Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 25 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la comunicazione della Commis-sione europea del 17 giugno 2009 - COM(2009) 279 - «Un futuro sostenibile per i trasporti: verso un sistema integrato, basato sulla tecnologia e di agevole uso» nell'introduzione, al punto 2, afferma, tra l'altro, che «... Vista la complessità della situazione, gli interventi nel settore dei trasporti devono essere basati su una visione a lungo termine per la mobilità sostenibile delle persone e delle merci, non da ultimo perché le politiche a carattere strutturale richiedono tempi lunghi di attuazione e devono essere programmate con ampio anticipo»; al punto 43 afferma, tra l'altro, che «Le persone a mobilità ridotta dovrebbero disporre di soluzioni di trasporto confortevoli. La costruzione, la manutenzione e la ristrutturazione delle infrastrutture devono basarsi sul principio dell'accessibilità per tutti. Un ambiente urbano più sicuro può incentivare la scelta di utilizzare i trasporti pubblici, prendere la bicicletta o andare a piedi, una tendenza che non solo ridurrebbe la congestione e le emissioni inquinanti ma che avrebbe anche risvolti positivi sulla salute e sul benessere dei cittadini». Al punto 76 si afferma che: «La scienza e l'industria stanno già ricercando attivamente soluzioni in settori quali la sicurezza dei trasporti, la dipendenza dai carburanti, le emissioni dei veicoli e la congestione della rete. Viste le tendenze delineate per quanto riguarda la crescita della popolazione e del parco automobili su scala mondiale, è assolutamente necessario favorire una migrazione tecnologica verso veicoli a basse emissioni e a emissioni zero e sviluppare soluzioni alternative per i trasporti sostenibili. L'Europa deve spianare la strada alla mobilità sostenibile fornendo, ove possibile, soluzioni che siano applicabili su scala globale e possano essere esportate in altre regioni del mondo»;
    gli obbiettivi politici della suddetta comunicazione per il trasporto sostenibile mettono in evidenza che la politica europea dei trasporti mira a creare un sistema sostenibile di trasporto che soddisfi le esigenze economiche, sociali e ambientali della società, e contribuisca ad un'Europa pienamente integrata e competitiva. Questo traguardo può essere suddiviso nei seguenti obiettivi politici:
     trasporto sicuro e di qualità;
     una rete pienamente integrata e sottoposta ad adeguata manutenzione;
     un sistema di trasporto più sostenibile dal punto di vista ambientale;
     il mantenimento dell'Europa in prima linea in fatto di servizi e tecnologie di trasporto;
     la protezione dei lavoratori dei trasporti e dei loro diritti, sviluppando contemporaneamente il capitale umano per migliorare l'efficienza e la competitività dell'economia europea;
     segnali di prezzo migliori per incrementare l'efficienza economica mediante incentivi economici, ad esempio, per l'uso di una strada a nelle ore non di punta o per l'uso di mezzi di trasporto più rispettosi dell'ambiente;
     una migliore accessibilità;
    tra le politiche per un sistema sostenibile la Commissione suggerisce come utilizzare al meglio i seguenti strumenti politici per rispondere alla sfida della sostenibilità:
     infrastrutture;
     finanziamenti;
     tecnologia;
     il quadro normativo;
     educare, informare e coinvolgere;
     governance: azione efficace e coordinata;
     la dimensione esterna;
    nella comunicazione «Europa 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva», la Commissione ha posto l'attenzione sul valore della coesione sociale, di un'economia più verde, dell'istruzione e dell'innovazione, sottolineandone l'importanza per l'Europa. Questi obiettivi devono essere integrati nei vari elementi della politica europea dei trasporti, che deve essere diretta a garantire una mobilità sostenibile per tutti i cittadini, «decarbonizzare» i trasporti e sfruttare tutte le potenzialità offerte dai progressi tecnologici. La sicurezza stradale avrà grande risalto nell'imminente libro bianco sulla politica dei trasporti per il periodo 2010-2020, giacché per migliorare l'efficienza complessiva del sistema dei trasporti e rispondere alle necessità e alle aspettative dei cittadini e delle aziende è essenziale ridurre il numero di morti e feriti tra gli utenti della strada;
    il libro bianco rivisitato il 28 marzo 2011 – COM(2011) 144 – Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti – Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile» si mette in evidenza che «Nelle città il passaggio a modalità di trasporto meno inquinanti è facilitato dalla minore varietà di veicoli necessari e dall'elevata densità della popolazione. Vi è una più ampia disponibilità di alternative di trasporto pubblico come pure la possibilità di spostarsi a piedi o in bicicletta. Le città patiscono maggiormente i problemi di congestione, scarsa qualità dell'aria ed esposizione all'inquinamento acustico. Il trasporto urbano è responsabile di circa un quarto delle emissioni di CO2 del settore dei trasporti e il 69 per cento degli incidenti stradali avviene nelle città. La graduale eliminazione dall'ambiente urbano dei veicoli «alimentati con carburanti convenzionali» è uno dei fattori che possono maggiormente contribuire alla riduzione della dipendenza dal petrolio, delle emissioni di gas serra e dell'inquinamento atmosferico e acustico. Ciò dovrà essere integrato dallo sviluppo di adeguate infrastrutture per la ricarica/rifornimento dei nuovi veicoli»; al paragrafo 31 si afferma che «Un aumento degli spostamenti con i mezzi di trasporto collettivi, combinato con un minimo di obblighi di servizio, permetterà di aumentare la densità e la frequenza del servizio, generando così un circolo virtuoso per i modi di trasporto pubblici. I volumi di traffico potranno essere ridotti anche grazie alla gestione della domanda e alla pianificazione territoriale. Le misure per facilitare gli spostamenti a piedi e in bicicletta devono diventare parte integrante della progettazione infrastrutturale e della mobilità urbana». Nell'Allegato I – elenco di iniziative – il primo punto si riferisce ad «un sistema di mobilità efficiente ed integrato che promuove una innovazione per il futuro su tecnologia e comportamenti tra cui «Promuovere comportamenti più ecologici. Informazioni di viaggio» e quindi si fa riferimento all'esigenza di «sensibilizzare l'opinione pubblica sulla disponibilità di alternative alle tipologie di trasporto individuali convenzionali (utilizzare meno l'automobile, andare a piedi e in bicicletta, usare i servizi di auto condivisa e di park & drive, i biglietti intelligenti, eccetera)»;
    nella comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni del 20 luglio 2010 - COM(2010) 389 - «Verso uno spazio europeo della sicurezza stradale: orientamenti 2011-2020 per la sicurezza stradale», al paragrafo 3, tra i principi, si indica di «Favorire l'adozione dei più severi standard di sicurezza stradale in tutta Europa. La politica per la sicurezza stradale deve porre i cittadini al centro della sua azione, inducendoli a farsi carico della sicurezza propria e altrui. La politica per la sicurezza stradale dell'UE si prefigge di aumentare il livello della sicurezza stradale e garantire una mobilità sicura e rispettosa dell'ambiente per i cittadini di tutta Europa; essa dovrà favorire l'equità tra gli utenti della strada attraverso azioni mirate finalizzate al miglioramento della sicurezza degli utenti più vulnerabili;
    la risoluzione del Parlamento europeo del 27 settembre 2011 sulla sicurezza stradale in Europa 2011-2020, al punto 3, «invita la Commissione a migliorare le condizioni quadro per trasporti più sicuri e rispettosi dell'ambiente, come gli spostamenti a piedi, in bicicletta, in autobus o in treno, in modo tale da promuoverne l'utilizzo»; nei «Campi d'intervento - Migliorare la preparazione e il comportamento degli utenti della strada», al punto 28 si «ritiene che l'educazione stradale e i programmi di formazione degli utenti della strada dovrebbero iniziare già dalla più tenera età in famiglia e a scuola e dovrebbero comprendere il trasporto in bicicletta, a piedi e con i mezzi pubblici. Inoltre al fine di «Proteggere gli utenti più deboli della strada», al punto 100, si «invita la Commissione e gli Stati membri a promuovere gli spostamenti in bicicletta e a piedi come modalità di trasporto a pieno titolo e come parte integrante di tutti i sistemi di trasporto»;
    la delibera del CIPE del febbraio 2001, n. 1, sul «Piano generale dei trasporti e della logistica» impegnava il Ministero dei trasporti:
     «A. a sviluppare e a sottoporre a questo Comitato un apposito studio sulla fattibilità di una rete di percorribilità ciclistica nazionale, finalizzata principalmente all'incentivazione di forme di turismo sostenibile, con particolare riguardo alle zone ad elevata naturalità, definendone le relazioni con le altre reti e servizi di trasporto, le modalità di integrazione, i costi e le modalità di gestione;
     B. costituire un Gruppo di Lavoro nazionale sulla Mobilità Ciclistica»;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a seguito della sopracitata delibera del CIPE con convenzione ad AICC ha prodotto il primo studio di fattibilità a cura di FIAB nel settembre 2002. Tuttavia non vi è ancora stato un lavoro per implementare la rete ciclabile nazionale;
    il documento pubblicato dall'ECF (European Cyclists’ Federation) a fine 2014 riporta una stima dei fondi che saranno destinati dall'Unione europea alla ciclabilità per gli anni 2014-2020. Nel quinquennio 2007-2013 i Paesi che hanno recepito la stragrande maggioranza dei 600 milioni di euro messi a disposizione dai fondi dell'Unione europea sono gli stessi che hanno investito di più in questo settore tra cui si trovano l'Ungheria, la Polonia, la Repubblica Ceca e la Germania, che hanno finanziato con oltre 100 milioni di euro ciascuno in progetti per la ciclabilità;
    le stime ufficializzate dall'ECF per il 2014-2020 si attestano intorno a 1,3 miliardi di euro di fondi «espliciti» – destinati alla realizzazione di piste ed infrastrutture ciclabili e al settore bici e accessori – da sbloccare, a cui si aggiungerebbero circa 700 milioni tra «impliciti» – che comprendono interventi più generali in favore di forme di mobilità sostenibile e alternativa a quella motorizzata – e «indiretti» – che includono quelli derivati dalla costruzione di strade e da progetti turistici – per un totale di 2 miliardi di euro. Il 90 per cento di questi finanziamenti dovrebbe confluire nelle casse dei singoli Stati per finanziare progetti regionali e nazionali, mentre il restante 10 per cento sarà destinato a programmi «European-level» (come Eurovelo), a programmi transnazionali e ai cosiddetti piani di cooperazione transfrontaliera;
    secondo l’European Cyclists’ Federation (ECF), un contributo utile alla lotta ai cambiamenti climatici si avrebbe se, a seguito di adeguate politiche locali a favore della mobilità ciclistica, entro il 2020 la media europea di spostamenti in bici passasse dall'attuale 4 per cento al 15 per cento e se gli incidenti mortali ai danni dei ciclisti si riducessero del 50 per cento. Per questo motivo l'ECF ha sollecitato i sindaci delle città europee a sottoscrivere un documento di impegni in tal senso denominato «Carta di Bruxelles»;
    è di importanza fondamentale attuare una seria pianificazione della mobilità sostenibile in Italia anche al fine di poter usufruire pienamente dei finanziamenti dell'Unione europea;
    nell'ottobre 2012 si sono tenuti a Reggio Emilia gli «Stati Generali della bicicletta e della mobilità nuova», promossi da Anci, #salvaiciclisti, Fiab e Legambiente, con la partecipazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare attraverso suoi funzionari, in cui, prendendo spunto dai dati in possesso e dall'analisi e dal confronto di «gruppi di lavoro», si è prodotto un «Manifesto», sottoscritto da cittadini e amministratori. Tra i dati presi in considerazione vale la pena ricordare che l'Italia è il Paese europeo con la più alta densità di automobili circa 36 milioni di auto, il 17 per cento dell'intero parco circolante in Europa, a fronte di una popolazione pari al 7 per cento di quella dell'intero continente. Ciò significa che per ogni 100 abitanti in media in Italia ci sono  65 automobili. La differenza tra Italia ed Europa si nota anche nelle grandi città: ad Amsterdam e Parigi il rapporto è di 25 auto su 100 abitanti, mentre a Roma è 70 e a Torino 62 su 100. Il traffico veicolare assorbe l'1 per cento del prodotto interno lordo in inefficienza e il 2 per cento se ne va per i costi dell'incidentalità. Gli scontri stradali mietono, ogni giorno, vittime e feriti. Il rapporto tra trasporto pubblico e trasporto privato a Roma è 28 a 72, a Londra è 50,1 contro 49,9, a Parigi 63,6 contro 36,4, a Berlino 66 contro 34, a Barcellona 67 contro 32. Le spese legate al possesso di un'automobile sono circa un terzo del reddito medio famigliare, dato in crescita in presenza di un abbassamento costante e progressivo del potere d'acquisto. Parallelamente si registra un costante aumento dei cittadini che si spostano in bicicletta e che chiedono maggior sicurezza. La bicicletta è una delle chiavi di volta di una mobilità urbana diversa, innovativa e smart ed è in relazione e alleata con le altre modalità di spostamento «non motorizzate». Per raggiungere gli obiettivi prefissati occorre il concorso di tutti gli attori interessati. È possibile identificare a tal proposito:
     una cabina di regia nazionale, incardinata dove si formano le politiche, ma anche di coordinamento traversale tra i Ministeri competenti in materia;
     regioni, con fondi e leggi dedicati, in particolare per progettazione urbanistica;
     comuni – ufficio mobilità ciclistica, bike plan, partecipazione, obiettivi e monitoraggio;
     comunità (imprese, associazioni, movimenti, cittadini e altri), come protagonisti del cambiamento;
    gli Stati generali sopra menzionati hanno prodotto un libro di impegni per le amministrazioni di ogni livello, nazionale, regionale e locale promuovendo misure a breve periodo/costo zero, a medio periodo/costo lieve e a lungo periodo/costo più alto, approntando delle proposte per una revisione della normativa. L'insieme organico dei contributi e delle proposte emersi dai lavori degli Stati generali viene quindi raccolto in tre documenti che intendono essere la richiesta di un preciso impegno per interventi suddivisibili in:
     misure per amministratori locali a breve periodo/costo zero;
     misure per amministratori locali a medio periodo/costo lieve;
     misure per iniziative legislative e di governo a medio periodo/costo più alto,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per istituire il «Servizio nazionale per la mobilità ciclistica» avente tra gli altri i seguenti compiti:
    a) la competenza istruttoria di tutti i provvedimenti in materia di sostegno alla mobilità ciclistica;
    b) la predisposizione del piano generale della mobilità ciclistica a valenza almeno quinquennale, nel quale vengano definiti gli obiettivi di sviluppo dell'uso della bicicletta, per la mobilità quotidiana, per il turismo e per lo sport;
    c) la rilevazione e il monitoraggio, attraverso l'apporto delle regioni e delle province, dell'estensione delle reti urbane ed extraurbane di itinerari e piste ciclabili (censimento della ciclabilità);
    d) la predisposizione della «rete nazionale di percorribilità ciclistica» – prevista dalla delibera del CIPE del febbraio 2001 – a partire dalla proposta di rete di Bicitalia istituendo reti di rango nazionale e territoriale e facendo sì che per ogni Rete istituita vi sia un tavolo/ufficio/cabina di regia a partecipazione paritetica tra forze economiche del turismo, organi dello Stato e rappresentanti degli enti locali e delle associazioni ambientali che abbia come obbiettivo primario di fissare standard tecnici, la definizione di ciclovie e la definizione di gerarchie delle reti di segnaletica e cartografia;
    e) la promozione di politiche che incrementino l'uso modale della bicicletta con l'obiettivo di target 20-20-20 della mobilità (intesi come percentuali di ripartizione modale, tra bici, pedoni, trasporto pubblico urbano) come obiettivo medio nazionale e come obiettivo minimo locale, ma per il quale le singole città vadano anche oltre;
    f) la definizione di standard e di linee guida in materia di ciclabilità e di moderazione del traffico;
    g) lo studio analitico degli incidenti che coinvolgono i ciclisti per individuare gli interventi necessari ad accrescere la sicurezza stradale;
    h) l'individuazione delle forme di incentivazione e defiscalizzazione per sviluppare l'uso della bicicletta;
    i) il raccordo fra i Ministeri competenti per coordinare tutte le diverse attività connesse alla mobilità ciclistica;
    l) l'individuazione di standard per la realizzazione e la gestione dei servizi di bike sharing, per agevolarne la diffusione in tutte le aree metropolitane;
    m) l'organizzazione di eventi nazionali, azioni pubblicitarie e di «marketing territoriale» per la promozione della bicicletta;
   ad assumere iniziative per effettuare una revisione organica del codice della strada e delle norme tecniche per tenere conto delle specifiche esigenze della mobilità ciclistica e per dare effettiva attuazione al principio programmatico contenuto nell'articolo 1 del codice della strada stesso, nel rispetto dei seguenti obiettivi:
    a) ispirare le norme e i provvedimenti attuativi al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi di una razionale gestione della mobilità, della protezione dell'ambiente e del risparmio energetico;
    b) finalizzare la rivisitazione del codice della strada allo snellimento burocratico e all'armonizzazione per quanto concerne la mobilità ciclistica e pedonale e la moderazione del traffico;
    c) prevedere il coinvolgimento delle associazioni dell'utenza debole nella sua ridefinizione;
    d) sancire esplicitamente i principi di mobilità sostenibile ribadendo il principio di rispetto delle regole al fine di salvaguardare salute e sicurezza di tutti gli utenti della strada e di tutelare dagli incidenti stradali anche l'utenza debole attribuendo l'onere della prova al soggetto meno vulnerabile;
    e) intervenire, tra l'altro, sul «doppio senso di circolazione» per le biciclette, sull'obbligatorietà d'uso delle piste ciclabili e sull'uso delle corsie stradali da parte del ciclista;
   ad assumere iniziative per aggiornare la legge n. 366 del 1998 sulla mobilità ciclistica rendendo efficace e incisiva l'azione benefica anche mediante lo stanziamento continuativo, a partire dalla legge di stabilità, delle risorse economiche necessarie, prevedendo fra l'altro:
    a) un vincolo di destinazione per la bicicletta di percentuali significative sugli stanziamenti previsti per la realizzazione di opere pubbliche stradali e di trasporto; gettiti di lotterie; trasferimento di quote degli introiti derivanti a vario titolo dalla motorizzazione;
    b) normative a tutela dei sedimi di viabilità e ferrovie minori nonché di argini e alzaie della rete idrica quali demanio per la mobilità ciclo-pedonale nazionale e locale;
    c) normative d'indirizzo per le regole tecniche più attente alla sicurezza;
    d) normative per la tutela assicurativa nazionale contro gli infortuni dei cittadini che utilizzano la bicicletta quale veicolo di spostamento quotidiano;
    e) regimi fiscali agevolati per le opere e i servizi alla mobilità sostenibile, tra cui: parcheggi bici-trasporto pubblico locale, parcheggi bici nei luoghi pubblici e privati di aggregazione (ospedali, centri commerciali, cinema), stalli frequenti e diffusi, parcheggio negli spazi condominiali, ciclofficine e luoghi (bike squares) di aggregazione, ciclabilità diffusa (corsie, preferenziazioni, reti ciclabili come valorizzazione del paesaggio), bikesharing, servizi bici cargo per le merci, intermodalità, infomobilità (orientate alle bici);
   ad assumere iniziative per equiparare la bicicletta al trasporto pubblico nell'infortunio in itinere, facendo sì che lo spostamento in bici casa-lavoro sia riconosciuto dall'INAIL alla pari del trasporto pubblico nell'infortunio in itinere;
   a promuovere le seguenti iniziative sulla sicurezza stradale:
    a) redigere, attuare e verificare i piani della sicurezza stradale urbani secondo la normativa europea sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali estendendone l'applicazione alla rete nazionale ed agli ambiti urbani e analizzando anche le infrastrutture esistenti con tecniche di analisi di rischio;
    b) modificare ed integrare l'attuale sistema di raccolta ed elaborazione dei dati sull'incidentalità al fine di renderli pienamente utilizzabili, significativi ed immediatamente disponibili alle amministrazioni per le analisi relative agli eventi che in particolare coinvolgono gli utenti deboli;
    c) introdurre un organismo che verifichi il rispetto degli obiettivi pianificati in tema di sicurezza stradale, svolga attività di vigilanza e controllo, ed eroghi sanzioni per violazione delle norme nazionali in materia;
   ad assumere iniziative per aggiornare il piano nazionale trasporti, rivedendo le politiche dei trasporti merci e passeggeri introducendo tra i criteri di pianificazione la sicurezza dei cittadini e la composizione modale prefissata e rendendo sistematico il rilevamento della composizione modale del traffico al fine di avere i dati per poter aggiornare le politiche stesse;
   ad adottare iniziative per redigere un piano per la sostenibilità del trasporto pubblico locale al fine di:
    a) introdurre tra le reti strategiche nazionali le reti di trasporto pubblico locale;
    b) analizzare i fabbisogni e verificare l'adeguatezza dell'offerta;
    c) individuare gli strumenti di sostenibilità economica, analizzando i costi diretti e indiretti dell'attuale sistema di trasporto privato;
    d) orientare gli investimenti pubblici statali e regionali dando assoluta priorità alle infrastrutture su scala urbana e metropolitana, al trasporto collettivo e pendolare, alla ciclabilità e alla pedonalità;
    e) verificare e potenziare l'intermodalità dei trasporti, con particolare riferimento al trasporto biciclette (bici-treno, bici-bus, bici-metro);
   a varare politiche mirate alla riduzione del parco auto circolante a vantaggio di pedoni, ciclisti e trasporto pubblico al fine di:
    a) allineare nel breve periodo la media italiana della densità automobilistica almeno alla media europea utilizzando anche la leva degli incentivi e dei disincentivi;
    b) diffondere all'interno delle aree urbane il meccanismo del road pricing e del ticket pricing, e quindi il pagamento per l'accesso alle aree più congestionate delle città e la modulazione delle tariffazioni della sosta finalizzata a disincentivare il traffico privato, fissando un costo tale da scoraggiare gli spostamenti sistematici, e facendo sì che le tariffe della sosta, crescano in maniera progressiva alla crescita del livello di congestione e alla tipologia di veicolo utilizzato (più spazio si occupa, più si paga);
   a promuovere e valorizzare il turismo sostenibile al fine di:
    a) evitare che il turista danneggi l'ambiente con l'utilizzo del mezzo di trasporto;
    b) pianificare ed attuare una politica per lo sviluppo del turismo in bicicletta;
    c) censire, sostenere e promuovere le strutture per il turismo ciclistico (reti, alloggi, ristori, servizi assistenza, tour operator, segnaletica, pubblicazioni, e altro);
   a promuovere azioni di contrasto al furto di biciclette, anche prevedendo le seguenti misure:
    a) istituire un registro pubblico dove registrare gratuitamente e volontariamente la propria bici;
    b) istituire un sito web dove poter segnalare la scomparsa e il ritrovamento delle biciclette;
    c) inasprire le pene per coloro che commettono il furto di biciclette;
    d) modificare il modello di denuncia di furto prevedendo che venga evidenziato qualora si tratti di una bicicletta;
    e) promuovere il monitoraggio del fenomeno attraverso il coinvolgimento delle istituzioni locali coinvolte nel presidio del territorio, come questure e prefetture;
   a promuovere la mobilità pedonale, in collegamento e in parallelo alla mobilità ciclistica, con le seguenti iniziative:
    a) introdurre e sistematizzare una segnaletica di spostamento in ambiente extraurbano ed una segnaletica turistica che valorizzi i centri storici;
    b) sviluppare una campagna nazionale per il rispetto degli attraversamenti pedonali;
    c) censire e verificare la messa in sicurezza degli spostamenti pedonali;
    d) redigere un efficiente piano della mobilità pedonale.
(1-01000) «De Lorenzis, Nicola Bianchi, Dell'Orco, Liuzzi, Spessotto, Daga, Terzoni, Zolezzi, De Rosa, Mannino, Villarosa, Brescia, Scagliusi, Manlio Di Stefano, Sibilia, Lombardi, Nesci, Dadone, Toninelli, D'Ambrosio, Cozzolino, Parentela, Benedetti, Pisano, Ciprini, Fraccaro, Colletti, Agostinelli, Bonafede, Brugnerotto, Paolo Bernini, Luigi Gallo, Sarti, Dall'Osso, Ruocco, Micillo, Tofalo, Gagnarli, Castelli, Gallinella, Da Villa, Fantinati, Vallascas, Cancelleri, Lorefice, Businarolo, Nuti, Del Grosso, Corda, Basilio, Cecconi, D'Uva, Simone Valente, Caso, Colonnese, Sorial, Grillo, Silvia Giordano, Chimienti, Pesco, Lupo, Baroni, Alberti, Petraroli, Ferraresi, L'Abbate».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    l'articolo 2, comma 138, del decreto legge 6 ottobre 2006, n. 262 istituisce l'ANVUR con il fine di razionalizzare il sistemati di valutazione qualitativa delle attività universitarie e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell'efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
    l'ANVUR ha personalità giuridica di diritto pubblico ed ha le seguenti attribuzioni:
     a) valutazione esterna della qualità delle attività universitarie e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
     b) indirizzo, coordinamento e vigilanza delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;
     c) valutazione dell'efficienza e dell'efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
    in particolare, l'ANVUR:
     ha il compito di calcolare e pubblicare le mediane ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari;
     ha il compito di valutare i professori ordinari che si candidano come commissari, e di individuare un numero sufficiente di commissari stranieri, tra i quali estrarre il quinto membro delle commissioni dei commissari;
     ha il compito di fissare metodologie, criteri, parametri e indicatori per l'accreditamento e per la valutazione periodica;
     esegue la verifica e il monitoraggio dei parametri e degli indicatori di accreditamento e valutazione periodica, anche ai fini della ripartizione della quota premiale delle risorse annualmente assegnate alle università;
     ha un ruolo fondamentale nella valutazione della qualità della ricerca in quanto individua i gruppi di esperti valutatori delle 14 aree disciplinari e, di fatto, contribuisce alla definizione dei criteri di base della valutazione della ricerca;
     svolge le funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione degli atenei;
    la struttura ed il funzionamento dell'ANVUR sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76;
    il consiglio direttivo, organo dell'ANVUR, è composto da 7 membri: determina le attività e gli indirizzi della gestione dell'Agenzia, nonché criteri e metodi di valutazione; predispone il programma delle attività, approva il bilancio preventivo, il conto consuntivo e i rapporti di valutazione; nomina il direttore su proposta del presidente e provvede in ordine al conferimento degli incarichi;
    ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, sono nominati, con decreto del Presidente della Repubblica, i componenti del consiglio direttivo, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentite le competenti Commissioni parlamentari. Nel Consiglio direttivo devono comunque essere presenti almeno due uomini e due donne. Ai fini della proposta, il Ministro sceglie i componenti da un elenco, composto da non meno di dieci e non più di quindici persone, definito da un comitato di selezione appositamente costituito con decreto del Ministro;
    il comitato di selezione è composto da cinque membri di alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal segretario generale dell'OCSE e dai presidenti dell'Accademia dei lincei, dell’European research council e del Consiglio nazionale degli studenti. Il comitato di selezione valuta anche le indicazioni di nominativi, con relativi curricula, forniti, sulla base di bandi ad evidenza pubblica in Italia e all'estero, dagli interessati, da istituzioni, accademie, società scientifiche, da esperti, nonché da istituzioni ed organizzazioni degli studenti e delle parti sociali;
    con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 3 aprile 2015 n. 205 sono stati nominati membri del Comitato di selezione incaricato di predisporre l'elenco dei candidati per la nomina dei 4 componenti del consiglio direttivo dell'Anvur decaduti, il prof. Roberto Antonelli, il prof. Claudio Bordignon, il prof. Giuseppe Caputo, il dott. Pietro Cipollone (designato dal MIUR), il dott. Dirk Van Damme;
    a partire dal 30 giugno 2015 il dott. Van Damme è stato sostituito dalla dott.ssa Romina Boarini;
    il 25 aprile 2015 il comitato di selezione ha emanato il bando di selezione dando attuazione a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, in merito alla raccolta delle candidature a membro del consiglio direttivo dell'ANVUR;
    secondo il bando di selezione ogni candidato doveva presentare la candidatura mediante scheda in formato elettronico sul portale del MIUR corredata da:
     a) curriculum vitae dettagliato in cui si evidenziasse il possesso dei requisiti riportati nelle disposizioni richiamate in premessa (non oltre trentacinquemila caratteri spazi inclusi);
     b) un elaborato scritto che illustrasse sinteticamente le principali linee d'intervento, indirizzi di gestione, strategie di sviluppo, criteri e metodi di valutazione dell'Agenzia in base ai quali il candidato intendesse orientare la propria funzione, nel caso in cui avesse assunto il ruolo di componente del consiglio direttivo dell'ANVUR (non oltre diciottomila caratteri spazi inclusi);
     c) eventuali pubblicazioni che il candidato ritenesse significative in relazione alla domanda e, comunque, in numero non superiore a tre, trasmesse in formato elettronico;
    ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, il consiglio direttivo è costituito da sette componenti tra personalità provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari, anche straniere, di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore, della ricerca e della valutazione di tali attività;
    ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, la durata del mandato dei componenti dell'organo direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), compresi quelli eventualmente nominati in sostituzione di componenti cessati dalla carica, è di quattro anni;
    l'articolo 2, comma 140, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, prevede che la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo dell'ANVUR può essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età;
    ai sensi del bando per la selezione di nominativi per il consiglio direttivo dell'ANVUR, il comitato di selezione avrebbe dovuto scegliere la rosa di nomi sulla base di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore, della ricerca e della valutazione, provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari;
    la tabella A del decreto ministeriale 4 ottobre del 2000 raggruppa i settori disciplinari in 14 aree;
    sono state presentate 121 domande di candidatura per ricoprire la carica di membro del consiglio direttivo dell'Anvur e sul portale dell'ANVUR sono pubblicati sia i curricula che gli elaborati presentati dai candidati;
    i 15 selezionati per la nomina sono: Fabio Beltram, Daniele Checchi, Raffaele Di Raimo, Mario Diani, Maria Cristina Marcuzzo, Guido Martinelli, Maria Luisa Meneghetti, Paolo Miccoli, Luigina Mortari, Paolo Rossi, Raffaella Rumiati, Guido Saracco, Giorgio Sesti, Susanna Terracini, Maurizio Vichi;
    il Ministro, tra i 15 nominativi, ha selezionato Daniele Checchi, Paolo Miccoli, Raffaella Rumiati e Susanna Terracini;
    non sono stati resi pubblici i verbali dei lavori del comitato di selezione delle candidature a membri dell'ANVUR;
    sia il professor Stefano Fantoni (l'attuale presidente dell'ANVUR), che il professor Sergio Benedetto (membro del consiglio direttivo dell'ANVUR), secondo quanto riportato nella scheda dei dati biografici presenti sul portale internet dell'ANVUR, risultano aver compiuto i settanta anni di età;
    l'esasperata ricerca del merito, a discapito della crescita unitaria di tutto il sistema universitario, basata su una valutazione non del tutto oggettiva attraverso sistemi adottati a tali fini dall'Agenzia di valutazione dei sistema universitario e della ricerca (Anvur) e strettamente connessa ai finanziamenti da erogare per il regolare funzionamento delle strutture, ha generato, di fatto, una lotta tra centri del sapere che, anziché crescere come insieme, continuano il loro progressivo allontanamento;
    dal «Rapporto sullo stato dell'università e della ricerca in Italia» è possibile verificare come le immatricolazioni risultino in calo del 10 per cento nelle regioni del Nord Italia, del 25 per cento nelle regioni del Sud e, infine, del 30 per cento nel Mezzogiorno;
    risulta evidente come una valutazione del merito effettuata tra atenei che progressivamente vedono ridurre le somme erogate per il loro funzionamento essenziale, e atenei che, già considerati eccellenti, possono godere di somme ulteriori sottratte proprio ai propri «competitor», continuerà a creare situazioni di grandi differenze tra le università del Nord e quelle Sud;
    in data 27 luglio 2015, il quotidiano consultabile online «ilSole24ore», riportava alcuni dati allarmanti che ben evidenziavano tali differenze territoriali, sottolineando come «accanto a università che si sono viste ridurre l'assegno di quasi un terzo ci sono (pochi) atenei che addirittura poggiano su fondi più robusti del passato. Ai due capi della classifica si incontrano da un lato Messina e Palermo, che nel 2015 hanno ricevuto il 30 per cento abbondante in meno rispetto ai fondi statali su cui avevano potuto contare sette anni prima, e dall'altro Bergamo e il Politecnico di Torino, che possono contare rispettivamente su un +11,4 per cento e su un +7,3 per cento»;
    si rileva, inoltre, come dei tre consiglieri dell'Anvur già eletti, solo uno risulterebbe essere un possibile riferimento di atenei del meridione, cosa che comporta, per tali motivi, un evidente squilibrio territoriale nella rappresentanza dell'Agenzia, essendo ben 6 i consiglieri certamente legati, per propria estrazione, ad università situate nel settentrione d'Italia;
    ad avviso dei firmatari del presente atto, è inopportuno non rispettare i principi indicati nell'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, nominando nel consiglio direttivo dell'ANVUR due membri della stessa area disciplinare; in questo modo vengono rappresentate 6 aree a fronte delle 14 esistenti:
     ad avviso dei firmatari del presente atto è importante che nel consiglio direttivo dell'ANVUR si mantenga equilibrata la presenza di membri provenienti da settori concorsuali bibliometrici e settori concorsuali non bibliometrici;
     è noto che sia le problematiche legate alla valutazione scientifica che le proposte volte al miglioramento della didattica, siano molto diverse e specifiche a seconda della disciplina presa in considerazione;
     a giudizio dei firmatari del presente atto, quindi, è opportuno prevedere una sorta di rotazione nella nomina dei membri del consiglio direttivo dell'ANVUR con il fine di garantire l'avvicendamento di membri appartenenti ad aree diverse;
     i nominativi proposti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono sottoposti al parere delle Commissioni parlamentari competenti;
     nonostante le Commissioni parlamentari competenti siano chiamati a formulare un parere sulla proposta di nomina da parte del Ministro competente, non sono noti né i criteri con cui il comitato di selezione ha formato la lista dei 15 nominativi indicati al Ministro, né i verbali e i documenti ufficiali analizzati e prodotti dal comitato stesso, né i criteri con cui il Ministro ha scelto i 4 nominativi da sottoporre al parere delle commissioni parlamentari;
    l'ANVUR ha un ruolo estremamente importante nel mondo dell'università e della ricerca in quanto:
     a) determina, di fatto, una importante porzione dei finanziamenti statali a favore degli atenei influenzando, quindi, anche la didattica;
     b) ha un ruolo fondamentale nell'abilitazione scientifica nazionale e quindi sulla classe docente universitaria;
     c) i criteri e gli indicatori del sistema di valutazione periodica vengono stabiliti dall'ANVUR;
    molti degli elaborati presentati dai candidati scelti nella rosa dei 15 nominativi sono oggetto di critica; in particolare l'associazione ROARS, specializzata in politiche della ricerca, dei sistemi di valutazione, della formazione terziaria, attraverso il sito web roars.it, ha messo in evidenza numerosi errori di sintassi presenti negli elaborati, evidenti copia e incolla di altri testi (senza nemmeno citarne la fonte), l'estraneità palese di alcuni candidati a metodi di valutazione;
    in particolare il prof. Paolo Miccoli, indicato dal Ministro Giannini come uno dei quattro nuovi membri del consiglio direttivo dell'Anvur, risulta essere al centro di alcune polemiche, dal momento che alcune linee programmatiche esposte nell'elaborato propedeutico alla sua selezione, sembrerebbero identiche a passaggi di altri testi, così come riportato in un articolo apparso sul sito di informazione universitaria «Roars.it», fatto che, se confermato, porrebbe con urgenza la necessità di una idonea verifica sulla correttezza delle selezioni; cosa che alimenterebbe forti dubbi sui metodi e sui criteri di valutazione dell'Agenzia. Il professor Paolo Miccoli, oltre a risultare oggetto di polemiche riguardo all'elaborato presentato in occasione della propria candidatura a membro del consiglio direttivo dell'ANVUR, compierebbe i 70 anni di età durante il mandato;
    la professoressa Raffaella Rumiati risulta appartenente all'area 11, la stessa del professor Andrea Graziosi, attuale membro del consiglio direttivo dell'ANVUR,

