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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 26 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La IV Commissione,
   premesso che:
    il regio decreto 4 novembre 1932, n. 1423, recante nuove disposizioni per la concessione delle medaglie e della croce di guerra al valor militare, e successive modificazioni, individua la tipologia delle decorazioni e degli atti che possono dare luogo ad una onorificenza al valor militare;
    l'articolo 3, in particolare, fa riferimento a quegli atti di coraggio in imprese belliche, non richiesti dal puro e semplice compimento del dovere, che comportano un grave rischio personale e costituiscono esempi da imitare;
    nell'estate del 1944, in alcuni territori montani e collinari dell'Italia settentrionale provvisoriamente liberati dall'occupazione nazifascista, si formarono le cosiddette «Repubbliche partigiane», anche a seguito di un appello lanciato dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia, il 4 giugno 1944, per creare nelle zone liberate vere e proprie forme di governo amministrativo che avrebbero dovuto assumere la direzione della «cosa pubblica» e assicurare in via provvisoria le prime urgenti misure di emergenza per quanto riguardava la prosecuzione della guerra di liberazione;
    nella zona di Varzi, liberata il 18 settembre 1944, in particolare, fu costituita una giunta democratica, eletta da un'assemblea pubblica che diede vita ad una Repubblica partigiana, di cui fecero parte, tra gli altri, Fortunato Repetti, Costantino Piazzardi, Guido Versari, Mario Grazi, Salvatore Lai, Emilio Piana, Leopoldo Braghieri, Luigi Rebaschio, Lino Tardai;
    la città di Varzi – come sottolineato più volte dall'ANPI – si è distinta durante gli anni della Resistenza per episodi di eroismo nella battaglia contro il nazifascismo, e la sua popolazione ha offerto prova di straordinaria dignità e coraggio;
    in particolare, dalla fine del mese di novembre 1944, e per tutto il mese di dicembre dello stesso anno, in questa zona, durante una massiccia e spietata operazione di rastrellamento operata dalle forza nazifasciste, le forze partigiane della zona di Varzi si sono valorosamente opposte alle violenze di ogni tipo perpetrate dai nazifascisti mettendo a repentaglio la propria vita e, spesso, sacrificandola;
    durante il succitato periodo, inoltre, i cittadini di Varzi si sono resi protagonisti di diversi atti di eroismo e di immane coraggio, offrendo aiuto, protezione, cibo e alloggio alle forze partigiane costrette a vivere in clandestinità, mettendo così a rischio la loro incolumità e quella delle proprie famiglie,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare quanto prima le iniziative di propria competenza atte a conferire alla città di Varzi una decorazione al valor militare, ai sensi del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
(7-00856) «Scanu, Scuvera, Ferrari, Manzi, Aiello, Paola Boldrini, Bolognesi, Bonomo, Fusilli, Marantelli, Moscatt, D'Arienzo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBERTO GIORGETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i fondi strutturali europei sono il principale strumento di intervento di politica regionale dell'Unione europea per garantire lo sviluppo economico e sociale dei territori in un quadro armonico che attenui il divario fra le regioni dell'Unione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha gestito i fondi strutturali dei cicli 1994-1999, 2000-2006, 20072013 ottenendo in passato ottimi risultati in termini di spesa e rendicontazione;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è nuovamente coinvolto nella gestione del programma 2014-2020;
   l'Unione europea ha approvato il PON per la scuola a dicembre 2014;
   sono pertanto disponibili circa 3 miliardi di euro per un programma esteso a tutte le regioni d'Italia per raggiungere i target EU 2020;
   queste risorse sono di fondamentale importanza per il sistema scolastico nazionale e oltretutto avrebbero un impatto molto positivo sull'economia italiana;
   allo stato attuale non risultano spese risorse del PON per la scuola 2014-2020 –:
   quali siano i motivi per cui si sono persi questi mesi preziosi nel corso del 2015 in cui si potevano utilizzare i fondi del PON 2014-2015;
   se almeno una piccola parte di queste risorse comunitarie verrà assegnato e speso entro la fine dell'anno;
   cosa intenda fare il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per recuperare questo tempo perso;
   quali siano i prossimi passi, le strategie e i tempi certi previsti per l'utilizzo dei suddetti fondi. (4-11286)


   DI BATTISTA e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 maggio 2015 Marco Vannini, un ragazzo di appena venti anni, poco dopo le ore 23, veniva raggiunto da un colpo di pistola all'interno dell'abitazione della propria fidanzata, M.C., in Ladispoli (Roma);
   dopo una lunga e tremenda agonia decedeva alle ore 3 del giorno seguente;
   oltre a Marco, nell'abitazione, si trovavano altre cinque persone: la sua fidanzata, M.C., nonché i genitori, A.C. ed M.P., ed il fratello di quest'ultima, F.C., con la rispettiva fidanzata, V.G.;
   tutte e cinque le persone presenti all'interno dell'abitazione in Ladispoli risultano indagate, dal pubblico ministero Alessandra D'Amore della procura di Civitavecchia, per concorso in omicidio;
   da organi di stampa l'interrogante ha appreso alcune circostanze di questo tragico fatto di cronaca che meritano di essere sottoposte all'attenzione del Governo;
   dalle prime ricostruzioni sembrerebbe essere stato il padre della fidanzata di Marco, A.C., ad aver fatto partire il colpo d'arma da fuoco;
   A.C. fornisce una prima versione riferendo di una tragica fatalità;
   organi di informazione (in particolare il settimanale «Giallo») menzionano il contenuto dell'interrogatorio di A.C.: «Ieri sera dopo aver cenato, alle ore 23.00- 23.10, mi sono ricordato delle armi, cioè delle due pistole riposte in bagno con l'intenzione di toglierle da quel posto per portarle nella mia camera da letto. L'ho fatto perché in casa c'erano Marco, V. e i miei figli ... Entrato in bagno, mentre il fidanzato di mia figlia, Marco Vannini, stava facendo la doccia seduto nella vasca, prendevo le pistole. In quell'istante Marco incuriosito e accortosi che avevo in mano il marsupio contenente le pistole, mi ha chiesto di fargliele vedere. ... Io ero vicino alla porta, a circa un metro da Marco, mi sono piegato verso di lui per fargliela vedere. Anche se mi chiedeva di dargliela in mano io non l'ho fatto. Credevo che l'arma fosse scarica, come l'altra (...) L'arma non era in sicurezza, ovvero le alette della sicura erano abbassate»;
   più nello specifico, sulla dinamica dei fatti, A.C., riporta al magistrato quanto segue: «Ricordo che la pistola mi stava scivolando e afferrandola con l'indice della mano destra premevo con forza la leva di scatto, il grilletto, provocando l'esplosione di un colpo. Il serbatoio era innestato e vi erano all'interno 12 ulteriori pallottole»;
   la circostanza che il colpo possa essere partito in modo del tutto accidentale, sembra essere smentita, però, da alcuni accertamenti tecnici sulla pistola modello Beretta 380 SH, detenuta da A.C., dalla quale sarebbe partito il proiettile che ha raggiunto Marco Vannini;
   risulterebbe, difatti, che l'arma fosse mal funzionante: nello specifico da una perizia tecnica sarebbe emerso che quell'arma poteva sparare solo se avesse avuto il «cane» (ossia la leva che si trova alla fine della canna) alzato; diversamente, e quindi nel caso in cui il «cane» fosse rimasto abbassato, la pistola non avrebbe mai potuto sparare;
   organi di stampa riportano, inoltre, come A.C. abbia, in seguito, precisato la versione dei fatti, dichiarando di aver commesso una leggerezza e di aver sparato accidentalmente, mentre, per scherzo, voleva mettere paura al fidanzato della figlia, ribadendo comunque che pensava che l'arma fosse scarica ed affermando che nessuno, oltre a lui, si era accorto di quanto accaduto;
   la breve e sommaria ricostruzione che precede, in relazione ai drammatici eventi avvenuti all'interno dell'abitazione della fidanzata di Marco Vannini, evidenzia però alcuni aspetti non del tutto chiari;
   innanzitutto dubbi nascono sul luogo dove sarebbe stato colpito Marco, nel bagno di casa dei genitori della fidanzata;
   ciò in quanto dalle foto della scena del crimine, mostrate da organi di stampa ed anche dalla trasmissione «Chi l'ha visto ?», si nota che la vasca da bagno, all'interno della quale Marco sarebbe stato raggiunto dal proiettile, è perfettamente pulita e non c’è una sola macchia di sangue né all'interno della vasca, né sui bordi, né sulle mattonelle intorno;
   in secondo luogo, sul fatto che A.C. pensasse che la pistola fosse scarica, si evidenzia che nell'arma dalla quale è partito il colpo non c'era un solo proiettile, ma addirittura 12 ed appare impossibile non rendersene conto, dal momento che, con ben 12 pallottole nel caricatore, il peso della pistola aumenta considerevolmente;
   in terzo luogo anche la circostanza che solo A.C. fosse presente nel momento in cui la pistola ha sparato e che solo lui avesse capito realmente cosa stesse accadendo è quantomeno dubbia;
   da un lato, dalle indiscrezioni riportate dai mezzi di informazione, sembrerebbe che dai primi risultati dell'esame «stub» — metodo utilizzato per rilevare la presenza di residui di polvere da sparo (piombo, antimonio, bario) sul corpo o sui vestiti di chi ha sparato — sarebbero state rinvenute consistenti tracce di polvere da sparo nelle narici e sugli indumenti di A.C. e dei figli F. e M.;
   tale esame non fornisce, ovviamente, alcuna certezza scientifica su chi fisicamente abbia esploso il colpo di pistola, ma di certo dà delle indicazioni agli inquirenti sulla ricostruzione fornita da A.C.;
   dall'altro lato, è almeno improbabile che, all'interno di una stessa abitazione ed a poche decine di metri, non sia percepibile un colpo da arma da fuoco e che quindi nessuna delle persone presenti si sia accorta di quanto stesse accadendo;
   si consideri, infine, un'altra anomalia in quanto — sempre da indiscrezioni investigative riportate dal settimanale «Giallo» — sulla calibro 9 che ha sparato non sarebbero state rinvenute impronte;
   circostanza anomala che sembra aprire a due scenari: o la pistola dalla quale è partito il colpo successivamente è stata ripulita dalle tracce biologiche, o Marco Vannini è stato raggiunto da un proiettile partito da un'altra pistola;
   già le considerazioni che precedono danno l'idea della gravità di ciò che è accaduto quel tragico 17 maggio, ma, a parere dell'interrogante, l'aspetto più grave della vicenda attiene, però, all'incredibile (e probabilmente fatale) ritardo con cui sono stati attivati i soccorsi;
   in una puntata di «Chi l'ha visto ?», andata in onda su rai tre il 7 ottobre 2015, sono state mandate in onda le telefonate, attraverso una ricostruzione, delle due conversazioni che la famiglia della fidanzata di Marco ha avuto con il 118;
   nella prima chiamata, alle 23:41, presumibilmente una ventina di minuti dopo il ferimento di Marco, da una voce maschile (appartenente verosimilmente a F.C., fratello della ragazza di Marco Vannini) si sente inizialmente dire: F.C.: «Urgentemente un'ambulanza a Ladispoli, c’è un ragazzo si sente male, il corpo è diventato troppo bianco, non respira più»; operatore 118: «Che cosa ha fatto questo ragazzo ?» F.C.: «Non glielo so spiegare bene ... non soffre di niente ... probabilmente è uno scherzo si è spaventato tantissimo ma non respira più»;
   la seconda parte della chiamata vede al telefono la moglie di A.C.: «Stava facendo il bagno ... il ragazzo stava facendo il bagno ... stava nella vasca, è entrato ...» e, dopo una pausa, come a ripetere la frase di una persona lì vicino, «Non serve ? Va bè, nel caso richiamiamo»;
   a mezzanotte e 6 minuti è, invece, proprio A.C. a parlare al 118: A.C.: «Lui ha vent'anni, un infortunio praticamente in vasca ... è caduto e si è bucato un pochino con un ... come si chiama ... il pettine quello a punta»; operatore 118: «Cosa si è fatto ?»; A.C.: «Eh niente, sul braccio si è bucato, si è messo paura ... un panico»; quando l'operatrice del 118 chiede, sentendo strani e strazianti lamenti: «È diversamente abile ? ... C’è uno squarcio, c’è un taglio ? »; A.C.: «C’è un buchino ... è andato in panico»;
   A.C., avrebbe, dunque, completamente omesso che la ferita era dovuta all'esplosione di un colpo da arma da fuoco con ciò impedendo di fatto agli operatori sanitari di poter intervenire tempestivamente e nel migliore dei modi;
   la gravità del comportamento dei soggetti presenti all'interno dell'abitazione in Ladispoli, si manifesta ancor più se si considerino gli esiti della perizia medico-legale, disposta dalla procura di Civitavecchia, secondo la quale «Si può affermare, con riferimento al quesito propostoci dal magistrato in merito alla presumibile efficacia di un soccorso tempestivo, che una immediata e corretta attivazione dei soccorsi avrebbe evitato, con elevate probabilità, il decesso del paziente»;
   ciò significa che se la famiglia della fidanzata di Marco avesse chiamato il 118 immediatamente e se avesse riferito subito che Marco Vannini era stato raggiunto da un colpo di arma da fuoco, permettendo agli operatori sanitari ed ai medici di intervenire con prontezza, il ragazzo avrebbe potuto salvarsi;
   si legge, sempre nella perizia, difatti, che «La morte ebbe a conseguire a una massiva anemizzazione del paziente attraverso le lesioni cardiache e non a un diretto danno funzionale del cuore con conseguente alterazione della funzione dello stesso»;
