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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 luglio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    la riorganizzazione dello strumento militare in adesione ai principi di cui alla legge n. 244 del 31 dicembre 2012 e alle disposizioni dei conseguenti decreti legislativi comporta, tra l'altro, la soppressione e il riassetto di molti enti e reparti delle Forze armate;
    tra le molte esigenze cui è necessario far fronte per sopperire a queste non semplici operazioni sono ricomprese anche tutte le attività per trasporti, manovalanza e pulizie necessarie alla riallocazione di beni strumentali e delle dotazioni funzionali al nuovo assetto degli stessi enti e reparti coinvolti nel processo di riorganizzazione;
    a fronte delle accresciute esigenze, le risorse destinate ai servizi di manovalanza resi in forma di appalto hanno raggiunto nel bilancio della difesa per l'anno in corso, nel capitolo 1282, il minimo storico e risultano quindi largamente insufficienti;
    il servizio sopracitato resta indispensabile al buon andamento delle tante esigenze quotidiane di enti e reparti delle Forze armate e contestualmente gli addetti a queste attività si sono visti ridurre le ore lavorative e la conseguente retribuzione che ormai risulta, nella maggioranza dei casi, inferiore ai 400 euro mensili e quindi mette in discussione la stessa dignità del rapporto di lavoro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per un incremento significativo delle risorse assegnate a questo settore in tempi rapidi, al fine di poterle utilizzare nell'anno in corso;
   ad assumere iniziative per prevedere nel bilancio della difesa per l'anno 2017 una maggiorazione dei fondi destinati a questo settore non inferiore al 40 per cento delle risorse stanziate nel 2016.
(7-01055) «Stumpo, Scanu, Bolognesi, Zanin, Fusilli, Paola Boldrini».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   Manuel Barroso è stato nominato presidente non esecutivo della Goldmann Sachs, banca di affari. Dal 2004 al 2014 Barroso è stato presidente della Commissione europea. Proprio i rapporti con le banche sono stati e sono uno dei punti più delicati della attività istituzionale, ancora di più in una fase segnata dalla crisi che ha visto negli istituti bancari un elemento quanto mai sensibile, e per altro in un periodo di riorganizzazione normativa e legislativa;
   l'incarico è stato reso noto il 15 luglio 2016 dal gruppo bancario: «La sua visione – si legge nel comunicato – e il suo giudizio apporteranno grande valore al Consiglio di amministrazione di Gsi, a Goldman Sachs, ai nostri azionisti e ai nostri professionisti». Una scelta legata anche alla necessità di affrontare, le incognite del post-referendum britannico;
   questa scelta ha sollevato critiche da parte di molti. «Barroso – ha dichiarato il sottosegretario francese Désir – fa il gioco degli anti-europeisti e lo invito, solennemente a rinunciare all'incarico. Questo accordo è particolarmente scandaloso – ha proseguito il sottosegretario – considerato il ruolo giocato da quella banca nella crisi finanziaria del 2008 così come nella falsificazione dei conti della Grecia»; (...) In questo modo Barroso fa il gioco degli anti-europeisti. Lo invito solennemente a rinunciare a questo posto», ha dichiarato il sottosegretario francese agli affari europei, Harlem Desir. «Moralmente, politicamente, deontologicamente, sarebbe un errore da parte di Barroso, il peggiore servizio che un ex presidente di una istituzione europea potrebbe rendere al progetto europeo, in un momento storico in cui, al contrario, esso ha bisogno di essere sostenuto, affiancato e rafforzato»;
   una petizione al Parlamento europeo contro la recente nomina di Manuel Barroso, presidente della commissione europea per dieci anni, a presidente non esecutivo della banca d'affari Goldman Sachs è stata lanciata sul sito Change.org, dall'italiana L'Altra europa con Tsipras, per iniziativa di Roberto Morea e Roberto Musacchio, in cui si legge: «I rapporti con le banche sono stati e sono uno dei punti più delicati della attività istituzionale, ancora di più in una fase segnata dalla crisi che ha visto negli istituti bancari un elemento quanto mai sensibile, e per altro in un periodo di riorganizzazione normativa e legislativa»; la petizione dice no alle «sliding doors» e chiede all'europarlamento «di discutere sulla inopportunità di questo passaggio» che «suscita agli occhi dei nostri cittadini, sempre più critici verso la Ue, l'idea di una dipendenza e sottomissione agli interessi finanziari delle istituzioni stesse»;
   critiche bipartisan sono giunte con la richiesta di rinunciare all'assegno da 15mila euro che Barroso riceve ogni mese in qualità di ex presidente della Commissione europea e inoltre scandalizza il fatto che continui a percepire una somma mensile pari al 60 per cento di quello che è stato il suo stipendio tra il 2004 e il 2014;
   occorrerebbe promuovere in sede europea una discussione sulla opportunità di questo passaggio da parte di Manuel Barroso da un ruolo istituzionale interno ad una struttura privata che con le istituzioni ha rapporti particolarmente delicati –:
   se il Governo non ritenga, per quanto di competenza, assumere iniziative affinché l'Unione europea dia prova di una propria indipendenza ed autonomia dai settori finanziari e bancari che sono così fortemente criticati dai cittadini europei per la gestazione e la gestione della crisi economica in cui si è ancora coinvolti, visto che tale autonomia è messa seriamente in discussione, anche sul piano formale, nel momento in cui personalità che hanno rappresentato le istituzioni europee, al termine del loro mandato, assumono un ruolo preminente in quei settori in cui le stesse istituzioni hanno rapporti così delicati e che un tale passaggio suscita agli occhi dei nostri cittadini, sempre più critici verso la Unione europea, l'idea di una dipendenza e sottomissione agli interessi finanziari delle istituzioni stesse;
   se non intendano promuovere nelle competenti sedi europee un adeguamento del codice di regolamentazione che preveda la incompatibilità di passaggi di ruolo in ambiti sensibili per chi ha rivestito ruoli istituzionali significativi;
   se non ritengano necessario chiedere in sede europea di cambiare, inasprendolo, il «codice di comportamento», in base al quale i commissari debbano chiedere, nei 18 mesi successivi alla fine del loro mandato, una specifica autorizzazione all'Unione europea per lavorare per un gruppo privato, allungando la durata del divieto, ampliando le incompatibilità e rafforzando così i controlli.
(2-01436) «Marcon, Scotto».

Interrogazione a risposta orale:


   DI VITA, LOREFICE, GRILLO, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, NESCI, MANTERO, LUPO, NUTI, CANCELLERI, MANNINO e DI BENEDETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   con decreto del Presidente della Regione n. 5068 del 19 luglio 2012 la dottoressa Giuseppa Patrizia Monterosso è stata nominata segretario generale della presidenza della regione siciliana per la durata di 4 anni, con scadenza 13 luglio 2016;
   da recenti notizie di stampa si è appreso che il governatore Rosario Crocetta ha prorogato di 5 anni il suddetto incarico di segretario generale della presidenza della regione siciliana alla dottoressa Giuseppa Patrizia Monterosso, confermata dunque nel ruolo dirigenziale;
   la legge, cosiddetta «delega Madia», del 7 agosto 2015, n. 124 «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche», all'articolo 11, relativo alla dirigenza pubblica, delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore legge, uno o più decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici e tra i principi e criteri direttivi si prevede, alla lettera q) del comma 1 del citato articolo 11, la previsione di ipotesi di revoca dell'incarico e di divieto di rinnovo di conferimento di incarichi in settori sensibili ed esposti al rischio di corruzione, in presenza di condanna anche non definitiva, da parte della Corte dei conti, al risarcimento del danno erariale per condotte dolose;
   quanto approvato nella citata «delega Madia» è il risultato di una proposta di modifica del gruppo M5S, che si è battuto nell'aula parlamentare affinché venisse sancita una norma di buon senso che prevedesse almeno, per l'appunto, la revoca o il divieto di rinnovo dell'incarico ai dirigenti in settori esposti al rischio corruzione, quando c’è una condanna (anche non definitiva) da parte della Corte dei conti al risarcimento del danno erariale per condotte dolose;
   il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, all'articolo 21, relativo alla responsabilità dirigenziale prevede che il mancato raggiungimento degli obiettivi accertato attraverso le risultanze del sistema di valutazione di cui al Titolo II del decreto legislativo di attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente comportano, previa contestazione e ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. Il citato articolo 21 prevede inoltre che, in relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può inoltre, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all'articolo 23 ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo;
   l'articolo 55-ter del succitato decreto legislativo, relativo ai rapporti fra procedimento disciplinare e procedimento penale, prevede che il procedimento disciplinare, che abbia ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l'autorità giudiziaria, è proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale, mentre il successivo articolo 55-sexies, relativo alla responsabilità disciplinare per condotte pregiudizievoli per l'amministrazione prevede che il lavoratore, quando cagiona grave danno al normale funzionamento dell'ufficio di appartenenza, per inefficienza o incompetenza professionale accertate dall'amministrazione ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, è collocato in disponibilità, all'esito del procedimento disciplinare. Il mancato esercizio o la decadenza dell'azione disciplinare, dovuti all'omissione o al ritardo, senza giustificato motivo, degli atti del procedimento disciplinare o a valutazioni sull'insussistenza dell'illecito disciplinare irragionevoli o manifestamente infondate, in relazione a condotte aventi oggettiva e palese rilevanza disciplinare, comportano per i soggetti responsabili aventi qualifica, dirigenziale, l'applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dal servizio con privazione della retribuzione in proporzione alla gravità dell'infrazione non perseguita;
   la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale d'appello per la regione siciliana, con sentenza n. 179/A/2015 si è espressa definitivamente nel giudizio d'appello in materia di responsabilità amministrativa, promosso tra gli altri anche da Monterosso Giuseppa Patrizia, in relazione alla sentenza n.401/2014 della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, la quale, accogliendo le tesi e le istanze formulate dal procuratore regionale, ha condannato la medesima Monterosso a pagare alla regione siciliana l'ingente somma di 1.279.007,04 per danno erariale;
   la complessa vicenda concerne varie fattispecie di danno erariale, derivanti dall'avvenuta corresponsione, senza valido titolo giuridico ed, anzi, in contrasto con il quadro normativo di riferimento, di ingenti somme di denaro in favore di numerosi enti di formazione professionale, corresponsione che è stata disposta dall'assessorato regionale alla formazione professionale ad integrazione dei finanziamenti che erano stati già assegnati dalla regione siciliana ai medesimi enti nell'ambito del piano regionale dell'offerta formativa per l'anno 2007 (P.R.O.F. 2007);
   specificatamente con l'avviso pubblico n.2/06/FP del 9 giugno 2006, della regione siciliana venne avviata la procedura ad evidenza pubblica per l'assegnazione dei finanziamenti inerenti il P.R.O.F. 2007 ed a conclusione di una lunga e complessa istruttoria sulle domande inoltrate dai vari enti interessati venne approvata la graduatoria definitiva dei progetti, ammessi a finanziamento, in cui venivano specificate le somme spettanti a ciascun ente di formazione e si procedette all'assunzione dei relativi impegni di spesa, a valere sui pertinenti capitoli di bilancio, finanziamenti che vennero successivamente integrati su richiesta degli enti formativi senza un valido titolo giuridico, nonostante venisse segnalato che la residua disponibilità di fondi (pari ad 1.050.242,20 euro) sul pertinente capitolo di bilancio era assai inferiore rispetto all'ammontare complessivo (pari ad 7.098.870,93 euro) delle integrazioni richieste dagli enti;
   la sezione di primo grado della Corte dei conti, come conferma dalla sezione d'appello ha, pertanto, affermato che debbono ritenersi illegittimi nonché forieri di danno erariale, in quanto avevano comportato ingiustificati ed inutili esborsi di ingenti risorse finanziarie pubbliche, i finanziamenti sopra citati;
   con riguardo ai soggetti responsabili del danno erariale e specificatamente con riguardo a Monterosso Giuseppa Patrizia (dirigente generale presso il dipartimento della formazione professionale, rispettivamente, nel 2007 e nel 2009), la Corte ha evidenzia che la stessa aveva dapprima avallato la richiesta degli enti e dato impulso ai procedimenti finalizzati alla concessione in loro favore degli illegittimi finanziamenti integrativi e successivamente aveva assunto i relativi impegni di spesa in attuazione dei decreti assessoriali;
   come evidenziato dai giudici contabili, i comportamenti degli imputati sono stati indubbiamente caratterizzati da colpa grave, sotto i profili dell'inescusabile negligenza, dell'ingiustificabile inosservanza delle disposizioni vigenti in materia, del macroscopico disinteresse per la sana ed oculata gestione delle risorse finanziarie pubbliche, della palese superficialità nell'assunzione di scelte incidenti in maniera particolarmente onerosa sulle finanze della regione siciliana;
   in relazione ai medesimi fatti succitati è in corso anche un processo penale dinanzi alla magistratura ordinaria ed i pubblici ministeri hanno chiesto il rinvio a giudizio di Patrizia Monterosso in relazione alle erogazioni indebitamente percepite laddove, proprio per riparare ai danni che erano stati provocati alla regione con l'erogazione dei finanziamenti integrativi poi condannati dalla Corte dei conti, la stessa, in concorso con altri, ha deciso di recuperare le somme non erogando i finanziamenti agli enti e alle società che avevano usufruito degli extrabudget e facendo talune movimentazioni contabili ritenute irrituali;
   «Il tutto – scrivono sempre i magistrati – con l'intenzione di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Monterosso consistito nel sottrarla al giudizio di condanna nel procedimento promosso nei suoi confronti dalla Procura Regionale della Corte dei Conti in qualità di responsabile di parte delle erogazioni indebite, contenzioso poi conclusosi con la sentenza del 14 marzo 2014 con cui la Corte dei Conti per la Regione siciliana, accertatane la responsabilità, la condannava ugualmente a risarcire alla Regione siciliana la somma di 1.279.000 (un milione e 279 mila Euro ndr), sentenza confermata in appello il 21.7.2015 e divenuta definitiva»;
   la delibera del Presidente della regione siciliana si pone, ad avviso degli interroganti, in contrasto sia con le norme vigenti sul pubblico impiego e sia con una legge delega che, ancorché non sia stata completamente esercitata dal Governo, è comunque una vigente legge dello Stato che statuisce dei principi importanti e che, con riguardo alla istituzione del sistema della dirigenza pubblica, sono espressamente riconducibili al merito e alla valutazione nonché all'esigenza che i massimi dirigenti delle istituzioni statali siano di specchiata moralità;
   lascia perplessi gli interroganti inoltre la circostanza che tale rinnovo d'incarico dirigenziale sia operato non già alla scadenza dell'incarico, bensì proprio pochi mesi prima che scada l'esercizio della delega «Madia» e prima, quindi, di un cambia delle «regole del gioco» le quali non consentirebbero il rinnovo dell'incarico dirigenziale alla dottoressa Giuseppa Patrizia Monterosso per il delicato e importantissimo ruolo di segretario generale della presidenza della regione siciliana;
   a tal proposito è quantomeno curioso poter rilevare che simili circostanze, seppur con le dovute differenze, si stiano contemporaneamente registrando anche in altri contesti regionali. In tal senso è indicativo il caso della legge approvata dal consiglio regionale della Campania 31 maggio 2016 «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione per la procedura dei direttori delle Aziende Sanitarie e ulteriori misure di razionalizzazione», in merito alla quale il Ministero della salute ha riferito in Parlamento il 14 luglio 2016, in risposta ad una interpellanza urgente presentata dal M5S (n. 2-01388), che in data 6 luglio ha espresso un parere nel quale evidenziava la presenza di profili di illegittimità costituzionale. La disposizione in parola, infatti, modifica in maniera sostanziale il meccanismo di nomina dei direttori generali del servizio sanitario regionale della Campania accentrando la decisione nelle mani del presidente della Giunta e sopprimendo il secondo livello di valutazione, da effettuarsi tramite un avviso pubblico per acquisire le candidature dei soggetti in possesso dei requisiti professionali;
   è opportuno dunque ribadire l'opportunità che il Governo assuma iniziative urgenti e specifiche per evitare che anche altre regioni perseguano simili strade, a giudizio degli interroganti, indecorose con il surrettizio scopo di non adeguarsi a norme dello Stato – nella circostanza, la delega Madia – che sono poste a tutela dei diritti fondamentali dei cittadini –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se il Governo non si intendano assumere iniziative normative, anche urgenti, volte a rafforzare il rispetto dei principi di efficienza, trasparenza e meritocrazia nell'ambito dell'attività della dirigenza pubblica, stabilendo meccanismi sanzionatori più stringenti per il personale responsabile di condotte non conformi alla legge.
(3-02413)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GALLINELLA, L'ABBATE, PARENTELA e GAGNARLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 luglio 2016 la Commissione europea ha formalmente presentato al Consiglio dell'Unione europea una proposta riguardante la firma e la conclusione dell'accordo di libero scambio tra l'Unione europea e il Canada, noto anche accordo economico e commerciale globale – CETA;
   l'accordo, che se offre nuove opportunità alle imprese europee e prospetta un aumento dei posti di lavoro, prevede anche l'eliminazione di quasi tutti i dazi all'importazione e l'introduzione dell'ICS, ovvero il sistema giudiziario arbitrale per la difesa degli investimenti, omologo dell'ISDS incluso nel TTIP, è stato definito, su richiesta di molti Governi preoccupati di possibili ricadute negative sul tessuto economico-sociale; l'accordo è stato definita una intesa mista, ovvero, la sua applicazione è subordinata alla conclusione dell’iter di ratifica da parte di tutti gli Stati membri;
   secondo quanto stabilito, il CETA dovrebbe diventare operativo il prossimo ottobre e tuttavia il processo di ratifica non potrebbe mai concludersi entro quel termine, ovvero potrebbe arrestarsi per il possibile veto di uno qualunque dei 28 Governi; pertanto la Commissione europea ha proposto che esso entri in vigore, in via temporanea, una volta ricevuta la sola approvazione del Consiglio europeo e del Parlamento europeo, snaturando di fatto il senso dell'intesa mista;
   una tale ipotesi, che sembra essere dettata più dalla preoccupazione di non screditare l'Esecutivo comunitario in un momento di crescente «euroscetticismo», piuttosto che dall'impellenza di liberalizzare gli scambi commerciali, vanifica qualsiasi sforzo di partecipazione democratica, rimettendo di fatto alla esclusiva competenza comunitaria una decisione che, si è stabilito, deve essere sottoposta al vaglio dei Parlamenti nazionali –:
   quale sia la posizione del Governo relativamente alla proposta della Commissione europea di anticipare, ancorché in via provvisoria, l'entrata in vigore dell'accordo in premessa, a prescindere dalle pronunce dei Parlamenti nazionali.
(4-13862)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le dolomiti dal 2009 sono sito Unesco e patrimonio dell'umanità:
   da tempo, purtroppo, suddetto territorio ed in particolare quello delle terre alte è interessato da frane e distacchi che non poche preoccupazioni stanno destando tra la popolazione e gli operatori economici;
   suddetto fenomeno di erosione sembra essersi accentuato nel corso degli ultimi anni:
   rilevanti movimenti franosi hanno interessato il Sorapis, il Civetta, l'Antelio, le tre cime di Lavaredo, nonché la Valle del Boite, il Cornelico (in particolare sui Coltrondo) e l'Agordino tutto;
   c’è preoccupazione per il materiale che scende dalla Punta Negra e che si è depositato nel canalone che scarica in tre grossi ghiaioni;
   due di questi alimentano la frana di Acquabona e questa rappresenta un pericolo, anche in considerazione dei frequenti eventi atmosferici spesso di notevole intensità, che interessano la zona e che spingono la frana;
   spesso il sistema viario risente fortemente della fragilità morfologica del territorio e questo rappresenta una grave criticità per tutto il comprensorio bellunese;
   sistematicamente anche la viabilità principale viene messa a dura prova a seguito di ondate di maltempo, in particolare la statale Alemagna, così come le statali 49, 51, 52;
   oltre alla statale di Alemagna, destano particolare preoccupazione le situazioni del Comelico con la statale 52 Carnica all'altezza del Coltrondo, dell'Agordino, così come la 641 del passo Fedaia e la 563 di Laste presso il comune di Rocca Pietore;
   il 10 giugno la federazione internazionale di sci all'unanimità ha deciso che sarà Cortina d'Ampezzo ad ospitare nel 2021 i campionati mondiali di sci alpino superando una agguerrita concorrenza;
   si tratta di un risultato prestigioso clic va preparato per tempo e che rappresenterà una vetrina mondiale per tutto il territorio;
   occorre quindi porre in essere una attenta sinergia tra tutti i soggetti competenti per una maggiore e più efficace azione di contrasto dei fenomeni di dissesto idrogeologico che interessano il comprensorio, nonché di una sua messa in sicurezza complessiva –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per attivare in tempi rapidi una cabina di regia istituzionale coinvolgendo tutte le amministrazioni coinvolte, per la messa in sicurezza del territorio bellunese, predisponendo una serie di interventi strutturali reperendo adeguate risorse e puntando a superare e criticità ambientali e infrastrutturali per consentire una migliore valorizzazione del sito Unesco, anche in vista degli importanti eventi di carattere internazionale. (5-09223)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SPESSOTTO, LIUZZI, NICOLA BIANCHI, BENEDETTI, COZZOLINO e BRUGNEROTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti organici costituiti da una catena alchilica idrofobica lineare o ramificata, di lunghezza variabile (in genere da C4 a C16), completamente o parzialmente fluorurata e da un gruppo funzionale idrofilico, generalmente un acido carbossilico o solfonico;
   tali sostanze, dotate di elevata persistenza nell'ambiente e di capacità di bioaccumulo, presentano un'elevata solubilità in acqua, sono resistenti alla degradazione e possono essere trasportate a lunga distanza attraverso le acque;
   è scientificamente dimostrato come le suddette sostanze producano effetti dannosi negli organismi, sia in habitat acquatici che terrestri, soprattutto a carico del fegato, della tiroide e della fertilità e risultino in fase di classificazione da parte dell’International Agency for Research on Cancer come «sospetti cancerogeni per l'uomo»;
   inoltre, innumerevoli ricerche scientifiche hanno evidenziato come una elevata esposizione al PFOS (acido perfluoroottansolfonico) e al PFOA (acido perfluoroottanoico) – le due molecole più utilizzate e studiate tra i PFAS – possa avere conseguenze dannose per la salute della popolazione che ne viene a contatto, in quanto sostanze neurotossiche oltre che interferenti endocrini;
   si aggiunge che il PFOS, dal 2006, è classificato nella categoria degli inquinanti organici persistenti (POP) ai sensi della Convenzione di Stoccolma e inserito nell'elenco delle sostanze prioritarie della direttiva europea 2013/39/UE, che modifica le direttive 2000/60/CE e 2008/105/CE, per quanto riguarda le sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque. La direttiva classifica i PFAS allo stesso livello di pericolosità delle diossine e dei furani;
   l'istituto di ricerche sulle acque (IRSA) del Consiglio nazionale delle ricerche ha registrato, nelle campagne di monitoraggio di maggio 2011, ottobre 2012 e febbraio 2013, una presenza abnorme di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani. In particolare, la presenza di Pfas è stata riscontrata nelle acque superficiali e sotterranee delle province di Vicenza, Verona e Padova;
   i dati di IRSA sono stati successivamente confermati dalle analisi svolte dalla Arpa Veneto, che nel rapporto del 30 settembre 2013 dal titolo «Stato dell'Inquinamento da Sostanze Perfluoroalchiliche (PFAS) in provincia di Vicenza, Padova e Verona» scrive che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva comunicato in data 4 giugno 2013 (protocollo 0060628) la «presenza anomala di PFAS in diversi corpi idrici superficiali e nei punti di erogazione pubblici delle acque»;
   la contaminazione da PFAS delle matrici ambientali, in particolare le acque interne superficiali e di falda, ha purtroppo raggiunto un livello allarmante nel Veneto, interessando un'area di circa 180 chilometri quadrati (dato dall'agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto 2015) nell'ambito delle province di Vicenza, Verona, Padova e ad oggi anche Rovigo, con settanta comuni interessati e circa 300.000 persone coinvolte;
   l'area interessata dall'inquinamento nel territorio veneto ha dimensioni tali da comprendere sia il dominio dell'acquifero intervallivo della bassa valle dell'Agno, sia il dominio degli acquiferi di media e bassa pianura delle province di Padova e Verona e sia una parte considerevole della rete idrografica (Poscola, Agno-Guà-Frassine, TognaFratta-Gorzone, Retrone, Bacchiglione, e altro), conferendo al fenomeno una valenza di scala europea;
   questo grave grado d'inquinamento, noto ormai dal 2013 a organismi ministeriali e regionali, non ha tuttavia comportato i necessari interventi su progetti ad alto impatto ambientale che, per tipologia costruttiva e utilizzo come sottoprodotti di elevati volumi di scavo, potrebbero compromettere la salute dei cittadini e dell'ambiente;
   in particolare, il progetto dell'alta velocità, relativo al primo lotto Verona Porta nuova-Bivio Vicenza prevede per le tipologie costruttive del tipo «viadotto» e «gallerie», un uso abbondantissimo di acque e infine terre e rocce da scavo come sottoprodotto;
   a titolo di esempio si citano come tipologie costruttive, a elevato impatto sulla rete idrografica inquinata da PFAS, il viadotto Alpone, il viadotto Fibbio, il viadotto d'Illasi, il viadotto San Bonifacio. Inoltre, nel quadro di riferimento progettuale del SIA relativamente all'approvvigionamento di acqua, si afferma che la fonte di adduzione per i 13 cantieri operativi sia per gli usi civili che industriali sarà l'acquedotto pubblico e/o privato;
   per quanto di conoscenza, viene anche ipotizzata la realizzazione di pozzi in cantiere per l'approvvigionamento e lo smaltimento di una rilevantissima quantità di acque civili e industriali attraverso la rete fognaria, dopo il processo di desoleazione, che evidentemente non può prevedere l'abbattimento dei PFAS;
   al pari della questione riguardante l'uso delle acque, rilevante appare altresì il problema dell'uso delle terre e rocce da scavo come sottoprodotto in luogo di rifiuto per attività industriali e usi civili;
   in particolare, nel 1o lotto funzionale Verona – Bivio Vicenza si prevede la produzione di materiali di scavo per circa 3.900.000 metri cubi in banco ovvero circa 8 milioni di tonnellate e a questi si aggiungono i volumi di scavo provenienti dalla realizzazione del «Bacino a uso irriguo» previsto in sponda orografica sinistra al fiume Adige in comune di Zevio, in cui si prevede uno scavo complessivo di circa 3.090.000 metri cubi di cui 190.000 di scotico e 2.900.000 di materiale inerte;
   nel quadro riferimento progettuale del SIA si legge inoltre che: «dagli scavi saranno prodotti circa 3.880.000 mc di cui circa 1.000.000 di terreno vegetale e circa 2.800.000 di scavi vari. Nell'ambito della Linea e delle opere connesse si prevede il riutilizzo di circa 1.360.00 mc per i ripristini delle aree lungo linea, la formazione di rilevati di linea e riempimenti vari e circa 330.000 per la formazione dello strato impermeabile del Bacino ad uso irriguo di Zevio; i restanti 2.190.000 mc circa da conferire presso le cave di mercato che hanno dichiarato la preventiva disponibilità alla ricezione degli stessi nell'ambito di quanto disciplinato dal decreto ministeriale 161/2012»;
   si ricorda, infine, come l'Istituto superiore di sanità, nel parere del 7 giugno 2013, n. 22264, relativo al ritrovamento di sostanze perfluorurate nel territorio veneto, abbia espresso, in applicazione del principio di precauzione, l'opportunità e l'urgenza di adottare adeguate misure di mitigazione dei rischi, prevenzione e controllo estese alla filiera idrica sulla contaminazione delle acque da destinare e destinate a consumo umano nei territori interessati, fra cui l'adozione di approvvigionamenti alternativi o, laddove tale misura non risulti praticabile, l'adozione di adeguati sistemi di trattamento delle acque per l'abbattimento sostanziale delle concentrazioni degli analiti presenti –:
   se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle rispettive competenze, attivarsi affinché sia condotto, con l'urgenza richiesta dal caso, un approfondito studio di dettaglio per verificare i rischi per l'approvvigionamento idrico e per la salute pubblica derivanti dalle interferenze dei cantieri del primo lotto Verona Pv/Bivio Vicenza con la falda inquinata riferibile all'area individuata dall'ARPAV, e, in caso di risultati negativi, se intendano adoperarsi, affinché si giunga alla sospensione immediata dei lavori nell'area interessata dal tracciato dell'alta velocità;
   se l'area territoriale interessata dal progetto dell'alta velocità di cui in premessa con quanto disposto dal decreto ministeriale n. 161 del 2012 in materia di utilizzo delle terre e rocce da scavo con il principio di precauzione introdotto dall'Unione europea con il Trattato di Maastricht;
   alla luce della la mancata valutazione dei PFAS presenti nel reticolo idrografico delle province di Vicenza, Verona e Padova, nonché l'uso di tipologie costruttive che potrebbero generare impatti rilevanti sulla falda e sulle acque sotterranee, di enorme volume di terre scavate e utilizzate e delle quantità elevatissime di acque richieste per la realizzazione dell'opera, quali orientamenti abbia espresso la Commissione VIA con riferimento al piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo (PUTRS), considerati gli evidenti rischi per la salute e per l'ambiente. (4-13853)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   una recente notizia pubblicata da un quotidiano on line di Napoli, riferisce di una situazione paradossale relativamente all'assunzione di una guida vulcanologica, avvenuta il 4 luglio 2016 a seguito dello scorrimento della graduatoria (dopo il decesso di un'altra guida che, a 74 anni, invece di essere in pensione svolgeva ancora il suo servizio) di un concorso indetto nel 1994 e concluso nel 1999;
   questo perché sono anni che la regione Campania non indice nuovi concorsi per assumere giovani, ritenendo più agevole assumere persone dichiarate idonee anni ed anni fa, anche se, nel frattempo queste sono invecchiate e nella vita hanno fatto altro;
   le guide attualmente in servizio presso il presidio regionale permanente vulcano Vesuvio hanno il compito, si legge sul loro sito web, di perseguire la salvaguardia e l'incolumità degli escursionisti in visita al cratere del Vesuvio. Tale compito è affidato esclusivamente a professionisti iscritti al collegio regionale guide alpine vulcanologiche ed in pieno possesso di tutti i requisiti richiesti dalla legge;
   le guide vulcanologiche hanno il compito esclusivo di accompagnare i turisti da quota mille metri fino al cratere. Sono appena trentasette, «una piccola “casta” in cui è difficilissimo entrare e che si autogestisce», sottolinea il giornale;
   le notizie desunte dall'articolo, inoltre, parlano di guadagni non trascurabili: sui dieci euro di biglietto di accesso, solo due finiscono nelle casse all'ente parco nazionale del Vesuvio. Ben 5 euro e cinquanta centesimi vanno alle guide stesse;
   ogni anno il cratere del Vesuvio è visitato da mezzo milione di visitatori, per 5,50 euro a persona fa un incasso totale per le guide di circa due milioni e settecentocinquantamila euro. Diviso per le 37 guide, fa una cifra lorda a persona di oltre 70 mila euro;
   esiste anche un'altra figura professionale, le guide autorizzate del parco nazionale del Vesuvio, iscritte ad un altro albo, che, prosegue l'articolo «si devono invece cercare i gruppi di visitatori, altrimenti non guadagnano. A loro, sembra inoltre, che sia vietato l'accesso all'area sopra i mille metri»;
   già annunciato dalla legge quadro sulle aree protette del 1991, il parco nazionale del Vesuvio è stato istituito con il decreto del Presidente della Repubblica del 5 giugno 1995 –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere in merito alla necessità di riordinare il sistema di accoglienza e guida all'interno del parco nazionale del Vesuvio. (4-13869)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 14 luglio 2016, il 40o Comitato Unesco per i siti patrimonio dell'umanità, riunito in sessione plenaria annuale a Istanbul, ha approvato all'unanimità le raccomandazioni, frutto del rapporto che tre ispettori avevano redatto dopo la visita di una settimana compiuta a Venezia nel mese di ottobre 2015, per esaminare le condizioni del sito «Venezia e la sua laguna»;
   le raccomandazioni costituiscono una specie di ultimatum inviato alle autorità responsabili della manutenzione del sito. Se entro il 1o febbraio 2017 il Governo italiano non prenderà alcuni provvedimenti (di cui nel documento si fa la lista) il Comitato dovrà esaminare la possibilità di includere «Venezia e la sua laguna» nella «lista nera» dell'Unesco, la List of the World Heritage in Danger;
   un passaggio questo che potrebbe provocare l'uscita della città e della laguna dai luoghi patrimonio dell'umanità, un riconoscimento che Venezia si era guadagnata nel 1987, quando era entrata a far parte dei 51 siti italiani, su un totale mondiale di 1031;
   i principali provvedimenti includono la proibizione per le più grandi navi passeggeri e commerciali di entrare in laguna e in generale il transito sregolato di imbarcazioni a motore che alterano pericolosamente il moto ondoso, l'imposizione e il rispetto di limiti di velocità per il traffico acqueo e regole sul tipo di scafi e di motori ammessi, ma soprattutto richiedono la creazione di una «strategia per un turismo sostenibile»; un settore, quello turistico, governato poco e male, con flussi di visitatori non compatibile con le fragilità della città e dove è possibile, quasi senza limiti, trasformare le abitazioni private in strutture ricettive di ogni tipo;
   secondo alcune stime, sono circa 700 le grandi navi che ogni anno transitano nel canale della Giudecca per raggiungere la stazione marittima, quindi si tratta di 1400 passaggi davanti a piazza San Marco;
   la richiesta di un intervento dell'Unesco era stata avanzata dalla sezione veneziana di Italia Nostra che, nel 2011, insieme ad altre associazione, aveva inviato una lettera in denuncia di una situazione molto grave per Venezia e la sua laguna «dichiarate sito culturale di importanza mondiale», ormai «in serio pericolo di veder distrutte le sue forme caratteristiche e la sua morfologia a causa di progetti infrastrutturali, anche finalizzati alla promozione di attività portuali, proposti da autorità statali e locali anche amministrativamente diverse da Venezia ma insistenti sullo stesso territorio lagunare (...) La città di Venezia, inoltre, è oggetto di un turismo di massa sempre più devastante, per nulla regolato o pianificato, che cancella il modo di vivere peculiare della città e ne espelle gli abitanti» –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, s'intendano adottare per la tutela di Venezia e della laguna, con particolare riferimento all'esigenza di eliminare il transito delle grandi navi da crociera, contenere traffico di quelle commerciali e i danni provocati dal Canale dei Petroli, pervenire alla rifunzionalizzazione idraulica della laguna centrale e mettere in campo una politica di robusti incentivi economici per sostenere i residenti e le attività tradizionali, non necessariamente legate al turismo. (4-13855)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   ZANIN e MOSCATT. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale ha bandito il 15 dicembre 2015 il concorso per l'avvio al servizio di 200 volontari da impegnare nella sperimentazione dei Corpi civili di pace (articolo 1, comma 253, legge 27 dicembre 2013, n. 147);
   al concorso potevano partecipare gli enti e le organizzazioni iscritte agli albi di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, che avessero svolto o svolgevano da almeno tre anni attività di servizio civile nazionale nelle aree e nei settori d'intervento (articolo 2, decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, 7 maggio 2015), potendo presentare progetti da realizzarsi in Italia e all'estero volti ad impegnare 200 volontari in azioni di pace non governative nelle aree: a rischio di conflitto o post-conflitto (125 volontari); di emergenza ambientale in Paesi esteri (50 volontari); di emergenza ambientale in Italia (25 volontari);
   il concorso si è concluso a metà febbraio 2016, con circa quindici progetti presentati, per un massimo di 100 posti, quindi la metà dei 200 posti disponibili. È previsto che i primi volontari saranno selezionati prima dell'estate;
   lo scarso successo del concorso è probabilmente da ricondurre alle spese che ciascuna associazione dovrebbe sostenere nel corso dell'attuazione del progetto proposto;
   il bando, tra l'altro, prevedeva: «il dettaglio dell'attività formativa generale (minino 100 ore) e specifica prevista per i volontari (minimo 70 ore), in modo che la durata complessiva della formazione (generale e specifica) non possa essere inferiore alle 170 ore»;
   le notizie presenti sui siti di rete indicano che per adempiere a questa necessità gli enti partecipanti sono tenuti all'obbligo di formazione del personale di ciascuna delle realtà associative. Questa formazione, che prevede 100 ore a Roma, organizzata dal dipartimento della gioventù e del servizio civile nazionale e dall'università, è da ritenersi certamente molto onerosa per associazioni che hanno spesso profili di mero volontariato;
   le Forze armate realizzano attività di cooperazione civile-militare (Cimic – Civil-Military Cooperation o in italiano Cocim – Cooperazione Civile-Militare), sviluppando con essa il coordinamento e la cooperazione tra la componente militare e le organizzazioni civili presenti nel territorio interessato da un'operazione militare, con particolare attenzione alla popolazione locale, alle autorità, alle organizzazioni nazionali (Og) alle organizzazioni internazionali (Oi) e non governative (Ong);
   attualmente la Nato per l'esecuzione di queste attività dispone del Multinational CIMIC Group dislocato a Motta di Livenza, un reparto interforza e multinazionale a guida italiana di assoluta qualità e portanza strategica, in particolare nell'ambito delle missioni internazionali, in grado di ricercare, addestrare e proiettare unità di specialisti nella mediazione militare-civile in vista dell'esecuzione di progetti operativi, nel soccorso e nella ricostruzione di aree di conflitti –:
   se il Ministro interrogato nell'ambito delle sue competenze, intenda adoperarsi nelle sedi opportune per una partecipazione delle unità Cimic nelle attività di formazione che si renderanno di volta in volta necessarie in relazione all'attività di sperimentazione e sviluppo dei Corpi civili di pace, e assumere iniziative per altre forme di collaborazione, da individuare d'intesa con le associazioni interessate e con l'università. (5-09231)


