Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 22 gennaio 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    la candidatura olimpica di Roma, già formalizzata per l'edizione del 2024, è una grande opportunità per l'Italia intera e per la sua capitale per consolidare l'immagine e la realtà di una grande nazione che continua a proporsi con forza e autorevolezza sulla scena internazionale. Un evento che, messo in relazione con il Giubileo del 2025, potrà essere occasione per contribuire alla sintesi ideale e spirituale di un messaggio mondiale che partendo dall'Italia e si rivolga a tutte le donne e a tutti gli uomini del pianeta;
    Roma ospitò le Olimpiadi nel 1960. Nella memoria di molti italiani e di tutto il mondo sono ancora vive immagini indimenticabili: l'arrivo vittorioso e a piedi nudi di Abebe Bikila sotto l'Arco di Costantino, il volo dei colombi dalla pista al passaggio vittorioso di Livio Berruti nella finale dei 200 metri, le gare di lotta sotto la Basilica di Massenzio e degli altri atleti che accesero quel grande evento. Immagini che hanno lasciato per decenni un segno positivo di pace e di valore universale sia di Roma che delle Olimpiadi che si sono diffuse in tutto in mondo. Quella edizione olimpica è stata a lungo considerata la migliore, la più evocativa e la più in sintonia con lo spirito olimpico. La città fu al centro del mondo e le sue bellezze storiche, archeologiche e naturali, furono uno spettacolo nello spettacolo. Le sue infrastrutture moderne furono la testimonianza di una città e di una nazione in crescita e restarono patrimonio della capitale;
    anche per questo, la candidatura all'edizione 2024 può e deve puntare ad unire Roma allo spirito nazionale; una candidatura non cittadina, non solo romana ma italiana, nella quale possa riconoscersi – diversamente da altre circostanze – tutto il Paese. L'evento olimpico può essere quindi anche un'occasione per volgere ancor più in positivo e consolidare il complesso e spesso contraddittorio rapporto tra Roma e lo Stato nazionale. Tra la capitale e la coscienza nazionale;
    grazie anche alle nuove indicazioni del Comitato olimpico internazionale, infatti, la candidatura olimpica di Roma per il 2024 può e deve assumere un respiro nazionale e meno cittadino. Riportare le Olimpiadi a Roma è – oggi più che mai – portare le Olimpiadi in Italia;
    il successo dell'Expo di Milano d'altronde racconta che l'Italia, come tutte le grandi nazioni, ha bisogno di grandi momenti internazionali che propongano il Paese, le sue città, le sue bellezze e le sue eccellenze. Sempre l'Expo di Milano ha mostrato che il Paese, anche in condizioni difficili, sa reagire e dimostrare i suoi valori e le sue qualità. Le Olimpiadi di Roma, nel 2024 sarebbero, quindi, un'ulteriore occasione per modernizzare, rigenerare la Capitale e dare ulteriore impulso all'immagine dell'intera nazione in tutto il mondo;
    le Olimpiadi possono fornire l'opportunità per rafforzare la posizione della capitale come grande città mondiale della ricerca, della formazione e dell'innovazione, completando i campus universitari pubblici e realizzando infrastrutture di mobilità e una ricettività olimpica da riconvertire poi in ricettività per studenti e docenti dopo i Giochi. Gli stessi impianti sportivi e le infrastrutture indispensabili per ospitare il grande evento, diventeranno un patrimonio della città e del Paese e potranno essere parte di un grande distretto universitario internazionale;
    l'evento olimpico può risultare utile alla crescita e allo sviluppo solo se coerente con piani e programmi condivisi e contributo di opere e interventi fruibili in futuro, in tale prospettiva, appare auspicabile una programmazione degli interventi che possa rappresentare anche l'opportunità per il recupero, la valorizzazione ed il coinvolgimento delle periferie;
    l'Agenda Olimpica 2020 ha rivoluzionato i criteri di selezione della città olimpica, ponendo al centro della valutazione l'effetto catalizzatore del grande evento rispetto ai piani di sviluppo a lungo termine del Paese che sarà individuato quale sede dei Giochi nel settembre 2017;
    il documento riporta una serie di raccomandazioni finalizzate a garantire una maggior snellezza organizzativa dei Giochi Olimpici, mitigando le richieste che in passato avevano costituito fattori di difficoltà operativa e gestionale e fonte di eccessivi investimenti da parte delle città ospitanti;
    in quest'ottica, le strutture fondamentali per l'organizzazione di un'Olimpiade vanno progettate e costruite in sinergia con gli stakeholder, gettando le basi di una solida eredità della manifestazione, nonché evidenziando le potenziali ricadute occupazionali, nell'immediato e nel lungo periodo, che potranno generarsi in occasione della progettazione, della realizzazione e della gestione della manifestazione olimpica;
    le scelte strategiche che caratterizzano la candidatura di Roma, quali la costituzione di un comitato in house, la decisione di utilizzare per il 70 per cento strutture già esistenti, l'individuazione di un piano dei trasporti dei Giochi completamente incentrato su infrastrutture già pianificate, seguono fedelmente le indicazioni dell'Agenda 2020 in termini di legacy, contenimento della spesa, attenzione all'ambiente e alle esigenze della città;
    per rafforzare la credibilità della candidatura italiana, anche nei confronti dell'opinione pubblica nazionale, appare indispensabile assicurare la massima conoscenza e partecipazione relativamente ai contenuti di un rigoroso e dettagliato piano finanziario,

impegna il Governo:

   a proseguire il lavoro avviato, sostenendo attivamente il lavoro del Comitato olimpico e del Comitato promotore nelle sedi istituzionali e in ambito internazionale;
   a promuovere, in collaborazione con il Comitato olimpico e con il Comitato promotore, eventi di promozione su tutto il territorio nazionale volti a far percepire le possibili olimpiadi di Roma 2024 come una grande opportunità di crescita e sviluppo per l'intero paese e non solo per la capitale;
   ad individuare, in collaborazione con l'amministrazione comunale, le più opportune localizzazioni coerenti con le linee di sviluppo, di crescita e di riqualificazione stabilite dalla comunità cittadina e dai competenti enti locali, investendo su opere pubbliche funzionali allo svolgimento delle gare ma che dopo l'evento possano essere riconvertite diventando fruibili e funzionali allo sviluppo urbano e del movimento sportivo e avendo cura che tale patrimonio contribuisca alla crescita della pratica sportiva diffusa e popolare, oltre che quella professionistica e di più alto livello;
   ad operare per la predisposizione di un programma di opere e interventi in coerenza con gli indirizzi dell'Agenda Olimpica 2020;
   a promuovere, in preparazione dell'evento, momenti di studio e approfondimento sulla storia e sulle finalità dei Giochi Olimpici nelle scuole di tutto il territorio nazionale;
   a sottoporre, d'intesa con il comune di Roma Capitale, il programma degli interventi olimpici ad un'ampia campagna di informazione, di consultazione e di partecipazione dei cittadini dei territori interessati, per dare al programma stesso un carattere aperto e trasparente.
(1-01102) «Morassut, Giachetti, Orfini, Melilli, Argentin, Boccadutri, Bonaccorsi, Carella, Coscia, Ferro, Pierdomenico Martino, Mazzoli, Meta, Miccoli, Minnucci, Piazzoni, Tidei, Stella Bianchi».


   La Camera,
   premesso che:
    i Giochi olimpici costituiscono la manifestazione sportiva di maggiore rilevanza a livello internazionale; la loro importanza si fonda non soltanto sul numero di discipline e di atleti coinvolti ma anche sul forte valore simbolico di cui sono portatori, sul significato delle loro origini storiche, sulla capacità di coinvolgere soggetti, valori e interessi di natura estremamente diversa tra loro;
    la molteplicità degli interessi e dei sentimenti che chiamano in causa, rendono la loro organizzazione e il loro svolgimento un processo di natura estremamente complessa e articolata; per un Paese ospitare i Giochi olimpici significa mettere in moto un sistema e una organizzazione che coinvolge numerosi attori – politici, sociali, economici, mediatici – che dovranno agire sia a livello locale che a livello nazionale ed internazionale, e in tempi che precedono di molto il momento dell'evento;
    dopo il blocco da parte dell'allora Governo Monti della candidatura di Roma come sede per i Giochi Olimpici del 2020, motivata dall'Esecutivo con il particolare momento di crisi che confliggeva con l'impegno economico che avrebbe gravato eccessivamente sui contribuenti, il 14 dicembre 2014 Roma si è ufficialmente candidata ad ospitare le Olimpiadi del 2024;
    la situazione finanziaria e il dissesto delle casse del comune di Roma hanno portato al commissariamento della città e la candidatura per il 2024 rappresenta per i cittadini una forte fonte di preoccupazione in merito alla quantificazione e all'utilizzo delle risorse che si renderà necessario investire al fine di adeguare le infrastrutture sportive e ricettive, quelle relative alla mobilità e rendere così il tessuto urbano in grado di ospitare un evento di tale portata;
    non sfugge che ospitare le Olimpiadi richiederebbe, infatti, interventi importanti sia dal punto di vista strutturale che finanziario sul territorio urbano e nazionale e che, in questo senso, appare fondamentale che i costi di realizzazione, di gestione e manutenzione delle strutture necessarie dovranno essere attentamente valutati sotto il profilo della fattibilità e sostenibilità economico-finanziaria, anche per evitare l'eventuale abbandono o degrado degli stessi al termine dei Giochi Olimpici;
    non sono da sottovalutare i possibili rischi che un simile impegno potrebbe comportare in termini di sprechi di risorse economiche e di interventi errati sul territorio; in questo senso assume importanza fondamentale porre la dovuta attenzione affinché un'occasione di sviluppo non si trasformi in uno spreco di denaro pubblico e affinché non si assista alla lievitazione delle spese rispetto al budget iniziale;
    ospitare le Olimpiadi potrebbe rappresentare per Roma Capitale un'occasione importante per lo sviluppo della città, dal punto di vista del livello occupazione, dello sviluppo degli impianti sportivi ma anche per l'incremento dei flussi turistici che questo evento potrebbe richiamare;
    l'organizzazione di un evento di tale portata rappresenta una sfida e un'opportunità che non si può non cogliere e che potrà portare lustro alla città a livello internazionale;
    nel momento storico in cui ci si trova appare evidente che, oltre ai costi delle infrastrutture direttamente collegate allo svolgimento delle attività sportive e dei servizi destinati ad atleti e spettatori, un considerevole peso avranno i costi destinati agli interventi per la sicurezza,

impegna il Governo:

   ad adottare le iniziative di competenza per ampliare il progetto nel senso che sia coinvolta l'intera area della Città metropolitana di Roma e non soltanto quella di Roma Capitale;
   a predisporre un piano degli interventi necessari, e dei relativi investimenti, che consideri in via prioritaria i progetti volti al completamento delle opere incompiute e all'adattamento delle strutture preesistenti, nel quadro di una politica di sviluppo economico e di crescita culturale e in un'ottica proiettata nel medio e lungo periodo che abbia come destinatari principali i cittadini;
   a vigilare sul corretto utilizzo delle risorse, che deve ispirarsi a criteri di sostenibilità ambientale e di rispetto del territorio con attenta valutazione dei fattori di rischio idrogeologico, che tenga conto dell'impianto urbanistico sul quale si inseriscono gli interventi;
   ad avviare un tavolo di concertazione con la regione Lazio volto a rivedere la programmazione unitaria dei fondi strutturali e d'investimento europei 2014-2020, la cui dotazione ammonta ad oltre 3 miliardi di euro, per finanziare gli interventi necessari all'organizzazione dei Giochi Olimpici;
   a vigilare affinché lo svolgimento dei Giochi risulti un'occasione vantaggiosa per tutto il Paese con sostanziali e concrete ricadute sul sistema sportivo, economico e culturale italiano;
   ad adottare le indicazioni contenute nell'Agenda Olimpica 2020 – adottata dal Comitato olimpico internazionale al fine di salvaguardare l'unicità dei Giochi Olimpici e di rafforzare lo sport nella società – che invita tra l'altro a valutare l'impatto economico dell'evento nel senso di evitare l'ipertrofia delle spese cui si è assistito per l'organizzazione delle passate Olimpiadi.
(1-01103) «Polverini, Occhiuto, Palmieri».

Risoluzione in Commissione:


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    con i decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 alcuni enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, dediti all'erogazione di prestazioni di previdenza obbligatoria per le categorie di lavoratori appartenenti a categorie professionali disciplinate da ordini e albi, sono stati trasformati, dal 1o gennaio 1995 e costituiti a partire dal 1996, in enti di diritto privato, associazioni o fondazioni;
    perpetuando la propria natura di enti senza scopo di lucro, hanno così assunto personalità giuridica di diritto privato;
    le interpretazioni contrastanti sulla natura di tali enti, perpetuate dai maggiori attori – legislatore, Consiglio di Stato ed enti stessi in primis – sono state svariate e hanno altresì comportato notevoli criticità sotto i diversi profili; la definizione della natura pubblicistica o privatistica dei suddetti enti comporta l'applicazione del relativo regime a cui sottostare, quali natura del bilancio, regime dei controlli, applicazione delle normative relative al pubblico impiego;
    a seguito della sentenza del 2012, emessa dal Consiglio di Stato sezione VI, n. 6014 – in merito alla trasformazione operata dal decreto legislativo n. 509 del 1994 – vi è stata una definitiva chiarificazione sull'immutata caratteristica di tali enti, quale quella della natura pubblicistica dell'attività di previdenza e assistenza svolta; tale funzione rientra nell'ambito dell'interesse pubblico e lascia altresì il concetto di «privatizzazione» a mera caratteristica applicabile all'ambito organizzativo degli enti in questione;
    la stima del patrimonio aggregato di fondi pensione preesistenti, casse di previdenza e fondi pensione negoziali ammonta a circa 170 miliardi di euro;
    criticità che ha assunto nel tempo sempre maggior rilievo è quella della «vigilanza e controllo» intrapresa verso tali enti: è pacifico il potere esercitato da parte ministeriale sull'operato e sulla gestione e di conseguenza il permanente controllo della Corte dei Conti, al fine di mantenere trasparenza e legalità in un settore delicato quale quello deputato a gestire ed erogare trattamenti previdenziali obbligatori, in forma sostitutiva rispetto alla previdenza pubblica;
    valutata la natura pubblicistica della funzione svolta da tali enti e valutati altresì i numerosi casi giudiziari e contabili, esplosi sui mass media, a cui si è assistito negli ultimi anni, in relazione a investimenti imprudenti, conflitti di interesse nelle cariche ricoperte all'interno degli stessi consigli di amministrazione, gestioni finanziarie irresponsabili, consulenze di svariata natura rivelatesi rischiose oltre il limite della prudenza che dovrebbe esistere verso il patrimonio dei propri iscritti, si ritiene improcrastinabile una riorganizzazione radicale degli enti e della relativa normativa;
    notevoli criticità sono riscontrabili nel ruolo della Corte dei conti: il controllo viene fatto sui consuntivi deliberati e approvati dagli stessi enti, successivamente inviati alla Corte dei conti per un referto; la normativa di riferimento impone alle Casse l'invio dei consuntivi entro sei mesi dalla fine dell'esercizio; attraverso questo sistema di controllo la Corte dei Conti, per esempio, attua una verifica nel febbraio 2015 di bilanci approvati al dicembre 2013; il sistema così rappresentato non appare certo come modello di riferimento ottimale per quel che concerne tempestività e trasparenza verso i propri iscritti e verso gli organi che sono deputati alla vigilanza e al controllo;
    gli enti di previdenza pubblici, come previsto dalla legge, ricevono da parte della Corte dei conti, un trattamento molto diverso, essendoci una presenza fisica costante di un magistrato contabile alle sedute degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente; non si capisce per quale ragione esista una tale disparità di trattamento appurato che anche le stesse casse privatizzate hanno una natura funzionale di tipo pubblicistico, dovendo garantire il futuro dei trattamenti pensionistici verso i propri iscritti, al pari di una «gestione separata» quale quella di INPS; se venisse attuata tale auspicabile riforma di trattamento si assisterebbe ad un controllo di tipo «simultaneo» che sopperirebbe ad innumerevoli inconvenienti successivi all'approvazione dei bilanci;
    a tutt'oggi, alcune Casse di previdenza, hanno all'interno del loro portafoglio investimenti, titoli strutturati definiti come «tossici»; le relative perdite derivate da tali scriteriati investimenti, in alcuni casi, sono state devastanti per i bilanci stessi;
    una «riflessione per assurdo» che si dovrebbe fare riguarda quale trattamento verrà riservato agli iscritti dell'ente nel caso di fallimento di una cassa previdenziale ovvero chi ripianerà tali mancanze finanziarie, quali garanzie avranno i professionisti iscritti verso un tale catastrofico avvenimento e se sarà garantito in qualche modo il loro trattamento pensionistico; probabilmente prima di un eventuale ipotetico fallimento, si assisterebbe ad una fusione con altra cassa ed un intervento dello Stato in ottemperanza della Carta Costituzionale; la riflessione per quanto «assurda» possa sembrare, dovrebbe far riflettere su un eventuale cambio radicale della tutela e della gestione previdenziale;
    le Casse di previdenza ed assistenza furono vincolate alla destinazione di una quota dei propri fondi all'acquisto di immobili che rientravano in un piano di investimento che veniva sottoposto al controllo e all'approvazione dei Ministeri competenti; dal 1982 una parte di tali investimenti serviva alla locazione di immobili alle fasce sociali disagiate, quali per esempio i soggetti sfrattati da precedenti locazioni;
    il comma 3 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha predisposto un controllo sugli investimenti anche di natura immobiliare attraverso un successivo decreto da emanare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
    l'articolo 9, comma 4, del testo dello schema di decreto in corso di predisposizione, prevedrebbe un limite quantitativo del 20 per cento con riferimento agli investimenti diretti in beni immobili e diritti reali immobiliari del patrimonio dell'ente; a tutt'oggi non vi è ancora traccia del suddetto decreto e rimangono molti dubbi sulla reale capacità di alcuni enti di rispettare tale limite normativo, verificata altresì la robusta dismissione immobiliare attuata a favore di specifici fondi gestiti da società di gestione del risparmio; come segnalato e denunciato dai vari mass media, si assiste in molti casi a dismissioni attuate attraverso una determinazione di prezzi non assolutamente corrispondente alla reale situazioni degli immobili;
    sarebbe auspicabile una attenta analisi dei patrimoni immobiliari di tali enti, attraverso una specifica analisi e verifica delle stime inserite nei rispettivi bilanci in qualità di «riserve tecniche» al fine di verificare che tutte le norme in materia di sostenibilità e solidità economica-finanziaria siano rispettate tutelando così il patrimonio degli iscritti e le conseguenti erogazioni pensionistiche presenti e future;
    appare inoltre auspicabile una verifica da parte degli organi competenti, sui valori storici immobiliari inseriti in bilancio dai vari enti previdenziali al fine di valutare la legittimità di alcune concessioni, locazioni e vendite che mettano a rischio la solidità delle singole Casse;
    valutata la natura pubblicistica delle funzioni svolte dalle Casse è inoltre fondamentale garantire l'uguaglianza di tutti i liberi professionisti, indipendentemente dallo specifico lavoro svolto, operando al fine di razionalizzare la normativa sulle contribuzioni degli iscritti,

