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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 7 ottobre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni IV e VIII,
   premesso che:
    il 4o reggimento genio guastatori ha sede a Palermo, presso la caserma «Scianna» e dipende dal comando «brigata meccanizzata “Aosta”»;
   erede del 12o reggimento genio dal 1918, dopo diverse modifiche avvenute negli anni in ordine al Corpo del genio militare, venne ricostituito nel 1992 con l'attuale denominazione;
   molti sono stati gli interventi sul territorio siciliano comandati ai militari di questo reparto dell'esercito italiano in questi ultimi decenni, citandone solo i più importanti si ricordano: la crisi idrica a Corleone (PA) nel 1986, la demolizione di opere abusive nella valle dei Templi (AG) nel 2001, l'emergenza Etna nel 2002-03, l'emergenza Stromboli nel 2003, l'operazione «Drink Water» a Misilmeri (PA);
   l'aver condotto con successo ed efficacia numerose attività militari non di natura bellica volte a salvare diverse vite umane è valsa al 4o reggimento genio guastatori di Palermo anche l'onorificenza di «medaglia d'oro al valor dell'Esercito» proprio per gli interventi in prima linea nelle emergenze Etna e Stromboli nel 2001-2002 e nell'emergenza crisi idrica del 2002;
   un rapporto preliminare sul rischio idraulico in Sicilia redatto dalla regione nel 2014 ha evidenziato che negli ultimi 15 anni si sono verificate 78 frane o alluvioni che hanno provocato 58 vittime e danni stimati in 3,3 miliardi di euro e sono stati censiti 8000 luoghi a rischio idrogeologico per interferenze tra corsi d'acqua e insediamenti umani;
   gli ultimi fatti di cronaca mettono il Paese di fronte una rete infrastrutturale stradale e ferroviaria siciliana che cede giornalmente pezzi all'avanzare del dissesto idrogeologico, casi emblematici sono il ponte Himera sull'autostrada A19 PA-ME, il crollo sull'autostrada A18 ME-CT all'altezza dello svincolo di Roccalumera senza citare gli innumerevoli blocchi stradali e ferroviari dovuti a continui cedimenti di terreni, fondazioni stradali, ponti ferroviari;
   il Governo ha già avviato il programma denominato «Italiasicura» con l'obiettivo di contrastare le emergenze dovute al dissesto idrogeologico e favorire la difesa del suolo, siglando, nei giorni scorsi, con la regione siciliana un accordo di programma che prevede lo stanziamento di fondi per 360 milioni di euro,

impegnano il Governo:

   a impiegare il 4o reggimento genio guastatori di Palermo in attività preventive di controllo e verifica di staticità di tutte le infrastrutture siciliane segnalate, per il tramite delle prefetture, dagli enti locali ove ricadono le stesse;
   a dare sostegno, anche con stanziamento di nuovi mezzi e uomini, attingendo ai fondi preventivamente stanziati dal Governo, per il tramite del Ministero della difesa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti al 4o reggimento genio guastatori di Palermo per attività di ricostruzione di tutte quelle infrastrutture che risulteranno nelle condizione di poter essere rimesse in servizio e nella disponibilità della popolazione civile e che non implichino attività di durata superiore ai tre mesi;
   ad avviare una nuova operazione, con impiego anche dei militari, tesa al contrasto dei fenomeni di dissesto idrogeologico in Sicilia.
(7-00798) «Rizzo, Mannino, Basilio, Massimiliano Bernini, Corda, Frusone, Tofalo, Cancelleri, Di Benedetto, Grillo, Lupo, Nuti, D'Uva, Di Vita, Lorefice, Marzana, Villarosa, Dell'Orco».


   Le Commissioni VI e XII,
   premesso che:
    l'ISEE è lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate;
    l'Indicatore della situazione economica equivalente, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109 è stato novellato dall'articolo 23, comma 12-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che dispone l'abrogazione a far data dai 30 giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva unica concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'ISEE;
    con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, sono state revisionate le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE); questo provvedimento stabilisce che l'ISEE è proporzionale all'indicatore della situazione reddituale e all'indicatore della situazione patrimoniale (ISPE);
    con decreto interministeriale 7 novembre 2014 è stato approvato il modello tipo della dichiarazione sostitutiva unica a fini dell'ISEE, dell'attestazione, nonché delle relative istruzioni per la compilazione ai sensi dell'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159;
    l'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo del 29 marzo 2012, n. 68, prescrive che le condizioni economiche dello studente iscritto, o intenzionato ad iscriversi a corsi di istruzione superiore su tutto il territorio nazionale, sono individuate sulla base dell'Indicatore della situazione economica equivalente, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni, anche tenuto conto della situazione economica del territorio in cui ha sede l'università. Tali condizioni economiche determinano l'accesso alle prestazioni per il diritto allo studio universitario (borse di studio, mensa, servizi di alloggio e altre forme di welfare per lo studente), l'esonero e/o il rimborso delle tasse universitarie, un eventuale importo graduato della tassa di iscrizione all'università;
    l'utilizzo dello strumento dell'ISEE per determinare la situazione economica delle famiglie è stata spesso criticato in quanto ritenuto inadeguato a rappresentare puntualmente la reale situazione economica delle famiglie;
    l'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001 «Uniformità di trattamento sul diritto agli studi universitari, ai sensi dell'articolo 4 della legge 2 dicembre 1991, n. 390 afferma che «Le condizioni economiche dello studente sono individuate sulla base dell'Indicatore della situazione economica equivalente, di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni. Ai sensi dell'articolo 3, comma 1, dello stesso decreto, sono previste come modalità integrative di selezione l'Indicatore della situazione economica all'estero, di cui al successivo comma 7, e l'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente, di cui al successivo comma 8.»;
    ai sensi dell'articolo 5, comma 11, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001 «A partire dall'anno accademico 2002/03, i limiti massimi dell'Indicatore della situazione economica equivalente e dell'Indicatore della situazione patrimoniale equivalente sono aggiornati annualmente con decreto del Ministro emanato entro il 28 febbraio»; tale disposizione ha trovato attuazione quest'anno nel decreto ministeriale 14 luglio 2015, n. 486, «Aggiornamento indicatori Isee ed Ispe e importo minimo per Borse di Studio per l'anno accademico 2015/16» che ha aggiornato i due parametri con riferimento unicamente alla variazione dell'Indice generale ISTAT senza tenere conto del nuovo modello di calcolo fissando le soglie massime a 20998,37 per l'Isee e a 35434,78 per l'Ispe;
    in questi giorni molti studenti universitari italiani si stanno immatricolando o iscrivendo all'università e quindi possono presentare il proprio ISEE sia per accedere alle prestazioni sul diritto allo studio sia per richiedere la graduazione dell'importo di iscrizione all'università;
   come già anticipato dalle associazioni studentesche universitarie qualche mese fa, il nuovo ISEE avrebbe comportato una contrazione del numero di studenti che possono accedere alle borse di studio. Di fatto la situazione venutasi a creare è ben più grave in quanto molti studenti sono stati scoraggiati a presentare la domanda di prestazioni sul diritto allo studio;
    i dati di confronto tra il numero di richiedenti accesso ai benefici nell'anno 2014/2015 e quelli del presente anno accademico 2015/16 evidenziano un forte calo delle richieste spiegabile solo con una forte variazione del valore degli indicatori di Isee e Ispe che ha indotto gli studenti a non presentare la domanda di borsa;
    lo studio dell'Irpet – Istituto regionale programmazione economica della Toscana – prevede un aumento medio dell'Ispe per gli studenti esclusi da borsa di studio che porta quasi al raddoppio di tale indicatore (da 24300 a 41250) ed evidenzia inoltre come valore patrimoniale calcolato della prima casa sia determinante nel provocare questo aumento con un peso di circa il 36 per cento;
    il conteggio della borsa di studio eventualmente ricevuta nel 2013 nel calcolo dell'Isee è un atto che, a giudizio dei firmatari del presente atto, di per sé è lesivo del diritto allo studio, in quanto considera reddito una somma che è invece necessaria allo studente per completare i suoi studi; nonostante sia previsto lo scorporo dell'importo della borsa di studio eventualmente percepita nel 2014 dall'ISEE ai fini della richiesta della stessa prestazione, si verificano storture relative al fatto che vengono conteggiate e scorporate somme relative ad anni accademici diversi;
    il conteggio della borsa di studio nel calcolo dei redditi mette in difficoltà le famiglie con più figli beneficiari perché la borsa di studio di un fratello provoca un incremento dell'indicatore Isee dell'altro, causando in alcuni casi la perdita del beneficio per entrambe;
    a giudizio dei firmatari del presente atto, come era già stato dichiarato, il Governo sta mettendo in campo diversi escamotage tecnici per ridurre le cosiddette «spese sociali», invece di adottare una politica che tenda ad estendere la platea degli aventi diritto perché privi di mezzi o comunque con situazioni reddituali insufficienti;
    a giudizio dei firmatari del presente atto, l'accesso ai corsi di studio dovrebbe essere garantito e incoraggiato attraverso una riduzione della tassa di iscrizione, l'incremento delle prestazioni sul diritto allo studio rafforzando i servizi abitativi e la mobilità degli studenti e incrementando sia gli importi che il numero di borse di studio;
    se i dati denunciati sui media dalle associazioni studentesche universitarie dovessero essere confermati si troverebbe di fronte ad una situazione che impedirebbe, di fatto, sia l'accesso che la conclusione dei percorsi di studio universitari,

impegnano il Governo:

   ad assumere iniziative volte a modificare il decreto del Presidente del consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, escludendo la borsa di studio al fine del conteggio dei redditi necessario alla determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente del nucleo familiare;
   di assumere iniziative per abolire l'ISPE come parametro scisso dall'ISEE per l'eccesso ai benefici della dichiarazione sostitutiva unica;
   ad assumere iniziative per rimodulare la soglia ISEE per accedere al diritto allo studio a livello nazionale alzando il massimale a 23000 euro in modo da mantenere una percentuale tra idonei e richiedenti in linea con quella dell'anno scorso (basandosi su dati del Ministero del lavoro);
   ad assumere iniziative per prevedere per coloro che quest'anno hanno il parametro ISEE entro la soglia massima prevista da ciascun bando regionale, ma che non risultano idonei a causa del parametro ISPE, la creazione di una seconda graduatoria per i benefici di accesso alla DSU che sarà considerata in subordine alla graduatoria degli idonei, formata a seguito dei singoli bandi regionali;
   ad assumere iniziative per modificare il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 5 dicembre 2013, n. 159, per ripristinare il conteggio del reddito dei fratelli e delle sorelle al 50 per cento, come previsto dalla precedente normativa;
   ad assumere iniziative per stabilire un'area di reddito entro cui lo studente, non inattivo nel percorso universitario, sia esente dal pagamento della contribuzione e dalla tassa di iscrizione (fascia no tax) per tutti gli ISEE al di sotto dei 23.000,00 euro;
   a rendere operativa la banca dati prevista dall'articolo 20 del decreto legislativo 29 marzo 2012 n. 68.
(7-00794) «Ruocco, Grillo, Vacca, D'Uva, Sibilia, Luigi Gallo, Brescia, Marzana, Di Benedetto, Simone Valente, Castelli, D'Incà».


   Le Commissioni VIII e IX,
   premesso che:
    secondo i dati ANAS la regione Basilicata è interessata da 25 lavori in corso di cui 3 nuove costruzioni e 22 di manutenzione straordinaria per un importo totale di 135.005.090,08 euro (IVA esclusa);
    le strade statali Basentana (n. 407) e Bradanica (n. 655) sono due collegamenti viari fondamentali per la Basilicata, una regione che versa in un forte stato di isolamento, priva di infrastrutture e collegamenti in grado di assicurare una adeguata mobilità regionale e interregionale. Nell'ultimo documento di economia e finanza 2014-2015 oltre alla strada statale Jonica e alla Salerno-Reggio Calabria, non è stata indicata nessun'altra opera per la Basilicata. Inoltre, secondo il rapporto Pendolaria 2014, la Lucania resta fanalino di coda in un sistema di trasporti ferroviario quasi inesistente, vessato da costanti disagi e tagli dei servizi, solo nell'anno precedente pari all'11 per cento. L'importanza delle strade SS 407 e 655 deriva quindi dal fatto che il collegamento viario sia nella quasi totalità dei casi, l'unico modo per spostarsi fuori e dentro una regione in cui non è neanche assicurata l'intermodalità tra gli stessi esigui servizi di trasporto pubblico locale;
    la strada statale Basentana (SS 407) è un'importante strada italiana della Basilicata, il cui tracciato segue il corso del fiume Basento da Potenza a Metaponto. La SS 407 mette in collegamento il Tirreno e lo Jonio, congiungendo l'A3 Salerno-Reggio Calabria (mediante il R.A. 05) alla strada statale 106 Jonica. Il tracciato ha un'estensione di 100 km e si presenta a due carreggiate, con due corsie per ogni senso di marcia. L'itinerario è caratterizzato da curve molto pericolose e ciò limita fortemente i livelli di sicurezza e la velocità di marcia: il limite massimo di velocità consentito è di 110 km/h, su brevissimi tratti; più frequente è di 90 km/h; in provincia di Matera, in corrispondenza di alcune curve e svincoli, è posto il limite di 80 km/h; in provincia di Potenza al limite di 90 km/h si alterna il limite di 70 km/h. La SS 407 è uno dei pochi collegamenti che permette di raggiungere Roma dalla regione lucana. Tormentata da problematiche legate alle emergenze idrogeologiche, nel 1989 per la messa in sicurezza del fiume Basento, che costeggia la SS 407, per la Basentana sono stati spesi 113 miliardi di lire (Fondi FIO C. degli anni 1986-1990) stanziati dal CIPE (interventi di sistemazione idraulica e ripristino dell'officiosità dei corsi d'acqua) solo per la parte che riguarda la zona di Bernalda (MT);
    il percorso della Basentana inizia dalla strada statale 7 Via Appia e, in abbinamento a questa e al raccordo autostradale 5, compone l'itinerario della strada europea E847, dorsale nord-sud che unisce Sicignano degli Alburni a Metaponto. Dopo pochi chilometri, all'altezza di Vaglio Basilicata, si trova lo svincolo che porta sulla strada statale 658 Potenza-Melfi che collega le stesse città con Foggia. Dopo circa 70 chilometri dall'inizio della statale, nella zona di Ferrandina (MT), c’è lo svincolo che collega la strada alla città di Matera tramite la strada statale 7 prima e Via Appia poi e che dal capoluogo di provincia lucano si innesta a sua volta sulla strada statale 99 in direzione di Altamura e Bari. La Basentana arriva fino a intersecare la strada statale 106 Jonica oltre la quale si arriva sulla costa nei pressi del lido di Metaponto;
    il tratto della SS 407 in provincia di Matera ha due corsie per senso di marcia, senza spartitraffico centrale, mentre il tratto in provincia di Potenza (fino all'uscita di Calciano) ha due corsie per senso di marcia con spartitraffico centrale ed è caratterizzato da numerose gallerie e curve. Il collegamento stradale è stato realizzato in previsione del traffico intenso prodotto dalle aree industriali della Val Basento distribuite tra Potenza, Pisticci e Ferrandina. Tuttavia lo sviluppo, industriale non è comunque riuscito a decollare e quindi la Basentana si presenta attualmente con una capacità superiore al volume di traffico che abitualmente vi transita;
    sulla strada statale Basentana sono attualmente in corso tre lavori di manutenzione straordinaria:
     1) dal Km 13,763 al Km 13,763 ci sono lavori per il ripristino strutturale degli impalcati dei viadotti «Mecca» (km 13+763), «Coronati» (km 13+762) e «Gianni» (Km 13+275). L'impresa esecutrice dell'opera è la «A.T.I. CONS.COOP.COSTR.+R.C.M. COST». La data di inizio lavori indicata è il 18 dicembre 2013 con data di ultimazione prevista per il 9 agosto 2015. Tuttavia l'avanzamento dei lavori risulta solo al 47,52 per cento. L'importo lavori principali è di 3.379.672,60 euro mentre l'importo totale è 3.625.672,60 euro (fonte stradeanas.it);
     2) dal Km 37,000 al Km 38,000 sono in corso i lavori per il completamento del consolidamento delle fondazioni e ripristino della viabilità del Viadotto «Calciano II» (km 37+046). L'impresa esecutrice dell'opera è «CARLOMAGNO FRANCESCO S.R.L.». La data di inizio lavori indicata è 1o dicembre 2014 mentre la data di ultimazione è in corso di ridefinizione. L'opera è completa solamente al 28,36 per cento. L'importo dei lavori principali ammonta a 1.032.630,08 euro, mentre l'importo totale è di 1.188.724,63 euro (fonte stradeanas.it). Rispetto all'infrastruttura appena citata la prima firmataria del presente atto di indirizzo con l'interrogazione n. 5-05894 ha evidenziato come nonostante le ingenti risorse finanziarie pubbliche investite per la messa in sicurezza dell'infrastruttura, dal 1989 ad oggi, non sia stata trovata una soluzione definitiva al problema (fonte stradeanas.it);
     3) dal Km 64,566 al Km 65,264 sono in corso i lavori per il ripristino della galleria Alvaro (1o stralcio). L'impresa esecutrice è la «PELUSO COSTRUZIONI SRL». La data di inizio lavori indicata è il 3 giugno 2015 mentre l'ultimazione è prevista per il 29 novembre 2015. Al momento i lavori non risultano essere cominciati. L'importo per i lavori principali ammonta a 673.394,22 euro mentre il totale è di 712.089,87 euro (fonte stradeanas.it);
    la SS 655 Bradanica è una strada statale italiana che si snoda tra la Puglia e la Basilicata. La strada, se ultimata, costituirebbe un asse viario di grande importanza interregionale e conserva tutte le caratteristiche di strada a scorrimento veloce (assenza di intersezioni a raso e attraversamenti urbani). Le tratte in costruzione, mai completate, avrebbero consentito all'infrastruttura una lunghezza complessiva di 112 chilometri. Attualmente sono aperti al traffico solamente i tronchi Aeroporto di Foggia-Masseria Santa Maria (Montemilone) e Palazzo San Gervasio-Matera. Quest'ultimo tratto è caratterizzato da una strada a carreggiata unica senza spartitraffico e di circa 10 metri di larghezza, con dossi e avvallamenti aggravati dal passaggio di mezzi pesanti come camion e veicoli per il lavoro agricolo. Grandi avvallamenti e dossi sono presenti nel tratto di raccordo tra uscita Matera e La Martella. Tra l'innesto con la strada statale 16 Adriatica (tangenziale ovest di Foggia) e l'uscita Candela (connessione con l'Autostrada A16) la SS 655 assume le caratteristiche di superstrada (carreggiate separate e due corsie per ogni senso di marcia);
    sulla strada statale Bradanica risulta un lavoro completato al 100 per cento ed uno in corso, entrambi per interventi straordinari per nuove costruzioni:
     1) i lavori di costruzione del II tronco (3o lotto del Capoposto – 1o stralcio – dalla S.P. S. Lucia alla SS 168) affidati ad «A.T.I. EUROPA STRADE SRL+NANOCCHIO» sono cominciati il 27 luglio 2006 per un importo totale di 11.786.776,25 euro. Dai dati ANAS risultano essere completi al 100 per cento, nonostante sia indicata in via di ridefinizione la data di fine lavori (fonte stradeanas.it);
     2) il I tronco I lotto della Martella, è in fase di esecuzione da parte della «ATI INTINI-CONSORZIO RAVENNATE(ATA-PRESENTS-PRO ITER» dal 21 gennaio 2011. L'importo per i lavori principali ammonta a 49.563.059,34 euro e l'importo totale a 58.001.166,25 euro. Lo stato dell'avanzamento dei lavori è fermo al 56,16 per cento (fonte stradeanas.it). La data per l'ultimazione è in via di ridefinizione probabilmente anche, come da fonti stampa, a causa dei problemi contrattuali intercorsi tra la ditta Aleandri S.r.l. ed i lavoratori impegnati nella costruzione della tratta succitata. Il tronco I lotto della Martella è un collegamento strategico per la città di Matera, capitale europea della cultura 2019, che necessità di un'infrastruttura fondamentale come l'asse bradanico;
    rispetto alla SS 655 l'11 agosto 2015 si apprende da fonte stampa (Gazzetta del Mezzogiorno e Quotidiano della Basilicata) che Anas – a seguito di un'ispezione sullo stato dei lavori che interessano la strada statale – abbia sollecitato la ditta di costruzioni mediante una comunicazione scritta chiedendo da una parte chiarimenti sulla prolungata e ingiustificata sospensione dei lavori e dall'altra sollecitando la ripresa degli stessi in tempi brevi per il completamento dell'opera;
    a parere della prima firmataria del presente atto è ormai tristemente noto che la politica dagli anni sessanta ad oggi non è stata affatto in grado di assicurare alla Basilicata una viabilità adeguata e sicura, nonostante gli ingenti finanziamenti pervenuti a tale scopo sul territorio. Esempi lampanti sono la SS 407 e 655, strade a tutt'oggi incomplete e senza dubbio pericolose. Lo stato delle strade appena citate non fa eccezione rispetto a molte altre vie di comunicazione della Basilicata che presentano queste caratteristiche. Tale stato di cose rappresenta un forte disagio non solo per i singoli utenti, ma anche e soprattutto per le aziende di tutti i settori che non trovano competitivo investire sul territorio lucano, a causa dell'inadeguatezza delle sue infrastrutture;
    il 18 ottobre 2014 Matera è stata designata Capitale Europea della Cultura 2019. La pregevole nomina, oltre ad aver riacceso i fari su una città già patrimonio dell'UNESCO, ha posto in evidenza le numerose carenze sui collegamenti di trasporto. Matera infatti non è servita da FS ma è collegata alla città di Bari con una linea ferroviaria a scartamento ridotto non elettrificata e con un tempo di percorrenza che va da 1h e 28 minuti a 1h e 37 minuti (spesso con cambio di treno ad Altamura). La tratta è gestita dalle Ferrovie Appulo Lucane (FAL) partecipata al 100 per cento dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. La stazione Matera-La Martella, opera incompiuta costata (circa 500 miliardi del vecchio conio) avrebbe dovuto collegare la città alla linea ferroviaria di Ferrandina (MT). Al momento l'infrastruttura completa all'80 per cento e definitivamente abbandonata, non è stata recuperata o riutilizzata per altre finalità. Con il capoluogo campano la «città dei Sassi» è raggiungibile con un autobus che attraversa le città pugliesi di Altamura, Bari e Barletta con un tempo di percorrenza di 4h e 30 minuti. Partendo da Roma l'Intercity 707 diretto a Taranto impiega 5h e 50 minuti prima di fermarsi alla stazione di Ferrandina (MT) dalla quale però non è assicurato un collegamento intermodale con la città di Matera;
    un collegamento ferroviario tra Matera e una stazione vicina collegata alla linea dell'alta velocità consentirebbe alla città una più facile connessione con il resto del Paese;
    dai dati del rapporto Svimez 2014 sull'economia del Mezzogiorno, si rileva che la flessione dell'attività economica si è accentuata in Basilicata di oltre il 16 per cento. Nella regione lucana esaminando le condizioni di marginalità dei territori rispetto a un insieme di servizi, si collocano nelle aree interne DPS (Dipartimento per lo sviluppo e la coesione territoriale) il 74,7 per cento della popolazione e il -96,2 per cento dei comuni della regione. Un dato evidentemente scoraggiante per una regione a vocazione turistica come la Basilicata, che risulta in modo evidente fortemente penalizzata dalle carenze del sistema dei trasporti e della mobilità;
    se si considera poi il profilo della sicurezza, secondo il Rapporto Aci-Istat, nel 2013 si sono registrati in Italia 181.227 incidenti stradali. Rispetto ad altri Paesi, l'Italia si colloca al 14o posto nella graduatoria europea. Il terzo programma di azione per la sicurezza stradale sancito dalla Commissione europea suggerisce un quadro di buone pratiche per intraprendere azioni concrete a livello europeo, nazionale, regionale o locale dal 2011 al 2020;
    in termini di sicurezza stradale, in Basilicata nel 2013 si sono verificati 888 incidenti che hanno causato la morte di 22 persone e il ferimento di altre 1.477. Questi ultimi si sono verificati su strade lucane nella maggior parte dei casi incomplete, che necessitano di lavori di manutenzione e/o di nuove costruzioni. Appare indispensabile intervenire per la messa in sicurezza delle arterie lucane, anche al fine di rispettare gli obiettivi posti in sede europea sulla riduzione dell'incidentalità stradale e sull'abbattimento del numero dei morti sulle strade,

impegnano il Governo:

   ad attribuire carattere prioritario alla ricerca e allo stanziamento di risorse per il completamento delle opere citate in premessa quali arterie viarie di comunicazione fondamentali per la mobilità della regione Basilicata;
   ad attivarsi presso Anas per la messa in sicurezza delle strade lucane a gestione diretta dell'ente, anche al fine di ridurne l'incidentalità;
   ad intervenire per verificare insieme ad Anas, autorità di bacino ed enti locali la progettazione delle infrastrutture volte al contrasto del dissesto idrogeologico fluviale della Basilicata al fine di individuare soluzioni definitive al problema che ricade sulla viabilità lucana;
   a garantire efficaci alternative modali, attraverso il potenziamento dei collegamenti ferroviari;
   a realizzare tutti gli interventi necessari per il collegamento fra la città di Matera e la stazione ferroviaria più vicina servita dall'alta velocità e/o alta capacità.
(7-00795) «Liuzzi, Busto, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, De Lorenzis, Terzoni, Zolezzi».


   La VII Commissione,
   premesso che:
    il 16 luglio 2015 è entrata in vigore la legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetta «buona scuola», recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti;
    in base a quanto disposto dal comma 129, articolo 1, della suddetta legge, che sostituisce l'articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, l'attività svolta dai docenti sarà sottoposta a valutazione da parte di un «Comitato per la valutazione dei docenti»;
    il Comitato per la valutazione dei docenti sarà presieduto dal dirigente scolastico e composto da tre docenti (di cui due scelti dal Collegio docenti e uno dal Consiglio di Istituto), da due rappresentanti dei genitori (da un genitore e uno studente per la scuola secondaria superiore di secondo grado) e da un componente esterno individuato dall'USR;
    non va sottovalutato che in fase di istituzione del comitato per la valutazione dei docenti sarebbero state necessarie, per un corretto funzionamento, molte indicazioni al fine di garantire una necessaria integrità nei lavori e soprattutto la presenza dei criteri di «trasparenza» ed «imparzialità», che di fatto risultano clamorosamente assenti;
    tra i compiti assegnati al comitato vi è quello di individuare i criteri per la valutazione dei docenti sulla base di alcuni parametri indicati rispettivamente nelle lettere a), b) e c) del succitato comma 129, capoverso articolo 11, comma 3; poi, il dirigente scolastico, sulla base di tali criteri, assegnerà annualmente ai docenti che ritiene «meritevoli», sulla base di una motivata valutazione, una somma di denaro, definita «bonus», destinata a valorizzare il merito del personale docente di ruolo delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e ha natura di retribuzione accessoria;
    i docenti cosiddetti «meritevoli» riceveranno un premio in denaro per il quale il Governo ha stanziato complessivamente 200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016; somma che sarà ripartita a livello territoriale e tra le istituzioni scolastiche in proporzione alla dotazione organica dei docenti, considerando altresì i fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggiore rischio educativo, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, come si legge al comma 126, articolo 1, della legge 13 luglio 2015, n. 107. Pertanto, non tutte le scuole avranno a disposizione la stessa cifra, che in media, potrebbe essere di circa 24 mila euro a istituzione scolastica;
    la misura individuale del bonus dipende dalla quantità dei beneficiari, pertanto l'entità del bonus sarà inversamente proporzionale alla quantità dei beneficiari: più è elevato il numero dei beneficiari, meno consistente è l'importo del bonus;
    la succitata valorizzazione è dunque una valutazione «meritocratica» che certamente porterà il rischio di determinare all'interno della scuola la rottura di un ambiente collaborativo tra i docenti con ricadute negative sugli studenti;
    siffatto meccanismo di valutazione appare lontano dagli scopi educativi di un sistema scolastico efficace, mentre al contrario una scuola di qualità ha bisogno di effettiva collegialità e collaborazione;
    si ribadisce che il nuovo comitato, nell'ambito del merito, non esprime alcun parere e non è sentito, ma solo individua i criteri, il potere di applicare quanto stabilito è rimesso alla sola discrezionalità del dirigente scolastico che agisce su un piano sottratto alla collegialità;
    il potere deliberante sull'assegnazione dei premi del dirigente scolastico aggiunto alle altre sue prerogative previste nella legge,  determinerà a parere dei firmatari del presente atto una forte gerarchizzazione e un'assenza dell'autonomia professionale nella scuola pubblica;
    le teorie del management e della motivazione sul lavoro sono caratterizzate da una precisa distinzione tra due tipi di ricompensa: la ricompensa estrinseca (ad esempio, rinforzo di natura pecuniaria o rinforzo verbale) e la ricompensa intrinseca;
    solitamente, una persona è da considerarsi intrinsecamente motivata nello svolgere un'attività se non esiste un'apparente ricompensa per il suo stesso svolgimento, fatta eccezione per l'attività stessa o per gli stati emotivi che risultano dallo svolgimento della medesima;
    già nel 1972, Edward Deci, dell'Università di Rochester, ha pubblicato un articolo sulla rivista «Organizational behaviour and human performance» in cui sono stati esaminati gli effetti delle ricompense esterne sulla motivazione intrinseca;
    tale autore ha mostrato che vi era un decremento della motivazione interna dei partecipanti che ricevevano una ricompensa in denaro in cambio di una buona performance e dei partecipanti che venivano avvisati della possibilità di ricevere una punizione in caso di una scarsa performance, rispetto ai partecipanti a cui non veniva fornita alcuna ricompensa e che non venivano avvisati di una possibile punizione;
    in seguito, grazie a molte ricerche di natura scientifica, tra cui quella degli psicologi Mark Lepper e David Greene, rispettivamente delle Università di Stanford e del Michigan, è stato appurato che non solo gli adulti mostrano questo tipo di reazione alle ricompense, ma anche i bambini. Secondo i risultati di Lepper e Greene (1973), i bambini che in precedenza svolgevano un'attività (nello specifico disegnare) spontaneamente e con piacere, dopo essere stati premiati per la loro attività diventavano meno motivati;
    ancor più di recente, analizzando particolari categorie di lavoratori e particolari tipi di ricompensa, è stato dimostrato che particolari categorie di lavoratori sono maggiormente suscettibili alla reazione negativa alle ricompense: in particolare, tale reazione sembrerebbe essere caratteristica di individui che svolgono lavori che implicano l'utilizzo di funzioni cognitive superiori, mentre sembrerebbe non essere significativamente condivisa da individui che svolgono lavori meccanici;
    è stato riscontrato, inoltre, che la motivazione intrinseca è:
     a) necessaria per la creazione e lo scambio di idee e conoscenze (Osterloh and Frey, 2000) e, quindi, i lavoratori motivati per cause intrinseche sono più creativi, maggiormente interessati al proprio lavoro e più propensi a condividere informazioni con i colleghi, generando maggiore conoscenza all'interno di un'organizzazione;
     b) associata ad un incremento del tempo dedicato a compiti correlati al proprio lavoro e aumenta la produttività individuale (Markova & Ford, 2011);
    analizzando la questione più in generale, inoltre, è possibile sostenere i risultati summenzionati analizzando il problema delle ricompense da un punto di vista fisiologico: in particolare, il circuito cerebrale della ricompensa e del piacere, detto anche «circuito di reward», è stato ampiamente analizzato e studiato ed è stato dimostrato che la dopamina, ovvero il neurotrasmettitore che attiva questo circuito e che viene rilasciato quando ci si aspetta una ricompensa, quando tale ricompensa viene ricevuta e quando si prova piacere, smette di essere rilasciata subito dopo aver ricevuto la ricompensa o dopo che essa sia stata consumata (ad esempio, nel caso del cibo);
    subito dopo aver ricevuto una ricompensa in denaro, dunque, il piacere, provato nel momento stesso in cui la ricompensa è ricevuta o nell'anticipazione della stessa, non è più provato; al contrario, la motivazione intrinseca, in questo caso associata al proprio lavoro, deriverebbe da un continuo interesse e piacere nello svolgimento dello stesso, con lo scopo di raggiungere nuove conoscenze e sviluppare nuove linee di pensiero da condividere con gli altri; ciò, teoricamente, dovrebbe comportare un'attivazione del circuito cerebrale del piacere di ciascun individuo che non è legata a fattori esterni e che comporterebbe, quindi, un continuo desiderio di raggiungimento di nuovi obiettivi in vista del piacere prodotto dagli stessi;
    in base a quanto sopra riportato, dunque, sembrerebbe che le persone intrinsecamente motivate al proprio lavoro, che quindi non ricevono ricompense esterne/estrinseche, quali i bonus in denaro, siano maggiormente creative, produttive e desiderose di condividere e divulgare le proprie conoscenze a vantaggio di un'intera organizzazione o comunità;
    si suppone che le qualità appena menzionate siano requisiti primari propri di un docente, qualunque sia il suo ordine o grado di insegnamento;
    infine, è ancora rintracciabile sul sito www.euroedizioni.it una lettera a firma dell'associazione Professione Insegnante, risalente all'aprile 2010 e indirizzata al Ministro Gelmini, in cui è espresso esplicito disinteresse all'impegno dimostrato dal Governo pro tempore, così come oggi dal Governo in carica, nel ricercare le modalità più idonee per premiare i docenti meritevoli; le parole che più saltano all'attenzione fanno riferimento al concetto stesso di «meritevole»: gli insegnati hanno affermato che un docente «è meritevole quando entra in classe per svolgere con onestà ed abnegazione il proprio lavoro, magari in condizioni difficili» e lo è anche ogni volta che «cerca di sopperire con la fantasia alle croniche carenze di bilancio»; le priorità che si richiede a gran voce di perseguire sono, dunque: considerazione e dignità (non in ultimo a livello retributivo generale) per docenti e studenti,

impegna il Governo:

   ad avviare iniziative urgenti con lo scopo di sospendere la costituzione e l'attività del «Comitato per la valutazione dei docenti», organismo che così come concepito mina alla base la libertà di insegnamento, il pluralismo e la democrazia previsti alla Costituzione;
   anche alla luce di studi scientifici che dimostrano come gli strumenti di ricompensa di natura pecuniaria non conducono ad una maggiore efficienza nello svolgimento di lavori che implicano l'utilizzo di funzioni cognitive e sociali di ordine superiore, quale è il caso dei docenti, e quindi non producono una certa ricaduta positiva per formazione ed educazione degli studenti, ad intervenire tempestivamente nelle sedi opportune in modo tale da garantire una distribuzione delle risorse del fondo di cui all'articolo 126 della legge 13 luglio 2015, n. 107 tra tutto il personale docente della scuola in funzione delle ore spese in aggiornamento e formazione dei docenti.
(7-00797) «Luigi Gallo, Simone Valente, Marzana, Brescia, Vacca, Di Benedetto, D'Uva, Chimienti».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    la redazione dei piani relativi al traffico, alla «zonizzazione» e al risanamento acustico (piano urbano del traffico, programma attuativo annuale, piano di risanamento acustico) è regolata dalla legge per le finalità di tutela della salute umana e della protezione dell'ambiente; il codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, all'articolo 36, commi 1 e 4, dispone che i comuni con più di 30.000 abitanti sono tenuti ad adottare piani urbani del traffico finalizzati ad ottenere miglioramenti nella circolazione e nella sicurezza stradale e riduzione dell'inquinamento atmosferico e acustico;
    il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2004, n. 142, adottato ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 447 del 1995 per «il contenimento e la prevenzione dell'inquinamento acustico derivante dal traffico veicolare» è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1o giugno 2004;
    i criteri previsti dal citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 142 del 2004 per la «zonizzazione» acustica del territorio comunale autorizzano i comuni a consentire, nelle arterie stradali comunali, livelli di rumore pari a 70 dB(A) nelle ore diurne e 60 dB(A) nelle ore notturne, a fronte di un limite fissato per le nuove autostrade in 65 dB(A) nelle ore diurne;
    ad esempio, nel 2013, il comune di Segrate ha approvato i piani di «zonizzazione» (PUT, PAA, PRA) inquadrando l'asse stradario «Cassanese» nella classe «D» – per la quale il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 142 del 2004 prevede valori di rumorosità di 70 dB(A) per le ore diurne e 60 dB(A) per le ore notturne – ancorché la suddetta strada attraversi un'area completamente residenziale;
    i valori di rumorosità ammessi dal comune di Segrate per la via Cassanese sono quindi superiori persino a quelli assegnati a nuove autostrade come l'autostrada Brescia-Bergamo-Milano (Bre.Be.Mi), per la quale sono previsti i limiti di 65 dB(A) per le ore diurne e di 55 dB(A) per le ore notturne;
    l'inquinamento acustico misurato più volte sulla via Cassanese a Segrate è tale da costituire pericolo per la salute: infatti, i valori di rumore misurati su detta arteria sono risultati superiori a 70 dB(A) nelle ore diurne e a 60 dB(A) nelle ore notturne;
    è provato che il rumore non insidia solo il sonno, ma è causa di tachicardia, variazione della pressione arteriosa e della capacità respiratoria, gastriti, alterazioni visive e nervose e – non ultimo – della perdita di udito; la persistenza dell'inquinamento acustico nell'ambiente abitativo, oltre a provocare disturbo, fino a configurarsi nei rapporti privatistici come «molestia nel possesso di immobile» tutelato dall'articolo 1170 del codice civile, costituisce soprattutto un motivo di grande sofferenza per i cittadini;
    l'articolo 32 della Costituzione tutela il diritto alla salute come inviolabile e assoluto; la Corte di cassazione, in ripetute sentenze, ne ha specificato l'interpretazione, asserendo che esso non ha come oggetto solo la incolumità fisica, ma si identifica soprattutto con il diritto ad un ambiente salubre, che non è suscettibile di compressione ad opera di interessi di ordine collettivo o generale; il citato regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 142 del 2004 appare pertanto, secondo i firmatari del presente atto, non compatibile con i principi costituzionali per manifesto contrasto con il diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione: infatti, le pertinenti disposizioni, nel definire fasce pertinenziali e limiti di immissione di rumore che ignorano sia le regole della generazione e della diffusione del rumore, sia le conseguenze di disturbo della popolazione ad esso esposta, sono ben lontane dall'assicurare effettivamente ed efficacemente la prevenzione e la riduzione del rumore generato dal traffico veicolare;
    i casi in cui si prescrivono gli interventi di mitigazione ex post attraverso i piani previsti dal decreto del Ministro dell'ambiente 29 novembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 285 del 6 dicembre 2000, risultano in larga misura correlati alla presenza di ricettori particolarmente protetti (non sempre, per altro, garantendo il conseguimento dell'obiettivo fissato dalla norma) e talora sono riferiti all'esigenza di rispettare i minori limiti di rumore fissati per le ore notturne;
    per conseguenza, l'evidente sopravvalutazione delle esigenze, anche finanziarie, delle società concessionarie e degli enti titolari delle infrastrutture, comporta che per decine di migliaia di chilometri quadrati di territorio nazionale (un'estensione stimata tra il 20 e il 25 per cento della superficie complessiva del territorio dello Stato) risulti normativamente sancita l'ammissibilità di livelli di rumorosità dai più ritenuti intollerabili,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative per modificare le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 2004, n. 142, al fine di adeguare i limiti del rumore derivante dal traffico veicolare e del conseguente inquinamento acustico in base alle esigenze di tutela della salute, assicurando il rispetto dell'articolo 32 della Costituzione.
(7-00796) «De Rosa, Mannino, Micillo, Busto, Zolezzi, Terzoni, Daga».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 48 del decreto-legge n. 66 del 2014 con delibera del CIPE n. 11 del 30 giugno 2014 il Governo ha destinato 400 milioni di euro per finanziare le amministrazioni locali rimaste escluse dalla graduatoria di cui all'articolo 18 del decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «Decreto del fare»), come predisposta dalle regioni e trasmessa al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca entro il 15 ottobre 2013;
   poiché tali graduatorie in alcune regioni non erano esaurite, con nota prot. 0025327 del 10 settembre 2014 l'ufficio di gabinetto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca rendeva noto che gli ulteriori interventi non ammessi in prima fase sarebbero stati finanziati con le economie derivanti dalle procedure di gara già attivate o da attivare autorizzando, nel contempo, nelle more della registrazione della delibera del CIPE del 30 giugno 2014, l'avvio delle procedure di gara, con pubblicazione del relativo bando, ovvero l'affidamento dei lavori in quanto essi sarebbero stati finanziati con le economie derivanti dalle procedure di gara già effettuate o da attivare;
   ai sensi della delibera del CIPE i lavori dovevano essere affidati entro il 31 dicembre 2014, pena la revoca del finanziamento;
   precisava l'Ufficio di gabinetto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca che «Le risorse saranno assegnate agli enti locali a partire da gennaio 2015 e dovranno essere utilizzate nello stesso anno al fine di non essere conteggiate nel computo del patto di stabilità»;
   la nota ha suscitato forti dubbi fra gli enti interessati in quanto se da un lato essa sembrava affermare che le spese, purché effettuate entro il 2015, non devono essere conteggiate nel computo del patto di stabilità interno (PSI), dall'altro non indicava alcuna norma che espressamente le escludeva;
   neppure il successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze n. 52505 del 26 giugno 2015 ha chiarito la questione perché non ha previsto una voce specifica di esclusione di tali spese facendo riferimento unicamente a «Spese sostenute per interventi di edilizia scolastica – articolo 31, commi 14-ter e 15-quater della legge n. 183 del 2011 – (S16)»;
   molti dubbi interpretativi e applicativi sono perciò rimasti agli enti locali interessati in merito alla possibilità di escludere dagli aggregati rilevanti ai fini del patto di stabilità gli interventi di edilizia scolastica non ricompresi nell'elenco da ultimo aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 dicembre 2014;
   il comune di Santa Maria Nuova (Ancona) ha sottoposto la problematica al preposto servizio di assistenza del Ministero dell'economia e delle finanze il quale ha chiesto all'ente locale di verificare «di quali risorse si tratti e per quali interventi siano stati attribuiti» ed ha poi precisato che: «Se gli interventi sono quelli di cui al comma 14-ter dell'articolo 31 della legge n. 183 del 2011, come introdotto dall'articolo 48, comma 1, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 e se per tali interventi il Comune ha ottenuto spazi finanziari con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 dicembre 2014, allora i relativi pagamenti delle spese sostenute nel 2015 sono esclusi dal patto 2015 nei limiti degli spazi ottenuti di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicato. Tale esclusione riguarda solo le spese ma non anche le relative entrate»; la situazione di incertezza è stata però acuita dallo stesso servizio assistenza del Ministero dell'economia e delle finanze che ha suggerito al comune «di rivolgere il quesito alla Presidenza del Consiglio e allo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca...»;
   il 28 agosto 2015 il sindaco del comune di Santa Maria Nuova, con nota prot. 7433, ha pertanto avanzato una richiesta di chiarimenti sia al dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri sia all'ufficio di gabinetto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca senza però ottenere alla data del 6 ottobre 2015 ancora risposta;
   è quanto mai importante per un comune avere piena cognizione di cosa sia o meno da ricomprendere nel patto di stabilità interno prima della predisposizione del bilancio di previsione –:
   se si ritenga opportuno definire protocolli operativi che consentano al «servizio di assistenza» del Ministero dell'economia e delle finanze di acquisire presso le altre strutture governative le informazioni necessarie per formulare risposte adeguate ai quesiti posti dai comuni;
   se e quale risposta sia stata nel frattempo data alla richiesta di chiarimenti del 28 agosto 2015 avanzata dal comune di Santa Maria Nuova e, qualora non sia stata ancora data, quale sia in merito la posizione del Governo. (5-06586)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NESCI, PARENTELA e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella delibera n. 66 del 2 settembre 2015, l'Autorità nazionale anticorruzione (Anac) ha dedotto l'illegittimità della nomina del dottor Santo Gioffrè a commissario dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria da parte della giunta regionale della Calabria e concluso per la sanzione, in capo ai membri dell'organismo nominante, prevista dall'articolo 18 del decreto legislativo n. 39 del 2013;
   la prima firmataria del presente atto segnalò formalmente più volte al commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria, Massimo Scura, la vicenda dell'incarico conferito al dottor Gioffrè da parte della giunta regionale della Calabria, finanche diffidando lo stesso commissario Scura, con nota dell'avvocato Domenico Monteleone, a rimuovere in proposito i provvedimenti illegittimi adottati, come previsto dal punto n. 13 della delibera di nomina governativa del 12 marzo 2015;
   a tale ultimo riguardo il commissario Scura si rifiutava di procedere secondo le disposizioni proprie del suo mandato, allegando, quale risposta alla riferita diffida, mera copia del parere legale commissionato dal dottor Gioffrè a conforto dell'asserita legittimità della di lui nomina;
   tale rifiuto, secondo gli interroganti assolutamente discrezionale, non risulta essere stato accompagnato, dunque, da alcun atto o fatto a tutela dell'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario della regione Calabria;
   nella summenzionata delibera dell'Anac risulta che, su espressa richiesta, il dottor Gioffrè non ha integrato come richiestogli – a seguito delle notizie e delle segnalazioni parlamentari sulla sua precedente candidatura a sindaco di Seminara (Reggio Calabria) – la propria autocertificazione sull'assenza, di cause di inconferibilità od incompatibilità;
   la prima firmataria del presente atto ha trasmesso, in relazione a questo ultimo episodio, uno specifico esposto alla procura di Catanzaro –:
   se, per la gravità di quanto esposto, non intendano revocare l'incarico di commissario per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari in Calabria all'ingegnere Massimo Scura, per non aver revocato i provvedimenti di nomina del dottor Santo Gioffrè a commissario dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, come invece al punto 13 della delibera di nomina governativa sopracitata impone l'atto di nomina dello stesso Scura;
   di quali elementi disponga il Governo in relazione ai fatti descritti in premessa e quali iniziative siano state assunte dal commissario ad acta nominato dal Governo, alla luce del fatto che la vicenda non può non produrre effetti sull'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari. (4-10638)


   LO MONTE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ancora una volta, la mancanza di interventi infrastrutturali mette in ginocchio la più grande isola italiana. Dopo il cedimento del viadotto Himera sull'autostrada Palermo-Catania, ora una frana a mettere in ginocchio la viabilità tra Catania e Messina. Dal 5 ottobre 2015 e chiuso il tratto autostradale e ferroviario tra Giardini Naxos e Roccalumera in entrambi i sensi di marcia a causa di una frana che ha interessato la collina di Letojanni;
   fortunatamente non ci sono state vittime, ma soltanto perché la frana s’è verificata alle 4,00 della notte e in quel tratto dell'autostrada, l'A 18 Messina-Catania, non c'erano mezzi in transito. Fatto sta che la situazione è critica perché la montagna continua a muoversi. Il tratto che collega Roccalumera a Giardini Naxos, in provincia di Messina, è stato chiuso in entrambe le direzioni di marcia: uscite obbligatorie a Roccalumera, per i veicoli provenienti da Messina, e a Giardini Naxos per quelli provenienti da Catania;
   il primo scivolamento si era già manifestato il 2 ottobre 2015 e gli uffici tecnici del Cas (Consorzio autostrade siciliane) erano intervenuti per la messa in sicurezza della viabilità e per il contenimento del costone ma l'intervento sicuramente tardivo e non strutturale, non ha evidente risolto il problema in quanto, in questa zona, già interessata da gravi fenomeni di dissesto idrogeologico, ulteriormente aggravatisi dopo le piogge torrenziali del mese di settembre, nessuno aveva pensato di provvedere ad avviare i lavori di sostituzione di un tubo portante di acqua rotto oramai da diverso tempo e dal quale fuoriescono enormi quantità di acqua, che si insinua nella montagna causando continui scivolamenti di terra verso valle;
   nonostante i pericoli cui le persone sarebbero andate incontro, nessuno si è preoccupato di avvisare, il tempo ci sarebbe comunque stato visto che la frana si è verificata alle prime luci dell'alba, attraverso un'adeguata segnaletica che l'autostrada non era percorribile, per cui automobilisti ed autotrasportatori si sono trovati imbottigliati per tutta la giornata in quel tratto di strada;
   si ricorda inoltre che l'autostrada A18, dopo il cedimento del viadotto Himera, era diventata l'unico collegamento veloce per gli autotrasportatori che dovevano raggiungere il capoluogo siciliano e per quelli che invece dovevano raggiungere i traghetti per Villa San Giovanni –:
   quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di ripristinare la viabilità del tratto compreso tra Catania e Messina franato a seguito dello smottamento del terreno, al fine di garantire la ripresa almeno parziale della viabilità dell'isola, stante l'importanza fondamentale che questa arteria stradale costituisce attualmente per i cittadini e le attività produttive;
   quali ulteriori iniziative urgenti intenda adottare il Governo per individuare, monitorare e proteggere il territorio da frane e smottamenti che minacciano la già precaria viabilità e l'incolumità dell'utenza;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di garantire un'efficace ammodernamento e la messa in sicurezza delle reti stradali della Sicilia, al fine di dotare l'isola di una rete viaria che sia effettivamente a servizio dell'intero territorio. (4-10639)


