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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 9 novembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    nonostante l'Italia sia leader europeo del riso, grazie alla sua lunga tradizione, sul mercato italiano entra il 25 per cento di riso importato dai Paesi dell'Unione europea;
    la coltura del riso è particolarmente danneggiata dalla concorrenza del riso lavorato, quasi tutto di tipo indica, proveniente dai Paesi meno avanzati (PMA), in particolare da Cambogia e Myanmar, che entra nell'Unione Europea a dazio zero, potendo beneficiare del regime speciale previsto dal regolamento (UE) n. 978/2012 relativo all'applicazione di un sistema di preferenze tariffarie generalizzate;
    il suddetto regolamento stabilisce che, a partire dal 1o gennaio 2014, se si registrano incrementi delle importazioni di un prodotto esente da dazi e proveniente da Paesi meno sviluppati, come potrebbe essere il caso del riso di tipo indica, che comportino gravi difficoltà per i produttori dell'Unione europea di prodotti simili o direttamente concorrenti, i normali dazi della tariffa doganale comune possono essere ripristinati per quel prodotto specifico;
    il nostro Paese, a livello europeo, è il primo produttore di riso con 227.329 ettari (55 per cento del totale comunitario), con oltre 4 mila aziende agricole, 107 industrie di trasformazione e più di 10.000 famiglie impiegate; ciò è dovuto al contributo di Piemonte e Lombardia – concentrate nelle province di Vercelli, Biella, Novara e Pavia – che, da sole, producono il 92 per cento del riso nazionale, seguite poi da Veneto e Emilia Romagna e alcune zone tipiche della Sardegna, Calabria e Toscana;
    la coltivazione del riso affonda le radici nella storia italiana e si riverbera nelle tradizioni, nelle ricette e nella cultura popolare. In Italia si coltivano oltre 140 varietà di riso e su 227 mila ettari coltivati, circa 2 mila sono destinati alla coltivazione di risi a denominazione protetta, quali Riso DOP di Baraggia Biellese e Vercellese, riso IGP Vialone Nano Veronese e riso IGP Delta del Po;
    specie in Piemonte la risicoltura rappresenta l'identità socioeconomica e la tradizione dei territori vercellesi e novaresi. I dati piemontesi del settore sono, infatti, importanti: la superficie coltivata è di 70 mila ettari e sono oltre mille le aziende sul territorio. La produzione complessiva è di oltre 5 milioni di quintali e la produzione lorda vendibile ammonta a 200 milioni di euro;
    indubbiamente le caratteristiche del riso italiano sono qualitativamente superiori ad altre produzioni a livello mondiale. La coltivazione del riso fa parte della storia e del paesaggio italiano ed è un comparto che caratterizza specifici territori della macroregione agricola settentrionale. Difendere la produzione locale significa, quindi, non solo tutelare un comparto produttivo di qualità, ma anche salvaguardare il territorio e proteggere il consumatore;
    nella campagna 2013/2014, l'Unio- ne europea ha importato dai Paesi meno avanzati ben 281.000 tonnellate di riso lavorato, tutte in esenzione dal dazio, il che significa 35 volte il volume importato da tali Paesi (8 mila tonnellate) prima della completa liberalizzazione – avvenuta il 1o settembre 2009 – mentre per la campagna 2014/2015 il dato è aumentato considerevolmente, arrivando a 345.000 tonnellate;
    parallelamente, per effetto della concorrenza esercitata dal riso lavorato importato dai Paesi meno avanzati, la superficie impiegata a riso in Italia si è ridotta di circa 20.000 ettari (-8 per cento) e quella a riso di tipo indica si è ridotta da 71.000 ettari del 2013, ai 55.000 ettari del 2014 e nel 2015 si è attestata a 35.000 ettari, più del 50 per cento in meno rispetto al 2013;
    l’import del riso lavorato dai Paesi meno avanzati determina effetti negativi che si concretizzano in una marcata riduzione delle superfici investite; tant’è che i produttori italiani registrano una forte caduta dei margini reddituali della coltivazione. Per attutire questo impatto negativo, sostituiscono il riso di tipo indica, che, come ribadito più volte, subisce la concorrenza diretta del prodotto importato dai Paesi meno avanzati, con quello di tipo japonica;
    con la riduzione della superficie investita a riso di tipo indica l'industria italiana avrà a disposizione meno prodotto di tipo indica da immettere sui mercati dell'Unione europea, dove l'Italia colloca i 2/3 della propria produzione (di cui la metà è rappresentata proprio da riso di tipo indica). Al contempo, la maggior produzione di riso di tipo japonica saturerà i mercati tradizionali nazionali e dell'Unione europea, a causa della rigidità della domanda. I prezzi, nel breve periodo, subiranno giocoforza una notevole riduzione (domanda/offerta), in particolare quelli praticati al produttore. Ne consegue che la coltivazione si ridurrebbe ulteriormente, determinando una situazione socio-economica e agro-ambientale di difficile soluzione;
    in tale scenario, diventa oltremodo difficoltoso anche l'identificazione delle disastrose conseguenze idrogeologiche, considerata la complessità e la specificità degli ecosistemi interessata alla coltivazione di riso. È necessario, quindi, e ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo non più rinviabile, attivare tutte le sinergie operative ed amministrative, nonché politiche, al fine di tutelare le produzioni agricole italiane. Non è possibile ridimensionare un comparto, come quello del riso, di grande valenza culturale e, sul piano prettamente economico, strategico per l'intero Paese. È doveroso garantire alla filiera italiana il mantenimento della preferenza comunitaria;
    il riso proveniente dall'estremo Oriente che arriva in Italia viene mischiato con quello locale e imbustato come «Carnaroli» pur non essendo unicamente di tale tipologia;
    il riso – si ricorda – nasce solo dopo la lavorazione che avviene nelle risiere. In questi stabilimenti il risone perde il rivestimento e si trasforma in riso, quindi il riso è il prodotto degli stabilimenti di trasformazione, mentre gli agricoltori producono il risone, la materia prima;
    il risone dipende dalla varietà seminata: se si coltiva Carnaroli, si produce risone Carnaroli; per contro si può ricavare riso Carnaroli raffinando anche risone di varietà Carnise o Carnise precoce, o Karnak o Poseidone;
    secondo la normativa vigente, il riso venduto può essere chiamato con il nome della varietà da cui deriva il risone oppure con uno dei nomi della varietà che appartengono alla stessa categoria agricola;
    ogni anno con un decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali viene stabilito quali siano gli abbinamenti possibili permettendo così a chi produce riso partendo dal risone Karnak di chiamarlo Carnaroli;
    la questione è che il consumatore non è a conoscenza del fatto che quello che sta acquistando è una qualità di riso diversa da quella indicata sulla confezione;
    il riso Carnaroli autentico si trova, così, a dover competere sui mercati con un riso che si chiama anch'esso Carnaroli ma che in realtà deriva da una raffinazione di varietà diverse, spesse volte più facili da coltivare;
    il consumatore deve essere informato in maniera chiara su cosa acquista e sulle materie prime che compongono gli alimenti che consuma;
    il regolamento (UE) n. 1169/2011, entrato in vigore il 12 dicembre 2014, ha fissato nuove disposizioni circa le informazioni contenute nelle etichette dei prodotti alimentari allo scopo di realizzare una base comune per regolamentare le informazioni sugli alimenti e consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli. Tra le informazioni obbligatorie importanti, purtroppo, non viene menzionata l'indicazione dello stabilimento di produzione e di confezionamento della merce. La normativa interna italiana, che invece ne prevedeva l'obbligo, a seguito di questo regolamento, è stata abrogata e quindi ora l'indicazione rimarrà solo facoltativa per il produttore. La non obbligatorietà dell'indicazione dello stabilimento di produzione comporta un grave danno al made in Italy;
    oltre alle indicazioni obbligatorie contenute nel regolamento, circa l'origine e sugli altri elementi obbligatori da inserire in etichetta, gli Stati membri, possono comunque introdurre disposizioni relative ad ulteriori indicazioni obbligatorie con particolare riferimento al Paese d'origine o al luogo di provenienza di alimenti, solo ove esista un nesso comprovato tra talune qualità dell'alimento e la sua origine o provenienza e ciò sia ritenuto rilevante per i consumatori,

impegna il Governo:

   ad intervenire presso le istituzioni dell'Unione europea affinché sia attivata, nel più breve tempo possibile, la clausola di salvaguardia prevista dall'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012, a tutela della filiera risicola italiana, con il ripristino dei normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso lavorato proveniente dalla Cambogia e da altri Paesi meno avanzati;
   ad attivarsi con gli appositi strumenti normativi affinché sull'etichetta sia specificata l'origine, in particolare se proveniente da Paese terzo, della materia prima e soprattutto l'indicazione del nome della varietà di riso effettivamente contenuta nella confezione, nonché la sede dello stabilimento di confezionamento, al fine di garantire la tracciabilità del percorso produttivo e commerciale del prodotto, di modo che il consumatore sia a conoscenza di ciò che sta acquistando, fornendogli la massima informazione possibile, e di preservare l'immagine d'eccellenza del made in Italy.
(1-01060) «Simonetti, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini».


   La Camera,
   premesso che:
    la risicoltura in Italia, secondo i dati Ismea, vanta una filiera agroindustriale ben integrata ed efficiente che coinvolge oltre 4 mila aziende agricole e 95 industrie di trasformazione (riserie) a forte connotazione territoriale, che ricadono, per il 74 per cento delle riserie e per il 90 per cento delle superfici investite, nei primi cinque distretti produttivi (Pavia, Vercelli, Novara, Milano, Alessandria), determinando una contiguità geografica tra la fase agricola ed industriale che non ha eguali nel settore cerealicolo nazionale;
    sul fronte della dimensione media aziendale la risicoltura risulta un caso a sé, con una superficie di 54 ettari per azienda contro gli 8 ettari dell'agricoltura italiana nel suo complesso, che fa dell'Italia, tra l'altro, il primo produttore europeo di riso, con un quantitativo che nel 2014 ha superato le 850 mila tonnellate per un controvalore di 1,1 miliardi di euro;
    l'Italia ospita il 51 per cento della superficie totale coltivata a riso dell'Unione europea, con una superficie assai rilevante che, in buona parte, non può essere convertita ad altre colture;
    in Italia la coltivazione del riso si è sviluppata sia in termini di superficie che di innovazione tecnologica per rispondere alle esigenze dei consumatori europei;
    nell'Unione europea il consumo del riso è stabile nelle ultime campagne e l'Italia colloca su tale mercato circa il 90 per cento della propria produzione, riservando il restante 10 per cento all'esportazione verso i Paesi terzi;
    la risicoltura riveste ed ha sempre rivestito una grande importanza per l'Italia e che sono trascorsi più di 500 anni da quando si è iniziato a coltivare riso nella pianura padana;
    la coltivazione del riso costituisce una realtà sociale e produttiva unica nel panorama agricolo italiano ed europeo, che continua oggi ad essere fonte di occupazione e di lavoro per migliaia di persone;
    la risicoltura risulta, altresì, determinante per l'ambiente, con i suoi canali, le rogge, i fossi e i fontanili, assicurando il mantenimento dell'acqua per un lungo periodo dell'anno ed in una stagione, quella estiva, nella quale essa tende a ridursi in natura, costituendo il naturale rifugio per molte specie avicole destinate, diversamente, a migrare in altri ambienti. La risaia, pertanto, costituisce un importante ecosistema artificiale. La sua grande varietà e ricchezza di forme viventi contribuisce alla salvaguardia della biodiversità;
    il settore risicolo del nostro Paese sta vivendo una fase di crisi che desta particolare allarme per le conseguenze negative che incidono in modo grave sull'occupazione e sulla redditività dei risicoltori, anche a causa di un considerevole aumento delle importazioni di riso nell'Unione europea dai Paesi meno avanzati, con ricadute negative per i produttori italiani e anche per i consumatori per la presenza nel riso importato di principi attivi non autorizzati e per l'assenza di certificazioni sanitarie;
    si rileva un calo delle aree destinate alla produzione di riso in Italia e un incremento delle importazioni di riso di qualità indica proveniente dalla Cambogia, che è passata da 5 mila a 181 mila tonnellate, raggiungendo il 23 per cento di tutto l’import dell'Unione europea grazie alla completa liberalizzazione tariffaria, avvenuta il 1o settembre 2009, a favore dei Paesi beneficiari del sistema di preferenze tariffarie generalizzate di cui all'articolo 1, paragrafo 2, lettera c), del regolamento (UE) n. 978/2012;
    è da sottolineare che la coltivazione in Europa del riso indica è stata introdotta alla fine degli anni ’80 grazie a specifici aiuti comunitari per incentivare la coltivazione di questo tipo di riso, gradito dal consumatore europeo, riducendo la dipendenza dal riso d'importazione e in pochi anni la coltivazione di tale varietà in Italia è cresciuta grazie all'apprezzamento dei consumatori e in virtù dell'allargamento dell'Unione europea, fino a superare i 70 mila ettari negli ultimi anni;
    la concorrenza cambogiana ha di fatto ridotto i prezzi del mercato del riso greggio di tipo indica prodotto nell'Unione europea al di sotto dei costi di produzione, provocando, di conseguenza, una prima sensibile contrazione delle superfici seminate nel 2014 (circa il 22 per cento in meno);
    il considerevole aumento delle importazioni dalla Cambogia continua a creare pressione sul mercato dell'Unione europea, con conseguente riduzione dei prezzi del riso greggio;
    senza l'attivazione delle misure di salvaguardia, le industrie italiane e dell'Unione europea non potranno più approvvigionarsi di riso greggio indica e perderanno il mercato del riso lavorato indica, acquisito nell'ultimo decennio grazie ad importanti investimenti in corso di ammortamento, fattore che contribuirà a un irreversibile deterioramento dell'equilibrio economico e finanziario del settore industriale al quale sarà impossibile porre rimedio in futuro con conseguente crisi occupazionale e rischio di fallimenti, che condurrà il consumo comunitario a dipendere sempre di più dalle importazioni;
    la situazione delle importazioni a dazio zero dalla Cambogia è allarmante, atteso che tale Paese ha ancora una grande possibilità di espandere la propria produzione ed aumentare l'eccedenza esportabile;
    alla 5aWorld rice conference, svoltasi ad Hong Kong nel novembre 2013, il rappresentante degli esportatori cambogiani ha manifestato l'intenzione di continuare la rapida espansione delle esportazioni anche nei prossimi anni, atteso che nella campagna 2012-2013 l'Unione europea ha assorbito il 55 per cento del volume totale esportato dalla Cambogia, passando al 64 per cento nella campagna 2013-2014;
    i produttori italiani sono i primi interessati dalla concorrenza del riso cambogiano importato in esenzione dai dazi, poiché garantiscono il 43 per cento di tutta la produzione di riso greggio indica coltivato nell'Unione europea, con un giro d'affari di circa 232 milioni di euro; pertanto, la diminuzione della produzione di riso greggio indica delle aziende agricole italiane provocherà una drastica riduzione della produzione dell'industria italiana, con serie conseguenze di carattere economiche, finanziarie e sociali;
    da fonti di stampa si è appreso che il Governo italiano avrebbe avanzato presso l'Unione europea la richiesta di adozione di misure di salvaguardia nei confronti dell'importazione di riso greggio cambogiano del tipo indica, di cui all'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012, per ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia: la clausola di salvaguardia, infatti, prevede la possibilità di ripristinare i diritti della tariffa doganale comune per i prodotti la cui importazione provoca o può provocare gravi difficoltà per i produttori europei di prodotti simili o direttamente concorrenti,

impegna il Governo:

   ad attivarsi presso la Commissione europea per dare seguito alla richiesta di adozione delle clausole di salvaguardia nei riguardi dell'importazione a dazio zero di riso cambogiano, nei Paesi dell'Unione europea, in virtù dell'articolo 22 del regolamento (UE) n. 978/2012, al fine di ristabilire i normali dazi della tariffa doganale comune per le importazioni di riso dalla Cambogia;
   a valutare l'opportunità di attivare iniziative dirette ad indicare in etichetta la provenienza del riso e a fare conoscere i nomi delle industrie che utilizzano riso proveniente dai Paesi terzi dell'Unione europea.
(1-01061) «Dorina Bianchi, Binetti, Piccone».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha recentemente confermato la volontà di realizzare il ponte sullo stretto di Messina e, come evidenziato dalla stampa nazionale in questi giorni (http://www.huffingtonpost.it) una fonte di Governo avrebbe dichiarato a microfoni spenti che «Renzi aveva di fronte due strade. O chiedere all'Anticorruzione di Cantone che chissà come mai si occupa di tutto tranne che dello stretto di andare a vedere come si è creato un immane debito per lo Stato o riaprire il dialogo con Salini. Il premier ha scelto la seconda, riaprendolo informalmente negli ultimi mesi. E il dossier Ponte sullo Stretto è stato affrontato anche nei viaggi in Cina, da sempre si parla di capitali cinesi nell'operazione Ponte, e in Sud America dove, tra i rappresentanti di varie imprese, c'erano anche quelli di Impregilo.»;
   tale notizia appare di eccezionale gravità, anche alla luce delle innumerevoli occasioni in cui vari rappresentanti del Parlamento hanno chiesto al Governo di fornire elementi di chiarificazione non solo in relazione all'ammontare delle penali, ma anche alle oscure vicende connesse alla realizzazione del ponte sullo stretto –:
   se corrisponda al vero quanto descritto in premessa e se, in caso affermativo, quali azioni siano state attivate, pure informalmente, per favorire la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina. (4-11030)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta orale:


   SANTELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   con nota protocollo 15488/siar del 16 gennaio 2013, la regione Calabria dipartimento 11 – settore 4 – beni culturali ha comunicato che con deliberazione della giunta regionale del 16 novembre 2011, ha approvato tra tanti progetti l'intervento di restauro della chiesa San Domenico del comune di Badolato di importo pari a 350.000.00 euro;
   con la stessa nota la regione ha richiesto al comune nel termine perentorio di 45 giorni di inviare un progetto preliminare comprensivo della relazione tecnica;
   la suddetta documentazione è stata trasmessa alla regione Calabria con nota protocollo 1524 del 14 marzo 2013;
   in data 21 ottobre 2013 l'Assessore della regione Calabria ai beni culturali professor Mario Caligiuri, ha convocato i rappresentanti dei comuni interessati agli interventi ammessi a finanziamento da parte della regione Calabria alla presenza del soprintendente per i beni culturali e paesaggistici, e sollecitava a redigere con estrema urgenza le progettazioni necessarie per addivenire e nel più breve tempo possibile all'aggiudicazione dei lavori;
   con determina dell'area tecnica del comune di Badolato n. 29 del 14 febbraio 2014 veniva approvato, in via definitiva, il progetto di manutenzione straordinaria e restauro conservativo della chiesa di San Domenico di Badolato;
   successivamente il segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria, avocava a se sia l'iter della progettazione, sia l'espletamento della gara di appalto;
   in data 13 novembre 2014 veniva pubblicato, sul sito del segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria, il bando pubblico con scadenza alle ore 12 del 10 dicembre 2014; per un importo 288.419,48;
   in esecuzione del decreto dirigenziale n. 305 del 30 ottobre 2014 si pubblica il bando dell'intervento denominato appalto di SOLA esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo, per l'intervento denominato: Badolato (CZ) Chiesa di San Domenico restauro CUP: F98113000220006 – CIG (SIMOG): 6005838E4A;
   in data 29 ottobre 2015, a causa delle forti piogge e per i ritardi nell'esecuzione dei lavori di restauro crollava il tetto della Chiesa di San Domenico di Badolato, causando ulteriori e ingenti danni che dovranno opportunamente essere quantificati –:
   se risultino al Governo i motivi che hanno impedito l'inizio dei lavori di ristrutturazione della Chiesa di San Domenico di Badolato, atteso che l'aggiudicazione della gara, da parte del segretariato regionale per i beni culturali e paesaggistici della Calabria, è avvenuta a giugno 2015, ovvero 5 mesi orsono;
   se il Governo intende procedere, per quanto di competenza, ad una verifica dei nuovi danni causati, oltre che dal maltempo anche dalla mai avvenuta consegna dei lavori alla ditta aggiudicatrice;
   se non si ritenga, alla luce dei nuovi danni alla Chiesa di San Domenico – Badolato (CZ), di intervenire direttamente, per quanto di competenza, per una ristrutturazione definitiva dell'intero edificio, rendendolo accessibile all'intera comunità e alle migliaia di fedeli che ogni anno visitano il Monastero. (3-01826)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALTIERI e MARTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa risulta che nel mese di luglio 2015 sono stati varati consistenti incrementi di stipendio per il personale dell'Enit, nonostante il decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83 (convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n.106) disponesse la cessazione delle attività della vecchia agenzia, che veniva trasformata in ente pubblico economico;
   il decreto-legge disponeva il transito automatico nella pubblica amministrazione del personale in esubero rispetto alle esigenze della nuova ENIT, mantenendone la retribuzione maturata alla data del trasferimento;
   invece, i dipendenti inseriti nell'organico della nuova ENIT, a quanto pare, vedranno applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore privato (commercio-agenzie viaggio), la cui retribuzione media è inferiore di circa il 20 per cento di quella attualmente in godimento;
   dunque, con l'allargamento del differenziale tra i diversi trattamenti stipendiali, si è operata, ad avviso degli interroganti con dubbia modalità, una sorta di forzatura delle disposizioni vigenti che ha favorito l'esodo di massa del personale ENIT verso la pubblica amministrazione, sguarnendo il patrimonio competenziale dell'ente e generando una lievitazione della spesa pubblica, giacché sarà necessario coprire le cospicue vacanze nell'organico dell'Agenzia tramite nuove assunzioni;
   tale dinamica era stata esclusa dalle clausole di salvaguardia contenute nel citato decreto-legge n. 83 del 2014, poiché si prevedeva espressamente che la trasformazione dell'ENIT in ente pubblico sarebbe avvenuta ad invarianza di costi gravanti sul bilancio pubblico;
   peraltro, alla data di formalizzazione della determina che ha disposto «il riconoscimento del livello economico immediatamente superiore a quello di appartenenza», all'ENIT sarebbe stata inapplicabile la normativa contrattuale degli enti pubblici non economici, poiché il nuovo statuto dell'Agenzia era stato regolarmente registrato dalla Corte dei conti;
   la descrizione dei fatti, come sopra indicati, lascerebbe pensare che si sia determinato un incremento della spesa pubblica favorendo di fatto un disegno fortemente divergente dallo spirito e dalla sostanza delle norme approvate dal Parlamento –:
   se, nelle procedure, ad avviso degli interroganti anomale, che avrebbero portato agli indiscriminati aumenti stipendiali del personale dell'ENIT, siano state rispettate le norme sulla spending review e tutte le altre disposizioni in materia;
   chi abbia disposto l'avvio della procedura, nonostante l'entrata in vigore ben prima delle nuove norme che interessavano l'ENIT che ne disponevano la modificazione del profilo giuridico;
   se gli uffici ministeriali a cui è affidato l'esercizio delle funzioni di vigilanza sull'ENIT abbiano avallato la procedura e autorizzato preventivamente l'adozione della determina. (5-06917)

Interrogazione a risposta scritta:


   PISICCHIO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da anni rimane aperta la questione relativa alla fruibilità pubblica del parco archeologico di Cava Pontrelli, nell'area del comune di Altamura, dove il ritrovamento di numerosissime orme di dinosauri ha reso scientificamente rilevante e prezioso uno spazio che tuttora ricade nella proprietà di privati;
   in effetti una procedura espropriativa, per evidenti ragioni di interesse pubblico, è stata avviata dal municipio di Altamura; tuttavia, a distanza di quattro anni dall'avvio di quella procedura, e nonostante l'approvazione della delibera del consiglio comunale di Altamura del 22 luglio del 2014, con la quale si stanziava la somma da riconoscersi alla proprietà del sito a titolo di indennizzo e di premialità, elementi questi che sembravano preludere all'approssimarsi di una soluzione coperta anche dalla tutela ministeriale, sembrerebbe oggi che da parte della parte pubblica si stia registrando un mutamento di rotta;
   infatti, nel corso di una recente riunione tenutasi a Bari presso la Soprintendenza ai beni archeologici il 20 ottobre 2015 alla presenza di rappresentanti del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del comune di Altamura e del parco nazionale dell'Altamurgia, sarebbe emerso un orientamento da parte del Ministero volto a delegare al comune di Altamura, al Parco nazionale dell'Altamurgia e alla proprietà di Cava Pontrelli lo svolgimento della trattativa privata per l'acquisizione del sito, sgravando così il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo dalla responsabilità relativa alla tutela della paleo-superficie, immessa nel demanio pubblico con decreto ministeriale del 7 dicembre del 2000 e mai salvaguardata –:
   quali urgenti iniziative il Ministero interrogato intenda assumere per agevolare l'acquisizione dell'importante sito archeologico al patrimonio pubblico, anche al fine di preservarne l'agibilità e la fruibilità. (4-11028)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CORDA, FRUSONE, BASILIO, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   durante la trasmissione televisiva Le Iene (Italia 1) del 2 novembre 2015, è andato in onda un servizio dedicato alla scuola sottufficiali della Marina militare presso l'isola de La Maddalena. Il reportage in argomento ha dimostrato come nell'aria demaniale affidata alla Marina militare, squadre dei vigili del fuoco, su mandato della magistratura sarda, abbiano dissotterrato diverse tipologie di rifiuti, tra le quali amianto, parti metalliche e materiali plastici di varie forme. Il sito in questione è a oggi sotto sequestro e i materiali rinvenuti al vaglio dell'unità scientifica investigativa del NOA;
   secondo il sottufficiale della Marina militare, intervistato in forma anonima nel citato servizio, tali rifiuti sarebbero riconducibili all'interramento di un'imbarcazione, la Barracuda, per la quale a tempo debito, autorità e uffici tecnici della Marina militare, destinarono idonei fondi per un adeguato smantellamento;
   lo stesso intervistato continua il proprio racconto, citando un episodio per il quale, un'altra imbarcazione, inizialmente destinata al servizio antincendio marittimo, ma mai inaugurata, e dunque necessitante dello spostamento dal bacino al molo adiacente, sia costata circa 6 volte il costo medio offerto dalle locali imprese. Appare inoltre di difficile interpretazione come, detto spostamento, sia stato misteriosamente affidato ad un esercizio commerciale apparentemente estraneo alle dinamiche proprie dell'attività di dislocazione delle imbarcazioni;
   l'intervistato riferisce anche che nell'area sarebbero stati interrati i detriti derivanti dall'abbattimento di una palazzina in occasione dei lavori per l'organizzazione del G8 nel 2009;
   qualora l'evento risalga ai fatti del mancato vertice del G8 a La Maddalena (2009, poi spostato dal Presidente del Consiglio pro tempore Berlusconi a L'Aquila) pare difficile agli interroganti immaginare che l'attuale vertice militare della Marina non sapesse nulla della discarica abusiva prima della trasmissione, in considerazione del fatto che il «Capo della struttura di missione» è proprio l'attuale Capo di Stato Maggiore della Marina militare;
   la scuola Sottufficiali de La Maddalena, nonostante le note carenze infrastrutturali,  tuttavia, rappresenta ancora un polo formativo di eccezione specialistico a livello interforze per ciò che concerne le abilitazioni alla condotta e direzione di macchine e motori e i comandi navali di pattugliatori motovedette e rimorchiatori costieri e d'altura –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'esistenza della discarica in un'area del demanio sotto il controllo della Marina militare a La Maddalena;
   quali siano i motivi per i quali dopo tanti anni le autorità competenti – civili e militari – non abbiano reputato necessario provvedere alla bonifica del sito in questione e allo smaltimento di tali rifiuti in discariche legali;
   se il Ministro sia a conoscenza di altre discariche nell'area in questione e se non reputi di dover avviare una inchiesta interna per appurarne l'eventuale esistenza;
   se la discarica oggetto della trasmissione abbia rilasciato inquinanti nelle falde e nei terreni e se l'eventuale esistenza degli stessi possa provocare rischi alla salute dei militari;
   se il Governo non reputi necessario rilanciare la scuola di specializzazione presente a La Maddalena attraverso l'ammodernamento delle strutture ed investimenti adeguati per la sua valorizzazione.
(5-06915)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la ragioneria generale dello Stato, come ricorda lo stesso sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze, è un organo centrale di supporto e verifica per Parlamento e Governo nelle politiche, nei processi e negli adempimenti di bilancio e ha come principale obiettivo istituzionale quello di garantire la corretta programmazione e la rigorosa gestione delle risorse pubbliche;
   si presume dunque che essa, anche nelle sue articolazioni territoriali, agisca nel pieno rispetto dei principi di efficienza, efficacia, economicità e trasparenza, garantendo la sopra citata «rigorosa gestione delle risorse pubbliche»;
   tutto ciò non sembra tuttavia avvenire nella gestione delle risorse umane della ragioneria territoriale dello Stato di Reggio Calabria e Vibo Valentia che, attraverso quella che appare all'interrogante un'applicazione largamente interpretativa, se non completamente distorta, delle leggi dello Stato, promuove un uso abnorme e penalizzante per l'amministrazione pubblica dell'istituto del comando a beneficio di alcuni dipendenti;
   l'articolo 145 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, al comma 1, prevede che, nei casi di gestione straordinaria «il prefetto, su richiesta della commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli stessi, ove occorra anche in posizione di sovra ordinazione»;
   al comma 3 del medesimo articolo si prevede inoltre che tali disposizioni si applichino «a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143»;
   il 9 ottobre 2012 il Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri dichiarava alla stampa la decisione di sciogliere il comune di Reggio Calabria per infiltrazioni mafiose;
   da allora si avviavano diversi comandi ai sensi delle norme sopracitate del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali per supportare la terna di prefetti incaricati della gestione straordinaria;
   il comune di Reggio Calabria ha richiesto l'utilizzo di 3 dipendenti della ragioneria territoriale dello Stato di Reggio Calabria anche per il periodo successivo al commissariamento;
   come si evince dall'elenco dei collaboratori ex articolo 145 del Tuel, pubblicato sul sito del comune di Reggio Calabria dei tre dipendenti provenienti dalla ragioneria territoriale dello Stato uno è stato comandato per 24 ore settimanali e gli altri due sono, stati comandati per 12 ore settimanali;
   successivamente anche il comune di Vibo Valentia, che si trova nelle medesime condizioni del comune di Reggio Calabria, ha richiesto di potersi avvalere di due dei dipendenti impegnati a Reggio Calabria per ulteriori ore presso il medesimo ente;
   vale la pena ricordare che né il contratto collettivo nazionale né la normativa vigente in materia di comandi del personale prevede l'istituto del «comando ad ore» e che un dipendente può essere comandato solo a tempo pieno;
   va inoltre segnalato che la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale Lombardia, con la sentenza n. 54 depositata in data 16 aprile 2015, ha precisato che, per autorizzare il comando va valutato se l'espletamento dell'incarico, già prima della legge n. 190 del 2012 (e del decreto del Presidente della Repubblica n. 62 del 2013, che esaltano l'antico e già preesistente problema dei conflitti di interesse) possa ingenerare, anche in via solo ipotetica o potenziale, situazione di conflittualità con gli interessi facenti capo all'amministrazione e, quindi, con le funzioni ad essi strumentali assegnate sia al singolo dipendente che alla struttura di appartenenza;
   questa situazione appare verificata specie nel caso esaminato in cui i dipendenti comandati della ragioneria territoriale dello Stato di Reggio Calabria e Vibo Valentia si troverebbero a ricoprire il duplice ruolo di controllanti e controllati, in un contesto che non appare funzionale né al principio di legalità né a quello di trasparenza, visto che la ragioneria dello Stato competente per territorio, ha tra le proprie funzioni istituzionali, il controllo e la vigilanza sui comuni;
   si aggiunga che, secondo le testimonianze fornite all'interrogante da parte di alcuni rappresentanti delle organizzazioni sindacali, ai suddetti impiegati, presenti in ufficio soltanto per un numero limitato di ore, in quanto destinatari degli incarichi esterni presso i comuni di Reggio Calabria e Vibo Valentia, sarebbero state liquidate un cospicuo numero di ore di straordinario;
   non si comprende come sia possibile l'erogazione di un trattamento straordinario, in deroga alle comunicazioni effettuate al personale del direttore reggente, nel momento in cui i suddetti dipendenti non effettuano che un orario di lavoro part time –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se abbiano avallato le modalità di gestione del personale della ragioneria territoriale di Reggio Calabria/Vibo Valentia relativamente alla possibilità di consentite un comando ad ore, fattispecie non ricompresa nella normativa né nel CCNL, ex articolo 145 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
   se sia possibile attribuire, nel quadro di questa fattispecie di comando, il pagamento di un trattamento straordinario e secondo quali modalità o criteri;
   se non si ravvisi il possibile insorgere di situazioni di conflitto d'interesse in capo al personale che svolge allo stesso tempo attività lavorativa all'interno di un ente controllante e un ente controllato.
(4-11032)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con nota del 6 luglio 2015, indirizzata al Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 13, comma 12, delle legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modificazioni, l'avvocato Andrea Di Francia, garante del contribuente per la provincia autonoma di Trento, ha trasmesso la relazione del primo semestre 2015 sull'attività svolta dall'ufficio da lui presieduto;
   la relazione riassume in modo puntuale ed esaustivo l'attività svolta nel primo semestre del 2015, la quale svolge l'inestimabile funzione di migliorare il rapporto tra contribuente e amministrazione finanziaria dello Stato nel rispetto dei principi costituzionali di trasparenza e imparzialità dell'azione amministrativa e in attuazione dello statuto dei diritti del contribuente approvato con la legge 27 luglio 2000, n. 212;
   dalla relazione risulta come l'operato del arante sia teso a rafforzare fattivamente il livello di tax compliance ovvero l'adempimento spontaneo agli obblighi tributari da parte del contribuente da raggiungere attraverso un'azione di prevenzione e contrasto all'evasione fiscale selettiva ed efficace e una sempre maggiore qualità dei servizi d'informazione e assistenza offerta ai contribuenti;
   oggetto della relazione sono i principi fondamentali, alcuni purtroppo disattesi, quali, principalmente: il principio di colpevolezza, espressamente previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (sistematicamente violato dall'ufficio); il diritto all'informazione del contribuente; le garanzie e le tutele dell'accertato durante le verifiche fiscali, il diritto di interpello e il diritto ad ottenere una risposta alle «pratiche» degli uffici finanziari previo contraddittorio con il garante;
   tra le criticità rilevate il garante segnala: l'impedimento alla collaborazione tra comuni e Agenzia delle entrate ai fini del contrasto all'evasione fiscale causato dal perdurante totale disinteresse della provincia autonoma di Trento; la mancata ottemperanza del principio di chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie come prescritto dall'articolo 2 della legge 212 del 2000; l'esito negativo della correlazione della rateizzazione concessa dall'Agenzia delle entrate con quella accordata da Equitalia; la necessità di chiarire, in materia di pagamento del debito tributario mediante cessione di opere d'arte ex articolo 7 legge 2 agosto 1982, n. 512, se il silenzio serbato dall'amministrazione adita debba essere inteso come silenzio-assenso oppure come silenzio-rigetto; il bisogno di normare la tutela del contribuente nelle fase esecutiva; l'esigenza di chiarire all'ufficio impositore la differenza tra valore del bene e corrispettivo ai fini dell'imposta di registro, specialmente con riferimento ad accertamenti di valore riferiti ad epoche antecedenti la notoria crisi economica –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e quale seguito sia stato dato o si intenda dare, per quanto di competenza, alla predetta relazione del Garante del contribuente, con specifico riferimento ad eventuali iniziative o provvedimenti approvati o programmati per rimediare alle criticità segnalate. (4-11036)


   FANTINATI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la questione abitativa in Italia, per troppo tempo, è rimasta ai margini delle agende politiche, sia a causa dell'elevato numero delle case in proprietà sia per l'erroneo convincimento che la povertà abitativa potesse essere assorbita dallo sviluppo economico;
   a partire dagli anni Settanta e Ottanta, le politiche neo-liberali hanno privilegiato l'espansione della proprietà della casa, con la conseguente drastica riduzione dell'affitto sociale e privato e l'aumento vertiginoso dei prezzi e dei canoni locativi;
   l'attuale domanda abitativa, a causa delle difficoltà di accesso al lavoro per la perdurante crisi economica e di altre emergenze sociali, è formata soprattutto da persone — studenti fuori sede, lavoratori in mobilità, lavoratori stranieri, famiglie ed altre tipologie — comunque appartenenti alla fascia debole della popolazione, anche del ceto medio, in cerca di abitazioni in locazione, in quanto la proprietà rappresenta semplicemente una chimera;
   gli stessi dati relativi al numero degli sfratti per morosità anche incolpevole, con 77 mila provvedimenti di rilascio nel 2014, 150 mila richieste di esecuzione forzata a fronte di 36 mila eseguite, comprovano la gravità del fenomeno che desta particolare allarme sociale;
   il rifinanziamento del Fondo nazionale per l'accesso alle abitazioni in locazione non è stato sufficiente a risolvere il problema, in quanto si interviene a posteriori anziché intervenire prima che le morosità si verificano;
   la platea dei cittadini che sono in affitto in alloggi sociali, secondo quanto prevede il decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti 22 aprile 2008 (Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008) e successive modiche e integrazioni, è formata da persone in difficoltà e fragilità economica a causa della difficoltà di accesso e mantenimento del lavoro o per altre giustificate motivazioni;
   l'articolo 10, comma 3, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, ha integrato tale definizione attraverso la previsione di ulteriori fattispecie. Pertanto, alla luce della normativa vigente, si considera «alloggio sociale» l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della funzione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato. Rientrano nella definizione anche gli alloggi destinati alla locazione temporanea per almeno otto anni e quelli destinati alla proprietà della prima casa. In virtù dell'ultimo intervento normativo sono ricomprese, inoltre, le residenze per studenti universitari e quelle sanitarie per anziani;
   gli affittuari di tali alloggi devono scontare un'aliquota IVA sui canoni locativi pari al 10 per cento, che costituisce un onere eccessivo se rapportato alla loro condizione economica;
   al contrario, gli alloggi assegnati in godimento da parte delle cooperative edilizie a proprietà indivisa sono assoggettati all'aliquota agevolata del 4 per cento e, sotto il profilo strettamente giuridico, non v’è alcuna particolare differenza, a giudizio dell'interrogante, tra l'affitto e il godimento –:
   quali iniziative concrete si intendano adottare per venire incontro alle esigenze di queste, deboli, categorie sociali.
(4-11037)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28 della legge professionale forense ha disciplinato l'elezione dei consigli dell'ordine rinviando le modalità ad apposito regolamento attuativo da adottare con decreto del Ministro della giustizia;
   detto regolamento è stato, poi, oggetto di emanazione e successiva impugnazione innanzi al Tar del Lazio;
   la giustizia amministrativa ha evidenziato una pluralità di criticità della predetta normativa, motivo per il quale se ne rende necessaria una rapida ed opportuna riscrittura;
   tali riscrittura, secondo quanto emerso attraverso alcuni incontri svolti tra Ministero ed Avvocatura, comporterà una revisione del sistema elettorale dei, consigli dell'Ordine, articolata sui seguenti punti:
    a) abolizione delle facoltà di presentare candidature raggruppate in liste;
    b) attribuzione ad ogni singolo avvocato del diritto di esprimere un numero di preferenze limitato ad 1/3 dei consiglieri da eleggere;
    c) determinazione dell'obbligo di votare un numero paritario di candidati di sesso diverso laddove si ritenga, da parte di ogni singolo avvocato elettore, di esprimere il proprio voto per il terzo dei consiglieri eleggibili;
   tali ipotesi hanno destato non poche perplessità da parte degli organismi rappresentativi dell'Avvocatura, in quanto il meccanismo elettorale che ne discenderebbe provocherebbe la compromissione del diritto degli avvocati ad eleggere consigli dell'ordine governabili, depotenziandone, inevitabilmente, la funzione istituzionale dell'intera avvocatura che è ben diversa da quella di altri organismi di rappresentanza politica;
   restano ferme le esigenze imprescindibili di garanzia di un'ampia ed equilibrata parità di genere nella composizione dei consigli, raggiungibile anche e soprattutto attraverso la previsione di un meccanismo elettorale adeguato all'ottenimento di tale finalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali criticità e quali siano le esigenze di carattere sistematico alle quale intende rispondere predisponendo una riscrittura del regolamento elettorale, così come discussa in bozza il 21 ottobre 2015;
   se il Ministro interrogato, alla luce delle forti perplessità manifestate dall'Avvocatura e segnatamente dall'organismo unitario dell'avvocatura, non ritenga, prima di ogni ulteriore provvedimento in tal senso, promuovere un ulteriore e più approfondito momento di confronto con gli organismi di rappresentanza dell'Avvocatura. (4-11035)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il regolamento (UE) n. 139/2014 della Commissione del 12 febbraio 2014 che stabilisce i requisiti tecnici e le procedure amministrative relativi agli aeroporti ai sensi del regolamento (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio sancisce all'articolo 3, comma 2 che: «L'autorità competente deve essere indipendente dai gestori degli aeroporti e dai fornitori di servizi di gestione del piazzale. Tale indipendenza viene garantita mediante separazione, quanto meno a livello funzionale, tra l'autorità competente e i suddetti gestori di aeroporti e fornitori di servizi di gestione del piazzale. Gli Stati membri devono assicurare che le autorità competenti esercitino le loro competenze in modo imparziale e trasparente»;
   lo statuto dell'ENAC (Ente nazionale per l'aviazione civile) approvato con decreto interministeriale del 19 gennaio 2015, n. 13, registrato alla Corte dei conti il 12 marzo 2015, sancisce alle lettere k), q), x) dell'articolo 2, comma 2 che: «L'Ente, nel rispetto del poteri di indirizzo del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché fatte salve le competenze specifiche degli altri enti aeronautici, agisce come unica autorità di regolazione tecnica, certificazione e vigilanza nel settore dell'aviazione civile provvedendo, nello svolgimento delle proprie funzioni in particolare ai compiti di:
    (...) k) partecipazione su nomina del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nei collegi sindacali della società di gestione aeroportuale e rispettive società controllate e/o partecipate; (...)
    q) eventuale partecipazione alle attività di gestione degli aeroporti di preminente interesse turistico e sociale ovvero strategico-economico; (...)
    x) individuazione e attivazione delle procedure necessarie all'acquisizione dei finanziamenti nazionali e/o dell'Unione europea relativi al proprio settore di attività con particolare riferimento ai finanziamenti per la realizzazione di opere infrastrutturali aeroportuali»;
   ad avviso dell'interrogante, le parti dello statuto dell'Enac sopracitate sono in contrasto con le disposizioni sancite dall'articolo 3 comma 2 del regolamento (UE) n. 139/2014 –:
   se il Ministro condivida quanto sostenuto dall'interrogante e, in caso contrario, come si giustifichino le previsioni delle lettere k), q), x) del comma 2, dell'articolo 2, dello Statuto dell'ENAC che, a giudizio dell'interrogante, risultano in contrasto con articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 139/2014 e quali iniziative intenda adottare al fine di superare lei criticità rappresentate in premessa.
(5-06913)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle ultime settimane la città di Bari è stata purtroppo teatro di sanguinosi fatti di cronaca, con agguati, omicidi e sparatorie;
   Bari è una delle dieci città metropolitane del nostro Paese e ha attualmente in servizio solo quattro al massimo cinque pattuglie della «Volante» con due agenti a pattuglia;
   la stessa Arma dei carabinieri risulta essere sotto organico considerata la complessità dell'area metropolitana barese;
   si parla di una realtà con oltre 300 mila abitanti;
   le organizzazioni sindacali di polizia hanno manifestato più volte il disagio e le difficoltà, considerate le carenze di mezzi e di uomini nello svolgimento del proprio lavoro;
   il Governo prevede l'immissione di 2.550 uomini nel comparto sicurezza e la fine dell'Expo dovrebbe consentire di poter liberare risorse e mezzi per il territorio nazionale;
   recentemente a seguito di una recrudescenza di fenomeni criminali sul territorio dell'area metropolitana di Napoli il Ministro ha immediatamente consentito il potenziamento degli organici del comparto sicurezza in servizio presso la città partenopea –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda adottare con la massima urgenza, per rafforzare le dotazioni di mezzi e uomini in servizio presso la questura di Bari al fine di consentire un maggiore e più efficace controllo del territorio.
(3-01827)


   TERZONI, AGOSTINELLI e CECCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da un comunicato diffuso dal Sindacato Autonomo di Polizia in data 6 ottobre 2015 si apprende che nella giornata di lunedì 5 ottobre 2015 al  casello autostradale di Ancona Nord sarebbero rimasti n. 4 pattuglianti con una sola autovettura, alcuni dei quali, quando è arrivata la pioggia avrebbero trovato riparo sotto la pensilina del casello, perché nell'unica macchina disponibile il sedile posteriore sarebbe stato occupato dal cospicuo materiale di servizio;
   il posto di blocco inizialmente era formato da cinque pattuglianti più il comandante del distaccamento Polstrada di Senigallia con due autovetture e un furgone della polizia di Stato;
   il comandante avrebbe dichiarato di essere stato convocato dal dirigente di selezione verso le ore 15, per riunione periodica con tutti i comandanti di distaccamento, quindi si sarebbe allontanato alla guida di una delle due autovetture di servizio unitamente a un collega alla guida del furgone;
   nel comunicato il sindacato denuncia la grave lesione del prestigio e del decoro della polizia di Stato, per aver lasciato volontariamente appiedati dei pattuglianti diminuendo la capacità di intervento in caso di necessità;
   l'episodio se confermato sarebbe ancora più grave alla luce di quanto avvenuto nelle ultime settimane nel territorio regionale: il 29 settembre in A14, sulla corsia sud tra Loreto e Porto Recanati, nelle Marche dove furgoni portavalori che stavano percorrendo l'A14 in direzione Macerata si sono visti sbarrare la strada da un commando armato, e a seguito di una sparatoria a colpi di kalashikov i malviventi sono fuggiti con un bottino di 5 milioni di euro e si sono lasciati alle spalle un ferito tra le guardie giurate della Fitist; il 4 ottobre a Monsano, alle porte di Jesi, è avvenuta un'irruzione in un megastore pieno di gente a colpi di martelli, mazze e bombe molotov durante l'orario di apertura e quindi alla presenza di molti cittadini;
   l'assalto al portavalori in A14, anche secondo il questore di Ancona Oreste Capocasa, è da collocare tra gli attacchi malavitosi compiuti dalle «tre, quattro bande altamente specializzate che operano sul territorio nazionale. La rapina non ha a che fare con la criminalità locale, ma con banditi di un livello superiore. Il sistema adottato è perfetto – spiega Capocasa –. La banda sapeva di poter agire in una zona d'ombra delle comunicazioni telefoniche, ha studiato luoghi, vie di fuga, percorsi, tempi d'intervento, modalità di esecuzione. Sapeva che sarebbe entrata in funzione la schiuma autobloccante e aveva già la soluzione. Questa banda è la stessa che ha operato in Sardegna, Toscana, Lombardia. In raccordo con altre forze di altre zone d'Italia e con le procure stiamo facendo un grande lavoro per dare una risposta efficace e in tempi rapidi» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   come intenda procedere, per quanto di competenza, una volta verificato che quanto denunciato dal sindacato autonomi di polizia trovi conferma, per stabilire se ci siano state delle negligenze nella gestione delle pattuglie e del personale;
   quali iniziative intenda intraprendere per garantire il potenziamento dei servizi di prevenzione e di controllo del territorio e, nello specifico, se ci siano già in agenda delle misure mirate per la regione Marche. (3-01828)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in applicazione del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 142 relativo all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale ed al procedimento e la revoca della protezione internazionale, e a seguito della decisione 2015/1523 e della decisione 2015/1601 del Consiglio dell'Unione europea, il Ministero dell'interno ha emanato le circolari del 6 ottobre 2015 prot. n. 14106 e del 30 ottobre 2015, prot. n. 2255;
   a circa un mese di distanza dall'avvio in fase sperimentale dei primi interventi operativi previsti dall'Agenda europea per le migrazioni, non è stata introdotta una chiara base giuridica che definisca i centri hotspot e regional hub;
   da più osservatori sul campo provenienti da enti di tutela del terzo settore ed organizzazioni non governative sono state manifestate perplessità e preoccupazioni circa le prassi adottate dalle forze dell'ordine nei punti di sbarco in Sicilia quali, ad esempio, Pozzallo e Catania, nelle fasi di prima accoglienza dei migranti soccorsi in mare in deroga arbitraria a norme giuridiche e prassi consolidate, quali la mancata informativa resa circa la possibilità di richiedere la protezione internazionale, la tutela delle garanzie personali nelle fasi di identificazione e fotosegnalamento, la limitazione di accesso alla procedura di asilo in base alla sola nazionalità con notifica diretta di decreto di espulsione;
   tali preoccupazioni sembrano trovare conferma anche nelle parole del prefetto Pinto durante l'audizione del 29 ottobre 2015 presso la «Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione», secondo cui sembrerebbe profilarsi l'esigenza di modificare l'ordinamento per disciplinare l'uso della forza nei confronti di chi si rifiuti di sottoporsi a rilevamenti fotodattiloscopici per l'identificazione e di prevedere a tale fine anche un trattenimento;
   nella seduta del 4 novembre 2015 presso le «Commissioni Riunite I Affari costituzionali della Camera e 1a Affari costituzionali del Senato» il Ministro interrogato ha dichiarato che i migranti soccorsi in mare che saranno oggetto di rimpatrio, dovranno essere trattenuti in attesa dell'applicazione della procedura;
   nel testo della Roadmap italiana predisposto e presentato dal Ministero dell'interno il 28 settembre 2015, come disposto dall'articolo 8.1 della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio Europeo del 22 settembre 2015, che dispone la tabella di marcia e le azioni da attuare, si legge chiaramente che «coloro i quali non manifestano la volontà di chiedere asilo o si rifiutano di essere foto-segnalati, saranno trasferiti in apposite strutture (Centri per l'identificazione ed espulsione – CIE) per il seguito degli accertamenti», nonché la previsione di ampliamento dei posti nei CIE e la riapertura di centri precedentemente chiusi (Milano, Gradisca d'Isonzo) o come, ad esempio, quello di Brindisi località Restinco già da tempo nuovamente operativo;
   la condizione di vita dei migranti nei CIE è grave così come dimostrato dai frequenti fatti di cronaca quali, ad esempio, il grave ferimento di un cittadino marocchino a seguito di un'aggressione subita nel CIE d Bari il 17 ottobre 2015, il decesso di un cittadino egiziano sempre nel CIE di Bari avvenuto il 7 febbraio 2015, la mancata attuazione della sentenza del tribunale di Bari del 9 gennaio 2014 che imponeva urgenti misure di manutenzione e miglioramenti e relative sanzioni del febbraio 2015, le conclusioni del rapporto della Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani del 24 settembre 2014 che evidenzia tutte le criticità dei CIE con relativa richiesta di chiusura specialmente delle strutture più inefficienti –:
   se e quali urgenti iniziative di competenza intenda attuare per evitare che vengano perpetrate gravi violazioni dei diritti fondamentali della persona a danno dei migranti soccorsi in mare nelle prime fasi di accoglienza;
   se e quali iniziative il Governo intenda attuare per verificare l'idoneità delle strutture del CARA di Bari Palese, oggetto di prossima trasformazione in regional hub a fronte delle notevoli criticità logistico-strutturali e gestionali più volte denunciate negli ultimi anni;
   se e quali interventi abbia intenzione di attuare per evitare il protrarsi ed aggravarsi nel tempo delle criticità radicate nel sistema dei CIE e non ancora risolte. (4-11031)


