Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 22 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    numerose e reiterate sono le segnalazioni ed i reclami da parte dei consumatori relativamente ad abusi e scorrettezze praticati dagli operatori del mercato dell'energia elettrica e del gas;
    tali scorrettezze vengono peraltro segnalate anche in altri settori afferenti alla gestione di risorse essenziali, di straordinaria valenza sociale, come l'acqua;
    in particolare, i cittadini lamentano di ricevere addebiti smisurati in bolletta derivanti da consumi pregressi, stimati ma non effettivi, nonostante le loro comunicazioni in autolettura telefonica o telematica, che verrebbero spesso ignorate, ovvero gestite e registrate in modo errato;
    in altre circostanze, i cittadini sono soggetti all'obbligo di costituire vere e proprie «cauzioni» su consumi futuri, presso le casse dell'ente gestore;
    ogni comunicazione tra il singolo cittadino e l'operatore è riservata alla sempre più difficile interlocuzione con i call center, che spesso offrono informazioni estemporanee, contraddittorie e non dimostrabili e che talvolta, con la propria disinformazione o allarmismo, generano nei consumatori il timore di distacchi della linea elettrica o dell'erogazione del gas, inducendo i medesimi al pagamento di cifre rilevanti – talvolta indebite – senza le necessarie verifiche;
    gli stessi reclami formali inviati con fax ai vari servizi di customer care rimangono quasi sempre inevasi e senza esito;
    il malcontento dei consumatori dilaga anche in internet, dove alcuni siti dedicati riportano le loro testimonianze inquietanti, nelle quali talvolta si arriva a paventare l'ipotesi di vere e proprie truffe;
    a fronte di tali numerosi reclami e segnalazioni, il 13 luglio 2015 l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni;
    l'indagine è volta ad accertare eventuali violazioni per pratiche commerciali scorrette, ai sensi degli articoli 20 e seguenti del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, in merito alle condotte degli operatori sopra ricordate e, in particolare per: la fatturazione basata su consumi presunti; la mancata considerazione delle autoletture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; nonché il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori;
    nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San Donato Milanese, anche con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza;
    la peculiarità dei mercati dell'energia elettrica e del gas, ma anche di quello relativo alla gestione della risorsa idrica, sempre più strategici nell'economia complessiva italiana ed europea, rende necessario un monitoraggio attento e costante delle offerte contrattuali, delle relative condizioni generali applicate nel mercato libero e di maggiori sanzioni in caso di violazione del codice del consumo, stante l'asimmetria delle posizioni tra venditore e contraente;
    dall'analisi dell'attuale quadro normativo del mercato libero dell'energia elettrica e del gas, con particolare riferimento al settore domestico e delle piccole e medie imprese, emergono alcune specifiche criticità che richiederebbero interventi mirati dapprima sull'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, volte a rendere più fluido il mercato in concorrenza, e poi sulla vendita, volte a sanzionare i comportamenti lesivi dei diritti dei consumatori, la cui scarsa tutela finisce per generare inevitabili ricadute negative sul livello competitivo del nostro Paese rispetto agli altri Paesi europei;
    il perdurare della crisi economica rende particolarmente gravoso per le famiglie l'onere, spesso perentorio, di far fronte al pagamento di esorbitanti fatture, in alcuni casi assolutamente incoerenti con le più ragionevoli ipotesi di consumo,

impegna il Governo:

   nelle more delle conclusioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Guardia di finanza, a varare tempestivamente un'iniziativa normativa o amministrativa di moratoria delle numerose bollette contestate, al fine di congelarne i pagamenti – per lo meno per gli importi superiori a 500 euro – e per periodi anteriori ad un anno alla data di fatturazione;
   a ribadire la necessità che la prova documentale dell'effettivo consumo addebitato in bolletta ed eventualmente inevaso sia sempre a carico del fatturante e non certo del consumatore;
   ad assumere iniziative normative per definire le necessari linee di indirizzo nei confronti dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, al fine di ottenere un maggiore controllo sull'efficienza delle imprese di distribuzione con regole stringenti circa la lettura dei misuratori, sia nel settore gas e dell'energia elettrica, ma anche in quello che gestisce le risorse idriche, al fine di avere una fatturazione dei consumi reali e non stimati (causa dell'80 per cento del contenzioso tra imprese e consumatori);
   ad assumere iniziative normative al fine di potenziare il quadro sanzionatorio nei confronti delle imprese e dei gestori che adottano comportamenti commercialmente scorretti e/o sono responsabili di inadempimenti contrattuali, nonché ad individuare uno schema equo di indennizzi risarcitori del consumatore finale;
   ad intervenire per accertarsi che sia sempre garantito un agevole canale di comunicazione tra gestore e consumatore, che consenta l'immediata verifica delle singole, differenti situazioni, eliminando il clima di pressione psicologica che viene spesso a crearsi nei confronti dell'utente;
   a collaborare con le associazioni dei consumatori per rafforzare la loro capacità di interfacciarsi autorevolmente con le aziende fornitrici per meglio tutelare le esigenze dell'utente e il complessivo corretto funzionamento del mercato.
(1-00995) «Vargiu, Mazziotti Di Celso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   alla data del 21 settembre 2015 non risultano ancora firmati i decreti di assegnazione delle somme dell'8 per mille dell'IRPEF 2014 devoluto alla diretta gestione statale, in seguito alla scelta dei contribuenti, che per la prima volta, vedranno destinare le risorse alla nuova finalità ossia «la ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica»;
   secondo le disposizioni dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica del 10 marzo 1998, n. 76, come successivamente modificato, entro 15 giorni dalla scadenza del termine dei 120 giorni dalla presentazione delle domande di ammissione, termine entro cui la Presidenza del Consiglio dei ministri verifica la sussistenza dei requisiti e predispone lo schema del decreto di ripartizione delle risorse, deve essere inviato il suddetto schema di decreto alle Commissioni parlamentari di merito, per l'espressione del parere;
   i termini di cui sopra sono ampiamente scaduti e non è ancora pervenuto alla Commissione bilancio il documento citato per il parere;
   in merito alla nuova finalità introdotta per le risorse dell'Irpef 2014, ossia la messa in sicurezza e ristrutturazione degli edifici scolastici, i comuni stanno attendendo le suddette risorse per dare pronta attuazione ad importanti e richiesti lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici –:
   quali siano i motivi di tale ritardo nelle procedure e del mancato rispetto dei termini di legge. (5-06433)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   c’è un solo sito che può ospitare il prossimo G7: è La Maddalena;
   pensare, come sta facendo il Governo, a Firenze o Milano è un ulteriore schiaffo all'isola di La Maddalena e soprattutto l'ennesimo spreco di risorse pubbliche;
   non farlo a La Maddalena sarebbe l'ennesima dimostrazione di uno Stato «strabico e bislacco» che persegue e pensa solo ad appalti e nuovi sprechi;
   l'inerzia della regione e il totale disinteresse del Governo sono, ad avviso dell'interrogante, la continua rappresentazione di un atteggiamento che dilapida risorse e cancella impegni solenni come quelli con la comunità di La Maddalena e non solo;
   nell'isola di La Maddalena ci sono tutte le condizioni per recuperare un'area con infrastrutture e strutture decisive per il futuro dell'isola;
   ignorare questo sito significa disperdere definitivamente un patrimonio immenso per incapacità e negligenza;
   a seguito delle reiterate denunce dei mesi scorsi dell'interrogante, anche alla luce dell'iniziativa pregevole e condivisa di oggi dell'Osservatorio di Milano di Massimo Todisco e della scuola di etica e sicurezza dell'Aquila, sono inderogabili un intervento deciso e una risposta immediata del Governo prima di un'eventuale ulteriore segnalazione alla Corte dei conti per lo spreco di risorse pubbliche sia a La Maddalena che nelle ulteriori sei che dovessero essere definite;
   è gravissimo il silenzio su questa vicenda e soprattutto quello che all'interrogante appare il ruolo succube della regione che non ha avanzato nessuna richiesta al Governo nonostante gli impegni passati e attuali;
   aver dilapidato quasi 400 milioni di euro a La Maddalena lasciando solo un deserto di incuria e abbandono è non solo inaccettabile ma costituisce comportamento di dubbia legittimità che va perseguito a tutti i livelli;
   se si sceglieranno altre sedi e non saranno ripristinate le strutture di La Maddalena sarà necessario avviare tutte le azioni anche giudiziarie per porre fine a questa vergogna;
   l'incendio di sei mesi fa, l'albergo a 5 stelle pagato con i fondi pubblici totalmente abbandonato, un porto mai aperto e utilizzato, il main center costato decine e decine di milioni di euro ridotto in frantumi costituiscono, secondo l'interrogante, situazioni vergognose che confliggono con il silenzio delle istituzioni a tutti i livelli;
   occorre fare chiarezza su questo scandalo per individuare responsabilità di ieri e di oggi sul misfatto di La Maddalena e l'eventuale trasferimento del G8 in altre sedi;
   la sede di Firenze, scelta con la solita «visione strabica» di questo Governo, è troppo indietro sulle infrastrutture e rischia di perdere il G7 previsto nella seconda metà del 2017, a vantaggio di Milano;
   a Firenze, per la Fortezza, oltre ai fondi del Governo, manca ancora un progetto;
   è tutto in alto mare e i rischi di arrivare all'appuntamento del tutto impreparati sono alti; per questo motivo spostare l'evento a La Maddalena, dove le strutture per il G8 del 2009 (poi spostato all'Aquila) non sono state mai praticamente utilizzate, sarebbe la soluzione più coerente e razionale –:
   se il Governo non ritenga di dover avviare le immediate procedure per il pieno utilizzo delle strutture di La Maddalena al fine di un risparmio di risorse e della realizzazione del G7 prossimo;
   se il Governo non ritenga di dover dar seguito agli impegni dello Stato nei confronti della comunità di La Maddalena e dell'intera Sardegna;
   se il Governo non ritenga di dover porre rimedio a quella vergognosa situazione gestionale e strutturale del sito di La Maddalena prevedendo una apposita iniziativa che definisca e superi le situazioni di criticità e individui l'Isola di La Maddalena come sede del prossimo G7, definendo un piano gestionale anche per il futuro del compendio dell'ex arsenale. (5-06436)


   PELUFFO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa nazionale e locale si apprende quanto segue:
    in data 16 settembre 2015 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una nuova legge regionale sul turismo che stanzia cinque milioni di euro in tre anni. Insieme alla legge è stato approvato anche un emendamento che concede la possibilità di accedere ai bandi di finanziamento regionale per «strutture ricettive alberghiere e non alberghiere» solo «qualora il fatturato o il ricavato dell'attività ricettiva degli ultimi tre anni sia integralmente derivante dall'attività turistica», specificando che «nel fatturato o ricavato non sono computate le entrate relative ad attività conseguenti a calamità naturali o altri eventi determinati da disastri naturali o incidenti di particolare rilevanza o altresì in esecuzione di specifici provvedimenti coattivi»;
   in vigenza dell'attuate disciplina normativa che discenda dal titolo V della parte II della Costituzione, e segnatamente dall'articolo 117, nonché della giurisprudenza uniforme della c Corte costituzionale (ad esempio sentenza n. 197 del 2003), la potestà normativa delle regioni in materia di turismo incontra dei limiti nelle leggi statali di principio e di coordinamento, oltre che nelle discipline di esclusiva competenza legislativa statale come il diritto privato, il diritto penale, le norme giurisdizionali;
   tale provvedimento, di fatto, penalizzerà nei bandi le strutture ricettive che in maniera volontaria dànno accoglienza ai richiedenti asilo, scoraggiando gli albergatori lombardi che volessero mettersi spontaneamente a disposizione per iniziative di accoglienza, configurando così, ad avviso dell'interrogante, una violazione del diritto di asilo riconosciuto dai commi 2 e 3 dell'articolo 10 della Costituzione;
   la formulazione della legge regionale secondo l'interrogante viola il principio di concorrenza e di uguaglianza tra le aziende alberghiere, che non possono essere discriminate con l'esclusione dai bandi;
   la normativa di cui trattasi penalizzerà anche le strutture ricettive che, sulla base di accordi con il Ministero dell'interno, danno ospitalità al personale delle forze dell'ordine fuori sede –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra;
   se non ritengano di assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare il diritto di asilo e i principi di uguaglianza e libera concorrenza e garantire il rispetto degli accordi di coordinamento nazionale finalizzati all'ospitalità del personale di sicurezza fuori sede. (5-06439)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA e DEL GROSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 15, comma 7-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dispone che le regioni, nei limiti delle risorse finanziarie ordinarie, e nei limiti del numero delle strutture complesse previste dall'atto aziendale, tenuto conto delle norme in materia stabilite dalla contrattazione collettiva, disciplinano i criteri e le procedure per il conferimento degli incarichi di direzione di struttura complessa, previo avviso cui l'azienda è tenuta a dare adeguata pubblicità;
   con delibera del Presidente del Consiglio del 12 dicembre 2009 è stato nominato commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro per il recupero del disavanzo, in sostituzione del precedente commissario, il presidente pro tempore della regione Abruzzo, dottor Gianni Chiodi;
   il commissario ad acta per il piano di rientro, con proprio decreto n. 23 del 2012 avente come oggetto «Modifiche ai regolamenti per la definizione delle modalità e delle procedure per la gestione del personale in eccedenza nelle aziende USL regionali a seguito degli interventi connessi al processo di razionalizzazione e riordino del SSN, relativi alla dirigenza medico-veterinaria e all'area di dirigenza SPTA», approva alcune modifiche, all'articolo 3, comma 5, del regolamento regionale in questione. Tali modifiche sono dirette a consentire procedure di mobilità volontaria ai direttori, di struttura complessa, regolamentate dall'articolo n. 20 del Contratto collettivo nazionale del lavoro 8 giugno 2000, senza la necessità di bandire apposito avviso pubblico e, nel contempo, riattribuendo l'incarico di direttore di struttura complessa al richiedente;
   il 23 luglio 2012, nella riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, è stato espresso un rilievo critico alla delibera del commissario n. 23 del 2012. Tale rilievo è così formulato: «Al riguardo, nel rinviare al Parere da rendersi, Tavolo e Comitato rilevano che l'iniziativa assunta non appare aderente al disposto di cui al comma 4 della citata norma contrattuale (articolo 20 del Contratto collettivo nazionale del lavoro 8 giugno 2000 n.d.r.), secondo la quale la mobilità ivi disciplinata, se richiesta da un dirigente di struttura complessa, comporta nel trasferimento la perdita dell'incarico con possibilità da parte dell'azienda di destinazione di assegnare al dirigente trasferito un incarico di struttura semplice o professionale anche di alta specializzazione, di consulenza, studio, ricerca. L'eventuale assegnazione dell'incarico di struttura complessa potrà avvenire, ai sensi di detta norma, con le procedure previste dall'articolo 29 del medesimo Contratto collettivo nazionale del lavoro che rinvia in proposito a quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997»;
   con nota commissariale prot. n. RA/224653, in data 8 ottobre 2012, inviata ai Ministeri competenti, avente ad oggetto «Osservazioni formulate nell'ambito del verbale del 23 luglio 2012», il commissario ad acta formula i chiarimenti rispetto ai rilievi critici espressi in sede di riunioni congiunta;
   nella successiva riunione del Tavolo e del Comitato del 13 novembre 2012, i rappresentanti ministeriali esaminano la documentazione pervenuta dalla regione ed in particolare la nota prot. n. 260-12 dell'8 ottobre 2012 con cui la regione intende fornire i chiarimenti richiesti nella riunione del 23 luglio 2012 e verbalizzano che «Nel rinviare al parere da rendersi, in merito all'iniziativa assunta con il decreto commissariale n. 23/2012, si ritiene che le precisazioni ora fornite non superano i rilievi formulati a suo tempo». Si sottolinea, infatti, che nel bilanciamento degli interessi pubblici appare prioritario il rispetto del principio della pubblicità nell'accesso negli incarichi ed il richiamo virgolettato al parere dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, peraltro operato in modo parziale e solo su una sua applicazione residuale, non legittima ad operare in deroga alla contrattazione collettiva nazionale ove è espressamente previsto che, nel caso di attribuzione di un incarico diverso da quello precedentemente svolto, a seguito di ristrutturazione aziendale, devono seguirsi le ordinarie procedure di affidamento e revoca degli incarichi (articolo 39, comma 8, Contratto collettivo nazionale del lavoro 8 giugno 2000). In ogni caso, l'impianto normativo recente è lungi dall'assicurare il mantenimento dell'incarico in godimento e, infatti, il richiamo operato nella predetta nota all'articolo 1, comma 8, del decreto-legge n. 158 del 2012 convertito nella legge n. 189 del 2012, è riferito a processi di mobilità tra aziende, anche al di fuori dell'ambito provinciale, e relativo a «posti» e non ad «incarichi»;
   in data 19 marzo 2013 è stato emesso il parere congiunto espresso dal Ministero della salute e dal Ministero dell'economia e delle finanze in merito, anche, al decreto commissariale n. 23/2012 in cui si ribadisce quanto espresso nella riunione congiunta del 13 novembre 2012 riportato nel capoverso precedente;
   nonostante quanto riportato in premessa, direttori generali delle Asl abruzzesi possono conferire in forza del decreto commissariale n. 23 del 2012, l'incarico di direttore di una unità operativa complessa ai richiedenti mobilità;
   con la delibera n. 144 dell'8 febbraio 2013, in base a quanto stabilito con il decreto del commissario ad acta n. 23 del 19 giugno 2012, il direttore generale della Asl di Pescara conferisce l'incarico di direttore della unità operativa complessa di medicina legale al direttore di unità operativa complessa di medicina legale della Asl di Avezzano-Sulmona-L'Aquila risultante perdente posto;
   con delibera del Presidente del Consiglio del 23 luglio 2014 è stato nominato il presidente pro tempore della regione Abruzzo Luciano D'Alfonso quale commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro, a seguito delle elezioni regionali del 25 maggio 2014 –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa e se ritenga opportuno, per quanto di propria competenza, intervenire sull'operato del commissario ad acta alla sanità in merito alla delibera n. 23 del 2012, tenuto conto che in situazione di commissariamento il Governo effettua anche una azione di vigilanza e controllo sull'operato della regione in materia di sanità;
   se il Governo ritenga opportuno, per quanto di propria competenza e alla luce della normativa vigente, intervenire presso il commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo, per regolarizzare ogni incarico di direttore delle unità operative complesse conferito in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente. (4-10432)


   RICCIATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, SCOTTO, PELLEGRINO, ZARATTI, COSTANTINO, PALAZZOTTO, PAGLIA, AIRAUDO, PLACIDO, PIRAS, MARCON, DURANTI, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, NICCHI, PANNARALE, SANNICANDRO e ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 settembre 2015 diversi organi di stampa, nazionali ed internazionali, hanno diffuso la notizia dell'accusa, mossa dalla Environmental Protection Agency (EPA) americana al gruppo Volkswagen, di infrangere la legge per aver montato sulle sue auto un software in grado di falsare i risultati sui test sulle emissioni inquinanti;
   secondo l'EPA, Volkswagen avrebbe installato tali software sulle centraline dei motori 4 cilindri diesel Volkswagen e Audi (modelli dal 2009 al 2015) in grado di riconoscere la situazione di «test» e di attivare, conseguentemente, dispositivi per migliorare le prestazioni dell'auto sul fronte delle emissioni di ossidi di azoto;
   tale software consentirebbe, quindi, di falsare i test sulle emissioni, registrando livelli di emissioni inquinanti da 10 a 40 volte inferiori rispetto alle condizioni di guida normali;
   la casa produttrice tedesca ha ammesso l'esistenza di tale software pur adducendo come spiegazione di averlo montato per limitare «il lavoro dei dispositivi di controllo delle emissioni di azoto che provocano una maggiore usura del motore e tendono a diminuire le prestazioni del veicolo» (Il Sole 24 Ore, 22 settembre 2015);
   a seguito delle accuse mosse dall'agenzia EPA, Volkswagen ha richiamato i modelli sotto accusa, circa mezzo milione di auto;
   il dipartimento americano di giustizia starebbe conducendo un'inchiesta penale su Volkswagen (fonte: Bloomberg);
   il Ministro francese delle finanze Bernard Sapin, intervenendo in una trasmissione dell'emittente Radio Europe 1 ha sollecitato un'inchiesta a livello europeo sul caso, mentre il Ministro dei trasporti, Alexander Dobrindt, ha annunciato (sulla testata tedesca Bild) di aver chiesto all'ufficio federale tedesco dell'automobile di far «condurre immediatamente dei test specifici e approfonditi sui modelli diesel di Volkswagen da esperti indipendenti»;
   la Commissione europea, secondo quanto riporta il Sole 24 Ore del 22 settembre 2015 da una fonte comunitaria, non ha poteri per avviare un'indagine di settore, in quanto la possibilità di far partire un'indagine a livello di Unione europea riguarda solo il settore della concorrenza –:
   se il Governo sia in grado di riferire se il software incriminato risulti essere installato anche sulle auto destinate al mercato europeo, quali elementi intenda fornire al riguardo e quali iniziative abbia attivato in sede europea in tal senso;
   se le emissioni reali delle auto del gruppo tedesco rispettino la normativa europea di riferimento;
   se gruppo tedesco Volkswagen abbia avuto accesso a fondi europei per il basso livello di CO2 emesso dalle sue auto;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Governo al fine di garantire il pieno rispetto del principio della regolare concorrenza tra le case produttrici. (4-10439)


   MELILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 83 del 2012 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, ha istituito l'Agenzia per l'Italia digitale sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro da lui delegato (articolo 19 e successive modificazioni);
   dalla data di entrata in vigore del decreto, gli enti DigitPA e l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione sono stati soppressi ed è stato disposto il trasferimento all'AgID delle dotazioni organiche e delle risorse (articolo 22);
   la norma ha disposto, altresì, che dal trasferimento del personale non dovevano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato (articolo 22, comma 8);
   nelle more dell'inquadramento in ruolo dei passaggi il dottor Mauro Nicastri, uno dei dipendenti oggetto dei provvedimenti di transitato, ha promosso un'azione giudiziaria tesa al riconoscimento dell'inquadramento della qualifica dirigenziale (area 1a) del CCNL Ministeri;
   al momento dell'instaurazione del contenzioso il ricorrente era inquadrato, secondo la classificazione Aran, nell'area dei «comparti» (contratto della ricerca) e, quindi, in nessun modo poteva essere considerato e valutato come figura dirigenziale;
   l'AgID, in occasione del citato giudizio, aveva ricevuto da parte dell'Avvocatura dello Stato (cfr. posta certificata 13 giugno 2014-257151 P) e degli organi di controllo/Presidenza del Consiglio dei ministri — dipartimento della funzione pubblica, indicazione a resistere in giudizio in quanto la pretesa del ricorrente sarebbe risultata priva di qualsiasi presupposto logico e fondamento giuridico (cfr. nota 0058675/18.12.2013 e nota 0026125/12.05.2014);
   inoltre, anche la Suprema Corte ancora di recente con sentenza n. 37/2015, ha statuito che non è possibile per il pubblico dipendente transitare dall'area dei «Comparti» a quella dei dirigenti, se non con pubblico concorso;
   sorprendentemente nel mese di ottobre 2014 l'AgID ha manifestato formalmente la volontà di transare aderendo alla richiesta del ricorrente; una decisione, a giudizio dell'interrogante, totalmente incomprensibile, tanto che l'Avvocatura dello Stato ha proceduto a richiedere ufficialmente spiegazioni all'Agenzia (Cfr. posta certificata 9/7/2014-293302 P);
   l'AgID, contravvenendo ai più elementari e consolidati principi di trasparenza, che devono sempre caratterizzare l'agire di tutta la pubblica amministrazione, si rifiuta pervicacemente di rendere note le motivazioni per le quali è addivenuta alla transazione;
   nel merito è appena il caso di ricordare che la cosiddetta riforma «Bassanini» e la conseguente privatizzazione del rapporto di impiego del pubblico dipendente con la correlata contrattualizzazione ha reso inapplicabile e superata qualsiasi precedente regolamentazione;
   l'azione posta in essere dall'AgID, in assenza di ogni requisito normativo e regolamentare, rappresenta a parere dell'interrogante un inammissibile provvedimento «ad personam», che comporta a favore del pubblico dipendente un ingiusto vantaggio e soprattutto un possibile danno a carico delle finanze pubbliche profilo questo meritevole di esame da parte della Corte dei conti e dell'Autorità anticorruzione per le rispettive competenze –:
   quali iniziative si intendano assumere al fine di ricondurre l'AgID a comportamenti ispirati a principi di trasparenza, doverosi per una pubblica amministrazione, e in quali tempi, e quali concrete iniziative intendano adottare rispetto a quanto esposto in premessa. (4-10443)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 settembre 2015 l'Ente federale di controllo ambientale statunitense EPA, Environmental Protection Agency, ha comunicato che la casa automobilistica globale Volkswagen ha illegalmente installato un software di manipolazione del motore, progettato per aggirare le stringenti normative ambientali sulle emissioni di NO, e di inquinamento da gasolio;
   la notizia ha creato sconcerto in tutto il mondo trattandosi, la Volkswagen, del primo produttore al mondo di autoveicoli (fonte OICA) e il gruppo industriale uno dei pilastri più importanti dell’asset manifatturiero tedesco;
   il software messo a punto dalla casa automobilistica tedesca rileverebbe quando le vetture vengono sottoposte ai test di emissioni modificandone le prestazioni e consentendo quindi di bypassare e superare pienamente le prove. Mentre in condizioni di guida normali le autovetture equipaggiate con il citato propulsore supererebbero fino a 40 volte il limite consentito dalla legge in quanto ad inquinamento. Il Governo federale degli USA ha perciò ordinato il richiamo di quasi 500.000 vetture con quattro cilindri TDI diesel. La Francia ha chiesto in queste ore un'inchiesta in ambito comunitario, la Gran Bretagna si appresterebbe a emulare le decisioni del governo di Washington, Corea del Sud e Australia hanno formalmente chiesto alla casa di Wolfsburg se le auto commercializzate nei rispettivi paese siano dotate del predetto «software civetta»;
   Volkswagen, per tramite del suo amministratore delegato Martin Winterkom, ha pubblicamente ammesso di aver violato le norme antismog in Usa –:
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano mettere in campo i Ministri interrogati per verificare se, anche in Italia, il gruppo Volkswagen abbia mai commercializzato o se siano circolanti veicoli dotati del predetto software per bypassare i controlli sul rispetto delle norme antinquinamento;
   se intendano intraprendere, anche a livello comunitario e a tutela della importante filiera componentistica italiana, iniziative per ripristinare il pieno rispetto delle norme sul fronte delle emissioni dei veicoli, tutelando così l'ambiente, la concorrenza e la salute dei cittadini. (4-10442)


   COLONNESE, PAOLO BERNINI, SIBILIA, MICILLO, TOFALO, SILVIA GIORDANO, FICO, LUIGI DI MAIO e LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il contratto tra la società partecipata Mostra d'Oltremare e la società «Lo zoo di Napoli s.r.l.» presieduta dall'imprenditore Francesco Floro Flores, riguardante la gestione dell'area in cui insiste lo zoo di Napoli, è scaturito da una trattativa privata e non da un bando ad evidenza pubblica. La struttura dello zoo è inserita in un areale di 80.000 metri quadri dall'inestimabile valore naturalistico (anche per la presenza di essenze arboree pregiate) la cui gestione è stata affidata per 30 anni alla società «Zoo di Napoli s.r.l» ad un canone agevolato: la cifra da corrispondere è di 83 euro al mese per i primi 5 anni, per poi aumentare a soli 2.500 euro al mese per i successivi cinque anni, e successivamente a 5.000 euro al mese per altri 5 anni e infine 8.333 euro al mese a termine della naturale scadenza del contratto, prevista per il 1o ottobre 2028;
   la gestione dello Zoo di Napoli è stata affidata all'imprenditore Floro Flores con l'impegno di realizzare miglioramenti strutturali nello zoo per un valore di 6.000.000 di euro. Il contratto però non prevede vincoli ed obblighi specifici ed il cronoprogramma dei lavori risulta, ad avviso degli interroganti, generico e privo di fondamentali dettagli tecnici nonché del necessario e indispensabile capitolato dei lavori dal quale dovrebbe essere possibile dedurre le voci dei materiali da impiegare e le relative metrature e cubature e, soprattutto, come si intenderebbero ricostruire le recinzioni, i percorsi, le nuove gabbie, i ricoveri e tutte le attrezzature previste, per cui sarà impossibile il monitoraggio sulla loro realizzazione e soprattutto entro quali termini;
   è noto che nell'area su cui insiste lo zoo vi siano rilevanti vincoli architettonico-paesaggistici che impedirebbero comunque lo sviluppo e la realizzazione di più idonee strutture di detenzione per gli animali in grado di soddisfare, oltre ai minimi criteri di gestione per il benessere degli stessi, anche la normativa relativa alla tutela della salute, la sicurezza e l'incolumità pubblica ai sensi della normativa vigente;
   vi è altresì da evidenziare che, per quanto sia possibile aumentare gli spazi a disposizione degli animali detenuti negli zoo, favorire e migliorare l'arricchimento ambientale per ridurre lo stress dovuto alla captivazione stessa, secondo numerose pubblicazioni scientifiche internazionali e altri pareri anche di noti veterinari e zooantropologi italiani la condizione degli animali negli zoo quanto nei bioparchi è da considerarsi comunque innaturale e non può in alcun modo esplicare un ruolo didattico/educativo in quanto la mera condizione di deprivazione degli spazi e dei gruppi sociali naturali determina condizioni di sofferenza, disagio degli animali e conseguente maltrattamento;
   dalla sezione «didattica» del sito http://www.lozoodinapoli.it si evince quanto la finalità educativa della struttura storica partenopea sia preponderante: lo Zoo di Napoli ha definito la propria missione educativa, un ossimoro evidentissimo in considerazione delle sue attuali ed intrinseche condizioni reali di detenzione degli animali e dell'assenza degli standard minimi richiesti dalla normativa vigente;
   secondo vesuviolive.it, la situazione di degrado del parco a scapito degli animali reclusi, (http://www.vesuviolive.it) è rimasta invariata anche dopo l'arrivo della nuova gestione. Gli interroganti apprendono dall'articolo che la maggior parte di ambienti e gabbie risulta invariata e identica a trent'anni fa, con l'aggiunta di ruggine e altri segni di deterioramento. Gli spazi in cui vivono molte specie sono troppo piccoli e sicuramente inadeguati tanto da presumere diverse violazioni delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 73 del 2005. In generale, secondo quanto riportato da vesuviolive sembrerebbe evidente la persistente carenza di tutela del benessere degli animali, nonché l'inadeguatezza di gabbie e recinzioni, alcune di queste sporche e in pessimo stato e che per questo possono costituire un pericolo e causa di danni fisici agli animali; si registrerebbe la mancanza di arricchimenti ambientali per i felini, le tartarughe. Altresì dal video pubblicato sul sito della LAV sono facilmente riscontrabili evidenti comportamenti stereotipati delle tigri;
   ove tali circostanze trovassero conferma, ciò denoterebbe non solo una gestione non condivisibile ad avviso degli interroganti, ma anche gravi violazioni al decreto legislativo n. 73 del 2005 –:
   se intendano verificare, per quanto di competenza, la legittimità della struttura e il rispetto delle normative vigenti sia per quanto concerne la detenzione delle specie animali in termini di benessere e di rispetto dei singoli precetti presenti nel decreto legislativo n. 73 del 2005, sia per quanto attiene alla tutela della sicurezza, salute e incolumità pubblica;
   se intendano verificare che l'opera di valorizzazione dello zoo rispetti i vincoli di tutela che gravano sulla struttura e la rilevanza del patrimonio botanico.
(4-10444)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta immediata:


   COSCIA, BONACCORSI, RAMPI, MANZI, NARDUOLO, GHIZZONI, MALPEZZI, COCCIA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI e MALISANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   venerdì 18 settembre 2015 il Colosseo, il Foro Romano e Palatino, le Terme di Diocleziano e Ostia Antica sono rimasti chiusi dalle 8,30 alle 11.30 del mattino per un'assemblea sindacale;
   questo ha creato notevoli disagi a migliaia di turisti in fila, che aspettavano il loro turno per accedere ai siti archeologici;
   Europasia e Cescat-centro studi casa, ambiente e territorio di Assoedilizia rivela che il settore del turismo dopo anni di indicatori negativi segna quasi ovunque dati positivi: più italiani in vacanza (incremento dell'8,6 per cento rispetto al 2014) ed è continuata la crescita dell'afflusso dei turisti stranieri, più 2,5 per cento (nel 2015 hanno visitato il nostro Paese 48 milioni di turisti);
   il tentativo in atto di rilanciare il Paese, anche in questo settore, inizia, dunque, a dare i suoi frutti. Perché a questa azione sia conferita la necessaria continuità ed efficacia è fondamentale il buon funzionamento sia della parte gestionale sia degli aspetti comunicativi e, in questo senso, episodi come quello di venerdì 18 settembre 2015 destano seria preoccupazione, anche perché se n’è avuta una serie;
   a luglio 2015 a duemila turisti, in gran parte stranieri, è stato precluso l'accesso agli Scavi di Pompei; qualche mese prima, il 30 gennaio 2015, un'assemblea in Piazza del Campidoglio ha portato alla chiusura di tutti i musei civici, dai Capitolini all'Ara Pacis, dalle 10 alle 14 oppure, solo per citare un altro episodio, il 29 aprile 2015, uno sciopero ha chiuso la Valle dei Templi ad Agrigento;
   con il decreto-legge n. 146 del 2015, il Governo ha assunto l'iniziativa di ricomprendere sul piano normativo i musei e i siti nell'ambito delle prestazioni pubbliche essenziali, così includendo il concetto di fruizione culturale tra i servizi di eminente rilevanza pubblica e collettiva;
   resta, tuttavia, evidente che in tali settori, pur sensibili, i diritti del lavoro, individuali e collettivi non possono subire restrizioni eccessive;
   l'assemblea di venerdì 18 settembre 2015 era stata indetta per il mancato pagamento del salario accessorio del 2014-2015, la mancata apertura della trattativa per il rinnovo del contratto e la necessità di costituire un consorzio per la gestione dell'area archeologica centrale;
   tuttavia, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con un comunicato del 21 settembre 2015, ha affermato che in data 11 settembre 2015 era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali che aveva riassunto lo stato dei pagamenti; aveva reso noto di aver sbloccato lo «straordinario 2015», di aver avviato la procedura per il pagamento dei «progetti locali 2015» e aveva informato sullo stato di pagamento del fondo unico di amministrazione del 2015, pari a 49,8 milioni di euro;
   inoltre, il 14 settembre era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali che aveva comunicato l'esito della citata procedura di pagamento dei «Progetti locali 2015» (pari a 12,8 milioni di euro);
   infine, il 17 settembre 2015, ossia il giorno prima dell'assemblea al Colosseo, era stata inviata una lettera alle organizzazioni sindacali per comunicare l'autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze al pagamento dei 49,8 milioni di euro del fondo unico di amministrazione del 2015 e che il decreto di ripartizione sarebbe stato emanato il 21 settembre 2015;
   in quella data, coerentemente con quanto annunciato, è stato firmato dal direttore generale bilancio il decreto che chiude la questione degli arretrati 2015 –:
   come intenda, da un lato, tutelare diritti dei cittadini di usufruire del proprio patrimonio culturale e l'interesse nazionale a garantire un servizio di qualità, dall'altro, predisporre efficaci e semplici procedure entro le quali siano garantiti i diritti dei lavoratori del settore e il sollecito pagamento delle loro spettanze.
(3-01716)


   CHIMIENTI, COMINARDI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, LOMBARDI, CIPRINI, SIMONE VALENTE, MARZANA, VACCA, LUIGI GALLO, D'UVA, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 18 settembre 2015 è stata indetta un'assemblea sindacale interna dei lavoratori dell'anfiteatro Flavio, del Foro Romano e Palatino, delle Terme di Diocleziano e del sito di Ostia Antica che ha ritardato l'apertura dei cancelli del Colosseo alle ore 11,30;
   l'assemblea era stata convocata, come esplicitato dal comunicato diramato il 16 settembre 2015 dalle rappresentanze sindacali unitarie della Ss-Col, per discutere il mancato pagamento dopo quasi un anno delle indennità di turnazione e delle prestazioni per le aperture straordinarie dei luoghi della cultura, per denunciare la mancata apertura di una trattativa di comparto per il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, bloccato per la parte economica da molti anni nonostante la recente sentenza della Corte costituzionale, per la costituzione del «Consorzio per la gestione dell'area centrale» e per la mancata apertura di un confronto sull'organizzazione del lavoro all'interno della soprintendenza;
   la vicenda ha provocato la reazione del Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi, che il 18 settembre 2015 ha annunciato su Twitter «non lasceremo la cultura ostaggio di quei sindacalisti contro l'Italia, oggi decreto-legge» e del Ministro interrogato, secondo cui «la misura è colma: oggi in Consiglio dei ministri proposta musei come servizi pubblici essenziali»;
   in un tweet datato 18 settembre 2015, il Sottosegretario ai beni e alle attività culturali e al turismo Francesca Barracciu ha dichiarato; «l'assemblea sindacale che danneggia centinaia di turisti che dedicano un giorno di ferie al Colosseo e decine di guide turistiche è un reato», prima di aggiungere, in risposta al commento di un utente che le chiedeva di specificare di che tipo di reato si trattasse, «reato in senso lato»;
   simili reazioni provengono anche dal presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Roberto Alesse, che ha dichiarato «in gioco non c’è solo l'interesse dei lavoratori, ma del Paese, a cominciare dalla difesa della sua immagine», e dal sindaco di Roma, Ignazio Marino, che ha affermato «la chiusura di ieri del Colosseo non fa bene al Paese, alla città e all'immagine della capitale di Italia»;
   il 16 settembre 2015 le rappresentanze sindacali unitarie della Ss-Col hanno proceduto alla regolare convocazione della suddetta assemblea sindacale, diffondendola e trasmettendola lo stesso giorno all'amministrazione, come previsto dalla legge;
   nella comunicazione all'amministrazione viene esplicitata anche l'indicazione della comunicazione avvenuta, a termine di legge, già l'11 settembre 2015, e cioè una settimana prima che l'assemblea si svolgesse;
   il soprintendente di Roma, Francesco Prosperetti, come si legge in un articolo apparso su Il Fatto quotidiano il 18 settembre 2015, precisa che: «tutto si è svolto regolarmente, l'assemblea non aveva come oggetto il Colosseo, il problema è nazionale e riguarda il mancato rinnovo del contratto e il mancato pagamento del salario accessorio: non ci sono rivendicazioni nei confronti della soprintendenza, ma del datore di lavoro generale che è Mibact»;
   la suddetta assemblea sindacale, nonostante l'importanza dei temi trattati, non è stata volutamente convocata nel periodo estivo perché, come spiega il coordinatore nazionale della Uil beni culturali Enzo Feliciani a ilfattoquotidiano.it in data 18 settembre 2015: «Ci era stato chiesto di non fare assemblee nel periodo di luglio e agosto perché a maggior afflusso di turisti e così abbiamo fatto. Una volta terminato questo periodo e non ricevendo risposte ai problemi che abbiamo rappresentato in ogni sede l'abbiamo convocata, rispettando tutti i termini di legge»;
   l'ordinamento italiano riconosce il diritto di sciopero ad ogni individuo e l'articolo 40 della Costituzione repubblicana stabilisce in senso ampio che «Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano»;
   le norme sul diritto di sciopero vengono ulteriormente trattate dalla legge 12 giugno 1990, n. 146, rubricata «Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Istituzione della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge»;
   il diritto di assemblea sindacale è disciplinato dallo Statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 1970), il quale, all'articolo 20, prevede il diritto dei lavoratori a riunirsi nell'unità produttiva in cui prestano la loro opera;
   l'assemblea sindacale sancisce il diritto di tutti i lavoratori a riunirsi, nel luogo ove prestano la loro opera, per trattare un ordine del giorno prestabilito e vertente su materie di interesse sindacale e del lavoro. Ogni lavoratore ha diritto a dieci ore annue retribuite per potere partecipare alle assemblee indette nell'unità produttiva alla quale appartiene;
   nella serata del 18 settembre 2015 il Consiglio dei ministri ha varato il cosiddetto «decreto-legge Colosseo», con cui i musei e i luoghi culturali diventerebbero servizi essenziali e come tali vincolati a precise e più rigide regole per quanto concerne la regolamentazione di scioperi e assemblee;
   come sottolineato da Lidia Undiemi su ilfattoquotidiano.it in data 21 settembre 2015, «riguardo al caso specifico, l'intenzione è quella di modificare la legge 146 che regolamenta lo sciopero nei servizi pubblici essenziali, per far rientrare la “fruizione” dei beni culturali fra i servizi pubblici essenziali. In caso di assemblee e mobilitazioni i lavoratori potrebbero anche essere precettati. L'obiettivo pare evidente: ridurre il potere di contrattazione dei lavoratori e dare maggior peso alla voce del “padrone”, equiparando l'ingresso dei turisti in vacanza in un sito archeologico all'assistenza ospedaliera»;
   il presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, Roberto Alesse, come si legge in un articolo pubblicato su Il Fatto quotidiano del 19 settembre 2015, dichiara che: «la legge 146 resta una buona legge, che ha dato buoni frutti ma che necessita di essere attualizzata. Penso a tutto il dibattito sulla rappresentatività sindacale, che secondo me è un altro nodo centrale da dover sciogliere e mi chiedo se non sia questa la sede, la conversione del decreto-legge, per ampliare una riflessione» –:
   se e in che tempi intenda costituire un tavolo di confronto per avviare una discussione, di concerto con le rappresentanze sindacali, sul mancato pagamento delle indennità di turnazione e sul mancato rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici di cui in premessa. (3-01717)


