Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 26 aprile 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    con la dizione «utero in affitto», o maternità surrogata o gestazione per altri si intende quella pratica basata sulla disponibilità del corpo di una donna, per realizzare una genitorialità altrui, per cui si dà l'avvio ad una gravidanza con l'obiettivo di affidare il nascituro a terzi all'atto della nascita;
    in molti Paesi non vige un espresso divieto generalizzato di tale pratica, né tanto meno si riscontra la presenza di specifiche disposizioni legislative per la disciplina del suddetto fenomeno;
    la maternità surrogata di fatto istituisce un contratto per stabilire la proprietà del bambino come oggetto, pertanto è molto difficile evitare la mercificazione, anche nel caso si dichiari la scelta libera della madre naturale; la natura commerciale del contratto è di fatto provata dall'obbligo di distinguere tra la donna che dona l'ovocita e la donna che effettivamente conduce la gravidanza;
    la maternità surrogata è in contraddizione con i princìpi dell'Unione europea, contro lo sfruttamento del corpo umano, il diritto del bambino ad avere una madre, nonché con la Convenzione sui diritti umani fondamentali;
    l'Unione europea prevede espressamente che «il corpo umano e le sue parti non devono essere fonte di lucro»;
    la Convenzione di Oviedo del 4 aprile 1997, sui diritti dell'uomo e la biomedicina, all'articolo 21, stabilisce che «il corpo umano e le sue parti non debbano essere, in quanto tali, fonte di profitto»;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 5 aprile 2011 nell'affrontare in tema della lotta alla violenza contro le donne, impegna gli Stati membri a «riconoscere il grave problema della surrogazione di maternità, che costituisce uno sfruttamento del corpo e degli organi riproduttivi femminili»;
    la pratica della maternità surrogata non è solo una tecnica riproduttiva, ma riguarda anche molti diritti umani e diversi temi etici;
    secondo il principio dell'indisponibilità del corpo umano, l'acquisto, la vendita o l'affitto dello stesso sono fondamentalmente contrari al rispetto della sua dignità;
    in Italia, la surrogazione di maternità è vietata e negli ultimi tempi purtroppo si cerca di aggirare tale divieto grazie all'impossibilità di sanzionarlo nel caso in cui la maternità surrogata sia eseguita all'estero;
    la legge n. 40 del 2004 prevede il divieto della maternità surrogata, ma l'entità della pena prevista non consente l'automatica perseguibilità del reato quando questo sia commesso all'estero,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni utile iniziativa, in tutte le sedi competenti, perché si possa giungere ad una moratoria internazionale della pratica della maternità surrogata;
   ad attivare tutte le iniziative di competenza per l'applicazione delle sanzioni previste dalla legge n. 40 del 2004 per la surrogazione di maternità;
   a promuovere una campagna di corretta informazione sul tema, affinché si possa diffondere una cultura della tutela dei diritti del nascituro e del minore che sarebbero violati nel caso di ricorso a pratiche di maternità surrogata;
   ad assumere iniziative, a livello nazionale e internazionale, affinché la surrogazione di maternità sia considerata reato universalmente perseguibile.
(1-01233) «Palese, Fucci, Pisicchio».

Risoluzione in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    nel già desolante quadro legato alle vicende occupazionali in Alitalia SAI, la politica di Alitalia si rivela miope anche a fronte delle criticità che emergono nei rapporti con le società satellite quali ad esempio la AMS, Alitalia Maintenance Systems spa, la quale è stata la storica officina motori di Alitalia, unica azienda in Italia di manutenzione, revisione e riparazione delle componenti motoristiche degli aeromobili e dei componenti aeronautici dell'aviazione civile;
    AMS, Alitalia Maintenance Systems spa svolge le attività industriali di manutenzione, revisione, riparazione di motori e componenti, nonché servizi di supporto di ingegneria e logistica integrata per il mercato aereo e aeroderivato, nell'ambito civile, militare e duale;
    si tratta di una società a socio unico, AMS Holding s.r.l., a sua volta detenuta per il 66 per cento dalla Iniziativa Prima società a responsabilità limitata (in sostanza riconducibile all'ex manager di Finmeccanica, Maurizio Tucci), per il 19 per cento dalla European Advanced Technology S.A. e per il 15 per cento da Alitalia S.A.I. (Società Aerea Italiana) spa;
    AMS ha iniziato a subire un grave periodo di crisi economica principalmente dovuto alla scadenza del contratto di manutenzione e riparazione, in esclusiva, dei motori di Alitalia pertanto ben 240 lavoratori dopo mesi e, in alcuni casi, anni di cassa integrazione, dal 14 aprile 2016 sono tutti in mobilità;
    in data 30 settembre 2015 la predetta società è stata dichiarata fallita dal tribunale ordinario di Roma, Sezione fallimentare, con la sentenza n. 839 del 2015;
    i sottoscrittori del presente atto di indirizzo ritengono opportuno che, per ragioni di sicurezza e affidabilità, i motori della compagnia di linea italiana debbano essere revisionati e riparati in Italia, dove verrebbero curati dalla nostra industria aeronautica italiana, invidiata in tutto il mondo per il patrimonio tecnologico, per le competenze e per il know-how, così non disperdendo il patrimonio di competenze degli stessi lavoratori di AMS. Si tratta di salvaguardare e risollevare le sorti di una vera e propria eccellenza italiana con al suo interno personale altamente specializzato rispetto al quale corre l'obbligo di scoraggiare qualsiasi tentativo speculativo volto a spostare all'estero un'attività da preservare e conservare in Italia, posto che non si può far finta di essere soggetto pubblico quando si richiedono aiuti al Governo per poi riscoprirsi soggetto privato quando si tratta di collaborare per risollevare le sorti di un comparto strategico nazionale;
    nel mese di marzo 2016, è stato aperto il bando di gara internazionale per la vendita del complesso aziendale; pertanto, con la definizione dell'operazione di acquisto, al fine di garantire la qualità del servizio nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali, sarà necessario che vengano rispettati gli impegni presi da parte delle istituzioni e di Alitalia-Etihad, garantendo la continuità dei rapporti di lavoro dei circa 240 lavoratori di AMS;
    a pochi giorni dalla chiusura del bando prevista per il 5 maggio 2016 è quanto mai urgente che tutte le componenti impegnate nell'annosa vicenda, giacente sul tavolo del Ministero dello sviluppo economico sin dal settembre 2015, possano favorire il buon esito del bando stesso, a partire proprio dalla conferma dei contratti di servizio dei motori Alitalia-Etihad,

impegna il Governo:

   a porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a garantire che i motori della compagnia di linea italiana vengano revisionati e riparati in Italia, dove verrebbero curati dalla industria aeronautica italiana, invidiata in tutto il mondo per il patrimonio tecnologico, e per il know-how, non disperdendo il patrimonio di competenze costruito negli a degli stessi lavoratori di AMS, che continuerebbero così a poter essere utilizzati salvaguardando i livelli occupazionali;
   a porre in essere specifiche iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire la continuità dei rapporti di lavoro dei circa 240 lavoratori di AMS con la nuova società acquirente.
(7-00981) «Lombardi, Cominardi, Tripiedi, Ciprini, Dall'Osso, Chimienti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   con delibera del Consiglio dei ministri del 12 marzo 2015 è stato nominato il Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Calabria;
   indagini del nucleo di polizia tributaria del comando provinciale della guardia di finanza, nei reparti di ostetricia e ginecologia, di neonatologia e di anestesia degli «Ospedali riuniti» di Reggio Calabria, hanno fatto emergere un quadro inquietante di copertura di errori commessi in interventi su gestanti, pazienti e neonati, per evitare di essere perseguiti penalmente. È stato accertato finora il decesso di due neonati, in due casi distinti, lesioni irreversibili su un neonato attualmente dichiarato invalido al 100 per cento, traumi e crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, il procurato aborto senza consenso dei futuri genitori ordinato da un primario nei confronti della sorella, eseguito con la complicità del primario facente funzioni. Sono numerosi i professionisti interessati dall'interdizione dall'esercizio della professione medica per un anno, coinvolti ginecologi, neonatologi, ostetriche, anestesisti e i sopracitati primari. Si tratta di un enorme sistema che coinvolge l'intero reparto sanitario degli Ospedali riuniti attuato attraverso l'occultamento di numerose cartelle cliniche, e la loro manomissione per evitare di incorrere in procedimenti giudiziari in seguito a palesi errori commessi;
   dall'inchiesta emerge testualmente «l'esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di assoluta freddezza e indifferenza verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata a salvare gli altri e non se stessi»;
   il sistema sanitario calabrese è al collasso e la diffusa presenza di corruzione e incompetenza, nonostante la presenza di un commissario ad acta nominato direttamente dal Presidente del Consiglio, mette a repentaglio la salute non solo delle gestanti e dei neonati della città di Reggio Calabria, violando come nell'accertato caso dell'aborto indotto le scelte riproduttive delle donne, ma anche di coloro che abitano in quel bacino territoriale e che si rivolgono a una grande struttura come quella degli Ospedali riuniti a causa dell'assenza di servizi sanitari nelle proprie località di appartenenza –:
   quale sia il bilancio della gestione commissariale e come intendano ripristinare le condizioni di legalità e di efficienza dei servizi sanitari degli Ospedali riuniti di Reggio Calabria;
   se non ritenga necessario assumere iniziative per rafforzare l'impianto sanzionatorio per i casi di violenza sulle partorienti e per i casi di violazione dei dritti dei neonati;
   se non ritenga necessario valutare di adottare iniziative per l'introduzione di una specifica fattispecie di reato volta a punire la «violenza ostetrica».