   RICCIATTI, NICCHI, COSTANTINO, QUARANTA, SCOTTO, PLACIDO, AIRAUDO, FERRARA, PIRAS, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, KRONBICHLER, MELILLA, DURANTI e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la polizia e la procura distrettuale di Catania hanno condotto una vasta operazione di polizia giudiziaria volta a sgominare un'organizzazione finalizzata allo scambio, divulgazione e distribuzione di materiale pedopornografico (Il Corriere Adriatico, 27 ottobre 2015);
   le indagini hanno toccato diverse città italiane. Perquisizioni sono state effettuate a Milano, Cremona, Ascoli Piceno, Varese, Salerno, Napoli, Nuoro, Rieti e Treviso;
   sono anche stati accertati numerosi contatti tra i soggetti indagati e un centinaio di persone in Francia, Regno Unito, Islanda, Polonia, Brasile, Marocco, segnalati alle autorità internazionali;
   si tratta del primo caso nel quale viene contestata la modalità associativa per un gruppo nato e sviluppatosi esclusivamente sulla rete internet, con lo scopo di scambiare materiale pedopornografico;
   delle diciassette persone indagate, tre sono state arrestate in flagranza di reato, per la detenzione di numerose fotografie e file di natura pedopornografica;
   l'indagine ha avuto origine dalla scoperta di una pagina web contenente e foto di minorenni nudi, che ha consentito di risalire agli autori dei singoli messaggi di commento;
   l'attività investigativa, condotta per un anno dal compartimento della polizia postale di Catania e coordinata dal Centro nazionale contrasto della pedopornografia on line di Roma, ha portato alla scoperta dell'archiviazione del materiale pedopornografico su sistemi «cloud» (cosiddetta nuvola informatica), che consentiva di scambiare e archiviare il materiale illegale senza lasciare traccia sui dispositivi informatici  –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di fornire i dati aggregati relativi al fenomeno della pedopornografia on line in Italia;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per implementare il contrasto di tale fenomeno criminale.
(4-11034)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, MANFREDI e TERROSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la Meridionale Servizi è una cooperativa di produzione e lavoro, che nasce nel 1980 a Bari come impresa di pulizia e si evolve nell'ultimo 10 anni nel facility management;
   l'esperienza e la continua formazione consente alla cooperativa di proporre ai clienti prestazioni che vanno dalla pulizia e sanificazione ad elevato contenuto tecnologico-specialistico, ai servizi di giardinaggio, portierato, facchinaggio, realizzazione e manutenzione di impianti elettrici, idrici e tecnologici;
   aderisce alla Confcooperative attraverso i consorzi Ciclat e Consea, partecipa a gare d'appalto di rilevanza nazionale;
   attualmente la cooperativa conta circa 1500 dipendenti su tutto il territorio nazionale, con un fatturato di oltre 30 milioni di euro;
   sin dal 2007, a causa della riduzione delle risorse economiche destinate al comparto dal Governo e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, i lavoratori ex LSU e cosiddetti storici hanno dovuto subire riduzioni di orario, trasferimenti e gli effetti del ricorso alla cassa integrazione guadagni in deroga;
   il 28 marzo 2014 si è tenuto un incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali nel quale è stato sottoscritto un verbale accordo tra rappresentanti dello stesso Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, rappresentanti delle aziende e dei consorzi e rappresentanti sindacali con il quale tutti i firmatari, preso atto dell'ennesimo taglio alle risorse destinate alle pulizie e della disponibilità di fondi per l'edilizia scolastica, hanno accettato di modificare le condizioni originarie dell'appalto e di modificare le attività lavorative con riduzione dell'attività di pulizia e aggiunta dell'attività di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici;
   l'incontro del 28 marzo 2014 è stato seguito da successivi incontri tra le stesse parti per definire al meglio le problematiche connesse alle modifiche apportate il 28 marzo 2014 e alla gestione delle attività di decoro;
   sono stati sottoscritti i verbali di accordo del 5 maggio 2014, 6 giugno 2014, e 15 gennaio 2015 con i quali sono state definite le regole per le attività di decoro ed è stata introdotta la banca individuale delle ore;
   il 15 giugno 2015 a tutti i dipendenti delle pulizie nelle scuole della Campania, la società ha inviato una comunicazione di sospensione dal lavoro (ai sensi dell'articolo 34 lettera c) del CCNL pulizie multiservizi) in quanto il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca non aveva provveduto alla decretazione dei fondi finalizzati al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici, per il periodo luglio-dicembre 2015, né tantomeno aveva identificato gli istituti scolastici destinatari di tali fondi;
   il 1o luglio 2015, 36 operai, tutti dipendenti della Società Meridionale Servizi Soc. Coop assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato che prevedeva lo svolgimento di 36 ore settimanali hanno diffidato la società, dichiarando che il contratto, per molti lavoratori, ha subito una brusca riduzione dell'orario di lavoro, provocando un ingente danno agli stessi, i quali hanno perso tutti i diritti previsti per legge, quali ferie, permessi, nonché malattie;
   il suddetto contratto, con modifiche apportate successivamente alla stipula, e all'oscuro dei lavoratori, avrebbe previsto l'applicazione della «banca ora», con un recupero coattivo delle ore di lavoro;
   tanti lavoratori hanno svolto prestazioni lavorative seguendo gli ordini impartiti, ma talvolta si sono trovati a dover svolgere compiti non previsti dal contratto, e soprattutto mansioni superiori a quelle riconosciute e retribuite nonché a dover svolgere la loro prestazione lavorativa fuori dall'orario di lavoro e nei giorni festivi;
   ad oggi gli stessi lavoratori non risulterebbero in regola con la posizione assicurativa nonché contributiva, rispetto alle prestazioni lavorative svolte;
   è di qualche giorno fa la notizia del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di non poter procedere alla decretazione dei fondi finalizzati al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili scolastici –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopraesposti, e quali iniziative intendano adottare affinché si possa favorire la definizione e la regolarizzazione delle posizioni contributive, assicurative e retributive dei suddetti lavoratori, nonché per l'individuazione di possibili soluzioni di ricollocazione occupazionale. (5-06910)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'arte dei pizzaiuoli napoletani rappresenta l'esempio più evidente e riconosciuto a livello internazionale di patrimonio culturale alimentare italiano;
   tale elemento culturale, trasmesso di generazione in generazione, svolge alcune importanti funzioni sociali, tra cui il forte senso di identità per la comunità partenopea, un'importante possibilità di riscatto sociale, un'opportunità di scambio intergenerazionale e di valorizzazione delle conoscenze tradizionali;
   l'estrema diffusione e commercializzazione della pratica, nonché gli effetti della globalizzazione, fanno accrescere il timore della scomparsa dell'elemento e dei suoi detentori, ovvero i pizzaiuoli napoletani, comportando la perdita di un sapere tradizionale parte del bagaglio culturale immateriale italiano;
   l'Italia ha ratificato con legge 27 settembre 2007, n. 167, la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale adottata a Parigi il 17 ottobre 2003 dalla XXXII sessione della Conferenza generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura (UNESCO);
   tra i principali obiettivi della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO vi è l'intenzione di salvaguardare gli elementi e le espressioni del patrimonio intangibile, di promuovere a livello locale, nazionale e internazionale la consapevolezza del loro valore in quanto componenti vitali delle culture tradizionali, di assicurare che tale valore sia reciprocamente apprezzato dalle diverse comunità, gruppi e individui interessati e di incoraggiare le relative attività di cooperazione e sostegno su scala internazionale, attraverso anche strumenti specifici quali la lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO;
   il consiglio direttivo della commissione nazionale italiana per l'UNESCO, con deliberazione del 19 marzo 2015, su proposta della comunità locale supportata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha deciso di candidare «l'arte dei pizzaiuoli napoletani» per l'inserimento nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'UNESCO, per il ciclo 2015-2016;
   tale candidatura risponde alle sollecitazioni dell'UNESCO che, soprattutto negli ultimi anni, ha richiesto agli Stati di candidare pratiche ed elementi tradizionali esempi di sviluppo sostenibile, di integrazione e di dialogo sociale;
   secondo la procedura internazionale prevista dalle direttive operative della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale UNESCO, il dossier di candidatura è stato inviato il 30 marzo 2015 al segretariato della Convenzione per tramite della rappresentanza permanente d'Italia presso l'UNESCO, iniziando formalmente l'iter internazionale di valutazione;
   a supporto della candidatura le associazioni e la società civile hanno raccolto oltre 300 mila firme, provenienti, oltre che dalla regione Campania, anche dall'intera Italia e dall'estero, per testimoniare la più ampia condivisione della volontà di voler vedere riconosciuta l'arte dei pizzaiuoli napoletani quale elemento del patrimonio culturale immateriale dell'umanità UNESCO;
   dal 30 novembre al 4 dicembre 2015 si riunirà a Windhoek (Namibia) il comitato intergovernativo della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale UNESCO, organo di governo della Convenzione, che tra i punti all'ordine del giorno discuterà la possibilità di differire l'esame della proposta di candidatura dell'arte dei Pizzaiuoli napoletani dal ciclo 2015-2016 al ciclo 2016-2017 –:
   quali iniziative di competenza abbia intrapreso al fine di supportare la candidatura dell'arte dei pizzaiuoli napoletani quale elemento del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'UNESCO;
   quali azioni siano state avviate per permettere la discussione della predetta candidatura entro il prossimo comitato intergovernativo della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale UNESCO del novembre 2016;
   se sia stata individuata la delegazione volta a partecipare lavori del Comitato di Windhoek per conto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con il mandato di negoziare e agire strategicamente per evitare il rischio di differimento dell'esame della candidatura.
(5-06911)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nell'unità operativa di recupero neurologico di Locri (RC) ci sono diciassette disabili gravi che da 40 giorni sono privi di assistenza di base;
   l'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria – distretto sanitario della Locride – non ha provveduto a rinnovare né a prorogare l'incarico alla cooperativa che da dieci anni svolge il servizio di assistenza ai disabili in modo idoneo ed efficace;
   la Consulta delle associazioni di Gioiosa Jonica del territorio locrideo e della piana del Rosarno sta raccogliendo le istanze e le difficoltà che le associazioni di volontariato – ADDA – Gli Amici di Nicola, Patto di solidarietà di Rosarno, Unitalsi, consulte, movimenti giovanili, l'Associazione nazionale FIABA – si trovano a dover affrontare per la grave situazione venutasi a creare per il mancato servizio pubblico ai disabili;
   attualmente i disabili possono contare solo sull'assistenza dei volontari dell'Unitalsi locale che nel limite delle loro possibilità provvedono alle loro esigenze. Ciò ha creato e crea tuttora una condizione di grave disagio per le persone che hanno necessità di assistenza e per di conseguenza per le loro famiglie;
   pare che l'azienda sanitaria provinciale cerchi soluzioni in merito pensando al dislocamento del personale interno tramite un bando interno all'azienda. Di fatto nulla è certo in tal senso poiché non vi è pubblicazione del bando ipotizzato. Inoltre, va segnalato che al precedente bando interno nessun operatore vi aveva partecipato;
   uno dei casi emblematici di questa situazione, ad avviso degli interroganti assurda, di cui è imputabile l'azienda sanitaria provinciale, è l'esempio di uno studente disabile – Nicola R. – che dall'inizio dell'anno scolastico non frequenta la propria scuola, il liceo artistico di Locri, poiché manca la disponibilità o meglio, la responsabilità di chi si deve occupare adeguatamente dell'assistenza di base e cioè del servizio sanitario pubblico;
   del caso sopra citato se ne sono occupati i media nazionali e politici di diversi schieramenti ma ad oggi nulla è cambiato. Inoltre, i genitori dello studente, per protesta si sono incatenati ai cancelli della scuola sin dall'avvio dell'anno scolastico e continuano nella loro giusta battaglia finché non verrà ridato il diritto inalienabile allo studio al proprio figlio;
   le politiche sociali messe in atto dalle istituzioni di diverso livello e le leggi in vigore, ci insegnano che è necessario superare le barriere architettoniche. Tuttavia, si ritiene importante e necessario superare anche quelle culturali e gestionali. Il caso dei disabili dell'unità operativa di recupero neurologico di Locri (RC) non è che una goccia in mezzo a un mare di quella che interroganti giudicano mala gestione e irresponsabile politica –:
   se il Governo sia informato della situazione in cui da qualche tempo versano i diciassette disabili dell'unita operativa di recupero neurologico di Locri e del disagio che quotidianamente sono costretti a vivere anche i loro famigliari e se la mancata proroga o rinnovo da parte dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria all'Associazione che svolgeva la propria opera di assistenza sia imputabile alle esigenze di razionalizzazione della spesa di cui al piano di rientro dai disavanzi sanitari;
   se non ritenga necessario, anche per il tramite del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari regionali, assumere iniziative per trovare tempestivamente soluzioni in attesa di una nuova assegnazione del servizio, affinché siano rispettati i livelli essenziali di assistenza e i disabili possano tornare ad avere il diritto assistenziale sottratto a causa di quella che appare agli interroganti una mancanza di responsabilità politica e dirigenziale degli organi preposti. (5-06914)


   MOGNATO e MURER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la procura della Repubblica di Venezia, indagando sulle circostanze di un parto avvenuto in data 26 dicembre 2014 presso l'ospedale di Dolo nella città metropolitana di Venezia, ha acclarato che il ginecologo che effettuò l'intervento, dottor Andrea Stampini, era privo dei titoli abilitativi allo svolgimento dell'attività medica;
   in seguito alle complicanze del citato intervento il neonato riportò alcune gravi lesioni, che solo raggiunti i tre anni di età sarà possibile valutare con compiutezza rispetto alle conseguenze cerebrali o neurologiche;
   il dottor Stampini all'epoca dei fatti era in pensione e operava in qualità di medico in convenzione con l'azienda dell'Unità locale socio-sanitaria (ULSS) n. 13 di Dolo-Mirano;
   lo stesso dottor Stampini risulta avere operato per quasi 40 anni come ginecologo in molteplici strutture e aziende sanitarie del servizio sanitario nazionale, assumendo anche ruoli di responsabilità apicale ad esempio presso i poli ospedalieri di Riva del Garda ovvero di Bassano, oltreché presso la stessa azienda ULSS n. 13 di Dolo-Mirano;
   l'Ordine dei medici di Ferrara, cui lo Stampini era iscritto, il 29 settembre 2014 ha sospeso lo stesso in quanto «non sussistono all'origine i requisiti per l'iscrizione all'albo professionale»;
   non risulterebbe che lo Stampini avesse conseguito il diploma di laurea in medicina presso l'Università di Bologna, come attestato dallo stesso;
   la procura della Repubblica di Venezia ha aperto un secondo fascicolo d'inchiesta a carico dello Stampini per «esercizio abusivo della professione medica»;
   di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa, con particolare riguardo alle procedure di selezione, valutazione e controllo dei titoli abilitativi che hanno condotto lo stesso sedicente ginecologo ad operare ininterrottamente presso le strutture del servizio sanitario nazionale. (5-06916)

Interrogazione a risposta scritta:


   ATTAGUILE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il problema dei costi nel comparto della sanità è un macigno che pesa sui budget delle regioni, alcune più virtuose di altre;
   uno dei tasselli su cui intervenire, oltre al «macro scoglio» dell'applicazione dei costi standard, che darebbe qualità nel servizio e risparmio sui costi sarebbe la piena applicazione della cartella clinica elettronica (o cartella clinica informatizzata);
   la cartella clinica elettronica è uno strumento importante per il medico, perché permette di fornire ai pazienti servizi affidabili ed esaurienti, in modo efficiente ed economico;
   una buona cura, infatti, dipende anche dalla possibilità di avere una storia accurata del paziente. Senza queste informazioni può accadere di ripetere esami, di trascurare risultati precedenti, di ignorare allergie ed intolleranze. Per questo le informazioni cliniche devono essere sempre a portata di mano;
   scrivere a mano cartelle cliniche, referti e prescrizioni, così come archiviare dati su carta, si sta sempre più dimostrando un metodo antiquato e antieconomico. La cartella clinica tradizionale è sempre più voluminosa, con documenti provenienti da moltissime fonti, in cui risulta difficile trovare tempestivamente l'informazione necessaria. Inoltre, l'interpretazione dei documenti è spesso complicata da grafie incomprensibili;
   gli indiscussi vantaggi sono rappresentati dal trovare i dati necessari sul computer in pochi secondi, indipendentemente dalle dimensioni dell'archivio e dal numero di cartelle in esso contenute. I dati presenti in una cartella elettronica, opportunamente rielaborati, costituiscono una fonte di dati storici utili alla gestione dello studio, accanto ai dati più propriamente amministrativi e gestionali;
   nel Paese si è diffusa l'abitudine di indire gare d'appalto per l'esternalizzazione a ditte private della custodia e gestione delle cartelle cliniche, affidando documenti contenenti dati sensibili a personale dipendente delle ditte aggiudicatarie non ben identificato e idoneamente formato in materia. È utile ricordare tra l'altro, che questo tipo di servizio ha un onere elevatissimo per le aziende, infatti comporta costi di diverse centinaia di migliaia di euro che gravano sul fondo sanitario, mentre le cartelle con oltre quindici anni potrebbero essere benissimo affidate alla custodia degli archivi di Stato e i cittadini che ne avessero necessità, potrebbero inoltrare richiesta di copia conforme all'archivio nazionale presente in ogni città –:
   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza della situazione e se non intenda attivarsi al fine di coordinare con le regioni un servizio informatico comune tra le varie realtà sanitarie, al fine di poter ottenere concretamente degli indiscussi benefici per i cittadini e gli operatori della cartella clinica elettronica. (4-11033)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la segreteria territoriale VITERBO della UILFPL, con nota inoltrata a mezzo raccomandata n. 19691 datata 01 settembre 2014 e depositata a mano a protocollo del comune di Civita Castellana (Viterbo), ha segnalato alla «Presidenza del Consiglio dei ministri, dipartimento della funzione pubblica», alla «Prefettura UTG di Viterbo», alla «Autorità nazionale anticorruzione» e alla Corte dei Conti, che «nell'ambito di un avvicendamento dei responsabili dei vari settori, si è inteso destinare ad altro incarico la dottoressa Montanari, già comandante della polizia locale, e responsabile dell'area di vigilanza – e dunque Ufficiale di Polizia Giudiziaria – incarico per il quale era vincitrice di specifico concorso; al suo posto, è stato designato quale responsabile dell'area della vigilanza il rag. Giuliano Latini, proveniente da altri incarichi amministrativi ordinari, senza alcuna esperienza specifica nella vigilanza e nella prevenzione, e non in possesso della qualifica di UPG»;
   nello stesso documento si sollevano dubbi di legittimità, considerato che non è consentito «attribuire l'incarico di comandante della Polizia Locale, ma neppure di responsabile dell'area di vigilanza, a dipendente amministrativo sprovvisto delle necessarie competenze e conoscenze», ricordando che tale principio è «stato stabilito dal Consiglio di Stato (sentenza n. 4663 del 4 settembre 2000), e recentemente riaffermato nel 2009 da un parere del Ministero degli Interni, che addirittura ha precisato come ciò sia ancor meno legittimo qualora siano presenti nell'area di vigilanza altri dipendenti inquadrati nella categoria D del CCNL Regioni e Autonomie Locali. Il che pare essere esattamente il caso del Comune di Civita Castellana.»;
   il ragionier Latini è stato in passato destinatario di sentenza di condanna al risarcimento di danno erariale per un importo superiore a euro 540 mila (sentenza Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per il Lazio – n. 1323/2011, pubblicata l'8 settembre 2011 –), arrecato nell'esercizio delle sue funzioni e risulta, sulla base di notizie apprese dalla stampa locale e mai smentite dall'interessato e dall'ente, che lo stesso sia oggetto di avviso di garanzia per i reati posti in essere quale pubblico dipendente nell'esercizio delle funzioni, contro la pubblica amministrazione;
   il dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, con DFP 0052032 del 18 settembre 2014, in risposta alla nota, sopra citata, della segreteria territoriale VITERBO della UILFPL, ne conferma la fondatezza ricordando che una nutrita giurisprudenza amministrativa ha sancito l'autonomia funzionale e finanche la peculiarità ontologica della funzione della polizia locale, come elementi del tutto ostativi alla possibilità che i dipendenti addetti a tale funzione siano sottoposti gerarchicamente a personale non appartenente ai ruoli, invitando l'amministrazione comunale ad adottare un provvedimento di «sospensione in autotutela»;
   dal settembre 2014 a oggi la segreteria territoriale di VITERBO della UILFPL ha, in più occasioni, sollecitato formalmente i vari organi competenti, anche in sede di autotutela, «all'adozione degli atti di revoca, annullamento o modifica di eventuali provvedimenti irregolari» per come auspicato nella nota del dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   nonostante quanto messo in rilievo dal documento della segreteria territoriale di VITERBO della UILFPL nonché dalla nota del dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, sopra citata, a oggi risulta all'interrogante che il ragionier Giuliano Latini stia ancora ricoprendo il ruolo responsabile dell'area della vigilanza del comune di Civita Castellana –:
   se siano a conoscenza dei fatti di cui in premessa;
   se e quali ulteriori iniziative intendano adottare al fine di dare attuazione al principio di «trasparenza amministrativa», e in particolare, se si intendano promuovere verifiche, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda sopra descritta. (4-11029)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DADONE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la multinazionale Michelin spa ha annunciato, il 3 novembre 2015 un piano strategico per il periodo 2016-2020 «volto a migliorare la competitività delle proprie attività». La decisione pare seguire un'analisi dei cambiamenti strutturali del mercato europeo dello pneumatico che risulta profondamente trasformato e dove «i costi di produzione e la reattività sono sempre più elementi chiave di competitività tra i diversi attori»;
   il nuovo piano strategico dell'azienda prevede un investimento di 180 milioni di euro in Italia ed è focalizzato su 3 obiettivi:
    a) migliorare la competitività e l'efficienza dell'attività produttiva;
    b) razionalizzare l'attività dei prodotti semi-finiti;
    c) migliorare il servizio al cliente attraverso una riorganizzazione dell'attività logistica;
   con riferimento all'obiettivo della razionalizzazione dell'attività del citato piano la Michelin spa ha dichiarato che dal 2009 ad oggi, il sito industriale di Fossano (Cuneo) ha registrato una flessione dei volumi del 45 per cento che si traduce in una situazione di cronica non saturazione degli impianti. I due terzi dell'attuale produzione di cavi metallici standard di Fossano sono oggi acquistabili sul mercato a costi decisamente inferiori. La fornitura di questi semilavorati, in una logica di ottimizzazione dei costi di tutta la filiera di produzione degli pneumatici, richiede soluzioni economicamente sostenibili;
   in data 3 novembre 2015, in contemporanea al progetto di ristrutturazione aziendale, la società «Michelin» spa ha annunciato la chiusura, entro la fine del 2016, dello stabilimento di Fossano (Cuneo) in cui lavorano attualmente 400 persone;
   il processo di ristrutturazione citato non coinvolgerà solo lo stabilimento di Fossano, ma anche il magazzino di Torino, con la perdita di 120 posti di lavoro, quello di Tribano (Padova) che entro il 2017 verrà chiuso (28 posti di lavoro) e il sito produttivo di Alessandria in cui ci saranno 30 esuberi;
   in totale, quindi, verranno licenziate 578 persone in tutta Italia, di cui 550 nel Piemonte e 400 nella sola Provincia di Cuneo;
   attualmente non è possibile fare una stima certa, ma la chiusura dello stabilimento di Fossano avrà ripercussioni notevoli anche sull'indotto, cioè su quelle aziende che forniscono servizi allo stabilimento stesso, le quali si troveranno senza commesse e rischieranno a loro volta di chiudere e licenziare lavoratori;
   la politica aziendale della Michelin rischia di celare, sotto ad un piano di ristrutturazione, una delocalizzazione delle produzioni in aree geografiche, in cui il costo del lavoro è più basso rispetto a quello italiano;
   la legge di stabilità 2014 (comma 60, articolo 1, legge n. (147 del 2013) prevede che i contributi pubblici in conto capitale eventualmente erogati a partire dall'anno 2014 decadano se l'impresa delocalizza in uno Stato non appartenente all'Unione europea entro tre anni dalla concessione degli stessi; la stessa legge prevede inoltre, che l'impresa dovrà restituire i contributi ricevuti;
   in tema di lavoro si potrebbero adottare misure di maggior deterrenza e prevenzione dalla delocalizzazione, tra le quali: la richiesta di restituzione a quelle imprese che delocalizzano, oltre che dei contributi in conto capitale anche di eventuali agevolazioni ottenute dallo Stato e dagli enti territoriali; obbligo per le imprese di dotarsi di un consiglio di sorveglianza, accanto al consiglio di amministrazione, costituito da rappresentanze sindacali unitarie ed enti locali con poteri di controllo in campo sociale ed ambientale, sul modello tedesco; le imprese con non meno di 400 dipendenti che intendano delocalizzare, si impegnano a trovare un acquirente e, qualora la ricerca si rivelasse infruttuosa, a comminare una cospicua multa per ogni posto di lavoro perso, fino ad un massimo del 2 per cento del fatturato, sul modello francese –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, in sede di tavolo di crisi già annunciato, al fine di impedire la chiusura dei suddetti stabilimenti della Michelin e garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali del sito di Fossano;
   se i Ministri interrogati, dopo aver accertato se dal 2014 la Michelin spa abbia ricevuto contributi pubblici e qualora l'azienda intendesse procedere con il piano di ristrutturazione e con i licenziamenti, non intendano procedere ai sensi del comma 60 dell'articolo 1 legge n. 147 del 2013, chiedendo all'azienda la restituzione degli stessi;
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati sulle misure esposte in premessa tese a scoraggiare i fenomeni di delocalizzazione e a tutelare maggiormente i lavoratori e se non ritengano opportuno adottare iniziative nel senso ivi indicato. (5-06912)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Pastorelli n. 4-09779 del 9 luglio 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Russo n. 5-06792 del 28 ottobre 2015. 

