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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 luglio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la recente consultazione referendaria svoltasi nel Regno Unito il 23 giugno 2016, avente ad oggetto la permanenza o l'uscita del Paese dall'Unione europea, ha visto la prevalenza dei voti favorevoli all'uscita;
    tale fatto è potenzialmente in grado di modificare le scelte di un numero considerevole di imprese operanti in quel Paese, per allocare in altri Stati i propri investimenti e generare importanti ricadute in termini di occupazione per gli Stati che sapranno essere maggiormente attrattivi;
    infatti, appena conosciuto l'esito del voto, numerose imprese operanti nel Regno Unito hanno iniziato a elaborare studi per valutare concretamente le modalità operative per la realizzazione dell'ipotesi detta e ridurre la propria presenza nel Paese. Fatto confermato dai mezzi d'informazioni anglosassoni, che hanno ipotizzato un trasferimento di numerose imprese e di migliaia di lavoratori verso altre piazze europee;
    sono soprattutto gli investitori stranieri presenti a Londra quelli maggiormente interessati al trasferimento, poiché temono l'incertezza causata dal periodo transitorio necessario per perfezionare giuridicamente la decisione politica, oltre alla possibile perdita di competitività del Regno Unito derivante dalla scelta referendaria espressa;
    i prossimi mesi, quindi, nonostante le preoccupazioni politiche per la stabilità dell'Unione europea stessa, possono rappresentare anche un'importante opportunità per i Paesi che sapranno creare le condizioni favorevoli a imprese ed individui per trasferire presso di se la sede di attività e di vita;
    gli analisti segnalano, ad una prima sommaria valutazione, come possibile il fatto che le eventuali scelte di trasferimento possano premiare soprattutto l'Olanda, ma in seguito ad approfondimenti ritengono tale ipotesi come improbabile, perché, anche in questo Paese, è possibile lo svolgimento di un referendum per l'uscita dall'Unione europea. Essendo molto alta la percentuale dei cittadini «euroscettici», le imprese che dovessero trasferirsi in Olanda potrebbero doversi confrontare, a breve termine, con le medesime incertezze attualmente connotanti lo scenario anglosassone, rendendola meno attrattiva come sede di trasferimento;
    tenendo conto della descrizione sopra fatta, l'Italia potrebbe e dovrebbe candidarsi ad essere in prima fila tra i Paesi in grado di attrarre gli investimenti delle aziende che stabiliranno di trasferirsi dal Regno Unito verso un altro Paese dell'Unione europea. Per riuscirvi, è però necessario elaborare un piano che renda conveniente tale trasferimento;
    sono ben noti i limiti da superare nel sistema Paese, limiti che sono di ostacolo alla capacità italiana di attrarre investimenti esteri. Ci si riferisce, in particolare, al sistema burocratico amministrativo, troppo spesso inefficiente, tanto da esser percepito come un freno, invece che un volano per l'economia;
    anche l'eccessivo costo del lavoro non premia l'Italia, rendendo la produzione italiana scarsamente competitiva in ambito globale a causa di tasse, imposte, contributi e, in generale, dell'imposizione fiscale che nel complesso risulta troppo gravosa, anche a causa del fatto che gli adempimenti sono molto numerosi, nonché di difficile assolvimento, poiché il pagamento è distribuito su un lasso di tempo amplissimo;
    quanto esposto è confermato dai dati pubblicati nei rapporti nazionali e internazionali, che situano l'Italia stabilmente agli ultimi posti nella graduatoria per capacità di attrazione degli investimenti dall'estero tra i Paesi occidentali industrializzati;
    la Commissione europea, nelle sue pubblicazioni realizzate dal direttorato per gli affari economici e monetari relative all'andamento delle economie della zona euro, non manca di evidenziare come una delle maggiori cause della mancata crescita delle aziende operanti in Italia sia imputabile ad un eccesso di burocrazia;
    l'Italia subisce una bocciatura anche in termini di produttività. Gli investimenti sono decisamente scarsi, soprattutto quelli che si basano su modi di produzione che si avvalgono delle tecnologie più avanzate, quelle in grado di rendere maggiori vantaggi presenti e futuri;
    sempre la Commissione segnala che il risultato domestico relativo al total factor productivity si è discostato nel tempo in maniera significativa da quelli del resto dell'eurozona. Con esso si misura la produttività totale dei fattori a livello macroeconomico. Il total factor productivity rappresenta la misura della crescita del prodotto interno lordo imputabile al progresso tecnico e alle riforme strutturali realizzate, misurando il divario tra la crescita del prodotto interno lordo e la crescita degli input utilizzati nella produzione. Se aumentasse, si otterrebbe in un corrispondente aumento dello standard di vita e del benessere globale;
    si consideri che la situazione nel resto d'Europa è migliore di quella italiana. Nei Paesi europei crescono gli investimenti diretti esteri, mentre l'Italia rimane fuori dalle scelte delle grandi compagnie straniere. Secondo l’European attractiveness survey 2016, gli investimenti diretti esteri in territorio europeo nel 2015, hanno raggiunto un livello record con oltre 5.000 operazioni pari a un incremento del 14 per cento. Investimenti che hanno portato alla creazione di quasi 220.000 nuovi posti di lavoro, pari a un incremento del 17 per cento. Da questo panorama l'Italia è esclusa perché non compare tra i primi 20 Paesi per numero di occupati aggiuntivi generati dai capitali stranieri. Al primo posto c’è il Regno Unito, con oltre 42.000 posti di lavoro, seguito da Polonia e Germania. In fondo si trova la Danimarca con 2.000 posti di lavoro, mentre l'Italia ha un rendimento ancor peggiore poiché si ferma a 1.383 posti di lavoro, con solo 55 investimenti diretti provenienti dall'estero;
    lo stesso Censis ha dimostrato la ridotta capacità di attrarre capitali stranieri. L'Italia occupa il 65o posto nel mondo per procedure, tempi e costi necessari per avviare un'impresa, ottenere permessi di costruzione, risolvere una controversia giudiziaria;
    si è registrata una frenata degli investimenti diretti esteri in Italia rispetto al 2007, l'anno precedente l'inizio della crisi; essi sono diminuiti del 58 per cento. Se la crisi ha colpito tutti i Paesi a economia avanzata, l'Italia si distingue particolarmente per la perdita di attrattività verso i capitali stranieri. L'Italia detiene solo 1'1,6 per cento dello stock mondiale di investimenti esteri, contro il 2,8 per cento della Spagna, il 3,1 per cento della Germania, il 4,8 per cento della Francia, il 5,8 per cento del Regno Unito. L'efficienza è un fattore decisivo per favorire la competitività di un Paese ed il nostro ha accumulato negli anni un forte gap soprattutto a causa, lo si ripete, dell'inefficienza della pubblica amministrazione;
    in Italia per ottenere tutti i permessi, le licenze e le concessioni di costruzione, occorrono mediamente 233 giorni, contro i 97 della Germania. Per allacciarsi alla rete elettrica servono 124 giorni in Italia, 17 in Germania. Per risolvere una disputa relativa a un contratto commerciale il sistema giudiziario italiano impiega in media 1.185 giorni, quello tedesco 394;
    quelli indicati costituiscono, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, i fattori che determinano in modo maggiore la scelta di non investire in Italia, mentre il numero delle imprese italiane delocalizzate continua a crescere;
    a dimostrazione di ciò si ricorda che Invitalia, l'Agenzia nazionale che aiuta gli imprenditori stranieri nell'insediamento di attività produttive nel nostro Paese, riesce solo in poche decine di casi l'anno a rendere effettivo un investimento straniero;
    sono numerose decine le grandi imprese internazionali che hanno abbandonato l'Italia negli ultimi anni a causa dei disservizi offerti. Perché il trend possa invertirsi è necessario dare maggiori certezze e convenienze per chi investe nel territorio italiano;
    lo stesso presidente della Bce ha recentemente sostenuto che servono ulteriori misure da assumere per uscire finalmente dalla crisi, spiegando che l'unica ricetta ipotizzabile consista nella lotta alla disoccupazione e che la migliore misura da adottare per portare l'occupazione a livelli accettabili rimane il miglioramento dei servizi offerti dalla macchina burocratica, assieme alle riduzione dell'imposizione fiscale. L'erogazione del credito, secondo il banchiere centrale, è condizione necessaria ma non sufficiente perché «Se in alcuni Paesi per un giovane imprenditore ci vogliono mesi prima di ottenere permessi e autorizzazioni per aprire un nuovo negozio, e se questo si troverà poi sovraccaricato dalla tassazione, non farà richiesta di credito»;
    nel contesto descritto, il nostro Paese ha già destinato risorse per la valorizzazione dell'area utilizzata per l'Expo 2015 di Milano, e questa area potrebbe essere individuata per la costituzione di un distretto sperimentale, per compiere una scelta politica essenziale per attrarre investimenti;
    potrebbe istituirsi una zona franca urbana, già disciplinata dall'ordinamento per altre zone del Paese da estendersi a Milano nella zona individuata. La zona franca è definita nell'ordinamento come una zona infra-comunale di dimensione prestabilita dove si concentrano programmi di defiscalizzazione per la creazione di imprese. Obiettivo prioritario è quello di favorire lo sviluppo economico e occupazionale, liberando potenzialità di sviluppo inespresse. Come detto, l'ordinamento già ne disciplina le modalità di costituzione e da anni dispone il loro finanziamento. La legge finanziaria 2007 ha istituito un fondo dedicato per ciascuno degli anni 2008 e 2009, mentre quella del 2008 ha confermato fondo e stanziamenti definendo in dettaglio le agevolazioni fiscali e previdenziali, da incrementare in modo sufficiente e necessario al miglior risultato qui auspicato;
    analogamente utile e necessaria appare la predisposizione, nell'area dell'Expò 2015 di Milano, di una zona a burocrazia zero, più volte legislativamente prevista ma mai effettivamente realizzata, adottando misure di semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi per le imprese stanziate nell'area detta;

impegna il Governo:

   ad adottare le apposite iniziative volte a costituire, nell'area Expò 2015 di Milano, una zona di sperimentazione secondo quanto descritto in premessa, con un orizzonte temporale di medio periodo;
   ad assumere iniziative per garantire nella zona sperimentale, al fine di attrarre investimenti, le facilitazioni derivanti dalle zone a burocrazia zero e quelli derivanti dalle zone franche urbane, realizzando le condizioni per assicurare semplificazioni burocratiche e amministrative;
   ad adottare iniziative per garantire alle imprese, in particolare: semplificazione e riduzione dei costi delle procedure amministrative; semplificazione delle modalità di accesso ai bandi pubblici e ai finanziamenti; miglioramento della conoscenza delle informazioni detenute dalla pubblica amministrazione mediante la creazione di uno sportello unico, che possa incrementare la qualità del supporto garantito dalla pubblica amministrazione alle imprese e la formazione specifica dei funzionari chiamati a svolgere questi compiti, per garantire una omogeneità di metodologia nel settore pubblico e privato, che possa garantire alle imprese la fornitura di servizi in modo semplice, chiaro, veloce ed efficiente; estensione dell'ambito dell'autocertificazione, innovando le modalità di verifica e controllo mediante l'uso di strumenti telematici e multimediali, in modo che siano contemporaneamente garantiti la semplificazione delle procedure e il rispetto delle norme di controllo essenziali;
   ad assumere iniziative per garantire, nella medesima zona sperimentale, facilitazioni, benefici ed incentivi fiscali per realizzare condizioni ottimali in grado di consentire consistenti investimenti, assicurando in particolare: l'accesso universale delle agevolazioni previste dalla legislazione nazionale vigente in favore dell'imprenditoria giovanile e femminile; l'esenzione dall'imposta sul reddito delle società (IRES) nella misura del 50 per cento; l'esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) nella misura del 50 per cento; l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) e dalla tassa sui rifiuti (TARI) per gli immobili posseduti dalle imprese e utilizzati per l'esercizio delle nuove attività economiche; l'esenzione dall'imposta sul valore aggiunto (IVA) nella misura del 50 per cento; l'esenzione dal pagamento delle imposte di registro, catastali, ipotecarie e di fabbricazione; l'esenzione dalle imposte sui redditi, nazionali e locali, a condizione che gli utili di esercizio siano reinvestiti nell'attività di impresa; alle imprese già presenti nella zona, all'atto della costituzione giuridica della stessa, le medesime condizioni previste per le imprese di nuova costituzione;
   ad assumere iniziative per prevedere che le agevolazioni fiscali sopra descritte siano garantite a condizione che: le nuove e le vecchie imprese mantengano la propria attività nella zona per tutto il tempo della sperimentazione, pena la revoca retroattiva delle agevolazioni fiscali già concesse e godute; almeno il 50 per cento del personale dell'impresa sia reclutato nell'ambito della regione nella quale è istituita la zona; il beneficio fiscale complessivo sia riconosciuto ad ogni impresa nei limiti di una percentuale congrua del fatturato complessivo di ciascun esercizio, stabilita con decreto dal Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   a presentare alle Camere, entro il 15 marzo dell'anno successivo a quello di riferimento, un'unica relazione di sintesi sugli interventi realizzati nell'area, a cura del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, che contenga informazioni sullo stato di attuazione della zona sperimentale, sulle attività volte alla realizzazione di nuove imprese, sulla ricaduta occupazionale, sulla coesione sociale e sulla sostenibilità ambientale;
   al termine del periodo, nel caso in cui siano stati ottenuti risultati complessivamente positivi, ad assumere iniziative per estendere la normativa sperimentale applicata nella zona dell'area Expò 2015 ad altre zone che potranno essere individuate nell'ambito di tutto il territorio nazionale.
(1-01317) «Baldassarre, Artini, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il nuovo atto di indirizzo per il rinnovo dell'Accordo collettivo nazionale dei medici convenzionati, tra gli altri aspetti, prevede una innovazione organizzativa con articolazione della continuità dell'assistenza medica territoriale sulle sedici ore (cosiddetta H16) e non più H24, lasciando scoperta la fascia oraria notturna (dalle 24 alle 8);
   tale ipotesi riorganizzativa determinerebbe, da una parte un decremento del servizio garantito dalla guardia medica e, dall'altra, un ulteriore carico sul servizio del 118, precedentemente coperto dalla cosiddetta guardia medica;
   tale riorganizzazione confligge apertamente con il disposto del comma 13 dell'articolo 5 del vigente patto per la salute che sancisce, incontrovertibilmente, percorsi differenziati per le due tipologie di assistenza;
   in atto le dotazioni organiche dei medici dipendenti risultano carenti sotto il profilo numerico come dimostra la mancata applicazione dell'articolo 14 della legge n. 161 del 2014 tanto da avere determinato una richiesta di chiarimenti da parte dell'Unione europea di cui la sopradetta legge recepiva, in modo inderogabile a far data dal 25 novembre 2015, la specifica normativa relativa all'organizzazione del lavoro;
   l'atto di indirizzo deve prevedere indicazioni per il rinnovo degli AACCNN (accordi collettivi nazionali) di medicina generale e di pediatria di libera scelta;
   i sopra citati accordi, però, non possono intervenire nell'assetto organizzativo dell'assistenza territoriale con specifico riferimento all'emergenza territoriale, disciplinata da altre norme e assicurata con personale che risponde in larga misura ad altro contratto, quello della dirigenza medica;
   il decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modifiche e integrazioni sino alla cosiddetta «legge Balduzzi» prevede che le convenzioni con i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta devono assicurare la continuità assistenziale H24, non già H16;
   tale innovazione non è basata su dati ministeriali oggettivi relativi al servizio della continuità assistenziale a fronte dei dati forniti dallo SMI, organizzazione sindacale più rappresentativa nell'ambito dei medici di guardia medica, che attesta, ad esempio, sul bacino di utenza di Roma un dato certificato pari a 444 mila interventi o dei media che attestano in 10 milioni di interventi per anno il carico della guardia medica;
   l'annuario statistico del servizio sanitario nazionale attualmente disponibile sul sito istituzionale del Ministero della salute contiene ancora i dati relativi all'anno 2012 ed è elaborato sulla base dei dati risultanti dai flussi informativi attivati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 maggio 1984 (come rinnovati ed ampliati con successivi decreti ministeriali) nonché dalle tabelle della rilevazione del conto annuale del comparto sanità;
   nel citato annuario è riportato che nel 2012 sono stati rilevati in Italia 2.893 punti di guardia medica, con 12.027 medici titolari ovvero 20 medici ogni 100.000 abitanti ed è peraltro evidenziato che a livello territoriale si registra una realtà notevolmente diversificata, sia per quanto riguarda la densità dei punti di guardia medica, sia per quanto concerne il numero dei medici titolari per ogni 100.000 abitanti;
   sempre nel citato annuario, nella tabella relativa ai servizi per le emergenze, per l'anno 2012, ed in riferimento ai servizi delle ambulanze, si evince che le ambulanze di tipo A (per il trasporto di pazienti non gravi) sono 1.197 e il 19,4 per cento è con medico, mentre le ambulanze di tipo B (per il pronto soccorso e l'emergenza) sono 781, le ambulanze pediatriche sono 21, le ambulanze per il trasporto e l'emergenza neonatale sono 55 e le unità mobili di rianimazione sono 261;
   il finanziamento relativo al servizio della guardia medica corrisponde allo 0,5 per cento del fondo sanitario nazionale;
   l'eventuale risparmio ipotizzato da tale riorganizzazione si aggirerebbe sui 2 euro a cittadino senza una quantificazione dei costi derivanti dal ribaltamento di tale  spesa sul servizio 118 di gran lunga più oneroso, oltre che – come già detto – improprio, che comporterebbe un incremento complessivo del servizio di continuità assistenziale;
   si apporta una innovazione organizzativa secondo gli interpellanti non solo antieconomica e poco funzionale ma addirittura con uno strumento quale l'atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione dei medici di medicina generale emanato da un organismo tecnico che espropria e, nella fattispecie, contraddice l'organo politico competente, laddove è stata la Conferenza Stato-regioni a dettare norme e vincoli, tuttora vigenti, in materia di continuità assistenziale;
   questa insanabile dicotomia comporterebbe numerosi contenziosi avverso il provvedimento ipotizzato non essendone lo strumento tecnico (atto di indirizzo) legittimato;
   sembra agli interpellanti che si intenda attuare una «riforma» territoriale, surrettiziamente e illegittimamente, attraverso un accordo contrattuale, espropriando la Conferenza Stato-regioni e, quindi, il Governo nazionale delle sue prerogative –:
   come si intenda assicurare, per quanto di competenza, un'organizzazione territoriale efficiente del servizio sanitario nazionale, con particolare riferimento alle aree insulari, interne e montane, dove una riduzione dell'attività di guardia medica pregiudicherebbe innanzitutto i diritti alla salute dei cittadini di interi territori;
   se possano essere aggiornati e resi disponibili i dati statistici richiamati in premessa, relativi ai servizi di guardia medica (numero dei punti di guardia medica, numero dei medici titolari, numero delle ambulanze e dei medici e soccorritori del 118), quanto meno in vista dell'elaborazione del prossimo documento di economia e finanza, e se si intendano assumere le iniziative di competenza per rendere effettiva ed efficace una riorganizzazione di tali servizi;
   se, alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per lasciare inalterata l'attuale organizzazione della continuità assistenziale, adoperandosi anche in seno al competente comitato di settore per rimodulare l'atto di indirizzo in maniera conforme alla legislazione vigente.
(2-01427) «Nesci, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Colonnese, Di Vita, Mantero, Baroni, Dall'Osso, Grande, L'Abbate, Liuzzi, Lombardi, Lupo, Marzana, Nuti, Parentela, Pesco, Petraroli, Pisano, Rizzo, Paolo Nicolò Romano, Ruocco, Sarti, Scagliusi, Sibilia, Sorial, Spadoni, Spessotto, Tofalo, Toninelli, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Villarosa».