   BASILIO, FRUSONE, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il deprecabile tentativo di colpo di Stato in Turchia e la successiva ondata di arresti – moltissimi ingiustificabili – non solo contro militari e poliziotti, ma anche nei confronti di centinaia di magistrati, funzionari civili, governatori, personalità dell'opposizione, pone un serio problema di tenuta democratica e di rispetto dei diritti umani in questo stato che è, per di più, membro della Nato;
   la base di Incirlik, usata dall'aviazione alleata per le incursioni aeree contro Daesh, ospita una cinquantina di bombe nucleari statunitensi schierate quale deterrente nucleare NATO secondo il sistema «a doppia chiave». Durante il tentativo di colpo di Stato tale base sarebbe rimasta senza elettricità come misura ritorsiva del Governo turco nei confronti della passività manifestata nelle prime ore del golpe da parte degli altri Paesi della Nato, Usa in testa;
   da fonte di stampa si apprende che la stessa base di Incirlik è stata perquisita i disposizione delle autorità turche e che il comandante stesso della base risulta essere stato arrestato;
   l'esercito italiano ha recentemente schierato una batteria di missili terra aria SAMP/T in Turchia, nell'ambito dell'impegno assunto dalla Nato per rispondere alla richiesta di aiuto di Ankara per la protezione del suo spazio aereo dal rischio di sconfinamenti provenienti dalla Siria;
   il Samp/T è un sistema d'arma sofisticatissimo in grado di lanciare fino ad 8 missili in 10 secondi con un tempo di reazione di 8 secondi. È in grado di rispondere ad una minaccia su 360o e può ingaggiare fino a 10 bersagli contemporaneamente. Il Samp/T è un sistema di ultima generazione sviluppato in cooperazione con la Francia per sostituire l'ormai obsoleto Hawk;
   oltre al Samp/T l'Italia ha inviato anche 130 militari provenienti dal 4o reggimento «Peschiera» di Mantova e dal Comando artiglieria controaerea di Sabaudia. Una missione che costerà all'Italia 7.281.146 euro –:
   se la Ministra interrogata non reputi di dover sollevare nelle sedi nazionali competenti e nelle riunioni dei Ministri della difesa dei Paesi della Nato la questione della sicurezza del contingente militare italiano in Turchia, in considerazione della gravissima fase di destabilizzazione che sta vivendo la Turchia, suscettibile di un'evoluzione antidemocratica e contraria ai principi fondanti dello stesso Patto dell'Atlantico del Nord, e del fattore di pericolo rappresentato dall'esistenza di bombe atomiche stoccate in una base, quella di Incirlik, che potrebbe sfuggire al pieno controllo delle autorità.
(5-09232)


   ARTINI e LABRIOLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nel 1992 fu siglato un protocollo di intesa tra il Ministro per gli interventi delle aree urbane, il Ministro della difesa, il Ministero per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, il presidente della regione Puglia, il presidente della provincia di Taranto e il sindaco di Taranto per la delocalizzazione delle installazioni militari navali sul mar Piccolo ed il recupero e la valorizzazione degli immobili dismessi;
   i soggetti firmatari con tale protocollo convennero che «Costituiscono obiettivi primari per l'area di Taranto la delocalizzazione delle installazioni militari navali sul mar Piccolo ed il recupero e la valorizzazione degli immobili e degli spazi così dismessi, al fine di consentire un uso da parte della collettività aderente a nuovi modelli di sviluppo della città stessa, riferiti alla sistemazione viaria, alla promozione di nuove imprenditorialità a vocazione turistica, ad una accresciuta rete di servizi e di verde pubblico»;
   di particolare importanza e lungimiranza fu la constatazione che le finalità di pubblico interesse, elencate nel protocollo, fossero «coerenti con i progetti strategici di cui alla delibera CIPE 12 maggio 1988, recante l'aggiornamento del programma triennale di sviluppo del Mezzogiorno per il triennio 1988-1990 e con gli obiettivi primari dell'intervento straordinario di cui alla legge 1o marzo 1988, n. 64»;
   per il perseguimento di tali obiettivi fu prevista già allora la costituzione di un apposito Comitato per l'area di Taranto;
   con la mozione sul Mezzogiorno n. 1-00766, approvata nella seduta del 14 aprile 2016, il Governo si impegnava, in particolare, «a valutare l'opportunità di favorire intese, anche fra le diverse amministrazioni pubbliche, per mettere al servizio del territorio le strutture presenti e attualmente adibite a compiti istituzionali, sviluppandone le potenzialità al fine di promuovere il recupero e la riqualificazione sociale dei centri urbani, in particolare quelli soggetti ad un pesante degrado, con particolare riferimento all'uso per tale scopo dell'Arsenale Marittimo di Taranto»;
   il tavolo per Taranto, istituito dal decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante «Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto», convertito, modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, si è riunito più volte a partire dallo scorso autunno, per delineare la strategia di riqualificazione e di sviluppo del territorio e approvare il piano di azione – con cronoprogramma prestabilito e monitorato – per la realizzazione dei progetti finanziariamente coperti, come da delibera CIPE n. 69 del 23 dicembre 2015;
   dal sito della Presidenza del Consiglio si apprende che il 31 maggio 2016 la riunione del tavolo istituzionale ha espresso l'intenzione di accelerare i tempi per la realizzazione degli interventi «messi nero su bianco dal Contratto Istituzionale di Sviluppo per Taranto, declinazione cittadina dei Patti per il Sud previsti dal Masterplan governativo per il mezzogiorno»;
   si apprende, inoltre, che la sopracitata riunione «ha fatto decollare il Concorso internazionale di idee per la rigenerazione della Città Vecchia, che partirà entro il 31 maggio, e il progetto di valorizzazione culturale e turistica dell'Arsenale Militare Marittimo, che diventa operativo subito dopo l'estate»;
   agli inizi del mese di luglio 2016 è stato siglato un accordo tra il Ministro della difesa ed il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo con l'obiettivo di accrescere la conoscenza, la valorizzazione e la promozione turistica del patrimonio museale militare italiano. L'iniziativa ha portato all'apertura al pubblico fino a tarda sera, per le giornate 8-9-10 luglio 2016, di ben 15 musei militari di 7 regioni italiane. Tra tali musei, tuttavia, non è compreso il museo situato all'interno dell'Arsenale militare di Taranto;
   è parere degli interroganti che tale esclusione non sia in linea con le dichiarazioni di intenti espresse nelle varie sedi istituzionali in merito alla volontà del Governo di valorizzare culturalmente e turisticamente l'Arsenale militare della città Jonica –:
   alla luce di quanto riportato in premessa, quali siano stati i criteri di scelta dei 15 musei militari che sono rientrati nel piano di valorizzazione culturale e turistica, e che hanno indotto il Ministro interrogato ad escludere, dal circuito dell'accordo sottoscritto, il museo militare di Taranto, già oggetto di impegni ufficiali.
(5-09233)


   PIRAS e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il poligono di tiro di Capo Frasca è il terzo d'Europa per estensione territoriale, sorto nella metà degli anni ‘50, si estende in un'area di 14 chilometri quadrati, sul territorio del comune di Arbus, nella costa sud-occidentale della Sardegna;
   la segnalata presenza di ordigni inesplosi a terra e soprattutto in maree le attività di esercitazioni aria-terra fanno ricadere su ampia parte del territorio circostante il divieto di esercitare la pesca, coinvolgendo e penalizzando quindi in maniera diretta le popolazioni, i pescatori, le cooperative e le marinerie di Arbus, Guspini, Terralba, Arcidano, Marceddì, Cabras, Riola Sardo, Oristano;
   in base all'articolo 332 del codice dell'ordinamento militare del decreto n. 60 del 2010, ai commi 1 e 5, che richiama il comma 15 dell'articolo 325 dello stesso codice è previsto un indennizzo in favore delle attività che vedono leso il loro diritto di impresa;
   l'attività della pesca nei tratti di mare interdetti adiacenti al poligono di Capo Frasca è fortemente penalizzata dalle limitazioni dovute alle attività militari, ma i pescatori, in particolare dei comuni di Arbus, Oristano, Terralba, Santa Giusta, Cabras, Arborea, Marrubiu non sono inseriti tra i beneficiari degli indennizzi come previsto dalle leggi n. 898 del 1976 e n. 104 del 1990 e dal protocollo d'intesa siglato nel 1999 tra il Ministero della difesa e la regione autonoma della Sardegna;
   il protocollo d'intesa del 1999 tra il Ministero della difesa e la regione autonoma della Sardegna recante disposizioni in merito all'articolo 15 della legge n. 898 del 1976 riconosce che le marinerie interessate all'erogazione degli indennizzi siano quelle di Sant'Antioco, Calasetta, Sant'Anna Arresi, Teulada, Porto Scuso, Domusdemaria, Buggerru, Carloforte iscritte al Compartimento Marittimo di Sant'Antioco ed adiacenti alle aree interdette del poligono di Capo Teulada, e di Tortolì, Villaputzu, Tertenia, Lotzorai, Siniscola, Orosei, Posada, Dorgali, iscritte all'ufficio circondariale marittimo di Arbatax e agli uffici locali di Cala Gonone e Siniscola, adiacenti al poligono interforze del Salto di Quirra;
   sono pertanto escluse dagli indennizzi le cooperative di pescatori, le marinerie e le imbarcazioni delle province del Medio Campidano e del Golfo di Oristano, e in particolare dei comuni di Arbus, Terralba, Cabras, Riola Sardo, S. Vero Milis, S. Giusta, Marrubiu, Arborea, Oristano iscritte al compartimento marittimo di Oristano, tutte adiacenti al poligono di tiro di Capo Frasca e fortemente penalizzate nell'attività della pesca dai tratti di mare interdetti per le esercitazioni militari;
   l'area marina che circonda il poligono di Capo Frasca è interdetta permanentemente alla navigazione civile per 3 miglia marine, sulla base di una ordinanza del 2005;
   questa condizione – creando una sorta di campana intorno alla penisola del poligono – taglia letteralmente in due l'area di Costa Verde (Arbus) dall'area di Marceddì (Terralba) e Torregrande (Oristano), ovvero le uniche due aree dove sono presenti strutture portuali;
   la maggior parte delle imbarcazioni non è in possesso della licenza per navigare oltre le 3 miglia;
   tale condizione genera paradosso che conduce a una condizione di violazione delle ordinanze e delle norme di navigazione sia che si attraversi l'area marina interdetta, sia che la si circumnavighi;
   il 13 ottobre 2015 il comune di Arbus ha inoltrato al Ministero della difesa una comunicazione nella quale segnala sia il problema dell'area interdetta che la questione dell'interdizione sia permanente ordinata nel 2005, suggerendo altresì contenimento dell'interdizione sia sul piano temporale, rendendola temporanea, ovvero limitata all'effettivo esercizio dell'attività militare e quindi a un calendario certo delle esercitazioni, che sul piano dell'estensione, contenendo nelle 2 miglia marine l'area di interdizione alla navigazione;
   la risoluzione conclusiva n. 8-00142 Piras, approvata dalla IV Commissione difesa della Camera dei deputati il 27 ottobre 2015, avente ad oggetto «il riconoscimento di indennizzi per la limitazione dell'attività di pesca alle cooperative pescatori dei Comuni adiacenti il poligono di tiro di Capo Frasca», impegnava il Governo: «a valutare, di concerto con la Regione autonoma della Sardegna, l'opportunità di procedere alla revisione del Protocollo d'intesa del 9 agosto 1999 tra Regione e Ministero della difesa, con riferimento alle marinerie adiacenti il poligono di Capo Frasca, iscritte all'ufficio circondariale marittimo di Oristano ed eventualmente penalizzate dall'interdizione di tratti a mare dovute alle esercitazioni militari, in base alle norme previste dagli articoli 7 e 15 della legge n. 898 del 1976, dalla legge n. 104 del 1990 e dal Protocollo d'intesa del 9 agosto 1999 tra la Regione Sardegna e la Difesa e successiva integrazione dell'8 settembre 2005, considerando, altresì, l'imprescindibile necessità di una adeguata copertura economico-finanziaria per il soddisfacimento di tali esigenze; 
   a determinare il calendario delle esercitazioni entro termini certi e definiti e a proseguire nella valutazione delle procedure attuative in grado di garantire l'attuale adeguata cornice di sicurezza, fermo restando che sarà necessario coordinare l'eventuale futura riformulazione dell'ordinanza con la Capitaneria di Porto, responsabile dell'emissione della stessa;
   ad attivare un tavolo di concertazione Stato, regione, enti locali insistenti nell'area, associazioni di rappresentanza dei lavoratori della pesca, al fine di definire condizioni e criteri – certi e verificabili – di accesso al beneficio dell'indennizzo, al fine di prevenire possibili abusi»;
   il tavolo tecnico di concertazione, istituito ai sensi della risoluzione di cui sopra dalla presidenza della regione Sardegna, ha visto coinvolti rappresentanti dello Stato Maggiore della difesa, del Ministero della difesa, regione, enti locali e associazioni di categoria dei pescatori, si è riunito in un clima di serena e reciproca collaborazione nei primi mesi del 2016 e, dopo quattro riunioni plenarie regolarmente convocate, ha concluso i suoi lavori il 3 marzo 2016, raggiungendo e sottoscrivendo un accordo completo e condiviso su tutte le tematiche affrontate, confermando la ragionevolezza delle istanze che sono state oggetto dei lavori;
   ad oggi viene constatata l'assenza di improcrastinabili riscontri ufficiali da parte del Governo sulle urgenti tematiche approfondite;
   le associazioni di categoria e gli enti locali coinvolti hanno scritto in data 22 giugno 2016 una missiva a tutte le istituzioni interessate, tra cui il Ministero della difesa, la regione Sardegna e tutti i componenti della Commissione difesa, proclamando lo stato di massima agitazione;
   non possono più essere escluse imminenti manifestazioni, forme di protesta e incontrollabili attività di disturbo già ventilate durante le ultime partecipate assemblee dei pescatori della zona;
   è stato conferito mandato per affidare un incarico professionale ad uno studio legale affinché promuova una vertenza risarcitoria nei confronti delle marinerie interessate –:
   quale sia lo stato di avanzamento della trattativa Stato-regione riguardo alla vertenza in questione (sia per la firma di un nuovo protocollo d'intesa sia per l'integrazione dei precedenti protocolli vigenti sulla materia con relative scadenze temporali per la conclusione degli accordi) e se intenda valutare per quanto di competenza anche l'adozione di immediate iniziative vote a sanare questa iniqua situazione, dati anche gli impegni assunti con la risoluzione n. 8-00142. (5-09234)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS, PESCO, CRIPPA, VILLAROSA, DA VILLA e COZZOLINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo autorevoli osservatori e analisti finanziari, negli ultimi cinque anni, nei Paesi dell'Africa subsahariana, il debito nei confronti dei creditori privati (banche, fondi di investimento, fondi private equity) sarebbe cresciuto enormemente rispetto ai livelli di crescita del debito verso i creditori ufficiali (Governi, Fondo monetario internazionale, Banca mondiale e Banca africana per lo sviluppo);
   in particolare, se il debito nei confronti dei creditori ufficiali è passato, dal 2000 a oggi, da 130 a 150 miliardi di dollari, il debito dovuto ai creditori privati sarebbe invece passato dai 30 miliardi del 2010 ai circa 160 miliardi del 2015;
   questo stato di cose sarebbe stato determinato dall'accelerazione che avrebbe avuto, a partire dal 2009, l'emissione da parte dei Paesi dell'area di nuove obbligazioni pubbliche e private per 5 miliardi: dal 2013 al 2014 le nuove obbligazioni sono passate da 14 a 20 miliardi;
   secondo gli osservatori dei mercati finanziari, le obbligazioni sovrane starebbero acquisendo uno spazio sempre più ampio nella composizione del debito totale dei Paesi in via di sviluppo: negli ultimi dieci anni, ad esempio, la quota sarebbe passata dall'1 al 4 per cento;
   nel contempo, per effetto della riduzione eccessiva dei tassi di interesse nei mercati occidentali, si sarebbe accentuata la tendenza degli investitori a rivolgersi a mercati con maggiori rendimenti, anche se con elevate componenti di rischio: tra questi, per gli elementi precedentemente illustrati, riscuoterebbero particolare interesse i prodotti e i mercati finanziari africani;
   questa situazione è testimoniata dal successo ottenuto dall'emissione di titoli in valuta estera da parte degli Stati dell'Africa: il Ruanda, nonostante la situazione di instabilità politica, ha venduto titoli a Bnp Paribas e Citigroup; Senegal e Costa d'Avorio hanno venduto obbligazioni per un ammontare di un miliardo di dollari; ugualmente sono stati collocati con grande successo titoli emessi da Kenia, Ghana, Zambia; mentre Nigeria e Tanzania, solo per citarne alcuni, sarebbero intenzionate a emettere titoli in valuta estera;
   da quanto esposto, emergerebbe che l'accesso ai mercati finanziari dei titoli di Stato non è esclusivo di Paesi con una solida economia di mercato, come Nigeria e Sudafrica, ma anche di nazioni caratterizzate da debolezza economica e instabilità politica;
   a questo proposito, è il caso di rilevare che, a causa del crollo dei prezzi delle materie prime, che rappresentano la principale, se non unica, componente delle esportazioni e delle entrate in valuta, e della svalutazione delle monete nazionali africane nei confronti di dollaro ed euro, aumenterebbero sia il debito nazionale sia le componenti di rischio dei titoli emessi;
   a questi elementi si aggiungerebbero, nel generare ulteriori rischi, la volatilità valutaria determinata dalla contrazione dei debiti con la vendita di obbligazioni in dollari e in euro;
   lo stesso passaggio da un sistema dei prestiti controllato e gestito attraverso accordi bilaterali a uno che si esplica interamente sui mercati finanziari esporrebbe ulteriormente le economie africane e la stessa sostenibilità dei prestiti;
   da quanto illustrato, emergerebbe una molteplicità di incognite negli investimenti in titoli di Stato africani, incognite che dovrebbero generare la legittima necessità di verificare le componenti di rischio per gli investitori europei e, in particolare, italiani;
   anche nel recente passato, in più circostanze, la crisi di alcuni istituti del sistema bancario italiano è stata affrontata dallo Stato anche con l'esposizione di capitali pubblici, come il caso del fondo Atlante, che impegna Cassa depositi e prestiti con circa 500 milioni di euro, o il decreto «salva banche» del Governo;
   queste circostanze dovrebbero richiamare con forza la necessità di una vigilanza in merito alla partecipazione degli istituti di credito italiani agli investimenti in titoli obbligazionari sovrani, con particolare attenzione a quelli emessi dagli Stati dell'Africa subsahariana –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   se risulti e a quanto ammonti la presenza di fondi obbligazionari africani nel portafoglio titoli detenuti da istituti bancari e investitori istituzionali italiani;
   quali siano gli strumenti a garanzia dei risparmiatori italiani di fronte all'evenienza di una svalutazione dei titoli obbligazionari africani, eventualmente detenuti da istituti bancari e investitori istituzionali italiani. (3-02411)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 127 del 5 agosto 2015 in attuazione dell'articolo 9, comma 1, lettere d) e g), della legge 11 marzo 2014, n. 23  (Gazzetta Ufficiale serie generale n. 190 del 18 agosto 2015) introduce l'obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri derivanti dall'utilizzo di distributori automatici (vending machine);
   dal 1o gennaio 2017 scatta l'obbligo di comunicazione dei dati dei corrispettivi, come previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 127 del 2015;
   il 30 giugno è stato pubblicato oggi il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate con cui vengono definite le informazioni e le regole tecniche per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri derivanti dall'utilizzo di distributori automatici (vending machine);
   l'Agenzia metterà a disposizione dei contribuenti e degli operatori del settore del vending un'area dedicata all'interno del sito web www.agenziaentrate.gov.it in cui trovare i servizi per censire online i propri distributori ed ottenere certificati per «sigillare elettronicamente» il file XML con cui trasmettere i dati dei corrispettivi registrati dagli apparecchi nella fase di erogazione dei prodotti;
   il sigillo elettronico verrà applicato grazie ad un certificato digitale, rilasciato online dall'Agenzia delle entrate agli operatori del settore;
   al termine della fase di censimento, l'Agenzia fornirà un Qrcode da applicare su ogni apparecchio in modo da consentire anche al singolo consumatore di riconoscere che il distributore è conosciuto all'amministrazione;
   i dati degli incassi verranno trasmessi alla stessa Agenzia, verranno poi «sigillati» elettronicamente e trasmessi online su canale sicuro all'Agenzia delle entrate mediante i dispositivi mobili con cui i gestori rilevano gli incassi registrati dal distributore;
   non è però specificato quando i gestori debbano inviare i dati e il legislatore avrebbe potuto intendere che la trasmissione telematica potesse avvenire una volta al mese utilizzando il registro dei corrispettivi;
   l'articolo 9 della legge delega n. 23 dell'11 marzo 2014, al comma 1, lettera g), recita: «incentivare, mediante una riduzione degli adempimenti amministrativi e contabili a carico dei contribuenti, l'utilizzo della fatturazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi, nonché di adeguati meccanismi di riscontro tra la documentazione in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) e le transazioni effettuate, potenziando i relativi sistemi di tracciabilità dei pagamenti»;
   in questo caso però il rischio è che per i gestori vi sia un aggravio degli adempimenti burocratici, in contrasto con la legge delega e gli indirizzi comunitari per l'aiuto allo sviluppo delle imprese, che deve essere sostenuto con semplificazioni;
   per quanto poi riguarda la sostituzione di tutti gli apparati, il decreto attuativo dell'Agenzia delle entrate non deve incidere sul normale funzionamento dei distributori automatici, e deve rispettare la normale obsolescenza, interpretata dall'Agenzia in un massimo di 5 anni, termine che pare troppo breve;
   le Commissioni bilancio del Senato e della Camera avevano indicato nell'iter della legge delega, l'esigenza di predisporre adeguati sgravi fiscali, cosa che però non è stata attuata –:
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario fornire ai gestori chiarimenti circa la periodicità della trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri;
   se il termine di 5 anni per l'obsolescenza e quindi la sostituzione delle vending machine non sia troppo breve e se non si ritenga opportuno quindi assumere iniziative per prevedere un tempo più lungo prima di obbligare i gestori alla sostituzione;
   se non ritengano necessario assumere iniziative per prevedere adeguati sgravi fiscali. (5-09220)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato, in data 2 luglio 2015, l'atto di sindacato ispettivo n. 4-09678, ancora senza risposta, descrivendo la situazione «delicata» in cui versa il servizio ferroviario locale calabrese, che diventa, poi, addirittura drammatica nel caso della stazione ferroviaria di Lamezia Terme (CZ), una fra le più importanti del sud Italia;
   da notizie a mezzo stampa, sembra che la sala operativa lamentina verrà trasferita a Reggio Calabria con tutto ciò che ne comporta in termini di eliminazione di servizi e con ripercussioni, dunque, sul traffico dei turisti che giungono in Calabria, passando per l'aeroporto internazionale di Lamezia Terme –:
   se non ritenga che, benché gli automatismi possano eliminare errori umani, un abuso delle tecnologie di gestione del traffico ferroviario in tratte ferroviarie molto lunghe come quella descritta in premessa, finisca per far venir meno la sicurezza dei viaggiatori, in caso di anomalie con conseguenze persino peggiori di quanto avvenuto recentemente in Puglia;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare la chiusura della sala operativa di Lamezia Terme, anche per consentire un maggior presidio di una delle stazioni a più alto traffico di viaggiatori nel sud Italia;
   se e come verranno riqualificati i dipendenti che operano nella stazione ferroviaria centrale di Lamezia Terme.
(4-13857)