   COSTANTINO, DURANTI e RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il ciclo di programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei prevede degli stanziamenti importanti per l'inclusione sociale ed il contrasto alle discriminazione;
   l'accordo di partenariato per i fondi strutturali del periodo 2014-2020, adottato il 29 ottobre 2014 dalla Commissione europea a seguito di una lunga negoziazione con il Governo italiano, prevede che l'obiettivo tematico 9 sia destinato a «promuovere l'inclusione sociale e combattere ogni forma di discriminazione»;
   lo strumento operativo per l'implementazione dell'obiettivo tematico 9 è principalmente il programma operativo nazionale (PON) inclusione, approvato dalla Commissione europea con decisione del 17 dicembre 2014, che contiene risorse importanti per il contrasto delle discriminazioni e l'inclusione sociale di soggetti a rischio discriminazione;
   in particolare circa 50 milioni di euro sono destinati nell'arco dell'intero settennato per lo sviluppo di attività contenute nel piano nazionale antirazzismo, nella strategia nazionale di inclusione dei Rom, e nella strategia nazionale LGBT, all'interno dei risultati attesi 9.2.3 e 9.5, nonché nell'11 in merito alla governance;
   l'UNAR ed il dipartimento per le pari opportunità ad oggi non sono stati ancora riconosciuti organismo intermedio delegato per le funzioni di gestione del PON inclusione, e la stessa convenzione di delega non è ancora stata firmata dal dipartimento. Inoltre, risulta ancora non ottemperata la direttiva europea 2000/43 che prevede l'introduzione di un meccanismo di indipendenza dell'Unar dal Governo;
   ciò comporta la mancata spesa e la conseguente contrazione degli interventi sia nel 2014 che nel 2015. Rispetto a quanto stanziato nel nuovo ciclo, la spesa oggi è pari a zero, con un ritardo che impatta negativamente sulle politiche di contrasto delle discriminazioni. Ciò è inspiegabile in un periodo di contrazione e ottimizzazione della spesa pubblica nazionale;
   risulta complesso comprendere il depotenziamento dell'ufficio con il mancato rinnovo dei 15 esperti in un momento in cui occorrerebbe avviare interventi per risorse importanti, su cui già grava un notevole ritardo rispetto ’all'intero periodo di programmazione (20142020), con il rischio evidente di dover restituire fondi a Bruxelles per l'incapacità nella spesa e nella elaborazione progettuale di qualità;
   peraltro la citata strategia LGBT avviata attraverso l'adesione al programma sperimentale proposto dal Consiglio d'Europa in attuazione della raccomandazione del Comitato dei ministri n. 5 del 2010 risulta formalizzata per gli anni 2013- 2015 con la suddivisione in 4 assi: lavoro, scuola, media, sicurezza e carceri, e una governance che vede coinvolte regioni, province e comuni attraverso la rete RE.A.DY (rete nazionale delle pubbliche amministrazioni anti discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere);
   risulta ad oggi non ancora ratificata l'adesione alla seconda fase della strategia LGBT per gli anni 2016 e 2017 nonostante l'invito rivolto al Governo dal Consiglio d'Europa, con il rischio di disperdere le risorse, le conoscenze e le attività, nonché il network tra operatori locali e associazioni, avviate in questo triennio di attività;
   ne consegue lo stallo di progetti che erano in corso di realizzazione come il portale LGBT, elaborato con il contributo della associazioni e di organizzazioni non governative, all'interno della citata strategia, con risorse dedicate, con il coinvolgimento di un importante, comitato scientifico. Ad oggi non è stato ancora messo on line, impedendo la fruizione di contenuti e servizi che hanno visto una lunga elaborazione, da parte di associazioni, esperti e professionisti del settore;
   allo stesso modo, non stanno avendo luogo tutte le consuete iniziative di sensibilizzazione annuali della sesta edizione della settimana contro la violenza e le discriminazioni nelle scuole, prevista ogni anno ad ottobre a seguito del rinnovato protocollo sottoscritto dal dipartimento e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel 2013 –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di garantire il corretto utilizzo dei fondi stanziati onde evitare la restituzione di fondi a Bruxelles per incapacità di spesa e come si intenda mantenere gli impegni presi rispetto alle politiche antidiscriminatorie in ordine alle quali, oltre alla questione dei nuovi stanziamenti, spicca l'inottemperanza della direttiva europea 2000/43. (4-10643)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un servizio del giornalista Pablo Petrasso, apparso il 28 settembre 2015 sul portale della testata Il Corriere della Calabria, con titolo «L'Asp di Cosenza e il “vizietto” dei lodi arbitrali», si legge: «L'Asp di Cosenza, per risolvere le proprie controversie, preferisce affidarsi ai lodo arbitrali. Arrivando, così, allo scomodo – per le casse pubbliche – paradosso di sborsare oltre due milioni di euro per un'opera mai realizzata. Si tratta di una struttura sanitaria che sarebbe dovuta sorgere a San Giovanni in Fiore. Una residenza sanitaria per anziani da 60 posti letto la cui storia inizia nel 1997, quando l'allora Asl di Crotone indice una gara d'appalto per affidare la costruzione della struttura. Se la aggiudica la Costruzioni Procopio srl per 2,7 miliardi di lire. Quella rsa non vedrà mai la luce. Dopo quasi 18 anni, però, nelle casse dell'azienda entrano 2 milioni e 10 mila euro»;
   nel medesimo articolo, si dà notizia che «il lodo arbitrale, però, non riscuote un grosso successo nelle stanze del dipartimento Salute. La prova è una lettera che il dg Riccardo Fatarella ha inviato al commissario straordinario dell'Asp Gianfranco Filippelli»;
   in particolare, nel suddetto servizio l'autore Petrasso spiega che «si tratta di una dura reprimenda, nella quale il manager della Regione ricorda che, in una recente riunione, aveva invitato tutti i commissari a non adottare atti che potessero pregiudicare la piena operatività dei nuovi direttori generali (quelli che la giunta, dovrebbe nominare)»;
   nel servizio il giornalista Petrasso specifica: «Il lodo arbitrale concluso il 7 settembre crea problemi all'assetto finanziario della sanità cosentina. E, oltretutto, secondo il direttore generale, la documentazione arrivata dalla città dei Bruzi non consente di risalire ai nomi dei dirigenti che hanno causato un danno così rilevante. Il guaio (oltre ai due milioni che bisognerà versare all'azienda) è che di questo potenziale debito non c'era traccia nel bilancio dell'Asp. Che ora dovrà inventarsi qualcosa per far quadrare i conti»;
   lo stesso giornalista di Il Corriere della Calabria racconta: «L'arbitrato si “consuma“ in poco più di un anno. La domanda della Procopio costruzioni arriva il 28 aprile 2014: la ditta formula una richiesta risarcitoria di 5,7 milioni e sceglie come proprio arbitro l'avvocato Vincenzo Fedele. L'Asp nomina Giovanni Lauricella, responsabile dell'ufficio legale. Il presidente del collegio è un altro dirigente dell'Azienda sanitaria, l'ingegnere Nicola Buoncristiano. Il punto chiave della vicenda è la perizia di un consulente tecnico d'ufficio, Francesco Gatto, che riconosce come dovuto alla Procopio l'importo di 2,5 milioni di euro. La ditta, pur di “ottenere una immediata liquidità di somme“, rinuncia a una parte della cifra e si “accontenta“ di 2 milioni e 10 mila euro, da corrispondere in due tranche nel giro di un mese. E, in più, si fa carico delle spese di funzionamento del lodo: pagherà gli arbitri, ai quali, di solito, vanno diverse decine di migliaia di euro (ma negli atti inviati dall'Asp alla Regione queste cifre non ci sono)»;
   Petrasso riassume: «Finisce così una storia lunghissima. Nella quale alle partenze (firma dei contratti, aggiudicazioni delle gare) seguono stop repentini e contestazioni. Quella decisiva arriva in occasione della firma del contratto – il secondo –, il 4 giugno 1999. È la ditta a notificare l'atto. Incassando una sentenza del Tribunale di Crotone che scioglie il contratto e condanna l'Asl a risarcire la Procopio Costruzioni. Passano gli anni e nella sanità calabrese le cose cambiano, San Giovanni in Fiore diventa competenza dell'Asp bruzia. L'Azienda si costituisce e si torna davanti al Tribunale civile. Che, questa volta, dichiara «l'improponibilità della domanda proposta dalla Costruzioni Procopio srl». È a questo punto che la ditta chiede e ottiene l'arbitrato. E spunta un accordo da due milioni»;
   alla fine del servizio giornalistico, Petrasso riporta: «Questo arbitrato non è l'unico che si può reperire negli uffici dell'Asp. E non è neanche il più costoso. Dal passato (e dalla vecchia gestione) riemerge un accordo da 5 milioni di euro che la sanità bruzia ha sottoscritto con una clinica che all'epoca era addirittura chiusa. Si tratta della “Madonna delle Grazie“. Struttura sanitaria diventata ricchissima solo dopo la sua chiusura. La causa ? Una scissione societaria che ha lasciato al timone della società un gruppetto di persone con una certa esperienza imprenditoriale e radici ben piantate nella politica»;
   la regione Calabria è sottoposta a piano di rientro dal disavanzo sanitario, la cui attuazione è stata affidata all'ingegner Massimo Scura e al dottor Andrea Urbani, il 12 marzo 2015 nominati dal governo commissario e sub-commissario ad acta; con lo specifico compito, si legge nell'atto di nomina al punto n. 13 di procedere alla «rimozione, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 2 comma 80 della legge n. 91 del 2009, dei provvedimenti, anche legislativi, adottati dagli organi regionali e i provvedimenti aziendali che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro e dei successivi Programmi operativi, nonché in contrasto con la normativa vigente e con i pareri e le valutazioni espressi dai Tavoli tecnici di verifica e dai Ministeri affiancanti»;
   il richiamato servizio giornalistico riporta espressamente di un corrispondente danno per le casse dell'Asp di Cosenza, di una procedura nel complesso alquanto dubbia e di una richiesta del direttore generale del preposto dipartimento regionale ai commissari delle aziende sanitarie di non adottare atti tali da pregiudicare la piena operatività dei nuovi direttori generali, che la giunta della Calabria dovrebbe nominare –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se per il tramite del suddetto commissario ad acta, i Ministri interrogati non intendano verificare quali azioni siano state poste in essere con riferimento alla vicenda descritta in premessa che risulta incidere sulle spese sanitarie complessive della regione Calabria. (4-10644)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il primo ottobre 2015 la Sardegna nord e centro orientale è stata duramente colpita da una violenta alluvione che solo per un miracolo non ha provocato nuove vittime dopo la drammatica alluvione del novembre del 2013;
   il disastro si è, seppur con conseguenze meno drammatiche, ripetuto in tutta la Gallura e nel Nuorese con particolare riferimento ai comuni nell'area intorno a Torpè e Posada;
   coinvolta dall'alluvione anche la zona di Capoterra e del Cagliaritano;
   la Gallura ha già predisposto una prima stima dei danni;
   si tratta di un primo riscontro di 25 milioni di euro di danni;
   il primo quadro finanziario risulta indispensabile per intervenire immediatamente per risarcire i cittadini e le imprese colpiti da questo nuovo funesto accadimento e predisporre serie e non più rinviabili interventi tesi alla riduzione del rischio idrogeologico;
   Olbia ha ripartito la richiesta fra i risarcimenti per la città e quelli destinati all'agro;
   la prima stima avanzata dall'amministrazione comunale di Olbia si attesta su 300 mila euro per soccorso e assistenza degli alluvionati e per raccolta, stoccaggio e conferimento dei rifiuti;
   150 mila euro sono previsti per interventi di ripristino della viabilità, disostruzioni, pulizia delle strade;
   320 mila euro sono previsti per gli interventi immediati sui canali;
   sono stati chiesti anche fondi, 2 milioni e mezzo di euro, per gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico da spendere nei piani di risanamento di Santa Mariedda (600 mila euro), Isticcadeddu (500 mila) e Pasana (400 mila euro);
   l'intervento sull'agro è stato stimato in un milione e 200 mila euro;
   la richiesta del comune di Olbia è di 15 milioni e 200 mila euro per la riduzione del rischio idrogeologico nelle campagne;
   il comune di Golfo Aranci prevede risarcimenti per 57 mila euro per i primi interventi urgenti, di 720 mila euro per gli interventi di ripristino, 3 milioni di euro per gli interventi di riduzione del rischio idrogeologico che prevede alcune opere idrauliche e la messa in sicurezza di alcune spiagge;
   il comune di La Maddalena ha deliberato per la richiesta di stato di calamità naturale con una richiesta danni di 700 mila euro, per gli interventi su diverse strade, che hanno subito degli smottamenti, oltre ai risarcimenti per i soldi spesi nei primi interventi urgenti;
   il comune di Loiri ha fatto una stima dei danni di 475 mila euro che riguardano principalmente danni alla viabilità cittadina e rurale;
   il comune di Arzachena ha avanzato una stima di 875 mila euro che comprendono i 200 mila euro destinati a risarcimenti dei privati e 675 mila euro per ripristinare strade urbane ed extraurbane;
   il comune di Palau ha subito danni per 700 mila euro, di cui 631 mila euro per risarcire i privati, 71 mila euro per ripristino della viabilità;
   tale quadro provvisorio si scontra con l'assoluta assenza di stanziamenti da parte del Governo per il risarcimento dei danni dell'alluvione del 2013 e la sostanziale assenza di concrete risorse per l'eliminazione del rischio idrogeologico;
   da una risposta del Governo, una settimana prima della nuova alluvione, ad una interpellanza urgente dell'interrogante si evince che il Governo medesimo non ha stanziato fondi per l'alluvione e per il rischio idrogeologico;
   il Governo in Aula aveva di fatto confermato che non esistono gli 81 milioni di euro annunciati per Olbia;
   ci sarebbe uno stanziamento di appena 16 milioni di euro che non sarebbero sufficienti nemmeno per pagare gli eventuali espropri di un piano devastante che prevede delle pericolosissime vasche di laminazione dentro il centro abitato;
   i finanziamenti per Olbia annunciati con enfasi ad agosto 2015 da Ministri e sodali olbiesi non esistono;
   ad affermarlo è lo stesso Governo che smentisce clamorosamente l'annuncio di uno stanziamento di 81 milioni per la mitigazione del rischio idrogeologico di Olbia;
   non esiste nessuno stanziamento di quell'entità ma appena di 16 milioni, appena il 20 per cento di quello annunciato e soprattutto nemmeno sufficiente a pagare una minima parte degli espropri necessari se si dovesse portare avanti quel piano inaccettabile che prevede di fatto la realizzazione di quattro dighe dentro la città;
   i progetti presentati dalla regione per Cagliari e Olbia non sono stati ritenuti finanziabili e quindi zero stanziamenti;
   per questo motivo la presenza e gli annunci del Ministro Galletti ad Olbia appaiono l'ennesimo vuoto proclama senza fondi e senza risposte serie e concrete;
   il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Bressa aveva testualmente dichiarato: «Gli ulteriori interventi proposti dalla regione per i comuni di Olbia e Cagliari, valutati in base ai criteri del suddetto DPCM, non sono rientrati tra quelli immediatamente finanziabili e sono pertanto stati inseriti nella sezione programmatica del Piano. Per quanto riguarda le questioni poste in materia di ambiente, riguardo alla questione dell'esiguità e assenza di proporzionalità delle risorse stanziate per il rischio idrogeologico, ossia 16 milioni di euro a fronte degli 81 milioni richiesti per Olbia e Cagliari, il Ministero dell'ambiente ha comunicato che, insieme alla struttura di missione contro il rischio idrogeologico, ha condotto la selezione degli interventi finanziabili secondo le procedure, i criteri e le modalità definite dal DPCM del 28 maggio 2015, quest'ultimo condiviso con le regioni e le province autonome in sede di Conferenza unificata. In seguito a tale selezione, tra gli interventi proposti dalla regione autonoma della Sardegna è risultato idoneo all'immediato finanziamento e pertanto inserito nella parte attuativa del Piano, l'intervento dal titolo “Opere di mitigazione del rischio idraulico nel territorio comunale di Olbia. Vasche. Lotto 1”, per un valore complessivo di 16.300.000 euro»;
   le affermazioni di agosto 2015 di esponenti del Governo della regione secondo le quali ci sarebbe stato uno stanziamento di 81 milioni di euro, sono dunque risultate destituite di ogni fondamento, mentre è accertato dunque che esiste solo un irrisorio e inutile stanziamento di 16 milioni di euro che non risulta utile a nessun tipo di intervento compiuto proprio perché non tiene conto di quanto realmente necessario per pagare le sole indennità espropriative;
   i ritardi e l'inconsistenza delle risorse finanziarie hanno messo ancora una volta a repentaglio la popolazione della Gallura e non solo;
   su questa ennesima alluvione e le sue conseguenze devastanti esiste ad avviso dell'interrogante una responsabilità politica e morale dei Governi che si sono succeduti dal 2013 ad oggi, proprio perché non solo non hanno risarcito i cittadini e le imprese ma non hanno fatto niente per affrontare il rischio idrogeologico;
   la demolizione del ponte sul fiume Siligheddu nel comune di Olbia, durante l'alluvione del 1o ottobre, ripristinato gravemente per volontà della protezione civile e con autorizzazioni a più livelli due mesi dopo la precedente alluvione del 2013 è un fatto grave sul quale occorre fare chiarezza;
   l'esistenza di numerosi punti che ostruiscono gravemente il flusso dell'acqua del fiume Siligheddu dentro la città di Olbia ha provocato numerose dighe interne al centro abitato provocando danni ingenti;
   blocchi al flusso dell'asta fluviale che molto spesso, come quello del ponte in via Vittorio Veneto, coincidono con la viabilità o con la rete ferroviaria statale come quello contiguo all'istituto professionale Amsicora –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative volte a stanziare risorse adeguate per riparare i danni privati e pubblici dell'alluvione del novembre 2013 e quella del 1o ottobre 2015;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per destinare risorse adeguate al contrasto del rischio idrogeologico, con uno stanziamento di non meno di 100 milioni di euro all'anno per il prossimo quinquennio;
   se non ritenga, per quanto di competenza, di dover intervenire, previa verifica, per rimuovere tutti i blocchi viari e ferroviari, che generano pericolo per il deflusso dei corsi d'acqua dentro la città di Olbia a partire da quelli richiamati in premessa;
   se possa chiarire quale autorità abbia autorizzato il ripristino del ponte sul fiume Siligheddu. (4-10661)


   BERRETTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   gli Interporti di Catania-Bicocca e Termini Imerese rientrano tra le infrastrutture strategiche nazionali;
   la realizzazione dei due interporti provvede all'integrazione intermodale delle reti di trasporto regionali e nazionali, all'ottimizzazione di tutte le fasi del processo produttivo e distributivo degli operatori economici attraverso i servizi logistici per il trasporto delle merci, alla riduzione dello squilibrio nella ripartizione modale del trasporto merci, al raggiungimento dello scopo di un minore impatto ambientale, alla riduzione del traffico e della congestione delle grandi aree urbane, attraverso la diminuzione del transito di mezzi pesanti e la razionalizzazione della distribuzione finale delle merci;
   l'interporto di Catania, grande complesso intermodale in fase di costruzione a Sud della città di Catania, è un centro di trasporto ed interscambio delle merci dotato di impianti capaci di integrare il trasporto ferroviario e quello su gomma ed è gestito dalla S.I.S., Società Interporti Siciliani s.p.a.;
   il progetto dell'interporto di Catania nasce da una lunga serie di progetti e interventi di pianificazione a livelli europeo, nazionale e regionale;
   venne previsto inizialmente nel Piano Generale dei Trasporti (PGT) del 1986, con la finalità di copertura dell'intera area siciliana sud-orientale (da Catania a Siracusa);
   venne successivamente incluso tra gli Interporti giudicati di interesse nazionale e ammesso al finanziamento ai sensi della legge 240 del 4 agosto 1990, concernente gli interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore della intermodalità;
   in seguito fu incluso nel Piano quinquennale degli interporti dell'aprile del 1991, nella deliberazione CIPET del 7 aprile 1993, nel decreto-legge n. 98 del 1o aprile 1995 Interventi urgenti in materia di trasporti, convertito in legge n. 204 del 1995, nelle delibere attuative della legge obbiettivo del 21 dicembre 2001, n. 443;
   nel settembre del 2003 il CIPE deliberò che il progetto, rivisitato alla luce delle indicazioni emerse nella Conferenza dei servizi dell'aprile 2003 e approvato nel settembre 2003 dalla Commissione dei lavori pubblici della regione siciliana, desse luogo all'espletamento delle gare d'appalto per la costruzione dei lotti costituiti dall'area di sosta, polo logistico e polo intermodale tra novembre 2003 e ottobre 2004;
   nel 2008, su input della regione siciliana, la Società degli interporti siciliani s.p.a. divenne interamente pubblica, partecipata principalmente dalla regione oltre che da comuni, ex Province, Ast, Camere di Commercio ed ex Consorzi ASI;
   nel mese di giugno 2008 si firmò il II Accordo di Programma Quadro per il Trasporto delle Merci e della Logistica, che la Società Interporti Siciliani s.p.a. sottoscrisse con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e la regione siciliana;
   l'accordo di programma quadro sbloccò risorse per 113 milioni di euro per l'interporto di Catania Bicocca e 78 milioni di euro per l'interporto di Termini Imerese;
   l'accordo di programma quadro rappresenta lo strumento attuativo dell'Intesa Istituzionale di Programma, sottoscritta dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Presidente della regione siciliana il 13 settembre 1999 e dà attuazione, all'articolo 3 del I APQ per il Trasporto delle Merci e della Logistica, siglato il 31 gennaio 2006;
   l'accordo di programma quadro prevede la realizzazione degli interporti di Catania e Termini Imerese, per mezzo di interventi inclusi nel Primo programma delle opere strategiche (approvato con delibera CIPE 121/2001), volti a perseguire gli obiettivi fissati dal Piano generale dei trasporti e della logistica (approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 14 marzo 2001) e ritenuti strategici per la programmazione regionale del Piano regionale dei trasporti e della mobilità della regione siciliana;
   l'accordo di programma quadro prevede altresì che gli interporti di Catania e Termini Imerese vengano interamente finanziati attraverso le delibere CIPE 75/2003, CIPE 35/2005, CIPE 103/2006, dall'articolo 72 della L.R. 20/2003 e dal POFESR 2007/2013;
   l'importo complessivo dei finanziamenti è pari a 190 milioni di euro circa;
   la SIS s.p.a., ai fini dell'APQ, agisce quale strumento di sviluppo regionale per l'organizzazione delle strutture interportuali, è soggetto attuatore degli interventi in qualità di organismo di diritto pubblico (ai sensi dell'articolo 3 punto 26 del decreto legislativo 12 aprile 2006 e secondo quanto disposto dalle delibere CIPE 35/2005 e 103/2006);
   la SIS, pertanto, funziona esclusivamente quale stazione appaltante per la realizzazione delle infrastrutture per le quali è soggetto aggiudicante;
   la SIS attualmente si trova in una fase di stallo e di grave crisi economico finanziaria, manifestando in bilancio cospicue perdite economiche, situazione che comporta il blocco dei cantieri e la prosecuzione dell'iter previsto dall'APQ;
   ciò determina il concreto rischio del mancato raggiungimento dello scopo sociale precipuo della società: la realizzazione, con fondi pubblici vincolati, delle infrastrutture interportuali di Catania e Termini Imerese;
   l'interporto di Catania, allo stato attuale, è un'opera per la gran parte realizzata, ma ferma, poiché esso consta dell'Area di Sosta, lotto funzionale pienamente in funzione dal 2010, e del polo logistico, struttura completata nel luglio 2015, ma non attiva a causa di problemi riguardanti la gara per la gestione;
   la realizzazione del polo intermodale, opera da 35 milioni di euro ed ultimo tassello per il completamento dell'interporto di Catania, lotto imprescindibile per garantire una vera integrazione tra il trasporto ferroviario e quello su gomma, risulta seriamente messa a repentaglio secondo l'interrogante per la situazione di stallo e di crisi finanziaria della SIS sopra descritta;
   l’iter volto alla realizzazione dell'interporto di Termini Imerese, opera da 64 milioni di euro, risulta ad oggi bloccato, in quanto il Consiglio di amministrazione della SIS non ha ancora proceduto all'aggiudicazione definitiva della gara, già espletata nel 2011;
   si tratta di infrastrutture strategiche, interamente finanziate attraverso le delibere CIPE 75/2003, CIPE 35/2005, CIPE 103/2006, dall'articolo 72 della L.R. 20/2003 e dal PO-FESR 2007/2013, che cambierebbero in meglio il sistema della logistica e dei trasporti in Sicilia, creerebbero centinaia di posti di lavoro e sarebbero utilissime per le grandi aziende dell'Isola e di tutta Italia, che rischiano concretamente di rimanere incompiute ed inutilizzate –:
   quali iniziative ritengano di dovere intraprendere per vigilare sul buon utilizzo dei fondi pubblici, vincolati alla piena realizzazione degli interporti di Catania e Termini Imerese, ed al fine di garantire il pieno rispetto del II Accordo di Programma Quadro per il Trasporto delle Merci e della Logistica, sottoscritto a giugno del 2008. (4-10663)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane si sarebbe svolto in Sardegna un sopralluogo segreto di componenti di una commissione tecnica formata da vari tecnici;
   in tale «blitz», avvenuto nell'oristanese, sarebbero stati visionati due siti per il deposito unico nazionale di scorie nucleari;
   il «blitz» sarebbe avvenuto in gran segreto nelle scorse settimane;
   si tratterebbe di una missione secretata nell'Oristanese, dove sarebbero stati individuati ben due siti potenziali per la realizzazione del deposito unico nazionale per le scorie nucleari;
   quella che poteva essere un'opzione in questi giorni sta diventando sempre più un pericolo per l'Isola;
   sia l'Ispra che la Sogin starebbero a parere dell'interrogante caldeggiando e sostenendo un'ipotesi di realizzazione di tale deposito in Sardegna;
   la visita della commissione avvenuta in gran segreto nei due siti confermerebbe l'intenzione di accelerare;
   in teoria, i tecnici avrebbero dovuto ascoltare qualche amministratore comunale ma tale passaggio in Sardegna sarebbe stato saltato;
   la delegazione è andata dritta nei due siti rimasti top secret ma tutti e due ricompresi nella provincia di Oristano;
   il fatto che la commissione abbia deciso di visionare i due siti è un fatto di una gravità inaudita proprio perché è evidente che si stanno concentrando le attenzioni sulla Sardegna;
   è altrettanto vero che, all'interno della commissione, sono emerse alcune posizioni critiche sui due siti oristanesi ma è emerso anche che la Sogin e la stessa Ispra stanno caldeggiando tale ipotesi;
   tutto questo è un fatto di una gravità inaudita proprio per la sfrontatezza e l'arroganza con la quale secondo l'interrogante si sta muovendo il Governo nonostante la totale contrarietà espressa dalla regione Sardegna;
   secondo indiscrezioni di cui ha preso atto l'interrogante, della delegazione facevano parte personaggi notissimi nell'ambiente del nucleare, tra i quali anche componenti della Commissione nazionale per la VIA e la VAS, nonché membri della Commissione Tecnico-scientifica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e un esperto del Governo italiano per il superamento di situazioni di crisi ambientali;
   si tratta di una compagine che si è mossa per quanto risulta all'interrogante, con una discrezione assoluta e che, a qualsiasi domanda precisa, avrebbe dichiarato di essere vincolata al segreto di Stato;
   un dato è certo, però, il sopralluogo risulta all'interrogante essere stato pianificato nell'ambito degli approfondimenti che si stanno svolgendo per ridurre al minimo il numero dei siti;
   tutto questo a testimonianza del fatto che gli studi posti in essere in materia sono privi, per l'interrogante, di valutazioni oggettive, eseguite sul posto ma si basano solo ed esclusivamente su valutazioni strumentali;
   sino ad oggi la commissione Sogin Ispra ed Enea ha lavorato solo sul database realizzato dagli Stati Uniti (Database of Individuali Seismogenic Sources), nel quale per quanto consta all'interrogante si individua in modo esplicito l'unica regione che sarebbe esente da pericoli;
   si tratta di un piano secondo l'interrogante scellerato, che deve essere respinto senza se e senza ma;
   il fatto stesso che questo sopralluogo sia avvenuto in gran segreto conferma un atteggiamento grave e nefasto dello Stato nei confronti della Sardegna;
   la Sogin, più di tutti gli altri soggetti, risulta all'interrogante agire per promuovere la Sardegna sostanzialmente come terra di conquista per le scorie nucleari;
   la Sardegna non può e non deve essere minimamente considerata nemmeno come ipotesi per tali fini e questo sopralluogo è ad avviso dell'interrogante, un'offesa inaudita al popolo sardo;
   si tratta di un'operazione che, secondo l'interrogante, servirebbe solo a utilizzare fondi senza controllo come è stato sino ad oggi;
   il deposito nucleare unico sarà l'ennesimo pozzo senza fondo;
   questo piano, appare all'interrogante solo uno strumento delle lobby del nucleare e degli appalti che puntano a progettare, spendere e spandere con troppi omissis che non possono in alcun modo essere accettati;
   un deposito unico nazionale che, per ragioni già evidenziate nel passato, costituzionali e di volontà popolare, non potrà trovare nessun accoglimento, per nessuna ragione, in Sardegna;
   dopo dieci anni dal blocco del progetto scellerato della Sogin per la realizzazione di un sito unico nazionale per stoccare tutte le scorie nucleari conservate nelle centrali italiane dismesse e il rientro di molte altre dall'estero, il piano predisposto da Ispra sembrerebbe rimettere in primo piano la Sardegna;
   si rischia una vera e propria rivolta popolare per respingere un'ipotesi devastante che i sardi non accetteranno mai –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale sopralluogo;
   se sia in grado di smentire la presenza di due siti, individuati nell'area dell'Oristanese, destinati alle finalità richiamate in premessa;
   se non ritenga di dover escludere a priori tale ipotesi;
   se non ritenga di dover confermare o smentire ufficialmente le affermazioni rese da un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio secondo il quale la Sardegna ha già dato e non dovrebbe essere inclusa nell'elenco; (4-10665)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei principali Stati membri dell'Unione europea con l’«uno contro zero» il conferimento dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccolissime dimensioni avviene senza inutili oneri burocratici per il consumatore, tipo compilazione di modulistica;
   secondo le informazioni acquisite dal Consorzio Remedia, il Consiglio di Stato avrebbe ricevuto una bozza di decreto ministeriale «uno contro zero», che dovrebbe consentire il conferimento gratuito da parte dei consumatori presso i negozi (senza obbligo di acquisto) dei «RAEE di piccolissime dimensioni» che prevede le stesse modalità utilizzate per «l'uno contro uno», compilazione, firma e conservazione di moduli;
   la direttiva europea 2012/19 raccomanda che l’«uno contro zero» preveda modalità di conferimento più semplici dell’«uno contro uno» proprio per favorire la raccolta dei piccoli apparecchi elettronici;
   la tracciabilità è assicurata dal trasportatore che si reca all'impianto o presso il centro di raccolta come già avviene per il conferimento delle pile presso i distributori con il decreto legislativo 188 del 2008, per le quali non è prevista alcuna modulistica a carico del consumatore;
   l'introduzione di oneri burocratici a carico del consumatore, per altro non presenti negli altri Stati membri, rappresenta un forte disincentivo alla raccolta, con il rischio che i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccolissime dimensioni continuino ad essere abbandonati, producendo danni all'ambiente;
   i tassi di raccolta dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche di piccolissime dimensioni in Italia sono appena del 16 per cento, inferiori alla media europea, e l’«uno contro zero» rappresenta l'unica opportunità concreta per tentare di raggiungere gli ambiziosi obiettivi comunitari (65 per cento entro il 2019) –:
   se la notizia corrisponda al vero e se non si intendano assumere iniziative per dare piena effettività alla direttiva in questione considerando la raccomandazione del ritiro «uno contro zero» senza particolare formalità, seguendo l'esempio virtuoso dei principali Paesi europei.
(4-10642)


   BRIGNONE e ANDREA MAESTRI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto per la costruzione del gasdotto denominato «Rete adriatica» è stato proposto nel 2004 dalla società Snam Rete Gas con lo scopo di potenziare la rete di trasporto nazionale di metano;
   il progetto consiste in un metanodotto di acciaio largo 1,2 metri e lungo 687 chilometri, situato a 5 metri di profondità, che dalla Puglia corre fino all'Emilia Romagna, interessa il territorio di Sulmona e di numerose centraline di diramazione;
   l'impianto, una volta operativo, lavorerà bruciando gas ed emettendo ossidi di azoto, monossido di carbonio e nanoparticelle;
   la realizzazione di un gasdotto, nonostante la presenza di gas naturale già ampiamente diffusa nel nostro Paese, avrebbe solo mere ragioni speculative considerando da una parte l'aumento di portata che permetterebbe la vendita negli altri Paesi europei e di contro la diminuzione negli ultimi anni dei consumi in Italia;
   le zone interessate dal progetto sono fra quelle di maggiore rischio sismico del territorio nazionale ed europeo. La realizzazione di «Rete Adriatica» da parte del gruppo Snam metterebbe quindi in forte pericolo le popolazioni coinvolte poiché il tratto interessato dal gasdotto è quello appenninico centrale. Un tratto di paese di elevato valore ambientale e paesaggistico;
   nel tratto concernente l'Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche, su 28 località attraversate dal progetto di metanodotto, 14 sono classificate in zona sismica 1 e 14 in zona sismica 2. Anche la centrale di compressione, localizzata a Sulmona, ricade in zona sismica di primo grado;
   oltre al devastante impatto ambientale non è da trascurare l'aspetto che ricadrebbe e sui contesti socio-economici locali. La faraonica realizzazione farebbe perdere l'interesse turistico a zone ricche di natura, arte e cultura, senza offrire alcuna reale utilità alle popolazioni interessate;
   i numerosi appelli e azioni legali da parte di associazioni, comitati e popolazione residente sono stati disattesi da parte del Governo, ad avviso del Governo dimenticando totalmente la tutela dei cittadini coinvolti –:
   se il Ministro sia a conoscenza del rischio ambientale di un progetto di così elevato impatto in zone fortemente a rischio sismico;
   se non ritenga maggiormente importante e di priorità assoluta la tutela dell'ambiente e delle popolazioni coinvolte e la difesa delle attività economiche/turistiche locali e del patrimonio culturale rispetto alla realizzazione di una devastante e costosissima opera a giudizio geli interroganti inutile e dannosa per ambiente e persone. (4-10651)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DURANTI, MARCON, SCOTTO, PIRAS, RICCIATTI, SANNICANDRO, GIANCARLO GIORDANO, MELILLA, PANNARALE, ZACCAGNINI, FRANCO BORDO, COSTANTINO, FRATOIANNI, PALAZZOTTO e ZARATTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende da notizie di stampa, con particolar riferimento alla testata Il Sole 24 Ore, in questi giorni a Roma è presente Patrick Dewar, executive vicepresident della azienda «Lockheed Martin», azienda americana attiva nel settore aerospaziale e della difesa;
   Dewar nello specifico parteciperà ad un dibattito «sulle sfide della sicurezza in Europa e nel Mediterraneo, in cui si discuterà fra le altre cose delle collaborazioni industriali fra l'Italia e la “Lockheed Martin”»;
   nel corso di una intervista il dirigente della azienda americana ha riferito che l'Italia si è impegnata all'acquisto di 32 F-35, nonostante da fonti ufficiali il nostro Paese risulta aver firmato un contratto di acquisto di soli 8 velivoli;
   il progetto di acquisto degli F-35 da parte dell'Italia prevedeva inizialmente 130 velivoli, successivamente ridotti a 91 con l'intervento dell'allora Ministro della difesa Giampaolo Di Paola. Inoltre, con la mozione del 9 settembre 2014 (1-00586) a prima firma On. Scanu il Governo si è/impegnato a riesaminare l'intero programma F-35 con il dimezzamento dei costi dello stesso;
   in applicazione della mozione stessa, i costi del programma dovrebbero scendere quindi dai 13 ai 6,5 miliardi di euro, che consentirebbero al massimo l'acquisto di non oltre una ventina di velivoli oltre i nove già acquisiti;
   nonostante l'approvazione della mozione sopra citata, il Ministero della difesa non ha mai reso i dettagli della riduzione dei costi della operazione F-35 e del conseguente ridimensionamento dei futuri ordini di acquisto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non intenda rendere una relazione dettagliata ed aggiornata, anche alla luce di quanto dichiarato dal vice presidente della «Lockheed Martin», circa il programma di acquisizione degli aerei F-35, mantenendo gli impegni presi con l'approvazione della mozione n. 1-00586. (5-06585)


   BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il 16 aprile del 1999, durante la guerra dei Balcani, un velivolo militare americano F-15 Eagle diretto a Ghedi, al fine di alleggerire il carico di esplosivi presenti a bordo, sganciò taluni di essi all'interno del lago di Garda e, precisamente, nello specchio d'acqua antistante i territori tra Bardolino e Torri del Benaco;
   secondo quanto riportò la stampa, sei ordigni, quattro di tipo Blu a grappolo, e due di tipo Gbu Pavewey a guida laser vennero sganciati nel lago; stando ai comunicati diffusi dal comando delle operazioni le bombe, prima di essere sganciate, sarebbero state disattivate dal pilota, per poi inabissarsi all'interno delle acque del Lago, a poche centinaia di metri dalla famosa spiaggia della «Cartiera», rinomata meta turistica del Garda;
   a distanza di 16 anni dall'accaduto, ancora oggi si susseguono notizie ed informazioni discordanti ed imprecise rispetto ai fatti storici realmente verificatisi ed, in particolare, rispetto alle caratteristiche del carico bellico lanciato dal velivolo, alla presenza di uranio impoverito all'interno di tali ordigni, alle esatte coordinate di lancio nonché rispetto alla profondità dei fondali del lago nella zona di lancio;
   per quanto riguarda il carico bellico lanciato, fonti «non ufficiali» parlano di 6 Pavewey III GBU-24 (Corriere della Sera) – altre fonti citano un mix di 3 CBU-87 e 3 Pavewey III (Lannes). Sempre da notizie di repertorio, sembra che i due serbatoi ausiliari siano stati sganciati sulle montagne vicentine, ipotesi più che attendibile, considerando le tradizionali procedure di emergenza;
   ancor più delicata e contraddittoria è la questione relativa alla presenza di uranio impoverito all'interno dei predetti ordigni. Taluni esperti ritengono, infatti, che la presenza di uranio impoverito sia stata certificata in una versione della Pavewey III (detta anche BLU-116) che all'epoca dei fatti era ancora in fase di studio negli USA;
   la presenza di uranio, quindi, è considerata altamente improbabile ma non impossibile ed il grado di nocività degli ordigni è legato alle alte temperature sprigionate e dall'interazione dell'uranio con gli altri metalli, con elevati rischi per la salute umana e per la salubrità dell'ambiente;
   discusse sono anche le esatte coordinate di lancio, posto che taluni testimoni oculari riferiscono di un lancio a 200 metri dalla riva in prossimità della spiaggia della «Cartiera» nel comune di Toscolano Maderno (BS), ma non esistono ad oggi dati tecnico-scientifici in grado di appurare con assoluta certezza il luogo in cui il lancio è avvenuto;
   in merito alla profondità del lago nella zona di lancio, l'accertamento della zona consentirebbe di valutare, con maggiori elementi, la possibilità di rinvenimento dei reperti, anche attraverso una campagna di bonifica dell'intera zona del Garda, interessata dalla presenza di numerosissimi ordigni bellici, molti dei quali risalenti all'epoca della seconda guerra mondiale;
   circa gli episodi riportati e le loro possibili ripercussioni, l'interrogante ha già provveduto a sollecitare i Ministri della difesa, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute con l'atto di sindacato ispettivo n. 4-09504 presentato in data 17 giugno 2015, ma, ad oggi, i Ministri interessati non hanno ancora fornito alcuna risposta -:
   se il Ministro non ritenga opportuno, a distanza di 16 anni dall'accaduto, fornire un quadro chiaro, complessivo ed esauriente delle caratteristiche degli ordigni presenti sui fondali del lago di Garda, anche attraverso i dati tecnici forniti dalle ricerche effettuate dai Comsubin della Marina militare di La Spezia. (5-06594)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PISANO, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, RUOCCO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 15 dicembre 2014, n. 186, in materia di emersione e rientro dei capitali detenuti all'estero e autoriciclaggio, ha introdotto la procedura di volontaria collaborazione, ovvero una procedura di collaborazione volontaria per la denuncia delle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute fuori dal territorio nazionale e per altre violazioni in materia fiscale;
   la nuova procedura prevista attiene a violazioni commesse fino al 30 settembre 2014 e potrà essere utilizzata fino al 30 novembre 2015 (in origine 30 settembre), a seguito della proroga prevista dal recente decreto-legge n. 153 del 2015 –:
   quale risulti ad oggi l'andamento delle richieste di adesione alla procedura di cui in premessa, con particolare riferimento al numero delle istanze pervenute al 30 settembre 2015, all'ammontare degli imponibili dichiarati ed al gettito stimabile, distinguendo i dati per regioni, province e comuni nonché indicando i Paesi di detenzione dei capitali esteri. (5-06588)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento tributario, in presenza di talune circostanze di fatto, puntualmente delineate, stabilisce limitazioni al diritto di ricevere a rimborso, o utilizzare in compensazione di altri tributi o contributi, crediti o eccedenze d'imposta maturati dal contribuente, prevedendo in particolare:
    1) la sospensione del rimborso (o dell'impiego in compensazione) del credito vantato dall'autore della violazione nei confronti dell'amministrazione finanziaria, qualora sia stato notificato a quest'ultimo un atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorché non definitivo; la sospensione opera, peraltro, nei limiti della somma risultante dall'atto o dalla decisione della commissione tributaria, ovvero dalla decisione di altro organo (articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), essendo poi stabilito che, una volta che il provvedimento di contestazione o irrogazione delle sanzioni è divenuto definitivo, l'ufficio competente per il rimborso è tenuto a pronunciare la compensazione del debito (articolo 23, comma 2, decreto legislativo n. 472 del 1997);
    2) il divieto alla compensazione, con altri tributi o contributi, dei crediti d'imposta relativi alle imposte erariali fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 Euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (articolo 31, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78), laddove la violazione di tale divieto è sanzionata con l'irrogazione di una pena pecuniaria pari al 50 per cento dell'importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell'ammontare indebitamente compensato;
   appare evidente come la ratio delle suddette norme è, da un lato, quella di consentire all'Amministrazione finanziaria di cautelarsi opportunamente mediante la sospensione dei rimborsi in presenza di carichi pendenti e, dall'altro, di evitare l'incongrua conseguenza di permettere la compensazione immediata (e, dunque, il mancato versamento di imposte dovute) a chi risulti nel contempo debitore nei confronti dell'Erario per altri importi iscritti a ruolo, costringendo gli organi della riscossione a defatiganti attività esecutive;
   tuttavia, le disposizioni in parola producono conseguenze altamente problematiche nei confronti delle imprese del settore assicurativo, dato che le stesse sono frequentemente impegnate in contenziosi, in merito, ad esempio, alla risarcibilità di un particolare sinistro, o alla determinazione dell'esatta entità dell'importo oggetto del risarcimento e che, nell'ambito delle predette liti, le compagnie, quali «parti in causa», sono dunque tenute, nei confronti del fisco, al pagamento dell'imposta di registro sugli atti giudiziari (sentenze, ordinanze, decreti ingiuntivi, e altro), ai sensi dell'articolo 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 e ne sono obbligate in solido (ognuna per l'intero) unitamente alla controparte, ai sensi dell'articolo 57, comma 1, dello stesso decreto, con la conseguenza che l'Agenzia delle entrate può richiedere il pagamento della suddetta imposta (per intero) a tutte le parti in causa, a prescindere dall'esito della causa stessa;
   non è infrequente che le compagnie di assicurazioni, in veste di parte vittoriosa in un processo, si vedano notificare un atto di liquidazione dell'imposta di registro, magari dopo qualche mese, o addirittura qualche anno dalla conclusione della causa, in particolare in casi nei quali il pagamento del tributo non è stato correttamente operato in terminis dalla parte soccombente e, pertanto, che l'Agenzia delle entrate si attivi nei confronti del soggetto vincitore della lite, con iscrizione a ruolo dell'importo a suo carico;
   a ciò si aggiunge la materiale difficoltà di individuare, con precisione, la totalità delle cartelle esattoriali scadute, difficoltà particolarmente rilevante per soggetti, come le compagnie di assicurazioni, operanti sull'intero territorio nazionale, anche considerato che per conoscere l'estratto conto presso Equitalia, contenente l'elenco delle cartelle e degli avvisi di pagamento relativi al proprio codice fiscale/partita IVA, occorre interrogare tutte le agenzie locali della riscossione, cioè più di 100 siti, essendo le stesse riferite ad un ambito provinciale;
   per effetto di tale situazione, numerose imprese di assicurazioni patiscono sistematicamente le limitazioni all'utilizzo in compensazione e alla richiesta a rimborso dei crediti d'imposta in precedenza richiamate;
   la vicenda assume, sovente, un connotato paradossale, dal momento che la maggioranza delle compagnie, per sottrarsi ai rigori delle disposizioni normative in parola, procede regolarmente al pagamento dell'imposta di registro riferita alle sentenze delle quali abbiano avuto notizia e, nonostante questo, visto che non solo l'acquisizione del pagamento nel patrimonio informativo del concessionario della riscossione è spesso non tempestiva, ma in ogni caso vi è un ulteriore ritardo nella presa in carico di tale informazione da parte dell'Agenzia delle entrate, il cui database non è, infatti, costantemente allineato a quello del concessionario della riscossione, si verifica comunque la situazione per cui una determinata impresa di assicurazione, che ha puntualmente assolto alla registrazione della sentenza, si vede «bloccare» la compensazione in F24 di un credito d'imposta –:
   considerato che tale conseguenza si verifica solo perché le risultanze dei database dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia non risultano aggiornate in modo tra loro coordinato e coincidente, quali iniziative intenda adottare affinché l'avvenuto assolvimento del tributo venga acquisito in tempo reale nel database del concessionario della riscossione e, per tale tramite, ulteriormente acquisito nella banca dati dell'Agenzia delle entrate, in tempi idonei a risolvere le criticità sopra evidenziate. (5-06589)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   degli ultimi giorni non vi è occasione in cui il Presidente del Consiglio Renzi non ribadisca che il Governo, al fine di supportare il più possibile le imprese negli investimenti in beni strumentali, intende abolire con la prossima legge di stabilità la tassazione sui cosiddetti «imbullonati» (anche detta imu sugli imbullonati), ovvero quei componenti degli opifici, macchinari, attrezzature ed altri impianti funzionali al processo produttivo, stabilmente ancorati al suolo, capaci di determinare un sensibile aumento della rendita catastale;
   l'imposizione fiscale sugli «imbullonati» deriva da una norma d'interpretazione autentica contenuta nella legge di stabilità 2015, che ha indicato le modalità tecnico-estimative per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari destinate alle attività industriali, facendo in tal modo propria una circolare dell'Agenzia delle entrate che ha incluso tra i fabbricati tassabili anche i macchinari e gli impianti fissi di una certa consistenza tale circolare, partendo da una sentenza della Corte costituzionale del 2008, afferma che per l'impianto «deve farsi riferimento non solo al criterio dell'essenzialità dello stesso per la destinazione economica dell'unità immobiliare, ma anche alla circostanza che lo stesso sia fisso, ovvero stabile (anche nel tempo), rispetto alle componenti strutturali dell'unità immobiliare», facendo in tal modo intendere come «accatastati» tutti i macchinari industriali, imbullonati o meno al suolo, per il semplice fatto che la loro presenza è essenziale per caratterizzare la destinazione economica dell'opificio;
   alla luce della suddetta interpretazione, ai cosiddetti «imbullonati» è stata attribuita una rendita catastale autonoma, quale base per il calcolo dell'imposta, che li rende immediatamente assoggettabili all'IMU ed alla TASI con effetti, secondo le valutazioni del Governo, distorsivi in termini di concorrenza;
   secondo una nota elaborata il 25 settembre 2015 dall'Ifel (Fondazione Anci), il proposito del Governo di escludere dalla valutazione fiscale degli immobili industriali, gli impianti di natura non strettamente immobiliare, comporterebbe effetti sulla base imponibile e sul gettito imu del tutto incerti; inoltre, la stessa nota, per fissare una dimensione degli effetti sul mancato gettito, lo valuta in 700 milioni di euro (circa il 20 per cento del gettito base dei fabbricati industriali), di cui circa 500 milioni di euro attualmente di spettanza dello Stato, e i restanti 200 milioni di euro quale stima del maggior gettito spettante ai comuni per effetto degli aumenti di aliquota deliberati dagli stessi –:
   quante sarebbero le attività economiche interessate dall'operazione di abolizione della tassazione sui cosiddetti «imbullonati», e quali sarebbero gli effetti, in termini di mancato gettito per Stato e comuni, distinti per regione. (5-06590)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MIOTTO, LENZI, ZAMPA, PATRIARCA, D'INCECCO, CARNEVALI, CAPONE, GRASSI, FOSSATI, PICCIONE, CASATI, AMATO, ARGENTIN, BENI e MURER. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione «Le Iene» andata in onda su canale «Italia 1» domenica 4 ottobre 2015 ha trasmesso un servizio relativo alla diffusione del gioco d'azzardo tra i bambini;
   nel servizio si vedono bambini di tutte le età, da 5 a 15 anni, espertissimi dei meccanismi di vincita che giocano alle slot machine per bambini, slot dove si vincono non direttamente somme di denaro ma ticket da tramutare poi in regali;
   il servizio, pur rilevando che i genitori sono i primi a lasciare che i bambini giochino, senza rendersi conto che si tratta di una vera e propria iniziazione al gioco d'azzardo, mette in evidenza anche la responsabilità dello Stato che dovrebbe esercitare i necessari controlli affinché sia effettivo il divieto di gioco ai minori di 18 anni, senza trascurare le responsabilità dei gestori di tali impianti;
   in alcune regioni italiane questo tipo di gioco è stato vietato proprio perché troppo immediatamente riconducibile al vero e proprio gioco d'azzardo;
   la psicologa intervistata durante la trasmissione ha affermato che «Un oggetto comprato è meno affascinante di quello avuto in regalo. Ma per arrivare ad avere dei premi spendi più soldi del valore. Portandoli a giocare, si innesca un meccanismo che si sviluppa quando avranno l'età per giocare»;
   la «Iena» manda in onda anche una ragazza che mostra meno di 18 anni, che accede alle slot senza che alcuno le impedisca un gioco che non potrebbe fare –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fenomeno oggetto della trasmissione;
   se le attività di gioco divulgate siano oggetto di autorizzazione ed, in caso affermativo, chi siano i titolari;
   quali iniziative urgenti intendano adottare affinché si ponga fine a questo tipo di gioco d'azzardo con vincita di «regali» il cui valore economico risulterebbe peraltro molto più alto del loro valore di mercato. (5-06581)


