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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 4 aprile 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    in Europa il numero di soggetti affetti da malattie rare è di circa 30 milioni;
    è evidente che le malattie rare costituiscono una questione di rilevanza sociale ed un grande problema circa la sostenibilità della sanità pubblica;
    le malattie rare rappresentano delle difficoltà obiettive per giungere ad una diagnosi precisa ed ad un corretto trattamento terapeutico;
    oltre due milioni di cittadini in Italia risultano essere affetti da malattie rare;
    a causa della disomogenea presenza dell'offerta sanitaria nelle regioni del nostro Paese dal punto di vista strutturale, professionale e tecnologico spesso in alcune aree sorgono difficoltà enormi per questi pazienti sia dal punto di vista diagnostico che terapeutico;
    tale situazione di fatto genera la mancanza di una risposta sanitaria adeguata;
    tra le malattie rare più insidiose e spesso letali è annoverata la fibrosi polmonare idiopatica: patologia cronica che gradatamente provoca la fibrosi cicatriziale con conseguente distruzione del parenchima polmonare e dispnea intensa sino a comportare la morte del paziente affetto da questa terribile patologia;
    sono colpiti quasi sempre gli uomini tra i 50 e 70 anni ed attualmente si riscontrano in maniera sempre più frequente anche casi in età precoce. In Italia si registrano circa 30-40 casi ogni 100.000 abitanti che risultano essere affetti da fibrosi cistica polmonare;
    tale malattia provoca una invalidità cronica, permanente che non consente il normale svolgimento degli atti fisiologici e funzionali della vita;
    più volte sono state portate all'attenzione del Ministero della salute diverse criticità: le difficoltà per la produzione e la commercializzazione delle apparecchiature e degli accessori necessari all'ossigenoterapia; la reperibilità in Italia del farmaco Nintedanib quale inibitore di tirosin-chinasi avente come bersaglio i recettori come fattore di crescita coinvolti nella patogenesi della fibrosi cistica;
    tutti i pazienti affetti da fibrosi polmonare provocano grandi disagi ai familiari per la complessa gestione dei suddetti pazienti soprattutto negli ultimi due anni di vita;
    nel nostro Paese, la fibrosi polmonare idiopatica non è ancora riconosciuta a livello nazionale come malattia rara; solo le regioni Piemonte e Toscana hanno inserito la fibrosi polmonare idiopatica nell'elenco delle malattie rare e hanno identificato un codice di esenzione permanente a tutte le prestazioni sanitarie di cui necessitano questi pazienti;
    tale situazione comporta una disparità di trattamento nei confronti di tutti gli altri pazienti del Paese affetti da fibrosi polmonare che non risiedono in Piemonte o in Toscana, determinando fra le altre una violazione del principio costituzionale di dover assicurare uniformi livelli di assistenza a tutti i cittadini,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di assumere con urgenza tutte le iniziative necessarie per il riconoscimento della fibrosi polmonare come malattia rara e ad assicurare uniformi livelli di assistenza per tutto il territorio nazionale ai pazienti affetti da questa terribile patologia;
   a valutare l'opportunità di promuovere un apposito e puntuale monitoraggio dei centri di riferimento delle malattie rare nel nostro Paese, onde verificare l'effettiva operatività degli stessi;
   a valutare l'opportunità di predisporre apposite linee guida, con il coinvolgimento delle regioni, inerenti a diagnosi, cura, omogeneo accesso alle prestazioni sanitarie e informazioni sulle cure disponibili per i pazienti affetti da fibrosi polmonare.
(1-01207) «Palese, Altieri, Bianconi, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Latronico, Marti».


   La Camera,
   premesso che:
    come noto, già prima dell'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 153, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l'importo del canone televisivo in Italia, pari a 113,50 euro annui, si attestava sotto la media europea, pari a 127,6 euro. Ben 12 Paesi europei avevano importi decisamente superiori al canone italiano. Ciò nonostante, il tasso di evasione stimato per il 2014, si attestava intorno al 27 per cento – per un importo complessivo non inferiore a 500 milioni di euro – contro una media europea, inclusa l'Italia, che si attesta attorno al 10 per cento;
    le significative innovazioni relative all'introduzione di un'ulteriore ipotesi presuntiva del possesso di un apparecchio televisivo in corrispondenza di un contratto di fornitura di energia elettrica e il conseguente inserimento dell'onere del canone nella bolletta sui consumi di energia elettrica, introdotte dalla citata disposizione della legge di stabilità 2016, consentiranno un decisivo recupero dell'evasione e, per tale via, un sensibile ridimensionamento dell'importo a carico dei contribuenti rispettosi della legge;
    con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in via di emanazione e, a quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo, già inviato al Consiglio di Stato per il necessario parere, verranno definiti termini e modalità per il riversamento all'Erario dei canoni incassati dalle aziende di vendita dell'energia elettrica, le procedure di controllo sulla regolarità dei pagamenti, nonché le eventuali misure tecniche che si dovessero rendere necessarie all'introduzione di tale innovativo sistema di riscossione;
    nell'ambito della nuova disciplina sono regolate le ipotesi di esenzione e le procedure di autocertificazione relative al mancato possesso di apparecchi televisivi (che, secondo i dati Istat, riguarderebbe solo il 3 per cento degli italiani) pur in costanza della titolarità di un contratto di fornitura di energia elettrica, regolate secondo il regime ordinario previsto al riguardo dal decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa);
    per quanto attiene all'individuazione delle tipologie di apparecchiature che fanno scattare l'obbligo del pagamento del canone, già la nota del Ministero dello sviluppo economico n. 12991 del 22 febbraio 2012, aveva chiarito che il pagamento del canone riguarda solo gli apparecchi atti o adattabili a ricevere il segnale audiovisivo attraverso la piattaforma digitale terrestre o satellitare, rimanendo esclusi gli altri dispositivi che utilizzano la rete internet;
    ulteriori chiarimenti e precisazioni riguardo alla questione delle tipologie di apparecchiature assoggettate all'obbligo del pagamento del canone potranno essere fornite con l'emanando decreto interministeriale di attuazione della citata disposizione di cui all'articolo 1, comma 135, della legge di stabilità 2016;
    il nuovo sistema di esazione del canone presuppone il coinvolgimento e la collaborazione di diversi soggetti, pubblici e privati, detentori di banche dati significative ai fini della puntuale applicazione delle nuove disposizioni, ai sensi dell'articolo 1, comma 156, della legge n. 208 del 2015, profilo che dovrà vedere un ruolo attivo di indirizzo e verifica da parte dell'Autorità garante per la tutela dei dati personali;
    alla luce delle suddette innovazioni normative, una situazione meritevole di specifica attenzione riguarda il caso dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero, e quindi iscritti all'Aire, i quali, non solo non hanno la residenza negli immobili posseduti in Italia, ma non usufruiscono per la maggior parte del periodo di imposta delle trasmissioni radio-televisive italiane nei suddetti immobili,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima sollecitudine il decreto interministeriale attuativo del nuovo regime di pagamento del canone Rai, chiarendo i punti sinora rimasti incerti e sui quali si stanno montando campagne allarmistiche e di disinformazione;
   ad assumere iniziative per chiarire ai cittadini che il canone è dovuto per il possesso di un apparecchio TV in grado di ricevere il segnale digitale terrestre o satellitare, direttamente o tramite uno strumento esterno;
   a valutare la possibilità per i prossimi anni, tenendo anche conto che è necessaria una modifica legislativa, di assumere iniziative normative volte a considerare a favore dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero ed iscritti all'Aire l'esenzione o la riduzione del canone Rai sugli immobili da essi posseduti in Italia, ove siano presenti le presunzioni fissate dal regio decreto-legge n. 246 del 1938, a condizione che non siano locati o dati in comodato d'uso, così come proposto con apposito ordine del giorno nel corso dell'esame della legge di stabilità 2016;
   ad informare periodicamente il Parlamento sull'andamento del nuovo sistema di applicazione ed esazione del canone radio-televisivo, in particolare con riferimento agli effetti sul contrasto del fenomeno dell'evasione del medesimo e alle procedure di condivisione delle diverse banche dati, nel rispetto del diritto alla privacy degli utenti.
(1-01208) «Peluffo, Bonaccorsi, Anzaldi, Boccadutri, Garofani, Ginoble, Coscia, Tullo, Benamati, Tacconi, Martella».


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 1, comma 152, della legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) chiunque detiene nel luogo in cui ha la sua residenza anagrafica un apparecchio atto od adattabile alla ricezione delle trasmissioni televisive è tenuto a pagare il canone Rai a partire dal 1o luglio 2016 mediante addebito nella fattura relativa alla propria utenza elettrica. Il successivo comma 153 del medesimo articolo, aggiungendo, nel novellare la normativa vigente, una nuova presunzione di detenzione, stabilisce infatti che: «La detenzione di un apparecchio si presume altresì nel caso in cui esista un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo in cui un soggetto ha la sua residenza anagrafica»;
    pertanto, dal combinato disposto dei due suddetti commi, l'addebito scatterebbe sull'assunto che l'esistenza di un'utenza per la fornitura di energia elettrica nel luogo di residenza anagrafica del contribuente presuma la detenzione da parte sua di un apparecchio televisivo. Allo scopo di superare tali presunzioni, a decorrere dall'anno 2016, incomberebbe in capo allo stesso contribuente l'onere di dimostrare annualmente il contrario tramite la presentazione di un'autocertificazione all'Agenzia delle entrate - direzione provinciale I di Torino, resa ai sensi dell'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con modalità da definirsi con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate;
    l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246 (disciplina degli abbonamenti alle radioaudizioni), come novellato dalla legge di stabilità 2016, dispone che il canone di abbonamento dev'essere corrisposto da chiunque detenga uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive indipendentemente dalla qualità o dalla quantità del relativo utilizzo, e che lo stesso è, in ogni caso, dovuto una sola volta in relazione agli apparecchi detenuti, nei luoghi adibiti a propria residenza o dimora, dallo stesso soggetto e dai soggetti appartenenti alla stessa famiglia anagrafica;
    il medesimo articolo inoltre stabilisce che: «la presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione di onde elettriche o di un dispositivo idoneo a sostituire l'impianto aereo, ovvero di linee interne per il funzionamento di apparecchi radioelettrici, fa presumere la detenzione o l'utenza di un apparecchio radioricevente». A tal proposito è intervenuto il Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per le comunicazioni, che, con una nota del 22 febbraio 2012 ha precisato che l'evoluzione tecnologica non può prescindere dal dettato normativo e che quest'ultimo, riferendosi al servizio di radiodiffusione, non include altre forme di distribuzione del segnale audio/video, come per esempio Web Radio, Web TV, IPTV (streaming), basate su portanti fisici diversi da quello radio. La stessa nota chiarisce che la normativa circoscrive il campo alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre, inclusi i videofonini (standard DVB-H) e su piattaforma satellitare, poiché il requisito fondamentale è che l'apparecchio possieda un sintonizzatore atto alla ricezione di segnale che operi nelle bande destinate al servizio di radiodiffusione, e che lo stesso apparecchio sia sufficiente ad erogare un servizio di radioaudizione (includendo quindi i videotelefonini ed i lettori mp3 con radio FM integrata);
    a ribadire la natura tributaria ed obbligatoria del canone è stata una recente sentenza della sesta sezione civile della Cassazione, che con l'ordinanza n. 1922 del 2016 ne ha chiarito la natura di «prestazione tributaria fondata sulla legge e non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo», negando perciò uno «specifico rapporto contrattuale di natura sinallagmatica che leghi il contribuente al concessionario del servizio pubblico». Tale pronunciamento si muove nel solco della sentenza n. 284 del 2002 della Corte costituzionale che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con riferimento al sopracitato articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, in riferimento agli articoli 2, 3, 9 e 21 della Costituzione nella parte in cui collega, ai fini dell'impostazione del canone, il cosiddetto «dominio dell'etere» da parte dello Stato al semplice possesso dell'apparecchio, indipendentemente dalla effettiva fruizione dei servizi, e a favore del solo concessionario del servizio pubblico (RAI) e nella parte in cui prevede una disparità di trattamento fra chi riceve le trasmissioni televisive attraverso l'apparecchio televisivo e chi le riceve con altri mezzi tecnici, quali il computer con l'apposita scheda, oppure non le riceve affatto. Da ciò ne discende che il canone radiotelevisivo avrebbe natura di vera e propria «imposta» (di scopo), il cui presupposto impositivo è correlato alla mera detenzione di un apparecchio atto a captare le trasmissioni via etere dei programmi radiotelevisivi pubblici, indipendentemente dalla loro effettiva fruizione o dalla concreta possibilità di riceverli, non potendosi configurare tale indice come irragionevole;
    con provvedimento del 24 marzo 2016 (Prot. n. 45059) l'Agenzia delle entrate ha comunicato l'approvazione del modello di dichiarazione sostitutiva al quale sono affidati tutti quei casi in cui ricorrano le condizioni per l'esenzione dal pagamento del canone, da rendere ai sensi dell'articolo 47 del sopracitato decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e mediante il quale, esclusivamente il titolare di utenza per la fornitura di energia elettrica per uso domestico residenziale, consapevole delle conseguenze anche penali per la non veridicità previste dagli articoli 75 e 76 del medesimo decreto, presenta alternativamente:
     a) una dichiarazione sostitutiva di non detenzione di un apparecchio televisivo da parte di alcun componente della famiglia anagrafica in alcuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza di fornitura di energia elettrica;
     b) una dichiarazione sostitutiva di non detenzione, da parte di alcun componente della famiglia anagrafica in alcuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza di fornitura di energia elettrica, di un apparecchio televisivo ulteriore rispetto a quello per cui è stata presentata entro il 31 dicembre 2015 una denunzia di cessazione dell'abbonamento radio-televisivo per suggellamento di cui all'articolo 10, primo comma, del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246;
     c) una dichiarazione sostitutiva che il canone di abbonamento alla televisione per uso privato non deve essere addebitato in alcuna delle utenze elettriche intestate al dichiarante in quanto il canone è dovuto in relazione all'utenza elettrica intestata ad altro componente della stessa famiglia anagrafica, di cui il dichiarante comunica il codice fiscale;
     d) una dichiarazione sostitutiva per il venir meno dei presupposti di una dichiarazione sostitutiva di cui alle lettere a), b) e c) precedentemente resa;
    vi sono però ulteriori fattispecie che non sembrano rientrare in alcuna delle suddette previsioni dell'Agenzia delle entrate come ad esempio il caso del mancato possesso dell'apparecchio quando due utenze elettriche servano un'unica abitazione, quando vi è un'utenza elettrica di una pertinenza rispetto ad una dimora, oppure il caso dell'unificazione di due abitazioni servite da due diversi contatori dell'energia elettrica;
    il principio chiarito dall'Agenzia delle entrate è pertanto quello per il quale non sarà più possibile essere esentati dal pagamento del canone attraverso il suggellamento dell'apparecchio;
    soltanto chi non possiede e non detiene apparecchi TV potrà esserne esentato senza incorrere nel rischio di vedersi contestata l'evasione fiscale;
    lo stesso provvedimento stabilisce che a regime, la dichiarazione sostitutiva di cui ai casi sub le lettere a) e b) presentata entro il 31 gennaio dell'anno di riferimento, a partire dal 1o luglio dell'anno precedente, ha effetto per l'intero canone dovuto per l'anno solare di riferimento, senza però chiarire se essa ha effetto anche per gli anni successivi. Quanto alla dichiarazione sostitutiva resa per il caso sub la lettera c) essa ha effetto per l'intero canone dovuto per l'anno di presentazione, mentre per quella relativa alla variazione dei presupposti di una dichiarazione sostitutiva precedentemente resa, di cui alla lettera d) ha effetto per il canone dovuto dal mese in cui è presentata. Ciò significa che ogni dichiarazione di variazione per avere effetto va presentata esclusivamente in un preciso arco temporale, pena la sua inefficacia;
    invero, fino ad oggi la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, resa ai sensi del richiamato articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, non è mai stata obbligatoria, ben potendo il cittadino difendersi dalle periodiche lettere di richiesta del pagamento del canone, rispondendo con una semplice raccomandata. Peraltro, a differenza di una normale comunicazione, una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà mendace espone, come ricordato dalla stessa Agenzia delle entrate, a responsabilità penali, circostanza che la rende poco raccomandabile nel caso fosse spontanea;
    da quanto premesso deriva che la novella introdotta dalla legge di stabilità 2016 in materia di pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo non ha modificato il presupposto impositivo, cioè il «fatto economico» che fa sorgere l'obbligo di corrisponderlo, quanto piuttosto il regime probatorio ed i meccanismi di riscossione dello stesso, accollando al contribuente l'onere di provare ai sensi dell'articolo 2697 del codice civile, la non debenza dello stesso, e quindi spostandolo dallo Stato (Agenzia delle entrate) al contribuente;
    viene inoltre meno il principio di presunzione di innocenza fissato dalla Costituzione e per il quale la prova della contestazione dell'evasione deve restare a carico dell'Agenzia delle entrate;
    la suddetta novità legislativa ha dato luogo, già dall'indomani della sua divulgazione, ad un'infinità di discussioni riguardanti soprattutto le possibili situazioni intricate, per chiarire le quali si dovrà attendere il decreto attuativo o una successiva circolare ministeriale. Inoltre, ad alimentare gli allarmismi erano state alcune dichiarazioni, apparse sui media, rilasciate da ambienti vicini al Governo secondo le quali il corretto pagamento a partire dal 2016 del canone di abbonamento, alla stregua di un'autodenuncia e di ammissione del debito, non equivarrà a sanare le evasioni degli anni precedenti che, senza alcuna opposizione, risulteranno pienamente sanzionabili, facendo in tal modo diffondere il timore che lo stesso pagamento diventi l'occasione per l'Agenzia delle entrate di pretendere la riscossione degli anni arretrati, a meno che non si sia fatta opposizione inviando le suddette comunicazioni relative all'esistenza di un intestatario diverso, o al mancato possesso di apparecchi televisivi;
    come chiarito anche dalla Cassazione la richiesta di arretrati non potrà spingersi oltre i 10 anni anteriori, essendo la prescrizione del canone. Infatti, sebbene il codice civile stabilisca che tutto ciò che deve essere pagato almeno una volta all'anno (o per periodi più brevi) si prescrive in cinque anni, la giurisprudenza ha da sempre riconosciuto al canone Rai la natura di imposta e, come tale, ne segue la disciplina, ivi compreso il prolungamento a dieci anni della prescrizione;
    le nuove modalità di pagamento del canone televisivo hanno comportato anche una completa rivisitazione dell'attuale processo di gestione del tributo, nonché la definizione e la realizzazione di un sistema di interscambio delle informazioni tra i diversi enti coinvolti nel processo di riscossione del canone che vede coinvolti, oltre all'Agenzia delle entrate ed alla Rai, nuovi attori quali l'impresa elettrica, Acquirente unico S.p.A. – società pubblica interamente partecipata dal gestore dei servizi energetici – e l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, tutti soggetti autorizzati allo scambio ed all'utilizzo di tutte le informazioni utili a consentire il corretto addebito del canone nelle fatture elettriche, con tutti i connessi rischi di violazione della privacy;
    una volta individuati, grazie alla collaborazione delle imprese elettriche, i soggetti potenzialmente destinatari dell'addebito del canone in fattura sarà necessaria da parte dell'Agenzia delle entrate, al fine di evitare errori e duplicazioni nell'addebito del canone, verificare la presenza di eventuali dichiarazioni di non possesso dell'apparecchio tv o di pagamenti eseguiti con altre modalità o dei soggetti esentati dal pagamento. A questo punto assume cruciale importanza la corretta individuazione della famiglia anagrafica che, in modo del tutto peculiare rispetto alle diverse imposte del nostro sistema tributario, costituisce di fatto il soggetto passivo del tributo, individuazione che, allo stato attuale, in attesa della costituzione della nuova Anagrafe nazionale della popolazione residente, risulta particolarmente complessa anche se risulta indispensabile per gestire correttamente sia le seconde case, evitando doppi addebiti, sia i casi di esenzione. Infatti, al fine di superare tale criticità, fino al completo avvio dell'Anagrafe nazionale della popolazione residente, i comuni hanno cominciato a trasmettere i dati all'Agenzia delle entrate per i relativi riscontri;
    il coinvolgimento nella gestione del canone anche delle imprese di fornitura elettrica risulta per le stesse estremamente complesso, oneroso, oltreché sostanzialmente impraticabile, tenendo conto anche del fatto che i clienti finali possono cambiare fornitore, anche più volte, nel corso dell'anno. Tale aspetto comporterebbe una serie di problematiche gestionali legate alla corretta applicazione del canone in tutti i casi di cosiddetto switching o anche nei semplici casi di voltura, ovvero di variazione degli intestatari della fornitura. Inoltre, l'implementazione della riforma necessiterebbe in ogni caso di una completa ristrutturazione dei sistemi di fatturazione delle società elettriche, con conseguenti investimenti significativi oltre che di nuove strutture organizzative per la gestione di informazioni, reclami e possibili contenziosi con i clienti. È presumibile che per tale aggravio di impegno i gestori del servizio elettrico pretenderanno dal concessionario pubblico un aggio per ogni pratica trattata che al momento è lecito chiedersi se sera estrapolato dall'importo del canone oppure distribuito con qualche diabolico stratagemma contabile sulla fatturazione agli utenti dell'energia elettrica;
    in un mercato libero le fatture delle forniture energetiche devono corrispondere a prestazioni effettivamente erogate e non possono quindi essere veicolo di imposizioni fiscali completamente estranee per materia e finalità;
    nel corso di un question time svolto presso la commissione finanze, il rappresentante del Governo ha dichiarato che relativamente all'operatività della presunzione di possesso ai fini dell'accertamento di annualità precedenti al 2016, l'Agenzia delle entrate ritiene che la richiamata presunzione di possesso dell'apparecchio opera solo a partire dal 2016 e non può quindi essere utilizzata per eventuali azioni di controllo relative a periodi precedenti, fatte salve le azioni di recupero già intraprese sulla base della normativa in vigore anteriormente alla legge di stabilità per il 2016;
    per eccessiva tutela dell'autodichiarazione la nuova normativa prevede che, in caso di violazione degli obblighi di comunicazione e di versamento dei canoni si applichino, rispettivamente, le sanzioni di cui agli articoli 5, commi 1 e 13, comma 1, dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e successive modificazioni. La stessa normativa, nel richiamare gli articoli 75 e 76 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che a loro volta rimandano all'articolo 482 del codice penale in tema di falsità materiale commessa dal privato, stabilisce una sanzione, peraltro già prevista, aldilà dei casi di autocertificazione falsa, per tutti gli evasori del canone ovvero per tutti coloro che sarebbero tenuti al pagamento ma non versano il tributo corrispondente, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo spropositata rispetto ad altre analoghe previste per ben più gravi reati tributari. Infatti, mentre l'evasione fiscale per omessa dichiarazione è sanzionata penalmente con una soglia minima di 30 mila euro, in caso di dichiarazione infedele resa ad un'autorità, nella fattispecie all'Agenzia delle entrate, pur se senza un impianto fraudolento, ma comunque consapevolmente e volontariamente «falsa», si rischia una pena detentiva con privazione della libertà da un minimo di uno ad un massimo di tre anni;
    il pagamento del canone di abbonamento radiotelevisivo a mezzo di fatturazione dell'energia elettrica, quale misura anti-evasione capace di dare più certezza di risorse alla società concessionaria pubblica Rai, comporterebbe, per i firmatari del presente atto, come si è visto, oltre alle molte criticità sia giuridiche che applicative, anche l'introduzione di ulteriori costi e rischi aggiuntivi per i fornitori di elettricità, che inevitabilmente non potranno non riflettersi sull'importo nelle bollette,