impegna il Governo:

   ad esaminare la eventuale fattibilità dell'ipotesi di far confluire tutti gli enti privatizzati di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 con i relativi patrimoni immobiliari, anche se conferiti a fondi immobiliari gestiti da società di gestione del risparmio di qualsiasi tipo, nell'attuale gestione separata INPS;
   ad assumere ogni iniziativa normativa al fine di omogeneizzare e razionalizzare la normativa sulle contribuzioni degli iscritti delle varie Casse previdenziali;
   ad assumere iniziative al fine di prevedere per le Casse privatizzate – così come già previsto per gli enti previdenziali pubblici – la presenza fisica di un magistrato contabile alle sedute degli organi di amministrazione e di controllo dell'ente;
   a implementare le disposizioni relative all'articolo 9, comma 4, del testo dello schema di decreto in corso di predisposizione relativo al comma 3 dell'articolo 14 del decreto-legge 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, nel quale viene previsto un limite quantitativo del 20 per cento in riferimento agli investimenti diretti in beni immobili e diritti reali immobiliari;
   a porre in essere iniziative di carattere ispettivo per quel che concerne le cosiddette «riserve tecniche» e i relativi valori inseriti a bilancio dagli enti privatizzati e altresì i valori storici immobiliari applicati alle concessioni, locazioni e vendite immobiliari, al fine di verificare la legittimità e il rispetto delle relative norme sulla sostenibilità finanziaria;
   ad assumere iniziative di carattere ispettivo, volte a verificare l'andamento delle dismissioni immobiliari di Casse e Fondi, e a promuovere iniziative di carattere normativo finalizzate alla puntuale e corretta gestione delle stesse nel rispetto della normativa vigente e tenendo conto dei diritti degli inquilini;
   a porre in essere ogni iniziativa utile ad eliminare ogni possibile conflitto di interesse tra i soggetti responsabili della gestione all'interno degli enti gestori e i membri di soggetti giuridici che interagiscano con essi, ponendo particolare attenzione alle gestione del risparmio;
   ad assumere ogni iniziativa, anche di tipo normativo, finalizzata all'applicazione della disciplina prevista per le dismissioni immobiliari degli enti previdenziali pubblici anche alle dismissioni immobiliari delle casse privatizzate.
(7-00889) «Baldassarre».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», ha previsto all'articolo 35, comma 1, l'emanazione di un decreto del presidente del Consiglio dei ministri per l'individuazione a livello nazionale della capacità complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati, degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati, e l'individuazione di ulteriori impianti di incenerimento da realizzare per coprire il fabbisogno residuo del territorio nazionale;
   tali impianti vengono dichiarati infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale;
   il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, all'esame della Conferenza Stato-regioni del 20 gennaio 2016, pur riducendo gli inceneritori strategici da 12 a 8, rispetto alla sua prima stesura, conferma gli assunti secondo gli interpellanti sbagliati, ossia favorevoli a nuovi inceneritori, della versione precedente del decreto;
   gli impianti di incenerimento da realizzare, individuati dal suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono tutti situati nelle regioni del Centro-sud: Marche, Umbria, Lazio, Campania, Abruzzo, Sardegna, Sicilia (2 impianti). A questi si aggiunge la previsione per la Puglia, di un potenziamento dell'impianto di incenerimento esistente;
   una decisione per nuovi inceneritori decisa dal Governo che, scavalcando gli enti territoriali, rischia di affossare gli sforzi che le regioni stanno facendo, e che dovranno fare, per una programmazione virtuosa della gestione dei rifiuti e per la crescita della raccolta differenziata, del riciclaggio e del recupero dei rifiuti stessi;
   come hanno scritto le principali associazioni ambientaliste in una lettera aperta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Galletti, «si continua a puntare sull'incenerimento quando l'andamento della produzione di rifiuti solidi urbani è da anni in calo. (...) Il DPCM ribadisce il “pretrattamento = incenerimento”, secondo un principio che non trova fondamento in alcuna Direttiva europea e che non tiene conto dei problemi che tale approccio porrebbe in prospettiva, visti gli scenari di massimizzazione progressiva del recupero di materia resi imprescindibili dalla crisi globale di scarsità delle risorse e dalla strategia dell'Unione europea sull'economia circolare che vuole darvi soluzione»;
   si ricorda che la normativa comunitaria relativa alla questione dei rifiuti, e principalmente la direttiva 2008/98/CE, prevede alcuni criteri di priorità nella gestione degli stessi, attraverso la fissazione di una gerarchia che parte dalla prevenzione, seguita da: preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (ad esempio a fini energetici) e, infine, smaltimento;
   una seria e virtuosa politica di gestione dei rifiuti dovrebbe andare in tutt'altra direzione rispetto a quella di fatto intrapresa dal Governo: ossia dovrebbe avere l'obiettivo di ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente, e puntare a promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti sancita a livello europeo, anche attraverso una graduale dismissione degli impianti di incenerimento esistenti –:
   se non si intendano assumere iniziative per subordinare la nuova realizzazione degli impianti di incenerimento previsti al Centro e al Sud del Paese, alla predisposizione da parte delle regioni interessate, di una efficace programmazione che punti, anche attraverso un'implementazione della necessaria impiantistica, a incentivare la raccolta differenziata e il recupero non energetico dei rifiuti;
   se non si ritenga indispensabile avviare una seria ed efficace politica di gestione del ciclo dei rifiuti, rispettosa e coerente con le indicazioni e gli obiettivi europei per un'economia circolare e per l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti, ossia prevenzione, preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero di altro tipo (anche a fini energetici) e, in ultimo, smaltimento;
   quali iniziative si intendano adottare che siano alternative alla realizzazione e al potenziamento degli impianti di incenerimento, e se non si intenda investire in piani e programmi che rendano sempre più residuale il recupero energetico dei rifiuti.
(2-01232) «Scotto, Zaratti, Pellegrino, Ricciatti, Ferrara, Duranti, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Palazzotto, Pannarale, Piras, Sannicandro, Zaccagnini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MENECH, NARDUOLO, MURER, GINATO, ZAN, SBROLLINI, CRIMÌ, D'ARIENZO, MIOTTO, MOGNATO e MORETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   i mesi di novembre e dicembre 2015 sono stati caratterizzati da un'anomala persistenza di condizioni anticicloniche sul territorio italiano e, purtroppo, nella regione Veneto, tale situazione si sta protraendo anche a gennaio 2016;
   in Veneto, dopo un mese di novembre particolarmente, asciutto e con temperature mediamente sopra la media, specie in montagna, anche dicembre si è concluso all'insegna del tempo stabile, senza precipitazioni e con valori termici quasi primaverili in quota;
   nel corso del mese di novembre sulla regione non è transitata alcuna perturbazione e, su tutto il territorio, non si è registrato nessun giorno piovoso. L'ultimo evento degno di nota che ha portato delle piogge e delle modeste nevicate, soprattutto sui rilievi prealpini, risale al 21-22 novembre 2015. Da quella data in poi, a parte qualche giorno iniziale di stampo invernale con temperature bruscamente scese dopo la forte anomalia termica dei primi venti giorni di novembre, si è andato riaffermandosi un robusto campo di alta pressione sul Mediterraneo di matrice africana. Tale anticiclone, come una sorta di scudo, non ha permesso l'ingresso di perturbazioni su gran parte dell'Europa centro-meridionale e ha favorito temperature in prevalenza sopra la media, specie in quota, a causa delle frequenti condizioni di inversione termica nelle ore più fredde della giornata in pianura e nelle valli;
   secondo le rilevazioni dell'ARPAV – Agenzia Regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto, il 2015 si è chiuso con due mesi record per siccità, ma anche per la persistente anomalia termica positiva registrata soprattutto in montagna;
   per ritrovare nel recente passato un mese di dicembre altrettanto secco bisogna risalire al 2001;
   novembre è risultato sulla nostra regione il più secco dell'ultimo ventennio e tra i più secchi delle serie storiche ultracentenarie analizzate (140 anni a Belluno e 180 anni a Padova), considerando anche dicembre, l'anomalia diventa ancora più significativa. Il bimestre novembre-dicembre 2015 risulta infatti in assoluto il più secco dell'ultimo secolo. Dall'analisi delle serie storiche disponibili, solo il dicembre-novembre del 1921 si avvicina a quello appena trascorso. Altre annate, con gli ultimi due mesi particolarmente secchi, si registrarono nel 1866 e più di recente nel 1998, ma in ogni caso furono un po’ più «bagnati» di questa fine 2015;
   se si considerano poi, oltre alle scarse precipitazioni, anche le temperature, il bimestre novembre-dicembre 2015 denota una ulteriore marcata anomalia rispetto ai precedenti record di siccità dello stesso periodo. Infatti, in questa fase dell'anno, solitamente alle condizioni di siccità sono associate circolazioni atmosferiche che favoriscono sulla nostra regione la presenza di masse d'aria continentali fredde provenienti dall'Europa nord-orientale e quindi temperature mediamente più fredde della normale. Quest'anno, invece, all'alta pressione si sono frequentemente associate masse d'aria in quota molto più calde e di origine sub-tropicale. Una combinazione quindi di fattori che rende l'ultimo periodo del 2015 davvero eccezionale per il clima della regione Veneto;
    nella giornata dell'11 gennaio 2016 si sono registrare delle precipitazioni diffuse, soprattutto sulle zone centro-settentrionali della regione, con quantitativi massimi che in alcune località prealpine hanno raggiunto i 40-70 millimetri e un limite neve piuttosto alto per la stagione (generalmente oltre i 1500 metri sulle Dolomiti e oltre i 1800 metri sulle Prealpi); nella stessa serata hanno fatto il loro ingresso sulla regione delle masse d'aria con caratteristiche completamente diverse da quelle dei giorni precedenti;
   in quota le correnti hanno ruotato da Nord-Ovest e le temperature sono crollate ad iniziare dalle altitudini più elevate: sulla cima della Marmolada (3342 metri sul livello del mare) la temperatura è bruscamente scesa dai -6/-7oc del primo pomeriggio, ai -12/-13oc della sera raggiungendo al primo mattino di martedì i -15oC; meno significativo il calo termico registrato alle quote più basse come ai 1500 metri della cima prealpina del monte Cesen, dove la temperatura è scesa da 2/3oc nel pomeriggio di lunedì a 0o C nel primo mattino di martedì;
   anche in pianura la massa d'aria è notevolmente cambiata per l'ingresso di correnti un po’ più secche da Ovest-Sud-Ovest, a tratti anche forti e che hanno interessato soprattutto la pianura centromeridionale;
   le difficoltà degli operatori del settore turistico e sportivo, legati al comparto neve sono quindi evidenti: rispetto al normale iter della stagione sciistica, il ritardo di apertura negli impianti è stato molto forte e, nonostante il procedimento di innevamento artificiale – per altro difficile da programmare con quest'andamento climatico in quanto le alte temperature lo hanno reso difficoltoso – tutt'ora, non tutte le discese e gli impianti sono attivati;
   i costi dell'innevamento artificiale sono naturalmente molto elevati sia per l'alto costo dell'investimento che per la gestione della spesa corrente in particolare modo per quel che riguarda le spese elettriche;
   tutte le attività e le imprese commerciali che ruotano attorno al turismo montano stanno affrontando difficoltà enormi: fra le più penalizzate le società degli impianti, che hanno dovuto lasciare a casa gli impiantisti ed allo stesso modo i maestri di sci che praticamente non hanno ancora iniziato l'attività;
   anche le vallate che hanno, negli anni, sviluppato forme di turismo montano più improntato alla valorizzazione di percorsi di fondo o di passeggiate con le «ciaspe» (racchette da neve), oppure dello sci alpino, hanno perso sino ad oggi tutta l'attività e stanno ricevendo disdette per la stagione a venire;
   le strutture alberghiere che hanno subito numeri così importanti di disdette delle prenotazioni e tutto l'indotto commerciale e turistico legato al «turismo bianco» hanno subito ripercussioni economiche che rischiano di pregiudicarne il futuro –:
   se il Governo non ritenga assumere iniziative straordinarie anche coinvolgendo e stimolando le regioni coinvolte, con l'obiettivo di arginare difficoltà e danni causati dalla carenza di neve nelle zone montane, viste le evidenti e calcolabili difficoltà causate dalla situazione descritta a lavoratori, imprese, attività economiche ed enti locali dei territori montani, in particolare della regione Veneto, che poggia una parte consistente del proprio turismo ed indotto proprio sulla neve; e se non si ritenga necessario porre in essere iniziative per ridurre, in modo strutturale, il costo dell'innevamento artificiale con particolare riferimento alla riduzione del costo dell'elettricità. (5-07491)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Ilva s.p.a. è una società che si occupa della produzione e trasformazione di acciaio il cui principale impianto produttivo è lo stabilimento a ciclo integrale di Taranto;
   alla data del 31 dicembre 2013 il gruppo ILVA impiegava personale diretto per 16.200 unità con età media di circa 39 anni;
   dal 3 giugno 2013, con decreto-legge n. 61 del 2013, ILVA s.p.a. è sottoposta a commissariamento straordinario ed è ammessa, con decorrenza 21 gennaio 2015, alla procedura di amministrazione straordinaria, a norma dell'articolo 2 del decreto-legge n. 347 2003;
   a seguito dell'incardinamento della procedura di amministrazione straordinaria dell'azienda dinanzi al tribunale fallimentare di Milano, alcuni operai conferivano delega ad alcuni sindacati di categoria, presenti nello stabilimento di Taranto, affinché inoltrassero tutta la documentazione riguardante i crediti di lavoro nei confronti dei curatori straordinari dell'Ilva s.p.a.;
   in sostanza, dal mese di maggio 2015 i sindacati interessati inviavano tramite PEC all'indirizzo ilvaspa@amministrazionestraordinaria.it, la documentazione necessaria alla procedura di ricorso per l'insinuazione al passivo inserendo, in tale documentazione, anche le copie dei documenti personali quali: carta d'identità, codice fiscale e tessera sanitaria, tutti in corso di validità;
   i lavoratori, in seguito, ricevevano da parte dei sindacati di riferimento le credenziali (username e password) necessarie per verificare lo stato di avanzamento del ricorso d'insinuazione al passivo mediante accesso al portale telematico all'indirizzo web: https://www.fallcoweb.it;
   una volta effettuato l'accesso al portale, i lavoratori costatavano la presenza, sull’homepage, della voce « HOME/LISTA PROCEDURE», all'interno del quale si presentava il collegamento «PDF DOMANDE CREDITORI»;
   all'interno di quest'ultima voce comparivano una serie di documenti, tutti liberamente disponibili, relativi a tutti i creditori insinuati contro Ilva s.p.a. compresi i documenti non necessari ai fini dell'individuazione del credito e i documenti d'identità dei lavoratori;
   ai lavoratori/creditori, a quanto risulta all'interrogante, non è stata fatta mai firmare, da parte dell'Ilva s.p.a., l'autorizzazione a trattamento dei dati personali ai sensi del decreto-legislativo 30 giugno 2003, n. 196 «Codice in materia di protezione dei dati personali»;
   in data 20 novembre 2015, l'azienda attraverso un comunicato stampa dichiarava di non aver commesso alcuna violazione della privacy giacché tale pubblicità era da ritenersi necessaria al fine della corretta verifica dei crediti in ossequio all'articolo 95, comma 2, della legge fallimentare;
   il comma 2 dell'articolo 95 afferma testualmente che: «Il curatore deposita il progetto di stato passivo corredato dalle relative domande nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell'udienza fissata per l'esame dello stato passivo e nello stesso termine, lo trasmette ai creditori e ai titolari di diritti sui beni all'indirizzo indicato nella domanda di ammissione al passivo. I creditori, i titolari di diritti sui beni e il fallito possono esaminare il progetto e presentare al curatore, con le modalità indicate dall'articolo 93, secondo comma, osservazioni scritte e documenti integrativi fino a cinque giorni prima dell'udienza»;
   in data 14 dicembre 2015, il portale presentava una modifica al sistema inerente alla richiesta di trattamento dei dati personali e sensibili inseriti al fine di poter scaricare i file disponibili –:
   se il Governo abbi assunto iniziative volte a verificare, per quanto di competenza, se sia stata commessa una violazione della privacy ai danni dei lavoratori da parte dei commissari straordinari dell'Ilva s.p.a. e, ove ciò trovi conferma, quali iniziative di competenza si intendano attuare per ristorare dai danni subiti i lavoratori coinvolti nella vicenda.
(4-11767)