(2-01356) «Costantino, Zaccagnini, Nicchi, Ricciatti, Pannarale, Gregori, Pellegrino, Duranti, Scotto, Airaudo, Franco Bordo, D'Attorre, Daniele Farina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Palazzotto, Paglia, Piras, Placido, Quaranta, Sannicandro, Zaratti».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   dopo lo sversamento di petrolio da una condotta del deposito della raffineria Iplom, che ha sede a Busalla e che ha rovesciato una grande quantità di petrolio nel rio Pianego, nel rio Fegino e, da questo, nel Polcevera, avvenuto il 17 aprile 2016, si lavora senza sosta a Fegino e lungo il corso del torrente Polcevera, fino alla foce;
   il lavoro posto in essere da cinque squadre di Vigili del Fuoco, che hanno immediatamente collocato le panne anti-inquinamento e coperto il petrolio con speciali schiumogeni, finora ha impedito che gli idrocarburi arrivassero in mare, ma non c’è ancora la totale sicurezza che le sostanze oleose non arrivino alla costa: chiazze di idrocarburi si notano lungo tutta l'asta terminale del torrente, tra i quartieri di Sampierdarena e Cornigliano nel ponente cittadino;
   il presidente della regione, Giovanni Toti, che ha fatto un sopralluogo con l'assessore all'ambiente, Giacomo Giampedrone, ha dichiarato che «Questa non è solo un'emergenza regionale ma è anche nazionale, visto il danno ambientale. Serviranno fondi straordinari perché questo corso d'acqua ha subito un danno molto serio» e ha evidenziato che «La falla è stata chiusa, si tratta di un petrolio nigeriano molto pesante, e quindi le esalazioni non rappresentano un problema per la popolazione. Al momento tutto quello che si poteva fare si sta facendo»;
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti, ha concesso la massima disponibilità a collaborare con le autorità locali inviando sul posto i tecnici dell'Ispra, a supporto di quelli dell'Arpal, e il sindaco di Genova Marco Doria ha manifestato l'intenzione di valutare se dal punto di vista legale ci sono le condizioni per chiedere un risarcimento dei danni per questo incidente oltre a vagliare tutti i provvedimenti necessari per disciplinare in maniera più stringente le attività che rischiano di creare danno manifestando inoltre la sua preoccupazione per come possa evolvere la situazione soprattutto per il concreto rischio di sversamento in mare del petrolio, ora arginato, che non sarà scongiurato fino alla completa bonifica del sito;
   l'Iplom ha spiegato che «l'incidente si è prodotto mentre era in corso il trasferimento di grezzo da una nave nel Porto Petroli di Multedo, che si è verificato un calo di pressione il pompaggio immediatamente interrotto» e che sarà sua cura continuare ad impegnarsi nelle azioni di bonifica fino alla completa rimozione e pulitura dell'alveo;
   tuttavia, mentre la magistratura indaga e l'azienda e le istituzioni cercano di accelerare al massimo i tempi di messa definitiva in sicurezza con l'ansia delle piogge e dello sversamento in mare, è venuto alla luce che l'intervento per arginare i danni causati dalla rottura della tubatura di Fegino, è stato condotto sulla base di un piano di emergenza esterno che risulta non essere aggiornato dal 2012 e, quindi, secondo quanto previsto dalla legge, «scaduto» nel 2015;
   la situazione è ancora più grave se si guarda all'altro impianto petrolifero presente sul territorio metropolitano genovese, cioè la raffineria Iplom di Busalla, dove l'ultimo piano risale al 2006 e la responsabilità di questo documento è della prefettura di Genova che, come tutte le prefetture, ha il compito previsto dal legislatore di redigere questo documento, verificarlo e tenerlo aggiornato secondo criteri e scadenze precise;
   per ogni impianto industriale considerato a rischio rilevante, la prefettura di competenza ha l'obbligo di redigere il piano di emergenza esterno (PEE), renderlo di evidenza pubblica e aggiornarlo al massimo ogni tre anni, come stabilito dal decreto legislativo n. 105 del 26 giugno 2015, che recepisce (sforando di un mese sulla scadenza ultima) l'aggiornamento apportato dalla direttiva comunitaria del 4 luglio 2012 alla precedente «Direttiva Seveso» del 1982 (recepita dal legislatore italiano nel 1988), già aggiornata in precedenza durante lo stesso 1982 (in Italia solo nel 1999) e poi nel 2003 (nel nostro ordinamento dal 2005), allo scopo di prevenire gravi incidenti industriali, con le relative conseguenze su persone e ambiente, come appunto accadde il 10 luglio del 1976 a Seveso, quando un'enorme nube tossica fuoriuscì dagli impianti chimici della ICMESA, investendo terreni e abitazioni; tale incidente fece nascere l'esigenza a livello europeo di avere regole precise e rigorose per evitare nuove sciagure;
   uno degli elementi chiave della direttiva sopracitata, è l'obbligo di studiare e rendere operativi piani di emergenza esterni: organizzare, cioè, strategie di azione in tutte quelle ipotetiche situazioni di crisi che coinvolgono l'ambiente esterno all'impianto in questione;
   con il piano di emergenza esterno in caso di incidente, si sa cosa c’è, si sa dove è, si sa cosa può succedere, e soprattutto si sa subito come intervenire il più efficacemente possibile e per tali motivi, il suo aggiornamento è fondamentale e ogni modifica sostanziale degli impianti, infatti, deve essere catalogata e verificata anche se si tratta di semplici cambiamenti viari e delle infrastrutture limitrofe a un determinato impianto che possono costituire un fattore di novità importante, che è meglio non appurare ad emergenza in corso;
   per quanto riguarda gli impianti di Fegino, sul sito web della prefettura è pubblicato integralmente un piano di emergenza esterno datato 2012 e sullo stesso documento viene predisposto un aggiornamento su base triennale, la cui prima scadenza, quindi risulta essere il 2015; quindi l'intervento che ha seguito lo sversamento di petrolio nel rio Fegino, e poi nel Polcevera, quindi, potrebbe essere stato inficiato da questo dato;
   il piano di emergenza esterno relativo alla raffineria Iplom non si trova sul sito della Prefettura e, in base alle ricerche degli interpellanti, non ne esiste copia pubblica e il sindaco di Busalla, Loris Maieron, ha confermato che l'ultima versione disponibile risale al 2006, quindi scaduta dal 2009, dichiarando di aver sollecitato nel mese di agosto 2015 anche il prefetto in merito;
   l'Iplom da parte sua ha confermato questo dato, mettendo la propria copia a disposizione per una consultazione in quanto «documento pubblico», come ha specificato l'ufficio stampa dell'azienda e, chiedendo chiarimenti ai funzionari degli uffici prefettizi di Genova che, dopo una serie di ricerche interne, ha confermato la situazione, senza tuttavia motivare il ritardo;
   infine, anche Roberto Oreficini, ispettore della protezione civile, durante il sopralluogo con l'ammiraglio Pettorino, diretto a visionare la situazione per valutare le eventuali misure di competenza nazionale nel punto in cui c’è stata la rottura del tubo della Iplom, ha evidenziato, che sono state fatte delle barriere per intercettare il prodotto in tutta una serie di punti per evitare dispersioni, assicurando che verranno installate delle barriere oceaniche molto più alte sul fronte mare e i battelli saliranno da quattro a sei e gli autospurgo da quattordici a venti, ma il rischio più grande è ora l'arrivo della pioggia che farebbe fluire il petrolio in mare –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda intraprendere, anche adoperandosi per la sollecita definizione di un piano di emergenza, per le zone afflitte dallo sversamento di petrolio di cui in premessa, essendo oltretutto scaduto il piano che avrebbe dovuto regolamentare un'emergenza ambientale di tale portata;
   quali procedure di monitoraggio della bonifica il Governo intenda utilizzare, oltre all'eventuale nomina di un commissario, e se, essendo il sito di cui in premessa uno dei dieci siti nel comune di Genova «a rischio di incidente rilevante (Rir)», non intenda compiere una verifica sugli altri nove prevedendo espressamente l'aggiornamento del piano di sicurezza.
(2-01357) «Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura italiana è la più « green» d'Europa: presenta infatti 281 prodotti a denominazione di origine (sia dop che igp), il divieto di utilizzo degli organismi geneticamente modificati (ogm) e il maggior numero di aziende biologiche;
   il nostro Paese è inoltre al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,4 per cento), quota inferiore di quasi 4 volte rispetto alla media europea (1,4 per cento) e di quasi 20 volte rispetto a quella dei prodotti extracomunitari (7,5 per cento);
   nonostante ciò, sono comunque numerosi gli alimenti contaminati importati dall'estero. Quasi la totalità (92 per cento) dei campioni analizzati dall'Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) in occasione della stesura del «Rapporto 2015 sui residui dei fitosanitari in Europa», sono infatti risultati irregolari per la presenza di residui chimici;
   Coldiretti, sulla base del rapporto Efsa, ha stilato la « Black list dei cibi più contaminati»:
    broccoli cinesi: nella maggioranza dei campioni è stata trovata la presenza eccessiva di acetamiprid, chlorfenapyr, carbendazim, flusilazole e pyridaben;
    prezzemolo vietnamita: in questo caso i problemi derivano da quantità troppo elevate di chlorpyrifos, profenofos, hexaconazole, phentoate, flubendiamide;
   basilico indiano: contiene una sostanza, chiamata carbendazim, vietata in Italia perché ritenuta cancerogena;
    melagrane egiziane: in un caso su tre (33 per cento) superano i limiti di residui chimici stabiliti dalla legge;
    fragole egiziane: l'11 per cento dei campioni supera i limiti di residui chimici stabiliti dalla legge;
    arance egiziane: il 5 per cento dei frutti analizzati supera i limiti di residui chimici consentiti dalla legge;
    peperoncino della Thailandia: nel 21 per cento dei casi presenta residui chimici irregolari;
    piselli del Kenia: risultano contaminati in un caso su dieci (10 per cento);
    meloni e cocomeri della Repubblica dominicana: sono fuori norma nel 14 per cento dei casi per l'impiego di spinosad e cypermethrin;
    menta del Marocco: il 15 per cento dei campioni è risultato irregolare;
   la pericolosità di tali alimenti per la salute umana è quindi comprovata uffi- cialmente dalle analisi: nelle nazioni di provenienza sono infatti spesso in vigore norme che permettono l'uso di pesticidi nocivi vietati però in Europa;
   tale minaccia risulterebbe aggravata qualora tali alimenti venissero utilizzati come ingrediente nei prodotti trasformati, dal momento che nelle confezioni non viene spesso riportata la provenienza delle materie prime;
   va aggiunto, in questo contesto, che gran parte dei cibi contaminati arriva da Paesi (come quelli asiatici e del sud America) che hanno notevolmente incrementato i volumi di export alimentare verso l'Europa e da nazioni, come il Marocco, a cui la stessa Unione europea ha concesso agevolazioni per aumentare le esportazioni –:
   se il Governo ritenga necessario, al fine di tutelare la salute pubblica e, conseguentemente, l'intero settore del made in Italy agroalimentare, promuovere l'introduzione della tracciabilità in etichetta, anche come per gli ingredienti nei prodotti trasformati, degli alimenti di provenienza extra Unione europea;
   se il Governo ritenga opportuno intervenire presso le istituzioni europee preposte al fine di disincentivare l'importazione di alimenti verso quelle nazioni che permettono l'utilizzo di pesticidi attualmente vietati nell'Unione europea;
   se il Governo ritenga conseguentemente utile intervenire presso le istituzioni europee preposte al fine di rivedere gli attuali accordi commerciali, che prevedono qualsiasi tipologia di agevolazioni, verso quelle nazioni che permettono l'utilizzo di pesticidi attualmente vietati nell'Unione europea. (5-08494)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARANTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'edizione genovese de La Repubblica riportava in data 22 aprile la notizia che a un giovane ricercatore tunisino, Safouane Trabelsi, invitato a Genova dall'università, è stato negato il visto per entrare in Italia;
   la denuncia viene direttamente dal rettore dell'università di Genova, Paolo Comanducci che ha scritto all'ambasciatore italiano in Tunisia e ai Ministri interrogati;
   l'università di Genova aveva sottoscritto un invito formale e si era fatta carico di tutte le spese di soggiorno nel capoluogo ligure e garantiva per lui;
   il dottor Trabelsi partecipava da un anno a un progetto del laboratorio di sociologia visuale dell'università di Genova in Tunisia, nell'ambito del progetto di cooperazione accademica tra università europee e tunisine denominato «Alyssa»;
   secondo il rettore Comanducci al dottor Trabelsi è stato negato il visto perché per raggiungere l'Italia doveva far scalo a Parigi, seppur per meno di due ore;
   «non è chiaro quale sia la normativa o la regolamentazione, trattandosi di un semplice transito di coincidenza», ha dichiarato Comanducci. «Poi i vostri funzionari hanno richiesto una lista di ulteriori documenti di curiosa natura e difficile reperimento nell'arco di poche ore (la busta paga del padre di Trabelsi, un certificato di lavoro del medesimo etc.), rendendo così impossibile la partenza per il giorno successivo» –:
   quali siano le esatte motivazioni che hanno consentito all'ambasciatore italiano in Tunisia, Raimondo De Cadorna, di non rilasciare il visto al dottor Trabelsi e quali iniziative di competenza intendano assumere per cercare di porre rimedio al danno economico e simbolico arrecato all'Università di Genova e al dottor Trabelsi. (4-12978)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di giugno 2013 è stata presentata dalla Cremona Ecologia S.r.l. richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale relativa al progetto di impianto di trattamento (R13, R4, D15, D9) di rifiuti pericolosi e non pericolosi e discarica (D1) per rifiuti non pericolosi da realizzarsi nell'ambito territoriale del comune di Grumello Cremonese ed Uniti (Cremona). Tale progetto ha ad oggetto la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti non pericolosi per le esigenze di smaltimento dei rifiuti provenienti dal gruppo Arvedi e per offrire un servizio alle società che forniscono al gruppo Arvedi le materie prime per la fabbricazione dell'acciaio. Infatti, è la Arvedi S.p.A. ad avere la proprietà dell'area interessata dal progetto di realizzazione della discarica e dell'impianto di trattamento dei rifiuti: con questa la società che ha inoltrato la predetta richiesta, la citata Cremona Ecologia s.r.l., ha un contratto di affitto;
   l’iter di valutazione di impatto ambientale si è concluso con la pronuncia di compatibilità da parte della provincia di Cremona con decreto n. 194 del 23 dicembre 2015. Contestualmente all'istanza di valutazione dell'impatto ambientale è stata avviata istanza per l'autorizzazione integrata ambientale, tuttora in corso;
   nel corso dell’iter di valutazione il comune di Grumello ha espresso parere contrario alla realizzazione del progetto, ritenendo che in tale circostanza siano da applicarsi in via cautelativa i criteri escludenti per la localizzazione di nuovi impianti di trattamento dei rifiuti (capitolo 14.6.2) contenuti nel programma regionale gestionale rifiuti, decreto della giunta regionale X/1990, in relazione a quanto contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato, V sezione, n. 313 del 26 gennaio 2015;
   il citato programma regionale di gestione dei rifiuti prevede tra i criteri escludenti, la natura di «aree allagabili» delle aree così definite nella catalogazione cartografica del piano di gestione del rischio di alluvioni e l'area in cui dovrebbe sorgere l'impianto in questione è compresa tra quelle catalogate come pericolose in tale piano;
   a questo proposito, si fa presente che le cartografie delle allagabili così come riportate dal piano alluvioni sono approvate dal segretario generale dell'Autorità di bacino del Po, con decreto 122 del 20 giugno 2014, per cui il progetto sarebbe realizzato in aree riconosciute allagabili e come tali escluse dall'elenco delle aree su cui realizzare progetti come quello in questione dall'Autorità di bacino competente;
   nell'esprimere il suo parere favorevole, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha segnalato che «che sulle aree interessate dal progetto sono in corso da parte di ARPA accertamenti tecnici a supporto del N.O.E. dell'Arma dei Carabinieri come disposto dall'Autorità giudiziaria»;
   pur non essendo specificata la natura di tale attività, verosimilmente coperta dal segreto istruttorio, la coincidenza della stessa con l'inclusione dell'area tra quelle classificate come «pericolose» e «escluse» nel piano di gestione del rischio di alluvioni approvato dall'autorità di bacino dovrebbe indurre alla massima cautela, attesa la rilevanza degli interessi in gioco;
   a questo proposito si deve ricordare che nella citata sentenza dell'autorità di giustizia amministrativa di ultima istanza si fa riferimento a un caso analogo e si specifica che la giunta regionale, avendo ravvisato una grave situazione di pericolo, in nessun caso potrebbe trascurarla «al solo scopo di non provocare un aggravio procedimentale a chi intenda compiere un'operazione della delicatezza ambientale della destinazione di nuove aree a discarica», in quanto in tale situazione «la sua determinazione risulterebbe palesemente illogica e di dubbia compatibilità con il principio di prevenzione dettato dalla disciplina comunitaria, e tale da dover essere disapplicata»;
   ciò premesso, va tenuto conto dell'indagine in corso da parte del N.O.E., di cui si è detto, sull'area in esame –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del caso di cui alla premessa, alla luce del coinvolgimento dell'autorità di bacino competente, il cui specifico criterio «escludente» viene, a giudizio dell'interrogante, sostanzialmente ignorato nel procedimento di cui alla premessa;
   se sia opportuna la realizzazione di un impianto di trattamento di rifiuti in un'area qualificata «allagabile a scenario frequente» nel piano approvato dall'autorità di bacino, tenuto conto dei preminenti interessi pubblici coinvolti;
   quali iniziative di competenza, si intendano adottare, anche per il tramite della competente autorità di bacino, in relazione alla realizzazione dell'impianto, tenuto conto della rilevanza e preminenza degli interessi pubblici coinvolti. (4-12975)


   QUARANTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   domenica 17 aprile 2016, a seguito della rottura di una conduttura della Iplom, si è verificato uno sversamento di almeno 680.000 litri di petrolio greggio;
   nonostante il rapido intervento dei vigili del fuoco la situazione, ad oggi, non è ancora normalizzata e il petrolio ha raggiunto, dopo aver riempito alcuni rivi e torrenti genovesi, anche il mare;
   l'impianto è stato posto sotto sequestro dalla magistratura genovese che ha aperto un'indagine sull'accaduto;
   il presidente della regione, Giovanni Toti, e il sindaco di Genova, Marco Doria, hanno richiamato e sollecitato più volte l'azienda ad agire con determinazione per porre rimedio al danno causato e contenerlo;
   le testimonianze di cittadini e operatori evidenziano le lentezze dell'azienda nel sospendere l'erogazione del greggio, pur essendo stata prontamente avvisata dell'avvenuta rottura della conduttura;
   le stesse fonti testimoniano l'inadeguatezza della Iplom nell'intervenire prontamente e con mezzi e personale per fronteggiare la situazione;
   nella zona dove si è verificato lo sversamento ci sono diverse scuole che impegnano circa 500 ragazzi; anche loro come la popolazione che lì vive da una settimana circa lamentano bruciori a gola, occhi e forti mal di testa;
   a seguito del sequestro degli impianti da parte della magistratura l'azienda ha annunciato la cassa integrazione per circa 240 dipendenti –:
   se i Ministri interrogati intendano intervenire e con quali strumenti per fronteggiare la situazione; in particolare, quali iniziative di competenza si intendano assumere per monitorare la bonifica e il ripristino della situazione antecedente al disastro, per garantire ai cittadini la miglior assistenza socio-sanitaria possibile e per tutelare i 240 dipendenti attualmente in cassa integrazione;
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative, per quanto di competenza, per chiarire le cause dell'incidente e l'adeguatezza dei piani di emergenza;
   se, alla luce di quanto accaduto a Genova, intendano assumere iniziative a carattere nazionale per rivedere e migliorare la sicurezza di tutti gli impianti simili, verificando che siano impegnate le più moderne tecnologie e monitorando l'effettiva capacità di reazione delle aziende a simili incidenti. (4-12976)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e MUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la ferrovia Nova Gorica-Gorizia è una linea ferroviaria internazionale, il cui traffico è disciplinato dalla «Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Slovenia concernente l'esercizio del servizio ferroviario attraverso la frontiera di Stato» del 22 maggio 1995 e, conseguentemente, la circolazione dei treni è regolata dal regolamento circolazione treni Rete ferroviaria italiana (Rfi), dal regolamento segnali Rete ferroviaria italiana per il tratto Gorizia centrale - confine di Stato e dal regolamento segnali S.Ž. (Signalni Pravilnik), per la tratta confine di Stato - Nova Gorica, nonché nella stazione di Nova Gorica;
