Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 8 marzo 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    Alternativa Libera – Possibile auspica una funzione pubblica particolarmente importante delle istituzioni democratiche, capace di ottenere la rimozione effettiva di qualsiasi forma di discriminazione, la promozione della parità tra uomini e donne e l'integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, che deve rappresentare un obiettivo primario della Repubblica;
    ritiene la variabile di genere come un fattore determinante per l'equilibrio armonioso della vita associata, perché donne e uomini vivono situazioni di vita differenti e hanno diversi bisogni, risorse e opportunità, e per questo motivo l'obiettivo del raggiungimento delle pari opportunità richiede, per sua particolare natura, la necessità di essere sostenuto da un mutamento culturale che accompagni l'intera società;
    ai luoghi della formazione del pregiudizio di genere, si è di fatto aggiunto lo strumento internet, ove circolano anche filmati, audio e contenuti multimediali che amplificano stereotipi femminili limitanti che, a titolo esemplificativo, dipingono tendenzialmente una donna che si realizza nella sfera privata e che ha un ruolo subordinato rispetto all'uomo;
    ciò accade nonostante il fatto che il 2 giugno ricorrerà il settantesimo anniversario della Repubblica italiana, che assunse la nuova forma di Stato in alternativa al precedente regime monarchico anche grazie alla partecipazione al voto delle donne, voto che si dimostrò fondamentale per l'esito favorevole all'alternativa repubblicana contenuta nel quesito referendario istituzionale;
    nella stessa giornata si svolsero le elezioni per i rappresentanti all'Assemblea Costituente, i cui lavori si conclusero con l'approvazione della Costituzione, entrata in vigore il primo gennaio del 1948;
    nel 1945 fu ottenuto il diritto di voto universale con il decreto legislativo luogotenenziale 1o febbraio 1945 n. 23 e, nel 1946, mentre il diritto all'elettorato passivo per le donne fu introdotto con il decreto n. 74 del 10 marzo 1946, contenente «Norme per l'elezione del deputati all'Assemblea Costituente»;
    le donne costituivano il 52,2 per cento dell'intero elettorato e seppero sconfessare nella pratica paure, incubi e luoghi comuni; infatti, l'89 per cento delle aventi diritto si presentò al voto, contro l'89,2 per cento dell'elettorato maschile. Se le votanti del Nord furono le più numerose, l'89,7 per cento, le donne del Sud e delle isole votarono più degli uomini; rispettivamente 88,2 per cento contro 86,7 per cento; in Sicilia furono l'86,2 per cento contro l'84,8 per cento; in Sardegna il rapporto fu dell'87,3 per cento contro 84,4 per cento;
    la democrazia paritaria prefigurata nelle norme della Costituzione non si è però ancora pienamente realizzata, come spesso accade in caso di scelte costituzionali fondate su norme dal contenuto programmatico;
    l'articolo 1 della Costituzione fonda la nostra Repubblica democratica sul lavoro. Trascorsi 70 anni dalla sua adozione la situazione è la seguente: la stima Istat dei disoccupati a gennaio 2016 è stabile, sintesi di un calo tra gli uomini e di una crescita tra le donne. La sperequazione a vantaggio degli uomini è un dato oggettivamente rilevabile e sarà ancor più evidente con la successiva analisi dell'attuazione concreta dell'articolo 37;
    più in generale, numerosi sono gli articoli della Costituzione che prefigurano la democrazia paritaria non ancora compiutamente realizzata;
    di fondamentale importanza è l'articolo 3 della Costituzione, il quale sancisce che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Se il contenuto completo di questo articolo fosse effettivamente attuato, tutto quanto di seguito scritto sarebbe inutile;
    l'articolo 4 stabilisce che «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto». Le leggi attuative non si sono perfettamente conformate al dettato costituzionale, a causa di un mondo del lavoro sempre in evoluzione e ciò vale soprattutto per la tutela piena del lavoratore. Se la considerazione è valida per tutti i lavoratori senza distinzione di sesso, sotto si esporranno gli ulteriori elementi di svantaggio delle donne anche nell'ambito lavorativo;
    l'articolo 29, attribuisce ai coniugi, all'interno della famiglia, «uguaglianza morale e giuridica». Sin dai primi anni successivi all'entrata in vigore della Costituzione si pose il problema dell'attuazione dei precetti costituzionali in materia familiare a causa dell'inerzia del legislatore che, in più di un'occasione, ha reso necessario l'intervento supplente della Corte Costituzionale, le cui 7 sentenze hanno eliminato talune disposizioni: solo per fare un esempio, gli articoli 151 del codice civile, e 559 del codice penale, perché in contrasto con le norme della Costituzione;
    solo nel 1975, a seguito di un'altra felice consultazione referendaria svoltasi il 12 e 13 maggio dell'anno precedente il cui esito fu favorevole al mantenimento nell'ordinamento giuridico della legge che dava diritto al divorzio, il Parlamento prese atto dell'evoluzione e dello sviluppo politico sociale della società italiana negli ultimi decenni e approvò, con la legge 19 maggio 1975, n. 151, la riforma del diritto di famiglia;
    l'articolo 37 stabilisce che «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Il principio di non discriminazione in ragione del sesso costituisce una delle più classiche estrinsecazioni del principio di uguaglianza;
    pari tutela si trova sia nei documenti internazionali come la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 23), nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 157) o la Convenzione ONU sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna;
    nonostante ciò solo nel 1966 fu riconosciuta la possibilità per le donne di accedere al pubblico impiego. Il diritto si è successivamente esteso fino al riconoscimento del diritto alla carriera militare. Se ne riparlerà a proposito dell'articolo 51 della Costituzione;
    rimanendo in tema di lavoro, è ben noto il fatto che esiste sui luoghi di lavoro una forma di discriminazione latente e opaca. Una delle forme tipiche è quella che investe le donne in tema di maternità, tanto che il giudice delle leggi è intervenuto con numerose sentenze per garantire il diritto al lavoro, quello alla maternità, quello alla parità ed ha sostenuto esplicitamente che è doveroso «evitare che la maternità si traduca in concreto in un impedimento alla realizzazione dell'effettiva parità di diritti della donna lavoratrice». Eppure il fenomeno perdura. In base a dati Istat del 2012, il 22,3 per cento delle neomadri hanno lasciato il lavoro. Tra le lavoratrici, i contratti di tipo part time sono cresciuti dal 21 per cento nel 1993 al 32,2 per cento nel 2014;
    comparando i dati, ci si accorge che il 69,1 per cento degli uomini ha avuto un percorso standard, ovvero privo di contratti atipici, a progetto, collaborazioni occasionali, contro il 61,5 per cento delle donne;
    tra gli occupati, l'11 per cento delle donne ha un lavoro irregolare, cioè senza contratto, contro l'8,9 per cento degli uomini. Il 69,1 per cento degli uomini ha avuto un percorso standard, ovvero privo di contratti atipici, a progetto, o collaborazioni occasionali, contro il 61,5 per cento delle donne;
    la disparità di genere esiste anche tra i pensionati italiani. La direttrice del dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell'istituto nazionale di statistica, in un incontro svoltosi l'8 ottobre 2015 presso la Commissione lavoro di questo ramo del Parlamento, ha sottolineato che le differenze di genere tra i pensionati sono elevate in tutto il Paese, e che sono maggiori al Nord. Inoltre «le donne sono la maggioranza dei pensionati ma assorbono solo il 44,2 per cento della spesa pensionistica»;
    l'articolo 48 ha sancito, e realizzato effettivamente, il principio del suffragio universale. Questo principio non ha mai subito violazioni. Da notare solo il fatto che la percentuale di astensionismo tra le donne è maggiore, nonostante il fatto che le donne di oggi studino e lavorino molto più che in passato. I dati statistici indicano chiaramente che la politica viene percepita da molte donne come una dimensione lontana dai propri interessi. Solo il 47,9 per cento di esse si informa settimanalmente sui temi politici, contro il 64,6 per cento degli uomini;
    la questione del principio della parità tra i sessi è stata affrontata anche con riguardo al tema della promozione dell'accesso delle donne alle cariche elettive, con l'obiettivo di incrementare il tasso di partecipazione femminile alla vita politica e istituzionale del Paese;
    si è citato l'articolo 48 che stabilisce, tra l'altro, che il voto è libero; nell'articolo 51, come modificato dalla legge costituzionale n. 1 del 2003, si stabilisce che tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge; si attribuisce inoltre alla Repubblica, al fine del perseguimento di detta eguaglianza nell'accesso ad uffici pubblici e cariche elettive, il compito di promuovere con appositi provvedimenti le pari opportunità fra i due sessi, L'articolo 67 prevede che ciascun parlamentare, oltre a esercitare le proprie funzioni senza vincolo di mandato, rappresenti l'intera Nazione. L'articolo 117, come modificato dalla legge costituzionale citata, dispone che le leggi regionali rimuovano ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, e promuovano inoltre la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, per la promozione delle pari opportunità;
    la legge costituzionale n. 2 del 2001, relativa all'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano, ha introdotto disposizioni finalizzate alla promozione della parità di accesso alle consultazioni elettorali con l'espressa finalità di conseguire l'equilibrio della rappresentanza dei sessi;
    con la novella costituzionale si è aperta la strada all'introduzione di «azioni positive» volte a incoraggiare l'accesso del sesso sottorappresentato alle funzioni pubbliche e alle cariche elettive. Al rispetto dell'uguaglianza in senso formale, che esclude differenziazioni in base al sesso, si aggiunge ora la prefigurazione di interventi positivi volti a realizzare sostanzialmente il principio della parità di accesso, attraverso la rimozione di quelle cause di squilibrio che hanno finora impedito l'uguaglianza delle condizioni di partenza;
    il processo è in continua evoluzione e l'Assemblea ha esaminato solo pochi giorni fa il provvedimento riguardante nuove norme per garantire ancor meglio l’«equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali». La strada da percorrere è quindi ancora lunga poiché le donne sono sottorappresentate ad ogni livello istituzionale, nonostante sia stata tentata la via delle quote riservate, senza con ciò ottenere il successo sperato. Sino a quando la parità di genere non sarà considerata un fatto normale ed effettivo da chiunque nel comune sentire e non un obiettivo da raggiungere, la via prescelta delle quote riservate rischia di essere l'ennesimo tentativo di percorrere la via ortopedica all'eguaglianza, intrapresa dalla destra storica sin dall'unità d'Italia e risultata sempre fallimentare alla prova dei fatti;
    senza ipocrisie si deve poi considerare che i diritti costano e sono necessarie disponibilità finanziarie. Anche queste ci sarebbero, ad esempio attingendo al fondo sociale europeo, contenente fondi messi a disposizione dall'Unione europea in favore degli Stati membri per attuare concretamente, tra l'altro, le politiche volte anche alla promozione della parità tra uomo e donna;
    anche il potere esecutivo è stato partecipe di questo progressivo avvicinamento all'obiettivo: nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito dal 1997 un dipartimento per le pari opportunità che propone e coordina le iniziative normative e amministrative e le attività di verifica, di controllo, di formazione e informazione anche in materia di parità tra uomo e donna;
    lo Stato italiano promuove l'uguaglianza e le pari opportunità per uomini e donne anche nell'attività economica e imprenditoriale. Inizialmente con la legge 215 del 1992, successivamente con il decreto del Presidente della Repubblica 28 luglio 2000 n. 314 e da ultimo con il decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, contenente l'importante codice delle pari opportunità tra uomo e donna: sono previste agevolazioni in favore dell'imprenditoria femminile in molti settori come quello del commercio, dell'artigianato, dell'agricoltura e dei servizi attraverso l'erogazione di un contributo, in parte a fondo perduto, in parte con obbligo di restituzione a un tasso di interesse agevolato;
    nonostante il dettato costituzionale, la legislazione attuativa, le sentenze del giudice delle leggi, sono universalmente noti fatti di particolare gravità discriminatoria. Ci si riferisce ai casi di violenza sulle donne e in particolare a quelli di violenza domestica di cui sono vittime numerose persone, di solito la coniuge;
    da quanto sopra esposto appare chiaro che la donna possa godere dell'eguaglianza effettiva di genere solo se la scuola riuscirà a insegnare un nuovo paradigma nei rapporti interpersonali;
    con l'approvazione della Convenzione di Istanbul, si è riconosciuto in quel testo una fondamentale piattaforma sociale e culturale in cui la violenza sulle donne viene esplicitamente concepita come discriminazione e violazione dei diritti umani basata sul genere, cioè su quei «ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini»;
    la scuola può essere fondamentale per superare il modello culturale maschilista, che non concepisce le donne in posizioni di pari potere, nel riconoscimento della differenza di genere, anche nella famiglia, dove si riproduce spesso una concezione dei rapporti fondata sulla gerarchia e sul possesso. È nefasta l'educazione ai luoghi comuni, come quelli, ad esempio, ancora molto diffusi secondo i quali se un ragazzo piange, oppure ama cucinare, è una «femminuccia», e se una bambina vuole giocare a calcio, o alle costruzioni, è un «maschiaccio»;
    questi temi sono affrontati quotidianamente dagli insegnanti che devono poter utilizzare migliori metodi e acquisire maggiori competenze, utilizzando standard internazionali per raggiungere lo scopo e attuare le necessarie forme di coinvolgimento dei genitori e di eventuali altri attori del territorio;
    questo concetto è stato ben espresso da l'attrice Emma Watson, la giovane Hermione nella saga di Harry Potter, quando, intervenendo all'Assemblea Generale dell'Onu per il lancio della campagna Heforshe, di UnWomen, ha detto: «Ho cominciato a mettere in dubbio le supposizioni basate sul genere tanto tempo fa. Quando avevo 8 anni ero confusa dal fatto che mi definissero dispotica perché volevo dirigere le recite che allestivamo per i nostri genitori; ma ai maschi non succedeva. Quando a 14 anni ho cominciato ad essere sessualizzata da certi media. Quando a 15 anni le mie amiche hanno cominciato ad abbandonare gli sport che amavano perché non volevano apparire muscolose. Quando a 18 anni i miei amici non erano capaci di esprimere i loro sentimenti»;
    ascoltando con attenzione testimonianze come queste si potrebbe avere una visione un po’ più ampia delle ragioni delle donne, e degli uomini amici delle donne, che non vogliono farsi ingabbiare dal modello patriarcale, sessista e omofobo con cui il nostro Paese sta facendo ancora i conti, pagando un grave ritardo culturale e politico;
    l'assenza attuale di un Ministro per le pari opportunità, a volte compreso nella compagine governativa, ha avuto ripercussioni su molti progetti presentati ma poi non realizzati, poiché il dipartimento per le pari opportunità non è riuscito a svolgere le medesime funzioni del Ministro, con particolare riferimento alle iniziative legate alla «piattaforma nazionale anti-tratta»;
    è nella scuola che, oltre a formare competenze e abilità, ci si deve porre l'obiettivo di sottoscrivere un nuovo patto educativo, in cui la differenza di genere sia riconosciuta come risorsa e la lotta alle discriminazioni come un passaggio chiave per realizzare una piena cittadinanza per tutti, donne e uomini;
    nel nome del confronto e del dialogo, si deve riconoscere pienamente il ruolo che hanno studenti, famiglie e insegnanti, per il raggiungimento dell'obiettivo in questa campagna di civiltà,

impegna il Governo:

   a promuovere e a sostenere la produzione di contenuti multimediali, in formato multilingua, fruibili via internet i quali, facendo leva sulle emozioni positive, enfatizzino e stimolino le possibilità di affermazione sociale e di autodeterminazione derivanti dalle varie differenze di genere oltre che di origine etnica e nazionalità, di religione e convinzioni personali, di disabilità, di età, di orientamento sessuale, e che respingano ogni forma di discriminazione, anche multipla, derivante dalla presenza di una o più delle differenti caratteristiche valorizzanti l'essere umano di cui sopra;
   a promuovere e a rafforzare la tutela dei diritti delle donne, rimuovendo le condizioni che favoriscono le discriminazioni, al fine di superarle, e ad assumere le opportune iniziative per consentire alle donne una ancor più effettiva partecipazione alla vita politica, sociale, lavorativa la cui valutazione sia effettuata senza pregiudizio, in base al merito, in particolare istituendo un'autorità contro le discriminazioni multiple;
   a promuovere in tutte le istituzioni scolastiche, di ogni ordine e grado, momenti dedicati allo studio delle norme della Costituzione che garantiscono la piena parità sociale, culturale, economica, per promuovere la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, nel luogo di lavoro, nella famiglia, nella società, per la promozione delle pari opportunità ricordando l'impegno e il ruolo svolto nella stesura della Carta costituzionale italiana dalle ventuno donne elette all'Assemblea costituente;
    a promuovere e a sostenere la divulgazione delle storie, non solo politiche ma anche umane, delle ventuno madri costituenti, facendo conoscere il contesto storico e sociale e le grandi difficoltà in cui esse, lottando aspramente, hanno raggiunto la propria piena autodeterminazione e intrapreso per prime il percorso verso l'effettiva uguaglianza, nonché analizzando e divulgando chiaramente la strategia vincente da esse adottata per raggiungere la propria affermazione sociale.
(1-01190) «Bechis, Artini, Baldassarre, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Segoni, Turco».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a tutt'oggi ci sono ancora circa 108 famiglie italiane che stanno aspettando di poter accogliere in Italia i loro figli adottivi (140 circa) bloccati nella Repubblica democratica del Congo da oltre 900 giorni, a causa del fermo delle adozioni ad opera delle autorità congolesi avvenuto nel settembre 2013 per le irregolarità compiute nelle procedure da parte di altri Paesi stranieri;
   nella Repubblica africana il blocco è scattato nel settembre 2013, sospesi più di 1300 dossier internazionali già conclusi con altrettante sentenze positive di adozione. Uno stop dovuto alla decisione delle autorità congolesi di modificare la legge interna in senso restrittivo per rendere più trasparenti le pratiche nell'interesse dei minori abbandonati ed evitare che i bambini possano essere vittima di traffici illeciti o addirittura venduti dalle famiglie adottive;
   il protrarsi del blocco dei permessi d'uscita determina per decine di famiglie un'insostenibile situazione di incertezza che si rivela sempre più insopportabile per la vita privata e familiare degli interessati e dei bambini che risultano essere le principali vittime di questa situazione;
   le famiglie italiane sono esasperate perché mentre i diplomatici degli altri Paesi in qualche modo si stanno attivando, sul fronte italiano sembrerebbe tutto fermo e comunque non ci sarebbe comunicazione alcuna con i genitori italiani che ottengono sommari aggiornamenti, e sono lasciati nel limbo dell'attesa da anni senza nessuna informazione su ciò che la commissione adozioni internazionali stia facendo in concreto;
   a febbraio sono atterrati a Fiumicino, via Bruxelles, 10 bimbi congolesi che hanno lasciato per sempre la miseria degli orfanotrofi di Kinshasa, come quelli arrivati un anno e mezzo fa su volo di Stato insieme al Ministro Maria Elena Boschi. I piccoli passeggeri facevano parte di un gruppo di 69 orfani ai quali, fin dal 2 novembre 2015, le autorità congolesi avevano concesso il nullaosta a lasciare il Paese, ma quelli diretti in Italia, sono rimasti in orfanotrofio 73 giorni in più, con grande sofferenza dei genitori italiani rispetto alle coppie di Canada, Olanda, Canada, Francia e Belgio;
   in questi giorni, sembra che le autorità della Repubblica Democratica del Congo abbiano deciso di far partire 159 bambini con una comunicazione del 19 febbraio 2016, la maggior parte dei quali adottati da coppie americane. Almeno 8 di questi bambini risulta che siano adottati da coppie italiane e dovrebbero riuscire a lasciare il Congo, ma nessuno è ancora in grado di precisare la tempistica del rientro;
   con successive comunicazioni di fine febbraio la Francia ha ricevuto una lista di 26 bambini pronti ad arrivare in volo verso Parigi e lo stesso Dipartimento americano comunicava un'altra lista con 80 bambini pronti ad arrivare negli Usa. Il 1o marzo 2016 un ulteriore annuncio dell'ex Ministro Mulumba annunciava lo sblocco di altri 188 dossier, nominando fra gli Stati coinvolti gli USA, la Francia e l'Italia, con il paese transalpino pronto a pubblicare i propri dati ufficiali, mentre ad avviso dell'interrogante le famiglie italiane interessate, delle quali è sconosciuto anche il numero, sono state avvisate per mezzo di una mail senza nessuna spiegazione;
   nulla è dato sapere della missione nella Repubblica democratica del Congo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, in merito alle evoluzioni nei rapporti con la Repubblica democratica del Congo stessa, di cui gli altri paesi dibattono tranquillamente con i loro cittadini sui social network informandoli di tutti gli sforzi e gli incontri che vengono compiuti per definire la dolorosa situazione;
   i genitori italiani non si sentono tutelati come cittadini per il rifiuto da parte delle Istituzioni Italiane a non renderli partecipi di ciò che sta accadendo in Repubblica democratica del Congo e di ciò che li coinvolge in maniera diretta e lamentano da tempo la difficoltà di ricevere, da parte della commissione per le adozioni internazionali (Cai), aggiornamenti puntuali circa gli eventuali sviluppi della situazione od ogni altra comunicazione se non nella forma di diffida dal prendere iniziative personali;
   su tale dolorosa vicenda l'interrogante, il 25 settembre 2015, ha presentato un'interrogazione a risposta orale (3-01726) nella speranza che il Governo si attivasse con celerità per addivenire al più presto alla soluzione del problema;
   da più parti vengono denunciate gravi anomalie nella gestione della commissione per le adozioni internazionali che compromettono il delicato ruolo politico di coordinamento, supervisione e monitoraggio delle procedure di adozione internazionale;
   le principali criticità sono legate per l'interrogante ad una burocrazia inefficiente e alla mancanza di trasparenza che si riflettono direttamente sui tempi per la conclusione del procedimento adottivo all'estero, sui rallentamenti e blocchi subiti dalle famiglie adottive in attesa di completare il percorso adottivo di bambini provenienti dalla Repubblica democratica del Congo, sui costi delle adozioni insostenibili per molte famiglie;
   non è accettabile questa condizione di stasi e paralisi di operatività della commissione per le adozioni internazionali visto che come l'articolo 1, comma 411, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016) è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un autonomo fondo per le adozioni internazionali, dotato di 15 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016 proprio al fine di sostenere le politiche in materia di adozioni internazionali e di assicurare il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali –:
   se il Governo non intenda attivarsi per comunicare alle 108 famiglie italiane ancora in attesa quale sia la situazione ad oggi circa l’iter di adozione che riguarda i loro bambini;
   quale strategia intenda attuare al fine di individuare un'adeguata soluzione all’impasse che condiziona la gestione delle adozioni internazionali in Congo;
   se il Governo non ritenga con urgenza di dover chiarire le ragioni di tale situazione e se non ritenga necessario approfondire il lavoro svolto dalla Commissione adozioni internazionali se questa stia attuando tutte le iniziative di sua competenza nel migliore dei modi.
(3-02086)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il numero del settimanale Panorama del 2 marzo 2016 ha ospitato un interessante articolo di Claudio Martelli sull'esodo dei giovani italiani di questi ultimi anni;
   secondo l'articolo di Panorama, sono almeno 100 mila all'anno i giovani italiani che decidono di emigrare per trovare maggiori e migliori fortune all'estero, nell'ambito dell'Unione europea e del resto del mondo;
   l'esodo, a giudizio di Martelli e dell'interrogante, è grave, soprattutto perché ad andar via è la fascia più giovane e più istruita della popolazione;
   oltre la metà di questi italiani che scappano dalla loro Patria ha la laurea, ma altrettanto sono i giovani e meno giovani imprenditori di se stessi, i tecnici e gli apprendisti di nuovi mestieri, di tutti i mestieri, anche i più umili;
   dalla lettura dei vari blog, siti internet e social network si evince che questi ragazzi sono accomunati dalla delusione di come sono trattati a casa propria e dal coraggio di reagire e ricominciare;
   questi ragazzi fanno parte, a giudizio di Claudio Martelli, della «meglio gioventù», quella che non si adatta, che non si piega, che non si arrangia, che non ripone i propri sogni nel cassetto e non rinuncia alle proprie ambizioni;
   i dati ufficiali riguardo al numero di giovani che ha lasciato l'Italia parlano di 800 mila espatriati in 8 anni, dal 2008 ad oggi. A tutti gli effetti un’«emorragia» di sangue patrio e di cervelli giovani, istruiti e formati nelle scuole e nelle università con sacrificio loro, delle loro famiglie e della collettività nazionale tutta;
   questi fenomeni non sono nuovi nella storia: il Regno Unito, principale meta della attuale emigrazione italiana, fu colpito da questo fenomeno negli anni ‘60 e ‘70 ed impiegò più di 20 anni per riprendersi da quel dissanguamento intellettuale;
   questo esodo di oggi e di domani, per l'Italia, lo si pagherà in termini culturali con la perdita della popolazione più sveglia, più attiva e più creativa e con il blocco dell'ascensore sociale e del rinnovamento dei quadri e delle classi dirigenti;
   davanti a questo disastro le reazioni del Governo sono a giudizio dell'interrogante ridicole e del tutto inadeguate: concede 500 euro all'anno ai diciottenni, cancella i benefici fiscali introdotti dal Governo Monti a favore dei giovani che rientrano in Italia, la Ministra Giannini si annette i meriti della ricercatrice all'estero Roberta D'Alessandro che le risponde, giustamente a giudizio dell'interrogante, per le rime; si assiste poi al caso della chirurga catanese Luana Ricca che, rientrata in Italia in un ospedale di provincia viene demansionata ed emarginiata fino al suo suicidio;
   l'attuale Esecutivo è, secondo l'interrogante, talmente disinteressato al futuro dei giovani che, a tutt'oggi, non è stato previsto il rifinanziamento delle agevolazioni di cui al titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000, relative all'autoimpiego ed alla micro-imprenditorialità giovanile, incentivi che, da soli, hanno permesso l'occupazione stabile di più di 220.000 persone e la nascita di circa 120 mila aziende, che hanno dimostrato di saper reggere la sfida del mercato e della competizione;
   rilevanti, altresì, sono stati gli effetti positivi e, per così dire, moltiplicativi nei tanti settori produttivi nell'indotto;
   un fenomeno come quello appena descritto deve essere contrastato con concrete politiche di favore nei riguardi dei giovani italiani –:
   quali siano gli orientamenti del Governo e le iniziative che ha intenzione di porre in essere per risolvere la vicenda descritta in premessa. (4-12395)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è noto a tutti lo stato di crisi, politica, industriale, ambientale e sociale che sta attraversando lo stabilimento dell'Ilva di Taranto, un tempo eccellenza nazionale e mondiale della produzione dell'italico acciaio;
   fra le tante crisi aziendali sparse nel territorio nazionale, la più assurda, a giudizio dell'interrogante e del settimanale Panorama, è quella che si consuma da ben quattro anni a Portovesme in Sardegna;
   nella località sarda si trova lo stabilimento italiano dell'Alcoa, multinazionale statunitense dell'alluminio;
   al mese di gennaio del 2012, dopo che l'Unione europea ha negato gli sconti sull'energia alle aziende presenti in Sardegna, la direzione americana annuncia la decisione di chiudere l'attività produttiva nell'isola della Sardegna;
   al 31 agosto 2012 la multinazionale predispone le procedure per la chiusura mentre al Ministero dello sviluppo economico si affacciano molti acquirenti: Glencore, Klesh, Aurelius, Sfirs, Kite Gen. Research, Mossi e Ghisolfi;
   gli anglo-svizzeri di Glencore, a fine settembre 2012, presentano la loro offerta di acquisto a patto di pagare l'energia a 25 euro a megawatt/ora per 10 anni;
   il 1o gennaio 2013 tutti i lavoratori, tranne 60 manutentori, vengono messi in cassa integrazione per un anno;
   a novembre 2014 si arriva, financo, alla firma di un memorandum alla Presidenza del Consiglio dei ministri di pre-intesa con Glencore sempre a condizione che l'Unione europea mantenga gli impegni suo costo dell'energia;
   nel mese di maggio del 2015, il Presidente del Consiglio incontra i rappresentanti dei lavoratori Alcoa e ribadisce le proprie promesse ed il proprio impegno. Intanto la cassa integrazione viene rinnovata;
   pochi mesi fa, a dicembre del 2015, arriva la tanto attesa notizia dalla Commissione europea in merito alle tariffe agevolate per l'energia. Sono concesse, ma per due anni ed eventualmente rinnovabili: Glencore abbandona la trattativa e va via;
   l'ipotesi di un interessamento da parte di SiderAlloy non trova sponde in quanto la stessa Alcoa si rifiuta di fornire i cosiddetti « data room»;
   ad oggi non si hanno nuove ed ulteriori notizie in merito a nuovi potenziali acquirenti e/o diverse decisioni da parte dell'Unione europea sul costo dell'energia in Sardegna –:
   quali siano gli orientamenti del Governo le iniziative che, per quanto di competenza, ha intenzione di porre in essere per risolvere la vicenda descritta in premessa. (4-12399)