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 20 gennaio 2016 è stato pubblicato sul quotidiano on line di La Repubblica una denuncia contro la trasmissione televisiva di Mediaset condotta da Paolo Bonolis Ciao Darwin, da parte dell'assessora della regione Piemonte Monica Cerutti, con deleghe, tra le altre, alle pari opportunità, ai diritti civili e alle politiche per l'immigrazione;
   l'accusa di Monica Cerutti è che il programma «a Torino ha cercato razzisti e omofobi per sottoporli a un casting» per la partecipazione alla nuova edizione di Ciao Darwin che si basa su «contrapposizioni» tra due gruppi opposti;
   secondo quanto si apprende dal quotidiano, la notizia dei casting è comparsa sul sito istituzionale della Film Commission Torino Piemonte, e la selezione cercava uomini e donne con vari requisiti, tra i quali, «persone contrarie all'integrazione degli stranieri in Italia» e «persone contro i diritti delle unioni gay»;
   la Film Commission Torino Piemonte è una Fondazione senza fini di lucro, voluta e sostenuta finanziariamente dalla regione Piemonte e dalla città di Torino, che ne sono i soci fondatori. Operativa da settembre 2000, ha come primo scopo la promozione della regione Piemonte e del suo capoluogo Torino come location e luogo di lavoro d'eccellenza per la produzione cinematografica e televisiva. Oltre a sostenere le produzioni sul piano organizzativo, Film Commission Torino Piemonte contribuisce ad abbassare i costi di ospitalità con dei contributi legati all'impegno produttivo sul territorio e all'inserimento nella troupe di personale artistico e tecnico locale. Infatti, il casting si è tenuto presso la Sala Casting di Via Cagliari, sede della Fondazione;
   la segnalazione all'assessora Monica Cerutti è arrivata dal Coordinamento Torino Pride, nella persona del coordinatore Alessandro Battaglia che ha giustamente affermato: «Io sono per il confronto sempre e comunque, ma quello che per gli autori di Ciao Darwin può essere un gioco, poi si trasmette nella vita di alcune persone». Il coordinatore di Torino Pride ha ricordato che la trasmissione non è nuova a contrapposizioni di stampo sessista, tollerabili quando esiste un contraddittorio ma, in questo caso, si pone una domanda: «Come si selezionano razzisti e omofobi ? Cercano qualcuno che nel curriculum abbia scritto di aver menato una coppia gay ?»;
   il quotidiano Il Fatto, del 21 gennaio 2016, scrive di aver contattato la signora Teresa Di Modugno, la cui mail compare negli annunci insieme a quella dei produttori, e che la stessa ha affermato di essersi solo occupata di trovare la location e aver diffuso una mail arrivata da un'amica nella redazione. Inoltre, aggiunge: «Sono in contatto con loro e mi occupo delle relazioni con la Film Commission. Conosco la redazione e so per certo che non c’è nessun intento discriminatorio dietro»;
   se così fosse appare quantomeno insolito che, controllando sul sito della Film Commission Torino Piemonte, nella sezione casting, non appaia più l'annuncio per la selezione del 12 gennaio 2016, mentre ne risulta uno per il 9 e il 10 dicembre 2015, per persone con caratteristiche totalmente diverse dall'annuncio per il casting del 12 gennaio 2016;
   ammettendo anche l'ipotesi che si possa trattare di una montatura, risulta alquanto contraddittorio però che, sulla pagina di facebook di «Casting Di Modugno Teresa» il 13 gennaio 2016 sia stato pubblicato il seguente post: «Un grandissimo e particolare ringraziamento alla Film Commission Piemonte di Torino  per aver collaborato al casting di Ciao Darwin di martedì 12 gennaio 2015» (si presume che per l'anno indicato sia stato commessa una svista, anche perché nell'archivio della Film Commission Piemonte alla medesima data del 2015 non risulta alcuna selezione per il programma Ciao Darwin);
   sempre da quanto si apprende dai giornali, negli uffici romani della SDL2005 srl, società di produzione televisiva, specializzata nell'organizzazione e gestione di casting personalizzati sulla base delle richieste del cliente (Mediaset il principale operatore televisivo privato italiano), si stupiscono: «Non è vero, noi non cerchiamo persone così». Ed effettivamente in altri annunci dei casting a Roma, Milano, Napoli e Bari tra le categorie di persone ricercate non compaiono omofobi e razzisti, ma «appartenenti alla comunità Lgbt» e African, Chinese, Bangladeshi, Indian, Romanian and Gipsy People. Tuttavia, sulla pagina Facebook del programma compare un'immagine con una domanda: «Sapresti dire cosa rappresenta il gay pride ?», in linea con la ricerca di «persone contro i diritti delle unioni gay»;
   Monica Cerutti ha dichiarato che la selezione di uomini e donne «contrari a immigrati e gay» si è effettivamente svolta il 12 gennaio. Si presume dalla sua dichiarazione quindi che abbia effettuato le opportune verifiche;
   la regione Piemonte, dice l'assessore, «si sta impegnando per approvare una legge contro ogni forma di discriminazione... Ho deciso di chiedere che il caso del casting omofobo e razzista a Torino, tenuto dalla trasmissione Ciao Darwin, venga segnalato all'Unar, l'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali. Le istituzioni non possono continuare a predicare nel deserto»;
   se da un lato per l'assessora trova inaccettabile la formula di reclutamento dei partecipanti alla trasmissione Ciao Darwin, c’è invece chi, come segretario del Pd piemontese e capogruppo nel Consiglio regionale, Davide Gafiglio, stempera la polemica, affermando che, nonostante trovi un casting per razzisti e omofobi personalmente di cattivo gusto e inopportuno, non crede che: «debba essere la politica a ricoprire il ruolo del censore sui contenuti di una trasmissione televisiva. Condivido il merito sollevato dall'assessora e mi preoccupa una simile deriva della proposta televisiva, ma lascerei il tema al livello culturale e non lo inserirei tra quelli della politica, che tra l'altro di problemi ne ha già parecchi»;
   secondo invece Monica Cerutti: «Si tratta di un vero e proprio schiaffo al rispetto delle persone e dei diritti di tutti e tutte. È inaccettabile che in un momento come questo, durante il quale l'odio nei confronti del diverso è sempre maggiore, ci siano programmi televisivi che vogliono alimentare xenofobia e omofobia. I media devono assumersi la responsabilità che hanno sulle spalle. Ci sono milioni di persone che purtroppo affidano la propria informazione e formazione esclusivamente alla televisione ed è impensabile che questa parli loro attraverso stereotipi, populismi e strumentalizzazioni»;
   è bene ricordare a questo punto il codice etico di cui si è dotato l'intero Gruppo Mediaset. Di seguito il testo: «Il Gruppo Mediaset, così come altri importanti gruppi e società a livello nazionale ed internazionale, si è dotato di un Codice Etico che definisce l'insieme dei valori che il Gruppo Mediaset riconosce, accetta e condivide, a tutti i livelli, nello svolgimento dell'attività d'impresa. I principi e le disposizioni del Codice Etico costituiscono specificazioni esemplificative degli obblighi generali di diligenza, correttezza e lealtà che qualificano l'adempimento delle prestazioni lavorative e il comportamento nell'ambiente di lavoro. I principi e le disposizioni del Codice Etico sono vincolanti per gli amministratori, per tutte le persone legate da rapporti di lavoro subordinato con le società del Gruppo Mediaset e per tutti coloro che operano per le società del Gruppo Mediaset, quale che sia il rapporto – anche temporaneo – che li lega alle stesse»;
   lo stesso codice etico all'articolo 10 recita: «Eguaglianza, non discriminazione, pari opportunità 1. Il Gruppo Mediaset rifiuta ed esclude ogni forma di sfruttamento dei lavoratori e di discriminazione delle persone in base a sesso, età, razza, lingua, nazionalità, religione, condizioni personali e sociali, orientamento sessuale, opinioni politiche e sindacali in tutte le decisioni che influiscono sulle relazioni con i propri interlocutori. 2. Il Gruppo Mediaset contrasta, pertanto, ogni comportamento o atteggiamento discriminatorio o lesivo della persona, delle sue convinzioni o preferenze. 3. Il Gruppo Mediaset si impegna a favorire la promozione delle pari opportunità con riferimento alle condizioni e alle opportunità di lavoro, alla formazione, allo sviluppo e alla crescita professionale, nel pieno rispetto della normativa vigente e dei valori che ispirano il presente Codice Etico»;
   il trattato dell'Unione europea all'articolo 2 afferma che «L'Unione è fondata sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto per i diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti alle minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati Membri in una società caratterizzata da pluralismo, non discriminazione, tolleranza, giustizia, solidarietà e uguaglianza tra donne e uomini». L'articolo 3 specifica che «(l'Unione) combatterà l'esclusione sociale e le discriminazioni, e promuoverà la giustizia sociale e la protezione, l'uguaglianza tra donne e uomini»;
   in termini generali, la Convenzione delle Nazioni Unite CEDAW del dicembre 1979, entrata in vigore a settembre 1981 già richiedeva nel suo articolo 5 sugli stereotipi dei ruoli sessuali e dei pregiudizi che fossero adottate tutte le misure appropriate «Per modificare i modelli sociali e culturali di comportamento di uomini e donne, al fine di giungere ad una eliminazione dei pregiudizi e consuetudini e tutte le altre pratiche che si basano sull'idea di inferiorità o superiorità dell'uno o altro dei sessi o sull'idea di ruoli stereotipati per uomini e donne»;
   è sempre bene ricordare inoltre l'articolo 3 della Costituzione italiana: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese –:
   se il Governo, alla luce delle notizie e delle informazioni riportate in premessa non ritenga opportuno acquisire elementi, per quanto di competenza e anche per il tramite del dipartimento per le pari opportunità, su quanto e se intenda assumere iniziative normative affinché venga evitata, nell'ambito della comunicazione televisiva e in ogni altra forma di comunicazione, ogni forma di discriminazione xenofoba e omofoba. (4-11772)


   DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Ferruzzano (Reggio Calabria), come riportato all'interrogante tramite una comunicazione inviata dal sindaco professoressa Maria Romeo il 21 dicembre 2015, e come risulta da articoli apparsi sulla stampa locale, rischia di essere messo presto nella condizione di non poter più espletare le funzioni amministrative ad esso attribuite dalla Costituzione, con grave pregiudizio della cittadinanza;
   a quanto risulta infatti dagli atti in possesso dell'interrogante, il tesoriere del comune, la filiale di Brancaleone del Monte dei Paschi di Siena, a seguito di atti di pignoramento avvenuti in conseguenza di cause passate, ha effettuato il blocco totale delle disponibilità dell'Ente;
   com’è noto, l'articolo 159 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, dispone che «non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili»;
   l'articolo 1 del decreto ministeriale del 28 maggio 1993 individua ai fini della non assoggettabilità ad esecuzione forzata i servizi locali indispensabili per i comuni;
   allo stato attuale, tuttavia, il tesoriere, a quanto risulta all'interrogante, si rifiuta di procedere ai pagamenti indipendentemente dalla natura degli stessi e negherebbe ogni forma di interlocuzione col comune;
   viene segnalato nello specifico che gli stipendi ai dipendenti non vengono corrisposti da sei mesi ed il comune non è in grado di movimentare neppure le somme necessarie per provvedere alla raccolta dei rifiuti, provvedere a riparazioni urgenti dell'acquedotto o procedere alle spese minimali necessarie al funzionamento degli uffici;
   attualmente, se non fosse per contribuzioni spontanee del sindaco e di altri soggetti, nonché per la buona volontà degli impiegati, qualsiasi attività del comune sarebbe di fatto paralizzata;
   com’è noto Ferruzzano è peraltro uno dei comuni maggiormente colpiti dall'alluvione del novembre 2015;
   è ovvio, per le suddette ragioni, che la questione rischia di trasformarsi presto in una vera emergenza che può mettere a repentaglio svariati aspetti del vivere civile: l'erogazione dei servizi pubblici e amministrativi, la tutela della salute e del diritto all'istruzione, lo stesso ordine pubblico potrebbero venir minacciati dal permanere dell'impossibilità dell'ente locale di operare –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare al fine di evitare che si verifichino casi come quello descritto in premessa e, nello specifico, per garantire ai cittadini di Ferruzzano l'erogazione dei servizi pubblici ed amministrativi. (4-11773)


   SPADONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 1o agosto 2014 è entrata in vigore la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, o Convenzione di Istanbul;
   la Convenzione, adottata a Istanbul nel 2011, costituisce il primo strumento internazionale vincolante sul piano giuridico per prevenire e contrastare la violenza contro le donne e la violenza domestica;
   è stata ratificata da 19 Paesi, compresa – nel giugno 2013 – l'Italia;
   il testo della Convenzione si fonda su tre pilastri: prevenzione, protezione e punizione;
   la Convenzione ha l'obiettivo di: proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica; promuovere la cooperazione internazionale al fine di eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell'applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente, al fine di adottare un approccio integrato per l'eliminazione della violenza contro le donne e la violenza domestica;
   la violenza di genere costituisce una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne e comprende tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;
   gli Stati che hanno firmato e ratificato la Convenzione dovranno adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per promuovere e tutelare il diritto di tutti gli individui, e specialmente delle donne, di vivere liberi dalla violenza, sia nella vita pubblica che privata;
   ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 2, «le Parti condannano ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne e adottano senza indugio le misure legislative e di altro tipo necessarie per prevenirla, in particolare: inserendo nelle loro costituzioni nazionali o in qualsiasi altra disposizione legislativa appropriata il principio della parità tra i sessi e garantendo l'effettiva applicazione di tale principio; vietando la discriminazione nei confronti delle donne, ivi compreso procedendo, se del caso, all'applicazione di sanzioni; abrogando le leggi e le pratiche che discriminano le donne»;
   il decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, recante «Disposizione urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province», convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre, n. 119, all'articolo 5, prevede in capo al Ministro delegato per le pari opportunità l'elaborazione e l'adozione di un piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere;
   il suddetto piano d'azione straordinario è stato adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2015 e registrato dalla Corte dei Conti il 25 agosto 2015;
   gli obiettivi del piano d'azione sono: prevenire il fenomeno della violenza contro le donne; promuovere l'educazione alle relazioni non discriminatorie nei confronti delle donne; potenziare le forme di sostegno e assistenza alle donne e a loro figli; garantire adeguata formazione per tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; prevedere una adeguata raccolta dati e un sistema strutturato di governance tra tutti i livelli di governo;
   ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, spetta al Presidente del Consiglio dei ministri promuovere e coordinare le azioni di Governo volte, tra l'altro, ad assicurare pari opportunità –:
   se e in che modo i diritti della vittima siano stati posti al centro di tutte le misure normative e/o di altro tipo;
   se queste siano state attuate attraverso una collaborazione realmente efficace tra tutti gli enti, le istituzioni e le organizzazioni competenti, ai sensi dell'articolo 7 della Convenzione di Istanbul, quali le agenzie governative, le autorità nazionali, regionali e locali, le istituzioni nazionali deputate alla tutela dei diritti umani e le organizzazioni della società civile;
   in quali disposizioni finora sono state promosse ed attuate politiche efficaci volte a favorire la parità tra le donne e gli uomini e l'emancipazione e l'autodeterminazione delle donne;
   quali disposizioni siano in essere allo scopo suddetto. (4-11774)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta orale:


   ROSTELLATO, COMINARDI, BECHIS, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI e BALDASSARRE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   dal 1995 al 1997 le imprese situate nelle zone di Venezia e Chioggia hanno beneficiato di riduzioni o esenzioni dal versamento degli oneri sociali per la creazione e il mantenimento di posti di lavoro. Nel 1999 la Commissione ha ritenuto che alcuni di tali sgravi, il cui solo scopo era di salvaguardare posti di lavoro esistenti o che erano stati concessi a grandi imprese operanti in zone che non presentavano svantaggi regionali, erano incompatibili con le norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato e ha imposto all'Italia il recupero degli aiuti presso i beneficiari;
   nel 2007 la Commissione ha constatato che l'Italia non aveva adempiuto all'obbligo di recuperare gli aiuti e ha agito nei suoi confronti dinanzi alla Corte di giustizia, la quale, nel 2011, ha stabilito che l'Italia non aveva attuato la decisione adottata dalla Commissione nel 1999. Nel 2012, con una lettera di costituzione in mora, la Commissione ha avvertito l'Italia che se avesse continuato a non ottemperare all'obbligo di recuperare gli aiuti, sarebbe stata deferita per la seconda volta dinanzi alla Corte di giustizia;
   dalla risposta dell'Italia risulta che, a tutt'oggi, è stato recuperato solo circa il 20 per cento degli aiuti dichiarati incompatibili. La Commissione ha pertanto deciso di deferire l'Italia alla Corte di giustizia una seconda volta, al fine di chiedere a quest'ultima di comminare il pagamento di una somma forfettaria e di una penalità;
   la Commissione propone una penalità giornaliera dell'importo di 24.578,4 euro, da moltiplicare per il numero di giorni trascorsi tra la prima sentenza della Corte e, a seconda del caso, la piena esecuzione da parte dello Stato membro oppure la seconda sentenza della Corte a norma dell'articolo 260, paragrafo 2, del TFUE, nonché il pagamento di una penalità decrescente per ogni giorno trascorso dalla sentenza fino alla sua esecuzione. L'importo definitivo delle penalità giornaliere sarà deciso dalla Corte –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire presso la Commissione europea al fine di prevenire la presentazione del ricorso alla Corte di giustizia – finalizzato alla quantificazione della penalità – in attesa del completamento delle procedure di recupero instaurate ex articolo 1, commi 351 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228;
   se i Ministri non ritengano opportuno chiedere alla Commissione europea una definitiva pronuncia in merito al diritto delle singole imprese a fruire o meno degli sgravi, al fine di adempiere alla sentenza della Corte di giustizia del 2011;
   se i Ministri interrogati possano spiegare come tale situazione sia potuta accadere senza che ci sia stato un effettivo controllo e a chi sia imputabile la responsabilità nella concessione degli aiuti di Stato incompatibili con l'ordinamento comunitario, nel ritardo delle azioni di recupero mediante riscossione coattiva e della definizione dei contenziosi giudiziari;
   se i Ministri non ritengano equo e corretto che, nel caso in cui vengano comminate dalla Corte di giustizia le sanzioni di cui in premessa, si possa prefigurare l'ipotesi di un danno recuperabile rivalendosi sui soggetti che illo tempore hanno autorizzato la concessione degli aiuti di Stato giudicati illegittimi;
   se i Ministri interrogati possano chiarire l'entità, gli oneri e gli effetti finanziari diretti a carico dell'Italia, che deriverebbero dalla sentenza di condanna dell'Unione europea nei confronti del nostro Paese e come si intenda agire per reperire le risorse finanziarie necessarie per l'eventuale pagamento. (3-01952)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 14 gennaio 2016 la regione Basilicata con DPGR n. 11 per fronteggiare l'emergenza rifiuti, ha decretato l'obbligo di conferimento di rifiuti urbani «talquale» di tutti i comuni della provincia di Matera, ad esclusione di Matera e Policoro, presso l'inceneritore Fenice-Edf-Rendina di San Nicola di Melfi (PZ). Il provvedimento interessa i seguenti comuni: Pisticci, Irsina, Tricarico, Montescaglioso, Miglionico, Grottole, Grassano, Pomarico, Ferrandina, Salandra, Craco, Calciano, Montalbano Jonico, San Giorgio Lucano, San Mauro Forte, Oliveto Lucano, Garaguso, Aliano, Gorgoglione, Cirigliano, Stigliano, Tursi, Colobraro, Valsinni, Accettura, Rotondella;
   per alcuni comuni il trasporto dei rifiuti all'impianto di San Nicola di Melfi si stima intorno a 400 chilometri fra andata e ritorno e questo comporterà enormi disagi causati dal traffico generato dai camion che attraversano mezza regione, l'aumento delle quantità di emissioni di diossine dai camini dell'inceneritore causato dalla combustione dei rifiuti «talquale» e maggiori costi che graveranno sui comuni e sui cittadini della provincia di Matera;
   l'area nord della Basilicata è il territorio lucano con la più alta percentuale di raccolte differenziate (stabilmente superiore alla media del 50 per cento) e con la maggiore presenza di impianti di vecchia concezione per lo smaltimento del rifiuto Indifferenziato (Venosa, Atella e Fenice). Questi impianti sono al servizio prevalente delle aree territoriali del Potentino ed ora anche dei comuni del Materano;
   la direttiva 2008/98/CE introduce, per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, il cosiddetto «principio gerarchico delle 4R» (riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico); attualmente le principali tipologie di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti speciali esistenti in Basilicata sono le seguenti: impianto di incenerimento; discariche; impianti di recupero;
   il ritardo dell'Italia nel ciclo del rifiuto urbano costa caro e sono numerose le procedure di infrazione relative alla normativa comunitaria a carico dell'Italia in materia ambientale, mentre è chiaro che, se oltre il 40 per cento dei rifiuti urbani viene smaltito in discarica, non si favorisce alcuna iniziativa verso soluzioni in grado di generare qualità, crescita e valore per la collettività. Tutto questo nonostante il fatto che la direttiva del 1999 abbia imposto la chiusura delle discariche non a norma e abbia vietato di smaltire in discarica i rifiuti urbani non trattati;
   nel 2013, la Commissione europea ha ritenuto che l'Italia non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007, venendo meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del diritto dell'Unione. La Corte di giustizia dell'Unione europea, di conseguenza, il 2 dicembre 2014, ha condannato l'Italia a pagare una somma forfettaria di 40 milioni di euro e una penalità semestrale determinata in 42 milioni e 800 mila euro fino alla completa esecuzione della sentenza che riguarda 200 discariche. Da tale importo saranno detratti 400.000 euro per ciascuna discarica contenente rifiuti pericolosi messa a norma e 200.000 euro per ogni altra discarica messa a norma. Per ogni semestre successivo, la penalità sarà calcolata a partire dall'importo stabilito per il semestre precedente detraendo i predetti importi in ragione delle discariche messe a norma nel corso del semestre;
   la Conferenza mondiale sul clima che si è tenuta nel mese di dicembre 2015 a Parigi ha ribadito la necessità non più procrastinabile di attuare politiche di salvaguardia dell'ambiente, con particolare riferimento ad un utilizzo sempre maggiore delle energie rinnovabili con la massima cooperazione di tutti i Paesi;
   in questi giorni il sistema impiantistico materano è andato in tilt perché la saturazione dei siti di smaltimento di Potenza e dell'entroterra aveva fatto trasferire i flussi proprio verso la provincia di Matera, saturando anche questi. Devono ancora essere resi operativi alcuni impianti di trattamento rifiuti, come quello di Colobraro, Pisticci e Lauria; deve essere realizzata una nuova impiantistica a Matera – La Martella e occorre accelerare la procedura di caratterizzazione; deve essere avviato l'esercizio dell'impianto di Tricarico e devono essere implementati i diversi progetti di raccolta differenziata nel territorio –:
   quali iniziative il Ministro intenda adottare, anche alla luce della necessità di rispettare gli impegni assunti a livello di Unione europea, per verificare l'entità della grave situazione che si è creata nel territorio lucano e per dare piena attuazione alla normativa in materia di trattamento di rifiuti e di gestione delle discariche tutelando la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente. (5-07486)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAFFRANCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la Nuova Elettrocarbonium di Narni rappresenta il tentativo di ripresa di una delle cosiddette eccellenze italiane, una produzione nell'ambito della fabbricazione di elettrodi di grafite, che negli anni ha conquistato mercati internazionali ottenendo alti riconoscimenti internazionali;
   la stessa Elettrocarbonium di Narni Scalo è un'azienda che ha avuto un ruolo strategico nell'economia e nel mondo produttivo umbro, in particolar modo nel polo chimico e siderurgico della conca ternana e narnese;
   dopo la decisione di chiusura della multinazionale sgl dello storico sito narnese, il nuovo management ha presentato un nuovo piano industriale, impedendo la fine dello storico stabilimento, riassumendo una settantina di lavoratori nel corso del secondo semestre del 2015 e rinviando a quest'anno gli altri quaranta;
   si è tenuto a Roma un summit presso il Ministero dello sviluppo economico, al quale hanno preso parte l'amministratore Monachino, l'assessore regionale allo sviluppo economico Paparelli, il sindaco di Narni De Rebotti, l'assessore comunale di Narni De Arcangelis, i segretari nazionali di Femca-Cisl, Filctem-Cgil, Uiltec-Uil e regionali Framarini, Formica e Di Licce, con il direttore del Ministero Giampiero Castano;
   a seguito dell'intervento dello stesso, il management tedesco, a quanto risulta all'interrogante, ha concesso approfondimenti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per trovare soluzioni in merito alla bonifica del sito;
   il direttore del Ministero dello sviluppo economico si è impegnato a convocare nuovamente il tavolo a Roma, a seguito delle verifiche del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   si attendono, di fatto, le valutazioni di tale dicastero al fine di capire se Elettrocarbonium sarà ancora l'unico produttore di elettrodi di grafite in Italia;
   resta forte preoccupazione tra le istituzioni locali, le sigle sindacali ed i lavoratori che attendono soluzioni concrete, rapide e definitive;
   ferma restando la rilevanza economica ed occupazionale della questione, emerge in tutta la sua urgenza la necessità di procedere alla bonifica del sito –:
   quali iniziative «tampone» intenda adottare, per quanto di competenza, per ovviare a tale situazione di emergenza;
   quale strategia di lungo corso intenda adottare al fine di garantire una sicurezza dal punto di vista ambientale, lavorativo ed economico a quest'area;
   quali accordi e sinergie si intendano stringere con il Ministero dello sviluppo economico e con le istituzioni locali. (4-11771)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO, MOLEA, VEZZALI, MONCHIERO, CAPUA, CATALANO, CATANIA, DAMBRUOSO, D'AGOSTINO, MATARRESE, OLIARO, PALLADINO, PINNA, SOTTANELLI e VARGIU. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è caratterizzata dalla presenza di uno dei più ricchi patrimoni artistici dell'umanità. Con 3.609 musei, quasi 5 mila siti culturali tra monumenti, musei, aree archeologiche, 46.025 beni architettonici vincolati; 34 mila luoghi di spettacolo; 49 siti Unesco (pari al 5 per cento di quelli iscritti nelle liste del patrimonio mondiale e all'11 percento di quelli europei), oltre a centinaia di festival e iniziative culturali che animano i territori, il nostro Paese si posiziona in testa alla graduatoria di quelli a vocazione culturale. Per fare un paragone a livello europeo, basti pensare che la Francia ha un terzo dei musei italiani (1.218) e la Spagna poco meno della metà (1.530);
   nonostante l'Italia sia in testa alle classifiche mondiali per consistenza del patrimonio artistico-culturale, i finanziamenti stanziati per la cultura sono sempre meno e confrontando i dati con il resto dei Paesi europei, si evince che siamo fanalino di coda: il budget del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è praticamente pari a quello della Danimarca (circa 1.400 milioni di euro) ed è circa un terzo di quello della Francia che, anche a seguito degli attentati terroristici che hanno colpito Parigi, ha confermato i 4 miliardi per il suo dicastero della cultura previsti ogni anno in bilancio. In Italia, quindi, la spesa in cultura per abitante è di soli 25,4 euro l'anno ovvero la metà di quella della Grecia che ne impegna 50;
   il patrimonio italiano, per di più, è distribuito in un gran numero di siti e nel caso dei musei, alcuni fanno capo ad enti statali che, per legge, devono provvedere in forma autonoma alla propria protezione anticrimine, ma un grandissimo numero è gestito da istituzioni locali, come amministrazioni regionali, provinciali o comunali o fondazioni private, che disponendo di risorse limitate, si trovano a dover provvedere in maniera autonoma alla sicurezza dei siti;
   i problemi di sicurezza di un museo sono numerosi e, secondo gli esperti, sono perfino superiori a quelli di una banca. Mentre infatti in una banca i valori sono accuratamente tenuti lontani dalla portata del pubblico, in un museo gli oggetti più preziosi sono quelli che più frequentemente sono visitati e si trovano quindi a maggior rischio, proprio perché il frequente contatto con i visitatori potrebbe portare a danneggiamenti, anche accidentali, vandalismi o altro, pur senza arrivare al furto vero e proprio;
   occorre inoltre ricordare che le opere d'arte esposte in un museo rappresentano di solito una piccola percentuale del patrimonio dei reperti, che sono invece custoditi in appositi e speciali depositi e che necessitano di protezioni in particolare durante le fasi di apertura/chiusura, durante le fasi di accesso di studiosi o addetti alla manutenzione o al restauro;
   proprio la ricchezza del patrimonio artistico-culturale, espone il nostro Paese a consistenti rischi in termini di furti, rapine e danneggiamenti. Stando ai dati resi noti dall'Associazione italiana di vigilanza e servizi fiduciari (Assiv), dopo il «colpo» al museo di Castelvecchio avvenuto il 19 novembre 2015, ogni anno in Italia vengono denunciati oltre 1,5 milioni di furti. Secondo i dati Istat elaborati dall'Osservatorio Assiv sulla sicurezza sussidiaria e complementare, i furti di opere d'arte e materiale archeologico denunciati nella più recente rilevazione annuale del 2013 sono stati 592. I furti nei siti dotati di vigilanza e sistemi di sicurezza, come musei e sedi di enti pubblici e privati, sono pari al 16 per cento del totale;
   le regioni più colpite sono Lazio e Lombardia, rispettivamente con 81 e 77 casi denunciati, seguite da Campania (55), Toscana (54) e Emilia Romagna (47). Nessuna regione è però immune dai furti di opere d'arte. Fra le province al primo posto c’è Roma con 64 casi denunciati, poi Napoli (34), Milano (26) Torino (24) e Bologna (17);
   i musei, quindi, devono essere protetti da intrusioni e furti, atti vandalici, deterioramento, danni, incendi e altri rischi, e contemporaneamente devono garantire la sicurezza dei visitatori e del personale. Necessità che richiedono ingenti costi per il personale di vigilanza e sorveglianza tanto che, frequentemente, i siti sono costretti a ridurre la quantità di opere in esposizione perché non riescono a garantire sufficienti misure di sicurezza;
   la stessa Commissione sicurezza ed emergenza nei musei (Icom Italia), nel ribadire che il patrimonio culturale si trova oggi esposto a rischi che superano i livelli di sicurezza che una singola struttura è in grado, di assicurare, ha lanciato un appello a tutte le amministrazioni responsabili per dotare gli istituti e i luoghi di cultura dei mezzi necessari per disporre tutte le misure, attive e passive necessarie;
   Icom Italia ha, inoltre, chiesto in particolare al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di promuovere il più stretto coordinamento possibile con il Ministero dell'interno, con le prefetture e tutti gli altri Ministeri interessati per assicurare ai musei e al patrimonio culturale un'attività di prevenzione e controllo per offrire a tutti gli istituti e i luoghi della cultura, indipendentemente da chi ne detiene la proprietà, i necessari indirizzi in materia di sicurezza rispetto alle nuove minacce che incombono, oltre che sulle popolazioni, anche sul patrimonio culturale;
   proprio per garantire maggiore tutela tenendo conto dei fondi limitati a disposizione, sia in Italia che all'estero sono stati messi a punto sistemi innovativi come sensori intelligenti, sistemi « self-aware» e ambienti reattivi che consentono di aumentare i livelli di sicurezza, comfort e personalizzazione dei servizi ed al contempo di ridurre i costi sia di impianto che di gestione;
   il problema della sicurezza nei musei è, in conclusione, una questione di interesse generale del nostro Paese considerando, non solo l'immenso valore storico e culturale delle opere, ma il fatto che essi attraggono ogni anno milioni di turisti e che il circuito museale garantisce anche centinaia di migliaia di posti di lavoro –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per aumentare i livelli di sicurezza e tutelare il patrimonio artistico-culturale esposto nei musei italiani;
   come intenda procedere per verificare, per quanto di competenza, la turnazione degli addetti alla vigilanza nei musei statali per garantire sicurezza ventiquattrore su ventiquattro, ed evitare che si verifichi la presenza di un solo responsabile cui è demandato il controllo di interi siti nelle ore notturne come accaduto a Castelvecchio, e i sistemi e i modelli organizzativi di controllo, aumentando, ove necessario, le risorse stanziate per tali scopi. (3-01954)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALTIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Kursaal Santalucia è un pregevole teatro stile liberty dei primi del ‘900 presente nella città di Bari. La famiglia Santalucia ne ideò la fondazione nel 1921 e ne completò la costruzione nel 1927, per poi rinnovarlo e trasformarlo in cinema nel 1955 ad opera dell'ingegnere Francesco Santalucia con l'apertura di un nuovo ingresso in via Cognetti. Negli anni 70 il cinema chiuse e fu acquistato nel 1980 dalla società barese Fabris di Antonio Buompastore;
   nel 1984 il Kursaal venne dichiarato edificio di notevole interesse storico architettonico dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Puglia e come tale sottoposto a vincolo di tutela e valorizzazione. La società Fabris, procedette ad un'opera di ampliamento e restauro del bene, previa autorizzazione della Soprintendenza e con l'obbligo di rispettarne l'originale impianto artistico e architettonico. Nel 1991 il teatro riaprì il suo sipario con l'attività cinematografica e successivamente anche teatrale, inoltre si inaugurò il centro congressi e attività culturali nei pregevoli saloni dell'immobile;
   nel 2007 il citato teatro è stato messo all'asta per poter coprire i debiti accumulati negli anni precedenti dai proprietari;
   il 4 maggio del 2012 il Kursaal viene aggiudicato ad una società denominata La Goon di Stefano Zorzi, imprenditore che intendeva ristrutturare e riaprire l'importante teatro barese restituendolo alla pubblica fruibilità;
   gli enti pubblici avevano la possibilità di bloccarne la vendita esercitando il diritto di prelazione. Così avvenne nel settembre del 2012 quando la regione Puglia scelse di esercitare il diritto di prelazione, secondo quanto previsto dalla legge ai sensi degli articoli 60, comma 1, 61, comma 2 e 62, comma 1 e 4 del decreto legislativo n. 42 del 2004, impegnandosi nella ristrutturazione, valorizzazione e rapida riapertura del Teatro;
   ad oggi, la struttura è ancora tristemente chiusa, senza che siano mai cominciati i lavori di recupero. Tale inerzia provoca un ulteriore deperimento del bene che necessita di urgenti lavori, oltre a causare ancora una volta un danno culturale ed economico per il territorio e in particolare per la città di Bari, dove anche il Teatro Piccinni e l'Auditorium Nino Rota non sono stati ancora restituiti alla pubblica fruizione per ritardi delle amministrazioni competenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali iniziative di competenza intenda porre in essere per superare il pericoloso stallo sul piano di recupero e ristrutturazione del Teatro Kursaal Santalucia e individuare le risorse economiche adeguate ad una rapida riapertura, oggi ancor più necessarie dopo che sono stati impegnati fondi pubblici per riacquisirne la proprietà, già rilevata da un privato che molto probabilmente ad oggi avrebbe già restituito alla pubblica fruibilità il bene.
(5-07490)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il sito di Stabiae registra mediamente ogni anno circa trentamila visitatori: per dare un nuovo impulso turistico al sito sia il comune, che diverse fondazioni, come la Restoring Ancient Stabiae (RAS), hanno proposto progetti per la realizzazione di un parco archeologico e di un museo che possa raccogliere le opere, le suppellettili e quant'altro rinvenuto dagli scavi della collina di Varano. I reperti stabiani si trovano sparsi in diversi musei del mondo: la maggior parte è custodita al museo archeologico nazionale di Napoli ed un'altra cospicua quantità è conservata a Castellammare di Stabia, nell’antiquarium stabiano, realizzato da Libero D'Orsi nei depositi di una scuola ed oggi chiuso al pubblico;
   nel 2015 gli scavi hanno fatto registrare 51.186 visitatori, attestandosi al novantunesimo posto tra i siti museali statali più visitati in Italia;
   le origini della città di Stabiae (oggi Castellammare di Stabia) risalgono al VII sec. a.C. con la presenza di traffici commerciali etruschi, greci, sanniti e, poi, romani. Nell'89 a.C., la città fu distrutta da Silla e fu poi definitivamente sepolta dall'eruzione del Vesuvio (79 d.C.). Sul ciglio settentrionale del poggio di Varano sono stati ritrovati i resti di numerose ville residenziali in posizione panoramica, con vasti quartieri abitativi, strutture termali, portici e ninfei splendidamente decorati;
   il sistema culturale stabiese si fonda prevalentemente su tre « asset»:
    parco archeologico dell'antica Stabiae,
    palazzo reale di Quisisana, da intendersi anche quale «contenitore multifunzionale»;
    rete civica museale (polo museale);
   il sistema così delineato rappresenta un esempio di offerta culturale integrata in un contesto ambientale, paesaggistico, enogastronomico e turistico di pregio; una sorta di «triangolo turistico – culturale» ai cui vertici troviamo Pompei e l'area vesuviana, Sorrento e la sua penisola e il parco regionale dei Monti Lattari;
   il patrimonio culturale stabiano va fatto pienamente rientrare nel sistema di offerta imperniato su «Pompei ed Ercolano» sito Unesco dal 1997;
   le risorse culturali e ambientali sono il vero «patrimonio nascosto» di Castellammare di Stabia, capace sia di rilanciare l'industria del turismo sia di concorrere alla riscoperta dell'identità collettiva;
   le diverse iniziative che si stanno sviluppando a sostegno dei beni culturali della Campania rischiano di essere complete se non si valorizza anche Stabia. Rischia solo di risaltare in negativo la scomparsa del nome anche dalla denominazione della soprintendenza: non più soprintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia, ma solo di Pompei –:
   se non ritenga urgente che al più presto il Governo, insieme alla regione, al comune e alla soprintendenza di Pompei, convochi un incontro per definire gli interventi necessari per il rilancio delle risorse archeologiche e museali al fine di:
    a) firmare la convenzione con la soprintendenza Pompei per il trasferimento dei reperti dell’Antiquarium alla Reggia;
    b) attivare un tavolo istituzionale per definire la gestione della Reggia e l'uso dei relativo spazi;
    c) stipulare un protocollo d'intesa con la soprintendenza Pompei per la creazione del parco archeologico di Stabiae.
(4-11770)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-07707, l'interrogante denunciava la scandalosa ed incomprensibile campagna pubblicitaria in lingua inglese per l'arruolamento nella gloriosa Marina militare italiana;
   nella risposta a tale atto di sindacato ispettivo, il Ministro interrogato, replicava che «l'uso della lingua inglese non sottrae certo all'immagine della Marina militare il valore delle sue tradizioni che sono radicate nella storia e che possono essere declinate in forma moderna proprio per renderle condivisibili con le nuove generazioni»;
   l'interrogante non ritiene che la risposta fornita dal Ministro alla precedente interrogazione sia stata né soddisfacente né condivisibile;
   ci si potrebbe chiedere, a questo punto, perché se la lingua inglese aiuta davvero le tradizioni marinare italiane, non si prepari la campagna pubblicitaria «tutta» in inglese più che sopprimere una parte dello slogan del 2015 – «Be cool»;
   il manifesto pubblicitario con il quale la Marina militare italiana sta pubblicizzando il prossimo corso per l'Accademia navale dimostra come i tempi siano cambiati: anche quest'anno, la Marina militare si è adeguata a quelli che l'interrogante giudica gli aspetti più deteriori del mondo globale;
   mentre i Marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, rimangono in stato di detenzione illegale in India, la Marina militare persiste con campagne pubblicitarie, ad avviso degli interroganti di dubbio gusto;
   l'uso sfrenato dell'idioma inglese e la motivazione estremamente «leggera» per spingere a intraprendere una delle carriere più belle e impegnative e piene di responsabilità che ci siano, non sembrano affatto adeguati;
   l'interrogante ben comprende che, rivolgendosi a un pubblico giovane e sensibile ai valori d'oltreoceano, si sia pensato di usare codici «freschi» e internazionali: peccato, però, che la Marina militare rimanga uno dei simboli dell'italianità, che gode da sempre di grande rispetto da parte delle marinerie straniere ed è di per sé uno strumento di esportazione del « Made in Italy»;
   provoca all'interrogante disappunto, fastidio, disgusto e tristezza vedere la Marina militare firmarsi «Navy» per rendersi più affascinante nei confronti delle giovani reclute;
   la Marina militare italiana deve ricercare la freschezza non nel linguaggio e nell'approccio con i giovani italiani ma nei sistemi d'arma in sua dotazione, nelle modalità di addestramento e nell'approccio alle nuove forme dei conflitti. Per il resto, deve rimanere profondamente antica, deve essere permeata di quell'antichità bella che non si trasforma in vecchiaia ma in fascino;
   il fascino risiede nelle tradizioni della «Vespucci», della «Premuda», dei mezzi d'assalto, il fascino è dato dall'esperienza di navigare, vedere e fare cose esotiche e meravigliose che altri uomini e donne non fanno e non vedono: questo rende orgogliosi gli italiani della propria Marina militare, non l'essere «cool», termine legato all'individualità superficiale, alla moda, all'essere «giusti»;
   i soldati della Marina sono molto di più che individui che si sentono «alla moda»: rischiano la vita nelle missioni operative, conducono navi, sommergibili, aeroplani ed elicotteri: sono sommozzatori, palombari, velisti e marò, per l'appunto;
   a giudizio dell'interrogante è inquietante e offensivo, per il ruolo ricoperto, pensare che un componente delle forze speciali di Marina, alla domanda sul perché stia rischiando la vita in Afghanistan risponda che è «cool» –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché sia ritirata questa campagna pubblicitaria e se non ritenga opportuno rimuovere dal loro incarico i responsabili di tale scelta, al fine di impiegarli in maniera più utile alle esigenze delle Forze armate italiane.
(4-11777)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   POLIDORI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con la legge di stabilità 2015 è stata cancellata la possibilità per le regioni di esentare dal pagamento del bollo di circolazione i veicoli storici ultraventennali in quanto si è trasformato il bollo auto da tassa di circolazione a tassa di possesso penalizzando soprattutto i collezionisti che notoriamente non fanno circolare in stradale proprie auto;
   è creata così una disparità di trattamento tra i collezionisti delle varie regioni in quanto tale esenzione è stata fatta salva solo per le regioni che avevano già legiferato in tal senso come, ad esempio, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna mentre non è prevista per i collezionisti di altre regioni, come l'Umbria, la cui legge regionale in proposito è stata impugnata dal Governo –:
   se non si ritenga assolutamente necessario ed urgente assumere iniziative normative per sanare questa disparità di trattamento fiscale per i collezionisti di auto storiche residenti nelle diverse regioni, anche per evitare distorsioni nella concorrenza nel commercio delle auto storiche e per non danneggiare il notevole indotto economico prodotto dalla manutenzione e riparazione di questa specifica categoria di automobili. (4-11776)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI e OCCHIUTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   durante la notte del 19 e la giornata del 20 gennaio, a causa di ripetute nevicate accadute durante quelle ore, si è creata una situazione di estremo disagio sulla autostrada Salerno-Reggio Calabria;
   la cattiva gestione della situazione da parte dell'Anas ha portato ad un blocco stradale di oltre 10 ore;
   estremi i disagi per le persone coinvolte, che per ore non hanno avuto alcuna notizia né assistenza;
   la situazione era stata largamente anticipata dall'allarme meteorologico e, pertanto, sarebbe stato possibile svolgere un'attività preventiva: è grave quindi come questa non sia stata posta in essere dall'Anas –:
   chi siano stati, sul piano istituzionale, i responsabili di tale situazione e quali iniziative s'intendano assumere nei loro confronti. (3-01953)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI e FEDRIGA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la città di Reggio Emilia registra un tasso di inquinamento ambientale molto alto e i cittadini sono allarmati per le ripercussioni sulla salute e sull'ambiente del superamento dei limiti di PM10 concessi dalla normativa;
   la centralina dell'Arpa di viale Timavo a Reggio Emilia, ha registrato 60 superamenti del limite delle polveri sottili nel 2015, mentre ne sarebbero tollerati al massimo 35;
   le politiche di promozione della mobilità pubblica su ferro messe in atto finora, per essere davvero efficaci, devono essere accompagnate da una drastica riduzione dell'inquinamento prodotto dai motori diesel dei treni –:
   quali siano i dati aggiornati relativi ai livelli di inquinamento nella città di Reggio Emilia prodotti dal trasporto su ferro e quanti siano i treni tuttora alimentati con vecchi motori a diesel;
   se sia in corso un processo di ammodernamento dei treni secondo logiche meno inquinanti. (4-11766)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, QUARANTA, COSTANTINO, DURANTI, NICCHI, MELILLA, PANNARALE, GREGORI, SCOTTO e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 gennaio 2016 l'agenzia Ansa ha riportato la notizia di una maxi operazione della polizia che ha smantellato due gruppi criminali dediti allo sfruttamento ed al favoreggiamento della prostituzione in alcuni appartamenti della riviera marchigiana;
   gli sfruttatori sono di nazionalità italiana, albanese e romena, oltre ad una donna colombiana;
   il primo sodalizio criminale, composto da cinque italiani e dalla donna colombiana, sfruttava donne di nazionalità centro e sud americana. Le ragazze arrivavano in Italia dopo un periodo in Spagna, necessario per l'acquisizione del permesso di soggiorno valido in Europa, per prostituirsi lungo la riviera marchigiana, tra Senigallia e Porto Sant'Elpidio. Ogni prostituta era costretta a versare al gruppo criminale cinquanta euro al giorno, che venivano versati attraverso carte di debito fornite dagli stessi;
   uno dei cinque uomini si occupava di «promuovere» l'attività delle donne attraverso la pubblicazione di annunci su siti specializzati, di attendere agli spostamenti delle stesse e di mantenere il controllo sulla loro attività;
   gli altri soggetti indagati mettevano a disposizione gli appartamenti, posti sotto sequestro a seguito dell'operazione di polizia citata;
   il secondo gruppo criminale era composto, invece, da 13 persone di nazionalità italiana, albanese e romena, che sfruttava prostitute provenienti prevalentemente dall'Est Europa;
   le donne, anche in questo caso, operavano in appartamenti privati di cittadini italiani che li concedevano in uso a fronte di elevati compensi;
   l'indagine è stata condotta della squadra mobile di Ancona, a seguito delle segnalazioni di alcuni condomini degli stabili dove si svolgeva l'attività di prostituzione. Attualmente risultano denunciate 18 persone, un arrestato, 6 appartamenti tra Senigallia, Falconara Marittima, Marina di Montemarciano (Ancona) e Porto S. Elpidio (Fermo) sequestrati, per un valore di circa 1,5 milioni di euro;
   la riviera marchigiana è interessata, negli ultimi anni, da una intensa attività di gruppi criminali dediti allo sfruttamento della prostituzione, connotata non di rado anche da episodi violenti come sparatorie o intimidazioni, volte ad eliminare i gruppi rivali –:
   quali iniziative intenda promuovere il Ministro interrogato per intensificare il contrasto allo sfruttamento della prostituzione nei territori indicati in premessa.
(5-07487)


