto che dal 1o luglio 2016 i dispositivi di controllo della durata della sosta a pagamento hanno l'obbligo di avere in dotazione anche l'opzione del POS per i pagamenti effettuati con carte di debito e carte di credito;
   molti comuni che gestiscono, direttamente o indirettamente, i parcheggi a pagamento, pur non essendosi adeguati a questa disposizione di legge, continuano a far elevare sanzioni amministrative alle vetture in sosta sprovviste di tagliando di avvenuto pagamento;
   tali sanzioni possono essere oggetto di ricorsi e costituire un ulteriore elemento di contenzioso tra cittadini e pubblica amministrazione –:
   quali iniziative, anche normative, ivi compresa l'introduzione di adeguati meccanismi sanzionatori, il Governo intenda adottare con riguardo a quelle amministrazioni che non si siano ancora adeguate alle disposizioni previste dalla legge di stabilità 2016, per tutelare il diritto dei cittadini-automobilisti di poter accedere al pagamento attraverso lo strumento della carta di credito o della carta di debito, magari prevedendo la sospensione del pagamento obbligatorio dei parcheggi nelle zone in cui le casse automatiche non siano state ancora messe a norma, ed evitando, in questo modo, ulteriori occasioni di contenzioso. (4-13979)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


  VENTRICELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 28 luglio 2016, è stata data notizia che nel carcere di Turi quattro agenti di polizia penitenziaria sono rimasti feriti dopo essere stati aggrediti da un detenuto di origini baresi, la prognosi sarebbe compresa tra i cinque e i venti giorni;
   la notizia è stata diffusa dal segretario nazionale del Sappe – Sindacato autonomo polizia penitenziaria –, Federico Pilagatti che a tal proposito ha divulgato una nota: detenuto ha prima tentato di aggredire il medico di turno durante una visita, ma è stato bloccato dagli agenti. Mentre veniva portato in un'altra stanza, il detenuto si è scagliato contro alcuni agenti, procurando loro lesioni. I poliziotti penitenziari sono riusciti comunque a chiudere in stanza il detenuto che ha reagito scagliando il letto in ferro contro la parete. Poco dopo, quando la situazione è tornata alla normalità, gli agenti sono stati accompagnati al Pronto soccorso più vicino.»;
   nella nota Sappe ha anche sottolineato una situazione di pericolo e di carenza di personale difficilmente sostenibile («l'aumento drammatico delle aggressioni a poliziotti, che in questi primi sette mesi ha già superato quelli avvenuti lo scorso anno»), e la circostanza che, «al momento dell'aggressione, nel carcere erano in servizio sette poliziotti, quattro dei quali sono stati coinvolti nell'episodio.»,
   a quanto appreso, inoltre, sembrerebbe che dopo l'aggressione un detenuto avrebbe accusato un malore e sarebbe arrivato personale del 118 per trasferirlo in ospedale con due unità di scorta che avrebbe dovuto presenziare presso il carcere; a tal proposito si è reso necessario un servizio di vigilanza, garantito con l'arrivo del comandante degli agenti di polizia penitenziaria e di alcuni poliziotti che erano liberi dal servizio –:
   se risultino già avviate le verifiche di competenza in ordine ai fatti in premessa;
   quali iniziative intenda mettere in atto per rafforzare la sicurezza nei luoghi di detenzione e per potenziare gli organici della Polizia penitenziaria. (4-13974)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   PAGANO e MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   hanno fatto rumore le polemiche generate dall'onorevole Vittorio Sgarbi che pur in presenza del nuovo piano tariffario di Alitalia per le tratte che interessano la Puglia e la Calabria per i collegamenti con i principali scali italiani ha denunciato gli assurdi ed esorbitanti costi per i passeggeri; il costo di un biglietto aereo da o per Lamezia Terme e da o per Reggio Calabria su Roma o Milano di sola andata può arrivare a 571 euro, come evidenziato in un articolo su Dagospia;
   il critico d'arte si domanda: «Un biglietto Alitalia da Roma a New York può costare 500 euro, e questa è una cosa lodevole, ma mi chiedo se è giusto che un calabrese, per arrivare a Milano, debba credersi in America ? O che forse gli costi di meno arrivare a New York e poi tornare a Milano ?»;
   ancora più enigmatica e incomprensibile è la situazione della Sicilia, per la quale con la legge di stabilità per l'anno 2016 sono stati stanziati 20 milioni di euro relativamente alla continuità territoriale aerea; eppure sulla stampa di gennaio 2016 è uscita la notizia, ripresa da atti parlamentari, che il costo del biglietto aereo praticato da Alitalia lungo la tratta Roma-Comiso ha superato i 650 euro per la sola andata, mentre per il Roma Catania possono essere richiesti quasi 500 euro;
   dopo il fallimento della esperienza Windjet e la riduzione dei voli della Ryanair, Alitalia opera in regime pressoché di monopolio; l'ex vettore nazionale, incurante del fatto che lo Stato abbia profuso enormi risorse per il suo salvataggio ad avviso dell'interrogante scarica i costi pieni sugli utenti delle tratte aeree da e verso le regioni meridionali;
   in sede di esame del decreto-legge n. 185 del 2015, sono stati accolti due ordini del giorno (9/03495/040 e 9/03495/035) nei quali si impegnava il Governo: a valutare il quadro tariffario applicato da Alitalia nell'ambito delle tratte che interessano il territorio siciliano al fine di garantire la massima trasparenza e scongiurare meccanismi speculativi, nonché a prevedere nell'ambito del Masterplan per il Sud presentato dal Governo nel novembre 2015, l'adozione di specifiche politiche tariffarie relative al sistema dei trasporti ferroviarie ed aerei, anche mediante convocazione di un tavolo istituzionale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
   quale sia lo stato di attuazione della continuità territoriale aerea da e per la regione siciliana;
   quali siano gli orientamenti del Governo rispetto alla situazione esposta in premessa e quale sia lo stato di attuazione degli impegni relativi alla valutazione del quadro tariffario praticato dall'Alitalia e all'adozione di politiche tariffarie nell'ambito dei trasporti volte a favorire lo sviluppo delle regioni meridionali. (3-02435)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 407 Basentana è un'arteria strategicamente importante per la Basilicata e l'intero Mezzogiorno, in quanto collega il Tirreno allo Ionio. Il tracciato segue il corso del fiume Basento da Potenza a Metaponto e compone l'itinerario della strada europea E847, dorsale nord-sud che unisce Sicignano degli Alburni alla Tavole Palatine di Metaponto;
   la tratta ha un'estensione di 100 chilometri e si presenta a due carreggiate, con due corsie per ogni senso di marcia con spartitraffico solo nel tratto ricadente nella provincia di Potenza, mentre lo stesso è assente lungo il tratto della provincia di Matera, in particolare tra Calciano e Metaponto. L'itinerario è caratterizzato da curve molto pericolose, numerose gallerie e restringimenti di carreggiata e ciò limita fortemente i livelli di sicurezza e la velocità di marcia;
   il sistema infrastrutturale lucano presenta molte carenze sul piano viario, della sicurezza e della manutenzione, specie per quanto riguarda le principali arterie che collegano i principali punti di interesse della regione;
   la pericolosità della strada statale Basentana continua ad aumentare in maniera sproporzionata e in questo ultimo periodo continua l'incremento di sinistri anche con tragiche conseguenze a causa delle condizioni dell'infrastruttura che, secondo i dati dell'Istat si attesterebbero intorno ad una media di 0,20 per chilometro;
   la strada in questione, oltre ad essere ad unica carreggiata a doppio senso di marcia che mal sopporta l'enorme mole di traffico soprattutto nei giorni feriali per via dei mezzi pesanti che la percorrono, è in pessime condizioni strutturali: fondo stradale sconnesso, avvallamenti, asfalto rattoppato, deterioramento della segnaletica stradale, mancanza di adeguata illuminazione nelle gallerie. In alcuni tratti il doppio senso di marcia non risulta adeguatamente diviso da spartitraffico ma da una semplice doppia striscia continua e lungo la strada sono presenti molti svincoli a raso dove si rileva la mancanza di corsie di emergenza. Il dissesto e la conseguente pericolosità aumentano quando le condizioni meteorologiche si fanno avverse ed, in particolare, in caso di pioggia, che rende invisibile all'automobilista lo stato reale dell'asfalto;
   gli incidenti che si verificano lungo la strada statale 407 sono quasi sempre di grave entità e causano morti e feriti. È utile ricordare l'incidente avvenuto nel mese di febbraio 2016, quando nei pressi di Salandra un veicolo, in mancanza di spartitraffico, ha invaso la corsia opposta provocando un incidente frontale col veicolo che procedeva in senso opposto e causando la morte di tre persone. In seguito, l'associazione di volontariato culturale Ipazia ha promosso una petizione online per chiedere la messa in sicurezza, attraverso l'installazione di uno spartitraffico, del tratto di Basentana dal bivio di Calciano in direzione Metaponto, tratto ormai tristemente noto proprio per la sua pericolosità. L'ultimo incidente in ordine di tempo risale a pochi giorni fa e ha provocato la morte di un automobilista e il ferimento di un secondo;
   con precedente atto di sindacato ispettivo presentato il 1o marzo 2016 nella seduta n. 580 (interrogazione n. 3-02064) a cui non è stata data risposta, l'interrogante evidenziava la pericolosità dell'arteria stradale lucana e il problema della messa in sicurezza, anche in considerazione della designazione di Matera quale Capitale europea della cultura 2019 che incrementerà il traffico veicolare e porterà certamente un numero elevato di turisti a percorrere la Basentana per raggiungere la città dei Sassi –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di rendere sicura la percorribilità della strada statale 407, soprattutto in considerazione dei continui incidenti mortali che si verificano;
   quali iniziative intenda attivare affinché Anas predisponga celermente un piano di ammodernamento della strada statale 407 Basentana nel tratto compreso tra Calciano e Metaponto in entrambi i sensi di marcia, al fine di dotare suddetto tratto di uno spartitraffico centrale e di una corsia di emergenza e di adeguare l'arteria a tutti gli standard che garantiscano la sicurezza degli automobilisti.
(5-09300)


   ALBANELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i lavori di costruzione della strada a scorrimento veloce (SSV) Licodia Eubea-Libertinia, una delle più importanti arterie stradali della provincia catanese, risultano ad oggi ancora incompiuti;
   il progetto della strada, nel Tronco Regalsemi-innesto alla strada statale 117-bis, è costituito da tre lotti:
    a) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale 117-bis. – 1o stralcio funzionale – «variante di Caltagirone» (dal chilometro 3+700 – compreso lo svincolo di S. Bartolomeo – al chilometro 12+470). L'intervento, di importo pari a 143 milioni di euro, è stato completato e aperto al traffico;
    b) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale n. 117-bis. – 2o stralcio funzionale – completamento tratto A: da svincolo Regalsemi (chilometro 0+000) ad inizio variante di Caltagirone (chilometro 3+700). Il progetto di questo lotto è stato approvato e mandato in gara da Anas per un importo di 111 milioni di euro; ad oggi la gara è sospesa e il finanziamento è previsto a valere sulle risorse Fas in fase di definizione da parte della regione; in relazione a questo lotto, il 7 novembre 2013, in risposta ad un'interrogazione della firmataria del presente atto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dichiarava che «sulla base delle informazioni assunte presso il Ministero dello sviluppo economico, in considerazione dell'importanza della SSV Licodia Eubea-Libertinia, a seguito della proposta della Regione Siciliana, è stato disposto il finanziamento dell'intervento per un importo pari a 113,00 milioni di euro a valere sul Piano di Azione Coesione (PAC), a fronte del costo della progettazione esecutiva pari a 111,85 milioni di euro»;
    c) tronco svincolo Regalsemi-innesto strada statale n. 117-bis. – 2o stralcio funzionale – completamento tratto B: da fine variante di Caltagirone (chilometro 12+470) ad innesto strada statale 117-bis (chilometro 20+220). L'opera, con un costo di circa 153 milioni di euro, era inserito nell'Allegato A del piano investimenti ANAS 2007-2011. Allo stato non sono previsti finanziamenti per la realizzazione dell'infrastruttura, risultando necessario aggiornare il progetto e l'importo in considerazione del tempo trascorso e della proposta di inserire lo svincolo di Mirabella Imbaccari;
   il ritardo nella realizzazione degli 11 chilometri mancanti della strada a scorrimento veloce (SSV) Licodia Eubea-Libertinia crea pesanti problemi alla viabilità delle zone interessate –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative urgenti per assicurare al più presto l'inizio dei lavori del secondo lotto della strada a scorrimento veloce (SSV) Licodia Eubea-Libertinia, dallo svincolo di Regalsemi all'inizio della variante di Caltagirone e per accelerare l’iter di realizzazione del terzo lotto, dalla variante di Caltagirone fino all'innesto con la strada statale 117-bis, al fine di completare un'arteria stradale di fondamentale rilevanza per l'area sud-orientale della Sicilia e di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali che tale opera comporta. (5-09302)


   PRODANI, MUCCI e RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dal sito istituzionale dell'autorità portuale di Trieste, «il referente normativo primario del regime giuridico del Porto Franco di Trieste è l'Allegato VIII al Trattato di Pace di Parigi del 1947», mentre negli articoli dall'1 al 20 del Memorandum di Londra del 1954 «sono contenuti i principi fondamentali della disciplina del Porto Franco, i parametri generali di riferimento per lo Stato italiano, competente a darvi attuazione con propri atti»;
   la legge 28 gennaio 1994, n. 84, sul «Riordino della legislazione in materia portuale», all'articolo 6, comma 12, fa salva la disciplina vigente per i punti franchi del porto di Trieste, demandando al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'autorità portuale competente, il compito di stabilirne con un proprio decreto l'organizzazione amministrativa;
   a 22 anni di distanza, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti non ha ancora emanato nessun decreto in materia, causando incertezza sull'applicazione della normativa di agevolazione riservata ai punti franchi triestini e limitandone fortemente lo sviluppo;
   il 17 luglio 2015, nella seduta n. 464, è stato accolto l'ordine del giorno 9/3098-A/92 presentato dall'interrogante durante la discussione in Aula del disegno di legge 1577 (deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) con il quale si impegnava il Governo a «prevedere, in fase di riorganizzazione e semplificazione delle autorità portuali, misure per la salvaguardia dei principi sanciti dai trattati internazionali sottoscritti dall'Italia, che conferiscono ai punti franchi compresi nella zona del Porto Franco di Trieste un particolare regime giuridico e fiscale»;
   in conseguenza dell'articolo 1, commi 618 e 619, della legge 22 dicembre 2014 n. 190, il 26 gennaio 2016 il commissario di Governo della regione Friuli Venezia Giulia ha decretato (Prot. n. 19/8-5/2016) il trasferimento del regime giuridico internazionale di punto franco dal Porto Vecchio a 5 nuove aree individuate come da proposta formulata dall'autorità portuale di Trieste;
   un articolo del 15 Luglio 2016 del blog Faq Trieste illustra la presentazione pubblica, da parte del Comitato coordinamento lavoratori portuali di Trieste, di una bozza del decreto concernente il regime del porto franco internazionale di Trieste;
   la bozza attribuisce all'autorità portuale di Trieste poteri articolati, tra i quali, autorizzare la manipolazione delle merci e alla produzione di beni e servizi, anche a carattere industriale, coordinare le attività svolte dalle pubbliche amministrazioni, adottare i provvedimenti necessari per assicurare la rapidità ed il buon andamento del traffico da e per i punti franchi, fornire l'assistenza tecnica agli investitori. Al Presidente dell'autorità portuale conferisce i poteri del «Direttore del porto franco» previsti dalle norme di cui agli articoli da 1 a 20 dell'Allegato VIII «Strumento relativo al Porto Franco di Trieste» al Trattato di Pace di Parigi e del successivo Memorandum di Londra;
   il Piccolo di Trieste, nell'articolo del 16 luglio 2016 «La bozza è pronta. All'Authority ampi poteri di gestione e autorizzazione degli investimenti. La firma attesa a luglio», afferma come: «(...)per ora si tratta di una bozza, elaborata dallo Studio Zunarelli per conto del Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, alla cui stesura ha collaborato l'Authority, che ha coordinato le posizioni di diversi attori, fra cui le Dogane e il Coordinamento dei lavoratori portuali. Il testo è arrivato da alcuni giorni sui tavoli delle parti. Una volta che ciascuna avrà apportato eventuali osservazioni, e rispedito il testo al dicastero, il provvedimento sarà pronto per la firma del Ministro Graziano Delrio.»;
   il segretario generale dell'autorità portuale di Trieste, Mario Sommariva, nella nota stampa osserva: «queste norme sono collegate al decreto legislativo che definirà le autorità portuali di sistema. L'auspicio è che la firma del Ministro sia posta entro metà luglio». «La nuova normativa sulla gestione e la regolamentazione dei punti franchi si applicherà alle aree del Porto nuovo e ai punti franchi creati di recente con lo spostamento di parte del Punto franco vecchio a Fernetti, Prosecco, I Canale navigabile, alle Noghere e all'area Teseco». In proposito, Sommariva sottolinea che il decreto, all'articolo 3, comma 4, dando al presidente dell'Authority i poteri di direttore del porto franco (previsto dall'Allegato VIII del Trattato di pace) «va oltre la legge 84/94 e regolamenta la gestione in punto franco delle aree retro-portuali». Sommariva, in ultimo, conclude dichiarando: «(...) stiamo lavorando intensamente per attrarre investitori internazionali. È una nuova visione del porto franco come collettore di investimenti che si integrano con i traffici»;
   nell'articolo de Il Piccolo, inoltre, il segretario del Coordinamento Lavoratori Portuali di Trieste, Stefano Puzzer, rimarca che: «dopo lo sciopero dell'agosto 2015 (organizzato dai lavoratori portuali per richiedere l'applicazione dell'Allegato VIII all'interno dello scalo triestino) l'Autorità Portuale (...) ha rispettato l'impegno di creare una commissione di studio sull'Allegato VIII, alla quale ha preso parte il nostro legale Nicola Sponza (...). Il primo risultato è questa bozza del decreto attuativo del regime di porto franco». «Si aprono grandi potenzialità per il porto – ha rilevato a sua volta Sponza – l'Authority avrà la piena potestà sul porto franco, autorizzando e gestendo gli investimenti»;
   la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani nell'articolo pubblicato da il Piccolo il 17 giugno 2016 ha dichiarato che: «con questo decreto l'antica disciplina del porto franco, che ha reso grande questa città, può rientrare a pieno titolo nel futuro industriale e logistico che stiamo costruendo a Trieste (...)»:
   la nota stampa spiega come: «le prerogative dei punti franchi di Trieste erano già state preservate nella riforma della portualità nazionale e ora con questo documento, su cui si è cominciato a lavorare più di un anno fa, i traffici portuali si potranno evolvere ispirandosi alle più avanzate esperienze europee". Nei fatti il Porto Franco giuliano possiede prerogative relative al deposito ed al transito delle merci che sono antecedenti ai trattati europei e da questi sempre fatti salvi (...)» –:
   se intenda definire chiaramente le tempistiche per la firma del decreto concernente il regolamento amministrativo dei punti franchi del Porto franco internazionale di Trieste, a garanzia della certezza normativa necessaria per il pieno sviluppo della portualità triestina.
(5-09303)


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge, n. 133 del 2014, meglio come conosciuto come decreto «Sblocca Italia», all'articolo 17-bis, inserito nel corso dell'esame alla Camera, così prescrive: «il Governo, le regioni e le autonomie locali, in attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in sede di Conferenza unificata accordi ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'adozione di uno schema di regolamento edilizio-tipo, al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti. Ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e) e m), della Costituzione, tali accordi costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti la tutela della concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Il regolamento edilizio-tipo, che indica i requisiti prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico, è adottato dai comuni nei termini fissati dai suddetti accordi, comunque entro i termini previsti dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni»;
   notizia di stampa della fine del 2015 anno riferivano della conclusione dell’iter in sede di Conferenza unificata entro e non oltre novembre 2015;
   come si evince da un'agenzia Ansa del 28 aprile 2016 nel corso di un'audizione in Parlamento il ministro Madia ha affermato che il lavoro sul regolamento unico comunale sta andando avanti e nonostante il ritardo quel che c'era di più impegnativo è stato fatto, l'8 febbraio è stata licenziata la lista delle 42 definizioni uniformi e inderogabili, anche grazie al lavoro svolto dal Ministro Delrio. Adesso, prosegue il Ministro, si sta completando lo schema tipo, unico, che auspichiamo si concluda rapidamente. Una rivoluzione vista la giungla di partenza: ogni regolamento edilizio comunale detta definizioni diverse, perfino la nozione di superficie e il modo di calcolarla cambia da un comune all'altro;
   il 27 luglio 2016 un articolo pubblicato dal Corriere della Sera, a firma di Sergio Rizzo, ritorna sulla questione della mora nell'emanazione del regolamento unico comunale per gli otto mila comuni italiani descrivendo le grosse difficoltà nella redazione delle «definizioni uniformi», una gestazione «più lunga della scrittura della Costituzione repubblicana»;
   l'attesa nell'emanazione di detto regolamento è anche ascrivibile alle notevoli difficoltà incontrate con regioni e comuni nel trovare un accordo sul testo definitivo –:
   quali siano i tempi per la definizione dello schema di regolamento edilizio Tipo e quali iniziative intenda intraprendere affinché esso venga definito al più presto. (5-09317)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DAGA, TERZONI, MANNINO, MICILLO, BUSTO, DE ROSA, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel maggio 2014 è stato approvato il decreto-legge n. 47 del 2014 convertito dalla legge n. 80 del 2014 che, all'articolo 1 prevede il finanziamento di due fondi, quello nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, istituito dalla legge 9 dicembre 1998, n. 431 e quello destinato agli inquilini morosi incolpevoli, istituito dall'articolo 6, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124;
   all'articolo 10 del decreto sono introdotte misure volte a favorire la riduzione del disagio abitativo attraverso l'aumento dell'offerta d i alloggi sociali in locazione prevedendo al comma 6 che, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni definiscono, qualora non siano già disciplinati da norme vigenti e per i casi non disciplinati da convenzioni già stipulate, i requisiti di accesso e di permanenza nell'alloggio sociale, i criteri e i parametri atti a regolamentare i canoni minimi e massimi di locazione, di cui al decreto ministeriale in attuazione dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, e i prezzi di cessione per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita. Le regioni, entro il medesimo termine, definiscono la durata del vincolo di destinazione d'uso, ferma restando la durata minima di quindici anni per gli alloggi concessi in locazione e di otto anni per gli alloggi concessi in locazione con patto di futura vendita o con patto di riscatto. Le regioni possono introdurre norme di semplificazione per il rilascio del titolo abilitativo edilizio convenzionato e ridurre gli oneri di urbanizzazione per gli interventi di cui al presente articolo. Al comma 7, che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e comunque anteriormente al rilascio del primo titolo abilitativo edilizio di pertinenza, i comuni approvano i criteri di valutazione della sostenibilità urbanistica, economica e funzionale dei progetti di recupero, riuso o sostituzione edilizia e determinano le superfici complessive che possono essere cedute in tutto o in parte ad altri operatori ovvero trasferite su altre aree di proprietà pubblica o privata, per le medesime finalità di intervento, con esclusione delle aree destinate all'agricoltura o non soggette a trasformazione urbanistica dagli strumenti urbanistici, nonché di quelle vincolate ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;
   all'articolo 3, comma 1, il decreto prevede:
    «1. All'articolo 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. In attuazione degli articoli 47 e 117, commi secondo, lettera m), e terzo della Costituzione, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, i livelli essenziali delle prestazioni e favorire l'accesso alla proprietà dell'abitazione, entro il 30 giugno 2014, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa della Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approvano con decreto le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste dalla legge 24 dicembre 1993, n. 560. Il suddetto decreto dovrà tenere conto anche della possibilità di favorire la dismissione degli alloggi nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica è inferiore al 50 per cento oltre che in quelli inseriti in situazioni abitative estranee all'edilizia residenziale pubblica, al fine di conseguire una razionalizzazione del patrimonio e una riduzione degli oneri a carico della finanza locale. Le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente.»;
   l'articolo 4 del decreto-legge 47 del 2014, convertito dalla legge n. 80 del 2014, prevede con una tempistica ben chiara l'approvazione di un decreto attuativo volto a promuovere un programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica; lo stesso articolo prevede che: «Il Governo riferisce alle competenti Commissioni parlamentari circa lo stato di attuazione del Programma di recupero di cui al presente articolo decorsi sei mesi dall'emanazione del decreto di cui al comma 1 e successivamente ogni sei mesi, fino alla, completa attuazione del Programma»; l'articolo 14, del cosiddetto decreto-legge «giubileo», recante «Interventi in materia di edilizia residenziale pubblica», prevede: «Al fine di incentivare il programma di recupero di immobili e alloggi di edilizia residenziale pubblica anche per prevenire fenomeni di occupazione abusiva, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2015 da ripartire sulla base del programma redatto ai sensi dell'articolo 4 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80; nella seduta dell'VIII Commissione (Ambiente) del 29 ottobre 2015, in risposta all'interrogazione n. 5/06737, il Governo ha sostenuto che: «i fondi disponibili in questa prima fase renderanno possibile intervenire su circa 4400 alloggi con interventi di lievi entità e su oltre 18.000 alloggi con interventi di ripristino di alloggi di risulta e di manutenzione straordinaria. Ciò posto, è intenzione del MIT rafforzare l'intervento sull'edilizia residenziale pubblica con il rifinanziamento del programma di recupero mediante il reperimento di nuove risorse»;
   nella seduta dell'VIII Commissione (Ambiente) del 10 febbraio 2016, in risposta all'interrogazione n. 5-07746, il Governo ha sostenuto che: «All'inizio del mese di dicembre 2015, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha provveduto a mettere a disposizione dei bilanci regionali le prime risorse finanziarie limitatamente agli interventi di lieve entità per le annualità 2014-2015 con importo complessivo di 25 milioni di euro;
   considerato che i sopracitati decreti prevedono l'ultimazione degli interventi di lieve entità entro 60 giorni dalla data del provvedimento regionale di concessione del contributo ai soggetti attuatori, i primi esiti del programma potranno essere conosciuti non prima del mese di aprile;
   all'articolo 11 il decreto relativamente all'attuazione del provvedimento, rimanda a quanto previsto agli articoli 1, 4 e 10 –:
   se il Ministro interrogato, in base a quanto previsto dalle norme riportate in premessa, sia in grado di fornire i dati sullo stato di attuazione dell'intero provvedimento e, in particolare, relativamente allo stato di attuazione del programma di recupero previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 47 del 2014. (4-13970)


   POLVERINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 25 luglio 2016 a Porta Maggiore, in Roma, si è registrato l'ennesimo incidente che ha coinvolto due mezzi del trasporto pubblico locale (nello specifico il tram numero 3 e il trenino Termini-Centocelle) e che ha causato il ferimento di almeno cinque persone;
   l'incidente è purtroppo soltanto l'ultimo di una lunga serie, fra i quali si segnalano a titolo non esaustivo i seguenti:
    il 5 giugno 2015, un gravissimo incidente nella linea metropolitana B ha provocato il ferimento di 21 persone;
    il 1o ottobre 2015, a causa del manto stradale, un autobus in piazza della Rovere ha perso un pannello copri-batteria che ha colpito, ferendola gravemente, una donna che procedeva in direzione opposta;
    il 15 ottobre, un treno della Metropolitana A è leggermente deragliato, fortunatamente prima di far salire i passeggeri al capolinea della stazione Anagnina;
    il 5 gennaio 2016, un autobus della tratta 714 è stato coinvolto in un incidente che ha provocato il ferimento di nove persone, compreso l'autista;
    il 16 marzo 2016 un pannello interno all'autobus della tratta 980 si è improvvisamente staccato, non provocando fortunatamente feriti; incidenti simili erano accaduti anche nei giorni precedenti, con conseguenze ben più gravi, in quanto un uomo è stato costretto a ricorrere ad undici punti di sutura, mentre una donna ha subito una significativa contusione;
    il 24 aprile 2016, un autobus in servizio notturno si è schiantato contro uno spartitraffico in via Tiburtina, con il ferimento dell'autista e di due passeggeri;
    il 28 maggio 2016, un uomo è scivolato sui binari della stazione Cipro della linea metropolitana A;
    il 1o giugno 2016 un autobus della tratta 495 è stato oggetto di un incendio, che, soltanto grazie al pronto intervento del Corpo dei vigili del fuoco non ha provocato feriti;
   il personale viaggiante e il personale dedicato alla verifica dei titoli di viaggio di ATAC sono soggetti ad aggressioni sempre più frequenti e violente;
   nella giornata del 26 luglio 2016 l'Unione generale del lavoro federazione nazionale autoferrotranvieri ha effettuato uno sciopero proprio per richiamare l'attenzione delle Istituzioni e dell'opinione pubblica sul tema della sicurezza dei trasporti con riferimento al parco mezzi circolante, alle condizioni delle infrastrutture, specie metro-ferroviarie, comprese le tratte ferroviarie in concessione, e alla giusta esigenza di garantire l'incolumità del personale e degli utenti;
   l'astensione del lavoro segue ad una vertenza che l'organizzazione sindacale ha intrapreso già dal 30 novembre 2015, con l'avvio delle procedure previste dalla normativa, a cui hanno fatto seguito una serie di incontri con l'azienda, conclusi con verbali che non risulterebbero mai rispettati dalla stessa;
   come ampiamente dimostrato, larga parte degli incidenti sono da addebitarsi a carenze infrastrutturali, alla mancanza o all'inefficienza dei dispositivi di sicurezza, tali da ridurre al massimo l'imponderabile ed imprevedibile errore umano, e/o alle condizioni del manto stradale;
   in un report la stessa ATAC ha evidenziato come, sui 1.920 autobus che compongono il parco mezzi, quelli in effettiva circolazione sarebbero solo 1.303, mentre su 164 tram quelli autorizzati a circolare sarebbero 65 e su 30 filobus quelli in circolazione giornaliera sarebbero 12. Dei circa 730 mezzi non circolanti, il 23 per cento sono mezzi inutilizzabili e il 31,3 per cento sono vetture ferme per mancanza di materiale –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per garantire la sicurezza dei mezzi di trasporto di Atac e l'incolumità del personale dipendente e degli utenti del servizio. (4-13976)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 luglio 2016 il sito internet « Giornale del Cilento» riferiva la notizia che un ragazzo di 24 anni di etnia Rom, irrompeva negli uffici del comune di Vallo della Lucania, reclamando l'assegnazione di un alloggio popolare, aggredendo il vicesegretario comunale, l'assessore alle politiche sociali ed un'impiegata;
   nell'aggressione il vicesegretario comunale — dottore Ogliaruso – veniva violentemente colpito ad uno degli arti superiori, costringendolo a sottoporsi alle cure del locale ospedale, dal quale veniva dimesso con prognosi di cinque giorni;
   l'aggressore, a quanto consta all'interrogante, è potuto entrare senza alcun controllo nella sede comunale e girare indisturbato negli uffici comunali;
   l'articolo 54, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, come modificato dal decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, prevede che «il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato, provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione» –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti descritti in premessa, e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per garantire la sicurezza e l'incolumità del personale dipendente e dei cittadini che si recano presso gli uffici comunali.
(5-09306)