impegna il Governo:

   a rendere pubblici i criteri di scelta adottati dal comitato di selezione e le ragioni delle scelte dei nominativi, i verbali dei lavori del comitato stesso e la documentazione analizzata;
   a rendere pubblici i criteri di scelta adottati dal Ministro e le ragioni della scelta dei 4 nominativi dalla rosa dei 15 indicati dal comitato di selezione;
   ad assumere iniziative per regolare la posizione del professor Stefano Fantoni e del professor Sergio Benedetto in seno al Consiglio direttivo dell'ANVUR alla luce di quanto disposto dall'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, in quanto prevede che «la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo dell'ANVUR può essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età»;
   ad assumere iniziative per verificare la correttezza e la bontà degli elaborati prodotti dagli aspiranti consiglieri, assicurando che l'Anvur non perda credibilità attraverso l'erronea valutazione dei suoi rappresentanti;
   ad assumere iniziative affinché nel proporre i membri del consiglio direttivo dell'Anvur siano assicurati:
    a) la massima pluralità di ambiti professionali e disciplinari, attraverso la contestuale presenza di membri provenienti da aree disciplinari diverse;
    b) un equilibrio di membri provenienti da settori concorsuali bibliometrici e settori concorsuali non bibliometrici;
    c) una rotazione dei consiglieri dell'ANVUR con il fine di garantire l'avvicendamento di membri appartenenti ad aree disciplinari diverse;
    d) una maggiore rappresentatività anche territoriale di tutte le università italiane.
(7-00785) «Vacca, Sibilia, Luigi Gallo, D'Uva, Brescia, Simone Valente, Marzana».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    l'Agenzia delle Nazioni Unite per la sicurezza della navigazione e della prevenzione dell'inquinamento marino causato dalle navi, l'organizzazione marittima internazionale (IMO), nel 2008, ha adottato una risoluzione di modifica dell'allegato VI del Protocollo del 1997, che modifica la convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi del 1973 (convenzione MARPOL) che contiene una regolamentazione per la prevenzione dell'inquinamento atmosferico causato dalle navi. Il succitato allegato riveduto della convenzione MARPOL è entrato in vigore il 1o luglio 2010;
    l'allegato VI, riveduto della convenzione MARPOL, introduce, tra l'altro, limiti al contenuto di zolfo più severi per il combustibile per uso marittimo nelle zone di controllo delle emissioni di zolfo (security emission controlled areas – SECA), pari all'1,00 per cento, dal 1o luglio 2010 e allo 0,10 per cento, dal 1o gennaio 2015, nonché nelle aree marittime al di fuori delle SECA, pari allo 3,50 per cento, dal 1o gennaio 2012 e, in linea di principio, allo 0,50 per cento dal 1o gennaio 2020;
    dopo l'adozione dell'allegato VI alla convenzione internazionale per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, l'Unione europea ha emanato la direttiva 2005/33/CE, che ha modificato quanto stabilito dalla direttiva 1999/32/CE del Consiglio del 26 aprile 1999, in relazione al tenore di zolfo contenuto nei combustibili per uso marittimo. La direttiva 2005/33/CE è stata recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 205 del 2007;
    la raccomandazione della Commissione europea n. 2006/339/CE dell'8 maggio 2006, finalizzata a promuovere l'utilizzo di elettricità erogata da reti elettriche terrestri per le navi ormeggiate nei porti comunitari, formula una serie di raccomandazioni agli Stati membri dell'Unione, riguardanti:
     a) la possibilità di installare sistemi di erogazione dell'elettricità dalle reti terrestri per le navi ormeggiate nei porti, in particolare in quelli in cui vengono superati i valori limite per la qualità dell'aria oppure nei casi in cui siano stati manifestati timori da parte del pubblico riguardo ad elevati livelli di inquinamento acustico, in particolare negli ormeggi situati nelle vicinanze di zone residenziali;
     b) l'opportunità di valutare l'offerta di incentivi economici agli operatori affinché utilizzino l'elettricità erogata da terra per le navi, sfruttando le opportunità introdotte dalla legislazione comunitaria;
     c) la promozione di azioni di sensibilizzazione delle autorità locali competenti delle zone portuali, delle autorità marittime, delle autorità portuali, delle società di classificazione e delle associazioni industriali in merito all'erogazione di elettricità dalle reti terrestri;
    la direttiva 2012/33 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 che modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio relativa al tenore di zolfo dei combustibili per uso marittimo, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo n. 112 del 16 luglio 2014, sulla base della delega contenuta nella legge 6 agosto 2013, n. 96 (legge di delegazione europea 2013), precisa che l'inquinamento atmosferico provocato dalle navi all'ormeggio rappresenta uno dei maggiori problemi di molte città portuali relativamente ai loro sforzi per rispettare i valori limite dell'Unione europea sulla qualità dell'aria e ritiene opportuno che gli Stati membri sostengano l'utilizzo di un sistema elettrico lungo la costa, poiché attualmente l'alimentazione elettrica delle navi è di solito assicurata da motori ausiliari;
    la suddetta direttiva, modificando la direttiva n. 32 del 1999, già precedentemente modificata dalla direttiva 2005/33/CE, in materia di livelli massimi di zolfo dei combustibili per uso marittimo utilizzati dalle navi all'ormeggio nei porti dell'Unione, stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie per garantire che le navi all'ormeggio nei porti dell'Unione non utilizzino combustibili per uso marittimo con tenore di zolfo superiore allo 0,10 per cento in massa, accordando all'equipaggio un tempo sufficiente per completare le necessarie operazioni per il cambio del combustibile, il più presto possibile, dopo l'arrivo all'ormeggio e, il più tardi possibile, prima della partenza. Inoltre, gli Stati membri sono tenuti a formulare le debite prescrizioni affinché siano iscritti nei giornali di bordo i tempi delle operazioni di cambio del combustibile; al tenore di zolfo, indicato nella misura dello 0,10 per cento in massa, è possibile derogare, ammettendosi la deroga per le navi all'ormeggio nei porti con i motori spenti e collegate ad un sistema elettrico lungo la costa, oltre che per quelle navi che restano ormeggiate per meno di due ore;
    l'elettrificazione delle banchine portuali rappresenta una significativa soluzione alternativa alla riduzione delle emissioni inquinanti, specie di diossido di zolfo, considerato una delle principali sostanze chimiche responsabili della formazione delle piogge acide e dell'inquinamento atmosferico da polveri sottili, che rappresentano, il principale fattore di rischio, delle malattie cardiovascolari e respiratorie. A livello europeo, secondo quanto si apprende dal rapporto «Mal'Aria 2015» di Legambiente, nel 2010, il settore navale ha contribuito all'emissione in atmosfera di 2,3 milioni di tonnellate di ossido di Zolfo (SO2) e 3,3 milioni di tonnellate di ossido di azoto (N0x) e 250 mila tonnellate di particolato (PM10), numeri che, secondo uno studio dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), si traducono in 50 mila decessi annui e in 58 miliardi di euro di costi sanitari, che vanno ad incidere principalmente nelle aree costiere e portuali, dove le navi transitano ed ormeggiano;
    allo stato attuale, in molte realtà è stata adottata la tecnologia dell'elettrificazione delle banchine portuali al fine di abbattere le emissioni inquinanti e climalteranti, con risultati positivi in termini riduzione dell'inquinamento, dei costi del carburante e di immagine, costituendo un fattore di stimolo per le autorità portuali e le compagnie impegnate in sforzi sempre maggiori in tale direzione. Città come Los Angeles, Seattle, Vancouver, Goteborg, Lubecca e moltissime altre rappresentano straordinari esempi di come l'utilizzo di tale tecnologia contribuisca in modo notevole alla riduzione delle emissioni inquinanti e quindi alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini;
    in Italia ci sono state concrete manifestazioni di interesse verso questa tecnologia. Molte regioni hanno sottoscritto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accordi di programma finalizzati alla realizzazione di interventi di elettrificazione delle banchine portuali. Ciò è avvenuto tra la regione Toscana e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, relativamente al porto di Livorno, così come tra la regione Liguria e il suddetto Ministero, relativamente al porto di Genova. Molte altre regioni e città portuali hanno inoltrato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare informazioni su progetti per l'elettrificazione delle banchine e l'efficientamento energetico;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dispone di un apposito fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica», convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, utilizzato per il finanziamento dei citati interventi nelle regioni Liguria e Toscana e che potrebbe essere utilizzato per l'esecuzione di ulteriori interventi in materia, che nel corso degli anni è stato progressivamente svuotato e da oramai 3 anni non dispone di alcuna risorsa;
    la politica ambientale dell'Unione europea, definita nei programmi di azione in materia ambientale e in particolare nel settimo programma di azione per l'ambiente «Vivere bene entro i limiti del nostro Pianeta», adottato con decisione n. 1386/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 novembre 2013, e in coerenza con gli obiettivi definiti nella strategia Europa 2020, ha tra i suoi obiettivi, l'attuazione di interventi finalizzati al contrasto delle minacce alla salute e al benessere dei cittadini europei, come l'inquinamento dell'acqua e dell'aria, i livelli eccessivi di rumore e le sostanze chimiche tossiche, oltre che interventi volti a trasformare il sistema dell'Unione europea in un'economia a basse emissioni di carbonio ed efficiente nell'impiego delle risorse;
    conformemente all'articolo 193 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), le direttive in materia ambientale non impediscono agli Stati membri di mantenere o introdurre, in sede di recepimento, norme più rigide di quelle dell'Unione europea per una protezione dell'ambiente e della salute ancora maggiore. Invero, il Governo, accogliendo la condizione prevista nel parere espresso dalla VIII Commissione ambiente della Camera in sede di esame parlamentare dello schema di decreto legislativo, ha previsto limiti più stringenti sia sotto il profilo temporale, che sotto il profilo del tenore di zolfo dei combustibili marittimi usati in determinate aree. La direttiva 2012/33 prevede un limite generale al tenore di zolfo contenuto nei combustibili marittimi usati nelle acque territoriali, nelle zone economiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica. Tale limite fissato nella misura del 3,50 per cento si riduce a partire dal 1o gennaio 2020 allo 0,50 per cento. La norma di recepimento di tale direttiva ha invece previsto che per i mari Adriatico e Ionio si applichi il limite dello 0,10 per cento al tenore di zolfo a partire dal 2018, mentre invece per gli altri mari, pur confermando il limite temporale al 2020, si prevede una riduzione del tenore di zolfo allo 0,10 per cento, a condizione che gli Stati membri dell'Unione europea, prospicienti le stesse zone di mare abbiano previsto l'applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori,

impegna il Governo:

   al fine di ridurre le emissioni atmosferiche delle navi ormeggiate attraverso l'erogazione di elettricità da terra, e di valorizzare la produzione di energia da fonti rinnovabili, ad assumere iniziative per adottare un piano nazionale di elettrificazione delle banchine portuali destinate al traffico commerciale e di passeggeri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   a promuovere la stipulazione di appositi accordi di programma tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le autorità portuali e le regioni per la realizzazione degli interventi contenuti nel piano nazionale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative per provvedere al progressivo ripristino delle risorse del fondo previsto dall'articolo 1 del decreto-legge 21 febbraio 2005, n. 16, «Interventi urgenti per la tutela dell'ambiente e per la viabilità e per la sicurezza pubblica» convertito dalla legge 22 aprile 2005, n. 58, modificato dall'articolo 1, comma 432, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
   a valutare l'opportunità di utilizzare per il finanziamento degli interventi di elettrificazione delle banchine portuali le risorse del fondo di sviluppo e coesione per il ciclo di programmazione 2014-2020;
   a promuovere in sede europea forme di collaborazione, in seno all'Organizzazione marittima internazionale (IMO), al fine di incoraggiare la formulazione di norme internazionali armonizzate volte a favorire tali interventi.
(7-00786) «Carrescia, Tidei, Amato, Basso, Bergonzi, Bonaccorsi, Brandolin, Capone, Carella, D'Attorre, D'Incecco, Epifani, Ferro, Galperti, Iori, Meta, Mura, Piazzoni, Francesco Sanna, Giovanna Sanna, Vico, Zan, Zoggia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   la Repubblica democratica del Congo, che non ha mai ratificato la convenzione dell'Aia del 1993 sulle adozioni internazionali, da oltre 2 anni ha sospeso le autorizzazioni della Direction Général de Migration per l'uscita dei minori adottati a causa delle irregolarità compiute nelle procedure di adozione da parte di altri Paesi stranieri;
   la Repubblica democratica del Congo, pur riconoscendo in più occasioni la correttezza delle procedure adottate dall'Italia, ha deciso di bloccare le adozioni internazionali per un anno senza garantire in alcun modo la ripresa delle pratiche adottive al termine di tale periodo, costringendo molti bambini a non poter uscire dalla Repubblica democratica del Congo pur essendo stati essi adottati secondo la stessa legge congolese (con sentenza definitiva del tribunale del Congo) da coppie di genitori italiani;
   a parte il viaggio con cui il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi riuscì a condurre in Italia nel maggio 2014, il risultato per le famiglie italiane è il silenzio;
   ad oggi sono circa 150 famiglie italiane che hanno adottato un bimbo congolese e attendono una risposta dalla Commissione per le adozioni internazionali sullo stato delle trattative per sbloccare la situazione;
   si segnala che la situazione umanitaria che si è venuta a creare per i bambini della Repubblica democratica del Congo con il blocco delle adozioni è drammatica, poiché gli istituti sono a corto di disponibilità economiche e alcuni bambini sono deceduti per la malaria, morbillo ed altre malattie banalissime non curate;
   il 26 settembre 2014 il Ministero dell'interno e della sicurezza della Repubblica democratica del Congo ha dichiarato che la misura di sospensione dei visti d'uscita dei minori congolesi adottati da genitori stranieri è estesa fino a nuovo ordine e il presidente Kabila e il Governo congolese hanno affermato che il motivo della sospensione risiede nell'esigenza di operare una revisione delle procedure di adozione, al fine di aumentare il livello di tutela e di salvaguardia dei bambini congolesi destinati all'adozione;
   il protrarsi del blocco dei permessi d'uscita da parte delle autorità congolesi determina per decine di famiglie un'insostenibile situazione di incertezza che si rivela progressivamente sempre più insopportabile per la vita privata e familiare degli interessati e, in primo luogo, dei bambini che risultano essere le principali vittime di questa situazione;
   le famiglie italiane coinvolte lamentano da tempo la difficoltà di ricevere, da parte della Commissione per le adozioni internazionali (CAI), aggiornamenti puntuali circa gli eventuali sviluppi della situazione od ogni altra comunicazione se non nella forma di diffida dal prendere iniziative personali;
   in altri Paesi coinvolti nelle adozioni i genitori vengono informati con puntualità e periodicamente delle trattative in corso, anche con conferenze pubbliche, mentre in Italia non esiste alcuna volontà di dialogo e informazioni sulle richieste fatte;
   in questi giorni la Commissione per le adozioni internazionali ha annullato con preavviso di poche ore e senza alcuna spiegazione gli incontri che aveva fissato con famiglie ed enti autorizzati con evidenti disagi per le famiglie, mentre il dipartimento di stato americano ha indetto una conference call per il 24 settembre 2015 per informare i cittadini sulla situazione –:
   quali iniziative il Governo intenda avviare al fine di individuare un'adeguata soluzione all’impasse che condiziona la gestione delle adozioni internazionali in Congo;
   quali ulteriori iniziative e passi diplomatici il Governo intenda adottare per porre fine a questa vicenda che rischia di compromettere la salute e la serenità dei bambini e dei loro genitori adottivi;
   che cosa il Governo intenda fare per garantire un migliore e regolare svolgimento dei lavori della Commissione per le adozioni internazionali. (3-01726)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA e L'ABBATE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea del 17 settembre 2015, relativa alla causa C — 367/14 avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell'articolo 260, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, l'Italia è condannata a pagare una somma forfettaria di 30 milioni di euro e una penalità di 12 milioni di euro per ogni semestre di ritardo nell'esecuzione di una precedente sentenza del 2011 riguardante la mancata adozione delle misure necessarie al recupero di alcuni aiuti di Stato, giudicati incompatibili con il mercato comune, concessi tra il 1995 e il 1997 ad una serie di imprese, molte delle quali del comparto pesca, del territorio insulare di Venezia e di Chioggia;
   ad oggi una parte rilevante di aiuti non risulta recuperata e, secondo quanto constatato dalla Corte, le difficoltà intervenute nel corso della procedura di recupero degli aiuti non consentirebbero di giustificare la mancata esecuzione della sentenza del 2011;
   dalle motivazioni risulta tra l'altro che le autorità italiane non avrebbero fornito alla Commissione sufficienti elementi per poter escludere l'obbligo di recupero degli aiuti presso alcune delle imprese; con riferimento al criterio «de minimis» l'Italia si sarebbe limitata ad una mera petizione di principio, senza fornire il benché minimo elemento tale da dimostrare che i presupposti a tale riguardo fossero soddisfatti e in particolare sulla questione se la soglia, nel caso di cooperative di cui siano membri diversi proprietari di imbarcazioni da pesca, si applichi alla cooperativa nel suo complesso oppure a ciascun proprietario preso individualmente, questione per la quale l'Italia ha chiesto chiarimenti alla Commissione solo nel giugno 2013, ovvero dopo la scadenza del termine impartito;
   gli interventi messi in atto dal Governo quali il conferimento all'INPS del compito di chiedere alle imprese beneficiarie gli elementi necessari all'individuazione di qualsiasi aiuto illegittimo e la riforma del procedimento di contenzioso in materia di recupero degli aiuti di Stato previsto dalla legge n. 34 del 2012 non sono risultati sufficienti ad ottemperare alla sentenza in parola;
   occorre fugare ogni possibile dubbio circa l'eventualità che si concedano simili benefici per pura propaganda politica senza approfondire le conseguenze di una possibile violazione del diritto comunitario, i cui effetti, posticipati nel tempo, ricadrebbero comunque su compagini governative future –:
   come il Governo intenda procedere per risolvere il contenzioso di cui in premessa, tenuto conto sia dell'entità della sanzione che delle difficoltà di condurre un eventuale riesame caso per caso nei confronti di un numero considerevole di beneficiari al fine di determinare le somme da recuperare; se non ritenga che l'eventuale recupero, ad oltre quindici anni dalla concessione dell'aiuto, possa impattare negativamente sulle aziende che ne hanno usufruito e se non intenda per il futuro, attivare ogni possibile azione preventiva intesa a chiarire in ogni minimo dettaglio la normativa europea e, quindi, assicurare la sua corretta applicazione, con l'obiettivo di evitare di incorrere in simili addebiti. (4-10494)