   BOLOGNESI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 206 del 3 agosto 2004 in favore delle vittime del terrorismo e loro familiari è legge speciale come chiarito definitivamente in premessa dalla direttiva della Presidenza del Consiglio dei ministri del 27 luglio 2007, Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della legge 3 agosto 2004, n. 206, pubblicata su Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2007;
   l'articolo 7 della legge n. 206 del 2004 prevede che: «Ai pensionati vittime di atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice e ai loro superstiti è assicurato l'adeguamento costante della misura delle relative pensioni al trattamento in godimento dei lavoratori in attività nelle corrispondenti posizioni economiche e con pari anzianità»;
   la suddetta disposizione, detta «clausola oro», come è reso noto sullo stesso portale Inps «deve essere applicata sui trattamenti pensionistici diretti erogati alle vittime invalide a causa di evento terroristico, sui trattamenti indiretti o di reversibilità ai superstiti, ma anche sui trattamenti diretti dei familiari come disposto dall'articolo 3 della legge in esame novellato dall'articolo 1, comma 795, della più volte citata legge n. 296 del 2006»;
   all'interrogante risulta che il benefico garantito dall'articolo 7 della succitata legge e da applicarsi dall'entrata in vigore della legge, il 26 agosto 2004, è disapplicato e negato, dall'Inps e dai competenti Ministeri, alle vittime di terrorismo e stragi di tale matrice ed ai loro familiari che sono costretti loro malgrado a ricorrere all'azione giudiziaria contro l'Inps, avendo quale controparte di fatto lo Stato, per farsi riconoscere questo loro diritto;
   tra i numerosi casi di tale beneficio pensionistico negato, segnalati all'interrogante è emblematico quello del familiare di una vittima della strage di Ustica che alla richiesta (inoltrata alle sedi di Roma dell'Inps direzione provinciale di Roma e direzione generale ufficio pensioni) di applicazione, alla propria pensione, dei benefici previsti dall'articolo 7 della legge n. 206 del 2004, ha ricevuto risposta per iscritto, il 6 settembre 2013, dal direttore centrale dell'Istituto con le seguenti argomentazioni per il mancato riconoscimento del beneficio quanto segue:
     «da diversi anni tale istituto “clausola d'oro” non è vigente né per la generalità dei lavoratori dipendenti presso privati né per i lavoratori dipendenti pubblici»;
    «l'attribuzione della cosiddetta “clausola d'oro” in base alle norme specifiche previste è di difficile attuazione in quanto comporta la necessità di personalizzare per ogni soggetto l'attribuzione in base alle categoria di appartenenza»;
   al riguardo non si può non sottolineare come il direttore centrale e i funzionari dell'ente siano stipendiati con fondi pubblici per adempiere fra l'altro anche a questo «dettato legislativo» e per non disattenderlo, considerato che, oltre tutto, è cruciale per garantire l'importante diritto del beneficio pensionistico in argomento nell'ambito della «speciale» citata legge in favore delle vittime di terrorismo e stragi e loro familiari;
   nella stessa comunicazione il direttore centrale dell'Inps ha, inoltre, affermato che l'Istituto è ancora in attesa di chiarimenti sulla modalità di applicazione della «clausola oro», «al fine di adottare criteri conformi alla disposizione in argomento» richiesti al Ministero del lavoro – ufficio legislativo, fin dal 18 febbraio 2011;
   allo stesso familiare di vittima di strage è stato comunicato, l'11 novembre 2013, il reiterato rifiuto del beneficio pensionistico a lui spettante, affermando che «al momento le modalità di applicazione dei benefici pensionistici di cui all'articolo 7 L. 206/2004 (c.d. clausola d'oro), sono oggetto di definizione presso il competente Ministero dell'Interno – Commissario straordinario del Governo in materia di vittime del terrorismo»;
   sempre sul punto l'interrogante segnala altresì che Aiviter (Associazione italiana vittime del terrorismo) ha chiesto chiarimenti, l'11 novembre 2013, alla direzione centrale dell'INPS con riferimento ad incrementi pensionistici attribuiti dall'istituto a vittime del terrorismo e loro familiari. L'istituto ha risposto, con nota del 13 febbraio 2014, che detti incrementi erano stati attribuiti, sui trattamenti pensionistici destinatari dei benefici della legge n. 206 del 2004 delle disposizioni dell'articolo 7 della citata legge, «in via provvisoria con il riconoscimento della perequazione automatica in base alla disciplina generale vigente previsti per la generalità dei pensionati»;
   l'Inps ha ribadito la provvisorietà dell'incremento pensionistico riconosciuto rimanendo in attesa – come aveva fatto per il precedente caso del familiare della strage di Ustica – che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali esprima il proprio avviso in materia ai criteri attuativi dell'articolo 7 della legge n. 206 del 2004;
   nell'ambito della medesima richiesta di Aiviter sopra citata, circa il riconoscimento degli interessi legali sugli arretrati, l'Istituto ha affermato che non sono stati determinati, tenuto conto che gli incrementi di perequazione automatica, in luogo dell'applicazione della clausola «oro», sono stati attribuiti in via provvisoria in attesa dei chiarimenti in merito alla modalità di applicazione dell'articolo 7 della legge citata da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del commissario straordinario preposto al coordinamento della legge n. 206 del 2004;
   l'Inps, sul punto precedente, ha fatto inequivocabilmente intendere che gli interessi legali sugli arretrati riguardanti l'applicazione della clausola «oro» sono attribuiti quando perverranno i definitivi chiarimenti;
   sono dodici anni che alle vittime del terrorismo e di stragi e ai loro familiari è disapplicato, e pertanto negato, il diritto garantito loro dall'articolo 7 della legge n. 206 del 2004 per quelle che l'interrogante ritiene inammissibili e inconsistenti «perplessità» applicative da parte di Inps e Ministeri competenti;
   il Governo si era impegnato a risolvere più volte pubblicamente e definitivamente le criticità della legge n. 206 del 2004;
   nonostante le diverse riunioni nell'ultimo quadrimestre 2005, presiedute dal Sottosegretario di Stato Claudio De Vincenti a cui hanno partecipato alti funzionari dell'Inps e di diversi Ministeri nonché i rappresentanti delle associazione delle vittime del terrorismo che hanno presentato soluzioni sostenibili, concrete ed in grandissima parte già condivise a livello governativo e ministeriale, alla data del 7 marzo 2016 niente è stato fatto –:
   se il Presidente del Consiglio, con riferimento alle criticità che impediscono la completa applicazione della legge n. 206 del 2004, intenda adottare iniziative risolutorie per ciascuna criticità in evidenza, come promesso dal Governo alle vittime di terrorismo e delle stragi di tale matrice ai loro familiari, dettagliando finalmente un cronoprogramma a breve, e precisando modalità e tempi di attuazione;
   se a distanza, rispettivamente, di cinque e tre anni dalla richiesta di chiarimenti da parte dell'Inps per l'applicazione del beneficio pensionistico previsto dall'articolo 7 della legge n. 206 del 2004 a favore degli aventi diritto con decorrenza dal 26 agosto 2004 è con il riconoscimento degli arretrati da tale data incrementati degli interessi legali, siano stati emessi i relativi pareri da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – ufficio legislativo e del Ministero dell'interno;
   se il Governo alla luce degli elementi esposti in premessa, intenda adottare le opportune iniziative per risolvere definitivamente ogni problema applicativo relativo alla legge n. 206 del 2004 consentendo alle vittime del terrorismo e delle stragi ed ai loro familiari di accedere a un beneficio garantito da una legge votata all'unanimità dal Parlamento. (4-12401)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   un interessante e condivisibilissimo articolo di Giorgio Mulè pubblicato dal settimanale Panorama ha ben descritto quanto accaduto all'Italia negli anni dal 2008 al 2011;
   dopo la pubblicazione delle trascrizioni del sito «wikileaks» si è accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, che la National security agency ha compiuto un'operazione di intercettazione sistematica ed ordinaria delle utenze telefoniche della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   alla gravità del fatto in sé, gli Stati Uniti d'America sono il primo alleato, strategico, militare ed economico italiano, si aggiunge l'attività congiunta con altri Governi europei, francese e tedesco, nel favorire un « regime change» neanche l'Italia fosse l'ultima delle dittature nordafricane o sud-americane e non una compiuta democrazia con Governi legittimati dal consenso popolare;
   come scrive il direttore di Panorama Mulè, «con un orecchio gli 007 degli Stati Uniti ascoltavano e riferivano le mosse del nostro Governo e, contemporaneamente, gli spifferi arrivavano a orecchie interessate ad ascoltare le trame per disarcionare Berlusconi»;
   sulla vicenda descritta in precedenza, il gruppo parlamentare di Forza Italia ha presentato l'interrogazione a risposta immediata n. 3-02042, rispondendo alla quale, il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento ha confermato quanto riportato da Wikileaks ed ha riferito che «sarebbe chiaramente per noi inaccettabile immaginare un'attività intercettiva nei confronti di un Governo alleato da parte degli Stati Uniti; tutto ciò, quindi, richiede sicuramente un'urgente approfondimento. Omissis. Per far chiarezza rispetto all'eventuale attività che può essere stata svolta mediante verifiche di flussi internazionali, o con altre modalità non ancora accertate, comunque all'insaputa di organismi nazionali, da parte di soggetti stranieri, ieri è stato convocato alla Farnesina l'Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia per chiedere ovviamente chiarimenti. Continueranno ulteriori approfondimenti attraverso i canali tecnici di collaborazione anche con gli Stati Uniti e tutti gli elementi che dovessero emergere saranno prontamente riferiti dal Governo anche in sede parlamentare, ovviamente»;
   a giudizio dell'interrogante, una Commissione bicamerale d'inchiesta sui fatti accaduti nell'ultimo decennio in Italia è necessaria ed essenziale per la ricerca della verità su questo periodo storico che, come ha dichiarato il presidente Brunetta nel corso del question time appena citato, «vada a ritroso di dieci anni e cerchi di trovare le ragioni per le quali potenze istituzionali, politiche, economiche, hanno voluto mettere le mani sull'economia e sulle istituzioni del nostro Paese»;
   l'ambasciatore degli Stati Uniti d'America è stato convocato nell'immediatezza dei giorni in cui la vicenda è stata di dominio pubblico e, da allora, nulla si è più saputo circa gli esiti di quell'incontro –:
   quali siano gli orientamenti del Governo e le iniziative che ha intenzione di porre in essere in merito alla vicenda descritta in premessa. (4-12403)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 2010 la regione Calabria è commissariata per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale;
   per legge, detto commissariamento doveva cessare il 31 dicembre 2012;
   secondo l'interrogante, come articolato nell'interpellanza urgente n. 2/01172, la proroga del commissariamento è avvenuta senza alcun atto giustificativo e non conformandosi alla norma urgente;
   il 12 marzo 2015 il Consiglio dei ministri ha nominato l'ingegner Massimo Scura e il dottor Andrea Urbani, rispettivamente, commissari e sub-commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della Calabria;
   il 4 marzo 2016, sul « Il Quotidiano del Sud» si leggeva: «sarà lo stress, sarà la location di Palazzo Alemanni che lo distrae, ma sempre più spesso al commissario della sanità Massimo Scura arrivano dei dubbi che lasciano basiti i più sprovveduti interlocutori. È noto tra i dirigenti, i medici e gli operatori che spesso firma e pubblica decreti che poi interpreta in modo discordante o addirittura disconosce. Ma mai i suoi interlocutori immaginavano che si potesse confondere su cose che per chi si occupa di sanità sono basilari»;
   secondo il resoconto del giornalista, il commissario Scura non sarebbe a conoscenza di quale differenza ci sia tra autorizzazione sanitaria e accreditamento;
   a riprova di quanto detto, insieme all'articolo è pubblicata la foto di un appunto indirizzato al sub commissario Andrea Urbani e al dirigente del personale (ex Dg) Bruno Zito nel corso di una riunione. «Viene dato prima l'accreditamento e poi l'autorizzazione ? Parliamone» Chiede Scura, siglando con la sua firma il «pizzino»;
   a parere dell'interrogante, quanto accaduto è da correlarsi all'articolo 1, comma 569, della legge 190 del 2014, che prevede che il commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale debba «possedere un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienza di gestione sanitaria»;
   a parere dell'interrogante, quanto accaduto è di estrema gravità;
   non a caso, continua l'articolo, «qualcuno ha dovuto spiegare all'ingegnere, non senza imbarazzo, che l'autorizzazione all'esercizio sanitario è una cosa e viene prima dell'accreditamento e la prima non è legata alla seconda, semmai il contrario»;
   non è la prima volta, peraltro, che il commissario ad acta cade in errori «tragicomici» di tale sorta: «pochi giorni fa – continua ancora il giornalista Adriano Mollo, autore dell'articolo in questione – Scura si è superato, apprendendo che la ricetta elettronica non partiva per l'indisponibilità della Sogei a fare i corsi prima dell'8 marzo, ha iniziato la caccia alle streghe contro chi aveva incaricato la società della questione. Anche in questo caso qualcuno ha dovuto spiegare che la Sogei è la società in house del Ministero dell'economia, lo stesso dicastero che lo ha nominato, giusto per intenderci» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative, alla luce di quanto rappresentato, si intendano assumere per garantire per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario della Calabria che il suddetto piano si concluda in tempi brevi, secondo legge e correttamente. (4-12409)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato da numerose fonti di stampa, i servizi segreti avrebbero informato in anticipo il presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, e il presidente della commissione sanità della regione, Fabio Rizzi, circa le intercettazioni e le indagini in corso avvenute nell'ambito dell'inchiesta per corruzione nel settore della sanità lombarda sui presunti appalti truccati per gestione dei servizi odontoiatrici, che ha portato in questi giorni all'arresto di 21 persone tra le quali Rizzo stesso;
   dopo gli arresti del 16 febbraio 2015, la procura di Monza starebbe infatti proseguendo con nuove perquisizioni mirate in regione Lombardia, per una seconda inchiesta sulla fuga di notizie, in base a due corpose informative che i carabinieri, durante l'indagine, avrebbero inviato alla procura: al centro ci sarebbero Mario Longo e Fabio Rizzi, il consigliere regionale fedelissimo di Maroni che lo ha voluto a capo della commissione regionale sulla sanità, e al vaglio ci sarebbe una serie di conversazioni riassunte in lunghe annotazioni nelle quali si parla di servizi segreti, di impiegati della procura che per conto del capo di gabinetto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avrebbero passato le carte dell'inchiesta, di contatti con la Digos;
   in un dialogo registrato dagli inquirenti la cosiddetta «cricca verde» delle Asl lombarde si vanterebbe dicendo di avere letto testi ricevuti direttamente dai servizi segreti, e che, se è accaduto, anche la procura deve essere stata d'accordo: nell'informativa si legge che Longo dice «Se i Servizi ci hanno detto qualcosa è perché la magistratura gli ha detto di dircelo», quindi spiega «che la visione a 360 gradi ce l'hanno Maroni e Rizzi;
   il fascicolo si allarga con una seconda nota ancor più delicata, perché coinvolgerebbe anche Massimo Atelli, capo di gabinetto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, citato da Rizzi e la sua segretaria Francesca Bariggi: la donna, che ancora non è stata interrogata e non è indagata, spiega a Rizzi di aver visto «i pezzi di carta» grazie a un «impiegato della Procura da parte di Atelli»;
   secondo il Fatto Quotidiano ci sarebbero stati «contatti con i servizi segreti per avere notizie riservate relative alle inchieste giudiziarie sulla sanità lombarda. Non vaghe chiacchiere ma direttamente le trascrizioni delle intercettazioni. Un pacco regalo che gli 007 recapitano sul tavolo del presidente della Regione Bobo Maroni. La vicenda viene messa nero su bianco dai carabinieri che indagano sulla “cricca leghista” e sugli affari odontoiatrici di Paola Canegrati»;
   durante l'audizione del Sottosegretario, il senatore Marco Minniti, avvenuta in questi giorni al Copasir – Comitato per la sicurezza della Repubblica, i membri del Copasir appartenenti al Movimento5Stelle, hanno richiesto che vengano effettuati tutti gli approfondimenti e le indagini necessarie a chiarire i fatti inquietanti denunciati dalla stampa, anche rivolgendo aperta domanda alla procura della Repubblica di fornire tutti gli atti relativi a questa presunta anticipazione al presidente della regione Lombardia di informazioni riguardanti indagini o intercettazioni a suo carico –:
   se il Governo non intenda chiarire se sia confermata la notizia di cui in premessa sulla eventuale fuga di notizie da parte dei servizi segreti, che potrebbe aver messo in pericolo l'andamento della relativa inchiesta sulla corruzione nella sanità lombarda che sta facendo emergere una rete di malaffare tale da mettere seriamente a rischio la salute dei cittadini di diverse regioni italiane e quale sia l'orientamento del Governo in merito;
   se il Governo non intenda attivare i poteri ispettivi di propria competenza nei confronti della procura di Monza in relazione all'ipotesi di diffusione all'esterno di documentazione cartacea dell'inchiesta sui presunti appalti truccati per la gestione dei servizi odontoiatrici di cui in premessa. (4-12411)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Governo italiano ha ceduto il mare al nord della Sardegna, sino a 40 miglia sul lato est e oltre 200 miglia su quello ovest, e una porzione rilevante sul piano qualitativo della Liguria, in cambio della tutela della linea retta di confine sull'arcipelago toscano;
   non si tratta di un'indiscrezione ma di un documento ufficiale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che ha solennemente affermato: «Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell'Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l'arcipelago toscano, già fissata dall'Italia per la delimitazione del mare territoriale nel 1977»;
   si tratta di un'ammissione che costituisce un atto lesivo dell'interesse economico della Sardegna e non solo;
   nel documento ufficiale è anche scritto che «per il mare territoriale tra Corsica e Sardegna, è stato completamente salvaguardato l'accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta»;
   si tratta di un'affermazione che non corrisponde al vero;
   nell'accordo di Caen è scritto in modo esplicito che tale accordo, quello richiamato del 1986, sarà abrogato integralmente;
   le aree di pesca comune riguardano invece un solo minuscolo spazio sul lato ovest, ma nessuno spazio comune ad est, nella parte più importante e rilevante;
   tutto questo costituisce un atto grave visto che il Ministero degli esteri e della cooperazione internazionale afferma che la Sardegna è stata sostanzialmente scambiata con la Toscana;
   deve essere revocato l'accordo tra Italia e Francia;
   oggi più che mai quell'intesa deve essere cancellata proprio per la gravità dei suoi contenuti;
   appare evidente non solo il danno economico, ma anche quello morale per la cessione di sovranità e di diritti, non solo della Sardegna e del popolo sardo;
   non esistendo nessuna possibile comparazione tra quanto ceduto e quanto ricevuto in quello che la Farnesina definisce negoziato appare evidente che il danno è tale da far derivare un nocumento all'interesse nazionale;
   si tratta di un accordo che va revocato;
   si tratta di una lesione alla Sardegna e una cessione gratuita di sovranità;
   nell'ambito dell'accordo è disciplinata anche la parte relativa ai possibili giacimenti di idrocarburi, gas e petrolio, in quelle porzioni di mare cedute alla Francia;
   è evidente che tale disciplina non è casuale, essendoci sull'area ovest soprattutto un grande interesse da parte di soggetti interessati alla ricerca di idrocarburi;
   in tal senso il Governo avrebbe in animo attraverso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concedere una nuova proroga nella procedura di richiesta di autorizzazione per la prospezione petrolifera per i norvegesi della Tgs Nopec;
   si tratterebbe dell'ennesimo assalto a petrolio e gas nei mari di Sardegna;
   ci sarebbero studi nella disponibilità dello stesso Ministero dello sviluppo economico per 1,4 trilioni di metri cubi di gas e 0,42 bilioni di barili di petrolio;
   lo studio dichiarato dalla stessa Tgs Nopec dichiara la possibile presenza di 1,4 «Trilioni» di metri cubi di gas, mezzo bilione di barili di petrolio, 2,23 milioni di barili di gas naturale in forma liquida;
   sarebbe questo l'enorme quantitativo che le compagnie petrolifere stanno cercando di accaparrarsi nei mari di Sardegna;
   un dato di raffronto lascia comprendere la posta in gioco: la terra possiede giacimenti accertati di gas pari a 179 trilioni di metri cubi;
   un report riservato in mano al Ministero dello sviluppo economico dice chiaramente che in quella fascia «provenzale» c’è petrolio e gas;
   i norvegesi della Tgs Nopec ci stanno tentando in tutti i modi e alle spalle potrebbero avere colossi come l'Eni, pronti a fare razzia di ogni goccia di petrolio e gas nel Mediterraneo ma non solo;
   ad avvalorare tale progetto c’è, secondo gli interroganti, la posizione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che, anziché respingere la richiesta di perlustrazione a colpi di «bombe sismiche» a cavallo con il Santuario dei Cetacei, ha prima concesso una proroga termini e poi temporeggia e valuta l'ulteriore proroga da concedere ai norvegesi;
   tutto sembrerebbe lascia intendere, a parere degli interpellanti, che questa volta il Governo sia intervenuto sull'organo tecnico per arrivare all'autorizzazione alle «bombe sismiche» nei mari di Sardegna;
   i cercatori di gas e petrolio hanno chiesto una nuova proroga per continuare a sperai g nel permesso di devastare l'intera area a suon di devastanti «bombe sismiche»;
   la nuova documentazione presentata dalla Tgs lascia intendere che loro quel piano del Ministero lo conoscono perfettamente e quindi vogliono l'autorizzazione;
   proprio per questo motivo sono in atto veri e propri contatti tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e quello dello sviluppo economico, combattuti tra la precedente «bocciatura» dei texani e la nuova richiesta dei norvegesi della Tgs Nopec, la società geofisica che opera per i grandi gruppi petroliferi che restano per adesso dietro le quinte della, guerra del petrolio in mare;
   una società, la Tgs, che sembra avere stretti contatti col Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare visto il temporeggiare della commissione di valutazione di impatto ambientale sulla richiesta di autorizzazione a perlustrare con i devastanti air gun lo specchio acqueo davanti alla costa tra Alghero e Oristano;
   la presentazione di nuovi documenti da parte dei norvegesi è, però, la conferma del nuovo «assalto» ai mari di Sardegna con tanto di nave sismica messa agli atti nella risposta al Ministero;
   per questo è stata scelta la nave sismica R/V Akademik Shatskiy pronta ad operare in quel tratto di mare al confine del Santuario dei cetacei;
   si tratta di un piano messo in piedi nei minimi dettagli, visto che il Ministero dello sviluppo economico ha individuato quell'area in base a studi ritenuti strategici e sottoposti a regimi di riservatezza;
   in realtà si tratta di un'acquisizione dati da un server americano che dispone di informazioni dettagliate sulla fascia provenzale dove è stata inserita anche la Sardegna;
   è evidente per gli interpellanti che dietro questa operazione si nasconde una grande multinazionale del petrolio;
   l'insistenza nel piano della Tgs e anche quella che gli interpellanti giudicano l'arroganza con la quale essa risponde al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare lascia intendere che l'autorizzazione ambientale sia considerata come atto dovuto;
   è evidente che tutto questo non può in alcun modo essere accettato e soprattutto risulta grave che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non compia sino in fondo il suo dovere di controllo di una partita così delicata;
   quell'area detta Zona E deve essere stralciata dai piani del Ministero dello sviluppo economico ed è vergognoso che la regione stia a guardare;
   è evidente che quella clausola di «riparto» inserita nell'accordo di Caen per quanto riguarda le risorse energetiche possa costituire anche un elemento funzionale a spostare l’iter concessorio alla Francia anche in virtù del prossimo referendum in Italia sul tema delle concessioni a mare di ricerca di petrolio e gas –:
   se non si intendano assumere iniziative per rimettere in discussione l'accordo di Caen o si intenda assumere iniziative per procedere alla sua ratifica e con quali tempistiche;
   se non intendano correggere le affermazioni contenute nel comunicato con particolare riferimento all'accordo del 1986 che non solo non sarà in vigore ma secondo quanto previsto nell'accordo verrà abrogato;
   se non si intenda valutare il danno economico causato da tale accordo o altrimenti esplicitare i vantaggi per lo Stato italiano;
   se non si intenda far conoscere la valutazione della comparazione tra quanto ceduto e quanto ottenuto al fine di valutare il danno all'interesse nazionale;
   se non si intenda valutare la possibilità, per quanto di competenza, di segnalare alle autorità giudiziarie eventuali reati commessi da chiunque abbia, con affari di Stato in territorio estero, provocato nocumento all'interesse nazionale;
   se non si intenda stralciare quell'area di prospezione geologica in mare dai piani del Governo;
   se non si intenda comunicare la mancata ulteriore proroga sulle procedure di valutazione di impatto ambientale relative al progetto della Nopec Tgs;
   se le vicende relative a tale area incidano; direttamente o indirettamente, sulle cessioni fatte al Governo francese in relazione all'accordo sottoscritto a Caen il 21 marzo del 2015;
   se esistono studi del Governo che attestino, e in che quantità, presenze di idrocarburi in quelle aree di mare, con particolare riferimento a quelle ricadenti nei confini sottoscritti a Caen;
   se con il Governo francese si sia discusso e negoziato anche su questi aspetti;
   se l'Eni abbia rapporti diretti o indiretti nell'area di prospezione petrolifera ricadente nel trattato sottoscritto a Caen.
(2-01308) «Pili, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la memoria è uno dei valori fondanti del patto di convivenza civile;
   nei giorni scorsi si è appreso dalla stampa che l'amministrazione della città Engelsbrand ha conferito una medaglia d'oro a tale Wilhelm Ernst Kusterer;
   Wilhelm Ernst Kusterer è un signore di 94 anni sergente delle SS in servizio presso Marzabotto;
   Kusterer è stato condannato in Italia in via definitiva a due ergastoli – nel 2008 e nel 2009 – per le stragi naziste di San Terenzo Monti (17-19 agosto 1944), Vinca (24-27 agosto 1944) e Marzabotto – monte Sole (29 settembre – 5 ottobre 1944), oltre 1150 le vittime;
   tra i caduti di Marzabotto 95 avevano meno di sedici anni, 110 ne avevano meno di dieci, 15 avevano meno di un anno;
   di fronte a tali ricordi l'attribuzione di una medaglia d'oro per essere stato, si legge sulla stampa tedesca «un cittadino che ha reso grandi servigi al suo comune di origine un cittadino attivo e onorevole di Engelbrand» appare beffarda e assolutamente riprovevole –:
   quali iniziative ufficiali intenda intraprendere il Governo nei confronti del Governo tedesco affinché questa onorificenza venga revocata in ossequio e rispetto della memoria delle vittime delle stragi naziste di cui si rese partecipe il signor Kusterer. (5-08042)

