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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 3 maggio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nel Paese, le recenti riforme del mercato del lavoro e del settore pensionistico hanno prodotto un effetto di segmentazione, di categorizzazione dei lavoratori che ha reso manifesto il rischio, purtroppo divenuto realtà, di un conflitto intergenerazionale;
    come detto, una delle cause di questo esito è rappresentato dal fatto che, in condizioni di stagnazione economica, di bassa produttività, stante la contemporanea ed endemica presenza di un alto debito e deficit pubblico che rende ancor più complessa la situazione socio-economica che l'intero Paese attraversa, la riforma del mercato del lavoro e delle pensioni non sono state considerate come variabili tra loro dipendenti, avendo preferito intraprendere un percorso riformatore autonomo che ha però portato all'emanazione di una disciplina non solo distinta, ma anche separata, facendo in modo che, oggettivamente, il diritto al lavoro e il suo corollario, il diritto alla pensione, siano tra loro attualmente in contrapposizione;
    in tale situazione si assiste al fenomeno di alte percentuali di inoccupati e disoccupati, siano essi giovani o anziani, causate come detto da precedenti dissennate scelte di utilizzo delle risorse pubbliche, ma anche da attuali scelte politiche e giuridiche che hanno frammentato interessi, diritti, patti sociali;
    il fenomeno del mancato inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, secondo dati Istat, è da imputarsi anche al mantenimento nel circuito produttivo di un numero sempre crescente dei lavoratori cosiddetti maturi, fenomeno conseguente anche alla riforma del settore previdenziale;
    nonostante il Governo abbia emanato norme sul mercato di lavoro all'asserito fine di incrementare le assunzioni, tale risultato non è stato conseguito, come da molte previsioni liquidate dal Governo con il fastidio riservato a qualunque critica costruttiva: così il tasso di disoccupazione in genere, riguardante tutti, giovani e anziani, uomini e donne, resta ancora molto alto, pari all'11,4 per cento. Numeri che sottolineano l'urgenza di intervenire ulteriormente, alla luce dell'esperienza fatta;
    utile sarebbe l'emanazione di una nuova normativa relativa sia al settore pensionistico, attraverso una revisione dei requisiti pensionistici, che del mercato del lavoro, con il mantenimento o la proposizione di diversi e più efficaci incentivi al fine di aumentare l'occupazione, il reddito e l'attività d'impresa. Infatti, nonostante siano aumentati i contratti a tempo indeterminato, non è diminuito il precariato, né tanto meno l'occupazione giovanile ha subito un'impennata. Sono inoltre aumentati gli inattivi, pari al 35,5 per cento in base ai dati Istat. La situazione descritta è diversa da quanto si poteva sperare dopo l'entrata in vigore delle nuove norme del lavoro. Appare assente l'auspicata e necessaria spinta al rilancio occupazionale, con ciò accomunando nel medesimo destino giovani e non, inoccupati e disoccupati;
    grave appare anche la condizione dei lavoratori ultraquarantenni e ultracinquantenni, poiché si è giunti ad un punto nel quale la disoccupazione non ha età. Si tratta di cittadini che si trovano in una spiacevole condizione: essere senza pensione, ma anche senza lavoro;
    si è poi in presenza di una generazione che il presidente della Bce, Mario Draghi, ha definito come la «più istruita di sempre», la quale rischia di essere perduta definitivamente. L'Istat conferma i temuti calcoli dell'Inps secondo cui, per un lavoratore tipo nato tra il 1980 e il 1990, c’è una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni. Un «buco» destinato a pesare sul raggiungimento delle pensioni, che a seconda del prolungamento dell'interruzione può slittare fino a 75 anni. La criticità della situazione è dimostrata dai dati Istat, che evidenziano un'occupazione sempre più a macchia di leopardo;
    le principali criticità derivanti dalla riforma previdenziale del 2011 appaiono connesse, nell'immediato, alle problematiche legate alla possibilità di prosecuzione dell'attività da parte dei lavoratori anziani e alle eventuali ricadute negative sull'equità e la crescita economica e, nel futuro più prossimo, alle rigidità e iniquità introdotte all'interno del sistema contributivo riguardo alla possibilità di accedere alle pensioni anticipate. La riforma non è invece intervenuta per provare a sanare quella che, in prospettiva, appare la principale criticità del sistema previdenziale italiano, ovvero la mancanza di misure che contrastino i rischi di inadeguatezza delle prestazioni per i lavoratori appartenenti allo schema contributivo che dovessero essere caratterizzati da carriere svantaggiate e intermittenti;
    allo stesso modo, analizzando in prospettiva gli effetti della riforma del mercato del lavoro, quelli macroeconomici sono trascurabili nel medio-lungo periodo, mentre quelli occupazionali sono moderatamente negativi nel caso dei provvedimenti di riforma adottati negli ultimi due anni, e in media debolmente positivi, nel caso dell'implementazione della «Garanzia Giovani»;
    appare necessaria una nuova – e assai diversa – stagione di legislazione riformatrice, che abbia un respiro ampio, non limitato al raggiungimento di insufficienti risultati immediati, bensì basata su proposte che abbiano il necessario respiro lungo, con un orizzonte temporale di ampio periodo che riesca ad invertire la rotta attuale, mediante la realizzazione di riforme strutturali in grado di dare un futuro dignitoso a chiunque, mediante un equo e coordinato contemperamento delle esigenze, dei bisogni, dei diritti di tutti i cittadini, senza più segmentare i provvedimenti a favore di determinati soggetti individuati in base al parametro dell'età, avente il grande limite di programmare solo il breve periodo, con ciò evidenziando i vantaggi ricevuti da una sola categoria e il disinteresse verso la contemporanea regressione dei diritti di altre categorie di cittadini conseguente all'attuazione della riforma stessa,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative necessarie a favorire la creazione di laboratori sociali dove i cosiddetti lavoratori maturi possano proseguire la propria attività, anche al fine di trasmettere conoscenze, saperi, abilità ai giovani lavoratori, con particolare riferimento ai cosiddetti «vecchi mestieri», che si sta rischiando di perdere come patrimonio non solo lavorativo ed economico ma anche culturale, per meglio valorizzare le peculiarissime capacità, risorse e competenze trasmesse da moltissime generazioni precedenti, facendo dell'Italia un modello di cui è bene farsi interpreti, innovando nella tradizione;
   ad adottare le opportune iniziative necessarie a favorire una nuova formazione e riqualificazione dei lavoratori ultracinquantenni al fine di aumentare le potenzialità imprenditoriali e lavorative mediante l'opportuno utilizzo di internet, che rappresenta il mezzo mediante il quale offrire a chiunque abbia le necessarie competenze nuove opportunità di lavoro e impresa, e, conseguentemente, a predisporre tutte le azioni necessarie a ridurre il digital divide;
   ad adottare le opportune iniziative necessarie a favorire e incentivare ulteriormente l'utilizzo di diverse tipologie contrattuali come il part-time, l’home working, il job-sharing, con particolare riguardo ai lavoratori in età matura;
   ad adottare le opportune iniziative necessarie a favorire l'attuazione di ulteriori effettive, efficaci ed efficienti politiche di sostegno al reddito universale, con particolare riferimento ai cosiddetti lavoratori maturi;
   ad adottare efficaci e concrete iniziative, entro l'anno corrente, volte a favorire il pensionamento dei lavoratori aventi un'età che li rende prossimi alla pensione.
(1-01246) «Baldassarre, Artini, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 4 della Costituzione italiana recita espressamente: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società»;
    pertanto, tutti i cittadini italiani hanno diritto ad un lavoro, tuttavia, anche attraverso l'adozione di interventi normativi per incentivare l'occupazione di specifiche fasce di disoccupati, si rischia spesso di discriminare altri cittadini e pregiudicarli rispetto alle possibilità di accesso al mercato del lavoro;
    al riguardo, una delle più grandi discriminazioni che si sta attuando è quella nei confronti dei disoccupati cosiddetti «maturi». Si tratta dei cittadini ultraquarantenni che hanno perso il lavoro in età matura e non riescono a ricollocarsi, per la sussistenza di ostacoli di varia natura, che si sono ormai incardinati nel mercato del lavoro;
    le istituzioni, sia nazionali che locali, non hanno mai adottato concrete iniziative a tutela di queste persone, che, non solo non hanno più un'occupazione, ma non possono accedere, né al trattamento previdenziale, né a valide iniziative di natura sociale a loro sostegno;
    si tratta, dunque, di una classe di lavoratori disoccupati, che vive in una situazione di emarginazione, sebbene il loro status di disoccupati è di gran lunga più grave di quello relativo alla classe dei giovani, poiché spesso si tratta di persone che devono sostenere economicamente il proprio nucleo familiare. Il disoccupato maturo ha una situazione anche psicologica oggettivamente peggiore, poiché si trova in una fascia di età in cui sembra un fatto scontato quello di dover produrre reddito per mantenere i propri figli e difficilmente si è sostenuti economicamente dai genitori, anzi, accade che anche questi ultimi possano essere a carico. Inoltre, queste persone, oltre ad aver perso il lavoro, si trovano, di frequente, a dover sostenere rilevanti spese, poiché hanno precedentemente acceso dei mutui, richiesto prestiti, retto costi per gli studi dei figli, a cui non possono più far fronte e che comportano l'accumulo di debiti, con ulteriore ed evidente aggravio della loro situazione;
    gli interventi normativi, favorendo soprattutto l'occupazione giovanile, hanno alimentato un evidente pregiudizio da parte delle imprese nei confronti dei lavoratori maturi, che può essere espresso nel concetto di «young in, old out». Al riguardo, si ricorda che il decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, «Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 187, del 13 agosto 2003, all'articolo 3 sancisce: «Il principio di parità di trattamento senza distinzione di età si applica a tutte le persone sia nel settore pubblico che privato con specifico riferimento alle seguenti aree: accesso all'occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione (...)». In definitiva, quindi, non è legittimo discriminare in base all'età, eppure sono a dir poco frequenti i limiti in tal senso, nelle procedure selettive e nelle offerte di lavoro. Tale discriminazione, attuata da aziende multinazionali, piccole imprese, agenzie per il lavoro e grandi società di head hunting, sussiste in mancanza di controlli e di un garante che faccia rispettare la normativa in materia;
    a tale scenario, si aggiungono ulteriori interventi che hanno pregiudicato i disoccupati maturi, ossia le riforme previdenziali varate negli ultimi anni e caratterizzate dall'inserimento di criteri peggiorativi, rispetto ai requisiti temporali, per l'accesso alla pensione. In particolare, si è trattato di riforme che, proprio nella fase di crescita del fenomeno dell'espulsione dal ciclo produttivo dei lavoratori cosiddetti «over», hanno del tutto ignorato le conseguenze devastanti per coloro che, a pochi anni dal riconoscimento del diritto alla pensione, hanno perso il lavoro e, contestualmente, si sono visti prorogare, nel tempo, il requisito anagrafico e/o contributivo, per ottenere l'assegno pensionistico che avrebbe rappresentato l'unica possibile fonte di reddito,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative che prevedano specifici e idonei controlli, anche istituendo un'apposita figura che faccia da garante, per escludere ogni iniziativa che comporti discriminazioni in base all'età e pregiudichi l'accesso e la ricollocazione dei cosiddetti lavoratori maturi nel mondo del lavoro;
   a porre in essere ogni intervento che rimuova gli ostacoli che, ad oggi, hanno complicato, se non impedito, la ricollocazione dei lavoratori maturi, contestualmente, promuovendo iniziative che agevolino il loro accesso/ricollocazione nel mondo del lavoro;
   ad assumere iniziative volte a promuovere, presso i centri per l'impiego, percorsi formativi finalizzati al ricollocamento e, in virtù delle loro specificità, dedicati ai lavoratori inoccupati di età superiore a 40 anni, con garanzia di accesso gratuito all'offerta formativa, nonché di accesso gratuito a servizi di orientamento professionale;
   a promuovere specifiche ed immediate iniziative a sostegno di coloro che sono rimasti senza una fonte di reddito, poiché hanno perso il lavoro e, contestualmente, non hanno potuto ottenere il trattamento pensionistico, avendo subito un peggioramento dei requisiti per accedervi;
   a porre in essere ogni idonea iniziativa per consentire la legittima uscita dal mondo del lavoro e, di conseguenza, l'accesso al trattamento pensionistico di quelle categorie che hanno subito evidenti penalizzazioni dalle recenti riforme pensionistiche (a titolo di esempio, i cosiddetti quota 96, quota 41, lavoratori «quindicenni» della «riforma Amato»), in modo da favorire l'ingresso nel mercato del lavoro di inoccupati e disoccupati.
(1-01247) «Rizzetto, Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Petrenga, Taglialatela, Totaro».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 1, comma 39, della legge 8 agosto 1995, n. 335, ha delegato il Governo ad emanare norme intese a riordinare, armonizzare e razionalizzare le discipline dei diversi regimi previdenziali, in materia di contribuzione figurativa, di ricongiunzione, di riscatto e di prosecuzione volontaria, nonché a conformarle al sistema contributivo di calcolo;
    il primo provvedimento emanato in attuazione di questa delega è stato il decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, che disciplina, oltre alla contribuzione figurativa, anche la copertura di alcuni periodi scoperti da contribuzione e valutabili mediante riscatto;
    l'articolo 6 del decreto legislativo n. 564 del 1996 riconosce «in favore degli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti e alle forme di essa sostitutive ed esclusive, i periodi successivi al 31 dicembre 1996, di formazione professionale, di studio o di ricerca, privi di copertura assicurativa, finalizzati alla acquisizione di titoli o competenze professionali richiesti per l'assunzione al lavoro o per la progressione in carriera, possono essere riscattati a domanda, qualora, ove previsto, sia stato conseguito il relativo titolo o attestato, mediante il versamento della riserva matematica secondo le modalità di cui all'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni e integrazioni»;
    dalla normativa in vigore, risulta dunque che, solo a partire dal 1o gennaio 1997, si possono riscattare gli anni di formazione professionale;
    risulta che, a causa del tardivo intervento legislativo, coloro i quali hanno partecipato a corsi professionali antecedenti la data del 1o gennaio 1997 sono rimasti esclusi, pur essendo in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge sopra citata in quanto possessori sia dell'attestato professionale, sia della vidimazione apposta sul libretto di lavoro dei periodi formativi;
    numerosi lavoratori che negli anni precedenti hanno frequentato corsi di formazione professionale hanno ricevuto risposta negativa dall'INPS in esito alla richiesta di accredito dei contributi per i periodi di frequenza,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte ad una modifica della normativa vigente, al fine di consentire ai lavoratori, che hanno frequentato e concluso corsi di addestramento professionale anche in periodi antecedenti il 31 dicembre 1996, in possesso dei requisiti stabiliti dalla legge, il computo dei periodi di frequenza ovvero la possibilità di riscatto a titolo oneroso degli stessi ai fini previdenziali.
(7-00986) «Gribaudo, Coppola, Albanella, Arlotti, Damiano, Cinzia Maria Fontana, Paris».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   la Costituzione sancisce, all'articolo 19, tra i diritti fondamentali dei cittadini, la libertà di professare «la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto» e, all'articolo 20, stabilisce che le associazioni religiose «non possono essere causa di speciali limitazioni legislative». Accanto a tale importante articolo si colloca la Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite che, all'articolo 18, indica come fondamentale la «libertà di religione» e tutela «la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
   il consiglio regionale veneto, nella 35a seduta del 5 aprile 2016, ha approvato delle modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 (legge per il governo del territorio);
   il provvedimento inserisce vincoli urbanistici e linguistici e l'ipotesi di referendum per la realizzazione e l'attivazione di nuovi luoghi di culto. In particolare prevede che: «i luoghi di culto possano sorgere soltanto in aree F (infrastrutture e impianti di interesse pubblico, nella maggior parte dei comuni presenti in periferia), purché dispongano di strade, parcheggi e opere di urbanizzazione adeguate («con oneri a carico dei richiedenti»), previa convenzione stipulata col Comune («contenente un impegno fideiussorio»). Queste norme riguardano gli immobili destinati a «sedi di associazioni, società o comunità di persone le cui finalità aggregative siano da ricondurre alla religione, all'esercizio del culto o alla professione religiosa, quali sale di preghiera, scuole di religione o centri culturali»;
   per le attività «non strettamente connesse alle pratiche rituali del culto» si debba usare l'italiano; in aggiunta, oltre a inserire l'obbligo della convenzione con il comune e altri limiti severi sulla viabilità d'accesso e sui parcheggi, si prevede la possibilità di indire un referendum tra la popolazione sulle questioni urbanistiche;
   nel 2015 anche la regione Lombardia aveva, di fatto, cercato di modificare la propria legge per il governo sul territorio, nelle parti dedicate alla realizzazione di edifici di culto. In particolare, aveva modificato le condizioni per l'applicabilità di tali norme agli enti delle confessioni diverse da quella cattolica nonché le regole sulla pianificazione urbanistica degli edifici di culto, demandata a nuovo e apposito «piano delle attrezzature religiose»;
   il Governo ha impugnato diversi punti della normativa regionale lombarda, e con sentenza n. 63 del 2016, la Corte costituzionale, pronunciandosi sui motivi di ricorso, ha anzitutto ribadito che il principio di laicità implica non indifferenza di fronte all'esperienza religiosa, bensì impegno a salvaguardare la libertà di religione, in una situazione di pluralismo confessionale e culturale, che il libero esercizio del culto è un aspetto essenziale della libertà di religione ed è riconosciuto egualmente a tutti, e a tutte le confessioni religiose, e che l'apertura di luoghi di culto, a sua volta, è forma e condizione essenziale del pubblico esercizio del culto;
   il testo quindi approvato dalla regione Veneto, in base alla sentenza poc'anzi richiamata, risulta già lesivo dei principi prima richiamati, difatti, limita e impone molte restrizioni edilizie introdotte ad hoc per allontanare dai centri abitati i centri culturali musulmani, le chiese evangeliche o ortodosse, i luoghi di culto sikh, buddisti e altri o addirittura vietarli a discrezione dei sindaci;
   ma non solo: il provvedimento in questione colpisce indirettamente anche le chiese cattoliche e le canoniche future, i luoghi della parrocchia, le scuole di formazioni legate al mondo cattolico, i seminari, le sedi Caritas, degli scout, dell'Azione cattolica e via discorrendo –:
   quali siano le iniziative di competenza, in ragione degli elementi riportati in premessa, che il Governo ha intenzione di intraprendere per salvaguardare concretamente il diritto alla libertà di religione e di culto sul territorio del Veneto, come sancito dagli articoli 19 e 20 della Costituzione e dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU, e quali azioni politiche intenda porre in essere, anche alla luce della richiamata sentenza n. 63 del 2016 della Corte costituzionale.
(2-01362) «Rostellato, Rubinato, Camani, Moretto, Crivellari, Tacconi, Ginato, Naccarato, Zoggia, D'Arienzo, Narduolo, Zan, Murer, Miotto, Casellato, De Menech, Crimì, Mognato, Rotta, Sbrollini, Marzano, Pes, Cinzia Maria Fontana, Gandolfi, Carra, Giuseppe Guerini, Tentori, Rampi, Laforgia, Currò».

Interrogazioni a risposta immediata:


   MONCHIERO e RABINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   l'annosa ed irrisolta vicenda dell'autostrada A33, Asti-Cuneo, è emblematica delle difficoltà che il Paese incontra nella realizzazione di opere pubbliche;
   pensata decenni fa, intrapresa su iniziativa dell'Anas, successivamente affidata ad una società concessionaria compartecipata, con quota di minoranza, dal medesimo ente, l'opera è rimasta incompiuta per la mancata realizzazione di due lotti centrali, 2.5 e 2.6, ed è concretamente inutilizzabile;
   con le conferenze dei servizi svoltesi il 14 marzo e il 19 aprile 2012 venne concordata tra enti locali, concessionario ed Anas una sostanziale modifica al lotto 2.5, che riduceva sensibilmente il costo dell'opera, ma da allora nessun atto concreto è stato compiuto;
   nemmeno l'articolo 5 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (il cosiddetto decreto-legge «sblocca Italia»), finalizzato a rivedere la complessa tematica delle concessioni autostradali, ha avuto l'effetto sperato e, nonostante il personale interessamento dei Ministri succedutisi nella XVII legislatura, l'opera rimane uno degli esempi più eclatanti di grande opera incompiuta;
   le concessioni autostradali si caratterizzano, infatti, per una serie di difficoltà specifiche: carenza di risorse pubbliche effettivamente disponibili; contesti normativi complessi; sottostima dei costi e sovrastima dei ricavi al momento dell'aggiudicazione; clausole contrattuali tendenzialmente volte a tutelare il concessionario anche a scapito dell'interesse pubblico;
   gli interroganti ritengono che, al di là di ogni specificità delle singole situazioni, il problema del completamento delle opere pubbliche incompiute rivesta una priorità assoluta, sia sotto l'aspetto strettamente economico sia sotto quello dell'immagine della pubblica amministrazione, spesso associata all'idea stessa di inefficienza;
   gli investimenti, come volano della ripresa economica, e l'efficacia dell'azione amministrativa, come fondamento del ritrovato slancio del Paese, sono due punti irrinunciabili per uscire definitivamente dalla crisi che richiedono uno specifico, risolutivo intervento da parte dello Stato –:
   quali iniziative straordinarie intenda assumere il Governo per portare a compimento le numerose opere pubbliche da anni in corso di realizzazione – a partire dall'opera di cui in premessa – e dare così un segno di reale cambiamento del Paese.
(3-02227)


   DELLAI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la decisione dell'Austria di ripristinare i controlli al passo del Brennero per impedire eventuali nuovi flussi di profughi ha suscitato grande discussione in Europa e a livello internazionale e ha provocato forte allarme sociale soprattutto nella regione Trentino-Alto Adige/Süedtirol;
   da più parti si è sottolineato che tale decisione, risultata totalmente immotivata, contrasta con i principi umanitari e le regole europee in tema di libera circolazione delle persone e delle merci e provocherebbe – ove attuata – pesanti disagi logistici e non secondarie ricadute negative sul piano economico;
   per le popolazioni locali il ripristino del «muro del Brennero» rappresenta anche un passo indietro nella storia, posta l'alta valenza simbolica che la libera circolazione ha avuto nel percorso di cooperazione transfrontaliera tra Trento, Bolzano e Innsbruck;
   il Governo italiano si è subito espresso in maniera chiara contro tale decisione austriaca e numerosi sono stati gli incontri bilaterali al riguardo –:
   quali ulteriori iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo, sia nei rapporti con l'Austria sia in sede comunitaria, per affrontare la questione su esposta. (3-02228)


