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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 10 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il perdurare della crisi economica e finanziaria a livello globale, l'impoverimento generale e l'accentuazione delle diseguaglianze hanno messo in evidenza la necessità di superare gli attuali modelli di sviluppo, incapaci di rispondere all'aumento dei bisogni sociali, a fronte della diminuzione progressiva delle risorse pubbliche, in favore di un nuovo modello complessivo che consideri, cioè, interdipendenti l'ambito sociale, economico e politico, al fine di una crescita effettiva ed equilibrata, dunque duratura e sostenibile;
    da alcuni anni è stato elaborato il concetto di innovazione a impatto sociale (Social Impact Innovation), un modello di sviluppo che coniuga lo scopo sociale al ritorno economico e che si pone in netta discontinuità rispetto ai modelli del passato, per almeno tre motivi: innanzitutto, perché prevede il coinvolgimento di diversi attori, pubblici e privati – non più solo lo Stato, ma anche investitori privati, intermediari finanziari, filantropi, organizzazioni no profit –; in secondo luogo, perché comporta che ogni misura pubblica nasca con l'intenzionalità dichiarata di produrre un preciso impatto sociale, misurabile in progress e al termine della sua realizzazione; in terzo luogo, perché punta a un guadagno economico per ogni attore coinvolto, sia esso il singolo investitore, che l'intera comunità;
    da alcuni anni, in Paesi come Gran Bretagna, Usa, Canada e Australia sono stati adottati alcuni strumenti finanziari, i cosiddetti investimenti a impatto sociale (Social Impact Investments, in breve SII), basati sull'assunto che i capitali privati possano intenzionalmente contribuire a creare, anche in combinazione con i fondi pubblici, impatti sociali positivi e, al tempo stesso, rendimenti economici privati;
    si tratta di un'ampia gamma di strumenti finanziari (loan based o equity based), i cui punti salienti sono: intenzionalità a produrre un impatto e quindi un cambiamento sociale, obiettivi misurabili, orientamento all’outcome (cambiamento percepito nell'intera comunità), anziché all’output (quantità delle prestazioni erogate), rendimento economico per gli investitori;
    i Social Impact Bond, in particolare, sono strumenti finanziari configurati come partnership tra diversi attori, sancite da contratti bilaterali e finalizzate a raccogliere capitali privati per promuovere politiche pubbliche innovative, in cui il rendimento per gli investitori è determinato dagli impatti positivi generati da una certa attività sociale; strumenti simili sono i cosiddetti Pay-for-Success (PfS), in cui il rendimento finanziario dipende dalla riuscita del progetto;
    i SII sono nel complesso strumenti adatti non solo ai mercati emergenti, ma anche a quelli maturi, in quanto riescono a coprire il gap, destinato ad aumentare, tra domanda di welfare e inadeguatezza delle risorse pubbliche, rispondendo alla ricerca di profitto degli investitori e, al contempo, generando risparmi per le casse pubbliche da utilizzare come fondo di garanzia per altri progetti;
    il Governo inglese, convinto della validità dei SII, ha promosso, nel 2013, la costituzione della Social Impact Investment Task Force established by the G8 con l'obiettivo di promuovere lo sviluppo degli investimenti a impatto sociale e di armonizzarne la crescita nei Paesi G8;
    a tale Task Force ha partecipato anche l'Italia, i cui rappresentanti hanno redatto un rapporto finale, denominato Agenda Impact per l'Italia;
    anche la Commissione europea ha cominciato a muovere i primi passi in questa direzione, istituendo una disciplina regolatoria e un sistema di certificazione e accreditamento per i fondi di venture capital sociali europei, oltre che costituendo un fondo denominato European Social Investment and Entrepreneurship Fund (ESIEF), con una dotazione di 90 milioni di euro;
    in Italia, nel campo delle politiche sociali sono state positivamente sperimentate, in passato, soluzioni giuridiche in cui lo Stato figura, non più come gestore, ma come partner al pari degli altri, come nel caso del Fondo Italiano di Investimento destinato alle piccole e medie imprese (per il concetto di Stato contraente, si veda Gregorio Gitti, Andrea Montanino, «Dallo Stato erogatore allo Stato promotore e contraente: verso una nuova politica economica», in «Osservatorio del diritto civile e commerciale» 1/2012, p. 1);
    attualmente, si occupano di SII alcune fondazioni, non solo bancarie (Fondazione Etica, Human Foundation) e le stesse banche, soprattutto nel comparto loan based (Ubi Banca ha emesso 54 Social Bond Comunità, per un controvalore di oltre 560 milioni di euro, i quali hanno consentito di erogare, a titolo di liberalità, oltre 2,8 milioni di euro); riguardo, invece, al comparto dell’equity based, è da segnalare principalmente il caso di Oltre Venture, che con il venture philantropy è riuscita a raccogliere oltre 7 milioni di euro da soggetti privati, totalmente investiti in 17 nuove imprese italiane (settore sanitario, microfinanza, housing sociale);
    ciononostante, ancora troppo poco è stato fatto sui Social impact investments nel nostro Paese, dove non si segnala, ad oggi, alcuna discontinuità nella programmazione delle politiche sociali, improntate ancora allo schema tradizionale secondo cui è lo Stato a provvedere integralmente alla copertura della spesa sociale, mentre gli investitori privati e gli imprenditori pensano a fare business, compensando, poi, con donazioni e altre forme di filantropia;
   oggi, invece, i tempi sono maturi per l'adozione di questo modello di sviluppo, non solo perché non vi è più una netta contrapposizione tra beneficienza e profitto, ma anche perché lo Stato non ha più soldi sufficienti per garantire i servizi, a prescindere dal fatto che li svolga direttamente o delegandoli al mondo no profit,

impegna il Governo:

   a dare attuazione all'Agenda Impact, predisposta dai rappresentanti italiani presso la Social Impact Investment Task Force established by the G8;
   ad assumere iniziative per l'introduzione di nuovi meccanismi finanziari al fine di avviare subito politiche sociali innovative, da affiancare alla spesa diretta, orientate a obiettivi misurabili, risultati in termini di outcome e non di output, coinvolgimento di soggetti pubblici e privati, ritorno economico per gli investitori privati, risparmio per le casse pubbliche;
   ad assumere iniziative per regolamentare la materia degli investimenti a impatto sociale, quali Social Impact Bond e Pay-for-Success, in modo da facilitarne lo sviluppo anche in Italia, individuando modalità atte a garantirne l'affidabilità e ad assorbire parte del rischio degli investitori, sia istituzionali che privati, attraverso la costituzione di un Fondo di garanzia, il coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti e il recupero delle linee guida del regolamento degli strumenti obbligazionari partecipativi, utilizzati all'indomani dello scoppio della crisi finanziaria del 2008, in cui, all'interno di un contratto quadro, lo Stato non interferisce nella gestione del progetto ma concede l'uso di denaro pubblico in cambio della garanzia di alcuni obiettivi prioritari;
   ad assumere iniziative normative volte a prevedere agevolazioni fiscali, soprattutto nella fase di decollo dei primi progetti a impatto sociale, in modo da stimolare gli investitori a impiegarvi una quota del proprio portafoglio di investimento;
   a improntare lo studio sulle politiche di innovazione sociale alla massima trasparenza, integrità e accountability nei criteri di selezione dei soggetti da coinvolgere e da rappresentare, oltre che nei compiti assegnati e nel cronoprogramma da rispettare.
(7-00839) «Gitti».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   il masterplan per il Mezzogiorno rappresenta una iniziativa centrale nell'azione del Governo. La sua necessità nasce dal fatto che la crisi ha gravemente accentuato il dualismo dell'economia italiana. Inoltre, la stessa ripresa, se non accompagnata da scelte forti di politica economica, rischia di cristallizzare – per una lunga fase economica – una nuova divaricazione fra aree geografiche del Paese: sono infatti in atto trasformazioni della struttura produttiva del Paese (economia digitale, smart cities, logistica) dalle quali sarebbe gravissimo che il Sud rimanesse escluso;
   una strategia di politica economica per il Sud è quindi parte essenziale del contributo che l'azione di Governo può apportare alla ripresa dei mercati per ottimizzarne gli effetti;
   una strategia per il Mezzogiorno non nasce solo da esigenze di equità e coesione sociale, ma anche dalla consapevolezza che in questa parte del Paese risiedono oggi importanti opportunità di crescita, sia per il capitale sociale disponibile, sia per la vicinanza geografica con grandi vie commerciali e con aree a forte potenzialità di sviluppo;
   in coerenza con questa visione, il masterplan non si limita agli slogan scontati e ripetitivi sulle potenzialità turistiche o sul patrimonio paesaggistico, ma coraggiosamente propone una «politica industriale per il Mezzogiorno», collegandola – da un lato – alla attivazione di filiere produttive e, dall'altro, allo sviluppo di un sistema infrastrutturale moderno e competitivo;
   il masterplan riapre il dossier del rilancio economico e sociale del Mezzogiorno attraverso un progetto condiviso, aperto al contributo di istituzioni, forze economiche e sociali e cittadini;
   in particolare, il masterplan si incentra sull'accelerazione delle spese dei fondi europei, sulla leva fiscale per capitalizzare le imprese, su un pacchetto di infrastrutture prioritarie, sull'aggregazione delle società partecipate e rinvia – per la definizione più puntuale degli interventi – a successivi «patti» da sottoscrivere – da parte del Governo – con le regioni e le città metropolitane;
   in questo contesto si collocano un insieme di scelte operative già in corso di definizione nel confronto Governo-regioni-città metropolitane attraverso 15 «patti per il Sud» uno per ognuna delle 8 regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) ed una per ciascuna città metropolitana; a tale fine, il documento ne elenca 7: Napoli, Bari, Taranto, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari;
   il sottosegretario De Vincenti ha incontrato, in questi giorni, gli otto governatori del Sud e i sindaci delle città metropolitane indicate per avviare un confronto che dovrebbe portare alla definizione dei 15 «patti per il Sud»; quello che si profila è quindi un grande piano basato su opere cantierabili e progetti di sviluppo industriale; la stessa legge di stabilità, in parallelo a questa iniziativa, riporta alcune misure di razionalizzazione dell'impiego delle risorse europee;
   purtroppo questo disegno presenta una grave pecca sul piano istituzionale: l'esclusione dal confronto con il Governo centrale di quella che è – a tutti gli effetti – una città metropolitana; infatti, la città di Messina è riconosciuta come tale, al pari di Palermo e Catania, dalla legge regionale siciliana n. 8 del 2014 (istituzione dei liberi consorzi comunali e delle città metropolitane);
   non invitare Messina al tavolo di concertazione nel quale verranno definiti opere cantierabili e progetti di sviluppo industriale è inspiegabile, sia dal punto di vista socio-economico, sia dal punto di vista giuridico e istituzionale;
   l'esclusione di Messina appare poi particolarmente incomprensibile ai fini della programmazione infrastrutturale del Mezzogiorno, data la sua collocazione strategica nel bacino del Mediterraneo e la sua centralità rispetto ai traffici marittimi e commerciali e all'intera economia di questa area geo-economica;
   ad aggravare quella che appare agli interpellanti una svista del Governo vi è poi il fatto che la popolazione di Messina sta vivendo – proprio in queste settimane – un momento di difficoltà molto grave, sopportando gli effetti di emergenze la cui soluzione andrebbe inserita tra le priorità nazionali. È particolarmente grave che l'esito di tutti questi eventi sfavorevoli finisca con l'essere anche l'esclusione di Messina da quella che è la più importante sede governativa di programmazione dello sviluppo del Sud;
   escludendo una ostilità preconcetta da parte del Governo nei confronti della città di Messina – che non avrebbe alcuna motivazione razionale – l'unica causa di questa dimenticanza ipotizzabile è un basso livello di interlocuzione dell'amministrazione comunale di Messina con il Governo, ovvero una vera e propria inerzia. Il masterplan, infatti, è un documento che si propone programmaticamente come aperto alle regioni e alle città metropolitane e che, in questa scelta, conferma la volontà del Governo di annettere importanza a questi enti di recente istituzione, soggetti politici e amministrativi intermedi dai quali passerà gran parte dello sviluppo economico ed infrastrutturale dei prossimi anni –:
   se vi siano motivazioni – politiche, economiche o strategiche – della scelta di escludere la città di Messina dalle attività finalizzate alla definizione degli interventi del masterplan per il Sud o se si sia trattato del risultato di una inerzia o mancata attivazione da parte dell'amministrazione del comune interessato, ovvero di una semplice, ma grave, dimenticanza del Governo;
   quali siano le iniziative che il Governo intende assumere per rimediare ad una disparità di trattamento che non trova fondamento nell'attuale assetto istituzionale.
(2-01157) «D'Alia, Garofalo, Lupi».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   a partire dal 31 ottobre 2015, una forte ondata di maltempo ha colpito la regione Calabria, in particolare nelle sue zone montane e nell'area ionica della provincia di Reggio Calabria e nell'acquedotto della città capoluogo;
   si considera che in due giorni si sia riversata una quantità di pioggia che mediamente in quel territorio si riversa in quasi un anno (600 millilitri d'acqua);
   sono stati spazzati interi tratti della linea ferroviaria che va da Roccella Jonica a Monasterace (esondato il torrente Ferruzzano che ha interrotto non solo la linea ferroviaria, ma anche la circolazione sulla strada statale 106, isolando di fatto interi paesi); è morto un uomo, Salvatore Comandé, di 43 anni, travolto dalla piena di un torrente mentre si trovava nella sua auto a Taurianova, in provincia di Reggio Calabria;
   Anas ha fatto sapere che, a causa di alcune frane prodotte dalle forti precipitazioni, è stato necessario chiudere momentaneamente al traffico quattro diversi tratti della strada statale 106 Jonica: in entrambe le direzioni, dal chilometro 50 al chilometro 65 è chiuso il tratto compreso tra Palizzi Marina e Brancaleone Marina, il secondo tratto interessato va dal chilometro 65,8 al 67,20 in località Marinella di Ferruzzano, poi dal chilometro 83 al 92 tra Bovalino e Ardore. Il quarto tratto chiuso è compreso fra chilometro 121 e il chilometro 122 tra Marina di Caulonia e Riace Marina; nella città di Reggio Calabria i vigili del fuoco hanno effettuato 200 interventi di soccorso, sono intervenuti anche per la messa in sicurezza di alcune case a Vibo Valentia. Centocinquanta in totale gli interventi effettuati nella provincia, 110 quelli nel territorio di Catanzaro. Il torrente Catona è esondato nel comune di Laganadi, nel comune di Reggio Calabria, provocando forti danni. Cinque famiglie che abitavano a poca distanza dal luogo dell'esondazione sono state evacuate;
   ancora una volta, in presenza di forti e insistenti piogge, il nostro Paese si trova a dover fare i conti con frane, cedimenti di infrastrutture, argini che non riescono più a trattenere l'impatto con le acque; le forti piogge hanno devastato ampi tratti del litorale e impedito il regolare deflusso delle piene dei fiumi, causando ingenti danni alle infrastrutture pubbliche e private e alle attività produttive localizzate sulla costa;
   in una regione in cui il rischio idrogeologico riguarda praticamente il suo intero territorio, già profondamente penalizzato da una forte carenza di infrastrutture e investimenti, emerge con ancora più forza la necessità di spostare l'asse degli interventi di messa in sicurezza dei territori da una logica emergenziale ad una logica di lungo periodo –:
   se non si ritenga di deliberare quanto prima lo stato di emergenza per le province calabresi e per i territori colpiti dalla forte ondata di maltempo iniziata il 31 ottobre 2015, stanziando le prime risorse volte al ristoro dei danni subiti dai privati e dalle attività produttive, per la messa in sicurezza delle aree colpite, e più in generale per il contrasto al dissesto idrogeologico dell'intero territorio nazionale, anche attraverso la previsione per le aree colpite di cui in premessa, dell'esclusione dal patto di stabilità interno delle risorse necessarie per gli interventi post-calamità provenienti dallo Stato, nonché delle spese sostenute dagli enti locali a valere su risorse proprie o provenienti da donazioni di terzi.
(2-01158) «Costantino, Zaratti, Pellegrino, Scotto, Ricciatti, Duranti».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la colonia penale di Mamone ricade integralmente nel territorio comunale di Onanì;
   oltre 1.000 ettari dell'intera colonia sono abbandonati, divenuti terre di nessuno da oltre 30 anni, come provato dalla relazione dell'Ufficio di tutela del paesaggio;
   si tratta di aree a gravissimo rischio soprattutto di incendi boschivi;
   le strade per la colonia di Mamone, in piena alluvione nel 2013, sono state una via di salvezza per le aziende agricole che utilizzano l'uso civico e anche in quella triste circostanza ci sono volute delle autorizzazioni speciali per accedere al territorio comunale;
   dopo l'alluvione, l'abbandono è ancora più evidente con strade distrutte, ponti crollati che nessuno può utilizzare perché oggi inaccessibili;
   il comune era assegnatario di quelle aree come conseguenza della Carta reale del 1839 che aveva abolito il regime feudale e, in tal senso il comune di Onanì ha prodotto l'antico documento catastale;
   è fin troppo evidente che la strada giudiziaria rispetto a fatti giuridicamente datati appare lunga e di difficile ricostruzione come hanno dimostrato le cause intentate dal comune di Onanì;
   il mancato utilizzo di quel patrimonio, da parte del soggetto statale che ne ha la disponibilità, pone l'esigenza di applicare in tempi risoluti, anche per evitare ulteriori rischi per le aree stesse, le norme che regolano di fatto la cessazione dell'esercizio della funzione statale del bene stesso;
   lo stesso inutilizzo della parte rivendicata dal comune di Onanì, certificato dalla relazione richiamata, espone la parte statale a gravi danni erariali;
   è interesse della stessa amministrazione dello Stato, a giudizio dell'interrogante, retrocedere il bene alla regione Sardegna e conseguentemente al comune di Onanì che giustamente lo rivendica per le ragioni del suo sviluppo e della sua strategicità anche infrastrutturale;
   lo Statuto speciale per la Sardegna, legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58 dispone all'articolo 14 che:
    1) la regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo;
    2) i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finché duri tale condizione;
    3) i beni immobili situati nella regione, che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della regione;
   la Corte costituzionale, con sentenza n. 383 del 1991, in merito al ricorso proposto da altra regione a statuto speciale, la regione Valle d'Aosta, aveva sostenuto l'automatico passaggio dei beni alla stessa regione anche in virtù del seguente esplicito riferimento alla regione Sardegna: «Del resto l'articolo 14 dello statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) mentre stabilisce, al primo comma, che la regione, nell'ambito del suo territorio, succede allo Stato nei beni demaniali e, al secondo comma, che restano allo Stato i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale, da rilievo alla sopravvenienza, in quanto prevede che la detta causa di esclusione possa cessare, con l'effetto in tal caso che la successione si realizza, in un momento posteriore all'entrata in vigore dello statuto»;
   la Corte costituzionale, nella stessa sentenza, per il bene militare le cui funzioni di difesa erano venute meno proprio dall'intenzione dello Stato di vendere il compendio, disponeva: «Va dunque dichiarato che non spetta allo Stato porre in vendita a privati, con l'impugnato avviso d'asta, l'immobile in questione, appartenendo questo al demanio della regione Valle d'Aosta»;
   le disposizioni contenute nei primi due commi dell'articolo 14 dello statuto della regione Sardegna di rango costituzionale dispongono che la regione succeda, nell'ambito del suo territorio, nei beni e nei diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare, regola generale esplicitata nel primo comma;
   il secondo comma del citato articolo introduce un'eccezione: la successione non avviene e i beni restano di proprietà dello Stato quando sono utilizzati (connessi) per servizi di pertinenza statale;
   l'eccezione, però, ha un limite ben preciso: l'utilizzazione deve essere attuale, di guisa che se tale utilizzo viene a cessare cade il presupposto della medesima eccezione e i beni non più utilizzati ricadono nella regola generale e seguono la sorte degli altri beni statali e, cioè, la loro proprietà è trasferita ope legis alla regione;
   la chiara e univoca statuizione dell'articolo, secondo cui «i diritti patrimoniali connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato “finché duri tale condizione”» non può dare luogo a dubbi interpretativi;
   la congiunzione temporale «finché» attribuisce, infatti, un sicuro valore dinamico alla norma. Nel senso che transitano nel patrimonio regionale non solo i beni che, alla data di entrata in vigore dello statuto speciale, non erano più connessi a servizi statali, ma anche quelli la cui connessione sia venuta meno successivamente;
   l'applicazione di tale disposto si rileva nella nota n. 2/20680/10-1-20-20/89 dell'aprile 1989, quando l'allora Ministro della difesa, Zanone, comunicava al presidente della regione di aver impartito disposizioni agli organi tecnici della difesa, per l'avvio della procedura prevista per la cessione all'Amministrazione finanziaria dei beni demaniali non più necessari alle Forze armate;
   il significato proprio dato dal legislatore alla norma porta sicuramente a dare rilievo alla sopravvenienza e, cioè, al sopravvenuto venir meno della connessione del bene con il servizio statale; tale sopravvenienza rappresenta il limite all'eccezione di cui al secondo comma dell'articolo 14 e fa, quindi, rivivere la regola generale della successione della regione Sardegna nella proprietà dei beni dello Stato;
   la cessazione della connessione dei beni immobili ai fini statali, come dispone la richiamata sentenza della Corte costituzionale, si è verificata proprio nel momento in cui l'amministrazione dello Stato ha posto in vendita o attivato forme di concessione e comodato a soggetti privati o pubblici del bene stesso;
   con riferimento alla regione Sardegna non esiste nessuna disposizione normativa che possa configurarsi come ostativa al trasferimento dei beni statali alla regione stessa, quando la «dismissione» avvenga in data successiva all'entrata in vigore dello statuto sardo;
   il Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere della terza sezione del 12 febbraio 1985, n. 158, ha espresso formale parere su richiesta del Ministero della difesa proprio sull'applicazione dello statuto sardo;
   l'organo consultivo in quel parere, — in estrema sintesi — si è pronunziato nel senso che l'articolo, secondo comma, dello statuto sardo stabilisce che i beni immobili connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato soltanto finché duri tale condizione, riconoscendo, così, allo Stato la funzione di uso e non anche di disposizione degli immobili stessi –:
   se non si ritenga necessario, per gli oltre mille ettari totalmente inutilizzati della colonia penale di Mamone, ricadenti nel comune di Onanì, di attivare con urgenza le procedure di cui all'articolo 14 dello statuto in materia di trasferimento di beni demaniali;
   se non ritenga necessario prevedere un preciso atto con il quale il patrimonio indicato nel comune di Onanì venga immediatamente trasferito all'amministrazione regionale, secondo le procedure previste per l'attuazione del richiamato articolo 14 dello statuto della regione Sardegna;
   se non ritenga necessario attivare un immediato confronto con la stessa regione Sardegna al fine di aggiornare l'elenco dei beni del Ministero della giustizia dismessi e dismettibili presenti nel territorio regionale e prevederne la cessione alla regione stessa. (5-06923)


   DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Interporto della Puglia (IRP) è una società privata alla quale è stata affidata la concessione per la costruzione e la gestione dell'interporto situato a Bari a seguito di una procedura d'appalto pubblico nazionale bandita con decreto ministeriale del 15 settembre 1995;
   da fonti stampa si apprende che il presidente dell'interporto della Puglia, l'imprenditore Davide Degennaro, è indagato per corruzione tra privati insieme a Vittorio Casale e all'ex direttore generale di Banca Marche Massimo Bianconi, nell'ambito di uno stralcio dell'inchiesta della procura di Ancona sul «buco» miliardario di Banca Marche. A Degennaro il nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza ha sequestrato numerose quote azionarie, nell'ambito di un sequestro relativo a beni per complessivi 15 milioni di euro. Secondo l'accusa, due imprenditori, Degennaro e Vittorio Casale, immobiliarista bolognese, avrebbero corrotto l'ex direttore generale di Banca delle Marche, Massimo Bianconi, anch'egli indagato, per ottenere cospicui finanziamenti senza garanzia di rientro;
   sempre da fonti stampa della testata on line Linkiesta si scopre che «Per varare l'Interporto Regionale di Puglia ci sono voluti ben 15 anni. La società appartiene alla famiglia Degennaro e ha ricevuto in questi anni finanziamenti pubblici per milioni di euro nonostante il revisore dei conti, Kpmg, dica di non potersi esprimere sul bilancio»;
   con notifica del 10 luglio 2012, l'Italia ha notificato un sostegno pubblico a un progetto di investimento per un'infrastruttura intermodale presso l'Interporto regionale della Puglia;
   in una nota di risposta del 16 ottobre 2013 della Commissione europea avente ad oggetto «Aiuto di Stato SA.35124 (2012/N) – Italia-Aiuto all'investimento a favore dell'Interporto Regionale della Puglia», si legge che secondo un'analisi di fattibilità commissionata dalle autorità italiane, questo progetto di investimento garantirebbe una maggiore diversione modale dal trasporto su strada a quello su rotaia. Riguardo al trasporto merci su lunghe distanze, l'analisi indica un aumento stimato del traffico assorbito dalla ferrovia, rispetto alla strada, dall'attuale quota del 67 per cento (strada) contro il 33 per cento (ferrovia) a un futuro 51 per cento (strada) contro il 49 per cento (ferrovia) entro due anni dal completamento dei lavori per l'ampliamento dell'infrastruttura intermodale;
   il progetto prevede l'acquisizione delle aree adiacenti situate nello scalo Ferruccio. Con l'acquisizione di tali terreni, l'interporto sarà ampliato passando dall'attuale superficie complessiva di 470.000 metriquadri a una superficie di quasi 700.000 metriquadri. Il progetto comprende investimenti per le infrastrutture per un totale di 150 milioni di euro:
    a) lavori per la costruzione del terminal intermodale: reti, impianti e attrezzature – costo totale 3 milioni di euro;
    b) edifici destinati alla logistica, reti e impianti: costo totale 114 milioni di euro, di cui 86,7 milioni di euro per immobili e 27,3 milioni di euro per reti e impianti;
    c) acquisizione dei terreni: costo totale 11,7 milioni di euro (massimo);
    d) spese tecniche e generali: costo totale 21,3 milioni di euro;
   il costo complessivo del progetto di investimento è di 150 milioni di euro. Il finanziamento pubblico di 90 milioni di euro per questo progetto sarà fornito in parte dal fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) (52,5 milioni di euro) e in parte da fondi nazionali (37,5 milioni di euro, di cui 21,8 milioni di euro dallo Stato e dal fondo di rotazione di cui alla legge n. 183 del 1987 e 15,7 milioni di euro dalla regione Puglia. I restanti 60 milioni di euro saranno finanziati dall'IRP a condizioni di mercato, senza alcun tipo di sostegno statale;
   la base giuridica del finanziamento pubblico a carico del programma operativo FESR 2007-2013 – regione Puglia è costituita dalla decisione della Commissione C(2007) 5726 del 20 novembre 2007, come modificata dalla decisione della Commissione C(2012) 9313 del 6 dicembre 2012, dalla legge n. 183 del 1987 e dalla determinazione dirigenziale regionale n. 146 del 2009. Il finanziamento pubblico del progetto avviene in forma di sovvenzione diretta a carico del FESR, dello Stato italiano e della regione. L'aiuto sarà erogato annualmente fino alla fine dei lavori, la cui conclusione è prevista entro la fine del 2015;
   da fonti stampa de Linkiesta si apprende che è previsto il conferimento da parte di Fs Logistica e RFI (società del gruppo Ferrovie dello Stato) a Interporto di circa 190.000 metri quadrati dell'attuale scalo Ferruccio (Bari) adiacente all'area interportuale. Inoltre, si aggiunge che: «Su questa operazione, perno della sostanziosa contribuzione pubblica, regna però la più totale incertezza. Dal bilancio 2012 dell'Interporto, l'ultimo disponibile, si apprende che alla scadenza (28 marzo 2013) dell'accordo fra Fs Logistica e la stessa Interporto per l'esecuzione di quanto previsto (conferimento delle aree e ingresso di Fs Logistica nel capitale di Interporto), “è stata chiesta una proroga di sei mesi”. Non solo Interporto, ma neppure il gruppo Fs ha fornito chiarimenti sulla dismissione di un bene pubblico quale lo Scalo Ferruccio: non è chiaro, quindi, se a chiedere la proroga sia stata Interporto – magari per la difficoltà a reperire, data la precaria situazione finanziaria, i 10,8 milioni di euro necessari ad acquisire l'area – o Fs Logistica; quel che è certo è che ad oggi non risulta che Fs Logistica sia entrata nel capitale di Interporto e, stando ad alcune indiscrezioni, pare anzi che il summenzionato accordo sia stato rigettato»;
   sempre da fonti stampa, si apprende che Davide Degennaro, presidente dell'Interporto di Bari, figlio dell'ex senatore di Forza Italia Giuseppe Degennaro, è il fratello di Emanuele Degennaro, detto «Lello», rettore dell'università privata LUM di Casamassima e di Anna Degennaro, moglie di Massimo Cassano, senatore di Ncd, presidente onorario dell'associazione «Controvento», membro del Rotary di Bari-Casamassima, sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali del Governo Renzi. I Degennaro sono noti per una vocazione politica trasversale in quanto già nelle elezioni regionali pugliesi del 2010 si sono presentati alla competizione Gerardo De Gennaro, candidato del Pd a Bari, titolare della Dec, finito nel famoso scandalo delle «cozze pelose» del sindaco Michele Emiliano, inoltre anche Carmine De Gennaro si è candidato per la lista «I Pugliesi per Palese», Gianluca Degennaro si è invece candidato con Vendola e infine Cassano, sposato con Anna Degennaro, che alle medesime competizioni elettorali è stato eletto nelle file del Partito delle Libertà (PDL) con 18.540 preferenze per poi essere eletto nuovamente nel 2013 a senatore della Repubblica italiana. Inoltre, Cassano «risulterebbe assistente di Filosofia del diritto e Storia del diritto italiano nell'Ateneo del cognato dove insegna anche l'ex capo dei Servizi Segreti Niccolò Pollari. Lello, il rettore a tempo di record, è stato iscritto nel registro degli indagati nel 2011 per concorso in riciclaggio con l'aggravante “mafiosa” di circa 2 milioni di euro nell'inchiesta Domino 1. L'indagine va avanti, siamo arrivati a Domino 3, anzi secondo le ultime ricostruzioni di Repubblica, gli investigatori avrebbero messo gli occhi pure su una banca, l'istituto di credito Aurora, “nato almeno sulla carta il 5 ottobre del 2005”. Tra i soci c’è appunto “Emanuele Degennaro”. Ma tra “i costituenti ci sarebbe stato anche il cognato, ora senatore e sottosegretario, Massimo Cassano”»;
   da fonti stampa si apprende in merito ai Degennaro che: «si tratta di una vera e propria famiglia allargata del Meridione, gattopardi del tacco d'Italia, di cui è difficile riannodare fili e controfili, relazioni e commistioni, tra zii, fratelli e cugini, ma che vanta appunto proprietà di spessore che si fanno sentire nella vita locale ma pure a livello europeo, con conflitti di interesse di ogni tipo. E che è soprattutto nota per inchieste da parte della magistratura, dal riciclaggio alla truffa, come per le frequentazioni ambigue vicine alla criminalità organizzata» –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto espresso in premessa e se possa chiarire in base a quali criteri sia stato attribuito a Massimo Cassano l'incarico di sottosegretario per il lavoro e le politiche sociali del Governo Renzi;
   quale sia la situazione attuale dell'Interporto Puglia, ovvero se si sia realizzato il conferimento delle aree e l'ingresso di Fs Logistica nel capitale di Interporto e quali siano i contributi pubblici acquisiti dall'Interporto Puglia dall'inizio della sua attività ad oggi e se si sia realizzato interamente quanto stabilito dal progetto espresso in premessa, cofinanziato dai fondi pubblici;
   se i Ministri interrogati possano chiarire quali sono le attività economiche della famiglia Degennaro che percepiscono finanziamenti statali e se, per quanto di competenza e in relazione a tali attività, intendano svolgere approfondimenti sugli eventuali rapporti, enunciati dalla stampa, della famiglia Degennaro con la criminalità organizzata. (5-06924)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, ZACCAGNINI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 novembre 2015 in diverse piazze italiane si è svolto lo sciopero dei lavoratori della grande distribuzione organizzata, per chiedere il rinnovo del contratto scaduto – ormai da due anni – e la revisione del modello organizzativo del lavoro, che prevede turni definiti «massacranti» dagli addetti;
   lo sciopero ha avuto una adesione molto alta, in alcuni casi toccando l'80 per cento dei lavoratori;
   nelle Marche il corteo organizzato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil, ha coinvolto oltre 6 mila lavoratori delle insegne Auchan, Carrefour, Ikea, Metro, Sma, Magazzini Gabrielli, Finire, Conad, Zara, Decathlon, Coin, Coop e diversi altri (Il Corriere Adriatico, 8 novembre 2015);
   le organizzazioni sindacali considerano inaccettabili le proposte avanzate ai lavoratori dalle organizzazioni datoriali, perché gravemente penalizzanti sul piano retributivo e delle condizioni di lavoro, pertanto le trattative per il rinnovo vedono una fase di stallo, ad oggi perdurante;
   la prima firmataria del presente atto ha già in passato segnalato singole vertenze relative al settore della grande distribuzione organizzata (ad esempio, interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05723 del 4 giugno 2015, seduta n. 435, interrogazione a risposta scritta n.  4-09002 del 30 aprile 2015, seduta n. 419);
   a livello generale è possibile riscontrare una tendenza da parte delle società operanti in questo settore volta a procrastinare il rinnovo dei contratti e a revisionare gli stessi al fine di recuperare produttività e abbassare il costo del lavoro, che si traduce per i lavoratori in retribuzioni più basse a fronte di più ore di lavoro ed flessibilità estrema;
   sebbene il Ministro interrogato abbia ribadito, anche di recente, l'auspicio che «le parti sociali trovino il modo di fare quello che compete loro» (Il Fatto Quotidiano, 7 ottobre 2015), l'indirizzo del Governo pare essere nella direzione, più volte espressa dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, di un decentramento aziendale della contrattazione, superando di fatto il modello della contrattazione nazionale collettiva;
   tale ipotesi, ad avviso degli interroganti, è da scongiurare per l'intuitiva ragione che una contrattazione a livello territoriale rischia di penalizzare pesantemente i lavoratori, contraente debole del rapporto negoziale –:
   se non ritengano opportuno chiarire la posizione ufficiale del Governo su quanto illustrato in premessa;
   quali iniziative concrete intendano adottare per favorire la ripresa di un sereno confronto nella contrattazione nazionale per le vertenze tuttora aperte, in particolare modo nel settore della grande distribuzione organizzata. (4-11039)


   GAGNARLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il problema della fragilità del nostro territorio e dell'esposizione al rischio di frane e alluvioni riguarda molte aree della Penisola. In ben 6.633 comuni italiani sono presenti aree a rischio idrogeologico che comportano ogni anno un bilancio economico pesantissimo, intollerabile quando è pagato con la vita (http://www.lentepubblica.it);
   il consumo di suolo è un problema dalle dimensioni preoccupanti che va affrontato con una strategia a lungo termine per preservare il territorio dal degrado. I comuni dovrebbero pianificare il territorio seguendo i principi del riuso e della rigenerazione urbana, recuperando gli spazi dismessi e ristrutturando il patrimonio edilizio senza rubare altro suolo all'ambiente naturale;
   sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi;
   è assolutamente necessario ed improcrastinabile investire in termini di prevenzione ed affermare una nuova cultura dell'impiego del suolo che metta al primo posto la sicurezza della collettività e ponga fine agli usi speculativi ed agli abusivi del territorio, o al suo completo abbandono;
   tra gli ultimi eventi climatici avversi rilevanti si segnala il nubifragio abbattutosi sulla Val di Cornia in data 28 ottobre 2015 che ha causato danni diffusi, soprattutto nelle campagne, nelle zone più a valle ed intorno ai corsi d'acqua. Nel campigliese sono caduti 99 millimetri di pioggia in poche ore, Piombino è rimasta isolata per più di 3 ore sott'acqua con l'unica strada di accesso bloccata. Il consiglio comunale di Campiglia marittima, a seguito dell'alluvione ha impegnato la giunta e il sindaco a intervenire nel minor tempo possibile per far fronte all'emergenza intensificando la manutenzione nei luoghi di competenza del comune, a fornire sacchi di sabbia ai cittadini nelle zone a rischio, a mettere in sicurezza le zone più critiche con interventi celeri e mirati, a produrre un piano di prevenzione del dissesto idrogeologico comunale; nello stesso comune, nonostante si siano effettuati diversi interventi di messa in sicurezza del territorio, la frazione di Cafaggio dal 2005 ad oggi ha subito un'intensificazione degli allagamenti e un peggioramento del dissesto idrogeologico strutturale. La frazione di Banditelle negli ultimi quattro anni ha subito quattro alluvioni consecutive con danni ingenti a causa della mancata manutenzione dei canali di scolo, i depositi di materiale di falciatura che ostruisce il normale defluire delle acque, il sistema di fognatura obsoleto;
   la Camera ha approvato diverse mozioni per il contrasto al dissesto idrogeologico ed è stata presentata una ulteriore mozione (1-01046) per conferire agli enti locali colpiti dagli eventi alluvionali contributi per interventi di riduzione del rischio idrogeologico e per la messa in sicurezza del territorio, escludendo tali spese dal saldo finanziario rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno;
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 maggio 2014 è stata istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la cosiddetta «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche». Dal sito web, italiasicura, si apprende che per i prossimi sette anni l'obiettivo del Governo è aprire circa 7.000 cantieri, attraverso un piano nazionale contro il dissesto idrogeologico;
   il piano prevede un investimento di circa 7 miliardi di euro in 6 anni, da sostenere con la programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020 e con quote di cofinanziamento regionale su fonti proprie o su risorse provenienti da fondi strutturali europei. Questo piano viene elaborato sulla base delle richieste pervenute dai presidenti delle regioni, in qualità di Commissari di Governo contro il dissesto, e acquisite netta piattaforma informatica ReNDiS di ISPRA (Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo);
   le regioni hanno finora segnalato oltre 7.000 interventi di mitigazione del dissesto, per un valore di circa 22 miliardi di euro, il 90 per cento, dei quali è rappresentato da opere ancora da progettare, specie nel Mezzogiorno;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 maggio 2015 ha definito, ai sensi dell'articolo 10, comma 11, del decreto-legge 91 del 2014, i criteri e le modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Questi criteri si fondano in particolare sui caratteri di urgenza e priorità delle opere, soprattutto in termini di presenza di popolazione a rischio diretto e beni a rischio grave, di frequenza dell'evento, della quantificazione del danno economico atteso e di previsione della riduzione del rischio a seguito dell'intervento di mitigazione;
   il primo stralcio del piano nazionale è costituito dal piano straordinario per interventi tempestivamente cantierabili contro le alluvioni nelle città metropolitane e nelle aree urbane a maggiore rischio per popolazione esposta. Nel Lazio, tuttavia, a quasi un anno di distanza dal subentro del presidente Zingaretti quale commissario delegato all'attuazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico definiti «urgenti e prioritari», quasi nessuno degli interventi in progettazione o con i lavori aggiudicati è stato portato avanti, nonostante le risorse fossero e siano tuttora disponibili –:
   quale sia la dotazione assegnata alle aree ad alto rischio idrogeologico presenti in regione Toscana e se, nei 642 cantieri che secondo il sito web governativo http://italiasicura.governo.it si sarebbero dovuti aprire entro la fine del 2014, sia presente anche il territorio della Val di Cornia, recentemente colpito da un violento nubifragio in data 28 ottobre 2015 che ha messo a nudo una situazione di rischio idrogeologico solo parzialmente sanata.
(4-11046)


   TOFALO e SIBILIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le O.P.C.M 2948/98, 3479/05, 3529/06 valide fino al 2008, emanate su proposta del capo del dipartimento della protezione civile e quindi ormai scadute, nascono per sopperire all'emergenza rifiuti;
   nel Salernitano il Consorzio bacino Sa/1 nato a seguito delle sopracitate O.P.C.M. è a tutt'oggi in funzione e ultimamente è stato al centro dello scandalo «Easy badge» che ha smascherato l'abitudine all'assenteismo degli operatori assunti. Questo è stato già oggetto di interrogazione del primo firmatario del presente atto n. 4-05264 pubblicata il 24 giugno 2014;
   a quanto risulta agli interroganti le convenzioni stipulate tra il Consorzio, nello specifico Consorzio bacino SA/1 e i vari comuni, sono ampliamente non rispettate tanto da portare i comuni ad appaltare la gestione del servizio a privati o ad automunirsi di materiale non più fornito dal Consorzio, quali buste per la raccolta rifiuti o del semplice spazzamento meccanico;
   i comuni consorziati lamentano i costi elevati e il servizio scadente. Inoltre, nell'ultima agitazione sindacale del Consorzio di bacino Sa/1 gli operatori ecologici, tramite sindacati, lamentano il mancato pagamento degli stipendi e denunciano il mancato incasso delle fatture emesse ai comuni. Il testo della lettera inviata dai rappresentanti sindacali in prefettura delinea, un quadro disastroso, in quanto emergono debiti per 30 milioni di euro –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per avviare a soluzioni le problematiche esposte dai sindacati al prefetto e garantire, in particolare, il mantenimento dei livelli occupazionali. (4-11051)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la regione Veneto è stata interessata nel recente passato da fenomeni di subsidenza dovuti alla sovrapposizione di diverse cause con ricadute sull'assetto idraulico, geomorfologico e territoriale tali da richiedere forti iniziative volte al controllo ed al contrasto attivo di tali fenomeni;
   la subsidenza è un fenomeno presente su gran parte del territorio della pianura padana ed è causata da vari processi naturali, quali quelli di origine geodinamica e tettonica e da processi di compattazione naturale dei sedimenti, ma la causa più rilevante è di origine antropica ed è dovuta all'estrazione di acque sotterranee e di idrocarburi che genera ed acuisce criticità territoriali già particolarmente evidenti;
   difatti, la planimetria quotata attuale mostra che il territorio bassopolesano è totalmente sotto il livello del mare mediamente di 2 metri con punte fino a 4,30 metri;
   altro problema causato dalla subsidenza è rinvenibile nelle coltivazioni: la subsidenza provoca la risalita dell'acqua di mare sul fondo dell'alveo lungo i tratti terminali dei fiumi;
   il fenomeno chiamato cuneo salino rientra nell'ampia problematica rappresentata dall'espandersi della salinità dei territori costieri, che comprende anche il depositarsi i sali nelle falde acquifere sotterranee ed interessa i rami del delta del Po, i tratti terminali del Po di Levante, del Po di Volano, dell'Adige, del Brenta, del Piave e del Tagliamento. Negli ultimi decenni il cuneo salino ha assunto una dinamica sempre più preoccupante per la progressiva intrusione verso l'interno dei corsi d'acqua;
   è per questo motivo che la regione del Veneto ha mantenuto una costante attenzione sulle aree particolarmente fragili del proprio territorio e ha promosso azioni tese ad approfondire le conoscenze, sia ai fini di salvaguardia che di individuazione degli interventi di contrasto;
   infatti, la regione Veneto, come altre regioni, ha avanzato una proposta referendaria con l'obiettivo di cassare parte del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive;
   tale provvedimento nato per favorire lo sviluppo delle risorse energetiche nazionali, consentire il raggiungimento degli obiettivi della strategia energetica nazionale, garantire una maggiore sicurezza in termini di approvvigionamenti di gas naturale e di petrolio e sbloccare gli ingenti investimenti privati in programma da anni nel settore, rischia seriamente di mettere in pericolo la regione Veneto per quanto riguarda il rischio concreto di subsidenza che si potrebbe venire a creare a seguito delle estrazioni. Risulta quindi urgente la necessità di tutelare il territorio della pianura così come quello lagunare e costiero dal rischio di subsidenza e quindi anche dai conseguenti pericoli di eventi alluvionali, di erosione dei litorali, dell'aumento di forze distruttive delle onde, della risalita del cuneo salino, che invece risultano favoriti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi;
   da ultimo, in data, il consiglio regionale ha approvato il 20 ottobre 2015, all'unanimità, il progetto di legge presentato dal consigliere del Pd Graziano Azzalin che, modificando l'articolo 30 della legge istitutiva del Parco del Delta del Po, rende impossibile la ricerca «con ogni mezzo» di idrocarburi nei comuni compresi nell'area del Parco, impedendo di fatto ogni possibile tentativo di sfruttamento nel mare che fronteggia il Polesine;
   l'approvazione di tale legge regionale, essendo essa sottordinata a quella nazionale, non «cancella» quanto previsto dal decreto-legge «Sblocca Italia» varato dal Governo, provvedimento che nel definire «strategiche» per il sistema Paese tutte le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, centralizza a Roma sia l'individuazione delle aree che delle opere strumentali, oltre al rilascio dei titoli minerari;
   già l'articolo 26 della nella legge 31 luglio 2002 n. 179, recante disposizioni relative a Venezia e Chioggia, dispone il divieto di prospezione, ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po –:
   se i Ministri interpellati non intendano, alla luce di quanto esposto in premessa, considerando anche l'approvazione della legge regionale e quanto stabilito dal richiamato articolo della legge 31 luglio 2002, n. 179, assumere iniziative per rivedere le disposizioni contenute nel decreto-legge «Sblocca Italia» per le zone particolarmente fragili dal punto di vista ambientale, apportando le modifiche sostanziali auspicate dai promotori del referendum in questione.
(2-01159) «Crivellari, Rostellato, Crimì, Casellato, Ginato, D'Arienzo, Naccarato, Narduolo, Mognato, Camani, Miotto, Zoggia, Zardini, De Menech, Zan, Rubinato, Martella, Sbrollini, Pastorelli, Moretto, Rotta, Dallai, Nardi, Cova, Pierdomenico Martino, Brandolin, Zanin, Giuseppe Guerini, Tacconi, Albini, Gianni Farina, Manzi, Cominelli, Mura, Mauri, Tullo, Minnucci, Castricone».