   TARICCO, LUCIANO AGOSTINI, ROMANINI, BORGHI, TERROSI, CASATI, GNECCHI, MOGNATO e PICCIONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 maggio 2016 alle ore 22,20, il responsabile della sezione ANPI di Quarona in provincia di Vercelli, Marco Bozzo Rolando, mentre si trova al cinema a Borgosesia, viene raggiunto da una telefonata che lo informa che la sua abitazione, posta in frazione Valmaggiore nel comune di Quarona, sta bruciando. Risulta bruciato un portico retrostante l'abitazione ove erano collocate diverse attrezzature agricole e la moto di proprietà;
   Marco Bozzo, ex sindacalista CGIL ora in pensione, da sempre iscritto e protagonista dell'ANPI di Quarona, nel dicembre del 2015 all'atto della diffusione della notizia dell'arrivo in valle di alcuni profughi, è stato promotore di iniziative di accoglienza e di solidarietà verso i previsti migranti che sarebbero stati ospitati in una struttura religiosa sita nella frazione di Valmaggiore, ove lui stesso abita;
   contemporaneamente, nella frazione si era costituito un comitato contro i profughi, che usava toni e frasi sopra le righe, ricorrendo anche a intimidazioni non molto velate contro il responsabile dell'ANPI Marco Bozzo, permettendosi anche di sollevare situazioni personali del tutto estranee alla problematica della frazione;
   nei mesi tra marzo e aprile 2016, sono stati destinati diversi migranti in alcune località della Valsesia, fra le quali la città di Borgosesia e la frazione Valmaggiore nel comune di Quarona. L'amministrazione di Borgosesia, all'arrivo di 6 migranti ospitati in una struttura della Chiesa, per quanto risulta agli interroganti immediatamente avrebbe fatto eseguire uno scavo attraverso la strada di accesso alla struttura, bloccando con transenne per un giorno intero la circolazione e i migranti nella struttura;
   nel merito dell'incendio presso l'abitazione di Marco Bozzo, i vigili del fuoco, valutandone la natura e le cause, hanno espresso un giudizio chiaro, dichiarandolo doloso;
   è comprensibile che, in una situazione di oggettiva difficoltà e di clima di questo tipo, fomentato da dichiarazioni e gesti di intolleranza e odio, ed anche da scelte della amministrazione locale discutibili, le manifestazioni di rabbia e violenza abbiano potuto trovare contesto favorevole per proliferare, rischiando di causare così danno a cose e rischiando di coinvolgere anche persone;
   è inaccettabile, ad avviso degli interroganti, che, in una situazione storica e sociale come quella attuale, che richiedono azioni di accoglienza, comprensione, tolleranza, possano accadere eventi che al contrario, cercano di fomentare l'odio, la violenza e l'incomprensione, sfruttando le già serpeggianti difficoltà che toccano tutti in modo trasversale, per farne amplificazione di azioni deplorevoli;
   si rende sempre più necessario che adeguate risposte concrete di contrasto a questi messaggi negativi e distruttivi per la società vengano date nell'immediato a livello istituzionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e della situazione descritta e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, al fine di evitare episodi che, in questo come in altri casi analoghi, nel territorio della Valsesia come in tanti altri territori, stanno generando un clima di tensione, violenza, e intolleranza;
   se non ritenga necessario mettere in atto iniziative tendenti a riaffermare i principi di tolleranza, accoglienza, democrazia in cui il nostro Paese crede fermamente e che governano il nostro quotidiano agire. (5-09307)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRANCO BORDO e SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   al fine di rendersi personalmente conto della situazione, giovedì 21 luglio 2016 gli interroganti hanno passato la serata presso la stazione ferroviaria della città di Como, in cui sostano dai primi giorni di luglio molti profughi, in massima parte eritrei, ma anche etiopi, ghanesi e provenienti da altre regioni africane, che tentano quotidianamente di recarsi in Svizzera per raggiungere la Germania ed altri Paesi del nord Europa per trovare rifugio e ricongiungersi a parenti e conoscenti;
   la frontiera Svizzera risulta chiusa per loro e i profughi che riescono ad arrivare a Chiasso vengono rinviati in Italia. Queste persone, prive di pubblica assistenza, rimangono giornate e notti intere nei pressi della stazione nella speranza di poter risalire su un treno che permetta loro di oltrepassare la frontiera;
   per affrontare l'emergenza l'8 luglio si è attivata le Rete Como senza Frontiere alla quale hanno già aderito tra gli altri: Arci Como, Arci-ecoinformazioni, Casa d'Arte asd, Unione Sportiva Acli, Cgil Como, Comitato Cantù antifascista, Coordinamento Arte migrante Como, Coordinamento comasco per la Pace, Donne in nero Como, L'isola che c’è, Missionari comboniani di Como e Venegono, Parrocchia di Rebbio, Scuola di italiano di Rebbio, Unione degli studenti Como, alcuni consiglieri comunali;
   la rete dei servizi per la grave marginalità (comune, Caritas, Croce rossa italiana, ed altre organizzazioni) si sta prodigando per gestire la situazione, ma denuncia una mancanza di coinvolgimento delle istituzioni, Stato e regione;
   purtroppo, nonostante lo straordinario impegno e la solidarietà di cittadini e cittadine, di fatto si è creato un accampamento nel parco antistante la stazione ferroviaria;
   la stazione ferroviaria rimane chiusa di notte dall'1,15 e i bagni vengono chiusi dalle 21;
   dal 22 luglio 2016 nel parcheggio dell'ex Stecav (una struttura del comune) sita in viale Innocenzo XI, di fianco al comando della polizia locale, nei pressi della stazione San Giovanni, sono stati montati due tendoni (6 metri per 9) per ospitare di notte donne e bambini. Come servizi igienici vengono utilizzati i bagni presenti nella vicina struttura dell'ex Stecav;
   il comitato provinciale della Croce rossa italiana funge da unico punto di riferimento per gli aspetti igienico-sanitari, gestendo il coordinamento delle relative azioni ed assicurando la presenza di un presidio mobile sanitario, nonché l'installazione di moduli di servizi igienici in prossimità della stazione, d'intesa con il comune di Como e Centostazioni;
   la Caritas Diocesana coordina la regolare fruizione delle docce presenti negli spazi messi a disposizione dal Collegio Gallio (docce e bagni sono disponibili dal 23 luglio);
   la Caritas Diocesana coordina la distribuzione del vestiario, della biancheria e di altri generi di prima necessità;
   mancano mediatori linguistici, fondamentali per approfondire le singole situazioni e cercare di porre il più possibile rimedio alle differenti e gravissime condizioni in cui versano queste persone;
   tale situazione, da un momento all'altro, potrebbe determinare episodi di violenza da parte di persone intolleranti o di movimenti della destra xenofoba;
   la prefettura il 21 luglio 2016 ha nominato il comune coordinatore degli interventi, ma senza stanzi enti di risorse economiche, il che pone l'amministrazione comunale in stato di grande difficoltà;
   all'incontro del 22 luglio tra la delegazione delle forze politiche della maggioranza nel consiglio comunale di Como ed il prefetto di Como, è stata nuovamente richiesta l'attivazione della protezione civile, ed è stato confermato dalle forze politiche che l'emergenza che ci si trova a gestire sul territorio comunale non è un problema locale ma nazionale, per il quale le risorse delle realtà istituzionali e associative del territorio possono, col perdurare dell'emergenza, risultare insufficienti, nonostante gli sforzi, l'impegno, l'attenzione dei comaschi. È necessario (seppur non sempre facile da farsi) conciliare il rispetto della normativa vigente con l'attenzione concreta ai problemi. Le soluzioni messe in campo da comune, Coordinamento dei servizi per la grave marginalità, e rete «Como senza frontiere», rappresentano al momento una risposta positiva e generosa (che gli interroganti si sono impegnati a sostenere e far conoscere) ai bisogni manifestati dalle persone che si trovano in stazione. Il prefetto ha nuovamente dato una risposta negativa, poiché la prefettura ritiene che la situazione debba essere gestita esclusivamente sotto il profilo dell'ordine pubblico –:
   quali iniziative urgenti intenda mettere in atto il Ministro dell'interno per risolvere la complessa situazione presente nella città di Como e in cui versano moltissime persone già in condizioni di grave disagio;
   quali iniziative si intendano assumere affinché la prefettura coordini le azioni necessarie per l'accoglienza, l'assistenza e il ricovero dei profughi bloccati alla frontiera di Chiasso, azioni che non possono evidentemente ed in alcun modo pesare dal punto di vista organizzativo ed economico sul solo comune di Como;
   quali iniziative intenda attivare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale affinché la Repubblica Elvetica predisponga dei «corridoi umanitari» per i profughi che intendono attraversare il territorio svizzero.
(4-13954)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni di luglio 2016 la prefettura di Macerata ha disposto unilateralmente l'invio nel comune di Potenza Picena di ventidue richiedenti asilo, alloggiandoli in un immobile privato ubicato in centro, concesso in gestione al «Gruppo Umana Solidarietà»;
   nel mese di gennaio 2016 la prefettura si era rivolta all'amministrazione comunale chiedendo un parere su tale operazione, e la risposta era stata negativa per una serie di fattori, quali il pregio dell'immobile destinato all'accoglienza, la sua ubicazione nel centro urbano e le possibili problematiche legate all'utilizzo dell'immobile per tali finalità;
   nonostante il parere negativo espresso dall'amministrazione comunale di Potenza Picena, in data 7 giugno la prefettura ha riproposto la sua istanza, chiedendo una valutazione all'ufficio tecnico comunale «in ordine alla regolarità urbanistica della stessa e alla sua effettiva capacità ricettiva», ma il successivo 9 luglio, mentre l'Utc stava ancora predisponendo la valutazione, è arrivata la comunicazione che l'immobile era già stato assegnato all'accoglienza dei richiedenti la protezione internazionale;
   successivamente, in data 8 luglio, la prefettura ha inviato un'ulteriore nota all'amministrazione comunale, asserendo di aver «avuto modo di acquisire» documentazione di varia provenienza, tra cui anche una nota dell'area lavori pubblici e urbanistici del comune di Potenza Picena che certificherebbe l'idoneità della struttura ad essere adibita all'accoglienza dei migranti, e quindi comunicava formalmente l'invio degli stessi;
   la nota del predetto ufficio comunale, tuttavia, a quanto risulta all'interrogante accertava la sola presenza del requisito dimensionale, mentre si affermava di non poter garantire con certezza la regolarità dell'impiantistica dell'immobile, se non a seguito di accertamenti da espletare;
   il parere delle amministrazioni comunali in merito alle operazioni di distribuzione dei richiedenti asilo sul territorio nazionale non è vincolante, ma prescinderne può comportare conseguenze anche gravi sulla pacifica convivenza della comunità cittadina, esattamente come segnalato nel caso di specie da parte del sindaco –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito.
(4-13955)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da molti mesi tutta la provincia di Brindisi, in particolare l'area della città di Ceglie Messapica, è interessata da una forte attività criminale consistente in atti intimidatori ai da i di cittadini e amministratori pubblici. In pochi giorni, nel comune di Ceglie Messapica c’è stato un accoltellamento in strada fra stranieri e tre auto sono state date alle fiamme, una delle quali di proprietà di un consigliere comunale; il 2 maggio 2016, in via Enrico Fermi, sempre nel comune di Ceglie Messapica, sono bruciate tre auto; il 5 aprile, nello stesso comune, ignoti si sono introdotti nella residenze estiva di un noto imprenditore della zona per rubare alcune strumentazioni provocando un incendio che ha distrutto mobili e suppellettili dell'abitazione; nel novembre del 2015 hanno preso fuoco le auto del custode del camposanto di Ceglie Messapica e di un ex impresario funebre;
   mesi fa l'interrogante aveva chiesto pubblicamente un consiglio monotematico sull'ordine pubblico, ma la richiesta non era stata presa in considerazione dal sindaco, nonostante gli incendi di auto e gli altri episodi legati alla criminalità siano così frequenti;
   già nel novembre 2014 il firmatario del presente atto aveva rivolto un'interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'interno, la n. 4/06794, avente ad oggetto le medesime problematiche, senza ricevere risposta;
   ad oggi la situazione parrebbe essere peggiorata e con ogni evidenza le autorità preposte non sono state in grado di mettere in atto provvedimenti efficaci e di misura per riportare la situazione alla normalità, malgrado l'interlocuzione avuta con il prefetto di Brindisi e il questore e la conseguente convocazione del «comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza» –:
   se il Ministro dell'interno intenda intervenire tempestivamente, se del caso, partecipando personalmente ad una nuova riunione del «Comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza» nella quale vengano coinvolte le istituzioni locali e le rappresentanze politiche del territorio come sinonimo di presenza forte dello Stato;
   se si intendano altresì assumere iniziative affinché gli organici delle stazione dei carabinieri di Ceglie Messapica o della tenenza di San Vito possano essere implementati delle figure mancanti, di mezzi e attrezzature, così come quelli delle altre stazioni della provincia che, in evidente stato di carenza, non riescono a fronteggiare a pieno la grave situazione legata all'ordine pubblico;
   se, vista la grave situazione descritta, si intenda fare in modo che il personale del 1o reggimento Battaglione San Marco di Brindisi possa essere impiegato in operazioni di controllo del territorio, unitamente alle forze dei carabinieri e della polizia di Stato, dando così un grande contributo alla sicurezza dei cittadini e dei tanti turisti che, malgrado il danno d'immagine, continuano ad affollare la provincia nei mesi estivi. (4-13959)


   ALLASIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apprese dalla stampa, pare che circa una sessantina di immigrati, tutti maschi tra i 18 e 35 anni, verranno nei prossimi giorni trasferiti nell'ex hotel Monte Rosa, in via XXV aprile, nel quartiere di Cavoretto a Torino;
   sempre da recenti articoli apparsi sui quotidiani, si apprende inoltre che, nei giorni scorsi, sono giunti nella struttura di cui sopra già dieci immigrati, pare eritrei e richiedenti asilo, ma che nei prossimi giorni ne arriveranno altri, di diverse nazionalità;
   lo stabile è un vecchio albergo in cima a viale XXV aprile, chiuso da un anno e mezzo ma recentemente adibito a centro di accoglienza per opera di due cooperative: Carapace e Sanitalia;
   le due cooperative, pare, abbiano provveduto a ristrutturare l'immobile per ricavarne cucina, soggiorno, infermeria e sedici stanze con bagno per la sessantina di immigrati che qui giungeranno prossimamente;
   la prefettura ha assegnato alle due cooperative, Carapace e Sanitalia, l'appalto per il servizio accoglienza dei 52 immigrati nel quartiere Corvetto mediante assegnazione diretta e, dunque, senza procedere a bando;
   la struttura prescelta è, altresì, 50 metri a una scuola elementare, la Balbis Garrone in via Nuova n. 2,
   dunque, la notizia dell'imminente arrivo di sessanta immigrati a Cavoretto, previsto per i prossimi giorni, ha provocato subito grande sconcerto ed enorme preoccupazione tra i residenti del borgo, un piccolo paese collinare slegato dalla città e di solo 4 mila abitanti;
   i residenti della frazione di Cavoretto, per le ragioni e le motivazioni sopra espresse, stanno organizzando delle manifestazioni di protesta al fine di sensibilizzare le autorità competenti circa i rischi e le conseguenze della decisione di destinare l'ex hotel Monte Rosa a centro di accoglienza –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e riportato dalla stampa, e se ciò corrisponda al vero;
   quali siano state le motivazioni e di chi sia stata la decisione di collocare un centro di accoglienza in una struttura a pochi metri da una scuola, posto che la scelta effettuata rischia di destabilizzare gli equilibri del quartiere, che convive già, nella stessa circoscrizione, con le problematiche delle palazzine occupate dell'ex Moi;
   quali iniziative immediate intenda intraprendere al fine di dare riscontro alle legittime preoccupazioni espresse dalla cittadinanza;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per revocare l'affidamento del servizio di accoglienza alle due cooperative nell'ex hotel Monte Rosa e, in caso contrario quali controlli, per la sicurezza e la pacifica convivenza nel quartiere, intenda assicurare. (4-13961)


   NUTI e LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   gli organi di informazione hanno recentemente divulgato numerose notizie su presunti brogli elettorali che sarebbero avvenuti in occasione del rinnovo degli organi elettivi del comune di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli;
   come pubblicamente denunciato nel corso della trasmissione televisiva Tagadà, in un video intervista anonima, un soggetto ammetterebbe l'esistenza di un vero e proprio radicato e proficuo sistema di scambio elettorale politico-mafioso o quanto meno di corruzione elettorale che avrebbe inquinato gravemente il voto del 5 giugno 2016 a Castellammare di Stabia, ammettendo tra l'altro di aver presto attivamente parte a tale sistema;
   nel video, infatti, l'anonimo dichiara «il mercato del voto è diventato un mercato ortofrutticolo; si contrattava al prezzo più basso per il voto, quindi chi offriva di più, chi offriva di meno, chi offriva più soldi a più persone, chi offriva meno soldi a meno persone; è un mercato della frutta in poche parole, un mercato proprio. Sono stato avvicinato nei giorni precedenti il voto dicendomi che c'era l'opportunità di guadagnare una cosa di soldi in maniera facile e veloce: portando anche degli amici avrei guadagnato qualcosa di più. Il voto è stato comprato a 50 euro con una fotografia. Mi hanno dato fuori dal seggio un facsimile, cioè una finta scheda elettorale con i segni già sbarrati delle persone, i nomi scritti delle persone che dovevo votare. All'interno dovevo portare il mio telefono e scattare una fotografia con il voto assegnato a chi di dovere e i soldi li ho avuti all'esterno del seggio quando gli ho fatto vedere la foto»; l'anonimo ha dichiarato di aver guadagnato circa 1500-2000 euro portando 50-60-70 persone a votare, tra amici, familiari, conoscenti, persone che avevano bisogno quella mattina di 20-30 euro per fare la spesa; l'anonimo ha continuato dicendo che: «[...] Almeno come mi è stato detto in questo ambiente almeno 1500-2000 persone fuori dai seggi compravano voti, anche con buoni spesa da 7 euro. Al Centro è stato un po’ più difficile: Mi hanno detto che sono stati pochi i voti comprati là però nelle periferie dove c’è più fame, più bisogno dei 20 euro giornalieri, sì, sono stati comprati molti voti»;
   nel video, inoltre, l'anonimo descrive il passaggio di candidati da uno schieramento all'altro, dal centrodestra al centrosinistra e viceversa, dichiarando che sono sempre le stesse persone a comprare il voto: «sono sempre gli stessi, a destra e sinistra, dipende dove stanno. Vogliono solo il potere in politica, poi non so come fanno a spendere 20-30 mila euro per consiglio comunale, poi quando guadagnano circa 70 euro al mese»;
   il 5 giugno, inoltre, tre elettori erano stati fermati per aver fotografato le schede elettorali con l'espressione della propria preferenza all'interno della cabina elettorale;
   questo dato viene reso ancora più critico dai quasi mille duplicati elettorali richiesti nei giorni antecedenti il voto, così come già avvenuto per le scorse elezioni comunali a Castellammare di Stabia;
   la procura della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata ha già aperto un'inchiesta sulle anomalie riscontrate nel corso delle elezioni amministrative a Castellammare di Stabia il 5 giugno 2016;
   inoltre, già in occasione delle precedenti tornate elettorali del 2010, erano state denunciate numerose irregolarità e l'emissione sospetta di centinaia di duplicati delle tessere elettorali;
   si evidenzia che questo territorio è terreno fertile per l'attività della criminalità organizzata di tipo mafioso, come dimostrano le numerose inchieste giudiziarie e giornalistiche; infatti, si può leggere nella relazione della direzione nazionale antimafia per il 2015, presentata nel mese di febbraio 2016, che le città di Castellammare di Stabia e di Torre Annunziata rappresentano le capitali del traffico internazionale di stupefacenti, confermando le ormai consolidate relazioni affaristiche che intercorrono tra narcotrafficanti della criminalità organizzata campana e narcotrafficanti di nazionalità straniera;
   è doveroso a questo proposito ricordare che nel febbraio 2009 fu assassinato il consigliere comunale Luigi Tommasino, del Partito Democratico, lo stesso partito che annoverava tra i suoi iscritti locali esponenti della camorra stabiese, tra i quali, addirittura uno degli assassini di Tommasino;
   nel 2012 invece, organi di stampa denunciarono presunte infiltrazioni della camorra tra i propri iscritti nel PdL locale, che allora governava la città;
   quanto finora descritto, secondo gli interroganti, è un quadro desolante, ove il condizionamento del voto è stato profondo e radicato nel tempo, stante i precedenti delle votazioni del 2010 nonché la contiguità di alcuni esponenti politici locali con la camorra –:
   se non intenda garantire una maggior presenza delle forze dell'ordine nei pressi dei seggi elettorali al fine di ostacolare la compravendita di voti;
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di contribuire a far luce per quanto di competenza, sulla regolarità del voto avvenuto il 5 giugno 2016. (4-13966)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nell'ormai lontano 2011 il comune di Cinisello Balsamo deliberò l'acquisto di un sistema di foto-segnalamento, allo scopo di migliorare le condizioni di sicurezza locali;
   l'installazione di sistemi di foto-segnalamento nei luoghi pubblici, in effetti, è considerata un'efficace forma di deterrenza nei confronti della criminalità;
   la decisione di acquistare i sistemi di foto-segnalamento venne assunta sulla base di un patto per la sicurezza stretto allora tra i comuni di Milano, Cinisello Balsamo, Lentate sul Seveso, Barlassina, Paderno Dugnano, Solaro, Bresso, Bollate, Senago, Cesano Maderno, Limbiate e Bovisio Masciago;
   per l'acquisto dei sistemi di foto-segnalamento, il comune di Cinisello Balsamo spese oltre 50 mila euro;
   malgrado il perfezionamento dell'acquisto dei sistemi di foto-segnalamento, il comune di Cinisello Balsamo non ha mai potuto procedere alla loro installazione in luogo pubblico nel proprio territorio di competenza, apparentemente a causa della mancanza di una specifica autorizzazione da parte del Ministero dell'interno –:
   quali ragioni ostino alla concessione da parte del Governo delle autorizzazioni necessarie al comune di Cinisello Balsamo per poter installare in luogo pubblico i sistemi di foto-segnalamento acquistati sin dal 2011;
   se il Governo non ritenga opportuno rompere gli indugi e permettere al comune di Cinisello Balsamo di procedere all'installazione in luogo pubblico dei sistemi di foto-segnalamento acquisiti concedendo la necessaria autorizzazione. (4-13968)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 luglio 2016 sera, ha avuto luogo nella stazione ferroviaria di San Giovanni a Como un concerto gratuito nel quale alcuni artisti comaschi si sono esibiti a beneficio dei migranti irregolari ospitati nei pressi dell'infrastruttura;
   risultano aver partecipato, in particolare, Filippo Andreani, i Potage, i Sulutumana, i Leeches, i Fleur del Maldives, i Musica Spiccia, trampolieri ed artisti da strada, di fronte ad un pubblico composto da un centinaio di persone;
   non è chiaro se gli organizzatori della manifestazione abbiano chiesto specifiche autorizzazioni né se ne abbiano ricevute dalle autorità di pubblica sicurezza e dalla società gerente la stazione ferroviaria di San Giovanni a Como;
   di contro, per poter svolgere una manifestazione di tipo politico, occorrono numerose autorizzazioni;
   la differenza di trattamento è ad avviso dell'interrogante sorprendente, specialmente alla luce dei problemi di sicurezza connessi ai richiedenti asilo che si stanno manifestando in Francia e Germania, anche sotto forma di accentuato rischio terroristico;
   poliziotti sorvegliavano comunque il concerto –:
   se, in vista del concerto svoltosi presso la stazione ferroviaria di San Giovanni a Como, gli organizzatori avessero chiesto autorizzazioni e permessi all'autorità di pubblica sicurezza e se ne avessero ottenuti;
   se il Governo sia a conoscenza di richieste nella medesima direzione fatti dagli organizzatori del concerto nei confronti della società gerente la stazione di San Giovanni a Como e quale ne sia stato l'esito;
   quali ragioni eventualmente giustifichino, se ne esistano, la differenziazione delle politiche, a giudizio dell'interrogante tenute nei confronti dei concerti per gli immigrati rispetto alle manifestazioni politiche interne, che sono soggette a complesse procedure autorizzative. (4-13969)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che in queste ore è in corso uno sgombero forzato dei braccianti agricoli i località Boreano, nel comune di Venosa (PZ) che per modalità di svolgimento all'interrogante sembrerebbe aver assunto caratteri simili a quelli di una «deportazione»;
   l'azione vede impegnato un ampio schieramento delle forze dell'ordine e dell'esercito impegnati ad abbattere con le ruspe le baracche dove vivono i lavoratori;
   molti dei braccianti sono nei campi occupati nel lavoro e quando torneranno dopo lo sgombero non troveranno più le abitazioni di fortuna nelle quali vivevano.
   i braccianti sgomberati saranno ubicati in un'altra struttura messa a disposizione dalla regione Basilicata riconosciuta però inadeguata per la mancanza di servizi igienici e cucine, e dove i residenti non possono incontrare nessuno. Risulterebbe precluso infatti ogni accesso agli avvocati, agli psicologi, alle associazioni di volontariato e persino agli amministratori comunali e ai consiglieri regionali d'opposizione, tra questi, quelli del Movimento 5 Stelle che monitorano da vicino e con preoccupazione l'evolversi della vicenda;
   risulta all'interrogante che in data 12 maggio 2016, la regione Basilicata, il comune di Venosa e i braccianti rappresentati dall'Unione sindacale di Base (USB) hanno sottoscritto un accordo che prevedeva nello specifico;
   «una sistemazione abitativa per i braccianti stagionali garantendo i servizi indispensabili anche di tipo sanitario; l'attivazione di due presidi ambulatoriali con cadenza settimanale presso l'ospedale di Venosa e il Punto salute a Palazzo San Gervasio; verificare le modalità operative più idonee per il trasporto dei braccianti, dai luoghi di abitazione ai luoghi di lavoro e verso il centro città; l'individuazione di una sistemazione abitativa per i braccianti agricoli che vivono stabilmente a Venosa durante il periodo invernale; convocazione di un tavolo, con la partecipazione delle associazioni dei datori di lavoro e delle organizzazioni sindacali, in merito al rispetto e all'applicazione delle normative sul lavoro sotto ogni profilo e per combattere la filiera dello sfruttamento»;
   risulta all'interrogante che tutti questi punti sottoscritti dalla regione Basilicata siano ad oggi completamente disattesi;
   motivo per cui i lavoratori braccianti avevano più volte ribadito la loro forte contrarietà al trasferimento nella nuova struttura che avrebbe peggiorato la loro già pessima condizione di vita;
   per di più sembrerebbe, a quanto consta all'interrogante, che la struttura in questione non possieda i requisiti minimi per accogliere le persone, non avendo agibilità, né cambio di destinazione uso, né servizi sanitari adeguati o fornelli per cucinare sufficienti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti i premessa;
   quali siano state le motivazioni che hanno portato allo sgombero ed alle specifiche modalità espresse in premessa;
   quali siano le iniziative che si intendono prendere, per quanto di competenza, al fine migliorare i servizi e le strutture di nuova accoglienza e di garantire una condizione di permanenza dignitosa e rispettosa dei diritti umani;
   quali iniziative – anche di carattere normativo — ritengano necessario assumere al fine di evitare il ripetersi di fatti analoghi a quelli esposti in premessa. (4-13973)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 404, della legge 28 dicembre 2015, n.208 – legge di stabilità per il 2016, ha previsto l'autorizzazione per la spesa di 1 milione di euro, in favore dell'Istituto di studi politici, economici e sociali – Eurispes, con vincolo di destinazione alla creazione di progetti e iniziative informative, finalizzate a sostenere l'attività sociale ed economica nazionale;
   gli interpellanti ricordano che il medesimo istituto opera nel settore della ricerca politica, economica e sociale da oltre trent'anni, realizzando centinaia di analisi e indagini conoscitive di interesse collettivo, finalizzate ad informare costantemente l'opinione pubblica e le grandi aree decisionali che operano nel nostro Paese, le cui ricerche tra l'altro sono, molto spesso, oggetto di iniziative parlamentari;
   al riguardo, gli interpellanti evidenziano come, nonostante siano trascorsi quasi otto mesi, dalla data di approvazione della legge di stabilità per il 2016 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, no 302 del 30 dicembre 2015) entrata in vigore il 1o gennaio 2016, il previsto contributo, non è stato ancora disposto in favore dell'istituto beneficiario;
   si segnala il lungo silenzio del Ministero che, dopo più di tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità, a quanto risulta agli interpellanti, avrebbe fornito dietro richiesta e sollecitazione dell'Eurispes, le prime contraddittorie informazioni sulle procedure da seguire, nonostante la disposizione normativa richiamata, indichi in maniera esplicita le finalità;
   gli interpellanti rilevano, altresì che, malgrado i numerosi interventi di solicello da parte dell'amministrazione dell'Eurispes, nei riguardi del dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non è dato conoscere, ancora oggi, gli effettivi motivi dei ritardi nell'erogazione prevista;
   gli interpellanti rilevano ancora, come lo stesso Ministero al fine, di procedere al trasferimento dei fondi, abbia avanzato nel corso dei mesi, verso l'Eurispes, una serie di richieste che appaiono capziose gestite in maniera frammentaria e confusa alle quali si sono aggiunte, successivamente, ulteriori richieste integrative giudicate ambigue (peraltro non comunicate inizialmente al medesimo Istituto beneficiario), che ha o determinato nuovi ostacoli nei confronti dell'Eurispes che, occorre ricordare, svolge senza fini di lucro, sin dal 1982, una meritoria attività di studio e di ricerca;
   ulteriori profili di criticità che destano notevole perplessità, a giudizio degli interpellanti, si rinvengono in merito alle modalità relative alla documentazione richiesta da parte del suddetto Ministero, nei confronti dell'istituto in oggetto, a causa delle numerose e articolate richieste informative (avvenute in maniera estremamente confusa e superficiale da parte della dirigenza del Ministero) connesse alle «voci di spesa» previste per il «piano finanziario dei progetti», in particolare nella parte in cui si riporta l'identificazione del personale (dipendente e non dipendente), la strumentazione, materiali – beni di consumo (a titolo esemplificativo, cancelleria e altro), missioni e viaggi; spese generali (fino al massimo del 20 per cento del costo totale del «progetto»); altro (contratti, consulenze); a cui si aggiungono: le informazioni del progetto, che dovranno contenere: il titolo, la descrizione, la finalità, gli obiettivi, il responsabile del progetto, il costo totale;
   al riguardo, gli interpellanti giudicano eccessive e fuori contesto, le richieste in precedenza indicate, sia considerando come tali istanze siano giunte all'Istituto suesposto, addirittura il 13 maggio 2016 (il Ministero, a parere degli interpellanti, avrebbe dovuto inviare le richieste informative all'inizio dell'anno, come solitamente avviene nei riguardi dei soggetti beneficiari di contributi pubblici previsti annualmente da ogni legge di stabilità), sia con particolare riferimento alle richieste documentali da parte dello stesso Ministero nei confronti dell'Eurispes, avvenute per gli interpellanti in maniera discontinua, incompleta e scoordinata;
   in definitiva, a giudizio degli interpellanti, la suindicata vicenda, rileva evidenti ed inspiegabili ritardi da parte del Ministero, nell'erogazione del contributo previsto dalla legge di stabilità per il 2016, nei confronti dell'Istituto beneficiario in precedenza richiamato, in considerazione sia del tempo trascorso (solitamente le erogazioni delle norme di spesa della legge di stabilità, in favore di soggetti aventi finalità pubblica sociale ed economica, avvengono nel corso del primo trimestre dell'anno), giudicato esorbitante, sia con riferimento alle modalità della gestione della vicenda, che desta sconcerto e preoccupazione, se si valuta l'evidente rischio di un danno economico e morale nei confronti dell'Eurispes, che a partire dall'inizio dell'anno, aveva già pianificato la predisposizione di una serie di iniziative e progetti, finalizzate a sostenere l'attività sociale ed economica nazionale, proprio come disposto dal comma 404 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016;
   la richiesta, da parte del Ministero di conoscere ex ante i responsabili del progetto, il costo totale o il titolo dello studio o delle iniziative informative, considerate vincolanti ai fini dell'erogazione del contributo previsto, risulta inoltre, a parere degli interpellanti, inaccettabile, considerato come, nell'ambito della predisposizione degli studi e delle ricerche, possano verificarsi solitamente, variabili legate ai cambiamenti in corso d'opera con essi ai costi e ai soggetti coinvolti nei lavori da svolgere, nonché per la indiscutibile libertà dell'istituto nella scelta dei temi e nelle modalità di realizzazione della propria attività di ricerca;
   gli interpellanti evidenziano infine, come la circolare del Ministero dell'economia e delle finanze, n. 27 del 23 settembre 2011, avente come oggetto una serie di ulteriori illustrazioni esplicative, finalizzate all'attuazione dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, (indicate all'interno del decreto ministeriale del 18 gennaio 2008, n. 40), riporti in maniera chiara ed inequivocabile, che: «in materia di incentivi e finanziamenti alle imprese, oggetto di intervento legislativo, costituendo diritto soggettivo del beneficiario, fa sì che l'interesse pubblico sotteso all'erogazione delle provvidenze economiche sia preminente rispetto alla procedura di verifica delineata dal decreto ministeriale n. 40/2008, per cui non ricorre l'obbligo di espletarla» –:
   quali siano i motivi che hanno determinato il ritardo da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'erogazione del contributo previsto in favore dell'Eurispes, stabilito dalla legge di stabilità per il 2016, come esposto nella premessa;
   quali siano le motivazioni alla base delle richieste informative da parte del suddetto Ministero, nei riguardi dell'istituto in oggetto, considerato che queste, per gli interpellanti sono avvenute con evidente lentezza, frammentarietà e confusione, generando un inevitabile sconcerto nei confronti del soggetto beneficiario, che svolge in ambito nazionale e internazionale, un'attività di rilevante importanza, sul piano sociale ed economico per il Paese;
   se, in considerazione delle osservazioni esposte in premessa dalle quali, a giudizio degli interpellanti si evince, anche in questa occasione, un eccessivo intervento della burocrazia che rischia di vanificare le decisioni del Parlamento e, nello stesso tempo, rappresenta un evidente ostacolo per la crescita del sistema-Paese, non ritenga di dover intervenire immediatamente per sanare una situazione a dir poco sgradevole per l'immagine stessa delle istituzioni e garantire il contributo previsto dalla legge di stabilità per il 2016 in favore dell'istituto richiamato in premessa;
   se il Ministro interpellato non ritenga urgente ed opportuno avviare un'indagine ministeriale, al fine di verificare il comportamento e il modo di agire sulla vicenda da parte dei dirigenti del Ministero medesimo, il cui operato, in considerazione di quanto esposto in premessa, desta, a giudizio degli interpellanti, evidente sconcerto.
(2-01443) «Francesco Saverio Romano, Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Riccardo Gallo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI, D'OTTAVIO, MANZI, MALPEZZI e SANTERINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 luglio 2016, con nota ministeriale prot. n. 18024, il direttore generale, della direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l'internazionalizzazione della formazione superiore del dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha comunicato ai rettori la riapertura dei termini per la proposta di istituzioni di nuovi corsi di laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria, con scadenza 2 agosto 2016;
   la procedura di proposta dei nuovi corsi di laurea si era precedentemente chiusa nel mese di marzo 2016;
   nella citata comunicazione si fa riferimento ad «una disponibilità residua di posti da assegnare in esubero rispetto al fabbisogno espresso» quale giustificazione dell'iniziativa in parola, ma detto fabbisogno non è mai stato reso noto alle strutture universitarie, né ex ante né ex post alle procedure di richiesta di attivazione esperite a marzo scorso;
   gli interroganti giudicano negativamente il fatto che la riapertura dei termini produrrà un inevitabile ritardo sui tempi di svolgimento della prevista procedura di accreditamento iniziale dei corsi, la quale determinerà un differimento della data in cui dovranno svolgersi i test di accesso da parte degli studenti e, quindi, un sicuro slittamento dell'avvio dei corsi di laurea già attivati con inevitabili contrazioni dell'erogazione dell'attività didattica e evidente nocumento agli immatricolati;
   gli interroganti considerano negativamente il fatto che gli studenti che non dovessero superare il test del corso di laurea in scienze della formazione primaria non potrebbero essere reintegrati in altre graduatorie di merito, dato il disallineamento con l'avvio degli altri corsi di laurea –:
   quali siano i motivi della citata riapertura dei termini, avvenuta senza consultazione degli atenei e dei comitati regionali di coordinamento;
   quali siano le ragioni per le quali non sia stata valutata la disponibilità degli atenei ove è già attivo il corso di laurea in parola ad ampliare la propria offerta formativa, al fine di distribuire i posti dell'intero fabbisogno;
   a quanti posti ammonti il fabbisogno;
   quali iniziative intenda adottare affinché i corsi prendano avvio nei termini temporali consueti, anche al fine di permettere agli studenti di potersi inserire in altre graduatorie di merito. (5-09314)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   il Nuovo Zuccherificio del Molise srl, operante nel settore della produzione saccarifera con un organico complessivo di 79 unità lavorative, ha in essere un contratto di affitto di ramo d'azienda con lo Zuccherificio del Molise spa società dichiarata fallita nel maggio 2015 e ha attivato in data 10 agosto 2015 la procedura consultiva prevista dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, ai fini della presentazione della richiesta di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 223 del 1991;
   ad oggi, risulta sempre più a rischio il futuro dello Zuccherificio del Molise, in bilico tra un nuovo bando di vendita e una campagna saccarifera per il 2016 di cui ancora non si conosce la portata e l'obiettivo, considerando che si tratta dell'ultima che verrà realizzata con il sistema delle quote. In mezzo a tutto questo, si trovano i dipendenti dello Zuccherificio, ridotti a sessantatré, sui quali incombe un futuro lavorativo incerto e una cassa integrazione in scadenza il 16 agosto 2016 e sulla quale, al momento, non vi è alcuna garanzia di proroga;
   con il decreto n. 95075 del 25 marzo 2016, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha definito ai sensi dell'articolo 21, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148, i criteri per l'accesso ad un ulteriore periodo di integrazione salariale straordinaria da concedersi qualora all'esito di un programma di crisi aziendale, l'impresa cessi l'attività produttiva e proponga concrete prospettive di rapida cessione d'azienda stessa e il conseguente riassorbimento del personale;
   il riferimento normativo è l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, il quale dispone che «in deroga agli articoli 4, comma 1, e 22, comma 2, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, può essere autorizzato, sino a un limite massimo rispettivamente di dodici, nove e sei mesi e previo accordo stipulato in sede governativa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza del Ministero dello sviluppo economico, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria qualora all'esito del programma di crisi aziendale di cui al comma 3, l'impresa cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale –:
   se i Ministri interpellati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritengano di dover intervenire al fine di attivare un tavolo istituzionale con le parti interessate e addivenire ad un accordo volto a garantire sia la ripresa di un settore fondamentale per quell'agricoltura produttiva che ancora resiste, sia l'applicazione della normativa vigente in materia di proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendali.
(2-01444) «Venittelli, Ginoble, Paola Boldrini, Iacono, Rostellato, Ragosta, Fusilli, Burtone, D'Incecco, Oliverio, Montroni, Scuvera, Ermini, Carra, Ginefra, Lauricella, Dallai, Falcone, Famiglietti, Luciano Agostini, Bargero, Ferrari, Moretto, Petrini, Donati, Mongiello, Romanini, Battaglia, Ribaudo, Zardini, Zanin, Mazzoli, Lodolini, Covello, Capozzolo, Crivellari, Casellato».