   Marco Vannini è allora deceduto a causa di una lenta e, senza dubbio, dolorosissima emorragia che avrebbe potuto essere tamponata e limitata;
   sempre secondo quanto riportato da organi di stampa il Signor A.C. è un sottufficiale della marina in servizio presso il R.U.D., il raggruppamento unità difesa, un apparato interforze dello Stato Maggiore della difesa, che ha il compito di occuparsi della vigilanza e difesa delle prime installazioni militari appartenenti ai servizi segreti e che presterebbe inoltre servizio presso la Presidenza del Consiglio;
   alla luce della gravità dei fatti esposti in precedenza ed in considerazione del fatto che A.C. risulta indagato per concorso in omicidio, gli interroganti ritengono di fondamentale importanza appurare se A.C. sia effettivamente un sottufficiale della Marina militare e quali incarichi, nello specifico, abbia espletato o stia attualmente espletando; 
   sarebbe altresì di rilievo sapere se il Governo sia a conoscenza di procedimenti disciplinari a carico del Signor A.C. e se sia stata adottata, nei suoi confronti, la sospensione in via cautelare dal lavoro;
   in ogni caso a prescindere dai gravissimi fatti per i quali la magistratura sta indagando A.C., non è accettabile che un appartenente al prestigioso corpo della Marina militare, che addirittura sembra svolgere incarichi di intelligence, abbia avuto un atteggiamento che appare agli interroganti così superficiale ed irresponsabile per l'incolumità fisica di una persona, omettendo di dare le corrette informazioni al 118 riguardo al ferimento di un ragazzo con un'arma da fuoco;
   ma anche altri aspetti, in relazione alla persona di A.C., devono, a parere degli interroganti, essere chiariti, poiché i mezzi di informazione riportano, altresì, come il magistrato procedente abbia contestato al padre della fidanzata di Marco Vannini, addirittura di aver chiesto al medico del pronto soccorso di omettere che Marco fosse ferito da un proiettile così da tutelare il suo lavoro;
   sul punto A.C. avrebbe risposto «nego di aver fatto questa richiesta, mi sono limitato ad invitare il medico alla riservatezza. Poi mi sono reso conto che sarebbe stato impossibile e a quel punto ho chiamato il maresciallo dei carabinieri»;
   infine, sempre dal verbale dell'interrogatorio di A.C., emergerebbe anche un altro aspetto di particolare di rilievo;
   a domanda del pubblico ministero A.C. risponde di esser sottoposto ad altri procedimenti penali e di aver riportato condanne e ciò è particolarmente grave in quanto bisognerebbe appurare che tipo di condanne abbia riportato un militare in carriera che addirittura presterebbe servizio in un reparto speciale (Rud);
   fermo restando che l'indagine della magistratura sulla morte di Marco Vannini dovrà, ovviamente, seguire il suo corso, gli interroganti ritengono indispensabile che anche il Governo, limitatamente ad ogni atto di propria competenza, faccia il possibile al fine di dare una risposta alle domande di verità e di giustizia dei genitori di Marco –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritta in narrativa;
   ferme restando le prerogative e l'autonomia della magistratura nello svolgimento delle indagini, quali iniziative di propria competenza intendano porre in essere al fine di far sì che possa emergere nel più breve tempo possibile la verità in relazione a quanto accaduto quel tragico 17 maggio 2015;
   se corrisponda al vero che il padre della fidanzata di Marco Vannini, A.C., sia un sottufficiale della Marina militare in servizio presso il R.U.D., il raggruppamento unità difesa, nonché che egli abbia prestato o presti tuttora servizio presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;
   se, alla luce della gravità dei fatti esposti in narrativa ed in considerazione dell'indagine per concorso in omicidio, si sia proceduto in via disciplinare nei confronti di A.C. ed, in particolare, se sia stata disposta la sua sospensione in via cautelare dal lavoro;
   se corrisponda al vero che il Signor A.C. abbia riportato condanne penali ed, in caso di risposta affermativa, se intendano rendere noto per quali tipologie di reato siano intervenute tali condanne.
(4-11295)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, PASTORINO, MARZANO, BECHIS, SEGONI, MATARRELLI, BALDASSARRE, TURCO, PASTORINO e CIVATI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 25 novembre 2015 gli organi di stampa hanno diffuso la notizia secondo la quale la Corte dei reclami penali del tribunale federale di Bellinzona, con sentenza del 18 novembre, ha accolto il ricorso presentato dalle figlie dello scomparso Emilio Riva e annullato la decisione della procura di Zurigo che, su richiesta della magistratura italiana, disponeva il rientro in Italia di 1,2 miliardi di euro che avrebbero dovuto essere utilizzati dalla gestione commissariale per realizzare gli interventi di ambientalizzazione imposti dall'autorizzazione integrata ambientale nello stabilimento ILVA di Taranto;
   l'attività inquinante dello stabilimento non è mai stata interrotta e ad oggi, non solo non sono stati rispettati i tempi di realizzazione previsti, ma non esiste alcun piano industriale, malgrado i termini per la sua adozione siano anch'essi ampiamente decorsi;
   limitarsi ad attendere il pronunciamento della Corte elvetica che deciderà sulla probabile impugnativa del provvedimento sopra citato, a questo punto rischia di apparire oltremodo offensivo per i cittadini di Taranto e per i tanti lavoratori dell'industria e dell'indotto, ai quali va finalmente data una risposta concreta e realistica sulle prospettive dell'impianto siderurgico, che tenga in debita considerazione la necessità di rispetto della salute della cittadinanza e della sicurezza dei lavoratori –:
   quali siano le decisioni del Governo, per quanto di competenza, per fronteggiare il venir meno delle attese risorse e per scongiurare il rischio di ulteriori proroghe per la realizzazione di quanto previsto nel provvedimento di autorizzazione integrata ambientale e nei successivi interventi normativi. (4-11292)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata di giovedì 19 novembre 2015 è stato commesso un furto che ha del clamoroso, un vero e proprio sfregio all'arte italiana: il museo civico veronese di Castelvecchio ha perso in un solo colpo 17 dei suoi capolavori, opere di Tintoretto, Bellini, Rubens, Mantegna, Pisanello;
   il danno morale e materiale è immenso, ma la cifra di valutazione comunicata, pari a 15 milioni di euro, è palesemente incongrua con i dati di mercato. Una valutazione comparativa si può trovare, per esempio, con la piccola tempera su tavola del Mantegna (34x42 cm) venduta da Sotheby's, nel gennaio 2003, per 28,6 milioni di dollari. La corretta quantificazione del valore delle opere nei termini della denuncia presentata all'autorità giudiziaria è indispensabile, nel caso in cui venissero individuati i responsabili, nella malaugurata ipotesi di perdita o danneggiamento dei dipinti;
   i tre ladri, due dei quali armati, hanno potuto agire poco prima della chiusura, quando al museo era in corso il passaggio di consegne tra il personale, che di giorno è di almeno 11 persone, ma che a quell'ora è ridotto inspiegabilmente alla sola cassiera e all'agente della vigilanza notturna;
   questo episodio è una vera e propria mutilazione, oltre che un vero disastro per l'arte italiana e fa emergere il problema della scarsa sicurezza dei musei italiani;
   le opere d'arte presenti sul territorio italiano portano milioni di turisti nel nostro Paese e tutto questo garantisce centinaia di migliaia di posti di lavoro;
   con 3.609 musei, quasi 5mila siti culturali tra monumenti, musei, aree archeologiche, 46.025 beni architettonici vincolati, 34 mila luoghi di spettacolo, 49 siti Unesco (pari al 5 per cento di quelli iscritti nelle liste del patrimonio mondiale e all'11 per cento di quelli europei), oltre a centinaia di festival e iniziative culturali che animano i territori, l'Italia si posiziona in testa alla graduatoria dei Paesi a vocazione culturale. Per fare un paragone a livello europeo, basti pensare che la Francia ha un terzo dei musei italiani (1.218) e la Spagna poco meno della metà (1.530);
   tuttavia, i finanziamenti stanziati per la cultura in Italia sono sempre meno e, confrontando i dati con il resto dei Paesi europei, il nostro Paese è fanalino di coda: il budget del Ministero è praticamente pari a quello della Danimarca (circa 1.400 milioni di euro) ed è circa un terzo di quello della Francia che, anche a seguito degli attentati terroristici che hanno colpito Parigi, ha confermato i 4 miliardi di euro per il suo dicastero della cultura previsti ogni anno in bilancio;
   sia nel nostro Paese che all'estero sono stati messi a punto sistemi di sicurezza innovativi, sia per garantire la tutela delle opere d'arte che delle persone, che si basano sull'utilizzo di nuove tecnologie quali sensori intelligenti, impianti «self-aware» e ambienti reattivi che comportano elevate prestazioni a costi ridotti –:
   se il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per verificare:
    l'effettivo valore delle opere rubate;
    la turnazione degli addetti alla vigilanza nei musei, per garantire sicurezza ventiquattro ore su ventiquattro, e i sistemi e i modelli organizzativi di controllo e di sorveglianza, ove necessario implementando gli stanziamenti di risorse a ciò destinati. (3-01878)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRACÌ, MARTI, PALESE, LATRONICO, CHIARELLI e DISTASO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo triennio si è registrato un incremento dei tributi locali (IMU/TASI/TARI) del 300 per cento e tali imposizioni hanno notevolmente ridotto la redditività delle imprese già in larga parte in perdita di bilancio a causa della crisi economica;
   l'imposizione di tali tributi non tiene in debito conto le peculiarità di strutture quali cinema e teatri, che per il godimento dei propri servizi da parte del pubblico necessitano di grandi spazi e volumi indispensabili, affinché il servizio reso garantisca le necessarie misure di sicurezza, i requisiti tecnici e i comfort di fruizione;
   insieme alla scuola, cinema e teatri rientrano fra i primi driver dell'alfabetizzazione culturale delle giovani generazioni, rivestendo anche un ruolo da protagonista nelle politiche di promozione culturale, cinematografica e artistica e non considerare le peculiarità di questa filiera rischia di penalizzare oltre modo la stessa, deprimendone il ruolo di socializzazione e sviluppo culturale che ricopre nella società;
   l'insostenibilità della tassazione sta portando alla chiusura di molti di questi luoghi di aggregazione culturale; nella sola regione Puglia, negli ultimi 10 anni hanno cessato l'attività oltre cinquanta sale cinematografiche, con la conseguente ed inevitabile ulteriore perdita di posti di lavoro –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa, se in attesa della riforma degli estimi catastali dei fabbricati e dei terreni, in linea con le condivisibili scelte del Governo di ridurre le tasse sulla casa e sugli immobili produttivi, intendano intervenire per dare un segnale di discontinuità rispetto al passato e alla «apolitica» errata dei continui tagli che da lungo tempo mortificano la cultura. (4-11287)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, DELLA VALLE, CRIPPA, DA VILLA, PESCO, NICOLA BIANCHI e GALLINELLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 10 novembre 2015, la società Fincantieri ha annunciato le dimissioni del direttore generale Andrea Mangoni, dopo appena otto mesi dalla nomina;
   secondo indiscrezioni pubblicate da alcuni organi di stampa, Mangoni avrebbe contrattato con Cassa depositi prestiti, azionista di maggioranza di Fincantieri, una buonuscita pari a 3 milioni di euro;
   l'uscita di scena del direttore generale, sempre secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, sarebbe ascrivibile a una diversità di vedute con l'amministratore delegato dell'azienda, Giuseppe Bono, in merito a due aspetti centrali della politica aziendale: il nuovo piano industriale e la crisi finanziaria del gruppo;
   in particolare, Mangoni sarebbe stato dell'avviso di rivedere alcuni aspetti del settore delle navi da crociera che, secondo le sue valutazioni, garantirebbe contenuti margini di guadagno, se non addirittura delle vere e proprie perdite;
   mentre sul piano finanziario, l'ex direttore generale avrebbe lamentato il mancato ottenimento delle necessarie deleghe per gestire adeguatamente il tema della capitalizzazione;
   la qualità economica della buonuscita ottenuta dall'ex direttore generale apparirebbe sproporzionata rispetto sia alla durata dell'incarico, appena otto mesi, sia in relazione ai risultati raggiunti, tra l'altro, di difficile valutazione vista l'esiguità del periodo;
   nell'ultimo anno, Fincantieri spa è stata oggetto di un'operazione di privatizzazione che non ha sortito gli effetti sperati;
   dei circa quattrocentocinquanta milioni di titoli emessi, solo 50 milioni sono stati collocati tra gli investitori istituzionali, con un incasso complessivo di appena 350 milioni di euro a fronte di 600 inizialmente previsti;
   secondo alcuni analisti, tra le motivazioni della mancata riuscita della privatizzazione ci sarebbe sia l'annuncio del gruppo di non voler procedere alla distribuzione dei dividendi nei tre anni successivi, sia non chiari criteri di lettura dei debiti maturati;
