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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 1 ottobre 2015

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni l'Abruzzo è stato colpito da alcuni eventi meteorologici eccezionali che hanno provocato vittime e danni a molti edifici causando l'inagibilità di circa un centinaio di fabbricati costringendo alcune centinaia di cittadini a dover abbandonare le proprie case con disagi enormi;
   i comuni coinvolti sono 25 (Cellino Attanasio, Cermignano, Città Sant'Angelo, Picciano, Montorio al Vomano, Penne, Castiglion Messer Raimondo, Civitella del Tronto, Civitacquana, Civitella Casanova, Villa Celiera, Pietranico, Mosciano Sant'Angelo, Carpineto della Nora, Casacanditella, Colledara, Pineto, San Salvo, Teramo, Tossicia, Bisenti, Valle Castellana, Abbateggio);
   la regione Abruzzo ha stimato i danni alle abitazioni in euro 18.852.271;
   in ragione delle sue caratteristiche geomorfologiche l'Abruzzo ha subìto frane, smottamenti e dissesti idrogeologici rilevanti a seguito delle suddette calamità e la Presidenza del Consiglio dei ministri ha disposto a favore delle famiglie evacuate l'elargizione di contributi per l'autonoma sistemazione per periodi non superiori a 180 giorni, prorogabili in caso di necessità per altri 180 giorni;
   la situazione è grave essendo in scadenza il periodo di assistenza alle famiglie e si dovrebbe prevedere, su iniziativa del Governo, un provvedimento volto a risarcire i danni alle famiglie per consentire il recupero degli immobili o la costruzione di nuovi immobili, così come è stato fatto per i terremotati de L'Aquila e dei comuni del cratere sismico abruzzese che hanno perso la casa –:
   se non intenda assumere iniziative per affrontare con urgenza tale drammatica emergenza sociale.
(2-01097) «Melilla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, ALBERTI, LOREFICE, CANCELLERI, MANTERO, SILVIA GIORDANO, PAOLO BERNINI, DALL'OSSO, BASILIO, FRUSONE, RIZZO, LUIGI GALLO, MARZANA, BRUGNEROTTO, CASO, D'UVA, LOMBARDI, DADONE, NUTI, CARINELLI, LIUZZI, SPESSOTTO, DE ROSA, BUSTO, DAGA, TERZONI, MASSIMILIANO BERNINI, COLONNESE e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 settembre 2015, sul sito online «Monzatoday.it», venivano pubblicati due articoli riguardanti la discriminazione, da parte dei docenti di un istituto scolastico, di uno studente da loro ritenuto gay;
   il fatto, avvenuto all'Ecfop, istituto cattolico di formazione professionale sito in Monza, ha visto protagonista uno studente di 16 anni che ha pubblicato sul suo profilo su un social network, una foto che lo ritraeva a petto nudo con un altro ragazzino. Tale foto, successivamente, è stata segnalata da un compagno di classe dello stesso ad un insegnante. Tanto è bastato per far sì che il 16enne sia stato costretto a seguire, per stessa ammissione del dirigente scolastico dell'istituto, le lezioni in uno spazio apposito per evitare di influenzare negativamente gli altri, ammettendo, quindi, che vi sia stata una discriminazione nei confronti dello studente in oggetto;
   la madre del ragazzo che un giorno lo ha visto tornare in lacrime dalla scuola a causa delle discriminazioni e delle vessazioni subite, ha presentato denuncia ai carabinieri locali, portando con sé, a testimonianza del fatto, anche alcune delle foto da cui tutto ha avuto inizio;
   a giudizio degli interroganti, resta incomprensibile il significato della frase «Tutte le decisioni adottate sono state fatte nell'esclusivo interesse del ragazzino», rilasciata alla stampa da parte del direttore scolastico. Gli atti commessi dai docenti nei confronti del ragazzo, hanno semmai sortito effetto contrario a quello del supporto nei confronti del 16enne, dato che, come denunciato dalla madre ai carabinieri locali, lo stesso è risultato essere sconvolto da tale discriminazione ricevuta;
   sempre a giudizio degli interroganti, tale comportamento tenuto dai docenti dell'istituto scolastico sopraindicato, risulta essere in contrasto con i principi costituzionali dato che l'articolo 3, comma 1, della Costituzione italiana recita che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali» –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda assumere iniziative per evitare forme di discriminazione negli ambienti scolastici e della formazione come quelle descritte in premessa, anche per il tramite dell'ufficio della Presidenza del Consiglio per la promozione delle parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica. (5-06554)

Interrogazione a risposta scritta:


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto comprensivo «Biagio Siciliano» di Capaci, in provincia di Palermo, ha inserito nel PAI (piano annuale di inclusione) parte o organica del POF (piano offerta formativa) relativo all'anno scolastico 2014/2015 una specifica attività per il contrasto ai fenomeni di discriminazione e violenza;
   tale iniziativa si è svolta il 27 e il 28 novembre 2014, nell'ambito della settimana contro la violenza e la discriminazione promossa dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e dall'Ufficio nazionale anti discriminazioni razziali);
   nella documentazione prodotta, in sede di approvazione del PAI si evidenzia la finalità del piano e il coinvolgimento di numerose associazioni riconosciute a livello nazionale e operanti contro i fenomeni di violenza e discriminazione;
   nelle due giornate sono stati realizzati numerosi laboratori. In particolare, sui fenomeni di razzismo e xenofobia, violenza di genere, violenza sui minori, bullismo, fenomeni di omofobia;
   i dati dei questionari di valutazione somministrati ad alunni e docenti dimostrano un impatto assai positivo delle azioni intraprese e, soprattutto, una decisa crescita di consapevolezza da parte degli alunni;
   nei giorni successivi alla realizzazione del progetto PAI, la scuola e il suo corpo docenti ha subito violentissimi attacchi da parte di associazioni e singoli, anche a seguito di notizie palesemente false, rilanciate ed amplificate ad arte;
   i docenti sono stati accusati di aver indotto alla masturbazione gli alunni, di aver mostrato filmati con immagini esplicite di atti sessuali, di aver svolto lezioni di educazione sessuale senza il permesso dei genitori degli alunni;
   questo ha creato un clima ostile che è giunto anche a minacce esplicite nei confronti del dirigente scolastico e del corpo docenti;
   l'intera attività svoltasi nei giorni 27 e 28 novembre 2014 è stata documentata e si evince chiaramente come tutte le direttive del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca siano state seguite;
   numerosi siti, blog e pagine facebook, hanno rilanciato le falsità sull'operato della scuola «Biagio Siciliano», soprattutto nei giorni precedenti alla manifestazione del 20 giugno a Roma: «difendiamo i nostri figli» –:
   se e come il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda consentire il proseguimento di un fondamentale lavoro nelle scuole di contrasto alla violenza ed alla discriminazione;
   se e quali iniziative il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intenda mettere in campo, per tutelare il corpo docenti della scuola «Biagio Siciliano» di Capaci;
   se, alla luce di quanto esposto in premessa il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non ritenga doveroso intervenite concretamente sul caso segnalato;
   se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non intenda intraprendere adeguate iniziative al fine di contrastare la campagna contro quella che secondo l'interrogante è l'inesistente «teoria del gender»;
   se il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non intenda implementare fondi e disponibilità per incrementare l'opera di educazione alle differenze e di contrasto ai fenomeni di omofobia e bullismo omofobico a partire dalle scuole. (4-10576)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GIORGIS. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   ad inizio del mese di settembre 2015 la sezione ANPI di Montanaro (TO) ha organizzato un viaggio ad Auschwitz, con 44 partecipanti;
   in data 5 settembre 2015, nel corso della visita al campo di Auschwitz I (Oswiecim), la guida che accompagnava il suddetto gruppo ha spiegato loro, con profondo rammarico, che da ormai 5 anni il «blocco 21», area del campo di concentramento occupato da italiani, risulta essere chiuso;
   il gruppo ha avuto la possibilità di visitare altri blocchi, con collegate esposizioni delle storie di deportazione avvenute in altri Paesi europei;
   l'ANED, Associazione Nazionale ex deportati nei campi nazisti nonché proprietaria dell'opera, «Il Memoriale Italiano di Auschwitz», ha posto, da tempo, la questione della chiusura del «blocco 21»;
   è del tutto evidente che la chiusura del «blocco 21», in cui vi è parte della storia della deportazione avvenuta in Italia, costituisce un grave vulnus per la memoria di ciò che è avvenuto in quei luoghi e per tutto il nostro Paese –:
   se e quali iniziative il Governo intenda porre in atto, in tempi rapidi e nelle sedi opportune, al fine di consentire la riapertura del «blocco 21» e, quindi, l'accesso al «Memoriale Italiano di Auschwitz». (4-10574)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella notte del 17 giugno 2015, a seguito di un tentativo di furto di idrocarburi dall'oleodotto dell'ENI Sannazzaro de’ Burgondi (Pavia)-Genova Fegino, messo in atto a Tortona (Alessandria), in un'area agricola posta lungo l'ex strada statale 211, un quantitativo ingente di benzina è fuoriuscito dall'impianto e si è riversato nel terreno circostante;
   nei giorni successivi all'evento, la massa oleosa ha continuato ad espandersi contaminando un'area sempre più vasta del territorio;
   ciò ha reso necessaria l'emanazione di una prima ordinanza di chiusura dei pozzi inquinati di 12 cascine;
   successivamente la macchia oleosa si è estesa ulteriormente arrivando ad interessare le prime frazioni di Castelnuovo Scrivia (Alessandria). Tra queste, la frazione di Ova, dove si sono resi necessari numerosi prelievi d'acqua dai pozzi delle cascine per effettuare le analisi e le valutazioni necessarie, essendo tale razione collocata proprio sulla linea di movimento delle falde;
   lo sversamento si è verificato in un'area dove si trova un fitto reticolo idrico e irriguo, che oltre a servire all'approvvigionamento di acqua per gli usi potabili e domestici, è fondamentale per l'agricoltura locale, attività prevalente per tutti i paesi della piana della bassa valle Scrivia;
   ad oltre 3 mesi dal grave episodio, le informazioni fornite alle autorità e alle popolazioni locali da ENI sono state insufficienti ed inadeguate, non essendo ancora oggi disponibile una precisa quantificazione e configurazione del fenomeno;
   inoltre, nei mesi di febbraio e settembre 2015, lo stesso oleodotto ENI è stato interessato da due fatti analoghi. Ciò contribuisce ad alimentare l'idea di una «facile vulnerabilità» dell'impianto, e più in generale, di una non adeguata capacità di gestire talune situazioni di emergenza –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e se intenda acquisire da ENI informazioni circa il grave episodio verificatosi il 17 giugno 2015 presso l'oleodotto di Tortona e i danni che ne sono derivati o possono derivare alla salute della popolazione e dell'ambiente;
   se intenda acquisire tutti i rilevamenti disponibili sino ad oggi misurati in seguito alla dispersione della massa oleosa nei terreni;
   se intenda intervenire nei confronti di ENI affinché siano messe in atto tutte le iniziative necessarie a bloccare l'ulteriore estensione della massa oleosa.
(4-10578)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 ottobre 2015, la sottoscritta ha ricevuto risposta all'interrogazione presentata al Ministro della difesa relativa alla dismissione della caserma Piave, sita a Padova;
   nello specifico l'interrogante chiedeva al Ministro se fosse possibile affidare parte della caserma, (la parte già predisposta ad archivio) all'archivio di Stato della provincia di Padova. Nella risposta da parte del Ministro si evince che la caserma in oggetto sarà dismessa nel 2018, e non come si supponeva entro il 2015. Inoltre, si specifica che il 9 dicembre è stato sottoscritto un accordo tra la Difesa, l'Agenzia del demanio e il comune di Padova, finalizzato alla dismissione di altre caserme, quali la caserma «Romagnoli», «Barzon» e «Rinaldi». Come già esposto nella precedente interrogazione, l'archivio di Padova necessita, oramai da anni di un ampliamento e la caserma Piave, da come si apprende, sarà disponibile non prima del 2018 –:
   se il Governo sia a conoscenza della necessità di ampliamento sostenuta ormai da anni da parte dell'archivio di Stato di Padova;
   se il Governo non intenda istituire un tavolo tecnico al fine di attribuire la parte della caserma Piave adibita ad archivio all'archivio di Padova anche prima della dismissione totale della stessa;
   se il Governo non intenda mobilitarsi e al fine di trovare valide alternative per l'ampliamento dell'archivio di Padova attraverso una mappatura e valutazione delle altre caserme in procinto di dismissione. (5-06552)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   desta preoccupazione, in particolare tra le aziende nazionali del settore, la recente notizia che con la prossima legge di stabilità potrebbero essere tagliati 500 milioni di euro alle spese pubbliche per gli investimenti nella difesa nel 2016;
   già lo scorso anno il Governo aveva annunciato la volontà di tagliare 500 milioni di euro salvo un parziale recupero di 200 milioni;
   secondo le dichiarazioni rilasciate dal presidente dell'Aiad, Guido Crosetto, al Sole24Ore «Nel 2015 i fondi pubblici complessivi in Italia, tra stanziamenti del ministero della Difesa e dello Sviluppo economico, ammontavano a 4,3 miliardi, contro i 7,5 miliardi della Germania, i 16,7 della Francia, i 19,9 della Gran Bretagna. Per il 2016, prima di eventuali tagli, è prevista una riduzione a 3,9 miliardi per gli investimenti in Italia, rispetto a cifre simili al 2015 negli altri Paesi europei: 7,8 miliardi la Germania, 17 la Francia e 19,9 la Gran Bretagna»;
   come ha giustamente fatto notare l'Aiad «La scelta di avere l'industria della difesa è politica. Non esiste un'industria della difesa se non c’è l'investimento pubblico. L'export è una conseguenza, le aziende più brave crescono e riescono a vendere anche all'estero. Ma tutte le aziende fanno ricerca e sviluppo con i soldi del proprio governo, anche negli altri Paesi. C’è una soglia sotto la quale l'industria della difesa non esiste. Non è una questione di essere una lobby delle armi, ma una scelta politica»;
   tale ipotesi di tagli «miopi», se confermata, desterebbe particolare preoccupazione soprattutto se si considera che oltre all'industria c’è la questione del mantenimento della funzione difesa, posto che per i consumi intermedi, tutto ciò che non sono investimenti né spese del personale, la Difesa ha 600 milioni di euro all'anno, quando dieci anni fa aveva 6 miliardi;
   il disegno di legge di stabilità dell'attuale Governo avrebbe potuto rappresentare un'importante occasione di «espansione» e invece rischia di imporre tagli dolorosi a settori sensibili della spesa pubblica come, appunto, la sicurezza;
   in un momento così delicato per l'economia e il lavoro si andrebbe a colpire un asset strategico per capacità tecnologica, produttiva e occupazionale, con gravissime ripercussioni sul settore e sulla nostra stessa sicurezza –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare per scongiurare il taglio di 500 milioni di euro alle spese pubbliche per gli investimenti nella difesa nel 2016 annunciati con il disegno di legge di stabilità. (4-10568)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   TACCONI, FEDI, GARAVINI, LA MARCA e PORTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 9-bis del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, stabilisce che «a partire dall'anno 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso»;
   sulla reale portata della norma, anche a seguito di segnalazioni da parte di potenziali fruitori e di patronati operanti all'estero, i deputati del Partito democratico eletti all'estero hanno chiesto delucidazioni al Ministero dell'economia e delle finanze;
   con la risoluzione n. 6/DF il dipartimento delle finanze – direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del 26 giugno 2015 – forniva importanti chiarimenti sull'applicazione del nuovo regime della tassazione locale introdotto dal, suddetto decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, definendone con più precisione la platea dei beneficiari e le condizioni oggettive per accedere ai benefici fiscali di cui trattasi;
   circa i potenziali beneficiari, la suddetta risoluzione n. 6 dava un'interpretazione restrittiva all'applicazione della norma, escludendo dal diritto all'esenzione quei pensionati che risiedono in uno Stato estero diverso da quello che eroga la pensione;
   tra le condizioni oggettive, invece, la risoluzione annovera il possesso, a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, di una e una sola unità immobiliare che non risulti locata o data in comodato d'uso;
   l'esclusione dal beneficio dei pensionati che risiedono in uno Stato estero diverso da quello che eroga la pensione, appare agli interroganti un'inutile discriminazione verso i lavoratori transfrontalieri o quelli che si sono ricongiunti, nell'attuale Paese di residenza, ai propri familiari, anch'essi emigrati;
   la condizione oggettiva relativa al possesso di un solo immobile sembrerebbe contrastare, invece, con la normativa generale di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011 che prevede per la totalità dei contribuenti la possibilità di usufruire delle agevolazioni relative alla prima casa anche se proprietari di più immobili sul territorio nazionale –:
   se non ritenga opportuno intervenire con urgenza e comunque prima della scadenza per il versamento della seconda rata previsto per il 16 dicembre, al fine di eliminare, anche con iniziative di carattere normativo, queste incomprensibili disparità di trattamento tra cittadini aventi gli stessi requisiti oggettivi di fronte alla legge. (4-10566)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   già nel luglio 2000 con sentenza nella causa T-62/98, Volkswagen AG/Commissione delle Comunità europee c'era stata alla Corte di giustizia europea la condanna della Volkswagen al pagamento di un'ammenda record per violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza; la Volkswagen, seconda casa di produzione di automobili al mondo, ha truccato i dati di emissione di particelle inquinanti e di gas nell'atmosfera da parte dei propri modelli auto diesel;
   le autorità hanno ordinato a Volkswagen di richiamare 482.000 vetture a causa dell'utilizzo dei cosiddetti impianti di manipolazione; sotto accusa c’è un sofisticato meccanismo che Volkswagen ha installato sui propri motori diesel, con la funzione di alterare i test delle emissioni effettuati col dinamometro, uno strumento che rileva le emissioni inquinanti;
   secondo il Guardian «aver truccato i test sulle emissioni di 11 milioni di veicoli significa che Volkswagen è responsabile di quasi un milione di tonnellate di emissioni di inquinanti atmosferici all'anno»;
   si deve tenere conto che 883 mila sono le tonnellate di NOx emesse in un anno in Italia da tutte le sorgenti (ISPRA 2012), con un costo 8,3 miliardi di euro secondo lo studio ECBA project, per renderci conto del disastro prodotto dalla Volkswagen;
   l’Environmental Protection Agency ha sostenuto che varianti diesel di diversi Volkswagen e modelli di Audi vendute negli Stati Uniti da più di sei anni — tra cui la Volkswagen Passat, Maggiolino e Audi A3 — erano state dotate di sofisticati algoritmi progettati per ingannare il regime di prove di laboratorio;
   la scoperta lascia la casa automobilistica tedesca — che ha ammesso di utilizzare i dispositivi di manipolazione — potenzialmente di fronte miliardi di dollari in multe e costi di garanzia, eventuali accuse penali per dirigenti e azioni legali collettive da conducenti degli Stati Uniti;
   oggi i mercati finanziari vengono scossi dallo scandalo Volkswagen, che dimostra che se non c’è trasparenza, se non ci sono controlli rigorosi e ripetuti, effettuati senza preavviso per chi li deve subire, le regole possono esser puntualmente aggirate;
    il Ministro dell'ambiente Gian Luca Galletti ha detto che se si verificherà che anche in Europa è stato messo in atto lo stesso trucco scoperto negli Usa, la conseguenza non potranno che essere le stesse: cioè la sospensione delle vendite delle vetture modificate da Volkswagen;
   sono almeno 25 le class action, le azioni collettive, già presentate in tutti i 50 stati degli Usa, contro Volkswagen e in Italia il Codacons — che già sta raccogliendo migliaia di adesioni da avviare negli Stati Uniti — sta vagliando la possibilità di ulteriori azioni legali da intraprendere sul territorio nazionale a tutela degli automobilisti –:
   di quali elementi dispongano i Ministri interpellati in relazione ai fatti sopra esposti;
   se ritengano che ci possano essere dei danni per l'industria automobilistica italiana a causa di quella che gli interpellanti giudicano una pratica di pesante violazione della concorrenza da parte della Volkswagen in considerazione del fatto che le auto tedesche venivano vendute violando le norme restrittive delle emissioni inquinanti dei motori, laddove le altre case automobilistiche rispettavano con maggiori costi per unità di prodotto;
   se non sia il caso di una verifica approfondita dello stato delle cose per quanto concerne il parco italiano circolante delle auto diesel Volkswagen, anche in vista di un richiamo cogente di dette auto da parte Volkswagen per il loro adeguamento ovvero una loro dequalificazione con caratteristiche emissive reali ai sensi delle norme europee, per esempio da euro 4 a euro 3;
   se non sia il caso dare luogo a una verifica approfondita, in grado di contrastare eventuali meccanismi truffaldini congegnati alla produzione, delle emissioni anche di altre auto diesel di marche diverse dalla Volkswagen;
   se i Ministri interpellati stiano valutando il quantitativo delle emissioni e la ricaduta di queste sulle patologie correlate.
(2-01098) «Cancelleri, Grillo, Crippa, Zolezzi, Dell'Orco, Da Villa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la Saremar – Sardegna regionale marittima spa è una società di navigazione che dispone di una flotta di traghetti con la quale si garantiscono i collegamenti, in regime di continuità territoriale, con le isole minori della Sardegna quali l'Isola di San Pietro – Carloforte e La Maddalena e che assicura inoltre il collegamento tra la Sardegna e la Corsica, sulla tratta che va da Santa Teresa di Gallura a Bonifacio;
   la suddetta società è stata costituita il 27 marzo 1987 a Cagliari, dalla cessione aziendale del ramo regionale di Tirrenia navigazione, restando comunque sempre sotto il controllo pubblico di Finmare per poi tornare a far parte di Tirrenia dopo dieci anni, come società del gruppo. Il 3 novembre 2009 è stato siglato un accordo per il passaggio della compagnia di navigazione dal controllo dello Stato direttamente alla regione autonoma della Sardegna che attualmente detiene il 100 per cento dell'azionariato, sebbene lo Stato contribuisca al mantenimento del servizio predetto, attraverso un'apposita convenzione;
   l'obiettivo della Saremar è sempre stato quello di assicurare la continuità territoriale tra la Sardegna e le sue isole minori, a costi accessibili e con un'attenzione particolare ai residenti, garantendo così il diritto alla mobilità per l'esercito di lavoratori e/o pendolari che quotidianamente svolgono le loro attività in altre parti della Sardegna;
   la costanza dei collegamenti con le isole minori è altresì fondamentale anche per garantire sicurezza sanitaria ai residenti e agli ospiti, consentendo il trasporto rapido e sicuro dei pazienti dalle isole minori alle strutture mediche attrezzate di riferimento;
   l'economicità del servizio, la frequenza delle corse, la qualità del trasporto e la garanzia delle tratte notturne sono ovviamente fondamentali anche per lo sviluppo economico di tutte le attività imprenditoriali delle isole minori e, in particolare, per le attività ricettive, di ristorazione e turistiche, che hanno necessità di robusta infrastrutturazione del sistema dei trasporti;
   con deliberazione n. 15/35 del 29 marzo 2013, avente ad oggetto «Saremar S.p.A. Disposizioni di indirizzo politico-amministrativo sul servizio di collegamento marittimo per il trasporto di persone e veicoli con le isole minori della Sardegna e con la Corsica», è stato stabilito di prorogare la convenzione relativa ai collegamenti tra la Sardegna e le Isole di La Maddalena, San Pietro e Corsica stipulata tra il Ministero della marina mercantile e Saremar spa in data 17 ottobre 1991 e successive proroghe; tale atto prevede peraltro un contributo statale annuo fisso di oltre 13 milioni di euro e l'impegno, da parte della regione, di contribuire alla copertura degli oneri di servizio pubblico per la parte eccedente le risorse finanziarie trasferite dallo Stato;
   la legge regionale 7 agosto 2012, n. 15 avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in materia di trasporti», al fine di tutelare la continuità territoriale ed il collegamento con le isole minori ha disposto che, con decorrenza dal 1o agosto 2012, ove lo Stato cessasse la corresponsione degli oneri di servizio pubblico previsti nella convenzione, la regione autonoma della Sardegna garantisse, facendosi carico dei relativi oneri, una serie di obiettivi, tra i quali:
    a) il mantenimento dei livelli essenziali di servizio pubblico indispensabili ad assicurare la continuità territoriale marittima «mediante affidamento alla Saremar Spa di un apposito contratto di servizio pubblico»;
    b) il mantenimento dei livelli occupazionali e salariali per il personale marittimo ed amministrativo ed il coinvolgimento degli enti locali interessati nella condivisione delle scelte al fine di interpretare al meglio i bisogni dei territori e delle popolazioni interessate, già penalizzate dalla collocazione geografica;
   da anni le realtà delle isole minori, soffrono di una evidente inadeguatezza del servizio del trasporto marittimo che hanno, nel tempo, compresso i volumi del traffico delle persone e delle merci, aumentando così l'isolamento e intaccando in maniera determinante le aspettative di sviluppo sociale ed economico di territori ad elevata vocazione turistica, in un contesto reso ulteriormente problematico dalla drammatica crisi economica sarda e nazionale e dalla sempre più agguerrita concorrenza turistica internazionale;
   l'attuale amministrazione regionale ha mantenuto un ruolo contradditorio sul destino della compagnia Saremar, ignorando le richieste di quantità e qualità dei collegamenti sempre espresse dai territori e dalle popolazioni interessate, e non ha mai supportato le prospettive di rilancio della stessa compagnia di trasporto attraverso il sostegno di progetti volti alla costituzione di una società a capitale misto, pubblico-privato che, pur mantenendo in capo alla regione le quote azionarie di maggioranza, comportassero ampio coinvolgimento dei privati, garantendo la gestione economica dell'azienda;
   la questione del mantenimento dei livelli essenziali di servizio pubblico indispensabili ad assicurare la continuità territoriale marittima per le isole minori non può essere trattata come un generico e marginale problema legato alla parte più periferica dei trasporti sardi, ma come un argomento di importanza vitale nell'ambito della programmazione ed organizzazione unitaria del sistema dei trasporti dell'intera regione, nonché come asset strategico per qualsiasi progetto di rilancio economico legato principalmente al turismo;
   la continuità marittima con le isole minori è prevista peraltro dal piano regionale dei trasporti approvato con deliberazione della giunta regionale n. 66/23 del 27 novembre 2008, in conformità del quale sono salvaguardati i collegamenti in qualunque condizione di domanda, con la finalità di garantire una tariffa unica per tutti i residenti in Sardegna;
   tale «tariffa unica» non dovrà comunque essere superiore a quella attualmente praticata ai residenti nelle isole, al fine di garantire l'inderogabile diritto alla mobilità e la continuità territoriale all'interno della regione;
   quello che l'interrogante giudica il disinteresse della giunta regionale ha di fatto spianato la strada all'attuale gara internazionale che porterà alla sostanziale «rottamazione» della Saremar e delle rotte, al licenziamento di 167 lavoratori e alle conseguenti esiziali ricadute per i collegamenti con le isole minori, oltre che alla violazione del diritto alla mobilità dei cittadini sardi residenti nelle stesse;
   la vertenza sindacale di questi giorni ha messo in evidenza la grave sofferenza sociale causata dalla attuale, insostenibile situazione, con gli equipaggi della Saremar che hanno occupato alcuni traghetti e hanno iniziato lo sciopero della fame –:
   quali interventi immediati intenda avviare – per quanto di propria competenza – per scongiurare le gravissime ripercussioni sociali ed economiche che sarebbero scatenate dalla soppressione della garanzia del collegamento tra le isole minori e la Sardegna, assicurando nel contempo che qualsiasi scelta strategica relativa alla regione autonoma della Sardegna abbia come inderogabile punto di riferimento la necessità del mantenimento di trasporti marittimi ottimali per qualità e quantità;
   quali iniziative urgenti intenda avviare in ogni caso – per quanto di propria competenza – per assicurare la disponibilità di specifici strumenti di garanzia a tutela dei 167 lavoratori licenziati dalla Saremar, sotto forma di clausole di salvaguardia certe, rivolte alla tutela occupazionale dei dipendenti, che, ad avviso dell'interrogante, dovrebbero essere inserite specificamente in qualsivoglia, eventuale procedura di nuova gara. (5-06548)


   AGOSTINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in riferimento al progetto di RFI spa «Collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica – Nodo di Falconara» CUP J31J05000030011 e alle possibili interferenze con l'aeroporto della Marche R. Sanzio di Falconara Marittima, in data 9 aprile 2015 (prot. 13642) ENAC – direzione centrale infrastrutture aeroporti e spazio aereo ha inviato i propri elementi di risposta al comune di Falconara M. in merito ad alcuni quesiti posti da una interrogazione consiliare delle liste civiche Falconara Bene Comune e Cittadini in Comune;
   nel suddetto testo ENAC ha affermato che «Ha inoltre acquisito uno specifico studio redatto da ENAV che rileva che le nuove infrastrutture non influiranno negativamente sulla sicurezza delle operazioni dell'aeroporto o sulla regolarità delle stesse. La verifica di compatibilità elettromagnetica ha dato esiti favorevoli sia per l'attuale operatività in CAT I sia in caso di futura CAT II rilevando influenze minime e non sostanziali»;
   questa constatazione, di fatto, non esclude l'esistenza di, seppur minime, Influenze del progetto ferroviario di RFI spa con il sistema elettromagnetico che caratterizza il sistema ILS (Instrument Landing System) di categoria I a servizio dell'aeroporto R. Sanzio;
   l'affermazione sopraccitata evidenzia vieppiù quanto già espresso dalla stessa ENAC direzione centrale controllo regolazione aeroporti nel proprio parere consegnato al Ministero delle infrastrutture e trasporti il 16 aprile 2009 (prot. 0024946/API/DIRGEN) riguardo al progetto di RFI spa, e cioè che non è la soluzione progettuale migliore;
   tra le prescrizioni contenute nel parere ENAC del 16 aprile 2009 (prot. 0024946/API/DIRGEN) proprio in riferimento al sistema elettromagnetico che caratterizza il sistema ILS – ENAC stessa chiedeva uno studio di compatibilità elettromagnetica;
   la prescrizione di ENAC di «dimostrare che non sussistono interferenze» è sostanzialmente differente da «verifica di compatibilità elettromagnetica (...omissis) Rilevando influenze minime e non sostanziali»;
   è stata negata, a quanto consta all'interrogante, la conoscenza del sopraccitato «specifico studio redatto da ENAV» alle associazioni dei cittadini registrate (l'Ondaverde ONLUS di Falconara Marittima), nonostante le richieste di accesso agli atti, sia da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (struttura tecnica di missione) che non ha mai risposto alle p.e.c, inviate nelle date 31 gennaio 2014, 5 marzo 2014, 18 aprile 2014, e 25 settembre 2014, sia da parte dell'ENAC che non ha mai risposto alle p.e.c. inviate nelle date 20 marzo 2014 e 25 settembre 2014, sia da parte dell'ENAV che alla p.e.c. del 20 marzo 2014 ha scaricato la questione ad RFI s.p.a. in quanto oggetto di prestazione contrattuale;
   la risposta del 9 aprile 2015 (prot. 13642) di ENAC — direzione centrale infrastrutture aeroporti e spazio aereo accenna alla «potenziale criticità con l'ottica dei Segnali di Avvicinamento Luminoso»;
   per quanto riguarda il sistema luminoso di avvicinamento (aiuto visuale alla navigazione), RFI spa nel suo progetto definitivo scrive che «si è evidenziata la presenza lungo il tracciato del nuovo raccordo ferroviario di riconnessione con la Orte-Falconara, di un traliccio portante i fari del sentiero di avvicinamento luminoso del contiguo aeroporto di Falconara. Detto traliccio ivi ubicato probabilmente nell'ambito del recente intervento di allungamento a 900 m. del sentiero luminoso aeroportuale dovrà essere riallocato al margine della recinzione ferroviaria o lato valle (traslazione di circa 12 m.) o lato monte (traslazione di circa 9 m)» denotando a giudizio dell'interrogante, quantomeno, una scarsissima conoscenza degli impianti aeroportuali e delle implicazioni annesse;
   il sistema luminoso di avvicinamento, di 900 m precedente la soglia della pista 22 dell'aeroporto di Falconara Marittima, consiste in un insieme di luci disposte secondo un preciso criterio e si prefigge, con la sua forma, di aiutare il pilota ad allinearsi correttamente alla pista prima di toccare terra;
   le caratteristiche ottimali di questi sistemi luminosi stabilite dall'ENAC si riassumono in:
    a) configurazione, cioè apparati accuratamente progettati e installati;
    b) colore, scelto tra quelli maggiormente visibili e immediatamente interpretabili dai piloti;
    c) candele, quindi luminosità tale da permettere la loro visibilità anche in condizioni di bassa visibilità ma nel contempo non eccessiva da abbagliare i piloti;
    d) copertura, ossia indicazioni luminose dirette solo nelle direzioni utili;
   nelle fasi del volo maggiormente critiche come l'avvicinamento finale e l'atterraggio, il pilota ha la necessità di avvalersi di sistemi luminosi specifici che lo aiutino a tenere sotto controllo, con l'immediatezza che solo la visione diretta può dare, l'assetto dell'aeromobile rispetto al sentiero ottimale di discesa, l'asse pista, e la distanza da essa;
   lo spostamento di un solo traliccio, comporterà necessariamente la riprogettazione dell'intero sentiero di avvicinamento e tale riprogettazione, se necessaria, comporterà l'impossibilità di implementare il sistema ILS di cat. 1 a cat. 2 pregiudicando il futuro sviluppo del traffico aereo dell'aeroporto regionale delle Marche –:
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia ricevuto da ENAV e/o da RFI lo studio per la «risoluzione della interferenza elettromagnetica ed ostacoli alla navigazione aerea del progetto definitivo collegamento ferroviario Orte-Falconara Marittima con linea adriatica — Nodo di Falconara Marittima»;
   se per la redazione dello studio sopraccitato, l'ENAV abbia attivato anche il proprio servizio radiomisure, ovvero se sia intervenuta anche con il proprio aeromobile «P180 Avanti II» in grado di effettuare controlli in volo, assistenze radio, radar e visive installate sul territorio nazionale, d'impiego civile e militare;
   se il volo del servizio radiomisure ed i relativi controlli siano stati effettuati in presenza totale o parziale degli ostacoli che potrebbero interferire con gli apparati di radionavigazione presenti in aeroporto;
   se per la simulazione della situazione che si verrà a determinare tra la linea ferroviaria progettata da RFI spa ed il sentiero di avvicinamento degli aeromobili all'aeroporto delle Marche, ENAV si sia avvalsa della consulenza della società aerospaziale THALES o altre società leader che possiedono i software atti a simulare gli ingombri che si potrebbero creare e/o le influenze sulla sistema ILS di categoria 1 e di categoria 2 eventualmente implementabile per il futuro sviluppo del traffico aereo dell'aeroporto R. Sanzio;
   a quanto ammonti il costo complessivo del sopraccitato studio dell'ENAV;
   se il costo dello studio dell'ENAV fosse o meno contemplato nella spesa di 174 milioni di euro autorizzata dal CIPE con delibera n. 128 dell'11 dicembre 2012 (pubblicata sulla G.U. n. 63 del 15 marzo 2013) secondo le modalità di copertura finanziaria indicate, ovvero interamente a carico del bilancio pubblico;
   se sia stato presentato il progetto di nuova installazione dei tralicci del sentiero avvicinamento dell'aeroporto delle Marche;
   se la riprogettazione del sentiero di avvicinamento comporterà anche il ricalcolo delle minime separazioni dagli ostacoli in avvicinamento e atterraggio strumentale, OCA/OCH (Obstacle Clearance Altitude – altitudine di separazione da ostacoli e Obstacle Clearance Height – altezza di separazione da ostacoli);
   a quanto ammonti il costo della progettazione e della realizzazione del nuovo sentiero di avvicinamento;
   se il costo del progetto di installazione dei tralicci e della riprogettazione del sentiero di avvicinamento fosse o meno contemplato nella spesa di 174 milioni di euro autorizzata dal CIPE con delibera n. 128 dell'11 dicembre 2012 (pubblicata sulla G.U. n. 63 del 15 marzo 2013) secondo le modalità di copertura finanziaria indicate, ovvero interamente a carico del bilancio pubblico;
   se siano state seguite le norme del documento EUR DOC ICAO 015 per la protezione delle building restrict area (BRA) previste in Italia dal documento congiunto ENAC/ENAV denominato «Elementi base per la costruzione delle Building Restrict Area», metodologia di rilievo che, al momento, risulta essere l'unica in grado di soddisfare l'esigenza di compatibilità fra l'esistente aeroporto delle Marche «Raffaello Sanzio» ed il progettando by-pass ferroviario;
   chi si assumerà la responsabilità tecnica ed i relativi oneri economici di Declassamento dell'aeroporto delle Marche (in particolare la riduzione della lunghezza della pista di volo) qualora — riprogettato il sentiero luminoso di avvicinamento e realizzata l'opera ferroviaria – risulterà concretamente impossibile riottenere nuovamente il sistema ILS di categoria 1 così come risulta dalla pubblicazione AIP Italia — AD 2 LIPY del 25 giugno 2015 o implementare il sistema ILS a categoria 2. (5-06549)


   DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Elva è una piccola cittadina sulle montagne della provincia di Cuneo e conta 100 abitanti, che si riducono a circa 40 nei periodi invernali. Ha tre strade di accesso: la più diretta è la strada provinciale 104 (10 chilometri), o del Vallone, la strada provinciale 335 che la collega con Stroppo seguendo il percorso tortuoso (17 chilometri) delle antiche mulattiere e una terza, la provinciale 128, agibile solo nella buona stagione, attraverso il colle di Sampeyre verso la Val;
   la strada del Vallone, pur liberata dalle frane che l'avevano interrotta a partire da dicembre 2014, risulta chiusa al traffico a tempo indeterminato dal momento che vanno effettuate le verifiche di sicurezza ma lavori sono in corso anche sulla provinciale per Stroppo. L'accesso all'abitato di Elva è quindi possibile solo attraverso le strade più lunghe e disagevoli;
   la provincia di Cuneo nel mese di giugno 2015 ha approvato il progetto per la sistemazione dei dissesti nei comuni di Stroppo ed Elva. L'intervento dal costo di 2.870.000 euro avrebbe dovuto essere inserito nella programmazione dell'ente;
   attualmente la provincia di Cuneo ha appaltato i lavori per il progetto di sistemazione dei dissesti nei comuni di Stoppo ed Elva, per circa 900.000 euro;
   secondo quanto riportato sul giornale locale «Corriere di Saluzzo» i sindaci di Elva e Stroppo, guidati dal presidente dell'Unione Montana Valle Maira, avrebbero consegnato al Ministro interrogato un progetto da 13,8 milioni di euro per la messa in sicurezza della strada del Vallone attraverso un sostanziale rifacimento con la realizzazione di due lunghe gallerie;
   a fronte di richiesta di chiarimenti avanzata in consiglio regionale Piemonte, l'assessore regionale alla montagna, Alberto Valmaggia, ha dichiarato che «Regione e Provincia si sono impegnati a realizzare ulteriori approfondimenti tecnici con verifiche e rilievi utili a perfezionare l'ipotesi progettuale che prevede interventi per 14 milioni»;
   dalla risposta fornita dal citato assessore sembra potersi desumere che, i tecnici della provincia e della regione abbiano accantonato il progetto di messa in sicurezza di giugno 2015, dal costo di 2.870.000 di euro, con la seguente motivazione: «È risultato evidente che, in considerazione della molteplicità delle topologie dissestive rilevate e dell'ubiquitarietà delle situazioni di dissesto, prevedere di intervenire in tutte le situazioni di pericolo rilevate comporterebbe costi insostenibili»;
   pare dunque che nel corso di 3 mesi si sia passati da una previsione di spesa di 2.870.000 euro ad una di quasi 14 milioni di euro, aumento che appare all'interrogante del tutto sproporzionato rispetto alle reali esigenze, tenuto anche conto del fatto che la provincia di Cuneo presenta situazioni critiche per la circolazione su gran parte del suo territorio (numerose strade chiuse per mancanza di riparazioni, e manutenzione, strade dissestate, segnaletica orizzontale molte volte assente e altre). Tali situazioni in molti casi sono concause o cause uniche di gravi incidenti automobilistici;
   non è pensabile la chiusura definitiva della strada di diretto accesso al comune di Elva anche per il suo valore storico-paesaggistico –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione e se sia effettivamente in possesso del citato progetto da 13,8 milioni di euro per la messa in sicurezza del Vallone (come riportato dai giornali locali);
   se il Ministro, posta l'impossibilità degli enti locali e della regione Piemonte di finanziare significativi interventi di viabilità, abbia intenzione di assumere iniziative per contribuire, totalmente o parzialmente, al finanziamento di siffatto progetto da 13,8 milioni di euro e con quali risorse. (5-06553)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il funzionamento del nuovo sistema di revisione Mctc-Net 2, introdotto dal protocollo ministeriale a gennaio 2015, per impedire le frodi e migliorare la sicurezza stradale, sta mettendo a dura prova l'attività dei centri di revisione auto;
   la revisione auto e moto riguarda circa 15 milioni di cittadini ogni anno, ai quali si vuole garantire la massima trasparenza e sicurezza;
   l'investimento complessivo di oltre 100 milioni di euro effettuato dai revisori italiani per adeguarsi al nuovo standard (circa 8.000 in Italia, 159 in Liguria) è messo a rischio dalle criticità del protocollo che rallentano i flussi di revisione, impedendo così alle officine di lavorare a pieno regime;
   alle criticità dovute alla modalità di esecuzione del protocollo si aggiunge la grave mancanza di un adeguamento tariffario, fermo al 2004;
   in questi undici anni i costi delle imprese sono lievitati, le officine hanno investito e in molti casi hanno acquistato macchinari nuovi, ma le tariffe sono rimaste bloccate;
   la stessa normativa che ha istituito i centri di revisione prevede l'adeguamento tariffario, che non può più essere rimandato –:
   quali iniziative intenda adottare al fine di procedere al più presto ad un adeguamento delle tariffe che gli operatori del settore attendono da tanto tempo, dal momento che nella situazione attuale le officine sono costrette a lavorare quasi in perdita;
   se non ritenga opportuno assumere iniziative normative per semplificare le operazioni di revisione allo scopo di abbattere i tempi e, di conseguenza, contenere i costi di revisione. (4-10569)


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 30 settembre 2015 sono comparse sui media notizie allarmanti circa un sistema di corruzione diffuso nella gestione della rete stradale da parte dell'ANAS spa nel territorio della regione Toscana;
   La Nazione, versione online del 30 settembre 2015, riporta: «24 gli indagati pubblici ufficiali dell'Anas, imprenditori e professionisti. Settanta le perquisizioni in corso. Il procuratore Giuseppe Creazzo ha parlato di un “collaudato sistema di corruzione”, di un “sistema che ha comportato, danni per la collettività per molte decine di migliaia di euro. Venivano date mazzette corrispondenti al 5 per cento dell'importo dei lavori, cioè decine di appalti nella rete stradale della Toscana”»;
   Il Fatto Quotidiano versione online del 30 settembre 2015, riporta: «Un “collaudato sistema di corruzione”. Nel quale “venivano date mazzette corrispondenti al 5 per cento dell'importo dei lavori”. È quanto scoperto dai magistrati di Firenze con l'inchiesta “Strade d'oro” che ha travolto i vertici dell'Anas Toscana, l'azienda che gestisce la rete stradale.» ... «Agli arresti domiciliari sono finiti il capo di compartimento Anas Toscana, Antonio Mazzeo, il capo servizio amministrativo Roberto Troccoli, un funzionario Nicola Cenci, e l'imprenditore Francesco Mele. L'ipotesi di reato contestata a vario titolo è la corruzione.»;
   Il Corriere della Sera, versione online del 30 settembre 2015, riporta: «Bufera all'Anas Toscana: quattro persone sono state arrestate (ai domiciliari) con l'accusa di corruzione nell'ambito di un'inchiesta della procura di Firenze: si tratta del capo compartimento Antonio Mazzeo, del direttore amministrativo Roberto Troccoli, del funzionario Nicola Cenci e dell'imprenditore Francesco Mele. Nel procedimento sono state indagate anche altre 24 persone: pubblici ufficiali in servizio all'Anas di Firenze, imprenditori e professionisti di varie società»;
   nel portale web della società, www.stradeanas.it, è pubblicata la consistenza della rete stradale gestita da ANAS sul territorio regionale della Toscana, che si sviluppa per un totale di 892,117 chilometri suddivisi in 2 raccordi autostradali, per 75,450 chilometri, 20 strade statali, per 812,970 chilometri, e 5 strade in corso di classifica o di declassifica, per 3,697 chilometri;
   come riportato dalle citate testate giornalistiche i tre cantieri oggetto d'indagine sono sulla strada Tosco-Romagnola, per opere «di somma urgenza» da 200 mila euro, in provincia di Prato, per un importo a base asta di 3.258.622 euro, in provincia di Massa Carrara, per la manutenzione straordinaria di una strada per un importo del lavoro a base asta di 499.900 euro;
   le eventuali tangenti percepite dai funzionari di ANAS spa, per l'affidamento dei lavori, qualora appurate dalla magistratura, comporterebbero un aumento dei costi delle opere, e potrebbero in questo modo determinare, come naturale conseguenza del piano investimenti ANAS, anche un aumento dei pedaggi a carico degli utenti –:
   indipendentemente dalle indagini della magistratura, se il Ministro intenda attivarsi per esaminare il caso esposto in premessa e appurare, per quanto di competenza, le responsabilità della vicenda, verificando in particolare se le eventuali tangenti percepite dai funzionari di ANAS spa, determinando un aumento del costo delle opere, abbiano potuto comportare, fra le molteplici conseguenze, anche un aumento dei pedaggi a carico degli utenti;
   se il Ministro intenda adoperarsi per evitare i rischi di un blocco generalizzato del completamento, nei tempi previsti dal cronoprogramma lavori, delle opere infrastrutturali in capo ad ANAS già in fase di realizzazione o di prossima cantierizzazione;
   quali opere, realizzate o in corso di realizzazione o di affidamento, del sistema viario della Toscana, abbiano visto il coinvolgimento di ANAS spa, e su quali opere in capo all'ANAS abbia compartecipato al finanziamento la regione Toscana e in quale misura;
   se il Ministro intenda appurare eventuali affidamenti di lavori sul sistema viario toscano, in qualità di titolare d'azienda, all'imprenditore Francesco Mele, il cui nome è comparso sempre in data 30 settembre 2015 su Il Fatto Quotidiano, versione online (dall'articolo «Anas Toscana, ai domiciliari i vertici. Pm: “Sistema collaudato di corruzione”»);
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere nei confronti di ANAS spa. (4-10577)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nello schema di decreto del Presidente della Repubblica che contiene il regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'interno sarebbero sparite d'un colpo 23 prefetture e altrettante questure;
   tale scelta, lungi dal rappresentare un'operazione di «razionalizzazione», pur condivisibile, si tradurrebbe in un'ulteriore e inaccettabile sforbiciata al dispositivo della sicurezza;
   ancora una volta si intende tagliare sui presidi territoriali, gli unici che garantiscono la presenza dello Stato nelle periferie della nostra Nazione;
   in particolare, alcune regioni subiranno riduzioni pesanti con zone lontane dal centro che rischiano di essere quasi abbandonate dallo Stato;
   la tagliola scatterà in tutta Italia: Teramo (accorpata a L'Aquila), Chieti (accorpata a Pescara), Vibo Valentia (accorpata a Catanzaro), Benevento (Avellino), Piacenza (Parma), Pordenone (Udine), Rieti (Viterbo), Savona (Imperia), Sondrio (Bergamo), Lecco (Como), Cremona (Mantova), Lodi (Pavia), Fermo (Ascoli Piceno), Isernia (Campobasso), Asti (Alessandria), Verbano-Cusio-Ossola (Novara), Biella (Vercelli), Oristano (Nuoro), Enna (Caltanissetta), Massa-Carrara (Lucca), Prato (Pistoia), Rovigo (Padova), Belluno (Treviso);
   invece di colmare i buchi che si creano nella sicurezza del nostro Paese, particolarmente evidenti di fronte all'emergenza sbarchi, si pensa solo a tagliare e il risultato è già sotto gli occhi di tutti: oggi non si è in grado di garantire la sicurezza dei cittadini –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda adottare per scongiurare il rischio della chiusura delle 23 prefetture e altrettante questure, che va nella direzione opposta a quella di garantire la sicurezza dei cittadini. (4-10567)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   ZAN. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a Padova, dall'inizio dell'anno scolastico, è scattata la protesta dei collaboratori scolastici in molte scuole cittadine: il personale ata si rifiuta infatti di svolgere mansioni non previste dal proprio contratto nazionale, come scaldare le vivande ai bambini, pulire i tavoli dopo il pranzo o distribuire loro le merendine, sostenendo che sia compito del comune o comunque della cooperativa Dusmann che ha in appalto la distribuzione dei pasti a scuola;
   il problema riguarda le mansioni miste, che non spettano per contratto al personale ata, e per le quali il comune di Padova mette a disposizione un contributo di appena 16 euro mensili a collaboratore scolastico, ritenuto insostenibile anche dalle organizzazioni sindacali;
   al momento la protesta coinvolge nove istituti comprensivi su quattordici: le primarie che fanno parte degli istituti comprensivi statali numeri 1, 2, 3, 5, 6, 8, 9, 10 ed 11; la vertenza sindacale è particolarmente marcata alle scuole elementari Zanibon, in quella di via Santi Fabiano e Sebastiano (la scuola Arcobaleno di Brusegana), ma disagi – secondo fonti sindacali – si sono registrati anche alla scuola Carraresi, alla primaria Mantegna di via Zanchi nel quartiere Arcella; in queste ultime scuole i bidelli si sono limitati a inoltrare il fax alla cooperativa Dusmann per elencare gli alunni assenti e a depositare le merendine su un tavolo. Sono gli, alunni a doversi prendere da mangiare senza che la merenda sia distribuita;
   i bambini, secondo quanto riporta la stampa locale (v. Il Mattino di Padova del 30 settembre e del 1o ottobre 2015), sarebbero costretti dal 16 settembre a rimanere spesso a digiuno fino all'ora di pranzo, a meno che non si procurino da soli la merenda, e per giorni sono stati costretti a mangiare pasta fredda;
   il personale non docente accusa il comune di Padova, che ha il compito di occuparsi delle mense scolastiche, di non aver mandato alcun operatore per svolgere questo servizio come promesso prima dell'inizio dell'anno scolastico;
   la situazione rischia di sfuggire di mano e richiede una risoluzione nel breve periodo, affinché non siano i bambini a farne le spese, ma neppure i diritti dei lavoratori, già sotto organico –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Ministro interrogato intenda assumere per assicurare che negli istituti comprensivi statali del comune di Padova siano garantite con regolarità ed efficienza le mansioni miste che prevedono la distribuzione di merendine e pasti caldi ai bambini;
   se non intenda il Ministro avviare un tavolo di confronto e discussione con le parti interessate al fine di individuare rapidamente una soluzione definitiva al problema. (3-01739)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha modificato il trattamento economico dei professori universitari, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento della carriera pregressa in occasione del passaggio dal ruolo di ricercatore a quello di professore, oppure dalla seconda alla prima fascia;
   le nuove tabelle stipendiali possono generare, in alcuni casi, una riduzione dello stipendio in occasione di una promozione;
   il decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 2011, n. 232, affronta nell'articolo 4 questa problematica disponendo che i professori universitari, in specifici casi, possono esercitare l'opzione di mantenere il regime stipendiale previgente;
   il comma 2 del citato articolo 4 stabilisce che l'opzione «può essere esercitata entro il termine di tre mesi dalla data in cui è maturato il diritto all'attribuzione della nuova classe stipendiale ai sensi dell'articolo 2»;
   d'altra parte l'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha bloccato il trattamento economico complessivo dei dipendenti pubblici a quello fruito nel 2010, blocco che è stato più volte prorogato ed è ancora vigente per il personale universitario;
   ne segue che dal primo gennaio 2011 non si è più verificato per nessun docente universitario il diritto all'attribuzione di una nuova classe stipendiale;
   di conseguenza ci sono alcuni professori universitari che non sono stati messi finora in grado di esercitare l'opzione di cui all'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011 e quindi hanno ricevuto e stanno ricevendo un forte e ingiusto danno stipendiale, ben al di là del blocco disposto dalla legge –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative, per via amministrativa o normativa, affinché, in vigenza del blocco delle classi stipendiali dei docenti universitari, sia comunque consentito agli aventi diritto di esercitare l'opzione per un regime stipendiale più conveniente ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 232 del 2011. (5-06550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si apprende dalla stampa che un ragazzo di 16 anni, di origine romena, studente di un ente di formazione professionale Ecfop, accreditato presso la Regione e distinto dalla scuola primaria e secondaria di primo grado San Biagio, sarebbe stato costretto a seguire le lezioni dal corridoio a causa della sua omosessualità;
   il direttore dell'Istituto ha motivato la sua decisione di far accomodare il ragazzo in una postazione separata, accompagnato da un educatore, con la necessità di salvaguardare il ragazzo da possibili atti offensivi da parte degli altri studenti;
   l'episodio, a detta dei genitori, sarebbe solo l'ultimo di una serie di atti discriminatori di cui il ragazzo sarebbe stato oggetto;
   la scuola, così come qualsiasi altro ente deputato alla formazione dei giovani, è un luogo che riveste fondamentale importanza nel processo di crescita umana e personale dei ragazzi nel quale il ruolo educativo e formativo non si limita all'insegnamento delle nozioni ma anche al rispetto verso il prossimo e ad una corretta educazione all'affettività –:
   di quali elementi e oggettivi riscontri disponga il Ministro in relazione alla vicenda di cui in premessa, anche in relazione alla possibilità che la scuola sia messa nella condizione di spiegare le scelte educative in merito, e se intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per rafforzare il ruolo educativo e formativo della scuola e, in generale, dei luoghi di istruzione, al fine di evitare che si verifichino episodi di non rispetto della diversità. (4-10565)