   BENAMATI, SENALDI, CANI, TIDEI, ARLOTTI, CAMANI, MONTRONI e VICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 settembre 2015 l'Ente federale di controllo ambientale statunitense EPA, Environmental Protection Agency, ha comunicato che la casa automobilistica globale Volkswagen ha illegalmente installato un software di manipolazione del motore, progettato per aggirare le stringenti normative ambientali sulle emissioni di NO, e di inquinamento da gasolio;
   la notizia ha creato sconcerto in tutto il mondo trattandosi, la Volkswagen, del primo produttore al mondo di autoveicoli (fonte OICA) e il gruppo industriale uno dei pilastri più importanti dell’asset manifatturiero tedesco;
   il software messo a punto dalla casa automobilistica tedesca rileverebbe quando le vetture vengono sottoposte ai test di emissioni modificandone le prestazioni e consentendo quindi di bypassare e superare pienamente le prove;
   Volkswagen, per tramite del suo amministratore delegato Martin Winterkom, ha pubblicamente ammesso di aver violato le norme antismog in Usa;
   il 25 settembre 2015 il consiglio di amministrazione di Volkswagen ha nominato l'ex numero uno di Porsche, Matthias Mueller, nuovo Ceo;
   una delle possibili misure che potrebbero essere prese dalle autorità nazionali verso il gruppo Volkswagen è, tra le altre, la sospensione delle vendite delle autovetture con motore diesel in Italia, con coinvolgimento anche di Seat e Audi;
   nel mese di luglio 2015 Seat, attraverso la Consip, si è aggiudicata un bando di gara per la fornitura di migliaia di autovetture alle forze dell'ordine;
   da notizie di stampa si evince che il bando sopracitato riguarda la fornitura di oltre 200 Seat Leon con motore duemila turbodiesel da 150 cavalli (uno di quelli al centro della bufera) del valore di 43 mila euro l'una e la possibilità che nei prossimi 3 anni vengano acquistate, alle medesime condizioni, altre 4 mila Seat Leon per un valore totale di circa 184 milioni di euro;
   alla gara d'appalto hanno partecipato anche FCA, Citroen e Bmw: dopo l'esclusione delle ultime due nella prima fase di selezione, FCA e Volkswagen hanno presentato le offerte prevedendo la fornitura di Alfa Romeo Giulietta e Seat Leon. Alla fine la Seat ha vinto perché più conveniente di 83 euro a vettura;
   le auto oggetto dell'appalto risultano essere quelle omologate euro 5, ossia quelle coinvolte nello scandalo del software «truccato»;
   secondo Volkswagen le auto coinvolte nello scandalo delle emissioni diesel manipolate ammontano in Italia a 648.458 unità, precisando che si tratta di veicoli equipaggiati con motori diesel euro 5 di tipo Ea 189. Nel dettaglio si tratta 361.432 Volkswagen, 197.421 Audi, 35.348 Seat, 38.966 Skoda e 15.291 veicoli commerciali. Le «soluzioni tecniche» e le relative misure, spiega il comunicato, saranno presentate «alle Autorità competenti nel mese di ottobre»;
   il 24 settembre 2015 la procura di Torino ha dato notizia dell'apertura di un'inchiesta sul caso Volkswagen. Gli accertamenti riguardano le vetture in circolazione in Italia e tra i reati ipotizzati ci sarebbe quelli della frode in commercio e del disastro ambientale –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti e quali iniziative intenda assumere, nelle more dell'azione della magistratura tesa a verificare eventuali responsabilità penali, a garanzia di una corretta ed adeguata fornitura alle forze di sicurezza dello Stato anche sospendendo, se necessario, gli effetti della gara d'appalto e rivedendone le specifiche tecniche alla luce dei fatti esposti in premessa.
(5-06583)


   DADONE, PESCO, DI VITA e ALBERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 14/2014/G della Corte dei Corti invitava l'Agenzia delle entrate a svolgere un'attività di audit «sul comportamento degli intermediari in potenziale conflitto di interesse, al fine di tutelare la libera scelta dei contribuenti»;
   l'Agenzia, peraltro come rilevato dagli stessi giudici contabili all'interno della medesima delibera, avrebbe a suo tempo già registrato una serie di fattori di rischio nell'ambito dell'organizzazione dei caf e dell'assistenza fiscale. Il risultato delle azioni di verifica e monitoraggio svolte da parte dell'Agenzia delle entrate, confrontando le dichiarazioni a partire dal 2006, hanno condotto alla rilevazione di irregolarità in quasi il nove per cento del campione osservato, complessivamente pari a cinquemila casi;
   in particolar modo, secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, i caf interessati risultano essere, per il 2014, i seguenti: Caf Movimento cristiano lavoratori (Mcl), Caf Associazione cristiana artigiani italiani (Acai), Caf Servizi di base collegato a Retre Iside Onlus, Caf Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil), Caf Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli);
   le tipologie di irregolarità sono, all'incirca nella parità dei casi, dipendenti o dalla mancanza di rispetto delle indicazioni e delle volontà espresse del contribuente, oppure dalla mancata archiviazione del modulo cartaceo originale presentato dal contribuente, rendendo impossibile la verifica della veridicità della erogazione –:
   quando e in che modo il Ministro abbia avuto modo di venire a conoscenza delle informazioni e dei dati pubblicati nel corso del mese di settembre 2015;
   se il Ministro, fatta salva l'attività di monitoraggio già avviata da parte dell'Agenzia delle entrate, non intenda assumere iniziative al fine di individuare e definire procedure e strumenti maggiormente efficaci tanto nella fase di vigilanza e controllo del comportamento degli intermediari, quanto nella fase di disincentivazione e sanzione degli stessi qualora fossero trovati in condizione di irregolarità. (5-06593)


   PESCO, TRIPIEDI, FRUSONE, ALBERTI, CASTELLI, SORIAL, BUSINAROLO, D'AMBROSIO, CANCELLERI, CRIPPA, DA VILLA, L'ABBATE, VILLAROSA, TOFALO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, SPESSOTTO, LOMBARDI, NUTI, RIZZO, BATTELLI, DEL GROSSO, ZOLEZZI, CIPRINI, COMINARDI, DADONE, CARINELLI e NESCI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'interrogazione n. 5-06476 a prima firma Daniele Pesco, riprendendo la notizia apparsa su un articolo di stampa del 28 marzo 2015 (pubblicato su Italia Oggi del 28 marzo 2015, a firma Cristina Bartelli, dal titolo «Dirigenti incaricati, i delegati a rischio di misure disciplinari»), è stata evidenziata e censurata la prassi dell'Agenzia delle entrate di nominare dirigenti esterni tra funzionari appartenenti alla stessa Agenzia delle entrate, previamente messi in aspettativa, forzando l'applicazione dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 (recante la disciplina delle assunzioni di professionalità esterne all'ente);
   in pratica, attraverso un'interpretazione, nonché di dubbia legittimità secondo gli interroganti, del dettato normativo l'Agenzia ha sfruttato lo stato di aspettativa dei propri funzionari al fine di considerarli apparentemente esterni all'ente per poi applicare l'articolo 19, comma 6, del decreto-legge n. 165 del 2001, che consente l'assunzione di dirigenti direttamente dall'esterno, in quota non superiore al 10 per cento dell'organico dirigenziale totale;
   all'interrogazione in questione è seguita la risposta in commissione da parte del Sottosegretario De Micheli con la quale non è stata smentita la notizia riportata dalle fonti di stampa e dunque la pratica posta in essere dall'Agenzia;
   a parere degli interroganti, la procedura seguita per la nomina di dirigenti esterni appare illegittima in quanto risulta chiaro l'intento dell'amministrazione di sfruttare una legge finalizzata a dotare gli enti di professionalità esterne solo nel momento in cui le stesse non sono rilevabili all'interno dell'ente; tutto ciò porta di fatto a «promuovere» un funzionario effettivo dell'Agenzia delle entrate a dirigente, senza passare attraverso la procedura concorsuale, eludendo, peraltro, i princìpi contenuti nella nota sentenza della Corte Costituzionale 37/2015, arrecando danno alla collettività e, soprattutto, ai potenziali aspiranti;
   sempre dalle fonti di stampa (Italia Oggi, ed. 6 ottobre 2015, «L'Agenzia delle entrate recluta dirigenti esterni», di Cristina Bartelli;
   si è appresa poi la notizia della pubblicazione di un bando dell'Agenzia delle entrate per l'assunzione di dirigenti esterni. Lo stesso articolo mette in guardia in merito alla possibilità di nomina di quattro funzionari della stessa agenzia già posti in aspettativa;
   la prassi sopra descritta verrebbe dunque reiterata e, come recita un famoso detto, errare è umano ma perseverare è diabolico –:
   se non sia da ritenersi illegittima la nomina a dirigenti esterni di funzionari della stessa Agenzia già posti in aspettativa;
   se ritenga sussistenti i presupposti per segnalare i fatti alle autorità giudiziarie competenti in relazione all'operato dell'Agenzia delle entrate per i profili di competenza. (5-06600)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Ente zona industriale di Trieste (EZIT), è un ente pubblico non economico, un unicum a livello nazionale, istituito con l'ordine 66/1953, emanato dal Governo militare alleato con lo scopo di infrastrutturare e cedere a prezzi calmierati i terreni industriali durante il difficile periodo del secondo dopoguerra del territorio triestino. L'EZIT è disciplinato dalla legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 25 del 1o ottobre 2002 e promuove lo sviluppo delle attività industriali, economiche e di servizi nell'ambito dell'agglomerato industriale di interesse regionale;
   da articoli di stampa del mese di agosto 2015 si apprendeva che, entro la fine del mese novembre 2015, l'Ente avesse dovuto fare fronte ad una cartella esattoriale dell'importo di 9 milioni e 200 mila euro, relativa al mancato pagamento delle tasse sulle plusvalenze derivanti dalla vendita di terreni e fabbricati, contestate dall'Agenzia delle entrate e risalenti alla seconda metà degli anni settanta;
   si apprendeva anche che EZIT si sarebbe difesa sostenendo che l'ordine 66 del 1953 all'articolo 33 avesse equiparato l'Ente ad un organo statale ed esentato dal versamento di qualsiasi imposta e che nel corso degli anni i vertici Ezit avessero sostenuto l'impossibilità di stimare il valore iniziale di questi beni e conseguentemente la plusvalenza ottenuta dalla loro vendita;
   con l'interrogazione n. 4-10396, l'interrogante aveva già trattato le difficile situazione dell'Ente chiedendo al Ministro dell'economia e delle finanze quali provvedimenti avesse voluto adottare per far fronte alle spese derivanti dal procedimento finanziario e se avesse ritenuto opportuno fornire un'interpretazione certa della normativa per risolvere l'intera questione relativa ai contenziosi tributari tra istituzioni pubbliche (EZIT e Agenzia delle Entrate);
   da un articolo de Il Piccolo del 27 settembre 2015, si apprende che Equitalia Nord, abbia notificato a 23 aziende dell'area industriale, affittuarie dell'EZIT, un atto di pignoramento di crediti verso terzi, per cui le aziende dovranno pagare il canone non più all'Ezit ma direttamente all'ente di riscossione;
   da un successivo articolo del 29 settembre, si viene a sapere di ulteriori 6 notifiche di pignoramento di affitti dovuti all'Ente e da un articolo del 1o ottobre dell'avvio anche delle procedure ipotecarie sui beni immobili dell'Ezit a garanzia della «maxi cartella», lasciando l'Ente privo di risorse finanziarie indispensabili per la gestione e sopravvivenza dello stesso;
   nell'ultimo articolo viene riportato che il presidente dell'Ente, Stefano Zurban, abbia fatto sapere del procedimento di verifica, da parte degli uffici, delle particelle interessate all'ipoteca per stimarne il valore, che ammonterebbe, sempre secondo Zurban, in 17-18 milioni di euro, il doppio del debito tributario;
   inoltre, si apprende che la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, abbia incontrato i vertici di Equitalia per avere notizie sulla procedura in corso e capire se ci siano margini di miglioramento in vista dell'udienza davanti alla commissione tributaria di Trieste fissata per il 24 novembre 2015;
   l'attuale situazione finanziaria dell'EZIT, a parere degli interroganti desta notevoli preoccupazioni soprattutto perché la legge regionale del Friuli Venezia Giulia n. 3 del 2005, nota come «Rilancimpresa», nell'ottica dello sviluppo dei sistemi produttivi locali ha previsto il riordino dell'Ezit attribuendogli un ruolo importante nel rilancio dell'economia regionale –:
   quali iniziative di competenza, anche normative, urgenti, intendano adottare per sanare le finanze dell'EZIT e quale sia la tempistica;
   se non ritengano di dover assumere iniziative per chiarire in maniera definitiva la natura dell'Ente in considerazione dell'ordine n. 56/1953 del Governo militare alleato. (4-10649)


   VEZZALI e GALGANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Banca Marche è stata commissariata dall'anno 2013 a causa di dissesto finanziario e tale commissariamento scadrà a fine ottobre 2015;
   dal primo gennaio 2016 entrerà in vigore il «bail-in», la nuova procedura di gestione della crisi bancaria che riguarderà in particolare i risparmiatori;
   la direttiva n. 59/2014/EU, che istituisce lo schema unico di garanzia dei depositi e il meccanismo unico di risoluzione delle crisi bancarie, deve ancora essere recepita nell'ordinamento italiano, in quanto è in attesa del voto finale della Camera dei deputati;
   l'emanazione in tempo breve da parte del Governo di un'iniziativa normativa consentirebbe l'adeguamento del quadro normativo del nostro Paese, evitando l'applicazione del nuovo sistema europeo di gestione della crisi degli istituti di credito di prossima entrata in vigore, salvaguardando in tal modo anche gli investitori e risparmiatori dell'istituto di credito marchigiano;
   con la normativa comunitaria «Brrd» si avrà lo strumento necessario per convertire le obbligazioni subordinate in azioni che farebbe diventare carta straccia 400 milioni di euro di cittadini marchigiani poiché la maggior parte di questi titoli sono in portafoglio a famiglie, aziende e fondazioni bancarie quali Cassa risparmio di Jesi, Macerata e Pesaro;
   le fondazioni bancarie interessate operano nel territorio in ambito sociale ed hanno in portafoglio milioni di euro di subordinate che in caso di conversione non avranno più;
   peraltro, le subordinate sono state vendute dall'istituto di credito ai clienti, quindi sussisterebbe un danno incalcolabile per il territorio marchigiano –:
   se il Governo non intenda assumere tempestivamente ogni iniziativa di competenza per trovare soluzioni che possano risollevare le sorti di Banca Marche e dei suoi clienti;
   come intenda tutelare, per quanto di competenza, i risparmi e le obbligazioni di migliaia di marchigiani lesi dal dissesto finanziario dovuto alla precedente gestione di Banca Marche. (4-10654)


   SPESSOTTO e NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata dell'8 luglio 2015, un tornado estremamente violento si è abbattuto sulla riviera del Brenta, colpendo duramente i centri abitati dei comuni di Dolo, Pianiga e Mira nella provincia di Venezia;
   questa terribile calamità naturale ha provocato danni ingentissimi al tessuto economico e sociale delle imprese insediate in questo territorio, costringendo molti imprenditori a sospendere la propria attività per un periodo medio-lungo, con un grave danno al sistema economico dell'intera provincia di Venezia;
   a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, lo Stato, la regione e i comuni hanno disposto a vario titolo lo stanziamento di risorse destinate alla ricostruzione, ma questi fondi si sono rivelati del tutto insufficienti per coprire le spese delle riparazioni minime per la prosecuzione della produzione;
   per sopperire alla carenza di fondi pubblici, in molti casi sono stati gli stessi imprenditori veneti, con le loro risorse, a far fronte alle spese per la ricostruzione, anche ricorrendo all'indebitamento bancario;
   le istituzioni locali, ad iniziare dai sindaci dei comuni colpiti dal disastro, hanno chiesto pubblicamente, in questi mesi, di ottenere dal Governo l'emanazione di provvedimenti speciali, volti a sospendere pro tempore adempimenti tributari per le persone fisiche e giuridiche residenti nelle zone colpite dagli eventi meteorologici eccezionali, al fine di poter avviare quanto prima e con successo i lavori di ricostruzione;
   a questo proposito, il 5 agosto 2015, è stata approvata in Aula la mozione n. 1-00962 del MoVimento Cinque Stelle, che fra i vari impegni accolti dal Governo a sostegno dei comuni della riviera del Brenta, chiedeva l'adozione di interventi normativi ad hoc che disponessero l'immediata sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari;
   come denunciato da Confindustria Veneto in una lettera al sottosegretario per l'economia e le finanze Zanetti, secondo la normativa fiscale vigente, le spese di riparazione non sarebbero però interamente deducibili, per cui si creerebbe l'assurdo che una parte di tali costi – sostenuti dall'imprenditore per evitare il fallimento – verrebbero sottoposti a tassazione –:
   quali opportune iniziative, anche normative, i Ministri interrogati intendano adottare affinché venga garantito alle aziende colpite da calamità naturali – come quella che ha colpito la Riviera del Brenta l'8 luglio 2015 – di poter dedurre totalmente, nell'esercizio di competenza fiscale della spesa, anche le spese di riparazione dei beni parzialmente danneggiati, attualmente sottoposti ad un plafond di deducibilità, a norma dell'articolo 102, comma 6, del testo unico delle imposte sui redditi;
   attraverso quali iniziative e con quale tempistica i Ministri interrogati intendano dare seguito all'impegno contenuto nella mozione n. 1-00962 del MoVimento Cinque Stelle, a due mesi dalla sua approvazione, relativamente alla sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari per le imprese danneggiate dal tornado, al fine di assicurare quanto prima possibile, la riattivazione delle attività produttive danneggiate. (4-10660)


   PAGANI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le sigle sindacali Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec hanno divulgato alcuni comunicati stampa in cui si parla di una possibile cessione di Versalis da parte di ENI ad un fondo americano e si stanno diffondendo voci insistenti che confermerebbero questa operazione;
   si è creata una condizione di allarme tra i lavoratori che vivono una situazione di grande incertezza sul loro futuro economico e professionale;
   in Italia la chimica è un settore ad alto contenuto di ricerca e innovazione, che ha un impatto rilevante sulle economie territoriali, in particolare nel manifatturiero. Nel nostro Paese, che è il terzo produttore del continente, il valore della produzione è di 54,3 miliardi, il 10 per cento della produzione totale europea;
   un'uscita di Eni dal settore chimico sarebbe grave in un momento di profonda crisi industriale mentre è fondamentale consolidare e rafforzare un settore strategico e basilare per un Paese industrializzato come il nostro –:
   se le voci e le indiscrezioni che si susseguono da diversi giorni possano essere chiarite nelle sedi opportune;
   se Eni possa dare risposte immediate che facciano chiarezza e diano garanzie ai lavoratori. (4-10662)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo un resoconto pubblicato da Ristretti Orizzonti, che ha reso nota una ricerca dell'Eurispes e dell'Unione delle camere penali italiane, l'Italia è una delle nazioni dove si registra il più alto tasso di errori giudiziari;
   il quadro è allarmante: false rivelazioni, indagini sbagliate e scambi di persona che hanno portato decine di persone a essere condannati al carcere per poi risultare, in un secondo momento, innocenti;
   dopo essere stati condannati al carcere, diventano vittime di ingiusta detenzione;
   gli errori giudiziari hanno un costo altissimo per lo Stato: la legge prevede infatti che vengano risarciti tutti quei cittadini che sono stati ingiustamente detenuti, anche solo nella fase di custodia cautelare, e poi assolti magari con formula piena;
   solo nel 2014 sono state accolte 995 domande di risarcimento per 35,2 milioni di euro, con un incremento del 41,3 per cento dei pagamenti rispetto al 2013;
   dal 1991 al 2012, lo Stato ha dovuto spendere 580 milioni di euro per 23.226 cittadini ingiustamente detenuti negli ultimi 15 anni. In pole position nel 2014, tra le città con un maggior numero di risarcimenti, c’è Catanzaro (146 casi), seguita da Napoli (143 casi);
   Eurispes e Unione delle camere penali italiane, analizzando sentenze e scarcerazioni degli ultimi 50 anni, hanno rilevato che sarebbero 4 milioni gli italiani dichiarati colpevoli, arrestati e rilasciati dopo tempi più o meno lunghi, perché innocenti;
   nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di errori non in malafede, che però non accennano a diminuire, anzi sono in costante aumento;
   sui casi di «mala giustizia» c’è un osservatorio on line, che dà conto degli errori giudiziari, mentre sulla pagina del Ministero dell'economia e delle finanze si trovano tutte le procedure per la chiesta di indennizzo da ingiusta detenzione –:
   quali iniziative intenda adottare, nel pieno rispetto del principio di autonomia della magistratura, per limitare il numero di errori giudiziari in Italia che, oltre ad aver distrutto la vita di numerosi innocenti, hanno provocato allo Stato italiano costi enormi nonché numerose condanne da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo;
   se non ritenga doveroso intervenire con iniziative normative che limitino fortemente la custodia cautelare – e le altre misure restrittive della libertà – ai casi strettamente necessari nei quali è evidente la pericolosità sociale dell'individuo e sia palese l'indizio di colpevolezza dei soggetti per i quali si dispone il carcere. (4-10640)


   CIRIELLI e RAMPELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, recante «disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210» è stato promulgato con il lodevole intento di garantire gli acquirenti di immobili in corso di costruzione relativamente agli acconti versati al costruttore;
   in particolare, l'articolo 2 dispone: «All'atto della stipula di un contratto che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire o di un atto avente le medesime finalità, ovvero in un momento precedente, il costruttore è obbligato, a pena di nullità del contratto che può essere fatta valere unicamente dall'acquirente, a procurare il rilascio ed a consegnare all'acquirente una fideiussione, anche secondo quanto previsto dall'articolo 1938 del codice civile, di importo corrispondente alle somme e al valore di ogni altro eventuale corrispettivo che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini e le modalità stabilite nel contratto, deve ancora riscuotere dall'acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento»;
   dalla lettera della disposizione, pertanto, si comprende come la stessa abbia tratto la propria ragione di esistere dalle ipotesi in cui i costruttori, o non hanno ultimato gli immobili, o sono falliti durante la costruzione, lasciando così gli acquirenti senza né casa né restituzione delle somme versate;
   la realtà dei fatti, però, si discosta molto dal diritto scritto, posto che spesso le banche si rifiuterebbero di rilasciare le suddette polizze e, in caso di rilascio, chiederebbero un versamento da parte del costruttore di importi pari a quanto occorre garantire, vincolando detti versamenti su conti «bloccati» che rilasciano interessi irrisorie pretendendo cifre non trascurabili per il servizio reso al costruttore;
   anche le compagnie assicurative spesso si rifiuterebbero di rilasciare le polizze e quando lo fanno, da una parte pretenderebbero fideiussioni abnormi da parte del costruttore, e dall'altra cercherebbero di vendere «collateralmente» al costruttore altre polizze solitamente collegate a versamenti economici molto vicini alle cifre a dover garantire, chiedendo altresì premi assicurativi con percentuali non trascurabili;
   non trasparente e alquanto spregiudicato sarebbe altresì l'operato degli intermediatori finanziari;
   al riguardo il decreto non ha previsto alcun obbligo a carico delle banche o delle assicurazioni per il rilascio delle fideiussioni, né tantomeno ha indicato dei parametri economici calmieratori del prezzo della polizza;
   il costruttore si trova, pertanto, nella condizione di dover garantire il rilascio di una polizza all'acquirente, senza avere la possibilità concreta di poterla reperire sul mercato;
   tale decreto, così come emanato, ha generato una serie di evidenti lacune operative che «di fatto» stanno aggiungendo notevolissime difficoltà a quanti, nonostante la grave crisi economica che ha colpito il nostro Paese e, in particolare, il settore edile, ancora desiderano fare impresa;
   se da una parte è apprezzabile l'intento di voler opportunamente garantire gli acquirenti e perseguire quei costruttori che non adempiono a quanto promesso, dall'altra non lo si può fare imponendo obblighi materialmente non assolvibili o difficilmente assolvibili, con danno degli imprenditori –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda valutare l'opportunità di assumere iniziative per apportare modifiche al decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122, in particolare, in materia di rilascio delle polizze fideiussorie ai costruttori venditori, tali da rendere il dettato normativo concretamente attuabile. (4-10641)


   ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto penitenziario «Francesco Uccella» di Santa Maria Capua Vetere è attivo come casa circondariale dal 1996 e ha avuto un ampliamento nel 2013 con l'apertura di un nuovo padiglione detentivo per 370 detenuti;
   oggi ospita una sezione di reclusione per 200 detenuti, una sezione «salute mentale», una per tossicodipendenti, una femminile alta sicurezza, 5 due reparti alta sicurezza maschili, due reparti per detenuti comuni, una sezione protetta per sex offender, ed è dotato di 10 sale colloqui, oltre che di n. 2 campi sportivi, n. 5 palestre, un teatro, n. 5 biblioteche, n. 3 locali di culto, n. 2 laboratori ed un'officina;
   le aule scolastiche sono 20, mentre le stanze detentive sono complessivamente 392 e sono in corso lavori per dotare di doccia altre 60 stanze;
   presso la struttura i detenuti possono frequentare la scuola secondaria di 2o grado, l'istituto professionale — enogastronomico, il liceo artistico ed attività lavorative, quali sartorie, nonché compiere attività teatrali;
   nonostante tale condizione di generale efficienza, l'Istituto da diversi mesi sta subendo gravissimi casi di malfunzionamento che stanno provocando numerosi disagi alla popolazione detenuta, con particolare riferimento alla mancanza d'acqua;
   pur essendo intervenuto il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di concerto con l'ATO 2 e la regione Campania, ad oggi all'Istituto vive una gravissima condizione di precarietà che andrebbe affrontata immediatamente e se possibile risolta mediante soluzioni tecniche e finanziarie adeguate e definitive –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tali criticità e quali ormai improcrastinabili iniziative intenda adottare per garantire con continuità la fornitura idrica per la casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. (4-10652)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE e GULLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della ondata di maltempo che ha colpito la Sicilia orientale e di uno smottamento che ha invaso la carreggiata dell'autostrada Messina-Catania in data 5 ottobre 2015 è stata disposta la chiusura nel tratto Roccalumera-Giardini Naxos, in entrambe le direzioni di marcia;
   il traffico è stato temporaneamente deviato sulla strada statale di Sella Mandrazzi, che collega Barcellona Pozzo di Gotto a Giardini-Naxos;
   il 2 ottobre 2015 si era verificato un primo smottamento e il personale del Consorzio autostrade siciliane (Cas) era intervenuto per la messa in sicurezza del costone;
   al termine del vertice straordinario in prefettura a Messina si è deciso di riaprire nel corso della notte a cavallo tra il 5 e il 6 ottobre la carreggiata in direzione Messina che non è percorribile a doppio senso;
   quindi da Catania a Messina si viaggerà sull'A 18, mentre in senso inverso attraverso le deviazioni;
   per i mezzi pesanti il viaggio da Messina a Catania è stato dirottato in nave mediante imbarcazione della Caronte Tourist;
   questa decisione è stata presa perché, in particolare, i mezzi pesanti lungo la strada statale 114, si troverebbero di fronte ad un sottopasso di difficile superamento;
   il dato preoccupante è che non ci sono certezze sulla riapertura della carreggiata maggiormente interessata dallo smottamento del costone;
   si tratta di un ulteriore colpo al già fragile e precario sistema infrastrutturale dell'isola e in particolare all'economia siciliana;
   per l'Ance la frana sulla Catania-Messina ha di fatto tagliato la Sicilia in tre parti, e potrebbero esservi problemi per derrate alimentari e materie prime –:
   in considerazione della emergenza che si è venuta a determinare, quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere con la massima urgenza per il ripristino della viabilità e per affrontare in maniera definitiva, anche con misure straordinarie, la criticità infrastrutturale della Sicilia. (5-06580)


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia non più tardi del mese di dicembre 2015 sopprimerà i tre intercity che attualmente partono da Trieste e che, facendo tappa nel capoluogo polesano, terminano il proprio viaggio a Roma Termini;
   nel prossimo orario invernale, che entrerà in vigore dal 14 dicembre, non vi saranno più l'intercity 585 (partenza da Rovigo alle 10.22), il 595 (16.00) e l'intercity notte 771(1.19);
   questi convogli impiegano in media cinque ore e un biglietto di seconda classe costa 48 euro (41,50 di notte);
   la perdita dei tre intercity costringerebbe chi parte da Rovigo a fare affidamento esclusivo sulle Frecce, con costi di fascia spesso superiori ed orari più proibitivi, salvo programmare un cambio nelle stazioni più fornite come Bologna o Padova;
   solamente due treni «Freccia» collegano nell'arco della giornata direttamente il Polesine alla Capitale: il Frecciargento delle 8,13 e il Frecciarossa delle 16,13, con tempi di viaggio minori ma costi maggiori rispetto ai normali intercity;
   gli intercity sembrano a rischio in tutta Italia e, il piano dei tagli riguarda ben 84 corse;
   il taglio di queste corse sarebbe imputabile alla mancata proroga del contratto di servizio, in relazione al quale Trenitalia lamenta un mancato pagamento dallo Stato di circa 200 milioni di euro;
   i spesso i servizi di collegamento su rotaia sia per il trasporto pubblico nazionale che locale sono da tempo carenti e costantemente in riduzione, penalizzando città medio piccole per densità abitativa come Rovigo e territori particolari come il Polesine –:
   se intenda verificare il motivo dalla riduzione dei treni intercity sulla tratta Trieste – Roma e indicare quali iniziative intenda intraprendere per il mantenimento di livelli accettabili di servizio e di percorrenza da parte di Trenitalia.
(5-06582)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   ai danni della Sardegna si sta consumando un nuovo grave danno da parte del Governo Renzi relativamente alle infrastrutture statali;
   questa volta a restare tagliata fuori, per l'ennesima volta, è la strada statale 131; niente stanziamenti finora e solo qualche minimo stanziamento nel 2017;
   nell'ultima seduta di settembre la commissione di impatto ambientale ha dato il via libera ai progetti per cancellare gli svincoli a raso della Carlo Felice, ma il termine per appaltarli è scaduto il 30 giugno scorso;
   la norma del decreto «sblocca Italia» aveva previsto la revoca dei finanziamenti, anche quelli incerti e non definiti, se entro il 30 giugno 2015 non fossero stati appaltati e se non fossero stati cantierabili entro il 31 ottobre 2015;
   è evidente che essendo scaduti i termini dell'appaltabilità del 30 giugno 2015 risultano di fatto saltati anche quelli della cantierabilità;
   il meccanismo che danneggia di fatto la Sardegna, ancora una volta, appare chiaro all'interrogante: imporre tempi stringenti rispetto allo stato delle progettazioni e, in conseguenza di ciò, giustificare il mancato finanziamento;
   il Ministero è andato oltre: ancor prima di fissare i termini, non appare all'interrogante che vi fosse l'intenzione di assegnare fondi alla Sardegna a testimonianza di quanto appena esposto;
   in una tabella di un decreto ministeriale il Governo non solo non aveva assegnato risorse per quei tratti di strada, ma aveva dilazionato il possibile avvio dell'intervento addirittura al 2017;
   il Ministro Lupi prima e il Ministro Delrio dopo, di fatto hanno predisposto atti con i quali hanno fatto cadere la Sardegna nella morsa della revoca degli ipotetici finanziamenti;
   non c’è stato bisogno di attendere la revoca e, con grave pregiudizio per l'isola, hanno previsto uno stanziamento, tutto da verificare di 40 milioni di euro per il 2017, 80 ipotetici per il 2018, e 23 nel 2020;
   risuonano come ennesima beffa gli annunci di un anno fa quando regione e Governo comunicavano l'imminente messa in sicurezza di quei tratti della strada 131;
   sono stati cancellati anche i finanziamenti ipotetici per lasciare la Sardegna senza un solo «euro» per la strada statale 131;
   è fin troppo chiaro che se non interverrà una modifica dei termini della cantierabilità, fissati al 31 ottobre 2015, e una proroga di quelli scaduti per l'appaltabilità, anche quei fondi ipotetici del 2017 sono a rischio revoca, considerato che è ormai da tempo scaduto il termine per l'appalto fissato a giugno 2015;
   si rendono indispensabili l'immediata proroga dei termini e soprattutto l'assegnazione di fondi adeguati e immediati considerate le condizioni di sicurezza dell'arteria viaria principale della Sardegna;
   è inaccettabile che il Governo continui ad eludere le esigenze della Sardegna con promesse a giudizio dell'interrogante propagandistiche che poi si rivelano destituite di ogni fondamento;
   aver dilazionato ulteriormente i finanziamenti, al 2017, stabilendo termini difficili da rispettare, significa che il Governo sta attuando una politica meramente propagandistica con provvedimenti che attribuiscono e poi di fatto non assegnano i fondi per la Sardegna;
   in questo caso si tratta di una mancata assegnazione che sarebbe da approfondire considerato che decreto interministeriale era stato predisposto ancor prima della scadenza dei termini;
   aver dilazionato lo stanziamento preannunciato per il 2014 al 2017, con una cifra insignificante rispetto alle esigenze, significa che quelle opere non solo non saranno realizzate in tempi rapidi ma resteranno incerte nei tempi e nella loro completa realizzazione;
   il Governo deve già nel disegno di legge di stabilità prevedere la proroga dei termini per l'immediato avvio delle opere e nel contempo deve assegnare da subito le risorse necessarie per l'intera messa in sicurezza dell'arteria viaria;
   è gravissimo che si continui a perdere tempo considerato che la valutazione di impatto ambientale di quelle opere era stata approvata già nel 2003 sui progetti predisposti dall'allora presidenza della regione;
   sono passati 12 anni ed è stata necessaria una nuova procedura con adeguamenti progettuali a nuove norme e nuove procedure burocratiche;
   una politica dilatoria del Governo e della stessa regione che non solo non protesta ma accetta silenziosamente qualsiasi tipo di vessazione statale;
   la commissione di valutazione di impatto ambientale ha approvato i progetti relativi a:
    1) nuovo svincolo di Paulilatino al chilometro 120+000;
    2) nuovo svincolo di Mulargia-Macomer al chilometro 148+500;
    3) nuovo svincolo di Bonorva Sud al chilometro 158+000;
    4) nuovo svincolo di Bonorva Nord al chilometro 162+000;
    5) nuovo svincolo di Cossoine al chilometro 166+000;
    6) nuovo svincolo al chilometro 190+350;
   il nuovo svincolo di Paulilatino si attesta al chilometro 120+000 della strada statale 131 e va a sostituire l'attuale intersezione a raso presente fra la strada statale 131 e via Nazionale. Per lo svincolo è prevista:
    la realizzazione di quattro rampe di ingresso/uscita parallele;
    la sistemazione dell'attraversamento della strada statale 131 (già presente), per il collegamento delle aree poste a nord ed a sud della strada statale 131 e l'inserimento di due rotatorie poste nei tratti terminali dell'attraversamento, per il collegamento con i rami della viabilità locale;
    la sistemazione dei tratti di viabilità locale interferita, ricadenti nella zona di svincolo;
   il nuovo svincolo di Mulargia-Macomer al chilometro 148+500 della strada statale 131 va a sostituire le attuali intersezioni a raso sulla strada statale 131, distanti tra loro circa 500-600 metri, con la strada statale 129-bis, di collegamento con Bosa, e con la strada provinciale 62 di collegamento con Mulargia. Inoltre l'abitato di Macomer è servito sia dallo svincolo di Borore (chilometro 135,000) con la strada provinciale 33, sia dallo svincolo di Macomer sud (chilometro 138,500) con la strada statale 129 e strada provinciale 57. Per lo svincolo in oggetto è prevista:
    la realizzazione di quattro rampe di ingresso/uscita parallele;
    la sistemazione dell'attraversamento della strada statale 131 (attuale strada provinciale 62), per il collegamento delle aree poste a nord ed a sud della strada statale 131;
    la sistemazione delle viabilità locali interferite, ricadenti nella zona di svincolo, tra le quali la più importante e funzionale per lo svincolo la strada statale 129-bis «Trasversale Sarda»;
   lo svincolo Bonorva Sud viene adeguato nelle rampe esistenti lato carreggiata sud, ed implementato di due nuove rampe di ingresso/uscita nella carreggiata nord. Inoltre, in corrispondenza dello svincolo, viene risistemata la viabilità locale realizzando un nuovo attraversamento della strada statale 131. Per lo svincolo si prevede di realizzare:
    l'adeguamento delle due rampe di ingresso/uscita in carreggiata Sud;
    la realizzazione di due nuove rampe di ingresso/uscita in carreggiata Nord;
    la risistemazione della strada provinciale 125;
    la sistemazione della viabilità locale, compreso il nuovo attraversamento della strada statale 131;
   lo svincolo di Bonorva è attualmente caratterizzato da una doppia intersezione a T sulla strada statale 131 esistente. L'intervento in progetto, prevede l'ammodernamento del tratto della strada statale 131 – nel tratto in cui ricade lo svincolo oggetto di progettazione – alla sezione Tipo B del DM 6792, e l'inserimento delle rampe di ingresso/uscita dalla strada statale 131. Nello stesso svincolo è previsto:
    l'inserimento di un asse di attraversamento in sottopasso della strada statale 131 per il collegamento delle aree poste a nord ed a sud della strada statale 131;
    l'inserimento di due rotatorie nel tratti terminali dell'attraversamento precedentemente descritto per il collegamento con le viabilità locali;
    la sistemazione delle viabilità locali ricadenti nella zona di svincolo;
   lo svincolo Cossoine va a risolvere l'attuale intersezione a raso della strada statale 292dir sulla strada statale 131 in carreggiata sud, e completa lo svincolo in direzione nord con l'inserimento di due nuove corsie di ingresso/uscita. Per lo svincolo in questione è prevista:
    la realizzazione di quattro nuove rampe di ingresso/uscita parallele;
    la realizzazione del nuovo asse di attraversamento della strada statale 131 e di due rotatorie nei punti terminali dell'attraversamento stesso per la connessione delle rampe e dei rami di viabilità locale;
    la risistemazione della strada provinciale 124;
    la sistemazione dei rami di viabilità locale interferente;
   lo svincolo al chilometro 190+350 è volto ad eliminare la presenza di intersezioni a raso all'interno della carreggiata della strada statale 131 (sia al chilometro 190,000 sia al chilometro 193,000) che consentono attualmente la manovra di inversione di marcia previo allargamento ed interruzione locale della barriera centrale –:
   se non ritenga di dover assumere apposite iniziative normative per la modifica dei termini di appaltabilità e cantierabilità per le opere indicate in premessa relative alla messa in sicurezza degli svincoli i cui progetti sono stati approvati dalla commissione di valutazione di impatto ambientale;
   se non ritenga di dover anticipare gli stanziamenti annunciati per il 2017 in considerazione dell'avvenuta approvazione delle opere;
   se non ritenga, proprio in virtù delle condizioni infrastrutturali della Sardegna e del grado di pericolosità della principale arteria viaria, di dover assumere iniziative per stanziare adeguate risorse non solo per la messa in sicurezza degli svincoli richiamati ma anche per l'intero tratto della strada statale 131 a partire dal tratto Oristanese sino a quello di Porto Torres. (5-06591)


   CATALANO, PLANGGER, SOTTANELLI, OLIARO e PINNA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come documentato anche dalla stampa di settore (ex pluribus, Trasporti-Italia del 23 settembre 2015), la Banca del Mezzogiorno — MedioCredito Centrale, mandataria del gestore RTI ha specificato tramite apposita circolare n. 14 del 21 settembre 2015 che, a causa dell'esaurimento delle risorse disponibili, è sospesa l'operatività della sezione speciale per l'autotrasporto istituita con decreto del 27 luglio 2009 del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico e successive modifiche e integrazioni;
   il fondo di garanzia ha rappresentato in questi anni di crisi un sostegno importante per le imprese di un settore che, oltre a essere gravato da profondi problemi strutturali, sconta oggi il prezzo della crisi e la forte concorrenza proveniente dall'Europa orientale;
   in particolare, come denuncia Confartigianato Trasporti, «nel primo semestre del 2015 l'autotrasporto merci ha usufruito di circa 10 milioni di euro di garanzia dallo Stato che hanno in pratica permesso di realizzare circa 180 milioni di euro di investimenti in inorganizzazione, macchine, attrezzature ed impianti. Il venire meno di queste risorse significa ridurre la capacità di sfruttare appieno la ripresa economica» –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   se quanto premesso trovi conferma;
   come il Governo valuti, quanto a opportunità ed efficacia, l'azione fino ad oggi svolta dal fondo di garanzia nel settore del trasporto per conto terzi;
   se il Governo abbia intenzione e sia in grado di reperire ulteriori risorse al fine di consentire al fondo di riprendere operatività al più presto, eventualmente elevando il plafond destinato all'autotrasporto con connessa diminuzione di quelli destinati ad altri settori e oggetto di una più ridotta domanda di accesso al fondo. (5-06592)


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in base alle indagini eseguite dalla procura di Firenze, l'aggiudicazione degli appalti dell'Anas Toscana avveniva «sfruttando, nella maggior parte dei casi, lo stato di emergenza e di necessità causato da calamità naturali» (le indagini, denominate «Le strade dell'oro», condotte dalla polizia stradale della Toscana e dal Corpo forestale dello Stato hanno portato all'arresto di un imprenditore e di tre dirigenti dell'Anas Toscana oltre a ventiquattro indagati e a settantaquattro perquisizioni in tutta Italia);
   il procuratore Giuseppe Creazzo, durante una conferenza stampa, ha parlato di un «collaudato sistema di corruzione», di un «sistema che ha comportato danni per la collettività per molte decine di migliaia di euro. Venivano date mazzette corrispondenti al 5 per cento dell'importo dei lavori» (secondo quanto ricostruito dalla procura, l'imprenditore di cui sopra, finito ai domiciliari, avrebbe fornito «un pacchetto completo», facendo i sopralluoghi e predisponendo anche documentazioni complete per i bandi di gara);
   decine di appalti nella rete stradale della Toscana sono sotto indagine (si passa dai lavori «di somma urgenza» per opere sulla strada Tosco-Romagnola di importo pari a 200.000 euro a quelli con un importo dei lavori a base d'asta 3.258.622 euro in provincia di Prato) e, secondo gli investigatori che riportano un'intercettazione dei primi tre mesi del 2014, le imprese indagate avrebbero acquisito 5,5-6 milioni di euro, con l'obbiettivo di arrivare a 15 milioni;
   gli ultimi anni sono stati caratterizzati da indagini, processi e arresti che hanno riguardato in maniera pressante il mondo imprenditoriale e dirigenziale delle opere pubbliche e, anche in questo caso, la corruzione dilagante è riuscita a intelaiare un sistema mafioso nonostante i nuovi sistemi di controllo degli appalti (a tal proposito si cita quanto emerso da un'intercettazione telefonica in cui l'imprenditore arrestato esprime il suo giudizio sui nuovi sistemi di controllo degli appalti: «Non hanno fatto altro che aumentare i costi di produzione perché la corruzione è rimasta, anzi è aumentata... perché se c’è il controllo di un terzo, anche il terzo deve mangiare») –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto emerso dalle indagini effettuate dalla procura di Firenze relative al capillare sistema corruttivo ramificato tra i vertici Anas riguardante gli appalti nella rete stradale della Toscana e, nell'eventualità positiva, quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché la legalità e la trasparenza vengano rigorosamente ripristinate in tale ambito. (5-06595)