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, NUTI e CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Enna a fine agosto 2015 si ha la notizia che la Fondazione Proserpina (di cui è presidente l'ex senatore del PD Mirello Crisafulli) intende attivare dei corsi universitari di medicina e delle professioni universitarie, in stretta collaborazione con l'università Dunărea de Jos – Galate della Romania;
   il sottosegretario per l'istruzione, dell'università e la ricerca, Toccafondi Gabriele, in risposta all'interrogazione, della prima firmataria del presente atto, discussa il 5 novembre 2015 n. 5/06378, dichiarava a nome del Governo:
    «In particolare, in data 1o settembre (2015) il MIUR ha diffidato la Regione Sicilia, l'Università Kore di Enna, l'Università romena Dunărea de Jos di Galati e la Fondazione Proserpina a fornire i necessari chiarimenti, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, e dal porre in essere ogni attività non conforme alla legge in materia di riconoscimento delle Università straniere in Italia, con la precisazione che il MIUR disconosce al tempo stesso le eventuali attività già poste in essere in violazione di detta disciplina. Il 22 settembre scorso la Fondazione Proserpina è stata ulteriormente diffidata dal porre in essere ogni attività non conforme all'ordinamento universitario o che possa anche rivelarsi una pubblicità ingannevole nei confronti degli studenti circa un'eventuale possibilità di rilasciare titoli che, disattendendo le procedure previste dal citato decreto, sarebbero privi di ogni valore e possibilità di riconoscimento. La Fondazione Proserpina, non ha tenuto in alcun conto le diffide ministeriali e ha dato concreto avvio all'attivazione dei suddetti corsi di laurea»;
   da notizie stampa, e in particolare da un articolo del giornale Il Fatto Quotidiano del 15 gennaio 2016, si apprende che il Governo, prima di Natale scorso, ha trasferito a Isernia il prefetto di Enna, Fernando Guida, senza ancora nominare il suo successore;
   il prefetto Fernando Guida aveva avviato il 18 dicembre 2015 l’iter di commissariamento della fondazione che gestisce l'università Kore; al termine di tale iter – il 18 gennaio 2016 – lo stesso prefetto doveva decidere se commissariare la fondazione che gestisce l'università Kore;
   la procura di Enna, allo stesso tempo, ha intrapreso un'inchiesta per malversazione che riguarda l'ex senatore PD Mirello Crisafulli;
   la guardia di finanza ha scoperto che la fondazione Proserpina, ente che deve gestire i corsi universitari in rumeno, non è una fondazione ma bensì un'associazione, poi trasformata in società a responsabilità limitata; a seguito di tale scoperta la guardia di finanza ha sequestrato dei locali all'intero dell'ospedale Umberto I di Enna, utilizzati illegalmente per i corsi universitari in rumeno ed ha indagato Mirello Crisafulli per abuso di ufficio e occupazione di edificio pubblico;
   da quanto si apprende da un articolo del giornale online Livesicilia del 12 gennaio 2016 il procuratore generale della corte di appello di Caltanissetta Sergio Lari ha pronunciato parole molto dure nel salutare il procuratore di Enna, Calogero Ferrotti nella cerimonia di pensionamento. «Il procuratore di Enna è stato oggetto di un attacco che non esito a definire ignobile». Lo ha detto il procuratore generale della corte di appello di Caltanissetta Sergio Lari nel salutare il procuratore di Enna, Calogero Ferrotti nella cerimonia di pensionamento. Il riferimento è relativo all'attacco subito dal procuratore dopo l'avvio dell'inchiesta sul Fondo Proserpina, interfaccia ennese della università romena Dunărea de Jos. Il procuratore rivolgendosi agli ospiti che hanno affollato l’auditorium Falcone e Borsellino al palazzo di giustizia ha detto: «Sono stati posti aperti tentativi di bloccare un'indagine della magistratura e di delegittimare con una denuncia fatti inesistenti, contro chi stava conducendo quelle indagini, nel pieno rispetto delle regole e senza alcun clamore mediatico. Si è trattato di una iniziativa inaccettabile del legale esterno di una fondazione sulla quale stava indagando la procura. Si è trattato di un gesto che non esito a definire eversivo. Anziché volersi difendere nel processo si è voluto bloccare il processo e chi lo istruiva, tentando di rovesciare il tavolo. Sono state pubblicate notizie di stampa calunniose, sollecitato l'intervento di ispezioni ministeriali. Una roba da regola da regime dittatoriale dell'America Latina che Enna non merita»;
   da un articolo del giornale online ViviEnna.it del 19 gennaio 2016, si apprende che il 23 dicembre 2015 il Consiglio dei ministri non ha provveduto a nominare il nuovo prefetto di Enna e che vi sarebbe «un pericolo di soppressione o accorpamento» per la sede prefettizia ennese –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopracitati;
   se non ritenga che il trasferimento da Enna del prefetto Fernando Guida possa pregiudicare i provvedimenti intrapresi, dallo stesso prefetto, per la fondazione che gestisce l'università Kore e per tutte le azioni di legalità a favore del territorio, ivi compreso il ruolo fondamentale come rappresentante del Governo, sullo svolgimento di corsi universitari di medicina in lingua rumena;
   se non ritenga assumere iniziative consequenziali rispetto a quanto dichiarato dal Sottosegretario per l'istruzione, l'università e la ricerca, Toccafondi Gabriele, in risposta all'interrogazione discussa il 5 novembre 2015 n. 5/06378, riguardante l'università Kore e i corsi universitari di medicina in lingua rumena;
   se non ritenga di predispone tutte le iniziative di competenza, affinché venga prontamente assegnata la carica di nuovo prefetto per la sede di Enna;
   quali ulteriori iniziative di competenza intenda assumere riguardo alla vicenda sopra descritta. (5-07493)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 19 gennaio 2016, il prefetto di Forlì ha comunicato all'amministrazione comunale di Rocca San Casciano la decisione di procedere alla chiusura del locale distaccamento della polizia stradale, assunta dal dipartimento pubblica sicurezza del Ministero dell'interno;
   la questione risulterebbe essere altresì stata trattata anche in sede di comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica in data 15 gennaio 2016, senza che peraltro alla relativa riunione venisse invitato sindaco di Rocca San Casciano;
   il presidio della Polstrada situato a Rocca San Casciano dispone attualmente di otto agenti effettivi ed uno distaccato, che provvedono tra l'altro alla sicurezza della strada statale 67, arteria di grande importanza e pericolosità, come attesta il rilevante numero di persone che vi hanno perso la vita nel corso degli anni;
   il numero delle vittime della strada sulla strada statale 67 è drasticamente diminuito, peraltro, dopo l'elaborazione di un protocollo d'intesa per la sicurezza del Passo dei Muraglioni, siglato nel 2010 dalla prefettura di Forlì e dalle amministrazioni comunali coinvolte, e soprattutto la successiva attribuzione al distaccamento della Polstrada di Rocca San Casciano della responsabilità di attuarlo, coordinando le iniziative per il controllo della viabilità sull'arteria;
   al presidio della Polstrada di Rocca San Casciano sono altresì ascritti i 2/3 dei ritiri di patente per guida in stato di ebbrezza effettuati nel territorio di competenza della prefettura forlivese;
   l'amministrazione comunale di Rocca San Casciano aveva reso noto il proprio impegno di vigili del fuoco sono in procinto di dismettere, dopo aver provveduto a ristrutturarla a proprie spese, esigendo soltanto un canone di locazione pari a 1000 euro mensili –:
   quali ragioni abbiano dettato al Governo la decisione di chiudere il presidio della Polstrada di Rocca San Casciano e quali motivi ostino alla sua revoca.
(4-11764)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA, BINI e FREGOLENT. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ha destato notevole sconcerto nella pubblica opinione la drammatica vicenda che ha visto una ragazzina di 12 anni di Pordenone tentare di suicidarsi lanciandosi dal balcone di casa;
   prima di lasciarsi cadere nel vuoto, la 12enne, ha lasciato due lettere sulla scrivania: una ai genitori, scusandosi per il gesto ed un'altra ai compagni di classe, con una frase emblematica: «Adesso sarete contenti»;
   si presume possa trattarsi con molta probabilità di un atto dettato dalla esasperazione per le vessazioni subite a causa di atti di bullismo;
   dalle cronache riportate dai media trapelano elementi inquietanti di indubbia rilevanza sociale che non possono essere sottovalutati da chi ricopre responsabilità istituzionali;
   l'Istat ha pubblicato un rapporto «Il bullismo in Italia: comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi» riferito all'anno 2014;
   uno su due in età compresa tra gli 11 e i 17 anni ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti;
   quasi il 20 per cento risulterebbe essere vittima, assidua di una delle «tipiche» azioni di bullismo, cioè le subisce più volte al mese e per un 10 per cento gli atti di prepotenza si ripetono ogni settimana;
   sono episodi che si verificano con maggiore frequenza al Nord con Lombardia e Veneto secondo Telefono Azzurro ad avere il triste primato così come sono le ragazze ad essere vittime principali;
   sempre maggiori sono le minacce e gli atti di intimidazione che avvengono attraverso cellulari e social network;
   le prepotenze più comuni consistono in offese con l'attribuzione di orrendi soprannomi, parolacce o insulti, nella derisione per l'aspetto fisico, per difetti, fino alla violenza fisica;
   spesso il malessere della vittima viene ignorato sia in famiglia sia nella scuola, poiché si tendono, erroneamente, a minimizzare vicende e segnali al punto da far ritenere inutile parlarne;
   la legislazione appare in ritardo rispetto alle dimensioni del fenomeno e alla necessità di intervenire con urgenza su questo argomento –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere con urgenza per fronteggiare in maniera più adeguata al suddetto fenomeno, potenziando la presenza di specialisti e psicologi nelle scuole, con attenzione rivolta anche e soprattutto ai genitori, nonché per promuovere una campagna di sensibilizzazione della opinione pubblica per sconfiggere l'isolamento in cui spesso si trovano le vittime e significativi segmenti della popolazione giovanile.
(5-07488)