   RIGONI, CIMBRO, DALLAI, ALBINI, TENTORI, LATTUCA, CIRACÌ, CARRA, CASTRICONE, CENSORE, CENNI, CAROCCI, VENTRICELLI, CARNEVALI, CARELLA, D'OTTAVIO, STUMPO, FIORIO, COMINELLI, COVA, PIRAS, TARICCO, PELLEGRINO, FERRARA, AIRAUDO, MANFREDI, LAFORGIA, OLIVERIO, TINO IANNUZZI, IORI, MOGNATO, PASTORINO e CAPODICASA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sentenza della terza sezione della Corte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014, relativa alla reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi, specifica che l'indirizzo internazionale deve andare verso l'utilizzo di contratti a tempo indeterminato;
   il tribunale di Napoli si è recentemente espresso a favore di un docente precario in possesso dei 36 mesi di servizio, il quale si è visto riconosciuto il diritto ad avere un contratto a tempo indeterminato, condannando inoltre il Ministero al pagamento delle retribuzioni contrattualmente dovute per i periodi di interruzione di lavoro fino all'immissione in ruolo e di tutte le spese processuali;
   il precariato formatosi nel settore dell'alta formazione artistica e musicale è stato generato da un'assenza di procedure concorsuali aperte per ben venticinque anni (legge n. 417 del 1990), e riservate per sedici anni (ordinanza ministeriale n. 247 del 1999), nonché da una sovrapposizione normo-giuridica senza precedenti;
   i dati attuali del precariato del settore AFAM censiti dalle recenti graduatorie nazionali prima menzionate indicano 1.201 docenti idonei; numero che sommato alle gemelle graduatorie di cui al decreto-legge n. 97 del 2004 non riesce a soddisfare i posti attualmente vacanti e disponibili, cosicché accademie e conservatori sono ugualmente costretti a ricorrere a graduatorie di istituto per far fronte al servizio didattico;
   l'età media dei docenti menzionati è superiore ai quarant'anni, con picchi limite all'età pensionabile; tutti sono abilitati e selezionati attraverso bandi pubblici d'istituto triennali, con un'esperienza d'insegnamento pluriennale e soprattutto con una media di servizio di molto superiore al limite imposto affinché il rapporto di lavoro si trasformi a tempo indeterminato; i docenti afferenti alle citate graduatorie nazionali hanno maturato tre anni accademici e oltre, allo stesso modo di tutti i docenti ancora non immessi a tempo indeterminato e facenti parte della graduatoria del 2004;
   l'applicazione delle graduatorie nazionali non è riuscita a coprire tutti i posti necessari al funzionamento degli istituti AFAM per il corrente anno accademico 2014/15;
   per molti posti vacanti si è dovuto ricorrere di nuovo all'indizione di bandi pubblici per la costituzione di nuove graduatorie d'istituto. I docenti delle graduatorie nazionali sono inoltre tutti occupati su posti liberi e vacanti con contratto a tempo determinato reiterato negli anni, per svolgere le medesime mansioni lavorative;
   quasi tutti i contratti sono senza soluzione di continuità, ponendosi così in contrasto con l'articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2008, compreso il comma 4, il quale dispone che con «due assunzioni successive a termine senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto»;
   il 16 agosto del 2014, con apposito decreto del Presidente della Repubblica, sono state autorizzate le immissioni in ruolo di una percentuale dei docenti delle citate graduatorie nazionali gemelle ex lege n. 143 del 2004 (gemelle per modalità di reclutamento anche se bastavano due soli anni di servizio, mentre per le ultime graduatorie nazionali ne occorrevano almeno tre) trasformatesi ad esaurimento per effetto del citato decreto-legge n. 104 del 2013, il quale ha disciplinato a giudizio degli interroganti in modo ingiustificatamente e incostituzionalmente diverso docenti appartenenti allo stesso compatto e con i medesimi requisiti;
   oltre ad essere necessario terminare il processo di stabilizzazione dei pochi docenti ancora ricadenti nell'ambito di applicazione della citata legge n. 143 del 2004 (dei quali non più di trenta di pertinenza delle Accademie di belle arti; si può oggettivamente parlare di graduatoria ormai esaurita), è al contempo fondamentale trasformare immediatamente la graduatoria nazionale ex lege n. 128 del 2013 (di cui al decreto ministeriale n. 526 del 2014) in graduatoria nazionale ad esaurimento, utile per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato; ciò anche in virtù del fatto chi è oggettivamente l'unica graduatoria nazionale, creata tramite procedura concorsuale, pienamente rappresentativa dell'attuale precariato storico nel comparto AFAM. Al riguardo, si ricorda come in questi anni i docenti inclusi nella graduatoria ex lege 128, oltre ad aver garantito il regolare inizio dei corsi, abbiano formato ed abilitato all'insegnamento i docenti ora immessi in ruolo nei licei ad indirizzo musicale;
   circa il 50 per cento del corpo docente precario, in possesso dei 36 mesi di servizio necessari, ha intrapreso azione legale nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a fronte dei principi di legge esposti e a tutela della stabilità lavorativa;
   al fine di non veder condannato il Ministero all'obbligo della stabilizzazione di questi poco più di mille docenti, al pagamento delle retribuzioni relative ai periodi di interruzione del rapporto di lavoro e delle relative spese processuali gli interroganti ritengono sia indispensabile, opportuno e giusto sanare quest'incredibile anomalia tutta italiana –:
   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro per tutelare le professionalità didattiche incluse nelle citate graduatorie nazionali, nel rispetto dell'esperienza didattica maturata in anni di servizio e della continuità d'insegnamento, affinché si possa assorbire tutto il precariato del settore dell'alta formazione artistica e musicale in possesso del requisito nazionale ed europeo (trentasei mesi) sulla base dei posti attualmente vacanti e disponibili, e così chiudere il meccanismo delle supplenze legate al settore scuola;
   se il Ministro sia intenzionato ad aprire a breve un tavolo di confronto sul tema, con docenti e rappresentanze sindacali, prima di ogni riordino del comparto. (4-10572)