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CARIELLO, CASTELLI, CASO, BRUGNEROTTO, D'INCÀ, SORIAL e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni diffuse a mezzo stampa, specificatamente dal quotidiano Libero del 24 aprile 2015, con un articolo di Franco Bechis, si apprende la notizia di una «non virtuosa» gestione del personale dirigente di prima e seconda fascia, in espressa violazione della disciplina in materia, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri (da ora in poi PCM);
   la «non virtuosa gestione» del personale dirigente di prima e seconda fascia è desumibile dal fatto che pur constando la Presidenza del Consiglio dei ministri, di circa n. 230 dirigenti di ruolo ai sensi dell'articolo 19, commi 4, 5 e 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001, gli incarichi di vertice amministrativo come capi dipartimento e capi uffici autonomi, sono da oltre 15 anni appannaggio di circa 10/15 dirigenti che oramai hanno costituito quella che agli interroganti appare una lobby fortissima immune ai vari cambiamenti di Governo avvenuti nel tempo, il cui agire appare rivolto all'autoconservazione del posto che sfugge secondo gli interroganti dalle logiche della meritocrazia, delle capacita professionali e gestionali (solo a titolo esemplificativo si richiama il recente caso «Incalza»);
   suddetta gestione, protrattasi per anni, ha generato un aumento considerevole del contenzioso tra il personale dipendente e la amministrazione pubblica governativa, arrivando ad un numero di 800 giudizi pendenti innanzi a tribunali ordinari e amministrativi, contro decreti del Presidente del Consiglio dei ministri illegittimi, per demansionamento e/o dequalificazione professionale molti dei quali vedono la Presidenza del Consiglio dei ministri soccombente per «danno erariale»;
   sempre dalla fonte giornalistica citata in premessa, si evince, a dimostrazione di quanto appena esposto, che l'aumento dello stanziamento del capitolo di spesa della Presidenza del Consiglio dei ministri destinato alla copertura delle spese di lite, che la stessa amministrazione è chiamata a sostenere a seguito delle soccombenze in giudizio, da 15 milioni di euro previsto per l'anno 2014 ha raggiunto i 60 milioni di euro per l'anno 2015, che nella Nota Preliminare al bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri per l'anno 2015 è collocato nel capitolo di spesa 173;
   negli ultimi due anni, infatti, numerosi sono i dirigenti di prima e seconda fascia di ruolo della Presidenza del Consiglio dei ministri, allo scadere del loro incarico triennale, che rimangono per mesi inutilizzati e quindi senza incarico generando un danno sotto molteplici profili: quello erariale, nel continuare a corrispondere agli stessi dirigenti seppur non destinatari di nuovo e diverso incarico e quindi non impiegati professionalmente retribuzione fissa, dando incarico contestualmente al dirigenti non dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, cosiddetti esterni, contravvenendo alle disposizioni in ambito di spending review diventate negli ultimi anni più stringenti (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 135);
   Arcangelo D'Ambrosio, segretario generale di DIRSTAT (Sindacato dei dirigenti della Pubblica Amministrazione) ha presentato esposto sulla irregolarità della Presidenza del Consiglio dei ministri nella gestione del personale. Esposto che ad oggi è ancora all'esame della procura regionale del Lazio della Corte dei conti, dell'ufficio di controllo sugli atti della Presidenza del Consiglio e della procura di Roma, senza aver ancora quindi concluso l'istruttoria, dove al suo interno si sollevano molteplici violazioni della legge di cui all'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, nella fattispecie concreta di conferimento di incarichi dirigenziali senza rispettare le procedure contrattuali, sebbene sia l'articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni, sia i contratti collettivi di riferimento (articolo 5, commi 3, 4 e 6, del contratto collettivo nazionale integrativo relativo al personale dirigente dell'area VIII – Presidenza del Consiglio dei ministri, relativo al quadriennio normativo 2002-2005 e biennio economico 2002-2003, sottoscritto il 27 marzo 2007), sia le specifiche direttive della Presidenza (articolo 2, comma 1, lettera a), articolo 3 ed articolo 5, comma 1, lettera a), della direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri per la disciplina del conferimento, mutamento e revoca degli incarichi dirigenziali, in data 23 gennaio 2008), prevedano la pubblicità dei posti dirigenziali vacanti e delle procedure di copertura degli incarichi, per collocare presso la Presidenza del Consiglio i propri fedelissimi, vicinissimi al Presidente ASTRID, generando altresì demansionamento e quindi cambiamento illegittimo di mansioni. L'esposto in parola, rileva, infatti che «Nell'ultimo anno le suddette reiterate violazioni della citata normativa in materia di conferimento degli incarichi dirigenziali hanno assunto una particolare gravità, derivante dal fatto, da un lato l'amministrazione ha conferito incarichi dirigenziale a personale cosiddetto esterno ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, e dall'altro ha lasciato e sta lasciando, inspiegabilmente ed arbitrariamente numerosi dirigenti di prima fascia e qualche dirigente di seconda senza incarico dirigenziale e ciò pur in presenza di un gran numero di uffici dirigenziali vacanti»;
   gli atti di conferimento dei suddetti incarichi dirigenziali, nonostante la quantomeno dubbia legittimità risultano essere stati, peraltro, regolarmente registrati dalla sezione della Corte dei conti deputata al controllo della legittimità degli atti della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la Corte dei conti, inoltre, in sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato nell'ordinanza congiunta del 4 dicembre 2014, nella delibera n. 23/2014/G a pagina n. 26 riporta che dalla Presidenza del Consiglio dei ministri «Non sono state riferite, infine, posizioni soprannumerarie, contenziosi in atto e nemmeno assunzioni dal 2011» seppur, di fatto, la Presidenza del Consiglio dei ministri sia sommersa da ricorsi, proposti innanzi ai tribunali civili e amministrativi dei propri dipendenti il cui esito vede spesso soccombente la Presidenza del Consiglio dei ministri e delle quali si trova ad esprimersi sulle ipotesi di «danno erariale» la stessa Corte dei conti e abbia, sempre la Presidenza del Consiglio dei ministri, preceduto dall'anno 2012 all'assunzione di circa 15 dirigenti e 26 funzionari;
   tuttavia, recente, è la sentenza della Corte costituzionale n. 175 del 2015, depositata dal presidente Aldo Criscuolo in data 23 luglio 2015, che dichiarando «l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione di questa sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante da: articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 (Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014) e articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2015)» «salva» il Governo dal dovere di restituire ai dipendenti pubblici gli importi economici persi per effetto del prolungato blocco contrattuale (triennio 2010-2012 e triennio 2013-2015), ma obbliga lo stesso Governo ad aprire la trattativa contrattuale pubblica, con effetto economico a far data dalla sentenza stessa ovvero dal 23 luglio 2015, considerando il rinnovo del blocco per un altro triennio (2013-2015) e la norma che blocca l'erogazione della indennità di vacanza contrattuale fino al 2018 resa strutturale dalla legge n. 190 del 2014, legge di stabilità per l'anno 2015, incostituzionali –:
   se e quali iniziative, il Presidente del Consiglio dei ministri, in virtù di quanto enucleato in premessa, intenda adottare al fine di dare piena attuazione a quanto disposto al comma 3 dell'articolo 97 del testo Costituzionale nell'organizzazione della dotazione organica dei pubblici uffici afferenti alla Presidenza del Consiglio e alle strutture ministeriali, secondo le disposizioni di legge, in modo, come recita l'articolo de quo, che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, e quindi una classe dirigente capace professionalmente e adeguatamente impiegata e impegnata a perseguire e soddisfare l'interesse pubblico nel supportare i politici pro tempore;
   se intenda assumere iniziative per porre fine alla condotta sopra citata in modo da non generare un aumento delle voci di costo del bilancio dello Stato relative alle spese per liti e contenziosi, considerato che già i conti pubblici evidenziano una sostanziale necessità di applicare, nella gestione della finanza pubblica, il criterio dell'economicità e della revisione della spesa. (4-10094)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la presunta violazione delle disposizioni che regolano il conferimento degli incarichi dirigenziali nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri, si premette che la procedura di conferimento degli incarichi dirigenziali, disciplinata dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, dalle disposizioni contrattuali relative all'area VIII della dirigenza e dalle direttive del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 gennaio 2008 e del 5 settembre 2008, regolarmente registrate dalla Corte dei conti, trova piena e coerente applicazione nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri. Infatti, contrariamente a quanto riportato nell'atto di sindacato ispettivo, che si limita a richiamare le notizie diffuse a mezzo stampa da un quotidiano e un esposto del Segretario generale della Dirstat, questa amministrazione adotta procedure improntate a rigorosi criteri di pubblicità e trasparenza, come agevolmente riscontrabile nella puntuale e dettagliata pubblicazione, sui siti internet ed intranet, dei posti di funzione disponibili (cosiddetti interpelli), proprio nel rispetto della disciplina normativa, regolamentare e contrattuale vigente.
  Inoltre, per i dirigenti appartenenti ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, qualora sprovvisti di incarico per scadenza del precedente, mancata conferma o processi di riorganizzazione, che l'interrogante sostiene rimanere per mesi inutilizzati percependo comunque la retribuzione fissa con conseguente danno erariale, l'amministrazione, come pure è ben noto a tutti gli interessati e alle stesse organizzazioni sindacali, ha adottato una apposita procedura di interpello, assicurandone la pubblicità e la trasparenza, a tutela dell'amministrazione e dei medesimi dirigenti, ferma restando l'applicazione dei pertinenti istituti contrattuali che disciplinano l'impiego e la corrispondente retribuzione di tali dirigenti di ruolo nelle more del conferimento dell'incarico di funzione. In proposito, per compiuta informazione, si precisa che tale procedura è attivata ormai da più di un anno, ogni qualvolta ne ricorrano le circostanze e si sostanzia nell'invio ai dipartimenti ed uffici autonomi, presso cui sussistono posti di funzione disponibili, dei curricula di tali dirigenti, al fine di acquisire le manifestazioni di interesse per l'assegnazione dello specifico incarico.
  L'amministrazione quindi si adopera, coerentemente alla disciplina vigente, al fine di conferire un nuovo incarico entro i tempi prescritti dai contratti collettivi di riferimento, cioè entro i novanta giorni. Durante tale periodo viene conservato al dirigente il trattamento economico precedentemente goduto, applicando l'abbattimento del 10 per cento relativamente alla retribuzione di posizione variabile. Una volta decorso tale termine, perdurando l'indisponibilità di posizioni dirigenziali idonee ovvero per la copertura delle quali viene richiesto il possesso di specifici titoli di studio e professionali, i dirigenti rimangono comunque a disposizione dell'amministrazione per l'espletamento di specifiche attività e ad essi è applicato il trattamento economico previsto per le posizioni dirigenziali di staff.
  In ordine, poi, al conferimento di incarichi dirigenziali a personale non appartenente ai ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri, si precisa che sono comunque attribuiti esclusivamente ai soggetti in possesso dei requisiti prescritti dall’
ex articolo 19, comma 5-bis e comma 6, del decreto legislativo 165 del 2001, comunque nei limiti percentuali stabiliti e con le modalità indicate dalle stesse disposizioni normative e, comunque a seguito di accertamento della insussistenza o indisponibilità delle professionalità richieste tra i dirigenti dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri.
  Relativamente agli incarichi di «vertice» di direzione delle strutture generali (capo dipartimento e capo ufficio autonomo), si precisa che trovano applicazione per la loro attribuzione le specifiche modalità di cui agli articoli 18 e 28 della legge 23 agosto 1988, n. 400: che per la loro copertura, i criteri ordinari di scelta concorrono con quelli determinati anche dal carattere fiduciario insito nelle funzioni di raccordo con l'autorità politica.
  Inoltre, si ricorda che gli incarichi dirigenziali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, generalmente conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o con decreto del Segretario generale, sono sottoposti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, che accerta la correttezza dell'operato dell'amministrazione.
  Non risultano, allo stato, condanne per danno erariale in relazione alla specifica situazione indicata, mentre lo stanziamento del capitolo 173 del bilancio di previsione 2015 della Presidenza del Consiglio dei ministri, relativo alle spese per liti, arbitraggi, risarcimenti e accessori, è da riferirsi, come desumibile anche dalla descrizione del capitolo stesso, alle spese derivanti dagli esiti di tutti i contenziosi in cui è parte l'amministrazione.
  In particolare, il capitolo 173 non è di competenza del Dipartimento per il personale e gli oneri relativi ai contenziosi in materia di personale della Presidenza del Consiglio dei ministri gravano su altro capitolo (183), la cui provvista evidentemente si riferisce all'esito di controversie avviate in anni precedenti.
  Con riferimento alla richiamata deliberazione n. 23/2014/G del 4 dicembre 2014 della sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, si conferma quanto attestato dalla stessa deliberazione in ordine all'assenza di qualsiasi posizione soprannumeraria nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri in conseguenza degli interventi di riduzione degli organici, previsti dalle diverse disposizioni di
spending review succedutesi nel tempo. In proposito si precisa anche che non vi sono né vi è stata assunzione di personale in esito a procedimenti contenziosi, riferibili all'oggetto specifico della citata relazione.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriClaudio De Vincenti.


   COCCIA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   da notizie apparse sugli organi si stampa sembrerebbe emergere che la Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre agisca in totale assenza di controllo e fuori dal quadro normativo;
   la «legge Melandri» del 2008 stabilisce che la Lega di Serie A devolva «una quota delle risorse economiche e finanziarie derivanti dalla commercializzazione dei diritti tv allo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, al sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi, e al finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche»;
   questi fondi finiscono nella «Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre», e da questa vengono gestiti;
   in teoria la Fondazione dovrebbe ricevere attraverso un «ente veicolo» (Lega B, Lega Pro, Lega Dilettanti, Federazione basket e Coni) i progetti delle singole società, valutarli, scegliere i più utili o i più importanti e poi finanziarli;
   invece a quanto sembra i progetti vengono valutati, ovviamente, su base esclusivamente politica e in relazione agli interessi dei presidenti delle vari leghe;
   in tal senso, sembrerebbe che i fondi vengano spartiti a seconda delle convenienze e non in base alla bontà dei progetti che, a quanto pare, non vengono mai sottoposti a controllo e giudizio;
   inoltre, sembra capitare frequentemente che il consiglio faccia anticipi di cassa o «premi» progetti degli anni precedenti;
   tale consiglio è composto da 12 membri, 5, tra cui il presidente, li nomina la serie A, uno la serie B, 3 la Figc, uno la Fip, uno la Lega Basket, uno il Coni;
   la prima erogazione ufficiale è datata giugno 2013: le società e le leghe (con l'eccezione della Serie B) non erano ancora pronte e non presentarono alcun progetto. Tuttavia, il denaro arrivò ugualmente;
   il secondo anno, nel 2014, le Leghe attrezzarono una specie di «modulo di progetto», un documento Word da copiare e incollare. Anche in quel caso i soldi (73 milioni) vennero distribuiti;
   tuttavia, molti di quei progetti non sono mai nemmeno partiti. Ma siccome erano solo una scusa per prendere i fondi, sono stati ripresentati identici, quest'anno;
   per fare solo un esempio, la Lega Pro di Mario Macalli ha presentato sessanta progetti, uno per ogni società rappresentata. Sessanta progetti diversi che però in comune hanno, curiosamente, solo il preventivo, che, incredibilmente, è sempre identico, 33.333,3 euro;
   l'inchiesta giornalistica descrive dunque un quadro molto grave di malaffare diffuso –:
   se non ritenga opportuno chiedere chiarimenti al CONI circa tali fatti che, qualora fossero confermati, rappresenterebbero un fatto gravissimo. (4-08262)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, si riferisce quanto segue.
  La «Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre», cui è riconosciuta piena autonomia statutaria, è stata istituita dall'articolo 23 del decreto legislativo n. 9 del 2008 recante la «Disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi e relativa ripartizione delle risorse». Trattasi di ente senza scopo di lucro, vincolato al perseguimento degli scopi statutari ed operante «secondo principi di trasparenza per la migliore utilizzazione delle risorse e l'efficacia degli interventi». La Fondazione indirizza la propria attività al perseguimento degli scopi di mutualità generale indicati nell'articolo 22 del suddetto decreto, in particolare lo sviluppo dei settori giovanili delle società professionistiche, il sostegno degli investimenti per la sicurezza, anche infrastrutturale, degli impianti sportivi e il finanziamento di almeno due progetti per anno finalizzati a sostenere discipline sportive diverse da quelle calcistiche.
  Il decreto-legge 29 novembre 2011, n. 216, convertito con la legge 24 febbraio 2012, n. 14 (cosiddetto «Milleproroghe 2011») all'articolo 2-
bis ha previsto che: «Dal 10 luglio 2012, con effetti a partire dalla stagione sportiva 2012-2013, la Fondazione per la mutualità generale negli sport professionistici a squadre svolge necessariamente le funzioni e i compiti ad essa assegnati ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo 9 gennaio 2008, n. 9».
  Il consiglio di amministrazione della Fondazione è composto da dodici membri, di cui sei (dei quali uno con funzione di Presidente) designati dall'organizzatore dei campionati di calcio di serie A e B, tre dalla Federazione italiana giuoco calcio (Figc), uno dalla Federazione italiana pallacanestro (Fip), uno dall'organizzatore del campionato di pallacanestro di serie A ed uno dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI).
  Dalle verifiche effettuate su fonti aperte, i consiglieri attualmente in carica risultano essere:
   per la A – Beretta (Presidente), Lotito, Agnelli, Setti, Giulini;
   per la B – Abodi;
   per la Figc – Tavecchio, Macalli e Belloli;
   per la Fip – Laguardia;
   per la lega basket – Marino;
   per il Coni – Mornati (Vice segretario generale).

  Il citato articolo 23, ai punti 6 ed 8, prevede che le funzioni di controllo siano esercitate da un Collegio dei revisori «composto di tre membri iscritti al Registro dei Revisori Contabili, dei quali uno, con funzioni di Presidente, è designato dal Ministero dell'economia e delle finanze».
  Dalle ricerche effettuate su fonti aperte, il Presidente del Collegio dei revisori risulta essere il dottor Natale Monsurrò.
  Le risorse di cui la norma in parola regola la titolarità e la commercializzazione derivano da «diritti televisivi sportivi», con ciò che ne consegue anche in termini di qualificazione giuridica.
  Secondo quanto riferito dal Coni, le norme per distribuire i fondi sono contenute nel «Regolamento per la disciplina delle modalità di accesso alle risorse» della Fondazione. In base a tale regolamento i progetti possono essere presentati da enti veicolari (Coni, Leghe calcio e Federbasket), i quali, dopo averne accertato il rispetto delle finalità di mutualità generale, li sottopongono a consulenti esterni. La valutazione, compiuta secondo le regole dettate dall'ente, dei progetti esibiti e l'assegnazione dei fondi sono di competenza del Consiglio di amministrazione della Fondazione per la mutualità generale per gli sport professionistici a squadre. L'effettiva realizzazione degli scopi di mutualità generale può essere accertata durante lo svolgimento dell'attività d'istituto, attraverso l'organo di controllo e per mezzo della relazione sull'attività svolta che la Fondazione per la mutualità generale per gli sport professionistici a squadre, assoggettata al controllo del Prefetto, presenta annualmente.
  Ai sensi dell'articolo 23, infatti, la Fms presenta annualmente, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sull'attività svolta nell'anno precedente al «Ministro con delega allo sport». Qualora i progetti da essa realizzati riguardino iniziative sportive e ricreative nello scuole e nelle università, la predetta relazione è presentata anche ai «Ministri della pubblica istruzione e delle università e della ricerca».
  Dalla ricognizione effettuata agli atti dell'ufficio per lo sport, non è emersa alcuna relazione della Fms per l'anno 2013. In data 8 aprile 2015, risulta una relazione della Fms per l'anno 2014, trasmessa al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Graziano Delrio.
  È, inoltre, emerso che:
   il capo IV della norma in oggetto (articoli 19 e 20) prevede, in particolare, competenze in capo all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ed all'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   Fms non risulta avere un sito
internet attivo;
   nel 2013 il Coni ha ricevuto dalla Fondazione euro 4.590.000 per progetti presentati dall'ente per conto delle Federazioni sportive nazionali e ritenuti congrui da Fms rispetto alle proprie finalità. Tali contributi sono stati successivamente assegnati alle Federazioni titolari dei progetti.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriClaudio De Vincenti.


   COSTANTINO, NICCHI e MATARRELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 febbraio 2015, presso l'Ospedale Civile di Locri è precipitato, all'altezza del primo piano, un ascensore con all'interno due operatori del personale medico, a causa di un cedimento del cavo di acciaio;
   i due operatori non hanno subito gravi lesioni, ma sono stati ricoverati in stato di shock. Se il cavo si fosse rotto ai piani più alti le conseguenze sarebbero state certamente più gravi e drammatiche;
   già nel 2014 un caso analogo aveva interessato gli ascensori del medesimo ospedale, quando una donna in condizioni critiche è rimasta per ore su una barella al pronto soccorso, in attesa di essere trasferita con urgenza al quinto piano, a causa di un blocco degli ascensori, il terzo blocco in appena un mese;
   attualmente, oltre all'ascensore precipitato, anche l'altro ascensore presente nella struttura è fermo in attesa di una riparazione che si aspetta da mesi, sembra perciò che per raggiungere il quinto e ultimo piano si debbano fare le scale;
   da articoli di giornali locali si apprende che lo stato dell'ospedale di Locri versa in una situazione di degrado anche su altri fronti: mancanza di cotone e siringhe e stato di usura dei macchinari ospedalieri;
   le stesse segreterie Cgil Rc-Locri e Fp Cgil Rc-Locri – come riporta un articolo del Corriere locride del 10 febbraio 2015 – ha denunciato che «quanto accaduto non trova alcuna giustificazione. Si tratta di un incidente che poteva avere ripercussioni ancora più gravi ed è solo la punta di un iceberg: una struttura che sta crollando, che è al collasso tra mancanza di personale, assenza di programmazione e carenza di attrezzature mediche. Un nosocomio, le cui criticità sono state più volte denunciate dalla CGIL, in cui i livelli di Pronto soccorso sono ai minimi storici; in cui lo smantellamento di interi reparti sta proseguendo senza sosta. Un ospedale che non riesce a rispondere ai bisogni di cento mila utenti in un territorio in cui le distanze geografiche tra aree interne e Locri sono un'altra enorme problematica per i cittadini –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente degli episodi sopra citati e se l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario possa aver cagionato un ridimensionamento delle risorse tale da mettere a repentaglio l'incolumità dei degenti calabresi. (4-07950)

  Risposta. — In merito alla interrogazione parlamentare in esame, la prefettura – ufficio territoriale del Governo di Reggio Calabria ha contattato la direzione generale dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria.
  Dai dati in tal modo acquisiti, risulta che in data 9 febbraio 2015, la scheda elettronica di controllo della velocità di uno dei due ascensori adibiti ad uso esterno dell'ospedale di Locri ha subìto un guasto, rilevato dall'apposito sensore in dotazione all'impianto, con il conseguente blocco della cabina al piano terra.
  L'unico dipendente che si trovava all'interno, prontamente soccorso, «non ha riportato danni fisici», malgrado «lo spavento».
  In attesa del ripristino della funzionalità dell'impianto, in quanto l'autorità giudiziaria ne ha disposto il sequestro, l'ufficio tecnico dell'ospedale ha reso disponibile un altro ascensore per consentire l'accesso ai piani alti da parte dell'utenza esterna.
  Quanto alle ulteriori criticità menzionate nell'interrogazione in esame, la stessa direzione aziendale ha riferito che gli assetti organizzativi della struttura ospedaliera di Locri derivano direttamente dalle direttive impartite dal commissario
ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi del Servizio sanitario regionale calabrese, che con decreti n. 18 del 2010, n. 106 del 2011 e n. 106 del 2012, ha attribuito all'ospedale di Locri 232 posti-letto di degenza ordinaria, integrati da ulteriori 23 «posti rene».
  Per effetto di tali provvedimenti è in atto un programma articolato di riorganizzazione dei servizi e di riallocazione del personale.
  Riguardo alle criticità che caratterizzano il settore dell'emergenza-urgenza e le strutture di Ortopedia e Radiologia, è impossibile far loro fronte, a dire della citata direzione aziendale, senza lo sblocco del
turn-over, pur richiesto alla regione Calabria.
  In ordine alle problematiche di edilizia sanitaria, secondo quanto riferito, sarebbero stati messi dalla regione Calabria a disposizione i fondi ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988, con i quali dovranno essere avviati gli interventi di riqualificazione ora in fase di programmazione e progettazione.
  In attesa del materiale avvio di tali interventi di ristrutturazione dell'ospedale di Locri, sono stati disposti interventi d'emergenza.
  Da ultimo, è stato predisposto un piano generale di approvvigionamento tecnologico delle strutture ospedaliere dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, ora all'attenzione dei competenti uffici regionali, che prevede, per l'ospedale di Locri, il potenziamento dei servizi diagnostici.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   D'AMBROSIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo un'indagine realizzata dall'osservatorio Prezzi & Tariffe di «Cittadinanzattiva», negli ultimi 6 anni il costo dell'acqua è notevolmente aumentato, arrivando ad un incremento della tariffa del +33 per cento di media. Dal 2007 le tariffe sono raddoppiate o quasi a Viterbo (+92,7 per cento), Carrara (+93,4 per cento); Benevento (+100 per cento), e più che raddoppiate a Lecco (+126 per cento) e Reggio Calabria (+164,5 per cento). In altre 35 città gli incrementi hanno superato il 40 per cento;
   ci sono stati aumenti importanti nell'arco del 2012. Rispetto al precedente anno, si stima una crescita dei costi su base nazionale in media del 6,9 per cento, con oltre 80 città in cui vi è stato un incremento delle tariffe, in 16 casi con aumenti a due cifre. In generale, il «caro bollette» viaggia più spedito al Centro (+47,1 per cento rispetto al 2007, +9 per cento rispetto al 2011). Seguono le regioni del Nord (+32,1 per cento rispetto al 2007, +5,2 per cento rispetto al 2011) e il Sud (+23,8 per cento rispetto al 2007, +8,5 per cento rispetto al 2011);
   la predetta indagine è stata realizzata in tutti i capoluoghi di provincia, relativamente all'anno 2012. L'attenzione si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa. I dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone, con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua, e sono comprensivi di Iva al 10 per cento. Per una famiglia italiana si può stimare una spesa annua di circa 310 euro per il sistema idrico integrato;
   le discrepanze tariffarie tra le varie zone geografiche del Paese emergono in maniera sostanziale e, molto spesso, del tutto immotivatamente, persino all'interno della stessa regione. Quanto appena rilevato avviene non essendoci un piano di omogeneizzazione delle tariffe, che tenga conto delle diverse peculiarità territoriali. Da anni, inoltre, non si adottano misure che vadano a tutelare le fasce deboli della popolazione, che in questo periodo di crisi economica sono soggette anche al significativo rincaro di un bene comune quale l'acqua;
   dall'indagine emerge inoltre un aumento della dispersione idrica in 56 città italiane, pari al 33 per cento negli ultimi sei anni, con un costo, derivante dall'acqua sprecata, pari a 3,7 miliardi di euro ogni anno –:
   quali iniziative si intendano porre in essere, per quanto di competenza, al fine di minimizzare l'incremento e la discrepanza delle tariffe relative al costo dell'acqua, contemplando anche misure di supporto per le fasce deboli e di miglioramento dell'efficienza idrica. (4-01684)

  Risposta. — Con riferimento alle problematiche segnalate nell'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue.
  In merito alla questione dell'incremento tariffario, dalla «Relazione sullo stato dei servizi e sull'attività svolta» presentata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), in qualità di regolatore nazionale del servizio idrico integrato, a maggio 2015, risulta che le determinazioni tariffarie per gli anni 2014 e 2015 per il sistema idrico integrato (Sii), deliberate dall'autorità alla data del 22 maggio 2015, riguardano 1.736 gestioni, interessando 48.634.128 abitanti.
  In particolare, si rileva che:
   per 126 gestioni, che servono 40.009.520 abitanti, residenti in 5.057 comuni, è stato approvato il relativo schema regolatorio (composto da piano degli investimenti, piano economico finanziario e convenzione di gestione) proposto dai gestori e dagli enti di governo d'ambito, previa puntuale verifica dell'autorità in ordine alla coerenza tra gli obiettivi specifici dai medesimi fissati, gli interventi programmati per il periodo 2014-2017 e il moltiplicatore tariffario teta, come risultante dalle regole per il riconoscimento dei costi efficienti di investimento e di esercizio;
   i provvedimenti di approvazione dello specifico schema regolatorio, adottati dall'autorità, interessano il 95 per cento della popolazione del nord-est, l'81 per cento dei residenti nell'Italia centrale e il 76 per cento degli abitanti del nord-ovest, mentre la copertura nelle aree del sud e delle isole si attesta intorno al 40 per cento;
   per 161 gestioni, che erogano il servizio a 1.753.125 abitanti residenti, è stata disposta l'invarianza dei corrispettivi, escludendo gli stessi dall'aggiornamento tariffario ai sensi dell'articolo 7 della delibera 643/2013/R/IDR e ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 1. In termini di popolazione, le decisioni di blocco dei corrispettivi incidono in modo più rilevante nelle isole, riguardando il 18 per cento dei residenti;
   per 1.449 gestioni, che non hanno inviato, in tutto o in parte, i dati, gli atti e le informazioni richiesti ai fini tariffari, le tariffe sono state determinate d'ufficio ponendo il moltiplicatore tariffario pari a 0,9, ai sensi del comma 5.7 della delibera 643/2013/R/IDR, interessando 6.871.483 abitanti. Le determinazioni di decurtazione del 10 per cento dei corrispettivi riguardano, in particolare, il 37 per cento della popolazione residente nelle isole e il 26 per cento degli abitanti del Sud.

