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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 18 maggio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nella società della conoscenza sapere e scienza sono fondamentali e altrettanto lo sono (per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese) università e istituti di ricerca e, più in generale, coloro che, svolgono un ruolo di produzione e di consolidamento della conoscenza tecnico-scientifica;
    il progresso e lo sviluppo economico del Paese sono legati alla capacità delle politiche pubbliche di incoraggiare l'attività dei ricercatori, indipendentemente dall'ente o dall'istituzione d'appartenenza, attraverso strumenti regolativi, con l'aumento e la riforma del sistema di allocazione delle risorse destinate alla ricerca;
    i dati elaborati da diverse organizzazioni internazionali evidenziano l'alta qualità della ricerca condotta da cittadini italiani, sia in Italia, sia all'estero; allo stesso tempo, l'elevato tasso di disoccupazione complessiva e l'altissimo tasso di disoccupazione giovanile mostrano la difficoltà di tradurre in benessere di tutta la società il lavoro svolto nella ricerca e nell'innovazione;
    investire sull'istruzione e sulla ricerca è fondamentale in un Paese moderno, soprattutto per tornare alla crescita. Il sistema universitario e degli enti di ricerca è il punto centrale di queste politiche ed è necessario puntare sulla valutazione e sulla premialità, legando l'erogazione dei finanziamenti all'esito della valutazione;
    negli ultimi venti anni il sistema universitario italiano ha attraversato molte riforme, alcune rimaste incompiute. Leggi e decreti si sono susseguiti intervenendo sui meccanismi di finanziamento pubblico e sull'autonomia universitaria;
    occorre incoraggiare il nesso complementare tra gli atenei, e tra gli enti di ricerca premiandone la vocazione e potenziandone le aree di ricerca più rappresentative;
    è auspicabile una revisione del sistema di allocazione delle risorse e un ripensamento del ruolo dei singoli atenei nei settori della formazione e della ricerca; il presupposto per un'efficace realizzazione di questi obiettivi non può prescindere dall'incremento significativo delle risorse per il comparto, ivi compresi gli enti di ricerca;
    in Italia, il finanziamento pubblico degli atenei rappresenta circa il 77,5 per cento del totale complessivo delle risorse disponibili; si tratta di un dato simile a quello dell'Europa continentale ed al di sopra dei Paesi anglosassoni, mentre negli Usa la parte pubblica è inferiore al 50 per cento. Gli atenei italiani dipendono — dunque — in modo preponderante da finanziamenti pubblici diretti. La maggior parte proviene dal Ministero dell'istruzione, dell'università e a della ricerca tramite il Fondo di Fondo di finanziamento ordinario (Ffo);
    il Ffo è stato istituito per concedere maggiore autonomia finanziaria e gestionale agli atenei; per riequilibrare il finanziamento fra istituzioni universitarie in relazione alla performance e per legare l'allocazione dei fondi pubblici alla valutazione della ricerca e della didattica;
    nel corso degli anni, tuttavia, sono state poste a carico del fondo spese di natura vincolata e indipendenti dall'effettiva dinamica della ricerca;
    è stata inoltre introdotta la riforma del sistema nazionale della ricerca (con il decreto legislativo n. 204 del 1998) con la quale sono state individuate le attività e le iniziative di ricerca considerate strategiche per lo sviluppo del Paese. Il Programma nazionale della ricerca definisce gli obiettivi e le modalità, di attuazione degli interventi specificati per aree tematiche prioritarie, settori disciplinari, soggetti coinvolti, progetti finanziabili;
    tuttavia, i finanziamenti hanno subito un decremento negli ultimi anni, nel corso dei quali la ricerca di base (Prin) ha visto progressivamente diminuire i propri stanziamenti;
    negli anni della crisi, a partire dal 2008, vi è stato un calo significativo dell'allocazione di risorse all'università e alla ricerca: il Ffo è passato dallo 0,4 per cento del Pil del 1994 al livello massimo dello 0,49 del 2011 (7513 milioni di euro), per poi stabilizzarsi negli anni successivi allo 0,42 per cento del Pil nel 2105 (6904 milioni di euro), con l'arresto della curva discendente;
    la riduzione del finanziamento all'università, ha portato a criticità, di bilancio per gli atenei, a una riduzione del turn over e a un invecchiamento del personale docente, al mancato inserimento di giovani ricercatori nel sistema formativo;
    per invertire questa tendenza, nella legge di stabilità per il 2016 sono state previste diverse misure, quali per esempio lo sblocco del turn over, la previsione dell'assunzione di 500 docenti d'eccellenza e il reclutamento di circa 1000 nuovi ricercatori;
    le misure richiamate consentiranno di assumere nuovi ricercatori e di stabilizzare una parte di quelli che lavoravano a tempo determinato;
    al fine di contrastare il calo delle immatricolazioni e delle iscrizioni, sono stati elevati il livello ISEE e gli stanziamenti per le borse di studio (questi ultimi, per la seconda volta in 10 anni, superano i 200 milioni di euro);
    il nostro Paese deve attivare il contributo delle imprese e del settore privato anche in questo ambito. Guardando i dati europei, appare evidente come i Paesi con elevati coefficienti di spesa in ricerca da parte delle imprese (Finlandia, Svezia, Danimarca, Slovenia, Austria e Germania) abbiano un alto livello di spesa, complessiva in ricerca;
    il 1o maggio 2016 il Cipe ha approvato il PNR 2015-2020 che si muove nella medesima direzione;
    tale programma prevede circa 2 miliardi e mezzo di euro per investimenti complessivi nel triennio 2015-2017, di cui 1 miliardo e 900 milioni a carico del bilancio del Ministero dell'istruzione e della ricerca e 500 milioni a carico del PON ricerca, a valere sul Fondo sviluppo e coesione (FsC) 2014-2020;
    il PNR si struttura su sei pilastri: internazionalizzazione, capitale umano, programma nazionale infrastrutture, cooperazione pubblico privato e ricerca industriale, efficacia e qualità della spesa, per il Mezzogiorno;
    esso affronta alcune emergenze del sistema universitario per quel che riguarda il capitale umano, cui è destinata una cospicua parte della somma citata (1 miliardo e 200 milioni di euro) al fine di formare, potenziare, incrementare il numero di ricercatori e favorire il trasferimento di conoscenza alla società nel suo complesso;
    il piano compie inoltre un passo avanti nel porre finalmente la ricerca al centro delle strategie di sviluppo del Paese, attraverso politiche pubbliche in grado di portare il Paese verso un modello di crescita fondato sull'innovazione ed il progresso tecnologico e quindi capace di meglio assorbire il capitale umano;
    esso punta anche sul valore della formazione, quale strumento di affermazione professionale per le giovani generazioni e, in definitiva, come strada principale per stimolare e incentivare lo studio post-diploma, cui deve essere accompagnata un'offerta formativa capace di ridurre il gap tra lo studio ed il lavoro;
    peraltro, nel PNR si fa riferimento anche alle risorse destinate al cofinanziamento di programmi transnazionali ed internazionali, indirizzate ai vincitori di progetti banditi dallo European Research Council (246 milioni di euro nel triennio 2015-2017). In questa chiave l'Italia è chiamata a confrontarsi anche con la metodologia competitiva dell'assegnazione dei fondi, tale per cui la ricerca è finanziata per specifici obiettivi e iniziative,

impegna il Governo

   a verificare le modalità più efficaci per attuare il coordinamento delle diverse forme di assegnazione dei fondi di ricerca negli enti vigilati dai diversi ministeri;
   ad approfondire, per il conseguimento di una premialità competitiva su un arco temporale prolungato, quali possibili vantaggi e quali difficoltà operative possano ravvisarsi nell'individuazione di un soggetto unico competente per la funzione del finanziamento della ricerca, ovvero a verificare se tale ultimo obiettivo debba essere perseguito mediante l'istituzione di un nuovo soggetto o mediante l'attività di soggetti esistenti nel settore;
   ad esplorare, in modo concreto, le ipotesi di sinergia tra società pubbliche e o partecipate da enti pubblici, da un lato, e gli atenei, dall'altro, al fine di attivare nuove forme di finanziamento alla ricerca;
   a promuovere la crescita e la competitività dei ricercatori italiani nello spazio europeo della ricerca, anche attraverso il sostegno e la semplificazione delle attività del ricercatore vincitore di bandi internazionali.
(1-01279) «Dallai, Monchiero, Coscia, Piccoli Nardelli, Ghizzoni, Ascani, Blazina, Bonaccorsi, Carocci, Coccia, Crimì, D'Ottavio, Iori, Malisani, Malpezzi, Manzi, Narduolo, Pes, Rampi, Rocchi, Sgambato, Ventricelli, Capua, Benamati, Coppola, Vezzali».


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2008 si registra una costante riduzione della spesa pubblica per la ricerca. Le analisi fatte dalla Ragioneria generale dello Stato sull'andamento delle spese per missioni, programmi e stati di previsione del bilancio dello Stato nel periodo 2008-2014 hanno evidenziato che, a fronte della crescita della spesa pubblica corrente, la spesa per la ricerca subisce tagli superiori a qualsiasi altro settore pubblico. La missione 17 (ricerca e innovazione), dal 2008 al 2015, è passata da 4 miliardi di euro a 2,6 miliardi di euro e la missione 23 (istruzione universitaria), nel medesimo arco temporale, è passata da 8,6 miliardi di euro a 7,7 miliardi di euro;
    il Programma nazionale della ricerca arriva con grande ritardo ed è di difficile lettura. In sostanza si limita ad esporre, peraltro parzialmente, il quadro delle risorse disponibili in quanto «non vincolate» del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e alcune risorse destinate alle politiche di coesione. Nello specifico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il programma tiene conto delle risorse a bilancio per la missione ricerca e innovazione n. 17 e per la missione istruzione universitaria n. 23. Per essere chiari, con riferimento all'esercizio finanziario 2015, su 2,65 miliardi di euro per la missione ricerca e innovazione sono esposti meno di 200 milioni di euro e, per la missione istruzione universitaria, per la quale sono stanziati 7,7 miliardi di euro, sono esposte azioni per 215 milioni di euro. D'altra parte, sono otto i Ministeri che gestiscono la missione n. 17, mentre il programma menziona solo le attività riferibili al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, unitamente a risorse che dovrebbero essere sotto l'egida del Ministero dell'economia e delle finanze per le politiche di coesione;
    la mancanza di un quadro chiaro di riferimento nazionale rende peraltro scoordinata e poco incisiva l'azione dello Stato, nelle sue articolazioni interne, e delle regioni che hanno competenze specifiche ma non hanno un quadro chiaro di riferimento strategico nazionale;
    in effetti, lo stesso programma sottolinea che l'intervento pubblico per la ricerca e l'innovazione è caratterizzato da «una molteplicità di strumenti finanziari con scarso o nullo raccordo» (pagina 90), riconoscendo quindi che ci sono i presupposti per una dispersione delle risorse, già scarse, destinate alla ricerca, la cui leggibilità risulta davvero difficile;
    il Governo nel 2015 ha dato timidi segnali di attenzione al mondo della ricerca con la previsione di investire, con decreto-legge (decreto-legge n. 185 del 2015) risorse per la valorizzazione dell'area utilizzata per l'Expo per la realizzazione di un progetto scientifico e di ricerca denominato « Human Technopole» nell'area. Anche in sede di manovra finanziaria, con la legge di stabilità, sono stati previsti: un piano straordinario per la chiamata di professori di prima fascia; il fondo «Natta» per la chiamata di 500 docenti e il piano ricercatori (università ed enti di ricerca). Ma anche l'apprezzabile sforzo non ha scalfito il blocco del turn over e la riduzione delle risorse degli ultimi anni. Interventi parziali, con strumenti urgenti che hanno risentito della mancanza di una solida cornice strategica alimentando tensioni nella comunità scientifica, con comprensibili perplessità anche sull'efficacia delle azioni;
    infine, oltre al problema delle risorse, permane un quadro normativo in cui operano università ed enti pubblici nazionali di ricerca frammentario e disorganico, che ne diminuisce la capacità di programmare in autonomia le attività per competere a livello europeo e internazionale. Peraltro, sarebbero urgenti segnali di intervento che potrebbero essere dati in occasione dell'esercizio della delega legislativa per la semplificazione delle norme che regolano le attività degli enti pubblici nazionali di ricerca di cui, a ridosso della scadenza del termine, non sia hanno notizie,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per investire nella ricerca e nello sviluppo tecnologico, cercando di raggiungere gli obiettivi indicati dalla Strategia Europa 2020;
   a valorizzare e rafforzare le competenze scientifiche presenti nel Paese per non perdere importanti professionalità che non trovano opportunità di carriera, anche a causa delle difficoltà nelle programmazione delle risorse umane da parte delle istituzioni universitarie e di ricerca di afferenza;
   a favorire la partecipazione coordinata della comunità scientifica alla definizione delle strategie;
   a presentare in Parlamento, in vista della prossima manovra finanziaria e ad integrazione del documento di economia e finanza 2016, un quadro chiaro degli indirizzi e delle priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare nei prossimi anni, assicurando il coordinamento con le altre politiche nazionali e tenendo conto delle iniziative, dei contributi e delle realtà di ricerca regionali, secondo quanto stabilito dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 204 del 1998;
   a rafforzare i patti di collaborazione con i sistemi di ricerca e innovazione promossi dalle regioni e dalle province autonome, nel rispetto dell'autonomia costituzionale degli enti regionali e provinciali, in relazione all'esercizio delle loro competenze;
   a rafforzare l'impegno per sostenere i settori umanistici della ricerca, anche favorendo la collaborazione con gli altri settori del sapere.
(1-01280) «Santerini, Fauttilli, Capelli, Caruso, Baradello, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    come nei beni culturali esiste l’art bonus, per incentivare i contributi con defiscalizzazione all'università da parte dei privati, si potrebbe pensare di istituire un research bonus come ha proposto il rettore dell'ateneo fiorentino Luigi Dei e, rispetto alle misure predisposte finora dal Governo Renzi, sarebbe il caso di prevedere un piano strutturale pluriennale non misure una tantum;
    lo stato di salute dell'università è precario dal momento che ha subito, nel corso degli ultimi anni, un miliardo e 400 milioni euro di tagli, non esistendo un comparto della pubblica amministrazione che ha avuto un taglio così marcato;
    sarebbe opportuno valorizzare le sedi universitarie e gli enti di ricerca esistenti, piuttosto che investire risorse per la realizzazione di nuovi istituti di ricerca quali l'istituto italiano di tecnologia ed è necessario rivedere i requisiti dell’«assegnista post doc», dal momento che tale figura non esiste al livello europeo e dunque non viene riconosciuta, pur essendo presente in tutti i progetti di ricerca italiani;
    sono ormai maturi i tempi per mettere mano a una stabilizzazione reale dell'enorme massa di persone precarie che da anni lavorano nell'università senza (attualmente) reali sbocchi;
    da un documento presentato al Senato nel dicembre del 2014 risulta evidente la drastica riduzione dei ricercatori negli ultimi sette anni;
    i tagli ai finanziamenti sono da imputarsi ad una precisa scelta politica, dato che, nello stesso arco di tempo, la spesa pubblica complessiva è cresciuta, anche al netto della spesa per il debito. Tra i principali tagli ci sono quelli all'istruzione scolastica: -2,9 miliardi di euro, pari al 6,5 per cento del budget massimo relativo del 2010; alla ricerca scientifica: -1,3 miliardi di euro, rispetto al massimo relativo del 2008; all'istruzione universitaria: -0,8 miliardi di euro, rispetto al massimo relativo del 2008;
    la cronica assenza di fondi si abbatte particolarmente sul fronte del reclutamento, specie nei livelli d'ingresso alla carriera accademica e i dati forniti dall'ufficio di statistica del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca mostrano che, a fronte di un crollo progressivo dal 2003 del numero totale dei ricercatori, non si è verificato un tamponamento della pesante riduzione con l'ingresso nel ruolo delle nuove figure contrattuali a tempo determinato previste dalla legge n. 240 del 2010;
    i numeri dei ricercatori a tempo determinato, infatti, restano piuttosto esigui e le università italiane hanno fatto progressivamente ricorso ad assegnisti e ai lavoratori autonomi per sopperire alla scomparsa dei ricercatori. A partire dal 2011, infatti, la somma tra assegnisti ed autonomi eguaglia il numero dei ricercatori superandola, con un andamento in continua crescita;
    il nostro sistema universitario ha perduto, come certificato dal Consiglio universitario nazionale, più di 12.000 docenti (-20 per cento) negli ultimi sette anni, a causa delle drastiche riduzioni del Fondo di finanziamento ordinario dell'ultimo decennio e delle notevoli limitazioni al turn-over;
    i ricercatori precari, che in questo stesso decennio hanno consentito agli atenei di tenere in piedi le attività di ricerca e di didattica, sono stati oggetto di un massiccio processo di espulsione dall'università: dei circa 50.000 ricercatori attivi nei nostri atenei, nel decennio 2003-2014, solo il 3 per cento risulta attualmente strutturato nell'università, come emerge dall'indagine «Ricercarsi» promossa dalla FLC CGIL. In tale contesto, un piano di reclutamento di 1.000 ricercatori tenured – «piano straordinario RtdB» – appare del tutto inadeguato nei numeri alle esigenze del sistema universitario;
    negli ultimi anni, si è verificato un aumento del numero degli assegnisti e dei borsisti di ricerca, figure parasubordinate che non hanno diritto né alle protezioni sociali classiche, né alla DisColl, ossia la nuova e temporanea indennità di disoccupazione per i «Cococo», gli «ex Cocopro» e figure parasubordinate;
    la «liberazione» dal turn-over delle sole figure dei ricercatori a tempo determinato di tipo a) (senza tenure-track), previste dalla legge di stabilità 2016, aggrava il processo di precarizzazione delle figure della ricerca e della docenza, incoraggiando gli atenei ad avvalersi di ricercatori precari – meno costosi e più governabili di figure con tenure-track;
    il rischio più grave, al quale peraltro stiamo assistendo, è che a conclusione del contratto di ricercatore a tempo determinato di primo livello (RtdA), non ci sia una reale possibilità di stabilizzazione;
    con una proposta di legge, mutuata da proposte del Consiglio universitario nazionale (CUN), la componente del gruppo misto Alternativa Libera ha tentato di individuare le procedure e gli adempimenti che, per complessità, per oneri regolatori, amministrativi e informativi correlati, ostacolano il funzionamento e il potenziamento del sistema universitario e della ricerca, proponendo al contempo misure di semplificazione atte a liberare le risorse necessarie a un'incentivazione della qualità e dell'efficienza affidata alla valorizzazione delle attività di didattica e ricerca;
    con la suddetta proposta si sono esclusi dal controllo della Corte dei conti i contratti stipulati da università ed enti di ricerca su fondi di ricerca, poiché il parere di legittimità viene reso in sessanta giorni, nei casi, peraltro frequenti, di contratti di breve durata e di importi modesti (poche migliaia di euro), il tempo di attesa per l'attivazione del contratto può avere la stessa durata del contratto stesso;
    l'imprescindibile necessità di assicurare competitività internazionale alla ricerca italiana (si pensi, ad esempio, alle opportunità offerte dai bandi Horizon 2020 di intercettare fondi europei) rende preoccupante la condizione in cui si trovano a operare i ricercatori delle università statali italiane che vedono nella gestione amministrativa oggettive limitazioni alla propria affermazione. Fra i principali ostacoli vi sono quelli derivanti dalle modalità di acquisto di beni e servizi che, negli anni, hanno visto crescere i passaggi obbligatori: per acquisti di piccolo importo possono rendersi necessari fino a trentadue adempimenti. La recente disciplina del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MePA) non ha risolto tali problemi, anzi li ha aggravati. Infatti, dal punto di vista della natura dei prodotti e dei servizi negoziabili sul sistema, il MePA si qualifica come strumento di general spending;
    il cosiddetto sistema di autovalutazione, valutazione periodica e accreditamento (AVA) dovrebbe semplificare la materia, prevedendo alcune modifiche normative mirate a ridurre la complessità del sistema, aumentandone l'efficacia e favorendone l'accoglimento da parte della comunità universitaria, in modo che essa possa svolgere al meglio il proprio ruolo di strumento per il miglioramento della qualità dell'offerta didattica;
    come più volte ribadito dal CUN, per realizzare pienamente l'autonomia universitaria, puntando sul miglioramento della qualità, anche dell'offerta formativa, è necessario un sistema AVA in cui i momenti di programmazione, di valutazione e di accreditamento siano chiaramente distinti, con una precisa attribuzione di competenze e responsabilità ai vari soggetti coinvolti, evitando sovrapposizioni, duplicazioni e confusioni negli interventi;
    si ritiene quindi necessaria un'operazione di razionalizzazione e semplificazione del sistema AVA che lo liberi dagli aspetti più formali, permettendo agli atenei di concentrare il lavoro sull'effettivo miglioramento della qualità dell'offerta formativa;
    la normativa vigente prevede che i regolamenti didattici di ateneo siano approvati dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentito il CUN, e che gli ordinamenti didattici dei corsi di studio siano parte integrante dei regolamenti didattici di ateneo. L'ordinamento didattico di un corso di studio è un corpo unitario comprendente gli obiettivi formativi, il quadro generale delle attività formative con l'indicazione dei crediti assegnati a ciascuna attività formativa e a ciascun ambito, le caratteristiche della prova finale e gli sbocchi professionali. Come tale, per verificare la coerenza e la qualità del progetto formativo, è indispensabile esaminarlo nella sua interezza e qualsiasi modifica a una sua parte deve essere considerata nel contesto dell'ordinamento nel suo complesso. Il citato articolo 2 del decreto ministeriale n. 47 del 2013 suddivide, invece, l'esame dell'ordinamento fra due organi diversi (CUN e ANVUR), causando seri problemi di incoerenza, anche perché agli atenei è stata concessa la possibilità di modificare, nella scheda unica annuale del corso di studi (SUA-CdS), parti di ordinamenti già approvati, causando disallineamenti all'interno dell'ordinamento e a volte perfino non conformità alla normativa vigente;
    si è quindi verificata una sensibile complicazione delle operazioni richieste agli atenei per la gestione e la modifica degli ordinamenti, in quanto si sono trovati a dover rispondere a richieste diverse con tempistiche diverse e non necessariamente coerenti fra loro,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per garantire adeguati finanziamenti sia alla ricerca di base, che alla ricerca applicata, prevedendo finanziamenti ordinari certi e costanti su tempi lunghi in modo da favorire un'adeguata programmazione;
   a riaprire in tempi brevi e con cadenza regolare, bandi per la ricerca, sulla scorta dei FIRB e dei SIR, rivolti sia ai ricercatori « senior» che « junior»;
   ad intraprendere opportune iniziative che consentano di incentivare e valorizzare in particolare i progetti di ricerca finalizzati alla realizzazione di brevetti che vengano successivamente prodotti e commercializzati in Italia, in modo che la ricerca scientifica possa esercitare il ruolo di volano per una ripresa economica ed occupazionale;
   ad assumere iniziative per istituire un bonus fiscale finalizzato alla ricerca, sulla scorta del così detto « art bonus»;
   a ripensare tutto il sistema di valutazione della qualità della ricerca (VQR), alleggerendo gli adempimenti a carico dei docenti e dei ricercatori ed aumentando la quota premiale di fondi;
   a valutare l'istituzione di un organismo nazionale indipendente di valutazione della ricerca, il quale svolga i compiti di regolamentare ed organizzare i bandi per i finanziamenti pubblici della ricerca;
   a eliminare al più presto ogni blocco o limitazione al regolare turn-over del personale strutturato universitario e degli enti pubblici di ricerca;
   ad assumere iniziative per fare del dottorato di ricerca un titolo preferenziale di accesso alla pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti locali;
   ad assumere ogni iniziativa per riavviare urgentemente le procedure di selezione per l'abilitazione scientifica nazionale;
   a valorizzare come sede per fare ricerca di qualità le eccellenze già riconosciute tra le università e gli enti di ricerca esistenti, utilizzando in via preferenziale le loro sedi e favorendo il loro ammodernamento e restauro piuttosto che l'onerosa costruzione ex novo di nuovi poli;
   a rivedere la figura giuridica del ricercatore «assegnista post dottorato», al momento non corrispondente ai requisiti richiesti dalla Commissione europea, introducendo una figura unica pre ruolo con tenure track, con retribuzione e tutele conformi a quelle dei lavoratori a tempo determinato;
   ad assumere iniziative per aumentare i fondi in modo che i posti destinati al reclutamento in programmazione triennale nei vari dipartimenti/atenei vengano sensibilmente aumentati;
   a compiere ogni iniziativa opportuna, anche a carattere normativo, per rivedere le procedure di controllo negli atenei facendo in modo che sia rivisto il tema del controllo preventivo nel contesto del quadro normativo dell'autonomia universitaria sancita dalla Costituzione;
   a riconoscere l'esclusione degli atenei statali dall'obbligo di ricorrere al MePA relativamente ai soli acquisti di beni e servizi che gravino su fondi di ricerca;
   ad adottare iniziative per creare, anche all'interno dell'ordinamento italiano, e nel rispetto del sistema Schengen, i giusti presupposti e contesti normativi e amministrativi perché l'ingresso e la permanenza in Italia di professori e ricercatori extra-UE e dei loro familiari si affermino come un dato di sistema, meritevole di procedure dedicate e semplificate che incentivino la presenza e l'impegno di talenti stranieri nel sistema universitario e della ricerca italiano;
   a dare immediata attuazione a quanto previsto dal piano «Destinazione Italia», introducendo un fast track per un «visto di ricerca», analogo a quello del programma «Italia Startup Visa».
(1-01281) «Segoni, Civati, Artini, Baldassarre, Bechis, Turco, Brignone, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino».