   in data 11 novembre 2013, durante l'Assemblea del gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT GO) comprendente comuni di Gorizia ed i comuni sloveni di Nova Gorica e Šempeter Vrtojba, è stato approvato il progetto per la rivitalizzazione del «Nodo Ferroviario GORIZIA – NOVA GORICA – ŠEMPETER-VRTOJBA», volto a favorire, in un contesto coerente e coordinato, sistemi di trasporto sostenibili nel campo del trasporto delle merci al fine di un rilancio economico dell'area e per le strutture intermodali ferroviarie dello scalo Sdag-Vrtojba, attraverso la realizzazione di una serie di interventi infrastrutturali:
    a) due raccordi ferroviari, dette «lunette», destinati a completare il collegamento tra la rete ferroviaria italiana e quella slovena (in territorio italiano: lunetta in uscita dalla linea Gorizia Nova Gorica con direzione Monfalcone – linea n. 14 RFI; in territorio sloveno: lunetta in uscita dalla linea Gorizia-Nova Gorica con direzione Sezana – linea n. 70 SŽ);
    b) armamento a semplice binario parallelo alla linea Trieste-Monfalcone fino all'innesto col nuovo raccordo, circa 800 metri, per la sosta dei convogli merci, tipologia «Ro-La» inclusa;
    c) impianti di trazione elettrica nei tratti di raccordo tra la linea Gorizia – Trieste e l'autoporto fino al confine di Stato;
    d) collegamento diretto (armamento ferroviario e inerenti apparecchi) tra lo scalo intermodale in area autoporto SDAG e le linee slovene che si sviluppano dalla vicina Stazione di Vrtojba. Trattasi di circa 700 metri di binario con un ponte in ferro (di circa 35 metri) a scavalcare la viabilità locale comune di Šempeter-Vrtojba;
    e) prolungamento di circa 150 metri per armamento ferroviario a raso di n. 2 binari di sosta e scarico tradotte in area SDAG;
    f) uno studio di fattibilità per uno scalo merci sul versante sloveno con innesto prima del ponte in ferro in analogia a quello esistente nell'autoporto SDAG;
    g) apparati di sicurezza da installare sulle strutture ferroviarie dello scalo intermodale, collegate ed integrate agli analoghi impianti adottati dalle ferrovie italiane e slovene;
   in data 2 novembre 2015, il consiglio provinciale di Gorizia ha approvato il documento «L'integrazione metropolitana (transfrontaliera): il progetto Adria-A, il progetto Tip, il valico-ferroviario di Gorizia-Nova Gorica» redatto e proposto dal presidente della commissione provinciale trasporti e logistica di Gorizia, Fabio Del Bello, e firmato da tutti i gruppi politici presenti in consiglio; nel citato documento, richiamando un ordine del giorno simile approvato nel 2013, si indica «come azione prioritaria l'inserimento nei documenti programmatici, della Regione Friuli Venezia Giulia, del nodo ferroviario di Gorizia, affinché venga sostenuto verso il governo italiano e sloveno per la sua futura realizzazione, anche attraverso finanziamenti comunitari. Un tanto anche al fine di creare le condizioni per realizzare una piattaforma logistica transfrontaliera che, avvalendosi delle strutture della SDAG e della stazione confinaria di Vrtojba, possa proporsi come snodo trasportistico nelle relazioni Est-Ovest di spiccata valenza intermodale (affiancamento di autostrada e ferrovia) anche idoneo a fungere da retro porto alla portualità nord adriatica italo slovena»;
   in un articolo del 10 novembre 2015 del quotidiano Il Piccolo, in merito al consiglio provinciale succitato, il presidente della commissione provinciale trasporti e logistica di Gorizia, Fabio Del Bello, ha dichiarato che «il programma Italia Slovenia non ha considerato prioritario tra i propri obiettivi strategici la tematica infrastrutturale dei trasporti e dunque non ha inserito l'obiettivo tematico 7 "promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete" del Reg. Ce 1303/2013. Inoltre la programmazione regionale non sembra considerare strategico il nodo ferroviario di Gorizia/Nova Gorica che risulta anche ignorato dalla programmazione slovena. Ora il documento dovrà essere utilizzato dalla Giunta provinciale di Gorizia in numerosi incontri ovviamente anche con gli sloveni: per l'ottenimento dell'obiettivo (rendere multimodale il valico goriziano, la più agevole Porta d'Italia), si dovrà concertare una strategia interistituzionale. Come si è già detto, la politica isontina e regionale ha in questo maxiobiettivo un autentico banco di prova più pregnante di qualsiasi altro atto attinente all'amministrazione ordinaria»;
   in data 5 aprile 2016, sul quotidiano Il Piccolo, si apprende della missione tenutasi a Bruxelles «tra i massimi vertici europei, il sindaco di Gorizia Ettore Romoli, ricevuto insieme ai colleghi di Nova Gorica, Matej Arcon e di Šempeter Vrtojba, Milan Turc e al direttore del Gect Go, Sandra Sodini. L'obiettivo dell'iniziativa è la ricerca di finanziamenti per poter realizzare l'opera transfrontaliera di collegamento fra le linee ferroviarie italiane e slovene e il progetto è stato al centro delle riunioni con la competente Commissione Europea ma anche con i massimi vertici del Comitato delle Regioni, ovvero il presidente, Markku Markkula e il segretario Jiri Burianek»;
   in data 9 aprile 2016 sul quotidiano Il Piccolo si legge «il Presidente della Commissione Trasporti del Parlamento Europeo, Michael Cramer, ha inserito il nodo ferroviario Gorizia – Nova Gorica tra i missing link, ossia i collegamenti ferroviari transfrontalieri mancanti del continente (...) nonostante questa stelletta, le opere previste dalla progettazione non hanno trovato copertura finanziaria nell'ambito del Programma per la Cooperazione transfrontaliera Italia – Slovenia 2014 – 2020. Non solo. Documenti e dichiarazioni programmatiche in Italia e in Slovenia sembrino non occuparsi del rilancio del nodo ferroviario goriziano, inibendo di conseguenza il ricorso ai fondi europei»;
   in data 11 aprile 2016, sul quotidiano Il Piccolo di Trieste è stato pubblicato un articolo nel quale il Gect Go rilevi come si stia rafforzando la tratta Tarvisio-Udine-Cervignano-Ts, a discapito della tratta Nova Gorica – Gorizia; dalla medesima fonte stampa si evince come «la Regione e lo Stato stiano, infatti, investendo ingenti risorse nel corridoio Adriatico-Baltico: 60 milioni per il nodo di Udine, 50 milioni per Capo Marzio e altre cospicue risorse per il rafforzamento della rete Pontebbana tra Udine e Tarvisio; ciò è dovuto non solo a una scelta strategica sopportata dai dati di traffico e di domanda, ma anche dalla considerazione che tali interventi incidono sulla rete prioritaria disegnata dall'Unione Europea. Tali azioni sarebbero determinate principalmente per dare seguito al disegno dei corridoi mediterraneo e baltico adriatico disegnato dall'Ue su cui insistono ingenti traffici merci che garantiscono le relazioni per centinaia di imprese operanti sui mercati interni ed esterni all'Ue»;
   in data 17 aprile 2016, sul quotidiano il Piccolo si legge di un incontro tra i dirigenti dell'autoporto di Gorizia e il commissario dell'autorità portuale di Trieste Zeno D'Agostino, sul potenziamento del polo logistico intermodale e transfrontaliero di Gorizia-Šempeter Vrtojba che, in rete con le altre piattaforme logistiche, porti e interporti della regione, attraverso la connettività delle linee nazionali ed internazionali, porterebbe Gorizia ad essere il secondo, irrinunciabile valico verso l'Est Europa. La realizzazione delle lunette fra Gorizia e Nova Gorica, si apprende sempre dall'incontro, consentirebbe alla zona di uscire dall'isolamento, con un beneficio sui traffici dell'autoporto e lo sviluppo non solo del traffico merci, ma anche di quello passeggeri. La direttrice del Gect, Sandra Sodini e il responsabile (neonominato) nell'assemblea del Gect per il sistema ferroviario Alessandro Puhali hanno affermato in merito con dovizia di riferimenti che: «Il nodo ferroviario di Gorizia-Šempeter Vrtojba per un vero rilancio economico necessita della realizzazione dei raccordi ferroviari, le «lunette» su cui è innestato il sistema intermodale, in modo da consentire l'ingresso bidirezionale dalla linea Gorizia-Monfalcone in territorio italiano e Nova Gorica-Lubiana in territorio sloveno», Entrambi hanno evidenziato i benefici economici nei trasporti Est-Ovest che ne deriverebbero per l'intera regione Friuli Venezia Giulia –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda, per quanto di competenza, di concerto con la regione Friuli Venezia Giulia e il gruppo europeo di cooperazione territoriale, promuovere iniziative di coordinamento tra Italia e Slovenia finalizzate a individuare le soluzioni più opportune per completare il succitato corridoio ferroviario orizzontale;
   se intenda intervenire in accordo con il Governo Sloveno, in sede comunitaria, al fine di proporre iniziative mirate a completare il nodo ferroviario Nova Gorica-Gorizia. (4-12973)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI, CAON e MARCOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 25 novembre 2015, ANAS s.p.a. alla presenza del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha presentato il «piano pluriennale 2015-2019» per la sistemazione e la messa in sicurezza della rete stradale ed autostradale nazionale;
   dal comunicato stampa prodotto da ANAS e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in occasione della suddetta presentazione si apprende che con questo provvedimento vengono stanziati «oltre 20,2 miliardi di euro per più di 3.600 km di strade, di cui 8,8 miliardi di euro per il completamento di itinerari, 8,2 miliardi di euro destinati alla manutenzione straordinaria, e 3,2 miliardi per nuove opere»; e che «tra gli itinerari per i quali sono stati programmati interventi di riqualificazione o di manutenzione straordinaria» vi è anche la «E45/E55 Orte-Mestre», per la quale è stata destinata la cifra di «1,671 miliardi di euro»;
   con riferimento a questo dato complessivo si deve rilevare che, mentre per il tratto che interessa la regione Emilia Romagna, il piano pluriennale prevede nel dettaglio le opere di riqualificazione e messa in sicurezza, per il tratto, cosiddetto terzo lotto, che interessa la regione Veneto non si rinvengono specifiche di sorta;
   il rilievo sta destando una forte preoccupazione, in quanto il tratto veneto, che si estende per ben 71 chilometri (che interessano i comuni di tre province, ovvero Padova, Rovigo e Venezia) su 156 complessivi della E55, cioè la famigerata strada statale 309 «Romea», è una strada pericolosissima;
   si ricorda, a tal proposito che la strada in questione, la cui gestione è in capo alla società ANAS spa, è stata classificata, come riportato dai rilevamenti statistici dell'Aci e dell'Istat, come una delle strade più pericolose d'Italia, secondo i parametri relativi al numero di incidenti stradali per chilometro e al numero di decessi per incidente;
   ancora, «La Romea è una delle strade più pericolose d'Italia, ci sono cinque incidenti al giorno – si legge su Change.org – e ha un indice di mortalità più che doppio rispetto alle altre statali. Ma non è solo fatalità – continua il testo, che punta l'indice contro le condizioni delle strade – la E45 è stata pensata negli anni ‘60, quando le automobili, erano molto più piccole rispetto a quelle di oggi, ed è larga in media da 13 a massimo 18 metri, molti meno dei 25 che la legge prevede»;