Interrogazione a risposta immediata:


   SORIAL, MANNINO, NUTI, FERRARESI, MANLIO DI STEFANO, FRUSONE, CASO, PESCO, SIMONE VALENTE, DELL'ORCO, DA VILLA, COMINARDI, GRILLO, L'ABBATE, BATTELLI, MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 17 novembre 2015, presso la Sala della Regina della Camera dei deputati a Roma e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, avrà luogo la decima edizione del Nimby forum, evento in cui si riuniscono le lobby per parlare delle opere e dei progetti bloccati per contestazioni territoriali ambientali in Italia;
   il termine nimby iniziò ad essere usato negli Stati Uniti dal 1980, in occasione dello sviluppo di progetti di gestione di rifiuti tossici, ad indicare, secondo la comune percezione, come soggetti alla sindrome nimby coloro che si oppongono a progetti che prevedono alterazioni sociali, territoriali o ambientali, anteponendo interessi personali al bene comune. Per contro, i progetti che sviluppano tali opposizioni vengono definiti dagli analisti come Lulu (Local unwanted land uses – «utilizzi locali territoriali indesiderati»), termine coniato nel 1981 da Frank Popper della Princeton University;
   secondo la locandina dell'evento del Nimby forum «in 10 anni della prima edizione del Nimby forum è cresciuta la contestazione, è aumentato il numero di opere e progetti bloccati dalle opposizioni, ma non sono cambiate le dinamiche dei veti incrociati e dei conflitti di competenze» e, di seguito, «la riforma della pubblica amministrazione e l'introduzione di regole certe saranno in grado di sbloccare investimenti e sviluppo?», perché «rifondare la strada della democrazia partecipativa significa investire in fiducia e curare il virus del no a prescindere»;
   sempre secondo quanto riportato sulla locandina dell'evento, l'incontro avverrebbe «con il sostegno di Asja, Metropolitana milanese, Sogin, Tap, Terna»;
   il sito del Nimby forum si vanta di disporre del «primo e unico database nazionale delle opere di pubblica utilità che subiscono contestazioni e si è accreditato come importante think tank sul tema» e sottolinea che l'obiettivo principale del forum è individuare le più efficaci metodologie di interazione tra i diversi stakeholder per gestire e ridurre il fenomeno delle opposizioni territoriali ambientali;
   nella home page del sito nimbyforum.it appare una cartina dell'Italia con segnati i luoghi dove vi sono fenomeni di opposizione a progetti, che in gran parte sono inceneritori di rifiuti, centrali a biomassa, autostrade o superstrade, e in questo monitoraggio non verrebbe fatta nessuna distinzione tra i diversi tipi di opposizione messi in atto, pur essendoci molte differenze di rilievo, dando dunque l'idea di un chiaro intento propagandistico contrario a qualunque tipo di contestazione;
   nel sito del Nimby forum, nella pagina della mission, si spiega che: «Nel nostro Paese lo sviluppo infrastrutturale incontra continui ostacoli e ritardi, con conseguenti perdite economiche, tensioni sociali e incertezze» e «la progettazione di una grande opera civile di pubblica utilità o la realizzazione di un impianto industriale per la produzione di energia o per il trattamento dei rifiuti determina spesso opposizioni da parte del territorio. Si tratta di una vera e propria sindrome, nota come nimby (not in my back yard = non nel mio cortile), oggi sempre più diffusa nei vari strati della popolazione nazionale»;
   secondo Virginio Bettini, già docente di analisi e valutazione ambientale presso l'Università Iuav di Venezia, «Nimby forum cerca di convincere la gente del buon senso delle decisioni relative agli insediamenti industriali ed infrastrutturali “per definirne lo sviluppo” e contro una logica che pensa che esista anche il non fare, il famoso “do nothing”, previsto da ogni procedura corretta di valutazione di impatto ambientale, Nimby forum tende solo al fare»;
   al giorno d'oggi chi si oppone, ad esempio, ad un inceneritore, lungi dall'essere semplicemente nimby, sono di solito comitati preparati, che hanno studiato, che sono supportati da esperti, che pongono problemi ben chiari e spesso offrono soluzioni alternative, che si oppongono per ragioni oggettive, scientifiche e non vogliono che venga realizzata tale opera nemmeno in un'altra zona del Paese;
   appare singolare agli interroganti che il monitoraggio delle contestazioni territoriali a questo o quel progetto infrastrutturale avvenga di concerto tra Governo e imprese interessate a costruire «opere» grandi e piccole, con il fine esplicito di eliminare la cosiddetta «sindrome nimby» (not in my backyard), ovvero le resistenze delle popolazioni che non vogliono subire le conseguenze ambientali e alla salute che quasi tutti questi progetti si portano dietro;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, come si legge nel suo sito, «in conformità alle direttive della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento del cerimoniale di Stato, concede il proprio patrocinio gratuito, o attesta la disponibilità del Ministero a partecipare al comitato di onore, per iniziative ed eventi di alto rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico, storico o sportivo che abbiano contenuti e finalità pertinenti alle materie rientranti nella propria competenza. Tali iniziative ed eventi dovranno avere una rilevanza interregionale, nazionale e/o internazionale. Sono esclusi, quindi, quegli eventi ed iniziative di carattere locale e che abbiano finalità, anche indirette, commerciali o di lucro»;
   il Ministero dello sviluppo economico, come spiegato nel sito relativo, «può aderire, su richiesta, a iniziative, organizzate nel territorio nazionale o all'estero, di alto rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico, storico, sportivo, che si riferiscano alle materie di propria competenza, attraverso la concessione del patrocinio a titolo non oneroso»;
   nel sito della Presidenza del Consiglio dei ministri è illustrato che «il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri è concesso a titolo gratuito per iniziative di alto rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico, sportivo, organizzate nel territorio nazionale o all'estero. Sono escluse le richieste che abbiano scopi o finalità commerciali» –:
   per quali ragioni il Ministro interrogato abbia concesso il suo patrocinio all'evento di cui in premessa, quali meriti di rilievo culturale, sociale, scientifico, artistico, storico o sportivo avrebbe ravvisato in tale forum e in che modo avrebbe considerato privo di finalità, anche indirette, commerciali o di lucro, un evento che riunisce interessi di lobby che considerano le contestazioni di intere popolazioni locali, preoccupate di difendere l'ambiente e il territorio dove vivono, come un virus da eliminare e che hanno come unico obiettivo quello di ottenere a tutti costi e per motivi di profitto economico la realizzazione delle loro opere. (3-01833)

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il nostro Paese ha un territorio particolarmente fragile, fortemente urbanizzato e a forte rischio di dissesto idrogeologico con il ripetersi della drammatica frequenza di frane e alluvioni in ogni regione;
   in Italia il dissesto idrogeologico è diffuso in modo capillare e rappresenta un problema di notevole importanza. Le aree a elevata criticità rappresentano il 9,8 per cento della superficie nazionale e riguardano l'89 per cento dei comuni, su cui sorgono 6.250 scuole e 550 ospedali. Le regioni hanno stimato un fabbisogno di 40 miliardi di euro per la messa in sicurezza del territorio;
   tra i fattori naturali che predispongono il territorio italiano ai dissesti idrogeologici, rientra senza dubbio la sua conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un'orografia giovane. La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l'abbandono dei terreni montani, l'edificazione in aree a rischio, il disboscamento e la mancata o carente manutenzione dei corsi d'acqua e dei versanti e/o pendii a rischio di instabilità hanno aggravato la situazione e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano, aumentandone l'esposizione ai rischi di dissesto idrogeologico;
   il dissesto idrogeologico è anche una delle ragioni dell'aumento del gap infrastrutturale nel nostro Paese; non franano solo terreni o case provocando dei lutti, ma anche strade e autostrade, ferrovie, reti idriche ed elettriche. Il deterioramento del territorio costituisce una voce fortemente negativa nel bilancio economico del Paese e costa circa 5,5 miliardi l'anno;
   il protocollo d'intesa siglato il 21 maggio 2015 sul monitoraggio e la vigilanza sugli interventi e opere contro il dissesto idrogeologico sottoscritto fra il Presidente del Consiglio, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e l'Autorità nazionale anticorruzione prevede in particolare nel settore del dissesto idrogeologico la stipula di un piano straordinario per la mitigazione del rischio nelle aree metropolitane e di un piano per l'intero territorio nazionale 2015-2020 da attuare attraverso specifici accordi di programma con i presidenti delle regioni nella veste di commissari;
   il 4 novembre 2015 i rappresentanti delle regioni e delle aree metropolitane hanno siglato con il Governo, rappresentato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti e dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti e dal direttore dell'unità di missione contro il dissesto Mauro Grassi sette accordi di programma per interventi di messa in sicurezza del territorio. Gli accordi riguardano le regioni: Abruzzo (interventi per 54,8 milioni) Emilia Romagna (43,4 milioni), Liguria (315 milioni), Lombardia (145,6 milioni), Sardegna (25,3 milioni), Toscana (106,6 milioni), Veneto (109,7 milioni) per un importo complessivo di 800 milioni di euro, di cui 653 milioni di risorse statali e 150 milioni di cofinanziamenti regionali;
   si apprende che si tratta di 33 interventi, per i quali sono state compilate dal Ministero 33 schede di tutti interventi delle opere anti alluvione nelle aree metropolitane in base a due criteri di priorità, quali il rischio di pericolosità per le persone, in aree più popolate e lo stato di avanzamento della progettazione. Tra queste non figura la Basilicata pur essendo tra le più insidiate dal rischio idrogeologico come raccontano gli studi finora realizzati sullo stato di fragilità dei versanti lucani che insidiano i centri ubicati sulle colline e le stesse aree di nuovo insediamento lungo il litorale ionico;
   la Basilicata è la regione d'Italia dove il rischio idrogeologico è piuttosto preoccupante e coinvolge almeno un centinaio di comuni. Si tratta di aree, che per particolari caratteristiche orografiche, sono prevalentemente collinari, montuose e quindi potenzialmente più esposte al rischio idrogeologico;
   secondo le analisi di Legambiente e della Protezione civile, la Basilicata conquista anche il triste primato che il 100 per cento dei comuni lucani sono a rischio idrogeologico. Tra le cause che condizionano e amplificano il rischio idrogeologico c’è sia l'azione dell'uomo (abbandono e degrado, cementificazione, consumo di suolo, abusivismo, disboscamento e incendi) ma anche la mancanza di una seria manutenzione ordinaria e una politica di prevenzione;
   in un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto, che comportano fenomeni meteorologici estremi caratterizzati da piogge intense concentrate in periodi di tempo sempre più brevi, la gestione irrazionale del territorio porta a conseguenze disastrose e non è accettabile che non si metta in sicurezza il territorio lucano da danni provocati da frane, erosioni delle coste, esondazioni dei fiumi che mettono a rischio abitati e impianti produttivi –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per accelerare la predisposizione del piano nazionale di mitigazione del rischio idrogeologico al fine di ridurre e gestire il rischio con investimenti per far ripartire il Paese;
   quali siano stati i motivi di esclusione della regione Basilicata dal piano varato nei giorni scorsi;
   quale sia lo stato di attuazione delle opere previste per il contrasto del dissesto idrogeologico in Basilicata e se non ritenga necessario promuovere una revisione della pianificazione di emergenza su tutto il territorio nazionale. (3-01832)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GULLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 5 ottobre 2015 una frana si è riversata sulla corsia occidentale dell'autostrada Palermo-Messina all'altezza di Letojanni;
   la frana ha messo in ginocchio la viabilità tra Catania e Messina, determinando la chiusura del tratto autostradale tra Giardini Naxos e Roccalumera in entrambi i sensi di marcia;
   nel mese di aprile 2015 vi era stato un altro avvenimento che ha inciso negativamente sulla viabilità siciliana, il cedimento del viadotto Himera sull'autostrada Palermo-Catania;
   il costante ripetersi di eventi franosi nell'isola indica un sempre maggiore rischio idrogeologico;
   negli scorsi anni eventi franosi hanno avuto esiti funesti (alluvioni e frane a Messina e Giamplieri);
   nonostante il pericolo per l'incolumità delle persone e il rischio del blocco della viabilità non risultano all'interrogante effettivi sistemi di prevenzione e monitoraggio di tali eventi –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano adottare per quanto di competenza per:
    a) prevenire fenomeni simili;
    b) prevedere meccanismi più rigorosi di controllo del rischio idrogeologico in Sicilia. (4-11043)


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare – con atto n. 724 del 28 novembre 2003 – ha espresso giudizio positivo circa la compatibilità ambientale del progetto relativo al raddoppio del tratto Fiumetorto – Cefalù – Castelbuono della linea ferroviaria Palermo – Messina da realizzarsi nei comuni di Termini Imerese, Campofelice di Roccella, Lascari, Cefalù e Pollina presentato da ITALFERR spa;
   il suddetto parere favorevole è stato espresso a condizione che si ottemperasse a delle specifiche prescrizioni; tra queste, appare opportuno richiamare in questa sede, quella di cui alla lettera c), che testualmente recita: «la schermatura acustica già prevista nell'ambito dello studio di impatto ambientale dovrà essere realizzata in coerenza con le caratteristiche paesaggistiche dei luoghi, anche mediante la realizzazione di ulteriore elementi di mitigazione rispetto a quanto già previsto. Per la progettazione si dovrà valutare la convenienza dell'introduzione di sistemi in grado di captare, utilizzare e convertire l'energia solare, anche pannelli fotovoltaici da inserire nella struttura antirumore in posizione favorevole alla raccolta dell'energia medesima. Nel tratto di attraversamento del Comune di Campofelice di Roccella, si deve prevedere la posa in opera di sistemi di attenuazione in corrispondenza della struttura ferroviaria finalizzati ad abbattere alla sorgente l'intensità delle vibrazioni e del rumore. Si deve concordare, inoltre, con i Comuni interessati l'utilizzo anche congiunto di barriere verticali, quindi arboree e terrapieni; le tipologie e i materiali delle barriere antirumore dovranno essere conformi al Decreto Ministero Ambiente del 29/11/2000»;
   con decreto del Ministero dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 6 dicembre 2000, n. 285, si stabiliscono i criteri tecnici per la predisposizione, da parte delle società e degli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, ivi comprese le autostrade, dei piani degli interventi di contenimento ed abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle infrastrutture stesse, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447;
   le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, inclusi i comuni, le province e le regioni, hanno l'obbligo di individuare le aree in cui per effetto delle immissioni delle infrastrutture stesse si abbia superamento dei limiti di immissione previsti e di determinare il contributo specifico delle infrastrutture al superamento dei limiti suddetti — attraverso la presentazione, al comune e alla regione o all'autorità da essa indicata, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, del piano di contenimento ed abbattimento del rumore prodotto nell'esercizio delle suddette infrastrutture;
   con riferimento all'istanza di nulla osta paesaggistico per il progetto di variante per la realizzazione di opere di mitigazione acustica – nota prot. n. 10903 del 23 agosto 2013 – la Soprintendenza ai beni culturali ed ambientali di Palermo, con nota prot. 1249/516.7 del 24 febbraio 2014, evidenzia che il progetto esecutivo è stato approvato con nota DSA-2007-0019384 del 10 luglio 2007 dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale ha dichiarato l'avvenuta ottemperanza alle prescrizioni; tuttavia nessun atto autorizzativo in merito al progetto esecutivo del 2007 è stato rilasciato dalla stessa Soprintendenza;
   per regolarizzare le difformità tra quanto approvato dalla Soprintendenza e quanto costruito realizzando in parte l'intervento di cui al progetto esecutivo, la ditta ha inoltrato istanza di ammissibilità a compatibilità paesaggistica, assunta agli atti della Soprintendenza con prot. gen. n. 13837 del 25 ottobre 2013; la stessa Soprintendenza, con nota prot. 533/S 16.7 del 30 gennaio 2014, ha dichiarato la compatibilità paesaggistica dei tratti di barriera antirumore a seguito di un ulteriore studio acustico cui è stato dato avvio nel 2011;
   si evidenzia che, tra i fattori non acustici caratterizzanti una barriera, vi è quello relativo alla trasparenza alla luce: si usa, infatti, distinguere tra trasparenza «statica», che diminuisce l'impatto visivo sulle persone che vivono dietro la barriera e trasparenza «dinamica», che permette ai conducenti dei veicoli di orientarsi meglio, contribuendo alla sicurezza; tra i requisiti prestazionali richiesti per i sistemi antirumore, devono essere forniti valori di trasparenza statica e dinamica calcolati in conformità al metodo di prova prescritto dalla UNI EN 1794-2, appendice F;
   occorre rilevare, infine, che, a quanto consta agli interroganti, le opere anti rumore, realizzate in difformità rispetto al progetto originario approvato, non sono state, concordate con i comuni interessati come da prescrizione di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 724 del 28 novembre 2003 –:
   se sia stato acquisito il nulla-osta dei comuni interessati ed il parere del Ministero a parziale modifica del progetto definitivo di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, n. 724 del 28 novembre 2003 e di quello esecutivo approvato con nota DSA-2007-0019384 del 10 luglio 2007;
   se siano state osservate, per la realizzazione delle suddette opere, le prescrizioni contenute nell'appendice F della UNI EN 1794-2 in ordine al calcolo dei valori di trasparenza statica e dinamica;
   se non ritenga opportuno, previa acquisizione delle adeguate relazioni tecnico-economiche, provvedere alla sostituzione delle opere antirumore che sono state realizzate in difformità al progetto definitivo ed esecutivo con barriere trasparenti opportunamente mimetizzate nell'ambito di protezioni vegetali al fine di ridurre l'impatto estetico delle prime o migliorare l'efficacia acustica delle seconde. (4-11045)


   PETRAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la raffineria Eni di Taranto ha una capacità di raffinazione primaria bilanciata di 120 mila barili/giorno e un indice di conversione del 56 per cento ed è in grado di lavorare un'ampia varietà di greggi e di semilavorati. Lavora la maggior parte del greggio prodotto da Eni nei giacimenti della Vai d'Agri, trasportato a Taranto attraverso l'oleodotto Monte Alpi (nel 2014 ne sono state lavorate 2,91 milioni di tonnellate) e produce carburanti per il segmento automotive e per il riscaldamento domestico in particolar modo per il mercato del Sud Italia. La possibilità di effettuare lavorazioni complesse è garantita dalla presenza di un'unità di conversione di residui (RHU) – integrato con un hydrocracking e da un unità di conversione termica a due stadi (visbreaking/thermal cracking);
   nelle immediate vicinanze sorge lo stabilimento della società Hidrochemical Service srl, nata nel 1972 come azienda di servizi e successivamente specializzata nello smaltimento di rifiuti e bonifiche da amianto;
   da un articolo del giornale on-line «ilfattoquotidiano.it» del 17 luglio 2015 intitolato «Taranto, non solo Ilva. La procura apre un'indagine sulle nubi di gas: "Verificare se provengono da Eni e Hidrochemal" si apprende che il pool di magistrati composto dal procuratore Franco Sebastio, dall'aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Giovanna Cannarile, Mariano Buccoliero e Lanfranco Marazia hanno avviato un'inchiesta sulle nubi di gas che periodicamente costringono i tarantini a barricarsi in casa;
   la procura, quindi, ha scelto la stessa strada adottata tre anni fa per l'Ilva: chiedere un incidente probatorio al gip che dovrà nominare un collegio di esperti per procedere alla redazione di una maxiperizia che possa rispondere fino in fondo a una serie di interrogativi;
   la procura chiede di «accertare se dallo stabilimento Eni di Taranto (raffineria), nonché dallo stabilimento Hidrochemical di Taranto si diffondano in modo illecito, gas, vapori, sostanze areiformi o altri composti contenenti sostanze pericolose per la salute dei lavoratori operanti all'interno degli impianti e per la popolazione del vicino centro abitato di Taranto ed eventualmente di altri centri vicini, con particolare riferimento alle emissioni odorigene segnalate nelle decine di denunce in atti»;
   il pool di inquirenti vuole, inoltre, accertare le origini e le cause che hanno determinato la diffusione di quelle nubi di gas per valutare eventuali effetti dannosi per la salute di lavoratori e cittadini;
   nel registro degli indagati, con l'accusa formulata di getto pericoloso di cose in concorso e di violazione del testo unico sull'ambiente, sono finiti in otto: si tratta di Gaetano De Santis, Carlo Settimio Guarrata e Luca Amoruso, direttori della raffineria tarantina dal 10 novembre 2004 al 1 ottobre 2013; Mario Betti, Fabio Cincotti e Alessandro Cao, che si sono succeduti nel ruolo di responsabile operativo della raffineria dal 6 dicembre 2004 sino a oggi, Antonio e Francesco Costatino, che hanno ricoperto la amministratore unico della Hidrochemical Service dal 10 giugno 1997 fino al 6 ottobre 2014;
   una recente sentenza della Corte di Cassazione (sentenza della Cassazione penale sezione 3. numero 12019 del 10 febbraio 2015) riconduce le molestie provocate dalle emissioni di cattivi odori al «getto pericoloso di cose» e riconosce il valore probatorio delle testimonianze dirette, vista l'impossibilità di accertamenti tecnico-scientifici –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e, anche alla luce della partecipazione azionaria dello Stato in Eni, se sia a conoscenza delle misure adottate per risolvere il problema delle emissioni odorigene nella città di Taranto e quali accorgimenti intenda promuovere per quanto di competenza, per fronteggiare il problema.
(4-11050)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRUGNEROTTO e D'INCÀ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recenti articoli di stampa riportano l'allarme lanciato dai rappresentanti sindacali di Flc-Scuola secondo cui in Veneto, nella provincia di Padova, ci sarebbero 700 insegnanti precari da mesi senza stipendio;
   570 insegnanti supplenti avrebbero ricevuto l'ultimo stipendio nel mese di giugno 2015, e sarebbero andati successivamente in disoccupazione fino al 15 settembre 2015, data in cui hanno ripreso l'attività. Da allora i supplenti non avrebbero ricevuto la retribuzione, e buona parte di loro vivono da diversi mesi senza alcuna forma di reddito;
   vi sarebbero inoltre a Padova oltre 200 casi di insegnanti supplenti che non hanno ricevuto né i soldi della disoccupazione, né quelli degli stipendi di settembre e ottobre 2015; secondo Antonio Pantano di Flc Cgil «Nei casi migliori vengono pagati la metà delle ore lavorate, e tra loro ci sono mamme con due bambini che vivono senza stipendio da 4 mesi»;
   i ritardi sarebbero dovuti al fatto che, in base alla nuova legge «La Buona Scuola», i pagamenti ai precari temporanei non sono più a carico dei singoli bilanci d'istituto, ma dello stesso Ministero dell'economia e delle finanze; il problema sarebbe legato ad una questione di accreditamento contabile determinata dal Ministero, e, cioè, le poste di bilancio che dovrebbero essere destinate alle risorse per pagare i precari verrebbero inserite in ritardo;
   la stampa locale riporta il caso di un insegnante padovano che avrebbe ricevuto l'ultimo cedolino dalla scuola relativo a 13 giorni di supplenza effettuata nel giugno 2015 che gli riconosceva 595,49 euro, ma una volta calcolati il conguaglio fondo credito, il debito conguaglio fiscale, quattro addizionali Irpef della regione siciliana (dove avrebbe ancora la residenza anagrafica) e l'addizionale comunale, avrebbe ricevuto soltanto 0,97 centesimi;
   secondo Flc-Scuola anche i supplenti temporanei dovrebbero essere pagati ogni mese; infatti, quando vengono retribuiti con un unico assegno di più mesi, incassano di meno perché più aumenta la somma erogata più aumentano le aliquote fiscali sul totale versato –:
   se sia al corrente dei fatti esposti e quali iniziative urgenti intenda assumere per rispondere alle criticità sollevate in premessa e affinché siano messe al più presto in pagamento le somme dovute.
(4-11038)


   SIBILIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 febbraio 2015 Finmeccanica ed Hitachi hanno annunciato di aver sottoscritto un accordo vincolante in base al quale:
    Finmeccanica si è impegnata a vendere ad Hitachi la propria partecipazione, pari al 40 per cento del capitale, in Ansaldo STS, società ad azionariato diffuso, quotata alla borsa di Milano, al prezzo di 9.65 euro per azione, successivamente corretto a 9.5 euro per azione, a fronte di un dividendo pagato di 0.15 euro per azione; mentre Hitachi si è impegnata ad acquistare da Finmeccanica la totalità delle attività di Ansaldo Breda Spa («Breda»), società privata controllata al 100 per cento da Finmeccanica, con l'esclusione dello stabilimento di Carini (Palermo) e di alcuni contratti, per un valore di 53 milioni di euro;
   secondo i termini dell'accordo concluso tra Finmeccanica ed Hitachi, le due operazioni di acquisto e di vendita di Breda ed Ansaldo STS dovranno essere eseguite contemporaneamente, ossia la vendita da parte di Finmeccanica della partecipazione in una società quotata (Ansaldo STS) è stata subordinata all'acquisto da parte di Hitachi del 100 per cento di una società privata posseduta da Finmeccanica;
   successivamente al perfezionamento dell'operazione tra Finmeccanica ed Hitachi, il 2 novembre 2015, in base all'articolo 102 del Testo unico della finanza (TUF), Hitachi è tenuta ad annunciare l'offerta pubblica di acquisto (OPA) rivolta a tutti gli azionisti di Ansaldo STS per la totalità degli strumenti finanziari in loro possesso (articolo 106 del TUF) ad un prezzo «non inferiore a quello più elevato pagato» (articolo 106 del TUF) da Hitachi per acquisire le azioni di Ansaldo STS nei precedenti dodici mesi. Pertanto il prezzo comunicato da Hitachi, a cui sarebbe stato concordato l'acquisto del 40 per cento di azioni Ansaldo STS, posseduto da Finmeccanica (ovvero 9,5 euro per azione) ha diretta rilevanza sulla posizione degli azionisti di minoranza di Ansaldo STS, posto che quel prezzo costituisce il valore minimo a cui Hitachi è obbligata a lanciare l'OPA;
   avendo Hitachi già acquisito il controllo acquistando il 40 per cento del capitale di Ansaldo STS, ceduto da Finmeccanica, è un fatto pacifico che Hitachi non avrebbe alcun particolare interesse a fissare un prezzo per l'OPA superiore al prezzo dichiarato di 9.5 euro per azione, a cui avrebbe acquistato le azioni;
   in base all'accordo tra Finmeccanica ed Hitachi, Hitachi ha attribuito a Breda un valore positivo di 53 milioni di euro. Breda è una società che, solo negli ultimi cinque anni (2010-2014), ha registrato perdite cumulate (margine operativo lordo) per 1,6 miliardi di euro, ha bruciato cassa per 975 milioni di euro ed ha costretto Finmeccanica a ricapitalizzare la società per 1,3 miliardi di euro. Non può essere seriamente messo in discussione, a quanto consta all'interrogante, che Breda abbia un valore negativo, come anche riconosciuto da primari analisti finanziari internazionali che attribuiscono a Breda un valore negativo tra 200 milioni e 400 milioni di euro, ovvero fino a 453 milioni di euro più alto del valore che Hitachi, apparentemente, avrebbe accettato per acquistare Breda da Finmeccanica: «Attualmente stimiamo un costo d'uscita negativo da Breda di euro 250 milioni» (Deutsche Bank, 21 marzo 2014). «Le perdite rendono Breda un problema irrisolvibile (le perdite cumulate del margine operativo lordo ammontano a circa 0.9 miliardi negli ultimi 8 anni). Ansaldo Breda ha un valore negativo pari a euro 200 MM. Dal nostro punto di vista è impossibile che riesca a trovare una soluzione in modo indipendente. (Equita, 26 giugno 2014). Il valore negativo di Breda è tra meno euro 200 e meno euro 400 milioni. Crediamo che Finmeccanica dovrà pagare un “badwill” per facilitare la vendita di Breda» (ESN, 18 September 2014);
   come riportato nel bilancio di Ansaldo Breda 2014, le attività acquisite da Hitachi rappresentano circa il 93 per cento delle vendite complessive (in base ai dati del 31 dicembre 2014). D'altra parte, durante una conferenza con gli analisti il 24 febbraio del 2015, il Chief Financial Officer di Finmeccanica, Piero Cutilo ha dichiarato: «Il business che rimane in Finmeccanica sarà solo il piccolo sito di Palermo, con attività nel complesso per non più di euro 30 milioni, euro 40 milioni di ricavi annuali ricorrenti in pareggio a livello operativo. Nessuna passività pensionistica o altri oneri di ristrutturazione. Vorrei anche ribadire che, dal 2015 in poi, non ci saranno né attività né effetti significativi sul bilancio del gruppo, sia a livello di EBITDA, sia a livello di flussi di cassa operativi» (Finmeccanica, 24 febbraio 2015). Questo vuol dire per l'interrogante che tutte le attività in perdita di Breda fanno parte del perimetro ceduto ad Hitachi e che il prezzo più alto pagato da Hitachi, rispetto a quanto stimato dagli analisti, non trova alcun presupposto nel fatto che Finmeccanica possa aver mantenuto la parte improduttiva del business che è stata, invece, interamente trasferita ad Hitachi;
   mentre Hitachi ha accettato di pagare per Breda (100 per cento posseduta da Finmeccanica) un prezzo fino a circa 450 milioni di euro in più del valore negativo massimo stimato dagli analisti, Hitachi si è impegnata a corrispondere a Finmeccanica un prezzo (9.5 di euro per azione) per il 40 per cento di Ansaldo STS che valorizza la società – un autentico «gioiello» di tecnologia – circa 450 milioni di euro in meno del valore stimato per Ansaldo STS usando le basi di valutazione per operazioni paragonabili nello stesso settore (Siemens/Invensys, Alstom/divisione di segnalamento di GE, Wabtec/Faiveley Transport);
   dai dati sopra riportati sembrerebbe, dunque, emergere, a parere dell'interrogante, che nell'operazione concordata tra Hitachi ed Finmeccanica il prezzo a cui Hitachi avrebbe acquistato le azioni Ansaldo STS da Finmeccanica risulti significativamente inferiore rispetto al valore stimato, facendo al contempo apparire il prezzo di acquisto di Breda molto più alto del apparire suo valore stimato, con effetti compensativi che si corrispondono in toto (450 milioni si euro). Sebbene l'allocazione del valore tra le due operazioni risulti neutra nei rapporti tra Hitachi e Finmeccanica, ne risulterebbero, invece a giudizio dell'interrogante, fortemente penalizzati gli azionisti di minoranza di Ansaldo STS che si vedranno offrire un prezzo di acquisto ai fini dell'OPA;
   il prezzo effettivo pagato da Hitachi a Finmeccanica per il 40 per cento di Ansaldo STS, attribuendo a Breda una valutazione di 450 milioni di euro inferiore rispetto a quella dichiarata, in linea con la forchetta indicata dagli analisti ed in linea con il minor valore corrisposto per Ansaldo STS, risulterebbe pari a circa 15.0 euro per azione, ossia 58 per cento in più del prezzo dichiarato da Hitachi (9.5 euro). Dal punto di vista di Finmeccanica, attribuire una valutazione (a) di 9.5 euro per azione al 40 per cento di Ansaldo STS e 53 milioni di euro a Breda oppure di (b) 15.0 euro per azione al 40 per cento di Ansaldo STS e 450 milioni di euro al 100 per cento di Breda, è perfettamente equivalente, ma non dal punto di vista di Hitachi. Infatti, grazie al modo particolare con cui il valore è stato distribuito tra l'acquisto di Breda ed il 40 per cento di Ansaldo STS, Hitachi potrà lanciare l'offerta pubblica di acquisto agli azionisti di minoranza ad un prezzo non inferiore a 9.5 euro per azione, invece che ad un prezzo non inferiore a 15 euro per azione: tutto questo va, secondo l'interrogante, a discapito degli azionisti di minoranza di Ansaldo STS che ne posseggono il 60 per cento;
   a parere dell'interrogante, la vendita congiunta e condizionata delle due attività cedute da Finmeccanica, ossia (a) Breda, una società privata interamente posseduta da Finmeccanica e (b) la quota di controllo (40 per cento) in un'azienda quotata (Ansaldo STS) che, in base al Testo unico della finanza, fa scattare l'obbligo di un'offerta pubblica di acquisto sul 60 per cento del capitale di Ansaldo STS, danneggia gli azionisti di minoranza di Ansaldo STS in quanto: l'aver assoggettato la vendita della partecipazione in Ansaldo STS all'acquisto di Breda, non può che aver ridotto il numero di potenziali acquirenti interessati unicamente ad acquisire Ansaldo STS senza dover acquistare anche il 100 per cento di Breda, tanto più che Breda genera flussi di cassa negativi; l'obiettivo da parte di Finmeccanica di massimizzare il valore aggregato della vendita congiunta di Ansaldo STS e Breda non coincide con l'interesse degli azionisti di minoranza di Ansaldo STS di massimizzare il corrispettivo della sola vendita di Ansaldo STS; la possibile non corretta attribuzione del valore della transazione, tra i due cespiti ceduti da Finmeccanica ed acquisiti da Hitachi, sebbene possa risultare neutrale dal punto di vista di Finmeccanica, incide direttamente sugli interessi degli azionisti di minoranza di Ansaldo STS, perché condiziona il livello del prezzo minimo di acquisto a cui Hitachi è obbligata a lanciare l'OPA sul restante 60 per cento in mano alle minoranza; riduce le potenziali «opzioni» a disposizione degli azionisti di minoranza e/o di altri potenziali acquirenti dal momento che, se le quote di controllo di un'azienda quotata vengono acquisite precedentemente all'offerta pubblica d'acquisto ed eccedono 1/3 dei diritti di voto, conferiscono il controllo dell'assemblea straordinaria (esattamente il caso nell'accordo di vendita del 40 per cento della quota di Ansaldo STS), rendendo inefficace qualunque iniziativa a protezione delle minoranza; riduce la trasparenza, rendendo del tutto opaca l'attribuzione del valore alle operazioni concluse privatamente tra Finmeccanica ed Hitachi; potrebbe rappresentare a giudizio dell'interrogante una manipolazione dei prezzi di mercato (ex articolo 185 del TUF) dal momento in cui il prezzo delle azioni Ansaldo STS incorpora il prezzo di 9.5 euro dichiarato da Hitachi per l'acquisto del 40 per cento di Ansaldo STS, ceduto da Finmeccanica ed il conseguente livello dell'offerta pubblica d'acquisto, esattamente come dimostrato dall'andamento di borsa del titolo Ansaldo STS che si tratta intorno a 9.5 euro –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per tutelare gli interessi degli azionisti di minoranza di Ansaldo STS, per assicurarsi che società tecnologicamente avanzate non siano «svendute» a multinazionali estere a spese delle minoranze, e per tutelare il mercato prima che l'operazione di offerta pubblica di acquisto di Hitachi su Ansaldo STS sia perfezionata. (4-11047)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   COSTANTINO, FAVA, SCOTTO, FRANCO BORDO, PELLEGRINO, ZARATTI, AIRAUDO, PLACIDO, FASSINA, RICCIATTI, CARLO GALLI, FERRARA, D'ATTORRE, MARCON, DURANTI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, SANNICANDRO, ZACCAGNINI e FOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha recentemente confermato la volontà di realizzare il ponte sullo Stretto di Messina e, come evidenziato dalla stampa nazionale in questi giorni (http://www.huffingtonpost.it), una fonte di Governo avrebbe dichiarato a microfoni spenti che «Renzi aveva di fronte due strade. O chiedere all'Anticorruzione di Cantone, che chissà come mai si occupa di tutto tranne che dello Stretto, di andare a vedere come si è creato un immane debito per lo Stato o riaprire il dialogo con Salini. Il Premier ha scelto la seconda, riaprendolo informalmente negli ultimi mesi. E il dossier ponte sullo Stretto è stato affrontato anche nei viaggi in Cina, da sempre si parla di capitali cinesi nell'operazione ponte, e in Sud America, dove, tra i rappresentanti di varie imprese, c'erano anche quelli di Impregilo.»;
   tale notizia appare di eccezionale gravità, anche alla luce delle innumerevoli occasioni in cui vari rappresentanti del Parlamento hanno chiesto al Governo di fornire elementi di chiarificazione non solo in relazione all'ammontare delle penali, ma anche alle oscure vicende connesse alla realizzazione del ponte sullo Stretto;
   uno dei principali motivi addotti, da sempre, dal Ministro dell'interno, l'onorevole Angelino Alfano, per sostenere la realizzazione dell'opera è che piuttosto che pagare delle penali sarebbe preferibile costruire il ponte;
   pur tuttavia, le principali associazioni ambientaliste italiane (Fai-Fondo ambientale italiano, Italia nostra, Legambiente, Man-Associazione ambientale per la natura, Wwf), che da anni seguono l'annosa vicenda legata al ponte sullo Stretto di Messina ritengono che non debba essere pagata nessuna penale, tanto che già un anno fa, e segnatamente il 3 ottobre 2014, avevano inviato una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi e all'allora Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi, per chiedere un incontro finalizzato a discutere delle presunte penali richieste per la mancata realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, dove si legge: «Le scriventi associazioni – da sempre interessate alle vicende del ponte sullo Stretto di Messina (un'opera il cui costo al 2012 era di 8,5 miliardi di euro e nel 2012 si aggirava attorno ai 6,2 miliardi di euro) – hanno avuto, proprio a questo proposito incontri il 29 gennaio 2014 con il commissario liquidatore della Stretto di Messina spa, consigliere Vincenzo Fortunato, e il 20 febbraio 2014 con il capo di gabinetto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Giacomo Aiello, e con il responsabile della struttura di missione delle infrastrutture strategiche dello stesso Ministro, Ercole Incalza, da cui è emersa la comune convinzione che, alla luce dei rapporti contrattuali tra Sdm spa (società Stretto di Messina spa e il general contractor), non ci sia alcuna penale da pagare. Infatti, vale la pena specificare che all'articolo 11.19 del contratto 2006 si fanno decorrere i 540 giorni dalla consegna da parte del general contractor al soggetto aggiudicatore (Sdm spa) del “progetto definitivo completo di tutti documenti e delle integrazioni eventualmente richieste”, con l'obbligo in caso di inadempienza di far scattare quanto previsto dall'articolo 44.3 sempre del contratto 2006 nel quale si prevede obbligo di pagare al general contractor solamente le prestazioni correttamente eseguite al momento del recesso, nonché un aggravio del 10 per cento rispetto alla somma totale delle prestazioni. È evidente quindi che il progetto definitivo non può essere considerato “completo” se mancano le “integrazioni richieste”, che sono quelle che si hanno nell'ulteriore fase della procedura di valutazione di impatto ambientale sul progetto definitivo, come viene stabilito dall'articolo 185, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006. Il fatto che non sia mai stato consegnato un progetto definitivo completo viene confermato dall'allora amministratore delegato di Sdm spa e di Anas spa Pietro Ciucci nella sua lettera del 9 novembre 2011 (prot. U 2011-1128) in risposta alle richieste di chiarimento in merito al “pef” contenute in una lettera del 25 ottobre 2011 delle associazioni ambientaliste (ns. prot. DG443/11 SLcp-wwfi), in cui letteralmente si dice nell'ultima pagina, primo capoverso: “in ordine al progetto definitivo dell'opera, sono state avviate e sono attualmente in corso di svolgimento, ai sensi di legge, la procedura volta al rilascio della valutazione di impatto ambientale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in relazione alle varianti introdotte al progetto preliminare e quella per le determinazioni della conferenza dei servizi, entrambe propedeutiche alla finale deliberazione del Cipe sul progetto medesimo”. Peraltro, la situazione non cambia, nella sostanza, anche se si prende in considerazione l'articolo 5.2 dell'atto integrativo 2009 del contratto 2006. Il richiamato articolo dell'atto integrativo 2009, che fa salvi gli articoli da 11.16 a 11.20 del contratto 2006 (e quindi anche l'articolo 11.19), introduce una nuova “fattispecie” e quindi, nella sostanza, un nuovo motivo di recesso, che fa partire i 540 giorni dal momento consegna da parte del general contractor a Sdm spa del “progetto definitivo dell'opera intera” e, a fronte di inadempienza da parte del Cipe, stabilisce che sia riconosciuto ad Eurolink il pagamento delle spese sino a quel momento sostenute, più un 5 per cento di indennizzo sulle spese sostenute. Ma la definizione di “progetto intero”, usata nell'articolo 5.2 dell'atto integrativo 2009, non supera comunque la definizione del “progetto definitivo completo di tutti i documenti e delle integrazioni eventualmente richieste” dell'articolo 11.19 del contratto 2006, come viene ammesso tra le righe dallo stesso Ciucci nella lettera dell'ottobre 2011. La sostanza è che il general contractor Eurolink non ha mai consegnato alla Sdm spa un progetto definitivo “intero” o “completo” che dir si voglia che abbia accolto le integrazioni richieste di una procedura di valutazione di impatto ambientale alla fine della quale si è deciso di non decidere. E soprattutto – è evidente – che a carico dello Stato non c’è alcuna penale da pagare». E infine: «Di questo vorremmo parlare con lei, disponibili anche a fornirle la documentazione in nostro possesso, conosciuta dai Ministeri competenti, a suffragio delle nostre valutazioni e indicazioni di prospettiva»;
   a questa lettera il Governo non ha mai dato risposta e, ad avviso degli interroganti, proprio non si comprendono le ragioni di tale atteggiamento, quando sarebbe quanto mai utile almeno capire se il Governo sia in grado di convenire con le valutazioni espresse dal consigliere Vincenzo Fortunato, il capo di gabinetto Giacomo Aiello e l'ex responsabile della struttura di missione delle infrastrutture strategiche Ercole Incalza, pure considerato che il Sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti Umberto Del Basso De Caro, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata svolta in Commissione VIII (ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati dall'onorevole Serena Pellegrino aveva affermato che da parte del Governo «non c’è alcuna volontà di tenere segreto alcun elemento del contenzioso fra lo Stato e il consorzio Eurolink, facendo ovviamente salvo il fatto che la quantificazione dell'ammontare delle penali che lo Stato dovrebbe pagare può essere fatta solo in sede giudiziale»;
   di fatto, invece, è accaduto che, pure durante la recente discussione delle mozioni sul sistema dei trasporti della regione Calabria e la riattivazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina, il Governo abbia chiesto esplicitamente l'espunzione di tutti gli impegni delle mozioni presentate da Forza Italia e Lega Nord che chiedevano semplicemente di chiarire l'eventuale stanziamento di ulteriori risorse, anche a copertura degli oneri derivanti da procedure di contenzioso con riferimento alla realizzazione del ponte sullo Stretto. Ciò appare agli interroganti alquanto anomalo: infatti, non si comprende, se si è consapevoli di incorrere nel pagamento di eventuali penali, per quali motivi non ci si impegni formalmente a informare il Parlamento sullo stanziamento delle necessarie risorse per farvi fronte –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire gli intendimenti del Governo in relazione a quanto descritto in premessa, quali azioni siano state eventualmente attivate, pure informalmente, per favorire la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e quali elementi si intendano fornire al Parlamento al fine di chiarire l'eventuale stanziamento di risorse, anche a copertura degli oneri derivanti da procedure di contenzioso, con riferimento alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. (3-01837)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha recentemente dichiarato l'intenzione del Governo di procedere con la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
   appena un anno fa, nel corso di un'informativa urgente del Governo sull'eventuale realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore aveva affermato che il Governo né aveva previsto lo stanziamento di risorse per la sua realizzazione, né lo aveva inserito tra le priorità delle grandi opere, ma che, anzi, dal 2013 il Parlamento aveva fatto decadere le concessioni, il Governo aveva messo in liquidazione la società «ponte sullo Stretto» e vi era in atto un contenzioso;
   la realizzazione del ponte sullo Stretto è un'opera di importanza strategica, che deve, tuttavia, essere inserito in un più generale potenziamento e ammodernamento della rete infrastrutturale di tutto il Meridione;
   a fronte dei continui proclami del Governo relativi al rilancio del Sud si continua, invece, ad assistere ad emergenze di ogni genere, dal crollo del viadotto dell'estate 2015 sulla Salerno-Reggio Calabria, all'alluvione che ha colpito la provincia reggina appena dieci giorni fa, alla frana che per settimane ha bloccato l'approvvigionamento idrico di Messina;
   il decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, detto «sblocca Italia», aveva previsto ingenti finanziamenti per lo sblocco di progetti infrastrutturali in Sicilia e in tutto il Sud, ma ne sono stati finanziati appena il 10 per cento –:
   quale sia la situazione attuale rispetto al progetto del ponte sullo Stretto di Messina, anche alla luce dei contenuti delle dichiarazioni del Ministro pro tempore riportate in premessa, e quali siano i programmi del Governo in carica in merito alla sua realizzazione, con particolare riferimento alla prevista tempistica.
(3-01838)


   SANTERINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012 viene approvato l'atto unico stipulato tra Enac e AdR s.p.a. in data 25 ottobre 2012 costituito dalla convenzione per la gestione totale del sistema aeroportuale romano (titolo I) e dal contratto di programma in deroga;
   il 20 ottobre 2015 l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha informato in un comunicato la conclusione dell’iter istruttorio di approvazione tecnica del nuovo «masterplan» dell'aeroporto di Fiumicino, «dimensionato all'orizzonte temporale del 2044», dopo il lavoro tecnico congiunto tra la direzione centrale infrastrutture e spazio aereo dell'Enac e la società di gestione Aeroporti di Roma;
   tra le decisioni prese risulta importante quella della costruzione della quarta pista per l'aeroporto «Leonardo da Vinci» di Roma;
   la costruzione della nuova pista sarebbe necessaria per l'aumento del traffico passeggeri previsto per il principale scalo romano, senza precisare se ad esso corrisponda un pari incremento dei voli;
   secondo il «masterplan» l'ampliamento dell'aeroporto è previsto in tre fasi di realizzazione:
    a) fase 1 al 2021, con il completamento delle infrastrutture nelle aree a sud, realizzazione della nuova pista di volo 16CL/34CR (pista 4) e vie di rullaggio correlate;
    b) fase 2 al 2028, con la prima fase funzionale del nuovo terminal passeggeri e dei nuovi piazzali aeromobili nord;
    c) fase 3 al 2044, ulteriore potenziamento delle infrastrutture di volo e delle aree terminali;
   la stima sommaria degli interventi, come emerge dai primi elementi forniti per la definizione del piano economico finanziario, prevede una spesa complessiva per gli interventi di lungo periodo pari a 6,4 miliardi di euro circa, corrispondenti alle seguenti soglie temporali: al 2021 1,4 miliardi di euro circa; al 2028 3,9 miliardi di euro circa; al 2044 l'intero importo pari a 6,4 miliardi di euro circa;
   la costruzione della quarta pista, però, ha sollevato dubbi e discussioni, anche da parte di esponenti degli enti territoriali, sul conseguente impatto ambientale;
   al riguardo è stata registrata la prudenza del Ministro interrogato nella conferenza stampa congiunta tenutasi sempre il 20 ottobre 2015 presso l'aeroporto di Fiumicino sui progetti di espansione dell'aeroporto romano;
   il Ministro interrogato, infatti, ha affermato che «le opere si fanno discutendo con i territori, valutandone i vantaggi e gli svantaggi pubblicamente: la nuova ipotesi a cui sta lavorando Adr è molto più conservativa, più modesta e quindi credo che vada presa in considerazione. Per ora, per i prossimi 3-4 anni, pensiamo a sviluppare le opere che abbiamo messo in cantiere e che davvero faranno fare il salto di qualità allo scalo. Il problema, invece, dello sviluppo di Fiumicino nord è collocato in una zona temporale molto avanzata: adesso stiamo sviluppando Fiumicino sud, è questa la nostra priorità. Avremo tempo per discutere con gli enti locali pubblicamente i pro ed i contro di un eventuale, se ci sarà, allargamento a nord»;
   la proposta di concertare tali piani di sviluppo è stata molto apprezzata dagli enti locali interessati e dalle associazioni di cittadini che hanno avanzato dubbi e perplessità sull'opportunità di procedere ad un intervento di cui occorre verificare la necessità e che risulterebbe comunque invasivo per l'ambiente –:
   se il nuovo «masterplan» dello sviluppo dell'aeroporto di Fiumicino di recente sottoscritto da Enac e Adr ed illustrato alla stampa il 20 ottobre 2015 sia stato o dovrà essere sottoposto all'approvazione del Ministro interrogato, come certamente necessario in particolare se il citato «masterplan» sostituisca integralmente il precedente inserito nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2012 sopra citato. (3-01839)


   TULLO, CAROCCI, BASSO, ERMINI, GIACOBBE, MARIANI, MARCO MELONI, VAZIO, MOGNATO, MINNUCCI, FIORIO, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tracciato dell'alta velocità ferroviaria è attualmente caratterizzato in Italia da due grossi rami che vanno da Torino a Trieste e da Milano al Sud del Paese;
   in questo contesto Genova, come rileva l'Istituto internazionale delle comunicazioni, che non è attraversata da nessuno dei due tracciati, rimane praticamente isolata dal resto del Paese;
   oggi, da Genova si raggiungono le più importanti città limitrofe (Firenze, Roma, Milano, Torino, Nizza) con materiale rotabile in prevalenza obsoleto e con tempi di percorrenza lontani «anni luce» dalle normali prestazioni di un moderno trasporto ferroviario;
   questa situazione limita la mobilità dei cittadini genovesi e liguri, per tale ragione il comune di Genova e la regione Liguria stanno valutando le proposte contenute nel piano predisposto dall'Istituto internazionale delle comunicazioni e, in particolare, l'ipotesi di un treno veloce che colleghi Savona, Genova, La Spezia a Roma, passando per Firenze;
   secondo il piano, una serie di misure sono attuabili nel breve periodo tramite un accordo con Trenitalia, prevedendo anche miglioramenti consistenti per le altre tratte Genova-Milano, Genova-Torino, Genova-Nizza, che possono essere migliorate con un'accurata scelta delle stazioni di arrivo/partenza e delle soste intermedie, in un'ottica punto-punto;
   oltretutto nel settore aereo si sta creando una situazione monopolio di Alitalia, con il rischio, nella più assoluta assenza di concorrenza anche da parte del vettore ferroviario, di un aumento delle tariffe;
   per questa ragione è necessario puntare sul trasporto ferroviario, che, oltre a facilitare la mobilità dei genovesi, potrebbe rispondere alle esigenze dei viaggiatori attirati dai punti di forza della città che è sede del più grande porto italiano, di gruppi industriali, quali Ansaldo e Ilva, dell'Istituto italiano di tecnologia –:
   se intenda promuovere un piano della mobilità ferroviaria, in accordo con il comune di Genova, con la regione Liguria e con Trenitalia, per trasformare gli attuali collegamenti in collegamenti veloci, senza cambi intermedi, ottimizzando gli orari e scegliendo le stazioni in cui è necessario effettuare le fermate. (3-01840)


   MATARRESE, DAMBRUOSO, D'AGOSTINO e VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dagli anni ’90 la programmazione finanziaria si è caratterizzata per una sistematica riduzione delle risorse destinate alle infrastrutture del Mezzogiorno, con una rilevante differenza di investimenti per opere infrastrutturali tra Nord e Sud, a vantaggio delle regioni del Centro-Nord;
   gli effetti di questa riduzione appaiono evidenti dall'evoluzione delle dotazioni infrastrutturali che nel Mezzogiorno hanno registrato solo modesti miglioramenti rispetto ad avanzamenti più significativi nel Centro-Nord; il risultato a livello europeo è che, secondo i dati più recenti (2013) sul Regional competitiveness index (Rci)-infrastructure ovvero in termini di «competitività regionale infrastrutturale», le regioni del Sud Italia sono agli ultimi posti nella graduatoria delle 259 regioni «Nuts 2» dell'Unione europea a 28;
   secondo quanto si evince dai dati del rapporto Svimez 2015, gli interventi approvati dal Cipe alla fine del 2014 ammontano nel Centro-Nord a quasi 113 miliardi di euro, 11 miliardi in più rispetto all'ottobre del 2013, nel Mezzogiorno il costo delle opere ammonta a circa 36 miliardi di euro, quasi un miliardo in meno del 2013. Nelle regioni centro-settentrionali gli interventi deliberati dal Cipe rappresentano il 58,6 per cento di quelli previsti nell'allegato al documento di economia e finanza, mentre nel Mezzogiorno si fermano ad appena il 39,5 per cento. Inoltre, le opere con delibera Cipe ultimate nel Centro-Nord sono il 38,4 per cento di quelle ultimate nell'allegato al documento di economia e finanza e solo il 20,9 per cento nel Mezzogiorno;
   nella programmazione delle risorse future andrebbe assegnata maggior priorità soprattutto alle infrastrutture del settore trasporti, alle interconnessioni tra le regioni italiane e ai completamenti e al potenziamento delle dotazioni infrastrutturali ferroviarie e portuali (e la connessa retroportualità), se si vuole realmente inserire gli scali meridionali nei corridoi infrastrutturali (Ten-T5) e commerciali, collegandoli, quindi, al Nord del Paese e all'Europa. Un buon sistema di trasporti contribuirebbe sicuramente a determinare non solo la competitività e la localizzazione delle imprese, ma anche la qualità della vita dei cittadini;
   l'analisi dei dati riportati anche in molti articoli di stampa e relativi alle opere ferroviarie progettate da Rete ferroviaria italiana in alcune regioni del Sud Italia sono sufficienti per delineare un quadro, seppur non perfetto nei dettagli, delle esigenze in termini di risorse per il completamento delle dotazioni infrastrutturali ferroviarie nel Mezzogiorno: in Basilicata ammonterebbero a circa 1.863 milioni di euro, quelle relative alla Calabria ammonterebbero a 1.875 milioni di euro, mentre per la Sicilia si attesterebbero a circa 8,8 miliardi di euro;
   in particolare, in Basilicata il contratto di programma del Governo con Rete ferroviaria italiana prevederebbe i seguenti interventi:
    a) la variante di Amendolara e le rettifiche del tracciato sulla Metaponto/Sibari/bivio S. Antonello avrebbero un costo stimato di circa 260 milioni di euro;
    b) la Potenza-Metaponto avrebbe un costo previsto di 646 milioni di euro;
    c) per la tratta Battipaglia-Potenza il costo complessivo sarebbe di 491 milioni di euro;
    d) per la tratta della nuova linea Ferrandina-Matera La Martella sarebbe stimato un costo complessivo di 265 milioni di euro;
   in Calabria si prevede il raddoppio della tratta Paola-Cosenza (tratta bivio S.Antonello-bivio S.Lucido), con un costo previsto di 718 milioni di euro. Per la stazione di Reggio Calabria e per l'abbassamento del piano dei binari e l'intubamento del tratto urbano occorrerebbero circa 200 milioni di euro;
   i dati del contratto di programma della Sicilia evidenzierebbero che il complessivo ammontare degli interventi programmati dal Governo sarebbe di 12,53 miliardi di euro. Parte di queste risorse sono già state stanziate, ma restano da finanziare l'intervento relativo alla tratta Raddusa-Agira-Fiumetorto nell'ambito del nuovo collegamento Palermo-Catania che avrebbe un costo stimato di 5.277 milioni di euro e il raddoppio della tratta Giampilieri-Fiumefreddo sull'itinerario Messina-Catania che costerebbe 2,3 miliardi di euro;
   l'indirizzo che il Governo intende dare alla politica infrastrutturale nazionale è sicuramente volto al potenziamento ferroviario nelle regioni del Sud Italia e questa tendenza si evince dal parere favorevole dato alla recente mozione Matarrese ed altri n. 1-01001 approvata dalla Camera dei deputati nella seduta n. 492 di martedì 29 settembre 2015. Nell'atto si impegnava l'Esecutivo a ridurre gradualmente e secondo obiettivi definiti e programmati il divario infrastrutturale nel settore dei trasporti tra le regioni del Sud Italia e quelle del Centro-Nord, con particolare riferimento alla rete autostradale e ferroviaria, nonché a completare i lavori di sviluppo infrastrutturale progettati da Rete ferroviaria italiana, con particolare riferimento alla necessità di potenziare i servizi e i collegamenti di Trenitalia nelle regioni del Sud Italia, al miglioramento dell'alta velocità e dell'alta capacità e all'introduzione di nuove tratte veloci in aree del Mezzogiorno ancora non coperte;
   nel «Masterplan per il Mezzogiorno» presentato il 4 novembre 2015 dal Governo, inoltre, si fa esplicito riferimento alla necessità di potenziare le infrastrutturale del Sud Italia quale obiettivo fondamentale da raggiungere per consentire di riequilibrare il gap esistente tra le regioni del Nord e quelle del Sud;
   i singoli Patti per il Sud contenuti nel Masterplan, che fanno riferimento agli interventi prioritari da effettuare nelle singole regioni del Mezzogiorno, dovrebbero essere sottoscritti entro fine dicembre 2015, per essere poi già operativi dal 1o gennaio 2016 –:
   se le opere infrastrutturali citate in premessa saranno parte integrante dei singoli Patti per il Sud del «Masterplan per il Mezzogiorno», quali altre opere prioritarie saranno previste per le altre regioni meridionali e quali saranno le risorse e le tempistiche programmate per il loro completamento. (3-01841)


   BIANCOFIORE e BRUNETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l’Autostrada del Brennero s.p.a., in data 29 luglio 1999, aveva ottenuto l'affidamento della concessione dell'autostrada A22 Modena-Brennero e la medesima concessione prevedeva, quale data di naturale scadenza, il 30 aprile 2014;
   l'articolo 8-duodecies del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, come modificato dall'articolo 2, comma 202, della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), ha disposto, per le tratte autostradali in concessione con scadenza entro il 31 dicembre 2014, l'obbligo per l'Anas s.p.a., entro il 31 marzo 2010, di avviare le procedure ad evidenza pubblica per l'individuazione dei nuovi concessionari in ottemperanza alle norme europee e in pendenza di procedura d'infrazione;
   risulta da pubblicazioni che nell'estate 2011 venisse definito un bando di gara avente ad oggetto l'affidamento in concessione della costruzione e gestione dell'autostrada A22 Modena-Brennero;
   risulta da notizie rese pubbliche che il Consiglio di Stato, con sentenza del marzo 2014, abbia annullato il bando di gara citato;
   in virtù di tale pronuncia del Consiglio di Stato, risultava necessario avviare nuovamente il procedimento di gara per l'affidamento della concessione in questione;
   in conformità con la normativa nazionale e sovranazionale vigente, l'Autorità di regolazione dei trasporti provvedeva ad avviare – nell'aprile 2014 con delibera n. 23 del 2014 – la consultazione per lo schema di bando di gara relativo all'affidamento della concessione e gestione dell'autostrada Modena-Brennero A22;
   risulta che l'Autorità di regolazione dei trasporti abbia ricevuto osservazioni scritte ai quesiti di natura regolatoria di cui all'allegato A della delibera n. 23 del 2014 e che la stessa abbia di recente pubblicato le relative linee guida;
   la procedura di gara descritta non risulta, tuttavia, essere stata avviata e anzi, da articoli di stampa, risultano essere state attivate delle trattative tra il Governo italiano e la Commissione europea volte all'ottenimento della proroga dell'affidamento della concessione e gestione dell'autostrada A22 proprio alla società Autostrada del Brennero s.p.a., anche attraverso il meccanismo del cosiddetto affidamento in house;
   da alcuni articoli di stampa emerge un sospetto parallelismo tra l'affidamento diretto alla società A22 (partecipata dalle province autonome di Bolzano e Trento), attraverso l’escamotage di una riattribuzione ad una new.co costituita esclusivamente dagli stessi enti locali della concessione in house, e il voto di alcuni senatori espresso in occasione dell'esame di un rilevante provvedimento;
   la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati ha recentemente «spacchettato» il nuovo codice degli appalti approvato al Senato della Repubblica e il nodo cruciale risulta essere proprio quello delle concessionarie autostradali, provocando il disappunto dell'Autorità nazionale anticorruzione, che attendeva pieni poteri sulla questione;
   risulta un singolare attivismo sulla questione presso la Commissione europea da parte del Sottosegretario agli affari regionali, che ha competenza diretta in merito;
   all'Autorità nazionale anticorruzione sono stati affidati i poteri di «vigilanza e controllo» sugli appalti, che, nel caso in questione, non sembrano essere stati esercitati, forse perché non messa adeguatamente a conoscenza dei fatti;
   la società Autostrada del Brennero s.p.a. incassa rilevanti pedaggi autostradali, anche dopo l'avvenuta scadenza della concessione e, a quanto risulta dai bilanci resi pubblici, non ha in corso investimenti significativi per migliorare la tratta in gestione;
   a quanto consta, la concessione in argomento non è della tipologia della cosiddetta convenzione unica, che, per le concessionarie che vi sono soggette, prevede un meccanismo di riconoscimento tariffario in funzione degli investimenti realizzati –:
   se il Ministro interrogato sia determinato a ricorrere al cosiddetto affidamento in house per la gestione dell'autostrada A22 e, in caso affermativo, quali siano stati i passaggi per l'approvazione di detta soluzione, se fra questi vi sia il previo assenso dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dell'Autorità nazionale anticorruzione, le quali, in più occasioni, hanno manifestato la necessità che venga assicurata la massima trasparenza ed il principio nazionale e comunitario della concorrenza attraverso l'assegnazione della concessione scaduta tramite procedura ad evidenza pubblica, e se non intenda chiarire, nel caso di specie, il regime concessorio che regolamenta il rapporto tra ente concedente e società concessionaria, al fine di verificare se alla società Autostrada del Brennero s.p.a. sia riservato un trattamento tariffario di favore, sganciato da corrispondenti obblighi di realizzare investimenti, e se, a far data dalla scadenza della concessione, gli utili continuino ad essere incassati dalla società Autostrada del Brennero s.p.a., ovvero se siano acquisiti alle casse dello Stato, stante l'avvenuta scadenza della concessione.
(3-01842)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dell'economia e delle finanze per sapere – premesso che:
   in data 4 settembre 2015, così come riportato da più organi di stampa, si è tenuta a Foggia una manifestazione di protesta dei braccianti agricoli, i quali hanno denunciato le condizioni di sfruttamento sia a sfondo lavorativo che razzista cui i lavoratori sono sottoposti;
   la rete che si è mobilitata ha dichiarato che: «... i responsabili di questa situazione sono i commercianti all'ingrosso e al dettaglio e le industrie agroalimentari favorite dalle istituzioni. È da loro che pretendiamo risposte. Per questo oggi siamo scesi in piazza, uniti senza distinzione di nazionalità, per dire no allo sfruttamento in agricoltura. Non è possibile che un lavoratore debba guadagnare appena 3 euro a cassone (300 kg) di pomodori, e per raggiungere un salario dignitoso ne deve riempire almeno 25. L'indice di sfruttamento è altissimo. Ecco perché noi chiediamo alle istituzioni di far rispettare il contratto collettivo nazionale, introducendo il pagamento a ore e non a cottimo. Diciamo no al caporalato e chiediamo il rilascio dei permessi di soggiorno...»;
   «... un chilo di pomodori raccolto in Puglia viene pagato meno di 8 centesimi al chilo. Non coprono i costi di produzione e di raccolta, ma alimentano una catena dello sfruttamento che occorre spezzare...». È la denuncia del presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che indica le priorità da seguire nella lotta allo sfruttamento del lavoro agricolo: «... condanna assoluta del caporalato e confronto serio su costi di produzione e prezzi (...) benvenute tutte le norme per sconfiggere il caporalato — aggiunge il presidente della Coldiretti — ma il ragionamento dei prezzi, costi di produzione e ciò che si deve riconoscere ai produttori, è parallelo per sconfiggere il caporalato»;
   in tema di sfruttamento dei braccianti agricoli vi è da portare all'attenzione dei Ministri interrogati un fatto particolare: la questura di Foggia da più di un anno richiede proprio la residenza per poter rinnovare il permesso di soggiorno, nonostante non sia un requisito previsto dalla normativa (articolo 7 commi 7 e 8 TUI, decreto legislativo n. 286 del 1998). Di conseguenza, accade che diverse centinaia di persone che si trovano nella provincia foggiana hanno perso e stanno perdendo un valido titolo di soggiorno e vengono così costrette alla marginalizzazione e all'illegalità. La rete di autorganizzazione dei braccianti afferma che: «... la legge italiana prevede in questo caso l'iscrizione anagrafica come senza fissa dimora. Per questo chiediamo che tutti i comuni della provincia di Foggia istituiscano un indirizzo fittizio e applichino la normativa...»;
   sarebbe quantomai necessario verificare nelle filiere di prodotto agroalimentare la presenza di «cartelli» finalizzati a fissare un bassissimo prezzo all'origine –:
   se i Ministri interpellati non reputino opportuno assumere iniziative affinché la questura di Foggia faccia rispettare il testo unico sull'immigrazione; (articolo 7, commi 7 e 8, TUI, decreto legislativo n. 286 del 1998), che non obbliga alla fissa dimora ai fini dell'ottenimento del permesso di soggiorno e nell'agire della questura di Foggia non intravedano il rischio di incrementare il mercato dello sfruttamento della manodopera straniera, in quanto sprovvista di permesso di soggiorno, quindi maggiormente soggetta a fenomeni di marginalizzazione e caporalato;
   se i Ministri interrogati non reputino di fare proprie le rivendicazioni di associazioni, braccianti agricoli e sindacati circa l'applicazione del contratto collettivo nazionale così come descritto in premessa, e se non ritengano necessario un intervento pubblico per un riequilibrio del prezzo del prodotto all'origine in favore dei produttori;
   se non reputino di dover effettuare i dovuti controlli fiscali presso le grandi imprese della produzione e della distribuzione di prodotti agricoli, al fine di procedere su più fronti d'azione per destrutturare una delle componenti che favorisce il fenomeno del caporalato nella sua complessità;
   se non ritengano necessario attivare forme di intermediazione legale attraverso la «Rete del lavoro agricolo di qualità», implementandola con il collocamento pubblico e il trasporto pubblico dei braccianti, in modo da sostituire il servizio di reperimento di manodopera a basso costo che il caporalato svolge in determinati territori e stagioni;
   se i Ministri interpellati siano in grado di fornire i dati relativi a quali e quante prefetture abbiano rilasciato o stiano rilasciando i permessi di soggiorno a chi non è munito di residenza utilizzando il nuovo sistema di autocertificazione come già previsto dal testo unico sull'immigrazione (articolo 7, commi 7 e 8, del decreto legislativo n. 286 del 1998).
(2-01161) «Zaccagnini, Scotto».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   giovedì 5 novembre 2015 è stato pubblicato un comunicato stampa dell'Unione sindacale di base (USB) dove il sindacato lamenta una mancata autorizzazione della questura a una manifestazione nazionale;
   il comunicato cita che «La Questura di Roma ha negato l'autorizzazione al corteo indetto per il prossimo 20 novembre a Roma, in occasione dello sciopero generale nazionale dei lavoratori pubblici, proclamato per la stessa giornata dall'USB Pubblico Impiego contro la Legge di Stabilità 2016»;
   secondo la USB il motivo della mancata autorizzazione da parte della questura di Roma è da attribuire a una direttiva prefettizia dove si sostiene che la manifestazione «si sarebbe dovuta svolgere in giorno lavorativo in difformità dall'ordinanza prefettizia che prevede lo svolgimento dei cortei nelle giornate di sabato e domenica» e che la centralità del percorso prescelto comporterebbe «gravi ripercussioni sull'ordine e la sicurezza pubblica»;
   dal comunicato stampa gli interroganti apprendono «che non è stato possibile conoscere il testo della direttiva prefettizia a cui si fa riferimento nel divieto (la direttiva n. 182692 del 26 giugno 2015) e che l'USB ne sta richiedendo accesso agli atti, ai sensi della legge 241 del 1990»;
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intenda rendere pubblico o fornire chiarimenti circa il contenuto della direttiva prefettizia n. 182692 del 26 giugno 2015.
(2-01156) «Massimiliano Bernini, Daga, Crippa, Terzoni, Benedetti, Basilio».