impegna il Governo:

   a superare, in sede di attuazione della normativa di cui all'articolo 1, commi da 152 a 159, della legge n. 208 del 2015, tutte le criticità evidenziate in premessa, assumendo iniziative di carattere normativo atte:
    a) ad escludere espressamente dalla presunzione legale di detenzione ai fini dell'assoggettamento al canone di abbonamento radiotelevisivo di cui all'articolo 1 del regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, tutti gli apparecchi che, pur essendo corredati da accessori indispensabili per ricevere e decodificare i segnali radiotelevisivi, sono nella realtà destinati ad un uso prevalente che escluda la visione o l'ascolto di programmi radiotelevisivi;
    b) a comprendere nel novero dei reali depenalizzati anche la dichiarazione infedele resa all'Agenzia delle entrate al fine di eludere il pagamento del canone Rai;
    c) ad esentare il contribuente dal presentare annualmente, qualora non dovessero intervenire variazioni di possesso in capo allo stesso, la dichiarazione di non detenzione dell'apparecchio di cui l'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246, facendo gravare sull'Agenzia delle entrate il compito di accertare, attraverso l'incrocio dei dati forniti da diversi attori istituzionali, l'effettiva debenza del tributo;
    d) a consentire al contribuente di poter presentare in qualunque momento e con effetto retroattivo l'autodichiarazione con la quale comunicare le variazioni di possesso dell'apparecchio, utili al fine del superamento della presunzione legale di cui all'articolo 1 del regio decreto-legge del 21 febbraio 1938, n. 246;
    e) a prevedere la presentazione al Parlamento di una relazione semestrale sullo stato di attuazione e sui risultati della normativa sulla nuova modalità di corresponsione del canone di abbonamento al servizio radiotelevisivo.
(1-01209) «Paglia, Fassina, Franco Bordo, Scotto, Ricciatti, Ferrara».


   La Camera,
   premesso che:
    il 28 aprile 2015 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha prorogato il mandato della missione delle Nazioni Unite per il referendum in Sahara occidentale (MINURSO) fino al 30 aprile 2016 (S/RES/2218);
    la proroga della missione, alla quale l'Italia partecipa direttamente con alcuni militari, è arrivata dopo aver discusso le conclusioni e le raccomandazioni espresse dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, contenute nell'ultimo rapporto sulla situazione in Sahara occidentale (S/2015/246 del 13 aprile 2015);
    nel rapporto, oltre a ribadire il pieno appoggio al suo inviato personale, l'ambasciatore Christopher Ross e al suo rappresentante speciale e capo della MINURSO, signora Kim Bolduc, si riafferma la volontà di aiutare le parti a pervenire a una soluzione politica giusta, durevole e mutualmente accettata che garantisca l'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale secondo i principi enunciati dalla Carta delle Nazioni Unite;
    contemporaneamente il segretario generale ha chiesto alle parti e agli Stati vicini di cooperare con le Nazioni Unite al fine di superare l’impasse in cui si trovano, da tempo, i negoziati per progredire verso una soluzione politica, capace di rinforzare la cooperazione tra gli Stati del Maghreb arabo e di contribuire a garantire stabilità e sicurezza nella regione del Sahel;
    Ban Ki Moon ha ulteriormente domandato un maggiore impegno nel garantire il rispetto dei diritti umani in Sahara occidentale e ha incoraggiato le parti a collaborare con la comunità internazionale per mettere a punto e applicare misure credibili che garantiscano pienamente il rispetto dei diritti umani; infine ha esortato le parti a proseguire i negoziati diretti sotto l'egida delle Nazioni Unite, le quali considerano inaccettabile il consolidamento dello status quo, intendendo proseguire i negoziati per garantire una migliore qualità della vita agli abitanti del Sahara occidentale;
    diversi atti di indirizzo approvati dalle Camere e dal Parlamento europeo chiedono da tempo il rispetto dei diritti umani in Sahara occidentale;
    la sentenza del tribunale di giustizia dell'Unione europea il 10 dicembre 2015 ha annullato l'accordo commerciale per i prodotti agricoli, i prodotti agricoli trasformati, il pesce e i prodotti della pesca tra Unione europea e Regno del Marocco nella parte in cui approva l'applicazione di detto accordo al Sahara occidentale;
    le dichiarazioni del segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sul conflitto del Sahara occidentale hanno ribadito più volte il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi, da realizzarsi attraverso un referendum, al fine di arrivare ad una soluzione politica giusta, durevole e mutuamente accettabile, che possa contribuire alla stabilità, allo sviluppo ed all'integrazione nella regione del Maghreb;
    la Repubblica araba saharawi democratica (RASD) è stata riconosciuta come Stato libero e indipendente dall'Unione africana e da più di 80 Paesi nel mondo anche nell'ottica di assicurare un adeguato sostegno al processo di ammissione della RASD alle Nazioni Unite;
    la difficile situazione nel Sahel rischia di accrescere l'instabilità e l'insicurezza nell'area e rende la soluzione del conflitto del Sahara occidentale più urgente che mai;
    le gravi violazioni dei diritti umani in Sahara occidentale, così come evidenziato dai rapporti di Amnesty International, di Human Rights Watch, dall'Organizzazione mondiale contro la tortura, dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e dalla Fondazione Robert F. Kennedy suscitano viva preoccupazione per il possibile degenerare della situazione dei diritti umani in quest'area;
    i civili saharawi, nel «territorio non autonomo» del Sahara occidentale, sono privati dei diritti più elementari (diritti di associazione, di espressione, di manifestazione), la repressione nei loro confronti continua tutt'oggi, come denunciano le organizzazioni internazionali di difesa dei diritti umani;
    l'Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione per durissime sentenze emesse il 17 febbraio 2013 dal tribunale militare di Rabat nei confronti di 25 civili saharawi, arrestati la notte tra l'8 e il 9 novembre 2010, dopo lo smantellamento del campo della dignità di Gdeim Izik, nei pressi di El Aioun, la capitale del Sahara occidentale, senza aver tentato di fare chiarezza sui fatti e senza avere reali prove di colpevolezza, come hanno testimoniato i rapporti degli osservatori internazionali presenti al processo. Il tribunale ha emesso 9 condanne all'ergastolo, 4 a trent'anni, 8 a venticinque anni e 2 a vent'anni. Solo per due componenti del gruppo la pena è stata commisurata alla detenzione preventiva della pena (due anni). Gli accusati che hanno più volte dichiarato ai famigliari di essere stati torturati e maltrattati durante la detenzione, sono in sciopero della fame dal 1o marzo scorso e le loro condizioni di salute sono critiche;
    la riduzione degli aiuti ai profughi saharawi dovuta alla crisi mondiale da parte di tutti i donatori internazionali sta determinando effetti devastanti sulla popolazione saharawi nei campi di rifugiati di Tindouf (Algeria), una condizione che si è ulteriormente aggravata dopo l'alluvione che ha colpito l'area nel mese di ottobre 2015,

impegna il Governo:

   a favorire la ricerca di una soluzione del conflitto, che sia rispettosa del diritto all'autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale, anche alla luce del quadro di sostanziale stallo in cui verte il negoziato internazionale e degli indubbi benefici che la stabilizzazione dell'area porterebbe alle relazioni tra l'Italia e tutto il Nordafrica;
   ad adottare ogni iniziativa utile sul piano internazionale volta a favorire la ripresa dei negoziati diretti, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra Regno del Marocco e Fronte Polisario, al fine di giungere, nel più breve tempo possibile, a una soluzione conforme alle risoluzioni delle Nazioni Unite, che rispetti il diritto all'autodeterminazione del popolo saharawi;
   ad attivarsi nelle opportune sedi internazionali, affinché il mandato della missione MINURSO venga aggiornato sulla base dei più recenti analoghi modelli approvati dal Consiglio di sicurezza, che includono anche specifici compiti in materia di rispetto dei diritti umani;
   a chiedere alle autorità di Rabat, compatibilmente con le linee di azione concordate in ambito Unione europee, che ai detenuti saharawi nelle carceri marocchine venga garantito il pieno diritto ad un equo giudizio e ad assumere iniziative per ottenere garanzie sul rispetto dei diritti fondamentali, come il diritto di espressione, di associazione e di riunione e la libertà di ingresso e movimento nel territorio, conformemente a quanto stabilito dall'articolo 12, comma 4, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici delle Nazioni Unite;
   ad adottare, in raccordo con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, ogni iniziativa utile sul piano diplomatico, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione in Sahara occidentale agli osservatori internazionali indipendenti, alla stampa e alle organizzazioni umanitarie;
   ad assumere iniziative per destinare, con i fondi a disposizione della cooperazione italiana, specifici aiuti umanitari per la popolazione saharawi rifugiata nei campi di rifugiati Tindouf (Algeria);
   ad assumere iniziative per riconoscere alla rappresentanza in Italia del Fronte Polisario lo status diplomatico, come è stato fatto in passato per altri movimenti di liberazione riconosciuti dalle Nazioni Unite come interlocutori ufficiali in processi di pace;
   a sostenere il processo di ammissione come osservatore della Repubblica araba saharawi democratica alle Nazioni Unite.
(1-01210) «Palazzotto, Scotto, Pannarale, Carlo Galli, Duranti, Ricciatti, Zaccagnini».