   SGAMBATO, MANFREDI, ROSTAN, COVA e VALERIA VALENTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 80, comma 8, del codice della strada, prevede la possibilità di affidamento in concessione quinquennale ad imprese private dei compiti di revisione dei veicoli a motore capaci di contenere al massimo sedici persone compreso il conducente, ovvero con massa complessiva a pieno carico fino a 3,5 tonnellate;
   l'articolo 80, comma 9, del codice della strada, recita: «Le imprese di cui al comma 8 devono essere in possesso di requisiti tecnico-professionali, di attrezzature e di locali idonei al corretto esercizio delle attività di verifica e controllo per le revisioni, precisati nel regolamento; ...»
   l'articolo 239, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada) statuisce: «Le imprese per le quali sono rilasciati gli atti di concessione devono essere dotate di locali che, oltre a possedere le prescritte autorizzazioni amministrative devono avere:
    superficie di officina non inferiore 120 metri quadrati;
    larghezza, lato ingresso, non inferiore a 6 metri;
    ingresso avente larghezza ed altezza rispettivamente non inferiori a 2,50 metri e 3,50 metri.»;
   le predette imprese devono essere, inoltre permanentemente dotate delle attrezzature e strumentazioni indicate nell'appendice X del Titolo III del Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, ovvero il banco di prova dei freni, l'opacimetro, l'analizzatore di gas di scarico, il banco prova giochi, il fonometro, il contagiri, il provafari, il ponte sollevatore, la fossa d'ispezione e il sistema di pesatura;
   l'accordo Stato-regioni-enti locali, sancito in Conferenza unificata con provvedimento del 14 febbraio 2002, recante modalità organizzative e procedure per l'applicazione dell'articolo 105, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, stabilisce che «Il controllo tecnico sull'idoneità dei locali, attrezzature e strumentazioni, propedeutico al rilascio dell'autorizzazione di cui al citato articolo 239 del Regolamento, è svolto dagli uffici provinciali del Dipartimento trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a norma dell'articolo 104, comma 1, lettera nn), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.»;
   con nota prot. n. 170/RIS/DGT/4 del 27 aprile 2015 la direzione generale territoriale del Sud del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sostiene, fra l'altro, che le attrezzature tecniche per la revisione dei veicoli possano essere ubicate in locali diversi dalle officine di autoriparazione senza alcun requisito dimensionale, in quanto la norma – secondo la direzione territoriale generale del Sud – «prevede precisi requisiti dimensionali solo per i locali officina delle imprese per le quali sono rilasciati gli atti di autorizzazione e non detta, invece, prescrizioni di alcun genere in ordine ai locali destinati a ricevere le attrezzature, qualora le stesse non siano installate nei locali di officina, limitandosi semplicemente a prevedere che le Imprese devono essere dotate di tali attrezzature.»;
   è, secondo gli interroganti, di palmare evidenza il travisamento della norma imperativa del codice della strada, atteso che «i locali idonei al corretto esercizio delle attività di verifica e controllo per le revisioni» sono, ovviamente, quelli «destinati a ricevere le attrezzature» necessarie per l'espletamento delle prove di revisione, ovverosia le strumentazioni di cui all'articolo 241, del decreto del Presidente della Repubblica 495 del 1992;
   una distorta interpretazione della materia consentirebbe, nel Sud-Italia, l'apertura di officine di revisione anche in locali di soli 20 metri quadrati, purché l'impresa titolare dell'officina sia dotata di locali, posti anche a chilometri di distanza, con superficie di officina non inferiore a 120 metri quadrati;
   l'inidoneità dei locali che ospitano le attrezzature e le strumentazioni necessarie per la corretta esecuzione delle prove di revisione inficia la regolarità stessa delle operazioni di revisione, minacciando gravemente la sicurezza della circolazione;
   la funzione pubblica di controllo sulla sicurezza degli autoveicoli da parte delle imprese di cui all'articolo 80, comma 8, del codice della strada è un compito importante e delicato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga necessario intervenire al fine di una revisione della nota della direzione generale territoriale del Sud prot. n. 170/RIS/DGT/4 del 27 aprile 2015;
   se e quali iniziative intenda assumere per garantire adeguati controlli a tutela della sicurezza stradale anche nel Mezzogiorno d'Italia. (5-06599)

Interrogazione a risposta scritta:


   TIDEI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Civitavecchia ha sottoscritto con le Ferrovie dello Stato la convenzione repertorio n. 61 del 20 febbraio 2001 «per la riqualificazione e valorizzazione del territorio dell'ambito di Stazione di Civitavecchia Centrale»;
   con deliberazione del consiglio comunale n. 121 del 1o dicembre 2001, su proposta di Rete Ferroviaria Italiana è stato approvato il programma di interventi finalizzato alla riorganizzazione infrastrutturale per la riqualificazione ambientale delle aree in località Bricchetto e stazione ferroviaria con annessa variante al piano regolatore generale (variante n. 31 al piano regolatore generale);
   a seguito della suddetta variante è stata sottoscritta una nuova convenzione avente per oggetto «Addendum alla convenzione del 20/02/2001 Rep. 61 – Comune di Civitavecchia-Ferrovie dello Stato, ora Rete Ferroviaria Italiana»;
   in data 19 ottobre 2004, a seguito di apposita conferenza di servizi conclusa il 30 ottobre 2003, è stato sottoscritto tra la regione Lazio e il comune di Civitavecchia un accordo di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con il quale è stato approvato il piano di assetto planivolumetrico e la connessa variante urbanistica n. 31 al piano regolatore generale;
   il suddetto accordo di programma è stato approvato con decreto del presidente della regione Lazio n. 536 del 27 dicembre 2004 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della regione Lazio del 10 febbraio 2005;
   la predetta variante è pertanto efficace tutti gli effetti con il Piano di assetto che prevede la realizzazione delle seguenti opere:
    1) edificio di metri cubi 50.000 dei quali 40.000 per servizi privati di interesse pubblico (commerciale e direzionale) e metri cubi 10.000 residenziali;
    2) edificio di metri cubi 20.000 da destinare ad attività turistico/alberghiere;
    3) edificio di metri cubi 30.450 da destinare a servizi pubblici per attività varie, scolastiche e sportive, culturali, ricreative, sociali, amministrative comunali e direzionali, e per edilizia sociale;
    4) nuova stazione ferroviaria per un volume complessivo di metri cubi 15.000;
    5) complesso scolastico a carattere comprensoriale;
    6) viabilità di collegamento veloce tra il porto e la zona a sud di Civitavecchia con una strada che, percorrendo aree all'interno dell'ambito di stazione, si immette sulla S.S. Aurelia all'altezza del cosiddetto Ponte delle Quattro Porte;
    7) nuova strada di piano regolatore che partendo dalla Via Vanvitelli nei pressi della sede comunale si congiunge con la S.S. Aurelia all'altezza di Viale Baccelli;
    8) parcheggio multipiano nei pressi del sottopasso pedonale per circa 500 posti auto;
    9) parcheggi circostanti la nuova stazione ferroviaria;
    10) opere varie di verde pubblico e di arredo urbano;
    11) cessione gratuita al comune dell'edificio cosiddetto Ferrotel e di edifici all'interno della stazione;
    12) cessione a titolo definitivo al comune delle aree in località Bricchetto e all'interno della stazione per la realizzazione di volumetrie pubbliche di competenza comunale e per opere di viabilità, verde, e arredo urbano per circa 30.000 metri cubi;
   i volumi di cui ai punti 1) e 2) per complessivi metri cubi 70.000 sono previsti in cessione dalle Ferrovie a privati con il ricavato da utilizzare per il nuovo edificio della stazione;
   la realizzazione dell'edificio di competenza comunale di cui al punto 3) di metri cubi 30.450 da destinare a servizi pubblici per attività varie, scolastiche e sportive, culturali, ricreative, sociali, amministrative comunali e direzionali, e per edilizia sociale è possibile solamente previa cessione a titolo definitivo delle aree di cui al punto 12) ad oggi ancora non avvenuta, essendo stata effettuata in data 18 marzo 2009 la sola cessione del possesso;
   non è possibile per lo stesso motivo nemmeno la realizzazione dell'edificio scolastico e delle opere viarie;
   le convenzioni di cui in premessa prevedono che le Ferrovie cedano a titolo definitivo le aree necessarie alla realizzazione del complesso scolastico sopra citato in sostituzione di un plesso destinato a diventare la sede per gli uffici comunali in modo da concentrare i servizi offerti alla città e risparmiare cospicue risorse (stimate in circa un milione di euro annui) per gli affitti di sedi distaccate;
   il comune aveva avviato le procedure per un progetto di finanza per la realizzazione dell'edificio di metricubi 30.450 da destinare a servizi cittadini da mettere a disposizione della città ed in parte da cedere a terzi;
   non risulta da parte delle Ferrovie avviata alcuna procedura per la cessione a privati del diritto ad edificare i volumi di cui ai punti 1) e 2) con destinazioni commerciali, direzionali, residenziali, turistico/alberghiere;
   tale inerzia impedisce e ritarda la realizzazione del nuovo edificio di stazione con tutti i servizi annessi che prevede al suo interno anche il nodo di scambio Ferrovia-pulman finalizzato a consentire lo smistamento dei passeggeri crocieristi non solo verso Roma ma anche verso destinazioni del comprensorio favorendo una crescita del turismo anche verso i paesi circostanti (il polo naturalistico di Tolfa-Allumiere, il polo archeologico di Tarquinia-Cerveteri). Impedisce altresì la realizzazione dei parcheggi che, oltre ad essere funzionali alla stazione, sono indispensabili per la collettività tutta considerata la pedonalizzazione del lungomare ex Water Front ora Marina;
   non risulta all'interrogante effettuata da parte delle Ferrovie la cessione a titolo definitivo di tutte le aree ed edifici previsti dalle convenzioni sottoscritte, ivi comprese quelle in località Bricchetto, che impedisce la realizzazione della viabilità di collegamento con la S.S. Aurelia a sud della città (peraltro prevista anche dal progetto generale viabilità parcheggi e servizi già approvato dal Comune di Civitavecchia con deliberazione del consiglio comunale n. 155 in data 29 luglio 1996 e dalla commissione tecnica consultiva regionale con voto n. 4471 del 9 novembre 1998) e la realizzazione della nuova via del P.R.G. che, oltre a collegare la zona del Bricchetto con la zona mediana della città, è di servizio per le attrezzature pubbliche previste dal piano di assetto;
   si ha notizia di interventi di ristrutturazione della vecchia stazione ferroviaria con investimenti di alcuni milioni di euro che di fatto vanificherebbero quanto previsto dal piano di assetto ovvero la realizzazione del nuovo edificio e quindi l'attuazione di tutte le previsioni sottoscritte con l'accordo di programma –:
   se e quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda adottare affinché le Ferrovie dello Stato italiane diano attuazione a quanto previsto nelle disposizioni convenzionali, a cui hanno fatto seguito i dovuti adempimenti formali da parte di tutti i soggetti interessati (comune di Civitavecchia e regione Lazio), per la realizzazione degli interventi di riorganizzazione delle aree citate in premessa. (4-10634)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   l'esercizio associato delle funzioni comunali vive una fase di transizione infinita a decorrere dalla legge n. 142 del 1990, passando per la legge n. 265 del 1999, la legge n. 42 del 2009, la legge n. 122 del 2010, la legge n. 148 del 2011, la legge n. 135 del 2012, la legge n. 56 del 2014 (cosiddetta «Delrio»), nonché attraverso il decreto legge n. 192 del 2014 che ha ulteriormente prorogato (per la quinta volta) al 31 dicembre 2015 l'unione obbligatoria dei piccoli comuni per l'esercizio delle funzioni fondamentali;
   l'ulteriore proroga risulta essere stata richiesta dalle amministrazioni locali, motivata dalle innumerevoli difficoltà derivanti dall'adeguamento alla normativa vigente;
   all'esercizio associato delle funzioni fondamentali corrisponderebbero, per i Governi che lo hanno di volta in volta disposto e modificato, risparmi di spesa per la finanza pubblica ed efficienza;
   ad oggi, risulta agli interpellanti che ciò sia un assunto privo di riscontro effettivo, dato che (anche) la Corte dei conti, nella sua relazione sulla gestione degli enti territoriali, dichiara che le unioni di comuni non garantiscono risparmi, anzi, nella maggior parte dei casi fanno crescere la spesa e ritiene «poco efficace questo metodo di razionalizzazione della spesa, in quanto nelle organizzazioni esistenti c’è un alto livello di rigidità che non consente di far registrare risparmio modulando le risorse utilizzate»; la Corte dei conti, in particolare, ha esaminato l'andamento di tre aggregati molto significativi di spesa corrente (personale, acquisto di beni e prestazioni di servizi), riscontrando come i risparmi auspicati rappresentino ancora dei «fenomeni discontinui e parziali e, soprattutto, apprezzabili solo confrontando l'anno di istituzione delle unioni con l'anno successivo, mentre praticamente nulle – almeno dai risultati di queste prime analisi sperimentali su gruppi di enti di numero limitato – se osservate prendendo come riferimento le gestioni singole antecedenti» –:
   quali siano, ad oggi, a ridosso della scadenza del termine, le risultanze in termini di adeguamento all'obbligo di costituirsi in unione da parte dei comuni interessati e quali risparmi si siano prodotti o si attendano.
(2-01107) «Cecconi, Dadone, Nuti, Cozzolino, D'Ambrosio, Dieni, Toninelli».

Interrogazioni a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, GRANDE, SPADONI, SCAGLIUSI e DI BATTISTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il fenomeno dell'immigrazione nel nostro Paese negli ultimi tempi ha assunto i connotati di una vera e propria emergenza;
   i dati del Ministero dell'interno, aggiornati al 17 luglio 2015, rilevano una presenza di circa 84.500 stranieri ospitati nel sistema di accoglienza italiano, tra centri governativi, strutture temporanee, posti per i richiedenti asilo;
   la regione che ospita il maggior numero di stranieri è la Sicilia (18 per cento), seguita da Lombardia e Lazio (con 1'11 e il 10 per cento, Campania e Puglia (con il 7 per cento), Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna (con il 6 per cento), Calabria (5 per cento), Marche, Friuli Venezia Giulia e Liguria (3 per cento), Sardegna, Abruzzo, Molise e Umbria (2 per cento) Basilicata e Trentino Alto Adige (1 per cento);
   secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, dei 188 mila stranieri che hanno affrontato i viaggi della disperazione nel Mediterraneo circa 97 mila sono arrivati in Italia;
   nel primo semestre del 2015 su 13.787 stranieri irregolari individuati sono stati allontanati 6.527 dall'Italia;
   il sistema di accoglienza, ad oggi, prevede differenti tipologie di strutture: i centri di primo soccorso e accoglienza (CPSA), i centri di accoglienza (CDA), il sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e i centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA), oltre ai centri di identificazione ed espulsione (CIE); per fronteggiare tale situazione lo Stato italiano investe centinaia di milioni di euro e, da ultimo, ha previsto nella corrente legge di stabilità lo stanziamento di 187,5 milioni di euro per l'implementazione dello SPRAR;
   molti fondi utilizzati per la gestione dell'accoglienza degli immigrati provengono dall'Unione europea;
   nel circuito dell'accoglienza sono coinvolti a vario titolo enti, cooperative e associazioni locali che gestiscono le strutture e ricevono finanziamenti per erogare servizi spesso insufficienti ad assicurare condizioni di vivibilità agli immigrati;
   a oggi è prevista una quota di 35 euro al giorno di rimborso spese per ogni ospite che non viene data all'immigrato ma a enti, cooperative e associazioni locali a copertura dei costi per vitto, alloggio, pulizia e manutenzione dello stabile, mediazione culturale, assistenza legale, visite mediche e, in alcuni casi, per l’iter burocratico per diventare rifugiati. Per gli immigrati in quanto tali, invece, c’è il «pocket money», ossia un buono per le spese quotidiane da 2,50 euro al giorno –:
   a quanto ammonti l'entità dei finanziamenti stanziati a copertura della quota giornaliera di 35 euro a immigrato, quali siano i criteri di distribuzione degli stessi agli enti, cooperative e associazioni locali e quali siano nello specifico le istituzioni, nazionali e non, preposte a erogarli.
(4-10645)


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Camerota e la frazione di Marina di Camerota, nel cuore del Parco nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni, in provincia di Salerno, rappresenta una delle mete turistiche più importanti a livello nazionale ed internazionale dell'intera costa campana, come confermato dai riconoscimenti in materia ambientale («premio spiagge più belle d'Italia 2013 e 2014» e «5 Vele» di Legambiente);
   l'affluenza turistica supera da alcuni anni la soglia del milione di presenze complessive in un territorio che, con i suoi 26 chilometri di costa (la più vasta di tutta la provincia salernitana), e i suoi 70 chilometri quadrati di estensione, è di per sé difficile da presidiare;
   il numero di famiglie che lamenta un grave disagio psico-sociale, indotto da una recrudescenza della microcriminalità, risulta essere in costante crescita tanto che il fenomeno è rilevato in maniera sempre più significativa anche nelle piccole comunità dell'entroterra salernitano come la stessa frazione di Marina di Camerota;
   le vicende di microcriminalità, che nell'ultimo periodo stanno affliggendo gli abitanti del comune di Camerota, si caratterizzano soprattutto per evidenti episodi di violenza. Notizie di stampa riportano, infatti, che nel mese di luglio 2015 nel porto, un gruppo di ragazzi ha malmenato un ragazzo poiché appartenente ad una comitiva proveniente da località limitrofe, e che sul litorale di Marina di Camerota un venditore ambulante originario del Bangladesh è stato aggredito e preso a pugni nei pressi di una struttura balneare davanti a numerosi bagnanti;
   gli episodi di violenza si sono rivolti anche a pubblici ufficiali, tanto che nel mese di aprile un colonnello della Guardia di finanza, dopo aver fatto notare a due uomini che il loro tender non poteva sostare in un punto della spiaggia di Cala Bianca, è stato colpito alla testa con un bastone;
   dal 2010 non è più presente il posto estivo di polizia di Stato che garantiva, anche nelle ore notturne, e in particolare dopo la mezzanotte, un presidio costante ed efficace del territorio;
   dal 2012, inoltre, non è più presente sul territorio, nonostante la disponibilità dell'amministrazione locale a coprirne i costi di affitto dei locali, il comando brigata della Guardia di finanza;
   i tagli degli ultimi anni hanno notevolmente ridotto la presenza delle forze dell'ordine ed oggi, come segnalato dal locale coordinamento cittadino di Forza Italia, l'amministrazione locale si trova a fronteggiare aggressioni ai commercianti, risse, furti ed episodi di vandalismo, principalmente nelle ore notturne, con due agenti di polizia locale e sette carabinieri;
   in particolare, si evidenzia che, a seguito del recente incremento della microcriminalità estiva, in seno alla popolazione si è diffuso un notevole senso di insicurezza e di abbandono da parte delle istituzioni;
   gli ultimi dati Istat, relativi al tasso di microcriminalità, mostrano che la situazione è preoccupante soprattutto nel sud d'Italia. Nel Mezzogiorno, si contano 93,9 rapine per 100 mila abitanti e tale dato è influenzato dal livello particolarmente elevato della Campania (173,3 rapine per 100 mila abitanti) seguita a grande distanza dalla Sicilia, che con 91,4 è la seconda nella graduatoria regionale;
   tale situazione, da ultimo, getta discredito su tutto il territorio campano e produce un grave danno di immagine soprattutto per la provincia di Salerno e quella che è considerata una delle perle della costa tirrenica –:
   se e quali iniziative di sua competenza il Ministro intenda intraprendere al fine di debellare la criminalità presente nel territorio del Cilento, in particolar modo nel comune di Camerota, e se non ritenga opportuno prevedere una presenza più capillare degli organi deputati alla sicurezza pubblica per intensificare l'attività di prevenzione e repressione dei fenomeni criminali. (4-10647)


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO, NARDUOLO, ROSTELLATO e ZAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 5 ottobre 2015 la polizia di Stato ha arrestato tre uomini che stavano per rapinare la banca di Credito Cooperativo di Sant'Elena a Saonara in provincia di Padova;
   le forze dell'ordine, nell'ambito di un'indagine su precedenti rapine, sono riuscite a intervenire prima che i tre malviventi entrassero nell'istituto di credito armati di un coltello e due pistole semiautomatiche;
   sono stati tratti in arresto Manuel Da Gonfo, 35 anni, di San Don di Piave, provincia di Venezia, Silvano Noventa, 59 anni, di Legnaro, provincia di Padova e Ercole Salvan 53 anni di Parma;
   Salvan e Noventa sono entrambe pregiudicati per reati commessi dalla mafia del Brenta, guidata da Felice Maniero negli anni 80 e 90;
   in particolare, Salvan fu coinvolto in una serie di procedimenti per furti e rapine e Noventa venne arrestato nel 1999 nell'ambito dell'operazione «Regina» per traffico di eroina proveniente dall'Est e destinata a tutto il Veneto e tre anni fa per un consistente traffico di cocaina;
   gli arresti di ieri seguono altri recenti casi nei quali appartenenti alla mafia del Brenta che risiedono e operano in Veneto in particolare tra le province di Padova, Venezia e Vicenza, sono stati arrestati per traffico di armi e stupefacenti e per rapine;
   negli ultimi anni numerose persone condannate nei processi contro la mafia del Brenta, scontata la pena, hanno ripreso l'attività criminale, commettendo gravi reati;
   in particolare nel 2012 un gruppo di criminali, tra cui alcuni appartenenti alla mafia del Brenta, aveva costituito una banda per rapinare supermercati e negozi con l'uso di esplosivo e armi;
   lo stesso anno è stata smantellata un'associazione, composta da almeno 18 persone, finalizzata al traffico di stupefacenti, con stabili contatti con gruppi camorristi, che aveva stabilito in Veneto la propria base logistica con piena disponibilità di armi ed esplosivi;
   nel maggio 2014, nel corso dell'operazione «Mask», sono state arrestate 16 persone, guidate da alcuni esponenti di spicco della mafia del Brenta, accusate di aver assaltato con armi da guerra decine di banche, centri commerciali e laboratori orafi in vari località del nord est;
   nell'ottobre 2014 le forze dell'ordine, nell'ambito dell'operazione «Masterchef», hanno arrestato tra Padova e Venezia 9 persone, tra cui diversi membri della mafia del Brenta, che avevano organizzato un traffico internazionale di stupefacenti tra Colombia, Lombardia e Veneto;
   nel febbraio 2015 la squadra mobile di Padova ha arrestato un pregiudicato, appartenente alla mafia del Brenta per detenzione di droga e armi da fuoco;
   nell'aprile 2015 la polizia di Padova ha sgominato un'organizzazione di trafficanti di droga, formata anche da appartenenti alla mafia del Brenta che operavano tra le province di Padova e Venezia;
   nel mese di settembre 2015 altri cinque malviventi sono stati arrestati per un traffico di stupefacenti destinati alla zona del Piovese, provenienti dai Balcani e dall'Albania: tra loro un appartenente alla mafia del Brenta;
   appare evidente agli interroganti che alcuni appartenenti alla mafia del Brenta hanno ricostituito un organizzazione in grado di commettere gravi reati, recuperando l'eredità criminale della mafia del Brenta con l'obiettivo accumulare ricchezze attraverso rapine e di investire i proventi illeciti nel traffico di sostanze stupefacenti;
   questi episodi dimostrano che gli appartenenti alla mafia del Brenta, una volta scontata la condanna per precedenti reati, hanno ripreso l'attività criminale utilizzando il sistema di relazioni e le strutture logistiche risalenti agli anni ‘80 e ‘90 ancora presenti nella regione;
   le numerose operazioni e i risultati significativi della polizia e della magistratura indicano un'attenzione particolare delle forze dell'ordine e dell'autorità giudiziaria per contrastare questo fenomeno –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative, di competenza intenda adottare per potenziare le strutture e le risorse per intensificare la prevenzione e il contrasto delle attività criminali organizzate dagli appartenenti alla mafia del Brenta. (4-10648)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie riportate da organi di stampa locali, nella giornata di venerdì 2 ottobre 2015 si sarebbe verificato un grave episodio di violenza ai danni della consigliera comunale e delegata provinciale dei Forum dei Giovani del comune di Postiglione (Salerno);
   come descrivono le cronache, Deborah Amoruso è stata aggredita e minacciata di morte durante un matrimonio, a Paestum, sotto gli occhi increduli degli invitati;
   in particolare, l'aggressore avrebbe più volte strattonato e minacciato di morte la consigliera Amoruso, accusandola di mettere a repentaglio la fabbrica di polistirolo, sita nella zona industriale di Postiglione, buttando così in strada una quarantina di operai;
   per molte volte la donna ha cercato di svincolarsi dal suo aggressore, che per altrettante volte l'ha raggiunta e minacciata di morte, di bruciarle casa e di fare del male anche alla sua famiglia;
   l'uomo non si sarebbe calmato nemmeno quando un suo ex collega di fabbrica, presente alla cerimonia ed in compagnia della consigliera, gli si è avvicinato per calmano e rassicurarlo sulla infondata notizia della chiusura fabbrica;
   l'inaccettabile aggressione sarebbe nata da un commento su facebook circa il licenziamento di un operaio della fabbrica, l'aggressore appunto, che sarebbe però privata e non avrebbe nulla a che fare con la pubblica amministrazione;
   ad avviso dell'interrogante, sono sempre più numerosi i casi di violenza che si verificano a danno di esponenti politici, spesso donne, in un quadro di pericoloso inasprimento del confronto politico che non si addice affatto al principio del rispetto della democrazia;
   la crisi economica si fa sempre più pesante e gli scenari più temuti sono propri quelli degli atti di singoli esasperati che quasi sempre colpiscono obiettivi sensibili come sedi politiche, istituzionali o persone aventi cariche pubbliche –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, atteso il ruolo di consigliere comunale della vittima, se risulti che la vicenda sia legata all'esercizio delle sue funzioni;
   quali iniziative di competenza intenda assumere per consentire il libero svolgimento dell'attività democratica e politica nel comune interessato. (4-10655)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il territorio salernitano, ormai da decenni, è soggetto a flussi migratori di varie etnie e natura, quasi sempre incontrollati e irregolari, ma negli ultimi anni il fragile equilibrio tra italiani e immigrati si sta spezzando, diventando una pericolosa «bomba sociale» pronta ad esplodere da un momento all'altro;
   è di pochi giorni fa l'ennesimo episodio di violenza che ha visto come protagonista un giovane marocchino che, in evidente stato di alterazione psicofisica, ha, dapprima, cominciato a denudarsi lungo la strada statale 18 per poi danneggiare, servendosi di una grossa spranga di ferro, le auto in sosta lungo la strada;
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa locali, l'uomo avrebbe persino sfondato il finestrino di un'auto in corsa tentando di colpire una donna e il neonato nel passeggino, scampati per miracolo all'aggressione;
   l'uomo è stato prontamente bloccato da un militare libero dal servizio, che proprio in quel momento rientrava a casa dal lavoro al comando provinciale carabinieri di Salerno, riuscendo a placcarlo definitivamente e disarmarlo;
   dalle indagini svolte si è scoperto che i carabinieri per ben due volte avrebbero già accompagnato il marocchino all'ospedale di Battipaglia, ma è sempre stato dimesso;
   i territori, in particolare quelli del sud Italia, sono al collasso e non si può più restare immobili di fronte a manifestazioni di violenza di chi invece dovrebbe ringraziare e rispettare una comunità che li ospita;
   a ciò si aggiunga che in un territorio così vasto come quello salernitano le forze dell'ordine sono in difficoltà, perché sono in numero troppo esiguo rispetto alle istanze di sicurezza e «normalità» disattese da decenni per effetto delle inaccettabili politiche di Governo in materia di sicurezza, condotte con i cosiddetti decreti «svuota-carceri» che, tra l'altro, hanno disposto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, e di immigrazione;
   si è di fronte a una spirale del degrado che ha una sola origine: l'abbandono del controllo del territorio, e la più totale mancanza di azioni che lo tutelino come un pezzo di Stato italiano –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intendano adottare per affrontare seriamente il problema del deterioramento della sicurezza nel territorio, frutto della carenza di organici provocata dal blocco del turn-over, e, in particolare, nelle province, come quella salernitana, dove il fragile equilibrio tra italiani e immigrati rischia di spezzarsi da un momento all'altro;
   se il marocchino autore dell'episodio di violenza di cui in premessa sia legalmente residente nel nostro Paese;
   se non intendano dare giusta considerazione al lodevole comportamento del militare intervenuto, libero dal servizio. (4-10656)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, PANNARALE, GIANCARLO GIORDANO, NICCHI, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, PLACIDO, QUARANTA, PIRAS, FERRARA, SCOTTO, FRATOIANNI e BRIGNONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo n. 5-01366 (interrogazione a risposta in Commissione presentata da Ricciatti Lara, il 4 novembre 2013, seduta n. 110) l'interrogante segnalava al Ministro interrogato la difficoltà per numerose famiglie con figli affetti da disabilità di vedersi riconosciuto il diritto all'educazione e all'istruzione, sancito nel nostro ordinamento da diverse fonti normative (tra le quali: la legge del 3 marzo 2009, n. 18, che ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, sottoscritta a New York il 13 dicembre 2006, che impegna gli Stati a riconoscere il diritto all'istruzione delle persone con disabilità; l'articolo 38, comma 3, della Costituzione; la legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate n. 104 del 1992) e ribadito con forza dalla sentenza n. 80 del 2010 della Corte Costituzionale (che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, «nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno»; l'articolo 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, «nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere insegnanti di sostegno in deroga, in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente») e da numerose sentenze del tribunale amministrativo regionale;
   in particolare si segnalava la carenza di insegnanti di sostegno rispetto alle necessità individuate, chiedendo quali misure intendesse adottare il Ministro interrogato al fine di «ripristinare la piena garanzia dei diritti delle persone disabili, così come previsto dal nostro ordinamento e ribadito dalle recenti pronunce della Corte costituzionale e dei TAR»;
   in quella sede (Risposta scritta pubblicata mercoledì 17 dicembre 2014 nell'allegato al bollettino in Commissione VII, 5-01366) il Ministro interrogato riferiva che al fine di assicurare continuità al sostegno per gli alunni con disabilità, unitamente alla piena realizzazione del diritto allo studio, in attuazione di quanto previsto dal decreto-legge n. 104 del 12 settembre 2013, era stata autorizzata, a decorrere dal 1o settembre 2013, l'assunzione a tempo indeterminato di unità di personale docente da destinare agli alunni con disabilità su posti vacanti e disponibili, nella misura di 4.447 per l'anno i scolastico 2013/2014 e 13.342 per il 204/2015, aggiungendo che il piano assunzioni straordinario previsto da «La Buona Scuola» e la costituzione dell'organico dell'autonomia avrebbe garantito l'utilizzo di personale specializzato che rispondesse sia al diritto dell'alunno disabile all'istruzione e alla sua crescita personale, sia all'esigenza delle famiglie di avere docenti formati e preparati;
   nonostante tali dichiarazioni, ad oggi continuano ad esserci numerose segnalazioni di famiglie che, ad anno scolastico iniziato, non hanno ancora visto riconosciuti i diritti richiamati, mediante l'assegnazione di un docente di sostegno per i loro figli disabili;
   tra i vari casi si segnala la vicenda di una famiglia residente a Senigallia (An) che ha sollevato il significativo pregiudizio al diritto all'educazione e all'istruzione, subito per la carenza di insegnanti di sostegno (come descritto in un articolo pubblicato sul Resto del Carlino, edizione di Ancona, 4 ottobre 2015). Nello specifico, si tratta di una, bambina di 9 anni iscritta alla quinta classe della scuola «Rodari» di Senigallia, affetta da Sma tipo 1, una grave disabilità che comporta la ventilazione meccanica assistita per 24 ore al giorno, anche se conserva il livello cognitivo. Fino all'anno precedente le erano state assegnate 5 ore di sostegno, insieme al progetto «scuola a domicilio» per i periodi nei quali non poteva frequentare la scuola. Le condizioni della bambina impediscono un suo inserimento in classe, tuttavia negli scorsi anni era seguita da una docente di sostegno, con l'assistenza di un infermiere, nella biblioteca della scuola, dove a piccoli gruppi altri bambini della classe condividevano con lei le varie attività scolastiche. Ad oggi a tale bambina non sarebbe stata assegnata alcuna ora di sostegno;
   la situazione, purtroppo, non riguarda solo casi come quello segnalato, ma pare essere più generalizzata. A fronte dei 120 mila docenti necessari a mantenere il rapporto di un docente ogni due alunni, infatti, risultano essere stati assegnati solo 90 mila posti; dei restanti 40 mila circa dieci mila saranno coperti con le nuove assunzioni, mentre i restanti posti risulterebbero ancora da destinare a docenti precari –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di provvedere con la massima urgenza all'immissione in organico dei docenti di sostegno mancanti, al fine di garantire il pieno adempimento del diritto all'educazione e all'istruzione;
   quali iniziative intenda adottare al fine di garantire la continuità didattica per gli alunni affetti da disabilità. (5-06584)


   DI BENEDETTO, CANCELLERI, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale n. 499 del 2015, emanato in attuazione dei commi da 87 a 91 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107 (cosiddetta Buona Scuola), prevede le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione, e relativa prova scritta finale, volta all'immissione di soggetti, in possesso di determinati requisiti, nel ruolo di dirigenti scolastici;
   tali soggetti sono individuati, dal comma 88 lettera a), in coloro già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie o che abbiano positivamente superato tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università, e della ricerca 13 luglio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;
   oltre che nei soggetti, individuati dal comma 88 lettera b), che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della legge n. 107 del 2015, alcuna sentenza definitiva, nell'ambito del contenzioso riferito ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 94/2004, al decreto del Ministero della pubblica istruzione n. 76 del 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010 n. 202;
   altresì, il comma 90 include, nell'elenco, anche i soggetti, di cui al comma 88, lettera a), che nell'anno scolastico 2014/2015 hanno prestato servizio con contratto di dirigente scolastico. Per costoro è prevista una sessione speciale d'esame consistente nell'espletamento di una prova orale sull'esperienza maturata, il cui superamento con esito positivo da luogo alla conferma dei rapporti di lavoro già instaurati con l'amministrazione;
   la ratio del dettame normativo consiste nella tutela di quei dirigenti scolastici della Lombardia e della Toscana, già nominati e contrattualizzati da alcuni anni, che rischiavano, senza loro colpa, di trovarsi senza presidenza scalzati da pronunciamenti tardivi della magistratura;
   in Sicilia, invece, la sanatoria ha riguardato i soggetti che non hanno superato tutte le fasi del concorso 2004, soggetti bocciati nel corso-concorso del 2006 e soggetti bocciati nella rinnovazione della procedura concorsuale 2010 n. 202. Non erano previsti, quindi, casi relativi al comma 88 lettera a) e comma 90, come per le regioni su citate;
   molti di questi aspiranti presidi non solo erano stati bocciati per ben due volte alla prova scritta e non avevano nemmeno superato la prova preselettiva del concorso del 2011, ma, in contrapposizione con quanto previsto dall'articolo 1 comma 88 lettera b), risultavano altresì avere ricorsi perenti o ricorsi con sentenze definitive;
   nonostante ciò, questi stessi sono riusciti a partecipare al corso di formazione e alla relativa prova finale, favoriti a giudizio degli interroganti da una negligente e poco trasparente gestione delle procedure da parte dell'ufficio scolastico regionale della Sicilia, il quale ammetteva i candidati al corso, con riserva di accertamento dei requisiti e facendo salva la facoltà di escluderli in ogni momento della procedura (finanche dopo la sottoscrizione del contratto individuale di lavoro);
   pur se tale operazione era legittima, poiché «contenuta» nelle maglie larghe della legge, i principi di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione avrebbero richiesto maggiore accuratezza dei controlli, ovvero la previsione di un obbligo per i candidati di un'autocertificazione riguardo al possesso dei requisiti richiesti prima dell'inizio del corso, ovvero di un'autodichiarazione di ricorso pendente;
   perciò molti degli esclusi dalla lista ufficiale, tra i quali vi erano anche ricorrenti del concorso 2004 e 2006 oltre che ricorrenti del 2011, hanno partecipato ugualmente al corso, con il beneplacito dell'ufficio scolastico regionale salvo poi, in corso d'opera, in data 18 agosto 2015, vedersi recapitare un decreto di espulsione (in numero totale pari a 36), riguardanti, in particolare, candidati in elenco del concorso 2006, dichiarato perento e dunque non in possesso dei requisiti previsti in forza del comma 88 lettera b) già citato;
   la «mala gestione» del concorso tenuto dall'ufficio scolastico poteva, altresì, ravvisarsi nell'emanazione del provvedimento finale prot. N. 11466 da parte della direzione generale, in data 6 agosto 2015, che conteneva l'elenco degli ammessi al corso intensivo di formazione, che necessita di numerose rettifiche e integrazioni. Veniva emanato, infatti, un'ulteriore provvedimento del 21 agosto 2015, che sanciva che gli ammessi alla prova scritta non erano più 153, come in origine, ma 120 e i non ammessi erano in numero pari a 36, come suddetto;
   nonostante ciò, il giorno della prova scritta nell'istituto adibito a sede della prova, i candidati pronti a svolgere la prova d'esame erano 150. Alcuni di essi esibivano contestualmente un decreto cautelare da parte del TAR di Palermo di riammissione. Tutto questo avveniva in carenza di controlli da parte del presidente della commissione d'esame;
   a tale situazione, si aggiungeva quella dei ricorrenti del concorso del 2011 i quali avevano ancora ricorsi pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie amministrative;
   così, al TAR Lazio venivano presentati numerosi ricorsi da parte di tali docenti che lamentavano una disparità di trattamento rispetto ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 88, lettera b), del decreto ministeriale n. 499 del 2015, chiedendo preliminarmente l'accoglimento dell'istanza cautelare e l'ammissione con riserva al corso intensivo di formazione e relativa prova scritta finale;
   in realtà, tali docenti non avevano superato tutte le prove scritte del concorso del 2011, ma, a differenza dei ricorrenti del 2004 e del 2006, avevano superato esclusivamente la prova preselettiva. Gli stessi lamentavano, inoltre, anche che i ricorrenti del 2004, 2006 avevano già potuto beneficiare in passato di una sanatoria. In effetti, la sanatoria vi era stata con legge finanziaria del 2007, oltre che con la legge 3 dicembre 2002 (cosiddetta legge Siragusa), che prevedeva la ricorrezione delle prove scritte in cui molti ricorrenti erano stati bocciati per una seconda volta; mentre, i concorrenti del 2006, con un anno di servizio come presidi incaricati avevano potuto partecipare al corso-concorso selettivo di formazione riservato, indetto ai sensi del decreto ministeriale 3 ottobre 2006;
   la posizione sostanziale, però, dei ricorrenti del 2011 non era assimilabile a quelli del 2004, 2006, tanto è vero che, con sentenza del 20 agosto 2015, il presidente del TAR Lazio, con decreto monocratico, rigettava la loro domanda di adozione di misure cautelari in quanto in una delle motivazioni si rilevava che l'esclusione dalla prova scritta, lamentata dai ricorrenti, si poneva in logico contrasto con la disposta ammissione con riserva da parte dell'amministrazione a seguito di determinazione spontaneamente assunta dalla stessa;
   bisogna menzionare, invero, un'altra impugnativa proposta dai presidi incaricati siciliani che avrebbero, in maniera diversa, titolo e giustificazione dopo anni di contratti di incarico di presidenza a una giusta e corretta sanatoria;
   in definitiva, il corso-concorso era stato indetto dalla direzione regionale della Sicilia per i ricorrenti che, non avendo superato il concorso ordinario del 2004 e del 2006, avevano presentato ricorso e avevano nel corso di questi anni conseguito delle sentenze favorevoli da parte della magistratura, che secondo gli interroganti ha operato con lentezza esasperante. In tali fattispecie, grazie anche alle inefficienze dell'ufficio scolastico regionale, si sono, in maniera a dir poco di dubbia legittimità, inseriti docenti che non avevano mai avuto alcun titolo alla partecipazione al corso, alla relativa prova scritta finale né tantomeno alla nomina di dirigente;
   la ratio della cosiddetta Buona Scuola era in senso deflattivo dei ricorsi pendenti nei confronti del Ministero per iniziare, con nuove procedure nazionali, l'espletamento del concorso per dirigente scolastico, cancellando le anomalie accadute in forza delle leggi regionali. Tale finalità non sembra attualmente essere stata rispettata –:
   se il Ministro intenda assumere iniziative nei confronti dell'ufficio scolastico della regione siciliana che ha gestito in maniera secondo gli interroganti inefficiente il corso-concorso per dirigenti scolastici, in contrasto con i princìpi di trasparenza, efficienza, nonché buon andamento della pubblica amministrazione;
   se il Ministero abbia tenuto in debita considerazione la posizione dei soggetti ricorrenti che hanno un contenzioso aperto riferito al concorso del 2011 ma che sono stati esclusi dalla previsione di cui al comma 88 lettera b) della legge n. 107 del 2015 e se intenda assumere iniziative o provvedimenti al riguardo.
(5-06601)

Interrogazione a risposta scritta:


   VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   i licei musicali vengono istituiti ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 recante la «Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;
   i licei musicali, operativi a partire dall'anno scolastico 2010-2011, rappresentano un'importante novità nel sistema scolastico italiano e si caratterizzano per la presenza nel quadro orario di un alto numero di ore di carattere specifico sotto forma di lezioni individuali di esecuzione e interpretazione (strumento musicale) e di lezioni collettive (laboratorio di musica d'insieme, tecnologie musicali, teoria, analisi e composizione e storia della musica);
   il liceo presenta due indirizzi: uno musicale e uno coreutico. Sul territorio nazionale le sezioni saranno istituite con l'aiuto di conservatori e accademie di danza locali. È a numero chiuso e si accede solo dopo aver superato un esame di ammissione;
   non esistono ancora le classi di concorso specifiche per gli insegnamenti delle materie di indirizzo dei licei musicali;
   le procedure di reclutamento dei docenti, in questi primi anni di attivazione, nonostante le chiare direttive del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono apparse spesso disomogenee fra i vari licei presenti sul territorio nazionale. In alcuni casi tali procedure sono sembrate condizionate più dall'esigenza di utilizzare personale in esubero e non, che di selezionare le nuove competenze specifiche;
   allo stato attuale, in fase transitoria, possono accedere all'insegnamento i docenti delle classi di concorso: A031, A032 e A077;
   in questi anni, i docenti a tempo determinato nominati per le suddette discipline dalle graduatorie scaturite dai bandi emanati dalle singole istituzioni scolastiche, provengono pertanto tutti dalle classi di concorso A031, A032, A077 e, in alcuni casi, così come previsto dalle convenzioni tra i licei e le istituzioni AFAM, anche da nomina diretta da parte dei conservatori di musica;
   l'articolo 6-bis del contratto collettivo nazionale integrativo dell'11 settembre 2014, concernente le utilizzazioni e le assegnazioni provvisorie del personale docente, educativo ed A.T.A. per l'anno scolastico 2014/15, prevede che sui posti che si rendono disponibili nei licei musicali e coreutica per gli insegnamenti di nuova istituzione vengono utilizzati i docenti titolari delle classi di concorso A031, A032 e A077 in possesso dei titoli previsti nella nota prot. n. A00DPER 3119 del 1o aprile 2014 – allegato E – tabella licei e sono esclusi i docenti delle suddette classi di concorso titolari sul sostegno che non abbiano ancora assolto l'obbligo quinquennale di permanenza. Tutti coloro che hanno titolo ai sensi del comma 1 possono produrre istanza di utilizzazione, anche parziale, intesa ad occupare le cattedre e gli spezzoni orario disponibili. Al fine di soddisfare le necessità di funzionamento delle nuove istituzioni scolastiche, nel quadro complessivo delle disponibilità su cui effettuare le operazioni di utilizzazione dovranno essere considerate tutte le ore che si rendano disponibili, ivi compresi eventuali spezzoni orario costituiti da un numero di ore anche inferiore a sei. Ai docenti parzialmente utilizzati in altro istituto su insegnamento di indirizzo del liceo musicale e/o coreutico non possono essere conferiti gli stessi spezzoni orari che si rendono disponibili nelle scuole di servizio a seguito della utilizzazione stessa e che diano luogo ad un orario settimanale superiore a quello previsto dal vigente CCNL. I docenti già utilizzati presso i licei musicali ordinamentali in attuazione del presente C.C.N.I. hanno diritto a domanda alla conferma con priorità, sul posto o sulla quota oraria assegnata nell'anno scolastico 2013-2014. Sulle eventuali nuove disponibilità le utilizzazioni sono effettuate, anche per il completamento dell'orario dei docenti confermati, sulla base della posizione occupata in graduatoria e tra essi precedono coloro che risultano appartenere a classi di concorso in esubero. I docenti in esubero privi di sede di titolarità e utilizzati parzialmente sui nuovi insegnamenti dei licei musicali in attuazione del presente articolo, ai fini di un eventuale completamento dell'orario di cattedra, possono essere utilizzati anche in altra classe di concorso esclusivamente nell'ambito della scuola secondaria di secondo grado sulla base dei criteri previsti al comma 3 dell'articolo 2 del CCNI;
   nell'articolo 2 del CCNI non figurano docenti di ruolo A031 e A032 e si prevede che i docenti, appartenenti a ruoli, posti o classi di concorso in esubero, possono essere utilizzati su progetti autorizzati, anche in via sperimentale, conferibili solo in assenza di qualsiasi posto disponibile ed assegnabile a livello provinciale; pertanto i docenti appartenenti alle classi concorsuali A031 e A032, di ruolo nella scuola secondaria inferiore, potranno chiedere di insegnare nella AJ77;
   i precari abilitati in graduatorie ad esaurimento e in graduatorie di istituto chiedono l'applicazione della norma che non offre la possibilità al docente di ruolo di una determinata classe di concorso, di spostarsi su altri settori concorsuali, qualora non sia «perdente cattedra»;
   ad oggi l'accesso di «utilizzati» provenienti dalle scuole medie ad indirizzo musicale e l'impiego di docenti sovrannumerari della classe A031 sta occupando la maggior parte delle cattedre dei licei musicali, nella previsione di istituzione delle nuove classi di concorso A53 (storia della musica)/A55 (strumento musicale)/A603 (tecnologia musicale)/A64 (teoria, analisi e composizione);
   la sentenza del 29 gennaio 2015 del giudice del lavoro di Potenza nella causa iscritta al n. 845/2014, respinge il ricorso di un docente di ruolo di scuola secondaria di I grado non in esubero contro l'ufficio scolastico regionale per la Basilicata – ambito territoriale di Potenza che, a seguito di richiesta di utilizzazione per l'anno scolastico 2013/2014 presso il liceo musicale di Potenza, vedeva non accolta la domanda di utilizzazione;
   il docente ricorrente affermava che l'articolo 6-bis del CCNI 2013 sulle utilizzazioni dei docenti, determinerebbe un preciso e analitico iter procedimentale al termine del quale, ove fossero disponibili ore nella scuola secondaria di II grado, si dovrebbe provvedere ad accogliere le domande di utilizzazione anche dei docenti non in esubero o soprannumerari;
   secondo il giudice, decisiva si presenta «l'elencazione di cui all'articolo 2 del CCNI sopra citata, il quale in maniera analitica e generale individua espressamente quali siano i docenti destinatari delle utilizzazioni. In tale elenco non figurano i docenti nelle condizioni del ricorrente, con la conseguenza che lo stesso non può considerarsi destinatario di utilizzazione. Se così è, allora, la norma del successivo articolo 6-bis deve essere letta in applicazione della generale disposizione dell'articolo 2, non potendo porsi una questione di norma speciale che deroga la norma generale, laddove quest'ultima (come nel caso di specie) altro non sia che proprio la norma che regola i confini e gli ambiti delle successive normative (contenute, peraltro, nel medesimo corpo negoziale). Se così è, allora, correttamente l'Amministrazione ha escluso il ricorrente dall'utilizzazione e la domanda deve essere respinta»;
   a giudizio degli interroganti, la sentenza nella causa iscritta al n. 845/2014 decisa all'udienza del 29 gennaio 2015 rappresenta una interpretazione chiara del CCNI sulle utilizzazioni dei docenti di ruolo nei licei musicali che necessita di un intervento ministeriale che indichi agli uffici scolastici regionali la corretta interpretazione delle norme e dei meccanismi di assegnazione delle cattedre nei licei musicali –:
   se il Ministro interrogato, alla luce della sentenza del giudice del lavoro che vede vincitore il Ministero, intenda assumere iniziative volte a dare una univoca e corretta interpretazione delle norme e dei meccanismi di assegnazione delle cattedre nei licei musicali. (4-10657)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   MELILLA. —Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a distanza di svariati mesi e dopo tante promesse, per i 350 ex dipendenti della Golden Lady di Gissi non è stata trovata alcuna forma di rioccupazione. La riconversione bis è fallita e la mobilità ormai è scaduta. Duecentocinquanta operai non hanno più alcun reddito;
   in una nota i sindacati hanno lanciato un accorato appello al Ministero per dare risposte a più di trecento famiglie per evitare che sprofondino in un drammatico limbo;
   le organizzazioni sindacali, unitamente a tutte le lavoratrici e ai lavoratori, chiedono la riconvocazione urgente di tutte le parti, compresa la Golden Lady, per avere finalmente notizie sulla vertenza e sulla riconversione;
   nell'ultimo incontro ministeriale, si era convenuto di portare avanti la discussione in sede regionale, per verificare possibili soluzioni. A questo si era aggiunta la disponibilità della regione Abruzzo, anche e soprattutto attraverso gli strumenti disponibili sia in termini normativi che economici. Però, dopo diversi incontri nel corso dei quali sono state riferite ai sindacati possibili soluzioni, da diversi mesi i lavoratori e i sindacati non hanno ricevuto più alcuna notizia circa il futuro occupazionale;
   ormai molti lavoratori coinvolti (100 già da un anno), sono usciti dal percorso di mobilità e sono in drammatiche condizioni economiche;
   inoltre, l'impatto negativo sull'occupazione di un territorio come quello della Val Sinello, già provato da tantissime altre situazioni di crisi è grave –:
   se non ritengano doveroso promuovere con urgenza un nuovo tavolo ministeriale di confronto con le parti sociali e gli enti locali per cercare soluzioni produttive e occupazionali e scongiurare questo dramma occupazionale. (3-01755)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, COLONNESE, BARONI, MANTERO, DI VITA e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 34 della Costituzione «La scuola è aperta a tutti». Al dovere statale di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte il diritto civico dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico. Lo stesso diritto fondamentale ed inalienabile della persona è sancito anche dall'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu;
   al fine di garantire il diritto all'istruzione a tutti i cittadini, anche a quelli impossibilitati fisicamente o psichicamente l'articolo 12, comma 2, della «legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate», legge 5 febbraio 1992, n. 104, statuisce che «È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie»;
   l'articolo 28 comma 1, della legge 30 marzo 1971, n. 118, introducendo la normativa per la frequenza scolastica stabilisce che ai soggetti disabili viene assicurato il trasporto gratuito dalla propria abitazione alla sede della scuola e viceversa;
   il decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, ha ridisegnato le competenze dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni rispetto all'istruzione scolastica. L'articolo 139 attribuisce alle province compiti e funzioni relativamente all'istruzione secondaria superiore, e ai comuni competenza sulle scuole di grado inferiore. Tra le funzioni attribuite a province e comuni sono compresi «i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio», quindi il trasporto scolastico;
   conseguentemente spetta alle province il compito di provvedere al trasporto scolastico relativo alle scuole superiori e ai comuni garantire il trasporto per tutti i gradi inferiori di istruzione, scuola dell'infanzia inclusa;
   peraltro, con la decisione 2631, depositata il 20 maggio 2008, il Consiglio di Stato ha definitivamente sancito l'obbligo e la gratuità del trasporto con assistenza anche alle scuole superiori a carico delle province, richiamando la sentenza n. 215/1987 della Corte Costituzionale che aveva sancito il principio secondo cui la frequenza scolastica non può essere semplicemente «facilitata», ma deve essere «assicurata»;
   in questi giorni, nella ex provincia di Ragusa, si sta assistendo ad una eclatante violazione del diritto all'istruzione dei ragazzi disabili delle scuole medie superiori, che non hanno potuto beneficiare del servizio di trasporto ed assistenza igienico personale garantito dalla provincia, oggi Libero Consorzio Comunale;
   nonostante il Ministero dell'interno abbia stanziato 414.000 euro per il trasporto dei ragazzi disabili alle scuole medie superiori, ad oggi il servizio non è partito e pare non potrà essere avviato a breve perché il Libero Consorzio Comunale non ha approvato il bilancio;
   in diverse province d'Italia la stessa situazione si presenta uguale ogni anno, generando una violazione del diritto di frequentare la scuola per tanti ragazzi disabili, nei primi mesi dell'anno scolastico e negando loro il diritto di seguire il programma scolastico di pari passo con gli altri alunni;
   dopo la soppressione delle province la relativa competenza del trasporto scolastico è ancora in via di definizione –:
   come si intenda porre fine a questa grave disuguaglianza sociale al fine di garantire il diritto costituzionale all'istruzione a tutti i ragazzi, trovando una soluzione definitiva al problema che si genera con cadenza annuale all'apertura dell'anno scolastico. (5-06597)