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi decenni si è andato consolidando nelle amministrazioni pubbliche e in particolare nelle istituzioni culturali un maggior riconoscimento della centralità dell'utente che ha condotto a significativi cambiamenti di prospettiva nella progettazione e nella gestione delle attività e dei servizi. Con la legge n. 4 del 1993 («Misure urgenti per il funzionamento dei musei statali») il Ministro Alberto Ronchey istituisce servizi aggiuntivi offerti al pubblico a pagamento sia presso i siti museali che in quelli archeologici;
    successivamente, con l'articolo 117 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si è previsto che si potessero istituire anche servizi di assistenza culturale ed ospitalità per il pubblico, quali i servizi di biglietteria, le visite guidate, la gestione di spazi destinati ad eventi o mostre, caffetterie, bookshop e altro. Con l'articolo 14 della legge 29 novembre 2007, n. 222 si è poi disposto che il Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto non regolamentare, disciplinasse l'organizzazione degli stessi;
    in diverse realtà, sono stati creati siti internet dedicati all'informazione, alla prenotazione, alla prevendita e alla vendita di titoli d'accesso ed istituite card cittadine o territoriali integrate (musei trasporti – servizi turistici), in tal modo promuovendo la fruizione di reti museali e circuiti integrati di visite. Sul piano della comunicazione didattica, sono stati progettati e realizzati strumenti diversificati per varie tipologie di pubblico, quali audioguide, video guide, podcast scaricabili da internet. Per le scuole, inoltre, sono stati prodotti percorsi specifici per insegnanti e studenti, laboratori, visite ad hoc. Tutto questo si è però rivelato un affare per i soli gestori privati, piuttosto che per lo Stato;
    attualmente, la gestione dei servizi aggiuntivi nei siti culturali opera in regime di proroga, un meccanismo che, oltre a non garantire adeguati introiti all'amministrazione pubblica, né tutele per i lavoratori, si pone in aperto contrasto con la normativa nazionale ed europea, oltre che con il buon senso;
    si è sempre affermato da parte del Governo che l'implementazione dei servizi aggiuntivi negli istituti culturali avrebbe consentito all'Erario di introitare ingenti risorse cosa che, a conti fatti, però non è accaduta;
    al nostro Paese è universalmente riconosciuta l'incomparabile bellezza del paesaggio e l'inestimabile valore dei suoi beni culturali che conta circa 8.500 siti tra monumenti, musei ed aree archeologiche, 46.025 beni architettonici vincolati, 34.000 luoghi di spettacolo, 49 siti Unesco e centinaia di festival e feste tradizionali che ogni anno animano i territori, rappresentando un capitale economico ed un'eredità storica unica nel panorama internazionale;
    la conservazione, la tutela e la valorizzazione di tale patrimonio, oltre ad essere attività doverose nei riguardi delle generazioni future, possono, rafforzando la capacità attrattiva dei nostri territori, contribuire fortemente a condurre verso nuovo percorso di crescita sostenibile e duratura;
    troppo spesso invece si continua a perseverare nella logica del «grande evento», costoso e scarsamente remunerativo per le casse dello Stato, a vantaggio in larga misura delle società che da anni gestiscono biglietterie on-line e servizi aggiuntivi: un triste oligopolio sancito da vecchi bandi ormai scaduti da tempo che consente, ad esempio, ai gestori del Colosseo di incamerare, secondo la Corte dei Conti, il 70 per cento del costo del biglietto d'ingresso, di cui solo il 30 per cento va allo Stato;
    per il rinnovo dei servizi strumentali e dei servizi per il pubblico, ed anche al fine di definire procedure appropriate per l'aggiudicazione delle relative concessioni, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha deciso di avvalersi di Consip spa nell'intento di assicurare meccanismi trasparenti ed efficienti per gli affidamenti dei servizi offerti nei nuovi musei autonomi e nei poli museali regionali;
    tale modello di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale, che dovrebbe, a parere del Ministro Franceschini, porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura, potendo contare sulla cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale della Nazione, è stato presentato nel febbraio del 2015 e si sviluppa lungo tre linee d'intervento: 1) una gara per i «servizi gestionali» (nella fattispecie manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba, facchinaggio, call center, anagrafica tecnica, e altro); 2) una gara per il «servizi di biglietteria nazionale» (servizi di prenotazione e prevendita); 3) una gara per i «servizi culturali» (noleggio audioguide; visite guidate; laboratori e didattica; spazi, eventi e mostre; e altro);
    malgrado sia trascorso oltre un anno dal giorno (19 febbraio 2015) in cui il Governo ha avviato la suddetta collaborazione con Consip spa, annunciando che i relativi bandi sarebbero stati pubblicati entro il primo semestre dello stesso anno, il Ministro Franceschini ha recentemente annunciato che le prime gare saranno avviate non prima del mese di giugno 2016;
    già a luglio del 2015 erano stati pubblicati sul sito della Consip i nuovi bandi per i servizi di manutenzione, pulizia, sistema informativo e call center, per un valore complessivo, suddiviso in nove lotti territoriali, di 640 milioni di euro. I contratti che deriveranno dalla convenzione aggiudicata, che rimarrà in vigore per 24 mesi (più eventuali 12 di proroga), avranno durata di quattro o sei anni, periodo durante il quale il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e le altre amministrazioni pubbliche potranno emettere i loro ordini sulla base della convenzione;
    la gestione del patrimonio artistico e culturale è nelle mani di pochi soggetti. Tra questi figurano «Civita Cultura» del Gruppo Mondadori, «Coop Culture», «Zetema» controllata dal comune di Roma, «Ales» società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, soggetti, in particolare quelli privati, che hanno fruito delle proroghe di concessioni introitando significativi guadagni, impedendo, al contempo, allo Stato di effettuare simili guadagni;
    Ales – Arte Lavoro e Servizi S.p.A. è la società in house del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) – che ne detiene il 100 per cento del pacchetto azionario, impegnata da oltre quindici anni in attività di supporto alla conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e in attività di supporto agli uffici tecnico-amministrativi del socio unico;
    al fine di assicurare risparmi della spesa pubblica e di razionalizzare le società strumentali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, l'articolo 1, comma 322, della legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016), ha disposto, ope legis, la fusione per incorporazione della società ARCUS SpA – Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo – in ALES SpA, esplicitamente prevedendo che una delle divisioni organizzative di quest'ultima prosegue le attività proprie di ARCUS;
    nei termini stabiliti dalla suddetta legge di stabilità 2016, la nuova società ALES Spa ha provveduto ad approvare il proprio statuto, attribuendosi tutte quelle attività storicamente svolte dal momento della sua fondazione ad oggi, ed orientate a supportare il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo in numerosi progetti di miglioramento delle condizioni di fruibilità del patrimonio archeologico, artistico, architettonico, paesaggistico e archivistico e bibliotecario italiano, nonché di svolgimento di attività strumentali alla gestione tecnico-amministrativa dei procedi enti di tutela;
    la nuova società in house si occuperà anche di gestire i servizi dei musei, dai ristoranti, alle caffetterie, dai bookshop alle strutture di accoglienza e alle biglietterie, finora, come si è visto, a prevalente appannaggio dei privati, per un giro d'affari che sfiora i 200 milioni di euro, dei quali oltre 40 derivanti dai servizi veri e propri e circa 140 dai biglietti;
    la società contribuisce inoltre – tramite progetti specifici e di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – a promuovere i beni culturali italiani ed il made in Italy in ambito nazionale ed internazionale;
    per l'erogazione dei propri servizi su gran parte del territorio nazionale, ALES Spa si avvale di uno staff di esperti per la pianificazione e la programmazione di dettaglio e di circa 700 operatori, adeguatamente formati, per l'esecuzione delle attività operative presso i siti culturali e le direzioni «generali del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
    il 21 marzo 2016 il quotidiano « Il Sole 24 Ore» riportava la seguente dichiarazione del Ministro Franceschini: «Sia ben chiaro, non ho niente contro i privati, che continueranno a essere della partita. Semplicemente, in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla nuova Ales attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del ministero»;
    appare pertanto necessario che Ales proceda in tempi brevi alla costituzione della divisione organizzativa destinata eventualmente a gestire servizi aggiuntivi, in modo da poter rappresentare effettivamente una alternativa all'affidamento a privati di tali tipi di servizi da parte dei direttori di museo,

impegna il Governo:

   ad adoperarsi affinché, in tempi brevi, la società in house Ales spa costituisca la divisione per la gestione dei servizi aggiuntivi presso i musei e gliistituti culturali pubblici, al fine di consentire la migliore scelta di affidamento per i direttori dei musei;
   ad emanare, con l'ausilio di Consip Spa, la gara per la bigliettazione unica on line, prevedendo che gli introiti confluiscano interamente nel bilancio del Ministero per i beni e delle attività culturali e del turismo;
   a prevedere l'inserimento nei bandi di gara per l'affidamento dei servizi aggiuntivi nei musei negli istituti culturali, della «clausola sociale», a garanzia di tutti i lavoratori impiegati nei servizi aggiuntivi;
   ad assumere iniziative affinché dalle concessioni per servizi aggiuntivi nei musei ed istituti culturali gestiti da privati derivino introiti effettivamente coincidenti con quanto previsto in sede di bando di gara;
   a pubblicare sul sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e sui siti dei musei e istituti culturali oggetto del bando, il testo integrale di tutti i bandi relativi a concessione di servizi aggiuntivi, del loro esito e degli introiti previsti che derivino dall'aggiudicazione del bando;
   a mettere in atto le iniziative necessarie affinché dall'aggiudicazione delle concessioni non derivino monopoli per soggetti privati, anche attraverso la possibilità di emanare bandi di gara per singoli servizi aggiuntivi;
   a favorire e a sostenere per quanto di competenza la scelta di affidamento di servizi aggiuntivi alla società in house Ales del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   a prevedere che la durata delle concessioni di servizi aggiuntivi non eccedano la durata di sei anni.
(1-01282) «Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   COPPOLA e ZANIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente è già stato interrogato, con atto 4-08697, in merito al programma sul calcolo dell'impronta ambientale (carbon e water footprint) che ha coinvolto il Ministero stesso e il comune di Gemona del Friuli (Udine), con richiesta di chiarimenti sullo stato di attuazione e di avanzamento dei due progetti e sull'eventuale disponibilità finanziaria del Ministero stesso per l'attuazione dei due protocolli sottoscritti (in data 8 febbraio 2013, il primo, e 11 aprile 2014, il secondo);
   con risposta scritta, in data 8 settembre 2015, il Ministro Galletti dichiara che «non risultano, allo stato, pervenuti rapporti sullo stato di avanzamento delle attività» e che «[il Ministero] per queste attività volontarie, non ha messo e non metterà a disposizione risorse finanziarie»;
   con determina n. 848 del 12 novembre 2012 della giunta comunale di Gemona avente per oggetto: «Affido per l'analisi e la redazione di un progetto per la riduzione delle emissioni e diffusione di modelli sostenibili», e determina n. 991 del 23 dicembre 2012 avente per oggetto: «Affido per il servizio di attività di comunicazione e sviluppo del percorso di sostenibilità ambientale», sono stati affidati in forma diretta, la gestione dei due progetti di sostenibilità ambientale e comunicazione, alla società GRUPPO REM s.r.l. di Udine, per una spesa pari a 24.200,00 euro, regolarmente liquidata a fronte di fatture d.d. 31 dicembre 2012 e 16 aprile 2013, e per una spesa pari a 24.200,00 euro regolarmente liquidata a fronte di fattura emessa il 31 dicembre 2013;
   come confermato da comunicato stampa del 25 gennaio 2016, il Ministro Gian Luca Galletti, in visita a Gemona «ha dato piena disponibilità al Comune per rilanciare il progetto di carbon footprint e avviare quello di water footprint con la consulenza dell'Università di Udine»;
   da recenti notizie di cronaca (Messaggero Veneto, 20 marzo 2016) ci è dato sapere che il titolare dell'agenzia di comunicazione GRUPPO REM, Pietro Lucchese, è stato iscritto sul registro degli indagati della procura di Roma con l'ipotesi a suo carico di associazione a delinquere, in concorso con il già Ministro Clini e con altre persone (sulle quali vige ancora il riserbo istruttorio) e di corruzione;
   ci si chiede se non debba essere riconsiderata la situazione, alla luce di quella che appare agli interroganti un'evidente cattiva e poco limpida gestione dei progetti in questione, considerato anche l'esborso di risorse pubbliche in assenza di risultati tangibili –:
   se il Governo abbia intenzione di dare seguito ai protocolli d'intesa sottoscritti oppure di rivederli alla luce degli ultimi accadimenti. (4-13232)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, FRUSONE, DEL GROSSO, BASILIO, GRANDE, CORDA, SIBILIA, TOFALO, SCAGLIUSI, RIZZO, DI BATTISTA, SPADONI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   recentemente la città di Palmira (Siria) è stata liberata dalle milizie dell'Isis (Daesh) da parte dell'esercito nazionale siriano. Nell'opera di bonifica dei siti, gli sminatori russi avrebbero trovato mine fabbricate in diversi Paesi, tra i quali è citata espressamente anche l'Italia;
   non è dato sapere se tali mine appartengano agli stock prodotti prima dell'adesione dell'Italia al bando delle stesse (1999) o se invece sono mine anticarro di cui è ancora legale l'esportazione. Sia nel primo e nel secondo caso sarebbe comunque necessario accertare il fatto di come tali ordigni siano finiti nelle mani dell'Isis –:
   se il Governo non ritenga necessario assumere ogni informazione sulla tipologia ed i lotti ritrovati a Palmira in modo che sia tracciabile il loro percorso tramite l'individuazione di chi originariamente (e in che periodo) ha acquistato tali ordigni dall'Italia e se non reputi necessario informare degli esiti di queste verifiche il parlamento;
   quali attività di monitoraggio il Governo italiano abbia o stia effettuando sulla destinazione delle mine prodotte dall'Italia e a che punto siano i programmi di distruzione delle stesse in seguito all'adesione dell'Italia alla convenzione per il bando e la proibizione delle mine antipersona. (5-08721)

Interrogazione a risposta scritta:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, MANLIO DI STEFANO, SPADONI e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le indagini e la documentazione prodotta da organizzazioni internazionali come Pax e Recommon quali «Il lato oscuro del carbone», «Profondo nero», «La via del Carbone» riportano come, in Colombia, alcune multinazionali, tra cui Drummond e Prodeco/Glencore abbiano privatizzato le miniere colombiane e nel periodo tra il 1996-2006 i paramilitari abbiano ucciso 3.100 persone e sfollato 55.000 nella regione del Cesar;
   diverse fonti, tra cui un articolo de l'Espresso del 5 maggio 2016 e de Il Manifesto dell'8 maggio 2016 riportano come alcune confessioni di ex capi militari e collaboratori abbiano individuato nei finanziatori e mandanti delle uccisioni le stesse multinazionali che controllano il mercato del carbone nonché evidenziano le ipotesi di illiceità del commercio del carbone tra paradisi fiscali, offshore e società anonime;
   diverse organizzazioni non governative europee, attive nella zona, denunciano il persistere del fenomeno di violenza nella regione della miniera di carbone di Cesar (Colombia) e l'assenza di collaborazione delle compagnie minerarie attive tanto che PAX (in Italia insieme a Recommon) ha scritto una lettera a ENEL, di cui il Ministero delle economie e delle finanze è il maggior azionista, e alle altre imprese del settore energetico europeo per richiedere la sospensione delle relazioni commerciali con Drummond e Prodeco/Glencore finché non si prendano misure sulla violenza perpetuata nel Cesar, come già fatto dall'azienda energetica danese DONG che ha annunciato la sospensione delle trattative con Prodeco/Glencore;
   l'Italia è tra gli importatori del carbone dalla Colombia, in particolare dalla regione del Cesar almeno dal 2005, tramite ENEL;
   il 26 maggio 2016 avrà luogo la riunione degli azionisti dell'ENEL –:
   se non sia opportuno che il Governo adotti ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, al fine di:
    a) sollecitare la sospensione degli accordi con le compagnie accusate di violenza, affinché si prendano misure contro la violenza perpetuata nel Cesar;
    b) verificare le supposte illiceità finanziarie in merito al commercio del carbone tra Colombia ed Italia. (4-13233)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'area del Sito di interesse nazionale di Taranto comprende anche l'area del porto di Taranto ed è caratterizzata da un forte inquinamento delle acque, comprese quelle di falda e dei suoli;
   l'articolo 6, comma 3 e 3-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006 stabilisce che, per determinate tipologie di piani, la valutazione ambientale strategica è necessaria qualora l'autorità competente valuti che producano impatti significativi sull'ambiente, secondo le disposizioni di cui all'articolo 12, che prevede l'espletamento della verifica di assoggettabilità;
   con determinazione n. 233 del 1o agosto 2014 del dirigente dell'ufficio programmazione, politiche energetiche VIA e VAS, pubblicata sul B.U.R.P. n. 126 del 11 settembre 2014, è stata disposta l'esclusione del «Piano di gestione dei rifiuti e dei residui del carico, prodotti dalle navi, nel Porto di Taranto» dalla procedura di valutazione ambientale strategica;
   il dirigente dell'ufficio VAS della regione Puglia ha determinato in data 22 aprile 2015 l'esclusione alla VAS per il piano urbanistico comunale denominato «nuovo piano regolatore di Taranto – Variante al piano regolatore generale»; nonostante la configurazione prevista dal nuovo piano regolatore del porto di Taranto risulta differente rispetto quella descritta dal piano regolatore generale del comune di Taranto, comportando un incremento del dimensionamento insediativo globale e anche il lay out funzionale all'interno del porto risulta diverso rispetto alle previsioni del piano regolatore generale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e alla luce delle criticità evidenziate quali iniziative di competenza intendano adottare, per garantire la tutela della qualità ambientale dell'area di Taranto, riconosciuta come sito di interesse nazionale. (5-08731)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:


   VITO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il tribunale arbitrale internazionale de L'Aia ha recentemente stabilito che, dopo oltre quattro anni trascorsi in India, anche Salvatore Girone potrà fare rientro in Italia (Massimiliano Latorre è già in Italia per gravi motivi di salute), in attesa del verdetto sulla competenza del caso che riguarda i due fucilieri di Marina –:
   quali iniziative siano state assunte per ottenere il rispetto e l'attuazione della decisione del Tribunale internazionale de L'Aia e dunque quando Girone tornerà in Italia. (5-08705)


   DURANTI e PIRAS. Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'assistente tecnico per la motoristica, la meccanica e le armi, il signor B. F., impiegato presso la «MARISTANAV TA S.E.N.», inoltra dal 2005 istanza di trasferimento a Milazzo (ME) oppure ad altri enti nella zona di Messina o altre località limitrofe;
   le reiterate richieste di trasferimento sono state ampiamente giustificate con motivazioni di carattere personale, nello specifico per la garanzia del cosiddetto ricongiungimento familiare;
   nel corso degli anni, diversi e ripetuti pareri favorevoli sono stati espressi dalla direzione arsenale, fra cui per ultimo quello espresso in data 13 maggio 2014 dal capo servizio efficienza Navi, C.V. (GN) Pierpaolo Budri, che testualmente esprime parere favorevole «trattandosi di persona preparata, laboriosa e sempre disponibile che potrà certamente molto ben figurare nell'E.d.O. presso il quale verrà impiegato. Pur privandomi di una risorsa preziosa, sono disponibile a che venga sostituito anche non contestualmente al suo eventuale trasferimento»;
   nonostante tali formali indicazioni la direzione generale per il personale civile — in ultimo con comunicazione del 29 dicembre 2015 — ha ritenuto di «non procedere a favorevole accoglimento in quanto non possibile provvedere alla sostituzione richiesta»;
   a detta dell'interrogante, la specificità del caso sopra esposto porrebbe in essere una lesione di un diritto individuale che ha valenza generale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e se esistano altri casi simili di richieste inoltrate alla direzione di cui in premessa, che non siano state accolte e per quali motivi. (5-08706)


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, TOFALO, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 maggio 2016 il sito internet dagospia.it pubblica un post in cui si parla dell'incontro avvenuto il 5 aprile 2016 tra il Ministero della Difesa del Kuwait e Finmeccanica, con la presenza della Ministra Roberta Pinotti per la fornitura di 28 eurofighter al Kuwait;
   in tale incontro, sempre secondo il sito dagospia.it, sarebbero stati fatti dei doni alla Ministra consistenti in due gioielli «importanti destinati alle figlie» e un orologio modello Rolex «in oro bianco, tempestato di brillantini» per lei;
   nella stessa giornata la Ministra ha dichiarato attraverso una nota stampa che «In ordine ad alcune presunte indiscrezioni apparse oggi su Dagospia, il ministero della difesa rende noto che il ministro Pinotti ha sempre seguito le prescrizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 2007 riguardo i cosiddetti «doni di rappresentanza. Ove ne ricorrono le condizioni, detti doni vengono quindi presi in consegna e custoditi dall'amministrazione Difesa. Sono perciò da considerare prive di qualsiasi fondamento le notizie apparse oggi su un sito web e riprese incautamente da altri»;
   in data 16 maggio 2016 sempre il sito dagospia.it riprende delle dichiarazioni della Ministra a Skytg24: «Esiste una procedura», ricorda la senatrice del Pd dalle telecamere di SkyTg24. «Io ricevo spesso delegazioni italiane o straniere, e vado spesso all'estero. In questi casi vengono fatti i doni». Regali, aggiunge la Pinotti, che sono «presi in consegna» dagli uffici di via XX Settembre. Dove c’è un registro nel quale è annotato l'oggetto consegnato; «una stanza dove sono tutti questi doni, catalogati» e un ufficio che valuta l'oggetto;
   il comma 2 dell'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 dicembre 2007 (Disciplina del regime per i doni di cortesia ricevuti dai componenti del Governo) prescrive che: «I doni di rappresentanza il cui valore espresso in denaro sia superiore ai 300,00 euro e che, in relazione alla loro tipologia e specificità, possono essere destinati alle sedi ufficiali o di rappresentanza, restano nella disponibilità dell'amministrazione», mentre il successivo comma 3 prevede che: «I restanti doni, di valore superiore a 300,00 euro, sono destinati dal Presidente del Consiglio e dai Ministri per iniziative aventi finalità umanitarie, caritatevoli, di assistenza e beneficenza»;
   il comma 5 dello stesso articolo infine dispone che: «L'amministrazione ricevente individua l'ufficio ove tenere l'apposito registro in cui iscrivere i doni di rappresentanza contenente la descrizione del bene, l'indicazione del donatore, la stima effettuata, la data e il motivo della consegna, la destinazione effettuata»;
   il decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale 4 giugno 2013, n. 129), recante «Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165», regola il codice di comportamento dei dipendenti pubblici e prevede che la loro violazione è fonte di responsabilità disciplinare;
   tra le disposizioni principali, il suddetto decreto del Presidente della Repubblica, all'articolo 4, contempla il divieto per il dipendente pubblico di accettare regali, compensi o altre utilità, salvo quelli d'uso di modico valore (non superiore a 150 euro), anche sotto forma di sconto. I regali e le altre utilità comunque ricevuti sono immediatamente messi a disposizione dell'amministrazione per essere devoluti a fini istituzionali;
   risulta alquanto difficile non notare che orologi o doni di tale valore, anche se dopo vengono presi in carico dall'amministrazione, vengano consegnati al soggetto istituzionale direttamente coinvolto e non certo dati direttamente all'amministrazione, soprattutto in situazioni istituzionali come quella esposta dagli interroganti –:
   quali siano stati effettivamente i doni regalati dal Ministro della difesa del Kuwait alla Ministra Pinotti e se esista una lista dei regali donati in questa legislatura ai vari Ministri della difesa che si sono succeduti nell'incarico durante i loro incontri istituzionali, accessibile da parlamentari e normali cittadini. (5-08707)