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un cittadino tunisino che si fa chiamare Mohamed Ben Sar, approdato a Lampedusa nel mese di ottobre 2015, ha affermato di essere un perseguitato politico, chiedendo su queste basi di essere ammesso ai benefici riconosciuti ai meritevoli di tutela internazionale;
   la Tunisia, tuttavia, è uno dei pochi Paesi usciti dalle «primavere arabe» con istituzioni politiche pluralistiche, come prova la celebrazione di più elezioni multipartitiche, che hanno permesso l'alternarsi di Governi vicini alla Fratellanza musulmana e poi laici;
   Mohamed Ben Sar è risultato ad un più attento esame essere Ben Nasr Mehdi, cittadino tunisino sottoposto a sette anni di carcere dopo essere stato fermato nel 2007 a Novellara, in provincia di Reggio Emilia e recluso negli istituti di pena italiani, prima di essere rispedito in patria;
   Ben Nasr Mehdi è risultato gestire cellule jihadiste impegnate a Damasco;
   più di recente, Ben Nasr Mehdi si è proposto come punto di riferimento per le reclute pronte a partire per Libia e Siria;
   l'identificazione del pericoloso jihadista è stata fatta grazie al confronto con le impronte digitali, acquisite nel 2007;
   in seguito all'avvenuta identificazione, Ben Nasr Mehdi è stato immediatamente arrestato e trasferito in Tunisia, dov’è stato consegnato alle autorità locali;
   la notizia è stata a lungo tenuta nascosta, non si sa bene per quali ragioni;
   non è la prima volta che un terrorista si confonde fra le decine di migliaia di clandestini che sbarcano sulle coste italiane, come prova il recente caso del jihadista pakistano, Mohammad Bilal, recentemente fermato a Sailetto, in provincia di Mantova, in seguito alle proprie attività di propaganda sul web finalizzata al reclutamento di aspiranti terroristi, anche lui giunto a suo tempo nel nostro Paese con i barconi –:
   alla luce dei due episodi segnalati in premessa, se il Governo sia ancora persuaso che via mare non arrivino insieme ai profughi ed ai migranti economici anche pericolosi jihadisti e quali iniziative si conti di mettere in campo per individuarli ed impedir loro di sbarcare nei porti italiani. (3-01834)


   ABRIGNANI, BORGHESE, BUENO, D'ALESSANDRO, FAENZI, GALATI, MERLO, MOTTOLA, PARISI e FRANCESCO SAVERIO ROMANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'8 dicembre 2015 avrà inizio il Giubileo straordinario della misericordia, che si concluderà il 20 novembre 2016;
   Sua Santità Papa Francesco ha annunciato l'indizione del Giubileo il 13 marzo 2015;
   rispetto all'ultimo Anno santo, quello celebrato nel 2000, le autorità cittadine e statali hanno avuto pochi mesi a disposizione per farsi trovare pronti all'evento;
   al Giubileo del 2000 presero parte 25 milioni di persone tra pellegrini e turisti;
   secondo un rapporto del Censis di luglio 2015, a Roma, per il prossimo Giubileo, è atteso un afflusso di 33 milioni di persone tra pellegrini e turisti;
   l'amministrazione comunale di Roma, dopo le note vicende che recentemente hanno coinvolto il Campidoglio, è retta da un commissario prefettizio;
   l'Isis ha più volte citato la città di Roma nei suoi messaggi di terrore rivolti al mondo occidentale;
   dopo le orrende azioni di guerra e rappresaglia messe in atto in Siria e in Iraq, il terrorismo di matrice islamica, nel gennaio 2015, ha colpito duramente la Francia con la strage nella sede del periodico Charlie Hebdo ed all'interno di un supermercato kosher nella città di Parigi;
   oltre agli attentati nel cuore dell'Europa, l'Isis sembra essere dietro agli attacchi compiuti in alcuni Paesi islamici moderati, quali la Tunisia, la Turchia e l'Egitto;
   proprio l'Egitto, secondo quanto pare emergere in queste ore dalle indagini in corso, sarebbe stato sede dell'ultimo gravissimo attentato islamista che ha portato all'esplosione di un aereo russo ed alla morte di 224 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio;
   nell'aprile 2015 alcuni organi di stampa hanno dato notizia di un manuale messo in rete dall'Isis in cui si annunciava la «presa di Roma» dopo sette mesi, data che coincide proprio con l'inizio del Giubileo;
   le minacce rivolte contro la cristianità, in particolare contro il Vaticano e la città di Roma, si sono fatte sempre più frequenti negli ultimi mesi;
   l'Esposizione universale di Milano, appena conclusa, è stato certamente un successo anche dal punto di vista della gestione della sicurezza, ma occorre tenere presente che si è tenuto per un periodo più limitato ed in un'area più circoscritta, mentre il Giubileo coinvolgerà tutta la città di Roma che è grande 11 volte la città di Milano e che l'afflusso previsto è di gran lunga superiore e spalmato su un arco temporale quasi doppio –:
   quali misure di sicurezza il Governo abbia messo in campo per prevenire i rischi per la sicurezza dei milioni di pellegrini e turisti che, dall'8 dicembre 2015 fino al 20 novembre 2016, prenderanno parte al Giubileo straordinario della misericordia. (3-01835)


   LUPI, DORINA BIANCHI e VIGNALI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge cosiddetto «del fare» (decreto-legge n. 69 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98) in vigore dal 21 agosto 2013, modifica l'articolo 202 del codice della strada, prevedendo una decurtazione del 30 per cento della sanzione amministrativa pecuniaria per violazioni alle norme dello stesso codice;
   per usufruire di tale decurtazione occorre che il pagamento da parte del soggetto che non ha osservato le norme del codice della strada «sia effettuato entro cinque giorni dalla contestazione o dalla notificazione della multa»;
   nel verbale di accertamento delle contestazioni delle infrazioni al codice della strada che la polizia locale di Milano invia all'utente responsabile della violazione, si afferma che: «ai sensi e per gli effetti dell'articolo 3 della legge n. 890 del 1982, il presente verbale viene notificato attraverso il servizio postale. Come previsto dal comma 3 dell'articolo 149 del codice di procedura civile, la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del verbale al servizio postale. Entro questa data s'intende ottemperato il termine previsto per la notifica dalla normativa vigente»;
   in realtà, il codice di procedura civile al comma 3 dell'articolo 149 (notificazione a mezzo del servizio postale) prevede che: «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell'atto»;
   il servizio polizia locale del comune di Milano, pertanto, sembra aver citato in termini incompleti la normativa vigente nel corso della procedura seguita per la notificazione di violazioni del codice della strada, in quanto nel verbale si riscontra, come già detto, che la notifica stessa si perfeziona, per il soggetto notificante al momento della consegna del verbale al servizio postale, mentre l'articolo 149, comma 3 del codice di procedura civile prevede che: «la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e per il destinatario dal momento in cui lo stesso ha la legale conoscenza dell'atto»;
   la Corte costituzionale, con le sentenze n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004, ha introdotto nell'ordinamento il principio della scissione (per i soggetti) del momento di perfezionamento della notificazione. Si è, cioè, riconosciuto che è ormai presente, nell'ordinamento processuale civile e nelle norme generali e speciali sulla notificazione degli atti, il principio in base al quale la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante (cioè nel caso di procedimento dell'applicazione delle sanzioni amministrative per l'organo di polizia stradale che ha proceduto all'accertamento del fatto) nel momento in cui essa si perfeziona per il destinatario (trasgressore o obbligato in solido cui il verbale è diretto);
   tuttavia, relativamente alla funzione che sul piano processuale la notificazione svolge per il notificante, resta fermo che la produzione degli effetti ricollegati alla notificazione stessa, è condizionata al perfezionamento del procedimento notificatorio anche per il destinatario e che, quando la legge prevede a favore o a carico di costui termini, adempimenti o comunque conseguenze decorrenti dalla notificazione, essi devono calcolarsi o correlarsi al momento nel quale la notifica si perfeziona nei suoi confronti (in tal senso, l'ordinanza della Corte costituzionale n. 153 del 2004 e la sentenza n. 28 del 2004);
   inoltre, con la sentenza n. 477 del 2002 la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 149 del codice di procedura civile e dell'articolo 4, comma 3, della legge 20 novembre 1982, n. 890, e ha fissato il principio valido per le azioni di notificazione di atti, in qualunque ambito del diritto, secondo cui esiste una scissione temporale in ordine agli effetti prodotti dalla notificazione, nel senso che gli effetti stessi si producono per il notificante al momento della consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario (o al messo comunale) o all'agente postale (se la notifica avviene a mezzo posta), mentre per il destinatario al momento dell'effettiva ricezione dell'atto stesso, ovvero di altro evento che, nel rispetto della posizione di questo, sia normativamente equiparato alla ricezione (Corte costituzionale, sentenza 23 gennaio 2004, n. 28, che ha confermato il principio della scissione degli effetti della notifica tra attori e destinatari dell'atto giuridico da notificare);
   nella prassi amministrativa, inoltre, nella circolare del Ministero dell'interno – ufficio affari legislativi e coordinamento studi ed analisi datata 23 settembre 2003, si precisa, commentando gli effetti della sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2002, n. 447, che la pronuncia si applica solo a quella attività della pubblica amministrazione particolarmente esposte ad effetti di decadenza, causati dal ritardo nel compimento della notifica da parte degli ufficiali giudiziari o degli agenti postali. Pertanto, non è intaccato il diritto di difesa dell'opponente, che vede comunque garantito il termine per il pagamento della sanzione, ovvero per il ricorso all'autorità amministrativa. Tale certezza è offerta dalla data di ricezione dell'atto, attestata dall'avviso di ricevimento della notifica. Da quella stessa data decorrono i termini imposti al destinatario dell'atto per esercitare il diritto alla difesa costituzionalmente garantito –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di fornire chiare indicazioni circa l'esatta interpretazione della norma citata in premessa. (3-01836)

Interrogazione a risposta orale:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella notte tra il 9 e i 10 novembre 2015 è stato fatto esplodere dell'esplosivo per rapinare l'ufficio postale di Grottole;
   sono stati prelevati circa 10 mila euro però inutilizzabili a causa dell'inchiostro antirapina, ma risultano ingenti i danni alla struttura ricordando che l'ufficio postale è ubicato lungo via Nazionale ed è nei pressi di altre abitazioni private;
   già nella notte tra venerdì e sabato 31 luglio-1o agosto 2015 a Grottole intorno alle 3 di mattina si è verificato un tentativo di rapina presso lo stesso ufficio postale;
   anche allora la carica era di potenza non irrilevante;
   in merito al citato caso l'interrogante aveva già presentato un atto di sindacato ispettivo (n. 3-01655) in attesa di risposta;
   il ripetersi di questi episodi non può essere sottovalutato soprattutto perché non hanno desistito dal tentativo di rapina mettendo a rischio anche l'incolumità dei residenti –:
   di fronte a tale nuovo preoccupante episodio, quale iniziative si intendano adottare in sede di comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico del territorio in questione al fine di rafforzare il controllo per uffici postali ed istituti di credito, contrastare simili atti criminali e realizzare una più efficace azione di prevenzione e deterrenza. (3-01831)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, DELL'ORCO, LIUZZI e DE LORENZIS. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che il 19 ottobre 2015, in piena notte è stato assaltato l'ufficio postale di via Tripoli nella frazione di Ficarazzi di Aci Castello, in provincia di Catania; dalle mura dell'edificio è stato sradicato il distributore automatico di banconote, con un bottino di venticinquemila euro;
   i malviventi hanno raggiunto il loro scopo utilizzando un camion, rubato da un cantiere di Catania, che aveva a bordo una pala meccanica;
   nessuno degli abitanti dello stabile, che ospita l'ufficio postale, ha sentito qualcosa, nonostante il furto fosse avvenuto alle ore 4,30 di notte e che la pala meccanica, poi abbandonata sul posto, facesse molto rumore;
   nel Comune di Motta S. Anastasia, in provincia di Catania, nella notte tra sabato 17 e domenica 18 ottobre 2015 vi è stato un tentativo di furto all'ufficio postale in via Terre Nere;
   il pronto intervento delle forze dell'ordine ha sventato il furto che aveva come obiettivo, anche questa volta, il distributore automatico di carta moneta;
   il tentativo di furto all'ufficio postale di Motta S. Anastasia ha danneggiato la facciata dello stabile e lo stesso bancomat;
   il segretario provinciale della Cisl – Poste catanese ha dichiarato che gli ultimi episodi ai danni delle poste di Ficarazzi, di Aci Castello e di Motta S. Anastasia rappresentano solo la punta dell’iceberg di un'emergenza che riguarda la sicurezza del personale postale e i gravi disagi causati ai cittadini-utenti delle poste –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere per porre in atto misure che mettano in sicurezza tutti gli uffici postali della provincia di Catania;
   se non intendano assumere iniziative per destinare risorse, uomini e mezzi, per scongiurare le scorribande della criminalità contro gli uffici postali e garantire l'incolumità dei lavoratori e dei cittadini/utenti;
   se non ritengano di avere elementi sufficienti per valutare, alla luce degli episodi sopra esposti, che vi sia una particolare attenzione della criminalità catanese verso gli uffici postali di tutta la provincia e quali iniziative di competenza intendano adottare. (5-06918)


   MARGUERETTAZ. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 17 giugno 2015 i presidenti di regioni e province autonome hanno partecipato ad una riunione della cabina di regia per l'esame delle problematiche relative al sistema di accoglienza migranti;
   in quella sede il prefetto capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione affermò di aver individuato nella struttura denominata «Ex Hotel Lanterna», sita nel comune di Saint-Pierre, una collocazione utile per i richiedenti asilo ospitati in Valle d'Aosta;
   in quella stessa data, il presidente della regione autonoma Valle d'Aosta fece presente che l'immobile individuato, la cui proprietà è, tra l'altro, oggetto di contenzioso tra la regione ed il Ministero, non era assolutamente idoneo all'accoglienza di persone, perché in condizioni estremamente degradate;
   in data 22 giugno 2015 il presidente della regione Valle d'Aosta scriveva al capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione (Prot. n. 5065/GAB PREF) per ribadire l'inadeguatezza della struttura ex Hotel Lanterna, ad accogliere delle persone e per rappresentare, parallelamente, l'esigenza che la presidenza della regione e il sindaco di Saint-Pierre fossero informati di ogni eventuale iniziativa, nonché coinvolti nel suo seguito e nei sopralluoghi eventuali, assicurando, al contempo, la totale collaborazione;
   tale lettera è ancora oggi in attesa di risposta mentre, in data 6 ottobre 2015, veniva inviata ai prefetti – quindi anche al presidente della regione nell'esercizio delle funzioni prefettizie attribuitegli dall'ordinamento costituzionale – una nota (n. 14106) da parte del capo dipartimento, dalla quale si evinceva che la struttura «ex Hotel Lanterna» di Saint-Pierre era stata inserita tra gli hub regionali, nel quadro della roadmap presentata dall'Italia alla Comunità europea per l'accoglienza dei migranti;
   nell'allegato 3 alla suddetta nota, veniva data una tempistica di utilizzo della struttura ex Hotel Lanterna, per l'accoglienza di 250 richiedenti asilo, ricadente nel primo semestre del 2016;
   il presidente della regione Valle d'Aosta, con nota Prot. n. 8198/GAB PREF del 16 ottobre 2015, ha rappresentato al capo dipartimento tutta la sua perplessità e il disappunto, in particolare constatando che, malgrado la disponibilità offerta, il dipartimento non avesse interloquito con gli enti direttamente coinvolti e diffidando il Ministero a voler intraprendere qualsivoglia ulteriore iniziativa sull'immobile in questione;
   il tribunale di Torino, in data 29 settembre 2014, con sentenza di primo grado ora appellata, aveva dichiarato la regione autonoma Valle d'Aosta proprietaria del complesso immobiliare «Ex Hotel Lanterna», condannando il Ministero dell'interno al rilascio di tale bene, libero da persone e cose, in favore della regione stessa;
   all'interrogante, oltre a quanto su scritto, sorgono anche una perplessità ed una preoccupazione sul materiale prodotto al Presidente del Consiglio per illustrare la Roadmap per l'accoglienza dei migranti alla Commissione europea, in quanto la struttura individuata nella regione Valle d'Aosta, stante a quanto di conoscenza dell'interrogante, non potrebbe comunque, sia per il contenzioso in essere con la regione, sia per il degrado dell'immobile, essere usufruibile nel primo semestre del prossimo anno e questa situazione lederebbe la credibilità dei nostri intenti in sede europea;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e se non ritenga opportuno verificare la situazione con gli uffici preposti, promuovendo una loro maggiore collaborazione con la regione autonoma Valle d'Aosta e se intenda, e con quali eventuali azioni e investimenti, proseguire sulla scelta di inserire l'ex hotel Lanterna tra gli hub regionali, non considerando invece più opportuno rivedere la decisione assunta, la cui realizzazione, soprattutto nei tempi indicati alla Commissione europea, appare fortemente improbabile. (5-06920)


   MARAZZITI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le disposizioni di legge vigenti in materiali minori stranieri non accompagnati e le circolari del Ministero dell'interno e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali dispongono la presa in carico del minore da parte dei servizi sociali del comune nel cui territorio ricade la struttura che li accoglie e, indipendentemente dalla fonte di finanziamento, sono a carico del comune in cui ricade la struttura ospitante le spese sostenute per l'accoglienza del minore straniero;
   l'Ente morale educandato Regina Elena e conservatori raggruppati, con sede legale in Catania via Cifali, 61, da anni accoglie i suddetti minori, molti dei quali nel frattempo diventano maggiorenni e rimangono in istituto fino al compimento del 21o anno di età nel rispetto delle norme vigenti e fino ad oggi il comune di Catania ha pagato solo parzialmente le rette maturate nel corso del periodo 2013/2015, rimanendo debitore di una somma superiore a due milioni di euro;
   lo stato attuale porta l'Ente morale suddetto in uno stato temporaneo di dissesto, in quanto la mancata riscossione delle rette maturate ed il loro parziale pagamento con molto ritardo, crea difficoltà enormi nell'assicurare i servizi dovuti e produce dilazioni nel pagamento delle retribuzioni dei dipendenti –:
   quante risorse siano state già trasferite al comune di Catania dalle amministrazioni dello Stato per la copertura del servizio;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intendano intraprendere per evitare la cessazione del servizio e garantire i livelli occupazionali. (5-06922)

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 9 novembre 2015 nel corso della puntata del programma televisivo Le Iene in onda sul canale televisivo Italia 1 è stato trasmesso un servizio nel quale è stata presentata una vicenda incredibile;
   infatti, è emerso che tra i beni confiscati alla mafia ed assegnati dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata alla questura di Palermo (argomento sul quale l'interrogante il 16 giugno 2015 ha già depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-09484, alla quale non è ancora pervenuta una risposta, nonostante quanto previsto dall'articolo 134 del regolamento della Camera) vi è un appartamento ubicato a Palermo di fronte al commissariato di polizia di Brancaccio;
   tale appartamento risulta essere stato confiscato con decreto n. 70442 nel settembre del 2000, ed assegnato alla questura di Palermo il 18 ottobre 2001. Orbene, la figlia della persona a cui è stato confiscato l'appartamento ha dichiarato ai giornalisti inviati de Le Iene di essere in possesso delle chiavi di tale appartamento, le quali – sempre secondo quanto dichiarato dalla signora – le sarebbero state consegnate dai poliziotti molto tempo fa;
   appare chiaro che questa situazione è inaccettabile. Peraltro, appare inverosimile che a consegnare queste chiavi sia stato un organo periferico della questura di Palermo e nemmeno la dirigenza del prospiciente commissariato di Brancaccio che non ha alcun potere in merito a questi alloggi e non ne possiede nemmeno le chiavi. Occorre, inoltre, segnalare che l'attuale questore di Palermo, dottor Guido Longo, è stato nominato da pochi mesi e non sembra essere stato mai informato della vicenda –:
   se quanto descritto in premessa trovi conferma;
   se il Ministro non ritenga di dover aprire un'indagine interna al fine di stabilire quando tali chiavi siano state consegnate e da chi, anche al fine di accertare chi in quel momento ricoprisse le cariche di questore e vicequestore di Palermo e dirigente dell'ufficio tecnico logistico della questura di Palermo;
   se risultino documenti scritti, presso l'ufficio tecnico logistico di Palermo, che attestino un eventuale cambio della serratura della porta d'ingresso di tale appartamento, in un momento successivo all'assegnazione alla questura. (4-11048)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane la società editrice Mondadori ha proceduto ad acquistare per 175 milioni di euro la società editrice Rizzoli;
   va evidenziato che la società acquirente aveva richiesto sin dal 2013 lo «stato di crisi» prorogato fino all'anno in corso;
   nel corso di questo periodo di tempo numerosi giornalisti del gruppo sono stati indotti a lasciare il lavoro attraverso i meccanismi di anticipo della pensione ed altri hanno dovuto far ricorso agli ammortizzatori sociali scaricando costi dalla incidenza rilevante sulle casse del già fragile Inpgi istituto, di previdenza dei giornalisti;
   dal 2010 ad ottobre 2015 l'azienda ha fatto registrare 81 prepensionamenti dal costo per lo Stato di 10.483.960 euro; per i contratti di solidarietà nel periodo intercorso tra il 2013 ed il 2015 lo Stato ha pagato in termini di oneri 3.602.567 euro e 3.681.896 euro per quanto riguarda la cassa integrazioni guadagni;
   nel giugno 2015 è stato sottoscritto in sede Frig e con la partecipazione della Fnsi un nuovo contratto di solidarietà in cui i 250 giornalisti circa della Mondadori hanno accettato una solidarietà al 15 per cento. Di questo 15 per cento, il 10 per cento è a carico dello Stato, il 60 per cento dell'Inpgi e la parte restante decurtata dal reddito dei giornalisti;
   queste operazioni hanno consentito di risanare i conti dell'azienda che è tornata a far registrare utili soprattutto nell'ambito dei periodici;
   l'amministratore delegato anche attraverso pubbliche interviste come quella rilasciata al Sole 24 ore il 6 novembre 2015 ha potuto annunciare l'uscita dalla crisi e l'abbattimento dell'indebitamento da parte di Mondadori;
   tale successo si è declinato anche attraverso premi rilevanti che hanno fatto crescere in maniera esponenziale la retribuzione da amministratore delegato;
   ma il processo di razionalizzazione non si ferma qui, tant’è che la direzione del personale ha comunicato al comitato di redazione della Mondadori che i giornalisti che rimarranno a Roma lavoreranno in modalità «smart working»;
   lo smart working è una figura non ancora disciplinata nel nostro ordinamento e fa riferimento ad una prestazione di lavoro subordinato che si svolge al di fuori dei locali aziendali con un orario medio annuale inferiore senza l'obbligo di utilizzare una postazione fissa;
   questa opzione dovrebbe riguardare i giornalisti dei periodici i quali attraverso un comunicato stampa del comitato di redazione hanno già sollevato preoccupazioni sui proprio futuro e respinto la proposta;
   l'azienda ha infatti comunicato che dall'11 dicembre 2015, 5 giornalisti su 10 saranno trasferiti a Milano e si tratta di 3 giornalisti di Sorrisi e Canzoni e 2 giornalisti di Panorama mentre altri 5 giornalisti, la cronista parlamentare di Chi e 4 giornalisti di Panorama, resterebbero, invece, a Roma per lavorare in modalità smart working non meglio specificata senza possibilità di appoggiarsi ai nuovi uffici se non per eccezionali occasioni di rappresentanza;
   tale modalità soprattutto in riferimento allo smart working in assenza di un quadro legislativo chiaro rischia di modificare, ulteriormente la professione giornalistica assecondando solo le necessità delle case editrici –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali modalità di ristrutturazione poste in essere da parte della Mondadori e se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, attivando un tavolo di confronto al fine di verificare innanzitutto le modalità dei processi riorganizzativi adottati nel corso di questi anni dall'azienda, soprattutto grazie al contributo dello Stato, nonché la possibilità di scongiurare l'introduzione dello smart working in assenza di una specifica previsione normativa garantendo gli attuali livelli occupazionali senza trasferimenti. (3-01830)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MICCOLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Società Uptime spa società informatica che si occupa in particolare di progettazione, realizzazione e gestione di call center e di sistemi elettronici per la telecomunicazione, mediante tecnologie evolute, nasce il 1o gennaio 2003 dalla cessione del ramo d'azienda «call center» della Sda Express Courier, azienda del gruppo Poste italiane;
   dopo tale data, 140 lavoratori della Sda Express Courier passano alle dipendenze della Uptime spa alle stesse condizioni economiche e normative della precedente società. L'assetto societario di Uptime spa risulta così composto: 50 per cento della quota a Gepin Contact, 30 per cento a Omega Call Center 20 per cento a Sda Express Courier;
   le attività cedute da Sda Express Courier ad Uptime spa, nello specifico, riguardano: assistenza clienti e help desk Sda, gestione numero verde di Poste Italiane e assistenza clienti, reclami per pacco celere 1, pacco celere 3 e pacco ordinario;
   nel 2009 fallisce Omega Call Center e l'assetto e societario di Uptime spa viene rivisto: 70 per cento delle quote a Gepin Contact, 30 per cento a Sda Express Courier. I lavoratori di Omega, tutti licenziati, decidono di fare causa per interposizione di manodopera ad Uptime spa – il contratto in essere era quello tra Poste e Uptime – e vengono reintegrati negli anni successivi;
   nel febbraio del 2015 il presidente di Gepin Contact e azionista di maggioranza di Uptime, Enzo Zavaroni, finisce in carcere con l'accusa di bancarotta fraudolenta relativa ad una società da lui gestita in anni precedenti, ossia Getek Information Communication Tecnology srl, operante nel settore informatico e nei servizi software, fallita nel 2012. Da qui il ramo «contact center» di Gepin viene venduto ad una società immobiliare, la Samo Italia srl;
   a seguito di questa vicenda, a giudizio dei lavoratori e dei sindacati di Uptime spa, inizia a farsi strada la notizia che le attività gestite dalla stessa saranno inserite in un bando di gara e che esista una precisa volontà di Poste di dismettere la partecipazione azionaria in Uptime spa detenuta attraverso Sda Express Courier;
   a conferma di tali intenti, in data 21 luglio 2015, in una lettera a margine dell'incontro tra organizzazioni sindacali e Sda Express Courier, avvenuto nei locali della Direzione generale di Poste italiane, viene assicurata da Sda la massima attenzione ed il rispetto delle normative vigenti nell'indizione della gara stessa;
   il 18 settembre 2015 le organizzazioni sindacali sono a chiedere un nuovo incontro teso a comprendere il futuro dell'azienda controllata Uptime la quale, si descrive nella lettera, «vive ormai da tempo una situazione di forte incertezza e aleatorietà». Sempre nella medesima missiva le organizzazioni sindacali annunciano la possibile pianificazione di «diverse forme di protesta» se non saranno chiariti gli intenti aziendali per la salvaguardia del lavoratori coinvolti;
   il 14 ottobre 2015, a seguito di varie richieste, avviene l'incontro tra le organizzazioni sindacali territoriali del Lazio di Filt Cgil, Fit Cisl e Uil trasporti e rappresentati di Sda Express Courier. Quest'ultima così dichiara: «nel premettere di aver manifestato attenzione alla situazione occupazionale, ha informato la delegazione sindacale che il servizio verrà assicurato sino al 31 marzo 2016». In merito alle informazioni circa la gara aggiunge, inoltre, di poterle eventualmente rendere «al momento dell'aggiudicazione della gara stessa, con particolare riferimento al sistema di regole chiaro e trasparente ad essa sotteso». Infine, alle preoccupazioni delle organizzazioni sindacali circa le possibili ricadute occupazionali dell'operazione, la Sda Express Courier «si è manifestata disponibile a fornirne spiegazioni in un successivo incontro, che le Parti già fissano per il giorno 25 novembre, alle ore 11, presso la sede di Fedit»;
   il 16 ottobre 2015 si è tenuta una assemblea tra i lavoratori e le Organizzazioni Sindacali durante la quale, queste ultime, hanno comunicato che le segreterie nazionali unitarie dei trasporti si stavano attivando per richiedere alle corrispondenti segreterie delle telecomunicazioni (TLC) – che seguono come dipartimento i rapporti con Poste Italiane – un confronto con Poste al fine di aprire un tavolo negoziale riguardante, nello specifico, la Società Uptime;
   il 5 novembre 2015 i lavoratori Uptime hanno effettuato un presidio davanti la sede di Poste italiane per manifestare i propri timori in merito alla vicenda ed hanno annunciato di voler proseguire con la mobilitazione fino a quando Poste italiane non deciderà di avviare il citato confronto con le organizzazioni sindacali ed i lavoratori stessi al fine di tracciare precise garanzie sul futuro occupazionale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle dinamiche esposte;
   quali iniziative intenda intraprendere per la salvaguardia occupazionale dei lavoratori di Uptime. (5-06925)