   CAPONE, MARIANO, LENZI, PICCIONE, BURTONE e VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   tra le misure di lotta alla povertà riservate al Mezzogiorno, il Governo ha previsto un intervento volto a contrastare la povertà assoluta, in quanto i dati disponibili evidenziano una particolare incidenza del fenomeno in queste regioni;
   la nota del Consiglio dei ministri «Il Mezzogiorno al lavoro. Misure urgenti per l'occupazione giovanile e contro la povertà nel Mezzogiorno» indica, infatti, che il 12 per cento dei meridionali è in permanente condizione di grave deprivazione e che al Sud un cittadino su tre della popolazione ha sperimentato forme di grave deprivazione in uno degli ultimi due anni, contro un cittadino su cinque nell'intero paese (Sud incluso);
   con queste finalità è stata estesa a tutto il Mezzogiorno la sperimentazione della carta acquisti di cui all'articolo 60 del decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, precedentemente riservata ad alcuni comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti, individuati in: Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, Verona;
   l'estensione della sperimentazione della carta acquisti a tutto il Mezzogiorno è finanziata con 167 milioni di euro per gli anni 2014 e 1015, mentre non risulterebbero risorse per l'anno 2016;
   attualmente le risorse per questa misura derivano da risorse già destinate al Mezzogiorno, in particolare dalla riprogrammazione delle risorse del fondo di rotazione di cui alla legge 16 aprile 1987, n. 183, già destinate ai programmi operativi 2007/2013 e alla rimodulazione delle risorse del medesimo Fondo di rotazione, già destinate agli interventi del piano di azione coesione, ai sensi dell'articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, previo consenso, per quanto occorra, della Commissione europea;
   le risorse disponibili sono ripartite tra tali ambiti territoriali, con provvedimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministro per la coesione territoriale, in maniera che ai residenti di ciascun ambito territoriale destinatario della sperimentazione, siano attribuiti contributi per un valore complessivo di risorse proporzionale alla stima della popolazione in condizione di maggior bisogno residente in ciascun ambito;
   allo stato attuale l'estensione nelle regioni meridionali della sperimentazione non sembrerebbe avviata –:
   quali siano stati fino ad oggi i motivi di un così notevole ritardo nell'attivazione della sperimentazione e se il Ministro non ritenga opportuno attivarsi fin d'ora affinché anche per il 2016 il Governo possa stanziare i finanziamenti necessari per prorogare ed eventualmente estendere questa misura. (5-06598)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FONTANELLI, GELLI e CARROZZA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Bassilichi spa, partner di riferimento per banche, aziende ed enti della pubblica amministrazione, nel 2011, attraverso 1'acquisizione della C-Global/Cedacri di Collecchio (PR), ha attivato la sua filiale a Pisa;
   nel 2014 l'azienda non ha risentito particolarmente della crisi economica in atto nel Paese e ciò gli ha permesso di chiudere l'esercizio finanziario 2014 con 320 milioni di ricavi ed una crescita del 25 per cento rispetto al 2013, avendo davanti a sé buone prospettive di crescita;
   nonostante ciò, il 1o settembre 2015 l'azienda Bassilichi spa ha annunciato un piano di riorganizzazione aziendale che prevede l'accorpamento delle proprie filiali, passando dalle attuali 27 alle future 12, e la conseguente chiusura della filiale pisana di Montacchiello, all'interno della quale sono attualmente impiegati 57 dipendenti. Filiale che fu inaugurata nel 2011 con propositi di sviluppo e di impegno sull'innovazione;
   le attuali dichiarazioni aziendali hanno sollevato forti preoccupazioni tra le organizzazioni sindacali e i lavoratori i quali non più tardi di un anno fa avevano sottoscritto un accordo che prevedeva una riorganizzazione aziendale attraverso la cessione di competenze e di attività a vantaggio dei altre società dell'azienda Bassilicchi spa in cambio del mantenimento dei livelli occupazionali sul territorio pisano;
   sulla base della chiusura della filiale di Pisa l'azienda ha annunciato il trasferimento di tutti i lavoratori in altre sedi, con l'evidente probabilità di scontare una serie di rinunce da parte di lavoratrici con figli e famiglia a carico;
   la regione Toscana, in seguito all'incontro svoltosi il 21 settembre 2015 con le rappresentanze sindacali e istituzionali, ha convocato la Bassilicchi spa per fare il punto sulla situazione societaria e per valutare le ragioni che hanno spinto l'azienda ad assumere la drastica decisione di abbandonare Pisa. Decisione che comunque produrrà una perdita secca di posti di lavoro sul territorio pisano –:
   quali iniziative intendano intraprendere, secondo le rispettive competenze, al fine di avviare un'interlocuzione tra l'azienda e le organizzazioni sindacali:
    a) affinché venga presentato il piano industriale da parte di Bassilichi spa e vengano trovate soluzioni condivisibili che garantiscano la continuità lavorativa per i dipendenti e le dipendenti della filiale pisana;
    b) affinché venga scongiurata l'ennesima chiusura di una realtà produttiva in un territorio che, per molti motivi, ha sofferto e continua a soffrire una forte crisi occupazionale, rassicurando gli oltre 50 dipendenti pisani della Bassilichi spa in merito al loro futuro lavorativo. (5-06587)


   PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Pali Italia (ex Tecnopali), ditta specializzata nel settore illuminazione, telecomunicazioni e alta tensione che opera a Parma e ad Anagni (Frosinone) da oltre trent'anni, a fronte del calo della domanda di mercato e della necessità di ristrutturare la propria posizione debitoria nei confronti delle banche, culminata nel gennaio 2013 con la richiesta di concordato preventivo, ha prospettato nei mesi scorsi la definizione di un nuovo piano industriale che avrebbe reso necessario un forte ridimensionamento dell'organico;
   il 28 novembre 2013 la Pali Italia s.p.a. ha sottoscritto, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un accordo di cassa integrazione guadagni straordinaria con le organizzazioni sindacali in favore di un massimo di 208 unità lavorative. Il trattamento è stato autorizzato con decreto ministeriale n. 78503 del 28 gennaio 2014 e successivamente prorogato con decreto ministeriale n. 84388 del 17 settembre 2014 fino al 19 novembre 2014;
   il 27 gennaio 2015 l'azienda ha depositato presso la cancelleria del tribunale di Parma il ricorso di ammissione alla procedura di concordato preventivo in bianco e nel corso della riunione svoltasi il 4 marzo 2015 al Ministero ha espresso la necessità di cessare le attività svolte presso i siti di Parma e Anagni (FR) convenendo con le organizzazioni sindacali di avanzare un'ulteriore richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria, per crisi aziendale e cessazione di attività per un periodo di 12 mesi a decorrere dal 19 febbraio 2015 in favore di un numero massimo di 156 unità lavorative;
   il 12 giugno 2015 l'amministrazione ha comunicato che, ai sensi dell'articolo 1, comma 9, della legge n. 223 del 1991 l'istanza presentata potrà essere presa in considerazione limitatamente al raggiungimento del limite dei 36 mesi di fruizione della cassa integrazione guadagni straordinaria, ma, considerato che gli stabilimenti di Anagni (FR) e Parma hanno già usufruito rispettivamente di 33 e 34 mesi di integrazione salariale, l'istanza non potrà sostanzialmente essere accolta per il periodo richiesto e concordato con le organizzazioni sindacali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e di quali iniziative intenda farsi promotore al fine di scongiurare che oltre 150 lavoratori rimangano privi di strumenti di ammortizzazione sociale a fronte di una crisi aziendale che pare essere ancora oggi in piena evoluzione. (5-06596)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il programma Garanzia giovani è il piano europeo sviluppato per la lotta alla disoccupazione giovanile che finanzia i Paesi membri con tassi di disoccupazione superiori al 20 per cento per sostenere i cittadini comunitari, o stranieri extra Unione europea, regolarmente soggiornanti, offrendo una possibilità qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato o tirocinio, entro 4 mesi dall'inizio della disoccupazione o dall'uscita dal sistema d'istruzione formale;
   secondo le statistiche Istat, il Mezzogiorno d'Italia nell'ultimo anno ha registrato la perdita di 100.000 posti di lavoro tra i giovani e un tasso di disoccupazione giovanile attestatosi al 43,3 per cento e quindi il piano Garanzia giovani avrebbe potuto rivestire un ruolo fondamentale visto il particolare momento di recessione economica che sta interessando il nostro Paese;
   invece, come l'interrogante ha più volte denunciato con atti di sindacato ispettivo (n. 5/03944; n. 5/04780) il piano in questione si sta dimostrando gravemente fallimentare, soprattutto rispetto alla sua operatività nelle regioni con i più alti tassi di disoccupazione;
   in particolare, per quanto concerne la regione Sicilia, si fa presente che dall'ultimo report pubblicato sul sito www.garanziagiovani.gov.it, si evince che la stessa registra il numero maggiore di adesioni: 129.997 giovani di cui 95.636 risulta siano stati presi in carico con patto di servizio. Al riguardo, si apprende, da articoli di giornali siciliani, che molti di questi giovani non hanno ottenuto il versamento dei corrispettivi previsti, pur avendo ricevuto nelle precedenti settimane comunicazioni dagli uffici dell'INPS che riportavano l'imminenza del saldo;
   ma vi è di più. Molti ragazzi denunciano un vero e proprio sfruttamento del lavoro, poiché sono stati inseriti nelle aziende come tirocinanti, ma di fatto vengono trattati come veri e propri lavoratori subordinati. Pertanto, c’è il serio rischio che i tirocini attivati con il piano siano fittizi e strumentali, per attingere a manodopera giovane e spesso molto qualificata, in maniera gratuita. Dal canto loro i ragazzi non solo vengono sfruttati, ma in più subiscono la beffa di vedere le prime indennità anche dopo 4-5 mesi dall'inizio dello stage;
   pertanto, alla luce delle apprese denunce da parte dei giovani aderenti al piano nella regione Sicilia, si rende necessario adottare le opportune iniziative rispetto all'operatività dello stesso, affinché i giovani ricevano puntualmente le indennità previste e vengano svolti concreti controlli per escludere casi di tirocini fittizi e quindi di sfruttamento del lavoro;
   tra l'altro, come già denunciato dall'interrogante in un precedente atto di sindacato ispettivo (n. 5/04780) si fa presente che l'operatività del piano in Sicilia ha già, inizialmente, messo in evidenza delle criticità, poiché in tale regione il bando è stato aperto e poi subito ritirato sollevando dubbi sulla trasparenza delle procedure adottate nell'erogazione dei finanziamenti –:
   quali siano i fondi stanziati per la regione Sicilia per rendere operativo il piano Garanzia giovani e se e quali iniziative siano state adottate per verificare specificamente come vengano impiegate tali risorse;
   quali siano le ragioni del ritardo nel pagamento delle indennità e se e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di porre rimedio a tale ingiusta situazione che, tra l'altro, rende frustrante il proseguimento dell'attività lavorativa dei giovani svolta sino ad oggi;
   se e quali iniziative intenda adottare affinché i tirocini attivati con il piano non siano fittizi e di fatto illegittimamente finalizzati per ottenere manodopera da parte delle imprese. (5-06602)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   trapelano molte indiscrezioni, voci e dichiarazioni riguardo alla possibile cessione della Versalis, società chimica dell'ENI, che danno per certa questa operazione con tutte le possibili conseguenze sull'industria chimica del nostro Paese;
   le organizzazioni sindacali Filctem Cigl, Femca Cisl e Uiltec Uil di Ravenna richiedono al più presto che le voci e le indiscrezioni che si susseguono da diversi giorni siano chiarite nelle sedi opportune. A oggi si è creata una situazione di allarme e di incertezza tra i lavoratori inaccettabile. È quindi necessario e urgente un chiarimento da parte di ENI alle tante domande che si pongono le organizzazioni sindacali e i lavoratori di Versalis sul loro futuro;
   un'eventuale uscita di ENI dalla chimica italiana sarebbe dannoso al «sistema Italia», in un momento di profonda crisi industriale del Paese è fondamentale che una grande azienda a vocazione industriale come Eni, nata in Italia e resa grande nel mondo dal lavoro e sacrificio di tanti italiani, consolidi e rafforzi la presenza in un settore strategico come la chimica, fondamentale per un Paese industrializzato;
   molti analisti insistono su come solo consolidando e investendo sul territorio nazionale nelle aziende come ENI si potrà garantire un futuro alle migliaia di lavoratori e dare una prospettiva a tanti giovani in Italia –:
   se risultino rispondenti al vero le voci che danno per imminente il disimpegno di ENI dal settore chimico in Italia;
   se non si intenda convocare urgentemente un tavolo di confronto fra Governo, le segreterie nazionali di Filctem, Femca e Uiltec ed ENI al fine di fare chiarezza sul quadro complessivo della situazione, determinare velocemente la prospettiva delle strategie dell'azienda Versalis fondamentale per l'industria chimica del nostro Paese e assicurare condizioni di garanzia per il futuro dei lavoratori. (4-10637)


   NICCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 28 settembre 2015 il sindacato aveva denunciato l'impiego da parte di alcune aziende agricole della zona di Empoli di manodopera illegale nei vigneti, procacciata da caporali;
   un articolo del Corriere Fiorentino del 2 ottobre 2015 ha evidenziato l'ampiezza del fenomeno del caporalato in Toscana;
   ogni giorno centinaia di persone si recano presso un'area di servizio del grossetano per essere reclutati da caporali che li trasferiscono in minibus presso svariate aziende vitivinicole toscane dove dall'alba al tramonto lavoravano come braccianti;
   evidentemente numerose aziende agricole toscane situate tra Siena e Grosseto hanno richiesto i servizi dei caporali per poter risparmiare sul costo del lavoro e poter contare su manodopera illegale e sottopagata;
   i lavoratori vengono pagati a giornata in nero, senza alcun contratto;
   si tratterebbe peraltro di aziende vitivinicole con produzioni di alta qualità;
   il caporalato, oltre che essere vero e proprio sfruttamento illegale, è anche una forma di concorrenza sleale verso gli altri imprenditori che impiegano manodopera legalmente;
   uno dei meccanismi utilizzati prevede un contratto d'appalto tra l'azienda agricola e un'azienda che fornisce nomi e cognomi di lavoratori addetti che non corrispondono poi né in numero né nei nomi a quelli che effettivamente si recano a lavorare;
   il presidente della regione Toscana ha affermato che «siamo di fronte ad una figuraccia internazionale»;
   l'assessore regionale toscano all'agricoltura ha affermato che «il caporalato va combattuto senza stregua perché umilia gli uomini e il loro lavoro»;
   il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Martina ha parlato il 20 agosto 2015 di una nuova certificazione «caporalato free» annunciando che a settembre sarebbe partita «una rete del lavoro agricolo di qualità che permetterà di avere un logo di certificazione del prodotto per garantire che l'impresa produttrice è certificata dal punto di vista della legalità e della regolarità, grazie alle attività di controllo che l'Inps, e non solo, farà» e che per combattere il caporalato è necessario anche intervenire «rapidamente sul fronte normativo con un aggiornamento delle pene e delle sanzioni» –:
   come sia stato possibile che ogni notte centinaia di uomini e donne si siano potuti ritrovare in una stazione di servizio regolarmente aperta senza che le forze dell'ordine se ne accorgessero;
   come si intenda intervenire perché episodi del genere non si ripetano più;
   come si intenda monitorare il fenomeno;
   quando il Governo interverrà con un'iniziativa normativa quadro che permetta di contrastare in maniera più forte fenomeni di lavoro irregolare e di caporalato anche attraverso l'aggiornamento e l'inasprimento delle sanzioni. (4-10650)


   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Cesd s.r.l., anche nota come Cepu Education Group, è una società operante nel settore dell'istruzione e della formazione professionale attraverso l'organizzazione di corsi di recupero anni scolastici e la fornitura di sostegno didattico a studenti universitari in difficoltà;
   la Cesd s.r.l. controlla marchi importanti come «Cepu», «e-Campus», «Grandi Scuole» e «Scuola Radio Elettra»;
   la società in questione contava fino a pochi mesi fa circa 120 sedi dislocate in tutta Italia e si avvale di circa tremila docenti (o «tutor»), i quali hanno lavorato in questi anni con contratti di collaborazione atipici nonostante il prolungarsi del rapporto professionale anche per più di un decennio;
   nell'aprile del 2015 il gruppo Cesd ha chiesto al tribunale di Milano il concordato preventivo, poiché la società verserebbe da anni in una grave crisi finanziaria, aggravata anche da contenziosi aperti con Inps ed Inail;
   effetto di questa crisi sono state le svariate chiusure di sedi ed il licenziamento di numerosi dipendenti nel corso del 2015;
   l'istanza relativa al concordato preventivo è stata discussa il 30 settembre di quest'anno, ed è servita per la Cesd s.r.l. ad ottenere un allungamento dei termini per presentare la proposta di concordato definitivo;
   la cosa più grave, tuttavia, è un'altra: da quanto è emerso da fonti stampa sembrerebbe che i tutor con contratti di collaborazione possano vedersi impossibilitati ad accedere alle indennità di disoccupazione (in particolare la «DisColl»), perché negli anni l'azienda non avrebbe versato regolarmente i contributi previdenziali trattenuti al dipendente;
   nel frattempo, tuttavia, la società sta accettando nuove iscrizioni ed impiegando i tutor per nuovi lavori senza che essi abbiano certezze in merito alla retribuzione spettantegli per tali lavori;
   secondo la procura di Roma l'amministratore delegato della Cesd s.r.l. sarebbe responsabile di evasione fiscale per quasi tre milioni di euro di Iva non pagata, e la società avrebbe accumulato negli anni decine di migliaia di euro di debiti con l'erario, i fornitori e gli istituti di previdenza –:
   se risulti al Ministro l'effettivo mancato pagamento dei contributi previdenziali trattenuti ai collaboratori con contratti atipici da parte della Cesd s.r.l.;
   quali iniziative urgenti intenda mettere in campo, per quanto di competenza, al fine di garantire che il gruppo Cesd s.r.l. regolarizzi i contributi non versati per i propri dipendenti;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per definire ulteriori norme di tutela per i lavoratori atipici, in particolare prevedendo che la «Dis-Coll» possa essere riconosciuta anche qualora sussistano delle irregolarità dei versamenti da parte dell'azienda, così da non penalizzare ulteriormente tale categoria di dipendenti. (4-10658)


   CENSORE e CASELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 5, comma 12, del decreto-legge n. 463 del 1983, stabilisce che l'INPS, per l'effettuazione delle visite mediche di controllo dei lavoratori, sentiti gli ordini dei medici, istituisca liste speciali di medici;
   la disciplina attuativa è stata definita da una serie di decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che, a partire dal decreto ministeriale 15 luglio 1986 (disciplina delle visite mediche di controllo), seguito dal decreto del 18 aprile 1996 (graduatoria provinciale, conferimento dell'incarico e definizione delle liste speciali, compensi, costituzione della commissione mista in ogni sede provinciale) poi dal 12 ottobre 2000 (conferma dei medici delle liste speciali) e infine dal decreto ministeriale 8 maggio 2008 (conferma della vigente disciplina delle visite mediche di controllo fino a completa rivisitazione della disciplina da effettuarsi entro 12 mesi, compensi aggiornati), hanno disciplinato la materia nel dettaglio;
   il comma 10-bis articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013, in materia di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni, come modificato dal comma 340 della legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013), ha trasformato le liste speciali in liste speciali ad esaurimento, nelle quali sono stati confermati i medici già inseriti alla data del 31 dicembre 2007, e ha vincolato l'INPS ad avvalersi, in via prioritaria, dei medici iscritti nelle liste speciali ad esaurimento;
   la Commissione affari sociali della Camera, nel documento conclusivo approvato il 27 maggio 2014, al termine dell'indagine conoscitiva sull'attività dei medici di controllo dell'INPS, ha ribadito l'utilità della medicina fiscale e la necessità di garantire stabilità lavorativa ai medici fiscali;
   l'articolo 17 della legge n. 124 del 7 agosto 2015, sul riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, al comma 1, lettera l), stabilisce la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione all'Istituto nazionale della previdenza sociale della relativa competenza e delle risorse attualmente impiegate dalle amministrazioni pubbliche per l'effettuazione degli accertamenti, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per la quantificazione delle predette risorse finanziarie e per la definizione delle modalità d'impiego del personale medico attualmente adibito alle predette funzioni, senza maggiori oneri per la finanza pubblica e con la previsione del prioritario ricorso alle liste di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e successive modificazioni;
   la normativa vigente sopracitata prevede quindi che le visite fiscali debbano essere effettuate dai medici delle liste speciali istituite con il decreto-legge n. 463 del 1983 e prioritariamente dai medici delle liste speciali ad esaurimento di cui al comma 10-bis articolo 4 del decreto-legge n. 101 del 2013 e successive modificazioni, con compensi a prestazione stabiliti dal decreto ministeriale 8 maggio 2008; la legge n. 124 del 7 agosto 2015 stabilisce che spetta al Governo, con decreto attuativo, previa intesa con la Conferenza delle regioni, conferire all'INPS l'esclusività del servizio della medicina fiscale di controllo e stabilire la quantificazione delle risorse finanziare e le modalità di impiego del personale medico attualmente adibito al predetto servizio:
    alla luce di quanto sopra esposto e in virtù della necessità di trasparenza, occorre verificare il rispetto della normativa vigente e del ruolo assegnato all'INPS –:
   se il Ministro interrogato, sia a conoscenza del bando preannunciato dai dirigenti medico-legali dell'INPS responsabili delle commissioni mediche locali delle sedi provinciali, per l'affidamento di incarichi dal gennaio 2016, a tempo determinato con retribuzione oraria, per medici esterni che, pur non appartenendo alle liste speciali ad esaurimento, dovrebbero svolgere servizio di medicina fiscale di controllo domiciliare oltre che in relazione all'invalidità civile;
   se il Ministro sia a conoscenza delle iniziative assunte dall'INPS che di fatto inducono i medici fiscali delle liste ad esaurimento a partecipare al bando per adempiere ai controlli fiscali domiciliari e a sottrarre a un contratto a tempo determinato a retribuzione oraria quando per i controlli fiscali domiciliari è già in essere una collaborazione a tempo indeterminato ultra ventennale tra i medici fiscali e l'INPS, di natura libero-professionale, normata da leggi, decreti-legge e decreti ministeriali specifici e con compensi a prestazione stabiliti dal decreto ministeriale 8 maggio 2008;
   quali iniziative intenda assumere per garantire che nel sopracitato bando siano specificati in modo chiaro, analitico ed inequivocabile non solo i criteri di valutazione e la loro specifica applicazione nella successiva graduatoria per la valutazione dei titoli, ma anche le mansioni in cui verrebbe utilizzato il personale selezionato, con l'esplicita esclusione della medicina fiscale di controllo domiciliare, già svolta con professionalità ed efficacia dai medici delle liste ad esaurimento, come risulta dall'indagine della Commissione affari sociali, in attesa del decreto attuativo del Governo, a cui spetta, previa intesa con la conferenza delle Regioni, la definizione delle modalità di impiego del personale medico attualmente adibito alle funzioni di controllo fiscale in relazione alle assenze per malattia dei dipendenti pubblici e privati. (4-10659)


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo deve agire concretamente sulle questioni industriali della Sardegna, considerato che ad oggi queste, non solo non sono state risolte, ma risultano gravemente compromesse;
   la questione aperta di Ottana Energia, il riconoscimento del regime di essenzialità per tale centrale elettrica che scadrà il 31 dicembre 2015 e la ripresa produttiva dell'ex Enichem di Ottana, costituiscono questioni non affrontate e che restano irrisolte;
   si rende indispensabile assumere iniziative affinché l'Eni ceda la linea produttiva indispensabile a ricostituire la filiera chimica essenziale per lo stabilimento di Ottana Polimeri;
   il Governo deve fornire le necessarie garanzie per la proroga della cassa integrazione straordinaria dei lavoratori di Ottana che scade a novembre 2015;
   il Governo deve garantire la ripresa produttiva degli impianti di xileni, dello stabilimento Versalis di Sarroch, che forniva a Ottana il paraxilene e verificare la possibilità tecnica ed economica che questi impianti possano essere rimessi in marcia anche senza la gestione diretta dell'Eni, proprietaria dello stabilimento;
   con una risposta disarmante del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianclaudio Bressa, ad una precedente interpellanza urgente, il Governo ha affermato: «Per quanto riguarda la questione dell'Alcoa e le altre questioni sollevate di Ottana – e come il Presidente del Consiglio dei ministri aveva indicato – entro il mese di settembre verranno fatti i tavoli per definire compiutamente le questioni e siamo prossimi all'istituzione di questi tavoli»;
   il Presidente del Consiglio dei ministri – ha dichiarato il Sottosegretario – si è impegnato ad aprire dei tavoli a settembre;
   settembre è trascorso e nessuna iniziativa è stata assunta;
   il Governo propone ancora tavoli perché sostanzialmente si sta puntando a prendere ancora tempo su un tema come quello di Ottana aperto da oltre un anno;
   da oltre un anno lo stabilimento è chiuso e non è stata ancora rinnovata la cassa integrazione;
   nessuna risposta si è avuta sulla proroga dell'essenzialità per la centrale energetica di Ottana e nessuna risposta si è inoltre avuta sulla cessione degli impianti Eni al polo di Ottana;
   si registra una situazione in cui il Governo appare all'interrogante assente e latitante, sostanzialmente agendo in modo simile ai responsabili della regione –:
   se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative e quali, per garantire la ripresa produttiva del sito industriale di Ottana, con particolare riferimento all'essenzialità della centrale Ottana Energia;
   se intendano intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per favorire la cessione degli impianti di xileni dello stabilimento Versalis di Sarroch, che forniva a Ottana il paraxilene e verificare la possibilità tecnica ed economica che questi impianti possano essere rimessi in marcia anche senza la gestione diretta dell'Eni, proprietaria dello stabilimento;
   se intendano assumere iniziative volte ad ottenere il rinnovo della cassa integrazione per i lavoratori del polo industriale di Ottana in scadenza nel prossimo mese di novembre; (4-10664)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANINI, PRINA e PAOLO ROSSI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   le colture orticole «minori», così dette solo perché non impegnano centinaia di migliaia di ettari, sono una realtà decisamente importante per l'agricoltura, in grado di costituire una fonte di integrazione al reddito per le aziende ed un significativo presidio per il territorio contribuendo a mantenere vitali aree marginali altrimenti destinate al degrado;
   il riferimento è a colture orticole quali basilico, bietola, cavolo broccolo, cicoria, prezzemolo, spinaci, sedano, zucca, fagioli borlotti, fagiolini, piselli, zucchini, melanzane e altre il cui consumo sta progressivamente crescendo anche a causa dell'affermarsi della cultura della stagionalità, di prodotti a chilometro zero e produzioni biologiche;
   oltre a rappresentare un grande valore economico per l'agricoltura italiana, le colture «minori» contribuiscono validamente al consumo di prodotti ortofrutticoli «naturali», consumo peraltro incoraggiato dai programmi di promozione di modelli di consumo salutistici;
   l'ampiezza di questo settore può essere desunta dalle colture orticole «minori» destinate alla surgelazione, per le quali sono disponibili più dati: queste colture rappresentano circa 20.000 ettari coltivati per una produzione lorda vendibile superiore alle 200.000 tonnellate, ma altrettanto ampia è la superficie di ortaggi destinati al consumo fresco o ad altri tipi di lavorazione;
   più volte le organizzazioni economiche del settore agro-alimentare hanno richiamato l'attenzione delle autorità nazionali e comunitarie, sulla grave situazione determinata dalla mancanza di sostanze adeguate ad assicurare a tali coltivazioni la protezione dalle avversità naturali;
   ne sono causa una serie di norme burocratiche, sia a livello europeo sia nazionale, che, pur in fase di revisione e semplificazione, complicano enormemente le procedure di registrazione dei fitofarmaci per queste colture;
   le stesse problematiche sono presenti per le colture sementiere che nel nostro paese sviluppano un'importante cifra d'affari ed anche per i frutti cosiddetti «di bosco»;
   per affrontare organicamente questi problemi la Commissione europea ha di recente istituito un gruppo di coordinamento a livello europeo, operativo dal 1o settembre 2015, che vede partecipe insieme agli operatori del settore anche rappresentanti di tre stati membri, Francia, Germania e Olanda, con il compito di coordinare gli sforzi a livello europeo per risolvere la problematica delle cosiddette «colture minori» o «usi minori», affrontandola in modo organico –:
   per quale motivo al lavoro di tale gruppo non sia stato chiamato da subito anche un rappresentante dello Stato italiano stante l'importanza di tali colture per l'agricoltura nazionale;
   se e come intenda il Governo operare per favorire la semplificazione delle procedure nei casi in cui si tratti, ad esempio, di «estensioni all'impiego» di sostanze già autorizzate per altre, colture simili;
   se sia stato istituito il «tavolo» tecnico sulle tematiche d'interesse fitosanitario, tavolo nel quale dovrebbe trovare spazio un «sottotavolo» specifico per i cosiddetti «usi minori» a cui far partecipare le associazioni di categoria e gli enti dei settori coinvolti per poterne affrontare organicamente le problematiche. (4-10633)


   ATTAGUILE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2015 il territorio dei comuni del Calatino (Catania) è stato interessato da una pioggia persistente, accompagnata da una intensa e duratura grandinata che ha compromesso le coltivazioni locali, in particolare, oliveti, frutteti e carciofeti, causando gravissimi danni alle produzioni, alle strutture, infrastrutture e provocando smottamenti che in alcuni casi rendono impossibile il transito nelle aziende agricole;
   l'evento ha danneggiato in particolare gli agrumeti, i cui impianti sono stati in alcuni casi distrutti nella struttura e le produzioni letteralmente staccate dalle piante, proprio nella loro fase di ingrossamento, nonché gli impianti di oliveti già prossimi alla raccolta. In alcune zone si è arrivati ad una perdita di produzione lorda vendibile per l'annata corrente del 100 per cento e sicuramente, vista la gravità delle lesioni alle strutture vegetali, vi saranno ripercussioni anche per le future annate;
   ai recenti eventi alluvionali si aggiunge poi un'altra piaga che si abbatte sul comparto agrumicolo siciliano ovvero quella scaturita dal Citrus Tristeza virus più conosciuto come «Tristezza degli agrumi». Il virus ha devastato, in questi anni nelle campagne del catanese e del siracusano, circa 32.000 ettari di agrumeti per la quale non vi è un rimedio fitopatologico, ma l'unico metodo di controllo della patologia è la riconversione produttiva degli impianti con l'utilizzo di portainnesti tolleranti e l'adozione di un'adeguata politica di monitoraggio e prevenzione dei ceppi più virulenti oltreché la distruzione delle piante definitivamente compromesse a seguito di ordinanza del servizio fitosanitario regionale;
   se non si interviene con determinazione ed urgenza si rischia di assistere ad un ulteriore drammatica crisi economica nelle famiglie degli agricoltori e del tessuto economico del territorio siciliano compromettendo in modo irreversibile redditi e occupazione –:
   se ritenga opportuno, in considerazione della gravità dell'accaduto, assumere iniziative per prevedere misure straordinarie per affrontare l'emergenza nei territori colpiti e per finanziare adeguatamente gli interventi utili al sostegno degli agricoltori siciliani che si trovano a fronteggiare le perdite dei loro raccolti, anche futuri, provocati dalla straordinaria grandinata nonché al fine di consentire una immediata ripresa del comparto agrumicolo;
   se intenda intervenire, a sostegno delle aziende agrumicole siciliane colpite dal Citrus Tristeza Virus, prevedendo appositi finanziamenti per la riconversione degli impianti agrumicoli infetti. (4-10646)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CRIMÌ, STELLA BIANCHI e COVA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   le vaccinazioni della popolazione sono una misura sanitaria preventiva di grande importanza. Negli anni hanno contribuito in modo fondamentale ad aumentare la speranza di vita delle persone, riducendo l'insorgere di malattie infettive, di tumori di origine virale e di patologie di vario genere, contrastando la diffusione di malattie gravi e mortali quali, per esempio: il tetano, la difterite, la poliomielite, l'epatite virale B, la pertosse, il morbillo, la rosolia, la parotite, la meningite, l'infezione da papillomavirus umano (che colpisce più di 3500 donne l'anno e ne uccide più di mille, causando il tumore al collo dell'utero, e che ha avuto una forte riduzione d'impatto proprio grazie alla forte campagna di vaccinazioni infantili), talvolta riuscendo ad eradicarle dal mondo, come accaduto, un esempio sopra tutti, per il vaiolo (che si ritiene responsabile della morte di più di 300 milioni di persone solo nel XX secolo);
   grazie alle vaccinazioni si riesce oggi a contrastare le malattie di nuova generazione, come l'influenza aviaria, quella suina e l'ebola per le quali, senza il contrasto consentito da questi trattamenti, vi sarebbe campo libero, con danni incalcolabili in termini di vite umane;
   l'efficacia dei vaccini però è proporzionale alla loro diffusione. È necessaria, pertanto, una larga copertura vaccinale affinché vi possano essere benefici per un'intera collettività in termini di miglioramento della salute generale e di riduzione delle malattie infettive e dei conseguenti decessi;
   da questo punto di vista le campagne d'informazione sulla necessità delle vaccinazioni di massa sono state negli anni sempre più ridotte lasciando così spazio a diffidenza e disinformazione. Purtroppo, si è via via diffusa tra i cittadini la falsa convinzione che la vaccinazione sia esclusivamente un espediente per arricchire le case farmaceutiche e che addirittura possa nuocere alla salute dell'individuo; in particolare, si è diffusa l'infondata convinzione di una connessione tra i vaccini e l'autismo;
   sono diversi i genitori che evitano di vaccinare i neonati per il timore che possano esserci gravi conseguenze, dimenticando che proprio i bambini, in assenza di adeguata copertura vaccinale, sono i soggetti più a rischio di contrarre malattie infettive;
   l'Organizzazione mondiale della sanità, nel suo ultimo rapporto sul tema, ha rilevato come l'inquietante ritorno negli Usa del morbillo e di altre patologie scomparse da tempo si possa ricondurre alla diffusa diffidenza degli abitanti di quella nazione verso i vaccini;
   l'Agenzia Italiana per il farmaco e l'Istituto superiore di sanità, in questi giorni, hanno lanciato l'allarme per la forte riduzione delle coperture vaccinali nella popolazione. Si è dichiarato che la copertura vaccinale nel nostro Paese è al limite della soglia di sicurezza. Una così forte riduzione equivale ad interrompere il processo di prevenzione avviato con la copertura vaccinale di massa, con la conseguenza gravissima del ripresentarsi di malattie eliminate da anni –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro per far fronte alla bassa percentuale di vaccinazioni in atto e se ritenga necessario avviare una profonda e diffusa campagna d'informazione e sensibilizzazione sul tema. (4-10635)


   D'AGOSTINO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la regione Campania, già nel 2003 con la legge n. 2 dell'11 febbraio, si è dotata di uno strumento normativo adeguato alle esigenze dei pazienti celiaci;
   tale legge prevede che gli stati morbosi per i quali è ammessa l'assistenza sanitaria mediante erogazione di prodotti dietetici sono:
    a) errori metabolici congeniti quali fenilchetonuria, leucinosi, galattosemia;
    b) morbo celiaco o intolleranza al glutine;
    c) fibrosi cistica del pancreas;
   l'articolo 3 di detta legge prevede che ai pazienti affetti dalle patologie di cui all'articolo 1 è rilasciata dall'A.S.L. competente una card quinquennale, a valenza regionale, sulla quale, oltre alle generalità sono attestate la malattia e gli estremi dell'autorizzazione alla fornitura gratuita dei prodotti dietetici strettamente necessari;
   l'articolo 5 di detta normativa prevede la istituzione dell'osservatorio regionale su tutta la problematica delle intolleranze, allergie alimentari ed altri disordini metabolici che comportano una ristorazione differenziata dei servizi mensa;
   la legge regionale n. 1 del 19 gennaio 2007 ha aggiunto all'articolo 3 della legge regionale 11 febbraio 2003, n. 2, il seguente comma: «I prodotti di cui al comma 1 sono erogabili direttamente dalle ASL o attraverso le farmacie e i punti vendita convenzionati. Il competente assessorato dispone che le relative convenzioni sono stipulate entro novanta giorni dalla presentazione delle richieste»;
   purtroppo una valutazione terza ha recentemente indotto gli uffici regionali ad adottare una interpretazione restrittiva che ha portato al taglio delle esenzioni per il cosiddetto «follow up», la serie di controlli a cui viene sottoposta una persona in seguito a terapie mediche;
   dati i prezzi non sempre accessibili dei prodotti alimentari privi di glutine, è evidente che le famiglie con persone celiache si trovano a dover affrontare un carico di spesa non indifferente e particolarmente pesante per chi ha problemi economici;
   a giudizio dell'interrogante occorre valutare misure che consentano l'esenzione dal pagamento del ticket per le visite di controllo nel periodo successivo alla diagnosi di celiachia;
   è necessario affrontare e risolvere la condizione nella quale si trovano le persone che soffrono di questa malattia e che, pur vivendo in condizione di difficoltà economiche, sono costrette ad esborsi significativi per potersi curare e acquistare i prodotti alimentari a loro destinati;
   è auspicabile un intervento specifico del Governo che consenta un'interpretazione in senso estensivo della normativa sopra richiamata, venendo incontro alle famiglie indigenti con pazienti celiaci –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a garantire una positiva soluzione della questione e ad affermare il diritto dei celiaci, a cominciare da quelli campani, a curarsi, specie se vivono in condizioni di oggettiva difficoltà economica. (4-10636)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   NICCHI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Corriere srl ha annunciato qualche giorno fa una serie di esuberi nonché la chiusura a partire dal 5 ottobre 2015 prossimo del Corriere di Maremma;
   il gruppo Corriere srl comprende le testate di Corriere dell'Umbria, Corriere di Siena, Corriere di Viterbo, Corriere di Maremma, Corriere di Arezzo e Corriere di Rieti;
   i 25 esuberi previsti inizialmente sono poi scesi a 18, di cui 5 riguardano la redazione grossetana, che verrebbe interamente smantellata;
   i restanti 13 esuberi riguardano le redazioni di Siena, Arezzo, Viterbo, Rieti ed Umbria, per i quali potrebbe essere aperta la strada dei contratti di solidarietà;
   la Finanziaria Tosinvest s.p.a. della famiglia Angelucci, proprietaria del gruppo Corriere srl, di TMS Edizioni srl e di Editoriale Libero srl che pubblica Libero Quotidiano, oltre che di altre attività nel settori immobiliari e del Facility Management, sta trattando l'acquisto del Tempo di Roma ed ha fatto al tribunale un'offerta di 13 milioni di euro;
   il 5 aprile 2013, quando il gruppo Corriere srl fu ceduto dalla Edi.B spa alla Finanziaria Tosinvest spa, quest'ultima pubblicamente motivò l'acquisizione come un rafforzamento «della propria presenza nel mondo editoriale, con un'attenzione particolare al settore dell'informazione locale, dove il Corriere dell'Umbria, con l'incremento dei lettori di circa il 20 per cento nell'anno 2011-2012 (dati Audipress 2012/III), rappresenta un elemento di eccellenza, leader indiscusso, ormai da trent'anni, nella regione e gli altri quotidiani costituiscono punti di riferimento primari per l'informazione nei rispettivi territori»;
   nell'ultimo anno l'azienda ha aperto in molte realtà territoriali portali web collegati al quotidiano senza però ad avviso dell'interrogante mai investire nella ricerca di pubblicità; mantenere il quotidiano on line del Corriere di Maremma potrebbe comportare il mantenimento dell'occupazione per almeno alcuni dei lavoratori a fronte di costi relativi vista la struttura già esistente (sistema operativo e altro);
   la chiusura del Corriere di Maremma comporterà viceversa la cassa integrazione a zero ore per cinque giornalisti della redazione grossetana;
   la chiusura del Corriere di Maremma rappresenta per il territorio grossetano una grande perdita sia in termini occupazionali che per quanto attiene al pluralismo dell'informazione;
   è in corso la mobilitazione da parte dei sindacati per scongiurare la chiusura del Corriere di Maremma e per difendere i lavoratori;
   è in corso la presa di posizione di molti cittadini e delle istituzioni locali, che hanno espresso la solidarietà ai giornalisti del Corriere di Maremma –:
   se il Governo non ritenga urgente la convocazione dei rappresentanti della di Tosinvest presso il Ministero dello sviluppo economico, al fine di valutare le alternative alla chiusura della redazione grossetana del Corriere di Maremma;
   quali iniziative il Governo intenda assumere per salvaguardare i posti di lavoro dei 18 giornalisti di cui la proprietà, vuole privarsi. (4-10653)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione D'Incecco e altri n. 7-00792, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 ottobre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carnevali.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Piras e altri n. 2-01103, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giancarlo Giordano, Melilla, Pannarale, Zaccagnini.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi n. 4-10560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Grande, Sibilia, Spadoni, Del Grosso, Grillo, Lorefice, Baroni, Nesci, Battelli, Agostinelli, Tofalo, Lupo.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Quaranta e altri n. 3-01753, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Duranti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Nesci n. 2-01102, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 496 del 6 ottobre 2015.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   risulta agli interpellanti che il 10 settembre 2015 sia stato presentato il piano di riduzione di 23 prefetture-UTG che, entro il 2016 saranno accorpate ad altre sedi di città vicine;
   la soppressione delle prefetture trascinerà con sé anche le questure e le caserme dei vigili del fuoco;
   i tagli, stando ai commenti riportati dagli organi della stampa, in più di un caso sembrerebbero allentare i presidi di sicurezza e legalità nei territori che ne sono maggiormente bisognosi per cui occorrerebbe una presenza costante delle istituzioni e delle forze dell'ordine, affinché sia garantita la sicurezza pubblica;
   esempi clamorosi sono la prefettura in soppressione di Vibo Valentia, città il cui territorio è uno dei più martoriati dal fenomeno ’ndranghetistico, nonché la ventilata ipotesi dell'accorpamento delle Prefetture di Rieti e Viterbo, i cui rispettivi territori, con collegamenti inadeguati, sono molto diversi da un punto di vista idrogeologico e demografico;
   Rieti, in particolare, è territorio che già vive un impoverimento della presenza delle istituzioni, a danno dei servizi ai cittadini e ai lavoratori;
   l'eventuale scomparsa dei suddetti presidi statali comporterebbe rischi per la coesione sociale e un insufficiente controllo del territorio;
   ad avviso degli interpellanti risulta svilito e indebolito, un modello di sicurezza inteso quale segno permanente e tangibile della volontà di combattere la criminalità organizzata e le sue ingerenze, anche agli occhi dei cittadini che vivono nei territori che vi sono maggiormente esposti;
   tra l'altro, la corposa riduzione delle articolazioni territoriali non sembra essere accompagnata da una, corrispondente riduzione della elefantiaca macchina burocratica centrale, delle posizioni dirigenziali o delle sedi;
   la riduzione delle prefetture UTG è prevista dalla legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni – cosiddetto «Madia», dal nome della Ministra proponente – e dispone una serie di criteri a rispettare per la scelta dei «tagli», tra i quali, espressamente, la presenza di criminalità;
   sempre la legge delega ha dettato i criteri per una contestuale riduzione degli uffici, delle posizioni dirigenziali e delle sedi dell'amministrazione centrale;
   i criteri indicati dalla legge delega risulterebbero del tutto disattesi dal suddetto piano di riduzione –:
   se non intenda rivedere con urgenza il piano di riduzione delle Prefetture-UTG sulla base delle oggettive condizioni e difficoltà territoriali e dell'incidenza locale della criminalità organizzata, per garantire il controllo necessario e la sicurezza dei territori periferici.
(2-01102)
«Nesci, Nuti, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Toninelli, Massimiliano Bernini, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Busto, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Chimienti, Ciprini, Colletti».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-00181 del 28 maggio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-00545 del 5 luglio 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-01731 del 17 dicembre 2013;
   interrogazione a risposta in Commissione Garavini n. 5-02577 del 7 aprile 2014.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Patrizia Maestri n. 4-09900 del 20 luglio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06596.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   CAMPANA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'8 aprile 2015, l'ufficio postale di via Marchesa di Barolo a Roma è stato vittima di un incendio;
   da tale data l'agenzia 117 sita nel quartiere popolare di San Basilio è rimasta chiusa;
   a distanza di circa un mese dall'evento, la sensazione e la preoccupazione dei cittadini della zona è che l'ufficio in virtù del piano di riorganizzazione di Poste spa possa rimanere definitivamente chiuso creando disagio ad una zona dove circa 1200 utenti erano soliti ritirare la pensione presso l'agenzia suddetta;
   recentemente il piano di razionalizzazione presentato da Poste è stato oggetto di una sentenza del Tar del Lazio che si è pronunciata in seguito al ricorso di un sindaco calabrese sancendo l'illegittimità del piano «basato sulla redditività a scapito degli interessi degli utenti» –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se l'agenzia di via Marchesa di Barolo a Roma rientri nel piano di riordino di Poste;
   se e quando sia prevista la riapertura dell'agenzia suddetta a tutela degli utenti, soprattutto anziani, che ogni giorno si servono dei servizi offerti da Poste spa che senza l'ufficio postale dovranno spostarsi per fare versamenti, pagare bollettini, ritirare la pensione. (4-09285)