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il programma pluriennale di armamento e rinnovamento n. SMD 01/2014 (cosiddetta «Legge navale») prevede l'acquisizione e l'entrata in servizio di 2 unità navali polifunzionali ad altissima velocità (UNPAV) e spinto contenuto tecnologico per il supporto alle, forze speciali del Gruppo operativo incursori (G01), per il contrasto della minaccia asimmetrica e per l'impiego in tutti i contesti operativi che richiedano flessibilità, incisività, massima prontezza, deterrenza e discrezione;
   in base a quanto riportato nell'allegato 4 dell'Atto del Governo n. 116 presentato alle Camere il 21 ottobre 2014, «i nuovi mezzi navali sono concepiti per assolvere ai compiti di supporto ad operazioni di Forze Speciali (Gruppo Operativo Incursori), con specifici requisiti per il carico e il trasporto dei mezzi e degli equipaggiamenti speciali, nonché la capacità di supporto tecnico-operativo; contrasto alla pirateria, alle azioni terroristiche, controllo del fenomeno migratorio, contributo alla homeland security; scorta a unità navali per contrasto e deterrenza nei confronti di minaccia asimmetrica; operazioni di interdizione dello spazio marittimo; esfiltrazioni di personale; operazioni di tutela/difesa della libertà e della legalità nello spazio marittimo e degli interessi strategici nazionali/alleati (naviglio mercantile, linee di traffico marittimo, piattaforme off shore, ecc.)»;
   secondo il sopracitato allegato 4 dell'Atto del Governo n. 116, «i nuovi mezzi sono progettati con materiali compositi innovativi, con esteso impiego di nanotecnologie, caratterizzati da bassissima osservabilità (termica, radar, acustica), elevata robustezza, protezione balistica, resistenza al calore, schermatura dalle interferenze elettromagnetiche, ridotto peso ed elevata resistenza strutturale, con accorgimenti costruttivi mirati a ridurre gli impatti sui sensori di bordo e la probabilità di scoperta e riconoscimento del mezzo; l'apparato propulsivo è specificamente rivolto ad assicurare una velocità di punta particolarmente elevata con requisiti di autonomia altrettanto stringenti; il mezzo è altresì dotato della capacità di manovrare con elevata precisione, tempestività ed affidabilità anche in condizioni meteo avverse e in acque ristrette; è stata ricercata la massima automazione dei sistemi di controllo e gestione della piattaforma, al fine di ridurre al minimo il personale necessario alla condotta dell'Unità nei vari gradi di approntamento; l'Unità dovrà, inoltre, essere dotata di un sistema wireless di comunicazioni (voce, dati e video) interne ed esterne, limitatamente ad un'area circoscritta, in grado di supportare prioritariamente le attività di difesa passiva (Damage Control), ma anche attività quali: autodifesa, navigazione di precisione, ricerca ordigni esplosivi, etc.; le sistemazioni logistiche dovranno assicurare l'abitabilità dell'equipaggio fisso, necessario per assicurare l'esercizio, la mobilità e la navigazione in sicurezza dell'Unità e di quello trasportato necessario ad assicurare lo svolgimento delle diverse missioni»;
   secondo quanto riportato da varie fonti di stampa, nel dossier anonimo sull'Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, inviato ad aprile alla procura di Potenza, alla procura di Roma, alla magistratura militare ma anche al Governo e al Ministro della difesa, in merito alle Unpav si legge che «il contratto risulta essere stato affidato da De Giorgi alla società Aeronautical service senza nessuna gara, con una spesa di 30 milioni di euro, tutti gli atti sull'acquisto del superscafo risultano secretati e non sono mai state diffuse informazioni sul disegno del mezzo ma sono in molti a dubitare delle competenze dell'Aeronautical Service, un'azienda che non risulta avere realizzato progetti del genere»;
   nella «nota di precisazione relativa alle informazioni riportate dagli organi di stampa, in merito ad un presunto dossier anonimo riferito al Capo di Stato Maggiore della Marina» pubblicato il 12 aprile 2016 sul sito internet della Marina Militare, si afferma che «per quanto riguarda la lettera relativa ai battelli sottili, si trattava di avviare un processo di studio/sperimentazione sull'applicazione delle nanotecnologie per le Unità Navali; a seguito della immaturità della tecnologia, rilevata dai laboratori della Marina Militare, nessuna convenzione né appalto è stato sottoscritto con la Società AS AERONAUTICAL»;
   il 1o febbraio 2016 la società Intermarine ha emesso un comunicato stampa nel quale l'azienda conferma di aver «raggiunto con la Marina Militare Italiana un accordo di fornitura per due Unità Navali Polivalenti ad Altissima Velocità del valore complessivo di 40 milioni di euro; tale accordo è in attesa di ratifica da parte delle competenti Autorità italiane e si prevede l'avvio delle attività entro il mese di marzo 2016» –:
    quale sia lo stato attuale del programma relativo all'acquisizione di 2 Unità navali polifunzionali ad altissima velocità e, nello specifico, se siano stati firmati contratti per lo sviluppo e la produzione e a quali aziende siano stati eventualmente assegnati. (5-08708)


   MOSCATT e ZAPPULLA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   da più di un decennio le organizzazioni sindacali unitarie Rsu e territoriali di Marinarsela Augusta, le istituzioni politiche, gli enti locali, le forze economiche e sociali della provincia hanno promosso la «vertenza Arsenale»;
   la vertenza pone la necessità di porre seriamente attenzione alla politica del personale e delle risorse umane con lo sblocco del turn-over e l'aggiornamento professionale, con particolare interesse verso quelle qualifiche per le quali l'invecchiamento anagrafico del personale ha posto maggiori necessità di adeguamento;
   dal 2008 si è dato corso «al piano Brin» con l'obiettivo di ristrutturare ed adeguare alle norme sulla sicurezza le vecchie strutture degli arsenali della Marina militare; in virtù di tale piano sono stati realizzati importanti investimenti pari a circa 50 milioni di euro per il completamento e ammodernamento di molte strutture lavorative;
   la pianta organica, dopo tutte le riduzioni previste dalle legge, prevede 334 unità a dispetto delle 250 reali in attività;
   in ragione del processo di fuoriuscita dal lavoro per pensionamento di diversi lavoratori è emerso con straordinaria pesantezza la carenza di figure tecniche;
   con un processo di lento ma costante depauperamento delle strutture e del personale di Augusta molte lavorazioni risulterebbero essere sono state a giudizio degli interroganti, inopinatamente spostate su altre strutture e particolarmente, a quanto pare, su Messina;
   tale processo sta producendo un intollerabile declino di uno stabilimento che ha espresso ricchezza professionale e tecnica fornendo un servizio prezioso e strategico allo Stato e alla Marina militare;
   si sta rischiando di mortificare la professionalità e la dignità del lavoro delle maestranze impegnate producendo ricadute negative anche sull'indotto e sull'economia del territorio e di Augusta in particolare;
   la scelta di ridurre le attività lavorative di Marinarsela di Augusta si muove in singolare contraddizione con la decisione assunta dal Consiglio dei ministri di individuare ad Augusta la sede della nuova autorità portuale di distretto della Sicilia orientale –:
   se e quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per rilanciare l'attività dell'Arsenale di Augusta per quanto riguarda i carichi di lavoro, l'adeguamento degli organici con particolare attenzione alle competenze tecniche e all'indispensabile aggiornamento professionale al fine di scongiurare l'inevitabile declino dell'Arsenale nonostante i cospicui investimenti pubblici impegnati in questo settore. (5-08709)


   CAPARINI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il luogotenente dei carabinieri Giovanni Morgese, fino a pochi giorni fa comandante del nucleo comando della compagnia carabinieri di Ravenna, ha accettato di far parte della squadra dei tecnici che collabora con il candidato sindaco di Ravenna, Michela Guerra, alla stesura del suo programma;
   Giovanni Morgese ha conseguentemente assunto un incarico di natura politica, ancorché all'interno di una lista civica, che però concorre alle elezioni amministrative nel comune di Ravenna, senza che, per quanto consta all'interrogante, risulti aver chiesto alcuna particolare autorizzazione alle autorità superiori;
   il luogotenente Morgese non si è peraltro candidato, circostanza che gli avrebbe imposto di chiedere una licenza straordinaria, paradossalmente però rendendo più trasparente la sua posizione;
   il luogotenente Morgese afferma di aver potuto assumere l'incarico senza esperire alcuna particolare procedura autorizzativa in quanto Michela Guerra guida una lista civica, denominata Movimento Civico Cambierà, che non ha rapporti con alcun partito politico nazionale;
   è tuttavia dubbio, a giudizio degli interroganti, che le limitazioni cui soggiacciono i militari in divisa si applichino soltanto al caso dell'attività politica condotta all'interno di una formazione partitica nazionale;
   l'articolo 1483 del codice dell'ordinamento militare, in effetti, stabilisce chiaramente che «le Forze armate devono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche»;
   risulterebbe, inoltre, dal combinato disposto degli articoli 1350 e 1483 del citato codice dell'ordinamento militare che i membri delle Forze armate, singolarmente presi, possono svolgere liberamente attività politica o propaganda a favore di qualsiasi partito (non necessariamente nazionale) oppure iscriversi ad uno di essi, soltanto a queste tassative condizioni: che non svolgano attività di servizio; che non siano in luoghi militari o comunque destinati al servizio; che non indossino l'uniforme e non si qualifichino, in relazione ai compiti di servizio, come militari o non si rivolgano ad altri militari in divisa o che si qualificano come tali;
   con queste norme si è intesa prevenire la politicizzazione delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri e tutelarne l'indipendenza, beni fondamentali in uno Stato di diritto, oltre a garantire ai cittadini candidati la non ingerenza delle forze dell'ordine nelle competizioni elettorali;
   vantando le proprie esperienze professionali, il luogotenente Morgese ha già espresso pubblicamente sulla stampa posizioni sulla situazione dell'ordine pubblico a Ravenna e le misure che occorrerebbe adottare per migliorarla, facendo a tutti gli effetti politica, mentre veste ancora la divisa;
   in seguito alla grande pubblicità data al caso ed alla richiesta specifica della Lega Nord ravennate, il luogotenente Giovanni Morgese è stato rapidamente trasferito ad altro incarico apparentemente di natura operativa, presso il comando provinciale di Forlì dell'Arma dei carabinieri;
   è stato messo in rilievo, da parte della candidata della lista civica alla quale Morgese ha aderito, che il trasferimento è avvenuto ad un incarico di prestigio, circostanza che non permetterebbe di qualificare il provvedimento come una forma di sanzione disciplinare –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito alle azioni intraprese nei confronti del luogotenente Morgese, e alle relative tempistiche, dal comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri e se il suo trasferimento a Forlì debba essere considerato effettivamente un «premio» ovvero uno spostamento teso ad evitare interferenze tra le attività territoriali dell'Arma a Ravenna e gli impegni politici del Morgese. (5-08710)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro della difesa, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante già ha presentato una serie di atti di sindacato ispettivo volti a sollecitare il ricorso alle graduatorie degli idonei, in attuazione del decreto-legge n. 101 del 2013, cosiddetto «decreto D'Alia», prima di bandire nuovi concorsi pubblici. Tuttavia, il predetto provvedimento è stato disatteso e sono ancora migliaia i possessori di specifiche competenze accertate con una selezione pubblica, che non hanno avuto una collocazione;
   tra gli altri, è particolarmente emblematico il caso del concorso per l'arruolamento di 1552 Carabinieri effettivi dell'anno 2010, del quale non è stata esaurita la graduatoria degli idonei, i quali hanno poi presentato ricorso al giudice amministrativo ritenendo di aver subito un'ingiustizia per il mancato scorrimento della graduatoria;
   queste persone sono state escluse anche quando, a fronte dell'emergenza determinata dal Giubileo straordinario indetto da Papa Francesco, il Governo ha fatto ricorso allo scorrimento delle graduatorie nei ruoli iniziali della polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza. Ebbene, mentre per le altre categorie si è fatto ricorso anche a graduatorie dell'anno 2010, l'Arma dei Carabinieri ha utilizzato solo le graduatorie a partire dall'anno 2011 in poi e, pertanto, sono stati esclusi, per soli tre mesi, gli idonei del concorso per l'arruolamento di 1552 Carabinieri effettivi poiché la loro graduatoria era stata pubblicata a settembre 2010;
   appare evidente che tale esclusione, determinata in base a criteri non sorretti da valide motivazioni, sia suscettibile di una valutazione amministrativa di disparità di trattamento tra i concorrenti per l'ammissione alle Forze di Polizia, nonostante i parametri fisici, morali e attitudinali siamo praticamente identici;
   si ritiene, dunque, che sia stato negato il diritto a queste persone di poter accedere all'Arma dei Carabinieri sebbene la loro graduatoria, pubblicata nell'anno 2010, era in vigore per tutto l'anno 2011; tra l'altro, il trascorrere del tempo sta pregiudicando definitivamente la loro possibilità di entrare a far parte dell'Arma e di partecipare a nuovi concorsi poiché molti di questi idonei stanno per superare il limite di età richiesto, che è di anni 30;
   sono un numero esiguo, ossia circa ottanta, gli idonei rimasti in graduatoria nel concorso in questione e che, a parere dell'interrogante, hanno il diritto ad essere collocati, anche al fine di non attuare disparità di trattamento;
   appare all'interrogante irragionevole ed in contrasto con la normativa in materia la scelta del Governo di bandire nuovi concorsi pubblici anche per l'Arma dei Carabinieri, in luogo dell'utilizzo di graduatorie di precedenti selezioni pubbliche. Per di più, l'emergenza sicurezza che viviamo nell'attuale momento storico rende necessario avvalersi, in tempi brevi, di nuove e già selezionate risorse –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati per quanto di loro competenza, su quanto esposto in premessa;
   se e quali iniziative si intendano adottare per procedere, urgentemente, allo scorrimento della graduatoria degli idonei di concorso per il reclutamento di Carabinieri effettivi, pubblicata nell'anno 2010, al fine di collocare queste persone in attuazione della legge D'Alia e per escludere la disparità di trattamento a cui sono state sottoposte, considerando il recente accesso alle Forze di Polizia di idonei di concorso appartenenti a graduatorie dell'anno 2010 che prevedevano i medesimi parametri fisici, morali e attitudinali. (5-08726)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   MORETTO e PELILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la risoluzione n. 11/E del 17 gennaio 2014, l'Agenzia delle entrate, in risposta ad un interpello, ha fornito chiarimenti in merito all'aliquota Iva applicabile all'acqua di sorgente in bottiglia destinata al consumo umano;
   in particolare, l'amministrazione finanziaria, pur riconfermando in via preliminare la sostanziale differenza delle acque minerali naturali dalle acque di sorgente, ne ha stabilito la completa equiparabilità economica, ai fini dell'applicazione dell'aliquota Iva, ordinaria anche alle acque di sorgente destinate al consumo umano, precisando che l'aliquota agevolata è applicabile alla sola acqua potabile e non potabile erogata ai titolari di contratti di fornitura sottoscritti con i comuni, mediante l'allacciamento alla rete idrica comunale;
   il medesimo interpello richiama in ultimo lo statuto del contribuente, con riferimento all'articolo 10 che tutela la buona fede del contribuente in presenza di norme di dubbia interpretazione, riconoscendo al caso l'esimente di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 recante le cause di non punibilità per l'autore della violazione quando essa è determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull'ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferiscono e richiamando la non irrogabilità di sanzioni in caso di errata applicazione dell'aliquota per il tempo pregresso;
   la portata innovativa della risoluzione prodotta dall'Agenzia delle entrate ribalta integralmente, sino al momento della sua pubblicazione, la possibile e unanime interpretazione delle disposizioni di legge e la conseguente prassi commerciale di un intero settore, consolidatasi negli anni;
   l'intera categoria di soggetti passivi Iva che distribuiscono l'acqua di sorgente, comunemente confezionata in recipienti da 18/20 litri di capacità, i cosiddetti «boccioni», risulterebbe essersi tempestivamente uniformata a quanto previsto dall'amministrazione finanziaria a seguito del richiamato chiarimento;
   a distanza di qualche anno dall'emanazione della soluzione, si ha notizia di verifiche effettuate dagli organi di controllo nel corso delle quali, pur osservando la non applicabilità delle sanzioni, in ossequio alle conclusioni della risoluzione, si è proceduto alla contestazione di erronea emissione di fatture con applicazione di imposta ad aliquota agevolata e di relativa prestazione di dichiarazione annuale Iva infedele, con la conseguente richiesta di recupero della maggiore Iva (differenza tra il 10 ed il 22 per cento) per gli anni non prescritti precedenti all'adozione della risoluzione in discorso;
   l'asserita incertezza interpretativa della fattispecie, nei periodi che hanno preceduto il chiarimento amministrativo, dovrebbe, in considerazione del principio della tutela dell'affidamento e della buona fede, escludere ogni efficacia retroattiva;
   la sola esimente di cui al citato articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, non può fornire tutela adeguata a salvaguardare il contribuente verificato dal danno economico/finanziario e di immagine commerciale che un'applicazione retroattiva della norma può produrre;
   la possibilità, poi, di ricorrere all'articolo 60, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, che prevede per i contribuenti il diritto di rivalsa sulla maggiore Iva relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni si rivela pressoché vana, amministrativamente complicata ed onerosa, nonché commercialmente dannosa, considerata l'estrema numerosità della clientela, nonché la vetustà delle operazioni poste in essere;
   l'Iva oggetto di contestazione da parte degli organi di controllo finirebbe per gravare ingiustificatamente sul soggetto accertato, che ne rimarrebbe definitivamente inciso, con la conseguenza che il tributo perderebbe la propria natura neutrale per i soggetti passivi e si trasformerebbe in una sanzione impropria –:
   se intenda chiarire la portata della citata normativa al fine di escludere il recupero della maggiore Iva per gli anni, non prescritti precedenti all'adozione della risoluzione in discorso evitando in tal modo che il tributo Iva perda la propria natura neutrale data l'impossibilità dell'applicazione del meccanismo della rivalsa e della detrazione. (5-08715)


   PISANO, PESCO, ALBERTI e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 22, comma 1, lettera c), del testo unico sulle imposte dei redditi prevede che, dall'imposta lorda, si scomputano «le ritenute alla fonte a titolo di acconto operate, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, sui redditi che concorrono a formare il reddito complessivo e su quelli tassati separatamente; le ritenute operate dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi si scomputano dall'imposta relativa al periodo d'imposta in cui sono operate»;
   l'articolo 79 del testo unico delle imposte sui redditi, rubricato «scomputo delle ritenute», rinvia al citato articolo 22 quanto alla disciplina dello scomputo delle ritenute, a titolo d'acconto ai fini Ires;
   pertanto, nell'ipotesi in cui la ritenuta venga operata nell'anno successivo a quello di competenza del relativo ricavo o compenso, ma prima del termine di presentazione della relativa dichiarazione dei redditi, la predetta norma prevede che essa debba essere scomputata in tale dichiarazione;
   quantunque lo spirito della disposizione sia quello di consentire al contribuente la detrazione della ritenuta nello stesso periodo in cui è maturato il correlativo ricavo, in ossequio al principio di competenza che governa generalmente la tassazione del reddito di impresa, va rilevato, tuttavia, che tale sistema comporta notevoli complicazioni contabili per il soggetto sostituito, che dovrà, in ciascun esercizio, rilevare separatamente il credito erariale per ritenute di competenza dell'esercizio stesso da quello di competenza dell'esercizio precedente e riscontrare tale computo con quanto riportato nelle certificazioni uniche rilasciate dai propri sostituti di imposta, per poi iscrivere le ritenute afferenti ai due distinti periodi di imposta nelle corrispondenti dichiarazioni ai fini dell'Ires;
   tuttavia, va rilevato che il modello di certificazione unica non fornisce alcuna informazione sull'anno di competenza delle fatture pagate dal sostituto, limitandosi ad indicare semplicemente quello in cui la ritenuta è stata operata;
   ne, inoltre, tale informazione è deducibile in alcun modo dal modello 770, che, peraltro, a decorrere dal modello 2016 – relativo al periodo di imposta 2015 – si comporrà esclusivamente dei prospetti relativi ai versamenti delle ritenute, del riepilogo dei crediti e delle compensazioni e del prospetto inerente le somme liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi;
   ne consegue che l'Agenzia delle Entrate non è in possesso di informazioni sufficienti a desumere, in coerenza con il dettato dell'articolo 22 del TUIR, i dati del contenuto delle dichiarazioni presentate dai sostituti d'imposta; essa tuttavia esegue segnalazioni automatiche ai propri uffici provinciali, rilevando le incoerenze tra quanto risulta (per cassa) dalle dichiarazioni pervenute da parte dei sostituti e quanto dichiarato (per competenza) dai sostituiti: pertanto, l'Agenzia delle entrate non potrà che assoggettare ripetutamente le imprese sostituite al controllo formale ex articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, imponendo a quest'ultime l'onere dell'esibizione della documentazione cartacea a comprova della corretta detrazione delle trattenute, secondo il periodo di competenza dei correlativi ricavi;
   tale operazione, per i soggetti che emettono un numero molto elevato di fatture, ricevendo, di conseguenza, una mole altrettanto alta di corrispondenti incassi, può risultare oltremodo gravosa e costosa; essa risulta ulteriormente complicata dal fatto che ai sostituti di imposta è concesso di pagare i corrispettivi verso le imprese fornitrici anche in contanti, con il limite di pagamento che è stato per giunta elevato, dal 1o gennaio 2016, fino a 2.999,99 euro; pur tuttavia l'impresa fornitrice è tenuta ad accettarli se chiesto dal cliente essendo pienamente legittima nei limiti del suindicato plafond: come è noto, gli uffici finanziari, per prassi, non riconoscono a siffatta modalità di pagamento sufficiente qualità probatoria, a causa del difetto di tracciabilità, rinviando sistematicamente alle commissioni tributarie l'onere di certificare la veridicità di quanto dichiarato dai sostituiti;
   né va dimenticato che il carattere precettivo della disposizione – che impone al contribuente di operare la detrazione secondo il principio di competenza, fintanto che non sono spirati i termini per la dichiarazione del relativo periodo d'imposta – comporta la perdita del diritto alla detrazione in caso di omessa indicazione, a meno di non procedere ad una successiva dichiarazione integrativa, con conseguente aggravio di oneri;
   non sorprende, pertanto, che, il sistema di detrazione delle ritenute delineato dal citato articolo 22, comma 1, lettera c), del testo unico sulle imposte dei redditi sia all'origine di un considerevole contraddittorio tra Agenzia delle entrate e contribuenti, che sfocia sovente in lunghi e costosi contenziosi presso i diversi gradi della giurisprudenza tributaria; va rilevata anche l'infondatezza delle segnalazioni automatiche che l'Agenzia delle entrate invia ai sostituiti, costringendoli ad adoperarsi, con cadenza annuale, alla ricostruzione di tutte le transazioni di incasso, ad associarle alle relative fatture cui si riferiscono, a reperire tutti i certificati di ritenuta ottenuti ed a produrre tutta questa documentazione in forma cartacea; senza considerare l'onere aggiunto ai funzionari dell'Agenzia delle entrate e le migliaia di ore di lavoro necessarie per il controllo analitico di tutta la documentazione, siamo di fronte ad una vera e propria vessazione nei confronti delle imprese, con l'aggravante di essere fondata su fantasiose ricostruzioni dichiarative, condizione che pone seri dubbi sulla sostenibilità in giudizio della posizione dell'amministrazione finanziaria, con conseguenti ingenti danni anche in virtù della sempre più frequente condanna della stessa amministrazione, in caso di soccombenza, al pagamento delle spese legali;
   nella risposta all'interrogazione 5/05950 del 1o luglio 2015, il Governo, sentita l'Agenzia delle entrate, ha fornito i dati da cui si evince che sono state segnalate per il controllo formale ben 58.885 posizioni (relativamente alla sola annualità 2011) individuate per la presenza di ritenute non derivanti da lavoro dipendente e non riscontrate con i modelli 770; sempre nella stessa risposta si evince che dopo il controllo documentale effettuato dagli Uffici, n. 20.152 dichiarazioni sarebbero state variate, producendo esiti a favore dell'erario pari ad euro 48.469.417 è lecito dedurre, quindi che le restanti 38.733 sono in corso di definizione presso le competenti sezioni delle commissioni tributarie; si evince, pertanto, un fenomeno di massa sul quale il Governo non pone la giusta attenzione stimando, in soli 30 euro l'ora il costo orario per l'amministrazione finanziaria dei propri funzionari messi a spulciare le centinaia di migliaia di documenti e supposto che per ogni singola posizione siano necessarie mediamente 50 ore di lavoro si ottiene che una approssimativa stima del costo di questi accertamenti è di circa 88 milioni di euro, ben oltre le somme recuperate; se sommassimo a questi costi anche quelli necessari per sostenere la posizione dell'amministrazione finanziaria presso le commissioni tributarie ed il costo di eventuali giudizi sfavorevoli, siamo di fronte ad un vero e proprio danno erariale;
   ancora, con interrogazione a risposta immediata in commissione 5-07528 del 27 gennaio 2016, è stato richiesto al Ministro delle finanze di valutare una possibile soluzione al problema rappresentato, rendendo facoltativa per il contribuente la scelta se detrarre le ritenute di competenza dell'esercizio precedente operate in quello successivo nella prima dichiarazione utile (secondo il principio di competenza), ovvero in quella relativa all'esercizio successivo (secondo il principio di cassa), tenuto conto che siffatto rimedio non comporterebbe onere alcuno alle casse erariali, risolvendosi esclusivamente in una semplificazione per i contribuenti e per l'amministrazione finanziaria;
   a tale domanda è stata fornita risposta negativa in data 28 gennaio 2016, sul presupposto, qui testualmente riportato, che: «Il meccanismo dichiarativo sin qui descritto trova, peraltro, il suo primario fondamento negli articoli 7 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 secondo cui l'imposta è dovuta per periodi d'imposta a ciascuno dei quali corrisponde un'obbligazione tributaria autonoma, verrebbe, quindi, svilito ove si ponesse, in capo al contribuente, la facoltà di decidere in quale dichiarazione dei redditi scomputare le ritenute d'acconto»;
   va certamente osservato che tale risposta è per gli interroganti insoddisfacente poiché lo stesso legislatore ha già previsto deroga al principio sancito dagli articoli 7 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, prevedendo per il sostituito di dover imputare nelle dichiarazioni riferite agli anni d'imposta successivi a quello di competenza tutte le ritenute di acconto subite in data successiva alla dichiarazione, anche se relative ad incassi su fatture degli anni precedenti. Non si capisce pertanto il senso ed il presupposto della contrarietà manifestata: la legge può essere certamente modificata;
   la legge n. 23 del 2014 (delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), aveva sollecitato l'individuazione, tra le altre cose, di soluzioni alle esigenze di semplificazione, certezza del sistema tributario e tutela dei diritti dei contribuenti rese oramai ineludibili alla luce del perdurante ciclo economico negativo cui sono sottoposti cittadini ed imprese;
   con decisione n. 1482/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 1 dicembre 2007 l'Unione europea ha istituito un programma comunitario inteso a migliorare il funzionamento dei sistemi di imposizione nel mercato interno (Fiscalis 2013), con l'obiettivo, tra gli altri, di «ridurre in modo permanente gli oneri di conformità per le amministrazioni fiscali e i contribuenti», a comprova della diffusa sensibilità esistente in ambito comunitario verso il problema della semplificazione fiscale e della riduzione dei costi e dei disagi che le legislazioni nazionali, confuse e pletoriche, causano alle proprie imprese e ai cittadini –:
   se non ritenga opportuno rivalutare la propria posizione in merito alla possibilità di consentire l'imputazione delle ritenute subite con il principio di cassa ovvero assumere iniziative per modificare gli obblighi dichiarativi, affinché l'amministrazione) finanziaria possa ricevere in modo automatico, attraverso le dichiarazioni trasmesse dai sostituti di imposta, le informazioni necessarie per la verifica del corretto scomputo delle ritenute ex articolo 22, comma 1, lettera c), del testo unico sulle imposte dei redditi, al fine di limitare al massimo gli oneri e i disagi conseguenti al controllo formale ex articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in un'ottica che privilegi la semplificazione degli adempimenti fiscali, la riduzione dei relativi costi di conformità e la certezza del diritto. (5-08716)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in base all'articolo 1, comma 654, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), attraverso la Tari deve essere, in ogni caso, assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di smaltimento dei rifiuti, un vincolo che contempla due sole eccezioni: quella dei costi relativi ai rifiuti speciali, che restano a carico di chi li produce, e quella delle eventuali ulteriori riduzioni tariffarie, per le quali il successivo comma 660 precisa che la copertura debba essere assicurata attraverso il ricorso alla fiscalità generale dell'ente locale: pertanto, salvo queste due ultime fattispecie, il gettito della tariffa deve coprire integralmente il costo del servizio, compresa, così come previsto già dal decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 1999, la spesa per i crediti insoluti;
   il successivo comma 656 del medesimo articolo 1 della legge di stabilità 2014 stabilisce che il tributo è invece dovuto nella misura massima del 20 per cento della tariffa, in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti, ovvero di effettuazione dello stesso in grave violazione della disciplina di riferimento, nonché di interruzione del servizio per motivi sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano determinato una situazione riconosciuta dall'autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all'ambiente; si tratta di riduzioni obbligatorie che operano ope legis in presenza di carenze del servizio rispetto all'assetto organizzativo che è stato prefigurato;
   quasi tutti i capitolati d'oneri dei disciplinari di servizio sottoscritti tra le amministrazioni comunali e le società affidatarie del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani prevedono che eventuali ritardi o inadempimenti da parte del gestore del servizio comportano l'applicazione di una penale;
   secondo la normativa attualmente vigente, qualora il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all'ambiente secondo le norme e prescrizioni sanitarie nazionali, all'utente rimane la possibilità di provvedere a proprie spese, dopo aver adito le vie legali, per vedersi riconosciuto il diritto allo sgravio o alla restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione;
   se non ritenga utile assumere iniziative normative volte a consentire ai comuni di deliberare, a fronte di carenze, inadempienze o interruzioni di servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, anche a titolo di risarcimento per i cittadini, riduzioni delle tariffe Tari, il cui minor gettito venga compensato dalle penali comminate alle società affidatarie dell'appalto.
(5-08717)