Interrogazione a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il signor Wilhelm Kusterer è un ex sergente delle SS (primo aiutante del maggiore Walter Reder) che, in Italia, è stato condannato in via definitiva a due ergastoli per le stragi naziste di San Terenzo Monti, Vinca e Marzabotto-Monte Sole;
   le stragi summenzionate, in totale, sono costate la vita a circa 1.150 persone;
   Kusterer risulta essere, in particolare, uno degli autori del massacro della collina di Monte Sole, sull'Appennino bolognese, dove fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 ci fu una retata e l'assassinio sistematico di 770 tra bambini, donne e uomini;
   da notizie di stampa si apprende dell'attribuzione di una medaglia d'onore a Kusterer da parte della municipalità tedesca di Engelsbrand, borgo di 4300 abitanti nel Land del Baden-Württemberg, per le sue qualità di «cittadino attivo e onorevole» e per aver reso «grandi servigi al suo luogo di origine»;
   risulta inconcepibile e profondamente insultante per l'Emilia Romagna e per l'Italia tutta che un'onorificenza del genere sia assegnata a un criminale nazista, condannato dalla giustizia del nostro Paese e che per giunta non ha mai scontato un solo giorno di carcere;
   notizie del genere non fanno che indignare l'opinione pubblica delle comunità laddove il ricordo delle efferatezze nazi-fasciste è più vivo che mai e ostacolano quei progetti di memoria e sensibilizzazione per le giovani generazioni su un periodo tanto funesto per il nostro Paese;
   sarebbe auspicabile che il Governo faccia proprio lo sdegno espresso dal Comitato onoranze ai caduti di Marzabotto e dall'Associazione familiari delle vittime degli eccidi nazifascisti di Grizzana-Marzabotto-Monzuno 1943-1944; si evidenzia che il comitato, opportunamente, invierà al Borgomastro di Engelsbrand copia della sentenza della condanna d'ergastolo per Kusterer emessa nel 2008 dalla, Corte d'Appello militare di Roma per la strage di Monte Sole –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per pretendere formali scuse dalla Municipalità di Engelsbrand e attivarsi affinché il Governo federale tedesco disponga la revoca immediata dell'onorificenza;
   se il Governo non intenda fornire elementi rispetto allo stato di esecuzione della pena per Kusterer e gli altri condannati in Germania;
   se il Governo non intenda richiedere alle autorità tedesche il motivo per cui non si sia dato seguito alla richiesta di mandato d'arresto europeo per tutti i condannati per la Strage di Monte Sole: Josef Baumann, Hubert Bichler, Max Roithmeier, Adolf Schneider, Max Schneider, Heinz Fritz Träger, Helmut Wulf, Wilhelm Kusterer, che nella strage di Monte Sole ha ricoperto, come ufficiale, l'incarico di comandante di squadra nella 3a compagnia del Reparto esplorante della divisione Reichsführer SS e al comando di 10 uomini nei giorni 29 e 30 del settembre 1944 ha attraversato le località di San Giovanni di Sotto, Casaglia, Caprara, Colulla di Sopra, Colulla di Sotto e Abelle. (4-12396)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Metaponto è una delle più importanti località turistiche balneari della Basilicata lungo la fascia fonica che ogni anno richiama decine di migliaia di presenze turistiche nei periodi da maggio a settembre;
   nell'ultimo decennio la costa è stata flagellata dal gravissimo fenomeno dell'erosione che ha «mangiato» centinaia di metri di spiaggia con pregiudizio del sistema ambientale e penalizzando gli operatori economici;
   già con altri atti di sindacato ispettivo l'interrogante ha posto negli anni precedenti al Governo la suddetta questione;
   neppure l'installazione delle «barriere soffolte» nonostante gli iniziali buoni risultati è riuscita ad attenuare il fenomeno;
   le mareggiate degli ultimi giorni, in un inverno non particolarmente avverso, hanno inflitto un ulteriore duro colpo alla spiaggia di Metaponto;
   secondo alcuni esperti anche la collocazione delle barriere soffolte avrebbe dovuto essere studiata meglio in considerazione delle correnti che interessano il lido altrimenti il rischio è di avere beffa e danno;
   la delicata situazione della spiaggia di Metaponto necessita di essere adeguatamente attenzionata, anche in ambito ministeriale, affinché possa essere oggetto di interventi maggiormente rispondenti alla sua tutela e valorizzazione;
   l'approssimarsi della primavera e l'apertura della prossima stagione estiva rendono ancora più urgenti tali iniziative a tutela anche dell'economia turistica –:
   se e quali iniziative di competenza, in considerazione della rilevanza del problema, intenda attivare il Governo, di concerto con la regione Basilicata, per affrontare il fenomeno dell'erosione e per sostenere gli operatori turistici di Metaponto a fronte dei danni derivanti da suddetto fenomeno. (5-08036)


   MANTERO, SIMONE VALENTE, BATTELLI e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento chimico Luigi Stoppani ha iniziato la sua attività di produzione di derivati del cromo alla foce del torrente Lerone agli inizi del ’900. Importanti quantitativi di cromo esavalente e altri rifiuti industriali pericolosi e tossici sono stati dispersi nel corso degli anni, determinando gravi situazioni di inquinamento di aria, suolo, sottosuolo, sabbie delle spiagge, con gravi effetti per l'ambiente e la salute pubblica;
   l'8 novembre 2006 la regione Liguria ha richiesto lo stato di emergenza, nel corso della conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di risolvere con i necessari provvedimenti straordinari, la grave situazione di inquinamento dell'area industriale del comune di Cogoleto (Genova) prodotto dallo stabilimento Stoppani;
   il 23 novembre 2006 è stata accolta la richiesta della regione Liguria; il 5 dicembre 2006 la Presidenza del Consiglio dei ministri ha emanato l'ordinanza n. 3554 recante «Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare la grave situazione di emergenza, determinatasi nello stabilimento Stoppani sito nel comune di Cogoleto» e ha nominato il commissario delegato per il superamento dello stato di emergenza, al quale sono stati attribuiti poteri straordinari;
   in uno dei progetti di bonifica, la cui prima stesura da parte del commissario delegato risale al maggio 2008 col titolo «Progetto di bonifica con misure di sicurezza degli arenili ricadenti nel sito di interesse nazionale Stoppani – Lotto B», era prevista l'asportazione di cromo dai litorali con precise indicazioni, mediante mappatura, delle aree interessate e delle qualità, delle quantità, delle modalità di asporto, trasporto e stoccaggio delle sostanze inquinanti, nonché del crono programma completo dei tempi di esecuzione;
   i lavori, appaltati dalla struttura commissariale per la sola bonifica del litorale di Arenzano, ammontavano 3.147.612,48 euro più Iva;
   la provincia di Genova, con provvedimento dirigenziale n. 7989 del 20 dicembre 2010, ha rilasciato la certificazione provvisoria di avvenuta bonifica che, per contratto, ha assunto carattere definitivo trascorsi i due anni dalla sua emissione;
   la regione Liguria, con delibera della giunta regionale n. 1170 del 5 ottobre 2012 ha espresso parere favorevole alla proposta di deperimetrazione degli arenili di Arenzano e Cogoleto, ricompresi nel sito di interesse nazionale Cogoleto-Stoppani, allegata al verbale della conferenza dei servizi del 19 luglio 2012 e trattenuta agli atti del settore, al fine del suo inoltro al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il 28 gennaio 2013 l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente Liguria ha acquisito una nota del comune di Arenzano in cui si segnalava la presenza di affioramenti di crostone nell'arenile oggetto della bonifica, in località Grande si richiedeva un intervento dell'Arpal volto ad accertare l'esatta situazione ambientale;
   il 4 febbraio 2013 l'Arpal ha effettuato un sopralluogo presso la località segnalata, dai cui esiti non emergeva la presenza di alcun affioramento di crostone nelle superficie emerse del litorale, e tantomeno in quelle sommerse, per quanto possibile verificare. Il comune di Arenzano, con ulteriore nota acquisita da Arpal in data 23 maggio 2013, documentava a questa agenzia e alla struttura commissariale, la presenza di crostone nella medesima località, attestata mediante fotografie allegate, raccolte nel corso di un sopralluogo opportunamente effettuato da tecnici del comune a seguito di ulteriori segnalazioni pervenute;
   sulla base delle note del comune di Arenzano, l'Arpal ha emesso la nota riportante le seguenti parole: «dalle ripetute segnalazioni e dall'ultimo sopralluogo eseguito dal Comune è evidente che lembi di crostone affiorino in particolari condizioni dinamiche del litorale di Arenzano. In particolare, l'assetto dell'arenile rilevato da questa Agenzia nel febbraio 2013 mostra una maggiore deposizione di sedimenti rispetto a quello caratterizzato da condizioni in spiccata erosione, al momento del sopralluogo del Comune, come si evince dal confronto della documentazione raccolta nel corso dei due sopralluoghi. In considerazione della difficoltà dello Scrivente di localizzare gli affioramenti recentemente individuati e rapportarli rispetto alle celle degli scavi di bonifica, visto che la planimetria allegata alla relazione finale dei lavori non riporta dettagli grafici sufficientemente esaustivi, non è chiaro se la residua presenza di crostone risulti ubicata o meno all'esterno dei previsti lotti di bonifica e quindi in corrispondenza di arenile sommerso od emerso. Tuttavia, quanto desunto nel corso dei sopralluoghi farebbe propendere su una posizione degli affioramenti, occasionalmente a vista, negli arenili sommersi che non erano soggetti a bonifica da progetto approvato. In ogni caso, si rimanda a una valutazione definitiva della Struttura Commissariale, in relazione anche alla eventuale opportunità di procedere all'asportazione degli affioramenti residui»;
   il 19 gennaio 2016 in un articolo del quotidiano « il secolo XIX» è stata ribadita l'attualità del problema: «Mareggiate e Libeccio per i residenti di Marina Grande, al confine tra Arenzano e Cogoleto, significano una cosa sola: veder riaffiorare sul bagnasciuga gli inquietanti crostoni, “regalo” di più di un secolo di avvelenamento della fabbrica Stoppani. I crostoni, sabbia indurita da sostanze inquinanti, sono ciò che resta della bonifica del litorale, conclusa nel 2010, appaltata dalla struttura commissariale. All'epoca vennero portati via solo i crostoni sulla spiaggia. E quelli sotto il bagnasciuga ? (...) Eppure, ogni volta che una mareggiata scava la spiaggia, i crostoni ricompaiono, come a ricordare che il problema c’è, anche se per la maggior parte dell'anno non si vede» –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero, quali siano i rischi per l'ambiente e per la salute dei cittadini e quali iniziative di competenza si intendano assumere per contrastarli;
   se sia stato monitorato, dalla struttura commissariale di cui in premessa, il lavoro di bonifica delle spiagge e se sia stata eseguita la caratterizzazione successiva;
   se il Governo intenda adottare iniziative di competenza al fine di garantire la sicurezza del sito, considerato che le parti di spiaggia soggette alla bonifica e le parti di spiaggia non bonificate, quali la foce del Lerone e la spiaggia denominata sito « Envireg», sono contigue e non delimitate all'accesso e che oggi tutte le zone fin qui monitorate comprendenti la foce del fiume Lerone, i suoi argini e le spiagge contigue sono senza delimitazione, e ospitano anche gli scarichi industriali a cielo aperto dell'impianto di trattamento delle acque dello stesso sito, l'impianto Eco2, che provvede al trattamento delle acque e che scarica secondo normativa acqua di tipo industriale direttamente sul letto della foce;
   se ritenga, per quanto di competenza, che di deperimetrazione del sito sia stata corrispondente e sufficientemente tutelante rispetto alla sicurezza dei cittadini e al grave problema di inquinamento dell'area citata;
   se e quali urgenti iniziative di competenza il Governo, anche per il tramite del commissario delegato, per il superamento dello stato di emergenza richiamato in premessa, intenda assumere al fine di permettere il tempestivo completamento della bonifica e della messa in sicurezza dell'intera area coinvolta. (5-08039)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la figura della guida turistica sta attraversando una fase di grande cambiamento; attualmente una guida turistica può operare su tutto il territorio nazionale in base alle ultime normative;
   chi esercita questa professione può, quindi, circolare liberamente nelle diverse regioni italiane, previo esame di abilitazione presso la regione nella quale si svolgerà il lavoro;
   sono stati individuati in tutta Italia, per essere conformi alla normativa europea, dei «siti di specializzazione» che riguardano siti di particolare interesse storico (musei, pinacoteche e altro) nei quali potranno lavorare solo guide in possesso di laurea triennale e dopo aver superato un esame specifico;
   la Sardegna in merito a questo ha bloccato i concorsi per poter conseguire la qualifica di guida turistica; la legge regionale attuale prevede (come in tutte le regioni italiane) dei requisiti per il conseguimento di questa consentendo l'accesso anche ai diplomati in possesso di un anno di tirocinio e con l'esperienza di 10 guide obbligatorie;
   tuttavia si sta accettando solo l'iscrizione ai concorsi da parte dei laureati, nonostante tale specializzazione sia richiesta solo per poter lavorare in determinati siti, che tra l'altro in Sardegna non sono nemmeno la maggioranza, dato che la Sardegna è di fatto un museo a cielo aperto;
   non tutte le guide vogliono esercitare come guide specializzate, infatti, tante di loro preferiscono proprio accompagnare i turisti su territori meno conosciuti e ricchissimi di bellissime testimonianze del passato;
   le guide in possesso di un diploma che aspettavano l'uscita del bando regionale si ritrovano ad essere escluse, pur avendo fatto numerosi sacrifici e avendo pagato non poco a proprie spese corsi di lingua e archeologia e il tirocinio gratuito presso cooperative per lo stage;
   la legge nazionale fa riferimento solo ai siti di specializzazione e di conseguenza alle necessità per questi di guide specializzate, ma non impedisce di conseguire il titolo di guida turistica generica;
   alcune regioni fanno riferimento alle loro normative in materia, invece, la Sardegna, a quanto risulta all'interrogante, sosterrebbe di aver bloccato tali bandi su iniziativa ministeriale –:
   se risulti vero che il Ministro interrogato abbia assunto iniziative finalizzate al «blocco» di questi bandi; e in caso affermato, per quale motivo;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per fornire un'interpretazione chiarificatrice che consenta di dare il via libera a tali bandi. (5-08041)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto-legge n. 78 del 2010, i diritti di proprietà del Teatro Valle di Roma sono stati trasferiti dall'Ente teatrale italiano (ETI) al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il Ministero ha quindi avviato una trattativa per la cessione dei diritti di godimento del teatro al comune di Roma;
   in data 14 giugno 2011 il Teatro Valle in Roma è stato occupato da soggetti facenti parte di alcune organizzazioni culturali, in seguito raccoltisi nella «Fondazione del Bene Comune»;
   in data 15 giugno 2011, con delibera n. 199, il sindaco Giovanni Alemanno e la giunta capitolina hanno approvato il protocollo d'intesa per l'affidamento del Teatro all'amministrazione capitolina e, appena qualche giorno dopo, in data 22 giugno 2011, sebbene il Teatro fosse occupato sin dal 14 giugno 2011, il Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo, in persona del segretario generale architetto Roberto Cecchi, e Roma Capitale, in persona dell'allora segretario e direttore generale dottor Liborio Ludicello, hanno sottoscritto il relativo protocollo d'intesa;
   tra le due amministrazioni sono stati organizzati tavoli di lavoro, e testimonianze dei partecipanti evidenziano una riunione tenutasi presso il Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo, nel corso della quale le parti cercarono una mediazione per proseguire in applicazione del protocollo d'intesa senza ritardi e superando le contestazioni mosse dal direttore del dipartimento cultura del comune di Roma, dottor Mario Defacqz, riguardo al fatto che lo stato di occupazione del Teatro comportasse un nocumento per Roma Capitale;
   a seguito della riunione il Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo si impegnò a liberare il Teatro mediante lo sgombero degli occupanti e, a garanzia della sua promessa, contattò il prefetto di Roma che garantì l'immediato sgombero, a patto che Roma Capitale volturasse a proprio carico le utenze (acqua, luce e gas) perché altrimenti avrebbe arrecato un grave problema di sicurezza e di ordine pubblico;
   in virtù dell'impegno che Roma Capitale aveva assunto a seguito della sottoscrizione del protocollo (per il quale Roma Capitale aveva l'onere di occuparsi del Teatro, sotto il profilo sia della manutenzione ordinaria che straordinaria nonché della programmazione artistica) e al fine di non mettere a rischio la sicurezza del Teatro e di coloro che lo frequentavano, il dottor Defacqz, in applicazione del protocollo, inviava una nota al dipartimento SIMU, servizio utenze del comune di Roma, per richiedere la voltura delle utenze in gestione temporanea;
   in data 19 ottobre 2011, cioè a dire a distanza di alcuni mesi dal giorno in cui il prefetto aveva assicurato l'imminente sgombero, il dottor Defacqz – vista la competenza esclusiva del prefetto a fissare le operazioni di sgombero del Valle, nonché l'evidente immobilismo del medesimo – scriveva al citato prefetto, sia per formalizzare sostanzialmente la necessità di un immediato intervento risolutivo, sia per evidenziare lo stato di pericolo in cui versava il teatro Valle; a quanto risulta all'interrogante nessuna risposta al riguardo è pervenuta da parte della prefettura di Roma;
   in data 28 marzo 2012 l'assessore alle politiche culturali dottor Dino Gasperini e il citato direttore del dipartimento cultura del comune di Roma sollecitavano nuovamente il prefetto dottor Pecoraro a prendere una decisione in merito allo sgombero del Valle, ritenendo l'intervento improcrastinabile, ma non ottennero in merito alcuna risposta da parte della prefettura di Roma;
   in data 22 agosto 2012, il sindaco di Roma dottor Alemanno – d'intesa con il Ministero dei beni e delle attività culturale e del turismo in applicazione del protocollo d'intesa sottoscritto in data 22 giugno 2011 – sporgeva denuncia-querela contro gli occupanti del Teatro Valle, chiedendo alla questura di Roma di voler procedere allo sgombero anche per consentire la consegna del bene a Roma Capitale;
   gli occupanti del Teatro Valle hanno spontaneamente liberato lo stabile l'11 agosto 2014;
   alla procura della Repubblica di Roma risultano due procedimenti (proc. 15/32930 I; proc. n. 13/47353) contro gli occupanti del Teatro Valle;
   il giorno 8 febbraio 2016 la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la regione Lazio, ha condannato con colpa grave per danno erariale i direttori del dipartimento cultura (dottor Mario Defacqz e dottoressa Maria Cristina Selloni) in carica durante l'occupazione del Valle, responsabili di aver autorizzato le spese di acqua, luce e gas durante l'occupazione clandestina del Teatro Valle;
   nel corso del triennio di durata dell'occupazione (14 giugno 2011-11 agosto 2014) gli occupanti hanno gestito il Teatro in questione organizzando molte rappresentazioni teatrali e attività di vario genere;
   si è così permesso a soggetti non identificati e di diversa e spesso sconosciuta estrazione di utilizzare abusivamente, senza alcun titolo, uno dei più prestigiosi teatri italiani in totale dispregio delle disposizioni vigenti: occupazione abusiva e prolungata nel tempo di un bene demaniale di rilevante pregio storico ed artistico; organizzazione di molteplici eventi teatrali; mancato pagamento dei diritti alla SIAE e delle imposte; illegittimità varie collegate alla utilizzazione degli artisti; omessa richiesta di intervento dei vigili del fuoco e altro –:
   quali siano stati i motivi per cui il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia sottoscritto un protocollo d'intesa per l'affidamento della gestione delle attività teatrali del Teatro Valle al comune di Roma, nonostante il fatto che il teatro fosse illegittimamente occupato;
   quali siano stati i motivi per cui il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, proprietario dello stabile, non abbia immediatamente o successivamente proceduto allo sgombero dello stabile permettendo al comune di Roma di ottemperare all'obbligo di gestione delle attività del Teatro;
   quali siano stati i motivi per cui il prefetto, benché sollecitato, non abbia provveduto allo sgombero dello stabile;
   se nelle convocazioni dei tavoli istituzionali sulla sicurezza sull'ordine pubblico, presieduti dal prefetto di Roma, sia stato trattato l'argomento sull'occupazione del Teatro Valle e quali siano stati gli esiti delle riunioni. (4-12408)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   un lavoratore di 50 anni, Carmelo Cocuzza, dopo 13 anni di servizio, nel 2000 fu licenziato ingiustamente, così come sancito dalla sentenza 4983/14 della Corte di cassazione, sezione lavoro, dal posto che occupava presso il Navy Exchange di Sigonella come lavoratore civile, con mansione di vetrinista;
   nel 2004 ottenne la prima sentenza di reintegra dal tribunale del lavoro di Catania che, però, in questi anni, non ha trovato alcuna applicazione. Nel 2010, la corte d'appello sancì il reintegro retroattivo applicando la tutela reale al lavoratore (sentenza n. 812 del 7 ottobre 2010), poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza citata;
   ad oggi, ben tre gradi di giudizio hanno stabilito chiaramente che il lavoratore andava reintegrato e risarcito per i danni subiti, nonostante questo, la base USA non solo non ha provveduto a riassumere il lavoratore ma sta anche rifiutando di risarcire il lavoratore per i danni subiti, opponendosi di fatto al pignoramento definitivo e mettendo in discussione le leggi dello Stato italiano;
   sedici anni fa l'uomo era stato licenziato insieme ad una sua collega americana, che a differenza del signor Cocuzza, a quanto consta all'interrogante fu reintegrata in tempi brevissimi. Si tratta quindi di una discriminazione tra due posizioni identiche –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non intenda assumere iniziative, nei limiti delle proprie competenze, al fine di favorire il riconoscimento dei diritti che spettano a tale lavoratore, in virtù di quanto disposto dal tribunale italiano con sentenza definitiva della Corte di Cassazione. (5-08037)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:


   PESCO, ALBERTI, FICO, PISANO, RUOCCO e VILLAROSA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal supplemento del bollettino statistico n. 69 di Banca d'Italia del 16 dicembre 2015, si apprende che nel periodo dal 1995 al 2013 la valutazione patrimoniale delle abitazioni possedute dalle famiglie italiane è passata dai 2.200,6 ai 4.952,1 miliardi di euro, con un aumento percentuale assoluto del 125 per cento. A fronte di questi dati, i mutui ipotecari sono passati dai 51 miliardi di euro del 1995 ai 378,4 miliardi del 2013, con un aumento percentuale assoluto pari al 641,96 per cento;
   secondo i dati Istat, nel 2014 ben 240 mila famiglie si sono trovate in arretrato con il pagamento del mutuo. E almeno altre 321 mila, per evitare di saltare la rata, hanno rinunciato al pagamento di altri oneri;
   gli studi condotti da Adusbef e Federconsumatori attestano che solo nell'anno 2014 ci sono stati 52.606 pignoramenti di immobili in 35 tribunali italiani (il Ministero della giustizia non ha dati ufficiali), con un aumento di quasi il 12 per cento rispetto al 2013. Prosegue dunque il trend che si è avuto negli anni della crisi che ha visto triplicare il numero dei pignoramenti: dal 2006 al 2014 ben 110 mila famiglie si sono viste sottrarre la casa (+162 per cento);
   in un tal contesto, è chiaro che occorrono interventi di sostegno ai consumatori al fine di favorire il rientro dall'esposizione debitoria nei confronti delle banche, scongiurando il rischio di espropriazione forzate dell'immobile (che semmai costituisce nella maggioranza dei casi l'unica abitazione di proprietà), o che mirino quantomeno a limitare il danno patrimoniale che conseguirebbe dalle vendite forzate, sempre più indirizzate ad ottimizzare il recupero del debito attraverso la svalutazione dell'immobile (venduto a prezzi ben al di sotto al valore di mercato);
   in tale ottica, sarebbe auspicabile l'introduzione di specifiche procedure concordate di composizione della crisi debitoria ovvero di potenziamento di quelle già esistenti: si pensi alla normativa di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3. che ha introdotto la possibilità per il consumatore di proporre un accordo con i creditori (avallato dall'omologazione del tribunale) per la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei crediti futuri. Viceversa, nel caso di comprovata impossibilità di recupero del debito, sarebbero opportune misure che tutelino il debitore sottoposto a procedure esecutive, introducendo ad esempio limiti di valore alla possibilità di esproprio (rapportati semmai al valore del debito residuo), nonché limiti alla vendita quando essa avviene ad un prezzo ben al di sotto del valore effettivo dell'immobile, generando pertanto un danno patrimoniale al debitore non più recuperabile (oltre alla privazione dell'abitazione familiare);
   all'esatto contrario, sono da contrastare e limitare tutte quelle pratiche, frutto della prassi contrattuale del settore creditizio, volte a favorire la vendita dell'immobile o il trasferimento immediato della proprietà del bene in favore degli istituti di credito (si pensi al cosiddetto patto marciano). Tali procedure, oltre ad essere in evidente contrasto con il divieto del patto commissorio di cui all'articolo 2744 codice civile, comprimono le garanzie e le tutele per il debitore. Anche se frutto della volontà contrattuale delle parti, l'inserimento di tali clausole nel contratto è quasi sempre posto dalla banca posta come condizione per l'erogazione del credito, sfruttando pertanto la posizione debole del consumatore. La vendita o il trasferimento sulla base del valore di mercato dell'immobile nemmeno rappresenta una concreta tutela per il debitore, considerato che la stima è spesso eseguita da un perito nominato dall'istituto di credito e che le oscillazioni del mercato potrebbero addirittura portare ad un deprezzamento del bene (sicché il debitore, oltre a vedersi privato della proprietà del bene, resterebbe ancora esposto verso la banca per il pagamento del debito residuo);
   ma ciò che più preoccupa è la privazione della tutela giudiziaria che non consentirebbe al debitore di far valere eventuali illegittimità del contratto e, conseguentemente, della pretesa creditoria. Non va dimenticato, infatti, che proprio le tutele giudiziarie hanno condotto negli ultimi anni a storiche pronunce in favore dei consumatori in materia di accesso al credito. Si pensi all'ammortamento del finanziamento secondo il metodo «alla francese»: tale espediente è stato giudicato illecito da numerose sentenze dei tribunali di merito, secondo i quali il calcolo dell'interesse nel piano di ammortamento deve essere trasparente ed eseguito secondo le regole matematiche dell'interesse semplice. Si pensi ancora alle note pronunce in materia di anatocismo bancario e quelle in materia di violazione degli obblighi informativi;
   appare chiaro quindi che privare il consumatore della tutela giudiziaria, in favore di procedure volte ad accelerare il recupero del credito, significherebbe limitare la possibilità di far valere numerosi casi di illegittimità e abusi contrattuali e, soprattutto, di ottenere una tutela fondamentale per il proprietario sottoposto ad esecuzione, ovvero la sospensione della procedura esecutiva. Sul punto, si rammenta la storica pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea (C-34/13 del 10 settembre 2014) che ha sancito il principio di diritto secondo il quale «il giudice può bloccare provvisoriamente la banca o la finanziaria che mette all'asta la casa se nel contratto sono presenti delle clausole abusive», ovvero tutte quelle clausole vietate dalle direttive dell'Unione europea e che la banca o la finanziaria hanno fatto comunque firmare al cliente –:
   se confermi i dati esposti in premessa in merito all'esposizione debitoria in relazione a contratti di mutuo e di finanziamento, evidenziando nel dettaglio quale sia l'attuale situazione e quali misure intenda assumere per favorire la soddisfazione del credito senza compromettere, al contempo, la disponibilità e la proprietà dell'immobile in capo al debitore.
(3-02094)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   nonostante il tema delle adozioni sia ultimamente al centro del dibattito politico, pare che coppie di coniugi, di cui uno non vendente, si siano viste negare per questa disabilità la possibilità di adottare un bambino;
   come riportato da notizie di stampa, ciò sarebbe accaduto nel 1999 presso il tribunale dei minori di Trento che aveva negato l'adozione di un bambino a Giuliano, non vedente, e a Maria Teresa Beltrami, entrambi insegnanti di 44 e 46 anni di Storo, ed ancora più recentemente ai coniugi Maria e Rocco Pascale alla cui prima istanza di adozione, pare, un giudice del tribunale di Salerno si sia opposto, poiché un genitore adottante, in questo caso la mamma, era non vedente;
   sempre ai coniugi Pascale, dopo sei anni dalla sopra citata sentenza ed una dura battaglia per affermare la loro idoneità genitoriale e dopo essere stati finalmente convocati dal giudice per recarsi a prendere in affido una bimba di due mesi presso una casa famiglia, è stata «chiesta» dallo stesso giudice la restituzione del decreto di idoneità all'affidamento;
   quanto riportato in premessa, se confermato così come riportato dai quotidiani, sarebbe enormemente discriminatorio per le persone disabili della vista e per le coppie con un partner con tale disabilità, negando agli stessi il diritto di adottare un bambino per il semplice motivo che uno dei due coniugi è non vedente e sminuirebbe, nel contempo, anche tutti i genitori non vedenti che hanno figli naturali;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei casi riportati in premessa o di altre vicende analoghe, in particolare, se risulti che ai coniugi sopra citati sia stata negata l'idoneità in quanto uno dei due non vedente e quali iniziative di competenza, anche normative, siano state avviate e quali siano gli orientamenti nel merito; quante siano le adozioni e i casi di affidamento negli ultimi anni per genitori non vedenti, quali iniziative intendano adottare e quali iniziative prevedano di intraprendere, per quanto di competenza, al fine di impedire che si verifichino casi similari e per rimuovere ogni impedimento che possa discriminare le persone con disabilità o comprometterne il diritto alla genitorialità. (4-12404)


   GAGNARLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   circa due anni fa una nota trasmissione televisiva portò alla luce il caso di una ragioniera aretina, Nadia Barneschi, accusata dai suoi clienti di un colossale raggiro perpetrato ai danni dell'erario, in nome e per conto loro (http://www.arezzoorait);
   la truffa era stata scoperta dalle vittime a seguito del recapito delle prime cartelle esattoriali, anche per cifre considerevoli, fino ai 200.000 euro;
   la ragioniera Barneschi era accusata di intascare il denaro datole dai clienti per far fronte agli obblighi fiscali da essi dovuti all'erario. Quei fondi, centinaia di migliaia di euro, sarebbero finiti nelle tasche della ragioniera, mentre la documentazione e le dichiarazioni dei redditi non sarebbero mai stati presentati;
   il meccanismo usato dalla Barneschi sarebbe simile a quello per il quale la stessa ragioniera è stata prima indagata e poi condannata a due anni e sei mesi e al pagamento di una multa da millecinquecento euro, per aver sottratto ad una importante struttura di volontariato aretina, l'istituto Thevenin, circa 243 mila euro (http://www.lanazione.it);
   dopo il caso mediatico, seguirono le dichiarazioni e le conferenze stampa dell'associazione degli inconsapevoli evasori, rappresentati dal signor Riccardo Forzoni, a cui fecero seguito le indagini degli inquirenti, e l'approdo nelle aule del palazzo di giustizia aretino, dove la ragioniera Barneschi deve rispondere del reato di falsificazione della firma dell'allora dirigente dell'Agenzia delle entrate Cinzia Maddaloni;
   il procedimento giudiziario che si è tenuto davanti al giudice Pacciarini che avrebbe dovuto presiedere l'ultima udienza, si è invece bloccato a causa delle dimissioni del giudice, con la nuova assegnazione dell'incarico prevista per settembre 2016;
   lo scenario che si apre per i clienti truffati è dei più inquietanti, con il processo che dovrà ripartire da zero ed il concreto rischio della prescrizione a salvare la commercialista, ma soprattutto a condannare i contribuenti truffati a non veder mai restituite, nemmeno in parte, le somme a loro sottratte;
   con solo un anno e mezzo a disposizione prima che scadano i termini per la prescrizione, è altamente probabile che la difesa punti al rifacimento dell'intero processo, impedendo l'utilizzo degli atti già acquisiti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza del caso esposto in premessa e non ritenga di valutare, se sussistono i presupposti per avviare iniziative ispettive presso gli uffici giudiziari di cui in premessa;
   se non ritenga opportuno farsi promotore di una revisione dell'ordinamento affinché sia sospeso l'esercizio della prescrizione dal momento del rinvio a giudizio dell'imputato. (4-12410)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con i suoi 157 chilometri di tracciato e un'utenza pari a circa 4.000 passeggeri giornalieri, la ex Ferrovia centrale umbra è una linea a scartamento ordinario in concessione, il cui tracciato si snoda quasi totalmente nel territorio della regione Umbria, lungo la valle del Tevere;
   il 26 gennaio 2015 è stato sottoscritto a Perugia l'accordo quadro tra regione Umbria e Rete ferroviaria italiana per la gestione della ex Ferrovia centrale umbra da parte di Rete ferroviaria italiana al fine di incrementare la capacità di traffico sulle linee ferroviarie umbre, con una produzione che a regime secondo le stime dovrebbe salire dagli attuali 3,7 milioni di treni per chilometro all'anno a circa 3,9 milioni;
   l'accordo di durata decennale, firmato dall'assessore regionale alle infrastrutture e ai trasporti della regione Umbria, Giuseppe Chianella, e dall'amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, prevede il potenziamento dei collegamenti con Roma e con le Marche, la connessione fra l'infrastruttura gestita da Rete ferroviaria italiana e il network dell'operatore ferroviario regionale, nonché l'integrazione delle diverse modalità di trasporto dell'Umbria con un sistema integrato di servizi (coincidenze e orario cadenzato);
   in particolare l'accordo firmato prevede: incrementi della capacità di traffico della linea Terontola-Perugia-Terni, via Assisi-Foligno-Spoleto, con servizi dedicati per le stazioni maggiormente utilizzate da circa il 50 per cento dei residenti in Umbria; incremento e ottimizzazione del servizio biorario per la relazione Foligno-Firenze; potenziamento della linea Roma-Ancona (tratto Orte-Fossato di Vico) con aumento dei collegamenti dei treni per i pendolari con Roma. Nel documento si accenna anche ad una programmazione integrata con la regione Marche di treni regionali veloci sull'asse ferroviario Ancona-Foligno-Roma;
   l'accordo quadro è lo strumento tecnico che consentirà alla regione Umbria di prenotare capacità di traffico per la rete ferroviaria regionale e di programmare nel medio/lungo periodo l'uso dell'infrastruttura ferroviaria in funzione del piano regionale dei trasporti. Per Rete ferroviaria italiana l'accordo quadro relativo alla capacità ferroviaria è il principale strumento per determinare le reali esigenze di mobilità del territorio e per programmare, ove sia necessario, piani di upgrade infrastrutturale per ottimizzare al meglio lo sviluppo dei servizi regionali;
   per quanto riguarda gli sviluppi futuri, l'accordo non solo tiene conto della capacità di traffico basata sull'infrastruttura esistente, ma anche di possibili investimenti nazionali programmati di concerto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana o richiesti dalla regione stessa per il miglioramento della qualità dei servizi, quali ad esempio l'eliminazione delle barriere architettoniche o parcheggi vicino alle stazioni;
   per quanto concerne la fattibilità del trasferimento della rete ex Ferrovia centrale umbra a Rete ferroviaria italiana, l'amministratore delegato Maurizio Gentile ha spiegato che occorrerà un periodo transitorio di circa tre anni per adeguare la vecchia e malandata linea ferroviaria agli standard nazionali previsti dall'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, mentre è ancora prematura l'analisi dei costi necessari per questa operazione;
   il 9 febbraio 2016 la regione Umbria ha anche rinnovato con Busitalia (gruppo Ferrovie dello Stato Italiane) il contratto di servizio per il trasporto pubblico ferroviario di interesse regionale e locale lungo la rete ex Ferrovia centrale umbra fino al 2019 per circa 1,2 milioni di treni/chilometri e un valore economico di circa 7 milioni di euro all'anno;
   il nuovo accordo segue di poco tempo il rinnovo per i servizi regionali con Trenitalia e l'accordo quadro con Rete ferroviaria italiana per il potenziamento dell'infrastruttura e, come affermato dall'assessore regionale ai trasporti Giuseppe Chianella, «permette di chiudere il cerchio per la gestione del trasporto pubblico su ferro in Umbria, garantendo di migliorare la qualità del servizio ferroviario, con l'impegno a lavorare insieme per gli obiettivi del piano regionale dei trasporti» «C’è un forte impegno della regione per la valorizzazione complessiva della Ferrovia centrale umbra - ha sottolineato l'assessore - con la positiva novità dell'apertura del rapporto con Rete ferroviaria italiana»;
   nel contratto si prevede che la regione Umbria affida a Busitalia l'organizzazione e la gestione dei servizi di trasporto ferroviario di persone di interesse regionale e locale per i collegamenti fra Perugia, Terni, Sansepolcro, Perugia Sant'Anna. Il contratto ha un valore economico annuo di 7.016.000 euro (con aggiornamento al tasso di inflazione programmata), corrisposti, a titolo di corrispettivo, dalla Regione in base all'attuale organizzazione dei servizi per complessivi 1.191.288 treni/chilometri (di cui 106.258 con autobus) e 121.116.075 posti/chilometri offerti. Saranno concordate con la stessa regione modifiche del servizio in caso di lavori programmati di migliorie, rinnovo e potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria disposti dal gestore dell'infrastruttura regionale e da Rete ferroviaria italiana. A questo proposito Busitalia, previo accordo con la regione, si impegna a rinnovare, potenziare e/o effettuare interventi di ristrutturazione con un investimento di 1.150.000 euro;
   il contratto di servizio prevede che nel corso del 2016 vengano valutate ed intraprese idonee iniziative per verificare la possibilità di avviare, dal 1o gennaio 2017, la gestione unitaria dell'insieme dei servizi ferroviari di interesse regionale sulla rete nazionale e regionale al fine di agevolare l'integrazione tra tutte le modalità di trasporto pubblico sul territorio della regione Umbria;
   per facilitare la gestione del contratto, è costituito il comitato tecnico di gestione del contratto, composto da due rappresentanti di Busitalia e due rappresentanti della regione Umbria. La regione si impegna ad attivare un gruppo di lavoro, al quale partecipa anche Busitalia, per definire un progetto preliminare di integrazione tariffaria, su base regionale, che coinvolga le aziende e le istituzioni individuate dalla Regione stessa;
   sul tema del potenziamento della ex Ferrovia centrale umbra era intervenuto il 3 febbraio 2016 il Ministro interrogato, durante un incontro istituzionale a Terni con i vertici della regione, annunciando in quell'occasione che «il Governo ha messo a disposizione adeguate risorse per ciò che riguarda la rete ferroviaria e soprattutto per la valorizzazione delle reti secondarie perché vogliamo potenziare il trasporto pubblico ferroviario locale». In questa direzione è particolarmente importante l'accordo definito con Rete ferroviaria italiana per la concessione della rete infrastrutturale della Ferrovia centrale umbra. Questo servirà a mettere in sicurezza questa fondamentale ferrovia regionale, potenziarla e consentirle di svolgere una funzione centrale per il trasporto locale nonché collegarsi con il sistema ferroviario nazionale. Si tratta di un accordo che apre una strada significativa che altri in Italia dovrebbero seguire;
   il giorno prima della visita del Ministro interrogato, l'assessore regionale Chianella, rispondendo in consiglio ad un'interrogazione, aveva ammesso che «la regione ritiene strategica l'infrastruttura Ferrovia centrale umbra, che però necessita di una manutenzione importante», annunciando la cessione a Rete ferroviaria italiana per gli interventi di ripristino a cominciare dalla tratta Umbertide-Città di Castello e anticipando che «in un secondo tempo, invece, stiamo studiando l'ipotesi di un trasferimento al patrimonio dello Stato della stessa infrastruttura per progetti di più ampio respiro»;
   ad esprimere forti preoccupazioni in merito alla gestione della linea regionale sono i sindaci dell'Alta Valle del Tevere. Il 19 febbraio 2016 si è svolto, infatti, ad Umbertide il consiglio comunale aperto sulle prospettive di sviluppo della ferrovia ex Ferrovia centrale umbra, al quale hanno partecipato i sindaci dei comuni alto tiberini, i quali hanno commentato: «Crediamo che la ex Ferrovia centrale umbra rappresenti, e possa continuare a rappresentare, un soggetto di importanza fondamentale del sistema della mobilità regionale sia per servizi tra le principali città dell'Umbria sia nell'ambito del sistema complessivo dei servizi di trasporto pubblico locale in una prospettiva di maggiore integrazione ed efficienza. Il tutto nell'ottica di migliorare l'offerta di servizi regionali a beneficio dei numerosi frequentatori, pendolari, turisti, che giornalmente utilizzano i servizi di trasporto pubblico. Riteniamo che anche per la nostra regione sia arrivato il momento di dotarsi di un moderno ed efficiente sistema di mobilità pubblica al fine di garantire un sempre più efficiente sistema di trasporto pubblico locale»;
   i primi cittadini di Umbertide Marco Locchi, di Città di Castello Luciano Bacchetta, di San Giustino Paolo Fratini e di Sansepolcro Daniela Frullani hanno sottolineato il ruolo fondamentale della ex Ferrovia centrale umbra come dorsale strategica della regione e ribadito la necessità di ripristinare quanto prima la circolazione sulla tratta Umbertide-Città di Castello, interrotta oramai da mesi per motivi di sicurezza;
   sullo stato della ex Ferrovia centrale umbra è intervenuto anche il comitato pendolari umbri evidenziando come «a settembre il neo assessore regionale ai trasporti Giuseppe Chianella ha annunciato la chiusura della tratta da Umbertide a Città di Castello per consentire lavori di manutenzione e di messa in sicurezza. I lavori (di cui ancora non si sa la data di inizio), avranno durata di circa un anno e un costo complessivo di 6 milioni di euro. Bus sostitutivi hanno preso il posto dei treni, provocando non pochi disagi alle utenze, visto il taglio drastico delle corse». «La notizia dal 6 settembre non è che l'ultimo atto riguardante un disservizio che negli ultimi dieci anni è costantemente in crescita – scrivono ancora i pendolari umbri – dovuto in gran parte a strategie fallimentari che hanno comportato sperpero di denaro pubblico.». Con la chiusura del tratto Umbertide-Città di Castello «agli utenti della ferrovia, che già hanno dovuto sopportare anni di disservizio (treni sporchi, scarsa sicurezza all'interno dei convogli, tariffe aumentate in maniera astronomica nel giro di pochissimo tempo) – ricorda il comitato pendolari – ora viene tolto un servizio essenziale che potrebbe definitivamente isolare l'intera Umbria del nord e che, attualmente, comporta un'odissea per coloro che si spostano da nord a sud, e viceversa, quotidianamente con i bus: partenza da Sansepolcro in treno, capolinea a Città di Castello, in pullman fino a Umbertide per poi risalire su un altro convoglio. Tutto questo pagando». «Come comitato pendolari da moltissimo tempo chiediamo la messa in sicurezza della tratta, ma le nostre denunce sono sempre rimaste inascoltate. La ferrovia va potenziata e rimessa a posto. Per questo le istituzioni locali devono impegnarsi a rintracciare i fondi necessari per ciò. È vero, il Governo centrale ha effettuato numerosi tagli, ma in passato potevano essere impiegate delle importanti risorse finanziarie che sono state buttate via, come ad esempio con l'acquisto dei quattro treni «Minuetto» (di cui ne viaggia solo uno e gli altri stanno a marcire alla stazione di Umbertide) o per il raddoppio da Perugia-Sant'Anna a Ponte San Giovanni, i lavori del quale sono iniziati dieci anni fa e non vedono una fine. Come affermato precedentemente, non viene garantito più un servizio adeguato. Gli orari non vengono stabiliti secondo esigenze del pendolare ma a piacimento dell'azienda. All'interno dei treni vi è una vera e propria anarchia; con viaggiatori che non pagano il biglietto e molta sporcizia» –:
   quali siano i tempi previsti per l'apertura dei cantieri per la messa in sicurezza della tratta Città di Castello-Umbertide, chiusa da mesi con forti disagi per i pendolari umbri, e dunque per la conseguente riapertura della stessa, nonché a quanto ammontino gli investimenti che Rete ferroviaria italiana intende destinare nel prossimo triennio per la riqualificazione della ex Ferrovia centrale umbra adeguandola agli standard delle linee ferroviarie nazionali. (3-02087)


   CAPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di aprile del 2015 Alitalia e Coni hanno concluso un accordo strategico biennale che prevede la scelta del predetto vettore quale compagnia aerea di riferimento per i viaggi degli iscritti alle federazioni sportive italiane, in cambio di agevolazioni tariffarie e servizi dedicati in favore di questi ultimi;
   in conseguenza di questo accordo, Alitalia, dal dicembre 2015 (e fino al giugno 2016), ha attivato una tariffa speciale, detta sport light, riservata agli iscritti delle federazioni sportive italiane;
   tale tariffa prevede che il gruppo di viaggiatori sia costituito da almeno cinque persone che viaggino insieme con il medesimo itinerario di andata e ritorno, da svolgere nell'arco temporale tra il giorno precedente e quello successivo la gara;
   le condizioni tariffarie previste dal ricordato accordo tra Alitalia e Coni risultano particolarmente favorevoli per le gare in trasferta delle società sportive, che possono raggiungere Milano o Roma con voli di andata e ritorno da un altro aeroporto italiano, affrontando una spesa contenuta pari a circa 79 euro per un volo andata e ritorno;
   in maniera sconcertante per l'interrogante, però, questa agevolazione non è concessa alle società sportive residenti in Sardegna;
   si tratta di un colpo durissimo ed ingiustificabile nei confronti di tutte quelle società sportive sarde che già soffrono del problema dell'insularità e delle distanze da coprire ogni volta che il calendario dei campionati nazionali imponga loro di andare in trasferta;
   limitandosi solo al calcio dilettantistico, vengono di fatto discriminate rispetto a tutte le omologhe società delle altre regioni italiane, ben 19 squadre di calcio sarde;
   si tratta, come detto, di un colpo durissimo ed inaccettabile, che si aggiunge a tutte le difficoltà che lo sport sardo affronta quotidianamente. Si può dire che questa decisione di Alitalia, dettata per l'interrogante da mere (e miopi) logiche di mercato, contribuisce grandemente al collasso dell'intero sistema sportivo della Sardegna;
   Alitalia, in un comunicato del 7 dicembre 2015, ha giustificato la sua decisione, affermando che il contratto di servizio in essere tra Alitalia e regione Sardegna per garantire la continuità territoriale dell'isola già prevede una tariffa (onerata) agevolata per i passeggeri dei voli Cagliari-Roma Fiumicino e Cagliari-Milano Linate e ritorno;
   si tratta di una risposta che, per l'interrogante, evidenzia un imbarazzo per una decisione inqualificabile. Infatti, la tariffa agevolata prevista dal contratto di servizio e ricordata da Alitalia mira a compensare i disagi connessi alla condizione di insularità, consentendo ai cittadini sardi di essere trattati come tutti gli altri cittadini italiani, scongiurando il rischio dell'isolamento geografico;
   l'esclusione degli sportivi sardi dalle agevolazioni previste dall'accordo tra Alitalia e Coni, invece, mette di nuovo in condizione di svantaggio dei cittadini rispetto agli altri, vanificando di fatto proprio quella continuità territoriale di cui si parla in modo inappropriato;
   non è inutile ricordare, poi, che le tariffe agevolate previste dalla continuità territoriale sono in media più elevate di quelle che risulterebbero dall'applicazione della tariffa detta «sport light»;
   si nota, inoltre, che l'obiettivo di valorizzazione dello sport perseguito dal Coni con l'accordo con Alitalia citato, non può ammettere, per l'interrogante, distinzioni e riguarda tutto lo sport italiano;
   il presidente del Coni Malagò, infatti, al momento della presentazione dell'accordo con Alitalia ha affermato che la partnership era volta a diffondere un «forte messaggio di unità ed identità nazionale»;
   il mancato inserimento della Sardegna va, invece, ed esplicitamente, secondo l'interrogante proprio in controtendenza con quanto affermato dal presidente del Coni;
   in Sardegna, inoltre, è particolarmente avvertita l'esigenza di promuovere il valore sociale, formativo ed educativo dello sport come strumento di aggregazione e di integrazione sociale, oltre che di valorizzazione dei giovani atleti isolani;
   il fatto che Alitalia sia il vettore assegnatario dell'esercizio dei voli Cagliari-Roma Fiumicino e Cagliari-Milano Linate in regime di continuità territoriale non costituisce per l'interrogante un impedimento all'estensione di ulteriori agevolazioni tariffarie ai passeggeri dei suddetti voli;
   infatti, il decreto ministeriale n. 61 del 21 febbraio 2013 – con il quale il Governo, conformemente alla proposta formulata dalla regione Sardegna, ha imposto gli oneri di servizio pubblico sui servizi aerei di linea sulle rotte tra i principali scali aeroportuali isolani e quelli di Roma-Fiumicino e Milano-Linate – indica, nell'allegato tecnico, le tariffe agevolate massime, soggette ad adeguamento esclusivamente sulla base del tasso di inflazione e delle variazioni del costo del carburante, con l'unico vincolo per il vettore di non applicare ulteriori maggiorazioni o surcharge non previste dalla legge, sicché «gli aumenti tariffari di qualsiasi entità ed a qualsiasi titolo imposti, determinati ed applicati al di fuori delle procedure sopra indicate, sono illegittimi» –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare il perpetuarsi di una situazione di inaccettabile discriminazione sul piano dei trasporti nei confronti degli sportivi sardi, penalizzati rispetto a quelli del resto d'Italia dall'esclusione decisa da Alitalia. (3-02088)


   PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   il 20 settembre 2015 sono stati immessi in servizio sulla linea adriatica delle Ferrovie dello Stato i nuovi treni Frecciarossa 1000 che collegano Milano a Bari in 6 ore e mezza;
   fin da quando si è diffusa la notizia dell'entrata in vigore del nuovo orario invernale delle Ferrovie dello Stato italiane, e quindi ben prima del 20 settembre 2015, il Salento ha chiesto a gran voce che i Frecciarossa non si fermassero a Bari ma arrivassero prima a Lecce;
   tra le argomentazioni della legittima protesta vi era, peraltro, quella che precedentemente dalla tratta Milano-Lecce erano già stati eliminati alcuni Eurostar, con la conseguenza che il Salento era praticamente isolato sul versante adriatico;
   già ai primi di settembre 2015, a Bari, in occasione dell'inaugurazione della Fiera del Levante, il Governo, per bocca del Sottosegretario De Vincenti, assunse l'impegno di ristorare il Salento e di far arrivare il Frecciarossa fino a Lecce;
   ne seguì circa un mese di polemiche alimentate dalle dichiarazioni dell'allora amministratore delegato di Ferrovie dello Stato italiane, che dichiarò «antieconomico» per l'azienda il prolungamento della tratta Milano-Bari fino a Lecce;
   successivamente, e sull'onda di una campagna di stampa e di opinione pubblica che invocava il Frecciarossa fino a Lecce, Governo, regione ed enti locali parteciparono a numerosi tavoli per trovare una soluzione;
   ad ottobre 2015, dopo mesi di proteste, polemiche, dibattiti, mobilitazione di tutto il Salento e di tutta la Puglia, al netto delle appartenenze politiche, il Ministro interrogato, i vertici di Trenitalia, il presidente della regione assunsero l'impegno con popolazione ed istituzioni locali, che entro l'estate 2016 il Frecciarossa Milano-Bari, sarebbe arrivato a Lecce, anche perché si convenne che le previsioni di antieconomicità ipotizzate da Trenitalia fossero del tutto ipotetiche in assenza di offerta sul treno;
   ad ottobre 2015, quindi, fu lo stesso Ministro interrogato, insieme con i vertici di Trenitalia, a garantire che il Frecciarossa sarebbe arrivato fino a Lecce e che il Governo si sarebbe fatto carico di ripianare eventuali perdite di Trenitalia;
   nel frattempo sono cambiati i vertici di Trenitalia e a fine marzo 2016 entrerà in vigore come sempre il nuovo orario ferroviario, ma non si parla più del Frecciarossa fino a Lecce –:
   se il Governo possa confermare che l'impegno assunto con il Salento e la Puglia ad ottobre 2015 dallo stesso Ministro interrogato sarà mantenuto e se possa confermare che nel nuovo orario di Trenitalia che entrerà in vigore a fine marzo 2016 è previsto il prolungamento fino a Lecce del Frecciarossa Milano-Bari.
(3-02089)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito delle riforme intervenute negli anni per la privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi e della loro gestione, numerosi enti hanno adottato forma societaria realizzando una trasformazione meramente formale e non ancora sostanziale, sì da assumere un modulo giuridico privatistico e mantenere al contempo un rilievo pubblicistico;
   fra le altre, insieme a Iri, Eni, Ina, Enel e Poste Italiane spa, Trenitalia spa ha subito tale trasformazione e attualmente è una società per azioni controllata al 100 per cento da Ferrovie dello Stato italiane che opera nel settore dei servizi per la mobilità di viaggiatori e merci in ambito nazionale ed internazionale;
   al riguardo, la Corte costituzionale ha richiamato la figura delle società di «diritto speciale», perché riconducibili alla disciplina privatistica solo per taluni aspetti;
   si registra, pertanto, anche in ordine a Trenitalia un duplice orientamento giurisprudenziale da ascrivere alla magistratura ordinaria e a quella amministrativa che si contrappongono l'una sul crinale dell'attribuzione a dette società della natura giuridica privatistica, l'altra su quello della natura pubblicistica;
   il contrasto, oltre a ledere il principio irrinunciabile della certezza del diritto, non si arresta su un piano meramente tassonomico, ma si riverbera sul piano della disciplina applicabile, della tutela per gli utenti del servizio, della sottoposizione al controllo Corte dei conti e sui profili di responsabilità della stessa società, generando incertezze e dinieghi di tutela;
   in particolare, l'incertezza si verifica con riguardo all'applicabilità a Trenitalia della disciplina di cui al decreto legislativo n. 276 del 2003 oppure di quella prevista dal codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. Ne discende un regime notevolmente differente sul piano degli obblighi solidali che condiziona la giustiziabilità delle posizioni giuridiche coinvolte nella misura in cui se Trenitalia fosse considerata una società di diritto privato dovrebbe osservare le norme del decreto legislativo n. 276 del 2003 che, all'articolo 29, comma 2, prevede che la stazione appaltante risponda delle mancanze dell'appaltatore qualora quest'ultimo, per esempio, non paghi i contributi ai propri dipendenti. Diversamente, se a Trenitalia fosse attribuita natura pubblicista dovrebbe applicarsi l'articolo 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo n. 163 del 2006 che non prevede solidarietà nelle obbligazioni assunte –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche descritte in premessa e intenda adottare iniziative normative al fine di chiarire la natura giuridica della società Trenitalia spa al fine di evitare incertezze che incidono sul contenzioso giurisdizionale e creano deficit di tutela. (5-08032)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 6 marzo 2016 intorno alle 23:30 si è registrato sulla A21 nel tratto compreso tra Brescia sud e Manerbio un terribile incidente che ha causato la morte di 4 persone e cinque feriti alcuni dei quali in maniera grave;
   in base alle ricostruzioni un Tir ha invaso la carreggiata opposta investendo un pullmino sul quale viaggiavano le quattro vittime;
   sull'incidente sono in corso gli approfondimenti da parte degli organi inquirenti;
   in base alle immagini del luogo dell'incidente appare chiaro che il mezzo pesante ha divelto il guard rail in metallo che funge da spartitraffico centrale invadendo la carreggiata opposta;
   l'A21 meglio conosciuta come «autostrada dei vini» presenta volumi di traffico pesante non irrilevanti;
   la presenza di barriere in cemento armato di tipo new jersey è da tempo riconosciuto essere più utile ad evitare salti di carreggiata e risponde a maggiori requisiti di sicurezza –:
   se, in riferimento a quanto accaduto, non sia opportuno prevedere anche per l'autostrada in questione la presenza di barriere in new jersey, quale spartitraffico centrale, al fine di migliorare gli standard di sicurezza di un'arteria autostradale molto trafficata. (5-08035)


