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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 4 dicembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IV e VII,
   premesso che:
    gli INVICTUS GAMES sono i  giochi internazionali per militari colpiti da disabilità post-traumatiche in servizio;
    il nome della competizione «Invictus» prende ispirazione dall'omonima poesia di William Ernest Henley;
    dal 10 al 14 settembre 2014 si è svolta la prima edizione a Londra dove oltre 400 atleti da 14 nazioni, si sono sfidati in gare di atletica, tiro con l'arco, basket in carrozzina, ciclismo, sollevamento pesi, canottaggio indoor, rugby in carrozzina, nuoto, sitting volley e una sfida automobilistica;
    hanno partecipato i militari che hanno combattuto al fianco del Regno Unito nelle ultime campagne militari cui hanno partecipato. Tra questi gli Stati Uniti, Australia, Canada, Olanda, Estonia, Francia, Germania, Danimarca, Nuova Zelanda, Italia e in Afghanistan;
    dopo la straordinario successo della prima edizione la seconda è prevista per il 2016 presso la ESPN Wide World of Sports a Walt Disney World, vicino a Orlando, Florida (USA);
    negli Stati Uniti accade da tempo: i militari che in missione rimangono con disabilità hanno un programma sportivo che permette loro di perseguire, attraverso lo sport, lo sviluppo delle abilità, oltre a tenere in attività il proprio fisico e trovare nuove forme di inclusione sociale;
    questo è un progetto che ha coinvolto anche il nostro Paese: in tal senso, l'8 luglio 2014 è stato firmato il protocollo d'intesa fra Cip e Ministero della difesa grazie alla sussidiarietà dell'autorità politica, per favorire l'avviamento sportivo dei reduci dalle missioni di pace all'estero di Aeronautica, Esercito, Marina e Arma dei Carabinieri, attraverso la reciproca messa a disposizione di strutture e tecnici qualificati e l'organizzazione di appositi momenti formativi. Il protocollo prevede, inoltre, la possibilità, per atleti paralimpici di alto livello e appartenenti al Club Paralimpico, di tesserarsi e gareggiare sotto le insegne dei Gruppi sportivi della Difesa;
    appare a tutti gli effetti un percorso virtuoso per reintegrare e riabilitare tutti i reduci dalle missione di pace e il fatto che da oggi si apra un settore paralimpico all'interno della Difesa è qualcosa che lascia il segno non solo nella dimensione militare ma anche culturale;
    immaginare i giovani tornare a rappresentare l'Italia, questa volta in una veste sportiva configura non solo un segnale di speranza per loro e per il Paese tutto ma anche per il Comitato italiano paralimpico, esempio concreto di quanto, attraverso lo sport, si possa cambiare il Paese;
    gli Invictus offrono l'immagine bellissima di uomini che non si rassegnano al proprio destino, diventano campioni non solo nelle competizioni sportive ma anche nella vita. Anzi lo è sicuramente prima in essa e poi nello sport. Sta qui il passo vincente di questi militari che hanno partecipato a questi primi Invictus internazionali;
    il supporto della Difesa è fondamentale per il reclutamento degli atleti e garantisce il supporto in termini di garanzie economiche e per la loro crescita agonistica, favorendo un positivo ritorno d'immagine per l'Italia all'estero;
    tra Difesa e sport esiste da tempo un solido rapporto, basato su sinergie che hanno consentito di raggiungere risultati di assoluto prestigio internazionale;
    lo sport militare, dunque, è una delle tante eccellenze che la Difesa mette al servizio del Paese e promuove attivamente, anche attraverso concrete intese con altri soggetti istituzionali, per diffonderne i valori culturali ed educativi;
    si segnala al riguardo, il recente accordo con il pontificio consiglio della cultura, teso a favorire, attraverso la realizzazione di iniziative congiunte, lo sport quale veicolo di convivenza civile, opportunità in termini di salute, integrazione ed elemento di inclusione sociale;
    lo sport è uno straordinario strumento educativo, di socializzazione e sviluppo della persona, consente anche di valorizzare le diversità per consentire ai militari che vivono una situazione di disabilità fisica di riconquistare la propria vita;
    in tal senso, è auspicabile una sempre maggiore sinergia tra sport militare e civile, e che il Ministero della difesa continui ad assicurare la sua massima attenzione verso un settore che, seppur nella sua specificità, vive di quello stesso impegno quotidiano, passione e convinta dedizione che caratterizzano tutti gli uomini e le donne con le stellette che lavorano per la sicurezza e la difesa del nostro Paese,

impegnano il Governo

a sostenere con tutte le iniziative disponibili la candidatura dell'Italia per la prossima edizione degli Invictus Games.
(7-00866) «Coccia, Scanu, Villecco Calipari, Scopelliti, Molea, Vito, Vezzali, Cicchitto, D'Incecco».


   La Commissione VIII,
   premesso che:
    occorre imprimere un'inversione rilevante nelle strategie energetico ambientali del Paese;
    è indispensabile rafforzare un assunto inderogabile sulle politiche ambientali e climatiche: le foreste producono ossigeno ed energia, fermano la desertificazione, tutelano il clima e il paesaggio, creano lavoro e sviluppo;
    in molti casi le pale eoliche e in particolar modo gli spropositati incentivi finanziano le mafie, devastano l'ambiente e il paesaggio, proteggono l'inquinamento delle grandi industrie con meccanismi virtuali e ormai insostenibili di premialità ambientale;
    per questo motivo occorre togliere gli incentivi alle mafie e agli speculatori eolici e non solo e bisogna assegnarli alla forestazione e alla riforestazione, che producono ossigeno e biomasse con la coltura delle stesse foreste;
    si tratta di un cambiamento radicale della politica climatica, non finanziare più l'inquinamento «mascherato» di verde ma puntare ad un'azione rivoluzionaria che metta la forestazione alla base della tutela climatico-ambientale concreta ed evoluta;
    le risorse sempre più cospicue degli incentivi devono andare a chi difende le foreste e ne sviluppa l'estensione, combattendo il degrado dell'ambiente e del paesaggio, a partire dai gravissimi fenomeni di desertificazione;
    è indispensabile un salto concettuale e strutturale della politica ambientale per smontare la logica affaristica che ormai contraddistingue le grandi lobby dell'eolico e fotovoltaico;
    nella nuova pianificazione ambientale energetica serve una grande strategia forestale in grado di affrontare con determinazione le questioni climatiche e di incidere in modo radicale sulla tutela ambientale, arrestando il degrado del territorio e creando importanti opportunità occupazionali;
    più foreste significa più ossigeno, più ambiente, più lavoro, meno speculazioni, meno devastazione ambientale;
    al fine di favorire lo sviluppo di politiche attive climatico-ambientali tese al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio climatico è indispensabile perseguire progetti di integrazione energetico ambientale attraverso piani strategici di riforestazione e lotta alla desertificazione tese anche a valorizzare le caratteristiche paesaggistico-naturalistiche;
    è indispensabile promuovere azioni tese ad estendere nella misura massima, gli incentivi energetico ambientali, per quanto riguarda lo Stato italiano quelli di cui all'articolo 2, commi da 143 a 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, relativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai progetti di ripristino endogeno-forestale e di forestazione produttiva funzionali alla «produzione di ossigeno» e alla produzione di biomasse forestali;
    è indispensabile definire politiche di incentivazione attraverso criteri e parametri che comparino gli incentivi per eolico, fotovoltaico e altri all'impatto della forestazione sul bilancio climatico-ambientale-energetico;
    si ritiene necessario perseguire azioni tese a promuovere incentivi energetico ambientali che valorizzino l'impatto ambientale climatico della forestazione e siano estesi all'intera filiera della produzione di «ossigeno da forestazione» produttiva del ciclo delle biomasse, compresa la specifica filiera agricola;
    è indispensabile predisporre iniziative normative tese a favorire lo sviluppo della forestazione e delle biomasse, anche attraverso la concessione delle aree demaniali e di proprietà, comprese le aree militari, degradate e desertificate, per progetti di forestazione ambientale e di gestione produttiva delle biomasse,

impegna il Governo:

   a predisporre iniziative normative in grado di attivare meccanismi di incentivazione delle politiche di forestazione e lotta alla desertificazione da equiparare agli incentivi energetico-ambientali;
   a proporre iniziative tese ad individuare la forestazione, la riforestazione e la lotta alla desertificazione, con particolare riferimento all'area del Mediterraneo, come elemento imprescindibile delle politiche climatiche e della loro incentivazione.
(7-00865) «Pili».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    il piano nazionale vaccini 2016-2018 prevede una spesa di 620 milioni di euro, ma non ha visto l'approvazione in sede di Conferenza Stato-regioni;
    esiste una problematica relativa sia alla rilevazione statistica che alla certificazione dei vaccini. Difatti, da una parte le case farmaceutiche si dimostrano restie a mettere a disposizione i dati relativi agli studi clinici precedenti alla messa in commercio dei vaccini e successivi relativi agli effetti degli stessi a distanza di anni; dall'altra, non essendo istituito un sistema informatizzato nazionale e univoco, le informazioni pubbliche si limitano a quelle fornite dalle regioni dove in maniera autonoma sono stati realizzati sistemi di rilevazione e registrazione;
    le stesse case farmaceutiche sono propense a non fornire integralmente i dati relativi agli studi clinici comprensivi di eventuali esiti o sviluppi negativi. A ciò va aggiunto che il Ministero della salute non fornisce informazioni esaustive e dettagliate in relazione ad eventuali casi avvenuti e agli indennizzi erogati a favore di soggetti danneggiati da complicanze, anche irreversibili, derivanti da vaccinazioni, in relazione a quanto disposto dalla legge 210 del 1992;
    secondo gli ultimi dati, le malattie infettive prevenibili da vaccino, hanno un'incidenza oggi molto ridotta anche se sono tuttora esistenti. Per quanto riguarda lo streptococco pneumoniae va considerata la possibilità di insorgenza di fenomeni di antibiotico resistenza e di sostituzione di ceppi circolanti con comparsa e circolazione di nuovi sierotipi non inclusi nei vaccini attualmente in commercio, pertanto oltre alle vaccinazioni è necessario il monitoraggio della circolazione dei sierotipi circolanti e responsabili di malattie invasive. I dati aggiornati sulla sorveglianza postmarketing sui vaccini in Italia, anno 2012, relativi al morbillo indicano, tra il 1o ottobre 2010 e il 31 dicembre 2011, 5568 nuovi casi di morbillo verificatisi nel 95,8 per cento in soggetti non vaccinati o parzialmente vaccinati. Il 20,3 per cento di questi casi hanno manifestato complicazioni: 135 polmoniti, 7 encefaliti, un caso di sindrome di Guillain Barré, e un decesso di un paziente immunodepresso. Tra le complicanze segnalate più di frequente causate dal morbillo vi sono diarrea, cefalea, fotofobia, grossamento linfonodale e cheracongiuntivite. Nei casi di pazienti immunodepressi le complicanze possono condurre alla morte. Analogamente la varicella, può presentarsi con un quadro gravissimo, e se contratta da persone immunodepresse può condurre alla morte;
    riguardo alle epatiti virali fino al 2011 il trend, di incidenza annuale delle forme acute è stabilmente basso;
    per la poliomelite solo l'1 per cento dei malati di polio sviluppano la paralisi, il 5-10 per cento, sviluppa una forma di meningite asettica, il restante 90 per cento circa sperimentata solo sintomi simili a una influenza e ad altre infezioni virali. Non sono chiari i motivi che portano un individuo a sviluppare la forma più grave di polio. Non esistono cure per la poliomielite, se non trattamenti sintomatici che possono solo in parte minimizzare gli effetti della malattia, ma fino ad ora sembrerebbe che l'unica strada per evitare potenziali conseguenze sia la prevenzione tramite vaccinazione. Presso il Ministero della salute viene mantenuta una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale, in caso di emergenza e di importazione del virus (http://www.epicentro.iss.it//);
    un adeguato trattamento antibiotico permette la guarigione dalla pertosse in una quindicina di giorni. A differenza delle altre malattie infantili, l'immunità conferita da una prima infezione non è definitiva, ma declina col tempo. Nei bambini piccoli, le complicazioni più gravi sono costituite da sovrainfezioni batteriche, che possono portare a otiti, polmonite, bronchiti o addirittura affezioni neurologiche (crisi convulsive, encefaliti). I colpi di tosse possono anche provocare delle emorragie sottocongiuntivali e nel naso. Nel neonato e nei bambini al di sotto di 1 anno, la pertosse può essere molto grave, addirittura mortale. Tuttavia, nelle popolazioni vaccinate si è osservato un ritorno della pertosse a causa della perdita progressiva di immunità e, in effetti, quando è stato introdotto il vaccino 30 anni fa non venivano utilizzate le dosi di richiamo. In Italia la pertosse viene obbligatoriamente notificata alle autorità sanitarie;
    contrariamente ad altre malattie infettive, la pertosse può colpire anche i neonati di madre immune. Sembra infatti che gli anticorpi materni che costituiscono le loro prime difese non siano in grado di proteggerli contro questa infezione. (http://wwv.epicentro.iss.it);
    l'infezione da parotite può colpire persone di qualunque età, e tra gli adulti si osservano con maggiore frequenza complicazioni, anche gravi. Nei bambini la malattia si risolve in pochi giorni nella maggior parte dei casi. Tra le complicazioni descritte vi sono encefaliti (0,02-0,3 per cento), meningiti (0,5-15 per cento), pancreatite (4 per cento) e danni all'udito. Nei bambini, in 5 casi ogni 100.000 di malattia, la parotite causa perdita dell'udito: questa infezione rappresenta infatti la principale causa di sordità neurosensoriale infantile acquisita. L'encefalite porta raramente alla morte, ma si possono avere conseguenze permanenti come paralisi, epilessia, paralisi dei nervi facciali, stenosi acqueduttale e idrocefalia. Negli adulti le complicanze sono più frequenti. Nel 20-30 per cento dei maschi dopo la pubertà si ha l'insorgenza dell'orchite, una malattia infiammatoria molto dolorosa, caratterizzata dal gonfiore di uno o di entrambi i testicoli. Questa, sebbene raramente, può risolversi in un'atrofia testicolare con conseguente sterilità. L'ooforite e la mastite sono relativamente rare e in genere non hanno conseguenze durature (http//www.epicentro.iss.it//);
    la rosolia con decorso solitamente benigno per i bambini, diventa pericolosa durante la gravidanza perché può portare gravi conseguenze al feto. Una volta, contratta, la rosolia dà un'immunizzazione teoricamente definitiva. Raramente la malattia comporta complicazioni anche se, come per le altre malattie infantili, il rischio di encefaliti è più alto se il paziente è un adulto. Al momento non esiste una terapia specifica della rosolia, a parte l'uso di paracetamolo per abbassare la febbre;
    il tetano non è contagioso, quindi l'isolamento nel paziente non è necessario. La somministrazione di immunoglobuline umane antitetaniche (TIG) e l'accurata pulizia della ferita infetta, con rimozione dell'eventuale tessuto necrotico, l'uso di disinfettanti ad azione ossidante (come l'acqua ossigenata) e la somministrazione di antibiotici (penicillina) sono importanti per prevenire la fissazione alle cellule nervose della tossina eventualmente ancora presente in circolo e per impedire che ne venga prodotta di nuova. Tuttavia, le TIG non sono in grado di limitare l'azione neurotossica della tossina che ha già raggiunto le terminazioni nervose: la terapia degli spasmi tetanici è quindi essenzialmente sintomatica, e si avvale di sedativi o anestetici generali, neuroplegici, farmaci curaro-simili. Una forma particolare di tetano è quello che colpisce i neonati (tetano neonatale), osservata soprattutto in Paesi in via di sviluppo. Colpisce bambini nati da madri non vaccinate, che non hanno quindi la protezione conferita nei primi mesi di vita dagli anticorpi materni. L'infezione viene contratta quando il cordone ombelicale viene reciso con strumenti non sterili. Di solito, il tempo di incubazione è di 7-14 giorni. I sintomi sono quelli del tetano generalizzato, con una elevata letalità;
    a legislazione vigente sono prescritti come obbligatori 4 vaccini in età pediatrica: anti difterico, anti poliomielite, antitetanica, anti epatite b. Non essendo forniti in formato singolo o di vaccino tetravalente, si offre ai cittadini come unica soluzione il ricorso all'esavalente che contiene anche altri due vaccini, anti pertosse e anti emofilus influenza di tipo b, non obbligatori ma fortemente consigliati. Inoltre, in molte regioni è praticata in contemporanea la vaccinazione contro lo pneumococco inoculando ai neonati solo al terzo mese di vita la totalità di sette vaccini;
    secondo quanto previsto in Italia i richiami vaccinali sono eseguiti a 5 e a 11 mesi di vita, portando il numero di vaccinazioni eseguiti a 22 se si decidesse di somministrare anche la vaccinazione antimeningococco. A 15 mesi viene consigliata l'immunizzazione contro morbillo, parotite, rosolia, e anche varicella e diventerebbero ben 27 se a queste si aggiungesse la vaccinazione antinfluenzale. Considerando i richiami previsti a 6 anni (per poliomielite, difterite, tetano, pertosse, morbillo, parotite, rosolia) si conterebbero per bambino 34 vaccinazioni, che potrebbero diventare 36 a 12 anni con i richiami per difterite e tetano o addirittura 38 se si accolgono i suggerimenti di un ulteriore richiamo per varicella e pertosse. Con il vaccino antipapillomavirus per le ragazze di 12 anni, in 3 somministrazioni, si raggiunge il numero di 41 vaccinazioni in tenera età;
    le mutate condizioni socio-sanitarie e la maggiore consapevolezza, responsabilità e maturità delle nuove generazioni di genitori permetterebbero di impostare una medicina preveniva più moderna e farmacologicamente più razionale, cioè personalizzata in base alle caratteristiche biopatografiche e ambientali dei vaccinandi. Tale approccio ridurrebbe il rischio degli effetti indesiderati dei vaccini senza per questo negare il valore di questi ultimi;
    problematiche si registrano anche in relazione alla difficoltà riscontrate da molti nel reperire informazioni che devono precedere una scelta consapevole, alla libertà di scelta e al consenso informato che dovrebbe basarsi su una corretta ed esaustiva informazione sui vaccini, sulla loro efficacia e conoscenza delle controindicazioni;
    l'articolo 32 della Costituzione italiana afferma che: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana, fatto salvo il TSO trattamento sanitario obbligatorio cioè le procedure sanitarie normate e con specifiche tutele di legge, che possono essere applicate in caso di motivata necessità e urgenza clinica, conseguenti al rifiuto al trattamento del soggetto che soffra di una grave patologia psichiatrica o infettiva non altrimenti gestibile, a tutela della sua salute e sicurezza e/o della salute pubblica». Non entrando nel merito della discussione scientifica su valutazioni, approfondimenti e relative conclusioni in ordine agli effetti per la salute umana della somministrazione dei vaccini, il Parlamento è chiamato a stabilire quali siano ritenuti obbligatori e al contempo a tutelare l'applicazione integrale dell'articolo 32 della Costituzione che non può prescindere da una corretta ed esaustiva informazione del cittadino;
    il Ministero della salute non prevede, pur non negandone l'esistenza, test di laboratorio, e anamnesi approfondita del bambino da eseguire prima di ciascuna vaccinazione pediatrica per avere delle informazioni sulle condizioni metaboliche e immunitarie di ciascun soggetto. Parimenti non è ritenuto opportuno eseguire uno studio approfondito basato sulla verifica dell'immunizzazione;
    l'esistenza di qualsivoglia conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini, l'assenza di informazioni e studi indipendenti dall'industria farmaceutica e la presenza e diffusione dei soli studi clinici e scientifici forniti dalle stesse case farmaceutiche che producono i vaccini condiziona l'opinione pubblica e il giudizio dei parlamentari chiamati a prendere scelte che si riversano, in questo caso, sulla salute dei cittadini,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per istituire un sistema pubblico nazionale informatizzato al fine di produrre un'indagine statistica relativa a: certificazione e registrazione dei vaccini, dati relativi agli studi clinici precedenti alla messa in commercio dei vaccini e quelli successivi relativi agli effetti degli stessi a distanza di anni, dati relativi agli studi clinici annessi a tali effetti anche in relazione ad eventuali esiti o sviluppi negativi, includendo informazioni dettagliate in relazione ad eventuali casi avvenuti e ad indennizzi erogati a favore di soggetti danneggiati da complicanze, anche irreversibili derivanti da vaccinazioni;
   ad avviare tutte le iniziative di competenza necessarie a determinare una prassi uniforme su tutto il territorio nazionale che fornisca una dettaglia informazione ai cittadini per una scelta consapevole e condivisa e, in tale ambito, oltre a segnalare: benefici dei vaccini, a promuovere anche:
    a) la lettura integrale del foglio illustrativo, presente in ogni confezione, ovvero la guida all'uso del farmaco che contiene tutte le informazioni relative alla composizione, alle modalità di somministrazione e di conservazione, ai rischi che potrebbero verificarsi, facendo sì che durante un pre-colloquio con il medico di base possibile approfondire eventuali perplessità recate dalle controindicazioni o dagli effetti collaterali;
    b) l'inserimento di esami pre-vaccinali per esempio esami ematochimici nei soggetti a rischio e in particolare nei bambini piccoli che dovrebbero ricevere i vaccini pediatrici, in modo da capire se siano nella condizione di sopportare lo stress immunitario delle vaccinazioni senza gravi rischi per la salute;
    c) iniziative per chiarire la non obbligatorietà della vaccinazione procedendo alla divulgazione uniforme su tutto il territorio nazionale della facoltà di scegliere fra due diverse prassi distinte dalla volontà o meno di vaccinarsi o vaccinare i propri figli, affisse e ben visibili all'interno dei centri vaccinali;
   ad assumere iniziative, intervento anche di tipo normativo, efficaci che puntino ad eliminare qualsiasi conflitto di interesse tra le case farmaceutiche e chi è chiamato a decidere o ad esprimere pareri sull'immissione in commercio dei vaccini, a partire dal fatto che gli studi clinici e scientifici sui quali si basano tali decisioni non possono assolutamente derivare essenzialmente da informazioni fornite dalle stesse case farmaceutiche che producono i vaccini;
   a garantire la piena applicazione dell'articolo 32 della Costituzione che afferma: «Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana»;
   a prevedere e garantire la possibilità della somministrazione dei quattro vaccini obbligatori in età pediatrica in formato singolo o di vaccino tetravalente;
   a promuovere uno studio approfondito basato sulla verifica dell'immunizzazione;
   ad assumere iniziative per prevedere che ogni trattamento vaccinale abbia sempre la sua personalizzazione, perché deve essere adattato alle caratteristiche personali, nutrizionali, familiari, ambientali e sociali di ogni singola persona, considerato che la ricerca medica va in questa direzione, ossia si punta sulla personalizzazione della terapia, si cercano i farmaci più efficaci, ad esempio anche in base al genoma dell'individuo;
   ad assumere iniziative per prevedere che prima di ciascuna vaccinazione, il pediatra raccolga una dettagliata anamnesi dei genitori, dei parenti prossimi e del bambino stesso, considerando tutti i fattori che influenzano la salute di quest'ultimo nella sua globalità, perché su di lui si ripercuotono anche le condizioni socio-ambientali del territorio in cui vive e quelle lavorative, economiche, nutrizionali, tossicologiche e psico-comportamentali dei componenti della sua famiglia;
   ad assumere iniziative per prevedere che prima della vaccinazione, il pediatra escluda prudenzialmente eventuali controindicazioni alle vaccinazioni e, a tale scopo, nel caso lo ritenesse opportuno, eventualmente sottoponga il bambino ad accertamenti laboratoristico-strumentali volti a valutare le sue condizioni immunitarie e nutrizionali, ricercando in particolare la presenza dei marker di flogosi;
   ad assumere iniziative per prevedere che, nel momento della vaccinazione, il bambino debba sempre in perfetta salute, sia fisica che psichica;
   ad assumere iniziative per prevedere che i genitori abbiano il dovere e il diritto di essere informati sull'esistenza della legge n. 210 del 1992 inerente alle modalità per ottenere l'indennizzo per i danni vaccinali, una legge che, ad avviso dei firmatari del presente atto, deve essere reperibile, esposta e ben consultabile presso la sede dei servizi di igiene e di immunoprofilassi.
(7-00864) «Colonnese, Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Grillo, Lorefice, Mantero».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il recente decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, «recante disposizioni urgenti per il settore creditizio», strettamente connesso con le procedure di risoluzione avviate dalla Banca d'Italia nei confronti di talune banche in amministrazione straordinaria (i cui contenuti sono successivamente confluiti all'interno di un altro provvedimento all'esame del Parlamento), ha introdotto alcune norme procedimentali, volte al tentativo di agevolare la tempestiva ed efficace attuazione dei programmi di risoluzione;
   il suesposto provvedimento d'urgenza (che segue le decisioni stabilite all'interno del recentissimo decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, di attuazione alla direttiva 2014/59/UE che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi), interviene in particolare, nei riguardi delle seguenti banche in amministrazione straordinaria: Cassa di risparmio di Ferrara Spa, Banca delle Marche Spa, Banca popolare dell'Etruria e del Lazio e Società cooperativa e della Cassa di risparmio della Provincia di Chieti Spa, attraverso la costituzione di un «ente ponte», finalizzato ad evitare impatti per la stabilità finanziaria;
   all'interno del nuovo quadro di regole, è previsto lo strumento del bail-in che a partire dal prossimo 1o gennaio pone a carico degli azionisti, obbligazionisti e dei creditori, i costi di salvataggio delle banche in crisi e prevede che, nell'ipotesi di dissesto dell'istituto di credito, intervengano i titolari dei conti correnti (superiori a cento mila euro), per casi eccezionali e, in ogni caso, dopo i soci e obbligazionisti;
   al riguardo, gli interpellanti evidenziano, come nell'ambito delle decisioni adottate nei confronti dei suesposti istituti di credito, il Governo non ha adeguatamente esercitato le procedure di controllo (nell'ambito delle proprie competenze), in considerazione del fatto che la situazione debitoria delle medesime banche era nota da molto tempo, né tantomeno lo stesso Esecutivo ha adeguatamente salvaguardato gli investitori azionisti e i risparmiatori che, a seguito di quanto previsto dal suindicato decreto-legge n. 183 del 2015 hanno subito l'azzeramento dei propri titoli obbligazionari (bond) tutelando peraltro in modo relativo soltanto i correntisti;
   a giudizio degli interpellanti pertanto, nei confronti dei quattro istituti di credito, si è manifestata una palese inosservanza dei sistemi di garanzia dei depositi (disciplinati a livello europeo dalla direttiva n. 94/19 CE, modificata dalla direttiva 2009/14/CE dell'11 marzo 2009), per quanto riguarda il limite di copertura e i termini di rimborso, all'interno dei quali è prevista l'accensione al fondo interbancario, che avrebbe dovuto erogare le risorse necessarie e garantire, al contempo, i depositanti della banca medesima;
   nel corso dei mesi trascorsi, fra l'altro, gli interpellanti rilevano che le quattro banche si sono destreggiate con grandi difficoltà, senza liquidità finanziaria; le condizioni di estrema gravità a giudizio degli interpellanti non sono mai state seriamente considerate dagli organismi di vigilanza, né tantomeno dall'Associazione bancaria italiana, che era a conoscenza da tempo dello stato di crisi in cui versavano;
   lo stesso presidente dell'Abi, nei confronti dei medesimi istituti di credito, comunicò che a seguito di disposizioni relative alle procedure di bail-in, si sarebbero attivati gli interventi di sblocco del fondo di garanzia interbancaria a tutela degli stessi istituto di credito, misure di salvaguardia che tuttavia non sono state effettivamente azionate;
   la suesposta vicenda, a giudizio degli interpellanti, in definitiva, anche e soprattutto a causa delle nuove norme introdotte, evidenzia una serie di criticità e gravi inadempienze, che rilevano (come in precedenza richiamato) pericolose falle nelle procedure di controllo delle autorità nazionali preposte alla vigilanza bancaria, i cui effetti, di estrema complessità, si ripercuotono sui risparmiatori ed i sottoscrittori di obbligazioni, con il rischio più che concreto della perdita di decine di milioni di euro per gli obbligazionisti e un danno rilevantissimo per gli azionisti, nei confronti dei quali con ogni probabilità non ci saranno speranze di recuperare anche una minima parte dell'investimento –:
   quali orientamenti intendano esprimere con riferimento a quanto in precedenza esposto;
   se ritengano condivisibili i rilievi critici in precedenza richiamati, nell'ambito delle gravi inadempienze dimostrate, ad avviso degli interpellanti, dagli organi di vigilanza preposti al controllo delle attività bancarie, nei riguardi degli istituti di credito richiamati nella premessa;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie il Governo intenda intraprendere, al fine di tutelare i risparmiatori della medesima banca, i quali, anche a seguito del nuovo quadro di regole di cui in premessa connesso alle disposizioni relative alle procedure di bail-in, che entrano in vigore a partire dal 1o gennaio 2016, rischiano la perdita di ingenti somme investite nell'istituto di credito;
   quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze, a tutela dei medesimi obbligazionisti delle quattro banche in amministrazione straordinaria, nonché degli stessi azionisti, i quali a causa dell'impatto normativo relativo al bail-in rischiano nella più totale indifferenza, la perdita stimata per decine di milioni di euro.
(2-01196) «Palmizio, Bergamini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 3 dicembre 2015, secondo l'agenzia Nena News un bombardamento dell'aviazione dell'Arabia Saudita ha colpito una clinica mobile in Yemen, nel villaggio di al-Khashabeh, nella zona meridionale di Al Houban;
   la clinica è di proprietà dell'organizzazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere, target negli ultimi mesi delle violenze della guerra, prima in Afghanistan e poi in Siria;
   sette persone sono rimaste ferite nel raid saudita, di cui due si trovano ora in gravi condizioni;
   lo staff è stato evacuato;
   si è trattato dell'ennesimo crimine commesso dalla coalizione sunnita anti-Houthi che dalla fine di marzo porta avanti una violenta operazione militare contro lo Yemen: quasi 6 mila i morti;
   ad aggravare il crimine, il fatto che — secondo testimoni — i jet sauditi abbiano usato il metodo devastante del doppio attacco: un primo raid, seguito ad un secondo poco dopo, mentre sono in atto le operazioni di soccorso dei feriti;
   è stato immediato l'intervento dell'Onu: il segretario generale Ban Ki-moon ha condannato l'attacco;
   il raid giunge a poco più di un mese da un precedente attacco contro un'altra struttura di Msf nel nord dello Yemen: il 27 ottobre 2015 un bombardamento della coalizione guidata dall'Arabia Saudita aveva distrutto un ospedale nel distretto di Haydan, nella provincia di Saada. Un raid cominciato di notte e proseguito a lungo. Il risultato è stato devastante: 200 mila civili yemeniti sono rimasti senza assistenza sanitaria;
   con le bombe partite dall'Italia oltre 1500 bambini sarebbero stati feriti e uccisi;
   la denuncia appena battuta dalle agenzie nello Yemen è devastante: Save the Children, ogni giorno tre bambini uccisi;
   tali gravi conseguenze sarebbero conseguenza soprattutto di armi esplosive, denuncia il rapporto di Save the Children;
   ogni giorno almeno tre bambini vengono uccisi nello Yemen, nella maggior parte come conseguenza diretta delle armi esplosive a largo raggio, utilizzate nelle aree abitate da civili;
   nel rapporto di Save the Children è scritto: «Nessun luogo sicuro per i bambini dello Yemen» (Nowhere safe for Yemen's children), che analizza con testimonianze e dati l'impatto dei quotidiani attacchi aerei che utilizzano questo tipo di armi e delle terribili conseguenze in particolare sui bambini;
   sono 1.500 i bambini che sono rimasti feriti o uccisi dall'inizio dell’escalation di violenze che ha coinvolto il Paese;
   attualmente, dopo la Siria, lo Yemen ha il numero più alto di vittime a causa di armi esplosive in tutto il mondo;
   l'impatto delle armi esplosive sui più piccoli, che sono fisicamente più vulnerabili, è particolarmente grave e spesso i bambini subiscono lesioni complesse che richiedono cure specialistiche e interventi chirurgici estremamente complessi — ha spiegato Edward Santiago, direttore di Save the Children nello Yemen – le strutture ospedaliere e sanitarie che dovrebbero curarli, però, sono spesso danneggiate o distrutte da quelle stesse armi esplosive e anche quando ci sono, spesso non hanno attrezzature mediche sufficienti ad intervenire né il carburante necessario a far funzionare correttamente le strutture, a causa del blocco di fatto delle importazioni, dell'insicurezza e delle restrizioni all'accesso umanitario;
   a causa delle difficili condizioni del sistema sanitario nel Paese, sottolinea l'organizzazione, 14 milioni di persone in Yemen non hanno la possibilità di ricevere vaccinazioni o antibiotici, con il rischio di morire per malattie prevenibili come la diarrea, la polmonite e la malaria;
   ormai sono 600 gli ospedali che sono stati chiusi perché danneggiati o perché non hanno forniture mediche e personale sufficiente a mandare avanti il servizio;
   Save the Children chiede un immediato cessate il fuoco nel Paese e che nel frattempo tutte le parti in conflitto smettano di utilizzare armi esplosive all'interno di aree popolate da civili;
   la riluttanza della comunità internazionale a condannare pubblicamente le perdite umane della guerra in Yemen dà l'impressione che le relazioni diplomatiche e la vendita di armi vengano prima delle vite dei bambini – aggiunge Santiago – il mondo non deve stare a guardare mentre i bambini vengono bombardati. Si deve esigere che la vita dei civili e le strutture civili, come gli ospedali, vengano protetti;
   è probabile che ancora una volta tali gravissimi fatti siano stati resi possibili dall'invio di munizionamenti e in particolare bombe partire reiteratamente nelle scorse settimane dall'Italia;
   tale invio illegale, proprio perché il conflitto nello Yemen è duramente condannato dall'Onu, è stato denunciato dall'interrogante con precedenti atti di sindacato ispettivo e con un preventivo intervento alla Camera dei deputati con il quale si chiedeva l'intervento del Governo per bloccare tale trasbordo;
   è evidente che tale nefasto e inaccettabile comportamento del Governo italiano sta confermando la responsabilità oggettiva verso il conflitto non autorizzato nello Yemen;
   in tal senso si tratta non solo della violazione di norme internazionali ma anche di quelle nazionali che impediscono questo tipo di traffico di armi verso Paesi ritenuti a «rischio»;
   il Ministro della difesa italiano e quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale esteri dinanzi a tali complicità con questo tipo di trasporto dovrebbero trarne le conseguenze anche e soprattutto dopo le notizie fatte trapelare dalle agenzie di stampa dai servizi segreti tedeschi;
   secondo i servizi segreti tedeschi in Arabia Saudita si rischia di fatto un golpe;
   è del due dicembre 2015 la notizia che i servizi segreti tedeschi hanno diffuso la notizia che in Arabia saudita sarebbe in corso un vero e proprio golpe;
   secondo i servizi segreti il «progressivo accentramento del potere da parte del principe della corona presenta il rischio latente di un tentativo di successione anticipata al trono»;
   aver consentito tale invio di armi è da irresponsabili e il rischio è che quelle stesse armi possano davvero essere usate per destabilizzare i rapporti con la stessa coalizione internazionale;
   il dispaccio d'agenzia riporta quanto segue: «Speciale difesa: Germania, i servizi segreti mettono in guardia dall'Arabia Saudita – Berlino, 02 dic – I servizi segreti tedeschi (Bnd) mettono in guardia dal ruolo destabilizzante dell'Arabia Saudita nel mondo arabo, riferisce il « Frankfurter Allgemeine Zeitun. Una politica interventista impulsiva sta prendendo il posto del cauto approccio diplomatico dei membri più anziani della famiglia reale», si legge in un'analisi del Bnd, in cui si parla della situazione dell'Arabia Saudita come di una «potenza regionale preda di un cambio di paradigma dagli imperativi di politica estera alle esigenze di consolidamento della politica interna», in un contesto di crescente rivalità con l'Iran. Soprattutto il ruolo del nuovo Ministro della difesa e figlio del re Salman, Mohammed Bin Salman, viene guardato con sospetto dall’intelligence tedesca: il progressivo accentramento del potere da parte del principe della corona «presenta il rischio latente di un tentativo di successione anticipata al trono»;
   la Bnd scorge anche il rischio di un deterioramento delle relazioni «coi paesi amici e alleati» nella regione. Un fattore cruciale nella politica di potenza saudita nella regione, stando all'analisi dei servizi segreti tedeschi, è la fiducia nella protezione strategica garantita dagli Stati Uniti;
   per il Bnd, la campagna militare lanciata da Riad in Yemen presenta «rischi militari, finanziari e politici non ignorabili»;
   dinanzi a questo scenario di un alleato come la Germania risulta gravissimo che, invece, il Governo italiano si sia limitato a giustificare tale invio di armi come un regolare commercio di armi –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative per bloccare tale traffico di armi verso Stati a «rischio» e che viola di fatto le leggi italiane in materia di vendita e trasporto di armi dal territorio italiano verso contesti poco chiari e comunque condannati dalla stessa Onu;
   se sia a conoscenza delle rilevanti e inquietanti informazioni di cui sono in possesso i servizi segreti tedeschi;
   se non ritenga di dover intervenire presso l'Onu per garantire  supporto all'azione di immediata conclusione dei bombardamenti verso civili e bambini da parte dell'Arabia Saudita, considerata anche quella che appare all'interrogante la recente manifesta vicinanza del Presidente del consiglio italiano al presidente saudita. (5-07180)


   RIZZETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   alla stesura della relazione annuale al Parlamento 2015, sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, ha dato il proprio contributo la Federazione italiana degli operatori dei dipartimenti e dei servizi delle dipendenze (Federserd). Al riguardo, a parere dell'interrogante, sussiste un conflitto d'interessi che avrebbe dovuto escludere tale partecipazione, posto che la federazione in questione è sponsorizzata da aziende farmaceutiche e da concessionari di giochi d'azzardo;
   vi è, infatti, una partenership della federazione, in particolare, con la Molteni Farmaceutici, leader in Europa nella produzione e commercializzazione di farmaci oppioidi. Infatti, il logo di tale azienda farmaceutica è riportato sul sito web della Federserd e la stessa compare come sponsor di molteplici eventi, tra i quali il Premio Nazionale Federserd;
   nel contributo che Federserd offre alla relazione al Parlamento si parla esplicitamente di «terapie agoniste» (da metadone e altri farmaci) e di «affidamento» di questi farmaci al paziente. Al riguardo, appare all'interrogante ambiguo che si facciano affermazioni sulla congruità del dosaggio, senza indicare i criteri di prescrizione. Inoltre, il contributo dell'associazione, che entra nel dettaglio della «gestione dei farmaci e continuità terapeutica», fornisce indicazioni metodologiche che dovrebbero essere trattate con criteri strettamente scientifici e quindi supportate da una molteplicità di studi accreditati, ciò, invece, a parere dell'interrogante, non si rinviene nelle argomentazioni offerte da Federserd;
   anche in un articolo del Fatto quotidiano del 7 luglio 2014, si evidenzia l'inopportunità della presenza di un esponente di vertice della Federserd in un gruppo di lavoro sulla prevenzione e cura del gioco d'azzardo patologico istituito in regione Lombardia. Ciò che appare incompatibile con il riconoscimento di tale ruolo è la partnership della Federserd con due delle maggiori concessionarie italiane di slot e lotterie, quali Lottomatica Group e Sisal, nel progetto denominato «Giocoresponsabile»;
   ed ancora, dal giugno 2014 altra partenership della Federserd è Codere Italia, che sostiene e, pertanto, finanzia le attività della federazione. Codere Italia è una multinazionale che opera nel settore del gioco e fonda la sua attività sulla gestione di bingo, terminali di gioco, agenzie di scommesse, casinò e ippodromi; la stessa ha come società di gestione Cristaltec Service, DPService, FG Slot Service, Gaming Re, Gap Games, Seven Cora e Vas & Azena — tutte società che ovviamente fanno affari nel settore dei giochi;
   dunque, sul punto, è evidentemente discutibile un modello di assistenza, basato sulla partnership tra un'associazione di operatori del settore e le stesse società;
   dunque, un ente assistenziale in partenership e finanziato da concessionari di giochi d'azzardo, che lucrano vendendo il prodotto che genera il rischio-dipendenza, è secondo l'interrogante in palese conflitto di interessi con quelli che dovrebbero essere i fini dei propri progetti e potrebbe sostenere, anche implicitamente, tesi che minimizzano quella che è invece una grave patologia. Al riguardo, infatti, si pensi alle dichiarazioni che nel 2009 il direttore generale di Lottomatica, Renato Ascoli, rilasciò proprio in commento al progetto Giocoresponsabile: «Aver fatto emergere il gioco ha aiutato il mercato, così come non esiste un gioco che in assoluto generi patologia... Il giocatore patologico è infatti onnivoro: la patologia è nella natura del giocatore e non nel meccanismo del gioco». Tesi assurda e in totale contraddizione con quanto sostenuto dagli studi scientifici;
   del pari, la scelta di affidare alla Federserd, sponsorizzata da aziende farmaceutiche e da concessionari di giochi d'azzardo, un capitolo sulle dipendenze e i relativi trattamenti, compresi quelli farmacologici, nella relazione al Parlamento (pubblicazione istituzionale della Presidenza del Consiglio dei ministri, prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 309 del 1990, appare all'interrogante evidentemente inopportuna ed in contrasto con basilari principi di etica e correttezza politica ed istituzionale;
   la Federserd, viste le sue partnership, appare all'interrogante in conflitto di interessi poiché è oggettivamente legata ad interessi propri e di chi finanzia i suoi progetti. Pertanto, non appare un ente idoneo ad offrire contributi per lavori rivolti ai decisori politici. Infatti, a fronte del potenziale conflitto di interessi ed i conseguenti condizionamenti, si corre il rischio che un soggetto in tale posizione offra delle tesi che non si prefiggono l'obiettivo primario di tutelare, esclusivamente, l'interesse del malato e della sanità pubblica;
   si ritiene ammissibile che a lavori e progetti di tale genere partecipino e offrano il loro contributo soggetti che appaiono in evidente conflitto di interessi, poiché, a giudizio dell'interrogante, non è stata effettuata ai fini della loro partecipazione, una preventiva valutazione che tenga conto anche delle partnership e quindi dei finanziatori dell'ente, che nel caso di specie, avrebbero condotto ad esclusione della Federserd dai lavori per la relazione al Parlamento –:
   se il Governo non ritenga che i partecipanti a commissioni, gruppi di lavoro, comitati o altri organismi istituzionali in grado di influenzare, anche indirettamente, iniziative normative ed istituzionali nel settore delle tossicodipendenze e del gioco d'azzardo, debbano essere sottoposti ai fini della nomina ad una obbligatoria e preventiva verifica di assenza di conflitto di interessi, derivanti da possibili finanziamenti e sponsorizzazioni economiche ricevute da aziende che hanno interessi nel settore della cura delle dipendenze (ad esempio società farmaceutiche, concessionari di giochi d'azzardo e altro);
   se il Governo non ritenga opportuno, in casi come quello di cui in premessa, adottare iniziative per escludere tali enti dalle sedi istituzionali, alla luce di quello che l'interrogante ritiene un evidente conflitto di interessi;
   in base a quali procedure la Federserd sia stata scelta tra i soggetti che hanno contribuito alla stesura della relazione al Parlamento, nonostante le partnership con concessionari di gioco d'azzardo e aziende farmaceutiche che genera secondo l'interrogante un conflitto di interessi;
   se risulti se e quali siano gli importi per i quali la Federserd è stata finanziata in questi anni da aziende farmaceutiche e dai concessionari dei giochi d'azzardo;
   se e in quali altri gruppi di lavoro, commissioni, comitati o altri organismi istituzionali relativi al settore delle tossicodipendenze e del gioco d'azzardo sia presente la Federserd in modo da poter influenzare, anche indirettamente, scelte normative e provvedimentali o altro genere di iniziative. (5-07184)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, FICO e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   ad ottobre 2015 la provincia di Benevento è stata interessata da eventi alluvionali di straordinaria forza tali da provocare fenomeni franosi, esondazioni di corsi di acqua con conseguenti allagamenti di centri abitati, gravi danneggiamenti alle infrastrutture stradali e alle opere di difesa idraulica, ad edifici pubblici e privati e alle attività produttive e agricole insediate sul territorio;
   gli eventi meteorologici a causa della forte intensità hanno determinato l'evacuazione di numerose famiglie, la chiusura forzata per le attività produttive e la perdita di vite umane;
   il Consiglio dei ministri nella riunione del 6 novembre 2015, visti gli esiti dei sopralluoghi effettuati dai tecnici del dipartimento della protezione civile nei giorni successivi all'alluvione, ha deliberato lo stato di emergenza;
   l'articolo 4 della delibera del 6 novembre del Consiglio dei ministri recita testualmente che «per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, è disposto un primo stanziamento di euro 30.000.000,00 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5 quinquies della legge 24 febbraio 1992, n.225»;
   al momento, tuttavia, non risulta in fase di avvio nessuno degli interventi previsti a seguito dei sopralluoghi tecnici;
   a parere degli interroganti dovrebbe essere prevista, come accaduto, in un recente passato, per l'Emilia e il Veneto, la sospensione del pagamento dei tributi e degli adempimenti, comprese le cartelle Equitalia, per le persone fisiche, anche in qualità di sostituti di imposta, e le imprese dei comuni alluvionati, nonché la facoltà per i soggetti colpiti, titolari di mutui ipotecari o chirografari relativi agli edifici distrutti o inagibili anche parzialmente ovvero alla gestione di attività di natura commerciale ed economica svolta nei medesimi edifici, previa presentazione di autocertificazione del danno subito, di richiedere alle banche o agli intermediari finanziari la sospensione delle rate dei mutui in essere –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per garantire al più presto l'avvio degli interventi previsti per il ritorno alla normalità per le comunità colpite e se ritenga opportuno valutare la possibilità di assumere iniziative normative che prevedano la sospensione del pagamento dei tributi e degli adempimenti per le persone fisiche, anche in qualità di sostituti di imposta, e per le imprese. (4-11386)


   POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal mese di ottobre 2014 è sorto un conflitto in seno alla organizzazione sindacale UGL (Unione Generale del Lavoro) che ha, tra l'altro, determinato numerose controversie nel comparto del pubblico impiego e che ha quindi visto il coinvolgimento di diverse articolazioni dello Stato tra le quali l'Avvocatura dello Stato, il dipartimento della funzione pubblica e l'ARAN;
   in particolare, si è determinato un contrasto sulla legittima rappresentanza della Federazione UGL Intesa, che rappresenta i lavoratori del comparto del pubblico impiego, tra i signori Eugenio Bartoccelli e Francesco Prudenzano, con conseguente contrasto circa l'attribuzione delle prerogative sindacali, delle quote di adesione degli associati e della presenza ai tavoli di trattativa;
   in data 16 luglio 2015 il tribunale di Roma ha respinto il ricorso ex articolo 700 c.p.c. del signor Prudenzano riconoscendo la legittimità del suo commissariamento e dunque la legittimazione del signor Bartoccelli;
   l'Avvocatura dello Stato il 24 luglio 2014 ha conseguentemente reso al dipartimento della funzione pubblica e all'ARAN un parere nel quale ha sostenuto che «la titolarità delle prerogative sindacali debba essere riconosciuta al Reggente della Federazione, sulla base dei provvedimenti di commissariamento adottati dalla Confederazione UGL secondo il proprio Statuto»;
   in data 5 agosto 2015 il Tribunale di Roma ha reso un'ordinanza nella quale ha sospeso l'elezione del segretario generale UGL Paolo Capone, che aveva nominato il signor Bartoccelli quale reggente della Federazione UGL Intesa;
   incredibilmente il 12 agosto il dipartimento della funzione pubblica ha inviato a tutti i Ministeri le circolari prot. N. 47959 — 47960 — 47961 nelle quali rileva che «l'ordinanza del Tribunale di Roma del 5 agosto 2015, nel sospendere in fase cautelare la nomina del sig. Francesco Paolo Capone alla carica di Segretario Generale UGL, ha conseguentemente sospeso anche tutti gli atti medio tempore posti in essere, ivi compresi quelli di commissariamento delle varie Federazioni aderenti»;
   in realtà l'ordinanza del 5 agosto ha sospeso solo l'elezione di Capone e ed alcune ben individuate delibere del Consiglio Nazionale UGL e nulla ha detto sui provvedimenti medio tempore e dunque sui commissariamenti;
   in conseguenza di questo elemento, a giudizio palesemente infondato, l'amministrazione ha ritenuto di riconoscere la rappresentanza sindacale al signor Francesco Prudenzano, con ragionevole rischio di causare un rilevante danno erariale;
   come prevedibile tribunale di Roma, con ordinanza del 4 novembre 2015, ha ribadito che la rappresentanza della Federazione UGL Intesa è in capo al signor Bartoccelli, che tutti i provvedimenti medio tempore assunti da Capone sono validi e che, tra questi, sono compresi i commissariamenti effettuati, incluso quello del signor Prudenzano;
   l'Avvocatura dello Stato, a giudizio dell'interrogante, avrebbe dovuto esercitare correttamente la sua funzione consultiva nei confronti del dipartimento della funzione pubblica e suggerire allo stesso di non commettere un errore così macroscopico;
   l'Avvocatura dello Stato ha invece incredibilmente presentato un ricorso ex articolo 669 duodecies al tribunale di Roma per chiedere come debba essere applicata l'ordinanza del 5 agosto 2015 in nome e per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministero della giustizia, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e per l'ARAN;
   tale ricorso, che appare all'interrogante a prima vista improcedibile in quanto l'ordinanza in questione è un atto immediatamente esecutivo che non prevede interpretazioni né modalità applicative, contiene peraltro ulteriori approssimazioni e affermazioni infondate; in particolare si scrive che «in data 29 agosto 2015 componenti della Segreteria Confederale UGL hanno eletto per la terza volta il sig. Paolo Capone quale Segretario generale UGL, in tal modo ritenendo di confermarsi all'ordinanza cautelare del 5 agosto 2015;
   tale affermazione è frutto quantomeno di una lettura superficiale ed approssimativa delle carte, visto che l'Avvocatura dello Stato è in possesso del verbale notarile del 29 agosto 2015 che certifica che detta elezione è avvenuta ad opera dell'organo legittimato, il Consiglio nazionale, come disposto dall'ordinanza del 5 agosto;
   detta affermazione assume ulteriore gravità poiché subito l'Avvocatura dello Stato scrive che Albanese è stato eletto dal Consiglio, Nazionale UGL il 10 agosto 2015, pur non avendo al tempo, a quanto consta all'interrogante ancora ricevuto il verbale notarile;
   inoltre, l'Avvocatura, invece di attenersi ai fatti, scrive che Albanese «ha preannunciato l'impugnazione in sede giurisdizionale» della elezione di Capone, cosa poi mai avvenuta –:
   per quali ragioni il dipartimento della funzione pubblica abbia ritenuto, tra il 16 luglio 2015 ed il novembre 2015, di non ottemperare ad una ordinanza del giudice, ancorché cautelare, e ancor oggi tardi ad adeguarsi nonostante l'ordinanza del 4 novembre che, ad oggi, non risulta all'interrogante ancora applicata;
   se ed in che termini tale comportamento abbia prodotto un danno e come si pensi di intervenire nei confronti degli eventuali responsabili;
   per quale ragione l'Avvocatura dello Stato abbia proposto un ricorso ex articolo 669-duodecies invece di limitarsi a valutare l'ottemperanza delle pronunce del tribunale e se questo non abbia causato ulteriori danni;
   se l'Avvocatura dello Stato abbia proposto detto giudizio sua sponte ovvero abbia ricevuto precisa richiesta da uno o più articolazioni dello Stato e, in caso positivo, da chi e con quali atti. (4-11392)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il territorio lodigiano è tristemente noto per essere ai primi posti in Italia, quinta provincia su 110, come decessi per tumori. La presenza di amianto in strutture di vario tipo è uno dei principali fattori di rischio per la salute che concorrono nel determinare questo risultato. Sebbene la normativa italiana abbia messo al bando la produzione di materiali contenenti amianto dal 1992, nel territorio della provincia di Lodi esso risulta ancora presente in misura preoccupante in diversi siti, in alcuni dei quali la sua presenza risulta particolarmente allarmante (ospedale, scuole dell'infanzia, primarie e secondarie);
   caso certamente emblematico e tale da richiedere appropriata attenzione è quello della ex CETEM (Costruzioni elettroniche tecniche e meccaniche) nel comune di Lodi. Lo stabilimento si sviluppa su un'area di oltre 30.000 metri quadrati di superficie coperta in corso Mazzini n. 61, in piena area urbana, in prossimità del nuovo asilo nido comunale «Carillon» e dell'ospedale Maggiore di Lodi. Le cronache degli ultimi 15 anni raccontano di complesse vicende susseguitesi a partire dalla dichiarazione di fallimento della fabbrica elettromeccanica lodigiana. Il vecchio stabilimento industriale, attualmente in stato di totale abbandono, risulta essere stato nei tempi più recenti di proprietà della MILANOGEST IMMOBILIARE Srl e, dall'anno 2008, suscettibile di riconversione urbanistica a uso residenziale;
   come recentemente riportato dagli organi di stampa (in particolare, si rinvia ai seguenti articoli: Ex Centem, linea dura del comune «Subito la bonifica dell'amianto» su Il Cittadino di Lodi, 20 luglio 2013; L'ex Centem in balia dei vandali, appiccato un incendio negli uffici, su Il Cittadino di Lodi, 28 marzo 2014; Caso Centem, braccio di ferro sulla bonifica, su Il Cittadino di Lodi, 28 marzo 2014) il Banco Popolare di Lodi, appurato lo stato di insolvenza della MILANOGEST IMMOBILIARE Srl, ha avviato una procedura esecutiva culminata nel verbale di pignoramento dell'area ex Cetem stilato l'11 settembre 2015;
   la presenza i eternit sulle coperture della struttura era stata originariamente segnalata nel 2011 a alcuni residenti della zona agli enti preposti;
   a seguito dell'ordinanza sindacale 30 marzo 2012, n. 120, in cui venivano evidenziate diverse criticità, la MILANOGEST IMMOBILIARE Srl ha presentato, nel luglio del 2012, una relazione sullo stato di conservazione delle coperture in amianto, pari a ben 9.150 metri quadrati di superficie esposta, assumendo l'impegno a rimuovere quelle ammalorate entro i 12 mesi normativamente previsti;
   non avendo avuto riscontro alla richiesta di presentare un preciso cronoprogramma degli interventi di messa in sicurezza, il 28 maggio 2013 l'Asl competente ha quindi chiesto un nuovo intervento del comune di Lodi;
   in data 17 luglio 2013 è stata quindi emanata l'ordinanza sindacale n. 318, che ha disposto la presentazione di un piano degli interventi di bonifica entro 30 giorni e l'inizio dei lavori entro 60 giorni dall'acquisizione del parere favorevole dell'Asl. A seguito di proroga di tali termini con ordinanza sindacale 27 settembre 2013, n. 465, del 27 settembre 2013, la MILANOGEST IMMOBILIARE Srl ha fatto sapere, tramite il proprio legale, di non poter sostenere i costi dell'intervento di bonifica. Il 18 marzo 2014 si è tenuto un successivo incontro tra i rappresentanti di Asl e comune di Lodi, a cui ha fatto seguito la comunicazione congiunta al legale della proprietà di non poter concedere ulteriori proroghe e di attendere per il 31 marzo 2014 il piano dettagliato dei lavori di messa in sicurezza del sito da avviare immediatamente;
   da quel momento non si è avuta più notizia, né da fonti istituzionali né attraverso altri mezzi, di ulteriori sviluppi della «vicenda ex CETEM»;
   a tal proposito, rileva evidenziare che già nel 2013, nell'ordinanza sindacale citata il comune di Lodi disponeva che «la Polizia locale e i tecnici dell'Asl, cui la presente viene inviata per conoscenza, sono incaricati di vigilare per l'esatta osservanza del presente provvedimento»;
   l'unica certezza, a tutt'oggi, è che l'ex stabilimento elettromeccanico lodigiano, nonostante l'elevato rischio di amianto certificato dall'autorità sanitaria, non risulta essere stato interessato a alcuno specifico intervento di messa in sicurezza a tutela della salute pubblica. Il pericolo connesso all'ex stabilimento è particolarmente allarmante in relazione, come evidenziato, alla sua vicinanza a siti particolarmente sensibili, quali l'asilo nido comunale «Carillon» e dell'Ospedale Maggiore di Lodi;
   a quanto fin qui evidenziato in merito allo specifico caso della ex CETEM, si deve aggiungere quanto risultante, in relazione alla questione qui esposta, sulla presenza di amianto nelle scuole. Secondo il censimento relativo alle sole scuole comunali e paritarie lodigiane (esclusi gli edifici di proprietà di provincia, regione o dello Stato) vi sono le seguenti scuole:
    scuola primaria/infanzia «Madre Cabrini»; scuola dell'infanzia «Serena»; scuola primaria «Barzaghi»; scuola dell'infanzia «Jasmin»; scuola secondaria di 1o grado «Cazzulani»; scuola secondaria di 1o grado «Don Milani»; scuola secondaria di 1o grado «Ada Negri»;
   da quanto fin qui riportato, appare evidente che lo stato di inerzia degli enti locali debba essere necessariamente superato da un intervento del Governo, attraverso tutti i mezzi a ciò preposti, nell'esercizio delle sue funzioni a tutela di interessi pubblici fondamentali e preminenti atteso il pericolo accertato, gravissimo ed immediato per la tutela del bene della salute dei cittadini, a fortiori, per la tutela della salute di soggetti particolarmente meritevoli di protezione, quali i minori che frequentano le scuole summenzionate –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e, stante quello che l'interrogante giudica il perdurante stato di inerzia degli enti locali e la gravità del pericolo denunciato, quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda assumere, in particolare per quel che concerne la messa in sicurezza delle scuole di cui in premessa. (4-11390)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRIBAUDO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la presenza degli archivi di Stato è disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 30 ottobre 1963, n. 1409, e prevede una sede in ogni capoluogo di provincia con la precisa missione di conservare la documentazione statale, unitaria e preunitaria;
   attualmente a Cuneo la sede è nell'ex caserma «Cantore», in corso Soleri 6, ma, come è possibile evincere dal sito del Ministero, a causa del riordino, l'archivio rimarrà chiuso al pubblico, con la speranza di riattivare i servizi entro il mese di settembre;
   il trasferimento dell'archivio nella sede dell'ex caserma, dismessa dal demanio militare, poteva essere una soluzione da una parte utile a risparmiare i costi dell'affitto, e dall'altra funzionale per fornire una sede adeguata negli spazi, come posizione centrale e di facile accesso; i lavori di ristrutturazione avviati sembrarono delineare uno scenario del tutto nuovo e estremamente positivo;
   una volta avvenuto il trasferimento dell'archivio di Stato nella sede attuale, occupando gli spazi nel frattempo resi agibili, non si è provveduto a continuare i lavori che avrebbero consentito una fruibilità completa dell'edificio, relegando il tutto al solo pian terreno ed in parte al piano primo, nonostante la struttura disponga di 3 livelli;
   questa situazione di stallo ha determinato disservizi e chiusure fino all'interruzione, decisa dal direttore, almeno fino alla messa in sicurezza dei locali adibiti allo studio; il mese di settembre 2015 è ormai concluso e non è prevista nessuna riapertura come annunciato sul sito dell'archivio di Stato di Cuneo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se non ritenga la situazione particolarmente critica, tenuto conto del fatto che gli spazi destinati alla consultazione risultano ad oggi privi di sicurezza e, nel perdurare dei lavori, si registra la mancata fruibilità da parte dei cittadini delle ricchezze documentali dell'archivio;
   quali siano la reale tempistica prevista per la riapertura del sito di Cuneo e il quadro economico delle risorse stanziate, e di quelle eventualmente da stanziare, per concludere i lavori con una soluzione progettuale a permettere al pubblico di accedere nuovamente all'archivio.
(5-07175)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, RIZZO, CORDA, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta il quotidiano « Il Fatto Quotidiano» in più articoli tra i quali l'ultimo pubblicato venerdì 4 dicembre 2015, nella struttura dell'Esercito di Roma denominata Pio IX, sede del circolo ufficiali e di una foresteria ufficiali, alloggerebbero regolarmente persone non appartenenti alle categorie che avrebbero titolo ad usufruirne;
   l'articolo 464 del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 90 «Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246», definisce la platea dei soggetti aventi diritto all'utilizzo di queste strutture limitandola al «personale militare e civile delle Forze armate, in servizio e non, nonché ai loro familiari»;
   oltre che per le finalità di protezione sociale di cui al citato articolo 464, in base a recenti disposizioni legislative tali camere dovrebbero essere obbligatoriamente e prioritariamente utilizzate anche dal personale militare durante trasferte di servizio nella capitale;
   secondo l'inchiesta giornalistica risulterebbe invece che negli alloggi della struttura in questione risiedano abitualmente molti parlamentari, tra i quali l'onorevole Roberto Formigoni, l'onorevole Riccardo Nencini, l'onorevole Sabrina De Camillis, alcuni appartenenti alla nazionale di calcio parlamentari tra cui Costantino Boffa, Salvatore Buglio, Michele Cappella, Tommaso Pellegrini e molti altri;
   vi risiederebbero inoltre abitualmente anche il sottosegretario Gioacchino Alfano, che utilizzerebbe un minialloggio per quattro persone con un canone di affitto di 7 euro al giorno, e numerose persone del suo staff;
   sempre secondo l'inchiesta giornalistica i prezzi delle camere oscillerebbero tra i 35,90 euro al giorno, compresa la colazione del mattino, per le cosiddette suite internazionali dotate di salotto, camera da letto e bagno con vasca e doccia con idromassaggio, ai 28,90 euro per le camere cosiddette di alta rappresentanza, ai 21,90 euro delle camere singole fino ai 7 euro dei 15 minialloggi ospitati nella struttura dell'Esercito;
   il quotidiano citato descrive inoltre un anomalo uso della struttura per riunioni del partito Nuovo Centro Destra alle quali avrebbero partecipato molti esponenti dello stesso, tra cui il Ministro Angelino Alfano;
   in particolare, riferisce di almeno tre riunioni a ciascuna delle quali avrebbero partecipato dai 15 ai 20 esponenti di quel partito: una a Natale 2014, una seconda alla fine di gennaio 2015 per discutere dell'imminente elezione del Presidente della Repubblica, una terza a settembre 2015 con parlamentari e alcuni sindaci siciliani per affrontare questioni locali interne al partito;
   secondo quanto riporta il giornale, nella struttura, oltre ai dipendenti della società appaltatrice dei servizi, ISSItalia srl, prestano servizio anche 5 marescialli, 4 sergenti, 9 caporali, 12 volontari, oltre a 5 civili e al comandante, un tenente colonnello per un costo annuo che si aggirerebbe attorno al milione di euro;
   tali costi sono totalmente a carico del bilancio della Difesa, così come sono a carico della Difesa le spese di gestione e manutenzione della struttura; tra queste spese l'articolo cita il recente ammodernamento delle cucine del complesso Pio IX per una spesa superiore a 1,745 milioni di euro e la ricostruzione della tavernetta per altre decine di migliaia di euro; nessuna di queste spese viene considerata nei costi di gestione e dunque non si riflettono sulle tariffe delle camere e del ristorante, neppure su quelle praticate ai non aventi titolo –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione descritta;
   quali siano i motivi per cui nella struttura Pio IX di Roma vengono ospitate persone non previste dalla normativa in vigore e chi abbia eventualmente autorizzato le eccezioni;
   se il Ministro sia a conoscenza che il partito NCD abbia più volte utilizzato la caserma in questione per riunioni di partito;
   quali siano i costi del personale militare e civile, dipendente dal Ministero della difesa che opera presso la struttura;
   quali siano gli altri costi di funzionamento e gestione a diretto carico del bilancio della Difesa;
   quanti e di che importo siano i lavori eseguiti nella struttura nell'ultimo quinquennio. (5-07186)

Interrogazione a risposta scritta:


   FRUSONE, TOFALO, RIZZO, BASILIO, CORDA e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   i giubbotti antiproiettile in uso al personale delle forze armate e di polizia, impiegati in particolari condizioni operative o per attività di contrasto alla criminalità sono generalmente realizzati in Kevlar, una fibra aramidica dotata di una incredibile resistenza meccanica e buona resistenza agli agenti chimici;
   le fibre aramidiche, come ad esempio il Kevlar, sono inclini ad idrolisi e quindi a perdere le loro caratteristiche organolettiche, meccaniche e chimiche. Per questa ragione, i materiali prodotti con dette fibre riportano una data di scadenza che ne consente un impiego, in condizioni normali, per un periodo massimo di 5 anni dalla data di produzione, proprio in ragione del lento degrado cui il predetto materiale è sottoposto a causa degli agenti chimici, fisici ed atmosferici –:
   quanti e di quale modello siano i giubbotti antiproiettile in dotazione al personale delle Forze armate e delle forze di polizia a ordinamento militare e civile, quanti quelli scaduti nel 2014 e quelli che scadranno negli anni 2015, 2016, 2017, 2018, 2019, quali siano le relative previsioni di spesa per la sostituzione o per eventuali nuove acquisizioni e quali siano i costi sostenuti per il corretto smaltimento dei giubbetti scaduti;
   quali siano le disposizioni impartite da ogni singola amministrazione per garantire una immediata sostituzione dei giubbotti scaduti o deteriorati. (4-11385)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una famiglia che abita dal 1993 con regolare contratto di affitto, a San Basilio, in una casa popolare vetusta, con manutenzione inesistente e con disagi rilevanti per tutti gli inquilini, sia per le frequenti infiltrazioni d'acqua che per le pessime condizioni dei servizi igienici, è stata considerata abusiva dall'ATER, perché per due anni consecutivi ha leggermente superato il limite di reddito previsto, con la conseguenza che è decaduta dal beneficio dell'alloggio ATER, mentre è stato proposto un nuovo contratto tre/quattro volte più alto del precedente;
   il criterio applicato è totalmente diverso da quanto avviene in molte altre regioni d'Italia, dove l'ATER non cumula con il reddito dell'intestatario quello dei figli; in questo caso il figlio, pur con le attuali difficoltà di occupazione dei giovani, aveva accettato un piccolo contratto perché gli consentiva di avere un'autonomia per le sue spese personali, nonostante fosse del tutto insufficiente per consentirgli di vivere una vita indipendente;
   il reddito familiare è rimasto sempre lo stesso, dal momento che il figlio gestiva le sue limitate risorse da lavoro con un suo conto corrente, come dimostrano gli estratti conto di 10 anni, che vedono invariate le entrate;
   inoltre, la legge regionale n. 12 del 1999 non è chiara al riguardo perché al comma 2 dell'articolo 11 prevede che «i requisiti previsti per beneficiare dell'alloggio ATER devono essere posseduti da parte del richiedente», mentre per gli altri componenti è prevista sola l'assenza di altre proprietà;
   altro aspetto ambiguo e contraddittorio è il fatto che in modo del tutto evidente, nello stesso condominio ci sono nuclei di 4/5 persone che lavorano, senza che nessuno di loro abbia mai ricevuto alcuna diffida, così come ci sono altri nuclei di persone che dichiarano di essere proprietari di altre abitazioni e analogamente non hanno mai ricevuto missive con diffida;
   a quanto consta all'interrogante secondo la funzionaria Ater, responsabile dell'ufficio alloggi, i controlli vengono fatti dalla Agenzia delle entrate, che però a conti fatti sembra applicare due «pesi e due misure», ma soprattutto ha affermato che una volta partita la procedura questa diventa automatica ed è inarrestabile;
   l'ultima lettera inviata alla famiglia in questione intimava loro di abbandonare l'immobile entro 15 giorni sanzionandoli, in difetto con un'indennità di occupazione pari al nuovo canone; la famiglia ha presentato ricorso ma il ricorso non sospende nessun tipo di procedura dell'ATER;
   la famiglia si trova nella drammatica alternativa di dover lasciare una casa, che sia pure in condizioni pessime, assicura comunque un tetto sotto cui stare, oppure di accettare un nuovo canone che non è in grado di onorare, diventando ipso facto un inquilino moroso, con tutte le conseguenze che ne possono scaturire;
   sulla base dei dati forniti dall'Agenzia delle entrate che l'ATER, in definitiva, predispone il radicale cambiamento di canone, con un incremento dei costi che lo rende inaccettabile per una famiglia, che non dispone della cifra richiesta –:
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo davanti a situazioni e circostanze, come quella di cui in premessa, in cui il reddito familiare è al di sotto della soglia di povertà, i figli sono disoccupati o decisamente sotto-occupati, non c’è disponibilità di altri alloggi a condizioni agevolate e le persone corrono il rischio di trovarsi senza fissa dimora. (3-01891)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRANDOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con l'entrata in vigore dell'orario ferroviario del 13 dicembre 2011 sono stati soppressi gli Intercity che collegavano Trieste a Lecce, così impedendo a un'ampia utenza di cosiddetti «trasferisti» che lavorano nelle imprese monfalconesi, in particolare nella Fincantieri – utenza che si può conteggiare su un minimo di 800-900 persone, come testimonia una raccolta firme realizzata a livello locale – di utilizzare tale collegamento per raggiungere la propria regione di origine;
   attualmente il solo modo per raggiungere le regioni del Sud Italia è rappresentato da treni locali o da treni Frecciabianca da Trieste, con un minimo di due cambi a Mestre o dai collegamenti aerei, mezzi però troppo costosi, con il risultato che molti trasfertisti utilizzano i pullman privati in partenza giornalmente da Udine, il cui massiccio utilizzo rende necessaria la prenotazione dei biglietti con settimane di anticipo;
   esistono problemi anche inerenti agli orari di partenza dei treni Frecciargento e Frecciarossa da Mestre, che non sono coordinati con gli orari di arrivo dei treni provenienti da Trieste, mancando completamente l'armonizzazione delle coincidenze ferroviarie;
   l'attuale contratto di servizio passeggeri media e lunga percorrenza 2009-2014, stipulato tra i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze e la società Trenitalia è scaduto il 31 dicembre 2014; in ogni caso Trenitalia ha assicurato la prosecuzione del servizio passeggeri Venezia-Trieste effettuato con treni Intercity e lo stesso Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha assicurato, in risposta a un'apposita interrogazione, di essersi attivato sin dal 2014 per inserire gli Intercity Roma-Trieste nel perimetro dei servizi del contratto di servizio passeggeri di media e lunga percorrenza a partire dal 2016;
   in una recente seduta della commissione trasporti locali del comune di Monfalcone l'assessore regionale ai trasporti della regione Friuli Venezia Giulia, Mariagrazia Santoro, ha dichiarato che nel nuovo piano regionale del trasporto pubblico locale, approvato nel 2013, Monfalcone sarà una stazione delle linee principali di trasporto ferroviario; l'assessore ha rappresentato tuttavia che l'armonizzazione delle coincidenze tra la corsa ferroviaria Trieste-Mestre e le corse in partenza da Mestre al servizio con il resto d'Italia non è condizionabile dalla regione Friuli Venezia Giulia e ha dichiarato infine che gli Intercity per Lecce sono stati limitati per volontà statale, impegnandosi quindi a sostenere la salvaguardia di quelli rimasti;
   l'articolo 6 del contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa riconosce al gestore dell'infrastruttura ferroviaria la facoltà di realizzare tutte le modificazioni del proprio assetto organizzativo interno e di stipulare accordi aggiuntivi al contratto con regioni e/o enti territoriali, nonché all'articolo 5.1.3 («Superamento dei colli di bottiglia nelle aree metropolitane e nei corridoi merci e passeggeri») prevede una copertura finanziaria di 457 milioni di euro per interventi specifici tra cui la velocizzazione della Milano-Venezia-Trieste (con uno stanziamento specifico di 35 milioni) –:
   quali iniziative intenda intraprendere per migliorare i collegamenti tra la città di Trieste e il Sud Italia, sia in riferimento all'inserimento, in particolare durante le festività, di nuovi collegamenti adatti a ogni tipo di utenza, sia armonizzando le coincidenze, nella stazione di Mestre, tra i treni in arrivo da Trieste e quelli in partenza da Mestre. (5-07174)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i voli low cost da e per la Sardegna possono e devono essere salvati senza perdere un solo giorno;
   la Sardegna rischia nel 2016 un danno da un miliardo di euro e migliaia di operatori turistici nel lastrico;
   non ha alcun fondamento, come è stato fatto da più parti, affermare che il contributo co-marketing che dal 1999 viene utilizzato per promuovere e attrarre turisti in Sardegna è stato condannato e vietato dall'Unione europea;
   è in atto un persistente tentativo politico e mediatico per «cacciare» Ryanair e le altre compagnie low cost dalla Sardegna e non solo per ripristinare in toto il monopolio di Alitalia;
   il vero obiettivo è quello di rendere impossibile la vita alle compagnie low cost e tentare in tutti i modi di ripristinare il primato monopolista delle compagnie tradizionali;
   il sistema avviato nel 1999 ad Alghero, quando l'interrogante in qualità di presidente della regione autorizzava il primo contributo co-marketing per i voli low cost di Ryanair, non solo è stato dichiarato legittimo dalla Commissione europea ma con la sentenza pubblicata a settembre 2015 Bruxelles ha detto a chiare lettere che quella procedura è valida anche con gli orientamenti comunitari adottati nel 2014;
   per questa ragione serve immediatamente un'azione seria e concreta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con le regioni affinché si ripristini il modello intrapreso ad Alghero e lo si esporti anche negli altri aeroporti di Cagliari e Olbia;
   la decisione comunitaria pubblicata sulla Gazzetta europea del 25 settembre 2015, a proposito dei contributi alle compagnie aeree ad Alghero, riporta esplicitamente:
    «(374) Tanto rilevato, la Commissione conclude che le condizioni di compatibilità stabilite negli orientamenti del 2014 per il settore dell'aviazione sono state rispettate e che quindi le misure sono compatibili con il mercato interno ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del trattato»;
   i contributi co-marketing dati alle compagnie aeree, a partire da Ryanair, sono, dunque, compatibili con il mercato interno europeo;
   questa decisione è ancora più rilevante perché non viene assunta con le precedenti norme ma con quelle attuali;
   il problema, dunque, non si pone per quanto riguarda Alghero considerata la decisione europea di avallare totalmente il valore e la legalità del comportamento seguito sin dall'inizio sia dalla presidenza della regione che erogava i fondi della pubblicità istituzionale, sia quello della società di gestione dello scalo algherese;
   il Ministero, per quanto di sua competenza, attraverso Enac deve porre in essere tutte le azioni per garantire il rispetto di quella decisione e la prosecuzione di quella strategia di marketing territoriale indispensabile a ripristinare immediatamente i voli della compagnia Ryanair e alle altre compagnie proseguendo con il sistema collaudato e avallato dalla Commissione europea;
   in tal senso, il Ministero deve favorire ed intraprendere le necessarie azioni per l'aeroporto di Cagliari – Elmas in quanto le quote sono detenute dalla camera di commercio;
   è indispensabile che la Commissione europea riconosca l'aeroporto come strumento operativo della stessa regione e quindi concluda l'analogo trattamento applicato ad Alghero dove l'aeroporto è, invece, della regione;
   Ministero e regione devono esperire un primo immediato tentativo per far riconoscere all'aeroporto di Cagliari le medesime condizioni di quello di Alghero;
   per questo motivo l'interrogante, sin dal 2010 attraverso la proposta di legge denominata piano attuativo riequilibrio insulare Sardegna (PARIS) aveva avanzato la proposta della creazione di un'unica società di gestione aeroportuale della Sardegna che preveda, oltre allo scalo di Alghero, anche l'acquisizione innanzitutto del capitale azionario dell'aeroporto di Cagliari;
   tale processo consentirebbe una gestione uniforme e razionale del sistema del marketing regionale e gestionale, garantendo un approccio unitario delle politiche di sviluppo;
   in tal senso, l'orientamento europeo è chiaro, visto che al punto 32 degli orientamenti comunitari sulla gestione dei servizi aeroportuali e aerea prevedeva: «32. Il quadro giuridico e normativo relativo alla proprietà e alla gestione dei singoli aeroporti varia da un aeroporto all'altro all'interno dell'Unione. In particolare, gli aeroporti regionali e locali sono spesso gestiti in stretta cooperazione con le autorità pubbliche. A tale riguardo, la Corte ha stabilito che è plausibile che diversi soggetti svolgano assieme un'attività economica, costituendo in tal modo un'unità economica, in presenza di determinate condizioni»;
   appare ancora più esplicito il richiamo, sempre degli orientamenti comunitari, che a proposito di proprietà aeroportuale indica come irrilevante la natura pubblica o privata dell'aeroporto:«46. L'articolo 345 del trattato stabilisce che il trattato stesso lascia del tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri. Ne deriva che gli Stati membri possono possedere e dirigere imprese, e possono acquistare azioni o altre partecipazioni in imprese pubbliche o private. 47. Di conseguenza, i presenti orientamenti non operano alcuna distinzione fra i vari tipi di beneficiari sotto il profilo del loro assetto giuridico o in base alla loro appartenenza al settore pubblico o a quello privato e tutti i riferimenti a compagnie aeree e aeroporti o alle imprese che ne assicurano la gestione riguardano ogni tipo di soggetto giuridico»;
   la commissione europea ha legittimato il «modello Alghero» per due ordini di motivi: il contributo co-marketing era di natura pubblica dato ad una società pubblica gestita con principi commerciali ed economici da libero mercato;
   in questo senso la Commissione non ha preso in considerazione le ricadute economiche territoriali, ma ha valutato se la regione avesse sostanzialmente agito come un privato proprietario dell'aeroporto;
   la Commissione, rispondendo allo Stato italiano, ha concluso, applicando il metodo MEO, operatore economia di mercato, fatto di algoritmi economico finanziari, che la regione Sardegna ha agito nell'ambito della gestione aeroportuale come un operatore privato e che i contributi economici co-marketing hanno consentito all'aeroporto di avere degli utili o comunque di non perdere;
   diventa fondamentale che in questo quadro il Governo attraverso l'Enac, promuova e favorisca l'acquisizione da parte della regione del capitale azionario maggioritario degli aeroporti sardi, o del loro insieme, ipotizzando un processo che punti ad un'unica società di gestione che, con il principio MEO sperimentato positivamente ad Alghero, possa non solo mantenere ma rafforzare la presenza delle compagnie low cost in Sardegna –:
   se intenda assumere iniziative per agevolare, promuovere e rafforzare il modello Alghero nelle politiche di sviluppo delle compagnie low cost, considerato l'apporto decisivo dato allo sviluppo turistico del Paese e della Sardegna in particolar modo;
   se non ritenga di confermare in modo netto che la commissione europea ha avallato il modello Alghero e che lo stesso è reiterabile nelle analoghe condizioni in altri contesti;
   se non ritenga di dover favorire le iniziative necessarie al fine di confermare e rafforzare la presenza delle compagnie low cost. (5-07179)


