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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 14 marzo 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MAGORNO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato con sentenza n. 2576 del 20 maggio 2014 – emessa in riforma della sentenza del TAR Calabria – ha annullato il provvedimento commissariale (decreto n. 18 del 2010) mediante il quale era stata prevista la riconversione del presidio ospedaliero di Praia a Mare, declassificato da struttura ospedaliera a posto di primo intervento, con conseguente cancellazione delle attività di ricovero e chirurgia;
   a causa dei ritardi nell'attuazione della sentenza, era stato proposto dai comuni di Praia a Mare e Tortora giudizio di ottemperanza al fine di dare esecuzione alla sentenza del giudice amministrativo e consentire la eventuale riapertura della struttura ospedaliera, previa l'effettuazione delle verifiche istruttorie previste nella sentenza stessa;
   la sentenza n. 2968/2015 del Consiglio di Stato nominava, in caso di perdurante inerzia, un commissario ad acta nella persona del dottor Domenico Di Lallo, al quale sarebbe spettato il compito di dare esecuzione alla sentenza del 2014;
   il 4 dicembre 2015 il dottor Di Lallo a quanto risulta all'interrogante, non avendo ricevuta alcuna risposta e la necessaria assistenza istruttoria da parte del commissario per il piano di rientro del deficit sanitario della Calabria ingegner Massimo Scura nominato dal Consiglio dei ministri il 12 marzo 2015, rassegnava le dimissioni dall'incarico assegnatogli dal Consiglio di Stato;
   con l'emanazione del Decreto n. 30 del 3 marzo 2016 a firma del commissario per il piano di rientro del deficit sanitario, avente ad oggetto la riorganizzazione delle reti assistenziali in ambito sanitario riferito alla programmazione ed adeguamento delle dotazioni di posti letto ospedalieri accreditati (pubblici e privati), l'ingegner Scura non ha recepito l'indicazione della sentenza del Consiglio di Stato affermando che il pronto soccorso più vicino a Praia a Mare è quello della casa di cura Tricarico di Belvedere Marittimo (tra l'altro a 35 chilometri di distanza), e contestualmente ridimensiona lo stesso pronto soccorso di Belvedere Marittimo che per oltre il 60 per cento viene sostanzialmente chiuso;
   non appare facilmente comprensibile come possa darsi corso alla esecuzione del Consiglio di Stato dal momento che, da una parte si è dato corso ad un processo di riordino della rete ospedaliera con il provvedimento in parte qua annullato, dall'altro non si conoscono gli esiti della rinnovata attività istruttoria e le eventuali misure adottate per garantire i livelli essenziali di assistenza (LEA);
   in presenza di una determinazione tanto irrazionale i sindaci dei comuni ricadenti nel Tirreno Cosentino, con voce unanime, hanno chiesto al Governo la rimozione del commissario Scura, l'immediata esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato che ha stabilito la riapertura dell'ospedale di Praia a Mare, la revoca del decreto n. 30 del 3 marzo 2016, la rivisitazione della rete ospedaliera del Tirreno cosentino sia pubblica che privata, e la nomina di un nuovo commissario di concerto ed intesa con il presidente della Regione Calabria, on. Mario Oliverio, sentito il territorio e sindaci di tutti i comuni interessati;
   gli atti prodotti dalla struttura commissariale della sanità calabrese composta dal commissario ingegner Massimo Scura e dal subcommissario Andrea Urbani hanno prodotto fortissime reazioni in tutto il territorio della regione Calabria, con pronunciamenti di sindaci, amministratori locali, medici ed operatori sanitari, che stanno sfociando in clamorosi atti di protesta –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere al fine di porre rimedio ad una situazione di gravissima conflittualità istituzionale che gli atti della struttura commissariale della sanità calabrese stanno producendo;
   in particolare, quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere per garantire i livelli essenziali di assistenza e, in coerenza con quanto previsto dalle sentenze del Consiglio di Stato, per assicurare adeguati presidi ospedalieri nell'area dell'Alto Tirreno cosentino, e nel comune di Praia a Mare. (3-02105)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in Italia l'esecuzione delle sentenze di condanna pronunciate dalle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti rimane nell'esclusiva cura delle amministrazioni beneficiarie delle pronunce ad esse favorevoli;
   il pubblico ministero contabile non diventa creditore nei procedimenti di sequestro conservativo; infatti i tentativi di fargli assumere tale ruolo si scontrano con problemi di natura pratica, tra quali il deposito di un fascicolo dell'esecuzione nella sezione giurisdizionale, ossia la legittimazione del pubblico ministero contabile davanti al giudice ordinario;
   l'esecuzione delle sentenze è quindi affidata agli stessi enti degli amministratori infedeli: la riscossione effettiva dei fondi chiesti dai magistrati a chi ha rovinato i conti pubblici è commissionata agli stessi enti danneggiati, i quali spesso non hanno tra le loro priorità quella di chiedere i danni ai propri dirigenti o agli amministratori in carica od ex;
   quando arriva la condanna, l'azione dei magistrati contabili si traduce in una somma di denaro, poiché la Corte chiede agli amministratori infedeli di risarcire ai bilanci pubblici il danno erariale prodotto dai loro comportamenti;
   al momento l'esecuzione delle sentenze della Corte dei conti rimane un dato esogeno all'attività delle procure contabili e a quest'ultime spetta il compito di far valere la pretesa risarcitoria fino a costituire il credito erariale fornendogli idonea garanzia di realizzo;
   fin quando non sarà attuata la «riforma Madia» (legge 124 del 2015) della pubblica amministrazione il pubblico ministero non potrà, infatti, far altro che applicare il meccanismo appena descritto;
   durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016 il procuratore generale della Corte dei conti ha illustrato alcuni dati per il quinquennio 2011-2015: condanne per 3,7 miliardi di euro in primo grado e 646 milioni in appello, mentre nelle casse degli enti pubblici sono entrati soli 213 milioni;
   ad influenzare i dati sopra riportati, rientra anche la maxi condanna pronunciata contro i gestori di slot machine che non avevano collegato le macchine al sistema di controllo dei Monopoli e così i 2,4 miliardi di euro chiesti nel 2012 dalla sezione giurisdizionale del Lazio, si sono assottigliati tra il condono dato nel 2013 e la riforma in appello giunta l'anno dopo, per chi non aveva aderito alla «definizione agevolata»;
   se si osservano le cifre del solo appello, i 213 milioni di euro recuperati sui circa 646 milioni per condanne coperte da giudicato o esecutive è pari a circa il 33 per cento di introiti sull'ammontare delle condanne, con un 66 per cento mai riscosso;
   inoltre, nel 2015 il numero delle sentenze di condanna in I grado è stato pari a 693 su un totale di 985 decisioni complessive (corrispondenti a 331,919 milioni di euro) e, dei 426 giudizi definiti in II grado (per un totale di 584,163 milioni di euro non comprensivi dei condoni), 242 si sono conclusi con sentenza di condanna;
   il problema della riscossione è stato creato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 260 del 1998 che affida alle amministrazioni danneggiate il recupero delle somme, mentre le procure contabili sono solo avvisate dell'avvio e della fine della procedura;
   l'accertamento giudiziale del danno erariale compendia in sé una finalità tipicamente risarcitoria con una selezione delle responsabilità sul modello penalistico e, pertanto, presuppone un'attività istruttoria e giudiziaria di particolare complessità rispetto alla quale, per quanto importante sia l'effettiva soddisfazione del credito erariale, l'esecuzione da sola non contribuisce alla valutazione dell'efficacia della giurisdizione di responsabilità amministrativa;
   in attesa dei decreti delegati di attuazione della legge n. 124 del 2015, l'esecuzione dei sequestri è nella cura delle amministrazioni creditrici che ricevono comunicazione del deposito della sentenza di condanna tramite le procure contabili e che hanno l'obbligo di estrarre copia ai fini dell'esecuzione;
   tuttavia, è dal momento del deposito della copia della sentenza esecutiva, e non della comunicazione, che decorre il termine di sessanta giorni per il compimento dell'attività imposta al sequestrante. Alle procure non resta che vigilare sulla celerità di detti adempimenti, onde evitare che il mancato tempestivo deposito della sentenza di convalida del sequestro conservativo immobiliare, nel predetto termine, determini l'estinzione del processo esecutivo  –:
   se Governo non reputi di fondamentale importanza assumere iniziative normative atte consentire l'abilitazione della procura della Corte dei conti a porre in essere tutte le attività necessarie all'effettiva riscossione dei crediti, al fine di permettere alla casse delle pubbliche amministrazioni di rientrare in possesso, in tempi brevi, dei capitali defraudati dal personale corrotto. (4-12498)


   COSTANTINO, DURANTI, RICCIATTI e NICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 14 febbraio 2016, in occasione del derby di Lega Pro, tenutosi a Cosenza tra le squadre di Cosenza e Catanzaro, i tifosi ultras della squadra ospite, quella del Catanzaro, hanno esposto un grande striscione a sfondo omofobo contro la squadra ospitante e un altro contro il recente decreto-legge Cirinnà;
   in data 6 febbraio 2016, in occasione della partita Catanzaro-Benevento, tenutasi nel capoluogo calabrese, lo stesso gruppo di ultras catanzaresi ha intonato un coro inneggiante allo stupro contro il presidente della propria squadra, Giuseppe Cosentino, e la figlia Gessica;
   lo sport deve essere considerato non solo uno strumento di inclusione e di socializzazione nel rispetto degli avversari e dei compagni di squadra, ma anche uno strumento di trasmissione dei valori della non violenza e di integrazione oltre che di competizione agonistica;
   i luoghi preposti a qualsiasi attività sportiva non possono servire da megafono per diffondere odio di genere e omofobico da parte di quelle sacche più violente e retrograde che frequentano i nostri stadi –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative intenda assumere per contrastare questi comportamenti anti-sportivi e discriminatori e che genere di iniziative culturali intenda intraprendere per prevenire questo fenomeno sempre più ricorrente nelle attività di tifoseria calcistica del nostro Paese. (4-12505)