   è opportuno ricordare che, il 13 gennaio 2016, in risposta all'interrogazione n. 5-06949 in Commissione IX, il Ministro, in merito a tale questione, ha affermato: «Quanto ai prossimi investimenti per la sicurezza, segnalo che la strada statale 309 Romea, facente parte dell'itinerario internazionale SGC E45/E55 (Strada di Grande Comunicazione), è inserita nello Schema di Piano Pluriennale 2015-2019, recentemente sottoscritto con il MIT. In detto schema, per l'itinerario in questione è programmato, nel quinquennio 2015-2019, un investimento pari a 1.600 milioni di euro che garantirà il miglioramento delle condizioni di sicurezza mediante l'adeguamento della piattaforma stradale, la realizzazione di rotatorie e l'eliminazione di curve pericolose. Altri interventi sui piani viabili, di minore entità, sono previsti nei prossimi piani di manutenzione straordinaria e potranno concretizzarsi sulla base delle risorse che si renderanno disponibili. Più in generale, circa i programmi di messa in sicurezza della rete viaria statale nazionale, si evidenzia che, nel predetto Schema di Piano Pluriennale 2015-2019, sono previsti interventi di manutenzione straordinaria per un importo pari a 8,2 miliardi, nei quali sono compresi anche gli interventi sulla strada statale 309 Romea»;
   il problema dunque è la poca chiarezza e la mancanza di informazioni certe per quanto riguarda la messa in sicurezza di questo tratto stradale e anche, in generale, per quanto riguarda la viabilità e la messa in sicurezza delle principali arterie di collegamento della regione Veneto –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di definire un programma di interventi urgenti per la messa in sicurezza del tracciato dell'attuale strada statale 309 Romea e della superstrada E-45 finalizzato alla riqualificazione e al potenziamento delle infrastrutture esistenti, al fine di migliorare la viabilità e la sicurezza su queste arterie. (4-12979)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MISIANI, MARCHI, LAFORGIA e PARRINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 11, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, ha istituito dal 1o gennaio 2004 l'addizionale comunale sui diritti di imbarco nella misura di 1 euro per passeggero imbarcato;
   tale prelievo risulta marginalmente destinato ai comuni che ospitano insediamenti aeroportuali, poiché la parte più rilevante, pari a 30 milioni di euro, è finalizzata al «potenziamento della sicurezza delle installazioni di fronte ai pericoli connessi al terrorismo»;
   la norma de quo, così come modificata dall'articolo 6-quater del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, stabilisce che la parte eccedente i 30 milioni di euro destinati a compensare ENAV spa per i costi sostenuti per garantire la sicurezza, sia versata in un apposito fondo presso il Ministero dell'interno e ripartita sulla base del rispettivo traffico aeroportuale, con una quota del 40 per cento del totale rimanente a favore dei comuni del sedime aeroportuale o con lo stesso confinanti;
   dall'anno 2008, a seguito dell'entrata in vigore della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), articolo 2, commi 615, 616 e 617, non si dà più luogo alle iscrizioni di stanziamenti negli stati di previsione dei Ministeri in correlazione a versamenti di somme all'entrata del bilancio dello Stato autorizzate dai provvedimenti legislativi richiamati nell'elenco n. 1, tra cui l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco aeroportuale;
   a seguito dell'entrata in vigore dei suddetti commi 615, 616 e 617 della legge finanziaria 2008, le entrate riversate dai gestori a titolo di addizionale comunale sui diritti d'imbarco aeroportuale non sono state ripartite per intero ai comuni aventi diritto da parte del Ministero dell'interno e gli importi riversati hanno avuto un andamento altalenante ed in continua discesa;
   le disposizioni menzionate hanno modificato il modo di procedere con riferimento alle assegnazioni in questione, eliminando alcuni passaggi di bilancio, ma non la natura dell'entrata, il quantum dell'addizionale comunale, né il vincolo di destinazione previsti dall'articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350;
   fino all'anno 2008 erano pubblicati sul sito del Ministero dell'interno i dati fondamentali, quali le superfici aeroportuali e i passeggeri per aeroporto, necessari per la costruzione dell'intero procedimento di ripartizione, in una logica di trasparenza. Tali informazioni non sono più state rese disponibili a partire dal 2009, se non attraverso comunicati sporadici e in alcuni casi del tutto assenti;
   i decreti ministeriali di ripartizione del gettito non sono stati resi disponibili sul sito del Ministero dell'interno;
   dall'analisi dei dati sul traffico passeggeri, già a partire in particolare dal 2007, emergono gravi mancanze di gettito rispetto ai riversamenti destinati ai comuni;
   gli scostamenti rilevati sono riferiti sia ad una mancata ripartizione delle somme effettivamente incamerate da ripartire fra i comuni come riassegnazione (circa 73 milioni di euro nel periodo 2007-2014), che ad una presunta mancanza di gettito per mancati versamenti effettuati da parte delle compagnie aeree, che si tradurrebbe se confermata in un'ulteriore perdita di gettito per i comuni di circa 26,8 milioni di euro nel periodo 2007-2014;
   negli anni i comuni hanno comunque continuato ad assicurare i servizi locali necessari per la presenza delle strutture aeroportuali sui propri territori, nonché subito le esternalità negative connesse all'impatto ambientale dovuto alla vicinanza dei siti aeroportuali –:
   quali siano le motivazioni per le quali non è stato assegnato annualmente ai comuni lo stanziamento previsto dalla legge;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rimuovere gli eventuali ostacoli di natura normativa o interpretativa che hanno condotto i Ministeri competenti – e segnatamente il Ministero dell'interno e il Ministero dell'economia e delle finanze – a modificare i criteri di determinazione dell'ammontare complessivo spettante ai comuni destinatari dell'addizionale, rispetto a quanto previsto dalla legge istitutiva dell'addizionale stessa;
   se si intendano verificare le motivazioni degli scostamenti fra stime di traffico dei passeggeri e versamento di quote dell'addizionale da parte delle compagnie aeree, rafforzando le misure eventualmente necessarie per vigilare sul corretto versamento degli importi dovuti dalle compagnie medesime;
   se il Governo intenda assumere iniziative per il ristoro delle somme che sono state ingiustificatamente non attribuite a titolo di addizionale aeroportuale in vigenza delle norme di riparto della quota di addizionale spettante ai comuni indicati dalla legge (sedi dei sedimi aeroportuali o con essi confinanti), pari per il periodo 2007-2014 a oltre 73,3 milioni di euro.
(5-08495)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   operatori della Caritas presso la struttura «La Lucciola» del comune di Zone (BS), starebbero svolgendo a quanto consta all'interrogante il proprio lavoro con 12 profughi ospitati in un albergo;
   nell'ambito della loro funzione sarebbero state previste attività laboratoriali con i bambini dell'asilo e della scuola elementare di Zone, proponendo alle scuole di allestire una mostra in biblioteca e creare degli incontri alla presenza dei rifugiati, per presentare i Paesi da cui provengono i 12 ragazzi ospitati (Mali, Nigeria, Gambia);
   a tal fine le scuole hanno fatto esplicita richiesta ai genitori di condividere o meno l'iniziativa, così come deve avvenire per legge nel caso di tutte le attività extracurricolari;
   i 12 ospiti dell'albergo hanno tuttora in corso l'istruttoria per il riconoscimento dello status di profugo; quindi, ad oggi, non si sa ancora se effettivamente si tratta di profughi o piuttosto di clandestini –:
   se trovi conferma quanto espresso in premessa e quale sia l'orientamento del Ministro in indirizzo sull'opportunità del progetto in questione;
   se non si ritenga quanto meno improprio lo svolgimento di attività extra-curricolari di questo tipo, vista anche la giovane età degli alunni coinvolti, i quali non sono ancora sufficientemente formati nel loro senso critico e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-12972)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con lettera datata 11 aprile 2016 il Coopbox Group, azienda con sede a Bibbiano provincia di Reggio Emilia, appartenente al gruppo CCPL e operante nel settore del packaging alimentare, ha proceduto unilateralmente alla revoca della contrattazione integrativa in vigore da molti anni;
   l'azienda occupa più di 200 addetti diretti, tra Bibbiano e Ferrandina in provincia di Matera a cui bisogna aggiungere un non irrilevante numero di lavoratori dell'indotto;
   i lavoratori con il sostegno delle organizzazioni sindacali hanno messo, in atto uno stato di agitazione affinché si ripristini il rispetto degli accordi siglati nel corso degli anni e hanno proclamato per il 22 aprile 2016 uno sciopero di 24 ore con blocco di tutte le attività;
   la previsione di un piano industriale che di fatto prevede esclusivamente tagli e ridimensionamenti a danno delle maestranze a fronte di nessun investimento costituisce la principale preoccupazione per i lavoratori;
   in data 29 gennaio i vertici della cooperativa hanno presentato alle banche il piano industriale di CCPL SpA con la precisazione che «Esso verrà formalizzato attraverso un procedimento noto, nella prassi, come “182-bis”, ovvero “accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR) ex articolo 182-bis” della legge fallimentare»;
   non va inoltre trascurato il fatto che in sede comunitaria alle aziende del gruppo COOPBOX e a CCPL, è stata inflitta una sanzione di 33,7 milioni di euro a causa del riscontro di un cartello nel settore degli imballaggi alimentari in polistirolo, messo in atto presso quasi tutti i produttori europei, dal 2000 al 2008 e, con un procedimento che si è trascinato dal 2008 al 2015, la Commissione europea è arrivata a determinare il valore delle sanzioni;
   la situazione assume profili di assoluta gravità in particolare in Basilicata in considerazione del già fragile tessuto produttivo in cui questa ulteriore crisi va a incidere;
   è stata formulata ufficialmente anche una richiesta di incontro in sede regionale, ma la rilevanza della questione e la delicatezza anche dal punto di vista occupazionale evidenziano la necessità di portare tale vertenza in sede ministeriale –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare con la massima rapidità al fine di convocare un incontro tra le parti in sede ministeriale per valutare le problematiche riportate in premessa e scongiurare contrazioni in termini di diritti contrattuali e di ridimensionamento occupazionale.