Interrogazioni a risposta orale:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'INPS ha pubblicato, in data 16 novembre 2015, un avviso pubblico per il reclutamento di n. 900 medici, prioritariamente specialisti in medicina legale e/o in altre branche di interesse istituzionale, cui conferire incarichi professionali a tempo determinato finalizzati ad assicurare l'espletamento degli adempimenti medico legali delle UOC/UOS centrali e territoriali;
   il contratto che i medici utilmente collocati in graduatoria hanno sottoscritto stabilisce, come previsto dalla deliberazione presidenziale INPS n. 147 del 2015 all'articolo 3, «obblighi, condizioni e incompatibilità»: «L'attribuzione dell'incarico è incompatibile con lo svolgimento dell'attività di medico fiscale, in quanto iscritto nelle liste speciali su base provinciale di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125»;
   l'INPS quindi, ha proceduto, ricorrendo all'articolo 8, comma 1, decreto interministeriale (lavoro e politiche sociali/salute) del 12 ottobre 2000, alla sospensione dall'incarico di medico fiscale per quei sanitari che hanno optato per l'incarico di medico convenzionato (della durata da 1 a 3 anni), con conservazione della iscrizione nelle liste speciali;
   la normativa di cui sopra, però, riguarda esclusivamente la sospensione dall'incarico di medico fiscale per «giustificati e documentati motivi», e comunque per un periodo massimo di 180 giorni trascorso il quale il sanitario decade automaticamente dall'incarico e avendo lo stesso istituto chiarito che, tra i giustificati e documentati motivi, non rientra lo svolgimento di qualsiasi altra attività professionale (circolari INPS n. 4 e n. 199 del 2001);
   sulla base di tali norme e disposizioni, fatte rispettare rigorosamente dall'INPS nei confronti di tutti i medici fiscali, molti sanitari hanno dovuto rinunciare ad altre attività professionali per non decadere dall'incarico oppure rientrare in servizio anche in caso di grave malattia o gravidanza a rischio per non superare i 180 giorni di sospensione previsti –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare affinché l'INPS rispetti le norme regolamentari, in particolare l'articolo 8, comma 1, del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, che non prevede la sospensione dall'incarico di medico fiscale per svolgere altra attività professionale e/o il superamento del periodo massimo di sospensione ivi previsto, in modo che non vengano a crearsi ingiustificate e inspiegabili situazione di disparità di trattamento, a parità di condizioni, nei confronti di tutti i medici fiscali dell'Istituto. (3-02438)


   RUSSO, PALESE, CIRIELLI, NASTRI, GALATI, LATRONICO, POLVERINI, FUCCI, NIZZI, CATANOSO, CALABRÒ, LUIGI CESARO e SARRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps, Istituto nazionale previdenza sociale ha recentemente pubblicato un avviso di selezione pubblica per 900 medici, prioritariamente specialisti in medicina legale o in altri settori di interesse istituzionale, ai quali conferire incarichi professionali a tempo determinato, nell'ambito degli adempimenti medico legali delle unità operative semplici e complesse, centrali e territoriali;
   gli incarichi, previsti dal bando, avranno la durata massima di un anno e saranno prorogabili per un massimo di 12 mesi a rinnovo. Le graduatorie regionali avranno validità dal primo gennaio 2016 al 31 dicembre 2018. Le domande devono essere inviate sino al 30 novembre 2015;
   il bando pubblico elenca una serie di fattispecie che comportano l'incompatibilità con l'incarico di medico; tra queste si prevede che sono incompatibili con l'assunzione dell'incarico, i medici che svolgano o presentino la propria candidatura per incarichi politici o amministrativi, presso organi o enti territoriali e/o nazionali, cariche pubbliche elettive, incarichi governativi, mandato parlamentare;
   gli interroganti ritengono che, tale previsione, contenuta nel citato bando, sia da ritenersi di dubbia legittimità perché limita il diritto di elettorato passivo ed è in aperto contrasto con l'articolo 3, comma 1, e con l'articolo 51, comma 1, della Costituzione;
   in numerose sentenze, la Corte costituzionale (sent. 235 del 1988) ha riconosciuto che l'elettorato passivo costituisce un diritto politico fondamentale che, essendo intangibile nel suo contenuto di valore, può essere unicamente disciplinato da leggi generali, che possono limitarlo soltanto al fine di realizzare altri interessi costituzionali altrettanto fondamentali e generali, senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadino e cittadino, qualunque sia la regione o il luogo di appartenenza. Questo vincolo costituzionale, comune a tutti i «diritti dell'uomo e del cittadino» di carattere inviolabile, trova una precisa espressione nella riserva di legge rinforzata posta dal richiamato articolo 51 della Costituzione in virtù del quale il legislatore è tenuto ad assicurare che il diritto di elettorato passivo sia goduto da ogni cittadino in condizioni di eguaglianza –:
   se il Ministro interrogato ritenga che i requisiti previsti dal bando siano conformi al dettato costituzionale e alla giurisprudenza della Corte costituzionale richiamata in premessa e in caso contrario se non ritenga di dover assumere iniziative per sospendere il bando o comunque garantire il rispetto dei principi di cui agli articoli 3 e 51 della Costituzione, richiamati in premessa. (3-02439)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i Consorzi di bonifica sono enti di diritto pubblico che curano l'esercizio e la manutenzione delle opere pubbliche di bonifica e controllano l'attività dei privati, sul territorio di compete a (comprensorio di bonifica);
   i consorzi di bonifica erano già previsti nel regio decreto 8 maggio 1904, n. 368, di approvazione del regolamento sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi, tuttora in vigore in alcune parti (polizia di bonifica). Il regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, reca nuove norme per la bonifica integrale e approva il testo unico, che contiene le norme statali di riferimento;
   tali enti svolgono attività finalizzata a garantire la sicurezza idraulica e la manutenzione del territorio, la razionale, utilizzazione e la tutela delle risorse idriche a prevalente uso irriguo, la conservazione e difesa del suolo, lo sviluppo rurale, la tutela e la valorizzazione della produzione agricola;
   i consorzi di bonifica, operanti nel territorio della regione Umbria, sono tre: Consorzio di bonifica Tevere Nera, Consorzio di bonificazione Umbra e Consorzio Val di Chiana Romana Val di Paglia;
   da notizie apparse su organi di stampa (umbriaon.it) si apprende che c’è a causa di lavoro per mobbing nei confronti del Consorzio di bonifica Tevere Nera, con sede in Terni, Piazza Enrico Fermi da parte di un dipendente, fino ad allora apprezzato ed encomiato;
   secondo quanto riportato dal Corriere dell'Umbria del 8 marzo 2016 «Un ricorso al giudice del lavoro di Terni per un danno stimato in 500 mila euro. È quello presentato da un 49enne di Terni, dipendente del Consorzio di bonifica Tevere-Nera» che, attraverso i propri legali, afferma «di aver subito ripetuti episodi di mobbing, tali da cagionargli gravi conseguenze tanto sul piano della salute che su quello professionale... i primi problemi per lui, assunto nel 1990, sarebbero arrivati circa quattro anni fa, nel 2012. Ciò a causa di alcuni “scontri” con la dirigenza dell'ente, il primo dei quali relativo alla procedure di affidamento di alcuni lavori che il 49enne non avrebbe condiviso, ritenendole poco chiare. Da lì la tensione, secondo quanto riportato nel ricorso, sarebbe cresciuta con il passare dei mesi, attraverso alcune tappe – un'assunzione “discussa” e i controlli all'interno di cantieri affidati dal consorzio – culminate in un duro diverbio con la direttrice dell'ente»;
   il dipendente, che aveva ricoperto anche la funzione di responsabile sindacale dell'aziendale nonché componente della segreteria nazionale del sindacato FILBI-Uil, avrebbe, dunque, espresso in seno all'ente Consorzio di bonifica Tevere-Nera molteplici perplessità relative a presunte anomalie circa l'affidamento diretto di alcuni lavori e l'esecuzione di alcune gare d'appalto assegnate e nel 2014 segnalava la presenza di tre lavoratori irregolari (su cinque) in un cantiere affidato a Temi dal Consorzio con un presunto irregolare smaltimento dei fanghi di risulta dei canali irrigazione della Conca ternana;
   successivamente alla segnalazione delle anomalie, il dipendente ha tentato di essere stato destinatario di procedimenti disciplinari, della revoca dei permessi sindacali e di essere stato oggetto di demansionamento; il tutto in un clima di crescente isolamento, umano e professionale. «A pesare su tutto ciò, anche una grave malattia contro cui si è trovato a combattere: una volta terminate le cure l'uomo avrebbe chiesto di poter tornate a svolgere i propri compiti attraverso il telelavoro. Una possibilità che – afferma – gli sarebbe stata negata dalla dirigenza, pronta, secondo il 49enne, a proseguire nell'opera di cancellazione delle sue mansioni. Nel 2015 è partita anche una denuncia penale per la mancata apertura della relativa procedura di invalidità da parte dell'ente»;
   tali comportamenti del datore di lavoro avrebbero avuto anche delle ripercussioni sullo stato di salute del dipendente che ha iniziato a soffrire di malori legati allo stress, depressione e attacchi di panico;
   sono sempre più numerosi gli episodi di dipendenti che all'interno dell'amministrazione denunciano presunte irregolarità ma subiscono l'isolamento da parte della amministrazione di appartenenza;
   l'articolo 1, comma 51, della legge 6 novembre 2012, n. 190, prevede che «Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato» –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, nell'ambito delle proprie competenze di verificare se quanto esposto corrisponda al vero e, in caso affermativo, come ciò si sia verificato in uno Stato di diritto;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere, a tutela non solo del dipendente interessato ma anche del buon andamento e dell'imparzialità della pubblica amministrazione, giusta l'articolo 97 della Costituzione;
   se intendano assumere iniziative volte alla verifica del rispetto della legge 6 novembre 2012, n. 190;
   quali iniziative, nei limiti delle proprie competenze intendano adottare – anche sul piano normativo – affinché la posizione dei cosiddetti wistleblower venga adeguatamente tutelata nelle aziende, in ambito privato e pubblico, da fenomeni di mobbing e altre forme di vessazione o discriminazione che possano pregiudicarne l'integrità psicofisica o la carriera lavorativa. (4-13965)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con decreto ministeriale del 2 dicembre 1993, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre dello stesso anno, dopo un iter tecnico burocratico durato otto anni, la nocciola Tonda gentile delle Langhe, coltivata in Piemonte nell'area prevista dal disciplinare di produzione e che a tale disciplinare si uniforma, può fregiarsi del marchio IGP ai sensi del regolamento 2081/92;
   solo le partite «marchiate» IGP hanno diritto alla denominazione «Nocciola Piemonte» e da un punto di vista botanico, la denominazione «Tonda gentile delle Langhe» è sinonimo della generica «Tonda gentile trilobata». Nel 2007, al fine di tutelare la produzione italiana di nocciola, la dicitura «tribolata» è stata registrata come ufficiale presso l'ufficio comunitario delle varietà vegetali dell'Unione europea;
   in Italia sono state emesse 150 mila fascette con la dicitura «Tonda gentile delle Langhe» al fine di identificare piante vendibili e coltivabili in qualunque parte del mondo, mentre a livello europeo già dal 2012 l'Olanda ha iscritto la «Tonda gentile delle Langhe» nel proprio registro delle varietà vegetali, insieme alla «Tonda di Giffoni» e alla «Tonda Romana»;
   l'iniziativa olandese è, ad avviso dell'interrogante, in pieno contrasto con il regolamento (CE) n. 637 del 2009 della Commissione, del 22 luglio 2009, che stabilisce le modalità di applicazione per quanto riguarda l'ammissibilità delle denominazioni varietali delle specie di piante agricole e delle specie di ortaggi. Nello specifico ai sensi dell'articolo 6 del regolamento sopra citato «si ritiene che una denominazione varietale possa indurre in errore o creare confusione se comprende un nome geografico che potrebbe fuorviare il pubblico riguardo alle caratteristiche o al valore della varietà»;
   la normativa sopracitata chiarendo che non è possibile commercializzare una pianta che reca il nome geografico di un altro Stato, mostra come l'attività intraprese dall'Olanda sia fuorviante, poiché le nocciole olandesi non sono in linea con i toponimi italiani cui i loro prodotti rimandano;
   un problema non solo piemontese ma che, ad avviso dell'interrogante, oltre a generare confusione tra i consumatori sulla provenienza del prodotto, crea un danno d'immagine e commerciale alla nocciola italiana, che al suo territorio lega non solo il nome ma anche una garanzia di qualità;
   si tratta di una situazione in parte già verificatasi in passato e che l'interrogante con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-07958 ha denunciato in relazione all'utilizzo improprio della denominazione del pomodoro «San Marzano» da parte del Belgio –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato, in particolare presso le competenti sedi comunitarie, affinché sia tutelata la produzione italiana della nocciola piemonte e più in generale, quali iniziative intenda assumere, a livello europeo e internazionale, affinché non vi siano più quelle che l'interrogante giudica appropriazioni illegittime delle produzioni agroalimentari made in Italy.
(5-09301)

Interrogazione a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI, PASTORINO e TURCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale n. 421 del 21 luglio 1987 (Gazzetta Ufficiale n. 245 del 20 ottobre 1987) veniva istituita la riserva naturale orientata (RNO) dello Stato, denominata «Monte Velino»;
   le finalità della detta RNO furono individuate nella protezione di aree di notevole interesse botanico, geologico, faunistico e nell'orientare l'evoluzione dell'area protetta verso le forme originarie, pur preservando le esistenti attività silvo-pastorali;
   al suo interno sono dunque consentiti solamente interventi colturali, agricoli e silvopastorali, purché non in contrasto con la conservazione degli ambienti naturali;
   inoltre, al fine di proteggere particolari endemismi floro-faunistici, furono adottate, all'interno della riserva medesima, due aree di riserva semi-integrale: in queste aree non sono ammesse attività antropiche di alcun tipo, ad eccezione della ricerca scientifica, perciò non vi si eseguono interventi di alcun genere;
   una di queste due aree è individuata dal regolamento della RNO come area 1 e comprende le località geografiche denominate Valle Majelama, Selva del Coco, Vallone Rietello e Costa della Sentina, all'interno delle quali è anche tassativamente vietato a chiunque l'accesso dal 15 febbraio al 15 di agosto di ogni anno;
   a partire dalla fine degli anni ’80 l'Italia, nell'ambito del programma Bioitaly ed in applicazione delle direttive n. 92/43/CEE – «Habitat» e n. 79/409/CEE – «Uccelli», ha istituito rispettivamente i siti d'interesse comunitario e le zone di protezione speciale, realizzando la cosiddetta Rete Natura 2000 e individuando in tal modo le porzioni del territorio dello Stato massimamente rappresentative di alti valori naturalistici ed ambientali intesi, nello specifico, quali veri e propri scrigni di conservazione della biodiversità animale e vegetale;
   una vasta porzione della RNO «Monte Velino», tra l'altro comprendente l'indicata area 1 costituita in riserva semi-integrale, è stata incomprensibilmente esclusa dal perimetro, stabilito nel 2004, del SIC IT-7110206 denominato «More Sirente e Monte Velino», nonostante le indicazioni contenute nell'allegato C del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, relative ai criteri di selezione dei siti atti ad essere individuati quali siti di interesse comunitario;
   la suddetta area 1 della RNO «Monte Velino», costituita in riserva semi-integrale, è immediatamente confinante con la località denominata Monti delle Lenzuola ed appare con essa interessata direttamente dal progetto di costruzione di nuova impiantistica per lo sci alpino, al fine di consentire l'unificazione delle stazioni sciistiche Monte Magnola-Campo Felice –:
   da cosa dipenda il mancato inserimento dell'area 1 della RNO «Monte Velino nel SIC IT-7110206 denominato «Monte Sirente e Monte Velino» e se ciò non contrasti con i criteri di selezione dei siti stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere perché si corregga, d'intesa con la regione Abruzzo, quella che gli interroganti ritengono un'erronea ed indebita perimetrazione del SIC IT-7110206 per ricomprendervi l'area 1 della RNO «Monte Velino»;
   se non ritenga prioritario assumere ogni iniziativa di competenza per evitare che un'area di riserva semi-integrale possa essere interessata da un progetto infrastrutturale impattante, quale quello per lo sci alpino, descritto in premessa. (4-13962)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il punto nascita dell'ospedale di Vipiteno è destinato ad essere chiuso entro la data del 31 ottobre 2016 come deliberato dalla giunta della provincia autonoma di Bolzano del 12 luglio 2016. Il reparto di maternità dell'ospedale di Vipiteno (Bolzano) rappresenta una vera e propria eccellenza italiana nell'ambito dell'assistenza alla nascita;
   presso il punto nascita di Vipiteno viene erogata un'assistenza rispettosa della fisiologia e dei diritti fondamentali della persona umana, con una grande attenzione verso la relazione mamma-bambino. I bisogni della donna e del neonato, insieme al rispetto e alla cura ottimale di entrambe, sono l'obiettivo di tutto il personale medico, ostetrico e infermieristico. Per questo motivo molte donne provenienti da altre regioni scelgono di andare a partorire presso il punto nascita del presidio ospedaliero di Vipiteno;
   eppure questo reparto sta per chiudere a causa dei tagli sanitari. Ma se chiuderà questo reparto l'Italia perderà un'eccellenza unica nel suo genere;
   per comprendere la qualità della cura erogata si deve evidenziare che in questo ospedale:
    1) il diritto alla libera autodeterminazione della donna viene rispettato, consentendo alle partorienti di scegliere autonomamente la modalità di parto che preferiscono;
    2) il diritto alla salute delle donne viene protetto tramite la riduzione dei medicinali e dell'uso di apparecchiature cliniche, senza con ciò perdere di vista la salute e la sicurezza di madre e bimbo. Si ricorda che l'Oms – Organizzazione mondiale della sanità raccomanda un livello di cure più basso possibile compatibilmente con la sicurezza;
    3) la dignità della donna è rispettata tramite la limitazione allo stretto indispensabile dei clisteri, della tricotomia del pube e rispettando la sua privacy, come raccomandato dall'Oms;
    4) il diritto all'integrità fisica viene realizzato tramite la riduzione delle episiotomie di routine e delle misure per indurre il parto. Anche il tasso di tagli cesarei è di gran lunga più basso della media nazionale;
    5) i diritti del neonato vengono rispettati praticando il taglio ritardato del cordone ombelicale, il sostegno all'allattamento, garantendo una cura amorevole e un contatto immediato con i genitori (il cosiddetto processo del «bonding»), accogliendo la nuova famiglia, padri e fratellini inclusi, in un ambiente confortevole e ospitale;
    6) le infermiere affiancano le neo-mamme sostenendole nell'allattamento. La nursery viene gestita come rooming-in, consentendo alla mamma di tenere il neonato con sé in camera giorno e notte, potendo però affidarlo in qualunque momento alle infermiere del nido;
    7) per il sostegno all'allattamento materno il reparto ha ottenuto già nel 2002 il riconoscimento dell'Unicef come «ospedale amico del bambino» ed è stato nuovamente certificato dall'Unicef nel 2015;
    8) il modello di cura è improntato ad un'ostetricia moderna che tende al miglioramento continuo, al servizio della donna, per valorizzare le competenze fisiologiche di madre e bambino, rispettandone i diritti, la cultura e i valori;
    9) il reparto maternità di Vipiteno realizza pienamente le azioni 1 e 5 suggerite, in occasione della Prima giornata nazionale della salute della donna del 22 aprile 2016, dal tavolo 1 «Sessualità, fertilità e salute materna» e confluita nelle direttrici di azione del Manifesto della salute della donna, promossa dal Ministero della salute, in particolare: «Promuovere la medicina della felicità quale integrazione tra conoscenze mediche e dialogo comunicativo (medicina narrativa) ed equità, per una medicina centrata sulla donna»;
   il programma del Ministero della salute, attraverso l'accordo Stato-regioni del 2010, promuove misure volte a sviluppare modelli di ri-organizzazione della rete dei servizi per raggiungere una maggiore appropriatezza nell'assistenza al percorso nascita, con una riduzione dei tagli cesarei e di ogni altra pratica lesiva dell'integrità psico-fisica della donna e del neonato;
   il punto nascita di Vipiteno possiede i requisiti previsti dall'accordo Stato-regioni, in particolare raggiunge il numero di 500 parti all'anno e può garantire la presenza attiva, 24 ore su 24, 365 giorni l'anno, di quattro figure mediche: ostetrica, ginecologo, anestesista e pediatra, come si evince dal calendario di copertura dei turni già inviato dall'ospedale di Vipiteno alla provincia autonoma di Bolzano;
   la giunta comunale di Vipiteno si è occupata della prossima chiusura del reparto nascite affermando che comporterebbe una limitazione estrema dell'offerta sanitaria e della qualità della vita nell'Alta Val d'Isarco;
   la giunta della provincia autonoma, ad avviso della giunta comunale di Vipiteno, avrebbe ignorato la richiesta di mantenere il punto nascite dell'ospedale di Vipiteno espressa da migliaia di cittadini oltre che dalla risoluzione votata all'unanimità da parte di tutti i consigli comunali dell'Alta Val d'Isarco;
   la giunta ripete nuovamente i molti argomenti che sono a favore del mantenimento del reparto nascite:
    nel 2014 la soglia minima delle 500 nascite prevista in Italia è stata sfiorata con 488 parti. Dall'inizio del 2016 sono già venuti al mondo 280 bambini nell'ospedale di Vipiteno e quindi la soglia minima di 500 parti verrà agevolmente superata, conseguentemente non servirà un'autorizzazione eccezionale da parte del Ministero;
    il fatto che molti nascituri provengano da altri comprensori è la prova della qualità e la fiducia che esprime questo reparto;
    secondo il direttore medico dell'ospedale di Vipiteno tutti gli standard di sicurezza e strutturali che il Ministero della salute richiede sono assicurati. I medici specializzati per anestesia, ginecologia e pediatria, come anche il servizio di ostetricia, sono confermati e per questo non ha senso indicare come ultimo termine il 29 luglio 2016;
    la distanza tra Vipiteno e Bressanone supera i 30 chilometri. Inoltre le distanze delle valli laterali dall'ospedale di Bressanone arrivano a 70 chilometri. Ad esempio, anche Merano è distanziata da Bolzano di soli 20 chilometri;
   in considerazione dell'elevata qualità del reparto nascite di Vipiteno, la quasi totalità delle abitanti dell'Alta Val d'Isarco ha o partorito nel loro ospedale, mentre nel 2015 193 donne provenienti da Val d'Isarco, Bassa Atesina, Val Pusteria e Val Sarentino ha o messo al mondo il proprio figlio nell'ospedale di Vipiteno. Questa è la prova che le mamme a Vipiteno si sentono assistite in modo eccellente dal punto di vista della qualità e della sicurezza. Detto questo, è incomprensibile che tutte queste persone non possano più scegliere l'ospedale di Vipiteno solamente a causa di un ordine dall'alto;
   la chiusura del reparto nascite dell'ospedale di San Candido non ha risolto il problema legato al personale medico dell'ospedale di Brunico. C’è da aspettarsi che l'eventuale chiusura del reparto di Vipiteno non risolverà i problemi dell'ospedale di Bressanone. Il rischio è quello che in futuro sia l'Alta Val d'Isarco, che la Val d'Isarco non avranno un reparto nascite funzionale né a Vipiteno, né a Bressanone. A causa della vicinanza di Vipiteno a Innsbruck c’è la reale possibilità che il personale medico e paramedico scelga di spostarsi oltre il confine e quindi che le aziende sanitarie dell'Alto Adige perderanno anche queste risorse;
   il dibattito sulla chiusura dei punti nascita e/o sul loro numero, a detta dell'interrogante non è solo questione di parti più o meno sotto la soglia di 500/anno. Il problema andrebbe affrontato da un'altra angolazione: il parto non è una malattia, ma un fatto naturale Organizzazione mondiale della sanità (Oms) su «La prevenzione e l'eliminazione dell'abuso e della mancanza di rispetto delle donne durante l'assistenza al parto nelle strutture ospedaliere». Tale dichiarazione evidenzia quali siano i trattamenti che le donne subiscono durante l'assistenza al parto e in particolare: «l'abuso fisico diretto, la profonda umiliazione e l'abuso verbale, procedure mediche coercitive o non acconsentite (inclusa la sterilizzazione), la mancanza di riservatezza, la carenza di un consenso realmente informato, il rifiuto di offrire un'adeguata terapia per il dolore, gravi violazioni della privacy, il rifiuto di ricezione nelle strutture ospedaliere, la trascuratezza nell'assistenza al parto con complicazioni altrimenti evitabili che mettono in pericolo la vita della donna, la detenzione delle donne e dei loro bambini nelle strutture dopo la nascita connessa all'impossibilità di pagare. Inoltre, adolescenti, donne non sposate, donne in condizioni socio-economiche sfavorevoli, donne appartenenti a minoranze etniche, o donne migranti e donne affette da HIV sono particolarmente esposte al rischio di subire trattamenti irrispettosi e abusi». L'Oms evidenzia che l'abuso e la mancanza di rispetto nell'assistenza al parto violano i diritti umani delle donne, quali enunciati nelle dichiarazioni universali. In particolare i maltrattamenti durante il parto violano il diritto costituzionale alla salute delle donne e dei bambini. Si ritiene che nessun obiettivo di salute, sia individuale che pubblica, possa essere raggiunto. Nel nostro Paese negli ultimi anni si è assistito a una progressiva medicalizzazione dell'evento nascita con un incremento del tasso dei tagli cesarei non giustificato sul piano clinico e con effetti potenzialmente dannosi sulla salute a breve e a lungo termine delle madri e dei bambini, come affermato dalla più recente dichiarazione dell'Oms sul numero di tagli cesarei;
   da alcuni mesi è nata nel nostro Paese la campagna #Bastatacere, che per la prima volta in Italia parla di «violenza ostetrica», una tipologia di violenza contro le donne, già classificata da legislazioni di Paesi dell'America latina e che consiste nell'appropriazione del corpo e del processo riproduttivo delle donne da parte del personale medico attraverso trattamenti disumani e degradanti e la medicalizzazione del processo del travaglio e del parto. Tali abusi producono la perdita di autonomia della donna e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità con conseguenze sulla qualità della vita;
   la nascita, nonostante la contrazione dei nati, rimane la causa più frequente di ricovero nelle strutture sanitarie italiane. Promuovere e validare percorsi di buone pratiche per l'assistenza prenatale, intra partum e postnatale sono aspetti cruciali della pratica ostetrica e una priorità di salute pubblica. A partire dalle indicazioni contenute nel Progetto obiettivo materno infantile del 2000 fino all'Accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010: Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e della appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo, il Paese ha cercato di favorire la riorganizzazione e l'integrazione dei servizi territoriali a ospedalieri con l'obiettivo di migliorare l'appropriatezza delle cure perinatali;
   va considerata la prossima scadenza del 29 luglio 2016 per la richiesta di deroghe rispetto alle chiusure di punti nascita da parte della provincia autonoma di Bolzano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa, se non intenda approfondire le motivazioni che portano alla chiusura del centro nascita di Vipiteno considerato d'eccellenza, e se non intenda intraprendere tutte le iniziative di competenza affinché il centro, in sinergia con la provincia autonoma, mantenga il servizio offerto;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative per appurare il perfetto funzionamento del reparto e l'elevata qualità della cura erogata;
   se il Ministro riconosca o meno al suddetto centro un particolare valore per il lavoro svolto e l'approccio umanizzante e di cura che viene praticato per la madre, il neonato e tutta la famiglia nel momento della nascita;
   se il Ministro interrogato non ritenga di chiarire le scelte operate nella redazione delle linee guida intrapartum relative al parto fisiologico;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per privilegiare centri che lavorano per un approccio umanizzante della nascita come quello di Vipiteno e tenuto conto che, a seguito della campagna mediatica #BastaTacere, è emerso un quadro allarmante di abusi nel parto e di violenza ostetrica riferito dalle donne, di cui il caso dell'Ospedale Riuniti di Reggio Calabria è uno dei più evidenti;
   se non ritenga il Ministro interrogato di assumere ogni iniziativa di competenza al fine di garantire la permanenza di punti nascita seppure al di sotto di 500 parti/anno (anche se questo non è il caso del centro nascita di Vipiteno che supera la soglia dei 500 parti/anno) e in deroga ad alcuni parametri e standard individuati dall'accordo raggiunto in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni del 16 dicembre 2010, qualora ubicati in aree critiche quali quelle dei territori montani o quelle segnate da frammentazione territoriale, o da particolari caratteristiche orografiche, o distanti da altre strutture ostetrico/ginecologiche di livello superiore;
   se, all'interno di un avviato processo di razionalizzazione dei centri nascita e di una riduzione della loro presenza, non si ritenga di riflettere maggiormente su questa decisione e non si intenda mantenere una diffusione sul territorio più capillare;
   se il Ministro interrogato non reputi opportuno specificare, nel processo di razionalizzazione dei centri nascita in Italia, se sia presente in parallelo un forte investimento nell'aggiornamento delle linee guida e nella formazione degli operatori sanitari, in modo che all'accorpamento dei centri corrisponda un incremento dei livelli assistenziali volti a personalizzare il momento della nascita e a realizzare una cura rispettosa e di qualità, determinante per la buona riuscita del parto e per la salute prossima e futura del neonato e della madre. (3-02432)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, GRANDE, COLONNESE, LOREFICE, DI VITA, GRILLO, NESCI e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome di Klinefelter (SK) definisce un gruppo di anomalie cromosomiche in cui vi è almeno un extra cromosoma X rispetto al cariotipo maschile normale 46,XY. L'aneuploidia 47,XXY è l'anomalia dei cromosomi sessuali più frequente, con una prevalenza di 1 su 500-1000 maschi. Sono state descritte anche altre aneuploidie dei cromosomi sessuali, anche se la loro frequenza è estremamente più bassa;
   gli effetti sulle caratteristiche fisiche e sullo sviluppo fisico e cognitivo aumentano con il numero degli X in soprannumero, ognuno dei quali si associa a una riduzione media del quoziente intellettivo di 15-16 punti, con un maggiore interessamento del linguaggio, in particolare di quello espressivo;
   attualmente non è disponibile una terapia risolutiva del quadro clinico, le terapie generalmente praticate sono le seguenti:
    per la carenza di testosterone è indicata dall'età puberale una supplementazione con testosterone, che determina la normale comparsa dei caratteri sessuali secondari e favorisce lo sviluppo di proporzioni corporee di tipo maschile;
    in caso di ginecomastia significativa, che si verifica generalmente solo nel 10 per cento dei casi, può essere indicata la terapia chirurgica;
    in caso di difficoltà nell'acquisizione del linguaggio, può essere utile l'impostazione di uno specifico programma educativo;
   il Ministro della salute Lorenzin ha presentato lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che sostituisce integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «definizione dei Livelli essenziali di assistenza», da tale schema risulta che la sindrome di Klinefelter, la sindrome di Down e la celiachia non sono più considerate patologie rare, ma sono state incluse nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti;
   l'articolo 53 dello schema di aggiornamento dei LEA prevede che «le persone affette dalle malattie croniche e invalidanti individuate dall'allegato 8 al presente decreto hanno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie indicate dal medesimo»;
   per la maggior parte delle malattie incluse nell'elenco delle malattie croniche e invalidanti sono individuate una serie di prestazioni fruibili in regime di esenzione. Per alcune particolari malattie le prestazioni in esenzione non sono individuate puntualmente, ma sono esenti tutte «le prestazioni sanitarie appropriate per il monitoraggio della patologia e delle relative complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti» tale dicitura è stata prevista in quanto le necessità assistenziali dei pazienti sono estese e variabili e sarà il medico a individuarle di volta in volta;
   per i malati affetti dalla sindrome di Klinefelter nell'allegato 8) dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non state indicate le prestazioni esenti dalla partecipazione al costo, ma è stato lasciato uno spazio bianco –:
   quali siano le prestazioni, per le quali i malati della sindrome di Klinefelter avranno diritto all'esenzione a seguito dell'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che sostituirà integralmente il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, recante «definizione dei livelli essenziali di assistenza»;
   se non ritenga opportuno, data la patologia, che i malati della sindrome di Klinefelter abbiano diritto all'esenzione per tutte le prestazioni sanitarie appropriate per il monitoraggio della patologia e delle relative complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti;
   se non ritenga opportuno che con l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza siano garantite ai soggetti che soffrono della sindrome di Klinefelter le stesse esenzioni attualmente previste.
(5-09308)