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale a scorrimento veloce Licodia Eubea-Libertinia è un'arteria strategica e fondamentale per tutto il comprensorio del «calatino» in provincia di Catania;
   fino ad oggi solo uno dei tre lotti previsti è stato portato a compimento da parte dell'Anas;
   a dicembre 2014 è stato aperto al traffico la prima parte dell'arteria nel tratto di 4,6 chilometri compreso tra San Bartolomeo e lo svincolo di Molona che si trova all'incrocio con la Catania-Gela;
   suddetto tratto però risulta essere anch'esso chiuso a causa di lavori di sistemazione della segnaletica;
   degli altri due lotti invece non vi è traccia;
   dovrebbero portare il segmento viario ad un complessivo percorso di 7,7 chilometri;
   il secondo lotto sembrava essere in dirittura di arrivo, il terzo, quello compreso tra San Cono e San Michele di Ganzaria non è stato neppure progettato –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro nei confronti dell'Anas per riaprire il primo tratto, avviare i lavori del secondo lotto e progettare il completamento di una infrastruttura che deve servire l'intero calatino. (5-08040)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 dicembre 2014, serie generale n. 280); ha approvato il «Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica», previsto dall'articolo 17-septies del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, convertito dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012;
   il «Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica» è suddiviso in due fasi, costantemente aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno da un apposito tavolo tecnico, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'Anci, l'Upi e la Conferenza delle regioni e delle province autonome;
   con la prima fase del piano, denominata «definizione e sviluppo» si sarebbero dovute fornire le indicazioni base pur uno sviluppo futuro della mobilità elettrica in linea con gli standard europei per le infrastrutture di ricarica, facendo anche riferimento agli aggiornamenti tecnologici del settore, al fine di favorire un'infrastrutturazione di base di punti di ricarica nel Paese, sia pubblici che privati e i relativi meccanismi di incentivo. Questa prima fase si sarebbe dovuta attuare tra gli anni 2013, 2014, 2015. Con la seconda fase del piano, denominata «consolidamento», si prevede una massiccia diffusione sul territorio nazionale dei veicoli elettrici che dovrebbe compiersi entro il 2020;
   il piano prevede i seguenti passi intermedi:
    per l'anno 2016: 90 mila punti di ricarica accessibili al pubblico;
    per l'anno 2018: 110 mila punti di ricarica accessibili al pubblico;
    per l'anno 2020: 130 mila punti di ricarica accessibili al pubblico;
   il comma 5 dell'articolo 17-septies del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, convertito dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012 stabilisce che nell'ambito della dotazione infrastrutturale nel territorio nazionale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti promuove la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Cipe, d'intesa con la Conferenza unificata, al fine di concentrare gli interventi previsti nei singoli contesti territoriali. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati;
   il comma 8 dell'articolo 17-septies del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, convertito dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012 stabilisce che, ai fini del finanziamento del piano nazionale, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l'anno 2013 e a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
   l'articolo 17-undecies, comma 1, del medesimo decreto-legge n. 83 del 2012, stabilisce altresì un «Fondo per l'erogazione degli incentivi», con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2013 e di 45 milioni di euro per l'anno 2014, per provvedere all'erogazione dei contributi statali a coloro che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, e immatricolano un veicolo nuovo di fabbrica a «basse emissioni complessive» e che consegnano per la rottamazione un veicolo di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria, ai sensi dell'articolo 17-decies dello stesse decreto–legge n. 83 del 2012;
   i veicoli destinatari di incentivi statali vengono definiti dall'articolo 17-bis, del medesimo decreto-legge, tuttavia gli incentivi non si limitano ai soli veicoli a trazione elettrica, bensì si riferiscono ad una gamma ben più ampia di veicoli. Infatti con la definizione di «veicolo a basse emissioni complessive» si includono anche i veicoli a trazione ibrida, a GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili e ad idrogeno, che producono emissioni di anidride carbonica (CO2), allo scarico non superiori a 120 g/km e ridotte emissioni di ulteriori sostanze inquinanti;
   per quanto riguarda la copertura finanziaria dagli articoli 17-septies, comma 8, e 17-undecies, comma 1, del suddetto decreto-legge pari complessivamente a 70 milioni di euro per l'anno 2013 e a 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, con l'articolo 17-duodecies del medesimo decreto, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2013 e 2014, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   l'articolo 2, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» sancisce che: «I comuni, nell'ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, disciplinano l'attività edilizia. 5. In nessun caso le norme del presente testo unico possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque conferiti alle regioni e agli enti locali dalle disposizioni vigenti alla data della sua entrata in vigore»;
   l'articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» sancisce che: «Il regolamento che i comuni adottano ai sensi dell'articolo 2, comma 4, deve contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi.»;
   l'articolo 4, comma 1-ter, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia» sancisce che: «Entro il 1o giugno 2014, i comuni adeguano il regolamento di cui al comma 1 prevedendo, con decorrenza dalla medesima data, che ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio sia obbligatoriamente prevista, per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale con superficie utile superiore a 500 metri quadrati e per i relativi interventi di ristrutturazione edilizia, l'installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli idonee a permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità alle disposizioni edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso»;
   tuttavia sono stati riscontrati dall'interrogante diversi regolamenti in materia edilizia dei comuni che ancora non hanno adottato quanto sancito dall'articolo 4, comma 1-ter, del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 –:
   quale sia lo stato di attuazione del piano e della rete infrastrutturale di ricarica in Italia e se verranno realizzati, per l'anno 2016, i 90 mila punti di ricarica accessibili al pubblico previsti;
   se il Governo intenda rispettare gli obbiettivi per gli anni 2018 e 2020, rispettivamente di 110 mila e 130 mila punti di ricarica accessibili al pubblico, e in tal caso se possa indicare la previsione di spesa, specificando quali e quante risorse verranno impiegate e quali siano le fonti di tale finanziamento;
   se siano state impiegate tutte le risorse finanziarie stanziate per il «Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica», ai sensi dell'articolo 17-septies, comma 8, del decreto-legge n. 83 del 22 giugno 2012, convertito dalla legge n. 134 del 7 agosto 2012, prevista per il fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l'anno 2013 e a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
   se siano state impiegate tutte le risorse finanziarie stanziate per il «Fondo per l'erogazione degli incentivi», con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2013 e di 45 milioni di euro per l'anno 2014, previsti all'articolo 17-undecies, comma 1, del decreto-legge n. 83 del 2012 e successive modifiche ed integrazioni e se i Ministri interrogati possano comunicare il numero di veicoli a basse emissioni complessive che hanno beneficato di queste apposite risorse finanziarie, venduti negli anni 2013, 2014, distinguendo il numero di veicoli per ogni tipologia di trazione descritta dal comma 1 dall'articolo 17-bis del decreto-legge n. 83 del 2012 e successive modifiche e integrazioni;
   se, a seguito degli aggiornamenti previsti del piano di cui in premessa, siano assunte iniziative per lo stanziamento di ulteriori finanziamenti statali;
   quanti e quali «accordi di programma» siano stati approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Cipe, d'intesa con la Conferenza unificata al fine di concentrare gli interventi previsti nei singoli contesti territoriali;
   se il Governo abbia mai fatto una ricognizione al fine di verificare quale sia lo stato di applicazione dell'articolo 4, comma 1-ter del decreto del Presidente della Repubblica del 6 giugno 2001, n. 380 in materia di regolamenti edilizi al fine di favorire l'installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli elettrici e se, nella redazione del piano di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 settembre 2014, siano stati considerati gli effetti che l'applicazione della norma sopra richiamata abbia comportato comuni italiani e in tal caso quali siano stati i suddetti effetti. (5-08043)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   le autostrade A24 e A25, sono tratti stradali che collegano l'Autostrada Al sul versante tirrenico all'autostrada A14 sul versante adriatico e sono denominate anche «Strada dei Parchi», in quanto il loro percorso interessa sei parchi naturali tra nazionali e regionali. «Strada dei Parchi» è anche il nome di un'azienda della Toto Holding Spa, nata nel anno 2003 come joint venture tra il gruppo Autostrade per l'Italia e il gruppo Toto. Dal 2011, con l'uscita della società del gruppo Atlantia, è interamente controllata dalla Holding del gruppo Toto. La «Strada dei Parchi» ha in concessione la costruzione e l'esercizio dell'autostrada A24 (Roma-Teramo) e della A25 (Torano-Pescara) e i servizi a loro connessi, subentrando alla precedente «gestione per conto ANAS»;
   da fonti stampa del quotidiano on-line d'Abruzzo « Prima da Noi.it» del 15 gennaio 2016 dal titolo «Strada dei Parchi, ecco il progetto dei Toto: 7 tunnel per tagliare 30 km di autostrada» si apprende che il Gruppo Toto avrebbe in programma un progetto che punta ad accorciare il tragitto, nella parte della A-24 nel tratto da Roviano, a Torano e, nella parte sulla A-25 nel tratto da Cerchio fino a Bussi-Popoli, con soluzioni progettuali che di fatto renderebbero il percorso autostradale in queste due sezioni, in tratti stradali pressoché rettilinei, andando a sostituire le diverse curve ora presenti, tramite la realizzazione di un nuovo tracciato per la lunghezza di venti chilometri con sette nuove gallerie a doppia canna. Inoltre si apprende che la proposta è stata già depositata 2 anni fa e che aspetta il via libera del Ministero dell'economia e delle finanze e, secondo le stime del concessionario, si prevede un investimento di 5,7 miliardi di euro da parte del privato che porterà oltre dieci mila nuovi posti di lavoro;
   in via dell'adozione dei progetti sopra citati, sempre dalla stessa fonte stampa, si apprende che la Toto Holding stia chiedendo allo Stato di prorogare la concessione di 45 anni al fine di continuare a riscuotere per detto periodo, i pedaggi autostradali;
   da fonti del sito web « Per i diritti Sociali ed Ambientali» si apprende che in seguito ad una richiesta di chiarimenti del «Forum Abruzzesi dei Movimenti», inviata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in merito alla suddetta proposta del gruppo Toto e soprattutto della variante del tracciato della A25 Cerchio-Bussi, il Ministero abbia cortesemente risposto ai cittadini e dalla suddetta risposta si evince che la società Strada dei Parchi non abbia titolo istituzionale per analizzare tali problematiche di varianti e, conseguentemente, le attività intraprese devono considerarsi iniziative unilaterali non correlate ad alcun mandato da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed inoltre che sono state ipotizzate dalla società concessionaria alcune varianti al tracciato autostradale che, tuttavia, non sono ricomprese nelle attività di progettazione affidatele ai sensi della convenzione vigente;
   tali progetti, secondo la fonte del sito web sarebbero fortemente impattanti sul territorio e sul delicato contesto idrogeologico e sul ciclo dell'acqua in generale;
   la legge n. 228 del 2012 – legge di stabilità del 2013 – al comma 183 aveva previsto l'adeguamento delle autostrade A-24 e A-25 a causa del rischio sismico e delle ordinanze di protezione civile seguenti al sisma aquilano del 6 aprile 2009. Nella fattispecie si prevedeva un adeguamento delle stesse alla normativa vigente per l'adeguamento sismico e la messa in sicurezza dei viadotti, per l'adeguamento degli impianti di sicurezza in galleria, per l'adeguamento alla normativa in materia di impatto ambientale e per lavori di manutenzione straordinaria delle dette autostrade, nonché per la realizzazione di tutte le opere necessarie in conseguenza del sisma del 2009;
   sempre dalla fonte del sito web « Per i diritti Sociali ed Ambientali», rimandando allo «sportello ambiente» della regione Abruzzo, si apprende che nel 2009, Toto Holding effettuò dei sondaggi geologici dal superficie del terreno fino alla falda profondi fino a 300 metri, al fine di realizzare una cava di calcare senza aver effettuato la necessaria procedura di V.I.A.;
   la Toto Holding, con le sue previsioni, sembrerebbe che abbia intenzione di indurre le popolazioni locali a considerare tali progetti vantaggiosi per il territorio proprio perché porterebbero ingenti investimenti e un gran numero di posti di lavoro, creando di conseguenza secondo l'interrogante aspettative nei cittadini, atteggiamento che parrebbe all'interrogante volto a costruire un consenso sui progetti descritti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di fatti esposti in premessa e possano confermare quanto riportato;
   quali iniziative di competenza il Ministro dei trasporti intenda intraprendere al fine di chiarire che, in via definitiva, non intenda procedere all'adozione dei progetti proposti dalla Holding Toto;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire e salvaguardare il «ciclo dell'acqua» e i territori in questione dall'eventuale realizzazione di progetti impattanti sull'ambiente;

   se siano stati realizzati tutti gli interventi previsti dal comma 183 dell'articolo 1, della legge n. 228 del 2012 sui tratti autostradali della A-24 e A-25 e quindi in particolare: gli adeguamenti, la messa in sicurezza e i lavori di manutenzione straordinaria delle dette autostrade, nonché l'adeguamento alla normativa in materia di impatto ambientale, e la realizzazione di tutte le opere necessarie in conseguenza del sisma del 2009;

   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare al fine di verificare se la Toto Holding abbia effettuato i sondaggi geologici realizzati nel 2009 senza aver avviato la necessaria procedura di V.I.A e qualora tale circostanza fosse riscontrata, quali iniziative di competenza intendano assumere in merito. (5-08044)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente Ferrovie dello Stato spa – divisione infrastruttura – zona territoriale insulare – trasmetteva al comune di Isola delle Femmine il progetto definitivo predisposto dalla ITALFERR spa, Gruppo FS, denominato «Nodo di Palermo – Raddoppio Palermo Notarbartolo – Isola delle Femmine» e «Nodo di Palermo – Raddoppio in affiancamento Isola delle Femmine – Carini», affinché fosse esaminato ed approvato dagli organi competenti;
   il consiglio comunale di Isola delle Femmine, giusta delibera n. 100 del 22 dicembre 2000, esprimeva parere contrario in ordine alla compatibilità ambientale dello «studio di impatto ambientale» e del progetto sopra citato, chiedendo la redazione di un nuovo progetto e stabilendo, altresì, il mantenimento del passaggio a livello di via Trapani;
   l'Ente Ferrovie dello Stato spa – divisione infrastruttura – zona territoriale insulare, giusta nota prot. n. 4577 del 5 aprile 2001 – presentava, dunque, al comune di Isola delle Femmine una nuova soluzione progettuale per garantire il mantenimento del passaggio de quo al fine di consentire il passaggio veicolare;
   il consiglio comunale di Isola delle Femmine, nuovamente investito della questione, con delibera n. 22 del 12 aprile 2001, approvava la localizzazione delle opere – tra cui il mantenimento del passaggio a livello di via Trapani – del progetto «Nodo di Palermo – raddoppio Palermo Notarbartolo – Isola delle Femmine» e «Nodo di Palermo – Raddoppio in affiancamento Isola delle Femmine – Carini», in variante ai vigenti strumenti urbanistici – provvedimento che, tra le altre cose, disponeva espressamente che qualunque modifica di carattere urbanistico progettuale apportata in sede di conferenza di servizi avrebbe comportato l'obbligo di riesame da parte del consiglio comunale (la citata delibera è stata approvata nella conferenza di servizi del 29 ottobre 2001 e l'accordo della conferenza è stato, successivamente, approvato con decreto presidenziale della regione siciliana del 24 luglio 2002, ad oggi mai modificato);
   nel verbale della riunione del tavolo tecnico tra il comune di Isola delle Femmine, ITALFERR spa e, la società S.I.S. s.c.p.a., tenutosi presso il Palazzo comunale di Isola delle Femmine in data 15 marzo 2012, si sottolineava che RFI avrebbe fatto pervenire al comune la bozza della convenzione con il comune da sottoporre al consiglio comunale contenente anche la proposta di chiusura del passaggio a livello di via Trapani;
   precedentemente, in data 2 marzo 2012, RFI aveva inviato al Comune di Isola delle Femmine una nota, a firma del dottor Andrea Cucinotta, all'interno della quale si evidenziava che «poiché il passaggio a livello esistente in via Trapani è direttamente interessato alle fasi realizzative riguardanti sia la suddetta nuova viabilità e sia i lavori per il nuovo piano regolatore della Stazione ferroviaria di Isola delle femmine che, in assetto definitivo, prevede la soppressione dello stesso passaggio a livello presente in ambito stazione, lato Trapani, si dà espresso avviso che in unico all'Autorizzazione all'esecuzione dei lavori per la nuova viabilità complanare 3, dovrà essere autorizzata la chiusura dell'anzidetto passaggio a livello»;
   il comune di Isola delle Femmine, con deliberazione di giunta comunale n. 59 del 24 agosto 2012, chiedeva ad RFI di provvedere alla redazione di una proposta progettuale per la realizzazione a proprie cure e spese di un passaggio pedonale aereo o sotterraneo che consentisse il collegamento bidirezionale lungo la via Trapani attraverso l'esistente passaggio a livello destinato alla chiusura – peraltro, alla vigilia dello scioglimento per infiltrazione mafiosa del comune di Isola delle Femmine, avvenuta in data 12 novembre 2011, non era stato emanato alcun atto giuridicamente valido che disponesse la chiusura del passaggio a livello;
   ciononostante, la commissione straordinaria con i poteri di giunta comunale, giusta deliberazione n. 134 del 10 settembre 2014, in considerazione del fatto che non era stato formalizzato un atto di indirizzo per la chiusura del passaggio a livello di via Trapani – senza il quale RFI non avrebbe potuto procedere alla definizione di tutto il complesso delle predette opere – deliberava di autorizzare RFI a procedere alla chiusura del passaggio a livello di via Trapani, contestualmente all'apertura della strada denominata «complanare 3»;
   si evidenzia, peraltro, che la citata deliberazione non disponeva alcuna variante al progetto del raddoppio ferroviario allegato alla delibera consiliare n. 22 del 12 aprile 2001 – che ha previsto il mantenimento del passaggio a livello – né, tantomeno, una variante al piano regolatore di soppressione del passaggio a livello;
   successivamente, in data 26 febbraio 2015 – in seguito alla richiesta del gruppo consiliare PDR «Patto dei Democratici per le Riforme» finalizzata alla consegna della documentazione in ordine alla chiusura del passaggio a livello di via Trapani ed alla conseguente richiesta di convocazione del consiglio comunale (note nn. 1474/2015 e 1475/2015) – si è tenuta la seduta del consiglio comunale nella quale è stata votata, all'unanimità, la mozione con cui sono stati stabiliti tre obiettivi: il mantenimento del passaggio a livello di via Trapani al fine di consentire il passaggio veicolare e pedonale; l'attivazione di ogni legittimo percorso ed iniziativa utile per garantire il mantenimento del citato passaggio; l'istituzione di un tavolo tecnico con ITALFERR spa, RFI e S.I.S. s.c.p.a., per l'individuazione di una possibile soluzione al problema;
   il gruppo PDR ha, inoltre, proposto di non chiudere il consiglio comunale e di aggiornarlo a 30 giorni; tale proposta e la rispettiva votazione all'unanimità non sono state riportate all'interno del corpo del testo della delibera di Consiglio Comunale e, pertanto, sono state oggetto di integrazione nella successiva seduta di consiglio comunale nel punto all'o.d.g. «lettura ed approvazione dei verbali della seduta precedente»;
   a distanza di giorni 30, il presidente del consiglio comunale, dottor Pietro Salvatore Rappa, non ha convocato il consiglio comunale sulla questione sopra richiamata, né ha convocato il consiglio comunale aperto alla cittadinanza per discutere la vicenda con i cittadini, come aveva promesso e garantito nella seduta del 26 febbraio 2015;
   pertanto, in data 13 maggio 2015, giusta nota prot. n. 5999, il gruppo consiliare decreto del Presidente della Repubblica ha provveduto a formalizzare richiesta di convocazione di consiglio comunale in ordine alla chiusura del passaggio a livello ed al completamento del raddoppio ferroviario anche al fine di avere conoscenza dell'esito del tavolo tecnico che il sindaco, nella seduta del 26 febbraio 2015, si era impegnato a convocare;
   soltanto in data 14 maggio 2015, a distanza di 77 giorni il sindaco, Stefano Bologna, giusta nota prot. n. 6125, ha provveduto ad inoltrare alla ITALFERR spa, ad RFI ed a S.I.S. s.c.p.a., formale richiesta di un incontro sul tema del passaggio a livello di via Trapani;
   a tal riguardo, in data 3 giugno 2015, è pervenuta al comune di Isola delle Femmine una nota della ITALFERR spa con cui la società ha comunicato che la delibera n. 9 del 26 febbraio 2015 risulta in netta contraddizione con la precedente delibera n. 134 del 10 settembre 2014, chiedendo di non considerare la delibera n. 9 del 26 febbraio 2015 ed invitando il comune per il giorno 5 di giugno 2015 alla consegna di un tratto della viabilità della «Complanare 3» e la contestuale chiusura del passaggio a livello, con un preavviso di soltanto 48 ore;
   in data 5 giugno 2015, il sindaco del comune di Isola delle Femmine, Stefano Bologna, Rfi, la Dtp di Rfi, Italferr spa, il decreto-legge ed il contraente generale, sottoscrivono un verbale di consegna della «complanare 3», ove viene precisato, tra le altre cose, che si procederà ad una «consegna anticipata» in quanto in «pendenza di Collaudo Finale» – verbale nel quale il comune si obbliga, altresì, a tenere Rfi e l'impresa esecutrice completamente sollevate ed indenni da ogni responsabilità, reclamo, azione e molestia da parte di terzi;
   in data 5 giugno 2015, il comune di Isola delle Femmine ha disposto – con ordinanza n. 57 del 4 giugno 2015 – l'apertura alla pubblica fruizione della nuova viabilità denominata «Complanare 3» e la conseguente chiusura al traffico nel tratto di viabilità in corrispondenza del passaggio di via Trapani;
   è opportuno ricordare, a tal proposito, che le opere riguardanti l'assetto territoriale ed in particolare le opere che prevedono la modifica del piano regolatore generale del comune sono soggette alla preventiva autorizzazione del consiglio comunale, quale organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo, e che gli unici atti giuridicamente validi ed efficaci emanati dal consiglio comunale di Isola delle Femmine in ordine alla sopra citata vicenda sono le delibere n. 100 del 22 dicembre 2000 e n. 22 del 14 aprile 2001, le quali hanno stabilito, come già evidenziato in precedenza, il mantenimento del passaggio a livello di via Trapani;
   si rammenta inoltre che, l'articolo 42, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «attribuzione dei consigli», assegna in maniera espressa al consiglio comunale la competenza in materia di piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la loro attuazione ed eventuali deroghe ad essi sottolineando, altresì, al comma 4, che le deliberazioni su queste materie non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del comune;
   la chiusura del passaggio a livello di via Trapani che costituisce uno snodo fondamentale per i collegamenti nel centro abitato sta di fatto determinando numerose criticità per i cittadini del comune di Isola delle Femmine e gravi ripercussioni sociali, economiche e di mobilità per l'intera collettività che, ad oggi, non sono ancora state risolte né, tantomeno, mitigate con l'adozione di adeguate misure –:
   di quali elementi disponga il Ministro interrogato circa i fatti esposti in premessa e, in particolare, di quali elementi disponga circa lo stato di attuazione del progetto relativo all'infrastruttura ferroviaria in questione, tenendo conto delle rilevanti criticità che sono state evidenziate. (4-12405)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   BIANCOFIORE e BRUNETTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese era presente all'ultimo Consiglio europeo dei Ministri dell'interno, nella persona del Ministro interrogato e lo sarà nuovamente giovedì 10 marzo 2016, per discutere dell'attuale situazione in materia di migrazione e per esaminare possibili azioni future;
   nell'ultimo Consiglio europeo l'Austria ed altri Paesi hanno chiesto, senza suscitare particolari rimostranze da parte del Governo italiano, la sospensione del Trattato di libera circolazione di Schengen, facendo riferimento alla «clausola di particolare emergenza», nel caso specifico a giudizio degli interroganti non applicabile prevista dal medesimo Trattato, contravvenendo alla decisione adottata a maggioranza qualificata dall'Unione europea sulla ripartizione delle quote dei migranti;
   recentemente il Presidente del Consiglio dei ministri, dottor Matteo Renzi, ha incontrato a Roma il Cancelliere austriaco, Werner Faymann, che, durante l'incontro bilaterale a Palazzo Chigi, gli ha prospettato l'intenzione di chiudere le frontiere con l'Italia al Brennero, a Dobbiaco e a Tarvisio al fine di respingere i migranti in arrivo dal nostro Paese, senza peraltro suscitare alcuna reazione negativa del Presidente del Consiglio dei ministri;
   il 18 e il 19 febbraio 2016 si è tenuto il Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo, nel quale il cosiddetto gruppo di Viesegrad, che si era riunito il 16 febbraio 2016 a Praga con la partecipazione anche di Bulgaria e Macedonia, ha chiesto la sospensione del Trattato di Schengen;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, dottor Matteo Renzi, ha sempre contestato, evidentemente a parere degli interroganti solo a parole e a fini di politica interna, la «politica dei muri» che sta mettendo fine al grande sogno dell'Europa, ormai uncinato dal prolificare di fili spinati;
   il filo spinato e le vere e proprie barriere annunciate dal Ministro dell'interno austriaco, Johanna Mikl Leitner, alla frontiera del Brennero creeranno un collo di bottiglia in Alto Adige, dove confluiranno e stanzieranno migliaia di disperati provenienti dal Sud del mondo;
   nonostante gli accordi del 1992, l'Austria rivendica ancora la cosiddetta Schutzfunktion, intollerabile funzione di tutela su una porzione dello Stato italiano, con ciò a giudizio degli interroganti violando la sovranità nazionale, per la qual cosa il Governo dovrebbe richiamare l'ambasciatore austriaco;
   il Presidente del Consiglio dei ministri, dopo forti pressioni dell'opinione pubblica, dei partiti e della comunità del Trentino-Alto Adige/Suedtirol ha denunciato con un «no» mediatico, la presa di posizione dell'Austria, che però non ha accettato le imposizioni europee, minando di fatto l'accordo di libera circolazione che è a fondamento dell'Europa;
   persino il presidente della provincia autonoma di Bolzano, Arno Kompatscher, si è detto estremamente deluso dall'Austria;
   la chiusura della frontiera al valico del Brennero causerà devastazioni sul piano turistico, della sicurezza dei cittadini e della convivenza sociale;
   dopo le dichiarazioni del prefetto di Treviso di essere pronta a confiscare le case sfitte agli italiani per metterle a disposizione dei migranti, anche in Alto Adige si è diffuso il terrore tra i proprietari di case, creando grave allarme sociale;
   il dramma dell'immigrazione si sta già ravvisando per alcuni operatori economici locali e nazionali, come un grande affare sul modello di altre incresciose situazioni che hanno suscitato l'indignazione degli italiani;
   sono evidenti i rischi che la comunità altoatesina corre a causa dell'arrivo in massa di profughi extracomunitari e quanto sarà difficile per un territorio così piccolo, affetto da storici conflitti etnici, sopportare situazioni di grande tensione e riuscire a mantenere il livello di sicurezza;
   sul territorio altoatesino, per ammissione della stessa Austria, ci saranno anche problemi di viabilità, perché verrà introdotto il limite di velocità dei 30 chilometri all'ora, cosa che cagionerà caos al Brennero e sull'A22, autostrada a sole due corsie, causando danni ambientali ed economici, soprattutto agli autotrasportatori, con ricadute drammatiche sulla libertà di circolazione;
   la provincia autonoma di Bolzano si sta facendo carico di trovare le risorse e di montare le tendopoli in varie zone lungo il confine del Brennero, mentre, dall'altra parte del confine, l'Austria sta schierando centinaia di poliziotti frontalieri per respingere i migranti provenienti dall'Italia;
   persino le Nazioni Unite, attraverso l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, hanno messo sotto osservazione il Brennero e l'Alto Adige per il rischio «dramma umanitario» –:
   se il Governo sia determinato a difendere concretamente l'Italia, gli italiani e la sicurezza nei suoi confini, intervenendo duramente in Europa e chiedendo sanzioni, come l'esclusione dalla ripartizione dei fondi europei e la sospensione della libera circolazione delle merci, per quei Paesi aderenti che chiudano unilateralmente le frontiere. (3-02093)

Interrogazione a risposta orale:


   ZOGGIA, CRIVELLARI, SBROLLINI, NACCARATO, MIOTTO e MOGNATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 2 marzo 2016 il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, sul proprio profilo facebook ha pubblicato il seguente post: «Il prefetto di Venezia, il signor Domenico Cuttaia, minaccia di denunciare alla magistratura per «turbativa d'asta» i sindaci veneti che si oppongono all'arrivo nel loro paese di immigrati: è pagato per difendere i cittadini, non per fare l'affittacamere per migliaia di finti profughi»;
   nello stesso post scrive che «Il prefetto di Venezia, vergognoso, dovrebbe essere licenziato» pubblicando anche il numero telefonico della prefettura di Venezia, invitando i lettori ad usarlo, si legge testualmente, «per salutare il signor prefetto, educatamente come ovvio, e magari per chiedergli una casa»;
   il prefetto di Venezia, in un incontro tenutosi nei giorni scorsi a Salzano, in provincia di Venezia, aveva semplicemente evidenziato che i sindaci sono funzionari della Repubblica e ritirare la disponibilità già data per l'ospitalità ai migranti potrebbe farli incorrere nel reato di turbativa d'asta;
   le parole dell'esponente politico appaiono per gli interroganti, pertanto, inquietanti e alimentano un clima di tensione rispetto ad un argomento dal forte impatto sulla opinione pubblica;
   i termini usati e l'aver anche pubblicato il numero di telefono si configurano a parere degli interroganti come veri e propri atti di intimidazione nei confronti dell'attività e della persona del prefetto di Venezia;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda porre in essere al fine di assicurare nei confronti del dottor Domenico Cuttaia la massima sicurezza e la necessaria serenità per svolgere il proprio lavoro e se non intenda stigmatizzare le parole pronunciate dal segretario della Lega Nord valutando inoltre l'opportunità di adottare ogni iniziativa finalizzata a tutelare l'immagine e l'operato del prefetto di Venezia. (3-02085)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   NACCARATO, GIUSEPPE GUERINI e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 22 ottobre 2014 è entrato definitivamente in vigore il decreto-legge n. 119 del 2014 così come convertito dal Parlamento, avente ad oggetto disposizioni in materia di contrasto a fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive;
   la lettera c-bis del comma 1, dell'articolo 3 del provvedimento appena citato (introdotta nel corso dell'esame alla Camera) prevede che una quota non inferiore all'1 per cento e non superiore al 3 per cento degli introiti complessivi derivanti dalla vendita dei biglietti e dei titoli di accesso validamente emessi in occasione degli eventi sportivi sia destinata a finanziare i costi sostenuti per il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico in occasione degli eventi medesimi, e in particolare per la copertura dei costi delle ore di lavoro straordinario e dell'indennità di ordine pubblico delle forze dell'ordine;
   alla lettera successiva si stabilisce inoltre che «con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono stabiliti i criteri, i termini e le modalità di versamento da parte delle società professionistiche per l'applicazione delle disposizioni di cui al comma 3-ter, nonché la determinazione della percentuale di cui al medesimo comma 3-ter, anche tenendo conto del diverso livello professionistico;
   a tutt'oggi il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri non risulta ancora emanato, nonostante siano decorsi quindici mesi dall'entrata in vigore del provvedimento –:
   quali siano i motivi che hanno determinato tale ritardo e quali iniziative si intendano assumere per addivenire nel più breve tempo possibile all'emanazione del decreto de quo. (5-08045)