   MOLTENI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   i risultati delle politiche in tema di accoglienza, adottate da questo Governo, denotano un vero e proprio fallimento;
   i dati degli arrivi di immigrati nel nostro Paese clandestinamente con le navi (solo via mare 153.842 ingressi nel 2015 e per i primi tre mesi del 2016 già 19.932, con un aumento del 50 per cento rispetto allo stesso periodo del 2015) e della mancata attivazione degli strumenti di respingimento ed espulsione previsti dall'ordinamento nazionale e da quello comunitario (articoli 10 e 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e della direttiva 2008/115/CE) evidenziano come il fenomeno immigratorio abbia assunto ormai la dimensione di una vera e propria invasione programmata del territorio italiano;
   il sistema di accoglienza, a seguito anche delle ultime modifiche apportate con il decreto legislativo n. 142 del 2015, si articola in un sistema complesso che, oltre alla primissima accoglienza nei cosiddetti hotspot, si distingue in «prima accoglienza» assicurata nelle strutture governative di cui all'articolo 9, in «seconda accoglienza» nelle strutture di cui all'articolo 14 e, nei casi di emergenza e di indisponibilità nelle precedenti strutture, in quelle di cui all'articolo 11 (CAS), che, dovrebbero essere temporanee ma che di fatto sono diventate le più numerose ed utilizzate, registrando all'11 aprile 2016 139.215 presenze su un totale di 168.750 immigrati accolti nel sistema di accoglienza;
   chiunque arriva nel nostro Paese, indipendentemente dalla nazionalità e dalle modalità di ingresso, può presentare, in qualsiasi momento e senza limiti di tempo o preventivo controllo di ammissibilità, una domanda di protezione internazionale che di fatto blocca qualsiasi procedura di espulsione e il mantenimento gratuito del richiedente fino alla conclusione della procedura d'esame della domanda, che dura in media circa nove mesi;
   alla presentazione della domanda di protezione internazionale il richiedente asilo nelle strutture di accoglienza ha diritto, secondo quanto previsto già dalla circolare del Ministero dell'interno dell'8 gennaio 2014, ad una serie di servizi comprensivi di pulizia dei locali e lavanderia, erogazione dei pasti, prodotti per l'igiene personale, vestiario adeguato alla stagione, una ricarica telefonica di 15 euro all'ingresso, assistenza linguistica e culturale, sostegno socio-psicologico, assistenza sanitaria, «orientamento al territorio» e un pocket money di euro 2,5 al giorno per le spese personali;
   lo Stato corrisponde agli enti gestori delle strutture di accoglienza in media 35 euro al giorno per ogni richiedente ospitato e spesso si registrano situazioni di mancanza di meccanismi di controllo e monopoli da parte di associazioni e cooperative che gestiscono, anche in diverse province e regioni, numerosi centri di accoglienza e in alcuni casi senza partecipare ad alcun bando, ma per assegnazione diretta da parte delle prefetture;
   tale giro di denaro ha creato un vero e proprio business intorno al fenomeno migratorio;
   secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2016, fino ad aprile, di tutte le domande di asilo solo al 3 per cento dei richiedenti è stato riconosciuto lo status di rifugiato;
   pare che il fallimento della procedura di ricollocazione (decisioni n. 2015/1523 del Consiglio del 14 settembre 2015 e n. 2015/1601 del Consiglio del 22 luglio 2015) – che avrebbe dovuto comportare il trasferimento presso altri Paesi europei in totale di 160.000 richiedenti asilo di nazionalità siriana, irachena ed eritrea, di cui 39.600 dall'Italia – sarebbe da ricondurre anche al fatto che nel nostro Paese giungono, sempre in maggior numero, «richiedenti asilo» ivoriani, senegalesi e gambiani, nazionalità non indicate nel programma di ricollocazione e con i cui Stati l'Italia non ha attivato accordi di identificazione e riammissione;
   dall'avvio del piano di ricollocamento cosiddetto Junker gli Stati membri dell'Unione europea hanno rinviato in Italia, a fronte dei 580 ricollocati in Germania, Romania, Francia, Portogallo, Finlandia e Olanda, ben 1.101 immigrati irregolari, ossia circa il doppio. Nei primi sette mesi del piano pare siano 23.468 gli immigrati clandestini rintracciati nello spazio europeo che, secondo quanto dispone «Dublino III» (regolamento n. 604/2013), devono essere riammessi in Italia e di conseguenza le richieste in tal senso avanzate sono 4.219 dalla Germania, 4.704 dalla Svizzera, 1.921 dalla Francia e 1.669 dall'Austria;
   dunque, sebbene lungo la rotta ovest dei Balcani la situazione sembra risolta grazie alla volontà e alle iniziative dei Paesi posti su tale confine a difesa del proprio territorio a fronte dell'inerzia dell'Unione europea, perdurando però il massiccio arrivo di immigrati, agevolato dal permeabile confine marittimo italiano, sei Paesi dell'Unione europea, ossia Germania, Francia, Austria, Belgio, Svezia e Danimarca, chiederanno alla Commissione europea di prolungare di sei mesi, a partire dalla metà di maggio 2016, i controlli alle loro frontiere;
   secondo i dati forniti da Frontex, dopo la chiusura della rotta cosiddetta balcanica gli arrivi via mare nel nostro Paese a marzo 2016 sono stati 9.600, oltre il doppio rispetto a febbraio, con un incremento anche dall'Egitto;
   gli ottemperanti agli ordini di allontanamento del questore sono stati 169 nel 2014 e 176 nel 2015, a fronte, rispettivamente, di 14.375 e 17.164 inottemperanti, mentre, tra i provvedimenti di rimpatrio in seguito ai quali i clandestini siano effettivamente rimpatriati, il respingimento di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 286 del 1998 si è rivelato quello più efficace;
   secondo i dati dell'ufficio statistico europeo, l'Italia è, tra i Paesi maggiormente coinvolti nel problema immigrazione, quello che rimpatria meno immigrati clandestini: nel 2015 in Italia le espulsioni sono state 26.058, ma gli effettivi rimpatri 11.944, a fronte, ad esempio, degli 86.000 della Francia e dei 65.000 della Gran Bretagna;
   a parere degli interroganti, un'ulteriore azione disastrosa di questo Governo è l'aver sostenuto l'assurdo accordo con la Turchia in tema di reinsediamenti, che ha portato all'Italia un esborso di 224,9 milioni di euro e la soppressione dell'obbligo del visto per i cittadini turchi, al più tardi entro la fine del giugno 2016, con conseguente ingresso di ulteriori cittadini stranieri nel nostro Paese –:
   se il Governo, alla luce di quanto evidenziato in premessa, non riconosca il fallimento di quanto attuato finora in tema di immigrazione e non ritenga opportuno provvedere urgentemente ad una virata d'azione, a tutela del territorio italiano, dell'economia e della sicurezza della popolazione, ma soprattutto per garantire l'effettivo controllo e la possibile chiusura di tutte le frontiere, principalmente di quelle marittime, anche mediante azioni di respingimento previste dall'ordinamento nazionale, nonché il ricorso alle espulsioni e ai rimpatri, come imposto dalla normativa comunitaria sopra richiamata.
(3-02229)


   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   entro il 12 maggio 2016 la Commissione europea dovrà pronunciarsi sulla richiesta della sospensione di ulteriori sei mesi del Trattato di Schengen, avanzata dalla Germania con altri cinque Paesi dell'area dell'Unione europea;
   la continua disapplicazione delle regole di Schengen sta dimostrando tutti i limiti dell'Europa nella gestione comune della crisi migratoria e penalizza quei Paesi che hanno molti tratti di costa, come l'Italia o la Grecia, oltre a rappresentare un grave fallimento politico;
   in questo quadro l'incapacità dell'attuale Esecutivo nel far valere le ragioni della nostra nazione rispetto alla emergenza immigrazione appare in modo ancora più evidente, posto che l'Italia, secondo gli interroganti, è sempre solo relegata al ruolo di chi subisce le imposizioni provenienti dall'Unione europea, senza contribuire in alcun modo efficace alla gestione dei processi decisionali di maggiore rilievo politico –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire la sicurezza delle frontiere italiane, soprattutto quelle dell'Italia meridionale e insulare, ed evitare che il peso di un'eventuale prosecuzione della sospensione del Trattato di Schengen ricada esclusivamente sull'Italia, con rilevanti conseguenze in termini di squilibri sociali e di impatto sui conti pubblici.
(3-02230)


   SCOTTO, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta agli interroganti i voucher sembrerebbero essere sempre più utilizzati per nascondere l'utilizzo di lavoratori in nero e infortuni sul lavoro, nel quadro di un sistema imperniato sulla proliferazione di quelle che appaiono agli interroganti vere e proprie forme di schiavismo che favoriscono l'evasione fiscale sulla «pelle» dei lavoratori, soprattutto più giovani;
   recentemente la banca dati dell'Inps sul lavoro accessorio ha rilevato come nel 2015 siano stati venduti 115.079.713 voucher (di cui 78.139.845 presso i tabaccai, 11.366.442 presso gli uffici postali, 10.529.842 attraverso la procedura telematica, 8.237.617 presso le banche e 6.805.967 mediante le sedi Inps), rispetto ai 69.181.075 venduti nel 2014 (+66,35 per cento) e ai 40.787.817 venduti del 2013 (+182,14 per cento), evidenziando tuttavia come ne siano stai riscossi solo 87.981.801 (rispetto ai 63.878.306 del 2014 e ai 36.337.978 del 2013);
   si tratta di una differenza inspiegabile di circa 30 milioni di voucher in meno (del valore nominale di circa 10 euro l'uno) che corrispondono a 300 milioni di euro, ovvero 600 miliardi di vecchie lire, di lavoro prenotato e non pagato di cui non si sa nulla e che, soprattutto, nessuno si è preoccupato di tracciare e controllare nel 2015, come peraltro negli anni precedenti;
   nel 2015, peraltro, la quota di lavoratori che hanno effettuato prestazioni di lavoro accessorio risulta, sempre secondo i dati dell'Inps, cresciuta in modo esponenziale rispetto agli anni precedenti, tanto da risultare pari a 1.380.030 (rispetto ai 1.017.220 nel 2014 e ai 617.615 nel 2013), con una media annua di 303.210 (218.726 nel 2014 e 120.275 nel 2013);
   le cattive notizie sull'utilizzo dei voucher non finiscono qui. Nonostante questo strumento sia nato per far emergere il lavoro nero, da un articolo pubblicato dal sito www.repubblica.it alla pagina «Economia», in data 23 aprile 2016, si è appreso che all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) sia scattato un vero e proprio «allarme voucher». In particolare, risulterebbe che gli incidenti relativi a lavoratori retribuiti con voucher abbiano subito un'impennata; infatti, nel 2012 erano stati 436 mentre nel 2014 sono triplicati, arrivando a circa 1.400. Altro dato preoccupante è quello in relazione al numero degli infortuni sul lavoro, che in generale si stanno riducendo, anche a causa della crisi economica che ha prodotto una riduzione dei lavoratori occupati, ma che in relazione ai lavoratori retribuiti con voucher, nei quali è contenuta una quota destinata all'assicurazione e previdenza, tendono a crescere rispetto al 2012 di oltre il 200 per cento;
   infine, il rapporto pubblicato il 22 marzo 2016 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali consegna un quadro relativo all'utilizzo dei voucher per le prestazioni di lavoro accessorio ancora più disastroso. In base ai dati resi disponibili dall'Inps il numero delle persone retribuite con almeno un voucher è in costante crescita; infatti, queste sono passate dalle 24.437 del 2008 a 1.392.906 nel 2015 (nel 2014 erano stati 1.015.448). Con un'evidente accelerazione a partire dal 2012;
   nel 2013 i percettori di voucher erano 609.036, mentre nel 2012 l'utilizzo aveva riguardato 353.985 lavoratori, un dato, quest'ultimo, di poco superiore a un quarto rispetto a quello registrato nel 2015;
   in una tabella dell'Inps inserita anch'essa nel recente report del Ministero del lavoro e delle politiche sociali relativa al ricorso al lavoro accessorio emerge che la percentuale maggiore di voucher, il 44 per cento, è stata venduta in settori non meglio precisati, settori dove nel 2015 c’è stato un incremento del 251,6 per cento rispetto al 2014. In particolare, nel commercio, settore al secondo posto nell'utilizzo dei voucher, è stato acquistato circa il 15 per cento dei voucher, con un aumento rispetto all'anno precedente del 22,5 per cento;
   la quota di donne tra i percettori è cresciuta in maniera progressiva, passando dal 22 per cento del 2008 al 52 per cento del 2015, con un dato in linea con quello registrato nel 2014 quando, per la prima volta, il numero delle donne retribuite con almeno un voucher nel corso dell'anno ha superato quello degli uomini;
   i voucher nati come strumento per retribuire lavori occasionali, aggettivo del resto non più rintracciabile, nei testi legislativi si stanno estendendo in modo spropositato, diventando nella realtà uno strumento di destrutturazione e dispersione del lavoro, copertura del sommerso e generale peggioramento delle condizioni di lavoro delle persone;
   dai dati forniti si evidenzia un evidente abuso nell'utilizzo dello strumento dei voucher, nel quale sembra, peraltro, celarsi un evidente passaggio da contratti parasubordinati ai cosiddetti voucher;
   illustri esponenti che sostengono l'attuale maggioranza di Governo hanno messo in discussione l'attuale utilizzo dei voucher e la Cgil ha avviato la raccolta delle firme per addivenire all'indizione dei referendum sui temi del lavoro tra i quali si annovera, tra gli altri, quello sui voucher –:
   quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo per cancellare definitivamente quello che appare con tutta evidenza un sistema inaccettabile di gestione o organizzazione del lavoro, soprattutto dei più giovani, basato sull'utilizzo dell'istituto del voucher. (3-02231)


   GALATI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2016 a Reggio Calabria il Presidente del Consiglio dei ministri ha siglato due importanti documenti, il patto per la Calabria ed il patto per la città metropolitana di Reggio Calabria;
   si tratta di due atti di indirizzo molto attesi che rientrano nel progetto più vasto dei «patti per il Sud» e di una politica economica orientata al rilancio del Mezzogiorno, che denotano al contempo una rinnovata consapevolezza ed attenzione da parte del Governo verso un tema cruciale, quello della crescita, dell'innovazione e dello svecchiamento sistemico delle strutture economiche, amministrative e burocratiche del Sud, pilastro indispensabile di una politica economica coesa ed orientata alla crescita e fondamentale per contribuire in modo deciso allo slancio economico di un'economia nazionale, le cui opportunità possono e devono essere esaltate e messe in valore;
   la situazione economica del Mezzogiorno è d'altra parte un tema che non cessa di generare preoccupazione, per il grave divario economico che ha interessato i territori regionali del Meridione, le cui relative stime su occupazione, crescita e sviluppo, nonché di migrazione giovanile e «fuga dei cervelli», descrivono un quadro di emergenza ed urgenza;
   i patti per il Sud in tal senso rappresentano una prima importante risposta del Governo, da tempo attesa;
   i punti cardine della strategia degli impegni che il Governo si assume interessano molteplici aree e punti di intervento, dal sistema di infrastrutture nodali, alle questioni ambientali, allo sviluppo economico e produttivo, alla scuola, all'università e al lavoro, al turismo e al patrimonio culturale, all'edilizia sanitaria, alla sicurezza e alla legalità;
   si tratta di un elenco di impegni strategici ed obiettivi di medio periodo, che possono essere certamente funzionali a garantire uno sviluppo positivo e durevole dell'economia e dell'occupazione nel Mezzogiorno, con tutti i relativi benefici ed impatto positivo sul sistema-Paese;
   nel quadro degli obiettivi fissati è importante rimarcare, però, il ruolo preminente che può e deve rivestire, in questo ambizioso progetto ed in specie nel Mezzogiorno, la ricerca scientifica, fattore-chiave per la crescita e lo sviluppo dell'economia, il quale tuttavia non appare sufficientemente marcato nel patto per la Calabria;
   è opportuno rimarcare la valenza di questo fattore cruciale, in virtù della propria capacità di fornire innovazione attraverso l'applicazione tecnologica e la sperimentazione, favorendo in modo trasversale il progresso sociale, tecnico e scientifico;
   al riguardo, si segnala come sia già attivo un progetto, di cui al decreto direttoriale n. 713/ric. del 29 ottobre 2010 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rivolto proprio al potenziamento e al consolidamento di distretti e laboratori già esistenti, con l'obiettivo di realizzare sistemi integrati e coerenti di ricerca-formazione-innovazione per innescare un processo di crescita competitiva e sostenibile dell'economia delle cosiddette «regioni convergenza» (Puglia, Sicilia, Calabria e Campania);
   il Ministero ha invitato grandi imprese, piccole e medie imprese, università, enti pubblici di ricerca ed organismi di ricerca a presentare proposte progettuali;
   un processo interessante per le stime relative alle proprie ricadute positive sull'innovazione nei settori agrifood, salute dell'uomo e biotecnologie, tecnologie per le cosiddette smart communities, materiali, energia e ambiente, che consentirebbe di rafforzare la presenza di competenze scientifico-tecnologiche di accoglienza, ma che registra alcune criticità;
   in particolare, si registrano ritardi nell'apertura del sistema informatico Sirio sul quale caricare i progetti elaborati e nella concessione delle proroghe ai soggetti gestori di progetti già finanziati; criticità e ritardi che potrebbero essere superati proprio cogliendo l'occasione del nuovo slancio economico insito nei nuovi patti per il Sud;
   è questa, infatti, la nuova frontiera della cosiddetta «economia della scienza e della conoscenza», che deve essere implementata specialmente al Sud in considerazione delle possibili ricadute positive sull'occupazione, sull'attrattività economica del territorio, sul prodotto interno lordo pro capite e sull'economia generale, a partire dalla valorizzazione delle risorse endogene e delle positività presenti sul territorio;
   d'altra parte, l'attenzione del Governo verso la cultura emerge anche dal nuovo piano di finanziamenti per la cultura e la ricerca approvato recentemente dal Cipe, con lo stanziamento di 1 miliardo di euro a carico del fondo per lo sviluppo e la coesione 2014-2020 per il potenziamento del piano «turismo e cultura», finalizzato al potenziamento della fruizione turistica e per la messa in rete delle risorse culturali materiali e immateriali –:
   se ed in quale misura il Presidente del Consiglio dei ministri, compatibilmente con i nuovi indirizzi di Governo orientati alla crescita del Mezzogiorno, ritenga di poter supportare le azioni di Governo appena avviate mediante la costituzione di un polo strategico permanente di ricerca scientifica per la cultura mediterranea, anche conformemente alle nuove dotazioni finanziarie assegnate dal Cipe e destinate alla ricerca, consolidando il progetto di potenziamento dei distretti e laboratori ad alta tecnologia di cui al decreto direttoriale n. 713/ric. del 29 ottobre 2010 del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. (3-02232)


   BRUNETTA, BERGAMINI, CARFAGNA, GIAMMANCO, OCCHIUTO, POLIDORI e VALENTINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle «chiare violazioni della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina causata dagli atti di aggressione delle forze armate russe» (così si era espresso il Consiglio europeo del 3 marzo 2014), l'Unione europea ha deciso, a partire dal marzo 2014, l'introduzione di sanzioni mirate volte al congelamento dei beni ed a restrizioni per la concessione di visti per alcune persone individuate come responsabili di violazioni dei diritti umani, violenza e uso eccessivo della forza. Con successive decisioni tale lista è stata estesa ad un'ulteriore serie di persone fisiche ed allargata anche a persone giuridiche;
   nel giugno 2014 l'Unione europea ha deciso la sospensione dei negoziati con la Federazione russa per l'adesione all'Ocse e all'Agenzia internazionale per l'energia. Sono inoltre stati sospesi i summit bilaterali periodici Unione europea-Federazione russa;
   il Consiglio europeo del 16 luglio 2014 ha, inoltre, chiesto alla Banca europea per gli investimenti di sospendere la conclusione di nuove operazioni finanziarie in Federazione russa;
   a questo si è aggiunta, il 31 luglio e l'8 settembre 2014, anche l'adozione di sanzioni economiche nei confronti della Federazione russa, relative all'accesso ai mercati dei capitali, alla difesa, ai beni a duplice uso e alle tecnologie sensibili. Le sanzioni, adottate in risposta alle azioni della Russia nell'Ucraina orientale, erano state inizialmente introdotte per un anno, fino al 31 luglio 2015;
   il 22 giugno 2015 il Consiglio ha prorogato la durata delle sanzioni economiche di sei mesi, fino al 31 gennaio 2016. La decisione fa seguito ad un accordo preso in sede di Consiglio europeo nel marzo 2015, quando i leader dell'Unione europea hanno associato la durata delle sanzioni alla piena attuazione degli accordi di Minsk, stabilendo che le misure possono essere modificate, sospese o revocate completamente o parzialmente in base alla valutazione dell'attuazione del piano di pace in Ucraina;
   il 9 dicembre 2015, in seno al Coreper, che riunisce gli ambasciatori dei 28 Paesi dell'Unione europea, l'Italia ha chiesto un «dibattito politico» sul rinnovo delle sanzioni dell'Unione europea nei confronti della Federazione russa, invece di un rinnovo automatico delle stesse ogni sei mesi. Purtroppo, però, nel dibattito che ne è seguito in seno al Consiglio europeo, il nostro Paese non è stato in grado di far prevalere la linea della cancellazione definitiva delle sanzioni e si è deciso per il rinnovo; una decisione che, tra l'altro, necessita dell'unanimità dei consensi, su cui, quindi, l'Italia avrebbe potuto esercitare il proprio diritto di veto;
   ne è derivato che il Consiglio del 21 dicembre 2015 ha prorogato l'applicazione delle sanzioni economiche nei confronti della Federazione russa al 31 luglio 2016;
   infine, il 10 marzo 2016 il Consiglio ha ulteriormente prorogato le misure restrittive nei confronti di 146 persone e 37 entità fino al 15 settembre 2016;
   per quanto riguarda gli effetti delle sanzioni sull'economia dell'Unione europea, la Commissione europea rileva che nel solo anno 2015 le esportazioni verso la Federazione russa sono crollate del 28 per cento rispetto al 2014 e le importazioni del 26 per cento. Con particolare riferimento all'Italia, le esportazioni si sono ridotte del 17,5 per cento e le importazioni del 20,2 per cento;
   l'impatto è stato particolarmente negativo sul settore agricolo. Le esportazioni di prodotti agroalimentari dall'Unione europea verso la Federazione russa si sono, infatti, quasi dimezzate (-43 per cento), comportando una perdita pari a 5,1 miliardi di euro nel 2015. In Italia il crollo delle esportazioni di prodotti agroalimentari verso la Federazione russa si è ridotto del 38 per cento, generando una perdita di circa 250 milioni di euro;
   anche il turismo ha risentito, infine, delle sanzioni ed il numero di arrivi dalla Federazione russa in Europa per turismo nel 2015 si è ridotto di 2 milioni di unità (-18 per cento);
   gli interroganti esprimono grande apprezzamento per la risoluzione approvata il 28 aprile 2016 dall'Assemblea nazionale francese, con cui si è chiesto di cancellare le sanzioni dell'Unione europea contro la Federazione russa. Risoluzione molto simile nei contenuti alle mozioni presentate da Forza Italia il 12 giugno e il 21 dicembre 2015; contenuti che si è avuto modo di esprimere anche all'interno delle risoluzioni presentate dal gruppo il 10 settembre e il 16 dicembre 2015 e il 17 febbraio 2016;
   da mesi, infatti, Forza Italia in Parlamento chiede al Presidente del Consiglio dei ministri e al suo Governo di farsi promotori di un'iniziativa nel senso della cancellazione delle sanzioni, anche alla luce della situazione geopolitica attuale, come primo fondamentale passo per il disgelo e per costruire l'unità contro il terrorismo, in un momento in cui la minaccia del terrorismo islamico può essere combattuta solo da una grande coalizione internazionale che sotto l'egida dell'Onu metta insieme Europa, Cina, Paesi arabi, Federazione russa e Stati Uniti, coinvolgendo, in particolare, il ruolo di questi ultimi nel favorire processi di pace nel mondo;
   il Governo ha sempre respinto tali posizioni, limitandosi, in Europa, a richiedere una discussione politica su questo tema, escludendo un automatismo nel rinnovo delle sanzioni;
   a parere degli interroganti, tale decisione rimane, sin ad ora, l'unica decisione di politica estera di un qualche significato presa dall'Unione europea: la scelta dell'Europa è quindi stata quella di «farsi del male» da sola, colpendo la Federazione russa con le sanzioni. In questi mesi difficilissimi, l'Unione europea ha colpevolmente dato priorità alle questioni relative alla frontiera est, dimostrando cecità nel mancato coinvolgimento della Federazione russa quale alleata preziosa per pacificare i Paesi del Mediterraneo, continuando ad insistere sulle sanzioni, dannose innanzitutto per l'economia e le imprese anzitutto del nostro Paese, mostrandosi «unita» solo su questioni che hanno recato danni all'immagine, all'economia e ai rapporti dell'Europa stessa. Opporsi alle sanzioni non significa acquiescenza nei confronti di quanto avvenuto in Ucraina e in Crimea, ma, alla luce dei dati emersi e delle conseguenze che hanno fatto seguito all'applicazione delle misure, il bilancio dello strumento introdotto è certamente negativo; la questione avrebbe, quindi, richiesto una valutazione maggiormente ponderata e approfondita, considerando soluzioni alternative;
   la responsabilità dell'Italia è anzitutto quella di rispettare la sua tradizionale attitudine ad essere un ponte di pace con la Federazione russa, sulla scia di quanto realizzato a seguito degli accordi di Pratica di Mare, nati su impulso del Presidente Silvio Berlusconi, consentendo, nel 2002, una partnership strategica tra Nato e Federazione russa –:
   anche alla luce del dibattito avviato in Francia, se il Governo intenda riconsiderare, nell'ambito dell'Unione europea, la posizione dell'Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa, perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l'economia anzitutto del nostro Paese, nonché adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di Paesi, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all'annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa, anche valutando l'ipotesi di esercitare sul punto il proprio diritto di veto. (3-02233)