  Nel complesso, i provvedimenti dell'autorità aventi a oggetto l'approvazione di proposte tariffarie, le determinazioni d'ufficio e l'esclusione dall'aggiornamento, portano a quantificare, a livello nazionale, una variazione media dei corrispettivi applicati all'utenza, rispetto all'anno precedente, pari al 4,12 per cento nel 2014 e al 4,54 per cento nel 2015. L'Aeegsi rileva inoltre che i più elevati incrementi tariffari sono stati riscontrati nelle macroaree del Paese in cui i soggetti competenti hanno programmato, per il periodo 2014-2017, una maggiore spesa pro capite per investimenti da finanziare attraverso tariffa. In particolare, tale valore risulta pari a 192 euro/abitante nel centro, a 133 euro/abitante nel nord-est e a 144 euro/abitante nel nord-ovest. Appaiono, invece, più contenute le risorse destinate dalla tariffa agli interventi infrastrutturali nel sud e nelle isole, aree in cui, nel quadriennio considerato, sono stati rispettivamente programmati investimenti pari a 75 euro/abitante e a 64 euro/abitante. Tuttavia l'Aeegsi, in una serie di realtà analizzate con riferimento a queste aree del Paese, ha riscontrato una apprezzabile disponibilità di fondi pubblici da destinare alle infrastrutture idriche.
  In merito alle criticità del servizio idrico la ricognizione ha invece evidenziato, con riferimento alle aree del sud e delle isole, una significativa incidenza della discontinuità del servizio idropotabile, delle perdite di rete, nonché della carenza di sistemi fognari e depurativi; l'area centro ha segnalato criticità riferite all'assenza di misuratori o a limiti delle attività di lettura, mentre le aree nord-est e nord-ovest hanno segnalato situazioni di criticità riguardo allo stato di conservazione di reti e impianti.
  Preme però evidenziare che i soggetti competenti – nell'ambito delle predisposizioni tariffarie per gli anni 2014 e 2015 – hanno conseguentemente individuato i propri obiettivi specifici, riconducibili soprattutto alla riduzione del grado di vetustà degli impianti e delle reti, all'adeguamento degli impianti di fognatura e depurazione alle disposizioni comunitarie in materia di acque reflue, alla riduzione del tasso di interruzione e potenziamento dei sistemi di adduzione, al contenimento del livello di perdite di rete e dei fenomeni di fuoriuscite e allagamenti e alla copertura efficiente del servizio di misura.
  A fronte dei menzionati interventi, ritenuti prioritari e indifferibili, i soggetti competenti hanno quantificato, per il periodo 2014-2017, un fabbisogno di investimenti di euro 5.483.860.843, al netto dei contributi pubblici.
  Relativamente alla tutela delle fasce di popolazione in situazione di disagio economico, si evidenzia che all'attualità esistono già alcune forme di tutela per le utenze deboli, sebbene non uniformi su tutto il territorio nazionale. Allo scopo di armonizzarne la disciplina e l'attuazione, nell'atto Senato n. 1676 (cosiddetto «Collegato ambientale»), si è provveduto ad inserire una disposizione volta ad assicurare «agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali». L'attuazione della norma è rimessa all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (Aeegsi), sentiti gli enti di governo d'ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei principi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze.
  Ad ogni modo, nelle more della approvazione del citato atto Senato n. 1676, l'Aeegsi – nell'ambito delle competenze ad essa attribuite dalla legge – sta adottando alcune iniziative regolamentari volte a garantire la fruibilità del servizio alle utenze con documentato disagio economico o alle utenze cosiddette non disalimentabili. Queste ultime sono definite, dalla deliberazione 87/2013/R/IDR, come quelle utenze che svolgono attività di servizio pubblico – tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri e scuole, centri operativi in cui sono presenti degenti – alle quali deve essere garantito un minimo vitale di risorsa. In particolare, con la deliberazione 643/2013/R/IDR, l'autorità ha avviato un processo – che allo stato è ancora
in itinere – di graduale di semplificazione e razionalizzazione delle metodologie di calcolo tariffario, finalizzato ad una maggiore efficienza in termini di conservazione della risorsa e dell'ambiente e di sostenibilità sociale ed economica. Al termine di questo processo sarà predisposta una disciplina volta a tutelare, nel settore de quo, la posizione dei soggetti afferenti alle fasce economiche disagiate.
  Come risulta dal documento per la consultazione «Sistemi di perequazione nel servizio idrico integrato – Inquadramento generale e linee di intervento», n. 230/2015/R/IDR del 14 maggio 2015, peraltro, l'autorità è orientata a prevedere che, tramite le misure programmate di perequazione, e «nelle more della definizione di idonee frontiere di efficienza operativa per la determinazione dei costi riconosciuti», possa essere introdotta una fascia di consumi alla quale applicare un corrispettivo agevolato, e possa essere assicurata la fornitura alle utenze non disalimentabili.
  Merita infine di essere evidenziato come, in merito ai sistemi di perequazione, si sia di recente espressa la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'esercizio della propria funzione di coordinamento e indirizzo. Come risulta anche dal citato documento n. 230/2015/R/IDR dell'Aeegsi, infatti, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha trasmesso un proprio atto di indirizzo, nel quale ha evidenziato l'opportunità, «ferma restando la piena autonomia di giudizio e valutazione» dell'Autorità, di «realizzare sistemi solidaristici di perequazione e anticipazione di importi a valere sulle tariffe del servizio idrico integrato anche su scala nazionale», ritenendo che la misura in discorso «sia da destinare all'introduzione di una perequazione solidaristica tra i diversi ambiti territoriali ottimali presenti nelle diverse Regioni, al fine ultimo di tutelare gli utenti, con particolare attenzione alle fasce più deboli, consentire la realizzazione degli investimenti di cui il comparto ha assoluto bisogno e far fronte alle urgenti criticità finanziarie e di garanzia dell'equilibrio economico finanziario di gestioni in forte difficoltà, specialmente se esposte al rischio del fallimento, evenienza quest'ultima che finirebbe per generare ulteriori e maggiori costi a carico delle finanze pubbliche».
  Per quanto riguarda la convergenza tariffaria a livello nazionale, i tempi sono purtroppo lunghi in ragione delle diverse situazioni territoriali, geomorfologiche, organizzative e gestionali che caratterizzano il paese. Tuttavia, l'impegno dell'Aeegsi e del Governo, orientato ad un'armonizzazione tariffaria, è quello di approntare ogni possibile azione che possa accelerare il processo infrastrutturale e di
governance del settore idrico in modo da superare i gap infrastrutturali, organizzativi e gestionali che rendono ad oggi impossibile ipotizzare una tariffa unica nazionale.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   D'OTTAVIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la legge brasiliana prevede che le imprese condannate per corruzione non possano più partecipare ad appalti pubblici per cinque anni; si è aperta una grande possibilità per le aziende italiane specializzate nei settori petrolifero, delle infrastrutture, dei porti e aeroporti che sono stati recentemente privatizzati, oltre che in quella della costruzione di strade, ferrovie, dighe, ospedali, scuole, case popolari e altro;
   poche settimane sono passate dall'incontro tra il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e la Presidente del Brasile Dilma Rousseff –:
   quali informazioni le strutture italiane di rappresentanza in Brasile, quali ambasciata, consolati, ICE, abbiano o stiano fornendo al Governo e alle strutture di rappresentanza degli imprenditori italiani;
   quale tipo di assistenza e di informazione venga data alle imprese italiane che intendono partecipare alla realizzazione delle opere sopra dette. (4-09854)

  Risposta. — Da sempre la Farnesina attribuisce grande importanza alla necessità di soddisfare la richiesta di informazioni sui mercati esteri e sulle opportunità di business proveniente dagli operatori economici nazionali. Grazie al costante lavoro di analisi delle ambasciate e dei consolati, in collaborazione con le unità dell'agenzia dell'Istituto commercio estero in essi integrate, e ai contributi dell'ente nazionale italiano per il turismo e di Assocamerestero, il Ministero per gli affari esteri e la conferenza internazionale è in grado di mettere a disposizione del sistema produttivo italiano informazioni utili per le scelte di internazionalizzazione.
  Per quanto riguarda in particolare il mercato brasiliano, tale azione di divulgazione di informazioni ha ricevuto nuovo impulso a seguito dei lavori del VI Consiglio di cooperazione Italia-Brasile tenuto a Brasilia il 15 aprile 2015.
  L'evento, che è stato presieduto per parte italiana dal Segretario generale del Ministero per gli affari esteri e la conferenza internazionale Michele Valensise, ha visto la partecipazione del Ministero dello sviluppo economico e di grandi gruppi italiani.
  Nel corso dei lavori del tavolo economico sono state esaminate, tra l'altro, le opportunità che si aprono per le nostre imprese nei settori infrastrutture ed energia. L'interesse dell'Italia verso i settori infrastrutture, energia e ambiente è stato di recente manifestato dal Ministro nel corso del suo incontro, tenutosi a giugno 2015, con l'omologo brasiliano Vieira.
  L'Ambasciata a Brasilia da sempre è impegnata a seguire con particolare attenzione sia i piani infrastrutturali federali, che quelli realizzati a livello dei singoli Stati federati e delle Città, affiancando e sostenendo i gruppi italiani del settore negli incontri con i vari interlocutori istituzionali. È stato grazie anche a questa opera di sostegno che numerosi incontri hanno poi portato all'aggiudicazione delle commesse.
  Con riguardo al nuovo programma infrastrutturale brasiliano – ripartito nei settori autostrade, ferrovie, porti e aeroporti – l'Ambasciata ha posto in essere una forte azione di informazione al fine di raggiungere il più ampio spettro di operatori economici potenzialmente interessati. Una comunicazione dettagliata di tutte le opportunità offerte dal nuovo programma brasiliano è stata rivolta agli organismi rappresentativi del sistema produttivo nazionale (Confindustria e Associazione nazionale costruttori edili), a tutti gli attori istituzionali coinvolti, come il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e l'agenzia dell'Ice. La nostra ambasciata ha inoltre diffuso le informazioni sul sito
Informercatiesteri – nel quale le pagine dedicate al Brasile risultano fra le più visitate – e sul proprio sito web.
  Per quanto riguarda le attività di sostegno ai nostri operatori economici, l'ambasciata ha organizzato, per le imprese che ne hanno fatto richiesta, incontri ad hoc con i principali enti pubblici brasiliani (ministeri, agenzie, enti regolatori) responsabili dell'attuazione del piano. La rappresentanza diplomatica si è inoltre fatta parte attiva per disegnare una strategia congiunta finalizzata al risultato, avendo a mente una visione generale che tenga conto anche della finanziabilità delle singole opere.
  Aggiungo che il Ministro Gentiloni si recherà con le imprese in Brasile tra pochi giorni.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   DAGA, CRISTIAN IANNUZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Aloe Arborescens è una pianta succulenta della famiglia delle aloacee, usata sia come pianta ornamentale nei giardini rocciosi, sia come pianta medicinale con forti poteri disintossicanti;
   nel sito PubMed http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed (Biblioteca Nazionale di Medicina Statunitense) sono riportati numerosi studi che dimostrano gli effetti curativi e terapeutici sia su animali che su esseri umani dell'Aloe Arborescens e in particolare di un principio attivo estratto dalla pianta denominato Aloe-Emodina;
   in uno studio del 1997 dal titolo «Effects of highly purified anthraquinoid compounds from Aloe vera on sensitive and multidrug resistant leukemia cells.» condotto da Grimaudo S1, Tolomeo M, Gancitano R, Dalessandro N, Aiello E. si dimostrano gli effetti dei composti antrachinoidi altamente purificati da Aloe vera su cellule leucemiche farmaco-resistenti;
   in uno studio del 2000 dal titolo «Aloe-emodin is a new type of anticancer agent with selective activity against neuroectodermal tumors.» condotto da Pecere T1, Gazzola MV, Mucignat C, Parolin C, Vecchia FD, Cavaggioni A, Basso G, Diaspro A, Salvato B, Carli M, Palù G. viene spiegato come l'Aloe-Emodina, rappresentando un nuovo tipo di agente anti-cancro, può a tutti gli effetti essere considerata un farmaco anti-tumorale;
   in uno studio del 2000 dal titolo «Aloe-Emodin quinone pretreatment reduces acute liver injury induced by carbon tetrachloride.» condotto da Arosio B1, Gagliano N, Fusaro LM, Parmeggiani L, Tagliabue J, Gaietti P, De Castri D, Moscheni C, Annoni G. gli autori dimostrano come l'Aloe-Emodina sembra avere qualche effetto protettivo non solo contro la morte degli epatociti ma anche sulla risposta infiammatoria conseguente alla perossidazione lipidica;
   lo studio del 2002 dal titolo «Chemopreventive effects of Aloe arborescens on N-nitrosobis(2-oxopropyl)amine-induced pancreatic carcinogenesis in hamsters.» condotto da Furukawa F1, Nishikawa A, Chihara T, Shimpo K, Beppu H, Kuzuya H, Lee IS, Hirose M. ha dimostrato che l'Aloe impedisce neoplasia pancreatica BOP-in dotta in criceti;
   lo studio del 2003 dal titolo «Involvement of p53 in specific anti-neuroectodermal tumor activity of aloe-emodin.» condotto da Pecere T1, Sarinella F, Salata C, Gatto B, Bet A, Dalla Vecchia F, Diaspro A, Carli M, Palumbo M, Palù G. ha confermato lo studio effettuato nel 2000 (sopracitato) in cui l'Aloe-Emodina ha una specifica attività anti-tumorale e potrebbe essere sfruttabile in clinica;
   in uno studio del 2010 dal titolo «Antitumor properties of aloe-emodin and induction of transglutaminase 2 activity in B16-F10 melanoma cells.» condotto da Tabolacci C1, Lentini A, Mattioli P, Provenzano B, Oliverio S, Carlomosti F, Beninati S. i cui dati complessivi confermano una notevole capacità antiproliferativa, antimetastatica e differenziativa di questo composto organico (antrachinone). I risultati suggeriscono che l'Aloe-Emodina appare particolarmente promettente per la sua potenziale applicazione nella terapia del cancro;
   in uno studio del 2011 dal titolo «Aloe-emodin as antiproliferative and differentiating agent on human U937 monoblastic leukemia cells.» condotto da Tabolacci C1, Oliverio S, Lentini A, Rossi S, Galbiati A, Montesano C, Mattioli P, Provenzano B, Facchiano F, Beninati S. i dati complessivi di questo studio mostrano che l'Aloe-Emodina può promuovere la differenziazione dei macrofagi di cellule U937 che suggeriscono che questo composto organico (antrachinone) potrebbe essere un candidato potenziale come agente selettivo differenziazione-induzione per il trattamento terapeutico della leucemia;
   in uno studio del 2009 dal titolo «A randomized study of chemotherapy versus biochemotherapy with chemotherapy plus Aloe arborescens in patients with metastatic cancer» condotto da Lissoni P, Rovelli F, Brivio F, Zago R, Colciago M, Messina G, Mora A, Porro G. risulta che la percentuale della regressione tumorale e il controllo della malattia è notevolmente più alta nei pazienti ai quali è stata somministrata l'Aloe-Arborescens durante la chemioterapia a confronto dei pazienti che hanno fatto solo il trattamento di chemioterapia, come i primi pazienti hanno avuto una prospettiva di vita più lunga di 3 anni sui secondi pazienti. Lo studio sembra suggerire che l'Aloe Arborescens può essere associato al trattamento di chemioterapia al fine di aumentarne l'efficacia in termini di regressione del tumore e aumento della prospettiva di vita;
   in data 10 maggio 2001 è stato depositato un brevetto al Ministero delle attività produttive a firma Palù Giorgio, Carli Modesto, Pecere Teresa e Zagotto Giuseppe dal titolo «Derivati dell'Aloe-emodina e loro impiego nel trattamento di patologie neoplastiche». L'invenzione è relativa a derivati dell'Aloe-emodina e loro impiego come antitumorali. I derivati in questione hanno dimostrato infatti di possedere una specifica attività biologica di citossicità contro cellule tumorali, anche di origine neuroectodermica, verso le quali possono in particolare agire come «produg» dell'aloe-emodina. Questo profilo farmacologico li rende particolarmente vantaggiosi per un impiego nel trattamento di patologie tumorali. Composizioni farmaceutiche contenenti questi composti possono perciò essere utilmente impiegabili per il trattamento di patologie neoplastiche;
   nonostante il trattamento con Aloe-Emodina abbia dimostrato degli effetti curativi nel trattamento di patologia neoplastiche non è ancora in uso come terapia presso strutture Sanitarie Pubbliche;
   come riportato dal sito dell'Associazione Italiana Ricerca sul Cancro, il Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund) ha concluso nel 2007 un'opera di revisione di tutti gli studi scientifici sul rapporto tra alimentazione e tumori a cui hanno collaborato oltre 150 ricercatori, epidemiologi e biologi provenienti dai centri di ricerca più prestigiosi del mondo. Ne è nato un decalogo costantemente aggiornato che riporta al punto 4: «basare la propria alimentazione prevalentemente su cibi di provenienza vegetale, con cereali non industrialmente raffinati e legumi in ogni pasto e un'ampia varietà di verdure non amidacee e di frutta» –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto in premessa;
   se sia mai stata valutata dal Sistema sanitario nazionale l'ipotesi di inserire l'Aloe-Emodina quale farmaco da utilizzare e accompagnare alle normali procedure di trattamento ospedaliero per le patologie neoplastiche riportate in premessa;
   se sia previsto, o se sia in via di realizzazione, un protocollo di alimentazione alternativa di tipo vegetale per i pazienti colpiti dalle patologie riportate in premessa. (4-04558)

  Risposta. — In merito alle richieste formulate nell'interrogazione parlamentare in esame, l'Istituto superiore di sanità ha inteso precisare quanto segue.
  L'aloe-emodina è una molecola a struttura antrachinonica presente in natura in piante quali: rabarbaro, senna, aloe vera,
arborescens, ferox.
  Sino ad oggi, non è mai stata valutata la possibilità di inserire l'aloe-emodina quale principio attivo in farmaci da utilizzare e accompagnare ai normali protocolli di trattamento ospedaliero per le patologie neoplastiche, in quanto non è mai stata avviata una procedura di autorizzazione per la sua immissione in commercio.
  Attualmente è commercializzata come sostanza chimica estratta dalle piante del genere aloe (aloe vera,
aloe arborescens e aloe ferox) e venduta come sostanza standard di riferimento unicamente per test scientifici di laboratorio.
  A differenza del succo concentrato e dell'estratto acquoso secco standardizzato delle foglie di aloe (Farmacopea europea 8.0, 2014), l'aloe-emodina anche se presenta attività farmacologiche documentate (lassativa ed antitumorale), non è descritta come principio attivo farmaceutico in alcuna monografia della farmacopea.
  In relazione alla sua potenziale attività antitumorale, l'aloe-emodina è stata oggetto di quattro studi
in vitro condotti da ricercatori italiani su diverse linee cellulari tumorali (Pecere et al. 2000; Pecere et al, 2003; Tabolacci et al, 2010; Tabolacci et al, 2011).
  Sull'utilizzo dal vivo di questa sostanza nei tumori neuro ectodermici dei topi esiste un brevetto (Palù et al, 2004), mentre non sono state effettuate sperimentazioni cliniche sull'uomo atte a stabilire la farmacodinamica, la farmacocinetica, la tossicità e l'efficacia del prodotto in esame.
  Gli studi sull'uomo per il trattamento dei tumori metastatici (Lissoni et al, 2009), riguardano invece l'uso di un preparato a base di foglie fresche della pianta
aloe arborescens in associazione con chemioterapici. In questo studio, condotto su 240 pazienti affetti da tumori di diverso tipo, la somministrazione di questo preparato di aloe, in associazione al trattamento chemioterapico standard, ha portato il controllo complessivo della malattia dal 50 per cento (nei pazienti trattati con solo chemioterapico) al 67 per cento (nei pazienti trattati con la combinazione).
  L'aloe è una pianta di uso consolidato per i suoi effetti lassativi e un solo preparato è riconosciuto come «prodotto medicinale vegetale» (European medicines agency – Ema, 2006). Per usi diversi da quelli descritti nella stessa monografia dell'Ema, vengono usate preparazioni di aloe che potrebbero rientrare nei medicinali vegetali tradizionali, per somministrazione orale, ma fino ad ora in Italia non è stata fatta alcuna richiesta di autorizzazione in tal senso.
  Al momento attuale, pertanto, una preparazione a base di aloe potrebbe essere solo considerata come farmaco galenico magistrale e, quindi, di volta in volta formulata secondo una specifica prescrizione medica ed allestita dal farmacista in farmacia.
  Per quanto riguarda il quesito posto nell'interrogazione parlamentare in esame a proposito della realizzazione di un protocollo di alimentazione alternativa di tipo vegetale, si precisa che nessun protocollo sperimentale è stato attualmente ufficializzato, per cui rientra nelle competenze del medico curante anche approntare una dieta compatibile e/o complementare al trattamento terapeutico dei pazienti oncologici.
  In conclusione, secondo l'Istituto superiore di sanità, l'utilizzo dell'aloe e dei suoi derivati, compresa l'aloe-emodina, può rappresentare un utile ausilio nella cura delle malattie neoplastiche, come suggerito da numerose pubblicazioni che ne attestano l'efficacia in determinate condizioni sperimentali.
  Tuttavia, tutti i risultati sono stati esclusivamente ottenuti con esperimenti
in vitro, oppure in modelli animali, ma non nell'uomo, con l'eccezione del citato studio di Lissoni et al, 2009, che ha utilizzato foglie fresche di aloe arborescens in associazione a chemioterapici.
  I dati ad oggi disponibili non sono sufficienti ad affermare che l'aloe e i suoi derivati possano essere utilizzati sull'uomo per la cura dei tumori in assenza di rischio e con comprovata efficacia.
  Inoltre, resta da chiarire la possibile interazione con altri composti attivi utilizzati nei convenzionali protocolli terapeutici per pazienti oncologici.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   DAGA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sul quotidiano Il Messaggero, del 10 luglio 2014 è apparso un articolo dal titolo «Roma, allarme mare inquinato: spiagge invase dalla schiuma»;
   secondo quanto riportato nell'articolo, sarebbe in corso un fenomeno di deposito di schiuma sulla costa del litorale romano nelle località di Ostia e di Fiumicino; nello specifico una coltre bianca sembra aver coperto un lungo tratto di spiaggia di Fiumicino, a metà strada tra i due sbocchi a mare del Tevere, tra il Porto-canale e Fiumara Grande;
   a quanto risulta potrebbe trattarsi di un fenomeno legato all'effetto dei tensioattivi contenuti nei saponi riversati nel Tevere e del loro impatto con le correnti del mare di libeccio;
   la capitaneria di porto avrebbe immediatamente allertato l'Arpa-Lazio per effettuare le dovute analisi sul fenomeno;
   il 13 e 14 giugno 2014 Goletta Verde, il laboratorio galleggiante di Legambiente, aveva esaminato lo stato di salute delle coste del Lazio: su 24 campionamenti effettuati lungo i 329 chilometri del litorale, 18 campionamenti, cioè il 75 per cento, hanno dato risultati di un'altissima concentrazione di inquinamento microbiologico –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti suesposti;
   quali azioni i Ministri interrogati abbiano intrapreso o intendano intraprendere per capire se vi siano danni ambientali, causati da inquinamento, al fine di garantire sicurezza per le acque e scongiurare qualsiasi rischio per la salute dei bagnanti;
   se, in particolare, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in relazione al rischio del verificarsi di un danno ambientale ex articolo 300 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, intenda predisporre, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, ai sensi dell'articolo 197, comma 4, del decreto legislativo n. 152 del 2006, un monitoraggio delle sostanze inquinanti presenti nell'acqua del tratto di mare interessato. (4-05513)

  Risposta. — Con riferimento alle questioni segnalate nell'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  Il quesito fa riferimento ad un episodio che risale al mese di luglio del 2014.
  Da quanto appreso dalle notizie di stampa all'epoca dell'evento, l'agenzia regionale per la protezione ambientale Lazio, a seguito dei campionamenti effettuati, ha emesso un comunicato nel quale si faceva presente come i risultati di questi ultimi abbiano evidenziato l'assenza di fioriture di fitoplancton tossico, e come le analisi batteriologiche effettuate ai fini della balneabilità non abbiano evidenziato valori di concentrazione superiori a quelli previsti dalle norme. In conseguenza, nel detto comunicato si evidenziava che l'acqua doveva ritenersi idonea alla balneazione e che l'evento in questione doveva verosimilmente essere ricondotto «alla presenza di sostanze tensioattive di origine “naturale” normalmente presenti in mare che si formano in seguito a normali processi fisiologici degli organismi acquatici». Nel comunicato dell'Arpa, infine, si nota come i fenomeni in parola risultino più evidenti durante e dopo le mareggiate.
  Merita di essere sottolineato, peraltro, che dai dati in possesso del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la stagione balneare 2014 non risultano emesse ordinanze sindacali di divieto da parte dei comuni interessati dal fenomeno.
  Relativamente alla stagione balneare appena conclusa, si evidenzia che, ad oggi, non sono stati segnalati al Ministero dell'ambiente episodi analoghi nel tratto di costa in questione. Inoltre, da informazioni reperibili sul
portale acque del Ministero della salute, emerge che lo stesso tratto di costa non è stato interessato per il 2015 da provvedimenti di interdizione alla balneazione.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mareGian Luca Galletti.


   DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, VIGNAROLI, ZOLEZZI, RUOCCO, BARONI, LOMBARDI e DI BATTISTA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, comma 304, della legge 147 del 2013, (cosiddetta legge di stabilità 2014) ha introdotto una disciplina specifica per favorire l'ammodernamento o la costruzione di impianti sportivi (prioritariamente mediante il recupero di impianti esistenti o la localizzazione in aree già edificate);
   nella proposta di delibera di assemblea capitolina n. 163 del 2014 prot. n. RC/17866/14 (Dec. Giunta comunale n. 83 del 4 settembre 2014) relativa alla realizzazione del nuovo stadio a Tor di Valle, in variante al piano regolatore, e in deroga al piano generale del traffico urbano, presentata dalla società promotrice Eurnova s.r.l., è prevista la dichiarazione di pubblico interesse dell'opera, ai sensi della lettera a) comma 304, articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (la suddetta legge, in virtù della quale permetteranno queste cubature, in realtà non prevede deroghe che comportino varianti urbanistiche);
   il decreto legislativo 23 febbraio 2010, n. 49, che recepisce la direttiva comunitaria 2007/60 relativa alla valutazione ed alla gestione del rischio alluvioni, stabilisce all'articolo 7 che entro il 22 giugno del 2015 il piano di gestione del rischio alluvioni per il distretto idrografico dell'Appennino centrale sia ultimato e pubblicato. Le mappe dell'autorità di bacino del fiume Tevere rivelano che nella zona di Tor di Valle, esiste una pericolosità P3, cioè un'elevata probabilità di alluvioni nella fascia golenale del Tevere, mentre, nell'area dell'ippodromo sussiste una pericolosità P2 (alluvioni poco frequenti);
   nella medesima zona di Tor di Valle (nell'area dell'ex ippodromo), dovrebbe sorgere nuovo Stadio della A.s. Roma. Il progetto presentato della società Eurnova s.r.l si compone di un quadro progettuale A che prevede la realizzazione dello stadio (comprensivo di servizi e usi commerciali) e di un quadro progettuale B, il cosiddetto business park, (che comprende il centro direzionale e gli uffici non strettamente funzionale alla fruibilità dello Stadio): nel complesso si prevede di edificare oltre un milione di metri cubi (di cui circa il 14 per cento è destinato allo stadio);
   l'Istituto nazionale di urbanistica, come da fonti stampa si apprende, rileva che il progetto stravolge il piano regolatore della città e che le nuove infrastrutture di trasporto non riusciranno a garantire un significativo miglioramento delle condizioni di vita dei pendolari e dei residenti delle zone limitrofe;
   la legge sugli stadi, la legge n. 147 del 2013, commi 304 e 305, dispone che «Lo studio di fattibilità non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale»: la norma di riferimento risulta stravolta da un progetto come quello dello stadio dell'A.s. Roma, in cui gli interventi di «altro tipo» risultano essere pari a circa l'86 per cento –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra citati;
   se il Governo, in virtù dell'articolo 1, commi 304 e 305 della legge 147 del 2013 e della priorità attribuita al recupero di impianti esistenti o localizzati in aree già edificate, non ritenga opportuno, nell'ambito delle proprie competenze e anche per il tramite della competente autorità di bacino, valutare il pericolo di alluvioni per la zona di Tor di Valle, confermato dalla valutazione preliminare del rischio alluvioni;
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a chiarire la portata delle disposizioni di cui ai commi 304 e 305 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, considerando che, ad avviso degli interroganti, tali disposizioni potrebbero essere applicate in maniera impropria. (4-10349)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame si rappresenta quanto segue: in ordine alle problematiche connesse alla realizzazione in località Tor di Valle del nuovo stadio della A.S. Roma, il Comitato olimpico nazionale italiano rileva di non avere alcuna competenza, e altrettanto è da dire per la Coni servizi spa, relativa alle questioni segnalate dall'interrogante. Nella costruzione, ammodernamento e trasformazione di impianti sportivi la competenza del Coni concerne l'emissione del parere sul progetto, cosiddetto «Parere in linea tecnico sportiva», previsto dal regio-decreto 2 febbraio 1939 n. 302 convertito dalla legge 2 giugno 1939 n. 739 e successive modificazioni. I pareri sono espressi a richiesta degli aventi titolo alla realizzazione degli interventi, sulla documentazione fornita dagli stessi richiedenti, e consistono nel valutare la conformità degli impianti sportivi alle norme Coni per l'impiantistica sportiva e a criteri di funzionalità tecnico sportiva, vale a dire la rispondenza delle opere alle esigenze dei diversi utilizzatori. I pareri del Coni non possono stabilire l'opportunità dell'opera da realizzare o la convenienza della relativa spesa, e non riguardano gli effetti urbanistici e paesaggistici di competenza degli organi preposti; peraltro per il progetto in argomento non è stata inoltrata al Coni alcuna richiesta di parere obbligatorio tramite procedura on line, prevista dal regolamento approvato dal Consiglio nazionale con deliberazione n. 1421 del 25 giugno 2010.
  In relazione alla portata delle disposizioni contenute nei commi 304 e 305 della cosiddetta legge sugli stadi, l'ufficio, per quanto di propria competenza, osserva che la legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014), articolo 1 commi 304 e 305, si pone l'obiettivo di favorire l'ammodernamento e la costruzione di impianti sportivi, con particolare riguardo alla sicurezza degli impianti e degli spettatori, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative e la previsione di modalità innovative di finanziamento. La legge prevede lo studio di fattibilità, redatto in base alle indicazioni dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010 n. 207 (regolamento di esecuzione ed attuazione del codice dei contratti pubblici), dell'impianto corredato di un piano economico-finanziario da presentare al comune interessato; il menzionato progetto preliminare può prevedere altri tipi di intervento soltanto se sono strettamente funzionali alla fruibilità dell'impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell'iniziativa, con esclusione di nuovi complessi di edilizia residenziale. Il comune, previa conferenza dei servizi preliminare, ove valuti positivamente lo studio di fattibilità dell'intervento, dichiara il pubblico interesse della proposta. Ove il progetto comporti atti di competenza regionale, la regione convoca la conferenza di servizi, e il provvedimento finale sostituisce ogni autorizzazione o permesso necessario alla realizzazione dell'opera e ne determina la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza; in caso di interventi da realizzare su aree di proprietà pubblica o su impianti pubblici esistenti, il progetto approvato è fatto oggetto di idonea procedura di evidenza pubblica. Resta salvo il regime di maggiore semplificazione previsto dalla normativa vigente in relazione alla tipologia o dimensione dello specifico intervento promosso.
  Laddove sia possibile, gli interventi regolati dal comma 304 sono realizzati prioritariamente mediante recupero di impianti esistenti o relativamente a impianti localizzati in aree già edificate (comma 305).

