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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 18 luglio 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con l'ormai noto termine «terra dei fuochi» si intende quella vasta area che comprende un territorio di oltre 1000 chilometri quadrati all'interno del quale sono situati oltre 50 comuni facenti parte della provincia di Napoli e Caserta. All'interno di tale area vivono oltre 2 milioni e mezzo di persone;
   il fenomeno dello smaltimento di rifiuti, spesso speciali, attraverso l'incendio degli stessi, è oggi, più che mai, diffuso e oltremodo frequente;
   i cumuli di rifiuti infatti continuano ad essere riversati nelle campagne e ai margini delle strade per poi essere dati alle fiamme;
   la combustione di rifiuti, sia urbani che speciali, continua a produrre fumi e detriti pericolosi per la salute dei cittadini che vivono nelle zone interessate; la diossina e le diverse sostanza tossiche sprigionate dai numerosi roghi che è possibile avvistare ogni giorno raggiungono livelli preoccupanti. Un siffatto inquinamento è molto pericoloso, in quanto tali sostanze tossiche penetrano la catena alimentare attraverso gli animali da allevamento per poi raggiungere anche l'uomo;
   gravi, come ben si sa, sono le ripercussioni di immagine e conseguentemente economiche per le aziende agroalimentari del territorio;
   con il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136, Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 289 del 10 dicembre 2013, entrato in vigore il 10 dicembre 2013, decreto-legge convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 2014, n. 6, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 8 febbraio 2014, n. 32, il Governo ha introdotto il reato di combustione illecita dei rifiuti ed ha cercato di arginare il preoccupante fenomeno;
   l'11 luglio 2013 è stato siglato il cosiddetto «patto per la terra dei fuochi» finalizzato proprio ad arginare il fenomeno di cui sopra; firmatari di tale patto sono stati regione Campania, provincia di Napoli, provincia di Caserta, prefettura di Napoli, prefettura di Caserta, Anci Campania, comuni della provincia di Napoli (Acerra, Afragola, Caivano, Calvizzano, Casandrino, Casalnuovo di Napoli, Casoria, Cercola, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, Giugliano in Campania, Marano, Marigliano, Melito di Napoli, Mugnano, Napoli, Nola, Palma Campania, Pomigliano d'Arco, Qualiano, Roccarainola, Sant'Antimo, San Giuseppe Vesuviano, Somma Vesuviana, Terzigno e Villaricca) comuni della provincia di Caserta Agro Aversano (Aversa, Carinaro, Casaluce, Casal di Principe, S. Marcellino, Lusciano, Trentola Ducenta, Frignano, San Cipriano di Aversa, Gricignano di Aversa, Cesa, Teverola; Litorale Domitio: Castelvolturno, Mondragone, Villa Literno), comuni della zona atellana (Orta di Atella, Sant'Arpino Succivo); Arpa campania, asl napoli 1, asl Napoli 2, asl Napoli 3, asl Caserta, compartimento Anas, FAI – Fondo Ambiente Italia, Guardie ambientali d'Italia, Legambiente Campania, ISDE Medici per ambiente ed un delegato del Ministro dell'interno per roghi rifiuti;
   è notizia recente che, proprio in relazione al patto per la terra dei fuochi, è arrivato il «via libera» definitivo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della regione con cui vengono stanziati sette milioni e cinquecento mila euro a favore di molti comuni all'interno del territorio della terra dei fuochi. I comuni interessati dal finanziamento sono i seguenti: Giugliano, Parete, Villaricca e Melito (1 milione di euro), Caivano e Crispano (500 mila euro), Frattamaggiore e Sant'Antimo (499 mila euro), Saviano e Nola (399 mila euro), Marigliano, Brusciano, Castello di Cisterna e Mariglianella (728 mila euro), Marano (250 mila euro), Striano, San Giuseppe Vesuviano, Palma Campania e Somma Vesuviano (505 mila euro), Afragola (249 mila euro), Casalnuovo e Pomigliano d'Arco (249 mila euro), Qualiano e Calvizzano (499 mila euro), Mugnano (30 mila euro), Villa Literno (30 mila euro), Casandrino (30 mila euro), Castelvolturno e Mondragone (470 mila euro), Aversa (30 mila euro), Villa di Briano (30 mila euro), Orta di Atella (30 mila euro), Casamarciano (30 mila euro), Terzigno (30 mila euro), Sant'Arpino (30 mila euro), Casal di Principe, San Cipriano e Casapesenna (90 mila euro), Caserta e Maddaloni (340 mila euro), Napoli (30 mila euro), Carinaro e Scisciano (60 mila euro), Cesa (121 mila euro), Trentola Ducenta e San Marcellino (495 mila euro), Casaluce (30 mila euro), Acerra (30 mila euro), Casoria (30 mila euro), Cercola (31 mila euro);
   i fondi stanziati a favore dei comuni interessati risultano tuttavia non sufficienti. Si tratta infatti di poco più di 7 milioni di euro per più di 50 comuni del Napoletano e del Casertano che sono fortemente interessati, da molti anni, da un inquinamento senza pari. Vi sono inoltre dei dati che lasciano davvero perplessi come il caso del comune di Acerra il quale, a fronte di una richiesta di 248 mila euro ha ottenuto solo 30 mila euro, il minimo stabilito dalla regione. Altro dato che lascia allibiti è la cifra destinata alla città di Napoli a fronte dei 250 mila euro richiesti ne sono stati stanziati appena 30 mila;
   il 12 luglio 2016 si è tenuto, presso la prefettura di Napoli, negli uffici della protezione civile, l'incontro tra una delegazione del Movimento 5 Stelle composta dal primo firmatario del presente atto, le senatrici Paola Nugnes (Commissione ambiente e Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati) e Vilma Moronese (Commissione permanente territorio, ambiente, beni ambientali), Vincenzo Viglione (consigliere regionale M5S – Commissione ambiente, energia e protezione civile della regione Campania), Rosalba Rispo (portavoce consigliere M5S Parete), Gennaro Cozzolino (portavoce consigliere M5S Ercolano) da un lato, e il viceprefetto Donato Cafagna, Commissario antiroghi in Campania ed il Commissario di Governo per le bonifiche Mario De Biase, dall'altro lato. Durante tale incontro sono emerse tutte le criticità che ancora affliggono quel territorio campano;
   per monitorare la situazione in cui versa la terra dei fuochi, non si può fare riferimento esclusivamente al dato fornito dal personale dei vigili del fuoco, in quanto questi ultimi riportano esclusivamente i roghi che vengono da loro sedati. Spesso e volentieri, infatti, capita che i vigili del fuoco, come nel caso in cui vengano appiccati più roghi all'interno di uno spazio ristretto ed a distanza di poco tempo l'uno dall'altro, non fanno in tempo a sedare più roghi contemporaneamente. Dato, questo, che deve ovviamente essere relazionato con la circostanza che il personale impegnato per lo spegnimento dei roghi tossici è carente dal punto di vista numerico e non congruo con quella che è la portata del problema che affligge il territorio. Così come non è frequente il caso che i roghi si spengano senza l'intervento del personale specializzato e quindi il rogo non viene registrato –:
   se il Governo sia a conoscenza dello stato attuale in cui versa il territorio della terra dei fuochi;
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere per arginare il fenomeno sopra descritto e per tutelare la salute dei cittadini che abitano la zona, nonché la salute dei cittadini tutti;
   quali iniziative si intendano intraprendere per aiutare gli operatori economici del settore agroalimentare che vengono danneggiati dalla situazione sopradescritta;
   di quali dati ufficiali siano in possesso relativamente al fenomeno dei roghi tossici che, ormai quotidianamente, vengono accessi nella zona della terra dei fuochi;
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di potenziare e rendere maggiormente efficiente il personale impegnato nel sedare i roghi tossici che interessano il territorio in questione;
   quali iniziative di competenza intendano intraprendere al fine di prevenire il fenomeno della combustione dei rifiuti all'interno del territorio della «terra dei fuochi»;
   quali tempi vi siano in ordine all'effettiva messa a disposizione dei fondi di cui in premessa in favore dei comuni della «terra dei fuochi»;
   se intendano assumere iniziative per stanziare ulteriori fondi a favore dei comuni della «terra dei fuochi» dal momento che le cifre erogande sono non sufficienti. (4-13833)


   RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il servizio pubblico di trasporto ferroviario regionale in Campania è stato commissariato con la nomina di un commissario ad acta avvenuta con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze in data 9 novembre 2012, ai sensi dell'articolo 16 , comma 5, del decreto-legge n. 83 del 2012;
   il predetto commissario aveva il compito di predisporre un piano di rientro dal disavanzo ed un piano di pagamento dei debiti di durata non superiore a 5 anni;
   il predetto commissario ha elaborato detti piani con un arco temporale di 5 anni (2013-2017);
   tali piani sono stati oggetto di un apposito accordo di approvazione firmato dai Ministri competenti e dal presidente della regione e registrati alla Corte dei conti;
   ai sensi del predetto accordo di approvazione, il commissario ad acta deve accertare le responsabilità dell'avvenuto dissesto delle società regionali ferroviarie e la sua attività deve essere monitorata da un apposito tavolo tecnico;
   in base al decreto-legge n. 83 del 2012, il ruolo del commissario scade solo in data 31 dicembre 2017;
   il predetto commissario è stato più volte rinnovato nell'incarico e l'ultimo incarico di rinnovo risulta scaduto il 9 marzo 2016;
   essendo ormai trascorsi anche i 45 giorni di proroga legale, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 444 del 1994, la posizione in esame risulta vacante con potenziali responsabilità delle autorità preposte alla nomina (Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la regione Campania);
   risulta che devono essere pagati ancora debiti per oltre 500 milioni di euro, per il pagamento dei quali è indispensabile l'attività di vigilanza del commissario ad acta;
   risulterebbero, a quanto consta all'interrogante, stipulati accordi e transazioni con i creditori senza previa autorizzazione del commissario, in carica fino al 9 marzo 2016, e ciò potrebbe configurare, ove fosse confermato, il mancato rispetto dell'articolo 2638 del codice civile;
   il presidente della giunta regionale, nel mese di aprile 2016, ha inviato una lettera al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per richiedere il rientro nella gestione ordinaria in contrasto con la normativa nazionale vigente;
   successivamente è stata presentata e approvata una delibera di giunta regionale il 14 giugno 2016 avente ad oggetto «presa d'atto della scadenza del commissario ad acta ex articolo 16, comma 5, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e determinazioni conseguenti» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei gravi fatti sopraesposti e, conseguentemente, quali iniziative intenda adottare per superare quella che appare all'interrogante una condotta omissiva, attesa la rilevanza delle risorse pubbliche destinate al risanamento del trasporto regionale ferroviario in Campania, sulla base di una legge che prevede necessariamente la presenza, con funzione di garanzia della figura istituzionale del commissario ad acta. (4-13838)


   FRUSONE e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la LEM (Linea-Ecologica Mangia) è una società napoletana che ha diverse sedi tra cui una a Ferentino (FR);
   nel dicembre 2014 si conclude l'operazione «Pestilentia», per traffico illegale di rifiuti di origine animale. L'azienda con sedi a Ferentino (Frosinone), Caivano (Napoli) e Thiesi (Sassari), produceva mangimi e olii utilizzando carcasse di animali colpiti da peste suina e morbo dalla lingua blu e li rivendeva in tutta Italia;
   i quattro soci Antonio Mangia, amministratore unico, Mario Mangia, addetto all'impianto di Ferentino (Frosinone), Pietro Mangia, addetto all'impianto di Caivano (Napoli), e Tommaso Gatta, direttore dell'impianto di Thiesi (Sassari), furono tutti arrestati con l'accusa di associazione a delinquere, traffico illegale di rifiuti, con l'aggravante di diffusione di malattie animali. Invece di distruggerli definitivamente in modo da non contribuire ad un eventuale contagio, i corpi degli animali venivano rimessi in circolo sotto forma di mangimi;
   già nell'ottobre 2014, i cittadini di Ferentino (Frosinone) lamentavano odori nauseabondi in tutta la città e oltre, denunciando la situazione ai carabinieri, che avevano provveduto a sequestrare lo stabilimento per irregolarità nelle autorizzazioni relative alle emissioni in atmosfera;
   la società – difesa dall'avvocato Francesco Scalia, che, tra l'altro, è senatore e membro della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, creando a giudizio dell'interrogante un'inopportuna commistione di ruoli – è in giudizio contro la regione Lazio, la quale ancora non si è espressa per un procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale per un altro impianto di trattamento di rifiuti della LEM a Ferentino (Frosinone);
   nel ricorso al TAR del Lazio si diffida la regione ad adempiere e, tramite l'avvocato Scalia, si scrivono inopportune, quanto non richieste, considerazioni riguardanti l'impianto, come ad esempio che «il progetto non può avere effetti negativi e significativi sull'ambiente»;
   con la determina n. G06496 dell'8 giugno 2016, pubblicata sul BURL n. 47 del 14 giugno 2016, la direzione governo dei rifiuti della regione Lazio ha stabilito che il nuovo impianto progettato dalla LEM Italia srl, sito in Ferentino, deve essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale;