  Risposta. — Con riferimento alla paventata chiusura dell'ufficio postale di Via Marchesa di Barolo a Roma, la società Poste Italiane ha evidenziato che l'ufficio in esame non è stato inserito nel Piano degli interventi di razionalizzazione e nel mese di maggio 2015 sono iniziati i lavori di ripristino dell'immobile che lo ospita, danneggiato da un incendio verificatosi nel mese di aprile 2015.
  A tale riguardo, la società ha reso noto che l'ufficio in questione è stato riaperto il 21 luglio 2015.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   CATALANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'edificio storico di Via Roma in Palermo ospita due filiali, un ufficio postale e il compartimento della PolPost per la Sicilia Occidentale;
   recentemente sono stati eseguiti imponenti lavori di ristrutturazione dei locali al piano terreno per ospitare il nuovo ufficio postale;
   le cronache giornalistiche (si veda Giornale di Sicilia del 31 maggio 2014) informano che il medesimo ufficio postale è chiuso per un cedimento strutturale e che non è dato sapere quando sarà riaperto all'utenza;
   nel mese di gennaio 2013 (si veda La Repubblica – Palermo del 22 gennaio 2013) è stata inaugurata la nuova sede della polizia postale, ospitata al 4° piano del medesimo edificio storico;
   di quali notizie disponga il Governo anche con riferimento agli effetti sull'utenza di quanto verificatosi;
   a quanto ammonti l'importo complessivo, a carico di Poste Italiane o sue controllate, per i lavori di ristrutturazione eseguiti al piano terra ed al quarto piano dell'edificio anzidetto. (4-05332)

  Risposta. — In merito all'interrogazione in esame, avente ad oggetto i lavori di ristrutturazione eseguiti negli uffici di Poste Italiane ubicati nell'edificio storico di via Roma a Palermo, la società ha rappresentato quanto segue.
  Nel 2012, all'interno dell'edificio in argomento, è stata realizzata la nuova sede della Polizia postale, nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 2 del vigente disciplinare di convenzione, secondo il quale Poste Italiane è tenuta ad assicurare la disponibilità di sedi adeguate alla citata unità della Polizia di Stato.
  Nel medesimo anno sono stati anche effettuati gli interventi per il nuovo
layout dell'ufficio postale, sito al primo piano dello stesso edificio.
  Per quanto concerne il riferito «cedimento strutturale», la società ha precisato che si è trattato di un cedimento causato da infiltrazioni d'acqua proveniente da una delle vetrate di cui è dotato il menzionato ufficio postale. Quest'ultimo è stato pertanto temporaneamente chiuso per evidenti motivi di sicurezza e, dall'8 settembre 2015 ha regolarmente ripreso la propria attività.
  Per quanto riguarda, infine, il costo dei lavori di ristrutturazione per l'adeguamento al
layout aziendale dell'ufficio postale ubicato nell'edificio storico di via Roma, a Palermo, la società ha comunicato che l'importo, comprensivo anche di arredi e forniture, ammonta ad euro 1.139.217.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   CATALANO, ZACCAGNINI, PASTORELLI, ARTINI, PINNA, BARBANTI, CRISTIAN IANNUZZI, BASILIO, DI LELLO, LOCATELLI e PLANGGER. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come denunciato da un articolo del 19 gennaio 2015, pubblicato su Il Mattino, i carabinieri «hanno accertato che nell'ufficio postale di Sapri la corrispondenza non solo non veniva consegnata da lungo tempo ma anche che in molti casi veniva “distrutta” per evitare il faticoso lavoro di distribuirla»;
   i reati ipotizzati dalla procura, a carico di vari dipendenti di Poste italiane spa, anche di ruolo dirigenziale, sarebbero quelli di interruzione di servizio pubblico, falsità materiale, nonché sottrazione e soppressione di corrispondenza;
   come denunciato da un articolo del 22 gennaio 2015 sul Giornale di Sicilia, che riprende denunce del sindacato SLP-CISL, gli uffici postali dell'area di Trapani sarebbero nel caos, con lunghe code agli sportelli, accumulo di corrispondenza, carenza di mezzi primari di lavoro e, conseguentemente, con un forte disagio nel personale, in procinto di dare il via a un lungo sciopero delle prestazioni straordinarie e aggiuntive in tutta la Sicilia –:
   di quali notizie disponga il Governo;
   se il Governo disponga di dati aggiornati relativi alla commissione del reato di sottrazione e soppressione di corrispondenza negli ambiti territoriali delle regioni Sicilia, Calabria, Campania, Basilicata, Puglia, Molise, e dei medesimi dati in relazione all'intero territorio nazionale;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno sensibilizzare il management sull'opportunità di potenziare ed efficientare le strutture ispettive interne;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno sensibilizzare il management sull'opportunità di migliorare la gestione, e soprattutto efficientare la dotazione umana e strumentale degli uffici postali, con speciale riferimento al servizio pubblico postale;
   se il Governo, nella sua qualità di socio unico di Poste italiane spa, non ritenga opportuno verificare se l'attuale amministratore delegato della società stia eseguendo, in modo coerente agli indirizzi strategici dell'assemblea dei soci, il rinnovamento della gestione aziendale, in particolare per quanto riguarda la struttura di tutela aziendale. (4-07671)

  Risposta. — Con riferimento ai disservizi segnalati nella provincia di Salerno, la società Poste Italiane ha rappresentato che, durante lo scorso autunno, a seguito di formali lamentele avanzate dal sindaco di San Giovanni a Piro e di un esposto anonimo pervenuto direttamente alle strutture aziendali preposte alla security, è stata avviata un'indagine interna per accertare se effettivamente risultassero giacenze di oggetti di corrispondenza non recapitati.
  Contestualmente all'esecuzione dei predetti accertamenti, l'azienda ha avviato anche una serie di attente verifiche e analisi documentali e nel mese di novembre dello scorso anno, è stato effettuato un sopralluogo presso il centro secondario di distribuzione di Sapri. Successivamente nel mese di gennaio 2015 il comando della stazione dei Carabinieri del luogo ha effettuato un intervento presso il citato centro per eseguire specifici controlli, alla presenza dei rappresentanti aziendali, sulla corrispondenza rinvenuta in ufficio, su quella cosiddetta inesitata da verificare e sui veicoli aziendali adibiti al servizio di recapito.
  Dagli accertamenti effettuati è emerso, salvo l'esito delle ulteriori verifiche in atto, che le criticità relative all'anomala giacenza di oggetti di corrispondenza sono riconducibili alla responsabilità di alcuni dipendenti e, pertanto, la società ha attivato l'azione disciplinare, tutt'ora in corso, nei confronti di 9 dipendenti coinvolti a vario titolo nella vicenda.
  L'attività del centro in esame viene, al momento, monitorata costantemente, come constatato anche dal sindaco di Sapri, nel corso dei numerosi incontri con gli esponenti territoriali aziendali.
  Pur permanendo alcune difficoltà connesse alla carente toponomastica dei luoghi, ripetutamente segnalate alle autorità locali competenti, l'azienda ha assicurato di aver posto in essere incisive iniziative gestionali che hanno permesso il completo azzeramento della giacenza di corrispondenza.
  Per quanto riguarda gli altri ambiti territoriali citati nell'atto in esame, Poste Italiane ha precisato che le zone di recapito in cui è ripartita l'area della provincia di Trapani registrano una completa copertura del servizio. Le contenute giacenze che si presentavano alla fine dello scorso mese di gennaio sono state smaltite e le verifiche effettuate non hanno evidenziato, nel periodo di interesse, casi riconducibili alle fattispecie evidenziate dall'interrogante. Presso gli uffici postali della provincia di Trapani, inoltre, non si rilevano particolari disagi operativi e il personale preposto è in grado di soddisfare le esigenze della clientela; eventuali fisiologici incrementi dei tempi d'attesa possono talvolta verificarsi in concomitanza di particolari scadenze di pagamento.
  Poste Italiane ha comunicato, infine, che nelle altre regioni menzionate nell'atto in esame non sono state registrate particolari criticità del servizio.
  Il Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto dell'autonomia organizzativa e gestionale riconosciuta alla società Poste Italiane, e in considerazione delle funzioni di regolamentazione e vigilanza attribuite all'autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), ha più volte sensibilizzato l'azienda, ed a tal fine si ricordano gli incontri avvenuti in data 7 aprile e 23 giugno 2015 con l'amministratore delegato, AGCOM, ANCI e Conferenza delle regioni, sull'opportunità di migliorare il rapporto con gli enti locali anche al fine di intraprendere in modo concreto e coordinato un percorso di modernizzazione dei servizi ai cittadini.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   DI BATTISTA e SIBILIA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'atto di sindacato ispettivo portante numero 4-04565, l'interrogante sottoponeva al Ministro in indirizzo alcune questioni relative ad un progetto di cooperazione in Tanzania in merito ad un «Intervento sanitario di potenziamento della diagnosi e cura dell'infezione da Hiv/Aids, tubercolosi, malaria e patogeni emergenti» per un importo complessivo di euro 2.427.500,00, programma ordinario AID 8785»;
   il Ministro interrogato, per il tramite del Vice Ministro Lapo Pistelli, dava riscontro in data 6 agosto 2014, ma alcune problematiche meritano di ulteriore approfondimento e chiarimento;
   in particolare, per quanto concerne alcuni aspetti con i quali si chiedono delucidazioni sull'attività espletata dall'INMI Spallanzani di Roma, sarà necessario chiedere precisazioni anche al Ministro della Salute;
   nella risposta il Ministro in interrogato evidenziava che il programma di attività sanitarie oggetto di interrogazione, inizialmente volto al rafforzamento della rete di strutture assistenziali, si sarebbe in seguito «orientato verso un progressivo ampliamento della componente di capacity building, in termini di formazione e ricerca, di attenzione all'area nella gestione delle febbri, di risposta e sorveglianza delle malattie emergenti, nonché alla prevenzione delle infezioni ospedaliera»; a tal riguardo non viene però specificato quali corsi siano stati effettuati, chi li abbia tenuti, la sede dove si sono svolti ed i costi sostenuti;
   quanto invece ai collaudi, che il Ministro in indirizzo afferma essere avvenuti regolarmente, si rileva come nella risposta del Vice Ministro si proceda ad una elencazione asettica dei passaggi che devono essere rispettati in una ordinaria procedura di collaudo, ma non viene indicato quanto è stato fatto nello specifico e gli esiti dettagliati delle operazioni di collaudo (come, ad esempio, i valori relativi alla carica batterica rilevata nell'ambiente, il corretto funzionamento delle autoclavi, la capacità del sistema di mantenere una corretta temperatura ed umidità);
   si evidenzia come la verifica degli esiti dei collaudi sia essenziale, in quanto una mancata sicurezza di tali laboratori, porterebbe a una fuoriuscita nell'ambiente di microrganismi pericolosi per l'intera collettività con danni per la salute umana incalcolabili;
   riguardo al sistema di mantenimento dell'azoto, a parere dell'interrogante l'assenza di contenitori di azoto liquido nel laboratorio in quella regione, con temperatura proibitive e con possibilità di sbalzi di corrente elettrica, potrebbe significare lavorare con il rischio di perdere tutto il materiale conservato;
   per quanto risulta all'interrogante, difatti, altri laboratori dei Paesi africani (come la BSL3 gestita dal Pasteur in Senegal) utilizzano proprio sistemi di raffreddamento con azoto liquido;
   a ciò si aggiunga che l'interrogante nutre seri dubbi sull'effettivo funzionamento della BSL3 a Bagamoyo come si può evincere dai punti che seguono;
   sempre nella risposta del Vice Ministro, infatti, si sottolinea come l'Ifakara health Institute sarebbe il responsabile dal punto di vista tecnico del laboratorio BSL3 a Bagamoyo, ma il sito internet dell'Istituto Ifakara non farebbe riferimento alcuno alla predetta BSL3, e ciò appare molto strano dal momento che l'Ifakara nel website descrive meticolosamente tutte le attività svolte;
   dal sito dell'Ifakara health Institute emerge, inoltre, che sono oggetto di sviluppo proprio dei laboratori BSL3 a Bagamoyo senza fare menzione alcuna ai progetti di cooperazione italiana, ma si legge, per contro, di una collaborazione con il Governo Svizzero e con la Swiss TPH;
   anche dal sito della Swiss TPH (Swiss tropical and public health institute) può evincersi che l'istituto svizzero e l'Ifakara sarebbero alla ricerca di un direttore per un laboratorio BSL3 proprio a Bagamoyo;
   senza contare che, con riferimento alla domanda relativa agli agenti patogeni coltivati presso il laboratorio BSL3, il Ministro interrogato dava riscontro segnalando che «al momento non vi è alcun agente patogeno conservato presso la struttura»;
   a parere dell'interrogante è singolare che, dopo un anno di attività, non vi sia alcun agente patogeno nella BSL3 e non è dato sapere quale sia l'attività di ricerca in concreto svolta a Bagamoyo;
   a tal fine sarebbe interessante capire se ricercatori dell'INMI abbiano lavorato all'interno del laboratorio successivamente alla sua apertura nel giugno 2013 in quanto, da articoli di stampa online della Tanzania, allafrica.com, l'interrogante ha appreso che l'ambasciatore italiano in Tanzania, Pierluigi Velardi, avrebbe dichiarato, nell'agosto 2013, che l'INMI «Spallanzani» metterà a disposizione personale altamente specializzato incaricato di far partire le attività di laboratorio e di fornire formazione al personale locale;
   il Viceministro ha reso noto, nella risposta all'atto di sindacato ispettivo, che la nomina dei responsabili locali e nazionali è stata negoziata, ma non ancora formalizzata;
   per tale via da un lato appare quantomeno insolito che, ad un anno e mezzo di distanza dall'inaugurazione, non vi sia ancora un direttore responsabile ufficialmente designato e una pianta organica del laboratorio e, dall'altro lato, il Vice Ministro Pistelli, non ha fornito informazioni sul personale altamente specializzato dell'INMI «Spallanzani», cui fa riferimento l'ambasciatore italiano;
   l'assenza di ricercatori e del personale dello Spallanzani presso il laboratorio è particolarmente insolito e preoccupante in quanto, come riportato nella risposta del Viceministro, il progetto AID 9562 (che segue al precedente progetto AID 8785) «vede l'Inmi quale vero e proprio ente esecutore ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 49 del 1987» con il quale il Ministero ha sottoscritto un'apposita convezione in data 11 ottobre 2011;
   si consideri infine che l'interrogante ha appreso da organi di stampa on line che un laboratorio in Tanzania, a Bagamoyo, sarebbe interessato da un possibile caso di corruzione ed, a tal fine, si ritiene necessario un approfondimento finalizzato ad escludere un coinvolgimento del laboratorio finanziato dal progetto di cooperazione de quo –:
   se intenda chiarire, con riferimento alla formazione e ricerca, cui sarebbe stato orientato il programma di cooperazione oggetto di interrogazione, quali corsi siano stati effettuati, chi li abbia tenuti, in quale sede e quali siano i costi sostenuti;
   se intenda rendere di pubblico dominio l'esito dettagliato delle operazioni di collaudo, come, ad esempio, i valori relativi alla carica batterica rilevata nell'ambiente, i dati sul funzionamento delle autoclavi, nonché i dati concernenti la capacità del sistema di mantenere una corretta temperatura ed umidità;
   se sia a conoscenza di altri laboratori di tipo BSL3 attualmente funzionanti nel continente africano che non utilizzano sistemi di raffreddamento con azoto liquido;
   se i laboratori BSL3 sviluppati in collaborazione tra l'Ifakara health Institute e la Swiss TPH (Swiss tropical and public health institute) richiamati nei siti web di citi in premessa, siano diversi da quello oggetto di interrogazione e se sia noto quanti siano i laboratori BSL3 attualmente in funzione a Bagamoyo;
   alla luce dell'assenza di agenti patogeni conservati nel laboratorio oggetto di interrogazione ed in considerazione della riferita attività di ricerca che verrebbe svolta all'interno della BSL3, quali attività specifiche di ricerca e quali studi sono stati portati avanti e con quali risultati scientifici;
   se, in relazione al ruolo di ente esecutore ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 49 del 1987 rivestito dall'INMI, quali attività lo Spallanzani abbia espletato con riferimento a tale ruolo e se corrisponda al vero che il personale dell'INMI «Spallanzani» di Roma, successivamente all'apertura del laboratorio, BSL3 di Bagamoyo nel giugno 2013, non abbia mai lavorato o partecipato alle attività del laboratorio stesso;
   se siano stati ufficialmente designati il direttore responsabile ed componenti dell'organico del laboratorio oggetto di interrogazione;
   se i Ministri interrogati siano in possesso di materiale fotografico o video comprovante il regolare funzionamento del laboratorio de quo a Bagamoyo e se si intenda rendere di pubblico dominio il predetto materiale;
   se si intenda rendere di pubblico dominio anche la planimetria e l'ubicazione esatta del laboratorio BSL3 di cui al presente atto di sindacato ispettivo;
   se intenda altresì rendere di pubblico dominio la convenzione stipulata, in data 11 ottobre 2011, tra il Ministero degli affari esteri e l'INMI Spallanzani;
   se intenda chiarire a quali laboratori BSL3 si riferiscano gli articoli di stampa riportati nelle premesse che evidenziano possibili casi di corruzione a Bagamoyo. (4-08860)

  Risposta. — 1. Quanto al primo punto del dispositivo, «se intenda chiarire, con riferimento alla formazione e ricerca, cui sarebbe stato orientato il programma di cooperazione oggetto di interrogazione, quali corsi siano stati effettuati, chi li abbia tenuti, in quale sede e quali siano i costi sostenuti» si sottolinea come la formazione del personale si sia tenuta attraverso la presenza in loco di un virologo proveniente dall'istituto Spallanzani in Roma. Si segnalano le seguenti attività:
   stesura delle procedure per l'utilizzo del BSL-3 con i responsabili locali;
   affrancamento del personale di laboratorio nelle attività di simulazione delle operazioni da condurre all'interno del laboratorio;
   organizzazione del
workshop on «Biosafety with practical application to the BSL-3 Laboratory in Bagamoyo», tenutosi il 27 e 29 novembre 2013 all'Ifakara Health Institute a Bagamoyo, in Tanzania. Durante il workshop i partecipanti, provenienti dall'IHI di Bagamoyo, sono stati istruiti sugli aspetti teorici della «biosafety», contenimento, «biosecurity», gruppi di rischio biologico, livelli di biosicurezza, «risk assessment», utilizzo dei DPI. Successivamente i partecipanti sono stati istruiti sulle procedure pratiche di entrata e uscita dal BSL-3, compilazione dei moduli, utilizzo dei DPI, decontaminazione del BSC, smaltimento dei rifiuti;
   organizzazione di un seminario presso il national institute of medical research, tenutosi il 25 novembre 2013 a Dar es Salaam.

  Le attività di formazione del personale hanno visto l'impegno di un virologo per circa 5 mesi di missione. Una prima missione di 4 mesi per le attività di organizzazione del laboratorio ed affrancamento del personale locale. Una seconda missione per l'esecuzione dei workshop e la stesura finale delle procedure di utilizzo.
  Il costo complessivo di tali attività è stato di circa 27.500 euro. Da notare che gran parte dei costi relativi alla logistica per l'organizzazione dei
workshop e seminari è stata sostenuta dalle istituzioni locali.
  In seguito all'inizio dell'epidemia di ebola in Africa occidentale, le attività di formazione
in loco sono state sospese per far fronte alla richiesta di personale nelle aree colpite dall'epidemia. Si è condotta, quindi, una sessione di formazione presso l'istituto Spallanzani in Roma attraverso il progetto europeo EMLab.
  Tre laboratoristi biologi molecolari provenienti da diverse istituzioni [Ifakara Health institute (IHI), Ministero della salute e national institute for medical research (NIMR)] sono stati invitati allo Spallanzani per partecipare ad un corso teorico e pratico, svoltosi dal 3 febbraio al 1o marzo 2015. Il corso teorico ha trattato i seguenti argomenti: virus emergenti e patologie associate, diagnosi delle infezioni da virus emergenti e principi di biosicurezza. Le sezioni pratiche hanno trattato principalmente tecniche di biologia molecolare per la diagnosi dei virus emergenti, in particolar modo sulla diagnosi delle infezioni da virus ebola, a partire dall'inattivazione del campione nel
glovebox. L'intero corso ha avuto lo scopo di fornire nozioni teoriche e pratiche agli esperti tanzani che saranno poi inviati in missioni sul campo. Gli stessi specialisti hanno potuto completare la loro formazione, a spese di un progetto della Commissione europea, presso il bundeswehr institute of microbiology.
  A seguito del risultato positivo della formazione è stato possibile sperimentare un modello di cooperazione Sud-Sud come risposta alle emergenze. Infatti uno dei laboratoristi sarà inviato, a carico della Commissione europea, a Coyah in Guinea per rispondere all'epidemia di ebola nell'Africa dell'ovest. Un secondo laboratorista verrà inviato in una successiva missione. Durante le missioni gli esperti tanzani svolgeranno attività di diagnostica e di ricerca operativa.
  2. Quanto al secondo punto «se intenda rendere di pubblico dominio l'esito dettagliato delle operazioni di collaudo, come, ad esempio, i valori relativi alla carica batterica rilevata nell'ambiente, i dati sul funzionamento delle autoclavi, nonché i dati concernenti la capacità del sistema di mantenere una corretta temperatura ed umidità», la documentazione relativa alle operazioni di collaudo è custodita presso l'istituzione della controparte locale, ovvero l'Ifakara Health Institute (IHI), e presso l'ambasciata d'Italia a Dar es Salaam. Come rilevato dagli stessi interroganti «...una mancata sicurezza di tali laboratori, porterebbe a una fuoriuscita nell'ambiente di microrganismi pericolosi per l'intera collettività con danni per la salute umana incalcolabili». Tali motivazioni inducono a ritenere inopportuno rendere di pubblico dominio i dettagli richiesti e, in ogni caso, subordinato alla eventuale valutazione delle autorità tanzane che, in quanto sovrane, sono responsabili in ultima istanza delle decisioni che possono avere implicazioni dirette sulle questioni di sicurezza nel proprio territorio.
  3. In relazione al terzo punto «se sia a conoscenza di altri laboratori di tipo BSL3 attualmente funzionanti nel Continente africano che non utilizzano sistemi di raffreddamento con azoto liquido», si segnala che il laboratorio non prevede l'utilizzo di azoto liquido, ma quello di congelatori con capacità di temperature a -80o C. Tale strumentazione è già diffusa nel Paese e la sua manutenzione è affidata ai partner locali, che si avvalgono di ditte specializzate per la sua manutenzione. È altresì affidata agli stessi partner la manutenzione dell'intera struttura e delle attrezzature in essa presenti. L'INMI ha offerto supporto tecnico nella scelta delle ditte a cui affidare la manutenzione. L'utilizzo dell'azoto liquido, che richiede un costante rifornimento, non sarebbe compatibile con l'attuale situazione locale ed i finanziamenti disponibili. Il progetto in questione cerca di sostenere l'innovazione tecnologica senza pregiudicare la sostenibilità del progetto almeno a medio termine, anche da parte delle autorità locali, delle attività avviate.
  4. Quanto al quarto punto «se i laboratori BSL3 sviluppati in collaborazione tra l'Ifakara Health Institute e la Swiss TPH (Swiss tropical and public health institute) richiamati nei siti web di cui in premessa, siano diversi da quello oggetto di interrogazione e se sia noto quanti siano i laboratori BSL3 attualmente in funzione a Bagamoyo», si informa che al momento non si è a conoscenza di nessun altro laboratorio BSL3 operante presso il distretto di Bagamoyo. Nella sede dove è presente il laboratorio BSL3 «Italiano» è altresì operante un laboratorio BSL2+ che viene impiegato dall’
Ifakara Health Institute per ricerca e diagnostica sulla tubercolosi all'interno di diversi progetti in collaborazione con Swiss TPH.
  All'interno del sito dell'IHI si fa esplicito riferimento alla collaborazione con la cooperazione italiana e con l'INMI Spallanzani. All'indirizzo (http://www.ihi.or.tz/announ/untitledpost-2) viene riportata la notizia del completamento del laboratorio BSL3 a Bagamoyo.
  5. Il quinto punto del dispositivo chiede «alla luce dell'assenza di agenti patogeni conservati nel laboratorio oggetto di interrogazione ed in considerazione della riferita attività di ricerca che verrebbe svolta all'interno della BSL3, quali attività specifiche di ricerca e quali studi sono stati portati avanti e con quali risultati scientifici». Si comunica che, a seguito della fase di «commissioning», sono state condotte diverse simulazioni all'interno del laboratorio da personale esperto INMI. Si sono verificati alcuni problemi minori, riguardanti per lo più la capacità della fornitura elettrica di garantire la costante operabilità del laboratorio. Tali problemi non si erano verificati nella fase di collaudo nel momento in cui la fornitura elettrica era sufficiente.
Ifakara Health Institute (gestore del laboratorio insieme al Ministero della salute tanzano) ha contattato un appropriato consulente e la società nazionale di fornitura dei servizi elettrici. In relazione alle tempistiche locali tali interventi non sono stati ancora conclusi. L'irregolare fornitura di corrente elettrica con tensione appropriata non costituisce un problema maggiore potendo essa essere sostituita da generatori ma, al fine di evitare anche il minimo rischio di blocco delle attività durante le procedure di laboratorio, si è deciso di attendere la soluzione del problema. Al momento non sono state, dunque, condotte attività di ricerca all'interno del laboratorio.
  Sono state invece condotte attività di diagnostica avanzata e ricerca operativa sulla caratterizzazione dell'epidemia di Dengue in Dar es Salaam nel 2014 su richiesta del Ministero della salute locale. Tale attività ha previsto anche iniziative di formazione clinica e di laboratorio tenute dal personale coinvolto nel progetto. Le metodiche diagnostiche usate non prevedevano comunque uso di un livello di biosicurezza 3.
  Infine, numerose sono state le attività di assistenza al Ministero della salute nell'ambito della risposta a patogeni emergenti ed al fine di integrare il laboratorio nella pronta risposta ad eventuali epidemie. Il progetto ha messo a disposizione due infettivologi provenienti da INMI Spallanzani che hanno partecipato alle consultazioni del comitato nazionale per la risposta e preparazione ad eventuale importazione di casi di malattia da virus ebola.
  Il direttore del NIMR ha partecipato ad una riunione a Roma nei giorni 9-11 aprile 2014 insieme ai rappresentanti di Paesi all'epoca non colpiti dall'epidemia di ebola per la predisposizione del piano di azione per la risposta all'epidemia.
  Sono stati inoltre individuati dal Ministero della salute altri due laboratori che potrebbero subire un
upgrade a livelli di biosicurezza più alti. Infatti il laboratorio sarà affiancato da una unità mobile parte del progetto EMLab finanziato dall'Unione europea (DEVCO) in cui lo Spallanzani è attualmente impegnato come partner principale e i cui laboratori sono attivi in Africa occidentale fin dall'inizio dell'epidemia di ebola nel marzo 2014. L'integrazione del laboratorio mobile con il laboratorio BSL3 di Bagamoyo garantirebbe al Paese gli strumenti di laboratorio necessari per la preparazione e risposta ad eventuali epidemie e per la sorveglianza di patogeni a rischio epidemico.
  6. Quanto al sesto punto «se, in relazione al ruolo di ente esecutore ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 49 del 1987 rivestito dall'INMI, quali attività lo Spallanzani abbia espletato con riferimento a tale ruolo e se corrisponda al vero che il personale dell'INMI “Spallanzani” di Roma, successivamente all'apertura del laboratorio, BSL3 di Bagamoyo nel giugno 2013, non abbia mai lavorato o partecipato alle attività del laboratorio stesso», quale ente esecutore, l'ospedale Spallanzani ha gestito tutte le attività di progetto presso il sito di Bagamoyo e presso il sito di Dodoma. L'ospedale ha fornito personale su entrambi i siti garantendo costantemente la presenza di personale di gestione tecnica ed amministrativa e la presenza di medici e laboratoristi anche presso il sito di Dodoma.
  Pur essendo le attività del laboratorio di Bagamoyo sospese in attesa della soluzione del citato problema elettrico, sono state eseguite dal personale dell'istituto Spallanzani le diverse attività di formazione riportate sopra. Come segnalato in precedenza, a causa dell'epidemia di ebola in Africa occidentale, alcune attività di formazione previste
in loco sono state sospese per garantire la presenza di personale nelle aree affette dall'epidemia. Si è invece ritenuto opportuno procedere ad un corso di formazione mensile in Italia presso INMI Spallanzani dove tre biologi tanzani sono stati formati per la diagnosi di virus ebola (vedasi sopra). Per coloro che si sono offerti volontari, è in corso di negoziazione l'inclusione, nell'ambito del GOARN/WHO, nel prossimo team dell'european mobile laboratory attualmente di stanza a Coya (in Guinea).
  7. Sul settimo punto ovvero «se siano stati ufficialmente designati il direttore responsabile e componenti dell'organico del laboratorio oggetto di interrogazione», si segnala che sono stati incaricati quali responsabili dei laboratori di biosicurezza Grace Mwangoka, direttore scientifico del «Bagamoyo research and training center di IHI», e Jackson Thomas,
lab manager dei laboratori del centro. Diverse consultazioni sono state effettuate con gli organi responsabili, ovvero il Ministero della salute, il NIMR e l'Ifakara health institute, al fine di facilitare l'individuazione di un board di gestione del laboratorio. La formalizzazione finale dell'organico del laboratorio spetta al Ministero della salute locale.
  8. Quanto all'ottavo punto «se i Ministri interrogati siano in possesso di materiale fotografico o video comprovante il regolare funzionamento del laboratorio
de quo a Bagamoyo e se si intenda rendere di pubblico dominio il predetto materiale», si comunica che esiste materiale divulgativo con fotografie del laboratorio disponibile presso l'istituzione controparte dell'iniziativa, ovvero l'Ifakara Health Institute. Non esiste materiale fotografico o video specifico comprovante il regolare funzionamento del laboratorio poiché, come noto, produrre materiale fotografico o video a laboratorio funzionante implica che le apparecchiature debbano essere a loro volta «autoclavate» per evitare rischi di contaminazione per cui la produzione di tale materiale non è stata giudicata essenziale, né il beneficiario l'ha mai richiesta.
  9. Sul nono punto «se si intenda rendere di pubblico dominio anche la planimetria e l'ubicazione esatta del laboratorio BSL3 di cui al presente atto di sindacato ispettivo», si sottolinea quanto già rilevato dagli stessi interroganti, ovvero che «... una mancata sicurezza di tali laboratori, porterebbe a una fuoriuscita nell'ambiente di microrganismi pericolosi per l'intera collettività con danni per la salute umana incalcolabili». Tali motivazioni inducono a ritenere inopportuno rendere di pubblico dominio i dettagli richiesti e, in ogni caso, subordinato all'eventuale valutazione delle autorità tanzane che, in quanto sovrane, sono responsabili in ultima istanza delle decisioni che possono avere implicazioni dirette sulle questioni di sicurezza nel proprio territorio.
  10. Per il decimo punto «se intenda altresì rendere di pubblico dominio la convenzione stipulata, in data 11 ottobre 2011, tra il Ministero degli affari esteri e l'INMI Spallanzani», si informa che copia della convenzione in parola è a disposizione presso la direzione generale per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale secondo le procedure previste dalla legge per l'accesso agli atti.
  11. Infine, quanto all'ultimo punto, «se intenda chiarire a quali laboratori BSL3 si riferiscano gli articoli di stampa riportati nelle premesse che evidenziano possibili casi di corruzione a Bagamoyo», deve sottolinearsi come l'interrogazione in esame ha costituito l'occasione per apprendere dei possibili casi di corruzione a Bagamoyo riportati dagli organi di stampa locale. Dagli articoli di stampa consultati (esempio http://allafrica.com/stories/201503020370.html) si evince che i possibili casi di corruzione riguarderebbero tuttavia le unità di chirurgia, farmacia e di laboratorio dell'ospedale distrettuale di Bagamoyo. I dipendenti di tali unità sarebbero accusati di aver ricevuto denaro in cambio delle prestazioni sanitarie offerte dalle unità in cui operano. Non sarebbe tuttavia menzionato alcun laboratorio BSL3 ed il laboratorio BSL3 a Bagamoyo, in ogni caso, non offre esami di diagnostica e di monitoraggio clinico direttamente ai pazienti afferenti all'ospedale ma, come più volte sottolineato, è stato progettato per svolgere funzioni di sanità pubblica e indagini in caso di eventi epidemici. L'unità di laboratorio citato dagli articoli di stampa è verosimilmente il laboratorio generale dell'ospedale distrettuale di Bagamoyo.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   MANLIO DI STEFANO, SPADONI, DEL GROSSO, SCAGLIUSI, SIBILIA, DI BATTISTA e GRANDE. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 28 novembre 2014, Marco Bianchini, un italiano presente nei territori occupati da Israele per coltivare l'ulivo e fornire consulenza ai coltivatori locali, durante una manifestazione pacifica è stato colpito al petto da un proiettile calibro .22 sparato da un fucile d'assalto israeliano;
   soccorso da un gruppo di manifestanti e giornalisti è stato caricato su un'ambulanza ed è riuscito a sopravvivere solo perché il proiettile, rallentato dallo sterno, si è appoggiato sul cuore senza trafiggerlo;
   il calibro .22 è un proiettile vero, caricato su fucili da assalto e utilizzato come strumento di controllo di massa, nonostante le regole di ingaggio dello stesso esercito israeliano non lo prevedano; infatti, il calibro .22 e tutti i proiettili dello stesso tipo non possono essere usati durante manifestazioni nei Territori, in quanto queste modalità violano la convenzione di Ginevra che impone agli eserciti occupanti di prendersi in carico la salvaguardia della vita dei civili nei territori che occupano;
   in passato, l'utilizzo di proiettili di guerra per contenere le manifestazioni ha causato parecchie vittime tra la popolazione civile palestinese. Tutti i tentativi di veder condannato l'esercito israeliano sono sempre falliti poiché lo Stato di Israele solitamente si difende sostenendo che il soldato si trovava in pericolo di vita;
   questa volta difficilmente sarà possibile riuscire a sostenere questa tesi, soprattutto perché le immagini video (videoripresa della manifestazione e dello sparo ripreso da un giornalista di Palestine TV contenuta su supporto informatico allegato alla denuncia/querela del citato Bianchini presentata alla procura di Milano il 23 marzo 2015) raccontano un'altra verità;
   il signor Marco Bianchini comunque decide di andare fino in fondo e si affida a un avvocato israeliano; tuttavia, appena scaduto il visto israeliano e nonostante abbia nel frattempo ottenuto la cittadinanza palestinese, è costretto a tornare in Italia e ad affidarsi a un avvocato italiano, Gilberto Pagani;
   il processo in Italia è stato presentato il 23 marzo 2015 e si svolgerà a Milano; l'avvocato Pagani chiederà al giudice di valutare la responsabilità del militare che in quell'occasione sparò per uccidere. Il diritto di uno stato estero (l'Italia nella fattispecie) a richiedere l'incriminazione su un territorio estero poggia sul reato di «crimine di guerra e contro l'umanità» di un esercito che contro ogni diritto spara per uccidere la popolazione civile, ed in questo caso un cittadino straniero;
   nell'ultimo decennio si è affermato nella nostra giurisprudenza il principio della sussistenza di una giurisdizione universale del giudice italiano, e sono stati perseguiti e giudicati nei nostri tribunali crimini internazionali. Tale giurisprudenza richiama il dettato dell'articolo 146 IV della Convenzione di Ginevra per la protezione dei civili in tempo di guerra, «Le Alte Parti contraenti s'impegnano a prendere ogni misura legislativa necessaria per stabilire le sanzioni penali adeguate da applicarsi alle persone che abbiano commesso o dato ordine di commettere l'una o l'altra delle infrazioni gravi alla presente Convenzione precisate nell'articolo seguente. Ogni Parte contraente avrà l'obbligo di ricercare le persone imputate di aver commesso o di aver dato l'ordine di commettere l'una o l'altra di dette infrazioni gravi e dovrà, qualunque sia la loro nazionalità, deferirle ai suoi propri tribunali»;
   inoltre, il successivo articolo 147 stabilisce che «Le infrazioni gravi indicate nell'articolo precedente sono quelle che implicano l'uno o l'altro dei seguenti atti, se commessi contro persone o beni protetti dalla Convenzione:.., il fatto di cagionare intenzionalmente grandi sofferenze o di danneggiare gravemente l'integrità corporale o la salute, la deportazione o il trasferimento illegali, la detenzione illegale, il fatto di costringere una persona protetta a prestar servizio nelle forze armate della Potenza nemica, o quello di privarla del suo diritto di essere giudicata regolarmente e imparzialmente secondo le prescrizioni della presente Convenzione, la cattura di ostaggi, la distruzione e l'appropriazione di beni non giustificate da necessità militari e compiute in grande proporzione facendo capo a mezzi illeciti e arbitrari»;
   la vicenda sopra evidenziata tocca da vicino il Governo italiano, visto che la Farnesina sapeva del cittadino italiano ferito al petto, come si può facilmente capire dalle informative rilasciate in quei giorni; tuttavia, non risulta pervenuta nessuna presa di posizione, nessuna dichiarazione, nessun intervento ministeriale sulla vicenda –:
   se, essendo a conoscenza della vicenda evidenziata in premessa, ne abbia seguito lo sviluppo e quale tipo di sostegno abbia dato al connazionale;
   se e quali determinazioni abbia adottato per acquisire elementi tramite i canali diplomatici per conoscere se siano state effettuate tutte le opportune indagini al fine di identificare il militare che ha materialmente sparato, il reparto militare a cui apparteneva, la catena di comando cui rispondeva. (4-09281)

  Risposta. — Il 28 novembre 2014 il connazionale Marco Bianchini è stato colpito da un proiettile nel corso di una manifestazione cui partecipava presso il villaggio cisgiordano di Kafr Qaddum, a ovest di Nablus. La manifestazione era organizzata dall'international solidarity movement, gruppo non violento a sostegno del popolo palestinese. Il giovane aveva il volto coperto in ragione del lancio di lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza israeliana, ma indossava una pettorina arancione che lo identificava come «attivista internazionale». Bianchini è stato ferito all'addome ed è stato trasportato all'ospedale di Nablus, per poi essere trasferito presso l'ospedale pubblico di Ramallah.
  Non appena informato del ricovero di un italiano presso il nosocomio di Ramallah, il nostro consolato generale a Gerusalemme ha interpellato il direttore della struttura per ottenere informazioni sullo stato di salute del connazionale; ha quindi consultato il direttore generale del Ministero della salute palestinese per i servizi medici di base, il quale ha assicurato che il Ministro della salute Jawad Awwad stava seguendo personalmente il caso.
  Contattato dal consolato generale, il connazionale si è presentato come Patrick Corsi, ammettendo successivamente che il nome era falso. Nei giorni seguenti e fino alla sua dimissione dall'ospedale di Ramallah, nonostante le numerose richieste, il connazionale si è sempre rifiutato di declinare le proprie vere generalità e di presentare documenti comprovanti la cittadinanza italiana. Ciò nonostante il personale della nostra rappresentanza lo ha contattato telefonicamente quasi tutti i giorni e la console Clemente si è recata personalmente a visitarlo tre volte. A seguito della sua dimissione e dopo aver reso pubblica la vicenda ai media palestinesi, il connazionale è stato ricevuto dal presidente palestinese Mahmood Abbas, il quale gli ha concesso la cittadinanza e il passaporto dell'Autorità nazionale.
  Nel gennaio del 2015 il connazionale si è presentato al consolato generale d'Italia a Gerusalemme chiedendo un'autentica di firma sulla denuncia che intendeva sporgere in Italia per quanto accaduto, attraverso un suo legale di fiducia. Egli ha asserito di non voler sporgere denuncia direttamente alle autorità israeliane per paura di ritorsioni, anche a seguito dell'acquisizione della cittadinanza palestinese (che prevale, secondo la legge israeliana, in caso di doppia cittadinanza). In tale occasione è stato possibile identificarlo con il suo vero nome, Marco Bianchini.
  L'incertezza sulle effettive generalità del connazionale ha fatto sì che, nel corso della vicenda, non fosse agevole per la sede consolare acquisire informazioni tramite i canali diplomatici e sporgere denuncia formale presso le competenti autorità israeliane. Solo dopo d'identificazione del connazionale il consolato generale a Gerusalemme ha potuto trasmettere la denuncia presentata dal signor Bianchini alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Roma.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 163 del 2006, all'articolo 40 prevede che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati attraverso organismi di diritto privato di attestazione il cosiddetto SOA;
   l'ottenimento della qualificazione è disciplinato dagli articoli 188 e 189 dello stesso decreto legislativo n. 163 del 2006 che prevedono il possesso di determinati requisiti, nello specifico:
    articolo 188. Requisiti di ordine generale (articolo 20-quater, decreto legislativo n. 190 del 2002 aggiunto dall'articolo 1, decreto legislativo n. 9 del 2005), 1. Per la qualificazione sono richiesti al contraente generale i requisiti di ordine generale di cui all'articolo 38; 2. La dimostrazione dei requisiti di ordine generale non è richiesta agli imprenditori in possesso di qualificazione rilasciata ai sensi del citato regolamento da non oltre cinque anni;
    articolo 189. Requisiti di ordine speciale (articolo 20-quinquies, decreto legislativo n. 190 del 2002 aggiunto dall'articolo 1, decreto legislativo n. 9 del 2005) (...);

   2. La adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata:
    a) dal rapporto, risultante dai bilanci consolidati dell'ultimo triennio, tra patrimonio netto dell'ultimo bilancio consolidato, costituito dal totale della lettera a) del passivo di cui all'articolo 2424 del codice civile, e cifra di affari annuale media consolidata in lavori relativa all'attività diretta e indiretta di cui alla lettera b). Tale rapporto non deve essere inferiore al dieci per cento, il patrimonio netto consolidato può essere integrato da dotazioni o risorse finanziarie addizionali irrevocabili, a medio e lungo periodo, messe a disposizione anche dalla eventuale società controllante. Ove il rapporto sia inferiore al dieci per cento, viene convenzionalmente ridotta alla stessa proporzione la cifra d'affari; ove superiore, la cifra di affari in lavori di cui alla lettera b) è incrementata convenzionalmente di tanti punti quanto è l'eccedenza rispetto al minimo richiesto, con il limite massimo di incremento del cinquanta per cento. Per le iscrizioni richieste o rinnovate a decorrere dal 1° gennaio 2006 il rapporto medio non deve essere inferiore al quindici per cento e continuano ad applicarsi gli incrementi convenzionali per valori superiori. Per le iscrizioni richieste o rinnovate a decorrere dal 1° gennaio 2009, il rapporto medio non deve essere inferiore al venti per cento, e continuano ad applicarsi gli incrementi convenzionali per valori superiori. Ove il rapporto sia inferiore ai minimi suindicati viene convenzionalmente ridotta alle stesse proporzioni la cifra d'affari;

   3. La adeguata idoneità tecnica e organizzativa è dimostrata dall'esecuzione con qualsiasi mezzo di un lavoro non inferiore al quaranta per cento dell'importo della classifica richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori di importo complessivo non inferiore al cinquantacinque per cento della classifica richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori di importo complessivo non inferiore al sessantacinque per cento della classifica richiesta. I lavori valutati sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito e ultimati nel quinquennio precedente la richiesta di qualificazione, ovvero la parte di essi eseguita nello stesso quinquennio. Per i lavori iniziati prima del quinquennio o in corso alla data della richiesta, si presume un andamento lineare. L'importo dei lavori è costituito dall'importo contabilizzato al netto del ribasso d'asta, incrementato dall'eventuale revisione prezzi e dalle risultanze definitive del contenzioso eventualmente insorto  per  riserve dell'appaltatore diverse da quelle riconosciute a titolo risarcitorio. Per la valutazione e rivalutazione dei lavori eseguiti e per i lavori eseguiti all'estero si applicano le disposizioni dettate dal regolamento. Per lavori eseguiti con qualsiasi mezzo si intendono, in conformità all'articolo 3, comma 7 quelli aventi ad oggetto la realizzazione di un'opera rispondente ai bisogni del committente, con piena libertà di organizzazione del processo realizzativo, ivi compresa la facoltà di affidare a terzi anche la totalità dei lavori stessi, nonché di eseguire gli stessi, direttamente o attraverso società controllate. Possono essere altresì valutati i, lavori oggetto di una concessione di costruzione e gestione aggiudicate con procedura di gara. I certificati dei lavori indicano l'importo, il periodo e il luogo di esecuzione e precisano se questi siano stati effettuati a regola d'arte e con buon esito. Detti certificati riguardano l'importo globale dei lavori oggetto del contratto, ivi compresi quelli affidati a terzi o realizzati da imprese controllate o interamente possedute, e recano l'indicazione dei responsabili di progetto o di cantiere; i certificati sono redatti in conformità ai modelli definiti dal regolamento. I certificati indicano le lavorazioni eseguite direttamente dal contraente generale nonché quelle eseguite mediante affidamento a soggetti terzi ovvero eseguite da imprese controllate o interamente possedute; le suddette lavorazioni, risultanti dai certificati, possono essere utilizzate ai fini della qualificazione SOA nelle corrispondenti categorie.
   4. L'adeguato organico tecnico e dirigenziale è dimostrato:
    a) dalla presenza in organico di dirigenti dell'impresa in numero non inferiore a quindici unità per la Classifica I, venticinque unità per la Classifica II e quaranta unità per la Classifica III;
    b) dalla presenza in organico di almeno un direttore tecnico con qualifica di dipendente o dirigente, nonché di responsabili di cantiere o di progetto, ai sensi delle norme UNI-150 10006, dotati di adeguata professionalità tecnica e di esperienza acquisita in qualità di responsabile di cantiere o di progetto di un lavoro non inferiore a trenta milioni di euro per la Classifica I, cinquanta milioni di euro per la Classifica II e sessanta milioni di euro per la Classifica III, in numero non inferiore a tre unità per la Classifica I, sei unità per la Classifica II e nove unità per la Classifica III; gli stessi soggetti non possono rivestire analogo incarico per altra impresa e producono a tale fine una dichiarazione di unicità di incarico. L'impresa assicura il mantenimento del numero minimo di unità necessarie per la qualificazione nella propria classifica, provvedendo alla sostituzione del dirigente, direttore tecnico o responsabile di progetto o cantiere uscente con soggetto di analoga idoneità in mancanza si dispone la decadenza della qualificazione o la riduzione della Classifica;
   l'AVCP (oggi ANAC), con comunicato del 6 luglio 2006, ha fornito indicazioni alle stazioni appaltanti con le linee guida per l'emissione dei certificati di esecuzione lavori (cosiddetti CEL) riguardanti l'esecuzione di accordi quadro;
   l'articolo 59 del codice dei contratti pubblici prevede che le stazioni appaltanti possano concludere accordi quadro, intesi come un accordo concluso tra uno o più operatori economici il cui scopo è quello di stabilire le clausole e i prezzi relativi ad un insieme di interventi finalizzati a preservare l'efficienza di un quid già esistente, unicamente per lavori di manutenzione;
   gli accordi quadro, da intendersi come l'insieme di molteplici ordini/commesse, per espressa dictio legis (cfr. 59, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006) sono ammessi esclusivamente in relazione ai lavori di manutenzione, mentre non vengono ammessi per la progettazione e per gli altri servizi di natura intellettuale;
   l'articolo 29, comma 13 del decreto legislativo n. 163 del 2006 indica che per i cosiddetti accordi quadro il valore da prendere in considerazione all'atto del calcolo del valore stimato dei contratti pubblici sia il valore massimo dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi previsti durante l'intera durata degli accordi quadro sicché la sommatoria dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi preventivati sarà l'importo stimato dell'accordo quadro;
   il richiamato comunicato dell'AVCP (adesso ANAC) del 6 luglio 2006 prevede che nei Certificati di esecuzione lavori (cosiddetti CEL) rilasciati dalle stazioni appaltanti, in riferimento all'esecuzione di accordi quadro, si debbano indicare i seguenti dati:
    importo complessivo dell'accordo quadro;
    inserimento del numero totale dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi costituenti l'accordo quadro e del loro valore complessivo;
    l'indicazione dei due lavori di punta (importi maggiori tra i molteplici ordini/commesse/contratti applicativi eseguiti nell'ambito dell'accordo quadro);
   è evidente, quindi, che l'accordo quadro in fase di dimostrazione di requisiti per l'ottenimento dell'attestazione da parte del SOA, non ha lo stesso «peso» di un contratto di lavoro specifico, derivante dall'esecuzione di un'opera completa, dovendo, invece, essere considerato come insieme di lavori (quindi, cifra totale lavori eseguiti) tra i quali scegliere i lavori di punta della classificazione lavori;
   talune stazioni appaltanti pongono in essere diversi orientamenti applicativi della norma (articolo 189 decreto legislativo n. 163 del 2006 e comunicato Avcp del 6 luglio 2006) che determinano da parte delle società di attestazione (SOA) valutazioni differenti nell'attribuzione della classificazione delle categorie di lavoro, portando a considerare il cosiddetto accordo quadro nel suo complesso come un singolo lavoro, nonostante la norma preveda espressamente l'indicazione di due lavori di punta;
   in sede di qualificazione queste difformità di indirizzi da parte delle stazioni appaltanti induce quindi a rilasciare attestazioni da parte degli organismi di attestazione (cosiddetto SOA) per l'esecuzione dei lavori svolti nell'ambito dell'accordo quadro (composti da molteplici contratti applicativi o ordini di modesti importi), come un importo di classificazione lavori uguale a quello che si otterrebbe con l'esecuzione di contratti di lavori specifici determinando in capo all'azienda un requisito altrimenti non raggiungibile per mancata esecuzione di lavori di quell'importo;
   risulterebbe all'interrogante che talune stazioni appaltanti, benché espressamente vietato dalla normativa vigente, nel bandire gare per l'affidamento in appalto di accordi quadro, richiedono prestazioni relative alla progettazione;
   in altri casi, risulterebbe che alcune stazioni appaltanti, nell'indire procedure di affidamento mediante accordo quadro, non tengono in debita considerazione la copertura economica dello stesso per l'intero importo, benché gli articoli 151 e 153, comma 5 del decreto legislativo n. 167 del 2000 prevedano il contrario, ed in ultimo l'AVCP (adesso ANAC) con parere n. 11 del 12 gennaio 2011, si esprime in tal senso, considerando che le stazioni appaltanti non possono dare corso ad una procedura ad evidenza pubblica senza copertura economica –:
   se il Ministro intenda far propri gli anzidetti rilievi e intenda anche attraverso formale coinvolgimento dell'Avvocatura dello Stato, anche tenendo conto degli orientamenti dell'Anac, promuovere un'indagine sulla corretta applicazione e interpretazione della normativa vigente, al fine di garantire la massima concorrenzialità e concorrenza, assumendo ogni iniziativa utile a superare ostacoli e limitazioni all'effettiva contendibilità delle commesse a paritaria concorrenza. (4-08989)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come correttamente evidenziato dall'interrogante, effettivamente l'attuale formulazione dell'articolo 59 del Codice dei contratti pubblici ammette il ricorso agli accordi quadro al fine di definire, previa complessiva copertura economico-finanziaria, le clausole concernenti quantità e corrispettivi di un insieme di interventi finalizzati a preservare l'efficienza di impianti, reti e strutture esistenti. In sostanza, l'accordo quadro determina il contenuto di eventuali impegni futuri, senza che ciò comporti un vincolo a concludere i successivi contratti attuativi.