   FRATOIANNI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   all'istituto tecnico economico «Mossotti» di Novara, il dirigente scolastico ha chiesto con la circolare n. 25 del 22 settembre 2015 un contributo obbligatorio alle famiglie degli studenti con il fine del «miglioramento e ampliamento dell'offerta formativa», ma «che oggi – prosegue la circolare – viene utilizzato dalla scuola anche per sopperire ad esigenze ineludibili e indifferibili per l'organizzazione e lo svolgimento del servizio e per garantire la salute e la sicurezza degli utenti»;
   successivamente la circolare stabilisce il pagamento obbligatorio del contributo, per effetto del regio decreto-legge n. 749 del 1924, e stabilisce persino le sanzioni per le famiglie che non ottempereranno alla contribuzione. Si scrive, di fatto, di esclusione dalle attività extrascolastiche (viaggi di istruzione e altro), esclusione dall'utilizzo dei mezzi informatici, esclusione dai progetti di job placement, stage formativi, e una sanzione di 10 euro. In sostanza tutte attività da cui, ad avviso dell'interrogante, non si possono escludere gli studenti e che dovrebbero essere garantite dalle scuole e dai fondi del Ministero per l'autonomia scolastica. Le sanzioni sembrano all'interrogante suonare come vere e proprie ritorsioni nei confronti delle famiglie, che già sostengono costi sostenuti per l'educazione dei figli;
   il dirigente scolastico, per altro, nella stessa circolare, lamenta la mancanza di fondi da parte della provincia di Novara negli ultimi due anni –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione su esposta e se non ritenga urgente intervenire per evitare che la situazione ricada sulle famiglie e sugli alunni, privati di diritti fondamentali;
   se il Ministro non ritenga urgente avviare una verifica della situazione nelle scuole italiane, per evitare che si perpetuino casi come quello esposto;
   se il Ministro non ritenga palesemente insufficienti i fondi destinati all'autonomia scolastica, al miglioramento e all'ampliamento dell'offerta formativa e al programma di edilizia scolastica. (4-10575)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PATRIZIA MAESTRI, GIACOBBE, BARUFFI, ALBANELLA, DELL'ARINGA, MICCOLI, CASELLATO, DI SALVO e GNECCHI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 31, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita) ha previsto, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI (assicurazione sociale per l'impiego), intervenute a decorrere dal 1o gennaio 2013, è dovuto, a carico del datore di lavoro, un contributo pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI (oggi NAspI) per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni;
   il successivo comma 34 ha chiarito che, per il periodo 2013-2015 il contributo di cui al comma 31 non è dovuto nei seguenti casi: a) licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale; b) interruzione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere;
   per quanto riguarda il punto a) la ratio della norma si ravvisa nel fatto che i lavoratori che cessano i rapporti di lavoro e contestualmente sono riassunti per effetto di cambio appalto, anche in attuazione di clausole sociali, non sono percettori di indennità di disoccupazione poiché immediatamente rioccupati e quindi per loro, di fatto, non sussiste alcuno stato di disoccupazione;
   tale principio è stato recentemente ribadito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali con interpello n. 12/2015 laddove si afferma: «La disposizione citata vale, dunque, ad esonerare i datori di lavoro dal pagamento del contributo addizionale ASpI per l'estinzione dei rapporti di lavoro cui non consegue uno stato di disoccupazione in ragione della contestuale riassunzione personale da parte dell'impresa subentrante»;
   il 31 dicembre 2015 giungerà a termine il periodo di esonero dal pagamento del contributo di cui al comma 31 per la tipologia di licenziamenti definiti ai punti a) e b) del comma 34 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92 –:
   se il Ministro interrogato non intenda promuovere un'iniziativa normativa finalizzata a rendere definitiva la previsione di cui al comma 34 dell'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92, esonerando dal pagamento del contributo previsto dal comma 31, in particolare, quei licenziamenti effettuati in conseguenza di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in attuazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale. (5-06546)


   PETRAROLI, CIPRINI, COMINARDI, LOMBARDI, DALL'OSSO, CHIMIENTI e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:

   il pacchetto di misure sulle pensioni, varato con la legge 122 del 2010, ha impresso una svolta significativa al nostro sistema previdenziale;

   l'obiettivo principale quello di prolungare la permanenza al lavoro degli italiani nati dal 1952 in poi che, stando alle statistiche, avranno una vita più lunga e quindi la possibilità di godere del meritato riposo per lo stesso periodo delle generazioni precedenti;

   dal 2015 il pensionamento per vecchiaia e anzianità sarà costantemente adeguato ogni tre anni alla speranza di vita della popolazione con più di sessantacinque anni registrata dall'Istat;

   si tratta di una misura che prevede l'aggiornamento periodico dei requisiti di età per la pensione di vecchiaia e delle quote per quella di anzianità in base all'andamento della vita media registrato dall'Istat;

   dal 2013 l'Istat valuta se, nel triennio precedente, la speranza di vita per le persone con almeno sessantacinque anni di età aumentata e di quanto;

   gli aggiornamenti successivi alla speranza di vita avvengono – come sopra evidenziato – ogni tre anni, con un'eccezione che riguarda il secondo scatto che fissato per il 2019, anziché per il 2018; lo slittamento di un anno dovuto alla necessità di far coincidere l'adeguamento dei requisiti per il pensionamento alla speranza di vita, con la revisione dei coefficienti per il calcolo delle pensioni contributive, alle quali sono interessati coloro che al 31 dicembre 1995, avevano meno di diciotto anni di contributi;

   all'adeguamento periodico dei requisiti alla speranza di vita sono soggetti i lavoratori di tutte le categorie. La manovra prevede due sole eccezioni che riguardano, rispettivamente, chi matura il diritto alla pensione di anzianità con almeno quaranta anni di contributi e alcune categorie particolari come i piloti, i marittimi e gli addetti alla guida di mezzi pubblici di trasporto, il cui titolo abilitante (brevetto, patente e altro) per lo svolgimento della mansione scade inderogabilmente al compimento di una determinata età;

   bisogna inoltre considerare che, all'incremento di età dovuto alla speranza di vita, si deve sommare l'aumento dei tempi di attesa, dato dalla finestra mobile, in vigore dal 1o gennaio 2011;

   per i lavoratori invalidi per qualsiasi causa, cui sia stata riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento si applica invece quanto previsto dall'articolo 80, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 ed essi possono richiedere, per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa. Il beneficio spetta fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva;

   nulla previsto, invece, per quei lavoratori cui è riconosciuta un'invalidità superiore al 74 per cento e che hanno, rispetto ai lavoratori senza invalidità, un'aspettativa di vita ridotta –:

   se, alla luce dei fatti esposti in premessa, non intenda assumere iniziative normative volte ad escludere i lavoratori invalidi con una percentuale superiore al 74 per cento dagli effetti prodotti dalla legge 122 del 2010, che prevede l'aggiornamento periodico dei requisiti di età per la pensione di vecchiaia e delle quote per quella di anzianità in base all'andamento della vita media;

   se il Ministro non intenda altresì assumere iniziative per ampliare la platea del beneficiari, ai quali sia stata riconosciuta un'invalidità superiore o pari al 50 per cento. (5-06551)

Interrogazione a risposta scritta:


   L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, BENEDETTI, GAGNARLI, PARENTELA e LUPO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   al fine di razionalizzare gli adempimenti relativi alle prestazioni lavorative di breve durata, l'articolo 35 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, assegna ad un decreto interministeriale la definizione delle misure di semplificazione relative agli obblighi di informazione, formazione, valutazione dei rischi e sorveglianza sanitaria per le imprese agricole, con particolare riferimento ai lavoratori a tempo determinato e stagionali;
   la necessità, pur nel rispetto dei livelli generali di tutela in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di semplificare la normativa relativa alla sorveglianza sanitaria per i lavoratori agricoli a tempo determinato e per quelli stagionali, soggetti in presenza di rischi per i quali è prevista la effettuazione della sorveglianza sanitaria alla disciplina recata dall'articolo 41, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2008 che prevede, tra l'altro, l'obbligatorietà della visita medica preventiva in fase preassuntiva, è stata evidenziata anche dall'avviso comune stipulato in data 16 settembre 2011 dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative del settore sul piano nazionale;
   il decreto interministeriale del 27 marzo 2013 di attuazione del comma 13 dell'articolo 3 del decreto legislativo 81 del 2008 ha recepito tali indicazioni, ma, non prevedendo una semplificazione della valutazione dei rischi, ha di fatto introdotto una visita medica preventiva obbligatoria per tutti a prescindere dai rischi presenti nell'attività, rimasta largamente inapplicata;
   al fine di operare la semplificazione in parola, per i lavoratori a tempo determinato e stagionali e limitatamente a lavorazioni generiche e semplici non richiedenti specifici requisiti professionali per le quali è prevista, in base alla valutazione dei rischi, l'effettuazione della sorveglianza sanitaria, gli adempimenti di cui all'articolo 41, comma 2, del decreto legislativo 81 del 2008 potrebbero considerarsi assolti, su scelta del datore di lavoro, senza costi per i lavoratori, mediante visita medica preventiva di validità biennale che consenta al lavoratore idoneo di prestare la propria attività anche presso altre imprese agricole per lavorazioni che presentano i medesimi rischi, senza la necessità di ulteriori accertamenti medici, sempre che l'effettuazione e l'esito della visita risultino da apposita certificazione;
   ad oggi non risulta ancora emanato il decreto interministeriale di semplificazione di cui al comma 13-ter dell'articolo 3 del decreto legislativo 81 del 2008 –:
   quali siano le motivazioni per le quali il decreto interministeriale non sia ancora stato emanato e se non intendano procedere urgentemente al fine di semplificare gli adempimenti relativi alla sorveglianza sanitaria, congiuntamente con la valutazione del rischio e la formazione per i lavoratori agricoli a tempo determinato e, in particolare, per quelli stagionali, posto che l'effettuazione della visita medica preventiva ad ogni assunzione appare, a parità di mansione da svolgere, una inutile complicazione burocratica a carico del lavoratore oltre che un significativo onere per il datore di lavoro. (4-10570)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO e BENEDETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 294 del 19 dicembre 2014 è stato pubblicato il decreto del direttore generale della sanità Silvio Borrello «Misure straordinarie di eradicazione ed indennizzo conseguente all'intestazione da Aethina tumida»;
   all'articolo 1, comma 1 il presente provvedimento dispone misure nazionali di eradicazione nei confronti della infestazione da Aethina tumida negli apiari, nelle more della individuazione della prevalenza della infestazione e della disponibilità di misure alternative di contenimento, e al comma 2 riporta che «a seguito della conferma di infestazione da Aethina tumida, in una Regione o Provincia autonoma, si deve provvedere alla distruzione di tutti gli alveari presenti nell'apiario, dei nuclei, delle api regine o di qualsivoglia materiale biologico in grado di veicolare uova, larve o adulti di Aethina tumida»;
   da più parti si muovono critiche riguardo alla procedura di eradicazione prevista, visto che non tiene conto di tutte le conoscenze sulla biologia dell'insetto e della tecnica apistica, e perché presenta una serie di gravi lacune che ne inficiano fin da principio l'efficacia;
   in dettaglio, dalle informazioni raccolte presso gli apicoltori, l'attuale procedura di eradicazione prevede dapprima l'abbattimento delle colonie (la sera prima dell'incenerimento) ed il mattino seguente l'incenerimento;
   salvo alcuni casi, in cui ci risulta essere stata usata dall'anidride solforosa gassosa, l'abbattimento delle colonie consiste nella procedura attraverso la quale si crea una camera di combustione tramite il rovesciamento dei coprifavo e l'introduzione e l'accensione di dischi enologici di zolfo, mentre per «incenerimento» si intende l'accatastamento delle arnie e l'accensione dei roghi;
   la creazione della camera di combustione per «l'abbattimento delle colonie», tramite rovesciamento dei coprifavo, libera gli adulti di Aethina tumida che sono sotto i coprifavo e che l'anidride carbonica prodotta dalle api, spegne quasi sempre, tranne nelle colonie deboli, il disco di zolfo introdotto; a dimostrazione di ciò, nei numerosi video di apicoltori presenti su internet, si vedono chiaramente numerosi insetti uscire dalle arnie durante i roghi;
   l'attuale procedura non tiene assolutamente conto per gli interroganti degli studi sul comportamento dell’Aethina Tumida, che quasi sempre sosta sotto il fondo delle arnie o in prossimità dell'entrata, in attesa del momento più propizio per entrare e lo spostamento delle arnie per accatastarle prima del rogo, diffonde inevitabilmente gli adulti di Aethina presenti al di sotto delle arnie; a questo proposito si vedano le ricerche condotte in Australia: Small Hive Beetle BiologyAustralian GovernmentRural Industries Research and Developement Corporation;
   come hanno evidenziato due esperti del settore, corso della penultima riunione del 2014 dell'unità di crisi per l'emergenza Aethina Tumida presso il Ministero della salute, l'attuale procedura non tiene assolutamente conto degli sciami di api e delle colonie di bombi selvatiche;
   a titolo esemplificativo, si annovera, tra le procedure alternative, quella caratterizzata dalle seguenti fasi: vaporizzazione di un insetticida efficace contro l’Aethina Tumida al di sotto delle arnie ed in prossimità degli ingressi, abbattimento delle colonie con anidride solforosa gassosa senza l'apertura delle arnie previa completa sigillatura, incenerimento sul posto senza alcuno spostamento ed il trattamento del suolo con Permetrina negli apiari dove fossero state presenti delle larve;
   molti ricercatori sono concordi nell'asserire che qualora l’Aethina tumida abbia compiuto almeno un ciclo di riproduzione completo, è infattibile eradicarla, visto che è impossibile controllare completamente l'intero ambiente circostante che ovviamente non è fatto di soli alveari ma anche di colonie di api e bombi selvatiche;
   è opinione diffusa nell'ambito della ricerca e dell'apicoltura professionale, a quanto risulta agli interroganti, che la procedura fin qui applicata dagli organismi istituzionali preposti, sia inefficace, visto che gli unici effetti appurati sono la morte delle api, il danno economico agli apicoltori, la diffusione degli adulti di Aethina tumida e i costi per la collettività a seguito degli indennizzi promessi;
   una procedura di eradicazione, per definizione, deve essere condotta con metodiche che garantiscano il 100 per cento dell'efficacia, di contro, se alcuni insetti sopravvivono agli abbattimenti, non è più possibile parlare di eradicazione –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se valuti ancora efficace la procedura finora posta in essere per l'eradicazione dell’Aethina tumida, il cui utilizzo è stato tra l'altro, recentemente ribadito dall'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie (prorogato fino al 30 novembre 2015);
   se gli elementi descritti in premessa non siano sufficienti, per promuovere un'immediata revisione della strategia fin qui adottata, individuando la disponibilità di misure alternative di contenimento come previsto nell'articolo 1 del decreto del 19 dicembre 2014, dato che l'obiettivo di eradicazione dell’Aethina tumida è lungi dall'essere conseguito;
   se nell'individuazione delle procedure alternative per il contenimento o l'eradicazione del parassita Aethina tumida, il Ministro interrogato intenda consultare e coinvolgere esperti con specifiche competenze scientifiche entomologiche nazionali, europee ed internazionali, nonché gli apicoltori e i loro rappresentanti;
   quali sia l'entità delle risorse economiche straordinarie stanziate, indispensabili per l'attivazione di un piano organico, con obiettivi plausibili, che includa la ricerca di altri metodi di contrasto alla diffusione e di monitoraggio del parassita;
   quale sia l'esito del monitoraggio nei possibili ambienti di riproduzione del parassita, quali ad esempio i depositi di melari e del materiale apistico, i laboratori di estrazione e lavorazione del miele, i nuclei di api e bombi per l'impollinazione delle colture, le colonie di api e bombi selvatiche. (5-06555)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO, NICCHI e FRATOIANNI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dietro la cortina delle polemiche che hanno stravolto e un po’ annebbiato in questi giorni il sistema sanitario, impegnandolo a discutere del decreto sulle prestazioni inappropriate, si nascondeva un ulteriore problema per la sanità italiana;
   si è capito nel pomeriggio del 30 settembre 2015, quando alla Camera il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha spiegato il suo piano per finanziare il settore l'anno prossimo. Il fondo sanitario nazionale sarà di 111 miliardi di euro e non, come atteso e previsto negli accordi con le regioni di oltre 113,4 miliardi;
   dopo due anni consecutivi a 110 miliardi di euro e quindi senza incrementi, per il 2014 e il 2015, arriverà un aumento esiguo, che equivale a meno di un terzo di quanto previsto. La Ministra Lorenzin ha recentemente dichiarato che la spesa sanitaria nel 2016 non dovrà scendere sotto i 112 miliardi di euro;
   di questo si dovrebbero preoccupare le regioni ma anche i medici, il Ministero della salute che, ad avviso degli interroganti, è stato di fatto smentito dal Premier ed ovviamente gli utenti del servizio sanitario;
   nel documento di economia e finanza, sono previsti 113 miliardi di euro e nella legge di stabilità dello scorso anno ne erano previsti 115 per il 2016. Quei 4 miliardi che sono scomparsi sono quelli che determinano condizioni di difficoltà per molti cittadini. Quei cittadini che per fare una TAC devono spendere un ticket di 63 euro e devono fare magari 74 giorni di attesa, mentre nel privato bastano le stesse somme o qualcosa in più per farne cinque;
   nello scorso anno il 10 per cento dei cittadini italiani, secondo l'ISTAT, ha rinunciato a curarsi;
   le previsioni della nota di aggiornamento al DEF, riguardo alla spesa sanitaria, confermano una crescita inferiore a quella del prodotto interno lordo con un calo dal 6,8 per cento del 2015, al 6,7 del 2016 e 2017, al 6,6 per cento per il 2018, fino al 6,5 per cento per l'anno 2019, nel rapporto fra spesa sanitaria e prodotto interno lordo;
   anche il recentissimo rapporto sullo stato sociale 2015, del dipartimento di economia e diritto «Sapienza» dell'Università di Roma, ha confermato come i dati della spesa sanitaria italiana, sia in rapporto al prodotto interno lordo (7 per cento) che pro capite, indichino che si è sotto la media dei rispettivi valori dell'Unione europea a 15 (8,7 per cento); dopo l'Italia ci sono solo Spagna, Grecia e Portogallo. Per raggiungere la media dell'Unione europea, l'Italia dovrebbe dunque aumentare la spesa sanitaria di circa 30 miliardi di euro;
   c’è solo un miliardo in più per la sanità, malgrado il settore segni ogni anno un aumento tendenziale di spesa del 3 o 4 per cento. Bastano un paio di dati per far capire che questi fondi non basteranno e alcune regioni l'anno prossimo finiranno per andare in rosso. Il primo riguarda i farmaci super costosi che stanno arrivando nel sistema (non solo quello dell'epatite C ma anche nuove molecole per cancro, alzheimer, colesterolo alto). Già quelli da soli sono in grado di assorbire una parte dell'aumento. Inoltre ci sono da rinnovare i contratti del settore, ormai fermi da anni –:
   quali siano le risorse che saranno effettivamente stanziate per l'anno 2016 per il servizio sanitario nazionale.
(4-10571)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO e LOMBARDI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 novembre 2014 l'assemblea dei soci del Formez PA ha dato mandato al commissario di predispone un piano finalizzato al rilancio dell'Ente; a distanza di oltre un anno dall'atto deliberativo, nulla è stato fatto sul versante del consolidamento di un istituto che dal 1962 sempre rappresenta un punto di riferimento nelle attività di formazione e riqualificazione del personale pubblico e nell'implementazione di modelli gestionali innovativi e ha accompagnato i grandi processi di riforma della pubblica amministrazione;
   nel frattempo, la legge 7 agosto 2015, n. 124, cosiddetta legge Madia, contiene la delega al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, tra cui il riordino di Formez PA;
   negli ultimi mesi sono stati depositati diversi atti di sindacato ispettivo presso entrambi i rami del Parlamento a cui non è stata fornita alcuna risposta;
   in attesa del completamento del processo di riordino che dovrebbe completarsi nei prossimi mesi con l'emanazione dei decreti delegati, non esistono certezze relative alle prospettive dell'Istituto;
   tutto ciò getta nello sgomento i lavoratori, anche perché occorre considerare che la decisione con cui la gestione commissariale ha deciso di chiudere la sede del Formez di Napoli, con conseguente trasferimento a Roma di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori che in quella sede prestano servizio;
   in questo scenario, come avvenuto anche nel corso delle riunioni più recenti il commissario del Formez continua a disertare il tavolo del confronto;
   le organizzazioni sindacali in tale contesto hanno proclamato lo stato di agitazione di tutto il personale del Formez Pa;
   la più totale indifferenza che il Governo ad avviso degli interroganti dimostra nei confronti del Formez PA risulta poco lungimirante, dal momento che l'interesse dovrebbe essere quello di preservare il ruolo di un ente che potrebbe assicurare alle amministrazioni pubbliche un supporto nei processi di attuazione dei recenti interventi riformistici –:
   quali siano le intenzioni del Governo circa il Formez PA in sede di emanazione dei decreti delegati;
   se il Governo non ritenga comunque doveroso adoperarsi al fine di preservare i livelli occupazionali, nonché le risorse umane, le professionalità e le competenze presenti all'interno del Formez PA.
(4-10573)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), all'articolo 1, commi 344-349, ha introdotto la possibilità per tutti i contribuenti di procedere ad una detrazione dell'imposta lorda, per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico dello stesso contribuente, per tutte le spese relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti;
   le agevolazioni per la riqualificazione energetica sono state da ultimo prorogate dalla legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) nella misura del 65 per cento dell'investimento. Tali agevolazioni termineranno il 31 dicembre 2015, in quanto, la stessa legge di stabilità ha confermato la possibilità di detrarre il 65 per cento per le spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2015, mentre sarà pari al 36 per cento per le spese che saranno effettuate nel 2016;
   le misure di riqualificazione energetica (cosiddetto eco-bonus) rappresentano un significativo impulso per la crescita del prodotto interno lordo del nostro Paese, nonché per il sostegno di importanti settori produttivi, a partire da quello edilizio e per il raggiungimento di più elevati livelli di risparmio energetico;
   il concetto di riqualificazione energetica dell'esistente – correlato a quello di sostenibilità del costruito – è promosso a livello internazionale da politiche che individuano nella necessità di un sostanziale cambiamento nel modo di costruire, di gestire e di manutenere gli edifici esistenti, la chiave di volta, in ambito edilizio, per la salvaguardia dell'ambiente e per la tutela della salute e del benessere dell'uomo;
   in edilizia, il mercato del recupero e del rinnovo ha rappresentato, negli anni della crisi, l'unico sbocco per le imprese del settore: gli incentivi per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica, stimolando gli investimenti, hanno rappresentato una fonte non indifferente di respiro per le imprese del settore e per l'occupazione;
   i più recenti dati di analisi sull'efficienza della riqualificazione energetica elaborati dal CRESME (Centro ricerche economiche, sociali di mercato per l'edilizia e il territorio) mostrano come nel corso degli anni tale agevolazione abbia comportato un impatto positivo sulla crescita economica del Paese nonché della sua efficacia in campo occupazionale, soprattutto nel momento di forte crisi del settore edilizio;
   secondo le stime, il mercato della riqualificazione energetica vale 115,4 miliardi di euro, oltre il 61 per cento dell'intero fatturato di settore, e le detrazioni fiscali per le ristrutturazioni e la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, sommati agli incentivi per le ristrutturazioni edilizie, hanno generato nel 2014 una spesa di 27,5 miliardi di euro, pari a quasi 2 punti di prodotto interno lordo;
   gli investimenti attivati da tali agevolazioni, nel 2014, hanno prodotto ben 283.200 posti di lavoro diretti nel settore dell'edilizia e 424.800 occupati totali. Inoltre, negli anni di maggiore crisi del settore edilizio, dal 2012 al 2014, gli investimenti attivati, pari ad oltre 75 miliardi di euro sono valsi 752.893 occupati diretti e 1.128.889 occupati totali;
   l'importanza di tali agevolazioni è misurata anche dalle stime formulate che evidenziano come in caso di mancata attuazione dell’«eco-bonus» e delle agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie, gli investimenti che si sarebbero persi, senza sgravi IRPEF, sarebbero stati pari a 15,9 miliardi di euro su un totale di 28,4 miliardi, mentre la perdita in termini occupazionali sarebbe ammontata a 158.591 posti di lavoro;
   le agevolazioni per la riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia degli edifici, a distanza di anni dalla loro entrata in vigore, e soprattutto dei dati sopra esposti, mostrano con tutta evidenza che non rappresentano alcun costo per le finanze pubbliche. Al contrario, tutte le stime effettuate dal CRESME hanno evidenziato come l'applicazione dell'eco-bonus e delle agevolazioni abbiano generato un gettito positivo per le casse dello Stato;
   alla luce dei dati riportati, le misure di agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici e di ristrutturazione edilizia rappresentano una operazione «win-win», ossia in grado di generare effetti positivi per tutti i soggetti coinvolti quali Stato, imprese e contribuenti;
   la decisione di prevedere un taglio ad un incentivo di così vitale importanza per un settore che rappresenta il principale driver del ciclo edilizio, nonché motore della ripresa, comporterà inevitabilmente forti ripercussioni su tutte le aziende del nostro Paese;
   solo per fare un esempio, secondo le previsioni Unicmi, nel 2014 il settore del serramento metallico è sceso del 5 per cento rispetto all'anno precedente e per l'anno corrente è realistico ipotizzare che per i costruttori di serramenti il 2015 si chiuderà con una lieve flessione, nell'ordine del 2 per cento – 4 per cento rispetto al 2014;
   i governi di molti Stati europei hanno introdotto incentivi economici per agevolare interventi di riqualificazione energetica che garantiscano tempi di ritorno degli investimenti compatibili con le possibilità di spesa dei proprietari degli immobili e il ciclo di vita delle tecnologie impiegate;
   Francia e Germania nel rispetto delle normative comunitarie hanno intrapreso misure di protezione delle rispettive produzioni nazionali emanando decreti ad hoc, atti a rallentare l'invasione dei produttori «low cost»;
   in Francia è attualmente in vigore un sistema in grado di proteggere le imprese e gli artigiani francesi dalle incursioni di opere e manodopera di bassa qualità, i consumatori e tutti i contribuenti;
   nello specifico, dal 1o luglio 2015 i privati francesi che vogliono effettuare lavori di risparmio energetico, per i quali richiedono agevolazioni fiscali e finanziarie allo Stato, potranno rivolgersi solo ad aziende certificate RGE, acronimo di Reconnu Garant de l'Environment, cioè al Garante riconosciuto dell'ambiente;
   ai sensi della legislazione francese gli aiuti pubblici alle famiglie che intraprendono lavori di risparmio energetico vengono concessi solo rispettando determinate condizioni. Tra queste vi è l'obbligo da parte delle famiglie di fare ricorso solamente a imprese e artigiani certificati RGE, in modo tale che i lavori vengano eseguiti da operatori capaci di agire da consiglieri energetici e di realizzare lavori di rinnovo di qualità che portino a una diminuzione dei consumi di energia. A questo obbligo si somma quello per le imprese e artigiani di sottoporsi a un percorso formativo e burocratico che consiste in un esame dei criteri di qualificazione e in corsi di formazione e controllo in cantiere;
   la normativa francese pretende altresì che le aziende importatrici esibiscano certificazioni di qualità e assicurazioni dedicate, in un percorso stabilito e riconosciuto dallo Stato francese, oltre ad obbligare gli importatori a corrispondere sul suolo francese sia l'IVA che i contributi. Il tutto è stato stabilito come condizione necessaria affinché l'utente finale francese ottenga gli sgravi fiscali esistenti per il risparmio energetico;
   la legge finanziaria francese del 2015 prevede, altresì, un credito di imposta per la transizione energetica del 30 per cento per lavori compresi tra il 1o settembre 2014 e il 31 dicembre 2015. Inoltre, il plafond massimo di spesa ammissibile è di 8.000 euro per persona (16 mila per una coppia e 400 euro per ogni persona a carico) con una detrazione fiscale del 30 per cento suddivisa su cinque anni;
   dall'altro lato, la Germania ha defiscalizzato il lavoro dei propri artigiani, in modo che anche il prodotto nazionale abbia un costo competitivo;
   l'eco-bonus si è rivelato un mezzo idoneo a sostenere la riqualificazione energetica degli edifici esistenti e soprattutto per sostenere le attività imprenditoriali dei settori industriali che producono materiali, impianti e prodotti ad alta efficienza energetica, generando in questo modo occupazione;
   tali incentivi si sono mostrati decisivi per lo sviluppo di nuovi modelli operativi di economia globalizzata al fine di definire un ruolo di rilievo del nostro Paese nell'affermazione della filiera edilizia sui mercati esteri –:
   quali siano le intenzioni del Governo in merito alle agevolazioni per la riqualificazione energetica e se intenda assumere iniziative per dare stabilità, a decorrere dall'anno 2016, alla disposizione della detraibilità del 65 per cento richiamata in premessa;
   quali iniziative si intendano intraprendere a tutela delle imprese e degli artigiani dell'edilizia nazionale, e nello specifico, se i Ministri interpellati intendano valutare la possibilità di adottare un sistema simile a quello previsto attualmente in Francia, in merito alla certificazione delle aziende riconosciute, in grado di rispondere alle predette esigenze di tutela.
(2-01099) «De Girolamo, Brunetta».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, all'articolo 6, comma 10, ha istituito un credito d'imposta fino al 2016 per le piccole e medie imprese o consorzi e reti di piccole e medie imprese, per l'attivazione di servizi di connettività digitale nell'ambito di un apposito programma operativo nazionale relativo alla programmazione dei fondi strutturali comunitari 2014-2020 e collegato alla pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal fondo sviluppo e coesione 2014-2020 e dal fondo di rotazione;
   si tratta di un credito d'imposta che prevede il recupero del 65 per cento delle spese documentate e sostenute fino al 2016 da piccole e medie imprese, ovvero da consorzi e da reti di piccole e medie imprese, per gli interventi di rete fissa e mobile che consentano l'attivazione dei servizi di connettività digitale con capacità uguale o superiore a 30 mbps, fino ad una spesa massima di 20.000 euro, nella misura massima complessiva stanziata dal Governo di 50 milioni di euro, finanziato con il PON 2014-2020;
   per rendere operativo tale credito d'imposta è necessario, però, un decreto attuativo del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, volto a stabilire le modalità per usufruire del credito d'imposta e per consentire il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate, che ancora non è stato emanato, poiché bisognava attendere l'approvazione del PON 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari e del fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire alla ragioneria generale dello Stato di verificare l'effettiva disponibilità delle risorse stesse;
   ad agosto la Commissione europea ha finalmente dato il via libera al programma presentato dall'Italia ed è ragionevole immaginare che tali risorse siano ora disponibili per dare definitivamente attuazione agli incentivi fiscali previsti per le imprese dal decreto «destinazione Italia»;
   nella fase di perdurante crisi economica è indispensabile sostenere le piccole e medie imprese attraverso misure che ne favoriscano lo sviluppo in modo da garantire la competitività nel mercato nazionale ed internazionale e le agevolazioni previste nel decreto-legge «destinazione Italia» vanno certamente in questa direzione sarebbe pertanto auspicabile anche la proroga delle stesse visto il ritardo con cui tali incentivi sa anno realmente operativi per le imprese –:
   se sia possibile dare ora rapidamente attuazione all'articolo 6, comma 10, del decreto-legge n. 145 del 2013 e se sia possibile prorogare tali incentivi che scadranno nel 2016, ma che ancora non sono partiti, nella prossima iniziativa normativa utile, al fine di favorire la competitività delle piccole e medie imprese. (5-06547)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi n. 4-10341, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 14 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sibilia, Del Grosso, Di Benedetto, Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Bonafede, Sarti, Lorefice, Silvia Giordano, Mantero, D'Ambrosio, Nesci.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi n. 4-10402, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 17 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Sibilia, Nicola Bianchi, Del Grosso, Spessotto, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Battelli, Carinelli, Nesci.