   SORIAL. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   nonostante le tante dichiarazioni da parte del Presidente del Consiglio dei ministri di voler effettuare la spending review prima di tutto «in casa sua», le spese di Palazzo Chigi non sono diminuite, anzi stanno aumentando;
   nel 2014, primo anno di Renzi alla Presidenza del Consiglio, i costi della struttura sono stati superiori rispetto all'anno precedente (Governi Monti-Letta) per 139,5 milioni di euro: le uscite totali, di 5,2 miliardi nel 2009, calavano da quattro anni ed erano arrivate a 3 miliardi e mezzo nel 2013 ma, secondo il consuntivo dello scorso anno, nel 2014 sono state di 3,683 miliardi, come riportato da fonti di stampa; dal bilancio di previsione 2015 si nota che il segretariato generale di Palazzo Chigi, struttura alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio, quest'anno spenderà per il suo solo funzionamento 42,7 milioni in più rispetto al limite 2014, già superato; in generale, il budget della segreteria generale è stimato in crescita di 63,2 milioni;
   pochi giorni fa, nel corso di una trasmissione tv, il Presidente Renzi ha dichiarato: «Si guardi ai costi di Palazzo Chigi prima e dopo la cura: noi stiamo facendo i tagli sulla spesa pubblica», eppure nel 2014 il Presidente Renzi spese 140 milioni di euro più del 2013 e sforò le stime di mezzo miliardo: il bilancio preventivo 2014 fissava la spesa massima a 3,1 miliardi, ovvero 570 milioni di euro in meno rispetto a quelli effettivamente spesi;
   anche per quanto riguarda il 2015, il risparmio non c’è: secondo il bilancio di previsione 2015 di Palazzo Chigi, intanto i paragoni col 2014 vengono fatti sul corrispondente bilancio di previsione (cioè quello «sbagliato» di mezzo miliardo), e poi, alla prima pagina, quasi tutto il risparmio stimato di 1,75 miliardi di spesa in meno (le spese totali passano da 3,11 a 1,33 miliardi) è da attribuirsi in realtà al passaggio a livello contabile della protezione civile e dei suoi mutui al Ministero dell'economia e delle finanze, come spiegato dalle tabelle e dalla «nota preliminare»;
   il budget (al netto della protezione civile) è in linea con quello dell'anno precedente: 1 miliardo e 330 milioni di euro, oltre un miliardo dei quali di spesa corrente;
   un nuovo airbus, probabilmente un A340, grande il doppio dell'attuale A319, sarebbe stato preso in leasing da Palazzo Chigi senza rivelare l'entità della spesa, che comunque in media, secondo i prezzi di mercato, dovrebbe essere intorno agli 800 mila euro a settimana, per una quarantina di milioni l'anno; secondo il generale Leonardo Tricarico questa sarebbe «un'operazione finanziaria poco vantaggiosa come dimostrano i precedenti ...quanto verrebbe usato il super-Airbus ? L'attuale A319 può già portare fino a 50 persone fino a 8.500 km senza scalo, quante volte sono necessarie prestazioni maggiori ? L'esperienza suggerisce pochissime»;
   secondo il Fatto quotidiano, nel dicembre 2014, sarebbe stato ordinato un mega appalto Consip per il noleggio di circa 6 mila automobili di servizio per la pubblica amministrazione, con una base d'asta di 106 milioni di euro, questo nonostante la lotta alle auto blu fosse stata uno dei cavalli di battaglia del Premier Renzi, che si vantava di aver fatto abolire 3 mila auto blu in pochi mesi; in questo modo, in rispetto al 2013, sotto i Governi Monti e Letta, Consip pagherebbe ben 26 milioni in più, per quasi 2 mila vetture in più; Mario Monti aveva addirittura cancellato la gara;
   tra le voci di spesa vi sarebbero 118 mila euro per «il servizio di piante interno» e 256 mila per l’«anagrafica di postazioni arredi», i quasi 600 mila euro stanziati per i sondaggi, dunque cinque volte più di quanto spese il Presidente pro tempore Letta per la stessa voce; inoltre, ci sono i costi per le assunzioni di esterni come i due vicesegretari generali di Palazzo Chigi, Raffaele Tiscar e Salvo Nastasi;
   i tagli si sono concentrati su qualche dipartimento interno come quello dell'integrazione che è stato soppresso, e su programmi di intervento della Presidenza del Consiglio come «le provvidenze all'editoria», le «politiche per la famiglia» e il servizio civile;
   in nome della spending review, il Governo Renzi quest'anno ha eseguito tagli lineari alle regioni per 4 miliardi di euro, 2,3 dei quali si sono abbattuti sulla sanità, ai comuni per 1,2 miliardi e alle province per 1 miliardo e si prepara ad effettuare altri 10 miliardi di tagli lineari nel 2016 –:
   se il Presidente del Consiglio non consideri necessario chiarire al più presto le motivazioni di tale mancato taglio delle spese, auspicato e necessario vista la situazione economica del Paese, e in che modo intenda effettuare una decisa inversione di tendenza rispetto a tali spese, anche per coerenza e nel rispetto dei sacrifici che il Governo chiede ogni giorno ai cittadini italiani. (4-10507)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, SCAGLIUSI, GRANDE e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2015 si è diffusa la notizia secondo cui Francesco Estatico, 22enne originario di Avella, in provincia di Avellino, il 19 settembre è stato fermato in Ucraina dalle guardie di frontiera al posto di controllo di Zaitseve, nella regione di Donetsk, mentre cercava di unirsi come foreign fighter al gruppo di estrema destra «Nuova Russia» tra le milizie dei separatisti filorussi;
   al momento del fermo, il signor Estatico, che era già stato bloccato il 16 settembre, avrebbe dichiarato: «Sono venuto in Ucraina per unirmi all'esercito della repubblica indipendente del Donbass perché le truppe ucraine hanno distrutto la vita della gente del Donbass. Sono venuto qui per aiutarli a combatterle. Sono venuto da solo»;
   il signor Estatico, che è stato poi rilasciato, aveva con sé un passaporto rilasciato il precedente 18 agosto e una mappa – ricavata da Google Maps risalente al 14 settembre, con un itinerario tracciato a penna – in cui come destinazione è segnata la località di Alchevsk, che si trova nella regione di Lugansk;
   da quanto riportato dal quotidiano La Repubblica in un articolo pubblicato il 21 settembre 2015 l'ambasciata italiana a Kiev lo sta cercando «perché temiamo si cacci nei guai. Dalle fonti italiane che abbiamo, sembra sia un bullo di quartiere conosciuto nella sua zona e a parte l'inesistente reato di “delirio”, non ha commesso nulla se non tentare di attraversare il confine, prima a Lugansk poi a Donetsk, in cerca prima della madre e poi della fidanzata. Aveva un passaporto rilasciato da due settimane, quindi fatto apposta per questo viaggio»;
   il connazionale Estatico, come riportato sul blog Lugansk News Today, appartiene al 186o Reggimento paracadutisti «Folgore» Siena come mostrano anche molte fotografie pubblicate sul suo profilo Facebook dove è ritratto con la divisa militare addosso;
   lo Stato Maggiore della difesa ha negato che il giovane stia prestando servizio nell'esercito: ha tentato per due volte l'accesso al mondo militare come volontario a ferma prefissata per un anno (Vfp1), ma in entrambi i casi la domanda è stata respinta per vizi formali;
   in un articolo pubblicato il 23 settembre 2015 sul sito ottopagine.it dal titolo «L'irpino sequestrato in Ucraina, la madre: “Ora silenzio”», si legge: «Sarebbe in atto una trattativa tra il Consolato italiano e la “Security Service” ucraina. Una trattativa non ufficiale per liberare Francesco, che sarebbe stato fatto prigioniero da un gruppo di attivisti ucraini» e ancora: «Ci sarebbe inoltre un'indagine in corso da parte della Farnesina. La sensazione, dunque, è che l'Ambasciata sappia con certezza dove si trovi il 22enne e chi lo detiene» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle rispettive competenze, intendano porre in essere per fare piena luce sull'accaduto. (4-10505)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 luglio 2015 presso gli uffici della città metropolitana in via Puccini a Firenze si è svolta la conferenza di servizi in merito al progetto per la realizzazione e gestione di un impianto «ibrido» di incenerimento rifiuti non pericolosi con recupero energetico mediante produzione di energia elettrica (ai sensi del decreto ministeriale 6 luglio 2012) con carico termico totale 65,2 mwt comune di Sesto Fiorentino (Fi), loc. case Passerini;
   le valutazioni tecniche e ambientali in merito al progetto, fino ad oggi effettuate non comprendono e considerano i pesanti impatti ambientali relativi ad una serie di infrastrutture previste nello stesso comprensorio ad esso interconnesse. Secondo il principio di precauzione e in nome della salvaguardia e della tutela dei cittadini è indispensabile avviare una valutazione complessiva sulle ricadute ambientali delle diverse opere infrastrutturali che sono previste nella medesima area, gran parte della quali ricadenti nel comune commissariato di Sesto Fiorentino (Fi). Infatti in questa area oltre alla realizzazione dell'inceneritore nella località di Case Passerini (e a quanto urbanisticamente già presente sul territorio con il relativo carico antropico), sono previste una serie di infrastrutture di «rilevante impatto ambientale»:
    il nuovo insediamento urbanistico residenziale PUE Castello di Unipol-SAI;
    il nuovo aeroporto con la previsione di aumento del 100 per cento degli attuali voli commerciali e impiego di aeromobili intercontinentali;
    il nuovo stadio ACF Fiorentina con annessa cittadella viola con previsioni di alberghi, centri commerciali;
    l'impianto di incenerimento di fanghi a Baciacavallo in Prato della GIDA Gestoreri impianti depurazione acque s.p.a. (10 chilometri di distanza da Case Passerini);
    l'impianto di incenerimento di Montale del Consorzio Intercomunale Servizi SRL, in provincia di Pistoia che a settembre di quest'anno a causa delle elevatissime emissioni di diossine e furani ha dovuto chiudere una sua linea (22 chilometri da Case Passerini);
    il riposizionamento del mercato ortofrutticolo con conseguente grossi problemi legati alla viabilità dei mezzi di trasporto dei prodotti ortofrutticoli;
    il nuovo mega centro di «deposito logistica ESSELUNGA» (con conseguente pesante inquinamento emissivo a causa di arrivo merci su camion TIR e redistribuzione capillare presso gli esercizi periferici);
    l'entrata in esercizio della scuola Marescialli e Nuova Stazione dei carabinieri di Castello con circa 2000 presenze giornaliere;
   l'impianto «ibrido» di incenerimento rifiuti verrà realizzato ad una distanza di circa 700 metri dall'ubicazione anche della nuova pista aerea, nonostante l'allegato 14 della convenzione, relativa all'aviazione civile internazionale, contenga gli standard e le raccomandazioni fondamentali (Standards and Recommended Practices, SARPs) per gli aerodromi e rimandi a diversi manuali redatti dall’International Civil Aviation Organization, (da cui deriva il Regolamento costruzioni ed esercizio aeroporti ENAC), secondo cui nei pressi degli aeroporti non si debbono trovare inceneritori e discariche. Le stesse linee guida «Enac - Fonti di inquinanti e quelle sulle discariche ed impianti di incenerimento forniscono un quadro abbastanza chiaro su cosa significa sotto l'aspetto delle emissioni avere un aeroporto in prossimità di un inceneritore;
   il procedimento di valutazione di impatto ambientale sull'aeroporto di Firenze, di competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, è stato avviato il 24 marzo 2015; in merito a tale opera infrastrutturale, l'interrogante ha già espresso i suoi dubbi e le sue perplessità, chiedendo al riguardo, chiarimenti attraverso altri atti di sindacato ispettivo –:
   se il ministro interrogato sia a conoscenza delle evidenti criticità ambientali e sanitarie riguardanti tale zona, e quali saranno le iniziative concrete che adotterà affinché si possa vagliare in maniera globale e completa la pesante ricadute ambientali di tutti gli impianti e le infrastrutture afferenti alla medesima area nella quale sorgerà il nuovo aeroporto;
   se durante il procedimento di valutazione di impatto ambientale dell'aeroporto di Firenze si terrà conto delle raccomandazioni elaborate dall’International Civil Aviation Organization, nonché delle stesse linee guida Enac - fonti di inquinanti. (4-10504)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dal referto al Parlamento sul rendiconto 2014 della Corte dei Conti, per quanto riguarda il conto del patrimonio, emerge che gli interventi legislativi, previsti anche dall'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 finalizzato alla redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato, finalizzati a porre in essere un'attività di ricognizione affidata al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze, non avrebbero ancora raggiunto l'obiettivo previsto;
   per quanto riguarda il conto del patrimonio, la legge n.94 del 1997 nel riformare la struttura del bilancio dello Stato ha introdotto un livello di classificazione che deve fornire l'individuazione dei beni dello Stato suscettibili di utilizzazione economica, anche ai fini di un'analisi economica della gestione patrimoniale;
   il rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato si affianca ad altri documenti, quali il Conto generale del patrimonio dello Stato e la pubblicazione degli elenchi degli immobili di proprietà statale predisposta dall'Agenzia del demanio e a differenza di altri documenti è finalizzato alla gestione e alla valorizzazione dei beni che sono rappresentati a prezzo di mercato; inoltre, ha una portata più vasta riferendosi agli immobili di tutte le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001;
   la Corte dei Conti ha affermato che ritiene non più rinviabile il completamento di tale rilevazione in quanto la redazione del Rendiconto patrimoniale dello Stato sulla base dei prezzi di mercato rappresenta uno strumento imprescindibile per la gestione e la valorizzazione dei beni pubblici –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto esposto in premessa e se non consideri necessario chiarire i motivi di tale ritardo, se intenda assumere iniziative per intervenire per portare a compimento quegli interventi normativi necessari per raggiungere l'obiettivo della redazione del rendiconto patrimoniale dello Stato sulla base dei prezzi di mercato in modo da poter gestire e valorizzare adeguatamente i beni pubblici. (4-10495)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la recente cronaca della provincia di Trento segnala che il Tribunale di Rovereto ha emesso una sentenza basandosi sulla relazione di uno psichiatra trentino, che ha fatto molto parlare di sé, e del quale si era già occupata in precedenza la stampa;
   il tribunale si è servito dello stesso, già segnalato dalla stampa per aver leso la dignità del tribunale:
    1) essendosi presentato presso un periziando, in sede di CTU, in pantaloncini e ciabatte;
    2) essendo stato incalzato da alcune domande di un avvocato non riusciva a rispondere perché completamente all'oscuro dei fatti (sembrava non avesse nemmeno letto i rapporti della denuncia);
    3) essendo stato segnalato dai media per aver partecipato a una perizia in cui, in soli 45 minuti e con un bambino di 9 mesi in braccio, a una mamma era stato ravvisato un «vero e proprio disturbo psichiatrico (disturbo di personalità) con tratti personologici di tipo narcisistico»;
    4) omette di riferire l'avvio di un percorso di visite libere di una delle parti con il figlio finalizzato alla liberalizzazione degli incontri (come chiesto dai servizi stessi al tribunale dei minori in base a indicazioni della psicoterapeuta incaricata). Percorso interrotto per la negazione degli accordi da parte della parte avversa, cosa inaspettatamente recepita dal servizio sociale;
    5) espleta perizie soggettive e discriminanti nei confronti di una delle parti;
   il tribunale sembra all'interrogante appiattirsi sulle valutazioni di questo perito:
    1) accettando e sentenziando sulla base di queste perizie (in gran parte virgolettate in sentenza);
    2) ordinando ad una delle parti di seguire un percorso di sostegno psichiatrico a giudizio dell'interrogante non potendolo nemmeno fare (da ultimo la Corte di Cassazione sent. 13506/2015);
    3) disponendo di prolungare incontri protetti in spazio neutro di una delle parti con il figlio, sapendo:
   a) che duravano già da ben 5 anni;
   b) come risulterebbe da documentazione depositata agli atti, che studi internazionali abbiano accertato che bambini deprivati dei/del genitore troppo a lungo avranno da grandi importanti problemi psicofisici («Ruolo del pediatra nell'assistenza a minori in affido etero o intra familiare», Pediatrics in review, vol. 22, n. 11 novembre 2012, Moira Szilagyi e ancora l'articolo del dottor Vittorio Vezzetti, Scientific Responsible European platform for joint custody and childhood Colibrì, and Founder International Council on shared parenting in «I danni da deprivazione genitoriale e da stress nell'infanzia» cfr. http://affidamentiminorili.blogspot.it/p/i-quaderni.html – Terzo Quaderno, «Conseguenze nella qualità di vita del minore allontanato dai genitori» di Massimo Rosselli del Turco, direttore dell'ISPA, Istituto di studi parlamentari dell'Associazione nazionale avvocati familiaristi);
   c) che gli stessi servizi sociali avevano inoltrato pochi mesi prima al tribunale stesso una relazione della cooperativa sociale presso la quale si svolgevano questi incontri secondo la quale il bambino aveva espresso il desiderio di continuare a vedere il genitore oltre gli incontri protetti e che questi (testuale) «è parso un genitore che tiene molto affinché il figlio cresca in maniera educata rispettando gli altri e gli ambienti in cui si trova. (.....) che trasmette (al figlio) gratificazione e incoraggiamento quando mette in atto comportamenti positivi»;
   il tribunale sentenzia senza motivazioni ad avviso dell'interrogante accettabili l'affidamento esclusivo alla parte avversa di fatto non rispettando le disposizioni della legge n. 54 del 2006 che prevede tale disposizione solamente in casi di reale pericolo per il minore;
   il tribunale ha incaricato in sentenza i servizi sociali nonostante questi abbiano un contenzioso penale con la parte in oggetto;
   tale situazione ad avviso degli interroganti, preclude a tale parte la possibilità di avere giustizia senza essere condizionata;
   il tribunale non ha usato la normale prudenza nello scegliere tale perito; a detta del quotidiano La Voce del Trentino.it «sono decine le e-mail che arrivano nella nostra redazione che testimoniano casi incredibili di cui questo professionista si è reso protagonista, e purtroppo alcuni tragici»;
   il tribunale ha nominato questo perito che, a quanto consta all'interrogante, non risulterebbe iscritto nell'albo dei periti del tribunale stesso senza dare motivato parere sul punto;
   si ritiene che alcuni di questi comportamenti non siano stati assunti nella piena consapevolezza della tutela dei diritti e della salute dei minori –:
   se ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ispettive presso il tribunale di Rovereto ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza in merito ai fatti di cui sopra. (5-06498)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni negli ambienti giudiziari lucani e sui quotidiani locali è tornata con insistenza la voce che il Governo starebbe maturando l'idea di un nuovo riordino degli uffici giudiziari che vedrebbe la scomparsa di alcuni distretti di corte d'appello: tra questi figurerebbe la soppressione del distretto di corte d'appello di Potenza;
   la chiusura della corte d'appello di Potenza comporterebbe per la Basilicata lo smembramento di altri uffici giudiziari come procura generale, tribunale di sorveglianza, tribunale e procura per i minorenni, procura distrettuale antimafia, tribunale del riesame. Tutto questo comporterebbe conseguenze disastrose per l'assenza di organi giudiziari nella regione Basilicata e conseguente dispendio economico per i cittadini lucani che saranno costretti ad affrontare trasferte per vedere tutelati i propri diritti;
   la riduzione dell'efficienza del sistema giudiziario nel distretto di Potenza implicherebbe anche la riduzione delle forze dell'ordine e una minore difesa del territorio e pericolose ingerenze della criminalità presente nei territori circostanti;
   si ricorda che la Basilicata per ragioni orografiche di distribuzione della popolazione sul territorio, di carenze infrastrutturali e precarietà delle medesime, non può permettersi di perdere un indispensabile presidio di legalità qual è quello della corte di appello;
   la presunta soppressione della corte di appello non comporterebbe alcun risparmio di spesa, atteso che il personale rimarrebbe in servizio presso la sede di futura destinazione e che non potrebbero comunque dismettersi i locali attualmente destinati a sede della corte, nell'ambito del palazzo di giustizia;
   un intervento sulla geografia giudiziaria di questa portata non può prescindere da un'attenta e ponderata valutazione di diversi indicatori, da effettuarsi con il coinvolgimento delle componenti professionali, istituzionali, politiche e sindacali del territorio interessato;
   sembrerebbe che il Governo sia intenzionato ad investire dell'incarico di vagliare l'opportunità di una rivisitazione della geografia giudiziaria la stessa Commissione che, ai sensi del decreto legislativo n. 155 del 7 settembre 2012, aveva ritenuto necessaria la soppressione, tra gli altri, del tribunale di Melfi e il suo conseguente accorpamento al tribunale di Potenza;
   entro il 31 dicembre la Commissione dovrà presentare uno «schema di progetto», con la nuova geografia di corti d'appello, tribunali e procure della Repubblica. Poi spetterà al Governo decidere il da farsi: se tradurre la riforma in un disegno di legge dell'Esecutivo, oppure assumer iniziative per una delega legislativa ad hoc. Ma, nel decreto istitutivo a firma del Ministro della giustizia non si fa riferimento ai criteri da adottare per riscrivere l'organizzazione dei 26 distretti giudiziari italiani, a parte la «promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze». Non c’è nessun accenno a parametri demografici o carichi di lavoro, né a regioni, capoluoghi o vecchie province –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in atto al riguardo, in considerazione di quanto sopra esposto e della necessità, a fronte di un'ipotesi di riduzione dei distretti di corte d'appello, di tener conto delle condizioni e delle esigenze di interi territori e popolazioni che, come nel caso della Basilicata, verrebbero fortemente penalizzati da una simile scelta. (4-10498)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 giugno 2005 la T.C.T spa concessionaria del molo polisettoriale del porto di Taranto ha concluso a propria cura i lavori, urgenti ed indifferibili, di ripristino dei fondali del canale di accesso, del bacino di evoluzione e della banchina fino a quota –15 metri, progetto approvato in Conferenza di servizi decisoria del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del 29 dicembre 2004 prot. n. 378/Qdv/D1);
   i fanghi rinvenienti dalle attività di escavo sono stati depositati in tre vasche di stoccaggio a terra in area ex Belleli, tra il primo Canale Ilva e Punta Rondinella, il cui esercizio era stato autorizzato dalla provincia di Taranto con delibera n. 222 del 29 giugno 2001 e delibera della giunta n. 134 del 29 aprile 2015;
   le vasche di stoccaggio sono poi state poste a sequestro da parte della Guardia di finanza per esercizio di discarica abusiva in quanto erano scaduti i termini del deposito temporaneo. Solo dopo il rilascio da parte della provincia di Taranto — prot. n. PTA/20120064867/P del 18 luglio 2012 — del nulla-osta al conferimento del rifiuto in siti di recupero autorizzati;
   le attività di trasferimento dei fanghi, avviate in data 11 settembre 2012, si sono interrotte nel mese di marzo del 2013 perché tutti gli impianti di recupero individuati hanno comunicato la loro indisponibilità ad accettare ulteriori quantitativi di materiale per cui allo stato attuale sono ancora depositati in tre vasche 66.400 metri cubi di fanghi di dragaggio classificato come «Fanghi di dragaggio non pericolosi» con codice CER 17.05.06;
   la disponibilità dell'impianto di stoccaggio, possibile solo dopo aver allontanato i fanghi tuttora depositati, condiziona l'avvio di alcuni lavori di «riqualificazione del molo polisettoriale di Taranto — ammodernamento della banchina di ormeggio», di competenza del commissario straordinario del porto di Taranto, già affidati con decreto n. 94 del 28 agosto 2014 all'ATI Consorzio stabile Grandi Lavori Scrl;
   il 18 dicembre 2014 l'Arpa Puglia si è espressa favorevolmente sul conferimento dei fanghi di dragaggio nell'impianto di stoccaggio nella cava SARIM a Ginosa (TA) e il 24 marzo 2015 è partita su proposta della T.C.T spa presso la provincia di Taranto la procedura di valutazione di impatto ambientale ai sensi dell'articolo 4 e 10 della L. R. n. 11 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni, relativa al progetto di «Recupero dei fanghi di dragaggio depositati nelle vasche ex yard Belleli — (articolo 184-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, da realizzarsi nel comune di Taranto;
   da recenti fonti stampa della Gazzetta di Taranto del 7 settembre 2015 si apprende che il costo dello smaltimento dei fanghi sarebbe pari a 16 milioni di euro e che la T.C.T. spa, (formata dalle società Evergreen, Hutchinson) alla quale recentemente è stata ritirata la concessione del molo polisettoriale, si rifiuterebbe di sostenere tale cifra rendendosi disponibile solo a sostenere una spesa di due o tre milioni di euro;
   appare evidente a detta dell'interrogante che, non volendo sostenere tutti i costi di smaltimento, la TCT spa abbia tenuto un comportamento non corretto e che il ritardo nello smaltimento dei suddetti fanghi di dragaggio non permette l'avvio dei lavori di «riqualificazione del molo polisettoriale di Taranto — ammodernamento della banchina di ormeggio» –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di risolvere al più presto la problematica dello smaltimento dei fanghi di cui sopra;
   se possano garantire l'esclusione di fondi statali per le attività di smaltimento dei suddetti fanghi e, in caso contrario, quali siano i fondi e le risorse che verranno stanziati e impiegati e la relativa competenza;
   se possano riferire quando e dove saranno smaltiti i fanghi di dragaggio descritti in premessa e se sugli stessi siano previsti ulteriori caratterizzazioni prima dello stoccaggio in discarica. (5-06487)