   MARTELLA, COSCIA, ASCANI, BLAZINA, BONACCORSI, CAROCCI, COCCIA, CRIMÌ, DALLAI, D'OTTAVIO, GHIZZONI, IORI, MALISANI, MALPEZZI, MANZI, NARDUOLO, ORFINI, PES, PICCOLI NARDELLI, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO, VENTRICELLI, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   per rafforzare e consolidare i segnali di ripresa dell'economia, dopo la più grave e prolungata crisi globale dal secondo dopoguerra, è necessaria un'azione di Governo improntata al sostegno degli investimenti pubblici su settori strategici come la ricerca, la cultura e le infrastrutture. Questo il segnale che è emerso, spesso in maniera ripetitiva, in tanti convegni, analisi e articoli di giornali in questi ultimi anni;
   domenica 1o maggio 2016, con una riunione straordinaria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe), è stata offerta una risposta concreta a tale obiettivo, approvando un piano di finanziamenti per la cultura e la ricerca, con 1 miliardo di euro di risorse per i beni culturali e la valorizzazione del turismo e 2,5 miliardi per la ricerca;
   le risorse destinate alla ricerca finanzieranno il programma nazionale per la ricerca, con l'obiettivo di finalizzare oltre il 40 per cento degli stanziamenti per il capitale umano;
   l'intervento sui beni culturali rappresenta la più grande operazione di investimento sul patrimonio culturale pubblico dell'Italia repubblicana che segue l'aumento delle risorse nella legge di stabilità per il 2016, con un complesso di 33 interventi, immediatamente cantierabili, nell'intera penisola che consentirà di portare a conclusione programmi rimasti in sospeso per mancanza di fondi e che in gran parte interessano i principali musei nazionali o siti di interesse storico;
   in coerenza con lo sforzo profuso dal Governo in questi ultimi due anni, gli interventi in questione si inseriscono nell'ampia azione di stimolo alla crescita e di miglioramento della competitività e di sostegno agli investimenti privati e pubblici, cui corrispondono i primi segnali positivi sul fronte dell'occupazione –:
   quali siano le iniziative conseguenti che il Governo intenda adottare per la definizione dei tempi e delle procedure attuative dei progetti in materia di ricerca e cultura, al fine di assicurarne la tempestiva operatività e la verificabilità in termini di occupazione e crescita. (3-02234)


   DELL'ORCO, SIBILIA, CASTELLI, D'INCÀ, COZZOLINO, DEL GROSSO, BATTELLI, PESCO, AGOSTINELLI, ALBERTI, BARONI, BASILIO, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PAOLO BERNINI, NICOLA BIANCHI, BONAFEDE, BRESCIA, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, BUSTO, CANCELLERI, CARIELLO, CARINELLI, CASO, CECCONI, CHIMIENTI, CIPRINI, COLLETTI, COLONNESE, COMINARDI, CORDA, CRIPPA, DA VILLA, DADONE, DAGA, DALL'OSSO, D'AMBROSIO, DE LORENZIS, DE ROSA, DELLA VALLE, DI BATTISTA, DI BENEDETTO, LUIGI DI MAIO, MANLIO DI STEFANO, DI VITA, DIENI, D'UVA, FANTINATI, FERRARESI, FICO, FRACCARO, FRUSONE, GAGNARLI, GALLINELLA, LUIGI GALLO, SILVIA GIORDANO, GRANDE, GRILLO, L'ABBATE, LIUZZI, LOMBARDI, LOREFICE, LUPO, MANNINO, MANTERO, MARZANA, MICILLO, NESCI, NUTI, PARENTELA, PETRAROLI, PISANO, RIZZO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, RUOCCO, SARTI, SCAGLIUSI, SORIAL, SPADONI, SPESSOTTO, TERZONI, TOFALO, TONINELLI, TRIPIEDI, VACCA, SIMONE VALENTE, VALLASCAS, VIGNAROLI, VILLAROSA e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la trasparenza è essenza stessa della democrazia italiana ed è uno strumento volto ad assicurare l'attuazione dei principi costituzionali dell'imparzialità e del buon andamento delle pubbliche amministrazioni, così come sanciti dall'articolo 97 della Costituzione;
   negli ultimi anni questo principio sta riformando la pubblica amministrazione rispetto ad un arcaico sistema organizzativo delle istituzioni pubbliche basato sull'autoreferenzialità e sull'inaccessibilità al mondo esterno. Mediante il principio di trasparenza il legislatore impone alle pubbliche amministrazioni di assicurare la massima circolazione possibile delle informazioni all'interno del sistema amministrativo, ma anche fra quest'ultimo ed il mondo esterno;
   mentre dunque negli ultimi anni la pubblica amministrazione sta facendo uno sforzo di apertura, sulla scena politica si sono affacciati nuovi importanti centri politico-decisionali extra-istituzionali che sfuggono sempre più alla trasparenza, ma che di fatto finanziano campagne elettorali e attività politica. Si tratta di soggetti privati che assumono per lo più la forma giuridica di fondazione e affiancano gli stessi partiti o i singoli personaggi politici per sostenere progetti o idee con la ricerca, con eventi o anche solo con un'attività per lo più di fund raising;
   secondo una ricerca pubblicata da Openpolis nel 2015, in Italia sarebbero 65 le fondazioni legate ad un personaggio politico nate per lo più negli ultimi 15 anni. Lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, come riportano numerose notizie stampa, è stato sostenuto nella sua ascesa politica dalle associazioni Link e Festina Lente prima e dalle fondazioni Big Bang e Open in un secondo momento;
   come già evidenziato in altre interrogazioni parlamentari, l'elenco in chiaro dei finanziatori di Open e Big Bang evidenzia che molti dei soggetti finanziatori abbiano avuto incarichi in società partecipate dallo Stato. Ma le fondazioni di riferimento del Presidente del Consiglio dei ministri, nel rispetto della legge sulla privacy, pubblicano ovviamente solo l'elenco dei finanziatori che abbiano dato assenso. Ciò quindi non permette di avere un quadro completo delle possibili relazioni che intercorrono tra soggetti economici più o meno forti e soggetti istituzionali che, con tutta evidenza, possono influenzare la politica del Paese;
   secondo quanto emerso sulla stampa, anche Banca Etruria sarebbe tra i finanziatori di Open e ciò potrebbe far pensare che ci sia un legame tra questo fatto e il salvataggio della banca deciso dal Governo;
   l'opinione pubblica è sempre più sensibile al tema della trasparenza dei processi decisionali e, proprio in tale ottica, si sta ponendo anche all'interno del Parlamento estrema attenzione al rapporto con i gruppi di potere o lobby e, al riguardo, è stato recentemente approvato un nuovo regolamento della «attività di rappresentanza di interessi», svolta all'interno delle sedi della Camera dei deputati che, sebbene ad avviso degli interroganti non sia del tutto soddisfacente, può rappresentare un primo passo nel percorso di trasparenza del Parlamento. Similmente, il Governo dovrebbe dunque porre maggiore attenzione al tema della trasparenza, della corruzione politica e dei rapporti intercorrenti tra i suoi membri e i soggetti portatori di interessi particolari –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di rendere pubblico l'elenco completo dei finanziatori delle fondazioni Big Bang e Open, anche assumendo iniziative per modificare la normativa vigente, dal momento che, alla luce dei provvedimenti approvati durante il suo mandato e in considerazione degli ultimi accadimenti, sembrerebbe agli interroganti che il Governo, nella propria azione normativa, sia influenzato da centri di interesse privati e poco trasparenti. (3-02235)


   LUPI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   innumerevoli prese di posizione pubbliche del Presidente del Consiglio dei ministri e di altri esponenti del Governo hanno evidenziato che la soppressione dell'imu sulla prima casa d'abitazione è ormai una scelta consolidata e caratterizzante l'azione di Governo;
   questa scelta deriva dalla consapevolezza che l'aumento sproporzionato della tassazione della casa realizzato nel 2012, per quanto indotto da una situazione straordinaria di emergenza, abbia comunque rappresentato una scelta di politica economica disastrosa – per la struttura dell'impresa, del risparmio e della società – e abbia contribuito ad accentuare una pericolosissima tendenza recessiva;
   questa linea chiara sulla tutela della prima casa – che ha un preciso radicamento nella politica economica complessiva che il Governo sta tenendo – configura un impegno anche a favore delle famiglie italiane e sarà mantenuto anche in sede di riforma del nuovo catasto, in relazione alla quale è prevista, com’è noto, l'invarianza del gettito;
   la risoluzione approvata sul documento di economia e finanza contiene, tra i suoi obiettivi prioritari, il sostegno alla natalità e la riduzione del carico fiscale sulle famiglie, quale risultato coerente di un'analisi dei punti deboli del nostro Paese che – se non affrontati con energia e visione – rischiano di minare le nostre prospettive di crescita di medio e lungo termine;
   è significativo – come sottolineato dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri – che interventi a sostegno dei consumi siano richiesti anche dalle imprese, ben consapevoli del ruolo prioritario della domanda in questa delicata fase economica;
   il sostegno alla famiglia e la ripresa della natalità sono elementi centrali e strategici nel rilancio della domanda interna e nel recupero di quella fiducia nel futuro che rappresenta oggi il bene più prezioso;
   in tale ambito è opportuno considerare l'impatto che ha avuto sulle famiglie la riforma dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee), prevista dall'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (cosiddetto «salva Italia»), e contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica n. 159 del 2013;
   si tratta di un provvedimento che interessa milioni di cittadini italiani, poiché la dichiarazione isee viene richiesta per l'accesso alle prestazioni di welfare, tra cui le prestazioni sociali e i servizi sanitari agevolati o gli importi delle tasse universitarie;
   poiché oltre l'80 per cento delle famiglie italiane è proprietaria della casa di abitazione, le nuove modalità di calcolo hanno colpito un'ampia fascia di popolazione; nel nuovo indicatore contano, infatti, i valori imu dell'abitazione di proprietà, superiori del 60 per cento rispetto a quelli dell'ici: il valore, quindi, viene abbattuto di un terzo, ma resta decisamente più alto del vecchio;
   questo ha avuto un impatto rilevante su pensionati, studenti e, più in generale, sulle famiglie; innumerevoli pensionati anche a basso reddito sono stati esclusi dalle prestazioni sociali gratuite; si rileva – fra l'altro – che questa circostanza potrebbe aver contribuito addirittura al calo della vita media degli italiani registratosi nel 2015;
   è certo, invece, che l'aumento delle tasse universitarie e l'esclusione di circa il 20 per cento di quanti avevano precedentemente diritto dal beneficio della borsa di studio ha contribuito al forte calo (15 per cento) delle immatricolazioni universitarie; il Ministro Giannini di fronte a tale calo – in controtendenza in Europa e del tutto opposto a quello che è uno degli obiettivi prioritari del futuro del sistema italiano di formazione del capitale umano – è intervenuto autonomamente, innalzando le soglie isee;
   infine, per poter usufruire, tramite l'isee, dei servizi pubblici in regime privilegiato, si assiste addirittura a fenomeni di «spacchettamento» delle famiglie, con false separazioni coniugali e attribuzione di residenze e quote di reddito fittizi; il nuovo modello isee in sostanza è talmente inadeguato da favorire anche lo smembramento delle famiglie medie italiane –:
   se non ritenga opportuno, a fronte delle rilevanti problematiche esposte, assumere iniziative volte a proporre un insieme organico di misure che diano esecuzione al citato indirizzo espresso nella risoluzione sul documento di economia e finanza approvata dalle Camere di sostegno fiscale alla famiglia e per la ripresa della natalità e, in questo ambito, rivedere i criteri di costruzione dell'indicatore della situazione economica equivalente (isee), ridimensionando i valori della prima casa di abitazione ed eventualmente introducendo un quoziente isee familiare, per evitare fenomeni di «spacchettamento fiscale» delle famiglie, riportando tali importanti decisioni nella loro sede naturale – il Parlamento – anche al fine di valorizzarne la portata di politica economica generale. (3-02236)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI, CAON e MARCOLIN. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 12 febbraio 2015 si è svolta la prima riunione del tavolo di concertazione tra Governo, i rappresentati della regione Friuli Venezia Giulia e l'Associazione esuli istriani, fiumani e dalmati riguardo gli indennizzi previsti dall'accordo di Roma del 1983 tra Italia e Jugoslavia. Diversi sono stati i temi che i rappresentanti degli esuli hanno riportato all'attenzione del Governo, con particolare riferimento a una serie di punti ancora aperti nell'interlocuzione avvenuta, negli anni, tra Stato e rappresentanze degli esuli;
   in particolare, l'attenzione si è concentrata su alcuni temi trattati, che erano i seguenti: accordò di Roma del 1983 – promemoria sui beni italiani passati agli attuali Stati successori della Jugoslavia, oggetto del debito sloveno e croato verso la Repubblica italiana; indennizzi per beni abbandonati (questione trattata dal Giuseppe de’ Vergottini); attuazione della legge n. 191 del 2009; scuola ed istruzione; problemi anagrafici; cittadinanza italiana; medaglia d'oro al valor militare alla città di Zara; onoranze ai caduti e sacrari di guerra; contributi previdenziali Inps per deportati in Jugoslavia; consolati; proroga delle domande per assegnazioni delle onorificenze alle famiglie degli infoibati;
   appare quasi obbligatorio sottolineare come questi temi rappresentino questioni ancora aperte che attendono una risposta da ormai 70 anni;
   non sembra essere stato fatto alcun passo in avanti dal momento che dal febbraio 2015 non vi è più stata alcuna nuova interlocuzione con l'associazione, cosa che invece sembra essere avvenuta con gli altri soggetti interessati. Il dato di fatto, in ogni caso, è che nessuna delle questioni sia stata risolta –:
   a fronte delle considerazioni contenute in premessa, se il Governo non ritenga necessario assumere iniziative per riaprire il tavolo di concertazione con la Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati al fine di riprendere il dialogo interrotto ed affrontare i temi trattati ormai più di un anno fa e lasciati senza alcuna risposta.
(4-13061)


   MINARDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 marzo 2015 prevede la disciplina delle procedure concorsuali riservate all'assunzione di personale precario del comparto sanità;
   tale decreto, all'articolo 2, comma 2, stabilisce procedure concorsuali riservate per il personale che, alla data del 30 ottobre 2013, abbia maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio, anche non continuativo, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, anche presso enti del medesimo ambito regionale, diversi da quello che ha bandito le procedure concorsuali riservate;
   in Sicilia, gli operatori dell'Azienda sanitaria provinciale 7 (Asp7) si trovano in una condizione di precarietà da oltre venti anni. I circa 80 ausiliari, infatti, non possono essere ammessi a sostenere la procedura concorsuale prevista dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, perché non hanno i requisiti previsti dallo stesso. Infatti, predetti operatori, pur svolgendo la loro attività da vent'anni, hanno un incarico temporaneo che è di 4 mesi all'anno;
   è da ricordare che i precari dell'Asp7 chiedono da tempo la parità di condizioni rispetto a coloro che sono stati stabilizzati nell'anno 2006, ovvero l'assunzione a tempo indeterminato presso la stessa Asp7;
   non si possono, pertanto, penalizzare operatori che, da anni svolgono le loro mansioni in modo professionale e che hanno costituito e costituiscono un supporto fondamentale per l'attività dell'Asp7 –:
   se non ritenga necessario assumere iniziative normative affinché siano ammessi alla procedura concorsuale anche i lavoratori precari dell'Asp7 citati in premessa. (4-13063)


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale dell'Abruzzo il 5 aprile 2016 ha approvato la legge n. 11 del 2016 che modifica le leggi regionali n. 25 del 2011, n. 5 del 2015, n. 38 del 1996 e n. 9 del 2011, pubblicata in seguito sul Bollettino ufficiale della regione Abruzzo, serie speciale n. 59 del 14 aprile 2016;
   in particolare, la legge n. 11 del 2016, modifica la legge regionale 21 giugno 1996, n. 38 (legge-quadro sulle aree protette della regione Abruzzo per l'Appennino Parco d'Europa), inerente le aree protette regionali, che consente di svolgere attività di addestramento, allenamento di cani e lo svolgimento di gare cinofile sul tutto il territorio del parco regionale Velino Sirente e delle riserve regionali durante tutto l'anno;
   si ricorda che, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, del decreto ministeriale 17 ottobre 2007, le zone di protezione speciale (Zps) sono formalmente designate al momento della trasmissione dei dati alla Commissione europea e, come stabilito dal decreto ministeriale dell'8 agosto 2014, l'elenco aggiornato delle Zps deve essere pubblicato sul sito internet del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e si precisa che il parco in questione è segnalato nell'elenco;
   consentire le attività di addestramento e allenamento di cani all'interno delle aree protette e delle riserve regionali è una scelta a giudizio degli interroganti molto grave che non ha precedenti in nessuna altra regione italiana proprio perché viola le norme nazionali ed europee in materia di conservazione delle specie faunistiche presenti nelle aree protette e nelle riserve naturali;
   le specie protette faunistiche presenti all'interno del parco Sirente Velino e di altre riserve naturali abruzzesi sono molte e le più rappresentative sono quelle dell'orso marsicano, del camoscio e del lupo;
   il parco regionale è classificato come zona di protezione, speciale (Zps) ai sensi della direttiva dell'Unione europea n. 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
   inoltre, la nuova norma appare agli interroganti in contrasto con la legge quadro sulle aree protette (legge n. 394 del 1991) e con la legge n. 157 del 1992 concernente l'attività venatoria e con la stessa legge regionale 21 giugno 1996, n. 38, modificata poiché, ad avviso degli interroganti, di fatto la legge regionale n. 11 del 2016, consente la caccia a danno di cervi, caprioli e altre specie faunistiche protette –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se il Governo ritenga opportuno valutare la sussistenza di presupposti per promuovere la questione di legittimità costituzionale ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione in relazione alla legge regionale n. 11 del 2016 approvata dal consiglio regionale d'Abruzzo che, a giudizio degli interroganti, appare in palese contrasto con la normativa nazionale ed europea in materia di tutela e conservazione delle Zps. (4-13065)