   questo stato di cose avrebbe limitato l'impegno da parte degli investitori istituzionali, facendo ricadere in questo modo l'onere maggiore dell'operazione sui piccoli investitori che hanno assistito alla svalutazione del titolo appena acquistato;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, i primi nove mesi di quest'anno si sono chiusi con 96 milioni di euro di perdite, mentre un anno fa si registravano 42 milioni di utili;
   la situazione finanziaria di Fincantieri si sarebbe aggravata anche a seguito dell'allarme sui risultati del terzo trimestre e sull'intero esercizio 2015 emesso da Vard, società norvegese controllata dai Fincantieri, che opera nella costruzione di mezzi di supporto alle attività di estrazione e produzione di petrolio e gas naturale;
   l'annuncio avrebbe determinato una situazione di instabilità dei titoli del gruppo e accentuato le già forti preoccupazioni che la difficile situazione finanziaria del gruppo possa ricadere sull'azionariato diffuso e sui cittadini considerato che Fincantieri, per il 72 per cento, è controllata dalla Fintecna, finanziaria controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti;
   in una nota del 19 novembre 2015 riportata da Milano Finanza, gli analisti della banca d'affari JP Morgan Cazenove, commentando gli esiti del terzo trimestre, avrebbero affermato che «la perdita, di 77 milioni di euro a livello di ebit è dovuta principalmente al business delle crociere» –:
   se quanto esposto in premessa trovi conferma;
   quali valutazioni siano alla base della definizione, della buonuscita riconosciuta al direttore generale di Fincantieri per sette mesi di lavoro;
   quali iniziative intenda adottare per evitare che le conseguenze negative della difficile situazione finanziaria di Fincantieri ricadano sui cittadini e piccoli investitori;
   se a fronte della performance negativa registrata, il business delle navi da crociera possa essere ancora considerato centrale nelle politiche di sviluppo di Fincantieri. (5-07108)

Interrogazione a risposta scritta:


   TANCREDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel rispondere all'interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-06880 il 5 novembre 2015, il Ministro della salute ha chiarito che «il problema della cancellazione del numero progressivo in chiaro della confezione presente sullo strato intermedio del bollino (...) non presenta una rilevanza sulla sicurezza dei medicinali (...) non vi è alcun pericolo per la salute pubblica, visto che, com’è noto, il bollino ha la finalità di contrastare le frodi»;
   il Ministro ha anche precisato che: «la dimensione del fenomeno è elemento discriminante per definire le eventuali azioni da intraprendere, non vi è dubbio infatti, che se il fenomeno riguarda poche confezioni avrà una portata diversa»;
   «il Ministero ha provveduto a richiedere chiarimenti e dimensione del fenomeno all'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato; siamo, pertanto, in attesa di ricevere le indicazioni da parte del medesimo Istituto»;
   «il problema dell'identificazione della confezione a fronte della cancellazione del numero progressivo sullo strato intermedio si pone solo per le confezioni prive dello strato superiore: per questa ragione, la disfunzione segnalata ha ricadute sulla rintracciabilità di confezioni fuoriuscite dal canale distributivo legale»;
   «l'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato cura la produzione di bollini farmaceutici, poiché questi ultimi sono ricompresi nell'elenco delle carte valori presente nel decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2013»;
   «il ruolo di vigilanza e controllo sulla produzione di carte valori e stampati, a rigoroso rendiconto dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, è di spettanza del Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del Tesoro»;
   la lettera b) del comma 10-bis dell'articolo 2 della legge 13 luglio 1966, n. 559, prevede tra i requisiti delle carte valori, la cui realizzazione è affidata all'Istituto Poligrafico, che essi siano «realizzati con tecniche di sicurezza o con impiego di carte filigranate o similari o di altri materiali di sicurezza ovvero con elementi o sistemi magnetici ed elettronici in grado, unitamente alle relative infrastrutture, di assicurare un'idonea protezione dalle contraffazioni e dalle falsificazioni»;
   gli obblighi posti a carico dell'Istituto Poligrafico da questa stringente normativa appaiono all'interrogante non rispettati in quanto:
    1) l'IPZS si è prefissato l'obiettivo di internalizzare la produzione dei bollini, ordinando 16 macchine di stampa per i bollini, in parte installate, previo collaudo risultato positivo, e riducendo sensibilmente le quote delle imprese fiduciarie operanti per lo stesso. Questa elevazione della quota interna all'IPZS ha comportato la riduzione della flessibilità produttiva, come segnalato dal focus di Eurispes pubblicato l'8 luglio 2015, e l'impiego di tecnologie non del tutto adeguate alla tipologia del prodotto. Si sono registrate fasi di incertezza produttiva, già segnalate nella primavera del 2015, errori di doppia numerazione, stampa precaria e non corrispondente ai requisiti tecnici di alcuni dati del bollino;
    2) la recentissima immissione in commercio di prodotti con codici sbagliati ha reso palese il mancato controllo degli standard qualitativi di produzione all'interno dell'IPZS;
    3) la possibilità di rimuovere, mediante semplice sfregamento il codice progressivo in chiaro sulle confezioni significa che si stanno utilizzando tecnologie non idonee o fornitori non esperti;
   il complesso dei fattori sopra elencati sta comportando la presenza sul mercato di prodotti difettosi e di conseguenza la recrudescenza di fenomeni come i furti per l'esportazione dell'astuccio privo del bollino e con il codice cancellato nonché il riciclaggio dei bollini per mercati illegali e prescrizioni di comodo per commettere truffe ai danni del servizio sanitario;
   il bollino privato del codice progressivo esclude possibilità di effettuare controlli sulle prescrizioni a livello domiciliare (post consegna della farmacia) o di smascherare usi illegali degli stessi in caso di furti; problema gravissimo confermato dal Ministro della salute, laddove, nel rispondere all'interrogazione sopra citata afferma che «(...) la disfunzione segnalata ha ricadute sulla rintracciabilità di confezioni fuoriuscite dal canale distributivo legale (...)»;
   fenomeni che si potevano ritenere sgominati per il settore farmaceutico italiano stanno repentinamente riprendendo: le cronache segnalano quesiti, reati contro ospedali, grossisti e farmacie quando addirittura non si assaltano i Tir dell'industria farmaceutica;
   alcune ricerche, quali ad esempio «The theft of medicines from Italian hospital» pubblicato nel marzo 2014 dal centro Transcrime dell'università Cattolica di Milano – Università di Trento segnalano che tra il 2006 e il 2013 un ospedale italiano su dieci ha registrato un furto di farmaci, subendo una perdita media, per ogni furto, di circa 330 mila euro;
   questa recrudescenza di attività illegali attorno al farmaco comporta rilevanti maggiori oneri di finanza pubblica; peraltro l'Istituto Poligrafico, dopo aver assicurato che la stampa internalizzata avrebbe comportato minori oneri per le case farmaceutiche e quindi per i cittadini, vende i suoi bollini a 26 euro ogni 1000, mentre le ditte esterne assicuravano un prezzo tra 13,6 euro e i 9 euro, come confermato dal focus di Eurispes pubblicato l'8 luglio 2015 –:
   se il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, non ritenga opportuno:
    a) assumere immediate informazioni presso l'Istituto Poligrafico riguardo ai motivi del complesso delle disfunzioni segnalate in premessa e in diversi altri atti di sindacato ispettivo, disfunzioni che perdurano ormai da mesi;
    b) assumere iniziative volte a prevedere il sollecito adeguamento delle macchine di stampa per stampare i bollini farmaceutici alle specifiche di stabilità della stampa, eventualmente valutando se interrompere l'immissione in commercio di bollini farmaceutici privi delle necessarie specifiche di sicurezza;
    c) assumere iniziative per revisionare la parte relativa ai sistemi di sicurezza e di layout del bollino farmaceutico definiti nell'allegato tecnico del decreto 30 maggio 2014, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2014, n. 165 ed emanato, forse impropriamente a giudizio dell'interrogante, dal solo Ministero della salute;
    d) valutare la percorribilità di quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, del citato decreto ministeriale 30 maggio 2014, che prevede la possibilità di avvalersi di aziende opportunamente selezionate. (4-11290)

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   l'articolo 111 della Costituzione, così come modificato con legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, sancendo i principi del «giusto processo», stabilisce che ogni processo debba svolgersi di fronte ad un giudice indipendente, terzo e imparziale;
   l'articolo 24 della Costituzione, garantendo la possibilità per tutti di agire in giudizio e sancendo quindi l'inviolabilità del diritto di difesa, pone le basi essenziali della tutela giudiziaria e di conseguenza del diritto ad un giudizio imparziale;
   l'articolo 6 della Carta europea dei diritti dell'uomo, sancisce il diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata equamente e da un tribunale terzo e imparziale;
   i requisiti di imparzialità e terzietà del giudice sono definiti in modo pressoché unanime da giurisprudenza e autorevole dottrina come caratteristica di neutralità del giudice, che deve agire libero da ogni tipo di interesse, pregiudizio e preconcetto;
   rilevato, inoltre, che la Corte di Cassazione, con sentenza n. 32619/2014, ha stabilito che il giudice d'appello deve rinnovare l'istruttoria se vuole dare una diversa valutazione della prova testimoniale, sia nel caso egli voglia riformare in peius la sentenza di assoluzione di primo grado, che nel caso in cui vi sia già stata condanna;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo, interpretando l'articolo 6 della Carta, con sentenza del 5 luglio 2011 (Dan c. Moldavia), ha sancito l'obbligo del giudice d'appello di riesaminare il testimone, qualora intenda utilizzare in modo difforme dal giudice di primo grado la sua dichiarazione, per «ascoltarlo personalmente e così valutarne l'attendibilità intrinseca»;
   alla luce del differente giudizio della corte d'appello, in contrasto con quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 32619/2014, il Ministro della giustizia dovrebbe chiarire come possa essere assicurato il rispetto dei principi affermati dalla Corte di Cassazione medesima, e dovrebbe provocare una maggiore e più approfondita riflessione sul tema del ribaltamento delle sentenze e in particolare sul ribaltamento dell'assoluzione, soprattutto laddove questo venga fatto dipendere da una diversa valutazione dei fatti;
   il 27 ottobre 2014, la terza Corte d'Appello di Roma ha condannato a 2 anni e 6 mesi per peculato (dopo che i pubblici ministeri avevano chiesto 2 anni di reclusione) il senatore in carica Augusto Minzolini, parlamentare di Forza Italia, dopo che era stato assolto in primo grado, nel febbraio 2013. Il giudice ha fissato anche per lo stesso periodo l'interdizione dai pubblici uffici;
   il 12 novembre 2015, la VI sezione penale della Corte di Cassazione ha poi confermato la condanna a due anni e mezzo e l'interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena, come stabilito dalla Corte d'Appello di Roma il 27 ottobre 2014;
   giova, inoltre, evidenziare la grave circostanza che ha visto la presenza, all'interno del collegio giudicante in appello, del magistrato Giannicola Sinisi, ex parlamentare dell'Ulivo, nonché sottosegretario per l'interno durante il primo Governo Prodi, e nel primo governo D'Alema;
   risulta inoltre all'interpellante che, a tre giorni dalla data fissata per l'udienza presso la Corte di Cassazione, sia stata modificata la composizione del collegio giudicante, sostituendone il Presidente –:
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche di tipo normativo, al fine di chiarire e comunque escludere che un esponente politico, seduto in Parlamento dal 1996 al 2008, sottosegretario per l'interno durante il primo governo Prodi e D'Alema, quando a capo del ministero dell'interno vi erano prima Giorgio Napolitano e poi Rosa Russo Iervolino, possa far parte di un collegio di Corte d'Appello che giudica un esponente politico eletto in un partito avversario, un collegio che infliggendo una pena superiore a quella richiesta dal pubblico ministero, nei fatti decreta la decadenza dell'avversario politico/imputato dalla carica di parlamentare;
   se il Governo intenda assumere ogni iniziativa di competenza, anche di tipo normativo, al fine di chiarire e comunque escludere che lo stesso collegio di Corte d'appello, composto fra gli altri dal giudice avente le caratteristiche sopra citate, nel giudicare lo stesso imputato, capovolga la sentenza di assoluzione emessa dal giudice di primo grado, emettendo una condanna senza prima procedere alla riapertura dell'istruttoria, riascoltando i testimoni o assumendo nuove prove, come invece previsto dall'articolo 6 della Cedu;
   se il Ministro della giustizia titolare dell'azione disciplinare, non intenda aprire un procedimento nei confronti di questo magistrato che, ad avviso dell'interpellante, ricorrendone le condizioni, non si è astenuto dal partecipare al collegio di Corte di Appello.