(5-08496)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, MANNINO, GAGNARLI e FRUSONE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della nota stampa, a firma congiunta dei segretari generali del Sapaf Marco Moroni, dell'Ugl Cfs (Corpo forestale dello Stato), Danilo Scipio, del Snf, Andrea Laganà, della Cgil-Fp Francesca Fabrizi e del Dirfor Maurilio Cattoi, si apprende da agenzie di stampa che «Nonostante denunce e ripetute sollecitazioni, il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina continuerebbe a coprire situazioni di palese illegittimità che inspiegabilmente ed ingiustificatamente favoriscono la procura di Arezzo rispetto a tutte le altre procure d'Italia»;
   come stabilito dal titolo III «Polizia Giudiziaria» del codice di procedura penale, dall'articolo 55 all'articolo 59, le sezioni di polizia giudiziaria sono uffici di polizia presenti presso i tribunali che svolgono attività investigativa senza particolari limiti di materia, alle dirette dipendenze dell'autorità giudiziaria. In questi uffici è presente personale appartenente alle diverse forze di polizia che, a livello amministrativo, è gestito dall'amministrazione di appartenenza, mentre sul piano operativo dipende dall'autorità giudiziaria; trattasi in sostanza di investigatori che vengono distaccati presso gli uffici giudiziari ove svolgono il loro servizio in abiti civili, operando a stretto contratto con i magistrati;
   la normale collaborazione tra procura di Arezzo e Corpo forestale dello Stato risale al 2010, quando all'epoca non era stata ancora istituita la sezione di polizia giudiziaria del Cfs, quindi l'impiego di personale in procura era ampiamente giustificato;
   l'ordinaria collaborazione dell'epoca era tale da non richiedere alcun protocollo, d'intesa formale, come invece è stato stilato in data 6 ottobre 2015 tra il procuratore Rossi e il capo della Forestale Cesare Patrone, per giustificare l'impiego di uomini e mezzi aggiuntivi rispetto a quelli previsti nella sezione di polizia giudiziaria già a disposizione del magistrato;
   nel protocollo d'intesa di cui al punto precedente la procura della Repubblica di Arezzo intende avvalersi del supporto del personale del Cfs allo scopo di agevolare e sostenere la completa e puntuale trattazione delle pratiche relative ai reati in materia ambientale, trattandosi di un territorio ove l'incidenza degli stessi è particolarmente significativa, proponendo in via sperimentale la costituzione di un gruppo di lavoro in materia ambientale e agroalimentare formato da personale del Corpo Forestale dello Stato che, visti i risultati conseguiti, si è deciso di mantenere anche a seguito della riorganizzazione della dipendente sezione di polizia giudiziaria, ai sensi della legge n. 4 del 2011. Il gruppo opera sulla base delle disposizioni del procuratore, mentre per quanto concerne la dotazione, la procura mette a disposizione gli spazi di lavoro, le dotazioni strumentali e la cancelleria, per quanto riguarda il mezzo di servizio con dotazione di carburante commisurata alle esigenze e alle disponibilità di assegnazione definite dal comando provinciale di Arezzo nell'ambito delle rispettive disponibilità questo è messo a disposizione del Cfs;
   con lettera del 4 dicembre 2015 protocollo n. 6436 del comando provinciale del Corpo forestale di Arezzo, indirizzata a tutto il personale del Cfs della provincia di Arezzo, tramite gli uffici territoriali di appartenenza e al comando regionale della Toscana, si chiedeva una ricognizione per valutare eventuali candidature di personale, anche al di fuori della provincia di Arezzo, da destinare al gruppo di lavoro presso la procura della Repubblica di Arezzo per il primo semestre 2016. Le candidature saranno successivamente valutate dall'ufficio del procuratore di Arezzo, dottor Roberto Rossi;
   secondo quanto riportato nei comunicati delle sigle sindacali, si stanno mettendo a disposizione del procuratore Rossi mezzi e personale del Corpo forestale in numero di gran lunga superiore a quello stabilito dal decreto del Ministero della giustizia per lo svolgimento di compiti tipici di ogni procura e che ogni procura espleta senza dover ricorrere ad integrazioni;
   questo surplus è tra l'altro giudicato insufficiente a smaltire i fascicoli arretrati visto che il Cfs, su richiesta del procuratore Rossi, ha ritenuto di mettere a disposizione della procura ulteriori unità provenienti dalle stazioni della provincia di Arezzo. Tale ulteriore disponibilità di personale, che va ad aggiungersi alle unità del gruppo di lavoro che non ha eguali in nessun'altra procura d'Italia, rappresenta assolutamente un unicum, a quanto consta agli interroganti e quindi una situazione di favore, dal momento che la carenza di personale nei tribunali è generalizzata;
   sempre nel comunicato di cui al punto precedente si legge: «È dunque fin troppo chiaro – concludono i sindacati – che il procuratore Rossi goda di attenzioni non comuni da parte dell'esecutivo, anche per il tramite di forestali assegnati proprio alla procura di Arezzo che, allo stesso tempo, sono o lo sono stati, collaboratori del legislativo del ministro Martina, distogliendoli così dai precipui compiti di responsabilità dell'aliquota CFS presso la sezione di polizia giudiziaria del Tribunale di Arezzo»;
   tra questi, il vice ispettore del Corpo forestale dello Stato, dottor Marco Mazzi, oltre a rientrare nell'aliquota CFS presso la sezione di polizia giudiziaria del tribunale di Arezzo e ad essere accreditato presso il gabinetto del Ministro Martina per non precisati rapporti di collaborazione, il 7 marzo 2011, al tempo con la qualifica di assistente, veniva contrattualizzato presso l'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), nell'ambito della convenzione con il Cfs, finalizzata ad intensificare la sorveglianza e il controllo del territorio, a tutela, salvaguardia e valorizzazione delle risorse ambientali e paesaggistiche, allo scopo di monitorare la situazione legale relativa ai terreni rientranti nella disponibilità dell'i-stituto a seguito di risoluzione contrattuale, in particolare:
    monitorare il database dei terreni rientranti nella disponibilità dell'istituto;
    verificare per ciascuno di essi lo stato di custodia;
    acquisire la documentazione necessaria per il suddetto controllo;
    curare e gestire i rapporti con il Corpo forestale dello Stato per quanto concerne i suddetti controlli;
   il contratto, di cui al punto precedente, avente protocollo n. 1327, prevedeva la durata fino al 31 dicembre 2011 con possibilità di prosecuzione da formalizzarsi entro 60 giorni dalla scadenza dello stesso, per un importo complessivo di 31.950,00 euro a lordo delle ritenute di legge;
   in data 30 dicembre 2014, con missiva del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Corpo forestale dello Stato, Ispettorato generale, Segreteria Capo del Corpo – protocollo n. 1421, facente riferimento alla convenzione tra Ismea e Cfs rinnovata e implementata nei compiti da svolgere per ulteriori tre anni, con scadenza al 21 febbraio 2017, si incaricavano i destinatari di seguire tutte le operazioni riguardanti l'accordo tra Ismea e i comandi regionali del Cfs interessati, finalizzate alla ricognizione dei terreni rientranti nella disponibilità di Ismea in modo da prevenire situazioni in contrasto con le finalità dell'Istituto. Tra i riceventi della missiva, il Comandante Capo Roberto Monaco, l'Assistente Debora Gambardella, l'Agente Scelto Marco Mazzi, il Vice Revisore Elisa Benedetti, e le sedi della 12a, 13a e 14a divisione;
   in data 19 gennaio 2015, con lettera dell'Ismea indirizzata al Capo del Corpo forestale dello Stato, dottor Cesare Patrone, con protocollo n. U/0000903, avente per oggetto la convenzione Ismea-Cfs, stipulata in data 7 marzo 2011, l'ente, sulla base dell'esperienza maturata nel corso della convenzione, pone in rilievo la necessità di implementare le attività di sistemazione e di elaborazione delle informazioni acquisite a seguito dei controlli svolti dal Cfs, anche presso la sede dell'Ismea;
   nella missiva di cui al punto precedente l'Ismea rileva come non disponga al suo interno di professionalità adeguate allo svolgimento delle predette attività che richiedono la conoscenza delle specifiche procedure e modalità operative seguite dal Cfs e, per questo, risultando necessaria l'individuazione di una specifica e peculiare professionalità con adeguata competenza, chiede allo stesso Corpo forestale dello Stato di esprimere ogni più adeguata proposta operativa a riguardo;
   il 9 febbraio 2015 con missiva del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Corpo forestale dello Stato, Ispettorato generale, divisione 13a – protocollo n. 6674, indirizzata all'assistente Marco Mazzi, e facente riferimento alla nota n. 60 del 20 gennaio 2015, il capo del Corpo forestale dello Stato incaricava lo stesso a continuare la collaborazione con l'Ismea nell'ambito delle attività oggetto della convenzione in essere tra Ismea e Cfs, stipulata in data 7 marzo 2011;
   per quanto concerne gli incarichi conferiti ai dipendenti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – Corpo Forestale dello Stato – nell'anno 2013, il signor Marco Mazzi risulta essere il destinatario di vari importi da parte del conferente Ismea con oggetto dell'incarico «altre tipologie». Nello specifico, gli importi percepiti dal Vice ispettore Mazzi possono essere così ripartiti:
    52.500,00 euro per l'incarico svolto dal 28 gennaio 2013 al 30 giugno 2014, con un acconto di 21.812,00 euro nel 2014 e non ancora saldato;
    52.500,00 euro per l'incarico svolto dal 28 gennaio 2013 al 30 giugno 2014, con un acconto di 20.482,00 euro nel 2013 e non ancora saldato;
    17.500,00 euro per l'incarico svolto dal 17 aprile 2013 al 16 ottobre 2013 e saldato interamente nel 2013;
   alla luce dello schema degli incarichi conferiti ai dipendenti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali afferenti al Cfs, il vice ispettore Marco Mazzi, solo per l'anno 2013, è il soggetto che cumulativamente ha percepito i maggiori importi a seguito della stipula di rapporti di collaborazione, per un ammontare di 122.500,00, con il dipendente del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali immediatamente sotto di lui che percepisce complessivamente circa 20.000 euro;
   il vice ispettore di cui al punto precedente a seguito dei frequenti viaggi a Roma per l'attività di collaborazione che ivi svolge, determina per gli interroganti un danno economico per costi di missione, oltre che arrecare un grave pregiudizio all'attività della procura e a quella istituzionale delle stazioni forestali;
   fra questi costi vi sono anche quelli inerenti la messa in disponibilità al vice ispettore Mazzi di un'auto di servizio, per come riportato nella disposizione di servizio n. 516 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, Corpo forestale dello Stato, ispettorato generale, servizio III, divisione 11a, a firma del capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone;
   nella disposizione di servizio del 16 novembre 2015, di cui al punto precedente, si legge che il capo del Corpo forestale dello Stato, Cesare Patrone, autorizza il vice ispettore Marco Mazzi, in servizio presso la procura della Repubblica, il tribunale di Arezzo, a continuare a svolgere l'attività di supporto e di collaborazione con la segreteria del capo del Corpo ed il gabinetto del Ministro, ufficio legislativo, usufruendo ogni qualvolta si renda necessario, del mezzo di servizio con rientro a Firenze, nonché dell'attribuzione all'Ispettorato generale, delle spese di missione e di ogni ulteriore emolumento concernente eventuali competenze accessorie connesse all'incarico –:
   se il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali possa chiarire dettagliatamente in cosa consista l'attività di supporto e di collaborazione con la segreteria del capo del Cfs ed il gabinetto del Ministro – ufficio legislativo, svolta dal vice ispettore Marco Mazzi e le ragioni, nonché le competenze per le quali gli venga riconosciuto questo ruolo, e chi lo abbia ritenuto idoneo allo svolgimento di questa funzione;
   se l'attività di supporto e di collaborazione con la segreteria del capo del Cfs ed il gabinetto del Ministro – ufficio legislativo, svolta dal vice ispettore Marco Mazzi, preveda ulteriori esborsi per le casse dello Stato, in termini di rimborsi spesa, diarie, straordinari, bonus e quant'altro, da corrispondere all'agente per l'espletamento del suo incarico;