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la decisione della Banca centrale europea avvenuta la scorsa settimana di ridurre ulteriormente i tassi d'interesse e il costo del denaro, dallo 0,5 per cento allo 0,0 per cento, e contemporaneamente, acquistare titoli obbligazionari attraverso lo strumento del quantitative easing sia in quantità, per un importo da 60 a 80 miliardi di euro al mese, che in qualità, prevedendo l'estensione dei bond nei riguardi delle aziende più solide, rappresenta a giudizio dell'interrogante, una scelta di politica monetaria estremamente interessante e condivisibile;
   in particolare, tale decisione ha attivato soprattutto un meccanismo finanziario senza precedenti, che di fatto remunera il sistema bancario, mentre lo finanzia, a condizione che le banche facciano circolare l'enorme quantità di denaro ricevuta nell'economia reale, per sostenere le imprese e le famiglie;
   secondo l'analisi di Prometeia, come risulta da un articolo pubblicato dal quotidiano « la Repubblica», il 13 marzo 2016, ci sono potenzialmente oltre 300 miliardi di euro che le banche potranno prendere a prestito a lungo termine, con un tasso d'interesse almeno pari a zero e, se aumenteranno i loro bilanci attivi, la procedura sarà prevista anche in termini negativi;
   tale meccanismo, che risulta essere alla base delle nuove Tltro (il processo che prevede un'asta mediante la quale, vengono erogati prestiti quadriennali alle banche dell'eurozona, con rendimento leggermente superiore a quello del tasso di riferimento, ma che può scendere anche al livello del tasso sui depositi, ad oggi a –0,40 per cento) prevede quattro operazioni trimestrali che inizieranno da giugno, alle quali le banche potranno accedere per una misura determinata dal totale di prestiti (ma non mutui) che hanno erogato a imprese e famiglie alla fine del mese di gennaio 2016;
   se nelle prime aste ci si limitava al 7 per cento di quell'ammontare, con la decisione della scorsa settimana, la Bce ha fatto salire l'ammontare a quasi un terzo: si tratta di 1.700 miliardi di euro in tutta Europa; tuttavia, come riporta l'articolo di stampa in precedenza richiamato, l'analisi della Prometeia rileva che la stessa Bce si è dichiarata disposta a pagare le banche se si fanno prestare denaro a condizione da trasferire al sistema economico;
   il tasso delle nuove Tltro, infatti, potrà scendere «sottozero» (fino allo 0,4 per cento, tenendo in considerazione il nuovo parametro) se gli istituti di credito chiederanno fondi oltre una certa soglia e, per le banche italiane, tale procedura significa fino a 317 miliardi di euro in più di finanziamenti a lungo termine (il 30 per cento dello stock di prestiti eleggibili al 31 gennaio 2016), che ridurranno ulteriormente l'esigenza di emettere bond per «rimpiazzare» quelli in scadenza nei prossimi mesi, proteggendosi così dalla volatilità del mercato;
   tale effetto, evidenzia il documento della Prometeia, dovrebbe essere in grado di contrastare l'impatto negativo di tassi più bassi sul conto economico;
   in dettaglio, il tasso di base delle Tltro sarà pari a quello principale (quindi a zero e secondo le dichiarazioni del Governatore della Bce Mario Draghi lo «resterà a lungo»); tuttavia si potrà arrivare fino allo 0,4 per cento del tasso sui depositi, qualora le banche si dimostrino virtuose, crescendo del 2,5 per cento annuo i loro impieghi, mentre per quelle che lo faranno di una frazione di questo ammontare, ci sarà un beneficio frazionale rispetto al –0,4 per cento massimo;
   inoltre, se si applica il tasso più vantaggioso (-0,4 per cento) sul totale dei prestiti che le banche possono richiedere (317 miliardi di euro), si ha un potenziale beneficio da 1,25 miliardi di euro l'anno, affinché il sistema delle imprese e delle famiglie possa usufruire, a seguito dei processi previsti da tale meccanismo regolatorio, dei prestiti bancari;
   l'interrogante evidenzia, come il rapporto della Prometeia riportato dal quotidiano « la Repubblica», contiene elementi importanti e significativi con particolare riferimento agli stimoli rivolti al credito, nonché ai tentativi di rinforzare i livelli economico-finanziari delle imprese e delle famiglie che sono ancora fragili;
   al riguardo, l'interrogante rileva, altresì, come, in considerazione di quanto avvenuto nel passato, alle decisioni di politica monetaria assunte in ambito internazionale (proprio per stimolare la ripresa economica dei Paesi dell'area euro e, in particolare, quelli in condizioni di estrema difficoltà economica come l'Italia), non siano seguiti, in termini effettivi, interventi di adeguamento (peraltro dovuti), da parte del sistema bancario, nell'erogazione dei prestiti nei riguardi delle imprese e delle famiglie, il cui atteggiamento di rigidità ha contribuito a rallentare il processo di ripresa e di crescita della domanda interna;
   l'eccessiva rigidità nelle valutazioni dei parametri relativi all'accesso al credito e dei finanziamenti bancari anche connessi al micro-credito, come dimostrano peraltro numerosi indicatori statistici ufficiali, ha determinato conseguentemente, a parere dell'interrogante, ripercussioni pesanti aggravando la crisi economica e riducendo spese importanti ed investimenti;
   gli operatori creditizi, a giudizio dell'interrogante, per ridurre al minimo i loro rischi hanno preferito rendere più severe e difficili le politiche di concessione del credito irrigidendo, come già detto, esageratamente i parametri necessari per poter superare le istruttorie dei finanziamenti, nonostante le raccomandazioni a più riprese da essi ricevute, da parte della Banca centrale europea, affinché destinassero nel recente passato l'enorme quantità di denaro ricevuta attraverso i meccanismi del quantitative easing, condizione peraltro prevista proprio come finalità dell'operazione;
   potenziare il sistema di vigilanza, da parte del Governo in carica, secondo l'interrogante, risulta urgente e necessario, alla luce delle decisioni di politica monetaria assunte in ambito europeo, in modo da monitorare l'operato del sistema bancario e creditizio, affinché sostenga effettivamente l'economia reale, sul lato della domanda dei prestiti alle famiglie e alle imprese: tale processo, secondo l'interrogante, è stato troppo spesso disatteso dalle stesse istituzioni creditizie –:
   quali orientamenti il Governo intenda esprimere con riferimento a quanto esposto nella premessa;
   se intenda condividere le osservazioni dell'interrogante sulla necessità di assumere iniziative per potenziare la vigilanza nei riguardi del sistema bancario, affinché provveda effettivamente a sostenere l'economia reale ovvero le imprese e le famiglie, aumentando i livelli dei prestiti bancari a seguito delle decisioni assunte la scorsa settimana, con il doppio intervento della riduzione del costo del denaro e dell'acquisto dei titoli obbligazionari da parte della Bce, attraverso il quantitative easing;
   in caso affermativo, quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere, al fine di verificare gli effetti delle misure di sostegno al credito da parte del sistema bancario nei confronti delle imprese e delle famiglie, a seguito dei meccanismi previsti dal quantitative easing, che, a giudizio dell'interrogante, non devono favorire esclusivamente il sistema bancario, ma l'intera economia interna del Paese. (4-12512)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, DI BATTISTA, GRANDE, SCAGLIUSI, SIBILIA e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 20 marzo 2015 il Ministro interrogato annunciava mediante un comunicato stampa la nascita del gruppo di lavoro sul contrasto al finanziamento dell'ISIL (GCFI);
   il comunicato citava testualmente «... 19 e 20 marzo, Italia, Stati Uniti e Arabia Saudita hanno co-presieduto presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale la prima riunione del Gruppo di Lavoro sul Contrasto al Finanziamento dell'ISIL (GCFI). I rappresentati di 26 Paesi e organizzazioni internazionali si sono riuniti alla Farnesina per analizzare i flussi di finanziamento dell'ISIL, condividere le fonti di intelligence e coordinare i loro sforzi per contrastare le attività finanziarie ed economiche dell'organizzazione terroristica. Al termine dei lavori, è stato adottato un Piano d'Azione»;
   tra gli obiettivi del gruppo di lavoro si sottolineano: prevenire l'utilizzo da parte dell'Isis del sistema finanziario internazionale, contrastare l'attività estorsiva dell'Isis e lo sfruttamento di asset economici e risorse come il petrolio, prodotti agricoli, beni archeologici, depositi bancari che si trovano o transitano nel territorio del Daesh, interrompere il flusso di fondi provenienti dall'estero, inclusi quelli delle donazioni esterne, combattenti stranieri o derivanti da rapimenti a scopo estorsivo;
   oltre alle co-presidenze affidate all'Italia e all'Arabia Saudita, rientrano nel gruppo di lavoro anche gli Stati Uniti (anch'essi co-presidenti), l'Australia, il Bahrain, la Bulgaria, il Canada, la Danimarca, la Francia, la Georgia, la Germania, l'Iraq, il Giappone, la Giordania, il Kuwait, la Lettonia, il Libano, i Paesi Bassi, la Nuova Zelanda, il Panama, il Qatar, la Spagna, la Turchia, gli Emirati Arabi Uniti, il Regno Unito, l'Unione europea e il Financial Action Task Force (FATF);
   il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha anche specificato che il gruppo di lavoro si sarebbe riunito regolarmente a partire dalla riunione annunciata in Arabia Saudita nella prima metà di maggio 2015; peraltro, in riferimento a quest'ultima riunione, non si è riscontrato nessun comunicato ufficiale da parte del Ministero;
   il 26 novembre 2015, il Ministro Paolo Gentiloni, intervenendo al question time alla Camera dei deputati, in risposta alle critiche sulla presenza degli stessi i finanziatori dell'Isis tra i Paesi del gruppo di lavoro come l'Arabia Saudita, ha confermato la necessità che l'alleanza contro l'Isis sia la più ampia possibile: «Quello che non possiamo immaginare è che la coalizione sia solo un gruppo di Paesi iper-omogenei... Ciò non vuol dire non avere una posizione» su determinate questioni, ad esempio non significa «non difendere il diritto dei curdi, che sono in prima linea e che noi armiamo, addestriamo e difendiamo»;
   a distanza di un anno dalla prima riunione, quindi, non sono stati resi noti i lavori portati avanti dal GCFI –:
   quali risultati abbia ottenuto il gruppo di lavoro (GCFI), quali aggiornamenti si siano nel frattempo verificati e secondo quale modalità il Governo intenda comunicarli. (4-12500)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Centro per il libro e la lettura (Cepell) è istituto autonomo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ed ha il compito di divulgare il libro e la lettura in Italia e di promuovere all'estero il libro, la cultura e gli autori nazionali;
   nel 2013 il Centro per il libro e la lettura ha avviato il progetto «Città del libro», mirato ad individuare forme organiche di promozione e collaborazione e concepito quale strumento che fornisca al pubblico tutte le informazioni relative agli eventi letterari organizzati sul territorio. Il progetto è connesso all'implementazione del portale web «Le città del libro», che ha l'obiettivo di aprire un canale di comunicazione con il pubblico, censire e dare visibilità alle città del libro, mettere a confronto esperienze e modelli organizzativi e favorire l'accesso alla documentazione testuale, fotografica ed audiovisiva prodotta nell'ambito delle singole manifestazioni; lo scopo è quello di fornire sulle iniziative organizzate dalle città del libro informazioni aggiornate, dettagliate, qualitativamente affidabili e facilmente accessibili;
   il sito web istituzionale del centro per il libro e la lettura www.cepell.it elenca i requisiti per il riconoscimento del titolo «città del libro», che sono i seguenti: essere un festival/manifestazione che abbia come obiettivo la promozione della lettura e dei libri, continuità dell'iniziativa nel tempo (almeno 3 anni), durata dell'iniziativa pari o superiore a 3 giorni, originalità e innovatività delle tematiche e/o delle formule organizzative, partecipazione di autori e/o editori di fama nazionale e internazionale, capacità di comunicazione e rilievo sui mezzi di informazione, ricaduta sullo sviluppo culturale del territorio (ad esempio, capacità d'attrattiva; rapporti consolidati con scuole e/o biblioteche), patrocinio e/o sostegno di un ente nazionale, capacità di autofinanziamento e di coinvolgimento di sponsor, capacità di coinvolgimento dei potenziali utenti;
   dal 2013, il comune di San Giorgio Morgeto, in provincia di Reggio Calabria, in adesione alla giornata mondiale del libro e del diritto d'autore, istituita e promossa dall'UNESCO e celebrata ogni anno in tutto il mondo nella data del 23 di aprile, organizza una serie di manifestazioni culturali e letterarie, con l'intento di promuovere la diffusione della lettura quale buona pratica quotidiana, su un territorio incluso in un'area caratterizzata da elevatissimi indici di dispersione scolastica, disoccupazione giovanile e scarsa propensione alla lettura, come risulta dalle ultime rilevazioni ISTAT. L'iniziativa, senza scopo di lucro e portata avanti su base esclusivamente volontaria e con lo sforzo profuso dal comune di San Giorgio Morgeto, è riproposta annualmente e dettagliatamente descritta sul sito web dedicato, www.unarosaunlibro.it. La manifestazione ha ottenuto il patrocinio della Commissione nazionale italiana per l'UNESCO, che ha rilevato come l'iniziativa sia coerente con i principi che ispirano le finalità dell'UNESCO, ed è divenuto un evento ormai tradizionale, anche perché conciliato con la festa patronale che ricade nello stesso giorno e quindi fortemente sentito dalla società civile, in specie dai bambini che partecipano attivamente;
   nel 2015, il comitato promotore dell'evento presso il comune di San Giorgio Morgeto, avendo riscontrato la sussistenza della propria manifestazione rispetto a tutti i requisiti necessari per il progetto «città del libro», richiede all'indirizzo istituzionale del centro per il libro e la lettura, informazioni rispetto alle procedure di partecipazione al programma e per valutare la possibilità di far inserire la città di San Giorgio Morgeto nell'elenco delle città riconosciute dal Cepell, appunto, come «città del libro» ed invia a tal fine, la documentazione necessaria alla presentazione dell'evento ed alla descrizione dello stesso. Da questa richiesta sono emerse varie anomalie, segnalate all'interrogante, nelle procedure di gestione dei progetti da parte del centro per il libro e la lettura: oltre ad una gestione meramente discrezionale; a giudizio dell'interrogante emergono quelli che appaiono profili di grave incompetenza nella valutazione dei progetti e scarsa propensione ad una valutazione oggettiva delle iniziative portate all'attenzione degli organi preposti;
   l'amministrazione risponde con grande ritardo e comunque dopo reiterate sollecitazioni e, cosa che all'interrogante appare ben più grave, denotando scarsa attenzione rispetto all'attività segnalata. L'amministrazione del Cepell preposta alla gestione del progetto, infatti, sostiene che la manifestazione non sia in possesso dei requisiti necessari, mentre invece gli stessi requisiti (con particolare riferimento alla durata in tre giorni, contestata dal Cepell) erano stati chiaramente evidenziati al momento della richiesta di informazioni, come è possibile documentare dalla intercorsa corrispondenza;
   emergono altresì secondo l'interrogante profili di scarsa competenza nella valutazione della manifestazione: l'amministrazione, nuovamente sollecitata e pregata di riesaminare la manifestazione, afferma che alla stessa non erano presenti autori di fama nazionale o internazionale. Anche questo dato appare all'interrogante facilmente confutabile, dato che nel programma inviato al Cepell erano ben evidenziati i nomi di almeno due importanti autori che hanno partecipato sia alla fiera del libro che alla conferenza introduttiva, e noti sia in Italia che all'estero, uno dei quali peraltro, è candidato al Premio Nobel per la letteratura;
   l'interrogante rileva come l'atteggiamento emerso da questa vicenda sia assolutamente incompatibile ed inconciliabile con i principi e criteri direttivi che dovrebbero guidare l'azione amministrativa e le attività degli enti ed istituti collegati al Ministero dei beni e delle attività culturali, o istituiti autonomi dello stesso, come lo è il Cepell. Il riferimento è ai principi di leale collaborazione istituzionale, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, divulgazione dei principi di premialità e meritocrazia, divulgazione, armonizzazione e promozione del dialogo tra territori e rafforzamento della coesione territoriale attraverso il vettore della cultura;
   nel caso di specie la questione appare ancor più inaccettabile, in considerazione della circostanza che la richiesta di partecipazione al programma nazionale proviene da una piccola comunità civile inserita in un contesto generale di grande ritardo di sviluppo sia economico che culturale; una comunità che nel tentativo di invertire le tendenze negative registrate sul territorio, con grande sforzo ed in spirito di leale cooperazione ed integrazione tra cittadini volontari ed istituzioni amministrative, nonché riponendo massima fiducia nelle istituzioni di governo centrale, promuove iniziative ed attività culturali dirette alle nobili finalità di innalzamento dei livelli di partecipazione civile ed inclusione sociale, di avvicinamento tra letteratura e giovani generazioni, coinvolgendo la società civile a tutti i livelli;
   appare inoltre impellente, alla luce del sempre crescente divario tra Nord e Sud del Paese, effetto anche della persistenza di livelli ancora importanti del digital divide, che le istituzioni e gli organi preposti alla valorizzazione del patrimonio culturale ed alla crescita culturale, prestino la massima attenzione a tutte le istanze provenienti dalla società civile e dalle formazioni sociali che operano per il progresso sociale e culturale delle comunità di appartenenza, in specie quando dette attività sono portate avanti su base volontaria e senza fini di lucro e con l'intento di sensibilizzare la società rispetto a temi di grande rilevanza, quali l'inclusione sociale, la disabilità, il patrimonio culturale e le nuove tecniche di comunicazione. Infine, l'interrogante rileva come sia essenziale, nel comparto della cultura, favorire pari opportunità di accesso a tutti i programmi di cooperazione e dialogo tra territorio ed istituzioni, includendo anche le unità amministrative più piccole, ed evitare ingiustificate discriminazioni tra gli enti territoriali della Repubblica –:
   se il Ministro ritenga di poter avviare, conformemente al proprio ruolo di impulso e coordinamento delle azioni di tutela del patrimonio culturale, un'iniziativa di verifica sulla qualità delle attività realizzate dal Centro per il libro e la lettura e sull'adeguatezza delle modalità di valutazione e selezione dei progetti, rispetto alle finalità istituzionali di promozione della lettura su tutto il territorio nazionale. (4-12499)


   VEZZALI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Archivio di Stato di Macerata, istituito come sezione di archivio di Stato con decreto ministeriale del 15 giugno 1941, iniziò a svolgere la sua attività il 1o luglio dello stesso anno; successivamente, con il decreto del Presidente della Repubblica del 30 settembre 1963, n. 1409, l'istituto cambiò la denominazione in archivio di Stato;
   la caratteristica dell'istituto è quella di conservare non soltanto il patrimonio documentale della città di Macerata e della provincia, ma anche di gran parte del territorio regionale;
   a partire dal XV secolo Macerata fu sede delle principali magistrature pontificie, della cosiddetta Marca di Ancona, con giurisdizione sull'intera regione;
   l'archivio conserva anche documentazione relativa podestà di Macerata, quello di Montefano, di Belforte del Chienti, di Recanati, di Montesanto (attuale Potenza Picena), di San Severino marche, e ai pretori di Montecassiano e di Monte San Martino;
   per l'epoca moderna si ricordano gli archivi dell'amministrazione dipartimentale e della prefettura del dipartimento del Musone, della Corte di giustizia civile e criminale, del tribunale del I dipartimento del Musone, dei giudici di pace di molti comuni;
   l'archivio di Stato di Macerata conserva anche le carte della delegazione apostolica della I Restaurazione, del periodo che precedette l'annessione delle Marche regno d'Italia napoleonico del 1808; molto ben documentato anche il periodo relativo alla II Restaurazione;
   particolarmente ricca la serie degli archivi notarili, tra cui spicca quello di Macerata a cui è annesso il cosiddetto Tabulario diplomatico (oltre ottocento frammenti di codici di pergamena), a partire dal XII secolo, di carattere giuridico, letterario, scientifico e religioso, recuperati all'inizio del secolo scorso;
   nell'archivio sono conservati i fondi di istituzioni religiose come la Confraternita del santissimo Sacramento di Macerata ed il Monastero di S. Caterina di Cingoli, con le sue 1095 pergamene;
   qui è conservato anche l'archivio della società dello Sferisterio, monumento fra i più significativi della città, costruito nella prima metà del secolo XIX per il gioco del pallone con il bracciale e che, da molti anni, ospita la stagione lirica estiva;
   l'Archivio di Stato di Macerata è situato in un immobile di recente costruzione, che ha depositi che si sviluppano su quasi 11 mila metri lineari di scaffalature, occupate da circa 122 mila unità archivistiche; le pergamene sono complessivamente 3550, la biblioteca di istituto raccoglie circa 22.900 volumi;
   per la sua natura istituzionale, l'Archivio di Stato di Macerata rappresenta, da oltre mezzo secolo, punto di riferimento obbligatorio per le ricerche sulla storia dell'antica Marca di Ancona e dell'attuale provincia di Macerata, come testimoniano le centinaia di pubblicazioni che hanno utilizzato i fondi archivistici, conservate nella biblioteca –:
   se ritenga che il finanziamento di 31 mila euro (solo per l'anno 2016) destinato alla «spolveratura straordinaria degli archivi notarili e giudiziari dell'Archivio di Stato di Macerata», che è inserito nella ripartizione dei fondi del programma triennale degli investimenti per il patrimonio, sia insufficiente a conservare un così prezioso e antico capitale di valore storico non solo per la provincia, ma per l'intera regione;
   se non ritenga che il maceratese meriti una maggiore attenzione da parte del Ministero, in considerazione del fatto che già lo scorso anno, l'esiguità dei fondi Fus, ha penalizzato lo Sferisterio;
   se non ritenga che, per il prossimo anno, si possa rivedere la lista dei beni ammessi al finanziamento e inserire l'Archivio di Stato di Macerata fra quelli destinatari di somme aggiuntive al programma triennale o beneficiari degli eventuali importi non spesi dagli assegnatari iniziali. (4-12506)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti stampa (La Nuova – 10 marzo 2016) che il 9 marzo 2016 intorno alle ore 12,00, gli abitanti della zona compresa tra le province di Taranto e Matera, hanno avvertito un doppio boato che ha fortemente spaventato la popolazione;
   i cittadini della provincia di Matera (Pomarico, Miglionico, Montescaglioso e Ferrandina) che hanno avvertito distintamente i due rimbombi, hanno contattato il corpo dei vigili del fuoco esprimendo una forte preoccupazione e chiedendo spiegazioni sul fenomeno avvertito;
   risulta, sempre da fonti stampa, che contemporaneamente nello stesso circondario è scoppiato un incendio nel comune di Santa Maria D'irsi di cui pare sia stata esclusa la correlazione con il boato;
   il Centro nazionale terremoti (Ingv) non ha rilevato nella zona interessata ai boati alcuna scossa di terremoto;
   il giorno 10 marzo 2016 la stampa locale ha ipotizzato come causa dei boati «un boom sonico generato dal passaggio ravvicinato di due jet militari. Tecnicamente è stato il suono prodotto dall'onda d'urto generata da un oggetto quando questo si muove in un fluido con velocità superiore a quella del suono. Un boato sonico viaggia attraverso l'aria quindi arriva in diversi luoghi in diversi momenti» (La Nuova – 10 marzo 2016);
   lo stesso giorno, l'Osservatorio ambientale del comune di Montescaglioso (MT) ha presentato una richiesta formale di chiarimenti sulle cause dei boati registrati il 9 marzo 2016, indirizzata al presidente della regione Basilicata, all'assessore all'ambiente, al sindaco di Montescaglioso (MT) e alla stazione locale dei carabinieri;
   l'Osservatorio ambientale del comune di Montescaglioso (MT), oltre a segnalare i fatti prima citati, ha evidenziato nell'atto «che la zona indicata è oggetto di ben due richieste di screening per la ricerca di idrocarburi denominate rispettivamente “il perito” e “La capriola”; in data 16 novembre 2015 i sottoscritti avevano presentato una richiesta indirizzata al Consiglio Regionale di Basilicata, al Sindaco di Montescaglioso per avere chiarimenti su episodi simili registrati in quel periodo»; «alla richiesta presentata in data 16 novembre 2015 erano state date solo risposte non ufficiali che attribuivano la causa dei boati al passaggio di un aereo che aveva superato il muro del suono o allo spurgo di una condotta del gas»;
   i componenti dell'Osservatorio ambientale hanno altresì richiesto agli enti destinatari della segnalazione di attivarsi indipendentemente dal fatto che gli episodi registrati il 9 marzo 2016 siano legati ad attività estrattive;
   nella zona del metapontino, come da notizie stampa, si erano già registrati dei boati nel 2013 e, successivamente, nell'ottobre 2015 che irrompevano nella quiete pubblica provocando paura e sgomento;
   sullo stesso tema, il 15 ottobre 2015, il Ministro della difesa rispondeva ad un'interrogazione in Commissione (n. 5-00076) del deputato Giovanni Burtone, nella quale si evidenziava il fatto che non vi fossero risposte ufficiali che spiegassero in modo chiaro ed esaustivo i boati improvvisi avvertiti dalla popolazione del metapontino. Come allora, anche il giorno 10 marzo 2016 la stampa ha ipotizzato potessero essere fragori legati alle esercitazioni militari in aria;
   il Ministro rispondeva dicendo che «non disponendo di elementi più dettagliati circa il luogo, il giorno e l'ora degli eventi cui fa riferimento l'Onorevole interrogante» non era possibile dare una risposta esaustiva e specificava che «All'interno di tale area si svolge regolarmente attività di volo a quote superiori ai 35000 ft (circa 12.000 metri) che sono, generalmente, sufficienti ad evitare le conseguenze connesse a “bang sonici”»;
   i fatti citati in premessa, confermati delle numerose testimonianze degli abitanti della provincia di Matera, necessitano di elementi dettagliati circa il luogo, il giorno e l'ora per formulare una risposta ufficiale che spieghi il fenomeno –:
   se sia a conoscenza di fatti sopra citati;
   quali siano l'origine, l'entità e le conseguenze dei boati e se intenda formulare una risposta ufficiale ed esauriente da offrire alla popolazione della zona interessata al fenomeno citato in premessa;
   se intenda porre in essere tutte le iniziative di competenza necessarie volte alla salvaguardia dei cittadini, affinché il caso in questione non si ripeta in futuro. (5-08103)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con ben due atti di sindacato ispettivo, il n. 4-11777 e n. 4-07707, l'interrogante ha posto all'attenzione del Ministro interrogato la campagna pubblicitaria della Marina militare italiana, al fine di convincere sempre più giovani ad arruolarsi nella Forza armata;
   non si capisce, però, la ragione per cui anche un'iniziativa caratterizzata dalle migliori intenzioni debba finire per l'apparire, a giudizio dell'interrogante, poco seria;
   l'anno scorso e agli inizi di quest'anno è stato denunciato l'uso secondo l'interrogante inutile e servile della lingua inglese con richiami dall'evidente segno anti-italiano negli slogan «lanciati» dai pubblicitari incaricati dallo Stato Maggiore della Marina;
   da poche settimane è stato divulgato, ad avviso dell'interrogante, con pubblico ludibrio e vergogna planetaria un video «promozionale» in cui i marinai italiani si autorappresentano alla stregua di ballerini;
   a giudizio dell'interrogante, questo video, prima che mostrare l'aspetto «simpatico» dei marinai evidenzia un lato poco edificante dell’«attuale» forza armata;
   l'ultimo video promozionale prodotto dalla comunicazione della Marina militare mostra i marinai che ballano e ridono secondo l'interrogante sguaiatamente, raccontando che su un'imbarcazione militare alla fine, ci si può comportare più o meno come se si fosse su un'imbarcazione turistica;
   come non bastasse l'operazione Mare Nostrum e il fatto che le navi siano utilizzate come «traghetti» per immigrati, a gettare discredito sulle Forze di mare, si aggiunge anche chi gestisce la comunicazione della Marina militare;
   gli spot precedenti davano il segno del provincialismo e sono stati la conferma che i giovani si arruolano nella Marina militare di quella che appare all'interrogante una Nazione senza spina dorsale;
   in questo vergognoso e inaccettabile video, i marinai diventano ballerini sulle note di «Happy» di Pharrell Williams anche se, c’è da dire, che ogni tanto almeno sulla pagina Facebook della Marina militare qualche immagine seria, militare, «navale» c’è, come quelle delle forze speciali o quella in cui si mostra un sottomarino super tecnologico corredando l'immagine con il testo dell’«Inno dei Sommergibilisti»;
   non è accettabile, però, che per «compensare», per paura di apparire troppo «cattivi», si debba poi cadere nel pressappochismo e nel ridicolo. Perché almeno la difesa armata dell'Italia deve rimanere una cosa seria. E perché anche dal punto di vista della comunicazione questa supposta «simpatia» non paga –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-12504)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FANUCCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 agosto 2015 è stato indetto dall'Agenzia delle entrate un interpello a livello nazionale per la copertura di posizioni organizzative speciali (POS) tra le quali erano previste quelle di «Capo reparto gestione banche dati e servizi tecnici» di 23 uffici capoluoghi di provincia e tra queste quella di Genova;
   nella domanda di partecipazione potevano essere indicate al massimo due città per le quali concorrere;
   l'interpello prevedeva una verifica preliminare tramite quiz ed un successivo colloquio di approfondimento cui potevano accedere soltanto coloro che nei quiz avessero raggiunto un punteggio pari o superiore al punteggio medio nazionale, maggiorato del 10 per cento, relativo alla tipologia di funzioni prescelta;
   nessuno dei candidati che aveva scelto la sede di Genova è stato ammesso ai colloqui di approfondimento;
   i colloqui di approfondimento, conclusi intorno a fine novembre 2015, sono stati effettuati da tutti gli ammessi al colloquio a Roma presso la sede dell'ex Agenzia del territorio in largo Leopardi di fronte ad una commissione nazionale formata dalla dottoressa Alemanno (vice direttrice dell'Agenzia delle entrate), dall'ingegner Maggio (direttore centrale cartografia catasto e pubblicità immobiliare), dal dottor de Luca (direzione centrale cartografia catasto e pubblicità immobiliare) e da due rappresentanti dell'area concorsi dell'Agenzia delle entrate esperti in esami per assunzioni (psicologi);
   sulla base dei colloqui la commissione indicava una terna di candidati per ogni sede, tra i quali i direttori regionali potevano scegliere il vincitore e quindi assegnargli la posizione;
   tra il 15 ed il 20 dicembre 2015 sono stati pubblicati gli elenchi dei nominativi cui sono state assegnate le posizioni organizzative speciali e la sede di Genova non risultava essere assegnata;
   in data 24 febbraio 2016 è uscito l'interpello nazionale per attribuire la posizione organizzativa speciale (POS) di Genova non assegnata con il precedente interpello;
   le modalità di valutazione in questo caso risultano essere diverse da quelle del precedente interpello non prevedendo la verifica preliminare (quiz), ma prevedendo esclusivamente una valutazione sulla base di «esame dei dati a disposizione dell'amministrazione, su eventuali colloqui individuali e su ogni altra modalità ritenuta utile ad approfondire le motivazioni degli interessati e ad apprezzarne le conoscenze, le competenze maturate, in relazione anche all'esperienza e alla preparazione tecnico-professionale dimostrate» –:
   quali siano le motivazioni per le quali l'Agenzia delle entrate ha ritenuto opportuno non rivolgere l'interpello pubblicato in data 24 febbraio 2016 per attribuire la posizione organizzativa speciale (POS) di Genova prima di tutto a coloro che erano risultati idonei nella procedura concorsuale nazionale pubblicata in data 7 agosto 2015, di cui Genova faceva parte, e che non hanno potuto dare disponibilità, anche per questa sede, esclusivamente per una limitazione nella possibilità di scelta in fase di presentazione della domanda;
   quali siano le motivazioni che hanno indotto a modificare le modalità di valutazione predisposte nell'interpello pubblicato in data 24 febbraio 2016 rispetto a quelle relative all'interpello del 7 agosto 2015 (quiz e successivo colloquio di approfondimento), nonostante entrambi gli interpelli avessero come finalità la copertura della posizione organizzativa speciale (POS);
   quali siano le motivazioni che hanno spinto, in merito all'interpello nazionale per attribuire la posizione organizzativa speciale (POS) di Genova, a indire un nuovo interpello aperto a tutti, compreso coloro i quali non erano risultati idonei alla verifica preliminare dell'interpello nazionale del 7 agosto, considerato che questo potrebbe portare a una situazione paradossale per la quale la posizione di Genova non sia assegnata a chi era risultato idoneo alla verifica preliminare e al colloquio di approfondimento ma venga assegnata a chi non era risultato idoneo a tali verifiche. (5-08101)