   BALDASSARRE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come si evince da un articolo pubblicato su «Libero-Quotidiano.it» del 28 dicembre 2015 – titolo: «Il direttore Inps indaga sul buco che ha fatto lui», sembrerebbe esserci un potenziale conflitto di interessi del nuovo direttore generale dell'INPS, Massimo Cioffi;
   Massimo Cioffi, come risulta anche dall'articolo suddetto, sarebbe stato a capo del personale Enel durante il periodo nel quale si sarebbero svolti i fatti contestati;
   dall'articolo del quotidiano risulterebbe infatti che: «l'Istituto previdenziale ha in corso accertamenti sugli accordi firmati dal gruppo Enel con 11 mila lavoratori in uscita ai tempi in cui il capo del personale era lo stesso Cioffi (...)» e ancora: «(...) per quei lavoratori non sarebbero state volutamente pagate le "marchette", aggirando la normativa vigente, e il danno per le casse dello Stato sarebbe di circa 20 milioni di euro.»;
   durante un'audizione tenutasi presso la commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali, il presidente Tito Boeri, avrebbe lanciato l'allarme in merito ai crediti contributivi che l'Inps non avrebbe riscosso (stimati in 95 miliardi di euro), denunciando «i furbetti che non pagano i contributi»;
   a parere dell'interrogante sarebbe auspicabile una riflessione da parte dell'Istituto, nel definire chi sono i veri «furbetti» che non pagano i contributi, anche alla luce dei fatti su esposti;
   l'articolo suddetto evidenzia inoltre che: «Cioffi ha lasciato la poltrona che scotta (Enel) e il 27 febbraio di quest'anno (2015) è approdato al nuovo e prestigioso incarico di dg dell'Inps.» e ancora: «(...) il presidente rito Boeri lo ha scelto nonostante la presunta mancanza dei requisiti di Cioffi denunciata dal suo predecessore (...)» «Intanto la Procura di Nocera sta indagando sul presunto conflitto di interessi del dg.»;
   risulterebbe inoltre che il direttore della vigilanza, Fabio Vitale, sarebbe stato sospeso a settembre 2015 per motivi disciplinari dallo stesso Cioffi, dopo aver portato avanti gli accertamenti sul caso Enel chiedendo che fossero chiusi in tempi brevissimi, mettendo inoltre in evidenza il grave conflitto del direttore generale;
   da quanto risulta nell'articolo suddetto: «Di Michele — direttore centrale entrate contributive Inps – continuerebbe a organizzare incontri di lavoro per infirmare il dg sugli esiti finali degli accertamenti ispettivi nei confronti di Enel (...)» e parlando della mancata contribuzione di 20 milioni di euro: «(...) ai tempi dell'Enel ha mandato in corto circuito i conti del cosiddetto fondo dei lavoratori del settore elettrico dell'Inps.»;
   a parere dell'interrogante risulta essenziale far luce sulla vicenda su esposta al fine di garantire una piena trasparenza nelle operazioni di verifica e, qualora risultassero confermate le criticità suddette, improcrastinabile una presa di posizione del presidente dell'Inps e dei Ministeri vigilanti;
   in data 20 marzo 2014 è stata presentata una proposta di legge – BALDASSARRE ed altri: «Modifica dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 479, concernente l'ordinamento e la struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché delega al Governo per il riordino degli organi collegiali territoriali dell'Istituto nazionale della previdenza sociale» (A.C. 2210), che cerca di mettere in luce – e di trovare le relative soluzioni – alle possibili e rilevanti criticità esistenti all'interno dell'Inps –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suddetti e se non ritenga opportuno approfondire le criticità esposte in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine di fronteggiare le  criticità suddette, con specifica attenzione a quelle denunciate dallo stesso presidente dell'Inps, Tito Boeri, durante le audizioni presso la Commissione bicamerale di controllo sugli enti previdenziali, il quale indicava come «furbetti» i soggetti che non pagavano i contributi;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario un'iniziativa, anche di natura normativa, al fine di tutelare la trasparenza sulle verifiche delle entrate contributive, scongiurando qualsiasi possibile interferenza o conflitto di interessi da parte dell'attuale dirigente generale dell'Inps, Massimo Cioffi;
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario e improrogabile, anche alla luce delle su esposte criticità, un riordino della normativa in merito all'ordinamento e alla struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, rilevato altresì che le possibili soluzioni sono state presentate da vari soggetti politici come indicato in premessa. (5-07489)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUPO e NUTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione sui diritti del fanciullo e la Convenzione europea dei diritti umani, entrambe, ratificate dall'Italia, affermano i diritti universali dei minori e, in termini di cura e protezione, ciò che gli Stati aderenti si impegnano a riconoscere;
   il fenomeno migratorio in Italia ha visto un incessante incremento della presenza di minori stranieri non accompagnati i quali, dagli ultimi dati governativi, risultano essere circa 8.300 alla data del 30 aprile 2015; in proposito, preme agli interroganti segnalare che la Sicilia ne ospita circa 4500;
   i recenti, drammatici avvenimenti che interessano l'area mediterranea fanno supporre che il numero indicato — ad avviso degli interroganti sottostimato — è destinato a salire di molto;
   risulta agli interroganti che una quota del costo di ciascun minore sia garantita dal Ministero dell'interno e la rimanente parte dai comuni sede dell'accoglienza;
   è annosa e ben conosciuta la carenza dei fondi erogati dal livello statale, nonché la sofferenza finanziaria di molti comuni al riguardo di tali spese, questioni che si ribaltano gravemente sulle comunità alloggio dei minori, impossibilitate a sostenere i costi — in termini di personale e di mantenimento della qualità dei servizi di cura, assistenza e protezione — e che versano in condizioni di grave disagio a causa delle mancate erogazioni del dovuto;
   in particolare, risulta agli interroganti che la regione siciliana si appresti ad una soluzione, che consisterebbe nell'abbassamento degli standard di qualità, al fine di far rientrare integralmente i costi nell'erogazione di livello statale, che ammonterebbe a 45 euro giornalieri, rispetto ai 75 necessari per ciascun minore –:
   quali siano, attualmente, i fondi, nazionali ed europei, a disposizione dei minori non accompagnati presenti nel nostro Paese e a quanto ammontino le risorse ad essi destinate;
   se non si ritenga di assumere iniziative per aumentare la quota riconosciuta quotidianamente per ciascun minore, a fronte del fatto che essa è incontrovertibilmente inadeguata;
   se non si intenda verificare che siano garantiti i più alti livelli di cura, assistenza e protezione ai minori non accompagnati, ovunque e allo stesso modo in tutto il territorio nazionale, vigilando costantemente per il loro mantenimento, in particolare nei territori che accolgono e gestiscono il maggior numero di minori;
   se non si intendano fissare cadenze di incontri tra i livelli istituzionali interessati, al fine di poter fronteggiare eventuali emergenze nei tempi adeguati.
(4-11765)