  Nell'ambito dei lavori, il modello di affidamento in esame è utilizzabile, secondo la disposizione richiamata, pertanto unicamente per i lavori di manutenzione, richiedendosi l'onere, in capo alle stazioni appaltanti, di predisporre le propedeutiche attività di progettazione dei lavori da eseguire.
  Di contro, con riferimento alla stima del valore delle commesse pubbliche, l'articolo 29, comma 13, del decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede che il valore da prendere in considerazione per gli accordi quadro sia pari al valore massimo dei molteplici contratti previsti durante la durata degli accordi medesimi.
  Ciò posto, considerato che l'esecuzione funzionalmente unitaria e complessiva di un determinato lavoro presuppone una specifica organizzazione produttiva e l'impiego di molteplici risorse, appare lesiva del principio della concorrenza e del mercato la prassi, indicata dall'interrogante, che riconosce lo stesso peso ponderale all'importo stimato dell'accordo quadro rispetto al valore riconducibile all'esecuzione di un determinato lavoro.
  Del resto, già nell'attuale sistema normativo il ricorso all'istituto dell'accordo quadro nonché la sua proiezione in termini di qualificazione all'esecuzione dei lavori deve essere inteso di stretta interpretazione e non suscettibile di estensione analogica al di fuori dell'ambito applicativo oggettivo previsto dalla normativa, così come si desume dal comma 10 dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 163 del 2006, secondo cui «le stazioni appaltanti non possono ricorrere agli accordi quadro in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza».
  Invero, l'utilizzo degli accordi quadro in funzione limitativa della concorrenza ed in modo da restringere la partecipazione e l'accesso al mercato dei contratti pubblici, specie in danno della crescita delle piccole e medie imprese con la creazione di veri oligopoli, è espressamente vietato dal diritto europeo (cfr. in particolare il considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE), e dagli atti di attuazione dello stesso nell'ordinamento interno.
  Si evidenzia, in particolare, che ai sensi del considerando n. 61, paragrafo 3, della direttiva 2014/24/UE, «non si dovrebbe ricorrere ad accordi quadro in modo improprio o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza».
  Nel concludere, pur considerando che le modalità di gestione degli appalti pubblici, sotto il profilo della corretta applicazione della normativa ed il rispetto dei principi di concorrenza e di trasparenza, attengono alla sfera di responsabilità delle singole stazioni appaltanti ed è facoltà dei soggetti interessati adire le competenti autorità giudiziarie, si ricorda che competono all'ANAC, ai sensi dell'articolo 6, comma 7, lettera m), del decreto legislativo n. 163 del 2006, i poteri di vigilanza nei confronti delle SOA.
  Resta ferma l'inderogabilità dei suddetti principi normativi cui ogni stazione appaltante è tenuta ad attenersi.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'esecuzione di pubbliche commesse o di pubblici appalti, negli ultimi tempi è invalsa la prassi di prevedere procedure di ampio valore economico, ivi compresi gli «accordi quadro» (insieme di molteplici ordini, commesse e contratti applicativi), di modo che i requisiti posti a base della partecipazione siano talmente elevati da escludere un notevole numero di aziende dalla partecipazione ed in particolare le piccole e medie imprese;
   di contro, l'Unione europea a più riprese, e da ultimo con direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, all'articolo 87, ha stabilito che «È opportuno che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI. Gli enti aggiudicatori dovrebbero essere incoraggiati ad avvalersi del codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008 dal titolo «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l'accesso delle PMI agli appalti pubblici»;
   tra le altre misure suggerite, vi è quella di una esplicita previsione di suddivisione dei lavori in lotti;
   sarebbe buona regola procedere così come suggerito dall'Unione europea, fornendo idonee direttive a tutte le pubbliche amministrazioni –:
   se il Ministro condivida tale impostazione e, in caso affermativo — come ritenuto auspicabile dall'interrogante quali iniziative di competenza intenda porre in atto per giungere al rispetto della citata direttiva 2014/25/UE attraverso idonee disposizioni da impartire alle stazioni appaltanti pubbliche. (4-09017)

  Risposta. — In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Come correttamente evidenziato dall'interrogante, la direttiva 2014/25/UE (direttiva sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE) nel considerando n. 87 richiama l'opportunità di adeguare gli appalti pubblici alle necessità delle PMI.
  Sulla questione oggetto dell'interrogazione de qua interviene analogamente anche la direttiva 2014/24/UE – considerando 78 – (direttiva sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE) in base alla quale, tra l'altro, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del codice europeo di buone pratiche che fornisce orientamenti sull'attuazione della disciplina relativa agli appalti pubblici in modo tale da agevolare la partecipazione delle PMI. A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l'entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto... Gli Stati membri dovrebbero mantenere la facoltà di andare oltre nei loro sforzi intesi a facilitare la partecipazione delle PMI al mercato degli appalti pubblici estendendo agli appalti di entità minore la portata dell'obbligo di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti per appalti di entità minore, obbligando le amministrazioni aggiudicatrici a fornire una motivazione della decisione di non suddividere in lotti o rendendo la suddivisione in lotti obbligatoria in determinate condizioni. Allo stesso fine gli stati membri dovrebbero anche avere la facoltà di creare meccanismi per il pagamento diretto ai subappaltatori.
  Ed inoltre, non va trascurato il considerando n. 61, paragrafo 3, della medesima direttiva 2014/24/UE, per il quale non si dovrebbe ricorrere ad accordi quadro in modo improprio o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza.
  In merito, come del resto osservato dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nell'atto di segnalazione n. 3, del 21 maggio 2014, si deve evidenziare che l'articolo 2, comma 1-bis del decreto legislativo n. 163 del 2006 prevede l'obbligo di motivazione della mancata suddivisione dell'appalto in lotti (come anche la possibilità di pagamento diretto ai subappaltatori).
  In tal senso, già nell'attuale quadro positivo, ogni prassi applicativa di segno contrario, anche attraverso la dilatazione della durata degli affidamenti, risulta censurabile.
  Considerato quanto sopra, si rappresenta che, in sede di recepimento delle direttive europee richiamate, saranno adeguatamente affrontate le questioni poste dall'interrogante. Ciò tenuto anche conto che il disegno di legge che conferisce delega al Governo per l'attuazione delle direttive medesime – attualmente all'esame della Camera dei deputati in seconda lettura (AC 3194) – prevede il miglioramento delle condizioni di accesso al mercato degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, anche con riferimento ai servizi di architettura e ingegneria e agli altri servizi professionali dell'area tecnica. La norma specifica che i soggetti interessati da un migliore accesso al mercato dei contratti pubblici sono non solo le piccole e medie imprese e le imprese di nuova costituzione, come era previsto nel testo iniziale del disegno di legge, ma anche i piccoli e medi operatori economici e i giovani professionisti. Inoltre, la norma precisa che la finalità del miglioramento dell'accesso al mercato dei contratti pubblici deve essere attuata anche attraverso il divieto di aggregazione artificiosa degli appalti, prevedendo in particolare che la dimensione degli appalti ed il conseguente valore delle gare e dei lotti in cui queste risultino eventualmente suddivise siano adeguati al fine di garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle micro, piccole e medie imprese, nonché l'introduzione di misure premiali per gli appaltatori e i concessionari che coinvolgano i predetti soggetti nelle procedure di gara.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   L'ABBATE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo vetrario Sangalli rappresenta il primo produttore di vetro piano in Italia (copre circa il 30 per cento del mercato), con siti produttivi a Monte Sant'Angelo (Foggia) e San Giorgio di Nogaro (Udine), con una produzione di circa 1.300 tonnellate al giorno ed impiegando complessivamente oltre 400 addetti. Res nota est che tale Gruppo versi in grave dissesto finanziario;
   quasi tutte le società del Gruppo (in particolare Sangalli Vetro Manfredonia — già Manfredonia Vetro, Sangalli Vetro, Sangalli Vetro Porto Nogaro, Sangalli Vetro Satinato) hanno ricevuto contributi pubblici in conto capitale (e non) sia grazie ai tre Protocolli al contratto d'area di Manfredonia sia grazie a risorse del Fondo di rotazione per iniziative economiche del Friuli Venezia Giulia, come dimostrato dalla presenza di Friulia spa al 35 per cento nel capitale sociale di una delle anzidette società. La finanziaria regionale Friulia spa, come è noto, opera soltanto con l'ausilio di un patto parasociale che, in questo caso, è stato disdettato e poi rinnovato;
   in aggiunta ai finanziamenti di cui sopra, a fine 2013, Sangalli Vetro Manfredonia è stata ammessa al beneficio di ulteriori agevolazioni dalla regione Puglia per euro 6.889.323,60 quale contributo al rifacimento del fornofloat. Va, tuttavia, tenuto presente però che l'Unione europea fissa un tetto massimo ai contributi pubblici per la regione Puglia nella misura del 70 per cento delle somme ammesse a contributo;
   ad oggi, le condizioni finanziarie del Gruppo sono di sofferenza se non addirittura di insolvenza, in quanto al 31 dicembre 2013 gli amministratori riportavano un indebitamento verso gli istituti di credito per 128,4 milioni di euro, superiore al fatturato complessivo che risulta in peggioramento rispetto all'esercizio precedente, con perdite complessive per 11,3 milioni di euro relative all'esercizio 2013;
   al 13 ottobre 2014, l'impianto più moderno e più remunerativo del Gruppo, appartenente alla società Sangalli Vetro Magnetronico di Monte S. Angelo (Foggia), uno dei due impianti coater in Italia, scontava un periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria di 15 giorni per tutte le 26 risorse, che si aggiunge ai periodi precedenti. Stante il contributo pubblico già deliberato dalla regione Puglia in data 19 novembre 2013 (pubblicazione B.U.R.P. n. 159 del 4 dicembre 2013) a questo scopo, fonti aziendali riportano che la fermata dell'impianto float di Monte S. Angelo (Foggia) è prevista per fine anno 2014;
   tuttavia si teme che tale fermata venga in un primo tempo prorogata per poi diventare definitiva;
   alla luce della situazione attuale, pare non abbia trovato un esito positivo l'accordo di riscadenziamento dell'indebitamento complessivo, siglato in data 20 novembre 2013 che prevedeva l'ingresso di un nuovo socio russo, attraverso la società lussemburghese Glasswall. Alla luce di quanto detto ad avviso dell'interrogante non è da escludere la presentazione della richiesta di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, ai sensi del decreto legislativo 270 del 1999 (cosiddetto Prodibis) per i seguenti motivi: la società ha superato, anche se di poco, la soglia necessaria dei 200 dipendenti, l'indebitamento complessivo supera (e di molto) i due terzi sia del totale dell'attivo dello stato patrimoniale sia dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio. Appare evidente che l'accordo del 20 novembre 2013 sia divenuto inefficace giacché la holding italiana del Gruppo (Vetro Partecipazioni di Susegana, Treviso), unica società che registra la presenza del nuovo socio Glasswall, risulta ancora oggi inattiva;
   secondo quanto riportato nel relativo verbale, si evince che il bilancio 2013 di Sangalli Vetro Manfredonia sia stato approvato dai manager russi addirittura per telefono e che il consiglio d'amministrazione era ed è composto da un numero di componenti superiore a quanto previsto dallo Statuto. Da ultimo, si constata che il Presidente del collegio sindacale, dottor Gianbattista Rossetti (già arrestato per tentata corruzione nel 1984 e poi amnistiato), risulta essere membro della «Commissione Amministrazione Straordinaria per le Grandi Imprese in Crisi», istituita presso il Consiglio Nazionale dei Commercialisti ed Esperti Contabili;
   si richiama l'interrogazione a risposta scritta 4-02323 e la relativa risposta –:
   se i Ministri interrogati, ciascuno per le proprie competenze, siano a conoscenza della descritta situazione in seno al gruppo industriale tutto, ed in particolare di quella relativa al polo produttivo di Monte S. Angelo (Foggia) e se l'eventuale ricorso allo strumento dell'amministrazione straordinaria ex decreto legislativo 270 del 1999, visto alla luce della recente posizione della commissione europea in tema di amministrazione straordinaria, non rischierebbe di essere considerato alla stregua di un aiuto di Stato (come già accaduto in vari casi), anche in considerazione delle erogazioni già percepite dal gruppo e dei precedenti per frode fiscale del patron del Gruppo, Giorgio Sangalli;
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano assumere per promuovere il dialogo con la proprietà (e gli istituti di credito), allo scopo di predispone un piano industriale efficace per la salvaguardia della produzione e dei livelli occupazionali, anche nell'ipotesi in cui si dovesse nominare un commissario straordinario, al fine di evitare (o almeno limitare) le ripercussioni in seno al comparto vetrario italiano;
   se i Ministri interrogati intendano comunicare notizie riguardanti la situazione debitoria attuale e quella relativa alle eventuali controversie pendenti nei confronti dell'Agenzia delle entrate e dell'autorità giudiziaria e se gli aiuti stanziati dalla regione Puglia verranno erogati ad avanzamento o a fine lavori di rifacimento del forno float di Manfredonia, come ragionevolmente ci si aspetterebbe stante l'elevato rischio di fallimento della società singola e dell'intero gruppo vetrario.
(4-09958)

  Risposta. — Le vicende del gruppo Sangalli sono seguite con attenzione dal Ministero dello sviluppo economico presso il quale è attivo un tavolo tecnico di confronto tra le parti per esaminare le problematiche degli stabilimenti produttivi del gruppo.
  La proprietà ha presentato ricorso per l'ammissione al concordato cosiddetto «prenotativo» presso il tribunale di Treviso per le società Sangalli Vetro Manfredonia spa, la Sangalli Vetro Magnetronico s.r.l. e la Sangalli Vetro Satinato s.r.l.; trascorso il termine dei sei mesi previsto dalla legge oltre ad un ulteriore periodo di proroga richiesto dall'azienda, il 14 luglio 2015, l'originaria istanza è stata qualificata quale ammissione alla procedura di concordato liquidatorio, sul quale l'autorità giudiziaria si esprimerà nei prossimi giorni.
  Nel corso di un incontro tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico il 16 luglio 2015, i commissari giudiziali e la proprietà hanno evidenziato che durante la fase preconcordataria, nonostante i tentativi posti in essere, non è stato possibile trovare soluzioni che prevedessero la cessione aggregata dei beni societari nella loro interezza, senza parcellizzazioni, al fine di garantire la continuità delle attività produttive ed il mantenimento dei livelli occupazionali negli impianti della Sangalli Vetro Manfredonia s.p.a., della Sangalli Vetro Magnetronico s.r.l. e della Sangalli Vetro Satinato s.r.l.
  Di fatti le manifestazioni di interesse comunicate all'ufficio commissariale ed alla proprietà hanno tutte riguardato ipotesi di acquisizione di singoli beni della Sangalli e non dell'intero complesso produttivo.
  Evidenzio, inoltre, che il Ministero ha già da mesi avviato con alcuni advisor la ricerca di soluzioni praticabili per la cessione degli stabilimenti di Manfredonia nella loro interezza, al fine di rilanciarne la produttività e garantendo la tutela dell'occupazione, attività che dovrà proseguire almeno fino alla fine del corrente anno. In merito poi a quanto richiesto nel primo quesito ovvero «se l'eventuale ricorso allo strumento dell'amministrazione straordinaria ex decreto legislativo 270 del 1999, visto alla luce della recente posizione della commissione europea in tema di amministrazione straordinaria, non rischierebbe di essere considerato alla stregua di un aiuto di Stato (...)», occorre precisare che la procedura di amministrazione straordinaria non presenta le asserite caratteristiche di un aiuto di Stato, se non per quanto riguarda l'eventuale accesso alla garanzia del Tesoro sui finanziamenti accesi dalla procedura di amministrazione straordinaria.
  Al riguardo, il decreto legislativo n. 270 del 1999 (cosiddetto Prodi Bis) disciplina nel dettaglio, in conformità agli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato alle imprese in difficoltà, le modalità per l'acquisizione dello specifico e preventivo nulla osta della Commissione europea sul singolo caso di ricorso a tale beneficio di legge.
  Ciò premesso, evidenzio che il citato decreto (adottato anche in conseguenza di taluni rilievi mossi a livello comunitario in ordine alla cosiddetta legge Prodi) prevede, tra l'altro, la piena ed esclusiva competenza del tribunale in relazione all'apertura della procedura, fondata oltre che sulla presenza dei requisiti soggettivi (fallibilità e dimensioni) ed oggettivi (stato di insolvenza), anche sul presupposto della positiva verifica circa la sussistenza delle condizioni di riequilibrio economico delle attività d'impresa, al fine di garantire l'ammissione alla procedura solo alle imprese effettivamente meritevoli.
  La procedura di amministrazione straordinaria si può aprire, quindi, ai sensi di legge, esclusivamente laddove ricorrano i predetti requisiti e presupposti, ed in tale contesto l'istituto si presenta pienamente coerente agli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato.
  In merito a quanto richiesto sulla situazione debitoria attuale del gruppo Vetrario Sangalli ed alle eventuali controversie pendenti nei confronti dell'agenzia delle entrate, il Ministero dell'economia e finanze ha comunicato che ad oggi risulta pendente un solo contenzioso, riferito alla società Sangalli Vetro Manfredonia S.p.A. In particolare, lo stesso riguarda un avviso di accertamento, emesso per l'anno 2003, con il quale venivano accertate maggiori imposte (IRPEG, IRAP e SIA) per complessivi euro 592.925, più sanzioni per euro 520.078. Attualmente, la controversia pende innanzi alla Corte di Cassazione, su ricorso proposto dall'ufficio dell'agenzia delle entrate avverso la sentenza della commissione tributaria regionale della Puglia n. 49/27/2012, che aveva annullato l'atto di accertamento.
  Si precisa, infine, con riferimento alle agevolazioni erogate al polo produttivo di Monte Sant'Angelo (Foggia), quanto segue:
   in data 29 luglio 2004 la società Manfredonia Vetro S.p.A., con sede legale in Foggia, ha presentato domanda di agevolazione a valere sul 2o Bando PIA Innovazione, per l'attuazione di un programma di sviluppo precompetitivo;
   con decreto direttoriale del 20 marzo del 2006, sono stati concessi, in via provvisoria, i seguenti benefici:
    un finanziamento agevolato per l'importo di euro 638.712,00 per il programma di sviluppo precompetitivo;
    un contributo alla spesa ammessa per l'importo di euro 305.890,00 per il programma di sviluppo precompetitivo;
    un contributo in conto impianti per l'importo di euro 360.300,00 per il programma di industrializzazione.

  La banca concessionaria, tuttavia, con propria nota del 13 dicembre 2013, informava il Ministero della volontà dell'impresa di rinunciare all'intero programma.
  A fronte delle condizioni riferite, in data 16 aprile 2013 è stato emanato il decreto direttoriale di revoca totale delle agevolazioni concesse.
  Inoltre, come richiamato anche dall'interrogante, nell'ambito del contratto d'area di Manfredonia, in favore della Sangalli Vetro Satinato s.r.l. (già Manfredonia Specchi s.r.l.) e della Sangalli Vetro s.r.l. sono state concesse a suo tempo, due agevolazioni per un totale erogato rispettivamente di euro 2.861.411,55 ed euro 9.179.427,54, saldate rispettivamente nell'ottobre 2013 e nell'ottobre 2009.
  Il Ministero dello sviluppo economico continuerà comunque a seguire la vicenda con attenzione mantenendo aperto il tavolo tecnico di confronto ed a ricercare una soluzione che miri a rilanciare la produttività aziendale ed a garantire il mantenimento di adeguati livelli occupazionali.
La Ministra dello sviluppo economicoFederica Guidi.


   NICOLETTI, QUARTAPELLE PROCOPIO e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti attendibili della cooperazione italiana, nei giorni scorsi l'esercito libanese ha sgomberato 41 campi profughi siriani che ospitavano circa 5300 persone e altri 13 sgomberi, per un totale di oltre 800 persone, sono previsti in questi giorni;
   dai primi mesi dell'anno, su richiesta del Governo libanese, l'UNHCR ha sospeso la registrazione dei profughi siriani rifugiatisi in Libano che fino ad allora contavano 1.172.753 persone;
   è del tutto verosimile che negli ultimi mesi la situazione sia progressivamente sfuggita al controllo, tanto che ormai si parla di stime di più di 1,2 milioni di profughi siriani su una popolazione libanese di poco meno di 4,5 milioni di abitanti;
   i campi profughi sgomberati dall'esercito, insistendo lungo le principali vie di comunicazione, avevano quindi un carattere provvisorio;
   lo sgombero dei campi pone le persone evacuate sulla strada, sotto il sole cocente e senza alcuna protezione. È di tutta evidenza che senza una supervisione e un coordinamento delle Nazioni Unite la situazione dei profughi in Libano possa degenerare sia in termini di sicurezza che per conseguenze di carattere igienico sanitario;
   rebus sic stantibus, l'emergenza umanitaria in Libano non potrà che crescere esponenzialmente con il prosieguo dei mesi estivi e questi interventi di ordine pubblico dell'esercito libanese ne rappresentano un campanello di allarme;
   è d'altra parte parimenti evidente che i profughi siriani in questo momento non hanno alcuna possibilità di rientrare nel loro Paese;
   questo stato di cose pone i nuovi profughi di fronte all'opzione di emigrare per mare con tutto quello che, come dimostrano gli esodi dalla costa libica, questo comporta in termini di incolumità fisica;
   lo Stato libanese fino ad ora ha dimostrato una grande disponibilità accogliendo e ospitando un grandissimo numero di profughi in proporzione alla popolazione;
   tra Italia e Libano intercorrono rapporti di amicizia di lunga data, rafforzati anche dal pluriennale comando italiano della missione UNIFIL che ha dato al nostro Paese una credibilità speciale presso i libanesi;
   a tutt'oggi l'Italia è il primo partner commerciale della Repubblica del Libano –:
   quali iniziative il Governo intraprenderà sia in sede di Unione europea sia in sede di Nazioni Unite, nonché attraverso il contributo della cooperazione allo sviluppo al fine di garantire il rispetto dei diritti umani dei profughi della guerra civile in Siria e al fine di sostenere lo Stato libanese nello sforzo di accoglienza e protezione. (4-10065)

  Risposta. — Sulla delicata problematica relativa all'accoglimento di ulteriori rifugiati dalla Siria, allo status degli stessi e più in generale alla protezione dei rifugiati nel Paese, si segnala che il Governo italiano ha sempre mantenuto, in stretto coordinamento con i partner europei, un'attenzione elevata. Una posizione ribadita dallo stesso Ministro Gentiloni durante la sua recente visita in Libano del 13 e 14 luglio 2015 e di fronte alle Commissioni riunite esteri e difesa di Camera e Senato (nell'ambito dell'informativa quadrimestrale sullo stato delle missioni internazionali), in cui si è confermato l'impegno dell'Italia al fine di preservare una prospettiva di convivenza pacifica e democratica nel Paese, da tempo alle prese con una forte pressione economica e sociale causata dalla presenza massiccia dei rifugiati.
  Il conflitto siriano ha ormai assunto i tratti di una crisi di lungo periodo, con una dimensione regionale sempre più ampia e grave e di natura non più solo umanitaria. Restano sul campo le dolorose conseguenze per la popolazione civile, con molteplici violazioni del diritto internazionale umanitario in tema di accesso degli aiuti, sicurezza degli operatori, tutela della popolazione civile e dei diritti umani, in particolare delle donne e dei minori.
  L'emergenza della condizione dei minori, in particolare, è stata sottolineata nel mese di giugno del 2015 dal Ministro Gentiloni di fronte al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in occasione del dibattito sui minori nei conflitti armati, in cui si è ribadito il forte impegno del Governo italiano a sostegno dei bambini influenzati dai conflitti nell'area, anche attraverso progetti realizzati in Libia, Giordania e Libano, che includono attività sociali, educative, con la creazione e gestione di strutture di protezione per i bambini e le famiglie.
  All'inizio del quinto anno di scontri, il numero delle persone bisognose di assistenza in Siria ammonta ormai a più di 12,2 milioni, di cui circa la metà proprio minori. Si tratta, secondo le Nazioni Unite, della più grande crisi protratta a livello globale, che conta quasi 8 milioni di profughi sfollati internamente alla Siria ed oltre 4 milioni di rifugiati nei Paesi limitrofi. La grande maggioranza dei profughi è oggi concentrata in Turchia (1.805.000), seguita dal Libano (1.172.000), Giordania (629.000), Iraq (250.000) ed Egitto (132.000). Per quel che riguarda il Libano, si stima vi siano alcune centinaia di migliaia di siriani a vario titolo presenti sul territorio, che non sono stati censiti. Le vittime accertate avrebbero superato la soglia di 220.000, anche se al riguardo mancano dati ufficiali.
  Con particolare attenzione al Libano e alle iniziative intraprese in sede multilaterale (Unione Europea e Nazioni Unite) sulla delicata problematica relativa all'accoglimento di ulteriori rifugiati dalla Siria, l'Italia ha inoltre adottato, insieme al gruppo ISG (international support group for Lebanon) la dichiarazione del 25 maggio 2015 con la quale si è da un lato espresso apprezzamento per lo straordinario sforzo di accoglienza profuso dal Libano; dall'altro, si è esortato il Paese dei Cedri a collaborare strettamente con l'UNHCR e le altre agenzie dell'ONU per promuovere una gestione efficace della presenza dei rifugiati siriani in Libano, in linea con le obbligazioni internazionali in campo umanitario e del diritto internazionale. Sempre con riferimento alle problematiche emerse di recente, e descritte nell'interrogazione, l'Italia ha parimenti sostenuto l'adozione delle conclusioni del Consiglio dell'Unione europea relative al Libano dello scorso 22 giugno, con le quali si è espressamente «sottolineata l'importanza di rispettare i diritti umani e i principi umanitari, incluso il principio del non respingimento», in linea con i richiami in tal senso contenuti nel comunicato della conferenza di Berlino dedicata ai rifugiati siriani nei Paesi limitrofi (28 ottobre 2014).
  A livello tecnico, la questione è seguita con particolare attenzione dal gruppo di lavoro del Consiglio dell'Unione europea competente per le questioni umanitarie, nel cui ambito sono in via di elaborazione specifici messaggi rivolti a ciascuno dei maggiori Paesi che ospitano i rifugiati siriani. Relativamente al Libano, il Consiglio dell'Unione europea chiederà a Beirut di definire in maniera chiara i criteri applicati alle frontiere per l'ammissione umanitaria dei rifugiati dalla Siria, sollecitando una revisione e semplificazione degli stessi, nonché un abbassamento dei costi amministrativi applicati ai siriani per il rinnovo dei permessi di residenza. Si segnala inoltre la recente decisione del Governo del Libano di permettere all'UNHCR di procedere alla registrazione dei 5.600 rifugiati siriani, procedura che era stata sospesa, dopo l'entrata in vigore della nuova, più stringente normativa.
  Questo sviluppo è da ascrivere anche alle pressioni in tal senso esercitate dall'Italia e, più in generale, dall'Unione europea nel quadro di un dialogo proficuo con Beirut, di concerto con gli altri partner della comunità internazionale.
  Sin dall'inizio l'Italia è stata in prima linea sul fronte della risposta all'emergenza umanitaria; sono stati devoluti complessivamente quasi 70 milioni di euro a favore della popolazione sfollata all'interno della Siria e per sostenere gli sforzi dei Paesi di accoglienza dei rifugiati. Nel caso del Libano, sono stati impegnati oltre 23 milioni di euro dal 2012 ad oggi, pari al 34 per cento del totale. In subordine, il Governo italiano ha allocato fondi a favore della Giordania, mentre una quota minore è stata destinata ai rifugiati in Iraq e in Turchia, anche attraverso operazioni transfrontaliere al valico con la Siria. La nostra assistenza è stata indirizzata per più della metà sul canale multilaterale, il restante su quello bilaterale o multi-bilaterale (circa il 30 per cento) e per la realizzazione di distribuzioni umanitarie originate dalla base logistica delle Nazioni Unite a Brindisi (4 per cento).
  Nell'ampio ventaglio di attività finanziate dal nostro Paese, si evidenziano: 1) il sostegno assicurato al «Regional Response Pian» delle Nazioni Unite, con specifici contributi a UNICEF (1.900.000 euro), a UNHCR (1,7 milione di euro), al PAM (un milione di euro), al Comitato Internazionale della Croce Rossa (500.000 euro) e all'ILO (400.000 Euro); 2) un sostanzioso impegno finanziario, pari a 2,5 milioni di euro, alle attività dell'UNDP, volte a rafforzare la resilienza delle comunità ospitanti e le capacità di erogazione dei servizi di base da parte delle amministrazioni locali; 3) ulteriori finanziamenti al comitato internazionale della Croce Rossa (500.000 euro) e all'UNHCR (1 milione), al momento in via di approvazione, per interventi a favore dei rifugiati siriani ospitati in Libano, nel quadro delle risorse annunciate alla terza conferenza donatori di Kuwait City lo scorso marzo; 4) il ruolo di capofila del settore «Agricoltura e sicurezza alimentare» nell'ambito del gruppo degli amici della Siria, dove sono state avviate attività di fornitura di input agricoli e di assistenza tecnica al Ministero dell'agricoltura del Governo siriano, attraverso l'istituto agronomico del Mediterraneo di Bari (Euro 2.250.000); 6) il sostegno alla società civile libanese e le comunità maggiormente esposte al flusso di profughi, attraverso l'approvazione di un finanziamento di 1,2 milioni di euro a favore di tre programmi bilaterali italo-libanesi in partenariato con il Ministero degli affari sociali e il Ministero degli interni e delle municipalità; 7) la partecipazione dell'Italia, con 3,4 milioni di euro al fondo fiduciario tedesco-emiratino (SRTF), per interventi di ricostruzione di infrastrutture di base in Siria; 8) un contributo italiano, pari a 3 milioni di euro, al fondo fiduciario regionale dell'Unione europea (EUTF), di cui siamo membro fondatore, per la realizzazione di iniziative di early recovery e stabilizzazione in Siria e nei Paesi limitrofi; 9) con particolare riferimento al canale bilaterale, alcune iniziative, in corso o in fase di avvio, per un valore di 5,3 milioni di euro in favore dei rifugiati siriani in Libano e delle comunità ospitanti per la realizzazione di progetti nei settori socio-sanitario, materno-infantile, educativo e con interventi finalizzati al rafforzamento dei servizi di base e ambientali e la creazione di attività generatrici di reddito.
  Dopo ormai quattro anni di conflitto, è chiaro che a nessuno sfugge la drammaticità della situazione, che colpisce in particolare la popolazione civile sfollata in Siria e rifugiata da ormai troppo tempo nei Paesi limitrofi, a partire dai bambini. Il compito del Governo è senza dubbio quello di moltiplicare gli sforzi, dei fori multilaterali, a partire dalle Nazioni Unite e dall'Unione europea. Sul piano umanitario, si continuerà a garantire la massima assistenza sul piano finanziario, anche al fine di cercare di arginare quelle tensioni sociali che investono le varie comunità sottoposte a pressioni sempre crescenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e TACCONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   lo scorso 2 giugno una fonte giornalistica online (http://www.lanotiziagiornale.it/rai-usa-e-getta-addio-americhe-la-rete-di-viale-mazzini-non-si-vede-piu-oltreoceano/) ha pubblicato con grande evidenza la notizia che dall'inizio del mese il segnale di RAI Italia (già RAI International) non è più visibile nei Paesi dell'America Latina, negli USA e in Canada, ove risiedono comunità d'origine tra le più numerose e impegnate nella conservazione e nello sviluppo dei rapporti culturali, sociali e commerciali con l'Italia;
   la ragione di questa interruzione risiederebbe nel fatto che i canali che trasmettono il segnale di RAI Italia sarebbero stati oscurati a seguito del mancato rinnovo dei contratti con le società distributrici, mettendo in discussione in questo modo la stessa convenzione della RAI con lo Stato, nella quale il servizio per l'estero è una delle condizioni per il finanziamento;
   gli interroganti hanno avuto diretta conferma dell'interruzione da parte di connazionali ed utenti, residenti ad esempio in Brasile, Venezuela, USA e Canada, giustamente allarmati e perplessi per l'improvvisa cessazione del servizio e per le incerte prospettive di ripristino;
   se l'interruzione non fosse di natura temporanea e strettamente tecnica, ci si troverebbe di fronte alla perdita di uno strumento strategico di proiezione culturale e commerciale nel mondo, proprio nel momento in cui i primi e attesi segnali di ripresa inducono a rafforzare l'impegno di internazionalizzazione del Paese e a consolidare i rapporti con le nostre comunità d'origine, che della presenza dell'Italia nel mondo sono il volano essenziale, oltre che il nucleo largamente maggioritario delle sottoscrizioni degli abbonamenti d'ascolto;
   a fronte di questa notizia, l'ufficio stampa della RAI ha recentemente comunicato che l'azienda, dopo 18 anni di contratto con la società saudita Dalla Albaraka, avrebbe deciso di «distribuire direttamente i propri canali per garantire un maggiore controllo del processo distributivo e commerciale e una migliore qualità del segnale»; l'interruzione, di conseguenza, sarebbe motivata da esigenze di aggiornamento tecnologico;
   in ogni caso, la funzione strategica dei programmi di comunicazione in queste aree e la contraddittorietà delle informazioni in merito dovrebbero indurre a dissipare al più presto i timori che si sono addensati in queste settimane e a rendere espliciti e trasparenti i programmi di breve-medio termine di realizzazione del servizio in aree di così forte interesse, quali quelle menzionate -:
   quali sia la situazione reale relativamente al controllo dei canali di distribuzione del segnale di RAI Italia nei Paesi dell'America Latina, in USA e in Canada e quali siano le strategie e i programmi di medio-lungo termine per assicurare un adeguato e moderno servizio di comunicazione a beneficio dalle comunità d'origine ivi insediate e dei numerosi italofili presenti. (4-09413)

  Risposta. — In merito al quesito posto dall'interrogante riguardo a quale sia la situazione reale relativamente al controllo dei canali di distribuzione del segnale Rai nei paesi dell'America latina, in USA e in Canada, la Rai ha comunicato che in data 31 maggio 2015 è stato chiuso il contratto con la società saudita Al Baraka, precedentemente stipulato per la distribuzione di Rai international in America, avendo l'azienda optato per una nuova strategia di distribuzione dei canali Rai Italia, RaiNews 24 e Rai World Premium su territorio extraeuropeo (Australia, America Latina e Stati Uniti d'America, inclusi Hawaii e Territori e Possedimenti USA).
  A partire dal 31 maggio 2015 si è, pertanto, realizzato lo switch-over, che ha coinvolto circa 1300 headend (nodi di re-distribuzione territoriale del segnale) che si è concluso con successo avendo avuto solo un minuto circa di black out.
  In America del Nord e in Australia la ricezione del segnale da parte degli operatori si è conclusa nel giorno stesso della transizione e il segnale è ad oggi ricevibile da tutti i clienti finali.
  Per quanto riguarda l'America del Sud la ricezione del segnale da parte dei singoli operatori (poco più di 150) si è conclusa positivamente per la quasi totalità degli stessi al momento della fine dello switch-over, con l'eccezione di alcuni casi isolati (quale l'operatore via cavo venezuelano Intercable) per cui si è reso necessario offrire un supporto tecnico ulteriore affinché venissero completate con successo le operazioni di ri-sintonizzazione dei decoder posizionati presso l’headend.
  Al riguardo, la Rai ha segnalato che anche tale operazione si è conclusa positivamente completando nella sua totalità il processo di transizione, evidenziando che nelle ore dello switch over è stato attivato un servizio di call center dedicato a beneficio di tutti gli operatori per accompagnarli e seguirli nelle varie fasi di passaggio.
  L'azienda ha, altresì, precisato che la distribuzione tecnica per il territorio dell'Australia e delle Americhe è gestita, nelle more della definizione della gara da parte di Rai Way, in partnership con RR Media Ltd. La distribuzione commerciale dei canali, invece, è svolta in collaborazione con Condista International per il territorio sudamericano, con Content Distribution Associates per gli Stati Uniti e con Ethnic Channels Group Limited per il territorio dell'Australia e Nuova Zelanda.
  La Rai ha, infine, assicurato che la selezione dei partner appena indicati è avvenuta attraverso un confronto tra le maggiori società operanti nei rispettivi settori.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   PRATAVIERA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i cittadini residenti nei territori del Veneto orientale lamentano da anni ormai numerosi problemi riferiti alla ricezione del segnale televisivo per tutti i canali trasmessi attraverso il digitale terrestre, compresi quelli del servizio pubblico Rai, che in base all'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe essere un servizio garantito su tutto il territorio italiano;
   il passaggio dall'analogico al digitale non solo non ha apportato i benefici promessi inizialmente, ma addirittura ha peggiorato la situazione e, nei fatti, agli utenti non sono state garantite le medesime condizioni di accesso alle reti, creando una situazione di disagio per tutti e soprattutto per le strutture di ricezione turistica;
   in questo periodo dell'anno in cui la costa è popolata da migliaia di turisti, l'impossibilità di offrire un servizio come quello della trasmissione delle partite calcistiche dei mondiali da parte di alberghi, ristoranti o pub si traduce in una perdita economica per gli esercizi commerciali;
   a causa del disservizio, si viene a creare una situazione paradossale in cui alcuni esercizi godono di un vantaggio per il solo fatto di usufruire di un servizio che dovrebbe essere un diritto garantito a tutti, a norma dell'articolo 2 del nuovo contratto di servizio 2013-2015 stipulato fra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, in cui si legge che la Rai è obbligata a garantire la diffusione con elevati standard di qualità audio e video di tutte le trasmissioni televisive di pubblico servizio, mediante l'esercizio efficiente delle reti di diffusione digitale terrestre sulle frequenze oggetto di diritti d'uso assegnati alla concessionaria medesima dal Ministero;
   qualunque siano le cause che generano tale problema, appare chiaro che ai cittadini e agli esercenti veneti non è garantita una ricezione adeguata del segnale, mentre viene loro richiesto, al contempo, il pagamento puntuale del canone Rai –:
   in quali tempi il Ministro intenda intervenire, per quanto di competenza, per risolvere i gravi disservizi che stanno vivendo da anni i cittadini del Veneto orientale in merito alla mancata ricezione del segnale televisivo, anche considerando che l'accesso alle reti del servizio pubblico è un diritto che deve essere garantito a tutti i cittadini con copertura integrale sul territorio, in ottemperanza a quanto previsto dal decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio in vigore e che questo disservizio si traduce, nei fatti, in perdite economiche da parte di esercenti e commercianti. (4-05180)

  Risposta. — In merito ai disservizi di ricezione del segnale televisivo, in alcune zone del Veneto orientale, da informazioni acquisite presso il competente ispettorato territoriale risulta che alcuni impianti Rai MUX 1, operanti nelle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, presentano delle problematiche di affievolimento ed evanescenza del livello del segnale.
  Ciò accade inevitabilmente quando il segnale, in particolari condizioni atmosferiche, attraversa zone con indici di rifrazione variabili nel tempo che si vanno ad aggiungere alla precaria coesistenza isocanale con impianti della stessa rete Rai. Quest'ultima ha provveduto, quindi, a presentare un progetto di modifica delle caratteristiche radioelettriche di alcuni impianti allocati nel Friuli al fine di eliminare le interferenze isocanali ai danni del mux Rai.
  A tal riguardo, la Rai ha comunicato che sulla base di alcune segnalazioni ricevute da parte di antennisti della zona – è stato possibile ipotizzare che la zona, a cui si fa riferimento nell'atto in esame, corrisponda al tratto di costa compreso tra Caorle e Bibione non essendo specificato nel quesito quali siano i comuni interessati ai problemi di ricezione. La stessa società ha provveduto, quindi, ad installare sulla terrazza di un albergo di Bibione una centralina per monitorare i segnali ricevuti.
  In tale quadro si segnala che l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Ministero dello sviluppo economico e la Rai hanno firmato il 1o agosto 2015 uno specifico accordo procedimentale che – tra l'altro – prevede che «Le frequenze assegnate al MUX 1 della Rai devono garantire l'effettiva diffusione della programmazione regionale corrispondente a ciascuna regione, proteggendo la Concessionaria da assegnazioni alle emittenti locali delle frequenze previste per il MUX 1 in aree radioelettricamente adiacenti». L'accordo è attualmente in fase di progressiva implementazione.
  La Rai, ha, infine, segnalato che, nel rispetto di quanto previsto in tema di obblighi di copertura dall'articolo 6 del vigente contratto di servizio, ha attivato la piattaforma satellitare gratuita Tivù Sat che replica sul satellite l'intera programmazione del servizio pubblico insieme ad altri canali nazionali ed esteri, garantendo la copertura totale del territorio italiano. Per accedere a Tivù Sat è necessario dotarsi di parabola e decoder satellitare Tivù Sat, insieme al quale viene fornita una smart card che consente di vedere tutti i programmi senza il criptaggio tecnico usato per protezione dei diritti.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   PRINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   per recarsi sul posto di lavoro, o a scuola, studenti e lavoratori che usano il treno hanno diritto ad usufruire di un servizio adeguato considerando inoltre che questa scelta, oltre a contribuire alla riduzione del traffico veicolare, è anche la forma di mobilità meno inquinante e costosa in termini energetici da promuovere;
   purtroppo oggi, nonostante siano molti i comitati civici sorti in questi anni con l'intento di sensibilizzare le istituzioni ad intervenire per migliorare questo servizio, ancora si registrano ritardi, degrado dei convogli, bagni inagibili, sovraffollamento e scarsa manutenzione;
   la stazione di Corbetta-Santo Stefano Ticino, collocata sulla linea ferroviaria MI-TO, per la posizione strategica è al servizio più di 30.000 abitanti dei diversi comuni quali: Corbetta, Santo Stefano Ticino, Ossona e in parte Arluno;
   la stazione di Corbetta-Santo Stefano Ticino si trova a sole tre fermate da quella di Rho Fiera Expo Milano 2015 e dal primo maggio risulterà pertanto strategica per i visitatori che vorranno recarsi a visitare l'esposizione universale e per questo non è da escludere prevedere un consistente incremento di utenti;
   la conferenza dei servizi conclusiva (tra i soggetti coinvolti: comune di Corbetta e di Santo Stefano Ticino, provincia di Milano e RFI) per la chiusura di tre passaggi livelli, compreso il sottopasso e la sistemazione dei parcheggi in questione presso la stazione ferroviaria di Corbetta-Santo Stefano Ticino è stata svolta nel 1999 e d'allora sono ormai trascorsi sedici anni;
   nell'aprile 2012 l'interrogante allora consigliere regionale della Lombardia, aveva presentato un'interrogazione all'assessore alle infrastrutture della regione Lombardia che chiedeva di sollecitare R.F.I. al fine di accelerare i lavori delle opere sostitutive per la chiusura dei passaggi a livello previsti e la realizzazione del sottopasso presso la stazione di Corbetta-Santo Stefano Ticino; nella risposta l'assessore competente annunciò la rimozione del passaggio a livello per la fine del 2013;
   il passaggio a livello nei pressi della stazione di Corbetta-Santo Stefano Ticino è ancora in funzione e l'intensità del traffico dei treni che vi transitano, tra quelli che effettuano la fermata come i suburbani della linea S6 e quelli in transito come i regionali veloci e dell'alta velocità, fanno sì che questo sia spesso in funzione obbligando coloro che devono attraversarlo a lunghe soste –:
   se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato attivarsi presso la Rete ferroviaria italiana per sollecitare la realizzazione del sottopasso e dei parcheggi nei pressi della stazione ferroviaria di Corbetta-Santo Stefano Ticino e verificare i motivi di tale ritardo. (4-08882)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  La soppressione dei passaggi a livello posti ai chilometri 122+433, 123+635 e 124+793 della linea Torino-Milano, mediante la realizzazione di opere sostitutive, è stata regolamentata dalla convenzione n. 121 del 2007 del 10 dicembre 2007 tra provincia di Milano, i comuni di Arluno, Corbetta e Santo Stefano Ticino e Rete ferroviaria italiana s.p.a. (RFI).
  Detta convenzione prevede la realizzazione delle opere sostitutive dei passaggi a livello di cui sopra a cura e spese della società RFI con la contribuzione della provincia di Milano e del comune di Santo Stefano Ticino.
  Dopo la fase di progettazione e negoziale i lavori sono stati avviati nell'aprile del 2010.
  I passaggi a livello ai chilometri 122+433 e 124+793 della linea Torino-Milano sono stati soppressi avendo realizzato l'opera sostitutiva consistente in un cavalcaferrovia sulla strada provinciale 147, completata e aperta al traffico nell'agosto 2013; il sottovia sostitutivo del passaggio a livello al chilometro 123+635 della linea Torino-Milano, in prossimità della stazione di Corbetta–Santo Stefano Ticino, è stato invece interessato da un progetto di variante per un imprevisto geologico e i lavori sono stati riavviati nel mese di maggio 2014.
  Successivamente, nel gennaio 2015, il tribunale territorialmente competente ha dichiarato il fallimento dell'impresa affidataria, conseguentemente RFI ha provveduto a risolvere il contratto in essere; in occasione di un recente incontro con l'amministrazione comunale di Santo Stefano Ticino, nel cui territorio ricade l'opera, RFI ha fornito ampie assicurazioni circa il riavvio dei lavori entro il prossimo mese di settembre e, nel contempo, ha già messo in atto tutte le necessarie attività per pervenire all'affidamento dei lavori nel rispetto delle tempistiche comunicate.
  Infine, in merito ai parcheggi nei pressi della stazione ferroviaria di Corbetta-Santo Stefano Ticino, RFI ha informato che la realizzazione degli stessi rientra nell'accordo procedimentale sottoscritto in data 14 luglio 2000 tra la regione Lombardia, il gruppo ferrovie, la TAV s.p.a. e la provincia di Milano. Detto accordo prevedeva la corresponsione da parte di TAV di un contributo, che risulta essere stato corrisposto, alla provincia di Milano e la realizzazione a cura di quest'ultima.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, ROSTELLATO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, a causa dell'aumento della concorrenza, dovuto alla crisi economica, il telemarketing è diventato estremamente aggressivo e selvaggio: le persone subiscono un martellamento telefonico continuo con cui vengono proposte «offerte imperdibili dal sicuro risparmio»;
   dal 31 gennaio 2011 è divenuto operativo, in Italia, il sistema registro pubblico delle opposizioni, istituito con decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010; la sua gestione e realizzazione sono state assegnate dal Ministero dello sviluppo economico alla Fondazione Ugo Bordoni, attraverso un apposito contratto di servizio;
   come si legge sul sito del Ministero dello sviluppo economico, «i cittadini che non desiderano ricevere chiamate pubblicitarie possono tutelare più facilmente la propria privacy con il Registro delle Opposizioni», specificando che possono iscriversi i cittadini abbonati, ovvero, coloro che hanno la propria utenza su elenchi telefonici pubblici;
   l'obiettivo del registro delle opposizioni è «di raggiungere un corretto equilibrio tra le esigenze dei cittadini che hanno scelto di non ricevere più telefonate pubblicitarie e le esigenze delle imprese, che, in uno scenario di maggiore ordine e trasparenza, potranno utilizzare lo strumento del telemarketing con maggiore efficacia»;
   le lamentele dei cittadini in merito a come sia complicato iscriversi a tale registro, molto spesso per cavilli di natura burocratici (utenze non registrate o che risultino intestate ad altre persone e altro), o per fallimenti tecnici della rete, sono moltissime, soprattutto attraverso i social network;
   in particolar modo, viene evidenziato che, pur essendo iscritti nel citato registro, i cittadini continuino a ricevere telefonate non gradite;
   anche il Movimento Difesa del Cittadino segnala di come i cittadini siano bersagliati da telefonate indesiderate, che si trasformano in vero e proprio stalking, come nel caso di centinaia di abbonati che hanno protestato per aver ricevuto 10/15 telefonate consecutive, ma «mute», cioè senza risposta;
   il 13 giugno 2014 è entrato in vigore il nuovo codice del consumo, per effetto del decreto legislativo n. 21 del 2014, in recepimento della direttiva europea 2011/83/UE in materia di diritti dei consumatori;
   il Garante della concorrenza e del mercato, in base ad esso, ha avviato ben cinque procedimenti istruttori nei confronti di Fastweb, Vodafone, Telecom, H3g e Sky Italia, in cui si ipotizza la violazione delle nuove disposizioni che hanno introdotto specifici requisiti per la validità del teleselling;
   da quanto esposto, si deduce che un intervento deciso, per tutelare maggiormente i cittadini e le imprese, sia non solo necessario ma anche doveroso –:
   in che modo intenda tutelare, per quanto di competenza, i cittadini da telefonate di marketing indesiderate;
   quali siano le iniziative che ritenga necessario per programmare azioni tali da garantire agli abbonati, iscritti al registro delle opposizioni, la dovuta tutela a garanzia e rispetto della propria privacy;
   se non ritenga necessario avviare campagne di informazioni in merito alle nuove disposizioni del codice del consumo. (4-08933)