   MARIANI, BRAGA, BRATTI, BORGHI, CARRESCIA e REALACCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 557 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 (dispone che gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale attraverso, tra l'altro, la riduzione dell'incidenza percentuale di tali spese rispetto al complesso delle spese correnti (come previsto dalla lettera a));
   il comma 557-ter dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006 prevede che il mancato rispetto di quanto previsto dal citato comma 557 comporta il divieto per i suddetti enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale;
   in tale contesto normativo alcune amministrazioni comunali che, in un'ottica di buona gestione e sensibilizzazione alle tematiche ambientali, hanno organizzato la raccolta dei rifiuti estendendo la modalità «porta a porta», hanno abbandonato l'applicazione della tassa sui rifiuti (Tari) per passare alla «tariffa corrispettiva» di cui al comma 668 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2014;
   in primo luogo questa organizzazione consente di raggiungere e superare gli obiettivi di raccolta differenziata indicati dalle norme nazionali ed europee rendendo consapevoli i cittadini della incidenza di comportamenti virtuosi a tutela dell'ambiente e della salute e verificando un riscontro positivo diretto sui bilanci famigliari e degli enti locali;
   rispetto alla tassa, la tariffa offre numerosi vantaggi: essa è infatti un corrispettivo effettivo per il servizio per cui chi produce più rifiuti paga di più, è legata alla produzione della singola utenza, consente l'applicazione del principio «chi inquina paga» ed è riscossa dal gestore presso la generalità dei cittadini a copertura dei costi con notevole riduzione, per l'amministrazione comunale, di incombenze amministrative e di riscossione;
   il passaggio alla tariffazione puntuale e la riscossione diretta della tariffa da parte dello stesso gestore del servizio hanno comportato per le predette amministrazioni comunali il venir meno dell'entrata pari alla precedente tassa sui rifiuti e, conseguentemente, una riduzione delle spese correnti;
   qualora si intendesse applicare esclusivamente il comma 557 sopra citato, si determinerebbe – rispetto a queste amministrazioni virtuose – l'impossibilità di procedere ad assunzioni di personale per ragioni del tutto indipendenti dalle dinamiche concernenti la spesa di personale;
   detto divieto appare agli interroganti del tutto ingiustificato, in quanto non motivato da un comportamento inadeguato delle amministrazioni in questione, ma piuttosto da un comportamento virtuoso e suscettibile di generare non solo risparmi economici e amministrativi ma anche benefici di carattere ambientale;
   al fine di evitare un corto circuito tra obiettivi normativi, occorre intervenire con urgenza per interpretare correttamente la norma ed evitare che le amministrazioni comunali rinuncino al passaggio alla tariffa puntuale –:
   se il Governo intenda assumere iniziative per chiarire il corretto significato della norma, interpretandola nel senso che essa non si applica nei casi in cui i comuni adottino la tariffa puntuale sui rifiuti in luogo della Tari. (5-08105)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   CRIVELLARI, DAL MORO, D'ARIENZO, DE MENECH, MOGNATO, MURER, NARDUOLO, MORETTO, RUBINATO, ZAN, ZARDINI, ZOGGIA e ROSTELLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   da quanto dichiarato dalla prefettura di Rovigo, ovvero che «l'avvio di nuove strutture detentive non è tra le priorità del Governo, visto che si sono risolti alcuni problemi delle vecchie carceri in altre maniere», e risulta il momentaneo blocco dei lavori di realizzazione della nuova struttura penitenziaria della Città di Rovigo;
   per il nuovo carcere sono già stati spesi circa 29 milioni di euro e dal punto di vista strutturale il sito è di fatto terminato già da due anni;
   dal 2013 ad oggi sono stati costruiti anche 90 appartamenti di servizio destinati al personale della struttura e due destinati al comandante del Corpo di polizia penitenziaria;
   secondo quanto è possibile verificare non sarebbe stata costruita una sezione per i semiliberi;
   ad oggi non sarebbe stata eseguita la climatizzazione di molti locali all'interno;
   mancherebbero l'asfaltatura della strada esterna al carcere e quella interna ad esso e i mobili sia per i detenuti sia per il personale; non sarebbero state terminate le cucine; il nuovo carcere assorbirebbe almeno 150 agenti da aggiungere alla cinquantina già in servizio nella vecchia casa circondariale; lo stop alla realizzazione non è riconducibile all'impossibilità di assumere nuovi agenti in quanto è stato comunicato che a dicembre termina un corso di allievi di polizia penitenziaria (circa 370) e successivamente sarà indetto un concorso per 440 poliziotti penitenziari;
   la nuova struttura penitenziaria di Rovigo riveste un importante peso anche rispetto all'attuale carcere di via Verdi, il quale da tempo lamenta una situazione critica per spazi e disponibilità organizzative, con difficoltà per la popolazione carceraria e per il personale impegnato;
   il nuovo penitenziario permetterebbe di dare avvio alle progettualità di recupero e riqualificazione dell'area del vecchio carcere nel cuore della città stessa di Rovigo –:
   se intenda verificare le cause dell'interruzione dei lavori di ultimazione della nuova struttura penitenziaria presente tra la tangenziale cittadina e via Calatafimi a Rovigo e quali siano i tempi previsti per la fine del cantiere e successivamente per l'avvio delle attività penitenziarie. (3-02102)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è notizia di questi giorni che il nuovo carcere di Rovigo potrebbe costituire un caso emblematico di un'Italia che spreca denaro pubblico, cementificando inutilmente terreni produttivi, ennesimo esempio di cattedrali nel deserto abbandonate poi all'incuria ed al degrado;
   il prefetto di Rovigo, dottor Francesco Provolo ha, infatti, recentemente rilasciato dichiarazioni secondo non sarebbe nelle priorità del Ministero della giustizia l'apertura a regime del nuovo carcere di Rovigo, capace di ospitare 250 detenuti;
   tale notizia lascia del tutto sconcertati in quanto il progetto, del costo iniziale stimato in 20 milioni di euro per ciascuna delle due fasi dell'intervento, ha visto la realizzazione della prima parte, cioè la costruzione della struttura dell'istituto penitenziario oltre a 90 appartamenti di servizio destinati al personale della struttura e due attici di 160 metri quadrati destinati al comandante del Corpo di polizia penitenziaria, per la spesa complessiva di 29 milioni di euro;
   la seconda fase, del costo di ulteriori 20 milioni di euro, ma secondo altri sarebbero sufficienti solo 8 milioni, servirebbe per le forniture d'arredo, le opere collegate tra le quali l'asfaltatura di una strada d'accesso, e la collocazione dei detenuti, nonché per l'assunzione di circa un centinaio di agenti, da aggiungere agli attuali 50 già in servizio nel vecchio carcere, per consentire di raggiungere la capienza massima di 408 detenuti;
   tale notizia giunge in un momento nel quale alcune rappresentanze sindacali denunciano l'emergenza all'interno del vecchio penitenziario di via Verdi in Rovigo a tutt'oggi in funzione, relativamente alle condizioni di lavoro del personale e di vita dei detenuti;
   un rappresentante della funzione pubblica Cgil di Rovigo riferisce che su un totale di 62 unità in pianta organica solo 35 svolgono il servizio, poiché, dodici poliziotti sono assenti per malattia a lunga degenza (compreso il comandante del reparto), sette sono in congedo ordinario, uno in congedo straordinario, due sono in maternità; ci sono una fiamma azzurra e tre distaccati di cui, due al gruppo operativo mobile e uno per motivi familiari; due poliziotti sono parzialmente inidonei al servizio;
   il risultato è che alcune attività, per 60 dei 108 detenuti, sono state sospese, e si è al limite per garantire ai detenuti otto ore fuori dalla cella; le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione dei detenuti sono del tutto carenti;
   per di più, l'utilità del nuovo carcere è rimarcata anche dagli ultimi dati aggiornati al 31 agosto 2015, relativi all'affollamento nelle 9 case circondariali presenti nella regione veneto, nei quali si trovano 2.227 detenuti, 528 unità oltre la capienza regolamentare che è di 1.699, cioè con un sovraffollamento di almeno il 30 per cento;
   nonostante nel corso degli ultimi anni si siano susseguiti vari provvedimenti legislativi «svuota carceri» che hanno fatto transitare fuori dagli istituti di pena 1.151 persone in 5 anni, il problema del sovraffollamento carcerario, in Italia, come nel veneto, persiste e si ripresenta costantemente in tutta la sua sconfortante realtà numerica;
   stride con il comune buon senso, il fatto che dopo una spesa di ben 29 milioni di euro di fondi pubblici ed a fronte di una reale ed attuale esigenza di ampliamento dei posti dedicati ai detenuti, ci si fermi di fronte ad un problema finanziario del 20 per cento del costo totale dell'opera;
   ciò appare ancora più incomprensibile, soprattutto, ove pensi che a causa del sovraffollamento carcerario l'Italia rischia di pagare all'Unione europea oltre 100 milioni di euro di sanzioni all'anno a causa del mancato adeguamento delle carceri italiane e del sovraffollamento endemico e cronico delle stesse, che provoca conclamate situazioni detentive disumane e degradanti per i detenuti;
   se la struttura penitenziaria, già completamente edificata, non venisse messa in funzione a breve diverrebbe naturale preda del degrado, ovvero potrebbe essere oggetto di atti di vandalismo, oppure offrirebbe spazi non presidiati per possibili fenomeni di delinquenza, con conseguenti problematiche in ordine anche alla sicurezza del comune di Rovigo che se ne dovrebbe fare carico;
   stante la situazione, come da più parti dichiarato, si auspica, quindi, che il nuovo carcere, strutturalmente già ultimato, sia messo nelle condizioni di poter aprire i battenti ed accogliere gli operatori ed i detenuti che potranno così fruire, rispettivamente, di condizioni di lavoro più favorevoli e condizioni di detenzione più umane con la ripresa di tutte quelle attività utili alla rieducazione del condannato ed al suo reinserimento sociale, in ossequio al principio costituzionale della finalità rieducava della pena –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta;
   se e quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di provvedere a garantire la funzionalità ed operatività del nuovo carcere di Rovigo;
   se ed in quale modo ritenga di poter stimolare l'ultimazione dei lavori del nuovo carcere di Rovigo per garantirne l'apertura entro il corrente anno, anche in relazione al piano di interventi per la realizzazione di nuove infrastrutture carcerarie e per l'adeguamento ed il potenziamento di quelle esistenti, cosiddetto «piano carceri»;
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di ridurre i disagi illustrati e facilitare il transito degli operatori e dei detenuti dall'attuale carcere di Rovigo, sito in Via Verdi, verso quello recentemente edificato;
   se ritenga necessario impiegare con urgenza parte dei fondi della Cassa delle ammende per l'ultimazione dei lavori del carcere di Rovigo ai fini di una sua rapida entrata in funzione. (3-02103)


   ROSTELLATO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento penitenziario italiano prevede che le madri detenute con prole inferiore ai tre anni debbano usufruire di trattamenti alternativi alla detenzione finalizzati a non traumatizzare eccessivamente i figli, che fino a quell'età devono in ogni caso rimanere sotto la tutela del genitore di sesso femminile se è quest'ultima a chiederlo espressamente. Questi trattamenti alternativi riguardano ad esempio il soggiorno in reparti particolari, a custodia attenuata, meno duri rispetto al carcere vero e proprio: l'ambiente deve essere accogliente e più simile ad una vera casa, proprio per evitare che i bambini soffrano l'esperienza della carcerazione forzata;
   in Italia, esistono attualmente pochi centri a custodia attenuata. Uno di questi è l'I.C.A.M. di Milano, luogo ove le «recluse» possono soggiornare con i loro figli sino al compimento del terzo anno di età;
   l'I.C.A.M. è una struttura che non ricorda in alcuna maniera il carcere, essendo simile ad un asilo nido in cui i bambini possono trascorrere serenamente il periodo di «carcerazione» insieme alle loro madri: camere confortevoli e luminose, ambienti personalizzati, infermeria, ludoteca, biblioteca e aula formativa per le donne, cucina attrezzata e soggiorno sono stati appositamente concepiti per consentire alle madri detenute con bambini piccoli una vita più dignitosa;
   secondo l'ultimo rapporto datato 30 giugno 2015, pubblicato sul sito del Ministero della giustizia, gli istituti a custodia attenuata risultano essere, su tutto il territorio nazionale, solo 4;
   nello stesso report si legge che vi sono complessivamente 15 asili nido funzionanti e 4 non funzionanti. Il numero delle detenute madri con bambini in istituto sono 33, il numero dei bambini risulta essere 35 e le detenute in gravidanza risultano essere 19 in totale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei dati esposti in premessa;
   quante e quali siano le strutture che accolgono anche i bambini con più di tre anni e come intenda agire nei casi in cui non sia prevista tale possibilità. (3-02104)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:


   GAROFALO e VIGNALI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sul numero 3 di marzo 2016, il periodico mensile «OF osservatore ferroviario» ha riportato, in prima pagina, la notizia secondo la quale la società Ferservizi, in nome e per conto di Rete ferroviaria italiana, società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, starebbe inviando una nota ai titolari dei contratti di locazione, ferrovieri in attività di servizio e in quiescenza, per formalizzare loro la disdetta degli stessi per finita locazione alla scadenza dei contratti. A quella stessa data la società fissa il rilascio degli immobili liberi da cose e persone. La nota, dai toni perentori, sembra esclude la possibilità di rinnovo, pure prevista dalla legge n. 431 del 9 dicembre 1998. Giunge notizia all'interrogante che anche la società Centostazioni s.p.a., del gruppo FS italiane, stia adottando la medesima procedura in nome e per conto di Rete ferroviaria italiana;
   questa decisione, inaspettata, ha ovviamente gettato nel panico molte famiglie e, per qualche verso, risulta incomprensibile perché sembra ricalcare situazioni già viste, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ciò che è accaduto, con le centinaia di caselli ferroviari, svuotati dai loro occupanti e ridotti ormai a ruderi abbandonati lungo le tratte ferroviarie, è una realtà difficile da nascondere. A questo scempio, ora rischiano di aggiungersi anche gli immobili di cui si sta chiedendo la liberazione. Un vero peccato per un patrimonio che potrebbe essere sfruttato e valorizzato in altro modo e che invece si preferisce far deperire, con notevoli danni alle casse di Rfi per la quale, ai costi di mantenimento e a quelli degli oneri fiscali ad essi connessi (ad esempio il pagamento dell'Imu ai comuni), si sommerebbero quelli derivanti dai mancati introiti dei canoni di locazione, e che si potrebbero configurare, per gli interroganti, come danno erariale. E questo in un momento in cui si fa sempre più concreta la privatizzazione dell'azienda ferroviaria che, al contrario, dovrebbe dimostrare una maggiore attenzione ai costi ed una migliore efficienza gestionale. Ma al di là degli aspetti finanziari, pure non trascurabili, a sostenere la necessità che restino occupati gli immobili in questione basterebbe la considerazione della funzione di «presidio costante» svolta dagli inquilini posti a «sentinelle» delle stazioni, specie di quelle non presidiate ed in particolare nelle ore notturne;
   la decisione assunta da Ferservizi e Centostazioni appare in ogni caso grave agli interroganti perché solleva anche questioni di natura sociale circa il destino delle molte famiglie, che dopo aver investito consistenti risorse finanziarie nell'abitazione, pensando di poterci vivere molto a lungo, si troveranno nella necessità di cercarsi un altro alloggio in un momento in cui il quadro socio-economico nazionale certo non è dei migliori –:
   se e come il Ministro, alla luce dei fatti e delle segnalazioni di cui sopra, anche nell'esercizio delle proprie competenze di vigilanza, intenda intervenire nei confronti delle società indicate in premessa per garantire la continuità abitativa degli alloggi in questione, la loro funzione di presidio delle stazioni e la valorizzazione che deriva dal loro effettivo utilizzo, mentre la disdetta dei contratti di locazione li ridurrebbe in stato di abbandono. (5-08106)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con deliberazione del Cipe del 22 gennaio 2010 è stato approvato il progetto definitivo del 1o lotto funzionale del raccordo autostradale A15-A22 (Autocisa-AutoBrennero) relativo al tratto Fontevivo-San Quirico che interessa i comuni di Parma, Fontevivo e Sissa;
   il costo complessivo dell'intera opera, da Fontevivo a Nogarole Rocca, ammontava nel 2010 ad euro 2.730.965.654,50, importo che, con gli oneri finanziari, sale a circa 3,4 miliardi (dati da delibera Cipe del 22 gennaio 2010);
   l'importo per il 1o lotto definito «Fontevivo-San Quirico», per una lunghezza di circa 12 chilometri, viene stabilito in euro 513.531.158,10 a totale carico del concessionario autostradale;
   la ditta Pizzarotti spa, è risultata aggiudicatrice della progettazione esecutiva e dei lavori per la realizzazione dell'opera, per un importo a base d'asta di 321.822.660,89 euro e un ribasso dell'offerta vincente del 22 per cento;
   tra le modalità di riequilibrio finanziario, citati nella suddetta delibera Cipe, a vantaggio del concessionario autostradale, oltre alla proroga della concessione al 2031, sarebbero previsti: 1) incrementi tariffari nel periodo 2011-2018 del 7,5 per cento annuo; 2) un contributo statale di 900 milioni di euro più iva, da erogarsi ad uno stato di avanzamento lavori di cui oggi non risulta alcuna previsione finanziaria; 3) un valore di indennizzo finale pari a 1.730 milioni di euro, con garanzia a valere sul FGOP (fondo di garanzia opere pubbliche, legge n. 244 del 2007) ai fini della bancabilità, finanziamento di cui all'interrogante non risulta previsione di copertura finanziaria;
   il piano economico e finanziario dell'opera evidenzia gravi incertezze, tant’è che, la suddetta deliberazione del Cipe 22 gennaio 2010 così recita: «Il Piano Economico finanziario dell'intera opera richiede un significativo contributo pubblico e la certezza circa le modalità di prestazione della garanzia FGOP, ai fini della bancabilità del piano stesso. In attesa della necessaria acquisizione delle garanzie che il piano comporta, e data l'importanza di perseguire un celere avvio della realizzazione dell'opera, viene ora presentato un primo stralcio dell'intera infrastruttura che raggiunge l'equilibrio senza necessità di contributo pubblico e senza necessità di subentro.»;
   l'intera opera, il cui finanziamento sarebbe dovuto essere a totale carico del concessionario, risulta ora, di fatto, a quanto consta all'interrogante finanziata dagli utenti della strada e dai contribuenti attraverso le risorse chieste allo Stato;
   quella che all'interrogante appare l'inutilità di tale progetto autostradale, che risale al 1974, è dimostrata anche dall'insussistenza dei flussi di traffico, così come evidenziato dallo studio della società Polinomia (realizzato su commissione delle province di Mantova e di Cremona in relazione al progetto autostradale Cremona-Mantova), che, nell'ipotesi di completa realizzazione delle due autostrade (Tirreno-Brennero e Cremona-Mantova), prevedeva le seguenti stime traffico al 2019 (espressi in numero di veicoli al giorno):
    Tirreno-Brennero Nord 6.500 – 9.700;
    Tirreno-Brennero Sud 12.300 – 14.300;
   nel Nord del Paese già assistiamo a vari fallimenti di previsione che hanno portato alla realizzazione di tratte autostradali assolutamente inutili, scarsamente utilizzate, con ulteriore consumo di suolo agricolo pregiato;
   il Tirreno-Brennero autostradale non figura tra le opere previste dall'allegato infrastrutture al documento di economia e finanze, di cui è attualmente in corso la procedura di VAS;
   vanno considerate le indicazioni di indirizzo politico inviate dal Governo alle regioni in ordine alle priorità degli investimenti su rotaia rispetto alla gomma al fine di garantire un indispensabile e urgente riequilibrio modale;
   il Ministro interrogato ha affermato che «per abbattere le emissioni inquinanti derivanti da un settore dei trasporti antiquato e inefficiente la prima strategia e la cura del ferro e l'avvio di una programmazione puntuale in tema di mobilità sostenibile»;
   il completamento del Tirreno-Brennero ferroviario rappresenterebbe, per l'interrogante, in quest'ottica, una valida alternativa a quello autostradale al fine di ridurre il traffico pesante sulle nostre strade e il gravissimo inquinamento atmosferico che interessa il nostro territorio e quello dell'intera Pianura Padana;
   l'opera autostradale avrà un impatto devastante secondo l'interrogante sul territorio dei comuni attraversati, in termini paesaggistici, ambientali e di consumo di suolo, senza apportare alcun beneficio sul piano trasportistico;
   la realizzazione del 1o lotto del Tirreno-Brennero rappresenta un inutile scempio a giudizio dell'interrogante di un territorio di pregio, in quanto inserito all'interno di un'area riconosciuta dalla Comunità Europea di interesse naturalistico, ancora più ingiustificabile alla luce della rinuncia al completamento dell'intera opera;
   il collegamento tra la A15 e il tratto di Cispadana non autostradale, che rappresenta la valenza trasportistica attribuita a questo primo lotto, può essere garantito, attraverso la riqualificazione della viabilità ordinaria esistente;
   presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è in corso di approvazione il progetto esecutivo del suddetto primo lotto;
   il Ministro poco dopo il suo insediamento, ha affermato un condivisibile concetto riassunto in una pubblica dichiarazione: fermeremo le opere inutili –:
   se, al completamento dei restanti 75 chilometri del «Raccordo autostradale Autostrada della Cisa A15 Autostrada del Brennero A22 Fontevivo (PR) Nogarole Rocca (VR)», denominato Ti-Bre autostradale, e precisamente da Sissa Trecasali (PR) a Nogarole Rocca (VR), il Governo non concordi nel ritenere che la proposta ferroviaria, illustrata da una delegazione di sindaci del territorio, composta dai rappresentanti dei comuni di Sissa Trecasali, Parma e Torre De Picenardi, nel corso dell'incontro avuto il 24 febbraio 2016, presso il Ministero delle infrastrutture e dei delle trasporti con il capo della segreteria tecnica del ministero e il direttore generale del servizio di vigilanza delle concessioni autostradali, rappresenti la cosiddetta e auspicata «cura del ferro», di cui il Paese avrebbe bisogno. (5-08107)


   BIASOTTI e RUSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il punto 2.4 della delibera Cipe n. 166 del 2007 declina le modalità e gli strumenti di attuazione del fondo per lo sviluppo e la coesione;
   in particolare, il punto 2.4.2 della medesima delibera Cipe n. 166 del 2007 stabilisce che «in coerenza con le indicazioni del QSN, l'Accordo di Programma Quadro (APQ) Stato-Regione è lo strumento di attuazione per i settori, programmi e/o progetti per i quali è individuata come necessaria e/o opportuna e/o, comunque, più efficace una modalità attuativa basata sulla cooperazione Stato-Regione»;
   la giunta regionale della Campania, con la deliberazione n. 603 del 19 ottobre 2012, ha approvato il «Sistema di gestione e controllo del FSC REGIONE CAMPANIA 2007-2013», redatto ai sensi del punto 3.2 della menzionata delibera Cipe n. 166 del 2007;
   nella già citata deliberazione della giunta regionale n. 603/12 viene individuato l'organismo responsabile della programmazione e attuazione del FSC (OdP) nella direzione generale per la programmazione economica;
   con la delibera 3 agosto 2011, n. 62, recante «Individuazione e assegnazione di risorse a interventi di rilievo nazionale e interregionale e di rilevanza strategica regionale per l'attuazione del Piano Nazionale per il Sud», il Cipe ha approvato un programma d'intervento costituito da 12 operazioni, per un importo complessivo di 1.181,6 milioni di euro;
   la delibera del Cipe n. 14 dell'8 marzo 2013, riguardante il «Fondo per lo sviluppo e la coesione – attuazione dell'articolo 16, comma 2 del decreto-legge n. 95/2012 (riduzioni di spesa per le regioni a statuto ordinario) e disposizioni per la disciplina del funzionamento del fondo», ha imposto il termine per l'assunzione di obbligazioni giuridicamente vincolanti (OGV) alla delibera n. 62/2011 entro il 31 dicembre 2013;
   con la delibera del Cipe n. 94 del 17 dicembre 2013 avente a oggetto «Proroga del termine per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti relative agli interventi finanziati con le delibere nn. 62/2011, 78/2011, 7/2012, 8/2012, 60/2012 e 87/2012», il Cipe ha prorogato il termine per l'assunzione delle obbligazioni giuridicamente vincolanti al 30 giugno 2014;
   come verificato dall'istruttoria condotta dalla direzione generale per la mobilità della regione Campania, hanno già conseguito le obbligazioni giuridicamente vincolanti entro i termini di cui al punto precedente tra le altre, le opere elencate nel seguente prospetto:
    a) CAM8001- Ferrovia ex Circumvesuviana. Linea Napoli-Torre Annunziata - Sorrento: raddoppio tratta Pioppiano - Castellammare di Stabia-Nuova Stazione di via Nocera «Villa Stabia»;
    b) CAM887-01- Ferrovia ex SEPSA – Bretella di collegamento tra le Linee Cumana e Circumflegrea Soccavo – Mostra – Tratta Soccavo – Monte S. Angelo – Parco S. Paolo – Terracina;
    c) CAMCV/01- Interramento ex Circumvesuviana tratta Saviano-Feudo-Nola;
    d) CAM887-02 Collegamento tra Tangenziale di Napoli (Via Campana), rete viaria costiera e porto di Pozzuoli;
   l'interramento della Circumvesuviana, tratta Saviano-Feudo-Nola, comporterebbe l'eliminazione dei passaggi a livello (la liberazione dei fasci di binari dall'area dell'attuale stazione di Nola, rappresentando anche un'azione migliorativa dell'assetto urbanistico che consentirebbe di disegnare una nuova piazza, pavimentata in parte con materiali lapidei ed in parte messa a verde, un nuovo sistema di viabilità, nonché di ripensare il sistema dei percorsi pedonali di accessibilità al centro di Nola e di collegamento con le aree immediatamente fuori dal centro;
   delle quattro elencate nel prospetto, munite di obbligazioni giuridicamente vincolanti, l'unica per la quale la direzione generale mobilità non ha ancora provveduto alla messa a disposizione dei finanziamenti all'ente attuatore EAV risulta essere quella relativa al progetto «interramento ex Circumvesuviana tratta Saviano-Feudo-Nola»;
   tale ritardo sembrerebbe attribuirsi, come ventilato in una nota del 12 dicembre 2015 trasmessa ad EAV dalla direzione generale mobilità, al dubbio circa la sottoscrizione di atti integrativi alla concessione « ex lege» n. 910 del 1986 discendente da un non ben precisato parere della Corte dei conti;
   né tale dubbio è stata sciolto dall'Avvocatura regionale – a cui si era rivolta la direzione generale mobilità – Avvocatura che, nel suo parere 12 novembre 2015, ha confermato la validità della concessione 2 ottobre 1990 affermando: «Quanto alle concessioni poste in essere anteriormente alla direttiva, quale quella in specie, in sede europea è stato ribadito il principio per cui, tali concessioni conservano validità ed efficacia solo a condizione dell'immutabilità dell'oggetto e dei soggetti delle stesse»;
   la concessione del 2 ottobre 1990 in questione non ha mutato l'oggetto dalla sua nascita nel 1990 ad oggi. Infatti l'articolo 2 della convenzione recita: «Oggetto Della Convenzione – L'Esercente affida al Concessionario, e questa dichiara di accettare la progettazione esecutiva sulla base dei progetti di massima già redatti dall'Esercente e realizzazione: – raddoppio in nuova sede della tratta Scisciano-Nola (km 5,5)» ed è proprio tale intervento che è oggetto dell'atto integrativo firmato in data 14 aprile 2015 tra EAV e consorzio ferroviario vesuviano e, ad oggi, non ancora ammesso a finanziamento dalla direzione generale mobilità della regione Campania;
   lo stesso dicasi circa l'immutabilità dei soggetti in quanto, sin dalle origini della convenzione, il concessionario è sempre stato il Consorzio ferroviario vesuviano e il concedente Circumvesuviana srl inglobata nella holding EAV srl;
   tali dubbi non sembra siano invece sorti, a quanto consta agli interroganti, per la direzione generale mobilità quando ha assentito alla messa a disposizione delle risorse per gli altri tre interventi relativi a concessioni « ex lege» n. 887 del 1984 ed n. 80 del 1984, aventi come enti attuatori direttamente la gestione commissariale del Presidente della regione Campania, nonostante sia a tutti noto, sin dal 2013, il parere critico espresso dalla procura della Corte dei conti circa il prolungarsi delle attività dei commissari;
   i dubbi sollevati dalla direzione generale mobilità, si auspica, non portino di fatto a sottrarre risorse finanziarie all'Ente attuatore EAV riconducendo tali risorse sotto l'egida della gestione commissariale del presidente della regione Campania « ex lege» n. 80 del 1984, con eventuale distrazione delle risorse stesse dalla progettualità originariamente finanziata dal CIPE –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare al fine di evitare che vengano sottratte risorse ad un impegno di spesa che ha già prodotto obbligazioni giuridicamente vincolanti, così come evidenziato anche nell'interrogazione parlamentare 5/06971, presentata dal primo firmatario del presente atto in data 12 novembre 2015, e soprattutto, per evitare che vengano sottratte risorse allo Stato senza alcuna opera e beneficio per i territori interessati dagli interventi descritti. (5-08108)


   OLIARO e MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'anno 2002 è stata ultimata la costruzione della nuova stazione ferroviaria di Noicattaro, in provincia di Bari;
   dalla data di ultimazione dei lavori ad oggi, la stazione, l'area antistante e il parcheggio multipiano interrato si presentano in evidente stato di abbandono con grave disagio non solo per la popolazione residente, ma anche per coloro che quotidianamente utilizzano la struttura ferroviaria per gli spostamenti in quanto costretti a sopportare un evidente e totale disservizio;
   sui binari di testa della stazione di Noicattaro sono presenti, da anni, carrozze ferroviarie abbandonate, oggetto di ripetuti atti di vandalismo e di fatto non più utilizzabili. I convogli sono ormai ricovero di persone non autorizzate, situazione questa che determina evidenti problemi di sicurezza per gli utenti che si aggiungono alla mancanza di un presidio di vigilanza e ad un sistema di illuminazione insufficiente;
   il piazzale antistante la stazione si presenta, nell'aspetto generale, molto lontano dagli standard minimi di decoro urbano. Nell'area, infatti, è presente un giardino totalmente incolto che non è mai stato oggetto di interventi di manutenzione e la cui illuminazione è insufficiente a tal punto che la zona risulta decisamente poco sicura per i cittadini che lo percorrono di sera per giungere ai binari;
   nel corso degli anni, la totale incuria della zona ha determinato due problematiche rilevanti dal punto di vista ambientale, del decoro e della sicurezza della cittadinanza ovvero la presenza di alcune zone divenute discariche a cielo aperto e di una discarica di rilevanti dimensioni all'interno di un parcheggio interrato peraltro mai completato e reso fruibile per la cittadinanza;
   il parcheggio, anche secondo quanto riferito dagli organi di stampa, dopo dieci anni non è mai entrato in esercizio ed è di fatto ancora un cantiere aperto. Le sbarre di accesso sono divelte, sono ben visibili carcasse d'auto abbandonate e fatte precipitare dalla rampa di accesso, il piano interrato risulta completamente allagato, tutto il materiale elettrico è stato rubato e persistono rifiuti di ogni genere depositati al proprio interno;
   da quanto riferiscono gli organi di stampa, pare che questo parcheggio sia stato realizzato proprio da Ferrovie Sud Est unitamente ad altri due costruiti nei comuni di Capurso e Triggiano, utilizzando risorse pari a circa 6 milioni di euro inclusi «...fondi che il Ministero dei trasporti avrebbe messo a disposizione per la realizzazione delle Metropolitane...»;
   con particolare riferimento al parcheggio di Noicattaro, a quanto risulta agli interroganti sembra che sussista un contenzioso tra Ferrovie Sud Est e la ditta appaltatrice poiché non ci sarebbe stato accordo sulle varianti e sulla gestione del cantiere. Pertanto, pare che la FSE non abbia mai preso in consegna il parcheggio e che il collaudo tecnico amministrativo non sia mai avvenuto;
   secondo quanto si evince da fonti di stampa, questo stato di fatto sembrerebbe dovuto al persistere di un'indeterminatezza sull'ente pubblico responsabile della riqualificazione, gestione e manutenzione dell'area antistante la stazione;
   secondo quanto si evince da documenti pubblicati sul sito della regione Puglia, sembrerebbe che la stazione di Noicattaro, unitamente a quelle di Bari, Triggiano e Capurso, sia stata oggetto di un intervento di «Adeguamento e potenziamento delle ferrovie locali», denominato «Bretella ferroviaria del sud-est barese», previsto dall'asse 5 – reti e collegamenti per la mobilità del PO – FESR 2007-2013, per un ammontare euro 136.000.000,00;
   dai predetti documenti risulterebbe che la progettazione e l'intervento avrebbero dovuto prevedere «... anche la riqualificazione delle aree esterne contermini con l'obiettivo di generare luoghi a servizio dell'utenza ferroviaria e dei residenti, nonché di migliorare la qualità urbana di questo luogo centrale nel rispetto del contesto urbanistico ed architettonico esistente...» –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo al soggetto pubblico responsabile della riqualificazione, gestione e manutenzione delle aree antistanti la stazione ferroviaria di Noicattaro. (5-08109)