   ARTINI, SEGONI e BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato il 28 ottobre dal quotidiano «Il Tirreno», i lavori per «l'aeroporto di Firenze potrebbero cominciare nella primavera del 2016 e finire nell'autunno del 2017. Questo è l'augurio di Marco Carrai, presidente di Toscana Aeroporti. C’è però da superare la procedura al ministero dell'Ambiente per la Via, dopodiché ci sarà la conferenza dei servizi. Altro nodo non risolto è dove trovare i soldi per far partire i lavori. Carrai parla di un investimento complessivo di 300 milioni e richiama il governo all'impegno di un cofinanziamento statale da 150 milioni, come assicurato nel febbraio scorso dall'ex ministro alle Infrastrutture Lupi. Ma il presidente di Enac frena gli entusiasmi e parla di “un impegno formale che è stato assunto dal ministro precedente, in parte trasfuso nel decreto legge per 50 milioni più un nostro avanzo di amministrazione”. Cinquanta milioni peraltro legati alla partenza dei lavori entro il 31 dicembre. Al momento manca, però, la proroga del governo: potrebbero andare in fumo»;
   il presidente di Toscana Aeroporti Marco Carrai ha precisato, come riportato dall’Huffington Post il 27 ottobre 2015 che: «In una lettera avevamo avuto rassicurazioni dall'allora ministro Lupi: lo Stato avrebbe concorso fino a 150 milioni di euro. Noi auspichiamo che queste risorse arrivino» soprattutto perché «Firenze e Pisa sono stati inseriti tra gli scali strategici. Toscana Aeroporti ha sviluppato un piano economico-finanziario che prevede 300 milioni di euro di investimenti, di cui 150 con mezzi propri e 150 da finanziamento dello Stato: 50 sono già stati ammessi dalla precedente legge, il cosiddetto Sblocca-Italia»;
   in più occasioni pubbliche, anche recentemente, il viceministro Nencini ha sottolineato l'impossibilità di uno sviluppo dell'aeroporto di Pisa per quanto concerne la 3o pista 4/F intercontinentale. «L'aeroporto di Pisa — riporta l'Adnkronos del 19 novembre 2014 – presenta lo status di aeroporto militare aperto al traffico civile, con evidenti limitazioni al traffico commerciale, ivi inclusa una scarsa disponibilità di spazi a servizio del trasporto aereo passeggeri, come quelli destinati a parcheggio degli aeromobili. La carenza di spazi presso tale aeroporto, nonché le limitazioni operative, non consentono di prevederne un potenziamento adeguato alla prevista crescita di traffico civile commerciale. Di qui l'esigenza di intervenire sullo scalo di Firenze per superare le attuali criticità infrastrutturali dovute al posizionamento della pista esistente, che non consente l'utilizzo di aeromobili di maggiori dimensioni verso cui si sta orientando la maggior parte delle compagnie aeree più importanti a livello mondiale»;
   in data 2 ottobre 2014 con protocollo 397 il Ministro pro-tempore Lupi emanava le «linee guida per gli aiuti di Stato ai vettori aerei ed agli aeroporti in conformità alle prescrizioni dell'Unione Europea come stabilito nella GU UE 99/3 C del 4/4/14», il protocollo omette la regolamentazione relativa agli incentivi permessi per gli aeroporti;
   la Commissione europea e la Corte dei Conti europea più volte si sono espressi in materia di aiuti di Stato con lettere in possesso dell'allora Ministro pro-tempore Lupi, come dell'attuale Ministro Delrio;
   in un'audizione della Commissione Trasporti della Camera il Presidente ENAC, Vito Riggio, ha dichiarato che per Firenze i 50 milioni di euro relativi allo «Sblocca-Italia» saranno disponibili solo dal 2018 e che saranno utilizzati per le opere infrastrutturali e di collegamento esterne a servizio dell'aeroporto, quindi non dirette alla costruzione della nuova struttura aeroportuale;
   lo stesso presidente Riggio ha dichiarato, come riportato nell'edizione fiorentina di Repubblica del 28 ottobre 2015, che se necessario, visto l'avanzo di cassa dell'ente, lo stesso sarebbe pronto a correre in soccorso di Toscana Aeroporti quindi immettendo fondi pubblici. In base alle notizie di stampa la Holding di Toscana Aeroporti ha pagato per le concessioni dell'aeroporto di Brasilia 2 miliardi di euro con una plusvalenza per lo stato Brasiliano del 673 per cento, una situazione diametralmente opposta a quanto sta avvenendo in Toscana dove verranno sovvenzionati con fondi pubblici investimenti privati, che appaiono in contrasto con le disposizioni europee in materia di aiuti di Stato;
   come da comunicazioni di stampa, ENAC a Pisa hanno provveduto ad espropriare per 16 milioni di euro finanziati da Stato, regione e Toscana Aeroporti, le case costruite nel periodo pre-bellico da demolire per incompatibilità con i piani di rischio circa possibili fuoriuscite di aeromobili ed a causa dei problemi isofonici oltre 60/65 DB, case ubicate in Carrareccia civico 1 a circa 400/ metri e in via Cariola a 290 metri di media a nord dalla Fine Resa pista principale 04/22;
   le stesse misure non sono applicate per Firenze, a queste misure il nuovo aeroporto dovrebbe conformarsi essendo successivo agli insediamenti già in essere, a meno che non si intenda agire con deroghe per questa nuova infrastruttura visti i possibili alti costi di esproprio sia per quanto riguarda il polo scientifico che per la nuova scuola marescialli dei carabinieri. Per quanto riguarda la nuova pista dell'aeroporto sono da evidenziare le distanze del polo scientifico nella parte più limitrofa alla pista con variabili di distanza, proprio per evidenziare le incoerenze di valutazione e le distonie nell'applicazione di normative vigenti: edificio verso nord ovest a 275 metri da inizio pista, 125 metri da inizio «STRIP» lato proprio; edificio intermedio a 330 metri da inizio pista, 180 metri da inizio «STRIP» lato proprio; edificio verso nord est a 380 metri da inizio pista, 230 metri da inizio «STRIP» lato proprio –:
   se l'aeroporto di Firenze beneficerà di tali aiuti di Stato e quale sia la quantità dei finanziamenti pubblici previsti, specificando i riferimenti normativi e le modalità e la tempistica per l'assegnazione di tali fondi;
   se tali decisioni, considerate le disposizioni della Commissione europea e della Corte dei Conti dell'Unione europea che «vietano gli aiuti di Stato», siano state concordate con l'Unione europea e con quali modalità;
   se l'aeroporto di Firenze beneficerà di deroghe sui piani di rischio e sulle isofone contrariamente a quanto è stato fatto per Pisa;
   quali problematiche tecniche siano all'origine di quanto dichiarato dal viceministro Nencini relativamente all'aeroporto di Pisa. (5-07185)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO, ZARATTI e ZACCAGNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il movimento politico di estrema destra Forza Nuova ha organizzato una iniziativa pubblica a Falconara Marittima (Ancona) sui recenti attacchi terroristici in Europa; l'iniziativa si si intitola «Se vuoi la pace prepara la guerra. L'Europa sotto attacco». Il manifesto di presentazione reca una immagine con la bandiera nera dell'Isis che capeggia sull'Europa occidentale;
   l'iniziativa vede tra gli ospiti, tra gli altri, il segretario nazionale di Forza Nuova Roberto Fiore, il quale sulla sua pagina Facebook ha così presentato l'iniziativa: «Venerdì 4 dicembre sarò a Falconara Marittima per una conferenza sull'attacco islamista sferrato all'Europa. Parlerò di come respingere questo attacco e delle alleanze con la Russia per vincere il terrorismo. Ma affronterò anche il ruolo della Nato nella destabilizzazione di Medio Oriente e Turchia, ribadendo il no di Forza Nuova all'ingresso di questo Paese in Europa»;
   i toni di presentazione dell'iniziativa sono in linea con gli ideali propagandati e i toni consueti di questa organizzazione, caratterizzata da un nazionalismo estremo, da xenofobia e da richiami sia ideali che simbolici a valori nazi-fascisti, vietati dalla nostra Costituzione;
   l'iniziativa suddetta ha luogo presso il centro cultura «A. Pergoli» in piazza Mazzini a Falconara Marittima. Tale sala è stata concessa dal Comune dietro l'ordinario pagamento di un corrispettivo per l'affitto della stessa –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che la città di Falconara Marittima e le zone circostanti divengano luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista. (5-07182)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   non accenna ad attenuarsi l'ondata di reati conto il patrimonio in atto nella provincia di Como, una vera e propria emergenza criminale già descritta in altri atti di sindacato ispettivo depositati dall'interrogante;
   la stampa locale della provincia comasca segnala, in particolare, come lo scorso 1o dicembre 2015 ad esser presa di mira sia stata Lenno, frazione del comune di Tremezzina, abitata da poco più di 1.800 persone;
   a Lenno, infatti, sono avvenuti ben tre furti in altrettanti appartamenti nel breve volgere di poche ore;
   le effrazioni si sono verificate tra le ore 15 e le 18, in pieno giorno quindi, e lungo la trafficata via Silvio Pellico, che congiunge la strada statale Regina all'Abbazia dell'Acquafredda;
   un tentativo di furto non andato a segno era stato inoltre segnalato anche lunedì 30 novembre;
   i furti stanno quindi diventando un fenomeno abituale e non più occasionale anche a Lenno, allarmando oltremodo la cittadinanza;
   ovunque, i ladri lasciano gli appartamenti a soqquadro, dopo aver cercato gioielli e preziosi da portare via;
   in almeno uno degli appartamenti toccati il 1o dicembre, sono state ritrovate anche tracce di sangue, che lasciano ipotizzare che uno dei ladri si sia ferito nell'accedere all'abitazione –:
   cosa conti di fare il Governo per salvaguardare le abitazioni ed i patrimoni delle persone residenti a Lenno e nella provincia comasca, interessati da un forte incremento dei furti in appartamento e dei reati contro il patrimonio, e se in particolare si consideri l'ipotesi di potenziare la presenza delle forze dell'ordine nella zona. (4-11384)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro dell'interno 31 luglio 2015, n. 2394, il capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ha emanato il decreto 3 agosto 2015, n. 100, recante norme per la ripartizione delle dotazioni organiche tra le sedi permanenti dei vigili del fuoco, che ha classificato come «SD3» i distaccamenti provinciali di Ostuni e Francavilla Fontana, del comando di Brindisi, prevedendo per gli stessi una dotazione organica di trentaquattro operativi per sede, da dividere nei diversi turni;
   rispetto alle dotazioni organiche presenti e precedentemente previste il personale delle suddette sedi è stato potenziato, virtualmente, di cinque unità operative a sede, vale a dire una unità per turno, attraverso le procedure di mobilità nazionale dei vigili del fuoco che hanno avuto luogo in gennaio;
   la scelta di potenziare queste sedi trae origine dall'intento di fornire delle risposte più omogenee al territorio in merito a parametri obiettivi, quali i numeri d'intervento di soccorso tecnico urgente, la complessità del territorio per superficie, popolazione, attività industriali, distanze dalla sede centrale ed altro, al fine di offrire un servizio più efficace, efficiente e rispondente alle richieste di soccorso del cittadino;
   in tali territori, infatti, nella maggior parte delle operazioni di soccorso è necessario intervenire con due automezzi, sia che si tratti di incendi, sia che si tratti di allagamenti, e il personale attualmente assegnato alle stazioni potrebbe, quindi, risultare insufficiente, anche considerata la necessità di lasciare qualcuno a presidio delle sedi;
   secondo le indicazioni dello stesso dipartimento l'attuazione delle nuove piante organiche porta ad un risparmio economico rispetto alle sostituzioni nelle sedi distaccate –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e se non ritenga di assumere le iniziative necessarie affinché il potenziamento delle piante organiche nelle sedi di cui in premessa sia effettivamente attuato. (4-11387)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di una verifica e effettuata il 27 novembre 2015, nel centro di accoglienza «Di Francia» di Giugliano, l'interrogante ha potuto appurare le pessime condizioni in cui vivono i migranti ospitati nella struttura, che presenta deficit sia da un punto di vista strutturale, sia da un punto di vista formale. Di fatto, già le inchieste giornalistiche, in particolare quelle della testata giornalistica on line Fanpage, avevano puntato l'attenzione sulle condizioni dei migranti nel centro «Di Francia». Il ristorante «Di Francia» di Giugliano è una struttura gestita dalla Family srl, assegnata in gara d'appalto il 2 luglio 2015, ed è diventato un centro di accoglienza per migranti. Nell'agosto scorso le telecamere di Fanpage mostrarono come all'interno venivano stipati fino a 350 migranti, alloggiati su brande sistemate nei saloni del ristorante e con pareti divisorie costituite da semplici pannelli di plexiglas;
   al momento del sopralluogo, il «Di Francia» ospita circa 227 persone, stipati in enormi stanze comuni, in condizioni non differenti da quanto già evidenziato dall'inchiesta dello scorso agosto. Appare chiaro come oltre a problemi di privacy, siano a forte rischio, vista la concentrazione di persone e le modalità con cui vengono ospitate, le condizioni minime di igiene e di sicurezza all'interno della struttura;
   a quanto risulta all'interrogante nella struttura sono presenti solo 7 lavoratori per 227 ospiti, di fatto in contrasto con quanto stabilito dalla prefettura di Napoli per l'assegnazione dell'appalto, che richiede la presenza di 2 operatori per 41 ospiti e un'ulteriore unità per ogni 25 ospiti;
   non sarebbe chiaro inoltre se la struttura ospitante, abbia le necessarie abitabilità e agibilità per ospitare oltre 200 posti letto, dal momento che il certificato di agibilità della struttura, rilasciato dal comune di Giugliano, di cui l'interrogante è entrato in possesso, è del 1o ottobre del 2008 e certifica la destinazione turistico-ricettiva della struttura, non abilitata pertanto al compito che le è stato successivamente assegnato. A quanto pare, per altro, i successivi certificati furono consegnati a firma di un tecnico privato in attesa di successivi controlli, a quanto consta all'interrogante finora mai avvenuti;
   le problematiche riscontrate e sin qui evidenziate, oltre a sottolineare il carattere emergenziale e straordinario delle strutture e delle modalità dell'accoglienza, per nulla in linea con quanto previsto dalle normative vigenti, pongono in seria discussione la qualità e la quantità dei controlli sui requisiti necessari, sia in sede di assegnazione dell'appalto, sia ex post, durante l'espletamento del servizio di accoglienza. Pare, infatti, all'interrogante abbastanza improbabile che la prefettura non conosca le condizioni della struttura in questione, ma il discorso può riferirsi anche ad altre strutture in Campania, dal momento che rappresentanti della prefettura si recano con costanza nei centri per l'erogazione dei pocket money ai migranti e possono valutare le condizioni in cui vengono ospitati i migranti;
   per altro, da quanto si è appreso da notizia di stampa delle scorse settimane, nella provincia di Napoli ci sono numerose strutture trasformate per l'occasione in centri di accoglienza, senza le adeguate caratteristiche tecniche, strutturali e di presenza dei lavoratori necessari a garantire una corretta accoglienza. In sostanza, le situazioni di irregolarità sembrano essere molteplici e diffuse nella provincia di Napoli e non solo;
   pare, inoltre, che in situazioni di emergenza le prefetture procedano all'affido diretto, dal momento che non ci sarebbe il tempo per espletare le normali procedure. Spesso l'affido diretto va a chi già gestisce altri centri e ha disponibilità immediata di posti letto. Un circolo vizioso, che, in assenza di controlli, premia chi mette a disposizioni posti letto nel più breve tempo possibile, poco importa in che modo. Va considerato che la maggior parte degli appalti ha una durata di due mesi, al termine dei quali solitamente si procede a una proroga che mantiene in essere il contratto tra l'ente gestore e la prefettura, senza adeguati controlli;
   da quanto fin qui esposto, appare piuttosto evidente che l'accoglienza, nei modi in cui viene espletata, diventi un vero e proprio business molto remunerativo per gli enti gestori, che scaricano sui migranti i deficit di una gestione che non rispetta le regole –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   quali iniziative urgenti di competenza intenda adottare per risolvere le criticità e le eventuali non conformità alla normativa vigente dei centri di accoglienza indicati. (4-11391)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VACCA, SIMONE VALENTE, D'UVA, LUIGI GALLO, BRESCIA, MARZANA, DI BENEDETTO e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, «Le istituzioni scolastiche, al fine di realizzare la personalizzazione del piano di studi, organizzano, nell'ambito del piano dell'offerta formativa, tenendo conto delle prevalenti richieste delle famiglie, attività e insegnamenti, coerenti con il profilo educativo, la cui scelta è facoltativa e opzionale per gli allievi e la cui frequenza è gratuita. Gli allievi sono tenuti alla frequenza delle attività facoltative per le quali le rispettive famiglie hanno esercitato l'opzione. Le predette richieste sono formulate all'atto dell'iscrizione»;
   secondo il comma 4 del citato articolo 7 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59, per lo svolgimento delle attività e degli insegnamenti di cui al comma 2, ove essi richiedano una specifica professionalità non riconducibile al profilo professionale dei docenti della scuola primaria, le istituzioni scolastiche stipulano, nei limiti delle risorse iscritte nei loro bilanci, contratti di prestazione d'opera con esperti;
   secondo un comunicato dell'istituto comprensivo statale di Casier del 2 ottobre 2014 rivolto ai genitori degli alunni, a firma del dirigente scolastico Elisabetta Costa-Reghini, in seguito alle delibera del collegio dei docenti avvenuta in data 30 settembre 2014 e del consiglio di istituto del 5 settembre 2014 si presentava «l'opportunità di avviare in tutte le classi della scuola primaria il progetto di educazione musicale “Yamaha musica e scuola” che prevede l'intervento di un esperto esterno formato alla metodologia Yamaha che cura l'approccio alla musica in modo particolarmente accattivante ed efficace dal punto di vista formativo, mediante l'utilizzo di una tastiera elettronica per ogni alunno della classe.». Secondo il comunicato, la presentazione del progetto articolata in due lezioni con i bambini in classe ed una terza lezione alla presenza dei genitori ha il fine di valutare la valenza del progetto e, quindi, di decidere per il prosieguo dello stesso con ulteriori 16 lezioni distribuite nel corso dell'anno scolastico;
   un secondo comunicato dello stesso istituto scolastico invitava i genitori a presenziare alla terza lezione con il fine di fornire le informazioni sulla possibilità di svolgere il progetto «Yamaha musica e scuola» in orario scolastico ed in collegamento con il programma didattico di educazione al suono e alla musica;
   successivamente alla terza lezione veniva fatto pervenire ai genitori degli alunni un modulo prestampato da compilare, per chiedere la partecipazione del proprio figlio al progetto «Yamaha musica e scuola» elencando, tra le condizioni, anche il versamento ad una associazione musicale indicazione di una somma in denaro, le modalità di pagamento e il numero di lezioni;
   il modulo di adesione non risulta intestato alla scuola ma è indirizzato esplicitamente ai genitori degli alunni della scuola primaria dell'istituto comprensivo statale di Casier. Nello stesso documento viene specificato che le attività gratuite sono state approvate dal consiglio di istituto e dal collegio dei docenti della scuola;
   agli interroganti risulta che sono diverse le classi primarie dell'istituto comprensivo statale di Casier che hanno aderito al progetto sulla base del numero di adesioni pervenute da parte dei genitori;
   un alunno di una delle classi aderenti al progetto non ha partecipato al corso, in quanto il genitore ha giustificato, ogni volta, l'assenza del figlio per motivi familiari. In seguito a tale comportamento, il dirigente scolastico ha invitato il genitore a far partecipare il proprio figlio al corso in quanto lo stesso dirigente riteneva tale attività rientrante «nell'ora curricolare per lo sviluppo dell'apprendimento della musica a scuola» e deliberato da consiglio e collegi;
   i genitori dell'alunno in questione, attraverso una raccomandata indirizzata al dirigente scolastico, hanno chiesto esplicitamente di permettere al proprio figlio di poter seguire la materia di musica con un docente interno all'istituto e non aderendo al progetto di musica «Yamaha musica e scuola»;
   nella risposta del dirigente alla famiglia dell'alunno, avvenuta in forma scritta, era dichiarato esplicitamente che lo stesso dirigente si era attivato «presso l'insegnante di musica per svolgere un intervento per quanto possibile individualizzato allo scopo di limitare il disagio dell'alunno in questione conseguentemente alle numerose assenze compiute nell'ora di attività musicale». Con tale dichiarazione viene confermato che, secondo il dirigente scolastico, il progetto Yamaha rientra nei progetti in orario curricolare;
   lo stesso dirigente ricorda ai genitori dell'alunno, nella missiva di risposta, che la mancata frequenza al corso dell'alunno è stata una decisione dei genitori stessi non autorizzata dal dirigente;
   si desume, a giudizio degli interroganti, in maniera inequivocabile, dai fatti, che il corso nonostante la richiesta di pagamento, viene considerato dall'istituto scolastico come attività in orario curricolare, tant’è che:
    nel documento di valutazione finale dell'alunno che non ha partecipato al progetto «Yamaha musica e scuola», nel riquadro riservato al primo semestre della musica è riportato che non è possibile dare una valutazione per le numerose assenze;
    nella risposta alla raccomandata dei genitori dell'alunno assente e facente parte di una delle classi in cui si è svolto il progetto «Yamaha musica e scuola», il dirigente scolastico dichiara che «la maggioranza dei genitori ha aderito al progetto e a coloro che non hanno aderito, grazie al finanziamento di una ditta (esterna) il progetto è stato offerto gratuitamente»;
   a giudizio degli interroganti, la vicenda dell'alunno che ha rifiutato di partecipare al progetto «Yamaha musica e scuola» in orario curricolare, ha fatto emergere una situazione che va comunque chiarita e verificata;
   secondo quanto è possibile leggere sul portale internet della Yamaha, sono numerosi gli istituti scolastici statali che hanno progetti in corso, con la stessa Yamaha;
   agli interroganti risulta che in una sezione dell'istituto comprensivo statale di Casier, negli anni precedenti la disciplina di musica veniva impartita da un docente interno; è ipotizzabile che, per lo svolgimento delle attività musicale, era possibile reperire una specifica professionalità tra i docenti della scuola;
   agli interroganti risulta che anche nell'anno scolastico 2015/2016 l'istituto comprensivo statale di Casier ha promosso il progetto «Yamaha musica e scuola» presso una differente sede scolastica, tant’è che un genitore di un alunno della scuola primaria Dosson ha inviato una PEC al direttore dell'ufficio scolastico regionale del Veneto per informarlo del corso a pagamento in orario curricolare –:
   se il progetto «Yamaha musica e scuola» dell'istituto comprensivo statale di Casier sia effettivamente in orario curricolare ed abbia comportato la valutazione degli alunni;
   se l'istituzione scolastica statale, ed in particolare l'istituto comprensivo statale di Casier, possa affidare un corso in orario curricolare ad un esterno, nonostante la presenza di una competenza interna per la materia stessa, in questo caso la disciplina di musica;
   se l'istituzione scolastica statale sia legittimata ad affidare un corso in orario curricolare, nel caso dell'istituto comprensivo statale di Casier ad un'associazione che gestisce il progetto «Yamaha musica e scuola», anche in presenza di una richiesta ai genitori di pagamento di una somma di denaro all'associazione;
   se vi siano altre istituzioni scolastiche statali che hanno in corso, o hanno avuto negli anni precedenti, medesimi progetti a pagamento in orario curricolare e con meccanismi analoghi. (5-07183)