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo i più recenti dati Istat, nel nostro Paese sta crescendo costantemente il numero di persone e in povertà assoluta, ovvero che, secondo la definizione dell'Istat, hanno difficoltà a «conseguire uno standard di vita minimamente accettabile» e «non accedono a beni e servizi che, nel contesto italiano, vengono considerati essenziali», tanto che al 2015 sarebbe arrivato alla preoccupante cifra di 4 milioni e 598 mila, il valore più alto registrato dal 2005;
   anche la povertà relativa risulta grave, con il valore che non è sceso nel 2015 in termini di famiglie (2 milioni 678 mila, pari al 10,4 per cento delle famiglie residenti dal 10,3 per cento del 2014) e che aumenta in termini di persone (8 milioni 307 mila, pari al 13,7 per cento delle persone residenti dal 12,9 per cento del 2014);
   le famiglie in povertà assoluta arrivano al 7,6 per cento nel 2015, pari a 1 milione e 582 mila famiglie nel corso dell'ultimo anno, l'aumento riguarda principalmente le famiglie con 4 componenti (da 6,7 del 2014 a 9,5 per cento) soprattutto coppie con 2 figli (da 5,9 a 8,6 per cento) e le famiglie di soli stranieri (da 23,4 a 28,3 per cento), in media più numerose;
   analogamente a quanto accaduto per la povertà assoluta, nel 2015 la povertà relativa è più diffusa tra le famiglie numerose, in particolare tra quelle con 4 componenti (da 14,9 del 2014 a 16,6 per cento) o 5 e più (da 28,0 a 31,17 per cento);
   si rileverebbe un aumento della povertà al Nord, in particolare per gli stranieri, sia in termini di famiglie sia di persone, e soprattutto per l'ampliarsi del fenomeno tra le famiglie di soli stranieri; inoltre, la povertà adesso colpisce maggiormente chi vive in città: segnali di peggioramento si registrano tra le famiglie che risiedono in area metropolitana (l'incidenza aumenta da 5,3 del 2014 a 7,2 per cento) e tra quelle con persona di riferimento tra i 45 e i 54 anni di età (da 6,0 a 7,5 per cento);
   tra le persone coinvolte 2 milioni 277 mila sono donne (7,3 per cento l'incidenza), 1 milione 131 mila sono minori (10,9 per cento), 1 milione 13 mila hanno un'età compresa tra 18 e 34 anni (9,9 per cento) e 538 mila sono anziani (4,1 per cento);
   i dati sottolineano una situazione molto grave proprio per la fascia più giovane della popolazione visto che nel 2015 si rileva addirittura un minore su dieci in povertà assoluta rispetto al 3,2 per cento, del 2005; anche nella popolazione tra i 18 e i 34 anni di età la percentuale di poveri è più che triplicata rispetto al 3,1 per cento del 2005 arrivando al 9,9 per cento del 2015;
   secondo gli studi e rilevazioni dell'Unicef e dell'Istat si è di fronte ad una vera e propria «emergenza infanzia» che rischia di generare una nuova e gravissima forma di povertà futura, perché bambini e adolescenti privati di opportunità, prospettive e competenze saranno preda di bassa produttività e bassa occupazionalità con ricadute sulla spesa pubblica in maggiori costi sociali;
   a seguito della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza approvata dall'Assemblea generale dell'Onu il 20 novembre del 1989 e stata ratificata con la legge 176 del 1991, l'Italia si è impegnata a livello internazionale e nei confronti dei cittadini alla piena realizzazione dei diritti delle persone di minore età, ma, nonostante l'impegno assunto, nel nostro Paese è ancora lontana l'attuazione effettiva ed efficace dei diritti sanciti dalla Convenzione e si è assistito al continuo venire meno del sostegno concreto economico ai piani nazionali destinati ai minori, mentre la stessa legislazione vigente resta insufficiente; inoltre, ad oltre 20 anni dalla ratifica, si assiste ancora a sperequazioni inammissibili tra le varie regioni;
   l'Italia risulta agli ultimi posti in Europa dei 27 per quanto riguarda gli indicatori sulla condizione dell'infanzia;
   con la mozione parlamentare sull'infanzia n. 1-00250 approvata a novembre del 2013 il Movimento5Stelle aveva impegnato il Governo pro tempore:
   a ridefinire le priorità dell'agenda programmatica del Governo, ponendo al centro di questa l'applicazione integrale della Convenzione internazionale sui diritti dei minori e del Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali, in particolare per quanto riguarda i servizi sociali, la lotta all'abbandono scolastico, il contrasto alla povertà, l'accesso alla prevenzione e alle cure sanitarie soprattutto per i minori che vivono in un contesto di povertà relativa e assoluta, il superamento delle profonde sperequazioni esistenti tra le regioni, il diritto all'alloggio e il diritto al passaggio da casa a casa per minori appartenenti a famiglie in disagio abitativo soggette a sfratti esecutivi;
   ad aumentare il sostegno finanziario a favore delle famiglie a basso reddito con figli minori assicurando che questo sia esteso anche alle famiglie straniere;
   l'interrogante aveva già posto all'attenzione del Governo il delicato e urgente problema della crescita della povertà con due atti, a tutt'oggi privi di risposta:
    l'interrogazione n. 4-09122, dell'8 maggio del 2015, in cui si denunciava il pericoloso trend di crescita della «povertà alimentare», cioè la condizione di chi può permettersi solo una spesa alimentare povera per quantità e qualità e che ha tutta una serie di ricadute anche sulla salute dei cittadini coinvolti, soprattutto se minori;
    l'interrogazione n. 4-05139, addirittura del 13 giugno del 2014, in cui si sottolineava come nel nostro Paese la prima vittima della crisi sia l'infanzia, con la povertà infantile in forte e preoccupante aumento e si denunciava che nonostante la situazione in Italia sia significativamente peggiore rispetto all'Unione europea, le risorse stanziate in Italia per contrastare la povertà infantile sono ancora nettamente insufficienti e comunque, molto minori rispetto alla media europea;
   lo Stato italiano non ha ancora introdotto strumenti di tutela di carattere universale, quali ad esempio il reddito di cittadinanza, in favore dei cittadini che sono in condizione di grave disagio economico e sociale;
   il reddito di base o reddito di cittadinanza o reddito di sussistenza o reddito minimo universale è una erogazione monetaria, a intervallo di tempo regolare, distribuita a tutti coloro che sono dotati di cittadinanza e di residenza; essa è in grado di consentire una vita minima dignitosa, è cumulabile con altri redditi (da lavoro, da impresa, da rendita), indipendentemente dall'attività lavorativa effettuata, dalla nazionalità, dal sesso, dal credo religioso e dalla posizione sociale ed è erogata durante tutta la vita del soggetto –:
   se il Governo sia a conoscenza della grave situazione della povertà in Italia descritta dall'analisi Istat ed esposta in premessa e quale sia il suo orientamento in merito;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della grave situazione dei giovani, in particolare dei minori italiani e dunque del futuro del Paese, come esposto in premessa e quali e di quali entità siano le risorse disponibili per l'attuazione delle varie iniziative messe in campo per combattere la povertà infantile;
   se i Ministri interrogati non ritengano necessario e urgente attivarsi, per quanto di competenza, per porre al centro dell'agenda programmatica le politiche di contrasto alla povertà, anche accelerando, per quanto di competenza, le tempistiche relative all'introduzione del reddito di cittadinanza, presente ormai in tutti i Paesi dell'Unione europea, con le uniche eccezioni di Italia e Grecia, e in molti Paesi non comunitari, e poter così prevenire e contrastare situazioni di povertà che non dovrebbero essere presenti in una società civile e progredita, secondo un criterio di equità, scongiurando al contempo il moltiplicarsi di misure di contrasto alla povertà disorganiche e quindi inutilmente dispendiose. (4-13874)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE, BATTAGLIA e CUOMO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali degli agenti di polizia penitenziaria hanno segnalato un nuovo episodio di violenza all'interno dell'istituto penitenziario di Potenza;
   due detenuti sono stati aggrediti da altri detenuti durante la fruizione del passeggio;
   tutti i coinvolti risultano essere di nazionalità italiana;
   uno degli aggrediti è stato costretto al ricovero presso l'ospedale San Carlo di Potenza;
   si tratta di un ennesimo atto di violenza che suscita preoccupazione dopo diversi episodi che l'interrogante ha già segnalato attraverso atti di sindacato ispettivo ancora in attesa di risposta e che hanno visto coinvolti agenti di polizia penitenziaria;
   le carenze di personale ormai strutturali risultano essere insostenibili e si sono ulteriormente aggravate –:
   anche alla luce dei nuovo episodio di violenza registrato in questi giorni, quali iniziative il Governo intenda assumere, con la massima urgenza, per un potenziamento degli organici in servizio presso la casa circondariale di Potenza ed anche presso gli altri istituti (Matera e Melfi) presenti in Basilicata. (3-02412)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il presidente del tribunale di Como già nel maggio 2010 aveva evidenziato al Ministero della giustizia la carenza di organico di detto tribunale, parlando di «profondo disagio», attraverso la puntuale segnalazione della mancanza di personale pari al 30 per cento e del conseguente rischio di paralisi;
   la stampa locale, da ultimo anche l'articolo apparso sul quotidiano Corriere di Como del 19 luglio 2016, ha più volte affrontato il tema e descrive una situazione del tribunale di Como, da un lato, in parte confortante (in due anni circa – 639 giorni – si arriva ad una sentenza di primo grado contro la media nazionale di tre anni circa – 1007 giorni), per il riconosciuto impegno degli operatori e, dall'altro lato, preoccupante, per la carenza di organico sia degli operatori giudiziari che dei magistrati; per i primi la carenza si attesta «a quota 29,6 per cento (..)per quanto riguarda i magistrati (...) è scoperto il 10,3 per cento» al 31 dicembre 2015;
   appare evidente che la situazione, lungi dal realizzare l'obiettivo di assicurare la giustizia in tempi ragionevoli, a un territorio di fondamentale importanza nel tessuto imprenditoriale e industriale del Nord-ovest, sta comportando sia una dilatazione dei tempi dei processi che un aumento dei disagi e dei costi per tutti i cittadini e gli operatori economici;
   appare alquanto urgente un immediato intervento al fine di consentire al tribunale di Como di funzionare in modo efficiente ed efficace –:
   quale sia l'esatta scopertura dell'organico sia degli operatori giudiziari che dei magistrati e quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere ai fini della immediata ricostituzione dell'organico dei magistrati e degli operatori giudiziari, per consentire di svolgere in tempi ragionevoli il ruolo che costituzionalmente è assegnato agli organi giudiziari. (4-13866)


   CAPARINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel 2011 il processo del lavoro, che prevedeva in base ad una norma del 1958 l'esonero da ogni spesa e tassa anche per le imprese e i datori di lavoro che richiedevano l'accesso alla magistratura specializzata, diventa soggetto all'obbligo del contributo unificato, secondo le disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia fissate dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002. Ma ciò avviene solo in ragione del superamento di una determinata soglia di reddito personale, sufficientemente elevata in guisa tale da garantire che la regola, per la gran parte delle parti ricorrenti davanti al giudice del lavoro, anche in Corte di cassazione, sia quella della gratuità del processo, così come, iniquamente, il processo del lavoro è sempre gratuito per tutte le pubbliche amministrazioni;
   l'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 98 del 2011, con il n. 2 della lettera b), ha inserito l'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 che testualmente dispone: «Nei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego le parti che sono titolari di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, sono soggette, rispettivamente, al contributo unificato di iscrizione a ruolo nella misura di cui all'articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, salvo che per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo é dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1». In particolare, le tre ipotesi di assoggettamento al contributo unificato di iscrizione a ruolo dei processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie, nonché per quelle individuali di lavoro o concepenti rapporti di pubblico impiego, sono specificamente e distintamente indicate nell'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, facendo riferimento a specifiche e distinte norme contenute nell'articolo 13 dello stesso testo unico delle spese di giustizia:
    euro 43 per tutti i processi per controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie i (compresi procedimenti sommari di cui al Libro IV titolo I c.p.c., cioè ricorsi per decreto ingiuntivo e relative opposizioni, ricorsi cautelari), «salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis», cioè salvo i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1 [articolo 13, comma 1, lettera a)];
    quindi, ad esempio, se si fa riferimento al caso più frequente delle cause di valore indeterminabile o di valore superiore a euro 26.000,00 e fino a euro 52.000,00, sarà pari ad euro 518 per i soli giudizi dinanzi alla Corte di Cassazione, come previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002;
    per le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego (compresi i procedimenti sommari di cui al Libro IV titolo I c.p.c., cioè ricorsi per decreto ingiuntivo e relative opposizioni ricorsi cautelari) il contributo è la metà di quanto disposto dall'articolo 13, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, «salvo quanto previsto dall'articolo 9, comma 1-bis», cioè salvo per i processi dinanzi alla Corte di cassazione in cui il contributo è dovuto nella misura di cui all'articolo 13, comma 1 (articolo 13, comma 3), e, quindi, ad esempio, sempre facendo riferimento allo scaglione delle cause di valore indeterminabile, sarà pari ad euro 259 per i giudizi sia di primo che di secondo grado e a euro 518 per i soli processi dinanzi alla Corte di cassazione;
    per tutti i processi concernenti le controversie individuali di lavoro o concernenti rapporti di pubblico impiego, nonché le controversie di previdenza ed assistenza obbligatorie dinanzi alla Corte di cassazione, si verserà (soltanto) il contributo di euro 518 se ci si mantiene nello scaglione delle cause di valore indeterminabile (articolo 13, comma 1, e articolo 9, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002);
   ne risulta la soglia soggettiva economica entro la quale «continuare» ad aver diritto all'esenzione dalle spese di giustizia per tutte le persone fisiche (e per quelle giuridiche) che chiedano accesso alla giustizia del lavoro, come individuata dalla norma-eccezione dell'articolo 9, comma 1-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 rispetto alla regola della gratuità fiscale prevista dall'articolo 1, comma 1 della legge n. 319 del 1958: la parte ricorrente deve essere titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 per poter accedere al gratuito patrocinio, che attualmente, in base al decreto del Ministero della giustizia del 7 maggio 2015, è pari ad euro 11.528,41;
   superando il reddito «personale» (e non del nucleo familiare) annuale di euro 34.585,23, quale risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi, le persone fisiche e quelle giuridiche hanno l'obbligo di versare il contributo unificato, a seconda del valore della controversia (salvo per quelle previdenziali ed assistenziali) nella stessa misura ridotta alla metà per le fasi di merito [articolo 13, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002], nella misura piena per il solo giudizio in Cassazione (articolo 13, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002);
   meno equo il processo del lavoro appare nel caso in cui parte processuale sia la pubblica amministrazione, perché l'articolo 158, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 prevede che l'amministrazione pubblica è ammessa alla prenotazione a debito delle spese del contributo unificato, se a carico della stessa amministrazione. Quindi, per il privato e per le imprese il contributo unificato si versa per accedere alla giustizia del lavoro se si supera il reddito «personale» annuale di euro 34.585,23, mentre per le pubbliche amministrazioni continua ad operare la regola della gratuità fiscale, come confermato dalle sezioni unite della Corte di cassazione, che, come già avvenuto nelle sentenze nn. 4911-4912-4913-4914-4915-5072/2016 sul precariato pubblico, ritengono giustificato un trattamento differenziato tra parte privata e pubblica amministrazione sul piano degli oneri e dei costi processuali;
   la circolare ministeriale n. 65934/2012 (Ministero della giustizia), in realtà, ad avviso dell'interrogante parte già con una lente interpretativa errata, ritenendo sostanzialmente che con l'entrata in vigore delle modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 introdotte dal decreto-legge n. 98 del 2011, la gratuita fiscale nel processo del lavoro sia l'eccezione, mentre la regola diventi quella del costo, seppure ridotto, da sostenere per affrontare (anche) il processo del lavoro. Pertanto, da un'ottica distorta, che è quella erariale e di finanza pubblica (con nessuna potenzialità deflattiva, dal momento che l'accesso al processo delle pubbliche amministrazioni è gratuito), il Ministero ha stravolto i requisiti soggettivi di assoggettamento al contributo soggettivo delle parti privati, che ricorrono alla giustizia del lavoro, ritenendo, a giudizio dell'interrogante arbitrariamente e contra ius che il richiamo contenuto nell'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 al superamento di tre volte l'importo previsto dall'articolo 76, comma 1, dello stesso decreto per poter accedere al gratuito patrocinio debba essere «inteso come applicazione dell'intero articolo 76 e delle condizioni ivi previste per poter essere sostenuti anche economicamente dallo Stato nelle spese processuali e negli onorari da corrispondere al proprio difensore per tutelare i propri diritti pur essendo in uno stato di indigenza economica. In conseguenza di questa interpretazione, secondo l'interrogante, cattiva e di dubbia legittimità, che stravolge il dato letterale normativo, il reddito della parte che chiede la tutela giudiziaria nel processo del lavoro e diventato il reddito del nucleo familiare previsto per il riconoscimento del gratuito patrocinio dall'articolo 76, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 (e non per tutte le ipotesi, perché quando sono oggetto della causa diritti della personalità ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi, si tiene conto soltanto del reddito personale, come previsto dallo stesso articolo 76, comma 4). L'effetto dell'alterazione delle (chiare) regole da applicare è che, da un lato, sono state illegittimamente escluse le persone giuridiche dal diritto all'esenzione fiscale per aver legato le condizioni del reddito entro cui continuare a beneficare della gratuità fiscale a quelle del nucleo familiare e non al reddito «personale» risultante dall'ultima dichiarazione dei redditi, come letteralmente previsto dall'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, dall'altro, la platea delle persone fisiche che mantengono il diritto all'accesso gratuito alla giustizia del lavoro si è notevolmente ridimensionata, proprio perché si deve tener conto del reddito del nucleo familiare e giustificare l'esonero con autodichiarazione di responsabilità per dichiarazioni mendaci e modulistica (con copia del documento di identità del richiedente), che sono previsti solo per il gratuito patrocinio, mentre per l'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 l'unica documentazione giustificativa per mantenere lo status di soggetto protetto dai costi di giustizia è l'ultima dichiarazione dei redditi personali. La sconcertante prassi amministrativa che, ad avviso dell'interrogante, viola le regole del giusto processo si estende anche alle condizioni oggettive di applicazione delle norme in subiecta materia, perché, incredibilmente, nella circolare ministeriale del 2012 si afferma che soltanto per le cause previdenziali vi sia, in caso di ricorso a procedimenti sommari come decreti ingiuntivi e ricorsi cautelari, l'applicazione della metà del contributo unificato di 43 euro previsto dall'articolo 13, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, ai sensi dell'articolo 13, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica, mentre detta riduzione non applicherebbe nelle cause di lavoro, comprese quelle di pubblico impiego. Per confermare, la coerenza di questa tesi, che non tiene conto del chiaro testo dell'articolo 9, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 – che non distingue per i processi del lavoro, tra giudizi di primo e di secondo grado e tra processi a cognizione ordinaria e a cognizione sommaria e quindi non consente nessuno spazio all'interpretazione ministeriale innanzi rappresentata, il Ministero afferma che anche l'Inps nella cause previdenziali, quando è parte attrice o ricorrente, è assoggettato all'obbligo contributivo. Non è così, evidentemente, perché l'Istituto previdenziale è (ancora, almeno formalmente) una pubblica amministrazione e gode della gratuità fiscale riconosciuta dall'articolo 158 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 e dalla giurisprudenza costante delle Sezioni unite della Corte di cassazione –:
   se il Ministro intenda porre tempestivo rimedio, anche con iniziative normative urgenti ai fini dell'immediata modificazione degli orientamenti espressi nella circolare ministeriale n. 65934/2012 ed, in particolare, ripristinare l'equità dei rapporti processuali, anche in conformità ai principi del giusto processo (di cui all'articolo 111 Cost.) e dell'articolo 6 della CEDU in correlazione alla tutela del diritto di difesa (di cui all'articolo 24 Cost.), specificando che la soglia di riconoscimento dell'esonero dal versamento del contributo unificato nel processo del lavoro, pari a tre volte il minimo dell'importo previsto dall'articolo 76, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, sia riferita solo al reddito personale del lavoratore e/o pensionato ricorrente, e non è quella del «nucleo familiare», nei tre gradi di giudizio, con particolare attenzione ai contenziosi in cui è parte in causa, la pubblica amministrazione, ed altresì chiarendo che, nei predetti limiti, il lavoratore e/o pensionato ricorrente sia esonerato dal pagamento di ogni tipo di contributo. (4-13868)


   MATTIELLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   molte sono le inchieste giudiziarie particolarmente delicate che si stanno susseguendo su impulso e coordinamento della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria (solo per citarne alcune: Sistema, Fata Morgana, Reghion, Mammasantissima);
   dibattimenti altrettanto delicati, attualmente in corso, vedono, tra gli altri imputati, Scajola, Rizzo, Speziali;
   le condizioni in cui si trovano a lavorare i componenti della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sono estremamente precarie: da anni, infatti, sono provvisoriamente ospitati presso la inadeguata struttura del centro direzionale di Reggio Calabria (CeDir), a causa della inagibilità del nuovo palazzo di giustizia, mai terminato;
   per usare la categoria proposta dal dottor Scarpinato va osservata quella che si può definire una mutazione di quantomeno una parte della ‘ndrangheta, che si sta trasformando in una sorta di «masso-mafia», e cioè di una organizzazione capace di saldare la struttura criminale tradizionale con segmenti della massoneria, della politica, dell'economia e delle professioni, come per altro sembrano confermare proprio le ipotesi accusatorie della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria;
   questo nuovo tipo di mafia presenta aspetti di seria pericolosità, che potrebbe condurla a non sopportare più passivamente i colpi della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e degli investigatori, soprattutto a causa delle numerose misure di prevenzione patrimoniali adottate –:
   quali iniziative i Ministri interrogati stiano predisponendo al fine di rendere sempre più sicura l'attività dei membri della direzione distrettuale antimafia, sia in termini di eventuale rafforzamento delle misure di sicurezza disposte per i membri più esposti, sia in termini di adeguatezza delle strutture ad esse dedicate;
   quali siano i tempi previsti per la consegna del palazzo di giustizia di Reggio Calabria;
   se non ritengano di poter assumere iniziative volte a riconsiderare la riorganizzazione delle sedi giudiziarie, apprezzando in maniera specifica le conseguenze che avrebbe la cancellazione della corte di appello di Reggio Calabria anche sulla permanenza della direzione distrettuale antimafia medesima. (4-13871)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MATARRESE, PIEPOLI, VARGIU e DAMBRUOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 407 Basentana attraversa interamente la regione Basilicata e rappresenta una delle arterie strategicamente più importanti e trafficate del Mezzogiorno, in quanto collega il Tirreno allo Jonio, congiungendo l'A3 Salerno-Reggio Calabria (mediante il R.A. 05) alla strada statale 106 Jonica;
   la strada si estende in tutta la regione lucana lungo un tracciato di circa 100 chilometri e si presenta ad unica carreggiata con doppio senso di marcia;
   a prescindere dai continui lavori di manutenzione e di ammodernamento della strada, che sono sicuramente fondamentali per il miglioramento della viabilità, è ormai divenuto improcrastinabile il problema relativo alla messa in sicurezza dell'intera arteria, soprattutto in considerazione dei gravi incidenti che si verificano continuamente e che secondo dati ISTAT si attesterebbero ad una media di 0,20 per chilometro;
   le cause che determinano la mancanza di sicurezza per gli automobilisti che percorrono la strada statale 407 sono diverse: la strada è intanto caratterizzata da numerosi tratti con curve pericolose, gallerie e restringimenti di carreggiata; segnaletica e illuminazione non raggiungono sempre livelli di efficienza e in alcuni casi risulterebbero assenti; in alcuni tratti il doppio senso di marcia non risulta adeguatamente diviso da spartitraffico ma da una semplice doppia striscia continua; lungo la strada sono presenti molti svincoli a raso e si rileva la mancanza di corsie di emergenza;
   ai problemi sopra descritti c’è da aggiungere che i limiti di velocità imposti non sempre sono rispettati dagli automobilisti e, spesso, risultano troppo elevati proprio in corrispondenza dei tratti che presentano strutturali pericolosità, mancanza di spartitraffico o lavori in corso. Probabilmente, anche se non rappresenta la soluzione unica e ottimale, l'installazione su tutta la strada statale 407 del sistema tutor potrebbe porre un limite alla velocità delle automobili costringendole a rispettare i limiti imposti, e potrebbe tendere a ridurre la percentuale di incidenti;
   gli incidenti che si verificano lungo la strada statale sono quasi sempre di grave entità e causano morti e feriti. A conferma della pericolosità di alcuni tratti di strada, è utile citare l'incidente avvenuto a febbraio 2016 quando in zona Salandra un veicolo, in mancanza di spartitraffico, ha invaso la corsia opposta provocando un incidente frontale col veicolo che procedeva in senso opposto e causando la morte di tre persone. In seguito, l'associazione di volontariato culturale IPAZIA ha promosso una petizione online per chiedere la messa in sicurezza, attraverso l'installazione di uno spartitraffico, del tratto di Basentana dal bivio di Calciano in direzione Metaponto, tratto ormai tristemente noto proprio per la sua pericolosità;
   l'ultimo incidente in ordine di tempo risale a soli due giorni fa e ha provocato la morte di un automobilista e il ferimento di un secondo;
   risulta altresì evidente che la struttura della strada statale 407 andrebbe completamente rivisitata e quindi appare necessario l'interessamento del Governo che dovrebbe tenere in prioritaria considerazione lo stanziamento di fondi che possano garantire un progetto di ammodernamento complessivo dell'infrastruttura che riduca a zero gli incidenti e che consenta agli automobilisti di poter usufruire della statale senza alcun tipo di pericolo;
   il problema della messa in sicurezza della Basentana non appare trascurabile, anche in considerazione della recente designazione di Matera quale Capitale europea della cultura 2019 che porterà certamente un numero di turisti considerevole a percorrere la strada statale 407 per raggiungere «la città dei Sassi» che l'UNESCO dichiarò patrimonio mondiale dell'umanità nel 1993 –:
   quali siano le politiche di sicurezza e le iniziative a breve, medio e lungo termine che il Governo intenda adottare al fine di rendere sicura la percorribilità della strada statale 407, soprattutto in considerazione dei continui incidenti mortali che si verificano e con particolare riferimento alla opportunità di installare il sistema « tutor» su tutta la Basentana, come temporanea e più rapida soluzione per limitare la velocità dei veicoli e ridurre gli incidenti, e di dotare tutti i tratti di strada di adeguato spartitraffico nonché di manto stradale e di segnaletica efficiente.
(5-09228)