   SPESSOTTO, DE LORENZIS, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DELL'ORCO, LIUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dallo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in Italia, il numero di veicoli Volkswagen interessati dallo scandalo «dieselgate» ammonterebbero a quasi 710 mila. A seguito dello scandalo partito da denunce negli Stati Uniti in Italia, la procura di Torino ha aperto un fascicolo per disastro ambientale mentre il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantoni, ha definito «corruzione» la manomissione dei dispositivi per il controllo delle emissioni;
   con la risoluzione in Commissione n. 7-00939 a prima firma Spessotto, dopo aver evidenziato, in accordo anche con la recente relazione dell'Istituto superiore di sanità, i rischi per la salute umana e l'ambiente legati al funzionamento dei motori diesel e, in particolare, dei filtri antiparticolato (Fap), si impegna il Governo all'assunzione di iniziative atte ad una verifica urgente sulla effettiva correttezza delle procedure adottate negli ultimi anni dalle strutture ministeriali competenti al rilascio dell'omologazione per i dispositivi antiparticolato, nonché ad un'eventuale revisione delle suddette procedure autorizzative;
   a fronte del caso di manipolazioni dei risultati sulle emissioni inquinanti effettuate dalla casa automobilistica tedesca, il Governo italiano annunciava nell'ottobre 2015 l'avvio di verifiche sulle auto coinvolte entro i tre mesi successivi. L'annuncio fu seguito dallo stanziamento in legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015) di 5 milioni di euro per l'anno 2016 per svolgere i dovuti controlli fatto salvo che nel mese di settembre 2015 lo stesso Ministro Delrio dichiarava che il costo per l'operazione di controllo – a campione – sarebbe stata di otto milioni di euro (Programma televisivo «Porta a porta»). Con il comma 655 della legge di stabilità 2016 si dispone così il finanziamento di «un programma di prove su veicoli nuovi di fabbrica e su veicoli circolanti, tese a verificare l'effettività dei livelli di emissioni inquinanti su strada» le cui modalità e procedure sarebbero state definite con decreto dirigenziale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Al momento, non risulta emesso alcun decreto dirigenziale che definisca l'attuazione delle disposizioni di cui al citato comma;
   nel corso dell'audizione presso la Camera dei deputati, nello stesso mese di ottobre 2015, il Ministro Delrio richiamava la possibilità per il Governo di applicare le sanzioni previste all'articolo 77 del codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) per i soggetti che producono o mettono in commercio veicoli non conformi al tipo omologato. La norma vigente indica per la suddetta sanzione l'importo minimo di 848 euro e quello massimo di 3.313 euro, permettendo in tal modo di stimare mediamente e in via ipotetica un introito pari a circa 600 milioni di euro. Secondo questa stima, sarebbe ampiamente finanziabile lo stesso programma straordinario di verifiche di cui al comma 655 della legge di stabilità 2016, e le maggiori entrate potrebbero essere impegnate per una compiuta elettrificazione del trasporto pubblico locale e per l'effettiva realizzazione del piano per la mobilità elettrica finalizzato, tra le altre cose, a superare le problematiche relative alle emissioni inquinanti dei veicoli;
   la stessa applicazione della sanzione amministrativa di cui al citato articolo del codice della strada è stata messa in dubbio nei giorni successivi dalla redazione de Il Sole 24 Ore (30 ottobre 2015). Il Ministro, che aveva richiamato l'opportunità di verificare l'applicabilità della norma, ad oggi non ha sciolto le riserve in merito;
   secondo quanto riportato recentemente dalla stampa nazionale (la Repubblica, 1o marzo 2016) l'Unione europea avrebbe richiamato il Governo italiano a causa della mancata comunicazione dei risultati delle indagini che avrebbe dovuto svolgere sui veicoli manomessi in circolazione sul suolo nazionale. Dalle stesse fonti è possibile rilevare che il programma di richiami dei veicoli da parte della casa automobilistica sarebbe già stato avviato in Europa, verosimilmente anche in Italia. L'analogo programma di richiami e riparazioni invece sarebbe stato «bocciato» dalle autorità statunitensi poiché ritenuto non soddisfacente;
   è infine notizia di questi giorni che a seguito di una istruttoria della direzione generale francese per le politiche sulla concorrenza, il consumo e il controllo delle frodi (DGCCRF), in relazione allo scandalo dei test truccati sulle emissioni, è stata avviata un'indagine per truffa aggravata da parte della procura di Parigi nei confronti della casa automobilistica Volkswagen –:
   quali siano le iniziative che il Governo ha adottato o intende adottare specificatamente in merito alle procedure e alle tempistiche delle verifiche sui veicoli coinvolti, alle sanzioni pecuniarie da applicare alle case automobilistiche responsabili e alle eventuali maggiori entrate da impegnare per promuovere politiche di mobilità a basso impatto ambientale.
(5-08110)


   TULLO, PAGANI, MOGNATO, CARLONI, MURA, BRUNO BOSSIO e FERRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 61, comma 2 del codice della strada che stabilisce i limiti di sagoma dei veicoli ammessi alla circolazione, prescrive che gli autosnodati e filosnodati adibiti a servizio di linea per il trasporto di persone destinati a percorrere itinerari prestabiliti possono raggiungere la lunghezza massima di 18 metri; gli autotreni e filotreni non devono eccedere la lunghezza massima di 18,75, metri in conformità alle prescrizioni tecniche stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   gli autobus articolati di lunghezza maggiore a 18 metri hanno una capienza superiore e consentono rilevanti economie nel trasporto pubblico locale, in particolare nei percorsi con maggiore afflusso di passeggeri e nelle zone con viabilità dotata di corsie preferenziali e di ampi tratti rettilinei; in alcune città italiane — secondo accurate simulazioni — autosnodati di lunghezza pari a 24 metri consentirebbero risparmi di 1,5 milioni di euro all'anno;
   in molte città d'Europa — con un eccellente livello di trasporto pubblico locale — vi sono autobus e filobus di lunghezza superiore a 18 metri; in alcuni casi raggiungono anche i 25 metri; la circolazione di questi veicoli è stata autorizzata sia con modifiche al codice della strada, in Paesi come la Francia e la Svizzera, sia grazie a specifiche autorizzazioni, come in Germania, in Olanda, in Belgio e in Lussemburgo;
   l'inserimento di questi veicoli nel trasporto pubblico locale è stato autorizzato contestualmente all'introduzione di un regime di controllo della circolazione, su specifiche linee, previa verifica dell'ingombro dei mezzi, dei raggi minimi di sterzata in manovra, e della tenuta delle infrastrutture stradali –:
   se non ritenga di assumere iniziative per apportare opportune modifiche al codice della strada al fine di consentire la circolazione di autobus articolati di lunghezza superiore ai 18 metri con significativi risparmi nel trasporto pubblico locale. (5-08111)


