Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 17 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    la città di Roma ha il tasso di motorizzazione più alto rispetto le altre capitali europee (Berlino, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi, Vienna) con 670 autovetture ogni 1.000 abitanti e la percentuale più elevata di spostamenti con mezzi privati;
    le aree urbane sono riconosciute da tutti gli organismi internazionali come responsabili di circa il 23 per cento di tutte le emissioni di CO2, peraltro in gran parte prodotte dal settore dei trasporti;
    l'Europa nel libro bianco «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» ha indicato come obiettivo per il 2050 la riduzione del 60 per cento delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti;
    la Capitale d'Italia pur fornendo ai cittadini una buona offerta in tema di trasporti pubblici di superficie con oltre 70 chilometri di rete degli autobus ogni 100.000 abitanti registra un ritardo abissale nei confronti delle altre capitali europee rispetto il trasporto sotterraneo e su ferro;
    a Roma i chilometri di rete metropolitana ogni 100.000 abitanti non arrivano a 2, contro i quasi 9 chilometri di Madrid, i 5 di Londra e i 3,97 di Parigi;
    anche la rete tramviaria della capitale d'Italia segna un ritardo con meno di 1,5 chilometri di rete ogni 100.000 mila abitanti contro i 12,6 di Vienna e gli 8,56 di Berlino;
    il trasporto su gomma non è previsto che abbia una sede stradale dedicata (a Roma la percentuale di corsie preferenziale rispetto la rete esistente è del 6 per cento), e quindi il percorso effettuato dagli autobus viene costantemente influenzato dal traffico urbano, soprattutto in città complesse da un punto di vista urbanistico, determinando un'incertezza nel tempo di percorrenza e trasformandosi di conseguenza, in un disincentivo all'utilizzo del trasporto pubblico;
    per quel che riguarda l'offerta di trasporto pubblico mediante metro per abitante, Roma registra circa 14 vetture-chilometro per abitante contro le quasi 60 di Madrid e le circa 50 di Parigi e Londra;
    da questi dati si evince la necessità di potenziare il sistema di trasporto pubblico della Capitale soprattutto per quel che riguarda l'offerta in termini di rete su ferro, metropolitana e tramviaria;
    ad oggi risulta in fase di realizzazione la terza linea della Metropolitana di Roma, denominata Metro C, con ritardi nel completamento dell'opera e incertezza sui finanziamenti per quanto riguarda il progetto finale;
    la metro C andrebbe a coprire in termini di collegamento aree periferiche della città collegandole al centro storico e permettendo così una progressiva pedonalizzazione delle aree monumentali e di grande pregio storico-ambientale senza penalizzare il diritto alla mobilità dei cittadini;
    per quello che riguarda il quadrante nord-est di Roma, popolato da circa mezzo milione di abitanti, necessita di un ulteriore intervento teso a far fronte sia all'alta densità della popolazione di quel quadrante di città, sia alla presenza di un consistente traffico pendolare da e verso i comuni extraurbani;
    la linea B1, che è la diramazione della linea B, ed è prevista nel piano regolatore generale del comune di Roma, è stata inaugurata in un primo tratto nel 2012 e ha permesso e permette lo spostamento di migliaia di persone;
    in data 21 aprile 2015, è stata poi inaugurata la fermata Ionio che secondo le previsioni riportate dall'assessore alla mobilità del comune di Roma servirà un ulteriore numero di utenti tra le 30 e le 50 mila persone;
    il progetto della linea B1 come da piano regolatore del comune di Roma prevede il prolungamento della metro fino al grande raccordo anulare verso i popolosi quartieri nell'area nord di Roma della Bufalotta, permettendo peraltro la possibilità di un nodo di scambio con il sistema di mobilità extraurbana sia su gomma che su ferro a servizio dei pendolari;
    il trasporto pubblico locale si configura come prestazione sociale «essenziale», a norma della Costituzione (articolo 117, comma secondo, lettera m));
    negli ultimi anni si è purtroppo registrata una costante diminuzione della spesa pubblica nelle infrastrutture per la mobilità urbana da parte dello Stato con inevitabili ricadute sulle capacità progettuali delle regioni e degli enti locali, pur con una recentissima inversione di tendenza però ancora del tutto insufficiente a colmare quel ritardo infrastrutturale delle città nel comparto strategico del trasporto collettivo,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le iniziative di competenza necessarie per procedere al finanziamento, mediante fondi del CIPE, per il completamento della linea B1 fino a Bufalotta-grande raccordo anulare, così come previsto dal piano regolatore del comune di Roma.
(7-00845) «Ferro, Marroni».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    in data 24 ottobre 2013 è stata presentata una petizione ai sensi dell'articolo 50 della Costituzione a firma dei presidenti del movimento «Ondaverde» ONLUS (quale primo firmatario), dell'Associazione comitato quartiere Fiumesino, dell'Associazione Comitato quartiere Villanova di Falconara Marittima (Ancona) indirizzata al Presidente della Camera dei deputati ed ai Presidenti delle Commissioni parlamentari VI, VIII e IX (finanze, ambiente/territorio e trasporti), avente ad oggetto il progetto infrastrutturale di RFI Spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica-Nodo di Falconara»;
    il progetto infrastrutturale di RFI spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica-Nodo di Falconara» prevede la realizzazione del collegamento diretto della linea ferroviaria Orte-Falconara con la linea ferroviaria adriatica mediante la costruzione di una bretella a binario unico della lunghezza di 1,5 chilometri circa con la contestuale costruzione di una variante, sulla linea adriatica, a doppio binario della lunghezza di circa 4.4 chilometri costituente il cosiddetto bypass al sito della raffineria API di Falconara;
    la petizione, assunta al n. 380 e assegnata alla IX Commissione (trasporti), richiede una profonda revisione del citato progetto di collegamento alla luce di talune evidenti criticità tra le quali rileva, in particolare, il fatto che la realizzazione del bypass dovrebbe essere successiva al completamento dei lavori di raddoppio della linea Orte-Falconara, che invece risultano realizzati solo per il 35 per cento. Diversamente, realizzare prima il bypass ferroviario significherebbe invece, congestionare la linea Orte-Falconara. L'attuale progetto, inoltre, reca un costo eccessivamente elevato anche a causa della necessità di adeguare parzialmente il sentiero luminoso di avvicinamento degli aerei all'aeroporto delle Marche, perché il progetto interferisce con il sentiero. Infine, l'attuale tracciato del progetto prevede la realizzazione di interventi di sottovia in zone a rischio idrogeologico, rischio che risulta aggravato dopo le alluvioni verificatesi in questi ultimi anni;
    nell'ambito della petizione, infatti, si legge che il progetto infrastrutturale di RFI spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica-Nodo di Falconara» «Complessivamente ha costi elevati (174 Milioni di Euro per 4,4 km di linea) anche a causa della necessità di adeguare parzialmente il sentiero luminoso di avvicinamento degli aerei all'aeroporto delle Marche in quanto il progetto interferisce con esso. Altri costi si riverseranno sulle Amministrazioni pubbliche a causa dell'insistenza dell'opera sulle zone a rischio idrogeologico R4 tramite dei sottovia necessari a superare le interferenze tra ferrovia e strade esistenti. Rischio aggravatosi e modificatosi dopo l'alluvione del 2006 e mai rivalutato in sede di valutazione ambientale V.LA. ministeriale che licenziò positivamente il progetto (22 giugno 2004). L'opera – se realizzata secondo l'attuale progetto di RFI – non sarebbe reinseribile in un qualsiasi futuro progetto di reale arretramento della linea ferroviaria adriatica secondo quanto già indicato nel Piano Provinciale dei Trasporti (approvato dal Consiglio Provinciale nel 1998), e nel Piano Territoriale di coordinamento (licenziato nel 2002). La linea ferroviaria per Orte si congestionerà qualora non vengano ribaltate le priorità: prima il raddoppio complessivo della Orte-Falconara e poi un nuovo progetto di collegamento con la linea ferroviaria adriatica»;
    ad avviso dei firmatari della citata petizione n. 380 risulta quanto mai opportuno valutare con particolare attenzione la soluzione alternativa per la realizzazione del collegamento avanzata dalla provincia di Ancona fin dal 2004 e appoggiata anche dalla provincia di Pesaro;
    tale soluzione alternativa prevede un più radicale arretramento della linea adriatica, volto a evitare che convogli con merci pericolose attraversino, come invece previsto dall'attuale progetto del bypass, la zona dell'aeroporto e i quartieri Castelferretti e Stadio. Inoltre, l'attuale progetto del cosiddetto bypass ferroviario di Falconara Marittima non porterebbe vantaggi alla popolazione e all'economia reale e diffusa, ma solo un inutile sperpero di risorse pubbliche, mentre l'alternativa progettuale proposta dalle province di Ancona e Pesaro aprirebbe uno scenario di riqualificazione e valorizzazione turistica del litorale senza precedenti determinato dalla liberazione di territorio ora occupato dalla linea ferroviaria;
    più recentemente, numerose associazioni di cittadini hanno sollecitato i rappresentanti istituzionali ad una revisione del progetto del bypass ferroviario, evidenziando come Falconara Marittima sia una zona sismica delle Marche caratterizzata da sorgenti sismogenetiche con magnitudo massima stimata a 5.9 e con faglie attive e sismogenetiche inverse potenzialmente in grado di produrre effetti rilevanti di deformazione superficiale. Le citate associazioni stigmatizzano inoltre come in questo contesto saranno realizzate 2 linee ferroviarie (totale: 3 binari) su cui transiteranno treni passeggeri e treni merci con ferrocisterne  di sostanze a rischio incendio e/o esplosione (Gas Propano Liquefatto – Cloro – Triclorosilano – e altro). Una delle due linee ferroviarie (cosiddetto bypass di collegamento della linea Orte-Falconara con l'adriatica) sarà realizzata trasversalmente e a ridosso del sentiero luminoso Calvert per l'atterraggio all'aeroporto regionale. Allo stesso sentiero Calvert sarà interposto (nello stesso punto del bypass ferroviario) anche un viadotto di almeno 12 metri di altezza per dare continuità alla viabilità esistente. Sotto alle due linee ferroviarie, a ridosso dell'aeroporto e dei serbatoi di biogas del depuratore consortile, alla profondità di 1,5 metri, correrà il metanodotto del diametro di 32” (81,2 centimetri) a servizio del rigassificatore di GNL di API Nòva Energia, metanodotto che trasporterà oltre 600m3/h di metano alla pressione di 75-80 bar. Infine, l'area è stata dichiarata ad elevato rischio di crisi ambientale e, una porzione di essa, è classificata sito inquinato di interesse nazionale;
    nel corso degli anni, l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) e il Comitato tecnico regionale prevenzione incendi (Vigili del fuoco) hanno formulato delle valutazioni, ma separatamente, cioè solo in relazione al progetto per il quale venivano sollecitate e in buona sostanza non sembrerebbe essere mai stata svolta una valutazione complessiva dei rischi reciproci determinati dalle opere che si accavalleranno e che si concentreranno in un'area che dista a 200 metri dalle abitazioni. Qui di seguito si elencano alcune delle valutazioni citate:
     1) ENAC. «Regolamento per la Costruzione ed Esercizio degli Aeroporti - CAPITOLO 9 - PIANO DI RISCHIO: ”L'articolo 707 del Codice della Navigazione prevede la determinazione di vincoli per le zone soggette a limitazioni, quali quelle nelle direzioni di decollo e di atterraggio; ciò al fine di mitigare le eventuali conseguenze di un incidente (...) Nelle tre zone vanno evitate: insediamenti ad elevato affollamento; costruzioni di scuole, ospedali e, in generale, obiettivi sensibili; attività che possono creare pericolo di incendio, esplosione e danno ambientale”»;
     2) ENAC 11 novembre 2008 sul bypass ferroviario: deve essere «prevista una protezione visiva sia lungo la tratta ferroviaria che del cavalcavia interferenti con il sentiero luminoso di avvicinamento (...) Venga istituita un'apposita procedura che limiti il transito su strada ferrata di merci pericolose ad orari di inoperatività aeroportuale (...) Siano valutati eventuali accorgimenti sulla linea e/o previste limitazioni sulla velocità dei treni che percorrono la tratta interessata dal sentiero in avvicinamento al fine di garantire un arresto del convoglio in sicurezza in caso di eventi che possano comportare il danneggiamento dell'armamento ferroviario»;
     3) ENAC 16 aprile 2009 parere definitivo sul bypass ferroviario: «(...) per quanto attiene i potenziali pericoli, previsti nel paragrafo 4.12 del regolamento, si evidenzia quanto segue: (...) verifica relativa ad eventuali fattori disguidanti generati dalla nuova infrastruttura rispetto alle indicazioni fornite dal sentiero di avvicinamento esistente che possano creare disorientamento per il pilota e disturbo alla navigazione aerea; in tale ottica si ritiene opportuno prevedere l'inserimento di una protezione visiva sia lungo la tratta ferroviaria che del cavalcavia; (...) dovrà essere definita di concerto con la competente Direzione Aeroportuale di Ancona-Pescara, un'apposita procedura che regolamenti il transito di merci pericolose sulla tratta ferroviaria»;
    il 14 febbraio 2014 la Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea ha pubblicato il regolamento (UE) n. 139 del 2014 della Commissione del 12 febbraio 2014 che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative relativi agli aeroporti ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio. L'articolo 9 del citato regolamento (Monitoraggio delle aree limitrofe all'aeroporto) recita «Gli Stati Membri assicurano che si svolgano delle consultazioni con riguardo alle attività umane e all'uso del suolo, quali: (...) b) ogni sviluppo che possa creare turbolenze indotte da ostacoli che potrebbero essere pericolose per le operazioni degli aeromobili; c) l'utilizzo di luci pericolose, ambigue o fuorvianti; (...) f) le fonti di radiazioni non visibili o la presenza di oggetti in movimento o fermi che possono interferire o avere effetti negativi sulle comunicazioni aeronautiche e sui sistemi di navigazione e sorveglianza»;
    alla luce di quanto precede, si dovrebbe anche riflettere sul fatto che un terremoto con deformazione del suolo potrebbe determinare la rottura del metanodotto con perdita di metano. Il transito di un treno potrebbe generare un innesco (sistema frenante, pantografi e altro) del metano fuoriuscito con conseguente esplosione ed incendio. Se a transitare fosse un treno merci con ferrocisterne di gas propano liquefatto (GPL) le proporzioni e la gravità dell'incidente si moltiplicherebbero in maniera esponenziale come già accaduto nella città di Viareggio). Le esplosioni e l'incendio di metanodotti di minori dimensioni e di minore portata rispetto a quello a servizio del rigassificatore di API Nòva Energia rintracciabili nella casistica nazionale ed internazionale, hanno coinvolto aree del diametro di un centinaio di metri; l'altezza del cosiddetto jet fire che si sprigiona dal metanodotto può essere alto decine di metri e, nella situazione logistica descritta nell'area di Falconara Marittima, potrebbe coinvolgere un aereo in atterraggio che in quel punto è a circa 30 m. di altezza. Inoltre, l'eventuale deragliamento di un treno merci con ferrocisterne di GPL potrebbe coinvolgere nell'incendio che ne seguirebbe persino un aereo in atterraggio;
    in data 5 marzo 2015 – a causa del forte vento – il volo cargo DHL proveniente da Sarajevo ha tentato più volte di atterrare all'aeroporto regionale di Falconara Marittima e alla fine ha toccato terra violentemente determinando la rottura del carrello e un principio di incendio. Con la linea ferroviaria che si intende costruire, quella stessa situazione del 5 marzo 2015 sarebbe potuta sfociare in conseguenze ben peggiori se la corretta visione del pilota – durante uno dei tentativi di atterraggio – fosse stata disturbata dalle luci del transito di un treno o di un autotreno sul viadotto. Anche un'ennesima alluvione con lo straripamento del reticolo dei fossi potrebbe causare il cedimento della sede ferroviaria ed il deragliamento di un treno, prefigurando inevitabili scenari incidentali;
    considerato, infine, che l'aggiornamento del programma infrastrutture strategiche, contenuto nell'Allegato alla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (DEF) del settembre 2014, indica in 174 milioni di euro il costo per la realizzazione del solo primo lotto funzionale del nodo di Falconara. A tale onere si devono aggiungere ulteriori 30 milioni di euro per il completamento dell'opera con il collegamento con la linea adriatica. Il primo lotto funzionale risulta già interamente finanziato e si è in attesa dell'approvazione del progetto esecutivo, mentre per il completamento dell'opera si è ancora nella fase di progetto preliminare e devono essere individuati i 30 milioni necessari. Si conferma, invece, che i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria Orte-Falconara procedono più lentamente: l'opera prevede un onere complessivo di 3.323 milioni di euro, dei quali risultano disponibili solo 316,61 milioni di euro. Risultano ultimati solo i tratti Castelplanio-Montecarotto e Fabriano-Posto 228 Castelplanio, mentre è in fase di realizzazione il tratto Spoleto-Campello. Per il resto dell'opera risultano allo stadio di progetto definitivo il tratto Foligno-Fabriano (per il quale devono essere individuati però i 1.918,50 milioni di euro necessari) e il tratto Spoleto-Terni (per il quale è individuata la copertura di soli 17,55 dei 532,34 milioni di euro necessari). Si trovano infine allo stadio di progetto preliminare l'intervento sul posto 228 Castelplanio (per il quale devono essere individuati i 573,10 milioni di euro necessari) e il tratto Foligno-Perugia-Terontola (per il quale invece l'onere di 58 milioni di euro risulta già interamente coperto),

impegna il Governo:

   a valutare, con particolare attenzione l'opportunità di assumere iniziative per avviare una revisione complessiva dell'attuale progetto infrastrutturale di RFI spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica-Nodo di Falconara», nonché della fattibilità del progetto alternativo proposto dalle province di Ancona e di Pesaro;
   a valutare l'opportunità di porre in essere ogni iniziativa di competenza finalizzata a restituire priorità al progetto di raddoppio della tratta Orte-Falconara, attualmente realizzata solo al 35 e ancora a binario unico per il 65 per cento del tracciato, destinando a tal fine i 174 milioni di euro attualmente previsti come costo per la realizzazione del solo primo lotto funzionale del nodo di Falconara.
(7-00846) «Franco Bordo, Ricciatti, Scotto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
%