Interrogazione a risposta scritta:


   PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Condenser, situata a Ispra in provincia di Varese, è una società che fa parte del Grupporeco, partner dei principali produttori nel settore refrigeration & dishwashing;
   l'azienda costituisce il naturale prolungamento dell'attività di Remsa, centro di riferimento tecnologico per lo sviluppo di prodotti e processi di Grupporeco, dall'accessoristica in filo per frigoriferi alla circuiteria termodinamica dell'apparecchio (circuiti evaporanti);
   Condenser, nel corso degli anni, si è evoluta focalizzando le proprie risorse umane in termini di centro tecnologico impegnato nello sviluppo di prodotti e processi, che sono avviati e testati in loco, per poi essere anche trasferiti, chiavi in mano, nella fabbrica polacca di Reco Polska;
   la crisi nel settore elettrodomestico ha colpito anche l'azienda di Ispra. I motivi della chiusura, a detta dell'amministratore, sarebbero principalmente due: la delocalizzazione nei Paesi esteri dei principali clienti e la scelta di altre società di realizzare i componenti nel proprio Paese;
   i 109 operai, tutti nella fascia d'età compresa tra 40 e 50 anni, resteranno senza impiego, con le ovvie difficoltà dovute al ricollocamento di chi, non giovanissimo, è ancora troppo lontano dall'età pensionabile;
   la cassa integrazione straordinaria, infatti, terminerà nella prossima estate e per l'azienda del Grupporeco si avvieranno mobilità e licenziamenti, eccetto un paio di persone che dovrebbero restare in attività come guardiani del complesso;
   la Condenser prosegue adesso l'operatività in Polonia, dove, però, la crisi inizia ad affacciarsi ed anche per questi motivi non è in previsione alcun trasferimento di lavoratori varesini nelle sedi estere;
   la situazione di difficoltà della fabbrica si protrae comunque da molti anni: nel 2008, infatti, 40 lavoratori erano già stati messi in mobilità –:
   quali iniziative i Ministri interrogati intendano promuovere, per quanto di competenza, per far ripartire lo stabilimento dando lavoro alle maestranze e rilanciare l'economia dell'area industriale di Varese. (4-11040)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   GULLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il business dell'agromafia fattura in Italia circa 14 miliardi di euro;
   la criminalità controlla in molti territori la distribuzione e talvolta anche la produzione di molti prodotti;
   l'indebolimento generale del tessuto economico ha determinato una notevole disponibilità di manovalanza;
   da un'indagine di Coldiretti sul prezzo dell'illegalità, presentata al Forum internazionale dell'agricoltura e dell'alimentazione di Cernobbio, emerge che il 61 per cento dei disoccupati è disposto ad accettare un posto di lavoro in un'attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro, mentre l'8 per cento è pronto anche a commettere reati;
   la disponibilità di capitale e la possibilità di condizionare parte degli organi preposti alle autorizzazioni e ai controlli determina che le agromafie si muovono con maggiore facilità rispetto all'imprenditoria legale;
   le agromafie si sono appropriate di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta;
   tutto ciò ha compromesso in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy;
   in molti casi i prodotti risultano contaminati e/o avariati con rischi per la salute;
   recenti servizi giornalistici e televisivi di, Rai e Mediaset hanno evidenziato la relativa facilità con cui si riesce ad aggirare le regole e i controlli italiani ed europei –:
   quali iniziative urgenti intendano intraprendere, per quanto di competenza, per:
    a) prevedere azioni più incisive di controllo della produzione del settore;
    b) prevedere forme di supporto, anche economico per gli operatori del settore agricolo. (4-11042)


   GULLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'agricoltura rappresenta il 17 per cento del prodotto interno lordo italiano;
   l'annata agraria 2014/2015 presenta una sensibile riduzione delle intenzioni di semina dichiarate dagli agricoltori;
   l'ISTAT indica una diminuzione della superficie destinata a semina da parte dei coltivatori, prevedendo per il 2014-2015 una riduzione del –1,3 per cento;
   tali decrementi riguardano le superfici destinate a frumento tenero (-7,6 per cento), mais da granella (-8 per cento), sorgo (-8,5 per cento), tabacco (-26,2 per cento), colza e ravizzone (-6,5 per cento), girasole (-0,7 per cento), «altre piante industriali» (-30,2 per cento); pomodoro (-1,9 per cento), legumi freschi (-0,3 per cento), «altre ortive» (-9,9 per cento), mais da foraggio (-20,1 per cento), patate (-3 6 per cento) e barbabietola da zucchero (-3,9 per cento);
   il trend generale non risulta dei migliori visto che lo scorso anno sarà ricordato nella storia per il taglio nei raccolti di tutti i prodotti agricoli dell'autunno italiano con la produzione di olive ridotta del 30 per cento, la produzione d'uva in netto calo, il raccolto di castagne sceso al minimo storico;
   gli operatori del settore rilevano che le previsioni per il futuro non appaiono positive;
   le esportazioni di prodotti agricoli sono in crescita ma la produzione è in netto calo –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per:
    a) prevedere azioni determinanti per il rilancio del settore;
    b) prevedere forme di supporto, anche economico per gli operatori del settore agricolo. (4-11044)


   MASSIMILIANO BERNINI, TERZONI, LUPO, L'ABBATE e GAGNARLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il rinvio della pubblicazione del diario della prova scritta d'esame del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la nomina di 393 allievi agenti del Corpo forestale dello Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo (articolo 7, comma 1, del bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale Concorsi ed esami n. 85 del 3 novembre 2015);
   le sedi, i giorni e l'ora di svolgimento della prova scritta d'esame del concorso pubblico per titoli ed esami per la nomina di 393 allievi agenti del Corpo forestale dello Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo, indetto con decreto del Capo del Corpo forestale dello Stato del 3 febbraio 2015 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 4a serie speciale «Concorsi ed esami» n. 11 del 10 febbraio 2015), saranno resi noti mediante avviso che sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana 4a serie speciale «Concorsi ed esami» del 25 marzo 2016;
   è opinione degli interroganti che questo rinvio preclude quella mobilità tanto attesa proprio da quella categoria di agenti ed assistenti che da anni sono «costretti» nelle sedi di prima assegnazione, ma anche e soprattutto perché si inibisce la possibilità di partecipare ad altri concorsi pubblici a circa 10 mila giovani che, con le migliori intenzioni, avevano presentato domanda per il concorso nel lontano febbraio 2015;
   solleciti per l'avvio di tali procedure concorsuali si sono ripetuti in diverse sedi ed anche in Parlamento, attraverso diverse interpellanze al Ministro Martina, che si era fatto carico del problema evidenziando il danno grave che si sarebbe creato con ulteriori rinvii;
   in ultimo c’è stata l'approvazione in commissione agricoltura della risoluzione n. 8/141 a firma Sani nella quale si ribadisce l'importanza del Corpo forestale dello Stato e dell'alto profilo dei suoi effettivi e quindi si impegna il Governo ad assumere iniziative per rendere immediatamente attivi sul territorio gli agenti del Corpo forestale dello Stato che stanno frequentando il corso «Fiume Brembo», al fine di una loro pronta operatività sui territori caratterizzati da situazioni di grave e perdurante criticità ed in primo luogo nei comuni interessati dalla emergenze «terra dei fuochi» e «Xylella fastidiosa» –:
   quali siano i motivi che hanno portato alla decisione di rinviare la prova scritta d'esame del concorso pubblico, per titoli ed esami, per la nomina di 393 allievi agenti del Corpo forestale dello Stato riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale, in servizio o in congedo. (4-11049)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   l'intesa n. 82 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 10 luglio 2014 (patto della salute 2014-2016), riguarda in particolare:
    all'articolo 1, la determinazione del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e dei fabbisogni regionali, costi-standard e LEA;
    all'articolo 5, commi 24 e 25, l'emergenza urgenza territoriale;
    all'articolo 23, l'assistenza farmaceutica;
    all'articolo 24, i dispositivi medici;
   la stessa intesa precisa, all'articolo 30, comma 2, che in caso di modifiche e normative sostanziali e/o degli importi di cui all'articolo 1, l'intesa dovrà essere oggetto di revisione;
   l'intesa n. 98 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano che nella seduta del 5 agosto 2014 ha approvato l'intesa sullo schema di decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, concernente il regolamento di definizioni degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. In proposito, si rammenta l'atto di rettifica n. 198 effettuato nella seduta del 13 gennaio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano riguardo l'intesa n. 98 del 5 agosto 2014 indicata precedentemente;
   il comma 398 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 23 dicembre 2014), il quale, nel modificare l'articolo 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014 n. 66, dispone, alla lettera c), che «Per gli anni 2015-2018 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, è incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalità di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale»;
   il comma 400 e seguenti dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 23 dicembre 2014) recante norme per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che stabiliscono che le regioni e province autonome medesime, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica, in termini di indebitamento netto e in termini di saldo netto da finanziare pari a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 513 milioni di euro per l'anno 2018;
   il comma 414 dell'articolo 1, della legge di stabilità 2015 (legge 190 del 23 dicembre 2014) dispone che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano assicurino il finanziamento dei livelli essenziali di assistenza come eventualmente ai sensi dei commi a 398 a 417;
   l'intesa n. 37 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 26 febbraio 2015, reca disposizioni in merito all'attuazione della legge di stabilità (legge 190 del 23 dicembre 2014);
   il decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015, regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera, prevede in particolare:
    al comma 2 del articolo 1, che: «Le regioni provvedono entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto (p.l.) per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, nonché i relativi provvedimenti attuativi, garantendo, entro il triennio di attuazione del patto per la salute 2014-2016, il progressivo adeguamento agli standard di cui al presente decreto, in coerenza con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale (SSN) e nell'ambito della propria autonomia organizzativa nell'erogazione delle prestazioni incluse nei livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni.»;
    al punto 2.1 dell'Allegato 1 che: «La programmazione regionale provvede alla definizione delle rete dei posti letto ospedalieri per acuti, attribuendo ai presidi ospedalieri pubblici e privati accreditati le relative funzioni entro il limite di 3 posti letto per mille abitanti (...)»;
   l'Intesa n. 113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in data 2 luglio 2015, concerne la manovra sul settore sanitario. Quest'ultima sancisce e conviene di verificare e di rivedere il patto della salute 2014-2016 secondo i punti A; B; C; D; E; F; G; H; I; J presenti nell'intesa medesima. In particolare:
    il punto G. Rideterminazione Livello Finanziamento Ssn prevede:
     «1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica cui all'articolo 46, comma 6 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 e in attuazione di quanto stabilito dall'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano in data 26 febbraio 2015, prevista dall'articolo 1, comma 398, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato, come stabilito dall'articolo 1, comma 556, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è ridotto dell'importo di 2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015. Conseguentemente per l'anno 2015 le risorse disponibili per il Servizio Sanitario Nazionale sono pari a 109.715 miliardi di euro e per l'anno 2016 sono pari a 113.097 miliardi di euro, che saranno ripartiti in base agli attuali criteri previsti dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.
     2. Le Regioni a seguito di quanto convenuto al Punto E) dell'Intesa del 26 febbraio 2015, in relazione alla previsione di rideterminazione del livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale ivi contenuta, hanno iniziato a porre in essere azioni di contenimento ed efficientamento della dinamica della spesa dei propri SSR»;
    il punto H. Misure Alternative prevede:
     «1. Governo e regioni convengono che, al fine di salvaguardare i livelli essenziali di assistenza, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono comunque conseguire l'obiettivo economico-finanziario di cui alla presente Intesa adottando misure alternative, purché assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario con il livello di finanziamento ordinario»;
   il decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2015, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali all'articolo 9-bis prevede:
    «1. In attuazione della lettera E. dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 26 febbraio 2015, e dell'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 2 luglio 2015, si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 9-ter a 9-octies»;
   l'impatto economico della manovra per il 2015 è così riassumibile:
    beni e servizi: rinegoziazione dei contratti di acquisto dei beni e servizi (778 milioni di euro; rinegoziazione dei contratti di acquisto dei dispositivi medici (550 milioni di euro);
    farmaceutica: revisione del prontuario (a partire dal 30 settembre); rinegoziazione prezzo farmaci biotecnologici con brevetto scaduto (importo indicato nell'Intesa n. 111 del 2 luglio 2015 stimato in «almeno 500 milioni di euro l'anno»);
    inappropriatezza: riduzione delle prestazioni inappropriate di specialistica ambulatoriale (106 milioni di euro); riduzione dei ricoveri di riabilitazione ad altro rischio di inappropriatezza (89 milioni di euro);
    farmaceutica: effetto automatico pay-back derivante dal mancato incremento del livello di finanziamento (308 milioni di euro);
    regolamento ospedaliero: riduzione dei ricoveri delle strutture con meno di 40 posti letto (12 milioni di euro); riduzione delle spesa di personale a seguito della razionalizzazione della rete ospedaliera (68 milioni di euro); riorganizzazione della rete assistenziale di offerta pubblica e privata (130 milioni di euro);
    investimenti finanziati con contributo in c/esercizio (300 milioni di euro);
   il quadro sinottico del settore «salute e politiche sociali» della segreteria della Conferenza delle regioni in merito al decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, recante disposizioni urgenti in enti territoriali prevede tre colonne comprendenti il testo della legge, l'Intesa della Conferenza Stato-regioni n. 113, e le osservazioni;
   con la determinazione n. 1.252 del 25 settembre 2015 l'Agenzia italiana del farmaco ha individuato i nuovi prezzi di rimborso dei medicinali biotecnologici, non indicando, tranne che per un farmaco, alcuna informazione riguardo agli esiti della negoziazione;
   con la determinazione n. 1267 del 6 ottobre 2015, l'Agenzia italiana del farmaco ha individuato nuovi prezzi di rimborso dei medicinali per uso umano a carico del servizio sanitario nazionale. Le informazioni contenute nel provvedimento non permettono l'individuazione delle efficienze effetto della negoziazione. Inoltre, le classi terapeutiche presenti, oggetto della rinegoziazione, non sono tutte quelle presenti nell'Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali Osmed-Aifa 2014, sezione 6, consumi e spesa per classe terapeutica e dati epidemiologici;
   nella risposta all'interpellanza urgente n. 2-01118, riguardo alla gestione della spesa farmaceutica territoriale ed ospedaliera, a prima firma della parlamentare Giulia Grillo, durante la seduta del 23 ottobre 2015, il Governo ha riferito come, complessivamente, la manovra porterà un risparmio per il servizio sanitario nazionale su base annuale di 314,3 milioni di euro, corrispondente ad un risparmio di 701,1 milioni di euro fino al 31 dicembre 2017»;
   nell'audizione della Corte dei Conti del 3 novembre 2015, durante l'esame del disegno di legge di stabilità per l'anno 2016, è stata prodotta documentazione che dà conto, per singole regioni, di una verifica del tetto alla spesa per i dispositivi medici nel 2014 –:
   se e quali attività di monitoraggio il Governo abbia avviato al fine di verificare l'adeguamento delle regioni al decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125;
   quali siano gli esiti delle attività di monitoraggio suddivisi per singola regione nonché per le province autonome di Trento e Bolzano;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo in caso di mancata aderenza al decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, da parte di una regione o provincia autonoma;
   se e con quali iniziative il Governo, abbia sollecitato l'agenzia italiana per il farmaco a rispettare quanto previsto dalle misure ai punti D1, D2, D3 dell'Intesa n. 113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   quali siano state le eventuali misure alternative messe in atto, così come ipotizzato al punto H. Misure Alternative dell'Intesa n. 113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   se le manovre citate in premessa siano da considerarsi strutturali anche per gli anni a venire.
(2-01160) «Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Colonnese, Di Vita, Lorefice, Mantero, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Cozzolino, Dadone, Daga, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Rosa, Del Grosso, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Dieni, D'Incà, D'Uva, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli».