   ATTAGUILE e GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la decisione dell'Unione europea, firmata il 17 dicembre 2015 e notificata pochi giorni fa al Governo italiano, impone una nuova scrittura del documento sulla regolamentazione del traffico aeroportuale di Linate e Malpensa;
   l'Unione europea ha bocciato infatti il cosiddetto decreto Lupi, approvato dal Governo il 1o ottobre 2014, che consentiva la possibilità di collegare lo scalo Forlanini anche con aeroporti di città europee non capitali, fermo restando il tetto massimo di 18 movimenti orari;
   l'accusa indirizzata all'Italia è di «non aver consultato le parti interessate prima di emendare le norme di distribuzione del traffico, relative al sistema aeroportuale milanese». Per questo motivo – si legge ancora nell'atto dell'Unione europea «le misure di cui al decreto ministeriale numero 395 non possono essere accolte»;
   il «decreto Lupi», se da una parte ha consentito a Linate un aumento di circa 500 mila passeggeri all'anno con l'ampliamento di destinazioni, dall'altra parte ha penalizzato il mercato della principale compagnia aerea tedesca, Lufthansa, e le varie proteste ed esposti presentati dalle diverse compagnie aree straniere hanno trovato accoglimento da parte dell'Europa;
   sembra, da fonti riconducibili agli addetti ai lavori, che sia imminente un nuovo decreto per la liberalizzazione di Linate, che aumenterebbe il numero degli slot fino a 24, riservandone una parte ad Alitalia e il resto alle altre compagnie che già operano o che opereranno sullo scalo;
   nei fatti, probabilmente la compagnia Alitalia ne trarrebbe dei benefici, ma ancor di più sarebbe agevolata Ethihad che potrebbe potenzialmente alimentare il suo mini hub di Abu Dhabi a Linate, confinando Emirates a Malpensa;
   la preoccupazione diffusa è che la decisione europea rischia di portare alla perdita dei voli extra europei per lo scalo di Malpensa che subirebbe così un drastico ridimensionamento e problemi in tutti e tre gli scali di Malpensa, Linate e Orio al Serio;
   è fondamentale mettere in atto azioni che valorizzino i tre scali lombardi, ognuno in base alla sua specifica diversa funzione, attraverso un piano aeroportuale lombardo teso ad evitare concorrenza e conflitti tra i singoli scali;
   la regione Lombardia sta cercando di differenziare i business in modo preciso così da garantire la sopravvivenza dei vari scali: Malpensa come hub intercontinentale incrementando il numero e le destinazioni dei voli a lungo raggio e Linate come city airport per i voli a breve raggio, Bergamo specializzata nei low cost Brescia come snodo per le merci e riserva di capacità per la collocazione territoriale in una delle poche aree ancora non densamente urbanizzata;
   Milano-Malpensa e Milano-Linate, si ricorda, sono state indicate nel primo rapporto annuale al Parlamento dell'Autorità di regolazione dei trasporti, del 16 luglio 2015, rispettivamente, aeroporto strategico e aeroporto di interesse nazionale, per bacino di traffico; tuttavia lo stesso rapporto rileva che «l'andamento del trasporto aereo in Italia è stato condizionato da una forte esposizione ai fenomeni macroeconomici» nonché «da una peculiare flessione dei vettori tradizionali a favore dei vettori low cost e della crescente concorrenza dei treni ad alta velocità su alcune importanti rotte del Paese»;
   investire sul sistema aeroportuale lombardo e su Malpensa in particolare, che ha circa il triplo di volume di traffico merci rispetto a Fiumicino, significa investire sull’import-export italiano, visto che in questo aeroporto transita circa il 70 per cento del traffico merci aereo, creando un perno per un unico sistema aeroportuale aperto a sinergie con gli scali del Nord Italia in una logica di sistema macroterritoriale che faccia da volano per l'intero sistema economico;
   ciò significa assecondare le richieste delle compagnie per operare un nuovo servizio quotidiano fra Milano e New York concedendo il beneficio dei diritti di quinta libertà, cioè dei voli in prosecuzione, che consentirebbero al vettore che giunge in Italia e prosegue verso gli Usa, di imbarcare passeggeri e merci anche da Milano verso New York;
   sono circa 130.000 i passeggeri che annualmente si recano da Linate in hub europei come Heathrow, Paris Charles De Gaulle, Francoforte e Amsterdam per imbarcarsi sui voli per New York, senza calcolare il numero di viaggiatori che raggiunge questi hub europei dalle aree limitrofe a Malpensa – la cosiddetta catchment area – come Torino, Bergamo Verona, Bologna e Genova;
   tale tendenza ha un impatto sui flussi commerciali aeroportuali di Malpensa e su quelli dell'intero Paese, poiché comporta che dinamiche economiche quali la creazione di occupazione, l'ingaggio di fornitori e il pagamento delle tasse e delle tariffe aeroportuali vengano realizzate in altri Paesi, generando allo stesso tempo una dilatazione dei tempi e dei costi per i passeggeri della catchment area di Malpensa –:
   a fronte dell'indotto di tipo economico, produttivo e industriale generato dal comparto aeroportuale, quali iniziative di competenza Ministro abbia in programma per agevolare la differenziazione dell'offerta degli aeroporti presenti su un'unica regione, nello specifico la Lombardia, superando la rivalità degli scali e creando le condizioni per potenziare specifici business, in particolare attraverso un piano di investimenti per Malpensa, volto a rilanciare l'aeroporto come hub intercontinentale, anche prevedendo l'apertura di nuove rotte in regime di quinta libertà. (5-08112)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2016 è scaduto l'incarico di presidente dell'autorità portuale di Ravenna ricoperto da Galliano Di Marco. Notizie di stampa locale hanno riportato nei giorni seguenti la nomina da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di Giuseppe Meli a commissario straordinario. Dell'insediamento del commissario straordinario ne è data conferma sul sito web della relativa autorità portuale;
   la nomina del commissario straordinario dell'autorità portuale di Ravenna è l'ultima di una serie di nomine commissariali registrate in molteplici casi su tutto il territorio nazionale. A titolo esemplificativo si segnalano i seguenti casi:
    commissario straordinario dell'Autorità portuale di Olbia e Golfo Aranci, Pietro Preziosi, al suo secondo mandato semestrale, nominato prima con decreto ministeriale 19 giugno 2015, poi confermato con decreto ministeriale 22 dicembre 2015 la cui scadenza è prevista per giugno 2016. Preziosi è subentrato nel predetto incarico a Nunzio Mantello che, nominato con decreto ministeriale 6 marzo 2014 prorogato con analogo decreto ministeriale del 9 dicembre 2014 e poi ancora del 18 marzo 2015;
    commissario straordinario dell'autorità portuale di Augusta, Alberto Cozzo, al suo terzo mandato semestrale, nominato inizialmente con decreto ministeriale 3 novembre 2014, confermato successivamente con decreto ministeriale 14 maggio 2015 e ancora con decreto ministeriale 15 novembre 2015 la cui scadenza è prevista per maggio 2016;
    commissario straordinario dell'autorità portuale di Livorno, Giuliano Gallanti, che dopo la scadenza del mandato quadriennale come presidente della medesima autorità è stato nominato commissario con decreto ministeriale 14 maggio 2015. Successivamente confermato nel medesimo incarico con decreto ministeriale 13 novembre 2015 la cui scadenza è prevista per maggio 2016;
    commissario straordinario dell'autorità portuale di Piombino, Luciano Guerrieri, al suo settimo mandato commissariale dopo il secondo mandato quadriennali come presidente della medesima autorità terminato il 9 giugno 2013. Nominato commissario con decreto ministeriale 23 luglio 2013, l'incarico è stato successivamente prorogato con decreti ministeriali del 27 gennaio, 29 luglio e 30 ottobre 2014, poi ancora con decreti ministeriali del 5 maggio e del 6 novembre 2015. La scadenza di quest'ultimo mandato è prevista per maggio 2016;
   parimenti le autorità portuali di Augusta, Catania, Cagliari, Bari, Brindisi, Taranto, Trieste, Napoli e Genova hanno visto la nomina e la proroga reiterata di commissari straordinari a seguito delle scadenze dei mandati dei rispettivi presidenti;
   ai sensi dell'articolo 8, commi 1 e 1-bis, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, il presidente dell'autorità portuale è nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti previa intesa con la regione interessata, nell'ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente da provincia, comuni e camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti. La terna è comunicata al Ministro tre mesi prima della scadenza del mandato ed egli può richiedere, entro trenta giorni, una seconda terna di candidati nell'ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro può procedere alla nomina previa intesa con la regione;
   esperite tali procedure, qualora entro trenta giorni non si raggiunga l'intesa con la regione interessata, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti indica il prescelto nell'ambito di una terna formulata a tal fine dal presidente della giunta regionale, tenendo conto anche delle indicazioni degli enti locali e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura interessati. Ove il presidente della giunta regionale non provveda alla indicazione della terna entro trenta giorni dalla richiesta allo scopo indirizzatagli dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, questi chiede al Presidente del Consiglio dei ministri di sottoporre la questione al Consiglio dei ministri, mentre all'articolo 8, comma 2, si dispone che il presidente resta in carica quattro anni e può essere confermato una sola volta;
   all'articolo 7, comma 3, è previsto che il Ministro dell'infrastrutture e dei trasporti possa revocare il mandato del presidente e sciogliere il comitato portuale con proprio decreto qualora si presenti uno dei casi indicati alle successive lettere a) e c). Al successivo comma 4 si dispone che con il medesimo decreto di revoca e scioglimento il Ministro nomini un commissario per un periodo massimo di sei mesi;
   la citata legge che disciplina le autorità portuali non prevede pertanto alcun caso di commissariamento o deroga nella nomina dei vertici dell'Autorità portuale diversi da quelli richiamati. Altresì, come ribadito anche dalla giurisprudenza costituzionale, è possibile ai sensi del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito dalla legge, con modificazioni, dall'articolo 1 comma 1, legge 15 luglio 1994, n. 444, al fine di assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'organizzazione amministrativa, prorogare per non più di quarantacinque giorni gli organi amministrativi non ricostituiti entro la scadenza del termine di durata;
   la Corte costituzionale è più volte intervenuta nel merito delle nomine effettuate dal Ministro competente con riguardo alla normativa vigente. Si richiama, in tal senso, la sentenza n. 339 del 27 luglio 2005 con la quale la Corte dichiarando che «non spettava allo Stato e per esso al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la nomina del Commissario dell'Autorità portuale di Livorno, senza che fossero avviate e proseguite le effettive trattative con la Regione interessata per il raggiungimento della intesa per la nomina di Presidente», sancendo pertanto come fondamentale la «compartecipazione gli enti o organi tra i quali l'intesa stessa deve svilupparsi» anche nella procedura di nomina della figura del commissario straordinario oltre che del Presidente;
   ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera f), della legge 124/2015; il Governo ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo di riorganizzazione delle autorità portuali. L'articolo 7 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, come novellato dall'articolo 7 dello schema di decreto legislativo che non interviene sull'attuale normativa permette al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la nomina di commissari straordinari delle autorità portuali nel caso si verifichino determinate situazioni prima della naturale scadenza del termine di durata del mandato di presidente. L'articolo 8, della legge 28 gennaio 1994, n. 84, anch'esso novellato dall'atto di Governo richiamato, interviene sulla procedura di nomina del presidente delle autorità di sistema portuale, richiamandosi alla norma disposta dall'articolo 14-quater della legge 8 agosto 1990, n. 241, nel caso di mancata intesa tra il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e i presidenti delle regioni interessate; sono quindi previsti, in tal caso, seppur con un differente approccio, la partecipazione e il raggiungimento, di una intesa tra regioni e Consiglio dei ministri, a quanto risulta all'interrogante, nella procedura di individuazione del presidente dell'Autorità;
   ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, recante norme per il controllo parlamentare sulle nomine negli enti pubblici, ivi comprese le autorità portuali che, come indicato dall'articolo 6, comma 2, della legge n. 84 del 1994, hanno «personalità giuridica di diritto pubblico», le nomine, le proposte o designazioni effettuate dal Consiglio dei ministri o dai Ministri devono essere comunicate entro quindici giorni alle Camere. Tali comunicazioni, a quanto risulta all'interrogante, non sono ancora pervenute, in contrasto con l'obbligo previsto a norma di legge. Si richiama peraltro il secondo periodo dell'articolo 9 in cui si specifica che «tali comunicazioni devono contenere l'esposizione dei motivi che giustificano le nomine, le proposte o designazioni, le procedure seguite ed una biografia delle persone nominale o designate»;
   alla luce dei fatti, della prassi istituzionale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nonché della giurisprudenza costituzionale e della documentazione in possesso, appare evidente la mancanza da parte dello stesso Ministro nell'offrire le necessarie informazioni in merito alle scelte operate nelle nomine dei commissari straordinari delle autorità portuali citate. Mancanza che appare evidentemente più preoccupante in assenza di una chiara norma con riferimento alla quale tali nomine sarebbero state effettuate stante l'inesistenza, nella legge che disciplina le autorità portuali, di qualsiasi riferimento alle procedure di nomina del commissario al di fuori dei casi di revoca del mandato al presidente –:
   se nomine dei commissari straordinari effettuate nel corso degli ultimi due anni siano state decise ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 84 del 1994 e, in caso contrario, sulla base di quale riferimento normativo siano state effettuate le nomine;
   quali siano i motivi che avrebbero giustificato le nomine dei commissari straordinari alle autorità portuali nel corso degli ultimi due anni, e quali siano le procedure seguite per la loro individuazione e per la scelta finale adottata, specificando in tal senso e, coerentemente con la giurisprudenza costituzionale, vi siano state, quando e con quali modalità, trattative con le regioni interessate. (5-08104)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Comune di Torre del Greco, in provincia di Napoli, ha pubblicato un bando con scadenza al 30 marzo 2016 per la realizzazione di un parcheggio interrato in via Comizi;
   il progetto preliminare prevede la realizzazione di un'area di sosta a due piani non collegati tra loro contente 150 posti auto;
   i lavori contemplati dal progetto in questione implicherebbero interventi estremamente invasivi per la zona, con conseguenti forti rischi per la sicurezza dei fabbricati;
   nel progetto è previsto anche l'abbattimento delle storiche «scale della Ripa»;
   secondo il geologo Riccardo Caniparoli, docente di valutazione di impatto ambientale che ha già effettuato un sopralluogo sul posto, uno scavo del genere in un sottosuolo formato prevalentemente da pietra lavica rappresenterebbe una scelta deleteria, e priva di adeguate condizioni tecnico-scientifiche, specie considerato il forte rischio sismico dell'area;
   Caniparoli ha spiegato anche che, al di sotto di via Comizi, è un fiume, e che costruirvi una scatola vuota in corrispondenza comporterebbe lo stravolgimento dello scorrimento delle acque;
   ciò provocherebbe senza dubbio un aumento del rischio idrogeologico;
   le opere di carotaggio effettuate dalle ditte interessate al bando hanno fatto emergere la presenza di pietra lavica già a partire da soli due metri di profondità;
   secondo il geologo che ha seguito uno di questi carotaggi, per realizzare lo scavo per il parcheggio interrato in questione ci vorrebbero tempi e costi di gran lunga superiori a quelli previsti dal comune;
   lo stesso geologo sostiene che le vibrazioni dovute ai lavori potrebbero danneggiare gli edifici circostanti;
   vi è poi la possibilità che, nell'area sottostante via Comizi, vi siano i resti del cinquecentesco complesso monumentale dell'Assunta;
   il tutto avverrebbe con uno spropositato costo pro auto, giacché i primi calcoli fanno emergere un costo complessivo potenziale tra i sei ed i sette milioni di euro (oltre quarantamila euro per singolo posto auto);
   la popolazione torrese ha già manifestato seri dubbi in merito a tale opera e profondo dissenso verso l'ipotesi di abbattimento delle «scale della Ripa»;
   è già nato un comitato cittadino, composto da associazioni e cittadinanza attiva, con l'obiettivo di fermare la realizzazione del parcheggio;
   il comitato ha anche già inviato una lettera alla Soprintendenza competente per chiederle di non approvare il progetto;
   a breve partiranno anche una raccolta di firme e manifestazioni sull'argomento –:
   se non si ritenga doverosa un'iniziativa per quanto, per quanto di competenza, al fine di verificare la compatibilità dell'opera con la conservazione di beni storici della città;
   se non si ritenga di dover verificare l'eventuale esistenza, nell'area sottostante via Comizi, dei resti del complesso monumentale dell'Assunta. (4-12503)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella precedente interrogazione del 4 febbraio 2016, sempre dedicata al tema dell'accoglienza dei migranti in Irpinia, si faceva presente, tra l'altro, che grazie anche alla coraggiosa denuncia della CGIL di Avellino su iniziativa della procura della Repubblica era in corso una vasta operazione dei nuclei antisofisticazioni e sanità – N.A.S. – dell'Arma dei carabinieri, che interessava diverse strutture di accoglienza per migranti situati in Irpinia, le quali mostravano una evidente inidoneità in particolare per ciò che concerneva la salubrità edilizia nonché quella igienico-sanitaria e gli ambienti tanto da comportare la repentina chiusura, per disposizione della magistratura, e il conseguente trasferimento degli ospiti in altre strutture più idonee della provincia, mentre 161 sono stati trasferiti in altre province del Mezzogiorno, quest'ultimi, a quanto consta all'interrogante, affidati alla Coop «Inopera», società destinataria di provvedimenti di interdizione antimafia per i fatti di «Mafia capitale»;
   vi è da registrare che l'operazione di trasferimento in altre province gestita in primis dalla prefettura di Avellino è stata effettuata a giudizio dell'interrogante nella deplorevole frettolosità ed improvvisazione che hanno causato non pochi disagi ai migranti prefigurando quella che appare una sorta di «deportazione» di questi poveri sventurati in assenza di una precisa destinazione, né di un congruo avvertimento per il trasferimento; difatti solo alla mattina del trasferimento nel mentre salivano sui pullman hanno conosciuto la nuova destinazione;
   i restanti migranti, affidati ad «Inopera» nel numero di 53 allocati a Pratola Serra, e numero 23 dimoranti a Ospedaletto d'Alpinolo, a seguito dell'anticipato disimpegno da parte della predetta cooperativa sociale, sono stati assegnati ad un altro gestore operante in Irpinia, ed in particolare quelli dimoranti nella struttura di Ospedaletto d'Alpinolo; sono stati trasferiti a loro volta ad Ariano Irpino in una struttura che alla verifica delle autorità comunali lamentava inadeguate condizioni sanitarie fatte rilevare dal sindaco attraverso un'ordinanza di sgombero ad «horas»; difatti i migranti sono adesso in strutture turistico-ricettive della zona, in attesa di rientrare nella struttura fatta sgomberare dal sindaco di Ariano Irpino, appena saranno ultimati i lavori di adeguamento igienico-sanitari;
   il tavolo per l'immigrazione istituito presso la prefettura di Avellino, dopo circa nove mesi, finalmente è stato riconvocato di recente, ma, al momento, non ha prodotto alcuna iniziativa concreta degna di nota;
   nel frattempo la condizione sanitaria dei migranti non trova alcun riscontro in azioni di profilassi e di terapia da parte dell'Asl di Avellino tanto che sono diffuse, se non in aumento, casi di patologie endemiche o acquisite alla cui carenza di assistenza suppliscono, per come possono, associazioni di volontariato o semplici cittadini solidali;
   questa situazione costringe molti di questi ragazzi a ricorrere al pagamento diretto dei farmaci, soprattutto quelli ricadenti nella fascia «C» della spesa farmaceutica, in quanto l'esenzione ticket «E07», al momento, è sospesa da ben sette mesi da parte della regione Campania; gli stessi migranti non hanno la possibilità di sostenere spese per analisi cliniche o esami diagnostici specialistici per patologie gravi e di lungo periodo, in quanto l'erogazione del pocket money risulta essere spesso insufficiente;
   gli stessi piani di zona sociale, che per mission istitutiva dovrebbero predispone quantomeno degli studi di fattibilità di base, non svolgono alcuna iniziativa di merito negli ambiti territoriali di propria competenza;
   alla luce dell'ultimo incontro svoltosi presso la prefettura di Avellino, a parte l'enunciazione di buoni propositi sia da parte della prefettura che dei comuni e la realizzazione di un censimento di ulteriori strutture abilitate usufruibili sul territorio provinciale eseguito dai carabinieri, non si registrano iniziative concrete che dovrebbero porsi l'obiettivo di realizzare una politica dell'accoglienza diversa da quella della prima fase in modo da rivelarsi più efficace e giusta, frutto di una avveduta programmazione e non della rincorsa all'emergenza continua;
   la commissione provinciale territoriale di Caserta per il riconoscimento della protezione internazionale svolge la sua funzione ben al di là dei tre mesi previsti, arrivando ad esaminare le richieste di protezione internazionale mediamente dopo oltre un anno;
   notizie provenienti da più fonti segnalano che il diniego al riconoscimento della protezione internazionale venga applicato ampiamente, e che non sia sempre giustificato in relazione a veritiere motivazioni evidenziate dai migranti, ma anche in dispregio dei puntuali rapporti internazionali sui diritti umani relativi ai singoli Paesi di provenienza ad opera di organizzazioni non governative universalmente riconosciute (Amnesty International ed altre);
   a seguito di questi continui dinieghi i migranti sono costretti a ricorrere al tribunale e alla corte di Appello di Napoli, per cui ogni istanza necessita di oltre un anno di tempo per le determinazioni, comportando, in tal modo, il prolungarsi della permanenza nelle strutture di accoglienza straordinarie per un periodo totale di almeno due/tre anni; ciò provoca, oltre all'accumulo di lavoro aggiuntivo per gli uffici giudiziari, un notevole dispendio di risorse pubbliche, atteso che i migranti una volta riconosciuta la loro condizione di protezione internazionale quasi tutti lasciano i Centri di accoglienza straordinaria, provvedendo autonomamente ai loro bisogni economici ed al loro destino, sgravando di fatto lo Stato della spesa per il loro sostentamento –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere, anche in sinergia con gli altri Ministri competenti, affinché si sani quanto prima questa situazione di estrema precarietà e disagio dei migranti nella provincia di Avellino, avviando tutte le iniziative urgenti e necessarie previste dalla normativa internazionale e nazionale in materia e richiamando alle proprie responsabilità le istituzioni preposte per competenza che fino ad oggi, a giudizio dell'interrogante, non hanno mostrato una compiuta efficienza, e perché si riduca al minimo lo stato di questa perdurante sofferenza e si creino le condizioni per assicurare ai migranti un futuro quantomeno migliore e più certo di quello da cui sono fuggiti. (5-08100)

Interrogazione a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la comunità di San Severo, importante centro agricolo di 55.000 abitanti in provincia di Foggia, vive momenti di grande preoccupazione per una serie di atti criminosi che si sono verificati negli ultimi mesi, compresi due omicidi, attentati dinamitardi e rapine a mano armata; eventi che vanno ben oltre una pur infausta ma fortuita concomitanza di casi negativi e disegnano, invece, una situazione perdurante che desta gravissimo allarme;
   le forze politiche locali rappresentate in consiglio comunale hanno più volte e in modo corale denunciato alle autorità sovraordinate la gravità della situazione attraverso documenti approvati all'unanimità fin dal settembre 2014; più recentemente, il 22 gennaio del 2016, si è tenuta una seduta monotematica del Consiglio alla presenza del presidente della regione Puglia e del viceministro dell'interno Filippo Bubbico, per porre all'attenzione un cahier de doléances sulla legalità a San Severo, che contiene anche delle indicazioni concrete;
   tra le rivendicazioni poste al Governo ci sono le richieste di potenziamento dei mezzi e degli uomini destinati a garantire l'ordine pubblico nella città e al lavoro della procura della Repubblica; investimenti destinati all'installazione di nuove telecamere di videosorveglianza, sostegno e incentivazione dei percorsi per l'affidamento dei beni confiscati, incentivazione con risorse economiche specifiche per interventi di riqualificazione urbana, sostegno ad iniziative culturali volte a promuovere la cultura della legalità presso le giovani generazioni, interventi per potenziare la rete del welfare locale;
   è pertanto urgente una risposta, per la parte di competenza da parte del Governo centrale –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per concorrere a far fronte alla grave emergenza criminalità che ha colpito la città di San Severo.
(4-12509)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e PRODANI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che Area Science Park di Trieste, parco scientifico e tecnologico multisettoriale, vigilato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per tutto l'anno 2014, in applicazione della legge n. 68 del 1999, ha assunto a tempo determinato quattro persone con disabilità che avrebbero poi dovuto essere stabilizzate ai sensi del decreto-legge n. 101 del 2013, provvedimento volto a superare la precarietà nella pubblica amministrazione;
   tuttavia, a quanto è dato sapere, alla scadenza del 31 dicembre 2014, i lavoratori in questione non solo non sono stati assunti a tempo indeterminato, ma non gli è stato neanche rinnovato il contratto a tempo determinato. Ciò a causa di un'interpretazione restrittiva che ha applicato Area Science Park sul decreto-legge n. 101 del 2013, ritenendo che la normativa sopraggiunta in materia consenta di ridurre il numero di lavoratori con disabilità da assumere ai sensi della legge n. 68 del 1999;
   di contro, dalla lettura del decreto-legge n. 101 del 2013 e da quanto stabilito dal dipartimento per la funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri con circolare n. 5 del 21 novembre 2013 e con una nota operativa del 30 dicembre 2014, si ritiene che gli interventi normativi in materia oggetto della legge n. 68 del 1999, a cui fa riferimento Area Science Park, concernono soltanto l'assunzione a tempo indeterminato di lavoratori disabili da parte di enti pubblici che si trovano in condizione di soprannumerarietà, con esplicita deroga ai divieti di nuove assunzioni; condizioni che non ricomprendono il caso di specie considerando, soprattutto, che Area Science Park non si trova in stato di soprannumerarietà;
   la condotta di Area Science Park è stata fortemente contestata sia dalle organizzazioni sindacali che dalla Fish FVG; tuttavia, nonostante reiterati inviti e sollecitazioni, Area Science Park non ha modificato la propria posizione, né il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione è intervenuto per chiarire la vicenda nonostante sia stato interpellato dai sindacati; tra l'altro, l'ente in questione ha assunto una condotta che appare agli interroganti palesemente scorretta nei confronti di questi lavoratori considerando che sono stati illusi con continue promesse di rinnovo del loro contratto a tempo determinato riferendo della necessità di una presunta approvazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   invece, queste persone non solo non hanno ottenuto il rinnovo del contratto ma proprio perché rassicurate dall'ente sulla prosecuzione del rapporto di lavoro, non hanno neanche cercato un nuovo impiego, precludendosi altre opportunità lavorative;
   si ritiene pertanto che Area Science Park abbia erroneamente interpretato la normativa in materia, poiché avrebbe dovuto fare riferimento esclusivamente alla normativa ante decreto-legge n. 101 del 2013, sicché a parere degli interroganti i quattro lavoratori devono essere riassorbiti in organico –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti esposti in premessa, per quanto di loro competenza;
   se e quali iniziative intendano adottare, per quanto di competenza, per tutelare i lavoratori in questione considerando che Area Science Park a giudizio degli interroganti ha erroneamente applicato la normativa in materia pregiudicandoli e determinando la perdita dei posti di lavoro. (5-08099)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   compito della pubblica amministrazione è quello di essere al servizio del cittadino, senza il quale essa perde la sua stessa ragion d'essere;
   ciò deve valere tanto più per la scuola, che esiste con il preciso scopo di assolvere ad uno dei più delicati compiti tra quelli assegnati allo Stato: formare i giovani cittadini secondo criteri che travalichino la trasmissione di una mera erudizione, ma che includano quella di valori e di uno spirito civico che ricalchi quella delineata dalla Costituzione;
   vi sono casi, invece, in cui la burocrazia sembra imporre le proprie regole al cittadino anche al costo di sacrificare i diritti previsti dalla stessa Carta fondamentale;
   è questo il caso apparso anche su alcuni quotidiani, come su Il Garantista del 18 febbraio 2016 nell'articolo dal titolo «È autistico. Per Cristian il preside Romeo non trova posto in aula», in cui si descrive l'accanimento di un dirigente nel non voler soddisfare alcune semplicissime, richieste poste dalla famiglia di un bambino, M.D., affetto da un disturbo dello spettro autistico, per garantirgli un ambiente sereno in cui svolgere le lezioni;
   la famiglia di M.D. si sarebbe infatti convinta ad iscrivere il figlio all'istituto comprensivo «De Amicis – Bolani» di Reggio Calabria nell'intento di consentirgli di continuare il proprio percorso scolastico con i compagni con cui aveva frequentato la scuola materna;
   nei casi di autismo gli studi dimostrano, infatti, come sia fondamentale la continuità psicoaffettiva dei legami instaurati;
   ciò avrebbe comportato la necessità che M.D. venisse posto nella stessa classe dei compagni che già conosceva in precedenza: inspiegabilmente il dirigente scolastico Giuseppe Romeo, basandosi sul fatto che la classe fosse «incapiente», destinava il bambino ad un'altra in cui egli dimostrava problemi d'integrazione;
   a seguito del rifiuto reiterato da parte del preside di trovare una soluzione al problema, allargando di un'unità la classe, che ora conta 22 studenti, il padre del bambino, assistito dal legale Alfonso Zito, si è trovato costretto ad adire al Tar, che ha puntualmente riconosciuto le ragioni della famiglia contro la decisione del dirigente;
   anche a seguito della sentenza del Tar che stabiliva che il dirigente scolastico di inserisse M.D. nella classe in cui erano i suoi compagni entro il 18 dicembre 2015, egli non ottemperava e la famiglia è stata costretta a ricorrere nuovamente al Tar per fare eseguire l'ordinanza cautelare;
   ciò è avvenuto soltanto il 4 gennaio 2016, dopo che è stato notificato al professor Romeo ed all'Avvocatura dello Stato, il ricorso, ex articolo 59 del codice del processo amministrativo (decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 e successive modificazioni), per l'esecuzione forzata della misura cautelare;
   a fronte di questa situazione il dirigente, tuttavia, decideva di non desistere e presentava ricorso in Consiglio di Stato;
   essendo tale decisione nella piena disponibilità del pofessor Romeo, viene tuttavia da domandarsi se il suo atteggiamento sia compatibile con l'amministrazione di un istituto comprensivo importante come quello di «De Amicis – Bolani» e se il ministro interrogato avalli la linea tenuta dal dirigente decidendo di non intervenire in alcun modo, a dispetto di quanto previsto dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire che non vi sia alcun pregiudizio al percorso scolastico dello studente M.D. e alla sua crescita e per evitare che abbiano a ripetersi in futuro episodi simili.
(4-12502)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   molti docenti segnalano disfunzioni sulla piattaforma di istanze online (con accesso dalla home page del sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) utilizzabile anche per la compilazione e l'inoltro delle domande di partecipazione al concorso;
   le interruzioni sul collegamento (dovute con ogni probabilità a un numero elevato di accessi nello stesso momento) non consentono il completamento e l'invio della domanda con evidenti perdite, di tempo;
   non pochi utenti sono stati indotti in confusione per via della doppia domanda per l'infanzia e la primaria;
   risulta complicata la procedura per la dichiarazione del titolo di studio;
   nei bandi emanati manca quello relativo agli insegnanti nelle scuole di lingua slovena, scuole che saranno costrette a reclutare i docenti solo attraverso la mobilità;
   per pervenire a una corretta identificazione l'utente deve accedere, registrarsi, ottenere un codice personale, dare conferma della ricezione del codice, stampare un modulo, recarsi a scuola con carta di identità e codice fiscale per il riconoscimento, poi riaccedere al portale per inoltrare finalmente la propria domanda, il tutto, a quanto segnalato dai docenti, sempre che il collegamento non si interrompa  –:
   se non ritenga, per facilitare le procedure di iscrizione dei docenti interessati al concorso, di dover semplificare queste procedure visto che già dal vademecum online si evince che per giungere a una corretta identificazione, il docente deve superare diversi «step»;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per mettere a punto nel minor tempo possibile il sistema sulla base delle segnalazioni pervenute e per scongiurare ulteriori problemi ai docenti che volessero accedere al concorso mediante domanda online. (4-12507)