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriClaudio De Vincenti.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la segreteria nazionale e quella regionale siciliana della Consap hanno segnalato all'interrogante un fatto grave avvenuto nella giornata del 9 ottobre 2014 all'aeroporto di Comiso, dal quale nel primo pomeriggio sarebbe partito un aereo alla volta di Fiumicino con 158 migranti a bordo provenienti da Siria, Libia e Bangladesh, tra cui circa venti donne e bambini. Secondo tale segnalazione, la situazione che si è creata all'interno di questo aereo è stata inverosimile: in un aereo della Blue-air, con una capienza totale di circa 170 posti, sono stati sistemati 158 migranti accompagnati da soli 9 poliziotti del reparto mobile di Roma, più i membri dell'equipaggio;
   secondo quanto sostenuto dal sindacato Consap, «a parte il numero sproporzionato di migranti rispetto ai poliziotti, che per ovvi motivi sull'aereo sono privi di qualsiasi arma o mezzo di difesa (si parla di una proporzione di 1/17), l'estremo affollamento non ha permesso neanche di lasciare liberi i sedili adiacenti i poliziotti seduti accanto alle uscite di sicurezza, che in questi occasioni per prassi è meglio lasciare vuoti. Inoltre i poliziotti erano privi di tuta protettiva e sono stati costretti a viaggiare seduti uni accanto agli altri con i migranti, sulle cui condizioni di salute non si possono avere certezze assolute. Ricordiamo che la scabbia, tanto per citarne una, ha tempi di incubazione che possono andare fino a 3 settimane !»;
   sembrerebbe che, a tal proposito, vi siano state alcune legittime rimostranze da parte dei poliziotti che temevano per la loro sicurezza e quella del volo stesso a queste condizioni –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto avvenuto;
   se fosse assolutamente necessario fare partire il volo nelle condizioni descritte in premessa, che hanno messo a repentaglio la sicurezza degli operatori e di tutto il volo;
   se non si ritenga opportuno effettuare, per quanto competenza, una verifica su tali fatti, per accertarne l'esatta dinamica ed eventuali responsabilità nella catena di comando. (4-06365)

  Risposta. — Il 9 ottobre 2014, sulla base delle indicazioni fornite dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, la direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere del dipartimento della pubblica sicurezza ha organizzato il volo di trasferimento, dall'aeroporto di Comiso verso Roma Fiumicino, di 158 migranti giunti precedentemente a Ragusa.
  Il servizio di accompagnamento è stato svolto da 11 operatori (a fronte dei 12 richiesti), tutti privi di armamento individuale – in ottemperanza alla normativa sulla sicurezza aerea – e in abiti civili.
  Il numero degli operatori era da ritenersi sufficiente, in considerazione del servizio espletato. Si trattava, infatti, di una semplice attività di trasferimento di migranti che richiedono volontariamente accoglienza; servizio che non presenta profili di pericolosità, tenuto conto che i migranti hanno la consapevolezza che non saranno rimpatriati, bensì trasportati presso le strutture di accoglienza dislocate sul territorio nazionale.
  Per quanto riguarda, più in generale, le problematiche sanitarie connesse ai flussi migratori, si assicura che vengono effettuati tutti i tradizionali presidi di screening sanitario sui migranti, sia a terra subito dopo gli sbarchi, sia prima del loro smistamento presso i vari centri governativi.
  A tale proposito, il Ministero della salute ha emanato apposite linee guida sulla prevenzione del rischio biologico, sulla gestione delle misure di prevenzione per la tubercolosi e sul rischio biologico da
virus ebola.
  Tale dicastero ha poi fornito precise indicazioni agli Uffici di sanità marittima aerea e di frontiera (Usmaf) che intervengono nelle primissime fasi dell'arrivo, nonché agli assessorati regionali alla sanità, che intervengono nelle fasi successive di permanenza degli stessi naufraghi nel territorio nazionale, per l'applicazione delle misure previste dal regolamento sanitario internazionale del 2005 e delle misure di sorveglianza e prevenzione appropriate.
  Le procedure di controllo sanitario effettuate sui migranti prevedono che questi siano sottoposti a visita medica già prima dello sbarco, da parte dei medici della Marina militare e del Ministero della salute, onde mettere in atto prioritariamente tutte le misure di profilassi che si richiedono in caso di malattia infettiva e contagiosa, prime tra tutte l'isolamento.
  Peraltro, il 21 novembre 2014 è stato stipulato un protocollo d'intesa tra i Ministri dell'interno, della salute e della difesa, che prevede il rafforzamento delle misure e degli interventi di tutela della salute, anche contro il rischio di importazione di malattie infettive e diffusive, attraverso accertamenti sanitari da svolgere direttamente sulle unità navali e nei luoghi di sbarco o in prossimità degli stessi.
  Gli ulteriori approfondimenti diagnostici sui migranti, possibili durante la permanenza nei centri, consentono poi di identificare i casi eventualmente sfuggiti al primo filtro sanitario.
  In caso di documentato contatto con malati in fase contagiosa, le autorità sanitarie preposte provvedono a segnalare tempestivamente il caso a tutti i soggetti interessati (soccorritori volontari, personale militare e delle forze di polizia, delle Asl, della Croce rossa, dei centri di accoglienza) al fine di consentire l'adozione di una specifica profilassi post-esposizione.
  Si soggiunge che la direzione centrale di sanità del dipartimento della pubblica sicurezza ha emanato più di una circolare
ad hoc, con l'indicazione delle misure operative di tutela e di profilassi che debbono essere adottate dal personale delle forze di polizia impegnato nelle operazioni di soccorso dei migranti.
  In proposito, sono state fornite indicazioni quanto più esaustive (con pubblicazione anche sul sito istituzionale della polizia di Stato) circa l'impiego dei dispositivi di protezione individuale, in grado di evitare il contatto con eventuali microrganismi, nei differenti possibili contesti operativi.
  La stessa direzione centrale è stata ed è tuttora in costante contatto con i medici della polizia di Stato delle sedi ove avvengono gli sbarchi e di quelle dove sono trasferiti i migranti, attivando puntuali e reciproci scambi sulle eventuali criticità di carattere sanitario.
  Inoltre, di fronte a potenziali rischi di natura biologica, i questori delle sedi nelle quali vengono trasferiti i migranti possono impiegare i medici della polizia di Stato per monitorare tempestivamente la situazione consentendo di attuare, laddove necessario, ogni misura di tutela nei confronti del personale, con particolare riguardo agli aspetti di informazione sanitaria, alla fornitura e al corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale.
  Peraltro, il dipartimento della pubblica sicurezza, analogamente a quanto fatto dalla Marina militare, ha esteso le procedure di controllo per la malattia tubercolare a tutto il personale impiegato nei servizi di soccorso, assistenza e scorta a migranti che, indipendentemente dalla documentazione del contatto con soggetto bacillifero e contagioso, abbia comunque operato in particolari condizioni di rischio.
  Il complesso di tali misure ha consentito un adeguato contenimento del potenziale rischio biologico del personale impegnato in tali attività, al di là delle misure cautelative già adottate in termini di profilassi.
  L'attività di screening antitubercolare è stata, successivamente, estesa a tutto il personale civile che opera nelle sedi periferiche del dipartimento della pubblica sicurezza esposte a tale rischio.

Il Sottosegretario di Stato per l'internoDomenico Manzione.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella seconda metà degli anni novanta il caporalmaggiore Luca Sepe era stato destinato in missione nel Kossovo, ove aveva svolto intese attività operative che con tutta probabilità dovrebbero averlo esposto al contatto con l'uranio impoverito;
   una volta terminata la missione e rientrato in Italia nel 2011 il caporalmaggiore Luca Sepe contrasse il linfoma di Hodgkin, patologia che lo costrinse ad un terribile calvario, conducendolo, nel luglio 2004, alla morte nel reparto di rianimazione dell'ospedale Cardarelli di Napoli;
   peraltro, è proprio il caso di dire che il destino si sia accanito contro questo giovane, dal momento che nell'ambito della lunga serie di ricoveri e cure cui fu costretto per la patologia oncologica contrasse il virus dell'epatite C con tutta probabilità a causa di una trasfusione di sangue cui fu sottoposto presso l'AORN dell'ospedale Cardarelli di Napoli, così come successivamente accertato con sentenza del Tribunale di Napoli;
   nel 2006 i genitori del caporalmaggiore Luca Sepe, signori Antonio e Rosaria Martorelli, e il fratello superstite Alessandro hanno adito il tribunale di Napoli chiedendo la condanna dell'AORN Cardarelli o il Ministero della salute al risarcimento dei danni, sia in proprio che jure hereditatis, subiti a causa del contagio al virus dell'epatite C causato a Luca Sepe, in seguito alle suddette trasfusioni di sangue cui fu sottoposto durante il ricovero ospedaliero per aver contratto in missione militare nella ex Jugoslavia il morbo di Hodgkin in conseguenza all'esposizione all'uranio impoverito contenuto nelle munizioni;
   la causa, dopo una lunga istruttoria, è stata decisa dal tribunale di Napoli con la sentenza n. 7929/2014 con cui il Ministero della salute è stato condannato a pagare agli istanti la somma di euro 64.831,20 oltre interessi e spese legali, essendo stato accertato che il contagio del virus da epatite C sia da ricollegarsi alle trasfusioni ematiche;
   ad oggi dopo aver notificato il titolo esecutivo ed il precetto per complessivi euro 86.000,00 ed aver proceduto ad un primo pignoramento presso la Banca d'Italia rimasto infruttuoso a causa della mancanza di fondi da destinare alla soddisfazione di tale credito, è stato notificato un secondo atto di pignoramento che ha portato ad un accantonamento di soli euro 8.000,00 quali fondi a disposizione del Ministero da poter destinare al pagamento di tale debito;
   il pignoramento è stato iscritto a ruolo del tribunale di Napoli ma ad oggi non è stato neanche ancora assegnato il giudice e fissata l'udienza di assegnazione delle somme –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda esposta in premessa e se non ritenga di dover procedere quanto prima alla liquidazione delle somme che la magistratura ha disposto debbano essere corrisposte alla famiglia del caporalmaggiore Luca Sepe. (4-09551)

  Risposta. — La legge 25 febbraio 1992, n. 210 «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», riconosce ai soggetti che a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati hanno riportato danni irreversibili, il diritto a percepire un indennizzo, vitalizio, da parte dello Stato.
  Nel corso degli anni, si è determinato un notevole incremento del contenzioso, dovuto principalmente a due fattori che hanno inciso sull'attività diretta alla liquidazione dei titoli di condanna.
  L'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge n. 210 del 1992 consta, infatti, di due componenti: un importo fisso «ex lege» e l'indennità integrativa speciale.
  Sul tema della rivalutabilità o meno della componente dell'indennizzo, denominata indennità integrativa speciale, si sono confrontati per anni, nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, orientamenti di segno opposto.
  A seguito della sentenza n. 293/2011 della Corte Costituzionale – che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 11, commi 13 e 14, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, nella parte in cui prevedeva «il comma 2 dell'articolo 2 della legge 25 febbraio 1992, n. 210 e successive modificazioni si interpreta nel senso che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale non è rivalutata secondo il tasso di inflazione» – si è determinato, a partire dal dicembre 2011 e per tutti gli anni 2012, 2013 e 2014, un considerevole incremento del contenzioso instaurato nei confronti del Ministero della salute, avente ad oggetto proprio la rivalutazione della indennità integrativa speciale, ormai riconosciuta dalla Consulta, e su cui anche l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto non più opportuna alcuna difesa.
  Conseguenza di tale situazione è che tutti i giudizi instaurati, o i decreti ingiuntivi proposti, si sono tradotti in condanne per l'Amministrazione.
  Il
trend di crescente contenzioso è stato determinato, sempre negli stessi anni, da un ulteriore fattore.
  Per giurisprudenza, avallata dalla suprema Corte di Cassazione, il Ministero della salute è sempre e comunque ritenuto legittimato passivo nei giudizi in materia di legge n. 210 del 1992, anche quando la competenza amministrativa delle pratiche è incardinata in capo alle regioni, a cui il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000 ha trasferito le relative competenze e, sul punto, l'Avvocatura dello Stato ha ritenuto non più utile difendersi.
  Entrambi questi fattori hanno concorso alla formazione di un arretrato quantificabile in circa 8.000 titoli da eseguire.
  Per far fronte a tale situazione, questo Ministero ha elaborato un apposito progetto, di durata biennale, al fine di provvedere alla esecuzione delle sentenze e dei decreti ingiuntivi di condanna notificati negli anni 2012, 2013 e 2014, che riguardano la corresponsione dell'indennizzo
ex articolo 1 della legge n. 210 del 1992, la rivalutazione della indennità integrativa speciale e/o interessi legali e il risarcimento del danno.
  In ordine alla richiesta se il Ministero intenda procedere alla liquidazione di una sentenza risalente all'anno 2014, si rappresenta che si provvede all'esecuzione dei titoli giudiziali, tenendo conto della ricezione in entrata dei predetti atti, a partire da quelli pervenuti dall'anno 2012, e con priorità data a quelli passati anche successivamente in giudicato: inoltre, è stato avviato un progetto interdirezionale che prevede per l'ufficio «Attività amministrativa indennizzi legge n. 210 del 1992» di potersi avvalere della parziale collaborazione di alcuni dipendenti, in servizio presso altre strutture ministeriali, per la liquidazione dei suddetti titoli giudiziali.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   DURANTI, FERRARA, RICCIATTI, PANNARALE, PIRAS e SANNICANDRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   «Finmeccanica» è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia ed opera in settori legati alla difesa (elettronica, elicotteristica, aeronautica, aerospazio e politiche spaziali), ai trasporti ed all'energia, e il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze; «Finmeccanica» conta sedi sparse in tutto il mondo e circa 70.000 dipendenti ed è uno dei principali gruppi industriali italiani sotto controllo statale, e di conseguenza, le decisioni assunte dal suo gruppo dirigente relativamente alle politiche industriali attuate da «Finmeccanica» sono derivazioni di scelte politiche in senso stretto;
   l'azienda «SELEX ES», facente parte del gruppo «Finmeccanica», opera in Italia sia nel settore civile che in quello militare, e occupa oltre 12.500 persone su tutto il territorio nazionale, di cui oltre il 70 per cento con qualifiche tecniche;
   la sede della «SELEX ES» di Taranto (TA), sita in Viale del Lavoro, conta ad oggi oltre 170 dipendenti, composti da personale altamente qualificato in ambito ingegneristico che opera nei settori dell'aerospazio e della difesa, di concerto con la Marina militare, l'Aeronautica e l'Esercito, e di applicazioni civili in svariati settori strategici nazionali;
   nello specifico l'attività del sito «SELEX ES» della provincia fonica (che nel corso del tempo ha acquisito le società «Datamat» prima «Space Software Italia» poi) è da sempre punto di riferimento per la Marina militare, con collaborazioni importanti sia nell'ambito di progetti logistici, sia in ambito di comando e di controllo sulle unità navali a terra;
   ad oggi, per quanto a conoscenza degli interpellanti, risulta essere prevista una riduzione dell'impegno industriale di «Finmeccanica» sul territorio tarantino, dato che, nonostante l'acquisizione del cosiddetto contratto di «Legge Navale» (o «Programma Navale»), si mette a serio rischio la funzionalità e la continuità delle attività del capoluogo fonico dislocando totalmente le nuove commesse su altre realtà italiane, come si evince anche dalla conferenza sulla legge navale tenutasi a Porto Lotti (La Spezia) il 17 luglio 2015, alla presenza, fra gli altri, del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio De Giorgi, dell'amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti;
   il rischio dello smembramento, o della messa in liquidazione, di una realtà altamente tecnologica come la «SELEX ES» rischia di pregiudicare definitivamente la situazione sociale ed occupazione della provincia jonica –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per scongiurare il rischio di una riduzione dell'impegno finanziario ed industriale del gruppo Finmeccanica nei confronti della SELEX ES di Taranto, date le immaginabili conseguenze drammatiche sotto il profilo occupazionale e della desertificazione industriale di un territorio già duramente colpito dalla crisi economica. (4-10332)

  Risposta. — Il piano industriale di Finmeccanica è mirato al rafforzamento delle aree strategiche dell'aerospazio, difesa e sicurezza.
  Le azioni sono finalizzate al rafforzamento delle attività nel
core business e alla relativa valorizzazione del patrimonio industriale, tecnologico ed umano.
  In tale contesto si inseriscono anche le attività individuate per i presidi industriali del settore elettronico dell'area di Taranto. Al riguardo la Finmeccanica ha provveduto (gennaio 2015) ad incorporare la Sistemi software integrati (da ora Ssi) in SelexES, che già ne deteneva il pacchetto azionario. Tale operazione è avvenuta preservando i livelli occupazionali e garantendo al personale di Taranto l'opportunità di operare anche su altri programmi SelexES.
  L'incorporazione societaria di Ssi in SelexES e la chiusura di una sede SelexES hanno consentito la realizzazione di un presidio industriale omogeneo, integrato ed in possesso di specifiche competenze software e sistemistiche, in particolare nel campo navale. Si tratta di risorse che sono già in parte impiegate da SelexES per attività e lavorazioni destinate alle attività del Centro di programmazione della Marina militare di Taranto, relative alla manutenzione evolutiva di alcuni sistemi di difesa.
  Nell'espletamento di queste ultime attività, il supporto da parte di risorse esterne, è stato gradualmente ma sensibilmente ridotto, realizzando già ora una importante internalizzazione di competenze che in futuro consentirà un ulteriore sviluppo della logistica navale presso il sito di Taranto, compatibilmente con i volumi di attività che verranno commissionati a SelexES dalla Marina militare.
  Al riguardo si evidenzia che già nell'ambito del contratto relativo alle fregate multimissione (Fremm) alcune attività di sviluppo
software erano state demandate alla allora Ssi, sebbene suddivise tra Roma e Taranto.
  Inoltre, nell'ambito delle attività contrattualizzate dalla cosiddetta «legge navale», sono già significativamente coinvolte alcune risorse di Taranto, in particolare per lo sviluppo del software dei sistemi di nuova generazione. Le attività di sviluppo ed integrazione sono previste in avvio dal primo trimestre del 2016, con picco nel 2017.
  Gli investimenti pregressi sostenuti dalla Ssi di Taranto – anche su prodotti che esulano dal campo navale – sono stati valorizzati e se ne prevede evoluzione ed utilizzo anche in ambiti aziendali diversi. A tal proposito si segnalano i sistemi di gestione degli «
unmanned aerial vehicles» utilizzati a sciami, che sono attualmente oggetto di proposte commerciali ad alcuni clienti italiani ed esteri.
  La situazione sopra descritta evidenzia, quindi, il costante impegno finanziario ed industriale volto a salvaguardare il sito di Taranto da sempre considerato di primaria importanza e punto di riferimento tecnologico per il settore industriale di cui si tratta.

La Ministra dello sviluppo economicoFederica Guidi.


   CINZIA MARIA FONTANA, LENZI e FRANCO BORDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera di Crema (CR) sta richiamando in questi giorni circa 3400 cittadini che dal 7 febbraio 2013 al 14 febbraio 2014, si sono sottoposti al test per misurare la concentrazione di paratormone (che regola i livelli di calcio) nel sangue (PTH), al fine di far ripetere il test ai soggetti coinvolti e rendere minimi i disagi per l'utenza;
   i kit utilizzati per il dosaggio del — sono prodotti dalla multinazionale Abbott Laboratories e forniti all'azienda ospedaliera di Crema dall'azienda Fora spa di Parma;
   la causa del richiamo è da ricercare nella possibilità di una sovrastima nei risultati del test PTH. Dalla nota emessa dalla ditta Abbott in data 12 febbraio 2014 — pubblicata sul sito del Ministero della salute — si viene a conoscenza che «in uno studio portato a termine nel gennaio 2014, utilizzando i lotti di reagenti e di calibratori attuali, i risultati dei pazienti hanno presentato una deriva media compresa tra circa il 13 per cento ed il 45 per cento se confrontati ai risultati di uno studio portato a termine nell'agosto del 2012. Tale deriva è stata rilevata in tutto il range analitico del dosaggio». Si rileva pertanto che «tutti i reagenti, calibratori e controlli attualmente disponibili sono affetti da tale problematica»;
   desta sconcerto e profonda preoccupazione il fatto che sia trascorso un intero anno prima che la ditta produttrice si sia accorta di questa vicenda, che rischia oltretutto di coinvolgere tutti i laboratori italiani e stranieri che hanno utilizzato il kit nel periodo sopra indicato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto avvenuto presso l'azienda ospedaliera di Crema e quali misure intenda adottare o abbia già adottato, non solo in relazione al caso specifico ma su tutto il territorio nazionale, per verificare l'impatto legato ai problemi — sia di sicurezza sanitaria che di danno economico — dovuti all'utilizzo del kit in questione per il dosaggio del paratormone.
(4-10175)


   LENZI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda ospedaliera di Crema (CR) è stata la prima a richiamare in questi giorni i cittadini, circa 3.400, che dal 7 febbraio 2013 al 14 febbraio 2014, si sono sottoposti al test per misurare la concentrazione di paratormone (che regola i livelli di calcio) nel sangue (PTH) al fine di far ripetere gratuitamente il test ai soggetti coinvolti e rendere minimi i disagi per l'utenza;
   in Lombardia, ad oggi, sono diciotto i laboratori che hanno acquistato i test sbagliati, in sette diverse province: Milano, Monza, Cremona, Pavia, Sondrio, Como, Brescia. Nella sola Milano il laboratorio del San Raffaele, il geriatrico Redaelli, il Fatebenefratelli, la casa di cura Igea; Laboratorio Lodi;
   il richiamo si è reso necessario in quanto gli esiti del test PTH effettuati negli ultimi 12 mesi risultano sovrastimati in una percentuale variabile fino al 45 per cento;
   la prima comunicazione dell'anomalia è giunta dal general contract, la Fora di Parma, che fornisce il kit per il test stesso, kit che non è prodotto dalla Fora, ma da una multinazionale, la Abbot, al laboratorio d'analisi dell'azienda ospedaliera di Crema e protocollata il 26 febbraio 2014;
   dalla nota inviata dalla ditta Abbott in data 12 febbraio 2014 si viene a conoscenza che «in uno studio portato a termine nel gennaio 2014, utilizzando i lotti di reagenti e di calibratori attuali, i risultati dei pazienti hanno presentato una deriva media compresa tra circa il 13 per cento ed il 45 per cento se confrontati ai risultati di uno studio portato a termine nell'agosto del 2012. Tale deriva è stata rilevata in tutto il range analitico del dosaggio». Si rileva pertanto che «tutti i reagenti, calibratori e controlli attualmente disponibili sono affetti da tale problematica»;
   come affermato dal direttore generale dell'azienda ospedaliera di Crema, Luigi Ablondi, la causa del richiamo, è da ricercare nella possibilità di una sovrastima fino al 40 per cento nei risultati del test;
   desta sconcerto e profonda preoccupazione il fatto che sia trascorso un intero anno prima che la ditta produttrice si sia accorta di questa vicenda, che rischia oltretutto di coinvolgere tutti i laboratori italiani e stranieri che hanno utilizzato il kit nel periodo sopra indicato –:
   quali siano le informazioni in possesso del Ministro, in particolare quante siano le aziende sanitarie ed i cittadini coinvolti nell'intera vicenda, nonché, nell'ambito delle proprie competenze, quali misure intenda adottare o abbia già adottato non solo in relazione al caso specifico della Lombardia ma su tutto il territorio nazionale per verificare l'impatto legato ai problemi, sia di sicurezza sanitaria che di danno economico, dovuti all'utilizzo del kit in questione per il dosaggio del paratormone. (4-10176)