   RIZZETTO. — Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già con l'interrogazione del 19 novembre 2015, n. 5/07046, è stata denunciata la grave situazione che vivono gli infermieri di Latisana poiché per carenza di personale sono costretti a turni eccessivi anche in violazione della normativa europea sul giusto orario di lavoro; a detto atto di sindacato ispettivo è stata data risposta dal sottosegretario alla salute, Vito De Filippo, e l'interrogante si dichiarò del tutto insoddisfatto sottolineando, tra l'altro, l'ingiustizia e l'illegittimità del mancato pagamento delle ore di straordinario effettuate dal personale sanitario per garantire la piena operatività delle strutture ospedaliere;
   ebbene, si apprende che la predetta situazione, ad oggi, non solo non è stata risolta, ma è peggiorata e gli infermieri annunciano uno sciopero generale nei presidi sanitari di Palmanova, Latisana, Gorizia e Monfalcone, per denunciare la violazione dei loro diritti di lavoratori: le ore di straordinario che sono ormai routine non vengono pagate dal 2015 e si sono verificati demansionamenti e tagli di indennità che hanno comportato anche delle vertenze legali;
   è questa un'assurda vicenda che si sta protraendo nel tempo, denunciata anche con un esposto alla prefettura nel 2015. È necessario intervenire urgentemente anche considerando che, oltre a violare i diritti degli infermieri quali lavoratori e la loro salute per i turni forzati, sono a rischio anche i pazienti assistiti da personale, potenzialmente, in stato di stress psico-fisico –:
   se e quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di competenza, affinché venga garantito il rispetto dei diritti degli infermieri e sia definitivamente risolta la grave carenza di personale sanitario, al fine di tutelare tali lavoratori, che vengono costretti a insostenibili turni straordinari non retribuiti, e garantire idonei livelli di assistenza ai pazienti. (5-09309)


   FABBRI, LENZI, PAOLA BOLDRINI, PAGANI, PATRIZIA MAESTRI, GASPARINI e ROBERTA AGOSTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   P.a.n.d.a.s. è l'acronimo di « Pediatric Autoimmune Neuropsychiatric Disorder Associated with A Streptococci», ovvero: «disordine pediatrico autoimmune associato allo streptococco beta-emolitico di gruppo A», anche se in realtà non è ancora stata riconosciuta tale dalla comunità scientifica né, conseguentemente, da nessun Ministero della salute al mondo;
   la P.a.n.d.a.s. è una malattia «pediatrica» rara che insorge dai 3 anni all'età prepubere, con un picco massimo intorno ai 5-7 anni, ma alcuni sintomi sarebbero osservabili, ad un occhio esperto, già dai 24 mesi;
   primi casi di P.a.n.d.a.s. sono state descritti più di 15 anni fa. Da allora letteratura si è divisa tra studi che dimostrano con successo un rapporto eziologico tra streptococco di gruppo A (GAS), infezioni e ad esordio infantile e disturbo ossessivo-compulsivo (DOC), e studi che non riescono a trovare tale associazione. Una possibile spiegazione per questi risultati così contrastanti è che i criteri diagnostici proposti per la P.a.n.d.a.s. non sono sufficientemente specifici per descrivere un gruppo unico e omogeneo di pazienti;
   tale patologia consiste in un disturbo connesso ad una reazione autoimmune scatenata da malattie infettive dell'infanzia, in particolare tonsilliti, otiti, sinusiti e faringiti da streptococco, che provocano un'infiammazione del cervello e che possono causare un esordio improvviso e acuto del disturbo ossessivo compulsivo e di altri sintomi quali: assunzione di cibo altamente restrittiva, ansia, depressione, tic motori e vocali, difficoltà nella scrittura, disturbi neurologici, disturbi nel sonno e della frequenza urinaria e altri sintomi psichiatrici;
   sul piano prettamente psichiatrico detta sindrome incide in maniera notevole sia sulla spesa sanitaria nazionale per il costo esoso dei farmaci ma anche sulla qualità della vita dell'interessato e della sua famiglia, quest'ultima costretta a far fronte alle spese con risorse proprie; in più, nei casi più gravi, i soggetti, da adulti, non sono in grado di lavorare né di avere relazioni sociali;
   l'insorgenza della patologia è subdola e difficile da diagnosticare, anche in considerazione del fatto che non sono al momento disponibili biomarcatori validati a supporto delle valutazioni psicomotorie da parte dei medici pediatri e dei neuropsichiatri infantili;
   pur non mancando le opzioni terapeutiche, il fatto che non si è ancora in grado di riconoscerla, e l'assenza di una comune ammissione della sua esistenza, in particolare da parte della pediatria italiana, rischia di accrescere le difficoltà per i pazienti colpiti, allungando i tempi per l'individuazione di un'esatta terapia;
   le famiglie alle prese con questo disturbo raccontano che improvvisamente hanno visto i loro figli cambiare umore e carattere dall'oggi al domani: questi bambini hanno iniziato ad avere paura di uscire di casa e di andare a scuola e ad avere comportamenti irascibili e violenti. È evidente che tutto ciò incide negativamente non solo sull'apprendimento/rendimento scolastico di questi bambini, ma anche sul loro livello di socializzazione ed inclusione nella comunità;
   in mancanza di conoscenza e informazioni istituzionali su questa sindrome, la scuola, che è il luogo dove i bambini passano più tempo e dove possono sorgere disagi e disturbi di vario genere, non è certamente in grado di individuare e segnalare eventuali casi di P.a.n.d.a.s. Mentre con un intervento tempestivo di riconoscimento della sindrome tutti problemi succitati potrebbero essere risolti, nei casi più se la banale somministrazione di un antibiotico;
   nel mese di ottobre 2015, il Governo rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 3-01781, riferiva di una serie di recenti importanti iniziative della comunità scientifica nazionale ed europea, volte ad accrescere la conoscenza di base clinica per la prevenzione e cura della sindrome di P.a.n.d.a.s., quali la conferenza sulla sindrome di Tourette e sui disturbi ticcosi, svoltasi a Londra nel giugno 2015, il convegno su P.a.n.d.a.s., tenutosi recentemente a Como, ma soprattutto il progetto multicentrico finanziato dalla comunità europea (con esito nel 2017), che si propone di indagare il possibile coinvolgimento dell'infezione da streptococco nell'insorgenza della sintomatologia ticcosa in età pediatrica e che vede anche la presenza di esperti in microbiologia, neuropsichiatria infantile e modellistica animale dell'Istituto superiore di sanità – e dell'università degli studi «La Sapienza» di Roma;
   a parere dell'interrogante c’è la necessità di:
    a) sostenere gli studi epidemiologici e sperimentali in Italia, volti ad accrescere le conoscenze sulla diffusione della patologia e la possibile identificazione di biomarcatori utili per una diagnosi efficace ai fini di interventi terapeutici mirati, affiancati da una maggiore sensibilizzazione sul tema dei pediatri di base e dei neuropsichiatri infantili.
    b) attivare, in collaborazione con le associazioni dei pazienti, iniziative di informazione/comunicazione nei confronti della classe medica, del mondo scolastico e dell'opinione pubblica al fine di sensibilizzare e far luce su questa nuova sindrome –:
   a che punto sia la sperimentazione prevista dal progetto multicentrico finanziato dalla Unione europea e quali siano i criteri di trattamento dei pazienti;
   se non reputi necessario, in attesa degli esiti della sperimentazione, lasciare in capo ai medici, che già riconoscono e trattano la P.a.n.d.a.s., la responsabilità di somministrare i «protocolli» in uso attualmente e riconosciuti «di ausilio» per i pazienti al fine di alleviarne le conseguenze invalidanti. (5-09310)

Interrogazione a risposta scritta:


   BARONI, LOREFICE, DI VITA, NESCI, SILVIA GIORDANO, MANTERO, COLONNESE, DI BATTISTA, FRUSONE, DAGA, LOMBARDI, MASSIMILIANO BERNINI, RUOCCO, VIGNAROLI, ZOLEZZI, VILLAROSA e GRILLO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il presidio sanitario denominato «Gli Annali», gestito dalla «Gli Annali s.r.l.», è una residenza sanitaria assistenziale in Cineto Romano (Roma), accreditata definitivamente presso la regione Lazio con decreto n. U00262 del 26 giugno 2013 per 114 posti letto autorizzata all'esercizio per un totale di 134 posti letto (20 posti letto sono di riabilitazione in regime residenziale);
   a far data da novembre 2011 fino a dicembre 2013 la società ha ininterrottamente beneficiato degli ammortizzatori sociali aprendo ben cinque procedure di licenziamento collettivo, tradottesi, fino al 2013, in cassa integrazione per 24 dipendenti e culminata, tramite l'ultima procedura, nel licenziamento di 19 unità lavorative comminato il 1o gennaio 2014;
   le motivazioni dichiarate dalla società per il ricorso alle procedure di riduzione del personale, che hanno coinvolto un terzo del personale dipendente, sono:
    a) la dovuta riorganizzazione aziendale nel rispetto dei requisiti minimi previsti per l'adeguamento dalla normativa regionale;
    b) l'abbassamento del budget;
   esaminando la documentazione di fonte pubblica disponibile, gli interroganti rilevano che le procedure non trovano ragione nè con l'abbassamento del budget, quindi con l'ipotetica crisi aziendale né, tanto meno, con la riorganizzazione della stessa;
   di fatto, nel dicembre del 2011, con decreto del commissario ad acta n. U0115, alla società è stato assegnato un budget pari ad euro 1.875.382,96, identico al tetto di spesa previsto a suo favore nell'anno successivo tramite decreto n. U00093;
   il 9 aprile 2013 il decreto del commissario ad acta n. U00101 ha garantito all'Azienda un budget pari ad euro 2.185.912,00, aumentandolo di circa euro 210.000 rispetto agli anni precedenti;
   in ordine alla riorganizzazione aziendale è utile evidenziare il testo del decreto di accreditamento definitivo nel quale si legge che già dal 2012 la struttura era in linea con i requisiti previsti dalla normativa di riferimento: «dell'attestazione di conformità del Direttore Generale della ASL RM/G, prot. n. 2939/2012 del 18/12/12, con cui si attesta che il presidio sanitario denominato "Gli Annali", gestito dalla società Gli Annali S.r.I., con sede legale in Via San Quintino n. 33 – 001J5 Roma e sede operativa in Via degli Annali snc – 00020 Cineto Romano (RM), relativamente all'attività di: n. 38 posti RSA livello prestazionale R2; n. 16 posti RSA livello prestazionale R2D; n. 60 posti RSA livello prestazionale R3; – n. 20 posti riabilitazione in regime residenziale persone portatrici di disabilità fisiche psichiche e sensoriali (ex articolo 26); risulta in possesso dei "requisiti strutturali, tecnologici e organizza/ivi e di cui al DCA n. 90/2010 con annessi allegati e sS.mm-ii. "e si attesta la conformità agli "ulteriori requisiti di accreditamento di cui al DCA n. 90/2010 e ss.mm.ii." della seguente attività sanitaria: n. 38 posti RSA livello prestazionale R2; n. 16 posti RSA livello prestazionale 172D; n. 60 posti RSA livello prestazionale R3...»;
   va segnalato che Massimo Forti, amministratore della «Gli Annali srl» è anche socio della Geress srl che gestisce la casa di cura Colle Cesarano in Villa Adriana – Tivoli. La circostanza non avrebbe niente di singolare se non fosse per un finanziamento di 1.200.000 euro da parte della Geress srl che di fatto non risulta rendicontato, nella corrispettiva voce, nei bilanci di Gli Annali. Coincide, con la Colle Cesarano, anche il metodo e il numero del ricorso alle procedure di riduzione del personale (cinque). Prima si è ottenuto l'accreditamento definitivo e subito dopo si è provveduto ai licenziamenti. Anche le motivazioni sono le stesse e cioè il «riordino regionale», la cui interpretazione, relativa al personale di accreditamento è divenuto ormai strumentale alle procedure di cassa integrazione e licenziamenti, così come soprattutto lo «stato di crisi». Il mancato controllo da parte della regione Lazio e del commissario ad acta Nicola Zingaretti, ha garantito il successo di queste operazioni;
   dall'analisi di bilancio, commissionata ad un professionista esperto, le gravi anomalie emerse, hanno portato a confrontare i bilanci anche con quelli della Geress srl (Colle Cesarano). Dallo studio emergerebbe l'inesistenza dei dovuti controlli e la necessità di ottenere spiegazioni sull'utilizzo dei fondi;
   tra i dati più significativi, dei documenti di rendicontazione, si rileva che la «Gli Annali» è una delle due società controllanti della Geress srl e detiene il 50 per cento delle quote. L'amministratore delegato, Massimo Forti, ha il medesimo ruolo sia nella «Gli Annali» che nella «Geress srl»;
   la prima grande incongruenza, nei bilanci di queste ultime due società, riguarda la mancata coincidenza del reciproco collegamento economico. Nei bilanci della società «Geress srl» la società «Gli Annali srl» è indicata come impresa «controllante». Nei bilanci, de «Gli Annali» la «Geress srl» non risulta società controllata, bensì società collegata;
   l'articolo 2359 del codice civile indica i criteri per individuare le società controllate e collegate; tale distinzione è di fondamentale importanza, perché in presenza di questi rapporti saranno applicabili le norme relative alla sottoscrizione ed acquisto reciproco di azioni o quote;
   nel 2014 la Geress srl, contemporaneamente al licenziamento di 28 dipendenti per crisi aziendale, finanzia per 2.400.000 le società controllanti tra queste la Gli annali srl finanziata per 1.200.000 euro. Il finanziamento non trova riscontro in nessuna voce di debito verso controllata o collegata, nel bilancio de «Gli Annali srl». Il finanziamento sembra aver aumentato la voce «Partecipazione in imprese collegate», se così fosse il finanziamento, quindi il debito, si è trasformato addirittura in «quote di partecipazione». Le esigue note integrative non forniscono informazioni complete;
   nei bilanci (2013-2014-2015) i dati dell'anno precedente, che secondo la normativa vigente, devono essere «ricopiate» e riportati accanto ai valori dell'esercizio successivo, non coinciderebbero. Alcune voci sembrerebbero gonfiate o snellite durante la «ricopiatura». Più precisamente nei bilanci del 2014 sarebbero stati alterati alcuni valori del 2013 e nel bilancio del 2015 sarebbero stati alterati alcuni vale dei 2014;
   la «riserva straordinaria o facoltativa» nel bilancio del 2013 è di euro 469.024 ed è stata «riportata» nel bilancio successivo con un valore di euro 3.469.024;
   la voce «Versamenti in conto futuro aumenti» pari a 3.000.000 euro nel bilancio del 2013, è riportata nel bilancio successivo con valore pari a «zero»;
   il valore di produzione tra il 2012 –2013 – 2014, si attesta intorno ai 5 milioni di euro e tra il 2013 e il 2015 il debito verso le banche si riduce di 1.022,663 (quasi dimezzato) mentre, lamentando la crisi aziendale, Gli Annali licenzia circa un terzo del personale;
   come evidenziato nella relazione del professionista: «...i valori/fondi sono modificati da un anno all'altro, senza che nulla sia specificato sulle note integrative o relazioni di bilancio. Ogni voce di bilancio ha una destinazione d'uso vincolata. Per poter spostare un capitale da una voce di bilancio all'altro, è necessaria una "delibera per cambio destinazione" con la quale i soci decidono di destinare un capitale o somma ad un uso diverso da quello previsto originariamente. Dal 2011 al 2014 almeno 3 "cambi di destinazione" delle somme, senza che vi sia stata, almeno dalla documentazione disponibile in CCIAA, alcuna delibera tra soci, nel 2011 il "debito verso soci per finanziamenti" era pari a euro 3.111.312;
   1o cambio: nel 2012 euro 3.000.000 sono trasferiti in "versamento in conto futuro aumento" e vi rimangono anche nel 2013, come da bilancio;
    2o cambio: sul bilancio 2014, però, tra i valori del 2013 abbiamo zero nella voce "versamenti in conto futuro aumento di capitale" e la "riserva straordinaria" viene aumentata (sempre nel bilancio 2014, valori 2013) da euro 469.024 a euro 3.469.024;
   3o cambio: nel 2014 la "riserva straordinaria" viene ridotta di euro 3.000.000 ( oltre a un incremento di euro 22.371 per utili anno precedente), ma nella nota integrativa non viene specificato l'uso che ne è stato fatto; sempre nel 2014 i "debiti verso Soci per Finanziamenti" aumentano di euro 2.737.269;
   [...]
   i costi per "Salari e Stipendi" e in generale per i costi del personale sono in diminuzione (...), mentre evidenzio la crescita dei servizi che, mancando indicazioni sulla nota integrativa, si può presupporre un aumento dei lavori in outsourcing (la voce di conto dal 2010 al 2015 aumenta del 70 per cento)»;
   nel caso in cui i dati dell'analisi di bilancio fossero confermati, emergerebbero gravi irregolarità –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se intendano assumere le iniziative di competenza per fare chiarezza sull'operato e sulla gestione della residenza sanitaria assistenziale «Gli Annali» anche alla luce del fatto che è destinataria di importanti risorse pubbliche;
   se sussistano in capo alla residenza sanitaria assistenziale «Gli Annali» i requisiti richiesti ai fini dell'accreditamento al Servizio sanitario nazionale;
   se non si ritenga opportuno, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, assumere iniziative per la revoca dell'accreditamento, al fine di salvaguardare il fondamentale diritto alla salute dei cittadini e comunque, quali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo. (4-13977)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GINEFRA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Poste Italiane è la più grande azienda di servizi del Paese e si qualifica come tale non solo per le sue dimensioni, i suoi asset strategici e i suoi primati produttivi, ma anche per la sua funzione sociale;
   il 15 dicembre 2015, come previsto dalla legge di stabilità 2015 e dopo il parere parlamentare espresso dalla Commissione trasporti nella seduta del 5 agosto 2015, è stato pubblicato il contratto di programma 2015-2019 tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Poste italiane S.p.a. per la fornitura del servizio postale universale;
   il Governo ha annunciato il prosieguo del processo di privatizzazione del Gruppo, mutando gli assetti proprietari e conferendo il 35 per cento di azioni in Cassa depositi e Prestiti;
   questa decisione, come è emerso dalle recenti audizioni in seno alla commissione trasporti della Camera, ha destato non poche preoccupazioni e la contrarietà delle organizzazioni sindacali;
   tra le preoccupazioni principali quelle della progressiva dismissione del servizio di recapito peraltro oggetto di impegni specifici dell'azienda nel sopra menzionato contratto di servizio;
   la riorganizzazione del servizio di recapito, già avviata in alcune regioni e in fase di attivazione in altre, comporterà un taglio delle zone stimato in un 30-40 per cento, con la conseguente generazione di eccedenze di personale che potrebbero essere considerate esuberi;
   l'atto che ha sancito la suddetta riorganizzazione, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, avrebbe dovuto prevedere l'attivazione di investimenti destinati all'ammodernamento del servizio e alla diversificazione delle attività: sembrerebbe tuttavia che nelle regioni in cui tale riorganizzazione ha avuto inizio, circa il 60 per cento del territorio nazionale, l'accordo non sarebbe mai realmente entrato in vigore, generando disservizio e accumulando grandi quantitativi di posta giacente;
   si apprende, altresì, che sia il servizio di recapito, sia quello di sportello soffrono di una carenza cronica di personale che si aggrava nel periodo estivo;
   il 23 luglio 2016, con una nota a firme congiunte, i sindacati confederali dei postali hanno denunciato che «l'accordo Nazionale sottoscritto il 12 giugno 2015 sulla riorganizzazione di M.P., prevedeva tra l'altro un piano di trasformazione di n. 480 unità da part-time verticali a full-time su tutto il territorio Nazionale e in particolare di n. 66 unità in Puglia. Il piano è stato implementato in due momenti successivi: giugno e settembre 2015»;
   il percorso prevedeva «la possibilità di aderire ex-novo alla clausola elastica redigendo graduatorie eque e cristalline in base alla effettiva presenza in servizio dei part time»;
   «in maniera del tutto casuale» – proseguono nel documento – «siamo venuti a conoscenza di imminenti trasformazioni sul territorio del Sud senza essere stati informati dettagliatamente circa i territori interessati, il numero preciso delle trasformazioni oltre che dei criteri da adottare sui territori per l'individuazione delle risorse par-time coinvolte»;
   solo a seguito di una richiesta di convocazione urgente avanzata dalle organizzazioni sindacali, si è svolto un incontro presso la sede regionale pugliese dell'azienda per conoscere le province interessate al processo, il numero del personale coinvolto e i requisiti necessari;
   Poste Italiane avrebbe comunicato che le trasformazioni riguarderebbero i soli lavoratori assegnati al mercato privati e le province interessate saranno quella di BARI e quelle di Bari Andria e Trani, con 16 unità coinvolte, Brindisi con 8 unità e Lecce con 9 unità;
   la nuova procedura gestionale prevederebbe a detta delle organizzazioni sindacali, «esclusivamente criteri discrezionali unilaterali Aziendali: titolo di studio, valutazione aziendale dei lavoratori interessati, anzianità di servizio e effettiva presenza in servizio (adottando gli stessi requisiti previsti per il Premio di Risultato)»;
   le assegnazioni sarebbero previste a breve;
   le organizzazioni sindacali in maniera unitaria avrebbero rappresentato ferma e dura contrarietà rispetto al progetto di trasformazione part timefull time annunciato da Poste Italiane chiedendone la immediata sospensione. Il tutto perché l'intero progetto presenterebbe «gravi aspetti di arbitrarietà e discriminazione, sottende un inconfutabile principio di sottomissione e riduzione a schiavitù del lavoratore part time rispetto alla possibilità consegnata unicamente nelle mani del datore di lavoro di migliorare o peggiorare la sua condizione di vita, instaura un visibile principio di discriminazione e disparità di trattamento tra lavoratori appartenenti allo stesso contingente ma che a distanza di pochi mesi subiranno trattamenti valutativi e di selezione assolutamente differenti, interessa solo una parte del territorio pugliese lasciando inspiegabili deficit su Taranto e Foggia. Inoltre non va sottaciuto l'intento provocatorio aziendale dimostrato dal fatto che in fase di rinnovazione contrattuale che attiene anche al tema dei part time e delle relative regole contrattuali di trasformazione decide pervicacemente e paradossalmente di procedere in modo unilaterale e discrezionale»;
   Poste Italiane, nonostante tutto, avrebbe confermato il prosieguo del procedimento;
   nella giornata di domani le organizzazioni sindacali avvieranno una mobilitazione a Bari dove è previsto un sit-in e si riservano di valutare eventuali azioni giudiziarie per atteggiamento antisindacale rinveniente dalla mancata contrattazione su tematiche inerenti le politiche occupazionali –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda, al vero;
    se i Ministri interrogati non ritengano di dover attuare opportune forme di monitoraggio e controllo, per quanto di competenza, affinché la ristrutturazione in atto in Poste Italiane non metta a repentaglio posti di lavoro e il servizio di recapito postale e di sportello;
   se non si ritenga di promuovere presso Poste Italiane le necessarie azioni affinché vi sia pieno rispetto degli accordi intrapresi con le organizzazioni sindacali in tema di personale dislocato presso ciascun ufficio e di investimenti da realizzare per promuovere l'ammodernamento e la diversificazione del servizio;
   se non si ritenga di farsi parte attiva per sanare la controversia tra Poste Italiane e le organizzazioni sindacali attivando un tavolo di confronto tra le parti interessate, principalmente sui temi di una congrua dotazione di personale in tutti gli uffici e della erogazione di un servizio, di consegna e di sportello, tempestivo, efficiente e preciso. (5-09304)