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il tratto ferroviario Termoli – Lesina della linea Pescara – Bari, che interessa le regioni Molise e Puglia, è l'unico tratto a semplice binario della direttrice ferroviaria adriatica Bologna-Lecce, e si estende per circa 33 chilometri;
   la legge 21 dicembre 2001, n. 443 «Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive» pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2001 – suppl. Ordinario n. 279, e successive modificazioni e integrazioni sancisce che il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, individua le infrastrutture pubbliche e private e gli insediamenti produttivi strategici e di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese;
   il CIPE con la delibera del 21 dicembre 2001, n. 121, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2002 S.O., ai sensi del richiamato articolo 1 della legge n. 443 del 2001, ha approvato il 1o «Programma delle opere strategiche», nonché il relativo allegato 1, che include nell'ambito dei sistemi ferroviari del «Corridoio plurimodale adriatico» la voce «Asse ferroviario Bologna-Bari-Lecce-Taranto»;
   sempre il CIPE con la delibera del 1o agosto 2014, n. 26 (supplemento Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2015), ha espresso parere favorevole, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 443 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni, in ordine al programma delle infrastrutture strategiche di cui al 12o Allegato infrastrutture al documento di economia e finanza (DEF) 2013, che include, nella «tabella O Programma infrastrutture strategiche», l'infrastruttura «Asse ferroviario Bologna-Bari-Lecce-Taranto», che comprende l'intervento «Raddoppio Pescara-Bari (tratta Termoli-Lesina)»;
   l'opera in questione è inclusa nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Molise del 3 giugno 2004, nell'ambito della «Tratta Molisana del Corridoio Adriatico Bologna-Lecce», nonché nel relativo 1o atto integrativo del 23 gennaio 2009 ed inoltre è inclusa nell'intesa generale quadro tra Governo e regione Puglia del 10 ottobre 2003 nell'ambito della «Tratta pugliese del Corridoio ferroviario Bologna - Lecce»;
   il suddetto progetto è stato suddiviso in tre lotti:
   a) lotto 1 «Ripalta-Lesina», che si sviluppa per circa 6.844 metri dalla progressiva 24+200 alla progressiva 31+044, interessando il solo territorio pugliese del costo di 106 milioni di euro;
   b) Lotto 2 «Termoli-Campomarino», che si sviluppa per 5.940 metri alla progressiva 0+000 alla progressiva 5+940 interessando il solo territorio molisano e i Comuni di Termoli e Campomarino, ha inizio a sud della stazione di Termoli (progressiva FS 440+400) e termina a sud della stazione di Campomarino dal costo di 135 milioni di euro;
   Lotto 3 «Campomarino-Ripalta», che si sviluppa per 18.260 metri dalla progressiva 5+940 alla progressiva 24+200, interessando sia il territorio molisano che il territorio pugliese, dal costo di 308 milioni di euro;
   il soggetto aggiudicatore è Rete ferroviaria italiana (RFI) S.p.A. e il cronoprogramma di progetto prevede la redazione e approvazione del progetto definitivo, l'esecuzione dei lavori e il collaudo del lotto 1 in 2707 giorni, mentre del lotto 2 e del lotto 3 ciascuno in 2739 giorni;
   il costo del progetto preliminare all'esame è stato quantificato in 549 milioni di euro (al netto di IVA), di cui 409 milioni di euro per lavori, 9 milioni di euro per oneri per la sicurezza, 131 milioni di euro per somme a disposizione comprensivi di 7,7 milioni di euro per acquisizione aree;
   l'opera è inclusa nel contratto di programma RFI 2012-2016 - parte investimenti sottoscritto l'8 agosto 2014, in corso di approvazione ai sensi del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, all'articolo 1 comma 10, prevede che il contratto di programma 2012-2016 – parte investimenti, sottoscritto in data 8 agosto 2014 tra la società Rete ferroviaria italiana (RFI) spa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è approvato, acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia) con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   dalle risultanze dell'istruttoria svolta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'opera si evince che la tratta a singolo binario Termoli - Lesina rappresenta il vero «collo di bottiglia» dell'intera «direttrice adriatica» della rete ferroviaria, che impedisce incrementi di traffico e comporta limitazioni alla circolazione ferroviaria, incidendo sugli effettivi tempi di percorrenza. Inoltre, il progetto del raddoppio della linea Pescara-Bari nella tratta Termoli-Lesina è necessario per il potenziamento della «Direttrice Adriatica», che ha un ruolo strategico sia per il trasporto passeggeri sia per il trasporto merci. Tra gli obbiettivi del suddetto progetto ci sono l'aumento della velocità massima del tracciato e della capacità della linea, l'elevazione degli indici di qualità del servizio, in termini di regolarità del traffico e di migliore adattabilità della domanda di trasporto, la riduzione dei costi d'uso dell'infrastruttura e migliore coordinamento delle attività di circolazione dei treni, nonché di manutenzione delle infrastrutture stesse e in fine il miglioramento dell'offerta conseguente alla riduzione dei tempi di percorrenza;
   ai sensi dell'articolo 165 del citato decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni è stato pubblicato in data 1o marzo 2013 su un quotidiano a tiratura nazionale («Sole 24 Ore») e due a diffusione locale («Tempo – edizione regione Molise» e «Il Nuovo Quotidiano di Puglia») l'avviso di avvenuto deposito del progetto presso le rispettive sedi della regione Puglia, della regione Molise, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dei beni e le attività culturali e del turismo, al fine della consultazione da parte del pubblico e della presentazione di eventuali osservazioni;
   con parere 12 luglio 2013, n. 1294, la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale – VIA e VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha espresso parere positivo, con prescrizioni, di compatibilità ambientale sul progetto all'esame;
   con nota 17 giugno 2013, n. 16693, il Ministero per i beni e le attività culturali ha espresso parere tecnico favorevole, con prescrizioni, sul progetto all'esame;
   il Consiglio superiore dei lavori pubblici-quinta sezione, nell'adunanza del 20 febbraio 2014, ha espresso parere favorevole n. 46/13, con osservazioni e prescrizioni, sul progetto all'esame;
   la regione Puglia, con deliberazione della giunta regionale 19 novembre 2013, n. 2160, ha espresso parere favorevole sulla localizzazione dell'opera, ai sensi dell'articolo 165, comma 5, del citato decreto legislativo n. 163 del 2006; con le integrazioni contenute nella nota 2 dicembre 2014, n. 2398;
   la regione Molise, con deliberazione della giunta regionale 17 novembre 2014, n. 591, ha espresso parere favorevole, con prescrizioni, sulla localizzazione dell'opera ai sensi dell'articolo 165, comma 5, del citato decreto legislativo n. 463 del 2006;
   come riferito dal Ministero proponente, l'ammontare complessivo delle valorizzazioni formulate dal soggetto aggiudicatore su ciascuna prescrizione emersa in sede di conferenza di servizi non ha determinato un incremento del limite di spesa previsto per l'intero intervento, atteso che gli importi relativi alle prescrizioni accolte trovano capienza nel quadro economico;
   attualmente per il solo lotto 1 Ripalta – Lesina risulta individuata una copertura finanziaria per 106 milioni di euro a valere sulle risorse di cui alla Tabella A04 del contratto di programma R.F.I. 2012-2016 – Parte investimenti, di cui 98 milioni di euro disponibili sul capitolo 7122 e 8 milioni di euro da fondi comunitari;
   con la delibera del 28 gennaio 2015 pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 152 del 3 luglio 2015, il CIPE, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 165 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni e dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 e successive modificazioni e integrazioni, ha approvato, con prescrizioni e raccomandazioni, anche ai fini della attestazione della compatibilità ambientale, della localizzazione urbanistica e della apposizione del vincolo preordinato all'esproprio, il progetto preliminare dell'opera «Linea Pescara – Bari: raddoppio della tratta Termoli - Lesina». Con riferimento al Lotto 2 «Termoli – Campomarino» e al Lotto 3 «Campomarino - Ripalta») l'approvazione del CIPE è da intendersi in linea tecnica;
   al comma 1.3. della succitata delibera, il CIPE sancisce che «entro 30 giorni dalla pubblicazione della presente delibera, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti dovrà concordare con Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. un termine, non superiore a 2 anni, per la presentazione del progetto definitivo della ”Linea Pescara - Bari: raddoppio della tratta Termoli - Lesina” nel suo complesso»;
   inoltre, sempre nella succitata delibera all'articolo 2, il CIPE sancisce che su indicazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Rete ferroviaria italiana, spa dovrà rimodulare il crono programma del progetto, riducendo il più possibile i tempi per la messa in esercizio del Lotto 1;
   la prescrizione numero 50 della succitata delibera CIPE prevede che si debbano valutare gli impatti economici sul progetto, derivanti dalla soluzione proposta dalla regione Molise per l'ottimizzazione urbanistica e territoriale del tracciato tra la prog. 1+940 (lotto 2) e 8+298(lotto 3) (prescrizione n. 1 regione Molise);
   a detta dell'interrogante ci vorrà ancora molto tempo per completare l'opera che ha visto tempi lunghissimi fino ad ora per la sua realizzazione: dodici anni per giungere alla approvazione del progetto preliminare da parte del Cipe, sei mesi per la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la mancanza di copertura economica per i lotti 2 e 3. Ci vorranno ancora altri due anni per la presentazione da parte di Rete ferroviaria italiana del progetto che dovrà essere concordato con gli enti locali e quindi anche con la regione Molise che finora ha rallentato i tempi prevedendo alternative –:
   quali siano i motivi per cui la delibera CIPE del 28 gennaio 2015 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 3 luglio 2015 e quindi oltre 5 mesi dopo la sua approvazione;
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia già concordato con Rete ferroviaria italiana s.p.a. un termine, non superiore a 2 anni, per la presentazione del progetto definitivo della «Linea Pescara - Bari: raddoppio della tratta Termoli - Lesina» nel suo complesso e in caso affermativo quale sia tale termine;
   se il Ministro interrogato intenda chiarire quali risorse verranno impiegate per le coperture economiche dei lotti 2 e 3;
   se il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana s.p.a. abbiano ottemperato a quanto sancito dall'articolo 2 della delibera del 28 gennaio 2015 del CIPE pubblicata in Gazzetta Ufficiale serie generale n. 152 del 3 luglio 2015, e quindi se abbiano già rimodulato il cronoprogramma del progetto, riducendo il più possibile i tempi per la messa in esercizio del lotto 1 e, in caso affermativo, quale sia il nuovo cronoprogramma di ciascun lotto. (5-06493)


   COPPOLA, ROSATO, BRANDOLIN e MALISANI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'attuale offerta di servizi di trasporto ferroviario commerciale passeggeri da e per le principali stazioni del Friuli Venezia Giulia si compone di alcuni collegamenti operati dalla flotta alta velocità Frecciabianca e Frecciargento e di alcuni collegamenti Intercity;
   in particolare, per quanto riguarda la stazione ferroviaria di Udine sulla direttrice Venezia Mestre — Milano centrale, il servizio è garantito da due coppie di Frecciabianca (senza prolungamento fino a Torino), mentre lungo la direttrice Venezia Mestre — Roma Termini il servizio è offerto da una coppia di Frecciargento e da una coppia di Intercity notturno;
   per quanto riguarda la stazione ferroviaria di Trieste centrale i collegamenti sono garantiti sulla direttrice Venezia Mestre — Milano centrale da quattro coppie di Frecciabianca (di cui due prevedono un prolungamento fino alla stazione di Torino Porta Nuova), mentre lungo la direttrice Venezia Mestre — Roma Termini il servizio è offerto da una coppia di Frecciargento e tre coppie di Intercity di cui una notturna;
   questi collegamenti sono di significativo interesse per la regione Friuli Venezia Giulia perché consentono di garantire solide connessioni con il resto del Paese: il collegamento Frecciargento con la capitale, attivato con l'orario 2013/2014, ha restituito un collegamento diretto e di qualità, dopo la soppressione avvenuta nel 2009 del collegamento Eurostar; mentre i treni Intercity garantiscono la continuità territoriale e il diritto alla mobilità interregionale, nonché connessioni dirette durante la giornata con città importanti (Padova, Bologna, Firenze) e con stazioni di minore interesse, non servite dal circuito dell'alta velocità (Arezzo, Prato, Ferrara, Rovigo);
   gli Intercity, infatti, servendo stazioni minori del basso Friuli (Cervignano-Aquileia-Grado, Latisana-Lignano-Bibione) e del Veneto orientale (Portogruaro-Caorle, San Donà di Piave), sono utilizzati anche dall'utenza cosiddetta «pendolare», svolgendo un servizio simile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni, con un importante flusso d'utenza sulla media percorrenza che si aggiunge a quello sulla lunga;
   l'assenza di un programma di intensificazione dei collegamenti diretti ad alta velocità combinata con l'offerta di prezzi del circuito Le Frecce, affida al servizio operato dagli Intercity il compito di tutelare le fasce di utenza più deboli: chi ha difficoltà economiche, chi abita nei centri minori, chi necessita di spostarsi di notte specialmente lungo la direttrice Nord-Sud;
   il cosiddetto «contratto di servizio universale» sovvenzionato dallo Stato è scaduto il 31 dicembre 2014, ma sta continuando a produrre effetti, nelle more del suo rinnovo, in regime di proroga fino al 13 dicembre 2015, data di cambio orario;
   la prosecuzione nell'erogazione del servizio da parte dell'impresa ferroviaria è avvenuta, peraltro, in attesa della conclusione dei tavoli di confronto con le singole regioni interessate dalla paventata soppressione degli 84 collegamenti Intercity su tutto il territorio nazionale;
   la programmazione dei servizi in regime di proroga, come riportato dalla relazione sullo stato di attuazione del contratto per l'anno 2014, ha quindi tenuto conto di diverse esigenze tra le quali quelle indicate dal tavolo tecnico avviato a febbraio 2014 con Trenitalia e le regioni;
   in particolare, sono state affrontate le criticità riguardanti la soppressione — poi scongiurata — decisa dall'impresa ferroviaria delle cinque coppie di Intercity svolte a mercato, in autonomia commerciale, cioè i tre collegamenti sulla direttrice Milano Napoli e le due coppie sulla direttrice Roma-Trieste, e il mantenimento dell'offerta ICN;
   a tal proposito, c’è stato il mantenimento di quattro di questi cinque collegamenti, con la sola soppressione di una coppia di Intercity Milano-Napoli;
   da notizie di stampa è emersa la preoccupazione che in assenza della stipula del nuovo contratto, si possa arrivare ad una interruzione della circolazione di molti dei collegamenti Intercity; inoltre le intenzioni manifestate da Trenitalia portano l'utenza a presagire che con il riordino degli orari a partire dal 14 dicembre 2015, l'offerta di queste tipologie di treni possa comunque essere compromessa, a partire dai citati quattro collegamenti operati in autonomia commerciale;
   inoltre, in previsione del riordino degli orari a partire dal 14 dicembre 2015 e della stipula del nuovo «contratto di servizio» si rammenta che:
    ad oggi gli ultimi collegamenti serali tra la stazione di Venezia Mestre, snodo ferroviario del Nord-Est, e quelle di Udine e Trieste centrale risultano essere rispettivamente il regionale 2474 delle ore 23,16 e il regionale 2219 delle ore 22,53. Un'offerta, questa, che lascia scoperta una fascia oraria serale nella quale giungono alla stazione di Venezia Mestre alcuni collegamenti del circuito Le Frecce da centri importanti quali Milano, Roma e Napoli, e che comunque non consente la prosecuzione del viaggio agli utenti delle Frecce in caso di ritardi su treni che altrimenti avrebbero consentito il raggiungimento della meta finale del viaggio;
    le attuali coppie di treni ad alta velocità sulla direttrice Trieste/Udine — Roma sono concentrate in alcune particolari fasce orarie, con partenze alle 6,45 e 6,55 in direzione Roma e alle 16,35 e 16,50 in partenza da Roma, mentre nel resto della giornata le uniche opzioni sono i collegamenti Intercity (in servizio diurno solo su Trieste) o i treni alta velocità in transito allo snodo ferroviario di Venezia-Mestre –:
   come il Ministro intenda garantire, nel nuovo contratto di servizio e nell'ambito del riordino degli orari a partire dal 14 dicembre 2015, la continuità territoriale, il diritto alla mobilità interregionale e la tutela delle fasce d'utenza più deboli, in particolare quella cosiddetta «pendolare», i cittadini con difficoltà economiche, gli abitanti nei centri minori e l'utenza notturna;
   quali urgenti iniziative, per quanto di competenza, il Ministro intenda assumere per assicurare un'adeguata offerta trasportistica nel Friuli Venezia Giulia, mantenendo o altresì rafforzando i collegamenti ad oggi esistenti;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare, considerato che i treni Frecciabianca da e per Udine lungo la direttrice est-ovest si attestano oggi alla stazione di Milano centrale e non è previsto il loro prolungamento fino alla città di Torino;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda promuovere al fine di assicurare un collegamento tra lo snodo di Venezia Mestre e le stazioni di Udine e Trieste centrale dopo la mezzanotte.
(5-06495)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'UVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 settembre 2015, lungo l'arteria della strada statale 114, la corretta viabilità è stata interrotta, in entrambi i sensi di marcia, in località Capo Alì, a causa di alcuni cedimenti del costone di montagna adiacente, provocando l'invasione di numerosi frammenti di massi e di terriccio lungo la carreggiata, rendendone inevitabilmente necessaria la chiusura;
   tale tratto stradale, compreso nella «Strada Statale 114 — Orientale Sicula», risulta compreso tra quelli di diretta competenza Anas, gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale, la quale risulta essere una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell'economia e delle finanze, e sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   per tali motivi sono accorsi sul luogo gli stessi uomini della società Anas, per verificare e quantificare tempestivamente i danni occorsi al tratto di strada soggetto all'evento franoso, i quali, di concerto con le autorità di polizia competenti, hanno disposto la chiusura dell'arteria fino alla sua completa messa in sicurezza;
   già in data 9 settembre 2015 il quotidiano consultabile online «Tempostretto» riportava alcune dichiarazioni di esponenti del consiglio Comunale, i quali riconducevano l'evento «all'ennesimo problema a causa dei ritardi di interventi risolutori e definitivi», e affermavano che «si rende necessario il cambio delle rete di protezione con reti più moderne ed efficienti che in altri luoghi hanno dato ottimi risultati», evidenziando una frequenza preoccupante nei disagi di simile natura avvenuti nello stesso tratto stradale;
   allo stesso tempo il quotidiano annunciava che, ancora una volta, per i cittadini residenti, o comunque fruitori del tratto di strada in oggetto, si sarebbero verificati, nei giorni a seguire, gravi disagi per l'interruzione totale di tutti i servizi di collegamento lungo l'arteria statale jonica;
   in data 11 settembre 2015, lo stesso quotidiano pubblicava un altro articolo, in cui si riportavano alcune importanti dichiarazioni rilasciate da esponenti del Comitato «No Frane» della riviera jonica messinese, che, evidenziando la ripetitività degli eventi franosi nella località considerata, sottolineavano come «la mancata adozione di provvedimenti definitivi in merito prospetta un autunno-inverno difficile e pieno di pericoli fisici per i lavoratori e cittadini che si devono spostare verso Taormina o verso Messina, senza che le autorità competenti abbiano risolto in maniera strutturale e definitiva un problema vitale per la circolazione, che si trascina da decenni, mettendo a rischio la vita delle persone»;
   gli stessi esponenti hanno dichiarato come sia ormai da diverso tempo «che si mettono e rimettono reti più o meno efficienti con gli stessi risultati, nuove e continue frane ad ogni temporale», considerando come piuttosto «non sia mai stata realizzata una galleria para massi», così come invece creata in altre zone del tratto di strada stradale, denunciando possibili speculazioni «sulla manutenzione di quel tratto stradale fragile che durante l'autunno e l'inverno fa da cassa per molte ditte che curano per così dire la zona»;
   in data 21 settembre 2015 il sito di informazione locale «blogTaormina», consultabile online, riportava circa l'importante manifestazione di protesta che ha visto protagonisti i cittadini delle località coinvolte dai disagi, affermando come quello di Alì sia «un problema che si ripresenta alle prime piogge. Una vicenda che si trascina negli anni»; sottolineando inoltre «chi non ricorda, da piccolo, quelle reti piazzate lungo la strada statale di Capo Alì ? Qualche masso, purtroppo, rotola giù con troppa facilità e allora, come successo dopo il nubifragio del 9 settembre, anche in questa occasione il percorso è stato chiuso provocando disagi agli abitanti della riviera jonica del messinese e in particolar modo ai cittadini di Alì Terme, Itala e Scaletta Zanclea»;
   dalla stessa fonte si apprende come sia nato «un comitato spontaneo di cittadini dopo la frana che si è verificata in seguito al nubifragio del 9 settembre. Al momento l'Anas ha chiuso la strada statale, ma venerdì sono iniziati i lavori e, a quanto pare apriranno una corsia già da mercoledì. Noi, però, chiediamo altro. Vogliamo una soluzione definiva al problema, perché subiamo tutto ciò da anni»;
   soltanto in data 21 settembre 2015 i blocchi per impedire il passaggio anche ai pedoni, oltre che alle auto, sono stati rimossi, così come riportato in data 22 settembre 2015 dal quotidiano «Tempostretto», secondo cui sarebbero stati sì «eliminati gli ostacoli la Statale 114, all'altezza di Capo Alì, chiusa per frana in seguito al maltempo dello scorso 9 settembre», ma soltanto a senso unico alternato;
   la «Strada Statale 114 — Orientale Sicula», unico collegamento della riviera jonica siciliana, è risultata essere l'ottava strada più pericolosa d'Italia secondo uno studio condotto dall'Automobile Club d'Italia (ACI), evidenziando così, ancora una volta, la necessità di provvedere urgentemente alla messa in sicurezza del tratto stradale considerato per garantire sia la regolarità del traffico locale, sia l'incolumità degli automobilisti che sono costretti a percorrerlo in assenza di alternative autostradali –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se intenda, per quanto di competenza e nel rispetto delle prerogative dell'amministrazione regionale, adoperarsi affinché, di concerto con l'Anas, società competente nel tratto di strada considerato, vengano assunte tutte le misure necessarie per garantire la messa in sicurezza della strada statale 114, in località Capo Alì, nel lungo periodo, anche attraverso l'installazione di sistemi di protezione che garantiscano la sicurezza degli automobilisti e, contestualmente, scongiurino la possibilità di periodiche speculazioni nelle operazioni di messa in sicurezza dei costoni adiacenti il tratto stradale. (4-10499)