  Risposta. — Si risponde congiuntamente alle interrogazioni parlamentari in esame, stante l'analogia della problematica in esse delineata.
  La prefettura – Ufficio territoriale del Governo di Cremona ha comunicato che il direttore generale dell'ospedale maggiore di Crema ha precisato che il 14 febbraio 2014 un funzionario della azienda farmaceutica
Abbott Laboratories, produttrice dei kit per il dosaggio di paratormone nel sangue, aveva annunciato la diffusione di una nota informativa della ditta in merito al sovradosaggio di paratormone in alcuni lotti del dispositivo consegnati ai presidi sanitari.
  La direzione del citato nosocomio procedeva a contattare la
General Contract di Parma, azienda fornitrice dei kit, accertando che essi erano stati trasmessi anche all'ospedale di Crema, dal 7 febbraio 2013, al 14 febbraio 2014.
  L'azienda ospedaliera di Crema decideva di avviare la ricerca dei referti prodotti nel periodo indicato, utilizzando i
kit difettati, e di inviare i campioni da analizzare al «Laboratorio Synlab» di Brescia, che utilizza reagenti diversi da quelli della ditta Abbott.
  Dalla ricerca emergeva che i referti emessi nel citato periodo erano 3.402, relativi a 2.467 pazienti/utenti e, per poterli individuare, la Direzione ospedaliera disponeva l'elaborazione di elenchi distinti per medici prescrittori di base e per medici specialisti.
  Il 26 febbraio 2014 perveniva, all'ospedale di Crema, la comunicazione ufficiale della ditta
Abbott relativa ai kit difettosi.
  Pertanto la direzione generale, sentita la Direzione sanitaria e la Direzione medica di presidio, effettuava un'informativa ai medici richiedenti ed ai pazienti interessati, sia interni che esterni alla struttura ospedaliera.
  Veniva promossa, inoltre, una nuova campagna prelievi per la ripetizione degli esami, contattando i medici prescrittori ed i presidi ospedalieri di Crema, Rivolta d'Adda e Soresina, individuati come idonei alle attività di prelievo.
  In relazione alle possibili conseguenze per i pazienti, la stessa direzione ospedaliera ha precisato che il risultato errato delle analisi può soltanto aver generato, in alcuni casi, l'esecuzione di ulteriori accertamenti diagnostici, senza alcun rischio di assunzione di eventuali farmaci, o di procedure invasive non necessarie e/o dannose.
  Per gli aspetti di competenza del Ministero della salute, si segnala che il 12 febbraio 2014 la ditta
Abbott, con le modalità previste dalle linee guida della Commissione europea, ha dato notizia dell'avvio di un'azione correttiva sul campo, con la quale, così come di prassi avviene in situazioni analoghe, sono state immediatamente richiamate le scorte rimanenti di alcuni lotti di reagenti, calibratori e controlli della linea Architect destinati alla misurazione del paratormone.
  L'azione correttiva è stata originata da uno studio portato a termine nel gennaio 2014, dopo un prolungato monitoraggio, che evidenziava una deriva delle prestazioni, che poteva generare risultati falsamente elevati.
  Tale studio ha preso in considerazione alcune precedenti segnalazioni di sovrastima del paratormone registrate in alcuni Paesi europei ed extraeuropei.
  Per ciascuna segnalazione, la
Abbott aveva già effettuato le indagini di prassi, dandone comunicazione alle autorità competenti nazionali interessate.
  I dispositivi erano risultati rispondenti ai criteri di accettabilità delle prestazioni, secondo gli studi presi a riferimento, e quindi all'epoca la necessità di azioni correttive non si era manifestata.
  Il 18 febbraio 2014 la
Abbott ha inviato al Ministero della salute la versione in italiano dell'avviso di sicurezza conseguente all'azione correttiva, nonché l'elenco dei clienti italiani coinvolti, informati dal fabbricante come è previsto.
  Il 24 febbraio 2014 l'avviso di sicurezza è stato pubblicato sul portale del Ministero, al fine di agevolarne la diffusione.
  Dal punto di vista della sicurezza sanitaria, si sottolinea che il numero delle segnalazioni è ridotto: in Italia ne sono pervenute 3 nel corso del 2013, tutte relative ad eventi senza conseguenze sulla salute dei pazienti.
  Nei rapporti relativi ai suddetti eventi, la
Abbott ha dichiarato che in tutto il mondo erano state registrate, nei 12 mesi precedenti, meno di 20 segnalazioni dello stesso genere.
  Il Ministero della salute ha monitorato tutti i casi di incidente sopra menzionati, tenendo conto della frequenza degli eventi in rapporto alla diffusione del prodotto e delle modalità con cui il fabbricante ha adempiuto ai propri obblighi, e sta costantemente monitorando l'azione correttiva, per la quale la
Abbott ha prodotto due rapporti di aggiornamento (datati 16 aprile 2014 e 8 maggio 2014) nei quali dà conto dell'evoluzione delle indagini tese a individuare tutte le potenziali cause di alterazione delle prestazioni nei lotti interessati.
  Riguardo all'impatto economico derivante dall'uso del
kit in questione, si specifica che con l'avviso di sicurezza urgente la Abbott ha fornito ai laboratori di 168 strutture pubbliche e private le istruzioni sulle azioni da intraprendere, chiedendo non solo l'interruzione immediata dell'impiego e lo smaltimento delle scorte per i lotti interessati, ma raccomandando anche di comunicare l'informativa ai medici curanti, in modo che possano stabilire se è necessaria una nuova valutazione del paziente.
  Infatti, la presenza di risultati falsamente elevati, che si può presentare a conferma o in conflitto con la sintomatologia clinica, o con gli esiti di altri test eseguiti congiuntamente, richiede una valutazione della situazione complessiva del paziente, clinica e insieme laboratoristica e strumentale, da parte del medico curante, che potrà stabilire l'eventuale necessità di ripetere la determinazione del paratormone per il singolo caso, evitando un indiscriminato ricorso ad esami addizionali.
  La prefettura di Milano ha inteso precisare che la direzione generale salute della Regione Lombardia si è attivata tempestivamente per informare tutte le strutture sanitarie potenzialmente coinvolte nell'utilizzo dei reattivi della ditta
Abbott che potevano aver dato origine a risultati non corretti, e ha monitorato l'entità dei pazienti e utenti coinvolti e le azioni intraprese per verificare i potenziali effetti avversi.
  I laboratori lombardi coinvolti sono stati 18 di strutture pubbliche e 13 di strutture private: i dosaggi eseguiti in Lombardia con reagenti dei lotti in questione sono stati 49.774 (di cui 13.758 in strutture pubbliche), e i pazienti coinvolti sono stati 40.217 (di cui 8.779 in strutture pubbliche).
  I costi relativi ai reagenti utilizzati per i dosaggi citati sono stati di circa 160.000 euro (di cui circa 50.500 per le strutture pubbliche).
  Tutte le strutture coinvolte hanno provveduto a contattare i medici prescrittori, che a loro volta hanno reinviato ai laboratori i pazienti per cui hanno ritenuto necessario ripetere il dosaggio.
  I dosaggi ripetuti sono stati 1.490 (di cui 470 per le strutture pubbliche).
  In considerazione della variegata modalità con cui la ditta
Abbott ha provveduto a sostenere i costi per i dosaggi sopravvenienti, si può stimare un costo per i reattivi a carico delle strutture di circa 11.000 euro (di cui circa 3.000 per le strutture pubbliche).
  I costi derivanti dalle attività messe in atto per definire gli elenchi, informare i prescrittori, eseguire i prelievi, stilare e inviare i referti, eccetera, possono essere quantificati in circa 44.000 euro (di cui circa 28.500 per le strutture pubbliche).
  La bassa percentuale (circa 3.7 per cento) di pazienti che sono stati reinviati dai medici prescrittori conferma il fatto che il dosaggio del paratormone non viene utilizzato da solo per fare alcuna diagnosi e che, quindi, i potenziali risultati falsamente elevati sono stati intercettati dai prescrittori e le conseguenze «cliniche» sono state assolutamente poco rilevanti.
  La stessa prefettura non è a conoscenza di eventuali azioni legali intraprese contro le strutture che hanno utilizzato i reattivi forniti dalla ditta
Abbott.
  Da ultimo, si rappresenta che la regione Lombardia ha predisposto una richiesta di risarcimento nei confronti della ditta Abbott per tutte le strutture coinvolte.
La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   MELILLA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   è ormai di diffusa conoscenza il grave atto criminale accaduto lo scorso luglio in Cisgiordania, quando, presumibilmente, dei coloni israeliani hanno dato fuoco, nel villaggio di Doma (Nablus), all'abitazione della famiglia palestinese Dawabsheh, uccidendo il marito Ali ed il figlio Saad di soli 18 mesi, e provocando ustioni gravissime alla madre Riham e all'altro figlio di appena 4 anni, Ahmad;
   in seguito alle ustioni riportate è morta anche la madre Riham in ospedale lasciando solo Ahmad orfano, a soli 4 anni, di entrambi i genitori;
   non è ancora chiarita la dinamica dei fatti, ma è indiscutibile che senza l'avallo e la copertura dei coloni israeliani non era possibile il fatto criminale, per cui l'impressione è che si siano resi artefici di un pluriomicidio, che purtroppo non è unico. Sono oramai all'ordine del giorno immagini e informazioni di uccisioni diffuse di bambini ed adulti palestinesi rei di essere tali;
   in seguito a questi eventi luttuosi la comunità palestinese, tramite la sua ambasciata, chiede alla comunità internazionale di condannare questi crimini e di intervenire affinché si agisca proteggendo il popolo palestinese inerme (ovviamente non i terroristi) e soprattutto i bambini, affinché atti criminali gratuiti, come quello di Nablus, non abbiano più ad avvenire –:
   come intendano, i signori Ministri interrogati, adoperarsi al fine di garantire non solo la solidarietà, dell'Italia alla comunità palestinese, ma anche l'impegno del Governo italiano a lavorare per un autentico percorso di pace, e per la salvaguardia della vita umana anche nella martoriata Palestina. (4-10282)

  Risposta. — Il 31 luglio 2015 il Governo italiano – in linea con altri partner europei, l'Unione europea e gli Stati Uniti – ha fermamente condannato gli attacchi da parte di estremisti ebraici arrecati ai danni di alcune famiglie palestinesi nel villaggio di Duma nella Cisgiordania, che hanno causato la morte di un bambino di 18 mesi, Ali Dawabsha, e successivamente del padre Saad e della madre Riham. A tal riguardo, l'Italia ha anche accolto con favore la pronta condanna espressa dal Governo israeliano e l'impegno a far luce sull'accaduto espresso pubblicamente dal Primo Ministro Netanyahu, Tali eventi hanno confermato l’escalation di violenza che caratterizza i territori palestinesi, in particolare le aree B e C della Cisgiordania (dove è forte la presenza dei coloni israeliani). Lo strisciante clima di instabilità caratterizza tutta la zona, inclusa l'area di Gerusalemme, dove le incursioni dei fanatici sulla Spianata delle Moschee sono riprese nelle ultime settimane. Tra tali avvenimenti vi è una forte connessione, soprattutto per la correlazione tra i responsabili degli assalti ai luoghi di culto gerosolimitani e gli estremisti ebraici che hanno commesso i crimini ai danni della famiglia Dawabsha. In tale contesto, l'Italia ha reiterato la profonda preoccupazione per tali atti di violenza, facendo appello alle parti affinché non lesinino sforzi per ridurre i rischi di aggravamento della violenza. Il Governo ha anche ribadito la tradizionale posizione dell'Italia, in linea con quella europea, di opposizione verso ogni tentativo di alterazione dello status quo nei luoghi santi gerosolimitani.
  2. L'Italia è fortemente impegnata nel promuovere il rilancio del processo di pace e la ripresa di negoziati diretti tra le parti quale unica via per pervenire rapidamente a una duratura ed equa soluzione del conflitto, basata sulla creazione di due Stati. A tal riguardo, durante la visita del Ministro Gentiloni in Israele e Palestina (29 e 30 giugno 2015), l'analoga visita del Presidente del Consiglio Renzi (21 e 22 luglio 2015) e la visita del Primo Ministro Benjamin Netanyahu in Italia (28 agosto 2015), è stata ribadita la posizione di impulso del nostro Paese volto al superamento dell'impasse del conflitto israelo-palestinese e la necessità di avviare nuovi percorsi negoziali per dare nuova linfa vitale al rilancio del processo di pace. L'Italia si è fatta portavoce – assieme ad altri
partner europei come la Francia – dell'opportunità di rafforzare il coinvolgimento nel processo degli attori regionali influenti (tra cui l'Egitto e la Giordania) secondo le linee guida dell'iniziativa di pace araba.
  3. Il Governo resta fortemente impegnato nel preservare la prospettiva dei due Stati, soprattutto richiamando l'attenzione delle parti nell'evitare l'insorgere di iniziative che ne compromettano la realizzazione, come ha sottolineato il Ministro Gentiloni, occorre un impegno di tutte le parti per scongiurare un’
escalation della violenza sul terreno, da cui trarrebbero vantaggio solo le forze più estremiste e ostili al dialogo e alla pace.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   NICCHI, FRANCO BORDO, ZACCAGNINI e KRONBICHLER. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo numero della rivista «The Lancet Oncology» l'agenzia dell'Organizzazione mondiale della sanità, OMS, ha annunciato di aver classificato tre pesticidi nella categoria 2A, cioè «probabilmente cancerogeni», l'ultimo livello prima di «sicuramente cancerogeni»; fra le molecole prese in considerazione dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ci sono due insetticidi, il diazinon e il malathion, ma a suscitare scalpore è stato il parere dello IARC sulla terza sostanza, il glifosato;
   il glifosato è stato sintetizzato dalla Monsanto negli anni settanta, è il principio attivo del diserbante Roundup, ed è di fatto l'erbicida più usato al mondo oltre a essere quello che si ritrova più spesso nell'ambiente; è presente in più di 750 prodotti destinati all'agricoltura, silvicoltura, usi urbani e domestici;
   il suo impiego è decisamente aumentato con lo sviluppo delle colture transgeniche resistenti al glifosato;
   l'Italia, secondo un rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, è il maggiore consumatore tra quelli dell'Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata, con valori doppi rispetto a quelli della Francia e della Germania. Molto alto anche il numero delle sostanze di cui si trovano importanti tracce nelle acque: 175 tipologie di pesticidi nel 2012 a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato e i suoi metaboliti;
   va precisato che gli studi esaminati dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, segnalano un aumento del rischio di tumore tra i giardinieri e agricoltori, non nella popolazione generale. Secondo l'Agenzia, «...gli studi caso-controllo di esposizione professionale condotti in Svezia, Stati Uniti e Canada hanno rivelato un aumento del rischio del linfoma di non Hodgkin...»;
   alcuni esperimenti sugli animali hanno mostrato che il diserbante provocava danni cromosomici, un maggiore rischio di tumore alla pelle e al tubolo renale e di adenomi delle cellule pancreatiche;
   queste problematiche e i gravi rischi sulla salute connessi, erano già stati evidenziati il 6 maggio 2015 in Commissione agricoltura della Camera, con un'interrogazione a risposta immediata (5-05514) del Gruppo «Sinistra Ecologia Libertà». In quell'occasione, il sottosegretario Giuseppe Castiglione rispondendo al suddetto atto di sindacato ispettivo, chiariva che «il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali può esprimersi unicamente in merito all'efficacia agronomica dei prodotti fitosanitari, mentre gli aspetti connessi alla tutela della salute umana rientrano tra le competenze del Ministero della Salute» –:
   se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e se non si ritenga necessario e urgente — anche alla luce delle evidenti suddette criticità e del fatto che l'Organizzazione mondiale della sanità ha classificato il glifosato come probabilmente cancerogeno – assumere iniziative per vietare il medesimo glifosato sul nostro territorio nazionale, al fine di applicare il «principio di precauzione» a tutela della salute degli operatori del settore agricolo, nonché dei consumatori e dell'ambiente, e in attesa di una risposta definitiva sulla sua più che probabile cancerogenicità.
(4-09408)

  Risposta. — In merito alla sostanza «glifosate» presente nei prodotti fitosanitari, si segnala che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare European Food Safety Authority – Efsa) sta completando la valutazione della citata sostanza attiva e ha ricevuto uno specifico mandato, da parte della Commissione europea, per tenere conto, in questa fase, anche dei risultati ottenuti dalla valutazione effettuata dalla Agency for Research on Cancer (Iarc).
  In data 30 luglio 2015 l'Efsa ha pubblicato, nel proprio sito, la notizia che la Iarc ha reso disponibile la monografia sul «glifosate» e, pertanto, di tale documento l'Efsa terrà conto nella finalizzazione delle proprie conclusioni sulla sostanza, contenute in un documento che verrà inviato alla Commissione europea, la quale deciderà se includere o meno tale sostanza nell'elenco delle sostanze approvate a livello comunitario, così come previsto dal regolamento (CE) 1107/2009, in materia di prodotti fitosanitari.
  Peraltro, la Commissione europea, ad oggi, non ha ritenuto di adottare alcun provvedimento sulla citata sostanza attiva e, pertanto, a livello nazionale i prodotti autorizzati possono essere utilizzati secondo le indicazioni riportate in etichetta.
  In particolare, nelle etichette dei prodotti autorizzati sono riportate specifiche avvertenze per consentirne un uso corretto da parte degli utilizzatori: compete alle autorità locali vigilare sul rispetto di tali prescrizioni.
  Da ultimo, si ricorda che, a livello comunitario, è stato fatto ricorso alla predisposizione del regolamento (CE) 1107/2009 proprio al fine di garantire una valutazione armonizzata dei prodotti fitosanitari, che tiene in debito conto aspetti di tutela della salute dell'uomo, dell'ambiente e dell'esposizione dei lavoratori.
  L'adozione di misure nazionali e/o locali, in aperto contrasto con la normativa comunitaria, potrebbe quindi determinare un pesante contenzioso.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   NICCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si apprende da fonti giornalistiche (Redattore Sociale 17 aprile 2015) che il signor Hussein, invalido al 100 per cento attualmente vive nell'Iraq martoriato dalla guerra, e disabile e non può raggiungere la madre e il fratello che vivono regolarmente in Italia;
   il signor Hussein ha ottenuto dall'ambasciata italiana il nulla osta per l'ingresso nel nostro Paese per ricongiungersi alla madre, ma questo beneficio non spetta inspiegabilmente al padre, nonché suo tutore;
   il signor Hussein ha una disabilità mentale e non può arrivare in Italia da solo, è necessario che sia accompagnato da suo padre, ovvero la persona che lo cura da sempre;
   la famiglia del signor Hussein (padre, madre e cinque figli) erano immigrati in Italia nel 1992, dopo due anni di guerra nel golfo persico. La madre signora Fawziya aveva scelto di emigrare, oltre che per scappare dai bombardamenti, anche per curare l'altro suo figlio Musa, affetto dalla Rosai Dorfamn, una grave malattia rara che lo ha reso cieco, sordo e paralizzato, probabilmente, causata dall'uranio impoverito utilizzato nelle bombe in Iraq. La situazione del signor Musa, nonostante le cure ricevute in Italia, è peggiorata e i medici non possono far altro che alleviare la sofferenza attraverso le cure palliative;
   nel 2008 il signor Mustapha, il terzo figlio maschio di 19 anni, è stato travolto fatalmente da un auto mentre stava andando a lavoro in motorino, a Firenze. Il dramma ha rischiato di spaccare la famiglia già provata il signor Khadim, marito di Fawziya, è rientrato in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein per riacquistare i propri diritti civili che erano venuti meno a causa delle percussioni da parte del regime. Per non gravare ulteriormente sulla moglie che rimaneva sola con Musa, si è portato dietro Hussein;
   la signora Fawziya continua a lavorare a Firenze e ad assistere il figlio Musa malato, che riesce a comunicare soltanto attraverso l'utilizzo delle mani. Non si arrende, nonostante una vita di sventure, tra guerre e drammi familiari. Vive in una casa popolare nella periferia della città. Oggi, dopo una vita sconvolta da traumi indicibili, la signora Fawziya vorrebbe soltanto una parvenza di serenità e vorrebbe soprattutto avere la possibilità che Hussein, il figlio invalido che vive in Iraq col padre, possa riabbracciare il fratello Musa;
   la situazione in Iraq è sempre più difficile a causa dell'Isis ed il signor Khadim teme per la propria vita e per quella del figlio;
   la signora Fawziya ha scritto ripetutamente all'ambasciata italiana, che però continua a negare il visto d'ingresso al marito Khadim;
   la Caritas di Firenze, sta aiutando la signora Fawziya nella sua battaglia e ha messo a disposizione una struttura residenziale per accogliere il signor Hussein e suo padre –:
   quali siano le ragioni del diniego del visto al signor Khadim padre e tutore del signor Hussein;
   se il Governo non ritenga urgente intervenire per sbloccare la situazione nel più breve tempo possibile. (4-09791)

  Risposta. — Nel marzo di quest'anno il signor Kadhim Jasim Kumbar Sudani e suo figlio Hussein Kadhim Jasim Sudani hanno presentato domanda di visto per l'Italia e sono stati ricevuti due volte presso la nostra ambasciata a Baghdad per l'intervista di rito. In base alla normativa vigente, gli uffici consolari sono chiamati a valutare i requisiti per l'ingresso dei richiedenti nello spazio Schengen alla luce delle loro condizioni socio-economiche e delle motivazioni che ne giustificano il viaggio, anche al fine di considerarne il rischio di permanenza sul territorio nazionale oltre la durata del visto.
  La documentazione presentata e il tenore delle dichiarazioni fatte dai due richiedenti hanno tuttavia reso particolarmente difficile il completamento della relativa pratica: i loro permessi di soggiorno italiani erano scaduti e non è stato possibile ottenere prova del loro reddito disponibile, dei relativi mezzi di sostentamento e circa il loro status personal. Non si è riusciti ad appurare, per esempio, se i due fossero rispettivamente marito e figlio di una cittadina irachena residente in Italia o di una cittadina italiana. Ipotesi quest'ultima che avrebbe facilitato non poco il rilascio dei visti ai sensi della normativa vigente. Complesso è stato anche acquisire le usuali prenotazioni aeree ed alberghiere.
  Nei colloqui con il personale dell'Ambasciata sono state rilasciate dichiarazioni poco plausibili, a volte contraddittorie, con successivi radicali cambiamenti di posizione. Il padre ha per esempio dichiarato, senza fornire ulteriori chiarimenti, di avere nel frattempo divorziato dalla moglie (ancora residente in Italia), ma «a sua insaputa» (cioè senza informarla).
  Al termine dell'istruttoria, la nostra ambasciata ha rilasciato a favore del signor Hussein Kadhim Jasim Sudani (figlio) il visto di turismo, della durata di 60 giorni, valido dal 1o aprile al 14 giugno 2015, con verifica di rientro, in quanto nel corso dei colloqui ha fornito motivazioni più coerenti e affidabili, anche con riguardo alle ragioni per un suo ritorno in Iraq. Dalle informazioni disponibili risulta che l'interessato non abbia fatto uso del visto in questione. Si precisa che non è stata prodotta alcuna documentazione attestante il suo stato di disabile con invalidità al 100 per cento peraltro non riscontrabile nel corso dei colloqui. Anche in considerazione di ciò, non è stato possibile definire il padre suo «tutore» nel senso legale del termine.
  Per quanto riguarda il padre, il più delle volte egli ha opposto un netto rifiuto alla domanda di documentazione integrativa riguardante la pratica di richiesta del visto e non ha fornito convincenti indicazioni circa la propria volontà di rientrare in Iraq. Di conseguenza, è stato nel suo caso emesso un provvedimento di diniego motivato con il «mancato accertamento dell'intenzione di lasciare lo spazio Schengen allo scadere del visto».
  Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene che la procedura seguita dalla nostra ambasciata a Baghdad sia corretta. È in ogni caso possibile per l'interessato presentare una nuova domanda di visto, corredata da documentazione in grado di superare i motivi di diniego riscontrati nella precedente richiesta. Laddove quindi il signor Kadhim Jasim Kumbar Sudani esibisca la documentazione richiesta sul suo status familiare, sulle condizioni socio-economiche e sull'intenzione di utilizzare in modo corretto il visto, la nostra Ambasciata a Baghdad continua ad essere a disposizione per aiutare l'interessato ad instradare la richiesta nei giusti binari.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   PAGANO e SCOPELLITI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie riportate dalla stampa, il 24 ottobre 2014 l'ambasciata del Quatar in Italia ha inviato, tramite il suo avvocato, un mail nella quale si contesta al capo sala nel reparto della Fondazione Ime (Istituto mediterraneo di ematologia) di Roma, di avere trattato con «arroganza, scarso senso civico e maleducazione» i pazienti quatarioti ivi ricoverati;
   la vicenda suddetta è originata da un litigio provocato dalla madre di una degente quatariota che ha aggredito la capo sala del reparto con modi e gesti inconsulti assestando anche uno schiaffo alla stessa dottoressa;
   l'ambasciata del Quatar ha chiesto, quindi, che la suddetta capo reparto venisse rimossa dall'incarico sostituendola, come scritto nella mail, con altra persona più educata e più sensibile alle necessità dei malati ricoverati;
   si tratta di una missiva che, oltre a non rispecchiare la realtà dei fatti, risulta decisamente fuori luogo, invasiva ed incongrua rispetto alle competenze proprie di un'ambasciata. L'IME, infatti, è una fondazione con statuto privato, ma di natura pubblica: riceve, infatti, finanziamenti dal Governo italiano e come tale risponde solo al nostro Stato;
   a destare clamore sono soprattutto le aberranti richieste dei degenti quatarioti e dei loro parenti che risultano per lo meno incompatibili con le norme interne previste per gli ospedali e con la vigente normativa italiana;
   sempre secondo quanto riportato dalla stampa, l'episodio che ha provocato la reazione sproporzionata dell'ambasciata del Quatar non sarebbe un caso isolato: infatti, ci sono ulteriori testimonianze relative alla pretesa di altri stranieri di entrare nell'ospedale ed in particolare nell'area trapianti dello stesso una zona a carica batterica controllata – indossando il burqa e dei guanti di lana, nonché portando con loro anche un tappeto di lana per poter pregare;
   la Francia ad esempio è intervenuta sul tema imponendo con una legge dell'11 ottobre 2010 di proibire l'uso del burqa ossia la copertura integrale del viso nei luoghi pubblici: prerogativa che rientra nei poteri dello Stato per garantire le condizioni affinché le persone possano vivere insieme nella loro diversità. Ciò è suffragato dalle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo la quale ritiene accettabile che uno Stato attribuisca particolare importanza all'interazione tra individui che può essere negativamente influenzata dal fatto che alcuni di essi nascondano i loro volti nei luoghi pubblici. La misura restrittiva può essere considerata proporzionata allo scopo perseguito, vale a dire il mantenimento delle condizioni di «vivere insieme» come elemento della «tutela dei diritti e delle libertà altrui»;
   la Corte europea dei diritti dell'uomo ha, tra l'altro, respinto il ricorso di una cittadina francese di origini pachistane secondo la quale la legge francese (legge n° 1192/2010) violerebbe alcuni diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo, vietando l'uso del burqa a nei luoghi pubblici –:
   se sia a conoscenza di quanto riferito in premessa circa l'invio della mail da parte dell'ambasciata del Quatar all'IME e quali iniziative intenda intraprendere per garantire il rispetto della normativa italiana da parte dei cittadini stranieri che si recano negli ospedali italiani. (4-06685)