   PANNARALE, SCOTTO, GIANCARLO GIORDANO e ZARATTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la rappresentanza sindacale unitaria della soprintendenza archeologica di Roma ha tenuto il 18 settembre 2015 un'assemblea generale dei lavoratori per discutere delle gravi questioni e dei gravi disagi vissuti dai lavoratori in ordine alle problematiche che sono state poste all'ordine del giorno;
   l'assemblea generale era stata richiesta secondo le norme contrattuali e regolarmente comunicata all'amministrazione in data 11 settembre 2015 e giudicata perfettamente legittima dallo stesso soprintendente Prosperetti nelle sue dichiarazioni riportate da importanti fonti giornalistiche. La rappresentanza sindacale unitaria aveva inoltre diffuso in anticipo un comunicato stampa che segnalava possibili disagi per i visitatori;
   l'assemblea è stata calendarizzata ad inizio turno per ridurre al minimo i disagi dei visitatori, comportando la chiusura al pubblico dei siti archeologici e dei musei per due ore e mezza. Alle ore 11.00 i cancelli sono stati regolarmente riaperti;
   iniziative analoghe avvengono in tutti i Paesi d'Europa, come il caso dei lavoratori della National Gallery di Londra, in mobilitazione da diversi mesi contro la privatizzazione dei servizi, o i lavoratori della Tour Eiffel a Parigi, che nel 2014 hanno chiuso per ben tre giorni il monumento più visitato di Francia senza che a nessuno degli esponenti politici o dei media di questi Paesi sia venuto in mente di mettere in discussione i diritti fondamentali dei lavoratori;
   in Italia, l’«espressione» nel rispetto delle leggi vigenti di un diritto sancito dalla Costituzione è stata messa pesantemente in discussione con le dichiarazioni del Ministro interrogato, che con il Governo ha deciso di varare prontamente un decreto-legge «contenente misure urgenti per il patrimonio storico-artistico della nazione»;
   il testo è composto da un unico articolo (a parte l'entrata in vigore) e chiarisce che l'apertura al pubblico di musei e luoghi della cultura rientra tra i servizi pubblici essenziali disciplinati dalla legge n. 146 del 1990. Tale legge sostiene che «sono considerati servizi pubblici essenziali, indipendentemente dalla natura giuridica del rapporto di lavoro, anche se svolti in regime di concessione o mediante convenzione, quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione». L'accesso a monumenti e siti archeologici evidentemente non rientra in nessuna di queste fattispecie;
   lo stesso presidente della Commissione di garanzia dell'attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali a parere degli interroganti ha approfittato della situazione che si è venuta a creare per intervenire del tutto impropriamente sul diritto di sciopero, a dispetto del ruolo di garanzia che dovrebbe esercitare;
   la tutela del patrimonio culturale italiano rientra già nella normativa sui servizi essenziali, stabilendo il limite tra l'esercizio di un diritto fondamentale dei lavoratori e le esigenze dei cittadini. Nel caso di assemblea dei lavoratori, peraltro, la stessa normativa contrattuale prevede la formazione di presidi a tutela dell'integrità dei siti; andare oltre questo limite significa mettere in discussione i diritti costituzionali –:
   in che modo il Ministro interrogato ritenga che la convocazione dell'assemblea sindacale abbia violato la disciplina legislativa vigente in materia e quali responsabilità si contestino ai lavoratori e alle loro organizzazioni sindacali. (3-01718)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il Colosseo, l'area archeologica Palatino e il Foro Romano sono aree archeologiche tra le più visitate in Italia, che registrano circa cinque milioni di presenze all'anno;
   il 18 settembre 2015 il Colosseo e gli altri siti archeologici più importanti di Roma sono rimasti chiusi a causa di un'assemblea sindacale nell'ambito della quale i lavoratori hanno rivendicato il riconoscimento del salario accessorio e il rinnovo contrattuale;
   i sindacati hanno dichiarato che la loro manifestazione era stata regolarmente convocata e autorizzata e che le polemiche nate a causa del fatto che i turisti hanno dovuto sopportare lunghe attese sarebbero state strumentali e forse finalizzate ad accelerare i tempi per l'emanazione del decreto-legge volto a classificare i servizi turistici tra quelli essenziali;
   il Colosseo ogni anno, per quanto consta agli interroganti, genera incassi superiori a cinquanta milioni di euro, metà dei quali sarebbero incassati dall'associazione temporanea d'impresa Electa Mondadori e Coopculture, che gestisce la bigliettazione e i servizi di visita qualificata nel sito, in regime di concessione;
   la concessione in favore della citata associazione d'impresa opera ininterrottamente da quasi ben diciassette anni sulla base di reiterate proroghe e senza che sia mai più stata svolta alcuna gara per l'affidamento del servizio –:
   in base a quali procedure sia stato selezionato il concessionario e se non ritenga di procedere all'indizione di una gara per il rinnovo della concessione.
(3-01719)