(2-01182) «Brunetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SARTI, SPADONI, FERRARESI, AGOSTINELLI, COLLETTI, BONAFEDE e DELL'ORCO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a fine gennaio 2015 è stata condotta la più grande operazione contro la ’ndrangheta in Emilia Romagna, denominata appunto Aemilia, operazione che ha coinvolto ovviamente anche altre regioni, tra cui Veneto, Piemonte, Calabria e Sicilia. Ad oggi gli imputati sono 219, nove dei quali attualmente sottoposti al regime di 41-bis e 189 i capi di imputazione;
   si tratta di un avvenimento senza precedenti per la regione Emilia-Romagna, per i numeri e per le dimensioni dell'inchiesta. Un'inchiesta, condotta dalle forze dell'ordine e dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna, segnata da due momenti fondamentali: il primo, alla fine dello scorso gennaio, ha portato a 117 arresti. Il secondo, a metà luglio, ha colpito la cosiddetta «‘ndrangheta imprenditrice». Al centro delle indagini, coordinate dall'ex procuratore capo di Bologna, Roberto Alfonso, c’è il clan Grande Aracri, originario di Cutro;
   nell'avviso di conclusione delle indagini notificato nel mese di giugno 2015, gli inquirenti spiegano che l'associazione a delinquere fa capo a Nicolino Sarcone, Michele Bolognino, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna, Antonio Gualtieri e Romolo Villirillo. Tra i partecipanti al sodalizio si ritrovano i nomi degli imprenditori Giuseppe Giglio, Gaetano Blasco e Antonio Valerio (questi ultimi intercettati mentre ridevano dopo le scosse di terremoto del 2012), Giuseppe Iaquinta (padre del calciatore Vincenzo). Tanti i reati contestati, si va dall'associazione a delinquere di stampo mafioso contestata a circa 54 imputati, alle estorsioni, dalle minacce all'usura, dall'intestazione fittizia dei beni al falso in bilancio, dalla turbativa d'asta alla corruzione elettorale;
   la prima udienza preliminare si è svolta il 28 ottobre 2015 davanti al GUP Francesca Zavaglia. Durante la terza udienza del 6 novembre, il GUP ha rigettato le eccezioni di competenza territoriale presentate dagli avvocati di alcuni imputati al fine di spostare la sede a Catanzaro. Dunque, con la decisione del GUP, il processo in questa prima fase continuerà all'interno dello stand numero 19 della Fiera di Bologna, appositamente adibito ad aula bunker;
   come sostenuto dai pubblici ministeri dell'accusa è importante che lo svolgimento di tutto il processo sia in Emilia Romagna, per varie motivazioni. In primis la maggior parte dei reati contestati sono stati commessi in questa regione, inoltre attraverso le indagini e le intercettazioni è risultato chiaro il fatto che l'organizzazione criminale di stampo mafioso individuata in questi anni di inchieste sia radicata sul territorio emiliano ed indipendente dalla «casa madre» di Cutro. Lo scenario che emerge dalle indagini e dall'intera inchiesta, non è quello di una «semplice infiltrazione» di un clan ‘ndraghetista al nord ma di un vero e proprio radicamento con sede principale nella provincia di Reggio Emilia;
   in data 1o luglio 2015, il Movimento Cinque Stelle ha presentato un question time al Ministro della giustizia affinché si adoperasse per trovare uno spazio idoneo e attrezzato allo svolgimento dell'udienza preliminare del processo a Bologna. Alla richiesta veniva data la seguente risposta: «Sulla questione posta dagli onorevoli interroganti in merito alle specifiche esigenze rappresentate dal procuratore della Repubblica e dal presidente del Tribunale di Bologna per la celebrazione dell'udienza preliminare nel procedimento del cosiddetto processo Aemilia, rappresento che alle note trasmesse dai predetti è seguita nell'immediato un'intensa attività dei competenti uffici di questo dicastero, finalizzata alla pronta risoluzione delle criticità prospettate. In particolare la direzione generale delle risorse materiali ha non solo inviato una tempestiva nota di risposta alle richieste scritte degli uffici bolognesi, ma ha altresì avviato un'immediata e diretta interlocuzione con gli stessi in ordine all'individuazione dei locali più adeguati alla celebrazione del processo e alle connesse esigenze di sicurezza. Ancor più la predetta direzione generale ha svolto, recependo sul punto la specifica richiesta del presidente del tribunale, diversi sopralluoghi finalizzati proprio alla concreta verifica delle soluzioni possibili. Ai fini delle valutazioni competenti è stato richiesto poi l'ausilio di personale tecnico specializzato in carico tanto al DAP che al provveditorato regionale dell'Emilia Romagna, comunicando tali iniziative ai capi degli uffici interessati. Saranno pertanto oggetto di tempestiva adozione tutti i provvedimenti necessari alla migliore celebrazione di un processo che per gravità delle imputazioni e numero delle parti processuali richiede senz'altro la predisposizione di adeguate misure organizzative. La pronta attivazione da parte del Ministero credo fughi ogni preoccupazione formulata dagli onorevoli interroganti e assicuro che la situazione continuerà ad essere costantemente monitorata sino al raggiungimento di un'adeguata soluzione»;
   contrariamente a quanto dichiarato, il Ministero non ha ottemperato e per risolvere la situazione, la regione Emilia-Romagna ha stanziato ben 748.000 euro per affittare il Padiglione 19 presso la Fiera di Bologna, ai fini dello svolgimento dell'udienza preliminare;
   la fase dibattimentale del procedimento si dovrebbe spostare a Reggio Emilia per le ragioni sopra esposte, ed è fondamentale che si svolga nella sua sede naturale. Ricorrono tutti i presupposti giuridici. È stabilito infatti che il dibattimento avvenga davanti al giudice competente del luogo in cui si è costituita l'associazione e realizzata la programmazione, l'ideazione e la direzione delle attività illecite dell'organizzazione criminosa;
   sono circa un'ottantina gli imputati che hanno fatto richiesta di rito abbreviato ex articolo 438 c.p.p. e patteggiamenti; tra loro si trovano anche Nicolino Grande Aracri, capo della Cosca. Presumibilmente dunque le aule del tribunale di Reggio Emilia potranno essere utilizzate per il dibattimento, ma non si ha nessuna notizia su dove si svolgeranno, invece, i suddetti giudizi abbreviati –:
   se ritenga opportuno mettere in atto ogni iniziativa di competenza affinché sia trovato al più presto uno spazio idoneo per lo svolgimento del dibattimento del processo «Aemilia», la cui entità necessita di ambienti e di attrezzature che rispettino i criteri di massima sicurezza;
   se, in vista delle numerose richieste di rito abbreviato ex articolo 438 c.p.p, sia già a conoscenza della sede in cui verranno svolti tali riti alternativi;
   se, nel caso in cui si dovesse decidere di continuare lo svolgimento dei riti abbreviati presso il padiglione 19 della Fiera di Bologna, il Ministero provvederà alle relative spese d'affitto. (5-07107)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRACÌ, MARTI, PALESE, LATRONICO, CHIARELLI e DISTASO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'O.S.A.P.P., Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria, quale sindacato maggiormente rappresentativo di categoria, ha evidenziato più volte numerose criticità legate all'istituto, penitenziario di Lecce, nuovo complesso denunciando: a) forte carenza di personale maschile e femminile attestata nell'ordine delle 100/150 unità relativamente al ruolo di assistente e nell'ordine delle 70/80 unità nel ruolo sovraintendente, figura essenziale per svolgere funzioni di preposti nei reparti detentivi; b) sistema di videosorveglianza interno e sala operativa al piano terra incompleti; c) assenza di un sistema di video sorveglianza e allarme sul muro perimetrale, per ammodernamento del sistema di sicurezza e progressiva sostituzione della figura del sorvegliante esterno; d) ritardi nello svolgimento di esercitazioni per il maneggio delle armi presso i poligoni di tiro per molti agenti, alcuni dei quali nella condizione di non allenarsi da quasi 10 anni;
   la stessa O.S.A.P.P. ha evidenziato numerose, criticità anche in relazione al nucleo interprovinciale traduzioni e piantonamenti polizia stradale con riferimento a: a) carenza del personale di polizia penitenziaria nella misura di 30/40 unità nel ruolo di agenti/assistenti e sovraintendenti per svolgimento del servizio con numeri minimi di sicurezza; b) carenza di autovetture per il supporto logistico e per il servizio di automontata/polizia stradale, ducati blindati e non per traduzioni detenuti, autobus per traduzioni collettive in sostituzione dei mezzi di vecchia generazione non più adeguati per tale servizio; c) ritardi nella fornitura e nella sostituzione del vestiario ed equipaggiamenti contrariamente ai termini previsti dalla normativa vigente, decreto 10 dicembre 2014;
   l'evento straordinario di indisponibilità del personale è divenuto ordinario, poiché il personale in pensione non viene integrato e tale assenza comporta un aggravio di lavoro per coloro che garantiscono l'ordine e la sicurezza negli istituti, così come l'indisponibilità economica non permette la riparazione dei mezzi e degli apparati ausiliari, che assicurano la gestione ottimale delle traduzioni;
   l'Organizzazione sindacale ha altresì denunciato un ritardo nella creazione di un nucleo interprovinciale nonché nella nomina del comandante dello stesso come previsto dalla circolare GDAP 3643/6093 del 14 marzo 2013 in materia di nuclei traduzioni piantonamenti, oltre ad un ripristino urgente della sala operativa regionale di vitale importanza per il supporto alle traduzioni di ogni genere sull'intero territorio nazionale –:
   se il Governo sia a conoscenza delle questioni esposte, se intenda prendere in carico le criticità più impellenti che gravano sullo svolgimento del servizio ordinario e se e come intenda intervenire per sanare carenze e ritardi legati ad interventi urgenti da compiersi all'interno dell'istituto penitenziario di Lecce nuovo complesso per scongiurare una paralisi dell'intero sistema. (4-11288)


   FEDRIGA e MOLTENI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da notizie apparse anche su quotidiani nazionali, tra cui «Il Giornale» del 18 novembre 2015, «Il Gip di Trento Francesco, Forlenza, ..., dopo le richieste dei Pm Giuseppe Amato e dei sostituti Davide Ognibene e Pasquale Profiti ha annullato la custodia cautelare a 5 presunti jihadisti in quanto non c'erano elementi sufficienti per confermare la custodia cautelare in carcere». La richiesta al giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento, nella realtà, come riporta il quotidiano in parola era stata avanzata e «... riguardava i componenti della presunta cellula italiana, cioè sei delle 17 persone per cui il gip di Roma Valerio Savio aveva emesso un'ordinanza di custodia cautelare in carcere con l'accusa di associazione con finalità di terrorismo internazionale aggravata dalla transnazionalità del reato. Lo stesso giudice di Roma aveva anche indicato la competenza territoriale dell'ufficio del gip-gup di Trento per gli arrestati a Trento e a Bolzano. Il Gip di Trento, però, ha confermato la custodia cautelare solo per 12 dei presunti terroristi con base a Merano. Di quelli scarcerati tre erano irreperibili mentre due erano nelle carceri di Trento e Bolzano. Sono due curdi iracheni: Hama Mahmoud Kaml e Mohamad Fatah Goran»;
   quindi emerge, dalle notizie pubblicate dal quotidiano in parola, che sono stati rilasciati cinque pericolosissimi jihadisti, dei diciassette sottoposti alla misura della custodia cautelare in carcere, da parte del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento dottor Francesco Forlenza, questo, non sulla scorta di una mancanza di elementi probatori ai fini di disporre la misura stessa che doveva, nel caso, essere rilevata ab origine già dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma (che non ha rilevato), ma solo «a causa» di una incompetenza territoriale che ha fatto esprimere, sui medesimi fatti, altro GIP, e nello specifico il GIP di Trento. Risulta evidente, a giudizio degli interroganti, la gravità della situazione creata e l'illogicità del provvedimento;