   VARGIU. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'industria nautica rappresenta nell'intero nostro Paese un'eccellenza del sistema produttivo, importante per sostenere i percorsi di definitivo abbandono della spirale recessiva, puntando sui settori della tecnologia, del design e dei servizi che costituiscono una nostra precisa scelta di sviluppo;
   il settore rappresenta la quinta voce dell’export italiano con un fatturato di 3,5 miliardi di euro nell'ambito dei quali, solo nel 2013, quasi un terzo della domanda mondiale di imbarcazioni da diporto è stato commissionato ai cantieri italiani;
   l'industria nautica mobilita circa 18 mila addetti diretti che diventano 80 mila se si considera anche l'indotto del turismo nautico;
   la nautica è un settore economico attorno al quale ruota la costruzione, il commercio, la manutenzione, la locazione ed il noleggio di imbarcazioni, la costruzione e l'ammodernamento di porti e approdi turistici, l'intera attività recettiva nei porti e sulle imbarcazioni, nonché tutte le attività legate agli sport nautici;
   lo stato di crisi, che negli ultimi anni ha colpito anche il comparto nautico italiano, ha imposto un'accelerazione della stessa attività legislativa del Parlamento, che il 23 settembre 2015 ha portato all'approvazione alla Camera dei deputati del disegno di legge 2722, che interviene con norme di semplificazione e di liberalizzazione, indubbiamente utili al rilancio del settore;
   tale situazione di sofferenza del comparto della nautica da diporto è peraltro pagata pesantemente da regioni come la Sardegna che stanno da tempo investendo nella infrastrutturazione portuale e nei servizi correlati, in grado di intercettare una quota crescente di tale traffico diportistico, indispensabile per il rafforzamento delle reti della nautica e per la creazione di nuove opportunità di sviluppo coerenti con la vocazione naturale dei territori;
   il rafforzamento infrastrutturale delle portualità non è certo favorito in Sardegna dalla attuale situazione di governo commissariale dei principali porti commerciali, che dura ormai da quasi due anni, con rinnovi trimestrali che vanno contro ogni logica di programmazione;
   in particolare, le stesse procedure di individuazione delle nuove autorità portuali di Cagliari e Olbia appaiono fortemente rallentate al punto che non risulterebbero neppure individuate le terne da cui attingere la professionalità, a cui affidare la gestione della portualità olbiese;
   le ventilate azioni di riordino della complessiva governance portuale, che coinvolgerebbero anche la Sardegna, hanno comportato la diffusione di ipotesi relative al possibile accorpamento delle funzioni portuali di Cagliari e Olbia in un'unica Authority;
   l'attuale situazione di indeterminatezza, che in Sardegna si prolunga ormai da due anni, impedisce di fatto qualsiasi programmazione della progettualità, condannando le autorità portuali alla mera gestione dell'ordinaria amministrazione;
   tale gestione commissariale è evidentemente inadeguata rispetto a qualsiasi utilizzo strategico delle attività portuali, sia per quanto attiene allo sviluppo industriale e commerciale, che per quanto riguarda il completamento dell'infrastrutturazione e il rafforzamento dell'offerta rivolta alla nautica da diporto;
   appaiono fortemente depotenziate anche tutte le attività rivolte al reperimento delle risorse economiche indispensabili per la realizzazione di qualsiasi nuova attività progettuale –:
   quali siano i motivi che hanno sinora impedito di nominare le nuove autorità portuali di Cagliari e Olbia;
   se corrisponda al vero l'ipotesi dell'accorpamento delle due autorità portuali sarde e quali siano eventualmente i vantaggi attesi che orienterebbero verso tale scelta;
   se sia consapevole del grave danno che le proroghe dell'attuale regime di commissariamento stanno causando alta valorizzazione e alla implementazione delle attività e del ruolo delle portualità di Cagliari e Olbia e, conseguentemente, allo sviluppo economico dell'intera Sardegna;
   quali iniziative intenda adottare ed entro quali tempi per risolvere una situazione ormai diventata insostenibile.
(4-10500)

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:


   COVELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la bozza di riorganizzazione degli uffici della polizia di Stato sul territorio nazionale predisposta dal Ministero dell'interno prevede la soppressione del posto di polizia di Cetraro in provincia di Cosenza;
   la ragione della soppressione oltre che nell'ambito di un processo di riorganizzazione starebbe anche nella ubicazione dell'immobile ospitante in una zona a rischio dissesto;
   il comune in considerazione del rischio ha immediatamente manifestato la propria disponibilità a concedere gratuitamente un immobile comunale disponibile qual è quello dell'ex palazzo di città sito in piazza Gino Iannelli;
   il territorio di Cetraro nel suo passato neppure troppo lontano è stato teatro di violenze criminali e con la presenza di un vivace tessuto economico e di un porto in espansione è un territorio sempre a rischio di possibili pericolose infiltrazioni criminali;
   è stata più volte rappresentata l'esigenza di poter aprire un confronto istituzionale finalizzato a salvaguardare la presenza del posto di polizia e a potenziarne anche gli organici in relazione alla evidente peculiarità del comprensorio –:
   se e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di evitare la soppressione del posto fisso di polizia di Cetraro raccogliendo la volontà costruttiva mostrata dall'amministrazione locale e assicurandone permanenza e piena operatività al servizio della sicurezza dei cittadini e del territorio. (3-01727)


   CAUSIN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 febbraio 2015, in località Maerne, presso il comune di Martellago (VE) una donna quarantenne è stata ferita alla schiena con un coltello da un uomo che l'ha aggredita all'imbocco del tunnel ciclopedonale che porta in via Fratelli Bandiera, con lo scopo di un'aggressione sessuale;
   la vittima, nonostante la paura e la pericolosità della situazione, ha trovato la forza per reagire, e pur riuscendo a divincolarsi e fuggire ha subito una ferita sulla schiena provocata dal coltello che l'aggressore brandiva;
   dalle prime immagini acquisite dai circuiti di sorveglianza e dalle testimonianze, sembra confermata l'ipotesi che si tratti di un giovane, nordafricano e che sulla base di questo possibile identikit le forze dell'ordine hanno avviato una fase di ricerca, al fine di assicurare alla giustizia l'assessore;
   l'episodio in questione, pur eccezionale per la gravità, è l'ultimo in sequenza temporale di una serie di furti e rapine che hanno di fatto deteriorato la situazione dei sicurezza nel territorio di Martellago, situazione sulla quale, l'interrogante ha peraltro già presentato atti di sindacato ispettivo al Ministero dell'interno –:
   se, di fronte al sensibile incremento degli episodi di criminalità nel Miranese e in particolare quelli accaduti in comune di Martellago, sia stato predisposto un piano di incremento della presenza delle forze dell'ordine, o degli interventi nel territorio da parte delle medesime;
   quale livello di coordinamento sia in atto tra le diverse forze dell'ordine che rispondono al Ministero dell'interno e quello della difesa, e le polizie locali che hanno responsabilità sul territorio in questione;
   quale sia il numero di unità delle forze dell'ordine dedicate all'attività di pattugliamento e vigilanza nel territorio in questione e quale sia la modalità di pianificazione degli interventi di prevenzione e controllo;
   quale sia il livello di copertura dei sistemi pubblici di sorveglianza relativamente ai luoghi sensibili (telecamere);
   se, alla luce della situazione che si sta configurando, sia necessario e utile avviare un tavolo di coordinamento tra la prefettura e i comuni coinvolti, al fine di ottimizzare la presenza delle forze dell'ordine e l'efficacia degli interventi. (3-01728)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TERROSI, ALBANELLA, ALBINI, ARLOTTI, BONOMO, CAPOZZOLO, LAVAGNO, CARRA, NARDUOLO, OLIVERIO, PALMA, PRINA, ROMANINI, VENITTELLI e INCERTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la coltivazione della canapa da fibra sta riscuotendo, nel nostro Paese, grande interesse dovuto alla elevata versatilità propria di questa coltura;
   dalla canapa infatti, come noto, si ricava la fibra impiegata nella filiera del tessile oltre a materiale che trova impiego come coibentante in edilizia. Dalla canapa, inserita nelle rotazioni colturali come coltura da rinnovo, in grado di rinettare il terreno migliorando le sue caratteristiche generali di fertilità, si ritraggono alimenti (dai semi, all'olio, alle farine) e prodotti impiegati in cosmetica;
   in particolare, il settore alimentare appare particolarmente interessante per gli sviluppi che potrebbe avere tenendo conto della composizione nutrizionale della canapa: ad elevati contenuti in proteine e glucidi infatti è associata assenza di glutine, elevato contenuto in omega 3, omega 6 e vitamina E. La canapa inoltre può utilmente essere impiegata per la bonifica di terreni inquinati, data la capacità delle sue radici di adsorbire metalli pesanti e inquinanti;
   negli ultimi anni gli ettari coltivati a canapa industriale sono progressivamente aumentati a testimonianza di un accresciuto interesse da parte delle aziende agricole e di sempre nuovi territori che ne sperimentano la reintroduzione, seppure sussistano ancora problematiche relative alla esecuzione degli itinerari tecnici, in particolare in ordine alla meccanizzazione di varie fasi della coltivazione e alla ricerca per la ricostituzione del patrimonio genetico;
   da notizie apparse sulla stampa si apprende che, durante la campagna agricola dell'anno 2015, sarebbero stati eseguiti diversi sequestri delle coltivazioni di canapa, in diverse regioni italiane. Alcuni dei suddetti contenziosi si sono risolti positivamente una volta eseguito il campionamento ed ottenuto l'esito dello stesso in relazione al contenuto di tetraidrocannabinolo (THC) presente nella coltivazione. In altre occasioni, invece, la coltivazione è stata compromessa e per altre ancora l'esito non risulta ancora definitivo;
   in tutti i casi noti, gli agricoltori soci di associazioni specifiche del settore avrebbero regolarmente acquistato semente certificata, iscritta al catalogo europeo delle varietà ammesse alla coltivazione e quindi contenente una percentuale di tetraidrocannabinolo inferiore allo 0,2. Gli agricoltori avrebbero, inoltre, come previsto dalla legislazione vigente, presentato regolare comunicazione di semina alle locali stazioni dei carabinieri;
   si sottolinea che, come noto, anche se a seguito del campionamento regolarmente eseguito, risultasse un tenore di THC della coltivazione superiore allo 0,2 per cento, non vengono comminate sanzioni all'agricoltore bensì è chiamato a risponderne amministrativamente il produttore di seme;
   sembrerebbe che non in tutti i casi di sequestro e successivo campionamento il procedimento di prelievo adottato sia stato conforme al metodo che deve essere impiegato per accertare il tenore di THC presente in una coltivazione di canapa. Infatti, il metodo di prelievo, conservazione del campione e analisi dello stesso adottato per il rilevamento del tenore di THC, è quello previsto dall'Allegato I del Regolamento (CE) n. 1122/2009 della Commissione;
   questo stesso metodo è lo stesso adottato anche dal CRA CIN di Bologna, incaricato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del controllo amministrativo del tenore di THC delle coltivazioni ai sensi dei regolamenti europei, dai carabinieri e dalla guardia di finanza nel caso in cui questi intervengano su coltivazioni che ritengono sospette, sebbene non esistano in Italia laboratori specificatamente accreditati per la esecuzione di detta analisi, tali da poter essere impiegati in controversie di natura giudiziaria;
   sembrerebbe inoltre che non in tutti i casi si sia provveduto a rilasciare una parte del campione prelevato, opportunamente catalogato e sigillato, all'agricoltore per le eventuali controanalisi;
   allo stato attuale non sono in possesso dell'interrogante notizie circa la avvenuta o prossima distruzione delle coltivazioni, procedura che, se messa in atto, impedirebbe l'esecuzione di ulteriori campionamenti e che, nel caso venga stabilita la estraneità ai fatti contestati all'agricoltore, costituirebbe un danno economico irrimediabile –:
   se le notizie riportate corrispondano al vero;
   se i campionamenti eseguiti nel 2015 abbiano rispettato quanto previsto dall'allegato I del Regolamento (CE) 1122/2009 della Commissione;
   se non ritengano, nel caso in cui tale procedimento previsto dall'allegato I del Regolamento (CE) 1122/2009 della Commissione non sia stato rispettato in uno o più casi, di dover ripetere, laddove le controversie non siano appianate, ulteriori campionamenti seguendo tale metodo, normalmente impiegato dai laboratori del CRA CIN di Bologna, dai carabinieri e dalla guardia di finanza;
   se non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza affinché, laddove e se sia prevista, venga evitata la distruzione della coltivazione, considerando che altrimenti non sarebbe più possibile eseguire eventuali ulteriori controanalisi oltre al grave nocumento che deriverebbe dalla perdita di reddito;
   se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, promuovere la istituzione di laboratori accreditati e autorizzati alla esecuzione delle analisi per il rilevamento del tenore di THC, opportunamente dislocati in tutto il territorio italiano;
   se non ritenga necessario, nei casi in cui sia stato definitivamente accertato che le coltivazioni sequestrate siano di canapa industriale e non di canapa indica, assumere iniziative per darne la più ampia diffusione sugli organi di stampa e sui social network al fine di ristabilire la credibilità degli agricoltori coinvolti e della coltura della canapa industriale. (5-06497)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROMANINI e PATRIZIA MAESTRI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta del 16 settembre 2015 il consiglio comunale di Fontevivo (PR) ha approvato un ordine del giorno sull'accoglienza dei migranti proposto dal Sindaco Tommaso Fiazza;
   nella premessa al documento si sostiene che l'accoglienza dei migranti nel territorio comunale pone problemi di natura sanitaria oltre che sociali, dal momento che frequentemente prima del trasferimento nei comuni di destinazione non vengono identificati né sottoposti a un controllo sanitario che possa attestarne lo stato di salute;
   l'ordine del giorno approvato impegna il sindaco e la giunta a rispondere in modo fermamente negativo alla richiesta di ospitare immigrati in strutture e luoghi pubblici;
   impegna altresì l'amministrazione comunale «a rispondere in modo fermamente negativo anche all'accoglienza nei luoghi privati posti sul territorio comunale, stante i problemi sanitari e sociali che ne conseguirebbero, e comunque previa verifica dell'idoneità igienico-sanitaria della struttura ospitante e successivamente alla certificazione medica sullo stato di salute degli accolti», in modo da non creare problemi sanitari alla popolazione residente;
   l'ordine del giorno approvato ha suscitato la ferma opposizione dei consiglieri di minoranza ma anche dell'opinione pubblica come riportato nei giorni successivi dalla stampa locale –:
   quali siano le profilassi cui sono sottoposti i migranti al loro arrivo sul territorio nazionale e se, come sostenuto nell'ordine del giorno approvato dal consiglio comunale di Fontevivo (PR), sussistano condizioni tali da ritenere che la presenza di migranti sul territorio nazionale possa rappresentare un problema per la salute dei cittadini;
   quali iniziative i ministri interrogati, ciascuno per la propria competenza, intendano mettere in atto per evitare che si verifichino situazioni analoghe a quella descritta in premessa ed evitare così il diffondersi di un ingiustificato ed inutile allarmismo tra la popolazione. (4-10496)


   D'UVA, VILLAROSA, LOREFICE, MANNINO, DADONE, LUPO, SARTI, RIZZO e CANCELLERI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 dicembre 2008, nella zona compresa tra Milazzo e Falcone, si sono verificati, a causa di piogge molto abbondanti, eventi alluvionali di particolare intensità che hanno gravemente colpito tali località, causando ingenti danni e provocando gravissimi disagi alle popolazioni locali;
   il comune di Falcone, in particolare, risultava essere uno dei comuni maggiormente colpiti da tali fenomeni e l'entità dei danni subiti richiedeva l'intervento di ditte esterne che liberassero il centro abitato dai fanghi e detriti causati dall'esondazione del limitrofo torrente Feliciotto;
   è necessario rilevare come nel territorio falconese sia emerso, nel corso degli anni, un preoccupante quadro di legami tra politica e criminalità organizzata, a seguito di numerose indagini e alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia, i quali, deponendo in sede di alcuni procedimenti giudiziari denominati «Gotha» e riguardanti il sistema mafioso di gestione degli appalti nel territorio barcellonese, avrebbero denunciato un sistema illecito attraverso il quale garantire l'affidamento dei lavori ad aziende legate alla criminalità organizzata;
   in seguito alle numerose indagini portate avanti in questi anni dalle varie procure siciliane dal 2008 a oggi, tali dichiarazioni hanno potuto trovare effettivo riscontro nei numerosi arresti per associazione mafiosa a danno di imprenditori titolari di alcune delle ditte risultate vincitrici degli appalti;
   tra questi avvenimenti particolare rilievo assume proprio l'affidamento di parte dei lavori per la rimozione dal territorio dei fanghi causati dall'alluvione del 2008 a un imprenditore ritenuto legato ad ambienti di tipo malavitoso, che ha condotto la magistratura all'emissione di 8 avvisi di garanzia nei confronti di alcuni esponenti politici del comune di Falcone (Messina), per i quali si ipotizza il reato di abuso d'ufficio in concorso;
   tra i destinatari di tali provvedimenti, così come firmati dal pubblico ministero Francesca Bonanzinga, risultano l'attuale sindaco del Comune di Falcone (Messina), Avv. Santi Cirella, nonché gli assessori comunali, in carica tra dicembre del 2008 e maggio del 2009, Pasquale Bucolo, Sebastiano Calabrese, Francesco Giuseppe Cannistraci e Mariano Antonino Gitto;
   così come riportato da fonti di stampa, in occasione dell'alluvione dell'11 dicembre 2008 con l'ordinanza n.30, del 14 dicembre 2008, firmata dal Sindaco del Comune di Falcone (Messina), Avv. Santi Cirella, e con successive delibere di approvazione adottate dalla Giunta municipale, si precettava, quale esecutrice dei lavori di intervento di trasporto di pietre con pala gommata, la ditta individuale di cui risulta titolare il presunto boss del Comune di Terme Vigliatore (Messina), Carmelo Salvatore Trifirò;
   secondo quanto emerso dalle indagini, per eseguire i lavori di somma urgenza post-alluvione, consentendo la messa in sicurezza del territorio e dei suoi abitanti, il comune di Falcone (Messina) ha ricevuto dalla regione siciliana fondi per un ammontare superiore ad un milione e quattrocentomila euro;
   secondo l'accusa mossa dal pubblico ministero, tale ordinanza sarebbe stata adottata nonostante Carmelo Salvatore Trifirò già nel 2008 risultasse gravato da precedenti penali, nonché sottoposto a regime di custodia cautelare in carcere a seguito di ordinanza del Gip del Tribunale di Messina per l'operazione antimafia denominata «Vivaio»;
   secondo gli inquirenti, «oltre a quella nella titolarità di Carmelo Salvatore Trifirò, compare pure la Ve.Ni.Al. di Salvatore Campanino, azienda con sede in Contrada Granciotta, Terme Vigliatore, (Messina), a cui sono stati liquidati con determina del 2011 lavori per complessivi 59.780 euro»;
   Salvatore Campanino, condannato a otto anni di reclusione al processo «Vivaio», per gli inquirenti sarebbe imprenditore «vicino» alla mafia barcellonese, ed in particolare a persone quali «Tindaro Calabrese, Agostino Campisi e Carmelo Salvatore Trifirò»;
   agli amministratori comunali, così come al presunto boss Carmelo Salvatore Trifirò, si contesta la violazione dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, il quale prevede espressamente che, «quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni»;
   al solo Sindaco Avv. Santi Cirella, infine, si contesta l'ulteriore reato di omissione di atti d'ufficio per avere omesso di rilasciare gli atti richiesti, «nonostante tale richiesta proveniva da un componente della Commissione speciale per l'alluvione nominata con delibera del Consiglio del 30 dicembre 2008, n.34»;
   in data 30 giugno 2015, il quotidiano La Gazzetta del Sud pubblicava, sulla sua edizione cartacea, la notizia della richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Patti, ipotizzando il reato di abuso d'ufficio in concorso, «per il Sindaco di Falcore, Santi Cirella, e per gli assessori comunali in carica tra dicembre del 2008 e maggio del 2009»;
   sullo stesso quotidiano è affermato che «per lo stesso reato la richiesta di rinvio a giudizio è stata estesa anche all'imprenditore che ha beneficiato dell'affidamento dei lavori di ripristino a seguito dei danni alluvionali dell'autunno 2008, il presunto boss di Terme Vigliatore, Carmelo Salvatore Trifirò, indagato in una serie di operazioni antimafia scattate nella primavera del 2008 con l'inchiesta ‘Vivaio’»;
   secondo quanto appreso dal quotidiano inoltre «Tutti devono rispondere di abuso per l'affidamento di parte dei lavori per la rimozione dei fanghi dell'alluvione del 2008», mentre «agli amministratori comunali di Falcone, così come all'imprenditore Trifirò, si contesta nel capo di imputazione la violazione dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998 che prescrive il divieto per la pubblica amministrazione di contrarre allorquando emergono elementi di infiltrazione mafiosa all'interno di imprese e società» –:
   se sia a conoscenza dei fatti sin qui esposti;
   se intenda valutare la sussistenza dei presupposti per avviare iniziative ai sensi degli articoli 141, 142 e 143 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali in relazione ai fatti di cui in premessa. (4-10497)