   D'ATTORRE e SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Campania Regionale Marittima (anche indicata come Caremar) è una compagnia di navigazione che si occupa di trasporti marittimi di persone e merci tra la terraferma e le isole del golfo di Napoli;
   inizialmente di proprietà dello Stato, che la controllava tramite Tirrenia, nel novembre del 2009 fu ceduta alla regione Campania;
   il 25 luglio 2012 la regione Campania ha pubblicato un bando di gara per la privatizzazione della Caremar, vinto nell'ottobre 2013 dal gruppo SNAV-Rifim;
   la biglietteria della Caremar è da molti anni affidata ad una società privata, che ha svolto quasi esclusivamente tale attività e che impiegava nell'ultimo periodo per questo 14 dipendenti;
   una volta perfezionatasi la privatizzazione, la Caremar ha immediatamente deciso di revocare l'appalto alla società esterna, ma, invece di assumere direttamente i dipendenti della società che erano addetti a questa attività, ha deciso di assumere nuovi lavoratori beneficiando del Jobs Act;
   la società che gestiva la biglietteria, non avendo altre attività da svolgere, ha licenziato i 14 dipendenti;
   la compagnia di navigazione aveva assicurato che ci sarebbe stata per loro continuità lavorativa (come già era avvenuto in passato durante i cambi di gestione che si sono succeduti negli anni), e invece ha deciso di non assumerli più perché troppo onerosi e di sostituirli con giovani lavoratori assunti con il Jobs Act a costo inferiore e senza garanzie per i lavoratori medesimi;
   la Caremar, peraltro, nonostante la privatizzazione continuerà ad avere dalla regione un contributo annuo di 10 milioni di euro garantiti per altri 9 anni;
   in una fase di crisi economica come quella che si attraversa, che ha colpito ancor più duramente il Mezzogiorno del Paese, come dimostrano i drammatici dati relativi alla disoccupazione (specie giovanile e femminile) situazioni del genere rischiano di mettere in ginocchio decine di famiglie già in difficoltà –:
   se non ritengano doveroso ed urgente intervenire, per quanto di competenza, per garantire il mantenimento del livello occupazionale ed il rispetto dei diritti dei lavoratori coinvolti. (4-11775)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, MELILLA, DURANTI, GREGORI, PLACIDO, AIRAUDO, FOLINO, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO e KRONBICHLER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Monitor dei Distretti delle Marche, curato dalla direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo per Banca dell'Adriatico, relativo al terzo trimestre 2015, ha rilevato una inversione di tendenza per le vendite estere dei 7 distretti industriali delle Marche, con una flessione del –4,9 per cento rispetto alle rilevazioni dell'anno precedente;
   il dato è in controtendenza rispetto al +3,6 per cento della media dei distretti nazionali ed evidenzia come la ripresa non sia ancora stabile ed omogenea tutte le aree del Paese;
   secondo lo studio di Intesa San Paolo, ad incidere negativamente sul dato delle Marche vi è il calo dei flussi commerciali diretti verso la Russia, oltre ad un arretramento sui mercati francese e tedesco;
   tra i dati negativi di maggior rilievo si segnalano quelli dei tre distretti del «sistema moda» marchigiano: –8 per cento il distretto delle calzature di Fermo, –16,8 per cento le pelletterie di Tolentino (Macerata), –8,4 per cento l'area della cosiddetto jeans valley del Montefeltro; mentre il dato negativo del distretto degli elettrodomestici e cappe aspiranti di Fabriano con un –2,4 per cento risulta essere più contenuto;
   migliore appare la situazione del distretto delle macchine utensili e per il legno di Pesaro, che conferma il trend di crescita dei periodi precedenti;
   a pesare particolarmente sull’export marchigiano è la flessione delle vendite verso il mercato russo che registra un 30,3 per cento complessivo;
   secondo lo studio di Intesa San Paolo anche il mercato del lavoro appare in lieve miglioramento con una diminuzione delle ore di Cassa integrazione guadagni autorizzate, avvertendo tuttavia che il dato «va letto con cautela alla luce delle difficoltà che le imprese distrettuali continuano a fronteggiare sul mercato e delle novità normative introdotte dal Jobs Act» –:
   se il Ministro interrogato non intenda intraprendere iniziative specifiche per sostenere i distretti produttivi in difficoltà. (5-07492)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni, il tessuto produttivo del Friuli Venezia Giulia e, in particolare le aziende e le attività commerciali poste sulla fascia di confine con Slovenia ed Austria, si trovano in notevole difficoltà. Oltre che dalla congiuntura economica negativa che interessa il Paese, sono colpite principalmente da due fenomeni, dovuti alla differente e minore imposizione fiscale e alla snellezza della burocrazia dei paesi confinanti;
   il primo concerne la reale impossibilità, per le aziende regionali, di competere sullo stesso piano con gli omologhi di oltre confine. Il secondo, l’appeal che le due vicine Repubbliche, soprattutto la Slovenia dopo l'entrata nell'area Schengen, rappresentano per gli imprenditori italiani in termini di possibilità di delocalizzazione;
   durante la discussione del disegno di legge di stabilità (n. 3444) il 19 dicembre 2015, l'emendamento n. 1.68, presentato dal primo firmatario del presente atto, che richiedeva, con l'obiettivo di contrastare la situazione di particolare difficoltà delle aziende poste sulla fascia confinaria della regione Friuli Venezia Giulia, l'istituzione, in maniera sperimentale, di cinque zone franche urbane nei comuni di Trieste, Gorizia, Monfalcone; Cividale e Tarvisio, è stato votato sfavorevolmente dall'Assemblea;
   in data 19 dicembre, l'ordine del giorno n. 9/03444-a/151 sottoscritto anche dai deputati Walter Rizzetto e Sandra Savino, teso a «promuovere e sostenere lo sviluppo dell'economia e dell'occupazione locale attraverso un'organica azione di difesa e di sostegno del tessuto produttivo che interessa le fasce di confine della regione Friuli Venezia Giulia» è stato accolto con una riformulazione rappresentante del Governo con l'introduzione della formula «a valutare l'opportunità di... riformulazione accettata dall'interrogante;
   un'intervista a Enrico Eva di Confartigianato Trieste, comparsa in un articolo del 11 maggio 2014 de il Piccolo, segnalava le criticità delle aziende triestine del settore del trasporto persone: «Prendiamo la Slovenia che a Trieste è quella che più ci interessa. Lì la tassazione sul lavoro è inferiore rispetto a noi, come pure più basso è il costo dell'assicurazione e del carburante. Questo fa concorrenza al trasporto di persone a Trieste. Gli sloveni possono così applicare un 20 per cento in meno sul prezzo del trasporto di un bus. Capisco allora che alle parrocchie, alle società di calcio, alle associazione convenga affidarsi alle corriere slovene»;
   sul tema l'interrogante ha depositato il 25 giugno 2014 l'interrogazione n. 4/05274 con la quale ha chiesto degli interventi dei Ministeri competenti affinché vengano introdotte delle misure urgenti per porre un freno alla concorrenza impari delle ditte slovene di trasporto persone operanti in Italia e non rispettose della normativa comunitaria; successivamente, con l'interrogazione n. 5-05653 del 20 maggio 2015, ha segnalato l'aumento costante del fenomeno, diffusosi in maniera capillare fino al vicino Veneto, richiedendo l'adozione di provvedimenti urgenti a difesa degli operatori nazionali; il 13 ottobre 2015 con l'interrogazione n. 5/06643 ha chiesto di dare riscontro alle reiterate segnalazioni inviate dalle associazioni Cna e Confartigianato in merito alla presenza incontrollata sempre più costante dei mezzi stranieri adibiti a trasporto di persone;
   il 7 ottobre 2015, in sede di discussione e approvazione in Aula a Montecitorio del disegno di legge concorrenza, il primo firmatario del presente atto ha presentato un ordine del giorno, accolto dal Governo, con cui lo ha impegnato a valutare l'opportunità di istituire, un gruppo di lavoro con il compito di individuare i fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto persone ed elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali. Non risulta, all'interrogante che l'ordine del giorno abbia dato luogo a quanto previsto dal testo;
   in un articolo del Piccolo del 14 luglio 2015, si riportano i riscontri statistici relativi al Friuli Venezia Giulia dell'Osservatorio nazionale Ance che ha calcolato, nel primo trimestre 2015, un crollo degli occupati del 21,5 per cento considerando anche l'indotto. E, sempre riferendosi al perimetro allargato all'indotto, l'intero mondo collegato all'edilizia e alle costruzioni ha perso 1735 imprese nel periodo 2008-2013 con un calo del 13,4 per cento;
   il 9 luglio 2014 l'interrogante ha depositato l'interrogazione n. 4-05453 con la quale si sono richieste iniziative urgenti per estendere la fatturazione elettronica alle imprese straniere, non residenti in Italia, che intrattengono rapporti di fornitura con la pubblica amministrazione; mentre con la 4/05888 del 26 agosto 2014 si sono richieste quali tipologie di verifiche vengano effettuate dagli ispettori del lavoro sulle aziende straniere operanti in Italia. Entrambe le interrogazioni erano tese a richiedere l'equiparazione, nei requisiti per operare con la pubblica amministrazione e nelle verifiche da parte degli enti preposti, delle aziende nazionali e delle aziende straniere;
   sul blog Biancolavoro, un articolo del 20 settembre 2014 riporta i dati contenuti nel bollettino della Cgil Friuli Venezia Giulia relativamente al territorio della provincia di Trieste. Secondo il sindacato «dall'inizio della crisi del 2008 hanno perso il lavoro circa 9.400 persone. La disoccupazione è cresciuta del 50 per cento, mancano all'appello più di 16 mila contratti rispetto a cinque anni fa e la formula del tempo indeterminato è in netto calo (-61 per cento dal 2008). La prima metà del 2014 è stata tragica, con l'84 per cento di nuovi avviamenti in meno rispetto all'anno scorso. Sindacati e enti locali sono concordi nel definire la crisi "stabilmente grave". E ancora "Anche il saldo tra le importazioni e le esportazioni, nonostante la vicinanza fisica con altre nazioni, è risultato essere sfavorevole. Le prime sono salite del 10,6 per cento, mentre le seconde scese del 12,4 per cento»;
   secondo un articolo apparso su Il Piccolo del 14 gennaio 2016, che riprende i dati del giornale economico sloveno Finance, «nei primi nove mesi del 2015 sono state costituite 180 imprese in Slovenia con capitale italiano, nella zona che si estende da Bovec a Capodistria: non si tratta, ovviamente, soltanto di aziende goriziane che hanno delocalizzato la propria attività (costituiscono, secondo una stima, il 20 per cento)». L'articolo riporta l'intervento di Adriano Medeot, presidente del Consorzio industriale di Gorizia, secondo il quale «un fenomeno che c’è, esiste, inutile nascondersi dietro un dito. Di solito, i passi sono progressivi e si arriva fino alla delocalizzazione completa. Parecchi imprenditori mettono anche su casa in Slovenia, restando comunque a ridosso del confine». E aggiunge: «Indubbiamente, la pressione fiscale è minore "di là". Ma soprattutto la molla che fa scattare la delocalizzazione è la burocrazia: in Italia, si rende la vita impossibile agli imprenditori. Inoltre, in Italia, c’è una quantità industriale di controlli di natura fiscale. Ed è chiaro che un imprenditore, ad un certo punto, non ce la fa più. È necessaria una vera sburocratizzazione»;
   un articolo de Il Piccolo del 15 gennaio 2016 rileva che «negli ultimi sette anni nel centro di Trieste ha chiuso un negozio tradizionale su quattro. È quanto emerge da un'indagine condotta dall'Ufficio studi di Confcommercio su dati di Infocamere che alla fine colloca Trieste come simbolo nazionale della desertificazione dei negozi. Risulta infatti che tra il 2008 e il 2015 in centro hanno chiuso 214 negozi con un calo del 25,2 per cento, mentre in periferie le chiusure hanno colpito altri 175 esercizi, numero pari al 16,7 per cento»;
   un articolo del Piccolo, sulla pagina di Gorizia sempre del 15 gennaio 2016 intitolato «Zone franche urbane per soccorrere le imprese», riporta la proposta del presidente della provincia di Gorizia Gherghetta e del numero uno delle Acli Silvia Paoletti per tentare di frenare la fuga delle aziende isontine. Secondo l'articolo, «una delle motivazioni della delocalizzazione delle imprese sul confine orientale è la pressione fiscale per le società di capitali, superiore del 13 per cento in Italia rispetto alla Slovenia: uno degli svantaggi fiscali contro cui devono quotidianamente combattere le imprese della nostra regione a ridosso del confine con la Slovenia. Grandi differenze che appaiono paradossali, se si pensa che Italia e Slovenia sono entrambi Paesi membri dell'Unione Europea». Gherghetta sottolinea la necessità di «Interventi che consentirebbero di superare quelle forme di «dumping sociale» che stanno costando parecchio al nostro Paese e al nostro territorio regionale, sia in termini di entrate fiscali che di disoccupazione» e propone l'istituzione «una fascia confinaria tra il Friuli Venezia Giulia e la Slovenia (ma anche l'Austria), dove introdurre interventi in grado di armonizzare il costo del lavoro e la fiscalità per le imprese» –:
   se i Ministri interrogati abbiano intenzione di dare corso al contenuto dell'ordine del giorno accolto in sede di esame del decreto-legge concorrenza di cui in premessa, prevedendo l'istituzione di un gruppo di lavoro interministeriale che approfondisca e valuti i fenomeni distorsivi ed irregolari presenti nel settore del trasporto persone con l'obiettivo di elaborare delle proposte operative a tutela degli operatori nazionali;
   se i Ministri interrogati, in accordo con la regione Friuli Venezia Giulia e gli enti locali, intendano promuovere urgentemente dei seri approfondimenti e dei confronti sulle questioni poste in premessa, onde individuare, nei riguardi del tessuto produttivo posizionato sulla fascia confinaria del; Friuli Venezia Giulia, degli interventi strutturali che permettano di incentivare e sostenere lo sviluppo dell'economia e dell'occupazione. (4-11768)


   BALDASSARRE, ARTINI, SEGONI, BECHIS, TURCO, CIVATI, PASTORINO, BRIGNONE, ANDREA MAESTRI e MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001, l'allora Ministero delle attività produttive ha richiesto all'Autorità per l'energia elettrica e il gas di riservare una quota della capacità disponibile sulle linee di interconnessione dell'Italia con l'estero, nella misura massima di 50 megawatt, per lo Stato della Città del Vaticano, ai sensi di quanto previsto dal decreto «Bersani» n. 79 del 1999 e dai successivi accordi assunti dallo Stato italiano;
   l'anno precedente richiesta analoga era avvenuta per la Repubblica di San Marino, per la quale è stato disposto che, per il periodo 2002-2010, venisse riservata una quota di capacità di trasporto sull'interconnessione pari a 54 megawatt;
   dagli inizi degli anni 2000, gli Stati sopra citati indicano di anno in anno la società di fornitura di energia elettrica. Per la Repubblica di San Marino la società scelta è Enel, mentre per lo Stato del Vaticano è Acea;
   Acea acquista energia elettrica dalla Francia ad un costo inferiore rispetto a quella prodotta in Italia, grazie alla capacità di trasporto internazionale messa a disposizione dall'impianto normativo, e vende poi allo Stato del Vaticano secondo il prezzo di mercato italiano, usufruendo del rimborso per tale capacità di importazione, ossia si tratta del rimborso dei costi di trasporto, stornati da Terna, che vengono — solo in questi due casi — rimborsati e scaricati poi sulle bollette degli italiani;
   dunque, Acea guadagna dalla differenza tra i prezzi di vendita allo Stato della Città del Vaticano, ovvero i prezzi di vendita di un normale cliente italiano, e i prezzi di acquisto dal mercato francese (molto più bassi), visto che la componente relativa alla capacità di trasporto viene totalmente stornata da Terna, che poi la «spalma» sulle bollette elettriche dei cittadini italiani;
   tutto questo potrebbe essere spiegato da un'impalcatura normativa che garantisce a questi soggetti margini elevatissimi a fronte di un rischio di impresa praticamente nullo;
   tuttavia, oltre ai sostanziosi margini guadagnati vendendo allo Stato della Città del Vaticano, la società capitolina ha scelto di crearsi un extra-margine ad avviso degli interroganti non rispettando i decreti ministeriali che specificano che il rimborso della capacità di importo deve essere effettuato solo per la quota parte di energia consumata dallo Stato del Vaticano. Questo significa che se il Vaticano consumasse solo il 40 per cento della capacità assegnatagli, come effettivamente risulta, il rimborso dovrebbe riguardare solo quel 40 per cento di capacità di trasporto. Invece Acea, con l'aiuto del suo distributore Acea Distribuzione, detentore dei dati di consumo effettivi del Vaticano, a quanto risulta agli interroganti, non mette a disposizione di Terna i dati di consumo che annualmente servono a rinnovare la fornitura del Vaticano;
   Terna, quindi, non è in grado di effettuare le verifiche dei reali consumi, così come sarebbe imposto dai decreti ministeriali, e in tal modo Acea Distribuzione fa risultare l'intero slot di capacità come rimborsabile dal sistema italiano, compreso quindi il 60 per cento di energia importata e non consumata. Questo avviene a danno dei consumatori italiani che si ritrovano a dover pagare nelle loro bollette questo extra-profitto «abusivo», pari, ad esempio, a 5 milioni 488.000 euro per il solo 2013;
   l'energia non fornita al Vaticano — e rimborsata attraverso le bollette dei cittadini — rimane nella disponibilità di Acea, che la rivende ai clienti finali;
   il Governo Renzi nel 2015 ha ridotto del 10 per cento la capacità assegnata al Vaticano e rimborsabile per Acea, ma non ha voluto indagare ulteriormente e più in dettaglio sulla questione, a discapito dei costi inseriti nelle bollette dei cittadini;
   San Marino ha invece circa 32 mila abitanti con un consumo annuo del 60 per cento dell'elettricità (270 mila megawattora su circa 470 mila), alla quale avrebbe diritto grazie alla riserva garantita dallo Stato italiano. Tutto questo vanta un diritto decennale, ribadito da un accordo con l'Italia del 2011, e che in teoria potrebbero andare avanti fino al 2020 –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario procedere ad un'indagine ministeriale dettagliata rispetto ai fatti descritti in premessa;
   se il Ministro interrogato non reputi urgente permettere a Terna di effettuare le verifiche dei reali consumi dello Stato della Città del Vaticano e dello Stato di San Marino, come già imposto dai decreti ministeriali, garantendo maggiore trasparenza ed equità sull'energia importata e consumata dai due Stati. (4-11769)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Vezzali e altri n. 1-01100, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capua, D'Agostino, Galgano, Matarrese, Mazziotti Di Celso, Pinna, Rabino, Sottanelli, Librandi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Fassina n. 4-11716, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaccagnini.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-07475, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 gennaio 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Capelli, Vezzali.

Pubblicazione di un testo riformulato, aggiunta di firme ed esatta indicazione dell'ordine dei firmatari.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Covello n. 1-01097, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 550 del 19 gennaio 2016, che deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ginefra, Gelli, Fregolent, Rotta, Misiani, Oliverio, Carloni, Braga, Marco Di Maio, Burtone, Bratti, Verini, Bargero, Pes, Piccoli Nardelli, Melilla, Albanella, Amato, Anzaldi, Aiello, Ascani, Battaglia, Campana, Cani, Capodicasa, Capone, Capozzolo, Carnevali, Cassano, Castricone, Censore, Culotta, Cuomo, Currò, D'Incecco, Dallai, Donati, Fanucci, Gianni Farina, Fedi, Gadda, Garavini, Grassi, Gribaudo, Iacono, Impegno, Iori, La Marca, Lodolini, Losacco, Malpezzi, Manzi, Marchi, Massa, Marrocu, Mariano, Marzano, Meta, Migliore, Minnucci, Mongiello, Mura, Pelino, Salvatore Piccolo, Porta, Realacci, Rossomando, Rostan, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Sbrollini, Scanu, Sgambato, Tacconi, Valente Valeria, Ventricelli, Villecco Calipari.