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOCATELLI, GIUSEPPE GUERINI, MISIANI, PASTORELLI e CARNEVALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'entrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76, riguardante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze, finalmente è finito il lungo percorso, dopo quasi 30 anni dalla prima proposta di legge sulle unioni di fatto, di una delle leggi più attese e più discusse degli ultimi anni;
   l'Italia è stata tra i pochi Paesi d'Europa che fino a quel momento non avevano alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali, mentre quasi la metà dei ventotto membri dell'Unione europea riconoscevano già il matrimonio gay. La legge 76 ha permesso all'Italia di superare questo gap nel riconoscimento di alcuni diritti civili e di collocarsi, almeno, in una fascia intermedia dei Paesi Ue, anche se alcuni punti qualificanti del testo come l'adozione del figlio biologico o della partner, sono stati stralciati nel corso dell’iter, in quanto avrebbero ostacolato l'approvazione del provvedimento con l'importante riconoscimento giuridico;
   il passo fondamentale indubbiamente è stato fatto con l'entrata in vigore della legge il 5 giugno 2016, ma non basta. Ora l'Italia ha superato il tabù di legiferare in tema di omosessualità, ma il ritardo accumulato per raggiungere questo risultato è stato troppo e ora che c’è la legge non si può perdere altro tempo per la sua attuazione;
   per i decreti legislativi previsti dall'articolo 1, comma 28, della legge n. 76, tesi ad adeguare alle previsioni della legge, l'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, e a coordinare, con la legge approvata, le disposizioni contenute nel nesti o corpus normativo vigente, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, risulta agli interroganti essere stato costituito un gruppo di lavoro presso il Ministero della giustizia –:
   per quanto riguarda, invece, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 1, comma 34, con il quale dovranno essere stabilite le disposizioni transitorie, da emanare entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, e che avrebbero dovuto essere emanate entro il 5 luglio 2016, non si hanno notizie chiare –:
   a che punto sia l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 34 dell'articolo 1, della legge 20 maggio 2016, n. 76, e che tempi si prevedano per la sua adozione. (4-13761)


   NICCHI, SCOTTO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, DURANTI, MARCON, PANNARALE, RICCIATTI, MARTELLI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, GIANCARLO GIORDANO e PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 maggio 2016, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 20 maggio 2016, n. 76, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»;
   nonostante il comma 35 dell'articolo 1 della legge preveda che «Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 34 acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge» (ovvero la parte inerente le unioni civili tra persone dello stesso sesso), vi sono diversi decreti delegati previsti dal provvedimento, molti dei quali da emanarsi entro 6 mesi, nonché un decreto delicatissimo, previsto in particolare dal comma 34, che avrebbe dovuto essere emanato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, ovvero entro il 5 luglio 2016, cosiddetto «decreto ponte», rispetto agli altri decreti delegati da emanarsi entro 6 mesi;
   il comma 34 prevede infatti «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 28, lettera a);
   i decreti legislativi delegati richiamati ex comma 28, lettera a), attengono all'adeguamento alle previsioni della legge delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni;
   nonostante la previsione del comma 34, ad oggi – e dunque assolutamente fuori termine rispetto ai tempi previsti dalla norma in esame – non vi è traccia di tale decreto delicatissimo, il che comporta gravi problemi quando una coppia si presenta davanti all'ufficiale di stato civile per chiedere di essere unita civilmente, che, secondo il menzionato comma 35, evidentemente, è facoltà esercitabile da quando è entrata in vigore la legge;
   in assenza del decreto ex comma 34 si rischia, infatti, che i sindaci – che pure, come illustrato, possono costituire le unioni – procedano «in autonomia», senza indicazioni precise che dovevano essere riportate in tale decreto, con conseguente rischio di vizi formali e possibile annullamento da parte del prefetto, come del resto avvenuto per le trascrizioni dei matrimoni ugualitari;
   non può non apparire gravissima tale mancanza, in quanto tale decreto, pur provvisorio, doveva dettare le disposizioni transitorie sulle unioni civili in attesa dei decreti attuativi su un tema delicatissimo, con tutti i gravi rischi appena illustrati –:
   quali siano i motivi per i quali non sia stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ex comma 34 dell'articolo 1 della legge n. 76 del 2016, entro i termini previsti dalla stessa norma, che avrebbe dovuto stabilire le disposizioni transitorie, quanto alle unioni civili, necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile, con tutti i rischi gravi – illustrati anche in premessa – circa possibili vizi formali e possibili annullamenti da parte dei prefetti delle unioni civili cui comunque gli ufficiali di stato civile possono già procedere in virtù dell'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016. (4-13762)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   i medici delle divisione malattie infettive del presidio ospedaliero Trinità di Cagliari hanno inviato una missiva al direttore della divisione con la quale si palesa una situazione di una gravità inaudita relativa ai periodi dei periodici sbarchi di migranti richiedenti asilo che hanno fatto aumentare notevolmente i ricoveri ospedalieri degli stessi presso la divisione soprattutto di soggetti affetti da Tbc polmonare bacillifera con forme sostenute spesso da micobatteri multiresistenti;
   nella stessa comunicazione, a quanto risulta all'interrogante, si dichiara: la presenza di frequenti episodi di pazienti, anche con TBC bacillifera, che si sono allontanati dal reparto e non vi hanno fatto più ritorno. Tali episodi sono stati sempre segnalati alla prefettura ed alle forze dell'ordine;
   viene altresì denunciata la difficoltà nel poter garantire l'adeguato isolamento dei pazienti per mancanza di un numero di stanze di isolamento congruo alle nuove esigenze e per la presenza di pazienti ricoverati per patologie internistiche non infettive (ricoveri impropri);
   viene altresì denunciata l'assenza di un piano di gestione nei centri di accoglienza dei pazienti con sola scabbia che si ripercuote sul reparto, determinando ricoveri che occupano posti di degenza per eseguire una terapia che deve essere fatta a domicilio;
   viene denunciato inoltre un incremento dei casi di TBc polmonare sostenute da ceppi resistenti (MDR e XDR) –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questa gravissima situazione;
   se intenda promuovere, con ogni strumento disponibile le verifiche di competenza in relazione alla gravissima situazione denunciata;
   se non intenda dichiarare tempestivamente lo stato di emergenza e procedere alla nomina di un commissario governativo, considerato che si è dinanzi ad un rischio, gravissimo per l'igiene pubblica con conseguenze che possono essere di una gravità inaudita;
   quali ulteriori iniziative intenda adottare con somma urgenza per fronteggiare questa drammatica situazione. (4-13767)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta immediata:


   LA RUSSA, RAMPELLI, CIRIELLI, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'esame parlamentare dell'ultimo decreto-legge di proroga delle missioni internazionali è stata apportata una modifica al testo originario nella parte in cui disciplina le cessioni a titolo gratuito di attrezzature e armamenti a diversi Paesi;
   l'approvazione del cosiddetto «emendamento Regeni», che ha determinato la cessazione delle forniture da parte dell'Italia all'Egitto dei pezzi di ricambio per gli aerei F16, avrebbe dovuto essere «un segnale all'Egitto» sul caso di Giulio Regeni, il dottorando friulano brutalmente ucciso al Cairo, al fine di ottenere maggiore collaborazione nelle indagini relative all'atroce delitto;
   in esito all'approvazione definitiva del provvedimento, il Ministero degli esteri egiziano ha diramato un comunicato nel quale afferma chiaramente che la decisione del Parlamento italiano di fermare la fornitura all'Egitto di pezzi di ricambio per i caccia F16 avrà «impatti negativi in tutti i campi della cooperazione tra i due Paesi: sul piano bilaterale, regionale e internazionale», tra i quali anche la «cooperazione in corso tra Roma e Il Cairo nella lotta all'immigrazione clandestina nel Mediterraneo e in Libia» e «la comune lotta al terrorismo»;
   l'Egitto è una delle venticinque nazioni che compongono lo small group della coalizione globale anti-Daesh, impegnata a combattere lo Stato islamico in Iraq, Siria e negli altri territori oggetto delle sue mire espansionistiche, tra le quali ultimamente sembra rientrare anche la Libia;
   proprio la pacificazione di quest'ultimo Paese è uno degli obiettivi strategici più importanti per l'Italia, al fine di poter controllare i flussi irregolari di migranti che partono dalle sue coste;
   nell'ambito di un colloquio avvenuto nei giorni dell'esame parlamentare del «decreto missioni» l'ambasciatore egiziano ha ribadito che «i ricambi sono necessari per la nostra azione contro il terrorismo nella penisola del Sinai e sul confine libico» –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere con riferimento ai fatti esposti in premessa, al fine di non depotenziare la lotta all'estremismo islamista e creare le condizioni per la pacificazione delle aree che hanno subito e che stanno subendo l'aggressione dello Stato islamico. (3-02386)


   CAUSIN e ALLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   l'immigrazione dall'Africa da fenomeno transitorio si è stabilmente trasformata in fenomeno strutturale. Peraltro, alla migrazione economica si è aggiunta quella derivante dai conflitti armati;
   oltre a causare sofferenze alle popolazioni ed a sottrarre ingenti risorse alla lotta alla povertà, le guerre rendono quelle parti di territorio instabili ed insicure, alimentando la stessa spirale del terrorismo come attualmente sta avvenendo con l'Isis;
   è necessario, pertanto, attivare una politica che rivolga attenzione particolare al legame tra migrazioni e sviluppo, migliorando, pertanto, le condizioni economiche e sociali dei Paesi di origine di tale fenomeno;
   la cooperazione allo sviluppo, con investimenti europei in Africa, potrebbe generare risultati positivi sotto vari profili –:
   se non sia opportuno intervenire a livello europeo perché vengano attivate nuove politiche di cooperazione allo sviluppo che permettano investimenti nei Paesi di origine dei migranti, al fine di favorire il loro sviluppo, frenare, nel contempo, il fenomeno migratorio e creare le condizioni per un concreto contrasto al terrorismo. (3-02387)

Interrogazione a risposta scritta:


   COVELLO e MAGORNO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2014 due operai italiani, Francesco Scalise e Luciano Gallo, originari di Pianopoli (CZ) e Feroleto Antico (CZ) sono scomparsi mentre si trovavano in Libia, in località Terna della Cirenaica, per eseguire dei lavori con la General World, un'impresa edile di Crotone che si occupa della costruzione di strade e di altre opere;
   i due operai sono stati rapiti da un gruppo armato che li ha costretti a scendere dal loro furgone e a salire su un altro veicolo nei pressi del villaggio Martuba, tra le città di Derna e Tobruk;
   il furgone con gli attrezzi da lavoro, utilizzati da Francesco Scalise e Luciano Gallo, è stato ritrovato abbandonato da alcuni operai della General World;
   il sequestro non è stato ancora rivendicato e a tutt'oggi i familiari dei due operai non hanno ottenuto alcuna notizia dalla Farnesina –:
   se e quali iniziative urgenti, nell'ambito delle proprie competenze, il Ministro intenda attivare per fare chiarezza sulla vicenda dei due operai e dare così risposte certe e rassicuranti alle loro famiglie che da giorni vivono nell'angoscia e nell'attesa. (4-13764)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:


   MAZZIOTTI DI CELSO. – Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. – Per sapere – premesso che:
   come risulta da notizie di stampa e da testimonianze di abitanti della zona interessata, il Ponte romano risalente al II secolo avanti Cristo che sorge in zona Torrino versa in condizioni di degrado e incuria, con cumuli di rifiuti che ne deturpano la bellezza storico-artistica;
   il ponte si trova in un contesto di pregio dal punto di vista paesaggistico e infrastrutturale, trovandosi in un incastro tra il Valleranello, affluente del fiume Tevere, e la pista ciclabile che collega Tor di Valle con Castel Giubileo;
   la situazione di estrema incuria ne rende impossibile, o quantomeno assai problematica, la fruizione sia per i turisti che volessero visitare il sito del Ponte romano sia per i ciclisti che intendessero percorrere la pista ciclabile, poiché l'accesso alla pista stessa risulta costantemente ostruito da cumuli di immondizia;
   la situazione di degrado sopra descritta rappresenta una grave compromissione del patrimonio archeologico ed è necessario che siano intraprese velocemente azioni per porvi rimedio e per accertare di chi sia la responsabilità ai fini degli opportuni provvedimenti –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere, anche in concorso con l'amministrazione di Roma capitale, per tutelare il Ponte romano e assicurarne la regolare accessibilità e fruibilità, favorendo il ripristino delle condizioni di igiene e pulizia necessarie per garantire un servizio sicuro e decoroso ai cittadini.
(3-02384)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZO, LUIGI DI MAIO e GRILLO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il caporal maggiore dell'esercito Ponturo Marco si è arruolato in qualità di VFP1 nel 2007, e nel 2008 in qualità di VFP4, partecipando, sia nel corso di specializzazione di incarico missilista, sia nell'ordinario impiego, ad attività in poligono di tiro;
   ha partecipato anche a due missioni internazionali di pace in Afghanistan dall'ottobre 2009 all'aprile 2010 e dal settembre 2011 all'aprile 2012 che lo hanno esposto – in particolare nei teatri operativi ove ha svolto mansioni di rallista all'interno di un plotone di mortai e attività pattuglia di medio lungo raggio – a disagi alimentari (cosiddette razioni kappa), ambientali (polveri/sabbia) e soprattutto a nano particelle prodotte dall'utilizzo di munizionamenti all'uranio impoverito utilizzati dalla coalizione a cui le forze armate italiane facevano riferimento, oltre che ad altre sostanze tossiche utilizzate nelle operazioni di pulizia di armamenti molte volte effettuate senza misure di protezione;
   egli è stato, in vista dell'impiego all'estero, sottoposto a numerose vaccinazioni senza rispettare i tempi previsti dai protocolli medici in congedo assoluto per inidoneità al servizio militare;
   visti i rigetti del Ministero della difesa riguardanti il riconoscimento dell'infermità riscontrate al militare, visto il decreto di inidoneità e di congedo per le patologie in questioni, il caporal maggiore Ponturo impugnava i provvedimenti dinanzi al Tribunale amministrativo del Lazio – Roma;
   il TAR con sentenza n. 11609/2015 e sentenza 11485/2015 passate in giudicato annullava i provvedimenti di rigetto, ordinando all'amministrazione militare di provvedere all'esecuzione, ma, ad oggi, le sentenze citate non sono state eseguite costringendo il militare in questione a dover proporre ricorso in ottemperanza;
   la situazione personale del Caporal Maggiore Ponturo può essere definita drammatica, infatti, egli non ha più nessun sostegno economico e per altro per l'effetto del giudicato formatosi dovrebbe essere in servizio da febbraio 2016, ma la mancata esecuzione dei giudicati sta arrecando ulteriori danni;
   in particolare, il Tar Lazio con sentenza 11609/15 ha dichiarato la nullità del provvedimento che negava il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per la gravissima patologia tumorale che ha colpito il militare –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti indicati e quali motivazioni giustifichino il mancato ottemperato delle suddette sentenze;
   se risultino, e quali siano, casi analoghi a quello indicato in premessa per cui il ministero non abbia ottemperato a sentenze passate in giudicato;
   a quanto ammontino le spese legali-amministrative riconducibili a ricorsi avverso sentenze contrarie all'amministrazione presso tribunali amministrativi o civili per richieste di riconoscimento di cause di servizio da parte di personale dipendente del Ministero della difesa per patologie ascrivibili a esposizione a nano particelle, uranio deplero, vaccinazioni massive, amianto, radon, inquinamento elettromagnetico. (5-09127)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   secondo i dati di bilancio nel 2015 Banca Monte dei Paschi di Siena deteneva in bilancio 46,8 miliardi di euro di esposizioni non performanti (NPE), dei quali 24,1 miliardi netti;
   secondo la banca d'affari Morgan Stanley l'incidenza dei crediti deteriorati di Banca Monte dei Paschi di Siena ammonterebbe a ben il 35,1 per cento del totale e il deficit patrimoniale potenzialmente da colmare è calcolato tra i 2 e i 6 miliardi a seguito del risultato dei prossimi stress test;
   nei giorni scorsi la Banca centrale europea ha inviato una lettera all'istinto con la quale si chiede di ridurre gli Npl (Non performing loans) lordi dai 46,9 miliardi di fine 2015 a 32,6 miliardi nel 2018 e le sofferenze nette da 24,2 a 14,6 miliardi, oltre alla richiesta di avere un piano entro il prossimo ottobre che definisca quali misure la banca intende adottare per ridurre la percentuale dei Npl sul totale crediti in misura pari al 20 per cento nel 2018;
   il titolo azionario di Banca Monte dei Paschi di Siena ha registrato in borsa un crollo senza precedenti, con un calo di oltre il – 80 per cento in un anno e di oltre il – 50 per cento in un mese;
   nei giorni scorsi i principali organi di informazione hanno riportato la notizia di un piano di salvataggio ideato dal Governo per cercare di salvare l'istituto attraverso l'intervento diretto del Tesoro o della Cassa depositi e prestiti o, ancora, di un nuovo veicolo finanziario denominato «Giasone» –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo per il salvataggio della Banca Monte dei Paschi di Siena;
   quali iniziative di vigilanza il Ministero dell'economia e delle finanze abbia intrapreso negli scorsi anni, in qualità di autorità di vigilanza sulle fondazioni bancarie ex decreto legislativo n. 153 del 1999, nei confronti della Fondazione MPS e se non siano stati ravvisati comportamenti anomali da parte dei suoi amministratori;
   se non ritenga opportuno, in qualità di socio della banca, chiedere agli amministratori una relazione dettagliata sugli Npl accumulati nel tempo dall'istituto e, in particolare, la lista dei debitori che non hanno ripagato il proprio debito richiedendo, per questi, informazioni circa le motivazioni per le quali il credito è stato concesso;
   se non ritenga opportuno, in qualità di socio della banca, assumere iniziative per sollevare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori per mala gestio, con richiesta del risarcimento del danno procurato ai portatori di interesse della banca.
(2-01429) «Brunetta».

Interrogazione a risposta immediata:


   FRANCO BORDO, SCOTTO, AIRAUDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. – Al Ministro dell'economia e delle finanze. – Per sapere – Premesso che:
   sono circa due anni che il gruppo parlamentare Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà sollecita il Governo a considerare ogni atto di competenza finalizzato ad assicurare, durante l’iter di privatizzazione di Poste italiane spa, la tutela, la protezione sociale e il mantenimento dei livelli occupazionali attuali di tutti i lavoratori impiegati presso l'ente, con particolare riferimento a quelli operanti nel settore del recapito postale in conformità all'ordine del giorno n. 9/2679-bis-A/26 presentato dal gruppo Sinistra Ecologia Libertà, accolto dal Governo già in data 30 novembre 2014 e richiamato dalla mozione approvata dal Parlamento n. 1-00818;
   come noto, il Governo ha previsto l'alienazione di un'ulteriore quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell'economia e delle finanze nel capitale di Poste italiane spa, suscettibile di determinare effetti negativi dovuti al venir meno del versamento dei dividendi distribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze da Poste italiane spa;
   sono altresì prefigurabili effetti, di carattere eventuale e indiretto e di entità non predeterminabile, dovuti alle variazioni di gettito fiscale per la tassazione, da un lato, dei maggiori dividendi distribuiti a soggetti esterni alla pubblica amministrazione, dall'altro, dei minori interessi sul debito erogati;
   gli effetti finanziari della «Brexit» sulla borsa italiana combinati alle possibili turbolenze legate alle necessità di ricapitalizzazione del sistema bancario italiano, ad avviso degli interroganti, metterebbero a rischio l'eventuale afflusso legato al collocamento azionario;
   in questo senso pare anche difficile replicare i valori di quotazione di 6,75 euro ad azione ottenuti nel settembre 2015 e quindi il gettito finale che il Governo, per quanto risulta, intende ottenere, ovverosia, 2,5 miliardi di euro;
   il processo di privatizzazione interviene a poche settimane dal conferimento del 35 per cento di Poste italiane spa dal Ministero dell'economia e delle finanze alla Cassa depositi e prestiti, per andare a finanziare un aumento di capitale della stessa Cassa depositi e prestiti pari a 2,9 miliardi di euro. Tale trasferimento, secondo quanto riportato dall'agenzia Moody's, non ha un impatto positivo sul rating di Poste italiane spa che rimarrà Baa2, con outlook stabile;
   come riportato dalla stampa nazionale, secondo il presidente dell'Acri (Associazione fondazioni e casse di risparmio spa), Giuseppe Guzzetti, senza il conferimento del 35 per cento di Poste italiane spa da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ci sarebbero stati problemi a confermare il dividendo ai soci, al Ministero dell'economia e delle finanze e alle fondazioni bancarie. Sempre secondo Guzzetti, dunque, il conferimento di Poste italiane spa intanto ha permesso di distribuire il dividendo 2015 sui livelli del 2014, cosa che non era assolutamente scontata, anzi se non c'era il conferimento ci sarebbero stati grossi problemi a mantenere la cedola. L'operazione, dunque, lungi dal rappresentare un'operazione nell'interesse generale pubblico, è stata portata a termine, ad avviso degli interroganti, con lo scopo di distribuire dividendi a soggetti privati, come le fondazioni bancarie che sono peraltro competitor diretti di Poste italiane spa che è controllante di Poste italiane spa;
   come emerso nelle dichiarazioni congiunte delle organizzazioni sindacali, tale conferimento, inoltre, fa emergere un potenziale conflitto di interesse. È infatti noto che Poste italiane spa colloca per conto di Cassa depositi e prestiti i cosiddetti buoni postali fruttiferi e i libretti di risparmio postale a fronte di commissioni periodicamente contrattate. Le consistenze di Cassa depositi e prestiti per quasi l'80 per cento derivano proprio dalla raccolta di risparmio postale. Dunque, si verificherà che Cassa depositi e prestiti, maggiore azionista di Poste italiane spa, sarà contemporaneamente controparte contrattuale nella definizione del rapporto economico tra emittente e collocatore;
   il combinato disposto di queste due operazioni (conferimento e ulteriore privatizzazione) segnala un definitivo sganciamento del Ministero dell'economia e delle finanze e, quindi, del controllo pubblico su una delle più grandi aziende pubbliche italiane, aprendo una fase di incertezza sul futuro dei servizi erogati ai cittadini, a partire dal servizio universale. Il mutato assetto proprietario inevitabilmente favorirà lo sviluppo delle attività finanziarie del gruppo Poste italiane spa, con un'inevitabile contrazione delle attività preposte al servizio universale, fino al loro totale annullamento;
   i rapporti tra lo Stato e il fornitore del servizio universale sono disciplinati dal contratto di programma. Il nuovo contratto di programma 2015-2019 tra il Ministero dello sviluppo economico e la società Poste italiane spa per la fornitura del servizio postale universale è stato firmato il 15 dicembre 2015, come previsto dalla legge di stabilità per il 2015. Il contratto è entrato in vigore il 1o gennaio 2016 e ha ottenuto l'approvazione della Commissione europea. Il contributo per l'onere del servizio postale universale è pari a 262,4 milioni di euro all'anno e viene erogato entro il 31 dicembre di ciascun anno di vigenza del contratto, con cadenza mensile;
   il servizio universale rappresenta un presidio essenziale per la vita economica e sociale di tutti i territori del nostro Paese. L'ingresso di una nuova compagine azionaria rischia di mettere a repentaglio la capillarità della rete postale italiana e i servizi offerti alla cittadinanza;
   inoltre, sono oltre 30 milioni i soggetti (piccole e medie imprese, enti locali, cittadini, pensionati e lavoratori) che hanno un rapporto costante con il gruppo Poste italiane spa; una tale massa di dati sensibili rischia di essere gestita da un soggetto totalmente privato, assunto che nell'era della comunicazione e dell'economia digitale costituiscono valore il possesso e la gestione di dati individuali, senza effettive garanzie in termini di tutela della privacy e dei dati industriali ed economici sensibili;
   infine, la dismissione di azioni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze non prevede il reinvestimento di parte del ricavato della vendita in azioni di sviluppo industriale del gruppo Poste italiane spa. Come sottolineano le organizzazioni sindacali, la capillarità della rete postale, i servizi di prossimità, le potenzialità di innovazione e sviluppo del segmento logistico necessitano senza dubbio di investimenti finalizzati al consolidamento di asset portanti per il Paese che un azionariato privato potrebbe considerare come non strategici –:
   quali elementi si intendano fornire alla luce di quanto descritto in premessa e quali iniziative urgenti il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare la protezione sociale e il mantenimento degli attuali livelli occupazionali di Poste italiane spa, assicurando al contempo la piena operatività del servizio universale ed evitando che il processo di privatizzazione arrechi disagi ai cittadini italiani, che si vedrebbero privati dell'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità, così come previsto dall'accordo siglato tra Poste italiane spa e lo Stato. (3-02393)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CAROCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da alcuni anni la ragioneria territoriale di Taranto, a quanto risulta all'interrogante, non accetta le ricostruzioni di carriera dei docenti che ha o ottenuto un passaggio di ruolo e tale diniego si basa sulla legge n. 150 del 2009 recante «legge quadro per la pubblica amministrazione»;
   poiché nella succitata legge si prevede il superamento di un concorso per passare da un grado all'altro, la ragioneria territoriale ritiene illegittimi tutti i passaggi di ruolo disposti dopo l'emanazione di tale legge;
   in particolare, poiché nel testo della legge di cui sopra non vi è espressamente scritto «eccetto il personale della scuola», la direttrice della ragioneria ritiene necessario che per passare da un grado all'altro di scuola sia necessario sostenere un pubblico concorso;
   tuttavia, per il passaggio di ruolo, l'articolo 4, comma 1, del CCNI 2016/2017 prevede molto chiaramente che le disposizioni relative alla mobilità professionale si applicano ai docenti, compresi i docenti e gli insegnanti tecnico-pratici provenienti dagli enti locali, che, al momento della presentazione della domanda, abbiano superato il periodo di prova. Gli stessi devono essere in possesso della specifica abilitazione per il passaggio al ruolo richiesto, ovvero, per quanto riguarda i passaggi di cattedra, della specifica abilitazione alla classe di concorso richiesta;
   in tal senso, il personale docente in questione, avendone titolo, chiede legittimamente il passaggio di ruolo al momento dell'apertura delle procedure di mobilità, sottoponendosi esclusivamente all'anno di prova;
   è oltretutto molto grave, secondo l'interrogante, che tale presunto impedimento legislativo rilevato dalla ragioneria di Taranto ai passaggi tra grado di istruzione (legge n. 150 del 2009) riguardi solo alcuni docenti della provincia poiché nel resto del Paese gli insegnanti che ha o fatto domanda sono stati sottoposti alle procedure di mobilità di cui sopra;
   poiché altri si sono visti accettare il passaggio si sta creando una gravissima discriminazione;
   l'articolo 3 della Costituzione enuncia il principio di uguaglianza. In tal caso, sembra all'interrogante sia stato violato sia il principio dell'uguaglianza formale, inteso come eguale soggezione di tutti al diritto (questo principio prescrive leggi generali ed astratte per evitare discriminazioni), sia il principio di uguaglianza sostanziale che comporta l'impegno dello Stato a creare le condizioni di eguaglianza sostanziale fra i cittadini, ovvero a rimuovere gli ostacoli di natura economico-sociale che di fatto impediscono la partecipazione dell'individuo alla vita del Paese –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di questa a dir poco dubbia applicazione delle norme e come intendano intervenire per consentire ai docenti che stanno subendo questa grave ingiustizia di accedere al passaggio di ruolo come triti gli altri colleghi sul territorio nazionale attraverso la valutazione dell'anno di prova. (5-09130)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:


   INVERNIZZI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, MOLTENI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   presso il tribunale di Bergamo non si è tenuta l'udienza per direttissima, come è stato riportato dal quotidiano Il Corriere della Sera dell'11 luglio 2016, poiché il giudice aveva «(...) problemi di orario, (e) il pubblico ministero è costretto a liberare i ladri appena arrestati dai carabinieri. È al centro di una segnalazione alla procura generale l'udienza (mancata) di sabato 9 luglio 2016, in tribunale a Bergamo. Sono le 12.15 quando il giudice Donatella Nava lascia l'aula e rimanda al sostituto procuratore Gianluigi Dettori gli atti relativi a tre arresti per un tentato furto in abitazione, la notte prima a Sovere, un'ora d'auto verso il lago d'Iseo. In manette sono finiti tre rumeni incensurati: marito, moglie e presunto complice. Lei, che ha 30 anni e fa l’entreneuse in un night della Val Seriana, fa innamorare un operaio 51enne, la vittima, e fa da basista agli altri due per svaligiargli la cassaforte, nascosta nella stanza dei fumetti. Il colpo non riesce perché di mezzo ci si mette un vicino che avvista la coppia di ladri infilarsi nella casa del poveretto e chiama il 112. Quando arrivano in tribunale alle 12.45, dopo una notte insonne e un'ora d'auto, però, i militari non trovano il giudice. C’è un provvedimento organizzativo sugli orari dei processi, il giudice si rifà a quello (anche se normalmente sarebbe valido solo da lunedì a venerdì). Con di mezzo la domenica, nessuno poteva celebrare il processo e i termini per la custodia cautelare sarebbero scaduti lunedì prima delle 8. Il pubblico ministero è stato costretto così a liberare tutti con non poco disappunto (uno dei tre arrestati, fra l'altro, non ha fissa dimora in Italia). Tanto che nei confronti del giudice sarebbe già stata scritta la segnalazione per ora ferma all'ufficio del procuratore aggiunto Massimo Meroni»;
   appare inverosimile che per un provvedimento organizzativo non venga celebrato un processo penale. Tale comportamento inusitato ha di fatto messo in libertà gli imputati di tentato furto aggravato, senza possibilità alcuna di verificare il merito della questione e la pericolosità sociale dei rei, ed ingenera nell'opinione pubblica un senso di impunità generalizzato e di scarso senso del dovere di chi dovrebbe amministrare la giustizia in nome del popolo;
   è evidente che detto comportamento deve essere oggetto, da parte del Ministero della giustizia, di un'ispezione ministeriale che verifichi nel merito sia il richiamato provvedimento organizzativo che il comportamento del magistrato giudicante, oltre ad accertare se vi siano gli estremi per esercitare la richiesta di azione disciplinare nei confronti del magistrato in parola –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto di quelle degli altri soggetti istituzionali coinvolti, con riferimento alle questioni poste e, in particolare, se si intendano assumere iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari del tribunale di Bergamo in relazione al caso posto, anche al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per promuovere un'eventuale azione disciplinare nei confronti del magistrato giudicante. (3-02388)


   MOTTOLA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   nel 2010 la provincia di Roma ha avviato un progetto pilota per il reimpiego di circa 80 lavoratori in cassa integrazione e mobilità nel settore giudiziario, con la finalità di sopperire alle carenze ed alle emergenze di scarsità di personale nel tribunale di Roma manifestate dalla medesima amministrazione giudiziaria;
   alcuni mesi dopo, la corte d'appello prima e la Corte di cassazione poi hanno esteso l'esperienza formativa ad altri tribunali del Lazio, agli uffici dei giudici di pace, favorendo in questo modo la diffusione di questa tipologia di tirocinio, data la platea di destinatari, volto all'inserimento/reinserimento lavorativo su tutto il territorio nazionale. Non a caso tali esperienze erano intese come forme di politica attiva del lavoro, per cui sono state impiegate risorse del fondo sociale europeo 2007-2013 a valere sui cosiddetti assi 2 – occupabilità, 3 – inclusione sociale. La serie di tali provvedimenti arriva a coinvolgere ben 3 mila tra cassintegrati, disoccupati, lavoratori in mobilità in deroga ed inoccupati distribuiti tra i 1.300 tribunali di tutta Italia ed impegnati nello smaltimento dell'ingente mole di pratiche e fascicoli generata per effetto della sistemica carenza di personale negli uffici giudiziari;
   l'articolo 1, comma 25, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità per il 2013), sulla medesima materia, ha previsto che fosse stabilita con decreto la ripartizione in quote delle risorse stanziate dalla medesima legge per consentire ai lavoratori cassintegrati, in mobilità, socialmente utili ed ai disoccupati ed inoccupati, che hanno partecipato ai sopra citati progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici regionali, di completare il percorso formativo entro il 31 dicembre 2013 nel limite di spesa di 7,5 milioni di euro;
   a decorrenza di detto termine, l'articolo 1, comma 344, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità per il 2014), ha disposto il rinnovo del progetto formativo, ivi denominato di «perfezionamento» e funzionale alla prospettiva di «migliorare l'efficienza degli uffici giudiziari» e per consentire a coloro che hanno completato il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari di proseguire tale collaborazione. La stessa disposizione ha assegnato la titolarità del suddetto progetto formativo al Ministero della giustizia e previsto un nuovo stanziamento;
   il decreto-legge n. 192 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 11 del 2015 (cosiddetto decreto «milleproroghe»), ha previsto una nuova ed ulteriore proroga sino al 28 febbraio 2015, termine successivamente slittato al 30 aprile 2015, per la prosecuzione delle collaborazioni;
   l'interrogante evidenzia come, anche secondo le dichiarazioni di presidenti di procure, delle corti di appello e dei tribunali che hanno beneficiato di tale apporto di personale, le risorse umane coinvolte in questa tipologia contrattuale abbiano maturato competenze ed esperienze tali da risultare di grande utilità per supportare l'attività giurisdizionale degli uffici giudiziari, che risentono da molti anni della carenza di personale generata anche dal blocco del turn over e dalle politiche di spending review, a danno del regolare esercizio della funzione pubblica dell'amministrazione della giustizia alla quale tali enti ed uffici sono costituzionalmente preposti. Per tutte queste ragioni è stata più volte richiesta l'attivazione di una procedura selettiva di evidenza pubblica per l'assorbimento del personale e la stabilizzazione delle medesime risorse;
   nel 2015 si arriva ad uno stralcio dell'iniziale platea di tirocinanti con una parziale ulteriore presa in carico da parte del Ministero della giustizia quale ente promotore: con decreto del 20 ottobre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 257 del 4 novembre 2015, è indetta la procedura di selezione di 1.502 tirocinanti, ai fini dello svolgimento di un ulteriore periodo di perfezionamento, comunque limitato e stabilito nella durata di dodici mesi;
   con successivo provvedimento del 3 novembre 2015 del direttore generale del personale e formazione dell'organizzazione giudiziaria, il Ministero della giustizia ha indicato le modalità per la presentazione della domanda di partecipazione alla procedura di selezione, ai fini dello svolgimento, da parte di coloro che hanno svolto il periodo di perfezionamento sopra citato, nella struttura dell'ufficio per il processo, il progetto di miglioramento del servizio giustizia a supporto dei processi di innovazione negli uffici giudiziari;
   la procedura avrebbe dovuto prevedere la selezione di 1.502 tirocinanti (su 2.650 persone interessate dalla vicenda) da assegnare a tale struttura. Attualmente solo 1.115 tirocinanti sono stati inseriti nell'ufficio del processo;
   lo stesso decreto ha espressamente disposto che i posti non assegnati all'esito della procedura di selezione, di cui al presente decreto, avrebbero costituito oggetto di una nuova procedura disposta con successivo decreto. Decreto che ad oggi non risulta ancora emanato e pertanto le risorse già stanziate risultano non utilizzate;
   si rileva, inoltre, come la platea, ad oggi, rimasta esclusa dal bando per l'ufficio del processo, lo è stata nonostante il possesso dei requisiti di cui all'articolo 3 del decreto del 20 ottobre 2015, al pari degli altri colleghi reputati «più idonei». I criteri cosiddetti «selettivi» (che hanno peraltro costituito oggetto di ricorsi) hanno, quindi, a parere dell'interrogante, più che carattere nazionale, una valenza circoscritta al singolo distretto in cui è stata inoltrata la domanda di partecipazione. È doveroso evidenziare, altresì, che lo «scorporo» dei 1.502 lavoratori per l'ufficio del processo potrebbe determinare un'ingiusta discriminazione di un comparto di tirocinanti rispetto agli altri;
   l'interrogante evidenzia i molteplici profili di criticità sul piano ordinamentale, pubblico e civile della gestione della situazione per la pluralità degli interessi pubblici interessati nella vicenda: da una parte, il diritto soggettivo all'efficienza del sistema giudiziario, per la tutela della sfera giuridica dei singoli in qualsiasi ordinamento fondato sul principio della legalità; dall'altra, la sfera degli interessi legittimi di una platea di 2.500 lavoratori, in situazione di cassa integrazione e mobilità, che, al fine di salvaguardare e non perdere i propri diritti, hanno prestato con diligenza e professionalità la loro opera all'interno delle strutture amministrative pubbliche, anche a fronte di un corrispettivo modesto;
   la stabilizzazione dei cosiddetti «precari della giustizia» (intendendosi per tali sia coloro che sono refluiti nell'ufficio del processo, ma anche e soprattutto coloro che ne sono restati inspiegabilmente estromessi a parità di requisiti) non ha una valenza solamente circoscritta alla platea, pur vasta e distribuita su gran parte del territorio nazionale, dei soggetti interessati, ma assume una portata più ampia sino ad interessare la fiducia che i cittadini ripongono nelle istituzioni, in specie nelle istituzioni afferenti al Ministero della giustizia –:
   se il Ministro interrogato ritenga di valutare l'opportunità di assumere iniziative per prevedere una contrattualizzazione a tempo determinato dei cosiddetti «precari della giustizia», in attesa di procedure concorsuali volte alla stabile definizione della questione, favorendo in tal modo la copertura nell'immediato dei fabbisogni del personale amministrativo e di cancelleria degli uffici giudiziari e, al contempo, la tutela degli interessi soggettivi dei lavoratori interessati. (3-02389)


   VERINI, FERRANTI, AMODDIO, BAZOLI, BERRETTA, CAMPANA, ERMINI, GIULIANI, GRECO, GIUSEPPE GUERINI, IORI, LEVA, MAGORNO, MATTIELLO, MORANI, GIUDITTA PINI, ROSSOMANDO, ROSTAN, TARTAGLIONE, VAZIO, ZAN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   la situazione di grave carenza di personale amministrativo che affligge gli uffici giudiziari del Paese rende ormai indifferibili positive misure a sostegno della giurisdizione;
   ha iniziato a sottolineare la criticità nel giugno 2016, il procuratore della Repubblica di Torino che ha scritto al Ministro interrogato, con l'ampio sostegno dell'avvocatura cittadina, rappresentando il concreto rischio di default in quanto: «Nessuno può pensare» – ha detto il magistrato – «di far funzionare una macchina della giustizia a cui mancano più pezzi»;
   all'allarme del procuratore torinese si sono aggiunti altri di altre procure e di altri uffici giudiziari e si è unito anche il Consiglio superiore della magistratura con una proposta di risoluzione, sottoposta all'attenzione del plenum con procedura d'urgenza ed approvata il 15 giugno 2016, finalizzata a sollecitare indispensabili ed urgenti misure in tema di risorse amministrative;
   pur dando atto dell'inversione di tendenza riguardo alle politiche di mobilità del personale, avviate da questo Governo, il Consiglio superiore della magistratura ha, tuttavia, rappresentato il permanere di gravissime criticità segnalate da parte di innumerevoli uffici, che denunciano l'insostenibile situazione di scopertura delle piante organiche del personale amministrativo, sollecitando l'adozione di misure urgenti di competenza ministeriale, proponendo al Ministro interrogato di adottare, con assoluta urgenza, ogni iniziativa nell'ambito delle proprie attribuzioni al fine, tra l'altro, di indire procedure concorsuali straordinarie volte al reclutamento di un consistente contingente di personale amministrativo, ad avviare ulteriori procedure di mobilità extracompartimentale, assegnando prioritaria destinazione delle risorse agli uffici giudiziari, anche tramite adeguati incentivi, professionali o economici, ad indire due procedure concorsuali all'anno per il reclutamento di magistrati, fino alla completa copertura delle vacanze di organico;
   il disagio dei magistrati è, peraltro, condiviso dall'avvocatura e dai cittadini, in quanto il funzionamento della giustizia significa efficienza del diritto di difesa e tempi ragionevoli di durata dei processi;
   è vero che il Governo sta lavorando in modo incisivo al fine di fornire al sistema giustizia una migliore e robusta «struttura», che conduca ad una decisiva svolta nella direzione di una maggiore efficienza e velocizzazione dei tempi, e lo sta facendo per mezzo di riforme quali, tra le altre, la riforma del processo civile, del processo penale e del settore fallimentare, l'introduzione dell'ufficio del processo, la digitalizzazione, l'introduzione del nuovo tribunale delle imprese, la riforma della magistratura onoraria, l'incentivazione al ricorso a forme alternative di definizione delle controversie;
   in questo quadro di riforme, però, non va dunque sottovalutata, quale parte integrante e vitale di questo sistema, quella rappresentata dal personale della giustizia, nella sua variegata composizione e complessità: la giustizia italiana soffre da molto tempo di una grave e endemica carenza di personale a tutti i livelli;
   anche in questo campo però molte sono state le contromisure prese; ad esempio, quella che ha riguardato la mobilità per il personale in esubero delle province verso il comparto giustizia (per il trasferimento è stato, inoltre, cancellato l'obbligo di ottenere l'assenso della provincia o della città metropolitana di provenienza);
   il decreto-legge n. 90 del 2014 conteneva dette misure urgenti per l'efficienza degli uffici giudiziari prevedeva, all'articolo 50, l’«ufficio per il processo», collocato nel titolo IV, capo II, del decreto («Disposizioni per garantire l'effettività del processo telematico», ha costituito presso le corti d'appello e i tribunali «strutture organizzative denominate ufficio per il processo», di cui fanno parte, oltre al personale di cancelleria e ai giudici onorari, coloro che svolgono presso quegli uffici i tirocini formativi disciplinati dall'articolo 37 della legge n. 111 del 2011 e quelli disciplinati dall'articolo 73 della legge n. 69 del 2013, prevedendo, da un lato, che i tirocini possano svolgersi, oltre che presso i tribunali e le corti d'appello, anche presso le procure della Repubblica presso i tribunali e, dall'altro, che l'esito positivo di questi stage costituisca titolo per l'accesso al concorso per magistrato ordinario;
   inoltre, al fine di accelerare i processi di riqualificazione del personale e le procedure per la mobilità provinciale, con la legge di stabilità per il 2016 si è previsto che è possibile procedere alla selezione del passaggio per riqualificazione senza contrattazione collettiva, andando direttamente a bandire procedure selettive pur sempre nel rispetto del contratto collettivo nazionale di lavoro 1998/2001 –:
   quale sia, in merito alla situazione del personale della giustizia, con particolare riferimento alle misure esposte in premessa, lo stato di attuazione delle nuove norme e delle misure adottate, sia in termini di efficienza del sistema sia di impatto sull'organizzazione e sull'incremento degli organici, e quali ulteriori soluzioni siano state individuate per fronteggiare l'ormai emergenziale carenza di organico del personale amministrativo in servizio negli uffici giudiziari. (3-02390)


   FERRARESI, SARTI, BONAFEDE, AGOSTINELLI, BUSINAROLO e COLLETTI. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   nell'ambito dell'inchiesta «labirinto» sulle tangenti nei Ministeri e nei grandi enti pubblici, coordinata dalla procura di Roma che ha coinvolto cinquanta indagati, fra i quali il parlamentare Marotta, il segretario della Democrazia cristiana Giuseppe Pizza ed il faccendiere Raffaele Pizza, e che ha portato, su ordine del giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, a ventiquattro misure cautelari e sequestri per dodici milioni di euro per reati che vanno dall'associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, alla corruzione e riciclaggio, alla truffa ai danni dello Stato e all'appropriazione indebita, è emerso un filone di indagine – oggi stralciato per diventare oggetto di un'apposita inchiesta – dedicato alla gestione del Tiap, il sistema di informatizzazione del settore penale;
   dalle indagini svolte risulterebbe, infatti, che l'attenzione della cosiddetta «cricca» politico-imprenditoriale si sarebbe concentrata, nel tempo, sulle relazioni da intessere all'interno del Ministero della giustizia al fine di acquisire – senza pubblica gara – la fornitura del servizio di manutenzione e gestione dei servizi informatici Tiap, ad oggi in uso in alcune procure, inclusa quella di Roma, per poi estendere tali servizi a tutte le procure italiane;
   in particolare, gli investigatori, in base ad alcune intercettazioni risalenti al 2015 raccolte nell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari, ritengono che il progetto ideato dagli imprenditori coinvolti nelle indagini «potrebbe rappresentare – e forse già rappresenta – un rischio devastante per il sistema giudiziario», annotando che il sistema «attualmente in uso presso codesta procura (di Roma), evidenzia anche criticità di gestione del sistema, in termini di riservatezza degli atti, posto che lo stesso recepisce e controlla anche atti riservati, in quanto afferenti la fase di indagine preliminare (...)»;
   come riportato da Il Mattino on line, nell'articolo «L'inchiesta tra Roma e Napoli spie nei computer dei pm» dell'8 luglio 2016, dalle intercettazioni emergerebbe «con chiarezza che gli imprenditori Danilo Lucangeli, di Sky Media, e Gianni Nastri, legale rappresentante di Siline spa e di Europower technologies, aspirano a gestire il sistema nazionale che, sono stati informati da fonti istituzionali, sarà esteso a tutte le procure. Con Raffaele Pizza discutono di guadagni e dell'affare ma, soprattutto, dimostrano di potere accedere agli atti riservati. Parlando dell'amico Mario Luciani, dirigente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, promosso a direttore generale dopo essere stato indagato e perquisito, si dicono che avranno notizie sulle informazioni riservate. Dice Lucangeli: “Adesso sto facendo delle verifiche in procura tramite Gianni Nastri per verificare come è attenzionato, perché lui lo può vedere questo su Roma e solo dopo si potrà procedere”. Annotano i militari: “A questo proposito è bene rimarcare il fatto che attualmente personale della Siline spa (società di Nastri) è presente presso codesti uffici giudiziari per la gestione del sistema Tiap”»;
   in altre parole gli investigatori hanno reso edotta la procura di Roma del pericolo insito nelle frasi di un imprenditore, intercettato nel gennaio 2015, «che asserisce di poter fare dei controlli in procura della Repubblica (...), in quanto in grado di accedere ai fascicoli giudiziari», tramite la società che oggi gestisce il sistema Tiap;
   a questo fine, dalle carte dell'inchiesta risulta, altresì, che viene interessato al progetto un esponente della segreteria nazionale del Partito democratico, Ernesto Carbone, che, sostiene Lucangeli – titolare di un applicativo gestionale, definito Exisquer in grado di integrare il funzionamento di Tiap –, se ne occupa «verificandone la validità presso la procura della Repubblica di Roma». «Dovremmo immaginare qual è il percorso politico commerciale per far sì che più velocemente possibile riusciamo a far sì che la Presidenza del Consiglio dei ministri faccia questo decreto ministeriale per il riuso del software Tiap (...) di soluzioni tecnologiche innovative, perché di fatto quel software di proprietà del Ministero della giustizia è già in uso nelle procure più importanti (...) è già stato validato da Ernesto Carbone»;
   nella «rete» di rapporti intessuti dalla «cricca», tesi a realizzare il progetto di estensione del sistema di gestione telematica del settore penale da alcune procure all'intero sistema giudiziario italiano, risultano contatti interni allo stesso Ministero della giustizia, con l'attivazione del consigliere economico del Ministro interrogato, Roberto Rao, il quale avrebbe predisposto in favore dei citati imprenditori un incontro al Ministero per la presentazione del progetto con l'allora Vice Ministro Costa –:
   se – alla luce della disponibilità che sembrerebbe emergere da parte di vertici politico-istituzionali del Ministero della giustizia in relazione a un disegno imprenditoriale, di fatto, tale da consentire il controllo da parte di privati dell'intera attività delle procure della Repubblica – possa chiarire se l'incontro, favorito dal consigliere economico del dicastero Rao, tra l'allora Vice Ministro Costa e gli imprenditori coinvolti nell'inchiesta di cui in premessa sia effettivamente avvenuto, se il citato sistema di gestione digitale degli atti processuali del settore penale – in capo a società private, ancorché il software sia di proprietà pubblica – in uso presso importanti procure della Repubblica sia stato utilizzato impropriamente, se sia stato sottoposto ad accertamenti – e quali – circa il livello di vulnerabilità da parte di privati e di riservatezza delle indagini e dei processi e, in caso contrario, se non ritenga indispensabile dar luogo ad un'immediata verifica – di concerto con le procure interessate – per individuare eventuali indebite intromissioni all'interno di tale sistema. (3-02391)