   SORIAL, MASSIMILIANO BERNINI e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto denunciato dagli avvocati dell'Asgi, Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e riportato dall'inchiesta de L'Espresso «Migranti del Cara di Mineo, così negli aranceti lo Stato ha creato i caporali», gli ospiti del Centro di accoglienza per i richiedenti asilo (Cara) di Mineo, centro di accoglienza per i richiedenti asilo, non ricevono i documenti previsti dalla legge italiana ed europea e per questo sono costretti a lavorare in «nero» e in condizioni di vera e propria schiavitù, alimentando uno sfruttamento mai visto prima negli agrumeti della zona;
   la direttiva europea prevede che, dopo sei mesi, un richiedente asilo abbia un permesso temporaneo, in modo da poter lavorare regolarmente, ma il permesso non viene consegnato e per ottenerlo bisogna fare ricorso;
   l'omessa comunicazione dei provvedimenti con il quale il questore dispone l'accoglienza è pressoché prassi, poiché tutti i migranti del Cara per avere una risposta alla loro richiesta d'asilo aspettano da uno a due anni, e altrettanti per il ricorso in caso di diniego; inoltre, non viene consegnato l'attestato nominativo e non è disposta neppure la cessazione dell'accoglienza; l'unico documento fornito è il badge, rilasciato dall'ente gestore, ma non ha valore legale;
   come segnalato anche da numerose associazioni tra le quali il Centro Astalli di Catania, gli ospiti del Cara, che sono circa 3000 nonostante la capienza nominale sarebbe di 1800 posti, in mancanza di documenti, non hanno accesso all'assistenza sanitaria e al gratuito patrocinio di un legale e si ritrovano costretti a lavorare in «nero», sfruttati in modo disumano, considerando che la loro manodopera costa meno ancora di quella degli altri immigrati, già fatti oggetto di sfruttamento;
   gli avvocati dell'Asgi hanno presentato numerosi ricorsi contro queste violazioni e hanno inviato una lettera al Ministero dell'interno, ma non hanno ricevuto alcuna risposta;
   anche la Cgil ha segnalato che gli immigrati del centro di accoglienza sono facili vittime dei caporali;
   secondo lo studio di Antonella Elisa Castronovo, dottoranda di ricerca dell'Università di Pisa, pubblicato da una rivista scientifica internazionale, l’Open Journal of Social Sciences, «Il caporalato non esisteva nella zona, è stato letteralmente introdotto col Cara»; infatti «I risultati hanno mostrato implicazioni molto significative nel mercato del lavoro locale»;
   il caporalato è un fenomeno criminale avente ad oggetto lo sfruttamento della manodopera lavorativa, con metodi illegali. Si definisce «caporale» il soggetto che, solitamente nelle primissime ore del giorno, adesca manodopera giornaliera, di solito non specializzata, per farla lavorare abusivamente ed illegalmente in diversi settori; i più diffusi riguardano il lavoro nell'agricoltura (lavoro nei campi) e in cantieri edili abusivi;
   in generale, il termine tende comunque ad indicare una complessa gamma di fenomeni all'interno dei quali si può individuare il lavoro nero, l'evasione contributiva e fiscale, il trasporto abusivo, il lavoro minorile, il mercato delle braccia straniere, tutti fenomeni ascrivibili alla più ampia categoria dello sfruttamento del lavoro, purtroppo, sempre più spesso attigue a forme di vero e proprio neoschiavismo;
   il fenomeno non è nuovo, ma è parte integrante del sistema economico nazionale da diversi decenni, soprattutto per quanto attiene al settore agroalimentare;
   l'estate appena trascorsa ha fatto registrare una serie di eventi tragici e luttuosi collegati allo sfruttamento del lavoro nei campi di raccolta dell'ortofrutta. Tra le cause di certi eventi c’è sicuramente il mancato controllo da parte delle autorità costituite dell'effettiva conformità delle modalità di lavoro alle normative attualmente vigenti, cosa che gli interroganti credono avrebbe sicuramente evitato certe sciagure;
   il caporalato è stato inserito tra i reati perseguibili penalmente nel 2011, essendo considerato un «reato spia» di infiltrazioni criminali nel settore agricolo: si stima che il giro d'affari connesso alle agromafie sia compreso tra i 12 e i 17 miliardi di euro, il 5-10 per cento di tutta l'economia mafiosa, per la maggior parte «giocato» tra la contraffazione dei prodotti alimentari e il caporalato;
   secondo il rapporto «Agromafie e caporalato» pubblicato dal Flai CGIL si tratta di 400 mila lavoratori sfruttati dai caporali. Di questi 100 mila sono in condizioni di grave assoggettamento, definite «paraschiavistiche» dal rapporto: 80 sono gli epicentri dello sfruttamento in Italia e in 55 di questi le condizioni di lavoro risultano «indecenti»; più del 60 per cento dei lavoratori sotto caporale non ha accesso a servizi igienici né all'acqua corrente, mentre il 70 per cento presenta malattie (non segnalate prima dell'inizio della vita nei campi);
   25/30 euro è la paga media per una giornata anche di 12 ore, esattamente il 50 per cento in meno rispetto alla paga prevista dai contratti nazionali, inoltre il caporale chiede ad ogni lavoratore 5 euro per il trasporto sul posto di lavoro, 1,5 euro per una bottiglia d'acqua, 3,5 euro per un panino;
   il ghetto più grande d'Italia, a Rignano Garganico, ospita circa 1000 persone: i braccianti pagano un affitto ai caporali per viverci e sono costretti a farlo perché gli stessi assumono solo gente che abita nel ghetto;
   l'Italia perde 600 milioni di euro all'anno di gettito contributivo in conseguenza del fenomeno del caporalato;
   in vista di un intervento normativo il Governo ha diramato una serie di punti programmatici in base ai quali intervenire per combattere il caporalato, come confisca, intermediazione illecita, responsabilità in solido ed indennizzo alle vittime;
   è opinione degli interroganti che anche la migliore legislazione in materia non abbia valore se non viene seguita da una accurata fase di controllo per l'effettiva attuazione della stessa;
   il decreto legislativo 3 aprile 2004, n. 124 «Razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell'articolo 8 della legge 14 febbraio 2003, n. 30», al Capo II «competenze delle direzioni del lavoro», articolo 7 «Vigilanza», comma 1, lettera «e», riporta che «il personale ispettivo ha compiti di effettuare inchieste, indagini e rilevazioni, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali» –:
   in che modo il Governo intenda combattere la piaga del caporalato e se non consideri urgente intervenire per assicurare una più efficace vigilanza specie nelle zone dove i fenomeni esposti in premessa assumono dimensioni particolarmente preoccupanti, anche attraverso il potenziamento degli organismi preposti ai controlli e degli ispettorati del lavoro, al fine di assicurare il rispetto delle normative vigenti ed evitare il ripetersi di simili tragedie;
   se il Governo sia al corrente dei fatti riportati in premessa e se non consideri necessario e urgente intervenire affinché il grave disservizio legato alla mancata consegna dei documenti agli ospiti del Cara di Mineo sia risolto, in modo da estirpare il fenomeno di caporalato che si è innestato su questa situazione di disagio;
   se il Governo non intenda attivare al più presto la funzione indicata dal decreto legislativo 23 aprile 2004, n.124, citata in premessa in modo da permettere un più completo monitoraggio del territorio rispetto al problema del caporalato.
(4-10501)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   VACCA, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, BRESCIA, SIMONE VALENTE e SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 138, del decreto-legge 6 ottobre 2006, n. 262 istituisce l'ANVUR con il fine di razionalizzare il sistema di valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell'efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
   l'ANVUR ha personalità giuridica di diritto pubblico ed ha le seguenti attribuzioni:
    a) valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell'università e della ricerca;
    b) indirizzo, coordinamento e vigilanza delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;
    c) valutazione dell'efficienza e dell'efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
   la struttura ed il funzionamento dell'ANVUR sono disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76;
   il consiglio direttivo è un organo dell'ANVUR ed è composto da 7 membri;
   il consiglio direttivo determina le attività e gli indirizzi della gestione dell'Agenzia, nonché i criteri e i metodi di valutazione, predispone il programma delle attività, approva il bilancio preventivo, il conto consuntivo e i rapporti di valutazione, nomina il direttore, su proposta del presidente, e provvede in ordine al conferimento degli incarichi sono determinate dal consiglio direttivo;
   ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, sono nominati, con decreto del Presidente della Repubblica, i componenti del consiglio direttivo, su proposta del Ministro, sentite le competenti Commissioni parlamentari. Nel Consiglio direttivo devono comunque essere presenti almeno due uomini e almeno due donne. Ai fini della proposta, il Ministro sceglie i componenti in un elenco composto da non meno di dieci e non più di quindici persone definito da un comitato di selezione appositamente costituito con decreto del Ministro. Il comitato di selezione è composto da cinque membri di alta qualificazione, designati, uno ciascuno, dal Ministro, dal segretario generale dell'OCSE e dai presidenti dell'Accademia dei Lincei, dell’European research council e del Consiglio nazionale degli studenti. Il comitato di selezione valuta anche le indicazioni di nominativi, con relativi curricula, fornite, sulla base di bandi ad evidenza pubblica in Italia e all'estero, dagli interessati, da istituzioni, accademie, società scientifiche, da esperti, nonché da istituzioni ed organizzazioni degli studenti e delle parti sociali;
   con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 3 aprile 2015, n. 205, sono stati nominati membri del comitato di selezione incaricato di predisporre l'elenco dei candidati per la nomina dei 4 componenti del consiglio direttivo dell'Anvur decaduti, il professor Roberto Antonelli, il professor Claudio Bordignon, il professor Giuseppe Caputo, il dottor Pietro Cipollone (designato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca), il dottor Dirk Van Damme;
   dal 30 giugno 2015 il dottor Van Damme è stato sostituito dalla dottoressa Romina Boarini;
   il 25 aprile 2015 il comitato di selezione ha emanato il bando di selezione dando attuazione a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, in merito alla raccolta delle candidature a membro del consiglio direttivo dell'ANVUR;
   secondo il bando di selezione ogni candidato presenta la candidatura mediante scheda in formato elettronico sul portale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca corredata da:
    a) curriculum vitae dettagliato in cui si evidenzi il possesso dei requisiti riportati nelle disposizioni richiamate in premessa (non oltre trentacinquemila caratteri spazi inclusi);
    b) un elaborato scritto che illustri sinteticamente le principali linee d'intervento, indirizzi di gestione, strategie di sviluppo, criteri e metodi di valutazione dell'Agenzia in base ai quali il candidato intenda orientare la propria funzione, nel caso in cui assuma il ruolo di componente del consiglio direttivo dell'ANVUR (non oltre diciottomila caratteri spazi inclusi);
    c) eventuali pubblicazioni che il candidato ritenga significative in relazione alla domanda e, comunque, in numero non superiore a tre, trasmesse in formato elettronico;
   ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, il consiglio direttivo è costituito da sette componenti tra personalità, anche straniere, di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore e della ricerca, nonché della valutazione di tali attività, provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari;
   ai sensi dell'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, la durata del mandato dei componenti dell'organo direttivo dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) compresi quelli eventualmente nominati in sostituzione di componenti cessati dalla carica, è di quattro anni;
   l'articolo 2, comma 140, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, prevede che la carica di presidente o di componente dell'organo direttivo dell'ANVUR possa essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età;
   sia il professor Stefano Fantoni (l'attuale presidente dell'ANVUR), che il professor Sergio Benedetto (membro del consiglio direttivo dell'ANVUR), secondo quanto riportato sui dati biografici presenti sul portale internet dell'ANVUR, risultano aver compiuto i settanta anni di età;
   ai sensi del bando per la selezione di nominativi per il consiglio direttivo dell'ANVUR, il Comitato di selezione ha scelto la rosa di nomi sulla base di alta e riconosciuta qualificazione ed esperienza nel campo dell'istruzione superiore e della ricerca, nonché della valutazione, provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari;
   sono state presentate 121 domande di candidatura per ricoprire la carica di membro del consiglio direttivo Anvur e sul portale dell'Agenzia sono pubblicati sia i curriculum che gli elaborati presentati dai candidati;
   i 15 selezionati per la nomina sono: Fabio Beltram, Daniele Checchi, Raffaele Di Raimo, Mario Diani, Maria Cristina Marcuzzo, Guido Martinelli, Maria Luisa Meneghetti, Paolo Miccoli, Luigina Mortari, Paolo Rossi, Raffaella Rumiati, Guido Saracco, Giorgio Sesti, Susanna Terracini, Maurizio Vichi;
   il Ministro ha selezionato tra i 15 nominativi Daniele CHECCHI, Paolo MICCOLI, Raffaella RUMIATI e Susanna TERRACINI;
   non sono stati resi pubblici i verbali dei lavori del comitato di selezione delle candidature a membri dell'ANVUR;
   la professoressa Raffaella Rumiati risulta appartenente all'area 11, la stessa del professor Andrea Graziosi, attuale membro del consiglio direttivo dell'ANVUR;
   il professor Paolo Miccoli, oltre a risultare oggetto di polemiche riguardo all'elaborato presentato in occasione della propria candidatura, compierebbe i 70 anni di età durante il mandato;
   ad avviso degli interroganti, è inopportuno non rispettare i principi indicati nell'articolo 8, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 1o febbraio 2010, n. 76, componendo il consiglio direttivo dell'ANVUR con due membri della stessa area e non garantendo, quindi, la massima rappresentatività disciplinare;
   è noto che sia le problematiche legate alla valutazione scientifica che quelle legate al miglioramento della didattica, sono molto diverse a seconda della disciplina che viene presa in considerazione. A giudizio degli interroganti, quindi, è opportuno prevedere una sorta di rotazione nella nomina dei membri del consiglio direttivo dell'ANVUR in modo tale da garantire l'avvicendamento di membri appartenenti ad aree diverse;
   i nominativi proposti dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono sottoposti al parere delle commissioni parlamentari competenti;
   nonostante le commissioni parlamentari competenti siano chiamate a formulare un parere sulla proposta di nomina da parte del Ministro competente, non sono noti né i criteri con cui il comitato di selezione ha formato la lista dei 15 nominativi indicati al Ministro, né i verbali e i documenti ufficiali analizzati e prodotti dal comitato stesso, né i criteri con cui il Ministro ha scelto i 4 nominativi da sottoporre al parere delle commissioni parlamentari;
   l'ANVUR ha un ruolo estremamente importante nel mondo dell'università e della ricerca in quanto:
    a) determina, di fatto, una importante somma dei finanziamenti statali a favore degli atenei influenzando, quindi, anche la didattica;
    b) ha un ruolo fondamentale nell'abilitazione scientifica nazionale e quindi sulla classe docente universitaria;
   molti degli elaborati presentati dai candidati scelti nella rosa dei 15 nominativi sono oggetto di critiche in particolare dall'associazione ROARS, specializzata in politiche della ricerca, dei sistemi di valutazione, della formazione terziaria, attraverso il sito web roars.it –:
   come il Ministro abbia interpretato la norma che indica quali componenti del consiglio direttivo dell'ANVUR, personalità provenienti da una pluralità di ambiti professionali e disciplinari considerando che uno dei nominativi proposti appartiene alla stessa area del professor Andrea Graziosi;
   quale valutazione abbia condotto alla scelta di un nominativo che può durare in carica solo 2 anni, per limiti di età, considerando l'alta qualità dei curriculum e delle proposte di alcuni dei 121 candidati;
   se il Ministro intenda rendere pubblici i criteri di scelta adottati dal comitato di selezione, i verbali dei lavori del comitato stesso e la documentazione analizzata;
   se il professor Stefano Fantoni e il professor Sergio Benedetto possano essere considerati, di fatto, decaduti dal consiglio direttivo dell'ANVUR in quanto hanno raggiunto il settantesimo anno di età.
(3-01725)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RUBINATO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola enologica «G.B. Cerletti» di Conegliano è un affermato istituto tecnico agrario ricco di storia che ha la sua origine legata allo sviluppo dell'agricoltura e della viticoltura del Veneto e alle prime vicende storico-politiche dalla nascita d'Italia;
   tale istituto risulta essere accreditato nella regione Veneto come ente di formazione e dal 2010 organizza corsi di istruzione tecnica superiore (I.T.S. post diploma) nel settore agroalimentare e viticolo enologico frequentato da giovani studenti che ambiscono ad accedere al mondo del lavoro con qualificate competenze di cui le aziende del settore agro-alimentare e agro-industriale necessitano;
   tali corsi risultano essere altamente professionali per il settore agroalimentare, divisi tra lezioni in aula e stage aziendali; gli studenti hanno la possibilità di certificare le nozioni apprese che spaziano dalla conoscenza approfondita delle principali filiere di prodotti made in Italy, alla commercializzazione a livello nazionale ed europeo dei prodotti, conoscendo la legislazione, la logistica, il controllo qualità ed i principali aspetti economici;
   negli ultimi anni l'istituto — a tutela della formazione professionale e della preparazione dei propri docenti — ha rilevato i contenuti della prova INVALSI incongruenti — sia nella sostanza (argomento dei quesiti estraneo ai programmi dei corsi impartiti nel biennio) che nella forma (la guida per lo svolgimento della prova non coincide con il fine formativo del corso ITS) — rispetto alla finalità dichiarata del raggiungimento delle competenze acquisite dagli studenti;
   resta ferma la condivisione della finalità delle prove INVALSI, che hanno lo scopo di valutare i livelli di apprendimento dello studente –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per assicurare — a tutela della formazione professionale orientata sulla conoscenza approfondita di determinate materie — che i contenuti delle prove INVALSI siano coerenti con le competenze acquisite dagli studenti, affinché gli stessi vengano valutati per il livello di apprendimento effettivamente raggiunto o — quantomeno — valutare l'opportunità di escludere il voto della suddetta prova dal calcolo della media del giudizio complessivo dello studente. (5-06488)


   D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto ministeriale 8 agosto 2014 n. 612, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 agosto 2014, n. 67, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanava il bando per l'ammissione alle scuole di specializzazione in medicina anno accademico 2013/2014;
   il successivo articolo 7 stabilisce che la prova di ammissione alle scuole di specializzazione in medicina per l'anno accademico 2013/2014 dovrà essere svolta telematicamente, identica a livello nazionale con riferimento a ciascuna scuola, e da sostenersi tra il 28 e il 31 ottobre 2014, e, al comma successivo, che il software necessario all'espletamento della prova verrà fornito dal CINECA;
   il CINECA, al quale è affidata la diretta organizzazione della prova, è un Consorzio interuniversitario senza scopo di lucro operante sotto il diretto controllo del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale ha il compito di fornire sistemi gestionali per le amministrazioni universitarie e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 1o novembre 2014, i principali quotidiani nazionali riportavano notizia circa gravissime irregolarità nel corso dei test di accesso alle scuole di specializzazione, i quali accusavano il CINECA di aver confuso le prove da fornire ai candidati d'area medica e area dei servizi clinici, invertendo le domande da inviare ai responsabili d'aula nelle varie sedi d'esame;
   «la svista», conclude l'articolo, «rappresenta un'enorme figuraccia per il Miur, e lede la credibilità del CINECA. E avrà anche una ricaduta economica, se è vero che per assicurare la trasparenza delle procedure di concorso, il Ministero aveva impiegato circa 1.800 persone nel servizio di vigilanza», dimostrando come il gravissimo errore abbia irrimediabilmente compromesso la considerazione del Consorzio CINECA controllato dal Ministero;
   in data 1o novembre 2014 il Ministero, con propria nota, interveniva in merito al rilevato errore del CINECA, confermando l'avvenuta inversione delle prove concorsuali del 29 e 31 ottobre, affermando come «a seguito dei controlli di ricognizione finali sullo svolgimento dei test, il Miur ha rilevato una grave anomalia nella somministrazione delle prove scritte del 29 e 31 ottobre, e riguardanti le scuole dell'Area Medica e quelle dell'Area dei Servizi Clinici»;
   al termine del documento il Ministero, ammettendo pubblicamente l'irregolarità, dispone la previsione di annullamento e conseguente ripetizione delle prove oggetto dell'errore determinato dal CINECA;
   è bene ricordare che l'errore di inversione delle prove risultava essere solamente l'ultimo di una serie di irregolarità avvenute nel corso della settimana antecedente le prove d'esame, quali ritardi nell'attribuzione delle sedi ai candidati, nonché della relativa suddivisione per nome e numero degli stessi nelle sedi delle prove concorsuali;
   nei giorni antecedenti le prove concorsuali sono pervenute al Ministero alcune richieste, circa una maggiore attenzione a garanzia del regolare svolgimento delle prove d'esame, in modo da scongiurare l'ipotesi di nuove irregolarità cui avrebbero fatto seguito ricorsi ai tribunali amministrativi regionali, con costi certamente gravosi in termini economici, e, soprattutto, a tutela del buon nome del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   in data 4 novembre 2014 un nuovo comunicato del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca riporta come «la Commissione ha vagliato i quesiti proposti ai candidati per l'Area Medica (29 ottobre) e quella dei Servizi Clinici (31 ottobre) stabilendo che, sia per l'una che per l'altra Area, 28 domande su 30 sono comunque valide ai fini della selezione», e, allo stesso tempo si riporta che a seguito di un confronto avuto con l'Avvocatura dello Stato e del verbale della Commissione si è deciso di procedere, dunque, con il ricalcolo del punteggio dei candidati neutralizzando le due domande per area che sono state considerate non pertinenti dal gruppo di esperti e, di conseguenza, alla convalida del concorso;
   a seguito di tale decisione numerosi ricorsi hanno interessato, come ampiamente prevedibile, i tribunali amministrativi, i quali avevano in un primo tempo disposto che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca procedesse all'immediata iscrizione ai corsi di specializzazione di tutti i candidati, salvo poi, disporre la trasposizione dal Consiglio di Stato al Tar;
   dopo una lunga serie di rigetti ad opera del Tar, il Consiglio di Stato, in via giurisdizionale, ha deciso di ammettere, a seguito dell'udienza del 4 giugno 2015, attraverso le ordinanze 2462, 2441, 2464, 2463, 2461 del 5 giugno, sez. VI giurisdizionale, con riserva almeno una decina di studenti, che potrebbero rappresentare il lasciapassare per i molti altri aventi diritto;
   in data 23 settembre il quotidiano consultabile online «Il Corriere della Sera», pubblicava un articolo in cui veniva riportata la fondamentale decisione assunta dal Consiglio di Stato il quale, con tre sentenze relative ai ricorsi promossi da circa 2000 giovani medici, parlava di «gravissime irregolarità inerenti i membri della commissione, la fase di approvazione della graduatoria e diversi quesiti errati, tali da determinarne il prossimo annullamento»;
   tale decisioni assunte dal tribunale amministrativo sottolineano, ancora una volta, come quantomeno discutibili siano state le scelte ministeriali di provvedere, nonostante le rilevanti evidenze già oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01138 svoltasi in data 5 novembre 2014, alla convalida del concorso per le scuole di specializzazione per l'anno accademico 2013/2014 –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro a seguito delle recenti sentenze relative al concorso nazionale per l'accesso alle scuole di specializzazione per l'anno accademico 2013/2014, così come emesse dal Consiglio di Stato, le quali, anticipando un probabile annullamento in sede amministrativa dello stesso, ad avviso dell'interrogante comprometteranno ormai in via irreparabile i diritti degli aspiranti specializzandi, nonché il corretto funzionamento del sistema universitario e sanitario italiano. (5-06492)


   MARZANA, DI BENEDETTO, SIMONE VALENTE, BRESCIA, VACCA, LUIGI GALLO e D'UVA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   i flussi turistici internazionali continuano a crescere a ritmo sostenuto anche nel 2014: secondo i dati dell'Organizzazione mondiale del turismo (UNWTO World Tourism Barometer – aprile 2015), l'Europa si conferma l'area più visitata del mondo raggiungendo quota 583,6 milioni di arrivi, con circa 17 milioni di turisti in più rispetto al 2013; l'aumento è apprezzabile soprattutto nell'Europa meridionale/mediterranea (6,9 per cento);
   sul versante dei flussi turistici stranieri in Italia, i dati Istat indicano nel primo trimestre 2015 una maggiore crescita sia per gli arrivi (5,3 per cento) che per le presenze (3,7 per cento); rispetto allo stesso periodo dello scorso anno; nel primo trimestre 2015 la spesa dei viaggiatori stranieri in Italia, pari a 5.647 milioni di euro, è cresciuta del 5,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso (si tratta di 280 milioni di euro in più);
   con la riforma universitaria, avviata dal decreto ministeriale n. 509 del 3 novembre 1999, si sono realizzati una serie di cambiamenti che adeguano il sistema universitario italiano ad un modello concordato con gli altri Paesi dell'Unione europea e più spendibile nel mondo del lavoro;
   una delle innovazioni principali introdotte con la riforma consiste senz'altro nell'adozione di nuovi corsi di laurea articolati in due livelli e proprio per dare maggiore impulso al settore turistico viene inserito il corso di laurea triennale in scienze del turismo per i beni culturali (ora denominato L15) e il conseguente corso di laurea di secondo livello (ora denominata magistrale) in progettazione e gestione dei sistemi turistici (ora denominato LM 49);
   in particolare la laurea triennale in scienze del turismo per i beni culturali (L15) permette di «Formare ricercatori, tecnici, manager e funzionari con competenze integrate nella prospettiva di una promozione turistica sostenibile; approfondisce e sviluppa i temi della progettazione e gestione dei sistemi turistici e della valorizzazione del territorio necessario per le attività turistiche e le loro relazioni con il territorio ospitante e con tutti gli stakeholders»;
   mentre la laurea di secondo livello in progettazione e gestione dei sistemi turistici (LM 49) consente di acquisire «avanzate competenze nel saper operare all'interno dei sistemi turistici, in contesti omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche o dalla presenza diffusa di imprese turistiche», e ancora, «avanzate competenze nella gestione delle imprese turistiche al fine di integrare le aziende ricettive con i servizi culturali e ambientali, avanzate competenze nella promozione, commercializzazione e gestione di prodotti turistici, anche con l'ausilio delle nuove tecnologie multimediali»;
   purtroppo, tutto ciò paradossalmente non trova applicazione nella realtà concreta, difatti i laureati dei corsi Universitari suddetti non possono partecipare a concorsi pubblici poiché le classi di laurea L15 ed LM49 non sono compresi nei requisiti dei bandi di selezione e di conseguenza si viene esclusi per mancanza dei requisiti minimi di ammissione;
   per citare un caso, nel Concorso pubblico n. 20 del 13 marzo 2015 per l'assunzione di 120 funzionari a tempo indeterminato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 4a serie speciale – concorsi ed esami, rivolto al reperimento di funzionari da impiegare presso le amministrazioni centrali, di cui 3 posti presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo scorrendo l'elenco delle lauree ammesse al concorso, all'articolo 3 (Requisiti) mancano proprio le classi L15 ed LM49;
   nonostante nei bandi di selezione vengano esplicitamente richieste competenze corrispondenti a quelle acquisite dai laureati nelle classi di laurea L15 e LM49 – questi percorsi di studi non sono equiparati ad altre classi di laurea normalmente citate nei bandi di selezione con automatica esclusione per mancanza dei requisiti minimi di ammissione;
   anche i candidati in possesso di un titolo di studio conseguito all'estero sono ammessi alle prove concorsuali, purché il titolo sia stato riconosciuto equivalente ad uno dei titoli indicati nei modi previsti dalla legge o sia stato riconosciuto equivalente con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 38, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   un problema di requisiti viene riscontrato anche per l'accesso all'insegnamento nelle scuole in quanto nel decreto ministeriale n. 22 del 9 febbraio 2005 – che riporta l'elenco delle lauree che conferiscono l'abilitazione all'insegnamento – non figurano le classi di laurea L15 e LM49, rendendo quindi impossibile l'accesso all'insegnamento;
   tale trattamento mortifica i sacrifici degli anni di studi e tradisce la spendibilità delle competenze acquisite che, in un settore così prolifico come quello turistico, troverebbero facile collocazione e sarebbero portatori di ulteriore valore professionale –:
   come i Ministri interrogati intendano procedere per equiparare le classi di laurea citate in premessa ad altre lauree in modo da consentire la partecipazione ai concorsi delle istituzioni pubbliche;
   se, e come, si intenda provvedere al mancato inserimento delle suddette classi di laurea nell'allegato A del decreto ministeriale n. 22 del 9 febbraio 2005 riguardo all'accesso all'insegnamento. (5-06494)


