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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 19 febbraio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La XII Commissione,
   premesso che:
    l'intesa Stato-regioni e province autonome di Treno e Bolzano n. 82/2014 concernente il nuovo patto della salute 2014-2016 prevede al comma 1 dell'articolo 1 la determinazione del livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato pari a 109,928 miliardi di euro per il 2014; 112,062 miliardi per il 2015 e 115,444 miliardi per il 2016;
    la legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015) alla lettera c) del comma 398 dell'articolo 1, dispone che: «per gli anni 2015-2018 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, è incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA), in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale»;
    inoltre, il comma 556 dell'articolo 1 della citata legge di stabilità 2015 dispone che: «Il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato è stabilito in 112.062.000.000 euro per l'anno 2015 e in 115.444.000.000 euro per l'anno 2016, salve eventuali rideterminazioni in attuazione dell'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dal comma 398 del presente articolo in attuazione di quanto previsto dall'articolo 1, comma 1, del Patto per la salute»;
    l'intesa Stato-regioni e province autonome di Treno e Bolzano 2 luglio 2015 n. 113 concernente la manovra sul settore sanitario conviene sulla necessità di operare un efficientamento della spesa sanitaria, da adottare con atto legislativo, ove necessario, con conseguente rideterminazione del livello di finanziamento sugli ambiti di:
     a) beni e servizi;
     b) appropriatezza;
     c) applicazione del decreto del Ministro della salute 2 aprile 2015, n. 70, recante la definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
     d) farmaceutica territoriale ed ospedaliera;
     e) rideterminazione del livello finanziamento del Servizio sanitario nazionale (a decorrere dal 2015 si riduce di 2,352 miliardi il livello di finanziamento);
     f) misure alternative;
     g) disposizioni finali;
     h) ulteriori proposte di governance;
    il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali, all'articolo 9-bis recepisce quanto stabilito dall'intesa Stato-regioni e province autonome di Treno e Bolzano 2 luglio 2015 n. 113;
    nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2015, a cura del Ministero dell'economia e delle finanze viene indicata la spesa sanitaria pubblica in percentuale del prodotto interno lordo (PIL) che è pari a:
     2014: 6,9 per cento;
     2015: 6,8 per cento;
     2016: 6,7 per cento;
     2017: 6,7 per cento;
     2018: 6,6 per cento;
     2019: 6,5 per cento;
    il focus tematico n. 9 del 21 dicembre 2015 «La revisione della spesa pubblica: il caso della sanità», a cura dell'Ufficio parlamentare di bilancio riporta che: «Il DDL di stabilità ribadisce che il “rispetto dei livelli essenziali di assistenza” non deve essere messo a repentaglio dai risparmi, ma rimane da dimostrare la concreta compatibilità tra la riduzione del finanziamento programmata e la sostenibilità del SSN che, se non garantita, potrebbe dare luogo a sforamenti delle previsioni di spesa e/o a carenze nell'assolvimento della funzione di tutela della salute»;
    la legge 28 dicembre 2015 n. 208 (legge di stabilità 2016) al comma 568 dell'articolo 1 dispone che: «il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato, come stabilito dall'articolo 1, commi 167 e 556, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e dall'articolo 9-septies, comma 1, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, è rideterminato, per l'anno 2016, in 111.000 milioni di euro. Sono sterilizzati gli effetti derivanti dal periodo precedente sugli obiettivi di finanza pubblica delle autonomie speciali»;
    inoltre, il comma 680 all'articolo 1 della legge di stabilità 2016 dispone che: «le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai princìpi di coordinamento della finanza pubblica di cui alla presente legge e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 3.980 milioni di euro per l'anno 2017 e a 5.480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, in ambiti di spesa e per importi proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio di ciascun anno»;
    infine, il comma 682 dell'articolo 1 della succitata legge di stabilità 2016 dispone che: «il concorso agli obiettivi di finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario di cui all'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dal comma 681 del presente articolo, al netto del contenimento della spesa sanitaria e della corrispondente riduzione del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale per le regioni a statuto ordinario di cui agli articoli da 9-bis a 9-septies del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, è realizzato per l'anno 2016 secondo modalità da stabilire mediante intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2016»;
    il Ministro della salute in data 9 febbraio 2016 durante la trasmissione «Ballarò» ha dichiarato che: «abbiamo fatto dei calcoli con la Ragioneria dello Stato, sono cifre ancora non ufficiali ma se non succede niente di drammatico all'economia italiana, abbiamo al netto del budget già deciso nella Stabilità per il 2017 circa 1,5 miliardi di euro in più da spendere per sblocco turn over e farmaci innovativi. Questo perché essendo andata meglio l'economia è salito il Pil e si sono liberate più risorse»;
    il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari regionali, Gianclaudio Bressa, in data 11 febbraio 2016 ha dichiarato che: «Il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) salirà a 113 miliardi di euro nel 2017, dai 111 del 2016, e a 115 miliardi di euro nel 2018»;
    l'intesa in Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano concernente il contributo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario per l'anno 2016, propone al Governo, che i tagli previsti dal comma 680 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 per l'importo di 3.500 milioni di euro per l'anno 2017 e 5.000 milioni di euro per l'anno 2018 siano assorbiti e contestualmente si attesti il fabbisogno corrente del servizio sanitario nazionale a 113.062 milioni di euro per l'anno 2017 e a 115.000 milioni di euro per l'anno 2018 al fine di garantire i LEA e che tali stanziamenti assorbano il contributo alla finanza pubblica delle regioni per gli anni 2017 e 2018 sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto per l'importo indicato;
    l'articolo di prima pagina del quotidiano «Il Messaggero» pubblicato in data 14 febbraio 2016 riporta: «Crescita lenta, verso nuovi tagli. Potrebbero servire 2-4 miliardi in risparmi e dismissioni». In proposito il Sottosegretario per l'economia e le finanze, Enrico Zanetti, ha dichiarato che non è prevista alcuna manovra se non «piccoli aggiustamenti gestibili che non porterebbero ad alcun sconquasso»;
    infine, pesano le parole del presidente della Corte dei Conti, Raffaele Squitieri, riportate da numerosi organi di informazione il 18 febbraio 2016 e pronunciate durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario 2016. Secondo il presidente della Corte dei conti, la spending review e i tagli alla spesa che da anni opprimono il settore sanitario hanno comportato una decisa soppressione di servizi, mentre tutti gli sprechi, le illegalità e le inefficienze continuano a proliferare,

impegna il Governo:

   a predispone, entro il 31 maggio 2016, un'iniziativa normativa che individui le risorse necessarie per aumentare il Fondo sanitario nazionale, per gli anni 2017 e 2018, ai livelli indicati dal Ministro della salute e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianclaudio Bressa, recependo quanto proposto dalla Conferenza Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano;
   a promuovere, entro il 30 giugno 2016, un'intesa Stato-regioni e province autonome di Trento e Bolzano concernente sia il riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale che l'aggiornamento del patto della salute per il triennio 2017-2019.
(7-00926) «Grillo, Mantero, Silvia Giordano, Baroni, Lorefice, Colonnese, Di Vita, Dall'Osso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, commi 974-978, della legge n. 208 del 2015 (stabilità 2016), istituisce il programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia. Il comma 975, recita testualmente: «Ai fini della predisposizione del Programma, entro il 1o marzo 2016 gli enti interessati trasmettono i progetti di cui al comma 974 alla Presidenza del Consiglio dei ministri, secondo le modalità e la procedura stabilite con apposito bando, approvato, entro il 31 gennaio 2016, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Il comma successivo, 976, prevede la costituzione, composizione e modalità di funzionamento, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di un nucleo per la valutazione dei progetti di riqualificazione. Per l'attuazione del programma straordinario è istituito un fondo di 500 milioni di euro (comma 978);
   alla interrogante, ad oggi, non risulta emanato alcun bando e separano solo 11 giorni dal 1o marzo, data entro la quale gli enti interessati dovrebbero trasmettere i progetti alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 ottobre 2015 recante «Interventi per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 26 ottobre 2015, il Governo, dando attuazione all'articolo 1, comma 431/della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità per il 2015), ha provveduto all'approvazione di un bando con il quale sono definite le modalità e la procedura per la presentazione, da parte dei comuni, di progetti di interventi diretti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. La dotazione del Fondo per l'attuazione del piano nazionale per la riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate è di 44 milioni di euro per il 2015 e di 75 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017, per complessivi euro 194 milioni di euro. Anche per questo tipo di interventi, le tempistiche dettate dal Governo sono state ad avviso dell'interpellante improprie e disattese –:
   in quali tempi il Presidente del Consiglio intenda emanare il bando previsto al comma 975 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 e se non ritenga di assumere iniziative per dilazionare i tempi della presentazione delle proposte, che, data la complessità degli interventi, i tempi ristretti renderebbero inevitabilmente di scarsa qualità e scarsa partecipazione.
(2-01279) «Mannino».

Interrogazioni a risposta orale:


   GALGANO, OLIARO, VEZZALI, D'AGOSTINO, CATANIA, MOLEA, CATALANO, TINAGLI, FITZGERALD NISSOLI, SBERNA, FAUTTILLI, LOCATELLI, VECCHIO, GIGLI, RABINO, MATARRESE, VARGIU, NESI, GALLINELLA, CIPRINI e DAMBRUOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'11 giugno 2013 la Commissione europea ha presentato il Piano d'azione per l'industria europea dell'acciaio « EU Steel Action plan», con l'obiettivo di aiutare il settore a fronteggiare le sfide derivanti dalle conseguenze della crisi economica e a porre le basi per riconquistare competitività grazie all'innovazione e agli stimoli a favore della crescita e dell'occupazione;
   la diminuzione della domanda europea di acciaio registrata negli ultimi anni (-27 per cento rispetto ai livelli precedenti la crisi) è uno degli elementi più negativi assieme all'aumento della disoccupazione in questo settore. L'industria siderurgica europea è colpita dagli effetti simultanei della bassa domanda e della sovrapproduzione dell'acciaio a livello mondiale; allo stesso tempo si confronta con gli alti prezzi dell'energia e la necessità di investimento per adeguarsi alla green economy, che costringe a concepire prodotti innovativi in maniera sostenibile;
   l'Europa è ancora il secondo produttore mondiale di acciaio, e secondo l'Ocse la domanda globale aumenterà a 2,3 miliardi nel 2025, con una richiesta proveniente per la maggior parte dalle economie emergenti. Con una forza lavoro di 360 mila persone, ricavi per circa 170 miliardi e una presenza indispensabile per i settori dell'indotto, l'industria siderurgica è un elemento strategico per l'intera produzione europea;
   l'acciaio è strettamente connesso a molti altri settori industriali a valle (veicoli, costruzioni, elettronica, meccanica ed elettromeccanica) ed ha anche una notevole dimensione transfrontaliera: nell'Unione europea si contano circa 500 siti di produzione distribuiti in 23 Stati membri. Inoltre, l'acciaio, con la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, ha anche dato i natali al progetto europeo;
   il piano d'azione si fonda su sei pilastri essenziali: il miglioramento del quadro normativo, il rilancio della domanda, un migliore accesso a materie prime e mercati, politiche in materia di energia e clima, più innovazione, difesa dell'occupazione e formazione;
   tale piano prevede, infatti, misure mirate a mettere in atto un quadro normativo adeguato, a sostenere l'occupazione nel settore, a facilitare la ristrutturazione per garantire che i lavoratori altamente qualificati vengano trattenuti in Europa, a rilanciare la domanda di acciaio, a migliorare l'accesso ai mercati esteri e garantire condizioni di parità nella concorrenza, a ridurre i costi dell'energia, a promuovere l'innovazione, a garantire efficienza energetica e processi produttivi sostenibili;
   per la prima volta dal piano Davignon del 1977, il piano d'azione sull'acciaio si propone di supportare la domanda sia interna che estera di acciaio prodotto nell'Unione europea, grazie ad interventi che permettano alle imprese siderurgiche europee di avere un giusto accesso ai mercati dei paesi terzi, senza essere vittime di pratiche commerciali ingiuste;
   i fondi per il piano d'azione verrebbero da tre fonti principali: fondi europei, contributi degli Stati membri e fondi della Banca europea degli investimenti;
   dopo la presentazione del piano, la Commissione europea ha proposto l'istituzione di un gruppo di alto livello per controllare l'attuazione del medesimo e fare il punto dei progressi compiuti nei successivi dodici mesi;
   a dicembre 2014, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione per chiedere il rilancio dell’«EU Steel Action plan» e la prosecuzione del confronto attraverso il gruppo di alto livello;
   le industrie europee operanti nel settore si trovano a fronteggiare la concorrenza mondiale dei Paesi più produttivi, capitanati dalla Cina, da cui arriva il 50 per cento dell'acciaio del pianeta e la cui sovraccapacità sta destando preoccupazione vista la contrazione della domanda;
   il 13 febbraio 2016 la Commissione europea ha annunciato l'apertura di tre nuove indagini anti-dumping nel settore dell'acciaio sui tubi senza saldatura, le lamiere da treno e l'acciaio piatto laminato a caldo prodotti in Cina. Inoltre, Bruxelles ha anche imposto dazi su prodotti piatti laminati a freddo prodotti in Cina e Russia) che vanno dal 13,8 per cento al 16 per cento per le società cinesi e dal 19,8 per cento al 26,2 per cento per le imprese russe;
   con questi nuovi interventi, la Commissione europea è arrivata a 37 misure di difesa anti-dumping in essere contro una serie di prodotti siderurgici, mentre sono nove le indagini in corso in questo campo;
   diversi ministri europei hanno segnalato il rischio imminente di collasso del settore europeo dell'acciaio, a fronte del «dumping» da parte della Cina, che metterebbe in vendita all'estero l'acciaio a prezzi inferiori a quelli praticati sul mercato interno;
   a lanciare l'allarme, in una lettera comune indirizzata alla Commissione europea e al Consiglio d'Europa, sono stati i ministri tedesco Sigmar Gabriel, francese Emmanuel Macron, italiano Federica Guidi, polacco Mateusz Morawiecki, britannico Sajid Javid, belga Kris Peeters e lussemburghese Etienne Schneider che hanno richiamato l'Ue ad «utilizzare tutti i mezzi disponibili e agire con forza per rispondere a questa nuova sfida». Fra le misure da adottare, i ministri hanno citato «strumenti di difesa commerciale nel quadro del commercio mondiale (Omc)» e altri strumenti per «modernizzare l'industria siderurgica europea», come ad esempio il sostegno all'innovazione;
   nel frattempo, Cecilia Malmström, la commissaria europea del commercio, ha chiesto da diversi giorni al suo omologo cinese l'adozione di misure per ridurre le capacità di produzione del settore;
   la Cina ha risposto auspicando che la Commissione europea rispetti l'organizzazione mondiale del commercio e utilizzi strumenti leciti. «Le esportazioni cinesi di acciaio – ha fatto sapere il ministero cinese degli esteri – sono aumentate l'anno scorso del 19,9 per cento e hanno salvato moltissime nostre aziende a rischio chiusura, a causa del calo della domanda interna. La sovrapproduzione – ha sottolineato la Cina – è un problema globale per l'acciaio e può essere risolto solo con il dialogo e la cooperazione»;
   intanto, il 15 febbraio 2016, a Bruxelles, migliaia di operai metalmeccanici e di imprenditori hanno preso parte alla manifestazione anti-dumping organizzata da Aegis Europe, lobby industriale europea che riunisce circa 30 associazioni Ue di vari settori, e da Eurofer per chiedere alla Commissione europea di introdurre i dazi per proteggere il mercato dalle vendite sottocosto che arrivano dalla Cina e negare alla stessa la concessione dello « status di economia di mercato» (MES), prevista dopo quindici anni di presenza all'interno dell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto), di cui Pechino fa parte dal 2001, in quanto porterebbe a un'automatica sospensione delle misure antidumping adottate nei confronti del Paese per contrastare la vendita di merci cinesi a prezzi inferiori di quelli di produzione del mercato interno dell'Unione europea;
   quale sia lo stato di attuazione del piano d'azione per l'industria europea dell'acciaio approvato nel 2014 e quali iniziativa il Governo stia adottando o intenda adottare, anche in sede europea, per fare in modo che venga effettivamente applicato e portato avanti, considerando che il settore siderurgico riveste un ruolo strategico per l'economia europea, essendo strettamente connesso a molti altri settori industriali, e che secondo i dati forniti dalla Commissione europea la chiusura degli impianti nel settore siderurgico ha già causato la perdita di 60 mila posti di lavoro dal 2007 a oggi e un calo della produzione passata da 210 a 166 milioni di tonnellate. (3-02026)


   FIORIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la procedura di conferimento della protezione costituisce, insieme al passaggio alle Dop ed Igp, una delle novità introdotta dalla riforma dell'Organizzazione comune di mercato vino del 2008, poi confluita nell'attuale «Ocm unica» così come disciplinata dal regolamento: (UE) numero 1308 del 2013;
   la domanda di protezione di una denominazione di origine o di una indicazione geografica può essere presentata da qualunque associazione di produttori e rappresenta uno strumento irrinunciabile per promuovere le specificità del settore, della tradizione e del rilievo socio-economico e culturale delle denominazioni nei principali Paesi vitivinicoli europei;
   la disciplina precedente era caratterizzata per un sistema centrato sulle decisioni assunte dagli Stati membri. Le autorità nazionali erano infatti le sole autorità competenti a riconoscere i «vini di qualità prodotti in regioni determinate» (Vqprd) ed i vini da tavola con indicazione geografica. Esse trasmettevano i relativi elenchi alla Commissione europea il cui compito si limitava alla pubblicazione degli stessi nella serie C della Gazzetta ufficiale dell'Unione europea dopo aver verificato la conformità delle decisioni nazionali con la disciplina vitivinicola comunitaria;
   la disciplina vigente ha introdotto, al contrario, un nuovo sistema, che a differenza del precedente, prevede una procedura di registrazione suddivisa in due fasi, una nazionale ed una comunitaria, un diritto d'opposizione e la decisione finale che spetta alla Commissione europea;
   tale novità (che presentava anche una fase transitoria conclusa il 31 dicembre 2011) ha comportato un aumento delle competenze a carico dei servizi della Commissione europea, a cui tuttavia sembra non aver fatto seguito un potenziamento dell'organico dagli uffici della Direzione generale agricoltura e sviluppo rurale dell'Unione europea, la quale ha peraltro dovuto attuare il programma di riduzione della spesa imposto dalla stessa Commissione per far fronte ai tagli di bilancio decisi dagli Stati membri in occasione dall'adozione delle quadro finanziario pluriennale 2014-2020;
   tutto ciò ha portato, finora, ad un prevedibile allungamento dei tempi di risposta della Commissione europea, con moltissime pratiche che, a quanto risulta all'interrogante, sarebbero da alcuni anni in attesa di risposta;
   tali ritardi rischiano inevitabilmente di compromettere le attività ai produttori e ridurre le tutele nei confronti dei consumatori –:
   se quanto esposto in premessa, relativamente alle pratiche inevase dalla Commissione dell'Unione europea rispetto alla procedura di conferimento della protezione dei prodotti vitivinicoli corrisponda al vero, e quali interventi urgenti il Governo intenda intraprendere, per quanto di competenza, nei confronti delle autorità europee, al fine di risolvere in tempi brevi questa grave problematica. (3-02027)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BUSINAROLO, BARONI, CECCONI e GRILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la legge 30 maggio 2014, n. 81 (cosiddetto «svuotacarceri») ha dato il via alla chiusura degli Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) presenti sul territorio nazionale e ha disposto la contestuale attivazione delle Rems (residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza), alle quali dovevano essere assegnati i pazienti con disturbo psichico, autori di reato, già ospitati negli Opg dove, tra l'altro, in molti casi sono stati evidenziati episodi di maltrattamenti nei confronti dei pazienti;
   ad oggi, però, dei sei Opg presenti sul territorio nazionale l'unico chiuso risulta essere quello di Castiglione delle Stiviere (Mantova) (peraltro trasformato in Rems con un semplice cambio di denominazione;
   risulta all'interrogante che siano state realizzate alcune Rems provvisorie, a Bologna ed a Parma, che accolgono 21 internati provenienti dalla Lombardia (5) e soprattutto dal Veneto (16), legione che risulta più indietro nella realizzazione delle nuove strutture;
   al 15 dicembre 2015 nei quattro Opg ancora attivi, Reggio Emilia, Aversa di Barcellona Pozzo di Gotto e Montelupo, risultavano 164 internati, mentre 98 persone ritenute «destinatarie di una misura di sicurezza detentiva» sono ancora in libertà, poiché non possono entrate negli Opg, come previsto da legge, ma neanche nelle Rems. Sono invece stati trasferiti 455 pazienti ma alcuni, a causa della mancanza di letti nella propria regione, sono stati ricoverati lontano, in regioni diverse, andando così a sovraccaricare le Rems già esistenti;
   per questi ritardi accumulati e per le inadempienze è stato disposto per diverse regioni, il procedimento di nomina di un commissario governativo che si sostituirà all'amministrazione regionale per portare a conclusione il processo di costituzione della Rems;
   nei giorni scorsi l'assessore alla sanità della regione Veneto, Luca Coletto, ha criticato la decisione, assunta in sede di Conferenza Stato-regioni, di non accogliere la richiesta formale della Conferenza dei Presidenti, di sospendere l'annunciato commissariamento di alcune regioni, tra cui il Veneto, per non aver realizzato in tempo le Rems, dove invece sarebbero attivi già 16 letti presso l'ex ospedale di Nogara (Verona) ed altri 16 dovrebbero essere realizzati e attivati entro maggio prossimo;
   la struttura realizzata a Nogara (Verona) risulta essere soltanto una struttura provvisoria. Questa soluzione ha previsto l'adattamento del secondo piano dell'ala est dell'ex ospedale «Stellini», piano già pronto per diventare comunità alloggio. Tale Rems provvisoria sembra non essere attrezzata per affrontare eventuali situazioni di emergenza che potrebbero insorgere negli ospiti evidenziando così la precarietà e i gravi ritardi della regione a questo proposito –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa e se ritengano opportuno assumere iniziative per procedere alla nomina di un commissario per la regione Veneto al fine di garantire tempi certi e rapidi per la realizzazione delle Rems in maniera definitiva, che consentano condizioni di vita dignitose all'interno delle strutture ospitanti. (5-07842)


   GRILLO, DA VILLA, CANCELLERI, DI BENEDETTO, DI VITA, LUPO, MANNINO, NUTI, LOREFICE, MARZANA, RIZZO e VILLAROSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   sul sito del Governo 23 luglio 2014, si legge l'articolo: «Firmati contratti di sviluppo a sostegno di progetti strategici. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato oggi a Palazzo Chigi 24 nuovi contratti di sviluppo a sostegno di altrettanti progetti strategici d'investimento in Italia e soprattutto nel Mezzogiorno. Sotto la regia di Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, alla data di oggi sono stati approvati in tutto, in pochi mesi, trentasei programmi. (...) Alla presenza del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi e del Sottosegretario alla Presidenza Graziano Delrio, alcune imprese protagoniste dei nuovi contratti hanno firmato un preaccordo con Invitalia, rappresentata dall'amministratore delegato Domenico Arcuri», risultando coinvolte molte aziende italiane, tra cui la ITEM;
   dallo stesso sito del Governo e nell'identico giorno alla voce «Documenti» sono presenti delle slide, a cura di Invitalia, dal titolo: «I contratti di sviluppo: sostegno a grandi progetti strategici»; a pagina 13, per quanto riguarda i contratti da stipulare per il turismo e commercio si menziona la società ITEM, per il settore di attività «ricettività alberghiera» in Sicilia, per un investimento totale di 48.410.000 euro e agevolazioni per 24.205.000 euro;
   a pagina 40 delle slide, già citate, si legge: «ITEM – oggetto: Il programma di investimenti prevede la ristrutturazione del complesso turistico “La Perla Jonica”, attualmente dismesso. L'intervento complessivo prevede la realizzazione di una struttura alberghiera e congressuale classificata quattro stelle superior, la cui gestione sarà garantita dal Gruppo Hilton. Localizzazione Acireale (CT) Investimenti 48,4 milioni di euro circa Agevolazioni 24 milioni di euro circa a fondo perduto Occupazione (salvaguardia + nuova occupazione) 240 addetti»;
   il decreto del Mise, 9 dicembre 2014, contratti di sviluppo – all'articolo 9 (fase di accesso, negoziazione e concessione delle agevolazioni), comma 4, lettera a), prevede, a cura dell'Agenzia (Invitalia) la verifica dell'affidabilità tecnica, economica e finanziaria delle imprese proponenti, e, alla lettera d), della sostenibilità finanziaria del programma di sviluppo, con riferimento alla capacità delle imprese di sostenere la quota parte dei costi delle immobilizzazioni previste dal programma di sviluppo non coperte da aiuto pubblico;
   l'articolo 13, comma 2, del sopracitato decreto ministeriale, prevede che l'Agenzia al 30 giugno e al 31 dicembre di ciascun anno, trasmette al Ministero un rapporto sulle attività svolte, fornendo in particolare dati e informazioni riguardando l'avanzamento fisico, finanziario e amministrativo dei programmi di sviluppo e le eventuali revoche;
   il comma 3 del citato articolo prevede che l'Agenzia effettua, entro il termine del completamento dell'investimento, almeno una ispezione per ciascuna impresa beneficiaria, al fine di verificare le condizioni per la fruizione e il mantenimento delle agevolazioni, nonché l'attuazione del progetto agevolato;
   da notizie stampa (pubblicate dai giornali on-line LiveSicilia del 30 luglio 2015 e dal giornale L'Urlo del 1o febbraio 2015)  si apprende che si è tenuto un incontro tra l'amministratore delegato della società ITEM Salvo Mantia e il sindaco di Acireale Roberto Barbagallo; nell'incontro sono stati presentati i lavori degli interni che trasformeranno Perla Jonica nel nuovo Hotel Catania Capo Mulini;
   il progetto di ristrutturazione del complesso Perla Jonica ha avuto il sostegno dello sceicco Hamed Ahmed Bin Al Hamed, degli Emirati Arabi, principale investitore nella realizzazione dell'Hilton a Catania Capo Mulini;
   la società ITEM ha affidato i lavori alla Volteo Energie spa; quest'ultima a sua volta ha stipulato con la società dello sceicco un contratto per i lavori «chiavi in mano» della struttura di Capo Mulini per 47 milioni di euro; i lavori interesseranno l'intera ristrutturazione del complesso, comprendendo l'albergo, le palazzine, il centro congressi, il ristorante e gli impianti sportivi;
   parte dei finanziamenti sarebbero già arrivati ad aprile 2015, con una prima tranche di 7 milioni di euro, che la società ITEM avrebbe girato alla Volteo Energie Spa;
   da novembre 2015 il cantiere dei lavori risulta essere fermo, a seguito di notevoli ritardi nei pagamenti alle aziende che hanno realizzato interventi nel complesso Perla Jonica;
   un provvedimento emesso dal giudice Sabatino Mariapaola, del tribunale di Catania, come riporta un articolo del giornale on-line L'Urlo del 1o febbraio 2016, intima alla Volteo Energie spa di restituire ad ITEM srl tutte le aree di cantiere ancora eventualmente in suo possesso –:
   se il Governo sia a conoscenza delle iniziative intraprese da Invitalia in merito alle verifiche di affidabilità tecnica, economica e finanziaria per quanto riguarda la società ITEM proponente del contratto di sviluppo «ricettività alberghiera» – Sicilia, che prevedeva un investimento totale di 48.410.000 euro ed agevolazioni per 24.205.000 euro;
   se il Governo sia a conoscenza del rapporto che Invitalia deve trasmettere, al 30 giugno ed al 31 dicembre di ogni anno, al Ministero di riferimento sulle attività svolte, fornendo dati riguardo all'avanzamento fisico, finanziario e amministrativo dei programmi di sviluppo e alle eventuali revoche;
   se il Governo sia a conoscenza di azioni d'ispezione di Invitalia verso la ITEM, società beneficiaria del contratto di sviluppo «ricettività alberghiera» – Sicilia, al fine di verificare le condizioni per la fruizione delle agevolazioni, nonché l'attuazione del progetto agevolato;
   se corrisponda al vero che una parte dei finanziamenti agevolati del contratto di sviluppo «ricettività alberghiera» – Sicilia siano stati già erogati alla società ITEM e quale sia il loro eventuale importo;
   se il Governo non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di intraprendere tutte le iniziative per verificare se vi sia stato un eventuale mancato rispetto della normativa per le agevolazioni finanziarie alla società ITEM, che risulta essere proponente del contratto di sviluppo «ricettività alberghiera» – Sicilia. (5-07844)

Interrogazione a risposta scritta:


   CAPELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di aprile del 2015 Alitalia e CONI hanno concluso un accordo strategico biennale che prevede la scelta del predetto vettore quale compagnia aerea di riferimento per i viaggi degli iscritti alle Federazioni sportive italiane in cambio di agevolazioni tariffarie e servizi dedicati in favore di questi ultimi;
   in conseguenza di questo accordo, Alitalia dal dicembre 2015 (e fino al giugno 2016) ha attivato una tariffa speciale, detta « sport light», riservata agli iscritti delle Federazioni sportive italiane;
   tale tariffa prevede che il gruppo di viaggiatori sia costituito da almeno cinque persone che viaggino insieme con il medesimo itinerario di andata e ritorno da svolgere nell'arco temporale tra il giorno precedente e quello successivo la gara;
   le condizioni tariffarie previste dal ricordato accordo tra Alitalia e CONI risultano particolarmente favorevoli per le gare in trasferta delle società sportive, che possono raggiungere Milano o Roma con voli di andata e ritorno da un altro aeroporto italiano, affrontando una spesa contenuta pari a circa 79 euro per un volo A/R;
   in maniera sconcertante, però, questa agevolazione non è concessa alle società sportive residenti in Sardegna;
   si tratta di un colpo durissimo ed ingiustificabile nei confronti di tutte quelle società sportive sarde che già soffrono del problema dell'insularità e delle distanze da coprire ogni volta che il calendario dei campionati nazionali imponga loro di andare in trasferta;
   limitandosi solo al calcio dilettantistico, vengono di fatto discriminate rispetto a tutte le omologhe società delle altre regioni italiane, ben 19 squadre di calcio sarde;
   si tratta, come detto, di un colpo durissimo ed inaccettabile, che si aggiunge a tutte le difficoltà che lo sport sardo affronta quotidianamente. Si può dire che questa decisione di Alitalia, dettata da mere (e miopi) logiche di mercato, contribuisce grandemente al collasso dell'intero sistema sportivo della Sardegna;
   Alitalia, in un comunicato del 7 dicembre 2015, ha giustificato la sua decisione affermando che il contratto di servizio in essere tra Alitalia e regione Sardegna per garantire la continuità territoriale dell'isola già prevede tariffa (onerata) agevolata per i passeggeri dei voli Cagliari-Roma Fiumicino e Cagliari-Milano Linate e ritorno;
   si tratta di una riposta che evidenzia imbarazzo per una decisione secondo l'interrogante inqualificabile. Infatti, la tariffa agevolata prevista dal contratto di servizio e ricordata da Alitalia mira a compensare i disagi connessi alla condizione di insularità, consentendo ai cittadini sardi di essere trattati come tutti gli altri cittadini italiani, scongiurando il rischio dell'isolamento geografico;
   l'esclusione degli sportivi sardi dalle agevolazioni previste dall'accordo tra Alitalia e CONI, invece, mette di nuovo in condizione di svantaggio dei cittadini rispetto agli altri, vanificando di fatto proprio quella continuità territoriale di cui si parla in modo inappropriato;
   non è inutile ricordare, poi, che le tariffe agevolate previste dalla continuità territoriale sono in media più elevate di quelle che risulterebbero dall'applicazione della tariffa detta « sport light»;
   si nota, inoltre, che l'obiettivo di valorizzazione dello sport perseguito dal CONI con l'accordo con Alitalia citato, non può ammettere distinzioni e riguarda tutto lo sport italiano;
   il presidente del CONI Malagò, infatti, al momento della presentazione dell'accordo con Alitalia ha affermato che la partnership era volta a diffondere un «forte messaggio di unità ed identità nazionale»;
   il mancato inserimento della Sardegna va, invece, ed esplicitamente, proprio in controtendenza con quanto affermato dal presidente del CONI;
   in Sardegna, inoltre, è particolarmente avvertita l'esigenza di promuovere il valore sociale, formativo ed educativo dello sport come strumento di aggregazione e di integrazione sociale, oltre che di valorizzazione dei giovani atleti isolani;
   il fatto che Alitalia sia il vettore assegnatario dell'esercizio dei voli Cagliari-Roma Fiumicino e Cagliari-Milano Linate in regime di continuità territoriale non costituisca un impedimento all'estensione di ulteriori agevolazioni tariffarie ai passeggeri dei suddetti voli;
   infatti, il decreto ministeriale n. 61 del 21 febbraio 2013 – con il quale il Governo, conformemente alla proposta formulata dalla regione Sardegna, ha imposto gli oneri di servizio pubblico sui servizi aerei di linea sulle rotte tra i principali scali aeroportuali isolani e quelli di Roma-Fiumicino e Milano-Linate – indica nell'allegato tecnico le tariffe agevolate massime, soggette ad adeguamento esclusivamente sulla base del tasso di inflazione e delle variazioni del costo del carburante, con l'unico vincolo per il vettore di non applicare ulteriori maggiorazioni o surcharge non previste dalla legge, sicché «gli aumenti tariffari di qualsiasi entità ed a qualsiasi titolo imposti, determinati ed applicati al di fuori delle procedure sopra indicate, sono illegittimi» –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare il perpetuarsi di una situazione di inaccettabile discriminazione sul piano dei trasporti nei confronti degli sportivi sardi, penalizzati rispetto a quelli del resto d'Italia dalla esclusione decisa da Alitalia.
(4-12171)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, L'ABBATE, GALLINELLA, SPADONI, DI BATTISTA, GAGNARLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, SCAGLIUSI, GRANDE, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da molti articoli apparsi su vari quotidiani, solo in conseguenza del fermo, operato il 13 gennaio 2016 dalla guardia costiera francese, del motopeschereccio sanremese «Mina», che stava calando le reti per la pesca al gambero al traverso del confine terrestre italo-francese, in acque territoriali italiane, si è venuti a conoscenza dell'esistenza di un accordo bilaterale siglato dal Ministro interrogato e dal suo omologo francese Fabius con il quale sono state cedute porzioni di mare alla Francia, aree notoriamente tra le più pescose e battute da imbarcazioni liguri e sarde; tra l'altro, un'operazione simile è scattata negli stessi giorni quando un peschereccio sardo una volta lasciato il porto di Alghero ha raggiunto le tradizionali/aree/di pesca al nord dell'isola e si è sentito intimare dalle autorità francesi lo «stop» immediato;
   una prima demarcazione tra le acque territoriali italiane e quelle francesi risale a un accordo del 1892, successivamente integrato dalla Convenzione relativa alla delimitazione delle frontiere marittime nell'area delle Bocche di Bonifacio dei 1986, la quale, secondo una clausola contenuta nel citato accordo, verrebbe poi abrogata in virtù delle norme e dei principi del diritto internazionale applicabili in materia di delimitazioni marine, quali espressi nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, in particolare il principio di equidistanza nella delimitazione dei mari territoriali e il principio di equità nella delimitazione degli spazi marittimi sotto giurisdizione dei singoli Stati;
   questo nuovo accordo, siglato 21 marzo 2015 all'Abbaye aux Dames de Caen, in Basse-Normandie, con molta riservatezza (anche se poi le foto della firma del trattato e la cartina dei nuovi confini sono stati pubblicati sul sito del Service hydrographique et océanographique de la Marine – Shom), ridefinendo i confini marini in senso palesemente favorevole alla Francia, sembra assegnare alla stessa, sempre a quanto si apprende, visto che non è ancora possibile leggere il testo, la pescosissima fossa del cimitero (in realtà cinque punti di pesca, profondi da 550 a 900 metri, ribattezzati dai pescatori italiani Cimitero, Fuori Sanremo, Ossobuchi, Vapore e il Banco), dove si riproducono e vivono i gamberoni rossi, una specie pregiatissima e molto richiesta;
   il fermo dei pescherecci italiani da parte delle autorità francesi indica che l'Accordo in parola è di fatto pienamente operativo per il Governo francese, nonostante l'Italia non lo abbia ancora ratificato e che pertanto è di tutta evidenza la violazione della disposizione contenuta nell'accordo stesso che subordina l'entrata in vigore al primo giorno del secondo mese successivo alla data dell'ultima notifica di ratifica –:
   quali ragioni abbiano motivato la revisione della delimitazione dei mari territoriali e delle zone sotto giurisdizione italiana e francese;
   per quale ragione il Parlamento non sia stato ancora investito della questione attraverso il deposito del disegno di legge di ratifica e nessuna delle regioni interessate ne sia stata informata;
   come intenda procedere al fine di risolvere l'increscioso accadimento con la Repubblica francese per garantire che la stessa risarcisca i pescatori illegittimamente fermati e non ostacoli, nelle more dell'entrata in vigore dell'accordo, il regolare svolgimento delle attività di pesca da parte dei pescherecci italiani. (5-07846)


   PILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   non ci sono più dubbi: il Governo italiano avrebbe «ceduto» il mare al nord della Sardegna in cambio della tutela dell'arcipelago toscano;
   non si tratta di un'indiscrezione ma di un documento ufficiale del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che ha solennemente affermato: «Nel corso dei negoziati che hanno portato alla firma dell'Accordo, la parte italiana ha ottenuto di mantenere immutata la definizione di linea retta di base per l'arcipelago toscano, già fissata dall'Italia per la delimitazione del mare territoriale nel 1977»;
   si tratta secondo l'interrogante di un'ammissione gravissima e che costituisce un atto lesivo dell'interesse economico della Sardegna;
   tutto questo non può essere ulteriormente sottaciuto;
   si tratta di un'ammissione senza precedenti, ma della conferma dell'atteggiamento del Governo nei confronti della Sardegna;
   il Governo ha ignorato i diritti dei sardi e ha pensato alla tutela dell'arcipelago toscano cui è interessato il Presidente del Consiglio dei ministri;
   questa non è l'unica affermazione scandalosa del comunicato del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
   nel documento è scritto anche che «per il mare territoriale tra Corsica e Sardegna, è stato completamente salvaguardato l'accordo del 1986, inclusa la zona di pesca congiunta»;
   si tratta, secondo l'interrogante, di un'affermazione del tutto priva di fondamento;
   nell'accordo di Caen è scritto in modo esplicito che tale accordo, quello del 1986, sarà abrogato integralmente;
   le aree di pesca comune riguardano invece un solo minuscolo spazio sul lato ovest, ma nessuno spazio comune ad est, nella parte più importante e rilevante;
   tutto questo costituisce un atto grave, visto che il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale dichiara palesemente circostanze prive di fondamento e afferma di fatto che la Sardegna è stata sostanzialmente scambiata con la Toscana;
   deve essere revocato l'accordo tra Italia e Francia;
   oggi più che mai quell'intesa deve essere cancellata proprio per la gravità dei suoi contenuti;
   scoprire e averne la conferma da un comunicato ufficiale del Governo che la Sardegna è stata sostanzialmente «barattata» per la Toscana, regione del Presidente del Consiglio dei ministri, è a giudizio dell'interrogante semplicemente indegno di uno Stato;
   tutto questo è non solo inaccettabile ma richiede una mobilitazione dura per contrastare questo atteggiamento dello Stato che continua a considerare la Sardegna una vera, e propria colonia;
   va anche verificato, ai fini degli atti di competenza, se nel comportamento di chi ha predisposto, negoziato e sottoscritto tale accordo non si riscontrino profili valutabili in sede penale;
   in questo contesto il codice penale persegue il reato di «chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato, si rende infedele al mandato se dal fatto possa derivare nocumento all'interesse nazionale;
   appare evidente non solo il danno economico ma anche quello morale per la cessione di sovranità e di diritti, non solo della Sardegna e del popolo Sardo;
   non esistendo nessuna possibile comparazione tra quanto ceduto e quanto ricevuto in quello che la Farnesina definisce negoziato appare evidente che il danno è tale da far derivare un gravissimo nocumento all'interesse nazionale;
   si tratta di un accordo che va revocato senza se e senza ma;
   si tratta di una lesione grave alla Sardegna e di una cessione gratuita di sovranità davvero inaccettabile –:
   se non intenda con somma urgenza, in virtù di quanto richiamato in premessa, comunicare nelle competenti sedi l'intenzione del Governo di non procedere con le iniziative di competenza per la ratifica e conseguentemente, assumere iniziative per la revisione dello stesso accordo;
   se non intenda correggere le affermazioni, secondo l'interrogante gravi e prive di fondamento, contenute nel comunicato, con particolare riferimento all'accordo del 1986 che secondo quanto previsto nell'accordo verrà abrogato;
   se non intenda valutare il danno economico causato da tale accordo;
   se non intenda far conoscere la valutazione della comparazione tra quanto ceduto e quanto ottenuto al fine di valutare il danno all'interesse nazionale;
   se non intenda valutare la possibilità, per quanto di propria competenza, di segnalare alle autorità giudiziarie eventuali reati commessi da chiunque abbia, con affari di Stato in territorio estero, provocato nocumento all'interesse nazionale. (5-07851)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 18 dicembre 2015 la società Edison spa ha presentato una nuova istanza di verifica di assoggettabilità e valutazione di impatto ambientale, per la realizzazione di un terminale di rigassificazione a Rosignano Solvay (Livorno), come «revisione alla variante progetto Rosignano», chiedendo la revisione di un vecchio progetto similare («variante progetto Rosignano», caratterizzato da un terminale GNL Onshore con capacità di 8 miliardi mc/anno, 2 serbatoi ciascuno con capacità 160.000 mc/anno – capacità massima metaniere 140.000 mc) che nel 2010 aveva ottenuto parere positivo di VIA – DEC VIA 844/2010 (a seguito del quale, sono stati presentati due ricorsi: un ricorso al Tar del Lazio, presentato dall'Associazione italiana per il Wwf for Nature onlus; un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica dall'Associazione «Forum Ambientalista»). L'attuale progetto è stato sostanzialmente modificato e risulta essere addirittura peggiorativo rispetto precedente con Via favorevole;
   da fonti stampa, si apprende che la stessa giunta comunale di Rosignano con delibera n. 22, riferendosi al progetto della Edison spa esprime preoccupazione sugli «Impatti significativi sull'ambiente», ritenendo le modifiche (rispetto al progetto che aveva riscosso la Via nel 2010), «sostanziali» e tali da poter costituire «aggravio del preesistente livello di rischio di incidente rilevante» (in base alle leggi Seveso I-II-III tale impianto non sarebbe ammissibile in un luogo già ad alto rischio in cui sono presenti altri impianti come quello della sodiera Solvay SA). Secondo uno studio approfondito, effettuato da una équipe di tecnici (incaricati dal comune per esaminare il nuovo progetto) si palesa che «L'introduzione di nuove tipologie o modalità di accadimento di incidenti ipotizzabili dovute alle modifiche o estensioni previste nel progetto presentato determinano nuovi potenziali scenari incidentali e/o distanze di danno associate con conseguente ripercussione sulle persone e sull'ambiente che devono essere valutate e verificate». Nello specifico, rispetto al precedente progetto, le modifiche principali individuate dai tecnici risultano essere: diversa ubicazione dei serbatoi di stoccaggio gnl, modifica sostanziale al tracciato delle pipeline criogeniche per il trasporto gnl dal pontile all'impianto, modifica della piattaforma di attracco/ormeggio presso il pontile denominato Solvada ai fini dell'installazione di un sistema di caricamento gnl su bettoline  installazione di una nuova stazione di caricamento gnl su autocisterne nell'area dell'impianto, individuazione di una nuova area esterna rispetto all'area del terminale e delimitata da relativa fence che potrà, in una seconda fase, essere adibita al caricamento ferroviario, modifica del tracciato ferroviario interno, modifica del tracciato stradale interno;
   l'area di realizzazione del terminale dovrebbe essere localizzata in parte su un'area industriale, già ad alto rischio di incidente rilevante, interessata da procedimento di bonifica non concluso sia dei suoli e sottosuoli sia delle acque sotterranee (l'interferenza non solo potrebbe comportare un costo ambientale rilevante ma anche un significativo aggravio per la sicurezza e la salute della comunità);
   il sito di Vada-Rosignano non essendo area portuale, non risulta agli interroganti rispettare i criteri del «Documento di consultazione per una Strategia Nazionale sul Gnl» (approvata con decreto ministeriale 8 marzo 2013);
   in base al «piano di indirizzo territoriale Pit» della regione Toscana, il progetto del rigassificatore, non potrebbe essere consentito in quanto inciderebbe negativamente sull'ecosistema costiero, altererebbe il paesaggio costiero e le falde acquifere, provocherebbe fenomeni di erosione costiera (e fenomeni artesiani), e non risulterebbe essere in linea con gli interventi di ricostituzione della continuità dunale dei tratti degradati;
   il progetto della Edison spa, se venisse realizzato provocherebbe l'incrementato del traffico marino causando gravosi danni alla fascia costiera identificata come «riserva naturale Tomboli Cecina» (istituita con decreto ministeriale 13 luglio 1977 di proprietà del demanio dello Stato, peraltro ricomprendente aree Zps di cui alla direttiva 79/409/CEE), danni all'area marina protetta «Santuario dei Cetacei» e al parco nazionale arcipelago Toscano; inoltre, la continua movimentazione di sabbie del fondo marino, molto inquinato da mercurio arsenico, cromo, cadmio, zinco, nickel (scaricati dall'impianto della Solvay), provocata dalle grosse eliche delle metaniere e dei rimorchiatori, rimetterebbe in circolo i metalli tossici, ed esporrebbe a ulteriore nocività bagnanti e popolazione residente;
   i dati dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico rilevano che il consumo di gas metano in Italia è crollato da 85 miliardi di metri cubi nel 2005 a 60 miliardi nel 2014, ampiamente coperti dai gasdotti esistenti; infatti, in termini di quadro programmatico, sembra non siano state effettuate valutazioni inerenti agli effetti sul versante dell'offerta e dei consumi di gas e quindi sulla contemporanea presenza di altri impianti e sul rischio di sottoutilizzo di detti impianti; il piano energetico regionale non prevede il terminale onshore di Rosignano –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga doveroso avviare una nuova valutazione di impatto ambientale, sia perché il nuovo progetto risulta essere estremamente difforme dal precedente sia perché ad oggi sono scaduti i termini di validità dei precedenti pareri di valutazione di impatto ambientale;
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non reputi necessario avviare iniziative che possano concretamente tutelare l'ambiente e salvaguardare un'area come quella di Rosignano, già gravemente, inquinata, alterata e snaturata a causa degli insediamenti produttivi che ospita. (4-12174)


   FASSINA e GREGORI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la delibera del Cipe n. 121 del 21 dicembre 2001, riguardante il primo programma delle opere strategiche da realizzarsi ai sensi della legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo), prevedeva la costruzione del collegamento autostradale A12-Pontina Appia e della bretella Cisterna-Valmontone;
   l’iter autorizzativo legato a tale opera presenta, a giudizio degli interroganti, alcune gravi lacune legate all'ambito di applicazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11, finalizzata ad attuare le direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (16G00013), (GU n. 23 del 26 gennaio 2016);
   inoltre, il tracciato previsto dell'opera autostradale interessa inoltre il parco regionale di Decima-Malafede e incide direttamente sul sito d'importanza comunitaria (SIC) «Sughereta di Castel di Decima», inserito nella rete «Natura 2000» e protetto ai sensi della direttiva comunitaria 92/43/CEE;
   il progetto in questione si sviluppa inoltre, per alcuni tratti, a ridosso di quartieri urbani densamente popolati, con particolare riferimento ai comprensori di Vitinia, Torrino Mezzocammino, Villaggio Azzurro e Tor de Cenci, con prevedibile e pesante impatto, secondo gli interroganti, dell'inquinamento acustico e atmosferico sulla qualità della vita in aree abitative consolidate, anche considerando le previsioni di traffico pesante (Tir) –:
   se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative, anche normative, volte ad evitare il grave ed irreparabile, impatto paesaggistico e ambientale che deriverebbe dalla realizzazione della suddetta opera autostradale, con particolare riferimento all'Agro Romano, Pontino e dei Castelli Romani, ai siti di importanza comunitaria, alle aree naturali protette di rilievo nazionale e regionale direttamente coinvolte, anche tenuto conto del rischio sussistente, secondo gli interroganti, che venga avviata una procedura comunitaria di infrazione ai sensi della cosiddetta «direttiva Habitat», la direttiva 92/43/CEE, in relazione al pesante impatto previsto dal progetto dell'autostrada A12-Tor de cenci, sul sito di importanza comunitaria (SIC) «Sughereta di Castel di Decima»;
   se i Ministri interrogati non ritengano altresì opportuno, considerate le gravi carenze e incongruenze rilevate a suo tempo dalla Corte dei Conti sul progetto di cui in premessa e visto il nuovo codice degli appalti pubblici di cui alla legge n. 11 del 2016, assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a sospendere e revocare le procedure di aggiudicazione e finanziamento delle tratte autostradali in questione, anche in relazione agli impegni assunti dal Governo in materia di riduzione del consumo di suolo, trattandosi in questo caso della distruzione di alcune migliaia di ettari di grande valore agricolo, paesaggistico e ambientale. (4-12183)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le vestigia della Sardegna romana rappresentano uno dei segni più importanti della storia antica dell'isola e, in particolare, appare fondamentale la valorizzazione (anche ai fini di nuovo sviluppo economico) del periodo di sicuro splendore che la città di Cagliari ha conosciuto in epoca romana, diventando la capitale della provincia di Sardegna e Corsica;
   l'importanza della città romana è ancora oggi certificata dalla persistenza di grandi opere edilizie urbane, quali l'Anfiteatro, la Villa di Tigellio, il mausoleo di Attilia Pomptilla;
   appaiono davvero straordinarie anche le necropoli riconducibili a tale periodo storico: una localizzabile a Tuvixeddu, in continuità con quella punica, un'altra disposta nell'area ricompresa tra le chiese di San Lucifero, San Saturnino e San Bardilio e la terza nell'area dell'odierno Viale Regina Margherita, riservata ai marinai della Classis Misenensis;
   l'importanza dei ritrovamenti archeologici di epoca romana consolida la convinzione che sia utile trovare «elementi narrativi» che possano supportare la comunicazione di merito e la promozione dell'immagine culturale e turistica della città di Cagliari;
   le vestigia della città romana appaiono peraltro ubiquitariamente disposte al di sotto dell'intero centro cittadino e riemergono costantemente ogni qual volta vengono disposti scavi nelle aree prospicienti il porto di Cagliari, in particolare nel quartiere di Stampace;
   le testimonianze archeologiche di epoca romana rappresentano pertanto un significativo biglietto da visita della storia remota della città di Cagliari e possono dunque contribuire in modo rilevante alla costruzione della identità culturale ed economica della città;
   appare assai importante, sotto il profilo mediatico e comunicativo, individuare «elementi simbolici» che possano rapidamente consentire l'identificazione dell'immagine della città con la sua ricchezza culturale del tempo passato;
   oltre tre secoli or sono, in maniera quasi casuale, nel corso di attività agricole in un terreno prospiciente la Chiesa dell'Annunziata, nel quartiere cagliaritano di Stampace, emerse un mosaico pavimentale policromo, delle dimensioni di circa 9 x 6,5 metri, di grande pregio e qualità, che riconsegnò ai ricercatori una splendida immagine di Orfeo intento a suonare la lira, circondato da una moltitudine di animali;
   secondo il canonico Spano che scrive in merito nel Bollettino archeologico sardo del novembre del 1858, tale meraviglia ritrovata attirò immediatamente l'occhiuta attenzione dei piemontesi che, nel 1762, diedero incarico all'intendente generale, cavalier Gemiliano Deidda, di disporre il trasferimento in terraferma del manufatto;
   prima di disporre il trasporto in Piemonte (che avvenne nel successivo 1763), per incarico delle autorità, il mosaico venne integralmente e fedelmente riprodotto in un disegno dal pittore Domenico Colombino;
   la deportazione dell'Orfeo a Torino inferse purtroppo danni clamorosi al manufatto, che venne diviso in varie spedizioni separate, alcune delle quali andarono perdute o irrimediabilmente danneggiate, con sparizione di alcune delle scene che erano originariamente raffigurate nel mosaico;
   attualmente, la parte, «salvata» del mosaico, comunque di straordinario interesse e bellezza, è esposta presso il museo archeologico di Torino, divisa in quattro frammenti, il più grande dei quali raffigura Orfeo e la sua lira e ha dimensioni di circa 163 x 259 centimetri;
   tale immagine di Orfeo è considerata una delle più belle raffigurazioni di tale personaggio mitologico e, conseguentemente, è stata esposta nella celebre mostra su Costantino e il suo editto, allestita nel Palazzo Reale di Milano sino al marzo 2013 e, successivamente, a Roma presso il Colosseo e la Casa Iulia;
   il rilancio dell'immagine di Cagliari, capitale italiana della cultura per il 2015, passa decisamente attraverso il recupero delle ricchezze artistiche e archeologiche indebitamente sottratte all'Isola dai suoi dominatori;
   in particolare, l'Orfeo della Villa di Tigellio, ha tutte le carte in regola per contribuire alla caratterizzazione dell'offerta museale cittadina, potendo diventare in prospettiva una delle icone della Cagliari romana –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire il rientro a Cagliari, la valorizzazione e la piena fruizione in adeguato ambiente espositivo del mosaico dell'Orfeo rinvenuto nel quartiere cagliaritano di Stampace nel 1762 ed attualmente esposto nel museo archeologico di Torino. (4-12169)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito del procedimento di bonifica ex Titolo V del Testo unico ambientale relativo al sito inquinato del poligono militare Cellina-Meduna, posto in capo al dipartimento ARPA di Pordenone, si è posta, alla fine del 2013, la necessità di verificare, oltre alla contaminazione di tipo chimico dei suoli derivante dalle esercitazioni, anche la presenza di contaminazione radioattiva;
   è stato così coinvolto personale specializzato in radioprotezione afferente alla struttura operativa semplice fisica ambientale dell'Agenzia, che, durante i primi sopralluoghi volti all'individuazione dei punti idonei al prelievo di campioni di suolo allo scopo di verificare l'eventuale presenza di uranio depleto, ha rinvenuto all'interno del poligono, presso alcuni bersagli, la presenza anomala di Th-232;
   sulla base dei riscontri strumentali, di opportune indagini bibliografiche e del confronto con l'autorità militare (Comando della 132a Brigata Corazzata «ARIETE»), è stato possibile appurare che la presenza del radionuclide Th-232, in quantità superiori a quelle del fondo naturale nel sito in esame, poteva essere imputata all'uso, nel recente passato, nell'ambito di esercitazioni militari, di missili MILAN, che contenevano tale isotopo radioattivo;
   l'impatto di tali missili sui bersagli ha prodotto una contaminazione radioattiva più o meno marcata, che fortunatamente è risultata fortemente limitata nello spazio alla sola zona di collisione;
   dopo le prime indagini preliminari, volte alla raccolta di informazioni sufficienti a definire uno specifico programma di lavoro, è stato quindi avviato, all'interno dell'area bersagli del poligono di tiro Cellina Meduna, previo accordo con l'autorità militare ed in particolare con la 132a Brigata Corazzata «ARIETE», che ha anche supportato logisticamente la SOS Fisica ambientale durante le operazioni in campo, un piano per la completa caratterizzazione radiologica del sito, con i seguenti obiettivi principali: 1. determinazione dei livelli di contaminazione e definizione delle aree e dei volumi contaminati; 2. valutazione dell'eventuale contaminazione di falde acquifere e/o della catena alimentare; 3. determinazione dell'eventuale necessità di intervento e sue modalità; 4. valutazione dell'eventuale dose alla popolazione; 5. valutazione della dose ai lavoratori impegnati nella eventuale bonifica;
   la SOS Fisica ambientale di ARPA Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con il dipartimento di Pordenone della stessa ARPA e con l'allora A.S.S. n. 6 «Pordenonese», ha quindi predisposto anche un piano di campionamento di acque potabili, acque di falda e di alimenti allo scopo di completare il quadro delle analisi svolte sul sito;
   sono state richieste informazioni relative alle modalità di utilizzo ed alle caratteristiche tecniche dei missili MILAN usati presso il poligono Cellina-Meduna;
   è stato infine posto un quesito all'Istituto superiore di sanità sulla definizione dei limiti di riferimento per la contaminazione radioattiva relativa ai composti non normati, quali il Th-232, e da parte dello stesso Istituto sono state quindi fornite alcune valutazioni radio protezionistiche;
   a causa delle ridotte possibilità di accesso al sito, posizionato all'interno di un poligono per esercitazioni militari che viene normalmente utilizzato, e delle condizioni atmosferiche particolarmente sfavorevoli nel 2014, con frequenti precipitazioni, le attività di misura in campo e prelievo campioni, si sono protratte per oltre un anno;
   durante tale attività sono state effettuate centinaia di misure di intensità di dose gamma e livello di radiazione e spettrometria gamma in situ, con e senza schermatura, oltre a prelievi di campioni di suolo, vegetali e particolato atmosferico;
   i campioni sono stati poi trattati ed analizzati presso il laboratorio di spettrometria gamma della SOS Fisica ambientale di ARPA Friuli Venezia Giulia;
   alcuni dei campioni di suolo sono stati inviati al laboratorio radiazioni Ionizzanti del dipartimento tematico radiazioni di ARPA Piemonte per la determinazione dell'eventuale presenza di uranio depleto, mentre i campioni di acqua potabile e di falda sono stati inviati al laboratorio del Centro regionale di radioprotezione di ARPA Lombardia per le analisi del torio e dell'attività α e β totale;
   sia per l'effettuazione di alcune misure in campo che per l'analisi dei dati è stato inoltre necessario acquisire nuovi accessori per la strumentazione e nuovi software per i quali è stata necessaria l'effettuazione della messa a punto in funzione della piena disponibilità operativa;
   l'uso di diverse tecniche di misura, in situ e in laboratorio, l'analisi dei dati e delle informazioni raccolte, hanno permesso di ottenere con sufficiente chiarezza un quadro completo della contaminazione da Th-232 in tutta l'area oggetto di indagine e dell'eventuale rischio per la popolazione e per i lavoratori;
   lo studio è stato svolto dalla struttura operativa semplice fisica ambientale di ARPA Friuli Venezia Giulia, con il supporto del laboratorio unico regionale della stessa ARPA Friuli Venezia Giulia ed in collaborazione con il dipartimento provinciale di Pordenone della stessa Agenzia;
   lo studio, che ha comportato 27 giornate di lavoro in campo, decine di prelievi di campioni e conseguente loro trattamento e preparazione, centinaia di misure sia in campo che in laboratorio, oltre all'elaborazione dell'enorme mole di dati prodotti, ha portato alla definizione dei livelli di contaminazione e delle aree e dei volumi contaminati da Th-232, derivante dall'utilizzo di missili MILAN durante le esercitazioni svolte presso il poligono Cellina-Meduna;
   i bersagli contaminati sono risultati essere quelli individuati dai numeri 5, 6, 7 e 8 e la contaminazione è risultata strettamente confinata ai bersagli stessi ed alle loro immediate vicinanze;
   le superfici contaminate, considerate cautelativamente, sono risultate pari a circa 4000 metri quadrati;
   le stime totali dell'attività di Th-232 sui bersagli contaminati, anche in questo caso calcolate in maniera del tutto cautelativa, comprensive del Th-232 naturalmente presente nel sito, forniscono valori superiori di un ordine di grandezza a quelli che potrebbero essere stimati sulla base del numero di missili MILAN che il Comando militare esercito del Friuli Venezia Giulia ha dichiarato siano stati sparati nell'area del poligono;
   alla luce di quanto riportato nelle relazioni è evidente la presenza di sostanze radioattive anche all'interno del suddetto poligono;
   nonostante le mai precise e a volte contraddittorie affermazioni contenute nelle stesse relazioni si è accertato che dai missili Milan venivano rilasciate sostanze radioattive;
   non è chiaro e tantomeno dichiaro il numero di missili Milan, nelle varie articolazioni e specifiche, acquistati, utilizzati e disponibili da parte dell'Esercito italiano;
   non è dato sapersi il quantitativo di missili utilizzati nei vari scenari di guerra e di esercitazione;
   non è dato sapersi il costo di questi missili e l'ammontare complessivo del loro acquisto –:
   se non ritenga necessario fornire i dati relativi all'esatto quantitativo di missili Milan acquistati dall'Esercito italiano dal primo acquisto ad oggi;
   se non ritenga di dover fornire un preciso inventario degli acquisti dei missili e dell'utilizzo degli stessi, indicando in quale quantità e in quale scenario;
   se non ritenga di dover indicare i nominativi dei responsabili delle centrali di acquisto e dei vertici che hanno avallato tali acquisti;
   se non ritenga di dover fornire precise informazioni sulla dislocazione dei missili Milan ancora in dotazione all'Esercito italiano;
   se non ritenga di dover fornire indicazioni quantitative sul numero di missili Milan utilizzati nelle varie basi militari e poligoni a partire da quelli dislocati in Sardegna;
   se esistano nei poligoni sardi scorte di missili Milan, dove siano dislocate e in quale quantità. (5-07847)