   FASSINA e MICCOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 agosto 1991 è stata approvata dal Parlamento la legge n. 281 – legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo. La legge rappresenta un elemento di forte innovazione rispetto alla precedente normativa nazionale;
   la legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, enuncia, infatti, il principio generale secondo il quale «lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente».
   il sistema dei canili comunali attivi presso il comune di Roma, attualmente commissariato dal Governo, presenta una serie di gravi criticità tali da mettere a repentaglio la sicurezza sanitaria della città, così come la tutela degli animali d'affezione;
   il 30 aprile 2016 è infatti scaduta la proroga che garantiva la gestione del canile comunale della Muratella (comune di Roma, circa 600 tra cani e gatti) in capo all'Associazione Acvpp che, con i suoi 100 lavoratori, garantiva i servizi di uno dei canili più grandi d'Italia;
   attualmente il canile risulta privo di una gestione in grado di garantire efficienza e sicurezza sanitaria degli animali a causa di scelte, a giudizio degli interroganti, inadeguate da parte del Commissario Tronca e del sub-commissario De Milato;
   il 31 dicembre 2015 è infatti scaduto l'affidamento e, in seguito a un incontro in prefettura, sotto la pressione dei lavoratori in piazza, era stata ottenuta una proroga negoziata con il sub-commissario De Milato, poi perfezionata dalla determina dirigenziale numero 90, che, nelle more della pubblicazione del bando europeo, prevedeva la proroga al 30 aprile 2016 e un finanziamento di 230 mila euro al mese;
   il 18 aprile 2016 è stato pubblicato il bando di gara europea che affida il servizio dal 1o ottobre 2016, e che quindi lascia scoperti i mesi da maggio a ottobre 2016;
   il 19 aprile 2016, all'indomani della pubblicazione del bando, l'amministrazione commissariale ha scritto ad Avcpp, associazione che ha avuto in questi anni in gestione il canile della Muratella e che aveva ottenuto la proroga, chiedendo di prendere in gestione per questi mesi scoperti persino tutto il servizio comunale, canile di Ponte Marconi incluso, ma non più a 230 mila euro al mese, bensì a 129 mila euro e cambiando i servizi, aumentando il carico di lavoro e le competenze, compresa la richiesta di una presenza h 24 e 7 giorni su 7 di personale medico veterinario, dando inoltre tempo fino al 22 aprile 2016 per rispondere, ovvero in 3 giorni;
   Avcpp ha risposto il 22 aprile 2016, giustamente sostenendo che le richieste avrebbero messo in pericolo il benessere animale e occupazionale, chiedendo 30 giorni di tempo per organizzare il passaggio ad altra gestione perché altrimenti impossibilitata ad accettare l'offerta;
   il 26 aprile 2016 Roma Capitale, giudicando la risposta di Avcpp come una rinuncia, ha scritto a 17 associazioni iscritte al registro regionale invitandole a dare risposta entro il 29 aprile 2016;
   il 29 aprile, presso il dipartimento ambiente del comune di Roma si è effettuata l'apertura delle busta e nessuna delle 17 associazioni ha risposto. Zero candidature;
   il giorno successivo, con un provvedimento, a giudizio degli interroganti, di dubbia legittimità, il comune ha affidato, in maniera diretta e senza bando, la gestione del canile all'associazione «L'Impronta»;
   in occasione di un'assemblea sindacale sulle sorti del canile, Paolo Tarantino, responsabile dei progetti dell'associazione «L'Impronta», ha esplicitamente parlato di un ricatto fatto ai danni dell'associazione da parte di dirigenti dell'amministrazione capitolina per accettare l'assegnazione –:
   se il Governo non intenda avviare iniziative, anche a carattere ispettivo, per verificare se l'attuale situazione dei canili comunali di Roma Capitale, soggetta a gestione commissariale governativa, non costituisca una minaccia alla sicurezza sanitaria, nonché come tale gestione si concili con la disciplina posta dalla legge quadro 14 agosto 1991, n. 281 in tema di tutela degli animali d'affezione se altresì non ritenga opportuno intervenire per il tramite del commissario straordinario per la provvisoria gestione di Roma Capitale al fine di prorogare ulteriormente la gestione attuale del canile, comunque salvaguardando i livelli occupazionali presenti. (4-13066)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   CAON. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n. 116 del 2104, di conversione del decreto-legge n. 91 del 2014 recante «Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea», è stato completato l’iter per l'approvazione della normativa italiana sulla commercializzazione degli shopper monouso non biodegradabili e compostabili;
   l'articolo 11, comma 2-bis, ha stabilito che le sanzioni per la commercializzazione dei sacchetti per l'asporto delle merci (shoppers) non conformi alle norme di cui al decreto-legge n. 2 del 2012 sono automaticamente applicabili dalla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nella legge di conversione. Pertanto, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da 2.500 a 25.000 euro, aumentata fino al quadruplo del massimo, se la violazione del divieto riguarda quantità ingenti di sacchi oppure un valore della merce superiore al 20 per cento del fatturato del trasgressore;
   ai sensi del cosiddetto «Decreto Competitività» sono utilizzabili: a) sacchi monouso per l'asporto di merci realizzati con polimeri conformi alla norma armonizzata UNI EN 13432:2002, secondo certificazioni rilasciate da organismi accreditati; b) sacchi riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia esterna alla dimensione del sacco e spessore superiore a 200 micron, se destinati all'uso alimentare e 100 micron se destinati ad altri usi; c) sacchi riutilizzabili realizzati con altri polimeri che abbiano maniglia interna alla dimensione utile del sacco e spessore superiore a 100 micron se destinati all'uso alimentare e 60 micron se destinati ad altri usi;
   la normativa riguarda solo ed esclusivamente i sacchetti utilizzati per l'asporto merci, mentre la maggior parte degli esercenti (macellerie, supermercati, fruttivendoli, bar, e altro) raggira la legge, acquistando senza problemi sacchetti destinati all'imballo e al consumo interno – esclusi dalla legge – per poi utilizzarli, in maniera fraudolenta, per il trasporto della merce acquistata: un classico esempio sono i sacchi in rotolo – che si trovano di solito nel reparto ortofrutta dei supermercati – che vengono utilizzati impropriamente anche per l'asporto merci;
   la totale mancanza di controlli, e pertanto di sanzioni, induce moltissimi commercianti e utilizzatori finali a richiedere sacchetti in plastica tradizionale e non conformi alla legge con evidenti vantaggi economici per pochi e notevoli danni ambientali per tutti;
   molte aziende produttrici di imballi, vista anche la grave crisi economica che sta attraversando il settore, sta accettando di fornire sacchetti in plastica tradizionale a commercianti e utilizzatori finali, ben sapendo dell'uso improprio che se ne farà e dei gravi danni che questa «concorrenza sleale» provoca ai produttori che operano secondo coscienza e norme di legge e che hanno investito fior di quattrini per rinnovare ed adeguare gli impianti produttivi con la beffa di avere gli impianti fermi a causa dei mancati ordinativi;
   la maggior parte dei sacchetti fuorilegge vengono importati a prezzi stracciati da Cina, Vietnam e Malesia;
   Assobioplastiche e il Consorzio italiano compostatori hanno denunciato la presenza di sacchetti di plastica commercializzati come «biodegradabili», che in realtà non lo sono. Addirittura, sarebbero oltre il 50 per cento del totale di quelli in commercio in Italia. La denuncia è stata accolta dalla procura della Repubblica di Torino e il pubblico ministero Raffaele Guariniello ha aperto un fascicolo per «frode in commercio», con lo scopo di individuare, in collaborazione con i carabinieri del Nas, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Istituto superiore di sanità, le aziende che producono e distribuiscono, in trasgressione della legge, le buste incriminate –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di non vanificare i buoni propositi contenuti nelle disposizioni legislative della legge n. 116 del 2014;
   se i Ministri interrogati non ritengano, per quanto di competenza, di dover assumere iniziative, attivando il Nucleo operativo ecologico (N.A.E) e il Nucleo antisofisticazioni e sanità (N.A.S.9 dell'arma dei Carabinieri), per effettuare un serrato controllo e monitoraggio sul distorto commercio e uso di shopper non conformi alla legge, affinché siano sanzionati severamente sia le aziende che producono e distribuiscono tali oggetti, sia gli esercenti e gli utilizzatori finali degli stessi;
   se il Governo non ritenga, anche per il tramite degli uffici doganali e del Corpo della Guardia di finanza, disporre controlli accurati sull'importazione di sacchetti monouso che non rispettano le disposizioni normative vigenti. (4-13058)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANZI, COCCIA, NARDUOLO e RAMPI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la fruizione dei musei e dei luoghi della cultura in genere, è una parte importante della formazione culturale di ogni individuo, ma purtroppo ancora oggi la disabilità visiva, temporanea o permanente, costituisce un ostacolo per l'accesso a tali risorse;
   in molti musei spesso è negata la possibilità di fruire di descrizioni in braille o parlate delle opere, non sono disponibili pannelli, mappe o cartine in rilievo, non ci sono percorsi audio guidati, strisce di segnalazione del percorso museale o visite guidate con personale specializzato ed inoltre è negata la possibilità di «toccare» reperti e opere, laddove possibile;
   con l'emanazione del decreto legislativo 2 gennaio 2004, n. 42, meglio noto come «codice dei beni culturali e del paesaggio», la fruizione pubblica del patrimonio culturale italiano è stata riconosciuta come fine istituzionale delle attività di tutela e valorizzazione che impegna il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   nel 2008 lo stesso Ministero ha approvato le linee guida, predisposte dalla Commissione per l'analisi delle problematiche relative alla disabilità, istituita presso lo stesso, per il superamento delle barriere architettoniche negli istituti e nei luoghi della cultura;
   pur esistendo nel nostro Paese strutture culturali che hanno dato un'attenzione particolare alle diverse tipologie di utenti e che hanno predisposto, anche alla luce delle linee guida sopra menzionate, soluzioni valide per l'accessibilità dei loro spazi e delle loro raccolte agli utenti disabili visivi, non si può ancora parlare di un fenomeno diffuso;
   indubbiamente le barriere più note e percepibili sono quelle fisiche, poiché la disabilità motoria è quella più conosciuta e dunque interventi architettonici sono stati fatti e continuano ad essere realizzati, mentre ben più complesso è l'abbattimento delle barriere sensoriali-percettive, tuttavia non meno pericolose di quelle architettoniche –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato ritenga opportuno intraprendere per sostenere la concreta attuazione di strumenti che consentano una più diffusa ed efficiente rimozione delle barriere sensoriali-percettive nei siti culturali, incoraggiando, al tempo stesso, un'attenta riflessione nei confronti della cultura dell'accessibilità. (5-08553)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la trattativa con Ecclestone per mantenere il Gran Premio d'Italia a Monza dal 2017 sembra non sia destinata a concludersi in tempi rapidi, e comunque, come è ormai evidente, non prima del compimento del ricambio manageriale della Sias, l'ente che gestisce l'autodromo;
   infatti, dopo le dimissioni dei consiglieri del consiglio di amministrazione di Sias, Ivan Capelli ed Enrico Radaelli, in quota rispettivamente Automobile Club Italia e Automobile Club Milano, è stata fissata per il 27 aprile 2016 la convocazione di un'assemblea dei soci di Sias per la revoca del presidente e dell'amministratore delegato della società;
   all'origine sembrerebbe vi siano interessi personali, prima che economici, legati all'indisponibilità, anche se mai esplicitata, di Ecclestone, patron della Formula 1, a trattare con l'attuale management della Sias. In molti sostengono comunque che Aci non disponga di tutte le risorse necessarie alla chiusura del contratto;
   sul fronte economico, sembrava infatti, a giudizio dell'interrogante, che l'accordo con Ecclestone fosse stato raggiunto, a seguito dell'approvazione del maxiemendamento presentato dal Governo alla legge di stabilità 2016 che, all'articolo 1, comma 341, autorizza Aci ad intervenire con risorse proprie al pagamento della somma richiesta dallo stesso Ecclestone per lo svolgimento dell'evento del campionato mondiale di Formula 1 a Monza, successivamente al 2016; 
   il Gran Premio di Monza ha un grande valore per il settore sportivo e turistico della Lombardia e per l'immagine del Paese nel mondo; intorno alla manifestazione si è via via sviluppato un importante indotto economico, le cui ricadute producono effetti positivi sul territorio, sia in termini economici, che occupazionali;
   è necessario dunque che si faccia chiarezza sulle vicende in atto e su quali siano le cause che attualmente impediscono il raggiungimento dell'accordo per il rinnovo del contratto tra la società «Formula One Management» (FOM) e l'autodromo di Monza, che regola lo svolgimento del Gran Premio di automobilismo di Formula 1 per gli anni successivi al 2016 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'evolversi della situazione descritta in premessa e se disponga di elementi circa le cause che attualmente impediscono il raggiungimento dell'accordo tra la Sias e la Fom per il rinnovo del contratto relativo allo svolgimento del Gran Premio di Formula 1 a Monza, a partire dal 2017;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per garantire lo svolgimento del Gran Premio d'Italia presso l'autodromo di Monza per gli anni successivi al 2016, anche in considerazione del ruolo strategico che lo stesso riveste per l'economia e l'occupazione del territorio e dell'immagine che dà del nostro Paese al mondo. (5-08561)

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la figura della guida turistica sta attraversando una fase di grande cambiamento; attualmente una guida turistica può operare su tutto il territorio nazionale in base alle ultime normative;
   chi esercita questa professione può, quindi, circolare liberamente nelle diverse regioni italiane, previo esame di abilitazione presso la regione nella quale si svolgerà il lavoro;
   sono stati individuati in tutta Italia, per essere conformi alla normativa europea, dei «siti di specializzazione» che riguardano siti di particolare interesse storico (musei, pinacoteche e altro) nei quali potranno lavorare solo guide in possesso di laurea triennale e dopo aver superato un esame specifico;
   la Sardegna in merito a questo ha bloccato i concorsi per poter conseguire la qualifica di guida turistica; la legge regionale attuale prevede (come in tutte le regioni italiane) dei requisiti per il conseguimento di questa consentendo l'accesso anche ai diplomati in possesso di un anno di tirocinio e con l'esperienza di 10 guide obbligatorie;
   tuttavia si sta accettando solo l'iscrizione ai concorsi da parte dei laureati, nonostante tale specializzazione sia richiesta solo per poter lavorare in determinati siti, che tra l'altro in Sardegna non sono nemmeno la maggioranza, dato che la Sardegna è di fatto un museo a cielo aperto;
   non tutte le guide vogliono esercitare come guide specializzate, infatti, tante di loro preferiscono proprio accompagnare i turisti su territori meno conosciuti e ricchissimi di bellissime testimonianze del passato;
   le guide in possesso di un diploma che aspettavano l'uscita del bando regionale si ritrovano ad essere escluse, pur avendo fatto numerosi sacrifici e avendo pagato non poco a proprie spese corsi di lingua e archeologia e il tirocinio gratuito presso cooperative per lo stage;
   la legge nazionale fa riferimento solo ai siti di specializzazione e di conseguenza alle necessità per questi di guide specializzate, ma non impedisce di conseguire il titolo di guida turistica generica;
   alcune regioni fanno riferimento alle loro normative in materia, invece, la Sardegna, a quanto risulta all'interrogante, sosterrebbe di aver bloccato tali bandi su iniziativa ministeriale –:
   se risulti vero che il Ministro interrogato abbia assunto iniziative finalizzate al «blocco» di questi bandi; e in caso affermato, per quale motivo;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per fornire un'interpretazione chiarificatrice che consenta di dare il via libera a tali bandi. (4-13056)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   RUOCCO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, sesto comma del decreto-legge n. 95 del 1974 convertito dalla legge n. 216 del 1974, istitutivo, della Consob, pone una chiara e assoluta incompatibilità per il personale della medesima Consob con ogni altro impiego, incarico o attività («Al personale in servizio presso la Commissione è in ogni caso fatto divieto di assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali o industriali»); la richiamata norma, di rango primario, è ulteriormente specificata nel regolamento del personale della Consob il quale, all'articolo 20, comma 1, dispone: «Al personale è fatto divieto (...) e) di svolgere comunque attività lavorativa subordinata od autonoma, sia pure occasionalmente ovvero in periodi nei quali non presti effettivo servizio (...)»: da quanto si desume, il combinato disposto delle richiamate disposizioni sancisce un divieto assoluto volto ad eliminare alla radice possibili situazioni di conflitto di interessi e ad assicurare il dovuto impegno del dipendente verso l'organo di vigilanza, sia in termini qualitativi che quantitativi, anche in considerazione dell'importanza e delicatezza dell'attività lavorativa svolta: proprio per questa ragione, l'attività lavorativa svolta per la Consob è adeguatamente retribuita, evidenziandosi che la medesima legge istitutiva dispone l'applicazione del contratto di Banca d'Italia;
   il Presidente della Consob, Giuseppe Vegas, in virtù del ruolo svolto, si presuppone sia a conoscenza delle richiamate disposizioni in materia di conflitto di interessi ed incompatibilità; Come noto, il medesimo presidente ha promosso il conferimento al dottor Gaetano Caputi, mediante contratto a tempo determinato, prima dell'incarico di segretario generale e poi, a distanza di pochi mesi, quello di direttore generale; il conferimento degli incarichi è stato disposto dalla Consob nonostante le disposizioni ed i divieti di cui all'articolo 2, comma 6, della legge n. 216 del 1974 e nonostante il fatto che – così come dichiarato dal medesimo – il presidente Vegas fosse, perfettamente a conoscenza che il dottor Gaetano Caputi, all'atto della sua assunzione in Consob, ricoprisse altri incarichi; si apprende altresì da fonti stampa che gli incarichi ulteriori rispetto al ruolo ricoperto presso la Consob sono stati mantenuti dal dottor Gaetano Caputi fino a quando è aumentata l'attenzione pubblica da parte degli organi di stampa;
   tra gli incarichi ulteriori rispetto al ruolo ricoperto presso la Consob da parte del dottor Gaetano Caputi – di cui il presidente Vegas era a conoscenza – si evidenziano l'incarico componente del consiglio di amministrazione della società «Difesa servizi» s.p.a., l'incarico di membro della commissione consultiva per le infrazioni in materia valutaria e di lotta al riciclaggio, lo status di socio delle società di consulenza GECO s.r.l., GE.CO.RE. s.r.l. e GLM s.r.l., l'incarico di professore della scuola superiore di economia e finanza ed infine l'incarico di componente della commissione di garanzia per l'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali;
   gli interroganti intendono apprendere se il presidente Vegas consideri la posizione giuridica del dottor Gaetano Caputi perfettamente compatibile con i divieti e le incompatibilità previste dal combinato disposto dal decreto-legge n. 95 del 1974 e del regolamento del personale della Consob;
   si precisa che il dottor Gaetano Caputi ha rassegnato le dimissioni in data 12 gennaio 2015 ed il successivo 11 febbraio – così come si apprende da fonti stampa – ha assunto l'incarico di presidente del consiglio di amministrazione della società quotata «Conafi Prestitò s.p.a.» (iscritta come intermediario finanziario nell'elenco generale ex articolo 106 del testo unico bancario e nell'elenco speciale ex articolo 107 del testo unico bancario; in virtù delle attività svolte ed in relazione alla quotazione della società Conafi Prestitò non si esclude che future attività poste in essere dalla richiamata società possano essere oggetto di un controllo da parte dell'organo di vigilanza Consob; altresì è bene ricordare che, in base a quanto disposto dall'articolo 22 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, della legge n. 114 dell'11 agosto 2014: «I componenti degli organi di vertice e i dirigenti della Commissione nazionale per le società e la borsa, nei due anni successivi alla cessazione dell'incarico, non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con i soggetti regolati né con società controllate da questi ultimi. I contratti conclusi in violazione del presente comma sono nulli. Le disposizioni del presente comma non si applicano ai dirigenti che negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto»; a giudizio degli interroganti anche in questo caso la volontà del legislatore appare chiara, da un lato, ad evitare che gli organi di vertice ed i dirigenti della Consoli possano sfruttare il loro incarico per acquisire crediti presso i soggetti vigilati in modo tale da ottenere, successivamente alla cessazione dei relativi incarichi, impieghi, consulenze o altre forme di remunerazione presso medesimi soggetti vigilati, e, dall'altro, ad evitare che i soggetti vigilati possano condizionare l'attività degli organi di vertice e dei dirigenti della Consob con promesse future di vario genere;
   a giudizio degli interroganti appare fin troppo evidente come, ancora una volta il, dottore Gaetano Caputi adotti comportamenti di dubbia conformità alle disposizioni legislative: infatti si precisa che:
    a) la carica di direttore generale non rientra tra le figure di «organi di vertice» a cui la citata legge si riferisce;
    b) la legge istitutiva della Consob l'articolo 2, comma 4 della legge n. 216 del 1974) dispone che «Il regolamento di cui all'articolo 1, ottavo comma, prevede per il coordinamento degli uffici le qualifiche di direttore generale» e l'articolo 22 della legge n. 114 prevede come unica ipotesi di esenzione dall'applicabilità del divieto la circostanza che i dirigenti «negli ultimi due anni di servizio sono stati responsabili esclusivamente di uffici di supporto». Si evidenzia che la figura del direttore generale che coordina tutti gli uffici della Consob (compresi quelli cui spetta la vigilanza) ragionevolmente non rientri in tale ipotesi di esenzione dal divieto;
    c) l'assunzione di cariche sociali (nel caso di specie, presidente del consiglio di amministrazione), non rientri in quei «rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego» che vengono invece preclusi dalla legge n. 114 dell'11 agosto 2014;
   il rispetto della citata disciplina in materia di divieti, incompatibilità e conflitto di interessi trova quale primo garante il Presidente della Consob, in particolar modo in relazione alle sue facoltà di sovrintendenza dell'attività istruttoria della Consob –:
   se risulti al Governo quali siano le iniziative poste in essere dal presidente della Consob al fine di accertare la violazione delle disposizioni legislative e regolamentari richiamate in premessa, sia in relazione agli incarichi assunti dal dottore Gaetano Caputi nel corso della vigenza del rapporto di lavoro presso la Consob, sia in relazione agli incarichi assunti successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro presso la Consob e, comunque, nel caso di eventuali violazioni legislative e regolamentari poste in essere dal Presidente della Consob e dal dottore Gaetano Caputi, se il Ministro interrogato ritenga di dover assumere le iniziative di competenza volte a revocare l'incarico di presidente della Consob al dottore Giuseppe Vegas, e, ove riconducibili alla sua competenza, le eventuali iniziative strumentali alla dichiarazione di nullità del contratto di lavoro del dottore Gaetano Caputi in relazione alla disciplina di cui all'articolo 22 del decreto legge n. 90 del 2014. (5-08567)


   GEBHARD, ALFREIDER, PLANGGER e SCHULLIAN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella provincia autonoma di Bolzano, a causa della vicinanza con il confine con l'Austria, la Germania e la Svizzera, frequentemente vengono corrisposti compensi per prestazioni di lavoro autonomo a soggetti fiscalmente non residenti in Italia;
   le istruzioni per la certificazione unica 2016 (provvedimento 7786/2016 del 15 gennaio 2016), relativa al periodo d'imposta 2015, richiedono al sostituto d'imposta di indicare le suddette prestazioni anche per i soggetti non residenti;
   le specifiche tecniche per la trasmissione telematica della certificazione unica 2016, pubblicate ed aggiornate il 24 febbraio 2016, chiedono l'indicazione di dati, come il codice fiscale italiano attribuito al percipiente estero, non previsti dalla normativa vigente;
   l'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, infatti, al secondo periodo prevede che «l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'articolo 4 (nome, cognome, luogo e data di nascita, sesso, domicilio fiscale), con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero, salvo per gli atti e i negozi di cui alla lettera g-quinquies»;
   l'obbligo di attribuzione di un codice fiscale italiano per il percipiente estero comporterebbe oneri burocratici eccessivi e non gestibili, soprattutto per la corrente certificazione unica, e lederebbe il principio di libera prestazione di servizi all'interno dell'Unione europea, nonché avrebbe come conseguenza anche la distorsione della concorrenza;
   l'analoga indicazione dei medesimi dati nel precedente modello 770 – dichiarazione dei sostituti d'imposta – non prevedeva tale obbligo di indicazione del codice fiscale, nonostante la normativa al riguardo a tutt'oggi risulti invariata –:
   se il sostituto d'imposta possa tralasciare l'indicazione dei percipienti esteri nella certificazione unica 2016, attenendosi all'articolo 6, comma 2, secondo periodo del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, in modo da permettere la trasmissione dei relativi dati anche in assenza del codice fiscale italiano. (5-08568)


   PAGLIA e FASSINA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto fra la raccolta annua generata negli ultimi anni dai diversi segmenti del gaming ed il prodotto interno lordo permette di apprezzare il peso dell'industria del gioco pubblico e delle scommesse sportive sull'economia nazionale: infatti, nonostante i costi sociali del gioco d'azzardo interessino diversi ambiti (come la sfera delle relazioni familiari, l'assistenza sanitaria specifica per la cura delle ludopatie, le implicazioni sul piano lavorativo e le attività illegali che hanno a che fare non solo con la condotta del giocatore patologico, ma anche con gli interessi della criminalità organizzata) tale rapporto è cresciuto costantemente con un'incidenza della raccolta sul prodotto interno lordo, nell'ultimo decennio più che quintuplicata;
   la quota più ampia del giro d'affari, pari al 55,8 per cento, è assicurata dagli apparecchi di intrattenimento seguiti dal gioco on-line (cosiddetto web gaming), diventato nel frattempo il secondo segmento del mercato, avendo superato lotterie istantanee (cosiddette Gratta e vinci) e tradizionali (lotterie a estrazione differita), la cui raccolta negli ultimi anni è pressoché triplicata, con previsioni che, nonostante l'attuale ciclo economico negativo, lo indicano ulteriormente in crescita; il terzo segmento del mercato è quello occupato dalle lotterie istantanee e tradizionali che, invece, dopo anni di crescita sostenuta, ha registrato una sensibile flessione;
   nonostante con la legge di stabilità per l'anno 2016 sia stata modificata la normativa, prevedendo di ricavare dal settore un extra-gettito, nel triennio 2016-18, pari a 171 milioni di euro l'anno per un totale di 500 milioni di euro, grazie ad un aumento delle aliquote del prelievo erariale dal 12,7 per cento al 17 per cento sulle cosiddette Awp, e dal 5 per cento al 9 per cento sulle videolottery, secondo quanto affermato da Raffaele Squitieri, presidente della Corte dei Conti, nel corso di un'audizione sul Def 2016 davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato: «accanto al riconoscimento degli indubbi miglioramenti registrati nell'ultimo anno, in base alle ultime previsioni, il deficit 2016 risulterebbe più elevato (-2,5 per cento) per effetto di una stima più contenuta delle entrate e, in particolare, del gettito riveniente dai giochi» lo stesso Presidente della Corte dei conti ha inoltre segnalato, «tra i cambiamenti subiti dalla legge di Stabilità nel corso del suo iter parlamentare, la tassazione dei giochi, con l'abrogazione della norma che stabiliva dal 2015 la riduzione dei compensi spettanti ai concessionari e agli altri operatori di filiera della raccolta del gioco, con una riduzione di entrate per 500 milioni di euro, compensate da un aumento più forte di quello originariamente stabilito delle aliquote del prelievo erariale e dalla riduzione della percentuale minima destinata alle vincite dal 74 al 70 per cento» –:
   in attesa di conoscere se le previsioni del Governo, con, riferimento al gettito previsto per l'anno 2016, vengano confermate, quale sia stata, con riferimento all'anno 2015, la raccolta complessiva del gioco d'azzardo suddivisa per regione e tipologia di gioco e quali siano state le relative entrate fiscali. (5-08569)