   La Camera,
   premesso che:
    con due diverse mozioni, la n. 1-00612 dell'ottobre 2014 e la n. 1-00685 dell'aprile 2015 presentate dal gruppo parlamentare del PD, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo in merito al rafforzamento delle politiche di rilancio e sviluppo del Mezzogiorno;
    a seguito di quegli atti si è velocizzato l'iter per rendere pienamente operativa l'Agenzia per la coesione territoriale, con l'obiettivo di migliorare la capacità di impiego dei fondi strutturali;
    si è proceduto ad un censimento delle risorse ancora disponibili e non ancora utilizzate nell'ambito degli strumenti della programmazione negoziata, finalizzato alla predisposizione di un piano di rilancio industriale, improntato sulle specificità e le eccellenze produttive presenti nel Mezzogiorno; si sono rafforzati, ulteriormente, i progetti in materia di sicurezza e legalità per contrastare la presenza dei fenomeni criminali, prima vera condizione per il rilancio delle politiche di sviluppo;
    si è promosso il patrimonio culturale paesaggistico del Sud soprattutto in chiave turistica come dimostrano il progetto grande Pompei e Matera capitale europea della cultura 2019 ma anche il PON cultura con 491 milioni di euro indirizzati alle regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia;
    si sono attivati interventi aventi per obiettivo quello di potenziare le strutture nel Mezzogiorno finalizzate a facilitare l'incontro tra domanda è offerta di lavoro, in particolare per i giovani e posti correttivi anche per quanto riguarda l'esperienza di garanzia giovani;
    sono stati presi in considerazione strumenti di contrasto del disagio sociale presente in ampie fasce della società meridionale partendo dalle criticità che si sono manifestate nella concretizzazione, ad esempio, del SIE e si è anche avviato un confronto con le istituzioni regionali che nel corso di questi mesi hanno introdotto strumenti di contrasto alla povertà;
    dal mese di settembre 2015 è stato dato nuovo ed importante impulso alle politiche di rilancio del Mezzogiorno;
    nel mese di novembre 2015 sono state varate dal Governo le linee guida del masterplan con l'obiettivo di: «mettere in movimento la società civile del Mezzogiorno affinché diventi protagonista di una nuova Italia, l'Italia della legalità, della dignità del lavoro, della creatività imprenditoriale, in una parola del progresso economico e civile.»;
    il masterplan intende partire dai punti di forza del tessuto economico meridionale per valorizzarne le capacità di diffusione di imprenditorialità e di competenze lavorative e per promuovere l'attivazione di filiere produttive autonomamente vitali;
   infrastrutture, capacità di connessione, regole dei mercati, sostegno al credito, servizi, sono i punti sui quali di concentra il piano del Governo;
    il masterplan consta di circa 95 miliardi di euro investimenti entro il 2023, derivanti dai fondi strutturali (FESR e FSE) 2014-20 pari a 56,2 miliardi di euro, di cui 32,2 miliardi di euro europei e 24 miliardi nazionali, dai fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro e dal Fondo sviluppo e coesione, per il quale sono già oggi disponibili 39 miliardi di euro sulla programmazione 2014-20;
    il Governo è ormai in dirittura d'arrivo per declinare operativamente i 16 patti per il Sud, uno per ciascuna delle 8 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna) e uno per ognuna delle 8 Città Metropolitane (Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Messina, Catania, Palermo, Cagliari);
    l'obiettivo è quello di articolare territorio per territorio nella misura maggiormente aderente possibile e meno astratta rispetto al passato gli interventi prioritari, le azioni per concretizzarli, gli ostacoli da rimuovere e la tempistica, in un quadro di precise responsabilità senza rimbalzi che sarebbero vissuti in maniera negativa dalle comunità;
    con la legge di stabilità 2016 è stato introdotto un credito d'imposta per l'acquisto di beni strumentali in favore di impianti produttivi ubicati nelle regioni del Mezzogiorno; si tratta di una misura pari a 617 milioni di euro per ciascun anno dal 2016 al 2019 che si articola in relazione alla dimensione dell'azienda richiedente: 20 per cento per le piccole imprese, 15 per cento per le medie imprese, 10 per cento per le grandi imprese;
    viene individuato un limite massimo per ciascun progetto di investimento agevolabile pari a: un massimo di 1,5 milioni di euro per le piccole imprese, di 5 milioni per le medie imprese e 15 milioni per le grandi imprese. L'agevolazione è commisurata alla quota del costo complessivo degli investimenti eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta relativi alle stesse categorie di beni di investimento della struttura produttiva esclusi gli ammortamenti dei beni oggetto dell'investimento agevolato;
    possono beneficiare di tale misura gli investimenti relativi all'acquisto anche in leasing di macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive nuove o anche esistenti;
    tale credito d'imposta non si applica alle imprese in difficoltà finanziaria, oppure operanti nel settore dell'industria siderurgica, del credito, della finanza delle assicurazioni;
    entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge di stabilità è prevista l'emanazione di un provvedimento dell'Agenzia delle entrate per definire le modalità di richiesta;
    è stata prevista altresì anche una misura finalizzata a estendere anche per l'anno 2017 l'esonero contributivo ai datori di lavoro del settore privato delle regioni meridionali;
    tale estensione è però subordinata alla ricognizione delle risorse del fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie già destinate agli interventi PAC non ancora oggetto di impegni giuridicamente vincolanti. Entro il 30 aprile 2016 si procederà a seguito dell'esito della ricognizione a quantificare l'ammontare delle risorse disponibili e comunque tale incentivo è subordinato all'autorizzazione della Commissione europea;
    la legge di stabilità 2016 riserva, inoltre, alle imprese localizzate nelle regioni del Mezzogiorno una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse assegnate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese costituito presso il Mediocredito centrale S.p.A;
    ai 28 milioni di euro già stanziati per l'evento Matera capitale europea della cultura 2019 si aggiungono altri 20 milioni di euro, 5 milioni per ciascun anno dal 2016 al 2019, per il completamento del restauro urbanistico dei «Sassi» e dell'altipiano murgico;
    tra le varie misure introdotte è stata prevista l'esenzione o la riduzione della tassa di ancoraggio in via sperimentale per gli anni dal 2016 al 2018 per le navi porta container nei porti con volume di traffico transhipment superiore all'80 per cento. Si tratta di 3 milioni di euro a cui vanno aggiunti 1,8 milioni di euro per la riduzione delle accise sui prodotti energetici per le navi che fanno esclusivamente movimentazione all'interno del porto. Ad essere maggiormente interessati sono i porti di Gioia Tauro, Taranto, Salerno, Cagliari;
    è stato incrementato, portandolo a 51 milioni di euro, il fondo per il potenziamento delle azioni relative al piano straordinario per la promozione del made in Italy finalizzato a sostenere le piccole e medie imprese sui mercati esteri per la tutela delle produzioni tipiche e per il contrasto al fenomeno della contraffazione dei prodotti agroalimentari italiani;
    sono stati stanziati 600 milioni di euro per l'anno 2016 e un miliardo di euro a partire dal 2017 per il contrasto alla povertà con priorità per i nuclei familiari con figli minori o disabili ed è stata prevista anche la creazione di un fondo per il contrasto della povertà educativa minorile;
    sono stati stanziati 8,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017 per il risarcimento ai familiari delle vittime dell'alluvione di Sarno;
    per le infrastrutture oltre ai 150 milioni di euro per il completamento della Salerno-Reggio Calabria è stato previsto il commissariamento delle Ferrovie Sud Est ed un contributo pari a 70 milioni di euro per l'anno 2016 per assicurare la continuità operativa del servizio. È stato differito al 31 dicembre 2016 il blocco delle azioni esecutive nei confronti delle imprese esercenti il servizio di trasporto pubblico ferroviario nella regione Campania e interessate da piano di rientro al fine di scongiurare licenziamenti ed interruzioni di servizio;
    è stato incrementato di ulteriori 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2016-2018 il fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie destinate alla strategia per le «aree interne» fattore di assoluta rilevanza per tutte le aree appenniniche del Sud;
    sono stati prorogati fino al prossimo 31 dicembre 2016 i contratti dei lavoratori precari nei comuni, della Sicilia dissestati o in pre-dissesto;
    sono stati stanziati 20 milioni di euro ad integrazione del fondo destinato al finanziamento di interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale per attività di difesa del suolo e di tutela ambientale in particolare per la Calabria;
    con il decreto-legge n. 185 del 2015 sono state introdotte ulteriori misure a sostegno del Mezzogiorno come ad esempio le disposizioni in materia di bonifica e regine razione urbana di Bagnoli, le risorse pari a 150 milioni di euro per lo smaltimento delle ecoballe in Campania, il supporto economico per il comune di Reggio Calabria, le risorse per i lavoratori socialmente utili;
    in questo quadro non si può trascurare il costante impegno assunto dal Governo per la soluzione di importanti vertenze industriali salvaguardando le possibilità di mantenere in vita e restituire alla produttività segmenti importanti del tessuto produttivo meridionale, come ad esempio la ex Micron di Avezzano, Whirlpool e Firema di Caserta, l'ex Irisbus di Avellino, la Bridgestone di Bari, la Natuzzi di Santeramo e Matera, l'Ansaldo Breda di Reggio Calabria, l'ex Fiat di Termini Imerese, ma anche la conversione alla chimica verde dei poli di raffinazione di Gela e di Porto Torres, la criticità Portovesme;
    si sono promossi e articolati importanti accordi di programma e protocolli d'intesa per aree di crisi industriale come Taranto, le Murge, Gela, Termini Imerese, il Sulcis, Porto Torres, e i cinque siti individuati per la Campania;
    nell'ambito del Masterplan è previsto inoltre che al rilancio dello sviluppo del tessuto produttivo del sud saranno chiamate le imprese partecipate da soggetti pubblici da Finmeccanica a Fincantieri, da Enel ad Eni senza il venir meno ai principi di mercato a cui ormai sono orientate;
    la questione meridionale non è semplicemente questione di risorse finanziarie, è una questione strategica che attiene alla visione che si deve avere per il futuro del Paese;
    la questione meridionale è sottrarre all'illegalità, e in particolare alle varie forme di mafie, ambiti di territorio, restituire credibilità alla funzione pubblica e agli uffici pubblici, è investire nella scuola, è governance ed è soprattutto questione di classi dirigenti,
    il Mezzogiorno, sul piano dell'internazionalizzazione, dei flussi turistici e della ricerca di investimenti, può usufruire delle notevoli potenzialità legate alla presenza in diversi continenti e in un gran numero di Paesi di persone di origine e dei loro discendenti, diventati ormai classe dirigente nei rispettivi contesti di insediamento,

impegna il Governo:

   a rispettare inderogabilmente la data del 30 aprile 2016 per la ricognizione e quantificazione dell'ammontare delle risorse disponibili per la decontribuzione di cui in premessa e a porre in essere ogni iniziativa utile affinché tale misura possa vedere il «via libera» da parte della Commissione europea;
   a definire un puntuale cronoprogramma per l'anno 2016 per, la piena operatività di ciascun piano di intervento approvato in base alle linee guida del masterplan istituendo una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e assumendo iniziative per prevedere anche la possibilità di poteri sostitutivi in caso di ritardi o paralisi per ragioni burocratiche;
   nell'ottimizzazione del masterplan e nella predisposizione dei programmi di internazionalizzazione, a verificare nell'ambito degli specifici progetti le possibilità di coinvolgimento e partenariato con i soggetti e le organizzazioni di origine italiana già attivi nel campo dell'intermediazione commerciale e finanziaria;
   a rinvenire entro l'anno 2016 ulteriori risorse destinate al finanziamento delle misure previste dalla legge n. 185 del 2000 conosciuta come legge sull'autoimpiego;
   a conseguire un miglioramento complessivo della qualità del sistema dei trasporti e di mobilità nel Mezzogiorno prevedendo la istituzione presso il Ministero delle infrastrutture di un apposito osservatorio sui trasporti nel Mezzogiorno coinvolgendo compagnie aeree, società ferroviarie, autolinee e compagnie navali, con attenzione anche al traffico merci, a partire dalle attività portuali, e proseguendo nell'azione, anche in sede comunitaria, per il riconoscimento della zona economica speciale per Gioia Tauro;
   a promuovere piani di rigenerazione urbana articolati in base alle dimensioni delle realtà urbane, partendo dalla messa in sicurezza e valorizzazione dei centri storici per un recupero socio economico dei contesti nonché in ottica di promozione turistica;
   a prevedere per l'anno 2016 un piano straordinario di interventi pubblici a sostegno della alfabetizzazione digitale finalizzato a superare un evidente ritardo accumulato dal Mezzogiorno in questo strategico settore per il rilancio dell'economia;
   a monitorare, con l'Agenzia per la Coesione Territoriale, l'impegno delle risorse e l'avanzamento dei programmi finanziati con i fondi europei 2014-2020 valutando l'opportunità di assumere iniziative per prevedere maggiori poteri sostitutivi nel caso di palesi e colpevoli ritardi;
   a supportare e tutelare le produzioni agricole di qualità soprattutto in sede comunitaria nonché ad individuare programmi di rafforzamento della filiera agroindustriale dalla produzione alla trasformazione nell'ambito dei distretti agroalimentari meridionali;
   a promuovere, coinvolgendo Invitalia, una struttura di scouters di elevatissimo profilo in grado di «cercare», con particolare attenzione agli operatori italiani e di origine italiana che hanno raggiunto posizioni di rilievo nel tessuto produttivo e finanziario delle realtà di residenza, investimenti produttivi da allocare presso le aree industriali del Sud;
   ad attivare in via prioritaria le misure di contrasto all'indigenza previste dalla legge di stabilità 2016 e a promuovere iniziative specifiche di reintegro sociale attraverso progetti e programmi comprensoriali che riguardino interventi di pubblica utilità e servizi alla persona;
   a rafforzare i piani e i progetti in materia di edilizia scolastica ed impiantistica sportiva;
   a promuovere ulteriori investimenti nell'ambito della manutenzione e messa in sicurezza del territorio contrastando il gravissimo fenomeno del dissesto idrogeologico;
   ad investire nella valorizzazione del patrimonio archeologico, artistico e culturale del Mezzogiorno come avvenuto a Pompei, a Caserta e nell'ambito del PON cultura, anche mettendo in relazione, in vista di Matera 2019, tutte le realtà culturali del Sud e le capitali italiane della cultura;
   a proseguire nell'azione di rafforzamento degli organici, in termini di uomini e mezzi, delle forze dell'ordine al fine di una più capillare presenza nel controllo del territorio nell'ambito delle attività di contrasto delle attività criminali, nonché a promuovere, come già si è iniziato a fare, iniziative, con il coinvolgimento del mondo associativo, finalizzate alla promozione della cultura della legalità, a partire dalle nuove generazioni;
   ad investire in un rafforzamento delle attività di orientamento per i giovani che intendono intraprendere studi universitari anche per contrastare il fenomeno del calo delle iscrizioni nonché a sostenere le attività degli atenei del Mezzogiorno valutando l'opportunità di correggere alcune criticità per quanto concerne i criteri di distribuzione delle risorse;
   a proseguire nell'azione di bonifica e caratterizzazione di aree industriali dismesse, e a promuovere il monitoraggio della salute delle popolazioni interessate anche sulla base dell'attività dell'Istituto superiore di sanità;
   ad investire nella promozione turistica del Mezzogiorno, anche alla luce degli incoraggianti dati del 2015, e a predispone, in collaborazione con le regioni meridionali, progetti di promozione e «pacchetti» di incentivi finalizzati al turismo di ritorno, con particolare riferimento alle aree interne del Mezzogiorno;
   ad avviare entro giugno 2016 un'attività di monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario nonché per quanto concerne i servizi sociali in tutte le regioni del Mezzogiorno, al fine di individuare criticità e predispone interventi finalizzati a migliorare la rete di welfare delle regioni meridionali.
(1-01097)
(Nuova Formulazione) «Covello, Famiglietti, Tartaglione, Magorno, Raciti, Ginefra, Gelli, Fregolent, Rotta, Misiani, Oliverio, Schirò, Manfredi, Tino Iannuzzi, Carloni, Braga, Marco Di Maio, Burtone, Bratti, Antezza, Cardinale, Taranto, Venittelli, Vico, Verini, Capone, Bargero, Pes, Piccoli Nardelli, Melilli, Albanella, Amato, Anzaldi, Aiello, Ascani, Battaglia, Campana, Cani, Capodicasa, Capone, Capozzolo, Carnevali, Cassano, Castricone, Censore, Culotta, Cuomo, Currò, D'Incecco, Dallai, Donati, Fanucci, Gianni Farina, Fedi, Gadda, Garavini, Grassi, Gribaudo, Iacono, Impegno, Iori, La Marca, Lodolini, Losacco, Malpezzi, Manzi, Marchi, Massa, Marrocu, Mariano, Marzano, Meta, Migliore, Minnucci, Mongiello, Mura, Pelillo, Salvatore Piccolo, Porta, Realacci, Rossomando, Rostan, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Sbrollini, Scanu, Sgambato, Tacconi, Valeria Valente, Ventricelli, Villecco Calipari».

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
   interrogazione a risposta in Commissione Rostellato e altri n. 5-05408 del 22 aprile 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01952.