   sul punto, altro quotidiano, «Il Sole 24 Ore» del 19 novembre 2015, ha formulato un'altra ipotesi, seppur nei fatti con i medesimi risultati, leggermente difforme dalla precedente. Come ha ricostruito detto quotidiano «Gli accertamenti investigativi sono stati coordinati dal procuratore aggiunto capitolino Giancarlo Capaldo, esperto in materia terroristica, che aveva ricostruito con dovizia di particolari la rete dei diciassette arrestati, ritenuti legati a una cellula fondamentalista radicata in tutta Europa. ... all'indomani dell'esecuzione della misura cautelare i PM romani hanno inviato gli atti alla Procura di Trento, competente in quanto una parte dell'organizzazione avrebbe operato a Merano. Tuttavia nella seconda richiesta di convalida dell'arresto dei PM di Trento non ci sarebbe alcun riferimento agli altri sette terroristi arrestati. La richiesta, infatti, sarebbe concentrata esclusivamente su dieci soggetti. Il giudice per le indagini preliminari, quindi, non ha potuto far altro che emettere un decreto con il quale ha rimesso in libertà i sette «terroristi conclamati», così come risulta dalle indagini dell'antiterrorismo. Di questi sette, tre risultano irreperibili, per uno si attendeva l'estradizione dalla Svizzera, mentre altri tre erano detenuti nelle carceri di Trento e Bolzano. Per tutti, stando ai complessi e accurati riscontri del Ros, risulta l'imputazione prevista dall'articolo 270-bis del codice penale, l'associazione con finalità di terrorismo anche internazionale. In particolare, negli atti si legge che «dopo l'arresto del mullah Krekar in Norvegia», «iniziava una ristrutturazione delle compagini islamiche attorno ad Ansar al Mani», organizzazione terroristica presente in tutta Europa. Così gli arrestati si «associavano tra loro e con persone non identificate, stanziali in Europa e in Medio Oriente, nell'ambito di una struttura organizzata transnazionale, confessionale, radicale e fondamentalista, chiamata Rawti Shax o Didi Nwe («Il nuovo corso» o «Verso la montagna») avente finalità di terrorismo internazionale, operante in rete in gruppi cellulari attivi in Europa e Medio Oriente (in particolare Germania, Svizzera, Inghilterra, Finlandia, Italia, Grecia, Svezia, Norvegia, Iraq, Iran e Siria), con l'obiettivo finale del rovesciamento dell'attuale governo del Kurdistan iracheno, per sostituirlo con uno Stato teocratico fondato sull'applicazione della sharia islamica, e l'obiettivo meditato del compimento di atti di violenza anche sul suolo europeo o contro obiettivi occidentali, allo scopo di intimidire la popolazione o esercitare pressioni su poteri pubblici e organizzazioni internazionali, nonché della partecipazione nei teatri dello jihad gestendo a tale scopo campi di addestramento paramilitari»;
   ove si dovesse aderire alla ricostruzione del quotidiano «Il Sole 24 Ore», difforme in parte rispetto alla ricostruzione del quotidiano «Il Giornale», i fatti sarebbero ancor più gravi e quanto accaduto alla procura della Repubblica di Trento, secondo gli interroganti, dovrebbe essere immediatamente posto all'attenzione degli ispettori del Ministero della giustizia. –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda e in un contesto di gravissimo allarme sociale, ancor più sentito dopo i fatti occorsi a Parigi, se intenda promuovere immediate iniziative presso la procura della Repubblica del tribunale di Trento ovvero presso gli uffici del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trento, al fine dell'esercizio dei poteri di competenza. (4-11298)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE ROSA, DAGA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI, CARINELLI, CASO, MANLIO DI STEFANO, PESCO, TRIPIEDI, ALBERTI, BASILIO, COMINARDI, PETRAROLI, SORIAL e TONINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nell'inchiesta realizzata dalle Fiamme Gialle, chiamata «Dama nera», relativa ad appalti truccati, resa nota dalla stampa nei giorni scorsi, oltre a imprenditori, titolari di aziende appaltatrici di primarie opere pubbliche e personalità di spicco come l'ex-sottosegretario Luigi Meduri, risultano coinvolti cinque dirigenti e funzionari dell'Anas della direzione generale di Roma, tra cui Antonella Accroglianò, dirigente responsabile del coordinamento tecnico amministrativo di ANAS SPA, ritenuta dai finanzieri «vero e proprio deus ex machina all'interno del sodalizio»;
   tali dirigenti e funzionari di Anas — si legge nella nota della Gdf — «abusando dei poteri derivanti dall'incarico ricoperto nell'ambito della predetta azienda pubblica, sono riusciti ad ottenere utilità e provviste corruttive da imprenditori, titolari di società di rilievo nazionale, in alcuni casi con l'intervento di un «colletto bianco» (un avvocato di Catanzaro) e del citato esponente politico»;
   l'inchiesta avrebbe interessato anche la gara per la realizzazione di un'opera viaria vicina al lecchese: la variante di Morbegno, dallo svincolo di Fuentes allo svincolo del Tartano, sulla strada statale 38 dello Stelvio, l'intervento viabilistico con il quale si punta a potenziare i collegamenti con la Valtellina, incluso nel programma delle infrastrutture strategiche approvato dalla delibera CIPE 121/2001;
   l'appalto veniva aggiudicato, per 145 milioni di euro, ad ATI Tecnis spa, riferibile agli imprenditori catanesi Concetto Albino Bosco Lo Giudice e Francesco Domenico Costanzo, così come la Cogip Infrastrutture spa, entrambe società con sede legale a Tremestieri Etneo;
   secondo quanto reso noto dalla guardia di finanza, «Accroglianò veniva interessata dai predetti imprenditori siciliani e, per conto degli stessi, da Meduri, non solo per la velocizzazione dei pagamenti conseguenti all'iscrizione di «riserve» nelle contabilità di cantiere, risolte attraverso il meccanismo dell’«accordo bonario», ma, anche e soprattutto, per l'ottenimento dell'autorizzazione alla cessione di un ramo d'azienda (in realtà una vera e propria cessione del contratto d'appalto, normativamente non lecita), concernente la realizzazione della Variante di Morbegno»;
   «in sintesi — proseguono i finanzieri — emergeva come: Costanzo Domenico ed il Bosco Concetto intendessero cedere il ramo d'azienda (in realtà, come detto, l'appalto), relativo alla realizzazione della citata Variante di Morbegno, in favore di un'altra società con sede a Sondrio e che tale cessione fosse condizionata all'autorizzazione dell'appaltante ANAS SPA, attraverso la presa d'atto. In relazione all'espletamento di tali «pratiche», venivano documentati plurimi episodi di corruzione, concretizzatisi in 6 dazioni di denaro, dal dicembre 2014 all'agosto 2015, per un totale pari ad almeno 150 mila euro» –:
   se il Governo sia in grado di fornire un elenco circostanziato dei bandi di gara o affidamenti diretti di appalti di lavori infrastrutturali, sul territorio della regione Lombardia, gestiti da ANAS, ai quali abbiano partecipato e con quale ruolo, le persone coinvolte ed arrestate nell'inchiesta della guardia di finanza «Dama nera»;
   se e in quale misura quanto sopra premesso abbia pregiudicato la realizzazione della citata «Variante di Morbegno» in termini di economicità, trasparenza, tempistiche e perseguimento del bene comune e, in caso positivo, quali iniziative si intendano mettere in atto per porvi rimedio;
   se il Governo, alla luce di quanto premesso, ritenga di promuovere iniziative per introdurre misure efficaci al fine di evitare che le vicende soggettive del soggetto aggiudicatario si traducano in una cessione dell'appalto in sostanziale elusione dei principi di trasparenza e pubblicità delle gare. (5-07109)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'interruzione sull'autostrada A19 Palermo-Catania la Strada Statale «di Polizzi» 643 è stata utilizzata come arteria di collegamento dallo svincolo di Scillato alla strada statale 120;
   la strada statale 643 è stata, per altro, utilizzata come collegamento esclusivo per i mezzi pesanti da e per Palermo e Catania;
   la suddetta strada statale 643 è stata interessata, già precedentemente all'interruzione della A19, da numerosi fenomeni franosi e di dissesto della sede stradale;
   appare evidente, cosa per altro denunciata a più riprese dalle autorità del comune di Polizzi Generosa (PA), la scarsa attività di manutenzione sulla strada statale 643. Anche in considerazione dell'anzianità di servizio della stessa statale costruita e concepita per traffico leggero e a basso volume di intensità;
   il volume di traffico riversatosi in questi mesi sulla strada statale 643 ha contribuito ad accelerare il fenomeno di logoramento del manto stradale e al peggioramento delle condizioni generali della strada statale 643;
   l'amministrazione di Polizzi Generosa lamenta, inoltre, danneggiamenti derivanti dall'attraversamento del centro abitato da parte di veicoli pesanti. Tali danneggiamenti, in particolare, riguardano balconi, manto stradale delle vie comunali, marciapiedi;
   per quanto siano stati realizzati lavori, da parte dell'ANAS, con somma urgenza per la messa in sicurezza della SS 643 nei giorni immediatamente successivi all'interruzione della A19 e all'utilizzo della citata strada statale 643, per ovviare alla chiusura della stessa A19, tali lavori hanno carattere transitorio e non definitivo. Permangono, infatti, inalterati i rischi, per quanto riguarda fenomeni franosi e caduta massi sulla carreggiata della strada statale 643, nonché avvallamenti, dissesto della carreggiata, scivolamenti del manto stradale;
   l'arrivo della stagione invernale potrà solo aumentare i fenomeni di erosione sulla strada statale 643;
   già nell'anno trascorso l'arrivo di piogge ha causato danni e numerose interruzioni alla viabilità;
   in data 23 novembre 2015, il sindaco di Polizzi Generosa ha reiterato, con nota protocollo 13153 indirizzata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai vertici dell'Anas, ai vertici della regione siciliana e per conoscenza ai deputati del territorio, la richiesta di interventi manutentivi urgenti e di maggiore attenzione per la strada statale 643 anche in virtù dei disagi subiti dalla popolazione di Polizzi Generosa in questi mesi di utilizzo straordinario della strada statale 643 –:
   se e come il Ministro intenda attivarsi per interventi urgenti e definitivi per la messa in sicurezza della strada statale 643 di Polizzi;
   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda, intraprendere per riconoscere lo sforzo fatto dal comune di Polizzi Generosa (PA) e dalla popolazione in questi mesi;
   se il Ministro non ritenga doveroso, nelle more di interventi definitivi che si proceda a lavori di urgenza per garantire la sicurezza di chi percorre la strada statale 643;
   se il Ministro e l'Anas non considerino indifferibili e urgenti gli interventi per la viabilità statale nell'area delle Madonie. (4-11284)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   TONINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da fonti giornalistiche (si veda l'articolo «Discarica abbandonata nel Milanese, l'Arpa: “Produce percolato”. Rischi per fiume Lambro», a firma di Fabio Abati, su Il Fatto Quotidiano del 24 novembre 2015) a Vizzolo Predabissi, in provincia di Milano, nei pressi del fiume Lambro, in località Cascina Monte Buono, vi è un sito utilizzato dalla fine degli anni ’70 per il conferimento di RSU (rifiuti solidi urbani) e RSAU (rifiuti solidi assimilabili urbani). Sebbene l'area appaia come un insieme di collinette ricoperte di verde e di alberi ad alto fusto, affacciate sul fiume Lambro, qui si sono accumulati rifiuti dal 1989 e per almeno i successivi 14 anni, compreso il periodo, dal 1996 al 1999 in cui furono conferiti alla discarica anche i rifiuti nell'ambito della cosiddetta «emergenza rifiuti» della Lombardia;
   il sito risulta chiuso da almeno 12 anni, ma la ex discarica non è ancora «mineralizzata», ovvero inerte, e dunque ha continuato a produrre percolato e biogas. Nel marzo 2015 la competente ARPA, allertata dai tecnici del comune di Vizzolo Predabissi, ha svolto un'indagine sul sito, a seguito della quale ha giudicato la discarica «notevolmente compromessa»: in particolare, ciò risulta dalla nota del 22 aprile 2015, prot. 2908 dalla quale si evidenzia il perdurare della perdita di percolato e lo sversamento nel fiume Lambro, con visibile ulteriore inquinamento delle acque reso evidente dalla presenza del liquido inquinante nelle vicinanze degli scoli del corso idrico superficiale. Le vasche di raccolta risultano «piene al colmo», tant’è che dal fondo delle stesse, attraverso fessure, il percolato fuoriesce e si incanala nella rete delle acque piovane. L'Agenzia segnala inoltre che la tubazione di scarico delle acque meteoriche, che vanno a finire nel fiume Lambro, nonostante l'assenza di precipitazioni al momento del sopralluogo e per almeno le 24 ore precedenti, presentano «un notevole reflusso di refluo liquido di colore marrone scuro e odore putrescente, verosimilmente costituito da percolato di discarica»;
   per questi motivi il comune di Vizzolo, supportato dalla città metropolitana di Milano, ha intimato ai privati ed in particolare a Vizzolo ambiente Srl, proprietaria del sito, di riprendere a occuparsi della discarica, ovvero a bonificare il percolato e a pompare il biogas. Di quest'ultimo aspetto si sarebbe dovuta occupare Cofely Italia spa, che ha tuttavia opposto, con ricorso giurisdizionale al competente TAR, la scadenza del suo rapporto contrattuale con la proprietà al 31 dicembre 2014;
   sta di fatto che, nel frattempo, il percolato presumibilmente continui a confluire nel fiume Lambro;
   come ha rilevato la stessa città metropolitana di Milano nell'ambito della citata controversia giurisdizionale «il mancato adempimento delle prescrizioni in oggetto avrebbe aggravato la situazione ambientale, con pericolo per la salute pubblica e l'ambiente»;
   il comune di Vizzolo ha incassato il milione di euro depositato come fideiussione da Vizzolo Ambiente al momento della stipula della convenzione e potrebbe impiegare tali somme per avviare un intervento d'urgenza;
   la situazione di grave pericolo per l'ambiente e per la salute dei cittadini è stata accertata dagli enti pubblici a ciò deputati;