   RAVETTO e GREGORIO FONTANA. – Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
   il 21 giugno 2016, nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza, di identificazione ed espulsione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti e sulle risorse pubbliche impegnate, il Ministro interrogato ha illustrato gli interventi contenuti in un disegno di legge delega predisposto dal Ministero della giustizia «per una gestione più efficiente del fenomeno migratorio e una riduzione del tempo di esame delle domande di asilo»;
   il Ministro interrogato ha anticipato che in questa proposta, che sarebbe attualmente «al vaglio del Governo», viene prevista l'istituzione di sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, composte da magistrati esperti o che abbiano ricevuto una formazione specifica con il coinvolgimento della Scuola superiore della magistratura. In particolare, sarebbero individuati dodici tribunali distrettuali – Roma, Bari, Catanzaro, Catania, Palermo, Milano, Venezia, Firenze, Salerno, Bologna, Torino e Cagliari – scelti sulla base dei dati relativi al numero delle domande di protezione internazionale esaminate negli anni 2015-2016 da ciascuna commissione territoriale o sezione distaccata;
   la Camera dei deputati aveva approvato, il 28 ottobre 2015, una mozione a prima firma dell'onorevole Ravetto che impegnava il Governo ad «assumere le iniziative di competenza per individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato e/o di espulsione, al fine di ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi»;
   il 6 luglio 2016, l'Associazione nazionale magistrati, in audizione dinnanzi alla medesima Commissione d'inchiesta, ha avuto modo di esprimere il proprio consenso alla proposta del Ministro interrogato sull'istituzione delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, ma ha sottolineato le forti carenze di organico della magistratura; a fronte di qualsiasi nuova prospettiva organizzativa, è necessario dunque porsi il problema della carenza di magistrati e di personale amministrativo e dell'indispensabile stanziamento di risorse necessario per l'introduzione delle sezioni specializzate;
   ad oggi, non risulta però chiaro né lo stanziamento di risorse previsto in merito, né tantomeno la tempistica di esame ed approvazione del provvedimento annunciato, a partire dal vaglio del Consiglio dei ministri –:
   in quali tempi il Governo intenda presentare in Parlamento il disegno di legge delega annunciato e richiamato in premessa e quante e quali siano le risorse previste per il finanziamento dell'operazione, nell'ottica di un rapido avvio dell'operatività delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, per una gestione più efficiente del fenomeno migratorio. (3-02392)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   i voli low cost da e per la Sardegna possono e devono essere salvati senza perdere un solo giorno;
   la Sardegna rischia nel 2016 un danno da un miliardo di euro e migliaia di operatori turistici nel lastrico;
   non ha alcun fondamento, come è stato fatto da più parti, affermare che il contributo co-marketing che dal 1999 viene utilizzato per promuovere e attrarre turisti in Sardegna è stato condannato e vietato dall'Unione europea;
   è in atto, ad avviso degli interpellanti, un persistente tentativo politico e mediatico per «cacciare» Ryanair e le altre compagnie low cost dalla Sardegna e non solo per ripristinare in toto il monopolio di Alitalia;
   il vero obiettivo appare quello di rendere impossibile la vita alle compagnie low cost e tentare in tutti i modi di ripristinare il primato monopolista delle compagnie tradizionali;
   il sistema avviato nel 1999 ad Alghero, quando il primo firmatario del presente atto in qualità di presidente della regione autorizzava il primo contributo co-marketing per i voli low cost di Ryanair, non solo è stato dichiarato legittimo dalla Commissione europea, ma con la sentenza pubblicata a settembre 2015 l'Unione europea ha detto a chiare lettere che quella procedura è valida anche con gli orientamenti comunitari adottati nel 2014;
   per questa ragione serve immediatamente un'azione seria e concreta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con le regioni, affinché si ripristini il modello intrapreso ad Alghero e lo si esporti anche negli altri aeroporti di Cagliari e Olbia;
   la decisione comunitaria pubblicata sulla Gazzetta europea del 25 settembre 2015, a proposito dei contributi alle compagnie aeree ad Alghero, riporta esplicitamente: «(374) Tanto rilevato, la Commissione conclude che le condizioni di compatibilità stabilite negli orientamenti del 2014 per il settore dell'aviazione sono state rispettate e che quindi le misure sono compatibili con il mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato»;
   i contributi co-marketing dati alle compagnie aeree, a partire da Ryanair, sono, dunque, compatibili con il mercato interno europeo;
   questa decisione è ancora più rilevante perché non viene assunta con le precedenti norme ma con quelle attuali;
   il problema, dunque, non si pone per quanto riguarda Alghero, considerata la decisione europea di avallare totalmente il valore e la legalità del comportamento seguito sin dall'inizio sia dalla presidenza della regione che erogava i fondi della pubblicità istituzionale, sia quello della società di gestione dello scalo algherese;
   il Ministero, per quanto di competenza, anche coinvolgendo Enac deve porre in essere tutte le azioni per garantire il rispetto di quella decisione e la prosecuzione di quella strategia di marketing territoriale indispensabile a ripristinare immediatamente i voli della compagnia Ryanair e alle altre compagnie proseguendo con il sistema collaudato e avallato dalla Commissione europea;
   in tal senso, il Ministero deve favorire ed intraprendere le necessarie azioni per l'aeroporto di Cagliari – Elmas, in quanto le quote sono detenute dalla camera di commercio;
   è indispensabile che la Commissione europea riconosca l'aeroporto come strumento operativo della stessa regione e quindi concluda l'analogo trattamento applicato ad Alghero dove l'aeroporto è, invece, della regione;
   Ministero e regione devono esperire un primo immediato tentativo per far riconoscere all'aeroporto di Cagliari le medesime condizioni di quello di Alghero;
   per questo motivo il primo firmatario del presente atto, sin dal 2010, attraverso la proposta di legge denominata piano attuativo per il riequilibrio insulare della Sardegna (PARIS) aveva avanzato la proposta della creazione di un'unica società di gestione aeroportuale della Sardegna che preveda, oltre allo scalo di Alghero, anche l'acquisizione innanzitutto del capitale azionario dell'aeroporto di Cagliari;
   tale processo consentirebbe una gestione uniforme e razionale del sistema del marketing regionale e gestionale, garantendo un approccio unitario delle politiche di sviluppo;
   in tal senso, l'orientamento europeo è chiaro, visto che al punto 32 degli orientamenti comunitari sulla gestione dei servizi aeroportuali e aerei si prevedeva: «32. Il quadro giuridico e normativo relativo alla proprietà e alla gestione dei singoli aeroporti varia da un aeroporto all'altro all'interno dell'Unione. In particolare, gli aeroporti regionali locali sono spesso gestiti in stretta cooperazione con le autorità pubbliche. A tale riguardo, la Corte ha stabilito che è plausibile che diversi soggetti svolgano assieme un'attività economica, costituendo in tal modo un'unità economica, in presenza di determinate condizioni»;
   appare ancora più esplicito il richiamo, sempre degli orientamenti comunitari, che a proposito di proprietà aeroportuale indica come irrilevante la natura pubblica o privata dell'aeroporto: «46. L'articolo 345 del trattato stabilisce che il trattato stesso lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Ne deriva che gli Stati membri possono possedere e dirigere imprese, e possono acquistare azioni o altre partecipazioni in imprese pubbliche o private. 47. Di conseguenza, i presenti orientamenti non operano alcuna distinzione fra i vari tipi di beneficiari sotto il profilo del loro assetto giuridico o in base alla loro appartenenza al settore pubblico o a quello privato e tutti i riferimenti a compagnie aeree e aeroporti o alle imprese che ne assicurano la gestione riguardano ogni tipo di soggetto giuridico»;
   la Commissione europea ha legittimato il «modello Alghero» per due ordini di motivi: il contributo co-marketing era di natura pubblica dato ad una società pubblica gestita con principi commerciali ed economici da libero mercato;
   in questo senso la Commissione non ha preso in considerazione le ricadute economiche territoriali, ma ha valutato se la regione avesse sostanzialmente agito come un privato proprietario dell'aeroporto;
   la Commissione, rispondendo allo Stato italiano, ha concluso, applicando il metodo MEO, operatore economia di mercato, fatto di algoritmi economico – finanziari, che la regione Sardegna ha agito nell'ambito della gestione aeroportuale come un operatore privato e che i contributi economici co-marketing hanno consentito all'aeroporto di avere degli utili o comunque di non perdere;
   diventa fondamentale che in questo quadro il Governo, con il coinvolgimento di Enac, promuova e favorisca l'acquisizione da parte della regione del capitale azionario maggioritario degli aeroporti sardi, o del loro insieme, ipotizzando un processo che punti ad un'unica società di gestione che, con il principio MEO sperimentato positivamente ad Alghero, possa non solo mantenere ma rafforzare la presenza delle compagnie low cost in Sardegna;
   dopo aver devastato con politiche nefaste i voli low cost il Governo e la regione Sardegna hanno sbandierato quello che gli interpellanti giudicano un futile e destituito di ogni interesse rapporto convenzionale con la compagnia Alitalia;
   in questo «pseudo accordo» erano previsti settimanali collegamenti da Alghero per Parigi e Barcellona;
   tali collegamenti risultano a tutt'oggi un vero e proprio fallimento;
   i voli pianificati in base ad un accordo sconosciuto tra l'aeroporto Riviera del Corallo e Alitalia continuano a tenere lontani i viaggiatori in entrata e in uscita;
   al fallimento dei viaggi inaugurali di inizio mese si è aggiunto quello dei voli programmati in questi ultimi giorni;
   il 1o giugno 2016 l'Airbus della compagnia di bandiera, è partito per l'aeroporto «El Prat» di Barcellona con 25 passeggeri a bordo;
   è stato devastante il ritorno da Alghero con appena otto viaggiatori;
   il collegamento con l'aeroporto «Charles De Gaulle» di Parigi ha registrato 16 passeggeri da Alghero;
   il rientro in Sardegna dell'aeromobile è avvenuto senza neanche un passeggero;
   il 5 giugno su 165 posti disponibili da Barcellona, i passeggeri atterrati ad Alghero erano appena sette;
   sono stati otto quelli partiti per la Spagna, con un solo bagaglio da stiva;
   si tratta come è ovvio di un duplice fallimento;
   non solo non si è riusciti a trattenere Ryanair, ma la sua sostituzione è risultata nefasta;
   nella giornata del 6 giugno 2016 su Alghero-Parigi erano previsti sei passeggeri;
   tale situazione sta ulteriormente danneggiando l'aeroporto di Alghero, che è sottoposto ad una gravissima procedura di privatizzazione;
   nella giornata del 6 giugno 2016 è intervenuto un nuovo rinvio della vendita dell'aeroporto di Alghero, a conferma del fatto che ci sarebbero trattative sottobanco per la svendita dell'aeroporto;
   una governance seria e credibile avrebbe annullato il bando, anziché continuare a insistere su proroghe a giudizio degli interpellanti funzionali solo ad un piano ben preciso: deprezzare e svendere lo scalo algherese;
   se fosse, infatti, vero che F2i, la società immobiliare e di infrastrutture, avrebbe intenzione di presentare l'offerta per l'acquisto dell'aeroporto di Alghero, ad avviso degli interpellanti non resterà che trasmettere tutti gli atti alla Corte dei Conti e alla procura della Repubblica;
   si tratterebbe di un'offerta d'acquisto secondo gli interpellanti viziata da una procedura anomala e destituita di ogni logica e soprattutto si compirebbe una vera e propria svendita pianificata a tavolino da alcuni personaggi ben noti;
   in questo ultimo anno l'aeroporto è stato totalmente deprezzato, ridotto ai minimi termini, con una perdita secca di passeggeri stranieri mese di oltre il 60 per cento;
   si tratta di un'operazione messa in campo in ogni singolo dettaglio da un assessore regionale che a giudizio degli interroganti ha di fatto perseguito, con la complicità politica del Governo sin dal primo giorno, il tracollo dell'aeroporto e del suo traffico voli;
   un piano culminato con la dipartita di Ryanair per evitare la quale il Governo e l'assessore non solo non hanno fatto niente, ma ad avviso degli interpellanti hanno messo in atto tutte le azioni per favorirla;
   ad avviso degli interpellanti, tale piano è stato messo a punto per consentire a F2i di formulare un'offerta la più bassa possibile e consentire di «mettere le mani» sull'aeroporto senza alcun tipo di problema;
   tutto questo, ad avviso degli interpellanti, finisce per cancellare per sempre i voli low cost che disturbano non poco Alitalia, sponsorizzata a livello nazionale dal Governo e a livello regionale dalla giunta in carica, e favorire un pacchetto aeroportuale immobiliare con Cagliari che metta in campo operazioni speculative nell'area sud Sardegna;
   un investimento minimo quello per l'acquisto d Alghero funzionale solo al suo sottoutilizzo, ad avviso degli interpellanti per non disturbare altri competitor, a partire dal Qatar per arrivare a Montezemolo;
   non si rivela niente di nuovo se si afferma che l'assessore regionale dei trasporti è direttamente legato politicamente al presidente della fondazione del Banco di Sardegna Antonello Cabras di cui appare diretta espressione;
   non è un caso che lo stesso Cabras recentemente sia entrato a far parte a pieno titolo nel consiglio di amministrazione proprio di F2i, in sostituzione del suo compagno di partito e di corrente Mannoni;
   dunque venditore e acquirente sono di fatto espressione della stessa corrente e per giunta sono da sempre personalmente legati;
   tutto questo non può essere sottaciuto insieme alle azioni messe in campo in questo ultimo anno soprattutto per deprezzare l'aeroporto di Alghero;
   è necessario che la procura faccia chiarezza su quanto sta avvenendo e su quanto avvenuto;
   agli atti della procura di Sassari del resto ci sono le relazioni dello stesso Deiana che, nella duplice veste di consulente della regione e della Sogeaal, suggeriva alla società di gestione di rivolgersi alla procura qualora la regione non avesse pagato i contributi co-marketing;
   ora che lo scenario si sta definendo e che F2i starebbe per presentare un'offerta il disegno emerge ad avviso degli interpellanti con una chiarezza esplicita, anche perché in troppi sanno di questo interesse per l'aeroporto di Alghero; interesse che appare tutto teso alla mortificazione dello scalo a favore di altri interessi;
   del resto svendere un aeroporto senza traffico passeggeri è davvero cosa facile soprattutto se si hanno altri obiettivi;
   a quel punto la regione non potrà più dare nessun contributo co-marketing e si potrà trincerare dietro il divieto europeo, mettendo la parola fine alle compagnie low cost;
   la direttiva comunitaria e la sentenza che salvava Alghero prevedevano, infatti, la legittimità del contributo solo se l'aeroporto fosse stato pubblico. Con la privatizzazione tutto sarebbe destinato a morire per sempre;
   si tratta di un piano che ha lasciato l'aeroporto ad un passo dal fallimento per fare poi l'operazione più spregiudicata per venderlo ai compagni di corrente e di cordata;
   il presidente della regione ha reiteratamente dichiarato che il Governo avrebbe azzerato le addizionali comunali sul trasporto aereo entro il 15 giugno;
   ad oggi nessuna risposta concreta è stata fornita e la stagione Summer è ormai avviata senza alcuna risposta;
   tutto questo è inaccettabile; il Governo, la magistratura penale e quella contabile hanno il dovere di andare sino in fondo –:
   se non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, con iniziative immediate per invertire questa vergognosa situazione dei voli low cost in Sardegna e in particolar modo dello scalo di Alghero, abbattendo gli oneri fiscali e le addizionali e favorendo gli accordi co-marketing con le compagnie low cost;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per il blocco delle procedure di privatizzazione, considerate le prescrizioni comunitarie e l'inadeguatezza del bando di concessione;
   se intenda assumere iniziative per agevolare, promuovere, e rafforzare il «modello Alghero» nelle politiche di sviluppo delle compagnie low cost, considerato l'apporto decisivo dato allo sviluppo turistico del Paese e della Sardegna in particolar modo;
   se non ritenga di confermare in modo netto che la Commissione europea ha avallato il «modello Alghero» e che lo stesso è reiterabile nelle analoghe condizioni in altri contesti;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative necessarie al fine di confermare e rafforzare la presenza delle compagnie low cost;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per cancellare le addizionali comunali sul trasporto aereo quantomeno per i collegamenti da e per le regioni insulari;
   se e come intenda gestire lo stanziamento di 30 milioni di euro contenuti nel decreto legge recante misure urgenti per interventi sul territorio (n. 185 del 2015) e se lo stesso sia è stato pianificato con ulteriori stanziamenti pluriennali;
   se intenda assumere iniziative per impedire ulteriori discriminazioni per il popolo sardo, bloccando ipotesi avanzate per una continuità territoriale caratterizzata da costi variabili a seconda delle fasce orarie, negando così il diritto fondamentale alla mobilità da e per la Sardegna.
(2-01428) «Pili, Pisicchio».

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   da notizie apparse nei giorni scorsi sugli organi di stampa del 30 giugno 2016 La Repubblica – Firenze si apprende che il sindaco di Firenze rilasciava, a margine di un incontro pubblico a Varlungo (Firenze), delle dichiarazioni sulla sospensione dei lavori TAV per il sottoattraversamento di Firenze; lo stesso dichiarava: «Chiedo una verifica, voglio capire se alla luce dei progressi tecnologici si possono oggi raggiungere gli stessi risultati spendendo meno»; e inoltre: «Una verifica non da solo, voglio farla con la Regione, con il governo nazionale e con Ferrovie, che sono il dominus di tutto»; affermava ancora: «Non ho mai fatto mistero, come del resto il mio predecessore, che questo progetto Tav non mi piaceva. Sono tuttavia del parere le opere pubbliche di questo Paese si concludano al più presto. Solo che i cantieri sono bloccati. Da quando sono sindaco non hanno fatto un passo avanti»; dichiarava altresì che «Il progetto dell'Alta Velocità che Ferrovie ha voluto fare in tutti i modi, oggi ancor più di ieri, appare inspiegabile: è un grande spreco di denaro pubblico, perché stiamo parlando di un miliardo e mezzo di euro per risparmiare due minuti sulla tratta Roma-Bologna-Milano dell'Alta Velocità»; asseriva, infine: «Un progetto che appare inspiegabile sotto tutti i punti di vista»;
   inoltre, da notizie di stampa dei giorni successivi (1o luglio 2016) il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, a conclusione di un convegno su infrastrutture e mobilità a Firenze, dichiarava: «Stiamo revisionando la Torino-Lione, tutte le opere di adduzione al tunnel, che sono più di 84 chilometri di linea nuova, sono state ridotte, dopo le analisi che abbiamo fatto, a poco più di 25 chilometri. Quindi useremo gran parte della linea esistente. Non sono arretramenti, sono adeguamenti e sono un'intelligente rivisitazione dei progetti per fare le opere in tempi giusti con i costi minori e che siano davvero utili». E affermava, inoltre: «Noi abbiamo un approccio uguale a tutte le latitudini, da Nord a Sud che è quello di avere la project review, cioè la rivisitazione dei progetti, perché la tecnologia negli ultimi 20 anni ha fatto passi enormi, basti pensare che miriamo a far passare treni ogni 3 minuti, mentre adesso non riusciamo a farli passare in sicurezza se non dopo ogni 7-8 minuti. Quindi, i treni viaggeranno in piena sicurezza con le nuove tecnologie molti di più, molto più rapidamente. Quindi, abbiamo già revisionato tantissimi progetti, ad esempio la Venezia-Trieste da un costo di più di 7 miliardi a un costo molto più ragionevole, più che dimezzato proprio perché la tecnologia consente grandi recuperi»;
   quello della Tav di Firenze è un progetto nato male e cresciuto peggio, con oltre venti prescrizioni già in fase di rilascio della valutazione di impatto ambientale (VIA), con tante criticità ancora non risolte, con impatti devastanti sulle falde nelle zone interessante, quali Tre Pietre, Macelli e Campo di Marte;
   i danni che lo scavo del tunnel provocherebbe a migliaia di case e monumenti, danni che sarebbero amplificati dall'uso di una sola fresa invece delle due sempre utilizzate in questi casi, sarebbero irreversibili;
   due importanti inchieste della magistratura hanno interessato il progetto facendo luce sul sistema corruttivo ed infiltrato delle mafie;
   quello del «Passante» è un progetto, ad oggi, costato ben 760 milioni di euro ed i lavori al cantiere dei Macelli proseguono nonostante le criticità rilevate dal punto di vista di impatto ambientale;
   dalle parole del sindaco si evince, inoltre, dell'esistenza di un tavolo di confronto con Ferrovie dello Stato italiane, di una valutazione e, addirittura, dell'abbandono del progetto di tunnel e stazione Foster, luogo, quest'ultimo, già interessato da una perforazione di circa 40 metri di profondità nell'avanzamento dei lavori;
   non risulta all'interpellante che, ad oggi, esista alcun tavolo di confronto tra il sindaco ed i vertici stessi della RFI (Rete ferroviaria italiana), rimanendo questi ultimi sorpresi del cambio di programma del sindaco di Firenze;
   non risulta alcun documento che attesti il cambio di rotta, ancora nessun atto formale, nessuno scritto –:
   se trovino conferma le notizie di stampa riferite alla possibilità di una sospensione dei lavori inerenti all'attività dei cantieri per il nodo ferroviario alta velocità di Firenze;
   se sia a conoscenza di un eventuale progetto alternativo delle Ferrovie dello Stato italiane sulla tratta interessata e quali sarebbero le tecnologie da utilizzare al fine di garantire il maggior traffico di treni sui binari oggi esistenti;
   se, alla luce delle dichiarazioni del sindaco Nardella, che confermano le preoccupazioni sui rischi sottostanti alla realizzazione del tunnel alta velocità, non intenda, in ogni caso, assumere iniziative per interrompere immediatamente i lavori del sottoattraversamento ferroviario, e con quali e quante risorse economiche si possa far fronte al ripristino dello stato dei luoghi nelle zone danneggiate;
   quali iniziative di competenza il Ministro interpellato intenda porre in essere, al fine di non consentire possibili speculazioni immobiliari nelle aree del cantiere;
   se il Ministro ritenga di favorire l'avvio di un percorso concreto di progettazione partecipata tra i cittadini, le istituzioni e tutte le parti interessate.
(2-01426) «Bonafede».