   CARRESCIA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il collegamento viario ad elevata capacità tra il porto di Ancona e l'autostrada A14, con bretella di collegamento alla variante alla strada statale 16 (la cosiddetta uscita ad ovest) è opera di fondamentale importanza per il porto di Ancona, per le Marche e per Io sviluppo, in particolare, delle regioni dell'Italia centrale;
   come già evidenziato in diversi atti di sindacato ispettivo, l'ultimo dei quali (n. 5-08467) nell'aprile 2016 il 18 dicembre 2013 era stata sottoscritta la convenzione fra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società Passante Dorico, poi integrata il 2 settembre 2014 e dopo il successivo decreto interministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze relativo all'approvazione della concessione, la concessionaria ha presentato il progetto definitivo per la realizzazione dell'uscita ad ovest dal porto di Ancona;
   in risposta al citato atto di sindacato ispettivo il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha rappresentato che a seguito delle verifiche istruttorie effettuate dagli uffici e dei numerosi incontri tenutisi con i rappresentanti della società concessionaria, in data 22 dicembre 2015 era stata richiesta la revisione del PEF in termini sia tecnici che economico-finanziari e che la società aveva provveduto a formulare una nuova ipotesi di PEF e di studio del traffico. Tali proposte, sebbene migliorative, non aveva soddisfatto le istanze formulate dal Ministro dell'infrastrutture e dei trasporti, in quanto elaborate prevedendo un contributo in conto capitale o in alternativa in conto gestione. Dopo un ultimo incontro tenutosi il 13 aprile 2016 il Ministero era, alla data della risposta alla citata interrogazione, in attesa di ricevere dalla società concessionaria entro il 30 aprile 2016 una riformulazione delle ipotesi di piano economico finanziario che tenesse conto dello studio di traffico aggiornato e del nuovo costo dell'investimento;
   il 9 luglio 2016, nel corso di una iniziativa pubblica in Ancona, il Vice Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha reso noto che il 19 aprile si sarebbe tenuto l'incontro con il concessionario per l'esame del nuovo piano economico finanziario;
   il project financing è stato aggiudicato a costo pubblico zero e, quindi senza la previsione di contributi in conto capitale o in alternativa in conto gestione;
   è ormai improcrastinabile per la città di Ancona e per l'intera regione Marche conoscere l'esito di un procedimento che si protrae da anni e quindi le reali prospettive di sviluppo viabilistico del porto di Ancona –:
   se, all'esito dell'incontro del 19 aprile 2016, il nuovo piano economico finanziario presentato dal concessionario sia sostenibile senza necessità di risorse pubbliche e, in caso contrario, quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per la realizzazione dell'infrastruttura viaria di collegamento fra porto di Ancona e autostrada A14 ed, in particolare, se essa sia connettibile ed integrabile con quella del cosiddetto «lungomare nord» per la realizzazione della quale, in un incontro nei mesi scorsi coordinato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è emersa da parte di rete ferroviaria italiana, dell'autorità portuale di Ancona, della regione Marche e del comune di Ancona la volontà di concorrere in varia misura al finanziamento. (5-09229)


   TERZONI, FERRARESI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, VIGNAROLI, DEL GROSSO, COLLETTI e VACCA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in Molise, nel territorio ricompreso nella provincia di Campobasso, risulta incompiuta «l'infrastruttura strategica di preminente interesse nazionale e di prioritario interesse regionale», compresa fra gli interventi di cui alla legge obiettivo n. 443 del 2001 denominata Acquedotto molisano centrale, necessaria per l'adduzione idropotabile delle sorgenti del Biferno ai comuni del Basso Molise;
   ad oggi quindi migliaia di utenze risultano essere servite da acqua proveniente dal potabilizzatore della diga del Liscione che con frequenza fa riscontrare alterazioni dei parametri normativi, atti ad assicurare acqua di buona qualità in uscita dal trattamento di potabilizzazione;
   con delibera del CIPE n. 110 del 29 marzo 2006 veniva approvato il progetto definitivo per la costruzione dell'Acquedotto molisano centrale (CUP G59J04000020001) per l'importo di euro 92.960.000 (Iva inclusa) presentato da regione Molise;
   attraverso una convenzione stipulata in data 9 ottobre 2006, la regione Molise affidava all'azienda speciale Molise Acque (già ERIM), per la durata di mesi 48 tutte le funzioni e le attività per la realizzazione dei lavori di cui trattasi;
   successivamente, Molise Acque esperiva procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, mediante appalto integrato (progettazione esecutiva e costruzione) ex articolo 53, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 163 del 2006, ovvero con criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa;
   esperita la procedura di gara con D.D. n. 033 del 22 luglio 2007, Molise Acque aggiudicava l'appalto con ribasso del 15,17 per cento all'ATI consorzio cooperative costruzioni (capogruppo) Falcione-Favellato-Giuzio-Zurlo; con delibera di consiglio di amministrazione n. 14/07 del 27 giugno 2007, Molise Acque ha approvato il progetto esecutivo redatto dall'impresa aggiudicataria;
   nella fase di esecuzione dell'opera, secondo quanto riportato dalla direzione generale della giunta area IV, si sono rilevate delle criticità che hanno comportato il blocco dei lavori e l'instaurazione di un contenzioso fra stazione appaltante e impresa, sfociato nella rescissione contrattuale;
   il presidente della giunta regionale del Molise con decreto n. 198 del 30 giugno 2009 ha nominato il dottor Donato Carica commissario straordinario per la realizzazione dell'Acquedotto molisano centrale, ai sensi dell'articolo 20 del decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185 convertito dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2008;
   successivamente il comune di Montenero di Bisaccia, con nota prot. n. 2011/00001539 del 15 febbraio 2011, ha richiesto al commissario straordinario di spostare l'ubicazione del serbatoio per la zona marina e di attuare i necessari provvedimenti al fine di garantire nel periodo estivo che l'eventuale integrazione idrica avvenga esclusivamente con acqua proveniente dall'Acquedotto molisano centrale e non con quella derivante dal potabilizzatore della diga del Liscione;
   inoltre, il comune di Petacciato, con nota prot. n. 2286 del 10 marzo 2011, ha chiesto al commissario straordinario di modificare il tracciato della condotta ed individuare un nuovo sito di ubicazione del serbatoio di accumulo, al fine di garantire un maggiore apporto idrico alla zona marina in fase di espansione;
   con nota prot. n. 7764/11 il presidente della regione Molise invitava il commissario straordinario a redigere un nuovo studio di fattibilità per la definizione degli ulteriori lavori integrativi della zona costiera che dimostrasse – anche rispetto all'attuale portata dell'acquedotto – la fattibilità delle opere conciate alla richiesta dei comuni di Montenero di Bisaccia e Petacciato e del soggetto gestore (azienda speciale Molise Acque) ai fini del recepimento delle relative risorse finanziarie;
   con ordinanza prot. n. 254/AMC del 15 aprile 2011 è stato approvato lo studio di fattibilità redatto dalla struttura commissariale;
   con nota del presidente della regione Molise n. 0010338/11 del 18 aprile 2011, il commissario straordinario per la realizzazione dell'Acquedotto molisano centrale e interconnessione con lo schema basso Molise è stato autorizzato ad attuare le procedure di competenza per la redazione della variante progettuale relativa alle ulteriori opere in Montenero di Bisaccia, Petacciato e Termoli;
   con delibera della giunta regionale del Molise n. 457 del 9 luglio 2012, su precisa indicazione del presidente della giunta regionale è stata prevista la destinazione di euro 5.412.000,00 delle risorse regionali al commissario straordinario per la variante progettuale;
   la perizia di cui trattasi, secondo una nota del responsabile unico del procedimento, geometra Domenico Montagano, «costituisce un momento di sintesi della attività svolte in forte collaborazione fra il commissario straordinario, il soggetto gestore (Molise Acque) e i comuni costieri, nell'ottica del superamento di circostanze impreviste ed imprevedibili sopravvenute»;
   l'importo complessivo ammonta a euro 88.894.161,24 di cui: euro 83.269.373,31 – finanziati dal CIPE con delibera n. 110 del 29 marzo 2006, euro 302.787,93 finanziati per compensazione ai sensi dell'articolo 133, comma 4, del decreto legislativo n. 163 del 2006, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 30 settembre 2010, euro 5.412.000,00 destinati con delibera 457 del 9 luglio 2012 della giunta regionale del Molise;
   la perizia di cui trattasi approvata in linea tecnica dal commissario straordinario, è stata inviata alla struttura tecnica di missione presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'istruttoria di rito, la convocazione della conferenza di servizi e la definitiva approvazione da parte del CIPE;
   risulta agli scriventi che si siano verificati dei rallentamenti della procedura in quanto l'istruttoria è stata trasferita dalla struttura tecnica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti alla direzione generale competente del Ministero medesimo che ha avviato ex novo l'istruttoria senza prendere atto della precedente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative per ultimare l'istruttoria di rito presso la struttura tecnica di missione e/o direzione generale per giungere quanto prima all'approvazione definitiva da parte del CIPE a seguito dell'ultima variante progettuale, comunicando, ove possibile, una presumibile data in cui i primi comuni possano allacciarsi all'acquedotto, contestualmente accertando, per quanto di competenza, eventuali responsabilità nei ritardi nell'esecuzione dell'opera e nell'incremento dei costi legati al suddetto ritardo. (5-09230)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COVELLO, MAGORNO, BRUNO BOSSIO, AIELLO e BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato in riferimento ad un atto di sindacato ispettivo concernente alcune criticità riscontrate sul viadotto «Cannavino» lungo la strada statale 107 Silana-Crotonese in data 4 marzo 2016 rispondeva, testualmente, che: «a causa di una anomalia nella parte centrale delle campate maggiori l'ANAS ha affidato un incarico professionale specialistico all'ingegner Pietro Monaco, professore ordinario presso il politecnico di Bari, per la direzione di una apposita campagna di indagini e prove di laboratorio. Sono state eseguite ispezioni visive e rilievi topografici, nonché prove di carico statiche e dinamiche volte a valutare le condizioni di sicurezza del viadotto. Sulla base delle risultanze l'ANAS ha previsto la realizzazione di un intervento di manutenzione straordinaria che è stato inserito nello programmazione quinquennale 2015-2019 con priorità massima e sarà realizzato non appena le risorse finanziarie saranno rese disponibili»;
   in considerazione della rilevanza dell'artiera in questione, soprattutto in rapporto al già critico stato delle infrastrutture calabresi, assume priorità assoluta il reperimento da parte di ANAS delle risorse necessarie ai lavori di manutenzione onde evitare rischi e disagi alla popolazione –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere con la massima urgenza affinché l'ANAS provveda agli interventi necessari per la messa in sicurezza dei viadotto «Cannavino», in considerazione della strategicità dell'arteria in questione.
(5-09224)

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dal quotidiano La Repubblica del 3 luglio 2016, dal sito del quotidiano britannico The Telegraph e dal sito web Liguria Notizie, ovvero dall'allarme lanciato da Santo Grammatico, presidente di Legambiente Liguria, da qualche giorno le navi da crociera possono passare più vicine all'area marina protetta di Portofino, grazie all'entrata in vigore della nuova ordinanza dell'ufficio circondariale marittimo di Santa Margherita Ligure che prevede l'avvicinamento alla costa del punto di fonda delle navi;
   si passa così, per effetto delle nuove disposizioni, da 0,7 a 0,3 miglia di distanza dal limite della predetta area marina protetta. C’è da considerare che la precedente distanza delle 0,7 miglia, che già rappresentava una deroga eccezionale rispetto al limite delle 2 miglia prevista dal decreto ministeriale 2 marzo 2012, n. 56, era stata individuata calcolando la distanza limite per scongiurare il rischio di impatto sulla costa in caso di condizioni meteo marine eccezionali o avaria o errata manovra;
   il citato decreto ministeriale del 2 marzo 2012, n. 56 (Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2012), il cosiddetto decreto «Salva coste», emanato pochi mesi dopo il naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio, aveva finalmente provveduto a mettere limiti all'avvicinamento delle grandi navi ai tratti di costa più sensibili della penisola, scongiurando così il ripetersi delle cosiddette pratiche di «inchino» che avevano determinato il naufragio della Concordia;
   detto decreto ministeriale rischia quindi di non sortire gli effetti sperati stante le progressive deroghe registrate nell'area di Portofino e il fatto che anche per quanto riguarda le misure per la tutela della laguna di Venezia e del centro di storico del capoluogo veneto sussistono ad oggi altrettante deroghe, non essendo state ancora individuate vie marittime alternative;
   è bene ricordare che la « deregulation» dei flussi turistici e la mancata tutela della aree marine protette e di aree di alto pregio naturale e artistico a favore del turismo, specie «mordi e fuggi», hanno suscitato ripetuti ammonimenti da parte dell'UNESCO, perché tale condizione mina la tutela del patrimonio culturale mondiale come ricorda un articolo apparso il 5 luglio 2016 su La Tribuna di Treviso –:
   sulla base di quali presupposti si sia ritenuto che il nuovo limite delle 0,3 miglia garantisca parimenti la tutela del delicato ambiente dell'area marina protetta di Portofino;
   se si ritenga che anche contesti territoriali piccoli e fragili com’è il caso del piccolo borgo di Portofino (o delle Cinque Terre) possano essere interessati da flussi turistici consistenti come quelli crocieristici;
   come si intenda operare perché la soluzione adottata a Portofino non venga applicata anche altrove e quali iniziative si intendano assumere perché nelle restanti aree interessate da misure di tutela ambientale (aree marine protette o parchi costieri) non si adottino analoghi provvedimenti vanificando di fatto le misure previste dal decreto «salva coste».
(4-13852)


   FAUTTILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   18 luglio 2016, si è sviluppato un incendio, dovuto al rogo di sterpaglie, nei pressi della via Pontina a Roma, in particolare all'altezza di Castel Romano;
   l'incendio di cui sopra ha causato gravissimi disagi per coloro che si trovavano a passare sulla Pontina, con code e automobilisti fermi sotto il sole;
   la strada, infatti, è stata bloccata ma troppo tardi per evitare le gravi conseguenze di cui si è detto;
   risulta all'interrogante, infatti, che l'emergenza fosse conclamata da ore ma che non vi sia stata alcuna risposta tempestiva da parte di tutte le autorità competenti;
   non si è, infatti, provveduto ad una tempestiva chiusura della Pontina in entrambi i sensi di marcia, proprio per evitare che gli automobilisti continuassero ad imboccare un'arteria dalla quale era, di fatto, impossibile uscire;
   inoltre, i roghi che spesso si sviluppano intorno alla via Pontina sono un pericolo costante per la circolazione, dato che il fumo impedisce la visibilità, e sono un evento non certo raro;
   la Pontina resta una via estremamente pericolosa e necessita di continui interventi per la messa in sicurezza, oltre che per l'ordinaria manutenzione, per la manutenzione stagionale straordinaria –:
   quale siano le motivazioni della mancata attivazione delle procedure di emergenza di cui si è detto in premessa ed, inoltre, se possano chiarire, per quanto di propria competenza, la data di inizio dei lavori per la costruzione della nuova autostrada Roma-Latina. (4-13859)


   CORDA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la continuità territoriale è uno strumento legislativo europeo che ha lo scopo di garantire i servizi di trasporto ai cittadini abitanti in regioni disagiate della nazione a cui appartengono;
   il trasporto, infatti, se da un lato si configura come attività di tipo prettamente economico, all'altro, rappresenta l'elemento costitutivo del «diritto alla mobilità» tutelato sul fronte nazionale in via principale dal, articolo 16 della Costituzione, e più in generale esplicazione del principio di eguaglianza di cui all'articolo 3 della Costituzione;
   le politiche nazionali volte a ridurre gli effetti negativi derivanti dallo svantaggio territoriale sono sempre risultate del tutto inadeguate, in particolar modo con riguardo alla Sardegna, che è la regione che più di tutte soffre della propria distanza dal continente europeo;
   compagnie low cost scappano dalle isole e con esse anche le multinazionali. Questo significa la mancanza di una continuità territoriale, ma significa anche la mancanza di una possibilità di concorrenza rispetto al prezzo dell'energia. Le isole – ha specificato il rappresentate parlamentare del PPE – non possono, con le loro piccole e medie imprese, raggiungere il processo di internazionalizzazione che servirebbe per accrescere la loro competitività, perché vivono un contesto strategicamente abbandonato;
   è allarmante il dato che già per l'estate in corso siano stati cancellati già moltissimi voli della compagnia Ryanair su Alghero e Cagliari, causando non pochi disagi nel traffico aereo sia per i residenti che per i turisti;
   la continuità territoriale da e per la regione Sardegna consente di godere di tariffe scontate nelle rotte da e per l'isola nei trasporti aerei rispetto al normale costo del biglietto. Possono godere della riduzione le seguenti categorie: i cittadini residenti e/o nati in Sardegna, i giovani fino al 21o anno d'età, gli studenti fino al 27o anno, disabili, anziani oltre i 70 anni;
   seguito del riconoscimento dello stato di insularità da parte dell'Unione europea in vigore da luglio, è necessario intervenire onde garantire la continuità territoriale, in quanto i collegamenti insufficienti e costosi incidono negativamente per una regione, come la Sardegna, che fonda sul turismo parte rilevante del proprio sviluppo economico e anche sociale e corre il rischio di veder aggravata la condizione di crisi con conseguenze particolarmente negative anche sui diritti dei cittadini e delle imprese sarde –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato, anche in raccordo con la in materia di collegamenti da e per la Sardegna, compresi quelli per le isole minori, chiarendo, in particolare se ritenga di agire in funzione di un complessivo rilancio economico e sociale dell'isola perché il trasporto aereo – persone e merci – sia uno dei segmenti su cui fondare lo sviluppo della Sardegna, anche come spazio logistico per collegamenti europei ed extra europei, soprattutto avuto riguardo all'intero bacino del Mediterraneo; quali iniziative di competenza intenda, assumere al fine di far fronte alla grave situazione che si sta creando con la cancellazione dei voli. (4-13861)


   ROTTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la stazione di Verona Porta nuova rappresenta uno snodo di importanza strategica come confluenza sia della direttrice est/ovest (Torino, Milano, Venezia) che nord/sud (Brennero, Bologna);
   lo scalo ferroviario di Verona Porta ricade, insieme ad altre importanti stazioni sul territorio nazionale, nella competenza gestionale della società Grandi Stazioni, partecipata al 60 per cento dal gruppo Ferrovie dello Stato italiane;
   nonostante, sul sito di grandi Stazioni, lo scalo di Verona risulti tra quelli che hanno completato i lavori di ristrutturazione risulta all'interrogante un'oggettiva situazione di degrado e disagio per i viaggiatori;
   in particolare vi è l'assenza di una sala d'attesa per viaggiatori notturni che fanno scalo a Verona – ad esempio quelli che attendono i treni EN 485 Brennero-Bologna in partenza alle 3,05, 484 Bologna-Brennero in arrivo alle ore 1,11, 2084 in arrivo da Milano alle ore, 02,05 e altro) e, circostanza ancora più disagevole, non vi sarebbero servizi igienici disponibili nelle ore notturne, sia per la chiusura alle 22 della sala d'attesa sia perché i bagni chimici sono costantemente fuori servizio;
   un viaggiatore si trova quindi costretto a soggiornare diverse ore nella stazione di Verona – il traffico riprende infatti alle 5 del mattino – senza sala d'attesa e senza servizi igienici disponibili in una situazione di assoluto abbandono –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda alla condizione della stazione di Verona Porta Nuova e se il Ministro interrogato, per quanto di competenza e nel rispetto dell'autonomia della società che gestisce lo scalo, intenda intervenire presso Grandi Stazioni per il ripristino di una condizione di agibilità a favore dei viaggiatori notturni. (4-13864)


   MOGNATO, MARTELLA, MURER, ZOGGIA e MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 5 luglio 2016 si è tenuto lo sciopero dei lavoratori delle tre società di handling dell'aeroporto Marco Polo di Venezia, organizzato dai sindacati confederali di categoria;
   l'astensione dal lavoro ha registrato punte molto alte, superiori al 76 per cento delle lavoratrici e dei lavoratori interessati, con la conseguente cancellazione di 41 voli previsti in quel giorno sullo scalo veneziano;
   causa dell'agitazione è la reiterata indisponibilità dei tre handler operanti presso l'aeroporto Marco Polo (Aviapartner, Gh e Wfs) di siglare il protocollo relativo alla «clausola sociale di sito», che consente, in caso di passaggio di un vettore aereo da un operatore ad un altro, la salvaguardia complessiva (nei numeri e nelle condizioni materiali di lavoro) dei lavoratori impiegati con il loro spostamento dal vecchio al nuovo handler;
   nei fatti invece ad ogni cambio di operatore non viene assicurata la totale copertura occupazionale, con il rischio continuo di produzione di esuberi di personale e il conseguente pericoloso calo dei livelli di professionalità ed adeguatezza nei servizi ai viaggiatori;
   molteplici sono stati i tentativi da parte delle organizzazioni sindacali di addivenire ad un tavolo di confronto con le aziende di handling, anche interessando il gestore aeroportuale SAVE, l'autorità di controllo ENAC, lo stesso prefetto di Venezia;
   sono oltre 700 i lavoratori oggi impegnati nelle attività di servizio alle rampe, lost and found, gestione dei banchi di check-in, mansioni di autista, attività amministrative connesse alle funzioni di handling;
   in assenza di una risposta da parte degli operatori, le organizzazioni sindacali hanno preannunciato un nuovo sciopero di 8 ore per il 23 luglio 2016 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione che interessa gli operatori di handling dell'aeroporto Marco Polo di Tessera e quali siano le iniziative che intendano assumere, per quanto di competenza, per garantire la continuità occupazionale e la qualità del servizio reso agli utenti nel terzo aeroporto d'Italia.
(4-13875)


   SECCO, BRUNETTA e MILANATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 47 della Valsugana (SS 47), che diviene strada provinciale nel tratto da Padova a Cittadella (SP 47), è un'arteria stradale statale e provinciale italiana, il cui percorso si sviluppa tra le regioni Veneto e Trentino-Alto Adige, avendo origine a Padova e terminando a Trento, dopo avere percorso parte della pianura padana e attraversato la Valsugana;
   il tracciato Veneto lungo il quale si sviluppa l'infrastruttura è il seguente: lascia la città di Padova dirigendosi verso nord-ovest. All'estrema periferia nord-occidentale del Capoluogo, si innesta con la tangenziale di Limena. Il tratto iniziale è a quattro corsie, poi la strada si riduce ad una normale arteria extraurbana, con sede ampia, a carreggiata singola e alcuni (brevi) attraversamenti urbani;
   da Cittadella, ove assurge al rango di strada statale, si dirige verso nord, in direzione Bassano del Grappa (Vi), la cui bretella urbana è dotata di una tangenziale, a doppia carreggiata per senso di marcia. Dopo tale centro iniziano i primi rilievi alpini, e la SS 47 percorre la valle del fiume Brenta, ove si alternano tratti a quattro corsie con più lunghi tratti a carreggiata unica. Risultano frequenti attraversamenti di piccoli centri abitati, ove la velocità si riduce improvvisamente e la pericolosità di incidenti aumenta drasticamente, sino a Valsatagna. Successivamente, si sviluppa un lungo tratto di strada a carreggiate separate e quattro corsie, simile come caratteristiche ad una superstrada, sostanzialmente privo di incroci a raso;
   poco oltre Primolano (Vi), la strada lascia il territorio Veneto ed entra nella regione autonoma del Trentino Alto Adige: il primo centro di rilievo attraversato dall'arteria è Grigno (Tn), dove termina il troncone di superstrada (lungo 25 chilometri) e l'infrastruttura ritorna a carreggiata unica. Infine, l'ultimo tratto che inizia a Pergine Valsugana (Tn) e si dirige verso Trento è nuovamente in forma di superstrada a doppia carreggiata, senza intersezioni a raso. Al termine del percorso, la SS 47 si innesta nella strada statale 12 del Brennero e dell'Abetone a nord del capoluogo alpino;
   la summenzionata arteria, nel tratto ricompreso fra le località trentine, è gestita dalla provincia autonoma di Trento sulla base di quanto disposto dal decreto legislativo del 2 settembre 1997, n. 320, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381, e delega alle province autonome di Trento e Bolzano di funzioni amministrative dello Stato in materia di viabilità»; nel tratto da Padova a Cittadella è sotto la giurisdizione della provincia di Padova, mentre nel restante – tra Cittadella e il confine col Trentino – è sotto il controllo dell'Anas;
   da notizie in possesso del primo firmatario del presente atto e da verifiche esperite dallo stesso, il tratto veneto gestito da Anas versa in uno stato di totale incuria ed abbandono al punto che, quest'ultima è stata costretta, nel mese di febbraio del 2015, ad emettere un'ordinanza volta alla riduzione della velocità per garantire la sicurezza nella percorribilità della medesima, nel tratto compreso tra Carpané e Primolano, abbassando il limite di 90 chilometri orari a 70 chilometri orari sostenendo che il piano viabile in entrambi i sensi di marcia presentasse in tratti saltuari diffusi ammaloramenti, anche con distacco di parti di materiale bituminoso;
   a tal proposito, sono oramai parecchi anni che gli automobilisti pendolari, i residenti e i turisti, che attraversano per svariate ragioni l'infrastruttura, ne lamentano il dissesto (rimanendo però inascoltati), a causa delle numerose buche pericolose e dei pezzi di bitume che si staccano e, volando, provocano danni alle carrozzerie e ai cristalli della auto ma Anas, oltre all'emanazione di predetta ordinanza, null'altro avrebbe fatto;
   negli ultimi tempi, il malcontento è aumentato in considerazione del fatto che, al contrario di quanto accadde dal lato vicentino in questione, nel limitrofo territorio trentino la manutenzione viene ottemperata regolarmente;
   inoltre, nel tratto veneto la manutenzione straordinaria viene svolta con gravi ritardi rispetto alle richieste d'intervento. L'asfalto risulta deteriorato in molte zone, le buche raggiungono dimensioni pericolose e il falcio dell'erba viene eseguito soltanto quando questa raggiunge il metro d'altezza. Il viadotto di San Marino riporta molti giunti deteriorati e la loro manutenzione non avviene da anni. L'installazione di barriere new jersey al centro della carreggiata volte ad evitare collisioni fra gli automezzi, più volte richieste e promesse, non è mai avvenuta. Inoltre, la rumorosità in centro a Carpané ha raggiunto dei limiti intollerabili e, sebbene la situazione sia chiara e conosciuta all'ente gestore dell'infrastruttura, gli interventi non sono mai stati posti in essere;
   infine, sono state inoltrate numerose segnalazioni per la rimozione della discariche abusive e l'incivile abbandono dei rifiuti lungo la succitata arteria stradale;
   da ulteriori notizie in possesso degli interroganti, la regione del Veneto, al fine di aumentare la capacità dell'arteria e di ridurre i tempi di collegamento con il Trentino e quindi col nord Europa avrebbe individuato, in comitato paritetico con la provincia autonoma di Trento, uno scenario di comune interesse riguardante i collegamenti trasportistici tra Veneto e Trentino, così articolato: un corridoio di collegamento viario tra la Valle dell'Astico, Valsugana e Valle dell'Adige; un'ottimizzazione dei collegamenti tra la SS 47 della Valsugana e la SS 12 del Brennero in provincia di Trento ed un efficientamento dei collegamenti che percorrono la Valsugana in territorio veneto, che prevedano interventi sulla SS 47 per risolvere le criticità presenti e sovra rappresentate;
   a giudizio degli interroganti, la situazione in cui oggi versa la SS 47 della Valsugana è grave, indecente e pericolosa e rappresenta, da un lato un pessimo biglietto da visita per i turisti che dal Nord Europa la percorrono per raggiungere le località balneari e cittadine venete e viceversa per quelli che vogliono recarsi nei territori del Feltrino e della valle del Primiero, e dall'altro un vero e proprio rischio costante per la sicurezza della viabilità –:
   quali orientamenti il Governo intenda esprimere data l'urgenza della circostanza, in riferimento a quanto esposto in premessa e, conseguentemente, quali iniziative intenda intraprendere, nell'ambito delle proprie competenze, per porre rimedio all'annosa questione che vede coinvolta l'arteria stradale SS 47 Valsugana, nel tratto di competenza dell'Anas ricompreso fra Cittadella (Pd) e il confine nord con la regione Trentino Alto Adige;
   se non si ritenga necessario utilizzare i «fondi Odi» – per lo sviluppo dei comuni di confine – allo scopo di mettere in sicurezza l'infrastruttura, in attesa di ulteriori sviluppi del progetto di potenziamento, vista l'interconnessione esistente con gli interessi dei comuni confinanti bellunesi, vicentini e dell'intera valle del Primiero;
   se si intenda assumere urgenti iniziative, alternative all'utilizzo dei «Fondi Odi», per garantire la massima fruibilità dell'arteria infrastrutturale SS 47 della Valsugana ai residenti, pendolari e turisti in essa circolanti. (4-13876)