   PILI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il quadro complessivo delle informazioni per far piena luce sull'annosa vicenda dell'uranio impoverito è del tutto insufficiente e inadeguato a svolgere qualsiasi tipo di analisi sui gravissimi effetti provocati dall'utilizzo di tali armi e sulla permanenza di militari e civili in scenari e aree dove è stato utilizzato l'uranio impoverito;
   niente, o comunque si è trattato di iniziative del tutto insufficienti, è stato fatto per tracciare l'utilizzo di armi e il passaggio di militari o civili in aree dove sono state utilizzate armi all'uranio impoverito;
   si registra un grave e conclamato silenzio su dati e sulle analisi e il tutto viene coperto da un riserbo che appare sempre di più colpevole da parte delle istituzioni a partire da quelle in capo al Ministero della difesa;
   in Italia non si è incominciato nemmeno a censire e monitorare quanto è avvenuto negli scenari di guerra dove sono stati impiegati i militari italiani;
   sono assolutamente indispensabili e urgenti questionari estremamente dettagliati sugli uomini che operano e hanno operato in ambienti dove sono state usate armi all'uranio impoverito;
   negli USA esistono norme estremamente precise in merito all'impiego degli uomini;
   nei vari questionari che i comandi devono riempire è scritto tutto nel massimo dettaglio, considerando per esempio il caso di una persona che entra in un carro armato distrutto, colpito da armi all'uranio, è scritto che deve essere reso noto se la persona vi è stata 5 minuti, 10 minuti, 20 minuti o 30 minuti. Ciò perché il rischio muta a seconda della durata della permanenza della persona nel carro armato;
   nei reparti italiani mancando simili questionari, non si può dedurre nulla di tutto ciò;
   la persona può essere restata nel carro armato 5 minuti come tutta la giornata. Spesso addirittura non è riportato nemmeno che la persona è stata dentro il carro armato. Ad esempio, è accaduto che per il personale che è stato in Somalia o nei poligoni non venisse nei documenti caratteristici citato nemmeno il fatto che era stato impiegato in Somalia o nei poligoni;
   l'Italia presenta purtroppo dati assolutamente incompleti;
   è indispensabile tener conto dei dati sul personale civile che si è ammalato di tumore o altro;
   3761 militari sono malati di tumore, però questa cifra riguarda appunto solo militari in servizio, omette di prendere in considerazione i militari in congedo, come omette di prendere in considerazione i civili (organizzazioni di volontari che si sono trovati all'estero, vedi ad esempio in Bosnia), oppure personale civile, ad esempio vivente nei poligoni, nei quali possono essere state usate armi all'uranio impoverito;
   non esistono dati sull'esistenza di malformazioni alla nascita, sia per i bambini nati da figli di personale che è stato contaminato, sia per i cuccioli di animali (si veda, ad esempio, agnello a due teste);
   non esistono i dati relativi alle mogli o compagne di militari che si sono ammalati, perché la loro malattia può dipendere da rapporti sessuali e quindi dalla trasmissione di cause di malattie legate all'attività del marito o compagno;
   il Generale Angioni (operazione in Libano) ebbe a dire, per quanto consta all'interrogante, che le coppie dovevano evitare di avere figli per 3 anni;
   non esiste quadro di esistenza di armi all'uranio impoverito in Italia;
   tali armi erano comunque utilizzate per effettuare test sulla resistenza dei carri armati (Leopard ed altri) alla perforazione da parte di proiettili all'uranio impoverito. Solo delle corazzature (o blindature) all'uranio impoverito potevano garantire una certa sicurezza al personale operante nei carri armati, per ciò che concerne la resistenza nei riguardi delle armi all'uranio impoverito;
   è semplicemente insostenibile e deprecabile la composizione del Comitato di verifica, composto nella quasi totalità da alti ufficiali che hanno prestato servizio nella sanità militare, dove le valutazioni risultano inappellabili perfino dal Ministero della difesa (Previmil) –:
   se il Governo non ritenga di dover disporre, con immediatezza, la predisposizione nei vari comandi che hanno alle dipendenze uomini che operano o hanno operato in ambienti dove sono state usate armi all'uranio impoverito, di questionari estremamente dettagliati al fine di poter esprimere valutazioni su casistiche e rischi;
   se non si ritenga di dover predisporre tali questionari con modalità analoghe a quelle esistenti negli USA, dove i questionari sono estremamente precisi in merito all'impiego degli uomini;
   se non si ritenga di dover indicare che i comandi garantiscano nei questionari un dettaglio tale da poter risalire, per esempio, a quanto tempo (5 minuti, 10 minuti, 20 minuti o 30 minuti) un militare è stato a contatto con un carro armato distrutto, colpito da armi all'uranio;
   se non si ritenga necessario dover affidare uno studio scientifico di ricerca operativa all'Istat o alla facoltà di matematica di una università italiana con particolare competenza in calcolo delle probabilità, uno studio che tratti questa delicatissima ma fondamentale questione;
   se non si ritenga di dover raccogliere i dati sul personale civile che si è ammalato di tumore o altro in base a possibili contatti con uranio impoverito in scenari dove sono state utilizzate armi con tale caratteristiche;
   se non si ritenga necessario raccogliere i dati sull'esistenza di malformazioni alla nascita, sia per i bambini nati da figli di personale che è stato contaminato, sia per i cuccioli di animali (si veda ad esempio, il caso di un agnello a due teste);
   se non si ritenga di dover raccogliere i dati relativi alle mogli o compagne di militari che si sono ammalate, considerato che la loro malattia può dipendere da rapporti sessuali e quindi dalla trasmissione di cause di malattia legate all'attività del marito o compagno;
   se non si ritenga di dover riesaminare attentamente la possibilità di esistenza di armi all'uranio impoverito in Italia;
   se non si ritenga di dover assumere iniziative per modificare con somma urgenza la composizione del Comitato di verifica, che non può operare in modo diverso da come si opera in campo civile, mentre le sue valutazioni risultano inappellabili perfino dal Ministero della difesa, facendo sì che tale comitato sia composto da esperti di consolidata fama individuati dal Ministero della salute. (5-07852)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   FOLINO, PLACIDO, PANNARALE e DURANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane ha deciso che il servizio di prelievo del bancomat di Poste Italiane fra Puglia e Basilicata resterà attivo solo durante le ore di apertura degli sportelli per ovviare ai fenomeni delinquenziali;
   sono oltre 200 gli sportelli nella sola Puglia che resteranno in stand by fuori orario d'ufficio. Una decisione presa dal responsabile della sicurezza regionale pugliese di Poste italiane, dopo l’escalation degli scassi avvenuti nell'ultimo periodo sul territorio, a danno dei bancomat di Poste, ma anche di altri istituti;
   la decisione è scaturita non tanto dal danno del furto in sé, dato che il denaro rubato è coperto da assicurazione, quanto dal costo delle operazioni di ripristino dell'erogatore automatico. Ai direttori di agenzia Poste Italiane, l'azienda si è limitata a dare direttive senza troppe spiegazioni, con una nota che recita «i postamat vanno svuotati delle banconote di cui sono forniti e disattivati, per essere riforniti e resi disponibili solo alla riapertura del turno lavorativo successivo»;
   la Federconsumatori che, insieme alla Slc Cgil, disapprova la disattivazione del bancomat nelle ore serali e nel week-end, critica questa decisione, sottolineando che prima i consumatori sono stati fidelizzati e poi abbandonati;
   il principio causale di tale decisione aziendale rafforza ancora di più la posizione del presidente della Federconsumatori Basilicata – Rocco Ligrani – e del segretario regionale Slc Cgil – Tonino Greco –, che si oppongono a gran voce alla decisione del colosso italiano del business postale e finanziario;
   gli assalti ai bancomat e gli atti furtivi sono, effettivamente, in aumento ma, privare giovani, consumatori, correntisti e pensionati del servizio di prelievo dei contanti è un atto, a giudizio degli interroganti, deflagrante nei confronti della garanzia dei diritti degli utenti;
   il sistema bancomat nasce per soddisfare le esigenze di quanti necessitano di usufruire del servizio di prelievo al di fuori degli orari di apertura degli sportelli e nei week-end e la disattivazione del bancomat nei suddetti orari sarebbe un reale controsenso;
   le soluzioni da poter attivare per ovviare ai fenomeni delinquenziali potrebbero essere improntate sul rafforzamento della messa in sicurezza degli sportelli bancomat e non privando i consumatori del loro diritti;
   la decisione risulta ancora più grave per gli interroganti se si considera che l'interruzione del servizio bancomat dopo l'ora di chiusura degli sportelli degli uffici postali sarebbe un impedimento inammissibile per il rilancio dell'economia del turismo per la Basilicata che cerca di costruire occasioni anche in vista di Matera capitale della Cultura europea;
   l'associazione Federconsumatori Basilicata e la Slc Cgil chiedono all'azienda e allo Stato di rivedere la decisione assunta e provvedere a valutare l'efficacia di altre soluzioni risolutive;
   anche Federconsumatori di Taranto e provincia ha denunciato i disservizi procurati ai cittadini da Poste Italiane. «Il servizio bancoposta – spiega l'associazione di tutela dei consumatori – tanto reclamizzato dall'azienda si rivela ancora una volta non efficiente e lacunoso. Infatti in questo fine settimana non è stato possibile utilizzare gli sportelli automatici per momentanea interruzione del servizio (così si leggeva sul monitor) che, nostro malgrado, è rimasto interrotto per l'intero arco di tempo. Tale situazione viene aggravata dalla comunicazione degli Uffici Postali che gli sportelli automatici il cui servizio per ovvie ragioni, dovrebbe essere attivo 24h su 24h viene ridotto ai soli orari d'Ufficio. Poste italiane non è nuovo a questi disagi, infatti sono tante le segnalazioni che pervengono ai nostri sportelli. Denunciamo pertanto questo comportamento di Poste Italiane e metteremo in campo tutte le azioni per la risoluzione dell'annoso problema»;
   in pochi giorni, già sono molti i disagi registrati, soprattutto nei piccoli comuni, dove spesso il postamat è l'unico mezzo per poter prelevare contante fuori dagli orari d'ufficio. Tra gli esempi, si evidenzia quello di Rocchetta Sant'Antonio, in provincia di Foggia, dove tutti si affidano al postamat per prelevare dopo che all'istituto bancario del posto è stato fatto saltare il bancomat per ben due volte in pochi mesi, tanto da spingere la filiale a non ripristinarlo più. A Rocchetta, come anche in altre realtà dell'entroterra pugliese, la possibilità di prelevare il contate è garantita solo da Poste Italiane e adesso per prelevare anche 50 euro per la spesa i correntisti sono costretti a fare come minimo 12 chilometri;
   la realtà di Rocchetta è molto simile a tante altre dove, come nel caso di Celle di San Vito e Castelnuovo della Daunia, le Poste, sono l'unico istituto di credito presente. Al danno si aggiunge la beffa di dover prelevare presso altri istituti con l'applicazione di una commissione su ogni operazione. La protesta è stata ampliata da Federconsumatori e dal Movimento Consumatori Puglia che hanno annunciato battaglia a Poste Italiane;
   appare inammissibile la decisione di Poste di arrendersi davanti alla criminalità e disattivare gli sportelli bancomat –:
   quali iniziative si intendano intraprendere, per quanto di competenza, affinché Poste Italiane non discrimini i cittadini della Puglia e della provincia di Matera, che non potranno fruire dell'indispensabile continuato servizio, così come tutti gli altri cittadini italiani;
   se non si ritenga necessario intraprendere iniziative per cercare di impedire a criminali di assaltare i postamat e per tutelare i cittadini ed in modo particolare le aree più disagiate, dove le poste sono l'unico presidio ancora esistente per questa tipologia di servizi. (4-12175)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:


   FABBRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il regolare svolgimento dei processi, in tutte i suoi aspetti, è principale responsabilità del Ministero della giustizia;
   la legge di stabilità 2015 legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha previsto l'istituzione di un fondo per il recupero di efficienza del sistema giudiziario e il potenziamento dei relativi servizi, nonché per il completamento del processo telematico (articolo 10) e il trasferimento allo Stato, dal 1o settembre 2015, dell'obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni (articolo 38, commi 6-10);
   è iniziata da pochi giorni l'udienza preliminare dell'inchiesta Aemilia sulla `ndrangheta in Emilia Romagna;
   si tratta di un evento di portata eccezionale per la regione Emilia Romagna, sia per il numero di persone coinvolte che per la necessità di imponenti misure di sicurezza;
   la regione Emilia-Romagna, impegnata con una forte azione di contrasto alla criminalità organizzata anche costituendosi parte civile nel processo, ha speso quasi 800.000 euro per garantire che la suddetta l'udienza preliminare si tenesse a Bologna e non venisse spostata altrove come più volte paventato a causa della mancanza di locali idonei a contenere il cospicuo numero di imputati;
   dopo l'udienza preliminare, il dibattimento si dovrebbe spostare a Reggio Emilia, visti i probabili patteggiamenti e giudizi abbreviati, ed anche in questo caso, se il numero degli imputati dovesse restare elevato, servirà nuovamente un'aula attrezzata;
   il cambio di sede processuale inevitabilmente comporterà un aggravio di risorse non solo per lo spostamento della sede processuale, ma anche di imputati e testimoni nonché della documentazione necessaria –:
   se sia in grado di garantire il regolare svolgimento di processi di questo genere, dal punto di vista economico ma anche della pubblica sicurezza, evitando ulteriori esborsi alla regione Emilia Romagna.
(3-02028)


   BINETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   tempo fa l'interrogante ha già segnalato in una interrogazione al Ministro della salute, interrogazione a risposta scritta 4-10126, del 4 agosto 2015, seduta n. 475, che non ha avuto risposta, la situazione di un bambino autistico: Angelo, allontanato da sua madre e dalla sua famiglia e messo in una casa-famiglia di Trieste. I problemi del bambino si erano accentuati dopo un cambio del trattamento farmacologico che lo aveva profondamente scompensato, rendendolo aggressivo e poco controllabile;
   i problemi di Angelo nel frattempo hanno assunto un aspetto, che va ben oltre l'aspetto sanitario, e che ha profondi risvolti con la gestione dei servizi sociali di cui si avvale il tribunale dei minori di Trieste. Per questo l'interrogazione oggi è rivolta in primis al Ministro della giustizia, analogamente a quanto fatto con una interrogazione su materia simile riguardante l'allontanamento forzato di bambini dalla loro famiglia, e in concreto dalla loro madre, presentata il 6 ottobre 2015, seduta n. 496, relativamente alla condizione di due fratellini di Battipaglia e ancora in attesa di risposta;
   attualmente il bambino Angelo, dopo aver ripreso la vecchia terapia, appare più sereno e vorrebbe tornare a casa con sua madre e suo fratello. Va meglio a scuola, dove ha trovato un buon sostegno e non ha crisi, secondo quanto ha detto l'insegnante alla madre, incontrata per la rappresentazione di Natale;
   nella casa famiglia sono rimasti soltanto due bambini: oltre ad Angelo, che ha 9 anni, c’è un altro bimbo di 4 anni, che non parla ancora e mostra visibili segni di ritardo e di disadattamento. Nella casa famiglia sono per altro subentrate nuove difficoltà, legate alla riduzione del personale, per cui non possono seguire il bambino come sarebbe necessario;
   nella precedente interrogazione l'interrogante faceva presente che il decreto dell'agosto 2015 prolungava la presenza di Angelo nella casa famiglia senza tener conto che le motivazioni del decreto di prelievo forzato eseguito il 29 dicembre 2014 erano conseguenza di un grave equivoco. In quel periodo infatti le assistenti sociali avevano interpretato la situazione di scompenso del bambino, attribuendola alla relazione con la mamma, mentre si sarebbe trattato, a quanto risulta all'interrogante, degli effetti di una terapia sbagliata, che sembrerebbe esser stata prescritta da un neuropsichiatra, che dopo aver visitato superficialmente il bambino durante le vacanze di Natale del 2014, sarebbe partito senza lasciare nessun recapito. Nessuno allora si sarebbe azzardato a modificare il trattamento, nonostante le insistenze della madre, che si rendeva conto della immediata relazione che c'era stata tra cambiamento delle medicine e cambiamento del comportamento di Angelo. La mamma non fu ascoltata e il bambino fu prelevato forzosamente e condotto dai servizi sociali nella casa famiglia Gesù Bambino, che per altro ha un carattere più di tipo educativo che terapeutico;
   ancora oggi il personale della casa famiglia non sembra all'interrogante adeguato a prendersi cura di Angelo e dei suoi problemi, né facilita le cose il fatto che, a quanto consta all'interrogante, l'unico educatore presente sarebbe spagnolo e non sempre riuscirebbe a capirsi correttamente con il bambino. La forzata separazione di Angelo da sua madre, da suo fratello e da suo padre, è motivo di profonda frustrazione per lui e per la sua famiglia, che non riesce assolutamente a capirne le ragioni;
   la madre nel frattempo ha dovuto ridurre drasticamente la sua attività professionale di legale, per essere a disposizione dei servizi sociali ad ore obbligate, in funzione del rapporto con Angelo e con Andrea, suo fratello. È stata anche indotta dai servizi sociali a seguire corsi di parent training a Conegliano per imparare a gestire meglio i suoi figli;
   i tentativi della madre di venire a capo della situazione per ricongiungersi con il bambino si scontrano con una burocrazia che la ferisce profondamente e che in alcuni casi mostra anche dei segnali preoccupanti;
    le relazioni della scuola e quelle della casa famiglia appaiono in contrasto tra di loro: le relazioni della casa famiglia trasmesse al tribunale dei minori dal servizio sociale sottolineano la problematicità di certi comportamenti del bambino, mentre direttamente dalla scuola giungono segnali positivi alla madre, che tuttavia sembrerebbe non esser autorizzata ad informarsi formalmente dell'andamento del figlio. Nella mamma e nei suoi consulenti c’è la diffusa convinzione che si voglia generalizzare ed esagerare un comportamento che invece sembrerebbe una reazione alla casa famiglia ed a quella che pare un'incapacità di gestire il bambino –:
   quale iniziative di competenza il governo intenda assumere per rivedere e rivalutare il ruolo delle case-famiglia e dei servizi sociali, quando in casi come questi le case-famiglia non rispondono alle effettive esigenze dei bambini, mentre l'allontanamento dalla famiglia crea una sensazione di abbandono e accentua la sofferenza del bambino, rendendo più difficile per lui l'integrazione sul piano sociale e scolastico. (3-02029)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCÀ e BRUGNEROTTO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Rovigo, il sostituto procuratore Sabrina Duò sta indagando su appalti e subappalti per la realizzazione del campo fotovoltaico di Bagnolo di Po (RO). L'indagine coinvolge Asm Set, partecipata dal comune di Rovigo tramite la Asm spa, ed Elektra Srl, società attiva nel campo del fotovoltaico, oggi cessata. Al centro dell'ipotesi investigativa, i subappalti che Asm Set avrebbe attivato in favore di Elektra. Le ipotesi iscritte sul fascicolo dal sostituto procuratore della Repubblica Sabrina Duò sono corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, turbata libertà degli incanti e truffa. Il presidente della partecipata all'epoca dei fatti, Nello Chendi, consigliere comunale a Rovigo per il PD, insieme al sindaco di Bagnolo Pietro Caberletti (PD), hanno ricevuto un avviso di garanzia e nei loro confronti sono state eseguite perquisizioni da parte della guardia di finanza;
   il 28 dicembre 2015 il segretario provinciale del Pd Julik Zanellato ha scritto una lettera al Ministro della giustizia Orlando, per chiedere il suo intervento nei confronti del magistrato di Rovigo, additato come responsabile di una divulgazione intenzionale di notizie quando gli avvisi di garanzia erano già in mano alle difese. Si arriva poi alla delegittimazione piena del lavoro non solo del magistrato, ma anche della guardia di finanza che ha lavorato sul campo;
   ad agosto 2013, il Comitato «Senso Civico» aveva presentato alla procura di Belluno un esposto contro Flavio De Nicolò responsabile del Coordinamento provinciale di Belluno del Corpo forestale dello Stato, per aver realizzato lavori non autorizzati all'interno della sua proprietà in zona protetta SIC-ZPS. L'allora funzionario, preposto alla salvaguardia ambientale, avrebbe trasformato un vecchio fienile di sua proprietà in località Dumelle nel comune di Vigo di Cadore (BL) in una baita per le vacanze. È stato poi accusato dalla procura di Belluno di aver effettuato lavori abusivi di ristrutturazione edilizia con aumento di volumetria, modifica della sagoma e utilizzo di materiali vietati in una zona soggetta a vincolo paesaggistico (lamiere coibentate, strutture in cemento, senza parlare del rischio inquinamento per la presenza di rifiuti delle lavorazioni edili lasciati abbandonati in prossimità dell'abitazione);
   un articolo del Corriere delle Alpi del 26 gennaio 2016 riporta che, in merito alla vicenda, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sia intervenuto presso la procura di Belluno, scrivendo – apparentemente senza essere richiesto – che le modifiche contestate nel capo di imputazione non sarebbero paesaggisticamente rilevanti. Il magistrato, dopo la lettura della nota arrivata dal Governo, ha comunque fissato la prima udienza per il 18 aprile 2016;
   sulla vicenda di Rovigo, emersa alle cronache grazie alla divulgazione alla stampa del testo della richiesta inoltrata dall'esponente politico del PD, è intervenuto anche il segretario regionale del PD Roger De Menech, che ha definito la richiesta di Zanellato al Ministro un'ingerenza inopportuna e gravissima, un rischio di intimidazione verso la magistratura e la guardia di finanza. Il senatore Giovanni Endrizzi ha presentato il 19 gennaio 2016 una interrogazione a risposta scritta 4-05103 indirizzata al Ministro della giustizia, ancora senza risposta;
   sulla vicenda di Belluno invece, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – che dovrebbe essere parte offesa insieme a regione Veneto, provincia di Belluno e comune di Vigo di Cadore – sarebbe invece intervenuto ad avviso dell'interrogante ingerendo in un processo penale della magistratura, a favore dell'ex comandante del Corpo forestale di Belluno, che nel suo ruolo è preposto invece alla tutela dell'ambiente da abusi edilizi in zone protette, giustificando l'abuso da lui commesso come «paesaggisticamente non rilevante»;
   Flavio De Nicolò, all'epoca dei fatti era dirigente del coordinamento provinciale del Corpo forestale di Stato di Belluno, dal quale dipendono tutti i comandi stazione forestali della provincia, che hanno giurisdizione anche sul territorio della Magnifica Regola ricadente nel comune di Vigo di Cadore. I Forestali hanno tra i compiti istituzionali, funzioni di polizia forestale (violazioni amministrative, e altro) e di repressione dei reati ambientali di varia natura che notoriamente investono i territori montani boscati e non, la tutela delle aree ricadenti nella Rete Natura 2000 e altro;
   sempre nel 2013 De Nicolò è stato nominato presidente della Magnifica Regola di Vigo, Laggio con Piniè e Pelos di Cadore, che gestisce nell'interesse dei Regolieri proprietà agro-silvo pastorali di grande valenza economica ed ambientale. Il dottor De Nicolò ha quindi rivestito il duplice ruolo di controllore/controllato come dirigente del Corpo forestale dello Stato e come presidente della Magnifica Regola;
   gli interventi nei luoghi montani o sensibili sono soggetti a limitazioni e procedimenti autorizzativi a cui ogni cittadino deve adeguarsi se non vuole infrangere norme penali in materia paesaggistica o violare disposizioni amministrative che regolamentano la rete ecologica di Natura 2000. In particolare, l'articolo 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 prevede che «l'autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio». Qualsiasi opera realizzata in tali contesti prevede il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte della soprintendenza, pena la violazione di norme penali per la semplice mancanza dell'atto autorizzativo e ciò a prescindere dal danno ambientale –:
   se corrisponda al vero la notizia che il Ministro della giustizia avrebbe ricevuto una lettera da parte di Julik Zanellato del PD di Rovigo e quali iniziative abbia inteso porre in essere in relazione al suo contenuto;
   se corrisponda al vero la notizia apparsa sul Corriere delle Alpi, in merito alla comunicazione inviata alla procura di Belluno da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in difesa di Flavio De Nicolò responsabile del Coordinamento provinciale di Belluno del Corpo forestale dello Stato, accusato di abuso edilizio in area protetta;
   se fosse vera quest'ultima notizia, da chi sia stata firmata tale nota e da chi provenga la richiesta al Ministero di avviare tale iniziativa, dal momento che a giudizio dell'interrogante il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrebbe essere parte offesa in caso di reati ambientali e non giustificarli come abusi paesaggisticamente non rilevanti, soprattutto in un processo in corso contro un ex responsabile del Corpo forestale dello Stato, preposto alla tutela ambientale;
   se non reputino opportuno, alla luce dell'attenzione suscitata sugli organi di stampa e sull'opinione pubblica, rendere pubblico il contenuto delle missive;
   quali iniziative di competenza stiano assumendo per garantire alla magistratura di proseguire il proprio lavoro di indagini e procedimenti giudiziari in completa autonomia e senza pressioni esterne – per non parlare di intimidazioni – politiche e non.  (4-12184)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'opera «Completamento schema idrico Basento Bradano-Attrezzamento settore G» riguarda le iniziative necessarie per l'adduzione e la distribuzione irrigua del distretto G, che si estende per circa 13.050 ettari, nel piano di utilizzazione dello schema idrico Basento-Bradano. Tale impianto è stato progettato per garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo notevolmente allo sviluppo del comparto agroindustriale locale;
   il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; une rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri; 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 non portata di 172,36 lt/sec a prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 3 distinti progetti denominati in precedenza «Completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «Completamento schema idrico Basento Bradano. Attrezzamento Settore G»;
   anche se il progetto generale è stato approvato dalla delegazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici presso la Cassa per il Mezzogiorno con voto n. 56 del 5 gennaio 1987, i primi passi verso la realizzazione dell'opera si sono avviati nel 2006, sino ad arrivare al 2011 in cui c’è stato il completo blocco dei lavori;
   nel 2006, l'Anas e le province di Matera e Potenza, quali enti interferiti, formularono parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura in questione, ma con prescrizioni. Poco dopo, anche il comitato tecnico sulla valutazione di impatto ambientale e all'autorizzazione paesaggistica ha dato il parere favorevole alla costruzione dell'infrastruttura a cui è seguito quello del dipartimento delle infrastrutture della regione Basilicata, con osservazioni, in linea tecnica ed economica;
   nel 2006, il Ministero dei trasporti ha poi trasmesso la relazione al Cipe proponendo l'approvazione del progetto per 85,7 milioni di euro da prelevare dai fondi Fas (fondo per le aree sottoutilizzate). Subito dopo, il Ministero delle politiche agricole e quello dei beni culturali hanno dato il loro parere favorevole alla costruzione dell'opera;
   nello stesso anno, il Cipe ha approvato il progetto con la delibera 197 e ha definito l'importo di 85,7 milioni di euro come limite di spesa, precisando che tali fondi non potevano essere prelevati dai Fas. Con la stessa delibera è stato assegnato un contributo di 6,3 milioni di euro per 15 anni, ma è stato sottolineato che la concessione definitiva del contributo restava subordinata alla presentazione da parte del soggetto aggiudicatore, entro 2 mesi dalla pubblicazione della delibera, di un piano economico-finanziario aggiornato;
   il Ministero dell'interno, con nota del 27 ottobre 2006, trasmette al Cipe la relazione integrativa con il piano economico aggiornato, in cui propone la conferma del finanziamento già assegnato in via programmatica e la copertura della quota residua di fabbisogno, pari a 15,7 milioni di euro, con i ribassi di gara relativi ad opere idriche di cui alla «legge obiettivo», e che soggetto aggiudicatore sia la medesima regione Basilicata;
   la regione Basilicata, con nota dell'8 novembre 2006, ha quantificato in complessivi 8,8 milioni di euro le risorse disponibili, e ha dichiarato di impegnarsi a farsi carico della restante somma di 6,9 milioni di euro, chiedendo di poter trattenere le eventuali economie dei ribassi d'asta nell'aggiudicazione dell'opera, sino alla concorrenza dell'importo di 6,9 milioni di euro. Con un'altra nota del 16 novembre 2006, la regione ha poi precisato che la copertura dell'onere sarebbe derivata dalla «compartecipazione nell'aliquota del prodotto di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi estratti nella regione» (cosiddetto royalty petrolifere);
   il Cipe con delibera n. 146 del 2006, ha autorizzato la regione ad utilizzare le «economie» conseguenti ai ribassi d'asta relativi ad altri interventi per un totale di 8,8 milioni di euro. La regione, nel 2008, nel contratto il mutuo con la Cassa depositi e prestiti che, nel 2009, con nota del 7 agosto 2009, ha poi dichiarato la propria indisponibilità a mantenere l'offerta formulata in sede di gara, alle condizioni poste dal decreto interministeriale n. 5279 del 2003;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa col Ministero dell'economia e delle finanze, con nota del 18 maggio 2010, ha comunicato che, vista l'indisponibilità dell'aggiudicatario, era necessario procedere a nuova gara. Ad aprile del 2011, la regione Basilicata ha iniziato a predisporre un nuovo bando per contrarre un mutuo, ma a causa della improvvisa indisponibilità al finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti, la regione Basilicata non è poi riuscita a presentare un secondo bando per accendere un mutuo;
   in sintesi, si tratta di un contributo quindicennale di 6,258 milioni di euro, finanziato direttamente dal parte del Cipe. Da questo contributo risultano utilizzabili, secondo quanto riportato nella relazione tecnica, dieci annualità, pari ad un totale di 62,580 milioni di euro;
   nel cosiddetto decreto «Destinazione Italia», il comma 1 dell'articolo 13 recitava: «Le assegnazioni disposte dal Cipe con le delibere n. 146 del 17 novembre 2006 e le assegnazioni disposte dalla delibera Cipe n. 33 del 13 maggio 2010 sono revocate», sancendo di fatto la revoca della delibera Cipe n. 146 contenente anche lo schema idrico lucano;
   successivamente, il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 («Sblocca Italia»), convertito dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, ha fissato al 31 dicembre 2014 la data entro cui l'intervento in questione avrebbe dovuto essere «cantierabile»;
   l'interrogante sulla questione ha già presentato e interrogazioni a risposta scritta (n. 4-08369 e 4-05524), senza aver avuto a tutt'oggi risposta; in tali interrogazioni si chiedeva quali azioni urgenti il Governo intendeva porre in essere per garantire il completamento dell'infrastruttura, sbloccare i finanziamenti assegnati e garantire un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse idriche, contribuendo allo sviluppo del comparto agro-industriale lucano e al rilancio del settore edile della Basilicata;
   a tutt'oggi, i lavori dello schema idrico sono ancora bloccati e sia i cittadini che le forze sindacali si chiedono quando si darà avvio ad un'opera così importante che, una volta realizzata, consentirà di dare un impulso all'economia agricola del Vulture-Alto Bradano, producendo notevoli riflessi anche sul fronte occupazionale –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto descritto in premessa e quali iniziative anche normative intenda assumere per garantire i finanziamenti fino ad ora riconosciuti per il completamento dello schema idrico Basento-Bradano. (5-07843)

Interrogazione a risposta scritta:


   DELL'ORCO, LIUZZI, DE LORENZIS e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Corte dei Conti, Emilia-Romagna, sezione regionale di controllo, con la delibera n. 18 del 10 febbraio 2016, in risposta al sindaco del comune di Castel Bolognese, ha negato la possibilità di utilizzare per scopi non previsti dalla norma i proventi spettanti e derivanti da violazioni dei limiti di velocità accertate mediante apparecchi o sistemi di rilevamento della velocità o attraverso l'utilizzazione di dispositivi o mezzi tecnici di controllo a distanza, in deroga al criterio di ripartizione fissato dall'articolo 142, comma 12-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice della strada);
   la Corte, esprimendosi sulla questione, ha ribadito ancora una volta che anche in assenza dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 25, comma 2, della legge 29 luglio 2010, il vincolo sulle entrate in argomento sussiste e, pertanto, non è possibile modificare la destinazione dei suddetti fondi;
   tale deliberazione riporta però alla luce la questione degli effetti e dei problemi creati dalla mancata emanazione dei decreti attuativi dell'articolo 25 della legge n. 120 del 2010. Secondo quanto si evince da questo atto, infatti, i comuni avrebbero interpretato l'incertezza normativa creata dalla mancanza dei suddetti decreti attuativi creando degli accantonamenti vincolati sui fondi di bilancio ma congelandone l'utilizzabilità in attesa appunto dell'emanazione dei decreti attuativi. Ritengono infatti che il decreto-legge n. 16 del 2012 e gli orientamenti espressi dal Ministero dell'interno con circolare prot. 17909 del 24 dicembre 2012 abbiano chiarito l'operatività del vincolo di destinazione ma non abbiamo dato effettiva attuazione ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice della strada;
   tale interpretazione sembrerebbe essere suggerita anche in numerose circolari dell'Anci che ricordano ai comuni di «prestare la massima attenzione circa l'obbligo di destinazione dei proventi» ai sensi dell'articolo 4-ter, commi 15 e 16, del decreto-legge n. 16 del 2012 convertito dalla legge n. 44 del 2012 ma che demanderebbero l'applicabilità della norma all'emanazione dei decreti interministeriali attuativi essendo in vigore il comma 3 dell'articolo 25 della legge n. 120 del 2010;
   tale interpretazione, che tra l'altro non giova ai cittadini me neppure ai comuni, sembrerebbe non tener conto delle intenzioni del legislatore che con il decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, intendeva sbloccare la situazione di stallo creata con il rimando ai decreti attuativi e ha disposto esplicitamente (con l'articolo 4-ter, comma 16) che «In caso di mancata emanazione del decreto entro il predetto termine, trovano comunque applicazione le disposizioni di cui ai commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285»);
   le citate note interpretative dell'Anci suggeriscono  tra l'altro ai comuni che anche l'incombenza della relazione ai Ministeri sulla destinazione dei proventi potrà non essere osservata in attesa dei decreti interministeriali;
   la Corte dei Conti nella citata deliberazione sostiene anche che la problematica della utilizzabilità dei proventi in argomento, in assenza del decreto interministeriale di cui all'articolo 25 della legge n. 120 del 2010 non risulta essere stata oggetto di specifico esame in precedenti pronunciamenti delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti;
   in tema di rilevazioni delle velocità tramite apparecchiature elettroniche rimane anche da risolvere la questione sollevata dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 113 del 18 giugno 2015 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 45, comma 6, del codice della strada, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. Anche questo aspetto risulta rilevante ai fini dell'esigibilità delle sanzioni e si ritiene importante conoscere pertanto a che punto sia la predisposizione delle procedure per la verifica periodica degli apparecchi, la ricerca di strutture accreditate e l'adeguamento del codice della strada –:
   se si sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, e se trovi conferma che i comuni a partire dall'anno 2013 abbiano accantonato i proventi derivanti dal comma 12-bis dell'articolo 142 del codice della strada, destinandoli alle misure previste dal comma 12-ter senza però poi prevedere l'attuazione e la rendicontazione prevista dal comma 12-quater;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle circolari interpretative dell'Anci in materia e quali siano i loro orientamenti, per quanto di competenza;
   a che punto sia l’iter di predisposizione del decreto attuativo interministeriale previsto dall'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120, e quali siano i motivi che ne stanno provocando un ritardo nell'adozione;
   se i Ministri intendano fornire aggiornamenti sullo stato degli adempimenti resisi necessari a seguito della sentenza n. 113 del 18 giugno 2015 della Corte Costituzionale, ovvero circa le procedure per la verifica periodica degli apparecchi per le rilevazioni della velocità, la ricerca di strutture accreditate e l'adeguamento del codice della strada. (4-12180)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCIATTI, ZACCAGNINI, QUARANTA, COSTANTINO, D'ATTORRE, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, GREGORI, FRANCO BORDO, NICCHI e FAVA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il rapporto agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, è un importante strumento per fotografare l'evoluzione delle mafie in relazione al mondo dell'agricoltura e alla commissione di reati ambientali;
   il 17 febbraio 2016 è stato presentato l'ultimo rapporto, il quarto, nel quale viene evidenziato come il mancato utilizzo dei beni confiscati alle mafie genera uno «spreco» quantificabile tra i 20 ed i 30 miliardi di euro, dato tratto dalle stime dall'Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag);
   secondo il rapporto agromafie sarebbero 26.200, in tutto il territorio nazionale, i terreni nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano anche l'associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione. Tale situazione sarebbe determinata anche dal lungo e farraginoso processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa;
   nel 2015 il giro di affari delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro;
   dalla rilevazione emerge, inoltre, come gli ecoreati sono spesso accompagnati da un corollario di reati considerati «tradizionali» per le organizzazioni criminali, quali usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio. Si registrano inoltre furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni;
   di grande rilievo è, inoltre, l'attività di turbativa della concorrenza, giacché attraverso estorsioni ed intimidazioni le organizzazioni criminali riescono ad imporre la vendita di determinati prodotti. Disponendo, altresì, di liquidità significative, grazie anche alla crisi economica, riescono sovente a rilevare direttamente le attività economiche attive nel settore agricolo, appropriandosi di vasti comparti dell'agroalimentare;
   la situazione illustrata desta, pertanto, allarmi significativi sia sul piano della tutela dell'ordine pubblico e della legalità, sia su quello della tutela della concorrenza e dell'immagine dei prodotti italiani. Non di rado l'imprenditoria onesta è soffocata da tali pratiche criminali, così come la qualità e la sicurezza dei prodotti è compromessa dalla presenza della criminalità organizzata in tali attività;
   quanto alla localizzazione geografica di tali fenomeni, oltre alla cronica presenza nel Mezzogiorno d'Italia, appare altrettanto chiara una forte e stabile penetrazione della criminalità organizzata nel Centro Italia, con particolare intensità in Abruzzo, Umbria, alcune zone delle Marche, nella bassa Toscana e nel Lazio –:
   quali iniziative di contrasto all'attività criminale nel settore agroalimentare intenda adottare il Ministro interrogato;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere al fine di rendere più efficiente il procedimento di assegnazione dei beni sottratti alle mafie;
   se sia in grado di fornire la stima dei beni sequestrati alle mafie attualmente nella disponibilità di soggetti che abbiano subito delle condanne, relativamente al territorio delle Marche. (4-12172)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'insegnamento delle materie afferenti all'ambito delle tecnologie e tecniche delle comunicazioni multimediali, tra cui la classe di concorso A044 – linguaggio per la cinematografia e la televisione, è attualmente compreso in un'unica classe di concorso; queste materie sono assegnate agli istituti tecnico-professionali ma non nei licei artistici;
   di conseguenza, nei molti licei artistici italiani in cui sono stati aperti indirizzi audiovisivo-multimediale, le scuole devono affidarsi a docenti interni o esterni abilitati in altre materie per l'insegnamento dei linguaggi cinematografici e anche per la fotografia;
   è in corso di pubblicazione il decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento recante disposizioni per la razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso a cattedre e a posti di insegnamento, a norma dell'articolo 64, comma 4, lettera a), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 –:
   se non ritenga il Ministro di dover assumere iniziative al fine di modificare la normativa e di prevedere che la classe di concorso A044, così come le altre materie afferenti ai linguaggi di comunicazione multimediale e cinematografica, siano inserite negli insegnamenti dei licei artistici, in modo da permettere a questi istituti di impiegare insegnanti la cui abilitazione è specifica, in considerazione anche del fatto che il cinema è ritenuto, a tutti gli effetti, un linguaggio artistico. (4-12166)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il sistema nazionale di alta formazione artistica e musicale italiano è costituito da 77 istituti di alta formazione musicale – 54 conservatori statali, 19 conservatori non statali, 4 istituti accreditati – con una lunga storia e tradizione alle spalle;
   vengono impiegate nel sistema AFAM 6 mila docenti e 1500 unità di personale amministrativo e ausiliario; presso queste istituzioni studiano 50.000 studenti, di cui il 10 per cento stranieri di cui oltre 6.000 si diplomano ogni anno; 7.000 eventi, soprattutto concerti, vengono complessivamente organizzati sul territorio ogni anno;
   al fine di sensibilizzare e di chiedere il giusto riconoscimento del valore sociale e culturale della formazione musicale AFAM queste istituzioni hanno indetto la «Giornata nazionale dell'alta formazione», cui seguiranno per tutto il mese di febbraio 2016, concerti e momenti di riflessione e sensibilizzazione sulla situazione in cui versa questo settore del sistema di istruzione italiano;
   c’è infatti nel settore grande preoccupazione per la situazione della formazione musicale in Italia, non a caso questa manifestazione vede per la prima volta insieme presidenti, direttori e studenti dei conservatori statali e non statali italiani;
   gli interessati lamentano l'assenza di una progettualità politica e culturale nei confronti del sistema formativo musicale; sollecitano la completa realizzazione della riforma del sistema di alta formazione artistico-musicale avviata con la legge n. 508 del 1999, la cui completa attuazione è ancora in itinere; mancano ancora alcuni fondamentali passaggi normativi quali il decreto sul reclutamento del personale docente, la messa a ordinamento dei bienni nonché il rinnovo dell'organo consultivo di sistema – CNAM – scaduto da tre anni e non ancora rinnovato;
   gli attori principali del sistema chiedono un maggior investimento di risorse e la statalizzazione degli istituti musicali; contemporaneamente temono iniziative da parte del Governo volte a potenziare alcune istituzioni private a discapito di quelle pubbliche –:
   se non ritenga il Ministro, nel riconoscere il valore culturale di un settore formativo così significativo per la storia e le tradizioni del nostro Paese, di interloquire con le Conferenze nazionali dei presidi, dei Direttori e dei Presidenti delle Consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali al fine di intervenire sul quadro normativo del sistema AFAM, di portare a compimento l'attuazione della riforma prevedendo la statalizzazione dei conservatori non statali e l'impiego di maggiori risorse pubbliche, in tempo utile per garantire l'applicazione delle misure per l'inizio del prossimo anno scolastico.
(4-12167)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) è la più grande struttura pubblica di ricerca in Italia e dal 1989 è un ente di ricerca, con la missione di realizzare progetti di ricerca, promuovere l'innovazione e la competitività del sistema industriale nazionale, l'internazionalizzazione del sistema di ricerca nazionale, e di fornire tecnologie e soluzioni ai bisogni emergenti nel settore pubblico e privato. Obiettivi che vengono raggiunti attraverso un patrimonio di risorse umane che conta oltre 8000 dipendenti, la metà dei quali è rappresentata da ricercatori e tecnologi. Circa 4000 sono i giovani ricercatori impegnati in attività di ricerca post-dottorato presso i laboratori dell'ente; essi partecipano alle attività programmate dall'istituto di appartenenza e possono altresì svolgere attività di ricerca a tema libero (articolo 23 del regolamento di organizzazione e funzionamento del Cnr);
   «La Carta Europea dei Ricercatori», riconosce ai ricercatori un'autonomia scientifica attraverso la libertà «di pensiero ed espressione» e nello «stabilire i metodi per risolvere i problemi». La Carta impegna inoltre i ricercatori, in particolare quelli finanziati con fondi pubblici, ad un uso responsabile ed efficace del denaro dei contribuenti. Denaro che, in questi ultimi anni, ha subito un costante decremento, imponendo un ripensamento dei canali di finanziamento della ricerca, ora quasi esclusivamente dipendente da finanziamenti esterni. Questa riduzione dei fondi alla ricerca e le sue conseguenze sono state recentemente denunciate in una lettera pubblicata su Nature, una delle riviste scientifiche più prestigiose al mondo («Governments: Balance research-funds across Europe», Nature vol. 530, p. 33). Attualmente, dunque, l'attività dei ricercatori dipende dai finanziamenti esterni che ogni ricercatore riesce ad ottenere. Considerata l'inconsistenza dei fondi che il Cnr mette a disposizione dei suoi ricercatori, coloro che non risultano inclusi in progetti a finanziamento esterno, anche per limitati periodi di tempo, di fatto, non dispongono di alcuna dotazione individuale, neanche per garantire il minimo indispensabile per lo svolgimento del proprio lavoro. Si tratta di «minime disponibilità» basilari per ogni ricercatore per restare aggiornato nel settore di competenza e per mantenere una seppure mini ma produttività scientifica;
   è facilmente intuibile che questa minima disponibilità di risorse finanziarie venga ancora prima della possibilità di pensare, programmare e realizzare una seria attività di ricerca. Il problema evidenziato si riferisce, specificatamente, ai fondi di cui non dispongono i ricercatori per la loro attività nel caso cui, anche per limitati periodi di tempo, non abbiano finanziamenti esterni. In altre parole, riguarda la necessità di una dotazione individuale per l'attività dei ricercatori. In un periodo in cui si parla molto di turn-over e nuove assunzioni, sembra opportuno sottolineare come il problema riguardi per altro verso anche i ricercatori neo-assunti che necessitano di una specifica dotazione per avviare le proprie attività di ricerca, ovviamente nell'ambito delle tematiche ed esigenze che hanno determinato la loro assunzione (al pari di quanto avviene in altri Paesi). Il contrasto tra le difficoltà dei ricercatori a svolgere la propria attività lavorativa, all'interno di un ente di ricerca, e lo spreco di denaro pubblico anche recentemente denunciato dalla stampa appare stridente –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, in merito;
   se il Ministro vista la dinamica dei finanziamenti esterni, i quali così come descritto in premessa rappresentano comunque un'opportunità per sviluppare progetti di grande spessore in cordate internazionali, non intraveda un rischio per la programmazione scientifica dell'ente che in tal modo appare di fatto demandata o vincolata dalle richieste dei committenti esterni, spesso privati, con la conseguenza che l'esigenza del sapere appare sempre più caratterizzata da un forte sbilanciamento verso le finalità applicative piuttosto che speculative delle attività scientifiche di ricerca;
   se il Ministro interrogato non reputi opportuno, viste la peculiarità del lavoro dei ricercatori e la loro centralità per il funzionamento del Cnr, assumere iniziative per prevedere una minima «dotazione individuale annuale» che garantisca almeno il soddisfacimento delle necessità primarie della loro attività mettendo così in grado i ricercatori di svolgere il proprio lavoro e conservare un minimo di competitività/produttività e autonomia scientifica in assenza di finanziamenti esterni. (4-12176)


   CENSORE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   analisi e recenti studi condotti per il Ministero dello sviluppo economico hanno fatto emergere importanza della scuola, soprattutto della scuola dell'obbligo, in aree svantaggiate dove proprio l'istruzione riveste un ruolo cruciale anche in termini di inclusione e di crescita sociale;
   sebbene recenti ricerche valutative abbiano fatto rilevare come la questione dello spopolamento e quella connessa al mantenimento di un'adeguata rete di servizi nelle aree interne richiedano un ripensamento dell'attuale sistema di programmazione, logiche prettamente ragionieristiche stanno indebolendo indelebilmente il sistema scolastico in alcune realtà rurali della Calabria;
   in Calabria, risulta rurale circa il 47 per cento della popolazione che risiede su una vasta parte del territorio regionale (82,7 per cento);
   in molti comuni, in particolare in quelli in cui si registra un decremento demografico maggiore, si sta vivendo una situazione emergenziale, con scuole dell'infanzia e primarie che stanno scomparendo, facendo aumentare, proporzionalmente, l'esodo verso altri centri, con una conseguente accelerazione del processo di spopolamento delle aree interne;
   la Calabria è una delle regioni con il maggior numero di pluriclassi;
   i fenomeni di cui sopra pongono sfide rilevanti sul piano dell'organizzazione di un'adeguata rete di servizi per i cittadini;
   proprio nei mesi scorsi, secondo quelle che appare all'interrogante una mera impostazione ragionieristica, al fine di «garantire un'ottimale gestione del contenimento della spesa pubblica», come si evince dal decreto dei dirigente scolastico, ad anno scolastico iniziato, è stata disposta la chiusura del plesso della scuola dell'infanzia di Gagliato (CZ) a far data dal 16 novembre 2015;
   in un contesto storico in cui iniziano ad emergere nel dibattito generale i problemi delle aree più interne e disagiate, con la presente interrogazione si intende evidenziare una situazione alquanto allarmante sul piano socio-culturale e che si sta facendo sempre più larga in contesti territoriali particolari, quali quelli delle aree interne e rurali della Calabria che, se non adeguatamente supportate, rischiano di registrare il venir meno di interi piccoli paesi;
   pertanto si ravvisa la necessità che il diritto all'istruzione sia assicurato in maniera capillare e uniforme sul territorio nazionale, per come riconosciuto direttamente dal Ministero al comune di Ceresole Reale, un piccolo plesso rimasto aperto con due alunni –:
   quali deroghe ai parametri generali intenda promuovere a favore delle aree interne della Calabria più svantaggiate, attraverso una normativa specifica che consenta di abbassare il parametro di costituzione della pluriclasse nelle scuole di comuni montani, che al momento è fissato in un massimo 18 alunni, attivare sezioni per la scuola dell'infanzia con numero di 10 alunni nei comuni montani, giusto decreto ministeriale n. 176 del 1997, e abbassare il numero minimo di alunni per classe per i comuni montani;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere per favorire la riapertura della scuola dell'infanzia del comune di Gagliato. (4-12177)


   SBERNA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la disciplina riguardante la mobilità dei docenti, compresa quella professionale, è riservata per espressa previsione dei decreti legislativi n. 165 del 2001 e n. 297 del 2004 alla contrattazione collettiva;
   nell'ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo tra il Ministro dell'istruzione, dell'università e delle ricerca e sindacati scuola – firmato il 10 febbraio 2016 – sono ridefinite le regole della mobilità dei docenti per l'anno scolastico 2016/2017, a seguito dell'emanazione della legge n. 107 del 2015, che ha introdotto la cosiddetta mobilità per ambiti territoriali;
   la mobilità territoriale e professionale per il prossimo anno scolastico 2016/17 sarà su tutti i posti vacanti e disponibili nell'organico dell'autonomia – istituito dalla legge n. 107 del 2015, all'articolo 1, comma 5, e ulteriormente definito nel comma 64 e nel comma 68, con cui è stabilito che «comprende l'organico di diritto e i posti per il potenziamento»;
   le operazioni di trasferimento e passaggio di cattedra e di ruolo saranno effettuate, quindi, sulle cattedre vacanti e disponibili nell'organico di diritto e nell'organico di potenziamento di ciascuna istituzione scolastica;
   della mobilità 2016/2017, secondo stime fatte dai sindacati, potrebbero essere interessati circa 250 mila docenti, ma la loro situazione sarà differente a seconda dell'anno di immissione in ruolo. Le operazioni di mobilità territoriale e professionale si collocano, infatti, in quattro distinte fasi:
    fase A – trasferimenti e passaggi di ruolo all'interno della provincia (compresa assegnazione sede definitiva per i neo assunti nell'anno 2015/16, da fase 0 ad A);
    fase B – trasferimenti fuori provincia e passaggi di cattedra e di ruolo fuori provincia, per gli assunti entro il 2014/2015 (titolarità su scuola solo nel primo ambito); assegnazione ad una sede definitiva in provincia per i vincitori del concorso 2012 fasi B e C (titolarità solo su ambito);
    fase C – docenti assunti da Gae nelle fasi B e C (assegnazione sede definitiva – titolarità solo su ambito);
    fase D – docenti fase 0 e A (Gae e concorso) e docenti vincitori del concorso 2012 assunti in fase B e C che chiedono trasferimento interprovinciale (titolarità solo su ambito);
   gli assunti nelle fasi B e C ma originari delle graduatorie ad esaurimento, dovranno partecipare alla mobilità a livello nazionale, riguardante gli ambiti territoriali. Dunque, chi per l'anno scolastico 2015/2016 ha ottenuto una sede nella propria provincia di residenza, potrebbe essere costretto a cambiare provincia spostandosi anche di parecchi chilometri;
   così come capita che, proprio per le suddette fasi, è attribuita precedenza, nella scelta della sede, a categorie di docenti immessi da concorso rispetto a quelli immessi da Gae, creando così disparità di trattamento; inoltre, non è adeguatamente considerata e salvaguardata l'integrità del nucleo familiare per cui un assunto nel 2014 precede uno del 2015, anche se il primo non ha famiglia mentre il secondo ha più figli;
   il ricongiungimento familiare è nato con la volontà di ricostituire le migliaia di nuclei familiari che la giusta ricerca di lavoro ha di fatto spaccato, spingendo un padre o una madre a trasferirsi altrove per portare il dovuto sostegno alla famiglia;
   il personale docente di ogni ordine e grado ha sempre avuto il diritto di chiedere, nella domanda di trasferimento, ricongiungimento familiare con la possibilità di ottenere l'attribuzione di 6 punti nel comune di residenza del familiare;
   le regole e i criteri per l'attribuzione del punteggio di ricongiungimento sono stati sempre disciplinati nella tabella di valutazione allegata al Contratto collettivo nazionale integrativo (Ccni) sulla mobilità. Anche nella tabella di valutazione allegata al Contratto collettivo nazionale integrativo 2016/17, nel titolo II – Esigenze di famiglia, alla lettera a), viene inserita, come esigenza di famiglia il «ricongiungimento al coniuge ovvero, nel caso di docenti senza coniuge o separati giudizialmente o consensualmente con atto omologato dal tribunale, per ricongiungimento ai genitori o ai figli», e per il ricongiungimento indicato vengono attribuiti 6 punti;
   considerando la grande differenza tra mobilità su scuola e mobilità su ambito territoriale, il rischio che un simile punteggio non sia più sufficiente a garantire il rispetto dello scopo dell'istituto di ricongiungimento familiare è alto, anche perché le fasi di cui sopra portano alla conseguenza di far annullare di fatto l'attribuzione di diritto dei 6 punti per il trasferimento di sede nel comune di residenza familiare ai fini del ricongiungimento –:
   quali tempestive iniziative intenda intraprendere volte a ristabilire – per quanto riguarda la mobilità – una maggiore equità tra le diverse categorie di docenti con particolare riguardo alla tutela dell'istituto del ricongiungimento familiare. (4-12178)


   TERZONI, GAGNARLI, BUSTO, MASSIMILIANO BERNINI, MANNINO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 7 febbraio 2016 la Lac Marche ha diffuso un comunicato, sottoscritto da numerose associazioni, per stigmatizzare una iniziativa che l'Ambito territoriale di caccia «Firmano-Sibillini» organizza ogni anno ai primi di febbraio in collaborazione con le scuole elementari di Altidona ed Ortezzano in Provincia di Fermo (http:www.corriereadriatico.it);
   l'iniziativa in esame, giunta alla sua undicesima edizione e che si svolge ogni anno in occasione dell'ultima cattura delle lepri, prevede che i bambini delle elementari vengano condotti all'interno di una zona di ripopolamento e cattura (ZRC) per assistere alla cattura delle lepri rilasciate in precedenza nell'area;
   l'operazione, definita «didattica» dagli organizzatori, dovrebbe avere lo scopo di approfondire la conoscenza da parte degli alunni nei confronti degli animali selvatici presenti nella Zrc;
   il dubbio espresso dal delegato responsabile della Lac per le Marche è che questa iniziativa possa rappresentare in realtà il tentativo, da parte del mondo venatorio, di invertire il trend negativo, ormai irreversibile, dei praticanti della caccia che sono in costante calo esponenziale e con un'età media di oltre 70 anni;
   nel comunicato vengono espressi dubbi anche nei confronti del ruolo del personale delle scuole e della pubblica amministrazione, che «invece di insegnare ai bambini il rispetto per la natura e per gli altri esseri viventi, approfittano del loro ruolo didattico per influenzare negativamente la psiche dei minori in un momento delicato e vulnerabile della loro vita»;
   questo tipo di iniziativa non è l'unica nel suo genere nel panorama scolastico nazionale;
   nel 2014 ATC Cosenza 1, provincia di Cosenza e parco nazionale del Pollino hanno realizzato una iniziativa intitolata «Rappresentiamo l'ecosistema – Educazione ambientale ed ecologica»;
   obiettivo dell'iniziativa da quanto si apprende su un articolo pubblicato sul sito www.cn24tv.it «sarà quella di creare nei bambini in età scolare, in maniera piacevole e coinvolgente, la consapevolezza di essere parte di un ecosistema, regolato da determinati equilibri, in cui ognuno contribuisce a comporre l'insieme [...] vuole trasmettere al bambino modalità diverse dell'uomo di agire sull'ecosistema e di procacciarsi e produrre il cibo, elemento indispensabile per la propria vita, secondo una modalità obiettiva, plurale e libera da pregiudizi o scarsa informazione»;
   nel 2014 è stato elaborato un documento che contiene le linee guida per l'educazione ambientale elaborate da un gruppo di lavoro interministeriale, coordinato da Barbara Degani, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, e composto da:
    Maria Grazia Corradini – Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    Michela Corsi – Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    Federico D'Amico – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    Monica Loddoni – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
    Gabriella Rossi Crespi – Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   le schede tecniche di approfondimento incluse nel documento sono state aggiornate dalle direzioni generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, referenti per i singoli argomenti. Il gruppo di lavoro è stato affiancato da tecnici e esperti di Formez PA, nell'ambito del progetto «Programma di azioni di supporto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la sensibilizzazione ed educazione ambientale» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, considerato che le attività proposte possono presentare delle criticità rispetto ai principi e agli obiettivi educativi che dovrebbe perseguire la didattica della scuola primaria e in particolare rispetto ai contenuti delle linee guida per l'educazione ambientale ricordate in premessa, intenda intervenire, per quanto di competenza, per interrompere questo tipo di iniziative che coinvolgono le scuole di primo e secondo grado;
   sulla base di quali presupposti sia consentito negli ambiti territoriali di caccia di espletare l'attività di educazione ambientale rivolta alle scuole;
   se il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sia a conoscenza di altre iniziative simili in Italia che coinvolgono altri istituti scolastici e se non intenda avviare un monitoraggio per verificare la correttezza delle esperienze proposte agli studenti;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga che la partnership del parco nazionale del Pollino nella iniziativa proposta dall'ambito territoriale di caccia CS1 sia in netto contrasto con la mission di un parco nazionale e come intenda intervenire per evitare che, in ambito nazionale, la stessa situazione abbia a ripetersi. (4-12181)


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   risulta all'interrogante che in questi giorni siano in corso le nomine dei componenti esterni dei comitati di valutazione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 297 del 1994 come sostituito dal comma 129 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015;
   il Ministero, con nota specifica, avrebbe chiesto agli uffici scolastici regionali di preferire ai fini della nomina i dirigenti scolastici, poi dirigenti tecnici ed infine i docenti;
   molti dirigenti scolastici stanno quindi ricevendo, senza che ne abbiano fatta richiesta, una comunicazione da parte degli uffici scolastici regionali con la quale vengono nominati membri esterni dei comitati di valutazione di altre scuole, e in alcuni casi anche di più di una;
   alcune di queste comunicazioni recano nelle premesse la rituale formula «acquisita la disponibilità dell'interessato» nonostante non siano mai stati interpellati in merito;
   la legge n. 107 del 2015 prevede il comitato per la valutazione dei docenti presieduto dal dirigente scolastico, ed è composto da tre docenti dell'istituzione scolastica, di cui due scelti dal collegio dei docenti e uno dal consiglio di istituto. A questi ultimi si aggiungono due rappresentanti dei genitori, per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione; un rappresentante degli studenti e un rappresentante dei genitori, per il secondo ciclo di istruzione, scelti dal consiglio di istituto e un componente esterno individuato dall'ufficio scolastico regionale tra docenti, dirigenti scolastici e dirigenti tecnici;
   la norma non prevede che il componente esterno sia necessariamente un dirigente scolastico che, peraltro, questo obbligo dovrebbero svolgerlo a spese proprie quando la sede assegnata è distante da quella di servizio;
   molti dei candidati non hanno accettato l'incarico con la conseguenza che ad alcuni dirigenti scolastici sono state assegnate più scuole, mentre gli uffici scolastici regionali non avrebbero preso in considerazione la possibilità di nominare docenti come componenti;
   ai dirigenti scolastici nominati è stata avanzata la richiesta di dichiarare l'assenza di motivi di incompatibilità, ai sensi del comma 81 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015, derivanti da rapporti di coniugio, parentela o affinità, entro il secondo grado, con i docenti stessi rispetto alla sede di nomina;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per porre rimedio all'errore che vede i dirigenti scolastici individuati come persone e categoria professionale, che non persegue l'interesse pubblico, in considerazione del fatto che le nomine sono state effettuate d'ufficio e che gli interessati non hanno sollecitato l'incarico né tanto meno espresso preferenze di sede. (4-12182)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   alcuni giorni fa c’è stato un tavolo di lavoro presso la regione Abruzzo con il vice presidente Giovanni Lolli ed i sindaci di Tocco da Casauria, Torre de’ Passeri, Lettomanoppello e Castiglione a Casauria, sull'impossibilità di contattare la direzione aziendale della Italiana rimorchi (Ir), piccola costola della Cir, che produrrebbe i pezzi in Polonia assemblandoli e verniciandoli a Tocco per sfornare un prodotto con marchio italiano;
   in una nota i sindacati rimarcano come un anno e mezzo fa, nel proprio piano aveva annunciato l'assunzione entro il 2015, di 30-50 maestranze: promessa mai concretizzata. Il piano di incremento del personale era condizionato agli andamenti del mercato e nel 2015 c’è stato un incremento delle immatricolazioni di rimorchi e semirimorchi, anche se non in alta percentuale;
   i sindacati chiedono di conoscere le reali intenzioni di Cir: se c’è sempre un'idea produttiva e di continuazione degli allestimenti e montaggio a Tocco, oppure se si vuole procedere alla smobilitazione generale delle attrezzature e portare tutto in Polonia; ciò sarebbe la fine anche per gli attuali 20 lavoratori a assunti;
   inoltre, c’è un appello degli 88 lavoratori licenziati da Cir ai pochi colleghi che lavorano in Cir: senza conoscere il piano industriale, senza sapere a cosa si andrà nell'immediato, non ci può essere un futuro per nessuno, neanche per loro;
   nei giorni scorsi dalla fabbrica, a quanto risulta all'interrogante, sarebbero usciti due autocarri telonati, probabilmente carichi di attrezzature appena smontate, segnale preoccupante di un futuro incerto –:
   se non intendano intervenire per convocare d'urgenza un tavolo di confronto a livello nazionale con i vertici aziendali, le parti sociali e gli enti locali al fine di salvaguardare i lavoratori della Cir e il futuro occupazionale della Val Pescara. (4-12170)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SIMONETTI e GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   da circa due anni, ovvero dal luglio del 2014, il parco del Ticino, compreso tra le regioni Lombardia e Piemonte, è afflitto da un grave problema fitosanitario, ovvero la presenza del coleottero da quarantena Popollia japonica. Insetto che, ad esempio, negli Stati Uniti provoca danni ingenti per l'agricoltura, stimabili in circa 450 milioni di dollari;
   l'insetto è incluso nella normativa fitosanitaria europea (direttiva 2002/89/ CE, parte A – allegato 2), che comprende gli organismi di quarantena di cui si deve evitare la diffusione in Europa;
   la Popollia japonica è un coleottero originario del Giappone, che infesta e distrugge tappeti erbosi, piante selvatiche, da frutto e ornamentali e la cui diffusione si sta ampliando. Il mancato contenimento di questo insetto potrebbe creare emergenze ai livelli di quella degli ulivi in Puglia causata dalla Xylella fastidiosa;
   il coleottero giapponese infesta più di 300 diverse specie vegetali tra cui piante da frutta, da giardino e numerosi tipi di piante coltivate. Tra quelle maggiormente colpite troviamo il mais, la soia, la vite ed il riso. Pensiamo solamente che le province di Vercelli, Biella e Novara, e Pavia, da sole, producono il 92 per cento del riso nazionale e la superficie coltivata in Piemonte è di 70 mila ettari, con oltre mille aziende sul territorio;
   la Popollia japonica, considerata la sua elevata polifagia, potrebbe rivelarsi la nuova minaccia alla agricoltura del nostro Paese, causando danni alle produzioni agricole inestimabili. Questo insetto produce danni alte colture in quanto erode le foglie, i fiori e i frutti, mentre le sue larve si nutrono di radici, preferibilmente di graminacee, costituendo un ennesimo attacco all'ecosistema;
   in Italia esistono condizioni climatiche favorevoli allo sviluppo di questo coleottero e se ne teme una massiccia diffusione. Nel nostro territorio, a differenza di quanto avviene in Giappone, non esistono infatti nemici naturali di questa specie che possano tenere le sue popolazioni sotto controllo;
   gli interroganti fanno rilevare che, nell'area dove è stato rinvenuto il coleottero, è presente l’Hub internazionale di Malpensa, nonché l'aeroporto militare di Cameri. L'eventuale e malaugurato ingresso dell'insetto nel sedime aeroportuale costringerebbe i servizi fitosanitari regionali ad applicare severe misure di contrasto, che avrebbero come conseguenza il rallentamento delle operazioni aeroportuali sia per il trasporto passeggeri, che quello merci, con ulteriori darci economici difficilmente quantificabili;
   i servizi fitosanitari delle regioni Piemonte e Lombardia stanno predisponendo misure di lotta al coleottero, il cui importo è quantificabile in qualche milione di euro da qui ai prossimi 3 anni;
   per fronteggiare l'emergenza della Xylella fastidiosa, l'articolo 5 del decreto-legge n. 51 del 2015, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 91 del 2015, autorizza le aziende agricole, non coperte da polizze assicurative agevolate, a richiedere contributi compensativi a carico del Fondo di solidarietà nazionale in agricoltura qualora siano state colpite da infezioni di organismi nocivi ai vegetali, dando priorità di concessione per quelle colpite da organismi legati alla diffusione del batterio Xylella fastidiosa, del Cinipide del castagno (per i quali è prevista un criterio di priorità a favore delle imprese che adottano metodi di lotta biologici) e della flavescenza dorata. La dotazione del Fondo di solidarietà, a tale è scopo, è stata integrata –:
   quali iniziative intenda assumere, soprattutto di carattere finanziario, come, ad esempio, quelle previste per l'emergenza della Xylella fastidiosa, al fine di fronteggiare l'emergenza della Popollia japonica, tenendo in debita considerazione le conseguenti ripercussioni sulle colture;
   quali iniziative intenda adottare volte a impedire che il batterio si possa diffondere anche in altre aree del nostro Paese. (5-07850)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PLACIDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a Castrovillari (Cosenza), in località Dolcetti – Campolescio, si trova una vecchia discarica comunale costruita negli anni ‘90, che ha raccolto rifiuti indifferenziati di oltre 20 comuni, per essere poi chiusa d'autorità nel 2002, a motivo delle sue condizioni igienico-strutturali, dal commissario per l'emergenza ambientale nella regione Calabria;
   tale discarica dismessa si trova nel distretto agro-alimentare di qualità di Sibari (DAQ), unico nel suo genere in Calabria, che produce circa il 45 per cento dei prodotti agro-alimentari calabresi, di cui il 70 per cento destinati all'esportazione, con oltre 5.000 occupati, tra diretto e indotto;
   dopo la dismissione del 2002, la discarica ha continuato a «produrre» percolato, con spese per il comune e rischio di inquinamento dei terreni circostanti per tracimazione dai bordi della discarica stessa e attraverso le fissurazioni createsi, nelle pareti e nel fondo. La riapertura della discarica darebbe nuovo impulso alla produzione di percolato, mentre la sua definitiva chiusura «tombatura» vi metterebbe fine;
   da oltre dieci anni gli operatori del settore agro-alimentare e le associazioni ambientaliste locali e nazionali si sono mobilitati, assieme alla popolazione, per richiedere la bonifica e la tombatura definitiva del sito;
   cresce l'allarme sociale connesso alla situazione illustrata, che è già sfociato in iniziative pubbliche di contrasto alla realizzazione dell'opera in maniere ritenuta difforme dalle indicazioni e prescrizioni imposte dalla regione Calabria. Al riguardo si sono infatti tenute assemblee pubbliche, volantinaggi, fino a imponenti mobilitazioni di protesta con mezzi agricoli che hanno sfilato nelle vie della città di Castrovillari. Iniziative che hanno avuto vasta eco sulla stampa e sui mezzi di informazione, nonché sulle TV locali e sulla RAI regionale;
   è già stata, inoltre programmata una imminente, ulteriore, grande manifestazione popolare di protesta, promossa dagli operatori del settore agro-alimentare della piana di Sibari, che vedono concretamente minacciato la loro unica fonte di reddito e di occupazione che rappresenta per altro, per come già sinteticamente illustrato, il settore di gran lunga più importante dell'economia di tutto il comprensorio;
   i maggiori costi dell'opera, per di più, necessari per la riapertura della discarica ricadrebbero interamente sui cittadini, per il non trascurabile importo di circa euro 1.143.000 (unmilionecentoquarantatremila), che andrebbero ad aggiungersi al milione di euro di finanziamento pubblico;
   ulteriori costi, dunque, in aggiunta a pericoli per ambiente e salute e a danni certi e di varia natura – possibile inquinamento, grave danno di immagine – alla produzione agro-alimentare della piana di Sibari deriverebbero dal conferimento di rifiuti, per di più indifferenziati, da parte di ben tredici comuni del comprensorio, per come previsto esplicitamente dal documento unico di programmazione (DUP) approvato dal Consiglio comunale di Castrovillari il 30 dicembre 2015 –:
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con gli altri enti locali, il Governo intenda assumere per tutelare un'area di produzioni agricole di qualità che rappresenta anche il volano economico-occupazionale di una vasta area della Calabria. (4-12168)