Interrogazione a risposta scritta:


   BECHIS, BALDASSARRE, ARTINI, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   fonti di stampa riportano l'intenzione di modificare gli importi erogati attraverso la misura detta « bonus bebé», con l'obiettivo dichiarato di evitare il dissesto demografico;
   ad avviso dell'interrogante è però dubbia l'appropriatezza dello strumento utilizzato per il raggiungimento dello scopo poiché il bonus bebé appare più adatto a contenere l'alto rischio di povertà minorile che a influire in modo significativo sui bassissimi tassi di natalità registrati negli ultimi decenni;
   le coppie italiane hanno in media un figlio e un terzo, mentre in altri Paesi come la Francia o gli Stati Uniti d'America è pari a e due. Ciò non dipende da un minore desiderio di genitorialità, bensì dal fatto che non si è riusciti a porre le coppie, soprattutto quelle più giovani, nelle condizioni di realizzare in pieno i propri obiettivi riproduttivi;
   uno dei motivi principali di questo fatto risiede nella condizione di difficoltà e di adattamento alla crisi economica che blocca non solo le ambizioni lavorative, ma ancor più i progetti di vita futuri dei giovani-adulti;
   dalla pubblicazione dei dati relativi ad una indagine sull'argomento intitolata «Rapporto giovani» si evince che è molto aumentata la preoccupazione delle coppie di non poter disporre di un reddito adeguato alle aumentate necessità collegate alla nascita di un figlio, tanto da far mettere in secondo piano gli obiettivi di autorealizzazione;
   la situazione di incertezza porta a posticipare le tappe di entrata nella vita adulta. Ci sono poi le numerose difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia. L'incertezza comporta il rinvio della maternità, tanto da impedire la procreazione dei figli desiderati. Secondo i dati Istat, le donne rimaste del tutto senza figli sono salite dall'11 per cento nella generazione del 1950, che ha concluso la sua storia riproduttiva alla fine del secolo scorso, al 21 per cento della generazione del 1970;
   per come è giuridicamente definito, il bonus bebé rappresenta più una misura di sostegno al reddito per coppie la cui situazione economica è disagiata. Si tratta in sostanza di un trasferimento monetario, non condizionato, alle famiglie a basso reddito. Il finanziamento è vincolato alla sola prova di mezzi e la misura si estende solamente ai figli fino ai tre anni di età. Di fatto, la descrizione corrisponde a una misura politica di contrasto alla povertà tra le famiglie con figli sotto i quattro anni, cui tuttavia mancano, ad avviso degli interroganti, misure di inclusione attiva e forme di controllo sul modo in cui gli importi trasferiti vengano utilizzati;
   il bonus bebé, ad avviso degli interroganti, non offre alle nuove generazioni le sicurezze di cui hanno bisogno prima di avventurarsi sulla difficile strada della genitorialità. C’è una lunga serie di misure che lo stato potrebbe implementare e che sarebbero più appropriate ed efficaci per favorire la scelta di avere un figlio;
   a favorire misure volte all'accesso alla casa;
   a favorire misure volte a sostenere forme di lavoro stabile, soprattutto per giovani e donne;
   a predisporre adeguate iniziative volte a migliorare la possibilità di rimanere nel mercato del lavoro per le coppie con figli mediante la fornitura di servizi di accudimento a costi accessibili fino ai tre anni, e ad attività rivolte ai figli, fino almeno ai 14 anni, negli orari e periodi dell'anno in cui le scuole sono chiuse;
   ad adottare iniziative normative che possano incentivare i padri a svolgere appieno la funzione genitoriale poiché molte ricerche mostrano che si fanno più figli quando i padri sono più partecipi alla vita familiare;
   a dare maggiore stabilità alle politiche dei trasferimenti economici poiché le misure, con finanziamenti insufficienti e limitati nel tempo, non riescono a garantire il perseguimento dell'obiettivo.
(4-13236)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   DADONE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 maggio 2016 l'interrogante, ai sensi dell'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354) si è recata in visita alla Casa di reclusione di Fossano;
   dall'incontro con il direttore – dottoressa Piscioneri Giuseppina – sono emerse diverse problematiche che riguardano l'istituto penitenziario in questione;
   in primo luogo si sottolinea come vi sia una grave carenza di personale dato che la pianta organica prevede 82 unità mentre attualmente ne sono impiegate all'incirca 60. Questa situazione comporta che gli agenti e gli ufficiali debbano fare molte ore di straordinario e che i turni di lavoro siano più ravvicinati;
   all'interno dell'istituto, inoltre, non è presente un sistema di videosorveglianza dinamico che consentirebbe un minor utilizzo di personale ed una maggiore efficacia dei controlli. Si osserva, comunque, che la direzione della casa circondariale, due settimana fa, ha provveduto ad inoltrare richiesta di installazione di tale sistema agli organi competenti;
   all'interno della Casa di reclusione si svolgono alcune attività perfettamente compatibili con il principio della funzione rieducativa della pena (articolo 27 della Costituzione). Tali attività, a causa degli scarsi fondi pubblici messi a disposizione e degli elevati costi che gli imprenditori privati devono sostenere, occupano solamente 23 detenuti, mentre 15 sono ammessi al lavoro esterno –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della grave carenza di organico della Casa di reclusione di Fossano e come intenda sanare detta carenza;
   se non intenda provvedere al dislocamento di agenti, ispettori e sovraintendenti di polizia penitenziaria presso lo stesso istituto. (4-13230)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MASSA e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 121 del 2001 il Cipe ha previsto, tra i «Sistemi stradali e autostradali», del «Corridoio Plurimodale Adriatico» l'adeguamento della strada provinciale 275 da Maglie a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce;
   l'opera è stata inclusa nella Intesa Generale Quadro tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la regione Puglia, sottoscritta il 10 ottobre del 2003;
   il 21 novembre 2003 è stata sottoscritta, ai fini della realizzazione dell'opera, una convenzione nella quale si precisava che l'opera sarebbe stata integralmente finanziata dalla regione Puglia, cosa che è puntualmente avvenuta;
   il Cipe, con delibera n. 65 del 2007, ha approvato il piano degli investimenti allegato al contratto di programma 2007 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Anas, nel quale l'opera è stata inserita con una disponibilità di 152 milioni di euro;
   con delibera n. 76 del 2009 il Cipe, ha approvato il progetto definitivo dell'opera;
   in seguito ad un contenzioso giudiziario insorto tra regione Puglia ed Anas sul tracciato approvato, in data 3 marzo 2011 è stata sottoscritta un'intesa fra regione Puglia, Anas e provincia di Lecce nella quale è stato individuato il nuovo tracciato condiviso;
   il nuovo tracciato è stato approvato e Anas ha espletato la relativa procedura di appalto;
   l'appalto dei lavori è stato definitivamente aggiudicato con provvedimento in data 19 aprile 2012;
   in esito all'aggiudicazione dell'appalto è insorto un complesso ed articolato contenzioso giudiziario che si è protratto per lungo tempo;
   il contenzioso è stato definito, di recente, con sentenza del Consiglio di Stato n. 1798 del 2016, che rimette ad Anas la potestà di adottare il nuovo provvedimento di aggiudicazione, puntualmente definendo i criteri ed i parametri che, a tal fine, devono essere considerati;
   i tempi di realizzazione dell'opera si sono già protratti ogni ragionevole limite: ora, dopo la sentenza del Consiglio di Stato, esistono tutte le condizioni perché Anas provveda, in tempi rapidissimi, alla nuova aggiudicazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere affinché venga tempestivamente adottato il provvedimento di aggiudicazione per l'adeguamento della strada provinciale 275 da Maglie a Santa Maria di Leuca, in provincia di Lecce, evitando in tal modo che si determini, con ciò assumendo le relative responsabilità, la perdita del finanziamento. (5-08718)


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince da fonti di stampa, lungo la strada statale 100 Bari-Taranto, ed in particolare all'altezza dello svincolo per il comune di Cellamare (Bari), sussiste da tempo un problema di sicurezza per gli automobilisti determinato dalla presenza costante di rifiuti di generi diversi sulla carreggiata;
   in particolare, l'accumulo di rifiuti nel corso del tempo configura ormai una vera e propria discarica abusiva a cielo aperto utilizzata da ignoti;
   lo stato in cui versa il tratto di strada determina un evidente pericolo per gli automobilisti poiché i rifiuti vengono abbandonati in più punti a partire dallo svincolo e soprattutto nel tratto di strada che passa al di sotto di un ponte;
   ad aumentare la pericolosità dell'intero tratto stradale c’è da evidenziare la totale mancanza di illuminazione che di notte rischia di essere determinante per eventuali incidenti;
   a seguito di lavori di ammodernamento dell'infrastruttura, apparirebbe peraltro incerto l'ente competente alla manutenzione, all'installazione di adeguata illuminazione, alla rimozione dei rifiuti e alla conseguente bonifica del tratto stradale –:
   quale sia l'ente competente alla manutenzione e in tal ambito, alla rimozione dei rifiuti di cui in premessa, nonché all'installazione di adeguata illuminazione, nel tratto stradale indicato e quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare affinché sia garantita in tempi brevi la messa in sicurezza dello svincolo e del tratto di strada interessato il cui stato rappresenta da tempo un evidente pericolo per l'incolumità degli automobilisti. (5-08719)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, VIGNAROLI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il territorio italiano presenta una situazione di pericolosità sismica medio/alta — testimoniata dal ricorrente verificarsi di terremoti, spesso anche di notevole intensità — una vulnerabilità molto elevata, non ancora conosciuta in maniera dettagliata, ed un'esposizione altissima, in considerazione della densità abitativa e della presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale di enorme pregio e valore;
   come è noto, le conseguenze di un terremoto sono strettamente correlate al concetto di vulnerabilità sismica degli edifici, cioè la predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata: in tal senso, tanto più un immobile è vulnerabile — a causa, per esempio, di un'inadeguata progettazione, una scadente qualità dei materiali e delle modalità di costruzione ed una scarsa manutenzione — tanto maggiori saranno le conseguenze legate all'azione di un fenomeno sismico;
   il tema della sicurezza del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi è, pertanto, connesso all'adeguamento antisismico degli edifici, quale fulcro di ogni strategia di prevenzione diretta a ridurre il peso delle conseguenze di un terremoto in termini di perdite di vite umane, di danni alle cose, di negativi impatti sociali, economici e finanziari;
   il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 — all'articolo 93, comma 1, lettera g) — stabilisce che sono attribuite allo Stato le funzioni relative ai criteri generali per l'individuazione delle zone sismiche e alle norme tecniche per le costruzioni nelle medesime zone, prevedendo, altresì — all'articolo 94, comma 2, lettera a) — che siano conferite alle regioni e agli enti locali le funzioni inerenti all'individuazione delle zone sismiche, la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle medesime zone;
   il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 — all'articolo 52 ed agli articoli 83 e seguenti di cui al Capo IV — individua e definisce il quadro normativo inerente alla realizzazione delle costruzioni in zone sismiche — dettando una disciplina di dettaglio per ciò che concerne il contenuto delle norme tecniche ed il loro ambito di applicazione e prevedendo, altresì, specifiche disposizioni in ordine all'attività di vigilanza sui lavori ed al relativo regime sanzionatorio per la repressione delle violazioni;
   l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, recante «Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per le costruzioni in zona sismica», dispone, all'articolo 1, che nelle more dell'espletamento degli adempimenti di cui all'articolo 93 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e, ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali di cui all'articolo 94 del medesimo decreto legislativo, sono approvati i «Criteri per l'individuazione delle zone sismiche — individuazione, formazione e aggiornamento degli elenchi nelle medesime zone» di cui all'allegato 1, nonché le connesse «Norme tecniche per il progetto, la valutazione e l'adeguamento sismico degli edifici», «Norme tecniche per progetto sismico dei ponti», «Norme tecniche per il progetto sismico delle opere di fondazione e sostegno dei terreni» di cui, rispettivamente, agli allegati 2, 3 e 4 (studio di pericolosità, poi aggiornato con l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006);
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti — tenuto conto della rilevanza del tema del progressivo adeguamento degli edifici e rilevata l'urgenza di predispone strumenti normativi e fiscali idonei ad incentivare l'iniziativa dei privati nella realizzazione degli interventi di riduzione del rischio sismico — ha provveduto ad istituire, con l'articolo 1 del decreto prot. n. 378 del 17 ottobre 2013, un gruppo di studio per la proposizione di una o più ipotesi normative per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni, finalizzata all'incentivazione fiscale di interventi per la riduzione dello stesso rischio, anche individuando le modalità di applicazione di incentivi fiscali per interventi di riduzione del rischio sismico del patrimonio esistente, graduati sulla base della tipologia di interventi, della valutazione quantitativa del rischio effettivo e della riduzione di rischio ottenuta con l'intervento, valutate anche mediante l'adozione di una idonea metodologia di classificazione (e stabilendo, altresì, all'articolo 3 del suddetto decreto, il termine del 31 dicembre 2013 per la conclusione delle attività svolte dalla citata commissione di esperti);
   questa raggiunta e ormai matura consapevolezza è, evidentemente, alla base dell'estensione in via specifica agli interventi di adeguamento antisismico di edifici ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità del regime fiscale di favore riguardante gli interventi di ristrutturazione edilizia in genere — le cui procedure di autorizzazione sono state attivate a partire dal 4 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge 3 agosto 2013, n. 90 — ancora una volta prorogato per un ulteriore anno con l'articolo 1, comma 74, della legge 28 dicembre 2015 (legge di stabilità 2016); in tal senso, l'azione intrapresa sul piano legislativo non può sottrarsi all'obbligo di una verifica puntuale in termini di risultati effettivamente conseguiti e di efficacia delle misure adottate –:
   quali siano i risultati del lavoro che è stato effettuato dal gruppo di studio richiamato nelle premesse. (5-08720)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con nota TRNIT — DPLH. EFR/P/2016/00225374 a firma dell'Ing. Luca Maria Granieri, Trenitalia ha informato le segreterie nazionali delle principali sigle sindacali, della recente dotazione di defibrillatori (DAE) a bordo dei treni Frecciarossa, posizionati in ambiente bistrot (vettura n. 5 degli ETR 500 e vettura 3 degli ETR 1000) a partire dal giorno 9 maggio 2016;
   secondo quanto riportato nella suddetta nota, i defibrillatori saranno in dotazione esclusivamente al personale di ristorazione della Società Itinere, appositamente istruito e formato sul loro utilizzo;
   a norma del Decreto ANSF n. 4/2012 del 9 agosto 2012 – Emanazione delle «Attribuzioni in materia di sicurezza della circolazione ferroviaria», del «Regolamento per la circolazione ferroviaria» e delle «Norme per la qualificazione del personale impiegato nelle attività di sicurezza della circolazione ferroviaria», il soggetto idoneo ad assicurare l'assistenza, la sicurezza e l'incolumità a bordo treno è individuato nel Personale di Accompagnamento – Capo Treno, già formato ed in possesso, così come previsto da ANSF, di abilitazione al primo soccorso;
   come segnalato con nota Prot. 92/SG/OR.S.A. dal Segretario Generale del sindacato Or.S.A. Ferrovie, la procedura indicata da Trenitalia prevede — a cura del Capo Treno – la verifica, atto partenza treno, della presenza del defibrillatore, individua tra il personale della ristorazione un agente abilitato ad intervenire in caso di necessità, ma non dettaglia e tanto meno chiarisce le condizioni di controllo dell'efficienza dell'apparecchiatura e del possesso dei requisiti per utilizzarla;
   numerosi studi e ricerche dimostrano come l'intervento tempestivo con defibrillatore entro i primi minuti dall'arresto cardiaco, possa salvare la vita in oltre il 50 per cento dei casi;
   pur accogliendo positivamente l'iniziativa di cui in premessa, i sottoscritti interroganti rilevano come il personale della ristorazione non sia presente su tutti i treni viaggiatori, con la conseguenza che la soluzione prospettata da Trenitalia limiterebbe l'iniziativa ai soli treni del segmento Frecciarossa, tralasciando quelli appartenenti ad altri treni che percorrono o meno le medesime linee –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno adottare tutte le opportune iniziative di competenza – anche normative – volte ad implementare l'iniziativa di cui in premessa, rendendo la dotazione di defibrillatori – e la formazione del personale addetto al loro utilizzo – uniforme su tutti i treni passeggeri, ai fini di un miglioramento del livello di assistenza sanitaria nei confronti della clientela ferroviaria. (5-08723)

Interrogazione a risposta scritta:


   SPESSOTTO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO e CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con interrogazione a risposta in commissione n. 5-02745 la sottoscritta portava all'attenzione del Ministro interrogato la questione relativa ai disservizi fatti registrare nella funzionalità del nuovo sistema di biglietterie e prenotazioni di Trenitalia, denominato PICO;
   nonostante le informazioni riferite da Trenitalia, e riportate nella risposta fornita dal Sottosegretario, circa una semplificazione del processo di vendita conseguente all'adozione del sistema PICO, risulta all'interrogante che le specifiche problematiche segnalate all'interno della suddetta interrogazione rimangono ancora oggi irrisolte, in particolare per quanto riguarda i problemi legati alla lentezza e ai continui crash di sistema, soprattutto nel pagamento POS;
   in particolare, nel corso del tavolo tecnico nazionale convocato da Trenitalia il 3 maggio 2016, l'azienda, smentendo la disponibilità manifestata a gennaio, ha comunicato l'impossibilità di emettere più titoli nominativi in un'unica soluzione, ed ha ammesso le criticità legate ai continui crash del sistema, imputandone la responsabilità alla saturazione della memoria dei PC;
   si rilevano altresì le denunce sindacali circa il susseguirsi di blocchi nazionali del sistema di tutti i canali di vendita di durata più o meno breve, così come la lentezza nelle operazioni di ricerca/cambio/modifica/rimborso di uno o più titoli;
   alle ulteriori problematiche legate al malfunzionamento del sistema e sollevate dai sindacati, Trenitalia ha risposto che l'azienda sta studiando apposite migliorie per ridurre l'occupazione di memoria dei computer, per potenziare la rete Telecom e velocizzare il procedimento di stampa dei biglietti;
   se il Ministro interrogato non giudichi insufficienti le risposte fornite da Trenitalia alla luce delle criticità tuttora riscontrabili nel funzionamento del sistema PICO e quali eventuali iniziative intenda adottare per risolvere in via definitiva le problematiche di cui in premessa, con particolare riferimento alla eccessiva lentezza e ai crash di sistema. (4-13244)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   il consiglio comunale di Cosenza è stato sciolto anticipatamente in seguito alle dimissioni volontarie della maggioranza dei consiglieri comunali;
   conseguentemente alla decadenza del sindaco Mario Occhiuto l'amministrazione è stata affidata al commissario prefettizio;
   il rinnovo del consiglio comunale avviene con le elezioni amministrative del 5 giugno 2016;
   Mario Occhiuto ha riproposto la propria candidatura a sindaco;
   sulla stampa, nei giorni scorsi, è stata data notizia della possibile esistenza di una condizione di incompatibilità alla carica di sindaco nel caso di una eventuale rielezione di Mario Occhiuto;
   la possibile incompatibilità potrebbe derivare dalla sussistenza di un contenzioso tra Mario Occhiuto e il comune;
   il contenzioso sarebbe generato dal fatto che il tribunale ordinario di Cosenza avrebbe ordinato al comune di sostituirsi al debitore principale nel pagamento dei debiti personali contratti dallo stesso Mario Occhiuto;
   la decisione del tribunale di Cosenza, come nel caso del procedimento 2777/2013, sarebbe stata determinata dalla mancata evasione dei doveri del comune in quanto soggetto terzo pignorato;
   tutto sarebbe avvenuto dopo che era già stato disposto il pignoramento di 1/5 della indennità percepita da sindaco, a seguito della causa intentata contro Mario Occhiuto, dalla società Fimmi;
   tra le società che hanno intentato causa contro Mario Occhiuto risulta anche la società Porsche Financial Services;
   sarebbero numerosi gli atti di citazione presso il tribunale di Cosenza per l'accertamento dell'obbligo del terzo pignorato ex articolo n. 548 c.p.c., a causa dei debiti privati di Mario Occhiuto durante gli anni della sua permanenza nella carica di sindaco della città;
   in particolare, la stampa ha dato notizia che tra gli atti di citazione si registra quello intentato per il recupero di un debito a carico di Mario Occhiuto pari ad euro 1.777.609,09;
   nel suddetto atto di citazione sono state segnalate palesi irregolarità nella condotta dell'amministrazione comunale;
   il comune non si è costituito in giudizio e ne è stata dichiarata la contumacia;
   il comune, a quanto consta agli interpellanti, pare avrebbe omesso di accantonare le somme richieste per fronteggiare le istanze pervenute dai creditori di Mario Occhiuto –:
   quali iniziative utili ed efficaci il Ministro interrogato intenda adottare affinché:
    il commissario prefettizio di Cosenza faccia rapidamente chiarezza sul quadro che si va delineando nella relazione tra i debiti personali di Mario Occhiuto e gli oneri e gli obblighi che la legge attribuisce al comune di Cosenza;
    si pervenga ad una esatta ricognizione dei procedimenti in cui, nel corso della intera precedente consiliatura comunale, il comune di Cosenza è stato coinvolto come terzo pignorato o sostituto del debitore principale;
    si accerti la sussistenza di eventuali contenziosi potenziali o in corso tra Mario Occhiuto e il comune di Cosenza, conseguenti ai suddetti procedimenti, che potrebbero dare luogo una possibile condizione di incompatibilità nel caso in cui Mario Occhiuto dovesse essere rieletto alla carica di sindaco;
    il commissario prefettizio, in presenza di irregolarità ed eventuali danni all'erario comunale, accerti l'esistenza di eventuali responsabilità a carico dei dirigenti del comune preposti all'espletamento degli uffici inerenti i suddetti procedimenti.
(2-01378) «Magorno, Aiello, Battaglia, Barbanti, Bruno Bossio, Censore, Covello, Oliverio, Stumpo, Bruno, Galati, Falcone, Venittelli, Manfredi, Famiglietti, Sgambato, Sanga, Giovanna Sanna, Morani, Sbrollini, Cova, Lodolini, Anzaldi, Marco Di Stefano, Bazoli, Pes, Tartaglione, Rossomando, Fragomeli, Zoggia, Capozzolo, Leva, Galperti, La Marca, Valiante, Marantelli, Palma».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   NUTI, LOREFICE, BRESCIA, COLONNESE, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO, DIENI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il centro di accoglienza di Mineo non può essere più definito centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) secondo quanto previsto dalla normativa vigente;
   il centro è stato protagonista dei ben noti scandali legati a «mafia capitale» che hanno portato al suo commissariamento, ma oltre a questo non sono affatto trascurabili, anzi risultano cruciali, le questioni, più volte evidenziate da visite ed ispezioni, legate all'inadeguatezza di tale centro per garantite un'accoglienza dignitosa della persona;
   stando a quanto previsto dal Piano accoglienza 2016, e confermato nell'audizione in commissione di inchiesta sul sistema di accoglienza migranti del 10 maggio 2016 dal capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno Prefetto Morcone, il centro di Mineo diviene centro hotspot;
   gli hotspot previsti dalla Road map italiana in applicazione dell'Agenda europea delle migrazioni, in particolar modo a seguito della decisione (UE) 2015/1523, non hanno, secondo gli interroganti, alcun fondamento giuridico nell'ordinamento italiano, né trovano una chiara definizione ai sensi della normativa vigente;
   gli hotspot risulterebbero comunque essere propedeutici alle operazioni di ricollocamento che, stando ai dati forniti dal Ministero dell'interno, risultano al momento evidentemente fallimentari;
   in assenza di ricollocamenti, gli hotspot si configurerebbero come centri di lunga permanenza, specialmente in assenza di altri posti disponibili alla luce di maggiori sbarchi, ed utilizzati per distinguere, con procedure ad avviso dei firmatari del presente atto del tutto fumose, che non garantiscono il diritto all'informazione, quali la compilazione di un cosiddetto foglio notizie, tra richiedenti asilo e tra i cosiddetti migranti economici;
   la Costituzione italiana non prevede in alcun modo il trattenimento dei migranti per fini identificativi, né alcuna forma di coercizione o uso della forza per il prelievo delle impronte digitali, ma un centro quale quello di Mineo, per via delle sue caratteristiche logistiche e per giunta lontano da centri abitati, sembrerebbe agli interroganti invece idoneo proprio a perpetrare tali azioni lesive di diritti fondamentali, sanciti dall'articolo 13 della Costituzione –:
   se non ritenga necessario interrompere ogni iniziativa che preveda l'istituzione e l'implementazione di centri di accoglienza definiti hotspot, senza che questi abbiano una chiara definizione giuridica nell'ordinamento italiano e dove secondo gli interroganti sarebbero in atto violazioni di diritti fondamentali.
(5-08711)


   GIGLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 del decreto legislativo n. 149 del 6 settembre 2011, recante «Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42», prevede che «Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato»;
   la relazione di fine mandato, descrive le principali attività normative ed amministrative svolte durante il mandato;
   il comma 3 del citato articolo 4 del decreto legislativo 149/2011, afferma che «In caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni e, nei tre giorni successivi, la relazione e la certificazione sono trasmesse dal presidente della provincia o dal sindaco alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti. La relazione di fine mandato è pubblicata sul sito istituzionale della provincia o del comune, entro e non oltre i sette giorni successivi alla data di certificazione effettuata dall'organo di revisione dell'ente locale, con l'indicazione della data di trasmissione alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti»;
   pur non venendo espressamente citato il commissario straordinario per la provvisoria gestione di un ente territoriale, appare logicamente evidente che il compito affidato al presidente della provincia o al sindaco ricada tra le sue competenze;
   nel caso del comune di Roma questa relazione non risulta essere stata ancora pubblicata;
   si tratta di un atto importante in particolare vista le note vicende che hanno condotto allo scioglimento anticipato della consiliatura del comune di Roma;
   la pubblicazione della relazione di fine mandato prima delle elezioni, quindi, sarebbe estremamente importante per conoscere ufficialmente la situazione dalla quale si dovrà partire nella nuova amministrazione –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per far sì che la relazione di fine mandato di cui in premessa venga quanto prima pubblicata, come previsto dal citato articolo 4 del decreto legislativo n. 149 del 2011. (5-08712)


   QUARANTA, DURANTI, COSTANTINO e D'ATTORRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 – disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (stabilità 2016), al comma 754, si stabiliva che: «Alle province e alle città metropolitane delle regioni a statuto ordinario è attribuito un contributo complessivo di 495 milioni di euro nell'anno 2016, 470 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 400 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021, di cui 245 milioni di euro per l'anno 2016, 220 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2020 e 150 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2021 a favore delle province e 250 milioni di euro a favore delle città metropolitane, finalizzato al finanziamento delle spese connesse alle funzioni relative alla viabilità e all'edilizia scolastica. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delegato per gli affari regionali e le autonomie, da adottare entro il 28 febbraio 2016, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è stabilito il riparto del contributo di cui al periodo precedente, tenendo anche conto degli impegni desunti dagli ultimi tre rendiconti disponibili relativi alle voci di spesa di cui al primo periodo»;
   come si evince dall'ultimo periodo del predetto comma, il riparto del contributo si sarebbe dovuto stabilire con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 28 febbraio 2016;
   per quanto a conoscenza degli interroganti – sentita anche la segreteria del capo di gabinetto del Ministero dell'economia e delle finanze – alla data del 7 aprile 2016, suddetto decreto non è stato ancora emanato –:
   se il Ministro interrogato non intenda dare tempestivamente seguito a quanto previsto dal comma 754, dell'articolo 1, della Legge di stabilità 2016. (5-08713)


   INVERNIZZI e GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la situazione in cui versa il complesso immobiliare ferrarese noto come Palazzo degli Specchi è all'origine di rilevanti preoccupazioni della popolazione residente nelle zone circostanti ed è già stata portata all'attenzione degli enti locali territorialmente competenti ed altresì della regione Emilia-Romagna, in particolare con l'interrogazione n. 1296 alla quale ha risposto l'assessorato regionale delle politiche per la salute;
   l'inquietudine è determinata dalle condizioni oggettive di degrado in cui si trova l'immobile e dal fatto che, all'interno del suo perimetro e dentro i suoi locali, si consumerebbero ormai molte attività illecite, dallo spaccio di droga allo sfruttamento della prostituzione;
   sarebbe conseguentemente auspicabile un accertamento del soccorso tecnico urgente, per quanto riguarda la solidità e l'agibilità dell'immobile, anche perché la struttura risulterebbe occupata illegalmente da non meno di 150 stranieri extracomunitari, di cui è ignota persino la provenienza;
   al fine di accertare l'eventuale svolgimento di attività illegali nello stabile e considerata la necessità di identificare coloro che vivono illegalmente dentro il Palazzo degli Specchi di Ferrara, si rende altresì indispensabile a giudizio dell'interrogante un intervento di sgombero da parte delle forze di polizia –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per rassicurare la cittadinanza ferrarese circa la non pericolosità dell'immobile noto come Palazzo degli Specchi a Ferrara e per ripristinare la legalità al suo interno. (5-08714)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per effetto della riduzione o della definitiva cancellazione di numerosi collegamenti aerei garantiti da alcune compagnie low cost, come l'irlandese Ryanair, a partire dai primi mesi di quest'anno si sarebbero registrate molteplici criticità nel servizio di trasporto aereo, con particolare riguardo per quelle aree del territorio italiano, come le isole maggiori e le regioni del sud d'Italia, discontinue rispetto al territorio della penisola ovvero non adeguatamente servite da una rete infrastrutturale di trasporti ferroviario o su gomma;
   questa situazione sarebbe particolarmente critica per la Sardegna sia per l'inadeguatezza e il sottodimensionamento delle misure adottate nell'ambito della cosiddetta continuità territoriale, che garantisce oggi unicamente i collegamenti tra l'isola e gli aeroporti di Roma e Milano (dopo la revoca della continuità territoriale 2 che collegava la Sardegna con Torino, Bologna, Verona e Napoli) sia per la crescita della domanda nel settore turistico, settore trainante per l'economia della regione;
   la ridotta offerta di voli ha spostato la domanda dell'utenza principalmente verso Alitalia e Meridiana che non sembrerebbe riescano ad assorbire le richieste dell'utenza, visto che si determinerebbe, soprattutto in prossimità dei periodi di festività, l'impossibilità di prenotare, anche con largo anticipo, voli aerei da e per la Sardegna;
   è il caso di rilevare che, a distanza di due settimane dalla festa della Repubblica, sarebbe già pressoché impossibile reperire posti in aereo nella prima settimana di giugno;
   il prossimo 5 giugno, a ridosso della festa della Repubblica, si svolgeranno le elezioni amministrative per l'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale, che in Sardegna interesseranno 101 comuni e circa 500 mila elettori;
   l'insufficiente disponibilità di posti in aereo, che si ripresenterebbe anche per il rientro nei giorni successivi la giornata di domenica e in occasione dell'eventuale turno di ballottaggio del 19 giugno, potrebbe compromettere seriamente l'esercizio del diritto di voto per molti cittadini residenti in Sardegna che per motivi di lavoro vivono lontano dall'isola –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative di competenza intenda adottare, in occasione delle elezioni amministrative 2016, per evitare che collegamenti aerei insufficienti nonché l'indisponibilità di un'adeguata dotazione di posti nei voli aerei da e per la Sardegna possa rappresentare un limite all'esercizio del diritto di voto da parte di quei cittadini residenti che lavorano lontano dall'isola;
   se non ritenga opportuno verificare l'ipotesi di potenziare i collegamenti aerei da e per la Sardegna in corrispondenza delle prossime consultazioni elettorali del prossimo 5 giugno. (5-08724)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OTTOBRE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo la Guida pratica a cura del sistema SPRAR, le commissioni territoriali, che sono dieci oltre alla Commissione Nazionale per il riconoscimento della protezione internazionale, devono svolgere l'audizione per il riconoscimento dell'asilo entro 30 giorni dalla presentazione della domanda e decidere nei successivi tre giorni, tuttavia, stando alla stima della banca dati SPRAR, il periodo di attesa mediamente si aggira attorno ai 12 mesi;
   il diritto internazionale impone a ciascun Paese l'accoglienza dei richiedenti asilo fino all'accertamento — o al diniego — dello status di rifugiato, nel caso del nostro Paese, la lunghezza dei tempi di valutazione delle richieste è uno dei punti critici, con effetti diretti sui tempi di permanenza nei centri di accoglienza anche per chi non avrebbe diritto alla protezione;
   giovedì 12 maggio 2016 di fronte alla questura di Trento, si sono radunati in manifestazione un centinaio di richiedenti asilo ospitati in Trentino, nella residenza Fersina di via al Desert;
   i richiedenti asilo hanno voluto manifestare con slogan e cartelli ma in apparenza in modo pacifico, il proprio disagio per la prolungata permanenza nei centri di accoglienza, il motivo della protesta è sempre lo stesso: da un lato ci sono i presunti ritardi delle questure nel rilascio dei documenti che consentono ai profughi di potersi muovere, dall'altro c’è la questione economica che con 2,50 euro al giorno — denunciano i richiedenti asilo — non è possibile condurre una vita dignitosa, tenendo conto per che i pasti sono soddisfatti dalla stessa struttura ove risiedono;
   giunti in questura una delegazione di profughi è stata ricevuta dal funzionario dell'ufficio immigrazione che ha raccolto le preoccupazioni dei richiedenti asilo, ai quali è stata data, per quanto di competenza della questura, massima rassicurazione per un ulteriore accelerazione delle procedure;
   da una nota della questura si legge che la problematica era comunque, già all'attenzione del questore, che, pur trovandosi attualmente a Roma, ha seguito personalmente l'intera vicenda ed ha disposto che il previsto incremento dell'ufficio immigrazione avesse corso già da lunedì successivo (16 maggio), con l'aggiunta di due unità operative –:
   se il Ministro interrogato sia stato messo a conoscenza del numero delle domande dei richiedenti asilo giacenti presso la questura di Trento e quante siano ad oggi le richieste finora accolte e se risulti, anche dai dati presenti negli uffici preposti, che il numero delle domande stesse sia aumentato nell'ultimo periodo. (4-13235)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 maggio 2016 l'interrogante aveva programmato una visita all’hub per migranti di Via Mattei a Bologna;
   a seguito di contatti con la locale prefettura, era stata prevista la possibilità di portare con l'interrogante due accompagnatori;
   tale possibilità è stata poi negata, relativamente alla volontà manifestata dall'interrogante di farsi accompagnare dal candidato sindaco di Coalizione Civica e da altri candidati al consiglio comunale per la medesima lista;
   lo scopo dichiarato della richiesta dell'interrogante era permettere a chi si candida a governare la città di prendere piena conoscenza anche delle situazioni più ai margini della realtà locale;
   in data 6 aprile 2016 la candidata a sindaco della Lega Nord Lucia Bergonzoni aveva peraltro potuto visitare il sito insieme al segretario nazionale del medesimo partito Matteo Salvini, con tanto di copertura mediatica al seguito;
   l'interrogante, invece, aveva concordato la totale assenza di giornalisti, proprio per evitare qualsiasi possibile strumentalizzazione della visita;
    l'interrogante chiesto ripetutamente di essere messo a conoscenza di quali fossero gli estremi normativi che impedivano di poter essere accompagnato da candidati alle amministrative, o almeno di poter verificare l'esistenza di un regolamento o di una circolare in tal senso;
   l'interrogante non ha ottenuto alcuna risposta a questa domanda, ma gli è stato detto semplicemente, alla presenza di testimoni che la prassi interna di non permettere visite a candidati negli ultimi 30 giorni di campagna elettorale era stata confermata dal Ministero degli interni;
   ad oggi l'interrogante non ha potuto avere copia di tale asserita comunicazione, nonostante le ripetute richieste;
   l'interrogante ha invece potuto verificare, da un colloquio con operatori del centro la presenza di almeno 40 minori non accompagnati, che rappresentano una realtà quantitativa di fatto ormai abituale vista l'impossibilità dimostrata e consolidata nel tempo di poter garantire loro un'accoglienza più idonea secondo i termini di legge, in base ai quali non dovrebbe essere consentito di inserire minori non accompagnati nelle strutture dedicate agli adulti –:
   se ritenga lecito che sia stato impedito ad alcuni cittadini candidati di accompagnare l'interrogante in una visita, quando la stessa facoltà era stata consentita pochi giorni prima, ad una candidata di altra lista;
   sulla base di quale disposizione interna si sia negato ad un deputato il diritto di essere accompagnato ad una visita da collaboratori di propria fiducia;
   come si intenda mettere fine alla presenza di minori non accompagnati in una struttura non adeguata allo scopo.
(4-13237)


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di procedura di gara, con determinazione dirigenziale n. 26 del 5 maggio 2013, i lavori per il completamento delle opere riguardanti la sistemazione della banchina del porto e per interventi di adeguamento e messa in sicurezza della zona portuale, anche con la creazione di un punto di pronto soccorso, venivano affidati dal comune di Formia alla società Icem Srl, ditta risultata aggiudicataria;
   dall'articolo «Quando la ditta finisce nei guai, a Formia i casi Icem e Cimorelli» del 25 dicembre 2013 apparso sul quotidiano online « H24notizie», si apprende che la società Icem di Minturno è finita nel mirino della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro perché avrebbe impiegato a Formia, al porto di Caposele in sub appalto mezzi e personale di imprese ritenute vicino alle cosche della ’ndrangheta crotonese, per i lavori di completamento e ammodernamento della darsena del porto. Un'altra ditta, la Costruzioni Generali Cimorelli spa, affidataria dei lavori di sistemazione del lungomare di Gianola – Santo Janni per un importo di 1.167.371,91 euro vede il suo titolare Antonio Cimorelli, a Formia indicato come responsabile dei lavori, protagonista di «Eldorado» ovvero un'indagine della procura di Campobasso e del Corpo forestale dello Stato su funzionari pubblici, tecnici e imprenditori che avrebbero intascato somme illecite per non aver eseguito lavori di messa in sicurezza degli argini del fiume Biferno e diga del Liscione in Molise nonostante i 580 mila euro di fondi regionali spesi. Dieci i rinvii a giudizio per un'indagine che nella primavera del 2008 portò il dirigente regionale, Mario Ragni, agli arresti domiciliari, e in carcere l'altro dipendente regionale Scricco, e l'imprenditore di Isernia Antonio Cimorelli. A loro carico associazione per delinquere finalizzata alla truffa e al falso oltre che danno ambientale. Per Cimorelli anche l'ipotesi di furto aggravato perché, sostenne la Forestale nella sua inchiesta, tonnellate di materiale inerte estratto dal fiume Merito sarebbero stati poi venduti privatamente e clandestinamente dalla ditta di Antonio Cimorelli ad altri costruttori molisani, per un ricavo complessivo che supera i 600 mila euro;
   dall'articolo «Antimafia, la Regione revoca l'appalto a una ditta al lavoro al porto di Anzio» del 19 aprile 2014 apparso sul quotidiano on-line « Il Caffè.tv» di Anzio/Nettuno, si apprende che «a seguito della comunicazione da parte della Prefettura di Roma agli uffici regionali della interdittiva antimafia nei confronti della società Icem Srl, con sede a Minturno in provincia di Latina, aggiudicataria di un appalto per l'affidamento dei lavori per l'antico porto Neroniano di Anzio, la direzione regionale ambiente ha provveduto immediatamente alla predisposizione degli atti necessari alla rescissione del contratto e alla liquidazione dei costi per le opere già eseguite, così come previsto dalla legge in materia»;
   l'ordinamento italiano prevede una serie di norme volte a prevenire e a contrastare l'infiltrazione delle organizzazioni criminali di tipo mafioso nel tessuto imprenditoriale del Paese, nonché ad impedire che le pubbliche amministrazioni, nelle gare d'appalto e negli affidamenti, possano fungere da fonti di finanziamento delle medesime organizzazioni;
   al fine di contrastare l'infiltrazione mafiosa, già l'articolo 10 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia, prevedeva che per la stipula di contratti oltre un determinato valore, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti indicati all'articolo 1 del regolamento, dovessero previamente acquisire dalla prefettura territorialmente competente le informazioni sulle imprese interessate;
   laddove dalle verifiche del prefetto emergessero elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese interessate all'appalto, le amministrazioni non avrebbero potuto procedere alla stipula del contratto;
   nella sentenza del Tar Campania n. 10732 del 2003, emessa in data 5 giugno 2003, e rilevante in ordine ai fatti esposti nella presente interrogazione, si afferma che l'informativa prefettizia «non deve, evidentemente, fondarsi su prove certe di infiltrazione se non di appartenenza dell'impresa all'organizzazione criminale, prove che, ove sussistenti, fonderebbero procedimenti penali a carico dei soggetti coinvolti ed altri provvedimenti [...], ma è sufficiente che essa ponga a proprio fondamento elementi volti, a dimostrare collegamenti tra impresa e mondo criminale»;
   nella stessa pronuncia il giudice amministrativo afferma che tali elementi non debbono caratterizzarsi «come meri sospetti», bensì ricollegarsi direttamente ai soggetti, imprenditori individuali o che ricoprono nella persona giuridica una delle cariche contemplate dalla legge. Essi cioè devono essere «tali da sorreggere una valutazione che, pur frutto di un apprezzamento latamente discrezionale, risulti non illogica, tale cioè da dimostrare con ragionevolezza il "pericolo" (non la certezza) dell'infiltrazione mafiosa»;
   le disposizioni contenute nel citato decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1.998 sono state modificate e trasfuse nel Capo II del decreto legislativo n. 159 del 2011, il cosiddetto codice antimafia, il cui articolo 84, comma 3, identifica l'informativa antimafia altresì «nell'attestazione della sussistenza o meno di e eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate»;
   l'articolo 91 del codice stabilisce che il prefetto può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa, oltre che da provvedimenti di condanna anche non definitivi per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali, anche da «concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata»;
   il comma 7 dell'articolo 91 demanda ad un apposito regolamento, da adottarsi con decreto del Ministro dell'interno, l'individuazione delle «diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa per le quali, in relazione allo specifico settore d'impiego e alle situazioni ambientali che determinano un maggiore rischio di infiltrazione mafiosa, è sempre obbligatoria l'acquisizione della documentazione indipendentemente del valore del contratto, subcontratto, concessione, erogazione o provvedimento di cui all'articolo 67» –:
   se non sia anomalo, alla luce dei fatti esposti in premessa, che la Icem Srl, interdetta ai fini antimafia per collegamenti indiretti con la criminalità organizzata relativamente ai lavori per il porto di Anzio, non sia stata interessata da alcun provvedimento prefettizio per i lavori di completamento e ammodernamento della darsena del porto di Formia;
   se non ritenga opportuno svolgere ogni attività di competenza in merito alla sussistenza e alla natura dei collegamenti fra le società aggiudicatarie di appalti pubblici e le organizzazioni criminali al fine di impedire che le società interdette per mafia possano essere invitate a partecipare a gare pubbliche. (4-13238)