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   manca poco meno di un mese all'8 dicembre 2015 quando si aprirà il Giubileo straordinario; il Giubileo della Misericordia che durerà fino alla festa di Cristo Re, il 20 novembre 2016;
   il Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco è certamente uno degli eventi più attesi dei prossimi mesi. Un evento che, secondo le stime, attirerà a Roma oltre 25 milioni di visitatori tra i quali anche molti disabili;
   a più riprese il Governo ha stanziato fondi ordinari e straordinari volti ad avviare tutte quelle opere necessarie a rendere Roma pronta all'accoglienza di tutti i pellegrini;
   l'elenco dei cantieri aperti per migliorare l'accoglienza dei pellegrini non sembra tener minimamente conto di quelle fasce di popolazione fragile per le quali lo stesso Papa Francesco chiede attenzione –:
   quanti siano ad oggi i finanziamenti stanziati per il Giubileo, quali siano i cantieri e le opere autorizzate nonché il loro stato di attuazione;
   nello specifico, quali siano le opere volte all'abbattimento delle barriere architettoniche per una piena accoglienza delle persone disabili che verranno a Roma per il Giubileo;
   se sia stato predisposto un piano speciale per l'accoglienza delle persone disabili.
(2-01167) «Argentin, Lenzi, Amato, Albini, Paola Boldrini, Grassi, Paola Bragantini, D'Incecco, Bini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CURRÒ, PELILLO, LODOLINI e MORETTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   circa la metà del fabbisogno energetico italiano proviene dai prodotti petroliferi lavorati negli impianti di raffinazione, e i comuni che ospitano detti impianti sono: ALMA a Ravenna, API a Falconara M. (AN), ENI Div. Refining & Marketing a P. Marghera (VE), ENI Div. Refining & Marketing a Sannazzaro (PV), ENI Div. Refining & Marketing a Livorno ENI Div. Refining & Marketing a Taranto ISAB a Priolo G. (SR), ESSO ad Augusta (SR), IES a Mantova IPLOM, a Busalla (GE), RAFFINERIA DI GELA a Gela (CL), RAFF. DI MILAZZO a Milazzo (ME), RAFFINERIA DI ROMA a Pantano (RM), SARAS a Sarroch (CA), SARPOM a Trecate (NO), TAMOIL a Cremona;
   le entrate tributarie erariali in questo settore sono consistenti se si considera che, nel periodo gennaio/dicembre 2014, le entrate totali erariali ammontano a circa 420 miliardi di euro, con una contrazione dell'1,3 per cento (-5,686 miliardi di euro) rispetto all'anno precedente e in particolare:
    le imposte dirette si sono attestate a 225 miliardi di euro, con una flessione del 3,4 per cento rispetto al 2013;
    le imposte indirette, invece, sono cresciute dell'1,2 per cento per un gettito complessivo di 194 miliardi di euro;
   secondo il bollettino del Ministero dell'economia e delle finanze, le entrate derivanti dalle accise sui prodotti energetici nel corso del 2014 si sono attestate a 26 miliardi di euro (+145 milioni di euro, pari al +0,6 per cento) sulle quali ha inciso positivamente l'abrogazione, dalla fine del 2013, della riserva di una quota di accisa sui carburanti destinati alle regioni a statuto ordinario, quantificabile in circa 1,2 miliardi di euro;
   nel 2014 le entrate fiscali complessive derivanti dai prodotti petroliferi (prendendo in considerazione la tassazione complessiva di accise + IVA dei prodotti stessi) si stimano per una somma pari a oltre 41,2 miliardi di euro, con un incremento dello 0,2 per cento rispetto all'anno precedente (70 milioni in più);
   il settore riveste un ruolo fondamentale non solo per l'economia del Paese – come risulta da quanto sopra riportato – ma anche in termini occupazionali, specialmente nei territori ove tali impianti sono presenti;
   tuttavia, la presenza di impianti di raffinazione produce e ha prodotto – nei comuni ove sono presenti gli stessi – criticità ambientali con conseguenze anche sulla salute degli abitanti;
   ci si trova quindi, da un lato nell'impossibilità di arrestare lo sviluppo economico, e, dall'altro, nell'esigenza di evitare il prodursi di danni all'ambiente e alla salute;
   la ponderazione tra le opposte esigenze economiche, ambientali e sociali trova risposta nel principio di «sviluppo sostenibile» su cui si è posta l'attenzione – ancora prima dell'introduzione del codice dell'ambiente – nella legge n. 388 del 2000 (legge finanziaria per il 2001), che ha dedicato il titolo XVII agli «Interventi in materia ambientale»;
   tra gli strumenti preposti dalla legge “de quo”, per la promozione dello sviluppo sostenibile, importanza rilevante ha rivestito l'articolo 113 rubricato «Compartecipazione degli enti locali ai tributi erariali con finalità ambientale» il quale prevedeva che il Governo definisse, d'intesa con la Conferenza unificata, le compartecipazioni ai tributi erariali con finalità ambientale da parte degli enti locali sedi di impianti di produzione e di stoccaggio di prodotti assoggettati ai tributi;
   l'entità delle compartecipazioni doveva essere commisurata agli oneri degli enti locali interessati, necessari per la gestione del territorio compatibile con la utilizzazione industriale;
   tali entrate, inoltre, dovevano aver carattere di compensazione del rischio ambientale e sanitario, ma dovevano essere finalizzate a programmi di salvaguardia e sviluppo ecocompatibile del territorio, pur rimanendo sempre in capo alle aziende l'obbligo di protezione della salute e dell'ambiente e del rispetto della sicurezza;
   nonostante in questi ultimi anni gli enti locali, e in particolare i comuni, si siano attivati durante le riunioni della Conferenza unificata per ottenere l'applicazione di quanto stabilito dalla norma della legge finanziaria per il 2011, e lo stesso Governo nel 2006 – in occasione della presentazione della finanziaria per il 2007 – abbia fatto proprio un ordine del giorno approvato alla Camera dei deputati con cui si impegnava all'attuazione della citata norma nel corso dello stesso anno, e nonostante l'impegno ribadito dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali in sede di interrogazioni presentate nel corso degli anni sul tema, nessun passo avanti è stato fatto per dare esecuzione all'articolo 113;
   la mancata definizione delle compartecipazioni ha recato un serio danno, in termini di risanamento ambientale, ai comuni nel cui territorio sono presenti impianti di raffineria di oli minerali e di stoccaggio del gas, considerato che essi non sono in grado di affrontare con le proprie risorse i disagi creati dagli impianti sopra detti;
   in termini di gettito le cifre di cui sarebbero stati «privati» i comuni, sedi di raffinerie di petrolio – secondo una stima approssimativa e resa pubblica da alcune fonti di stampa locali e calcolata sulla lavorazione media annua di petrolio – si aggirerebbero intorno al milione di euro l'anno –:
   se il Governo a conoscenza di quanto citato in premessa e se, e in quali tempi e con quali strumenti, intenda procedere all'attuazione dell'articolo 113 della legge n. 388 del 2001. (5-07006)


   SPESSOTTO, COZZOLINO, D'INCÀ, BENEDETTI, BUSINAROLO, BRUGNEROTTO, FANTINATI e DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   come tristemente noto, nella giornata dell'8 luglio 2015, un tornado di estrema violenza si è abbattuto sulla riviera del Brenta, colpendo duramente i centri abitati di Dolo, Pianiga e Mira nella provincia di Venezia;
   nonostante il bilancio contabile dei danni sia impressionante, con settantuno milioni di euro di danni certificati di cui 44,9 a Dolo, 19,2 a Pianiga e 6,5 a Mira e oltre mille e trecento edifici lesionati — di cui un centinaio dichiarati totalmente inagibili — la risposta istituzionale del Governo è stata, a giudizio degli interroganti, del tutto insufficiente, con uno stanziamento pari a due milioni di euro, non ancora incassati dai tre comuni maggiormente colpiti;
   la situazione di già grave difficoltà vissuta dalle imprese attive nel territorio della Riviera del Brenta e danneggiate dal tornado, è stata poi ulteriormente aggravata dall'impossibilità, data la normativa fiscale attualmente vigente, di dedurre interamente le spese di ricostruzione, con inevitabili ricadute negative in termini economici ed occupazionali per tutto il territorio della provincia di Venezia;
   inoltre, è notizia di questi giorni che anche i rimborsi assicurativi liquidati dalle compagnie a copertura dei danni subiti da imprese e cittadini a causa della tromba d'aria, andranno inseriti nella dichiarazione dei redditi e quindi saranno sottoposti a tassazione ordinaria;
   alla notizia della tassazione sulle somme liquidate dalle compagnie assicurative, i sindaci dei comuni colpiti dal tornado hanno protestato contro tale decisione, accusando lo Stato di «prendere in giro» i propri cittadini;
   per quanto di conoscenza, finora le uniche risorse che sono state effettivamente stanziate e contabilizzate a favore di cittadini e imprenditori colpiti dal tornado, sono state quelle raccolte dagli enti locali con vere e proprie collette di solidarietà, oltre agli indennizzi assicurativi come copertura dei danni subiti, per coloro che avevano stipulato polizze ad hoc –:
   quali iniziative urgenti, anche di tipo normativo, il Governo intenda adottare per evitare che gli imprenditori e i cittadini, rimborsati per i danni subiti alle loro proprietà da eventi di natura calamitosa, come quello verificatosi nel mese di luglio 2015 sulla Riviera del Brenta, siano costretti a pagare le tasse sugli indennizzi ricevuti, e se non si ritenga altresì opportuno valutare l'adozione di iniziative agevolative, in termini fiscali, in favore di imprese e privati danneggiati dal disastro di cui sopra. (5-07009)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 15 novembre 2015, è scaduto il termine per le osservazioni nell'ambito della valutazione strategica del piano di gestione del rischio di alluvioni del distretto idrografico della Sardegna-Autorità di  bacino regionale della Sardegna;
   il piano prevede una parte che, a giudizio dell'interrogante, comporterebbe un'invasività ingiustificata tecnicamente e socialmente insostenibile nella città di Olbia;
   in particolar modo, rileva al proposito il «quadro delle opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio di Olbia, contenente le misure e gli interventi di messa in sicurezza e di mitigazione del rischio idrogeologico e delle relative priorità» richiamato nel piano di gestione del rischio di alluvioni del distretto idrografico della Sardegna;
   il progetto di mitigazione del rischio idrogeologico, che il dottor ingegnere Mancini e il dottor geologo Tilocca hanno redatto su incarico del comune di Olbia, è mirato all'esecuzione di opere di regimazione idraulica sulla sola parte urbana di Olbia;
   tra le opere idrauliche previste sembrano particolarmente significative, per l'impatto che avranno sul tessuto urbano e per il ruolo loro assegnato nella progettazione, le cosiddette vasche di laminazione dell'acqua;
   l'insieme di opere, così come previste in detto progetto/studio, appare, secondo l'interrogante, come del tutto slegato dal contesto urbano nel quale andrà a ricadere;
   questo approccio progettuale risulta all'interrogante poco adatto alla soluzione del problema idraulico, atteso che l'esecuzione di dette opere modificherà, sostanzialmente, l'assetto urbano della città, con inevitabili grosse compromissioni del tessuto urbanistico attuale;
   per quanto sopra, la soluzione adottata dai progettisti e fatta propria dall'amministrazione comunale risulta, secondo l'interrogante, impraticabile e totalmente avulsa dal contesto territoriale, paesaggistico, ambientale e sul piano della sicurezza;
   si tratta di un piano devastante che ha rilevanti conseguenze sul tessuto urbanistico, con gravissima compromissione della qualità della vita nella città;
   si rischiano danni al tessuto urbano che sembrano, al momento, talmente consistenti da non essere quantificabili, in considerazione della concatenazione dei contraccolpi economici, sociali ed ambientali che l'esecuzione e la messa in funzione delle opere genererà;
   appare indefinito e non definibile a giudizio dell'interrogante il percorso operativo sotteso dal progetto, in assenza di un'attenta analisi costi/benefici del progetto, mirata a definire e quantificare quanto costerà, in termini sociali, ambientali ed economici alla comunità olbiese la difesa della stessa dalle esondazioni dei corsi d'acqua a mezzo del progetto firmato da Mancini e Tilocca;
   nelle aree a monte delle previste vasche di laminazione, intensamente abitate e con presenza di numerose aziende agricole, il rischio alluvione rimarrà, secondo l'interrogante, anche dopo la realizzazione delle opere progettate e le stesse possono causare dentro la città elementi di rischio ancora più rilevanti e consistenti;
   in queste aree si sono registrate, in occasione dell'evento alluvionale del 18 novembre 2013, cinque vittime su un totale di nove perdite umane verificatesi nel territorio del comune di Olbia;
   non è stata studiata la regimazione delle acque nei versanti dei monti che coronano la piana di Olbia;
   il 18 novembre 2013 l'onda d'acqua aveva una portata anomala e un volume critico già prima di arrivare ai siti dove il progetto prevede di realizzare le vasche di laminazione;
   il progetto per mitigare (e non eliminare) il rischio alluvione prevede opere che condizioneranno la qualità della vita degli abitanti e degli ospiti della città e dell'agro;
   una parte del problema idrologico può essere risolto facendo aumentare i tempi di corrivazione delle acque, intervenendo sui territori posti a monte della piana olbiana;
   a tal proposito, nulla sì prevede o si ipotizza nel progetto in esame che, per le scelte tecniche effettuate, sembra più adattarsi, secondo l'interrogante, ad un territorio disabitato che ad uno spazio urbano, con elevati indici di copertura del suolo;
   le 4 vasche di laminazione, di cui 2 ubicate in città, tra i popolosi quartieri di San Nicola, Ruinadas e Sa Istrana, non sono per nessun motivo idonee, a giudizio dell'interrogante, a risolvere adeguatamente il problema del razionale deflusso delle acque piovane ma per contro, sarebbero generatrici di nuove e pesanti modificazioni microclimatiche a danno degli olbiesi e della loro città;
   il piano rivela la più totale oscurità ad avviso dell'interrogante, nella parte in cui vengono trattati i tempi di ritorno che governano l'entità dei parametri impiegati nelle formule da cui vengono derivate le portate di massima piena, e non solo;
   i calcoli sul Rio Seligheddu – sicuramente il più problematico tra i diversi corsi d'acqua in esame – vengono condotti impiegando un tempo di ritorno di 50 anni;
   data l'importanza dell'opera e l'entità del rischio risulta all'interrogante che non si possa utilizzare un tempo di ritorno inferiore a 500 anni;
   gli estensori del piano di Olbia, previsto dal Piano regionale, ritengono invece di poter usare un tempo di ritorno di 50 anni – della cui inadeguatezza, a giudizio dell'interrogante, anch'essi si rendono conto – poiché affermano di poter compensare, in termini di portata, l'insufficiente entità del tempo di ritorno – a cui è legata la probabilità di non superamento dell'evento calcolato – con il tempo di ritorno di 200 anni dei sistemi di laminazione;
   il rio Seligheddu e il rio San Nicola vengono dunque calcolati con tempo di ritorno di 50 anni, eppure per essi si richiede la deroga sul franco idraulico a ad un tempo di ritorno di 200 anni onde ridurre ulteriormente le sezioni;
   l'Agenzia per il servizio idrografico della regione Sardegna ha chiesto all'Azienda regionale per l'edilizia abitativa la verifica di un canale tombato in una lottizzazione con un tempo di ritorno di 500 anni;
   il medesimo tempo di ritorno si starebbe usando, a quanto consta all'interrogante per il nuovo ponte sul Padrongianus in prossimità dell'aeroporto;
   è a tutti noto che, nella complessità idraulica della città di Olbia, il punto più critico è la foce del rio Seligheddu ed in particolare della luce del ponte che su di essa insiste;
   ebbene, senza alcun intervento su di esso, i progettisti parlano dell'ampliamento dei canali – con tutti i limiti di cui sopra – che dovrebbero accogliere anche una parte delle portate del Gadduresu e del Paule Longa e Tannaule, di fatto incrementando, secondo l'interrogante, le portate del Seligheddu la cui riduzione, attraverso i sistemi di laminazione, era invece l'obiettivo del piano;
   l'area di laminazione SN2 utilizza come argine il rilevato stradale di Via Pier Luigi Nervi;
   è evidente, secondo l'interrogante, che un impiego del genere porterebbe alla saturazione del rilevato e alla modifica del suo stato di compattazione e, conseguentemente, della sua stabilità. Non per questa ragione, ma solo perché la livelletta sarebbe troppo bassa, risulterebbe proposta la sostituzione della strada in essere con una sopraelevata, per dare luogo a due aree di laminazione invasanti 160.000 mc di acqua, immediatamente a monte di quartieri densamente popolati, con tutti i rischi e le conseguenze per i numerosi abitanti;
   in quest'ottica, l'aspetto più critico, e pericoloso, delle vasche di laminazione appare con tutta evidenza ad avviso dell'interrogante dal seguente scenario che si potrebbe facilmente verificare: qualora un evento di precipitazione allerti il sistema e determini il riempimento degli impianti di accumulo nel sistema di laminazione ci si troverebbe, secondo l'interrogante, con i bacini di laminazione pieni e le acque invasate che defluirebbero dagli sfioratori. Qualora, a questo punto, si verificasse un altro evento di particolare intensità, magari più intenso di quello che lo ha preceduto, a questo punto il sistema idraulico si comporterebbe, a giudizio dell'interrogante, come se le vasche di laminazione non esistessero e tutte le acque di precipitazione defluirebbero verso un sistema di canali, che potrebbe rilevarsi inadeguato e invaderebbero le aree più depresse della città. Non solo, ma se le precipitazioni facessero temere l'ipotesi della tracimazione delle acque dagli sbarramenti (in terra secondo la previsione della proposta pervenuta al comune), ci si vedrebbe costretti, ad avviso dell'interrogante, ad aprire gli scarichi di fondo delle vasche di laminazione, incrementando considerevolmente le già disastrose portate. Nel caso di tracimazione, infatti, gli sbarramenti in terra verrebbero per l'interrogante erosi ed abbattuti in brevissimo tempo, dando luogo ad una onda di piena dalle dimensioni gigantesche;
   l'abbandono dell'ipotesi degli impianti di laminazione a salvaguardia della città di Genova, è stato deciso a seguito di considerazioni non dissimili da quelle svolte in questa nostra osservazione;
   l'ampliamento dei canali, fino a 50 metri, tra gli argini superiori della sezione trapezia in progetto, potrebbe causare numerosi disagi alla popolazione;
   la rete ferroviaria in rilevato non è provvista, secondo l'interrogante, di adeguate opere d'arte per il deflusso dell'acqua dei canali che attraversa;
   la rete ferroviaria in rilevato, il 18 novembre 2013, ha funzionato da diga e ha causato forti inondazioni in gran parte del centro urbano;
   dalla contrada di Tannaule e da via Amba Alagi, l'acqua del rio Seligheddu, bloccata dal rilevato della rete ferroviaria, si è riversata anche sul canale Gadduresu;
   altra soluzione tecnica potrebbe basarsi, secondo l'interrogante, sulla realizzazione di un'opera idraulica che porti le acque dei versanti che sovrastano la piana olbiana verso il corso d'acqua denominato Padrongianus, il quale sversa le sue acque in mare, all'altezza dell'imboccatura del golfo interno di Olbia;
   detta soluzione, oltre che sicuramente più economica di quella proposta dai tecnici incaricati dal comune di Olbia, avrebbe, a giudizio dell'interrogante, un impatto minimo sulla città e sul suo tessuto urbanistico e consentirebbe un normale deflusso delle acque residue nell'attuale reticolo scolante, costituito dai rii che sversano nell'ansa del porto romano e del S'Eligheddu;
   il suddetto canale scolmatore andrebbe, secondo l'interrogante, ad insistere su uno spazio territoriale idoneo ad accoglierlo, attesa la sua destinazione funzionale attuale e non creerebbe, al contrario, delle vasche di laminazione né un impatto sull'edificato urbano, sulla comunità ivi insediata e sulle attività che ivi si svolgono –:
   se il Governo non ritenga che debba essere espresso parere negativo, nell'ambito della valutazione strategica del piano di cui in premessa, sull'intervento previsto delle vasche di laminazione, con oltre 100 ettari di impatto dentro la città di Olbia, considerate le conseguenze pericolosissime sul piano del rischio e della sicurezza dei cittadini;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché venga rivisto il progetto e si proceda alla verifica di possibili interventi sull'intero territorio del comune di Olbia, anche con lo studio di opere idrauliche-forestali nei versanti dei monti che circondano la piana di Olbia;
   se non ritenga necessario che venga approfondita l'ipotesi di ridurre le portate delle reti fluviali attraverso la realizzazione di un canale scolmatore da collegare col Padrogianus;
   se non ritenga necessario promuovere lo studio di una modalità tecnica che consenta di evitare che l'attuale rete ferroviaria, che si sviluppa in rilevato, funga da sbarramento al naturale deflusso delle acque superficiali;
   se non ritenga necessario che si dimensioni l'ampliamento dei canali, tenendo conto dell'effettiva necessità;
   se non ritenga necessario, per quanto di competenza, far si che il progetto poggi sul criterio fondamentale di evitare il ricorso alla formazione di nuovi ed impattanti corpi idrici (vasche di laminazione) per evitare, ab origine, pericolose e dannose modificazioni climatiche dell'area urbana di Olbia. (5-07024)

Interrogazione a risposta scritta:


   LA RUSSA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nei primi giorni del mese di agosto 2015 gli Schützen Sudtirolesi hanno posizionato sulle cime delle montagne del Trentino Alto Adige, lungo tutta la linea del vecchio confine austroungarico, 74 croci di ferro a ricordo dei loro caduti nella prima guerra mondiale;
   non sono chiare le circostanze in cui tale iniziativa è stata proposta e soprattutto se sia stato rispettato il previsto iter di approvazione presso le autorità competenti, al fine di acquisire le richieste autorizzazioni ai sensi della legislazione vigente;
   a parere dell'interrogante iniziative simili dovrebbero sempre essere collocate nell'ambito di una prospettiva di pacificazione nazionale e non di una celebrazione solo di una parte dei caduti in quegli scontri, e qualsiasi iniziativa ispirata ad una logica diversa avrebbe dovuto essere contrastata e respinta dai rappresentanti istituzionali locali;
   la posa di quelle croci avrebbe potuto anche avere luogo usufruendo di un'area dedicata e circoscritta, come peraltro previsto dalle norme internazionali vigenti in merito alla celebrazione dei caduti di guerra in territorio straniero –:
   se sia informato dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, al fine di ricondurre l'iniziativa citata nell'alveo di una celebrazione che onori tutti i caduti su quel fronte e non solo una parte di essi. (4-11152)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione italo araba e del Mediterraneo attraverso un lancio di Agenzia (ANSA) — datato 16 novembre — ha dichiarato: «La Regione Sardegna deve bloccare gli investimenti del Qatar in Gallura, “basta ambiguità” con gli Stati che finanziano il terrorismo. Non si possono piangere le morti di Beirut e Parigi e al contempo prendere i soldi dalle mani insanguinate dei finanziatori dello Stato Islamico e di al Qaeda»;
   la richiesta è sottoscritta da Assadakah Sardegna, Centro italo arabo e del Mediterraneo, che condanna gli attentati che nei giorni scorsi hanno provocato tanti morti fra Beirut e Parigi;
   prosegue la nota: «Non possiamo anche dimenticare le vittime del disastro aereo nei cieli del Sinai, frutto probabilmente di una bomba dello Stato Islamico. Il nostro pensiero – ha aggiunto Assadakah – va anche alle centinaia di persone che ogni giorno muoiono in Siria per mano dei gruppi armati di matrice jihadista finanziati principalmente da Turchia, Arabia Saudita e Qatar;
   per quelle vittime, spesso, sostengono le associazioni, non viene sprecata neanche una riga di inchiostro. Da oltre quattro anni, nel corso dei quali abbiamo effettuato circa 100 missioni giornalistiche in Siria, denunciamo il pericolo del terrorismo e dell'estremismo islamico. Un pericolo che, come purtroppo avevamo previsto nel 2012, è arrivato dentro le nostre case. L'Europa, l'Italia e anche la Sardegna possono essere colpite in ogni istante. Il rischio è reale e nessuno può sentirsi davvero sicuro»;
   tale comunicato necessita di un chiarimento da parte del Ministero degli esteri –:
   se il Governo sia a conoscenza di investimenti in Sardegna di soggetti o Stati legati al finanziamento dell'Isis;
   se esista un riscontro rispetto alle affermazioni di tali associazioni secondo le quali la Sardegna «può essere colpita in ogni istante»;
   se sia stato effettuato un approfondimento da parte del Governo rispetto a quanto dichiarato da tali associazioni.
(5-07022)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per contrastare le alluvioni in Sardegna servono un miliardo e seicento milioni e sono disponibili da qui al 2021 appena 28 milioni di euro;
   si tratta di un quadro «finanziario-verità» che sconfessa tutti i proclami di Governo e regione su fondi improbabili e che vengono annunciati di tanto in tanto alternativamente da Stato e regione;
   la realtà è tutta un'altra: non ci sono fondi e la Sardegna è in balia di inaccettabili dichiarazioni che, a giudizio dell'interrogante, tentano in tutti i modi di nascondere la verità;
   la verità emerge, invece, nel fascicolo del piano inviato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   nel fascicolo infrastrutture trasmesso dalla regione a luglio 2015 il quadro finanziario è fin troppo chiaro: sarà stanziato da qui al 2021 solo l'1,7 per cento delle risorse necessarie per l'intera Sardegna;
   nel quadro d'insieme emerge un dato disarmante; per Olbia, la città più colpita dalle alluvioni, non esiste nessuno stanziamento sino al 2021;
   si tratta di un piano firmato dalla presidenza della regione Sardegna che ha la competenza per l'autorità di bacino;
   i termini per le opposizioni/osservazioni alla valutazione ambientale strategica sono scaduti il 15 novembre 2015;
   l'unica opposizione sostanziale a quel piano è stata presentata da Unidos Sardegna che la settimana scorsa ha trasmesso formalmente un'opposizione articolata e puntuale a partire dal caso Olbia;
   si tratta di un vero e proprio disastro, considerata la gravità dei fenomeni che si sono verificati in Gallura e non solo dal 2013 in poi;
   la percentuale dell'1,7 per cento degli stanziamenti per la Sardegna rispetto a quelli necessari è la triste e realistica rappresentazione di quella che all'interrogante appare l'inconsistenza degli impegni del Presidente del Consiglio e della regione;
   si tratta i affermazioni che confermano tutto quello che da mesi l'interrogante sostiene: il Governo Renzi fa propaganda, ma non rispetta nemmeno uno degli impegni presi;
   in questi anni sono state fatte conferenze stampa, proclami di ogni genere e questo è il risultato;
   il quadro finanziario per Olbia è devastante: sino al 2021 non è previsto nessuno intervento;
   a questo si aggiunge che nel piano, dopo il 2021, si pensa di realizzare il cosiddetto progetto «devasta Olbia» con la realizzazione di dighe dentro la città per oltre 100 ettari di specchi acquei;
   si tratta di una devastazione senza precedenti destinata, secondo l'interrogante, a deturpare la città, sia sul piano ambientale che sanitario, visto che quelle dighe diverranno delle vere e proprie discariche acquee dentro la città;
   a questo si aggiunge la pericolosità idraulica delle stesse opere;
   è indispensabile mobilitarsi per costringere il Governo e la stessa regione a stanziare le risorse necessarie recuperandole dai tanti sprechi che sostengono interessi di ogni genere –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di mettere a disposizione della Sardegna quanto dovuto rispetto anche al grado di devastazione subito;
   se non ritenga di assumere iniziative per modificare, integrandole, le previsioni di spesa entro il 2021;
   se non ritenga di dover predisporre, di concerto con la regione, un piano economico finanziario in grado di affrontare strutturalmente e rapidamente la messa in sicurezza di queste realtà;
   se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza per bloccare il progetto denominato «devasta Olbia» proprio per scongiurare nuovi rischi per l'intera popolazione. (5-07011)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in data 13 ottobre 2015, ha espresso parere favorevole di compatibilità ambientale relativamente ai permessi di ricerca idrocarburi denominati «d 73 F.R.-S.H.» e «d 74 F.R.-S.H» presentati dalla società Shell Italia;
   tali permessi di ricerca di idrocarburi sono relativi ad estrazioni nel mar Jonio, nell'area del Golfo di Taranto;
   la regione Basilicata ha espresso parere negativo ad entrambe le autorizzazioni con le delibere di giunta regionale nn. 161 e 162 del 2013;
   dieci regioni italiane hanno presentato delle richieste di referendum abrogativi relativi ad alcune parti dell'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, nonché delle norme ad esso correlate, contenute nell'articolo 57 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, e nell'articolo 1 della legge n. 239 del 2014, in forza delle quali sono stati autorizzati i permessi di ricerca di idrocarburi richiamati;
   tra le dieci regioni promotrici dei referendum vi sono anche la Basilicata, la Puglia e la Calabria, i cui territori sono interessati dai permessi di ricerca –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere in merito. (4-11156)


   CHIARELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è nota la grave emergenza ambientale che interessa la provincia di Taranto, a causa del significativo impatto prodotto dalla grande industria, Ilva in primo luogo, ma anche Eni e Cementir;
   a seguito dell'azione giudiziaria promossa dalla procura di Taranto nel 2012, sono stati adottati vari provvedimenti, raccolti nell'ambito di otto decreti e successive conversioni in legge;
   i provvedimenti di cui sopra, tra cui la assunzione diretta della gestione da parte dello Stato, attraverso il commissariamento e la amministrazione straordinaria, puntano al rilancio del settore siderurgico e alla sua contestuale «ambientalizzazione», attraverso la piena attuazione dell'autorizzazione integrata ambientale;
   lo stato dell'arte evidenzia un significativo ritardo nell'attuazione del piano di ristrutturazione, che ha ormai pregiudicato, sul piano del rilancio della produzione, le potenzialità di mercato dell'azienda, che continua a perdere importanti commesse e a maturare debiti;
   l'accentuarsi delle difficoltà di natura economico-finanziaria ha messo in ginocchio l'intero comparto dell'appalto industriale;
   a quanto consta all'interrogante le aziende dell'appalto Ilva sono aggredite dai creditori a causa della mancata liquidazione del credito vantato nei confronti dell'Ilva, e della riduzione delle commesse;
   all'emergenza di natura economica si associa quella ambientale che tarda ad essere risolta;
   in questi giorni l'ARPA Puglia ha scritto ai referenti istituzionali regionali e locali segnalando alcuni picchi di emissione nocive, raccomandando di adottare procedure specifiche per prevenire gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, soprattutto in presenza di giornate particolarmente ventose (wind-days, fenomeno denunciato anche da associazioni locali);
   in questo contesto di emergenza totale si inserisce anche il perdurare di condizioni di lavoro che mettono a rischio la salute e la stessa vita dei lavoratori. Ancora oggi si registra, purtroppo, l'ennesimo incidente mortale che ha coinvolto un dipendente di una ditta dell'appalto che opera all'interno dello stabilimento siderurgico –:
   se siano a conoscenza dei gravi ritardi accumulati nella realizzazione del piano di rilancio ed «ambientalizzazione» dell'Ilva di Taranto;
   se siano a conoscenza dell'allarme lanciato dall'ARPA Puglia in relazione ai picchi di emissioni nocive registrate negli ultimi tempi, ed in particolare nelle giornate di vento;
   se siano a conoscenza della grave crisi che sta aggredendo l'appalto industriale, stretto nella morsa dei crediti non liquidati e dalla mancanza di nuove commesse;
   se siano a conoscenza delle condizioni di lavoro che sottopongono chi opera all'interno dello stabilimento siderurgico a gravi rischi, come conferma l'ennesimo incidente mortale;
   quali iniziative intendano adottare per affrontare tali gravi emergenze, e se ritengano di valutare la necessità di intervenire affinché i commissari e il management aziendale apportino ogni utile cambiamento, atteso l'evidente mancato raggiungimento degli obiettivi. (4-11160)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di dicembre 2015 scadranno numerose concessioni per la gestione del patrimonio architettonico e culturale e dovranno essere emanati i bandi per i nuovi affidamenti;
   alcune associazioni di categoria degli operatori del turismo hanno manifestato in diverse sedi le proprie preoccupazioni in merito ai parametri che saranno previsti da tali bandi;
   in particolare, temono che siano previsti criteri troppo restrittivi per la partecipazione, con la conseguenza della sostanziale esclusione di numerosissimi operatori –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire il rispetto di tutte le prescrizioni temporali e procedurali per l'emanazione dei nuovi bandi e l'aggiudicazione dei relativi servizi, soprattutto al fine di permettere la più ampia libertà di partecipazione agli stessi. (4-11158)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO e ARTINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 13 novembre 2015 una serie di attentati terroristici hanno colpito la città di Parigi, causando la morte di almeno 129 persone e 352 feriti. L'Isis ha rivendicato gli attacchi con un comunicato ufficiale;
   il 16 novembre 2015 il procuratore capo di Trieste ed esperto di terrorismo internazionale, Carlo Mastelloni, ha denunciato il serio rischio di attentati terroristici anche in Italia, mettendo in evidenza il rischio di infiltrazioni dai Balcani al Friuli Venezia Giulia, in considerazione della presenza islamista in Bosnia e Kosovo. Dunque, rispetto ad un programma di sicurezza è necessaria un'attenzione particolare in Friuli Venezia Giulia;
   sul punto, il procuratore ha segnalato la gravità del fatto che, attualmente, a Trieste vi è una scopertura di organico del 30 per cento di guardia di finanza, carabinieri e polizia e qualora il nostro Paese non monitori la minaccia potrebbe subire attacchi durante il Giubileo indetto dal Papa;
   è, quindi, necessario riempire l'organico di tutte le forze di polizia e predisporre un piano di emergenza dei servizi, in collaborazione con il raggruppamento operativo speciale dei carabinieri e con la direzione centrale della polizia di prevenzione;
   il procuratore ritiene che la brutalità della strage parigina sia un chiaro segnale del rischio che quella degli attentati potrebbe essere la linea su cui si muoveranno i terroristi posto che, sul terreno militare, l'offensiva islamista è stata completamente arrestata, poiché sono cadute roccaforti dell'Isis come Kobane e Sinjara, mentre Raqa, considerata la capitale del Califfato, sembra destinata a cedere sotto l'attacco della coalizione di curdi, sciiti e forze irachene, con il sostegno delle aviazioni occidentali. Inoltre, in Siria l'intervento russo in appoggio di Assad è risultato piuttosto proficuo;
   pertanto, dopo la strage di Parigi, è necessario un efficace lavoro di intelligence, anche in considerazione, come predetto, del pericolo di transito in Italia dai Balcani, poiché oltre alla Bosnia, l'estremismo ideologico sembra risiedere in Kosovo, Sangiaccato serbo, Albania, Macedonia e Montenegro, dove aumenta il numero di reclutati dalle organizzazioni jihadiste;
   è pertanto necessario e urgente disporre un efficace piano di sicurezza in tutto il Paese, con particolare attenzione alle zone di confine come il Friuli Venezia Giulia, soprattutto considerando che la sicurezza di questa area era stata già indebolita sottraendo forze  polizia di frontiera, destinate per rinforzare la città di Milano in occasione dell'Expo 2015, come ha denunciato il sindacato autonomo di polizia nel mese di aprile 2015 –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, su quanto esposto in premessa;
   se e quali provvedimenti urgenti intendano adottare per garantire la sicurezza in Italia in relazione a possibili attacchi terroristi, considerando l'aumento di tale rischio alla luce della recente strage di Parigi ed in vista dell'imminente Giubileo indetto dal Papa;
   in particolare, se e quali iniziative intendano adottare per garantire la sicurezza dei confini del Friuli Venezia Giulia, in relazione al rischio di infiltrazioni terroristiche dai Balcani, considerando l'allarme lanciato dal procuratore capo di Trieste ed esperto di terrorismo internazionale, Carlo Mastelloni, che tra l'altro ha evidenziato una grave scopertura di organici a Trieste del 30 per cento di guardia di finanza, carabinieri e polizia. (5-07001)


   RICCIATTI, DURANTI, PIRAS, MELILLA, QUARANTA, COSTANTINO, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, MARCON e SANNICANDRO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 novembre 2015 diversi cittadini hanno segnalato il transito di un convoglio merci contenente diversi carri armati (a quanto riferiscono gli organi di stampa di tipo Ariete), che ha attraversato le Marche sulla linea ferroviaria adriatica;
   il convoglio, a quanto si apprende, è stato avvistato presso le stazioni di Falconara Marittima, Fabriano e, alle ore 13 del 16 novembre, alla stazione di Senigallia (Ancona), suscitando comprensibili curiosità e apprensioni, considerati i recenti attentanti terroristici di Parigi e le «dichiarazioni di guerra» che ne sono conseguite;
   della circostanza hanno dato conto anche diverse testate giornalistiche locali (Il Corriere Adriatico online; Vivere Senigallia.it; Occhio alla Notizia.it, del 16 novembre 2015);
   con tutta probabilità si è trattato di un trasporto ordinario di mezzi da una caserma all'altra, ma, considerati il clima di questi giorni e la circolazione di informazioni non confermate sui social network e sul web, gli interroganti ritengono opportuno un chiarimento ufficiale al fine di tranquillizzare i cittadini sull'episodio –:
   se i Ministri interrogati siano in grado di verificare i fatti illustrati in premessa e di chiarire la presenza e la destinazione del convoglio di carri armati Ariete segnalato. (5-07014)

Interrogazione a risposta scritta:


   MICILLO. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   San Marcellino è un comune in provincia di Caserta che conta oltre 13 mila abitanti, facente parte del comprensorio dell'agro aversano, posto tra Aversa e Villa Literno, due «calde» zone dal punto di vista delle cronache locali;
   da anni si attende un presidio di polizia;
   il comune attualmente retto dal dottor Luigi Palmieri viceprefetto nominato commissario prefettizio per la provvisoria gestione dell'ente in quanto quest'ultimo è stato sciolto per inosservanza degli obblighi relativi all'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato;
   in data 11 ottobre 2007 si apprende che: «Dopo anni di intoppi burocratici, prenderanno finalmente il via – questa volta per essere portati a compimento – i lavori di realizzazione della caserma dei carabinieri di San Marcellino. La struttura, che ospiterà 14 carabinieri, è già in piena fase di costruzione» (https://altocasertano.wordpress.com);
   in data 1o marzo 2014 si legge on line sulla testata noicaserta.it che «sono terminati i lavori alla caserma dei carabinieri. Ora manca solamente l'inaugurazione» (http://noicaserta.it) –:
   se i Ministri interrogati siano informati dei fatti esposti in premessa e di quali notizie dispongano che circa i motivi che ancora oggi, nonostante l'annuncio pubblico di fine lavori, impedirebbero al territorio di ricevere in loco la caserma dell'Arma dei carabinieri, attesa da tempo dalla popolazione, per la propria sicurezza. (4-11153)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FERRARESI, BONAFEDE, BUSINAROLO, SARTI e COLLETTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 73 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, ha disposto che i laureati in giurisprudenza, che non hanno ancora compiuto i 30 anni, in possesso dei requisiti definiti, che abbiano riportato una media di almeno 27/30 negli esami di diritto e che abbiano un punteggio di laurea non inferiore a 105/110, possono accedere, per una sola volta, ad un periodo di formazione teorico-pratica presso le corti di appello, i tribunali ordinari, gli uffici e i tribunali di sorveglianza e i tribunali per i minorenni della durata complessiva di diciotto mesi;
   sebbene lo svolgimento dello stage formativo, secondo il comma 8 del citato articolo di legge, non dia «diritto ad alcun compenso», in seguito ad un diffuso malcontento, il successivo decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e l'introduzione dei commi 8-bis e 8-ter all'articolo 73, ha disposto, per i tirocinanti, una borsa di studio determinata in misura non superiore ad euro 400 mensili;
   il medesimo provvedimento ha stabilito, inter alia, che il buon esito dello stage valga come un anno di tirocinio di pratica forense e sia valutato per il medesimo periodo ai fini della frequenza dei corsi della scuola di specializzazione per le professioni legali, fermo il superamento delle verifiche intermedie e delle prove finali d'esame e che, inoltre, l'esito positivo di detto stage, costituisca titolo di preferenza per la nomina a giudice onorario di tribunale e a vice procuratore onorario;
   l'erogazione del riconoscimento in denaro agli stagisti sotto forma di borsa di studio è articolato mediante un decreto non regolamentare del Ministero della giustizia col quale sono determinati annualmente i requisiti per l'attribuzione della borsa di studio sulla base del medesimo ISEE calcolato per le prestazioni erogate agli studenti nell'ambito del diritto allo studio universitario;
   i tirocinanti degli uffici giudiziari, tuttavia, per i citati requisiti d'accesso, non sono più studenti universitari, e sono chiamati a svolgere un importante percorso, sì di formazione, ma principalmente di lavoro, per altro definito dal Consiglio superiore della magistratura, proprio per il concreto supporto fornito da questi gli uffici giudiziari, con eloquenti aggettivi quali «positivo», «efficace», «formidabile» e «fondamentale»;
   per dar seguito alle disposizioni relative alla borsa di studio, il decreto interministeriale 10 luglio 2015, firmato congiuntamente dai Ministri interrogati «Attribuzione delle borse di studio di cui all'articolo 73, co. 8-bis, del decreto-legge n. 69 del 2013 convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 2013» ha stanziato, per l'anno 2015, nei limiti di euro 8.000.000, le risorse a tal fine destinate, derivanti dal fondo unico giustizia, dando trenta giorni di tempo per la presentazione delle domande e fissando un limite massimo ISEE per accedere al contributo di 20.956,461 euro;
   preso atto che in Italia vi sono oltre 1200 tribunali, la straordinaria esiguità del fondo messo a disposizione tradisce, a parere degli interroganti, un malcelato disinteresse nei confronti delle legittime istanze – e minime esigenze – dei giovani giuristi «prestati» agli uffici giudiziari;
   tanto più che i requisiti per ottenere la cosiddetta borsa di studio sono basati sul calcolo dell'ISEE familiare e non del singolo tirocinante, fissando il limite reddituale oltre al quale non si ha il diritto ad accedere a beneficio in 20.956,46 euro annui. Cifra che esclude, secondo alcune simulazioni (ad esempio una famiglia di 4 persone con reddito totale da 30mila euro più 50mila euro di risparmi e una sola casa di proprietà ha un isee di 23.887,04 euro) la quasi totalità degli aspiranti richiedenti;
   i termini fissati dal decreto interministeriale per la presentazione della domanda presso l'ufficio giudiziario dove lo stagista ha svolto o sta svolgendo il tirocinio, sono stati individuati in un periodo di soli trenta giorni – dal 15 luglio al 15 agosto – periodo di ferie giudiziarie e di chiusura dei CAF;
   l'obbligo di legge di istituire una borsa di studio per gli stagisti degli uffici giudiziari secondo gli interroganti risulta, ad oggi, non attuato e del tutto subordinato ad-esclusive e preminenti esigenze di bilancio, rendendo la stessa istituzione della borsa di studio, di fatto, un'azione di tipo assistenzialistico che penalizza e mortifica l'impegno dei neolaureati che si adoperano per apprendere e contribuire al funzionamento del sistema giudiziario italiano –:
   quali iniziative intendano adottare al fine di restituire dignità al lavoro di quanti consentono di far fronte con competenza ed abnegazioni all'enorme arretrato pendente dinanzi alle magistrature ordinarie ed amministrative, attraverso un'equa retribuzione, magari assimilando, con i dovuti distinguo, la disciplina in questione a quella degli stage extra-curricolari obbligatoriamente retribuiti ai sensi della legge n. 92 del 2012, ovvero mediante la corresponsione di importi fissi e a carattere forfettario, anche a titolo di rimborso spese. (5-07010)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la cronaca di Trieste nell'aprile 2015 si è occupata di un caso che riguarda un architetto veronese, Giancarlo Aldighieri, 55 anni, che è stato raggiunto da un provvedimento di applicazione degli arresti domiciliari, con l'accusa di aver minacciato e molestato gli amministratori di sostegno della sua ex fidanzata, Federica Visintin, gravemente ammalata per le conseguenze di un gravissimo incidente stradale;
   Aldighieri è stato raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare emesso dal GIP dottor Luigi Dainotti su richiesta del pubblico ministero dottoressa Maddalena Chergia;
   al momento dell'arresto dell'architetto la ex-fidanzata era temporaneamente ricoverata in una clinica specializzata in Austria;
   secondo il pubblico ministero Chergia per mesi il professionista veronese avrebbe tappezzato la città di manifesti dal titolo «Federica Libera» ed avrebbe anche aperto un profilo Facebook nel quale venivano nominati i due amministratori di sostegno Matteo Morgia e Alessio Pellegrini;
   secondo il pubblico ministero, queste azioni avrebbero creato, «un perdurante stato di ansia e paura tale da ingenerare un fondato timore per la propria incolumità nonché a costringerli a cambiare decisamente le loro abitudini di vita»;
   la situazione è stata generata da uno spaventoso incidente stradale avvenuto il 16 ottobre del 2013 sull'A4 nei pressi del casello di Mestre, nel quale era rimasta coinvolta l'architetto Federica Visintin;
   la stessa aveva infatti subito un grave danno cerebrale e si era trovata immobilizzata a letto;
   a seguito di ricorso al giudice tutelare dottoressa Anna Fanelli, lo stesso aveva nominato come amministratori di sostegno due professionisti triestini: l'avvocato Matteo Morgia e lo psicologo Alessio Pellegrini;
   in un momento successivo, secondo l'accusa, sarebbe entrato in azione l'architetto Giancarlo Aldighieri, l'ex-fidanzato dell'architetto Visintin, il quale non avrebbe condiviso l'operato degli amministratori in merito alla riabilitazione della malata amministrata;
   secondo l'accusa sarebbero stati affissi volantini in vari luoghi della città di Trieste che ritraevano il volto della donna con in calce la scritta: «Federica libera di curarsi al meglio. Basta segregazione»;
   successivamente, sempre secondo l'accusa sono comparsi in città altri manifesti, qualcuno con il volto (tratto dal profilo Facebook) di Matteo Morgia. Inoltre, sarebbe stato aperto un profilo Facebook «amici di Federica Visintin» e poi una community in cui venivano pubblicati – sempre secondo l'accusa – i medesime contenuti dei volantini nonché diversi post dal contenuto asseritamente diffamatorio nei confronti di Morgia e Pellegrini;
   sia l'articolo 2 della CEDU, sia infine la Convenzione di Oviedo del 1997 sanciscono il principio di tutela del diritto alla vita e alla salute del paziente, e quindi il diritto di poter essere curati nel miglior modo possibile;
   la stessa Cassazione, in una pronuncia, l'ordinanza n. 8291 del 2005, avrebbe escluso il «generale potere di rappresentanza [del tutore] con riferimento ai cosiddetti atti personalissimi», escludendo quindi l'estensione dei poteri tutori al di fuori della sfera degli interessi patrimoniali, in assenza di una specifica norma attributiva di tali poteri;
   come accennato sempre in tema del diritto alla salute viene in rilievo un diritto personalissimo di rilievo costituzionale, quale il diritto di autodeterminazione terapeutica in tutte le fasi della vita, anche in caso di minor capacità di assolvere alle ordinarie attività quotidiane;
   secondo la predetta ordinanza, dunque, l'esercizio del diritto alla salute, e quindi l'esercizio del diritto di «decidere sulle proprie cure» non potrebbe essere affidato al tutore;
   poiché in linea generale, quanto a poteri e funzioni, si può assimilare la figura del tutore a quella dell'amministratore di sostegno, gli amministratori di sostegno non potrebbero decidere quali siano le migliori cure da poter offrire al paziente amministrato, o quantomeno senza il consenso dello stesso amministrato;
   nel caso di specie non appare manifestata l'effettiva volontà della paziente amministrata in relazione alle cure che sono state concretamente effettuate, ma soprattutto alle cure mediche che la paziente vorrebbe che le fossero prestate, né tantomeno si conosce se le attività poste in atto dagli amministratori di sostegno siano in linea ed abbiano rispettato il diritto di autodeterminazione alla cura della paziente amministrata –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta;
    se ritenga che l'attuale quadro normativo relativo all'istituto dell'amministrazione di sostegno garantisca ai soggetti amministrati una reale tutela nei confronti degli amministratori di sostegno in relazione al diritto alla salute ed all'esercizio di diritti personalissimi qual è in particolare l'esercizio autonomo del diritto di autodeterminazione terapeutica in tutte le fasi della vita;
   se ritenga che l'attuale assetto codicistico sia idoneo a garantire efficaci forme di controllo esterno sull'operato degli amministratori di sostegno ai fini della tutela del preminente diritto alla salute dei soggetti amministrati;
   se ritenga che le attuali disposizioni di legge consentano agevolmente ed in concreto al soggetto amministrato di presentare istanza di revoca dell'amministratore di sostegno ovvero di sostituzione dello stesso. (5-07025)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SOTTANELLI e MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, è oggetto di contrasto fra due correnti ermeneutiche in materia di sanatoria edilizia;
   tale articolo disciplina l'accertamento di conformità, ossia quello strumento attraverso cui si consente la sanatoria di manufatti od opere realizzati in assenza di titolo edilizio o in difformità da esso;
   al fine del rilascio del permesso in sanatoria è necessario che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della istanza di cui al citato articolo 36;
   qualora si volesse attivare la procedura ex articolo 36, si dovrà presentare un'istanza all'ufficio comunale competente: i soggetti legittimati a farlo sono il responsabile dell'abuso e l'attuale proprietario dell'immobile, nonché il conduttore o chiunque possa vantare sul manufatto un diritto reale; trascorsi sessanta giorni dalla presentazione dell'istanza senza che l'ufficio si sia pronunciato, si formerà il cosiddetto silenzio-rigetto;
   nulla vieta, tuttavia, che successivamente alla formazione del silenzio-rigetto e quindi trascorsi i sessanta giorni previsti, l'ufficio comunale possa pronunciarsi con un provvedimento espresso; tale provvedimento potrà essere di diniego o di accoglimento: nel primo caso il provvedimento dovrà specificare le ragioni su cui si fonda il diniego, nell'ipotesi invece di un provvedimento di accoglimento, una volta annullato il silenzio-rigetto già formatosi, si rilascerà concessione in sanatoria evidenziando la conformità al piano urbanistico attuale, nonché a quello in vigore al momento in cui è stata realizzata l'opera o eseguito l'intervento abusivo;
   a livello privatistico, l'eventuale rilascio della concessione in sanatoria, avendo efficacia ex nunc, non travolge i diritti che si sono già formati in capo ai terzi che faranno salvo un eventuale risarcimento del danno;
   da ciò emerge che, ai fini dell'ottenimento del titolo abilitativo, è necessario dimostrare la doppia conformità, ossia la conformità dell'opera o dell'intervento abusivo sia al piano urbanistico vigente al momento della presentazione dell'istanza ex articolo 36, sia al piano urbanistico che vigeva all'epoca in cui è stato realizzato il manufatto;
   parte della giurisprudenza e della dottrina ha ritenuto che la conformità andrebbe valutata esclusivamente al momento della presentazione dell'istanza, evitando così la scure della «doppia conformità»;
   secondo tale tesi, conosciuta col nome di «sanatoria giurisprudenziale», sostenuta per anni anche da alcune sentenze del Consiglio di Stato, sarebbe assolutamente illogico ed irragionevole demolire un immobile, che seppur conforme al piano urbanistico attuale, risulti difforme dal piano urbanistico vigente al momento della sua realizzazione;
   infatti, ciò significherebbe che se l'immobile, una volta demolito perché non conforme al piano urbanistico vigente all'epoca della realizzazione manufatto, venisse ricostruito tale e quale a quello demolito sarebbe da considerarsi non abusivo in quanto conforme al piano urbanistico attuale;
   significativa è in tal senso la pronuncia n. 2835 del Consiglio di Stato, sez. VI, secondo cui è da ritenersi «palesemente irragionevole negare una sanatoria di interventi che sarebbero legittimamente concedibili al momento della istanza, perdendo oltretutto automaticamente efficacia, a seguito della presentazione di questa, il pregresso ordine di demolizione e ripristino»;
   tuttavia, di recente il Consiglio di Stato è ritornato sulla questione, mutando nuovamente indirizzo e rigettando in pratica la soluzione della «sanatoria giurisprudenziale», sull'assunto che, a detta dei giudici amministrativi, si deve dare una maggiore tutela al principio della legalità rispetto a quelli richiamati dalla sanatoria giurisprudenziale che devono considerarsi al suo cospetto recessivi, riconfermando quindi il principio della «doppia conformità»;
   inoltre, secondo tale tesi, ammettere la «sanatoria giurisprudenziale» significherebbe introdurre surrettiziamente nell'ordinamento una atipica forma di condono che consentirebbe al responsabile di un abuso edilizio di poter beneficiare degli effetti indirettamente sananti di un più favorevole ius superveniens, piuttosto che di un'apposita disciplina legislativa condonistica –:
   data l'esistenza di due correnti ermeneutiche in materia di sanatoria edilizia, se non ritenga opportuno assumere al più presto iniziative per un'interpretazione autentica delle disposizioni vigenti relative all'accertamento di conformità al fine di evitare che gli uffici comunali applichino in maniera difforme la normativa in questione. (5-07002)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si legge nell'articolo apparso sul sito de «Il Corriere della Calabria», emergono intrecci politici ed imprenditoriali intorno all'appalto predisposto da Sacal s.p.a., la società che gestisce l'aeroporto di Lamezia Terme (Catanzaro) – che il Consiglio dei ministri ha individuato, il 27 agosto 2015, interesse nazionale e di particolare rilevanza strategica – per il «servizio di sicurezza e controllo dei passeggeri in partenza»;
   preme sottolineare che anche la procura di Lamezia Terme sta indagando sulla gestione degli appalti in aeroporto e ha iscritto nel registro degli indagati undici persone, quasi tutto il management della struttura che governa sullo scalo, con l'accusa di «condotte illecite e violazioni di legge finalizzare all'assegnazione a ditte compiacenti di lavori e servizi»;
   il suddetto appalto per il «servizio di sicurezza e controllo dei passeggeri in partenza», dalla durata prevista di due anni per un importo di 5,6 milioni di euro, è stato aggiudicato dall’«Istituto di vigilanza privata notturna e diurna» di Catanzaro;
   secondo quanto scrive il giornalista Pablo Petrasso, «da 15 anni il servizio è gestito dall'Istituto di vigilanza privata notturna e diurna di Catanzaro, azienda che si è aggiudicata l'appalto anche dopo il “salto di categoria” della gara, alla quale, per la prima volta nel 2013, hanno partecipato colossi nazionali della sicurezza come Sipro e Securpol. Entrambi sbaragliati dalla ditta calabrese per due volte»;
   infatti, dopo la prima aggiudicazione e il ricorso delle ditte rivali davanti al Tar, Sacal ha bandito una nuova gara, anche questa finita davanti al tribunale amministrativo, che ha poi decretato la regolarità del bando e dunque l'assegnazione all'Istituto di vigilanza privata di Catanzaro, nonostante «le oggettive incertezze giurisprudenziali su alcune questioni esaminate», come scrivono gli stessi magistrati;
   destano forti perplessità gli intrecci tra il consiglio d'amministrazione di Sacal, a cominciare dal presidente Massimo Colosimo, e l'Istituto di vigilanza. Scrive a riguardo Petrasso: «La ditta che si occupa della sicurezza lavora anche in almeno due delle attività private dell'imprenditore catanzarese che guida il cda della Sacal. Le guardie giurate dell'azienda della famiglia Figorilli (Natalino è il titolare, carica ereditata da suo padre Antonio) si prendono cura dell'Igea Calabra, azienda della famiglia Colosimo che si occupa di surgelati. Il gruppo Figorilli, è presente inoltre con i propri uomini sia nel servizio di portierato del centro commerciale “Le Fontane” di Catanzaro che in quello di vigilanza esterna della struttura. Del secondo si occupa proprio l'Istituto di vigilanza, del primo la Delta, altra società di famiglia. La proprietà del parco commerciale, invece, è riconducibile allo stesso Colosimo e a un altro socio eccellente della Sacal, Floriano Noto, imprenditore nel settore della grande distribuzione»;
   secondo quanto riportato ancora da «Il Corriere della Calabria», l'Istituto di vigilanza si rivolge, per l'acquisto delle automobili con le quali viene svolto il servizio, alla concessionaria lametina «Autolonà», di proprietà della famiglia di un altro consigliere d'amministrazione di Sacal, Emanuele Ionà, prima rappresentante della regione (nominato dalla giunta Scopelliti «su indicazione politica di Pino Galati»), ora rientrato «dalla finestra» in qualità di rappresentante del comune per volere del sindaco Paolo Mascaro;
   al posto di Ionà, come proprio rappresentante la giunta regionale guidata dall'onorevole Mario Oliverio ha nominato l'avvocato Gaetano Pignanelli, capo di gabinetto della presidenza della regione Calabria;
   nonostante l'appalto milionario, con le riferite ombre sull'assegnazione, nei pagamenti ai dipendenti dell’«Istituto di vigilanza privata notturna e diurna» di Catanzaro si registrano gravi ritardi da tempo, anche con frazionamenti dell’import mensile confermati dalla stessa azienda;
   vi è, inoltre, una organizzazione delle risorse umane con aggravio sulla salute e sulla tranquillità dei lavoratori, in ragione dei turni massacranti e della mancanza di adeguato riposo, il che non può ammettersi nel delicatissimo servizio di vigilanza in argomento –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non intenda accertare l'effettiva condizione e situazione dei lavoratori, ove ne ricorrano i presupposti anche mediante ispezioni;
   quali iniziative di competenza intendano assumere a garanzia del servizio di sicurezza e controllo dei passeggeri in partenza dall'aeroporto di Lamezia Terme, nel rispetto della dignità e dei diritti dei lavoratori impiegati. (4-11148)


   MARRONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la città di Roma ha il tasso di motorizzazione più alto rispetto le altre capitali europee (Berlino, Copenaghen, Londra, Madrid, Parigi, Vienna) con 670 autovetture ogni 1.000 abitanti e la percentuale più elevata di spostamenti con mezzi privati;
   le aree urbane sono riconosciute da tutti gli organismi internazionali come responsabili di circa il 23 per cento di tutte le emissioni di CO2, peraltro in gran parte prodotte dal settore dei trasporti;
   l'Europa nel libro bianco «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» ha indicato come obiettivo per il 2050 la riduzione del 60 per cento delle emissioni di gas serra nel settore dei trasporti;
   la Capitale d'Italia pur fornendo ai cittadini una buona offerta in tema di trasporti pubblici di superficie con oltre 70 chilometri di rete degli autobus ogni 100.000 abitanti registra un ritardo abissale nei confronti delle altre capitali europee rispetto al trasporto sotterraneo e su ferro;
   a Roma i chilometri di rete metropolitana ogni 100.000 abitanti non arrivano a 2, contro i quasi 9 chilometri di Madrid, i 5 di Londra e i 3,97 di Parigi;
   anche la rete tramviaria della capitale d'Italia segna un ritardo con meno di 1,5 chilometri di rete ogni 100.000 mila abitanti contro i 12,6 di Vienna e gli 8,56 di Berlino;
   il trasporto su gomma non è previsto che abbia una sede stradale dedicata (a Roma la percentuale di corsie preferenziale rispetto alla rete esistente è del 6 per cento) e quindi il percorso effettuato dagli autobus viene costantemente influenzato dal traffico urbano, soprattutto in città complesse da un punto di vista urbanistico, determinando un'incertezza nel tempo di percorrenza e trasformandosi di conseguenza, in un disincentivo all'utilizzo del trasporto pubblico;
   per quel che riguarda l'offerta di trasporto pubblico mediante metro per abitante, Roma registra circa 14 vetture a chilometro per abitante contro le quasi 60 di Madrid e le circa 50 di Parigi e Londra;
   da questi dati si evince la necessità di potenziare il sistema di trasporto pubblico della Capitale soprattutto per quel che riguarda l'offerta in termini di rete su ferro, metropolitana e tramviaria;
   ad oggi risulta in fase di realizzazione la terza linea della Metropolitana di Roma, denominata Metro C, con ritardi nel completamento dell'opera e incertezza sui finanziamenti per quanto riguarda il progetto finale;
   la metro C andrebbe a coprire in termini di collegamento aree periferiche della città collegandole al centro storico e permettendo così una progressiva pedonalizzazione delle aree monumentali e di grande pregio storico ambientale senza penalizzare il diritto alla mobilità dei cittadini;
   per quello che riguarda il quadrante nord-est di Roma, popolato da circa mezzo milione di abitanti, si necessità di un ulteriore intervento teso a far fronte sia all'alta densità della popolazione di quel quadrante di città, sia alla presenza di un consistente traffico pendolare da e verso i comuni extraurbani;
   la linea B1, che è la diramazione della linea B, ed è prevista nel piano regolatore generale del comune di Roma, è stata inaugurata in un primo tratto nel 2012 e ha permesso e permette lo spostamento di migliaia di persone;
   in data 21 aprile 2015, è stata poi inaugurata la fermata Jonio che secondo le previsioni riportate dall'assessore alla mobilità del comune di Roma servirà un ulteriore numero di utenti tra le 30 e le 50 mila persone;
   il progetto della linea B1 come da piano regolatore del comune di Roma prevede il prolungamento della metro fino al grande raccordo anulare verso i popolosi quartieri nell'area nord di Roma della Bufalotta, permettendo peraltro la possibilità di un nodo di scambio con il sistema di mobilità extraurbana sia su gomma che su ferro a servizio dei pendolari;
   il trasporto pubblico locale si configura come prestazione sociale «essenziale», a norma della Costituzione (articolo 117, secondo comma, lettera m));
   negli ultimi anni si è purtroppo registrata una costante diminuzione della spesa pubblica nelle infrastrutture per la mobilità urbana da parte dello Stato con inevitabili ricadute sulle capacità progettuali delle regioni e degli enti locali, pur con una recentissima inversione di tendenza però ancora del tutto insufficiente a colmare quel ritardo infrastrutturale delle città italiane nel comparto strategico del trasporto collettivo –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per procedere al finanziamento, mediante fondi del CIPE, del completamento della linea B1 fino a Bufalotta – grande raccordo anulare, così come previsto dal piano regolatore del comune di Roma. (4-11151)


   LODOLINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 6 novembre 2015 sulla tratta ferroviaria Ravenna – Senigallia si è verificata un'aggressione al capotreno sul treno regionale 11599 Ravenna-Ancona. La donna, dipendente delle ferrovie, è dovuta ricorrere alle cure del pronto soccorso dopo l'aggressione da parte di un uomo di nazionalità tunisina: questi si era dapprima innervosito al controllo perentorio da parte della 38enne anconetana che l'aveva visto salire sul treno con destinazione Ancona, per poi afferrarla per il collo sostenendo che nel suo Paese le donne sono «schiave». L'uomo è stato poi individuato e arrestato, mercoledì 11 novembre, grazie alla polizia ferroviaria di Ancona che ha effettuato degli appostamenti alla stazione dorica: oltre alla denuncia per lesioni e violenza a pubblico ufficiale, per lui è scattato l'arresto in quanto irregolare sul territorio nazionale;
   l'aggressione di cui sopra, è tuttavia l'ultima di un’escalation di violenza contro i dipendenti di Ferrovie. La Filt Cgil ha denunciato prontamente l'azione debole dell'azienda Trenitalia ma anche delle istituzioni a tutela dei ferrovieri: «Basta, i capi treno non sono sceriffi né poliziotti»;
   la violenza contro capitreno e controllori è un fenomeno che i lavoratori denunciano da tempo: botte, insulti, spintoni. In tutto il 2014 i casi di dipendenti di Ferrovie dello Stato italiane aggrediti sono stati più di 309, oltre 80 in più dei 227 del 2013. Nei primi 5 mesi del 2015 sono oltre 140, 117 di Trenitalia e 23 di Rfi. Per quanto riguarda gli aggressori, il numero degli stranieri (54) è di poco superiore agli italiani (41). I casi rimanenti hanno come protagonisti coloro che eseguono attività abusive a bordo dei treni. Un vero e proprio far west, dal nord al sud dell'Italia, che interessa i grandi scali ma soprattutto le piccole stazioni di periferia negli orali serali. Il capotreno e il macchinista sono sottoposti a uno stress quando viaggiano sui treni più difficili e lo shock, quando subiscono una aggressione, a detta stessa dei ferrovieri «quello non passa». Così come la paura di tornare al lavoro –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per garantire le regolari condizioni di sicurezza e l'incolumità del personale di Ferrovie dello Stato italiane; se sia intenzione del Governo attivare quanto prima un confronto con i sindacati. (4-11159)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a fine agosto 2015 presso Mantova si registrarono scontri a seguito di una manifestazione promossa dal comitato «Mantova ai virgiliani» con la presenza di manifestanti di chiara matrice ideologica neofascista provenienti anche dalle vicine province di Verona e Brescia;
   il 21 novembre 2015 il comitato «Mantova ai virgiliani» ha indetto una nuova manifestazione che dovrebbe svolgersi a piazza Martiri di Belfiore, dove è in programma un altro presidio contro «il business dell'accoglienza»;
   Anpi e altre associazioni, come eQual, hanno giustamente richiesto di non concedere l'autorizzazione per la suddetta manifestazione;
   va tenuto conto delle tensioni che potrebbero sorgere in occasione del giorno 21 novembre, anche alla luce dei precedenti di agosto e del fatto che tale manifestazione appare in aperta contrapposizione con la Costituzione –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno intervenire affinché in sede di comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica venga negata l'autorizzazione alla manifestazione indetta dal comitato «Mantova ai virgiliani» al fine di preservare la città da tensioni e possibili scontri. (5-07020)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio della serie di attentati terroristici che hanno insanguinato Parigi il 13 novembre 2015 è di oltre 129 vittime ed oltre 350 feriti e sono 7 i terroristi morti, inclusi i kamikaze, che si sono fatti saltare in aria vicino allo Stadio di Francia;
   allo stato attuale proseguono le ricerche da parte di tutti i servizi di sicurezza internazionali degli eventuali complici; sembrerebbe che la squadra sarebbe stata formata in tutto da 8 terroristi: quattro hanno agito alla sala concerti Bataclan, gli stessi che prima hanno aperto il fuoco nei bar e nei ristoranti nelle vicinanze. Il quinto terrorista sarebbe il primo kamikaze che si è fatto saltare in aria allo stadio di Francia, alle 21,20 il 13 novembre 2015, azione che ha dato il via al massacro;
   i Capi di Stato di tutto il mondo hanno manifestato preoccupazione per l’escalation terroristica internazionale e stanno predisponendo piani di emergenza e interventi straordinari per garantire la sicurezza nazionale;
   sono stati registrati, a Parigi, casi di psicosi collettiva e momenti di tensione a causa di falsi allarme attentati. La prefettura parigina è stata costretta a diramare una nota in cui ha confermato diversi «movimenti di panico» nella capitale «dopo vari falsi allarme» (http://www.ilfattoquotidiano.it);
   l'Is pare non abbia intenzione di fermarsi, anzi gli attacchi di Parigi sembrano esser più un preavviso di quello che lo Stato islamico si appresterebbe a fare, sia in Italia, che in altre città di altri Paesi, per esempio Londra e Washington, come ha annunciato sui media e i social network (http://www.iltempo.it);
   il prossimo dicembre avrà inizio il Giubileo a Roma, evento straordinario che si celebra nel Paese che ospita la sede del Vaticano e aumenta le probabilità di attacchi terroristici in Italia, e contro gli italiani;
   anche i connazionali residenti all'estero – cittadini italiani e al tempo stesso europei – sono fortemente preoccupati dal clima di terrore scatenato dai recenti fatti di Parigi;
   alcuni consolati, collocati in città con una forte presenza di italiani, spesso nella situazione di ricevere centinaia di utenti al giorno, potrebbero rappresentare un obiettivo sensibile per i terroristi –:
   quali iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati – anche in coordinamento con le autorità nazionali locali – per la tutela della sicurezza delle sedi diplomatiche, ambasciate e consolati italiani in tutto il mondo, che si considerino per quanto premesso «a rischio» e per quella personale dei dipendenti che vi lavorano e degli utenti dei servizi consolari. (4-11150)


   COCCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la notte del 13 novembre 2015 si è sviluppato un incendio di origine dolosa nella sede del «Calciosociale Italia» a Corviale, quartiere di Roma;
   le fiamme hanno distrutto la cappella in legno, sede amministrativa del «Campo dei Miracoli»;
   il Calciosociale è un progetto, di cui pochi giorni fa si è celebrato il decennale, nato per favorire l'integrazione di ragazzi con difficoltà attraverso il gioco del calcio, ma, negli anni, è diventato molto di più. La collaborazione con Libera e Don Ciotti, infatti, ha caratterizzato sempre di più il Calciosociale e Corviale come luoghi simbolici in cui far vivere e crescere l'impegno per la legalità e la lotta alla malavita;
   si tratta, dunque, di un grave gesto indirizzato contro un'importante esperienza di volontariato in una realtà non semplice del contesto urbano capitolino che oggi rischia la paralisi dell'attività sociale del centro polifunzionale e di tutti gli attori impegnati, attraverso di essa, ad avviare percorsi di legalità e di civismo –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda mettere in atto per contribuire a fare piena luce su questo gravissimo episodio criminale. (4-11154)


   NACCARATO e CASELLATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 5 novembre 2015 gli uomini della guardia di finanza coordinati dalla procura della Repubblica di Treviso hanno notificato un provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari, nei confronti di Pierluigi Dal Ben, 74 anni, titolare del negozio di abbigliamento Dal Ben Tre, di Monastier, in provincia di Treviso;
   il 9 novembre anche la manager dei magazzini Dal Ben Tre, Cosima Gigantiello è stata raggiunta dal medesimo provvedimento, nella propria abitazione di San Biagio di Callalta, per bancarotta fraudolenta;
   dalle prime ricostruzioni sembrerebbe che gli inquirenti stiano verificando il percorso di ben 11 milioni di euro usciti in modo illecito dai bilanci della Neblad srl, con sede a Parma;
   la società aveva sostituito la ex Dal Ben Tre srl, che nel frattempo era stata dichiarata fallita il 4 giugno dello scorso anno;
   tra gli indagati risulta anche Paolo Signifredi, già in carcere, che è attualmente al centro di indagini sulle infiltrazioni della ’ndrangheta tra Reggio Emilia, Brescia e Mantova;
   Signifredi, 51 anni, residente a Tolmezzo, ha ricevuto una condanna per riciclaggio, nel maggio 2013 ed è stato arrestato, insieme a Massimo Ciancimino, figlio del boss Vito, per associazione per delinquere finalizzata all'evasione fiscale;
   l'arresto di Signifredi, nell'ambito dell'operazione «Pesci» coordinata dalla direzione distrettuale antimafia della procura di Brescia, si inserisce nell'attività di indagine tesa a verificare «l'infiltrazione di una cosca di ’ndrangheta nel tessuto economico di Mantova e Cremona e negli apparati istituzionali del Comune di Mantova»;
   lo stesso Signifredi avrebbe fatto credere di essere un commercialista, mentre in realtà non è mai stato iscritto al relativo ordine, come emerge dal provvedimento del 10 giugno 2013 del prefetto di Parma;
   il collegamento con la figura di Signifredi rispetto agli arresti del titolare e dell'amministratrice dei Magazzini Dal Ben ha solleva forte preoccupazione nelle comunità locali per il rischio di un nuovo caso di presenza delle organizzazioni criminali nel tessuto economico veneto;
   soltanto il 10 agosto 2015 a Spresiano in provincia di Treviso, si è verificato un attentato incendiario ai danni del ristorante Divino Gourmet, nel complesso denominato Bandie in località Lovadina;
   l'attentato si è svolto con le modalità tipiche della criminalità organizzata di stampo mafioso;
   gli interroganti manifestano forte preoccupazione poiché in Veneto, ormai da anni, vi sono evidenti circostanze che dimostrano una presenza della criminalità organizzata nel tessuto economico e sociale, e, nonostante l'importante lavoro della magistratura e delle forze dell'ordine, questo grave fenomeno continua a manifestarsi in modo crescente –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intenda adottare per prevenire e contrastare la presenza della criminalità organizzata in Veneto. (4-11162)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è pervenuta all'interrogante una segnalazione da parte di M.P. da Napoli, concernente una vicenda legata all'emissione di agenti chimici inquinanti provenienti dal laboratorio di analisi sito al piano sottostante la sua abitazione;
   tali agenti inquinanti, provenienti dal laboratorio di analisi chimico-nucleari sito al 1o piano, interno due dell'immobile sito in via Cornelia dei Gracchi, n. 53 a Napoli, provocherebbero «gravissime ed insostenibili situazioni di malesseri, pericoli e disturbi», che il segnalante avrebbe esposto sia in una diffida del 13 gennaio 2015 che in una denuncia sporta presso il commissariato di pubblica sicurezza di «San Paolo» della questura di Napoli il 13 giugno 2015 in seguito ad un ricovero presso il pronto soccorso dell'ospedale «San Paolo» a cui M.P. sarebbe dovuto ricorrere a causa di un episodio di intossicazione acuta. In quest'ultima occasione; la diagnosi dei sanitari è stata «stato di malessere conseguente all'inalazione di vapori chimici provenienti da un laboratorio di analisi sottostante all'abitazione del paziente»;
   l'aspetto più preoccupante è legato al fatto che tali emissioni producono la continua fuoriuscita di aria maleodorante, nociva e radioattiva, quasi sicuramente cancerogena in quanto scaturente da componenti radioattivi e solventi chimici derivanti dagli esami di laboratorio effettuati, attraverso un estrattore rumoroso posto proprio sotto il balcone dell'appartamento del segnalante, che spesso vengono lasciati accesi anche durante la notte, provocando anche una fastidiosa forma di inquinamento sonoro che pregiudicherebbe il riposo notturno degli abitanti del palazzo;
   secondo la segnalazione, all'interno del laboratorio di analisi, negli ultimi anni si sarebbero verificate alcune esplosioni di bombole che avrebbero arrecato danni all'integrità dei muri portanti del palazzo, nonché incendi che avrebbero provocato la fuoriuscita di fumo nero, denso e persistente;
   in particolare, nella serata del 9 novembre 2013, secondo quanto riportato nella diffida di M.P., fu udito un tremendo boato in seguito all'esplosione di una bombola di gas causata — nella versione dei responsabili del laboratorio — da una errata manovra degli addetti all'impianto. In quell'occasione i vigili del fuoco fecero evacuare un'ala del fabbricato, dove tuttora sono installate le bombole di gas che a (mentano i macchinari nucleari;
   a tal proposito, si segnala che, secondo quanto segnalato all'interrogante, il fabbricato interessato è composto da 4 piani con 32 appartamenti abitati da famiglie con anziani, disabili e bambini e che nelle immediate vicinanze sono collocati un asilo nido, un centro polisportivo, scuole materne ed elementari, un centro di terapie riabilitative, nonché altri esercizi commerciali e sedi istituzionali tipici di un centro urbano –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa e se non ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza al fine di garantire la salute e l'incolumità fisica del signor M.P., dei suoi familiari, nonché degli altri abitanti del fabbricato e della zona. (4-11163)


   CALABRIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 18 marzo 2015 il presidente del municipio X di Roma, Andrea Tassone, ha annunciato le sue dimissioni motivandole con una impellente esigenza di richiamare l'attenzione del sindaco di Roma sull'emergenza criminalità che graverebbe sul territorio di Ostia;
   a seguito delle dimissioni del presidente del municipio X, il sindaco di Roma ha conferito la guida dello stesso all'ex magistrato, Alfonso Sabella, nonché assessore alla legalità di Roma;
   il 4 giugno 2015, l'ex presidente del municipio X è stato arrestato, insieme ad altri 44 indagati, nell'ambito dell'inchiesta Mafia Capitale e non in riferimento a fatti inerenti la malavita del litorale ostiense. Secondo quanto riportato nell'ordinanza di arresto Tassone avrebbe, infatti, ricevuto indirettamente denaro dal gruppo di Buzzi in cambio dell'assegnazione di un appalto;
   il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, a seguito delle risultanze emerse dall'attività ispettiva documentata come «Mafia Capitale», l'8 luglio 2015 ha inviato una ampia e dettagliata relazione, redatta da una commissione d'inchiesta, ai sensi dell'articolo 43, comma 2, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), al Ministro interrogato sullo spaccato criminale presente a Roma e periferia;
   la relazione redatta dalla commissione d'inchiesta, dopo aver evidenziato l'esistenza di forti legami tra la mafia di Ostia e l'organizzazione Mafia Capitale, ha accertato che «il territorio del Municipio X è caratterizzato dalla pervasiva e radicata presenza di organizzazioni criminali di stampo mafioso. (...) Tali circostanze sono più che sufficienti per concludere che nella circostanza del Municipio X si sia realizzata la condizione-base, richiesta per l'applicazione delle misure ex articolo 143 TUEL, della notoria e accertata diffusione nel suo territorio della criminalità organizzata»;
   la commissione d'inchiesta ha altresì individuato quattro dipartimenti dell'amministrazione comunale di Roma e altri tre municipi, oltre a quello di Ostia, a cui sarebbe stato opportuno stabilire il loro diretto commissariamento;
   a seguito della relazione della commissione d'inchiesta e su iniziativa del Ministro dell'interno, con decreto del Presidente della Repubblica del 27 agosto 2015 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 214 del 15 settembre 2015) è stata prevista la gestione straordinaria  municipio X di Roma Capitale ed il conseguente commissariamento dell'ente per la durata di diciotto mesi;
   il commissariamento del X municipio per la durata di 18 mesi va rivalutato alla luce della situazione attuale che non vede all'interno del municipio eletti coinvolti in associazioni mafiose locali;
   come rilevato dai fatti sopra descritti, l'ex Presidente del X municipio, già dimessosi al momento del suo arresto, è stato indagato nell'ambito dell'indagine condotta su Mafia Capitale, vicenda che ha coinvolto l'intero territorio romano e non il singolo municipio di Roma;
   il 12 ottobre 2015, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, ha consegnato le sue dimissioni alla Presidente del Consiglio comunale, Valeria Baglio. Ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL), le dimissioni presentate dal sindaco diventano efficaci e irrevocabili trascorso il termine di 20 giorni dalla data di presentazione e dalla comunicazione al Consiglio comunale;
   a seguito del ritiro delle dimissioni del sindaco di Roma, il 30 ottobre 2015 ventisei consiglieri comunali hanno firmato le loro dimissioni decretando, in questo modo, la decadenza della giunta e del consiglio comunale di Roma;
   l'ente municipale è parte integrante di Roma Capitale e non gode di alcuna autonomia giuridica, infatti, ai sensi del comma 1 dell'articolo 26 dello statuto di Roma Capitale è previsto che «il territorio di Roma Capitale, al fine di adeguare l'azione amministrativa dell'Ente alle esigenze del decentramento, è articolato in quindici Municipi, quali circoscrizioni di partecipazione, consultazione e gestione di servizi nonché di esercizio delle funzioni conferite da Roma Capitale»;
   alla luce della normativa stabilita dallo statuto di Roma Capitale, sarebbe inconsueto ipotizzare che il municipio X possa essere commissariato per la durata di diciotto mesi, dal momento in cui è stata indetta l'elezione per il comune di Roma e dei relativi municipi;
   nel momento in cui il municipio X resterebbe commissariato per i prossimi 18 mesi e, dunque, verrebbero indette le elezioni in un periodo diverso da quello stabilito per il comune di Roma e gli altri municipi, si genererebbe un dispendio economico non necessario e contro ogni criterio di efficienza;
   in questo modo, verrebbe a crearsi una evidente disparità della durata del mandato tra il municipio X, che andrebbe a rinnovare le cariche elettive non prima di 18 mesi, e tra gli altri municipi e lo stesso comune di Roma in cui si svolgerebbero le elezioni nella primavera prossima;
   è del tutto evidente che la vicenda relativa allo scioglimento del municipio X andrebbe reinterpretata alla luce degli ultimi accadimenti che hanno portato il 30 ottobre 2015 alla decadenza della giunta e del consiglio del comune di Roma –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti esposti in premessa, non ritenga di adottare le opportune iniziative di competenza volte a prevedere che l'organo consiliare del municipio X sia rinnovato contestualmente alle elezioni indette per il comune di Roma. (4-11164)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BINI e FANUCCI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione comunale di Pieve a Nievole, con deliberazione della giunta comunale n. 51 del 28 aprile 2015, ha approvato il progetto preliminare – definitivo – esecutivo dei lavori di manutenzione straordinaria della scuola primaria De Amicis, per un importo totale di 74.000 euro;
   il comune si è successivamente attivato per il relativo finanziamento e ha reperito un contributo di 60.000 euro alla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, nell'ambito del bando «cantieri aperti 2015»;
   nel frattempo una porzione di gronda del cornicione sul lato est della scuola si è distaccato, cadendo al suolo nella zona sottostante opportunamente delimitata con nastro segnaletico;
   la gronda in questione, a seguito di un immediato rilievo è risultata essere costruita con una fila di tavelloni a sbalzo incastrata nel paramento murario, sulla quale poggiava un altro tavellone inclinato, in prosecuzione della pendenza della falda del tetto, sul quale si trovavano collocate le ultime due file di tegole marsigliesi e il canale di raccolta dell'acqua;
   a seguito di un sopralluogo svolto insieme ai vigili del fuoco il comune ha concordato di interdire all'utilizzo tutta l'ala est dell'edificio dove si trova la gronda che ha subito il distacco, al fine di verificare che la copertura non abbia subito ulteriori lesioni e provvedendo a estendere la delimitazione esterna nel cortile e nella scala di collegamento col parcheggio sul lato est della scuola;
   il Governo si è molto impegnato al fine di rendere più sicuri gli edifici scolastici, in considerazione del fatto che la situazione ereditata era spesso drammatica –:
   quali iniziative di competenza intendano assumere, per intervenire con ancora maggiore decisione, in particolare riguardo allo sblocco di risorse da destinare alla manutenzione straordinaria delle scuole. (5-07004)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 48 del decreto-legge 66 del 2015, con delibera CIPE del 30 giugno 2014, n. 22, sono stati destinati quattrocento milioni di euro in favore delle amministrazioni locali che erano rimaste escluse dalla prima graduatoria per il finanziamento di misure di riqualificazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui all'articolo 18 del decreto-legge 69 del 2013;
   ai sensi della predetta delibera del CIPE l'affidamento dei lavori da parte degli enti interessati doveva avvenire entro il 31 dicembre 2014, pena la revoca del finanziamento;
   come comunicato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con la circolare del 9 settembre 2014, n. protocollo 0025327, le risorse avrebbero dovuto essere assegnate agli enti locali a partire da gennaio 2015 e dovevano essere utilizzate nello stesso anno, al fine di non essere conteggiate nel computo del patto di stabilità;
   ad oggi, tuttavia, gli enti locali non hanno ricevuto neanche in parte le risorse spettanti e, di conseguenza, numerose amministrazioni, non potendo provvedere al pagamento dei lavori eseguiti, stanno già affrontando contenziosi;
   il mancato riconoscimento delle risorse assicurate dal Governo rischia di mettere numerosissimi enti locali nella condizione di non rispettare il patto di stabilità, con le note ed oltre modo penalizzanti conseguenze nell'esercizio successivo;
   quanto sopra risulta essere stato ripetutamente e ormai da tempo lamentato da numerose amministrazioni locali, comprensibilmente preoccupate delle conseguenze, che loro malgrado e senza alcuna responsabilità rischiano di subire qualora i finanziamenti non venissero tempestivamente erogati –:
   se sia informato delle gravi conseguenze che il ritardo nel riconoscimento delle risorse spettanti agli enti locali ha già comportato per numerosissimi comuni italiani;
   per quali motivi agli enti locali di cui in premessa non siano ancora state fornite indicazioni certe in merito al riconoscimento delle predette risorse, e in quali tempi sia prevista l'erogazione di tali fondi;
   quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, con riferimento a quei contenziosi che già vedono coinvolte le incolpevoli amministrazioni comunali a causa dei ritardi nell'erogazione delle risorse promesse, soprattutto laddove, questi abbiano delle ripercussioni sul raggiungimento degli obiettivi finanziari del patto di stabilità. (4-11157)


   LABRIOLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa del 12 settembre 2015 si apprende che la scuola elementare Matteotti di Firenze abbia deciso di non far visitare ai propri alunni la mostra «Bellezza Divina» in corso a Palazzo Strozzi con opere di Van Gogh, Guttuso, Matisse, Picasso e la celebre Crocifissione Bianca di Chagall per non urtare la sensibilità dei non cattolici visto il tema religioso;
   la decisione sarebbe stata presa come riferisce La Nazione, durante il consiglio interclasse del 9 settembre 2015 «Per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche visto il tema religioso della mostra»;
   nell'esposizione si possono ammirare oltre cento opere di celebri artisti italiani che vanno da metà Ottocento al Novecento tra cui capolavori famosissimi come l'Angelus di JeanFrançois Millet, eccezionale prestito dal Musée d'Orsay di Parigi, la Pietà di Vincent Van Gogh dei Musei Vaticani, la Crocifissione di Renato Guttuso delle collezioni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, la Crocifissione bianca di Marc Chagall, proveniente dall'Art Institute di Chicago. Più altre opere di artisti del calibro di Gaetano Previati, Felice Casorati, Gino Severini, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Pablo Picasso, Max Ernst, Stanley Spencer, Georges Rouault, Henri Matisse;
   secondo quanto pubblicato il preside dell'istituto Alessandro Bussotti, avrebbe fatto sapere che non era presente alla riunione spiegando che «l'eventuale esclusione della visita non ha motivazioni religiose e non è escluso che la mostra possa essere reinserita nei programmi didattici se non di tutte, almeno di alcune classi»;
   inoltre, sembrerebbe che l'Imam di Firenze, Izzedin Elzir, abbia affermato che andrà a vedere la mostra e che il Crocifisso «non offende nessuno ed è il simbolo di una fede religiosa che rispettiamo»;
   anche il sindaco della città, Dario Nardella, attraverso la sua pagina Facebook, si sarebbe dimostrato contrariato davanti alla notizia. «Se è vero che – avrebbe scritto il sindaco – una scuola fiorentina ha annullato la visita degli alunni ad una delle più belle mostre fiorentine di arte sacra degli ultimi anni “per venire incontro alla sensibilità delle famiglie non cattoliche” saremmo davanti ad un fatto quantomeno insensato. A volte mi chiedo ma a cosa pensano certi insegnanti ? Forse che io, cattolico, non possa fare una gita ad Istanbul o a Tel Aviv perché queste città ferirebbero il mio credo ?»;
   tale episodio è l'ennesimo segno di insofferenza e negazione della cultura cattolica, base e fondamenta di tutta la civiltà occidentale che, soprattutto in Italia, è sentita profondamente. Inoltre, è parere dell'interrogante che proprio la cultura cristiana porta a rispettare la libertà di culto e ad accogliere chi non è cattolico –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato in relazione a quanto esposto in premessa;
   quali iniziative intenda adottare per evitare che episodi come quello riportato si verifichino nuovamente e se ritenga, nel rispetto delle altre confessioni, di prevedere attività alternative, utilizzando lo stesso personale docente, per gli alunni che non vogliano seguire attività inerenti al culto cattolico. (4-11165)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ARLOTTI, ALBANELLA, AMATO, BARGERO, BARUFFI, PAOLA BOLDRINI, BORGHI, CAMANI, CAPODICASA, CASELLATO, CENNI, CRIVELLARI, DI SALVO, GIACOBBE, GNECCHI, GRIBAUDO, INCERTI, LATTUCA, LODOLINI, PATRIZIA MAESTRI, MALISANI, PATRIARCA, PREZIOSI, ROMANINI, ROTTA, SCUVERA, SENALDI, TERROSI, VALIANTE e VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 «Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, attuativo della legge 14 febbraio 2003, n. 30» agli articoli 7073 interessava le modalità di applicazione del sistema di regolazione del lavoro occasionale accessorio attraverso i buoni lavoro (voucher);
   la legge n. 133 del 6 agosto 2008 e successivamente la legge 3 del 2009 e la legge n. 191 del 2009 hanno modificato l'articolo 70, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 estendendo l'utilizzo dei voucher in tutti i settori produttivi e negli enti locali nella manutenzione di parchi e monumenti;
   gli articoli 70-73 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 sono stati successivamente abrogati e sostituiti integralmente dal decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183», attuazione della legge delega (Jobs Act), nell'ottica di consentire il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative in tutti i settori produttivi, garantendo, nel contempo, la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati;
   l'articolo 48, comma 1, del citato decreto legislativo innalza il limite massimo del compenso che il prestatore può percepire da 5000 a 7000 euro (rivalutabili annualmente) stabilendo che «per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7.000 euro (lordo euro 9.333) nel corso di un anno civile (dal 1o gennaio al 31 dicembre), annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati»;
   fermo restando tale limite complessivo (7 mila euro netti), nei confronti di committenti imprenditori e/o professionisti, le stesse attività possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente imprenditore o professionista per compensi fino a 2 mila euro e se rese da soggetti che stanno percependo prestazioni integrative di salario o di sostegno al reddito (cassa integrazione, indennità di disoccupazione, «naspi» e altro) esse possono dar vita a compensi fino a 3 mila euro per anno civile, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali;
   viene, altresì, confermata e resa strutturale (articolo 48, comma 2), la possibilità per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3000 euro (lordo euro 4000) di compenso per anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dei indice ISTAT;
   il valore nominale del buono orario è fissato in io euro e nel settore agricolo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
   in base ai dati dell'Osservatorio sul lavoro occasionale accessorio dell'Inps sul numero di voucher venduti, fra il 2012 e il 2015 (primo semestre) la vendita dei voucher in Italia è stata molto significativa, passando dai 23.813.978 del 2012 ai 69.186.250 del 2014 per arrivare ai 49.952.229 del solo primo semestre 2015;
   nel settore del turismo particolare, il ricorso ai voucher è passato a livello nazionale dai 1.836.887 del 2012 (7,7 per cento del totale) agli 11.396.525 del 2014 (16,5 per cento), fino ai 7.471.377 del primo semestre 2015 (15 per cento), registrando quindi sempre un tasso di variazione più elevato rispetto al dato complessivo e un peso percentuale sul venduto in aumento costante; il dato dell'Emilia-Romagna in particolare, sede del distretto turistico più importante d'Europa con la Riviera Adriatica, mostra per il periodo 2012-2015 (primo semestre) una variazione complessiva sempre più elevata di quella nazionale, così come in Emilia-Romagna aumenta in modo significativo il peso percentuale del turismo sul totale dei voucher venduti: dall'8 per cento del 2012 (211.859) al 15,7 per cento del primo semestre 2015 (1.003.272);
   risulta significativo comparare i dati citati a quelli che invece indicano un calo delle assunzioni nel settore del turismo pur in un'annata positiva per arrivi e presenze sulla Riviera (da gennaio a settembre 2015 ha registrato un incremento del 9,6 per cento degli arrivi, e del 5,4 per cento delle presenze), calo addebitabile molto probabilmente proprio al ricorso al lavoro attraverso all'utilizzo dei voucher;
   circa il numero di lavoratori a livello nazionale, fra il 2012 e il 2014 le tendenze mostrano un progressivo incremento del numero di lavoratori prestatori di lavoro accessorio: 366.465 nel 2012, con un'accentuazione fra il 2013 (617.618) e il 2014 (1.016.703);
   il turismo registra tassi di variazione sempre più elevati: nel 2014 oltre il 21 per cento del totale dei lavoratori impiegati con voucher, un dato praticamente raddoppiato rispetto al 2012 (10,6 per cento);
   nel caso dell'Emilia Romagna le dinamiche sono ancor più sostenute, con tassi di variazione dei lavoratori impiegati con voucher che registrano sia per il 2013 che per il 2014 valori superiori rispetto alla variazione nazionale, e ancor più nel settore del turismo, dove fra il 2012 e il 2014 le percentuali di lavoratori prestatori di lavoro accessorio nel settore turismo sul totale è passata dall'8,6 per cento (3.359 lavoratori) al 22,2 per cento (26.433);
   secondo il centro studi Datagiovani, gli under 35 rappresentano ormai più della metà degli occasionali (54,1 per cento);
   i dati mostrano che l'impennata dell'utilizzo dei voucher nati secondo le intenzioni originarie del legislatore per favorire l'emersione del lavoro irregolare, rappresenta, a giudizio dell'interrogante, un abuso dello strumento che contribuisce a diffondere il lavoro precario, visto che i lavora ori che usufruiscono dei voucher non hanno alcun diritto né tutele minime (non si matura il trattamento di fine rapporto, non si maturano ferie, non si ha diritto alle indennità di malattia e di maternità né agli assegni familiari, non si matura il diritto al sussidio di disoccupazione) –:
   se il Ministro ritenga necessario effettuare verifiche su tale utilizzo massiccio dei voucher per assumere eventualmente iniziative volte a sanzionare e reprimere l'uso improprio di tale strumento;
   se non ritenga che tale strumento debba essere ridimensionato;
   se non ritenga opportuno attivare un apposito osservatorio presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, congiuntamente con l'Inps, per fornire dati nel dettaglio sul tipo di prestazione e sul numero dei lavoratori impiegati con i voucher. (5-07007)


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i comandanti della società Saremar, ai sensi della legge n. 413 del 1984 articolo 31, nell'arco di 20 anni hanno ricoperto per 10 anni (effettivi) oltre all'incarico di comandante anche quello di operatore GMDSS (operatore radio);
   tale requisito consentirebbe loro di accedere alla pensione anticipata alla stregua delle categorie usuranti;
   è fin troppo evidente l'equiparazione sia tecnica che funzionale dell'operatore radiotelefonico con quello dell'operatore radiotelegrafico;
   l'INPS, interpellato formalmente sulla questione, con la comunicazione 6701/2015 ha sostenuto quanto segue: per i periodi di effettiva navigazione al servizio di stazione radioelettrica di bordo, è sufficiente che risulti dal libretto di navigazione la qualifica di comandante;
   tale dichiarazione formale sosteneva di fatto la possibilità di poter usufruire dell'agevolazione prevista;
   il 3 novembre 2015, solo dopo 2 giorni dalla precedente comunicazione, ne viene emessa una successiva nella quale si afferma che i periodi di effettiva navigazione ai servizi di apparati radiotelefonici/radioelettrici di bordo non possono essere equiparati a quelli di effettiva navigazione al servizio di stazione radiotelegrafica di bordo;
   appare sorprendente che in soli due giorni vengano date ufficialmente 2 definizioni estremamente contrastanti;
   nella seconda comunicazione viene demandato ai «competenti ministeri» la definizione della questione e nell'attesa si dichiara che fino ad allora i comandanti non potranno accedere alla pensione di vecchiaia anticipata;
   è indispensabile un'urgente definizione dei competenti Ministeri, considerata anche la delicata situazione in cui versa la stessa società;
   in tal senso, si evidenzia che la radiotelegrafia è stata esclusa in quanto obsoleta già da molti anni, e gli ultimi radiotelegrafisti sono andati in pensione, usufruendo dei requisiti ridotti con la radiotelefonia GMDSS –:
   se il Ministro non intenda, proprio in virtù di questo evidente precedente, assumere iniziative per consentire anche ai comandanti della Saremar di poter usufruire di tale agevolazione, equiparando, come già avvenuto, la radiotelegrafia alla radiotelefonia;
   se il Ministro non intenda assumere iniziative volte a orientare in tal senso l'attività dell'Inps al fine di evitare situazioni di nuovi «esodati» con una discriminazione evidente rispetto ai precedenti richiamati. (5-07012)


   MORETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 distingue l'indennità di trasferta o missione corrisposta ai trasfertisti «occasionali» (che, ai sensi del comma 5, non concorre a formare il reddito entro il limite di franchigia di euro 46,48 al giorno se le trasferte sono effettuate in Italia ed euro 77,47 al giorno se all'estero) dall'indennità spettante ai trasfertisti «abituali», tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi (che, ai sensi del comma 6, dell'articolo 51 sopra richiamato, concorre in ogni caso a formare il reddito nella misura del 50 per cento);
   il comma 6 del citato articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 aveva previsto l'emanazione di un decreto ministeriale per l'individuazione delle categorie di lavoratori e delle condizioni di applicabilità delle disposizioni relative ai trasfertisti «abituali», tutt'oggi non ancora emanato;
   nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale la materia ha trovato la propria disciplina in una serie di massime giurisprudenziali e circolari ministeriali che lasciano aperti ampi margini interpretativi relativamente alla normativa da applicare alla trasferta, sia che si presenti in «forma abituale» che in «forma occasionale»;
   mancando una definizione legale, la giurisprudenza dispone che gli elementi che caratterizzano la trasferta «occasionale» consistono nell'esatta individuazione della sede di lavoro e nella temporaneità della durata della stessa;
   l'amministrazione finanziaria, con la circolare ministeriale n. 326/E del 23 dicembre 1997 per il settore dell'edilizia, in ordine al limite temporale dei 240 giorni oltre i quali non può configurarsi il lavoro «in trasferta», ha precisato che, non potendosi adottare criteri generalizzati, «è lecito pensare che il dipendente in trasferta presso un cantiere vi permanga fino alla fine dei lavori, e, quindi, anche per un periodo superiore a 240 giorni»;
   dopo decenni di incertezza, l'Inps con proprio messaggio 27271 del 5 dicembre 2008 ha provveduto a stabilire criteri idonei in sede amministrativa;
   la questione risulta problematica in particolar modo per i lavoratori delle aziende del settore edile, dell'installazione di impianti e del trasporto merci/persone, i quali, sebbene svolgano per contratto l'attività di lavoro in luoghi sempre diversi (presso i vari cantieri indicati dall'azienda), sono assoggettati dalle rispettive aziende al regime previsto per i lavoratori in trasferta (previsto dal comma 5 dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986);
   da tempo la questione è stata posta all'attenzione della Camera dei deputati, con l'accoglimento come raccomandazione di un ordine del giorno nel 2007 n. 9/2852/12 che impegnava il Governo in carica ad una definizione normativa che consentisse un sufficiente livello di chiarezza;
   limitatamente ad alcune province, le interpretazioni fornite dagli organi accertatori escludono di parlare in generale di trasferta nel settore dell'edilizia per situazioni di abituale lontananza lavorativa dalla sede aziendale ed escludono la trasferta per coloro che svolgono abitualmente la loro prestazione lavorativa fuori sede in ragione della particolare specializzazione di attività di impresa –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover promuovere iniziative normative volte a definire tale situazione, imprimo luogo adottando il decreto ministeriale previsto dal comma 6 dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, volto all'individuazione delle categorie dei lavoratori interessati e relative condizioni di applicabilità della disciplina. (5-07023)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, SPADONI e PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal 2006 gli attuali dipendenti della SVA, società cooperativa che gestisce il servizio di facchinaggio e trasporto merci presso l'azienda Antonio Capaldo spa con sede ad Atripalda in provincia di Avellino, hanno lavorato con mansioni di facchino alle dipendenze di diverse cooperative che si sono apparentemente succedute nella gestione dei capannoni dell'azienda predetta;
   le cooperative che si sono avvicendate nella gestione del sub appalto e precisamente Itala (2008), Clessidra (2009), Desma (2010), Maco (2011/2012), Armap (2012/2013), Coirema (2014/2015) e l'attuale SVA dall'aprile 2015, sono tutte riconducibili a tale Giovanni Attanasio, vero gestore di tali società fittizie il quale ha avuto sempre il libero accesso ai locali della Capaldo spa e la disponibilità di una sala riunioni per impartire direttive lavorative, così come risulta nelle denunce e nelle querele presentate da alcuni lavoratori presso la Guardia di Finanza e presso la procura della Repubblica di Avellino;
   l'azienda titolare del contratto di appalto con la Antonio Capaldo spa e cioè la Natana Doc, amministrata da Giovanni Attanasio, nel corso degli anni, ha provveduto a subappaltare alle predette cooperative l'esecuzione dell'attività di facchinaggio presso la sede operativa ubicata in Manocalzati (Av);
   l'assunzione dei dipendenti da parte delle varie cooperative riconducibili alla Natana Doc un'interposizione fittizia di manodopera per il lavoro svolto direttamente alle dipendenze della Antonio Capaldo spa che, con l'artifizio dell'appalto e del subappalto, ha evitato di assumere direttamente il personale necessario per le attività di facchinaggio e movimentazione carichi;
   nel corso degli anni e dei vari rapporti di lavoro, i lavoratori non hanno percepito tutto quanto dovuto in relazione alla quantità e qualità di lavoro prestato, con emissione di buste paga non rispondenti al numero effettivo di ore di lavoro e con omissione del pagamento delle voci retributive a corresponsione differita quali la tredicesima e la quattordicesima, il TFR e le ferie. In effetti, con il susseguirsi delle varie cooperative i lavoratori pur conservando il posto di lavoro perdevano tutte le voci retributive predette, mai corrisposte dalla società cedente né da quella subentrante pronta a cessare a sua volta l'attività alla scadenza del proprio appalto annuale;
   in alcuni casi sono state riscontrate buste paga false così come i CUD. Evidentemente lo stratagemma di chiudere la cooperativa per aprirne subito un'altra provocava la perdita del TRF, della tredicesima e della quattordicesima. Dopo la denuncia di un lavoratore, nel febbraio del 2014, di tutte queste anomalie alla Guardia di finanza e all'ispettorato del lavoro di Avellino, quasi tutti i lavoratori impiegati nelle diverse, cooperative si stanno decidendo a far valere i propri diritti;
   così come affermato dai rappresentanti sindacali della UGL di Avellino, la maggior parte dei lavoratori sarebbero stati indotti a firmare dei verbali di conciliazione di somme irrisorie pari nemmeno al totale del TFR di un solo anno, mentre gli altri stanno continuando nella loro battaglia per ottenere ciò che gli è dovuto;
   allo stato attuale, delle indagini della Guardia di finanza, che nei mesi scorsi ha effettuato diversi blitz nella sede della Antonio Capaldo spa non si ha nessuna notizia mentre la direzione territoriale del lavoro di Avellino sta comunicando ai lavoratori l'esito degli accertamenti ispettivi effettuati a carico della società Cooperativa Desma che ha gestito in subappalto i lavoratori nel 2010. Dagli accertamenti ispettivi effettuati sono risultate prove sufficienti per l'adozione dei provvedimenti relativi ad inosservanze in tema di rapporto di lavoro subordinato vista la violazione all'articolo 29, comma 1, del decreto legislativo n. 276 del 2003 per l'esecuzione di lavoro in appalto illecito tra la Desma (società cooperativa in subappalto), in concorso con la Natana Doc spa (appaltatrice) e la società Antonio Capaldo spa (committente), vista l'accertata evasione parziale dei contributi previdenziali e premi assicurativi nonché l'accertamento di registrazioni infedeli nel libro unico del lavoro con riporti di presenze lavorative inferiori a quelle prestate effettivamente –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritengano opportuno adottare, per quanto di competenza, al fine di assicurare ai lavoratori i diritti negati ed evitare eventuali prescrizioni. (4-11149)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa pubblicate dal quotidiano Il Piccolo si è appreso della decisione della Commissione europea di fissare, con misura provvisoria, l'applicazione di una tassa pari al 32 per cento sulle tubazioni che vengono importate dall'India per poi essere lavorate e rivendute in Europa;
   la decisione dell'Unione europea risponde alla norma antidumping che rimanda al principio in base al quale risulta vietato importare dei condotti ad un prezzo inferiore rispetto, a quello individuato dalla ditta produttrice per rivenderli sul mercato interno;
   la città di Trieste ospita la Jindal Saw Italia, una struttura produttiva europea del gruppo Jindal fondata nel 2011, che si dedica alle tubazioni in ghisa sferoidale il cui stabilimento copre un'area di complessivi 49.000 metri quadri, di cui 16.000 sono coperti; nell'ambito del gruppo, Jindal Saw Italia ha la responsabilità dell'intero mercato europeo e rappresenta una delle realtà più importanti del settore a livello continentale;
   lo stabilimento triestino non è un semplice magazzino di stoccaggio, come risulta invece per altre fattispecie sottoposte all'attenzione della Commissione europea, ma è sede di lavorazione del materiale «grezzo» importato dall'India prima che si proceda alla vendita del prodotto finito. In Italia quindi si realizza un'attività di natura manifatturiera e non di semplice custodia;
   a seguito della disposizione introdotta dall'Unione europea, il gruppo Jindal ha inviato una puntuale nota al Ministero dello sviluppo economico, per chiedere l'intervento del Governo nelle sedi opportune al fine di ottenere una riduzione dell'imposta, pari almeno al 16 per cento, tassa stabilita dall'Unione europea per un altro operatore del settore, la Electrosteel; in caso contrario, il gruppo ha rappresentato la concreta possibilità della chiusura dello stabilimento triestino con conseguente perdita di occupazione per i 78 lavoratori attualmente impiegati –:
   quali iniziative urgenti di competenza intendano assumere, anche in sede europea, i Ministri interrogati, per salvaguardare i 78 posti di lavoro della Jindal Saw Sertubi che, in un territorio economicamente asfittico come quello triestino, rappresentano un patrimonio occupazionale di difficilissima riconversione, al fine di ridurre la pesante tassazione, così come è stato già fatto in altri casi analoghi.
(4-11155)