   LUPO e LOREFICE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese vanta una lunga tradizione nella produzione di conserve di pomodoro, le prime industrie di trasformazione nascono nella seconda metà dell'800 e si sviluppano tanto da far diventare il nostro Paese il primo esportatore mondiale di prodotti trasformati del pomodoro;
   nell'ambito della produzione globale di pomodoro, l'Italia è sicuramente uno dei maggiori competitor con una quota di produzione che si aggira intorno al 12,5 per cento, secondo i dati dell'Associazione italiana industrie prodotti alimentari (Aiipa). È la regione siciliana a vantare, con i suoi 11 milioni circa di quintali annui di produzione, il primato nazionale, basti pensare che nella sola zona compresa tra Pachino e Vittoria, rispettivamente la massima espressione produttiva ed il mercato di riferimento, insistono circa 4000 aziende produttrici di pomodoro;
   il bollettino prezzi redatto dal mercato ortofrutticolo di Vittoria, alla data 17 febbraio 2016, vede il pomodoro piccadilly ad una media di euro 0,50 al chilogrammo, lo stesso per la varietà ciliegino, mentre il datterino si attesta ad 1,16 euro al chilogrammo; nello stesso bollettino si può leggere il commento, che dichiara: «mercato in ribasso per tutti prodotti, con molte quote di invenduto»; mettendo questi dati in correlazione ai costi di produzione media nel nostro Paese che si attestano intorno ai 60/70 centesimi di euro per chilogrammo si evince come il comparto sia in forte crisi se non persino destinato al collasso;
   un'ulteriore distorsione del mercato che gli interroganti intendono sottolineare è il continuo aumento della forbice dei prezzi: a tale proposito Coldiretti Ragusa dichiara «Mentre il produttore siciliano vende un chilo di prodotto a 40-60 centesimi, a Milano per acquistarlo si spendono 4,61 euro», da un articolo del giornale online Siciliapress lo stesso raggiungerebbe i 15 euro per chilogrammo nei supermercati tedeschi;
   le associazioni di categoria e gli agricoltori interpellati sono unanimi nel dichiarare che l’«invasione» dei prodotti provenienti dai Paesi aderenti alla politica europea di vicinato (PEV), unito al mancato rispetto delle misure di salvaguardia quali la variabilità stagionale delle quote di scambio e l'obbligo per i prodotti di rispettare gli standard sanitari europei, siano la causa principale della crisi del comparto ortofrutticolo;
   lo stesso Ministro interrogato, in riferimento alla crisi del pomodoro, ha dichiarato in occasione dell'ultimo Consiglio agricoltura e pesca, tenutosi a Bruxelles: «Abbiamo chiesto di poter attivare la clausola di salvaguardia», prevista nei trattati bilaterali con i Paesi del Nord Africa, con riferimento all'accordo con il Marocco. Inoltre, l'Italia ha chiesto un innalzamento del prezzo di ritiro, differenziato per tipologie di prodotto, che funzionerebbe come «misura tampone per dare un minimo di equilibrio ad una situazione che equilibrata non è», anche «a causa di una variabilità climatica che ha complicato la situazione» –:
   se non ritenga urgente promuovere ogni strumento volto a favorire l'aggregazione nel settore ortofrutticolo, con particolare riferimento al comparto del pomodoro, anche attraverso l'attivazione immediata di un tavolo di filiera e l'istituzione di una Commissione unica nazionale per il mercato del pomodoro;
   se il Ministro interrogato abbia formalmente assunto le iniziative richiamate. (4-12173)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALGANO, FITZGERALD NISSOLI, CATALANO, TINAGLI, CRISTIAN IANNUZZI, VECCHIO, NESI, DAMBRUOSO, ZOGGIA, D'AGOSTINO, VEZZALI, OLIARO e RICCIATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 7 ottobre 2015, il Governo ha accolto l'ordine del giorno al disegno di legge sulla concorrenza n. 9/3012-A/51, in cui si impegnava il Governo medesimo a valutare l'opportunità di esaminare i criteri per ridefinire organicamente, entro sei mesi, l'attuale sistema di distribuzione e vendita dei farmaci, nell'ottica di abbassare i prezzi favorendo la concorrenza e garantire la presenza capillare sul territorio e l'accessibilità dei farmaci per tutti cittadini;
   recenti studi hanno evidenziato che a distanza di dieci anni dalla riforma «Bersani» che ha permesso la vendita dei prodotti Sop (senza obbligo di ricetta) nelle parafarmacie e nella gdo (grande distribuzione organizzata), oltre il 90 per cento del mercato, sia in volumi che in valori, continua a passare per il canale delle farmacie tradizionali. Sui Sop non da automedicazione (i sop non appartenenti alla sottocategoria degli otc ossia i cosiddetti prodotti da banco o di automedicazione), nel 2013 le farmacie hanno coperto il 93 per cento delle vendite in volumi e il 94,5 in valore. Sugli otc le percentuali si riducono un po’ ma restano sempre preponderanti: poco meno di 91 per cento in volumi e poco meno di 92 per cento in valore;
   l'obiettivo della liberalizzazione della vendita dei medicinali di fascia C-sop/otc è quello di realizzare un vantaggio per i pazienti, con una riduzione dei prezzi tramite una vera concorrenza e un complessivo risparmio;
   con l'apertura delle parafarmacie e la liberalizzazione del prezzo del farmaco cosiddetto otc, ogni punto vendita può stabilirne autonomamente il prezzo. Dal 2007 le statistiche registravano diminuzioni di prezzo dei farmaci otc del 20 per cento secco in tutt'Italia;
   ad oggi non sono stati ancora realizzati gli impegni presi in merito alla liberalizzazione dei farmaci di fascia «C», così come ribadito dal presidente dell'Autorità antitrust, nell'ambito della discussione sul disegno di legge concorrenza, allorché ha spiegato che «nell'ottica di raggiungere sempre maggiori benefici in termini di concorrenza di prezzo e/o qualità, l'auspicio è che il processo di liberalizzazione della distribuzione dei farmaci possa proseguire non solo attraverso un ampliamento del numero degli esercizi e un loro rafforzamento, ma anche consentendo la vendita al di fuori della farmacia, e sempre in, presenza di un farmacista, dei medicinali di fascia C» –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire l'attuazione dell'impegno preso con l'ordine del giorno n. 9/3012-A/51, ridefinendo organicamente la distribuzione e la vendita dei farmaci, nell'ottica di abbassare i prezzi favorendo la concorrenza e, garantendo la presenza capillare sul territorio e l'accessibilità dei farmaci per tutti i cittadini. (5-07845)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha già contestato con precedenti atti di sindacato ispettivo che nella pubblica amministrazione, in particolare presso le agenzie fiscali, siano attribuite le funzioni dirigenziali in assenza di regolari procedure meritocratiche e conformi alla legge; al riguardo, tra le altre, si è ancora in attesa di risposta all'interrogazione, 5-06846 del 30 ottobre 2015, con la quale si chiede ai Ministri interrogati quali iniziative intendano adottare rispetto alla nomina di dubbia legittimità di Margherita Maria Calabrò, al vertice della direzione del personale dell'Agenzia delle entrate, e quali iniziative intendano intraprendere nei confronti di Rossella Orlandi visto il protrarsi, sotto la sua direzione, di procedure di fatto arbitrarie per il conferimento di incarichi dirigenziali nell'ambito dell'Agenzia delle entrate;
   ebbene, si continuano ad individuare posizioni anomale e di dubbia legittimità conferite nell'ambito degli enti fiscali;
   è il caso di Eduardo Ursilli che, ad oggi, dall'organigramma dell'Agenzia delle entrate risulta essere vicedirettore della stessa, nonostante sia andato in pensione. Sul punto, a quanto è dato sapere, Ursilli dovendo andare in pensione lo scorso mese di giugno 2015, ha lasciato a Giovanna Alessio la direzione regionale della Lombardia, come si evince anche da un articolo di Italia Oggi intitolato Entrate. Giri di poltrone. Appare, quindi, assurdo secondo l'interrogante, che, nel lasciare una direzione regionale poiché andava in pensione, è stato poi investito di un ulteriore e prestigioso incarico dirigenziale. Sul punto, a parere dell'interrogante, l'incarico in questione appare di dubbia legittimità, a qualsiasi titolo sia stato conferito, e danneggia altri soggetti aventi diritto a ricoprire quella posizione;
   ed ancora, si è appreso di un ulteriore incarico, che per l'interrogante sarebbe palesemente di detta legittimità, da un articolo di Panorama dal titolo, già esplicativo, «Dopo le cartelle pazze, le nomine pazze. Il Caso della dipendente che viene messa in aspettativa per poter essere riassunta come dirigente dell'Agenzia». Si tratta di Emiliana Bandettin, dipendente a tempo indeterminato dell'Agenzia delle entrate, collocata dapprima in aspettativa e poi assunta come dirigente esterno a tempo determinato dalla medesima amministrazione. È chiaro per l'interrogante che attribuire un incarico esterno a chi è già dipendente non è lecito;
   è dunque necessario adottare le opportune iniziative rispetto alle predette posizioni dirigenziali, ennesimo sintomo di un sistema, ormai radicato da molti anni presso l'Agenzia, caratterizzato dal riconoscimento di incarichi dirigenziali esclusivamente fiduciari e che, per l'interrogante, prevedono profili di dubbia legittimità –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, sui fatti esposti in premessa;
   se intendano adottare le opportune iniziative per fare chiarezza su tali vicende e di conseguenza ad assicurare il pieno rispetto della normativa in materia, anche provvedendo a far rimuovere dagli incarichi dirigenziali le persone in questione. (5-07848)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 21 gennaio 2016, il Consiglio dei ministri ha approvato, in via preliminare, lo schema di decreto legislativo di attuazione dell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge delega n. 124 del 7 agosto 2015, in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato;
   l'articolo 12, comma 7, di tale schema prevede che «Qualora (...) il numero delle unità di personale (attualmente appartenente al Corpo forestale dello Stato) trasferito (nei vari corpi di polizia assorbenti) risulti inferiore alle dotazioni organiche determinate ai sensi del comma 1, si può ricorrere esclusivamente: a) alle risorse finanziarie corrispondenti alle facoltà assunzionali del Corpo forestale dello Stato previste a legislazione vigente non esercitate (...). La ripartizione di tali facoltà è effettuata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i ministri interessati (...)»;
   il Governo, aveva accolto come «raccomandazione» l'ordine del giorno n. 9/3098-A/13 del 17 luglio 2015, che impegnava l'Esecutivo a tenere in considerazione in sede di redazione del decreto attuativo in questione, l'esistenza della graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice Ispettori del Corpo forestale dello Stato (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 – graduatoria approvata con DCC del 24 luglio 2014);
   per rendere coerente la norma con l'indicazione del Parlamento sono necessarie modifiche allo schema di decreto legislativo in questione mediante l'inserimento di una disposizione che preveda l'obbligo per l'Arma dei carabinieri di esaurire la graduatoria di cui sopra prima di indire nuove procedure concorsuali atte a soddisfare le esigenze di arruolamento di personale specializzato in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agro-alimentare –:
   se il Governo intenda valutare con maggiore attenzione la coerenza fra quanto previsto dallo schema di decreto legislativo di cui in premessa e gli impegni assunti con l'ordine del giorno n. 9/3098-A/13 del 17 luglio 2015;
   se intenda assumere iniziative per prevedere, di conseguenza, l'obbligo per l'Arma dei carabinieri, prima di indire nuove procedure concorsuali atte a soddisfare le esigenze di arruolamento di personale specializzato in materia di sicurezza e tutela ambientale, forestale e agro-alimentare, di esaurire la graduatoria del concorso pubblico per 400 allievi vice ispettori del Corpo forestale dello Stato (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 94 del 29 novembre 2011 – graduatoria approvata con DCC del 24 luglio 2014). (4-12179)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, PLACIDO, AIRAUDO, GREGORI, MELILLA, PIRAS, DURANTI, NICCHI, COSTANTINO e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   le segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil hanno indetto per il giorno 19 febbraio 2016 uno sciopero di otto ore, in tutte le aziende del Gruppo Eni e Saipem, ed una manifestazione a Roma per richiamare l'attenzione del Governo sulle conseguenze, sul piano occupazionale e della politica industriale, della dismissione di Versalis da parte Eni e delle vicende relative a Saipem;
   tra le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali, quella di far desistere Eni dalla volontà di cedere il controllo di una quota consistente (si parla del 70 per cento) di Versalis al fondo di investimento SK Capital, e quella che il Governo assuma una posizione chiara sulla operazione, così come tante istituzioni territoriali hanno già fatto a tutela dei livelli occupazionali e del futuro produttivo di tali realtà industriali;
   il Ministro interrogato, in data 17 febbraio 2016, rispondendo ad un'interrogazione su Versalis durante il Question time alla Camera, ha ribadito che le trattative in corso tra Eni e Versalis proseguono, ma che allo stato attuale nulla è stato ancora deciso («Al momento non esiste alcuna operazione già conclusa: sono in corso ancora alcune valutazioni finalizzate a garantire le migliori prospettive per Versalis, con riguardo sia al piano esistente, sia alle prospettive future», fonti: La Repubblica, 18 febbraio 2016; Reuters, 17 febbraio 2016);
   inoltre il Ministro ha ancora una volta ribadito come la «chimica» sia «una filiera strategica che va mantenuta e potenziata sia per quanto riguarda il consolidamento della chimica di base che di quella verde», sostenendo che il Governo è attento alla ricerca di soluzione che «possano permettere lo sviluppo di lungo periodo e dell'indotto di Versalis» (AdnKronos, 17 febbraio 2016) –:
   se il Ministro interrogato non intenda chiarire quali siano le iniziative allo studio del Governo per garantire livelli occupazionali e continuità produttiva di Versalis e dell'indotto;
   se non intenda valutare l'ipotesi di una partecipazione pubblica al capitale, anche eventualmente attraverso Cassa depositi e prestiti, della società al fine di preservarne il ruolo strategico per la politica industriale nazionale. (5-07849)

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta in Commissione De Lorenzis n. 5-07787, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Liuzzi.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati sul richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Fiorio n. 5-05744 del 9 giugno 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02027;
   interrogazione a risposta in Commissione Fabbri n. 5-06893 del 6 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02028.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   negli anni ’90 è stato istituito un servizio di controllo presso gli uffici visto d'ingresso, gestito dalla polizia di Stato presso le ambasciate d'Italia nel mondo;
   gli operatori della polizia di Stato distaccati nelle ambasciate eseguivano controlli dettagliati su ogni pratica introdotta nell'ufficio preposto per il rilascio del visto d'ingresso;
   l'attività di controllo viene attualmente svolta da tutte le  ambasciate estere nel quadro degli accordi di Schengen;
   nel 2004, i Ministeri competenti (interno e affari esteri) intavolavano un confronto al fine di riconoscere una retribuzione paragonabile agli operatori della polizia di Stato e dei carabinieri impegnati a diverso titolo nelle ambasciate;
   obiettivo della trattativa era quello di riconoscere al personale della polizia di Stato una retribuzione analoga a quella corrisposta agli operatori appartenenti all'Arma dei carabinieri in servizio nelle ambasciate;
   a causa del mancato accordo tra i Ministeri dell'interno e degli affari esteri, la polizia di Stato ha successivamente provveduto al ritiro del proprio personale distaccato presso le ambasciate;
   in conseguenza di quanto precede, il servizio di controllo e valutazione delle richieste di visto per l'Italia è oggi affidato ad agenzie private, autorizzate dal Ministero degli affari esteri;
   a tali agenzie sono ovviamente precluse alcune facoltà di cui godono invece gli operatori della polizia di Stato, come quella di contattare le questure d'Italia o di accedere alle banche dati del Ministero dell'interno –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere affinché gli uffici visti delle ambasciate italiane all'estero adottino procedure di controllo affidabili ed idonee a garantire la sicurezza dei cittadini italiani, impiegando personale appartenente alle forze dell'ordine. (4-07626)

  Risposta. — Vorrei innanzitutto chiarire che il servizio di controllo e valutazione delle richieste di visto non è oggi affidato a società private autorizzate dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Esso è, come in passato, di esclusiva competenza del personale di ruolo della Farnesina in servizio presso gli uffici visti della nostra rete diplomatico-consolare. Detto personale viene appositamente formato e opera in stretto raccordo con il centro visti del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e sotto la sua supervisione. I controlli sulla documentazione presentata, le verifiche dei nominativi nel Sistema Informativo Schengen, i contatti con Prefetture e Questure, le interviste ai richiedenti e la decisione sulla concessione o meno del visto spettano soltanto al personale di ruolo, a ciò designato attraverso apposita delega dell'ambasciatore o del capo dell'ufficio consolare.
  Le agenzie esterne di servizi menzionate dall'interrogante operano in alcune sedi in ausilio degli uffici visti, a seguito di un'apposita procedura di gara e selezione. La cooperazione con le agenzie esterne di servizi ha la sua base giuridica nell'articolo 43 del regolamento (CE) 810/2009 (codice europeo dei visti). A tali agenzie sono demandati esclusivamente compiti collegati alla fissazione degli appuntamenti, alla ricezione delle domande da parte dell'utenza, all'incasso delle percezioni consolari, alla rilevazione delle impronte digitali e alla restituzione dei passaporti. Si tratta di mansioni che mirano ad alleggerire l'ufficio visti da compiti meramente esecutivi, consentendo al personale in servizio nelle sedi all'estero di concentrarsi sulle attività di controllo e verifica.
  È vero che tra il 1996 e il 2005 operatori della polizia di Stato hanno affiancato il personale della Farnesina impiegato negli uffici visti di alcune ambasciate più sensibili dal punto di visita del rischio migratorio, sulla base di un'apposita intesa fra i Ministeri degli affari esteri e dell'interno.
  Tuttavia le mansioni tipiche degli uffici visti e del personale Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (controllo della documentazione presentata a corredo delle domande di visto, interviste ai richiedenti, controlli sugli invitanti in Italia attraverso i riscontri con questure e prefetture, adempimenti informatici incluse le verifiche nel sistema informativo Schengen) non sono mai state delegate dalla Farnesina al personale della polizia di Stato, che ha sempre svolto tali attività su base paritetica con il personale di questo Ministero.
  Non si ritiene al momento necessario prevedere l'inserimento di professionalità specifiche – quali quelle possedute dagli operatori della polizia di Stato – all'interno degli uffici visti, poiché le mansioni collegate al rilascio dei visti sono esercitate in via ordinaria dal personale della Farnesina.
  Si ritiene invece auspicabile intensificare la collaborazione già esistente col personale della polizia di Stato nel settore della lotta alla falsificazione dei visti d'ingresso e dei documenti a supporto delle domande di visto, dei respingimenti in frontiera e in generale del contrasto all'immigrazione clandestina.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 luglio 2015 alcuni attivisti del Movimento 5 Stelle del comune di Gravina in Puglia hanno chiesto di essere convocati dal sindaco della città in merito ai lavori di rigenerazione urbana di determinate zone del territorio comunale e di riqualificazione del centro storico;
   è evidente ad avviso dell'interrogante il mancato rispetto delle condizioni dettate, in data 26 gennaio 2015, dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province, di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia relativamente al progetto di riqualificazione del rione Fondovito del comune sopracitato; nel corso del quale non si è provveduto al recupero o alla sostituzione del basolato originario, invece ricoperto da una nuova pavimentazione pericolosa per l'incolumità fisica dei cittadini e munita di una rampa per disabili non confacente alla norma;
   anche altri progetti di riqualificazione degli spazi pubblici nel centro storico di Gravina hanno apportato modifiche non in linea con la pavimentazione originaria della città; modifiche che, insieme ai nuovi arredi urbani, ad esempio la fontana in Piazza Plebiscito, procurano, quotidianamente disagi ai cittadini e mettono palesemente a rischio la loro incolumità, come dimostra il caso dell'anziano trasportato urgentemente in ospedale la sera del 23 luglio 2015 dopo essere inciampato e aver battuto la testa;
   a quanto consta all'interrogante si attesta, inoltre, la mancata comunicazione ai cittadini da parte dell'amministrazione comunale del progetto di riqualifica di via Giudice di Montea a seguito del crollo verificatosi nel marzo 2011, di cui soltanto nell'agosto 2015 si è provveduto allo sgombero dalle macerie, poi gettate nella gravina di Gravina. Tuttora secondo l'interrogante non è chiaro alla cittadinanza se il progetto sopracitato preveda o meno l'installazione di un impianto fognario e se sia prevista la demolizione di parte dell'acquedotto settecentesco per il transito dei mezzi del cantiere;
   infine per l'interrogante i lavori di pavimentazione di Piazza Pellicciari, minacciano di nascondere definitivamente le grotte e le cantine situate al di sotto della piazza, attraverso numerose cementificazioni;
   ad oggi risulta all'interrogante che né gli attivisti del Movimento 5 Stelle del comune di Gravina in Puglia, né tanti altri cittadini abbiano ricevuto risposta alcuna dall'amministrazione comunale –:
   se i Ministri dispongano di elementi in merito a quanto esposto in premessa e, se esso corrisponda al vero, non intendano intervenire, nel rispetto delle competenze, anche promuovendo una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela del patrimonio storico e culturale dell'ambiente in relazione alle modifiche apportate dai progetti di rigenerazione urbana di riqualificazione del Centro Storico della città di Gravina, tenendo conto delle condizioni dettate dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia. (4-10321)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, premesso che in merito ai lavori di rigenerazione urbana di determinate zone del territorio comunale e di riqualificazione del centro storico del comune di Gravina in Puglia, pare evidente, a suo avviso, che vi sia il mancato rispetto da parte dell'amministrazione comunale delle condizioni dettate dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province, di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia, chiede di sapere se il Ministero disponga di elementi in merito a quanto esposto e se non intenda intervenire anche promuovendo una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela del patrimonio storico e culturale dell'ambiente in relazione alle modifiche apportate ai progetti.
  A tale riguardo si comunica quanto segue.
  La soprintendenza paesaggistica competente per territorio ha, nei mesi scorsi, esaminato attentamente, e indi, autorizzato, vari progetti presentati dal comune di Gravina, riguardanti la riqualificazione del territorio comunale e del centro storico della città di Gravina.
  Tali autorizzazioni, nello specifico, hanno riguardato:
   1) progetto esecutivo «Centro Storico-Asse Monumentale est-ovest»: nell'ottobre 2014 la soprintendenza paesaggistica competente ha autorizzato il comune di Gravina ai lavori previsti in progetto;
   2) progetto definitivo per la «riqualificazione di Piazza Pellicciari»: nell'ottobre 2014 la Soprintendenza paesaggistica competente ha autorizzato i lavori previsti in progetto;
   3) progettazione esecutiva e realizzazione dei lavori di «riqualificazione e fruizione degli spazi aperti del rione Fondovito»: nel gennaio 2015 la Soprintendenza competente ha autorizzato i lavori previsti in progetto.
  In particolare, per i lavori del rione Fondovito, la soprintendenza ha posto le seguenti osservazioni: «lo studio preliminare che indirizza gli obiettivi da raggiungere con gli interventi ha portato chiarezza sulle componenti fondamentali del rione Fondovito, a partire dalla qualità geometrico-compositiva e poi funzionale, strutturale, dimensionale, materico-linguistica. Tutto ciò ha restituito una visione inedita ed esaustiva del centro antico. La proposta esecutiva di intervento si è quindi orientata alla conservazione e valorizzazione di tale complessa realtà urbana.
  Per quanto riguarda in particolare gli obiettivi del progetto di recupero degli spazi pubblici si condividono la salvaguardia delle forme storiche così come il ripristino dei luoghi a seguito di recenti e inopportune modifiche e questo attraverso la realizzazione di idonee infrastrutture e di elementi di arredo urbano, quali pavimentazioni, arredo e verde urbano, nonché attraverso il recupero dei caratteri costruttivi originari e delle tecnologie adottate localmente nelle diverse fasi storiche.
  Attualmente in stato di quasi totale abbandono, il rione Fondovito è stato nel passato palcoscenico di vita sociale ricca di rapporti interpersonali e interfamiliari.
  Ciò è dovuto alla conformazione dell'insediamento abitativo, che rendeva la strada soggiorno di diverse abitazioni e i chiostri il luogo di incontro e scambio tra gli abitanti. Ma ruolo fondamentale hanno avuto anche le chiese, nate in epoche diverse, che costituiscono il fulcro del rione. Venendo dunque alle proposte del progetto esecutivo, si condividono le scelte progettuali proposte. Si condividono, inoltre, gli interventi previsti per l'illuminazione pubblica, nonché il disegno e la scelta dei materiali da impiegare per le nuove opere di pavimentazione, d'arredo urbano, di recupero dei muretti a secco, di manutenzione delle fontane, la realizzazione del giardino perturbano e del giardino botanico, la sistemazione delle piazze, le soluzioni tecnologiche ed impiantistiche dei «sottoservizi»;
   4) intervento di rigenerazione urbana (Gravina RE-SET) previsto per il «bastione Medievale, via Giudice Montea-Cavati»: premesso che la soprintendenza paesaggistica competente si era già favorevolmente espressa relativamente al progetto definitivo dei lavori in argomento nel dicembre 2011, formulando una serie di condizioni circa la metodologia ed i materiali di intervento, essa ha reiterato l'autorizzazione dei lavori nel luglio 2015, rilevando che «l'elaborazione del progetto con le nuove proposte migliorative, per i medesimi interventi, risultava ben articolata e puntualmente dettagliata, tanto nella parte descrittiva dello stato dei luoghi, quanto in quella relativa all'indicazione delle diverse tipologie di restauro previste. Risultano infatti pienamente soddisfatte le prescrizioni a suo tempo indicate, nonché la piena rispondenza all'esigenza di conservazione e tutela dei manufatti interessati dai restauri».
  Va precisato inoltre che per tutte le autorizzazioni suddette, la soprintendenza competente ha indicando alcune prescrizioni da osservare nella condotta dei progetti, riservandosi di fornire nel corso dei lavori ogni eventuale ed ulteriore prescrizione, e concordando inoltre con la proprietà, tramite il direttore dei lavori, i sopralluoghi necessari per seguire il costante andamento dei lavori stessi. Nell'autorizzare i lavori la soprintendenza ha fatto inoltre obbligo al comune di comunicare tempestivamente, per iscritto, la data di inizio dei lavori (affidati ad imprese qualificate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010 nelle categorie OG2) e, al termine dei lavori, di consegnare una relazione redatta dal direttore dei lavori delle più significative fasi di intervento, corredata da documentazione fotografica nel rispetto dell'articolo 250 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010 n. 207.
  Infine, nell'agosto 2015, la soprintendenza ha risposto ad un esposto di un privato cittadino e degli attivisti di «Gravina 5 Stelle» in merito ai lavori in corso nel «Rione Fondovito» facendo notare che «l'intervento di rigenerazione in esecuzione nel Rione Fondovito consiste, soprattutto, nella ripavimentazione di alcuni tratti di strade e scale, con rifacimenti dei relativi sottoservizi, utilizzando basole di pietra chiara scelta ed autorizzata dalla scrivente. Nello specifico si rileva che, la pavimentazione del canalone, viene ripristinata nelle stesse forme e sviluppo planimetrico che essa aveva già diverse decine di anni addietro, quindi conservando globalmente la quota, altimetrica dello stesso percorso originario, non evidenziando alcun tipo di alterazione né altimetrica né planimetrica».
  Per tutti gli interventi di rigenerazione urbana fin qui descritti, non risultano, a conoscenza della soprintendenza paesaggistica competente, elementi tali da evidenziare difformità esecutive, nella condotta dei lavori, rispetto alle prescrizioni impartite con le note sopra citate.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoDorina Bianchi.