   PARENTELA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto «Cannavino», tra gli svincoli di Rovito e Celico, dai più conosciuto come il Ponte di Celico, sito al chilometro 42,700 della strada statale 107 di competenza dell'Anas (ricadente appunto nel comune di Celico), collega la provincia bruzia con Crotone, passando attraverso la Sila. Il viadotto dimostra evidenti segni di cedimento strutturale con l'abbassamento del livello stradale all'altezza della campata centrale;
   il ponte, dalla sua costruzione, è stato ciclicamente sottoposto a frequenti chiusure del traffico per permettere il monitoraggio da parte dell'Anas dei sempre più palesi segni di collasso della struttura. Interessato da interventi «tampone» nel corso degli anni, il ponte continua ad essere percorso delle auto e dei mezzi pesanti con volumi di traffico che aumentano vertiginosamente durante l'estate;
   sulla base delle risultanze di ispezioni visive, rilievi topografici, prove di carico statiche e dinamiche commissionate all'ingegner Pietro Monaco, professore ordinario presso il politecnico di Bari, l'ANAS ha previsto la realizzazione di un intervento di manutenzione straordinaria che è stato inserito nella programmazione quinquennale 2015-2019 con priorità massima;
   dopo anni di rassicurazioni da parte di tecnici e operatori, da qualche tempo pare che l'Anas abbia nuovamente «attenzionato» il viadotto Cannavino, perché «il pericolo è reale». Ma come spesso accade «non ci sono fondi per metterlo in sicurezza» e a dirlo è lo stesso Ministro interrogato che precisa rispondendo, il 4 marzo 2016, all'atto di sindacato ispettivo n. 4-09739 che «l'intervento di manutenzione straordinaria» (...) «sarà realizzato non appena le risorse finanziarie saranno rese disponibili»;
   la strada statale 107 è una delle arterie «trasversali» più importanti in termini logistici e di volumi di traffico della Calabria, poiché collega il versante tirrenico tramite l'innesto con la strada statale 18 presso Paola (CS) con il versante ionico tramite l'innesto con la strada statale 106 presso Crotone;
   in Calabria, come spesso avviene nel Mezzogiorno, e di ciò si ha un triste precedente in questi giorni, le tragedie devono prima accadere per far sì che partano gli interventi di manutenzione –:
   se non convenga sulla necessità di procedere immediatamente con i lavori di manutenzione del Ponte di Celico per evitare una tragedia imminente;
   se non ritenga opportuno che vengano rese pubbliche le indagini e le prove di laboratorio del professor Pietro Monaco al fine di informare i cittadini che si trovano a percorrere il sopracitato viadotto circa la sua reale pericolosità.
(4-13877)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO, DONATI, GADDA, MORETTO, VAZIO, FREGOLENT, FANUCCI, DALLAI, MORANI, COPPOLA e GALPERTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la legge di delegazione europea 2014 l'Italia ha avviato la procedura per il recepimento della direttiva 2014/94/UE per definire un quadro comune europeo per la realizzazione di un'infrastruttura di distribuzione per i combustibili alternativi. Questo è un provvedimento che individua proprio nella mancanza di un'infrastruttura di distribuzione armonizzata a livello europeo il principale ostacolo all'introduzione sul mercato di veicoli alimentati con combustibili alternativi;
   la direttiva dà mandato agli Stati membri di mettere a punto, entro il 18 novembre 2016, il quadro strategico nazionale (QSN) da inviare alla Commissione europea, per lo sviluppo di tale mercato e l'installazione di un numero adeguato di punti di ricarica;
   la direttiva rappresenta un tassello importantissimo per la riduzione delle emissioni, la limitazione al ricorso dei combustibili fossili e per l'abbattimento delle barriere tecnologiche e regolatorie tra gli Stati membri;
   tra i carburanti alternativi ricompresi dalla direttiva che gli Stati membri possono includere nel QSN figura l'idrogeno. Al pari di ogni altro combustibile, l'impiego dell'idrogeno per autotrazione è ampiamente consolidato in ambito automobilistico e gestito in totale sicurezza. Oltre ad essere una tecnologia matura, è estremamente pulita: la sua combustione produce acqua e piccole quantità di ossidi di azoto (emissioni zero di CO2). Può essere prodotto da fonti rinnovabili (energia solare ed eolica) e/o da materiali da recupero. Se adeguatamente compresso, l'idrogeno è facile da raccogliere e trasportare, il che consente all'idrogeno diversi ambiti di applicazione che esulano anche dall'ambito dei trasporti;
   la carenza infrastrutturale rischia, nel medio/lungo periodo, di isolare l'Italia escludendola dallo sviluppo di una mobilità sostenibile che passa attraverso l'implementazione di tecnologie innovative e pulite;
   il sintomo più evidente dell'ingiustificata arretratezza dell'Italia nello sviluppo dell'idrogeno è rappresentato dalla sua normativa di riferimento che risale a quasi 10 anni fa: il decreto del Ministero dell'interno del 31 agosto 2006 «Approvazione della regola tecnica di prevenzione incendi per la progettazione, costruzione ed esercizio degli impianti di distribuzione di idrogeno per autotrazione», n. 213;
   il decreto rappresenta un ostacolo alla realizzazione di distributori a idrogeno. Il principale è costituito dalla pressione di erogazione che non deve essere superiori a 350 bar, laddove invece i serbatoi a bordo delle moderne autovetture garantiscono una conservazione in totale sicurezza a 700 bar (come previsto dagli standard internazionali SAE J2601, SAE J2799, ISO 17268, ISO 20100). Una sua modifica che prescinda dai tempi del recepimento della direttiva, permetterebbe di dare una certezza regolatoria anche a chi intenda investire in questo tipo di infrastrutture, slegandone lo sviluppo dalla sola volontà, e investimenti, dello Stato;
   dalla risposta del Sottosegretario allo sviluppo economico, Antonio Gentile, all'interrogazione n. 5-0580, nel corso della seduta del 12 maggio 2016 presso la X Commissione attiva produttive si è appreso che:
    a) Ministeri competenti stanno lavorando da tempo per assicurare che anche l'idrogeno, al pari di tutti gli altri combustibili alternativi definiti come tali dalla direttiva n. 94 del 2014, possa rientrare nel quadro strategico nazionale che dovrà essere presentato alla Commissione europea entro il 18 novembre 2016;
    b) i Ministeri competenti stanno già verificando le condizioni per operare un allineamento della normativa specifica agli standard internazionali, anche tramite un decreto di aggiornamento del decreto ministeriale 31 agosto 2006;
   gli interroganti hanno apprezzato l'inserimento dell'idrogeno tra i combustibili alternativi nello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva citata, come ribadito dal Sottosegretario Gentile, la cui predisposizione è in fase avanzata e la cui discussione in prima lettura in Consiglio dei ministri sarebbe dovuta avvenire nel mese di giugno 2016 –:
   a quale punto siano i lavori di aggiornamento del decreto del Ministero dell'interno del 31 agosto 2006, n. 213, ostacolo principale allo sviluppo di una rete infrastrutturale per la distribuzione dell'idrogeno per autotrazione. (5-09221)


   BENAMATI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 334 del 2000 (articolo 14, comma 1) ha istituito il ruolo direttivo speciale della polizia di Stato, equiparandolo a quello dei carabinieri, della guardia di finanza e della polizia penitenziaria, che doveva essere costituito con 5 concorsi annuali a partire dal 2001 fino al 2005 per un totale complessivo di 1.300 posti riservati agli ispettori della polizia di Stato con requisiti e anzianità di servizio secondo quanto previsto negli articoli 24 e 25 del decreto stesso. Tali concorsi però non sono mai stati banditi determinando un grave danno economico per gli ispettori superiori (sostituti commissari) della polizia di Stato i quali erano già così inquadrati ancor prima del riordino delle carriere, di cui al decreto legislativo n. 197 del 1995 (ispettori della polizia di Stato già disposti in posizione gerarchica funzionale ed economica sovraordinata ai sottoufficiali e ai sovrintendenti dei carabinieri, della guardia di finanza e della Polizia penitenziaria come evidenziato nella tabella allegata alla legge n. 121 del 1981);
   nel 2005 si è aggiunto l'articolo 1, comma 261, della legge n. 266 del dicembre 2005 (finanziaria 2006) aggravando la disparità carabinieri, guardia di finanza e polizia penitenziaria, poiché veniva sospesa l'applicazione dell'articolo 24 del decreto n. 334 del 2000 che prevedeva una disciplina transitoria (dietro emanazione di appositi decreti a cura del capo della polizia) per l'attribuzione delle funzioni di vice dirigenza a sostituti commissari nelle more dell'emanazione di nuove norme di riordino del personale delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare; dopo 11 anni, tutto ciò non è ancora avvenuto, nonostante la decisione del Consiglio di Stato con sentenza del 22 ottobre 2005, n. 5251, che chiariva la posizione dell'amministrazione dell'interno la quale non poteva rimanere inerte sine die, senza provvedere agli adempimenti di legge e adottare provvedimenti previsti dall'articolo 1, comma 261, lettera a), della legge n. 266 del dicembre 2005;
   nel 2015, circa 1600 ispettori di polizia di Stato hanno presentato un nuovo ricorso al TAR Lazio richiedendo l'attuazione delle disposizioni transitorie per l'accesso al ruolo direttivo speciale della Polizia, di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 334 dell'ottobre 2000, al fine di costituire il ruolo direttivo speciale; il TAR con sentenza del 2 febbraio 2016 n. 01439/2016 ha accolto la richiesta dichiarando fondato l'obbligo per l'amministrazione della pubblica sicurezza di provvedere entro il termine di 90 giorni;
   tale sentenza è stata impugnata dal Ministero dell'interno che ha richiesto una misura cautelare sospensiva (articolo 27, comma 2, codice del processo amministrativo), chiarendo, al Consiglio di Stato, che è intenzione dell'amministrazione sanare la questione in seno all'attuazione dell'articolo 8 della legge n. 124 del 7 agosto 2015 sul riordino delle carriere delle forze di polizia;
   il dipartimento della pubblica sicurezza, data 21 giugno 2016, nella bozza di decreto legislativo licenziata non prevede però alcuna sanatoria per destinatari del ruolo direttivo speciale né una possibile copertura per i 1300 posti previsti 16 anni fa;
   circa 2000 destinatari della norma inapplicata da troppi anni rivestono la qualifica di sostituto commissario e rappresentano la quasi totalità dei comandanti degli uffici o aree delle specialità della polizia di Stato, ovvero polizia stradale, ferroviaria e postale, dei responsabili delle sezioni della direzione investigativa antimafia, delle squadre mobili, della polizia scientifica, dalla digos, dei commissariati e delle sezioni di polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica i quali da 21 anni per effetto del decreto legislativo n. 197 del 1995, subiscono una grave disparità di trattamento sia economico che professionale rispetto alle altre forze di polizia;
   recentemente in sede di conversione del decreto sulle missioni internazionali le Commissioni esteri e difesa del Senato hanno approvato un emendamento che prevede una proroga di 6 mesi introducendo quindi un nuovo slittamento fino a metà del febbraio 2017 –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga opportuno porre fine allo stato di inerzia che si protrae da 16 anni, bandendo un concorso straordinario per titoli con inquadramento giuridico anche in soprannumero riassorbibile per le 1300 unità già previste nel 2000, che preveda l'inquadramento nel parametro stipendiale 144,5 e che sarebbe una operazione quasi a costo zero. (5-09222)


   SIMONE VALENTE, BRESCIA, MANTERO, LOREFICE, COLONNESE, DADONE, DIENI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da numerose agenzie di stampa degli ultimi giorni si apprende dell'arrivo a Ventimiglia di 12 moduli abitativi che verranno gestiti dalla Croce Rossa italiana nel centro di transito temporaneo per i migranti ubicato all'interno del Parco ferroviario del fiume Roja; il numero dei suddetti blocchi è in costante aumento e si attende l'arrivo di ulteriori moduli nei prossimi mesi;
   il Parco Roja, area dove sono pervenuti in questi giorni i moduli abitativi, è di proprietà di Rete ferroviaria italiana e creato all'inizio degli anni ‘90 come zona di parco merci per il traffico ferroviario e in corso di dismissione; su quest'area nel 2014 venne siglato un accordo di programma tra l'amministrazione di Ventimiglia, la regione, Rete ferroviaria italiana per la realizzazione di un'area produttiva industriale;
   la regolamentazione di questo centro temporaneo dev'essere ancora approvata e non si ha al momento contezza di come dovrà essere gestito, quanti migranti dovrà accogliere e per quanto tempo, ma secondo quanto si apprende dai mezzi di stampa ciascun migrante potrà decidere o meno di farsi identificare all'ingresso, sostenuto anche dall'ausilio di mediatori linguistici che dovranno illustrare le possibilità offerte dallo Stato italiano a seguito delle quali i migranti potranno valutare di andar via o chiedere lo status di profugo;
   eppure solamente il 7 maggio 2016 il Ministro dell'interno in occasione di un sopralluogo a Ventimiglia aveva annunciato la chiusura del centro di accoglienza e contestualmente garantito la predisposizione di un piano alternativo che avrebbe appianato la situazione che da un anno a questa parte attanaglia il comune della provincia di Imperia; in realtà, questo piano migranti si è rivelato del tutto fallimentare e con effetti deleteri per la comunità di Ventimiglia. Nel caso specifico e in esame si rileva, invece, la nascita di una tendopoli lungo le sponde del Roja di migranti i quali vivono in condizioni disumane in mezzo al fango e alla sporcizia, contribuendo al degrado cittadino, a causa anche di una mancata intensificazione dei controlli e di una politica volta a limitare gli arrivi al confine;
   a seguito del blocco delle frontiere da parte della Francia avvenuto l'11 giugno 2015, il prefetto di Imperia (di concerto con le altre autorità competenti, tra cui il comune di Ventimiglia) aveva individuato una soluzione temporanea nella collocazione dei migranti in aree della stazione, adibendo alcuni locali ferroviari a dormitorio e mensa; per questo piano venne stilato un contratto di comodato d'uso tra Rete ferroviaria italiana e prefetto e un contratto di sub-comodato col comune di Ventimiglia;
   nel mese di marzo 2016 il prefetto di Imperia ha pubblicato un bando avente ad oggetto la gestione del servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale sul territorio della provincia di Imperia presso strutture individuate dall'affidatario per un massimo di 500 posti a cui hanno partecipato 6 cooperative;
   Ventimiglia è sempre stata zona di transito di migranti che tentano di raggiungere la Francia e il Nord Europa, ma adesso risulta quanto più urgente ed opportuno intervenire in maniera più efficiente e incisiva, alla luce soprattutto delle ripetute richieste da parte dei cittadini che a gran voce chiedono attraverso raccolte firme, comunicati stampa, manifestazioni varie, l'adozione di soluzioni adeguate e dignitose per i migranti e i cittadini;
   a causa dei nuovi flussi migratori, infatti, la situazione è nuovamente caduta nel caos, molti migranti cercano di sfuggire all'identificazione per paura dell'applicazione del Trattato di Dublino III e vivono in una condizione di mancata tutela istituzionale;
   sotto il profilo delle risorse finanziarie necessarie a fronteggiare i notevoli flussi migratori degli ultimi anni, occorre ricordare che l'Unione europea ha istituito degli appositi fondi destinati al sostegno delle politiche in materia di immigrazione degli Stati membri; nello specifico, si tratta del «Fondo asilo migrazione e integrazione (Fami)» e del «Fondo sicurezza interna (Fsi)». In particolare, l'obiettivo del Fami è quello di «contribuire alla gestione efficace dei flussi migratori e all'attuazione, al rafforzamento e allo sviluppo della politica comune di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea e della politica comune dell'immigrazione, nel pieno rispetto dei diritti e dei principi riconosciuti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea»  –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in campo al fine di fronteggiare la drammatica situazione in cui versano i migranti e i cittadini di Ventimiglia da ormai un anno e come intenda garantire l'ordine pubblico, la sicurezza e le condizioni igienico-sanitarie a tutela dei cittadini;
   se siano state previste iniziative per stanziamenti ulteriori o fondi straordinari (eventualmente anche di concerto con la regione Liguria) per gestire meglio l'incresciosa situazione venuta ad esistenza;
   a quanto ammontino le risorse finanziarie europee (Fami) assegnate all'Italia per il periodo compreso tra il 2014 e il 2020 e, in particolare, le risorse stanziate per l'anno 2016 chiarendone il relativo impiego. (5-09225)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NACCARATO, D'ARIENZO, MARTELLA, MOGNATO, MORETTO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra sabato 16 e domenica 17 luglio 2016 alcuni camion della ditta Eco 2000 srl sono stati incendiati nel parcheggio della sede nel comune di Fossò in provincia di Venezia;
   la società Eco 2000 srl si occupa di raccolta, trasporto e trattamento di rifiuti in provincia di Venezia;
   l'incendio ha coinvolto almeno 3 mezzi presenti nel piazzale della sede che sono andati completamente distrutti e ha parzialmente danneggiato il capannone con danni stimati in circa 400.000 euro;
   sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco con 10 automezzi antincendio e 35 operatori da Mira, Mestre, Padova e Piove di Sacco che sono riusciti a spegnere le fiamme soltanto verso le ore 8 di domenica 17 luglio;
   le cause dell'incendio sono al vaglio dei tecnici dei vigili del fuoco e dei carabinieri che stanno studiando la dinamica per determinare se all'origine del rogo vi sia un atto di natura dolosa;
   sembrerebbe che le telecamere di sorveglianza abbiano ripreso alcuni individui con il volto travisato intenti a cospargere del liquido nei pressi dei mezzi presenti nel piazzale;
   la vicenda ha generato forte preoccupazione nella comunità locale per la natura e per le dimensioni dell'incendio;
   in Veneto questo episodio è soltanto l'ultimo di una lunghissima serie, sulla quale gli interroganti, il 29 marzo 2016 (interrogazione n. 3-02138 seduta n. 597) hanno già chiesto al Ministro di avviare tutte le azioni necessarie a chiarire le e l'eventuale coinvolgimento di gruppi criminali;
   negli ultimi due anni in Veneto e nella vicina provincia di Pordenone, infatti, numerosi incendi hanno interessato aziende che operano nel settore della raccolta, dello smaltimento e del trattamento dei rifiuti;
   è noto che il settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti è, ormai da molto tempo, oggetto di forti interessi da parte della criminalità organizzata e questi eventi devono sollecitare l'attenzione delle autorità per le modalità tipiche degli atti intimidatori propri dei sodalizi criminali –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per contribuire ad accertare le cause e la matrice dell'incendio di Fossò. (4-13854)


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le parole che più ricorrono in televisione ultimamente e sui giornali sono: «Je suis Charlie»; tutti sono vicini alle vittime e alle famiglie francesi coinvolte. Il problema è che ormai si sta avendo paura in tutto il mondo;
   un ragazzo 17enne afghano, arrivato in Germania un anno fa, ha pugnalato 5 persone (4 cittadini di Hong Kong su un treno e una donna tedesca poco dopo) ed è stato poi ucciso dalla polizia. Da due settimane era affidato a una famiglia. Nella sua stanza è stata trovata una bandiera dell'Isis. L'organizzazione terroristica ha rivendicato l'attentato, compiuto vicino a Wuerzburg con un coltello e un'ascia;
   il 14 luglio 2016 intorno alle ore 22,30 un uomo alla guida di un camion ha travolto la folla che festeggiava l'anniversario della presa della Bastiglia sulla Promenade des Anglais, a Nizza. I morti sono stati 84, i feriti più di un centinaio, di cui 48 in pericolo di vita. L'autore della strage è stato ucciso. Si chiamava Mohamed Lahouaiej-Bouhlel, aveva 31 anni;
   il 13 giugno 2016 a Magnanville, vicino a Parigi, un uomo uccide un poliziotto e sua moglie, anche lei agente di polizia, nella loro abitazione. Larossi Abballa, 25 anni, che aveva rivendicato su Twitter l'omicidio a nome dell'Is, è ucciso dalle forze speciali;
   il 7 gennaio 2015 i fratelli Chérif e Saïd Kouachi uccidono 12 persone nell'attacco contro la redazione del settimanale Charlie Hebdo, a Parigi. Dopo due giorni di inseguimenti i due fratelli sono uccisi dalla polizia. Intanto un altro terrorista e amico dei Kouachi, Amedy Coulibaly, uccide una poliziotta a Montrouge e poi si barrica in un supermercato kasher: uccide quattro clienti prima di essere a sua volta ucciso dalla polizia;
   gli attacchi alla redazione sono stati rivendicati da Al Qaeda nella penisola arabica, mentre Coulibaly aveva giurato fedeltà allo Stato islamico (Is);
   il 19 aprile 2015 Sid Ahmed Ghlam, studente algerino di informatica, è arrestato a Parigi per aver ucciso una donna mentre preparava un attentato contro una chiesa di Villejuif, nella banlieue di Parigi. Ghlam era in possesso di armi da guerra ed era noto ai servizi di sicurezza per avere frequentato ambienti radicali;
   in data 21 agosto 2015, un marocchino di 25 anni apre il fuoco su un treno Thalys che collega Amsterdam a Parigi e viene neutralizzato dai passeggeri;
   il 13 novembre 2015 sono 130 i morti, soprattutto giovani, in sei attentati compiuti a Parigi contro bar, ristoranti, il teatro Bataclan e lo stadio di Saint-Denis. La strage è rivendicata dall'Is. All'attacco hanno preso parte almeno dieci terroristi. Salah Abdeslam, uno dei presunti coordinatori degli attacchi, viene ferito e arrestato in Belgio il 18 marzo 2016 –:
   tenuto conto della straordinaria necessità ed urgenza di mettere in piedi un insieme di norme che a vari livelli si preoccupino di rispondere alle esigenze di sicurezza della collettività e dei nostri connazionali, a fronte di fenomeni terroristici di tale frequenza, quali strategie mirate ed efficaci siano state messe in atto dal Governo nell'immediato. (4-13856)