   SCUVERA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni i lavoratori dello stabilimento metalmeccanico Cameron di Voghera (acquisito nel 2015 dalla statunitense Schulberger), tra i leader a livello internazionale nella produzione di valvole per oleodotti, sono in sciopero per l'incertezza circa gli investimenti e l'occupazione dei circa 700 dipendenti (considerando anche gli occupati nella consociata Leeden di Voghera);
   nel 2014 con il taglio di circa 200 posti di lavoro è stato ridotto l'organico da 685 agli attuali 460 dipendenti. A febbraio 2016 l'impresa ha fatto ricorso alla cassa integrazione, aperta per circa 200 persone e iniziata con 60-70 lavoratori, ma poi utilizzata solo in piccola parte perché la produzione è continuata a pieno regime;
   a fronte di una produzione sostanzialmente invariata rispetto agli anni precedenti, vi sarebbe stata una drastica riduzione dei nuovi ordinativi, che ammontano a 19-20 milioni di euro per il 2017, la stessa cifra che negli anni precedenti si realizzava in un mese;
   ad ottobre 2016 scadrà la cassa integrazione, ma dal management non vi sarebbe ancora stata alcuna comunicazione sui piani strategici futuri, malgrado la necessità di incontri chiarificatori su obiettivi, strategia e piano industriale –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in essere per salvaguardare l'occupazione e vista la rilevanza sul mercato di questo importante stabilimento metalmeccanico. (5-09312)


   FEDRIGA, ALLASIA, SIMONETTI e CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   uno stato di agitazione e preoccupazione aleggia tra i dipendenti della Sistemi Informativi, azienda dell’information technology del gruppo IBM, dopo l'apertura, il 16 giugno 2016, della procedura di licenziamento collettivo per 156 dipendenti, dichiarati esuberi strutturali, su un totale di 958 addetti, tra le sedi di Torino (6), Roma (135), Milano (12) e Perugia (3);
   in segno di protesta, i lavoratori hanno consegnato ai sindacati un «pacchetto» di 40 ore di sciopero: le prime quattro già indette per il 6 luglio 2016, con i lavoratori torinesi (83 nella sede in corso Orbassano) che hanno deciso di portare la loro protesta davanti agli uffici del comune;
   la scelta di procedere al licenziamento collettivo sembrerebbe motivata dal perdurare della crisi del settore dell’information and comunication technology, dalle difficoltà nel reperire commesse nella pubblica amministrazione e, secondo i sindacati, dall'ammessa incapacità di aprire nuove prospettive di mercato;
   la società Sistemi Informativi srl, si ricorda, nasce nel 1979 a Roma come azienda autonoma operante nel settore dell’information technology e dagli anni ’90 controllata al 100 per cento da IBM Italia a seguito di acquisizione; fino a venti anni fa la multinazionale produceva in Italia hardware e software con oltre 13 mila dipendenti in vari centri di eccellenza; da allora, però, è stato avviato un processo di smantellamento e smobilitazione costante che ha portato l'attuale numero di occupati nelle aziende del gruppo a circa 3 mila e la chiusura dei bilanci tra il 2013 ed il 2014 ad oltre 3 milioni di rosso su un fatturato di 100 milioni circa;
   da una comparazione dei costi aziendali sostenuti dal 2011 al 2015, puntando il focus sul costo del personale, rispetto ai costi sostenuti per:
    personale manageriale IBM assegnato in Sistemi Informativi: 11.285.553,00 euro;
    costi per dimissioni incentivate: 12.267.779,00 euro;
    costo medio del personale non impegnato (stima di 60 impiegati) a discapito dell'utilizzo di consulenti esterni: 24.111.715,38 euro;
    consulenti esterni: 55.151.547,00 euro;
    costo per formazione e riqualificazione professionale per 1000 dipendenti nel quinquennio: 74.900,00 euro;
   emergerebbe un complessivo risultato di esercizio nel quinquennio di: –10.502.547,00 euro;
   l'azienda nel descrivere le azioni messe in campo per il contenimento dei costi dichiara che negli anni 2013, 2014 e 2015 ha posto in essere azioni per la riduzione e l'ottimizzazione dei costi operativi esterni, anche attraverso azioni di vendor-in (-1,8 milioni di euro nel 2013, –1,5 milioni di euro nel 2014 e una decrescita ancora più aggressiva nel 2015 pari a circa –4,6 milioni di euro);
   la voce di bilancio non risulta presente in modo univoco nella documentazione di legge resa pubblica; dalla lettura dei bilanci per i 5 anni esaminati alla voce B) COSTI DELLA PRODUZIONE punto «7) Per Servizi» la spesa sostenuta per i 5 anni ammonterebbe a 55.151.547,00 euro;
   da un raffronto di questi costi con la somma algebrica della chiusura dei 5 anni presi in considerazione, emergerebbe un cospicuo margine di profitto, pari a decine di milioni di euro, cui l'IBM sembra abbia deciso di rinunciare, mandando a morire l'azienda stessa;
   alla luce di quanto riportato, a parere degli interroganti, risulta un'oggettiva incapacità, posto che l'azienda ha investito ben 74.900 euro in corsi di formazione e riqualificazione ed al contempo ben 102.000.00 per disinvestire;
   diventa ancora più chiaro e significativo il nome che l'azienda stessa ha scelto di dare al piano industriale per il rilancio di qualche tempo fa: « The last Chance» –:
   se e quali iniziative urgenti di competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare per addivenire a soluzioni meno traumatiche in termini occupazionali;
   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza, convocare in tempi rapidi un tavolo istituzionale ad hoc, al fine non solo di valutare ipotesi alternative al licenziamento collettivo, ma anche allo scopo di fare chiarezza sulla mancata attuazione del piano industriale di rilancio e salvaguardia dei livelli occupazionali. (5-09315)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in commissione Mongiello e altri n. 7-00987, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cenni.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in commissione Ribaudo e altri n. 5-06302, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Malpezzi.

  L'interrogazione a risposta in commissione Zardini n. 5-07270, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 dicembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Damiano.

  L'interrogazione a risposta in commissione Magorno n. 5-06073, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiano.

  L'interrogazione a risposta in commissione Bratti e Paola Boldrini n. 5-09255, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Baruffi, Fabbri, Patrizia Maestri, Ghizzoni, Montroni, Giuditta Pini, Lattuca.

  L'interrogazione a risposta in commissione Marzana e altri n. 5-09279, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Lorefice.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Manlio Di Stefano n. 1-01331, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 662 del 26 luglio 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    il 27 febbraio 2015 alla Camera dei deputati si è svolto un ampio e utile dibattito a seguito delle comunicazioni del Governo in materia di politica estera italiana, con conseguente presentazione di risoluzioni da parte dei gruppi parlamentari;
    tuttavia, è trascorso circa un anno e mezzo da allora e a livello internazionale si sono susseguiti una serie di tragici accadimenti, purtroppo con molte vittime, che hanno stravolto il quadro generale e, pur con diversa intensità rispetto agli altri partner europei, anche il nostro Paese assiste alla crescente instabilità del vicinato, alla crisi migratoria, all'acuirsi della minaccia terroristica, alle riemergenti turbolenze finanziarie;
    come è stato piuttosto evidente in questi anni, la politica estera italiana ha cercato sostanzialmente di mantenere per lo più alcuni punti fermi adottati negli ultimi decenni: il contributo al processo di integrazione europea, la partecipazione all'Alleanza Atlantica, il ruolo nelle Nazioni Unite (per il solo 2017 ha ottenuto di poter sedere nel Consiglio di sicurezza come membro non permanente di turno, avendolo dovuto dividere con l'Olanda, la qual cosa dice molto sul «peso» internazionale dell'Italia), la presenza nel «gruppo di testa» delle maggiori potenze industrializzate, ancorché in qualità di media potenza;
    come si accennava, questo scenario è da qualche tempo in pieno mutamento e motivo costante di riflessione globale sulla tenuta nel tempo di questi capisaldi ma anche sulla loro stessa natura; si è in presenza, infatti, di una mutevolezza degli equilibri verso una direzione sempre più multipolare, dimensione nella quale il nostro Paese fatica a definire una coerente strategia di politica estera;
    si tratta evidentemente di sfide che, per ottenere una risposta efficace, devono essere affrontate necessariamente a livello europeo;
    il nostro Paese, alla ricerca di una nuova governance economica, ha provato a spingere per una ridefinizione delle priorità e della strategia complessiva dell'Unione europea a favore di una maggiore flessibilità nelle politiche di bilancio nazionali; tuttavia, come è noto, ha dovuto fare i conti con tre ostacoli principali: l'eccessivo rigorismo della Germania e di altri Paesi (guarda caso gran parte dei quali non mediterranei) con poca propensione a accettare nuovi meccanismi di solidarietà; l'esplodere di altre emergenze, quali la crisi migratoria e l'ondata di attacchi terroristici in Europa, di fatto diventate più prioritarie relegando in secondo piano le strategie di riforma economica; lo scarso ruolo propulsivo delle istituzioni europee, in particolare della Commissione europea;
    in tal senso, di fronte all'inasprirsi della crisi di fiducia all'interno dell'Unione europea (l'esito della «Brexit» rischia di essere solo un primo tassello) e all'incapacità delle sue istituzioni di darvi una risposta adeguata, occorrerebbe rilanciare l'avvio di una più ampia riforma della stessa per ridarle legittimità e consentire un approfondimento dell'integrazione fra i Paesi dell'eurozona;
    in ordine alla crisi migratoria, la definizione di politiche migratorie certe e credibili diviene ogni giorno più pressante e irrinunciabile in ragione del continuo aggravarsi della situazione internazionale, come dimostrano i dati forniti dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, che quantificano in oltre un milione i migranti giunti nell'Unione europea nel 2015, superando di quattro volte il numero registrato nel 2014, senza peraltro accennare a miglioramenti. Che si tratti di un problema sistemico, al quale è necessario dare una risposta complessiva e di lungo periodo, lo dimostra anche il complicarsi della crisi migratoria derivante dalla diversificazione delle rotte e dei mezzi attraverso i quali i migranti giungono nell'Unione europea. Si arriva non più e non solo via mare attraverso la rotta mediterranea, ma anche, ad esempio, via terra attraverso la cosiddetta rotta balcanica. È, inoltre, comprovato che la rete di illegalità che gestisce questo ignobile traffico di esseri umani alimenti l'instabilità e il rischio di infiltrazione terroristica;
    peraltro, è noto che il crescere dei flussi dei rifugiati e richiedenti asilo è dovuto in larga parte all'incapacità della comunità internazionale di dare una soluzione a conflitti complessi, quali in primo luogo in Siria e Libia, associati alla destabilizzazione di altri Stati di notevole rilevanza geopolitica;
    il 15 ottobre 2015 la Commissione europea ha presentato un piano d'azione congiunto tra l'Unione europea e la Turchia, che mira a rafforzare le frontiere esterne e a gestire il flusso migratorio sia regolare che irregolare, ed è corredato di un aiuto straordinario di 3 miliardi di euro. In cambio di tale aiuto, si è stabilito di rilanciare il processo di adesione della Turchia all'Unione europea. Quest'ultima, infatti, ha acquisito ufficialmente lo status di Paese candidato all'adesione nel 2005 ed in virtù di questo riceve dall'Unione europea ingenti finanziamenti volti alla convergenza socio-economica con gli altri Stati membri. Solo nell'attuale settennio programmatico 2014-2020 si tratta di 4,5 miliardi di euro per IPA II, di cui 1,5 miliardi di euro specificamente destinati a stabilizzare lo stato di diritto e migliorare il livello dei diritti umani e delle libertà fondamentali a essi connesse. Appare, pertanto, evidente la necessità di subordinare e condizionare i predetti aiuti a un effettivo rispetto e miglioramento di questi diritti e libertà, oltre che ai principi su cui l'Unione europea si basa;
    a tal proposito, nell'accordo siglato tra l'Unione europea e la Turchia a marzo 2016, si è concordato di far rientrare, a spese dell'Unione europea, tutti i nuovi migranti irregolari che hanno attraversato la cosiddetta «rotta balcanica»; far sì che, per ogni siriano che la Turchia riammette dalle isole greche, un altro siriano sia reinsediato dalla Turchia negli Stati membri dell'Unione europea, nel quadro degli impegni esistenti; accelerare l'attuazione della tabella di marcia per la liberalizzazione dei visti con tutti gli Stati membri in vista della soppressione dell'obbligo del visto per i cittadini turchi al più tardi entro la fine di giugno 2016; accelerare l'erogazione, per assicurare il finanziamento di una prima serie di progetti entro la fine di marzo 2016, dei 3 miliardi di euro inizialmente stanziati e prendere una decisione in merito a un ulteriore finanziamento destinato allo strumento per i rifugiati siriani; prepararsi alla decisione di aprire quanto prima nuovi capitoli dei negoziati di adesione sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo dell'ottobre 2015; collaborare con la Turchia in eventuali sforzi comuni volti a migliorare le condizioni umanitarie all'interno della Siria in modo da consentire alla popolazione locale e ai rifugiati di vivere in zone più sicure;
    tuttavia, le drammatiche e tragiche vicende turche degli ultimi giorni legate al fallito «golpe» rischiano palesemente di far naufragare questi intenti, poiché è evidente, al di là dell'inevitabile ricorso alla vituperata e sempre adottata realpolitik, che occorrerà dare risposte urgenti alle azioni ritorsive e antidemocratiche (che ricordano molto da vicino le famigerate «purghe staliniane») che il Presidente Erdogan sta ferocemente adottando, non ultima la proposta di ripristinare la pena di morte in Europa, quello stesso luogo politico e economico nel quale la Turchia vorrebbe entrare; nel frattempo, si sta appunto assistendo a una vera e propria epurazione di massa di proporzioni notevoli: a oggi, risultano sospesi quasi diecimila agenti di polizia, oltre tremila magistrati, 100 agenti dei servizi segreti, 15.200 insegnanti e 492 imam allontanati. Le persone arrestate, militari soprattutto, sono salite a 9.322, ma sono numeri destinati a modificarsi purtroppo;
    la Siria dal 15 marzo 2011 vive una terribile guerra per procura alimentata da terroristi provenienti da 89 Paesi, dove, finora, sono morte più di 250.000 persone tra civili e militari;
    sul territorio siriano si sono sviluppate, grazie anche al supporto logistico, finanziario e di armamenti, le organizzazioni terroristiche di Jhabbat al-Nusra, filiale di al-Qaeda in Siria, e il sedicente Stato islamico (Daesh);
    la situazione di stallo con il Parlamento di Tobruk e l'incapacità di Al Sarraj, l'uomo che la «comunità internazionale» ha scelto come nuovo capo del «Governo nazionale libico», di essere un soggetto credibile per la popolazione e la ricostruzione del Paese richiedono un profondo ripensamento della strategia finora adottata dall'Italia in un Paese strategicamente chiave per il futuro di tutta l'area mediterranea;
    il fallimento di Al Sarraj dimostra che l'unica via per il riconoscimento di un interlocutore nazionale credibile sia rappresentato da libere elezioni che l'Onu dovrebbe promuovere, in seguito ad un patto tra le parti e attraverso un cessate il fuoco generalizzato, per promuovere un processo realmente democratico includente e popolare;
    l'Alleanza atlantica, sorta sul concetto di «difesa collettiva», ha, con l'implosione dell'Unione sovietica nel 1991 e lo scioglimento del Patto di Varsavia, perso il motivo alla base della sua esistenza e si è trasformata, con l'adozione del nuovo concetto strategico della Nato, da strumento di «difesa» ad aggressore, come dimostrano le guerre di Jugoslavia, Afghanistan, Iraq, Somalia, Sudan, Libia, Siria, Ucraina. Queste guerre della Nato hanno finito per rendere ancora più insicuro il pianeta, destabilizzando intere aree e funzionando da straordinario propellente, sul quale hanno prosperato i vari terrorismi di matrice religiosa e settaria. Il sistema «di sicurezza» della Nato espone l'Italia a gravissimi rischi, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, violando la Costituzione (articolo 11) e trattati internazionali fondamentali, come il Trattato di non proliferazione nucleare;
    in ordine agli esiti del recente vertice Nato tenutosi a Varsavia, occorre sottolineare che l'Alleanza atlantica viveva già un momento estremamente delicato in merito alle tensioni e minacce sia sul suo fianco est che su quello sud. Dal «fianco est» la stessa scelta di tenere il vertice nella capitale polacca è stata certamente percepita dalla Russia come dimostrazione che l'agenda dell'Unione europea e della Nato hanno messo questo fronte come il principale sul quale impegnarsi. La permanente instabilità in Ucraina, le condizioni per un negoziato di pace tra il Governo ucraino e le regioni secessioniste, delineate con l'accordo «Minsk II», appaiono ancora difficili da soddisfare. Ciò conferisce al conflitto ucraino un profilo di «conflitto congelato» ai confini dell'Europa, che si associa alla perdurante instabilità della stessa scena politica di Kiev. Tale situazione costituisce un fattore permanente di attrito con la Russia, con la quale da due anni perdura un rapporto segnato da tensioni e provocazioni che è ormai in parte indipendente dalla situazione in Ucraina;
    il progressivo isolamento economico, politico e diplomatico tra la Russia e i Paesi dell'Unione europea e delle altre forze occidentali indebolisce il fronte comune che la comunità internazionale deve invece costituire al fine di intraprendere le necessarie azioni di contrasto ai fenomeni terroristici;
    nell'ottica di allargare la cooperazione extra Unione europea, il quadro risulta particolarmente grave se si considera che, ad esempio, non risulta allo stato esistente alcuna forma di coinvolgimento e/o cooperazione tra i servizi di intelligence dei Paesi dell'Unione europea con quelli russi, collaborazione che, come più sopra accennato, appare indispensabile soprattutto per prevenire nuovi attentati da parte di gruppi jihadisti;
    in ordine alla minaccia terroristica, le modalità con le quali si sono susseguiti gli ultimi tragici attentati di matrice jihadista destano grande preoccupazione soprattutto in considerazione del fatto che gruppi organizzati e armati (ma anche i cosiddetti «lupi solitari») riescono, ormai, a muoversi con estrema facilità e in tutta tranquillità nella capitali europee, mettendo in esecuzione delle vere e proprie operazioni militari e bypassando, con apparente semplicità, le misure di protezione in atto;
    già all'indomani dei tragici fatti di Parigi del novembre 2015, i Ministri dell'interno dei Paesi dell'Unione europea si sono riuniti e hanno concordato di rafforzare la lotta contro il terrorismo jihadista attraverso un maggiore controllo delle frontiere esterne, il blocco dei contenuti trasmessi dagli estremisti su internet, nonché sulla necessità di migliorare il sistema di raccolta dati che i viaggiatori forniscono alle compagnie aeree (il cosiddetto pnr). Al contempo, si discute da tempo in merito ad una direttiva europea in materia di sicurezza cibernetica (cybersecurity);
    la presenza di combattenti stranieri (foreign terrorist fighters), spesso definiti come «volontari stranieri», si è palesata tragicamente soprattutto tra le file dei miliziani ribelli che si oppongono alle truppe governative siriane. Questi combattenti, spesso giovanissimi, provengono in massima parte dall'Europa e sono nati nei Paesi dell'Unione europea, figli di immigrati storici integrati in Europa da decenni;
    la via del reclutamento passa soprattutto attraverso il web e consiste in un processo capillare di indottrinamento, selezione, fidelizzazione e invio nel califfato, gestito da rappresentanti dell'Islam radicale non più solo attraverso la frequentazione di moschee radicali (già sotto sorveglianza), ma anche nelle carceri, nelle palestre o alle manifestazioni;
    al contempo, è bene comunque ricordare che il terrorismo islamico o religioso rimane ancora minoritario. Le ragioni o radici vanno ricercate in una pluralità di motivazioni, incluse quelle dell'ideologia politica o di una rivendicazione secessionista. Pertanto, oltre a combattere la radicalizzazione religiosa, risulta irrinunciabile migliorare collegamenti di intelligence che permettano di fermare qualsiasi tipologia di terrorismo;
    sempre più sovente emerge il tema della connessione tra elementi della criminalità organizzata, anche italiana, ed alcune organizzazioni terroristiche di matrice islamica che si esplica nel transito delle droghe verso l'Europa dall'Asia minore e dal vicino Oriente, nel contrabbando delle opere d'arte antiche e nella tratta degli esseri umani, fattori che si legano alle rotte del traffico illegale delle armi. Il problema nella fase attuale è la ricerca di meccanismi che ne indeboliscano la trama;
    il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle, anche in sede istituzionale, ha da tempo evidenziato quali possano essere le strade da percorrere per cercare di combattere definitivamente i fenomeni terroristici, ritenendo innanzitutto necessario interrompere ogni possibile canale di finanziamento a questi gruppi e, nello specifico, all'Isis, e, conseguentemente, ridimensionare i rapporti istituzionali e commerciali con quei Paesi, come Arabia Saudita, Qatar e Turchia, che hanno dimostrato di averlo sostenuto;
    in tal senso, diviene di fondamentale importanza bloccare, contestualmente, l'esportazione di armi verso i Paesi del Golfo che fomentano guerre e instabilità politica attraverso la corretta e immediata applicazione in tutti gli Stati membri dell'Unione europea del protocollo mirante a stabilire i principi da rispettarsi nell'esportazione di armi, rafforzato ed esteso attraverso la posizione comune 2008/944/PESC e due decisioni del Consiglio 2009/1012/PESC e 2012/711/PESC, così come del Trattato sul commercio delle armi dell'Onu (Arms trade treaty – Att) già ratificato dall'Italia e supportato dall'Unione europea;
    nell'ultimo anno è, infatti, triplicata la vendita di armi italiane all'estero e sono aumentate le forniture verso Paesi in guerra: in particolare, quelle verso l'Arabia Saudita che, alla testa di una coalizione sunnita, partecipa alla guerra in Yemen, motivo per il quale il Parlamento europeo ha chiesto un embargo sulla vendita di armamenti. Cresce anche l'intermediazione finanziaria delle principale banche italiane nel traffico di armi, Intesa e Unicredit, e tra i piccoli istituti coinvolti compare ancora la Banca popolare dell'Etruria;
    la relazione annuale del Governo italiano sull’export militare italiano 2015 mostra un aumento del 200 per cento per le autorizzazioni all'esportazione definitiva di armamenti, il cui valore complessivo è salito a 7,9 miliardi di euro dai 2,6 miliardi di euro del 2014; il valore dell’export di armi «made in Italy» verso l'Arabia Saudita autorizzato nel 2015 è salito a 257 milioni di euro dai 163 milioni di euro del 2014. Un aumento del 58 per cento attribuibile in gran parte alle tonnellate di bombe aeree prodotte nello stabilimento sardo di Domusnovas della Rwm Italia s.p.a. e spedite via aerea e navale da Cagliari tra le proteste e le denunce – anche alla magistratura – di parlamentari e pacifisti;
    a ciò si aggiunge il forte incremento del valore delle esportazioni di armi italiane verso l'Arabia Saudita che rientrano tra i programmi intergovernativi di cooperazione militare, saliti nel 2015 a 212 milioni di euro dai 172 milioni di euro del 2014. Il principale programma riguarda i cacciabombardieri Eurofighter usati ogni giorno dalla Royal Saudi air force nei suoi raid in Yemen. La fornitura, iniziata anni fa, riguarda l'Italia non solo per la sua partnership industriale nel consorzio europeo (con Finmeccanica), ma anche perché questi aerei, assemblati negli stabilimenti inglesi della Bae system, vengono consegnati facendo scalo all'aeroporto bolognese di Caselle. Nonostante la legge n. 185 del 1990 vieti anche il transito di armi destinate a Paesi in guerra. In questi giorni, inoltre, è stato reso noto l'accordo tra Leonardo Finmeccanica e un Paese del Medio Oriente, presumibilmente l'Arabia Saudita, per la fornitura dei nuovi droni Falco Evo;
    anche le forniture belliche italiane verso gli altri Paesi che partecipano alla guerra in Yemen a fianco dei sauditi sono proseguite o aumentate: gli Emirati arabi uniti si confermano il principale cliente mediorientale (con 304 milioni di euro come l'anno prima), mentre c’è stato un forte incremento di vendite al Bahrain (da 24 a 54 milioni di euro) e soprattutto al Qatar (da 1,6 a 35 milioni di euro). Il Kuwait, nel 2015 ancora tra i clienti minori, è destinato a scalare la classifica dopo la firma, poche settimane fa, di un contratto multimiliardario sottoscritto alla presenza della Ministra Pinotti per la fornitura di 28 cacciabombardieri prodotti da Finmeccanica;
    si tratta, dunque, di un vero e proprio boom di export verso tutti i Paesi in guerra, a cominciare da un clamorosa new entry: l'Iraq; finora, infatti, questo Paese mai comparso tra i clienti italiani nell'epoca post Saddam, esordisce nel 2015 con vendite per 14 milioni di euro (armi leggere e munizioni, quindi Beretta). È da registrare anche un'impennata di vendite: verso la Turchia (da 53 a 129 milioni di euro), che bombarda i curdi fuori e dentro i suoi confini con gli elicotteri T129 costruiti su licenza Finmeccanica, e verso il Pakistan (da 16 a 120 milioni di euro) in perenne conflitto con talebani, indipendentisti baluci e con l'India (anch'essa con forniture belliche italiane in aumento da 57 a 85 milioni di euro, nonostante la crisi dei marò e la guerra contro la ribellione contadina naxalita). Nel 2015 sono incrementate, inoltre, le vendite all'Egitto pre-caso Regeni (da 32 a 37 milioni di euro), comprese le armi leggere e i lacrimogeni usati dalla polizia del Cairo nelle repressioni di piazza. Insomma, l'Italia, con il suo fiorente commercio delle armi, continua a esportare insicurezza e destabilizzazione,

impegna il Governo:

   a promuovere una riflessione sulla sostanziale e incontrovertibile inadeguatezza delle politiche promosse, degli interessi tutelati e dell'impianto istituzionale dell'Unione europea nel rispondere alle necessità e ai bisogni reali dei cittadini europei, innescando in tal modo il rifiuto dell'unità e della messa in comunione delle politiche;
   in ordine alle questioni legate alla lotta al terrorismo:
    a) a promuovere la concentrazione delle risorse dell'Unione europea destinate alla lotta al terrorismo per migliorare la sicurezza interna dei cittadini europei attraverso il potenziamento delle reti di intelligence nazionale e l'armonizzazione dei quadri normativi relativi all’intelligence, favorendo, altresì, la collaborazione in tal senso con la Federazione russa e con i Paesi del Nord Africa, al fine di utilizzare appieno le capacità tecnico-operative attuali;
    b) ad attivarsi per concordare modalità efficaci per rafforzare le frontiere esterne dell'Unione europea, inclusa quella italiana, in modo da massimizzare la sicurezza senza ledere in alcun modo i diritti delle persone e preservando, al contempo, la libertà di circolazione interna all'Unione europea, in particolare affinando le misure atte a rendere efficaci i controlli, inclusi quelli concernenti i flussi migratori in entrata;
    c) ad attivarsi, nelle opportune sedi, per la costruzione di una rete di intelligence che monitori le rotte dei traffici illeciti che finanziano il terrorismo internazionale, al fine di definire efficaci azioni operative transnazionali;
    d) a proporre l'elaborazione di un piano europeo per la sicurezza cibernetica quale utile strumento per il contrasto al terrorismo internazionale nel rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini europei quali privacy e libertà di espressione, come riconosciuti nella Carta dei diritti dell'Unione europea e dalla giurisprudenza, anche recente, della Corte di giustizia dell'Unione europea;
    e) a definire un piano d'azione condiviso con gli altri Stati membri volto a contrastare il radicalismo e la propaganda jihadista attraverso il coinvolgimento attivo dei Paesi in cui si incentra il radicalismo e degli attori internazionali maggiormente interessati, quali la Lega araba e l'Unione africana, favorendo l'avvio di piani per uno sviluppo sostenibile di lungo periodo miranti, in primo luogo, a incrementare il benessere sociale e la diffusione della cultura;
   in ordine alla crisi migratoria:
    a) ad assumere iniziative per istituire un'agenzia internazionale per i richiedenti asilo direttamente nei territori di transito e partenza, superare il regolamento di Dublino e concordare con i Paesi di provenienza e transito un piano comune di gestione dei flussi migratori, anche nell'ottica di prevenzione della criminalità;
   in ordine alle sanzioni alla Russia:
    a) a promuovere e sostenere iniziative finalizzate alla revoca del reiterato regime di sanzioni alla Russia per evitare che vengano colpiti ancora più duramente gli interessi nazionali;
   in relazione alla crisi turca:
    a) ad attivarsi affinché sia sospeso l'accordo siglato tra la Turchia e l'Unione europea in relazione ai migranti e contestualmente siano sospesi sia gli aiuti economici da esso previsti sia il processo di liberalizzazione dei visti ivi definito, sino a quando la Turchia: 1) non rispetterà pienamente e integralmente i diritti umani sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo e stabiliti dalle altre convenzioni internazionali siglate, incluso l'articolo 38 della direttiva 2013/32/UE, sia nei confronti dei migranti che dei cittadini turchi; 2) non cesserà qualsiasi tipo di violenza nei confronti delle minoranze (religiose, linguistiche e altre); 3) non ripristinerà integralmente la libertà di stampa e garantirà piena libertà di espressione e di manifestazione delle idee; 4) non prenderà una chiara posizione nel confronti del terrorismo internazionale e del problema dei foreign fighters;
    b) ad adoperarsi perché siano sospesi l'accordo di pre-adesione all'Unione europea firmato nel 2005 con la Turchia e, contestualmente, gli aiuti a esso connessi;
    c) a promuovere, in sede Nato, una necessaria e opportuna riflessione sulla permanenza della Turchia nell'Alleanza atlantica;
    d) a condannare senza reticenze le iniziative di repressione e di guerra nel Kurdistan turco operato dal regime di Erdogan e a richiedere un immediato cessate il fuoco tra le parti, nonché la liberazione dei prigionieri politici incarcerati per la professione delle proprie idee e la ripresa delle trattative di pace unilateralmente interrotte con il Pkk;
   in ordine alla situazione di guerra nella Repubblica araba di Siria:
    a) a riconoscere e ripristinare le relazioni diplomatiche con la Repubblica araba siriana; a condannare gli atti di terrorismo compiuti ai danni della popolazione siriana; a intervenire nelle sedi internazionali, quali Onu e Unione europea, affinché sia rispettata la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu n. 2170 che prevede misure per ostacolare ogni tipo di supporto, finanziamento e armamento ai terroristi dello Stato islamico (Daesh), nei confronti del fronte terroristico Jabhat al-Nusra e del flusso di terroristi in Siria e in Iraq; a dissociarsi e a contribuire, in sede europea, alla rimozione delle inique sanzioni economiche alla Repubblica araba siriana;
   in ordine alla situazione in atto in Libia:
    a) ad agire, in sede Onu, per arrivare ad un processo di riconciliazione che consenta l'indizione in Libia, di libere elezioni in un arco di tempo determinato;
    b) a supportare e ad individuare, come soggetti referenti per la ricostruzione del Paese e per la gestione dei flussi migratori, le attuali amministrazioni locali libiche;
   in ordine alle questioni riguardanti la Nato:
    a) a sottoporre al Parlamento un'agenda per il progressivo disimpegno dell'Italia da tutte le azioni della Nato in aperto contrasto con la lettera e lo spirito dell'articolo 11 della Costituzione; a comunicare al comandante in carica in Europa della Nato l'indisponibilità a consentire l'utilizzo del territorio italiano per il deposito e transito di armi nucleari, batteriologiche e chimiche;
    b) ad attivarsi nelle sedi internazionali affinché i Paesi membri della Nato siano inclusi nella ripartizione delle quote dei flussi migratori;
    c) a salvaguardare la sacralità dell'articolo 11 della Costituzione, secondo il quale «L'Italia ripudia la guerra», utilizzando le Forze armate esclusivamente per difendere i confini nazionali e per missioni in ambito Onu che non si configurino come missioni di guerra mascherate;
   in ordine all’export delle armi in particolare nel Medioriente:
    a) ad assumere iniziative finalizzate a interrompere immediatamente la vendita di armi all'Arabia Saudita e agli altri Paesi della coalizione sunnita che partecipano ai bombardamenti in Yemen, nel rispetto della legge n. 185 del 1990;
    b) a promuovere una rigorosa applicazione della posizione comune firmata da tutti gli Stati europei nel 2008 che prevede il divieto di vendita di armi e di finanziamenti per Paesi – come Arabia Saudita, Qatar e Paesi del Golfo – che alimentano guerre civili o sostengono anche indirettamente il terrorismo.
(1-01331)
(Nuova formulazione) «Manlio Di Stefano, Castelli, Frusone, Battelli, Del Grosso, Di Battista, Grande, Scagliusi, Sibilia, Spadoni, Basilio, Paolo Bernini, Corda, Rizzo, Tofalo, Baroni, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Ciracì n. 4-11360, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 535 del 03 dicembre 2015.