  Risposta. — In merito alla vicenda riportata nell'interrogazione parlamentare in esame, a cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, l'Istituto mediterraneo di ematologia – Fondazione Ime ha fornito un dettagliato rapporto al Ministero della salute.
  La direzione della Fondazione Ime, in data 24 ottobre 2014, ha ricevuto una comunicazione via e-mail da un avvocato, per conto dell'ambasciata del Qatar, con cui veniva rappresentato che alcuni pazienti, ricoverati presso il reparto della Fondazione Ime avevano denunciato all'ambasciata del Qatar di esser stati trattati «con arroganza, scarso senso civico e maleducazione dalla capo sala del predetto reparto».
  A seguito di tale segnalazione l'Istituto ha effettuato una approfondita istruttoria interna, dalla quale è emerso che in data 23 ottobre 2014, intorno alle ore 9,30, una paziente si è recata sull'uscio della porta della cucina, chiedendo ad una operatrice socio sanitaria una bottiglietta d'acqua e di poter parlare con un infermiere.
  Mentre l'operatrice consegnava l'acqua alla paziente, la capo sala sarebbe intervenuta, sgridando a voce alta e con tono aggressivo l'operatrice per aver dato seguito alla richiesta della paziente.
  Subito dopo, sopraggiunta la madre della paziente, la capo sala si sarebbe rivolta anche nei suoi confronti con toni aggressivi e scortesi, sicché ne sarebbe scaturita una accesa discussione, nel cui ambito la capo sala avrebbe anche intimato alla mamma della paziente di fare silenzio, accusando, inoltre, la madre di averle dato uno schiaffo, mentre risulta che ciò non sarebbe accaduto.
  In seguito a tali avvenimenti l'ambasciata dello Stato del Qatar ha richiesto un incontro di chiarimenti con la direzione IME.
  Tale incontro si è svolto in data 28 ottobre 2014 alla presenza, oltre che del direttore generale Ime, professor Valentino Martelh, di due funzionari dell'Ambasciata, del genitore delle due pazienti dello Stato del Qatar e del professor Guido Lucarelli, Direttore Scientifico Ime.
  Constatati i fatti, l'IME, in relazione a tale disdicevole comportamento, ha comminato alla dipendente la sanzione disciplinare della multa di importo pari a tre ore della retribuzione.
  Riguardo all'articolo, pubblicato il 29 ottobre 2014 sul quotidiano «Libero», nella sezione Attualità, intitolato «In reparto con il burqa la caposala si oppone e ne chiedono la testa» a firma di Gianluca Veneziani, l'Istituto, nel precisare che negli ultimi anni il «burqa» è stato indossato unicamente dalla madre di un piccolo paziente, afferma che nel suddetto articolo viene messo in primo piano l'episodio accaduto in reparto il giorno 23 ottobre 2014 e la successiva
e-mail dell'ambasciata del Qatar.
  Dal tenore dell'articolo si evince che gli eventi sono stati resi noti al giornale «Libero» a seguito della segnalazione/denuncia dei fatti da parte della capo sala, nonostante fosse ancora in corso l'istruttoria preliminare interna della Fondazione IME.
  L'articolo in questione riporta alcune dichiarazioni della stessa capo sala, secondo cui «Queste ricche famiglie kuwaitiane e qatariote sono convinte di poter contravvenire ai regolamenti del nostro reparto nonché al decreto legislativo 626 sulla sicurezza del lavoro, in nome di uno
status economico e di una obbedienza esclusiva ai principi della loro religione, che permette loro di pensare: io posso sempre e comunque».
  Si legge poi nell'articolo che «Non mancano neppure le situazioni di elargizioni munifiche da parte delle famiglie dei bambini operati al personale ospedaliero, in modo che venga chiuso un occhio sulle loro infrazioni» e «Sono frequentissimi i casi di doni che rafforzano la convinzione che a loro tutto sia consentito solo perché pagano bene (oltre 100 mila euro per un'operazione di trapianto di midollo)».
  In proposito, la Fondazione Ime ha contestato alla capo sala che le suddette dichiarazioni sarebbero, all'evidenza, idonee ad arrecare pregiudizio all'immagine della stessa struttura sanitaria, ed ha applicato alla dipendente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per il periodo di tre giorni lavorativi.
  Inoltre, in data 18 novembre 2014 la direzione Ime ha avuto conoscenza di ulteriori fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare.
  Infatti, in data 14 novembre 2014, intorno alle ore 16.00, la capo sala, contravvenendo alle disposizioni contenute nella procedura relativa alla gestione/distribuzione dei farmaci all'interno della Fondazione Ime, si è rifiutata, volontariamente, di effettuare il controllo dei farmaci e dispositivi medici richiesti e, contestualmente, di firmare per ricevuta il blocco di richiesta per approvvigionamento settimanale di farmaci, presidi e reagenti, causando la mancata consegna degli stessi ai medici del reparto.
  In seguito a tale avvenimento, l'Istituto ha applicato alla dipendente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per il periodo di cinque giorni lavorativi.
  Un ulteriore episodio riportato dall'Istituto è quello del 26 gennaio 2015, riguardante l'aggressione verbale e fisica da parte della capo sala e della coordinatrice infermieristica nei confronti di una operatrice socio sanitaria di origine marocchina, come testimoniato dal responsabile del servizio farmaceutico e da un infermiere.
  In data 26 gennaio 2015, intorno alle ore 09.30 circa, a fronte, della richiesta rivolta dalla operatrice socio sanitaria di turno presso il reparto Area trapianti 9B della Fondazione Ime alla coordinatrice infermieristica di utilizzare nei suoi confronti toni più umani, la capo sala si sarebbe intromessa ed avrebbe detto alla operatrice: «impara a chiudere la bocca” e ”tu non sei niente, tu non conti niente, tu devi solamente eseguire gli ordini e non devi rispondere alle coordinatrici».
  Alle ore 12.45 circa, mentre l'operatrice a seguito di esplicita richiesta del responsabile clinico Ime, era intenta a tradurre in arabo ad un paziente la terapia che stava assumendo, unitamente ad alcune delucidazioni sulle sue condizioni cliniche generali, la capo sala, unitamente alla coordinatrice, la avrebbe sgridata pesantemente, urlandole che non le era consentito parlare in arabo ed utilizzando la seguente espressione: «tu non vali niente, sei una sporca musulmana»; subito dopo, mentre l'operatrice era girata di spalle per prendere un cassetto da pulire, la capo sala le avrebbe strattonato con forza il braccio. Tali circostanze sono state confermate da altri colleghi.
  Successivamente e sempre nella stessa giornata, la capo sala avrebbe convocato l'operatrice nella stanza riservata alle coordinatrici ed insieme alla coordinatrice infermieristica avrebbe continuato ad aggredirla verbalmente, utilizzando le seguenti espressioni: «è grazie a noi che state qui a lavorare, sei un pagliaccio, non esegui i nostri ordini».
  Alla richiesta rivolta alla capo sala dalla operatrice di uscire dalla stanza, in quanto avvertiva un leggero malore, la capo sala avrebbe risposto «ti dico io quando puoi uscire», continuando a trattenerla in stanza fino alle ore 13,30.
  Uscita dalla stanza l'operatrice è stata portata, su iniziativa dei medici di reparto, nei locali del Pronto soccorso del Policlinico Tor Vergata in forte stato di agitazione e, all'esito, è stato diagnosticato uno stato di ansia con infermità fisica a tutto il 3 febbraio 2015.
  Si sottolinea che l'operatrice ha presentato alla Questura di Roma una denuncia per maltrattamenti.
  In seguito a tale avvenimento, l'Ime ha comminato alla capo sala la sanzione del licenziamento per giusta causa, mentre alla coordinatrice è stata applicata la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio e dalla retribuzione per il periodo di dieci giorni lavorativi.
  Dai fatti riportati dall'Istituto, si evince che il licenziamento della capo sala non è dovuto alle rimostranze espresse dai rappresentanti dell'ambasciata del Quatar nei confronti del suo operato.
  La sanzione del licenziamento per giusta causa è fondata su reiterate e gravi infrazioni disciplinari concretatesi in comportamenti deontologicamente gravemente scorretti.
  L'Istituto sembra aver operato nella piena legittimità per tutelare la propria immagine ed assicurare il corretto svolgimento della propria attività funzionale, adottando una misura sanzionatoria proporzionale all'offesa risultante da censurabili comportamenti scorretti.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   QUARTAPELLE PROCOPIO e COCCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   le istituzioni ricoprono un ruolo fondamentale nel farsi portatrici dei valori di parità di genere, rispetto dell'altro e nel contrasto quotidiano all'omofobia; tale responsabilità incombe anche sugli organi di organizzazione e di controllo delle discipline sportive e in particolare del gioco del calcio, che rappresenta la disciplina più popolare nel nostro Paese;
   l'articolo 1 dello statuto della Lega nazionale dilettanti afferma che «la L.N.D. gode di autonomia regolamentare, organizzativa, amministrativa e finanziaria, nel rispetto dei principi stabiliti dalla F.I.G.C»; l'articolo 2 dello statuto della F.I.G.C afferma che «la FIGC promuove l'esclusione dal giuoco del calcio di ogni forma di discriminazione sociale, di razzismo, di xenofobia e di violenza»;
   si apprende tramite mezzo stampa che il presidente della Lega nazionale dilettanti, Felice Belloli, durante la riunione del 5 marzo 2015 del consiglio di dipartimento del calcio femminile della Lega nazionale dilettanti, si è espresso, come riporta il verbale della riunione, a proposito del calcio femminile con queste parole: «Basta ! Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche», parole rese ancora più gravi dalla prossima presenza del presidente Belloli alla finale di Coppa Italia di calcio femminile del 25 maggio;
   tale affermazione alimenta l'omofobia, svilisce l'impegno e il valore sportivo di migliaia di donne e si traduce in un atto di discriminazione che viola l'articolo 3 della Costituzione e i suddetti articoli degli statuti della L.N.D. e della F.I.G.C –:
   se non intenda assumere iniziative, anche attraverso apposite campagne informative, per contrastare ogni forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale, con particolare riguardo al mondo dello sport, i cui valori fondanti non sono compatibili con dichiarazioni come quelle riportate in premessa.
(4-09243)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
  In ordine alla frase adoperata dal dottor Felice Belloli, nella qualità di presidente della Lega nazionale dilettanti, riguardo al calcio femminile, il presidente della Federazione italiana giuoco calcio, venuto a conoscenza dell'accaduto, senza indugio, ha messo in chiaro la posizione della Federazione, ha definito gravissimo il fatto e rinviato le valutazioni disciplinari alle decisioni degli organi di giustizia sportiva. Il presidente Belloli nel consiglio direttivo della Lega nazionale dilettanti, tenutosi il giorno 21 maggio 2015, ha rimesso il proprio mandato al consiglio che, all'unanimità, lo ha sfiduciato. Per conseguenza del voto di sfiducia il consiglio direttivo è decaduto, e l'ordinaria amministrazione è stata affidata al Vice presidente vicario della Lega nazionale dilettanti, il quale provvederà alla convocazione dell'assemblea per procedere a nuove elezioni di tutte le cariche associative.
  In data 8 giugno 2015 la procura federale ha provveduto al deferimento a giudizio del dottor Belloli per le frasi pronunciate nella riunione del consiglio direttivo del Dipartimento calcio femminile tenutosi il 5 marzo 2015.
  La Federazione Italiana giuoco calcio segnala di essere costantemente impegnata a promuovere il calcio femminile, a contrastare ogni forma di discriminazione, a sostenere i valori dell'uguaglianza e del rispetto. Per caldeggiare il calcio femminile con proposte e progetti di sviluppo, è stata istituita una commissione cui partecipano le componenti federali, i rappresentanti delle società e del Dipartimento calcio femminile; Presidente della commissione è la dottoressa Rosella Sensi, persona di grande qualità e esperienza. La Federazione, nonostante la problematicità del budget, ha stanziato risorse importanti per i progetti indirizzati a diffondere la conoscenza e la pratica del calcio femminile. Infatti è stato dato avvio ad un progetto che ha recepito le istanze presentate dal Dipartimento calcio femminile, dalla Lega nazionale dilettanti e dalle componenti tecniche «Associazione italiana calciatori (Aic) e Associazione italiana allenatori calcio (Aiac); il progetto si propone di raggiungere i seguenti obiettivi:
   creazione di una funzione dedicata, per il coordinamento delle diverse componenti coinvolte;
   crescita del numero delle tesserate, società e squadre;
   rivisitazione del
format dei campionati;
   incremento qualitativo dei club femminili;
   valorizzazione delle squadre nazionali;
   programma di comunicazione e
marketing;
   valorizzazione delle relazioni con le scuole e le università;
   consolidamento dei progetti del settore giovanile e scolastico;
   sviluppo di programmi di formazione e specializzazione;
   promozione delle sinergie tra le attività di calcio a 5 e calcio a 11.

Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriClaudio De Vincenti.


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, SCAGLIUSI, SPADONI, DI BATTISTA, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   come riportato sul sito online dell'Agenzia internazionale stampa estero (AISE) il 24 giugno 2015 in un articolo intitolato «Massimo Lavezzo Cassinelli ambasciatore a Monaco», si apprende che quest'ultimo dal 15 giugno 2015 è il nuovo ambasciatore italiano nel Principato di Monaco;
   il diplomatico, che ha iniziato la sua carriera nel 1982 svolgendo molti prestigiosi incarichi, succede a Antonio Morabito, ambasciatore dal 1o ottobre 2010, coinvolto nell'indagine della procura di Reggio Calabria che ha portato all'arresto dell'ex Ministro Claudio Scajola l'8 maggio 2014 per il «caso Matacena»;
   in data 26 luglio 2014, in un articolo pubblicato sul sito online Repubblica.it dal titolo «Consulenze d'oro e palazzi da sogno. Ora la Farnesina dovrà tagliare» si parlava di «costi – e degli sprechi – della diplomazia italiana ai tempi della grande crisi», citando, tra gli altri, il caso dell'ambasciata di Monaco: «C’è l'ambasciata nel principato di Monaco, diventata tale solo nel 2006 (Ministro degli esteri Gianfranco Fini), con 10 addetti. Per l'ambasciatore Antonio Morabito era a disposizione un appartamento in affitto in Avenue Princesse Grace, una delle dieci strade più care al mondo (da poco lasciato)»;
   come riportato sul sito istituzionale dell'ambasciata d'Italia nel Principato di Monaco, lo storico consolato generale di I classe a Monaco è, infatti, stato elevato ad ambasciata d'Italia con il decreto del Presidente della Repubblica n. 33 del 15 maggio 2006, a decorrere dal 2 gennaio 2006;
   quelle d'Italia e di Francia risultano essere le uniche ambasciate presenti sul territorio monegasco –:
   quali siano i costi dell'ambasciata italiana nel Principato di Monaco a carico dello Stato e, soprattutto, quale sia la sua utilità per l'Italia. (4-09953)

  Risposta. — L'apertura dell'ambasciata d'Italia nel Principato di Monaco nel 2006 ha confermato il nostro interesse per l'incremento di qualità nelle relazioni bilaterali ed al contempo il riconoscimento del nostro ruolo di Paese di riferimento insieme alla Francia, in una fase che ha visto un rinnovato e forte impegno del Principe Alberto per l'affermazione di una presenza più attiva sul piano internazionale.
  Monaco ed Italia hanno in questi anni notevolmente rafforzato i rapporti bilaterali, a partire dal settore economico-commerciale. La missione dell'ambasciata a Monaco si riassume infatti soprattutto nel valorizzare il Principato come naturale «vetrina del
made in Italy» per vicinanza geografica, economica e culturale al nostro Paese, anche attraverso un'opera di agevolazione nel campo della collaborazione in materia fiscale.
  L'apporto dell'ambasciata è stato inoltre rilevante per il raggiungimento dell'intesa sull'accordo «Tiea-
plus» in materia di reciproca assistenza in materia fiscale e di scambio di informazioni tributarie, che si colloca nell'azione ad ampio raggio del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (Maeci), in collaborazione con il Ministero dell'economia e delle finanze, per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale internazionale, in linea con le più recenti intese in ambito dell'Unione europea ed Ocse.
  Sempre nel quadro della promozione delle relazioni economiche e culturali in settori di eccellenza, che si avvalgono dei lavori della commissione mista italo-monegasca, l'azione dell'ambasciata d'Italia si esplica in quello strategico della ricerca, a partire dall'area italiana limitrofa (Liguria e Piemonte). La missione
in loco è inoltre il crocevia di progetti di investimenti in Italia che il Principato sta predisponendo nel settore ambientale, industriale e portuale, dalla Liguria al Lazio, mediante l'avvio di nuovi insediamenti produttivi o l'ipotesi di delocalizzazione di imprese già esistenti. Analoga attenzione è rivolta alle problematiche dell'autotrasporto, delle comunicazioni, del settore sanitario e dell'ambiente, nonché allo sviluppo dei trasporti elicotteristici e, più in generale, dei flussi turistici in ingresso nel nostro Paese. Settore di particolare rilievo per le attività della Sede è altresì quello dell'assistenza e della tutela dei numerosi lavoratori transfrontalieri italiani che si recano quotidianamente nel Principato.
  L'ambasciata è poi impegnata nei seguiti dell'Accordo bilaterale nel settore della cooperazione allo sviluppo, firmato durante la visita del Sottosegretario degli affari esteri e la cooperazione internazionale senatore Benedetto Della Vedova nel Principato di Monaco il 31 marzo scorso e recentemente entrato in vigore, allo scopo di individuare e attuare nuove strategie e progetti comuni in Paesi terzi, promuovere la collaborazione tecnica e una strategia di comunicazione congiunta, stabilendo così un quadro organico per le già numerose azioni di cooperazione allo sviluppo attivate dai due Governi. Significativa è infine la partecipazione del Principato, frutto anche dell'azione di promozione svolta dall'Ambasciata, all'Expo di Milano con un proprio padiglione, visitato il 9 giugno 2015 dal Principe Alberto, accompagnato da una delegazione di membri del Governo e accolto dal Sottosegretario degli affari esteri e la cooperazione internazionale, senatore Benedetto Della Vedova.
  Continui sono inoltre i rapporti anche sul piano multilaterale, a partire da una collaborazione ad ampio raggio in ambito Nazioni Unite in settori particolarmente rilevanti, quali la riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le tematiche ambientali e le candidature internazionali. In raccordo con il Ministero degli affari esteri e la cooperazione internazionale e con la nostra rappresentanza permanente a Bruxelles, l'ambasciata promuove attivamente ogni iniziativa volta a sostenere il negoziato sull'accordo di associazione tra il Principato di Monaco e l'Unione europea.
  In merito infine alla richiesta di elementi dell'interrogante circa i costi di mantenimento dell'ambasciata presso il Principato di Monaco, le spese finora sostenute nel corso del primo semestre del 2015 ammontano a 140.209,9 euro, cifra comprensiva delle spese di funzionamento e di manutenzione dell'immobile in cui ha sede l'Ambasciata (che è di proprietà dello Stato italiano) e degli oneri condominiali e fitto dell'alloggio provvisorio del capo missione. Si fa presente che attualmente l'ambasciatore Lavezzo non risiede più nella precedenza residenza (si trattava di un alloggio in affitto); si serve bensì di un alloggio provvisorio, mentre prosegue, anche attraverso le trattative con le autorità di Monaco, la ricerca di una residenza stabile il cui costo sia anche economicamente sostenibile (ricerca non semplice considerato che il mercato immobiliare monegasco riflette l'elevato costo della vita
in loco), al fine di ridurre ulteriormente i costi di gestione della sede. Nello stesso periodo, i costi di personale della sede sono stati pari a circa 388.000 euro, ammontare comprensivo sia delle indennità per il servizio all'estero corrisposte al personale di ruolo in servizio nella sede sia delle retribuzioni al personale a contratto assunto in loco.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   VALERIA VALENTE, MANFREDI, IMPEGNO e GRIBAUDO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dai media dell'ennesimo gravissimo attentato che ha colpito il Centro culturale «Amara» di Suruc, la cittadina turca al confine siriano, mentre era in corso una conferenza, indetta per organizzare squadre e mezzi da giovani curdi appartenenti alle associazioni giovanili socialiste Sgdf, pronti a partire per Kobane, come volontari, per partecipare alla ricostruzione della città curdo-siriana, liberata dopo mesi di assedio dei jihadisti dello Stato islamico;
   al momento dell'esplosione sembra fossero riuniti nel giardino del Centro culturale Amara circa trecento persone;
   il vice presidente del Partito curdo turco dell'HDP, Leyla Güven Haberturk, ha dichiarato trattarsi di un ennesimo massacro, con altissima probabilità che si tratti di un atto terroristico;
   fonti governative hanno direttamente ammesso la matrice terroristica della strage, attribuendola all'Isis, e lo stesso Presidente Erdogan, a quanto risulta da notizie e agenzie di stampa, nel condannare la strage, ha confermato trattarsi di atto terroristico;
   secondo le notizie diffuse dal quotidiano turco Hurriyet, l'attentato sarebbe stato realizzato da una ragazza kamikaze di appena 18 anni, vicina all'Isis, che si sarebbe fatta esplodere nel giardino del Centro culturale;
   l'attentato di Suruc, ha preceduto di poco un secondo attacco suicida dell'Isis, contro un posto di blocco a sud di Kobane, che ha causato la morte di almeno due combattenti curdi, secondo le dichiarazioni rese a France Press da Rami Abdel Rahman, direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti dell'uomo, organizzazione non governativa con una vasta rete di attivisti in tutta la Siria;
   il principio della difesa della dignità degli esseri umani costituisce un primario obiettivo da perseguire e conseguire nell'ambito delle relazioni internazionali, anche oltre gli spazi della sovranità dei singoli Stati, secondo i principi della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948;
   i diritti umani, patrimonio e conquista dell'umanità, devono essere garantiti dalle istituzioni di tutti i Paesi e l'Italia, tradizionalmente impegnata in difesa dei diritti umani nel mondo, nell'articolo 2 della Costituzione ha dettato il principio per cui «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo» –:
   quali iniziative il Ministro intenda intraprendere nelle sedi proprie, bilaterali e multilaterali, per cooperare con le autorità turche e con le istituzioni internazionali al fine di perseguire i responsabili dell'attentato e rafforzare le azioni a tutela dei diritti umani e in contrasto con ogni forma di terrorismo. (4-09983)

  Risposta. — A seguito del tragico attentato di Suruç ad opera dei terroristi del Daesh, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, ha inviato una lettera di cordoglio all'omologo Çavuşoğlu per esprimere i «più profondi sentimenti di solidarietà» e «i sensi dell'amicizia e della vicinanza dell'Italia» alla Turchia, da sempre partner privilegiato del nostro Paese, rievocando al contempo «la massima unità di intenti» con cui la comunità internazionale deve reagire all'ennesimo atto di terrorismo. L'impegno comune nella lotta al terrorismo è stato del resto ribadito al Presidente Erdogan dal Presidente del Consiglio Renzi nel corso di una conversazione telefonica dell'11 settembre 2015.
  La stessa solidarietà è stata formulata alla Turchia sia dall'Unione europea sia dall'Alleanza atlantica. All'indomani dei tragici eventi di Suruc, l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha confermato al Ministro degli affari esteri Çavuşoğlu il sostegno europeo agli sforzi turchi nell'affrontare il Daesh e nel contrasto contro ogni forma di terrorismo, sottolineando al contempo l'auspicio per un proseguimento del processo di pace per la soluzione della questione curda. In tale contesto, una nota di cautela ed un invito alla proporzionalità sono stati espressi il 4 agosto 2015 dal Commissario all'Allargamento Hahn in relazione alle azioni turche verso i terroristi del PKK (il Partito dei lavoratori del Kurdistan). Analoghi concetti (sostegno alla Turchia nella lotta al terrorismo, cordoglio per le vittime degli attentati del PKK, auspicio per una soluzione pacifica della questione curda) sono stati formulati dal Presidente del Consiglio europeo Tusk durante la sua recente visita in Turchia (9-10 settembre 2015).
  Quanto alla solidarietà atlantica, il 29 luglio 2015, si è riunito il Consiglio atlantico per consultazioni secondo l'articolo 4 del Trattato di Washington, a seguito di una richiesta formulata dalla Turchia in conseguenza ai recentissimi attacchi terroristici che hanno colpito il Paese. Nel corso della riunione è stato adottato all'unanimità un breve comunicato con cui gli Alleati ribadiscono la propria solidarietà alla Turchia e la ferma condanna di ogni forma di terrorismo. La riunione ha offerto peraltro ad Ankara l'opportunità di fornire agli Alleati un aggiornamento circa gli sviluppi sul terreno, al fine di chiarire il quadro di riferimento della risposta turca all'intensificazione delle attività dei gruppi terroristici (gli attacchi di Daesh e le azioni del PKK) contro obiettivi turchi, a partire dall'eccidio di Suruç del 20 luglio 2015.
  Come ricordato dall'interrogante, l'Italia è fortemente impegnata a livello internazionale in favore della protezione e promozione dei diritti umani nel mondo, nella convinzione profonda che il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e il riconoscimento della dignità della persona umana rappresentino una delle condizioni principali per assicurare la giustizia, la pace e la sicurezza internazionale.
  L'Italia è coinvolta attivamente anche nelle principali cornici multilaterali per il contrasto al terrorismo e ad altre minacce transnazionali alla sicurezza, spesso interconnesse, quali criminalità organizzata e vari traffici illeciti, nel pieno rispetto dei diritti umani e dei principi dello stato di diritto, quali: 1) Unione europea; 2) Onu; 3) Osce; 4) Consiglio d'Europa; 5) G7-Gruppo Roma-Lione; 6) Global Counterterrorism Forum (GCTF); 7) coalizione internazionale contro Daesh/ISIL; 8) iniziativa avviata con il «
White House Summit to Counter Violent Extremism».
  In ambito Unione europea, l'Italia contribuisce a iniziative per il contrasto al terrorismo in varie zone del mondo, con un'attenzione particolare, nella fase attuale, all'area del Mediterraneo e Medio Oriente. Tra le iniziative più recenti si segnala il previsto dispiegamento di esperti in materia di sicurezza/lotta al terrorismo in alcune delegazioni chiave dell'Unione europea (due italiani sono stati selezionati per le delegazioni dell'Unione europea in Egitto ed Algeria), inclusa quella ad Ankara, dove l'esperto designato dovrebbe insediarsi a settembre.
  La Turchia è un partner strategico per l'Europa e le conclusioni del Consiglio affari esteri del 9 febbraio 2015 hanno confermato l'importanza di intensificare la collaborazione tra l'Unione europea e Turchia per il contrasto al terrorismo. Il 23 giugno 2015 si è svolta ad Ankara una riunione dedicata al contrasto al terrorismo tra alti funzionari delle istituzioni dell'Unione europea guidati dall'European Union Counter-Terrorism Coordinator e le competenti controparti turche, cui hanno partecipato anche rappresentanti di cinque Stati Membri, tra cui l'Italia. Sono state tra l'altro approfondite, in un'ottica di intensificazione della collaborazione, tematiche relative alla prevenzione della radicalizzazione, al contrasto all'estremismo violento, al finanziamento del terrorismo, allo scambio di informazioni ed al fenomeno dei
foreign terrorist fighters. Nell'autunno prossimo dovrebbero svolgersi consultazioni a livello politico Ue-Turchia sul contrasto al terrorismo ed in prospettiva si cercherà di sistematizzare la collaborazione in materia attraverso l'elaborazione di un «piano d'azione» condiviso.
  Nel contesto di mobilitazione globale contro il terrorismo si colloca anche il
White House Summit to Counter Violent Extremism (CVE) promosso dagli USA (Washington 17-19 febbraio 2015), che ha riunito circa 70 Paesi ed organizzazioni internazionali, cui l'Italia ha partecipato con una delegazione guidata dal Ministro dell'interno. Nell'ambito di questo esercizio – che avrà tra i suoi momenti culminanti un leaders’ level summit a settembre a New York a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite – si è svolto il 29 luglio 2015 a Roma un CVE Senior Officials’ Meeting, coorganizzato da USA ed Italia, inaugurato dal Ministro dell'interno, cui ha partecipato anche una delegazione della Turchia. Uno degli obiettivi dell'iniziativa consiste nel contribuire, attraverso la definizione coordinata da USA e Italia in quanto co-chairs del meeting di Roma, a una CVE Summit Action Agenda e alle attività delle Nazioni Unite volte all'elaborazione dello United Nations Secretary General's Pian of Action on Preventing Violent Extremism.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.