   La Camera,
   premesso che:
    il Trattato sull'Unione europea (versione consolidata), preambolo articolo 1, capo 2, recita: «il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di una Unione sempre più stretta fra i popoli dell'Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile ed il più vicino possibile ai cittadini»;
    vanno richiamati altresì l'articolo 2, articolo 11, nn. 2, 3, 4; il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (versione consolidata); il Titolo I articolo 6c; il Titolo XII articolo 165 nn. 2 e 4; il Titolo XIII articolo 167 nn. 1, 2, 3, 5; la direttiva 2007/65/CE; il decreto legislativo 31 luglio 2005 n. 177 e in particolare l'articolo 45; il Contratto nazionale di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la RAI – radiotelevisione italiana s.p.a. per il triennio 2010/2012, approvato con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 aprile 2011, la cui scadenza è fissata al 31 dicembre 2012; la delibera 587/12/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;
    le misure prese per rendere più rigoroso ed esatto il pagamento del canone RAI richiedono un più puntuale ed efficace svolgimento delle funzioni di servizio pubblico che il contratto di servizio assegna alla RAI ed una loro più chiara definizione: il contratto di servizio è scaduto da tempo e deve essere rinnovato;
   la RAI ha svolto nel tempo una funzione straordinaria nella creazione in Italia di una coscienza popolare, nazionale e sociale diffondendo non solo l'uso corrente della lingua ma anche un insieme di valori comuni che sorreggono il sentimento della identità nazionale, in questo consiste primariamente la funzione di servizio pubblico che è propria della RAI e che giustifica il pagamento del canone;
    la RAI ha svolto questa funzione attraverso programmi di intrattenimento che hanno aiutato gli italiani delle diverse regioni a conoscersi vicendevolmente ed a guardare con simpatia alle peculiarità delle diverse culture regionali, attraverso programmi di spettacolo che hanno popolarizzato i classici della cultura nazionale e fatto conoscere gli avvenimenti fondamentali della storia nazionale, attraverso programmi giornalistici che hanno aiutato i cittadini a comprendere i problemi e le dinamiche della politica locale e nazionale in uno spirito di pluralismo che ha abituati a rispettare e comprendere il punto di vista di chi pensa in modo diverso;
    in questo modo si è cresciuti nella coscienza di essere cittadini responsabili e non sudditi;
    la RAI ha avuto certamente molti difetti e manifestato molte insufficienze. Lo spirito del servizio pubblico si è affievolito a causa della competizione con le televisioni commerciali. La preoccupazione degli ascolti, soprattutto negli ultimi anni, ha sovrastato quella del servizio pubblico. È venuta meno, almeno in parte, la voglia di spiegare cose difficili che richiedono un minimo di sforzo, sostituita dalla preoccupazione della efficacia immediata che fa ascolti ma non aiuta a capire. Le nomine talvolta sono state fatte non sulla base del merito ma su quello della appartenenza politica, vi sono giustificate lamentele per ciò che riguarda la assegnazione degli appalti;
    tutto questo, tuttavia, non inficia la validità della categoria di servizio pubblico ma chiede piuttosto che si torni al suo spirito autentico ed originario;
    l'Unione europea è divenuta sempre più il centro delle decisioni che influenzano in modo penetrante il nostro futuro. Si può governare la globalizzazione e difendere la sicurezza ed il benessere dei popoli nella epoca della globalizzazione solo con politiche che hanno una dimensione continentale. Le opinioni pubbliche e le politiche sono però rimaste solo nazionali;
    i popoli, di conseguenza, non si sentono protagonisti dei processi decisionali della Unione europea ed hanno anche la sensazione di non poterli controllare. Questa è causa non secondaria del diffondersi di un sentimento populista ed antieuropeo;
    tempo addietro lord Ralph Dahrendorf sosteneva che il difetto principale del progetto europeo è il fatto che non esiste un demos, cioè un popolo, europeo. Di conseguenza non esisterebbe una demo/crazia europea. Se questo fosse vero si sarebbe costretti a scegliere fra un potere europeo efficiente ma burocratico ed una democrazia dei piccoli stati sostanzialmente impotente. Quello di demos, però, non è un concetto razziale o naturalistico. Quello di demos è un concetto eminentemente culturale. Il demos degli ateniesi nacque dalla scelta di etnè (tribù) diverse di diventare una cosa sola. È il sinecismo (da sin oikein, abitare insieme);
    la Roma di Romolo aveva tre tribù: i Titii (Sabini), i Ramnii (Latini) ed i Luceres (Etruschi). La città nasce dal convergere di tre stirpi, con tre lingue diverse;
    la principale questione dalla quale dipende il futuro della democrazia e della Unione europea è esattamente quella della formazione del demos europeo. Questo è un processo culturale. Non a caso poco prima di morire Jean Monnet ebbe a dire che, se avesse dovuto intraprendere di nuovo il cammino della unificazione europea, avrebbe iniziato dalla cultura e non dall'economia. In un linguaggio moderno il concetto di popolo coincide, almeno in parte, con quello di opinione pubblica;
    il principale strumento di cui i Parlamenti ed i Governi dispongono per favorire la formazione di una opinione pubblica europea sono le televisioni di servizio pubblico europee;
    al riguardo, è opportuno sottolineare l'importanza della funzione di controllo che l'opinione pubblica deve esercitare verso i responsabili politici, la giusta considerazione dei punti di vista e delle esigenze fondamentali degli altri popoli europei, la partecipazione alla formazione delle sintesi culturali e politiche di cui l'Europa ha bisogno, facendo valere in esse in modo equilibrato le ragioni e gli interessi dell'Italia;
    il contratto di servizio deve poter contenere l'impegno a promuovere la collaborazione in Europa con enti televisivi similari e in particolare con quelli sottoposti ad analoghi doveri di servizio pubblico, al fine di cooperare ad una migliore informazione e formazione dei popoli europei ed allo sviluppo di una comune coscienza civile europea;
    sarebbe alquanto opportuno che la Commissione europea proponga al Consiglio una raccomandazione ai sensi dell'articolo 167 n. 5 del Trattato sul funzionamento della Unione europea (versione consolidata), sulla promozione della conoscenza del funzionamento delle istituzioni dell'Unione, della comune cultura europea e di una educazione civica europea in tutti i Paesi dell'Unione;
    sarebbe altrettanto auspicabile che la Commissione europea proponga al Parlamento ed al Consiglio una direttiva sul riordino del sistema dell'audiovisivo europeo, che tenga nel debito conto il formidabile apporto educativo che essi possono dare alla conoscenza delle istituzioni democratiche europee, al loro controllo democratico da parte dei popoli europei, all'affratellamento dei popoli europei ed alla crescita di una loro comune coscienza civile;
    in data 2 dicembre 2014, il gruppo parlamentare di Area Popolare ha presentato una mozione con la quale si chiedeva al Governo di valutare l'opportunità di trasformare il canone RAI in una imposta collegata alla progressività del reddito;
    la legge di stabilità per il 2016, che il gruppo parlamentare di Area Popolare ha votato, ha previsto che il canone RAI venga pagato in dieci rate mensili, comprese nell'importo della bolletta dell'energia elettrica;
    il canone RAI, in seguito all'approvazione della legge di stabilità, avrà un costo di 100,00 euro, invece dei 113,00 euro degli anni passati. Ciò permetterà di ridurre l'evasione del pagamento del canone, dando certezza di risorse alla concessionaria radio televisiva;
    il comma 156 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2016, prevede l'emanazione di un decreto attuativo che individui anche i soggetti che devono pagare il canone RAI;
    in tale quadro, sarebbe auspicabile che le risorse ottenute dal pagamento del canone RAI siano destinate anche a porre il tema della formazione della coscienza del cittadino europeo sempre più al centro del prossimo contratto di servizio della RAI, in modo da offrire ai cittadini italiani la possibilità di comprendere effettivamente il funzionamento dei meccanismi istituzionali europei, conoscere tempestivamente i dibattiti e le decisioni, avere un quadro più ampio e consapevole della cultura, della politica, della società europea,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, dopo la prima fase di attuazione della norma relativa alla riscossione del canone RAI prevista dalla legge di stabilità per il 2016, di riconsiderare l'entità del canone RAI collegandolo alla progressività del reddito e di assumere iniziative per ridurlo o escluderlo per le fasce più deboli della popolazione.
(1-01211) «Buttiglione, Garofalo, Sammarco, Bosco».


   La Camera,
   premesso che:
    in base al regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246, che ha disciplinato il pagamento del canone per il servizio pubblico radiotelevisivo, lo stesso è dovuto per la semplice detenzione di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle diffusioni televisive, indipendentemente dai programmi ricevuti;
    la legge 28 dicembre 2015, n. 208, legge di stabilità per l'anno 2016, ha modificato il citato regio decreto-legge, aggiungendo alla presunzione della ricezione dei programmi anche la presunzione del possesso di un apparecchio radioricevente, ponendola in capo a qualunque soggetto che sia intestatario di una utenza per la fornitura di energia elettrica;
    per superare le due presunzioni, a decorrere dall'anno 2016, il contribuente che non voglia pagare il canone dovrà presentare una apposita dichiarazione all'Agenzia delle entrate con la quale dichiara la non detenzione di un apparecchio televisivo da parte di alcun componente della famiglia in alcuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di utenza di fornitura di energia elettrica;
    l'eventuale mendacia delle informazioni fornite con la dichiarazione sostitutiva comporta sia l'applicabilità di una sanzione amministrativa pecuniaria, sia gli effetti penali connessi al rilascio di dichiarazioni false;
    in base alle nuove norme il pagamento del canone dovrà avvenire in dieci rate mensili che saranno addebitate sulle fatture emesse dall'impresa fornitrice di energia elettrica, ma in prima applicazione i primi pagamenti delle rate del canone saranno cumulativamente addebitate nella prima fattura successiva al 1o luglio 2016;
    le somme riscosse dalle imprese fornitrici di energia dovranno essere riversate direttamente all'Erario, secondo modalità la cui individuazione la legge di stabilità demanda ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che avrebbe dovuto essere adottato entro la metà del mese di febbraio 2016;
    il medesimo decreto dovrebbe anche disciplinare l'individuazione e la comunicazione dei dati utili ai fini del controllo e le altre misure di attuazione della norma;
    l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, intervenendo in merito alla nuova modalità di pagamento del canone ha definito l'inserimento del canone nella bolletta della fornitura elettrica un «uso improprio» della medesima bolletta;
    la necessità di incrociare i dati del titolare del contratto di fornitura di energia elettrica con le altre banche dati necessarie a verificare la sua assoggettabilità al pagamento del canone RAI configura possibili violazioni della normativa sulla privacy;
    pretendere il pagamento di un tributo in forza di una doppia presunzione contravviene a qualunque regola di legittimità d'imposizione fiscale e, con l'obbligo in capo al contribuente di dimostrare la sua eventuale non assoggettabilità al pagamento del canone, realizza anche una pericolosa inversione dell'onere della prova come disciplinata dal codice civile;
    vincolare il pagamento del canone ad una bolletta, infatti, non garantisce il verificarsi della condizione essenziale per il pagamento dell'imposta, ossia il possesso di un televisore o altro apparecchio atto a ricevere frequenze tv;
    il servizio pubblico radiotelevisivo nasce dall'esigenza di garantire il diritto all'informazione e quello ad essere informati, che nel nostro ordinamento discendono dall'articolo 21 della Costituzione, e in merito la Corte costituzionale ha ribadito più volte la necessità che sia garantita a tutti i cittadini la parità di accesso ai mezzi d'informazione;
    dalla configurazione del canone quale imposta data dalla giurisprudenza costituzionale dovrebbe derivare anche la sua progressività in base alle capacità contributive del soggetto chiamato a corrisponderla;
    il fatto che in base alle nuove norme la dichiarazione sostitutiva avrà validità per un solo anno, e, di conseguenza, il contribuente dovrà ripetere la procedura ogni anno, costituisce un pesante aggravio burocratico a fronte di tutte le tanto sbandierate iniziative che dovrebbero ridurre gli adempimenti burocratici a carico dei cittadini;
    stando alla relazione tecnica che ha accompagnato le norme sulle nuove modalità di pagamento del canone, dalle stesse non è atteso alcun incremento di gettito;
    il contrasto all'evasione rispetto al pagamento del canone radiotelevisivo, di recente sollecitato anche dalla Corte dei Conti, e che sinora ha privato l'azienda concessionaria di circa il trenta per cento degli introiti a tale titolo, non può passare attraverso iniziative o misure che danneggino il cittadino, o, addirittura, ledano i suoi diritti;
    l'accorpamento del pagamento di due voci del tutto estranee l'una all'altra nell'ambito della medesima procedura di fatturazione rischia di determinare confusione nell'intestazione dell'importo corrisposto laddove questo sia inferiore a quello richiesto con la bolletta, perché se è vero che le due voci in bolletta saranno distinte è egualmente vero che il pagamento sarà unico;
    il previsto decreto di attuazione delle nuove norme per il pagamento del canone non è ancora stato emanato;
    attraverso il canone la RAI incassa annualmente circa 1,8 miliardi di euro, voce alla quale si aggiungono gli introiti derivanti dalle pubblicità che sono assai elevati anche rispetto a quanto incassato dalle reti televisive pubbliche degli altri Paesi europei, e ciononostante l'azienda persiste nella sua incapacità di ripianare i propri bilanci e di mettere in atto una efficace politica di contenimento dei costi,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per correggere la normativa di cui in premessa al fine di assoggettare il pagamento del canone a presupposti certi e non a mere presunzioni di godimento del servizio;
   ad adottare con urgenza il decreto attuativo di cui in premessa al fine di scongiurare i rischi derivanti dall'unificazione del pagamento di due voci di spesa di natura completamente differente e, in tale ambito, ad adottare le disposizioni necessarie a tutelare la privacy di tutti gli utenti;
   a elaborare un progetto di riforma del canone per il servizio radiotelevisivo pubblico che determini il contributo richiesto in base alle capacità reddituali dei singoli utenti, salvaguardando le esenzioni già previste e riducendo gli adempimenti previsti a carico dei contribuenti;
   ad intervenire, per quanto di competenza, affinché l'azienda concessionaria realizzi un piano di contenimento dei costi, ai fini della progressiva riduzione del canone.
(1-01212) «Rampelli, Cirielli, La Russa, Maietta, Giorgia Meloni, Nastri, Petrenga, Rizzetto, Taglialatela, Totaro».

Risoluzione in Commissione:


   La Commissione VI,
   premesso che:
    nel mese di maggio 2015 a seguito di un'inchiesta della magistratura era emerso che presidenti, allenatori, manager, calciatori, imprenditori italiani ed esteri delle società calcistiche della serie «D» dilettantistica, della Lega pro (ex serie «C») e di serie «B» erano stati al centro di uno degli ultimi scandali delle partite truccate dei campionati di calcio italiani, sottoposti a restrizione carceraria con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode calcistica e con l'aggravante di aver favorito organizzazioni mafiose, la «’ndrangheta» in particolare;
    una fitta rete di giocatori, manager, allenatori, dirigenti ed imprenditori delle società calcistiche della serie «D» dilettantistica, della Lega Pro (ex serie «C») e di serie «B» che truccava le partite dei campionati italiani e sui quali pendeva l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode calcistica e con l'aggravante di aver favorito le organizzazioni mafiose;
    il questore di Catanzaro, dottor Giuseppe Racca, città da dove era partita la ragnatela delinquenziale, aveva reso noto che la scoperta di una stabile organizzazione criminale dedita al calcio-scommesse dimostrava che l'attività delinquenziale legata al settore era sempre attiva e fiorente, non solo in Italia, dove era stata scoperta una stabile organizzazione criminale che grazie a calciatori, dirigenti e tesserati e non, aveva messo in atto condotte finalizzate ad alterare i risultati di varie partite, a dimostrazione dell'internazionalizzazione del fenomeno delle scommesse sportive illecite che conferma come la ramificazione della criminalità organizzata abbia raggiunto livelli esorbitanti non solo nei settori malavitosi tradizionali, ma anche in quelli nel mondo dello sport dilettantistico;
    la Federcalcio (Figc), parte lesa nel relativo processo, a mezzo del suo presidente Carlo Tavecchio in quell'occasione, aveva dichiarato che: «Quando le scommesse sono state allargate alla serie “D” io dissi, pur non essendo consultato, che era un gravissimo errore e oggi i risultati li vedono tutti [...] cinque – sei anni fa la scommessa era un reato. Il giorno in cui si è entrati nell'ottica che la scommessa non è reato porta a far sì che ognuno si debba prendere le proprie responsabilità», palesando una evidente posizione di contrarietà nei confronti di chi ha invece insistito perché il mondo rischioso del calcio-scommesse invadesse anche il delicato settore del calcio dilettantistico;
    a questa voce autorevole avevano, nel, frattempo, fatto eco altrettante di personaggi del mondo sportivo e giudiziario come Abodi, presidente Lega serie B, Gianni Rivera, presidente Figc, settore scolastico e Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, il quale, in una intervista rilasciata al quotidiano « Il Mattino» ha affermato il suo «stop alle puntate sulle partite dei dilettanti» e che quello che era accaduto «...era prevedibile. Subito dopo l'analoga inchiesta di Cremona assistemmo a una levata di scudi e si diffuse un generale sentimento di indignazione, cui però non seguirono azioni concrete e utili a creare gli anticorpi necessari ad un sistema malato»;
    due anni or sono, nonostante il mondo del calcio professionistico fosse ciclicamente investito da scandali, il Governo italiano, attraverso il Ministero competente, ha deciso, nonostante il parere contrario della Federazione italiana gioco calcio, di estendere la pratica del gioco delle scommesse al settore dilettantistico, determinando il coinvolgimento di un mondo già di per sé esposto agli interessi delle organizzazioni criminali locali, nazionali e internazionali;
    ma da quando è entrata in vigore la norma che ha consentito l'inserimento della serie «D», cioè del calcio dilettantistico, nei palinsesti dell'Agenzia del monopolio di Stato invece di una contrazione vi è stato un aumento dei casi di manipolazione organizzata come l'inchiesta «Dirty soccer» ha poi dimostrato;
    inoltre, a dimostrazione dell'inopportunità di estendere le scommesse a questo delicato settore del calcio italiano, frequentato da giovanissimi e da minorenni, vi è stata la necessaria modifica dell'articolo 6 del codice di giustizia sportiva che ha ampliato il divieto di scommettere ai calciatori dilettanti; la norma federale attualmente in vigore prevede che i tesserati del settore dilettantistico e del settore giovanile non possono effettuare scommesse relativamente a gare delle competizioni in cui militano le loro squadre; modifica, tra l'altro, alquanto aleatoria visto che si pronostica sulla serie «D» dal 10 ottobre 2016 e tale norma è stata inserita solo in questi giorni a ridosso del torneo giovanile di Viareggio;
    da questo nasce anche l'oggettiva impossibilità di controllare che i circa 6.000 tesserati di serie «D» scommettano direttamente o indirettamente sui propri incontri, considerati anche gli assurdi meccanismi autorizzati come quello della opportunità temporale parziale, che agevola la potenzialità dell'azione sportiva criminosa;
    da quando si è diffuso questo fenomeno di scommesse illegali, il calcio dilettantistico ha praticamente visto inquinare la sua meritoria funzione di leva, trasformandosi di fatto in uno strumento di capitalizzazione dell'economia mafiosa nazionale e internazionale, penalizzando fortemente la diffusione di una sana cultura e pratica sportiva tanto che l'obiettivo dei presidenti non è più quello di investire sul conseguimento di traguardi agonistici, quanto quello di strutturare un «capitale» funzionale a dinamiche meramente di imprenditoria finanziaria, tanto più che il settore non professionistico della serie «D» e di quelle minori è un ambito non interessato dai grandi flussi finanziari che investono le categorie superiori, dove le società sportive calcistiche operano tra forti difficoltà economiche e gestionali riservando ai calciatori ingaggi incerti e modesti che non offrono alcuna sicurezza di stabilità reddituale,

impegna il Governo a:

di assumere iniziative volte ad eliminare di tutti gli eventi dei campionati dilettanti di serie «D» e di quelli giovanili dai palinsesti dell'Agenzia del monopolio di Stato, considerato che tale inserimento per l'interrogante, come emergerebbe dal monitoraggio in materia, non ha sortito alcun effetto sperato, e visto inoltre che, sotto l'aspetto squisitamente etico, trattasi di due settori delicati in quanto riguardanti minori, nei quali lo Stato deve sempre garantire che l'interesse sociale prevalga su quello affaristico-economico.
(7-00955) «Paglia, Giancarlo Giordano».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni dall'11 al 18 marzo 2016 la Basilicata e in particolare l'area del metapontino è stata colpita da una violenta perturbazione con intense piogge alluvionali, con picchi precipitativi record che si sono protratti senza alcuna interruzione per diversi giorni;
   la Protezione civile della regione Basilicata ha diramato ai comuni gli avvisi di allerta rossa (criticità elevata) per rischio idrogeologico. I comuni interessati hanno disposto la chiusura di tutte le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado operanti nei territori comunali per i giorni di venerdì 11 e sabato 12 marzo, invitando i cittadini ad osservare la necessaria prudenza e limitare gli spostamenti al fine di evitare situazioni di pericolo e di disagio;
   l'ondata straordinaria di maltempo ha causato danni ingenti alle infrastrutture, danni strutturali alle abitazioni; nelle vallate rurali sono stati danneggiati strutture di ricovero degli animali, mobili e attrezzature; le piogge hanno allagato i terreni coltivati ad ortaggi, agrumeti, colture autunnali e invernali, compromettendo i raccolti;
   gli allagamenti e gli straripamenti dei fiumi e dei canali hanno, altresì, messo in ginocchio l'economia agricola dell'area: effetti devastanti si sono verificati per i vigneti, gli oliveti, le strutture aziendali, i fabbricati rurali, i macchinari e conseguenze negative si registrano anche per gli allevamenti di bestiame;
   a causa delle forti mareggiate sono state spazzate via alcune aree marine della costa jonica lucana e i danni causati alle strutture turistiche potrebbero determinare contraccolpi per la prossima stagione turistica, impedendo di sfruttare a pieno il potenziale economico;
   fermo restando, quindi, l'adozione, non più rinviabile, da parte della regione Basilicata di un piano organico che metta in sicurezza le parti più vulnerabili del territorio a cominciare dai fiumi che continuano ad esondare, alle infrastrutture stradali che necessitano di un monitoraggio e di una manutenzione programmata, appare sempre più indispensabile un'azione coordinata e programmata del Governo nazionale e della regione di corretta gestione del territorio al fine di evitare che si verifichino disastri naturali;
   alcuni comuni della provincia di Matera, tra cui Valsinni, Tursi, Rotondella e Montalbano Jonico hanno chiesto il riconoscimento dello stato di calamità naturale. La pioggia insistente e i violenti nubifragi hanno creato danni alla viabilità principale, urbana ed extraurbana; alla rete delle infrastrutture primarie dei centri urbani e delle sue frazioni; agli alvei dei torrenti, agli argini naturali e alle opere di protezione artificiali dei corsi d'acqua; ai ponti ed ai sottopassi per l'attraversamento dei fiumi o rigagnoli; allagamenti, cedimenti, frane e smottamenti hanno prodotto anche ingenti danni alle colture ortofrutticole ed agricole con gravi perdite di produzione, al litorale e alle foci naturali, con distruzione di aree dunali e arenili;
   lo straripamento dei fiumi Sinni ed Agri hanno aggravato la situazione esistente, causando nuovi fenomeni franosi e invadendo tutti gli appezzamenti di terreno in prossimità dei fiumi e della strada statale 653 Sinnica e strada statale 598 Val d'Agri;
   nei centri storica, causa delle forti raffiche di vento si sono verificate scoperchiature dei tetti delle abitazioni con – conseguenti infiltrazioni e pericoli per la pubblica e privata incolumità;
   l'accertamento dei danni è ancora in corso e da un primo esame nelle aree interessate ammontano ad alcuni milioni di euro in territori che versano già in una situazione di svantaggio interessati da una grave crisi soprattutto nel comparto agricolo e imprenditoriale;
   a giudizio dell'interrogante è da troppo tempo che la regione Basilicata si trova ad affrontare situazioni di tale portata ed è necessaria l'assunzione di iniziative normative da parte del Governo nazionale tali da dichiarare lo stato di emergenza, sospendere i termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore di cittadini ed imprese colpiti e fortemente danneggiati dagli eventi atmosferici, nonché escludere dal computo del patto di stabilità quegli interventi urgenti e necessari a ripristinare la situazione alla normalità –:
   se il Governo intenda valutare la situazione critica in cui versa la provincia di Matera a causa delle eccezionali avversità atmosferiche verificatesi tra l'11 e il 18 marzo 2016 e provvedere alla dichiarazione dello stato di emergenza una volta effettuate tutte le procedure per il riconoscimento dello stato di calamità naturale e allo stanziamento delle risorse occorrenti per la messa in sicurezza dei territori e il risarcimento dei danni subiti dai privati e dalle imprese;
   se il Governo ritenga necessario monitorare la situazione per stimare i danni subiti dal comparto agricolo e arrecati alle infrastrutture urbane ed extraurbane (ponti, canali, condotte, strade, strutture aziendali, fabbricati rurali, e altro);
   se il Governo ritenga opportuno concordare con la Regione Basilicata un programma di monitoraggio e prevenzione del territorio al fine di prevenire eventuali altre esondazioni e ulteriori situazioni di allagamenti e danni. (3-02156)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, prevede che la trasmissione dei messaggi autogestiti è obbligatoria per la concessionaria pubblica, la quale provvede a mettere a disposizione dei richiedenti le strutture tecniche necessarie per la realizzazione dei predetti messaggi. Il medesimo articolo prevede inoltre che alle emittenti radiofoniche e televisive locali che accettano di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito, nei termini e con le modalità stabiliti dalla legge, è riconosciuto un rimborso da parte dello Stato nella misura definita entro il 31 gennaio di ogni anno con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Aggiunge inoltre che la somma annualmente stanziata è ripartita tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in proporzione al numero dei cittadini iscritti nelle liste elettorali di ciascuna regione e provincia autonoma;
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 27 ottobre 2011, disapplicando, di fatto, quanto previsto dal citato articolo 4 della legge n. 28 del 2000 e interpretando in maniera discutibile, a parere dell'interrogante, il comma 109 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nota come accordo di Milano, ha reso indisponibili le quote stanziate dallo Stato e riferite alle province autonome di Trento e Bolzano ai fini del rimborso alle emittenti radiofoniche e televisive locali che accettano di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito nelle campagne elettorali o referendarie. La quantità totale delle somme rese indisponibili con il predetto decreto ministeriale risultava essere di euro 13.016,78 per la provincia di Trento e di euro 12.634,26 per la provincia di Bolzano, di cui un terzo per la quota radio e due terzi per la quota tv;
   analogamente a quanto disposto dal decreto del 27 ottobre 2011, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle economia e delle finanze, con decreto 30 ottobre 2015, registrato alla Corte dei conti l'11 dicembre 2015, con n. Reg.ne Prev. 4189, ha definito lo stanziamento complessivo di euro 1.439.140,00 dei fondi da destinare per il 2015 al rimborso delle emittenti radiofoniche e televisive locali che accettino di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito nelle campagne elettorali o referendarie, ai sensi della legge n. 28 del 2000. In questo caso le somme rese indisponibili per le province di Trento e Bolzano corrispondono rispettivamente a euro 12.451,71 e euro 11.654,76;
   mediante i citati decreti, lo Stato, in una materia di competenza esclusiva statale, ha smesso di garantire i livelli minimi essenziali in un campo pertinente alla comunicazione politica e al diritto degli elettori di essere informati sulle proposte dei soggetti politici durante le competizioni elettorali e referendarie nazionali –:
   se il Governo ritenga di assumere le iniziative di competenza con riferimento ai rapporti finanziari fra Stato e province autonome di Trento e di Bolzano, assegnando a queste ultime gli stanziamenti previsti dalla legge n. 28 del 2000 al fine di assicurare, in forma omogenea su tutto il territorio nazionale, l'esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini di partecipare alla politica nazionale e di essere informati. (4-12720)


   DIENI, NESCI e PARENTELA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio, a quanto emerge dagli articoli di stampa, si sarebbe recato il 10 marzo 2016 a Mormanno (CS) per presenziare alla cerimonia per l'abbattimento dell'ultimo diaframma della galleria omonima, nell'ambito dei lavori per il completamento dell'Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria;
   nell'ambito delle iniziative che si sono svolte a margine della visita, vi sarebbe stato un banchetto organizzato all'interno della stessa galleria di Mormanno;
   secondo quanto riferisce Il Quotidiano del sud, nell'articolo «Per Renzi un buffet da 120 mila euro in una galleria dell'autostrada» apparso online il 15 marzo, «il cantiere per qualche ora si è trasformato in una sorta di loft, con tanto di divani in vimini e buffet molto ricercato. Pare ci fosse anche un carretto con gelati artigianali. Il tutto organizzato da una ditta di Tarsia per una cifra vicina ai 120 mila euro»;
   al di là del discutibile sfarzo ciò che non risulterebbe chiaro è chi si sia intestato il costo rilevante dell'evento;
   a quanto emerge dalle notizie apparse sullo stesso articolo citato, l'Anas avrebbe fatto sapere di non aver richiesto il buffet che è stato invece un'iniziativa della Italsarc (il consorzio di imprese che fa da general contractor dell'opera) che a ogni inaugurazione di tratto di autostrada offre un rinfresco ai suoi dipendenti;
   non è chiaro, inoltre, se il Presidente del Consiglio, i suoi accompagnatori, soggetti istituzionali o rappresentanti di Anas abbiano partecipato o meno all'evento finanziato da Italsarc –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se possa essere escluso che il costo del buffet di 120 mila euro apprestato nella galleria di Mormanno (CS) sia imputabile in via diretta o indiretta ad Anas o ad altri soggetti pubblici;
   se possa essere escluso che il buffet sia stato sollecitato in alcun modo da Anas s.p.a.;
   se il Presidente del Consiglio, i suoi accompagnatori, soggetti istituzionali o rappresentanti di Anas abbiano partecipato o meno all'evento. (4-12722)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, COLONNESE, BARONI, GRILLO, MANTERO, NUTI, LUPO, DI BENEDETTO, MANNINO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Sea spa, società che produce energia elettrica per l'intera isola di Favignana, intende realizzare, in contrada Fossafelle, in un'area che si estende per due ettari, una grande centrale elettrica da 25 megawatt;
   il progetto della suddetta centrale prevede la costruzione di capannoni industriali, in cemento armato, silos, serbatoi, strade e sala macchine a due piani con sette generatori a gasolio che emetteranno fumi da tre fumaioli;
   sebbene lo studio di valutazione di incidenza preveda che l'intero complesso dovrebbe elevarsi, nel suo punto più alto, di 10,40 metri, di cui 3,80 al di sotto del piano di campagna, «diminuendo notevolmente l'impatto visivo dell'intero complesso nel suo immediato intorno», è evidente che le emissioni derivanti dai tre fumaioli sarebbero ben visibili anche a notevole distanza;
   l'impianto industriale di cui sopra avrebbe un notevole impatto ambientale, trattandosi di opera che dovrebbe sorgere in una delle zone più belle dell'isola, tutelata dal piano paesaggistico e dall'area marina protetta delle Egadi;
   Contrada Fossafelle ricade in un'area di interesse paesistico dal particolare valore storico-ambientale, nella quale sono ammissibili interventi funzionali alla conservazione dell'area medesima, così come disposto dall'articolo 11 delle norme di attuazione del piano territoriale paesaggistico delle Isole Egadi;
   la suddetta area è limitrofa alla costa, in particolare a due delle attrattive turistiche più rinomate dell'isola, ovvero Cala Azzurra e Bue Marino;
   l'area sulla quale dovrebbe sorgere la nuova centrale ricade in zona «E» – zona agricola – tra case di villeggiatura, case coloniche e costruzioni agricole, nella parte orientale dell'isola. Dal 2008 il terreno risulta di proprietà della Selma s.r.l, proprietaria, a sua volta, della Sea s.p.a.;
   nei lotti agricoli limitrofi e adiacenti tale area, la soprintendenza, tenuto conto del piano paesaggistico approvato nel 2013, non ha mai consentito la realizzazione di qualsivoglia opera in muratura. Sembra paradossale, pertanto, che nella particella 11 del foglio mappale 45, sia consentita la realizzazione di una centrale elettrica, il cui impatto ambientale sappiamo essere devastante;
   nonostante il progetto preveda che il corpo della struttura sia posto a circa metri 3,80 al di sotto del piano di campagna, per diminuire l'impatto visivo dell'intero complesso, numerose sono le perplessità sollevate sia dall'amministrazione locale sia dall'intera cittadinanza in merito alla costruzione della centrale, tenuto conto del fatto che l'economia dell'isola di Favignana si fonda prevalentemente sul turismo: sarebbe impossibile, per i turisti che transitano lungo le zone limitrofe, non accorgersi di quello che gli abitanti locali definiscono un potenziale «ecomostro»;
   è d'obbligo ricordare l'importanza che per l'isola di Favignana riveste il settore turistico, il quale, soprattutto negli ultimi anni, ha subito un notevole incremento: basti pensare che nel solo mese di agosto si conta un numero di presenze giornaliere pari a cinquantamila visitatori. Ciò vuol dire che l'economia dell'isola si fonda quasi esclusivamente sul turismo, il quale, anche grazie all'allungamento della stagionalità e alla istituzione dell'area marina protetta delle isole Egadi, ha raggiunto un ottimo equilibrio, conferendo a Favignana, nell'ambito del mercato turistico, l'immagine di isola votata alla tutela del mare e del territorio;
   il progetto, già presentato al comune circa 15 anni fa, è stato inoltrato dalla Sea s.p.a. all'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente per la richiesta delle prescritte autorizzazioni;
   fino ad ora il consiglio comunale non è mai intervenuto per variare la destinazione d'uso dell'area, ragion per cui il suddetto assessorato regionale ha provveduto a nominare un commissario ad acta, il quale, nell'ipotesi in cui il consiglio comunale non dovesse provvedere all'approvazione della suddetta variante, potrebbe procedere in via sostitutiva per «interesse pubblico preminente»;
   i cittadini dell'isola di Favignana ritengono di dover prendere parte al processo decisionale riguardante la costruzione di tale centrale, non potendo l'assessorato decidere senza tener conto della necessaria partecipazione del pubblico. E ciò sulla base di quanto previsto dalla convenzione di Aarhus, la quale parte dall'idea che un maggiore coinvolgimento e una più forte sensibilizzazione dei cittadini nei confronti dei problemi di tipo ambientale conduca ad un miglioramento della protezione dell'ambiente. Essa intende contribuire a salvaguardare il diritto di ogni individuo, delle generazioni attuali e di quelle future, di vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere;
   per raggiungere tale obiettivo, la convenzione propone di intervenire su diversi fronti, favorendo, tra le altre cose, la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente. Tale partecipazione deve essere assicurata attraverso la procedura di autorizzazione di determinate attività specifiche (principalmente attività di tipo industriale) elencate nell'allegato I della convenzione. Il risultato della partecipazione del pubblico deve essere debitamente preso in considerazione nella decisione finale di autorizzazione dell'attività in questione;
   l'approvvigionamento energetico è di certo indispensabile per l'isola egadina, ma il progetto di cui trattasi è decisamente datato. Ciò dovrebbe indurre la Sea s.p.a, e di conseguenza il competente assessorato, a rivedere lo stesso anche alla luce delle disposizioni di matrice europea che impongono di dismettere progressivamente l'uso di fonti fossili per orientarsi verso l'impiego di energia da fonti rinnovabili;
   le fonti di energia rinnovabili (energia eolica, energia solare, energia idroelettrica, energia marina), costituiscono delle alternative ai combustibili fossili e contribuiscono a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, a diversificare l'approvvigionamento energetico e a ridurre la dipendenza dai mercati volatili e inaffidabili dei combustibili fossili;
   la direttiva «Energie rinnovabili», adottata mediante codecisione il 23 aprile 2009 (direttiva 2009/28/CE recante abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE), ha stabilito che una quota obbligatoria del 20 per cento del consumo energetico dell'UE deve provenire da fonti rinnovabili entro il 2020, obiettivo ripartito in sotto-obiettivi vincolanti a livello azionale, tenendo conto delle diverse situazioni di partenza dei Paesi. La direttiva ha altresì stabilito i requisiti relativi ai diversi meccanismi che gli Stati membri possono applicare per raggiungere i propri obiettivi (regimi di sostegno, garanzie di origine, progetti comuni, cooperazione tra Stati membri e Paesi terzi), nonché criteri di sostenibilità per i biocarburanti –:
   se e quali opportune iniziative di competenza si intendano intraprendere affinché, di concerto con la regione siciliana, e con l'Autorità per l'energia elettrica il gas e il sistema idrico e con il Comune di Favignana, vengano adottate soluzioni tecniche alternative alla realizzazione della suindicata, e di certo obsoleta, centrale elettrica;
   se, data la vicinanza di Favignana alla Sicilia, non appaia più idonea, alle esigenze dell'isola la realizzazione di un collegamento tra la stessa e la terraferma, mediante il passaggio di uno o più cavi sottomarini di media tensione, al fine di scongiurare la costruzione di qualsiasi centrale che avrebbe un impatto devastante sul territorio isolano posto che l'economicità e la semplicità tecnica nella stesura di un cavidotto sottomarino verso la costa della Sicilia (5 chilometri circa), darebbe all'isola, sotto l'aspetto energetico, quella continuità territoriale di cui tanto necessita, liberandola dall'inquinamento ambientale e acustico prodotto dalle centrali elettriche, il cui funzionamento è basato sull'uso di motori diesel. (5-08307)


   MARTELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 31 marzo 2016 è convocata la prima assemblea straordinaria degli azionisti di Marghera Eco Industries (Mei), la nuova società del comune di Venezia e della regione che dovrebbe acquisire i 107 ettari di aree industriali cedute da Syndial – la società del gruppo Eni proprietaria delle aree da bonificare – per risanarle e metterle in vendita mediante apposito bando;
   all'ordine del giorno dell'assemblea straordinaria ci sono la trasformazione da spa (società per azioni) a srl (società a responsabilità limitata) della Mei e l'approvazione del nuovo statuto societario;
   tale assemblea era attesa da almeno due anni e oggi rischia di essere troppo vicina alla data dell'11 aprile 2016, data di scadenza della validità del preliminare già prorogato nel 2015 e ora a rischio di decadenza;
   il suddetto preliminare fu sottoscritto due anni fa alla presenza di tutte le istituzioni competenti presso lo storico capannone del petrolchimico Eni e sanciva la cessione di 107 ettari di aree industriali di proprietà del «cane a sei zampe» e non più utilizzate;
   l'amministratore delegato di Syndial nelle settimane scorse aveva provveduto a sollecitare regione e comune per passare al rogito indispensabile per il passaggio definitivo della proprietà delle aree ricadenti nei 107 ettari alla Mei;
   il ritardo nella definizione della società e i tempi che ancora necessitano per compiere tutti i passaggi necessari, compreso quello della approvazione del bilancio della Mei, rischiano di compromettere in maniera definitiva il trasferimento delle aree e la possibilità di poter usufruire dei 38 milioni di euro stanziati a titolo di riconoscimento degli oneri ambientali concordati;
   simile ipotesi sarebbe una iattura per il processo di bonifica dei sito di Marghera conseguente rilancio produttivo delle stesse aree;
   da notizie di stampa si apprende di una possibile proroga del termine dell'11 aprile 2016 ma senza alcuna conferma da parte dei soggetti interessati –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali ritardi e quali iniziative di competenza intenda assumere per superare tali lungaggini e per accelerare le procedure di ripristino ambientale e di rilancio produttivo di Marghera, rispetto alle quali è indispensabile definire l'assetto societario di Mei e procedere al rogito dei 107 ettari oggetto del preliminare di cui in premessa. (5-08308)


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Lago di «Pietra del Pertusillo» è un invaso artificiale situato nel territorio dei comuni di Grumento Nova, Montemurro e Spinoso (Potenza) in Basilicata. La diga è stata costruita tra il 1957 e il 1962, a sbarramento del fiume Agri e si trova a 532 metri di altitudine sul livello del mare ed ha una capacità massima di 155 milioni di metri cubi d'acqua, destinati ad uso irriguo, idroelettrico e potabile per una popolazione di oltre 4 milioni di abitanti di Basilicata e Puglia;
   la realizzazione dell'invaso del Pertusillo è stata necessaria per rispondere ad un uso plurimo delle risorse idriche, quali lo sfruttamento dell'energia idroelettrica, l'irrigazione di oltre trentacinquemila ettari di terreno tra Basilicata e Puglia e la produzione di acqua potabile per diversi milioni di cittadini lucani e pugliesi;
   il lago del Pertusillo è anche un «Sito di interesse comunitaria» (S.I.C. IT9210143) della Rete Natura 2000 nata in seguito alla emanazione da parte dell'Unione europee della direttiva 92/43/CEE detta « Habitat» e della direttiva 2009/147/CE detta « Uccelli» (recepite in Italia rispettivamente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, modificato successivamente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 120 del 12 marzo 2003, e dalla legge 157 del 1992;
   sono circa 650 le sorgenti sotterranee che alimentano l'Agri, un fiume le cui acque attraversano il Parco nazionale Appennino Lucano Val d'Agri-Lagonegrese, che a sua volta alimenta l'invaso del Pertusillo;
   l'invaso del Pertusillo è circondato dai pozzi attivi di estrazione di idrocarburi in Alta Val d'Agri ed è a pochi chilometri in linea d'aria dalla centrale di raccolta e trattamento denominata «Centro oli di Viggiano», un impianto di desolforizzazione di 18 ettari, facente parte della concessione di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi conferita nel 2005 a Eni/Shell denominata «Val d'Agri», di un'estensione di 660 chilometri quadrati e vede la presenza di 26 pozzi in produzione e 11 pozzi produttivi non eroganti;
   una relazione-denuncia presentata all'Unione europea e servizi giornalistici di questi giorni hanno fatto riesplodere il dibattito sullo sfato di salute del cosiddetto «lago di pietra» e sulla qualità dell'acqua che dal bacino del Pertusillo giunge fino all'acquedotto pugliese, sgorgando dai rubinetti delle abitazioni;
   tutti hanno assecondato, a parere dell'interrogante, imprudentemente, attività di estrazione di idrocarburi a ridosso di dighe, centri abitati, sorgenti, aree a rischio frana e a rischio sismico, in zone protette a ridosso di parchi e, a giudizio dell'interrogante, è necessaria una tempestiva verifica dello stato di salute dell'acqua erogata ai cittadini lucani e pugliesi;
   l'acqua dell'invaso lucano rappresenta la principale fonte di approvvigionamento idrico della Puglia e buona parte della Campania, oltre che servire una vasta area della Basilicata e da tempo le associazioni ambientaliste denunciano la crescente eutrofizzazione e la preoccupante concentrazione di idrocarburi nelle sue acque. Gli abitanti lamentano cattivi odori, seri danni ai frutteti e, da circa sei anni, si verifica una forte moria dei pesci del lago artificiale –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti espressi in premessa; quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in tempi brevi, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, per accertare lo stato qualitativo dell'acqua dell'invaso del Pertusillo e il possibile inquinamento derivarne dalle attività di estrazione e lavorazione degli idrocarburi;
   se il Ministro della salute intenda promuovere nell'area di cui in premessa un'indagine epidemiologica, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, al fine di verificare gli eventuali effetti nocivi delle attività sopra descritte sulla popolazione. (5-08309)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e SEGONI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   chi attesta falsamente di non possedere in casa una televisione è punito due volte più severamente di chi, invece, falsifica la propria dichiarazione dei redditi;
   ad avviso degli interroganti si tratta di un paradosso poiché la legge porta a ritenere molto più grave il comportamento di chi evade 100 euro l'anno rispetto a chi, invece, non paga allo Stato le imposte per somme superiori a 150.000 euro, somma limite oltre la quale si incorre in un procedimento penale a causa di una dichiarazione dei redditi infedele;
   in base alla normativa attuale introdotta con l'ultima legge di stabilità, chi non detiene un televisore deve inviare all'Agenzia deve entrate, una volta l'anno, una autocertificazione con cui chiede che il canone Rai non gli venga addebitato;
   il modello, diffuso dall'Agenzia delle entrate la scorsa settimana, può essere inviato o con modalità telematica oppure con raccomanda a.r. Si è inoltre stabilito che, nel caso in cui il contribuente dichiari il falso, è soggetto alle pene previste dal testo unico sulla documentazione amministrativa che, e sua volta, richiama il codice penale;
   appare eccessiva la sanzione prevista dalla legge poiché si potrebbe essere condannati alla reclusione da 1 a 6 anni per il compimento del reato di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale in virtù del fatto che l'autocertificazione deve essere inviata all'Agenzia delle entrate e non alla Rai, o ad altro soggetto privato;
   anche nel caso in cui il contribuente invii la dichiarazione dei redditi infedele, il soggetto destinatario della dichiarazione è l'Agenzia delle entrate, ma esso rischia la condanna ad una pena inferiore, compresa tra 1 e 3 anni e, come sopra detto, solo a condizione che l'importo evaso sia superiore a 150.000 euro e l'ammontare complessivo degli elementi sottratti al fisco sia superiore al 10 per cento dell'ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, a tre milioni di euro;
   dunque, rispetto al falso relativo al canone Rai, il reato di dichiarazione dei redditi infedele è punito con una pena molto più blanda e, peraltro, l'illecito è depenalizzato per cifre inferiori a 150 mila euro;
   appare poco logico sanzionare maggiormente chi evade 100 euro di canone Rai rispetto a chi sottrarre 149.999,99 euro allo Stato in termini di Irpef o Iva, poiché in tal ultimo caso, il falso non costituisce reato;
   1o) la normativa ricordata non pare tenere in conto il principio calla proporzione delle pene;
   2o) la Corte costituzionale ha fissato alcuni principi in merito all'esercizio della discrezionalità legislativa in materia penale che ha ad oggetto il rapporto di proporzionalità fra la gravità del crimine e l'entità della sanzione, che ad esso si correla, poiché il principio d'uguaglianza «esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia, nel contempo, alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali» (sentenza n. 409 del 1989);
   3o) il rispetto del principio di proporzionalità della pena, equivale a negare legittimità alle incriminazioni che, anche se presumibilmente idonee a raggiungere finalità statuali di prevenzione, producono però, attraverso la pena, danni all'individuo, ai suoi diritti fondamentali, alla società, sproporzionatamente maggiori dei vantaggi ottenuti, o da ottenere, con la tutela dei beni e dei valori offesi dalle predette incriminazioni, e vanificano la finalità di rieducazione di cui all'articolo 27, terzo comma, della Costituzione –:
   se i fatti riportati trovino conferma e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere al fine adeguare la normativa vigente ai principi dell'ordinamento giuridico richiamati più volte nel sindacato della Corte costituzionale. (4-12730)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 434 «Transpolesana» è un'importante strada statale italiana che collega Verona a Rovigo;
   il percorso, che inizia a Verona allacciandosi alla tangenziale Sud tra le uscite dell'autostrada A4 di Verona Sud e Verona Est, attraversa i comuni della bassa veronese, entra in provincia di Rovigo nel comune di Giacciano con Baruchella, attraversa Badia Polesine, Lendinara, Villamarzana (dove è stato costruito uno svincolo dell'autostrada A13 noto come Rovigo Sud, attivo dal 2008) per terminare in una rotatoria in località Borsea del comune di Rovigo;
   l'importante arteria viaria è usata dal traffico leggero, vista la densità dei centri urbani che vi si affacciano e dal traffico pesante per i diversi snodi autostradali presenti;
   la strada statale n. 434 è stata spesso teatro di incidenti a volte dall'esito mortale;
   anche in questa ultima fase, si è segnalato da più parti il cattivo stato del manto stradale: una condizione di rischio tale da far intervenire le forze dell'ordine, come nel caso della vera e propria «voragine» che si è aperta nei giorni scorsi, nel tratto compreso in provincia di Rovigo, costringendo la polizia stradale ad intervenire con urgenza per chiudere parte della carreggiata al traffico –:
   se il Ministro non ritenga necessario assumere iniziative con assoluta urgenza per l'esecuzione degli interventi per la messa in sicurezza della strada statale 434 «Transpolesana», al fine di ridurre i fattori di rischio ed il numero di incidenti, che ancor oggi si verificano. (3-02154)


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 434, già strada statale «Legnaghese» e oggi comunemente conosciuta come «Transpolesana», è un'importante via di comunicazione del Nordest;
   la strada in questione collega le città capoluogo di Rovigo e di Verona e per la città di Verona essa rappresenta, tra le altre cose, una via d'accesso prioritaria al mare;
   da molto tempo residenti e utenti della strada senza eccezioni, pendolari e turisti, lamentano all'unisono il cattivo stato del manto stradale, interessato nel tempo da diversi interventi di rifacimento, nessuno dei quali peraltro definitivo per la soluzione del problema;
   in special modo nei giorni di pioggia e di altre precipitazioni, e quindi per buona parte dei mesi autunnali e invernali, il rischio di chi percorre la strada con un proprio veicolo si acuisce, con conseguente aumento delle probabilità di incidente: poco o nulla pare incidere il limite massimo di velocità imposto, in diversi punti addirittura i 70 chilometri orari, limite che appare peraltro non congruo con le caratteristiche di una strada di scorrimento a due corsie per senso di marcia con spartitraffico centrale;
   le condizioni di difficoltà riguardano in particolare la porzione di territorio che interessa l'area polesana (provincia di Rovigo) da Badia Polesine fino a Rovigo;
   la strada statale «434» sembrerebbe comunque essere destinata al recupero e al rilancio della propria funzione, considerato che il progetto di trasformazione in autostrada (strada Nogara-Mare) che la interessa, da tempo inserito – per esempio – nella programmazione regionale, è in dirittura di arrivo (fase esecutiva);
   oltre a collegare il lago di Garda all'Adriatico, questa strada è destinata a segnare il futuro del territorio del Polesine e del Veneto meridionale con l'innesto della Valdastico sud e con il casello di Rovigo sud-Villamarzana, che permette l'accesso diretto all'autostrada A13 Bologna-Padova –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per intervenire al più presto sulla situazione della strada in questione e, in particolare, per porre fine a una realtà non solo di disagio, ma anche e soprattutto di effettivo rischio per l'utenza. (3-02155)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZARATTI, FRANCO BORDO e PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o ottobre 2012 le attività di vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e di controllo della gestione delle autostrade, che erano in capo ad Anas, e il personale dell'ispettorato di vigilanza concessioni autostradali dell'Anas, sono stati trasferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in base all'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito dalla legge n. 111 del 2011 e successive modificazioni, e dell'articolo 11, comma 5, decreto-legge n. 216 del 2011, convertito dalla legge n. 14 del 2012 e successive modificazioni; conseguentemente, è stata, quindi, istituita la struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali;
   ferme restando le funzioni e le attività del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a norma del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, e che continuano ad essere svolte attraverso le direzioni generali competenti, la struttura svolge le funzioni di cui al comma 2 dell'articolo 36 del decreto-legge n. 98 del 2011, ovvero: a) selezione dei concessionari autostradali e relativa aggiudicazione; b) vigilanza e controllo sui concessionari autostradali, inclusa la vigilanza sull'esecuzione dei lavori di costruzione delle opere date in concessione e il controllo della gestione delle autostrade il cui esercizio è dato in concessione; c) in alternativa a quanto previsto alla lettera a), affidamento diretto ad Anas, a condizione che non comporti effetti negativi sulla finanza pubblica, delle concessioni, in scadenza o revocate, per la gestione di autostrade, ovvero delle concessioni per la costruzione e gestione di nuove autostrade, con convenzione da approvarsi con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze; d) approvazione dei progetti relativi ai lavori inerenti la rete stradale ed autostradale di interesse nazionale, che equivale a dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza ai fini dell'applicazione delle leggi in materia di espropriazione per pubblica utilità; e) proposta di programmazione, da formulare alla Direzione generale per le infrastrutture stradali, del progressivo miglioramento ed adeguamento delle autostrade in concessione;
   secondo quanto si apprende da fonti stampa, tra le varie delicate funzioni assegnate in via esclusiva alla struttura, vi è quella di calcolare la redditività attesa di nuovi investimenti nel settore autostradale;
   tale funzione ha un impatto diretto sulla collettività e sull'interesse economico pubblico in quanto gli investimenti vengono in parte coperti con gli aumenti dei pedaggi autostradali;
   come dimostrano i dati di Altroconsumo, nel 2015 l'aumento medio è stato di circa il 2 per cento, con punte che sfiorano il 6 per cento nella tratta Milano – Torino, aumentata da un giorno all'altro di 80 centesimi di euro;
   gli incrementi tariffari sono, dunque, prima proposti sulla base dei piani industriali e finanziari delle concessionarie stesse e poi vengono verificati e approvati dai funzionari della struttura di vigilanza attiva presso il Ministero;
   si tratta di una sorta di camera di compensazione che presenta, a giudizio degli interroganti, una serie di rilevanti criticità, in particolare non sembra valutabile e quantificabile la tutela dell'interesse pubblico e collettivo a scapito di quello privato, in quanto i piani finanziari delle concessionarie sono secretati e non i complessi calcoli attraverso i quali vengono determinati gli aumenti non vengono esposti in maniera chiara e trasparente;
   nel 2003 il nucleo di consulenza per l'attuazione e regolazione dei servizi di pubblica utilità (Nars) attivo presso il Ministero dell'economia e delle finanze ha stabilito, verificando i piani finanziari presentati dalle concessionarie, che le tariffe avrebbero dovuto essere del 20 per cento più basse di quelle concordate tra Anas e Società Autostrade;
   una valutazione indipendente e imparziale per stabilire la congruità degli aumenti delle tariffe e degli investimenti sulle opere autostradali sembra peraltro opportuna anche considerando l'esistenza dell'Autorità di regolazione dei trasporti, istituita ai sensi dell'articolo 37 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) nell'ambito delle autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità di cui alla legge 14 novembre 1995, n. 481;
   del resto, analoghe Autorità indipendenti, come ad esempio l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, svolgono medesimi compiti su settori differenti altrettanto regolati;
   non si comprende, dunque, la ratio di trasparenza e tutela dell'interesse pubblico nel mantenere importanti valutazioni economiche in materia di concessioni autostradali non in capo ad un'autorità terza e indipendente ma bensì in capo ad un organismo interno –:
   se il Ministro in interrogato non intenda avviare iniziative normative, anche urgenti, volte a rafforzare le garanzie di correttezza e trasparenza delle procedure per la valutazione dei piani finanziari presentati dalle società concessionarie nel settore autostradale;
   se non s'intenda, in particolare, assumere iniziative normative per conferire in capo all'Autorità di regolazione dei trasporti le competenze attualmente in capo alla struttura di vigilanza sulle concessioni autostradali, per garantire una maggiore terzietà ed indipendenza delle procedure e delle valutazioni inerenti alle concessioni nel settore autostradale.
(5-08303)