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   SANTERINI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la città di Milano nei mesi estivi affronta un importante flusso di profughi, in quanto città di transito per chi cerca di proseguire per Paesi del nord Europa;
   risulta, infatti, che circa il 20 per cento dei profughi provenienti dal Sud passi per Milano;
   non si tratta qui di denunciare un'emergenza, ma di sottolineare la necessità di affiancare all'azione della città di Milano anche quella degli altri comuni della regione, in quanto alcuni di questi ospitano molti profughi e altri nessuno;
   gli interroganti ritengono che il flusso dei profughi sia sostenibile, se si realizzerà pienamente il sistema Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati) che dovrebbe coinvolgere attivamente tutti i comuni;
   in particolare, si evidenzia il tema dei minori non accompagnati, quadruplicati nel 2016 rispetto al 2015, mentre il loro numero era già cresciuto di quattro volte tra il 2014 ed il 2015;
   questi minori trovano una collocazione nei centri di emergenza, ma la loro situazione richiederebbe misure più stabili rispetto, ad esempio, alla situazione di Via Dogana dove moltissimi minori soli si radunano ogni mattina al numero 2 della citata via milanese;
   la polizia non può fare altro che consegnare loro un foglio con l'indirizzo di qualche comunità che dovrebbe ospitarli, ma il continuo aumento del numero dei profughi di fatto impedisce che le comunità riescano ad ospitare tutti i minori;
   inoltre, molto forte è il malessere nel centro profughi di Via Corelli 28, dove sono ospitati 500 richiedenti asilo, in particolare per i tempi di attesa oggi molto lunghi per il riconoscimento dello status di rifugiati –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per far sì che si possa ottenere una distribuzione più equa dei migranti in tutti i comuni della Lombardia, e non solo in quelli che hanno già aperto le porte all'accoglienza, adoperandosi per la più ampia partecipazione dei comuni allo Sprar (Sistema di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati). (3-02385)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PREZIOSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico degli enti locali), dispone l'invio degli statuti comunali e provinciali, dopo che le relative delibere sono divenute esecutive, al Ministero dell'interno che ne cura la raccolta, la conservazione ed anche la pubblicità telematica;
   in attuazione dell'articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 267 del 2000, che recita «L'ufficio del Ministero dell'interno istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi», il Ministero dell'interno ha emanato, nel tempo, circolari, in particolare, n. 3 del 25 febbraio 2003, n. 2 del 2 febbraio 2004 e n. 2100 dell'8 febbraio 2012, per sollecitare i sindaci, per il tramite dei prefetti, a curare puntualmente gli adempimenti dell'invio degli statuti e/o della comunicazione delle eventuali modifiche statutarie apportate;
   il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, dispose, poi, l'invio degli statuti, e delle loro eventuali modifiche, da parte degli enti locali, in formato elettronico, a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto delle specifiche, tecniche del documento informatico, disposte dal competente dipartimento del Ministero dell'interno. In precedenza, lo statuto, autenticato su ogni pagina, era conservato in forma cartacea;
   lo statuto del comune di Penne (provincia di Pescava) non è, a tutt'oggi, pubblicato sul portale dell'ente, nella sezione «Amministrazione trasparente», in contrasto con il decreto legislativo n. 33 del 2013, recante norme sulla trasparenza;
   lo statuto del nominato comune è pubblicato sul sito web del Ministero dell'interno, ciò che dovrebbe conferire i crismi di autenticità, ufficialità e vigenza all'alto normativo;
   è tuttavia e inopinatamente, occorso, che, in occasione della prima seduta, il giorno 23 giugno 2016, del consigli comunale di quella città, rinnovato a seguito delle elezioni amministrative del 5 giugno 2016, ai consiglieri comunali sia stata consegnata una copia dello statuto dell'ente, in forma cartacea e su fogli privi d'intestazione e di attestazione di sorta circa l'autenticità e/o conformità ad un originale, parzialmente difforme dallo statuto consultabile sul sito del Ministero dell'interno. La prima difformità riguarda l'epigrafe, dove è recata la scritta «STATUTO», seguita dalle seguenti postille: «Il presente Statuto: – È entrato in vigore il 24 luglio 1993; – Con deliberazione del Consiglio comunale n. 3 del 27 gennaio 1995 è stato adeguato alla legge n. 265 del 1999» «– Il testo adeguato è in vigore dal 30 aprile 2000»;
   gli articoli 4, 52 e 69 nel detto testo risultano inesistenti, evenienza inaudita e di rilevante momento;
   nell'articolo 71, poi, che nello statuto pubblicato sul sito ministeriale risulta abrogato e comunque, diversamente rubricato, è recata una sorprendente citazione della legge n. 75 del 2002, inesistente all'epoca della data di entrata in vigore dello statuto adeguato dal consiglio comunale, indicata in epigrafe nel 30 aprile 2000;
   infine, nelle due versioni statutarie comparate, le rubriche di taluni articoli non coincidono –:
   se il Governo non ritenga, anche alla luce della descritta e inesplicabile vicenda, che, ad avviso dell'interrogante, lede l'immagine e il prestigio delle istituzioni, di verificare, con riferimento al comune di Penne, la puntualità degli adempimenti circa gli obblighi d'invio al Ministero dello statuto comunale e delle modifiche statutarie successivamente apportate;
   se il testo dello statuto del comune di Penne (provincia di Pescara) pubblicato sul sito del Ministero dell'interno sia quello ufficiale ed effettivamente vigente dal 30 aprile 2000. (5-09125)


   BRIGNONE, ANDREA MAESTRI, CIVATI, PASTORINO e MATARRELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   F.G., di anni 40 risiede a Torino, dove ha svolto per diciotto anni l'esercizio di tassista;
   a causa di problemi degenerativi legati alla malattia di cui soffre, infatti è affetto da scoliosi idiopatica progressiva a S-Italica, a quanto consta agli interroganti ha dovuto interrompere il proprio lavoro;
   G. inoltre, anni fa, durante lo svolgimento del proprio lavoro ha subito un'aggressione nel proprio taxi e da allora è portatore di placche di titanio nella metà del viso destro;
   per via della malattia degenerativa, G. è in possesso di una prescrizione terapeutica per l'uso del Bedrocan – farmaco di preparazione galenica di cannabis sativa infiorescenze – prescritta in data 16 marzo 2016 da un medico dell'ambulatorio di terapia antalgica dell'Humanitas Gradenigo (To);
   in attuazione della deliberazione della giunta regionale n. 24-2920, avente per oggetto: Indirizzi procedurali e organizzativi per l'attuazione della legge regionale n. 11 del 15 giugno 2015 – Uso terapeutico della cannabis, G. può accedere all'erogazione del farmaco a carico del sistema sanitario regionale;
   in data 6 febbraio 2016 veniva fermato da agenti della Polizia stradale di Torino mentre viaggiava a bordo della propria vettura – adattata per le sue condizioni fisiche – per normali controlli di rito;
   alla domanda degli agenti di polizia, se deteneva stupefacenti, G., a quanto consta agli interroganti consegnava spontaneamente un grammo di cannabis che deteneva nella tasca dei pantaloni. Contestualmente quest'ultimo spiegava agli agenti che il possesso di cannabis era dovuto al suo stato di salute e che ne faceva uso inalatorio;
   gli agenti a quel punto invitavano G. a recarsi presso una struttura ospedaliera per sottoporsi a esami che attestassero o no la guida sotto effetto di sostanze stupefacenti. Il G., sapendo che gli esami sarebbero stati positivi, spiegava agli agenti di polizia che si sarebbero sottoposto inutilmente poiché l'uso terapeutico della cannabis avrebbe comunque comprovato l'effetto di sostanze psicotrope;
   gli agenti pertanto provvedevano all'immediato sequestro della vettura e ritiro della patente di guida ai sensi dell'articolo 187 del codice della strada;
   G., in data 24 maggio 2016, veniva rinviato presso la commissione medica locale di Torino, come da segnalazione della prefettura di Torino, dove forniva la documentazione comprovante il suo stato di salute, esibiva la regolare prescrizione del farmaco rilasciata dalla struttura ospedaliera dove è in cura;
   la medesima Commissione dichiarava comunque G. temporaneamente non idoneo dalla guida di nessun mezzo per mesi sei;
   allo stato attuale G. non può riacquisire il diritto alla guida, ne riavere la propria patente ritirata sospesa ai sensi dell'articolo 187 del Codice della strada, così lo stesso risulta gravemente compromesso nei necessari spostamenti di cui necessita per lo svolgimento delle normali azioni quotidiane ed anche per ricorrere alle cure di cui necessita, vedendosi costretto a ricorrere all'uso di mezzi pubblici con i relativi disagi che conseguentemente comporta il viaggiare con una malattia degenerativa come quella di cui questi è affetto;
   peraltro, G. oltre alla propria malattia, a quanto consta agli interroganti leve affrontare il disagio famigliare di una madre ipovedente e una sorella autistica e quindi maggiori difficoltà di espletamento delle normali attività quotidiane non essendo più in possesso della propria vettura –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non ritengano necessario e urgente assumere iniziative per chiarire i casi in cui sia consentito l'uso della cannabis quale terapia alternativa per il dolore al fine di evitare ai soggetti malati di dover essere sanzionati e denunciati ai sensi dell'articolo 187 del Codice della strada e vedersi ritirata temporaneamente o confiscata la patente di guida;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per modificare l'articolo 189 del Codice della strada per quanto attiene alla detenzione e all'uso di sostanze psicotrope e alteranti, per quanto attiene ai soggetti autorizzati all'uso di cannabis e suoi derivati per uso terapeutico;
   se non ritenga il Governo di assumere iniziative, anche normative, affinché le commissioni mediche – relativamente ai soggetti possessori di patente di guida – riconoscano la legittimità della detenzione e dell'uso medico della cannabis senza assimilarlo all'uso ludico;
   se il Ministro della salute non ritenga, – considerato che l'uso medico della cannabis ha effetti psicotropi minori di altre sostanze erogate dal Servizio sanitario nazionale come il metadone ai tossicodipendenti o di altri farmaci acquistabili presso le farmacie senza la prescrizione medica – ove viene esclusivamente sconsigliata la guida nel caso di assunzione di tali farmaci, ma non l'obbligo di non mettersi alla guida –, di dover assumere iniziative al fine di classificare la cannabis terapeutica come ogni altro farmaco che può produrre stati di alterazione, come antistaminici, metadone, e altro;
   se il Ministro dell'interno possa chiarire come agiscono le forze dell'ordine in caso di controlli nei confronti di persone come F.G., per le quali è prescritto un trattamento farmacologico con cure palliative mediante l'uso di cannabis;
   se il Ministro dell'interno non ritenga di inviare una nota esplicativa alla forze dell'ordine per chiarire come intervenire in caso di controlli a persone malate in cura con cannabis, affinché non si verifichino casi come quello sopra esposto, che sono molto frequenti, e affinché chiunque venga fermato non debba subire trattamenti pari a quelli che subiscono i tossicodipendenti, per il solo fatto di consumare cannabis, sottovalutando ogni funzione terapeutica della stessa;
   se il Ministro della salute non ritenga opportuno assumere iniziative affinché le strutture competenti per la consegna di farmaci – come quelli della linea Bedrocan (cannabis) a uso terapeutico – consegnino i farmaci medesimi nei tempi dovuti, al fine di evitare che i pazienti che ne hanno bisogno debbano ricorrere ad un uso alternativo di derivati della cannabis o della stessa cannabis, che comporterebbe azioni penali nei loro confronti. (5-09129)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato anche dalla stampa locale e su Il Giorno (http://www.ilgiorno.it/como/migranti-respinti-svizzera-1.2336060) da qualche tempo a Como, presso la stazione ferroviaria di San Giovanni e nelle zone limitrofe, sono comparsi numerosi accampamenti abusivi di immigrati che arrivano con il ritmo di un centinaio al giorno, per disperdersi in città o sostare in gruppo dove trovano altri connazionali;
   pare che tali immigrati siano originari delle zone del Centro Africa, in particolare Eritrea, Somalia, Gambia, Nigeria e Sudan, e vogliano raggiungere Nord Europa, soprattutto la Germania, da quando, con la chiusura delle frontiere a Ventimiglia per la Francia e al Brennero per l'Austria, la sola strada aperta verso il Nord Europa è rimasta quella che passa da Como;
   la stazione di Como, dove, per la vocazione turistica della città e della provincia transitano quotidianamente turisti e pendolari, si è trasformata in un vero e proprio bivacco all'aperto, e tale situazione di degrado provoca evidenti danni all'immagine e alla sicurezza della città;
   secondo quanto riportato dai quotidiani, pare che la Svizzera, seppur non formalmente, abbia di fatto chiuso le proprie frontiere e nell'ultima settimana, le guardie di confine svizzere abbiano respinto decine di immigrati in Italia, spesso senza neanche formalizzare la riammissione con la polizia di frontiera italiana;
   sempre secondo la stampa, nei primi sei mesi di quest'anno le autorità elvetiche pare abbiano rimandato in Italia circa 3 mila immigrati e nell'ultima settimana i respingimenti siano aumentati;
   secondo l'Amministrazione federale delle dogane, solo nel mese di giugno sarebbero 3.600 gli immigrati che dall'Italia sono entrati illegalmente in Svizzera e da ciò la decisione di effettuare i controlli e i respingimenti attuali;
   per i minuziosi controlli effettuati dalle autorità elvetiche sui treni e i conseguenti respingimenti, ultimamente alcuni degli immigrati accampati a Como tentano di raggiungere il nord Europa anche a piedi in autostrada e di notte, come avvenuto nei giorni scorsi quando alcuni sono stati avvistati dalla polizia stradale ma soprattutto dagli automobilisti, con tutti i pericoli che comporta questa situazione;
   come riportano i giornali locali, tra cui la provincia di Como, ormai questa situazione si protrae da parecchi giorni ma è destinata a peggiorare e a diventare esplosiva nei prossimi con l'arrivo di un numero non stimabile di nuovi immigrati che vorranno tentare il viaggio verso il nord Europa;
   tali preoccupazioni vengono corroborate dalla considerazione che nell'ultima settimana pare siano giunti a Milano migliaia di immigrati e che la destinazione che vogliano intraprendere, per poter raggiungere i Paesi europei del nord, sia, per quasi tutti, Chiasso;
   per la gravità della situazione sopra esposta e per il timore che il numero degli immigrati accampati possa aumentare improvvisamente, è stato previsto un vertice in settimana tra prefettura, questura, Caritas e enti coinvolti nell'accoglienza al fine di adottare tutte le più opportune iniziative, per fronteggiare l'emergenza;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione riportata in premessa e se quanto riferito dai quotidiani corrisponda dunque al vero; se gli immigrati accampati a Corno siano stati identificati mediante prelievo delle impronte digitali ed inseriti nel sistema Eurodac; se questi abbiano fatto richiesta di asilo in Italia e da quali centri arrivino e quali iniziative si intendano adottare nell'immediato o siano state adottate per fronteggiare l'emergenza creatasi a Como, considerata anche la vocazione turistica della città e del territorio comasco ed evitare che si crei una situazione di crisi simile a quella occorsa recentemente a Ventimiglia. (4-13758)


   PALESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni nel Salento si assiste ad una recrudescenza dei fenomeni legati alla criminalità organizzata ed in particolare alla sacra corona unita non senza infiltrazioni da parte della criminalità di altre regioni italiane e di oltre Adriatico;
   nonostante il lavoro incessante di forze dell'ordine e magistratura che sta portando alla luce tali fenomeni, gli organici di tutti i corpi delle forze dell'ordine sono all'osso, con enormi carenze di personale e mezzi che non consentono allo Stato di combattere ad armi pari con i criminali;
   da circa due anni l'interrogante denuncia al Governo i continui attentati intimidatori ai danni di amministratori pubblici salentini, di imprenditori specie balneari, di liberi professionisti, mirati a condizionare le scelte delle pubbliche amministrazioni nell'affidamento di appalti;
   due anni fa, in seguito ad uno dei tanti episodi criminali e su specifica richiesta del prefetto di Lecce che rilanciava l'allarme criminalità, il Governo Renzi, tramite il Ministero dell'interno, annunciò che a novembre 2014 sarebbe arrivato nuovo personale presso il commissariato PS di Taurisano;
   a marzo 2015 l'interrogante denunciò che tale personale non era arrivato e sollecitò l'individuazione di una data entro la quale il Governo avrebbe dovuto provvedere all'invio di più uomini, ma, ad oggi, non vi è stata alcuna risposta;
   mesi fa, sull'onda delle operazioni antiterrorismo compiute anche in Puglia, l'interrogante denunciò la totale insicurezza dei porti e delle coste, laddove tra le migliaia di profughi disperati che ogni giorno sbarcano in Puglia e nel Salento, si nascondono facilmente trafficanti di armi e droga e terroristi. Si sollecitarono al Ministero dell'interno provvedimenti e maggiori attenzioni che, ad oggi, non risulta ci siano stati;
   il 28 maggio 2016 il Ministro dell'interno firmò a Gallipoli il patto per la sicurezza sul quale tutti ebbero modo di convenire che fosse uno strumento utile, ma solo un mese dopo l'interrogante ne sollecitava l'applicazione con il relativo e previsto invio di maggiore personale in seno alle forze dell'ordine, cosa che ad oggi non risulta avvenuta;
   nei giorni scorsi il prefetto di Lecce ha rilanciato per l'ennesima volta l'allarme criminalità denunciando in particolare il pericolo che la criminalità campana stia cercando di condizionare l'economia turistica salentina, con tentativi di infiltrazioni e condizionamenti, peraltro tristemente deducibili dalle decine di attentati che si sono registrati ai danni di stabilimenti balneari salentini nella primavera scorsa. A tal proposito il prefetto di Lecce ha lanciato un sacrosanto appello alla politica ad intervenire;
   nelle ultime inchieste condotte dalla procura di Lecce è emerso chiaramente che la sacra corona unita sta rialzando la testa con tutte le conseguenze che ne derivano –:
   quali iniziative immediate ed incisive intenda mettere in atto il Governo per garantire la sicurezza dei cittadini e delle imprese e la legalità nelle attività delle pubbliche amministrazioni;
   se il Ministro interrogato non intenda quanto prima rispondere alle esigenze evidenziate dal prefetto di Lecce;
    se il Ministro interrogato non ritenga di dover dar corso nell'immediato alle intese riguardanti l'invio di rinforzi al commissariato di PS di Taurisano;» l'invio di maggiore personale delle forze dell'ordine come previsto dal patto per Gallipoli l'azione di intelligence, prevenzione e repressione dei fenomeni criminale legati all'immigrazione;
   se il Ministro non ritenga di dover quanto prima affrontare una generale emergenza sicurezza in Salento e in Puglia. (4-13759)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 giugno 2016 a Roma presso il nucleo Sommozzatori si è tenuto un incontro tra una delegazione di sommozzatori del Corpo nazionale vigili del fuoco e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali per presentare un documento contenente le richieste del personale specialistico sommozzatore da sottoporre all'amministrazione;
   in particolare, si chiedono: la modifica del decreto legislativo 217 del 2005 con la creazione di un settore specifico per i sommozzatori e per tutti gli specialisti così come stabilito per il settore aeronavigante ai sensi del Capo III, articolo 159, del decreto legislativo n. 217 del 2003; l'adeguamento dell'indennità di immersione e l'allineamento dei benefici pensionistici agli altri, corpi in divisa dello Stato a completamento dell'articolo 3, comma 156, della legge 350 del 2003; la revisione e la modifica della circolare di riordino EM 08/2015 e del manuale operativo dei sommozzatori nel senso di scongiurare la chiusura dei nuclei e la riduzione degli organici nonché il cambio di orario per le sedi di servizio;
   in quella sede, il CONAPO, sindacato autonomo dei Vigili del fuoco, ha sottolineato la necessità di perseguire l'equiparazione retributiva e pensionistica di tutto il personale dei Vigili del fuoco in uniforme con gli altri corpi, ivi comprese l'indennità di specializzazione, nonché di tutte le altre mansioni e funzioni di responsabilità e professionalità al fine di superare la contrapposizione tra specialisti, da un lato, e personale operativo, dall'altro –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare una seria e costruttiva riflessione sulle rivendicazioni descritte in premessa e, conseguentemente, assumere, per quanto di competenza, iniziative normative che vadano nel senso delle richieste avanzate dai sommozzatori del Corpo nazionale vigili del fuoco. (4-13763)