   NESCI, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI, GRILLO e DI VITA. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 68 del 12 marzo 1999 – con relativo regolamento di attuazione decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333 – promuove l'inserimento e l'integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro, attraverso un collocamento mirato;
   l'articolo 1 della suddetta legge definisce i beneficiari e l'articolo 3 prevede delle assunzioni obbligatorie individuando, al comma 1, specifiche quote riservate, con alcune eccezioni per partiti, sindacati e forze di polizia ai successivi commi;
   secondo i dati ufficiali dell'Enel, per l'anno 2014 l'incidenza del personale disabile o appartenente a categorie protette è nel complesso del 3 per cento, di cui il 2 per cento di uomini e l'uno per cento di donne;
   il riferito dato porta a pensare che nelle varie province italiane la quota di riserva per disabili sia significativamente esigua e comunque al di sotto del valore di legge del 7 per cento, stabilito dall'articolo 3 della legge n. 68 del 1999;
   sul portale «entercv.com» si dà notizia di numerose, imminenti assunzioni da parte di Enel, attraverso propria procedura di reclutamento tramite presentazione online delle singole candidature –:
   quali immediate iniziative di competenza il Governo intenda assumere per consentire che, in tutte le assunzioni in corso e in previsione da parte di Enel, si raggiunga la quota di riserva prevista dalla legge e per verificare che nelle aziende pubbliche siano rispettate, in quanto ad assunzioni, le quote riservate di cui all'articolo 3 della legge n. 68 del 1999.
(4-11161)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   L'ABBATE, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 7 agosto 2012, n. 135 ha stabilito la soppressione immediata dell'ASSI (subentrata all'UNIRE con legge 15 luglio 2011, n. 111 ma mai dotata di statuto) con il passaggio al Ministero competente, tra l'altro, di tutti i rapporti passivi ed attivi;
   a più di tre anni dalla soppressione dell'ASSI, decretata con effetto immediato (alla data del 14 agosto 2012), nulla ex novo si è registrato di concreto salvo la sospensione e, quindi, il ritardo dei pagamenti dovuti alla filiera ippica;
   la rendicontazione di chiusura del bilancio alla data del 14 agosto 2012, nonché la rendicontazione al termine del 2012 hanno evidenziato residui attivi, in larga parte, imputabili a minori introiti previsti dal bando di concessione tra Agenzia delle dogane e dei monopoli e agenzie per l'accettazione di scommesse ippiche, il quale imponeva la corresponsione dei cosiddetti «minimi garantiti» e prelievi a favore del settore ippico, quale terzo beneficiario;
   tra i «residui attivi» compaiono i cosiddetti «lodi arbitrali». I lodi (all'esito delle procedure arbitrali promosse dai concessionari delle scommesse ippiche, che da verifica operata attraverso il totalizzatore SOGEI, al 19 ottobre 2012 ammontavano a oltre 44 milioni di euro) condannarono il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali al risarcimento dei danni subiti dai predetti per inadempimenti delle amministrazioni: risarcimento che i concessionari hanno operato nel corso degli anni tramite la trattenuta dalle somme da destinare all'ASSI (ex UNIRE);
   risulta validata dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli nell'agosto 2012, ed in precedenza dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, l'ipotesi di un nuovo regolamento delle scommesse formulato da una commissione Agenzia delle dogane e dei monopoli/ASSI, con la partecipazione di SOGEI (che prevedeva, tra l'altro, la riunificazione dei due totalizzatori, il restyling della scommessa, l'armonizzazione del regolamento a quelli degli altri Stati europei per meglio consentire l'accettazione delle scommesse a massa comune e altro);
   il decreto legislativo n. 449 del 1999 richiedeva la valutazione degli ippodromi nonché uno specifico elaborato risulta depositato presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, a seguito del lavoro svolto con la «socializzazione dei parametri» da un'apposita commissione composta in modo paritetico dai tecnici indicati dalle associazioni degli ippodromi e da quelli dell'ASSI. La valutazione prospettica si avvale del sistema matematico AHP;
   la rendicontazione di chiusura dell'ASSI, al 14 agosto 2012, evidenziava un patrimonio immobiliare, dapprima dell'UNIRE, all'esito dell'accorpamento degli enti tecnici ippici. In sintesi, si trattava di: uffici alla via Sommacampagna in Roma; particelle (fabbricati e terreni) all'Arcoveggio in Bologna e fabbricati e terreni nel comune di Settimo Milanese (MI);
   le diverse proposte di legge (Russo-Faenzi, Lattuca, L'Abbate, Catania, Bordo-Palazzotto) sul rilancio del settore sono giunte ad essere unificate dalla Commissione agricoltura della Camera in un testo denominato Disposizioni per la promozione del settore ippico. Iter interrottosi con la discussione della cosiddetta delega fiscale;
   il Governo non ha esercitato il principio di delega contenuto nella legge n. 23 del 2014 (cosiddetta delega fiscale), lasciando scadere il termine per l'esercizio il 27 giugno 2015 per la tanto attesa riforma dell'ippica ed il relativo rilancio del settore;
   in data 1o luglio 2015, il sottosegretario con delega all'ippica Giuseppe Castiglione, annunciò che l'Agenzia delle entrate aveva rinunciato al contenzioso in corso con Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, liberando per le disponibilità del settore ippico 15 milioni di euro di credito iva vantato;
   con il decreto ministeriale prot. n. 73125 del 29 ottobre 2015, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, prendendo atto che «le risorse finanziarie disponibili per la programmazione dell'attività ippica relativa al mese di novembre 2015 non consentono di assicurare l'attività di corse per l'intero mese» ha emanato un calendario sino al 15 novembre 2015 –:
   a quanto ammontino i crediti ippici motivati dai lodi arbitrali e dai mancati regolari pagamenti del dovuto ai concessionari delle scommesse ippiche nonché il patrimonio immobiliare del settore e la liquidità derivante dalla chiusura del contenzioso con il Ministero dell'economia e delle finanze e per quale motivo non si siano predisposti la valutazione degli ippodromi e lo svecchiamento delle scommesse ippiche così da rilanciare il settore, come più volte annunciato. (5-07015)


   FEDRIGA e GUIDESI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il made in Italy alimentare nel settore lattiero caseario è dominato dalla multinazionale del latte francese Lactalis, che ha acquisito i più grandi marchi nazionali: Parmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli. Un terzo del mercato del latte si trova, quindi, a sottostare a questo operatore straniero che impone unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni e di fatto sottopaga il latte italiano al di sotto dei costi di produzione, e incassa dai consumatori 1,4 miliardi di euro l'anno;
   esiste, a giudizio degli interroganti, un evidente squilibrio contrattuale tra le parti che determina un abuso, da parte dei trasformatori, dovuto alla loro maggiore forza economica sul mercato con una imposizione di condizioni ingiustificate e gravi;
   le stalle ormai stanno facendo i conti con una remunerazione che rende impossibile resistere. Il prezzo del latte fresco si moltiplica di ben quattro volte dalla stalla allo scaffale, con un ricarico del 317 per cento;
   agli allevatori vengono corrisposti in media 34 centesimi al litro, questo ha causato una perdita di 550 milioni di euro in un anno, mentre al consumo il costo medio per il latte di alta qualità è di circa 1,5 euro al litro. Il prezzo riconosciuto agli allevatori non copre neanche i costi per l'alimentazione degli animali, perché viene pagato al di sotto dei costi di produzione, con una riduzione dei compensi di oltre il 20 per cento rispetto allo scorso anno e su valori inferiori a quelli di venti anni fa;
   il settore lattiero caseario rappresenta la voce più importante dell'agroalimentare italiano, con 35 mila imprese di allevamento, oltre la metà delle quali (55 per cento si trova in zone montane o svantaggiate, per una produzione complessiva di latte bovino che ammonta a 11 milioni di tonnellate con un valore di 28 miliardi di euro e 180 mila gli occupati nell'intera filiera;
   nel solo 2015, in tutto il Paese, sono state 1.000 le stalle che hanno cessato l'attività, il 60 per cento delle quali in montagna, con una media di una stalla su cinque, con effetti drammatici sull'economia, sulla sicurezza alimentare e sul presidio ambientale nonché sull'occupazione; si stima che ad oggi si siano persi circa 32mila posti di lavoro, dei quali 4mila nel 2015. Queste chiusure causano un aumento delle importazioni dall'estero di latte, infatti, per ogni milione di quintali di latte importato in più scompaiono 17mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura;
   il nostro Paese è oramai dipendente dall'estero per quasi la metà del proprio fabbisogno, ad esempio, per il latte a lunga conservazione tre cartoni su quattro venduti in Italia sono stranieri. Dalle frontiere italiane passano ogni giorno 3,5 milioni di litri di latte sterile, ma anche concentrati, cagliate, semilavorati e polveri per diventare mozzarelle, formaggi o latte italiani, all'insaputa dei consumatori a causa dell'assenza dell'obbligo di indicazione in etichetta del luogo di origine del latte;
   nei giorni scorsi, in numerose regioni italiane, davanti ai principali stabilimenti si sono susseguite molteplici manifestazioni degli allevatori – la cosiddetta «guerra del latte» – che protestano contro l'inarrestabile ribasso del prezzo del latte, che porta alla irrevocabile «morte» della zootecnia da latte italiana;
   il 12 novembre 2015, si è tenuto, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un «tavolo latte» tra produttori e industriali per raggiungere una intesa sul prezzo. La trattativa sembra essersi conclusa con un nulla di fatto. Sembra che la proposta fosse stata quella di portare il prezzo del latte a 37 centesimi al litro e per soli due mesi – proposta che, a parere degli interroganti, si può definire un «insulto» al lavoro degli allevatori, perché comunque al di sotto della soglia necessaria per coprire i costi di produzione e in spregio alle nove norme sui contratti annuali –, alla quale Lactalis sembra aver risposto con un solo centesimo in più al litro, ovvero da 34 a 35 centesimi. Si stima che per coprire i costi di produzione ed avere un prezzo equo del latte alla stalla questo dovrebbe essere non inferiore a 40 centesimo al litro;
   a seguito di questo fallimento del tavolo la protesta degli allevatori è arrivata, il 13 novembre, fino alla sede a Roma della Autorità garante della concorrenza e del mercato (antitrust) dove gli allevatori hanno chiesto di far luce sugli abusi di dipendenza economica a danno dei produttori. Comportamenti scorretti nel pagamento del latte si sono verificati anche in Spagna prima e in Francia poi, dove sono state condannate le principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, operano anche sul territorio italiano –:
   quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato intenda mettere in atto, a supporto dell'intera filiera in ragione del particolare momento che sta attraversando, al fine di consentire agli allevatori di avere un'equa remunerazione, un giusto prezzo, nonché regole trasparenti sulle produzioni lattiero-casearie, condizioni queste indispensabili affinché si possa garantire agli allevamenti di poter continuare a lavorare. (5-07016)


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia con una produzione media di oltre 700.000 tonnellate annue è, dopo Cina e Stati Uniti, il terzo produttore mondiale di pere e, di gran lunga, il primo dell'Unione europea;
   circa l'85 per cento della superficie coltivata è concentrata in quattro regioni italiane, ovvero Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto e Piemonte;
   grazie alle particolari caratteristiche ambientali, alla qualificazione degli operatori, allo sviluppo di metodi di coltivazione rispettosi dell'ambiente ed all'elevato livello di organizzazione della filiera, questa coltura ha assunto, nelle aree di maggior diffusione, una notevole importanza economica e sociale, rendendosi necessario porre in essere tutte le iniziative atte a favorire il mantenimento e lo sviluppo della produzione di pere nel nostro Paese;
   nel 2012 è stata segnalata la presenza, in un'area compresa tra le province di Reggio Emilia, Modena e Bologna, di uno insetto di origine asiatica, ovvero la cimice Halyomorpha halys;
   inizialmente questa specie aliena non ha provocato problemi particolari ad esclusione del disturbo arrecato alla popolazione per la tendenza degli adulti a riunirsi, per svernare, in gruppi consistenti all'interno di abitazioni e di altri fabbricati, tuttavia, dopo soli due anni dalla comparsa di questo fitofago – caratterizzato da una notevole polifagia, dalla mancanza nel nostro ambiente di efficaci antagonisti naturali e da una grande resistenza nei confronti dei metodi di lotta attualmente consentiti – sono stati riscontrati danni significativi, rappresentati da malformazioni dei frutti provocati dalle punture, su diverse colture ed in particolare modo sul pero;
   nel corso della campagna frutticola 2015 in alcune aziende dell'Emilia-Romagna l'incidenza di pere malformate, e quindi non commercializzabili sul mercato del fresco, ha raggiunto il 50 per cento della produzione totale;
   la cimice Halyomorpha halys sta inoltre evidenziando una elevatissima capacità di adattamento all'ambiente testimoniata anche dalla forte tendenza all'espansione in nuovi territori;
   alla luce di queste evidenze è altamente probabile, entro un periodo di tempo limitato, una diffusione dei danni anche a carico di altre colture di fondamentale importanza per la ortofrutticoltura italiana quali pesco, melo, susino, albicocco, vite, pomodoro da industria, unitamente all'estensione dei danni alle regioni confinanti dove la cimice è già stata segnalata;
   il Comitato fitosanitario nazionale nella seduta del 28 settembre 2015 ha preso atto dei livelli di dannosità e di pericolosità dovuti allo sviluppo di questo insetto ed espresso, in modo unanime, il proprio parere favorevole affinché venga rafforzato il coordinamento delle informazioni tra le regioni interessate a questa emergenza fitopatologica e sia dato sostegno e collaborazione ai programmi di studio intrapresi;
   per fronteggiare questa nuova emergenza il servizio fitosanitario della regione Emilia-Romagna, unitamente ai Consorzi fitosanitari di Modena e Reggio Emilia ed all'università di Modena e Reggio Emilia, ha attivato un programma di studio e sperimentazione concedendo, nel contempo, alcune deroghe all'impiego di prodotti fitosanitari caratterizzati da attività collaterale nei confronti della cimice asiatica;
   i trattamenti con questi prodotti sono stati effettuati contemporaneamente in vasti areali frutticoli del territorio infestato, sulla base delle indicazioni fornite dal «Coordinamento di produzione integrata» e, in ogni caso, all'interno dei vincoli applicativi dei disciplinari di produzione e nel rispetto delle prescrizioni riportate nelle etichette dei formulati;
   la «produzione integrata» rappresenta un punto di forza della frutticoltura nazionale e, di conseguenza, occorre dedicare una grande attenzione alla costante qualificazione dei disciplinari precedentemente indicati evitando, salvo casi eccezionali, il ricorso a deroghe;
   alla luce di queste considerazioni è assolutamente necessario che tutte le componenti del sistema agricolo italiano pongano in essere specifiche iniziative per bloccare la diffusione di questa specie aliena al fine di individuare e sviluppare, sul piano operativo, strategie di lotta in grado di contenere entro limiti sostenibili – con riferimento sia alla salvaguardia dell'ambiente, della salute degli agricoltori e dei consumatori oltre agli aspetti sociali ed economici – la presenza della cimice Halyomorpha halys nel nostro ecosistema –:
   quali siano state le iniziative poste in essere dal Ministero per dare seguito all'ordine del giorno n. 9/03104-A/001, che lo ha impegnato ad emanare apposite linee di indirizzo per il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, al fine di sviluppare la ricerca sulle fitopatie non endemiche. (5-07017)


   CATANOSO, RUSSO e RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 17 settembre 2015 la Commissione europea ha reso pubblica la proposta di regolamento 2015/2018, che autorizza un accesso temporaneo supplementare dell'olio d'oliva tunisino nel mercato dell'Unione europea;
   la Commissione europea, al riguardo, ha proposto di mettere a disposizione, fino alla fine del 2017, un contingente tariffario, senza dazio unilaterale, di 35.000 tonnellate all'anno per le esportazioni tunisine di olio d'oliva nell'Unione europea. La quota supplementare sarà in aggiunta alle attuali 56.700 tonnellate già previste dall'accordo di associazione Unione europea-Tunisia firmato ne 1995. Questa proposta ricade sotto la competenza esclusiva dell'Unione europea in ottemperanza al'articolo 3 del TFUE;
   gli interroganti evidenziano, inoltre, che a questa ulteriore quota di olio tunisino autorizzata ad entrare nell'Unione europea senza il pagamento di alcun tipo di dazio doganale, si deve aggiungere l'olio che l'Unione importa dal Regno del Marocco in ragione dell'accordo firmato nel 2012; questo è diventato peraltro uno dei maggiori produttori mondiali di olio d'oliva, sia in termini di produzione che di esportazione, posizionandosi dopo Spagna, Tunisia, Italia e Grecia;
   nel complesso, la qualità dell'olio d'oliva marocchina viene definita soddisfacente ed il suo riconoscimento sta guadagnando sempre più terreno nel mercato globale, in particolare negli Stati Uniti;
   risultano confermate, pertanto le preoccupazioni espresse dai produttori italiani nel corso dell'entrata in vigore dell'accordo di libero scambio con l'Unione europea;
   gli interroganti evidenziano, inoltre, che la capacità produttiva attuale della superficie destinata ad olivi, che sono la principale coltivazione frutticola del Paese, stimata in 590.000 ettari, resta ben lontana dal suo reale potenziale;
   da un documento di Confagricoltura in merito all'Accordo tra l'Unione europea ed il Regno del Marocco emergono inoltre tre considerazioni principali: gli interscambi commerciali tra Unione europea e Marocco sono decisamente destinati ad essere completamente liberalizzati e già per la maggior parte delle merci prodotte sia nel Regno che in Europa sono stati eliminati i dazi doganali; l'accordo è favorevole al Marocco ben più che all'Europa nel suo insieme, in particolare per il settore ortofrutticolo; all'interno dell'Europa è maggiormente favorevole ad alcune produzioni dei Paesi continentali piuttosto che a quelle dei Paesi mediterranei;
   pur comprendendo le motivazioni solidaristiche e la volontà di aiutare la ripresa dell'economia tunisina e nord-africana in generale, dopo i duri colpi inferti dal terrorismo, la Commissione europea, a giudizio degli interroganti, non ha tenuto in debito conto le evidenti ripercussioni negative per i produttori ortofrutticoli europei, in particolare per quelli dell'olio, che in Italia sono stati duramente colpiti dalla crisi economica e dai danni provocati dalla Xylella;
   l'Unione europea, a parere degli interroganti, dovrebbe rinegoziare l'accordo con il Marocco ed il nord-Africa tutto evitando che le politiche solidaristiche nei riguardi delle popolazioni africane e dello sviluppo delle loro economie vada ad esclusivo svantaggio dell'economia, dei produttori e dei consumatori italiani, i quali hanno diritto a prodotti sani, genuini e sicuri da qualunque punto di vista –:
   quali orientamenti il Ministro interrogato intenda esprimere con riferimento alle articolate osservazioni riportate in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per risolvere le problematiche in precedenza richiamate che accrescono le difficoltà delle imprese italiane produttrici di olivo di oliva. (5-07018)