  L'interrogazione a risposta scritta Miotto e altri n. 4-10551, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Iacono, Villecco Calipari.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-06536, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Cristian Iannuzzi.

  L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Benamati e altri n. 5-06542, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 30 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Montroni, Senaldi, Cani, Martella, Arlotti, Camani.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Colonnese n. 4-10444, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 487 del 22 settembre 2015.

   COLONNESE, PAOLO BERNINI, SIBILIA, MICILLO, TOFALO, SILVIA GIORDANO, FICO, LUIGI DI MAIO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il contratto tra la società partecipata Mostra d'Oltremare e la società «Lo zoo di Napoli s.r.l.» presieduta dall'imprenditore Francesco Floro Flores, riguardante la gestione dell'area in cui insiste lo zoo di Napoli, è scaturito da una trattativa privata e non da un bando ad evidenza pubblica. La struttura dello zoo è inserita in un areale di 80.000 metri quadri dall'inestimabile valore naturalistico (anche per la presenza di essenze arboree pregiate) la cui gestione è stata affidata per 30 anni alla società «Zoo di Napoli s.r.l» ad un canone agevolato: la cifra da corrispondere è di 83 euro al mese per i primi 5 anni, per poi aumentare a soli 2.500 euro al mese per i successivi cinque anni, e successivamente a 5.000 euro al mese per altri 5 anni e infine 8.333 euro al mese a termine della naturale scadenza del contratto, prevista per il 1o ottobre 2028;
   la gestione dello Zoo di Napoli è stata affidata all'imprenditore Floro Flores con l'impegno di realizzare miglioramenti strutturali nello zoo per un valore di 6.000.000 di euro. Il contratto però non prevede vincoli ed obblighi specifici ed il cronoprogramma dei lavori risulta, ad avviso degli interroganti, generico e privo di fondamentali dettagli tecnici nonché del necessario e indispensabile capitolato dei lavori dal quale dovrebbe essere possibile dedurre le voci dei materiali da impiegare e le relative metrature e cubature e, soprattutto, come si intenderebbero ricostruire le recinzioni, i percorsi, le nuove gabbie, i ricoveri e tutte le attrezzature previste, per cui sarà impossibile il monitoraggio sulla loro realizzazione e soprattutto entro quali termini;
   è noto che nell'area su cui insiste lo zoo vi siano rilevanti vincoli architettonico-paesaggistici che impedirebbero comunque lo sviluppo e la realizzazione di più idonee strutture di detenzione per gli animali in grado di soddisfare, oltre ai minimi criteri di gestione per il benessere degli stessi, anche la normativa relativa alla tutela della salute, la sicurezza e l'incolumità pubblica ai sensi della normativa vigente;
   vi è altresì da evidenziare che, per quanto sia possibile aumentare gli spazi a disposizione degli animali detenuti negli zoo, favorire e migliorare l'arricchimento ambientale per ridurre lo stress dovuto alla captivazione stessa, secondo numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e altri pareri anche di noti veterinari e zooantropologi italiani la condizione degli animali negli zoo quanto nei bioparchi è da considerarsi comunque innaturale e non può in alcun modo esplicare un ruolo didattico/educativo in quanto la mera condizione di deprivazione degli spazi e dei gruppi sociali naturali determina condizioni di sofferenza, disagio degli animali e conseguente maltrattamento;
   dalla sezione «didattica» del sito http://www.lozoodinapoli.it si evince quanto la finalità educativa della struttura storica partenopea sia preponderante: lo Zoo di Napoli ha definito la propria missione educativa, un ossimoro evidentissimo in considerazione delle sue attuali ed intrinseche condizioni reali di detenzione degli animali e dell'assenza degli standard minimi richiesti dalla normativa vigente;
   secondo vesuviolive.it, la situazione di degrado del parco a scapito degli animali reclusi, (http://www.vesuviolive.it) è rimasta invariata anche dopo l'arrivo della nuova gestione. Gli interroganti apprendono dall'articolo che la maggior parte di ambienti e gabbie risulta invariata e identica a trent'anni fa, con l'aggiunta di ruggine e altri segni di deterioramento. Gli spazi in cui vivono molte specie sono troppo piccoli e sicuramente inadeguati tanto da presumere diverse violazioni delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 73 del 2005. In generale, secondo quanto riportato da vesuviolive sembrerebbe evidente la persistente carenza di tutela del benessere degli animali, nonché l'inadeguatezza di gabbie e recinzioni, alcune di queste sporche e in pessimo stato e che per questo possono costituire un pericolo e causa di danni fisici agli animali; si registrerebbe la mancanza di arricchimenti ambientali per i felini, le tartarughe;
   ove tali circostanze trovassero conferma, ciò denoterebbe non solo una gestione non condivisibile ad avviso degli interroganti, ma anche gravi violazioni al decreto legislativo n. 673 del 2005 –:
   se intendano verificare, per quanto di competenza, la legittimità della struttura e il rispetto delle normative vigenti sia per quanto concerne la detenzione delle specie animali in termini di benessere e di rispetto dei singoli precetti presenti nel decreto legislativo n. 73 del 2005, sia per quanto attiene alla tutela della sicurezza, salute e incolumità pubblica;
   se intendano verificare che l'opera di valorizzazione dello zoo rispetti i vincoli di tutela che gravano sulla struttura e la rilevanza del patrimonio botanico. (4-10444)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in Commissione Alfreider n. 5-06544 del 30 settembre 2015.