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la questura di Pistoia ha avuto un decremento di organico del 25 per cento dovuto a pensionamenti e trasferimenti vari; al contempo il lavoro è aumentato sia per i consistenti reati sul territorio e di conseguenza la richiesta di maggior sicurezza sia, e soprattutto, per l'ondata migratoria che si è riversata su uffici numericamente inadeguati;
   la gestione dei profughi provenienti dagli sbarchi e ricollocati sulla provincia pistoiese assorbe quasi la totalità degli operatori dell'ufficio immigrazione e per ogni trasferimento dei migranti dalle località di sbarco alla questura di destinazione si smuove una gran quantità di personale e di risorse; nella fattispecie ad ogni arrivo solo per Pistoia sono impiegati circa 10 operatori tra addetti alla scorta, all'ufficio immigrazione e al foto-segnalamento;
   ne consegue che l'ufficio immigrazione di Pistoia, nonostante il numero esiguo e assolutamente insufficiente del personale, sopperisce anche alle esigenze degli hotspot, formalmente istituti ma che non ha ricevuto un'assegnazione di operatori, attraverso aggregazioni;
   si avverte un affanno non indifferente per la questura di Pistoia che si trova così in una situazione di emergenza destinata solo ad aggravarsi;
   il crimine si combatte con la prevenzione ed il controllo del territorio e a causa di minor risorse e maggiori competenze del personale di polizia impiegato in compiti amministrativi e direttamente impegnato nella gestione del «problema immigrazione», di fatto si sottraggono sempre più agenti all'attività di controllo o alla sicurezza dei cittadini e al presidio sulle strade –:
   quale sia ad oggi il numero di agenti destinati alla provincia di Pistoia;
   se nella determinazione di tale numero si sia tenuto conto della diminuzione del personale dovuto a trasferimenti e pensionamenti, come detto in premessa, in modo da non diminuire complessivamente il numero di agenti della provincia;
   quali siano a tutt'oggi le iniziative attivate per risolvere la situazione organizzativa della questura di Pistoia ormai prossima al collasso;
   se per la gestione delle pratiche amministrative si sia valutato l'eventuale uso di personale civile in esubero in altre amministrazioni pubbliche;
   se per la scorta, durante il trasferimento dei migranti, compreso il controllo sanitario, si sia valutato l'uso di personale dell'Esercito e delle relative strutture.
(4-13863)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 marzo 2016 sul sito di informazione on line ottopagine.it è stato pubblicato un articolo dal titolo «Appalti in Provincia, inviata una segnalazione a Cantone» che riporta la notizia secondo cui «stando a quanto trapelato dagli uffici del settore infrastrutture di Palazzo Caracciolo (sede dell'Ente Provincia di Avellino, ndr) il dirigente responsabile del procedimento si sarebbe trovato in una condizione di incompatibilità dal momento che i lavori sono stati affidati ad una ditta in cui figura suo figlio. Una situazione indubbiamente imbarazzante, che potrebbe suscitare anche l'interesse della magistratura. Ma c’è di più: chi avrebbe dovuto vigilare sull'appalto, ossia il dirigente superiore, non ha effettuato i necessari controlli a cominciare dal fatto che nella determina n. 302 del 18 febbraio 2016 con cui sono stati affidati i lavori non ci sarebbe traccia del verbale di gara»;
   il giorno dopo, cioè il 12 marzo 2016, sempre sullo stesso sito è stato pubblicato un articolo di «smentita» intitolato «Appalti sospetti, la Provincia chiarisce: legge rispettata» in cui si legge che i rappresentanti di Palazzo Caracciolo «sono certi di aver operato nel pieno rispetto della legge. Proprio per evitare un ipotetico conflitto tra il dirigente del settore Lavori Pubblici e una ditta, la gara d'appalto sarebbe stata seguita da un altro dirigente, che ha verbalizzato – come da prassi – il procedimento. L'Amministrazione provinciale, inoltre, non teme ripercussioni per un ricorso al Tar presentato dall'Avvocatura dello Stato che, come è noto, interviene quando chiamata in causa per conto di un'altra istituzione. Ma saranno i giudici amministrativi a decidere in futuro. In ogni caso, proprio perché a palazzo Caracciolo si dicono convinti che l'iter sia stato seguito secondo la norma, si andrà avanti con il percorso»;
   la vicenda ha inizio quando con decreto presidenziale n. 1 dell'8 gennaio 2016 il presidente della Provincia ha conferito all'ingegner Antonio Liberato Marro, dipendente dell'ente incarico temporaneo di dirigente coordinatore dell'area tecnica, fino al 31 marzo 2016;
   con nota del 26 gennaio 2016 (prot. n. 4311) l'ingegner Marro ha comunicato un possibile impedimento legato ad una situazione di conflitto di interesse relativamente al completamento dell'espletamento della procedura negoziata per i «Lavori di ripasso della segnaletica stradale ambito Nord 2014», alla quale era stato invitato anche un proprio congiunto (lettera/invito prot. 78013 del 22 dicembre 2015), cioè l'impresa CSM con sede legale in Ospedaletto D'Alpinolo (AV);
   nel rispetto dell'articolo 24 del regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi che disciplina i casi di sostituzione dei dirigenti, il vicepresidente della Provincia ha decretato di conferire alla dottoressa Filomena Bilancio l'incarico specifico di sostituzione del coordinatore dell'area tecnica per completare l'espletamento della procedura negoziata relativa ai «Lavori di ripasso della segnaletica stradale ambito Nord 2014»;
   con determinazione n. 302 del 18 febbraio 2016 il dirigente del settore infrastrutture strategiche ed edilizia scolastica, nonché responsabile del procedimento Marro ha affidato l'appalto dei lavori all'impresa CSM per un importo di 48 mila euro (i.i.);
   in data 16 luglio 2016 sul sito di informazione on line ottopagine.it è stato pubblicato un articolo dal titolo «Avellino, appalti truccati nelle scuole. Tremano in sette» che riporta la notizia di «Sette rinvii a giudizio. Fra gli accusati anche un funzionario della provincia. Finiscono nel mirino i lavori di adeguamento, manutenzione e costruzione di alcuni istituti scolastici del capoluogo e della provincia. Le scuole finite sotto la lente d'ingrandimento delle Fiamme Gialle sono il liceo scientifico De Capraris di Atripalda, il Liceo artistico De Luca di Avellino, l'Ipsar di Ariano Irpino e l'Itis di Grottaminarda. Un'inchiesta partita lo scorso anno che contestava i reati di turbativa d'asta, falso in atti d'ufficio, e frode nelle pubbliche forniture. (...) Nell'inchiesta, denominata High School, sono stati coinvolti anche rappresentanti e dirigenti delle imprese edili vincitrici degli appalti che includevano anche lavori liquidati e mai realizzati»;
   infine, alla fine del 2015 sono stati sottoscritti presso l'Ente Provincia di Avellino accordi di programma quadro con i comuni per la realizzazione di poli formativi scolastici di eccellenza, per i quali la Provincia ha previsto un investimento di 26,5 milioni di euro recuperati dall'avanzo di amministrazione, di cui 12 milioni destinati al polo alberghiero agroalimentare di Ariano Irpino, comune di cui è sindaco Domenico Gambacorta, che è anche Presidente della provincia erogante –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano opportuno, per quanto di competenza promuovere una verifica da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica in relazione agli effetti sul piano amministrativo-contabile delle operazioni sopra descritte;
   se rispetto a quanto emerso in relazione all'affidamento all'impresa CSM, non intendano porre in essere una qualche iniziativa di carattere normativo al fine di regolamentare casi del genere, che, sebbene non siano illegittimi o illeciti, sono quantomeno da considerarsi inopportuni da un punto di vista istituzionale a causa di potenziali conflitti di interesse.
(4-13870)


   NUTI, D'UVA e COLONNESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-07094, era stata denunciata una serie di avvenimenti che hanno interessato negli ultimi anni il comune di Nola e che, a parere degli interroganti, erano di una gravità tale da richiedere l'attivazione della procedura di cui all'articolo 143 del T.U.E.L.;
   in risposta a tale atto di sindacato ispettivo, il sottosegretario di Stato per l'interno, pur non assentendo alla richiesta affermò che i competenti organi stavano monitorando attentamente l'evoluzione degli avvenimenti presso il comune di Nola e si dichiarava comunque possibilista circa, l'attivazione delle procedure di cui al citato articolo 143 del T.U.E.L.;
   negli ultimi mesi sono intercorsi ulteriori fatti similari a quelli descritti nella precedente interrogazione;
   tra gli altri, il sindaco Geremia Biancardi, l'assessore all'ambiente Luciano Parisi, la dirigente comunale Duraccio, hanno ricevuto nel dicembre 2015 un avviso di garanzia per reati ipotizzati di falso e abuso d'ufficio, in relazione all'affidamento del servizio di vigilanza sul rispetto delle modalità e degli orari previsti dal servizio di raccolta differenziata, all'associazione delle Guardie ambientali, avvenuto nel febbraio di 2015; tuttavia, all'associazione venne sostanzialmente riconosciuto, secondo gli interroganti in maniera illegittima, anche lo status di pubblico ufficiale oltre che quello di polizia giudiziaria ed amministrativo, che, in altre parole, consentiva ai membri di questa associazione di comminare sanzione e svolgere indagini delegate dall'autorità giudiziaria;
   il comune, inoltre, aveva dato in appalto alla società General Costruzioni s.r.l., la costruzione del nuovo cimitero di Polvica, una frazione di Nola; tuttavia, tale società ha poi ricevuto un'interdittiva antimafia da parte della prefettura di Napoli;
   sempre in relazione al cimitero di Polvica, nel marzo del 2016, a seguito di indagini iniziate nel giugno 2015, la procura ha arrestato alcuni dipendenti comunali in servizio presso il cimitero che, oltre a timbrare il proprio badge anche per conto di altri funzionari, erano usi a sottrarre somme di danaro corrispondenti agli importi dei bollettini di pagamento che non sarebbero stati versati alla tesoreria comunale, ma incassate direttamente dai dipendenti: secondo la procura, il danno provocato alle casse dell'ente, ammonterebbe, per il solo 2015, a circa 50 mila euro, somma che sarebbe destinata a crescere considerato che per l'accusa, il meccanismo potrebbe essere stato attivato già negli anni precedenti; tutto ciò avveniva nel totale disinteresse degli uffici comunali che, nonostante le mancate entrate, non hanno mai provveduto ad investigarne i motivi e a chiederne conto ai funzionari in servizio presso il cimitero;
   attualmente la giunta del comune di Nola, è composta da 8 soggetti, incluso il sindaco, di cui 6 uomini e 2 donne a servizio degli interroganti, chiaramente in contrasto con quanto dispone l'attuale normativa in materia di parità di genere nelle giunte dei comuni al di sopra dei 3.000 abitanti; in particolare, la legge 7 aprile 2014, n. 56, articolo 1, comma 137, stabilisce che «nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40 per cento, con arrotondamento aritmetico» –:
   se e quali iniziative siano state intraprese con riferimento all'amministrazione del comune di Nola successivamente all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07094;
   se non ritenga di attivare la procedura di cui agli articoli 143 del testo unico sugli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 al fine di procedere, ove ne ricorrano i presupposti, allo scioglimento dell'ente;
   se non intenda, per quanto di competenza, attivare iniziative ispettive, da parte dei servizi ispettivi di finanza pubblica della ragioneria generale dello Stato e dell'Ispettorato per la funzione pubblica presso il dipartimento della funzione pubblica, al fine di verificare la regolarità della situazione amministrativo-contabile presso l'ente comune di Nola. (4-13872)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alcuni cittadini residenti a Cremona hanno contattato l'interrogante per esporre il fatto di aver ricevuto nella cassetta postale della propria abitazione un volantino a firma NSAB-MLNS (Movimento lavoratori nazional socialista), un'organizzazione di estrema destra che si ispira all'ideologia nazista;
   tale mezzo di propaganda, come riportato dalla stampa locale (La Provincia di Cremona del 20 luglio 2016), è stato effettivamente distribuito nella città di Cremona in questi giorni;
   la vignetta riprodotta sul volantino disegna un uomo con le fattezze di un orangotango che sotto le sue braccia tiene a forza una donna; le frasi riportate: «Tua moglie, tua figlia, tua sorella, potrebbero essere le prossime», «Uomo bianco questa è casa tua, proteggi la tua famiglia !» sono espressioni che intendono spingere il lettore verso forme di xenofobia e si configurano, secondo l'interrogante, come forme di incitamento all'odio razziale;
   come riportato sul foglio distribuito, la suddetta organizzazione è presente sul web con il sito www.nsab-mlns.org con cui propugna e divulga l'ideologia nazionalsocialista, inneggia alla storia e alla prassi del nazismo, ricorda e celebra la figura di Adolf Hitler, esprime concetti e proposte che appaiono assolutamente in contrasto con la Costituzione e con le leggi dello Stato italiano;
   la legge 25 giugno 1993, n. 205, è una legge della Repubblica italiana che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici –:
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per monitorare l'attività condotta sul sito web www.nsab-mlns.org;
   quali iniziative intendano assumere per contrastare la diffusione di queste organizzazioni che si richiamano alla discriminazione tra esseri umani e si ispirano apertamente al nazionalsocialismo ed al fascismo. (4-13882)


   CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-07062, il Ministero, dopo aver confermato che l'ex ispettore di Poste Italiane Alessandro Carollo «è stato vittima di due episodi di natura intimidatoria, verosimilmente uniti dal vincolo della continuazione», ha affermato che «gli episodi sembrano potersi ricondurre alla collaborazione con gli organi inquirenti che il predetto ha prestato in ordine ad alcune attività d'indagine»;
   in seguito al ripetersi di gravi atti intimidatori in danno del citato Carollo, l'interrogante ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-11630, in risposta alla quale il Governo ha assicurato «che i dispositivi di vigilanza per la persona sopra citata sono stati mantenuti a seguito del riesame dell'esposizione a rischio del medesimo»;
   Nunzio Giangrande è stato uno dei principali indagati dell'inchiesta alla quale ha collaborato l'ormai ex ispettore; sul profilo Facebook di tale Nunzio Giangrande sono stati pubblicati a ciclo continuo post minacciosi e diffamatori nei confronti dell'ispettore, che, pur non venendo nominato, viene identificato in maniera inequivoca, come dimostrano anche i commenti apposti dai lettori dei post in questione;
   l'8 marzo 2016, per esempio, nel profilo Facebook del suddetto Giangrande si legge «Orbene... Vi descrivo i lineamenti del soggetto interessato... Lineamenti da sorcio... Orecchie a sventola... Occhiali... Daltonico... In buona sostanza un sorcio... Ora considerato che sbircia come i sorci... Dico... La ruota gira... E presto il conto torna... E tutto quanto da te architettato... Ti ritornerà indietro... Previo... Centinaia di persone che suoneranno il campanello di casa tua... E tu li ripagherai ad uno ad uno... Ps: IO SUONERÒ PER ULTIMO...»;
   il 9 marzo 2016, si riporta: «Infatti... Comincia a contare... Eri abituato a rovinare i deboli... Con me hai preso di faccia un muro di cemento armato... Qualunque siano le sorti... Vedrai me... A VITA...»;
   il 13 marzo 2016 si legge: «Chi può preoccuparsi... TU... Ovvio... E non lo Dicono... Lo FANNO...»;
   il 31 maggio 2016 scrive: «Diffidate dagli EX PSEUDO ISPETTORI D'AZIENDA... Che vivevano nella convinzione d'essere INVESTIGATORI... Risultato DECLASSAMENTO... Altresì oggi CENTRALINO... Domani a PULIRE I CESSI... LÌ FARAI CARRIERA...»;
   il 17 luglio 2016 si scrive: «Tre anni or sono, vengo indagato per essermi scontrato con due funzionari di una nota Azienda Nazionale... Per meglio dire “due ladri e corrotti”... In particolare uno dei due... Malgrado le denunce che avevo presentato contro questi loschi individui vengo coinvolto dietro false dichiarazioni e complotti, in una nota operazione... Il mio nome è stato impresso su tutte le riviste... In tutto il complesso della mia storia non sono mancate le minacce e l'invito a ritirare le querele... Ma... Mi sono opposto... Oggi forse dovrò affrontare un Processo... Ma non mi preoccupa... In quanto faccio parte in questa amara terra, dei pochi che non si abbassano la testa... lo dico No... E non darò tregua a questo individuo fino a quando non lo vedrò in galera... Ha rovinato per i suoi interessi decine di Famiglie... Ha fatto perdere il lavoro a coloro che hanno sposato la mia causa... Tutto questo perché protetto da qualcuno ai vertici Aziendali con le mani in pasta... Ha arrecato danno a ignari cittadini manomettendo carte e documenti... Ha estrapolato dati sensibili su conti personali... Ha falsificato timbri e sigilli... Oggi comincia a trovarsi in difficoltà... Le verità vengono a galla... Dal carteggio riesumato ho estratto prove agghiaccianti sul suo operato... Un viscido rinnegato anche da satana... Oggi mi fa stalking anche su facebook... Ma io vado avanti... Non I ho mai temuto... E non lo temo... Adesso leggerà... Ed io sono felice... In quanto io NON HO PAURA... E se vi sarà un Processo morirà Sansone con tutti i Filistei... Adesso tutti sapete... Dimenticavo... IO HO LE P...E»;
   in data 18 luglio 2016, in conseguenza del contenuto di questi poste di molti altri non citati per ragioni di sintesi, alla luce dei commenti apposti da altre persone, nei quali viene insultato e più volte etichettato come «infame», nonché del taglio, operato da ignoti, della gomma della sua autovettura, l'ispettore ha formalizzato ennesima denuncia/querela presso il compartimento polizia postale –:
   se la campagna telematica in corso contro l'ex ispettore Carollo determini a parere delle competenti autorità un acuirsi dell'esposizione a rischio dello stesso e se il Governo non ritenga opportuno un aggiornamento/potenziamento del dispositivo di vigilanza. (4-13883)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ROCCHI, GHIZZONI e CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 23 febbraio 2016 entra in vigore il nuovo regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, lettera a), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
   tale regolamento sostituisce quello di cui a decreto ministeriale n. 30 del gennaio 1998;
   il nuovo regolamento modifica molti aspetti della previgente disciplina operando una significativa riduzione delle classi concorsuali, introducendone altre in linea con gli insegnamenti previsti dai quadri orari dei decreti del Presidente della Repubblica nn. 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010;
   esso opera altresì una importante revisione dei titoli di accesso ai diversi insegnamenti (lauree di vecchio ordinamento, lauree magistrali e lauree specialistiche) e dei crediti formativi universitari richiesti quale eventuale integrazione ai titoli accademici;
   il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza del 22 ottobre 2015, nonché quelli delle commissioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica competenti per materia, hanno segnalato l'esigenza di richiamare esplicitamente nel regolamento la salvaguardia dei diritti acquisiti da docenti abilitati nelle vecchie classi di concorso e, per estensione, dei laureati e laureandi nei corsi di laurea o di diploma che davano accesso alle precedenti classi di concorso;
   in tal senso, all'articolo 5, comma 1, recante norme transitorie e finali del regolamento si stabilisce che: «coloro i quali, all'entrata in vigore del presente regolamento, sono iscritti a uno dei percorsi che costituiscono titolo di accesso alle previgenti classi di concorso, come ridefinite nelle Tabelle A e B del presente regolamento, conseguito il titolo e gli eventuali titoli aggiuntivi richiesti, possono partecipare alle prove di accesso ai relativi percorsi di tirocinio formativo attivo di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 10 settembre 2010, n. 249»;
   la disciplina transitoria ha prodotto incertezze soprattutto in merito ai titoli aggiuntivi, perché non appare chiaro se questi siano quelli previsti dal vecchio o dal nuovo regolamento –:
   quali iniziative siano state adottate per chiarire che la disciplina transitoria prevista al citato articolo 5, comma 1, non riguarda coloro i quali hanno conseguito la laurea magistrale e i titoli aggiuntivi richiesti prima dell'emanazione del nuovo «regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento» e, ove non sia a ciò provveduto, se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative in questo senso. (5-09212)


   DE MENECH e MALPEZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a fronte della grande ondata di stabilizzazioni avvenuto nel comparto scuola in seguito alla riforma nota come «la buona scuola», sussiste un reale problema del personale degli uffici scolastici territoriali;
   tale carenza di organico è ancora più sentita negli uffici più piccoli e periferici;
   il personale dell'ufficio scolastico territoriale di Belluno è stato dimezzato nell'arco degli ultimi cinque anni;
   per effetto del blocco delle assunzioni dal 2012, la dotazione organica dell'ufficio è di 29 persone: 13 lavoratori tra funzionari ed assistenti dipendenti del Ministero e 16 tra docenti, assistenti amministrativi e collaboratori scolastici in distacco dal comparto scuola;
   sono previsti, nei prossimi mesi, 3 pensionamenti tra i 13 dipendenti diretti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al 1o dicembre dunque ne rimarranno solo 10;
   nel 2011, a competenze invariate, la dotazione organica dell'ufficio era di 25 unità; per il corretto funzionamento dello stesso sarebbero necessarie almeno 17 persone;
   dal primo settembre 2016 anche la dotazione dei 16 lavoratori distaccati dalla scuola verrà meno; quattro lavoratori torneranno infatti nelle scuole. La disponibilità del personale distaccato appare in ogni caso sempre incerta e legata a decisioni dell'ultimo momento che impediscono una seria programmazione degli impegni;
   la carenza di personale ha già delle ricadute sul territorio. Da inizio luglio 2016 è stato infatti sospeso il ricevimento al pubblico fino al 9 settembre, proprio per poter permettere all'ufficio di svolgere gli adempimenti relativi alle nomine, alla mobilità e ai trasferimenti;
   il numero e la mole degli impegni richiesti (non ultimo il concorso docenti) appesantiscono sempre più il lavoro degli addetti; inoltre, la carenza di direttori dei servizi generali e amministrativi in molte scuole bellunesi renderà ancor più difficile l'avvio dell'anno scolastico, tenendo presente che molti dirigenti scolastici sono chiamati a reggere anche un'altra istituzione scolastica oltre a quella di titolarità;
   se non ci sarà un intervento tempestivo sugli organici, c’è la concreta possibilità che l'ufficio non sia in grado di far fronte agli adempimenti minimi, essenziali e necessari, compromettendo l'avvio dell'anno scolastico 2016-2017;
   la nomina di Michela Possamai a dirigente scolastico dedicato solo alla provincia di Belluno rientra nello schema di applicazione della «riforma Delrio», con cui viene riconosciuta la specificità dei territori montani. Il Ministero nel 2015 ha aumentato il numero di dirigenti per la regione Veneto, prevedendo nello specifico la dislocazione di uno di loro solo nel Bellunese. Per la prima volta, dopo più di dieci anni di nomine a scavalco e reggenze, lo scorso anno è stato scelto un dirigente che si occupasse solo del Bellunese;
   è sempre maggiore la preoccupazione che non venga garantita ai 25.000 alunni bellunesi una scuola efficiente e di qualità;
   si rischia di perdere un altro servizio, essenziale per la montagna –:
   se e come il Governo intenda far fronte a questa grave situazione di sofferenza degli uffici scolastici territoriali, ed in particolare di quello della provincia di Belluno. (5-09215)


   CIVATI, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comma 114 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 ha previsto «entro il 1o dicembre 2015, un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche ed educative statali ai sensi dell'articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dal comma 113 del presente articolo, per la copertura, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, di tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia, nonché per i posti che si rendano tali nel triennio»;
   di fatto, tale termine non è stato rispettato, poiché il concorso è stato bandito con il D.D.G. n. 106 del 23 febbraio 2016 e pubblicato successivamente in Gazzetta Ufficiale serie speciale — concorsi ed esami n. 16 del 26 febbraio 2016;
   il Consiglio superiore della pubblica istruzione – per ciò che concerne le prove d'esame e i programmi –, nell'adunanza del 27 gennaio 2016, esprimeva tale parere: «emerge un prevalente aspetto nozionistico delle prove, anche scritte, che andrebbero riequilibrate a favore di competenze didattiche, metodologiche, relazionali richieste a un docente»;
   molte commissioni per diverse classi di concorso continuano a subire modifiche a seguito di rinunce da parte dei commissari;
   le griglie di valutazione delle prove scritte sono state pubblicate dopo lo svolgimento delle stesse, impedendo così ai candidati di conoscere dettagliatamente indicatori e descrittori in base ai quali sarebbero stati valutati;
   la partecipazione al concorso di cui al comma 114 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 è consentita soltanto a docenti abilitati;
   ad oggi risultano moltissimi candidati in diverse classi di concorso non ammessi a sostenere le prove orali e che la percentuale dei non ammessi supera abbondantemente il 50 per cento dei partecipanti con punte molto maggiori per alcune classi di concorso – pur trattandosi di docenti abilitati e quindi «formati» presso corsi abilitanti riconosciuti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   per diverse classi di concorso le prove sono risultate palesemente sbilanciate rispetto al tempo a disposizione (circa 150 minuti), con imprecisioni nella formulazione di alcune domande orientate talvolta molto più sull'aspetto nozionistico che non su quello didattico-metodologico, impedendo così ai candidati di rispondere in modo adeguato, non considerando il parere espresso dal CSPI di cui sopra;
   al momento, il numero dei docenti ammessi a sostenere la prova orale – per molte classi di concorso – è inferiore ai posti disponibili nel prossimo triennio e a decorrere dal 1o settembre 2016, i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con il personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario presso le istituzioni scolastiche educative e statali, per la copertura di posti vacanti e disponibili, non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi, come prevede il comma 131 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere per tutelare la professionalità e la dignità di quei docenti abilitati, specializzati e con anni di esperienza, non ammessi a sostenere la prova orale relativa alla propria classe di concorso dopo aver però superato già l'esame finale relativo al corso abilitante;
   se e come intenda sostituire, nel corso del prossimo triennio, la disponibilità dei docenti provenienti dalle iscrizioni nella terza fascia di istituto, a partire dal prossimo aggiornamento delle stesse, dal momento che la legge n. 107 del 2015 ha esplicitamente previsto la chiusura dall'anno scolastico 2016/17 della terza fascia delle suddette graduatorie;
   come intenda procedere per garantire la copertura totale delle cattedre, poiché ad oggi risultano moltissime classi di concorso con un numero di ammessi a sostenere la prova orale inferiore rispetto ai posti messi a bando;
   quali siano le cause che hanno portato alla tardiva pubblicazione delle griglie di valutazione delle singole classi di concorso. (5-09216)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIBAUDO, CULOTTA, ROCCHI e VENTRICELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   con la legge n. 142 del 2001, all'articolo 1, nell'ambito delle società cooperative, si è stabilito che il rapporto mutualistico (vale a dire il rapporto di lavoro attraverso il quale il socio persegue il fine istituzionale della cooperativa) può essere di varia natura, ovvero sotto forma di lavoro subordinato, o autonomo, o in qualsiasi altra forma, non escluso il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa non occasionale (ora contratto a progetto);
   il comma 2 del medesimo articolo 1 dispone che i soci lavoratori di cooperativa concorrono alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa, partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell'azienda, contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d'impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione, mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa;
   al comma 3 dello stesso articolo 1 viene sancito, inoltre, che, dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro, derivano i relativi effetti di natura previdenziale e fiscale e tutti gli altri effetti giuridici previsti dalla legge n. 142 del 2001 e, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte. Pertanto, la disciplina inerente al rapporto di lavoro subordinato, troverà integrale applicazione laddove il rapporto con il socio sia inquadrato nel campo del lavoro subordinato e viceversa per il lavoratore autonomo;
   nel mese di giugno 2011, l'INPS ha diramato il messaggio n. 12441 con il quale viene ribadita la posizione dell'Istituto in merito all'inquadramento lavorativo del rappresentante legale della società cooperativa. In particolare, è data la possibilità di inquadramento lavorativo di tipo subordinato a quel rappresentante legale della cooperativa che è anche presidente del relativo consiglio di amministrazione, mentre ciò non è concesso quando lo stesso legale rappresentante è invece un amministratore unico, che quindi incarna l'intero organo governativo della cooperativa;
   risulta evidente che tale ragionamento sia contraddittorio in presenza di piccole o micro cooperative, dove solitamente l'assemblea dei soci di fatto ha la piena possibilità di controllare l'operato del legale rappresentante-amministratore unico, nonché di indicare le linee imprenditoriali da seguire e di aver contezza di ciò che viene realmente effettuato;
   negli ultimi mesi, sono state svolte ispezioni, sia nella provincia di Catania che in molte zone d'Italia, che hanno messo in luce la presenza di amministratori unici-lavoratori subordinati, risolte in modo diverso, contribuendo dunque a creare confusione in materia. In taluni casi gli ispettori dell'INPS hanno proposto la cancellazione della posizione INPS di quel lavoratore con effetto retroattivo rispetto al messaggio, mentre in altri casi tale cancellazione è stata presa in considerazione per il periodo posteriore al messaggio;
   a seguito di tali ispezioni sono stati revocati numerosi rapporti di lavoro subordinato ad amministratori di piccole cooperative paragonandoli a società di capitali –:
   quali iniziative si intendano mettere in atto per definire un quadro normativo chiaro e univoco, volto a salvaguardare il pregresso di tali cooperative nonché a distinguere tra società di capitali e società di persone, nonché tra cooperative e piccole cooperative. (5-09214)