   BUTTIGLIONE e ADORNATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 1o luglio 2014 è stato emanato il decreto ministeriale «Nuovi criteri per l'erogazione e modalità per la liquidazione e l'anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul fondo unico per lo spettacolo»;
   il decreto, sin dal momento della sua pubblicazione, ha suscitato critiche da osservatori esperti e preoccupazioni fra gli operatori dello spettacolo dal vivo a causa di alcuni meccanismi relativi al sistema di valutazione delle domande e di determinazione e attribuzione dei contributi – forse non sufficientemente valutati nei loro possibili effetti dagli estensori della nuova disciplina – che sembravano elevare eccessivamente il rischio di una valutazione basata su criteri soggettivi e discrezionali;
   infatti, la valutazione della Commissione sul parametro della «qualità artistica» del progetto fa sì che, se la stessa è inferiore alla soglia di 10 punti, la domanda possa essere comunque respinta, rendendo del tutto inutili tutti gli altri parametri fondati su dati oggettivi («qualità indicizzata» e «dimensione quantitativa») e, per di più, consentendo di non tener in alcun conto neanche la storia del soggetto proponente e della sua capacità imprenditoriale (si vedi, in particolare, l'articolo 5 del decreto ministeriale);
   ora si dà il caso, che la valutazione sulla «qualità artistica» sia totalmente discrezionale e che nessuno dei candidati eventualmente esclusi abbia alcuna possibilità concreta di prevenire il rischio di una valutazione inferiore a 10 (e quindi, per ciò stesso, causa di esclusione);
   pertanto, il decreto ministeriale configura apparentemente un complicato meccanismo di combinazione di diversi elementi volto a garantire un bilanciamento dei vari fattori che dovrebbero concorrere ad una valutazione equilibrata, ma dietro tale apparenza – sostanzialmente – vi è un unico criterio di valutazione, dirimente rispetto a tutto il resto, e tale criterio è del tutto discrezionale;
   dato questo evidente esito pratico, vi è da domandarsi a che serva un così complesso meccanismo e se – anche in un'ottica di semplificazione normativa e burocratica – non fosse stato più rispondente alle esigenze di un'amministrazione moderna, efficiente e trasparente scrivere un decreto ministeriale di un unico articolo (in luogo degli attuali 50), che assegnasse alla Commissione il potere di decidere a propria totale discrezione e in assoluta libertà – cioè in base alle inclinazioni di gusto e alla sensibilità culturale dei suoi componenti – a chi assegnare i contributi e a chi no;
   nel mese di luglio 2015 sono stati emanati i decreti del direttore generale spettacolo con cui sono stati approvati i progetti artistici del settore teatro per il triennio 2015-2017;
   dagli esiti finali di tale procedura emergono numerosi casi difficilmente spiegabili, se non come frutto dell'irrazionalità di una procedura inutilmente macchinosa e sostanzialmente arbitraria; solo per fare un esempio: accade che la stessa Commissione nel 2014 abbia valutato positivamente diversi soggetti che nel 2015, invece, sono stati valutati al di sotto della soglia qualitativa minima richiesta, nonostante sia facilmente dimostrabile come tali soggetti abbiano presentato un progetto addirittura migliorativo rispetto al 2014;
   in altri casi il nuovo calcolo dei punteggi e dei contributi ha aumentato in modo spropositato rispetto al 2014 il contributo ad alcuni soggetti e diminuito fortemente quello di altri, tra i quali alcuni di qualità universalmente riconosciuta (da Glauco Mauri a Luca De Filippo, solo per citare alcuni fra i più noti anche al grande pubblico);
   in altri casi ancora accade che vengano improvvisamente escluse, anche dopo trent'anni, imprese che hanno sempre avuto riconosciuto il contributo ministeriale e che sono, quindi, destinate al fallimento, e questo accade senza un preavviso (di almeno un anno) per permettere loro di adeguarsi al nuovo sistema o attrezzarsi per affrontare una riconversione aziendale;
   la comunicazione dell'esclusione, inoltre, arriva a fine luglio, dopo che l'attività oggetto di contributo è stata già svolta per almeno il 70 per cento e sono già state affrontate le spese che dovevano essere sostenute dal contributo, dovendosi concludere tutta le attività nel corso dell'anno solare in corso –:
   se il Ministro interrogato (tenuto conto degli effetti dirompenti e del contenzioso che tale situazione sta producendo) non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare il fallimento delle imprese che non godranno del contributo per il prossimo triennio e per aiutarle per lo meno ad affrontare la transizione al nuovo regime senza essere costrette alla chiusura immediata delle attività. (3-01720)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 27 maggio 2008 il Sultano dell'Oman donava 3 milioni di euro al «conservatorio» Piccinni di Bari per offrire borse di studio agli allievi meritevoli;
   nel maggio 2010 nasceva la Fondazione «Giovanni Paolo II» con la finalità di gestire tale fondo in favore degli studenti del conservatorio di Bari e di portare avanti ben cinque progetti, secondo un piano di lavoro che era stato presentato anche al Ministero: una borsa di studio destinata a un giovane ricercatore italiano di etnomusicologia; 60 borse di studio per la formazione di professori d'orchestra; 5 borse di studio per la realizzazione di un'indagine socio-musicale sui bambini dagli 8 ai 13 anni per creare poi il primo coro di voci bianche; 5 dottorati di ricerca in collaborazione con l'Università di Napoli; infine iniziative per la celebrazione del trentennale di Nino Rota. Tale Fondazione nasceva all'insaputa del consiglio accademico del conservatorio Piccinni, del collegio dei docenti e dei rappresentanti degli allievi;
   nel verbale del consiglio accademico del 14 dicembre 2010 si legge: «In relazione al XIII punto all'ordine del giorno, il Direttore, Mo Francesco Monopoli, informa il consiglio accademico di aver preso atto, dopo la sua nomina a direttore, della nascita di una fondazione, sorta nel conservatorio Piccinni di Bari, su iniziativa del consiglio di amministrazione, che ha inteso creare un organismo di gestione del Fondo donato al conservatorio dal Sultano dell'Oman. Il direttore informa i membri del consiglio accademico relativamente alla composizione del consiglio di amministrazione della Fondazione intitolata «Giovanni Paolo II»: presidente è stato nominato il professor Aldo Loiodice. Del consiglio di amministrazione fanno parte anche l'avvocato Raffaele Guido Rodio e il Direttore Generale del Comparto AFAM dottor Giorgio Bruno Civello. Inoltre, fanno parte di diritto della medesima Fondazione, il Presidente pro-tempore del conservatorio, dottor Stefano Carulli, il Direttore pro-tempore del conservatorio di Bari, Mo Francesco Monopoli, insieme con un Rappresentante dei Docenti, nella persona della Professoressa Giovanna Valente e un Rappresentante degli Studenti del conservatorio, nella persona della studentessa Angela Trentadue. Presidente Onorario della Fondazione è stato nominato il prefetto di Bari, dottor Carlo Maria Schilardi. Tale organismo è sorto per finanziare iniziative a favore degli studenti del conservatorio. Il Direttore, Mo Francesco Monopoli comunica altresì che la sua adesione a tale Organismo è comunque subordinata al fatto che gli indirizzi programmatici di azione della stessa siano indicati al CdA della Fondazione dal Consiglio Accademico del Conservatorio»;
   a quanto consta all'interrogante non è stata mai presentata alcuna relazione sull'attività svolta dalla Fondazione negli oltre quattro anni trascorsi dalla nascita ad oggi;
   in data 29 settembre 2012 il consiglio accademico del conservatorio di Bari, dopo aver ampiamente discusso, era giunto alle seguenti determinazioni: preso atto delle mancate risposte della fondazione alle diverse richieste e proposte inoltrate dal direttore, dal consiglio accademico e dagli studenti dell'istituzione, valutata la perdurante inattività della suddetta fondazione, ritenendo inutile il persistere di tale organismo, chiede lo scioglimento immediato della fondazione e la restituzione dei fondi al conservatorio per utilizzarli immediatamente ed esclusivamente per iniziative destinate agli studenti, nonché la rendicontazione dettagliata, gli atti relativi all'utilizzo del fondo e i relativi interessi maturati dalla donazione ad oggi;
   ad oggi, di quei fondi, risulta siano stati spesi meno di 200.000 euro con bandi saltuari, privi di una progettualità e di qualsiasi collegamento con i progetti strutturati per il Ministero; l'ultimo bando risale all'11 marzo 2013;
   se già negli anni precedenti si era fatto pochissimo per distribuire agli alunni tale donazione con iniziative degne di nota bisogna sottolineare che da marzo 2013 ad oggi, quindi da quasi due anni, la fondazione Giovanni Paolo II per il tramite del conservatorio non elargisce alcuna somma di denaro agli allievi del conservatorio Piccinni;
   il già direttore generale dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica (Afam) presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fino ad ottobre 2014, dottor Giorgio Bruno Civello, che doveva esercitare il potere disciplinare nei confronti dei docenti di conservatorio, ai sensi dell'articolo 55-bis, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotto dal decreto legislativo n. 150 del 2009, risultava almeno fino al 2013 essere componente del consiglio di amministrazione della fondazione Giovanni Paolo II; e questo, a parere dell'interrogante, configura una situazione di conflitto di interessi in potenziale contrasto con i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione;
   il 19 dicembre 2013 alcuni membri del consiglio accademico chiedevano lo scioglimento della fondazione mentre altri obiettavano che solo il consiglio di amministrazione della stessa fondazione poteva deciderne lo scioglimento. Le parole del direttore riportate nel verbale sono: «il direttore suggerisce di ribadire in un documento unitario principalmente le prerogative già esistenti negli organi istituzionali del conservatorio, non rilevando la necessità di duplicazione in analoga struttura come risulta essere la fondazione». Per la seconda volta quindi il consiglio di amministrazione del Piccini chiede lo scioglimento della fondazione;
   da gennaio 2014 non e più possibile visualizzare online i verbali del consiglio di amministrazione del conservatorio Piccinni se non con apposite credenziali distribuite ai docenti;
   il nuovo direttore del Piccinni, il Mo Schiavo a gennaio 2014 si impegnava pubblicamente a fare chiarezza sulla gestione della fondazione Giovanni Paolo II;
   non è ad oggi più visibile nel nuovo sito internet del conservatorio Piccinni la finestra dedicata alla fondazione Giovanni Paolo II; tale fondazione risulta quindi irreperibile online con la conseguente impossibilità di conoscerne le deliberazioni dell'ultimo anno;
   per assolvere ai suoi scopi, il conservatorio (socio fondatore) pare avesse attribuito alla fondazione un contributo iniziale al fondo di gestione di 175.000 euro fino al 31 dicembre 2010; poi si impegnava ad elargire 350.000 euro all'anno fino al raggiungimento dei 2.450.000 euro per un totale di 7 anni. La cosa certa è che i 350.000 euro annui da utilizzare per gli alunni del Piccinni non sembrerebbero mai stati resi disponibili se non in modesta misura;
   l'articolo 25 del codice civile «Controllo sull'amministrazione delle fondazioni» recita così: «L'autorità governativa esercita il controllo e la vigilanza sull'amministrazione delle fondazioni; provvede alla nomina e alla sostituzione degli amministratori o dei rappresentanti, quando le disposizioni contenute nell'atto di fondazione non possono attuarsi; annulla, sentiti gli amministratori, con provvedimento definitivo, le deliberazioni contrarie a norme imperative, all'atto di fondazione, all'ordine pubblico o al buon costume; può sciogliere l'amministrazione e nominare un commissario straordinario, qualora gli amministratori non agiscano in conformità dello statuto o dello scopo della fondazione o della legge –:
   quali iniziative si intendano adottare per consentire l'utilizzazione immediata degli importi donati nel 2008 al «Conservatorio» Piccinni di Bari per gli scopi noti di supporto economico agli studenti del conservatorio;
   quali sono le precise responsabilità del consiglio di amministrazione della fondazione Giovanni Paolo II e quali quelle del consiglio di amministrazione del conservatorio Piccinni per la mancata distribuzione di 3 milioni di euro donati per uno specifico scopo e sottratti, invece, in maniera non trasparente ad una istituzione di alta formazione pubblica;
   quali siano le responsabilità dell’ex direttore AFAM Civello, facente parte del consiglio di amministrazione della fondazione e fino a pochi mesi fa in netto conflitto di interessi;
   premesso che lo statuto della fondazione Giovanni Paolo II all'articolo 1 dice che «La Fondazione risponde ai principi ed allo schema giuridico della Fondazione di Partecipazione, nell'ambito del più vasto genere di Fondazioni disciplinato dagli articoli 14 e seguenti del Codice Civile», quali azioni il Governo intenda intraprendere secondo l'articolo 25 del codice civile «Controllo sull'amministrazione delle fondazioni». (5-06438)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in sede di conversione in legge del decreto n. 83 del 2014, è stato approvato un emendamento, presentato dai relatori, in base al quale è stato stabilito (articolo 12, comma 1-bis) che, al fine di assicurare l'imparzialità e il buon andamento dei procedimenti autorizzatori in materia di beni culturali e paesaggistici, i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, possono essere riesaminati, d'ufficio o su segnalazione delle altre amministrazioni coinvolte nel procedimento, da apposite commissioni di garanzia per la tutela del patrimonio culturale, costituite esclusivamente da personale appartenente ai ruoli del medesimo Ministero e previste a livello regionale o interregionale dal regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, intervenendo nella commissione competente durante l'esame del provvedimento, ha sottolineato che si tratta di una norma grazie alla quale «poter mettere in discussione i pareri degli organi periferici del MIBACT con un procedimento non giurisdizionale», e che la vera finalità sarebbe quella di «valorizzare il ruolo delle soprintendenze, in quanto, sottoponendo ad un controllo gli atti da esse adottati si pone un freno all'arbitrarietà delle relative decisioni»;
   il Ministro interrogato, intervenendo durante l'esame del provvedimento in Aula, a proposito dell'emendamento approvato in Commissione, ha segnalato la necessità di scongiurare «un dibattito caricaturale per cui le soprintendenze sono il luogo sacro dove non si sbaglia mai o, altro campo e altra caricatura, le soprintendenze sono un ostacolo allo sviluppo», aggiungendo che con l'approvazione della norma in discussione si sarebbe sanata l'anomalia rappresentata dal fatto che nei confronti dell'operato delle soprintendenze ci si trovava in uno «rari casi in cui una decisione della pubblica amministrazione non è in alcun modo rivedibile, nemmeno con ricorso gerarchico, se non attraverso l'impugnazione davanti alla magistratura ordinaria»;
   con il successivo decreto del Presidente del Consiglio 29 agosto 2014, n. 171 – entrato in vigore l'11 dicembre 2014 – è stato approvato il regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, degli uffici della diretta collaborazione del Ministro e dell'Organismo indipendente di valutazione della performance, a norma dell'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89;
   l'articolo 39 del regolamento richiamato sopra istituisce le commissioni regionali per il patrimonio culturale – presiedute dal segretario regionale del Ministero e composte dai soprintendenti di settore, inclusi i dirigenti degli istituti, e dai direttori dei poli museali operanti nelle rispettive regioni – e affida a quest'ultime Commissioni, tra le altre, le funzioni di Commissione di garanzia per il patrimonio culturale di cui al sopra ricordato articolo 12, comma 1-bis, del decreto-legge n. 83 del 2014, convertito dalla legge n. 106 del 2014;
   a giudizio degli interroganti – che nel corso dell'esame del provvedimento in Commissione presentarono appositi subemendamenti (0.12.45.1, 0.12.45.2 e 0.12.45.3) finalizzati a sopprimere il comma 1-bis ovvero a riformularlo al fine di ridurre il novero degli atti riesaminabili – ciò che è anomalo non è tanto quanto detto dal Ministro interrogato, durante il dibattito in Aula, ma piuttosto il fatto che il ricorso gerarchico introdotto con l'articolo 12, comma 1-bis, della legge n. 89 del 2014 trovi applicazione non tanto nei confronti di atti e provvedimenti rilevanza esterna, e comunque immediatamente efficaci, ma anche e soprattutto ad atti infraprocedimentali, quali sono, per esempio, i pareri di dissenso espresso in sede di conferenza di servizi ai sensi dell'articolo 14-quater, comma 1, della legge n. 241 del 1990, richiamati espressamente nell'articolo 12, comma 1-bis, della legge n. 106 del 2014;
   secondo gli interroganti, la disposizione di legge in questione non sembra garantire la valorizzazione del ruolo delle soprintendenze, ma piuttosto l'ulteriore aggravamento dei procedimenti amministrativi, soprattutto se – stando a quanto disposto dal citato regolamento di organizzazione – il riesame dei pareri, dei nulla osta o degli altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero, viene fatto da una commissione composta dagli stessi soprintendenti;
   a giudizio degli interroganti – a distanza di un anno dall'approvazione della legge n. 106 del 2014 e da più di 6 mesi dall'entrata in vigore del regolamento di organizzazione – è dunque necessario conoscere gli effetti concretamente prodotti dalla norma richiamata, e valutare se quest'ultima abbia consentito di raggiungere gli obiettivi declamati, che ne sono alla base, ovvero se abbia finito per trovare episodica applicazione e/o per aggravare i procedimenti amministrativi che coinvolgono le soprintendenze –:
   se, in quali e quanti casi, le commissioni regionali per il patrimonio culturale – d'ufficio o su segnalazione di altre amministrazioni – abbiano provveduto a riesaminare i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   se, in quali e quanti casi, le commissioni regionali per il patrimonio culturale – d'ufficio o su segnalazione di altre amministrazioni – abbiano provveduto a riesaminare, in particolare, il dissenso espresso dalla soprintendenza competente all'interno di conferenze di servizi convocate ai sensi dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990;
   se, in quali e quanti casi – ad esito del riesame da parte delle commissioni regionali per il patrimonio culturale – siano stati annullati e/o modificati e rivisti i pareri, nulla osta o altri atti di assenso comunque denominati, rilasciati dagli organi periferici del Ministero;
   se, in quali e quanti casi, i pareri contrari espressi dalla soprintendenza competente all'interno di conferenze di servizi convocate ai sensi dell'articolo 14-quater della legge n. 241 del 1990 – ad esito del riesame da parte delle commissioni regionali per il patrimonio culturale – siano stati annullati e/o modificati e rivisti. (4-10438)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto emerge da un rapporto di InfoCamere i cui risultati sono stati pubblicati all'interno di un articolo del quotidiano economico «Il Sole 24 ore» il 21 settembre 2015, la pressione fiscale sui profitti delle imprese italiane, non arretra, anzi è aumentato il tax rate (ovvero il carico fiscale complessivo gravante su una determinata operazione), nel triennio 2012-2014, per le società del settore energetico, della sanità, delle costruzioni e dei servizi alle imprese;
   le elaborazioni di InfoCamere evidenziano, in particolare, che il tax rate medio si attesta al 32,8 per cento dei profitti, arrivando al 35,5 per cento per le attività manufatturiere e al 36,4 per cento per quelle commerciali (i due settori con più imprese), sfiorando il 40 per cento per le piccole e medie imprese di molte grandi città;
   il suesposto documento precisa, inoltre, che tali percentuali, calcolate su oltre 234 mila bilanci depositati da società italiane per gli esercizi del triennio 2012-2014, colpiscono i risultati ante-imposte, ovvero quello che rimane a seguito di tutti gli altri costi, a cui i responsabili aziendali, hanno fatto fronte, compresi i contributi previdenziali, il Tfr e le imposte diverse, tra Ires e Irap;
   l'aspetto più significativo, riporta ancora il suindicato articolo di stampa, è che non si vedono segnali di riduzione generalizzata della pressione fiscale, nonostante i numerosi annunci del Governo Renzi e le tante micro agevolazioni fiscali introdotte nel corso degli ultimi anni;
   il peso del cuneo fiscale, secondo l'analisi di InfoCamere, su Ires ed Irap a cui vanno aggiunti i contributi e le altre numerose imposte, che gravano sui bilanci aziendali, e in particolare sulla tax rate, sarà oggetto di revisione nella prossima legge di stabilità per il 2016, al fine di verificare se le misure per alleggerire il prelievo, quali ad esempio la deduzione del costo del lavoro o la riduzione della tax rate per il Mezzogiorno, avranno dispiegato i loro effetti in termini di minore imposta dovuta;
   a giudizio dell'interrogante, le osservazioni che emergono dal risultato delle elaborazioni di InfoCamere sull'imponente mole dei bilanci verificati, confermano le evidenti difficoltà e contraddizioni dell'Esecutivo in carica, nonostante le dichiarazioni a più riprese rilasciate dai Ministri interrogati e dallo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, i quali hanno asserito come nel breve periodo il livello complessivo della pressione fiscale sul sistema delle imprese, sarebbe diminuito in termini di imposte e di contributi –:
   quali orientamenti i Ministri interrogati intendano esprimere, per quanto di competenza;
   quali iniziative, in termini concreti, il Governo intenda adottare in favore delle imprese, in prossimità dell'imminente predisposizione del disegno di legge di stabilità per il 2016, al fine di alleggerire il carico fiscale che, secondo quanto riportato dal quotidiano «Il Sole 24 ore», ed esposto in premessa, evidenzia come le tasse siano aumentate per un'impresa su due. (4-10431)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nelle quattro carceri dell'Umbria, gli episodi di violenza ai danni del personale della polizia penitenziaria sono purtroppo all'ordine del giorno e derivano dalla difficoltà per il personale di contenere i detenuti, spesso anche con problemi psichiatrici, che, nonostante siano diminuiti nell'ultimo anno, sono evidentemente ancora troppi se confrontati all'organico di polizia interno alle carceri;
   secondo il SAPPE, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, al 30 luglio 2015 erano 1.320 i detenuti presenti nelle carceri dell'Umbria, contro i 1.534 del 2014, un calo a cui — sempre secondo il sindacato — non ha fatto seguito alcun miglioramento sul fronte delle criticità: dal 1 gennaio al 30 giugno 2015 nelle quattro carceri umbre si è registrato un suicidio, un decesso per cause naturali in cella e 53 atti di autolesionismo posti in essere da detenuti, e ancora più gravi risultano i numeri delle violenze contro i poliziotti penitenziari con 34 colluttazioni e 12 ferimenti;
   il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria appare, sempre secondo quanto denunciato più volte dal SAPPE, molto orientato a garantire il benessere dei detenuti, ma troppo poco orientato a tutelare il personale di polizia che ogni giorno si trova a gestire le tensioni spesso improvvise e violente che scoppiano negli istituti;
   il numero del personale è, inoltre, sempre ridotto e ciò non fa che aggravare la situazione, nonostante ci siano molti giovani che hanno già svolto i concorsi e sono stati ritenuti idonei, che restano fermi o dirottati presso servizi di altri Ministeri;
   importante sarebbe a questo punto, a parere degli interroganti, avviare anche delle ispezioni all'interno delle carceri umbre, così da controllare la situazione e mettere in evidenza ufficialmente e statisticamente tutte le denunciate criticità –:
   se, in base a quanto esposto in premessa il Ministro interrogato non intenda intervenire al fine di implementare la dotazione del personale penitenziario all'interno delle carceri umbre e se, in ogni caso, e a fronte dei gravi episodi di violenza che ogni giorno si perpetrano negli istituti penitenziari dell'Umbria, non intenda avviarvi una ispezione ministeriale. (4-10436)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di San Giorgio a Cremano (Napoli) si è consolidata un'impropria prassi concernente l'affidamento di contratti di lavori pubblici e consistente nel ricorso abusivo alla procedura prevista dall'articolo 57 del codice degli appalti pubblici, connessa alle modalità di cui al comma 7 dell'articolo 122 riguardante la disciplina per i contratti di lavori cosiddetti «sottosoglia»;
   infatti, secondo quanto segnalato all'interrogante dal gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle, spesso l'ente in parola stipula contratti utilizzando la procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando di cui all'articolo 57 del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   tale procedura, nonostante il suo carattere di eccezionalità dovuto all'intrinseca attenuazione dei principi di par condicio competitorum, non discriminazione, trasparenza, efficienza, efficacia e altro, viene utilizzata, sempre secondo le segnalazioni, con eccessiva frequenza dal comune di San Giorgio a Cremano: pur volendo ritenere che siffatta frequenza applicativa possa essere giustificata da ragioni di necessità e urgenza, le stesse appaiono spesso carenti o labili in motivazione, la quale è necessaria sempre ex articolo 3 della legge n. 241 del 1990, ma, nel caso specifico deve essere adeguata e, quindi, approfondita. Al contrario, si può notare facilmente come proprio le motivazioni portate avanti dall'ente sono spesso «veloci e fugaci» a fronte della necessità di una motivazione adeguata;
   non solo, secondo quanto segnalato, le motivazioni spesso sono fallaci, ma frequentemente si riscontra una incoerenza, una contraddittorietà, tra quanto affermato in motivazione e quanto praticato nella prassi. In particolare, si può notare che l'ente non di rado giustifica l'adozione della procedura ex articolo 57 sulla scorta di ragioni di necessità e urgenza, per poi assistere alla stipula dei relativi contratti a seguito del passaggio di un lungo lasso di tempo;
   come dottrina e giurisprudenza hanno spesso sottolineato, è proprio nelle procedure meno trasparenti che si annidano i rischi di possibili corruttele o di condotte quantomeno al limite della regolarità penale;
   l'impresa appaltatrice dei procedimenti «sospetti» spesso è la medesima o riconducibile alle stesse persone fisiche;
   in particolare hanno destato perplessità quattro procedure di affidamento: lavori di adeguamento del plesso scolastico «G. Mazzini», il cui progetto dei lavori, per un importo pari a euro 89.000,00, è stato approvato con la delibera di giunta n. 331 del 9 dicembre 2014; sistemazione ed arredo urbano di corso Umberto I — opere di completamento: manutenzione straordinaria di via Margherita di Savoia il cui progetto esecutivo viene approvato dalla giunta comunale il giorno 7 marzo 2013; manutenzione ordinaria delle fontane ornamentali e delle fontanelle per bere il cui progetto definitivo viene approvato con delibera di giunta n. 421 del 31 dicembre 2013; impianto termico a servizio della scuola «Noschese» il cui progetto definitivo-esecutivo viene approvato con determinazione di giunta n. 316 dell'11 novembre 2014; procedure affidate o alla ditta D'Alessandro Costruzioni S.r.l. oppure alla ditta Dalco S.r.l.;
   sulla base di quanto esposto, il consigliere comunale del comune di San Giorgio a Cremano Danilo Roberto Cascone ha presentato, il 4 agosto 2015, una relazione all'ANAC, acquisita dall'Autorità medesima l'11 agosto con protocollo n. 0101923;
   l'ANAC risponde, a seguito della suindicata segnalazione, il giorno 11 settembre con una nota recante protocollo n. 0114899;
   l'ANAC espressamente afferma che: «la procedura ex articolo 122 comma 7 impone, quindi, la procedura di rotazione. Dall'esame degli atti relativi alle quattro gare segnalate, non appare rispettato tale principio, dato che risultano aggiudicatarie le imprese D'Alessandro Costruzioni S.r.l. per le prime due e Dalco s.r.l. per le ultime due; l'applicazione del principio di rotazione avrebbe, invece, imposto l'esclusione dall'elenco delle ditte da invitare almeno a quelle risultanti aggiudicatrici degli appalti precedenti»;
   l'ANAC continua affermando espressamente che «viene inoltre in rilievo il fatto che una motivazione ricorrente nella scelta di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, da parte della Stazione appaltante, risiede nella necessità di provvedere in tempi ristretti; di contro, come fatto rilevare dall'Esponente, la stipula dei contratti avviene con tempi lunghi, non coerenti con la scelta di ricorrere ad una procedura che avrebbe dovuto garantire proprio l'esecuzione dei lavori in tempi ristretti; soprattutto considerando che ciò è fatto in alternativa a una procedura aperta, che avrebbe consentito la possibilità di più offerte e, in definitiva, la possibilità di ottenere economie di spesa»;
   la stessa ANAC, nella risposta all'esposto in parola, espressamente richiama la stazione appaltante al rispetto delle disposizioni violate –:
   se i Ministri interrogati, alla luce di quanto segnalato in premessa, non ritengano dover assumere iniziative normative urgenti, al fine di prevedere controlli e procedure più stringenti per l'attivazione delle procedure d'urgenza previste dal codice degli appalti. (4-10440)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   in data 13 novembre 2014 la prima firmataria del presente atto ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4/06876, chiedendo delucidazioni in merito alle numerose irregolarità contenute nel «Bando di affidamento per la gestione totale dell'aeroporto di Rimini» emesso dall'ENAC in data 7 maggio 2014. Nell'elenco delle imprecisioni evidenziate, vi era la mancata richiesta, tra i requisiti per poter partecipare alla gara, delle competenze, nel settore aeroportuale. Si ritiene opportuno riportare, infatti, il primo quesito dell'interrogazione in oggetto: «se il Ministro ritenga di dover verificare la validità del bando e del disciplinare di gara, in ragione delle imprecisioni sopra illustrate che, a parere dell'interrogante, non sono trascurabili ai fini della validità della gara e di una nuova gestione corretta ed altresì, sempre con riferimento a tali documenti, se il Ministro non ritenga che la mancata richiesta di esperienza aeroportuale abbia contribuito alla svalutazione dello scalo di Rimini dato che se non in Italia, sicuramente all'estero, si sarebbero trovate imprese con l'esperienza dovuta». Vista la preoccupante situazione in cui versa da ormai due anni l'aeroporto Fellini, oltre a tale interrogazione ne erano state depositate altre due, a settembre e novembre 2014, richiedendo un intervento del Ministro. Con l'interrogazione n. 4/06088 si chiedeva, infatti che venisse fatta luce sulle responsabilità del fallimento della precedente società di gestori Aeradria s.p.a causato da un buco di circa 56 milioni di euro lasciato dagli amministratori della suddetta società che ha portato alla chiusura dell'aeroporto Fellini. Con l'interrogazione n. 4/06872 si richiedeva un intervento del Ministro affinché Enac nominasse un commissario per una riapertura dell'aeroporto visti gli ingenti danni causati ai dipendenti e all'intera economia riminese. Nessuna delle tre interrogazioni ha ricevuto risposta;
   il Tar di Bologna ha rilevato, già nella stesura del bando di gara, un'irregolarità tale da provocarne l'annullamento. In data 11 settembre 2015 il Tar di Bologna, infatti, depositava sentenza di accoglimento del ricorso numero di registro generale 119 del 2015, proposto dal Consorzio per lo sviluppo dell'aeroporto di Rimini San Marino S.C.R.L., quarto classificato nella graduatoria finale di gara, contro ENAC, accogliendo il secondo motivo del ricorso presentato: «Con il secondo motivo, mirante a censurare in parte qua il bando di gara, il Consorzio ricorrente rileva la violazione dell'articolo 42 del Codice dei Contratti ed eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità in relazione alla mancata richiesta nel bando dei requisiti di capacità tecnica. Il motivo è fondato». Si precisa che dagli atti di gara emergerebbero però numerose altre irregolarità non rilevate dal TAR Bologna a seguito della decisione di annullare il bando, senza entrare nel merito dell'aggiudicazione. Tra queste l'assenza di alcuni requisiti da parte di AiRiminum s.p.a., richiesti dal bando per la partecipazione alla gara, mancando infatti, tra gli altri, al certificato obbligatorio di sopralluogo intestato alla società, alla seconda referenza bancaria intestato alla società, al versamento obbligatorio del capitale sociale richiesto dal bando dopo l'aggiudicazione, a parte ogni considerazione sull'abnorme punteggio attribuito di 85 punti su 85 ad a società costituita qualche giorno prima della scadenza del bando di gara;
   dunque il Tar accogliendo il ricorso di cui sopra ha sancito il conseguente annullamento del bando di gara e il sequenziale atto di aggiudicazione confermando di fatto quanto segnalato nell'interrogazione di cui sopra (4/06876);
   tale decisione da parte del giudice amministrativo di Bologna porta secondo gli interpellanti probabilmente a rilevare anche un profilo di responsabilità patrimoniale in capo all'ENAC, sia per gli ingenti danni economici fin ora causati, sia per quelli che conseguiranno all'accoglimento del ricorso con l'ennesima chiusura dell'aeroporto Fellini, nei confronti dei dipendenti dell'aeroporto stesso ma anche con riferimento all'enorme riflesso sull'economia della città di Rimini che si ritrovava ancora una volta, senza un aeroporto nonostante lo scandalo del fallimento della precedente società gestrice Aeradria s.p.a.;
   la gravità della situazione assume profili drammatici poiché, consultando il sito dell'ENAC, in particolare leggendo i bandi di affidamento della gestione di altri aeroporti come ad esempio quelli di Forlì, Siena, Lampedusa e Pantelleria, sembrerebbe che essi contengano lo stesso identico vizio riscontrato dal giudice amministrativo di Bologna per cui ha dichiarato l'annullamento del bando di affidamento di gestione dell'aeroporto di Rimini;
   forti segnali di preoccupazione per la situazione in cui versa Enac nascono anche dalle recenti problematiche dovute alla chiusura di un terminal dell'aeroporto di Roma Fiumicino a seguito dell'incendio dovuto a lavori ed impianti presenti nella struttura, ove è emersa una carenza di controlli da parte dell'Enac, perfino nel principale aeroporto italiano. La stessa magistratura è intervenuta più volte recentemente per perseguire casi clamorosi di corruzione in ambito Enac, portando, tra questi, all'arresto lo scorso anno del responsabile dell'aeroporto di Roma Ciampino, Sergio Legnante –:
   quali iniziative abbia intenzione di adottare il Ministro interpellato nei confronti di ENAC in ragione della gravità e dei pregiudizi derivanti dalla pubblicazione di bandi di affidamento della gestione di aeroporti predisposti in maniera giudicata illegittima dal Tar di Bologna, sotto il profilo della mancata richiesta dei requisiti di capacità tecnica, e suscettibili di essere oggetti di annullamento in sede giurisdizionale, come già avvenuto per l'aeroporto di Rimini;
   vista l'attuale esecutività della sentenza emessa dal Tar di Bologna, come intenda far fronte a tale situazione di urgenza, con particolare riferimento dunque all’«aeroporto Fellini» di Rimini;
   visto che anche il vicino aeroporto di Forlì risulta tuttora inattivo, nonostante la procedura di gara per la concessione dello stesso sia stata chiusa da tempo, se il Ministro interpellato ritenga opportuno verificare che i controlli precedenti e successivi alla gara, nei confronti dell'unico partecipante poi aggiudicatario, siano stati svolti puntualmente;
   come abbia intenzione di procedere il Ministro interpellato per quanto attiene alla responsabilità patrimoniale di Enac in relazione ai diversi profili di danno economico illustrati nelle premesse.
(2-01086) «Sarti, Ferraresi, Bonafede, Agostinelli, Businarolo, Colletti, Dell'Orco, Liuzzi, Nicola Bianchi, Carinelli, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Spadoni, Dall'Osso, Paolo Bernini, D'Incà, D'Uva, Fraccaro, Gagnarli, Gallinella, Silvia Giordano, Grillo, L'Abbate, Lombardi, Lorefice, Lupo, Mannino, Mantero, Marzana, Micillo, Nesci, Parentela, Petraroli, Pisano, Rizzo, Sorial, Terzoni, Tripiedi, Vacca, Simone Valente, Vignaroli, Zolezzi».