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il bando del concorso scuola 2016 prevede l'iscrizione entro le ore 14,00 del 30 marzo 2016;
   alcuni studenti stanno completando nei conservatori l'anno di tirocini formativi attivi (per l'anno accademico 2015-16), dopo aver frequentato ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010 il secondo ciclo del biennio di didattica della musica (negli anni accademici 2013-14 e 2014-15), per ottenere l'abilitazione nella ex classe A077 «Strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado»;
   questi studenti (sono alcune decine) per pochi giorni non riescono ad ottenere dal Conservatorio di musica di iscrizione l'abilitazione richiesta dal bando del concorso, a causa dell'organizzazione dei tirocini nelle scuole convenzionate che impediscono materialmente lo svolgimento degli esami finali nel mese di marzo;
   l'organizzazione del tirocinio formativo attivo, in accordo con le scuole convenzionate, non potrà terminare prima del mese di aprile 2016;
   questi trenta giorni rischiano di diventare una enorme discriminazione per coloro che stanno frequentando l'anno di tirocinio formativo attivo e la procedura concorsuale avrebbe potuto tener conto di tale scadenza, visto che il Ministero è a conoscenza dell'organizzazione e della durata dei tirocini  –:
   se non ritenga di dover consentire, magari con riserva, l'iscrizione al concorso, anche agli iscritti nei conservatori che stanno completando l'anno di tirocinio formativo attivo, procedura che si perfezionerebbe entro il 30 aprile 2016 con l'acquisizione dell'abilitazione richiesta.
(4-12508)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dalle segnalazioni avvalorate da documentazione ufficiale del comune di Marone in provincia di Brescia, l'interrogante ha appreso che, a causa di ritardi nel trasferimento di fondi da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, lo stesso ente rischia, per l'anno 2015, lo sforamento del patto di stabilità;
   suddetto comune, infatti, è beneficiario di due finanziamenti concessi con delibera CIPE n. 22 del 30 giugno 2014 (ex articolo 48 del decreto-legge n. 66 del 2014), finalizzati ad interventi di riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici pubblici sedi di istituzioni scolastiche;
   l'ente, seguendo in maniera corretta le disposizioni contenute nella delibera CIPE, ha proceduto con l'affidamento dei lavori, entro il 31 dicembre 2014, e ha conseguentemente proceduto, in rispetto al decreto legislativo n. 192 del 2012 recante norme in materia di lotta contro il ritardo di pagamento nelle transizioni commerciali, con il pagamento delle fatture presentate dalla imprese appaltatrici;
   i fondi, secondo una stessa comunicazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avrebbero dovuto essere assegnati entro l'anno 2015 e avrebbero dovuto essere utilizzati nello stesso anno al fine di non essere conteggiati nel computo del patto di stabilità;
   l'erogazione, però, è stata subordinata al monitoraggio che lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto espletare attraverso la consultazione delle schede di una banca dati unitaria relative ad ogni intervento, compilate dagli stessi comuni beneficiari dei fondi;
   al fine di compilare in maniera corretta ed entro i tempi previsti le proprie schede, il comune di Marone ha richiesto ben tre volte al suddetto Ministero le credenziali di accesso necessarie per la compilazione della banca dati, ma ad oggi non ha avuto ancora riscontro;
   il comune di Marone ha poi rilevato che soltanto il 22 febbraio 2016 è stato comunicato, da parte dello stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'apertura delle funzioni relative alla gestione finanziaria del portale di monitoraggio per le relative richieste di erogazione che sono però previste dal 25 marzo al 31 ottobre 2016;
   ad oggi quindi, il Ministero non ha ancora erogato alcuna somma e qualora questi fondi venissero accreditati al comune nel corso del 2016, gli stessi rischierebbero di rientrare nel conteggio delle entrate ai fini del rispetto del saldo contabile di quest'anno –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire le ragioni del ritardo nell'attivazione delle procedure esposte in premessa e se non ritenga necessario, anche attraverso una concertazione con il Ministro dell'economia e delle finanze e attraverso gli strumenti normativi o amministrativi ritenuti più adeguati, specificare che le prossime erogazioni previste tra il 25 marzo e il 31 ottobre 2016 siano da ritenersi detratte dal computo del totale dei pagamenti relativi al monitoraggi del secondo semestre 2015, al fine di permettere al comune in questione e a qualsiasi altro comune che si trovi nella stessa situazione, di non uscire dai parametri definiti dal patto di stabilità 2015, tenuto conto che il ritardo nel trasferimento dei fondi da parte del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca è imputabile in alcun modo all'ente comunale o, nel caso, agli enti comunali. (4-12511)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   SEGONI, GAGNARLI, ARTINI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 settembre 2014 veniva segnalato l'ennesimo sversamento di «digestato» in un terreno agricolo: tale «digestato» è prodotto da uno dei numerosi piccoli impianti di «digestione anaerobica» ormai funzionanti in Italia;
   a seguito della segnalazione, la provincia di Pisa, nella persona del suo dirigente affermava che il digestato è un ammendante utilizzabile nei terreni agricoli, ai sensi dell'articolo 52, comma 2-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83;
   a seguito dell'interrogazione presentata dalla europarlamentare PD Andrea Zanoni il 24 settembre 2013 in seguito alla moria di bovini attribuibile allo sversamento di digestato nei campi da parte della centrale a biogas di Trebaseleghe (E-010830-13), il commissario Janez Potocnik rispondeva il 13 dicembre 2013 che «I digestati derivanti dalla produzione di biogas sono considerati “rifiuti prodotti” e rientrano pertanto nell'ambito di applicazione della normativa sui rifiuti», e che la Commissione europea si sarebbe premurata di emanare i criteri da soddisfare per fare in modo che il «digestato» cessi la qualifica di rifiuto, altrimenti detti criteri «End of Waste». Detti criteri ad oggi non risultano ancora emanati;
   il digestato viene identificato nel catalogo europeo rifiuti (CER) con il codice 19.06.04 ove prodotto dal trattamento di rifiuti urbani. Nel caso il digestato sia prodotto con materiale biologico espressamente coltivato a scopi energetici, come nel caso di specie, il catalogo CER non prevede alcuna classificazione, anche se in alcuni casi potrebbe essere identificato con il CER 16.03.06 (rifiuti organici non contenenti sostanze pericolose);
   in risposta all'interrogazione Terzoni, del 5 maggio 2014, n. 4-03037, il Ministro Martina informa che «sono in corso una serie di ricerche svolte dagli istituti del consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, oltre ad uno specifico studio affidato all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale in collaborazione con l'agenzia regionale per la protezione ambientale del Piemonte, della Lombardia, dell'Emilia Romagna, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, finalizzato a conoscere l'origine del contenuto dei nitrati nelle acque sotterranee e superficiali presenti nell'area sottoposta ad indagine, definendone i contributi derivanti dalle diverse sorgenti sulla base delle conoscenze ambientali e territoriali, dei numerosi processi fisici chimici e biologici che intervengono e dei dati e delle informazioni e delle analisi di monitoraggio dello stato dei suoli e delle acque»;
   è ormai noto il rischio sanitario derivante dallo sversamento nei campi del «digestato». Si cita ad esempio non esaustivo proprio il caso del maggio 2013 riportato agli onori della cronaca sempre dall'onorevole Zanoni, quando a Trebaseleghe (PD) si è verificata una vera e propria moria di bovini a causa di avvelenamento da botulino. Il contagio ha coinvolto circa 50 animali e ha comportato il sequestro di un allevamento a opera dell'azienda sanitaria locale, con un danno per l'azienda agricola di 100.000 euro. Secondo quanto emerso dalle indagini epidemiologiche svolte nell'immediatezza la tossina potrebbe essere stata contenuta nel terreno presente nel fieno consumato dai bovini. Il botulismo, malattia mortale anche per l'uomo, è legata al Clostridium botulinum, un batterio anaerobico che produce la neurotossina botulinica, la sostanza più tossica fino a oggi conosciuta. A questo proposito occorre segnalare che potrebbe esistere un rapporto causa-effetto tra botulismo nei bovini e presenza sul territorio di centrali per la produzione di biogas. Il Clostridium botulinum, infatti, può essere presente nel digestato di tali impianti, il materiale di scarto che viene sparso sui terreni a valle del processo produttivo del biogas. Più recentemente si segnalano vari casi di contaminazione del mais da aflatossine, in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tutti ricollegabili all'uso del digestato;
   la risposta del commissario Potocnik è chiara e inequivocabile: fra l'altro essa è posteriore alla risposta data dal Governo a seguito della interrogazione in Commissione a prima firma Gagnarli (n. 5-00585) –:
   quali iniziative intenda promuovere, al fine di tutelare l'ambiente e la salute umana e animale, per assoggettare il digestato a rifiuto conformemente a quanto previsto dall'Unione europea;
   se intendano approfondire attraverso uno studio epidemiologico, di concerto con il Ministero della salute, l'impatto sanitario derivante dallo spandimento del digestato nei campi;
   quali tempi si prevedano per il completamento dello studio commissionato all'ISPRA sui rischi chimico-fisici e biologici derivanti dall'uso del digestato;
   se intenda approfondire, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali con quello dello sviluppo economico, l'impatto dello spandimento di digestato sulla filiera alimentare e in particolare sulle eccellenze alimentari tutelate da marchio DOP e IGP. (3-02101)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'olivo è radicato da secoli nel territorio marchigiano. Si trova menzione dell'olio di oliva delle Marche e della sua qualità già nel periodo medioevale, più precisamente nel periodo delle Signorie;
   nel volume «Antichità d'Italia nel Medio Evo» il Muratori scrive che nel 1228 le navi marchigiane che approdavano sulla riva del Po a Ferrara dovevano pagare un pedaggio, il «ripatica», consistente in 25 libbre di olio e che a questo olio veniva conferito un valore superiore a quello di altre regioni;
   anche i veneziani erano grandi estimatori dell’«olio della Marca», che rivendevano ad un prezzo superiore in virtù dell'aroma e del sapore;
   ancora oggi nelle Marche, grazie a circa 7.200 ettari di oliveto specializzato e a una produzione che si attesta intorno ai 45.000 quintali, viene prodotto un olio extra vergine di oliva di grandi qualità organolettiche;
   la qualità e la tipicità dell'olio marchigiano sono il frutto della combinazione di vari fattori: le varietà locali, il particolare ambiente (prevalentemente collinare), le antiche tecniche agronomiche e la tradizione frantoiana che coesiste con le realtà produttive più all'avanguardia;
   l'olio tipico marchigiano è caratterizzato da un fruttato medio-leggero, dal gusto tendenzialmente dolce con note di amaro e piccante;
   nella regione ci sono circa 160 frantoi, distribuiti per il 70 per cento nelle province di Ascoli (circa il 50 per cento) e Macerata;
   in Italia la coltura dell'olio di oliva è diffusa soprattutto nelle regioni meridionali. Le aziende che coltivano alberi d'olivo sono oltre 1 milione, la superficie media per azienda è poco più di 1 ettaro;
   l'Europarlamento ha appena approvato la proposta di regolamento che dà il «via libera» all'import di 35 mila tonnellate di olio tunisino a dazio zero per il biennio 2016/2017 che si aggiungono alle 57 mila tonnellate già in accordo con questo paese e con le stesse modalità;
   l'incremento di importazione che è pari a circa il 3-4 per cento dei volumi complessivi immessi sul mercato, sembra poco significativo, ma in assenza di una tracciabilità del prodotto e altre misure di tutela della filiera italiana, rischia in anni di crisi economica di avere ricadute negative;
   il nostro Paese produce circa un quarto degli oltre 2 milioni di tonnellate di olio europeo, la Spagna che è il primo produttore si attesta sul milione di tonnellate –:
   se non ritenga di assumere iniziative per sostenere che l'agricoltura marchigiana alla luce di questo ulteriore provvedimento comunitario, visto che in pochi anni ha subito, con le modifiche alla politica agricola comune, l'azzeramento delle produzioni di tabacco e di barbabietole da zucchero e delle loro filiere, che hanno prodotto perdite economiche e di posti di lavoro;
   quali iniziative intenda assumere, considerate le caratteristiche dell'economia regionale, affinché essa non paghi un prezzo molto elevato, posto che, in anni di crisi come quelli che si stanno attraversando, non è consentito ai produttori locali (aziende pressoché familiari o micro imprese) di individuare in tempi brevi valide alternative con le quali riposizionarsi sul mercato;
   se non ritenga di assumere iniziative per evitare che la vulnerabilità di considerevoli fette di produzioni agricole possa avere ricadute importanti anche su alcuni cicli industriali strettamente collegati alla loro trasformazione (macchine olearie, manifattura tabacchi, e altro) e penalizzare gli investimenti stranieri sul territorio. (4-12510)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   POLIDORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'obesità è un'emergenza a livello globale e coinvolge circa il dieci per cento della popolazione italiana. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, almeno 2,8 milioni di persone muoiono ogni anno a causa del sovrappeso o dell'obesità;
   un punto incontrovertibile che emerge dai dati della letteratura scientifica è che i trattamenti non farmacologici né chirurgici dell'obesità si sono dimostrati inefficaci nel controllo ponderale nel lungo periodo;
   è opinione comunemente accettata che sia necessario utilizzare le varie terapie (dietologica, comportamentale, farmacologia e chirurgica) in modo integrato e, soprattutto, la farmacoterapia come utile misura aggiuntiva per tutti quei soggetti che non riescono a gestire il peso corporeo, con i soli cambiamenti dello stile di vita;
   in pratica, l'importanza del farmaco nella strategia terapeutica dell'obesità, non è tanto il permettere un maggior calo ponderale in soggetti che già aderiscono a una dieta ipocalorica, ma permettere a un numero maggiore di pazienti obesi di aderire alle prescrizioni dietetiche e comportamentali, raggiungendo e mantenendo gli obiettivi prefissati;
   ciclicamente, si assiste a campagne mediatiche che hanno ad oggetto le terapie farmacologiche anti-obesità, nelle quali la cura viene presentata come un problema, invece di focalizzare gli aspetti di criticità sulla malattia in essere;
   il Liraglutide 3mg (Saxenda) è la sostanza autorizzata e utilizzata per la cura della obesità, che solo in Italia, è bene ricordarlo, coinvolge circa il 10 per cento della popolazione;
   il Liraglutide è indicato in aggiunta a una dieta povera di calorie e ad un aumento dell'attività fisica per la gestione del peso corporeo in pazienti adulti con un indice di massa corporea (IMC) iniziale ≥ 30 kg/m2 (obesi) o da ≥ 27kg/m2 a < 30 kg/m2 (sovrappeso) in presenza di almeno una co-morbidità correlata al peso quali disglicemia (pre-diabete o diabete mellito di tipo 2), ipertensione, dislipidemia o apnea ostruttiva nel sonno;
   nonostante la riconosciuta efficacia nella cura di quella che a tutti gli effetti è una patologia, l'effettivo suo utilizzo da parte dei pazienti obesi è scoraggiato in Italia dal costo proibitivo; infatti, in caso di obesità, il farmaco è sì autorizzato, ma non è rimborsabile;
   diversamente, i soggetti affetti da diabete possono accedere al farmaco in regime di convenzione, naturalmente previa presentazione di una prescrizione medica non ripetibile e di un piano terapeutico;
   in tal modo, si genera in maniera evidente, una disparità tra obesi e diabetici per quanto riguarda l'accesso alla cura; il trattamento dell'obesità è caratterizzato dalla disponibilità di prodotti non rimborsati dal SSN (classe C). Nel caso di specie, il farmaco Saxenda (Liraglutide 3mg), approvato per il trattamento del sovrappeso con co-morbidità correlate e dell'obesità, è già disponibile per il trattamento del diabete tipo 2, con un brand diverso (Victoza – classe A) e con dosaggi minori;
   Saxenda è disponibile in confezione da 5 penne pre-riempite contenenti 18 mg di Liraglutide/penna e 90 mg/confezione. Victoza è disponibile in confezione da 2 penne contenenti 18 mg/penna e 36 mg/confezione;
   il prezzo per mg di Saxenda è lineare con il costo/mg di Victoza, che è pari a 4,051 euro/mg. Di conseguenza, una confezione di Saxenda costa euro 365,15. Il trattamento con axenda dura almeno 4 mesi (incluse le prime cinque settimane di titolazione, come da RCP) ed equivale al consumo di 294 mg di Liraglutide3mg. Il costo dei primi quattro mesi di terapia equivale a euro 1.192,76 (considerando il costo/mg);
   il costo di 4 mesi di terapia è altresì di euro 1.460, considerando che per consumare 294 mg, pari a 3,3 confezioni, si devono comunque acquistare 4 confezioni; per i mesi successivi, la terapia a dosaggio pieno (3mg/die) con Liraglutide 3mg equivale ad una confezione;
   alla luce di ciò, a parere dell'interrogante, occorrerebbe intervenire per sanare questa ingiusta disparità, rendendo effettivamente accessibili i farmaci ad una platea di soggetti interessati che sia la più ampia possibile, siano essi affetti da diabete oppure da obesità;
   è fondamentale ribadire che, nel caso della cura della obesità, la farmacoterapia costituisce un'utile misura per tutti coloro che non riescono, da soli, a gestire il peso corporeo con i soli cambiamenti dello stile di vita. In sostanza, il farmaco consente a un numero maggiore di pazienti obesi di aderire alle prescrizioni dietetiche e comportamentali raggiungendo e mantenendo gli obiettivi prefissati –:
   se il Ministro in interrogato non ritenga necessario chiarire le ragioni per le quali il «tavolo» ministeriale in tema di sostanze anoressizzanti, che doveva procedere alla ricognizione di tali sostanze ad azione centrale utilizzabili nelle preparazioni galeniche magistrali e già da tempo previsto dal Ministero della salute, ma poi rinviato sine die, non venga ancora convocato;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato perché l'obesità venga riconosciuta a tutti gli effetti come patologia e perché il Liraglutide 3 mg (saxenda) venga individuato come farmaco in convenzione anche per i malati obesi, ponendo fine agli elevati costi per la cura dell'obesità. (4-12501)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GUIDESI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la chimica è un settore di riferimento dell'evoluzione del quadro congiunturale del Paese che, nonostante alcuni segnali di ripresa, resta ancora particolarmente critico;
   il lento e progressivo disimpegno dell'ENI dall'Italia rischia di segnare il destino industriale del Paese, accentuando quel lento declino a cui da tempo si assiste sul piano economico, infrastrutturale ed anche industriale, con la grave conseguenza della perdita di migliaia di posti lavoro;
   nell'annuncio della vendita della controllata Versalis ad un fondo americano, peraltro di scarsa consistenza finanziaria, così come in quello relativo all'uscita dal controllo di SAIPEM, si racchiude il riepilogo della «vertenza» sulla chimica italiana ed anche il fallimento di una gestione industriale forse troppo disattenta alle reali problematiche di un comparto fondamentale per il Paese, come quello della chimica di base;
   la Versalis è la più grande azienda della chimica italiana; è evidente che dal suo futuro dipende quello dell'intera industria nazionale, compreso l'indotto, e a catena quello di decine di migliaia tra lavoratrici e lavoratori di ENI e delle sue controllate;
   la chimica di base è una dorsale lungo la quale si è sviluppato l'apparato industriale del Paese: Priolo, come Ravenna, Mantova, Porto Torres, Ferrara, Brindisi, Ragusa e Porto Marghera sono alcuni dei punti nevralgici in cui sono cresciuti e si sono consolidati le imprese di settore e l'indotto, contribuendo a far crescere l'economia italiana e l'occupazione;
   nelle strategie di ENI si nasconde la volontà di un'uscita del gruppo dall'Italia, in quanto oltre alla chimica, il gruppo abbandonerebbe progressivamente anche la raffinazione, creando i presupposti per il compimento di quel processo di deindustrializzazione che da tempo attraversa il territorio, privandolo di ricchezza e di occupazione;
   per restituire all'Italia un ruolo di primo piano nel settore della chimica è necessario adottare quanto prima strumenti di politica industriale lungimiranti che siano in grado di rilanciare il sistema industriale del Paese, creando le premesse per far crescere la produzione e l'occupazione –:
   se il Governo sia a conoscenza delle strategie di Eni e, in particolare, del ruolo che la stessa intende ricoprire nel settore dell'industria chimica italiana;
   quali iniziative intenda adottare per favorire una concertazione tra le parti, al fine di trovare soluzioni il più possibile condivise che abbiano come obiettivo il mantenimento del presidio industriale in Italia e la tutela degli attuali livelli occupazionali;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla necessità di attuare, in tempi rapidi, un seria politica di rilancio dell'apparato industriale del Paese che miri a restituire competitività ai settori da sempre considerati strategici per l'economia italiana, come quello della chimica, favorendo le condizioni per la ripresa degli investimenti nel settore. (5-08102)