  Risposta. — In via preliminare, occorre far presente che con il decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010 n. 178 è stato istituito il registro pubblico delle opposizioni, la cui realizzazione e gestione è stata affidata dal Ministero dello sviluppo economico alla fondazione Ugo Bordoni, attraverso un contratto di servizio che ne sottolinea la natura di ente terzo, indipendente, impegnato nell'attività di pubblico interesse.
  Il citato decreto del Presidente della Repubblica prevede all'articolo 7 che tutti i cittadini intestatari di un numero presente negli elenchi telefonici pubblici possano iscriversi gratuitamente al servizio per opporsi alle chiamate pubblicitarie.
  La norma infatti regolamenta il trattamento delle numerazioni presenti nell'elenco telefonico pubblico effettuato mediante l'impiego del telefono per fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Se i cittadini, invece, desiderano bloccare le chiamate promozionali da loro stessi autorizzate tramite un consenso (ad esempio in occasione della stipula di contratti o durante l'adesione a tessere fedeltà) dovranno esercitare i diritti previsti dall'articolo 7 del codice privacy (decreto legislativo n. 196 del 2003), secondo le modalità stabilite dal medesimo codice.
  È importante evidenziare che, rispetto ai sistemi analoghi adottati a livello internazionale, l'Italia è l'unico Paese al mondo a offrire una molteplicità di canali di iscrizione. Infatti, il legislatore italiano ha voluto tutelare l'abbonato prevedendo cinque diverse modalità di iscrizione al Registro: modulo elettronico,
email, numero verde (con assistenza di un operatore umano in caso di difficoltà), fax e raccomandata (articolo 7, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010). Mentre nella maggior parte dei Paesi che adottano il regime di opt out, l'iscrizione è possibile solo tramite internet.
  Nella prospettiva di rendere più efficace e capillare la diffusione delle informazioni sul servizio e di offrire ai cittadini un eventuale supporto in modo più immediato e informale rispetto ai canali ufficiali di assistenza, è stato predisposto un servizio di
help desk che ha gestito fino ad oggi oltre 100.000 richieste. Sin dall'avvio delle attività sono stati, inoltre, creati i profili del registro pubblico delle opposizioni sui social network Facebook (oltre 10.000 iscritti) e Twitter e sul social media YouTube.
  Si evidenzia, inoltre, che il Ministero dello sviluppo economico e la Presidenza del Consiglio dei ministri, come prescritto dall'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 2010, hanno promosso la campagna informativa sul registro pubblico delle opposizioni nel primo semestre dall'istituzione del servizio. Il gestore del registro pubblico delle opposizioni, su mandato del Ministero dello sviluppo economico, ha contribuito a realizzare e a promuovere la campagna di comunicazione, con l'obiettivo di favorire la piena consapevolezza dei diritti dei cittadini il cui numero è presente nell'elenco telefonico e delle modalità di opposizione al trattamento dei dati personali per chiamate pubblicitarie. Tale campagna è stata promossa mediante i seguenti canali: Tv circuito RAI, radio circuito RAI, radio locali private, quotidiani d'informazione
online, settimanali a tiratura nazionale, quotidiani free press siti istituzionali.
  Ciò premesso, in merito a quanto auspicato dagli interroganti circa un intervento governativo più deciso per garantire una maggiore tutela per i cittadini da telefonate di
marketing indesiderate ed aggressive, si fa presente che con l'entrata in vigore di nuove disposizioni del codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), come introdotte dal decreto legislativo n. 21 del 2014 si prevedono ulteriori specifici requisiti per la validità del cosiddetto teleselling.
  Al riguardo, va osservato che con il citato provvedimento legislativo si è intervenuti novellando il codice del consumo per recepire le nuove disposizioni contenute nella direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori, cosiddetto consumer rights; in particolare, con riferimento al cosiddetto teleselling, il consumatore è sollevato dall'obbligo di eseguire la prestazione corrispettiva in tutti i casi di fornitura non richiesta (cosiddetto «vendita per inerzia» o «inerzia selling», vietata dalla direttiva 2005/29 sulle pratiche commerciali sleali) che dà luogo ad un ipotesi di pratica commerciale scorretta.
  La predetta direttiva europea rappresenta il principale atto del processo di revisione dell'acquis dei consumatori, avviato nel 2004 e definito da un libro verde nel 2007, volto a semplificare e completare il quadro normativo esistente per quanto riguarda i rapporti contrattuali tra imprese e consumatori (il cosiddetto «B2C»). L'obiettivo principale è quello di «contribuire ad un migliore funzionamento del mercato interno tra consumatori e imprese aumentando la fiducia del consumatore nel mercato interno e riducendo la riluttanza delle imprese ad operare a livello transfrontaliero».
  Tra le altre novità introdotte dalla citata normativa vi è il ruolo primario conferito all'autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM), in tema di competenza a sanzionare le violazioni degli obblighi che la direttiva
de qua pone in capo alle imprese nei rapporti commerciali con i consumatori, a tutela della libertà negoziale di questi ultimi. L'attribuzione all'AGCM dei poteri di accertamento e sanzione nelle materie disciplinate dalla direttiva 2011/83/UE risulta coerente con il diritto vigente e consente di accentrare in capo ad una unica amministrazione il controllo degli obblighi informativi inerenti alle pratiche commerciali tra imprese e consumatori, con ricadute positive in termini di applicazione uniforme della legislazione, certezza del diritto per le imprese ed efficacia della tutela garantita ai consumatori.
  La nuova normativa vigente è, dunque, la medesima presente in tutti gli Stati membri dell'Unione e da quanto sopra esposto, sembra essere particolarmente efficace per garantire un adeguato livello di tutela dei consumatori e una riprova di ciò è data proprio dall'immediato intervento dell'autorità, citato dagli stessi interroganti, cui è stato affidato il compito di monitorare e garantire il rispetto delle nuove disposizioni normative in materia.
  Si evidenzia, inoltre, che sullo specifico fenomeno delle «chiamate mute», il Garante per la protezione dei dati personali il 20 febbraio 2014 ha emanato un provvedimento generale a carattere prescrittivo, imponendo degli specifici obblighi verso gli operatori di telemarketing.
  Infine, circa la necessità evidenziata dagli interroganti di prevedere ed avviare adeguate campagne di informazioni in merito alle nuove disposizioni del codice del consumo, la stessa non si può che condividere. A tal proposito si precisa che il Governo italiano ha anche preso parte alla campagna sui diritti dei consumatori
(Consumer Awareness Campaign), realizzata dalla Commissione europea per divulgare le nuove regole introdotte dalla Direttiva consumatori. La politica dei consumatori è infatti un elemento importante per la crescita economica; rafforzare e rendere consapevoli i consumatori dei propri diritti ha un impatto positivo sull'incremento dei consumi. La su menzionata campagna è stata lanciata in occasione della giornata europea del consumatore, ha avuto ed ha come target i consumatori e le imprese di Bulgaria, Cipro, Grecia, Italia, Lettonia, Polonia, Portogallo e Spagna.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economicoAntonello Giacomelli.


   QUARTAPELLE PROCOPIO, AMENDOLA, TIDEI e SCUVERA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   secondo il diritto internazionale umanitario consuetudinario e come prescritto dall'articolo 79 del primo protocollo Aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949, i giornalisti civili impegnati nei conflitti armati devono essere rispettati e protetti da ogni forma di attacco intenzionale e devono godere dello stesso livello di protezione che è concesso ai civili, fintantoché non prendano parte diretta alle ostilità;
   la possibilità di fornire una informazione oggettiva e veritiera, anche in aree di crisi e durante un conflitto armato, è un diritto che ogni democrazia deve garantire;
   secondo Reporters without Borders, nel solo 2014, 69 giornalisti sono morti per garantire il diritto all'informazione nelle zone di conflitto;
   tra questi, il 24 maggio 2014, il fotoreporter italiano Andrea Rocchelli e il giornalista russo Andrei Mironov hanno perso la vita sotto i colpi di un mortaio in un villaggio vicino a Sloviansk, nell'Ucraina dell'Est, dove erano in corso combattimenti tra i miliziani filorussi e i soldati governativi;
   come riconoscimento per essersi distinti nel campo dei diritti umani e della libertà d'espressione, è stato assegnato a Mosca il prestigioso premio Anna Politkovskaja ad Andrei Mironov e ad Andrea Rocchelli, primo straniero ad averlo ricevuto;
   la versione fornita dal Governo ucraino attribuisce la responsabilità delle uccisioni alla fazione filorussa ma il giornalista francese William Roguelon, che al momento dell'attacco viaggiava nella stessa macchina con Rocchelli e Mironov, ipotizza che a sparare fosse stata la fazione filogovernativa; anche Igor Strelkov, leader della milizia popolare di Sloviansk intervistato dalla Komsomolskaya Pravda, afferma: «Rocchelli e Mironov erano andati a fare un reportage al confine della città, in territorio neutro, nel villaggio di Andreevka. Dato che ora lì i militari ucraini sparano a tutto ciò che si muove, i reporter sono stati notati e colpiti dal fuoco dell'artiglieria»;
   a un anno di distanza, nonostante l'impegno e le sollecitazioni della Farnesina per un accertamento rigoroso e l'apertura di un fascicolo per omicidio da parte della procura della Repubblica di Pavia, la famiglia di Rocchelli attende ancora dalle autorità ucraine delle risposte esaustive su chi abbia ucciso Andrea –:
   se il Governo sia a conoscenza di aggiornamenti sulla dinamica e sulle responsabilità del duplice omicidio;
   quali ulteriori iniziative intenda avviare il Governo per rafforzare l'interlocuzione con le autorità ucraine perché si giunga quanto prima ad un chiarimento circa le dinamiche dell'assassinio e l'individuazione dei responsabili, esortando l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, nonché i Governi degli altri Stati membri a fare altrettanto. (4-09336)

  Risposta. — Il 24 maggio 2014, il foto-reporter italiano Andrea Rocchelli ed il suo interprete russo Andreij Mironov sono stati uccisi nei pressi della cittadina ucraina di Sloviansk, in quei giorni teatro di violenti ed intensi scontri fra forze governative e milizie indipendentiste. Dai primi accertamenti è emerso che Rocchelli e Mironov si trovarono esposti al fuoco incrociato delle opposte fazioni, circostanza che, secondo le autorità ucraine, rende arduo ricondurre l'omicidio ad un preciso e univoco responsabile. Già nelle ore successive all'incidente sono stati attivati i canali diplomatici affinché si facesse piena luce sulla dinamica degli eventi e l'accertamento delle responsabilità.
  Fin dal giorno dell'uccisione di Andrea Rocchelli, il Governo italiano, anche per il tramite dell'ambasciatore Romano a Kiev, ha colto ogni occasione di contatto con le autorità ucraine per sollecitare risposte chiare convincenti. Analoga azione è stata svolta in ambito multilaterale sollevando la questione in seno all'UE, all'OSCE e all'ONU, nella convinzione che la libertà di espressione e la sicurezza degli operatori dell'informazione costituiscono le basi civili della democrazia.
  Da ultimo, lo stesso Ministro Gentiloni, durante la visita compiuta a Kiev il 5 e 6 maggio 2015, è tornato a sollevare con il suo omologo Klimkin il caso, ribadendo l'esigenza di concludere le indagini in tempi ragionevoli e in maniera imparziale. In quell'occasione, il Ministro Klimkin ha fornito assicurazioni sulla piena volontà delle, autorità ucraine di far luce sulla vicenda e sulla consapevolezza dell'attenzione attribuita dal Governo italiano e dalla famiglia del reporter alla vicenda.
  Il nostro ambasciatore a Kiev è costantemente impegnato a far si che l'attenzione sul caso rimanga elevata, sia nel quadro degli incontri con i vertici del Governo ucraino che in occasioni pubbliche, e che siano sempre tenute presenti le nostre aspettative di progressi concreti nelle indagini e nell'accertamento delle responsabilità.
  Si assicura che il Governo continuerà a mantenere alta l'attenzione sul caso fino a quando non verrà fatta piena luce sugli eventi, anche sotto il profilo giudiziario.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   SCAGLIUSI, SIBILIA, SPADONI, GRANDE, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, PETRAROLI, BATTELLI e VIGNAROLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura sono uffici all'estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, come da articolo 130 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 che qui si riporta: «Gli uffici all'estero comprendono: le rappresentanze diplomatiche, che si distinguono in Ambasciate e Legazioni, denominate negli articoli seguenti Missioni diplomatiche, e in rappresentanze permanenti presso Enti o Organizzazioni internazionali; gli uffici consolari, che si distinguono in uffici consolari di I e di II categoria; gli istituti italiani di cultura»;
   l'attività per promozione dell'Italia all'estero svolta dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti italiani di cultura mira a stabilire ed intrattenere relazioni con le autorità, il corpo diplomatico e gli ambienti locali, a sviluppare iniziative e contatti di natura politica, economico-commerciale e culturale nell'interesse del sistema Paese, ad accedere a fonti di informazione e a tutelare le collettività italiane all'estero, come stabilito dal decreto-legge n. 66 del 2014 entrato in vigore il 24 aprile 2014 e convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, che ha pertanto profondamente modificato il decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in materia;
   l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 prevede la ripartizione tra «gli uffici all'estero» del Ministero come chiaramente definito nel comma 2 che qui si riporta: «2. Per le attività di cui al comma 1 è istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, da ripartire tra gli uffici all'estero con uno o più decreti del Ministero degli affari esteri, da comunicare, anche con evidenze informatiche, al Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Ufficio centrale del bilancio, nonché alla Corte dei conti.»;
   per dare attuazione al decreto-legge n. 66 del 2014 l'Amministrazione degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha emanato la circolare n. 2 del 26 settembre 2014, a firma del segretario generale, avente ad oggetto «Attività per la promozione dell'Italia», nella quale, definendo le modalità di erogazione del fondo, si individuano esclusivamente negli ambasciatori i soggetti destinatari delle risorse economiche e si lascia alla discrezionalità dei medesimi l'eventuale assegnazione ad altro personale della gestione di tali fondi;
   tale modalità di assegnazione regolata dalla circolare incrementa al livello massimo la discrezionalità della figura posta al vertice della missione dello Stato italiano nel Paese estero nella ripartizione delle risorse, essendo l'ambasciatore legittimato fra l'altro a non consentire alcun rimborso delle attività promozionali di consoli o di direttori di istituti di cultura, e ad autorizzare spese per le attività promozionali gestite in proprio dall'ambasciatore medesimo nella sua residenza solo sulla base di forfait, senza ulteriore documentazione di riscontro come fatture o ricevute o scontrini fiscali;
   a quanto consta agli interroganti nessun dato amministrativo-contabile in merito alle spese promozionali previste dal decreto-legge n. 66 del 2014 risulta al momento pubblicato sul sito web del Ministero né su quelli delle sedi all'estero né sul sito soldipubblici.gov.it;
   l'organo di informazione Il Fatto Quotidiano online ha pubblicato il giorno 28 febbraio 2015 un articolo concernente l'attività del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in cui si affermava che «grazie alla nuova legge sull'attività promozionale dell'Italia all'estero (i commi 1 e 2 dell'articolo 16-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 per l'abolizione dell'assegno individuale di rappresentanza) l'ambasciatore disporrà a sua discrezione di un notevole gruzzolo di denaro per cene, cocktail, feste e acquisti alimenti e bevande secondo la sua volontà senza altro controllo»;
   fin dall'inizio dell'incarico, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato la volontà di rendere trasparenti tutte le spese degli enti pubblici, anche come modo per combattere la corruzione utilizzando il canale web come strumento essenziale di comunicazione civica e di trasparenza delle pubbliche amministrazioni –:
   come si concili l'assegnazione delle risorse finanziarie alla discrezionalità dei soli ambasciatori prevista dalla circolare interna con la normativa vigente e segnatamente con l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 66 del 2014 che prevede la ripartizione tra gli uffici all'estero, cioè ambasciate, consolati e Istituti di cultura;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per dare trasparenza alle spese effettuate e per misurarne l'efficacia nei termini delle finalità previste dal decreto-legge n. 66 del 2014 nonché quando sarà possibile consultare sul web i dati relativi alle spese per la promozione dell'Italia. (4-08421)

  Risposta. — La nuova normativa sulle «attività per la promozione dell'Italia», scaturita dal decreto-legge 66 del 2014, convertito con modificazioni in legge 23 giugno 2014, n. 89, ha introdotto l'articolo 53-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 e costituisce un'importante tassello della complessiva azione di revisione del trattamento economico del personale in servizio all'estero avviata dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – MAECI. Nel prefiggersi di rafforzare gli strumenti di promozione del sistema Paese, la riforma del sistema delle spese di rappresentanza mira ad innovare i criteri organizzativi di una parte qualificante del lavoro delle sedi all'estero, a favore di un impiego sempre più mirato ed efficiente delle risorse.
  Con l'abrogazione dell'articolo 17-bis si è abolito l'assegno individuale di rappresentanza, ponendo fine al legame tra le spese per le attività di proiezione esterna e le indennità di servizio estero (ISE) erogate al personale. In tal modo, il nuovo istituto, facendo affluire le risorse direttamente nelle dotazioni finanziarie degli uffici all'estero – segnatamente nel bilancio di sede delle rappresentanze diplomatiche e consolari (cap. 1613) – riconosce il carattere istituzionale (e non «personale») delle attività di promozione dell'Italia.
  È evidente l'obiettivo di trasparenza e leggibilità che la riforma ha inteso perseguire. Il fatto che le risorse per lo svolgimento di tali iniziative non siano più associate all'indennità di servizio all'estero percepita dai dipendenti (di cui costituivano una componente), ma diventino a tutti gli effetti una dotazione finanziaria della sede, rende immediatamente nitida la natura e le finalità istituzionali dell'attività per la promozione dell'Italia, ora riconosciute esplicitamente dalla legge e dalla circolare attuativa n. 2 del 2014. Si evita pertanto che tali fondi vengano erroneamente intesi come quota «supplementare» del trattamento economico individuale dei dipendenti, prestandosi – come sovente accaduto – ad inappropriate letture o facili strumentalizzazioni.
  Come stabilito dalla summenzionata circolare, le dotazioni di cui trattasi confluiscono nel bilancio di sede delle rappresentanze diplomatico-consolari, mutuandone i principi di flessibilità ed autonomia gestionale. Ciò concorre all'ulteriore valorizzazione delle funzioni «manageriali» dei titolari degli Uffici all'estero e dunque del ruolo e delle responsabilità ad essi spettanti nell'allocare le risorse umane e finanziarie e nell'individuare priorità operative e strumenti di intervento.
  Da quanto sopra discende che non sono solo capi di rappresentanza diplomatica a gestire le risorse per la promozione dell'Italia, ma tutti i titolari degli uffici della rete diplomatico-consolare (dunque anche funzionari di livello ben meno elevato rispetto agli ambasciatori e non necessariamente appartenenti alla carriera diplomatica). Non risponde pertanto al vero che i capi degli uffici consolari potrebbero svolgere attività promozionali solo su «autorizzazione» dell'ambasciatore, dato che essi gestiscono tali risorse, come autonomi responsabili di un bilancio di sede, esattamente allo stesso modo e con eguale titolo giuridico rispetto agli Ambasciatori stessi.
  Dal momento che di tali risorse e di tali attività viene riconosciuta la valenza eminentemente istituzionale, va da sé che spetti in primo luogo al titolare della sede – come responsabile del bilancio, nonché della coerenza dell'azione politica ed amministrativa legata all'impiego di tali fondi – assumere le relative scelte gestionali, individuando gli obiettivi promozionali e le modalità per il loro più proficuo conseguimento. Ciò tuttavia non equivale a dire che sia prerogativa del solo capo dell'ufficio l'organizzazione degli eventi e delle iniziative promozionali. È infatti la stessa circolare a valorizzare l'importanza del «decentramento» delle attività al fine di assecondare le esigenze di proiezione esterna delle varie figure professionali della sede. Il livello del decentramento delle attività, nei limiti consentiti dalle dotazioni disponibili, costituirà proprio uno dei fattori sui quali, in sede di controllo di gestione, verrà valutato dall'amministrazione l'operato dei titolari degli uffici nella gestione delle risorse promozionali.
  A tale riguardo, l'assegnazione degli incarichi al personale è proprio una delle manifestazioni più interessanti della flessibilità e della «democraticità» del nuovo istituto rispetto all'abrogato sistema degli assegni di rappresentanza. Contrariamente al precedente meccanismo, non vi sono infatti categorie di dipendenti aprioristicamente individuate per lo svolgimento delle attività e già assegnatarie di quote prestabilite. Il titolare della sede può assegnare gli incarichi in base ad una valutazione delle priorità e degli obiettivi promozionali, nonché delle esigenze di proiezione esterna dei collaboratori, dei quali può autorizzare ogni appropriata proposta di spesa. Gli incarichi possono essere assegnati sia in base a valutazioni caso per caso (legate dunque alla specifica esigenza organizzativa), sia attribuendo un'intera quota della dotazione, anche per l'intero esercizio finanziario, per rendere possibile un più ampio e continuato complesso di attività.
  Il sistema permette dunque allo stesso tempo una più focalizzata individuazione degli strumenti di intervento e dei gestori delle iniziative, evitando il rischio di un uso dispersivo e scoordinato delle risorse che la disciplina della rappresentanza poteva determinare precedentemente.
  Per quanto riguarda il personale degli Istituti italiani di cultura (IIC), la predetta circolare – nel ricordare i principi ai quali i capi degli uffici all'estero sono tenuti ad ispirare la programmazione delle attività (ferma restando la loro discrezionalità e diretta responsabilità nelle scelte allocative) – sancisce che anche il personale degli Istituti italiani di cultura può svolgere attività per la promozione dell'Italia su incarico dei capi delle rappresentanze diplomatico-consolare a valere sul conto in parola. Oltre a motivazioni di carattere tecnico, legate al fatto che gli IIC hanno un bilancio organizzato diversamente rispetto agli Uffici diplomatico-consolari e, in particolare, non sono gestori del cap. 1613, tale impostazione mira a mantenere nel titolare della rappresentanza diplomatica e consolare, anche in linea con le direttrici della Presidenza del Consiglio, una complessiva funzione di raccordo e coordinamento delle iniziative promozionali in loco, evitando ogni frammentazione dei finanziamenti, che ridurrebbe l'efficacia delle limitate risorse a disposizione. Occorre peraltro ricordare che gli IIC sono già assegnatari di autonome voci di spesa per lo svolgimento di attività promozionali e di rappresentanza, ciò che avrebbe comportato un'evidente duplicazione di strumenti finanziari, laddove fosse stata prevista una tale dotazione nella loro struttura di bilancio. L'accesso ai fondi per la promozione dell'Italia, su incarico della rappresentanza diplomatico-consolare di riferimento, ha dunque natura aggiuntiva e non sostitutiva rispetto alle risorse proprie degli Istituti in questione.
  La trasparenza ed il rigore nell'utilizzo del nuovo strumento viene assicurata dall'applicazione delle medesime procedure amministrativo-contabili di gestione e rendicontazione dei fondi pubblici contemplate dalla disciplina del bilancio di sede. Le spese effettuate dagli Uffici all'estero sono dunque «leggibili» attraverso l'applicativo SIBI, come qualsiasi altra spesa rientrante nel bilancio di sede.
  Analogamente alla precedente normativa sulle spese di rappresentanza, la legge di riforma rende possibile applicare il criterio del costo medio forfettario (CMF) ai fini dell'imputazione della spesa sul bilancio di sede, ma ciò solo ed esclusivamente nel caso di eventi gestiti «in proprio», ossia con «risorse autonome» (ad esempio, un ricevimento organizzato in residenza avvalendosi del personale di servizio appositamente assunto per esigenze di rappresentanza). Per qualsiasi altra ipotesi di organizzazione di eventi (svolti o presso strutture ristorative o internamente alla Residenza od alle abitazioni dei funzionari ma con l'ausilio di servizi di catering) o di effettuazione di «altre spese» promozionali in linea con le previsioni della circolare, l'unico metodo rendicontativo ammissibile è proprio quello del costo effettivo (dunque, spese puntualmente certificate attraverso fatture, ricevute, scontrini, e altro).
  Preme peraltro sottolineare come i valori dei costi medi forfettari per ciascuna sede vengano individuati a seguito di apposita indagine di mercato.
  Integrando le risorse per la promozione dell'Italia nella struttura del bilancio di sede, il nuovo schema consente inoltre di sfruttarne le consolidate caratteristiche di elasticità ed autonomia gestionale. Sono pertanto possibili nel corso dell'esercizio finanziario rimodulazioni di spesa verso altri conti, solo però con adeguata motivazione su documentate esigenze di promozione del Sistema Italia. Ciò ad ulteriore dimostrazione di come la nuova normativa sulle attività per la promozione dell'Italia abbia cercato un ragionevole equilibrio tra le esigenze di flessibilità applicativa, che sole possono rendere un tale strumento concretamente funzionale all'azione delle sedi all'estero, ed il rigore nell'uso dei fondi pubblici, assicurato dalle consolidate procedure del bilancio di sede.
  In relazione all'esigenza di pubblicizzazione delle spese del bilancio di sede nel quadro delle vigenti normative, si rende noto che la Farnesina ha provveduto alla pubblicazione sul proprio sito istituzionale (www.esteri.it secondo il percorso amministrazione trasparente/bilanci/bilanci preventivi e consuntivi sedi estere/Bilanci preventivo e consuntivo/sedi estere) dei bilanci consuntivi delle sedi all'estero approvati relativamente all'esercizio finanziario 2013. Per quanto riguarda i bilanci consuntivi 2014, si provvederà alla pubblicazione degli stessi a completamento dell'attività di verifica tuttora in corso.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   SCAGLIUSI, GRANDE, SPADONI, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA e DI BATTISTA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e gli istituti italiani di cultura sono uffici all'estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale (MAECI), come da articolo 130 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
   al personale in servizio negli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale viene corrisposta un'indennità di servizio estero (ISE) di cui all'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
   a seguito dell'approvazione della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 23 dicembre 2014), avente tra l'altro finalità di contenimento della spesa pubblica, a partire dal 1° luglio 2015 entrerà in vigore la riforma del trattamento economico all'estero del personale di ruolo del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale che prevede una riduzione del 20 per cento della quota base dell'ISE e la corresponsione di indennità connessa alla voce di spesa relativa all'abitazione prevista dall'articolo 178 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
   tale indennità per l'abitazione dovrà essere erogata a tutto il personale in servizio all'estero che non goda di residenza di servizio o alloggio demaniale sotto forma di maggiorazione per le spese di abitazione, parametrata alle funzioni svolte e determinata sulla base di una percentuale dell'ISE;
   a quanto consta agli interroganti non è stato ancora comunicato alle circa duemila unità di personale, il quantum di tale voce di spesa riferito alla previsione dell'articolo 178 del decreto del Presidente della Repubblica succitato, né il quantum relativo all'ISE prevista dall'articolo 171 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica, e nemmeno i coefficienti di sede indispensabili per poter calcolare tale indennità –:
   quali criteri siano stati adottati per determinare per ciascuna funzione la percentuale dell'ISE relativa alla maggiorazione delle spese di abitazione prevista dall'articolo 178 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
   quali iniziative intenda porre in essere il Ministro interrogato per rimediare a questo ritardo. (4-08854)

  Risposta. — La riforma del trattamento economico all'estero – che, introdotta dalla Legge di Stabilità 2015, entrerà in vigore il 1o luglio 2015 – trae origine da quattro elementi principali: la riduzione negli ultimi quattro anni del relativo capitolo di bilancio in misura pari al 21 per cento (da 352 a 278 milioni di euro); la richiesta avanzata dagli ultimi tre esecutivi e dal Parlamento di maggiore trasparenza sul sistema indennitario all'estero; l'esigenza – anch'essa chiaramente prospettata a livello politico – di non sacrificare ulteriormente la rete estera; l'impossibilità di far scendere la presenza del personale di ruolo all'estero sotto l'attuale livello «di sussistenza».
  In tale quadro politico e finanziario, ha operato la complessa azione di riforma dell'ISE, anche allo scopo – in un'ottica di trasparenza, comprensibilità e sostenibilità – di ricondurre le indennità di servizio a voci di spesa effettivamente sostenute, transitando quindi da un'indennità di natura «onnicomprensiva» ad una che consente una più agevole lettura delle varie tipologie di spesa. Tale scelta ha, tra l'altro, comportato lo scorporo della maggiorazione per le spese abitative sotto forma di un'autonoma componente del trattamento.
  Ciò premesso, la predetta legge – nello stabilire i pilastri della nuova disciplina – ha imposto espressamente all'amministrazione di procedere «sulla base di rilevamenti obiettivi, ad una revisione globale dei coefficienti di cui agli articoli 171 e 178 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18». Per garantire massima obiettività all'esercizio, il MAECI ha pertanto affidato alla Mercer srl, una delle società internazionali più accreditate nel settore della rilevazione del costo e qualità della vita all'estero, l'incarico di fornire aggiornati indici statistici sul costo della vita nelle sedi della rete diplomatico-consolare, nonché le formule atte a convertirli nei coefficienti di sede utilizzati dal MAECI per il calcolo dell'ISE, tenendo in conto sia i tassi di inflazione sia l'andamento dei cambi.
  In riferimento al primo quesito introdotto dall'interrogante si rileva che nel nuovo sistema ISE, la componente «abitazione» è costituita da una autonoma percentuale di maggiorazione del trattamento economico personale, parametrata alle funzioni svolte. Tale percentuale, per ciascuna sede, è stata prevalentemente determinata sulla base dei dati storici sul costo degli affitti sostenuti dal personale (a valere sulle rispettive indennità di servizio all'estero), allo scopo di tutelare l'aspettativa dei dipendenti alla continuazione dei contratti di locazione già stipulati, nonché, nella medesima ottica di obiettività istruttoria sopra evidenziata, anche sui dati del mercato immobiliare nelle varie sedi all'estero forniti dalla suddetta società di rilevazione.
  In relazione al secondo quesito giova osservare che con puntualità e trasparenza, l'amministrazione ha dettagliatamente informato sia il personale MAECI sia – attraverso specifiche informative – le organizzazioni sindacali sulle procedure osservate per l'attuazione della riforma e le relative tempistiche. Al riguardo si ricorda che i coefficienti ISE non sono adottati unilateralmente dal MAECI ma sono frutto di decretazione interministeriale MAECI-MEF. I nuovi coefficienti di calcolo sono stati definitivamente adottati con il decreto n. 5013/1234 dell'8 giugno 2015.
  Una volta che la commissione permanente di finanziamento ha approvato i nuovi coefficienti nella sua seduta del 5 maggio 2015, l'amministrazione ne ha dato ampia informativa al personale con varie comunicazioni ufficiali. Per garantire la massima trasparenza e leggibilità del nuovo sistema, ha anche istituito un apposito «punto informazioni», contattabile individualmente dal dipendente in servizio all'estero per avere informazioni e chiarimenti sul proprio trattamento economico.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, GRANDE, SCAGLIUSI, SIBILIA, DEL GROSSO e DI BATTISTA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, impegna gli Stati parti a: rispettare e garantire i diritti del minore a prescindere dalla origine nazionale sua e dei suoi genitori (articolo 2); attribuire priorità al superiore interesse del minore in tutte le decisioni di competenza dei tribunali, delle autorità amministrative e degli organi legislativi (articolo 3); adottare tutti i provvedimenti legislativi, amministrativi e altri, necessari per attuare i diritti riconosciuti dalla Convenzione (articolo 4); rispettare e garantire il diritto del minore ad essere allevato dai suoi genitori (articolo 7); rispettare il diritto del minore a preservare le sue relazioni familiari (articolo 8); vigilare affinché il minore non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano che questa separazione è necessaria nell'interesse preminente del minore (articolo 9); adottare ogni adeguato provvedimento al fine di garantire il mantenimento del minore da parte dei suoi genitori sul loro territorio o all'estero (articolo 27);
   Italia e Perù sono Stati parte della Convenzione: la prima ha firmato in data 26 gennaio del 1990 e ratificato con legge n. 176 del 27 maggio del 1991, depositata presso le Nazioni Unite il 5 settembre del 1991; il secondo ha firmato in data 26 gennaio del 1990 e ratificato con Resolución Legislativa n. 25278 del 3 agosto del 1990, depositata presso le Nazioni Unite il 4 settembre del 1990;
   per il genitore straniero di minore residente, il permesso di soggiorno per motivi familiari è previsto dalla legislazione italiana, ma non da quella peruviana;
   in Perù minori peruviani residenti, spesso in possesso della doppia cittadinanza e quindi a loro volta italiani, sono separati dai genitori italiani contro la loro volontà; tra i casi noti, quello del signor Andrea Foco e della figlia Carolina Adriana;
   in data 5 settembre del 2014 il signor Andrea Foco ha denunciato la violazione dei diritti umani di cui sono vittime minori e genitori italiani in Perù all'Ambasciata d'Italia a Lima;
   in data 17 febbraio del 2015 l'Ambasciata risponde che «la legge peruviana è estremamente rigida (..) e le Autorità peruviane si trovano, come è normale, a doverla applicare. Modificare la legge, anche qualora vi fosse una volontà politica in tal senso (che sembra in questo momento assente) richiederebbe un complesso iter parlamentare ed avrebbe tempi non certo brevi. Vista l'impossibilità (...) abbiamo tuttavia cercato possibili soluzioni alternative. Una ipotesi che potrebbe essere esplorata potrebbe essere quella di una sua assunzione nominale da parte di una ONG italiana, che le permetterebbe una permanenza legale nel Paese almeno per un breve periodo», (lettera a firma del Consigliere Ivo Michele Polacco);
   in data 17 settembre del 2014, 04 novembre del 2014 e 19 febbraio del 2015 il signor Andrea Foco ha interessato il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale senza ricevere risposta mentre in data 22 settembre del 2014 e 05 novembre del 2014 ha interessato la Presidenza del Consiglio dei ministri a quanto risulta all'interrogante senza ricevere risposta;
   nessuna delle istituzioni italiane interpellate si è impegnata nella difesa dei diritti umani degli italiani in Perù, minori e loro genitori;
   diverso riscontro hanno avuto gli appelli del signor Andrea Foco presso le istituzioni peruviane e in particolare presso il Ministerio de Justicia y Derechos Humanos;
   in data 25 settembre del 2014 e a meno di 48 ore dal primo contatto il signor Andrea Foco è stato ricevuto dal Ministro de Justicia y Derechos Humanos, dal Viceministro de Derechos Humanos y Acceso a la Justicia e dal Director de Políticas y Gestión en Derechos Humanos;
   mentre le istituzioni italiane si rifiutano di considerare come tale la violazione dei diritti umani di cui sono vittime minori e genitori italiani in Perù, il Ministro della giustizia del Perù ha prontamente riconosciuto trattarsi di «discriminazione e violazione dei diritti Umani» ed è intervenuto: a) presso la Superintendencía Nacional de Migraciones chiedendo la revisione e modifica dei procedimenti amministrativi (TUPA, Texto Úníco de Procedimientos Administrativos), in modo da limitare le violazioni in essere compatibilmente con il quadro legislativo attuale; b) presso il Consiglio dei ministri indicando la necessità di una nuova legge sull'immigrazione (Ley de Extranjeria), in modo da garantire il pieno rispetto dei Diritti Umani;
   diversamente da quanto, affermato dall'Ambasciata d'Italia a Lima, le istituzioni peruviane non solo hanno dimostrato chiara disponibilità, ma hanno espressamente indicato la necessità di una nuova legge sull'immigrazione riportando all'attenzione del dibattito politico una questione emersa più volte nel corso degli ultimi anni –:
   se il Governo intenda intervenire a difesa dei diritti umani degli italiani in Perù, in particolare di quelli che la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza riconosce ai minori e ai loro genitori;
   in caso affermativo, se il Governo non ritenga di intervenire diplomaticamente presso le autorità peruviane e nel caso di mancato riscontro in tempi brevi, se non ritenga di procedere in sede internazionale;
   quali altre iniziative il Governo intenda assumere per mettere fine alla separazione forzata di minori residenti in Perù e genitori italiani. (4-08886)

  Risposta. — Si assicura innanzitutto che, sin dagli inizi, la vicenda della minore Carolina Adriana Foco è seguita con la massima attenzione dall'ambasciata d'Italia a Lima.
  La bambina, di cittadinanza italo-peruviana, è figlia del signor Foco e di una cittadina peruviana con cui il connazionale non risulta sia mai stato sposato o convivente. La legge peruviana non prevede, in questi casi, un visto di ricongiungimento familiare o altro documento che consenta al genitore non convivente di restare in Perù. Fino a che il signor Foco lavorava – con contratti annuali – per il «Centro di Lingua Italiana», aveva un regolare «Carnet de Extranjeria» (equivalente al nostro permesso di soggiorno) per lavoro. Nel 2014 il contratto non gli è stato rinnovato e, di conseguenza, non gli è stato rinnovato nemmeno il «Carnet de Extranjeria».
  L'ambasciata italiana in Lima, una volta informata della situazione dall'interessato, si è attivata con i Ministeri competenti in materia, ovvero nei confronti della Ministra de mujer e poblaciones vulnerables (che in Perù è responsabile anche per i diritti dell'infanzia e della famiglia) e con il superintendente nacional del departemento migraciones, che è l'organo nazionale che si occupa di permessi di soggiorno.
  Come soluzione provvisoria, l'ambasciata in Lima, come ricordato anche dall'interrogante, aveva contattato una ONG italiana attiva in Perù, i cui responsabili si erano dichiarati in linea di principio disposti ad assumere, a tempo determinato, il signor Foco in maniera tale da consentire il rinnovo a suo favore del carnet de extranjeria e una sua permanenza in Perù fino a che non avesse trovato una nuova occupazione. L'interessato non ha ritenuto opportuno accogliere tale proposta di soluzione.
  Si segnala che la legislazione peruviana attuale, alla quale deve attenersi il suddetto «Departemento de Migraciones», non consente un visto per coesione familiare di un genitore non convivente. Servirebbe quindi un provvedimento legislativo di modifica della ley de Extranjeria che, nonostante le manifestazioni di disponibilità che il signor Foco asserisce di aver ricevuto dal Ministro e dal Vice Ministro de justicia, non risulta ancora essere all'ordine del giorno del Congresso peruviano.
  Da parte della nostra ambasciata si continuerà a seguire molto attentamente il caso e non si mancherà di sollevare la problematica presso le autorità locali nelle prossime occasioni utili, considerando eventualmente anche l'adozione di ogni soluzione utile e compatibile con la legislazione locale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleMario Giro.


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, DEL GROSSO, GRANDE, DI BATTISTA e SCAGLIUSI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il bilancio triennale di previsione 2015-2017 assegna al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale 2.171.385.533 euro per il 2015, 2.136.798.534 euro per il 2016 e 2.128.954.750 euro per il 2017 («stanziamenti in conto competenza»);
   i «costi totali» previsti ammontano a: 2.253.248.544 euro per il 2015; 2.208.990.612 euro per il 2016 e 2.206.511.163 euro per il 2017;
   nel bilancio di previsione triennale 2014-2016, gli «stanziamenti in conto competenza» erano così ripartiti: 1.815.049.844 euro per il 2014, 1.685.790.119 euro per il 2015, 1.675.958.351 euro per il 2016, mentre i costi totali non superavano i 2 miliardi di euro (1.921.070.235 nel 2014; 1.839.370.899 nel 2015; 1.830.926.333 nel 2016);
   l'ultimo rendiconto effettivo delle spese dell'anno del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale è quello relativo al 2013, i cui costi totali sono stati pari a 1.853.100.225,03 euro;
   dall'articolo «Gentiloni blinda la Farnesina ma non le sedi estere a rischio. Ed è polemica», pubblicato il 21 luglio 2015 su Il Fatto quotidiano, viene riportata la segnalazione della Federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP) – affari esteri relativa a una non chiara operazione di messa in sicurezza dei palazzi del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per eventuali possibili attentati terroristici;
   tra le varie misure denunciate emergono: la sottrazione del permesso di accesso ai palazzi a ex dipendenti attualmente in pensione; aumento di tornelli al piano terra muniti di metal detector e nastri a raggi X; aumento dei controlli da parte dei carabinieri; vigilanza privata con altri nuovi metal detector; militari in borghese presenti negli uffici; parcheggio riservato; porte blindate;
   l'11 luglio 2015 una potente esplosione ha colpito il consolato italiano a Il Cairo in El Galaa Street, provocata da una bomba nascosta in un'automobile parcheggiata nei pressi dell'edificio e probabilmente azionata con un telecomando, provocando un morto e dieci feriti;
   secondo Site, un sito internet che monitora sui social network l'attività dei profili legati agli ambienti jihadisti, l'Isis avrebbe rivendicato l'attentato –:
   quale sia l'ammontare totale delle spese effettuate per le misure di sicurezza nella sede della Farnesina;
   se e quali misure siano state preventivate e messe in atto finora, e quali verranno eseguite in futuro, nelle sedi delle rappresentanze diplomatiche italiane nelle zone più a rischio di attentati.
(4-10001)

  Risposta. — In merito alle spese sostenute per le misure di sicurezza destinate al palazzo della Farnesina, si segnala che non vi sono state modifiche al numero di metal detector e di scanner, né sono intervenute nuove disposizioni in materia di posteggi riservati e di controlli da parte dei Militari dell'Arma e dalla vigilanza privata.
  In relazione al posizionamento di due porte blindate in corrispondenza degli accessi all'ufficio del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, la spesa sostenuta è stata pari a euro 21.233,86. Le porte blindate sono state installate alla luce della necessità di sottoporre a verifica e potenziamento le misure di protezione della Farnesina, anche a seguito dell'elevazione del livello di protezione deciso dalle autorità competenti per il Ministro Gentiloni, oggetto – come noto – di minacce di attentato da parte dell'ISIS.
  Occorre peraltro precisare che l'ingresso al Ministero agli ex-dipendenti non è stato interdetto, né viene altrimenti impedito. Tutti gli ex dipendenti possono infatti continuare ad entrare al Ministero esibendo agli ingressi per il pubblico un valido documento di identità.
  Per quanto concerne le sedi all'estero, si è proseguita l'opera avviata nel biennio 2013-2014 di potenziamento della sicurezza attiva e passiva delle sedi delle rappresentanze diplomatiche nelle zone più a rischio, con la realizzazione di interventi per circa 6 milioni di euro. In particolare, si è provveduto ad autorizzare interventi di sicurezza per 49 sedi diplomatiche, 20 sedi consolari e 8 istituti di cultura demaniali. Attualmente sono all'esame tecnico 65 richieste di attuazione di misure di sicurezza ed è allo studio una mappatura del fabbisogno di sicurezza delle scuole italiane all'estero.
  Si segnala che, pur nella consapevolezza degli attuali vincoli di bilancio, i fondi destinati alla sicurezza delle Sedi risultano inadeguati rispetto alle esigenze di sicurezza, accresciute in maniera significativa negli ultimi tempi.
  Per rispondere a tali esigenze, si sta altresì provvedendo (d'intesa con i vertici dell'Arma) all'elevazione della professionalità dei Carabinieri in servizio all'estero con compiti di sicurezza e vigilanza, affinché possano disimpegnare laddove necessario anche incarichi di tutela e scorta. Merita più in generale essere sottolineato il qualificato contributo in termini di sicurezza fornito dall'Arma dei carabinieri al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
  Con i capi missione nei Paesi maggiormente a rischio si stanno esaminando le esigenze specifiche di sicurezza in loco (necessità di guardie del corpo, autoblindate, elevazione del livello di protezione, diplomatica per il personale in servizio, anche tenuto conto delle misure di protezione adottate dagli altri Paesi UE e NATO).
  A livello europeo, si mantengono inoltre contatti operativi con i responsabili sicurezza del servizio europeo di azione esterna al fine di condividere informazioni, valutazioni e linee di azione, sia a livello locale, sia a Bruxelles.
  È stato infine redatto un apposito vademecum ad uso di tutto il personale in servizio all'estero che contiene mirate raccomandazioni sulla scelta delle abitazioni, il comportamento da tenere e le precauzioni da adottare per la sicurezza anche negli spostamenti.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionaleBenedetto Della Vedova.