   MONGIELLO, OLIVERIO, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, ANZALDI, CAPOZZOLO, CARRA, COVA, DAL MORO, FALCONE, FIORIO, LAVAGNO, MARROCU, PALMA, PRINA, ROMANINI, SANI, TARICCO, TENTORI, TERROSI, VENITTELLI e ZANIN. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, recante «Disposizioni urgenti per il recupero del potenziale produttivo e competitivo del settore olivicolo-oleario», ha previsto l'istituzione, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di un fondo per sostenere la realizzazione del piano di interventi nel settore olivicolo-oleario con una dotazione iniziale pari a 4 milioni di euro per l'anno 2015 e a 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Il piano è finalizzato a contribuire alla ristrutturazione del settore olivicolo-oleario, alla luce delle particolari criticità produttive del settore e in relazione alle crescenti necessità di recupero e rilancio della produttività e della competitività delle aziende olivicole, nonché per perseguire il miglioramento della qualità del prodotto anche ai fini della certificazione e della lotta alla contraffazione;
   la norma ha previsto che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fossero definiti i criteri e le modalità di attuazione del piano di interventi;
   il decreto interministeriale deve prevedere, in particolare, il conseguimento dei seguenti obiettivi:
    a) incrementare la produzione nazionale di olive e di olio extravergine di oliva, senza accrescere la pressione sulle risorse naturali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e l'introduzione di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica, anche con riferimento all'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica;
    b) sostenere e promuovere attività di ricerca per accrescere e migliorare l'efficienza dell'olivicoltura italiana;
    c) sostenere iniziative di valorizzazione del made in Italy e delle classi merceologiche di qualità superiore certificate dell'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato interno e su quelli internazionali;
    d) stimolare il recupero varietale delle cultivar nazionali di olive da mensa in nuovi impianti olivicoli integralmente meccanizzabili;
    e) incentivare e sostenere l'aggregazione e l'organizzazione economica degli operatori della filiera olivicola, in conformità alla disciplina delle trattative contrattuali nel settore dell'olio di oliva prevista dal regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013;
   con la norma approvata, il Governo ed il Parlamento hanno inteso creare i presupposti per far raggiungere all'Italia l'obiettivo di produrre almeno 650 mila tonnellate di olio d'oliva annue;
   in particolare, gli interventi puntano al recupero del potenziale produttivo e competitivo con aumento del 25 per cento delle quantità prodotte a livello nazionale nei prossimi 5 anni, arrivando a quota 650 mila tonnellate. Gli interventi si dovrebbero concentrare sulla struttura della singola azienda per elevare la capacità quantitativa di produzione, come indicato prioritariamente dal piano per l'olio presentato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla filiera olivicolaolearia;
   l'Italia è il principale produttore mondiale di olio di oliva dopo la Spagna, ma a differenza di tutti gli altri produttori, solo il nostro Paese ha la capacità di poter collocare positivamente tutto il prodotto oleario su ogni mercato internazionale prezzi remunerativi. Ciò grazie alla consolidata buona reputazione di cui gode il marchio made in Italy, specialmente quello associato all'olio extravergine di oliva;
   anche durante i lavori svolti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale si è ribadito da parte di tutte le autorità giudiziarie e di polizia udite, oltre che dalle organizzazioni commerciali, che per vendersi bene, l'olio extravergine di oliva deve possedere inderogabilmente un riferimento italiano, ovvero una relazione con le sue regioni o il proprio territorio tradizionale olivicolo;
   da qui anche le numerose frodi che alcuni produttori industriali, spesso stranieri, parte dei quali hanno anche acquisito marchi commerciali italiani per poter beneficiare dei vantaggi che tali segni nazionali offrono, compiono sull'olio extravergine di oliva, sia indicando falsamente l'origine italiana del loro olio, sia producendo falso olio di oliva tramite tecniche di raffinazione di oli scadenti o miscelando tra di loro oli di differenti categorie o di diverse origini vegetali;
   l'Italia deve urgentemente recuperare il proprio deficit di produzione olivicola e riprendere un ruolo guida anche nel comparto rurale dell'olivicoltura, il più ampio nel mondo in quanto a varietà di cultivar e di biodiversità ambientali;
   sono trascorsi ormai oltre 4 mesi dalla data di entrata in vigore della norma che ha finanziato il piano olivicolo nazionale e sono quindi già trascorsi inutilmente più di due mesi da quando si sarebbe dovuto approvare il decreto ministeriale necessario per la sua attuazione –:
   quali siano i tempi di emanazione del decreto previsto dal comma 1 dell'articolo 4 del decreto-legge n. 51 del 2015 e quali iniziative si intendano intraprendere per evitare la perdita dei finanziamenti stanziati dal citato decreto n. 51 per l'anno 2015 e, più in generale, quale sia lo stato di attuazione dell'articolo 4 del decreto-legge n. 51 del 2015 così come convertito. (5-07019)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Follonica è titolare di due concessioni in uso per due appezzamenti di terreno demaniale adibiti a parco pubblico, ubicati nelle Pinete di Ponente e di Levante, in forza delle convenzioni amministrative (Rep. 346 e 347) stipulate con il Corpo forestale dello Stato in data 20 aprile 2009, scadute in data 31 luglio 2015 e non ancora rinnovate;
   l'articolo 4 delle predette convenzioni prevede che, entro otto mesi dalla naturale scadenza delle convenzioni, il comune possa fare esplicita richiesta di rinnovo, richiesta avvenuta con nota Prot. n. 33795 del 24 novembre 2014;
   nella stessa nota il comune fa presente che, ai fini del rinnovo, sarebbe necessario stabilire un percorso sinergico e collaborativo per la valutazione congiunta delle problematiche che nel corso del rapporto concessorio sono emerse in ordine alla gestione, in particolare della Pineta di Ponente, che rendono indispensabile una rivalutazione ed approfondimento dei contenuti e delle condizioni contrattuali, posto che il patrimonio arboreo all'interno del Tombolo di Ponente si presenta al termine del periodo di vita e che renderà necessario, nell'arco del prossimo decennio, l'abbattimento e la sostituzione di tutti gli esemplari adulti presenti;
   lo stesso ufficio comunale stima una rimozione programmata di circa 600 unità a cui vanno aggiunti i lavori di rifacimento dei vialetti e l'illuminazione per i quali lo stesso comune ha avviato un piano complessivo che porterebbe, nell'arco della durata della nuova eventuale concessione, ad un investimento di circa 500 mila euro, la metà dei quali stimati per la rimozione e sostituzione delle essenze arboree. Tali costi, spettanti al comune in base alle disposizioni della convenzione scaduta, rappresentano per lo stesso una spesa considerevole;
   a seguito della nota Prot. n. 33795 del 24 novembre 2014 ad oggi alla interrogante non risulta esserci alcun piano preciso di recupero della pineta in parola, subordinato agli esiti dei futuri accordi che si andranno a stipulare tra l'amministrazione comunale ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno attivare un confronto tra le parti finalizzato alla rivisitazione e modifica di alcuni aspetti del rapporto concessorio previsto dall'attuale convenzione scaduta che tenga conto delle rispettive finalità istituzionali, delle responsabilità gestionali, delle competenze in materia di manutenzione ordinaria e straordinaria e delle incombenze economiche delle parti, finanche prevedendo un reinvestimento dei canoni concessori pagati dal comune, al fine di garantire una corretta gestione e valorizzazione del bene pubblico.
(5-07005)


   CENNI, VENITTELLI, TERROSI, LUCIANO AGOSTINI, ANTEZZA, ROMANINI, MONGIELLO, ZANIN e CAPOZZOLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con il regolamento n. 1748 del 30 settembre 2015, la Commissione europea ha stabilito la possibilità per gli Stati membri di erogare a partire dal 16 ottobre 2015, attraverso gli enti nazionali preposti, fino al 70 per cento dei pagamenti diretti spettanti ad un agricoltore disposti dalla riforma della politica agricola comune;
   in base al sopracitato regolamento potranno essere anticipati il pagamento di base, il pagamento «greening» e il pagamento per i giovani agricoltori;
   tale erogazione è comunque subordinata alla realizzazione dei controlli amministrativi. Verranno infatti esclusi i beneficiari per i quali sono rilevate anomalie;
   le indicazioni presenti nel regolamento n. 1748 del 30 settembre 2015 sono state recepite dalle circolari dell'Agea ACIU 2015.435 e ACIU 2015.464. In tali documenti è stato esplicitamente espresso che le procedure degli anticipi sono state predisposte per soste ere le numerose imprese agricole che versano in difficoltà economiche;
   nello specifico Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) ha comunicato non saranno corrisposti gli anticipi qualora vi sia uno scostamento superiore al 20 per cento tra la superficie dichiarata e la superficie determinata (cioè quella derivante dal controllo);
   nelle circolari dell'Agea è stato poi specificato che per i «piccoli agricoltori» con contributo fino a 1250 euro totali saranno i singoli organismi pagatori a scegliere di erogare l'anticipo o di provvedere direttamente al saldo;
   l'Agea ha inoltre indicato nella data del 1o aprile 2016 il termine ultimo per la fissazione dei titoli definitivi e di conseguenza per l'avvio della fase di erogazione dei pagamenti a saldo;
   secondo quanto emerge da organi di informazione e da quanto denunciato da alcune associazioni di categoria sarebbero emersi numerosi problemi rispetto alla puntuale erogazione degli anticipi;
   le criticità riguarderebbero gravi errori nel trasferimento di dati dagli organismi pagatori regionali ad Agea e nell'incrocio tra le banche dati della stessa Agea con Inps ed Agenzia delle entrate. Altre problematiche sarebbero poi da attribuirsi alla qualifica di agricoltore attivo, indispensabile per ottenere l'attribuzione dei titoli ed i relativi pagamenti, e ad improprie attribuzioni di «guadagno insperato»;
   in sintesi, sarebbero emerse anomalie, in tutta Italia, in circa il 15 per cento delle domande sul totale di circa 150 mila richieste presentate;
   l'Agea ha tempo fino al 30 novembre 2015 per erogare gli anticipi e quindi, qualora le problematiche sulle anomalie non venissero risolte in tempo, migliaia di aziende agricole non potrebbero ricevere gli anticipi ed otterrebbero il pagamento soltanto dopo il 1o aprile 2016;
   tali ritardi rischierebbero, conseguentemente, di creare gravissimi problemi rispetto alla continuità produttiva ed occupazionale di numerose imprese agricole, e, in particolare, quelle guidate da giovani con effetti palesemente controproducenti rispetto a tutte le misure messe in campo dal Governo in questi mesi a sostegno del settore primario –:
   se quanto espresso in premessa, relativamente alle presunte anomalie riscontrate dagli organismi pagatori che bloccherebbero agli anticipi delle erogazioni previste dalla politica agricola comune per migliaia di aziende in tutto il territorio nazionale, trovi conferma e conseguentemente quali iniziative urgenti intenda assumere il Ministro interrogato per evitare che tali pagamenti vengano effettuati complessivamente soltanto a saldo del 2016, compromettendo quindi le attività produttive ed i livelli occupazionali delle imprese agricole coinvolte. (5-07013)

RIFORME COSTITUZIONALI E I RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   TONINELLI, NUTI, CECCONI, COZZOLINO, DADONE, D'AMBROSIO e DIENI. — Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
   con avviso del 24 ottobre 2014 il dipartimento per le riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri indiceva una gara per la fornitura di una «Ricerca comparata in materia di diritto pubblico e costituzionale per Paesi europei ed extraeuropei», da concludersi entro e non oltre il 31 ottobre 2015; la gara veniva aggiudicata al dipartimento di scienze politiche dell'università «La Sapienza» di Roma, per l'importo di euro 63.000,00 più Iva;
   la ricerca è finalizzata all'obiettivo «di avere la più ampia evidenza degli effetti “di sistema” dell'introduzione di modifiche nelle leggi elettorali» nonché «dei meccanismi di razionalizzazione e di equilibrio sistematico nella forma di governo dei singoli ordinamenti» [...] «in vista del completamento del percorso di riforme istituzionali in atto e della successiva fase di implementazione delle stesse riforme» e, ancora, «di avere elementi approfonditi di conoscenza degli effetti complessivi delle opzioni normative in materia elettorale, in materia di disciplina e finanziamento dei partiti politici, in materia di assetto degli organi costituzionali, nonché in materia di raccordo tra livelli istituzionali nell'ambito di grandi sistemi federali»;
   negli stessi giorni in cui il dipartimento per le riforme istituzionali rendeva nota la sua necessità del servizio, le Camere procedevano all'esame e alla successiva approvazione della nuova legge elettorale e ai successivi passaggi della riforma costituzionale;
   ad avviso degli interroganti, la decisione di commissionare nell'ottobre 2014 una ricerca dettagliata e approfondita, avente gli obiettivi suindicati — da ritenersi, dunque, ragionevolmente propedeutica o quale presupposto rispetto alle scelte da compiere in materia elettorale e costituzionale, a pena della sua inutilità —, fissandone la conclusione nell'ottobre 2015, appare agli interroganti una scelta in netta e aperta discrasia temporale, in quanto già nel documento di economia e finanza (DEF) del giugno 2014 si indicavano il settembre 2014 quale termine per l'approvazione finale della nuova legge elettorale ed il dicembre 2015 per la riforma costituzionale –:
   se il Ministro interrogato non intenda, urgentemente, diffondere i risultati della suddetta ricerca, chiarendo il motivo della richiesta della stessa nel momento in cui le relative riforme erano già state predisposte e ampiamente avviate, considerando l'impiego di risorse pubbliche per conseguire risultati di importanza essenziale in un momento successivo e tardivo a quello in cui tali risultati avrebbero potuto essere congruamente utilizzati.
(5-07021)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LODOLINI e MARCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. – per sapere – premesso che:
   la SAIPEM (società per azioni che fa parte del gruppo ENI, attiva nel settore della prestazione di servizi di ingegneria per il settore petrolifero e specializzata nella realizzazione di infrastrutture per la ricerca di giacimenti di idrocarburi, l'attivazione di pozzi petroliferi e la costruzione di oleodotti e gasdotti):
    è una realtà leader mondiale nel mercato che opera in 65 Paesi;
    è un'eccellenza per la provincia di Pesaro e Urbino e per il comune di Fano, dove è localizzata una delle sue sedi nazionali, e rappresenta, per le Marche e per tutto il centro Italia, un polo strategico di attrazione di elevate competenze professionali nella progettazione industriale legata al settore energetico;
    è un'azienda che occupa circa 48.000 dipendenti, 7.500 dei quali in Italia ed in particolare circa 1.200 nella sede di Fano (a cui vanno aggiunte alcune centinaia nelle ditte locali correlate); alimenta inoltre un indotto significativo di fornitori ed ha un portafoglio ordini di circa 19 miliardi;
   nei mesi passati, anche con l'impegno a più livelli e la mobilitazione congiunta delle istituzioni e delle forze sociali, pareva scongiurata la cessione del controllo della SAIPEM da ENI ad operatori stranieri e così il rischio di ricadute gravi sui livelli occupazionali e l'impoverimento nel sistema economico della provincia di Pesaro e Urbino;
   dalle dichiarazioni dell'amministratore delegato di SAIPEM Stefano Cao, riportate in questi giorni da tutti gli organi di stampa, invece si apprende di un «piano di risanamento e di rilancio» che, stando alle parole dello stesso amministratore delegato, sarà «una trasformazione dolorosa, ma assolutamente necessaria, per permettere a SAIPEM di continuare ad essere leader del mercato» e che dovrebbe comportare una razionalizzazione profonda del portafoglio ordini della società, risparmi di 1,3 miliardi di euro e, soprattutto, una riduzione della forza lavoro di 8.800 persone, tanto che, come prima ed immediata conseguenza, 110 lavoratori saranno ceduti da SAIPEM ad un'altra società del gruppo ENI dal 1o agosto 2016;
   i 110 tecnici ceduti a Syndial (l'altra società del gruppo ENI) esprimono le loro attività lavorative anche all'interno del territorio regionale nell'ambito delle bonifiche ambientali e la regione, tramite i propri organi, è parte attiva nel settore delle bonifiche ambientali all'interno del proprio territorio;
   i lavoratori e le loro famiglie devono essere tutelati e SAIPEM deve rimanere nel territorio con una presenza forte e qualificata, come punto di eccellenza per un'economia regionale che ha bisogno di uscire dalla crisi e di ripartire, facendo leva sulla qualità del capitale umano senza perdere l'aggancio con settori strategici dello sviluppo –:
   se il Governo abbia già incontrato e con quali esiti, o intenda incontrare l'azienda e il gruppo ENI con l'obiettivo di conoscere i dettagli di questo piano di risanamento;
   se intenda aprire un tavolo di concertazione con l'azienda e il gruppo ENI, insieme alle regioni in cui si trovano le altre sedi in Italia (San Donato Milanese, Roma, Vibo Valentia, Marghera, Arbatax ed altre minori), con la partecipazione delle forze sociali, al fine di mantenere a Fano la sede della SAIPEM, di tutelare i lavoratori e le famiglie del territorio ed evitare così che si aggravi la già critica situazione in un'area che ha già visto le crisi del settore della cantieristica e del mobile, oltre a quello dell'edilizia.
(5-07003)


   PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Glencore, proprietaria dello stabilimento di produzione di piombo e zinco di Portovesme con un comunicato ufficiale minaccia la chiusura entro l'anno degli impianti se non verrà garantita la proroga degli attuali regimi di fornitura di energia elettrica;
   tale decisione sarebbe un nuovo colpo mortale per il Sulcis Iglesiente;
   con una decisione drammatica per l'intero Sulcis Iglesiente anche la Glencore, la prima attività produttiva di Portovesme, ha comunicato ai lavoratori che la produzione potrebbe fermarsi entro l'anno;
   tutto questo, scrive l'amministratore delegato, perché non sono stati minimamente rispettati gli impegni che erano stati assunti sulla questione elettrica;
   la comunicazione fa seguito alla decisione di eliminare l'essenzialità delle centrali elettriche della Sardegna e al mancato rinnovo del regime di «interrompibilità»;
   si è dinanzi ad una «mazzata» senza precedenti per l'apparato industriale della Sardegna;
   si tratterebbe di un disastro ulteriore che si somma a quello che ha già duramente colpito il Sulcis con la chiusura di Alcoa tre anni fa;
   questo è il drammatico risultato di quelli che appaiono all'interrogante un Governo inadeguato e una regione incapace;
   si è dinnanzi ad un Governo che ha prospettato soluzioni che da tre anni sono destituite di ogni fondamento;
   i lavoratori e sindacati per tre anni sono stati, secondo l'interrogante, di fatto «ingannati» sulla questione energetica;
   si è dinanzi ad una classe politica che ha consentito, in modo inaccettabile, questa situazione, con quelli che all'interrogante appaiono annunci a catena degni della peggior propaganda;
   è la conferma di quanto da tre anni l'interrogante sostiene in solitaria guerra contro i responsabili di questa situazione;
   non si è voluta affrontare la questione energetica con il contratto bilaterale solo per non adeguarsi ad Enel;
   oggi tutto questo si configura come il fallimento più drammatico della storia del Sulcis;
   il Governo e la regione hanno gestito la «vertenza Sulcis», ad avviso dell'interrogante, senza il minimo rispetto per le famiglie e i lavoratori;
   a questo si è aggiunto il declassamento delle centrali che nessuno aveva capito e tantomeno cercato di fermare;
   il presidente della regione, ad avviso dell'interrogante, ha mostrato di avvedersi di quanto stava avvenendo dopo 20 giorni dall'adozione del provvedimento ormai in vigore, a conferma di una giunta secondo l'interrogante totalmente inadeguata;
   è indispensabile entro questo mese adottare un'iniziativa normativa urgente per il Sulcis;
   un'iniziativa indispensabile e «ultima spiaggia» per scongiurare la morte definitiva di un territorio –:
   se non intenda il Governo assumere con somma urgenza iniziative normative che salvaguardino il sistema industriale della Sardegna garantendo la proroga dei regimi di «essenzialità» e «interrompibilità»;
   se non intenda assumere iniziative per evitare la chiusura dello stabilimento della Portovesme srl di proprietà della società Glencore;
   se non intensa avviare iniziative normative urgenti al fine di compiere i passi necessari per evitare la fermata degli impianti, in attesa del pronunciamento della Commissione europea. (5-07008)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Falcone e altri n. 1-01058, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Miotto.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Benamati ed altri n. 5-06945, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Tentori, Carrozza, Coppola, Bruno Bossio, Alfreider, Bonaccorsi, Bonomo.

  L'interrogazione a risposta scritta Zaccagnini n. 4-11146, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Costantino, Daniele Farina, Duranti, Ricciatti.

  L'interrogazione a risposta in commissione Nicoletti e altri n. 5-06998, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato: Iori.

Ritiro di una firma da una interrogazione.

  Interrogazione a risposta in commissione Cristian Iannuzzi e Battelli n. 5-06981, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2015, è stata ritirata la firma del deputato Battelli.