   CARROZZA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la Biblioteca nazionale centrale di Firenze (BNCF) è la più grande tra le biblioteche italiane e, insieme alla Biblioteca di Roma, svolge le funzioni di biblioteca nazionale centrale. È la più antica, la prima apertura è del 1747, ed è una delle più importanti biblioteche europee;
   dislocata in piazza dei Cavalleggeri a Firenze, la BNCF è uno dei rari esempi di edilizia bibliotecaria, venne costruita a partire dal 1911, fa parte dell'area monumentale del complesso di Santa Croce;
   possiede circa 6.000.000 volumi a stampa, 2.689.672 opuscoli, 25.000 manoscritti, 4.000 incunaboli, 29.000 edizioni del XVI secolo e oltre 1.000.000 di autografi, e conta 599.970 opere consultate all'anno 2009. Le scaffalature dei depositi librari coprono attualmente 135 chilometri lineari, con un incremento annuo di oltre 1 chilometro e mezzo;
   la BNCF è sede pilota nella creazione del servizio bibliotecario nazionale che ha come obiettivo l'automazione e informatizzazione dei servizi bibliotecari e la costruzione di un indice nazionale delle raccolte librarie possedute dalle biblioteche italiane. Nella sala di ricerca i cataloghi cartacei sono stati sostituiti da computer, con i cataloghi interamente consultabili su internet;
   nell'ambito del sistema bibliotecario nazionale la Biblioteca nazionale centrale di Firenze garantisce la conservazione e la tutela del patrimonio che è stato acquisito;
   garantisce la tutela e la gestione della produzione editoriale italiana, su qualsiasi supporto, che le perviene per deposito legale e delle tesi di dottorato di ricerca dandone notizia attraverso la bibliografia nazionale italiana;
   documenta la cultura italiana all'estero con l'acquisto delle opere che ne sono rilevante espressione e di quelle più importanti che la illustrano, e la cultura internazionale con l'acquisto delle opere che ne rappresentano la continuità e la generalità;
   acquista quanto necessario per integrare e completare le raccolte e acquisisce per donazione materiale bibliografico e documentario, nonché cimeli di valore artistico o opere d'arte;
   valorizza con idonei strumenti bibliografici e adeguate manifestazioni pubbliche le proprie collezioni;
   la Biblioteca necessita di restauri esterni e interni. I lavori di straordinaria manutenzione non vengono eseguiti da anni e anche per quelli di ordinaria amministrazione non ci sono le risorse minime necessari;
   sono molteplici infatti i guasti e i malfunzionamenti presenti nella struttura che procurano gravi disagi al pubblico e ai dipendenti. Diversi sono i locali che dovrebbero e potrebbero essere aperti al pubblico ma sono chiusi poiché non più accessibili. Così come gli impianti di riscaldamento e climatizzazione, fondamentali per la conservazione dei numerosi testi, sono obsoleti e inefficienti;
   il personale addetto alla distribuzione e al funzionamento si è ridotto a 165 unità, mentre la pianta organica ne prevederebbe 334, numeri in continuo calo per via dei pensionamenti e non rinnovati con nuove assunzioni; le ultime risalgono a oltre 30 anni or sono. Il servizio viene quindi espletato con grandi difficoltà e con molte insufficienze che sarebbero ancora maggiori se non supplissero i tirocinanti e i giovani del servizio civile;
   l'accesso alle collezioni di periodici è stato escluso a tempo indeterminato ormai da due anni e la distribuzione pomeridiana è limitata a un giorno solo a settimana;
   le previsioni assestate dell'anno finanziario 2014 per la Biblioteca nazionale centrale di Firenze ammontavano a 1.141.462 euro, mentre per l'anno finanziario 2015 il Ministero propone un taglio radicale, stanziando 196.397 euro e ulteriori tagli sono previsti nel 2016 e nel 2027 (non più di 154.593 euro ad anno) –:
   quali iniziative il Ministro intenda promuovere affinché la struttura della Biblioteca nazionale centrale di Firenze possa riprendere in pieno la sua funzione e garantire il previsto servizio statuario.
(4-08756)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo in esame, nel quale l'interrogante chiede di sapere quali misure si intende «intraprendere per garantire che alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze siano destinate risorse pubbliche certe e continuative per non ricorrere all'esercizio emergenziale, ... risorse che non siano, ogni volta, ridotte» e «per garantire il turnover dell'organico del personale».
  L'interrogante bene descrive la ricchezza della Biblioteca nazionale centrale di Firenze (di seguito BNCF), sotto i profili della quantità e la qualità del patrimonio posseduto e dell'importanza delle molteplici funzioni che essa svolge nell'ambito del sistema bibliotecario italiano e internazionale.
  Si aggiunga che la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, è archivio della letteratura italiana moderna; che ha una raccolta dei periodici che conta più di 250.000 testate, di cui 15.000 in corso; che conserva un cospicuo fondo di materiale cosiddetto minore, tra cui importanti documenti prodotti nell'ambito di attività associative, produttive e commerciali, guide turistiche e cartoline illustrate e un importantissimo fondo di libri d'artista del novecento. Il patrimonio artistico consta di una cinquantina di opere tra busti, statue, maioliche e dipinti di diverse epoche.
  La biblioteca, ai sensi della vigente normativa sul deposito legale, costituisce l'archivio nazionale della produzione editoriale italiana nonché elemento fondamentale del servizio bibliotecario nazionale, il quale consente la catalogazione partecipata e la circolazione dei documenti su scala nazionale.
  La Biblioteca nazionale centrale di Firenze, inoltre, è partner in molti progetti europei e internazionali, quali european world digital library, google, proQuest, attivati anche sulla base di lettere d'intenti con partner privati e prestigiose istituzioni culturali, e tuttora in corso. Tali progetti hanno consolidato all'estero il ruolo di importante istituto bibliografico della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.
  L'interrogante rileva, però, anche difficoltà e criticità che impediscono alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze di fornire i propri servizi secondo standard qualitativi e quantitativi analoghi ad altre istituzioni simili, anche straniere.
  Si tratta di questioni già note, per le quali l'amministrazione si è ed è fermamente impegnata nella loro risoluzione. Alcune di esse sono già state risolte. Per altre, sono necessari interventi e investimenti di lungo periodo, alla cui progettazione e realizzazione l'amministrazione sta provvedendo, nel limite delle risorse disponibili.
  La sede della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, risalente agli anni Trenta del secolo scorso, conserva al suo interno arredi, elementi architettonici e apparati che si sono nel corso dei decenni storicizzati e che assegnano all'edificio stesso un notevole valore storico-culturale. Ciò comporta insieme la volontà di preservare l'edificio e il suo apparato ma anche il suo utilizzo in maniera efficiente, compatibilmente, ovviamente, con il valore storico-culturale della sede.
  Gli eventi meteorologici straordinari che hanno colpito la città di Firenze il 19 settembre del 2014 hanno danneggiato strutturalmente la Biblioteca nazionale centrale di Firenze, lesionando in modo particolarmente grave le grondaie, il sistema di smaltimento delle acque meteoriche delle coperture a falda, il lastrico solare e i lucernari risalenti per lo più agli anni trenta del novecento e già oggetto di parziali interventi di messa in sicurezza. La medesima circostanza ha causato gravi lesioni al paramento murario dell'ala nuova di Via Magliabechi, messa in sicurezza dai vigili del fuoco, e il distacco parziale di frammenti lapidei della facciata principale rivestita di pietra forte.
  Premesso che nei mesi di luglio e agosto 2014 si era provveduto a opere di manutenzione indifferibili dell'intero sistema di grondaie e di pulizia dei lastrici solari, la causa essenziale dei danni lamentati è stata l'eccezionalità dell'evento. Ad oggi si è già provveduto a recuperare con lavori in urgenza i lucernari danneggiati dalle grandine e a rimettere i vetri andati distratti allo scopo di evitare ulteriori infiltrazioni di acqua nell'edificio e si è proceduto a intervenire sulla porzione di lastricato solare danneggiata. L'utilizzazione di uno stanziamento di euro 1.100.000,00 ha reso possibile stipulare una convenzione con il provveditorato alle opere pubbliche per la Toscana per la realizzazione degli interventi necessari.
  Per quanto riguarda l'impianto termico, sono stati operati interventi di messa a regime ai sensi della normativa vigente con un miglioramento notevole nel microclima delle aree trattate, considerata anche la struttura architettonica dell'edificio, l'altezza delle sale e dei locali e la presenza di infissi storici, ancora da recuperare attraverso operazioni di restauro conservativo. La struttura dell'edificio, risalente agli anni trenta del novecento, consente, comunque, una climatizzazione solo parziale, limitata ai locali che presentano caratteristiche adatte a tali interventi.
  Dopo gli interventi sull'impianto termico dell'edificio della biblioteca, si è proceduto alla climatizzazione del deposito riservato.
  Per quanto riguarda i servizi igienici, gli stessi rispettano le norme igienico-sanitarie e la normativa di sicurezza vigente. È presente un servizio igienico dedicato, accessibile ai disabili. Da un punto di vista architettonico l'area rispecchia lo stile del periodo di costruzione dell'edificio, con parziali interventi aggiuntivi negli anni ottanta del secolo scorso, ma viene costantemente assicurata la pulizia e la disponibilità di materiale igienico-sanitario.
  L'emeroteca della Biblioteca nazionale centrale di Firenze vanta un patrimonio documentario di notevole importanza sia per il numero delle testate, che assommano a 250.000, che per la rarità di molte di esse, alcune delle quali risalenti alla metà del secolo XVIII. Attualmente le collezioni delle pubblicazioni periodiche, conservate nei vari spazi della, Biblioteca nazionale centrale di Firenze; corrispondono approssimativamente a quaranta chilometri lineari di scaffalature, con un incremento annuo stimato di circa mille metri lineari. È in previsione, inoltre, il deposito della collezione della stampa italiana e straniera dagli anni venti del novecento al 2000, conservata attualmente presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che occuperà, presumibilmente, uno spazio pari a ulteriori dieci chilometri lineari di scaffalature.
  La sede secondaria della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, costituita dalla polveriera di Forte Belvedere, dove furono collocati provvisoriamente i giornali storici della biblioteca dopo la tragica alluvione del 1966, ancorché fosse poco adatta alle necessità di una biblioteca, venne aperta al pubblico nel 1990 per poi essere chiusa già nel 2000, in attesa di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza dello stabile.
  Forte Belvedere da quel momento venne utilizzato come mero deposito, da cui, a cura del personale della biblioteca, si provvedeva a prelevare, in giorni prefissati, il materiale richiesto dagli utenti e a trasferirlo per la consultazione nella sede centrale della biblioteca. Attualmente, però, il servizio è sospeso a tempo indeterminato in quanto un'analitica relazione della ditta che gestisce la sicurezza dei luoghi di lavoro ha evidenziato peggioramenti nelle condizioni dell'immobile sotto il profilo della sicurezza. Ciò, di fatto, esclude dalla consultazione la collezione di indiscusso valore dei giornali storici della biblioteca.
  Gli interventi per garantire la sicurezza della sede di Forte Belvedere appaiono, già a una prima analisi, molto onerosi e, soprattutto, non risolutivi, in considerazione del fatto che la sede in questione per sua stessa conformazione non consente una conservazione ottimale del materiale collocatovi; che la stessa manca di ulteriori spazi occupabili; che la zona, benché altamente suggestiva, è difficilmente raggiungibile dagli utenti per mancanza di infrastrutture; che, infine, è di difficile, se non impossibile, gestione come biblioteca per la sua stessa conformazione fisica.
  La soluzione della problematica dell'emeroteca può essere costituita dal pieno recupero dell'area della ex caserma Curtatone e Montanara, assegnata alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze dal 2003.
  L'area in questione si compone di tre fabbricati, tra cui l'ex convento di Sant'Onofrio e l'ala di manifattura ottocentesca, adibita a servizi della scuola militare di sanità e di tre cortili, per una superficie complessiva di settemila metri quadri. Nell'ultimo triennio si è già provveduto a recuperi parziali: nel corso del 2011 è stata recuperata la quasi totalità delle coperture e sono stati effettuati interventi di disinfestazione all'interno del fabbricato ottocentesco; nel corso del 2012 si è provveduto alla rimozione delle coperture in cemento-amianto delle due pensiline poste lungo il muro perimetrale di via Tripoli, ormai fatiscenti, e al loro smaltimento, così come alla rimozione di tutte le canne fumarie e dei serbatoi di accumulo acque, sempre in cemento-amianto, posti nel fabbricato e nei cortili. Attualmente nell'area del convento sono già funzionanti impianti di rilevazione antincendio e antintrusione.
  Col recupero dei locali dell'ex caserma Curtatone e Montanara, si creerebbe un'asse culturale della biblioteca lungo la via Tripoli, che risulterebbe di grande utilità per gli utenti. Mentre il fabbricato più antico potrebbe ospitare gli spazi dei servizi al pubblico, il centro di digitalizzazione, gli uffici e parte delle collezioni più particolari, l'area ottocentesca potrebbe essere destinata ai magazzini librari mediante un impianto di robotizzazione, che andrebbe a garantire spazi a lungo termine per l'accrescimento delle raccolte librarie e documentarie della Biblioteca nazionale centrale di Firenze.
  Si restituirebbe, così, agli utenti la possibilità di consultare il prezioso materiale dell'emeroteca nazionale attualmente non finibile, di estremo pregio e rarità, ottimizzando e migliorando in modo evidente e sostanziale, oltre alla conservazione e alla tutela del materiale, la sua fruizione e la sua valorizzazione, mediante l'inserimento in progetti di digitalizzazione.
  Per quanto riguarda gli organici, si evidenzia che la recente riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, attuata con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, fondandosi innanzitutto sull'esigenza di attuare misure di riduzione e revisione della spesa (spending review), ha rideterminato anche le dotazioni organiche del personale di questo Ministero, fissandole in complessive 19.050 unità per il personale appartenente alle aree funzionali. Per avere un utile termine di raffronto, si rammenta che il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 gennaio 1997 (Rideterminazione delle dotazioni organiche delle qualifiche dirigenziali, delle qualifiche funzionali e dei profili professionali del personale del Ministero per i beni culturali e ambientali) – di seguito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1997 – aveva fissato le dotazioni organiche, per il personale non dirigenziale, in complessive 25.050 unità.
  Con successivo decreto ministeriale 6 agosto 2015, l'amministrazione, sentite anche le organizzazioni sindacali, ha provveduto a ripartire le dotazioni organiche del personale delle aree funzionali tra gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione.
  Le dotazioni organiche delle biblioteche sono state definite attraverso un processo metodologico che ha suddiviso gli istituti bibliotecari del Ministero secondo macro categorie, considerando, al fine della classificazione, alcuni aspetti peculiari: dimensioni dell'edificio, fondi posseduti, accessibilità al pubblico e numero dei fruitori.
  Per ogni biblioteca si è, quindi, proceduto a calibrare il peso di alcuni profili professionali, in base a delle «variabili influenti», tra cui; le dimensioni dell'edificio, il numero di fondi presenti, il numero di ricerche effettuate in loco e per corrispondenza.
  A causa di una passata programmazione del personale, per alcuni profili professionali in ambito bibliotecario si è creato, nel tempo, un anomalo surplus in specifiche aree territoriali. In particolar modo è stata individuata una forte presenza di personale con la qualifica di funzionario bibliotecario, concentrata in prevalenza nelle regioni del Sud, assegnato, in taluni casi, a strutture periferiche estranee alle attività bibliotecarie.
  Questa anomala situazione ha impedito, in alcuni casi, una più congrua dotazione di personale tra gli istituti che insistono in altre aree geografiche.
  Per la Biblioteca nazionale centrale di Firenze è stata individuata una dotazione organica pari a 170 unità di personale, così ripartita: n. 38 funzionari bibliotecari, n. 3 funzionari amministrativi, n. 2 funzionari informatici, n. 2 funzionari per le tecnologie, n. 1 funzionario restauratore, n. 42 assistenti alla vigilanza, n. 25 assistenti tecnici, n. 4 assistenti informatici, n. 33 assistenti amministrativi, n. 20 addetti ai servizi ausiliari.
  Dalle 162 unità rilevate effettivamente in servizio a maggio 2015, la biblioteca passa dunque ad una dotazione di previsione di 170 unità. In particolare, aumenta il personale di prima area (5 unità). Nella seconda area si confermano le 42 unità di vigilanza così come i 33 amministrativi, i 4 informatici e i 25 tecnici; per la terza area, aumentano i bibliotecari di una unità e due funzionari delle tecnologie mentre i restanti profili sono confermati.
  L'analisi della pianta organica prevista per la Biblioteca dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1997 evidenzia la presenza di profili professionali che, attualizzati, possono ritenersi – in considerazione della loro funzione – non più correnti (ad esempio: le 40 unità del profilo di dattilografo, gli addetti alle attrezzature e alle pulizie). Se si raffronta, quindi, la nuova dotazione con quella prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1997, privata dei profili ormai obsoleti, la differenza si riduce notevolmente.
  Occorre, poi, considerare l'impatto che, anche nelle biblioteche, ha avuto l'evoluzione tecnologica, trasformando e riducendo modalità operative e carichi di lavoro.
  Anche per l'impossibilità di disporre di tutto il personale assegnato, a causa dell'effettiva indisponibilità di alcune unità di personale di accoglienza e vigilanza (dovuta ad assenze croniche per malattia e a una difficoltà complessiva di personale particolarmente anziano nello svolgimento delle turnazioni), la biblioteca ha limitato la distribuzione dei libri al turno mattutino, per tre giorni alla settimana, al fine di garantire l'apertura, per un arco temporale significativo (lunedì-venerdì: 8,15-19; sabato 8,15-13,30), di altri servizi al pubblico essenziali: gestione dell'accesso, del tesseramento, delle sale di consultazione, della sala manoscritti, della sala periodici, del prestito, della movimentazione e della distribuzione del materiale librario e documentario sia dai magazzini librari della sede centrale sia da quelli delle sedi distaccate.
  Nel corso del 2015 un utile apporto è stato fornito dai tirocinanti (10 unità) assegnati per sei mesi, e ancora un importante supporto si avrà grazie all'assegnazione, mediante procedimento in corso, di 40 unità del servizio civile nazionale, che presteranno servizio per un anno nel settore dei servizi al pubblico e nel settore della catalogazione del materiale bibliografico corrente.
  Si segnala, comunque, che il decreto ministeriale 6 agosto 2015 prima citato, col quale sono state ripartite le dotazioni organiche tra gli uffici dell'amministrazione, prevede una verifica mensile della congruità della ripartizione stessa, con la possibilità di adottare, entro il mese di febbraio 2016, correzioni e modifiche.
  Come è noto, poi, la legge di stabilità 2016 prevede, all'articolo 1, commi 328- 330, la possibilità di reclutare nuovo personale tramite un concorso straordinario per l'assunzione di 500 funzionari dei beni culturali, tra cui anche funzionari bibliotecari.
  Rispetto, invece, alle iniziative per sostenere l'attività della biblioteca, la legge di bilancio 2015 ha inizialmente assegnato, per il funzionamento della Biblioteca nazionale centrale di Firenze, solo euro 196.397,00. Questo finanziamento è stato incrementato di euro 491.118,00 dalla legge di assestamento e ulteriori euro 32.000,00 sono stati erogati per rafforzare i servizi della biblioteca, nell'ambito del servizio bibliotecario nazionale.
  A queste risorse vanno aggiunti euro 100.000,00 per l'incremento del patrimonio bibliografico, euro 200.000,00 per il progetto «Magazzini digitali», nell'ambito del programma degli utili della società pubblica ARCUS ed euro 100.000,00 per il progetto Google Books.
  In aggiunta a quanto sopra, la direzione generale bilancio, alla fine del 2014, ha disposto un finanziamento straordinario pari a euro 600.000,00, per far fronte a interventi urgenti e indifferibili (decreto dirigenziale 5 dicembre 2014) e uno ulteriore di euro 500.000,00 (decreto dirigenziale del 3 ottobre 2014), per la messa in sicurezza delle sedi della biblioteca e la tutela del patrimonio librario.
  Per il 2016, invece, la biblioteca verrà nuovamente dotata di risorse finanziarie sufficienti a consentire una gestione efficace dell'immobile occupato e dei servizi connessi: nella legge di bilancio 2016, in attuazione dell'articolo 1, comma 349, della legge di stabilità, sono infatti previsti euro 2.981.072 sul capitolo 3609, dedicato al funzionamento della biblioteca.
  La stessa legge di stabilità prevede all'articolo 1, comma 318) di stabilizzare e rendere permanente l'agevolazione dell’Art Bonus introdotta dal decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106.
  Seppure l'effetto attrattivo dell’Art Bonus applicato alle biblioteche sia certamente più debole rispetto alla capacità di richiamo dei più noti monumenti italiani, la Biblioteca nazionale centrale di Firenze – secondo quanto risulta dal sito web dell'Istituto – nel 2014 ha beneficiato di due erogazioni liberali per un importo totale di euro 13.309,00 e, nel primo semestre 2015, di un ulteriore erogazione di euro 7.500,00.
  Si ricorda, inoltre, che con il decreto ministeriale 7 ottobre 2008 alla Biblioteca nazionale centrale di Firenze è stata riconosciuta una speciale forma di autonomia, con l'obiettivo di conferire ad essa strumenti gestionali utilizzabili anche nell'ottica di una ricerca di forme di finanziamento e di sostegno da parte di enti pubblici e privati.
  Infine, va segnalato che da ultimo il programma triennale degli interventi di tutela, istituito dalla legge 190 del 2014 e sul quale le commissioni parlamentari hanno già espresso parere favorevole, ha assegnato la somma di 3.550.000 euro nel triennio per interventi di restauro e ristrutturazione della sede Biblioteca nazionale centrale di Firenze, onde risolvere il problema della carenza di spazi.
  In conclusione, se anche nel passato l'attenzione del Ministero per la Biblioteca nazionale centrale di Firenze non è mai venuta meno, sicuramente le iniziative e gli interventi in itinere potranno consentire a questa illustre istituzione culturale di continuare a svolgere a pieno la sua funzione culturale.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoIlaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   D'AMBROSIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel febbraio 2012 la polizia municipale di Ostuni (BR) scopre, in località Lamacornola all'interno di una vecchia cava di tufi ormai in disuso da tempo, una discarica abusiva e pone l'area sotto sequestro avviando, contestualmente, le opportune indagini sulle provenienza dei rifiuti sversati e sui responsabili dell'illegale sversamento;
   l'area interessata dalla discarica abusiva si trova all'interno del parco regionale «Dune costiere da Torre Canne a Torre S. Leonardo», istituito con legge regionale n. 31 del 27 ottobre;
   i terreni circostanti l'area sono utilizzati ai fini agricoli per la coltura di ortaggi e per l'irrigazione degli stessi viene utilizzata acqua proveniente dal pozzo freatico che si trova proprio al fianco della citata area;
   i terreni in cui si trova la discarica abusiva sono di proprietà della curia di Brindisi;
   ad oggi non risultano bonifiche dell'area, né da parte dei proprietari dei terreni, né da parte dell'ente parco, né da parte del comune di Ostuni;
   i rifiuti ivi sversati, totalmente esposti agli agenti atmosferici, si stanno disgregando in minuscoli frammenti che, col vento, potrebbero essere trasportati anche in aree lontane dal sito in questione;
   nello stesso sito è possibile notare irregolari dossi, ormai ricoperti di vegetazione spontanea, che potrebbero essere meritevoli di carotaggi per verificare la presenza di rifiuti sversati e ricoperti da cumuli di terra –:
   quali iniziative di competenza intenda mettere in campo per occuparsi del sito in questione, in virtù delle problematiche esposte in premessa e se, in particolare, intenda promuovere una verifica da parte del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. (4-06625)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, relativo alla discarica abusiva sita in una cava con sede nel comune di Ostuni, in località Lamacornola, sulla base delle informazioni acquisite dal settore ecologia del comune di Ostuni, si rappresenta quanto segue.
  Al riguardo si precisa che, l'istituto diocesano sostentamento del clero Brindisi-Ostuni, proprietario del terreno oggetto della discarica, ha comunicato allo stesso comune, con nota del 17 dicembre 2014, di aver rimosso e smaltito i rifiuti depositati nella cava di cui trattasi e ripristinato lo stato dei luoghi.
  Ad ogni modo, per quanto di competenza, si fa presente che le strutture tecniche del Ministero continueranno a svolgere un'attività di monitoraggio e che segnaleranno eventuali criticità alle autorità competenti.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   FANTINATI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 19 novembre 2015, il Museo civico di Verona, ospitato al Castello Scaligero, più conosciuto come Castelvecchio, e situato nel centro storico della città, è stato oggetto di un clamoroso furto di opere d'arte di valore inestimabile;
   sono diciassette i dipinti rubati: Madonna della quaglia del Pisanello, San Girolamo penitente di Jacopo Bellini, Sacra Famiglia con una santa di Andrea Mantegna, Ritratto di giovane con disegno infantile di Caroto, Ritratto di giovane monaco benedettino di Caroto, Madonna allattante di Jacopo Tintoretto, Trasporto dell'arca dell'alleanza di Jacopo Tintoretto, Banchetto di Baltassar di Jacopo Tintoretto, Sansone di Jacopo Tintoretto, Giudizio di Salomone di Jacopo Tintoretto, Ritratto maschile della cerchia di Jacopo Tintoretto, Ritratto di Marco Pasqualigo di Domenico Tintoretto, Ritratto di ammiraglio veneziano della Bottega di Domenico Tintoretto, Dama delle licnidi di Peter Paul Rubens, Paesaggio di Hans de Jode, Porto di mare di Hans de Jode, Ritratto di Girolamo Pompei di, Giovanni Benini;
   quello del 19 novembre, come scritto da alcuni giornali veronesi «rischia di passare alla storia come il più clamoroso furto di opere d'arte degli ultimi cento anni»;
   il danno all'arte «è immenso», ha commentato la direttrice di Castelvecchio, Paola Marini, secondo la quale il valore dei quadri sottratti si aggira sui 15 milioni di euro;
   secondo le prime ricostruzioni, tre malviventi, incappucciati, vestiti di nero e con le armi in pugno, hanno atteso che si avvicinasse l'orario di chiusura del museo e, poco prima delle 20, sono entrati in azione, con le sale aperte ma senza alcun visitatore, sapendo, evidentemente, che il sistema d'allarme sui quadri, in particolare i sensori volumetrici collegati con la centrale operativa dell'istituto di vigilanza, non erano ancora stati attivati;
   la banda è entrata da una porta laterale (priva di allarme) e una volta all'interno hanno immobilizzato e disarmato l'unica guardia giurata in servizio; mentre due componenti della banda si sono fatti portare dal vigilante della Secure Italia nelle sale in cui erano esposte le opere, il terzo ha tenuto sotto la minaccia di una pistola la cassiera, che era stata anche legata e imbavagliata con nastro adesivo;
   per fare razzia dei dipinti esposti, i malviventi – alla cassiera sono parsi stranieri per qualche parola che si sono lasciati sfuggire – hanno impiegato poco più di un'ora; quindi hanno caricato i quadri – alcune tele sono state arrotolate altre no – e sono fuggiti utilizzando l'auto della vigilanza privata;
   all'agenzia di stampa Ansa, la direttrice Marini ha rivelato un altro particolare: il danneggiamento di una tavola di Giulio Licinio, «Conversione di Saulo» «Era vicino ai quadri del Tintoretto – ha spiegato – non è grave, sarà facilmente restaurabile. Dimostra però la brutalità con cui queste persone hanno agito»;
   ha destato sorpresa l'apparente facilità con cui è stato compiuto uno dei furti più gravi della storia dell'arte italiana, in pieno centro storico, fuggendo senza essere visti, se non dalle telecamere di sicurezza;
   su queste immagini stanno lavorando polizia e carabinieri per dare un volto ai componenti della banda;
   l'autorità giudiziaria ha delegato anche il nucleo tutela patrimonio artistico dell'Arma a seguire le indagini sulla rapina, della quale si occupa la squadra mobile di Verona;
   tra le ipotesi investigative più probabili sembrano esserci quella del furto su commissione o per riscatto;
   a cinque giorni dal furto, non è giunto alcun commento dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, che proprio il 19 novembre, al Quirinale, è intervenuto all'inaugurazione di una mostra dedicata a due opere rubate e recuperate dai carabinieri –:
   quali iniziative necessarie ed urgenti s'intendano adottare al fine di sollecitare una ridefinizione delle funzioni e del ruolo del personale addetto alla sorveglianza nei musei italiani che garantisca una più efficace azione di repressione dei furti o di altri reati commessi;
   se le tele trafugate, di enorme valore artistico e patrimoniale, fossero coperte da assicurazione contro il furto;
   quali iniziative s'intendano porre in essere per evitare il ripetersi di analoghi episodi in futuro. (4-11275)

  Risposta. — Si riscontra l'atto di sindacato ispettivo n. 4-11275 in esame, con il quale l'interrogante, premesso che il 19 novembre 2015 il museo civico di Verona è stato oggetto di un furto di opere d'arte di valore inestimabile, chiede di sapere quali iniziative intenda adottare il Ministero onde evitare il ripetersi di analoghi episodi, anche tramite una ridefinizione delle funzioni del personale addetto alla sorveglianza nei musei, e se le opere fossero coperte da assicurazione contro il furto.
  Preliminarmente, si osserva che il museo di Castelvecchio è di proprietà comunale ed è gestito dal comune di Verona.
  In particolare, quindi, per quel che concerne l'aspetto degli addetti alla vigilanza e delle eventuali turnazioni, il Ministero ha potuto acquisire dati presso il comune di Verona. Dai dati acquisiti è emerso che, per quanto riguarda i sistemi di sicurezza attivi presso i musei civici di Verona, la soprintendenza paesaggistica competente per territorio è in possesso di uno schema dei sistemi di sicurezza inviatogli dal comune, in cui emerge che il museo civico di Castelvecchio è dotato di sorveglianza diurna effettuata da personale di custodia durante gli orari di apertura al pubblico, di un sistema di allarme anche con controllo da remoto dalla centrale operativa di Sicuritalia e della presenza di una guardia armata fissa dalle ore 19 alle ore 9 del mattino. Inoltre il museo è controllato da un sistema di video sorveglianza con telecamere a circuito chiuso.
  Per quanto riguarda nello specifico fatti di competenza del Ministero, si evidenzia che in data 20 novembre u.s., giorno successivo all'evento, la competente soprintendenza paesaggistica ha effettuato un sopralluogo per valutare la perdita subita dal museo in seguito alla rapina, nonché i danneggiamenti che hanno, in particolare, interessato la tavola «La conversione di Saulo» di Giulio Licinio. Con una nota del 26 novembre u.s. la suddetta soprintendenza ha offerto al direttore del museo la disponibilità a restaurare il dipinto danneggiato, offerta accettata da parte del museo in data 27 novembre 2015.
  Per quanto riguarda il valore economico delle 17 opere rubate, il Ministero è in attesa della comunicazione da parte dell'ente proprietario e pertanto la stima comunicata, cui l'interpellante fa riferimento, è solo una stima di massima suscettibile di correzioni sulla base delle comunicazioni che dovranno necessariamente pervenire dall'ente proprietario. Il Segretariato regionale del Veneto, acquisite per le vie brevi informazioni dall'ex direttore del museo, dottoressa Paola Marini, riporta a proposito dell'opera del Mantegna che «il valore (...) fornito ai competenti uffici del comune di Verona — ufficio patrimoniale per attivare l'assicurazione individuale dell'opera, era basato anche sul dibattito critico intorno alla certezza sulla paternità dell'opera medesima».
  In merito all'accaduto si ritiene invece opportuno evidenziare l'aspetto collaborativo interistituzionale tra il Ministero e il comune, dimostrato, tra l'altro, come già detto, dall'offerta avanzata da parte della soprintendenza di Verona di occuparsi del restauro della tavola di Giulio Licinio rimasta danneggiata nel corso del furto.
  Infine, può essere opportuno ricordare – per quanto riguarda il patrimonio di competenza statale – che il programma triennale per la tutela del patrimonio culturale 2016- 2018, istituito dalla legge di stabilità 2015 e nel quale recentemente le commissioni parlamentari hanno espresso parere favorevole, destina 50 milioni a un progetto speciale per la sicurezza dei musei e dei luoghi della cultura.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoIlaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   FEDRIGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 novembre al 13 dicembre si svolgerà a Lucca la mostra fotografica «Photolux», dove saranno esposte fotografie di Andrés Serrano e Bettina Rheims, in un percorso a tema «Sacro e profano»;
   si apprende, con disappunto, che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo avrebbe concesso il proprio patrocinio alla mostra, visto che è in programma l'esposizione di fotografie altamente lesive del sentimento religioso dei cristiani;
   sembra inoltre che anche il comune di Lucca e la provincia siano partner istituzionali dell'evento e, quindi, probabilmente anche co-finanziatori;
   più che di sacro e profano, si tratterà semplicemente di un triste esempio di umiliazione e scherno del sentimento religioso dei cristiani: ad esempio, sarà esposta la famosa «Piss Christ» (letteralmente «Cristo di piscio»), una fotografia del 1987 che mostra un crocefisso immerso in un barattolo di urina dell'autore (Serrano). Anche le opere della Rheims sono a dir poco controverse, come nel caso di una Vergine Maria ritratta con una generosa scollatura sui seni e con sguardo provocante;
   sorprende (o forse non sorprende affatto) come le fotografie riguardanti l'Islam, al contrario di quelle con soggetti cristiani, non siano per nulla blasfeme;
   il problema non è di una presunta troppa tolleranza nei confronti dell'Islam: al contrario, la stessa attenzione e la stessa cautela (giustissime, trattandosi di un tema delicato come il vissuto e il sentimento religioso) che viene adottata per trattare la religione musulmana, deve essere mantenuta anche riguardo a soggetti cristiani –:
   se risponda al vero che il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo abbia concesso il patrocinio della mostra Photolux ed anche un finanziamento;
   in caso affermativo se il Ministro fosse effettivamente a conoscenza dell'evento per il quale ha concesso il patrocinio istituzionale, visto che risulta difficile da comprendere come possa aver accordato il proprio assenso ad una mostra dai simili contenuti sacrileghi e lesivi del sentimento religioso della Nazione;
   se il Ministro interrogato non ritenga doveroso ritirare immediatamente il patrocinio alla mostra fotografica di cui in premessa, anche per non associare la sua immagine e quella del dicastero da lui diretto ad una simile mostra che, più che esprimere contenuti artistici, sembra all'interrogante rappresentare l'ennesima espressione di sentimento antireligioso e anticristiano, in particolare mirato innanzitutto ad umiliare il sentimento religioso e la fede di milioni di cittadini italiani. (4-11119)