   sarebbe opportuno e urgente un intervento diretto del Governo, in particolare ai fini della caratterizzazione dei rifiuti presenti nel sito, di un'indagine geoelettrica per verificare la dispersione del percolato in falda e di un piano di monitoraggio dell'aria –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione illustrata in premessa e se, data la gravità della situazione accertata e quella che l'interrogante giudica l'inerzia degli enti locali interessati, intendano urgentemente assumere iniziative, per quanto di competenza e anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente, al fine di verificare lo stato dei luoghi e il livello di inquinamento, evitando ulteriori gravi danni all'ambiente e alla salute dei residenti. (4-11291)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 19 e il 20 novembre 2015, in varie zone d'Italia, militanti del movimento politico italiano di estrema destra denominato «Forza Nuova» hanno affisso manifesti indicanti «War zone — Islamic occupied area», sugli ingressi di alcune moschee e altri con il motto «Si vis pacem para bellum», sui portoni delle chiese limitrofe ai centri islamici;
   questi cartelli sono stati affissi anche al centro di cultura islamico e sulla porta della chiesa del Suffragio di Viterbo;
   un comunicato ufficiale emanato da «Forza Nuova» conferma che tali azioni sono state effettuate da militanti del movimento stesso;
   il contenuto del comunicato inneggia ad una sorta di guerra aperta contro l'Islam e contro ogni tipo di progetto multiculturale per l'Italia, rifiutando il concetto stesso di integrazione e usando termini che richiamano epoche buie della storia italiana ed europea, come quello di «stirpe»;
   ciò che nel comunicato viene definito «provocazione», che si esprime con frasi tipo: «Occorre armare il pensiero e le anime contro chi vorrebbe imporci la coesistenza forzata con l'Islam» o «La guerra a cui facciamo riferimento nei nostri cartelli è, quindi, in primo luogo, quella che va portata militarmente — al fianco della Russia di Putin, della Siria di Assad, di Hezbollah, del popolo curdo e delle milizie iraniane – al Daesh, direttamente sul suo territorio»; e ancora: «La battaglia per il risveglio dell'Italia e dell'Europa è cominciata. La trincea è arrivata sulla nostra terra. Non vincerà il Daesh, non vinceranno gli utili idioti del buonismo nostrano, non vinceranno i fiancheggiatori del califfo al-Baghdadi: Israele, USA, Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Kuwait. Abbiamo già iniziato a difendere la nostra terra e la nostra Fede in ogni angolo della Patria», risulta agli occhi dell'interrogante una vera e propria incitazione all'odio e alla violenza;
   la Costituzione italiana sancisce all'articolo 19 che «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   quali iniziative intenda intraprendere o abbia già messo in essere affinché qualsiasi atto di violenza sia inibito e stigmatizzato in modo inequivocabile;
   se, considerati i risvolti di ordine pubblico, vi siano elementi per ritenere che tra i militanti del movimento «Forza Nuova» vi sia la reale volontà di organizzarsi per vere e proprie azioni di rappresaglia, così come lasciato intuire nel comunicato. (4-11294)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le cronache riportano quotidianamente di arrivi di immigrati nel nostro Paese;
   quasi tutti arrivano sulle coste italiane viaggiando sui barconi. Una volta soccorsi e trasferiti sui mezzi della Marina militare e della guardia costiera, i clandestini vengono sottoposti a un primo screening sanitario. Il secondo li aspetta al momento dello sbarco, quando hanno inizio anche le operazioni di identificazione. Fotosegnalazioni e impronte digitali vengono spedite al presunto Paese d'origine dichiarato dal migrante per poter avere dati certi sulla sua identità;
   l'eventuale espulsione arriva attraverso il decreto firmato dal prefetto; a questo documento segue il decreto di trattenimento e ordine del questore per il trasferimento nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE), perché per essere espulso il migrante ha bisogno del passaporto o di un documento di identità equipollente. Nell'attesa di ottenerlo, viene sistemato nei «centri di identificazione ed espulsione». Il decreto di espulsione, quindi, scatta solo se si è ricostruita l'identità del migrante che altrimenti rimane nel Cie;
   la legge prevede che un immigrato debba rimanere all'interno del Cie fino a quando non si sia risaliti alla sua identità. Un procedimento in realtà molto difficile, spesso impossibile. I termini di legge sono 90 giorni, dopo di che il migrante, anche se non è in possesso del passaporto, deve uscire dal Cie. A questo punto gli viene intimato di abbandonare il territorio italiano entro 7 giorni;
   sono stati diffusi dal Governo dati circa gli sbarchi e le presenze dei immigrati relativi, agli anni 2014 e 2015, aggiornati al 23 novembre 2015;
   i dati sugli sbarchi, nel periodo preso in considerazione, riportano di 305.606 immigrati giunti nel nostro Paese, secondo quanto indicato dal Ministero dell'interno;
   oltre agli sbarchi sono stati presentati i dati relativi al totale di immigrati presenti sui territori regionali: la somma tra presenti nelle strutture temporanee, nei Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), nei Centri di accoglienza (CDA) e Centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA) e posti nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) occupati ammonti a 100.007 persone;
   alla basi di tali dati, non è dato sapere quanti immigrati hanno avuto accesso ai benefici previsti per i rifugiati e hanno mutato il loro status giuridico –:
   se il Ministro interrogato e sia a conoscenza della situazione e se non intenda fornire ogni utile elemento circa i 205.599 immigrati che non risultano allocati in nessuna delle strutture predisposte per la loro accoglienza, soprattutto in un periodo difficile per la sicurezza dei cittadini, anche alla luce delle conferme che si registrano circa l'utilizzo delle rotte dei migranti da parte dei terroristi. (4-11296)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riferito da alcuni genitori, in una scuola elementare di Cadorago (CO), una insegnante avrebbe maltrattato e umiliato due bambini con disturbi nell'apprendimento;
   i rappresentanti di classe hanno incontrato subito la preside della scuola per discutere con lei dei comportamenti della maestra;
   pare inoltre che l'insegnante abbia dimostrato, in altre occasioni scarsa professionalità e preparazione nell'insegnamento delle materie di studio;
   tra i genitori c’è chi vorrebbe attuare dimostrazioni di protesta plateali, che non escludono il ricorso a picchetti fuori dalla scuola;
   intanto la dirigente scolastica ha convocato domani le famiglie per un incontro, al fine di accertare la verità dei fatti;
   per loro conto i genitori stanno raccogliendo le prove e i documenti per dimostrare la condotta dell'insegnante;
   in precedenza i genitori di una scuola di Guanzate, ove l'insegnante prestava a suo tempo servizio, avevano promosso un'inchiesta presso l'ufficio scolastico regionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza della vicenda e se intenda attivare i poteri ispettivi di competenza al fine di appurare precisamente i fatti descritti in premessa;
   qualora venissero accertate eventuali responsabilità della docente per i fatti descritti, quali iniziative sanzionatorie si intendano adottare. (4-11293)


   PAGANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il liceo artistico regionale Rosario Assunto di San Cataldo, sede distaccata di Enna del liceo artistico M. Cascio, è stato trasferito nei locali dell'Istituto Maddalena Calafato a Caltanissetta; il decreto è stato pubblicato il 3 agosto 2014 sulla Gazzetta ufficiale regionale;
   in proposito preme all'interrogante rilevare che appaiono poco giustificabili le spese di locazione previste, di circa 85.000 euro (per soli 40 alunni), considerato che già esiste il liceo artistico statale F. Juvara ad appena quattro chilometri da Caltanissetta. I locali che ospitano il liceo statale Juvara sono di proprietà della provincia, pertanto per questi ultimi non si sostengono spese di locazione, mentre i locali del liceo regionale sono stati sempre in affitto e, quindi, sono da sempre motivo di aggravio economico per la provincia regionale di Caltanissetta, per di più per pochissimi alunni;
   a parte la questione appena citata dell'affitto, è utile operare un più ampio raffronto tra il funzionamento del liceo artistico regionale Rosario Assunto, sede accorpata con il liceo artistico regionale di Enna, e quello del liceo artistico statale F. Juvara di San Cataldo facente parte dell'I.I.S.S. Manzoni-Juvara di Caltanissetta;
   al riguardo, è possibile riscontrare una serie di rilevanti differenze: il liceo R. Assunto sostiene un costo docente per alunno elevatissimo a causa della presenza di non più di 40 alunni, mentre il liceo Juvara può vantare circa 320 alunni come da standard nazionali; quanto alla didattica, nel liceo Assunto sono attivi gli indirizzi di arti figurative-design industriale, ceramica e moda, mentre presso il liceo Juvara risultano gli indirizzi di arti figurative, design industriale, della moda e del costume, architettura e ambiente ed è stato richiesto l'indirizzo di scenografia; inoltre, al liceo Assunto non risultano all'interrogante idonee e stringenti forme di controllo didattico, mentre presso il liceo Juvara si effettuano le prove Invalsi e i controlli ex lege n. 107 del 2015 nel rispetto degli standard ministeriali; proprio per tali motivi, al liceo Assunto anche la qualità della docenza è scarsamente verificabile (gli esami di Stato peraltro si svolgono assieme al liceo statale Juvara), laddove il liceo Juvara è dotato di personale docente selezionato con un concorso nazionale e sottoposto a formazione obbligatoria; il numero dei docenti del liceo Assunto è pari a 19 unità per tre/quattro alunni per classe, mentre l'istituto Juvara annovera circa 50 docenti con un numero elevato di alunni per classe; i costi di gestione (affitto, luce, acqua, gas, telefono, personale Ata) del liceo Assunto appaiono molto alti, mentre al liceo Juvara le spese risultano nella norma con il personale Ata parametrato su 750 alunni e due sedi; analogamente, al liceo Assunto si rileva un numero limitato di bandi e attrezzature, mentre la gestione del liceo Juvara si rivela molto efficiente anche grazie all'apporto dei fondi europei;
   si ricorda che l'articolo 19 della legge regionale n. 6 del 24 febbraio 2000 prevedeva la statizzazione delle scuole regionali; anche l'assessore regionale pro tempore alla pubblica istruzione, con lettera dell'8 febbraio 2012, si era rivolto al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sottolineando la necessità nel brevissimo termine, di accorpare gli istituti regionali a quelli statali insistenti sui medesimi territori; questa soluzione, purtroppo, non è stata mai adottata, anche se, ad avviso dell'interrogante, è la più giusta e andrebbe perseguita. La decisione di trasferire a Caltanissetta il liceo regionale Rosario Assunto si tradurrebbe, secondo l'interrogante, in un inopportuno – e oggi più che mai ingiustificato – spreco di denaro pubblico;
   in un momento nel quale la scuola pubblica vede falcidiati gli organici, tale eventualità comporterebbe per certo la perdita di numerosi posti di lavoro, che si andrebbero ad aggiungere a quelli già venuti meno per effetto della fusione al liceo delle scienze umane A. Manzoni di Caltanissetta;
   nel caso anomalo della città di San Cataldo coesistono, quindi, due licei artistici in «concorrenza», che attingono studenti dallo stesso bacino d'utenza. Nel tempo si è assistito a una crescita del liceo statale Juvara – oggi con più di 300 alunni – e a una stentata sopravvivenza della sezione distaccata del liceo artistico regionale di Enna, R. Assunto che, come detto, ha appena 40 alunni;
   la volontà dell'istituto regionale di trasferirsi a Caltanissetta sembra scaturire proprio dalla necessità di «assicurarsi» nuova utenza –:
   alla luce delle considerazioni espresse in premessa, se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire la statizzazione del liceo regionale Rosario Assunto di Caltanissetta, nonché la sua fusione con il liceo artistico statale F. Juvara. (4-11297)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'EniChem Fibre spa è stata la controllata del gruppo EniChem operante nel settore della produzione di fibre sintetiche e di intermedi per materie plastiche;
   sorta come settore dell'Anic, che aprì lo stabilimento principale in Basilicata, a Pisticci nel 1967, nacque ufficialmente nel 1984 a seguito della decisione dell'EniChem di creare società controllate per i rispettivi settori merceologici e produttivi: gli stabilimenti principali si trovavano a Pisticci e ad Ottana (Nuoro);
   sono numerose le testimonianze su quanto accadeva nello stabilimento di Ottana negli anni ’90 e a ridosso del terzo millennio, in merito al contatto diretto degli allora lavoratori con l'amianto, in particolare attraverso l'inalazione della fibra in condizioni di lavoro non protetto;
   i dati ufficiali sulle bonifiche del sito, parlano di 193.940 chili di amianto estratto in varie forme dei diversi reparti dello stabilimento;