   SISTO e RUSSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Real Deputazione del tesoro di San Gennaro è l'organo di governo della cappella del tesoro di San Gennaro patrono di Napoli;
   l'organismo affonda le radici negli antichi «sedili» dei patrizi e del popolo napoletano cui era affidato il governo di Napoli e da allora ha mantenuto il carattere, laico, in quanto espressione della città devota di San Gennaro;
   dal 1601 tutela il tesoro di San Gennaro e contribuisce ad alimentare il culto del protettore della città;
   dal 1811 la deputazione è presieduta dal sindaco di Napoli;
   la storia e la funzione della Deputazione sono legate a doppio filo con la cappella di San Gennaro. La sua realizzazione si deve, infatti, al voto fatto dagli Eletti della città il 13 gennaio 1527, per scampare alle malattie ed alle tragedie della guerra che imperversavano in quegli anni e la Deputazione fu istituita proprio per occuparsi della costruzione del piccolo tempio sacro nel quale poi sarebbero state custodite le reliquie di San Gennaro ed i doni provenienti dal popolo napoletano e da ogni parte d'Europa. Da allora la Deputazione ha proseguito la missione occupandosi anche della manutenzione della cappella oltre che dell'amministrazione del tesoro;
   un recente decreto firmato dal Ministro dell'interno intende modificare la natura laica dell'organismo equiparando la Deputazione alla Fabbriceria, ente che, altrove, gestisce i beni sacri sotto la vigilanza dello Stato ma che è composta anche da rappresentanti della Chiesa;
   il legame tra la città di Napoli ed il Santo Patrono ha un carattere esclusivo che non trova analogie in alcun altro culto e che la stessa Deputazione per quanto di origini antiche testimonia una fede alimentata nei secoli anche attraverso un «tesoro» arricchito pezzo dopo pezzo dai voti e dalle donazioni dei fedeli;
   sulla natura della Deputazione e della cappella sono intervenuti anche i Papi: l'ultima pronuncia fu quella di Pio XI nel 1927 che ribadì il «diritto di patronato della città di Napoli sulla cappella che non proviene alla città da un privilegio Apostolico ma da una fondazione e dotazione laicale sorta con i beni patrimoniali e di esclusiva provenienza laicale»;
   il provvedimento è stato considerato dal popolo napoletano una ingiusta ingerenza tanto da provocare la mobilitazione generale a difesa di un vincolo che non può essere imbrigliato da cavilli e furbizie giuridiche che viceversa rischiano di minare il secolare e profondo rapporto di fede;
   la Curia stessa si dice estranea ed indifferente rispetto alla improvvisa presa di posizione del Ministero dell'interno;
   nessuna altra carica dello Stato anche ricoperta da napoletani e conoscitori della storia della deputazione come i numerosi Ministri dell'interno, compresi i campani, mai si era peritata di affrontare tale materia con quella che agli interroganti appare una evidente superficialità –:
   se non ritenga di dover revocare un decreto che avrebbe solo l'effetto di provare a modificare il corso della storia e di privare il popolo napoletano di un tesoro il cui valore sentimentale non è nemmeno lontanamente paragonabile a quello, sia pure inestimabile, economico. (5-08046)


   D'AMBROSIO, MICILLO, NUTI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, DIENI e TONINELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la città di Giugliano conta 121 mila abitanti circa ed è un punto caldo dell'area denominata «Terra dei Fuochi», con ciò intendendosi il lembo di territorio compreso tra il litorale domizio-flegreo, l'agro aversano-atellano, l'agro acerrano-nolano e vesuviano e la città di Napoli, dove ogni giorno, più volte al giorno, tonnellate di rifiuti industriali, urbani e speciali, sono abbandonati incontrollatamente ai margini delle strade o nelle campagne per poi essere dati alle fiamme. Uno smaltimento a basso costo per chi compie tali atti illeciti, che ricadono pesantemente a livello locale in termini di combustioni;
   l'aria che si sprigiona è terribile per la salute umana costringendo i residenti dell'immediata area interessata dal rogo a chiudersi in casa per ore. Situazioni che condizionano psicologicamente e fisicamente chi è abituato a vivere liberamente in casa propria, compromettendo le relazioni sociali anche tra i ragazzi che si incontrano in strada per giocare o per chi lavora all'aperto esponendolo ad una respirazione di fatto tossica;
   il fuoco divora in poco tempo ogni sorta di rifiuto abbandonato impedendo talvolta anche la stessa circolazione automobilistica per le colonne di fumo che si elevano verso l'alto o estendendosi verso l'abitato;
   la città necessita di un presidio territoriale di soccorso e di difesa civile fosse pure inizialmente formato dai soli volontari dei vigili del fuoco. Si potrebbe ipotizzare come soluzione provvisoria finanche l'adesione di un congruo numero di volontari iniziali (almeno 25/30 unità) residenti nel Comune, da selezionare ed addestrare da parte del personale competente presso il comando dei vigili del fuoco regionale o provinciale;
   una presenza che rassicurerebbe chi vive ed opera localmente, o lavora, studia e che ridurrebbe i tempi di sprigionamento di sostanze tossico-nocive, limitando gli effetti su terre ed abitanti, bambini anziani e donne gravide;
   si tratta di un problema preoccupante per la vasta territorialità interessata quotidianamente dai roghi, il numero elevato di abitanti facenti parte anche del comprensorio napoletano limitrofo al giuglianese, i dilatati tempi di percorrenza per portare soccorso alla popolazione nel corso degli incendi, specie nelle ore notturne, la presenza di un lavoro sommerso in aumento come testimoniano gli abbandoni di rifiuti e la conseguente combustione, l'eccezionalità pure di episodi come quello accaduto il 31 agosto 2015 quando le fiamme hanno lambito in poco tempo e distrutto circa 300 veicoli custoditi in un deposito giudiziario, causando esalazioni terribili ed il ferimento di quattro unità dei caschi rossi;
   considerate le criticità esposte in premessa, che creano obiettivamente uno stato di necessità, se il Ministro interrogato a tutela della salute dei residenti ed a garanzia delle attività economiche espletate localmente che vanno dagli allevamenti ai prodotti tipici dell'agricoltura locale, non intenda procedere in tempi brevissimi all'istituzione di un distaccamento straordinario dei vigili del fuoco nella città di Giugliano in Campania, da allocare eventualmente presso un immobile nella disponibilità comunale.
(5-08047)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella mattinata del 4 marzo 2016, come riporta la stampa locale, a Montecorvino Pugliano una bomba carta ha distrutto la macchina, una Peugeot 3008, dell'attuale consigliere comunale di minoranza Gianfranco Paolini, candidato alle prossime amministrative nella lista civica «LiberaMente» di Gianfranco Lamberti. Il candidato Paolini, ha già subito altre minacce in passato e oggi scende in campo per la terra in cui vive e per dare risposta di legalità ai cittadini del territorio;
   l'incendio si è verificato verso le cinque del mattino sotto casa del consigliere. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco e i carabinieri della compagnia di Battipaglia, che al momento non scartano alcuna ipotesi e suppongono che si tratti di un atto doloso;
   è oggi davvero preoccupante il susseguirsi di minacce agli amministratori locali che da sempre portano avanti battaglie di legalità e combattono per la buona amministrazione e sono sempre in prima linea per cambiare in meglio i nostri territori. Quello di Montecorvino Pugliano è un episodio che suscita rabbia e amarezza; è necessario, quindi, che le istituzioni siano al fianco degli amministratori che ogni giorno combattono per un paese migliore –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere alla luce di quanto sopra descritto e se intenda avviare una riflessione adeguata, che non può essere elusa, al fine di attivare iniziative urgenti ed efficaci di contrasto delle forze criminali. (5-08033)


   PILI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 29 febbraio 2016, quando l'allarme rapina alla Monchi Pol di Sassari è arrivato al 113, l'evento criminoso, come riportano verbali, era ancora in corso ed era in atto una sparatoria tra guardie giurate e malviventi;
   la nota girata in questura dal 118, nonostante si fosse a conoscenza che i malviventi fossero dotati di armamento pesante, trovava la totale adesione del personale presente in quell'istante;
   i poliziotti in servizio in quel momento si mobilitavano precipitandosi sul luogo dei fatti seppur, passati all'armeria del corpo di guardia, si sarebbero resi conto che non vi erano armi lunghe disponibili e non c'era disponibile nemmeno un giubbotto antiproiettile;
   era inoltre assente qualsiasi supporto illuminotecnico (torce elettriche);
   una volta arrivati sul posto, gli agenti intervenuti, che non sapevano ancora se all'interno dell'edificio fossero presenti i rapinatori, hanno fatto irruzione al buio, facendosi luce con i propri cellulari;
   dai bossoli rinvenuti sul posto e da altro armamento trovato all'interno di un'autovettura in uso ai rapinatori, gli stessi erano in possesso di armi automatiche di grosso calibro, ovvero una dotazione militare a fronte di armi limitate nel numero e datate;
   i pochi agenti che avevano il «privilegio» di un'arma lunga erano dotati di PM.12, una mitraglietta Beretta calibro 9 del 1978, (pubblico dettaglio dell'arma con l'anno di produzione) un'arma vecchia di 38 anni per fronteggiare un commando militare datato di ogni genere di armamento;
   risulterebbero tutti scaduti anche i giubbotti antiproiettile;
   se l'assalto fosse stato di terroristi, se in ballo ci fosse stato un obiettivo sensibile nel cuore della città, il tracollo della sicurezza sarebbe stato di una gravità ancora più inaudita;
   le principale dotazioni delle forze dell'ordine in Sardegna risultano del tutto inadeguate e con la garanzia scaduta da tempo;
   ad un qualsiasi artigiano che riceve la visita dei controlli per la sicurezza sul lavoro gli vengono elevati verbali su verbali, sino a farlo fallire per un giorno di ritardo nell'adeguamento alla normativa vigente di un estintore;
   lo Stato, invece, che lascia di fatto migliaia di agenti ad operare senza garantirgli strumenti di sicurezza minimi e a norma a giudizio dell'interrogante non interviene e con ciò diventa corresponsabile;
   sembrerebbe che nessun soggetto di controllo verifichi le dotazioni di sicurezza del personale delle forze dell'ordine;
   tutto questo emerge da un documento interno, con una denuncia puntuale e circostanziata, trasmesso al questore di Sassari, da un'organizzazione sindacale;
   si registra secondo l'interrogante un clima da «non bisogna disturbare il manovratore di Roma»;
   denunciare questi fatti è un dovere morale e civile;
   questa volta non ci sono state vittime ma la rapina poteva finire in un vero e proprio drammatico bagno di sangue;
   occorre sollevare il velo su chi vuole coprire questa situazione gravissima e intollerabile, a tutela degli agenti e degli operatori tutti delle forze dell'ordine e dei cittadini –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti richiamati in premessa;
   se sia a conoscenza dell'assenza di armi adeguate a disposizione degli agenti di polizia per fronteggiare situazioni analoghe;
   se sia a conoscenza del fatto che l'equipaggiamento delle forze di polizia risulterebbe inadeguato o con garanzia scaduta;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per garantire la presenza di uomini e mezzi che a giudizio dell'interrogante risultano palesemente insufficienti a garantire la sicurezza necessaria;
   se non ritenga di dover valutare con la necessaria urgenza i fatti legati alla rapina al caveau della Mondial Pol di Sassari per comprendere tutte le falle del sistema di protezione e d'intervento;
   se non ritenga di dover rafforzare con somma urgenza i presidi territoriali sardi e la stessa rete di intelligence, considerato che la ruspa con la quale è stato aperto il varco nello stabile rapinato di cui in premesse sarebbe stata rubata dall'altra parte della Sardegna e avrebbe attraversato l'intera isola per giungere a Sassari.
(5-08048)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 25 gennaio 2016 è stato reinsediato nel suo incarico di consigliere comunale di Castelvetrano, in provincia di Trapani, il signor Calogero Giambalvo, dopo essere stato assolto in primo grado dall'accusa di aver favorito Cosa nostra ed aver scontato tredici mesi di carcere;
   Giambalvo era stato arrestato nel novembre 2014 nell'ambito dell'indagine Eden II, una delle operazioni condotte dalla polizia di Stato e dai carabinieri a carico di fiancheggiatori e parenti del boss latitante Matteo Messina Denaro;
   Matteo Messina Denaro, capo e rappresentante indiscusso della mafia trapanese, e attualmente ritenuto il boss più influente di tutta la Sicilia, è latitante ormai dall'estate del 1993;
   il consigliere Giambalvo era stato intercettato dai carabinieri del Ros mentre, parlando al suo telefono cellulare, raccontava di aver incontrato il boss latitante e si vantava dei suoi buoni rapporti con lui e con la sua famiglia, ed era stato accusato di favorire la sua latitanza;
   il procuratore aggiunto di Trapani che coordina le indagini per la cattura di Messina Denaro ha recentemente affermato che «in questo momento, credo che Matteo Messina Denaro si nasconda nel suo territorio, la provincia di Trapani», e che addirittura «potrebbe anche essere nella sua Castelvetrano», grazie al fatto che «continua a godere di fortissime protezioni»;
   nella relazione annuale della direzione nazionale antimafia presentata a Palermo nei primi giorni del 2016 è stato ribadito che l'arresto di Matteo Messina Denaro «non può che costituire una priorità assoluta»;
   dalle intercettazioni degli inquirenti risulta che il consigliere Giambalvo avrebbe incontrato casualmente Messina Denari pochi anni fa durante la sua latitanza, occasione nella quale per la gioia di rivedersi «abbiamo pianto per mezz'ora tutt'e due», senza effettuare alcuna comunicazione relativa né alla polizia né alla magistratura;
   in un altro passaggio delle intercettazioni finito agli atti dell'inchiesta, Giambalvo addirittura spiegava di essere pronto a finire in carcere pur di aiutare lo stesso Messina Denaro: «Se io dovessi rischiare 30 anni di galera per nasconderlo rischierei ! La verità ti dico ! Ci fossero gli sbirri qua ? E dovessi rischiare a mettermelo in macchina e farlo scappare io rischierei. Perché io ci tengo a queste cose»;
   nelle conversazioni registrate, Giambalvo muoveva anche pesanti accuse nei confronti di Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Denaro, diventato collaboratore di giustizia, arrivando ad affermare che Messina Denaro avrebbe dovuto intimorire Cimarosa, ammazzandogli un figlio: «se lo devono bloccare si devono muovere (..) se fossi io Matteo gli ammazzerei un figlio e vediamo se continua a parlare», e questo proprio mentre uno dei figli dello stesso Cimarosa, Giuseppe, aveva appena pubblicamente ripudiato la propria parentela con il boss latitante;
   il reinsediamento del consigliere Giambalvo, sebbene costituisca un atto dovuto in base alla legge, sta dando adito a furiose polemiche, e si stanno moltiplicando gli appelli che chiedono le sue dimissioni, sia da parte di esponenti della società civile, sia da parte di esponenti politici locali e nazionali;
   mercoledì 2 marzo 2016 l'ufficio di presidenza della Commissione parlamentare antimafia ha deliberato che presto si recherà a Trapani a svolgere un ciclo di audizioni in relazione al caso del consigliere comunale Giambalvo, nell'ambito del quale verrà sentito anche il sindaco di Castelvetrano;
   negli stessi giorni, la maggioranza del consiglio comunale di Castelvetrano ha sottoscritto un documento con sedici firme per prendere le distanze dal consigliere reintegrato, stigmatizzando il fatto che «le affermazioni del consigliere Giambalvo risulterebbero inaccettabili per chiunque, e a maggior ragione, per chi riveste un ruolo istituzionale»;
   il 5 marzo 2016 venti dei trenta componenti del Consiglio comunale di Castelvetrano hanno deciso di sospendere, da subito, ogni attività legata ai lavori del consiglio comunale e delle commissioni consiliari al fine di indurre il consigliere Giambalvo a «un atto di responsabilità nei confronti della comunità castelvetranese», ribadendo che «se anche questa iniziativa non dovesse sortire l'effetto sperato, ossia le dimissioni di Giambalvo, siamo pronti ad assumere ulteriori e consequenziali scelte nell'esclusivo interesse della comunità amministrata»;
   Giuseppe, uno dei due figli di Lorenzo Cimarosa, che secondo Giambalvo avrebbe dovuto essere ucciso per colpire il padre, ha commentato il ritorno in consiglio comunale di Giambalvo affermando «Credo non ci possa essere sconfitta peggiore per tutte le persone che si impegnano ogni giorno per rendere migliore questo paese ! Un presunto mafioso che anche se tale non fosse, è certamente colpevole di essersi manifestato un affezionato estimatore della mafia e dei mafiosi del mio paese (...) Colpevole ancora ed in modo anche più grave, di avere auspicato la morte mia o di mio fratello per mettere a tacere mio padre che per grazia di Dio ha iniziato a collaborare con la giustizia» –:
   se non ritenga di assumere iniziative urgenti, per quanto di competenza, per garantire l'incolumità dei soggetti minacciati dal citato consigliere. (4-12400)


   FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione d'inchiesta sulla mafia dell'Assemblea regionale siciliana ha approvato una relazione su ritenute infiltrazioni mafiose nel consiglio comunale di Catania. La relazione è dunque agli atti parlamentari della XVII legislatura ed è firmata dal relatore Stefano Zito;
   la relazione documenta, tra gli altri, il caso del consigliere comunale di Forza Italia Riccardo Pellegrino, fratello di Gaetano Pellegrino, uomo di spiccato rilievo criminale all'interno del clan mafioso dei Mazzei; e il caso del presidente della sesta circoscrizione Lorenzo Leone, aderente al raggruppamento «Articolo 4» nella coalizione di centrosinistra, fratello di Gaetano Leone, appartenente dal gruppo di Cosa Nostra dei Santapaola e già condannato con sentenza irrevocabile per associazione mafiosa;
   dalla relazione si evince come i quartieri di massimo consenso elettorale per i due consiglieri in questione coincidano con le aree di conclamata influenza dei gruppi mafiosi a cui aderiscono i fratelli dei consiglieri (San Cristoforo per Pellegrino, Librino per Leone);
   alla luce della suddetta relazione e delle spiegazioni – a giudizio dell'interrogante non adeguate alla gravità del caso – che il sindaco di Catania Enzo Bianco ha fornito sulla vicenda in occasione della sua audizione del 16 gennaio 2016 presso la Commissione d'inchiesta parlamentare antimafia, l'interrogante ha interessato il prefetto di Catania, Maria Federico, per chiedere di valutare l'opportunità e l'urgenza di nominare una commissione di accesso al comune di Catania, ai sensi dell'articolo 143 del TUEL, in modo da verificare quali conseguenze la permanenza dei consiglieri succitati possa aver determinato sull'andamento dell'attività amministrativa e se vi sia un condizionamento mafioso di tale attività;
   nessun cenno di risposta è arrivato dal prefetto di Catania né peraltro risulta che sia stata disposta la commissione di accesso sollecitata –:
   se, il Ministro interrogato, non intenda assumere ogni ulteriore informazione sui fatti esposti;
   se, il Ministro interrogato, non intenda promuovere iniziative per l'esercizio dei poteri di accesso e di accertamento di cui all'articolo 143, comma 2, del TUEL) attraverso la nomina di una commissione d'accesso presso il comune di Catania, posto che tali determinazioni non sono state fino ad oggi prese dal prefetto di Catania. (4-12412)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATTUCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 200 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 regola attualmente la materia relativa alle tasse scolastiche e relativo esonero;
   in particolare, al comma 10 del suddetto articolo è previsto che: «Gli studenti stranieri che si iscrivano negli istituti e scuole statali ed i figli di cittadini italiani residenti all'estero che vengano a compiere i loro studi in Italia sono dispensati dal pagamento delle tasse; per gli studenti stranieri la dispensa è concessa a condizioni di reciprocità.»;
   la presenza sempre crescente di studenti stranieri nell'ambito dei diversi cicli di istruzione fa sì che tale comma risulti essere sempre più rilevante nell'ambito del funzionamento amministrativo degli istituti scolastici;
   l'assenza di una precisa declinazione della norma in questione, associata all'assenza di una lista riconosciuta di Paesi che garantiscono la prevista condizione di reciprocità rende pressoché impossibile l'applicazione del citato comma 10;
   questa condizione non facilita il compito degli uffici amministrativi degli istituti scolastici e si presta a possibili strumentalizzazioni –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale problema e se non ritenga opportuno assumere iniziative, se del caso attraverso l'emanazione di una specifica circolare interpretativa supportata da un elenco certificato di Paesi che garantiscono la prevista condizione di reciprocità, al fine di facilitare il lavoro degli istituiti scolastici e colmare un vuoto non più tollerabile. (5-08034)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FASSINA e GREGORI. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sistema universitario italiano vive oggi una situazione di profonda difficoltà, tanto da poter parlare di «università in declino». Questa situazione emerge qualsiasi sia l'indicatore utilizzato;
   per la prima volta negli oltre 150 anni di storia unitaria il numero degli studenti universitari si riduce: dal 2003-2004 al 2014-2015 si riducono di oltre 66.000 unità (-20,4 per cento);
   pessima è la situazione italiana del diritto allo studio per gli universitari, La spesa statale per borse di studio è ferma da oltre un decennio intorno ai 160 milioni di euro, e cioè in sensibile calo in termini reali; ad essa si sommano meno di 120 milioni di interventi regionali;
   l'ampiezza dell'offerta formativa si contrae drasticamente dopo il 2007: fino al 2015, il numero dei corsi offerti nelle università statali scende da 5557 a 4238 (-23,7 per cento);
   fra il 2008 e il 2015 i docenti universitari italiani si riducono del 17,2 per cento; il calo è notevolmente più intenso di quello registrato in ogni altro comparto del pubblico impiego. A questo si aggiunga il blocco triennale delle retribuzioni dei docenti universitari, sancito dal decreto-legge n. 78 del 2010 e successivamente prorogato dalle varie leggi di stabilità al fine di coprire l'intero quinquennio 2011-2015, che sta portando a delle penalizzazioni retributive per la categoria che non ha eguali in tutto il pubblico impiego (anche più di euro 90.000 netti è quanto costa individualmente il mancato riconoscimento giuridico del quinquennio 2011-2015). Senza dimenticare l'asimmetria di trattamento rispetto alle altre categorie non contrattualizzate;
   con i provvedimenti presi a partire dal 2008, ed in particolare con la cosiddetta «riforma Gelmini» (legge 240/2010), l'investimento pubblico complessivo nelle università si riduce: il fondo di finanziamento ordinario diminuisce notevolmente fino a tornare, in valori reali, ai livelli di metà anni Novanta; a valori correnti passa da 7,4 miliardi di euro nel 2008 a 6,6 nel 2015;
   un ulteriore elemento di preoccupazione riguarda l'articolazione territoriale del sistema universitario: le tendenze negative sono assai più intense per gli atenei del Centro-Sud, con punte particolarmente drammatiche nelle isole, oltre che per alcune sedi geograficamente periferiche del Nord. Si guardi, ad esempio, alle norme relative al fondo di finanziamento ordinario che hanno avuto effetti drammatici per molti atenei: in linea generale esse hanno relativamente «protetto» gli atenei del Nord del Paese (ma non tutti), mentre ben più severi sono stati i tagli per le università del Centro e del Sud e soprattutto per quelle delle isole;
   il mondo accademico è oggi attraversato da forti fibrillazioni. In primis, ha preso corpo una estesa forma di protesta contro il blocco degli scatti ed il mancato riconoscimento degli effetti giuridici del periodo 2010-2015 che si concretizza nell'astensione da parte dei docenti dalla valutazione della qualità della ricercai –:
   quali iniziative urgenti, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere per garantire il tempestivo rifinanziamento del piano straordinario per il reclutamento dei professori associati e, se s'intenda in particolare, assumere iniziative per incrementare il fondo per il finanziamento ordinario delle università statali di 90 milioni di euro per l'anno 2016 e di 77 milioni di euro per l'anno 2017;
   quali altre iniziative s'intendano assumere per contrastare il calo delle iscrizioni ed aumentare il numero di laureati (che come noto in Italia è lontanissimo dall'obiettivo di Europa 2020). (4-12394)


   CARUSO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la questione del riconoscimento del diploma magistrale ai fini abilitanti è stata definita in via di contenzioso, con il decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2014 (di accoglimento di un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica) nel quale era stato formalizzato il parere del Consiglio di Stato 5 giugno 2013, sezione II, che ha riconosciuto, a tutti gli effetti di legge, il valore abilitante del diploma magistrale ai sensi del decreto del Ministro della pubblica istruzione 10 marzo 1997;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in occasione dell'aggiornamento delle graduatorie di istituto del 2014 aveva previsto l'inserimento dei diplomati magistrali nella II fascia di istituto;
   con sentenza del 16 aprile 2015 n. 1973, il Consiglio di Stato ha ritenuto non revocabile in dubbio che i «diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, al momento della trasformazione delle graduatorie da permanenti ad esaurimento, fossero già in possesso del titolo abilitante. Il fatto che tale abilitazione sia stata riconosciuta soltanto nel 2014, a seguito della pronuncia del Consiglio di Stato, non può impedire che tale riconoscimento abbia effetti ai fini dell'inserimento nelle citate graduatorie riservate ai docenti abilitati in quanto tali»;
   con la citata sentenza n. 1973, il Consiglio di Stato ha riconosciuto, accogliendo l'appello di alcuni diplomati magistrali contro una sentenza negativa del TAR del Lazio, il diritto dei ricorrenti all'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento (già graduatorie permanenti trasformate in graduatorie ad esaurimento ai sensi dell'articolo 1, comma 605, lettera c), della legge n. 296 del 2006);
   con la citata sentenza n. 1973, il Consiglio di Stato, sezione VI, ha chiarito — infatti – che il diploma magistrale, pur essendo stato riconosciuto dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca quale titolo abilitante solo nel 2014, era già in possesso dei ricorrenti al momento dell'entrata in vigore della legge n. 296 del 2006, ed ha quindi dichiarato illegittima l'esclusione dalle graduatorie ad esaurimento;
   sulla base della citata pronuncia n. 1973 del Consiglio di Stato, i docenti esclusi hanno fatto pervenire al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca richieste di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tuttavia, nell'avviso del 6 ottobre 2015 ha ribadito come la suddetta pronuncia del Consiglio di Stato non abbia efficacia erga omnes e pertanto non possa essere estesa anche a coloro che non ha o presentato specifico ricorso, esplicando i suoi effetti solamente tra le parti in causa;
   tutto ciò ha avuto come effetto il proliferare di ricorsi da parte dei docenti che si sono rivolti al giudice del lavoro per l'accoglimento dell'istanza cautelare ai fini dell'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento;
   i giudici del lavoro aditi hanno emesso in proposito sentenze orientate per lo più all'accoglimento del ricorso, giudicando del tutto fondate le ragioni dei docenti ricorrenti;
   si deve, purtroppo, registrare che solo i giudici del lavoro di Roma hanno rigettato l'istanza motivando tale decisione con il fatto che essa avrebbe dovuto essere presentata all'atto dell'aggiornamento delle graduatorie nel 2006, cosa ad avviso dell'interrogante impossibile dal momento che il riconoscimento legale del valore abilitante del diploma magistrale, conditio sine qua non per l'accesso nelle graduatorie ad esaurimento, è stato deciso solo nel 2014;
   il danno economico derivante da quanto sopraesposto è evidente, dal momento che la mancata attribuzione delle supplenze comporta perdita di stipendio, disoccupazione e anche smarrimento di senso sociale;
   i docenti che si sono visti rigettare l'istanza di inserimento nelle graduatorie ad esaurimento sono scavalcati da quelli che hanno ottenuto l'inserimento in via cautelare e quindi hanno diritto di ottenere contratti di supplenze essendo inseriti in 1a fascia d'istituto;
   in spregio all'alto grado di professionalità acquisito da tali docenti con sacrificio nel corso degli anni, essi vedono – altresì – vanificata la speranza di una stabilizzazione in quanto estromessi dalle graduatorie ad esaurimento –:
   quali tempestive iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda intraprendere, anche sul piano normativo, al fine di tutelare la posizione di tutti i docenti in possesso del diploma magistrale abilitante, conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, per il loro inserimento nella terza fascia delle graduatorie ad esaurimento (GAE) ed il riconoscimento del conseguente diritto all'immissione in ruolo. (4-12397)


   PLACIDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 gennaio 2016 si è tenuto un convegno dal titolo «Gender per chi suona la campanella» presso l'Auditorium Conservatorio di Potenza, con il patrocinio della Provincia di Potenza, alla quale hanno partecipato delegazioni di 11 istituti superiori della città capoluogo;
   allo stesso hanno partecipato il Garante per l'infanzia Vincenzo Giuliano, il dirigente dell'Ufficio di ambito territoriale di Potenza Usr Basilicata, Debora Infante, il presidente di «Giuristi per la vita», Gianfranco Amato;
   nell'articolo a firma di Lorenza Colicigno, apparso sulla Gazzetta del Mezzogiorno, nell'edizione cartacea del 31 gennaio 2016, nell'offrire un resoconto dei contenuti della giornata dal titolo «Gender per chi suona la campanella», innanzi richiamato, si è evidenziato come l'intervento del presidente «Giuristi per la vita» abbia delineato in maniera chiara e palese il carattere e gli effetti distorsivi nella formazione e nell'orientamento degli studenti, oltre che sull'aspetto psico-fisico, della — fantomatica «teoria gender»: «egli ha sostenuto la tesi della difesa, dagli effetti della teoria gender, della famiglia tradizionale e dei bambini, opponendosi duramente alle unioni civili, considerate un'equiparazione al matrimonio, e alle adozioni per le coppie gay, che aprirebbero la strada all'utero in affitto. La relazione è stata corredata da materiali multimediali che per i contenuti antigay, hanno certamente colpito i giovani presenti»;
   in verità, i contenuti dell'articolo testé richiamato, adf avviso dell'interrogante sono apparsi, con un univoco senso e con una uniforme interpretazione di quanto accaduto, anche sui quotidiani La Nuova del Sud (del giorno 31 gennaio 2016) nonché sul quotidiano online Basilicata24;
   in modo particolare, un comunicato stampa a firma del direttivo Arcigay Basilicata stigmatizza alcuni elementi che hanno caratterizzato l'evento pubblico più volte richiamato e nello specifico: «alla luce dei ripetuti interventi da parte di autorevoli organismi anche istituzionali, quali il Miur, l'ordine degli Psicologi ed il Ministro dell'Istruzione Giannini, che hanno sconfessato l'esistenza della cosiddetta “teoria del gender”, si chiede come mai invece in Lucania ci sia ancora spazio per chi genera becera disinformazione ed ingiustificato allarmismo sociale ? Un significativo esempio di questo decadente spaccato è il Convegno tenutosi il 29 gennaio a Potenza dal titolo “Gender per chi suona la campanella”, che ha coinvolto numerose scolaresche con l'obbiettivo di diffondere un'immagine devastata e devastante della realtà anziché promuovere i valori quali l'integrazione, il rispetto e la valorizzazione delle differenze»;
   nel medesimo comunicato stampa, viene evidenziato come non si intendesse quale potesse essere il messaggio valoriale che il Garante per l'infanzia, Giuliano, avesse inteso dare ai giovani lucani con una simile iniziativa, in un contesto nel quale si sono intesi veicolare messaggi distorti e diseducativi. «Com’è possibile che un organo istituzionale prenda parte ad un'iniziativa facente parte di campagne che il Ministero dell'Istruzione ha stigmatizzato e bollato come fuorvianti e lontane anni luce dal vero ? E mentre da una parte è doveroso segnare come errore blu quello del Garante del quale chiediamo le dimissioni vista la palese incapacità di adempiere al meglio alla sua mission istituzionale di valenza educativa e di tutela delle istanza del mondo giovanile, dall'altro Arcigay Basilicata ha visto totalmente disattese la comunanza di interessi ed i buoni propositi emersi nell'audizione dello scorso anno della Commissione regionale pari opportunità. Infatti la Commissione, nonostante la sensibilità e la voglia di fare da sempre dimostrata dalla Presidente Angela Blasi, è di fatto relegata nel più preoccupante ed inaccettabile immobilismo istituzionale sui temi LGBT, a causa dell'ostruzionismo di alcune commissarie che così (non-) facendo sviliscono il proprio ruolo istituzionale e non pongono in essere azioni proprie di chi è stato chiamato a comporre un organismo paritario che dovrebbe spendersi a tutela dei principi di uguaglianza, integrazione sociale e di non discriminazione.»;
   il contenuto dell'intervento del Presidente della associazione «Giuristi per la vita» è consultabile on line nel sito www.youtube.it;
   il comma 16 della legge 107 del 2015 di riforma su «La Buona Scuola» recita testualmente: «Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei principi di pari opportunità, promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119»;
   i princìpi costituzionali recitano «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione, di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese» (articolo 3 della Costituzione) –:
   come il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, per impedire che simili iniziative, a giudizio dell'interrogante assolutamente in contrasto con la legislazione e le stesse direttive ministeriali, possano ripetersi, rappresentando, le medesime, una indebita ingerenza nella realizzazione dei programmi educativi all'educazione all'affettività e di contrasto alle discriminazioni nelle scuole, oltre che una distorsione delle finalità istituzionali e normative;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, per quanto di competenza, per tutelare gli insegnanti e i dirigenti scolastici che non vorranno tener conto di questi interventi di natura propagandistica basati su discriminazione, pregiudizio ed omofobia ma soprattutto a tutela dei giovani studenti e del loro equilibrio psicofisico;
   se il Ministro non ritenga di adottare, in merito, specifiche iniziative anche di carattere ispettivo. (4-12406)


   BONOMO e D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno 2010, la scuola secondaria di primo grado ex «Drovetti», facente parte dell'istituto comprensivo Racconigi di Torino, con attuale sede in via Luserna di Rorà n. 14, è stata interessata da alcune gravi problematiche che hanno determinato una drastica riduzione del numero degli iscritti;
   tali problematiche consistono in gravi e ripetuti atti di bullismo nei confronti di studenti, docenti e della stessa struttura scolastica, più volte oggetto di interventi da parte delle forze dell'ordine e dei servizi sociali della città di Torino;
   in cinque anni, a partire dalla gestione dell'attuale dirigente scolastico, gli iscritti sono calati di oltre il 65 per cento, da 250 ad 80; negli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016 è partita una sola classe prima, contro le quattro degli anni precedenti; oltre a questo negli ultimi tre anni, è cambiato il 90 per cento del corpo insegnante ogni anno, rendendo impossibile qualunque continuità didattica;
   su tale situazione si sono più volte soffermati anche gli organi di informazione locali, altre realtà educative del quartiere e infine i genitori degli studenti, che hanno presentato un esposto scritto alle autorità scolastiche, amministrative e delle forze dell'ordine, segnalando l'inadeguatezza dell'offerta formativa, l'insicurezza nei riguardi dell'incolumità fisica dei loro figli e l'inutilità dei tentativi di stabilire un dialogo costruttivo con la dirigenza della scuola;
   la problematica è stata segnalata dalla circoscrizione 3 di Torino agli organi competenti attraverso le comunicazioni del 12 marzo 2012 – 8 aprile 2014 – 21 luglio 2014 – 5 marzo 2015, senza mai ricevere risposte esaustive o effettiva collaborazione;
   tale situazione è stata altresì segnalata, attraverso un'interrogazione presso il consiglio regionale del Piemonte, il 4 marzo 2015;
   in risposta ad un'interpellanza circoscrizionale è stata fornita risposta dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Piemonte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che difendeva l'operato della dirigente scolastica elencandone «un numero significativo di azioni che dimostrano l'impegno personale e la competenza didattica»: emergeva così chiaramente, ad avviso degli interroganti, la mancanza di consapevolezza della gravità della situazione e della necessità di intervenire sulla docenza e dirigenza dell'istituto al fine di riportare serenità nella comunità educativa scolastica e del quartiere;
   con la deliberazione della giunta regionale 29 dicembre 2015, n. 38-2739, «Approvazione del Piano di revisione della rete scolastica e dimensionamento delle istituzioni scolastiche statali del Piemonte per l'a.s. 2016-17», veniva disposto il «trasferimento della scuola secondaria di I grado «Drovetti» dalla sede di via Bardonecchia 34, Torino, alla sede dell'I.C. di Corso Racconigi, a via Luserna di Rorà n. 14, struttura con dimensioni molto ridotte rispetto alla precedente;
   tale trasferimento è stato percepito come una soluzione di «resa» rispetto alle problematiche esposte e mai affrontate negli anni, che stanno portando alla chiusura « de facto» di una scuola pubblica in un territorio che invece avrebbe più che mai necessità di istituzioni scolastiche forti e presenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione, se le iniziative portate avanti dall'ufficio scolastico regionale siano coerenti con le politiche del Governo in materia di istruzione e quali iniziative si intendano intraprendere per dare una svolta decisiva ad una situazione difficile, ma la cui soluzione si rivela fondamentale per la credibilità del sistema scolastico territoriale. (4-12407)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   la Coldiretti ha lanciato un allarme segnalando l'aumento del 680 per cento delle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina, raggiungendo la cifra di circa 70 milioni di chili nel 2015, pari a circa il 10 per cento della produzione italiana in pomodoro fresco equivalente;
   attraverso un ingente numero di navi sbarcano in Italia fusti con concentrato di pomodoro per oltre 200 chili di peso;
   il concentrato di pomodoro che arriva in Italia viene rilavorato e confezionato come se fosse un prodotto italiano, poiché nei contenitori è obbligatorio solo indicare il luogo di confezionamento e non quello di coltivazione del pomodoro;
   in Italia non sono ancora state ridefinite le condizioni contrattuali relative al 2016 relative alla produzione e alla raccolta del pomodoro, giacché insieme ad un contenimento delle superfici coltivate viene proposta anche una riduzione tra il 10 e il 15 per cento del prezzo pagato agli agricoltori;
   secondo la consultazione pubblica on line sull'etichettatura dei prodotti agroalimentari condotta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dal novembre 2014 al marzo 2015, dei 26.547 partecipanti, l'84 per cento ritiene che sia molto importante che l'etichetta riporti la provenienza della materia prima impiegata per la frutta e la verdura trasformata come i derivati del pomodoro;
   la Cina dopo aver superato l'Unione europea, rappresenta oggi il secondo bacino di produzione e coltivazione di pomodoro dopo gli Stati Uniti;
   anche nel 2015 la Cina ha conquistato il primato in termini di numero di notifiche ricevute dall'Unione europea, per prodotti irregolari, o meglio dire contaminati da un'ingente presenza di microtossine, additivi e coloranti al di fuori delle norme di legge;

il pomodoro è il condimento più acquistato dagli italiani e la sua industria genera nel nostro Paese un valore di produzione superiore ai 3,3 miliardi di euro, grazie all'impegno di 8 mila imprenditori agricoli e di 120 industrie di trasformazione in cui lavorano circa 10 mila persone;
   è necessario ribadire l'inadeguatezza del «segno distintivo nazionale», che promosso in pompa magna dal Governo italiano all'interno del mercato americano con un investimento di circa 120 milioni di euro, altro non serve che ad alimentare il fenomeno dell’italian transformer;
   la promozione di prodotti per i quali non si ha la certezza che siano contraddistinti da un reale «made in italy» rischia di contribuire ad un aumento esponenziale delle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina e quindi ad un conseguente incremento delle esportazioni di prodotto semplicemente trasformato ma privo di un reale valore d'italianità –:
   quali iniziative intenda intraprendere il ministro interrogato, al fine di adottare normative in materia di etichettatura che possano salvaguardare anche a livello comunitario, l'eccellenza e la qualità relativa alla produzione di pomodoro del nostro paese, con lo scopo di tutelare il « made in Italy» e contrastare «l’italian packaging», ovvero il procedimento che in virtù di una banale trasformazione, consegna per esempio al pomodoro cinese annacquato ed inscatolatoin Italia, il tanto ambito contrassegno di italianità.
(2-01307) «Russo, Longo, Sandra Savino, De Girolamo, Catanoso, Milanato, Riccardo Gallo, Sarro, Giacomoni, Rotondi, Petrenga, Castiello, Nizzi, Vella, Taglialatela, Galati, Biasotti, Luigi Cesaro, Latronico, Calabrò, Faenzi, Crimi, Romele, Chiarelli, Francesco Saverio Romano, Fabrizio Di Stefano, Polidori, Giammanco, Elvira Savino, Gullo».

Interrogazioni a risposta immediata:


   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ad oggi sono oltre mille le stalle da latte chiuse, il 60 per cento delle quali in montagna, con una media di una stalla su cinque, con effetti drammatici sull'economia, sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale nonché sull'occupazione. Queste chiusure causano un aumento delle importazioni dall'estero di latte, infatti, per ogni milione di quintali di latte importato in più scompaiono 17 mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura;
   il latte agli allevatori viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi fino al 30 per cento rispetto allo scorso anno e valori inferiori a quelli di venti anni fa. Nel 2015 il valore finale distribuito all'agricoltura all'interno della filiera è sceso dal 17 al 14 per cento. La differenza tra i prezzi pagati dal consumatore italiano e il prezzo riconosciuto agli allevatori è infatti la più alta d'Europa;
   la multinazionale del latte francese Lactalis è il principale gruppo lattiero europeo e in Italia è proprietario di marchi come Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani e Cademartori. Controlla un terzo del nostro mercato e incassa dai consumatori italiani 1,4 miliardi di euro;
   il mercato del latte si trova, quindi, a sottostare a questo operatore straniero che impone a giudizio degli interroganti unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni. Nell'ultimo anno con la decisione unilaterale di ridurre del 20 per cento i compensi riconosciuti agli allevatori, il prezzo a loro corrisposto è sceso a 34 centesimi al litro, ben al di sotto dei costi di produzione, stimati in un valore medio compreso tra i 38 e i 41 centesimi;
   esiste, a giudizio degli interroganti, un evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, praticato dai trasformatori, dovuto alla loro maggiore forza economica sul mercato con un'imposizione di condizioni ingiustificate e gravi;
   il 28 gennaio 2016 si è svolta la prima riunione del comitato consultivo previsto dall'accordo di filiera per il sostegno al comparto lattiero-caseario siglato presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali il 26 novembre 2015. All'incontro hanno partecipato i rappresentanti delle organizzazioni agricole, dell'industria, delle cooperative e della grande distribuzione. Durante l'incontro è stato definito il sistema base di indicizzazione del prezzo del latte, attraverso un meccanismo oggettivo che tiene conto dei costi di produzione e dell'andamento dei prezzi del latte e dei formaggi sul mercato interno ed estero;
   certamente questo accordo è un importante passo avanti per la stabilità e sostenibilità del settore lattiero-caseario anche se le questioni legate al futuro prezzo del latte restano ancora aperte. È necessario, a parere degli interroganti, arrivare nel più breve tempo possibile alla determinazione di un prezzo giusto da pagare agli allevatori;
   sembra che recentemente la Lactalis stia dando disdetta del contratto di somministrazione a diversi produttori di latte italiani tramite una lettera nella quale viene comunicato che alla scadenza del contratto questo non sarà rinnovato automaticamente nei termini attuali per un ulteriore periodo, facendo in questo modo cessare definitivamente i contratti alla fine del mese di marzo. Nella lettera si legge, inoltre, che la società resta a disposizione per valutare l'ipotesi di un nuovo contratto previa rinegoziazione delle condizioni;
   non si può rimanere inermi davanti a una politica dei prezzi praticata da parte di una sola multinazionale, che opera, quindi, in regime di semi-monopolio, traccia le linee del settore e decide sul futuro di migliaia di allevatori;
   all'Autorità garante della concorrenza e del mercato gli allevatori hanno chiesto di far luce sugli abusi di dipendenza economica a danno dei produttori e questa sembra aver assicurato un suo rapido interessamento. Comportamenti scorretti nel pagamento del latte si sono verificati anche in Spagna prima e in Francia poi, dove sono state condannate le principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali operano anche sul territorio italiano, tra le quali la stessa Lactalis;
   in Francia, infatti, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie, tra le quali, appunto, Lactalis, Laita, Senagral e Andros's Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era intervenuto anche l'Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Gruppo Lactalis Iberica (11,6 milioni);
   a parere degli interroganti esiste un evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, ad opera dei trasformatori, della loro posizione economica sul mercato, dalla quale gli allevatori dipendono. È necessario, quindi, un intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato a livello nazionale poiché i prezzi praticati dagli intermediari della filiera del latte fresco sono iniqui e gli allevatori manifestano ormai evidenti segni di difficoltà perché non riescono a coprire neanche i costi di produzione;
   il Ministro interrogato aveva dichiarato a novembre 2015: «Abbiamo trasmesso in queste ore all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per le sue valutazioni di competenza, le numerose segnalazioni ricevute in merito al rispetto delle norme sui contratti di vendita del latte e sull'applicazione dell'articolo 62 che abbiamo rafforzato con la nostra legge 9» –:
   se risultino gli esiti di tali segnalazioni e quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere rispetto alla problematica esposta in premessa, che ad avviso degli interroganti configura un abuso di posizione dominante da parte della multinazionale francese Lactalis che, dopo aver comprato i maggiori marchi nazionali, divenendo quindi il primo gruppo sul mercato italiano e mondiale nei prodotti lattiero caseari, sta creando una situazione di squilibrio contrattuale dei produttori lattiero-caseari e sta dettando la politica dei prezzi del latte, disdicendo inoltre i contratti per non rinnovarli a scadenza e per poter rinegoziare nuove condizioni. (3-02090)


   OLIVERIO, SANI, FIORIO, LUCIANO AGOSTINI, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, CUOMO, DAL MORO, FALCONE, LAVAGNO, MARROCU, MONGIELLO, PALMA, PRINA, ROMANINI, TARICCO, TERROSI, VENITTELLI, ZANIN, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel 2015 l'agricoltura ha centrato un nuovo ambizioso obiettivo con un aumento del prodotto interno lordo del comparto pari a +3,8 per cento, l’export agroalimentare ha toccato la soglia record di 36,8 miliardi di euro (+7,5 per cento), l'occupazione giovanile è aumentata del 16 per cento con oltre 20 mila nuovi posti di lavoro, contro il +4 per cento del settore nel suo complesso e il +1 per cento dell'occupazione in Italia;
   attualmente le imprese gestite da agricoltori al di sotto dei 40 anni sono il 5 per cento del totale contro una media europea dell'8 per cento, per il settore agricolo è fondamentale attivare attraverso politiche mirate un ricambio generazionale in grado di rafforzare ulteriormente il comparto;
   nel 2015 si è verificato anche un vero e proprio boom per il lavoro indipendente femminile; sono, infatti, aumentate del 76 per cento le ragazze italiane sotto i 34 anni che hanno scelto di lavorare in agricoltura come imprenditrici agricole, coadiuvanti familiari o socie di cooperative agricole;
   l'aumento delle presenze di giovani e, in tale contesto, l'aumento delle giovani donne in agricoltura stanno producendo una forte diversificazione delle attività e una vera e propria rivoluzione nel lavoro agricolo;
   sta crescendo la propensione all'innovazione, nuove app e nuove tecnologie sono applicate al lavoro nei campi e ai prodotti, l'innovazione aziendale va dalla trasformazione dei prodotti alla vendita diretta, dalle fattorie didattiche all'agricoltura sociale, alla sistemazione di parchi, giardini, strade, all'agribenessere, alla cura del paesaggio, fino alla produzione di energie rinnovabili;
   secondo uno studio Coldiretti/Ixè, il 50 per cento dei giovani recentemente entrati nel settore agricolo possiedono una laurea, il 57 per cento ha introdotto innovazioni nella propria azienda e il 74 per cento è orgoglioso del lavoro scelto;
   le aziende agricole dei giovani possiedono una superficie superiore di oltre il 54 per cento alla media, un fatturato più elevato del 75 per cento della media e il 50 per cento di occupati per azienda in più;
   il piano giovani del Governo, finanziato con 160 milioni di euro, è fondamentale per stimolare il ricambio generazionale in agricoltura rafforzando ulteriormente la tendenza già in atto, con particolare riguardo agli obiettivi quali innovazione e competitività nei mercati internazionali, in un settore che riveste un ruolo strategico per il Paese –:
   quali misure del piano giovani siano già operative in particolare per quei giovani che progettano di entrare nel mondo agricolo. (3-02091)


   PETRENGA, RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in base ai dati pubblicati dall'Istat relativi alle produzioni agroalimentari nel 2015, nel 2015 l'agricoltura ha fatto segnare il più alto aumento di valore aggiunto, con un aumento delle esportazioni di quasi il 4 per cento e un fatturato di quasi 37 miliardi di euro;
   questi dati confermano ancora una volta il valore delle produzioni italiane e la necessità imprescindibile che queste siano adeguatamente tutelate nei mercati internazionali;
   in tale quadro, purtroppo, rimane invece critica la situazione nazionale per quanto attiene alla produzione del latte;
   l'aumento della produzione commercializzata di latte vaccino in Italia, iniziato nel novembre 2009, e proseguito sia pur con diversa intensità fino al giugno 2012, da luglio 2012 ha cominciato a evidenziare un significativo calo;
   a ciò si aggiunge la diminuzione del numero di allevamenti, che nello scorso decennio ha fatto registrare la chiusura di quasi 25.000 stalle, vale a dire due su cinque di quelle in attività all'inizio;
   alla cessazione del meccanismo delle quote latte ha fatto seguito un aumento della produzione e una riduzione dei prezzi in ambito europeo, che danneggia gravemente gli allevatori italiani e rischia di causare un peggioramento qualitativo dei prodotti del settore;
   la produzione lattiero-casearia italiana è una produzione d'eccellenza che subisce l'attacco di imitazioni e contraffazioni in tutto il mondo e in quanto tale va sostenuta e tutelata –:
   quali iniziative intenda assumere per sostenere la produzione nazionale del latte e dell'intero settore lattiero-caseario.
(3-02092)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento al fondo strutturale della politica comune della pesca (PCP) per il periodo 2014-2020, denominato Feamp, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ha inviato solo nella primavera 2015, con considerevole ritardo, il relativo piano operativo nazionale (PON) a Bruxelles, poi approvato nel novembre dello stesso anno;
   l'Autorità di gestione per l'attuazione del Feamp a livello nazionale è stata individuata nella direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero della politiche agricole alimentari e forestali con decreto ministeriale n. 1622 del 13 febbraio 2014;
   nella riunione della citata autorità per stabilire i criteri di applicazione del fondo europeo per le attività marittime e la pesca 2014-2020 svoltasi in data 3 marzo 2016 il Ministero ha presentato i criteri di ammissione e di selezione delle misure di cui agli articoli 30, 31, 33, 34, 43, paragrafi primo e terzo, e 69, del regolamento (UE) n. 508/2014;
   in merito all'articolo 34 (misura 1.34 «arresto definitivo» dell'attività di pesca comunemente chiamato anche «demolizione» o «rottamazione dei pescherecci») l'amministrazione ha proposto un criterio, in ottemperanza a quanto già avvenuto in passato e compatibilmente con quanto indicato nel PON, che privilegia la fuoriuscita dal settore del naviglio più vetusto;
   al contrario, durante la riunione, su proposta di un'associazione di categoria, il Ministero e le regioni, fatta eccezione per la sola regione Abruzzo, hanno modificato le schede relative alla «interruzione definitiva», vale a dire le demolizioni del naviglio da pesca, e si è passati così da un ritiro delle barche più vetuste al ritiro delle imbarcazioni più recenti, modificando un principio sempre applicato dal Ministero negli ultimi quindici anni;
   a quanto risulta all'interrogante nonostante varie eccezioni sollevate nel corso della discussione, il presidente dell'autorità non ha accolto alcuna proposta di ripristinare la misura nel senso presentato dalla stessa direzione generale della pesca del Ministero, e, senza neppure porre ai voti l'ammissione dell'emendamento, ha invitato gli aventi diritto al voto, Ministeri e regioni, a esprimersi in modo immediato;
   la votazione non è avvenuta sui singoli articoli previsti dall'ordine del giorno ma in forma cumulativa, e non appaiono chiare all'interrogante le motivazioni della scelta di votare con tali modalità;
   l'associazione Coldiretti ha denunciato come il nuovo criterio introdotto con riferimento alla rottamazione dei pescherecci comporterà la demolizione di una quantità minore di barche, perché il premio delle barche più giovani d'età è esponenzialmente più alto, e la demolizione di barche efficienti e a minore impatto ambientale, di barche che hanno costi più bassi e quindi economicamente sostenibili, di barche che permettono un lavoro ed una navigazione più sicura, nonché di barche nuove che catturano quasi quanto le più vecchie, in quanto quello che condiziona le catture è la potenza del motore, che spesso non è vetusto quanto la nave;
   le economie del settore e la mancanza di guadagni non permettono più di costruire barche nuove, e a seguito dell'introduzione dei nuovi criteri per la rottamazione appare evidente il rischio che presto le marinerie nazionali avranno una flotta composta per la maggior parte da imbarcazioni vecchie, con tutto quello che ne consegue in termini di sicurezza, lavoro, inquinamento, produzione, e con riferimento ai continui costi connessi alla manutenzione e all'ammodernamento dei pescherecci, che pesano sulle singole aziende;
   esponenti della Coldiretti hanno segnalato come tale scelta «rischia di colpire un settore già in forte sofferenza e di produrre effetti negativi da un punto di vista ambientale» –:
   se sia informato di quanto esposto in premessa, e se non intenda assumere le iniziative opportune per riesaminare la decisione assunta, nell'interesse dell'intero settore della pesca italiano. (4-12402)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:


   LUPI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   Itedi (società che controlla La Stampa e Il Secolo XIX) ed il gruppo editoriale l'Espresso (che ha la proprietà de La Repubblica, del settimanale l'Espresso e di un gruppo di giornali locali) hanno firmato un memorandum d'intesa tendente alla fusione delle proprie attività;
   tale operazione darà vita al primo gruppo dell'editoria italiana, con circa 5,8 milioni di lettori, 2,5 milioni di utenti unici sul web, 750 milioni di euro di ricavi;
   le parti si sono impegnate a firmare il definitivo accordo entro giugno 2016;
   l'operazione prevede anche l'uscita della Fca dal capitale di Rcs;
   il polo nato dalla fusione delle attività editoriali sopra menzionate, sarà controllato con una quota del 43 per cento dalla Cir, mentre Fca, proprietaria del 70 per cento di Itedi, avrà il 16 per cento e alla famiglia Perrone spetterà il 5 per cento della nuova azienda;
   la suddetta fusione comporterà la riunione in un solo gruppo di 3 quotidiani nazionali, 17 quotidiani locali, 2 concessionarie pubblicitarie (Manzoni e Plublikopass), il 30 per cento di Persidera (multiplex digitali) e radio nazionali;
   la nascita di questo gruppo editoriale dovrà ricevere nei prossimi mesi il via libera dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni –:
   se il Governo intenda monitorare l'evoluzione di tale processo di fusione al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, evitando, per quanto di competenza, la creazione di concentrazioni editoriali anche alla luce della normativa vigente. (3-02096)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   a partire dai primi mesi del 2015 la regione Toscana è interessata da un aumento anomalo dei numero di casi di malattia invasiva da meningococco C (meningiti e sepsi). Nel 2015 sono stati segnalati al sistema di sorveglianza nazionale 31 casi attribuibili al siero gruppo C, 6 dei quali con esito fatale. Nel 2016, al 26 febbraio, 12 i casi riscontrati, con 4 decessi. Un numero preoccupante se confrontato con i casi riscontrati nel 2014 e nel 2013: rispettivamente 2 e 3. L'aumento significativo si registra solo in alcune zone della regione: la provincia di Firenze, di Prato, di Pistola e di Empoli, ossia la parte centrale e fiorentina con estensione lungo la valle dell'Arno, ovvero l'area con maggiore densità abitativa della Toscana;
   il fenomeno sembra circoscritto alla regione Toscana, visto che nessuna segnalazione pervenuta al sistema di sorveglianza nazionale ha comportato un aumento anomalo in altre regioni italiane;
   a fronte di ciò la regione Toscana, in accordo con il Ministero della salute e con l'Istituto superiore di sanità, ha intrapreso sia misure di controllo immediate (chemioprofilassi dei casi e indagini epidermiologiche), sia una campagna di vaccinazione che ha reso disponibile l'offerta vaccinale a tutti, visto che i casi segnalati al sistema di sorveglianza nazionale hanno interessato tutte le fasce d'età (Si veda la «Delibera n. 85 del 16 febbraio 2016» della Giunta Regione Toscana);
   il giorno 1o marzo 2016 il Ministero della Salute, tramite la «Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria» (Ufficio V – Malattie infettive e profilassi internazionale), ha inviato una lettera circolare che aveva per oggetto «Malattia invasiva da Meningococco C in Toscana – Potenziamento della segnalazione di casi e indicazioni per chi si reca in Toscana» nella quale si provvedeva a dare indicazioni per rafforzare la sorveglianza, per precisare le procedure di segnalazione (sia nel territorio toscano sia al fine di evitare la diffusione della malattia in altre regioni) e per implementare nuove strategie di controllo;
   tuttavia, nella parte finale, la circolare ministeriale sottolinea che: «Infine, in considerazione della situazione epidemiologica attuale, non si ritiene opportuno fornire indicazioni particolari a coloro che si recano per viaggi occasionali (lavoro o turismo) nelle aree maggiormente interessate dall'aumento dei casi (Azienda USL Toscana Centro). Tuttavia, si ricorda che la frequentazione di locali molto affollati per alcune ore (per esempio discoteche), l'uso di alcol e la abitudine al fumo, durante i periodi con un aumento dei casi di malattia invasiva da meningococco, potrebbe aumentare il rischio di contagio attraverso il contatto ravvicinato con potenziali portatori. Per soggetti che si recano per lunghi e continuativi periodi in Toscana (esempio, lavoratori e studenti fuori sede che mantengono la residenza nella Regione di origine) è appropriato che la Regione di residenza metta a disposizione la vaccinazione per questi soggetti con le stesse modalità previste in Toscana»;
   la lettera circolare del Ministero ha generato uno stato d'allarme sanitario infondato, sia per i cittadini toscani, sia per cittadini o turisti che avevano preventivato di recarsi in Toscana;
   le ripercussioni sulle economie territoriali sono però evidenti e già verificabili: numerose disdette per gite e vacanze in Toscana sono giunte agli operatori del settore, anche per il periodo di Pasqua, innescando un pericoloso effetto domino che rischia di avere pesanti ripercussioni sul turismo toscano: in Valdinievole, in Versilia e a Lucca sono saltate numerose prenotazioni in concomitanza. A Montecatini Terme è stato cancellato l'arrivo di tre pullman di studenti in gita scolastica. Ma si annullano prenotazioni anche sotto le Apuane, dove una comitiva di turisti genovesi ha disdetto una gita alle cave e a Carrara. Annullate perfino prenotazioni provenienti da Marsiglia. In seguito a questi eventi le associazioni di categoria hanno manifestato viva preoccupazione;
   l'allarme lanciato dal Ministero contraddice le stesse rassicurazioni ribadite dal presidente della regione, Enrico Rossi, e dall'assessore regionale alla sanità, Stefania Saccardi, che da mesi riconoscono l'esistenza del problema, ma scongiurano qualsiasi ipotesi di allarmismo –:
   se, alla luce di queste considerazioni, il Ministro interpellato non ritenga opportuna la predisposizione e la realizzazione di una campagna informativa autorevole e chiarificatrice sulla vicenda, attraverso i tradizionali media (televisioni e radio) ma anche sui social network, per rimediare al clima di allarme sanitario diffuso che rischia di ripercuotersi irrimediabilmente su tutte le economie territoriali coinvolte;
   se Ministero interpellato ritenga opportuno, in futuro, assolvere ai suoi compiti informativi e di attenzione alla prevenzione senza creare allarme, evitando di ingigantire le reali dimensioni di un fenomeno che desta certo preoccupazione, ma che non è a livelli tali da definirsi ernergenziale;
   quali iniziative di competenza intenda, infine, adottare il Ministro interpellato per dare ulteriore supporto all'azione della regione Toscana al fine di ridurre il rischio di contagi da meningite da meningococco di tipo C.
(2-01305) «Bergamini, Brunetta».