   FRAGOMELI, PELILLO e LODOLINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 13, della legge di stabilità per il 2016, di cui alla legge 28 dicembre 2015, n. 208, ridisegna il perimetro dell'esenzione IMU – prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 – per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, chiarendo che l'esenzione si applica sulla base dei criteri individuati dalla circolare n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 della Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993;
   detta circolare reca l'individuazione dei comuni cosiddetti montani o collinari, in cui opera l'esenzione IMU (originariamente, a fini ICI) in favore dei terreni agricoli;
   per effetto della citata novella, dal 2016 tali terreni agricoli sono esenti da imposta in virtù della loro ubicazione in un comune classificato montano o collinare;
   la richiamata circolare chiarisce che, ove accanto all'indicazione del comune non sia riportata alcuna annotazione, l'esenzione opera sull'intero territorio comunale, e invece, ove sia riportata l'annotazione «parzialmente delimitato», l'esenzione opera limitatamente ad una parte del territorio comunale;
   oltre a tali esenzioni, valevoli per i terreni agricoli ricadenti in specifiche aree il comma 13 esenta da Imu gli altri terreni agricoli in virtù di ulteriori caratteristiche: a) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, indipendentemente dalla loro ubicazione; b) ubicati nei comuni delle isole minori (di cui all'allegato A della legge 28 dicembre 2001, n. 448) indipendentemente, dunque, dal possesso e dalla conduzione da parte di specifici soggetti; c) a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile, indipendentemente in tal caso da ubicazione e possesso;
   le modifiche introdotte tuttavia non chiariscono del tutto la portata della norma, in quanto sembrerebbero non considerare i terreni non condotti da imprenditori agricoli come ad esempio i terreni incolti e gli orti –:
   se non ritenga utile assumere iniziative per chiarire che la citata normativa vada interpretata nel senso dell'esclusione dall'applicazione dell'Imu anche per i terreni non propriamente agricoli come i terreni incolti e gli orti. (5-08570)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'ALIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Casandrino (Napoli), con delibera di consiglio comunale n. 8 del 16 marzo 2012 (proposta dal sindaco Antimo Silvestre e dall'assessore Antonio Auletta) aderisce alla società mista Acquedotti s.c.p.a. (il socio privato, con il 49 per cento del capitale è la Ottogas Srl) acquistando l'1 per cento del capitale dal comune di Orta di Atella (Caserta), per un valore nominale complessivo pari ad euro 1033,00 euro;
   con delibera di giunta comunale n. 109 del 7 agosto 2012 (proposta sempre dall'assessore Antonio Auletta) si prende atto del rogito notarile (notaio Percuoco di Napoli – rep. 34699 del 30 luglio 2012) e si autorizza il verbale d'intesa con la predetta Acquedotti s.c.p.a. che prevede, all'articolo 4 dello schema di convenzione l'affidamento per anni 30 (trenta) del sistema Idrico del comune;
   il sistema utilizzato per affidare il servizio alla predetta società risulta, a parere dell'interrogante, palesemente in contrasto con il codice degli appalti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006), così come evidenziato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 824 del 2009;
   nella innanzi menzionata delibera di consiglio comunale n. 8 del 16 marzo 2012 vengono, altresì, approvati dei patti parasociali nei quali viene stabilito (articolo 3) che la società Acquedotti s.c.p.a., con apposita modifica del proprio statuto (poi avvenuta), deve istituire un comitato tecnico scientifico costituito da componenti nominati dai soci pubblici;
   alla stregua di tale modifica statutaria, il comune di Casandrino (Napoli) ha nominato nel già menzionato comitato tecnico scientifico, in successione, due consiglieri comunali, prima Vincenzo Marrazzo e poi Pasquale Di Virgilio, quest'ultimo ancora in carica, i quali, come si rileva dalla rendicontazione fornita dalla stessa società, hanno percepito per il 2014 la somma annua, rispettivamente di 1.716, 66 euro e di 8.583,30 euro, per un totale complessivo di circa 10.300,00 euro;
   la nomina di tali soggetti, a parere dell'interrogante, risulta palesemente in contrasto con lo statuto del comune di Casandrino (Napoli) che all'articolo 20 (divieto di incarichi e consulenze) testualmente recita: «Al Sindaco nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali è vietato ricoprire incarichi e assumere consulenze Presso enti ed istituzioni dipendenti e comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza del proprio comune»;
   la giunta comunale, con delibera n. 109 del 7 agosto 2012 approva, tra l'altro, anche la tariffazione con il sistema del cosiddetto «minimo impegnato» che obbliga i cittadini a scegliere una fascia di consumo, con la conseguenza che, in caso di consumo inferiore il cittadino è tenuto a pagare quanto previsto dalla fascia, a prescindere dall'effettivo consumo;
   tale sistema di tariffazione è stato ritenuto illegittimo con la direttiva del CIPE n. 52 del 2001 che stabiliva, tra l'altro, che questo sistema di tariffazione nel tempo massimo di 4 anni (ovvero nel 2005) doveva essere eliminato;
   l'autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEG), con numerose delibere, ha ripetutamente intimato l'eliminazione di questo sistema tariffario, prevedendo anche il divieto di aumenti tariffari per coloro che adottavano tale sistema (si veda la delibera AEEG n. 643 del 2013), ma la società acquedotti s.c.p.a. non ne ha mai tenuto conto;
   la Acquedotti s.c.p.a. ha eliminato il sistema di tariffazione solo nel dicembre 2014, applicando, di contro, nonostante il divieto dell'Autorità per l'energia il gas e il sistema idrico, un aumento tariffario che ha portato il costo dell'acqua a Casandrino (Napoli) ai livelli più alti della zona –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti di cui in premessa e se non si ritenga di valutare la sussistenza dei presupposti per promuovere, per quanto di competenza, una verifica dei servizi ispettivi di finanza pubblica e dell'ispettorato per la funzione pubblica alla luce delle anomalie e criticità sopra evidenziate;
   se non si intendano assumere iniziative normative per evitare che possano riproporsi situazioni e procedure come quelle sopra descritte in merito all'affidamento e alla gestione dei servizi idrici, soprattutto con riferimento ai sistemi di tariffazione. (4-13067)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

II Commissione:


   BERRETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 febbraio 2016 sul portale di informazione online ilsettemezzomagazine.it è apparsa una nota dell'ordine degli avvocati di Caltagirone che avvisa della possibilità di chiusura della sede del tribunale di Caltagirone;
   in tale nota si afferma che «Si ha notizia, proveniente da fonti attendibilissime, che esiste già una bozza di Disegno di legge delega, redatta dalla Commissione, che, a chiare lettere, ha per oggetto, tra l'altro, la soppressione di alcune Corti di appello e di “decine di Tribunali”»;
   gli esiti della commissione incaricata dal Ministero non sono ancora pubblici;
   in più occasioni pubbliche è stata ribadita la permanenza della sede del tribunale di Caltagirone, da ultimo in occasione della visita del Ministro interrogato del 10 novembre 2015 –:
   se abbiano fondamento le notizie contenute nella suddetta nota ed, in particolare, quali siano le intenzioni con riferimento al tribunale di Caltagirone.
(5-08554)


   SANTELLI e GREGORIO FONTANA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   fino al 1o settembre 2015 il comune di Bergamo ha anticipato, per anni, il canone di locazione della procura e del tribunale di Bergamo, che doveva essere successivamente rimborsato dal Ministero della giustizia. Dalla metà del 2012 al 1o settembre 2015 il comune di Bergamo ha maturato un credito di oltre tre milioni di euro nei confronti del Ministero della giustizia;
   dal 1o settembre 2015 i costi di funzionamento degli uffici giudiziari, comprensivi dei costi di affitto degli immobili, sono direttamente a carico del Ministero;
   i tempi di rimborso dei canoni di locazione anticipati dal comune da parte del Ministero sono esageratamente lunghi, mettendo a dura prova il bilancio del comune di Bergamo –:
   in che tempi il Ministero della giustizia provvederà a rifondere al comune di Bergamo l'intera somma anticipata per il canone di locazione del tribunale, anche in considerazione delle ristrettezze e dei vincoli di bilancio dei comuni e della diversa destinazione di impiego di queste risorse in opere direttamente di competenza del comune. (5-08555)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante il 2 maggio 2016 ha effettuato una visita ispettiva nel carcere di Alghero;
   da tutti gli elementi acquisiti si evince che il carcere sia destinato alla rapida chiusura;
   le improbabili smentite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria dei giorni scorsi rispetto a tale progetto si scontrano con i dati: nel 2013 c'erano 170 detenuti oggi quelli presenti erano 44, più 9 che stanno fuori per lavorare e 5 in semilibertà;
   un piano chiaro quello del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria che a dicembre 2015 ha smontato la tipografia laboratorio per mandarla a Potenza;
   è pronta per essere smontata anche la falegnameria, e i tecnici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno già compiuto apposito sopralluogo;
   da dicembre 2015 non entra nessun nuovo detenuto. E continuano a uscirne;
   nei prossimi due-tre anni ben 18 detenuti saranno a fine pena;
   il risultato è eloquente: un carcere con 158 posti ne ospiterebbe, se restasse aperto, appena 26;
   la decisione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria di non mandare più nessun detenuto ad Alghero, se non quei due o tre che si costituiscono in quel carcere, è la dimostrazione di un progetto a giudizio dell'interrogante inaccettabile, di chiudere quell'istituto; 
   ogni smentita d'ufficio appare poco credibile e funzionale solo a coprire il progetto;
   il tentativo di nascondere questo progetto si infrange con i dati e con la marginalità sempre più evidente del carcere;
   si tratta di un progetto che mira a trasformare quella struttura in centro di accoglienza, così come pianificato per i carceri di Macomer, Iglesias, Quartucciu e la scuola penitenziaria di Monastir;
   il piano deleterio del Ministero ha praticamente svuotato il carcere con interi bracci totalmente vuoti e tutti i laboratori in disuso; ne è un esempio la tipografia smontata e mandata fuori Sardegna;
   a questo si aggiunge che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nel 2013 fece realizzare le docce in ogni stanza, mentre contestualmente si decideva di svuotare il carcere;
   la decisione di non mandare nessun detenuto si commenta da sola;
   il piano deciso dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria punta a chiudere il carcere;
   tutte le fonti interne hanno confermato il piano di chiusura e l'obiettivo di trasformarlo in un centro di accoglienza per migranti;
   chiudere il carcere e trasformarlo in centro per migranti è ad avviso dell'interrogante irrazionale. Si tratta di un piano da bloccare in ogni modo;
   le smentite del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria  hanno «le gambe corte» e sono secondo l'interrogante, senza alcuna credibilità, considerate quelle precedenti tutte smentite dai fatti;
   un anno fa l'interrogante denunciò che avrebbero chiuso i carceri di Macomer e Iglesias e la scuola penitenziaria di Monastir. Arrivarono vibrate quanto improbabili smentite;
   dopo qualche mese l'interrogante denunciò il piano di trasformare quelle strutture in centri di accoglienza per migranti. Altre vibrate e assurde smentite. Il giorno dopo le smentite furono pubblicate tutte le comunicazioni interne e ufficiali che confermavano chiusura e trasformazione delle strutture;
   ora i carceri di Macomer e Iglesias e la scuola penitenziaria di Monastir sono tutte strutture chiuse, nonostante le smentite. E in questi giorni le prefetture costrette a confermare il tutto –:
   quali siano i progetti per il carcere di Alghero;
   se non si ritenga di dover dichiarare l'assoluta inutilizzabilità del carcere per la trasformazione in centro di accoglienza;
   come si intenda gestire la continua diminuzione delle presenze nel carcere, considerati i dati richiamati;
   dove siano state trasferite le macchine della tipografia. (4-13057)


   PAGLIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a Rovigo il 29 febbraio 2016, dopo nove anni di lavori, veniva inaugurato il nuovo carcere;
   in data 22 aprile 2016 tutti i detenuti della casa circondariale di Rovigo sono stati trasferiti presso il nuovo complesso, mentre gli uffici chiave dell'istituto (ufficio comando, matricola, servizi, N.T.P., ufficio contabile, segreteria generale e segreteria P.P. e altro) continuano a svolgere il proprio servizio presso la vecchia struttura;
   tale situazione comporta ovviamente gravi problemi gestionali, con conseguenti ripercussioni sul personale di polizia penitenziaria e amministrativo in termini di carico di lavoro, oltre che pregiudicare la piena efficienza delle procedure;
   appare infatti chiaro quale spreco di risorse si determini a causa dei continui spostamenti dalla vecchia struttura penitenziaria, ove sono presenti i servizi essenziali, a quella nuova in cui sono ristretti i detenuti;
   attualmente l'autorità dirigente della casa circondariale di Rovigo è inoltre assente dal servizio e lo sarà fino alla fine del mese di maggio 2016;
   dal 27 aprile 2016, il dottor Massimiliano Forgione ha assunto l'incarico di Direttore reggente dell'istituto penitenziario di Rovigo, che si svolge nell'ambito del provveditorato del Triveneto;
   il dottor Forgione fino al 26 aprile 2016 svolgeva l'incarico di direttore titolare della casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi, nell'ambito del provveditorato della regione Campania;
   in quanto direttore reggente, il dottor Forgione espleterà servizio di missione presso la casa circondariale di Rovigo e, con lui, anche altre tre unità di supporto provenienti dalla casa di reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi;
   l'incarico di direttore reggente del dottor Massimiliano Forgione si protrarrà per circa tre mesi, con la conseguenza che, al rientro in servizio della sorella, la dottoressa Antonella Forgione, il nuovo istituto penitenziario di Rovigo, appena aperto ed ancora operativo, avrà due direttori penitenziari a dirigerlo;
   le spese di missione dei direttore reggente e delle sue tre unità di staff si sommano alle già ingenti spese sostenute dal Ministero della giustizia e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per realizzare la struttura del nuovo penitenziario di Rovigo ed alle ulteriori spese da sostenere per ultimare i lavori al fine di rendere la struttura pienamente operativa e funzionale;
   non risultano invece stanziamenti per incrementare la dotazione di personale, visto che attualmente quello in servizio si trova a gestire due istituti contemporaneamente –:
   quali iniziative intenda immediatamente adottare per restituire normale operatività a una struttura che non può evidentemente reggersi su due direttori e due plessi, soprattutto a fronte degli ingenti investimenti impegnati per realizzare il nuovo carcere. (4-13062)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:
   i centri di revisione privati di autoveicoli operano in regime di autorizzazione e svolgono una funzione pubblica, che ha un ovvio impatto diretto sulla sicurezza stradale dei veicoli e, quindi, degli automobilisti. A tal fine, gli operatori dei centri devono necessariamente rispettare precisi standard nel processo di revisione, garantendo l'impiego di personale qualificato e costantemente aggiornato, nonché l'utilizzo di locali, attrezzature e tecnologie conformi alla normativa di settore. Per garantire tali requisiti, le imprese hanno dovuto sostenere investimenti per centinaia di milioni di euro; a titolo di esempio, si pensi ai costi sostenuti dai centri di revisione per l'adeguamento al protocollo informatico M.C.T.C.net2, per consentire una maggiore tracciabilità delle revisioni effettuate;
   tuttavia, a fronte di oneri considerevolmente aumentati nel tempo a carico delle imprese, la tariffa delle revisioni, imposta per legge, non viene aggiornata da circa dieci anni, ed è rimasta ad un importo palesemente insufficiente rispetto ai costi che quotidianamente gli operatori devono affrontare. Una condizione divenuta oramai insostenibile per le imprese del settore;
   nello specifico, si ricorda che l'attuale tariffa di revisione è stata stabilita nel 2004 e entrata in vigore nel 2007 e da tale anno non è più stata rideterminata. I recenti costi per l'adeguamento M.C.T.C.net2, sostenuti dalle imprese sono in media di euro 12000, a linea di revisione. Pertanto, a fronte di tali dati è necessario, quantomeno, procedere all'adeguamento Istat dal 2007 ad oggi, pari al 14,5 per cento della prestazione, unitamente al riconoscimento di ulteriori euro 3,50 per il rientro negli investimenti sostenuti per l'adeguamento di impianti e software, imposti dal nuovo protocollo;
   si tenga anche in considerazione che la motorizzazione civile, per effettuare la revisione presso i propri centri, non richiede i pagamenti del bollettino, dei diritti e dell'iva sulla prestazione. Di conseguenza, la revisione ha inevitabilmente un prezzo inferiore presso la motorizzazione civile rispetto alle imprese con centri di revisione autorizzati, con evidente svantaggio per queste ultime;
   oltre alle criticità relative alle tariffe di revisione, la condizione degli operatori è aggravata dalla crescente concorrenza sleale da parte di soggetti che operano nel settore, irregolarmente, poiché è assente un efficace sistema di controlli;
   si ritiene dunque necessario adottare specifici provvedimenti sulle tariffe delle revisioni e per rafforzare il sistema dei controlli, poiché le «storture» del sistema stanno pregiudicando gli oltre 8.000 centri di revisione presenti in Italia;
   per salvaguardare il ruolo dei centri di revisione di garanzia della sicurezza stradale dei veicoli e degli automobilisti, è stata anche promossa dalla Cna una petizione già sottoscritta da migliaia di imprese e una campagna di comunicazione per sensibilizzare cittadini e istituzioni sulle problematiche emerse nel sistema –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato su quanto esposto in premessa;
   se e quali iniziative intenda adottare per fronteggiare le criticità esposte in premessa e salvaguardare il ruolo dei centri di revisione privata di autoveicoli, procedendo all'aggiornamento delle tariffe al riconoscimento di una contribuzione per il rientro degli investimenti sostenuti obbligatoriamente per l'adeguamento di impianti software, nonché al rafforzamento dei controlli per escludere che altri soggetti operino irregolarmente in danno alle imprese virtuose del settore. (5-08551)


   FASSINA e GREGORI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Aeroporti di Roma s.p.a. (Adr s.p.a.), gestore dell'aeroporto di Fiumicino, con nota prot. A004885 del 2011 ha richiesto all'Enac, ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 18 del 1999, di limitare l'accesso ai servizi di assistenza a terra a soli 4 prestatori e soli 2 vettori in autoproduzione;
   tale richiesta è stata respinta dall'Enac in ragione del fatto che, sullo scalo di Fiumicino, era stato appena certificato il settimo handler;
   la richiesta di limitazione è stata reiterata ancora una volta nel 2014, sempre da Adr s.p.a., per 3 prestatori e 2 vettori in autoproduzione; si tratta di una richiesta fatta sulla base di uno studio tecnico, elaborato da Adr s.p.a. stessa, a suffragio della congestione aeroportuale e della percentuale di utilizzazione dell'area; tale studio rilevava la presenza di 6 handler (quando in realtà erano 5) ed era fondato, a quanto consta agli interroganti, su dati errati (numero mezzi circolanti e disponibilità aree di sosta);
   la consultazione del comitato utenti dell'aeroporto di Fiumicino ha dato esito
negativo, ritenendo necessario avviare un profondo riesame delle motivazioni tecniche della limitazione sullo scalo di Fiumicino;
   nonostante le criticità sollevate, Enac ha comunque indetto una procedura di gara, nel marzo 2015, sulla base della richiesta di limitazione presentata da Adr s.p.a., per la selezione degli handler e pur stabilendo che, conformemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 18 del 1999, non dovesse essere Adr a esperire la gara, in quanto potenzialmente in conflitto d'interesse per le partecipazioni azionarie del suo azionista di riferimento – Atlantia s.p.a. – presente anche nel capitale di un handler: Alitalia;
   la gara, conclusasi definitivamente a marzo 2016, ha visto l'assegnazione finale a tre operatori: Alitalia, Aviapartner e Aviation Services. La procedura, a quanto consta agli interroganti, ha danneggiato altri importanti operatori economici della filiera del trasporto aereo, come, ad esempio, WFS Ground Italy s.r.l., che è stata esclusa dalla procedura di limitazione, subendo una forte penalizzazione in termini di operatività e clientela. L'esempio fa emergere come la limitazione disposta da Adr s.p.a., che è, a giudizio degli interroganti, irragionevole e di dubbia legittimità, vada a danno di operatori nuovi costretti a uscire dal mercato dell’handling;
   gli stessi vettori aerei, che dalla limitazione dovrebbero ricevere vantaggio, hanno lamentato, anche sulla stampa, che dovranno sopportare costi maggiori;
   Adr s.p.a. ha approvato un piano d'investimenti e strutturale volto a incrementare il plesso aeroportuale di Fiumicino. Gli intenti appaiono agli interroganti incompatibili con la situazione di lamentata congestione che ha portato alla limitazione e, in via pragmatica, sembrerebbero altresì incompatibili con la presenza di 3 soli handlers. Sebbene l'aggiudicazione abbia a oggetto solo alcune delle categorie di servizi di cui al decreto legislativo n. 18 del 1999, di fatto, i contratti tra vettori e handlers vengono stipulati con riferimento al pacchetto completo di servizi, con la conseguenza che chi non è attualmente aggiudicatario subisce una forte contrazione dell'operatività e dell'opportunità commerciale –:
   come l'accoglimento della richiesta di limitazione per l'accesso ai servizi di assistenza a terra e la conseguente assegnazione del bando di gara per l'assegnazione di soli 3 handlers allo scalo di Fiumicino di cui in premessa si concilino con le norme che regolano la concorrenza e il mercato, con le nuove disposizioni in materia di appalti, nonché con l'esigenza di piena trasparenza delle concessioni in materia di servizi aeroportuali;
   se il Ministro intenda verificare se – come denunciato dai vettori aerei operanti sullo scalo di Fiumicino – dalla limitazione di cui in premessa all'accesso ai servizi di assistenza a terra, si dovranno sopportare costi complessivi maggiori e si verificherà una contrazione del traffico degli utenti dello scalo, tutto questo a detrimento degli importati piani di investimento e sviluppo previsti per il principale aeroporto nazionale. (5-08562)