   quali siano le ragioni per cui per le trasferte a Roma, con rientro a Firenze, il vice ispettore in servizio presso la procura di Arezzo, utilizzi il mezzo di servizio messo a disposizione dal Cfs della provincia di Arezzo, al gruppo di lavoro agroalimentare e ambientale della procura;
   se non si ritenga esorbitante l'impiego di donne, uomini e mezzi aggiuntivi del Corpo forestale dello Stato presso il tribunale di Arezzo, rispetto a quelli previsti nella sezione di polizia giudiziaria, già a disposizione del procuratore;
   se l'ulteriore spiegamento di personale del Cfs presso la sezione di polizia giudiziaria della procura della Repubblica di Arezzo, non comporti un indebolimento dei presidi a tutela del territorio e dell'ambiente, garantito dalle donne e degli uomini del Corpo forestale dello Stato;
   se non si ritenga incompatibile il ruolo di agente di pubblica sicurezza del vice ispettore Mazzi con l'incarico conferitogli da Ismea;
   quali siano le specifiche e peculiari professionalità, nonché l'adeguata competenza e i titoli riconosciuti al vice ispettore da parte dell'Ismea e del Cfs, per il conferimento dell'incarico, e le modalità con le quali è stato selezionato il personale del Corpo forestale ritenuto più adatto all'espletamento della convenzione Ismea-Cfs;
   a fronte dei 122.500,00 corrisposti al vice ispettore Mazzi nel solo 2013, se i risultati attesi dalla convenzione ISMEA-CFS, ovvero la ricognizione dei terreni rientranti nella disponibilità dell'ente in modo da prevenire situazioni in contrasto con le finalità dell'Istituto, siano stati pienamente conseguiti. (5-08498)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   NUTI, CECCONI, COZZOLINO, DIENI, TONINELLI e D'AMBROSIO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il segretario della Presidenza del Consiglio dei ministri, Paolo Aquilanti, tramite propria disposizione del 20 aprile 2015, ha disposto la creazione di un «Comitato per la ricognizione di beni e servizi stipulati o eseguiti dal 2010 al 2015, composto dal Capo del Dipartimento per le politiche di gestione, promozione e sviluppo delle risorse umane e strumentali, dal Capo dell'Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile e dal Capo dell'Ufficio controllo interno, trasparenza e integrità», che avrebbe dovuto presentare al segretario generale stesso, entro il 30 maggio 2015, una relazione sulla ricognizione effettuata e formulare eventuali proposte; tuttavia, di tale relazione non si ha alcuna contezza, come già denunciato con atto di sindacato ispettivo n. 4-09463, ancora senza risposta;
   in particolare, il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, recepito dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite proprio decreto del 1o marzo 2011 poi modificato dal decreto 21 giugno 2012, creava e disciplinava, all'interno di ogni pubblica amministrazione, gli organismi indipendenti di valutazione delle performance, ai quali conferiva funzioni fondamentali per garantire il buon andamento degli enti pubblici, e disponeva che questi dovessero essere composti da tre soggetti (che secondo la delibera CiVIT n. 12 del 2013 dovevano essere almeno uno con adeguata esperienza all'interno dell'amministrazione interessata e di componenti con conoscenze utili a favorire processi di innovazione), per la durata triennale senza che fosse prevista la decadenza automatica al rinnovarsi degli organi di indirizzo politico-amministrativo designanti, al cui controllo l'organismo Indipendente di valutazione è sottoposto;
   invece nei fatti, come già denunciato con atto di sindacato ispettivo n. 4-09584, ancora senza risposta, l'ufficio di controllo interno, trasparenza e integrità, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri è composto da tre soggetti che possono essere scelti esclusivamente all'interno della Presidenza medesima, senza possibilità di includere componenti in possesso di conoscenze tecniche e capacità utili a favorire processi di innovazione all'interno dell'amministrazione medesima; è sottoposto al sistema dello spoil system, e quindi i membri dell'ufficio decadono automaticamente con la decadenza dell'organo politico-amministrativo, essendo composto da dirigenti apicali che cessano dalle proprie funzioni entro 90 giorni dal voto di fiducia al Governo (articolo 19 comma 3 del decreto legislativo n. 165 del 2001); è sottoposto al controllo del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei ministri invece che del Presidente del Consiglio stesso, il quale costituisce al di fuori di ogni dubbio, il vertice politico-amministrativo di codesta pubblica amministrazione;
   inoltre, il citato decreto legislativo n. 150 del 2009, stabilisce alcune norme, recepite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri tramite decreto 25 maggio 2011, n. 131, relative alla relazione sulla performance: entro il 30 giugno di ogni anno deve essere pubblicata, garantendo trasparenza e pubblicità, tale relazione che evidenzia, a consuntivo, con riferimento all'anno precedente, i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati e alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il bilancio di genere realizzato; inoltre, sempre secondo quanto stabilito dal richiamato decreto del maggio 2011, articolo 3, comma 4, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha l'obbligo di definire e adottare un sistema per la misurazione e la valutazione della performance;
   tuttavia nei fatti, come già denunciato con atto di sindacato ispettivo n. 4-09592, ancora senza risposta, non risulta che la Presidenza del Consiglio dei ministri abbia mai proceduto a pubblicare, completamente o comunque nei termini stabiliti, all'interno della sezione trasparenza del proprio sito web queste relazioni sulla performance, mentre il sistema di misurazione e valutazione della performance vigente è stato approvato con decreto del 27 novembre 2003, molti anni prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2009 che riforma il sistema di valutazione delle performance, e del decreto che ne recepisce le norme del 2011;
   infine, il citato decreto del maggio 2011, articolo 3, comma 2, stabilisce che «entro il 31 gennaio gli organi di indirizzo politico amministrativo emanano direttive annuali per l'azione amministrativa e la gestione delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri, in coerenza con i documenti di programmazione finanziaria e di bilancio e tenuto conto delle risultanze del controllo di gestione, individuando gli indirizzi e gli obiettivi strategici e operativi, nonché gli indicatori necessari per la misurazione della relativa attuazione»;
   tuttavia, come già denunciato con atto di sindacato ispettivo n. 4-10819, ancora senza risposta, scorrendo la sezione trasparenza del sito della Presidenza del Consiglio dei ministri, emergerebbe che nessuna direttiva sia stata emanata entro i tempi prescritti dalla legge negli ultimi tre anni, e addirittura nessuna direttiva è stata pubblicata per l'anno in corso;
   guardando le schede obiettivo per ogni dipartimento, allegate alla direttive medesime, si può facilmente notare come, nelle varie programmazioni operative, vengano previste fasi che teoricamente si sarebbero dovute concludere, con i relativi output, ancora prima dell'emanazione della direttiva stessa: appare chiaramente contraddittoria, dunque, la possibilità di realizzare obiettivi programmati su un orizzonte temporale di 12 mesi e, ancor più, la «temporizzazione» della produzione di output, prima che gli effetti giuridici della direttiva possano dispiegarsi (registrazione della Corte dei conti);
   in un contesto simile, non si capisce su quali basi potrà avvenire la valutazione delle performance dei dirigenti, i quali, forse, non riusciranno a portare a termine i propri obiettivi in tempo utile o con risultati qualitativi accettabili, avendo a disposizione meno della metà del tempo stimato all'interno della direttiva medesima;
   inoltre, risulterebbe impossibile assicurare, a giudizio degli interroganti, ai sensi del comma 3 dell'articolo 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 131 del 2011, «l'effettuazione, in corso di esercizio, del monitoraggio dell'attuazione degli obiettivi di cui al comma 2, anche ai fini dell'attivazione di eventuali interventi correttivi»;
   la Presidenza del Consiglio dei ministri è stata investita, anche recentemente, da fatti di malamministrazione e corruttela che hanno avuto anche gravi risvolti giudiziari — si citano, a titolo esemplificativo e non esaustivo l'arresto del generale dei carabinieri Antonio Ragusa, dirigente presso la Presidenza del Consiglio, i collegamenti di uffici della Presidenza del Consiglio con il pregiudicato Luigi Bisignani, l'arresto nel dicembre del 2015 dell'imprenditore David Biancifiore per presunti appalti truccati presso la Presidenza stessa;
   i dati attualmente pubblicati risultano essere confusionali, in quanto non permettono di capire chi e in quale misura abbia realmente ottenuto le indennità di risultato, al fine anche di comprendere quali siano effettivamente i dirigenti più efficienti, come tra l'altro evidenziato in un articolo di Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera del 20 aprile 2016: infatti, è disponibile solo un generico dato medio che non dà conto di quanti siano dirigenti e quanto ognuno di essi realmente percepisca, con la concreta possibilità che vi siano enormi distanze tra quanto stanziato ed erogato per i dirigenti apicali e i restanti;
   non è neppure dato sapere qual è il sistema di misurazione della performance impiegato e quale parte del punteggio sia riservato al giudizio discrezionale del valutatore, sia per quanto riguarda i dirigenti apicali che per quanto attiene ai dirigenti di prima e seconda fascia;
   inoltre, dai dati pubblicati non si evincerebbero alcune informazioni di fondamentale importanza secondo gli interroganti: le indennità di risultato massimali anche per i dirigenti di seconda fascia; se e in quale misura i dirigenti allocati alle dirette, dipendenze del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero dei sottosegretari e dei Ministri senza portafoglio, abbiano ottenuto indennità di risultato; se l'indennità di risultato sia legata solo a obiettivi di direttiva ovvero anche a obiettivi di altra natura ovvero un mix tra questi ultimi due tipi;
   preme agli interroganti sottolineare che l'assenza di organi o sistemi di controllo e valutazione dell'operato degli uffici, nonché di una loro posizione autonoma per maggiore efficacia e incisività, è terreno fertile per l'incremento di fenomeni di malamministrazione, iniquità e corruzione –:
   quali iniziative si intendano adottare perché sia pienamente rispettata la normativa di cui in premessa, in particolar modo dalle amministrazioni di vertice, inclusa la Presidenza del Consiglio dei ministri, evitando a tutti i livelli situazioni che rischiano di esporre gli organi interessati a fenomeni di malamministrazione e corruttivi. (5-08497)

Interrogazione a risposta scritta:


   RABINO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo la Sezione delle autonomie della Corte dei conti sulla base di un'interpretazione rigorosa della norma del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010, vietato ad un titolare di carica elettiva che svolge un incarico professionale presso un altro ente, di percepire alcun compenso al di fuori del rimborso delle spese sostenute, o di eventuali gettoni di presenza di importo non superiore a 30 euro a seduta;
   se da un lato tale divieto risulta comprensibile in relazione allo scopo del contenimento dei costi degli apparati politici e amministrativi, come anche quello di evitare che si verifichino improprie commistioni tra incarichi conferiti da pubbliche amministrazioni a soggetti titolari di cariche elettive, dall'altro pare eccessivo il vincolo posto, tale da causare una limitazione degli spazi di libertà economica e del diritto di accedere ad una carica pubblica;