   GALGANO, LIBRANDI, VARGIU e SOTTANELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2016 è aumentata una delle voci che compongono il prezzo dei biglietti aerei, ossia quella delle tasse aeroportuali. Tale incremento, pari a 2,50 euro in più a passeggero, porta a quota 9 euro l'ammontare dell’«addizionale comunale sui diritti d'imbarco dei passeggeri sugli aerei» (per gli scali romani di Fiumicino e Ciampino tale addizionale è pari a 10 euro);
   il nuovo aumento che grava sul prezzo finale di ciascun volo, pur essendo un'addizionale comunale, non porterà risorse aggiuntive ai comuni aeroportuali: i proventi dell'aumento sono infatti destinati a finanziare per i prossimi tre anni (fino al 2018) il fondo speciale che garantisce ammortizzatori sociali aggiuntivi ai lavoratori del trasporto aereo (nato nel 2004 come salva-Alitalia);
   la finalità dell'incremento della tassa di imbarco, seppure generalizzato e rivolto all'intero comparto, ha assunto agli occhi dell'opinione pubblica la veste di un ingiustificato prelievo subito dai passeggeri aerei, in particolare quelli a più basso reddito e più portati a viaggiare su voli economici;
   tale incremento, che è pari a circa il 40 per cento per ciascun passeggero in partenza dall'Italia, ha destato molte polemiche, anche perché questa addizionale rappresenta solo una delle molte voci che compongono le tasse aeroportuali e rischia di penalizzare l'attrattività dell'Italia come meta turistica rispetto ad altre destinazioni sud-europee come Spagna, Portogallo o Grecia. Non a caso, il Governo spagnolo ha bloccato ogni possibile aumento delle tasse aeroportuali fino al 2022, vedendo peraltro crescere rispetto all'Italia il numero dei passeggeri dall'Inghilterra e dalla Polonia (di tre volte) e dalla Ge ania (di una volta e mezza);
   come avvertito da Assoaeroporti, l'associazione di categoria dei gestori aeroportuali, l'aumento «rischia di deprimere ulteriormente lo sviluppo del turismo». L'Osservatorio nazionale liberalizzazione dei trasporti (Onlit) ha annunciato un esposto all'Autorità di regolazione dei trasporti: «Una gabella che si aggiunge alle già alte tasse aeroportuali che renderà ancor meno competitivo il già inefficiente sistema aeroportuale nazionale» dice il presidente dell'Osservatorio Dario Balotta, sottolineando che le risorse finiranno a finanziare la «cassa integrazione d'oro» di alcune categorie aeroportuali;
   secondo le analisi effettuate da IATA (International Air Transport Association), l'organizzazione che riunisce la maggior parte delle compagnie aeree, l'incremento della tassazione indiretta sui biglietti aerei genera ricadute dirette sui volumi di passeggeri e di movimenti aerei. E mentre in tutto il mondo (sempre secondo Iata) si registrerà un calo del costo dei ticket pari al 61 per cento dal 1995, l'Italia sarà l'unico Paese dove il costo dei biglietti rischia di aumentare, a causa dell'aumento fiscale e del mancato o insufficiente adeguamento dovuto al ribasso del costo dei carburanti;
   l'Associazione internazionale del trasporto aereo in una nota ufficiale, condannando l'aumento delle tasse aeroportuali deciso in Italia (scelta che secondo
Iata è stata fatta senza alcun tipo di consultazione), ha rimarcato: «Questo comporta un danno alla competitività economica italiana riducendo il numero dei passeggeri di circa 755 mila unità e il Pil di 146 milioni l'anno ma può causare una perdita di 2.300 posti di lavoro l'anno». Inoltre, ha precisato lata, «nessuno dei proventi derivanti dalla tassa viene reinvestito in aviazione». Ha altresì aggiunto che in altri Paesi europei, come ad esempio nei. Paesi Bassi e in Irlanda, al contrario la rimozione delle imposte aumenta il traffico e avvantaggia l'economia del Paese;
   i presidenti di Federconsumatori e Adusbef ha o sottolineato: «A conti fatti si tratta di un aumento complessivo di oltre 385 milioni di euro che inciderà in particolare sul costo dei biglietti low cost, raggiungendo percentuali anche del 5-10 per cento (che variano, ovviamente, a seconda dell'importo del biglietto).» «E intollerabile che, per un biglietto su una tratta interna come la Milano-Roma, con un prezzo base in classe Economy, ben 67,7 per cento del costo sia riconducibile alle tasse. Se è questo il modo in cui si vuole incentivare il turismo nel nostro Paese c’è molto di cui preoccuparsi». Per contrastare questo ulteriore rincaro le Associazioni sta o studiando ricorsi ed interventi di carattere legale per annullarne l'applicazione;
   a seguito dell'aumento delle tasse aeroportuali, la compagnia aerea Ryanair – che negli ultimi anni è divenuto il primo vettore in Italia con 26,1 milioni di passeggeri nel 2014, quasi 3 milioni in più di Alitalia – ha deciso di chiudere due delle sue 15 basi italiane e interrompere 16 collegamenti italiani, con la conseguente perdite di 800 mila clienti. Nello specifico, dal mese di ottobre 2016 Ryanair taglierà otto rotte ad Alghero (pari al 60 per cento), cinque a Pescara (cioè il 70 per cento) e tre a Crotone (tutte);
   la decisione della compagnia irlandese, pur temperata dal contestuale incremento di rotte internazionali da e per gli scali di Roma e di Milano, comporterà gravi conseguenze sull'occupazione (circa 600 posti di lavoro andrebbero persi, senza considerare gli effetti indiretti sull'indotto), sulla mobilità degli italiani, in primis dei residenti delle regioni colpite, e sull'attrattività economica e turistica delle città interessate al taglio dei voli;
   il direttore commerciale dell'aviolinea low cost irlandese, David O'Brien, nel corso di una conferenza stampa, durante la quale ha annunciato uno spostamento dagli aeroporti regionali agli scali di Roma e Milano e, in particolare, l'apertura di quattro nuove rotte dalla capitale, è stato molto polemico sia nei confronti del Governo italiano, che «per raccogliere pochi milioni fa sì che le Regioni perdano centinaia di milioni di spesa turistica», sia di Alitalia, ricordando che le tasse aeroportuali vanno a finanziare il Fondo di integrazione al reddito dei dipendenti del trasporto aereo e pertanto, in gran parte, il trattamento del personale Alitalia in esubero;
   Ryanair ha messo in guardia dal danno che l'aumento di questa tassa avrà negli aeroporti regionali italiani, che perderanno non solo rotte e traffico, ma anche i visitatori che Ryanair porta in queste regioni, oltre ai posti di lavoro creati e sostenuti dal turismo;
   ricordando che in questo momento la disoccupazione giovanile supera il 40 per cento e «il turismo è uno dei pochi settori che può stimolare la rapida creazione di posti di lavoro per i giovani delle regioni d'Italia», O'Brien ha fatto presente che «l'Italia si è resa poco competitiva e meno attrattiva per le compagnie aeree ed i turisti e poiché sempre più clienti evitano quest'a o il Medio Oriente ed il nord Africa per prenotare vacanze nel Mediterraneo, l'Italia consegnerà una opportunità d'oro di crescita ad altre destinazioni in Spagna, Portogallo e Grecia che ha o minori costi per il turismo»;
   il presidente dell'Osservatorio nazionale sulle liberalizzazioni nei trasporti (Onlit), Dario Balotta, pur definendo l'addizionale comunale sui diritti d'imbarco, «una tassa iniqua e ingiusta», polemizza con Ryanair: «Il suo ritiro parziale da Alghero, Crotone e Pescara è dovuto a problemi di mercato più che alla tassa aeroportuale, che si applica in tutti gli scali nazionali compresi quelli in cui il vettore irlandese ha confermato e ampliato la sua presenza». Secondo Balotta «appare chiaro che la compagnia low cost opera voli negli scali che più la sussidiano con svariati contributi a passeggero in partenza, meglio conosciuti come co-marketing»;
   la compagnia aerea Ryanair ha annunciato tagli anche nei collegamenti da e verso l'aeroporto di Perugia. Nel dettaglio, vengono sospese le rotte da/per Cagliari e Brindisi e quelle su Barcellona-Girona e Dusseldorf-Weeze, rotte che nel 2015 avevano operato complessivamente con un load factor medio di oltre l'80 per cento;
   questa decisione causerà la riduzione drastica dei passeggeri dello scalo umbro San Francesco d'Assisi esponendo l'infrastruttura a rischio declassamento essendo stato inserito tra gli aeroporti di interesse nazionale che per rimanere tali «devono raggiungere una quota di presenza di un piano industriale, corredato da un piano economico-finanziario, che dimostri – almeno sulla base di un triennio – il raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario anche tendenziale nonché di adeguati indici di solvibilità patrimoniale»;
   stando al bilancio approvato da Sase, la società partecipata che gestisce lo scalo umbro, nel 2015 la perdita è stata pari a 850 mila euro con una riduzione della metà rispetto all'anno precedente. Il taglio delle rotte da parte di Ryanair e l'annuncio di Alitalia di voler eliminare i voli Perugia-Roma, andranno ovviamente a ripercuotersi sul bilancio dell'aeroporto minando la capacità di recupero della perdita e dunque le possibilità di rimanere nell'elenco degli scali di interesse nazionale;
   i tagli delle compagnie, inoltre, produrranno effetti negativi anche sull'economia dell'Umbria che rischia di diventare ancora meno attrattiva per gli investitori nazionali e internazionali. Il sistema infrastrutturale della regione, infatti, sconta una pesante mancanza di investimenti da parte delle istituzioni locali e del Governo: si pensi soltanto alle ferrovie con il raddoppio della Spoleto-Terni che non è ancora iniziato a causa della mancanza di risorse, e quello della tratta Spoleto-Campello di appena 9 chilometri che, dopo quattordici anni, non è stato ancora completato;
   è evidente come in questo contesto la presenza e la permanenza dell'aeroporto San Francesco d'Assisi diventa condizione indispensabile per lo sviluppo economico e turistico di tutta la regione;
   alla richiesta di Ryanair all'Esecutivo italiano di eliminare questo da oso aumento delle tasse aeroportuali, così come ha o fatto i Governi di Belgio, Irlanda e Paesi Bassi con tasse simili, proprio per salvare il turismo, il traffico aereo e i posti di lavoro, il Governo ha risposto con un'apertura facendo sapere, attraverso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio, che sta «studiando quali misure alternative si possano adottare, alla fine del primo semestre, per ridurre l'aumento delle tasse aeroportuali». Il Ministro ha riferito: «Ho incontrato i vertici di Ryanair e EasyJet, abbiamo discusso di questo. Voglio comunque ricordare che i voli di queste compagnie low cost molto spesso godono di aiuti da parte degli aeroporti. Comunque il nostro impegno è di ridurre al minimo le tasse. Sia chiaro che, comunque, le minacce di ridurre voli e personale non sono accettabili e non aiutano certo alla soluzione del problema»;
   rispondendo in Assemblea alla Camera all'interrogazione a risposta immediata n. 302044 del 23 febbraio 2016, il Ministro Delrio ha altresì ribadito: «Ho già avuto modo di discutere di questo con l'amministratore delegato di Ryanair ad Amsterdam e con l'amministratore delegato di EasyJet in un dibattito pubblico. Certamente, però, dobbiamo fare in modo che l'aumento delle tariffe – che peraltro è proporzionato a quelle di tutti gli altri Paesi europei, non è assolutamente sproporzionato – non deprima il mercato. Abbiamo specificato già che l'aumento non era retroattivo, non agiva retroattivamente sui biglietti già venduti, lo abbiamo specificato in maniera chiara, e il nostro impegno a ricercare delle soluzioni che alimentino il Fondo speciale per il trasporto aereo non attraverso l'aumento progressivo delle addizionali c’è ed è tutto in campo, specialmente in considerazione del fatto che la legge Fornero ha previsto che questo fondo del trasporto aereo venisse sostituito dal Fondo di solidarietà, alimentato, quindi, in gran parte poi dai contributi delle imprese, come per tutti i fondi di solidarietà di questo tipo. Quindi è in atto una discussione tra il Governo, l'INPS, il Ministero del lavoro e il Ministro dell'economia per fare partire questo nuovo fondo, che è in ritardo rispetto alle previsioni, e per aggiustare appunto l'entità dell'addizionale in esame nei termini minimi previsti, perché sappiamo che comunque l'attrattività aerea, la capacità di aumentare i passeggeri dei nostri scali, è un volano importante per l'economia. Quindi, da un lato non accettiamo l'impostazione che si va via perché aumenta di 2 euro e mezzo, perché complessivamente le tariffe non valgono solo per l'addizionale comunale, ma valgono per una serie di altre entità, quindi quella è una piccola parte di quello che si paga; dall'altro lato, però, è vero che vogliamo, come in tutte le politiche del Governo, tenere al minimo le tasse, quindi in questa fase di start-up di questo fondo si è deciso di mettere queste addizionali per le previsioni, ma verrà verificato in queste settimane, proprio da qui a giugno, la possibilità di ridurre al minimo questa addizionale, usando anche tutti i risparmi e gli avanzi patrimoniali già in essere nello stesso fondo» –:
   alla luce di quanto sopra esposto, se il Governo abbia o stia effettivamente valutando la possibilità di assumere iniziative per ridurre o eliminare questo da oso aumento dell'addizionale sui diritti di imbarco per passeggero, dato che l'incremento delle tasse aeroportuali genera pesanti ricadute sul traffico aereo italiano, riducendo fortemente i volumi di passeggeri e di movimenti aerei, rende meno competitivo il sistema aeroportuale nazionale per le compagnie aeree, comporta un grave da o allo sviluppo economico italiano, nonché rischia di penalizzare l'attrattività turistica del nostro Paese rispetto ad altre destinazioni europee che invece hanno ridotto o congelato gli incrementi dei prezzi dei biglietti aerei;
   se il Governo stia ricercando delle soluzioni alternative che non alimentino il fondo speciale per il trasporto aereo attraverso l'aumento progressivo delle addizionali sui diritti di imbarco, dal momento che per garantire ammortizzatori sociali aggiuntivi ai lavoratori del trasporto aereo in esubero si rischia di compromettere ulteriori posti di lavoro. (5-08304)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo di stampa, pubblicato il 24 febbraio dal Giornale di Sicilia mette in luce la drammatica situazione che riguarda diversi minori non accompagnati giunti in Italia e di cui attualmente non si hanno più notizie;
   in particolare, la percentuale sul totale dei minori stranieri non accompagnati, giunti, con imbarcazioni di fortuna, sulle nostre coste che risultano attualmente scomparsi sarebbe del 72 per cento e ciò emerge, anche da dichiarazioni fatte alla stampa da diverse questure siciliane, e che tali minori sarebbero finiti, nella maggior parte dei casi nella rete della prostituzione e del lavoro nero;
   i numeri di tale fenomeno sarebbero agghiaccianti e drammatici, infatti, sarebbero all'incirca 3.500 i ragazzi e le ragazze, sbarcati in Italia e regolarmente segnalati dalle autorità preposte dal secondo semestre 2014 al 9 gennaio 2015, che risultano ad oggi irreperibili;
   in questo senso il rischio, palesato e testimoniato da recenti studi, è quello che la stragrande maggioranza di questi giovani finiscano nelle mani della criminalità organizzata, delle organizzazioni che gestiscono il traffico della prostituzione e della droga;
   secondo uno studio dell'Eurostat, nel nostro Paese, nel triennio che va dal 2010 al 2012, i casi di tratta sarebbero stati ben 6.572 ovvero ben il 22 per cento sul totale europeo, ma tale fenomeno è del tutto invisibile nei fascicoli dell'autorità giudiziaria competente;
   a questo si aggiungono i dati diffusi da Save the children i quali testimoniano che nel solo 2014 un'altissima percentuale di casi di tratta umana riguardano giovani in minore età;
   inoltre, l'Italia unitamente ad altri otto Stati membri dell'unione ha avviato il progetto «CATH E SUSTAIN» con il preciso obbiettivo di studiare a fondo il problema e prevenirne alla radice le conseguenze, ma dai dati pubblicati dallo stesso programma la realtà che emerge è assolutamente drammatica, emerge infatti, una indeterminatezza del fenomeno con una sottostima dei numeri e del fenomeno stesso dovuta per esempio all'assenza di una banca dati certa ed affidabile ed una sostanziale inadeguatezza delle normative di riferimento, non in grado, così come più volte testimoniato e dichiarato da alcuni magistrati facenti capo del tribunale minorile di Palermo, di affrontare seriamente il problema e quindi di arginarlo –:
   se e quali provvedimenti il Governo intenda assumere al fine di contrastare in modo più efficace il fenomeno della tratta e dello sfruttamento di minori stranieri arrivati in Italia;
   se sia intenzione del Governo predisporre un censimento del fenomeno ed una banca dati in grado di censire tutti i minori stranieri arrivati nel nostro Paese;
   se sia intenzione del Governo proporre una piattaforma comune al resto dei Paesi dell'Unione europea in grado di fronteggiare in modo coeso ed unitario la tratta e lo sfruttamento di donne e minori. (3-02152)