   AGOSTINELLI, TERZONI e CECCONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la relazione al bilancio 2014 del presidente della Quadrilatero Marche Umbria s.p.a. contiene notizie molto preoccupanti per i riflessi sul bilancio dello Stato. In particolare, ad avviso degli interroganti, tre questioni: il fallimento dello strumento «cattura di valore» e, quindi, del cofinanziamento privato; l'accumulo di riserve sui lavori da parte dei Concessionari per oltre un miliardo e mezzo di euro; le spese a, giudizio degli interroganti abnormi, della società Quadrilatero Marche Umbria;
   la società Quadrilatero è detenuta da: ANAS 92,4 per cento; regione Marche 2,8 per cento; regione Umbria (attraverso la società Sviluppumbria) 2,4 per cento; provincia di Macerata 1,0 per cento; le camere di commercio di Macerata 0,5 per cento, Perugia 0,5 per cento e di Ancona 0,3 per cento; provincia di Perugia 0,1 per cento. La Quadrilatero Marche Umbria s.p.a. è stata costituita, in qualità di soggetto attuatore unico, per la realizzazione del progetto pilota denominato «Asse viario Marche Umbria e Quadrilatero di penetrazione interna». La convenzione stabilisce che la controllante Anas deve far fronte al fabbisogno finanziario necessario alla realizzazione dell'opera non coperto da assegnazioni statali e dai fondi integrativi (Piano di area vasta – PAV). In sostanza, l'opera deve essere finanziata con fondi pubblici e con fondi privati derivanti dalla cosiddetta «cattura di valore» (stimata in 386 milioni di euro), frutto della valorizzazione e del collocamento sul mercato delle aree leader derivanti dal Pav e approvate dal Cipe; attività, queste, svolte in nome proprio e per cofinanziare le infrastrutture viarie. Sostiene il presidente Perosino nella relazione «che, nel corso del 2014, anche per il Piano di Area Vaste sono stati compiuti importanti passi in avanti. A dicembre, infatti, si è conclusa la procedura di gara per l'individuazione di un Advisor che supporti la Società nel collocamento sul mercato delle Aree Leader previste nell'ambito del PAV. Con il nuovo anno, quindi, si prevede che possano essere pubblicati i nuovi bandi di gara per individuare i concessionari delle prime Aree Leader, accogliendo nei bandi quelle misure incentivanti proposte dalla Società Quadrilatero, di cui il CIPE ha preso atto con delibera dell'8 marzo 2013, finalizzate ad una maggiore appetibilità sul mercato delle Aree stesse. Ciò, nell'obiettivo di ottenere, attraverso i canoni di concessione e altri introiti collegati, il previste; cofinanziamento dal PAV, che risulta allo stato/alquanto ridotto rispetto alle stime originarie del progetto. Si evidenzia, inoltre, che l'articolo 3 comma 4 della Legge 164/2014 «Sblocca Italia» ha previsto, a parziale copertura del fabbisogno per il completamento del sistema viario, lo stanziamento di complessivi euro 120 milioni da assegnare alla QMU come anticipazione sui proventi attesi dal PAV in quote annuali, a partire dall'esercizio 2015, sino al 2020, al realizzarsi di alcune specifiche condizioni»;
   tutto ciò malgrado che, «tra il 2009 e il 2010, la Quadrilatero ha avviato le gare pubbliche per l'individuazione dei Concessionari per le prime quattro Aree leader di otto approvate dal CIPE con la delibera n. 101/2006, risultate infruttuose». Al punto che, «rispetto al Piano precedente – approvato dal Consiglio il 28/10/09 –, la cattura di valore è stata ridotta del 78 per cento a circa euro 86 milioni (rispetto a Euro 386 milioni originariamente previsti nei piani finanziari delle delibere CIPE), comprendenti euro 30 milioni derivanti dall'attualizzazione degli apporti CCIAA (corrispondenti agli incrementi dei diritti camerali assegnati alla QMU, a fronte di accordi già sottoscritti), euro 26 milioni da materiali di risulta e euro 30 milioni da collegarsi all'eventuale successo delle gare per aree leader, considerati gli apporti comunali e i canoni di concessione. Quest'ultimo importo era stimato in euro 168 milioni nel Piano industriale precedente». In sostanza un fallimento quello della «cattura di valore» e del cofinanziamento privato al punto che gli unici fondi stanziati sono quelli pubblici, statali e regionali. Circostanza che non ha impedito allo Stato di attribuire 120 milioni di euro, in conto anticipo di supposte entrate dalla cattura di valore sul Piano di area vasta, di 30 milioni di euro;
   anche per quanto riguarda le riserve sui lavori eseguiti dalle imprese, la situazione si presenta preoccupante in quanto, come risulta dalla relazione: «Riserve da Contraenti Generali – Maxilotto 1 e Maxilotto 2», la società ha dato costante informazione alla controllante Anas circa lo stato delle riserve iscritte dai contraenti generali, come previsto alle disposizioni di cui alla convenzione Anas — Quadrilatero, articolo 3.2, lettera B). Per quanto attiene al maxilotto 1, le riserve al 31 dicembre 2014 (iscritte alla data dei 29 gennaio 2015) ammontano a circa euro 930 milioni, al netto delle riserve rinunciate dal contraente generale per circa 214 milioni di euro e delle riserve iscritte in via provvisoria e su lotti non finanziati e non avviati per ulteriori euro 214 milioni. L'importo risulta incrementato di euro 319 milioni (+52,3 per cento) rispetto all'esercizio precedente. Per quanto concerne il lotto concluso (sub 1.1), ultimato nel giugno 2010, la risoluzione delle riserve (n. 10 e n. 12 di circa euro 11 milioni) è avvenuta con atto transattivo – ex articolo 239 del decreto legislativo n. 163 del 2006 – in data 8 febbraio 2013 per l'importo di euro 1,9 milioni. Per il maxilotto 2, le riserve al 31 dicembre 2014 (iscritte alla data del 3 febbraio 2015) ammontano a circa euro 502 milioni, al netto delle riserve rinunciate dal contraente generale per circa euro 35 milioni e delle riserve per euro 91 milioni iscritte in via provvisoria e su lotti non finanziati e non avviati. Rispetto all'esercizio precedente, il suddetto importo risulta incrementato di euro 19 milioni (+3,9 per cento). Con lettera del 5 marzo 2015 (prot. no 1589) le suddette riserve al 31 dicembre 2014 sono state comunicate da Quadrilatero alla controllante Anas, in funzione degli articolo 2 e 3 della convenzione del 26 settembre 2005, ed in base alle principali considerazioni riguardanti: – la figura giuridica del Contraente generale scaturita dalla «Legge Obiettivo» n. 443 del 2001- giurisprudenza Consiglio di Stato II, 16 marzo 2005, n. 7470; – l'approvazione delle perizie di variante con riconoscimento di tempi ed oneri al Contraente generale; – la sopravvenuta L. 106/2011 circa l'inapplicabilità al contraente generale dell'articolo 240 del D.Lgs. 163/2006 fino al completamento dei lavori; le riserve iscritte dal contraente generale integralmente respinte dalla società, sia in linea di fatto che in linea di diritto, negli esercizi di riferimento. Tutto ciò premesso, la controllante provvederà ad assumere le valutazioni dei rischi di competenza, considerato che la Società opera su mandato di Anas, cui verranno trasferite le opere viarie realizzate che altresì entreranno a far parte del suo patrimonio indisponibile»;
   in sostanza, il totale delle riserve proposte dai contraenti Generali sarebbero di (903 + 502 milioni di euro) da sommare a quelle iscritte in via provvisoria (214 + 91 milioni di euro) e quelle già pagate dalla Quadrilatero (1,9 + 49,9 milioni di euro) per un totale di 1.761,8 milioni di euro: quasi il doppio di quanto previsto dal progetto approvato e oggetto delle gare d'appalto. Inoltre, stando ai dati del bilancio approvato, le spese indirette della società Quadrilatero ammontano, nel 2014, a 5.916.085,00 euro, rispetto ai 3.218.008,00 del 2013 con un aumento di 2.698.077,00 euro, pari al 83%. Per le spese di personale (dipendente e distaccato), si è passati dai 1.981.583,00 euro del 2013 ai 3.818.434,00 euro del 2014, con un incremento del 92,69 per cento;
   considerato che il numero dei dipendenti della società sono stati 49,3 nel 2014 e 48 nel 2013, il costo medio pro capite risulta di 77.453,00 euro nel 2014 e di 41.283 euro nel 2013, con un incremento del 92,7 per cento. Addirittura per il service amministrativo con Anas si è passati da 259.522,00 euro del 2013 a 632.411,00 euro del 2014 con un incremento del 162,4 per cento;
   infine «il Quadro Economico del Progetto Quadrilatero al 31/12/14, comprende euro 2.282 milioni per la realizzazione delle Opere Viarie (PIV) ed euro 88 milioni per costi programmatici correlati al Piano di Area Vasta (PAV). La copertura del fabbisogno finanziario del Progetto Quadrilatero dipende dai fondi pubblici e dagli apporti del PAV, le cui Aree leader rappresentano l'elemento cardine per sviluppare flussi finanziari attraverso la tecnica della cosiddetta «cattura di valore», sempre che il mercato recepisca le iniziative in corso per l'individuazione dei concessionari». Considerato che la società è stata costituita il 6 giugno 2003 per attuare il progetto approvato con delibera Cipe n. 121 del 21 dicembre 2001, con un costo complessivo di 1.807.599.000,00 euro, e che, con delibera Cipe n. 13 del 27 maggio 2004 il costo complessivo è stato aumentato a 2.156.700.000,00 euro; visto inoltre che, al 31 dicembre 2014, la spesa complessiva è stata stimata in 2.366.000.000,00 euro, con un aumento di 558.401.000,00 euro (circa mille miliardi di lire) nel contempo, i preventivati introiti privati, derivanti dalla «cattura di valore», tale costo risulta progressivamente ridotto da 386 milioni di euro iniziali a 168 milioni di euro nel 2013 e a 86 milioni alla fine del 2014 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali siano stati, gli sviluppi dal 2015 ad oggi per quanto riguarda le valorizzazioni delle aree leader incluse nel PAV;
   quanti cofinanziamenti «privati» che abbiano alimentato il bilancio della società Quadrilatero per la realizzazione del progetto;
   come si giustifichi l'esplosione delle spese del personale e di gestione del 2014 pari all'83 per cento sull'anno precedente e l'aumento delle spese per il personale del 92,7 per cento e quali siano le retribuzioni del direttore generale e dei dirigenti e se siano stati attivati altri contratti professionali nel corso del 2015 e 2016 e di quali personalità;
   se e come l'Anas e la società Quadrilatero intendano affrontare la mole esorbitante delle «riserve» iscritte dalle imprese esecutrici che risultano pari agli importi dei lavori messi a gara, considerato il rischio di risarcire una somma abnorme a carico dello Stato;
   se, anche nel 2015 e nei primi mesi del 2016, siano aumentate le previsioni di spesa per la realizzazione del progetto e quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato a fronte del fallimento del cofinanziamento privato tramite il meccanismo della «cattura di valore», considerato che, fino ad ora, tutte le spese sono state finanziate dal settore pubblico ovverosia da: Stato, regioni Marche e Umbria e province di Macerata e Perugia;
   a quanto ammontino le spese di gestione della società Quadrilatero dalla sua costituzione ad oggi;
   se e quali iniziative intenda assumere per arginare l'emorragia di fondi pubblici e se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per accertare eventuali responsabilità di quanto avvenuto e quali eventuali iniziative sul piano amministrativo intenda assumere nei confronti di eventuali responsabili. (5-08563)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRANCO BORDO, FASSINA e MARCON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Techno Sky s.r.l. è stata costituita nel 2007, a seguito dell'acquisizione da parte di Enav s.p.a del ramo di azienda della Vitrociset afferente la logistica Atc (Air Traffic Control) per evitare eventuali soluzioni di continuità del servizio di controllo del traffico aereo a seguito delle sopraggiunte necessità per di certificazione e rilascio della licenza di Navigation Service Provider, introdotte dall'unione europea con il regolamento CE 2096, entrato in vigore già nel 2005;
   la determinazione della Corte dei conti del 4 dicembre 2015, n. 119, a pagina 16, punto 1.2.1 afferma che Techno Sky, società partecipata al 100 per cento da Enav dal 2006, è responsabile della, gestione, assistenza e manutenzione degli impianti e dei sistemi utilizzati per il controllo del traffico aereo italiano»;
   a pagina 67, punto 2.10.1 si afferma che «sulle attività ordinariamente svolte e sui servizi resi si è ampiamente riferito nelle precedente relazioni alle quali si fa qui rinvio». In particolare si fa riferimento alla precedente determinazione n. 1/2015 del 20 gennaio 2015 in cui a pagina 57, lettera H, punto 1, è esplicitato che «i ricavi del periodo, coerentemente con la natura in house della società, si riferiscono per la quasi totalità a prestazioni erogate in favore di ENAV e per una minima parte (poco più del 2,4 per cento) a prestazioni erogate verso clienti terzi», evidenziando come Techno Sky produca servizi esclusivamente per Enav;
   la mancata incorporazione del personale in Enav ha provocato negli anni le proteste del personale di Techno Sky anche attraverso contenziosi giudiziari presentati dai tecnici dipendenti da Techno Sky, che chiedono il riconoscimento del rapporto di lavoro come dipendenti Enav a decorrere dal 31 maggio 2007, data di passaggio della società sollo il controllo al 100 per cento di ENAV;
   il coordinamento nazionale delle rappresentanze sindacali unitarie Techno Sky, assistito dalla segreteria nazionali di Fim, Fiom, Uilm Uismic, a più riprese ha avviato vertenze per la parificazione dei trattamenti economici e normativi con il personal, Enav previsto anche dal nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro del settore assistenza al volo, stipulato anche con Techno Sky il 27 maggio 2014, con i sindacati del settore trasporti e non ancora applicato ai tecnici;
   un gruppo di dipendenti Techno Sky ha costituito un numeroso comitato spontaneo denominato «per l'internalizzazione in ENAV», aprendo un sito web di riferimento e pagine sui social network e media dove si afferma che il mantenimento dell'attuale situazione che vede la fornitura di un servizio essenziale per il mantenimento per il mantenimento della licenza di Navigation Service Provider di Enav comporta inutili costi per doppi strutturali logistici, dirigenziali e produzione di normative dedicate per giustificare un assetto definito «unico in Europa», che potrebbero essere eliminati attraverso l'assunzione diretta di tutto il personale Techno Sky, realizzando anche una maggiore conformità alle normative obbligatorie sulla sicurezza del traffico aereo;
   in data 17 marzo 2015 con l'interrogazione a risposta scritta 4-08438, presentata da Scotto Arturo ed ancora priva di risposta si affrontava la questione relativa alla parificazione dei trattamenti giuridici ed economici del personale Techno Sky, a parità di mansioni con Enav, al mantenimento dell'attuale sistema di relazioni sindacali costruito nel contratto integrativo aziendale del 31 maggio 2013, alla luce dell'entrata vigore del nuovo contratto collettivo nazionale trasporti, in assenza della sollecita risoluzione delle questioni sollevate da coordinamento nazionale Techno Sky Fim, Fiom, Uilm, Fismic nazionali; gli potrebbe determinare profonde crisi interne al sistema, tali da portare presto a reazioni anche estreme del personale interessato, esasperato da decenni di aspettative disattese –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, in particolare se non ritenga quanto mai urgente e non più procrastinabile l'opportunità di ogni iniziativa finalizzata a garantire il migliore assetto economico e normativo del settore anche attraverso l'assunzione di tutto il personale Techno Sky in Enav;
   quali siano le informazioni e gli orientamenti del Governo in ordine ai fatti descritti in premessa e, più ampiamente, in relazione alla posizione di Enav nell'ambito di tale vicenda;
   se e quali iniziative di competenza il Governo abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di assicurare che la politica industriale di Enav sia sviluppata in linea con Eurocontrol, nel rispetto delle normative nazionali e in piena conformità alla legge delle scelte di organizzazione e di investimento. (4-13055)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti di stampa che uno studente disabile, frequentante la scuola secondaria di primo grado dell'Istituto Comprensivo Marchetti di Senigallia, si è visto costretto a rinunciare alla gita scolastica della sua classe poiché il pullman che avrebbe dovuto accoglierlo era privo di dotazione meccanica per far salire a bordo lo studente e la sua carrozzina;
   il ragazzo è stato quindi costretto, suo malgrado, a tornare in classe in compagnia della sola presenza dell'insegnante di sostegno mentre il resto della classe è partita per il viaggio d'istruzione;
   il 3 febbraio 2016, il direttore generale dell'Ufficio secondo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Giovanni Boda, ha emanato la circolare n. 0000674 avente per oggetto «Viaggi d'istruzione e visite guidate» indirizzata agli uffici scolastici regionali, ai dirigenti degli ambiti territoriali e ai dirigenti scolastici;
   nella circolare si invitano i dirigenti scolastici e i docenti a porre – nell'ambito dell'organizzazione delle visite d'istruzione — particolare attenzione sulla scelta delle aziende cui affidare il servizio di trasporto, alla verifica dell'idoneità e condotta del conducente, all'idoneità del veicolo e altre misure di sicurezza che sono illustrate nell'apposito vademecum previste dal Protocollo d'intesa siglato il 5 gennaio 2015 con il Ministero dell'interno e la polizia stradale, allegato alla circolare stessa;
   nei criteri di valutazione della circolare, nessuna attenzione è stata però posta riguardo i criteri di selezione e scelta delle aziende cui affidare il servizio di trasporto nel caso di necessità di accoglimento di studenti disabili;
   ad avviso degli interroganti sarebbe di conseguenza fondamentale che, oltre a controllare l'idoneità degli autobus prima di partire per un viaggio d'istruzione, si introducesse l'obbligo di effettuare un analogo controllo anche per quanto riguarda le dotazioni dei mezzi atti ad accogliere studenti disabili a bordo;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se quanto accaduto nell'Istituto Comprensivo Marchetti di Senigallia corrisponda al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere per evitare che si verifichino nuovamente tali gravi situazioni, reiterate nello spazio e nel tempo, che sono oggettiva fonte di ulteriore discriminazione per coloro i quali già vivono una condizione di disagio a causa della disabilità;
   in particolare, se non ritenga doveroso adoperarsi per la modifica della la Nota del 3 febbraio 2016, a firma del direttore generale dell'ufficio secondo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Giovanni Boda, in modo tale che sia posto l'obbligo in capo ai dirigenti e ai docenti – nell'ambito delle visite d'istruzione per la quale si preveda un trasporto pubblico o privato – di verificare l'idoneità dei mezzi anche per gli studenti affetti da disabilità;
   e se intenda adoperarsi affinché nella suddetta circolare sia specificato che, in caso d'inidoneità dei mezzi di trasporto – perché privi di strumenti atti alla salita e discesa di studenti disabili – il dirigente scolastico o i docenti interessati, che avevano preventivamente comunicato la loro presenza, possano sospendere e rinviare la visita d'istruzione programmata per l'intera classe in attesa di una nuova programmazione. (4-13064)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   il 15 febbraio 2013, Renata Polverini, allora presidente della regione Lazio, firma la delibera per l'adozione del programma integrato di intervento e riqualificazione urbanistica della località «Divino Amore», in variante al piano regolatore del comune di Marino, proposto dalla società Eco Village srl, e già adottato dalla stessa amministrazione comunale pochi mesi prima;
   l'urbanizzazione dell'area «Divino Amore» viene decisa dal comune di Marino nel 2011: cinquanta ettari confinanti con il parco dell'Appia Antica per un giro di affari di oltre un miliardo di euro;
   il comune di Marino non è nuovo a iniziative di cementificazione selvaggia. Già per l'area di Santa Maria delle Mole, in assenza delle «misure di salvaguardia» al piano regolatore, a partire dagli anni 2000, vengono rilasciate concessioni edilizie innalzando al massimo gli indici di fabbricabilità fondiaria. Quando finalmente il comune decide di annullare le concessioni edilizie, diversi costruttori presentano ricorso al Tribunale amministrativo regionale e lo vincono;
   nell'aprile del 2011 il presidente della regione Lazio, Renata Polverini, e il sindaco di Marino, Adriano Palozzi, firmano un protocollo d'intesa in cui si prende atto della situazione di «congestione» edilizia di Santa Maria delle Mole e della necessità di una sua riqualificazione. Come diretta conseguenza del protocollo d'intesa, nel 2011, il Comune approva provvedimenti per l'urbanizzazione di aree limitrofe a Santa Maria delle Mole, tra i quali il citato «Programma integrato» relativo all'area del «Divino Amore»;
   la società promotrice del programma di sviluppo integrato e urbanizzazione del «Divino Amore» risulta essere la Eco Village Srl, che fa capo, tra gli altri, alla Parsitalia del costruttore romano Luca Parnasi. La società, al momento della firma della delibera regionale (febbraio 2013), non risultava essere proprietaria dei terreni da urbanizzare nell'area in oggetto, con conseguente situazione di assoluto rischio di insolvenza;
   la EcoVillage srl si è presentata alla firma della convenzione presso il comune di Marino, registrata all'Agenzia delle entrate il 31 luglio del 2013, con un'altra società: la Eco Village Tre. Per entrambe, l'amministratore risultava essere lo stesso. Si rileva che la EcoVillage Tre non è mai stata legittimata a sottoscrivere atti negoziali di natura edilizia o urbanistica in quanto estranea alle iniziative che hanno determinato l'adozione da parte della regione Lazio del «Programma per lo sviluppo integrato»;
   anche della Eco Village Tre, nel tempo, si sono perse le tracce. Oggi nell'operazione è coinvolta la società Idea Fimit, partecipata al 29 per cento dall'INPS-Istituto nazionale di previdenza sociale, che avrebbe acquistato l'intera area;
   da articoli di stampa risalenti a dicembre 2013 si apprende che il coinvolgimento dell'INPS nell'operazione «Eco Village» era stato caldeggiato, già nel 2013, dall'allora presidente dell'ente Antonio Mastrapasqua, attraverso la permuta di un palazzo di proprietà dell'INPS in via Pianciani a Roma, con una quota del progetto EcoVillage. Perplessità sull'affare furono manifestate da altri vertici dell'Istituto che parlarono di «elevati profili di rischio» dell'intera operazione;
   oggi, il coinvolgimento dell'INPS attraverso Idea Fimit nell'affare di urbanizzazione del «Divino Amore» risulta praticamente certo (vedi sito ufficiale della società). È IdeaFimit, infatti, che ha dato inizio ai lavori di bonifica dei terreni nel marzo 2016. La ditta appaltatrice è, a quanto risulta agli interroganti, la Parsitalia Generale Contractor srl;
   al momento pendono davanti al tribunale amministrativo del Lazio diversi ricorsi per la sospensione in via cautelare di ogni attività urbanistica ed edilizia nell'area «Divino Amore». Ai ricorsi dei comitati dei cittadini – Argine Divino Amore – e di alcune associazioni ambientaliste, si è aggiunto quello della Città metropolitana di Roma Capitale;
   tale operazione immobiliare interessa un'area di alto pregio e interesse paesaggistico confinante con il parco dell'Appia Antica e meriterebbe altresì l'attenzione e la vigilanza delle strutture del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo –:
   per quale motivo l'INPS partecipi a questa discutibile operazione immobiliare, non risultando tale partecipazione tra i compiti istituzionali dell'ente previdenziale, e quali iniziative abbia assunto o intenda assumere il Ministro interrogato al riguardo.
(2-01361) «Scotto, Fassina, Zaratti».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la IM Intermetro spa era un'azienda specializzata nel settore della progettazione, realizzazione, ammodernamento, ricostruzione e straordinaria manutenzione delle linee metropolitane «A» e «B» e della Ferrovia Concessa Roma Lido;
   sin dagli anni ’90, con il graduale esaurirsi dei contratti stipulati con il comune di Roma, relativi alla linea A della metropolitana, si era posto il posto il problema occupazionale, al momento della chiusura dei cantieri, dei dipendenti della società sottoposti ai primi licenziamenti collettivi;
   in riferimento proprio ai suddetti licenziamenti, grazie agli accordi raggiunti tra le organizzazioni sindacali di categoria, la rappresentanza sindacale unitaria, l'amministrazione di Roma Capitale e la giunta regionale «con il fine di non disperdere un patrimonio umano e professionale altamente specializzato nel settore dei trasporti e in particolare nell'ambito della Metropolitana di Roma», il personale licenziato in seno alle procedure, veniva inserito presso le municipalizzate operanti nel settore, quali ATAC, MET.RO, STA, ROMAMETROPOLITANE, oltre ad ACEA, GEMMA e altre;
   contemporaneamente, gli accordi prevedevano la garanzia della salvaguardia occupazionale dei lavoratori rimasti in forza alla Intermetro per la chiusura delle commesse ancora i (AMLA3 – ammodernamento e messa in sicurezza della Linea A – ammodernamento della stazione Manzoni – ampliamento e attrezzaggio delle officine e depositi di linea A e B);
   proprio a seguito della consegna alla città di Roma della stazione Manzoni, avvenuta nel 2007, veniva annunciata la messa in liquidazione volontaria della società IM Intermetro spa, con conseguente riapertura delle procedure di licenziamento collettivo (28 unità);
   dunque, il comune di Roma siglava, con la rappresentanza sindacale unitaria e le organizzazioni sindacali di categoria, appositi verbali in cui veniva garantito il reintegro dei lavorato i Intermetro nelle aziende controllate del comune, quali ATAC spa e Roma Metropolitane srl individuate quale naturale approdo dei lavoratori interessati, tenuto presente della loro professionalità ed esperienza;
   l'accordo veniva sottoscritto effettivamente l'11 aprile 2011 e, nel dicembre dello veniva ribadita dalla società Roma Metropolitane srl la volontà di assumere quattro Intermetro e di presentare, contestualmente, un piano di ricollocazione per tutti gli alti 2013 le organizzazioni sindacali venivano convocate dal comune di Roma per confermare gli impegni presi dallo stesso comune durante le diverse amministrazioni succedutesi;
   ad oggi, nonostante gli accordi siglati, le promesse effettuate in sede di campagna elettorale e non, le numerose audizioni e incontri con i vari assessori (in particolar modo assessori alle politiche della mobilità, firmatari di accordi ed impegni), con gli ex sindaci Alemanno e Marino, con l'ex vice sindaco Nieri, con la commissione assembleare permanente alle politiche della mobilità, con i vari capigruppo consiliari, a distanza di cinque anni dalla data di avvio delle procedure di licenziamento, non si è trovata soluzione alla questione dei lavoratori della Intermetro, nonostante siano state più volte riconosciute ed appurate la loro professionalità e la loro esperienza che risulterebbero molto utili alla azienda operante per la realizzazione e per l'esercizio della metropolitana;
   le organizzazioni sindacali hanno, peraltro, trasmesso un'ulteriore, richiesta di incontro con l'assessorato alla mobilità del comune di Roma nel mese di maggio 2015, e vi sarebbe anche una formale richiesta di superamento del blocco delle assunzioni, indirizzata al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con particolare attenzione proprio ai lavoratori Intermetro –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della vicenda che vede protagonisti i dipendenti della società IM Intermetro spa e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano assumere, anche tramite la creazione di un tavolo istituzionale di confronto, al fine di salvaguardare e difendere i diritti dei lavoratori in questione. (5-08552)