   CIRACÌ, ALTIERI, LATRONICO, FUCCI, MARTI e DISTASO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha concluso in data 3 marzo 2006 una convenzione con il comune di Ceglie Messapica, sottoscritta dal direttore generale Afam e dal sindaco pro tempore, stabilendo l'accorpamento dell'Istituto musicale pareggiato di Ceglie Messapica al conservatorio di musica Tito Schipa di Lecce, quale sezione staccata, statizzandolo, al fine di adempiere a quanto stabilito dall'articolo 1-quinquies del decreto legislativo 31 gennaio 2005, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 marzo 2005, n. 43;
   nell'articolo 6 di tale convenzione si cita lo stanziamento di 141.000,00 euro previsto dal secondo comma dell'articolo 1-quinquies del decreto legislativo citato e assegnato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con vincolo di destinazione al funzionamento, ivi compresi gli oneri per il trattamento economico del personale docente con contratto a tempo determinato alla data di stipula della convenzione, restando a carico del comune di Ceglie Messapica tutti gli altri eventuali oneri finanziari, nel limite della spesa già sostenuta dal comune;
   contravvenendo a quanto recita la convenzione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nel corso degli ultimi anni, ha ridotto notevolmente lo stanziamento per il funzionamento della sezione distaccata di Ceglie Messapica di cui al citato decreto, non ultimo con decreto, protocollo n. 0000904 registrato il 17 novembre 2005 (registrazione Ufficio di Gabinetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca), a firma sia del Ministro dell'istruzione dell'università e della ricerca, sia del Ministro dell'economia e delle finanze riducendolo a euro 79.209,00 e creando di fatto un notevolissimo disagio al funzionamento della sede del conservatorio di musica di Ceglie Messapica che per altro a tutt'oggi non ha visto il passaggio nei ruoli del personale della sede staccata come era specificatamente previsto dalla convenzione e dalla legge in questione, che stabilivano che gli stessi sarebbero stati inquadrati nei ruoli a seguito dell'incremento della corrispondente dotazione organica, rideterminata nei modi previsti dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 28 febbraio 2003, n. 182;
   la mancata adozione del provvedimento interministeriale previsto dalla convenzione impedisce ai docenti di ruolo in servizio presso la sezione staccata di partecipare alla procedura di mobilità sul territorio nazionale; essi non sono abilitati a presentare progetti didattici e di produzione artistica da remunerare con l'assegnazione annuale ministeriale per l'ampliamento dell'offerta formativa, assegnazione che, essendo parametrata sugli indici numerici dell'istituto non contempla le unità in servizio a Ceglie Messapica in quanto le stesse non fanno ufficialmente parte della pianta organica del contratto ma vengono rinnovate con contratto a tempo determinato annualmente. Va rilevato che, a quanto consta agli interroganti, uno di tali docenti, oltre ad aver raggiunto i termini per il pensionamento, ha appena vinto un ricorso legale nel quale chiedeva la soddisfazione di vari suoi diritti e che ha visto la condanna alle spese del conservatorio e anche dal comune di Ceglie Messapica che ad avviso degli interroganti potrebbero costituire titoli di rivalsa nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 6 giugno 2016, con una nota del Ministero dell'economia e delle finanze, la ragioneria generale dello Stato ha invitato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a provvedere, tramite gli strumenti di flessibilità del bilancio, ad integrare le disponibilità necessarie per le esigenze di attuazione della convenzione in essere scrivendo «che le risorse relative all'autorizzazione di spesa di cui alla citata legge n. 7 del 2005 sono iscritte sul capitolo n. 1673 “Spese per acquisto di beni e servizi”, piano gestionale 5 “Assegnazione per il funzionamento amministrativo e didattico delle accademie di belle arti, degli istituti superiori di studi musicali e coreutici e biblioteche ammesse, dell'Accademia nazionale d'arte drammatica e degli I.s.i.a” dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con uno stanziamento di euro 79.438 annui a decorrere, che non consentono l'attuazione della Convenzione del 3 marzo 2006. A tal fine, si rinvia al competente Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale potrà provvedere ad integrare il citato capitolo nell'ambito degli strumenti di flessibilità del bilancio previsti a legislazione vigente o proporre l'integrazione, previa individuazione della necessaria copertura finanziaria, in sede di predisposizione del disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato per il corrente esercizio o in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio per il triennio 2017-2019»;
   il comune di Ceglie Messapica, a quanto risulta all'interrogante, non provvede al pagamento dello stipendio mensile ai docenti del conservatorio inseriti nella citata convenzione, pari ad un numero di 6, dal mese di marzo 2016 fino ad oggi e i docenti hanno avviato un conseguente contenzioso presso il tribunale di Brindisi sezione civile – ufficio del lavoro, causando tutto ciò un notevole danno al normale svolgimento dell'anno accademico e arrecando inoltre un gravissimo danno alla formazione degli allievi che, vale la pena ricordare, pagano le tasse come in tutti gli altri conservatori d'Italia –:
   in quale modo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stia provvedendo di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze a dare attuazione a quanto previsto dalla citata convenzione completando la statizzazione della sede di Ceglie Messapica;
   se non si ritenga urgente e opportuno rideterminare con immediatezza il finanziamento per il funzionamento della sezione staccata di Ceglie Messapica, riportandolo alla quota prevista dalla convenzione pari ad uno stanziamento di euro 141.000,00 che non può in alcun modo essere ridotto in sede di riparto annuale delle destinazioni di spese, riassegnando la differenza tra tale somma e quelle decurtate anche negli ultimi 3 anni.
(4-11360)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta orale De Mita n. 3-00372 del 9 ottobre 2013 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13967;
   interrogazione a risposta scritta Russo e altri n. 4-11265 del 25 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02439;
   interrogazione a risposta in commissione Rizzetto n. 5-08879 del 13 giugno 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02438.

ERRATA CORRIGE

  L'interrogazione a risposta scritta Ciprini e altri n. 4-13942 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 663 del 27 luglio 2016.
  Alla pagina 40224, prima colonna, dalla riga quarantaduesima alla riga quarantasettesima, deve intendersi: «quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per favorire un ripensamento delle scelte dell'azienda che conducano all'assunzione diretta da parte dell'azienda stessa dei lavoratori stagionali, in modo da rafforzare i loro diritti, il trattamento normativo e retributivo, così favorendo il ricorso», e non come stampato.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BERRETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i componenti delle forze di polizia di Stato sono rappresentanti dei valori della costituzione repubblicana, democratica e antifascista;
   in data 19 giugno 2015 su testate giornalistiche nazionali e locali quali repubblica.it, Livesiciliacatania, meridionews, sono stati pubblicati articoli che riportano affermazioni xenofobe e razziste riconducibili all'ispettore della pol.fer. Gioacchino Lunetto;
   nei citati articoli vengono riportati commenti sui migranti in arrivo in Italia che hanno in spregio i più elementari principi di umanità;
   tali commenti sono stati espressi dall'ispettore Lunetto pubblicamente sui social media accompagnati ad immagini e invocazioni a dittatori quali Hitler e Mussolini;
   il sindacato di polizia Coisp ha chiesto immediati provvedimenti riguardo alla situazione;
   il sostituto commissario Gioacchino Lunetto ha determinato un clima di tensione all'interno dell'ufficio da lui diretto con una gestione arbitraria e irrituale di ferie e trasferimenti come denunciato dal sindacato di categoria Coisp;
   i superiori del sostituto commissario Lunetto interpellati dall'organizzazione sindacale Coisp non hanno ritenuto di dover approfondire e verificare la questione –:
   quali iniziative intenda assumere per tutelare l'immagine della polizia dello Stato;
   se non ritenga opportuno verificare la correttezza dei comportamenti del sostituto commissario Lunetto nella gestione dell'ufficio di competenza;
   se non si ritenga di dover adottare iniziative nei confronti dell'ispettore Lunetto responsabile di atteggiamenti discriminatori e xenofobi che sono inconciliabili con il ruolo di rappresentante delle forze dell'ordine del Paese. (4-09580)

  Risposta. — In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante, si assicura che nei confronti del sostituto commissario della polizia di Stato Gioacchino Lunetto, responsabile della pubblicazione di alcune frasi e commenti a sfondo razzista e inneggianti al fascismo, sono stati immediatamente adottati i provvedimenti di competenza.
  Nello specifico, su richiesta del dirigente del compartimento della polizia ferroviaria per la Sicilia, il capo della polizia, con proprio decreto del 26 giugno 2015, ha sospeso cautelarmente dal servizio il sostituto commissario per la deplorevole condotta tenuta, gravemente contraria ai doveri di comportamento degli appartenenti alla polizia di Stato e fortemente lesiva dell'immagine dell'Amministrazione dell'interno.
  Per gli stessi fatti, la D.I.G.O.S. della questura di Catania ha deferito il sostituto commissario alla competente autorità giudiziaria. Il procedimento penale è tuttora pendente.
  Inoltre, anche in considerazione del clamore mediatico suscitato dalla vicenda, la questura di Catania ha provveduto alla tempestiva acquisizione della pistola, delle manette e della tessera di riconoscimento della polizia di Stato, in dotazione al predetto.
  Si soggiunge che, previa acquisizione del nulla osta dell'autorità giudiziaria all'utilizzo in via amministrativa degli atti oggetto dell'informativa di reato, il questore di Catania ha attivato un'inchiesta disciplinare nei confronti del signor Lunetto, che si è conclusa con l'irrogazione, nel mese di novembre 2015, della sanzione della sospensione dal servizio per un mese.
  Si informa altresì che, nello stesso mese di novembre, al predetto è stato notificato il provvedimento di trasferimento per incompatibilità ambientale dal compartimento polizia ferroviaria di Palermo – sezione di Catania alla questura di Messina. Dopo sei mesi, durante i quali il signor Lunetto non ha potuto prestare servizio effettivo, il provvedimento è diventato esecutivo lo scorso 19 maggio.

Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi tempi si è registrato un grosso flusso di emigrazione che fa ricordare quello del secondo periodo postbellico. L'attuale congiuntura economica fa prevedere che il fenomeno, lungi dall'arrestarsi, tenderà ad intensificarsi con un numero di persone, specialmente giovani, che saranno spinte lasciare il nostro Paese per cercare oltre confine il lavoro che qui in Italia manca; infatti, sono sempre più i cittadini italiani che si recano all'estero per motivi di studio e lavoro;
   questi nuovi migranti spesso non sono informati adeguatamente sulle procedure per ricorrere alle prestazioni sanitarie di cui si possono avvalere, specialmente nei caso di stretto bisogno;
   chi pensa di recarsi inoltre all'estero espressamente per interventi sanitari non sempre è a conoscenza del fatto che per ottenere il rimborso delle spese sostenute deve essere preventivamente autorizzato dall'ASL di riferimento e che la procedura in taluni casi deve essere seguita dal medico curante del Paese di origine;
   inoltre, le scuole che organizzano corsi linguistici all'estero a volte provvedono, per i propri studenti italiani in viaggio per motivi scolastici, alla stipula di apposite assicurazioni e, nel contempo, richiedono adempimenti da esplicare alle Asl competenti, si tratta cioè dei previsti modelli per la «Copertura sanitaria» incorrendo in numerose difficoltà burocratiche;
   le normative di riferimento su questo settore spesso non sono troppo chiare per quelle persone che si trovano nella necessità di doverne usufruire; in linea generale ci si attiene all'applicazione della circolare numero 33, che è carente in diversi aspetti, risale al dicembre dell'anno 1989 e si applica con misure diverse nei vari Paesi dell'Unione europea e negli altri Stati sulla base di specifiche convenzioni; infatti, risalta il fatto che ogni prestazione sanitaria ha le sue regole di rimborso; oppure in tanti casi ci si avvale della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l'applicazione dei diritti, dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera, ignorando che la direttiva però non si utilizza ai servizi nel settore dell'assistenza di lunga durata e ai programmi di vaccinazione per infezioni;
   ad esempio, i cittadini di Paesi extra – Unione europea non possono utilizzare la tessera per ricevere cure mediche in Danimarca e i cittadini croati non possono usare la tessera in Svizzera;
   la tessera sanitaria non serve per le operazioni di salvataggio e il rimpatrio. Se si vuole richiedere il trasferimento gratuito nel Paese di provenienza in caso di grave incidente o grave infermità mentre ci si trova in un altro, Paese dell'Unione europea, si dovrà avere una copertura assicurativa specifica;
   la tessera non copre inoltre l'assistenza sanitaria personale o i costi paramedici delle cure programmate in un altro Paese dell'Unione europea –:
   se i Ministri interrogati non intendano amplificare il personale delle strutture consolari nel comparto dell'assistenza sociale, in modo che possano farsi carico di un primo orientamento informativo in loco dei nuovi migranti, allestendo appositi sportelli all'interno degli uffici consolari in grado di poter dare informazioni più corrette per i cittadini italiani che si recano all'estero per motivi sia di studio che di lavoro, oltre a fornire sostegno in quelle situazione estreme che si verificano con i cosiddetti «viaggi della speranza», in quanto i nuovi flussi migratori non sono controllati a livello scientifico dagli organi competenti. (4-12341)

  Risposta. — Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale è ben consapevole del fenomeno dei nuovi flussi dell'emigrazione italiana, che coinvolgono un crescente numero di connazionali, in particolare giovani, che si trasferiscono all'estero per lavoro. I dati relativi all'ultimo decennio rivelano infatti il considerevole incremento (+49,3 per cento) degli iscritti all'Aire (Anagrafe italiani residenti all'estero).
  La maggior parte di questi nuovi migranti lascia il Paese senza possedere una specifica esperienza professionale o precise prospettive lavorative, andando incontro a notevoli difficoltà di inserimento. Per affrontare tale situazione, già da tempo gli uffici della rete diplomatica e consolare italiana nei Paesi in cui maggiore risulta l'afflusso di nuovi migranti hanno avviato una serie di iniziative volte a favorirne l'inserimento nel locale mercato del lavoro. Si è tentato in tal modo di offrire agli interessati, anche prima della partenza dall'Italia, attraverso l'uso dei siti
web istituzionali degli uffici consolari e dei media italiani, un'adeguata preparazione sul Paese di destinazione, in particolare in materia di diritti e opportunità di lavoro, assistenza sanitaria ed altri aspetti logistici. Queste iniziative sono state realizzate anche con la collaborazione delle locali associazioni italiane, degli organi di rappresentanza delle nostre comunità (Comites e CGIE) e delle istituzioni locali competenti in materia di lavoro.
  Nonostante le difficoltà legate al blocco del
turn-over e alle altre misure di revisione della spesa pubblica, che hanno determinato una netta riduzione del personale di ruolo destinato all'estero, la Farnesina sta puntando recentemente anche sull'assunzione di personale a contratto presso le sedi estere e sull'innovazione delle procedure, al fine di mantenere un livello adeguato dei servizi a favore della collettività e rispondere alle molteplici esigenze dei nuovi migranti.
  Con lo scopo di ridurre i potenziali disagi per chi viaggia all'estero, questo Ministero si è fatto inoltre promotore di alcune iniziative concrete miranti a fornire il più ampio spettro di informazioni, anche sotto il profilo delle prestazioni sanitarie, ai connazionali prima della partenza. A tal fine, il sito internet «viaggiaresicuri.it» contiene elementi approfonditi anche sulle tipologie di servizi sanitari offerti in ciascuno dei Paesi di destinazione e sulle relative modalità di accesso che variano a seconda delle circostanze.
  Si segnala, infine, che la Farnesina, in collaborazione con l'Astoi (Associazione dei tour operators italiani), l'Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) e Consip (Concessionaria servizi informativi pubblici), sta attualmente salutando la possibilità di individuare specifici prodotti assicurativi da offrire ai connazionali che si recano all'estero per provvedere alla copertura di spese sanitarie impreviste cui dovessero far fronte durante l'espatrio.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Trattato di Lisbona riconosce gli animali come esseri senzienti;
   il 10 novembre 2015 la polizia stradale di Civitavecchia (Roma) fermava un autoarticolato adibito al trasporto degli animali da macello;
   su il Tir proveniente dalla Spagna e diretto in Sicilia erano stipati circa centosettanta suini;
   durante il controllo della polizia stradale trentatré maiali venivano rinvenuti morti;
   gli animali vivi che a metà percorso avevano viaggiato circa ventisei ore sono apparsi in condizioni precarie, senza acqua, ammassati uno sopra l'altro per mancanza di spazio;
   a seguito delle molteplici violazioni alle norme sul trasporto di animali vivi, mancata autorizzazione al trasporto di animali vivi, assenza del certificato di omologazione del rimorchio e irregolarità di soste previste per legge, sovraffollamento del mezzo, mancanza di lettiere e impianti di abbeveraggio bloccati, gli agenti della polizia stradale congiuntamente al servizio veterinario dell'ASL RM F di Civitavecchia avrebbero proceduto alla denuncia nei confronti del trasportatore –:
   se sia a conoscenza di quanto accaduto durante il controllo della polizia stradale di Civitavecchia nei confronti del tir che trasportava centosettanta suini destinati al macello nella regione Sicilia;
   per quanto concerne al trasporto a lunga distanza, considerato lo stress cui vengono sottoposti gli animali e a seguito delle numerose violazioni riscontrate dalle autorità competenti per il controllo e la vigilanza sul trasporto degli animali vivi, se non sia opportuno assumere iniziative per intensificare le ispezioni in base al decreto del Presidente della Repubblica n. 320 del 1954 e al decreto del Presidente della Repubblica n. 317 del 1996. (4-13512)


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, un carico di 900 agnelli vivi provenienti dalla Romania è stato fermato nella zona industriale di Pontinia (LT) dai forestali del comando provinciale di Latina e del nucleo investigativo per i reati in danno agli animali (NIRDA);
   a causa di numerose violazioni riscontrate, il veicolo che li trasportava è stato sottoposto a fermo amministrativo con l'applicazione di sanzioni pari a un importo di seimila euro;
   nell'ambito del controllo effettuato, inerente al benessere degli animali e alla sicurezza agroalimentare, il carico di agnelli vivi è stato controllato prima che il trasportatore provvedesse allo scarico degli ovini presso le industrie di macellazione;
   durante il controllo effettuato dalla forestale con l'ausilio di medici veterinari dell'azienda sanitaria locale di Latina, servizio igiene degli allevamenti e produzioni zootecniche, si sono verificate le condizioni di salute degli animali accertando anche la morte di alcuni esemplari avvenuta prima dell'arrivo a destinazione;
   le violazioni contestate al trasportatore sono numerose: spazi non sufficienti ad assicurare ventilazione adeguata agli animali; la mancata possibilità di movimenti naturali all'interno del semirimorchio; eccessivo carico causa di sofferenza agli animali; compromessa possibilità di riposo degli stessi; impossibilità di una corretta termoregolazione; ostacoli al dispositivo di abbeveraggio;
   tutto ciò in violazione di quanto prescritto dalla normativa in materia che disciplina le disposizioni del regolamento della Comunità europea n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni collegate;
   i controlli sugli animali destinati alla macellazione per uso umano siano molto sporadici in virtù del fatto che, in caso si fermo, il più delle volte, sono applicate sanzioni in violazione della normativa concernente la protezione degli animali durante il trasporto –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non si ritenga che tali controlli debbano inserirsi in una più ampia campagna di verifiche attuata dalle autorità competenti attraverso intensificazione di controlli su tutto il territorio;
   se non si ritenga utile, alla luce di quanto spesso avviene durante il trasporto ai danni di animali da macello, assumere iniziative per modificare la normativa vigente in materia al fine di garantire il maggiore benessere degli animali durante il trasporto, nonché l'inasprimento di pene per chi commette reati di maltrattamento durante il trasporto agli animali. (4-13513)

  Risposta. — Si risponde congiuntamente ai due atti parlamentari, stante l'analogia dei contenuti.
  In merito alla problematica in esame, il Ministero dell'interno ha segnalato che, in data 7 novembre 2015 alle ore 20, nell'area di servizio «Tirreno ovest» dell'autostrada «Roma/Civitavecchia», personale della sottosezione Polizia stradale di Ladispoli ha proceduto al controllo di un veicolo adibito al trasporto di animali vivi, condotto da un cittadino italiano, che trasportava 200 suini.
  Dalla documentazione esibita dal conducente, gli agenti accertavano che gli animali erano partiti dalla Spagna (porto di Barcellona) alle ore 18.17 del giorno 6 novembre 2015 ed erano arrivati in Italia, via nave, alle ore 19.20 del giorno seguente.
  Risultava, inoltre, che il veicolo avrebbe dovuto raggiungere il porto di Salerno per poi imbarcarsi alla volta della città di Palermo.
  Al momento del controllo, pertanto, gli animali avevano viaggiato già per oltre 26 ore, come accertato dalle stampe tachigrafiche, e se non fossero stati controllati dalla polizia stradale avrebbero continuato il viaggio per altre 22 ore.
  Tale condotta viola il combinato disposto del Regolamento (CE) n. 1/2005 e del decreto legislativo n. 151 del 2007 che, per quella specifica tipologia di animali vivi, prevede ogni 24 ore una sosta di almeno 24 ore presso un centro di raccolta autorizzato (cosiddetta stalla di sosta).
  Dagli accertamenti effettuati, inoltre, venivano evidenziate ulteriori violazioni del citato regolamento, in quanto sul mezzo di trasporto degli animali non era attivo l'impianto di abbeveraggio a cui gli stessi possono accedere in qualsiasi momento, come previsto dalle vigenti norme.
  Gli animali viaggiavano ammassati, in evidente soprannumero e privi del necessario spazio vitale.
  Per tale ragione la polizia stradale richiedeva l'intervento del veterinario della Asl competente (RM-F), che disponeva l'immediato accompagnamento degli animali nella stalla di sosta di Manziana (Roma).
  In tale circostanza è stato possibile appurare che dei 200 suini trasportati ben 30 erano privi di vita a causa delle pessime condizioni di viaggio.
  Pertanto, si è proceduto ad informare l'autorità giudiziaria competente, che ha posto il veicolo sotto sequestro.
  Il conducente è stato denunciato per il reato previsto dall'articolo 544-
ter del codice penale (maltrattamento di animali).
  Il trasporto di animali vivi è un fenomeno a cui la polizia stradale pone particolare attenzione, non solo attraverso i controlli svolti dalle pattuglie sulla viabilità ordinaria, ma anche attraverso l'istituzione di specifici controlli mirati, calendarizzati per più giorni, e diversificati per fasce orarie ed itinerari maggiormente interessati dai transiti dei veicoli adibiti al trasporto di animali vivi, integrati anche con la presenza di personale specializzato deputato alla tutela di settore.
  Tale attività operativa è integrata da una particolare attenzione alla formazione del personale (ciclicamente svolta unitamente al personale di Asl, uffici veterinari per gli adempimenti comunitari – U.V.A.C. e Lega anti vivisezione su tutto il territorio nazionale).
  Al riguardo, infatti, nel 2015 nell'ambito territoriale regionale, teatro dei fatti indicati, sono stati effettuati n. 171 servizi specifici cosiddetto ad «alto impatto», nei quali sono stati controllati n. 427 veicoli e contestate n. 86 infrazioni alla normativa di settore, per un totale di oltre 122.000 euro di sanzioni amministrative contestate.
  In merito al fermo presso Pontinia (Latina) di un carico di 900 agnelli vivi provenienti dalla Romania, si precisa che il Ministero della salute è stato prontamente informato dall'ufficio veterinario per gli adempimenti comunitari (UVAC) del Lazio, che ha notificato, in data 1o aprile 2016, le violazioni accertate dal Corpo forestale dello Stato, dal Nucleo investigativo per i reati in danno agli animali (Nirda), reparto operante nell'ambito dello stesso Corpo forestale, e dal servizio veterinario della Asl di Latina sul trasporto di agnelli in questione.
  Il Ministero della salute è costantemente impegnato nelle attività di indirizzo e di coordinamento delle autorità regionali competenti, per contrastare le violazioni di carattere amministrativo e gli illeciti penali che possono essere perpetrati durante il trasporto di animali vivi, nelle attività di informazione e formazione in materia, nonché nella partecipazione a gruppi di lavoro in sede comunitaria, al fine di contribuire a migliorare ed uniformare l'applicazione della normativa di settore e di supportare iniziative per la sua evoluzione, alla luce di nuove acquisizioni scientifiche in materia.
  In particolare, il Ministero della salute ha emanato diverse note circolari, che richiamano l'attenzione degli organi competenti deputati ai controlli sulle procedure operative a cui devono attenersi, al fine di garantire l'attuazione delle norme sul benessere animale e ha introdotto, nel Piano nazionale benessere animale 2010, le percentuali minime dei controlli sulla protezione degli animali durante il trasporto che ogni regione deve annualmente garantire, sulla base di criteri di valutazione del rischio.
  Inoltre, per implementare l'efficacia delle attività di controllo su strada, alla fine del 2011 è stato siglato e messo in atto un protocollo d'intesa tra il Ministero della salute e il Ministero dell'interno, finalizzato al coordinamento delle diverse autorità competenti (uffici veterinari per gli adempimenti comunitari, servizi veterinari delle Asl e polizia stradale) e al miglioramento quali-quantitativo dei controlli su strada dei veicoli che trasportano animali vivi, nonché a presidiare con maggiore efficacia sia le direttrici della rete stradale nazionale, sulle quali si realizzano i maggiori volumi di traffico di animali vivi, sia quelle su cui è più alta la probabilità di riscontrare irregolarità nel trasporto di animali vivi.
  Nell'ambito del protocollo, è stata prevista una formazione specifica del personale della polizia di Stato, che viene annualmente erogata dal Ministero dell'interno, con il supporto di esperti veterinari del Ministero della salute.
  Per i veterinari pubblici è stato organizzato un percorso formativo a distanza sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1/2005 sulla protezione degli animali durante il trasporto e, per il personale degli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari, che solitamente collabora con la polizia stradale, sono stati erogati due corsi di formazione specifici per migliorare la capacità di espletamento dei controlli congiunti in campo.
  Molta importanza è stata data anche agli aspetti informativi inerenti allo specifico settore del trasporto di animali vivi, che questo Ministero ha affrontato, come per la formazione, in collaborazione con il centro di referenza nazionale sul benessere animale e la Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani.
  Tra le iniziative messe in campo vi è l'elaborazione e la diffusione di manuali operativi, come ausilio per facilitare i controlli da parte dei diversi organi accertatori, e l'organizzazione della prima conferenza nazionale sul benessere animale, tenutasi a Roma dal 13 al 15 aprile 2016, improntata alla condivisione di esperienze dirette, alla presentazione di progetti innovativi, all'analisi di problemi pratici e alla formulazione di proposte operative che il Ministero della salute farà proprie per la stesura di un nuovo piano nazionale triennale sul benessere animale.
  Per quanto riguarda l'eventuale assunzione di iniziative per modificare la normativa vigente in materia, il Ministero della salute ritiene che, in linea con quanto ufficialmente più volte pronunciato dalla Commissione europea, l'attuale impianto normativo comunitario, se puntualmente e correttamente attuato da tutti gli Stati membri della Unione europea, ha, in sé, gli strumenti necessari per apportare miglioramenti significativi nel settore del trasporto degli animali vivi.
  In tal senso, la Commissione europea sta attuando una serie di iniziative, come, ad esempio, la stesura di linee guida, la promozione di visite studio, il coordinamento delle riunioni annuali dei punti di contatto per il regolamento (CE) n. 1/2005, oltre che ispezioni ufficiali per verificare la conformità dei controlli alle norme vigenti, con la finalità di uniformare e migliorare l'attuazione delle norme stesse in tutti gli Stati membri della Unione europea.
  Da ultimo, relativamente all'ipotesi di inasprimento delle pene per il maltrattamento degli animali durante il trasporto, questo Ministero ritiene che la legge n. 189 del 20 luglio 2004, nel prevedere pesanti sanzioni amministrative o la reclusione fino ad un anno per chi commette reati di maltrattamento a danno degli animali, possa garantire l'irrogazione di pene proporzionate e dissuasive.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   BRUGNEROTTO e D'INCÀ. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 maggio 2015 la stampa locale dà notizia di tre forti boati provocati dagli aerei militari della base Usa di Aviano che avrebbero provocato il panico nel Bellunese; il più violento avrebbe fatto tremare i vetri di porte e finestre, provocando l'evacuazione delle scuole a Trichiana, Mel e nella frazione di Villa di Villa su iniziativa dei docenti; in pochi minuti sarebbero state almeno una sessantina le segnalazioni arrivate al centralino dei vigili del fuoco di Belluno da parte di cittadini spaventati; l'allarme sarebbe scattato alle 10 in punto, quando nelle zone di Sedico, Mel e Trichiana sono state nitidamente avvertiti i fragorosi botti, con molte persone che, temendo un terremoto, hanno abbandonato case e luogo di lavoro per riversarsi in strada;
   i vigili del fuoco e protezione civile avrebbero verificato che non c’è stata traccia nei sistemi dei sismografi che monitorano la zona; solo in serata ci sarebbe stata la conferma dalla base di Aviano che gli assordanti risuonati boati risuonati intorno alle 10 nella valle del Piave erano stati causati da aerei supersonici;
   non sarebbe la prima volta che le esercitazioni militari di volo creano malumori nella comunità della sinistra e destra del Piave. L'inquinamento acustico, e non solo, provocato dai numerosi voli di addestramento sui cieli della vallata avevano spinto alcuni mesi fa l'Unione montana Valbelluna a scrivere una lettera di protesta indirizzata al Ministero della difesa, dove veniva sottolineato il consiglio dell'Arpav di preservare il territorio da ulteriori tipologie di inquinamento;
   il presidente dell'Unione montana Valbelluna, e primo cittadino di Mel, Stefano Cesa avrebbe dichiarato che «L'impatto di queste esercitazioni militari nell'inquinamento acustico è evidente, con conseguente disagio per la popolazione e la compromissione inesorabile dei normali cicli biologici. Grande è anche la preoccupazione verso l'aria, l'acqua e il suolo per le pesanti emissioni di questi velivoli, che determinano rischi per la salute umana, soprattutto in un contesto di valle chiusa come la nostra» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intendano assumere a tutela della salute dei cittadini della Valbelluna e del loro ambiente naturale;
   se non si ritenga di avvisare preventivamente la cittadinanza delle esercitazioni previste;
   se e come il Ministro della difesa abbia risposto alla lettera dell'Unione Montana Valbelluna. (4-09253)

  Risposta. — Nel condividere il sentimento di preoccupazione espresso dall'interrogante, non può non manifestarsi, in questa sede, un sentito rincrescimento per gli episodi accaduti.
  Per entrare nel merito delle questioni poste, si precisa che i due forti boati, di cui è cenno nell'atto di sindacato ispettivo, avvertiti l'11 maggio 2015 in Valbelluna, poco prima delle 10, possono essere ricondotti all'attività della missione con nominativo
Banshee, composta da due velivoli F-16 statunitensi, appartenenti al 31o Stormo Fighter Wing, di stanza ad Aviano.
  La missione, regolarmente programmata e autorizzata, prevedeva un volo di addestramento.
  La pianificazione della missione escludeva attività a velocità superiore a quella del suono e il suo profilo non prevedeva attività addestrativa a bassa quota.
  Durante tale volo un velivolo statunitense ha involontariamente superato la soglia cosiddetta Mach 1.0 in due occasioni.
  Il pilota, all'atterraggio, ha regolarmente segnalato l'avvenuto
bang sonico alle autorità militari italiane ed americane.
  In merito agli ulteriori aspetti evidenziati nell'atto si rende noto che il traffico aereo operativo condotto a bassissima quota (BOAT) è specificamente regolato dalla direttiva «Regole del Volo per il Traffico Aereo Operativo» dello Stato maggiore dell'Aeronautica.
  Essa prevede, fra le altre prescrizioni, che i voli operativi devono evitare il sorvolo dei centri abitati tranne alcune eccezioni espressamente previste, quali ad esempio quelle per voli reali di difesa dello spazio aereo nazionale o esigenze di soccorso.
  Riguardo, invece, all'attività a velocità superiore a quella del suono, essa è disciplinata nell'annesso 6 della stessa direttiva la quale chiarisce che deve essere effettuata sul territorio nazionale solo in specifiche aree e ad una quota non inferiore a circa 11.000 metri sul livello del mare e, comunque, non nell'area alpina.
  Inoltre, può essere effettuata solo di giorno (dalle 9 alle 20 locali) e durante i giorni feriali.
  I velivoli stranieri che operino all'interno dello spazio aereo italiano sono sottoposti alle stesse regole del volo dei velivoli nazionali ed è espressamente previsto che prima di condurre l'attività richiesta, debbano dimostrare di avere piena conoscenza delle procedure nazionali.
  In particolare, l'attività di velivoli degli Stati Uniti appartenenti a unità permanentemente stanziate in Italia, è regolata dal documento «Rapporti Italia-USA. Procedura operativa in materia di addestramento» del luglio 1997, emanato dallo Stato maggiore difesa.
  Alla luce di ciò, con cadenza annuale, vengono sottoposte all'approvazione dei vertici militari nazionali, le richieste addestrative dei reparti americani stanziati in Italia per l'anno successivo.
  Si ricorda, inoltre, che, con protocollo d'intesa Italia-USA fu previsto quanto segue:
   nuove procedure per il volo a bassissima quota;
   nomina della
US Authority ad ogni base utilizzata dalle forze USA, responsabile dell'attività di volo e dell'adesione alle regolamentazioni italiane;
   creazione delle figure di
Liaison Officers nelle unità italiane e statunitensi per ottimizzare il flusso di informazioni;
   creazione di una
Flight Safety Board per incontri periodici sul tema della sicurezza volo (trattasi di periodici approfondimenti sul tema della sicurezza del volo organizzati in ambito Aeronautica militare);
   revisione delle nuove procedure adottate al fine di assicurare che tutti i fattori pertinenti siano considerati (rotte di addestramento, operazioni di volo degli elicotteri e dei velivoli ad ala fissa);
   implementazione delle nuove procedure all'interno dei vari accordi bilaterali e tecnici esistenti o da attuare in futuro.