   NICCHI, PALAZZOTTO e MATARRELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, nel corso della recente seduta della commissione parlamentare Antimafia della Sicilia, sono 3.707 i minori stranieri scomparsi nel 2014 dai centri di accoglienza, su un totale di 14.243 sbarcati sulle nostre coste. Solo in Sicilia i minori stranieri non accompagnati scomparsi dai centri sono 1.882 su 4.628 registrati;
   come dichiarato da Carlotta Sami, portavoce Unhcr per il Sud Europa, le cifre comunicate dal Ministro rappresentano un dato allarmante, che si aggiunge a quello del numero clamoroso di minori stranieri non accompagnati arrivati in Italia l'anno scorso: quasi il 10 per cento del totale degli sbarchi;
   quello che preoccupa è la sorte di chi scompare dai centri. «Questi minori hanno diritto a una protezione rafforzata sia in base alla legge nazionale che a quella internazionale – spiega il presidente del Consiglio italiano rifugiati (Cir), Christopher Hein –, lo Stato italiano nei loro confronti ha una grande responsabilità: è grave che ne scompaiano più di 10 al giorno. Il rischio è che finiscano sfruttati o in mano alla criminalità»;
   il presidente del Consiglio italiano rifugiati (Cir), Christopher Hein, ha sottolineato come questi minori hanno diritto a una protezione rafforzata sia in base alla legge nazionale che a quella internazionale, «lo Stato italiano nei loro confronti ha una grande responsabilità: è grave che ne scompaiano più di 10 al giorno. Il rischio è che finiscano sfruttati o in mano alla criminalità»;
   il Presidente della Commissione regionale antimafia della regione Sicilia, Nello Musumeci, ha denunciato che negli ultimi anni dai centri di accoglienza della Sicilia sono scomparsi circa 1.300 bambini e che solo una minima parte di questi ragazzi – si calcola più o meno il venti per cento raggiunge i genitori nel Nord Italia o nel Nord Europa;
   il Ministro dell'interno ha annunciato di aver siglato un accordo con, regioni e comuni per dare maggiore efficienza alla unità di missione per la tutela dei minori non accompagnati –:
   quali iniziative urgenti si intendano adottare per contrastare l'elevatissima percentuale di minori stranieri scomparsi dai centri di accoglienza;
   se non si intenda intensificare e rendere efficaci le misure volte a rintracciare e ricondurre i minori nei centri di accoglienza, anche al fine di evitare che detti minori non finiscano sfruttati o in mano alla criminalità;
   quali siano le indicazioni contenute nell'accordo con le regioni ed i comuni dato che minori hanno diritto a una protezione rafforzata sia in base alla legge nazionale che a quella internazionale.
(3-02153)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto affermano alcuni quotidiani, un noto predicatore islamico kuwaitiano di tendenze radicali ed assai prossimo al sedicente Califfato sorto a cavallo tra Siria ed Iraq, Tareq Suwaidan, sarebbe in procinto di effettuare un viaggio in Europa;
   Suwaidan, pur non risultando un adepto dello Stato islamico, si è fatto notare per aver pubblicamente auspicato nel corso di un suo sermone pronunciato l'11 aprile 2009 nei pressi di Le Bourget la conquista e sottomissione di Roma all'Islam;
   le posizioni anti-semite di Suwaidan hanno altresì già indotto Belgio, Regno Unito e Stati Uniti a negare al predicatore il visto di ingresso e soggiorno nei rispettivi territori;
   contro Suwaidan, che vanta trascorsi importanti nella Fratellanza Musulmana, si sono mossi anche i sauditi, che nel 2013 hanno negato al predicatore il permesso di effettuare il pellegrinaggio alla Mecca e l'anno seguente proceduto alla messa al bando dei suoi libri;
   nel contesto del viaggio che si accingerebbe a compiere in Europa, Suwaidan avrebbe ricevuto ed accettato un invito a visitare Como e Reggio Emilia in maggio –:
   se il Governo, considerati i precedenti di Tareq Suwaidan, il carattere radicale ed antisemita del suo pensiero e le decisioni assunte da Stati Uniti, Regno Unito e Belgio nei suoi confronti, non ritenga opportuno verificare la sussistenza dei presupposti per unire il nostro Paese al novero di quelli che hanno negato al predicatore radicale il visto di ingresso e soggiorno. (5-08305)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   pare per decisione del prefetto di Milano Alessandro Marangoni, circa cento immigrati, originari dell'Africa subsahariana, siano stati alloggiati presso il campo base di Expo a Mazzo di Rho, una struttura dotata di 500 stanze singole con wi-fi che nei mesi scorsi ospitavano gli operai e le forze dell'ordine, dove avrebbero dovuto rimanervi almeno fino a giugno;
   sempre da notizie di stampa, pare che tali immigrati fossero sbarcati nelle settimane precedenti a Lampedusa ed inviati nel centro di accoglienza di Bresso, dove però la stessa prefettura e la Croce Rossa avevano deciso di separarli dagli effettivi profughi di origine siriana ospitati nella stessa struttura;
   la decisione di destinare il campo base di Expo a centro di accoglienza nei mesi scorsi ha suscitato polemiche e aspre e dure critiche, in particolare dal governatore della regione Lombardia il quale aveva opportunamente sottolineato che tale sistema era «inaccettabile», anche alla luce del forte impegno della regione stessa per evitare il degrado della zona mediante l'impiego di risorse e programmi sulla stessa area fino all'apertura del post Expo;
   a fronte di tale polemiche e opportuni rilievi, vi è stato un fulmineo ripensamento della decisione assunta, tanto che la prefettura ha dunque deciso di trasferire gli immigrati ospitati nell'area Expo per ridistribuirli in altri centri presenti in Lombardia o anche fuori regione;
   da notizie di stampa più recenti si è appreso che tali trasferimenti sono cominciati negli scorsi giorni e che già un primo gruppo di immigrati, circa 20 persone originarie di Senegal, Liberia e Camerun, ha lasciato il campo base di Expo per essere mandato, «secondo indiscrezioni», in provincia di Como;
   nel campo base sarebbero rimasti altri 80 immigrati provenienti dall'Africa, e pare richiedenti protezione internazionale, per i quali la prefettura sta cercando posti disponibili in altri centri;
   all'interrogante sembrano sussistere confusione, disorganizzazione nonché mancanza di una corretta gestione dei flussi migratori, come testimonia la vicenda di cui in premessa, con gravi ripercussioni in tema di sicurezza e degrado;
   secondo gli ultimi dati del Ministero dell'interno, la regione Lombardia da sola ospita già il più alto numero di immigrati nelle strutture di accoglienza, comprese quelle temporanee, 14.992 ossia il 13 per cento del totale a fronte dell'11 per cento della Sicilia dove avvengono gli sbarchi;
   sempre secondo gli ultimi dati disponibili, nella provincia di Como le strutture temporanee sono 87, e a fronte di una capienza di 1.138 le presenze registrate sono già ben 1.303 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa, di chi sia stata la decisione di alloggiare gli immigrati nel campo base di Expo e se tale decisione sia stata preventivamente condivisa;
   se corrisponda al vero che i trasferimenti siano stati effettuati verso la provincia di Como, in particolare quanti siano gli immigrati trasferiti nella provincia medesima, dove siano o verranno alloggiati, quale sia la loro nazionalità, in quanti abbiano presentato domanda di protezione internazionale, a quale punto sia la procedura per l'esame della domanda ed eventualmente se risultino rigetti o riconoscimenti di protezione internazionale;
   infine, se qualcuno di questi abbia precedenti penali o denunce a carico.
(4-12721)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denuncia Europol, l'agenzia di intelligence europea, i minori stranieri entrati in Europa come migranti sarebbero ostaggio di trafficanti e nel futuro sarebbero destinati alla prostituzione e persino all'espianto di organi;
   stando ai dati forniti da Europol, una metà dei diecimila minori scomparsi si sarebbero dileguati nel nostro Paese (5000 in Italia, 1000 in Svezia);
   Save the Children parla di almeno 26 mila minori non accompagnati arrivati in Europa nel 2015. Di alcuni non vi sarebbe più traccia, altri potrebbero aver raggiunto membri della loro famiglia;
   sempre secondo Save the Children, il 27 per cento del milione di rifugiati arrivati nel 2015 in Europa ha meno di 18 anni (complessivamente 270 mila minori di cui non si sa più nulla);
   Frontex (l'agenzia europea preposta al pattugliamento delle frontiere esterne) registra gli ingressi, secondo quanto dichiarano i migranti stessi, senza avere la possibilità di effettuare verifiche in tempi rapidi: il dato potrebbe risultare, per eccesso o per difetto, lontano dai numeri reali;
   la maggior parte di questi minori ha un'età compresa fra 14 e 16 anni (nei loro Paesi questa età corrisponde a una sorta di maturità);
   questi migranti vedono l'Italia come un Paese di transito, preferiscono raggiungere Germania, Svezia (nazione, quest'ultima, che concede l'asilo ai minori dopo l'identificazione) o Regno Unito, che di recente ha mostrato disponibilità verso i minori provenienti da zone di guerra;
   la Caritas romana sostiene che in Italia ci sono 15 mila minori stranieri non accompagnati, di cui almeno 5.500 hanno fatto perdere le loro tracce, rendendosi irreperibili per gli enti a cui erano stati affidati;
   molti di questi minori sono egiziani (circa 2 mila, di cui 1182 irrintracciabili); a seguire albanesi (che non sono profughi di guerra) ed eritrei;
   questi ragazzi vengono in Europa aiutati dai genitori e hanno necessità di lavorare per rimborsare il debito (non inferiore a 3 mila euro) per il costo del viaggio e per sostenere economicamente le famiglie nel loro Paese di origine;
   l'età dei ragazzi che arriva con mezzi di fortuna è sempre più bassa e per la maggior parte di loro si apre uno scenario di schiavitù;
   da gennaio 2015, la competenza per la gestione dei minori è del Ministero dell'interno che riconosce 45 euro al giorno per ogni ragazzo ospitato nelle 10 strutture autorizzate, situate tutte al Sud d'Italia;
   la condizione di questi ragazzi non è di detenzione, ragione per la quale questi non rientrano nelle strutture cui sono affidati e non sono più rintracciabili –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative per rivedere le regole per la gestione di questi ragazzi, soprattutto per il fatto che, essendo minori, dovrebbero essere immessi in percorsi di istruzione e formazione professionale, proprio per sottrarli alla criminalità e allo sfruttamento;
   se non ritenga opportuno, considerata la complessità del fenomeno e la divergenza dei dati che vengono resi noti, di dover censire l'effettiva presenza dei minori nelle strutture, per evitare di pagare la quota giornaliera anche per quei minori che non vi fanno rientro ed evitare di creare interessi economici dietro un fenomeno tragico che non dovrebbe prestarsi a speculazioni;
   se non reputi di dover assumere iniziative per coordinare a livello europeo una strategia che consenta di seguire i minori negli spostamenti, essendo grave che migliaia di minori circolino indisturbati e in condizione di indigenza, senza che le autorità competenti abbiano idea di chi siano e cosa facciano, soprattutto per il fatto che si tratta generalmente di clandestini e la clandestinità in Italia è un reato. (4-12724)


   BUENO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse su autorevoli testate brasiliane si apprende che l'ex presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, indagato per corruzione, avrebbe l'intenzione di sfuggire alle inchieste che lo riguardano e ad un suo possibile arresto, chiedendo asilo all'Italia;
   sempre dalla stampa locale si apprende che si sarebbero svolte conversazioni con l'ambasciata italiana a Brasilia proprio per richiedere asilo politico grazie al fatto che la moglie, di origini italiane, ha la doppia cittadinanza;
   con un comunicato dell'ambasciata italiana del 25 marzo 2016, in relazione all'articolo «il piano segreto» pubblicato dalla rivista Veja, vengono smentite le informazioni relative alle presunte conversazioni intercorse con l'ambasciata stessa;
   Lula, accusato di occultamento di patrimonio e frode fiscale, si è sempre dichiarato innocente e sperava di entrare nell'esecutivo della Rousseff per avere uno scudo legale che avrebbe imposto il trasferimento del suo caso alla Corte suprema. Nonostante la nomina sia sospesa, il 31 marzo la Corte Suprema brasiliana ha deciso di avocare a sé il caso Lula togliendo la giurisdizione al giudice federale Sergio Moro che aveva istruito il dossier di accuse contro l'ex presidente –:
   se trovino conferma tali presunti contatti da parte dell'indagato ex presidente Lula con l'Italia e, in tal caso, quali siano in merito, per quanto di competenza, gli orientamenti del Governo.
(4-12725)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Fonderie Pisano & C. è una società per azioni che si occupa di produzione di ghisa di seconda fusione;
   lo stabilimento della società in questione si trova dal 1961 nel quartiere Fratte di Salerno;
   la sentenza n. 415/2007 del tribunale di Salerno ha ritenuto responsabile la Fonderie Pisano & C. di danni ambientali e biologici a causa di attività fortemente inquinanti;
   ciononostante la società ha proseguito le sue attività, e la delocalizzazione dello stabilimento più volte annunciata non è mai avvenuta;
   negli ultimi anni centinaia di famiglie hanno denunciato problemi con le polveri ferrose emesse dalla fabbrica, che si depositano anche nelle abitazioni;
   è inoltre forte il timore che i tumori che hanno colpito diverse persone nell'area possano essere riconducibili ai fumi e agli scarichi delle fonderie;
   nel 2015, in occasione di un secondo processo per danno ambientale a carico della Fonderie Pisano & C., è stata segnalata la mancata osservanza di norme per la sicurezza dei lavoratori e, anche per via di un vetusto ed inadeguato sistema di captazione dei fumi di produzione, l'emissione di fumi contenenti polveri di natura cancerogena;
   si parlava, in particolare, di materiale particellare a base di piombo e cadmio, composti organici volatili (COV) contenenti, tra l'altro, monossido di carbonio, anidride carbonica, solventi aromatici, e anidride solforosa;
   a seguito anche di controlli straordinari effettuati dall'Arpac di Caserta, sono emerse numerose criticità ambientali, il 19 febbraio 2016 il Presidente della regione Campania ha emesso un provvedimento di sospensione temporanea delle attività della società;
   poco più di due settimane dopo la regione Campania ha concesso la ripresa delle attività produttive;
   il «Comitato Salute e Vita» ha recentemente segnalato la mancanza del certificato di prevenzione incendi per lo stabilimento della Fonderie Pisano & C.;
   tale mancanza, sommata alle altre già emerse nel corso degli anni, non fa che confermare lo scarso rispetto delle norme ambientali e relative alla salute e alla sicurezza dei lavoratori dello stabilimento;
   si parla, peraltro, di un'attività che per sua natura è ad alto rischio di incendi –:
   se non ritengano, per quanto di competenza, di dover assumere con urgenza ogni iniziativa di competenza necessaria affinché presso lo stabilimento della Fonderie Pisano & C. vengano rispettati adeguatamente le norme a tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti;
   se non ritengano necessario assumere ogni iniziativa di competenza finalizzata a bilanciare i diritti lavorativi e occupazionali dei dipendenti della società ed il diritto alla salute degli stessi e degli abitanti della zona. (4-12726)


   FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con la decisione assunta dal Ministero dell'interno e resa pubblica nell'audizione del 15 marzo 2016 dinanzi la Commissione antimafia si è ritenuto di affidare la tutela ed il ripristino della legalità nel comune di Sacrofano all'istituto giuridico del «monitoraggio», peraltro da remoto;
   tutto ciò nonostante il prefetto di Roma Gabrielli abbia più volte ribadito il suo convincimento circa la necessità di commissariare il comune di Sacrofano;
   il 27 gennaio 2016 il maresciallo capo del Ros dei carabinieri, chiamato a deporre quale teste dell'accusa nel primo processo per Mafia Capitale, ha confermato la circostanza che l'imputato Carminati aveva sostenuto la campagna elettorale dell'attuale sindaco Luzzi;
   il «monitoraggio» disposto dal Ministero dell'interno si riferisce all'attività futura della suddetta amministrazione ma non permette di verificare – come previsto dall'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali «se emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori (...), ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica» –:
   se non intenda valutare la sussistenza dei presupposti per assumere tutte le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-12727)


   CORSARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la signora E. G., nata a Pola il 16 aprile 1939, da sempre cittadina italiana e che forzatamente ebbe a dover lasciare l'Istria nel 1947, ha ovviamente indicato questa località come luogo di nascita su tutti i suoi documenti;
   addirittura, la carta d'identità emessa dal Comune di Verbania riporta anche la sigla PL, allora contraddistinguente quella provincia;
   sulle diverse patenti di guida ha sempre avuto l'indicazione come «nata a Pola»;
   sull'ultima patente di guida, recentemente rinnovata, decorrente dal 20 febbraio 2016 risulta invece essere nata in «Jugoslavia»;
   a parte lo straziante effetto di aver perso in qualche modo perfino il proprio rapporto «ufficiale» con la città natale, l'indicazione appare non solo sbagliata dal punto di vista storico – visto che, al momento della nascita della signora Giudice, la città di Pola era a tutti gli effetti un capoluogo di provincia italiana – ma anche geografico, in quanto — semmai — oggi Pola è in Croazia e non in Jugoslavia, stato dissoltosi ormai da molti anni –:
   per quale motivo si sia proceduto a tale modifica e se intenda il Governo accertare chi ne porti la responsabilità;
   se non ritenga di dover assumere iniziative affinché siano sempre indicate come «italiane» quelle aree e città che lo erano al momento della nascita dei richiedenti;
   se non si ritenga di dover provvedere a correggere questo plateale errore storico-geografico provvedendo a sostituire, a richiesta, il documento emesso. (4-12728)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio interuniversitario per il calcolo automatico dell'Italia nord orientale (CINECA) è un consorzio senza scopo di lucro formato da settanta università, quattro enti di ricerca nazionali e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, alla cui vigilanza è sottoposto;
   il Consorzio, monopolista dei servizi informatici nel pubblico, occupa settecento dipendenti e ha un fatturato annuo di oltre cento milioni di euro;
   il 23 marzo 2016 il consiglio consortile del CINECA ha designato come nuovo direttore generale, con un compenso da duecentoquarantamila euro l'anno, il signor David Vannozzi, già membro del consiglio di amministrazione del medesimo ente su indicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   la designazione del suddetto consigliere è avvenuta nonostante lo stesso sia attualmente sotto processo per truffa e falso in atto pubblico nell'ambito di una vicenda giudiziaria nata nel 2012, quando era direttore amministrativo dell'azienda sanitaria locale di Firenze;
   proprio al tribunale di Firenze il 6 marzo 2016 aveva avuto luogo la prima udienza del processo che lo vede imputato per una storia di immobili acquistati dall'azienda sanitaria locale a costi e condizioni che agli inquirenti fanno ipotizzare i reati di falso in atto pubblico, truffa aggravata, abuso d'ufficio e turbativa d'asta;
   il processo, tuttavia, sembra essere avviato verso l'estinzione per intervenuta prescrizione, e tanto sembra essere bastato al consiglio del CINECA per designare Vannozzi come prossimo direttore generale;
   meno di un anno fa la dirigenza del CINECA era stata allontanata a causa di presunte irregolarità ed episodi di malagestione, quali investimenti sbagliati, gestione poco trasparente dei conti e informazioni nascoste al consiglio, e contemporaneamente era stato licenziato anche l'amministratore delegato di Kion, la software house di Cineca che eroga per conto del consorzio servizi amministrativi agli studenti e ai docenti, anch'egli per presunte irregolarità nella gestione della società;
   stando alle notizie riportate dai giornali il Consorzio dovrebbe gestire anche il prossimo concorso della scuola per l'assunzione di sessantamila insegnanti;
   poco più di un mese fa, il 25 febbraio 2016, l'interrogante aveva già segnalato con un precedente atto di sindacato ispettivo (n. 4-12265) diverse irregolarità nella gestione del CINECA ma senza ricevere alcuna risposta da parte del Ministro interrogato –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere in merito nell'ambito dei propri poteri di vigilanza;
   se risponda al vero che il consorzio CINECA, nonostante la scarsa trasparenza rispetto alle sue attività a più riprese denunciata, sia candidato a gestire un mastodontico quanto delicatissimo concorso per assumere decine di migliaia di docenti, molti dei quali precari da oltre dieci anni. (4-12723)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   in attuazione della raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea del 22 aprile 2013, il Governo ha approvato il piano nazionale «Garanzia Giovani» (di seguito: piano); l'iniziativa, che ha preso avvio il 1o maggio 2014 si pone l'obiettivo di fornire ai giovani dai 15 ai 29 anni, disoccupati o ai così detti Neet (not in education, employment or training), un'offerta qualitativamente valida di lavoro, un proseguimento degli studi, un apprendistato, un tirocinio, un inserimento nel servizio civile o altra misura di formazione;
   secondo i dati offerti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (risposta scritta pubblicata il 16 dicembre 2015 nell'allegato B della seduta n. 537), ad oggi sono oltre 807 mila i giovani che si sono registrati, dei quali, al netto delle cancellazioni avvenute, 704 mila restano all'interno del programma e di questi circa 485 mila sono stati presi in carico dai centri per l'impiego e dai privati accreditati;
   tuttavia, nonostante l'operatività del piano, secondo i dati riportati dall'approfondimento de Il Sole 24 Ore del 2 marzo 2016, la quota di giovani disoccupati sul totale di quelli attivi (occupati e disoccupati) è pari al 39,3 per cento, in crescita di 0,7 punti percentuali. Questa performance sembrerebbe tra le peggiori dei Paesi dell'Unione europea: secondo i dati riportati dall'approfondimento de il Sole 24 Ore del 1 marzo 2016, infatti, a gennaio 2016 sarebbero 4,434 milioni i giovani di età inferiore a 25 anni senza lavoro, rispetto ai 3,037 milioni nella zona euro. Una percentuale superiore a quella italiana si riscontrerebbe unicamente in Grecia (48 per cento a novembre), in Spagna (45 per cento) e in Croazia (44,1 per cento nel quarto trimestre);
   a queste criticità che, se confermate rafforzerebbero le opinioni di chi ribadisce la sostanziale inutilità del piano, si aggiungono le perplessità già manifestate nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-10746 a prima firma Ascani, presentata il 15 ottobre 2015, nel corso della seduta n. 503. Infatti, nonostante i chiarimenti resi dal Governo sembrerebbero ancora irrisolte le questioni a suo tempo manifestate circa i mancati o i ritardati pagamenti dei giovani impegnati nel piano;
   in tal senso, la circolare 32 del 2016 dell'Inps non ha fornito particolari indicazioni, concentrandosi piuttosto sulla disciplina del bonus occupazionale (a seguito delle novità disposte dal decreto direttoriale n. 385 del 24 novembre 2015). Un «super bonus per la trasformazione di tirocini», rivolto a quei datori di lavoro che assumono con un contratto a tempo indeterminato un giovane dai 16 ai 29 anni che abbia svolto, o stia svolgendo, un tirocinio extracurriculare nell'ambito della Garanzia. Contestualmente sono stati pubblicati anche i nuovi bandi regionali per la selezione di volontari da impiegare nei progetti di servizio civile nazionale per l'attuazione del programma «Garanzia Giovani»;
   in definitiva, seppur nella fumosità del quadro occupazionale, tale da mettere in discussione la stessa efficacia del Piano, e nonostante le questioni ancora aperte sui mancati corrispettivi ai giovani lavoratori, sembra chiara la scelta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali di dare avvio alla fase II del piano. Invero, sembra condivisibile l'opinione per cui l'avvio di tale fase, maggiormente orientata al risultato occupazionale, e che dovrebbe comportare anche una revisione della disciplina delle indennità di tirocinio e della misura «Orientamento specialistico», intervenga in un quadro di minore incertezza. Per tale motivo sarebbe auspicabile un chiarimento, non solo sull'incidenza dei risultati del piano rispetto ai dati occupazionali, ma anche sui meccanismi di funzionamento attuali e futuri del piano medesimo –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali siano le iniziative che intende adottare per porvi rimedio.
(2-01326) «Ascani, Albanella, Antezza, Amato, Arlotti, Beni, Paola Boldrini, Bonomo, Berlinghieri, Braga, Camani, Carloni, Censore, Marco Di Maio, Di Salvo, Donati, Gadda, Ghizzoni, Gribaudo, Gnecchi, Lattuca, Mauri, Mazzoli, Patrizia Maestri, Manzi, Minnucci, Narduolo, Salvatore Piccolo, Prina, Rampi, Rigoni, Rostellato, Sbrollini, Scuvera, Terrosi, Taricco, Tentori, Ventricelli».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dalla relazione annuale della Corte dei Conti su «Determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per gli esercizi 2013 e 2014», depositata in data 10 febbraio 2016, emergono notevoli criticità;
   a pagina 52 della suddetta relazione, in merito agli agenti della riscossione (AdR) – con specifico riguardo all'andamento del recupero crediti – si legge dalla Tabella 16 che nell'anno 2012 sarebbero stati recuperati 5,3 miliardi di euro, nel 2013 5,2 miliardi e nel 2014 6,2 miliardi, con relativa segnalazione con un asterisco che riporta alla dicitura «Fonte: INPS»;
   a pagina 50 della «determinazione e relazione della Sezione del Controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) per l'esercizio 2012», si legge che i miliardi di euro recuperati, tramite agenti di riscossione per l'anno 2012, sono 6,32;
   inoltre, sempre dalla relazione del 2012 si può vedere che altri valori sono stati modificati, come quelli relativi al recupero crediti diretti – per l'anno 2012 – che era di 4,336 milioni di euro e che, nella «nuova versione» della relazione del 2013-2014, risulta 3,325, sempre relativamente al 2012;
   nella relazione della Corte dei conti del 2012 si ricordava che: «Il più sensibile calo degli incassi tramite agenti della riscossione richiede una profonda riflessione sulla internalizzazione delle attività di riscossione dei crediti attribuite ai concessionari, anche nella considerazione che dalla riscossione diretta deriverebbero minori aggi e spese di procedura a favore dei concessionari e attenuazione degli aggravi a carico dei contribuenti»;
   a pagina 52 della suddetta relazione, relativa all'anno 2013-2014, si legge: «Anche nel 2013 continua la decrescita degli incassi – iniziata in lieve misura nell'anno 2012 – (...) è da sottolineare (...) una ulteriore riduzione del 6,5 per cento di quelli tramite concessionari» e ancora: «Nell'anno 2014 si assiste ad un notevole incremento degli incassi sia diretti (...) che derivanti dal recupero tramite AdR»;
   a parere dell'interrogante appare molto strana la situazione che si sta venendo a creare, in quanto leggendo la relazione della Corte dei conti relativa agli anni 2013-2014, sembrerebbe quasi che Equitalia (AdR) stesse svolgendo un ottimo lavoro di recupero crediti. Se si va invece a confrontare i dati dichiarati, dalla stessa Corte, nella relazione del 2012 (riferiti ai medesimi periodi), si trovano dei dati discordanti e modificati che Equitalia sta recuperando di più;
   in sostanza quindi suscita perplessità il fatto che la Corte dei conti, ad una attenta analisi, tenda ad evidenziare dati che appaiono agli interroganti contraddittori in relazione alla riscossione da parte di Equitalia;
   a pagina 54 della suddetta relazione, si legge: «(...) vi è una costante rinuncia alla riscossione dei crediti più risalenti nel tempo e un continuo ricorso alla svalutazione o all'abbandono degli stessi per irrecuperabilità, che accentua il divario tra l'accertato ed il riscosso con pregiudizio per le gestioni dell'Istituto»; e inoltre il Civ avrebbe «sollecitato un monitoraggio costante di tutta l'attività di riscossione al fine di valutarne, anche in relazione ai costi sostenuti, l'efficacia e l'economicità»;
   a pagina 157 della suddetta relazione, appare evidente che l'operazione di modifica dei dati delle tabelle – sulla reale capacità di riscossione di Equitalia – serve a ben poco se si fa una analisi comparata dei dati e si legge che: «la entità raggiunta dai residui attivi, pone interrogativi sulla reale qualità dei crediti sottostanti, anche in considerazione dei perduranti processi di svalutazione e di accantonamento annuale, uniti al riaccertamento sempre annuale delle insussistenze dell'attivo». E inoltre a pagina 161 si legge che: «(...) a cui si aggiunge una ridotta capacità di riscossione rappresentato dall'aumento dei residui attivi»;
   nella tabella 74 della suddetta relazione si può vedere con relativa facilità come il «fondo svalutazione crediti contributivi» sia in aumento: 34.419 milioni di euro per il 2012, 38.938 milioni per il 2013 e 42.937 milioni per il 2014;
   la Corte dei Conti a pagina 188 della suddetta relazione, rileva ancora una volta che: «Per quanto concerne le partecipazioni detenute dall'Inps in varie società a gestione privata, e in particolare in Equitalia, nella GETI, nell'IGEA e in SISPI, si conferma l'esigenza di una verifica della loro motivazione e comunque della ricerca di una redditività che almeno ne giustifichi la partecipazione stessa» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suddetti e, per quanto di competenza, quali iniziative intendano intraprendere al fine di sopperire alle criticità denunciate nella relazione della Corte dei Conti in merito alla funzione degli agenti di riscossione (AdR) con specifico riguardo all'andamento del recupero crediti dell'INPS;
   se non ritengano necessari maggiori approfondimenti con lo scopo di accertare in modo inequivoco gli importi riscossi da Equitalia e definire in maniera risolutiva se l'utilizzo di Equitalia come strumento di riscossione, sia ottimale o meno per le casse dello Stato e dei singoli cittadini, nonché per le casse stesse dell'INPS;
   se ai Ministri interrogati non appaia urgente, per quanto di competenza, attuare una attenta analisi e verifica dei dati forniti da INPS, Corte dei Conti ed Equitalia, comparandoli nello specifico con i dati riportati nel fondo svalutazione crediti contributivi, che appare all'interrogante in costante aumento ed in contrasto con quanto emerge da questa relazione del 2013-2014;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano necessario, come più volte segnalato dalla stessa Corte dei Conti e dallo stesso Civ, verificare l'utilità di mantenere o meno la partecipazione all'interno di Equitalia da parte di INPS con particolare attenzione alla possibile «internalizzazione delle attività di riscossione dato che da questa deriverebbero minori aggi e spese di procedura a favore dei concessionari e attenuazione degli aggravi a carico dei contribuenti».
(5-08306)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 281 del 1991 è la norma con cui lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente;
   il principio generale e ispiratore della sopraddetta norma è stato però applicato in maniera eterogenea in ambito regionale. Specialmente se ci si riferisce alla salvaguardia e al contrasto del maltrattamento degli animali, come ad esempio, la pratica da più parti denunciata dell'esposizione nelle vetrine dei negozi di animali d'affezione vivi;
   tale pratica commerciale espone gli animali a pericolosi rischi per la loro salute: in estate possono essere esposti al rischio di colpo di calore, in inverno sono spesso esposti ad infreddature. Inoltre, la presenza di animali in vetrina può causare traumi da sovraesposizione; basta immaginare durante la giornata quante persone possano picchiettare con la mano il vetro per attirare l'attenzione; così come ad esempio avviene per i pesci negli acquari;
   ad oggi, sulla materia, solo la regione Lombardia pone un preciso divieto, ovvero: «divieto di esporre nelle vetrine degli esercizi commerciali o all'esterno degli stessi tutti gli animali d'affezione», intendendo per questi ultimi quelli che «stabilmente od occasionalmente convivono con l'uomo, mantenuti per compagnia e che possono svolgere attività utili per l'uomo»;
   secondo l'odierno orientamento giurisprudenziale in tema di salute degli animali, come anche sottolineano le maggiori associazioni animaliste nazionali, se uno o più animali vengono detenuti oppure esposti in condizioni di sofferenza, senza alcuna possibilità di sottrarsi alla vista dell'uomo o a fonti di luce, rumori o comunque molestie di altro genere, è comunque ravvisabile l'ipotesi di maltrattamento e detenzione incompatibile di animali, punibile come ricordato già in passato dal nostro codice penale agli articoli 727 e 544-ter;
   da verificare sarebbe anche il rispetto della previsione dell'età di vendita dell'animale ex decreto legislativo n. 529, 30 dicembre 1992 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della questione e se non intendano valutare l'opportunità di assumere le iniziative di competenza per uniformare in tutta Italia la disciplina dell'esposizione degli animali d'affezione in vetrina, a tutela della salute degli stessi, vietandola. (4-12729)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Vargiu ed altri n. 1-01191, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Gullo e, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme si intende così modificato: Vargiu, D'Incecco, Gullo, Binetti, Matarrese, Galgano, Capua, Quintarelli, D'Agostino, Bombassei, Catania, Librandi, Vezzali.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Carocci n. 5-08115, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 590 del 15 marzo 2016.

   CAROCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 febbraio 2016 è stata inviata alle scuole la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prot. n. 674 e tutta la documentazione allegata riguardante i viaggi di istruzione e le visite guidate;
   in tal senso, se da una parte appare positivo, nell'ambito delle iniziative dirette ad accrescere i livelli di sicurezza stradale, il coinvolgimento del personale della polizia stradale nell'organizzazione delle visite di istruzione, al fine di rendere più sicuro il trasporto scolastico in occasione della partecipazione degli studenti ai viaggi di istruzione, dall'altra appare eccessiva l'assegnazione dei compiti di controllo e sicurezza assegnati agli insegnanti;
    infatti, essi sono chiamati a controlli sullo stato di usura dei pneumatici, dell'efficienza dei dispositivi visivi e di illuminazione, della presenza dell'estintore e dei dischi con l'indicazione delle velocità massime poste sul retro del mezzo;
   sono anche chiamati a valutare l'idoneità del conducente, i documenti di viaggio e la sua condotta durante il tragitto;
   sembra evidente che la circolare imponga ai docenti accompagnatori eccessive verifiche sui mezzi noleggiati e sul conducente;
   prima dell'invio di questa circolare, il dirigente scolastico già doveva recepire tutta la documentazione sulla regolarità delle imprese di trasporto attraverso la stipula del contratto con l'azienda di trasporto; tal senso, erano stati chiaramente predisposti strumenti al fine di rendere sicuro il trasporto scolastico in occasione dei viaggi di istruzione;
   dunque, pur comprendendo l'allarme suscitato dai gravi fatti accaduti nel passato sembra esorbitante rispetto ai compiti propri l'assegnazione ai docenti di controlli così specifici che li chiamano ad un'eccessiva responsabilità;
   inoltre, come segnalato dalla Confartigianato Liguria, tale circolare non solo trascura i ripetuti controlli a cui i mezzi delle aziende sono sottoposti nel corso dell'anno, ma che determina anche forti contraccolpi economici sul settore;
   infatti, a poco più di un mese dall'entrata in vigore, la circolare ha già avuto i suoi effetti negativi: sono già molte le prenotazioni per le gite scolastiche a essere state disdette;
   in tal senso, questa norma potrebbe davvero mettere a rischio posti di lavoro e danneggiare le piccole imprese di noleggio e di trasporto producendo effetti negativi sull'indotto recettivo; i viaggi di istruzione sono uno strumento di grande valenza culturale ed educativa e per questo sono coerentemente inseriti nella programmazione didattica: essi rappresentano un importante momento di socializzazione e apprendimento;
   tali esperienze costituiscono un arricchimento dell'offerta formativa; dunque, sono attività complementari a quelle istituzionali di insegnamento. Dette attività, certamente diverse da quelle tradizionali, possono essere anche parte integrante delle discipline curricolari o parte aggiuntiva delle stesse o del curricolo. Esse devono servire a completare la preparazione degli allievi;
   in tal senso, sarebbe opportuno che esse siano favorite e potenziate con tutti gli strumenti che l'Amministrazione può mettere a disposizione delle scuole –:
   se non si ritenga opportuno chiarire meglio le responsabilità dei docenti;
   se abbia valutato gli effetti negativi che tale circolare potrebbe avere sull'indotto ricettivo. (5-08115)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Crivellari n. 4-02185 del 16 ottobre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-02155;
   interrogazione a risposta scritta Nicchi e altri n. 4-07540 del 15 gennaio 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02153;
   interrogazione a risposta in Commissione Iacono n. 5-04852 del 26 febbraio 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02152;
   interrogazione a risposta in Commissione Crivellari n. 5-07802 del 17 febbraio 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02154;
   interrogazione a risposta orale Vezzali n. 3-02122 del 17 marzo 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-12724.