   «La valutazione condotta permette di concludere che la proposta progettuale presentata, data la tipologia e la sua localizzazione, possa determinare potenziali ricadute negative e significative sull'ambiente circostante rispetto alla situazione attuale, pur essendo l'area collocata all'interno di un sito produttivo», questa la motivazione del provvedimento regionale;
   il territorio di Ferentino (Frosinone) si trova all'interno del perimetro del SIN Valle del Sacco, ossia in quelle aree contaminate molto estese classificate più pericolose dallo Stato italiano e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e/o delle acque superficiali e sotterranee per evitate danni ambientali e sanitari;
   la valutazione di impatto ambientale è un processo di valutazione preventiva, integrata e partecipata, dei possibili impatti significativi e negativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale derivanti dalla realizzazione di progetti. Ha la finalità di proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto risorsa essenziale per la vita –:
   se il Governo sia a conoscenza dei particolari fatti esposti in premessa;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nell'espletamento del suo compito in materia di vigilanza sulla gestione dei rifiuti, non ritenga urgente promuovere ogni necessaria verifica di competenza in ordine alla situazione in atto, per rassicurare la popolazione di quel territorio preoccupata dai rischi di compromissione dell'ambiente. (4-13840)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, DAGA, MANLIO DI STEFANO e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che il corpo di Lesbia Janeth Urquia, che era stata in precedenza rapita, è stato ritrovato il 6 luglio 2016 nei pressi di una discarica di spazzatura a Marcala, nella regione di La Paz in Honduras a circa cento chilometri da Tegucigalpa. La donna è stata uccisa con un colpo di machete alla testa;
   Urquia apparteneva alla organizzazione non governativa Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene, dell'Honduras (Copinh), l'organismo fondato da Beta Caceres, l'attivista assassinata nel marzo 2016. Il Copinh lotta contro la costruzione di centrali idroelettriche in territori popolati da indigeni;
   per l'omicidio di Berta Caceres sono state arrestata 4 persone, fra le quali dei militari. Un altro attivista del gruppo, Tomas Garcia, era stato ucciso pochi giorni dopo l'omicidio di Caceres in circostanze poco chiare;
   Quarantanove anni, Urquia, lottava contro la costruzione della diga sul fiume Chinacla, che inonderebbe ettari ed ettari di territorio su cui vive il popolo indigeno dei Lenca, nell'Honduras occidentale. Madre di quattro figli, possedeva due alberghi e un mercatino dell'usato;
   «La morte di Lesbia Yaneth costituisce un femminicidio politico che cerca di far tacere le voci delle donne che con coraggio e valore difendono i propri diritti contro il sistema patriarcale, razzista e capitalista», dice il comunicato del Copinh. Dal 3 marzo, quando venne ammazzata Berta Caceres, il Copinh chiede giustizia per l'attivista, che pochi mesi prima aveva ricevuto il Premio Goldman, il massimo riconoscimento mondiale per i difensori dell'ambiente. Urquia organizzava la resistenza indigena e contadina contro la costruzione di un'impresa idroelettrica nel dipartimento di La Paz;
   quest'ultimo crimine si somma a una lunga fila di morti dello stesso tipo. L'organizzazione Global Witness ricorda che in Honduras sono stati uccisi 114 ambientalisti in poco meno di dieci anni;
   «Nel 2015, più di tre persone alla settimana sono morte assassinate per difendere la loro terra, i loro boschi e il loro fiumi delle industrie distruttive». A dirlo è il nuovo rapporto « On Dangerous Ground» pubblicato da Global Witness che documenta 185 morti di cui si è a conoscenza che sono avvenute l'anno scorso in tutto il mondo, che sarebbero solo una parte degli omicidi di difensori dell'ambiente ma che sono già il triste record delle vittime ambientaliste mai registrate, con un aumento del 59 per cento rispetto al 2014. Come spiegano a Global Witness, «Le gravi restrizioni informative esistenti comportano senza dubbio una cifra reale maggiore»;
   nel 2015 i Paesi più mortali per gli attivisti della terra e dell'ambiente sono stati: Brasile (50 morti); Filippine (33), mai così tanti in questo Paese asiatico; Colombia (26); Perù (12), Nicaragua (12) Repubblica democratica del Congo — Rdc (11). Tra le principali cause di questi assassinii ci sono: le miniere (42 casi), l'agroindustria (20), il disboscamento (15) e i progetti idroelettrici (15);
   Billy Kyte, responsabile champagne di Global Witness, evidenzia che «Con la continua richiesta di prodotti come minerali, legname e olio di palma, governi, imprese e bande criminali si stanno appropriando della terra ignorando la gente che ci vive. È sempre più comune che le comunità che vivono in questi territori si trovino nel mirino della sicurezza privata delle imprese, della forze statali e di un mercato fiorente che assolda i killer. Per ogni assassinato che documentiamo, ce ne sono molti altri che non vengono denunciati»;
   Kyte ricorda a tutti noi che «Gli assassinii che avvengono in aree in aree minerarie remote, in villaggi nel cuore delle selve tropicali e restano impuniti, sono il frutto delle decisioni che prendono i consumatori dall'altra parte del mondo. Le companies e gli investitori devono tagliare i loro legami con quei progetti che opprimono i diritti che hanno le comunità sulla loro terra. Il riscaldamento climatico e la crescita della popolazione implicano che ci sarà un aumento della domanda di terra e risorse naturali. Senza un intervento urgente, il numero di morti al quale stiamo assistendo attualmente sarà da considerarsi una minuzia in paragone con quel che sta per avvenire»;
   Global Witness chiede ai Governi dei Paesi più colpiti di: aumentare la protezione degli attivisti della terra e dell'ambiente che sono a rischio di subire atti violenti, intimidazioni e minacce; indagare sui delitti, comprese le menti corporative e politiche che sono dietro gli assassini, e portare gli autori davanti alla giustizia; difendere il diritto degli attivisti ad opporsi alla realizzazione di progetti nella loro terra e a garantire che le companies siano proattive nella ricerca del consenso delle comunità; risolvere le cause alla base della violenza contro i difensori, riconoscendo ufficialmente i diritti delle comunità sulla terra e combattendo la corruzione e le attività illegali che affliggono i settori delle risorse naturali;