   LACQUANITI e CHAOUKI. — Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la Costituzione sancisce all'articolo 19, tra i diritti fondamentali dei cittadini, la libertà di professare «la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto» e, all'articolo 20, stabilisce che le associazioni religiose «non possono essere causa di speciali limitazioni legislative»;
   la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite all'articolo 18 indica come fondamentale la «libertà di religione» e tutela «la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
   il consiglio regionale Veneto, nella seduta del 4 aprile 2016, ha approvato modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 (Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio) introducendo l'articolo 31-bis «Edifici e attrezzature di interesse comune per servi-religiosi» e l'articolo 31-ter «Realizzazione e pianificazione delle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi»;
   in particolare, si prevede che le nuove strutture religiose o di preghiera possono sorgere solo «nelle zone territoriali omogenee F» (comma 4, capoverso b), articolo 31-ter), classificate per infrastrutture e impianti di interesse pubblico, nella maggior parte dei comuni previste solo in periferia, e a patto che dispongano (comma 1, dell'articolo 31-ter) di «strade di collegamento, parcheggi e opere di urbanizzazione primaria, servizi igienici adeguati», e che «se assenti o inadeguate, ne prevede l'esecuzione o l'adeguamento con onere a carico dei richiedenti»;
   si applicano tali norme anche per (comma 2 articolo 31-ter) «le aree scoperte destinate o utilizzate per il culto, ancorché saltuario»;
   inoltre (comma 3 dell'articolo 31-ter) «il richiedente sottoscrive con il comune una convenzione contenente anche un impegno fideiussorio adeguato a copertura degli impegni assunti. Nella convenzione può, altresì, essere previsto l'impegno ad utilizzare la lingua italiana per tutte le attività svolte nelle attrezzature di interesse comune per servizi religiosi, che non siano strettamente connesse alle pratiche rituali di culto»;
   queste richieste di natura urbanistica si configurano chiaramente come una «speciale limitazione legislativa» alla libertà di culto; la norma rende di fatto irrealizzabile la previsione di nuovi luoghi di culto in grandi città densamente urbanizzate quali Verona, Vicenza, Padova, Venezia ove più forte si sente la necessità degli stessi; si scarica sui richiedenti l'obbligo di sostenere direttamente ed in toto a proprio onere opere di urbanizzazione a servizio dell'intera comunità; si prevede l'obbligo di sottoscrizione di una fidejussione anche per l'utilizzo saltuario di aree scoperte;
   ad avviso degli interroganti, non si può declassare una questione rilevante come la sfera religiosa delle persone a norma urbanistica. Non è corretto assimilare il luogo di culto a un centro commerciale o a un distributore di benzina. La religione si deve poter esprimere pubblicamente e la politica non può artificiosamente separare la vita della comunità religiosa dalle strutture di cui si serve;
   la nuova legge, tra l'altro, introduce, secondo gli interroganti, una inaccettabile discriminazione tra i centri di culto cattolici e quelli delle altre confessioni. Infatti, le norme (articolo 31) «non si applicano» agli edifici e alle attrezzature «esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge», «nonché agli interventi di ampliamento delle predette attrezzature qualora lo stesso non superi il 30 per cento del volume o della superficie esistente». Riguarda gli edifici di culto comprese (comma 2 dell'articolo 31-bis) «l'area destinata a sagrato» delle chiese, le abitazioni dei ministri del culto o del personale di servizio, strutture adibite ad attività educative, culturali, sociali e ricreative. Insomma, le scuole paritarie e gli oratori;
   non possono godere della deroga (comma 2, lettera d), dell'articolo 31-bis) «gli immobili destinati a sedi di associazioni, società o comunità di persone, in qualsiasi forma costituite, le cui finalità statutarie o aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali». Cioè le moschee che oggi, tra i divieti dei comuni, proliferano improvvisate in capannoni dismessi, sottoscala di condominio, garage riattati. E per lo stesso motivo sono state escluse le aree D (zone industriali) dall'ambito di applicazione della legge;
   per ultimo, non certo per importanza, viene introdotta (comma 2, dell'articolo 31-ter) «la facoltà per i Comuni di indire referendum nel rispetto delle previsioni statutarie e dell'ordinamento statale». Cioè si sottopone, ad avviso degli interroganti incredibilmente, il diritto di esercitare la libertà di culto in luoghi adeguati sancita dalla Costituzione, alla volontà di consultazioni popolari;
   la disciplina urbanistica, come modificata, anziché favorire l'esercizio di un diritto fondamentale dei cittadini, quale la professione pubblica del proprio culto e l'osservanza dei riti, sembra porre delle sostanziali limitazioni allo stesso, ad avviso degli interroganti senza che se ne ravvisi una reale necessità;
   in Veneto esiste una forte necessità di nuovi edifici da adibire al culto, in quanto molte sono le realtà religiose presenti sul territorio che attualmente celebrano i propri riti in sistemazioni necessariamente precarie, proprio in attesa di poter costruire adeguati luoghi di culto;
   il fanatismo religioso trova terreno fertile proprio nelle divisioni, nella strumentalizzazione, nelle contrapposizioni ideologiche e nelle situazioni irregolari, mentre lo strumento migliore per contrastarlo, a giudizio degli interroganti, risiede certamente nel dialogo, nel confronto e nella convivenza civile;
   il Veneto è caratterizzato da una società fortemente multiculturale e multireligiosa, sia per motivazioni storiche, sia per la forte attrattiva migratoria nonché per le mutate sensibilità della popolazione autoctona –:
   in ragione degli elementi riportati in premessa, se il Governo ritenga che sussistano i presupposti per impugnare la legge n. ... del ... della regione Veneto che ha apportato modificazioni alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11, per salvaguardare concretamente il diritto di libertà di religione e di culto sul territorio veneto, come sancito dagli articoli 19 e 29 della Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu;
   quali politiche intenda porre in essere per promuovere il dialogo inter-religioso, unico e vero antidoto ad un fanatico e violento estremismo religioso. (4-13765)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 giugno 2016 l'interrogante ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-13382 (che non ha ancora avuto risposta, nonostante quanto previsto dal primo comma dell'articolo 134 del Regolamento della Camera), nella quale si riportavano gli esiti di una inchiesta giornalistica nel corso della quale numerose testimonianze dei cittadini di Acerra (Napoli) evidenziano la pratica estremamente diffusa della compravendita di voti nel corso delle campagne elettorali per le elezioni comunali;
   in seguito a tali denunce pubbliche, a quanto consta all'interrogante un ex candidato ha inoltrato con successo una domanda di accesso agli atti del procedimento penale in corso al fine di valutare un'eventuale costituzione di parte civile nel procedimento penale medesimo e ne ha riassunto i contenuti all'interrogante;
   i contenuti di tali documenti condurrebbero a rafforzare la convinzione che sussistano i presupposti per avviare la procedura di cui agli articoli 141 e 142 del testo unico degli enti locali (TUEL, decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), laddove si prevede la rimozione degli amministratori locali qualora «compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico», ovvero la procedura di cui all'articolo 143 del medesimo testo unico, laddove si prevede lo scioglimento del consiglio comunale e la rimozione del sindaco qualora emergano «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento e l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica»;
   in effetti dalle conclusioni dell'informativa di reato che il commissariato della polizia di Stato di Acerra avrebbe inviato alla procura della Repubblica di Nola il 24 aprile 2013 emergerebbe chiaramente il condizionamento che la criminalità organizzata di Acerra ha avuto nell'esito elettorale nei confronti di alcuni candidati poi risultati eletti. In tale relazione si certifica inoltre, come solo l'intervento delle forze dell'ordine abbia evitato che la situazione degenerasse in episodi clamorosi, limitandosi i candidati alla compravendita di voti (per circa 50 euro l'uno ovvero nei casi più importanti con la promessa di un posto di lavoro) senza passare a vere e propri atti di intimidazione. Si è trattato in altre parole di un sapiente adattamento delle organizzazioni criminali che per condizionare l'esito elettorale hanno saputo adattarsi al contesto socio-economico. I citati condizionamenti avrebbero riguardato entrambi gli schieramenti che hanno sostenuto i candidati sindaci che sono arrivati al ballottaggio. Tale relazione termina con la richiesta di custodia cautelare in carcere per 29 persone;
   è evidente come la gravità di queste affermazioni, ben più gravi vista la fonte della citata inchiesta giornalistica di cui all'interrogazione n. 4-13382, debba indurre il Ministro interrogato ad una riflessione sull'attivazione dei citati poteri di cui agli articoli 141, 142 e 143 del TUEL –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle situazioni illustrate in premessa e quali siano i suoi orientamenti in merito;
   se il Ministro interrogato abbia assunto o se ritenga di assumere le iniziative di competenza, ai sensi degli articoli 141, 142 e 143 del testo unico degli enti locali.
(4-13766)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa hanno reso noto il fatto che la polizia di Stato di Fiumicino ha sgominato un'organizzazione criminale dedita al traffico di passaporti italiani già destinati alla distruzione e che, invece, venivano immessi sul mercato clandestino;
   in seguito alle indagini condotte dagli uomini della polizia di frontiera, sono stati emessi dall'autorità giudiziaria di Roma 11 provvedimenti cautelari, che hanno riguardato anche tre funzionari dell'Istituto Poligrafico dello Stato e del Ministero dell'economia delle finanze, accusati, a vario titolo, di aver sottratto i documenti d'identità dai magazzini della Zecca dello Stato stessa;
   l'organizzazione era costituita prevalentemente da algerini e marocchini con basi a Roma e Napoli e con ramificazioni a Parigi, Molenbeek ed Istanbul;
   i passaporti sottratti all'Istituto poligrafico dello Stato e collocati sul mercato mondiale dei documenti falsi, paiono destinati ad alcuni Paesi in particolare, Turchia, Marocco, Tunisia, Siria, Iraq Afghanistan, ovvero alcuni dei Paesi in cui si sono verificati sanguinosissimi attentati che hanno causato centinaia di vittime;
   la stampa imputa ad un operaio italiano oppresso dai debiti di gioco l'origine della vicenda; costui ha ritenuto di poter risolvere i propri problemi occultando centinaia di passaporti destinati al macero, sottratti mentre operava alla trituratrice, in cambio di denaro;
   sempre secondo fonti di stampa, il fatto che esistessero dei passaporti sottratti alla distruzione era conosciuto da tempo, poiché il numero complessivo era divenuto talmente elevato da far scattare un allarme a livello mondiale;
   la polizia di frontiera italiana, conscia della delicatezza del caso, ha condotto per due anni un'inchiesta approfondita. Il fatto che ha dato origine alle indagini è il seguente: in alcuni aeroporti italiani e turchi sono stati fermati migranti in possesso di passaporti sospetti poiché erano originali, ma con il numero di serie che risultava appartenere ad uno stock di 4000 passaporti spedito dalla questura di Milano alla Zecca dello Stato per la distruzione, a causa del chip biometrico difettoso. Sulla carta i passaporti risultavano distrutti ma, in seguito alle indagini effettuate, sono stati individuati tre funzionari associati all'operaio sopra detto nell'opera della mancata distruzione dei passaporti difettosi;
   secondo fonti di stampa, i passaporti sono stati consegnati ad una rete di falsari. I dipendenti pubblici avrebbero trovato un contatto nel mondo della criminalità nella persona di un marocchino specializzato nel collocare documenti falsi in tutto il mondo;
   il marocchino coinvolto nell'inchiesto sarebbe stato particolarmente attivo nel vendere documenti italiani in tutto il mondo, utilizzando forme di comunicazione online come whatsapp, viber e skype. Nelle telefonate intercettate dalla polizia di frontiera la sua attività appariva come quella di un professionista in grado garantire identità false, il cui costo era pari a circa 1000 euro a documento;
   la vastità dei contatti del gruppo guidato da due magrebini rappresenta un potenziale pericolo per la sicurezza internazionale, poiché i documenti falsificati sarebbero migliaia, destinati ad acquirenti abituali dei quali si conosce solo l’alias e la lingua parlata, l'arabo –:
   se i fatti narrati in premessa trovino conferma e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti di competenza i Ministri interrogati intendano assumere al fine di evitare il ripetersi di tali accadimenti e per scongiurare il fatto che i numerosi documenti italiani falsi, ceduti sul mercato clandestino, siano detenuti con l'intenzione di utilizzarli per finalità illegali o terroristiche. (4-13772)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in data 18 luglio 2014 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca inviava ai direttori delle Accademie delle belle arti, dei Conservatori di musica, degli Istituti musicali pareggiati e degli Istituti per le industrie artistiche la comunicazione relativa al cofinanziamento nazionale del programma comunitario «LLP/ERASMUS», ai sensi della legge del 16 aprile 1987, n. 183, per l'anno accademico 2013/2014;
   per contribuire allo sviluppo della mobilità degli studenti nel quadro dell'azione Erasmus, il MIUR assicurava al comparto AFAM per l'anno accademico 2013/2014 un cofinanziamento nazionale approvato dall'Ispettorato Generale per i rapporti finanziari per l'Unione europea (I.G.R.U.E.) del Ministero dell'economia e delle finanze;
   con il decreto n. 43 del 2014 pubblicato sulla G.U.R.I. n. 215 del 16 settembre 2014, l'I.G.R.U.E. assegnava complessivamente 1.682.090,00 euro a carico del Fondo di rotazione ex lege n. 183 del 1987, come cofinanziamento nazionale destinato al programma «LLP/ERASMUS» per l'anno accademico 2013/2014, a favore delle istituzioni AFAM beneficiarie specificate nella tabella in allegato al provvedimento;
   il cofinanziamento nazionale assegnato, previa richiesta del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, poteva essere utilizzato come integrazione delle borse di studio degli studenti in mobilità in uscita o per l'elaborazione di un nuovo progetto, volto ad agevolare la mobilità studentesca sia in uscita che in entrata, per studio o per « placement», purché ogni attività fosse portata a termine entro il 31 dicembre 2016;
   per l'anno accademico 2013/2014, così come negli anni precedenti, grazie a tale cofinanziamento il comparto AFAM ha potuto sostenere gli studenti iscritti che hanno trascorso un periodo di studio o di tirocinio all'estero partecipando al programma «LLP/ERASMUS», offrendo loro un'integrazione piuttosto cospicua in aggiunta alla normale borsa di studio Erasmus finanziata con contributi comunitari;
   nel caso specifico del Conservatorio statale di musica «Nino Rota» di Monopoli, gli studenti in mobilità in uscita hanno potuto usufruire di borse di studio Erasmus di 230 e 430 euro rispettivamente per progetti di studio e tirocinio all'estero. Avvalendosi del cofinanziamento nazionale, il Conservatorio di Monopoli riusciva ad offrire ad ogni studente Erasmus in uscita un'integrazione paria circa la somma della borsa di studio finanziata con i contributi dell'Unione europea;
   quello del 2014 risulta essere l'ultimo cofinanziamento nazionale erogato al comparto AFAM. Da allora fino all'anno accademico 2015/2016, il Conservatorio di Monopoli è riuscito a fornire ugualmente un'integrazione alla borsa di studio Erasmus per gli studenti in mobilità in uscita razionalizzando l'ultimo cofinanziamento nazionale ricevuto;
   in mancanza di questa integrazione, gli studenti del comparto AFAM vincitori di borsa di studio Erasmus per l'anno accademico 2016/2017, che non potranno far fronte autonomamente alle spese non coperte dai soli contributi comunitari, saranno costretti a rinunciare all'esperienza di studio all'estero;
   fino al 2014 l'assegnazione del cofinanziamento nazionale al comparto AFAM per l'esecuzione del programma Erasmus è stata autorizzata I.G.R.U.E. del Ministero dell'economia e delle finanze in seguito all'inoltro di una richiesta da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università, della ricerca. L'erogazione dei contributi è sempre stata a carico del fondo di rotazione, istituito con la legge del 16 aprile 1987, n. 183, e destinato all'attuazione delle politiche comunitarie;
   non è chiaro se l'interruzione del cofinanziamento per il progetto Erasmus negli anni successivi al 2014 sia dovuto a una insufficiente liquidità del fondo di rotazione oppure alla mancata richiesta di assegnazione del suddetto cofinanziamento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca all'I.G.R.U.E. –:
   se intendano verificare i fatti esposti in premessa;
   quali iniziative i Ministri interpellati intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di identificare le ragioni che hanno portato alla mancata erogazione del cofinanziamento nazionale alle istituzioni del comparto AFAM, destinato al programma di apprendimento permanente «LLP/ERASMUS»;
   se e quali iniziative intendano assumere al fine di ripristinare tempestivamente il cofinanziamento nazionale pubblico, a carico del fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987, del programma di apprendimento permanente «LLP/ERASMUS» per il comparto AFAM, in modo da consentire agli studenti in mobilità in uscita per l'anno accademico 2016/2017 di intraprendere il periodo di studio all'estero in condizioni dignitose.
(2-01425) «Brescia, Scagliusi, De Lorenzis».

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Salsomaggiore Terme è la rinomata località termale dell'appennino emiliano, un comune in provincia di Parma le cui acque erano note agli antichi romani e ai celti, ma le cui proprietà curative furono scoperte solo nel 1839 dal medico Lorenzo Berzieri;
   l'introito prodotto da tali storiche attività che contraddistinguono il territorio è sempre stato tale che per ben 39 anni Salsomaggiore è stata la sede della finale del Concorso Miss Italia;
   la Terme di Salsomaggiore e di Tabiano Srl è un'unica società, un grande gruppo che rappresenta un punto di riferimento nel panorama termale internazionale;
   la stessa, nel maggio 2015, ha ceduto in gestione due prestigiosi hotel salsesi (il Grand Hotel Porro e l'Hotel Valentini) ad una società inglese, una limited, denominata Accentour Ltd che, iniziando la gestione il giugno dello stesso anno ha anche espresso l'impegno, in prospettiva, del possibile acquisto degli alberghi;
   il 30 aprile 2016 i lavoratori di Accentour Ltd – ricordano i sindacati in una nota – «si sono visti costretti a scendere nuovamente in sciopero. Una nuova forte azione di protesta motivata dal fatto che l'accordo sottoscritto pochi giorni addietro non è stato rispettato»;
   Accentour Ltd ha avviato la procedura di licenziamento collettivo per oltre 16 dipendenti e la crisi, deflagrata nella sua pienezza, può avere una risoluzione positiva, mantenendo aperta l'attività ricettivo-alberghiera di entrambi gli alberghi (del Grand Hotel Porro e dell'albergo Valentini), poiché la clientela ospite è un patrimonio dell'intera comunità salsese, che ancora non si è risollevata del tutto dalla pesante crisi che ha colpito la località termale –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale situazione;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere in extremis vista la stagione iniziata, al fine di garantire continuità nell'attività ricettizia salsese e salvaguardare i livelli occupazionali.
(3-02383)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la comunicazione ufficiale dell'Inps alla regione sarda sulla vertenza dell'Agenzia Foresta è molto più di una «bocciatura»;
   il contratto privatistico dei lavoratori dell'ex ente foreste ora Forestas (Agenzia forestale regionale per lo sviluppo del territorio e dell'ambiente) non può essere applicato sul piano previdenziale;
   la previdenza per i 5500 dipendenti coinvolti avrà natura pubblica e gli sgravi previdenziali agricoli non sono applicabili ai lavoratori di Forestas;
   dopo aver duramente penalizzato i lavoratori dell'Ente foreste non inquadrandoli nell'organico regionale, adesso la regione subisce la «mazzata» dell'Inps;
   la decisione, ad avviso dell'interrogante maldestra, della regione di applicare un contratto privatistico a lavoratori decisamente pubblici, pensando tra le altre cose di ottenere gli sgravi per il contratto privatistico agricolo è stata respinta nero su bianco dall'Inps;
   si tratta di un'idea infondata «bocciata» sotto ogni punto di vista;
   la comunicazione dell'Inps è di ben altro avviso: sul piano previdenziale si applica la reale natura del lavoratore, dunque niente sgravi agricoli; sgravi – sostiene l'Inps – che dipendono e dipenderanno non dal contratto applicato ma dalla tipologia delle attività istituzionali stabilite dalla normativa riguardante Forestas;
   in assenza degli sgravi, se si mantenesse l'Inps (previdenza privatistica tipica del comparto non pubblico), il costo del lavoro aumenterebbe per via delle maggiori aliquote rispetto a quelle fissate per la gestione del pubblico impiego;
   dunque la regione con quella scelta ha messo in campo un provvedimento a giudizio dell'interrogante nefasto sia sul piano del rispetto dei lavoratori che su quello finanziario, visto che l'operazione costerà alla regione almeno 20 milioni di euro di maggiori oneri previdenziali;
   le esenzioni INPS, applicate precedentemente al contratto dell'ente foreste, non sono state dunque prorogate all'agenzia Forestas, considerato che l'agenzia Forestas è un nuovo soggetto che opera nell'ambito agricolo solo per il 20 o 25 per cento;
   per l'Inps i dipendenti dell'agenzia Forestas sono pubblici dipendenti (come quelli dell'agenzia Agris e di tutte le altre agenzia regionali) e dunque va aperta una posizione previdenziale nell'ambito della gestione dipendenti pubblici (ex Inpdap);
   tutto questo comporta conseguenze dirette ed ovvie:
    1. ai lavoratori di Forestas non si applica lo status di lavoratori agricoli non essendo il datore di lavoro «agricolo» per legge (la legge regionale n. 8 del 2016 spiega chiaramente compiti e missione dell'agenzia Forestas, tra cui non si ravvisa attività di coltivazione ma semmai, marginalmente, la messa a dimora di piante, marginale e sotto il 20 per cento). Quella agricola è attività chiaramente non prevalente (numericamente ed economicamente sotto il 10 per cento), perché la legge, tra le attività prevalenti, cita: protezione civile ed antincendio ed attività assimilabili (circa il 60 per cento dell'attività svolta da dati ufficiali dell'ente foreste), e poi gestione sostenibile e protezione fauna e flora selvatica, settore fito-sanitario, educazione ambientale, rete sentieri;
    2. ai lavoratori di Forestas non si applicano gli sgravi per i lavoratori agricoli. A questo punto, viene fuori il problema: la previdenza privatistica senza sgravi (come il contratto poco avvedutamente applicato) costa più di quella dei pubblici dipendenti. Ora occorrerebbe spiegare perché si è scelto di mantenere il contratto collettivo nazionale di lavoro tipico dei lavoratori agricoli;
    3. un buco di bilancio di oltre 20 milioni di euro, a causa del maggiore onere per la gestione previdenziale ed assistenziale del personale;
   il Governo che ha già impugnato, tale legge deve garantire il pieno rispetto delle condizioni previdenziali fermando la nefasta applicazione di quella che l'interrogante ritiene una scellerata legge, attivando, per quanto di competenza, tutte le necessarie azioni per garantire il profilo contrattuale pubblico dei lavoratori dell'agenzia Forestas, l'unica nel sistema regionale a non avere il contratto regionale (CCRL) per non ammettere che sono anch'essi dipendenti pubblici della regione;
   considerato che sono in corso trattative per le possibili modifiche alla stessa, appare opportuno che la legge forestale ridefinisca il contratto applicato ai lavoratori di Forestas, e finalmente sia applicato il contratto Regionale perché applicare il contratto collettivo nazionale di lavoro (contratto privatistico) senza gli sgravi (che spettano solo agli agricoltori e non ai forestali ed alla protezione civile) costa molto di più;
   il contratto regionale applicato all'agenzia Forestas determinerebbe un forte risparmio rispetto al contratto collettivo nazionale di lavoro senza gli sgravi (a giudizio dell'interrogante non dovuti ma sempre pretesi dall'Inps sulla base del fatto che la regione sarebbe un datore di lavoro agricolo) –:
   se non intenda il Governo vigilare sulle reali ed effettive applicazioni previdenziali da parte dell'Inps, scongiurando interventi che possano portare a forzate e illegittime soluzioni, con conseguente danno alle stesse casse previdenziali;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per addivenire ad una corretta definizione del comparto contrattuale dei lavoratori di Forestas nell'ambito delle intese rivolte al superamento del contenzioso Stato-regione, considerata l'impugnazione della relativa legge da parte del Governo. (5-09126)


   SOTTANELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di una recente ispezione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, condotta nello studio di una libera professionista con partita Iva e senza lavoratori dipendenti, attività di subagente assicurativo (quindi con un mandato di un'agenzia generale assicurativa) e presso la quale esercita il suo tirocinio una tirocinante addetta alla collaborazione nella gestione e istruzione delle pratiche, è stato rilevato che la tirocinante sarebbe stata usata in modo improprio, perché avrebbe «sostituito» la libera professionista nel periodo (circa un mese) del parto della stessa, con la conseguenza – dati i risultati dell'ispezione – di inserire la tirocinante come dipendente subordinata, riconoscendole l'intero periodo di tirocinio come lavoro subordinato;
   la tirocinante non aveva mai svolto prima alcun lavoro impiegatizio o attinente al settore assicurativo e quindi ha dovuto svolgere durante il tirocinio il suo iter formativo, non potendo apportare un contributo qualificato per la creazione di un reddito in capo al datore di lavoro, così come accade per un lavoratore subordinato;
   la libera professionista, per tutta la durata del tirocinio, non godendo del congedo per maternità, ha sempre continuato a seguire le pratiche e a rapportarsi con la tirocinante sia in qualità di titolare che di tutor, in modalità on-line da remoto e telefonicamente, insieme anche all'agenzia generale assicurativa alla quale la tirocinante si è rivolta costantemente per tutta la durata del tirocinio per supporto o altro. Quindi la tirocinante non ha mai svolto da sola il lavoro;
   dunque, la tirocinante ha fatto sempre riferimento alla tutor e all'agenzia assicurativa per la quale, ha lavorato e, in nessun caso, avrebbe potuto sostituire (o lavorare come lavoratrice subordinata presso lo studio della libera professionista, che ha sempre continuato a lavorare da remoto, via telefono e computer, nonostante l'assenza nei giorni del parto –:
   se non ritenga necessario chiarire se l'attività di tutoraggio nei confronti di una tirocinante possa essere svolta anche in modalità on-line da remoto e telefonicamente nel caso in cui la tirocinante sia affiancata da un tutor libero professionista, titolare di un'attività in proprio che non ha dipendenti a carico, che sia costretta ad assentarsi per il parto e se, da sola, tale circostanza possa portare al disconoscimento totale del rapporto di tirocinio e al suo inquadramento nell'alveo del lavoro subordinato. (5-09128)


   MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   E-Care spa nasce nel maggio del 2000 come call center in outsourcing con sede a Milano, col preciso intento di posizionarsi sul mercato come business process outsourcer nell'ambito del customer relationship management. L'azienda è controllata dalla Astrim spa che detiene il 93 per cento del capitale azionario ed è holding attiva nella gestione della valutazione immobiliare, nel Crm e nella consulenza finanziaria e si occupa principalmente di: servizi inbound, outbound, di back office e agentless; attività di recupero crediti e strumenti multi-channel;
   la società opera sul territorio italiano attraverso 5 autonomi centri operativi (unità produttive) localizzati al Nord, al Centro e al Sud. Ciascun centro ha un'autonoma struttura organizzativa e rappresenta un centro di costo autonomo e funzionale su cui insistono linee di attività specifiche. Essa applica il contratto collettivo nazionale di lavoro Telecomunicazioni e conta, nel complesso, di una forza lavoro sul territorio nazionale di 1.191 dipendenti, la maggior parte a tempo indeterminato (1.361 unità);
   in data 6 luglio 2016, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 e successive modifiche, E-Care spa ha comunicato l'avvio della procedura di licenziamento collettivo per riduzione di attività e di lavoro dei centri di Roma, Milano, l'Aquila, Torino e Bari con conseguente collocazione in mobilità di 211 lavoratori attualmente impiegati nelle citate unità produttive;
   le motivazioni addotte dalla società, per giustificare l'avvio della procedura, sono le gravi perdite di ricavi, già nel primo semestre del 2016, pari a circa 10 milioni di euro e derivanti dalla cessazione di commesse, cali di volume e processi di internalizzazione avviati da alcuni committenti;
   in particolare, le attività produttive in calo riguardano le commesse gestite presso Roma e l'Aquila (Lottomatica e Teletu) e la riduzione dei volumi delle attività presso i centri di Roma e Milano (Acea);
   occorre ricordare che Acea è una società in house che gestisce un servizio pubblico locale, una multiutility del comune di Roma che ne detiene il 51 per cento delle azioni;
   la perdita del cliente Acea è derivata da un graduale processo di internalizzazione dei servizi di customer care, in questo caso con la creazione di un'apposita «società di scopo», Acea800;
   internalizzare i servizi da parte dei committenti produce, per ciò che concerne i livelli occupazionali, i medesimi effetti dei cambi di appalto ai quali, invece, viene applicata la cosiddetta «clausola di salvaguardia occupazionale» prevista dal decreto legislativo n. 50 del 2016;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda e dei rischi occupazionali che essa comporta e se intendano adoperarsi, per quanto di competenza, affinché si possa addivenire a una positiva soluzione al riguardo, anche promuovendo un tavolo di concertazioni che veda la partecipazione di ACEA, società per azioni controllata da soggetto pubblico (comune di Roma), per l'applicazione della clausola di salvaguardia occupazionale prevista dal decreto legislativo n. 50 del 2016. (5-09131)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da recenti e numerose fonti di stampa della regione Marche, si apprende che l'Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) lamenta che le persone residenti nelle Marche, circa 150, affette da Sla, da gennaio 2016 non ricevono dalla regione Marche l'assegno di cura necessario per provvedere all'assistenza domiciliare;
   le risorse spettanti ai soggetti malati di Sla, rientrano nel Fondo nazionale per le non autosufficienze (FNA) del 2015;
   attualmente, le persone affette da Sla ricevono da gennaio 2016 il solo sostegno — pari a euro 300 mensili — da fondi regionali del 2009. Si tratta per gli interroganti di fondi assolutamente inadeguati a garantire un sostegno alle persone e alle loro famiglie che vivono una gravissima disabilità;
   la regione Marche ha ricevuto i contributi del Governo, paria 11.349.000 euro complessivi, come disposto dal decreto ministeriale del 14 maggio 2015; la stessa regione, con la delibera n. 1042 del 23 novembre 2015, stabiliva di destinare alle persone residenti nelle Marche affette Sla, 4.539.600 euro, pari al 40 per cento della cifra che la regione ha ricevuto dal Governo per dare sostegno ai malati non autosufficienti;
   tale inadempienza da parte della regione Marche, con la mancata erogazione del contributo spettante ai malati, comporta gravi disagi per le famiglie che devono far fronte a necessarie e fondamentali spese per l'assistenza domiciliare;
   la regione Marche interpellata dall'Aisla — e secondo le notizie da quest'ultima riportate, non ha fornito alcuna spiegazione al riguardo, lasciando nell'incertezza assoluta le famiglie dei malati di Sla;
   la stessa Aisla – si legge in una nota – se non riceverà risposte dalla regione Marche, presenterà una denuncia alla Procura della Repubblica sul caso –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non si ritenga di assumere iniziative in merito al Fondo nazionale per le non autosufficienze (FNA), le cui risorse sono stanziate ogni anno dal Governo, affinché sia resa obbligatoria per le regioni una rendicontazione sulle procedure di erogazione delle risorse affluenti al suddetto fondo, una volta stanziate dal Governo, in modo da assicurarsi che i contributi siano effettivamente distribuiti nei tempi e nei modi dovuti. (4-13771)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   OLIVERIO e CRIVELLARI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   gli organismi geneticamente modificati sono esseri viventi il cui patrimonio genetico è stato artificialmente alterato tramite aggiunta o modifica di elementi genici, al fine di ottenere determinate caratteristiche nel nuovo organismo, l'eventuale impiego in agricoltura è stato oggetto di un lungo dibattito a livello nazionale è comunitario;
   di recente l'Unione europea ha introdotto la possibilità per ogni Stato membro di vietare la coltivazione del mais MON810 transgenico e l'Italia ha, pertanto, richiesto e ottenuto che fosse bandita sul proprio territorio come già previsto in due, precedenti decreti interministeriali;
   la violazione del divieto di coltivazione di Ogm, nel nostro Paese è, quindi, punita con una multa da 25 a 50 mila euro;
   nei giorni scorsi, nel corso dell'operazione «Undercover mais» il Corpo forestale dello Stato ha scoperto nel comune di Guarda Veneta, alle porte di Rovigo una piantagione di mais MON810 transgenico;
   la contaminazione è stata confermata dal campionamento delle foglie che sono state analizzate dal laboratorio dell'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e delle Marche;
   il terreno è stato, quindi, sottoposto a sequestro preventivo su ordine della locale Procura e la piantagione è stata distrutta sotto la vigilanza del Corpo forestale dello Stato che ha verificato il corretto smaltimento delle piante ormai quasi in fase di fioritura, impedendo probabilmente secondo quanto sostenuto dal Corpo stesso, la diffusione di pollini e la conseguente contaminazione delle colture confinanti;
   lo stesso Corpo Forestale dello Stato ha dichiarato che saranno effettuate analisi anche sui campi confinanti a quelli contaminati al fine di verificare eventuali commistioni e applicare la normativa sull'utilizzo di prodotti geneticamente modificati;
   il sequestro della piantagione di mais in provincia di Rovigo rientra nell'ambito di un programma di controlli da parte del Corpo forestale dello Stato teso a verificare l'utilizzo di organismi geneticamente modificati (OGM) in agricoltura, su tutto il territorio nazionale, anche mediante l'uso di test che rilevano la presenza dell'endotossina specifica per il MON810;
   nello specifico, il mais MON810 è geneticamente modificato per risultare resistente all'attacco delle larve di lepidotteri, in quanto uno dei fitofagi più aggressivi è, appunto, la piralide del mais Ostrinia nubilalis;
   il 6 luglio 2016 il presidente della Coldiretti polesana, Giuriolo, ha dichiarato alla stampa locale che: «con la contaminazione si mettono seriamente a rischio la biodiversità e le produzioni tipiche locali (...) La grande preoccupazione per la contaminazione deriva dal fatto che la propagazione di transgeni attraverso il polline è ingovernabile ed irreversibile»;
   Coldiretti auspica che le indagini per l'attribuzione delle responsabilità riguardino non solo l'impiego ma anche la provenienza del seme transgenico;
   sembrerebbe opportuno, anche sulla base di un principio di precauzione, adoperarsi per verificare se la tempestiva azione del Corpo forestale dello Stato abbia effettivamente evitato l'effetto «contagio» che, nei giorni della fioritura del mais, rischia di estendersi anche alla vicina Emilia-Romagna –:
   se ritenga che l'azione del Corpo forestale dello Stato sia stata sufficiente a limitare la contaminazione di cui in premessa e quali ulteriori iniziative intenda promuovere per garantire la tutela del territorio, dell'agricoltura e della biodiversità. (5-09135)


   ZACCAGNINI e SCOTTO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura italiana è costituita prevalentemente da piccoli agricoltori tra i quali esiste una consistente quota di «figure miste», ossia soggetti che traggono il loro reddito da altra attività e integrano il proprio reddito con produzioni dirette all'autoconsumo, ma anche indirizzate a piccoli mercati locali;
   si tratta di un patrimonio in termini di capitale sociale, umano e agricolo molto rilevante, che va salvaguardato, implementato e migliorato da un punto di vista della cornice giuridica. Si tratta, peraltro, di una realtà che serve a contrastare fenomeni quali il dissesto idrogeologico e l'abbandono delle terre;
   tali specificità e compiti sono sostenuti anche nell'ambito della nuova politica agricola comune, individuando il piccolo agricoltore come un soggetto – cui è destinato il pagamento diretto del premio comunitario – di cui il legislatore nazionale si deve occupare attraverso strumenti di maggiore semplificazione anche a livello fiscale, in questo senso prevedendo regimi di esonero delle dichiarazioni Iva per quei piccoli produttori agricoli con redditi minimi;
   al contrario, in Italia si verifica il caso, opposto, ovvero l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) pone un obbligo in capo ai piccoli agricoltori e alle figure miste in caso di richiesta di accesso alla Riserva nazionale per ottenere il pagamento diretto; da parte dell'Agea è infatti richiesto di aprire la partita Iva aggiungendo obblighi fiscali a soggetti che non ne dovrebbero esservi sottoposti in quanto per l'appunto, come per le figure miste, non redditualmente dipendenti dalle attività agricole –:
   come si concili l'obbligo di aprire partita Iva posto in capo ai piccoli agricoltori da parte dell'Agea, ai fini dell'accesso ai contributi agricoli gestiti dalla stessa Agea, con la normativa comunitaria, con particolare riferimento agli indirizzi di semplificazione in ambito fiscale posti dal legislatore europeo. (5-09136)


   FABRIZIO DI STEFANO, CATANOSO e RUSSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni del 2016, negli Stati Uniti, è andato in onda un servizio sui prodotti alimentari in concomitanza con la campagna di promozione di Silvio Muccino sulle eccellenze alimentari italiane;

il servizio televisivo della Cbs è stato ben congegnato e, grazie all'abile accostamento di immagini, che ritraggono pubblici ufficiali in seno a panel di assaggio privato, riesce a trasferire secondo gli interroganti ai consumatori americani la percezione che si tratti del modus operandi di un Paese in cui l'olio di oliva è quasi sempre fasullo, di bassa qualità, quando non macchiato da sangue di mafia;
   il servizio è stato realizzato in Italia, mettendo in evidenza come il cibo del nostro Paese, tanto ricercato e apprezzato, è in realtà fasullo e pericoloso, in quanto in mano alla Mafia; in questo modo l'olio di oliva italiano, preso scientemente di mira, ne esce profondamente screditato, così come altri prodotti di eccellenza;
   è del tutto evidente l'utilità di aiutare la stampa americana a utilizzare gli stereotipi negativi del nostro Paese, quale ad esempio la Mafia, per diffondere un sentimento negativo sui prodotti italiani a vantaggio di altre origini e in primis delle alternative americane. Tra l'altro, sappiamo bene quale ruolo importante continuino a giocare i produttori americani – e non solo – nel popolare italian-sounding;
   nel settore oleario si fa sempre più strada l'idea di disinvestire e trasferire i propri impianti di lavorazione in altri Paesi. Qualche importante marchio italiano ha già delocalizzato parte dei propri impianti negli Usa e in Spagna e non è difficile immaginare che i vantaggi economici convincano altre aziende a farlo nei prossimi anni;
   in questo Paese non possono trovare ascolto solo demagoghi e populistiche, in nome di principi etici, che amano di solito applicare solo agli altri, distruggono quel poco di buono rimasto. C’è bisogno anche di chi costruisce lavoro e opera nel rispetto delle regole e per questo le nostre istituzioni debbono salvaguardare gli interessi e l'immagine dell'Italia;
   si era parlato di proteggere l'olio extravergine italiano di qualità attraverso l'adozione dello strumento comunitario noto come «Sistema di Qualità Nazionale», ma dopo avere investito ingenti risorse pubbliche comunitarie assegnate alla filiera e avere speso tempo e riunioni con gli uffici del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per mettere a punto finalmente questo riconoscimento, si è preferito bloccare quello che fino ad allora era il progetto di tutta la filiera, favorendo di fatto quei Paesi che hanno interesse a sottrarci quote di mercato e visibilità –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per salvaguardare la reputazione costruita in tanti anni di sacrifici e investimenti da parte degli operatori del settore oleario di questo Paese.
(5-09137)


   L'ABBATE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la crisi che ormai da tempo interessa il settore cerealicolo nazionale rappresenta una vera e propria emergenza e l'individuazione di misure atte a contenere la pesante situazione di mercato, unitamente ad una ristrutturazione complessiva della filiera, sono interventi che non possono essere più rimandati;
   tra le criticità più significative, oltre al fatto che il comparto opera in un contesto internazionale estremamente instabile e condizionato da una serie di dinamiche non strettamente correlate con la legge della domanda e dell'offerta, si segnalano sicuramente: l'elevata frammentazione della superficie colturale, con costi del terreno e di impresa nettamente superiori ad altre realtà e conseguente perdita di competitività da parte delle imprese nazionali; elevati costi di produzione e diminuzione costante dei prezzi che costringe la fase agricola a lavorare spesso sottocosto; spontaneismo ed eterogeneità delle produzioni raramente collegate agli andamenti reali dei consumi; diversità degli ambienti pedoclimatici e alta differenziazione quantitativa e qualitativa delle produzioni; scarsa concentrazione dell'offerta; difficoltà nella gestione commerciale causata dalla prevalenza del conto deposito rispetto al conto conferimento e attività di ricerca varietale non sempre rispondente alle reali esigenze di mercato;
   ad alimentare le debolezze del settore contribuiscono poi le mutate strategie dell'industria di trasformazione: l'organizzazione e la concentrazione degli operatori comporta nuove esigenze di fornitura che la filiera non sembra saper soddisfare;
   la questione organizzativa della produzione appare pertanto uno dei nodi strutturali più rilevanti: l'organizzazione di filiera è indispensabile non solo per affrontare le sfide del mercato globale ma anche per aumentare la capacità di negoziazione della parte agricola e qualificare e valorizzare il prodotto;
   al fine di consentire ai produttori di poter collocare il proprio prodotto ad un prezzo congruo e di garantire la trasparenza nelle relazioni contrattuali tra gli operatori di mercato e nella formazione di prezzi è indispensabile la costituzione di una Commissione Unica nazionale del settore cerealicolo di cui all'articolo 6 bis del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni dalla legge 2 luglio 2015, n. 91 –:
   come il Governo intenda affrontare la crisi del comparto cerealicolo e, se non ritenga di dover urgentemente promuovere ed incentivare, anche alla luce della recente normativa comunitaria in materia di organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, l'organizzazione di filiera delle produzioni cerealicole e attivare una Commissione unica nazionale per il mercato dei cereali, fine di assicurare all'industria di trasformazione determinati volumi e al produttore la collocazione del proprio prodotto ad un prezzo congruo e slegato dalle contrattazioni delle borse merci. (5-09138)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la febbre gialla è un'epidemia emorragica virale trasmessa da zanzare infette. Il nome «gialla» si riferisce all'itterizia che colpisce alcuni pazienti;
   la zanzara Aedes aegypti è il vettore principale della febbre gialla, ed è portatrice anche di febbre dengue, di chikungunya e Zika;
   non esiste alcun trattamento per questa malattia, la vaccinazione è il metodo di prevenzione più efficace. I sintomi includono febbre, mal di testa e dolori muscolari, e per i pazienti che si trovano nelle fasi più gravi, febbre alta ed emorragie interne;
   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, più del 50 per cento dei pazienti gravemente malati muore nel giro di 15 giorni dopo aver contratto l'infezione;
   la distribuzione del vaccino per la febbre gialla è la chiave per prevenire future epidemie, e le scorte limitate del vaccino devono essere utilizzate in modo efficiente nei vari ospedali ove si registrano i casi;
   a sentire i medici esperti di malattie tropicali per eliminare qualsiasi rischio di diffusione della malattia è fondamentale essere vigili e reattivi in quanto non esiste alcun trattamento specifico per la febbre gialla;
   la prevenzione attraverso vaccinazioni mirate e misure di controllo del vettore rimane l'arma migliore contro l'epidemia;
   nella Repubblica democratica del Congo, dalla fine di febbraio 2016 ad oggi sono stati confermati 48 casi di infezione dovuta alla febbre gialla. Tante persone ammalate arrivano in Italia dall'Angola;
   a Matadi, la capitale del Congo Centrale, il 15 giugno 2016 scorso le équipe della maggior parte delle associazioni hanno lanciato una campagna di vaccinazione rivolta ai 350.000 residenti, come parte del programma del Ministero della sanità congolese che mira a vaccinare una popolazione di due milioni di persone. Sempre in collaborazione con il Ministero della salute italiana, in quanto organizzazioni come MSF hanno lanciato misure di controllo del vettore dell'epidemia a Kinshasa e nel Congo Centrale;
   queste attività puntano a debellare la zanzara Aedes aegypti portatrice della febbre gialla;
   le case sono state disinfestate o sottoposte a fumigazione per uccidere le zanzare adulte e distruggere i siti di riproduzione, come rifiuti o oggetti contenenti acqua stagnante in cui la zanzara depone le uova. Queste attività vengono svolte nei luoghi dove i casi sono stati confermati e in quelli più esposti, come ospedali, scuole e mercati;
   vari allestimenti sanitari stanno curando inoltre i pazienti, fornendo supporto medico ai centri sanitari identificati e formando il personale, affinché l'epidemia si contenga
   in Angola, molti medici virologi italiani dalla metà di febbraio 2016 sono impegnati nel trattamento dei casi di febbre gialla. Le équipe di varie associazioni sta o inoltre curando diretti ente i pazienti nella capitale Luanda (ospedale di Kapalanga), così come nelle province di Huambo, Huila e Benguela;
   finora però hanno curato pochi pazienti per mancanza di fondi per acquistare il vaccino;
   nel 2016, 3 Paesi del continente americano hanno confermato la circolazione del virus della febbre gialla: Bolivia, Brasile e Perù;
   in Brasile, casi sporadici di febbre gialla si sono verificati in soggetti senza una storia di vaccinazione contro la febbre gialla. Tra il luglio 2015 e il giugno 2016 sono stati registrati un totale di 6 casi confermati di febbre gialla, tra cui 5 morti. Tutti i casi però sono relativi a persone che non avevano seguito i protocolli di vaccinazione;
   in Perù, fino a questo momento sono stati segnalati 14 casi confermati, 18 classificati come probabili e 4 morti. Dei 25 dipartimenti del Perù, quello in cui è stato segnalato il maggior numero di casi confermati e probabili è il dipartimento di Junin (21 casi) –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per contrastare eventuali rischi di contagio del virus in Italia, dato il forte flusso immigratorio di persone che transitano nel nostro Paese provenienti da Paesi stranieri in ragione del fatto che si sono scoperti in loco vari casi sospetti di febbre gialla. (4-13760)