   in tal modo, infatti, si corre seriamente il rischio di peggiorare la qualità media degli amministratori locali, a causa del numero ridotto di coloro che saranno disponibili a candidarsi per le amministrative –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti su esposti, se siano state valutate le conseguenze dell'applicazione di tale divieto e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo. (4-12977)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BALDASSARRE, ARTINI, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   alcune concessioni per le attività di estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia sono scadute da anni, ma le piattaforme sono rimaste lì a dispetto dei titoli abilitativi non rinnovati. Per l'esattezza, vi sarebbero 24 piattaforme marine, afferenti a 5 delle 44 concessioni entro le 12 miglia, che avrebbero continuato ad operare per settimane, mesi o addirittura anni nella fascia di mare tra Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo e Marche, senza aver ricevuto il rinnovo, così come anche altre 9 piattaforme, relative a4 concessioni non produttive, sarebbero rimaste in mare dopo la data di scadenza;
   questa è l'accusa che è stata sollevata, giorni prima della data del referendum del 17, dal movimento «No Triv» al Governo, che è stato invitato a rispondere a riguardo;
   le società petrolifere hanno chiesto da tempo di estendere la durata dei titoli concessori, ma il Ministero dello sviluppo economico non ha mai dato riscontro alla richieste avanzate, permettendo però che di fatto si continuasse ad estrarre gas e petrolio senza autorizzazione;
   in quest'ultimo periodo il Ministero dello sviluppo economico ha fatto sapere che la valutazione delle richieste di proroga è un processo lungo e complesso da attuarsi, dichiarando, però, che un'apposita legge – non ben specificata e quindi impossibile da verificare – prevede che durante tale istruttoria prosegua ugualmente l'attività estrattiva;
   il sistema delle proroghe delle concessioni per le attività di estrazione di idrocarburi è disciplinato dalla legge n. 9 del 1991, modificata nel 1996, alla quale non fa più riferimento la fascia degli stabilimenti entro le 12 miglia marine, dopo l'approvazione della legge di stabilità 2016;
   il testo della legge appena citata con la dicitura «i titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento» ha eliminato qualsiasi tipo di riferimento alle scadenze delle concessioni in mare entro le acque territoriali e, quindi, anche alla necessità di dover richiedere di volta in volta il rinnovo;
   qualora la nuova legislazione si applicasse anche ai 9 titoli concessori scaduti ci si troverebbe, a giudizio degli interroganti, davanti ad un caso di incredibile sanatoria, che, grazie ad un cambio di norme, trasformerebbe una situazione illegale in legale;
   nel corso degli anni passati la gestione delle concessioni è sempre stata attuata attraverso proroghe con effetto retroattivo anche di un anno e mezzo dalla scadenza dei termini;
   la legge di stabilità 2016 ha modificato sia la norma che era stata introdotta dal governo Berlusconi nel 2010, sia quella introdotta dal Governo Monti nel 2012, che vietava il rilascio di nuove concessioni entro le acque territoriali, ribadendo la salvezza dell’«efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati»;
   la modifica promossa dal Governo attuale risiede nell'eliminazione della parola efficacia, facendo salvi «i titoli abilitativi già rilasciati» senza, appunto, il riferimento alla loro validità;
   il costituzionalista Enzo Di Salvatore, del movimento sopra citato, ha espresso il suo parere sulla vicenda, dichiarando che, secondo lui, i «titoli abilitativi già rilasciati» possono essere relativi solo ai titoli vigenti e dunque efficaci, ma su questo punto non si è ancora pronunciato il Governo;
   nel caso di mancanza di efficacia delle concessioni scadute, le piattaforme afferenti ai titoli non più validi dovranno essere smantellate;
   la legge, infatti, prevede, una volta scaduti i termini, il ripristino dello status quo dei luoghi;
   differentemente il divieto di nuove attività entro le 12 miglia, attualmente in vigore, potrebbe essere aggirato, riportando in vita decine di titoli scaduti da diversi anni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   quale sia la norma che permette ugualmente l'attività estrattiva durante il periodo di istruttoria per il rilascio delle proroghe dei titoli concessori;
    se possano chiarire l'efficacia, o meno, dei titoli abilitativi già rilasciati entro le 12 miglia ma al momento scaduti, spiegando così se sia prevista la prosecuzione delle attività estrattive anche per i titoli già concessi ma non più validi in termini temporali;
   se intendano adoperarsi nel far rispettare il ripristino dello status quo ambientale e il conseguente smantellamento delle piattaforme non più abilitate, una volta stabilita la posizione dei titoli abilitativi scaduti. (4-12974)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DA VILLA, SCAGLIUSI, SPADONI, MASSIMILIANO BERNINI e GRANDE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la stipula degli accordi sul TTIP (Transatlantic trade and investment partnership) – come già specificato nell'interrogazione n. 3-00791 del 29 aprile 2014 – è stata promossa come iniziativa volta ad aumentare lo scambio delle merci attraverso l'eliminazione di dazi e barriere commerciali, per i quali non è difficile individuare nelle potenti multinazionali americane ed europee i veri promotori, riuniti in gruppi di pressione che esercitano ormai da decenni una fortissima influenza, mediante gli strumenti del lobbying, sugli organismi regolatori siano essi l'Unione europea o gli Stati nazionali, come dimostra la presenza di alcune grandi aziende americane nel consiglio direttivo dell'associazione americana che opera per indirizzare le trattative del TTIP;
   un'iniziativa di tale portata, destinata ad incidere su ogni aspetto della vita sociale europea, investendo tutti i settori economici per assoggettarli al principio dell'abolizione di ogni barriera regolamentativa, avrebbe dovuto coinvolgere maggiormente i Parlamenti e le parti sociali ai fini di un esame pubblico prima dell'approvazione del mandato negoziale e di un costante monitoraggio dopo l'entrata in vigore dell'accordo, anche in virtù delle conseguenze sui livelli occupazionali, sul rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e sul generale impatto sociale ed ecologico;
   l'abolizione di ogni barriera tariffaria rischia di incidere negativamente sugli strumenti a garanzia del consumatore, quali, ad esempio, i controlli, l'etichettatura, le certificazioni, ovvero tutte quelle barriere indette a tutela della sicurezza e della qualità, di cui ne è esempio la questione degli organismi geneticamente modificati, la cui introduzione nell'agricoltura europea è stata fino ad oggi rallentata da una serie di regole comunitarie che, con l'entrata in vigore del TTIP, diverrebbero illegittime, consentendo ai grandi gruppi della genetica agricola di commercializzare liberamente i loro prodotti;
   il mercato unico è il risultato di un'omogeneità di regolamentazione senza precedenti, volta ad assicurare ai cittadini europei uguali condizioni di partenza per l'esercizio dell'attività imprenditoriale; quello statunitense è frutto di anni di deregulation e gli operatori economici europei si troveranno a competere con concorrenti americani in un quadro caratterizzato dalla compresenza di assetti legislativi molto differenti;
   va tenuto conto dell'ingente pressione dei cittadini italiani ed europei, delle associazioni di categoria e di quelle no-profit, riuniti sotto la sigla Stop TTIP, e il recente incontro – febbraio 2016 – degli stessi con la Presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini al fine di ottenere una maggiore trasparenza nella valutazione dei trattati;
   si ricorda la lettera della Presidente Laura Boldrini alla Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, datata 18 febbraio 2016, in merito alle modalità idonee ad assicurare l'informazione dei membri del Parlamento sui contenuti dei negoziati tra Unione europea e gli Stati Uniti relativamente al TTIP – un accordo che «comporta delicate implicazioni non soltanto sul piano economico e produttivo, ma anche sotto il profilo della tutela dei diritti» – nella quale viene evidenziata un'asimmetria tra il regime, previsto per i Parlamentari europei e quelli italiani sull'accesso ai documenti negoziali presso apposita sala lettura (reading room);
   si richiamano le dichiarazioni della Commissaria europea per il commercio internazionale, Cecilia Malmstrom, in occasione dell'audizione del 26 novembre 2015, in merito all'accesso dei Parlamentari nazionali ai testi consolidati in appositi reading room allestite presso i Governi di ciascun Stato membro, nonché alla predisposizione delle stesse sale di lettura presso alcuni Stati membri (Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Lettonia e Lussemburgo) e al conseguente invito della Presidente Boldrini a predisporre una tale possibilità per i membri della Camera dei deputati;
   dalla risposta alla nota della Presidente Boldrini da parte della Ministra Maria Elena Boschi del 26 febbraio 2016, come sarebbe stato anticipato nella riunione della Conferenza dei Presidenti di gruppo del 25 febbraio 2016, si apprenderebbe che il problema sia in fase di risoluzione e che il Governo stia procedendo ad attivare tutte le misure volte ad assicurare un'idonea informazione ai membri del Parlamento Italiano sui contenuti del TTIP;
   si è appreso delle intenzioni espresse dalla Ministra Maria Elena Boschi di predisporre, attraverso il Ministero dello sviluppo economico, appositi spazi dove i parlamentari potranno prendere visione dei documenti negoziali, secondo le regole definiti a livello europeo;
   le mobilitazioni contro il TTIP, che avranno come prossima data la giornata del 7 maggio 2016 a Roma «contro le liberalizzazioni selvagge di servizi essenziali, sicurezza alimentare e sociale, l'abbattimento delle regole di protezione ambientale contenute nel nuovo trattato commerciale tra Usa e Ue», hanno già riportato l'adesione di numerose associazioni, esponenti della cultura e cittadini italiani;
   nel corso della conferenza stampa del 15 aprile 2016 presso la sala stampa della Camera dei deputati, che ha visto la partecipazione di molteplici associazioni è stata presentata una lettera aperta a firma di molteplici deputati e senatori tra cui, per il Movimento Cinque Stelle, Benedetti, Busto, Fattori, Terzoni, indirizzata ai Presidenti di Camera e Senato per richiedere l'apertura di una «reading room» al fine della visione degli atti del Trattato –:
   quale sia lo stato di avanzamento di tale proposito e quali le misure adottate dal Governo per assicurare la trasparenza nella stipula dei trattati e l'accesso ai testi consolidati la cui consultazione sia a disposizione dei membri del Parlamento italiano;
   quali siano le azioni che il Governo, intende intraprende per stimolare un dibattito pubblico, che coinvolga, tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, la società civile italiana, all'altezza dell'iniziativa in atto, nonché le tutele predisposte per l'agricoltura comunitaria, gli interessi produttivi e i livelli occupazionali del nostro Paese;
   quali siano le iniziative previste per la ri-attribuzione delle competenze in materia di TTIP a seguito della nomina dell'ex viceministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda, a rappresentante permanente dell'Italia presso l'Unione europea;
   se sia nelle intenzioni del Governo convocare un tavolo formale di confronto con la società civile, nel quale coinvolgere, nelle forme che potranno essere concordate, anche i rappresentanti dei gruppi parlamentari, sui negoziati commerciali, mettendo il TTIP all'ordine del giorno, comunicando e discutendo gli esiti in Parlamento. (4-12980)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Zampa e altri n. 1-00868, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Quartapelle Procopio.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Pastorino n. 4-12943 del 21 aprile 2016.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Nicchi e altri n. 1-01230 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 611 del 21 aprile 2016. Alla pagina 36849, seconda colonna, alla riga trentottesima, deve leggersi: «creazione, anche attraverso iniziative per:», e non come stampato; alla pagina 36850, prima colonna, dalla riga diciottesima alla riga diciannovesima, deve leggersi: «ad assumere iniziative per prevedere il riconoscimento anagrafico nel nostro Paese, relativamente ai», e non come stampato; alla pagina 36850, prima colonna, dalla riga trentacinquesima alla riga trentottesima, deve leggersi: «ad assumere iniziative per punire ogni forma di costrizione alla procreazione, anche in attuazione dei principi della Convenzione di Istanbul.», e non come stampato.