   PORTA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 21 dicembre 1999, n. 508, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2000, sono state riformate con riferimento all'articolo 33 della Costituzione, le accademie di belle arti, l'accademia nazionale di danza, l'accademia nazionale di arte drammatica, gli istituti superiori per le industrie artistiche, i conservatori di musica e gli istituti musicali pareggiati;
   in particolare, con l'articolo 2, comma 2, della stessa legge i conservatori di musica, l'accademia nazionale di danza e gli istituti musicali pareggiati sono trasformati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici, conferendo agli stessi: «... personalità giuridica (..) autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile ai sensi del presente articolo, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi»;
   con il comma 6 del citato articolo 2 si stabilisce che: «Il rapporto di lavoro del personale delle istituzioni di cui all'articolo 1 è regolato contrattualmente ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, nell'ambito di apposito comparto articolato in due distinte aree di contrattazione, rispettivamente per il personale docente e non docente. Limitatamente alla copertura dei posti in organico che si rendono disponibili si fa ricorso alle graduatorie nazionali previste dall'articolo 270, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dall'articolo 3, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n. 124, le quali, integrate in prima applicazione a norma del citato articolo 3, comma 2, sono trasformate in graduatorie ad esaurimento»;
   la dottrina e la giurisprudenza hanno elaborato degli indici di riconoscimento della natura pubblica di un ente; la natura pubblica viene desunta da:
    a) esistenza di un sistema di controlli pubblici;
    b) partecipazione dello Stato o altro Ente pubblico alle spese di gestione;
    c) costituzione su iniziativa pubblica;
    d) esistenza di un potere di direzione in capo ad un ente pubblico;
    e) ingerenza di un ente pubblico nella nomina degli organi di vertice;
   i conservatori di musica, evidentemente, pur dotati dell'autonomia di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, hanno natura pubblica e pertanto sono obbligati ad attenersi ai diversi principi fondanti: legalità, buon andamento ed imparzialità, autonomia e decentramento, sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, pubblicità e trasparenza, responsabilità, azionabilità delle situazioni giuridiche, sindacabilità degli atti amministrativi, finalizzazione dell'amministrazione pubblica agli interessi pubblici;
   da tempo presso i conservatori di musica si assiste, in tema di organico, ad una reiterata attività dei diversi consigli accademici che dichiarando «indisponibili» molte cattedre di insegnamento si pongono, ad avviso all'interrogante, in contrasto con i citati principi oltre che con direttive emanate, nell'ambito dei propri poteri, dal Miur;
   in particolare, è utile richiamare la nota del Capo dipartimento professor Marco Mancini avente ad oggetto «Organico anno accademico 2014/2015 – Personale Docente, Amministrativo e Tecnico»: «Come è noto la scrivente Direzione Generale è in attesa di ricevere l'autorizzazione alle assunzioni del personale docente richiesta con riferimento all'anno accademico 2013/14;
   al fine di consentire l'ordinato espletamento della predetta procedura che sembra oramai giunta ad una fase di imminente definizione, si reputa opportuno limitare considerevolmente le variazioni di organico che usualmente codeste Istituzioni deliberano in questo periodo dell'anno accademico in considerazione anche del fatto che risulta ormai completato il riordino dei settori scientifico-disciplinari e la definizione dei nuovi ordinamenti didattici;
   saranno pertanto valutate esclusivamente le deliberazioni di conversione di cattedre per oggettiva carenza di allievi documentata dall'andamento nell'ultimo triennio delle iscrizioni;
   sarà inoltre consentita la determinazione di indisponibilità esclusivamente delle cattedre liberate dai titolari trasferiti altrove qualora sia già stata deliberata la conversione in altra disciplina»;
   nonostante tali indicazioni il capo dipartimento il 5 settembre 2014 con nota n. 5619 era costretto a intervenire nuovamente: «Oggetto: Organico anno accademico 2014-2015 personale docente;
   con nota 3321 del 29 maggio scorso codeste istituzioni sono state invitate a comunicare, previa delibera degli organi interni, le eventuali variazioni di organico ritenute necessarie e indispensabili per una diversa programmazione dell'offerta formativa nei limiti dell'autonomia attribuita della legge 508/99 e Regolamenti attuativi. (...);
   si è constatato dall'esame delle delibero inviate da codeste Istituzioni che non sono state tenute in debita considerazione le indicazioni fornite, ma anzi sono state assunte decisioni, in particolare per le indisponibilità, che in molti casi non sono suffragate da alcuna motivazione o mantengono indisponibili cattedre che già erano state dichiarate tali negli anni accademici precedenti;
   inoltre, in molti casi le indisponibilità risultano riferite al mantenimento del personale docente attualmente già in servizio a tempo indeterminato;
   al riguardo si segnala che i ricorsi promossi contro le delibere caratterizzate da tali motivazioni sono stati accolti nella totalità dei casi e pertanto è necessario prevenire il contenzioso che vedrebbe soccombente l'Amministrazione;
   per quanto fin qui premesso si conferma che non sarà dato seguito alle conversioni e in particolare alle indisponibilità che non rispecchiano i criteri posti con la nota di cui in premessa. (...)»;
   da tempo, per altro, anche le organizzazioni sindacali avevano con forza evidenziato il problema, tra le tante ad esempio: «Nell'incontro svoltosi lunedì 25 giugno 2012 con il Ministro Profumo (...) l'Unams ha più volte ribadito (ed è ormai stanca di farlo) che nessuno, sindacato, amministrazione o quant'altro, senza un provvedimento normativo specifico, può stravolgere il sistema della mobilità (...). Ancora più grave appare l'illegale congelamento di cattedre che viene attuato da alcune Accademie e Conservatori. Sul merito esistono precise sentenze; purtroppo una certa impunità creatasi in determinate istituzioni, fa procedere le medesime con tale punitivo e barbaro sistema. La volontà è quella di volutamente creare un illecito, sperando che gli alti costi dei ricorsi, e la lentezza dei pronunciamenti, rispetto ai danni immediati scoraggino i soggetti colpiti. Gli autori di simile abuso sanno inoltre di non dover pagare nulla di tasca propria e sanno anche che, nel frattempo, avranno potuto disporre di una cattedra da affidare a qualcuno maggiormente gradito dell'avente diritto. Costui poi, anche perdendo successivamente la cattedra per intervento del tribunale potrà sempre godere dei titoli così accumulati, e rimarrà comunque grato al direttore compiacente di turno.»;
   particolarmente rilevante appare il richiamo espresso nella nota su citata dal direttore del Dipartimento, professor Mancini, ove segnala la soccombenza della amministrazione nella «totalità dei casi» relativamente ai contenziosi, con ciò avendo segnalato per tempo ai diretti interessati la prospettiva di arrecare consapevolmente un danno erariale nel caso di decisioni in contrasto con le indicazioni ricevute;
   numerosissime sono infatti le decisioni concordi espresse dai diversi tribunali amministrativi regionali e dal Consiglio di Stato, tra le altre si vedano: Tar Lazio: (registro generale 10043 del 2013) del 22 maggio 2014 – (registro generale 7832 del 2013) del 22 maggio 2014 – (registro generale 7967 del 2012) del 20 dicembre 2013 – (registro generale 6835 del 2012) del 26 settembre 2012 – (registro generale 8959 del 2012) del 2 gennaio 2014 – (registro generale 7967 del 2012) del 10 gennaio 2013 – Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Sesta) registro generale 1350 del 2015) del 3 aprile 2015, ove è addirittura il Miur a ricorrere contro il conservatorio di Musica «Giuseppe Verdi» di Milano;
   in tutte le richiamate decisioni, si ripete concordi, emerge in maniera univoca l'anomalia e l'arbitrarietà delle decisioni dei consigli accademici dei conservatori musicali relative a provvedimenti di indisponibilità di cattedre e/o a mancato utilizzo delle ordinarie procedure di mobilità. Di seguito, e per tutte, le puntuali argomentazioni espresse in una delle decisioni suindicate del Tar Lazio: «In particolare, le esigenze didattiche poste a sostegno delle determinazioni impugnate dovevano essere adeguatamente motivate se il Conservatorio di Santa Cecilia voleva procedere a congelamento della cattedra in questione o alla sua conversione in diverso settore disciplinare;
   né costituiva idonea motivazione – in assenza di elementi oggettivi e circostanziabili – l'esigenza di ricorrere a specifiche professionalità laddove non è indicata la ragione per la quale il ricorso alle procedure di mobilità, in presenza anche di domande di trasferimento, escludeva comunque la presenza di tali professionalità che potessero meglio soddisfare l'utenza del Conservatorio né era indicato quali fossero (e sotto quale profilo erano state individuate) tali specifiche professionalità, utilizzando il Conservatorio una motivazione “standard” e ripetuta per tutte le altre cattedre;
   (...) Così pure, in relazione alla delibera n. 2/12, deve riscontrarsi l'analoga carenza e illogicità di motivazione laddove è affermato che risulta accertata la necessità, stante l'esperienza maturata nei precedenti anni accademici, di poter disporre di docenti che oltre alla comprovata professionalità e competenza, requisiti questi sempre indispensabili e comuni anche al persona di ruolo, possano meglio coadiuvare l'azione di monitoraggio e verifica dell'Amministrazione come sopra delineata. (...) In ordine alla richiamata modalità di affidamento delle cattedra resa indisponibile a docente selezionato da apposita commissione e dotato di adeguati titoli artistici e professionalità, il Collegio non può porre in dubbio la validità del soggetto considerato sotto il profilo della sua professionalità ma nuovamente deve rilevare che manca ogni considerazione sulla circostanza per la quale adeguati titoli artistici e professionali non potevano essere riconosciuti anche ai soggetti interessati da procedure di mobilità per cattedre da rendere disponibili»;
   in altri termini va ribadito, anche alla luce delle su richiamate note ministeriali che i conservatori musicali devono soggiacere a criteri di selezione, reclutamento e impiego del personale docente, quali scuole di formazione statale e non enti privati, previsti dalle legge dal contratto collettivo nazionale decentrato vigenti, non rilevando sul punto l'autonomia statutaria loro attribuita;
   diffuse sono le, sedi in cui da anni si opera – in ragione di una strumentale applicazione dell'autonomia – una costante e ad avviso dell'interrogante arbitraria applicazione, e a volte violazione, di leggi, regolamenti, e disposizioni contrattuali; per tutte va richiamato il caso emblematico del conservatorio di musica «Alfredo Casella» a L'Aquila: qui da molti anni vi è la reiterazione di una generica motivazione con cui si dichiara «l'indisponibilità al trasferimento in entrata della cattedra di Clavicembalo, al fine di evitare contenzioso, essendo ancora valide le motivazioni sottoposte lo scorso anno accademico» (verbale del consiglio accademico del 3 giugno 2015) ottenendo il risultato di consentire l'insegnamento ad un docente di ruolo presso altro conservatorio, contemporaneamente negando il sacrosanto diritto a chi ha i requisiti per ottenere il trasferimento in mobilità –:
   quale attività di monitoraggio sia stata posta in essere dal Miur per verificare l'esatta entità numerica del fenomeno;
   quante siano le segnalazioni per danno erariale formulate dal Miur nei confronti dei responsabili di decisioni assunte in violazione di norme, ordinanze e contratti di lavoro relativamente ai fatti di cui in premessa, che hanno portato al pagamento di somme a carico del bilancio dello Stato;
   quante eventuali denunce siano state inoltrate all'autorità giudiziaria proposi dal Miur per i fatti di cui in premessa;
   quali iniziative cogenti si intendano adottare per evitare il ripetersi delle anomale situazioni di cui in premessa.
(5-06499)

Interrogazione a risposta scritta:


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nella seduta della Camera dei deputati dell'8 luglio 2015, è stato presentato dall'interrogante l'ordine del giorno n. 9/02994-B/003, ove si rimarca la pari dignità professionale dei docenti nonché l'attribuzione agli stessi di mansioni strettamente collegate alla funzione di docente, in considerazione anche dei titoli professionali posseduti;
   l'ordine del giorno, accolto come raccomandazione dal Governo, rimarcava l'importanza e l'urgenza, con riferimento a tutte le istituzioni scolastiche di secondo grado nell'adempimento di quanto disposto nei commi 33-44 del disegno di legge A.C. 2994-B, che venisse assicurata ad ogni scuola la presenza di un docente di Discipline giuridiche ed economiche (classe concorso A019);
   nell'ordine del giorno si sottolinea la peculiarità del ruolo che, i docenti appartenenti alla classe di concorso A019 – professionisti nelle discipline giuridico ed economiche, dovrebbero assumere nell'ambito del potenziamento dell'organico dell'autonomia;
   i docenti sono chiamati sia a cooperare per la creazione negli alunni di una consapevolezza piena e matura del loro status di cittadini, che si connota di diritti acquisiti e di regole da osservare, ma anche ad impartire nozioni di legalità, diritti umani, diritti civili e sociali;
   «La Buona scuola» prevede inoltre, dall'anno scolastico 2015/2016 che vengano attivati percorsi alternanza scuola-lavoro sia negli istituti tecnici e professionali (almeno 400 ore) sia nei licei (almeno 200 ore), a partire dal terzo anno; il Governo ha accolto l'ordine del giorno riconoscendo in tal senso le competenze specialistiche dei docenti di discipline giuridiche ed economiche;
   il docente, in base alla specificità della propria formazione e specializzazione, è in grado di assicurare il potenziamento degli insegnamenti previsti dalla legge n. 107 del 2015 non solo per ciò che attiene alla convivenza civile e alla cittadinanza attiva, ma anche per un efficace intervento didattico in economia politica e finanziaria, sicurezza sul lavoro ed educazione stradale –:
   se il Ministro intenda assumere al più presto iniziative volte a definire disposizioni di indirizzo dell'attività amministrativa al fine di garantire omogeneità e organicità all'azione espressa a livello periferico e dare attuazione a quanto espressamente riconosciuto in sede parlamentare riguardo alla peculiarità della figura del docente di discipline giuridiche ed economiche nell'ambito di potenziamento dell'autonomia delle scuole. (4-10503)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la società Alcatel Lucent spa, con sede legale a Milano e unità dislocate su tutto il territorio nazionale, progetta e sviluppa tecnologie;
   in data 10 giugno 2015 è stata approvata la risoluzione n. 8-00115 nella Commissione XI della Camera, presentata il 14 maggio 2015, che impegna il Governo ad adottare iniziative urgenti al fine di salvaguardare i livelli occupazionali – fra dipendenti e lavoratori interinali – nonché i redditi dei lavoratori della Alcatel-Lucent di Trieste. Si temeva, infatti, che la società potesse compromettere la strategicità del sito e mettere a rischio i posti di lavoro, con l'avvio della procedura di vendita alla multinazionale Flextronics, annunciata lo scorso 13 maggio 2015;
   si è appreso che, in data 1o settembre 2015, tramite Assolombarda, è stato comunicato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che la Società Alcatel-Lucent intende procedere al licenziamento di 23 lavoratori appartenenti, a quanto è dato sapere, quasi interamente alla sede lombarda, mentre altri licenziamenti interesserebbero le sedi della Puglia e del Lazio. L'attivazione della procedura di licenziamento collettivo è avvenuta in assenza di un accordo in sede sindacale;
   il 23 settembre 2015, si è tenuta presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una riunione per l'espletamento della fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo, a cui erano presenti i rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm nazionali e territoriali, il coordinamento nazionale delle Rsu, il rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e due funzionari della regione Lombardia. A riguardo, stante l'esigenza di effettuare ulteriori accertamenti, la predetta riunione è stata rinviata alla data del 1o ottobre 2015, quale ultimo giorno utile per la definizione della fase amministrativa della procedura di licenziamento collettivo;
   la società ha comunque dichiarato di non essere disponibile ad adottare soluzioni alternative, quali i contratti di solidarietà o la cassa integrazione, che possano escludere i licenziamenti. Sicché, la Alcatel Lucent, pur avendo dichiarato di essere una società in ripresa, intende sacrificare ben 23 posti di lavoro, dimostrandosi non concretamente disponibile a gestire in maniera condivisa il processo di ristrutturazione che sta attraversando, anzi, in sede d'incontro presso il Ministero del lavoro, ha addirittura proposto di concludere immediatamente la procedura di licenziamento collettivo con un mancato accordo, prima della scadenza dei termini previsti dalla legge;
   Fim, Fiom e Uilm hanno dichiarato la loro netta contrarietà ai licenziamenti, ritenendoli irragionevoli, soprattutto, a fronte del dichiarato miglioramento dell'andamento complessivo dell'azienda;
   si ritiene necessario adottare iniziative e provvedimenti volti ad escludere i licenziamenti in questione, nonché la possibilità di ulteriori licenziamenti in altre sedi del territorio nazionale, considerando che lo stato attuale della società permette soluzioni alternative che consentono di escludere la perdita di posti di lavoro –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative intenda intraprendere affinché l'Alcatel Lucent spa adotti soluzioni alternative che escludano i 23 licenziamenti annunciati e che consentano la salvaguardia dei livelli occupazionali della società su tutto il territorio nazionale. (5-06491)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, COLONNESE, DI VITA, MANTERO, GRILLO, SILVIA GIORDANO e BARONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 21 settembre 2015 un operaio di 52 anni dipendente della ditta «Somak», originario di Taormina, è morto in un incidente mentre lavorava in una nave d'appoggio della piattaforma petrolifera «Vega» al largo di Pozzallo;
   la procura ha aperto una inchiesta e pare risultino cinque nomi iscritti nel registro degli indagati per l'ipotesi di reato di omicidio colposo;
   la salma è stata trasferita all'obitorio dell'ospedale di Ragusa dove verrà eseguita l'autopsia disposta dal sostituto procuratore Alessia La Placa per far luce sulle cause del decesso;
   la nave di stoccaggio «Fso Leonis», dove si è verificato l'incidente mortale sul lavoro, è stata posta sotto sequestro nell'ambito delle indagini in corso condotte da capitaneria di porto e carabinieri con la collaborazione dei funzionari dello Spresal, che dovranno accertare, tra le altre cose, l'esistenza o meno dei requisiti minimi di sicurezza sul lavoro;
   stando alla dinamica approssimativa ancora tutta da accertare, l'operaio sarebbe precipitato in una cisterna della stiva, morendo annegato. La società Edison, in una nota, ha confermato l'infortunio letale a bordo della nave di stoccaggio in gestione all'armatore «Tea Shipping»;
   il corpo senza vita dell'uomo è stato ritrovato nel gavone di prua della nave, che normalmente nella «Fso Leonis» è vuoto, e nel quale erano state programmate regolari attività di manutenzione;
   «Vega» è la più grande piattaforma petrolifera fissa mai realizzata nell’off-shore italiano. Il campo «Vega», 60 per cento di Edison in qualità di operatore e il restante 40 per cento di Eni, è collocato a circa 12 miglia a sud della costa meridionale della Sicilia, al largo di Pozzallo. Comprende una piattaforma denominata «Vega A» per lo sfruttamento del giacimento petrolifero, e un deposito galleggiante, ovvero la nave di stoccaggio di 110 mila tonnellate ricavato dalla trasformazione della ex-petroliera «Leonis» in «Fso» (Floating – Storage – Offloading). Il galleggiante è ormeggiato ad una mono boa situata a circa 1,5 miglia dalla piattaforma e ad essa collegata tramite condotte sottomarine –:
   se intendano promuovere verifiche, per quanto di competenza, e nel rispetto dell'attività svolta dalla magistratura in ordine alle cause dell'incidente verificatosi a Pozzallo;
   se intendano effettuare gli opportuni controlli relativamente alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro sulla piattaforma petrolifera al largo di Pozzallo;
   se intendano predisporre, con la massima urgenza, iniziative capaci di arginare, sia a terra che in mare, il gravissimo fenomeno delle morti sul lavoro, anche attraverso sanzioni incisive nei confronti di coloro che risultano responsabili di simili tragedie. (4-10506)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 78 del 2015, anche noto come «decreto enti locali», prevede una serie di assunzioni straordinarie;
   tra le assunzioni previste vi sono quelle di 1050 carabinieri;
   le 1050 unità in questione sarebbero i vincitori del concorso indetto nel 2011 che stanno completando la ferma quadriennale, gli idonei non vincitori del medesimo concorso e, per i posti residui, l'ampliamento dei posti dei concorsi banditi nel 2015 e nel 2016, ai sensi dell'articolo 2199, comma 4, lettera a), e 2201 del decreto legislativo n. 66 del 2010;
   è stata, invece, esclusa dalle assunzioni straordinaria la categoria degli idonei non vincitori del concorso del 2010;
   il motivo addotto in relazione a tale scelta starebbe nel fatto che la validità dell'idoneità dura cinque anni, e nel caso degli idonei non vincitori del concorso del 2010 (la cui idoneità è stata rilasciata nel novembre del 2010) essa scadrà prima della data assegnata dal decreto per le assunzioni (ovvero il 1o gennaio 2016);
   quindi, per un assurdo paradosso, gli idonei non vincitori dei concorsi del 2010 per entrare in polizia e nella guardia di finanza, che per una serie di intoppi burocratici si sono visti riconoscere tale idoneità solo all'inizio del 2011, vedono la loro graduatoria come valida e pertanto inserita nel piano assunzioni, mentre gli idonei non vincitori del concorso per entrare nell'Arma dei carabinieri dello stesso anno non avranno la possibilità –:
   se non ritengano, per quanto di competenza, di dover assumere iniziative per riconsiderare la posizione degli idonei non vincitori del concorso del 2010 per entrare nell'Arma dei carabinieri, che dopo anni di attesa si vedono esclusi dal piano di assunzioni straordinarie, perché la loro idoneità scadrebbe meno di due mesi prima della data di partenza per le assunzioni, evitando che vi sia una netta disparità di trattamento tra questi e gli idonei non vincitori dei concorsi dello stesso anno per entrare in polizia nella guardia di finanza. (4-10502)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 15 ottobre 2015 scadrà la cassa integrazione per 524 lavoratori del Gruppo Natuzzi tutti collocati nello stabilimento – non operativo – di Ginosa (Taranto), mentre 1818 lavoratori, in contratto di solidarietà, continueranno ad essere impegnati negli stabilimenti di Santeramo in Colle (BA), di Laterza (TA) e di Jesce 1 e 2 (MT);
   il Gruppo Natuzzi ha riannunciato e comunicato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (dopo il protocollo del 23 settembre 2015 siglato presso il Ministro dello sviluppo economico) la chiusura dello stabilimento di Ginosa, prevedendo per 356 lavoratori la cassa integrazione per cessazione di attività o la procedura della cosiddetta mobilità;
   nell'Accordo di Programma «Distretto del Salotto Natuzzi» del 10 ottobre 2013, sottoscritto dal Governo, dai presidenti delle regioni di Puglia e Basilicata e finanziato con 100 milioni di euro, erano previste una serie di azioni per l'innovazione dei loro prodotti, del processo di produzione e per la reingegnerizzazione, nonché finanziamenti per una nuova industrializzazione, attraverso New company (Newco) degli stabilimenti destinati alla chiusura, al fine di assicurare la continuità occupazionale per i lavoratori salvaguardando l'economia dei territori interessati;
   nell'Accordo del 2013 era, inoltre, sancito e previsto: che il Gruppo Natuzzi impegnasse una società di fiducia per la ricerca di investitori, al fine di costituire nuove attività produttive o Newco per gli stabilimenti in chiusura; che presso il Ministro dello sviluppo economico si costituisse una «cabina di regia» per monitorare e facilitare il processo di reindustrializzazione del sito: che le regioni interessate sovraintendessero ai percorsi definiti in quanto finanziatori per 80 per cento dei 100 milioni di euro resi disponibili nello stesso Accordo;
   nell'Accordo del 2013, infine, si declarava la dismissione dello stabilimento di Ginosa alla condizione del subentro di una Newco o di attività produttiva che garantisse la continuità industriale del sito;
   il 23 settembre 2015, presso il Ministro dello sviluppo economico è stato siglato – a valle dell'Accordo del 2013 summenzionato – con le regioni Puglia e Basilicata, il Protocollo conclusivo per il rilancio del «Distretto del Salotto Natuzzi» che dà il via libera ai fondi, che consistono in 49 milioni di euro, per la realizzazione dei progetti del gruppo Natuzzi –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per garantire il rispetto dell'Accordo del 2013 e del successivo protocollo del settembre 2015, in relazione alla annunciata chiusura dello stabilimento di Ginosa e per scongiurare gli automatici effetti dei licenziamenti per i lavoratori che concludono la cassa integrazione il 14 ottobre 2015. (5-06489)