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, GRILLO, BARONI, COLONNESE e LOREFICE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, «l'ISEE è lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. La determinazione e l'applicazione dell'indicatore ai fini dell'accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni. In relazione a tipologie di prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario e ove non diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni, gli enti erogatori possono prevedere, accanto all'ISEE, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e delle attribuzioni regionali specificamente dettate in tema di servizi sociali e socio-sanitari. È comunque fatta salva la valutazione della condizione economica complessiva del nucleo familiare attraverso l'ISEE.»;
   è ampiamente noto che, con le recentissime sentenze n. 838, 841 e 842, del 29 febbraio 2016, il Consiglio di Stato, in merito ai criteri di calcolo dell'Isee, ha ribadito che le provvidenze assistenziali esenti dall'Irpef (tipicamente: pensione d'invalidità e indennità di accompagnamento) non concorrono al valore dell'Isee stesso;
   il 31 marzo 2016 è stata votata in Aula alla Camera la mozione del M5S n. 1-01196, presentata dal primo firmatario del presente atto ed altri, riguardante proprio la revisione del sistema di calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente (Isee) in seguito alle succitate sentenze;
   il testo, così come modificato nel corso della seduta come risultante dalla votazione per parti separate, impegna il Governo:
    ad intraprendere le opportune e improcrastinabili iniziative, affinché il calcolo dell'ISEE sia effettuato tutelando i soggetti più deboli della nostra società, quali sono gli anziani malati e i disabili in condizione di gravità, conformemente alla citata sentenza del Consiglio di Stato;
    nelle more di un intervento di riforma della normativa vigente in conformità alla sentenza citata del Consiglio di Stato, a valutare l'adozione di idonee iniziative per definire il valore dell'Isee indicanti le modalità transitorie di calcolo da effettuarsi in base alle disposizioni normative antecedenti alla riforma intervenuta con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 3 dicembre 2013;
    a proseguire la discussione nell'ambito del comitato consultivo istituito in attuazione dell'articolo 12, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013;
    a disporre una specifica informativa pubblica tramite i propri canali di comunicazione istituzionale, allo scopo di rendere a tutti soggetti interessati, ovvero coloro i quali hanno presentato delle dichiarazioni ISEE non conformi alla citata sentenza del Consiglio di Stato, tutte le informazioni e i chiarimenti del caso, compresa l'indicazione della procedura da seguire per la corretta compilazione del modello ISEE;
    veniva tuttavia respinto l'ulteriore e preciso impegno al Governo, fatto proprio dalla citata mozione, a porre in essere entro il 30 giugno 2016 la complessiva riforma del vigente sistema di calcolo dell'ISEE sulla base di dette sentenze e pervenire alla totale esclusione delle provvidenze assistenziali di qualsiasi natura;
    non può non sottolinearsi in questa sede come la circostanza di non definire un termine perentorio per il Governo per ottemperare alle suddette sentenze stia di fatto contribuendo a generare ulteriore caos e disagio tra gli stessi enti locali e cittadini, incrementato il clima già di forte incertezza esistente sul punto;
    il 27 aprile 2016 si è svolta l'audizione di rappresentanti del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'esame del disegno di legge (A.C. 3594): Delega recante norme relative al contrasto alla povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di stabilità 2016);
    in tale occasione i suddetti rappresentanti ministeriali hanno sollevato in particolare la necessità di una correzione urgente della disciplina Isee, così come consegue dalle predette sentenze, atteso che l'effetto congiunto delle esclusioni dei trattamenti connessi alla disabilità dal reddito disponibile e l'operare al livello massimo delle franchigie (introdotte, viceversa, proprio per mitigare nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013 l'inclusione delle predette prestazioni nella nozione di reddito disponibile) di fatto porterebbe ad azzerare (o ridurre di molto) l'Isee nei casi in esame con evidenti impatti non solo sul piano finanziario, la cui neutralizzazione richiederebbe la revisione di soglie di accesso alle prestazioni/servizi, ma anche equitativo;
    la Ragioneria generale dello Stato ha poi sottolineato che, pur essendo in corso le valutazioni di impatto, si può evidenziare, sul piano qualitativo, la maggiore criticità di una mera attuazione sul piano amministrativo delle sentenze per gli enti locali in termini di maggiori prestazioni/servizi da erogare, con maggiori conseguenti oneri a carico dei relativi bilanci, ovvero di ridimensionamento delle medesime prestazioni/servizi, mediante revisioni delle soglie di accesso, per le restanti categorie di soggetti fino ad ora tutelati, con le ovvie conseguenze e sul piano equitativo;
    hanno poi concluso gli auditi ribadendo che, qualora non intervenisse un necessario cambiamento normativo per correggere gli effetti diretti delle sentenze sull'Isee, problematicità significative sorgerebbero anche con l'approvazione del disegno di legge della nuova misura nazionale di contrasto alla povertà prevista dal disegno di legge C. 3594, ferma restando la necessità del rispetto del limite di spesa costituito dalle risorse programmate;
    sono certamente note le criticità che da tempo afferiscono i comuni e riguardanti l'erogazione delle prestazioni assistenziali più tipiche a persone anziane e/o con disabilità (assistenza domiciliare, frequentazione dei centri diurni, inserimenti in strutture residenziali, prestazioni che la legge pone parzialmente a carico dei fruitori, in relazione al valore del loro Isee, stante il crescente impegno finanziario richiesto;
    gli stessi comuni hanno più volte richiamato l'attenzione delle istituzioni e delle parti politiche sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, raccogliendo le evidenti preoccupazioni del territorio e ribadendo in particolare la necessità di avviare un serio approfondimento sul tema della compartecipazione al costo dei cittadini fruitori delle citate prestazioni –:
   quale sia lo stato di avanzamento dei lavori del comitato incaricato della sorveglianza del nuovo Isee istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali per quanto concerne la revisione del calcolo dell'Isee in conseguenza delle sentenze del Consiglio di Stato n. 838, 841 e 842 del 29 febbraio 2016 e se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda rendere pubblici direttamente sul proprio sito web istituzionale i resoconti e i verbali delle sedute del suddetto comitato;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali possa indicare da chi sia composto il comitato suddetto;
   se possa indicare la stima, anche in via approssimativa, dell'impatto economico-finanziario sui comuni dei criteri di calcolo dell'Isee;
   se possa indicare una data entro la quale si ritenga verosimile pervenire ad una soluzione della problematica di cui in premessa citata e quale opportuno strumento normativo si intenda utilizzare a tal proposito e per quali ragioni;
   se possa indicare nello specifico le iniziative che si intendono intraprendere al fine di evitare che gli effetti della suddetta revisione del calcolo ricadano tutti sugli enti locali, già in precarie condizioni di bilancio, e conseguentemente sui cittadini che, nonostante l'esito a loro favorevole delle predette sentenze, rischierebbero di non ricevere i servizi e le prestazioni assistenziali cui avrebbero pienamente diritto. (5-08565)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la notizia della chiusura della fabbrica Konig Spa di Molteno, fondata nel 1996 e produttrice di catene, è giunta ai 130 dipendenti come un fulmine ciel sereno;
   da tempo giravano voci circa una possibile ristrutturazione della sede ed invece, giorni fa, l'annuncio perentorio della proprietà austriaca di chiudere la sede lecchese e portare l'azienda in Carinzia e nella Repubblica Ceca, lasciando in Brianza solo, alcuni uffici;
   una decisione che, a quanto consta all'interrogante, appare dettata non già dalla contingente situazione di crisi economica, bensì da una strategia aziendale della proprietà di delocalizzare, concretizzando il rischio di licenziamento di ben 106 lavoratori su 130 dipendenti;
   a destare maggior sconcerto è che la scelta aziendale sia avvenuta, a quanto consta all'interrogante, in sordina, in assenza, o quasi, di confronto con le organizzazioni sindacali;
   peraltro, tale scelta appare all'interrogante ancora più irragionevole se si considera che l'azienda opera in un settore non in crisi –:
    se e quali urgenti iniziative di competenza, anche in termini di moral suasion, il Governo intenda adottare a salvaguardia di un'azienda storica del territorio lecchese e di centinaia di posti di lavoro;
   se i Ministri interrogati non convengano che la scelta di delocalizzare dell'azienda di cui in premessa possa dipendere dall'elevato costo del lavoro in Italia – atteso che secondo dati Ocse nel nostro Paese un'ora di lavoro costa mediamente ad un'impresa 28,3 euro, circa 4,3 euro in più della media dell'Unione europea – e quali iniziative intendano adottare per scongiurare processi di trasferimento di aziende all'estero;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno convocare con urgenza un tavolo istituzionale con tutte le parti interessate (proprietà, rappresentanze sindacali, rappresentati dei lavoratori, istituzioni locali) al fine di addivenire in tempi rapidi ad una soluzione positiva della vicenda. (4-13059)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SILVIA GIORDANO, COLONNESE, TOFALO, LOREFICE, DI VITA, GRILLO, MANTERO e BARONI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 17 aprile 2016 la signora Palmina Casanova è stata sottoposta ad un intervento chirurgico per l'asportazione di una cisti ovarica presso l'azienda ospedaliera San Giovanni di Dio Ruggi d'Aragona di Salerno, il giorno seguente la donna è stata dimessa dall'ospedale;
   il 19 aprile la signora Casanova a causa di un malessere persistente è tornata in ospedale per sottoporsi a un controllo, ma non è stata ricoverata. Il 20 aprile a seguito di dolori acuti la donna è stata trasportata all'ospedale di Castiglione di Ravello. Il presidio, non essendo attrezzato per intervenire, ha disposto il trasporto d'urgenza all'ospedale di Salerno, dove la donna è deceduta in sala operatoria;
   i familiari hanno presentato denuncia e il sostituto procuratore Elena Guarino ha disposto il sequestro della cartella clinica e della salma;
   i Nas, su disposizione del pubblico ministero, dovevano sequestrare i cosiddetti «reperti chirurgici», ovvero quella parte organica rimossa alla donna durante l'intervento. I carabinieri hanno cercato invano il materiale biologico, e, oltre non essere stato trovato il contenitore con il tratto d'intestino che gli inquirenti volevano analizzare, manca anche la documentazione con la richiesta per la conservazione del reperto. Si tratta di una procedura obbligatoria prima di consegnare un reperto biologico al laboratorio di analisi di anatomia patologica; attualmente risulta irreperibile sia la richiesta informatica che cartacea;
   il sostituto procuratore Elena Guarino, che coordina le indagini, ha aperto sia un fascicolo d'inchiesta per omicidio colposo, che un nuovo fascicolo con l'ipotesi di favoreggiamento. Secondo quanto riportato da un articolo del quotidiano « la Città» del 30 aprile: «Il sospetto degli investigatori è che qualcuno possa avere deciso di far sparire il tratto di intestino asportato alla donna nel corso del secondo intervento chirurgico, una porzione di organo che gli inquirenti volevano esaminare per accertare se il duodeno fosse stato perforato nel corso dell'operazione eseguita tre giorni prima per la rimozione in laparoscopia di una cisti ovarica»;
   ad oggi tredici persone sono state iscritte nel registro degli indagati: sei sanitari del «Ruggi» (i componenti del primo intervento di martedì 19 e del secondo eseguito venerdì 22, quando la donna è morta in sala operatoria) e sette del presidio ospedaliero di Castiglione di Ravello, che potrebbero non aver disposto in tempo il trasferimento a Salerno quando Palmina Casanova si è rivolta alla loro struttura lamentando dolori lancinanti all'addome –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere al fine di chiarire i fatti e le cause di quanto accaduto;
   se non ritenga necessario e opportuno promuovere, come accaduto in casi analoghi, un'apposita ispezione ministeriale;
   quali iniziative di competenza il Ministro abbia avviato o intenda avviare al fine di evitare che fatti come quelli accaduti all'Ospedale Ruggi d'Aragona possano ripetersi. (5-08564)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, GREGORI, NICCHI, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO e COSTANTINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Fincantieri è uno dei gruppi cantieristici più grandi al mondo, attivo nella progettazione e costruzione di mezzi navali ad elevata complessità;
   dopo un lungo periodo di crisi economica del comparto nautico, che ha interessato le divisioni italiane del gruppo, si assiste ad una importante ripresa della produzione grazie a nuove commesse acquisite nel corso dell'ultimo anno e mezzo. Ripresa che sta interessando, tra gli altri, anche il cantiere attivo nel comune di Ancona;
   attualmente il cantiere, in piena attività, impiega circa 500 operai diretti, ma si stima che siano oltre 2000 i lavoratori che operano per ditte legate a Fincantieri da contratti di appalto e subappalto;
   l'organizzazione del lavoro nel cantiere è da tempo oggetto di denunce da parte della Fiom – Cgil che ha sollevato le condizioni di lavoro prossime allo sfruttamento, nonché la scarsa trasparenza nell'assegnazione dei lavori a ditte esterne;
   già nell'ottobre del 2014 la Fiom – Cgil di Ancona aveva presentato un esposto sul sistema di reclutamento degli operai delle ditte in appalto nei cantieri Fincantieri, segnalando forme di quasi caporalato;
   nel dicembre dello stesso anno il cantiere di Ancona è stato oggetto di un intervento dei carabinieri del nucleo operativo di Ancona e dei funzionari della direzione provinciale dell'ispettorato del lavoro, finalizzato all'acquisizione di informazioni sulla documentazione relativa ai rapporti di lavoro del personale, anche delle ditte appaltatrici (Ilmessaggero.it, 18 dicembre 2014);
   in data 10 luglio 2015 l'ex prefetto di Ancona Raffaele Cannizzaro sottoscriveva con l'amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono, presso la prefettura di Ancona, un «protocollo di legalità» volto a prevenire ed evitare tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti assegnati dalla società per il lavoro svolto nello stabilimento anconetano di Fincantieri (La Presse, 10 luglio 2015);
   tuttavia, tale protocollo ha avuto una efficacia solo parziale, tanto che in data 8 febbraio 2016, nel corso di un incontro tenutosi presso il comune di Ancona tra i delegati sindacali Fiom e il sindaco della città, Valeria Mancinelli, per affrontare i diversi problemi legati al comparto economico cittadino della nautica, sono state sollevate nuovamente le persistenti criticità in ordine alla trasparenza sugli appalti e del «caporalato» nello stabilimento Fincantieri di Ancona (Il Resto del Carlino, 9 febbraio 2016) –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di intervenire sulle criticità dello stabilimento Fincantieri di Ancona illustrate in premessa. (5-08556)


   BENAMATI e DE MARIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Alstom Ferroviaria spa, con 2.600 persone occupate in Italia e un fatturato pari a un 1 miliardo di euro, rappresenta sia per numero e l'importanza dei progetti realizzati, che per il contenuto tecnologico, una delle principali realtà industriali italiane nel settore ferroviario;
   la sede Alstom Ferroviaria spa di Bologna costituisce oggi un centro di eccellenza mondiale della multinazionale Alstom Transport per i sistemi di segnalamento ferroviario, garantendo occupazione a migliaia di famiglie e sviluppo all'intera regione, come tale meritevole di attenzione e valorizzazione da parte del Governo;
   la Alstom Ferroviaria spa ha dichiarato 22 esuberi a Bologna e 11 trasferimenti dallo stabilimento di Bologna a quello di Sesto S. Giovanni, trasferimenti che possono già essere considerati esuberi, visto che l'attività svolta da queste persone verrà esternalizzata a breve;
   desta particolare preoccupazione che non sia al momento noto né comunicato alle rappresentanze sindacali unitarie il piano industriali e la riorganizzazione aziendale, così come desta preoccupazione il calo degli ordini che si potrebbero verificare dalla diminuzione delle commesse;
   altre fonti confermano, inoltre, l'intenzione della multinazionale Alstom di delocalizzare migliaia di ore di progettazione – oggi in carico a Bologna – in India;
   integrazione del sito di Firenze (ex-GE) con quello di Bologna presenta elementi poco chiari per ciò che concerne la riorganizzazione ed eventuali disposizioni riguardanti gli stabilimenti coinvolti, a partire da quello di Firenze; tali disposizioni o vincoli potrebbero pertanto avere ricadute, anche pesanti, sugli organici del sito bolognese;
   l'assenza di pronunciamenti ufficiali da parte della Alstom fa crescere incertezza e preoccupazione, già espressa pubblicamente dalla rappresentanza sindacale unitaria aziendale;
   la Alstom Ferroviaria spa ha confermato il rischio di un «buco produttivo e lavorativo», che porterebbe a dichiarare circa 1.500 esuberi su 2.600 lavoratori in forza a livello nazionale, qualora Alstom non dovesse aggiudicarsi commesse nell'ambito della gara dei 500 treni;
   la regione Emilia Romagna ha già provveduto ad emanare le delibere relative alla gara e ha stanziato il budget per 75 treni;
   la competenza nell'indire la gara spetta Trenitalia che è però in attesa che anche le altre regioni si dotano degli strumenti amministrativi e contabili per accedervi;
   avere tempi certi e celeri per l'indizione della gara d'appalto per i treni è di fondamentale importanza per il destino dello stabilimento di Savigliano (addetto alla produzione di treni, 1400 dipendenti) e per tutti gli altri stabilimenti italiani, Bologna (580 dipendenti, 1000 con l'indotto) in primis che rischiano pesanti ripercussioni dovute a un prevedibile effetto domino –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto e quali iniziative di competenza intenda intraprendere per chiarire la situazione della Alstom ferroviaria spa in relazione ai piani e d ai progetti di riorganizzazione aziendale e, ove necessario, per salvaguardare il futuro di una realtà produttiva di grande interesse e di altissima specializzazione, così come per garantire tempi congrui e certi per l'indizione delle gare d'appalto per i treni e per mettere in priorità piani di investimento per l'ammodernamento delle infrastrutture di segnalamento ferroviario. (5-08557)


   POLIDORI e SANDRA SAVINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stata depositata, in data 30 giugno 2015, l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09613, nella quale si chiedevano chiarimenti circa gli orientamenti del Governo rispetto al procedimento autorizzativo dell'impianto di rigassificazione del metano liquido (GNL) a Zaule, nel porto di Trieste; nonostante i ripetuti solleciti formali, ad oggi non è ancora pervenuta alcuna risposta;
   l'11 giugno 2015 era stata programmata una conferenza di servizi, in merito all'autorizzazione dell'impianto, successivamente rinviata di novanta giorni e ad oggi non ancora riconvocata;
   il comune di Trieste, con nota inviata al Ministero dello sviluppo economico, ha espresso parere contrario rispetto al compimento dell'opera, rappresentando il potenziale rischio sismico dell'area del golfo di Trieste;
   la provincia di Trieste ha richiesto al Ministero dello sviluppo economico la sospensione del procedimento autorizzativo alla costruzione del rigassificatore, per la mancata acquisizione da parte della società proponente della compatibilità ambientale sul progetto sulle opere di allaccio alla rete nazionale di metanodotti;
   il comune e la provincia di Trieste hanno presentato, negli scorsi messi, ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio – sede di Roma – avverso l'atto del Ministero dell'ambiente e della tutela dei territorio e del mare – direzione generale per le valutazioni e le autorizzazioni ambientali del 25 febbraio 2015 e avverso il parere della commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS del predetto Ministero n. 1706 del 6 febbraio 2015 ed atti connessi;
   all'insediamento industriale, ritenendolo un ostacolo allo sviluppo dei traffici marittimi, rispetto al modello di sviluppo elaborato dall'autorità portuale di Trieste ed ha sottolineato la priorità dei traffici marittimi, rispetto alle infrastrutture energetiche –:
   quale sia l'intenzione del Governo rispetto alla realizzazione dell'opera in questione, dal momento che non è più accettabile la manifesta indecisione, considerando che, in via ufficiale, il comune, la provincia e anche la regione Friuli Venezia Giulia hanno espresso piena contrarietà al progetto. (5-08558)


   VALLASCAS, CRIPPA, DA VILLA, CANCELLERI, DELLA VALLE e FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2015 il gruppo M5S aveva presentato interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-06543 nella quale si chiedeva lo stato di attuazione del fondo nazionale per l'efficienza energetica, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2014, finalizzato a favorire, sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti, il finanziamento di interventi necessari per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di efficienza energetica, promuovendo il coinvolgimento di istituti finanziari, nazionali e comunitari, nonché investitori privati sulla base di un'adeguata condivisione dei rischi;
   il Governo aveva risposto nella seguente maniera: «Il citato schema di decreto è attualmente in fase di concertazione finale presso le altre Amministrazioni coinvolte nel procedimento di adozione del provvedimento (lo stesso Ministero dell'ambiente e il Ministero dell'economia). Il ritardo rispetto al termine dato dal decreto legislativo deriva dalla naturale complessità di funzionamento di un Fondo che, volutamente, è stato concepito per offrire al settore dell'efficienza energetica una molteplicità di strumenti finanziari di sostegno, adatti a integrare varie tipologie di progetti e di soggetti. Da qui, una maggiore necessità di articolazione delle regole di funzionamento, rispetto a quello che sarebbe stato sufficiente per intervenire, ad esempio, solo con un contributo in conto capitale. Il secondo aspetto che ha causato un rallentamento ha riguardato la necessità di identificare un soggetto gestore del fondo, in grado di portare rapidamente ad operatività lo strumento. Sulla base di questa positiva evoluzione, si ritiene o e la conclusione del procedimento sia ormai prossima, confidando in una sua emanazione entro la fine dell'anno.»;
   purtroppo ad oggi non è stato emanato nulla e nella medesima situazione è il decreto interministeriale, che disciplina le modalità di esecuzione del programma di interventi per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione centrale ai sensi del comma 5 dell'articolo 5 del decreto-legislativo succitato;
   al riguardo, si rileva che, in data 11 giugno 2015, il Governo in risposta sempre ad una interrogazione a risposta immediata in Commissione del gruppo M5S rispose che: «il decreto interministeriale (...) è in fase di concertazione, al fine di dirimere alcuni aspetti prettamente operativi riguardanti le procedure di gestione e finanziamento degli interventi, nonché i ruoli delle Amministrazioni coinvolte. A breve ne è prevista l'emanazione» –:
   quali siano i motivi ulteriori rispetto a quelli già descritti in premessa della mancata adozione dei decreti attuativi rispettivamente del fondo nazionale per l'efficienza energetica e del programma per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili della pubblica amministrazione ai sensi del decreto legislativo n. 102 del 2014 e se possa fornire indicazioni precise sui tempi di emanazione. (5-08559)