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Consulmarketing spa esercita attività di rilevazione di mercato, monitoraggio prezzi, commercializzazione e analisi tecnica dei dati di mercato all'interno della moderna distribuzione, della distribuzione tradizionale e della distribuzione specializzata. La società si occupa, inoltre, di ricerche di mercato qualitative e quantitative, attività di merchandising e full-merchandising, in store promotion, nonché organizzazione e allestimento di stand, di vetrine, mostre convegni e manifestazioni in genere;
   in data 22 marzo 2016, l'azienda ha aperto una procedura di licenziamento collettivo per complessivamente 465 dipendenti, dislocati in tutta Italia, addetti all'unità produttiva nel settore del monitoring (indagini di mercato e rilevamento dei prezzi nella grande distribuzione organizzata);
   da quanto si legge da comunicati stampa, in data 10 maggio 2016, nell'incontro tenutosi con le organizzazioni sindacali, le proposte fatte dall'azienda sono risultate tali da far ritenere la procedura di licenziamento una forzatura finalizzata a raggiungere l'obiettivo di ridurre drasticamente gli stipendi e i diritti dei lavoratori;
   difatti, l'azienda ha prospettato, a quanto risulta all'interrogante, come alternativa al licenziamento, le dimissioni dei dipendenti, per essere in seguito riassunti con un nuovo inquadramento con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, senza fornire alcun tipo di garanzia occupazionale ed economica;
   l'azienda fornisce in esclusiva il servizio di «rilevamento statistico» alla società Nielsen Italia, proprio con i lavoratori in questione della procedura di licenziamento collettivo; tali lavoratori hanno maturato negli anni una professionalità esclusiva e sono stati assunti da Consulmarketing spa a seguito di accordi di stabilizzazione;
   le proposte avanzate rimetterebbero in discussione quanto ottenuto in questi anni dai lavoratori: stabilizzazione del rapporto di lavoro, pieno raggiungimento delle tutele e delle retribuzioni previste dal contratto collettivo nazionale di lavoro per le aziende del commercio;
   presso il Ministero dello sviluppo economico si è tenuto l'incontro relativo alla procedura avviata dall'azienda Consulmarketing spa. Alla riunione erano presenti, oltre all'Azienda e alle delegazioni delle organizzazioni sindacali nazionali, i rappresentanti della regione Lombardia e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali mancava la presenza della Nielsen Italia srl, committente esclusivo dell'affidamento;
   in tale occasione il Ministero ha sottolineato come, in questo ed altri casi di appalto, sia opportuno che la committenza sia chiamata a discutere delle conseguenze delle condizioni che pone in essere in sede di stipula del contratto medesimo, «perché non si può scaricare sui lavoratori il costo di operazioni» –:
   quali ulteriori iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, per far chiarezza sulla vicenda in questione, anche attraverso un'apposita convocazione della Nielsen Italia srl, al fine di individuare possibili soluzioni volte a salvaguardare i diritti dei lavoratori interessati; se la procedura seguita dalla società Consulmarketing spa, risulti conforme alla normativa vigente in materia di lavoro. (5-09218)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COSTANTINO, PAGLIA, DURANTI e RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio Acque Sante Locresi è ente strumentale dei comuni di Antonimina e Locri in provincia di Reggio Calabria;
   la concessione mineraria originale è stata rilasciata al comune di Antonimina ed al comune di Locri – congiuntamente – in data 15 aprile 1948, dal Ministero dell'industria e commercio, Corpo delle miniere, distretto di Napoli;
   le acque del Consorzio termale di Antonimina — Locri sono conosciute già dall'antichità come «Acque Sante Locresi» e sono classificate come acque termominerali, isotoniche, leggermente sulfuree, salso-solfato-alcaline con tracce di jodio (Autorizzazioni del Ministero della sanità n. 2724 del 6 maggio 1991 e n. 2813 del 29 settembre 1992);
   le acque sgorgano costantemente a 36 gradi di temperatura e sono batteriologicamente pure e sono impiegate per bagni, fanghi e per via transmucosa con benefica azione risolvente, detergente e stimolante delle difese organiche e del ricambio generale, trovando quindi indicazione nei postumi di processi infiammatori cronici di qualsiasi origine;
   la nuova struttura, sita a Bagni Antonimina a circa quattrocento metri di distanza dalla sede originaria, è stata inaugurata, ufficialmente, il 27 agosto 2011;
   la struttura, il cui progetto risale al 1986, sorge su un'area di circa diecimila metri quadri, ed è costata circa 6 milioni di euro, finanziati con la legge n. 64 e con i P.I.T.;
   lo stabilimento si distribuisce su tre piani con ampio salone d'ingresso, salone conferenze, uffici amministrativi, sale mediche, due reparti di fangoterapia e aerosolterapia, una grande piscina termale e le sale di fisioterapia;
   usualmente la stagione termale è compresa da aprile a novembre ed impiega circa 15 unità lavorative tra stagionali e unità a tempo indeterminato, che attualmente sono inattive;
   alla data del 7 luglio 2016 non risulta ancora avviata la stagione annuale con grave pregiudizio per l'erogazione delle prestazioni sanitarie, la maggior parte delle quali svolte in regime di convenzione con l'ASP di Reggio Calabria;
   tale situazione appare pregiudizievole dell'attività presente e futura del Consorzio e nello scenario di un'eventuale privatizzazione potrebbe portare ad un minore valore di realizzo;
   già nel 2006, lo stabilimento era stato attenzionato e governato da un commissario prefettizio, Dottoressa Niccolò, la quale ha provveduto ad adeguare lo statuto del Consorzio, sotto richiesta degli stessi sindaci dei comuni di Locri e di Antonimina, i quali avrebbero potuto nominare un nuovo Consiglio di amministrazione;
   il ripristino, con urgenza, della regolare operatività del suddetto consorzio è importante al fine di salvaguardare l'erogazione del servizio sanitario e le maestranze e l'economia complessiva dell'ente aiuterebbe sul piano occupazionale e sociale tutto il territorio di Locri e Antonimina  –:
   se il Governo non intenda convocare, per quanto di competenza, un tavolo istituzionale di confronto, con la partecipazione degli enti interessati, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e dare uno sbocco di prospettiva alle parti sociali e al territorio coinvolto. (4-13865)


   CAPARINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   numerosi pensionati del «settore industria» e del terziario, in particolare del nord Italia, a causa della crisi economica dell'ultimo decennio, nel corso della propria vita lavorativa, sono stati soggetti a periodi di inattività coperti da contribuzione figurativa per disoccupazione involontaria, cassa integrazione guadagni e/o mobilità;
   il calcolo della retribuzione annua pensionabile è avvenuto tenendo conto del valore retributivo dei suddetti periodi riconosciuti figurativamente;
   il 1o comma dell'articolo 8 della legge n. 155 del 23 aprile 1981, prevede espressamente che: «Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per gli eventi previsti dalle disposizioni in vigore è determinato sulla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro nell'anno solare in cui si collocano i predetti periodi o, nell'anno di decorrenza della pensione, nel periodo compreso sino alla data di decorrenza della pensione stessa»;
   ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 153 del 30 aprile 1969 (successivamente sostituito dall'articolo 6 del decreto legislativo n. 314 del 2 settembre 1997) l'imponibile annuo non comprende strettamente il corrispettivo della prestazione lavorativa, ma tutto ciò che il lavoratore percepisce o ha diritto di percepire dal datore di lavoro, escludendo tassativamente gli elementi elencati al 2o comma del medesimo disposto normativo;
   l'Istituto nazionale della previdenza sociale, nel calcolare la media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro, al fine di determinare il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente per disoccupazione involontaria, cassa integrazione e mobilità, ha escluso gli emolumenti extramensili previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria, ed in particolare i ratei di mensilità aggiuntive e di indennità sostitutive di ferie non godute, non tenendo conto dei principi di diritto sopra enunciati;
   l'Inps, sino ad oggi, a giudizio dell'interrogante errando, ha calcolato la retribuzione pensionabile considerando una retribuzione imponibile inesatta, determinando conseguentemente un importo di pensione errato per difetto;
   tutta la regolamentazione interna dell'Istituto ha sempre disposto, ad avviso dell'interrogante contra legem, che nella contribuzione figurativa, di qualsiasi tipo essa sia, non debbano essere considerate le mensilità aggiuntive (circolare dell'Inps n. 137 del 26 maggio 1987);
   solo con la circolare n. 115 del 31 dicembre 2008, che ha abolito, dal 1o luglio 2008, i mod. DS22 e DS22 mob – che aveva costituito fino ad allora lo strumento necessario per l'erogazione delle indennità di disoccupazione non agricola, integrazioni salariali e mobilità, sostituendolo con il modello e-mens – l'Istituto, ammette l'errore e per la prima volta, certamente sensibilizzato dalle numerose pronunce giurisprudenziali sfavorevoli, nelle istruzioni di compilazione del predetto nuovo modello l'Inps dispone che la prestazione debba essere determinata con riferimento alla retribuzione media dei tre mesi precedenti, l'inizio del periodo di disoccupazione, aumentata dell'importo dei ratei di eventuali mensilità aggiuntive;
   dalle numerose verifiche effettuate sulle posizioni pensionistiche dei lavoratori che hanno usufruito dei predetti periodi di contribuzione figurativa, sarebbe emerso che la circolare dell'Inps n. 115 del 31 dicembre 2008, non è mai stata applicata dall'Istituto previdenziale;
   tale irregolarità nella prassi amministrativa per l'individuazione della retribuzione pensionabile messa in atto dall'Istituto previdenziale, è stata poi confermata dalla circolare n. 11 del 2013, la quale, secondo l'interrogante ancora una volta contra legem, ha sancito espressamente l'esclusione degli emolumenti ultramensili dall'imponibile annuo;
   la questione è già stata esaminata a fondo dalla giurisprudenza, la quale ha precisato che «è quindi sufficiente ribadirne le considerazioni, sintetizzabili nel seguente principio di diritto: «Ai fini del calcolo della retribuzione annua pensionabile, il valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente è determinato, ai sensi della L. n. 155 del 1981, articolo 8, sulla media delle retribuzioni settimanali percepite in costanza di lavoro che rinvengano la loro causa nel rapporto medesimo, trovando applicazione, ai fini contributivi, la nozione di retribuzione imponibile prevista dalla L. n. 153 del 1969, articolo 12 (in seguito modificata dal D.Lgs. n. 314 del 1997), più ampia rispetto a quella civilistica. Ne consegue che gli emolumenti extramensili – quali i ratei di mensilità aggiuntive e le indennità sostitutive delle ferie – concorrono ad integrare la base di calcolo del valore retributivo da attribuire a ciascuna settimana indipendentemente dalla cadenza della loro corresponsione». (Corte di Cassazione nn. 16313/04 e 157/07, n. 17502/2009, n. 25900/2010, n. 1399/2012, 19207/13);
   gli emolumenti extramensili (ratei di mensilità aggiuntive e indennità sostitutiva di ferie non godute), rientrano senz'altro nella nozione di retribuzione imponibile ai fini contributivi e, come tali, concorrono ad integrare la base di calcolo del «valore retributivo da attribuire per ciascuna settimana ai periodi riconosciuti figurativamente», tenendo altresì indebita considerazione che, le denunciate omissioni commesse dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, cagionano quotidianamente gravissimi danni economici, con evidenti ripercussioni dal punto di vista esistenziale, a gran parte dei pensionati, ed in particolare a coloro che godono del trattamento di quiescenza calcolato con il cosiddetto sistema contributivo, oltre che con quello cosiddetto «misto» –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, anche ricorrendo a iniziative normative urgenti al fine di tener conto del costante ed unanime orientamento espresso dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, ripristinando l'utilizzo, ai fini della determinazione della retribuzione annua pensionabile, degli emolumenti extramensili nella determinazione del valore retributivo dei periodi di contribuzione figurativa così come previsto dall'articolo 8 della legge n. 155 del 23 aprile 1981, il tutto in conformità ai principi sanciti dall'articolo 38 Cost. e dagli articoli 8, 14, 17 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in combinato con l'articolo 1 protocollo 1 addizionale della stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali in correlazione alle succitate normative interne in materia di calcolo di pensione, specificando che gli emolumenti ultramensili devono essere inclusi nell'imponibile annuo per il calcolo della cosiddetta, «retribuzione pensionabile». (4-13867)


   VACCA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal 1o gennaio 2012 le case albergo dell'Inpdap vengono gestite dall'Inps gestione dipendenti pubblici;
   l'Inps offre ai pensionati ospitalità residenziale nella casa albergo di Monte Porzio Catone (Roma) e nella casa albergo La Pineta di Pescara, garantendo vitto, alloggio, servizi comuni, assistenza sociale, medica, dietetica e infermieristica. L'ospitalità è a tempo indeterminato, ma può risolversi per dimissioni volontarie, per il venir meno dell'autosufficienza e per il mancato pagamento della quota di partecipazione. Alla casa albergo si accede per concorso pubblico annuale;
   l'ospitalità residenziale nelle case albergo è riservata ai pensionati Inpdap iscritti al fondo credito e ai loro coniugi, ai pensionati (e loro coniugi conviventi) di altri enti previdenziali o amministrazioni pubbliche iscritte al fondo reddito e attività sociali per effetto del decreto ministeriale n. 45 del 2007;
   gli ospiti partecipano alle spese con una retta mensile, fissata secondo le fasce Isee alle quali si appartiene. Indicativamente, la retta varia da un minimo di 550 euro a un massimo di 1.000 euro per il pensionato in camera singola, e da un minimo di 1.000 euro a un massimo di 1.800 euro per i coniugi in camera doppia (importi al 2011);
   periodicamente l'Inps attraverso un bando di concorso per ospitalità nelle case albergo di Monte Porzio Catone e Pescara dovrebbe assegnare i posti resisi disponibili;
   le due case albergo dell'Inpdap si trovano a Pescara e a Monte Porzio Catone (Roma);
   il 15 luglio 2016 sul quotidiano « Il Centro» viene pubblicata una notizia sulla casa albergo di Pescara. In particolare, secondo quanto riportato dalla stampa, se la retta mensile viene pagata anche con un solo giorno di ritardo, l'ospite viene sanzionato con una mora che va da 10 euro al giorno di penale fino a un massimo di 50 euro (che raddoppia, cento euro al giorno, nel caso di una coppia) a seconda della fascia di reddito e in base gli indicatori Isee. Le entità delle more vengono giudicate sproporzionate sia dalla stampa che dagli interroganti;
   nel 2014 il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo all'interrogazione n. 4-01491 affermava che nella casa di soggiorno di Pescara «La Pineta» erano presenti 104 ospiti, i quali costituivano la quasi totalità dei soggiornanti che la struttura era in grado di ospitare –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare iniziative, per quanto di competenza, con l'obiettivo di contenere l'importo delle penali, comminate per i ritardi nel pagamento delle rette, a carico dei pensionati;
   se attualmente nella casa albergo di Pescara, tutti i posti disponibili siano utilizzati per ospitare i pensionati che ne fanno richiesta. (4-13878)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   NICCHI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-10114 presentata dall'interrogante il 4 agosto 2015 veniva esposta la drammatica situazione del disastro naturale della laguna di Orbetello le cui acque, a causa del forte caldo, si erano innalzate a 32/34 gradi causando la morte di centinaia di tonnellate di pesce e la formazione di tonnellate di alghe;
   in questi giorni un repentino innalzamento della temperatura, arrivata a 32 gradi centigradi e a una sensibile riduzione dei flussi di ricambio delle acque nonostante il funzionamento a pieno regime delle pompe, ha spinto il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi a firmare la dichiarazione di emergenza regionale;
   di fronte a questi segnali di allarme sullo stato di salute della laguna, con la possibilità che possano ripresentarsi i gravi episodi di anossia (mancanza di ossigeno) e di moria di pesci dello scorso anno, il Presidente Rossi ha firmato un decreto per proclamare lo stato di emergenza regionale, provvedendo anche a interessare la protezione civile nazionale;
   la Regione Toscana è tornata, a fine maggio 2016, a essere soggetto attuatore nella gestione della laguna di Orbetello fino a dicembre 2016. Il maggiore ruolo delle Regione era stato richiesto dalla precedente amministrazione guidata dalla sindaca Monica Paffetti che lo scorso anno aveva dovuto fronteggiare due morie di pesci. La prima era avvenuta proprio a metà luglio e la seconda la notte fra il 24 e il 25 luglio, quando le immagini delle peschiere di Ansedonia fecero il giro del mondo e le acque della laguna e del mare della Giannella prima e di Ansedonia poi si colorarono di marrone;
   la dichiarazione dello stato di emergenza rappresenta soprattutto una condizione per poter accelerare i tempi di realizzazione degli interventi che proprio nei giorni scorsi sono stati approvati dalla giunta per la salvaguardia della laguna;
   l'obiettivo è dunque quello di anticipare, rispetto ai tempi previsti, l'arrivo in laguna della barca noleggiata per insufflare ossigeno nelle acque e raccogliere le alghe, e l'attivazione degli ossigenatori in prossimità del canale di Ansedonia, la cui entrata in esercizio era prevista intorno al 16-18 luglio. Dovrebbero essere più rapidi anche i tempi di utilizzo di due ulteriori imbarcazioni con insufflatori d'aria;
   PierLuigi Piro, presidente della cooperativa I Pescatori, ha affermato: «siamo preoccupati perché la temperatura dell'acqua è alta anche se i valori dell'ossigeno sono ancora nella norma»;
   la Laguna di Orbetello, fatte salve le competenze degli enti locali e della regione, rimane una proprietà demaniale e quindi di grande interesse per il Governo –:
   quali siano le iniziative di competenza per affrontare nell'immediato le criticità suddette collegate all'innalzamento delle temperature che rischiano anche di ripetersi nel prossimo futuro;
   quali interventi strutturali siano stati individuati per sottrarre la laguna di Orbetello al rischio di crisi ricorrenti;
   come si intenda affrontare la questione della proliferazione delle masse algali all'interno della laguna e con quali risorse finanziarie;
   quale sarà il destino dell'impianto di Patanella collegato alla raccolta delle alghe realizzato in fase commissariale sulle sponde di uno dei più importanti e delicati siti ambientali d'Europa;
   se il Governo non ritenga di dover predisporre per il futuro una precisa strategia di tutela di un'area di così grande pregio ambientale e valore economico per la comunità locale e per l'intera regione, in particolare attraverso iniziative per la costituzione di un soggetto, collegato anche all'attività di ricerca e studio, in grado di coinvolgere in maniera continuativa, in regime ordinario, ma con risorse certe e sufficienti nella risoluzione delle problematiche il livello statale, regionale e degli stessi enti locali;
   quale sia il dettaglio dei risultati e dei costi effettivi degli anni durante i quali l'area è stata affidata alla responsabilità del commissario delegato;
   in cosa siano consistite le attività del Centro di ricerche di ecologia, acquacultura e pesca ecolab di Orbetello durante la sua esistenza e se queste siano state svolte con continuità, con quali risorse e quale sia il motivo della sua chiusura. (4-13879)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COLONNESE, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, NESCI, DI VITA e GRILLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 è stata approvata la legge 15 marzo 2010, n. 38, concernente «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore» (Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2010);
   si tratta di una legge fortemente innovativa, che per la prima volta garantisce l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze. La legge, tra le prime in Europa, tutela all'articolo 1 «il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore», ed individua tre reti di assistenza dedicate alle cure palliative, alla terapia del dolore e al paziente pediatrico. Per quest'ultimo, inoltre, riconosce una particolare tutela ed attenzione come soggetto portatore di specifici bisogni al quale offrire risposte indirizzate ed adeguate alle sue esigenze e a quella della famiglia che insieme deve affrontare il percorso della malattia;
   le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore devono assicurare un programma di cura individuale per il malato e per la sua famiglia, nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignità e dell'autonomia del malato, senza alcuna discriminazione, della tutela e promozione della qualità della vita in ogni fase della malattia, in particolare in quella terminale, e di un adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia;
   il sistema italiano delle cure palliative ha una normativa con pochi paragoni in Europa, ma si è sviluppato a macchia di leopardo. A fare da capofila la Lombardia, con 60 hospice per un totale di 738 letti mentre, considerato il numero di abitanti, fanalino di coda sono le regioni del Sud e le isole: Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna in tutto contano solo 37 strutture;
   particolarmente drammatica risulta la situazione della regione Campania dove l'incidenza dei tumori è di 735 casi per 100 mila abitanti/anno (415 maschi/320 femmine) e tasso standardizzato di mortalità per tumore è pari a 368 per 100 mila abitanti/anno; ne deriva che ogni anno il numero dei malati terminali dovrebbe essere di circa 19.427, dal momento che il 90 per cento dei malati deceduti per tumore 21.311 attraversano una fase terminale di malattia caratterizzata da un andamento progressivo irreversibile. Ad essi vanno aggiunti coloro che, pur affetti da patologia neoplastica non sono ancora in fase d'inguaribilità, e quelli affetti da forme inguaribili di patologie non oncologiche, come quelle neurologiche, polmonari, infettive e metaboliche. Le strutture in Campania sono insufficienti, così molto spesso i pazienti finiscono ricoverati nelle rianimazioni, nelle medicine ed in altri reparti che sarebbero deputati ad altri tipi di cure. Il risultato è una spesa enorme a carico dei contribuenti (il costo giornaliero di un ricovero in hospice varia dai 252 ai 385 euro – contro i 2.000 euro di una rianimazione) ma anche una sofferenza inutile per i pazienti. Il quadro che ne emerge è realmente da quarto mondo. Inoltre, per i bambini non esistono liste d'attesa, perché non esiste un solo hospice pediatrico. Stando così le cose, l'unica alternativa possibile è spostarsi verso altre regioni. Ogni anno intere famiglie devono sottoporsi a quelli che non possono neanche essere chiamati «viaggi della speranza», perché per questi piccoli pazienti non ci sono possibilità;
   il reparto di terapia del dolore e cure palliative dell'ospedale di rilievo nazionale Antonio Cardarelli di Napoli, è una struttura complessa che si occupa dei dolori della più varia origine, per i quali è necessario l'intervento dello specialista antalgologo, non essendo risultati sufficienti quelli del medico di medicina generale o di altri specialisti, come ad esempio per i dolori artrosici delle articolazioni e della colonna vertebrale, sciatalgie e radicoliti, cefalee, nevralgie, dolore da arto fantasma. In linea generale, i trattamenti di terapia del dolore e cure palliative si basano su trattamenti farmacologici, su tecniche riflessologiche (agopuntura, mesoterapia, stimolazione elettrica transcutanea, elettroagopuntura); su trattamenti semi-invasivi e su trattamenti invasivi, limitati a casi molto particolari; l'ospedale è l'unico del genere in una regione priva di strutture dedicate, soprattutto a pazienti oncologici in fase terminale. La terapia del dolore non sembra un diritto per tutti, soprattutto in realtà densamente popolate e con ospedali ad alto flusso di pazienti, dove la cura e la dignità dei malati affetti da dolore può rappresentare un costo da evitare. Infatti, il piano ospedaliero della regione Campania, recentemente licenziato, in merito all'A.O.R.N. «A. Cardarelli» di Napoli, non prevede posti letto per il reparto di TDCP (terapia del dolore e cure palliative). L'avvisaglia è stata data il 21 giugno 2016, il giorno in cui la dirigenza del Cardarelli invia alla regione il piano di riordino in cui si cancella la terapia del dolore. In particolare, la proposta è di abolire i posti letto per i pazienti affetti da patologia algica tumorale e di sostituirli con un ambulatorio, nel dipartimento anestesiologico e non più come è stato finora nel dipartimento onco-ematologico. La terapia del dolore del Cardarelli è stata la prima del Centro-sud (1977), e l'attivazione dei posti letto ha permesso di raggiungere obiettivi che vanno al di là della pur fondamentale assistenza. In primis, il risparmio notevole che, è stato valutato in circa quattro milioni e 800 mila euro annui: prima dell'attivazione dei posti letto, il costo per malati oncologici terminali era lievitato dai quasi quattro milioni del 2005 ai sei e mezzo del 2009. In seguito, si è scesi a un milione e 700 mila nel 2012. Fonti di stampa chiosano che la suddetta struttura sarebbe in dismissione per il raggiungimento dell'età pensionabile del suo primario, dottor Montrone;
   senza contare che dei centri di terapia del dolore a livello ambulatoriale ed afferenti all'ASL NA 1 Centro, quello dell'Ospedale San Paolo risulta sospeso, mentre tutti gli altri insistenti nella stessa Asl ricevono solo per appuntamento, in giorni prestabiliti e con orari ridotti;
   fondamentale sarebbe riconoscere tale struttura come « HUB» per le cure palliative in quanto:
    la unità operativa complessa è centro di costo autonomo;
    la struttura è dotata di ambulatorio di cure palliative (C.P.), di degenza ordinaria (9 posti letto) e day hospital (2 posti letto);
    è dotata di personale medico ed infermieristico esclusivamente dedicato e formato per assistere i malati in tutti i possibili set assistenziali garantendo l'individuazione del percorso e del setting di cura più appropriato per il paziente;
    l'unità operativa complessa effettua anche assistenza domiciliare per garantire continuità assistenziale ai malati ricoverati come da linea progettuale regionale n. 7;
    è presente uno psicologo grazie alla collaborazione di una associazione di volontariato;
    i pazienti afferiscono alla unità operativa complessa dai vari reparti dell'ospedale Cardarelli, dal proprio domicilio e da altre aziende ospedaliere ancora non dotate di tali reparti;
    sono stati elaborati protocolli per il trattamento del dolore e dei sintomi collaterali, per la sedazione terminale, per la alimentazione e l'idratazione del paziente terminale e grazie alla presenza di una assistenza infermieristica completamente dedicata e formata alla assistenza di C.P. si sono ottimizzati anche protocolli di nursing;
    il personale è formato per dare supporto al lutto ed addestrare i care giver;
    l'unità operativa complessa di TDCP dell'azienda Cardarelli con 9 p.l. mediamente ricovera in un anno circa 200 pazienti;
   al comma 1 dell'articolo 31 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi lea, è prevista l'assistenza, nell'ambito della rete locale di cure palliative, alle persone nella fase terminale della vita affette da malattie progressive e in fase avanzata, a rapida evoluzione e a prognosi infausta, ossia il complesso integrato delle prestazioni mediche specialistiche, infermieristiche, riabilitative, psicologiche, gli accertamenti diagnostici, l'assistenza farmaceutica e la fornitura di preparati per nutrizione artificiale, le prestazioni sociali, tutelari e alberghiere, nonché di sostegno spirituale. È prevista l'assistenza medica e infermieristica e la presenza di operatori tecnici dell'assistenza sette giorni su sette, sulle 24 ore –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non si ritenga opportuno, per quanto di competenza e anche per il tramite del consorzio ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari assumere iniziative, per riconoscere la struttura come «Hub» per le cure palliative in quanto provvista di tutte le condizioni;
   se non ritenga che ai fini del rispetto di un fondamentale diritto alle cure in ambiente dedicato, anche e soprattutto per i pazienti terminali ed affetti da dolore, sia necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, per permettere di continuare a fornire quelle cure tanto necessarie alla dignità dell'essere umano, impedendo che i posti letto previsti dal piano ospedaliero della regione Campania per la struttura di TDCP dell'ospedale «A. Cardarelli» siano completamente cancellati ed evitando di considerare tale tipologia di assistenza un puro costo ma valutandola un elemento essenziale di un diritto alla salute tutelato dalla normativa ordinaria e costituzionale, anche in previsione dell'imminente approvazione dei nuovi lea;
   in quali tempi sia previsto l'aggiornamento dei livelli assistenziali di assistenza che permetterebbe il rapido superamento delle criticità descritte. (5-09226)


   NACCARATO e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la deliberazione della giunta regionale del Veneto n. 2122 del 19 novembre 2013 disciplina l'adeguamento delle schede di dotazione ospedaliera delle strutture pubbliche e private e accreditate, di cui alla legge regionale 39 del 1993, e assegna la produzione dei radiofarmaci a due strutture;
   in particolare, vengono individuati, per il Veneto orientale, l'ospedale di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, mentre, per il Veneto occidentale, l'ospedale classificato Sacro Cuore – Don Calabria con sede a Negrar in provincia di Verona;
   l'ospedale Sacro Cuore Don Calabria è una struttura ospedaliera privata-convenzionata dell'ULSS 22 del Veneto;
   la regione Veneto ha costituito, con decreto del direttore generale dell'area sanità e sociale, n. 35 del 20 marzo 2014, un gruppo tecnico per valutare l'approvvigionamento del farmaco;
   secondo il documento prodotto dal gruppo tecnico l'approvvigionamento può avvenire o tramite acquisto sul mercato o tramite apposite convenzioni ai sensi del decreto ministeriale 19 novembre 2003 «Attività di preparazione del radiofarmaco»;
   in Veneto esistono 9 centri che utilizzano apparecchiature PET che utilizzano il farmaco nell'83 per cento degli esami effettuati;
   nel 2013 la spesa per l'acquisto di tale farmaco è stata di circa 2.700.000 euro, cui si aggiungono i costi di consegna;
   l'ospedale classificato Sacro Cuore Don Calabria ha manifestato la disponibilità a fornire il radiofarmaco a partire dal 1o marzo 2015;
   con deliberazione n. 286 del 10 marzo 2015, la giunta regionale del Veneto ha disciplinato i seguenti aspetti: la preparazione da parte dell'ospedale di Negrar del radiofarmaco 18F-Fluoro-Desossi-Glucosio (18F-FDG), lo schema tipo di convenzione con le aziende sanitarie dotate di PET e l'assegnazione per l'anno 2015 di un finanziamento di 700.000 euro per la produzione di questo farmaco;
   per l'attività di produzione del farmaco la giunta regionale veneta ha disposto di assegnare il detto finanziamento all'ospedale classificato Sacro Cuore –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se disponga di dati in relazione ad altre strutture pubbliche, oltre a quelle menzionate, in grado di produrre il detto radiofarmaco e a quali costi;
   se e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per la predisposizione di un piano per la produzione dei radiofarmaci volte a contenere i costi e ad assicurare il servizio attraverso l'utilizzo di idonee strutture pubbliche presenti sul territorio, in Veneto come sul restante territorio nazionale. (5-09227)