   FERRO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   già da alcuni anni si è concluso il passaggio del sistema radiotelevisivo dalla tecnica analogica alla tecnica digitale, avviato dal 2009, che ha comportato il progressivo spegnimento dei tradizionali segnali analogici a favore di segnali in tecnica digitale, in modo da consentire un ampliamento del numero dei canali ricevibili e un miglioramento della loro ricezione;
   ancora oggi in diverse aree del Paese si registrano problematiche nella corretta ricezione del segnale radiotelevisivo, e in particolare dei canali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo;
   tra queste si segnalano gravi problemi di ricezione dei canali Rai culturali e di quelli ricreativi per bambini nella località cosiddetta "altipiani di Arcinazzo" ricompresa nel comune di Trevi, in provincia di Frosinone;
   la società Rai è concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, che deve essere prestato nei confronti di tutti i cittadini senza disparità territoriali, mentre ancora oggi alcuni cittadini sono privati della possibilità di fruire del servizio pubblico a causa della cattiva o assente ricezione di segnale;
   a seguito del passaggio dal sistema analogico a quello digitale i cittadini hanno dovuto adeguare a proprie spese i dispositivi di ricezione, ma a tale sforzo economico non è corrisposto un pari sforzo da parte della società concessionaria per garantire una corretta visione a tutti;
   a rendere ancora più insostenibile lo squilibrio è la configurazione del canone come mera tassa di possesso, svincolata quindi alla prestazione del servizio, che costringe chi possiede un apparecchio televisivo a pagare il canone pur non ricevendo correttamente il segnale –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle difficoltà nella ricezione del segnale digitale terrestre in alcune aree del Paese, con particolare riferimento all'area citata in premessa e quali iniziative di competenza intenda attivare al fine di permettere a tutti i cittadini la ricezione di tutti i canali della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo. (5-06490)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel dicembre 2014 Poste Italiane, società di proprietà al 100 per cento del Ministero dell'economia e delle finanze, ha presentato il proprio piano industriale con la chiusura di 450 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura di altri 600 uffici sull'intero territorio nazionale; in regione Lombardia il piano prevedeva la chiusura di 61 uffici e la riduzione di orari di apertura per 121 uffici;
   tale piano, comunicato ai sindaci interessati all'inizio di febbraio 2015 ha creato notevoli conflitti con il tessuto sociale, politico ed economico della regione Lombardia per la sua assoluta mancanza di confronto e condivisione preventiva con gli enti locali, tanto da portare a diffuse azioni di protesta anche sociale. Le proteste si sono concretizzate a livello istituzionale attraverso l'approvazione di una mozione votata all'unanimità dal consiglio regionale della Lombardia il 3 marzo 2015, con la quale l'assemblea legislativa lombarda chiedeva alla giunta regionale di intervenire presso il Governo per addivenire ad una sospensione del piano e ad una sua revisione, in accordo con gli enti locali coinvolti;
   a seguito delle proteste e della posizione assunta dal consiglio regionale lombardo, il piano di Poste Italiane in regione Lombardia è stato sospeso ed è stato avviato un confronto tra l'azienda e gli enti locali, tramite l'Anci Lombardia;
   nella provincia di Cremona, la chiusura più pesante ed incomprensibile era quella dell'ufficio di Ombriano, ufficio localizzato in un quartiere periferico della città di Crema, che annovera una popolazione residente di oltre 6000 persone e oltre cento attività commerciali e produttive che rientra nella categoria C di Poste Italiane, sopra le 40 operazioni al giorno, cioè la categoria con il maggior numero di operazioni;
   Poste Italiane in sede di trattativa congiunta con regione e Anci Lombardia aveva accettato di mantenere in funzione 15 uffici dei 61 per i quali prevedeva la chiusura. Tra questi uffici stralciati dal piano, a seguito della trattativa con ANCI, era incluso quello di Ombriano, successivamente però con assoluta insistenza di Poste in un successivo incontro del 19 giugno, l'ufficio postale di Ombriano è stato escluso dal salvataggio;
   con comunicazione al comune di Crema del 13 agosto 2015 Poste Italiane ha comunicato che l'ufficio postale di Ombriano che serve 6300 abitanti cesserà il proprio funzionamento il 26 ottobre 2015;
   tra la popolazione residente del quartiere di Ombriano servito dall'ufficio sono state raccolte oltre 2000 firme a sostegno di una petizione popolare che chiede il mantenimento dell'ufficio postale;
   Poste Italiane ha rifiutato tutte le proposte giunte dal sindaco del comune di Crema finalizzate a mantenere in essere l'ufficio di Ombriano tra cui quella di compartecipazione da parte del comune degli oneri di affitto dell'immobile nel quale è dislocato l'ufficio postale in questione o la proposta di istituire la chiusura di un giorno alla settimana di tutti gli altri 3 uffici postali periferici della città di Crema, al fine di non lasciare migliaia di abitanti senza un servizio postale di prossimità;
   la decisione di Poste di chiudere un ufficio che serve un quartiere di oltre 6000 abitanti con una percentuale di over 65 anni del 30 per cento e che ha una media di operazioni/giorno superiore alle 150, senza alcun confronto con l'ente locale e di conseguenza senza neppure prendere in considerazione le numerose proposte avanzate dal comune di Crema per evitarne la chiusura e al contempo garantirne la piena efficienza economica, risulta incomprensibile ed inaccettabile e frutto di scelte adoperate senza tener conto dell'impatto sociale ed economico di questo provvedimento;
   la decisione di procedere a chiusure di uffici postali, come nel caso di Ombriano, senza confronto e condivisione di soluzioni è ad avviso dell'interrogante in contrasto con il contratto di servizio sottoscritto con il Ministero e con le disposizioni dell'Agcom;
   l'assenza di confronto con gli enti locali è grave ed è una decisione sbagliata da parte di una azienda pubblica che eroga un servizio pubblico, cosa evidenziata il 29 giugno 2015 da un ordine del giorno approvato all'unanimità dal consiglio direttivo dell'Anci Lombardia in merito alla necessità che Poste non proceda senza ulteriori confronti con i comuni alla chiusura degli uffici –:
   nell'ottica di garantire l'accesso al servizio postale quale servizio universale, quali azioni di competenza il Ministro intenda mettere in atto nei confronti di Poste Italiane affinché vengano prese in considerazione le numerose proposte del comune di Crema a supporto della sostenibilità economica del presidio postale e sia evitata la chiusura dell'ufficio di Ombriano che serve una popolazione di circa 6000 cittadini, diverse imprese e unità commerciali. (5-06496)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza Quaranta e altri n. 2-01091, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zaratti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Parentela n. 1-00990, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 486 del 21 settembre 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    le scelte operate negli ultimi anni in materia di portualità, logistica, servizi universali ferroviari, nonché collegamenti aerei e stradali hanno fortemente penalizzato la regione Calabria, costringendola ad una situazione di isolamento e degrado;
    diritto alla mobilità dei cittadini calabresi è stato fortemente ridimensionato dal degrado delle infrastrutture esistenti e dalla mancanza di una politica strutturale in grado di razionalizzare le risorse esistenti e programmare un piano di investimenti al passo con le sopravvenute esigenze di mobilità;
    i collegamenti all'interno della regione Calabria e quelli da e per la regione sono stati caratterizzati negli ultimi anni dall'interruzione di strategiche arterie stradali, dalla soppressione di numerosi treni nazionali, dall'isolamento della Calabria ionica, dal ridimensionamento di importanti aeroporti quali Reggio Calabria e Crotone, nonché della poca importanza riconosciuta al porto di Gioia Tauro;
    relativamente alla mobilità stradale, la principale arteria è rappresentata dall'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria che ha una estensione complessiva di 443 chilometri, dei quali 118 situati nella regione Campania, 30 in Basilicata e 295 nella regione Calabria;
    il tracciato è tutt'oggi oggetto di continui lavori di manutenzione, ammodernamento e messa in sicurezza, con pesanti ricadute sulla viabilità stradale. Dal sito dell'Anas si apprende come, a fronte di 355 chilometri di rete stradale realizzata, sono ancora in corso i seguenti lavori: 20 chilometri con lavori in corso di esecuzione, relativi al macrolotto 3 parte 2 tra gli svincoli di Laino Borgo (chilometro 153+400) e Campotenese (chilometro 173+900); 10 chilometri, relativi al tratto finale dell'autostrada tra lo svincolo di Campo Calabro (chilometro 433+750 circa) e lo svincolo di Reggio Calabria/Santa Caterina (chilometro 442+920), da sottoporre a intervento di messa in sicurezza (cosiddetto restyling), con bando di gara pubblicato a luglio 2015; per i restanti chilometri di autostrada si prevede un piano di interventi di adeguamento e messa in sicurezza dei relativi tratti autostradali (corpo stradale e opere d'arte presenti), comprensivo anche di alcuni nuovi svincoli richiesti da regioni e enti locali, in parte già finanziato per quanto riguarda i seguenti tratti: 6 chilometri, relativi al tratto tra il viadotto Stupino (chilometro 280+350) e lo svincolo di Altilia (chilometro 286+000), per il quale sono in corso le procedure finalizzate all'appalto dei lavori; 10 chilometri, relativi al tratto tra lo svincolo di Rogliano (chilometro 270+700) e il viadotto Stupino (chilometro 280+350), da appaltare. Sempre da appaltare è l'intervento relativo al nuovo svincolo di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, situato al chilometro 377+750;
    come si evince dai dati di cui in parola, la tratta più interessata dai lavori di messa in sicurezza ed ammodernamento, e dunque più critica, è quella che interessa la regione Calabria;
    vista l'importanza dell'opera, l'entità delle risorse interessate e le caratteristiche del territorio, l'attività di ammodernamento è stata oggetto di diverse indagini sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nei relativi appalti;
    nel 2002 con l'operazione denominata «tamburo» furono eseguite 40 ordinanze di custodia cautelare tra imprenditori, esponenti delle ’ndrine e lavoratori dell'Anas con il sequestro di varie imprese. Nel 2007, con l'operazione «arca», furono arrestate 15 persone appartenenti a imprese aggiudicatarie di subappalti dell'autostrada;
    secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia, Antonio Di Dieco, le ’ndrine si sarebbero ripartite gli appalti per l'ammodernamento dell'autostrada A3 secondo logiche territoriali, e precisamente: alla famiglia di Castrovillari sarebbe stata affidata la tratta dal confine con la Basilicata fino a Mormanno; alle famiglie della Sibaride e di Cirò la tratta Mormanno-Tarsia; alle famiglie di Cosenza la tratta Tarsia-Falerna; alle famiglie di Lamezia la tratta Falerna-Pizzo;
    del tutto evidente come le infiltrazioni malavitose hanno avuto, ed hanno tuttora, un forte impatto all'interno della situazione in cui si trova attualmente l'autostrada in questione;
    le perenni cantierizzazioni hanno ricadute non solo in termini di viabilità, ma anche sugli operai. Dal 2010 ad oggi hanno perso la vita dodici operai;
    l'ultimo episodio, costato la vita ad un giovane operaio di venticinque anni precipitato da una altezza di 80 metri, ha portato alla chiusura per svariati mesi del viadotto «Italia», costringendo gli automobilisti diretti a Reggio Calabria a proseguire lungo la strada costiera tirrenica e quelli diretti a Salerno a deviare lungo un tortuoso percorso sulle strette strade di montagna del massiccio del Pollino, evidentemente inadeguate ad accogliere un afflusso di traffico così importante e a consentire un passaggio regolare dei mezzi pesanti;
    nei periodi di chiusura del viadotto la Calabria ha di fatto vissuto una situazione di reale isolamento e sono state tante le ricadute in termini di mobilità delle persone e delle merci, tanto da indurre il 3 giugno 2015 la giunta regionale calabrese a chiedere alla Presidenza del Consiglio dei ministri di indire lo stato di emergenza e di istituire una commissione ministeriale ispettiva per verificare «le cause dell'evento e quantificarne gli enormi danni alle attività economiche calabresi»;
    secondo una stima resa nota dall'Anas, per il completamento dei lavori di messa in sicurezza e per la chiusura di tutti i cantieri, occorrerebbe stanziare ulteriori 2,3 miliardi di euro, a fronte degli oltre 8 miliardi di euro già stanziati;
    tale situazione caratterizzata da cantierizzazioni costanti, pettorine arancioni presenti in quasi ogni chilometro di strada, deviazioni e tutta una serie di altri disservizi per l'utenza, secondo le previsioni del Presidente del Consiglio dei ministri dovrebbe risolversi «al massimo il prossimo anno» con la chiusura di tutti i lavori;
    suddetta previsione risulta poco confortante e veritiera, soprattutto se considerate tutte le affermazioni rese precedentemente dai responsabili e dagli addetti ai lavori, tra i quali Pietro Ciucci, Corrado Passera e Silvio Berlusconi che avevano indicato il 2013 come data di fine lavori;
    nemmeno la tratta dell'autostrada A3 che interessa la regione Basilicata è esente da criticità. Sebbene dal sito dell'Anas non risulti aperto nessun cantiere, i 30 chilometri di autostrada che attraversano la regione sono caratterizzati da numerose deviazioni, chiusure al traffico per lavori incompleti e gravi problemi infrastrutturali. Il tratto lucano, all'altezza della galleria «Renazza» Lagonegro-Lauria, può certamente essere definita ad alta pericolosità rispetto a tutto il percorso dell'autostrada A3. Infatti, si sono susseguiti negli anni una serie di incidenti stradali, anche mortali, causati dalla presenza di ghiaccio e nebbia sul tracciato poiché inadeguato alle condizioni climatiche del posto. Gli interventi sull'infrastruttura hanno mitigato i disagi, ma non hanno risolto il problema dell'insicurezza della stessa. Negli ultimi mesi, inoltre, sul percorso appena citato, si sono verificati anche gravi incidenti nei cantieri in conseguenza ad alcune frane che hanno causato gravi danni alla salute degli addetti ai lavori;
    la seconda arteria stradale regionale, per importanza, è la strada statale n. 106 «Jonica», anche ribattezzata «strada della morte», che ha un'estensione complessiva, da Taranto a Reggio Calabria, di 491 chilometri, di cui 39 chilometri nella regione Puglia, 37 chilometri nella regione Basilicata e 415 chilometri nella regione Calabria;
     non mancano criticità nemmeno relativamente a questa strada, che risulta essere, lungo il tratto regionale, del tutto inadeguata ad accogliere i volumi di traffico a causa di un'errata progettazione, di una pessima manutenzione, della presenza di guard rail del tutto non conforme e di una cartellonistica pubblicitaria «selvaggia», oltre che di una scarsa illuminazione;
    nella regione Calabria l'Anas ha previsto sia interventi di adeguamento e messa in sicurezza della strada statale n. 106 esistente nei punti di maggiore pericolosità, sia la realizzazione di nuovi tratti in variante a quattro corsie per la realizzazione di un itinerario di lunga percorrenza;
    tratti della nuova strada statale n. 106 a quattro corsie sono stati già realizzati tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico (Cosenza), al confine con la Basilicata per circa 15 chilometri, mentre ulteriori tratti già ammodernati interessano le zone a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone), 17 chilometri tra lo svincolo di Squillace (Catanzaro) e lo svincolo di Simeri Crichi (Catanzaro) nell'ambito del megalotto 2 (dove attualmente sono in corso i lavori relativi al prolungamento della strada statale n. 280) ed infine, sul megalotto n. 1, tra Locri e Marina di Gioiosa Jonica, sono stati ultimati circa 12 chilometri ed aperti al transito 10,5 chilometri;
    la nuova strada statale n. 106 «Jonica» dovrebbe essere completamente integrata con l'autostrada Salerno-Reggio Calabria mediante la realizzazione di arterie trasversali di collegamento come la nuova strada statale n. 182 «Trasversale delle Serre», già in parte in esecuzione, la strada statale n. 280 «dei due mari» e la strada statale n. 534 tra lo svincolo di Firmo (autostrada A3) e Sibari (megalotto 4);
    sui tratti inaugurati appena tre anni fa si sono già verificati crolli e interruzioni, con conseguente aumento dei costi sostenuti dall'Anas;
    sui tratti interessati dai crolli la commissione atta a valutare il progetto, nel verbale n. 8 del 9 dicembre 2004 aveva espresso le proprie perplessità, giudicando non valutabili le varianti proposte, e poi realizzate contenute nel progetto Astaldi;
    anche la vicenda relativa alla strada del Medio Savuto, potenziale infrastruttura viaria di fondamentale importanza per la Calabria centrale perché progettata per collegare il raccordo autostradale del Medio Savuto (strada statale n. 616) e la strada dei «dei due mari» (strada statale n. 280), lede fortemente il diritto alla mobilità nella regione Calabria;
    suddetta infrastruttura, progettata per essere una alternativa veloce e più breve rispetto all'autostrada A3 per raggiungere i principali centri urbani calabresi situati nelle province di Catanzaro e Cosenza, i cui lavori sono iniziati negli anni 1980, ancora non ha visto la luce ed è oggetto di continui finanziamenti da parte del Cipe, senza però che vi siano dei reali sviluppi in termini di realizzazione dell'opera, né tanto meno una copertura totale;
    particolarmente importante per la mobilità locale sarebbero una rapida realizzazione dei lavori del secondo lotto, già finanziato dal Cipe, e l'individuazione delle risorse necessarie a completare l'intero tracciato;
    analoga situazione di criticità si registra per quanto attiene ai collegamenti ferroviari;
    secondo quanto emerso dal rapporto «Pendolaria 2014», in Calabria si è assistito in quattro anni a tagli per il 16,3 per cento, un aumento delle tariffe del 20 per cento, assenza distanziamenti per il servizio e per il materiale rotabile ed una drastica riduzione sulla quantità di treni per chilometro che passano da 7,4 a 5,8;
    nel corso del 2014 la regione Calabria ha tagliato circa 10 milioni di euro al contratto di servizio con Trenitalia, già impoverito di molto negli ultimi anni. In seguito a questa decisione a partire dal mese di giugno 2015 è stata decretata la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea jonica tra Reggio e Metaponto e tra Catanzaro Lido e Lamezia. In seguito alle trattative tra regione e Trenitalia i tagli sono poi diventati 16, con 10 corse ripristinate. Ma allarmano le notevoli riduzioni su alcune linee, come la jonica e la linea Rosarno-Lamezia Terme centrale via Tropea;
    drammatica è proprio la situazione della linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme parzialmente rinnovata nel 2008 con la costruzione della variante Catanzaro Lido-Settingiano e della nuova stazione di Catanzaro-Germaneto. Infatti, dopo un taglio di circa 10 milioni di euro da parte della regione sul contratto di servizio avvenuto la scorsa estate la linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme centrale è stata classificata come tratta a scarso traffico e vede 10 collegamenti al giorno (per senso di marcia) di cui solo 3 con treni regionali. Il resto è stato sostituito con autobus. In pratica, si è tornati alla sostituzione dei treni con i mezzi su gomma, proprio come nel periodo di interruzione della ferrovia tra il novembre 2011 e l'aprile 2013, a seguito del crollo di un ponte tra Marcellinara e Feroleto Antico. Nonostante sia una linea di 42 chilometri, a binario unico risulta strategica, perché unisce i versanti tirrenico e jonico della Calabria tanto da aver fatto proporre la sua elettrificazione più volte negli ultimi anni. I tagli, quindi, aggiungono disagi per un'area, quella jonica, già martoriata sul fronte del trasporto ferroviario e che già da anni non può raggiungere in modo diretto in treno Lamezia Terme centrale, avendo spezzato i collegamenti regionali provenienti dalla Jonica sud (Reggio Calabria/Roccella Jonica) e da Crotone/Sibari, a Catanzaro Lido;
    anche i treni a più lunga percorrenza hanno subito dei cambiamenti importanti nel corso degli ultimi anni, mentre addirittura finiranno nel dimenticatoio la maggior parte dei treni notturni, che almeno allo stato attuale sono destinati a scomparire. In Calabria tra il 2010 e il 2011 sono stati soppressi 4 intercity notturni e addirittura 12 treni «espressi», che permettevano, con un costo contenuto, di collegare questa regione sia con la Sicilia sia con Roma. Solo nel 2013 sono stati tagliati gli «espressi» diretti a Torino, Milano, Venezia e Bolzano, mentre nel 2012 i tagli più gravi hanno riguardato la linea jonica. In quest'ultimo caso, oltre alla mancanza ormai di passaggio dei treni, con un solo treno al giorno tra Metaponto e Reggio Calabria (ed un cambio a Catanzaro Lido), si assiste anche alla chiusura di biglietterie di stazioni importanti come Sibari e Crotone;
    la presenza di servizi su gomma in sovrapposizione al treno, alle porte del 2015, non è più accettabile: sono costi che ingiustamente vengono sostenuti dai cittadini calabresi, peraltro beffati due volte, visto che il servizio è assolutamente poco appetibile a causa degli alti tempi di percorrenza (compresi tra 45 e 50 minuti per percorrere 42 chilometri);
    la chiusura al traffico, avvenuta nel lontano 2006, del ponte a 2 corsie sulla SP 163/1 ex SS18, sito in località Savuto in agro di Nocera Terinese (CZ), che costituiva l'unica alternativa alla strada statale, tra la provincia di Catanzaro e di Cosenza, e poi il crollo totale nel 2008, stanno provocando enormi disagi a tutta la fascia tirrenica catanzarese-cosentina, sia per quanto riguarda le zone costiere che montane; il 20 marzo scorso con delibera n. 68 la giunta regionale calabrese ha riassegnato le somme destinate, all'intervento sul ponte e sulle strade di accesso (come la strada Galasso) riducendo in modo incomprensibile la dotazione sul FSC da euro 6.500.000 a euro 2.462.400,00;
    la situazione è resa ancor più grave dalle minacce alla viabilità sulla SS18, danneggiata negli anni dalle forti mareggiate in località Principessa, in prossimità del porto di Amantea (CS), dove si attende da troppo tempo l'inizio di un lavoro già appaltato della regione Calabria ritardato da inaccettabili lungaggini burocratiche; l'ipotesi verosimile di una interruzione della viabilità in quel tratto porterebbe danni enormi all'economia locale, già penalizzata dal crollo del ponte; per non dire degli enormi disagi nella vita quotidiana che ne deriverebbero a centinaia di migliaia di cittadini calabresi, poiché, in quel tratto, la Calabria rimarrebbe divisa a metà;
    la questione ormai si prolunga da oltre 9 anni e sta generando presso le comunità interessate un notevole stato di disagio e di delusione verso le autorità pubbliche locali e nazionali;
    suscitano particolare perplessità le recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa nazionale da parte del Ministro dell'interno Angelino Alfano, che ha dichiarato: «Non vediamo la ragione per la quale non si debba più parlare di ponte sullo Stretto. Abbiamo pronto un disegno di legge per rimettere al centro la questione», tra l'altro in contraddizione con le dichiarazioni ufficiali del Governo che il 23 settembre 2015, tramite il sottosegretario Umberto Del Basso De Caro, ha dichiarato, in risposta ad un'interrogazione parlamentare, che, nel DEF 2015 non vi è alcun riferimento al progetto di realizzazione del ponte sullo stretto di Messina e tale progetto non risulta, ad oggi, all'interno delle linee programmatiche del Ministero delle infrastrutture;
    il progetto del Ponte sullo Stretto è stato da troppi anni al centro del dibattito politico e numerosi sono stati i comitati e le associazioni che si sono battute contro la realizzazione di questa grande opera anche alla luce del fatto che l'Unione europea ha fatto intendere in passato di non voler finanziare il progetto che prevederebbe un investimento complessivo di 8,5 miliardi di euro;
    la società concessionaria Stretto di Messina spa è stata costituita solamente nel 1981, l'esborso di fondi pubblici va avanti ininterrottamente dal 1971, anno in cui una legge definì l'opera di interesse nazionale e venne lanciato un concorso internazionale di idee. Dal 1971 al 1981 sono stati spesi 373 milioni lire. Dalla costituzione della concessionaria Stretto di Messina ad oggi l'esborso è stato di 420 milioni di euro, anche se la cifra, non tenendo conto dell'inflazione, non rende in maniera corretta l'enorme ammontare di denaro pubblico stanziato per l'opera. La Stretto di Messina spa aveva dapprima sede a Roma in via Pò, dove pagava un affitto di 75mila euro al mese per un edificio di 3600 metri quadri e di 4 piani. Con l'arrivo di Prodi al governo (2006) la sede è stata trasferita in via Marsala: 1200 metri quadri per 50 mila euro di affitto mensile. Dal 1981 al 31 dicembre 2009 la Società Stretto di Messina è costata 173 milioni di euro in investimenti per la ricerca, studi di fattibilità, progettazione;
    non appare chiaro a quanto ammontino complessivamente ad oggi le penali che lo Stato dovrebbe pagare per la mancata realizzazione del Ponte sullo stretto di Messina,

impegna il Governo:

   ad attuare, per le parti di competenza, le opportune iniziative affinché, in tempi rapidi, siano ammodernati o ricostruiti i 20,5 chilometri che necessitano ancora di intervento ed ultimati i 98,65 chilometri che devono ancora essere cantierizzati e, quindi, ad assumere iniziative concrete finalizzate a definire, in tempi brevi e certi, l'iter conclusivo dei lavori dell'intero tracciato dell'autostrada A3 Salerno Reggio-Calabria;
   ad attuare le opportune iniziative, anche in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione, affinché venga eliminato il rischio di infiltrazioni malavitose nell'affidamento di appalti e concessioni per la costruzione, ricostruzione e manutenzione della tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria;
   ad assicurarsi che all'interno dei cantieri vengano rispettate le norme in materia di sicurezza del lavoro;
   ad assumere ogni utile iniziativa volta a garantire il reale godimento da parte dei cittadini calabresi del diritto alla mobilità anche attraverso lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare al ripristino, rivalorizzazione e implementazione delle linee ferroviarie, anche quelle considerate a scarso traffico, attraverso lo studio di nuovi programmi di mobilità, favorendo, ove possibile, il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma;
   ad adoperarsi affinché vengano potenziati i collegamenti lungo le principali direttrici nazionali e regionali, assicurando una integrazione modale con porti, aeroporti e stazioni ferroviarie;
   a vigilare affinché venga garantita una rete di collegamenti ferroviari in linea con gli standard nazionali per quanto attiene la velocità e la modernità dei mezzi;
   ad adoperarsi affinché, relativamente alla strada statale n. 106, si provveda nel minor tempo possibile alla messa in sicurezza dei tratti esistenti e alla realizzazione dei nuovi tratti in tempi certi, secondo logiche di correttezza, economicità ed efficienza, rivalutando in alcuni tratti l'analisi costi-benefici e riducendo al minimo l'impatto ambientale dell'opera;
   ad individuare le risorse necessarie al completamento di tutto il tracciato della strada del Medio Savuto e ad intervenire affinché vengano realizzati nel più breve tempo possibile gli interventi già finanziati ricompresi nel secondo lotto;
   ad attuare, per le parti di competenza, le opportune iniziative affinché, in tempi rapidi, sia ricostruito il Ponte sul Savuto e si procede alla messa in sicurezza della ss18, in particolare il tratto interessato dalle mareggiate in prossimità del porto di Amantea (CS);
   a confermare che la realizzazione dell'opera relativa al Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta realmente un capitolo chiuso per l'attuale Esecutivo, nonché a destinare le risorse necessarie per interventi più urgenti a favore della mobilità sostenibile nel Meridione.
(1-00990)
(nuova formulazione) «Parentela, Liuzzi, Micillo, Nesci, Dieni, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Terzoni, Zolezzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, Carinelli, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Spessotto».

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
  interrogazione a risposta in commissione Covello n. 5-04508 del 20 gennaio 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01727;
  interrogazione a risposta scritta Causin n. 4-08023 del 18 febbraio 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-01728.