Interrogazione a risposta scritta:


   BORGHESE e MERLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sindrome da «burnout» mette a rischio buona parte della qualità delle cure mediche nei vari Paesi europei e in quelli stranieri; infatti, aumentano in tutto il mondo i casi di «disagio psicofisico» tra i dottori, gli infermieri e il personale medico specializzato. Si stima che un buon 30 per cento degli operatori sanitari con più di 50 anni, demoralizzati dalla mole di lavoro, da una burocrazia sempre più ingombrante e da preoccupazioni legali stia pensando di cambiare settore di lavoro;
   la sindrome del burnout è raccontata come una perdita di interesse nei confronti delle persone con le quali l'operatore svolge la professione. È definita come condizione caratterizzata da esaurimento emotivo (esaurimento delle risorse e diminuzione dell'energia), depersonalizzazione (atteggiamenti e sentimenti negativi, insensibilità e mancanza di compassione) e mancanza di realizzazione personale (valutazione negativa del proprio lavoro relativo a sentimenti di competenza ridotta);
   si tratta di un processo inconsapevole che colpisce prevalentemente le professioni d'aiuto sanitario, con un peggioramento degli atteggiamenti comportamentali e una conseguente riduzione della qualità nello svolgimento del proprio lavoro;
   i camici bianchi sono sempre più spesso soggetti a cali di attenzione e concentrazione e, per questo, protagonisti e al tempo stesso vittime di errori. Di conseguenza, il forte stress lavoro-correlato li induce in diversi casi a ricorrere a droghe ed alcool: solo in Italia sono circa 5 mila gli operatori sanitari che ne fanno uso; in contesto europeo, il dato sale a circa 40 milioni, ovvero il 22 per cento della popolazione;
   la sindrome di burnout è ad oggi ancora poco conosciuta e riconosciuta nei contesti delle professioni di aiuto, nonostante siano passati decenni dalla prima identificazione;
   il professore di chirurgia dell'università degli studi di Modena e Reggio Emilia, dottor Beniamino Palmieri asserisce che la sindrome di burnout è ad oggi ancora sottostimata, ma in forte aumento nei contesti delle professioni di aiuto socio-sanitarie;
   l'indice è puntato contro il precariato, l'età dei medici avanzata, il blocco del turn over: tutti fattori che contribuiscono a determinare caos e confusione negli ospedali. E le difficoltà raddoppiano nel caso di grandi metropoli, come Roma, Londra o Parigi, che ogni giorno fanno i conti con «emergenze croniche»;
   a rimetterci è anche il rapporto con il paziente. Studi scientifici hanno infatti dimostrato che un medico stressato non solo è meno disponibile al dialogo, ma rischia più facilmente di commettere errori, anche fatali. Naturalmente il problema è internazionale e varca i confini italiani. Anche se negli altri Paesi sembra esserci una maggiore attenzione al fenomeno, ad esempio negli Stati Uniti questa sindrome è considerata molto deleteria per le professioni ad alto rischio sociale, mentre nel nostro Paese, purtroppo, non si fa molto in sostanza –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per attuare politiche di contrasto volte ad affrontare e prevenire un aumento di questo nuovo problema socio-sanitario;
   se non sia il caso di assumere iniziative per rilevare il fenomeno e istituire un osservatorio ad hoc. (4-12398)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09397, a prima firma Spessotto, del giugno 2015, la prima firmataria del presente atto chiedeva al Ministro interpellato se fosse a conoscenza dello scandalo dei controlli di qualità truccati all'interno di Poste italiane, vicenda al centro di un'indagine penale per truffa da parte della procura di Roma, oltre che di un'inchiesta interna alle stesse Poste;
   in particolare, con il suddetto atto di sindacato ispettivo, si chiedeva al Ministro dello sviluppo economico se fosse a conoscenza della procedura interna a Poste Italiane ribattezzata «noti invii», dedita a intercettare le «lettere civetta» che avrebbero dovuto testare la qualità del servizio offerto da Poste e quali misure urgenti intendesse adottare per far luce sulla presunta truffa relativa agli standard di qualità;
   un recente articolo de « Il Fatto Quotidiano», pubblicato in data 11 febbraio 2016, ha rivelato come il Ministero dello sviluppo economico fosse a conoscenza, già a partire dall'aprile del 2014, delle intercettazioni da parte di Poste delle «lettere civetta» che avrebbero dovuto testare la qualità del servizio nella consegna della corrispondenza;
   in particolare nel suddetto articolo si riporta la notizia secondo cui a essere informato della gigantesca truffa relativa al sistema di controllo di qualità sarebbe stato Gianpiero Castano, influente funzionario del Ministero dello sviluppo economico, che sarebbe venuto a conoscenza dei fatti suesposti dalla denuncia di alcuni lavoratori che si occupavano della manutenzione dei centri di meccanizzazione postale (Cmp);
   durante un incontro gli operai avrebbero infatti denunciato all'alto funzionario del Ministro dello sviluppo economico di aver visto con i loro occhi come i controlli sulla qualità di Poste fossero stati falsati negli anni, ma l'alto funzionario Castano, invece di denunciare immediatamente quanto appreso alla procura e di aprire un'indagine ministeriale sulla vicenda, avrebbe preferito far finta di non essere mai stato a conoscenza dei controlli truccati;
   come noto, il servizio postale universale è stato affidato alla gestione di Poste italiane, sotto le vigilanze del Ministro dello sviluppo economico e dell'Agcom, tramite un contratto pubblico che impegna Poste a consegnare la corrispondenza entro precisi parametri d'efficienza, garantendo a Poste italiane per questo servizio un contributo pubblico di oltre 250 milioni di euro annui;
   nel caso in cui il suddetto coefficiente di qualità non venisse rispettato, sarebbe a rischio lo stesso affidamento del servizio postale universale — per cui lo Stato italiano paga in media almeno 300 milioni l'anno – e Poste italiane rischierebbe pesanti sanzioni fino a 500 mila euro annui;
   nonostante sia trascorso quasi un anno dalla presentazione della interrogazione citata in premessa, e che il regolamento della Camera dei deputati preveda un termine molto più breve per le risposte del Governo alle interrogazioni a risposta scritta, nessuna risposta è pervenuta alla prima firmataria del presente atto sulla vicenda, da parte del Ministro dello sviluppo economico;
   in aggiunta alla scandalosa vicenda dei dati falsati su la qualità relativi alla posta ordinaria, sono state denunciate in questi giorni ulteriori gravi anomalie anche nel controllo dei parametri di qualità del servizio « Evolution» riservato alle grandi aziende, alle banche, alle assicurazioni, all'Inps e agli uffici della pubblica amministrazione;
   per quanto di conoscenza, in alcuni centri di distribuzione postale, gli addetti al recapito riceverebbero indicazioni da parte dei vertici di Poste di tracciare tutto il corriere della posta « Evolution» in arrivo nella giornata a prescindere dalla consegna, mentre, secondo le procedure di servizio previste, la tracciatura deve tassativamente essere effettuata al momenti della consegna al destinatario da parte del portalettere;
   risulta evidente agli interpellanti che la gravità e l'ampiezza delle vicende sopra esposte, se confermate, delineerebbero il quadro di un vero e proprio sistema finalizzato a truffare sistematicamente le casse dello Stato, oltre che i cittadini e i lavoratori onesti –:
   se il Ministro possa chiarire i motivi per cui, nell'ambito dei compiti di vigilanza sull'attività di Poste italiane s.p.a. affidati al suo Ministero, non abbia assunto, una volta messo a conoscenza dei fatti e degli estremi di reato esposti in premessa, tutte le iniziative necessarie volte a contrastare lo scandalo dei controlli di qualità truccati all'interno di Poste, ivi inclusi la verifica dell'effettivo mantenimento da parte di Poste italiane s.p.a. della capacità di far fronte al servizio postale universale e di rispettare i parametri degli standard di qualità del servizio, nonché l'avvio di un'indagine interna alta a individuare i funzionari ministeriali coinvolti in una vicenda di tale gravità e ampiezza.
(2-01306) «Spessotto, De Lorenzis, Liuzzi, Carinelli, Dell'Orco, Paolo Nicolò Romano, Cominardi, Corda, Cozzolino, Crippa, Da Villa, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, Del Grosso, Della Valle, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Fantinati, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella».

Interrogazione a risposta immediata:


   MELILLA, RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in Italia esistono decine di fabbriche e di imprese dei più svariati settori che si trovano in affanno e che sono costrette a navigare a vista in una situazione di crisi generale che sovente stona con i toni rosei propri dell'attuale narrazione governativa sulla ripresa economica del Paese;
   per tutte queste realtà aziendali in difficoltà, il Ministero dello sviluppo economico tiene aperti da tempo dei tavoli di crisi, in cui il Governo si pone come parte terza nei vertici tra i sindacati e i rappresentanti aziendali, che si tengono periodicamente a Roma per studiare soluzioni a ogni singola vertenza. A coordinare i lavori, è una task force che lo stesso Ministero ha creato da anni al proprio interno sotto la guida di Giampiero Castano, con un passato da sindacalista della Fiom-Cgil e da direttore del personale in importanti aziende nazionali come Olivetti;
   nonostante la presenza di questa struttura ben organizzata, il Ministero dello sviluppo economico sembra essere abbastanza reticente nel comunicare all'esterno la propria attività;
   come evidenziato dalla stampa nazionale, interpellato da Business People, l'ufficio stampa del Ministero dello sviluppo economico ha, infatti, dichiarato gentilmente la propria indisponibilità a rilasciare dichiarazioni su queste vicende. Nulla da dire in più, rispetto al materiale informativo che da tempo è consultabile sul sito web del Ministero dello sviluppo economico, dove in effetti c’è una vera e propria mappa delle crisi aziendali di tutta Italia, accompagnata dai verbali degli incontri che si tengono periodicamente a Roma;
   a questi documenti, si aggiunge poi l'ultima relazione che il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato on line sulla propria attività di gestione delle crisi, svolta nel corso del primo semestre 2015;
   tirando le somme, le statistiche aggiornate alla fine di settembre attestano la presenza di ben 154 tavoli ancora aperti presso il Ministero dello sviluppo con più di 110.000 lavoratori coinvolti. Le persone che si trovano alle dipendenze di un'azienda in difficoltà sono dunque ancora tantissime e testimoniano come la congiuntura negativa, che da troppi anni attanaglia il nostro Paese, continui quasi quotidianamente a colpire molte famiglie;
   l'ultimo caso recentemente segnalato all'attenzione degli interroganti riguarda la Brioni di Penne (Pescara) che ha annunciato 400 esuberi, su un totale di 1250 dipendenti distribuiti in 3 stabilimenti dell'area vestina;
   una crisi purtroppo annunciata e su cui il gruppo Sinistra italiana aveva presentato atti di sindacato ispettivo per chiedere la convocazione di un tavolo nazionale con i vertici aziendali, i sindacati e la regione per scongiurare il rischio di una grave emergenza occupazionale cui il Governo non ha mai dato, sino ad oggi, alcuna risposta, con la conseguenza di lasciare i sindacati dei lavoratori, il comune di Penne e la regione Abruzzo completamente soli nel confronto con la proprietà della multinazionale francese, che ha raccolto una delle realtà più importanti dell'alta moda sartoriale italiana, vestendo anche molti personaggi illustri del mondo delle istituzioni e del cinema negli anni passati;
   investimenti sbagliati, scelte industriali fallimentari, improvvisazioni manageriali e crisi dell’export dovuta anche politici internazionali hanno determinato una grave crisi produttiva della azienda Brioni che ora dovrebbe essere pagata dalle lavoratrici e dai lavoratori con ben 400 esuberi: un colpo insostenibile per l'economia pescarese ed abruzzese attraversata da profonde crisi industriali;
   quella esposta rappresenta una delle tante crisi industriali che attanaglia il nostro Paese e su cui il Parlamento dovrebbe essere maggiormente coinvolto sia attraverso la costante informazione sull'andamento dei tavoli di crisi, sia mediante, in accordo con il Governo, l'apertura di vere e proprie sessioni sulle crisi finalizzate alla proposizione in sede parlamentare delle misure più utili su cui puntare per superare determinate criticità –:
   quali iniziative urgenti si intendano assumere alla luce di quanto descritto in premessa e se non si ritenga ormai improcrastinabile la convocazione di un tavolo nazionale con i vertici aziendali, i sindacati e la regione Abruzzo per assicurare la salvaguardia occupazionale e il rilancio industriale e produttivo di una grande azienda come la Brioni di Penne (Pescara). (3-02095)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIPPA, GALLINELLA, CARIELLO e DA VILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sono ormai diffusissimi in Italia siti e-commerce di vendita al dettaglio che trattano merce dichiarata provenienza extra UE e in particolar modo cinese;
   fra i tanti si citano siti come honorbuy.it, coolicool.com, grossoshop.net, aliexpress.com, tinydeal.com e myefox.it;
   tramite tali siti è possibile acquistare più disparati beni di consumo, dall'elettronica (mini-pc, smartphone, tablet e accessoristica), ad orologi, accessori sportivi, giocattoli, accessori per l'hobbistica fino a capi di abbigliamento;
   tali piattaforme, parallele ai siti e-commerce italiani, si distinguono per la commercializzazione di prodotti perlopiù introvabili tramite i canali convenzionali di provenienza e produzione cinese;
   non è specificato all'interno dei siti sopracitati se tali prodotti rispettino o meno gli standard europei di sicurezza, non riportando la marcatura CE, cioè la dichiarazione obbligatoria, rilasciata dal fabbricante di un prodotto regolamentato nell'Unione europea, che il prodotto in questione sia conforme ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive applicabili;
   tale punto risulta essere il più preoccupante, specie considerando, come già accennato, la vendita diretta ai consumatori italiani di giocattoli destinati direttamente ai bambini;
   alcune delle piattaforme commerciali sopracitate, tra cui aliexpress.com, offrono tra i tanti prodotti nel proprio catalogo anche le cosiddette sigarette elettroniche (anche dette e-cigarette o e-cig), ricariche liquide e accessori compatibili ad esse;
   il nostro Paese ha una propria regolamentazione circa i liquidi delle sigarette elettroniche che detta in maniera chiara le disposizioni da seguire per la commercializzazione in Italia;
   nel febbraio 2010 il Ministero della salute italiano, con nota protocollata DGPREV 0006710-P-11/02/2010, relativa all'etichettatura di preparati contenenti nicotina e sostanze pericolose (riportate nelle direttive 2001/95/CE e 1999/45/CE, adottate con decreto legislativo n. 52 del 1997) in base ai criteri richiesti dal decreto ministeriale, del 28 aprile 1997 e suoi aggiornamenti, ha chiesto a tutti i produttori di sigarette elettroniche di evidenziare su tutti i prodotti, la concentrazione di nicotina e, in caso di sua presenza, di apporre i necessari simboli di tossicità richiedendo inoltre di evidenziare la frase «Tenere lontano dalla portata dei bambini» su tutti i prodotti posti in vendita;
   i flaconi prodotti in Italia e regolarmente in commercio nel nostro Paese devono essere dotati di chiusura di sicurezza a prova di bambino, devono riportare la avvertenza di rischio tanto sulle etichette quanto sui foglietti illustrativi e devono riportare tutte le indicazioni utili per un uso consapevole della sigaretta elettronica;
   i prodotti distribuiti dai siti già citati non offrono alcuna garanzia di rispetto dei criteri sopracitati, operando di conseguenza in una fetta di mercato parallela a quella rispettosa della normativa vigente;
   tali siti inoltre non offrono i relativi periodi di garanzia disciplinati dal codice del consumo;
   i prodotti sopracitati per la maggior parte risultano essere dei cloni a basso costo, per non dire contraffazioni, di originali commercializzati regolarmente in Italia;
   secondo l'ultima relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo citata nell'articolo del sito ilfattoquotidiano.it del 1o marzo 2016, l’e-commerce «[...] per le sue caratteristiche si presta perfettamente ad una dislocazione internazionale dell'attività [la contraffazione]»;
   si fa presente inoltre che alcuni di questi siti offrono la possibilità, tramite piccolo sovrapprezzo, di spedire il prodotto interessato dall'utente tramite i propri magazzini siti in Europa, bypassando di fatto il «pericolo» di vedersi applicate tasse doganali suppletive al prezzo già compreso di prodotto finito e spese di spedizione –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti in premessa;
   per quale motivo tale pratica sia tollerata, nonostante questa sia a da avviso degli interroganti una palese operazione su scala mondiale di contraffazione «trasparente»;
   se i prodotti siano stati verificati e definiti conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalle direttive europee;
   se il Governo si stia adoperando, insieme ai Governi europei, per un censimento e una verifica dei centri di immagazzinamento e distribuzione europei e italiani di tali piattaforme e-commerce e se si stiano verificando qualità, provenienza di tali prodotti e conformità alle norme del percorso degli stessi, con l'esclusione o meno della violazione delle leggi doganali oggi vigenti. (5-08038)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Zampa e altri n. 1-01182, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mura.

  La mozione Rizzetto e Pisicchio n. 1-01189, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Prodani.

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Centemero ed altri n. 1-01184, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dalla deputata Giorgia Meloni che, contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventa la settima firmataria.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Maria e altri n. 5-08030, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 marzo 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nardi.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Parentela n. 4-12338, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 582 del 3 marzo 2016.

   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea ha deferito l'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea per violazione degli articoli 3 e 4 della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane. Tra gli inadempienti imputati al nostro Paese si riporta la mancata dotazione per molte città italiane – tra queste Crotone – di reti fognarie idonee a raccogliere e convogliare la totalità delle acque reflue urbane oltre ad aver disatteso la prescrizione di sottoporre gli scarichi ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente;
   nell'ambito della programmazione straordinaria del dipartimento finalizzata al superamento delle procedure di infrazione comunitaria (programma stralcio straordinario di interventi inseriti nel piano nazionale per il sud), nella seduta del CIPE del 30 aprile 2012, sono stati deliberati 16 interventi d'area, ritenuti prioritari nel settore ambientale della depurazione delle acque reflue urbane, per circa 218 milioni di euro, di cui 160 milioni di euro di quota pubblica;
   l'ottimizzazione e completamento dello schema depurativo dell'agglomerato di Crotone – è uno degli interventi cantierabili di cui all'allegato 1 – Accordo di Programma Quadro Depurazione delle Acque – con un costo di intervento di 2 milioni di euro. L'ATO di Crotone ha individuato il soggetto gestore dell'intervento nella società in house SOAKRO S.p.A e sono stati previsti da 65 a 90 giorni per lo svolgimento della gara e aggiudicazione, 360 giorni per la realizzazione dell'intervento e 90 giorni per la sua entrata in funzione. Ritenuto necessario un intervento finalizzato alla realizzazione di un by-pass dei liquami all'impianto di depurazione (linea biologica) già realizzato presso il nucleo industriale di Crotone con la conseguente demolizione dell'attuale impianto di depurazione ubicato nell'area urbanizzata si è programmato il ripristino funzionale del collettamento dei reflui fognari prodotti nella città di Crotone all'impianto di depurazione comunale sito in loc. Papaniciaro, e la piattaforma depurativa del Consorzio di sviluppo industriale di Crotone, situata in località Passovecchio;
   il depuratore di Crotone da circa un anno è sostanzialmente «bloccato» e non depura nulla. La gravissima situazione finanziaria della società SOAKRO spa, oggi fallita, che gestiva l'ambito territoriale ottimale della provincia di Crotone (ATO 3), ha impedito una corretta gestione degli impianti di tutta la provincia;
   in aggiunta a tutto ciò occorre considerare che il dipartimento provinciale Arpacal di Crotone, per tutto il 2015, non ha effettuato nessun tipo di controllo, a causa di un depotenziamento della sede, causato dal trasferimento presso altre sedi del personale assunto su Crotone (15 unità);
   gli impianti di depurazione a fanghi attivi, come sono tutti quelli della provincia di Crotone, producono un eccesso di fanghi che devono essere rimossi dagli impianti. Questi fanghi sono rifiuti speciali, che devono essere smaltiti in discarica con costi che oscillano mediamente tra 120-150 euro/tonnellate oltre Iva. Solo l'impianto di Crotone produce circa 20 tonnellate di fanghi di supero al giorno (umidità 25 per cento), che dovrebbero essere rimossi, per assicurare un equilibrio tra carico inquinante in ingresso e un'attività biologica corretta. Questi fanghi se non sono rimossi «bloccano» un impianto;
   gli impianti di Crotone sono obsoleti e sottodimensionati. Senza scendere nei dettagli tecnici, si può sintetizzare la carenza del depuratore nei seguenti punti:
    a) gli impianti sono sottodimensionati per numero di abitanti equivalenti, ciò significa che teoricamente dovrebbero essere trattati liquami per 72.000 AE, mentre in realtà arriva un carico inquinante di almeno 87.360 AE;
    b) il carico inquinante unitario considerato negli anni ’80, quando sono stati fatti lavori di ammodernamento agli impianti, è notevolmente inferiore a quello reale che andrebbe considerato (BOD5 specifico applicato: 30 g/abitante * giorno – BOD5 – specifico da normativa: 60 g/abitante * giorno);
    c) le vasche di denitrificazione del comparto biologico dovrebbero avere un volume di reazione pari a 3.830 metri cubi, mentre il volume delle vasche attuali è di 1.005 metri cubi; questo implica che la denitrificazione, per avvenire in queste condizioni, necessita di rapporti di riciclo elevati, cioè occorre far ritornare nell'impianto un volume grande di reflui, invece di farli uscire, con conseguente maggiorazione dei costi energetici;
    d) la produzione dei fanghi di supero giornaliera è il triplo di quella prevista, cioè 3.493 chilogrammi di sostanza secca invece di 1.264 chilogrammi, che con un grado di umidità di circa il 18 per cento, corrisponde a una produzione di rifiuti di circa 20 tonnellate/giorno, con un costo di 2.400 euro/giorno;
    e) gli impianti sono dotati di una linea di trattamento fanghi (digestione anaerobica) che avrebbe permesso una considerevole riduzione dei fanghi (35-40 per cento) e un loro recupero energetico, peccato non sia mai entrata in funzione;
    f) i fanghi prodotti in queste condizioni, dopo un semplice passaggio alla nastro pressa, non hanno nemmeno le caratteristiche per essere smaltiti in discarica tal quali, perché non hanno un contenuto di residuo secco di almeno il 25 per cento; ciò obbliga a considerare lo stoccaggio dei fanghi nei letti di essiccamento per consentire un abbattimento dell'umidità, oppure si dovrebbero ulteriormente trattare con un trattamento chimico fisico, ad esempio l'aggiunta di calce viva, e un ulteriore aumento dei costi;
   nelle scorse settimane tutti i reflui di Crotone by-passando il depuratore sono confluiti direttamente nel fiume Esaro. Non è che le cose siano cambiate di molto, perché con il depuratore «bloccato» sostanzialmente i reflui non subivano nessuna depurazione e venivano scaricati nel torrente Papaniciaro, il quale dopo poche centinaia di metri riversavano comunque nel fiume Esaro. L'impatto visivo è però notevole. Lo scarico fognario cittadino sotto gli occhi di tutti –:
   quali siano stati i lavori sinora realizzati per l'ottimizzazione dello schema depurativo dell'agglomerato di Crotone a fronte dei 2 milioni di euro destinati e quali siano i lavori restanti per il suo effettivo completamento;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto denunciato in premessa, quale sia il loro orientamento e se non ritengano di dover promuovere una verifica del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente al fine di monitorare livelli di inquinamento marini e torrentizi;
   se intendano promuovere per il tramite dell'Istituto superiore di sanità un'approfondita indagine epidemiologica per valutare e qualificare gli effetti dell'inquinamento del fiume Esaro sulla salute dei cittadini;
   se non si ritenga opportuno avviare dei controlli più stringenti sulla gestione degli impianti di depurazione sul territorio italiano, a fronte dei numerosi illeciti portati alla luce in questi anni dai carabinieri del NOE e dalle altre forze dell'ordine, ipotizzando anche un'iniziativa normativa volta al rafforzamento dei controlli, nell'ambito del sistema delle agenzie per la protezione dell'ambiente.
(4-12338)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Capelli n. 4-12171 del 19 febbraio 2016;
   interpellanza Pili n. 2-01291 del 1o marzo 2016;
   interrogazione a risposta in Commissione Galgano n. 5-08010 del 4 marzo 2016.

Ritiro di una firma da una mozione.

  Mozione Zampa e altri n. 1-01182, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o marzo 2016: è stata ritirata la firma della deputata Giorgia Meloni.