   la complessità politica ed economica dei tempi attuali ci sovrasta. La globalizzazione ha in parte inglobato la precedente griglia geopolitica, sostituendola con un campo planetario aperto ai movimenti dei grandi capitali. In questo nuovo scacchiere l'Italia è parte del contesto europeo e come tale partecipa nel bene e nel male degli accordi commerciali firmati dall'Unione con altri partner. Spesso questi accordi vengono presi alle spalle e all'insaputa dei cittadini, ai quali non rimane che il ruolo di consumatori finali di prodotti sempre più globali. Il caso più eclatante è il TTIP, l'accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziato dal 2013 tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America, contro il quale si stanno mobilitando milioni di persone in tutto il continente;
   parallelamente l'Unione europea firma accordi commerciali analoghi con altre aree del pianeta — in particolare: con il Centro-America – in un percorso inarrestabile che vede sempre più minata la sovranità degli Stati e dei cittadini. Tecnicamente questi accordi mirano ad integrare i mercati, riducendo i dazi doganali e rendendo così possibile la libera circolazione delle merci, e a facilitare il flusso degli investimenti e l'accesso ai rispettivi mercati dei servizi e degli appalti. Di fatto questi accordi ridisegnano le aree di produzione, distribuzione e consumo delle merci andando spesso a distruggere aree economico-sociali nonché intere comunità e culture. Gli interroganti trovano ingiusto che l'Europa e quindi l'Italia debbano trovare e mantenere accordi commerciali con Paesi che non riescono a garantire al proprio interno i diritti fondamentali della persona e del lavoro;
   il 28 giugno 2016 il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva l'autorizzazione alla ratifica ed esecuzione dell'Accordo di associazione fra l'Unione europea ed i sei Stati centro-americani (Costarica, El Salvador, Guatemala, Honduras, Nicaragua e Panama), considerati come un'entità regionale integrata, fatto a Tegucigalpa il 29 giugno 2012 (Il Parlamento europeo ha dato il suo assenso per la ratifica nella sessione plenaria dell'11 dicembre 2012);
   l'Accordo in esame presenta un'ampiezza notevole, contando oltre al preambolo 363 articoli, e inoltre 21 allegati, alcune dichiarazioni e un protocollo relativo alla cooperazione culturale. Si rileva, in particolare, la mole dell'allegato I, dedicato alla soppressione dei dazi doganali, che da solo occupa quasi 1.700 pagine. Gli articoli dell'Accordo sono raggruppati in cinque parti: la parte prima è dedicata alle disposizioni generali e istituzionali, la parte seconda riguarda i profili del dialogo politico tra Unione europea e America centrale e pone fra gli obiettivi di esso l'istituzione di un partenariato politico privilegiato fondato sul rispetto e la promozione della democrazia, della pace, dei diritti umani. La parte terza riguarda i molteplici risvolti della cooperazione tra l'Unione europea e l'America centrale. Oltre a ribadire l'obiettivo del rafforzamento dello Stato di diritto, del buon governo e del rispetto dei diritti umani, nel settore della giustizia e della sicurezza si dà rilievo alla cooperazione per elevare il livello di protezione dei dati personali ai più rigorosi standard internazionali;
   per quanto concerne lo sviluppo e la coesione sociale si afferma la necessità che si accompagnino in parallelo allo sviluppo economico, e a tale scopo particolare rilievo assumono l'azione per la riduzione della povertà e dell'esclusione sociale, nonché le azioni positive nel campo dell'occupazione, della protezione sociale, dell'istruzione, della sanità, delle pari opportunità e, di particolare rilievo per la zona centroamericana, quelle a favore dei diritti e delle libertà fondamentali dei popoli indigeni;
   in più parti dell'accordo si ribadisce che a base dell'accordo stesso vi deve essere il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali, enunciati nella dichiarazione universale dei diritti dell'uomo; il principio dello Stato di diritto è alla base delle politiche interne e internazionali di entrambe le parti e costituisce un elemento essenziale dell'accordo;
   tra gli obiettivi perseguiti dalle parti vi è: a) rafforzare e consolidare i rapporti tra le parti attraverso un'associazione fondata su tre parti fondamentali dell'accordo tra loro interdipendenti: il dialogo politico, la cooperazione e gli scambi commerciali, sulla base del rispetto reciproco, della reciprocità e dell'interesse comune. L'attuazione dell'accordo utilizza appieno le disposizioni e i meccanismi istituzionali concordati dalle parti; b) sviluppare un partenariato politico privilegiato fondato su valori, principi e obiettivi comuni, in particolare sul rispetto e sulla promozione della democrazia e dei diritti umani, dello sviluppo sostenibile, del buon governo e dello Stato di diritto, con l'impegno a promuovere e proteggere questi valori e questi principi su scala mondiale, in modo da contribuire al rafforzamento del multilateralismo;
   il dialogo politico tra le parti crea le condizioni per varare nuove iniziative volte al perseguimento di obiettivi comuni e alla creazione di un terreno comune in ambiti quali: l'integrazione regionale, lo Stato di diritto, il buon governo, la democrazia, i diritti umani, la promozione e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dei popoli e degli individui indigeni, quali sanciti dalla dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni, le pari opportunità e l'uguaglianza di genere, la struttura e l'orientamento della cooperazione internazionale, le migrazioni, la riduzione della povertà e la coesione sociale, le norme fondamentali del lavoro, la tutela dell'ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali, la sicurezza e la stabilità regionale (compresa la lotta contro l'insicurezza dei cittadini), la corruzione, la droga, la criminalità organizzata transnazionale, il traffico di armi leggere e di piccolo calibro e delle relative munizioni, la lotta al terrorismo, la prevenzione e la risoluzione pacifica dei conflitti;
   se dunque l'accordo è vincolato essenzialmente al rispetto dei diritti umani gli interroganti sono dell'opinione che le morti degli ambientalisti sopra riportate ledano la rispettabilità dell'accordo e della posizione delle parti, a tal punto da augurare una revisione dell'accordo stesso;
   la durata dell'Accordo è illimitata, ma ciascuna delle Parti (articolo 354) può notificare per iscritto l'intenzione di denunciarlo: il Consiglio di associazione decide le eventuali misure transitorie necessarie, e la denuncia ha effetto trascorsi sei mesi dalla notifica. L'articolo 355 riguarda le misure che le Parti possono adottare affinché un'altra Parte adempia agli obblighi connessi all'Accordo in esame: è considerata violazione sostanziale dell'Accordo una denuncia dello stesso non autorizzata dalle norme generali di diritto internazionale, ovvero una violazione di elementi essenziali dell'Accordo medesimo;