  In merito, infine, alla richiesta dell'Unione montana Valbelluna, gli organi competenti hanno comunicato che è tuttora in corso il reperimento dei dati statistici necessari a fornire puntuale riscontro ai quesiti posti.
La Ministra della difesaRoberta Pinotti.


   BRUGNEROTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   Nadia Gentilini è un'ex immobiliarista di Chiavari (Genova) che, a causa di pressioni trasversali, intimidazioni, minacce di morte, è stata costretta ad abbandonare la Liguria e a rifugiarsi in Umbria;
   a partire dal 2000, quando la città di Chiavari è governata dal sindaco Vittorio Agostino; Alessandro Agostino è un architetto dalle cui mani passano la maggior parte dei progetti edilizi, prima di essere autorizzati e avviati;
   è proprio in base a questa dinamica che gli «Agostino» mettono gli occhi su quello che tutt'oggi resta l'affare più ghiotto della riviera di levante, la cosiddetta «operazione Preli»; la succitata vicenda ha visto finire gran parte della giunta sotto inchiesta, come emerge dalla cronache di stampa del tempo;
   secondo quanto emerge da una memoria della stessa Gentilini, l'allora assessore all'urbanistica Marina Tiscornia «indirizzava terzi ad affidare i propri progetti al figlio del sindaco, Alessandro Agostino, per il buon esito della pratica»; cosa che appunto accade anche con Milena Gavazzi, la presidente della Cantiere Navale di Chiavari, proprietaria dell'area navale da riconvertire, al centro dell'operazione Preli;
   la dottoressa Gavazzi aveva affidato l'incarico della vendita esclusiva degli immobili ricavati in una parte del complesso navale all'agenzia immobiliare della Gentilini, e non all'agenzia immobiliare Costruttori Associati Edilnord;
   Nadia Gentilini avrebbe così inconsciamente spezzato il programma posto in essere (da anni) per indurre Milena Gavazzi a vendere; un programma riconosciuto, tanto che Vittorio Agostino e Alessandro Agostino sono stati condannati in via definitiva nel 2012 per tentata concussione, derivante proprio dalle pressioni esercitate sulla Gavazzi tra il 2000 e il 2002 affinché vendesse l'area; si legge chiaramente già nella sentenza d'appello del 2011: Vittorio Agostino «ha escogitato un programma di intervento, arrogandosi indebite competenze, per far ottenere al figlio e ai suoi soci la completa gestione dell'affare, con l'imposizione della sua presenza nei confronti della Cantieri Navali di Chiavari»;
   la vicenda di cui la Gentilini è stata protagonista, tuttavia, era ancora più grande di quel che potesse sembrare; nel giro di breve, secondo i documenti di cui sono venuti in possesso gli interroganti, la Gentilini si accorge di essere con le spalle al muro e di venir osteggiata per qualsivoglia progetto; un primo segnale arriva già nel 2002; l'operazione che la Gentilini avrebbe voluto portare avanti prevedeva la semplice sistemazione di solai da cui intendeva ricavare due abitazioni, una per lei e una per il padre; l'immobiliarista, che ancora non conosceva il ruolo occulto giocato da Alessandro Agostino, affida proprio a lui il progetto di cambio di destinazione d'uso;
   Alessandro Agostino, però, dopo aver presentato in comune il progetto, convoca la Gentilini in studio, dove quest'ultima avrebbe trovato anche gli impresari che stavano ristrutturando l'edificio dell'area del cantiere navale; in quella sede la proposta sarebbe stata chiara: rallentare le vendite degli immobili per indurre a svendere la prestigiosa area; la Gentilini, però, rifiuta; nel giro di breve, però, prima Vittorio Agostino e Alessandro Agostino e poi il comune le bocciano inspiegabilmente, il progetto delle case per lei e il padre, nonostante fossero state rispettate tutte le prescrizioni dell'assessore all'urbanistica di allora, la già citata Marina Tiscornia;
   Nadia Gentilini, dinanzi a tali sbarramenti, decide di rivolgersi alle autorità competenti e denunciare. Ricorre dunque al Tar e arriva la sentenza che decide per l'archiviazione, nonostante emergano «elementi di fatto da ritenersi discriminatori e in violazione di legge»;
   la Gentilini, nonostante le intimidazioni verbali e materiali non si arrende; si legge nelle denunce e nei verbali «in questi anni ho subito diverse intimidazioni da parte di ignoti, poi dal 2008 via via intensificatesi. Il 16 novembre 2009 ho richiesto l'intervento della Polizia perché qualcuno ha forzato il cruscotto del mio scooter per riporvi 6 coltelli in bella vista. A questo punto ho anche il dubbio che nell'ottobre 2009 la mia autovettura sia stata rubata su commissione perché dopo quattro mesi è stata rinvenuta dalla polizia municipale di Lavagna chiusa e in ordine, cioè i ladri non hanno nemmeno rubato il navigatore satellitare che custodivo nel cruscotto»; l'auto fu poi ritrovata sulla strada che conduce alla camera mortuaria dell'ospedale di Lavagna; nello stesso anno «ho accertato prove alla mano che certe persone gestivano anche, la mia corrispondenza»;
   dopo essere passati ben cinque anni da quando, per la prima volta nel 2003, chiede di ottenere il piano regolatore, consegnatole nel 2008, nel novembre 2010, costretta a chiudere la sua attività per le mille vessazioni e ostacoli, trova nel suo scooter un plico con dentro un altro piano regolatore e altri documenti amministrativi; secondo quanto riferito dalla Gentilini agli interroganti, è evidente dunque che il piano regolatore consegnato alla stessa e alla dottoressa Gavazzi fosse stato manomesso; così come sarebbe stato manomesso quello che al tempo era reperibile sul sito;
   per poter portare avanti il suo lavoro, Nadia decide di nascondere il suo nome, mettendo in piedi una nuova società, La Paragina, con l'obiettivo di ristrutturare una palazzina di Chiavari; un'operazione importante, tanto che per la Gentilini si rende necessario un prestito, che chiede a Banca Sella;
   il progetto parte; l'istituto di credito aveva garantito condizioni vantaggiose con l'erogazione di un credito da un milione di euro a La Paragina;
   a pochi giorni dalla stipula del primo atto notarile, tuttavia, scrive la Gentilini in una sua memoria, «il direttore dell'agenzia Banca Sella mi convoca per informarmi che la sede di Biella ha cambiato le condizioni, ovvero la banca erogherà il credito solo a me e non più a La Paragina tramite apertura di conto corrente ipotecario»; un repentino cambio di rotta ingiustificato, deciso dalla banca, dice ancora l'immobiliarista, per «assumere il controllo del mio patrimonio immobiliare»;
   secondo quanto riferito da Nadia Gentilini, sulla suddetta banca cade anche il dubbio che abbia rivelato il segreto bancario per via di alcune telefonate e dichiarazioni di Federico Sella, attraverso le quali quest'ultimo avrebbe dato informazioni vantaggiose sulla situazione economica degli acquirenti e degli immobili relativi a La Paragina;
   la Gentilini, allora, presenta un nuovo esposto; e la procura competente, quella di Biella, si pronuncia riconoscendo, addirittura, «un più ampio e complesso disegno criminoso, in cui il reato di rivelazione del segreto bancario e fiduciario sembrerebbe rivestire un'importanza del tutto marginale»; un disegno al centro del quale finisce appunto Nadia contro la quale «venivano posti in essere una serie di comportamenti tesi ad ostacolare le (sue, ndr) iniziative immobiliari»; il tutto portato avanti su due fronti, «uno interno alle istituzioni liguri» e uno attraverso «l'ostruzionismo di Banca Sella»;
   come scrive Gentilini in una sua memoria consegnata alla magistratura, «a questo punto è indubbio che oltre alle proprietà immobiliari della sottoscritta de La Parigina, Federico Sella ed altri hanno anche interessi diretti sull'importante operazione immobiliare dei miei ex clienti»; ciononostante la procura decide nuovamente per l'archiviazione, tanto che pian piano Banca Sella avrebbe cominciato a chiedere indietro i fondi, non certo nella disponibilità della Gentilini. È così arrivato il pignoramento di tutti i beni immobili della Gentilini, che lascia Chiavari e chiude l'agenzia;
   tutta la vicenda è resa ancor più incredibile da una serie di procedimenti giudiziari su cui cadono a parere dell'interrogante, legittimi dubbi; già l'appello che nel 2011 aveva condannato Vittorio Agostino e Alessandro Agostino sottolineava che la sentenza di primo grado era stata secondo l'interrogante amletica, «sempre in bilico tra affermazioni, ma il più delle volte supposizioni, a sfavore e a favore degli imputati»; il tribunale di Chiavari, scrivono i magistrati di secondo grado, «più che operare una approfondita valutazione della vicenda, stilerà una distinta di argomenti, favorevoli e contrari, e perviene a una contraddittoria assoluzione»; senza dimenticare che nelle motivazioni vi è una apparente presa di posizione» dalla quale sarebbe «lecito attendersi conclusioni certe», che invece poi non sono arrivate dato che, come detto, in primo grado Vittorio Agostino e Alessandro Agostino vengono scagionati da ogni accusa;
   secondo quanto sostenuto da Nadia Gentilini desta sospetto anche l'atteggiamento del Tar Liguria; un esempio su tutti: il Tar non ha mai bloccato l'asta pubblica, denunciata dalla Gentilini, che sarebbe stata messa in piedi dal comune sull'area della Colonia Fara, rientrante nell'operazione Preli, ma non alienabile poiché sottoposta a vincolo monumentale (la soprintendenza regionale avrebbe fatto risultare l'area come proprietà privata invece che proprietà pubblica per superare l'ostacolo);
   sempre secondo quanto denunciato dalla Gentilini agli interroganti, ciò che però più di ogni altra cosa stupisce è che non è chiaro dove siano i fascicoli che la riguardano e che fine abbiano fatto, specie dopo la soppressione del Tribunale di Chiavari: tutti i fascicoli avrebbero dovuto essere trasferiti a Genova, ma il legale della Gentilini, dopo la visura di quanto depositato a nome della sua assistita, ha ravvisato che non c'era alcun fascicolo –:
   se siano a conoscenza dei fatti suesposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare in relazione alla vicenda descritta in premessa, anche in considerazione dell'attività della soprintendenza regionale della Liguria sopra richiamata. (4-11959)

  Risposta. — Con l'atto ispettivo in esame, l'interrogante ripercorre dettagliatamente la complessa vicenda che ha riguardato la signora Nadia Gentilini, ex immobiliarista di Chiavari, con riguardo alle difficoltà da ella incontrate con l'amministrazione del comune di Chiavari, nello svolgimento della sua attività professionale.
  Con particolare riferimento all'operazione immobiliare «Preli» – volta alla riconversione dell'area navale di Chiavari, nell'ambito della quale alla signora Gentilini era stata affidata, da parte del Presidente del cantiere navale di Chiavari, proprietaria dell'area, la vendita esclusiva degli immobili ricavati in una parte del complesso navale – giova preliminarmente evidenziare che, secondo quanto riferito dal Ministero dei beni culturali, l'area sottoposta a vincolo di interesse culturale è distinta dall'area ricompresa nell’«Operazione Preli», sottoposta invece a vincolo paesaggistico.
  Deve, comunque, sottolinearsi che le condotte del sindaco Vittorio Agostino e del di lui figlio Alessandro, denunciate dalla signora Gentilini, hanno formato oggetto di accertamento nell'ambito del processo penale definito con sentenza della Corte d'appello di Genova, nel 2011, all'esito del quale entrambi sono stati condannati rispettivamente a 6 e 4 anni di reclusione per il reato di tentata concussione.
  Con riferimento al lamentato ostruzionismo che avrebbe subito la signora Gentilini da parte dell'amministrazione comunale di Chiavari, nello svolgimento dell'attività di ristrutturazione di una palazzina in Chiavari, si segnala, per quanto di competenza del Ministero, che anche tali fatti sono stati oggetto di accertamento penale da parte della procura della Repubblica di Biella, nell'ambito di due distinti procedimenti, n. 1290/08 R.G. Mod. 44 e n. 1865/10 R.G. Mod. 44, entrambi a carico di ignoti, per il reato di rivelazione di segreto professionale di cui all'articolo 622 codice penale.
  Dalle informazioni acquisite presso la procura generale di Torino, è emerso quanto segue:
   
a) il primo procedimento si è definito con ordinanza di archiviazione emessa dal giudice per le indagini preliminari di Biella in data 19 ottobre 2009, nella quale viene precisato che «dalle davvero ampie e penetranti indagini svolte dalla P.G. ...non sono stati acquisiti elementi sufficientemente utili a pervenire ad un'esatta individuazione della persona (o persone) che si ipotizza abbia/abbiano violato nella specie il segreto professionale (fiduciario o bancario); e a ben vedere non sono stati nemmeno acquisiti elementi sufficientemente utili a sostenere in giudizio che, nella specie, vi sia effettivamente stata una specifica propalazione, da parte di persona/persone individuate o individuabile, integrante la suddetta violazione del segreto professionale»;
   
b) il secondo procedimento, originato da una successiva denunzia della signora Gentilini, è stato anch'esso definito con ordinanza di archiviazione del giudice per le indagini preliminari del 18 maggio 2016 fondata sulla rilevata assenza di elementi di novità rispetto a quelli già dedotti nell'ambito del precedente procedimento idonei ad avvalorare l'effettiva sussistenza di ipotesi di reato di cui all'articolo 622 codice penale;
   
c) la frase riportata nell'atto ispettivo, secondo la quale la procura competente si sarebbe pronunciata riconoscendo «un più ampio e complesso disegno criminoso, in cui il reato di rivelazione del segreto bancario e fiduciario sembrerebbe rivestire un ’importanza del tutto marginale», è stata in realtà estrapolata da un'annotazione di polizia giudiziaria e non riflette, dunque, il convincimento dell'autorità giudiziaria, trasfuso esclusivamente nelle richieste di archiviazione.

  Con riguardo, poi, a quanto affermato nell'atto ispettivo in ordine alla sparizione dei fascicoli constatata dal difensore della Gentilini a seguito della soppressione del tribunale di Chiavari e del suo accorpamento al tribunale di Genova, dalle informazioni richieste alla procura della Repubblica di Genova, è emerso che presso tale ufficio risultano regolarmente iscritti alcuni procedimenti penali originati dalle denunce sporte da Nadia Gentilini. Anche dalle informazioni acquisite presso il tribunale di Genova risulta che vi sono fascicoli nei quali la Gentilini è parte offesa.
  La predetta, proprio in quanto parte offesa, potrà giovarsi delle prerogative che la legge riserva al fine di visionare gli atti dei relativi procedimenti, mediante specifica richiesta di accesso, anche alla luce del recente intervento normativo di cui al decreto legislativo 15 dicembre 2015, n. 212, in virtù del quale, nel dare attuazione alla direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, sono state ampliate le tutele processuali riconosciute alla persona offesa.
  Dalle informazioni acquisite emerge, dunque, che i fatti denunciati dalla signora Nadia Gentilini sono stati oggetto di adeguato approfondimento investigativo da parte degli organi inquirenti, anche attraverso consulenze tecniche, poi sottoposte al vaglio dell'autorità giurisdizionale, competente a pronunciarsi nel merito. Non essendo emersi comportamenti negligenti o lacunosi da parte delle competenti autorità giurisdizionali, nessuna attività straordinaria di carattere ispettivo appare, allo stato, necessaria.
  Si rassicura, tuttavia, l'interrogante che verrà riservata comunque attenzione al caso rappresentato nell'atto ispettivo.

Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   BUENO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni la prenotazione dell'appuntamento per il disbrigo delle pratiche amministrative, presso la rete diplomatico-consolare italiana nel mondo, si può realizzare solo on-line, salvo sporadici casi;
   si tratta del sistema informatico «prenota on-line» per la gestione degli appuntamenti, accessibile attraverso i siti web delle rappresentanze italiane all'estero. Tale applicativo consente di disciplinare in modo più razionale le richieste dell'utenza per alcuni servizi (passaporti, ma anche carte d'identità e legalizzazioni), evitando un afflusso indiscriminato di pubblico, che spesso si traduce in lunghe file allo sportello, senza la certezza di poter ottenere il servizio richiesto;
   i dati ministeriali sul sistema parlano chiaro: 110 sono le rappresentanze che nel mondo utilizzano questa procedura e nel 2015 sono state effettuate 437.879 prenotazioni nel mondo di cui alcune cumulative per un totale di 485.984;
   tale applicativo «prenota on-line» non è esclusivo, in quanto le sedi ricevono i connazionali anche senza prenotazione, nei casi di urgenza o emergenza, anche perché molte sedi fanno fronte alla domanda con strumenti più tradizionali, in funzione delle caratteristiche della comunità italiana residente (persone anziane o non abituate all'utilizzo di mezzi informatici);
   «prenota on-line» potrebbe essere realmente un valido strumento per consentire di programmare in anticipo giorno e ora di ricevimento, evitando faticosi spostamenti e dando modo all'ufficio di istruire la pratica, verificando, ad esempio, nel caso dei passaporti, la posizione anagrafica, l'assenza di motivi ostativi da parte delle questure, l'assenso dell'altro genitore in caso di esistenza di figli minori e così via;
   l'utente registrato può visualizzare tutti i servizi attivi presso la sede, date e fasce orarie disponibili per l'appuntamento. Ciascuna sede infatti, in completa autonomia, imposta il numero di prenotazioni giornaliere e la loro frequenza oraria;
   da informazioni giunte all'interrogante, purtroppo, l'applicativo informatico risulta non funzionare come dovrebbe, offrendo un utilizzo estremamente difficile;
   il sistema è unico per tutti i consolati italiani del mondo e la forte domanda presente in molti consolati, rende il sistema estremamente lento; i pochi posti disponibili per la programmazione giornaliera si esauriscono in pochi secondi, costringendo l'utente a ripetere più volte l'operazione con il «prenota on-line» senza magari riuscire a completare l'operazione e ad avere quindi il sospirato appuntamento;
   risulta, inoltre, all'interrogante che il punto debole sia soprattutto quello della sicurezza del sistema informatico che non funziona, nel senso che si può invadere il sistema e cambiare la prenotazione o che, addirittura, da siti differenti arrivano richieste che fanno incetta di appuntamenti con scopi poco trasparenti –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interrogato per rafforzare il sistema degli appuntamenti online, in particolare dal punto di vista della sicurezza, garantendo un servizio semplice e veloce teso a soddisfare le esigenze dei connazionali che si rivolgono agli uffici consolari. (4-13146)

  Risposta. — Il sistema di prenotazione attraverso la piattaforma «prenota online», introdotto da questo Ministero nell'agosto del 2009, è sempre più utilizzato dalla rete diplomatico-consolare per la gestione degli appuntamenti in quanto comporta ragguardevoli vantaggi, garantendo in particolare la regolamentazione dell'afflusso degli utenti, la certezza dell'appuntamento e l'esame preventivo delle domande ai fini di una più rapida trattazione.
  Le sedi estere che utilizzano la piattaforma «prenota
online» sono ad oggi complessivamente 110, ovvero circa la metà delle nostre rappresentanze nel mondo, e nella maggior parte dei casi l'adozione di tale sistema ha fatto registrare risultati positivi, con un incremento delle prenotazioni nel 2015 pari al 12,22 per cento.
  Forti criticità si sono tuttavia riscontrate in America Latina a causa della rapida saturazione degli appuntamenti disponibili giornalmente, determinata dall'ingente mole di richieste, con conseguenti difficoltà per i connazionali e per tutti coloro che si rivolgono agli uffici consolari. Tale problema è peraltro aggravato, soprattutto in Brasile ed in Argentina, da casi di «compravendita» di appuntamenti, fenomeno contro il quale sono state messe in atto specifiche misure da parte di questo Ministero, in collaborazione con le ambasciate e i consolati coinvolti e con il costante monitoraggio da parte del centro per l'informatica della Farnesina.
  Tra i vari sistemi di sicurezza adottati, si segnala l'inserimento di un codice di verifica (cosiddetto «
captcha») in fase di registrazione e di accesso e, per alcune sedi maggiormente critiche, anche in fase di prenotazione. Inoltre, non è più consentito effettuare il login alla piattaforma «prenota online» con la stessa utenza da diverse postazioni di lavoro, né accedere all'applicativo copiando il link su più pagine dello stesso browser senza effettuare una nuova procedura di accesso (nuovo utente, nuova captcha, nuova password). È stato inoltre consigliato alle sedi più a rischio di impedire la modifica dei dati personali inseriti in fase di registrazione e di richiedere l'attivazione del codice di verifica anche in fase di prenotazione.
  L'adozione di tali misure ha dunque consentito un rafforzamento dei sistemi di sicurezza dell'applicativo, volto a garantire il corretto ed efficace funzionamento del servizio di prenotazione
online e il superamento delle criticità attuali. Questo Ministero continuerà nondimeno a monitorare costantemente la situazione, al fine di contrastare in maniera sempre più efficace i fenomeni di prenotazioni massive da parte di intermediari ed eventuali altre disfunzioni che in futuro dovessero manifestarsi, cercando nel contempo di migliorare e aggiornare costantemente l'applicativo al fine di rispondere alle esigenze dei richiedenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleVincenzo Amendola.


   BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale situazione del sistema carcerario italiano, caratterizzato dal sovraffollamento degli istituti di pena, dalla cronica inadeguatezza delle risorse e dalla carenza di personale, rappresenta un'emergenza per la quale occorre intervenire tempestivamente e in maniera incisiva;
   un caso emblematico di tale situazione è quello del nuovo carcere di Rovigo, i cui lavori, iniziati nel lontano 2007, quando l'allora Ministro della giustizia Mastella pose la prima pietra del colosso sorto a ridosso della tangenziale est, sono stati completati soltanto nel 2015;
   l'imponente struttura, composta da un corpo principale (con le 408 celle), il cortile e i locali a servizio dei detenuti, cui si aggiungono le palazzine con i 90 alloggi destinati agli agenti e i due attici da 160 metri quadri a disposizione del direttore e del comandante, è costata circa 30 milioni di euro ma l'inaugurazione ufficiale è avvenuta soltanto il 29 febbraio 2016;
   il caso del carcere di Rovigo, denunciato anche nel corso della trasmissione televisiva «Striscia La Notizia», rappresenta un vero e proprio paradosso: ovvero quello di un carcere nuovo, con le luci accese e i distributori di bevande già installati, ma vuoto. E non solo: nella struttura, che già presenta diverse criticità (tra cui il rinvenimento di animali morti, mancanza di riscaldamento, odori nauseabondi) gli agenti di polizia penitenziaria sono impiegati allo scopo di vigilare la struttura per evitare intrusioni e atti vandalici ma, allo stesso tempo, devono svolgere parallelamente il proprio lavoro anche presso la vecchia struttura carceraria di via Verdi, con turni massacranti di lavoro e in condizioni estremamente precarie;
   a giudizio dell'interrogante il nuovo carcere di Rovigo rischia di trasformarsi in una delle tante cattedrali nel deserto, ovvero in quelle opere realizzate rimaste inutilizzate, o peggio in un rifugio per sbandati o in un hub per immigrati –:
   quale sia, ad oggi, la situazione dei due istituti penitenziari di Rovigo e, alla luce dei fatti sopra esposti, se sia stato completato il trasferimento di tutti i detenuti dalla vecchia struttura carceraria di via Verdi a quella di recente inaugurata e se sia stato attuato anche il trasferimento di tutto il personale (comprendente agenti di polizia penitenziaria e personale amministrativo), garantendo loro condizioni di vita e di lavoro dignitose. (4-10424)

  Risposta. — L'interrogazione inerente il nuovo carcere di Rovigo pone in evidenza una realtà carceraria decisamente complessa ed articolata, rispetto alla quale l'impegno dell'amministrazione penitenziaria e l'attenzione del Ministro della giustizia sono stati rivolti nel massimo grado.
  Ciò non soltanto perché il 29 febbraio 2016 il nuovo carcere di Rovigo è stato inaugurato, alla presenza del Ministro della giustizia, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e delle più alte cariche della regione, ma soprattutto perché sono in via di definitiva risoluzione le residue criticità che il varo di una struttura tanto complessa inevitabilmente ha comportato.
  L'opera in questione è stata, difatti, lungamente interessata da operazioni di collaudo statico e tecnico-amministrativo, di competenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e soltanto il 31 dicembre 2015 è stata provvisoriamente presa in consegna dall'amministrazione penitenziaria, ancorché priva di utenze, energia elettrica, gas, acqua e telefono.
  Il Ministero della giustizia ha avviato, anche nella fase di provvisoria acquisizione, tutte le iniziative necessarie per favorire la tempestiva funzionalità della struttura, ed anzi per assicurare le esecuzioni di lavorazioni aggiuntive, finalizzate alla sicurezza e alla funzionalità del nuovo istituto, emerse in corso d'opera.
  Tutte le attività realizzate si inseriscono coerentemente, peraltro, nel più ampio progetto di rivisitazione e ridefinizione dell'edilizia penitenziaria, residenziale e di servizio, negli istituti penitenziari del Paese e rientrano nell'ambito dei numerosi interventi, messi in campo nell'ultimo anno, per superare definitivamente la criticità del sovraffollamento attraverso l'adozione di misure strutturali realmente efficaci, come di recente riconosciuto anche da Strasburgo.
  Sono stati, infatti, emanati i decreti ministeriali di chiusura di alcuni istituti con caratteristiche non adeguate al nuovo modello detentivo ed è, altresì, proseguita l'attività istituzionale volta alla riqualificazione e valorizzazione del patrimonio demaniale in uso all'amministrazione penitenziaria, con l'obiettivo di conferire adeguate condizioni di dignità e vivibilità alle persone detenute e agli operatori in carcere.
  In tale contesto, il nuovo carcere di Rovigo si pone come una struttura innovativa, dotata anche delle più moderne tecnologie necessarie a garantire la sicurezza, che corrisponde ad un'idea evoluta di esecuzione della pena, in linea con i lavori degli stati generali dell'esecuzione penale.
  Il nuovo istituto conserverà la vocazione di casa circondariale, con annessa sezione di reclusione, destinata ad accogliere detenuti condannati in via definitiva e con fine pena superiore ai cinque anni, secondo una analisi complessiva delle esigenze del distretto e del rispetto dei vincoli di territorialità.
  Sarà così possibile perseguire l'obiettivo di deflazionare progressivamente gli istituti del Veneto, garantendo più elevati
standard di vivibilità alla popolazione detenuta, che potrà usufruire di ampi spazi per attività trattamentali e risocializzanti. La situazione relativa al sovraffollamento, segnalata dagli interroganti, appare, peraltro, già in fase di miglioramento: a fronte della nuova capienza di 1841 posti, risultano, difatti, presenti 2118 detenuti, a fronte dei 2235 detenuti nell'ottobre 2015.
  Il carcere di Rovigo è, difatti, entrato effettivamente in funzione nel mese di aprile, ospitando i 27 detenuti già assegnati alla vecchia struttura ed accogliendo, nel corso del mese di maggio, coloro che, originariamente ristretti a Rovigo, erano stati trasferiti negli istituti di pena limitrofi, dopo la chiusura di parte del vecchio istituto.
  Dopo una prima fase di necessario rodaggio – che ha visto alcuni servizi, quale quello del vitto, dipendere ancora dal vecchio istituto – il nuovo penitenziario di Rovigo ha preso a funzionare in totale autonomia, con contestuale chiusura della vecchia struttura, avvenuta il 22 maggio 2016.
  Con l'assegnazione, alla data dell'8 giugno 2016, di 80 detenuti e la contestuale chiusura della vecchia struttura si persegue, pertanto, l'obiettivo di deflazionare progressivamente gli istituti del Triveneto, garantendo più elevati
standard di vivibilità alla popolazione detenuta del distretto, che potrà usufruire di ampi spazi per le attività trattamentali e risocializzanti.
  Oltre alle attività già avviate nel vecchio penitenziario – corso di alfabetizzazione di lingua italiana, laboratorio di lavorazione degli scarti di sapone, gruppo redazionale del giornalino «
Prospettiva Esse» – con il passaggio alla nuova struttura, la direzione si propone di realizzare progetti di peculiare rilevanza trattamentale, con particolare attenzione a progetti formativi che garantiscano l'acquisizione di qualifiche professionali, facilmente spendibili all'esterno.
  Alcuni di questi progetti sono stati presentati da enti di formazione accreditati, presenti sul territorio, quali la Coldiretti di Rovigo, la Confcooperative di Rovigo, la cooperativa sociale «Titoli Minori Onlus» di Porto Viro, la T21 di Rovigo, l'ENAIP di Rovigo.
  Con tali soggetti, la direzione si propone di stipulare protocolli d'intesa finalizzati alla realizzazione di corsi di formazione nel settore dell'agricoltura e di manutenzione del verde, corsi finalizzati all'acquisizione di titoli professionali, realizzazione di laboratori.
  La nuova struttura si presta, pertanto, ad avviare un innovativo percorso risocializzante.
  Il nuovo penitenziario è una struttura architettonica importante, capace di destinare ampi spazi, al chiuso ed all'aperto, non solo – come già ricordato – per l'insediamento di attività produttive in favore delle persone detenute, ma anche di ospitare, in termini residenziali, almeno 20 famiglie di operatori penitenziari negli alloggi allo scopo realizzati, e di offrire residenzialità ad almeno 150 appartenenti al Corpo, nella nuova moderna caserma, dotata anche di attrezzature sportive.
  Ad oggi, sono già aperte le sei sezioni detentive e la caserma destinata al personale di polizia penitenziaria, arredati con manufatti prodotti in proprio dagli istituti dotati di lavorazioni industriali.
  Anche le operazioni di trasloco dal vecchio istituto sono state realizzate mediante esclusivo impiego di detenuti ammessi al lavoro esterno e con utilizzazione di automezzi ed attrezzature speciali in dotazione all'amministrazione penitenziaria, con abbattimento dei costi di almeno il 60 per cento.
  Come è inevitabile nel passaggio ad un nuovo modello detentivo, la piena funzionalità della nuova struttura ha evidenziato talune criticità, evidenziate nell'atto di sindacato ispettivo.
  A riguardo il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha riferito che:
   1. in seguito alla attivazione della fornitura del gas, già il 29 aprile si è proceduto al collaudo della cucina e la popolazione detenuta è stata istruita all'uso delle apparecchiature, tanto che nella stessa serata si è provveduto a cucinare e servire il primo pasto;
   2. contestualmente, anche la lavanderia/stireria è stata sottoposta a collaudo e, analogamente a quanto accaduto per la cucina, si è proceduto ad istruire una parte della popolazione detenuta all'uso delle apparecchiature, tanto che il servizio è stato attivato e messo a disposizione dei ristretti sin dal 3 maggio 2016;
   3. si è provveduto all'installazione di un
router umts che garantisce, in modalità provvisoria, l'attivazione di una linea per la trasmissione dei dati. Le operazioni di installazione e collaudo hanno consentito, dal 10 maggio 2016, di procedere alla prima immatricolazione in modalità telematica, senza anomalie;
   4. sin dall'apertura, al personale dipendente operante presso il nuovo plesso è stata garantita la disponibilità di ricetrasmittenti e telefonia cellulare di servizio al fine di assicurare costanti contatti, sia all'interno che all'esterno della struttura. All'esito del rilascio delle autorizzazioni dell'ente bonifiche del Polesine per il passaggio dei cavi telefonici, i lavori di allaccio si sono conclusi e, attualmente, la linea telefonica del nuovo Istituto è perfettamente funzionante;
   5. in merito all'allestimento della sala convegno-bar, le procedure di gara si sono concluse ed i relativi lavori avranno inizio a breve. Anche la palestra sarà celermente dotata di attrezzature, mentre è già funzionante un campo polifunzionale in erba sintetica, a disposizione del personale, nonché distributori vari di bevande calde e snack;
   6. il provveditorato alle opere pubbliche delle Venezie – ente appaltante – ha comunicato che l'attivazione del servizio mensa per il personale sarà assicurata entro il termine di 120 giorni, in conformità alla convenzione stipulata in data 12 novembre 2015 tra il provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria per il Triveneto ed il provveditorato interregionale alle opere pubbliche delle Venezie. Nelle more, al personale avente diritto viene assicurata, a far data dal 21 maggio 2016, l'assegnazione del buono pasto;
   7. relativamente alla caserma agenti, sono stati resi fruibili circa 100 posti letto; sono stati, inoltre, emanati dal direttore generale del personale e delle risorse del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria i decreti di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 314 del 2006, propedeutici alle procedure di assegnazione degli alloggi collettivi. Nel contempo, sono stati richiesti i fondi per il completamento degli arredi e delle suppellettili.