   PATRIZIA MAESTRI, ROMANINI, FIANO, LUCIANO AGOSTINI, CINZIA MARIA FONTANA, BLAZINA, FOSSATI, PRINA, DE MARIA, LODOLINI, FRAGOMELI, BENI, ZAMPA, BRAGA, MOGNATO, VERINI, COCCIA, BERGONZI, GIACOBBE, D'INCECCO, CAROCCI, GARAVINI, MANZI, NARDUOLO, PAOLA BOLDRINI, ALBANELLA, MALISANI, GHIZZONI, GANDOLFI, SCHIRÒ, MARCHI, BORGHI, CARRA, LATTUCA, MINNUCCI, NACCARATO, MORETTO, ZARDINI, CAPOZZOLO e IORI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dalla stampa locale, nei giorni scorsi, su iniziativa del Blocco studentesco e di Casa Pound, sulle cancellate di alcuni istituti superiori di Parma sono stati appesi striscioni contro la Resistenza che riportavano la scritta «la Resistenza è una c... pazzesca»;
   lo scorso 6 maggio sulla pagina facebook del gruppo Blocco Studentesco è stato pubblicato il seguente post: «Parma Medaglia d'Oro della Resistenza? Noi ribadiamo che “la Resistenza è una c... pazzesca”, a distanza di due settimane dal 25 aprile, a tutti quei professori e non, che per giorni e giorni hanno riempito scuole e piazze con la solita pantomima sulla liberazione dell'Italia. Liberazione da cosa? Le conseguenze del vostro 25 aprile sono le condizioni in cui versa ora la nostra nazione. Le conseguenze del vostro 25 aprile sono i vostri stupri e violenze. Da allora, come oggi. Blocco Studentesco Parma»;
   queste gravi iniziative hanno suscitato lo sconcerto e la ferma reazione di condanna dei parlamentari locali, del sindaco di Parma, dei consiglieri comunali del PD e di altri gruppi consiliari, della CGIL provinciale oltre che della sezione ANPI cittadina e provinciale;
   forte preoccupazione aveva già suscitato, in città, l'apertura della nuova sede di Casa Pound avvenuta nelle scorse settimane e subito accompagnata da una manifestazione di ferma opposizione dei movimenti antifascisti di Parma –:
   se il Ministro interrogato non intenda condannare e censurare con assoluta fermezza l'episodio e se non ritenga necessario farsi promotore di ogni necessaria iniziativa finalizzata ad evitare che episodi di degenerazione antistorica e revisionista di chiara ispirazione fascista possano ripetersi a Parma e su tutto il territorio nazionale. (4-13241)


   VALLASCAS, NICOLA BIANCHI, COZZOLINO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, L'ABBATE, GAGNARLI, DE ROSA e BUSTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per effetto della riduzione o della definitiva cancellazione di numerosi collegamenti aerei garantiti da alcune compagnie low cost, come l'irlandese Ryanair, a partire dai primi mesi di quest'anno si sarebbero registrate molteplici criticità nel servizio di trasporto aereo, con particolare riguardo per quelle aree del territorio italiano, come le isole maggiori e le regioni del sud d'Italia, discontinue rispetto al territorio della penisola ovvero non adeguatamente servite da una rete infrastrutturale di trasporti ferroviario o su gomma;
   questa situazione sarebbe particolarmente critica per la Sardegna sia per l'inadeguatezza e il sottodimensionamento delle misure adottate nell'ambito della cosiddetta continuità territoriale, che garantisce oggi unicamente i collegamenti tra l'isola e gli aeroporti di Roma e Milano (dopo la revoca della continuità territoriale 2 che collegava la Sardegna con Torino, Bologna, Verona e Napoli), sia per la crescita della domanda nel settore turistico, settore trainante per l'economia della regione;
   la ridotta offerta di voli ha spostato la domanda dell'utenza principalmente verso Alitalia e Meridiana che a quanto consta agli interroganti, non sembrerebbe riescano ad assorbire le richieste dell'utenza, visto che si determinerebbe, soprattutto in prossimità dei periodi di festività, l'impossibilità di prenotare, anche con largo anticipo, voli aerei da e per la Sardegna;
   è il caso di rilevare che, a distanza di due settimane dalla festa della Repubblica, sarebbe già pressoché impossibile reperire posti in aereo nella prima settimana di giugno;
   il 5 giugno 2016, a ridosso della festa della Repubblica, si svolgeranno le elezioni amministrative per l'elezione diretta del sindaco e del consiglio comunale, che in Sardegna interesseranno 101 comuni e circa 500 mila elettori;
   l'insufficiente disponibilità di posti in aereo, che si ripresenterebbe anche per il rientro nei giorni successivi la giornata di domenica e in occasione dell'eventuale turno di ballottaggio del 19 giugno, potrebbe compromettere seriamente l'esercizio del diritto di voto per molti cittadini residenti in Sardegna che per motivi di lavoro vivono lontano dall'isola –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative di competenza si intendano ad adottare, in occasione delle elezioni amministrative 2016, per evitare che collegamenti aerei insufficienti, nonché l'indisponibilità di un'adeguata dotazione di posti nei voli aerei da e per la Sardegna, possa rappresentare un limite all'esercizio del diritto di voto da parte di quei cittadini residenti che lavorano lontano dall'isola. (4-13243)


   DADONE e CASTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   su una testata giornalistica nazionale è apparso un articolo recante il titolo: «A Torino è allarme furti in appartamento»;
   dalla lettura di tale articolo risulta come, secondo l'Istat, nel capoluogo piemontese si registri un incremento della criminalità (+54% rispetto al 2010), in particolare per quanto riguarda i furti in appartamento;
   il rapporto del 2014, elaborato sui dati del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, vede infatti Torino al terzo posto nella classifica delle città con la più alta percentuale di furti in abitazione denunciati dai residenti: 720 ogni 100 mila abitanti (alle spalle degli 839 di Ravenna e dei 795 di Asti);
   guardando ai dati nazionali, si scopre inoltre che il capoluogo piemontese registra un numero di denunce quasi doppio rispetto alla media del Paese e, in particolare, che sempre secondo l'Istat, il 26,9 per cento dei derubati non denuncia il furto subìto: nel 2014 sarebbero stati circa 1.700 i reati non denunciati, a fronte dei quasi 8.000 complessivamente commessi;
   tale circostanza rappresenta un segnale preoccupante, ovvero la scarsa fiducia nelle forze dell'ordine e, in generale, nella giustizia. Chi viene derubato, infatti, sa che difficilmente riuscirà a recuperare i suoi beni o ad ottenere almeno un risarcimento al termine di un processo;
   un altro segnale negativo è rappresentato dalle truffe ai danni degli anziani: nel 2014 sono state 575 (25 mila i reati, in generale, contro gli anziani). Rispetto al 2013, l'incremento è stato del 22,6 per cento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale grave situazione e in che modo intenda provvedere per contrastare la preoccupante tendenza all'aumento di reati nel capoluogo piemontese e se, in particolare, intenda dislocare forze dell'ordine aggiuntive per garantire la sicurezza dei cittadini. (4-13245)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARZANA, D'UVA, VACCA, BRESCIA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, SIMONE VALENTE, LOREFICE, VILLAROSA, CANCELLERI, RIZZO, NUTI, MANNINO, DI VITA, LUPO e GRILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto indicato nella nota AOODGRUF prot. n. 0013439 dell'11 settembre 2015 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'entrata in vigore della legge n. 107 del 13 luglio 2015 di «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione», comporta la necessità di dare attuazione ad un complesso di disposizioni normative dalle quali derivano delle novità rilevanti anche nel settore della gestione finanziaria ed amministrativa delle istituzioni scolastiche autonome;
   in particolare, viene completamente rivista la tempistica dell'assegnazione e dell'erogazione delle risorse finanziarie finalizzate al funzionamento didattico ed amministrativo delle scuole con un incremento del fondo di funzionamento pari ad euro 123,9 milioni per l'intero 2016 e di 126 milioni annui dall'anno 2017 all'anno 2021;
   nell'avviso per la predisposizione del programma annuale, di cui alla nota Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sopra citata, viene fornito un primo prospetto delle risorse finanziarie messe a disposizione in termini di assegnazione alle scuole per il periodo settembre-dicembre 2015 e di comunicazione preventiva per il periodo gennaio-agosto 2016;
   dall'assegnazione della quota per le spese di funzionamento, determinata sulla base dei parametri dimensionali e di struttura previsti nel decreto ministeriale n. 21 del 2007, vengono escluse le scuole della Sicilia che ricevono il finanziamento dalla regione Siciliana ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 24 febbraio 2000, n. 6;
   il capitolo 373314 del bilancio della regione Siciliana per l'esercizio finanziario 2015 ha previsto uno stanziamento di euro 31.000.000,00 per le spese di funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado funzionanti in Sicilia;
   eppure per il 2016 l'assessorato regionale dell'istruzione e della formazione professionale non ha ancora comunicato l'assegnazione preventiva per il periodo gennaio-agosto 2016, non avendo richiesto l'integrazione del fondo di funzionamento adeguata ai nuovi parametri nazionali;
   considerato che a seguito dell'entrata in vigore della legge di «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione» n. 107 del 13 luglio 2015 viene raddoppiato il Fondo di funzionamento a seguito del cambiamento dei parametri in base ai quali le istituzioni scolastiche ricevono ogni anno la quota di finanziamento statale (ad esempio, per la scuola primaria lo stanziamento della quota per alunno passa da 8 a 20 euro) –:
   quali siano stati i criteri utilizzati per l'assegnazione delle risorse finanziarie destinate alle spese di funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni scolastiche statali di ogni ordine e grado in Sicilia che hanno condotto ad una palese disparità con le risorse assegnate a tutti gli istituti statali delle altre regioni;
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare al fine di uniformare il fondo di funzionamento assegnato alla regione Siciliana a quello delle istituzioni scolastiche delle altre regioni. (5-08727)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VECCHIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 107 del 2015, cosiddetta Buona Scuola, istituisce un corso di formazione e relativa prova scritta finale per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico;
   i commi 87 e successivi dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 disciplinano il corso-concorso per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico;
   l'articolo 1, comma 87, della legge n. 107 del 2015 prevede che: «Al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti del contenzioso pendente relativo ai concorsi per dirigente scolastico di cui al comma 88, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, volto all'immissione dei soggetti di cui al comma 88 nei ruoli dei dirigenti scolastici. Alle attività di formazione e alle immissioni in ruolo si provvede, rispettivamente, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente e a valere sulle assunzioni autorizzate per effetto dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni»;
   il decreto ministeriale n. 499 del 2015 disciplina le modalità di svolgimento del suddetto corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, prevedendo che siano organizzati dagli uffici scolastici regionali;
   il 5 agosto 2015 l'ufficio scolastico regionale per la Sicilia, direzione generale, pubblica l'avviso di avvio della procedura per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico di cui alla legge n. 107 del 2015, articolo 1, commi 87 e successivi e al decreto ministeriale n. 499 del 20 luglio 2015;
   dal 10 al 20 agosto 2015 si è svolto il corso di formazione intensivo per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico in Sicilia;
   il 24 agosto 2015 si è svolta la prova scritta per l'accesso al ruolo di dirigente scolastico nella regione Siciliana al termine del corso intensivo di formazione di cui alla legge n. 107 del 2015, articolo 1, commi 87 e successivi e al decreto ministeriale n. 499 del 2015;
   come si evince dall'allegato all'avviso prot. N. 13916 dell'URS Sicilia del 16 settembre 2015 le sedi disponibili per le immissioni in ruolo di dirigente scolastico risultano essere 83;
   il 22 settembre 2015 l'USR Sicilia procede all'assegnazione di 42 sedi di servizio ai vincitori del corso-concorso;
   il 2 ottobre 2015 l'USR Sicilia procede all'assegnazione di altre 9 sedi di servizio attraverso la procedura di nomina interregionale;
   tra i partecipanti che hanno superato la prova scritta del corso-concorso, a quanto consta all'interrogante, risultano esserci degli idonei con riserva;
   a quanto risulta all'interrogante ci sarebbero ancora numerosi posti rimasti vacanti –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato affinché si proceda all'assegnazione delle 32 sedi ancora disponibili in Sicilia al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico regionale. (4-13239)


   BOSSA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Decreto ministeriale 353/2014 del ministro dell'Istruzione, avente ad oggetto le graduatorie di circolo e di istituto, negli allegati, alla Tabella A denominata «Tabella di valutazione dei titoli della seconda fascia delle graduatorie di istituto del personale docente ed educativo delle scuole ed istituti di ogni grado» istituisce, tra le altre cose, al punto A4, lettera b, il cosiddetto Bonus Tfa (Tirocinio formativo attivo);
   esso rappresenterebbe una sorta di risarcimento per i docenti abilitati Tfa che nel corso dell'anno accademico 2013/2014 si erano visti stravolgere dall'attivazione dei Pas (Percorsi abilitanti speciali), senza numero chiuso e senza prove d'accesso riservato a docenti in possesso di determinati requisiti di servizio) le proprie prospettive di lavoro;
   il cosiddetto «Bonus Tfa» è quantificato in 42 punti per gli abilitati ai sensi dell'articolo 15, comma 1o del decreto ministeriale n. 249 del 2010 e in 66 punti per l'abilitazione conseguita attraverso i percorsi formativi di cui all'articolo 3, del decreto ministeriale n. 249 del 2010;
   ad oggi, l'unico percorso attivato in Italia secondo le modalità previste dall'articolo 3 del decreto ministeriale n. 249 del 2010 è stato quello di strumento musicale; tuttavia, con l'articolo 5, comma 1 (ultimo periodo), il decreto ministeriale n. 353 del 2014 esclude i docenti di strumento musicale dall'applicazione della nuova tabella A, rimandando ad un vecchio allegato 3 del decreto ministeriale n. 235 del 2014;
   la nuova Tabella A non prevede la valutazione dei titoli artistici, da sempre parte del punteggio dei docenti di strumento musicale;
   l'applicazione del vecchio allegato, talmente obsoleto da prevedere persino la valutazione del diploma di maturità come titolo di studio (all'epoca in cui fu redatto non era obbligatorio possederlo per conseguire un diploma di Conservatorio), determina una forte disparità di trattamento rispetto a tutti gli altri abilitati Tfa;
   Questi ultimi ottengono, con il decreto ministeriale e n. 353 del 2014, una tutela, sia pure parziale, rispetto allo squilibrio determinato dall'attivazione dei Pas, mentre per i docenti di strumento musicale non è stata prevista alcuna opzione di questo tipo pur avendo essi svolto l'unico percorso ordinario di abilitazione attivato ad oggi in Italia ed essendo, per questa ragione, gli unici potenziali destinatari dei 66 punti previsti dalla Tabella A;
   si realizza così, a parere dell'interrogante, una lesione del diritto all'uguaglianza sostanziale sancito dalla Costituzione e si verifica un danno concreto all'interno delle graduatorie incrociate di sostegno in cui gli abilitati Tfa di strumento musicale si trovano a concorrere con aspiranti abilitati Tfa di altre classi di concorso a cui è stato riconosciuto il bonus;
   contemporaneamente a questa, un altro problema si sta evidenziando per gli abilitati e riguarda il conferimento di incarichi a tempo determinato di cui possono essere destinatari; tali incarichi sono assegnati dalle graduatorie d'istituto in cui ci si inserisce scegliendo 20 scuole in una provincia, con 3 fasce (personale in possesso del solo titolo di accesso alla classe di concorso, personale in possesso del titolo di accesso e del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento, docenti di ruolo); gli abilitati Tfa si troveranno, ad abilitazione conseguita, in II fascia e godranno quindi di una priorità rispetto ai colleghi di III fascia; tale vantaggio però risulta essere effettivo solo per le 20 scuole in cui si è fatta domanda precedentemente e, vista anche il possibile «riempimento» di cattedre attualmente vacanti a causa del concorso, esiste il rischio che in quelle 20 scuole non ci siano cattedre vacanti rendendo così vano il conseguimento dell'abilitazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga di intervenire, per quanto di competenza, per rimuovere gli ostacoli di cui in premessa, sia ampliando il riconoscimento del bonus Tfa dei 66 punti anche agli abilitati di strumento musicale, sia, per i docenti abilitati, di ampliare la base di chiamata alla provincia piuttosto che alle singole istituzioni scolastiche.
(4-13242)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 1o maggio 2014 ha preso avvio il piano nazionale «Garanzia Giovani» con l'obiettivo di fornire ai giovani dai 15 ai 29 anni, disoccupati o « Neet», un'offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento agli studi, apprendistato, tirocinio, inserimento nel servizio civile o altra misura di formazione;
   l'Italia presenta infatti uno dei tassi più elevati di disoccupazione giovanile (con una percentuale del 40 per cento);
   tuttavia, la disoccupazione giovanile ha assunto caratteri drammatici nella provincia di Terni: secondo i dati della camera di commercio e pubblicati in un articolo: «Terni, disoccupazione giovanile da record: oltre il 53 per cento, 11 mila cercano lavoro» in umbria24.it del 17 maggio 2016, risulta che «Peggiora notevolmente invece la situazione per i giovani in cerca di lavoro. Il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni nel 2015 ha raggiunto il 53,1 per cento. Dato che disallinea la provincia rispetto al resto della regione. Infatti il tasso di disoccupazione è molto al di sopra del dato regionale (38,7 per cento) e del dato nazionale (40,3 per cento). Ci sono inoltre ben 11 mila persone alla ricerca di occupazione, di cui 4,8 mila uomini e 6 mila donne. Dato questo quasi triplicato rispetto al 2011 quando le donne in cerca di occupazione in provincia erano 2 mila»;
   il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, entrato in vigore il 24 settembre 2015 ha previsto il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive; tuttavia le numerose misure indicate tardano ancora ad essere attuate: l'Anpal è ferma, i centri per l'impiego sono ancora alle prese con la «riforma Delrio» delle province, il personale occupato è insufficiente, mal pagato e inadeguato sotto il profilo della preparazione e dei nuovi compiti ad essi assegnati;
   secondo Attilio Barbieri, le cui affermazioni sono riportate in un articolo pubblicato da Libero del 15 aprile 2016, «I Centri pubblici per l'impiego sono ancora in attesa delle risorse statali per il pagamento del personale. Il dettaglio non è trascurabile: i saldi stanziati ricadono nel campo di applicazione della spending review e quindi bisognerà trovare le coperture necessarie. Tutte da inventare, a meno che l'esecutivo non si inventi qualche nuovo balzello per chiudere la partita a somma zero»;
   il ritardo nella creazione di idonee misure di politica attiva del lavoro e del tanto conclamato ricollocamento assistito, anche tramite i centri per l'impiego, sta creando un vuoto che porta ad un sostanziale abbandono del disoccupato del dipendente espulso dal mondo del lavoro che non può avvalersi di nessuna delle misure previste; 
   eppure il Presidente del Consiglio dei ministri durante la conferenza stampa del 20 febbraio 2015, annunciando l'avvento della rivoluzione copernicana dei contratti e la fine della precarietà, affermava: «Nessuno sarà più lasciato solo»;
   secondo Alessandro Rosina, professore di demografia e statistica sociale all'università Cattolica di Milano, coordinatore dell'indagine rapporto giovani, «L'asse portante delle politiche attive sono i servizi per l'impiego. Ma il problema è che in Italia sono caratterizzati da bassa copertura del territorio, bassa qualità e scarsi investimenti» (Il Fatto Quotidiano del 30 novembre 2015);
   anche i risultati del piano Garanzia Giovani sono tutt'altro che incoraggianti: secondo le conclusioni della ricerca «Garanzia Giovani due anni dopo. Analisi e proposte» di Adapt Associazione per gli studi internazionali e comparati sul diritto del lavoro e le relazioni industriali diretta professor Michele Tiraboschi – «Perché i numeri parlano chiaro ed è davvero difficile trovarne una interpretazione positiva. Se si guarda l'evoluzione dei tassi di occupazione e disoccupazione giovanile e del numero di NEET (vedi p. 8) emerge chiaramente come non vi sia stata nessuna significativa inversione di tendenza a partire dal 1o maggio 2014, data di avvio del piano»;
   il ritardo dell'adozione di idonee politiche del lavoro e la mancanza di efficienti servizi per l'impiego colpisce i giovani che subiscono maggiormente la crisi soprattutto in un territorio come quello ternano interessato anche dalla recente «riorganizzazione» della Acciaieria Speciale Terni (AST) con effetto su tutto l'indotto;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se corrisponda al vero che i centri pubblici per l'impiego sono ancora in attesa delle risorse statali per il pagamento del personale;
   a quanto ammontino le risorse finanziarie del PON IOG (Programma Operativo Nazionale «Iniziativa Occupazione Giovani») assegnate alla regione Umbria;
   quali urgenti iniziative intenda attuare il Governo per superare la grave crisi occupazionale giovanile descritta anche favorendo accordi istituzionali, tavoli tecnici, protocolli di intesa con tutti i soggetti istituzionalmente deputati alla promozione e alla implementazione dell'incontro della domanda e dell'offerta di lavoro nel territorio di Terni che sta scontando il prezzo più alto della crisi e, a parere degli interroganti, del ritardo delle politiche del lavoro e dell'insufficienza di risorse e investimenti. (5-08704)


   SCUVERA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del contrasto alla povertà educativa l'Organizzazione Save the Children ha presentato nei giorni scorsi un nuovo Indice che fotografa la situazione nelle regioni italiane, da cui si evince una realtà educativa nel suo complesso ben lontana dai target europei, con punte di grave inadeguatezza, concentrate al Sud Italia, nell'offerta di servizi e opportunità educative e formative che consentano ai minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni;
   tra le concause della povertà educativa, in stretta correlazione con la povertà materiale, viene annoverata la grave insufficienza di offerta di mense scolastiche, attraverso le quali si favorisce la partecipazione degli studenti alle attività pomeridiane extracurriculari, che risultano ad oggi disponibili solo per il 52 per cento degli alunni;
   il progetto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca «Scuola al Centro», presentato dalla ministra Giannini agli inizi di maggio, risponde alla richiesta di aiuto da parte di quel tessuto sociale di cui fanno parte il milione e 45mila bambini che vivono in povertà assoluta in Italia e i quasi due milioni che versano in condizioni di povertà relativa (il 19 per cento), prevedendo l'apertura delle scuole nel periodo estivo e destinando a tale scopo 10 milioni di euro da suddividere tra 541 istituti scolastici individuati in 4 aree metropolitane (Napoli, Palermo, Milano e Roma);
   il Programma Operativo italiano legato al Fondo di Aiuti Europei Agli Indigenti (FEAD), stanzia per il periodo 2014-2020, 789 milioni di euro all'Italia per interventi a favore di persone in condizione di grave deprivazione materiale. Tra i punti previsti dal finanziamento, 77 milioni di euro vengono destinati all'attivazione di mense scolastiche e attività di doposcuola per contrastare l'abbandono scolastico e la povertà alimentare –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano mettere in atto per contrastare la povertà educativa e alimentare dei tanti bambini e ragazzi distribuiti su tutto il territorio nazionale che, pur vivendo in condizioni di povertà, non possono usufruire del servizio di mensa scolastica e se si intenda utilizzare il FEAD. (5-08722)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   234 lavoratori del call center Globe Network perderanno il posto di lavoro dal 30 giugno;
   ieri mattina è arrivata la comunicazione che la H3G, unica committente dell'azienda, ha inviato una lettera di disdetta della commessa. Quella prospettata non è una crisi temporanea, ma la chiusura, in tempi strettissimi, del call center aquilano, inaugurato a dicembre del 2009 negli spazi dell'ex Italtel, all'interno del polo elettronico;
   i licenziamenti collettivi avverrebbero entro il 30 giugno;
   ad agosto del 2015 nel call center si era paventato il licenziamento di 60 persone, poi scongiurato grazie all'accordo firmato dalle Rsu nella sede di Confindustria, con cui sono erano stati attivati due anni di contratti di solidarietà;
   in una nota i sindacati spiegano come la Globe Network è arrivata all'Aquila dopo il sisma, e finora non c'erano stati grossi problemi. La notizia della disdetta della commessa da parte dell'unica committente, la H3G, è un fatto grave, da rimuovere solo con un'alternativa di lavoro credibile;
   nei prossimi giorni sono previste mobilitazioni straordinarie da parte dei lavoratori per sollecitare le istituzioni rispetto al grave problema sorto e sono stati coinvolti la regione Abruzzo e gli enti locali –:
   se non intenda intervenire nell'ambito delle proprie competenze, rispondendo all'appello delle organizzazioni sindacali per affrontare questa grave vertenza occupazionale in un territorio già in grande sofferenza dal punto vista sociale ed economico dopo il terremoto. (4-13231)


   BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps ha pubblicato sul proprio sito istituzionale una ricerca che si riporta le cifre del boom dei voucher osservato negli ultimi anni, documentandone la dinamica e la diffusione a livello settoriale e territoriale. In modo particolare l'attenzione è stata rivolta a descrivere:
    la domanda di lavoro accessorio: tipologie di datori di lavoro, sia aziende che persone fisiche, intensità e persistenza del loro ricorso ai voucher;
    l'offerta: lavoratori coinvolti secondo le loro principali caratteristiche anagrafiche e di percorsi nel mercato del lavoro;
   da ciò emerge il fatto che nel 2015 sono stati venduti 115 milioni di voucher: nel 2010 erano meno di 10 milioni. Una volta riscossi daranno luogo a circa 860 milioni di compensi ai lavoratori, pari a circa 45.000 stipendi netti anni, e a circa 150 milioni di contributi a fini previdenziali;
   il numero di voucher riscossi da lavoratori che hanno prestato attività di lavoro accessorio concluso nel 2015 è pari a quasi 88 milioni;
   i committenti dei prestatori di lavoro accessorio che hanno svolto attività nel 2015 risultano 473.000; i prestatori coinvolti risultano 1,380 milioni e le posizioni lavorative 1,730 milioni, e ciò dipende dal fatto che un lavoratore può aver prestato lavoro occasionale per più di un committente;
   si tratta quindi di un sistema di pagamento che può essere utilizzato per tutte le forme di lavoro non regolamentate da un contratto, poiché svolte in modo occasionale e discontinuo;
   si ricorda che il voucher ha un valore nominale di 10 euro e un valore netto pari a 7,50 euro. Il valore nominale comprende: la contribuzione in favore della gestione separata dell'Inps, pari al 13 per cento, l'assicurazione anti infortuni all'Inail, pari al 7 per cento, un compenso all'Inps per la gestione del servizio;
   il voucher da 10 euro corrisponde al compenso minimo di un'ora di prestazione, salvo che per il settore agricolo, per il quale si considera il contratto di riferimento;
   ogni compenso erogato tramite voucher ha uno specifico limite economico, il reddito di ogni singolo lavoratore non deve superare i 5.050 euro netti ovvero 6.740 euro lordi per ogni anno solare. Tale importo è considerato come totale percepito tra tutti i committenti del lavoratore. Il limite è pari a 2.020 euro netti ovvero 2.690 euro lordi per ciascun committente nel caso di prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti. Il limite è di 3.000 euro netti pari a 4.000 euro lordi, con riferimento alla totalità dei committenti nel caso in cui i prestatori percepiscano misure di sostegno al reddito ovvero disoccupati e lavoratori in mobilità;
   si ricorda che possono essere utilizzati da: famiglie; enti senza fini di lucro; soggetti non imprenditori; imprese familiari; imprenditori agricoli; imprenditori operanti in tutti i settori; committenti pubblici;
   mentre i soggetti che possono svolgere attività di lavoro accessorio sono solamente: pensionati e studenti nei periodi di vacanza;
   gli studenti possono effettuare prestazioni di lavoro accessorio anche il sabato e la domenica in tutti i periodi dell'anno; chi è iscritto agli studi universitari può svolgere lavoro accessorio in qualunque periodo dell'anno: i percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito, i lavoratori in part-time, altre categorie di prestatori, quali, ad esempio, i disoccupati, gli extracomunitari, se in possesso di un permesso di soggiorno che consenta lo svolgimento di attività lavorativa, compreso quello per studio, o di un permesso di soggiorno per «attesa occupazione»;
   a fronte di questi dati il presidente dell'Inps ha dichiarato esplicitamente durante un evento pubblico che «Bisogna intervenire in modo draconiano, drastico, nel reprimere forme fraudolente dell'utilizzo dei voucher»;
   infatti nel 2015 i voucher strumento, lo si ribadisce, pensato per retribuire il solo lavoro accessorio, nel 23 per cento dei casi sono stati usati per pagare lavoratori dell'età media di 37 anni, ex occupati, che in buona parte hanno perso il posto nei due anni precedenti;
   un'altra parte importante di lavoratori, pari al 14 per cento, non è mai stata occupata, quindi nel 37 per cento dei casi, quello retribuito a voucher è in realtà l'unico reddito da lavoro. Si tratta di un'entrata non certo sufficiente a mantenere una persona mentre, in realtà, l'85 per cento dei lavoratori che ha lavorato con pagamento mediante un buono è rimasto al di sotto dei mille euro annui;
   il dato, ad avviso dell'interrogante, rivela una netta deriva dello strumento rispetto al suo intento originario, cioè quello di facilitare l'emersione dal lavoro nero e pagare prestazioni occasionali per occupazioni saltuarie come il giardinaggio o i mestieri domestici;
   sempre il presidente dell'Inps ha esplicitamente dichiarato che «I voucher non stanno facendo emergere molto lavoro nero. In alcuni casi creano precarietà e sono controproducenti»;
   quali iniziative gravi e urgenti intendano assumere per eliminare gli abusi, in particolare prevedendo che dall'uso siano esclusi i settori incongrui. (4-13240)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa, con una lettera al Governo italiano, la Commissione europea ha ripreso l'Italia sull'applicazione dell'orario di lavoro nelle realtà ospedaliere del Paese e chiesto alle autorità italiane «di essere informata sull'attuazione della direttiva nel settore sanitario in tutto il territorio italiano»;
   secondo la Fems (la Federazione dei medici europei) e l'Anaao Assomed dopo le numerose segnalazioni di medici e dirigenti sanitari, il nostro Paese, «fatica ad adeguare l'orario di lavoro alla normativa europea, emergendo in modo eclatante come i modelli di organizzazione in varie realtà ospedaliere disattendano l'applicazione della legge n. 161 del 30 ottobre 2014, entrata in vigore dal 25 novembre 2015, sulla durata del riposo minimo giornaliero e sul tempo di lavoro massimo settimanale»;
   in particolare la Commissione europea, nella lettera inviata all'Italia, chiede informazioni relativamente al rapporto tra riposi, guardie e reperibilità, alla durata massima settimanale dell'orario di lavoro e al periodo di riferimento in cui effettuare il calcolo medio, alla modalità di calcolo delle ore di lavoro prestate in libera professione a favore dell'Azienda sanitaria;
   secondo l'Anaao Assomed «servono almeno seimila medici per coprire le carenze di dotazione organica che attualmente impediscono una corretta applicazione della normativa europea e senza un confronto in sede contrattuale, come previsto dall'articolo 14 comma 3 della Legge 161/2014, per disciplinare le eventuali deroghe al riposo giornaliero, il rischio che il procedimento di infrazione venga riavviato è elevatissimo. Non solo, di fronte ad una diffusa e persistente disapplicazione della normativa europea in materia di organizzazione del lavoro, sarà inevitabile aprire il contenzioso anche presso le Direzioni territoriali del Lavoro»;
   si ricorda che, proprio per garantire il rispetto delle disposizioni dell'Unione europea in materia di articolazione dell'orario di lavoro, il comma 541 della legge di stabilità 2016, lettera b) ha disposto che, entro il 29 febbraio 2016, le regioni e le province autonome, definissero un piano concernente il fabbisogno di personale, contenente l'esposizione delle modalità organizzative del personale, tale da garantire il rispetto delle norme vigenti (che hanno recepito quelle dell'Unione europea) in materia di articolazione dell'orario di lavoro, attraverso una più efficiente allocazione delle risorse umane disponibili;
   il movimento 5 stelle, durante l'esame della legge di Stabilità, ritenendo inconsistente l'impegno puramente formale dell'esecutivo, che non aveva stanziato un solo euro, aveva proposto una copertura da 300 milioni di euro per l'assunzione di 3mila medici e 3mila infermieri, su tutto il territorio nazionale;
   evidentemente anche la scadenza su indicata è stata totalmente disattesa e nulla al riguardo è scritto nel documento di economia e finanza, da poco esaminato alle Camere, quindi il nostro Paese deve subire ancora una volta il richiamo dell'Unione europea, «bacchettato» per il mancato adeguamento alla normativa europea sull'orario del personale medico ospedaliero;
   il rimprovero subito è solo l'ultimo esempio di una miriadi di inadempienze da parte del Governo e del Ministero della salute. Solo per citare i provvedimenti più importanti che, nonostante le mille promesse, sono tuttora fermi ricordiamo: i nuovi Lea, il già vecchio patto per la Salute, il patto per la sanità digitale, l'aggiornamento del nomenclatore tariffario e non da ultimo l'impegno preso e non mantenuto della nostra mozione sullo sblocco del turn over, approvata alla Camera nel giugno 2015 anche dalla maggioranza –:
   sulla base delle indicazioni dell'articolo 1 comma 541 lettera b) della legge 28 dicembre 2015 n. 208, quali siano i piani di fabbisogno di personale riportati da ogni singola regione e della provincia autonoma di Trento e Bolzano, con particolare riferimento alle quantità di personale da assumere, suddivisi per singola disciplina all'interno di ogni azienda sanitaria, nonché le risorse finanziarie necessarie. (5-08728)


   CARNEVALI, LENZI, MIOTTO, BENI, AMATO, CAPONE, SBROLLINI, PATRIARCA, D'INCECCO, PICCIONE, PAOLA BOLDRINI, PIAZZONI, GRASSI e BURTONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come si legge dall'ultima relazione annuale su droga e dipendenze 2015 presentata dal Governo al Parlamento in Italia il fenomeno del gioco d'azzardo è in continua crescita e in questi anni sta assumendo dimensioni sempre più rilevanti, come osservabile dall'andamento delle statistiche dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ex AAMS) relative alla quantità di denaro giocato. In parallelo si stanno anche rafforzando le evidenze scientifiche che portano a connotare quanto la pratica del gioco d'azzardo può esitare in sviluppo di forme di vera e propria dipendenza (gioco d'azzardo patologico) o comportamenti a rischio (gioco d'azzardo problematico);
   «La dimensione del fenomeno in Italia è difficilmente stimabile in quanto ... non esistono studi accreditati, esaustivi e validamente rappresentativi del fenomeno. In ogni caso i dati epidemiologici disponibili in Italia non si discostano molto da quelli internazionali. Secondo i dati del Rapporto Eurispes 2009, in Italia il gioco d'azzardo coinvolge fino al 70-80 per cento della popolazione adulta (circa 30 milioni di persone). La popolazione italiana è stimata in circa 60 milioni di persone, di cui il 54 per cento ha giocato d'azzardo con vincite in denaro almeno una volta negli ultimi 12 mesi. La stima però dei giocatori d'azzardo “problematici” (cioè di coloro che giocano frequentemente investendo anche discrete somme di denaro ma che non hanno ancora sviluppato una vera e propria dipendenza patologica pur essendo a forte rischio evolutivo) varia dall'1,3 per cento al 3,8 per cento della popolazione generale (da 767.000 a 2.296.000 italiani adulti), mentre la stima dei giocatori d'azzardo “patologici” (cioè con una vera e propria malattia che si manifesta con una dipendenza patologica incontrollabile) varia dallo 0,5 per cento al 2,2 per cento (da 302.000 a 1.329.00 italiani adulti)»;
   «Si tratta di soggetti particolarmente vulnerabili che per una serie di fattori, individuali (di tipo neuro psichico), familiari ed ambientali, se esposti allo stimolo del gioco e/o a pubblicità incentivanti il gioco, possono sviluppare una vera e propria patologia. Questo dato, ormai ove consolidato dalle evidenze scientifiche, impone a tutte le amministrazioni di riferimento l'adozione di strategie e misure contenitive del fenomeno». È così che la relazione ritrae insieme i giocatori e le azioni delle pubbliche amministrazioni e delle strutture sanitarie, ricordando infine come l'indagine conoscitiva (student population survey) condotta negli anni 2012-2013 dal DPA sulla popolazione studentesca (15-19 anni), ha messo in evidenza la pratica del gioco d'azzardo nel 49,4 per cento degli intervistati. Questa popolazione è composta da una quota di giocatori sociali (39,0 per cento), da giocatori problematici (7,2 per cento) e da giocatori patologici (3,2 per cento). L'ultima annotazione riguarda la «preoccupante associazione è stata trovata tra frequenza della pratica del gioco d'azzardo e consumo di sostanze che evidenzia una correlazione lineare tra le due condizioni sia nella popolazione giovanile (15-19 anni) sia in quella generale (15-64 anni). Il problema esiste ed è andato crescendo in questi ultimi anni anche a causa della sempre maggiore diffusione delle opportunità di gioco tramite internet e le nuove applicazioni degli smart-phone»;
   fino ad ora l'azione legislativa è intervenuta in primis con il decreto-legge 9 settembre 2012, convertito con modificazione della legge 13 novembre 2012, n. 189, cosiddetto «decreto Balduzzi» nel 2012 che ha previsto l'aggiornamento dei LEA per la prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da ludopatia, tutt'ora in fase di approvazione, anche se da diversi anni le regioni hanno preso in carico i soggetti affetti da disturbo da gioco d'azzardo, compatibilmente con le risorse esistenti, attraverso i propri servizi per le dipendenze, fornendo loro assistenza e trattamenti; poi con la legge 23 dicembre 2014 n. 190, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015), che all'articolo 1, comma 133 ha destinato, «a partire dal 2015, una quota annua di 50 milioni di euro per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d'azzardo. Un milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinato per la sperimentazione di modalità di controllo dei soggetti a rischio di patologia, mediante l'adozione di software che consentano al giocatore di monitorare il proprio comportamento generando conseguentemente appositi messaggi di allerta. La medesima legge stabilisce, inoltre, che il Ministero della salute adotti linee di azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dalle patologie connesse al gioco d'azzardo e che venga trasferito al Ministero della salute l'Osservatorio istituito dal decreto Balduzzi presso l'Agenzia delle Dogane e i Monopoli di Stato, al fine di realizzare il monitoraggio della dipendenza dal gioco d'azzardo e della efficacia delle azioni di cura e di prevenzione intraprese»; infine con la legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) che all'articolo 1 comma 946 ha istituito, al fine di garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dal gioco d'azzardo patologico (GAP), come definito dall'Organizzazione mondiale della sanità, presso il Ministero della salute il Fondo per il gioco d'azzardo patologico (GAP). Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Per la dotazione del Fondo di cui al periodo precedente è autorizzata la spesa di 50 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016 –:
   quali siano ad oggi i dati aggiornati sul fenomeno del gioco d'azzardo in Italia;
   quali siano stati i criteri di riparto nonché l'impiego effettivo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano dei fondi stanziati dall'articolo 1 comma 133 della legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015);
   quale sia allo stato attuale l’iter di approvazione delle linee d'azione per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette dalle patologie connesse al gioco d'azzardo da parte dal Ministero della salute;
   quale sia allo stato attuale l’iter di approvazione del decreto di riparto delle risorse del Fondo per il gioco d'azzardo patologico (GAP) istituito dall'articolo 1, comma 946 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. (5-08730)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge attuale in materia della donazione del sangue da cordone ombelicale in vigore è il decreto ministeriale del 18 novembre 2009, modificato in data 22 aprile 2014. «Le unità risultate idonee all'uso trapiantologico vengono conservate presso strutture pubbliche, denominate “banche”, afferenti alla rete nazionale delle banche, coordinate dal centro nazionale sangue (CNS), in collaborazione con il centro nazionale trapianti (CNT), per gli aspetti relativi al trapianto. Attualmente la rete nazionale è costituita da 19 banche. Per garantire che la raccolta e la conservazione del sangue cordonale al momento del parto vengano svolte secondo standard operativi definiti, ai fini dell'autorizzazione e accreditamento delle banche, con l'accordo Stato regioni del 29 ottobre 2009, sono stati individuati i “requisiti organizzativi, strutturali e tecnologici minimi per l'esercizio delle attività sanitarie delle banche di sangue da cordone ombelicale”, tenendo conto degli standard nazionali ed internazionali elaborati da Società scientifiche e gruppi internazionali. Con l'accordo Stato regioni del 20 aprile 2011, su “linee guida per l'accreditamento delle Banche di sangue da cordone ombelicale”, sono state fornite indicazioni alle regioni in ordine al numero delle banche che deve essere commisurato ai reali bisogni, e sono stati regolamentati, tra l'altro, anche i rapporti tra la banca e i punti nascita afferenti, inclusa la formazione del personale sanitario addetto alla raccolta, sulla base di protocolli concordati con la banca stessa.» così si legge nel testo della risposta del Governo ad un atto presentato dal sottoscritto n. 4-07564 in data 31 luglio 2015;
   non tutte le sale parto ospedaliere sono attrezzate, circa 300 i reparti di ginecologia e ostetricia che offrono il servizio; di contro, ci sono le banche private del cordone (dove per banche private s'intendono le agenzie private di procurement, società estere con una trentina di filiali in tutta Italia). Hanno siti web, alto livello efficienza ed offrono vari servizi assistenziali. Nel nostro paese, secondo quanto stabilito dalla legge, sono possibili solo la donazione eterologa, con la quale si dona il cordone ombelicale a beneficio della collettività, proprio come avviene per le donazioni di sangue, e la donazione dedicata, ovvero riservata al proprio neonato o un consanguineo per quelle famiglie ad alto rischio di malattie genetiche o che hanno già un bimbo malato. Sia la donazione eterologa che quella dedicata sono gratuite, a carico del Servizio sanitario nazionale e vengono gestite da una rete di 19 banche pubbliche;
   in data 13 marzo 2015 Elena Skoko, Presidente del Comitato per il Rispetto dei Diritti dei Neonati (CoRDiN), intervenendo ad un convegno svoltosi presso la Camera dei Deputati dal titolo: «Convegno Diritti Umani dei Neonati e la Donazione del Sangue Cordonale», specificava come: «[...] In Italia ci sono 19 banche pubbliche di sangue di cordone ombelicale. Già nel 1999 il dott. Sirchia scrisse che ne basterebbero 1-2, argomentando con il fatto che più banche e più sacche ci sono, più crescono i costi di mantenimento rispetto al fabbisogno. Questo dato viene confermato da uno studio svizzero del 2010 Thomas Bart, “Cost effectiveness of cord blood versus bone marrow and peripheral blood stem cells, ClinicoEconomics and Outcomes Research” il quale conclude che l'attuale sistema di raccolta di cellule staminali da sangue cordonale andrebbe rivisto in rapporto alla raccolta di cellule staminali provenienti da adulti, cioè dal midollo osseo. L'articolo conclude che i costi della raccolta del sangue neonatale sono proibitivi per tutti i sistemi sanitari del mondo e vanno seriamente discussi dalle istituzioni preposte. Nell'ottica di una possibile promozione della raccolta, se dovesse avere successo, provocherebbe un buco incalcolabile al SSN. Dal punto di vista del consumo, se ci fossero 300.000 unità disponibili, secondo i ricercatori svizzeri all'occorrenza una piccola sacca di sangue neonatale costerebbe circa 82.000 euro, non 17.000 euro come adesso. Parlando degli standard qualitativi delle 19 banche nazionali, solo 4 hanno ottenuto l'accreditamento internazionale FACT, Centro Nazionale Sangue, Banche di sangue di cordone ombelicale. Quasi tutte le altre hanno soltanto certificazioni regionali, e una nemmeno quello. Nel 2013 la Banca di Sciacca di Palermo ha perso 20.000 sacche raccolte, tutte quelle che aveva, l'equivalente della raccolta annua nazionale»;
   oggi la comunità scientifica internazionale non raccomanda la conservazione delle cellule staminali del cordone ombelicale solo per il proprio bambino, perché in realtà queste cellule oggi risultano più utili per altri soggetti compatibili che non per i donatori stessi. Nella cura della leucemia, per esempio, non si consiglia il trapianto di cellule proprie (conservate alla nascita) perché potrebbero già contenere componenti di fragilità o difetti che hanno portato alla leucemia. La comunità scientifica dunque raccomanda la donazione solidaristica delle cellule staminali contenute nel sangue del cordone ombelicale, che saranno conservate in banche pubbliche, a favore di tutti e dunque anche del proprio bambino o di un fratellino. Le malattie per le quali i vantaggi derivanti dall'uso di cellule staminali emopoietiche (cioè del sangue) sono scientificamente provate sono gravi malattie del sangue: leucemie, linfomi, talassemie, alcune immunodeficienze, difetti metabolici. Non ci sono invece terapie consolidate per il trattamento di malattie come diabete, Alzheimer, Parkinson, sclerosi multipla. Molti siti internet di banche private fanno riferimento a 70 patologie curabili, ma è un messaggio fuorviante, in realtà le malattie curabili appartengono alle cinque grosse categorie di cui sopra. Inoltre questi siti si enfatizzano la prontezza del trattamento e i benefici. Sono parole più dettate dal marketing che non dall'evidenza scientifica. Le banche commerciali straniere che offrono questo servizio (specificando sempre ciò che intendiamo per banche private), chiedono un pagamento iniziale di circa mille-2 mila euro a cui vanno poi aggiunte quote annuali di 100-200 euro. La donazione alle banche pubbliche è gratis, a carico del servizio sanitario nazionale. Considerati i costi di conservazione, le banche pubbliche restringono le donazioni ai casi in cui il sangue del cordone ombelicale abbia tutte le caratteristiche di qualità richieste. Inoltre non sempre il personale è disponibile. In Lombardia ci si è concentrati sui grossi ospedali. L'obiettivo è di triplicare l'inventario (da circa 28 mila donazioni a 90 mila) per avere una copertura ottimale della popolazione, come negli Stati Uniti. In un articolo apparso in data 26 ottobre 2011 sulla rivista online «Oggi Scienza» dal titolo: «Tutte le bugie delle banche private del cordone» si descriveva come: «[...] È la cosiddetta conservazione “autologa”, a uso e consumo personale del neonato. È vietata in Italia (a meno di non rivolgersi, appunto, a società estere), eppure va molto di moda. Più di 60 mila genitori negli ultimi dieci anni hanno spedito a San Marino, in Svizzera, Belgio, Germania o Gran Bretagna il cordone del neonato. Perché — viene detto loro — se un giorno il bimbo dovesse ammalarsi di tumore, leucemia o linfoma, talassemia e altre terribili malattie “potenzialmente curabili”, come sclerosi multipla, diabete, paralisi, distrofia muscolare, potrà utilizzare le sue cellule staminali come “pezzi di ricambio”. La paura fa novanta. E tanti accettano di sottoscrivere quella che viene presentata come “un'assicurazione biologica”, al prezzo di circa 2 mila euro tutto compreso. Nemmeno tanto. Peccato che le cose non stiano così. Sul business dei cordoni ombelicali (che dai primi anni 2000 a oggi ha fruttato almeno 150 milioni di euro) è intervenuta anche l'Antitrust. Sei banche private del cordone (Smart Bank, Cryosave Italia, Futura Stem Cells, Future Health, Sorgente e Crylogit Regener) sono finite nel mirino dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato per pubblicità ingannevole. In particolare, il provvedimento chiede di rettificare bugie e omissioni riguardanti: tempi di conservazione delle sacche cordonali (garantiti fino a 20-25 anni, mentre la letteratura scientifica fissa il limite a 15-16 anni), reali applicazioni terapeutiche del trapianto autologo, numero di trapianti autologhi effettivi e procedure per il rientro dei campioni. [...]»;
   a quanto risulta all'interrogante, le banche, in Italia raccolgono ogni anno decine di migliaia di donazioni private di sangue cordonale-neonatale, con corresponsione di pagamento, per l'esportazione all'estero dove le sacche di sangue vengono crioconservate, non risulta tuttavia che alcuna unità di sangue cordonale-neonatale proveniente da banche private (definite come sopra) sia mai stata utilizzata, inoltre nelle brochure delle banche private di raccolta del sangue viene raccomandata la massima raccolta di cellule e quindi si presume che il clampaggio avvenga prima dei 60 secondi –:
   se il Ministro interrogato non intenda razionalizzare e ridurre il numero di banche pubbliche, visti anche l'insostenibilità economica di un sistema attualmente articolato in 19 banche pubbliche;