   i movimenti sociali e popolari dell'America centrale hanno fortemente criticato e protestato contro questa tipologia di accordo che finisce per sostenere una logica neoliberista di saccheggio delle risorse naturali di quei Paesi, che già fortemente e per molti decenni, hanno subito diverse forme di colonialismo. Gli interroganti temono che questo tipo di logica neoliberista possa favorire le multinazionali, non solamente americane ma, in questo caso, anche europee, a discapito dell'ambiente e delle popolazioni locali dell'America centrale, nonché della qualità e degli standard dei beni e servizi europei;
   l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è un programma d'azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell'ONU. Essa ingloba 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Uno degli obiettivi dell'agenda è quello di garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo incoraggiando le imprese, in particolare le grandi aziende multinazionali, ad adottare pratiche sostenibili e ad integrare le informazioni sulla sostenibilità nei loro resoconti annuali;
   in data 29 giugno 2016 è stata approvata la risoluzione in Commissione affari esteri e comunitari n. 8-00188 prima firma Spadoni sul fenomeno chiamato « land grabbing», con la quale si è impegnato il Governo ad adoperarsi affinché nell'ambito del Comitato per la sicurezza alimentare (CFS) sugli investimenti responsabili in agricoltura (Responsible Agricultural Investment – RAI) venga valutato l'obbligo, per gli investitori, di rispettare i diritti alla terra legittimi delle donne, dei piccoli agricoltori e delle popolazioni indigene, facendo si che sia riconosciuto il principio del consenso previo, libero e informato per le forme tradizionali di uso della terra e sia prevista l'introduzione di misure atte a proibire le acquisizioni di terra su larga scala, compreso l'accaparramento di acqua e altre risorse naturali;
   è altresì opinione degli interroganti che sarebbe bene istituire una commissione internazionale imparziale per l'investigazione dei crimini esposti in premessa, cui possano partecipare la Commissione interamericana per i diritti umani, le organizzazioni internazionali per i diritti umani e gli organi governativi competenti –:
   quali iniziative efficaci di competenza intenda adottare affinché venga istituita la commissione internazionale per l'investigazione dei crimini evidenziati in premessa;
   se non ritenga opportuno adoperarsi in ogni sede competente al fine di evitare il ripetersi di certi eventi delittuosi;
    a seguito dei fatti esposti in premessa, se non ritenga opportuno farsi promotore in sede unionale della iniziativa di avviare una procedura di revisione dell'accordo di associazione fra l'Unione europea ed i sei Stati centro-americani che miri a rafforzare ulteriormente la promozione della sicurezza delle persone, dell'assetto democratico, della pace e dei diritti umani, così come previsto dall'accordo, pena la denuncia, dell'accordo stesso e la sua sospensione. (4-13837)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PAOLA BOLDRINI, CARROZZA, COMINELLI, CRIVELLARI, MARANTELLI, MONTRONI, PATRIARCA, PETRINI, ROSTELLATO e ZOGGIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 35 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, denominato «Sblocca Italia», prevede la realizzazione di una rete nazionale integrata di impianti di trattamento dei rifiuti, la cui individuazione è stata affidata alla Presidenza del Consiglio, superando in tal modo i problemi di coordinamento tra gli attori in campo (regioni, enti locali, gestori);
   sempre ai sensi del suddetto articolo è prevista l'individuazione della capacità complessiva di trattamento degli impianti di incenerimento di rifiuti urbani e assimilabili in esercizio o autorizzati a livello nazionale;
   dal punto di vista geografico, la situazione del nostro Paese è molto articolata con 28 impianti su 44 al Nord, 9 al Centro e solo 8 in tutto il Sud;
   il conferimento in discarica invece è inversamente proporzionale con il 56 per cento dei rifiuti del Sud che sono conferiti in discarica contro il 20 per cento del Nord;
   tale disomogeneità ha le sue ripercussioni anche in riferimento agli oneri di raccolta e smaltimento con il Mezzogiorno che presenta costi più alti;
   secondo un principio di sussidiarietà, stabilito anche in sede di conferenza Stato-regioni, diverse regioni del Mezzogiorno si sono rivolte ad alcune regioni del Nord per lo smaltimento dei rifiuti in impianto;
   è il caso ad esempio dell'accordo intercorso tra regione Emilia Romagna e regione Puglia che proprio in questi giorni vede lo smaltimento di rifiuti pugliesi presso gli impianti di Bologna e Ferrara;
   tuttavia, si tratta di una situazione una tantum e quindi non in grado di risolvere la questione in maniera permanente;
   su questo tema vi è una altissima sensibilità tra i cittadini preoccupati, soprattutto in merito alla provenienza e a ciò che viene smaltito negli impianti;
   al fine di garantire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza del ciclo di gestione integrato dei rifiuti come tra l'altro richiesto anche dalla direttiva 2008/98/CE, nonché ai sensi del decreto legislativo n. 281 del 1997, viene richiesta l'istituzione, presso la Conferenza Stato-regioni, di un apposito comitato per la gestione del ciclo dei rifiuti;
   il suddetto comitato avrebbe il compito di ottimizzare le politiche di gestione dei rifiuti e assicurare il monitoraggio e il coordinamento a livello nazionale delle stesse;
   è importante un'azione culturale da parte delle istituzioni competenti per evitare che i cittadini dei territori in cui insistono impianti di smaltimento si sentano terminali di comportamenti non virtuosi di altri comprensori con le immaginabili conseguenze in termini di tensione –:
   se il Comitato di cui in premessa sia effettivamente operativo e, in caso contrario, se e quali iniziative di competenza intenda assumere per promuovere tale importante sede per la gestione delle politiche inerenti al ciclo dei rifiuti;
   quale sia lo stato di realizzazione, regione per regione, degli impianti previsti ai sensi del decreto-legge «Sblocca Italia» e degli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare, nonché quali iniziative di competenza intenda porre in essere, in relazione alla situazione nelle regioni meno virtuose, al fine di promuovere una migliore e più efficace gestione dell'intero ciclo, superando la logica degli interventi di sostegno una tantum e le conseguenti tensioni nei comprensori sede di impianti di smaltimento. (5-09192)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ha destato non poco sconcerto l'avviso pubblicato dall'Agenzia delle entrate di Trieste, ufficio dei monopoli per il Friuli Venezia Giulia, per la nomina del gerente di una rivendita di monopoli, che avrà sede ad Aprilia Marittima, in comune di Latisana, al confine con Lignano Sabbiadoro;