  Per quanto concerne, inoltre, l'organico di Polizia penitenziaria del nuovo istituto, lo stesso è stato, di recente, implementato di ulteriori 15 unità, raggiungendo le 80 presenze.
  Fermo restando che saranno assicurate dalla competente direzione generale ulteriori dotazioni quando il penitenziario funzionerà a pieno regime, si rappresenta che il provveditorato regionale ha, di recente, diramato un interpello distrettuale – per n. 10 unità – per contribuire a rafforzare l'organico, sebbene, allo stato, non si registrano particolari situazioni di difficoltà, tanto che il comandante del reparto ha potuto assicurare la piena fruibilità dei diritti soggettivi del personale, comprese le ferie estive, in misura addirittura superiore a quanto contrattualmente previsto.
  Peraltro, appare doveroso precisare che i numerosi sistemi tecnologici installati nel nuovo plesso (consolle per apertura/chiusura cancelli, interfono in uso ai detenuti, automatizzazioni varie, videosorveglianza attiva in sala operativa, e altro), in uno con le disposizioni inerenti all'utilizzo esteso della cosiddetta sorveglianza dinamica, già consentono una gestione razionale ed efficiente dei reparti detentivi, con modalità non praticabili nel vecchio e vetusto plesso.
  Pur attraverso le inevitabili criticità che la destinazione ad uso di una importante opera pubblica comporta, può quindi affermarsi che il nuovo carcere di Rovigo costituisce struttura innovativa, capace di destinare ampi spazi, al chiuso e all'aperto, non solo all'insediamento di attività produttive a favore delle persone detenute, ma, soprattutto, a favorire l'integrazione con la società civile e con il mondo esterno, assicurando condizioni di dignità e decoro ai detenuti ed a quanti, a diverso titolo, sono chiamati ad operarvi.
  Il nuovo complesso di Rovigo potrà essere destinato a svolgere anche la funzione di polo formativo regionale, per gli operatori penitenziari del Triveneto, con un apprezzabile abbattimento dei costi.
  Si sperimenta, in tal modo, un nuovo modello di detenzione, maggiormente adeguato alle esigenze di risocializzazione della pena ed a garantire i diritti fondamentali dell'individuo.

Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   CANI e MARROCU. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione internazionale Iccat, riunitasi il 17 novembre 2014 a Genova, ha preso in considerazione la possibilità di un aumento del 20 per cento per il 2015 delle quote di tonno rosso pescabile in quanto il controllo scientifico in atto per il monitoraggio dello stock di tonno ne ha rilevato un leggero aumento presumibilmente dovuto ad un corrispondente aumento della temperatura del mare, avvenuta in questi anni a causa dei cambiamenti climatici;
   per quanto riguarda l'Italia si passerà dalle attuali 1.950 tonnellate alle oltre 2.300 tonnellate nel 2015;
   tenendo conto della realtà odierna, oltre alle previste misure contro la pesca illegale non dichiarata e non regolamentata, bisognerebbe considerare un riequilibrio di assegnazione delle quote di pesca in base alle tecniche adottate. Sino ad oggi il Governo italiano ha assegnato la ripartizione delle quote mediante il decreto del 13 maggio 2014 assegnando ben il 75 per cento alla pesca a circuizione (così dette tonnare volanti), il 13,5 per cento ai palangari, solo l'8 per cento alle tonnare fisse e oltre il 10 per cento alla pesca sportiva ed indiviso;
   appare necessario un riequilibrio della ripartizione delle suddette quote prevedendo una ripartizione che assegni il 30 per cento delle quote alle tonnare fisse, un 30 per cento alla pesca con i palangari, un 30 per cento per la circuizione e il 10 per cento per la pesca sportiva e indiviso. Questa nuova ripartizione contribuirebbe non poco a salvaguardare la specie e aumentarne così la popolazione, in quanto le tonnare fisse rappresentano la pesca ecologicamente più sostenibile e con forti tradizioni locali come nel caso di quelle di Portoscuso e Carloforte;
   un ulteriore aspetto da valutare è quello relativo all'aumento del peso della taglia del pescato attualmente stabilito in 30 chilogrammi ossia quando il tonno è all'inizio della sua maturità sessuale e della fase riproduttiva; è quindi necessario prevedere un parametro diverso per dare il giusto tempo al tonno di riprodursi naturalmente. In pratica, la piccola taglia del pescato determina il fatto che oltre il 90 per cento viene portato nelle gabbie ad ingrasso per soddisfare la richiesta del mercato che richiede taglie ben superiori –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire per riequilibrare la ripartizione delle quote prevedendone l'assegnazione del 30 per cento a ciascuna delle tipologie di pesca quali tonnare fisse, pesca con i palangari e circuizione ed il rimanente 10 per cento per la pesca sportiva e «indiviso»;
   se si intenda aumentare il peso della taglia minima del pescato oggi fissato in 30 chilogrammi. (4-13754)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, è opportuno anzitutto ricordare che relativamente al settore «tonnara fissa», con il decreto ministeriale 17 aprile 2015 è stato stabilito un progressivo incremento del plafond assegnato che, nel 2017, si attesterà intorno alle 280 tonnellate.
  Per quanto riguarda la ripartizione del contingente nazionale di cattura del tonno rosso essa avviene sulla base dei parametri stabiliti in sede sovranazionale (ICCAT ed UE), cui il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali si è uniformato.
  Evidenzio infine che l'eventuale modifica della taglia minima di cattura, che rientra nelle competenze esclusive dell'International Commission for the conservation of Atlantic Tunas e dell'Unione europea, viene valutata sulla base di evidenze di carattere scientifico.

Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestaliMaurizio Martina.


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   continua la battaglia per scongiurare la realizzazione di un pozzo petrolifero da parte dell'Eni nel comune lucano di Marsico Nuovo, al confine con il territorio del Vallo di Diano;
   la citata compagnia petrolifera ha infatti già da tempo avviato la procedura autorizzativa per iniziare le trivellazioni nel Vallo di Diano, nel cuore dell'Appennino lucano, un territorio ricco di acqua e di risorse paesaggistiche;
   in particolare, il progetto presentato prevede la realizzazione di un pozzo «Pergola 1», situato nel comune di Marsico Nuovo (Potenza) e tre nuove condotte di collegamento di circa 8,3 chilometri di lunghezza per il convogliamento degli idrocarburi estratti all'area di Innesto 3, anche questa di nuova realizzazione, e di qui tramite condotte già esistenti al Centro d'Oli di Val d'Agri;
   secondo quando si apprende dalle fonti di stampa, nei giorni scorsi l'Ente nazionale idrocarburi ha presentato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare uno studio di impatto ambientale e studio di incidenza relativamente alla messa in produzione del pozzo Pergola 1;
   appena appresa la notizia dell'ulteriore passo avanti nell’iter burocratico da parte di Eni per arrivare alla realizzazione del pozzo petrolifero, la comunità montana Vallo di Diano si è attivata per contestare la valutazione di impatto ambientale presentata dalla società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze e con una delibera approvata all'unanimità dall'assemblea dei sindaci del comprensorio, ha ribadito la sua contrarietà a nuove estrazioni petrolifere in aree poco distanti dal territorio del Vallo di Diano, confermando in tal modo la posizione già espressa dalle singole amministrazioni comunali;
   oltre a manifestare la propria contrarietà, nella relazione firmata dal Professore Franco Ortolani (ordinario di geologia e docente del Master in pianificazione comunale presso la Federico II di Napoli), la comunità montana ha anche voluto evidenziare l'inadeguatezza rispetto ai requisiti di legge della valutazione presentata, senza ovviamente tralasciare la totale incompatibilità dell'intervento proposto con quella che è l'assetto naturale del territorio e la sua specifica vocazione di sviluppo socio-economico, a sua volta basata su una attenta pianificazione e programmazione per il governo del territorio in grado di rispettarne l'equilibrio sia naturalistico che antropologico;
   anche a parere del presidente della comunità montana, Raffaele Accetta: «L'intervento è incompatibile con l'assetto naturale del territorio e la sua specifica vocazione di sviluppo socio-economico, a sua volta basata su una attenta pianificazione e programmazione per il governo del territorio in grado di rispettarne l'equilibrio sia naturalistico che antropologico. L'analisi presentata da Eni spa non tiene in alcun conto dei “costi-benefici” per la collettività derivanti dalla realizzazione del progetto. Manca, infatti, una qualunque valutazione sugli effetti economici derivanti per il settore agricolo o per quello turistico che, al momento, rappresentano i maggiori “traini” di sviluppo economico delle aree interessate dalle attività di estrazione petrolifere. Inoltre, non si tiene debitamente conto di quelle che sono le specificità del territorio dal punto di vista sismico e idrogeologico; l'area interessata dalle perforazioni è nota per la sua elevata sismicità e per la presenza di sorgenti permanenti di grande importanza che potrebbero essere inquinate dall'eventuale dispersione di idrocarburi, con conseguenze non solo sull'ambiente ma anche sugli abitanti»;
   le politiche comunitarie, nazionali e regionali in detto territorio sono state sempre orientate alla valorizzazione del turismo e delle risorse naturali, culturali, agricole ed artigianali, a sostegno, quindi, del cosiddetto sviluppo eco-compatibile;
   ad allarmare i cittadini e le amministrazioni locali sarebbe, in particolar modo, il rischio che la regione, in grave difficoltà economica, possa cedere alla richiesta della compagnia ed esprimersi favorevolmente in relazione al permesso alle esplorazioni;
   nonostante l'attuale Ministro dello sviluppo economico, in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 4-03567 a prima firma del sottoscritto, non abbia rilevato alcun ostacolo alla realizzazione del progetto Eni, appare oltremodo evidente, invece, la necessità di scongiurare questo ennesimo scempio che potrà segnare la definitiva distruzione del territorio interessato e, in particolare, del Vallo di Diano –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intendano assumere iniziative per sospendere ogni procedura in essere convocando urgentemente un tavolo tecnico a cui siano invitati tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, tenuto conto altresì della volontà chiaramente e fortemente espressa dai rappresentanti istituzionali del Vallo di Diano contro qualsiasi ipotesi di ricerca petrolifera, a salvaguardia dell'interesse primario e collettivo di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. (4-10044)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, relativa alla realizzazione di un pozzo petrolifero da parte della società Eni spa, denominato Pergola 1, nel comune lucano di Marsico Nuovo (Potenza), al confine col territorio del Vallo di Diano, e tre nuove condotte di collegamento per il convogliamento degli idrocarburi estratti dall'aerea di Innesto 3, sulla base degli elementi acquisiti dalla competente direzione generale si rappresenta quanto segue.
  Al riguardo si rappresenta, preliminarmente, che in data 27 aprile 2015, la società Eni spa ha presentato, ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, istanza di valutazione d'impatto ambientale avente ad oggetto il progetto per la messa in produzione del pozzo in oggetto e la contestuale realizzazione delle condotte di collegamento all’
Area Innesto 3 nell'ambito della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi denominata «Val d'Agri». Si precisa che in precedenza il medesimo pozzo, con finalità esplorative, era stato assoggettato presso la regione Basilicata ad un procedimento di valutazione d'impatto ambientale concluso positivamente con delibera di giunta regionale n. 554 del 2012.
  In data 29 aprile 2015, la direzione generale ha comunicato alla società e alle altre amministrazioni interessate, la procedibilità dell'istanza di VIA.
  Successivamente in data 3 giugno 2015, sulla base di quanto rappresentato dalla regione Basilicata in merito alla coerenza del progetto di coltivazione presentato a codesto Ministero con quanto indicato nel provvedimento di VIA regionale relativo al progetto di ricerca, nonché in conseguenza di una specifica richiesta avanzata dal proponente, il procedimento di VIA di cui trattasi è stato sospeso per un periodo di sei mesi. Tale termine è stato poi prorogato fino ad aprile 2016.
  Si segnala altresì che in data 1o aprile 2016 la società Eni ha presentato una richiesta di riavvio del procedimento ministeriale. Poiché condizione imprescindibile per il riavvio del procedimento è l'avvenuta ottemperanza delle condizioni di cui al provvedimento di VIA regionale, con nota del 14 aprile 2016 la direzione competente ha chiesto alla regione Basilicata di rendere note le valutazioni dalla medesima formulate al riguardo nonché i relativi provvedimenti emanati. Nonostante i ripetuti solleciti che questo Ministero ha effettuato nei confronti della regione Basilicata, ad oggi non risultano riscontri da parte della regione.
  Ad ogni modo, in merito alla procedura di valutazione di impatto ambientale all'interno dell’
iter autorizzativo, si ricorda che il Ministero dell'ambiente è l'autorità competente a svolgere le procedure di valutazione di impatto ambientale, mentre l'autorizzazione finale alla costruzione e all'esercizio di determinati impianti spetta al Ministero dello sviluppo economico, preposto alla finale valutazione comparativa dei diversi interessi pubblici coinvolti dalla realizzazione di determinati progetti, comprese le vocazioni territoriali e i modelli di sviluppo di volta in volta da promuovere, così come prevede l'articolo 57, comma 2 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo».
  Si evidenzia, inoltre, che già nelle priorità politiche della direttiva annuale 2015 di questo Ministero figurava la necessità di contribuire a definire «una specifica Valutazione d'impatto sulla salute (VIS) che garantisca preventivamente le comunità da eventuali rischi legati ad insediamenti industriali ad alto impatto ambientale» e che la legge 28 dicembre 2015, il cosiddetto «Collegato ambientale», ha introdotto, nell'ambito della procedura di VIA di determinate categorie progettuali, la Valutazione di impatto sanitario. Inoltre si fa presente come questo Ministero ha già avviato le necessarie interlocuzioni tecniche con il Ministero della salute e l'istituto superiore di sanità, al fine di individuare modalità condivise alla definizione di una procedura di valutazione dei possibili effetti sulla salute umana di piani, programmi e progetti.
  Tutto ciò premesso, la definizione del procedimento di VIA del progetto in questione è stata svolta dal Ministero dell'ambiente con le modalità e la tempistica stabilite dalla normativa nazionale e comunitaria in materia di VIA. Eventuali pronunce di compatibilità ambientale saranno emanate da questo Ministero in osservanza della specifica normativa nazionale ambientale in materia di idrocarburi.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, questo Ministero continuerà a tenersi informato anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli altri soggetti competenti.

Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   COPPOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   al personale dipendente della società Poste italiane spetta, per il servizio prestato al momento dell'assunzione fino al 28 febbraio 1998 — data della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni — l'indennità di buonuscita di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973;
   l'indennità di buonuscita è calcolata, in base all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica, per tutti i dipendenti pubblici avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita dal lavoratore prima della sua collocazione in quiescenza;
   il calcolo dell'indennità di buonuscita, avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita, ne garantisce la sua costante rivalutazione per effetto degli aumenti contrattuali e degli avanzamenti di carriera dei lavoratori; per i lavoratori postelegrafonici, l'articolo 53, comma 6, della legge n. 449 del 1997 (legge finanziaria 1998) stabilisce che «a decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente poste italiane in società per azioni al personale dipendente dalla società medesima spettano il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma»;
   la cifra complessiva destinata alle predette liquidazioni è confluita in un fondo chiuso presso l'Ipost, affidato a una gestione commissariale denominata «Gestione commissariale fondo buonuscita per i lavoratori di Poste Italiane»;
   l'Ipost ha quindi provveduto alla liquidazione dell'indennità di buonuscita sino al 31 maggio 2010, data di soppressione di detto ente e di trasferimento delle sue funzioni all'INPS; detta liquidazione viene però effettuata in base all'interpretazione letterale del comma 6 di cui sopra, facendo riferimento alla retribuzione percepita al 28 febbraio 1998, data di trasformazione dell'ente in società per azioni; il sopra citato sistema di calcolo, che «congela» la buonuscita al valore maturato al 28 febbraio 1998 indipendentemente da quando il lavoratore andrà in pensione, determina quindi un evidente e grave danno economico ai lavoratori interessati, e cioè a tutti i dipendenti di Poste assunti prima di tale data, che sono la grande maggioranza degli attuali dipendenti, e, nel contempo, impedisce la conseguente rivalutazione della buonuscita stessa;
   in questi anni i lavoratori collocati in quiescenza hanno prodotto un notevole contenzioso giudiziario per la rivalutazione della buonuscita sulla base dell'ultima retribuzione percepita prima della quiescenza stessa; il contenzioso giudiziario ha avuto sino ad ora esito favorevole per i lavoratori, ma, nonostante le sentenze avverse, le dinamiche di liquidazione adottate continuano a fondarsi sull'interpretazione restrittiva dell'articolo 53 della suindicata legge;
   i lavoratori postelegrafonici possono ottenere la concessione di un mutuo da parte dell'Ipost, che lo eroga attingendo al fondo costituito dalla buonuscita del dipendente e rimasto nella disponibilità dell'istituto previdenziale per effetto dell'articolo 53 della legge n. 449 citata e sul quale l'istituto chiede al dipendente la corresponsione di interessi. Si realizza pertanto una situazione paradossale, che vede il dipendente prestare il proprio denaro a sé stesso e corrispondere gli interessi legali sul prestito all'Ipost;
   con risoluzione approvata il 6 novembre 2012 la XI Commissione impegnava il Governo ad assumere, entro il 31 gennaio 2013, ogni utile iniziativa che consenta di conoscere la consistenza del patrimonio immobiliare di cui il fondo presso l'Ipost è dotato e la relativa destinazione d'uso, nonché a valutare la possibilità, entro il medesimo termine, compatibilmente con gli effetti finanziari, di adottare eventuali iniziative, anche di natura normativa, che consentano ai lavoratori di Poste Italiane spa di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, nonché per consentire il diritto alla corresponsione della buonuscita di detti lavoratori, pur in costanza di rapporto di lavoro –:
   quale seguito sia stato dato alla risoluzione approvata dalla XI Commissione il 6 novembre 2012 e, in particolare, quale sia la consistenza patrimoniale individuata del fondo chiuso «gestione commissariale fondo buonuscita per lavoratori di Poste Italiane». (4-09222)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame, inerente al trattamento di quiescenza spettante al personale dipendente di Poste Italiane spa, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno ricordare che il processo di privatizzazione di Poste Italiane spa ha avuto inizio con l'emanazione del decreto-legge n. 390 del 1993 (dapprima reiterato con il decreto-legge n. 487 del 1993 e successivamente convertito dalla legge n. 71 del 1994) che ha segnato l'avvio del passaggio dell'amministrazione delle poste e telecomunicazioni nell'ente pubblico economico Poste Italiane.
  Il provvedimento ha, tra l'altro, previsto che, a decorrere dal 1o agosto 1994, al trattamento di quiescenza di tutto il personale in servizio presso l'ente Poste Italiane provvedesse l'istituto postelegrafonici (IPOST), applicando la normativa prevista per il personale statale.
  Successivamente, l'articolo 2, comma 27, della legge n. 662 del 1996 (Finanziaria per l'anno 1997) ha differito al 31 dicembre 1997 il termine per la definitiva privatizzazione dell'amministrazione delle poste e delle comunicazioni. Tale termine è stato ulteriormente prorogato al 1o marzo 1998, a seguito di delibera C.I.P.E. del 18 dicembre 1997.
  In ragione del completamento del procedimento di privatizzazione, l'articolo 53, comma 6, lettera
a), della legge n. 449 del 1997 (Finanziaria per l'anno 1998) ha disposto che al personale dipendente di Poste Italiane spa spetta, per il servizio prestato a decorrere dal 28 febbraio 1998 (data di trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni) il trattamento di fine rapporto (T.F.R.), di cui all'articolo 2120 del codice civile, e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente anteriormente alla suindicata data.
  Dal dettato normativo discende, pertanto, che:
   i dipendenti cessati dal servizio entro il 28 febbraio 1998 hanno diritto a percepire esclusivamente l'indennità di buonuscita, calcolata in conformità alla disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1032 del 1973 (Testo Unico delle norme in materia di prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato);
   i dipendenti cessati dal servizio dopo il 28 febbraio 1998, avranno diritto a percepire l'indennità di buonuscita, per il periodo dalla data di assunzione al 28 febbraio 1998, nonché, per il periodo dal 1o marzo 1998 alla data del collocamento a riposo, il T.F.R., ai sensi dell'articolo 2120 del codice civile come modificato dalla legge n. 297 del 1982.

  Per questi ultimi, pertanto, l'anzianità di servizio maturata fino al 28 febbraio 1998 rileverà ai fini del calcolo previsto per la liquidazione dell'indennità di buonuscita, mentre l'anzianità maturata dal 1o marzo 1998 alle dipendenze di Poste Italiane spa sino al collocamento a riposo, inciderà sul calcolo del T.F.R., secondo la disciplina privatistica di cui all'articolo 2120 del codice civile e successive modificazioni ed integrazioni.
  Si ricorda infine che il comma 6, lettera
a) dell'articolo 53 della legge n. 449 del 1997 ha disposto la soppressione della gestione separata istituita presso istituto postelegrafonici (IPOST) per l'erogazione dell'indennità di buonuscita alla cui liquidazione provvede una gestione commissariale.
  Con riferimento a quanto rilevato dall'interrogante in ordine alla mancata rivalutazione ed anticipazione dell'indennità di buonuscita nonché ai tempi di corresponsione della stessa, occorre precisare quanto segue.
  L'indennità di buonuscita dovuta al personale postelegrafonico, relativa alla parte del rapporto avente natura pubblicistica, è disciplinata, in via generale, dal decreto del Presidente della Repubblica 1032 del 1973 e, per quanto qui interessa, dalla suindicata legge n. 449 del 1997 che, nel confermare che la stessa buonuscita va calcolata in base alla normativa in vigore alla data della trasformazione dell'ente Poste Italiane in società per azioni, non prevede alcuna forma di rivalutazione dell'indennità in argomento.
  Del resto, anche l'interpretazione letterale dell'articolo 53 della legge n. 449 del 1997 conduce a tale conclusione in quanto la norma, facendo esclusivo riferimento all'indennità «maturata», stabilisce che la prestazione debba essere calcolata sulla base dei valori retributivi utili in vigore al 28 febbraio 1998.
  Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 366 del 2006, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 53, comma 6, lettera
a) della legge n. 449 del 1997, nella parte in cui non prevede alcuna forma di indicizzazione (o di adeguamento monetario) nel tempo per l'indennità di buonuscita.
  Con tale pronuncia, infatti, il Giudice delle leggi ha sancito la sostanziale legittimità costituzionale del sistema disciplinato dall'articolo 53 della legge n. 449 del 1997 rilevando, altresì, che «il danno derivante dal differimento dell'erogazione dell'indennità di buonuscita rispetto al momento della sua determinazione, trova compensazione nella previsione dell'unicità del rapporto e nel rispetto delle anzianità maturate, con i conseguenti riflessi sui livelli delle retribuzioni e, quindi, sulla base di calcolo della quota da determinare ai sensi dell'articolo 2120 c.c.».
  In ordine al contenzioso giudiziario avente ad oggetto la rivalutazione della indennità di buonuscita sulla base dell'ultima retribuzione percepita prima della quiescenza, occorre precisare che la Corte di Cassazione, sulla scorta delle argomentazioni svolte dalla Consulta nella sentenza n. 366 del 2006, ha suffragato la legittimità di calcolo dell'indennità di buonuscita sulla base della retribuzione maturata al 28 febbraio 1998, momento a partire dal quale il dipendente postale matura il diritto al T.F.R..
  La Suprema Corte, in particolare, con sentenza del 17 settembre 2009, ha respinto sia la richiesta di computo dell'indennità di buonuscita sulla base del trattamento retributivo in atto al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, sia il riconoscimento in favore della indennità di interessi e rivalutazione monetaria.
  Per ciò che concerne i tempi di corresponsione dell'indennità di buonuscita ai dipendenti di Poste Italiane spa, va precisato che, alla data del 28 febbraio 1998, non risulta maturato alcun diritto all'indennità di buonuscita in favore del lavoratore, in quanto il rapporto di lavoro è proseguito, sia pure sotto una veste giuridica diversa, con il medesimo datore di lavoro e quindi senza soluzione di continuità.
  Diversamente, l'immediato pagamento al 28 febbraio 1998 dell'indennità in parola sarebbe stato possibile solo previa interruzione del rapporto di lavoro e previa costituzione, a decorrere dal 1o marzo 1998, di una nuova posizione giuridica ed economica, con conseguente pregiudizio per il lavoratore.
  Si precisa, inoltre, che anche nei confronti del personale dipendente di Poste Italiane spa trovano piena applicazione, relativamente alla parte di rapporto di lavoro avente natura pubblicistica, le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 484 e 485, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) che hanno modificato la previgente disciplina sui termini temporali per la corresponsione dei trattamenti di fine servizio (comunque denominati) dei dipendenti pubblici.
  Infatti, nella previgente disciplina di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 79 del 1997 i trattamenti in esame erano corrisposti ai dipendenti pubblici decorsi 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro e, nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età o di servizio ovvero di collocamento a riposo d'ufficio per motivi inerenti l'anzianità massima di servizio, decorsi 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro.
  La nuova disciplina, che si applica ai soggetti che maturino i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2014, eleva a 12 mesi il termine di 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro per la corresponsione del suddetto trattamento nella casistica sopra richiamata.
  Per ciò che concerne la possibilità per i dipendenti di Poste Italiane spa di ottenere un'anticipazione dell'indennità di buonuscita, l'istituto ha precisato che l'articolo 26, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 ha espressamente previsto che in materia di indennità di buonuscita non si fa luogo alla corresponsione di acconti.
  Occorre ricordare, in proposito, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 9 del 2000, ha ritenuto conforme al dettato costituzionale il decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973 nella parte in cui non prevede la possibilità di accordare ai richiedenti anticipazioni sull'indennità di buonuscita.
  In base a quanto suesposto, emerge che il pertinente quadro normativo, di cui la stessa Consulta ha affermato la conformità alla Costituzione, non consente di accedere alle pur comprensibili istanze sottese al presente atto di sindacato ispettivo.
  Si osserva al riguardo che, pur volendo tenere nella più adeguata considerazione tali istanze, il loro pieno accoglimento comporterebbe, unitamente alla modifica dell'attuale disciplina in materia di buonuscita, l'allocazione di ingenti risorse finanziarie, la cui possibilità di reperimento deve essere valutata alla luce dell'attuale quadro congiunturale.
  Peraltro, la risoluzione n. 8-00208 (già 7-00635), approvata in data 6 novembre 2012 dalla Commissione XI (lavoro pubblico e privato) ha impegnato il Governo «a valutare la possibilità, entro il 31 gennaio 2013, e compatibilmente con sii effetti finanziari, di adottare eventuali iniziative, anche di natura normativa, che consentano ai lavoratori di Poste Italiane spa di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, nonché per consentire il diritto alla corresponsione della buonuscita di detti lavoratori, pur in costanza di rapporto di lavoro».
  Dal citato atto di indirizzo emerge, dunque, come l'adozione, da parte del Governo, delle iniziative auspicate debba avvenire previa verifica delle necessarie compatibilità finanziarie. Si precisa, al riguardo, che i vincoli posti dall'attuale quadro finanziario di riferimento non hanno sinora consentito al Governo di introdurre modifiche all'attuale disciplina in materia di buonuscita, si da poter dare attuazione al l'impegno sopracitato.
  Da ultimo, con riferimento al quesito relativo alla consistenza patrimoniale del Fondo Buonuscita, occorre precisare che lo stesso non costituisce un fondo chiuso, ossia un fondo nel quale sono già confluite, e dunque presenti, le somme che la gestione commissariale dovrà, di volta in volta, liquidare a titolo di indennità di buonuscita. Attualmente, infatti, la gestione commissariale provvede alla liquidazione dell'indennità di buonuscita chiedendo la relativa provvista finanziaria alla Ragioneria generale dello Stato, sulla base di un apposito capitolo di spesa del bilancio dello Stato.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiMassimo Cassano.