Interrogazione a risposta scritta:


   DI LELLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   fra i temi più importanti al fine della pubblicazione del nuovo bando di concorso per la scuola vi è la riforma delle classi di concorso cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sta lavorando. Infatti, è in via di predisposizione il testo del regolamento sulle classi di concorso per la definitiva approvazione in seconda lettura da parte del Consiglio dei ministri;
   a tal fine, nel dare il loro parere favorevole allo schema di regolamento per le nuove classi di concorso, sia la Commissione istruzione sia della Camera che del Senato hanno ritenuto necessario un aumento dei crediti formativi universitari di latino utili per l'accesso alle classi A12 e A22 (ex A043 e A050);
   a tal proposito, la VII Commissione cultura della Camera ha espresso parere favorevole alla riforma delle classi di concorso, precisando però alcune condizioni. Una di queste riguarda le classi A12 (ex 50/A discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado e A22 (ex 43/A) italiano, storia, geografia, nella scuola secondaria di I grado: «2. per gli insegnamenti di discipline letterarie delle classi A12 e A22, si aggiornino i CFU indicati nelle note, prevedendo almeno ulteriori 12 CFU acquisiti nel settore scientifico disciplinare di latino»;
   anche la VII commissione, al Senato, ha dato parere favorevole alla riforma delle classi di concorso. Anche in questo caso si tratta di un parere favorevole con alcune condizioni. I tempi celeri per l'approvazione sono giustificati dal fatto che il nuovo concorso a cattedra sarà basato proprio sulle nuove classi. Rispetto allo schema di regolamento che è stato elaborato dal Governo, il Senato chiede di apportare alcune modifiche;
   in particolare, per quanto riguarda le classi di concorso in questione: per gli insegnamenti di discipline letterarie delle classi A12 e A22, si aggiornino i crediti formativi universitari indicati nelle note, prevedendo almeno ulteriori 16 crediti formativi universitari acquisiti nel settore scientifico disciplinare di latino; siano previsti quali titoli di accesso tutti quelli già contemplati per le classi di concorso A12 e A22;
   dunque, l'esigenza è quella di far sì che l'accesso alle attuali classi di concorso A043 e A050, che nella riforma si chiameranno A12 e A22, rispettivamente italiano, storia, geografia, nella scuola secondaria di I grado e discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado, sia disciplinato con un numero maggiore di crediti formativi universitari relativi al latino. La problematica non è di poco conto. Se da un lato si può infatti considerare che la norma non sarà recepita per il concorso a cattedra 2015, da pubblicare nelle prossime settimane, il dubbio rimane per il tirocinio formativo attivo III ciclo, previsto per gennaio-febbraio 2016. In ogni caso dunque, dall'approvazione del provvedimento sulle classi di concorso, alla pubblicazione del bando per il tirocinio formativo attivo, non ci sarebbe il tempo, da parte dei laureati, di acquisire tali crediti in tempo utile –:
   quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere ai fini della definizione del decreto di cui in premessa per salvaguardare da un lato gli iter formativi e dall'altro per determinare i tempi per la realizzazione del nuovo percorso senza penalizzare quanti a norma vigente avrebbero i titoli per partecipare al prossimo tirocinio formativo attivo (TFA).
(4-11389)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge quadro n. 281 del 14 agosto 1991 in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo la «Ripartizione annuale del fondo istituito per garantire l'attuazione della Legge» è di competenza dello Stato che «promuove e disciplina la tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente»;
   alle regioni e alle province autonome spettano anche i compiti di emanare leggi e regolamenti per l'applicazione delle norme nazionali ed individuare i criteri per il risanamento dei canili e la costruzione dei rifugi per cani;
   l'articolo 2 della legge regionale del Lazio del 21 ottobre 1997, n. 34, prevede che: «I comuni, singoli o associati, provvedono b) ad assicurare il ricovero, la custodia ed il mantenimento dei cani nelle strutture (...) i canili pubblici possono essere affidati in tutto o in parte in gestione, mediante convenzione, alle associazioni di volontariato animalista e per la protezione degli animali di cui all'articolo 23, comma 1 (...)», ovvero alle associazioni iscritte nel relativo registro regionale;
   ai comuni e ai sindaci compete, tra l'altro: il risanamento dei canili comunali e costruzione di rifugi per cani; la gestione dei canili e gattili direttamente o tramite convenzioni con associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati;
   la giunta capitolina, con deliberazione n. 148 del 22 maggio 2014, ha dettato gli indirizzi per le procedure di affidamento della gestione delle strutture capitoline destinate al ricovero di cani e gatti previa esecuzione di lavori di adeguamento e dando mandato agli uffici dell'amministrazione capitolina, nelle more dei lavori di adeguamento presso i canili comunali, di garantire la continuità del servizio espletando tutte le procedure necessarie per l'affidamento delle strutture comunali;
   il 31 luglio 2015 il comune di Roma Capitale, in conformità alle norme sopra indicate ed al fine di «garantire la continuità del servizio che si sostanzia in servizio pubblico di natura obbligatoria» quindi «di acquisire istanze da parte di organismi, cui affidare la gestione delle seguenti strutture pubbliche capitoline nelle quali sono ospitati animali, tra le Associazioni di Volontariato Animalista e per la Protezione degli Animali, iscritte nei relativi registri e tra soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti di cani e gatti», ha indetto una gara con il metodo della procedura comparativa per l'affidamento del servizio di gestione dei canili e delle oasi feline di proprietà di Roma Capitale per la durata di quattro mesi, dal 1o settembre 2015 al 31 dicembre 2015 (rinnovabili per altri quattro) a decorrere dalla data di sottoscrizione della convenzione;
   tale bando è da considerarsi «ponte», poiché nel 2016 è prevista l'apertura di una gara europea, si è reso necessario dal momento che, per legge, non è possibile concedere con affidamento diretto appalti per un importo superiore ai quarantamila euro;
   la procedura di comparazione, ovvero il bando, prevede la suddivisione in 4 lotti (con tre canili e un oasi felina). Nello specifico: il Canile Muratella, il Canile Vitinia, il Canile Ponte Marconi e l'Oasi Felina Porta Portese;
   è prevista la «automatica decadenza del contratto se l'esito dell'indicenda gara europea si determinasse prima della scadenza degli otto mesi», nonché «ove non pervenissero domande per un singolo lotto» la riserva dell'amministrazione «di proporre l'affidamento del lotto al soggetto collocato più utilmente nelle graduatorie degli altri lotti»;
   l'articolo 4 del bando («Suddivisione Lotti e relativi importi») stabilisce che «Gli organismi che partecipano alla presente procedura comparativa sono resi fin d'ora edotti che, ancorché la partecipazione sia ammessa indistintamente per tutti i lotti, l'eventuale convenzionamento non potrà che riguardare un unico lotto. Ove l'Organismo si collocasse in posizione utile al convenzionamento su più di due lotti, dovrà tempestivamente manifestare apposita opzione nel rispetto del numero complessivo di lotti suddetto, determinando automaticamente lo scorrimento della graduatoria in favore del soggetto utilmente collocatosi nella posizione di graduatoria immediatamente successiva. Ove non pervenissero domande per un singolo lotto, l'Amministrazione si riserva la possibilità di proporre l'affidamento del lotto al soggetto collocato più utilmente nelle graduatorie degli altri lotti»;
   il 23 settembre 2015 essendo l'esito della procedura comparativa a favore della barese MAPIA s.r.l. ed essendo questa vincitrice anche degli altri lotti, secondo regolamento, la società in questione ha optato per il lotto Ponte Marconi-ex cinodromo, ove il rapporto costo-cane risultava più alto degli altri, quindi con maggiori profitti. Per gli altri lotti non aggiudicati, l'amministrazione ha scelto di procedere con una proroga tecnica all'associazione che, precedentemente, aveva gestivo entrambi i canili (AVCPP), applicando una decurtazione di circa il 30 per cento;
   la società unica vincitrice del bando risulta essere un'azienda multiservizi che svolge attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione di ambienti pubblici, privati e industriali su Bari e per il Sud Italia;
   il 27 settembre 2015, da fonti giornalistiche (quotidiano la Repubblica – articolo di Rory Cappelli) emergerebbero immagini sconcertanti sulla condizione degli animali affidati a Mapia srl;
   la Lega anti vivisezione ha presentato diversi esposti contro il gestore barese;
   a novembre 2015 il comune di Roma ha trasferito i cani dal canile Muratella al rifugio comunale Ponte Marconi, come sostanziale conseguenza della gara e del taglio del budget 2015 per gli animali;
   nello stesso mese di novembre il comune di Roma ha ordinato all'associazione AVCCP di ritirare tutti gli operatori presenti nel rifugio Ponte Marconi, rispetto ai quali la società Mapia srl risulta non aver esercitato la «clausola di salvaguardia sociale» espressamente prevista all'articolo 10 del bando di gara;
   l'associazione Onlus Avcpp, con adeguato know how, gestisce le sedi «Muratella» e «Poverello» con una proroga tecnica di euro 250000 (a fronte della precedente di euro 325000 circa) con 101 lavoratori in cassa integrazione in deroga del 24 per cento sul monte ore complessivo con probabile diminuzione dello stipendio medio per un operatore full time, da circa 1200 euro scende anche sotto i mille euro mensili (previsti circa 900 euro mensili);
   ai lavoratori a tempo pieno si aggiungono 29 unità part time (da 20 a 35 ore settimanali) la cui probabile riduzione del salario potrebbe diventare difficilmente sostenibile;
   in caso di passaggio di gestione dei canili a società multi servizi queste potrebbero non disporre o non avvalersi esclusivamente di «personale adeguatamente formato e/o dotato di comprovata esperienza» come giustamente previsto dall'articolo 3, punto « a», del bando di cui trattasi, con possibili riflessi negativi sugli animali e sul servizio pubblico –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se intenda intraprendere iniziative, per quanto di competenza, per la tutela occupazionale dei lavoratori addetti alla cura degli animali, nel rispetto delle clausola di salvaguardia occupazionale contenuta nell'articolo 10 della citata procedura di comparazione. (5-07181)