   si legge nel bando che «il concorso è riservato alle seguenti categorie di persone, che possono disporre del locale, riconosciuto idoneo a discrezionale giudizio dell'ufficio delle dogane: profughi già intestatari di rivendita di generi di monopolio nel territorio di provenienza, oppure nel caso di decesso del profugo, coniuge o figli»;
   secondo il bando, quindi, possono partecipare in secondo luogo anche altri profughi che non abbiano maturato esperienza nel settore dei monopoli, purché parenti;
   il bando prevede anche altre categorie, come invalidi di guerra, orfani e vedove di guerra, decorati al valore militare, mutilati e invalidi del lavoro, con riduzione della capacità lavorativa non inferiore al 40 per cento e infine vedove di caduti sul lavoro, ma precisa che «sono preferite le persone appartenenti alla categoria “A”» cioè appunto i profughi;
   non solo è riconosciuta preferenza ai profughi, ma fra essi avrà maggiore punteggio chi ha il nucleo familiare convivente più numeroso;
   il vincitore del concorso sarà nominato gerente provvisorio, sottoposto ad un periodo di prova di tre anni, trascorsi i quali sarà concesso o meno – a discrezione dell'agenzia – l'appalto; dal conferimento della concessione, poi, il gerente avrà sei mesi di tempo per conseguire il certificato di idoneità professionale;
   la responsabile del procedimento, Clara Bellon, ha commentato l'anomalia di tale bando con un laconico «è quanto prevede la legge»;
   in effetti, l'articolo 21 della legge n. 1293 del 22 dicembre 1957 (Istituzione delle rivendite ordinarie) così recita: «Le rivendite ordinarie sono istituite dove e quando l'Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell'interesse del servizio. Nei Comuni con popolazione non superiore ai 30.000 abitanti le rivendite ordinarie di nuova istituzione sono assegnate in esperimento mediante concorso riservato agli invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge ed ai decorati al valor militare. Negli altri Comuni e nei capoluoghi di provincia le rivendite ordinarie sono appaltate in esperimento mediante asta pubblica rivendita è aggiudicata al concorrente che, osservati i requisiti posti nell'avviso di asta, offra il sopracanone più elevato. L'esperimento di cui ai precedenti commi dura un triennio, allo scadere del quale la rivendita, se non è stata soppressa, è classificata ai sensi dell'articolo 25 e può essere appaltata a trattativa privata o assegnata direttamente allo stesso titolare»;
   ai sensi dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1074 del 1958, recante approvazione del regolamento di esecuzione della legge 22 dicembre 1957, n. 1923, sulla organizzazione dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, «Le rivendite ordinarie istituite nei Comuni con popolazione non superiore ai trentamila abitanti sono assegnate in esperimento per il periodo di un triennio mediante concorso riservato alle seguenti categorie di persone, che dispongano di locale riconosciuto idoneo a discrezionale giudizio dell'Ispettorato compartimentale:
    a) invalidi di guerra, vedove di guerra e categorie equiparate per legge;
    b) decorati al valor militare.
   Le persone appartenenti alla categoria a) sono preferite a quelle appartenenti alla categoria b).
   Ai sensi dell'articolo 8 della legge 27 febbraio 1958, n. 173, i profughi, già intestatari di licenza di rivendita di generi di monopolio nei territori di provenienza hanno preferenza assoluta sulle persone appartenenti alle categorie a) e b).
   Fra i concorrenti appartenenti alla stessa categoria sarà preferito nell'ordine che segue:
    1) chi assomma i titoli di cui alle lettere a) e b);
    2) chi ha maggior carico di famiglia diretta;
    3) chi dispone del locale riconosciuto preferibile per il funzionamento della rivendita.»;
   l'articolo 1 della legge n. 173 del 1958 recita «L'assistenza prevista dagli articoli 3, 10 e 11 della legge 4 marzo 1952, n. 137, modificata con la legge 17 luglio 1954, n. 594, (è concessa fino al 31 dicembre 1963) a favore dei cittadini italiani appartenenti alle categorie indicate ai numeri 1, 2 e 3 dell'articolo 1 della citata legge n. 137, i quali siano in possesso della qualifica di profugo riconosciuta a sensi del decreto del Presidente della Repubblica 4 luglio 1956, n. 1117»;
   il decreto n. 1117 del 1956 dispone che per ottenere il riconoscimento della qualifica di profugo, ai fini dell'estensione dei benefici accordati per i concorsi ai reduci e per ogni altro fine dalle leggi previsto, i cittadini italiani debbano appartenere ad una delle categorie di profughi indicate dall'articolo 1 della legge 4 marzo 1952, n. 137, ossia «1) profughi dalla Libia, dall'Eritrea, dall'Etiopia e dalla Somalia, per quest'ultima limitatamente ai rimpatriati fino al 31 marzo 1950; 2) profughi dai territori sui quali, in seguito al Trattato di pace, è cessata la sovranità dello Stato italiano; 3) profughi da territori esteri; 4) profughi da zone del territorio nazionale colpite dalla guerra»;
   è bene ricordare che attualmente con il termine profugo non ci si riferisce a un vero e proprio status giuridico, a differenza invece del termine rifugiato, con cui viene spesso confuso, codificato successivamente dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e dai conseguenti provvedimenti, quale status ricevuto e riconosciuto dalla legge dello Stato ospitante in virtù delle convenzioni internazionali;
   il termine «profugo», dunque, per quanto utilizzato oggigiorno in maniera generica e senza alcun riferimento ad uno status giuridico specifico, non può che destare confusione e sconcerto anche a livello mediatico per come è adoperato nei bandi dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli per l'assegnazione della rivendita di tabaccherie quale categoria da preferire alle altre;
   il caso di Lignano Sabbiadoro, difatti, non costituisce un unicum; altri precedenti, a quanto risulta all'interrogante, sono già rappresentati, a titolo esemplificativo, dal bando n. 3876 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli – direzione territoriale della Toscana e dell'Umbria – sede di Firenze per una rivendita ordinaria da istituirsi nel comune di Campiglia Marittima; dal bando n. 182 dell'ufficio dei monopoli della Sardegna – sede di Cagliari per l'istituzione di una nuova rivendita nel comune di Sernobì; dal bando n. 10546 dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli – direzione territoriale della Toscana e dell'Umbria – sezione distaccata di Perugia per una rivendita ordinaria da istituirsi nel comune di Magione –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto esposto in premessa, quale significato debba attribuirsi al termine «profugo» come indicato nei bandi dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare in merito alla priorità riconosciuta nei sopracitati bandi, anche alla luce della più recente mutazione normativa in materia di diritto d'asilo.