   appare del tutto verosimile che – al di là alle bonifiche ufficiali sopracitate – siano ancora presenti materiali inquinanti nell'impianto derivanti dallo smaltimento non documentato;
   sono decine i morti per tumori asbesto correlati che hanno lavorato all'interno della Enichem Ottana, e altrettante persone oggi lottano contro la malattia;
   nonostante ciò, non esiste alcun riconoscimento ufficiale, da parte delle istituzioni dello Stato, della correlazione fra l'esposizione all'amianto e le patologie contratte dai lavoratori di Enichem: infatti, alle famiglie dei deceduti o di coloro che oggi lottano contro le malattie contratte sul luogo di lavoro, non sono riconosciuti i risarcimenti per morte o danno alla salute legate a causa professionale;
   è stata riconosciuta l'esposizione all'amianto all'interno dei cicli produttivi dell'impianto Enichem di Ottana;
   nel novembre 2015, è stato presentato un esposto alla procura della Repubblica di Nuoro da parte dell'Associazione nazionale per la tutela degli ex lavoratori ammalati di patologie asbesto correlate, per chiedere che le famiglie delle vittime dell'amianto e i lavoratori colpiti da malattie derivanti dallo stesso, possano beneficiare al pari degli altri, dei diritti previsti per legge, quali risarcimenti alle famiglie delle vittime, risarcimenti per le cure degli ammalati e lo «scivolo» pensionistico di 5 anni previsto per i lavoratori esposti all'amianto –:
   se non ritengano opportuno predisporre, per quanto di competenza, ulteriori ed urgenti iniziative di controllo della salubrità dell'ambiente, all'interno del sito della ex Enichem Ottana, in cui l'utilizzo dell'amianto viene descritto come «imponente», e, secondo numerose testimonianze, sono presenti sostanze inquinanti frutto di stoccaggio abusivo;
   se non ritengano opportuno, in relazione ai fatti sopracitati, avviare una verifica approfondita, anche per il tramite del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente e le altre strutture statali a ciò preposte, per far sì che venga verificata la presenza di sostanze inquinanti derivanti principalmente dall'amianto presso gli stabilimenti del polo industriale della chimica di Ottana;
   per quali motivazioni non sia inserito lo stabilimento Enichem di Ottana nella lista dei siti contaminati da amianto;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per inserire le famiglie dei lavoratori deceduti per malattie riconducibili all'amianto e dei lavoratori che hanno contratto le stesse malattie ad Ottana nell'elenco degli esposti all'amianto, per poter beneficiare dei dovuti indennizzi previsti dalla legge.
(2-01183) «Piras, Scotto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRANCO BORDO, PLACIDO, SCOTTO e AIRAUDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Italcementi è in fase di acquisizione da parte del gruppo Heidelberg Cement, operazione industriale che in virtù della dimensione strategica ed occupazionale del gruppo, che solo in Italia vanta 3000 dipendenti sui 18500 totali, ha un rilevante rivolto strategico per il settore dell'edilizia e delle costruzioni con un impatto sociale che non può essere trascurato;
   il 19 novembre 2015 si è svolto a Roma l'incontro tra la direzione del gruppo Italcementi, le organizzazioni sindacali, il coordinamento delle rappresentanze sindacali unitarie, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il Ministero dello sviluppo economico a seguito della richiesta congiunta azienda e organizzazioni sindacali con l'obiettivo di individuare i più adeguati strumenti per la gestione degli ammortizzatori sociali, a partire dall'applicazione dell'articolo 42 del decreto legislativo 148 del 2015;
   dopo una disamina della complessa situazione occupazionale da parte dell'azienda, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha chiarito, in nome e per conto del Governo, l'applicazione delle nuove norme in vigore con il «JOBS ACT»;
   le parti hanno convenuto che per ricorrere agli ammortizzatori sociali nei prossimi anni si deve prendere a riferimento il piano industriale concordato nel 2013 con le successive modifiche;
   le organizzazioni sindacali hanno ribadito che lo strumento da individuare deve riguardare l'intero gruppo e non possono esserci differenti applicazioni degli ammortizzatori che prevedono l'interruzione del rapporto di lavoro per il devastante impatto sociale che avrebbero nei vari territori;
   il Governo avrebbe sostenuto che non vi sono le condizioni per utilizzare l'articolo 42 e avrebbe chiesto in modo esplicito alla direzione di Italcementi di formulare un programma di investimenti per i prossimi anni, propedeutico all'applicazione degli ammortizzatori;
   la delegazione sindacale ha ribadito che per la complessità della fase in atto e per gli accordi stipulati in precedenza, nonché per le pesanti conseguenze occupazionali che potrebbero verificarsi a seguito della vendita al gruppo Heidelberg, deve trovare applicazione la norma transitoria definita dell'articolo 42 del decreto legislativo n. 148 del 2015;
   in data 13 gennaio 2015 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali le parti (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, regione Lombardia, Italcementi e organizzazioni sindacali e Coordinamento RSU) hanno convenuto sulla necessità del ricorso alla prima proroga per complessità dei processi produttivi della cassa integrazione guadagni straordinaria, in relazione alla presentazione di un piano di investimenti (equivalente a circa 20 milioni per l'anno 2016) da parte di Italcementi come prosecuzione del piano industriale concordato nel 2013 con le organizzazioni sindacali e in relazione a quanto previsto dell'articolo 42 del decreto legislativo del 24 settembre 2015;
   nell'incontro del 19 novembre 2015 con Italcementi, il Coordinamento delle rappresentanze sindacali unite e le organizzazioni sindacali e il Ministero dello sviluppo economico, il Sottosegretario Teresa Bellanova, a quanto risulta agli interroganti ha affermato che l'articolo 42 è stato formulato per rispondere alle aziende che avevano sottoscritto accordi di cassa integrazione guadagni straordinaria complessa i cui effetti si dispiegavano negli anni successivi al 2015 –:
   quali iniziative il Governo intenda attivare per far sì che, in riferimento al comma 3 dell'articolo 42 del decreto legislativo 148 (accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale), i lavoratori delle società Italcementi spa e CTG spa rientrino nella previsione che consente di usufruire di altri 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria (dal 1o febbraio 2016 al 31 gennaio 2017) come seconda proroga (articolo 1 della legge 233 del 1991). (5-07106)

SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Cadorago in provincia di Como, a seguito di controlli effettuati nel corso del corrente anno, si sono accertate delle situazioni in forte espansione relative al consumo di sostanze stupefacenti; in particolare, si sono create tre zone distinte di forte spaccio di sostanze, molto più evidenti e perduranti degli anni precedenti;
   in loco spesso vengono rinvenuti, oltre a siringhe e pezzi di carta stagnola, materiali tipicamente utilizzai per il consumo, anche materiali tipo rotoli di pellicola trasparente utilizzata nell'ambiente per il confezionamento delle sostanze stupefacenti. In tali zone sono state accertate e rimosse dalla pattuglia operante anche delle costruzioni tipo baracche e accampamenti con tende e teli, bracieri e pentole;
   oltre alle zone sopra descritte, vi sono altrettante zone di transito e permanenza di gruppi di tossicodipendenti e persone a loro collegate, in particolare le stazioni ferroviarie di Cadorago e Caslino e immediate vicinanze. Negli ultimi mesi risulta fortemente in aumento il transito di soggetti tossicodipendenti di fronte alla chiesa di Bulgorello, sia durante le funzioni religiose che durante gli assembramenti oratoriali. Vi sono segnali di allarmismo anche dai genitori dei ragazzi che frequentano l'oratorio;
   negli ultimi periodi è stata segnalata anche la presenza di persone di aspetto e comportamento equivoco che chiedono agli esercenti di pubblici esercizi denaro e pezzi di carta stagnola. Questo materiale è stato più volte rinvenuto nei pressi delle stazioni e del parcheggio coperto di Cadorago, nei parcheggi di via Panini e via Leopardi e nella zona boschiva con segni tipici della brasatura;
   a seguito di tali attività di presidio del territorio sono state effettuate richieste di foglio di via obbligatorio per alcuni soggetti particolarmente insistenti sul territorio e con precedenti specifici per furto o spaccio;
   l'ufficio centrale stupefacenti rilascia l'autorizzazione all'acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti e psicotrope comprese nelle tabelle del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, come modificate dal decreto-legge n. 36 del 20 marzo 2014, per accertamenti medico-legali e di tossicologia forense ai sensi dell'articolo 75, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990;
   i laboratori che effettuano gli accertamenti di tossicologia forense sono quelli di istituti di medicina legale, forze di polizia, Agenzia delle dogane, ASL, ARPA e altro (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 75, comma 10). L'approvvigionamento delle sostanze stupefacenti e/o psicotrope dovrà essere effettuato mediante «buono acquisto», presso fornitori regolarmente autorizzati;
   forte nota dolente è l'impossibilità dell'ARPA di zona, da circa un anno a questa parte, di effettuare analisi su campioni di stupefacente, in quanto a suo dire non risulta rinnovata una convenzione con gli organi centrali –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e se non intenda al più presto assumere ogni iniziativa di competenza per il rinnovo della convenzione con l'ARPA, per fornire l'assistenza necessaria alle forze di polizia locale al fine di garantire una concreta possibilità di tutela del territorio,  di individuare le sostanze illecite e i responsabili di spaccio e di procedere alla segnalazione all'autorità giudiziaria. (4-11285)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALLASCAS, DELLA VALLE, CRIPPA, DA VILLA, PESCO, NICOLA BIANCHI e GALLINELLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in ottemperanza all'articolo 63, comma 1, della deliberazione 111/06 dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, «Entro il 31 ottobre di ciascun anno Terna predispone e pubblica sul proprio sito internet l'elenco degli impianti essenziali per la sicurezza del sistema elettrico valido per l'anno solare successivo»;
   secondo l'articolo 3, comma 11, della legge n. 2 del 2009, è considerato impianto di produzione essenziale quello «in assenza del quale, anche in ragione delle esigenze di manutenzione programma degli altri impianti di produzione e degli elementi di rete, non sia possibile, nell'anno solare successivo, assicurare adeguanti standard di gestione in sicurezza del sistema elettrico»;
   in uno scenario complesso, caratterizzato da una molteplicità di soggetti, tra produttori e consumatori, il regime di essenzialità consente a Terna, nell'ambito dell'attività di controllo e monitoraggio dei flussi di energia, di intervenire tempestivamente al fine di garantire un costante equilibrio tra produzione e fabbisogno di energia richiesto;
   per l'anno 2016, Terna spa avrebbe annunciato l'intenzione di revocare il regime di essenzialità a tre dei quattro impianti di produzione dislocati in Sardegna che sino ad oggi erano considerati essenziali;
   secondo quanto annunciato, gli impianti di Portovesme, Fiume Santo e Ottana non sarebbero più necessari per garantire la sicurezza della rete elettrica, mentre il solo che rientrerebbe nel regime di essenzialità sarebbe quello di Assemini;
   rimodulazione del regime di essenzialità è destinato inevitabilmente a determinare una riduzione, anche considerevole, dell'apporto di energia oggi fornita dagli impianti di Portovesme, Fiume Santo e Ottana;
   la rete elettrica della Sardegna è connessa con la rete nazionale attraverso i due cavi sottomarini SAPEI (Sardegna Penisola Italiana) e SACOI (Sardegna Corsica Italia);
   la revoca del regime di essenzialità per tre delle quattro unità di produzione essenziali della Sardegna desta notevoli perplessità e preoccupazioni in merito alla capacità del sistema elettrico della Sardegna, e in particolare dei due cavi sottomarini e della centrale di Assemini, di garantire requisiti di stabilità e sicurezza –:
   quali siano le valutazioni tecniche che abbiano portato Terna spa ad orientarsi per la revoca del regime di essenzialità sino ad oggi riconosciuto agli impianti di produzione di Fiume Santo, Portovesme e Ottana;
   se la presenza dei cavi sottomarini Sapei e Sacoi e il riconoscimento del regime di essenzialità al solo impianto di produzione di Assemini costituiscano strumenti sufficienti a garantire i requisiti di stabilità e sicurezza della rete elettrica della Sardegna, nonché gli approvvigionamenti necessari in caso di riduzione improvvisa della produzione o della tensione;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare che la rimodulazione del regime dell'essenzialità possa avere ripercussioni negative sulla qualità del servizio elettrico offerto a cittadini e imprese della Sardegna.