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da anni, ciclicamente, torna di attualità per la politica ed i media il progetto relativo alla costruzione del ponte sullo stretto di Messina;
   da fonti stampa si apprende che Angelino Alfano, Ministro dell'interno nonché leader di Ncd, a inizio settembre di quest'anno, in occasione della presentazione del piano di Area Popolare (alleanza tra Ncd e Udc) per il rilancio del Sud, nella sede dello Svimez, (associazioni associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno) ha pubblicamente annunciato la volontà di riprendere la progettazione del ponte sullo stretto di Messina, chiedendo al Presidente del Consiglio Matteo Renzi la definizione di un calendario preciso di realizzazione dell'opera entro il 2018. In tale occasione il Ministro dell'interno ha testualmente dichiarato «presenteremo un disegno di legge che rimetta in moto il progetto del Ponte sullo stretto» aggiungendo che «non è possibile che l'Alta velocità arrivi fino a Reggio Calabria e poi ci si debba “tuffare” nello Stretto, per poi ricominciare a viaggiare a bassa velocità. Questo è un progetto che vogliamo rilanciare»;
   in seguito alla una mozione (1-00713) presentata in Parlamento, il Presidente del Consiglio Letta con un decreto del 15 aprile 2013, ha posto in liquidazione «Stretto di Messina SpA» (società concessionaria istituita nel 1981 e controllata da ANAS, gestore della rete stradale e autostradale) e da fonti stampa si apprende che ad oggi ci sono contenziosi per la sua mancata realizzazione, che rischiano di pesare sulle casse pubbliche per più di 1 miliardo di euro;
   secondo gli interroganti e secondo il Fai, Italia Nostra, Legambiente, Man e Wwf, l'opera in questione, oltre ad essere una delle infrastrutture più costose per il nostro Paese (nel 2012 aveva raggiunto un costo che si aggirava intorno ai 6,3 e gli 8,5 miliardi di euro), è tecnicamente irrealizzabile: si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso 3,3 chilometri di lunghezza a doppio impalcato stradale e ferroviario, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza su un'area ampiamente vincolata per gli straordinari valori paesaggistici e severamente tutelata dall'Unione europea (l'opera ricade interamente nell'area di due zone di protezione speciale «Costa Viola», in Calabria e dei «Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto», in Sicilia e interferisce in entrambe le regioni con 11 Sic – siti di interesse comunitario);
   nel programma delle infrastrutture strategiche allegato al DEF 2015 è riportato un elenco di venticinque opere prioritarie del costo di 70.936 milioni di euro, tra le quali non compare il progetto del ponte sullo stretto di Messina;
   il Ministro interrogato in occasione del suo insediamento aveva pubblicamente dichiarazione che «Focalizzarsi sulle grandi opere ci ha portato in 14 anni di legge Obiettivo a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23» affermando la necessità di porre un fine al «mito delle grandi opere», ribadendo invece la necessità di tornare «all'ordinario, alle regole semplici» –:
   quali siano le linee programmatiche del Ministro interrogato e sussistano le condizioni, anche economico-finanziarie, che giustifichino la programmazione del ponte sullo stretto di Messina. (5-06434)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione nazionale costruttori edili Sicilia rileva come tra il mese di gennaio e di agosto 2015, si è registrata un'ulteriore flessione del numero dei bandi e degli importi posti in gara, i cui effetti hanno determinato il crollo delle gare d'appalto di competenza regionale, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale;
   la suesposta Associazione siciliana evidenzia, inoltre, che, analizzando le serie storiche annuali complete, emerge che il mercato degli appalti in Sicilia, è oramai giunto ad una crisi profonda, che a partire dalla fine del 2007 anno di inizio della crisi economica e finanziaria, con 1.238 gare per 1 miliardo e 269 milioni di euro, si è progressivamente scesi di oltre il 50 per cento, fino al 2011, quando invece si era registrata una minima ripresa;
   rispetto al 2007 prosegue l'analisi dell'Ance Sicilia, la flessione è stata del -75,20 per cento per numero di gare e di -71,93 per cento per importi, aggiungendo inoltre che il Governo Renzi, non ha adottato alcuna significativa misura in grado di invertire tali indicatori numerici così sfavorevoli;
   il mancato utilizzo dei fondi comunitari, unitamente ad un'evidente assenza d'interventi in grado di stimolare la ripresa del settore delle costruzioni e delle opere pubbliche, prosegue il documento dell'Ance Sicilia, rappresenta fra le principali motivazioni che, in particolare negli ultimi anni, hanno affossato l'economia siciliana in generale, incluso il mercato degli appalti, che rappresenta un segmento economico fondamentale in termini di sviluppo e di occupazione;
   l'auspicio, conclude il rapporto dell'Ance Sicilia, è che nell'imminenza dell'avvio della nuova programmazione dei fondi europei vi sia un'inversione di tendenza necessaria, in grado di non far perdere ulteriori risorse e che consenta di riaprire i cantieri in Sicilia;
   a giudizio dell'interrogante, la suesposta analisi conferma nuovamente la gravissima situazione economica in cui nel complesso si trova la regione siciliana, caratterizzata in particolare negli ultimi due anni, da una spiccata assenza da parte del Governo Renzi nell'introduzione di misure concrete sia fiscali che economiche, in grado di stimolare la ripresa e la crescita dell'economia isolana, i cui indicatori economici complessivi sono in crescente peggioramento;
   la necessità di investimenti, sia pubblici che privati, ed il completo utilizzo dei fondi comunitari, che abbiano come obiettivo prioritario la ripresa e la crescita dell'economia in Sicilia, a parere dell'interrogante, risultano, in considerazione di quanto in precedenza riportato, fondamentali al fine di rimuovere le inadeguatezze strutturali e le diffuse inefficienze presenti da tempo nella regione isolana –:
   quali orientamenti i Ministri interrogati, intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento all'analisi diffusa dall'Ance Sicilia, in merito alla diminuzione delle gare d'appalto e alla crisi del settore delle opere pubbliche che investe da anni la regione;
   quali iniziative urgenti e necessarie il Governo intenda intraprendere al fine di invertire un trend economico di assoluta gravità e acutezza, presente nella regione siciliana, causato in particolare dagli inaccettabili livelli raggiunti dalla disoccupazione, in specie giovanile, a cui consegue una desertificazione industriale ed umana in corso oramai da anni. (4-10433)

INTERNO

Interrogazioni a risposta immediata:


   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diversi Paesi balcanici sono interessati da un imponente afflusso di migranti irregolari in uscita dalla Turchia e non sempre di certa origine, posto che ai siriani in fuga dalla guerra civile si mischiano anche afghani, pakistani e gente appartenente ad altre nazionalità ulteriori, ad esempio curdi iraniani, spesso priva di documenti o viaggiante con documenti falsi;
   l'afflusso imponente ed improvviso ha già indotto diversi Stati europei a chiudere le frontiere o comunque assumere misure tese a deflettere almeno in parte la pressione;
   sono di particolare interesse per il nostro Paese le scelte compiute dalla Serbia, dalla Croazia e dall'Ungheria, dal momento che possono canalizzare da un momento all'altro le maggiori correnti migratorie irregolari verso la frontiera del Tarvisio, già da mesi in realtà testimone di un numero significativo di passaggi clandestini;
   con precedenti atti di sindacato ispettivo, si era conseguentemente attirata l'attenzione sull'inopportunità della scelta di sguarnire il presidio frontaliero di Tarvisio, sottolineando come l'apprezzamento dell'emergenza avesse portato a stringere accordi con l'Austria che hanno permesso ad un certo numero di poliziotti di quel Paese di perlustrare i nostri treni nel Friuli Venezia Giulia, ancorché disarmati;
   in considerazione di quanto è accaduto e sta verificandosi in questi giorni, non sarebbe inopportuno prepararsi a fronteggiare l'eventuale emergenza, in particolare reintegrando e possibilmente potenziando il presidio di Tarvisio, in modo tale da poter chiudere il confine, all'occorrenza, per effettuare controlli su chi entra, in particolare sull'autenticità dei relativi documenti, bloccando sul posto coloro che risultino provenire da Paesi sicuri, cioè non interessati da alcun conflitto –:
   se il Governo si stia preparando o meno a fronteggiare un'eventuale, sempre più probabile, emergenza migratoria alla frontiera nord-orientale del nostro Paese, in particolare inviando rinforzi al Tarvisio per chiudere eventualmente la frontiera e bloccare gli accessi a coloro che risultino in possesso di documenti falsi o provenire da Paesi che non versano in stato di guerra. (3-01711)


   SANTERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ospitalità per gli immigrati negli alberghi rientra nel Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria (Sprar);
   come è noto, lo Sprar è stato istituito nel 2002 in seguito a un accordo stipulato dal Ministero dell'interno, dall'AnciI e dall'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), che hanno cercato di mettere ordine nei programmi di accoglienza in precedenza gestiti a livello locale;
   il Ministero dell'interno emana periodicamente un bando per l'assegnazione dei posti, gli enti locali interessati – con le organizzazioni del terzo settore selezionate a livello locale – partecipano al bando e i progetti vengono approvati se «idonei» in base a una serie di parametri piuttosto rigidi. In pratica, enti locali e associazioni mettono a disposizione dei posti letto e lo Stato sceglie di quali usufruire attraverso un bando, che tiene conto dei costi e di altri criteri. Secondo i dati del Ministero dell'interno i posti finanziati per gli anni 2014-2016 sono 20.744: tra questi rientrano anche, tra le varie strutture, alcuni alberghi. Nella grandissima parte dei casi, stando alle informazioni disponibili, si tratta di strutture distanti dagli hotel in cui si passano le vacanze ma che vengono considerate, comunque, tra le migliori e più adeguate sistemazioni che lo Stato oggi possa mettere a disposizione di chi richiede asilo e protezione;
   la questione dell'accoglienza degli immigrati ha suscitato da più parti accese discussioni, con particolare riferimento alle forme di ospitalità da offrire a coloro che fuggono da guerre e miseria;
   al di là delle reazioni emotive dell'opinione pubblica, appare ben più grave l'atteggiamento di chiusura e di ostilità palesato da parte di soggetti istituzionali, che non si addicono a chi è chiamato a collaborare alla soluzione delle problematiche correlate al fenomeno migratorio. Ultimo in ordine di tempo il voto favorevole del consiglio regionale della Lombardia ad un emendamento che dispone l'esclusione da una serie di benefici di quegli albergatori che si dichiarino disponibili ad ospitare nelle loro strutture immigrati come disposto dal citato Sistema di protezione per i richiedenti asilo e i rifugiati e destinatari di protezione sussidiaria (Sprar) –:
   se il Ministro interrogato possa fornire dettagli sullo stato di aggiornamento del sistema Sprar sopra ricordato e che appare utile strumento non solo per un'accoglienza degna nei confronti di chi giunge in Italia in cerca di asilo e protezione, ma anche risposta concreta alle comprensibili preoccupazioni dei cittadini, oltre che alle estemporanee iniziative come quelle sopra ricordate e che a parere dell'interrogante si collocano in aperta difformità con quanto disposto dalle autorità statali competenti in materia d'immigrazione.
(3-01712)


   LOCATELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Ca’ Matta è una struttura del Parco dei Colli di Bergamo situata nel comune di Ponteranica in località Maresana; è centro educativo che offre percorsi di educazione e sostenibilità ambientale rivolti a gruppi e a scuole di ogni ordine e grado; è ostello della gioventù, destinato al turismo giovanile, scolastico, sociale e di gruppo, in grado di ospitare alcune decine di persone, anche in autogestione;
   dal mese di giugno 2010 Ca’ Matta è gestita da Sol.Co. città aperta, un consorzio di cooperative sociali che opera a Bergamo e nel suo hinterland, nell'ambito territoriale di Dalmine e di Seriate;
   già nell'estate 2014, su richiesta della prefetta di Bergamo, dottoressa Francesca Ferrandino, e con il consenso dell'assemblea dei sindaci, ente preposto alla gestione del Parco dei Colli, nella struttura era stato ospitato un gruppo di rifugiati/richiedenti asilo;
   anche nel mese di agosto 2015 la stessa struttura era stata individuata e utilizzata come tappa provvisoria di circa un mese per 30/40 profughi;
   a seguito di tale iniziativa alcuni sindaci di comuni facenti parte del Consorzio Parco dei Colli hanno dichiarato di aver bloccato il pagamento delle quote del Parco (sindaco di Torre Boldone) o indicato agli uffici di attendere istruzioni prima di effettuare i bonifici (sindaco di Sorisole);
   come riportato da L'Eco di Bergamo il 5 settembre 2015, l'assessora all'ambiente della regione Lombardia è intervenuta nella questione minacciando il taglio del contributo al Parco dei Colli, motivando questa intenzione con l'uso improprio della struttura: «Di fronte al persistere di utilizzi impropri delle strutture dei parchi regionali lombardi, enti di diritto pubblico istituiti con legge regionale – ha detto l'assessora Claudia Terzi – è pertanto mia intenzione procedere, con gli strumenti adeguati, ad una revisione dei trasferimenti regionali che tenga conto, come fattore penalizzante, dell'utilizzo improprio del patrimonio affidato alla gestione dei parchi stessi»;
   sullo stesso argomento l'assessora all'ambiente ha dichiarato: «L'accoglienza non può e non vuole essere favorita in alcun modo dalla regione (...)» (dall'inserto di Bergamo de Il Corriere della Sera dell'8 agosto 2015);
   il 16 settembre 2015 il consiglio regionale lombardo ha approvato una nuova legge quadro sul turismo, stanziando fondi per 25 milioni di euro; all'articolo 72 la nuova legge prevede che i contributi regionali legati a questo provvedimento non siano destinabili a strutture alberghiere e non alberghiere, il cui fatturato negli ultimi tre anni non sia stato integralmente legato ad attività turistica;
   la tragedia che si sta svolgendo nel Mediterraneo, con i barconi carichi di disperati che sono in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni nei loro Paesi di origine, impone una collaborazione tra le istituzioni che permetta di organizzare per queste persone, con gli strumenti e le strutture a disposizione, un'accoglienza organizzata, come previsto dal diritto internazionale;
   in passato i predecessori del Ministro interrogato, anche di orientamento politico diverso (dai Ministri Scajola e Pisanu all'attuale presidente della giunta lombarda Maroni, che da Ministro dell'interno nel 2011 dichiarò l'emergenza per il Nord Africa), chiesero alle regioni di mettere a disposizione strutture e offrire ospitalità;
   rifugiati e richiedenti asilo hanno diritto all'accoglienza e le comunità bergamasca e lombarda si sono sempre contraddistinte per spirito solidale e per generosità anche attraverso numerose attività di volontariato –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di assicurare politiche compatibili con il diritto internazionale, con gli impegni espressi dal nostro Paese in occasione dei Consigli europei, quale quello del 14 settembre 2015 tra Ministri dell'interno dell'Unione europea, e in altri incontri a livello europeo in tema di accoglienza di profughi e richiedenti asilo.
(3-01713)


   POLVERINI, BRUNETTA, VITO, OCCHIUTO e SANTELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Carta costituzionale ha previsto, per i cittadini in uniforme, attraverso il combinato disposto degli articoli 49, 52 e 98, il potere/dovere di concorrere democraticamente all'esercizio della sovranità popolare, all'interno di una propria scelta di natura politica;
   proprio per questo, a partire dal 1990, il legislatore non ha più proceduto al rinnovo annuale della disposizione di cui all'articolo 114 della legge n. 121 del 1981 («Nuovo ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza»), che aveva posto il divieto per gli appartenenti alle forze di polizia di iscrizione a partiti politici;
   in mancanza di ulteriori proroghe, l'articolo 114 della legge n. 121 del 1981 è, quindi, oggi inoperante, permettendo ope legis a tutti gli appartenenti alla polizia di Stato di iscriversi liberamente a partiti politici senza limitazioni di sorta e di svolgere attività come quella di ricoprire incarichi in seno a movimenti politici;
   nonostante quanto sopra riportato sia noto, risulta agli interroganti l'avvio di un procedimento disciplinare nei confronti dell'assistente della polizia di Stato, Giovanni Iacoi, in quanto, nella qualità di appartenente al Corpo di polizia, avrebbe esercitato i suddetti diritti ricoprendo l'incarico di coordinatore del Lazio de «L'Esercito di Silvio» e preso parte a manifestazioni del movimento politico Forza Italia, a quanto risulta agli interroganti documentalmente al di fuori dell'orario di lavoro, al di fuori del luogo di lavoro e senza mai indossare l'uniforme in ossequio alle prescrizioni cui all'articolo 81 della legge n. 121 del 1981;
   per quanto risulta inoltre agli interroganti, vi sarebbe stata la ripetuta insistenza del dirigente generale dell'ispettorato di pubblica sicurezza presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, nel motivare e pretendere provvedimenti in merito al caso citato, anche in relazione ad affermazioni che sembrano infondate, quali quelle che il signor Giovanni Iacoi avrebbe cancellato dal profilo personale di facebook alcune affermazioni che testimoniavano semplicemente, ed in modo consono al proprio incarico, le proprie posizioni politiche rappresentate in qualità di coordinatore Lazio de «L'Esercito di Silvio»;
   per di più, il suddetto procedimento disciplinare sarebbe stato instaurato oltre i termini di 90 giorni stabiliti dalla normativa (articolo 120 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957, in relazione all'articolo 103 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981) –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per verificare, per quanto di competenza, la legittimità delle azioni riportate in premessa, più in generale come intenda garantire la libertà di espressione politica degli appartenenti alla polizia di Stato e quali urgenti iniziative intenda adottare nei confronti di chi prova a rimuovere le condizioni tese a tutelare tale libertà. (3-01714)