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   ad una società londinese sono stati svenduti geni dei sardi centenari;
   si tratta di un vero e proprio scandalo;
   è stato sottratto alla Sardegna un grande patrimonio di ricerca applicata;
   la banca genetica valeva oltre 4 milioni di euro ed è stata svenduta per 258.000 euro;
   un'operazione tutta finanziaria ha portato alla svendita del più grande patrimonio genetico della Sardegna;
   si tratta di 13.000 referti genetici ogliastrini venduti a Londra come se niente fosse;
   tutto è avvenuto nel silenzio di istituzioni e politica;
   un gruppo biotech britannico, alla ricerca del segreto della lunga vita ha acquistato i dati genetici di quasi 13.000 residenti ogliastrini, dove un numero insolitamente elevato di persone vivono oltre i 100 anni;
   un colpo letale alla speranza di mettere a frutto in Sardegna quel gran patrimonio di ricerca genetica;
   l'operazione è stata ufficializzata nei giorni scorsi alla borsa di Londra;
   Tiziana Life Sciences, una compagnia farmaceutica britannica che si occupa di ricerca sul cancro e malattie del sistema immunitario, ha annunciato l'acquisto di una «biobanca» contenente il DNA degli abitanti della provincia dell'Ogliastra in Sardegna, sede di una delle percentuali più alte al mondo di centenari;
   nella ricerca per trovare il segreto per una vita più lunga, il gruppo biotech britannico ha di fatto acquistato i dati genetici di quasi 13.000 residenti;
   circa una su ogni 2000 persone in Ogliastra celebrano il loro 100o compleanno, circa cinque volte in più rispetto al tasso dei Paesi più sviluppati, e secondo solo all'isola giapponese di Okinawa;
   la biobanca è composta da più di 230.000 campioni biologici tra cui sangue congelato da 12.600 residenti Ogliastra, abbinati con referti medici di famiglia e documenti ufficiali come i certificati di morte; tali campioni risalgono a più di 400 anni;
   un vero e proprio giacimento genetico unico al mondo;
   non è un caso che l'amministratore delegato di Tiziana, Gabriele Cerrone, ha detto al Financial Time che il gruppo spera che con quel tesoro di dati l'azienda possa identificare tratti genetici particolari legati alla longevità;
   si tratta di un'operazione di lunga gittata, un investimento per poche centinaia di migliaia di euro (258.000), mentre il valore sarebbe superiore ai 4 milioni di euro;
   si tratta di una vera e propria svendita che potrebbe riservare sorprese e prospettive straordinarie. Tutto questo con il silenzio del mondo delle istituzioni che nonostante i reiterati allarmi si è totalmente disinteressato della vicenda;
   a motivare l'acquisto della banca genetica è la particolarità del patrimonio genetico in Ogliastra, considerato dagli inglesi molto omogeneo;
   questo aspetto secondo i nuovi proprietari rende teoricamente più facile per gli scienziati individuare modelli genetici relativi a malattie specifiche;
   la speranza è che Tiziana, realizzi in Sardegna la filiale LonGevia Genomics, con sede in Sardegna, per la gestione della biobanca e coinvolga, come è giusto che sia, le università sarde e tutti gli enti di ricerca preposti;
   se così non fosse, la sottrazione sarebbe ancora più grave ai danni della Sardegna e dei Sardi;
   resta da chiarire il tema etico e di diritto relativo alle autorizzazioni all'uso informato di tali dati sensibili –:
   se il Governo non intenda con urgenza occuparsi della vicenda;
   se il Governo non ritenga di dover, anche sul piano normativo, al fine di tutelare al massimo le ragioni etiche scientifiche alla base delle donazioni dei 13.000 cittadini dell'Ogliastra;
   se non intenda assumere le iniziative di competenza, anche per il tramite degli organismi tecnici ministeriali al fine di verificare l'effettiva gestione di tale patrimonio genetico. (4-13880)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da fonti di stampa, la pubblica amministrazione continua a non pagare le imprese e il Governo non aggiornerebbe nemmeno i dati, visto che l'ultimo dato disponibile sui pagamenti effettivi risalirebbe all'11 agosto 2015, a scapito della tanto declamata volontà dell'Esecutivo di fornire un trasparente aggiornamento della situazione;
   a quella data risultavano messi a disposizione degli enti debitori, tra cui gli enti locali, 44,6 miliardi di euro, ma di questi i debiti effettivamente pagati ai creditori risultavano per 38,6 miliardi di euro, cifra ben diversa da quanto promesso a più riprese dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi;
   secondo quanto riportato nella relazione annuale del 2016 della Banca d'Italia, il debito delle Pubbliche amministrazioni ammonterebbe ancora a circa 65 miliardi di euro. «Alla fine del 2014, anno in cui il piano si è pressoché concluso, i debiti commerciali ammontavano al 4,3 per cento del PIL (circa 70 miliardi). Nel 2015 gli enti hanno fatto fronte ai pagamenti di debiti commerciali soprattutto con le risorse ordinarie del proprio bilancio: lo stock di debiti commerciali è lievemente diminuito, al 4,0 per cento del PIL (circa 65 miliardi). Tale livello resta comunque notevolmente superiore a quello che sarebbe fisiologico, ossia coerente con i tempi di pagamento stabiliti contrattualmente dalle parti»;
   nel frattempo, come sottolineato dall'interrogante con l'atto n. 4-13102 del 9 maggio 2016, ad oggi privo di risposta, sembra che le imprese della pubblica amministrazione siano sempre più ritardatarie nell'onorare i propri debiti con i loro fornitori: come riportato recente da Cribis D&B, nella prima edizione dello «Studio dei pagamenti della pubblica amministrazione», solo un'azienda pubblica su otto paga puntuale alla scadenza, mentre oltre il 30 per cento risultano essere «grandi» ritardatarie, pagando con oltre un mese di ritardo, e, confrontando i dati con il 2010, si osserva che questi ritardatari gravi sono aumentati dal 20 al 29,6 per cento;
   sarebbe dunque solo il 13 per cento delle imprese della pubblica amministrazione a pagare in orario e questo dato è ancora più allarmante se confrontato con la media delle imprese italiane, che nel 35 per cento dei casi pagano puntualmente;
   anche la situazione del settore di asl e sanità resterebbe molto critica con lo scarno 4,1 per cento dell'azienda che paga puntualmente;
   rispetto agli enti territoriali, il 56,2 per cento sono ritardatari, ma non vanno oltre il mese dalla scadenza, mentre i grandi ritardatari sono cresciuti in modo esponenziale passando dall'11 per cento del 2010 al 31 per cento circa del 2016;
   la zona del Paese che va peggio è quella del Meridione e delle isole dove solo l'8,5 per cento delle aziende pubbliche paga a scadenza, mentre oltre il 54,7 per cento accumula oltre un mese di ritardo;
   come evidenziato già con ben tre diverse interrogazioni a risposta scritta presentate dall'interrogante, l'atto n. 4-11303 del 27 novembre 2015, l'atto n. 4-08208 del 3 marzo 2015 e l'atto n. 4-06888 presentato il 14 novembre del 2014, a tutt'oggi rimaste senza risposta, la vicenda dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese ha una rilevanza non solo economica, ma anche istituzionale: individua alcune delle principali disfunzioni del sistema amministrativo e sollecita una riflessione sull'efficacia dell'azione dello Stato centrale, che troppo spesso si trasforma in una macchina lenta, appesantita dalla burocrazia, costantemente in ritardo;
   il mancato pagamento delle pubbliche amministrazioni rappresenta una delle grandi cancrene del sistema economico-finanziario italiano, poiché pregiudica la reale uscita dalla crisi e mette quotidianamente a rischio la vita stessa di migliaia di imprese –:
   se il Governo non intenda aggiornare con urgenza i dati sui pagamenti della Pubblica amministrazione nel rispetto del principio di trasparenza declamato dal Presidente del Consiglio, che è atto dovuto nei confronti dei cittadini;
   se il Governo non intenda attivarsi per rendere, possibile lo sblocco immediato e totale dei pagamenti della Pubblica amministrazione, assicurato a più riprese, per garantire alle imprese ciò che spetta loro di diritto ed è di vitale importanza per le attività commerciali, ancora in difficoltà per la crisi economica;
   se il Governo non intenda chiarire i suoi orientamenti in merito a questo ritardo dei tempi dei pagamenti della pubblica amministrazione, che è stata definito una piaga del sistema economico-finanziario italiano che mette quotidianamente a rischio la vita stessa di migliaia di imprese. (4-13873)


   ROSATO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, disciplina all'articolo 19 il conferimento di incarichi a tempo determinato e all'articolo 28 l'accesso ordinario alla qualifica di dirigente: il conferimento di incarichi – in particolare –, limitati nella durata e nel loro numero, può avvenire nei confronti di «persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, culturale e scientifica» che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale;
   l'articolo in questione indica alcune esperienze o qualifiche che sono ritenute sufficienti a testimoniare i requisiti appena esposti: la formazione universitaria e postuniversitaria, la presenza di pubblicazioni scientifiche, il concreto svolgimento di esperienze di lavoro maturate almeno per un quinquennio anche nella stessa amministrazione, la provenienza dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature;
   l'articolo 2, comma 8-quater, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazione dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, è intervenuto sul decreto legislativo integrando il comma 6 dell'articolo 19 con la previsione normativa secondo la quale «la formazione universitaria richiesta ...(omissis)... non può essere inferiore al possesso della laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea conseguito» secondo il cosiddetto «vecchio ordinamento» didattico;
   questa nuova previsione non può che intendersi si riferisca ad una in particolare delle molteplici ipotesi che consentono il conferimento degli incarichi, ovvero la «particolare e comprovata qualificazione» di tipo culturale o, al più, scientifica, atteso che un titolo di studio può legalmente attestare l'acquisizione di competenze e conoscenze teoriche ma non può attestare l'acquisizione di una esperienza di tipo professionale, avvenuta «sul campo»;
   al contrario, i requisiti elencati dal citato comma 6 – ai quali va aggiunta la nuova previsione normativa – non potrebbero essere considerati come una sommatoria perché ciò renderebbe la norma irragionevole ed anche inapplicabile;
   una diversa lettura della norma, peraltro, rischierebbe di far sorgere una contraddizione interna alla disciplina del pubblico impiego, atteso che il succitato articolo 28 del decreto legislativo in argomento prevede per l'accesso alla qualifica di dirigente il possesso di una laurea anche di I livello (cosiddetta «triennale»), come confermato da numerose pronunce giurisprudenziali;
   si fa, inoltre, presente che non è possibile modificare la disciplina del pubblico impiego o rivederne gli indirizzi interpretativi senza che vengano attentamente analizzate quelle che possono essere le ricadute sulla organizzazione delle strutture e sulle aspettative dei tanti giovani laureati, posto che negli anni sono intervenute molte novità che hanno mutato l'ordinamento universitario con l'introduzione delle lauree di I livello che sono, a tutti gli effetti, un titolo di studio universitario meritevole di tutela;
   si ritiene urgente, quindi, una interpretazione coerente con il suddetto nuovo ordinamento universitario –:
   se il Ministro conferma l'interpretazione secondo la quale la disposizione introdotta al comma 6, dell'articolo 19, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, dal decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, debba intendersi si riferisca a solo una delle ipotesi che consentono il conferimento di incarico, facendo salvo il conferimento per particolare e comprovata qualificazione di tipo professionale, motivata da esperienze pregresse e acquisite;
   se il Ministro intenda emanare una circolare interpretativa in tal senso, atteso che la errata o dubbia interpretazione della norma è motivo di incertezza e difficoltà in molte amministrazioni locali.
(4-13881)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SCUVERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 261 del 1999, emanato in attuazione della direttiva 97/67/CE sulle regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio, ha prescritto che il fornitore del servizio universale debba garantire per almeno 5 giorni a settimana la raccolta e la distribuzione al domicilio di ogni persona fisica o giuridica; questi principi possono essere derogati solo nel rispetto delle condizioni stabilite dall'autorità di regolamentazione;
   queste regole comuni oggi applicano a non meno del 75 per cento della popolazione italiana; a decorrere dal 1o gennaio 2015 l'articolo 1, comma 276, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – legge di stabilità per il 2015 – ha incrementato il limite «massimo» di popolazione – da un ottavo ad un quarto della popolazione nazionale – per la quale può essere consentita l'erogazione del servizio postale a giorni alterni; per legge, pertanto, la fornitura a giorni alterni non può essere applicata a una percentuale superiore al 25 per cento della popolazione (circa 15,4 milioni di abitanti) e in ogni caso deve essere autorizzata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in presenza di particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica in ambiti territoriali con una densità inferiore a 200 abitanti per chilometro quadrato è importante sottolineare che ogni circostanza eccezionale ovvero ogni deroga concessa dall'autorità di regolamentazione, ai sensi del comma 276 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 deve essere comunicata alla Commissione europea;
   al fine di adeguare i livelli di servizio alle mutate esigenze degli utenti in considerazione dell'evoluzione tecnica economica e sociale (basti considerare l'utilizzo diffuso della posta elettronica, anche certificata) e nell'intento di assicurare la sostenibilità dell'onere del servizio universale in relazione alle risorse disponibili, la legge di stabilità per il 2015, all'articolo 1, comma 277, ha previsto che il contratto di programma stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico e il fornitore del servizio postale universale – di durata quinquennale – ferme restando le competenze dell'Autorità di regolamentazione (AGCOM) – possa prevedere l'introduzione di misure di razionalizzazione del servizio e di rimodulazione della frequenza settimanale di raccolta e recapito sull'intero territorio nazionale; questo ha portato in alcuni casi alla chiusura di uffici postali, in altri alla riduzione del servizio a recapito a giorni alterni;
   l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con delibera n. 395/2015, in attuazione delle disposizioni della legge di stabilità, ha disciplinato le ipotesi nelle quali è possibile il recapito a giorni alterni della posta; in particolare ha stabilito che debbano essere considerati ambiti territoriali con densità abitativa inferiore a 200 abitanti per chilometro quadrato sia i comuni con densità abitativa inferiore a 200 abitanti per chilometro quadrato sia i comuni con densità abitativa superiore o uguale a 200 abitanti per chilometro quadrato appartenenti al territorio di province con densità inferiore a 200 abitanti per chilometro quadrato nel contempo, la delibera dell'AGCOM ha ammesso il recapito a giorni alterni della posta se sono presenti particolari situazioni di natura infrastrutturale o geografica nei comuni con meno di 30 mila abitanti in cui la distanza media tra i civici (densità orizzontale dei punti di recapito) è superiore a 81,7 metri; la distanza media tra i civici (densità orizzontale dei punti di recapito) è inferiore a 81,7 metri e il numero medio per civico di abitazioni e/o locali ad uso ufficio e/o commerciale (densità verticale dei punti di recapito) è inferiore a 1,4; la distanza media tra i civici (densità orizzontale dei punti di recapito) è inferiore a 81,7 metri, il numero medio per civico di abitazioni e/o locali ad uso ufficio e/o commerciale (densità verticale dei punti di recapito) è superiore a 1,4 e la percentuale di utenze commerciali sul totale delle utenze è inferiore all'8 per cento;
   il piano industriale 2015-2019 di Poste italiane è stato approvato dall'Autorità garante delle comunicazioni con la definizione dei criteri da rispettare per individuare i comuni che dovranno vedere ridotta l'erogazione del servizio;
   il recapito a giorni alterni ha creato numerosi e diffusi disagi ai cittadini e danni alle imprese situate nei comuni che hanno subìto la contrazione del servizio;
   in particolare sul territorio pavese, come riportato da organi di stampa locali, la restrizione del servizio ha inciso sia sulla frequenza del recapito che sugli sportelli presenti sul territorio;
   attualmente, infatti, gli uffici postali della provincia di Pavia sono 174, di cui ben 44 aperti a giorni alterni dal lunedì al sabato;
   la distribuzione della corrispondenza nella provincia pavese dipende da 11 centri di distribuzione e, a partire dal 1o gennaio 2015, il recapito viene effettuato dal lunedì al venerdì solo a giorni alterni con frequenza bisettimanale, impiegando un singolo portalettere dei 186 prima previsti; ai portalettere, si aggiungono i 37 operatori delle linee «Plus» che distribuiscono, ma solo nei comuni non regolati dalla delibera AGCOM n. 395/15/CONS, i quotidiani e alcuni tipi di oggetti a firma;
   il personale di PCL (Poste comunicazione logistica) in cui sono inquadrati i portalettere, non è in alcun modo integrato con il personale di MP (mercato privati) se non per quanto riguarda lo scambio di dispacci di corrispondenza e altre piccole operazioni;
   nel mercato privati la cosiddetta «sportelleria»), come rilevato dai dati forniti dalle organizzazioni sindacali nazionali più rappresentative del settore, si apprende il verificarsi sul territorio pavese, di una significativa carenza di personale: 15 uffici sono privi di direttore e negli uffici monoperatore addirittura il direttore risulta essere l'unico impiegato;
   per ovviare a tale carenza, il personale viene distaccato da altri uffici del territorio che a loro volta restano privi del personale necessario anche per svolgere i servizi essenziali; occorre inoltre considerare che il blocco del turnover ha portato all'innalzamento dell'età media degli applicati, oggi pari, in media, a 55 anni;
   a Vigevano e Voghera operano linee dedicate ai grandi clienti, mentre il capoluogo ne è privo; a Pavia infatti il recapito è a giorni alterni in tutta la città compresi uffici, negozi, attività produttive e servizi tra cui il tribunale, gli ospedali e l'università con tutti i suoi istituti;
   attualmente, per sopperire ai carichi di lavoro esorbitanti e venire incontro alle esigenze della clientela, il centro distribuzione di Pavia, a supporto dei 32 portalettere ne utilizza altri 13, che fanno parte del personale eccedentario presente nel centro a seguito della riorganizzazione a giorni alterni; quando il processo sarà completato con il trasferimento delle eccedenze, questo supporto verrà meno;
   le tecnologie attuali non possono sopperire alla carenza di servizi postali e di comunicazione a cui tutti i cittadini hanno diritto –:
   se il Governo sia a conoscenza dei disagi causati dal piano industriale 2015-2019 di Poste italiane ai comuni in cui l'erogazione del servizio ha subito sensibili riduzioni, anche per carenza di personale, e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere per garantire un effettivo servizio postale universale, inteso come «attività di preminente interesse generale» che implica la raccolta, lo smistamento, il trasporto e la distribuzione degli invii postali, nonché la realizzazione e l'esercizio della rete postale pubblica a tutti i cittadini e le imprese presenti sul territorio nazionale. (5-09213)


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, MARTELLI, GREGORI, NICCHI, PALAZZOTTO, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, DURANTI e FOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 19 luglio 2016 i sindacati, Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato un presidio davanti alla regione Marche per salvare i posti di lavoro di 71 dipendenti messi in mobilità del cementificio Sacci sito nella provincia di Macerata nella città di Castel Raimondo;
   la vicenda inizia qualche giorno fa con la cessione del cementificio Sacci alla nuova società Cem 15 – controllata dalla Cementir del gruppo Caltagirone – che ha comportato la procedura di messa in mobilità ed il licenziamento di tutti i 71 lavoratori;
   la Cementir Italia precisa che allo stato attuale non risulta ancora perfezionato il processo di acquisizione da parte di Cementir Italia, per il tramite della controllata Cern 15, del ramo di azienda di Sacci spa, costituito dalle attività di produzione cementi e calcestruzzi preconfezionati, in quanto tuttora soggetto all'avveramento di condizioni. Inoltre, la Cementir Italia precisa, commentando le notizie sulla procedura di mobilità posta in essere dalla Sacci spa, nei confronti dei lavoratori del cementificio di Castelraimondo, che sulla presunta avvenuta cessione del ramo d'azienda cemento e calcestruzzo della Sacci spa alla Cem 15, la procedura di mobilità, così come quella di cassa integrazione guadagni straordinaria che l'ha preceduta sono attività programmate da tempo, avviate e poste in essere autonomamente dalla Sacci spa;
   i sindacati affermano che a distanza di qualche giorno dalla cessione del cementificio Sacci alla nuova società Cem 15, controllata dalla Cementir del gruppo Caltagirone è stata avviata la procedura di messa in mobilità ed il licenziamento di tutti i 71 lavoratori e Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil sostengono che sia una corsa contro il tempo per evitare la definitiva chiusura dello stabilimento di Castelraimondo;
   il 19 luglio 2016 era previsto l'incontro dei sindacati anche con l'assessore al lavoro Loretta Bravi per evitare la perdita di ulteriori posti di lavoro in una zona già provata dalla crisi del settore delle costruzioni. I sindacati hanno richiesto anche l'attivazione di un tavolo nazionale al Ministero dello sviluppo economico –:
   se il Ministro interrogato non intenda convocare un tavolo per fronteggiare la crisi in atto i presso il Ministero dello sviluppo economico al fine di salvare i livelli occupazionali e dare uno sbocco di prospettiva alle parti sociali e al territorio coinvolto. (5-09217)


   SPESSOTTO, LIUZZI e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la concessione in esclusiva, a favore di Poste Italiane – quale fornitore del servizio universale postale – dei servizi di notifica e comunicazione degli atti giudiziari, nonché dei servizi inerenti alle notificazioni delle violazioni del codice della strada, la cosiddetta riserva legale, è stata di recente prorogata almeno per un altro anno, fino al giugno 2017;
   la proroga è intervenuta anche a seguito delle richieste avanzate al Governo dai vertici di Poste italiane in merito al mantenimento della concessione in esclusiva del servizio di notifica a favore di Poste, che, secondo l'ultimo bilancio della società, vale 329 milioni di euro l'anno;
   stando a quanto denunciato dall'associazione delle aziende di private di recapito e distribuzione postale, l'area di esclusiva in capo a Poste italiane avrebbe provocato un aumento di costi di notifica dei verbali, maggiorati di quasi il 100 per cento rispetto ai prezzi medi di mercato;
   sulla questione della riserva legale è intervenuta anche l'autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) che in più occasioni ha segnalato come il mantenimento della suddetta riserva per gli invii raccomandati attinenti alle procedure giudiziarie e per i servizi inerenti alle notificazioni a mezzo posta delle infrazioni al codice della strada, oltre a impedire l'ampliamento del mercato, si ponga in contrasto con la normativa comunitaria di riferimento contenuta nella terza direttiva postale, la quale sancisce espressamente il divieto di mantenere «in vigore diritti esclusivi o speciali per l'instaurazione di servizi postali», atteso che «tale riserva non appare fondata su motivazioni di carattere pubblicistico o di sicurezza delle notifiche stesse»;
   anche in occasione del ciclo di audizioni svolto dalle Commissioni riunite finanze e attività produttive della Camera, nell'ambito dell'esame istruttorio in prima lettura sul disegno di legge concorrenza, l'AGCM ha precisato che «l'apertura alla concorrenza del segmento di mercato delle notificazioni a mezzo posta, che si otterrebbe dall'approvazione del disegno di legge [...], comporterebbe indubbi benefici per le pubbliche amministrazioni che potrebbero selezionare offerte più vantaggiose»;
   fatta eccezione per l'Italia, una riserva di legge sul recapito degli atti giudiziari è attualmente presente soltanto in Portogallo e in Ungheria, mentre 25 dei 28 Stati membri dell'Unione europea hanno provveduto a liberalizzare tale settore, in conformità con quanto previsto dalla Terza direttiva postale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga che il mantenimento di un'area di riserva, come quella legale, in capo a Poste italiane, si ponga in contrasto con i principi di libera concorrenza del mercato e, in particolar modo, con la terza direttiva postale europea, arrecando in tal senso un pregiudizio agli utilizzatori finali del servizio e quali iniziative intenda assumere al riguardo. (5-09219)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FERRARA, COSTANTINO, QUARANTA, FAVA, SCOTTO, PALAZZOTTO, SANNICANDRO, PIRAS, MELILLA, DURANTI, NICCHI, FOLINO, D'ATTORRE, FRANCO BORDO, FASSINA, ZARATTI, GREGORI, PANNARALE, MARCON, AIRAUDO e PLACIDO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia ANSA, redazione di Ancona, riporta un articolo inerente alla crescente penetrazione della criminalità organizzata nella regione Marche in cui si identificano in 58 i beni confiscati alla mafia proprio nelle Marche alla fine del 2015, più che raddoppiati rispetto al 2013, quando erano 21;
   questo dato, dell'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, può dimostrare sia il risultato dell'attività di contrasto alle associazioni mafiose, ma anche, secondo Unioncamere Marche, Libera e Legambiente, «la crescente penetrazione della criminalità organizzata nella regione, attraverso il riciclaggio di denaro sporco, l'acquisto di proprietà immobiliari e attività economiche, il controllo del mercato della contraffazione e i crimini ambientali, con ripercussioni sul sistema produttivo e distorsioni della concorrenza tra imprese». Il punto su «Legalità e sviluppo» sarà fatto in un convegno organizzato il 21 luglio 2016 a Fermo nella sede della camera di commercio;
   secondo le tre associazioni, a incidere pesantemente sul sistema produttivo marchigiano c’è «la piaga della contraffazione. Quasi 3 mila i sequestri in cinque anni. In particolare, prodotti tessili, dell'abbigliamento e delle calzature ma anche cosmetici, giocattoli e prodotti alimentari, con un poco invidiabile primato. Le Marche, nei primi sette mesi del 2015, è stata la regione con il maggior sequestro di falsi prodotti biologici da parte della Guardia di finanza: 44.564 chilogrammi». La conseguenza è che il 75 per cento dei consumatori non si fida di quello che trova nel piatto;
   il presidente di Unioncamere Marche Graziano Di Battista spiega che con questa iniziativa si propone di portare al centro del confronto politico, istituzionale e sociale i valori della legalità e della giustizia nel mondo economico e imprenditoriale, affrontando temi come la lotta alla contraffazione, i crimini ambientali e il contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata nelle Marche. Dopo gli interventi di Di Battista e dell'assessore regionale all'ambiente, Fabrizio Cesetti, sarà il presidente dell'Ordine degli avvocati di Fermo, Francesca Palma, a relazionare sulla lotta alla contraffazione e la tutela dei marchi. Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche, parlerà invece della buona gestione del territorio e della valorizzazione dell'ambiente come opportunità di crescita e di sviluppo, Paola Senesi, referente di Libera per le Marche, del ruolo dell'associazione e della penetrazione della criminalità organizzata nella regione –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se il Ministro dello sviluppo economico non intenda intervenire a tutela del mondo economico ed imprenditoriale attraverso la lotta alla contraffazione e quali iniziative intenda intraprendere a tal fine;
   se i Ministri interrogati intendano attuare politiche di prevenzione di tali fenomeni e come intendano contrastarli.
(4-13858)


   CORDA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di pochi mesi fa che la Nuova Karel Soluzioni seri non ha vinto la gara di appalto relativa al ri novo della commessa Zurich Assicurazioni, per la quale, si noti, era stata concepita dalla XEROX s.p.a. sul territorio della Sardegna e che costituisce da 13 anni l'unica commessa della società suddetta;
   tale circostanza avrà effetti devastanti sul destino dell'azienda, e su quello dei lavoratori e delle loro famiglie, in quanto trattasi di una società monocommessa e, pertanto, in assenza di un tempestivo intervento istituzionale, alla scadenza del contratto (31 luglio 2016) si addiverrebbe al licenziamento di tutti i lavoratori, come dall'azienda già espressamente paventato;
   è in questo contesto che si inseriscono le vicende relative ai 142 lavoratori impiegati dalla società Nuova Karel Soluzioni s.r.l. Unipersonale con sede a Cagliari e interamente posseduta dalla XEROX s.p.a., la quale nel luglio 2011 ha acquisito dalla società Innova Consulting s.r.l. (società facente parte del gruppo assicurativo Zurich Italia) il call center relativo alla vendita con modalità inbound di polizze RC auto, il back office di emissioni polizze, il servizio reclami, l'ufficio sinistri e ispettorato sinistri Cagliari, il servizio post vendita di polizze del ramo vita;
   la società che ha vinto l'appalto per le attività di vendita, assistenza e apertura sinistri per conto di Zurich Assicurazioni è la Comdata s.r.l., e ha già manifestato la propria intenzione di trasferire l'attività da Cagliari a Padova, pur essendo presente sul territorio sardo con una sede operativa nel comune di Sestu (Cagliari);
   la società Comdata s.r.l. si è resa disponibile ad assorbire una parte circa 80 su un totale di 142 – degli attuali lavoratori di Nuova Karel Soluzioni ma senza alcuna garanzia in ordine alla continuità lavorativa e di contratto, anzi con una condizione salariale peggiorativa –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intendano assumere le iniziative di competenza per addivenire ad una soluzione che scongiuri la chiusura della Nuova Karel Soluzioni s.r.l. o quanto meno garantisca l'assorbimento di tutti i dipendenti da parte della società risultata aggiudicatrice dell'appalto, con il mantenimento di tutte le garanzie contrattuali per i lavoratori attualmente in essere, soprattutto dal punto di vista economico.
(4-13860)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Culotta n. 5-01870 del 15 gennaio 2014;
   interpellanza urgente Secco n. 2-01402 del 24 giugno 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Rosato n. 5-02075 del 6 febbraio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13881;
   interrogazione a risposta scritta Ribaudo e altri n. 4-13642 del 30 giugno 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-09214.