(5-07104)


   NICOLA BIANCHI e VALLASCAS. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da numerose fonti di stampa e, in particolare, secondo quanto riportato nelle scorse settimane dall'agenzia Bloomberg, Eni starebbe lavorando con Barclays alla potenziale vendita di Versalis, la società leader in Italia nel settore della chimica per fatturato, volumi di produzione e numero di addetti che fa capo alla major petrolifera italiana. Il valore dell'operazione, che sarebbe ben vista dal mercato, potrebbe arrivare fino a un miliardo di euro;
   la notizia della probabile futura cessione di quote di Versalis desta grande preoccupazione soprattutto in relazione al rischio della perdita di numerosi posti di lavoro. Versalis, infatti, è presente in molte regioni d'Italia, tra cui la Sardegna, occupando migliaia di dipendenti;
   in particolare, in Sardegna, con Matrìca, una joint venture paritetica tra Versalis e Novamont nata nel 2011 a seguito della firma del «Protocollo di intesa per la Chimica Verde a Porto Torres» tra Governo, istituzioni sarde, sindacati, Novamont ed Eni, si è dato avvio a un progetto di riqualificazione del sito industriale di Porto Torres;
   in data 30 ottobre 2015 nel corso di un incontro con i rappresentanti delle sigle sindacali Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, avrebbe rassicurato i sindacati in relazione alla salvaguardia dei livelli occupazionali, ma avrebbe allo stesso tempo confermato i contatti con fondi internazionali con i quali la società sta negoziando la cessione di quote di Versalis –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle informazioni esposte in premessa e, in caso affermativo, quali siano i suoi orientamenti al riguardo;
   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, affinché l'eventuale vendita di quote di Versalis non comprometta gli attuali livelli occupazionali;
   se il Ministro interrogato non intenda convocare un tavolo di confronto con la società Eni e le organizzazioni sindacali al fine di fare chiarezza sulle intenzioni dell'azienda in merito alla vendita di Versalis e sui possibili scenari futuri.
(5-07105)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 3, comma 4-quater del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78, ha sancito l'applicazione della legge 9 gennaio 1991, n. 10 alle aziende di distribuzione elettrica con meno di 5.000 punti di prelievo, prevedendo per esse l'applicazione delle stesse semplificazioni previste per le aziende ubicate nelle isole, minori, in considerazione del fatto che anche il territorio di confine possa rappresentare un ostacolo all'esercizio dell'attività di distribuzione elettrica;
   l'articolo 38, comma 3, del decreto legislativo 1o giugno 2011, n. 93, ha abrogato il citato comma 4, dell'articolo 3, del decreto legge n. 78 del 2009 e affidato all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico il compito di individuare per le imprese di distribuzione elettrica con meno di 5.000 punti di prelievo, appositi meccanismi di perequazione specifica aziendale;
   in attuazione dell'articolo 38, comma 3, del citato decreto legislativo, l'Autorità con la delibera 24 novembre 2011, ARG/elt 168/11, ha approvato le modalità di applicazione del regime di perequazione specifica aziendale per le piccole gestioni elettriche;
   il metodo di calcolo del PSA, risentendo dell'influenza discrezionale dell'Autorità, è stato applicato in maniera diversa alle aziende ad esso sottoposte, penalizzando principalmente le gestioni elettriche minori;
   infatti, lo stesso si discosta da quanto stabilito dalla delibera dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico n. 96/04, istitutiva del regime di perequazione specifica aziendale, la quale tiene conto dell'impatto delle variabili esogene sul ricavo ammesso solo se queste sono utili a giustificare i maggiori costi sostenuti, cioè solo se le variabili esogene presentano un valore positivo e non negativo;
   le istruttorie relative al riconoscimento del regime di perequazione specifica aziendale condotte fino ad oggi dall'Autorità si sono concluse senza considerare il potenziale effetto negativo delle variabili esogene, in conformità con quanto stabilito dalla citata delibera 96/04;
   fino ad oggi, l'orientamento adottato dall'Autorità, ai sensi del comma 6.1, dell'allegato A, della deliberazione n. 168/11, ad avviso dell'interrogante, ha danneggiato i comuni che svolgono direttamente l'attività di distribuzione dell'energia elettrica a meno di 5.000 punti di prelievo, in considerazione del fatto che gli stessi presentano valori altamente negativi della variabile esogena relativa alla dispersione dell'utenza nel territorio servito dall'impresa;
   le esigenze delle piccole aziende di distribuzione elettrica sono state recentemente accolte nel documento 499/14/EEL dell'Autorità; a tale documento, tuttavia, non ha ancora fatto seguito alcun atto di compensazione delle somme dovute per legge alle suddette aziende;
   la mancata attribuzione di tali somme costringerebbe molti piccoli comuni a dover svendere le aziende partecipate con il rischio che i nuovi soggetti subentranti garantiscano un servizio di scarsa qualità a costi più elevati –:
   se il Ministro interrogato intenda voglia assumere le necessarie iniziative affinché venga data immediata attuazione alle disposizioni di cui alla delibera 499/14/EEL dell'Autorità, a garanzia del mantenimento di un elevato standard qualitativo nella distribuzione elettrica. (4-11283)


   PARENTELA, D'UVA, LUPO, LOREFICE, CANCELLERI, DI BENEDETTO, MANNINO, DE ROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 13 ottobre 2015 viene pubblicata sul sito del Ministero dello sviluppo economico la notizia della collaborazione fra Marina militare e MISE-direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche che recita:
    «Collaborazione tra Marina Militare e MISE per la sicurezza offshore».

  Nel periodo 27-30 settembre (2015) Nave Aretusa, unità idrografica della Marina Militare, ha condotto attività di mappatura del fondale nelle acque antistanti Pozzallo [Canale di Sicilia, luogo interessato da diverse istanze di ricerca e produzione di idrocarburi] a favore del Ministero dello sviluppo economico – Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche. L'unità, al comando del Tenente di Vascello Marini Bettolo grazie a ecoscandagli di ultima generazione ed alla professionalità del personale imbarcato, ha effettuato 93 ore di attività scandagliando un'area di circa 13 miglia quadrate. I dati acquisiti permetteranno al MISE di avere una aggiornata e dettagliata conoscenza del fondale marino nelle aree di possibile sviluppo delle attività minerarie. Le operazioni si inquadrano all'interno dell'accordo di collaborazione tra la Marina Militare ed il Ministero dello sviluppo economico, per l'incremento della sicurezza delle attività offshore e rientra nel concetto di Forza Annata "dual-use", ovvero Unità navali che svolgono anche attività non militari a favore delle altre amministrazioni, enti di ricerca ed università, realizzando, al contempo, un significativo risparmio di risorse ai bilanci dello Stato, nell'ottica di migliorare le sinergie tra amministrazioni nel comune interesse del Paese.»
   le sopracitate attività ad opera della Marina militare sono state svolte in 7.153,73 chilometri quadrati di aeree di concessione, permessi ed istanze di ricerca nel Canale di Sicilia. A queste si aggiungono poi le due richieste di prospezione per circa 6 mila chilometri quadrati della Schlumberger Italia, la più grande società di servizi petroliferi al mondo;
   a parere degli interroganti sarebbe interessante sapere cosa ha scoperto la Marina militare «dual-use» nei giorni di ricerca con ecoscandagli di ultima generazione, e soprattutto quale sia stata l'effettiva funzione se non quella di sostituirsi alle società specializzate nelle prospezioni e ricerca di idrocarburi all'interno delle 12 miglia. Sembra che in questo caso non siano stati utilizzati gli airgun ma ecoscandagli del tutto simili, dal punto di vista tecnico, agli strumenti sonar, comunemente usati dalla Marina militare nelle esercitazioni, come è stato poi documentato nelle recenti osservazioni fatte dal Coordinamento nazionale NO-Triv;
   sono stati supposti collegamenti fra gli spiaggiamenti dei cetacei e l'uso di sonar militari, come attestano diversi articoli specifici. Del resto la stessa Nato lo ammette, come riportato in un articolo pubblicato su Greeen-report, il quale esordisce affermando che:
    «i sonar a media frequenza utilizzati durante le esercitazioni militari hanno un forte impatto sul comportamento dei cetacei e sono collegati allo spiaggiamento ed alle morti di balene e zifi in tutto il mondo»;
   inoltre precisa che: «La novità è che per la prima volta la cosa viene ammessa senza mezzi termini anche da una struttura della Nato: il Centre for Maritime Research and Experimentation (Sto-Cmre), Nato Science and technology organization di La Spezia che ha partecipato allo studio “First direct measurements of behavioral responses by Cuvier's beaked whales to mid-frequency active sonar” pubblicato sub Proceedings of the Royal Society B. Il team di ricerca anglo-americano evidenzia che gli spiaggiamenti di mammiferi marini che coincidono di più con le esercitazioni sonar navali hanno coinvolto gli zifi di Cuvier (Ziphius cavirostris)»;
   ancora viene sottolineato che: «Nello studio “Blue whales respond to simulated mid-frequency military sonar” pubblicato su Biology Letters, al quale ha partecipato lo stesso Sto-Creme Nato di La Spezia, un altro team di ricercatori statunitensi e britannici sottolinea che i sonar militari a media frequenza (1-10 kHz) sono stati associati ai letali spiaggiamenti di massa di odontoceti che compiono immersioni profonde, ma gli effetti sul rischio di estinzione delle specie di balene con fanoni sono praticamente sconosciuti. Non è azzardato supporre che vi sia un collegamento fra l'effetto dei sonar dei sottomarini militari e gli eventi in esame nel Golfo di Taranto, e nemmeno azzardato supporre che l'azione congiunta degli air-gun possa essere di ulteriore aggravio all'attuale situazione, con un effetto cumulativo di cui tenere debitamente in conto nella valutazione complessiva dell'impatto con la fauna del Golfo nelle autorizzazioni a procedure» –:
   quali siano nello specifico le finalità della ricerca descritta nelle premesse, quali gli esiti, gli strumenti utilizzati e le attività passate, presenti e future frutto della collaborazione tra Marina militare e Ministero dello sviluppo economico;
   quale iter sia stato seguito per le valutazioni ambientali e per il rilascio di concessioni uniche di ricerca come avviene attualmente per le società specializzate in ricerca e prospezione di idrocarburi off-shore;
   se si non ritenga prioritario inserire tra i compiti delle Forze armate «dual-use» la ricerca di rifiuti tossici inabissati lungo le coste della penisola con robot sottomarini che non generano danni all'ecosistema marino. (4-11289)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Taranto e altri n. 7-00851, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marco Di Maio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Luigi Gallo e altri n. 5-06281, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 agosto 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Brescia.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Carrescia e altri n. 5-06891, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Donati.

  L'interrogazione a risposta scritta Nicchi n. 4-11247, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Locatelli.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Gelmini n. 5-07095, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ravetto.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   Interrogazione a risposta scritta Piras n. 4-11109 del 13 novembre 2015;
   Interpellanza urgente Galgano n. 2-01177 del 24 novembre 2015;
   Interpellanza urgente Brunetta n. 2-01179 del 24 novembre 2015.