Interrogazione a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalla fine degli anni l'80 la Cina ha conquistato il 25 per cento del peso dell'industria globale;
   a novembre del 2015 la Cina ha festeggiato i 15 anni di permanenza nel WTO e aspira a vedersi riconosciuto lo «status di economia di mercato»;
   se la Cina dovesse raggiungere questo status, sarebbe più difficile per l'Europa e gli altri blocchi commerciali alzare dazi anti-dumping contro il suo export in settori come auto e suoi componenti, acciaio, carta e cartone, ceramica, vetro, alluminio e biciclette;
   secondo osservatori americani questo status metterebbe a rischio 2,7 milioni di posti di lavoro in Europa;
   un documento interno della Commissione europea calcola i posti di lavoro potenzialmente minacciati fra i 73 mila e i 188 mila, di cui oltre la metà in Germania e in Italia;
   la Cina, che è la seconda economia del mondo, presenta un surplus di capacità produttiva in tutta l'industria pesante, carta, cantieri navali, vetro acciaio, carbone, alluminio;
   esperti investitori stimano che la capacità produttiva della Cina nel solo settore auto valga oggi 40 milioni di pezzi l'anno a fronte di vendite per meno della metà;
   i consulenti di Rhodium Group stimano che la produzione di acciaio in eccesso della Cina sia superiore all'intera produzione di Giappone, Stati Uniti e Germania messi insieme;
   questo surplus di produzione immesso nel mercato internazionale provoca deflazione e distorsioni;
   sull'eventualità di concedere alla Cina lo «status di economia di mercato» ci sono posizioni internazionali contrapposte: sarebbero favorevoli sia l'America Latina perché il mercato cinese assorbe buona parte del suo export di derrate alimentari, sia la Gran Bretagna che con Londra punta a divenire piazza finanziaria off shore per lo yuan; la Germania intende esportare ai cinesi turbine e auto, invece la Francia prodotti quali Airbus e nucleare civile; solo Italia e Stati Uniti hanno da perdere da questo stato di cose;
   la crisi che negli ultimi anni ha colpito la Thyssen, l'ILVA, la cantieristica navale, ha messo a dura prova il tessuto sociale di alcune regioni, ma ha avuto ricadute su tutto il Paese –:
   se non ritenga che:
    a) l'immissione sul mercato di surplus di produzioni cinesi in settori tradizionalmente a vocazione italiana possa provocare effetti distorsivi e deflattivi del mercato con pesanti ricadute sull'economia;
    b) seppure fra le catastrofiche stime americane e quelle più prudenti della Commissione europea sulla perdita di posti di lavoro si ravvisi una forbice forse irrealistica, si debbano prevedere, comunque, iniziative atte a tutelare i lavoratori italiani che operano nel settore siderurgico;
    c) sia necessario assumere iniziative volte a introdurre incentivi e sgravi fiscali per favorire gli investimenti, senza i quali, soprattutto in alcune regioni, non potrà essere garantito il lavoro a chi oggi è impegnato nei processi produttivi e nell'indotto dei settori che potrebbero subire la concorrenza cinese. (4-12513)

Apposizione di firme ad una interrogazione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  L'interrogazione a risposta in commissione De Maria e altri n. 5-08030, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gandolfi, Giuliani, Piccione e Rubinato e contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato «De Maria, Benamati, Fabbri, Fiano, Nardi, Zampa, Luciano Agostini, Albini, Amato, Amoddio, Arlotti, Stella Bianchi, Blazina, Bargero, Baruffi, Basso, Becattini, Beni, Bergonzi, Paola Boldrini, Bolognesi, Bonomo, Borghi, Braga, Campana, Carloni, Carnevali, Carocci, Carra, Carrozza, Causi, Cenni, Chaouki, Cimbro, Cominelli, Cova, Crivellari, Culotta, Cuperlo, D'Ottavio, Dallai, Damiano, Dell'Aringa, De Menech, Marco Di Maio, Ermini, Gianni Farina, Fedi, Ferrari, Cinzia Maria Fontana, Fontanelli, Fossati, Fregolent, Gadda, Gandolfi, Garavini, Gasparini, Ghizzoni, Giacobbe, Giuliani, Gnecchi, Guerra, Iacono, Tino Iannuzzi, Incerti, Iori, Laforgia, La Marca, Lenzi, Lodolini, Patrizia Maestri, Magorno, Malisani, Manfredi, Manzi, Marchi, Mariani, Mazzoli, Miccoli, Miotto, Mognato, Monaco, Montroni, Moretto, Murer, Narduolo, Pagani, Parrini, Patriarca, Peluffo, Pes, Piccione, Giuditta Pini, Pollastrini, Porta, Preziosi, Richetti, Rigoni, Rocchi, Romanini, Rubinato, Giovanna Sanna, Sbrollini, Scuvera, Senaldi, Sgambato, Taricco, Tentori, Terrosi, Tidei, Tullo, Venittelli, Ventricelli, Verini, Zappulla, Zardini, Zoggia, Di Lello, Fauttilli, Fitzgerald Nissoli, Carlo Galli, Martelli, Melilla, Distaso, Vecchio, Paglia, Placido, Borghese, Merlo, Ciracì, Andrea Maestri».

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in Commissione Colonnese n. 5-08097, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 588 dell'11 marzo 2016.

   COLONNESE, GRILLO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, BARONI, LOREFICE e MANTERO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'interruzione volontaria di gravidanza (ivg), è la scelta di non portare a termine la gravidanza. Con la legge n. 194 del 1978 l'interruzione volontaria di gravidanza viene riconosciuta come una pratica legale, consentita entro 90 giorni dall'ultima mestruazione, mentre tra il quarto e il quinto mese è permessa solo in caso di gravi malformazioni e pericolo di vita per la donna. Obiettivo primario della legge è la tutela sociale della maternità e la prevenzione dell'aborto attraverso la rete dei consultori familiari, un obiettivo che si intende perseguire nell'ambito delle politiche di tutela della salute delle donne;
   secondo la risposta del Ministro all'interrogazione n. 5-06471 del 24 settembre 2015 presentata dalla prima firmataria del presente atto; con riferimento ai dati riportati nella relazione sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, trasmessa al Parlamento il 28 ottobre 2015, contenente i dati preliminari del 2014 e quelli definitivi del 2013, non emergerebbero criticità nell'applicazione della legge n. 194 del 1978: i tempi di attesa delle donne continuerebbero a diminuire, e il 90,8 per cento delle IVG verrebbe effettuata nella regione di residenza, di cui l'87,1 per cento nella provincia di residenza;
   la reale applicazione della legge n. 194 incontra invece ancora oggi numerosi ostacoli e per molte donne, soprattutto al Sud, oltre alle ovvie conseguenze emotive e psicologiche di tale scelta, si sovrappongono problemi dovuti ai disservizi sanitari in materia: ultimo l'episodio della giovane donna diciannovenne morta nel gennaio 2016 per un'interruzione di gravidanza programmata al Cardarelli di Napoli e sul quale il Ministro interrogato ha inviato una task-force;
   a distanza di trent'anni, la legge n. 194, che dovrebbe disciplinare l'interruzione volontaria di gravidanza soprattutto al Sud continua a registrare un percorso accidentato. La criticità si ripercuote non solo sugli operatori ma in maniera pesante sulle donne, costrette talvolta anche a migrazioni intra-regionali perché, spesso, in alcuni centri e in alcuni periodi dell'anno non riescono a ottenere quanto previsto per legge: i centri ivg, oltre a essere a corto di organico, non sempre riescono a garantire un buon accesso alle prenotazioni e inoltre spesso le donne subiscono un trattamento mortificante, con estenuanti e lunghe attese che iniziano all'alba per assicurarsi il primo accesso al centro, non avendo così riconosciuto il proprio diritto alla privacy;
   i dati relativi all'obiezione di coscienza non sono inseriti nei modelli D12 Istat (che si riferiscono alle donne che effettuano le IVG), ma vengono richiesti annualmente dal sistema di sorveglianza alle regioni. La richiesta si riferisce a tutto il personale operante negli istituti di cura con reparto di ostetricia e ginecologia o solo ginecologia, anche se le Regioni non sempre forniscono il dato in questa forma. Nel 2013 si evincono valori elevati di obiezione di coscienza a livello nazionale, specie tra i ginecologi: 70 per cento cioè più di due su tre. Percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi sono presenti in 8 regioni, principalmente al sud: 93,3 per cento in Molise, 92,9 per cento nella provincia autonoma di Bolzano, 90,2 per cento in Basilicata, 87,6 per cento in Sicilia, 86,1 per cento in Puglia, 81,8 per cento in Campania, 80,7 per cento nel Lazio e in Abruzzo. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al Sud (con un massimo di 79,2 per cento in Sicilia, 77,2 per cento in Calabria, 76,7 per cento in Molise e 71,6 per cento nel Lazio). Per il personale non medico i valori sono più bassi e presentano una maggiore variabilità, con un massimo di 89,9 per cento in Molise e 85,2 per cento in Sicilia. In Campania l'81,8 per cento (unico dato del 2012 della relazione sopra menzionata) dei ginecologi è obiettore di coscienza;
   secondo organi di stampa ci sarebbe il rischio concreto che l'Asl Napoli 1 resti senza alcun centro a cui rivolgersi per avere un aborto nel pieno rispetto della legge e delle norme sanitarie: il primario anestesista dell'ospedale San Paolo, l'unica struttura dell'Asl Napoli 1 dove si praticano aborti, ha comunicato che non potrà garantire la presenza degli anestesisti. Il centro che ha sei posti letto e che, per oltre un ventennio, è stato l'unico punto di riferimento di tutta l'asl Napoli sarebbe quindi a rischio di chiusura. Nel presidio di via Terracina in chirurgia non si opera da novembre 2015: tutto fermo perché mancano gli anestesisti. I sindacati denunciano una struttura in dismissione nonostante serva un'area cittadina molto vasta e aprendo la strada a un ulteriore aumento di interventi clandestini dove si mette a rischio la salute e la vita delle donne che scelgono di interrompere la gravidanza;
   nel decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016 approvato dal Consiglio dei ministri, cosiddetto decreto delle depenalizzazioni, sono previste disposizioni anche per l'aborto clandestino; chi ricorre a questa pratica verrà punito con una sanzione amministrativa compresa tra i 5 mila e i 10 mila euro, mentre il reato per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza viene cancellato;
   in precedenza, secondo quanto stabilito dall'articolo 19 della legge n. 194, la multa nei confronti delle donne che praticavano l'interruzione di gravidanza in clandestinità era stata fissata a 51 euro. Una cifra simbolica che aveva lo scopo di consentire al sesso femminile di andare in ospedale in caso di complicanze e di denunciare coloro che praticavano gli aborti fuori dalle strutture pubbliche;
   la conseguenza pratica di questa «depenalizzazione» sarà che le donne non andranno più a curarsi, rinunciando alla propria salute, né a denunciare chi compie atti illeciti, violando la legge;
   anziché contrastare l'aborto clandestino, il Governo a giudizio degli interroganti, con le sanzioni salatissime previste per le donne che ricorrono all'illegalità o alla clandestinità e questo perché spesso non hanno altra scelta, di fatto trasforma queste da vittime in autrici di illeciti;
   da quanto esposto si evinca un quadro normativo per cui l'obiezione di coscienza è un diritto consolidato, mentre non lo è l'aborto, in quanto le sanzioni previste dalla legge sulle depenalizzazioni anziché affrontare il problema, puniscono in maniera ancora più aspra quelle donne che si trovano ad affrontare una delle difficoltà più grandi della loro vita –:
   quali iniziative intenda attuare per garantire l'esercizio del diritto alla interruzione volontaria di gravidanza in generale, oltre che nel caso citato dell'Ospedale San Paolo di Napoli, anche in virtù del fatto che le interruzioni volontarie di gravidanza rientrano nei livelli essenziali di assistenza e non possono, come pure è successo, venire sospese;
   come intenda intervenire il Ministro della salute, per quanto di competenza, onde superare i disservizi sanitari che ostacolano la corretta applicazione della legge e quali iniziative di competenza intenda assumere, per il tramite del commissario ad acta per il piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Campania, per evitare la chiusura del centro in cui si opera l'interruzione volontaria di gravidanza presso l'ospedale San Paolo di Napoli, così garantendo i livelli essenziali di assistenza;
   se il Governo intenda assumere iniziative per rivedere al ribasso l'importo delle sanzioni previste nel decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016 che riguardano anche le donne che ricorrono giocoforza all'aborto clandestino, onde permettere loro di poter più agevolmente denunciare chi pratica tali aborti, nel malaugurato caso in cui, presentandosi complicanze in gravidanza, esse necessitino di cure presso presidi sanitari pubblici nei quali devono riferire del loro ricorso a tale pratica clandestina;
   quali siano le conclusioni a cui è giunta la task-force istituita dal Ministro ed inviata nell'ospedale Cardarelli di Napoli dove si è verificato il decesso di Gabriella Cipolletta in seguito all'intervento di interruzione volontaria di gravidanza il 12 gennaio 2016. (5-08097)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Matarrese n. 5-07628 del 3 febbraio 2016.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Segoni e altri n. 5-05418 del 22 aprile 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02101;
   interrogazione a risposta in Commissione Crivellari e altri n. 5-06354 del 10 settembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02102;
   interrogazione a risposta in Commissione Turco e altri n. 5-06397 del 16 settembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02103;
   interrogazione a risposta in Commissione Rostellato n. 5-07051 del 19 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02104;
   interrogazione a risposta scritta Guidesi n. 4-12207 del 23 febbraio 2016 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-08102.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta in Commissione Tripiedi e altri n. 5-08078 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 587 del 10 marzo 2016. Alla pagina 35320, prima colonna, dalla riga seconda alla riga terza, deve leggersi: «in questione risulta essere, per dicitura, un'ipotesi di accordo di», e non come stampato.