Interrogazione a risposta orale:


   SOTTANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto n. 96 del 7 ottobre 2015 del Presidente della regione Abruzzo, in qualità di commissario ad acta; avente ad oggetto «Art. 30 del decreto legislativo 23 giugno 2011 n. 118: Finanziamento degli interventi operativi per la qualificazione e il potenziamento della Rete di Emergenza Urgenza Territoriale e delle Prestazioni del 118», la regione Abruzzo ha riorganizzato la rete dell'emergenza urgenza territoriale e delle prestazioni del 118;
   il piano prevede che la postazione del 118 del comune di Isola del Gran Sasso venga privata dell'infermiere con il dimezzamento delle ore di volontariato del soccorso nella stessa sede, con la conseguente e grave riduzione della sicurezza, in termini di sopravvivenza e salute per i cittadini dei comuni di Isola G.S., Castelli, Colledara, Castel Castagna, Tossicia oltre che dei numerosi pellegrini — oltre un milione e mezzo ogni anno — che visitano il Santuario di San Gabriele ubicato nello stesso comune e di tutti i turisti dell'area montana;
   tale scelta allontana pericolosamente le aree più interne della provincia di Teramo dalla postazione di soccorso sanitario più vicina, visto che anche nel comune di Bisenti nella Val Fino il piano prevede di privare la postazione del 118 del personale infermieristico e visto che l'area citata dista dai 25 ai 50 minuti dall'ospedale del comune capoluogo di Teramo;
   questa decisione ha destato l'indignazione della popolazione montana del Gran Sasso, preoccupata per la tutela della propria incolumità fisica e per il rischio di una reale squalificazione e perdita di sicurezza sanitaria per l'entroterra, sicurezza conquistata e mantenuta per 15 anni che ha consentito fin qui di salvare numerose vite;
   è evidente il pericolo che correrà chiunque — vecchio o giovane che sia, residente, pellegrino o turista — che dovesse subire un arresto cardiorespiratorio, dal momento che dovrà attendere troppo a lungo il soccorso del 118 per un intervento salvavita, da una postazione 118 che diventerà troppo lontana;
   dopo diversi anni nei quali sono stati raggiunti e rispettati, per l'emergenza sanitaria, gli standard europei dei tempi di arrivo dei soccorsi, dal momento della chiamata del 118 (8 minuti in area urbana e 20 minuti in area extraurbana), se la postazione venisse chiusa, l'area montana correrebbe il serio rischio di essere retrocessa ad area «extraurbana» con una drammatica involuzione e un serio rischio per la vita dei cittadini;
   a una verifica sulle conclusioni dello studio dell'Agenas, su cui si fonda l'atto regionale di revisione della rete dell'emergenza sanitaria da parte dell'allora commissario ad acta della regione Abruzzo, si evince che nello studio medesimo non si è tenuto conto della notevole differenza di richieste telefoniche di soccorso afferenti alle centrali del 118 tra Teramo e L'Aquila, ma solo della popolazione anagrafica. In realtà, tale dato dimostra che molta parte della popolazione aquilana dopo l'evento sismico del 2009 si è trasferita in provincia di Teramo e vi è evidentemente rimasta, indipendentemente dalla residenza fiscale. Il dato è dimostrato proprio dalla mole di richieste di soccorso al 118 di Teramo, di molto superiore a quelle della centrale aquilana;
   la situazione è ulteriormente aggravata dalla individuazione, nella organizzazione del Giubileo della Misericordia, del Santuario di San Gabriele dell'Addolorata in Isola del G.S. come unica porta giubilare della diocesi di Teramo, che comporterà un notevole ulteriore incremento del flusso turistico pellegrino nell'area. Inoltre, la Diocesi di Pescara-Penne ha individuato come Chiesa giubilare aggiuntiva quella di Santa Maria di Ronzano, nel comune di Castel Castagna, sempre nel bacino intercomunale servito dalla postazione 118 di Isola del G.S;
   considerato che nella riorganizzazione è prevista la contestuale apertura di due ulteriori postazioni medicalizzate non si comprende quale sarebbe il risparmio economico, né tantomeno il principio di razionalizzazione che di fatto peggiora la copertura territoriale del 118; basti pensare alla certezza che da ogni evento «tempo-dipendente» che comporti il decesso del paziente, o una sequela di danni cerebrali permanenti per ritardo nel soccorso deriverebbe un aumento considerevole della spesa sanitaria;
   il progetto di riorganizzazione della rete dell'emergenza sanitaria prevede una nuova postazione medicalizzata a Val Vomano (uscita Basciano della A24); questa, ad avviso dell'interrogante, non inciderebbe affatto in modo sostanziale per abbattere i tempi del soccorso per il bacino servito della postazione di Isola del Gran Sasso –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda assumere, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, per impedire la chiusura della postazione del 118 di Isola del Gran Sasso, che, ad avviso dell'interrogante, comporterebbe seri rischi per la garanzia dei livelli essenziali di assistenza e per la sicurezza e la tutela della salute pubblica, non solo degli abitanti del posto, ma dei turisti che ogni anno accorrono. (3-01829)

Interrogazione a risposta scritta:


   GRILLO, BARONI, COLONNESE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, dispone che, con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi, di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
   il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ed in particolare l'articolo 15, comma 13, lettera c), il quale dispone che, sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera fissati con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, entro il 31 dicembre 2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, secondo i parametri indicati dal medesimo articolo 15, comma 13, lettera c);
   l'intesa n. 82 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano approvata nella seduta del 5 agosto 2014 (Patto della Salute 2014-2016); la predetta Intesa al comma 1 dell'articolo 3 (Assistenza Ospedaliera), prevede l'adozione del regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   l'intesa n. 98 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, approvata nella seduta del 5 agosto 2014, riguarda lo schema di decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, concernente il Regolamento di definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   l'atto di rettifica n. 198, effettuato nella seduta del 13 gennaio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, riguardo l'intesa n. 98 del 5 agosto 2014 indicata precedentemente;
   il decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 pone il regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera;
   il comma 2 del articolo 1 del decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 prevede che: «Le regioni provvedono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ad adottare il provvedimento generale di programmazione di riduzione della dotazione dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del Servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto (p.1.) per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, nonché i relativi provvedimenti attuativi, garantendo, entro il triennio di attuazione del patto per la salute 2014-2016, il progressivo adeguamento agli standard di cui al presente decreto, in coerenza con le risorse programmate per il Servizio sanitario nazionale (SSN) e nell'ambito della propria autonomia organizzativa nell'erogazione delle prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (LEA), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, e successive modificazioni»;
   il punto 2.1 dell'allegato 1 del decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015 indica come: «La programmazione regionale provvede alla definizione delle rete dei posti letto ospedalieri per acuti, attribuendo ai presidi ospedalieri pubblici e privati accreditati le relative funzioni entro il limite di 3 posti letto per mille abitanti...»;
   l'ordinanza n. 00925/2415 del tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (TAR), riguardo all'allegato B della delibera della giunta regionale, 19 novembre 2014 n. 1-600 avente ad oggetto «Adeguamento della rete ospedaliera agli standard della legge 135 del 2012 e del Patto per la Salute 2014/2016 e linee di indirizzo per lo sviluppo della rete territoriale» richiede:
    a) produzione di uno schema sinottico tra le specialità convenzionate precedentemente e quelle convenzionate secondo il nuovo piano, con indicazione di quali servizi verranno soppressi e in quali strutture non sarà previsto il convenzionamento;
    b) per ciascuna specialità dovrà essere indicato il dato del fabbisogno e del relativo tetto di spesa quantificato, al fine di giustificare la soppressione del servizio;
   l'intesa n. 113 del 2 luglio 2015 della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, concerne la manovra sul settore sanitario;
   l'articolo 9-septies del decreto-legge n. 78 del 18 giugno 2015, convertito con modificazioni nella legge n. 125 del 6 agosto 2015, prevede che l'obiettivo di risparmio previsto nell'intesa sopra citata (2.352 milioni di euro) è assicurato anche grazie all'attuazione del decreto ministeriale 2 aprile 2015 n. 70, che pone il regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera. In particolare:
    riduzione dei ricoveri delle strutture accreditate con meno di 40 posti letto per acuti: 12 milioni di euro nel 2015; 12 milioni euro nel 2016;
    efficientamento della spesa di personale a seguito della rideterminazione degli standard delle funzioni di strutture semplici e complesse: 68 milioni di euro 2015; 68 milioni di euro nel 2016;
    riorganizzazione della rete assistenziale di offerta pubblica e privata: 130 milioni di euro nel 2015; 171 milioni di euro nel 2016 –:
   se disponga di informazione circa l'adeguamento delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano alle indicazioni previste nel decreto ministeriale n. 70 del 2 aprile 2015, «Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera». (4-11041)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, ZACCAGNINI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2015 diversi organi di stampa, nazionali ed internazionali, hanno diffuso la notizia dello scandalo che ha investito la casa automobilistica Volkswagen (cosiddetto «dieselgate»), accusata dalla Environmental Protection Agency (EPA) americana di aver «truccato» i dati sulle emissioni, infrangendo la legge americana;
   secondo l'EPA, Volkswagen avrebbe installato sulle centraline dei motori di diversi modelli, software in grado di riconoscere la situazione di «test» e di attivare, conseguentemente, dispositivi per migliorare le prestazioni delle auto, in quella circostanza, sul fronte delle emissioni di ossido di azoto;
   lo scandalo ha avuto portata planetaria ed in pochi giorni ha eroso significativamente il valore – sia economico che di immagine – del gruppo;
   la società di rating Moody's ha calcolato l'impatto economico sulle casse del gruppo Volkswagen a seguito dello scandalo, stimando un danno fino a 31 miliardi di euro;
   il quotidiano La Repubblica, in data 7 novembre 2015, riporta una indiscrezione rivelata dalla testata americana Bloomberg, secondo la quale il colosso tedesco starebbe valutando – per far fronte alla crisi economica conseguente allo scandalo – un piano di cessioni consistenti per ristrutturare la società;
   tra le società in odore di cessione vi sono le italiane Ducati, acquisita alcuni anni fa dall'Audi (società del gruppo Volkswagen) e Italdesign (dal 2010 al 90,1 per cento di proprietà della Volkswagen);
   le indiscrezioni riportate generano comprensibili preoccupazioni in ordine alle possibili ristrutturazioni conseguenti alle cessioni, che investirebbero il personale impiegato in due aziende considerate eccellenze della produzione italiana, pur di proprietà tedesca –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere iniziative per verificare i fatti segnalati in premessa;
   quali iniziative di competenza adotterà il Governo sulla vicenda al fine di scongiurare il ripercuotersi della crisi del gruppo Volkswagen sulle realtà italiane citate, che occupano, nel complesso, più di due mila dipendenti tra Bologna e Torino. (5-06919)


   GALLINELLA, GAGNARLI, L'ABBATE e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settore agroalimentare sviluppa un fatturato di oltre 130 miliardi di euro, collocandosi come secondo settore manifatturiero del Paese con un contributo del 14 per cento al prodotto interno lordo nazionale; esso consta di oltre 58.000 aziende produttrici che impiegano 385.000 addetti nella produzione quotidiana delle eccellenze nazionali e rappresenta una bandiera del made in Italy su tutti i mercati internazionali, con una quota di export di oltre il 20 per cento pari a 27 miliardi di euro;
   il settore della produzione agroalimentare si presenta ancora fortemente frammentato e caratterizzato da una moltitudine di piccole e medie aziende, a fronte della presenza di società di media grande dimensione pari solo al 20 per cento. È evidente che ciò ha da sempre caratterizzato i rapporti con la fase distributiva della filiera, che appare invece più concentrata;
   una tale caratterizzazione ha portato l'Italia e l'Europa ad aprire tavoli di lavoro e riflessioni sulla necessità di disciplinare le pratiche commerciali nei rapporti tra fornitori e distributori, con particolare riferimento al settore agroalimentare, e il nostro Paese ha adottato una norma specifica (articolo 62 decreto-legge n. 1 del 2012 come convertito dalla legge 27 del 2012) che disciplina i tempi di pagamento e le pratiche commerciali ingiustificatamente gravose;
   di recente da diverse segnalazioni alle associazioni di categoria competenti, si è appreso che le piattaforme in cui alcune insegne della grande distribuzione organizzata (GDO) ricevono le merci alimentari dai propri fornitori hanno appaltato la gestione del proprio magazzino a società terze, tipicamente cooperative di lavoro;
   si è altresì appreso che in tali piattaforme si tenderebbe a imporre ai trasportatori inviati dai fornitori per la consegna della merce alimentare l'uso del personale della cooperativa per effettuare lo scarico dei mezzi di trasporto e che coloro che rifiutano tale servizio verrebbero fatti attendere per lungo tempo prima di poter procedere allo scarico, esponendo a potenziale danno le merci trasportate e complicando la logistica del trasportatore, notoriamente legato da vincoli temporali delle consegne;
   risulta inoltre agli interroganti che tale servizio di scarico svolto dalle citate cooperative non viene addebitato né alla catena della grande distribuzione organizzata titolare della piattaforma né all'autotrasportatore che usufruisce dello scarico, ma all'azienda produttrice che ha fornito la merce e l'addebito avviene mediante l'invio di fatture a tariffe non concordate con il fornitore e senza alcun contratto tra la società cooperativa che emette fattura e il fornitore che la riceve;
   nel caso in cui le fatture siano respinte, il sollecito al pagamento da parte del fornitore verrebbe effettuato dal buyer della catena della grande distribuzione organizzata anziché, come ci si aspetterebbe, dalla società che ha emesso la fattura;
   un tale comportamento si registrerebbe con particolare riferimento a fornitori di piccole e medie dimensioni, caratterizzati da posizioni di minor forza contrattuale con i clienti della grande distribuzione organizzata e solleva dubbi anche con riguardo ai profili di correttezza civilistica e fiscale che emergono dal sistema di fatturazione sopra descritto –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, con riferimento alla recente prassi commerciale di appaltare la gestione del magazzino a cooperative da parte della grande distribuzione organizzata e, in caso affermativo, se stia provvedendo a monitorare la situazione e ad approfondirne i fondamenti di legittimità anche da un punto di vista fiscale;
   se il Ministro dello sviluppo economico non ritenga che sussistano i presupposti per richiedere all'Autorità garante della concorrenza e del mercato specifici approfondimenti, ai sensi dell'articolo 12 della legge 287 del 1990;
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda comunque adottare in proposito. (5-06921)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Valiante e altri n. 2-01142, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Melilla n. 4-10966, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 515 del 4 novembre 2015.

   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il tratto costiero della provincia di Chieti è sicuramente quello di maggior pregio dei circa 125 chilometri di fascia costiera abruzzese. La fascia costiera della provincia di Chieti presenta numerosi corsi d'acqua, da nord a sud, abbiamo fiumi come l'Alento, il Moro, il Sangro, l'Osento, il Sinello e il Trigno, che delimita il confine tra la regione Abruzzo e il Molise. Importante è anche il sistema dei torrenti tra i quali si ricordano il Foro, il Feltrino, il San Giovanni, il Lebba, e il Buonanotte. Tra Ortona e Vasto in poco più di 50 chilometri troviamo 7 riserve naturali regionali (Ripari di Giobbe; Acquabella, Grotta delle Farfalle, San Giovanni in Venere, Lecceta di Torino di Sangro, Punta Aderci, Marina di Vasto, 1 Sito di importanza regionale (il Corridoio Verde, ai sensi della L.R. n. 5/2007) e 6 siti di importanza comunitaria (IT7140106 Fosso delle Farfalle, IT7140107 Lecceta litoranea di Torino di Sangro e Foce Fiume Sangro, IT7140111 Boschi riparali sul Fiume Osento, IT7140108 Punta Aderci, IT7140109 Marina di Vasto, IT7140127 Fiume Trigno) oltre a numerose stazioni dove sono segnalate specie vegetali in via d'estinzione e in lista rossa IUCN (International Union for Conservation of Nature) come documentato dall'università dell'Aquila dal gruppo del prof. Pirone. Complessivamente risultano protetti 11,41 chilometri quadrati, pari al 3,7 per cento del territorio costiero, considerando solo le aree protette. Superficie che aumenta fino a 19,3 chilometri quadrati, pari al 6,3 per cento se si considera anche la parte ricadente nei siti d'importanza comunitaria della Rete Natura 2000;
   con la legge n. 344 del 1997, (articolo 4, comma 3) la «Costa Teatina» viene inserita (su proposta del sen. Staniscia) tra le «prioritarie aree di reperimento» previste dalla legge n. 394 del 1991 (lettera 1-bis, comma 6, articolo 34) e sulle quali si dovevano realizzare parchi nazionali;
   successivamente la legge n. 93 del 2001, all'articolo 8, comma 3, avvia l’iter di istituzione, ricordando le procedure e le intese e richiamando la legge n. 394 del 1991 e fissa in lire 1.000 milioni dal 2001 i limiti massimi di spesa per l'istituzione e il funzionamento. La giunta Pace allora al governo regionale ricorre alla Corte Costituzionale contro la legge n. 93 del 2001 per farne dichiarare la incostituzionalità e, comunque, per conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 422 del 2002 depositata il 18 ottobre 2002 dichiara «non fondata» la richiesta della regione Abruzzo e ribadisce la legittimità dell'articolo 8, comma 3, della legge 23 marzo 2001, n. 93;
   nel 2005 cambia il governo regionale e con la dismissione della tratta Adriatica, tra Ortona e Vasto, di RFI si torna a parlare di Costa Teatina; viene fatta una prima proposta dall'assessore regionale Franco Caramanico, il 6 settembre 2006 una delegazione abruzzese guidata da Caramanico si incontra con il direttore del servizio di conservazione della natura del Ministero dell'ambiente e si riavvia l'iter di perimetrazione del parco nazionale della Costa Teatina dopo diversi mesi di confronto con i 720 comuni, deliberano solo in tre a favore del parco (Vasto, San Salvo e Francavilla); si approda quindi dopo un confronto di un anno e mezzo con associazioni ed università, al «sistema delle aree protette della Costa Teatina» con la legge regionale n. 05 del 2007 che viene costituito, nelle more della definizione del parco nazionale della Costa Teatina;
   l’iter del parco rallenta di nuovo e, vista la renitenza dei comuni la direzione regionale competente formula una proposta di perimetrazione e la invia ai comuni e al ministero (2008);
   a luglio 2008 viene arrestato l'allora presidente della regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco, si va verso le elezioni a dicembre 2008 e l'iter si ferma di nuovo. A fine aprile 2010, nell'anno internazionale della biodiversità, con il Direttore Aldo Cosentino in procinto di andare in pensione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare riprende gli iter dei parchi sospesi (ne mancano ancora 5 da istituire: Costa Teatina, isola di Pantelleria, Egadi e litorale trapanese, Eolie, Iblei). Il 10 maggio 2010, regione Abruzzo, provincia di Chieti e comuni Costieri (Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino di Sangro, Casalbordino, Vasto e San Salvo) sono convocati a Roma presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e si riavvia l’iter di istituzione del parco nazionale della costa Teatina e alla regione Abruzzo viene affidato il compito di riconvocare i comuni e la provincia per definire una nuova perimetrazione condivisa entro la fine del 2010;
   il 9 luglio 2010 la regione Abruzzo convoca i comuni e la provincia di Chieti e preso atto della contrarietà alla proposta di perimetrazione elaborata dalla direzione regionale Aree Protette e Parchi del 2008, si concorda di lavorare su una ipotesi che preveda 4 zone, anticipando la donazione nel decreto istitutivo e graduando meglio i vincoli in considerazione delle valenze naturalistiche e dell'antropizzazione del territorio. Ogni comune si prende l'onere di deliberare in merito decidendo se essere favorevole o contrario, definendo anche una perimetrazione per il territorio di competenza da rimandare in regione Abruzzo per una successiva integrazione e raccordo complessivo delle proposte. Si ipotizza di terminare questa fase per settembre/ottobre. Dopo diversi incontri di coordinamento la questione resta sospesa, tra agosto e ottobre solo alcuni comuni si muovono e iniziano la discussione e avviano dei percorsi di confronto ed ascolto anche con i cittadini, tra questi Fossacesia, Torino di Sangro e Vasto. Nello specifico: Torino di Sangro delibera in consiglio sulla volontà di dare origine al parco e di definire una perimetrazione su 4 zone come concordato in regione, Fossacesia ne discute nel suo Forum ambiente e approva in commissione urbanistica la proposta di perimetrazione su 4 zone, Vasto approva un ordine del giorno e rimanda la discussione della perimetrazione;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 4 agosto 2014 l'architetto Giuseppe De Dominicis presidente emerito della provincia di Pescara, è stato nominato quale «Commissario ad acta» per l'istituzione del parco nazionale della Costa Teatina;
   nell'ambito della procedura per l'istituzione del parco nazionale della Costa Teatina, disciplinato dalla legge n. 394 del 1991 e successive modificazioni e integrazioni, il menzionato «Commissario ad acta» dell'istituendo Parco, ne ha definito – nello scorso mese di maggio – la perimetrazione provvisoria, permettendo con tale fondamentale atto propedeutico una auspicabile e pronta emanazione da parte del Governo del relativo ed indispensabile decreto istitutivo dell'area protetta in argomento;
   nonostante i tempi e le procedure cui è vincolato il commissario per la perimetrazione provvisoria, numerosi sono stati gli incontri con associazioni e amministratori locali e diversi i suggerimenti e le proposte avanzati e accolti e riportati in cartografia o in normativa –:
   essendo concluso l’iter istituzionale ed essendo stati rispettati tutti i passaggi necessari già da vari mesi, quali siano le ragioni per cui a tutt'oggi manca la firma per formalizzare l'istituzione del parco.
(4-10966)

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta in commissione Dadone n. 5-06912, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 517 del 9 novembre 2015.

   DADONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Michelin spa ha annunciato, il 3 novembre 2015 un piano strategico per il periodo 20162020 «volto a migliorare la competitività delle proprie attività». La decisione pare seguire un'analisi dei cambiamenti strutturali del mercato europeo dello pneumatico che risulta profondamente trasformato e dove «i costi di produzione e la reattività sono sempre più elementi chiave di competitività tra i diversi attori»;
   il nuovo piano strategico dell'azienda prevede un investimento di 180 milioni di euro in Italia ed è focalizzato su 3 obiettivi:
    a) migliorare la competitività e l'efficienza dell'attività produttiva;
    b) razionalizzare l'attività dei prodotti semi-finiti;
    c) migliorare il servizio al cliente attraverso una riorganizzazione dell'attività logistica;
   con riferimento all'obiettivo della razionalizzazione dell'attività del citato piano la Michelin spa ha dichiarato che dal 2009 ad oggi, il sito industriale di Fossano (Cuneo) ha registrato una flessione dei volumi del 45 per cento che si traduce in una situazione di cronica non saturazione degli impianti. I due terzi dell'attuale produzione di cavi metallici standard di Fossano sono oggi acquistabili sul mercato a costi decisamente inferiori. La fornitura di questi semilavorati, in una logica di ottimizzazione dei costi di tutta la filiera di produzione degli pneumatici, richiede soluzioni economicamente sostenibili;
   in data 3 novembre 2015, in contemporanea al progetto di ristrutturazione aziendale, la società «Michelin» spa ha annunciato la chiusura, entro la fine del 2016, dello stabilimento di Fossano (Cuneo) in cui lavorano attualmente 400 persone;
   il processo di ristrutturazione citato non coinvolgerà solo lo stabilimento di Fossano, ma anche il magazzino di Torino, con la perdita di 120 posti di lavoro, quello di Tribano (Padova) che entro il 2017 verrà chiuso (28 posti di lavoro) e il sito produttivo di Alessandria in cui ci saranno 30 esuberi;
   in totale, quindi, verranno licenziate 578 persone in tutta Italia, di cui 550 nel Piemonte e 400 nella sola provincia di Cuneo;
   attualmente non è possibile fare una stima certa, ma la chiusura dello stabilimento di Fossano avrà ripercussioni notevoli anche sull'indotto, cioè su quelle aziende che forniscono servizi allo stabilimento stesso, le quali si troveranno senza commesse e rischieranno a loro volta di chiudere e licenziare lavoratori;
   la politica aziendale della Michelin rischia di celare, sotto ad un piano di ristrutturazione, una delocalizzazione delle produzioni in aree geografiche, in cui il costo del lavoro è più basso rispetto a quello italiano;
   la legge di stabilità 2014 (comma 60, articolo 1, legge n. 147 del 2013) prevede che i contributi pubblici in conto capitale eventualmente erogati a partire dall'anno 2014 decadano se l'impresa delocalizza in uno Stato non appartenente all'Unione europea entro tre anni dalla concessione degli stessi; la stessa legge prevede inoltre, che l'impresa dovrà restituire i contributi ricevuti;
   in tema di lavoro si potrebbero adottare misure di maggior deterrenza e prevenzione dalla delocalizzazione, tra le quali: la richiesta di restituzione a quelle imprese che delocalizzano, oltre che dei contributi in conto, capitale anche di eventuali agevolazioni ottenute dallo Stato e dagli enti territoriali; obbligo per le imprese di dotarsi di un consiglio di sorveglianza, accanto al consiglio di amministrazione, costituito da rappresentanze sindacali unitarie ed enti locali con poteri di controllo in campo sociale ed ambientale, sul modello tedesco; le imprese con non meno di 400 dipendenti che intendano delocalizzare, si impegnano a trovare un acquirente e, qualora la ricerca si rivelasse infruttuosa, a comminare una cospicua multa per ogni posto di lavoro perso, fino ad un massimo del 2 per cento del fatturato, sul modello francese –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, in sede di tavolo di crisi già annunciato, al fine di impedire la chiusura dei suddetti stabilimenti della Michelin e garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali del sito di Fossano;
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati sulle misure esposte in premessa tese a tutelare maggiormente i lavoratori. (5-06912)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta orale Zaccagnini n. 3-01692 del 14 settembre 2015;
   interrogazione a risposta orale Sottanelli n. 3-01756 dell'8 ottobre 2015;
   interpellanza Costantino n. 2-01145 del 3 novembre 2015.

Ritiro di una firma da una interpellanza.

  Interpellanza urgente Valiante n. 2-01142, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 novembre 2015: è stata ritirata la firma del deputato Ciprini.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Grillo e altri n. 4-10989 del 6 novembre 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06918.