   PILI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero della salute opera nel contesto istituzionale sancito dalla riforma della Costituzione del 2001, in particolare dell'articolo 117, che ha introdotto la potestà di legislazione concorrente dello Stato e delle regioni e la potestà regolamentare delle regioni in materia di tutela della salute;
   la Costituzione riserva alle competenze dello Stato la «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale»;
   il ruolo dello Stato in materia di sanità si è via via trasformato da una funzione preminente di organizzatore e gestore di servizi a quella di garante dell'equità nell'attuazione del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione;
   i Lea (livelli essenziali assistenza) sono entrati in vigore il 23 febbraio del 2002 e rappresentano le prestazioni e i servizi che il servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o con una partecipazione alla spesa, grazie alle risorse raccolte attraverso la fiscalità;
   le comunità locali ricadenti nel territorio di Isili, del Sarcidano e della Barbagia di Seulo hanno in questi ultimi mesi messo in campo una rilevante mobilitazione tesa ad affermare l'equo diritto costituzionale ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
   con questo spirito il comitato spontaneo ha rivolto un appello stringente e significativo al Ministro della salute perché, nel rispetto delle proprie prerogative e competenze, intervenga per porre fine ad una situazione che lede in un intero territorio il diritto essenziale alla salute;
   il fulcro delle motivazioni proposte dal Comitato grava attorno al destino del presidio ospedaliero San Giuseppe di Isili, soggetto ormai da anni ad una continua emorragia di servizi e caratterizzato dalla perenne instabilità delle professionalità chiave;
   un presidio ospedaliero di primaria importanza considerato il gravissimo grado di isolamento dell'intero territorio che risulta privo di connessione diretta con arterie viarie di primario scorrimento e di qualsiasi altro tipo di collegamento;
   all'interno di un quadro nazionale e internazionale, sempre più dominato dall'incertezza sulla tenuta del welfare state rispetto a minacciose dinamiche macro-economiche, recentemente il presidente della Corte dei conti si è espresso nel seguente modo: «il contributo al contenimento della spesa non è più solo riconducibile a effettivi interventi di razionalizzazione di strutture e servizi, quanto piuttosto ad operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività»;
   a tali considerazioni ha fatto eco il rapporto annuale del CENSIS: erano 9 milioni nel 2012, sono diventati 11 milioni nel 2016 (2 milioni in più) gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell'ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagare di tasca propria le prestazioni;
   al cambiamento «meno sanità pubblica, più sanità privata» si aggiunge il fenomeno della sanità negata: «niente sanità senza soldi»;
   la comunità risulta, dunque, vittima predestinata delle conseguenze locali di tali dinamiche con il chiaro effetto di negare nel distretto il diritto universale alla salute;
   la repentina e maldestra chiusura delle sale operatorie e del reparto di chirurgia sono l'effetto immediato e più grave della dismissione in atto di servizi fondamentali per la sicurezza dei cittadini;
   la concretizzazione territoriale di queste dinamiche generali si manifesta in tutta la sua crudezza il 16 marzo 2016, allorquando la direzione della ASL 8 decide con la delibera n. 252 la chiusura delle due sale operatorie del San Giuseppe di Isili, sollevando questioni inerenti a norme di sicurezza e agibilità degli impianti;
   la chiusura delle sale causa un effetto domino che travolge subito il reparto di chirurgia e i suoi dipendenti, gettando nel caos organizzativo anche il pronto soccorso;
   la chiusura avviene repentinamente, senza preavviso pubblico e senza informativa immediata nei confronti di istituzioni e utenti;
   alcuni pazienti in attesa di interventi vengono dunque frettolosamente allontanati dal presidio e indirizzati verso plessi più remoti. In questo quadro di caotica incertezza si aggrava la posizione di coloro che, in funzione delle patologie diagnosticate, si sarebbero avvalsi non solo dei servizi di chirurgia in quanto tali, ma anche di tutte quelle figure professionali che insistevano nel reparto e che vengono ora messe in standby in seguito alla sospensione. Tra di essi i dializzati per l'applicazione della fistola, costretti d'ora in avanti a raggiungere Muravera o Cagliari, con aggravio di costi e disagi e di fatto la negazione del diritto ai livelli essenziali di assistenza;
   nel frattempo l'azienda comincia ad organizzare il trasferimento del personale precedentemente impiegato in chirurgia eliminando mansioni e servizi del laboratorio analisi;
   è fin troppo evidente che cresce nella comunità il timore che si stia pianificando un preciso piano di smantellamento del presidio, privandolo di servizi e di professionalità interconnesse con la soppressione di servizi che risultano fondamentali per garantire un minimo livelli essenziale di assistenza;
   questa emorragia di servizi e la mancanza di prospettive certe, che attraverso un «effetto domino» conosce il suo principio con la chiusura delle sale operatorie di chirurgia, rappresenta per il territorio tutto una minaccia mortale;
   il dilatarsi dei tempi di percorrenza potrebbero risultare fatali per quegli utenti afflitti da acuzia grave, gestibile entro l'ora ma non oltre;
   i pazienti afflitti da malattie croniche non potrebbero più avvalersi di determinati supporti che soltanto la presenza di una chirurgia perfettamente funzionante potrebbe garantire;
   in assenza delle opportune professionalità e supporti chirurgici anche il pronto soccorso rischierebbe di trasformarsi in un primo soccorso;
   recenti atti evidenzierebbero tutta la strumentalità delle motivazioni «tecniche» relative alla necessità di chiusura e ristrutturazione;
   è fondamentale, per tutta la filiera di servizi sanitari, il mantenimento in piena efficienza delle strutture ospedaliere richiamate, proprio per affrontare le urgenze di un territorio distante, isolato e remoto, di tutti reparti operativi;
   il reparto di ostetricia-ginecologia venne impunemente smantellato senza lasciare nessun tipo di servizio e tantomeno fu attivato il servizio di assistenza meglio definito «punto donna»;
   la logica è tagliare gradualmente pezzo dopo pezzo la struttura sanitaria che garantisce il seppur minimo livello essenziale di assistenza;
   le modalità dello smantellamento delle sale operatorie non lasciano presagire nulla di ottimistico, considerato che si è intervenuti pesantemente con quelli che all'interrogante appaiono non meglio definiti «guastatori», inviati dall'azienda a destrutturare pesantemente gli impianti elettrici, i sanitari, le pianelle e gli infissi ben prima che fosse messa a regime la procedura di assegnazione dei bandi;
   un atteggiamento grave e indecoroso della struttura aziendale che tende a miliare e sottostimare un reparto, che pure soltanto 4 anni fa fu immaginato e programmato per essere un funzionale supporto di scienza e coscienza medica alle sofferenze e alle difficoltà del malato, attraverso l'attivazione dell'ambulatorio per le patologie della parete addominale;
   è indispensabile che il Ministero si faccia carico di verificare sul territorio l'esistenza di un servizio di assistenza che ora appare totalmente mancante facendo venir meno tutti i presupposti di equità di trattamento e soprattutto mettendo a rischio la salute pubblica;
   occorre ripristinare una tipologia di servizio sanitario idonea alle reali esigenze di decine di migliaia di persone, nel quadro di una progettualità sanitaria ispirata all'idea di pubblico servizio, alla comprensione della struttura della viabilità locale e territoriale, alle specificità epidemiologiche e sanitarie e alla pari dignità tra cittadini;
   per garantire i livelli essenziali assistenza è indispensabile la riapertura delle sale operatorie e del reparto di chirurgia del San Giuseppe in tempi certi e celeri, preservando la chirurgia di urgenza H24;
   occorre coprirei posti in organico, senza ulteriori scuse, garantendo le opportune professionalità necessarie a garantire la dovuta continuità assistenziale; professionalità che devono essere stabilizzate e valorizzate nel segno del primato dell'utente a ricevere un servizio pubblico omogeneo e di qualità;
   al fine di garantire un livello essenziale di assistenza è indispensabile la creazione futura di un distretto autonomo del Sarcidano Barbagia di Seulo, per poter definire e gestire al meglio la relazione tra domanda e offerta sanitaria territoriale –:
   se non ritenga doveroso e urgente assumere le iniziative di competenza al fine di garantire al Sarcidano – Barbagia di Seulo livelli essenziali di assistenza pari a quelli assicurati sul restante territorio nazionale;
   se non si intenda valutare la situazione oggettiva della viabilità e dell'intera mobilità del territorio richiamato al fine di garantire, per quanto di competenza, i livelli essenziali di assistenza che appaiono del tutto compromessi;
   se non si intendano assumere le iniziative di competenza al fine di introdurre parametri oggettivi di assistenza in Sardegna tesi a valutare anche il grado di isolamento dei singoli territori e garantire tempi e modalità di intervento pari a qualsiasi area del Paese;
   di quali elementi disponga circa le modalità che hanno portato allo smantellamento di strutture ospedaliere a giudizio dell'interrogante senza alcun tipo di trasparenza ben prima che fosse messa a regime la procedura di assegnazione dei bandi. (4-13769)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LATTUCA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   le modifiche alla disciplina dell'accesso ai trattamenti pensionistici introdotte con l'articolo 24 del decreto-legge n. 201 del 2011, sono applicabili sia ai lavoratori dipendenti da privati che al personale delle pubbliche amministrazioni;
   in base alle suddette norme per i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni, il requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue al compimento del 66o anno di età (commi 6 e 7 dell'articolo 24) in presenza di un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni; tale requisito anagrafico è progressivamente innalzato nel tempo in relazione all'indice di incremento della vita media rilevato dall'ISTAT (attualmente 66 anni e 7 mesi);
   il citato articolo 24 non ha invece modificato il regime dei limiti di età per la permanenza in servizio, la cui vigenza, anzi, è stata espressamente confermata dal comma 4 dell'articolo 24, rimangono pertanto vincolanti per tutti i dipendenti pubblici, i limiti ordinamentali di permanenza in servizio fissati dalla normativa generale, e cioè il compimento del 65o anno di età in base all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 per i dipendenti dello Stato e all'articolo 12 della legge n. 70 del 1975 per i dipendenti degli enti pubblici, limiti applicabili in via analogica anche alle altre categorie di dipendenti in mancanza di diversa indicazione normativa nonché quelli stabiliti per particolari categorie;
   pertanto, in considerazione della normativa richiamata in premessa le pubbliche amministrazioni sono tenute a pensionare i dipendenti che, al compimento del 65o anno di età, siano in possesso della massima anzianità contributiva o della quota o comunque dei requisiti previsti per qualunque modalità di accesso alla pensione;
   una volta raggiunto il limite di età ordinamentale l'amministrazione, invece, in via generale e tenuta a proseguire il rapporto di lavoro o di impiego con il dipendente, sino al conseguimento del requisito minimo per il diritto alla pensione;
   tale principio è richiamato di fatto dall'articolo 6, comma 2-bis, del decreto-legge n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008, a proposito del reintegro sul posto di lavoro a seguito di licenziamento;
   va quindi precisato che per i dipendenti che hanno maturato il diritto a pensione, diversa da quella di vecchiaia, l'età ordinamentale costituisce il limite non superabile, se non nella fattispecie di trattenimento per accesso a quelle che in gergo vengono chiamate «finestre», in presenza del quale requisito l'amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego;
   questo ha fatto sì che anche dopo la riforma, ai dipendenti della pubblica amministrazione è comunque garantita la permanenza in servizio fino al raggiungimento del requisito minimo necessario per la pensione;
   se tale quadro appare abbastanza chiaro per quel che concerne i dipendenti a tempo indeterminato della pubblica amministrazione la stessa cosa non si può dire per quel che concerne i contratti a termine che interessano la stessa pubblica amministrazione;
   occorrerebbe a tal proposito una precisazione da parte del dipartimento della funzione pubblica per avere la certezza che quanto previsto dalla citata normativa, con particolare riferimento alla possibilità di prestare servizio anche oltre il 65mo anno di età fino al raggiungimento dei requisiti previdenziali previsti, sia applicabile anche al personale a contratto a tempo determinato, e/o nel caso di incarico fiduciario conferito dal sindaco ai sensi dell'articolo 90 del decreto legislativo n. 267 del 2000, testo unico dell'ordinamento degli enti locali, presso gli uffici di supporto agli organi di direzione politica –:
   se nell'ambito della pubblica amministrazione, possa legittimamente essere stipulato un contratto a tempo determinato o essere prorogato un incarico in corso per un soggetto che, pur superati i 65 anni, non sia ancora in possesso dei requisiti necessari per l'accesso ai benefici previdenziali, anche in analogia con le disposizioni sulla prosecuzione  del rapporto di lavoro, ribadite dalla circolare ministeriale n. 2 del 2012 e ampiamente riportate in premessa. (4-13768)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:


   ALFREIDER e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 10 giugno 2016 Ericsson Telecomunicazioni ha presentato un nuovo piano industriale, nel quale sono stati annunciati quasi 400 esuberi su 4000 dipendenti di cui 137 nello stabilimento di Genova, esuberi che si aggiungono a quelli già effettuati da parte dell'azienda negli ultimi dieci anni;
   l'azienda fino ad oggi ha negato un confronto con i lavoratori e il Governo. Ma nonostante questo, il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, con i Ministri Poletti, Calenda, Franceschini, hanno partecipato alla convention annuale Ericsson «Giovani, Innovazione, Crescita», in programma a Palazzo Madama. Insieme agli esponenti del Governo c'erano l'amministratore delegato di Ericsson Italia Nunzio Mirtillo e l'amministratore delegato Hans Vestberg;
   l'episodio di oggi appare agli interroganti non solo beffardo ma anche decisamente inopportuno visto che, mentre a palazzo Madama si parla di questi temi «così alti», i vertici della stessa azienda che ha promosso l'evento «Giovani, Innovazione, Crescita», si rifiutano di partecipare al tavolo del Ministro dello sviluppo economico per discutere, come detto, dei circa 400 esuberi, di cui 147 a Genova, annunciati dall'azienda in Italia. Ci si chiede di quale crescita e sviluppo parlino, mentre si umiliano i lavoratori dell'azienda svedese;
   in ogni caso, l'atteggiamento del Governo che, allarga le braccia di fronte al rifiuto da parte di Ericsson a partecipare al tavolo del Ministro dello sviluppo economico e, contemporaneamente, offre a questa stessa azienda spazi e presenze istituzionali, risulta ad avviso degli interroganti assolutamente irrispettoso delle istanze dei lavoratori, delle loro aspettative della città di Genova e di una intera regione –:
   se il Ministro interrogato intenda rendere operativo il tavolo di crisi ministeriale con la partecipazione dell'azienda e, nel contempo, assumere insieme al Governo, una posizione forte e contraria nei confronti di Ericsson, il cui modello ideale di sviluppo, propagandato attraverso un convegno intitolato «Giovani, Innovazione e Crescita», non ha la minima corrispondenza nella realtà in cui opera in Italia considerato che l'innovazione e la crescita non si garantiscono licenziando la gente. (5-09132)


   VALLASCAS, SIBILIA, CRIPPA, DA VILLA, CANCELLERI, DELLA VALLE, FANTINATI e DE LORENZIS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Irisbus di Flumeri (Avellino) era un'azienda produttrice di autobus di proprietà dell'Iveco, acquisita nel 2003 dal Gruppo Fiat. Per la sua realizzazione sono stati concessi finanziamenti pubblici con un contributo in conto capitale complessivo di lire 14.912.513.000, erogato in base alla legge n. 183 del 1976 in tre tranche dal 1981 al 1985. A questo si è aggiunto, in base alla stessa legge, un contributo in conto interessi di lire 1.277.530.000 per un finanziamento agevolato di lire 4.800.000.000. A seguito dei danni provocati dal sisma del 1980, l'Iveco ha ottenuto, in base alla legge n. 219 del 1981, la somma di lire 9.834.500.000 in quattro tranche dal 1983 ai 1991;
   nonostante l'impegno costante sui fronte degli incentivi economici da part della Stato italiano, l'insediamento di Valle Ufita è stato oggetto di un progressivo smantellamento, conclusosi con la delocalizzazione delle attività produttive nello stabilimento francese di Annonay. Nel 2011, infatti, la Fiat ha attivato le procedure di messa in mobilità e cassa integrazione per tutti i lavoratori per chiudere definitivamente l'azienda di Flumeri, motivando tale decisione con la crisi del mercato degli autobus urbani in Italia;
   in seguito agli incontri organizzati dal Ministero dello sviluppo economico allo scopo di trovare una soluzione per lo stabilimento di valle Ufita di circa 300 lavoratori, nel novembre del 2014 è nata l'industria Italiana Autobus, partecipata all'80 per cento dalla King Long Italia, con Stefano Del Rosso amministratore delegato, e al 20 per cento da Finmeccanica, il cui principale azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze; a partire da questa data si sono moltiplicati gli incontri presso il Ministero dello sviluppo economico finalizzati a cercare il percorso più breve per la riapertura della fabbrica di Valle Ufita e il ritorno al lavoro degli operai;
   ad aprile 2015 per la ripresa delle attività l'amministratore delegato Del Rosso ha presentato ad Invitalia un piano di rilancio industriale con una richiesta di investimento per 31 milioni di euro, di cui circa 25 milioni andranno restituiti;
   soltanto di recente il consiglio di amministrazione di Invitalia ha approvato l'erogazione di 21 milioni di euro per i lavori di ristrutturazione dello stabilimento chiuso dal 2011;
   nelle ultime settimane si è temuto di nuovo per il futuro dell'ex Irisbus a causa di un ritardo nell'erogazione del finanziamento, che ha fatto ripiombare in uno stato di preoccupazione tutti i lavoratori. Poi è arrivata la conferma e nei prossimi giorni è stata programmata l'accensione simbolica della nuova insegna ILA dello stabilimento di Flumeri –:
   quali siano nel dettaglio il piano industriale, la capacità produttiva della nuova azienda irpina che ha ricevuto, per il tramite di Invitalia, finanziamenti pubblici e il ruolo che assumerà insieme all'ex Bredamenarini di Bologna, anch'essa facente parte dell'Industria Italiana Autobus (IIA), per il settore della produzione degli autobus per il trasporto pubblico locale.
(5-09133)


   BENAMATI, DE MARIA, FABBRI e LENZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Paritel S.p.A. è una holding finanziaria presieduta dall'ingegnere Luca Peli;
   tale gruppo comprende aziende operanti nel settore della manifattura metalmeccanica ed è composto da: Demm Spa di Alto Reno Terme (231 dipendenti), Officine Cevolani di San Lazzaro (50 dipendenti a Bologna), Govoni di Ferrara (25 dipendenti), IMT di Casalecchio di Reno (287) dipendenti, di cui 80 a Bologna e il resto a Torino e Alessandria) e Titan di San Marino;
   il gruppo è attualmente in amministrazione straordinaria ai sensi della cosiddetta «legge Marzano» per i grandi complessi industriali strategici in situazione di dissesto finanziario, con il Professor Tombari come commissario straordinario;
   il commissario avrebbe ritenuto, a quanto consta agli interroganti, di coinvolgere l'ingegnere Peli nella gestione aziendale;
   da notizie stampa si evince che la situazione economica e finanziaria di Paritel è iniziata a precipitare a fine 2014, quanto la IMT Spa (partecipata da Paritel Spa al 44,49 per cento, dal Fondo italiano di Investimento Sgr Spa al 30,3 per cento, da OBT International Licensing all'11,34 per cento, da FMT Immobiliare Srl al 6,67 per cento, da Tachella Alberto al 3,33 per cento e da Immobiliare GT Srl al 3,33 per cento), ha presentato alle organizzazioni sindacali un piano di riorganizzazione che prevedeva la specializzazione dei tre stabilimenti ed un esubero di 90 addetti (30 per stabilimento). A novembre 2014 è stato siglato un accordo dove venivano privilegiati gli ammortizzatori conservativi e veniva congelato per un anno il piano di riorganizzazione;
   il 31 dicembre 2014 l'azienda è stata dichiarata insolvente dal tribunale di Bologna: questa situazione di insolvenza di IMT Spa ha provocato successivamente una crisi finanziaria per tutte le aziende del gruppo Paritel;
   il risultato della crisi finanziaria si è palesato il 26 giugno 2015, con la presentazione delle domande di concordato in bianco per le aziende di gruppo;
   l'ipotesi di concordato con ha avuto però l'auspicato riscontro, determinando così l'avvio della procedura di amministrazione straordinaria – già in essere per IMT Spa – per tutte le altre aziende del gruppo;
   all'inizio di ottobre 2015 si evince che tutte le cinque società posseggono i requisiti per accedere alla procedura di amministrazione straordinaria;
   il 30 ottobre 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha fornito parere positivo e il 20 novembre 2015 il tribunale ha dato l'approvazione, quindi tutte le aziende del gruppo sono stato ufficialmente ammesse alla procedura cosiddetta «Prodi-Marzano»;
   il 16 marzo 2016 si è svolto al Ministero dello sviluppo economico l'incontro di verifica della situazione relativa al Gruppo Paritel; in quella occasione, il commissario ha illustrato lo stato delle aziende e in particolare, con riferimento ad IMT Spa, ha comunicato l'esistenza di un possibile soggetto acquirente;
   sempre durante l'incontro del 16 marzo 2016, con riferimento alle procedure Cevolani, Govoni e DEMM il commissario ha comunicato che i relativi programmi di cessione dovranno essere approvati dal Ministero dello sviluppo economico, dopo che quest'ultimo avrà a sua volta ricevuto il parere da parte del comitato di sorveglianza;
   a valle di ciò si potrà procedere ad istruire il bando per la vendita, a cui seguirà il decreto di approvazione da parte del Ministero dello sviluppo economico per l'avvio della procedura di vendita stessa;
   per IMT il commissario ha inoltre confermato che la procedura notifica degli aiuti di Stato, di cui è stata presentata domanda per 17 milioni di euro, finalizzato alle garanzie per recuperare la liquidità atta al finanziamento dell'attività corrente, è in via di definizione: a questo proposito ha confermato che è in via di attivazione l'iter per il finanziamento anche per le altre aziende del gruppo;
   è chiaro da quanto esposto finora che il grave dissesto finanziario del gruppo Paritel abbia provocato un rallentamento delle attività delle aziende coinvolte che si trovano in crisi di liquidità;
   sussiste dunque il concreto rischio di perdita di ordinativi poiché queste aziende dispongono di commesse, ma non della liquidità atta a garantire il regolare processo produttivo;
   questo appare particolarmente vero per DEMM di Alto Reno Terme la cui crisi va a colpire un territorio già martoriato dalla vicenda Saeco;
   sarebbe in ogni modo auspicabile che la procedura di vendita riesca a proporre agli acquirenti aziende pienamente operanti e che ne consenta la cessione preservandone l'occupazione e le competenze, evitando inoltre la perdita o il ridimensionamento di realtà industriali così importanti e storiche per i territori interessati –:
   se quanto riportato in premessa corrisponda al vero e quali iniziative di competenza il Governo stia mettendo in atto per accelerare la conclusione della procedura di vendita, nonché quale sia l'orizzonte degli ammortizzatori sociali operanti e, con specifico riferimento a DEMM, quale sia lo stato della procedura per le garanzie per l'accesso al mercato del credito. (5-09134)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   gli abitanti del comune di Canzo hanno appreso con sorpresa, solo pochi giorni fa da un foglio appeso alla vetrina, dell'imminente chiusura dell'ufficio postale a causa di lavori di ristrutturazione e dell'operatività, in alternativa, dello sportello del comune di Erba, a 10 chilometri di distanza;
   per quasi quattro mesi i cittadini subiranno evidenti disagi, ancora più gravi per le persone anziane, ai quali verrà negata la possibilità di usufruire con la dovuta comodità di servizi essenziali quali il ritiro della pensione o il pagamento delle bollette, con la conseguenza di essere costretti a frequenti e difficili spostamenti;
   l'amministrazione comunale ha tentato di trovare una soluzione condivisa con Poste Italiane, proponendo di dirottare il servizio in locali adibiti momentaneamente ad uffici postali, ma non c’è stata disponibilità, come anche in passato quando erano state evidenziate le criticità dell'ufficio postale ed era stato proposto un locale più adeguato;
   la poca attenzione dimostrata in questa circostanza dalla società Poste italiane nei confronti dei propri utenti, si inserisce nel più ampio contesto delle scelte aziendali che hanno portato, solo in Lombardia, alla soppressione di 61 uffici postali e la rimodulazione oraria su due, tre e quattro giorni per altri 121;
   Poste Italiane riceve cospicui contributi statali per erogare il servizio postale, ritenuto fra quelli essenziali, regolato sulla base di un contratto di servizio che assicura la qualità nell'erogazione che, appare evidente, può essere garantita solo partendo da una capillare presenza degli uffici sul territorio e dall'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   ancora una volta, la decisione della chiusura improvvisa dell'ufficio postale di Canzo per un così lungo periodo, non considera l'importanza che l'ufficio postale ricopre, soprattutto nei piccoli comuni, in cui rappresenta un presidio della comunità, oltre ovviamente all'importanza che i servizi postali rivestono, in particolare per le famiglie e le imprese, nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno mettere in atto le iniziative di competenza necessarie affinché non venga negata agli abitanti del comune di Canzo per quasi quattro mesi la garanzia della continuità e qualità di un servizio pubblico essenziale, quale è quello postale, così come previsto dall'accordo siglato fra le Poste Italiane spa e lo Stato;
   e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per favorire una concertazione tra Poste Italiane spa e le amministrazioni locali, al fine di limitare gli inevitabili disagi agli abitanti del comune di Canzo, soprattutto alle persone anziane. (4-13757)


   LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Ferrosud è un'impresa di costruzioni meccaniche del settore ferrotranviario e di ristrutturazione rotabili nata nel 1963 grazie ad un intervento per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno con la finalità di implementare la crescita occupazionale della Basilicata e della Puglia;
   l'azienda con sede nell'area industriale Jesce a Matera si sviluppa su un'area totale di 224.000 metri quadrati di cui 50.000 metri quadrati coperti e produce materiale rotabile dal 1968. Nel corso degli anni è stata acquisita da diversi gruppi, tra cui gruppo EFIM e FIAT a partecipazione paritetica, il gruppo ferroviario Breda, AnsaldoBreda Stab. FERROSUE e dal settembre 2002 diviene una società per azioni soggetta al controllo di privati;
   da diversi mesi i lavoratori dipendenti della Ferrosud di Matera, stabilimento lucano impegnato nella realizzazione e nel restyling di materiale rotabile che risulta raccordato alla rete ferroviaria nazionale, lamentano una totale mancanza di informazione da parte dell'azienda sul piano industriale e sul management che dovrebbe far ripartire la fabbrica materana;
   un unico confronto per definire la vertenza della Ferrosud si è tenuto al Ministero dello sviluppo economico il 16 settembre 2014 per garantire la produzione nello stabilimento di Iesce e il rilancio dello stabilimento lucano, ma dopo gli impegni assunti e sottoscritti in apposito verbale non è seguito più nulla;
   in questi anni i sindacati si sono adoperati ogni volta che ci sono stati problemi che potessero rendere non operativo lo stabilimento e fare in modo che la salvaguardia della occupazione rimanesse la priorità essenziale;
   nelle ultime settimane è aumentata la preoccupazione dei lavoratori dello stabilimento per lo stato di incertezza degli investimenti e la reale situazione delle commesse, visto che l'organico diminuisce ed ora si attesta intorno alle 100 unità;
   si tratta di una vicenda che rischia di creare forte preoccupazione da parte dei dipendenti e delle loro famiglie, visto che negli ultimi anni l'area produttiva del materano ha subito molte crisi industriali che hanno portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano avviare per giungere a una soluzione di questa vertenza che non può concludersi con la chiusura e la perdita dei posti lavoro in un'area dove altre realtà produttive sono state costrette al fallimento. (4-13770)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta orale Fanucci e Cova n. 3-02378, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 luglio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Beni.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   Interrogazione a risposta scritta Schullian n. 4-13662 del 1o luglio 2016;
   Interrogazione a risposta in Commissione Benamati n. 5-09062 del 5 luglio 2016;
   Interrogazione a risposta in Commissione Sibilia n. 5-09068 del 5 luglio 2016;
   Interrogazione a risposta scritta L'Abbate n. 4-13696 del 6 luglio 2016;
   Interrogazione a risposta scritta Pastorino n. 4-13730 del 7 luglio 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Covello e Magorno n. 5-02057 del 4 febbraio 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13764;
   interpellanza Lacquaniti e Chaouki n. 2-01343 del 18 aprile 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13765.