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 24 settembre 2015 è entrato in vigore il decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 10 dicembre 2014, n. 183;
   la legge 183 del 2014 di riforma del mercato del lavoro, cosiddetto « Jobs Act», ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive allo scopo di garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva del lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché di assicurare l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative;
   al comma 4 dell'articolo 1 della legge 183 del 2014, tra i principi direttivi, si prevede l'istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di un'Agenzia nazionale per l'occupazione, partecipata da Stato, regioni e province autonome, vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al cui funzionamento si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali già disponibili a legislazione vigente, e mediante razionalizzazione degli enti strumentali e degli uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali allo scopo di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa;
   il predetto decreto legislativo 150 del 2015 ha provveduto, tra le altre cose, all'istituzione dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL) a partire dal 1o gennaio 2016 con importanti funzioni in materia di coordinamento della rete nazionale dei servizi per il lavoro e di gestione;
   l'articolo 6 del decreto legislativo 150 del 2015 individua tra gli organi dell'ANPAL il presidente, scelto tra personalità di comprovata esperienza e professionalità nel campo delle politiche e delle istituzioni del mercato del lavoro;
   ai sensi della norma il presidente dura in carica tre anni, il suo incarico è rinnovabile una sola volta, ed è l'unico interlocutore di Governo, Ministeri, e gli altri enti e istituzioni;
   l'ISFOL viene riorganizzata con compiti prevalentemente di ricerca e studio e la riduzione del contributo istituzionale per lo stesso è trasferita all'ANPAL;
   il presidente di ANPAL è anche amministratore unico del Italia Lavoro spa che diviene struttura in house;
   il decreto legislativo 150 del 2015 ha stabilito che entro quarantacinque giorni dalla sua entrata in vigore dovesse essere adottato lo statuto dell'ANPAL;
   l'ANPAL dovrà definire importanti aspetti attuativi del decreto delegato, in assenza dei quali si rischia una condizione di stallo e di incertezza in merito alla normativa applicabile, nella concorrenza di competenze tra regioni e Stato, e un vulnus giuridico causato dalla immediata abrogazione della normativa previgente, senza la previsione di un periodo transitorio in attesa della realizzazione di tutte le componenti operative da parte dell'ANPAL;
   l'ANPAL dovrà provvedere anche alla realizzazione del portale nazionale cui le persone dovranno iscriversi per poter comprovare il proprio stato di disoccupazione, dichiarando la propria immediata disponibilità al lavoro e alla partecipazione al percorso di politica attiva proposto dal tutor;
   il portale nazionale, oltre che la porta di accesso alle misure di politica attiva, sarà anche il punto di accesso alla rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro e a tutte le misure di politica passiva;
   il sistema informativo unico delle politiche del lavoro dovrà sostituire il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro che dovrà essere realizzato dall'ANPAL in cooperazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, l'INPS e l'ISFOL, valorizzando e riutilizzando le componenti informatizzate realizzate dalle predette amministrazioni;
   l'assenza del sistema informativo sta generando non pochi problemi gestionali da parte degli operatori, sui quali pende anche l'ipotesi della responsabilità disciplinare e contabile nel caso di mancata adozione dei provvedimenti sanzionatori di decurtazione o decadenza delle prestazioni di sostegno al reddito per i disoccupati;
   il 27 novembre 2015 l'INPS ha emanato una circolare con cui cerca di risolvere in via interpretativa importanti questioni lasciate aperte dal decreto, soprattutto con riferimento alla difficile gestione dei flussi informativi tra i centri per l'impiego (CPI) e lo stesso Istituto relativamente ai disoccupati percettori di forme di sostegno al reddito, come, ad esempio, la «Naspi» che ha sostituito l'indennità di disoccupazione;
   nella predetta circolare, l'INPS, per far fronte alla mancanza del sistema informativo, riconduce tutto all'onere dei CPI di accedere alla banca dati percettori gestita dallo stesso Istituto per verificare le informazioni che, invece, dovrebbero essere trasferite in via telematica ai CPI attraverso il sistema informatico ancora non costituito;
   il 23 novembre 2015 è stata approvata la proposta di nomina a presidente della costituenda Agenzia del professor Maurizio Del Conte», professore di diritto del lavoro all'Università Bocconi, e attualmente consigliere economico del Presidente del Consiglio dei ministri;
   ancora prima di provvedere alla costituzione dell'Agenzia, di fatto si provvede alla nomina di uno dei suoi organi;
   il professor Del Conte ha collaborato alla stesura del decreto legislativo attuativo del Jobs Act che ha istituito l'Agenzia, che lo stesso andrà a presiedere non appena sarà concluso l’iter di approvazione della sua nomina;
   il professor Del Conte risulta all'interrogante aver sempre strenuamente difeso la scelta di costituire un'Agenzia nazionale dalle accuse di star realizzando solo, un'operazione di riorganizzazione del Ministero, costruendo un nuovo «carrozzone» pubblico che non avrebbe portato nessuna miglioria nel mercato del lavoro;
   l'unica scadenza che, a giudizio dell'interrogante, sembra essere stata rispettata riguarda proprio la predetta nomina, non risultando neppure la proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che dovrebbe trasferire le risorse umane e strumentali verso la nuova Agenzia –:
   se non ritengano che sarebbe stato più opportuno nominare ai vertici dell'Agenzia una persona non appartenente all’entourage del Presidente del Consiglio e non impegnata in prima linea nella stesura del decreto;
   al di là del dato formale, che fissa al 1o gennaio 2016 la data di costituzione dell'ANPAL, quale sarà il termine entro il quale l'ANPAL sarà effettivamente operativa, al netto del tempo necessario a definire i trasferimenti del personale e a darle l'assetto previsto dalla normativa;
   quali scadenze si prevedano per l'adozione di tutte le iniziative necessarie all'attuazione delle disposizioni previste al decreto, entrato in vigore da ormai due mesi;
   quali siano e a quanto ammontino i risparmi di spesa previsti dalla realizzazione della nuova Agenzia, posto che parte delle risorse liberate dalla riorganizzazione dell'ISFOL e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dovranno coprire le spese di funzionamento della nuova Agenzia e il compenso del presidente;
   se in attesa dell'operatività dell'ANPAL il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali intenda procedere all'adozione dei provvedimenti di competenza, anche di quelli per cui si prevede una proposta della stessa Agenzia, al fine di garantire il funzionamento del mercato del lavoro;
   quali iniziative intendano intraprendere per garantire l'autonomia dell'Agenzia, in ottemperanza a quanto previsto dalla legge 300 del 1999;
   se i Ministri interrogati non ritengano che la creazione di un nuovo soggetto nell'organizzazione e nella governance dei servizi per il lavoro non crei ulteriore confusione e frammentazione, al contrario di quanto ci si proponeva nella norma istitutiva di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa e di garantire i livelli essenziali delle prestazioni di politiche attive del lavoro su tutto il territorio nazionale. (4-11388)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta orale:


   FRANCO BORDO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Consorzio agrario provinciale di Benevento è stato posto in liquidazione coatta amministrativa con decreto ministeriale 16 giugno 1996 del Ministro delle politiche agricole;
   come si evince dai bilanci aziendali, gli esercizi d'impresa si sono chiusi con cospicue perdite;
   in data 19 dicembre 2014 il management del Consorzio agrario ha avviato una procedura di licenziamento collettivo per numero 12 unità ai sensi della legge n. 223 del 1991 e in data 18 febbraio 2015 è stata conclusa presso l'Ormel della regione Campania la procedura;
   la Cgil Flai di Benevento non ha firmato l'accordo ed ha chiesto al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una verifica ispettiva per il controllo della corretta gestione;
   la direzione del Consorzio, ad avviso degli interroganti, ad oggi non sta operando adeguatamente per migliorare la situazione economico/produttiva, anzi ha addirittura posto in ferie forzate i propri dipendenti invece di incrementare le attività;
   in data 26 ottobre 2015 il Consorzio agrario provinciale di Benevento ha provveduto al licenziamento di 11 unità lavorative con decorrenza 30 ottobre 2015;
   a seguito della mobilitazione dei dipendenti, che hanno incontrato in prefettura a Benevento anche il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, i vertici del Consorzio hanno revocato momentaneamente i licenziamenti;
   il fatturato del Consorzio agrario provinciale di Benevento, sembrerebbe essere in ulteriore calo rispetto allo scorso anno e a quelli passati, addirittura con alcuni punti vendita che riscontrano un -40 per cento;
   il punto vendita di Foglianise, stando alle informazioni fornite dai sindacati, avrebbe registrato un ammanco; altri ammanchi sarebbero stati riscontrati in altri punti vendita, anche in quello allocato nella sede principale del Consorzio agrario provinciale di Benevento;
   la gestione degli affidamenti legali, a quanto consta agli interroganti, risulta essere molto discrezionale;
   tali informazioni si evincono anche da notizie di stampa riportate da organi come: Gazzetta di Benevento, Il Vaglio.it e Radioarticolo1, network della CGIL –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per salvaguardare i livelli occupazionali del Consorzio agrario provinciale di Benevento;
   se le anomalie riscontrate nella gestione del Consorzio agrario provinciale di Benevento non rendano indispensabile un cambio del commissario al fine di giungere in tempi rapidi alla conclusione della procedura liquidatoria del Consorzio stesso.
(3-01892)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANIN, ROSSI, COVA e VENITTELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente tutela pesca del Friuli Venezia Giulia (ETP), istituito con legge regionale n. 19 del 1971, è un Ente strumentale della regione Friuli Venezia Giulia incaricato di gestire la pesca sportiva nelle acque interne e tra le funzioni istituzionali, elencate all'articolo 6 della legge regionale, vi sono quella della tutela ed incremento delle popolazioni ittiche e quella di realizzare attività di semina e ripopolamento ittico;
   sin dalla sua istituzione l'ETP ha garantito il ripopolamento a scopo di pesca dei fiumi e dei laghi del Friuli Venezia Giulia, prestando grande attenzione alle esigenze della propria utenza, che siede con una rappresentanza del 75 per cento dei componenti, nel proprio consiglio direttivo;
   le operazioni di immissione di fauna ittica consentono di perseguire obiettivi di conservazione della fauna stessa e sono necessarie per sostenere un'attività, quale la pesca sportiva — ed in particolare quella agonistica — di valore sociale ed economico tutt'altro che trascurabile, basti pensare che il bacino di utenza della pesca sportiva nel solo Friuli Venezia Giulia è di circa 20.000 pescatori sportivi;
   da alcuni anni, quindi, l'ETP si è trovato a far dover far fronte all'esigenza di contemperare le esigenze dei pescatori sportivi con quelle legate alla conservazione dell'ambiente, provvedendo quindi sia ad attività di ripopolamento ittico che di semina di pesci a scopo di pesca;
   le attività di conservazione delle specie indicate sono per altro possibili anche grazie ai fondi che ciascun pescatore versa con il canone della licenza di pesca e quindi il mantenimento di un buon numero di licenze e condizione fondamentale per la prosecuzione delle iniziative intraprese;
   tra i salmonidi (tra le prede più ambite per la pesca sportiva) nelle acque interne del Friuli Venezia Giulia sono state oggetto di introduzione e ripopolamento le seguenti specie:
    a) Salmo marmoratus (trota marmorata), specie autoctona endemica dei bacini adriatici;
    b) Salmo [trutta] trutta (trota fario), trota europea di origine atlantica e nord europea, introdotta in tutte le acque fino agli anni 90 del secolo scorso;
    c) Oncorhynchus mykiss (trota iridea), che è una trota di origine nord americana, ed è quella più comunemente utilizzata in acquacoltura e per l'alimentazione;
   trota marmorata e trota fario sono prodotte in impianti dell'ETP, mentre l'immissione di trota iridea e di una quota di trota fario è possibile grazie al reperimento sul mercato locale di prodotto idoneo. La trota iridea gode anche di una particolare deroga al divieto di impiego in acquacoltura di specie esotiche o localmente assenti di cui al regolamento europeo 708/2007, divieto che non si applica alla trota fario in quanto estranea alla fauna dell'Unione europea. Queste due specie sono quelle utilizzate per la realizzazione delle gare di pesca organizzate dalle associazioni di pescatori sportivi, comunemente su tutto il territorio nazionale;
   ETP nel corso del 2014 ha autorizzato 120 gare, con il rilascio di 4.416 chilogrammi di trota fario e 12.190 chilogrammi di trota iridea. A queste manifestazioni hanno partecipato 14.764 pescatori, provenienti da tutta Italia;
   di particolare rilievo sono le gare (31 nel 2014) di livello nazionale realizzate dalle più importanti organizzazioni di pescatori (ad esempio, FIPSAS, ENAL caccia e pesca) con notevoli ricadute economiche dirette ed indirette per alcune realtà locali (alberghi, ristoranti, commercianti di articoli sportivi). Esse fanno parte di un circuito di gare che si tengono anche in altre regioni d'Italia e che hanno portato in regione nel 2014 poco meno di 4000 pescatori;
   recentemente (2014) la normativa regionale di settore (articolo 6-ter della legge regionale 19/1071) ha previsto la predisposizione del piano di gestione ittica, a cura di ETP, quale documento di indirizzo per la realizzazione dei seguenti obiettivi:
    a) tutela della biodiversità;
    b) conservazione e incremento della fauna ittica e dei relativi habitat;
    c) gestione del patrimonio ittico e del relativo prelievo;
   il piano di gestione può contenere piani di azione specifici per la conservazione di specie di particolare interesse. La gestione delle immissioni di ripopolamento, a differenza di quelle effettuate a fini alieutici, non presentano particolari problemi normativi. Pongono invece dubbi relativamente al quadro di riferimento le immissioni attuate con specie non locali. Tale pratica, comune in tutte le regioni d'Italia, risulta infatti contrastare con alcune disposizioni vigenti;
   il quadro normativo, entro cui vanno considerate le operazioni di immissione di specie ittiche non locali a fini di pesca, comprende non solo disposizioni che attengono la pesca, ma anche norme in materia di conservazione della biodiversità (direttiva 92/43/CEE, decreto del Presidente della Repubblica 357/2007), in materia sanitaria (direttiva 2006/88/CE, (decreto legislativo 148 del 2008) e in materia ambientale (direttiva 2000/60/CE, decreto legislativo 152/2006). Tali disposizioni hanno anche generato una serie di norme regionali di attuazione. Le immissioni devono quindi essere programmate ed attuate nel rispetto delle finalità di ciascuna norma indicata;
   in particolare la direttiva 92/34/CEE, nota come «Habitat», costituisce la norma quadro nell'ambito dei Paesi dell'Unione europea per la conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Nell'ambito di questa Direttiva viene istituita la Rete Natura 2000, un sistema coordinato e coerente di siti destinati alla conservazione degli habitat e delle specie animali e vegetali ad essi legati. Vengono perciò istituite le zone speciali di Conservazione (ZSC), la cui istituzione passa per l'individuazione preliminare dei siti di interesse comunitario (SIC). Ciascun sito è dotato di un piano di gestione che disciplina le attività ammesse, o da Misure di conservazione dirette a garantire il raggiungimento del fine per il quale il sito è stato designato;
   è necessario sottolineare che la direttiva « Habitat» alla lettera b) dell'articolo 22 prevede che nell'attuazione gli Stati membri «controllano che l'introduzione intenzionale nell'ambiente naturale di una specie non locale del proprio territorio sia disciplinata in modo da non arrecare alcun pregiudizio agli habitat naturali nella loro area di ripartizione naturale né alla fauna e alla flora selvatiche locali, e, qualora lo ritengano necessario, vietano siffatta introduzione. I risultati degli studi di valutazione effettuati sono comunicati al comitato per informazione». Pertanto la direttiva non impone il divieto, lasciando allo Stato membro facoltà di istituirlo. Per questo motivo gli Stati confinanti col Friuli Venezia Giulia consentono l'introduzione di specie non locali, come ad esempio la trota iridea a scopo di pesca;
   l'Italia ha attuato le norme indicate dalla direttiva 92/43/CEE « Habitat» recependole nel decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 e successive modifiche e integrazioni;
   il testo storico del decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 al comma 3 dell'articolo 12 prevedeva che: «L'introduzione di specie non locali può essere autorizzata secondo la procedura di cui al comma 2 qualora lo studio di cui al comma 1 assicuri che non venga arrecato alcun pregiudizio agli habitat naturali né alla fauna, né alla flora selvatiche locali. Le valutazioni effettuate sono comunicate ai competenti organismi dell'Unione europea»;
   l'Allegato D comprende le specie per cui viene prevista una protezione rigorosa, ovvero quelle elencate all'Allegato IV della direttiva « Habitat». Per quanto riguarda le specie ittiche del Friuli Venezia Giulia vi rientra solamente Acipenser naccarii (storione cobice);
   in seguito il decreto del Presidente della Repubblica 120 del 2003 modificò il decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 e l'attuale comma 3 dell'articolo 12 dispone che: «Sono vietate la reintroduzione, l'introduzione e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone». Tale divieto appare perentorio e privo di ogni possibilità di deroga. L'autoctonia di specie e popolazioni non può essere stabilita sulla base della presenza di popolazioni acclimatate, ovvero di popolazioni in grado di mantenersi autonomamente attraverso riproduzione in ambiente naturale. Non sono autoctone pertanto le popolazioni introdotte come quelle di trota fario nelle acque dei bacini adriatici o quelle di trota iridea e temolo danubiano;
   sul piano tecnico le immissioni di trota fario in acque naturali sono considerate unanimemente incompatibili con la conservazione della trota marmorata, se attuate nelle acque destinate alla sua tutela;
   al contrario molti ittiologi ritengono che l'immissione di trota iridea a scopo di pesca sia compatibile con la conservazione della trota marmorata e di altre specie ittiche in quanto:
    i ceppi ora allevati non si riproducono nell'ambiente naturale;
    non è possibile in ogni caso l'ibridazione con la trota marmorata o con altre specie autoctone;
    il comportamento particolarmente aggressivo della specie la rende facilmente pescabile e quindi il tempo di residenza nelle acque dei pesci immessi è molto basso;
    la gestione delle immissioni permette di non mettere a rischio la specie autoctona a causa della competizione;
    la presenza di trota iridea sposta la pressione di pesca su questa specie riducendo il prelievo della trota marmorata;
   questo ultimo aspetto, in particolare, è di interesse per l'ETP che è impegnato in campagne di ripopolamento con notevoli quantità di individui di trota marmorata (nel 2014 350 quintali di adulto, 1.000.000 di giovanili e circa 350.000 uova), la cui produzione è particolarmente onerosa – e la cui efficacia rischia di essere compromessa dalla forte pressione alieutica;
   va detto che la Corte Costituzionale con sentenza n. 288 del 19 dicembre 2012 ha rilevato che l'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 vieta espressamente, in via generale e assoluta, l'introduzione e il ripopolamento in natura di «specie e popolazioni non autoctone», divieto che la direttiva comunitaria 92/43/CE, sub lettera b) del suo articolo 22, autorizza gli Stati nazionali ad adottare «ove lo ritengano necessario». La Corte ha evidenziato che nell'esercizio di tale sua competenza esclusiva, nell'apprestare cioè una «tutela piena e adeguata», capace di assicurare la conservazione dell'ambiente per la presente e per le future generazioni, lo Stato può porre limiti invalicabili di tutela (sentenza n. 378 del 2007). A tali limiti le regioni devono adeguarsi nell'esercizio di altre proprie competenze;
   l'ETP Friuli Venezia Giulia, su richiesta del primo firmatario del presente atto, nella persona del presidente dottor Flaviano Fantin è stato audito in modo informale il 23 luglio nell'ambito della Commissione agricoltura, rilasciando in quella occasione una memoria utile a prendere atto dei problemi testé presentati –:
   se il Ministro, stante il dubbio sulla possibilità di immissione della trota iridea, non ritenga necessario assumere iniziative per ripristinare il comma 3 dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997 nella sua stesura originaria, ovvero per prevedere l'introduzione di una procedura che porti a pianificare le immissioni, monitorare e valutare gli effetti. (5-07173)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANI, MARROCU e MURA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la SAIPEM, è una società per azioni che fa parte del gruppo ENI, costituita nel 1956 quale società operante nel settore della prestazione di servizi per il comparto petrolifero, specializzata nella realizzazione di infrastrutture connesse alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, alla perforazione di pozzi petroliferi, alla loro messa in produzione, nonché alla costruzione di oleodotti e gasdotti;
   la SAIPEM, che è la quinta compagnia del settore petrolifero in quanto detiene il 3,6 per cento della quota di mercato globale, si avvale di società controllate tra le quali la ex Intermare Sarda, oggi «Intermare Fabrication Yard» di Arbatax che rappresenta il cantiere di costruzione offshore e onshore in Italia di SAIPEM;
   è recente la notizia di un accordo che consentirà al Fondo strategico italiano (FSI) di rilevare il 12,5 per cento del capitale dall'ENI. La cessione delle azioni avverrà immediatamente, prima dell'avvio dell'aumento di capitale da 3,5 miliardi di euro, deliberato dal consiglio d'amministrazione di SAIPEM. Il completamento dell'operazione è previsto nel primo semestre del 2016. ENI e FSI garantiranno la sottoscrizione delle loro quote, mentre la restante parte sarà garantita da un consorzio di banche;
   il Fondo strategico italiano è una holding di partecipazioni istituita con il decreto ministeriale 3 maggio 2011, il cui azionista di maggioranza è il gruppo cassa depositi e prestiti, che detiene l'80 per cento delle azioni, mentre azionista di minoranza è la Banca d'Italia, che detiene il 20 per cento del capitale azionario. Il capitale di FSI è aperto ad altri investitori istituzionali, italiani o esteri;
   nell'ambito del piano di riassetto del proprio debito, la SAIPEM ricorrerà ad un finanziamento pari a 4,7 miliardi di euro messo a disposizione dal sistema bancario: nello specifico, 3,2 miliardi serviranno a rimborsare i crediti residui verso Eni, mentre la restante linea di credito da 1,5 miliardi garantirà invece a SAIPEM la liquidità necessaria per le proprie esigenze finanziarie. A seguito di questa operazione di aumento di capitale e rifinanziamento;
   il Fondo strategico italiano opera investendo in imprese con l'obiettivo di creare valore per i suoi azionisti mediante la crescita dimensionale, il miglioramento dell'efficienza operativa, l'aggregazione ed il rafforzamento della posizione competitiva sui mercati nazionali e internazionali delle imprese oggetto di investimento;
   FSI è un investitore di lungo termine che persegue ritorni del proprio investimento a parametri di mercato in coerenza con il concetto dell'investitore non gestore;
   sulla base del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 8 maggio 2011, il FSI si rivolge a imprese in equilibrio finanziario e con adeguate prospettive di redditività e di crescita, che operano nei settori strategici: difesa, sicurezza, infrastrutture e dei pubblici servizi, trasporti, comunicazione, energia, assicurazione e intermediazione finanziaria, ricerca e alta tecnologia. Al di fuori di tali settori, il Fondo può investire in aziende con un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti non inferiore a 250 unità. La dimensione scende fino a euro 240 milioni di fatturato e 200 dipendenti nel caso di società la cui attività sia rilevante in termini d'indotto e benefici per il sistema economico-produttivo: si tratta, quindi, di uno strumento pensato per medie e grandi aziende, complementare al Fondo italiano di investimento, attivo sulle piccole e medie imprese di cui Cassa depositi e prestiti è altresì promotore;
   l'ingresso del Fondo strategico italiano in SAIPEM sembrerebbe non comportare nessuno sconvolgimento societario, rientrando tale evento nelle consuete logiche societarie di ampliamento di capitali, cessione di quote, fusioni e altro: tuttavia permangono alcune perplessità, già manifestate dalle istituzioni e dalle organizzazioni sindacali locali, in relazione al rapporto di SAIPEM con la Sardegna ed in particolare con l'insediamento produttivo di Arbatax che vista la sua ubicazione e l'alta professionalità dei lavoratori costituisce un fiore all'occhiello del gruppo SAIPEM;
   negli ultimi mesi c’è stato il licenziamento di 24 persone operanti nello stabilimento SAIPEM di Arbatax, nonché la carenza di nuove commesse, fatti che stanno generando forte preoccupazione tra i lavoratori diretti della società e ancor di più tra le società che operano nell'indotto e che occupano svariate centinaia di lavoratori –:
   quali siano in generale gli orientamenti del Governo sui fatti esposti in premessa e quali risvolti avrà per il territorio dell'Ogliastra questa importante modifica dell'assetto societario della SAIPEM spa, e in particolare quali siano le iniziative che il Governo intende promuovere attraverso SAIPEM per rilanciare lo stabilimento di Arbatax di proprietà della Intermare Fabrication Yard attraverso un nuovo piano industriale che preveda nuove commesse. (5-07176)


   FABBRI, BENAMATI, DE MARIA, LENZI e MONTRONI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Saeco s.r.l, azienda leader nel settore della produzione di macchine automatiche per caffè nasce nel 1981 in Italia, a Gaggio Montano nei pressi di Bologna;
   Saeco, in più di 30 anni, ha prodotto più di 100 brevetti depositati, con frequenza di 10/15 nuovi progetti brevettati ogni anno attraverso 6 laboratori di ricerca, di cui uno certificato VDE;
   dal 2009 la società viene acquisita dalla multinazionale olandese Royal Philips Electronics;
   in data 26 novembre 2015 l'azienda annuncia senza preavviso formale di volere ridurre la forza lavoro di 243 unità su 558 dipendenti, con ciò provocando comprensibilmente l'immediata proclamazione dello stato di agitazione da parte dei sindacati;
   la suddetta decisione aziendale mette a rischio non solo un notevole numero di posti di lavoro, ma anche il futuro dello stabilimento e dell'intera comunità locale, che sarebbe colpita duramente da un così drastico e improvviso calo dei livelli occupazionali;
   Gaggio Montano è un comune dell'Alto Appennino bolognese, area già colpita duramente dalla deindustrializzazione e l'impatto del ventilato provvedimento sarebbe devastante per tutta l'area dell'Alto e Medio Reno;
   il 2 dicembre 2015 si è tenuto un incontro, convocato dall'Assessore alle attività produttive, della regione Emilia Romagna, Palma Costi, tra l'azienda e i sindacati, che però non ha dato spiragli positivi sulla vicenda degli esuberi;
   vista la complessità e la delicatezza della vicenda, la dimensione multinazionale della proprietà e la particolarità del territorio coinvolto nella crisi, si è deciso in tempi brevi di allargare il confronto sul piano nazionale e nella giornata del 3 dicembre il presidente della regione Stefano Bonaccini ha affrontato la questione con il Ministro interrogato, per valutare l'imminente convocazione di un tavolo ministeriale –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda adottare per arrivare alla definizione di un piano industriale che permetta la continuità produttiva salvaguardando le ricadute occupazionali e minimizzando l'impatto socio-economico sulla comunità locale. (5-07177)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi è stato recapitato a Palazzo Chigi, alla regione Sardegna e al Ministero dello sviluppo economico un «piano GAS SARDEGNA» definito «strettamente confidenziale»;
   il mittente di tale piano è l'Eni;
   il piano è contraddistinto da un acronimo, Floating Storage Unit – FSU per Sardegna, che tradotto significa di fatto un mega deposito galleggiante di gas in mezzo al mare, davanti all'isola dell'Asinara;
   un progetto, è scritto nei documenti, da concretizzare in sei mesi, tanti ne ha indicati l'Eni nel piano inviato ai soggetti prescelti per l'operazione;
   sono due le fasi proposte dall'Eni: la prima prevede una soluzione «ponte» da attuarsi con rimorchi e cisterne (fino a 20 milioni di metri cubi all'anno) a partire dal 2017 e poi la soluzione «industriale» tramite depositi galleggianti a Porto Torres a partire dal 2020;
   l'Eni si dichiara pronta a mettere a disposizione tutta la sua esperienza commerciale;
   l'Eni che ha lavorato a lungo, ad avviso dell'interrogante, per «boicottare» il metanodotto Galsi, ha auspicato la cessazione delle centrali elettriche essenziali e adesso presenta il piano energetico più inaccettabile della storia della Sardegna;
   l'Eni, infatti, secondo quanto previsto dal piano presentato pensa di approvvigionare l'isola come nel terzo mondo, con «carriole del gas» via mare e peggio ancora via terra;
   i dirigenti dell'Eni lo dicono e scrivono in modo esplicito nel piano: l'adozione di una configurazione a stoccaggio galleggiante (FSU — floating Storage Unit) basato su una nave metaniera permanentemente ormeggiata rappresenta una soluzione efficiente dal punto di vista dei costi e dei tempi di realizzazione;
   in realtà il risultato per l'Ente di Stato, ad avviso dell'interrogante, è chiaro: fare molti utili, traendo profitto dall'assenza del gas metano, e investendo praticamente niente. Si tratta di una vecchia nave metaniera ormeggiata in porto, adattata a deposito galleggiante e di un po’ di tir cisterna in giro per la Sardegna, a creare pericolo e traffico pesante;
   si tratta di un piano che si configura come «roba da terzo mondo»;
   il piano trasmesso dall'Eni, inviato ad almeno 6 destinatari, propone un tavolo urgente per definire la fase attuativa lasciando intendere che tra i vari soggetti ci sia già un'intesa di massima;
   l'Eni punta sulla Sardegna – secondo quanto è scritto nel progetto – prevedendo a nord la fornitura delle aree di Porto Torres e Sassari attraverso una piccola unità di rigassificazione (in realtà un vero e proprio rigassificatore), mentre per Cagliari e il sud dell'isola sarebbero serviti attraverso camion GNL o tramite bettoline con consegna ad eventuale deposito costiero locale;
   in questo deleterio piano l'Eni pensa – è scritto nel piano – di poter fare di Porto Torres una base di smistamento di volumi GNL attraverso bettoline di piccole taglia, a servizio dei deposito costieri nel mar Tirreno;
   in quest'ultimo passaggio ritorna in auge il vecchio piano dell'Eni di fare della Sardegna un vero e proprio serbatoio di stoccaggio di gas e non solo;
   si è dinanzi ad un piano spregiudicato da veri colonizzatori con un soggetto come l'Eni che, secondo l'interrogante, si conferma dedito solo allo sfruttamento dell'isola senza alcun vero e serio investimento ma solo un «bancomat» con il quale guadagnare a zero spese e soprattutto senza nessuna attenzione per l'ambiente;
   è fin troppo evidente che trasformare Porto Torres in un hub metanifero significa ignorare l'esistenza in quel tratto di mare del Santuario dei Cetacei protetto da convenzioni internazionali;
   nonostante questo aspetto ambientale, e dopo aver minato, a giudizio dell'interrogante, in tutti i modi il progetto Galsi, ora l'Eni presenta il suo piano speculativo degno dei suoi fasti più reconditi;
   pensare di trasportare metano a bordo di metaniere e su gommato è la prova che un soggetto come l'Eni vede la Sardegna come base logistica per inquinare e speculare;
   a far scattare l'operazione dell'Eni è stato l'intervento del presidente della regione Sardegna che ha annunciato uno pseudo piano per realizzare il metanodotto partendo dalla Toscana; proposta che l'Eni, nei documenti consegnati a palazzo Chigi, «boccia» senza mezzi termini nella relazione introduttiva: «scartata per gli alti costi e tempi di realizzazione, senza possibilità di modularizzazione»;
   è proprio dopo il vertice toscano che l'Eni ha deciso di ipotecare la piattaforma galleggiante;
   si tratta, ad avviso dell'interrogante, di un progetto speculativo che va respinto al mittente;
   il rischio è che un'amministrazione regionale secondo l'interrogante inefficace e confusa, con ogni giorno un'ipotesi diversa, consenta all'Eni di continuare a imporre le proprie scelte sull'energia e sull'ambiente in Sardegna;
   questo atteggiamento e questo tipo di nefasti progetti da «terzo mondo» devono essere impediti senza se e senza ma –:
   se il Governo abbia esaminato il progetto presentato dall'Eni;
   se il Governo abbia maturato una propria strategia e quale sia la risposta data all'ente di Stato;
   se il Governo non ritenga, per tutte le implicazioni anche di natura ambientale, marine e terrestri, rigettare l'ipotesi di tale impianto e ripristinare le relazioni internazionali per la realizzazione del metanodotto Galsi;
   se non ritenga nel frattempo necessario predisporre apposite iniziative normative per abbattere i costi energetici in Sardegna proprio per l'assenza di metano. (5-07178)

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una interrogazione a risposta in Commissione.

  Interrogazione a risposta in Commissione Mucci ed altri n. 5-07111, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 novembre 2015, l'ordine delle firme viene così modificato: «Mucci, Rizzetto, Barbanti, Prodani, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco.».