  Risposta. — Si riscontra l'interrogazione parlamentare in esame, nella quale l'interrogante, con riferimento all'iniziativa Photolux festival Lucca 2015, in programma a Lucca dal 21 novembre al 13 dicembre 2015 e alla prevista esposizione di una fotografia di Andrés Serrano dal titolo Piss Christ, chiede se risponda al vero che il Ministero abbia patrocinato ed anche finanziato tale manifestazione avente «contenuti sacrileghi e lesivi del sentimento religioso della Nazione», e, in caso positivo, se la concessione sia avvenuta avendo effettiva conoscenza dell'evento; se non si ritenga di dover ritirare l'adesione concessa.
  L'iniziativa Photolux festival 2015 è stata promossa e organizzata dall'associazione culturale Photolux, con sede a Lucca. La manifestazione si avvaleva del sostegno del comune di Lucca, della provincia di Lucca, della fondazione Cassa di risparmio di Lucca e della fondazione Banca di Lucca.
  L'associazione, tramite il suo presidente, Enrico Stefanelli, ha richiesto per la manifestazione di cui sopra esclusivamente il patrocinio a titolo gratuito, con nota del 28 settembre 2015, alla quale era allegato il programma dell'iniziativa. Nella lettera di richiesta e nel documento allegato non era contenuto alcun riferimento all'artista sopra richiamato né, tantomeno, alla fotografia sopra citata.
  L'amministrazione, dando puntuale applicazione alla normativa che disciplina la concessione del patrocinio, ha comunque interrotto la procedura e non ha concesso alcun patrocinio né, tantomeno, l'uso del proprio logo.
  Pertanto il Ministero – che comunque, come detto, non aveva notizia della presenza in mostra dell'opera contestata – non ha concesso né un finanziamento né il proprio patrocinio alla manifestazione.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoIlaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   GAGNARLI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a giugno 2015 la Federazione dei Veterinari Europei (FVE) ha espresso la propria posizione ufficiale sugli animali detenuti in circhi e spettacoli viaggianti ed ha invitato i Governi di tutti gli Stati membri dell'Unione europea a proibire l'uso di animali esotici nei circhi mettendo in evidenza che la loro natura selvatica mal si sposa con la situazione di detenzione e cattività cui sarebbero costretti;
   sono già 9 gli Stati dell'Unione europea che hanno vietato l'uso di animali esotici, dei quali, solo qualche giorno fa è entrata a far parte anche l'Olanda, e altri 9 quelli che hanno limitato l'uso di alcune specie;
   in Italia, nonostante le diverse e numerose battaglie portate avanti fuori e dentro il Parlamento, l'utilizzo, degli animali negli spettacoli itineranti e nei circhi è ancora tutelato, grazie ad una legge di 50 anni fa (legge 337 del 1968) e anzi, promosso attraverso l'attribuzione, ogni anno, di finanziamenti che ammontano a circa 3 milioni di euro;
   l'ultimo sondaggio EURISPES 2015 ha rilevato che il 68,3 per cento degli italiani è contraria all'uso di animali nei circhi, ma nonostante questo significativo segnale, nessuna azione concreta è stata messa in atto dallo Stato centrale e le poche iniziative promosse al fine di arginare la presenza dei circhi con animali nel nostro Paese si devono solo a singoli comuni italiani;
   l'ultimo in ordine di tempo è il Comune di Arezzo che, il 14 settembre 2015 ha approvato un atto di indirizzo che dispone il divieto di attendamento di circhi e mostre viaggianti con animali selvatici o esotici al seguito;
   tale divieto, tuttavia, così come altri, rischiano di non poter essere effettivamente applicati in assenza di una normativa nazionale di riferimento;
   la detenzione, l'addestramento e l'esibizione di animali in spettacoli comporta sofferenze e maltrattamento agli animali; inoltre la loro vita in situazioni di detenzione e cattività è incompatibile con le loro caratteristiche etologiche e va senz'altro nella direzione opposta a quella della tutela del benessere animale che dovrebbe essere prerogativa di ogni Stato civile;
   il 24 settembre 2013 il Senato della Repubblica ha approvato, con parere favorevole del Governo, l'Ordine del giorno n. 9/01014/35 che impegna lo stesso a realizzare «nei prossimi provvedimenti, una riduzione progressiva dei contributi, a valere sul Fondo Unico per lo Spettacolo ad esercenti attività circense e spettacolo viaggiante con animali fino a pervenire al completo azzeramento dei contributi nell'esercizio finanziario 2018»;
   inoltre, il decreto ministeriale 1° luglio 2014 recante «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163» non dispone il divieto ma si limita ad introdurre la valutazione dell'attività circense senza animali tra gli indicatori stimabili nel quadro dell'innovazione e della qualificazione dell'offerta –:
   a che punto sia l'adempimento dell'impegno preso dal Governo circa la revoca del finanziamento pubblico allo sfruttamento degli animali nei circhi, erogato ogni anno dal Ministero dei beni culturali, e se ritenga che questo possa essere effettivamente azzerato entro il 2018;
   se non intenda al più presto assumere iniziative normative volte a vietare l'utilizzo degli animali nei circhi, riconvertendo le attività circensi in attività che non prevedano l'utilizzo degli animali.
(4-10413)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, fatto riferimento all'ordine del giorno n. 9/01014/345, approvato dal Senato il 24 settembre 2013, con parere favorevole del Governo, nel quale si impegna lo stesso a «prevedere nei prossimi provvedimenti una riduzione progressiva dei contributi, a valere sul fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, ad esercenti attività circense e spettacolo viaggiante con animali fino a pervenire al completo azzeramento dei contributi nell'esercizio finanziario 2018», chiede di conoscere a che punto sia l'adempimento del Governo; se si ritenga di poter effettivamente azzerare entro il 2018 il finanziamento pubblico ai circhi con animali; se non si intenda assumere iniziative normative volte a vietare l'utilizzo degli ammali nei circhi.
  L'attività circense e di spettacolo viaggiante costituisce uno dei settori in cui interviene il fondo unico dello spettacolo (FUS) che rappresenta, attualmente, l'unica e sola fonte di sostegno pubblico da parte del Ministero a queste attività.
  Il finanziamento pubblico al settore trova il proprio fondamento normativo nella legge 18 marzo 1968, n. 337 (Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante), nella quale si afferma che «Lo Stato riconosce la funzione sociale dei circhi equestri e dello spettacolo viaggiante. Pertanto sostiene il consolidamento e lo sviluppo del settore» (articolo 1).
  Per attuare le predette finalità, la legge ha previsto l'istituzione di un elenco delle attività spettacolari, dei trattenimenti e delle attrazioni da adottarsi con un decreto a firma del direttore generale dello spettacolo e del direttore generale della pubblica sicurezza del ministero dell'interno.
  L'elenco include, tra le attrazioni previste, i circhi equestri e ginnastici con la seguente descrizione: «Attrezzature mobili costituite principalmente da un tendone di misure diverse, sostenuto da pali centrali sotto il quale è collocata una pista su cui si esibiscono artisti, clown, ginnasti, acrobati, animali. Il pubblico che assiste è in genere collocato intorno alla pista» (sezione IV).
  Stante la legislazione vigente, l'amministrazione non può, pertanto, escludere dai contributi le imprese circensi che impiegano animali.
  Con il decreto ministeriale 1o luglio 2014 recante nuovi criteri per l'erogazione e modalità, per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, è stato modificato profondamente il sistema di calcolo e di valutazione dei contributi pubblici statali, basandolo sui criteri indicati nell'articolo 9, comma 1, del decreto legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112 (Disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo), ovvero: l'importanza culturale della produzione svolta, i livelli quantitativi, gli indici di affluenza del pubblico, la regolarità gestionale degli organismi.
  Nell'ambito circense tale provvedimento ha tenuto conto anche delle indicazioni dell'ordine del giorno 9/1014/35, approvato dal Senato nella seduta del 24 settembre 2013, il quale – come richiamato dall'interrogante – raccogliendo sensibilità sempre più diffuse e condivise, ha impegnato il Governo a prevedere nei prossimi provvedimenti, una riduzione progressiva dei contributi a valere sul Fondo unico per lo spettacolo a esercenti di attività circense con animali, fino a pervenire al completo azzeramento dei contributi nell'esercizio finanziario 2018.
  Questa amministrazione, nel rideterminare i criteri per l'erogazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, ha introdotto graduali incentivi in favore di esercenti di attività circensi e di spettacoli viaggianti senza animali, nonché di esercenti di circo contemporaneo.
  Il citato decreto, infatti, ha inserito, nel quadro della innovazione e della qualificazione dell'offerta anche la produzione, la programmazione e la promozione di attività circensi senza animali, tra i fenomeni da osservare quali indicatori della qualità artistica (si vedano le tabelle 26 e 27 contenute nell'allegato B – Qualità artistica, del decreto).
  Seppure, quindi, la scelta di non esercitare più attività con animali rimanga ancora discrezionale, essa è incentivata come indicatore di qualità, con l'attribuzione di un punteggio positivo, utile nella determinazione del contributo.
  Il decreto non ha potuto prevedere alcun divieto per l'impiego di animali nell'esercizio dell'attività circense, in quanto, muovendosi nel quadro della legislazione vigente e quindi della legge n. 337 del 1968 già citata e costituendo disciplina di rango inferiore, non può che operare entro i limiti della vigente legge la quale, ad oggi, non vieta l'utilizzo di animali nei circhi.
  Si ritiene opportuno, però, evidenziare come si sia nel primo periodo di applicazione del decreto ministeriale 1o luglio 2014, costituito dal triennio 2015-2017 e che, quindi, solo più avanti sarà possibile verificare gli effetti del nuovo indicatore di qualità (riguardante specificatamente il circo senza animali), sull'utilizzo degli animali da parte degli esercenti circensi. Al momento, pertanto, non è possibile prevedere un effettivo azzeramento del contributo alle attività circensi senza animali entro la data indicata nell'ordine del giorno.
  Il decreto, comunque, auspica un incremento dei circhi senza animali e ha previsto, anche, una norma a salvaguardia degli animali, nel caso che un esercente circense decida di non utilizzare più animali nella propria attività; l'articolo 33, comma 4, del decreto stesso dispone che, in tal caso, la domanda di contributo debba essere corredata da idonea certificazione rilasciata dal Corpo forestale dello Stato, relativa al ricovero degli animali stessi presso strutture abilitate.
  Come anche evidenziato nell'interrogazione, la questione richiede uno specifico intervento normativo e, in tal senso, in Parlamento sono state già presentate diverse proposte di legge, tra cui anche da parte dell'Interrogante, che attendono di essere esaminate.
  Per quanto riguarda lo stanziamento per il 2015, va precisato che (diversamente da quanto indicato nell'interrogazione) il Fondo unico per lo spettacolo, pur destinando, complessivamente, alle attività circensi e di spettacolo viaggiante risorse finanziarie pari a euro 2.969.988,00, ha assegnato contributi alle attività circensi con uso di animali solo per una quota parte, pari a euro 1.229.068,00.
  Infine, va ricordato da ultimo che il Governo, in sede di esame alla Camera dei deputati del disegno di legge di stabilità (A.C. 3444), nella seduta del 19 dicembre scorso, ha accolto l'ordine del giorno 9/3444-A/229, presentato dallo stesso onorevole Bernini, in una riformulazione che lo impegna a «valutare l'opportunità di porre in essere tutte le iniziative necessarie al fine di escludere dall'accesso ai contributi previsti dal Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163, le attività circensi e di spettacolo viaggiante classificate dall'articolo 4 della legge 18 marzo 1968, n. 337, che detengono o utilizzano o impiegano animali selvatici o riprodotti in cattività, sia autoctoni che alloctoni, nonché specie protette dalla normativa Cites».
  Alla luce degli orientamenti così manifestati dal dibattito parlamentare e delle motivazioni sopra illustrate, questo Ministero è pienamente disponibile nei confronti delle iniziative che il Parlamento vorrà adottare per modificare la normativa primaria ricordata in precedenza.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoDorina Bianchi.


   LATRONICO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la sera del 28 maggio 2013, a Monaco di Baviera un giovane ingegnere italiano di origini lucane Domenico Lorusso, residente a Monaco di Baviera è stato ucciso a pugnalate da uno sconosciuto nei pressi di una pista ciclabile;
   il signor Lorusso si era avvicinato all'assassino, dileguatosi subito dopo il delitto, dopo che questi aveva sputato addosso alla sua compagna e, secondo quanto riportato dai media tedeschi, non conosceva l'aggressore;
   dopo oltre 7 mesi di indagini la polizia tedesca sul caso di Domenico Lorusso non ha trovato nessun colpevole e la squadra anticrimine, appositamente creata per chiarire l'accaduto, ha deciso di archiviare l'inchiesta per la mancanza di ulteriori novità;
   la Germania, dalle cronache giornalistiche, appare un Paese noto per la qualità della giustizia e delle forze dell'ordine, dove il 93 per cento degli omicidi trova sempre il suo autore, ed è assai attento alle forme di prevenzione di atti criminosi. La sera del maggio 2013, però, lungo il fiume Iser nessuno ha notato qualcosa di anomalo, stranamente nessuna telecamera della zona ha ripreso la scena, nemmeno l'esame del DNA proposto dagli inquirenti ha fornito elementi utili;
   l'intera comunità lucana è rimasta scossa dal terribile evento che ha stroncato la vita ad un giovane professionista emigrato per ragioni professionali e di lavoro, provocando un dolore incolmabile alla famiglia ed a quanti lo conoscevano;
   è necessario che il Governo italiano assuma tutte le iniziative presso la polizia e gli organi inquirenti della Germania perché sia fatta luce sull'accaduto e sia assicurato alla giustizia il colpevole dell'atto criminale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra esposto;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano porre in essere per far emergere la verità e per far sì che venga riaperto il caso e resa giustizia per la morte del giovane ingegnere lucano.
(4-10765)

  Risposta. — La Farnesina ha seguito sin dall'inizio con la massima attenzione il caso dell'omicidio del connazionale Domenico Lorusso, avvenuto a Monaco di Baviera il 28 maggio 2013, attivandosi – tramite il consolato generale in loco – per ottenere informazioni dalle autorità locali in merito all'accaduto. Sulla vicenda è intervenuto anche il competente servizio per la cooperazione internazionale di polizia del Ministero dell'interno, che ha preso immediatamente contatto con il corrispondente tedesco dell'agenzia Interpol, il quale ha riferito che il signor Lorusso è stato colpito da una pugnalata al cuore mentre passeggiava con la fidanzata in un parco cittadino.
  Sulla base delle prime risultanze investigative, la polizia bavarese ha ricondotto l'episodio nell'ambito della criminalità comune, non ravvisando elementi che potessero far ipotizzare un atto di xenofobia. Le indagini, che presentano profili di complessità in quanto non è stato possibile arrestare il colpevole nelle fasi immediatamente successive al delitto, risultano tuttora in corso di svolgimento.
  Sia il consolato generale a Monaco che i competenti uffici del Ministero dell'interno intrattengono scambi costanti e proficui con gli inquirenti tedeschi, i quali hanno peraltro confermato la volontà di far piena luce sulla vicenda e il massimo impegno per giungere all'identificazione del colpevole, senza tralasciare alcuna ipotesi investigativa.
  Il Governo italiano continuerà pertanto a seguire attentamente il caso finché l'autore dell'omicidio di Domenico Lorusso non verrà assicurato alla giustizia, mantenendosi in costante contatto con le autorità tedesche e con la famiglia del signor Lorusso, che viene regolarmente aggiornata dal consolato generale a Monaco in merito agli sviluppi della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   OTTOBRE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Alberto Menegatti, cittadino italiano, è stato trovato morto a Tenerife il 23 febbraio 2015. Consta all'interrogante che le cause della morte non siano state pienamente accertate dall'autopsia, né le indagini effettuate nelle ore immediatamente successive alla morte abbiano determinato un quadro probatorio certo;
   Alberto Menegatti, a Tenerife per allenamenti di surf, secondo l'autopsia sarebbe morto fra l'una e le due di notte di lunedì 23;
   una iniziale valutazione delle cause della morte, secondo quanto sarebbe stato detto ai genitori della vittima, ha orientato a sostenere che egli sarebbe morto per cause naturali imputabili ad un infarto, ma tale versione successivamente è stata smentita dall'autopsia secondo la quale il cuore di Alberto Menegatti era perfettamente sano;
   successivamente, sarebbe stato detto ai genitori di Alberto Menegatti che fra le possibili cause della morte vi fosse anche l'ipotesi che si possa trattare di una malattia genetica e che in tal caso fossero opportuni accertamenti nei loro confronti e dei loro familiari;
   la superficialità con cui a giudizio dell'interrogante sono state condotte le indagini e l'analisi contraddittoria degli indizi presenti nella stanza in cui Alberto Menegatti è stato trovato morto, in primo luogo una grande macchia di liquido attorno al suo corpo, sul lenzuolo del suo letto, la cui natura non è stata accertata, hanno condizionato l'inchiesta che ha evidenziato, fin dall'inizio, profonde lacune che gli inquirenti non hanno approfondito e chiarito;
   ai genitori, di Alberto Menegatti, giunti a Tenerife non appena informati di quanto accaduto, sarebbero state date spiegazioni che sono apparse incongruenti e insostenibili, in ordine ad un'inchiesta che sarebbe stata definita come conclusa, che avrebbero indotto i genitori a consentire la cremazione del corpo di Alberto Menegatti, il 25 febbraio 2015;
   ciò ha rappresentato, da parte delle autorità inquirenti, quella che l'interrogante giudica una sostanziale violazione delle norme di legge in Spagna, perché ogni decisione in merito al corpo di Alberto Menegatti avrebbe dovuto attendere la conclusione delle indagini in ogni aspetto fondamentale delle cause e delle condizioni, personali ed ambientali, della sua morte;
   i genitori di Alberto Menegatti, dunque, sarebbero stati indotti ad una scelta immediata in merito alla cremazione del corpo, sulla base di notizie infondate relative allo stato delle indagini ed hanno fatto rientro in Italia con le ceneri del loro figlio, mentre all'ospedale di Tenerife sono rimasti cuore, cervello e sangue prelevati dal corpo;
   ai genitori di Alberto Menegatti sarebbe stato negato il recupero degli organi e del sangue prelevati, da loro richiesto al fine di compiere in Italia gli esami ritenuti indispensabili ad un fondato accertamento delle possibili cause della morte, giacché le analisi condotte a Tenerife non potevano escludere con assoluta certezza che le cause della morte di Alberto Menegatti non fossero stati naturali;
   ad oggi i genitori di Alberto Menegatti non possono sapere quali siano state le reali cause della morte del loro figlio e i loro appelli ed iniziative – assistiti dall'avvocato Francesco Zarbo e dall'avvocato spagnolo Ana Isabel Carpentieri – per ulteriori e nuove indagini non sembrano essere stati accolti dalle autorità spagnole che non hanno dato alcuna risposta in particolare in merito ai richiesti referti delle analisi ematochimiche e delle analisi dei liquidi biologici –:
   di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati sul caso della morte di Alberto Menegatti e quali iniziative il Governo intenda intraprendere per un reale accertamento dei fatti, della natura della morte e per la restituzione ai familiari degli organi prelevati dal corpo. (4-11256)

  Risposta. — La vicenda del giovane Alberto Menegatti, deceduto lo scorso 23 febbraio nella località di El Medano – a sud di Tenerife, in Spagna – è stata seguita sin dal principio con la massima attenzione dall'ambasciata d'Italia a Madrid, anche per il tramite del console onorario a Tenerife.
  Sin dai momenti successivi al decesso, sono stati presi contatti diretti con le autorità locali affinché fossero espletati rapidamente tutti gli accertamenti del caso. Il console onorario a Tenerife, una volta informato che la guardia civil aveva prelevato il cadavere del giovane Alberto dalla sua abitazione per trasferirlo al locale istituto di medicina legale, ha immediatamente avvisato l'ambasciata che, a sua volta, si è tenuta in costante raccordo con i familiari, fornendo ogni possibile sostegno e assistenza ai genitori e alla sorella del ragazzo, arrivati a Tenerife il 24 febbraio.
  Nella stessa data è stata inoltre effettuata l'autopsia e, fin dall'inizio, il medico forense ha ipotizzato una morte per cause naturali. Affinché potessero essere condotti ulteriori e più approfonditi accertamenti, sono stati estratti dal cadavere alcuni organi, al momento conservati presso l'Istituto nazionale spagnolo di tossicologia e scienze forensi. Il 25 febbraio 2015 il tribunale di Granadilla de Abona ha autorizzato il trasferimento del corpo di Alberto Menegatti dall'istituto di medicina legale all'agenzia funebre che, su richiesta della famiglia, ha provveduto alla cremazione della salma il 26 febbraio.
  Di fronte alle richieste dei familiari di poter ottenere dei chiarimenti sulla morte del loro caro, il console onorario ha preso contatto con il direttore dell'istituto di medicina legale e ha organizzato un incontro con il medico forense che aveva effettuato l'autopsia. All'incontro ha preso parte anche la sorella del connazionale, Sara Menegatti – medico dentista – la quale, a seguito del colloquio, ha espresso soddisfazione per i chiarimenti ricevuti.
  La relazione conclusiva del medico legale spagnolo, emessa il 22 aprile 2015, ha confermato l'avvenuto decesso per cause naturali, in particolare per una «sindrome di morte improvvisa giovanile, compatibile con una canalopatia». Considerata l'ereditarietà di tali patologie, il medico forense, nelle sue conclusioni, ha suggerito che i familiari si sottopongano a un controllo cardiologico ed eventualmente a uno studio genetico.
  L'ambasciata a Madrid ha inoltre assistito i familiari nella procedura di rimpatrio delle ceneri e degli organi di Alberto espiantati nonché dei campioni del suo sangue. Lo scorso 25 novembre, la signora Sara Menegatti ha trasmesso i documenti con i quali il tribunale di Granadilla de Abona ha concesso l'autorizzazione alla famiglia a ritirare i resti del figlio, esprimendo la volontà di farli rientrare in Italia. Al momento sono in corso accertamenti al fine di poter esperire gli adempimenti previsti dall'ordinamento italiano per il rimpatrio di resti organici non destinati alla tumulazione. Per questi infatti sono necessari l'adozione di precauzioni igieniche e mezzi tecnici volti a garantirne la conservazione in fase di trasporto.
  Si assicura pertanto che la nostra ambasciata continuerà a rimanere in contatto con la famiglia e con le autorità locali al fine di permettere in tempi celeri il rimpatrio degli organi prelevati dal corpo di Alberto e rendere così possibili gli ulteriori accertamenti in merito alla sua morte.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   giovedì 8 ottobre 2015, ultimo episodio soltanto in ordine di tempo, a Torino un prestigioso monumento nazionale del diciassettesimo secolo e una delle residenze sabaude la «Villa della Regina», riconosciuta patrimonio dell'umanità dall'anno 1997 come sito UNESCO, è rimasta completamente chiusa al pubblico e ai turisti per un'intera giornata;
   la villa e il parco già residenza delle regine sabaude risulta, infatti, «affittata» e messa a disposizione di un istituto bancario;
   un cartello all'ingresso informava i malcapitati visitatori che la struttura sarebbe rimasta chiusa perché ospitava «i giovani manager del programma di formazione Uniquest di Unicredit»;
   tra le attività previste per i futuri e giovanili «capitani del capitale» sembra sia stata inserita anche la collaborazione «alla semina di un prato fiorito... in un'ideale restituzione di risorse non solo economiche dalla banca al territorio»;
   ciò potrebbe significare che alla banca è stato consentito l'uso e il godimento in esclusiva di un monumento nazionale, chiudendolo al pubblico per un'intera giornata, senza sborsare un euro;
   il 3 ottobre 2015, inoltre, la reggia di Venaria risulta essere stata chiusa con tre ore di anticipo per la terza edizione – dopo il grandissimo successo delle precedenti – della «Nuite Royale»: festa in costume settecentesco con 1.500 partecipanti per «vivere la magia di un Ballo di Corte presso una splendida reggia (...) trasformare il sogno in realtà e attraversare il ponte tra presente e passato... per tornare al tempo delle corti, degli sfarzi e della stupefacente maestosità dell'epoca settecentesca.»; con tanto di «cena e rinfresco esclusivo, a buffet (finger food, primo e dolce) o royal dinner, dancefloor nella Galleria Grande con dj set, cocktail experienceRed Sixties” by Rosso Antico», ecc. ecc.;
   ancora un anno or sono la sala di lettura della Biblioteca nazionale di Firenze — per l'occasione definita «una location fiorentina ricca di storia e di atmosfera» — è rimasta chiusa per accogliere una sfilata di moda, con gli studenti che issavano cartelli con scritto: «Vogliamo studiare !», mentre pochi mesi prima la Biblioteca stessa aveva ospitato partite di golf;
   in queste, come in altre occasioni, non si sono registrate da parte di alcuna sede istituzionale, né da palazzo Chigi, né dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, moti di indignazione, denunce contro la violazione dei diritti dei turisti paganti né ipotesi e/o annunci di interventi normativi per l'introduzione di «reati in senso lato» nel codice penale come avvenuto in occasione dello svolgimento di una legittima assemblea sindacale convocata a norma di legge, con il previsto preavviso e della durata di (ben) due ore e mezzo, a Roma presso il Colosseo;
   quest'ultimo episodio romano ha, invece, prodotto un unico intervento e, cioè, un provvedimento del Governo, utilizzato per i casi straordinari di necessità e urgenza ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, teso a colmare una presunta lacuna nella disciplina dell'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati;
   ad avviso degli interroganti non può non rilevarsi, in relazione ai fatti sopracitati, un'involontaria ironia nell'intervento del Governo nell'intenzione dichiarata  di prevenire o contrastare fenomeni lesivi della tutela e della fruizione dei beni culturali perché non può esserci effettiva tutela di un museo senza la sua apertura al pubblico, in quanto il patrimonio culturale è conservato proprio per essere fruito;
   dalla stampa si apprende, inoltre, che nel nostro paese pranzare o cenare, magari in gruppo è possibile oltre che al ristorante persino nei luoghi più belli e famosi del mondo, anche se tale opportunità non è certamente alla portata di tutte le tasche:
    a Firenze: noleggiare gli Uffizi per una cena di cento persone costa 15.000 euro e mangiare ai piedi del David di Michelangelo, all'Accademia, ne costa 20.000;
    a Napoli, il Salone delle Feste di Capodimonte costa 25.000 euro, mentre «le manifestazioni che prevedono il lancio commerciale di un prodotto nel museo sono soggette a trattativa riservata»... E per una cena a Castel Sant'Elmo possono bastare 1.000 euro;
    a Bologna per il cortile del Museo Civico Medievale sono sufficienti 2.000 euro per l'intera giornata;
    in Sicilia per il Tempio di Segesta non si arriva a 5.000 euro;
    a Milano anche la Pinacoteca di Brera ci vogliono sui 5.000 euro;
    a Pompei per cenare nell'Anfiteatro servono, invece, 15.000 euro;
    a Roma per il Salone di Pietro da Cortona di Palazzo Barberini sono richieste al massimo 20.000 euro;
    di recente il Ponte Vecchio è stato «chiuso» e concesso alla Ferrari dall'allora sindaco Matteo Renzi per una cifra ridicola rispetto al valore simbolico e al disagio di cittadini e turisti (60.000 euro) e il suo successore Dario Nardella ha permesso alla banca d'affari Morgan Stanley di cenare in una chiesa medievale (il Cappellone degli Spagnoli di Santa Maria Novella) per 20.000 euro, poi elevati a 40.000 nel fuoco delle polemiche;
   il Codice dei Beni culturali non prevede il divieto, di «affitto» dei siti pubblici, ma ne dispone tuttavia l'utilizzo «per finalità compatibili con la loro destinazione culturale»;
   ciò significa, a parere degli interroganti, non soltanto vietarne la chiusura e garantire la fruizione ma anche ostacolarne gli usi singolari, di natura esclusivamente commerciale e di consumismo sfacciato o, comunque, incompatibili con le destinazioni educative, formative e didattiche riferite al patrimonio artistico e culturale che custodiscono e rappresentano;
   non è possibile altrimenti definire le autorizzazioni e gli utilizzi già citati o le «sessioni di step coreografico, zumba e totalbody» sotto gli affreschi medievali del complesso di Santa Maria della Scala a Siena (è successo l'anno scorso), «un corso di pilates nella bellissima atmosfera del Museo Diocesano di Milano» (un'offerta tuttora in corso) o, appunto, un banchetto di banchieri internazionali sotto le volte di una chiesa di un ordine mendicante –:
   se il Ministro interrogato non ritenga un serio errore culturale da parte delle istituzioni e del Governo avvalorare l'idea che con il denaro si possa comunque disporre l'uso privato di un monumento pubblico o, nell'insufficienza e assenza degli investimenti necessari da parte dello Stato, ricercare e favorire finanziamenti a favore del patrimonio artistico che ne snaturino la funzione e in tal modo favorire la mercificazione senza alcun limite anche della cultura;
   quali iniziative urgenti intenda adottare, anche di natura normativa, affinché sia regolamentato in maniera uniforme l'utilizzo per i privati del patrimonio storico e artistico della nazione secondo i principi con cui la Costituzione ha inteso connettere la tutela pubblica del patrimonio (articolo 9) e la costruzione dell'uguaglianza per il pieno sviluppo della persona umana (articolo 3). (4-10722)

  Risposta. — Nell'atto di sindacato ispettivo in esame, l'interrogante, fatto riferimento ad alcuni episodi di concessione di beni culturali in uso a privati, avvenuti in alcuni casi anche con limitazioni alla fruizione del bene da parte della generalità dei visitatori, chiede, in primo luogo, se non si ritenga un errore avvalorare l'idea che, pagando, si possa disporre dei monumenti pubblici per uso privato, seppure per ricavarne risorse finanziarie che suppliscano alla carenza di quelle pubbliche e, in secondo luogo, quali iniziative si intenda adottare affinché l'utilizzo del patrimonio storico e artistico da parte dei privati sia regolamentato in maniera uniforme e secondo i principi degli articoli 9 e 3 della Costituzione.
  Come ricordato anche dall'interrogante il
codice dei beni culturali e del paesaggio (emanato con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42) contiene già disposizioni normative che regolano l'uso individuale e l'uso strumentale e precario dei beni culturali, da parte di soggetti privati.
  In particolare, l'articolo 106 prevede la possibilità per lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali di concedere l'uso dei beni culturali, che abbiano in consegna, a singoli richiedenti, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale.
  Secondo l'articolo 107, il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono, inoltre, consentire la riproduzione nonché l'uso strumentale e precario dei beni culturali che abbiano in consegna, nei limiti fissati dalla stessa norma e nel rispetto delle disposizioni in materia di diritto d'autore.
  Il successivo articolo 108 indica i parametri per la determinazione dei canoni di concessione d'uso (carattere delle attività, tipo e tempo di utilizzazione degli spazi) e stabilisce il pagamento anticipato dei canoni e la determinazione di una cauzione in caso di possibile pregiudizio ai beni culturali.
  L'utilizzo degli spazi da parte di singoli richiedenti dei cosiddetti «luoghi della cultura», quindi, è ammesso come forma di fruizione del patrimonio culturale, nonché di valorizzazione in quanto ne favorisce la diffusione della conoscenza.
  Il riferimento, fatto dall'articolo 106, alle finalità compatibili con la destinazione culturale dei beni concessi in uso, non può intendersi come un divieto assoluto di utilizzo degli spazi museali per eventi non aventi carattere culturale quanto, piuttosto, solo come fattore che condiziona la concessione nella durata e nelle modalità di svolgimento degli eventi.
  Non appare, quindi, necessario alcun intervento normativo, restando la valutazione delle richieste di concessione, sia dal punto di vista dell'opportunità che delle condizioni, affidata alla responsabilità dell'ufficio concedente.
  Con particolare riferimento, infine, ai due episodi indicati nell'interrogazione si ritiene opportuno fornire alcune precisazioni.
  La Biblioteca nazionale centrale di Firenze (BNCF) ha concesso in uso la sala lettura, in occasione della sfilata di moda dello stilista Alessandro Dell'Acqua curata da Pitti immagine, in data 9 gennaio 2014, senza precludere la possibilità agli studiosi di utilizzare, come di consueto, la biblioteca: gli studiosi hanno potuto utilizzare le numerose altre sale di consultazione esistenti nell'istituto.
  L'evento di moda è consistito nella presentazione di modelli fermi su una passerella accompagnati, sullo sfondo, da proiezioni su monitor posizionati sui tavoli, che mostravano le fasi di lavoro dello stilista nella progettazione dei capi della sua collezione. Tale attività non è sicuramente estranea alla missione istituzionale della Biblioteca nazionale centrale di Firenze e di questa Amministrazione se si rammentano l'importanza della tradizione della storia del costume e della moda per la città di Firenze e la partecipazione della biblioteca fiorentina all'importante progetto
archivi della moda del ’900, realizzato dal Ministero (http://www.moda.san.beniculturali.it/wordpress/).
  La biblioteca aveva provveduto, nei giorni precedenti l'evento, alle corrette e dovute informazioni sia agli utenti che alle organizzazioni sindacali, comunicando le altre sale aperte alla fruizione del pubblico degli studiosi.
  Il canone ricavato dalla concessione in uso degli spazi ha permesso il restauro dello storico lucernario della Rotonda Magliabechiana, consentendo così il completamento dei lavori di ripristino dell'Ala museale della biblioteca. Gli organizzatori dell'evento hanno provveduto, anche, alla sostituzione di lampade
led per i punti illuminati della Sala lettura e alla riparazione delle serrature delle vetrine da esposizione.
  È opportuno ricordare che l'edificio della Biblioteca nazionale centrale di Firenze risale agli anni trenta del Novecento e conserva ancora arredi e strutture originali che richiedono sovente interventi di ripristino, troppo onerosi per le dotazioni dell'istituto, ridotte negli ultimi anni a seguito dei provvedimenti di
spending review.
  Analogamente, le altre biblioteche pubbliche statali concedono in uso a soggetti privati spazi e locali, dietro corresponsione dei previsti canoni, per attività compatibili con la loro destinazione, garantendo in ogni caso i propri servizi alla generalità degli utenti.
  Riguardo, invece, all'episodio riferito alla Villa della regina, avvenuto giovedì 1o ottobre scorso, si precisa che non si è trattato di una concessione in uso esclusivo del sito, ma di una iniziativa rientrante nella più generale attività di valorizzazione operata dal polo museale del Piemonte negli istituti e nei luoghi della cultura a esso assegnati.
  Trattandosi di una attività di valorizzazione del sito, con indubbi vantaggi per il sito stesso, non è stato richiesto alcun canone.
  L'attività, consistente in un programma di formazione di giovani europei, nasce in stretta collaborazione con l'associazione Amici di Villa della Regina (che da sempre sostiene economicamente la manutenzione del verde della villa) e, nell'ottica del museo, era rivolta a migliorarne la fruizione.
  Stante la carenza di fondi per la manutenzione dei giardini della villa, l'attività offerta dall'istituto di credito Unicredit ha consentito l'impianto di una nuova siepe di alloro, di circa ottanta piante, e la semina di un prato fiorito di una superficie di 2240 metri quadrati. Il risultato sarà visibile in primavera e consentirà un miglioramento del decoro dei giardini della villa e del complesso monumentale in genere, con un risparmio sulle manutenzioni future, in considerazione della riduzione dei tagli annui previsti, da quattro a uno.
  L'iniziativa ha avuto, anche, una componente di collaborazione all'elaborazione di attività didattiche per il museo.
  L'attività, riguardando l'area dei giardini più vicina all'edificio e avvalendosi del necessario uso di mezzi meccanici, ha forzatamente impedito la normale apertura della sede museale, in considerazione dei relativi problemi di sicurezza e del fatto che l'area interessata alla semina e ai lavori è parte integrante del percorso di visita.
  Il numero delle persone complessivamente presenti nel complesso museale (partecipanti,
tutor, volontari, giardinieri e personale della villa) è stato di oltre centodieci persone, molto vicino alla capienza massima consentita dal piano di sicurezza della sede. Anche per questo motivo è stato impossibile prevedere un'apertura con percorso ridotto, o alternativo, della villa che, si ricorda, è aperta gratuitamente al pubblico.
  A seguito dell'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171 (Regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione e dell'organismo indipendente di valutazione) la struttura competente alla valutazione e al rilascio delle concessioni in uso dei luoghi di cultura di pertinenza di questa amministrazione è stata individuata, in ciascuna regione, nella commissione regionale per il patrimonio culturale (articolo 39 del regolamento citato).
  La commissione, costituita in ogni regione, è organo collegiale a competenza intersettoriale, presieduto dal segretario regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo; è composta dai soprintendenti di settore degli istituti periferici operanti in ambito regionale e dal direttore del polo museale regionale, integrata con i responsabili degli altri uffici periferici operanti in ambito regionale, quando siano trattate questioni riguardanti i medesimi uffici.
  In questa loro attività le commissioni opereranno nel rispetto delle disposizioni contenute nel
codice dei beni culturali, contribuendo, anche, a coordinare e armonizzare l'azione dei singoli istituti.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoIlaria Carla Anna Borletti dell'Acqua.


   SANTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 gennaio 2013, con nota prot. 15488/siar, la Regione Calabria – dipartimento 11, settore 4, beni culturali – comunicava che, con delibera della giunta regionale, del 16 novembre 2011, aveva approvato l'intervento di restauro della chiesa di San Domenico del comune di Badolato, per un importo pari a 350.000,00 euro;
   con la stessa nota la regione Calabria richiedeva al comune di Badolato, nel termine perentorio di 45 giorni, di inviare un progetto preliminare comprensivo della relazione tecnica, che veniva trasmesso alla stessa con nota prot. 1524 del 14 marzo 2013;
   in data 21 ottobre 2013 l'Assessore della regione Calabria ai beni culturali professor Mario Caligiuri convocava i rappresentanti dei comuni interessati agli interventi ammessi a finanziamento da parte della regione Calabria e, con la presenza del soprintendente per i beni culturali e paesaggistici, sollecitava a redigere con estrema urgenza le progettazioni necessarie per addivenire nel più breve tempo possibile all'aggiudicazione dei lavori;
   con determina n. 29 del 14 febbraio 2014 il comune di Badolato approvava in via definitiva il progetto di manutenzione straordinaria e restauro conservativo della Chiesa di San Domenico di Badolato;
   successivamente, il segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria avocava a sé sia l’iter della progettazione che l'espletamento della gara di appalto e, in data 13 novembre 2014, veniva pubblicata sul sito del segretario regionale dei beni culturali paesaggistici della Calabria, con scadenza alle ore 12 del 10 dicembre 2014;
   nel mese di giugno 2015 veniva aggiudicata la gara di appalto, ma i lavori, a distanza di cinque mesi, non sono mai iniziati;
   in data 29 ottobre 2015, a causa di forti piogge torrenziali, il crollo del tetto della chiesa di San Domenico del Comune di Badolato (CZ) – una delle Chiese più importanti di tutto il territorio, per la sua particolare architettura, per i suoi affreschi e per la sue antiche tradizioni – ha causato ingenti danni –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda adottare:
    a) al fine di acquisire elementi in ordine alla causa del mancato inizio dei lavori di ristrutturazione, se l'aggiudicazione della gara medesima da parte della regione Calabria è avvenuta nel mese di giugno 2015;
    b) al fine di garantire l'espletamento dei lavori di ristrutturazione della chiesa di San Domenico di Badolato, resi ancora più urgenti a seguito del crollo del tetto causato dalle forti piogge;
    c) al fine di evitare ulteriori oneri a carico del comune di Badolato per i danni alla chiesa causati dalle forti piogge. (4-11138)

  Risposta. — Nell'atto in esame, l'interrogante, premesso che nel gennaio 2013 la regione Calabria approvava l'intervento di restauro della chiesa di San Domenico del comune di Badolato, per un importo pari a 350.000,00 euro, e che nel mese di giugno 2015 veniva aggiudicata la gara di appalto dei lavori di ristrutturazione, ma che essi, a distanza di cinque mesi, non sono mai iniziati, chiede di sapere quali iniziative intenda adottare il Ministero al fine garantire l'espletamento di tali lavori, resi urgenti anche dal crollo del tetto causato nell'ottobre 2015 da forti piogge.
  A tale riguardo si comunica quanto segue.
  La soprintendenza paesaggistica competente per territorio ha comunicato con una nota del 9 dicembre 2015 che in data 19 novembre 2015 sono stati consegnati i lavori di restauro della Chiesa San Domenico in Badolato, lavori finanziati col POR Calabria 2007-2013 FESR – asse V, con un finanziamento di euro 350.000,00.
  Nel corso di tale consegna dei lavori, i convenuti (soprintendenza paesaggistica competente e ditta appaltatrice) hanno potuto riscontrare che nella navata centrale, lato sinistro, della Chiesa si è verificato il cedimento di una capriata con sfondamento di una parte di copertura e caduta del materiale e del manto sulla volta in muratura a botte. Tale crollo pare abbia determinato un aumento delle infiltrazioni di acque meteoriche che sono state riscontrate anche in altre parti della Chiesa, comprese quelle che non sono oggetto del progettato intervento. Il sopralluogo effettuato nel sottotetto ha inoltre fatto rilevare la necessità di dover eseguire opere di messa in sicurezza del tetto e del sottotetto e dunque l'urgenza di avviare i lavori con il montaggio del ponteggio perimetrale, con la contestuale messa in opera di elementi di puntellatura, nel rispetto sia del monumento che delle condizioni di sicurezza.
  I tempi previsti di ultimazione dei lavori sono di 140 giorni a decorrere dal 19 novembre, dunque il termine finale dovrebbe essere il 6 aprile 2016.
  Si rende inoltre noto che la soprintendenza paesaggistica ha segnalato la Chiesa di San Domenico al segretariato regionale della Calabria al fine dell'inserimento dell'edificio tra le proposte della programmazione beni culturali con la regione Calabria nell'ambito della «programmazione MiBACT di natura strategica – programma operativo nazionale (PON) – cultura e sviluppo» per il periodo 2014-2020, cofinanziato dai fondi europei (FESR).
  Tale programma operativo è destinato a 5 regioni del sud Italia – Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia – ed ha come principale obiettivo la valorizzazione del territorio attraverso interventi di conservazione del patrimonio culturale, di potenziamento del sistema dei servizi turistici e di sostegno alla filiera imprenditoriale collegata al settore.
  Il programma ha una dotazione finanziaria di 490,9 milioni di euro, di cui 368,2 milioni di euro a valere sui fondi strutturali europei (FESR) e 122,7 milioni di euro di cofinanziamento nazionale.

La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoDorina Bianchi.


   TIDEI, PIAZZONI, IACONO, ROSTELLATO, BRUNO BOSSIO, PIRAS, QUARANTA, RICCIATTI, DANIELE FARINA, MANFREDI, MANZI, ARLOTTI, FOSSATI, FRAGOMELI, MINNUCCI, CARELLA, BRIGNONE, CARNEVALI, LAFORGIA, GIUDITTA PINI, NICCHI, FRANCO BORDO, ZAN, PRINA, GALPERTI e ROSSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la risoluzione dell'Assemblea generale n. 181 del 29 novembre 1947 si è posto fine al mandato britannico sulla Palestina e, contestualmente, è stata sancita la nascita di due Stati indipendenti, uno ebraico e uno arabo, oltre al regime internazionale speciale per la città di Gerusalemme;
   la suddetta risoluzione, nella parte II, ha definito i confini del futuro Stato arabo. All'interno di essi era presente la città di Hebron, una delle più importanti e grandi della Cisgiordania. Luogo di straordinaria valenza religiosa, essendo una delle quattro città sante del Talmud, la città santa di Hebron, tra le più antiche del mondo con singolari tradizioni storiche e culturali, è un luogo di pellegrinaggio per ebrei, cristiani e musulmani: qui è sepolto Abramo, il padre fondatore delle tre più importanti religioni monoteistiche;
   oltre al grandissimo significato religioso, Hebron ha una vivacità economica di non poco conto. Lo sviluppo delle attività economiche nella città legate al settore dell'agricoltura, della produzione di scarpe e pietre costituisce un elemento fondamentale per lo Stato palestinese, per la sua crescita economica, sociale ed occupazionale. Arrestare le opportunità di sviluppo significa arrestare il percorso politico verso la pace tra i due popoli;
   l'occupazione ebraica, nei territori palestinesi della Cisgiordania, ed in particolare nella città di Hebron ha avuto il suo momento iniziale a seguito del conflitto del 1967, meglio noto come la guerra dei sei giorni. Da allora gli insediamenti ebraici sono cresciuti in misura esponenziale e con essi è aumentata notevolmente la conflittualità tra coloni ebrei e residenti palestinesi;
   l'odio, la violenza e le aggressioni nella città di Hebron sono culminati con il massacro, nel 1994, di 29 cittadini palestinesi e con il ferimento di altri 60 da parte di un colono israeliano davanti alla Tomba dei patriarchi. Temendo operazioni di rappresaglia, il Governo israeliano ha adottato una serie di misure volte a proteggere i coloni, rafforzando così la presenza militare nella città. Intere aree limitrofe alle colonie sono state completamente interdette ai palestinesi. Importanti strade e il mercato ortofrutticolo, i principali centri di incontro e di commerci di Hebron, sono stati chiusi, e centinaia di commercianti palestinesi sono stati sfrattati. Quel massacro ha accentuato la presenza di cotoni all'interno della città vecchia e l'espulsione di palestinesi con l'impossibilità per quest'ultimi di viverci e lavorare rendendo la città vecchia di Hebron una città vuota, spenta;
   il massacro di Hebron ha determinato fratture a continui attriti tra israeliani e palestinesi con preoccupanti interruzioni al processo di pace. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione del 18 marzo 1994, n. 904, oltre a condannare fortemente l'atto di violenza e ad invitare il Governo israeliano, potenza occupante, a continuare ad adottare misure, tra cui il sequestro delle armi per evitare ulteriori atti di violenza sui civili palestinesi, ha chiesto l'adozione di misure necessarie per garantire la sicurezza e la protezione dei civili palestinesi nei territori occupati, tra cui la realizzazione, nella città di Hebron di una presenza temporanea internazionale, nel contesto del processo di pace;
   sulla scorta della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rappresentanti dell'Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e il Governo israeliano hanno sottoscritto un accordo con il quale si stabiliva la realizzazione di una Temporary International Presence in Hebron (TIPH), con il mandato di assistere e promuovere la sicurezza, la stabilità e migliori condizioni di vita nella città di Hebron. L'Italia, la Norvegia e la Danimarca sono stati accettati dalle parti come osservatori. Tuttavia, la missione, iniziata l'8 maggio del 1994, è durata soltanto tre mesi e, a causa di divergenze e contrasti continui, le parti non sono riuscite a trovare un accordo per estendere la durata del mandato della missione. La presenza temporanea internazionale si è così ritirata da Hebron nell'agosto del 1994;
   il 28 settembre del 1995, nell'ambito del processo di pace, è stato firmato un accordo interinale sulla Cisgiordania (West Bank) e sulla Striscia di Gaza (Oslo II). L'Accordo prevede, oltre ad un ridispiegato delle forze militari israeliane nella città di Hebron, la realizzazione di una nuova presenza temporanea internazionale da stabilirsi sempre ad Hebron, come la precedente;
   nel gennaio del 1997 il Governo israeliano e l'Organizzazione per la liberazione della Palestina hanno firmato l'accordo sulla «presenza temporanea internazionale nella città di Hebron». La TIPH 2 è composta, oltre che dall'Italia, dalla Norvegia e dalla Danimarca, Paesi già chiamati a far parte della TIPH, anche dalla Turchia, dalla Svizzera e dalla Svezia;
   relativamente alla copertura di alcune spese, opportunamente individuate nell'Accordo, a carico dello Stato parte della missione, l'Italia, per restare all'anno corrente, con i due decreti-legge di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni dalla legge 17 aprile 2015 n. 43; e decreto-legge 30 ottobre 2015, n. 174 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 198 del 2015) ha autorizzato la spesa complessiva di 2.495.779 euro per il finanziamento dell'impiego del personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi;
   il paragrafo 7 dell'accordo con il quale è stata istituita la TIPH 2, tuttora in vigore, prevede, inter alia, che ogni Paese parte della missione elabora relazioni sulla situazione quotidiana, con specifico riferimento al rispetto dei diritti umani. Sintesi delle suddette relazioni possono essere trasmesse ai Governi dei rispettivi Paesi partecipanti;
   ai sensi decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazione, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, entro il 31 dicembre di ogni anno, riferisce alle Commissioni parlamentari competenti sulla situazione, i risultati e le prospettive delle attività relative agli impegni italiani, militari e civili, nell'ambito delle varie missioni sotto le varie egide: ONU, Unione europea, NATO ed internazionale;
   con riferimento alla missione oggetto del presente atto di sindacato ispettivo nelle relazioni, e segnatamente nella relazione di cui al Doc. LXXXII, n. 2, riferita all'anno 2013 e comunicata alla presidenza del Senato in data 30 gennaio 2015, come in quella di cui al Doc. LXX, n. 4 presentata dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale e predisposta congiuntamente con il Ministro della difesa, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, della legge n. 231 del 2003, e trasmessa alla Presidenza della Camera in data 29 dicembre 2014 e riferita al periodo tra il 1° gennaio 2014 e il 30 giugno 2014, si procede con una descrizione della missione con riferimento esclusivo alla natura della stessa, agli obiettivi che essa si intende raggiungere, e all'impiego delle risorse nazionali impegnate. Nulla invece si dice circa la situazione nella città di Hebron, precipuamente sotto il profilo dei risultati raggiunti relativamente al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione palestinese residente, al rispetto dei diritti umani e civili, nonché alle prospettive di sviluppo socio-economico –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno fornire dettagliati elementi in ordine alla missione TIPH2, con particolare riferimento alle violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali nella città di Hebron.  (4-11521)

  Risposta. — La situazione attuale a Hebron è, come noto, molto complessa e fonte di preoccupazione. La città è stata uno degli epicentri della rivolta palestinese. Da lì provenivano oltre 50 delle vittime della nuova ondata di violenza innescatasi nell'ottobre 2015 in Cisgiordania e nei territori israeliani, il cui bilancio si attesta finora a 178 morti, di cui 155 palestinesi e 23 israeliani. Ad Hebron inoltre sono presenti quattro insediamenti israeliani costituiti all'interno del centro cittadino, che ospitano circa 500 persone (a fronte di una popolazione palestinese che conta circa 160.000 abitanti). Un ulteriore insediamento si trova a Kyriat Arba, a ridosso del centro cittadino, a cui si aggiungono quelli del Blocco di Gush Etzion (circa 20), dove continuano ad avere luogo numerosi tentativi di accoltellamento nei confronti di civili e di militari israeliani.
  In questo quadro le autorità israeliane hanno intensificato i controlli presso i
check-point e adottato delle misure restrittive, limitando l'accesso ai luoghi di culto islamici e le modalità di accesso alle scuole della medina. La situazione è ulteriormente esacerbata dalla persistente crisi economica nella città. Assieme a Gerusalemme est, Hebron infatti presenta il più alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.
  Anche alla luce della delicata situazione sul terreno, il Governo ha deciso di rinnovare la partecipazione italiana all'interno del contingente della «
Temporary International Presence in Hebron» (TIPH2), unica missione di osservazione internazionale nei Territori Occupati composta da personale proveniente, oltre che dall'Italia, da Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia. Come noto, la missione è stata istituita a seguito degli accordi di Oslo tra l'OLP e Israele, che prevedevano il parziale ritiro dell'esercito israeliano da Hebron, divenendo formalmente operativa il 1o febbraio 1997. Il suo mandato è «assicurare la presenza di osservatori per contribuire al consolidamento del processo di pace nella regione mediorientale, infondendo sicurezza nei cittadini palestinesi residenti nella città di Hebron» (dal Memorandum d'Intesa sottoscritto dai Paesi partecipanti alla missione ad Oslo il 30 gennaio 1997) e la TIPH2 può operare indistintamente sia nell'area sotto controllo palestinese che in quella sotto controllo israeliano (l'80 per cento della Città di Hebron è affidata al controllo dell'Autorità Palestinese, il restante 20 per cento è sotto controllo dell'esercito israeliano). Ricordo che, con 13 unità, l'Italia fornisce alla missione il secondo contingente (su un totale di 65 unità) dopo la Norvegia, ed è titolare delle posizioni di vice-capo missione e capo divisione operazioni della forza (a rotazione semestrale con la Danimarca). Merita di essere sottolineato come il personale della missione non abbia compiti militari o di polizia, né possa condurre indagini, ma solo raccogliere informazioni aggiuntive per fornire relazioni più esaustive su quanto osservato. Non può peraltro interferire in caso di dispute o incidenti, ma solo riferire per iscritto in merito a quanto accaduto. I relativi rapporti, che hanno carattere riservato, sono inoltrati ai comitati congiunti israelo-palestinesi previsti dagli accordi del 1997, i quali sono competenti a renderne noto il contenuto e a darne seguito, nel caso fossero riscontrate violazioni degli accordi internazionali o dei diritti umani universalmente riconosciuti.
  Si evidenzia infine che, negli ultimi anni, alla luce del perdurante stallo del processo di pace, la missione ha esteso le proprie attività nel settore del
conflict management, includendo progressivamente iniziative di confidence building tra israeliani e palestinesi, in collaborazione con le espressioni della società civile locale, e piccole attività di cooperazione, volte al miglioramento delle condizioni di vita nella città vecchia.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   TOFALO, LUIGI GALLO, D'UVA, COLONNESE, PARENTELA, L'ABBATE, VACCA e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogazione ha ad oggetto un sito che si trova a Bari Palese Macchie, in via Vittorio Veneto, accanto alla chiesa Stella Maris;
   l'interesse della zona è noto dal 1987, quando sulla spiaggia poco distante, fu rintracciato parte dell'abitato neolitico;
   la zona è sottoposta a vincolo archeologico, inclusa la villa e il giardino del sito in questione;
   l'intera struttura è stata acquistata da un magistrato, alcuni anni fa, con l'intenzione di costruirci delle villette a schiera. Essendo la zona sottoposta a vincolo, si è resa necessaria l'indagine preventiva;
   da subito è emersa l'eccezionalità del sito: imponenti strutture murarie a doppio paramento; pavimenti in lastrine di pietra, fornaci perfettamente conservate con il carico di vasi, sette delle sepolture della necropoli neolitica, una sepoltura con idolo femminile, frammenti di ceramica neolitica di tipo impressa a bande rosse;
   questo sito, inoltre, è stato indagato solo in minima parte. Tutto ciò che ancora nasconde rischia di non poter mai tornare alla luce;
   l'avvio dei lavori per la costruzione delle villette e la cancellazione definitiva di questo plesso di interesse culturale e storico, è stato autorizzato per l'11 luglio 2014.
   alla luce dei fatti esposti, cosa intenda fare il Ministro per tutelare questo patrimonio storico/culturale, minacciato dalla tombatura cementizia delle villette in prossima costruzione. (4-05289)

  Risposta. — Si fa riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, con il quale l'interrogante chiede cosa intenda fare questa amministrazione per tutelare un sito – in località Titolo, Bari Palese Macchie – sottoposto, secondo quanto riferito nell'interrogazione, a vincolo archeologico, interessato da lavori per la costruzione di villette a schiera.
  Al riguardo, si comunica quanto segue.
  Nel 2011, il comune di Bari, secondo le previsioni del piano urbanistico territoriale tematico/paesaggio della regione Puglia, recepite nel piano urbanistico generale, ha sottoposto alla soprintendenza un progetto, ricadente nella località in questione, per la realizzazione di civili abitazioni in area non gravata da vincoli culturali adottati sulla base del codice dei beni culturali e del paesaggio, coincidente con il giardino di una costruzione in stato di abbandono.
  Per quanto di propria competenza, la locale soprintendenza ha ritenuto necessaria la verifica preventiva del rischio archeologico dell'area in quanto posta in prossimità di un sito neolitico, vincolato con decreto ministeriale del 9 agosto 1989.
  Recependo l'indicazione del suddetto ufficio, i proprietari dell'area in parola hanno dichiarato la disponibilità a sostenere l'onere finanziario delle indagini archeologiche, da effettuarsi sotto la direzione della soprintendenza, facendo ricorso ad archeologi professionisti di provata esperienza e competenza. Tra il 2012 e il 2014, sono state effettuate 5 campagne di scavo con oneri sostenuti dai proprietari del terreno e, in parte residuale, dalla Soprintendenza, sia per le attività di scavo quanto soprattutto, per le attività di documentazione e studio del contesto.
  Le indagini archeologiche hanno consentito di individuare un'area di circa 800 metri quadrati nel settore nord-ovest, caratterizzata da depositi archeologici, e di escludere, invece, presenze antiche nel settore più meridionale del terreno. Il deposito archeologico è risultato caratterizzato dall'affioramento di strutture in terra e pietra, in precario stato di conservazione, e dei contestuali livelli di frequentazione risalenti al periodo neolitico, impostati sullo strato di terre rosse sterili a copertura della bancata calcarea. Tale area era stata interamente occupata in passato da un giardino, con residui di alberature e piantumazioni diverse, cisterne e canalizzazioni idriche a servizio del vecchio fabbricato, che avevano in alcuni punti già compromesso la stratigrafia del giacimento e intaccato le strutture antiche.
  Le operazioni di scavo hanno comportato l'esplorazione stratigrafica integrale del deposito archeologico e il recupero esaustivo e interamente documentato di quanto emerso, evidenziando 4 fasi principali di insediamento sovrapposte, tra VI e V millennio A.C. Si è proceduto quindi con l'asportazione con metodo stratigrafico, secondo metodologie previste dalla prassi della ricerca archeologica, di livelli e strutture per consentire lo scavo degli strati ad essi sottoposti.
  La complessità della stratigrafia, la presenza di superfetazioni moderne, di strati di crollo e accumuli di pietre molto consistenti, in uno con lo stato di conservazione piuttosto precario delle strutture costituite da terra e pietre, direttamente poggiate sul banco calcarenitico naturale, ha indotto a effettuare l'indagine fino al terreno vergine, al fine di individuare e verificare la presenza di stratigrafie più antiche e di comprendere la dinamica di sovrapposizione dei diversi livelli.
  Attraverso tale operazione conclusiva, infatti, alla base del deposito, a contatto con le terre rosse sterili, sono emersi importanti elementi di valutazione relativi alla fase più antica di impianto dell'insediamento (fasi-avanzate del neolitico antico), e nel contempo utili per la comprensione della tecnica costruttiva delle strutture e della preparazione del piano roccioso per l'alloggiamento delle stesse.
  Lo scavo ha comportato l'accurata raccolta e registrazione dei dati; la serie stratigrafica è stata, contestualmente agli scavi, oggetto di rilievi di insieme e di dettaglio, utilizzando anche la tecnica del rilievo 3d, in funzione di possibili ricostruzioni da effettuare solo dopo un accurato esame di tutta la documentazione. I reperti rinvenuti sono stati trasferiti presso il Centro operativo di Bari, dove sono state intraprese le operazioni di analisi, restauro e catalogazione.
  Sulla base dell'attività condotta e dell'analisi attenta del contesto, con particolare riferimento allo stato di conservazione dei resti strutturali, si è valutata l'impossibilità di musealizzazione del sito, data anche la particolare difficoltà di comprensione per un pubblico di non addetti ai lavori di quanto rinvenuto.
  Tale conclusione è stata confermata dagli esiti della verifica ispettiva disposta da questa amministrazione a seguito dell'esposto presentato il 27 febbraio 2015 dal presidente dell'associazione ecomuseale del nord barese. Il dirigente incaricato, dopo aver esaminati i luoghi e la documentazione tecnica inerente alle indagini archeologiche effettuate, verificati gli atti amministrativi, ricostruiti i fatti e sentiti il soprintendente e il funzionario archeologo responsabile di zona, ha concluso di non aver «individuato irregolarità né nel rilascio dell'autorizzazione, né nella conduzione delle indagini», ravvisando come nel procedimento e nel nulla osta conclusivo sia stato di fatto applicato dalla Soprintendenza l'articolo 96 del codice degli appalti concernente la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, nella fattispecie sia del comma 1, lettera
a), punto 3 (saggi archeologici tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori), sia dal citato comma 2, lettera a) «contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela».
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoDorina Bianchi.


   ZANIN e GHIZZONI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le commissioni di sorveglianza sugli archivi degli uffici periferici dello Stato svolgono attività specificamente rivolta agli archivi correnti e di deposito delle amministrazioni dello Stato. Ogni ufficio periferico dello Stato (sia organo giudiziario che amministrativo) ha l'obbligo di istituire, sul proprio archivio, una commissione di sorveglianza, ovvero un organo collegiale misto formato da quattro componenti: due funzionari dell'ufficio di appartenenza, uno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (Archivio di Stato) e uno del Ministero dell'interno (prefettura). La costituzione delle commissioni di sorveglianza sugli archivi è prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, mentre la loro composizione e il loro funzionamento sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 8 gennaio 2001, n. 37;
   tali commissioni hanno il compito di vigilare sulla corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, collaborare alla definizione dei criteri di organizzazione, gestione e conservazione dei documenti, proporre gli scarti che devono essere autorizzati dalla direzione generale per gli archivi del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, curare i versamenti all'archivio di Stato competente per territorio ed identificare gli atti di natura riservata;
   la commissione si riunisce periodicamente per valutare quali atti siano destinati alla conservazione perenne e quali possano essere eliminati; inoltre, può intervenire anche sull'organizzazione dell'archivio corrente e di deposito. Svolge dunque funzioni fondamentali al fine di assicurare la giusta tenuta degli archivi, tra i quali anche quelli notarili, assumendo le opportune iniziative al fine di risolvere problemi temporanei e/o strutturali;
   preso atto, infine, che l'archivio notarile di Pordenone versa da tempo in condizioni di elevata precarietà, al punto che già dal 2009 sono state avviate le pratiche per la realizzazione di una nuova apposita sede. Una operatività interrotta a seguito di un parere negativo espresso dall'Avvocatura Generale di Stato nel 2011 e che, perciò, ha lasciato il problema irrisolto, nonostante ad oggi la procedura sia in fase avanzata. Problema che ora si è sostanzialmente aggravato dal recente accorpamento del tribunale di Portogruaro (in provincia di Venezia) con quello di Pordenone (in regione Friuli Venezia Giulia) –:
   se il Governo sia in possesso di informazioni aggiornate sullo stato di attivazione delle commissioni di sorveglianza a livello nazionale e più nello specifico se una tale commissione risulti attiva a Pordenone;
   se, vista la delicata condizione dell'archivio notarile di Pordenone, il Governo non ravveda l'opportunità di assumere iniziative di verifica, per quanto di competenza, anche attivando i poteri della suddetta commissione di sorveglianza.
(4-11212)

  Risposta. — Nell'atto in esame, l'interrogante, premesso che le commissioni di sorveglianza sugli archivi degli uffici periferici dello Stato svolgono un'attività specificamente rivolta agli archivi correnti e di deposito delle amministrazioni dello Stato, e che tali commissioni hanno il compito di vigilare sulla corretta tenuta degli archivi correnti e di deposito, segnala che l'archivio notarile di Pordenone versa da tempo in condizioni di elevata precarietà, che si è sostanzialmente aggravata a seguito dei recente accorpamento del tribunale di Portogruaro (in provincia di Venezia) con quello di Pordenone (in regione Friuli Venezia Giulia), chiedendo se il Ministero sia in possesso di informazioni aggiornate sullo stato di attivazione delle commissioni di sorveglianza a livello nazionale e più nello specifico se una tale commissione risulti attiva a Pordenone.
  A tale riguardo si comunica quanto segue.
  Gli archivi notarili conservano gli atti, repertori e registri dei notai cessati per cento anni (articolo 3, legge n. 629 del 1952); trascorso tale termine versano gli atti agli Archivi di Stato competenti per territorio. La commissione di sorveglianza e scarto, istituita ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 2001 presso l'archivio notarile di Pordenone, fino ad oggi non si è mai riunita.
  Agli atti dell'archivio di Stato di Pordenone risultano le comunicazioni intercorse con l'archivio notarile di Pordenone da oggi al 2008, riguardanti la nomina del rappresentante del Ministero (il direttore
pro tempore dell'archivio di Stato) all'interno della commissione.
  Nel luglio del 2008 l'archivio di Stato di Pordenone inviava una nota all'Archivio Notarile Distrettuale di Pordenone, con la quale si portava a conoscenza che la Direzione Generale degli Archivi aveva deciso di condurre una ricognizione della situazione in cui versavano gli uffici centrali e periferici dell'amministrazione statale. Si chiedeva pertanto di far pervenire all'archivio di Stato notizie sullo stato delle commissioni di sorveglianza e di scarto, sulla presenza e utilizzazione di titolari, massimari di scarto e manuali di gestione, sull'attivazione del protocollo informatizzato e di procedure o procedimenti parzialmente o totalmente informatizzate, ed una stima, se nota, della documentazione cartacea o analogica da versare.
  Si chiedevano inoltre la copia – in formato digitale – del titolario e dei piani di conservazione di cui fossero in possesso.
  Infine, si invitava l'archivio notarile a formulare le proposte di scarto secondo un modello allegato, allo scopo di consentire alla direzione generale archivi di autorizzare gli scarti con la ragionevole certezza di non avviare al macero documenti essenziali per documentare le funzioni svolte dell'ufficio. Le motivazioni di scarto avrebbero dovuto fare riferimento al piano di conservazione.
  In risposta a tale richiesta, l'archivio notarile di Pordenone inviava una nota nel settembre 2008, con la quale comunicava di non prevedere, nel medio termine, l'effettuazione di versamenti all'Archivio di Stato, in quanto, essendo stato istituito relativamente di recente (nel 1969), ai sensi delle vigenti disposizioni (articolo 3, legge n. 629 del 1952), non prevedeva di effettuare versamenti prima del 2069.
  Per quanto riguarda la Commissione di sorveglianza istituita presso l'Archivio notarile, ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto del Presidente della Repubblica n. 37 del 2001, sarà cura del Ministero sollecitarne l'operatività, attraverso l'archivio di Stato di Pordenone, competente per territorio, affinché il rappresentante del Ministero possa essere adeguatamente informato e suggerire gli opportuni interventi, anche con riferimento alla sede dell'archivio.
  Per quanto riguarda infine le informazioni in merito all'attività delle commissioni di sorveglianza a livello nazionale, si rinvia ai paragrafi relativi della relazione della Corte dei conti – sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato, «Gli archivi di deposito delle Amministrazioni statali e la
spending review», redatta con la collaborazione della direzione generale archivi del Ministero e presentata nell'adunanza a collegi congiunti del 17 dicembre 2015. che sarà prossimamente pubblicata nel sito internet della Corte dei conti.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoDorina Bianchi.