(4-13836)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI e CAPARINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo aver ripristinato i controlli alla propria frontiera, la Confederazione elvetica sta attuando una politica assai rigorosa di contenimento dell'afflusso di migranti irregolari, di cui è parte essenziale la pratica quotidiana di consistenti respingimenti di cittadini extracomunitari;
   la circostanza sta determinando una situazione emergenziale nella provincia di Como, che rischia di ripercuotersi molto negativamente anche sulla capacità delle forze dell'ordine di esercitare un efficace controllo del territorio;
   sono infatti ormai molto numerosi gli uomini e i mezzi distaccati dalle forze dell'ordine ai servizi d'identificazione, accompagnamento, sistemazione e vigilanza del flusso dei migranti respinti e di quelli in arrivo a Como da altre province;
   in questo momento, la stazione di Como e le vie limitrofe in particolare sono occupate da numerosissimi cittadini stranieri, presunti profughi o irregolari conclamati, che attendono fiduciosamente uno «spiraglio di luce», ovvero un'improbabile possibilità di passare attraverso le maglie dei severi controlli delle guardie di confine svizzere;
   il sindacato autonomo di polizia aveva già più volte in passato evidenziato gli effetti negativi che una diminuzione degli organici della polizia di frontiera avrebbe dispiegato sulla capacità di sorvegliare efficacemente il «corridoio Milano-Como-Svizzera», divenuto per molti una via di fuga alternativa da esplorare, dopo la decisione assunta dai Governi di Austria e Francia di imporre una strettissima sorveglianza dei loro confini con il nostro Paese;
   la situazione venutasi a determinare nella provincia di Como in seguito ai respingimenti sistematicamente effettuati dagli svizzeri rende ormai indifferibile il potenziamento – anche temporaneo – degli organici delle forze dell'ordine schierati a ridosso della frontiera in supporto a quelle territoriali;
   risulta in particolare di strategica importanza il ruolo svolto dalla polizia di frontiera, di cui andrebbe fermato il ridimensionamento prematuro, anche per non determinare un sovraccarico ingestibile nell'attività quotidiana delle questure a ridosso dei confini dello Stato, come quella di Como, che sta cercando con grande slancio di affrontare l'ondata dei migranti provenienti da Milano in aggiunta a quella dei respinti dalla Svizzera;
   dopo Como, l'ondata in atto potrebbe interessare anche le province di Sondrio e Varese –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo, e in che tempi, per gestire l'ordine pubblico nella provincia di Como, il cui territorio è sottoposto a gravi tensioni per effetto del grande incremento della presenza di migranti irregolari che giungono dalle altre province prossime al confine per tentare l'attraversamento della frontiera svizzera, dove peraltro incontrano funzionari, doganieri e poliziotti che ne respingono un gran numero ogni giorno;
   quali iniziative e con quali tempistiche il Governo intenda assumere per il decongestionamento della stazione ferroviaria di Como e delle aree circostanti, occupate da un crescente numero di migranti irregolari;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per potenziare in chiave preventiva anche i distaccamenti delle forze dell'ordine a Sondrio e Varese, le cui province potrebbero divenire meta dei migranti in cerca di un percorso aperto verso il Nord Europa. (4-13839)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MILANATO e SECCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel periodo 2009-2016, in sede di ripartizione del contingente di organico di diritto spettante alle scuole statali, in seguito alla necessità di adottare misure di contenimento della spesa pubblica, il Veneto ha visto diminuire in misura consistente il numero del personale docente destinato alle scuole della regione;
   nel Veneto il trend della crescita della popolazione scolastica ha rilevato negli anni un graduale e costante aumento in quanto nel suo territorio non si è registrato negli anni il calo demografico con conseguente svuotamento delle classi, come è successo in altre regioni;
   nel periodo 2009-2016, a fronte di un aumento di 29.770 alunni, corrispondenti a circa 1.488 classi in più, i posti dell'organico di diritto del personale docente è diminuito di 4.221 unità, con un aumento del rapporto alunni/docenti dell'1,72 per cento;
   la situazione è confermata anche se si considera l'organico di fatto che ha visto diminuire di 4.569 posti le assegnazioni con un aumento del rapporto docenti/studenti dell'1,68 per cento e nonostante un incremento del numero degli alunni disabili di circa 3.900 unità;
   l'ufficio scolastico regionale del Veneto con lettera del 3 marzo 2015 ha avanzato richiesta di incremento dei posti in organico di diritto per l'anno scolastico 2016/2017, al fine di evitare un ulteriore deterioramento del servizio scolastico della regione;
   in particolare, la direzione generale dell'ufficio scolastico regionale aveva segnalato le seguenti criticità: 175 classi sovradimensionate che non era stato possibile sdoppiare (equivalenti a 289 posti mancanti), 1480 ore eccedenti all'orario prescritto di 18 ore (equivalenti a 82 cattedre risparmiate), 20 sezioni di scuola dell'infanzia non autorizzabili (pari a 40 posti mancanti), n. 8 turni pomeridiani di sezioni di scuola dell'infanzia non attivabili (pari a 8 posti), 130 cattedre di liceo musicale non inseribili al SIDI;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non solo non ha risposto, ma ha previsto per la determinazione dell'organico 2016/2017 una ulteriore riduzione di 92 posti rispetto all'organico 2015/2016;
   non risulta agli interroganti che altre regioni siano state messe nelle stesse condizioni della regione Veneto e non risulta chiaro quale sia stato il criterio logico sulla base del quale il servizio scolastico del Veneto abbia dovuto pagare e ancora paghi un prezzo più caro rispetto ad altre regioni alle quali è stato assegnato un numero maggiore di organici aggiuntivi, considerato che il Veneto è tra le regioni con il minor tasso di dispersione scolastica;
   l'ufficio scolastico regionale, con lettera del 30 giugno 2016 alla quale sono stati allegati 28 file excel nei quali sono state analiticamente illustrate e motivate le situazioni delle singole istituzioni scolastiche della regione, ha avanzato domanda di organico di fatto di 48.530 posti, 3.013 posti in più rispetto a quelli assegnati dal decreto interministeriale n. 634 del 2015 in organico di diritto;
   senza tale aumento di organico si corre il rischio, nell'anno scolastico 2016/2017, di avere classi sovraffollate con una media di 35 alunni per classe, con le evidenti conseguenze sulla qualità dell'insegnamento e dell'istruzione –:
   se il Ministro intenda assicurare la funzionalità e la qualità del servizio scolastico della regione Veneto accogliendo la richiesta avanzata dall'ufficio scolastico regionale di potenziamento dell'organico di docenti con un incremento dei posti assegnati, anche nel rispetto dei parametri dettati dalla normativa vigente in materia di dimensionamento delle classi. (4-13834)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'accordo sulla legge n. 107 del 2015 si sancisce, di fatto, il passaggio dalla chiamata diretta del dirigente scolastico alla chiamata per competenze;
   nonostante il cambiamento puramente nominale, tuttavia, non pare vi sia un aumento delle garanzie nell'individuazione dei docenti da assegnare alle sedi;
   saranno, infatti, sempre i dirigenti scolastici a nominare i docenti ed i requisiti oggettivi (una tabella di titoli individuata a livello nazionale) lasceranno comunque un margine fin troppo ampio di discrezionalità ai dirigenti scolastici;
   in tal modo, secondo l'interrogante, si rischia di alimentare logiche clientelari che rischiano di smantellare definitivamente l'impianto democratico della scuola;
   va sottolineato, inoltre, come il precedente meccanismo, baluardo del vecchio sistema di reclutamento che garantiva un ordine di priorità e precedenze in base a criteri non discrezionali, verrà sostanzialmente rimpiazzato dal possesso di titoli e certificazioni che rischia di avvantaggiare chi ne raccoglie in quantità industriale in maniera anche poco corretta rispetto a chi, invece, ha speso gran parte della propria vita a lavorare nelle classi;
   a quanto pare, peraltro, neanche il superamento di un concorso per l'accesso al ruolo verrà valutato –:
   se non ritenga doveroso assumere iniziative normative per sopprimere i commi 79, 80, 81 e 82 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 e ripristinare il reclutamento per graduatorie, che fornisce maggiore garanzia di trasparenza e legalità. (4-13835)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   COLLETTI e NESCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 maggio 2014 la signora Caterina Viscomi, nel dare alla luce il suo primogenito, è entrata in coma presso l'ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro e da allora non si è più ripresa;
   secondo la consulenza tecnica di parte disposta dal pubblico ministero ed affidata ai professori Albarello e Pietropaoli, l'anestesista, dottoressa Loredana Mazzei, è stata ritenuta responsabile di un grave errore sanitario avendo assunto durante il parto cesareo un comportamento contrassegnato di imperizia e negligenza;
   alcuni mesi dopo, la Mazzei è deceduta. Esistono prove documentali che attestano come la Mazzei, da diversi anni, presentasse un quadro clinico contrassegnato da comportamenti ispirati a un misticismo esasperato, al punto che il dottor Fabrizio Gennari, primario dell'ospedale Pediatrico «Bambino Gesù» di Roma che aveva stipulato un rapporto di collaborazione con l'ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, aveva chiesto al dottor Mario Verre, primario del reparto di rianimazione del Pugliese-Ciaccio, che la Mazzei venisse con urgenza, sollevata dall'incarico. Agli atti è emerso che nel 2012 era stato aperto un procedimento disciplinare nei confronti della Mazzei, procedimento che per motivi non chiariti è stato archiviato da Verre;
   il pubblico ministero ha chiesto al giudice delle indagini preliminari l'archiviazione del procedimento in seguito all'intervenuto decesso della Mazzei, in quanto unica responsabile di quanto accaduto. Tuttavia, il marito della signora Caterina Viscomi, il signor Paolo Lagonia, ha presentato istanza di opposizione corredata da una memoria integrativa rispetto alla richiesta di archiviazione, per due ordini di motivi. In primo luogo, l'evento si è verificato all'interno di una sala operatoria nella quale erano presenti altri quattro soggetti professionisti, tenuti a svolgere attività medico-chirurgica in équipe, cioè attività contraddistinta da costante collaborazione e interazione per il raggiungimento di un obiettivo comune (vita e integrità psicofisica della paziente). Ebbene, tali soggetti, pur potenzialmente indagabili per comportamenti anche omissivi costituenti reato, hanno rilasciato dichiarazioni che evidenziano circostanze non riscontrate nelle cartelle cliniche, a loro discarico e ad esclusivo sfavore della Mazzei, come se ella fosse stata l'unico soggetto ad avere accesso al monitor di sala operatoria e soprattutto l'unico soggetto a dover vigilare sull'andamento dell'operazione (fatto questo incontrovertibilmente negato sia dalle linee guida per la sicurezza in sala operatoria che da una copiosa e univoca giurisprudenza di legittimità). In secondo luogo, non si è adeguatamente approfondito il comportamento tenuto dai vertici dell'azienda sanitaria, nonché dal primario della rianimazione, Verre (diretto superiore della Mazzei) risultando palese che a causa delle problematiche comportamentali della Mazzei, inibirle di operare in area di emergenza già dal 2012 avrebbe dovuto rappresentare un obbligo inderogabile per il responsabile del servizio. Il contegno omissivo di Verre nonché degli altri chiamati a sospendere la Mazzei, ponendosi come antecedente causale ai fatti succeduti, si appalesa quantomeno fonte di responsabilità autonoma e correlata agli eventi, che di certo non può passare inosservata;
   in data 11 gennaio 2016, il giudice per le indagini preliminari, con ordinanza, ha rigettato la richiesta di archiviazione invitando il pubblico ministero ad un adeguato approfondimento delle indagini che dovrà avvenire entro il termine di 6 mesi;
   in data 20 gennaio 2016 il Ministero della salute – direzione ministeriale programmazione sanitaria, livelli essenziali di assistenza e principi etici del sistema – ha chiesto all'assessorato calabrese una relazione sulla vicenda accaduta a Caterina Viscomi, segnalando l'urgenza di acquisire ogni utile elemento informativo sul caso e chiedendo alla regione di verificare quanto accaduto e comunicare con sollecitudine gli esiti delle verifiche –:
   se il Ministro abbia già disposto o intenda promuovere, per quanto di competenza, un'ispezione presso l'Ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro per verificare perché non venne mai sospesa o licenziata la dottoressa Mazzei e se vi siano stati altri casi in cui il suo comportamento abbia provocato danni o decessi ai pazienti del medesimo ospedale. (3-02397)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Scotto n. 2-00543 del 16 maggio 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Colletti e Nesci n. 5-07964 del 2 marzo 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02397.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n. 5-09141 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 653 del 13 luglio 2016. Alla pagina 39677, seconda colonna, alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «legate al caso Regeni, di esprimersi in», e non come stampato.