   ALFREIDER, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI, TURCO, BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società belga Solvay è presente in Val di Cecina dal 1919 e da allora estrae salgemma nelle località di Querceto e Buriano e, dal 1996, a seguito del contratto di collaborazione industriale stipulato con l'azienda Monopoli di Stato-A.T.I. Sale spa (titolare delle concessioni per l'estrazione del salgemma), Solvay ha il diritto di estrarre nelle concessioni di «Volterra», «Cecina» e «Poppiano», nei comuni rispettivamente di Volterra, Montecatini Val di Cecina e Pomarance;
   dal salgemma, Solvay ricava la materia prima per produrre nello stabilimento di Rosignano carbonato sodico, bicarbonato di sodio e soda caustica e l'estrazione del sale avviene attraverso dissoluzione con acqua dolce, ottenendo così salamoia che viene poi trasportata allo stabilimento Solvay di Rosignano (Livorno);
   l'abitato di Saline di Volterra (frazione di Volterra, comune di provincia di Pisa) è accerchiato dalle concessioni minerarie come ha sottolineato il sindaco Marco Buselli in una lettera datata 31 maggio 2012 inviata, tra l'altro, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, «mentre i vicini Comuni geotermici ricevono un indennizzo proporzionato da pare di Enel, anche sotto forma di posti di lavoro riservati, come compensazione per l'impatto della geotermia, Volterra non gode di criteri perequativi (...) oltre a non avere ritorno occupazionale pressoché rivolto al Comune di Rosignano, dove risiede lo stabilimento Solvay e dove sono occupate un migliaio di persone;
   il salgemma non è una risorsa rinnovabile e secondo studi attendibili, con gli attuali livelli estrattivi, è destinato a esaurirsi nell'arco di 30 anni e, oltretutto, vengono ogni anno versati circa due milioni di euro, secondo gli accordi in vigore, dalla multinazionale belga a Stato e regione;
   la salinizzazione dei corsi d'acqua legata a emergenze di salamoia è molto frequente e, come ha sottolineato Arpat Toscana, «nei documenti relativi agli inconvenienti ambientali verificati negli ultimi 20 anni nell'area di Saline di Volterra, si riscontrano frequentemente situazioni di criticità legate ad improvvisi picchi di salinità sui corsi d'acqua della zona. La mancanza di misurazioni tempestive nei casi citati e in generale di misure sistematiche sia in posizioni di monte che di valle rispetto alle aree minerarie ha sempre impedito di relazionare queste ultime con gli effetti cronici e di picco della salvazione dei corsi d'acqua»;
   il problema più pressante, fin da quando opera la Solvay, è quello degli approvvigionamenti idrici dal fiume Cecina e non solo. Il consumo di acqua da parte dell'azienda, sempre secondo lo studio dell'università di Pisa, supera in un anno l'utilizzo idropotabile di tutti i comuni della Val di Cecina, tanto che in estate i problemi di secca sono all'ordine del giorno. Ci sono rilevanti aggravi sugli usi civili e agricoli; un utilizzo così selvaggio della risorsa idrica e del territorio contrasta in maniera evidente con l'esito referendario sull'acqua pubblica;
   dal rilascio delle concessioni Volterra e il territorio limitrofo non possiedono di fatto più garanzie e potere decisionale per la tutela del proprio territorio così tartassato dalle estrazioni del salgemma; nelle scorse settimane il sindaco Buselli ha incontrato il nuovo direttore dello stabilimento Solvay, Davide Papavero, chiedendo all'azienda di considerare ambiente e sicurezza per i cittadini al primo posto, assieme alla tutela della risorsa idrica e al corretto uso del salgemma. Ma anche la questione lavoro e quella spinosa delle royalty, i cui benefici non ricadono sui territori dove insistono le concessioni minerari –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto al fine di intervenire per risolvere la questione delle royalty, chiarendo se il Governo sia stato coinvolto nell’iter del nuovo accordo di programma sulla Solvay e, in caso positivo, quali accordi economici siano in vigore per l'estrazione del salgemma e per l'utilizzo della risorsa idrica da parte di At sale, Solvay ed enti pubblici. (5-08560)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TENTORI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da notizie di questi giorni che si è aperta una crisi aziendale in seno alla Konig spa di Molteno, azienda metalmeccanica leader per la produzione di catene da neve, realtà industriale con radici profonde nel territorio lecchese, nata del 1966, dotata di tecniche all'avanguardia e di grandi professionalità;
   la Pewag, multinazionale austriaca proprietaria della fabbrica, ha annunciato un piano di smantellamento che prevede il trasferimento della produzione all'estero, in Carinzia e in Repubblica Ceca, mantenendo a Molteno solo un presidio commerciale e logistico;
   tale operazione mette a rischio il posto di lavoro di 106 lavoratori, su un totale di 130 dipendenti, tra cui molte donne, per i quali si evidenzia anche la difficoltà di ricorrere agli ammortizzatori sociali;
   questo piano sembra apparire contraddittorio rispetto alle prospettive di rilancio che si erano prefigurate all'atto dell'acquisto, avvenuto nel mese di settembre 2015, quando il gruppo austriaco Pewag aveva rilevato l'azienda dalla svedese Thule; si tratterebbe quindi di un esubero di oltre cento dipendenti giunto improvvisamente senza un adeguato confronto con le organizzazioni sindacali e gli enti territoriali;
   si apprende che la causa della riorganizzazione aziendale sia dovuta al crollo della produzione in quanto il numero annuale di paia di catene per autovetture prodotte è calato dalle 950.000 dell'anno 2012 alle 180.000 previste per il 2016; altri motivi sarebbero legati all'incidenza dei costi di struttura e agli altri costi fissi;
   le sigle sindacali hanno già formalizzato la richiesta di incontri in provincia di Lecco e in regione Lombardia per portare sui tavoli istituzionali la pesante ristrutturazione annunciata da Konig spa di Molteno –:
    quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per scongiurare la perdita degli attuali livelli occupazionali, e se non reputi necessario convocare con urgenza un tavolo di crisi. (5-08550)


   LENZI e FABBRI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalle rappresentanze sindacali di categoria che Poste Italiane spa ha deciso di non prorogare l'appalto alla Transystem spa di Bianconese (PR), azienda alla quale sono appaltati i servizi di consegna e di non procedere a nuova gara, internalizzando il lavoro a partire dal 29 aprile 2016;
   ai 9 dipendenti dell'azienda suddetta, operativi su Bologna, è stata inviata in questi giorni una lettera di licenziamento, nella quale veniva indicato come ultimo giorno lavorativo il 28 aprile 2016. Dopo quasi 8 anni di lavoro queste persone si troveranno nell'immediato senza lavoro e senza ammortizzatori sociali;
   Poste Italiane spa è un'azienda con capitale a maggioranza pubblica, è la scelta di non rinnovare l'appalto non tiene in considerazione, a parere dell'interrogante, le ricadute occupazionali in caso di passaggio d'appalto e/o internalizzazione;
   sussiste la richiesta delle parti sociali di rivedere tale scelta o di provvedere, reinternalizzando il servizio, anche all'assunzione in Poste Italiane, con adeguate garanzie e tipologie contrattuali, dei lavoratori che già svolgono queste mansioni ma anche di coloro che hanno lavorato per Poste con contratti trimestrali;
   risulta all'interrogante che in altre situazioni analoghe, il personale è stato tutelato dal punto di vista lavorativo e contrattuale –:
   se il Governo sia a conoscenza di questa grave situazione e quali iniziative intenda assumere al fine di tutelare sia il servizio sia, soprattutto, gli attuali livelli occupazionali scongiurando l'ennesima situazione di crisi nel mondo del lavoro.
(5-08566)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2014, dopo 140 giorni di scioperi e trattative si è arrivato ad un faticoso accordo tra governo, sindacati e azienda sul futuro della AST Tyssen Krupp di Terni. L'accordo prevede, per grandi linee: intese su alcuni aspetti contrattuali; lo spostamento della linea5 dallo stabilimento di Torino, la cui entrata in funzione è prevista per la fine di quest'anno; la tutela dei contratti a tempo determinato e di apprendistato; un percorso per garantire la tutela anche dei lavoratori delle ditte terze e alcune questioni riguardanti il contratto integrativo. Il punto centrale è però il piano di rilancio e sviluppo e ristrutturazione su 4 anni che si pone l'obiettivo di garantire almeno un milione di tonnellate di fuso attraverso il mantenimento dei due forni; un piano di investimenti e una politica commerciale adeguata;
   a meno di due anni da quest'accordo – pagato duramente dai lavoratori sia diretti che delle ditte terze, e dall'intero territorio, a causa della diminuzione dei livelli occupazionali – non solo non si sono raggiunti questi obbiettivi, ad iniziare da quello relativo alla lavorazione a caldo, ma sono molti i segnali che fanno pensare ad un cambio di rotta della proprietà Tyssen Krupp, tale sia da mettere in dubbio il rispetto di quell'accordo, sia da rendere molto incerto il futuro del sito ternano;
   durante l'incontro al Ministero dello sviluppo economico del 22 marzo 2016 il rappresentante delle relazioni esterne dell'azienda, Peter Sauer dichiarava che la ristrutturazione dell'azienda «non è terminata»; nel contempo, il quotidiano tedesco «Rheinische Post» ha pubblicato delle indiscrezioni su una possibile joint venture tra Thyssen Krupp e Tata Steel;
   Massimiliano Burelli, il nuovo amministratore delegato della Thyssen Krupp Ast, appena insediatosi ha avuto modo di dichiarare al Sole 24 Ore che «il milione di tonnellate (di produzione di acciaio fuso) non è un dogma. Il secondo forno è attivo e rimarrà acceso fino a quando ci saranno le condizioni economiche che lo permetteranno». A ciò si aggiungono anche le nuove fermate degli impianti. A quanto riferiscono fonti interne all'azienda, le fermate tecniche mensili dell'area a caldo delle acciaierie diventano ancora più lunghe del solito (ad esempio, il Forno 4 è rimasto fermo dalle ore 6 di sabato 23 aprile 2016 per ripartire solo alle ore 6 di lunedì 2 maggio. Aod3 e Cco7 hanno fermato sabato 23 aprile alle ore 14 per riprendere a produrre lunedì 2 maggio alle ore 14. Il Forno 5 si è formato da mercoledì 27 aprile alle ore 22 a lunedì 2 maggio alle ore 6. Aod2 e Cco3 si sono fermati dal 28 aprile alle ore 6 fino al 2 maggio alle ore 6). Da qui la richiesta per l'apertura della cassa integrazione ordinaria per i lavoratori interessati;
   l'azienda, prima dell'arrivo nel nuovo amministratore delegato, ha messo in campo una serie di razionalizzazioni e un abbattimento dei costi che ha portato nell'indotto un calo circa del 20 per cento degli occupati e una dequalificazione per chi è rimasto con contratti e inquadramenti che hanno abbassato sia le retribuzioni che i diritti. La regione Umbria, nell'accordo del 3 dicembre 2014, si era impegnata a stanziare fondi per la salvaguardia dei livelli occupazionali e delle professionalità dei lavoratori dell'indotto, ma nulla è stato fatto in questo senso;
   è vero che il bilancio 2015 si è chiuso con un positivo –8 milioni di euro rispetto al pesante passivo del 2014 quando il bilancio si era chiuso con –127,6 milioni di euro, ma c’è il sospetto che questa possa rivelarsi più un'operazione «contabile», prodromica a future operazioni di riposizionamento dell'impianto, anche perché tale risultato appare il frutto soprattutto di numerosi tagli, anche agli approvvigionamenti, con conseguenti perdite di quote di mercato, soprattutto per le lavorazioni a caldo;
   il piano che si sta mettendo in essere sembra prevedere l'incremento della produzione di laminati a freddo da 400 a 500 mila tonnellate e la contemporanea diminuzione, da 600 mila a 360 mila tonnellate, di laminati a caldo;
   a tutto ciò si aggiungono due fattori di contesto molto importanti. La diminuzione, in Europa, del fabbisogno di acciai sia comuni che speciali: si è passati da un consumo di 180 milioni di tonnellate di acciaio agli attuali 130 milioni circa e, per quanto riguarda gli speciali, si è passati da 5 milioni agli attuali 2 milioni;
   il riconoscimento di status di economia di mercato alla Cina, previsto per la fine del 2016, da parte della Unione europea, e la conseguente caduta dei dazi avrebbe, per il settore manifatturiero, enormi conseguenze, in alcuni casi devastanti, sul fronte produttivo e occupazionale. In tutti i settori e ad iniziare proprio dal settore siderurgico. Si calcola che l'acciaio cinese costerebbe, a parità di qualità, dalle 200 alle 300 euro in meno a tonnellata, rischiando quindi di mettere fuori mercato le produzioni europee –:
   se il Governo non intenda richiedere chiarimenti alla Thyssen Krupp su quali siano le reali intenzioni della proprietà, ovvero se manterrà un proprio ruolo nel settore della produzione di acciai speciali o, al contrario, se si appresta a dismettere l'intero settore;
   se il Governo consideri le Acciaierie di Terni un impianto strategico per l'intero Paese;
   quali siano le scelte politiche nazionali per la siderurgia, e, in tale ambito, quali iniziative si intendano assumere per mantenere e difendere un sito di produzioni avanzate come quello ternano.
(4-13060)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Milanato e altri n. 1-01243, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 maggio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Russo, Carfagna.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in commissione Cancelleri n. 5-08480, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fantinati.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Nicchi n. 1-01239, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 617 del 2 maggio 2016.

   La Camera,
   premesso che:
    l'endometriosi è una malattia ancora poco conosciuta, cronica e spesso invalidante, che colpisce le donne, e tipica dell'età fertile, ad insorgenza spesso precoce persino in età preadolescenziale. Non si conoscono ancora le cause di questa malattia. Si stanno conducendo ricerche, ci sono orientamenti, ma non è ancora conosciuta la causa scientifica della sua genesi;
    si tratta di una patologia complessa, di difficile approccio diagnostico e terapeutico, e che deve essere affrontata in modo multidisciplinare con il coinvolgimento di più figure specialistiche. Il trattamento deve essere individualizzato, prendendo in considerazione il problema clinico nella sua interezza;
    il principale sintomo dell'endometriosi è il dolore, che in alcuni casi può divenire cronico e invalidante, tanto da non permettere di svolgere le normali attività quotidiane. Spesso la dismenorrea (dolore durante la mestruazione) si associa a dispareunia (dolore durante i rapporti sessuali) e a dischezia (dolore nell'evacuazione), rendendo la vita di relazione estremamente difficile, con importanti ricadute sociali per la minore produttività sul lavoro e per le frequenti assenze dovute alla malattia. Inoltre l'endometriosi è responsabile di almeno il 30 per cento dei casi di infertilità;
    nella valutazione della gravità della malattia si fa riferimento a varie classificazioni, che prendono in considerazione l'estensione e la profondità delle lesioni, il coinvolgimento ovarico, le aderenze eventualmente presenti, la presenza di lesioni «profonde», l'eventuale ripercussione sulla fertilità;
    secondo stime internazionali, questa patologia colpisce 150 milioni di donne nel mondo, e circa il 10 per cento della popolazione femminile in Europa. In Italia, nel 2004, una rilevazione del Census bureau (un'indagine statunitense) ha evidenziato che sono circa 3 milioni le donne affette da tale malattia;
    l'endometriosi viene considerata una malattia sociale dalla Written Declaration on Endometriosis (WDE), adottata con delibera n. 30/2004 e sottoscritta da 266 membri del Parlamento europeo il 19 aprile 2004. In questo documento è stato evidenziato il grandissimo impatto economico e sociale, con costi diretti e indiretti annui valutati attorno ai 30 miliardi di euro. La conoscenza della malattia è scarsissima, non solo tra le pazienti, ma anche tra i medici, con gravi ritardi nella diagnosi e nella scelta di una terapia appropriata;
    la WDE ha invitato dunque i Governi nazionali degli Stati membri dell'Unione europea ad affrontare i problemi legati a questa patologia, sollecitando, altresì, l'inserimento dell'endometriosi nei programmi di prevenzione per la salute pubblica, nonché l'istituzione di giornate annuali dell'endometriosi, al fine di migliorarne la conoscenza;
    chi soffre di endometriosi può non riuscire, a causa dei sintomi, a svolgere le normali attività quotidiane e a coltivare le proprie relazioni sociali;
    è inoltre una patologia che ha fortissime ripercussioni sulla vita personale e familiare della donna che ne soffre;
    lo studio europeo EAPPG (Endometriosis All Party Parlamentary Group) ha evidenziato come molte donne hanno dovuto adattare la propria vita lavorativa a questa malattia: almeno 5 giorni lavorativi al mese sono persi a causa dei vari sintomi dolorosi; il 14 per cento delle donne affette da endometriosi ha ridotto l'orario di lavoro; il 14 per cento ha abbandonato/perso l'attività lavorativa o richiesto il prepensionamento; il 40 per cento teme di parlare della propria malattia al datore di lavoro per paura delle conseguenze;
    i costi economici sostenuti da chi ne è affetto, e per il servizio sanitario nazionale per accertamenti diagnostici, terapie farmacologiche croniche (alcune non rimborsate dal servizio sanitario nazionale), ricoveri ospedalieri, trattamenti chirurgici, eccetera, sono alti;
    a carico di molte donne affette da questa patologia rimangono gli alti costi dei medicinali – molti non mutuabili – e delle visite mediche private, a cui sono troppo spesso «costrette» per superare le lunghe liste d'attesa;
    dal punto di vista strettamente sanitario, il dolore associato all'endometriosi è spesso sconosciuto, non compreso, non accettato nella sua durezza e, di conseguenza, la donna viene spesso lasciata troppo sola;
    come evidenziato dall'Indagine conoscitiva sul «fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale», svoltasi nella XIV legislatura al Senato, «il 58 per cento delle suddette pazienti ha ritenuto che fossero sintomi normali e la maggior parte non immaginava affatto potesse trattarsi di endometriosi; il 21 per cento dei medici consultati ha affermato che queste pazienti non erano affette da endometriosi: in questi casi è evidente che vi è stato un mancato riconoscimento. Inoltre, il 35 per cento delle pazienti non si è sentita presa seriamente in considerazione dal proprio medico ed il 38 per cento non ha trovato aiuto da parte del medico stesso»;
    il tempo medio per la diagnosi arriva anche a nove, dieci anni, in quanto occorrono circa quattro anni prima che la paziente consulti il medico e altri quattro anni per l'identificazione e la conferma della diagnosi, dopo una media di circa cinque medici consultati. La diagnosi certa arriva, pertanto, tardiva, a seguito di una ricerca diagnostica lunga e dispendiosa, subita dal corpo della donna spesso in modo invasivo;
    a sostegno del percorso diagnostico-assistenziale, è quindi indispensabile puntare sulla formazione e l'aggiornamento dei professionisti che sono a vario titolo coinvolti;
    nulla si sa delle nuove tabelle dell'invalidità civile che erano state predisposte da una commissione ministeriale nel novembre 2011, e che includevano l'endometriosi, e il cui iter si è interrotto per un parere negativo delle regioni a causa della loro inadeguatezza;
    attualmente per i casi più gravi di questa patologia l'invalidità riconosciuta non supera il 30 per cento, e non si possono chiedere i permessi retribuiti riconosciuti dalla legge n. 104 del 1992. Alcune aziende sanitarie riconoscono – a discrezione del medico – una percentuale di invalidità registrandola come altra patologia,

impegna il Governo:

   a non ritardare ulteriormente l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, prevedendo, come più volte promesso, anche l'aggiornamento delle malattie croniche, ivi compresa l'endometriosi medio/grave;
   ad assumere iniziative per esentare conseguentemente l'endometriosi dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria ai sensi del decreto del Ministro della sanità 28 maggio 1999, n. 329;
   ad assumere iniziative per includere l'endometriosi, nei suoi quattro stadi clinici, nelle nuove tabelle dell'invalidità civile da predisporre in accordo con le regioni modificando quelle predisposte dalla commissione ministeriale nel novembre 2011, al fine di aumentare l'invalidità riconosciuta per questa malattia e poter chiedere i permessi retribuiti riconosciuti dalla legge n. 104 del 1992;
   ad assumere opportune iniziative volte a garantire maggior tutela alle donne lavoratrici affette da detta patologia per la salvaguardia e la garanzia del posto di lavoro;
   ad assumere le iniziative di competenza per istituire il registro nazionale dell'endometriosi e opportuni registri regionali, per la raccolta, l'analisi e la condivisione dei dati clinici e sociali riferiti alla malattia, al fine di favorire e di stabilire strategie di intervento condivise sulla base dell'analisi dei dati specifici per ambito geografico, di verificarne l'efficacia, di monitorare l'andamento e la ricorrenza della malattia, nonché di rilevare le problematiche e le eventuali complicanze connesse;
   a garantire la massima condivisione, nel pieno rispetto della privacy, dei suddetti dati, anche attraverso la loro pubblicazione e la messa in rete sul web, che permetta di conoscere i dati epidemiologici, clinici e sociali;
   a includere l'endometriosi tra gli obiettivi prioritari della ricerca sanitaria, in modo particolare per quanto riguarda la genesi della malattia, la terapia specifica, il trattamento delle recidive, la prevenzione dell'infertilità, anche al fine di porre la donna al centro di un percorso il più veloce possibile per la diagnosi e la successiva cura;
   ad assumere iniziative per avviare efficaci campagne di formazione e informazione per i medici ginecologi, i medici e gli operatori dei presìdi consultoriali, e per i medici di medicina generale;
   ad assumere iniziative per attivare opportune reti di eccellenza pubbliche impegnate nella formazione degli operatori sanitari e nella massima trasmissione del know how clinico-diagnostico e terapeutico;
   ad avviare quanto prima un processo che promuova la realizzazione di centri di riferimento e di eccellenza pubblici, per il primo approccio e quindi le prime diagnosi, per la cura in ambito nazionale della patologia;
   ad assumere iniziative per istituire la giornata nazionale per la lotta contro l'endometriosi, affinché le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con le associazioni senza fini di lucro e con gli organismi operanti nel settore, possano predisporre iniziative volte a promuovere campagne di sensibilizzazione sulle caratteristiche, sulla sintomatologia e sulle pratiche di prevenzione dell'endometriosi.
(1-01239)
(Nuova formulazione) «Nicchi, Gregori, Costantino, Duranti, Martelli, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Scotto, Giancarlo Giordano, Melilla».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Sandra Savino n.4-12099 del 15 febbraio 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in commissione Pili n. 5-08041 dell'8 marzo 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13056;
   interrogazione a risposta scritta Lombardi n. 4-12997 del 27 aprile 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08552;
   interrogazione a risposta scritta Lenzi e Fabbri n. 4-13004 del 28 aprile 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08566.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Spadoni e altri n. 1-01223 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 607 del 13 aprile 2016.
  Alla pagina 36495, seconda colonna, dalla riga quarta alla riga ottava, deve leggersi: «la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica (Convenzione di Istanbul) è stata ratificata con la legge 27 giugno 2013, n. 77 ed è entrata in vigore nell'agosto 2014;» e non come stampato.

  Interrogazione a risposta scritta Bonomo e altri n. 4-12464 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 587 del 10 marzo 2016.
  Alla pagina 35361, seconda colonna, alla riga tredicesima, deve leggersi «BONOMO, MARIANI,» e non come stampato.