se non intenda verificare gli standard qualitativi delle banche pubbliche ed in particolare rendere vincolante per tutte l'accreditamento internazionale FACT e se non intenda agire per sospendere dall'attività le banche pubbliche senza credenziali in regola fino al raggiungimento dell'accreditamento necessario;
   se non intenda verificare lo standard qualitativo della banca di Sciacca, già oggetto nel 2013 della perdita della totalità delle sacche di sangue conservate;
   se sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e quali iniziative di competenza intenda intraprendere, se non ritenga, altresì, necessario avviare un'indagine per verificare l'operato delle agenzie che agiscono per procura per le banche private estere e se non si ritenga inutile la loro esistenza e da vietare la donazione autologa per evidente inutilizzazione delle sacche conservate all'estero per conto dei privati cittadini assumendo il principio di precauzione per salvaguardare la salute dei neonati finché non siano certe le evidenze scientifiche che attestino un beneficio o un danno alla salute dei donatori, quest'ultimo anche solo interpretabile come un depotenziamento delle autonome capacità rigenerative dell'organismo umano attraverso il bagaglio di cellule staminali che vengono trasgredite dalla placenta al neonato nei primi minuti di vita;
   se non si intenda verificare la corretta informazione pubblicitaria delle agenzie che svolgono in Italia la mediazione contrattuale fra genitori dei donatori e banche private all'estero e se in particolare non si intenda indagare circa il reale rispetto in caso di donazione dei necessari 60 secondi per effettuare il clampaggio e la donazione;
   se non ritenga opportuno, verificare quali siano i reali tempi di clampaggio di queste raccolta e quali siano le informazioni di carature promozionale e di carattere sanitario in possesso dei genitori su rischi e benefici della donazione offerta civile strutture private;
   se in base a quanto narrato in premessa, non reputi, ai fini di un'adeguata informazione ed in virtù della legge sulla trasparenza, chiarire, attraverso anche la pubblicazione sul sito del Ministero della salute, i costi della raccolta del sangue da cordone ombelicale da parte delle banche private, ed altresì chiarire le pratiche che rientrino nei canoni previsti dall'ordinamento, distinguendole da quelle non a norma;
   se non intenda fornire tempestivamente informazioni circa ulteriori aggiornamenti delle linee guida e quale ente a livello istituzionale sia incaricato di sviluppare le medesime. (4-13246)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CANCELLERI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture con la legge n. 114 del 2014, all'articolo 39 comma 1, viene introdotto il comma 2-bis che recita: «La mancanza, l'incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all'uno per mille e non superiore all'uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l'individuazione della soglia di anomalia delle offerte»;
   al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 codice dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture con la legge n. 114 del 2014, all'articolo 39 comma 1, viene introdotto il comma 1-ter che recita: «Le disposizioni di cui articolo 38, comma 2-bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara»;
   con la determinazione n. 1 dell'8 gennaio 2015 recante «Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell'articolo 38, comma 2-bis e dell'articolo 46, comma 1-ter del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163», l'ANAC ha inteso fornire uno strumento alla Stazioni Appaltanti per la gestione del soccorso istruttorio in sede di gara. L'ANAC puntualizza che «In caso di mancata regolarizzazione degli elementi essenziali carenti la stazione appaltante procederà all'esclusione del concorrente dalla gara» e nel caso in cui la mancata integrazione dipenda da una carenza del requisito dichiarato «all'incameramento della cauzione». Tuttavia l'Autorità non chiarisce con precisione cosa accade nei casi in cui il concorrente decida di non avvalersi del soccorso istruttorio;
   la Corte di Giustizia europea (causa C-42/13) si è pronunciata in merito alla legittimità dell'esclusione di una ditta atteso che, prima dell'entrata in vigore del novellato articolo 38, comma 2-bis, l'assenza di una dichiarazione essenziale era stata regolarizzata mediante soccorso istruttorio. Un'estensione del soccorso istruttorio prima dell'entrata in vigore del decreto su decisione discrezionale della commissione di gara sarebbe, invece, un comportamento lesivo del principio comunitario di parità di trattamento e dell'obbligo di trasparenza. Dopo l'entrata in vigore del decreto, mutatis mutandis, l'ammissibilità del soccorso istruttorio a tutti gli elementi essenziali per tutti i concorrenti conferma l'applicazione generale del principio di parità di trattamento sebbene con effetti sostanzialmente diversi nell'economia di gara. È questo il discrimine che ha promosso la centrale di committenza ASMECOMM in tutte le procedure bandite dagli enti aderenti a ridosso del 24 giugno 2014 e/o del 19 agosto 2014, rispettivamente entrata in vigore del decreto e della legge di conversione;
   la centrale di committenza ASMEL CONSORTILE scarl, coerentemente con le linee-guida del centro studi ASMEL, consiglia agli enti operanti sulla piattaforma ASMECOMM di attenersi al puntuale dettato normativo, non applicando la sanzione nel caso in cui la ditta dichiari tempestivamente di non avvalersi della facoltà di integrazione documentale riconosciuta dall'articolo 38, comma 2-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   il TAR Toscana, Sezione II, con sentenza n. 444 del 18 marzo 2015, è intervenuto in merito ad alcuni aspetti applicativi del soccorso istruttorio, tra cui le caratteristiche della cauzione provvisoria e l'obbligatorietà della stessa ai sensi dell'articolo 38, comma 2-bis. Riguardo a quest'ultimo aspetto viene evidenziato che laddove la mancanza della cauzione fosse qualificata come non essenziale, la stazione appaltante non dovrebbe neppure richiedere la regolarizzazione «ma ciò equivarrebbe ad affermare che la prestazione della garanzia per il pagamento della sanzione pecuniaria ex articolo 38 comma 2-bis, non è in realtà necessaria: il che vanificherebbe e renderebbe inutile la disposizione normativa e questo porta a concludere che la carenza di cui si discute costituisce “mancanza essenziale”, di cui la stazione appaltante deve chiedere la regolarizzazione e che deve essere poi oggetto di sanzione»;
   per il CESE, disporre di procedure d'appalto comuni a livello europeo garantisce una maggiore trasparenza e obiettività. Ad ogni modo, le direttive concedono a ciascuno Stato membro una grande flessibilità a livello amministrativo per adeguare le procedure e gli strumenti alle loro situazioni specifiche. Flessibilità di cui lo Stato dovrebbe approfittare per dimostrare maggiore impegno nella lotta alla trasparenza amministrativa utile a sconfiggere attività corruttive oppure alla deburocratizzazione, all'abbattimento dei costi e alla diminuzione dei contenziosi dovute alle gare d'appalto;
   quanto novellato dalla norma è già stato applicato nel caso del bando di gara per lavori per lo sviluppo di servizi culturali al territorio e alla produzione artistica e artigianale che opera nel campo dell'arte e dell'architettura contemporanea – linea di intervento 3.1.33. del PO FESR 2007/2013 CIG 53510577 in cui il comune di Messina ha chiesto il pagamento della sanzione pecuniaria alle ditte partecipanti;
   il comma 2-bis determina un aumento dei costi da sostenere sia per quanto riguarda le aziende partecipanti che vogliono avvalersi del soccorso istruttorio ma anche per quanto riguarda la pubblica amministrazione, se verrà confermato l'obbligatorietà del pagamento della sanzione da parte delle aziende, che dovrà emettere la sanzione, incassarla e prevedere un processo di controllo e recupero delle sanzioni non riscosse;
   il comma 2-bis in questione non solo ha l'effetto di aumentare la burocrazia nell’iter dell'aggiudicazione (prevedendo una scadenza ulteriore per le irregolarità essenziali) ma alimenta il costo di partecipazione ad una gara in Italia. Infatti, gli imprenditori europei che vorranno partecipare a una gara in Italia dovranno mettere in conto il costo della sanzione pecuniaria prevista (data la mancata standardizzazione europea dei documenti da presentare alle stazioni appaltanti);
   oltre all'aumento della burocrazia probabilmente si registrerà un aumento dei ricorsi da parte delle imprese con documentazione regolare e conseguentemente anche dei tempi di aggiudicazione dell'appalto poiché si parla di irregolarità essenziale. Inoltre non è da escludere la possibilità di applicazioni di sanzioni pecuniarie atte solo far cassa per l'ente (come ad esempio si legge dagli articoli di stampa riguardo le multe con l'autovelox nei comuni) ed in questo caso, trattandosi di appalti pubblici che interessano la collettività, ogni distorsione del sistema diventerebbe un illecito;
   a quanto risulta solo l'Italia prevede una sanzione di questa tipologia;
   ormai è pratica consolidata quella di effettuare una valutazione d'impatto prima di approvare una legge per valutarne gli effetti finanziari, siano essi positivi o negativi ed in questo caso non se ne ha traccia –:
   quale sia l'orientamento del Governo in merito alla possibilità di permettere, tramite pagamento di sanzioni e anche per irregolarità essenziale, l'ammissione in gara di aziende che alla scadenza del bando non presentavano documentazione regolare a discapito di quelle che invece forniscono tutto quanto richiesto dal bando entro la scadenza dei termini posto che tali disposizioni violano secondo gli interroganti il principio di parità di trattamento/pari condizioni;
   se vi sia il rischio di un aumento dei contenziosi e dei costi sia per le aziende partecipanti al bando che per la pubblica, amministrazione;
   se sia stato valutato se per il nostro Paese possa essere penalizzante un aumento dei costi rispetto alla situazione vigente negli altri Paesi europei che gli interroganti giudicano ingiustificato e se la norma di cui al comma 2-bis citato in premessa, sia conciliabile con il principio dettato dall'Europa di procedure d'appalto comuni. (5-08725)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nonostante il trend storico di contrazione della corrispondenza tradizionale (quella affrancata con francobolli), il numero delle emissioni filateliche, in Italia come in molti altri Paesi occidentali, rimane elevato;
   il programma di emissioni annuale delle carte-valori postali per il 2015, definito dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con la Consulta filatelica, comprende più di 70 nuovi francobolli ma il numero definitivo sembra destinato a crescere. Si segnala a questo proposito come la cifra relativa alle emissioni per il 2015 sembrerebbe ben al di sopra delle 40 all'anno che il Ministero dello sviluppo economico prevede di autorizzare e che fanno parte del programma filatelico;
   quanto sopra conferma, altresì, come, nel quadro più ampio della politica filatelica nazionale, particolare attenzione sia riservata alla valorizzazione del ruolo del francobollo non solo nell'accezione più comune connessa alla funzione di pagamento anticipato di servizi di corrispondenza, ma soprattutto come strumento, di identità civile e promozione culturale ed anche come veicolo dello stile italiano e del made in Italy nel mondo;
   nell'epoca di internet e della comunicazione elettronica, inoltre, il francobollo mantiene intatta la propria validità di testimone della cultura e delle tradizioni di un Paese e per questo è necessario promuoverne l'utilizzo e la conoscenza, in particolare presso le giovani generazioni; in questa ottica è del tutto evidente come l'emissione di un francobollo assume una caratura particolare laddove essa va ad intrecciarsi con forti motivazioni sia di carattere storico e culturale, ma anche di sviluppo economico e produttivo attinenti l'oggetto del francobollo stesso;
   è questo il caso della richiesta di emissione di un francobollo celebrativo dei riti pasquali della Settimana Santa: «Le Perdune – I Misteri di Taranto», promossa dal Circolo filatelico e numismatico «La Persefone Gaia» di Taranto e dall'Arciconfraternita del Carmine di Taranto;
   nel vasto panorama delle ritualità religiose legate alle celebrazioni pasquali nel Sud Italia, i riti della Settimana Santa tarantina si distinguono per molteplici ragioni di carattere culturale. Ricchissima, infatti, è la bibliografia legata ai riti tarantini e le ritualità tarantine sono state oggetto di numerose tesi di laurea di primo e secondo livello, in diverse università italiane ed europee, nei corsi di lettere, filosofia, antropologia, economia aziendale, sociologia, scienze religiose, e altro. Il mecenatismo delle stesse confraternite coinvolte e di altre realtà della società civile, ha promosso negli anni, in occasione della preparazione dei Riti, numerosissimi concerti di complessi sinfonici, bandistici e formazioni coreutiche, locali, regionali, nazionali e internazionali, militari e civili, nonché numerosissime mostre di arte figurativa, mostre e concorsi fotografici e cinematografici, concorsi letterari e di arte figurativa nelle scuole di, tutti i livelli. I riti di Taranto sono comparsi numerose volte in documentari realizzati dal servizio pubblico o da produttori di televisioni commerciali, ininterrottamente, ormai a partire dal documentario realizzato dall'Istituto Luce nel 1949. Si ricordi, fra gli altri, il reportage realizzato nel 1990 dall'emittente inglese BBC. Le Confraternite tarantine con i riti pasquali sono state sempre presenti alle varie Borse del turismo di Milano, Bologna, Foggia. I riti di Taranto sono comparsi in molte produzioni televisive (sceneggiati e fiction) per la RAI e per le reti Mediaset, e in numerose produzioni cinematografiche, in ultimo il lungometraggio «Il miracolo» del regista Edoardo Winspeare (2004, CliCialc Primo Premio Sezione Colore; 2003, Premio «Città di Roma» Migliore Film alla Biennale di Venezia; 2003, Premio FEDIC alla Biennale di Venezia);
   nel corso del tempo, tuttavia, è apparsa ancor più evidente l'occasione di sviluppo economico e sociale che i riti pasquali della Settimana Santa possono rappresentare non solo per la città di Taranto, ma per tutto il suo territorio. Un territorio, non si dimentichi, che vede la propria originaria vocazione allo sviluppo turistico – in ragione delle bellezze paesaggistiche e delle ricchezze e unicità enogastronomiche – pesantemente mortificata da una massiccia presenza industriale che, per converso, non ha saputo creare, almeno a parziale contrappeso, un'accettabile stabilità economica garantita da buoni livelli occupazionali;
   in un contesto nel quale si sta facendo ogni sforzo per cancellare un immagine di Taranto e del suo territorio legata sempre ad eventi negativi (inquinamento ambientale, crisi dell'Ilva, crisi occupazionale) e, ribaltando la tendenza alla rassegnazione ed alla critica, si punta a restituire al capoluogo jonico – culla della «Magna Grecia» – il posto che merita, i riti pasquali della Settimana Santa rappresentano una reale occasione di rinascita;
   l'emissione del francobollo celebrativo dei Riti pasquali tarantini sarebbe un volano importante per l'attivazione di un circuito virtuoso di sicuro impatto dal punto di vista economico, produttivo e sociale sull'intero territorio;
   tale richiesta può essere inserita a pieno titolo, secondo l'interrogante, in quel «progetto Taranto» al quale ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio Renzi in occasione dell'approvazione definitiva del decreto-legge n. 1 del 2015 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, relativo al risanamento e alla riqualificazione del capoluogo ionico e dell'are circostante, in un quadro di sviluppo più ampio comprendente la cultura, il porto, l'ambientalizzazione dell'area e non più (solo) IlvA;
   una prima richiesta relativa all'emissione del francobollo celebrativo dei riti Pasquali Tarantini è già stata inoltrata dai soggetti promotori nel 2014, non ricevendo tuttavia alcun riscontro dal Ministero dello sviluppo economico;
   la richiesta è stata rinnovata di recente, in modo da pervenire entro il 31 ottobre 2015, al fine di poter costituire – secondo quanto disposto dal Ministero dello sviluppo economico – la base per una limitata integrazione al programma filatelico per il prossimo anno, già definito con le proposte raccolte ed esaminate dal Ministero tra quelle che già pervenute entro il 31 maggio 2015;
   il 28 ottobre 2015 la risposta del Sottosegretario Giacomelli, ad un'interrogazione, la n. 5-06783 con cui la sottoscritta interrogante chiedeva al Ministro dello sviluppo economico quali iniziative intendesse assumere per contribuire all'emissione celebrativa, lasciava ben sperare, riconoscendo pienamente l'importanza culturale, morale ed economica dell'iniziativa, e assicurando che la «Consulta per l'emissione delle carte-valori postali e la filatelia» l'avrebbe valutata per la serie sulle festività, «che si propone di celebrare i più importanti appuntamenti, religiosi e laici che ogni anno scandiscono la vita della comunità nazionale». Nella replica, l'interrogante dichiarò la soddisfazione provata e sottolineo nuovamente il contributo dell'emissione filatelica al rilancio della città;
   poco prima di Natale, purtroppo per la seconda volta (era già accaduto nel 2014) la Consulta filatelica ha escluso l'emissione dedicata a Le Perdune –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di contribuire alla promozione del messaggio culturale e di sviluppo economico e produttivo del quale il francobollo è un potente veicolo, con particolare riferimento alla vicenda dell'emissione del francobollo celebrativo dei Riti Pasquali Tarantini sopra descritta. (5-08729)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da circa due anni sono attivi nella bassa padana i nuovi maxi piloni della linea elettrica Maleo-Chignolo Po, su cui Terna SpA ha investito risorse rilevanti, alla luce della strategicità di tale infrastruttura elettrica per il territorio;
   tuttavia, sulla vecchia rete, che avrebbe dovuto vedere, non appena attivata la nuova infrastruttura, la rimozione dei tralicci e l'interramento di parte della linea ancora utile, non è stato ancora effettuato nessun intervento da parte di Terna. Su 64 chilometri di linea circa la metà sono da eliminare;
   la rimozione dei tralicci è avvenuta soltanto nei punti dove di fatto la vecchia linea intralciava i lavori della nuova, mentre il resto attende di essere smantellato o interrato là dove ancora utile; gli interventi mancanti riguardano circa 6 chilometri della linea a Maleo, 2,5 a Pizzighettone, altri 6 sono gli attraversamenti aerei da rimuovere fra Senna e Orio Litta e una decina corrono fra Somaglia e Casale;
   l’iter del progetto, presentato da Terna in conferenza dei servizi circa un anno fa, è stato dalla stessa bloccato, a seguito di alcune evidenze, peraltro contenute in un accordo del 2008, sollevate dai comuni interessati dalla realizzazione della nuova infrastruttura e dal conseguente smantellamento e interramento dei vecchi tralicci;
   il progetto risulta attualmente bloccato nonostante l'impegno di Terna ad una nuova convocazione, che sarebbe dovuta avvenire nel termine di un anno dall'ultimo incontro con i comuni, ampiamente superato; oltretutto l'entrata in funzione della nuova linea prevedeva la contestuale realizzazione degli interventi sulla vecchia linea, necessari alla completa realizzazione dell'intero progetto infrastrutturale;
   la nuova linea elettrica svolge una funzione di efficienza energetica necessaria per il territorio ma parte della vecchia rete è tuttora attiva e deve continuare ad esserlo, senza tralicci e con i fili interrati –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle ragioni che impediscono la conclusione dei lavori di smantellamento dei vecchi tralicci e interramento della linea utile alla nuova infrastruttura elettrica Maleo-Chignolo Po, e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda adottare affinché si realizzi quanto prima il completamento delle opere necessarie alla completa realizzazione dell'intero progetto infrastrutturale. (4-13234)


   NASTRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 16 maggio è scaduto il termine per la domanda di esenzione del pagamento del canone Rai, la cui imposta a partire dal prossimo luglio sarà addebitata in via automatica, con l'utenza per la fornitura di energia elettrica, nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica, ai sensi dell'articolo 1, comma 153 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 – legge di stabilità 2016;
   al riguardo, i contribuenti nei confronti dei quali sono previsti diversi casi di esenzione, sono tenuti alla presentazione della dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato, composta rispettivamente da due quadri: A per chi dichiara che in nessuna delle abitazioni per le quali è titolare di utenza elettrica, è detenuto un apparecchio televisivo (definito nella nota del Ministero dello sviluppo economico del 22 febbraio 2012) da parte di alcun componente della famiglia anagrafica o che in nessuna delle abitazioni per le quali è titolare di utenza elettrica è detenuto un apparecchio televisivo, da parte di alcun componente della famiglia anagrafica, oltre a quello per cui è stata presentata la denunzia di cessazione dell'abbonamento radiotelevisivo per suggellamento e B, per chi dichiara che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato, non deve essere addebitato in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante, in quanto il canone è dovuto in relazione all'utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia anagrafica;
   l'interrogante evidenzia inoltre, come dal punto di vista informativo e delle conoscenze tecniche, relative alle modalità di pagamento e dei casi di esonero del pagamento del canone Rai, il provvedimento da parte dell'Agenzia delle entrate, che inizialmente prevedeva la scadenza del 30 aprile, secondo quanto risulta anche da diversi organi d'informazione sia telematica che cartacea, sia stato reso noto, in maniera lacunosa e parziale, come confermano le numerosissime denunce segnalate dalle associazioni dei consumatori, che reclamano una scarsa assistenza anche da parte dei call center, dell'Agenzia delle entrate e della stessa Rai, in quanto non sono stati in grado di gestire le numerosissime richieste di informazioni dei contribuenti;
   a giudizio dell'interrogante inoltre, risultano a tutt'oggi poco chiare e incomprensibili da parte di un numero elevatissimo di contribuenti, in particolare da parte degli anziani, le modalità corrette di compilazione dei moduli relativi alla dichiarazione sostitutiva relativa al canone di abbonamento alla televisione per uso privato, in considerazione del fatto che esistono fra l'altro numerosi casi di esonero, non contemplati all'interno di quelli ufficialmente previsti e riportati su siti internet dell'Agenzia delle entrate, del Ministero interrogato e della stessa Rai, i cui effetti distorsivi rischiano di determinare un doppio addebito nella bolletta elettrica, soltanto perché non ha o inviato la dichiarazione in tempo o in quanto tenuti al pagamento di 50 euro per averla inviata in ritardo;
   ulteriori profili di criticità, a parere dell'interrogante, si rinvengono anche dalla scarsa informazione da parte del servizio pubblico televisivo, che non ha divulgato in maniera costante e precisa nel corso dei mesi precedenti sia i termini della scadenza prevista (come suddetto lo scorso 16 maggio), che le istruzioni da seguire per la predisposizione della dichiarazione sostitutiva;
   le osservazioni in precedenza esposte, secondo l'interrogante, evidenziano in definitiva, un quadro complessivo di estrema confusione ed incertezza, relativamente all'adempimento del pagamento del canone Rai, anche per i casi di esenzione del tributo che, a giudizio dell'interrogante, presenta manifesti profili di incostituzionalità, oltre ad essere una tassa obsoleta, trasformata (attraverso l'addebito sull'utenza elettrica) in uno strumento per «fare cassa»;
   la necessità di prevedere misure di proroga per i termini per la richiesta di esonero, come peraltro giustamente richiesto da numerose categorie di utenti, risulta pertanto, a giudizio dell'interrogante, urgente e necessaria, al fine di una maggiore chiarezza per un provvedimento che inserisce l'imposta all'interno della bolletta elettrica e che, in considerazione delle criticità in precedenza richiamate, si è manifestata palesemente complicata e difficile osservanza da parte dei contribuenti –:
   quali intendimenti nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano esprimere, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se condividano le criticità in precedenza richiamate, che hanno determinato una notevole confusione e incertezza, per un elevatissimo numero di categorie di utenti, interessati dal pagamento del canone della Rai o dall'esenzione, sia con riferimento alla mancata osservanza dei termini di scadenza, causata da una scarsa informazione pubblica, che dalle complessità derivanti dalle regole da seguire, rivelatesi eccessivamente elaborate, anche in considerazione delle moltissime denunce provenienti dai consumatori;
   in caso affermativo, se non ritengano urgente e necessario, intervenire al fine di prorogare ulteriormente i termini per le richieste di esenzione dal canone di abbonamento televisivo per uso privato, già scaduti e prevedere iniziative volte a definire in maniera chiara e dettagliata un quadro complessivo per il pagamento del canone Rai addebitato nell'utenza elettrica, rivelatosi incerto e altamente complicato. (4-13247)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Palese altri n. 1-01271, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pisicchio.

  La mozione Beni e altri n. 1-01274, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Antezza, Amoddio, Paola Bragantini.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Pelillo altri n. 7-00976, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fregolent.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Miccoli e altri n. 2-01375, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Roberta Agostini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-08490, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benamati, Gnecchi, Lenzi, De Maria, Baruffi, Montroni, Paola Boldrini, Patrizia Maestri, Pagani.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-08638, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Benamati, Gnecchi, Lenzi, De Maria, Baruffi, Montroni, Paola Boldrini, Patrizia Maestri, Pagani.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-08666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Paola Boldrini.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Lenzi e altri n. 3-02264, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capozzolo, Albanella.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Bosco e altri n. 3-02270, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Garofalo.

Cambio di presentatore di interrogazione a risposta scritta.

  Interrogazione a risposta scritta n. 4-13173, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2016, è da intendersi presentata dall'onorevole Catalano già cofirmatario della stessa.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Gianluca Pini n. 4-11799 del 26 gennaio 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Zappulla n. 5-07587 del 1o febbraio 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Quaranta n. 5-08428 del 19 aprile 2016;
   interrogazione a risposta scritta Mannino n. 4-12936 del 21 aprile 2016.

Ritiro di firme da una mozione.

  Mozione Palese e altri n. 1-01271, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 maggio 2016: sono state ritirate le firme dei deputati: Capezzone, Corsaro, Bianconi.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Cancelleri n. 4-08887 del 22 aprile 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08725.