   MOLEA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a fine luglio 2015, il presidente dell'Aics di Bologna, Serafino D'Onofrio e molti suoi colleghi hanno ricevuto decine di telefonate da uomini che chiamano da un numero «sconosciuto», i quali, affermando di appartenere ad un sindacato di polizia, chiedono, anche al fine di evitare «controlli e ispezioni», un contributo per l'abbonamento alla loro rivista di 140 euro e per ricevere adesivi e altro materiale dell'associazione;
   a una delle persone chiamate che cercava di capire di quale sindacato si stesse parlando, è stato fatto il nome del Coisp: una sigla sindacale che effettivamente esiste e che di recente è balzata agli onori della cronaca per aver querelato la mamma di Federico Aldrovrandi;
   Stefano Del Monaco, presidente dell'associazione Fuoridea, nell'intento di smascherare la truffa, è andato oltre, lasciando l'indirizzo per ricevere il pacco di riviste; ma, di fronte al pagamento in contrassegno di 168 euro, non l'ha ritirato e neanche aperto, rinviandolo al mittente chiuso;
   il Coisp, però, nel frattempo, su carta intestata e da un indirizzo mail certificato, gli presenta la pubblicazione del sindacato e lo ringrazia per la «fiducia accordata»;
   si legge nella mail che «l'abbonamento annuale al bimestrale Ps sicurezza e polizia dà diritto al ricevimento di sei numeri con periodicità bimestrale oltre l'annuario di presentazione, un piccolo omaggio da parte della casa editrice dove abbiamo deciso di raccontare le origini della polizia con i suoi percorsi storici e culturali fino ai giorni nostri»;
   a preoccupare D'Onofrio (che, per tutelare i propri associati, ha deciso di denunciare l'accaduto alle forze dell'ordine, portando la mail del Coisp alla polizia postale) è anche il fatto che un elenco di numeri e nominativi pubblicati on line «come elemento di trasparenza» possa venire utilizzato per attività di dubbia legittimità, come sta accadendo;
   a Bologna, ad esempio, l'Aics conta 350 associazioni per un totale di 85.000 tesserati: in molti casi si tratta di associazioni che non hanno un ufficio, per cui i responsabili hanno messo i propri numeri di cellulare direttamente on line;
   è sembrato improbabile che quegli imprecisati «venditori» fossero in qualche modo collegati a un sindacato di polizia: lo stesso questore di Bologna, Ignazio Coccia, di fronte alla già richiamata denuncia fatta dal presidente, aveva escluso il coinvolgimento di qualsiasi sigla di rappresentanza degli agenti;
   il fatto strano è che, come si può facilmente vedere dal sito del Coisp, la quota di adesione per l'abbonamento «ordinario» alla rivista bimestrale di informazione, cultura e attualità sindacato (Ps sicurezza e polizia) è proprio di 140 euro (160 per l'abbonamento «sostenitore» e 180 per il «benemerito»);
   in rete, tra l'altro, si trovano notizie relative a una truffa analoga a questa risalente ad alcuni anni fa: evidentemente si tratta di una modalità già utilizzata dai truffatori –:
   se non intenda in tempi rapidi fare chiarezza sulla vicenda, nonché adottare ogni iniziativa di competenza al riguardo.
(3-01715)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come è noto il Friuli Venezia Giulia, quale regione di confine, vive da tempo una particolare situazione di emergenza nella gestione del fenomeno migratorio; ci sono oggi circa 2.600 migranti: si tratta del 3 per cento del totale nazionale, percentuale onerosa se si considera in rapporto alla popolazione. Il capoluogo friulano ne ospita circa 600, di cui 300 da mesi dormono in tende dentro la ex caserma Cavarzerani, semi diroccata, rispetto alla quale la governatrice della regione Debora Serracchiani aveva annunciato lavori di ristrutturazione per la nascita del primo di sei hub di riconoscimento dei richiedenti asilo; tuttavia, tale intervento tarda ad essere realizzato;
   nelle ultime settimane l'emergenza si è intensificata e per molti migranti non è possibile trovare una collocazione: dormono all'aperto, per strada e nei parchi. Il sindaco di Udine, al riguardo, ha affermato: «Case, canoniche e alberghi non bastano più. In attesa delle caserme li lascio per strada, sperando che non piova»;
   a parere dell'interrogante si tratta di una situazione insostenibile gestita in modo non idoneo, sia dalla Regione che a livello nazionale. Ma vi è di più, poiché si teme che la situazione di emergenza subirà un peggioramento a causa degli attuali gravi disordini che il fenomeno migratorio sta causando tra Slovenia, Croazia e Ungheria e che potrebbe determinare l'imminente entrata di un considerevole numero di migranti in Friuli Venezia Giulia; si parla di migliaia di richiedenti asilo per giorno;
   considerando che, a parere dell'interrogante, vi è totale assenza a livello nazionale di un concreto piano di controllo, è necessario adottare urgenti provvedimenti per gestire il fenomeno migratorio, rispetto ai soccorsi, alle strutture ospitanti ed alle verifiche ai fini delle pronunce sulle richieste di asilo;
   in particolare, si mette in rilievo che, il direttore centrale per l'immigrazione e la polizia di frontiera, Giovanni Pinto, ha dichiarato: «non ci sono più tanti candidati all'asilo, ma soprattutto migranti economici». Quindi, se tale dato è reale, sembra che buona parte di chi arriva, dovrebbe essere rimpatriato, ma di fatto, a quanto è dato sapere, sono pochissimi i migranti che vengono fatti tornare nei loro Paesi perché privi dei requisiti per restare in Italia;
   pertanto, è necessario aumentare il numero delle commissioni territoriali che si pronunciano sulle richieste di asilo per mettere nelle condizioni l'Italia di stabilire in tempi brevi se le persone che accedono nel nostro Paese e chiedono di rimanervi, siano realmente profughi oppure non abbiano diritto di sostare e, di conseguenza, vadano rimpatriati –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro su quanto esposto in premessa ed in, particolare, quali siano i dati sui migranti che hanno i requisiti per richiedere asilo e su quelli che invece andrebbero rimpatriati poiché non ne hanno diritto e, rispetto a tale ultimo dato, quale sia il numero di coloro che vengono effettivamente rimpatriati;
   se e quali iniziative intenda assumere per gestire il fenomeno migratorio con particolare attenzione alle regioni maggiormente interessate, come il Friuli Venezia Giulia, anche considerando le attuali tensioni dei territori vicini – tra Slovenia, Croazia e Ungheria – che prossimamente potrebbero determinare il dirottamento di un considerevole numero di migranti verso i confini dei territori italiani. (5-06440)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, CARRA, ALBANELLA, AMATO, TERROSI, LODOLINI, CENNI, MINNUCCI, FREGOLENT, CARRESCIA, ROSTELLATO, CINZIA MARIA FONTANA, PATRIARCA, GRASSI, FRAGOMELI, BARGERO, LATTUCA, VENTRICELLI, OLIVERIO, ZARDINI, CENSORE e BORGHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il programma #scuolesicure inserito nel «decreto del Fare» ha previsto uno stanziamento di risorse complessivo di 400 milioni di euro ai sensi dell'articolo 48 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e ai sensi della delibera del CIPE 30 giugno 2014, n. 22;
   numerose realtà scolastiche pubbliche sul territorio italiane si sono così rivolte al bando per ottenere i finanziamenti promessi e ottenuto il «via» hanno iniziato i lavori; per ottenere le liquidazioni delle attività svolte o in essere hanno seguito le linee guida operative segnalate dalla direzione generale per gli interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali e per l'innovazione digitale del Ministero;
   a questo punto, si sono però create situazioni di difficoltà per la liquidazione degli interventi effettuati: in particolare, molte regioni segnalano problemi che vanno dalle difficoltà riscontrate con il data-base del Ministero (mancata profilazione, accreditamento e simili), alla richiesta, da parte del Ministero, di un parere regionale su documentazioni di varia natura, per altro attività non richiesta in alcun modo in alcuna parte del bando e della documentazione relativa; in specifico, alcuni enti hanno inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i file per la richiesta delle credenziali per l'accesso al portale del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, ma, nonostante i numerosi solleciti via pec, via mail e per telefono, non hanno ancora ottenuto le credenziali richieste;
   le singole regioni si sono viste pervenire numerose richieste di supporto e spiegazione, ma, ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 98 del 2013, le stesse in merito al bando «Scuole sicure» non hanno competenze se non quelle di custodire i progetti ricevuti e approvare la graduatoria e quindi non hanno titolo per effettuare altre operazioni;
   i suddetti enti si trovano così nella seria difficoltà di affrontare dei possibili contenziosi con le ditte appaltatrici dei lavori che attendono i pagamenti;
   l'articolo 10 del decreto-legge n. 104 del 2013 (decreto mutui) prevede, al fine di favorire interventi straordinari di ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento sismico, efficientamento energetico di immobili di proprietà pubblica adibiti all'istruzione scolastica di immobili, adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, di proprietà degli enti locali, nonché la costruzione, di nuovi edifici scolastici pubblici e la realizzazione di palestre scolastiche nelle scuole o di interventi volti al miglioramento delle palestre scolastiche esistenti, per la programmazione triennale 2013- 2015, che le regioni interessate siano autorizzate dal Ministero dell'economia e delle finanze (MEF), d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), a stipulare appositi mutui trentennali con oneri di ammortamento a totale carico dello Stato, con la Banca europea per gli investimenti, con la Banca di sviluppo del Consiglio d'Europa, con la società Cassa depositi e prestiti spa e con i soggetti autorizzati all'esercizio dell'attività bancaria ai sensi del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385;
   conseguentemente, con D.D. n. 297 del 30 aprile 2015, l'Italia si è dotata di una programmazione nazionale triennale degli interventi di edilizia scolastica per il periodo 2015/2017, precisamente sono stati approvati il piano triennale e i piani annuali di edilizia scolastica 2015-16-17 di cui al decreto interministeriale Ministero dell'economia e delle finanze – Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del in data 23 gennaio 2015 per interventi specifici sugli edifici scolastici di proprietà pubblica sede di scuole statali dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e secondo grado. Il decreto interministeriale Ministero dell'economia e delle finanze – Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in data 23 gennaio 2105, definisce le modalità di attuazione della norma per l'attivazione dei mutui e per la definizione della programmazione triennale, in conformità ai contenuti dell'Intesa sottoscritta in sede di conferenza unificata il 1o agosto 2013;
   si è stabilito pertanto che gli interventi vengano finanziati con i cosiddetti mutui BEI (Banca europea per gli investimenti), mutui agevolati con oneri di ammortamento a carico dello Stato che vengono accesi dalle regioni, così come stabilito da decreto interministeriale del 23 gennaio 15 al comma 4 dell'articolo 3, che prevede «con l'autorizzazione alla stipula in favore delle Regioni dei mutui trentennali (...) gli enti locali risultati beneficiari dei finanziamenti relativi agli interventi contenuti nel decreto (...) sulla base delle priorità definite dalle Regioni, fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia di appalti pubblici sono autorizzati alla stipula dei contratti di appalto»;
   le singole regioni hanno svolto il ruolo di collettore delle domande di finanziamento e hanno stilato le graduatorie sulla base dei criteri di ammissibilità;
   i finanziamenti coprono interventi di ristrutturazione, messa in sicurezza, adeguamento antisismico, efficientamento energetico di scuole, immobili per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica o adibiti ad alloggi e residenze per studenti universitari, con la possibilità di costruire nuovi edifici e realizzare palestre e beneficiari dei mutui sono gli enti locali proprietari degli immobili che, entro il 31 ottobre 2015, devono procedere all'aggiudicazione almeno provvisoria degli interventi;
   il detto decreto, così come modificato, all'articolo 5, comma 3 prevede che «In caso di mancata aggiudicazione provvisoria dei lavori entro il 31 ottobre 2015, l'assegnazione viene revocata con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
   il decreto con l'autorizzazione alla stipula in favore delle regioni dei mutui trentennali, previsto per il 30 maggio 2015, è stato sottoscritto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ma è «in via di definizione» in quanto, per essere esecutivo, necessita della firma dei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze, già apposte, e del visto della Corte dei conti, invece ancora in attesa, nonché della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
   in data 9 settembre 2015, l'ufficio vigilanza contratti pubblici dell'ANAC, Autorità nazionale anticorruzione, ha dato parere favorevole al quesito posto dalla struttura di missione per l'edilizia scolastica sulla «possibilità di autorizzare lo svolgimento di gare per l'appalto di lavori pubblici la cui aggiudicazione definitiva sia condizionata al perfezionarsi dei procedimenti in essere volti all'assegnazione del finanziamento regionale» con l'obiettivo di scongiurare le criticità dovute ad inutili ritardi nell'avvio delle procedure di gara, tenendo conto del carattere di urgenza degli interventi di edilizia scolastica;
   va sottolineato che la normativa vigente non consente alle amministrazioni pubbliche di procedere all'indizione di gare di appalto in assenza della necessaria copertura finanziaria, pertanto gli enti beneficiari, in assenza del decreto di autorizzazione delle regioni alla stipula dei mutui trentennali, non sono nella condizione di rispettare il termine del 31 ottobre per l'aggiudicazione provvisoria dei lavori;
   di fatto, tale situazione rischia di pregiudicare la realizzazione degli interventi finanziati nel piano 2015 e di far perdere importanti risorse per il territorio, in particolare per un settore estremamente delicato e pesantemente penalizzato come quello dell'edilizia scolastica, pregiudicando inoltre una significativa ricaduta occupazionale realizzata dalle imprese appaltatrici –:
   se il Governo sia a conoscenza delle difficoltà segnalate e del rischio di ritardi in atto e se, considerate le numerose segnalazioni pervenute alle regioni interessate, non ritenga opportuno effettuare una verifica anche attraverso le strutture della direzione generale per gli interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei fondi strutturali e per l'innovazione digitale;
   se non ritenga conseguentemente di fornire sollecite risposte alle questioni sospese e valutare eventualmente come supportare tutti gli enti che si trovano in forte difficoltà;
   se non intenda eventualmente opportuno assumere iniziative per prorogare il termine per l'aggiudicazione provvisoria dei lavori, e la rendicontazione, così da evitare un danno grave per gli enti locali e per un comparto quale quello dell'edilizia scolastica che necessita urgentemente di quegli interventi che così opportunamente Ministero e Governo con le norme in questione hanno promosso. (5-06437)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la scuola è un investimento sul futuro e deve essere considerata come luogo privilegiato per promuovere la cultura della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro;
   i genitori devono avere la certezza e la tranquillità di lasciare i propri figli in strutture sicure;
   l'amministrazione comunale ha il dovere di garantire le condizioni di sicurezza nelle scuole del proprio territorio;
   al comune di Molteno (LC) è stato assegnato un contributo dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per la messa in sicurezza della nuova palestra scolastica, in base alla linea di finanziamento cosiddetta «SCUOLE SICURE». Come richiesto dal bando i lavori sono stati aggiudicati entro il 31 dicembre 2014 e l'inizio dei lavori è avvenuto nel mese di marzo 2015;
   ad oggi il comune non ha ancora ricevuto le password per poter accedere al portale ed inserire gli stati di avanzamento dell'opera ai fini della liquidazione;
   ad oggi il comune ha anticipato circa 150.000 euro, ma ha terminato le disponibilità fissate dal patto di stabilità per il 2015;
   tra circa 30 giorni si presenterà la necessità di erogare un nuovo finanziamento all'impresa appaltatrice che sta lavorando regolarmente, in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, che allo stato attuale non potrà essere liquidato senza il predetto contributo;
   da qui la necessità di avere le password per poter almeno iniziare a sistemare la rendicontazione amministrativa dell'opera;
   gli uffici comunali hanno contattato il Ministero che ha dato assicurazione che il contributo sarà erogato entro la fine dell'anno, senza riuscire però a fornire notizie sulle password. Questo fatto appare davvero paradossale visto che, senza possibilità di accedere al portale, non si capisce come possa essere versato il contributo al comune –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dell'enorme ritardo nella liquidazione dei contributi promessi dal Governo per la messa in sicurezza degli edifici scolastici;
   quali siano nel dettaglio i motivi del suddetto ritardo e se si corra il rischio di perdere i finanziamenti promessi, ma non ancora ottenuti. (4-10430)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la docenza di sostegno costituisce la risposta della società alle esigenze di crescita e di benessere degli alunni con disabilità;
   in base all'articolo 34 della Costituzione, infatti, a tutti deve essere garantito il diritto all'istruzione e lo stesso principio è stato ribadito dalla convenzione dell'ONU per i diritti delle persone con disabilità, ratificata dal Parlamento italiano con la legge 3 marzo 2009, n. 18;
   la legge n. 296 del 2006 e la legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) hanno individuato un parametro che, a livello nazionale, non può superare il rapporto medio di un insegnante ogni due alunni con disabilità, disattendendo un principio fondamentale (con finalità di integrazione e inclusione) per cui non debba esserci più di un alunno disabile per classe;
   nell'anno scolastico 2014/2015 gli alunni con disabilità erano 210.909, mentre per l'anno scolastico appena iniziato il numero salirà e a fronte di questo incremento, il contingente finale è comunque previsto in poco più di 110 mila professori e maestri. Nel nostro Paese, infatti, uno studente con disabilità è costretto a partecipare, in media, a sole 14 ore di didattica a scuola, a fronte delle 30 complessive. Eppure per Alex Gentile, bambino di sette anni di Valbrona (CO), affetto da una rarissima patologia, la Xlpdr (X-Linked Pigmentary Reticulate Disorder) di cui si contano solo quattro casi al mondo, nemmeno questa media è stata rispettata, infatti l'anno scorso il bambino si è visto riservare solo 11 ore settimanali di sostegno a scuola;
   stando alle graduatorie provinciali, soltanto in Lombardia il nuovo anno scolastico si appresterebbe ad iniziare con circa 4.000 insegnanti di sostegno in meno rispetto a quelli necessari;
   molti studenti disabili saranno inevitabilmente costretti a cambiare il proprio insegnante di sostegno, a discapito della continuità didattica;
   in alcuni casi, sono gli stessi insegnanti di sostegno a chiedere il trasferimento di sede o il passaggio al ruolo comune dopo 5 anni di permanenza sul posto di sostegno, come consentito dalla legge in vigore; il che non è privo di conseguenze per i bambini ed i ragazzi più fragili, che vengono lasciati durante il percorso educativo, così costretti molto spesso a cambiare insegnante ogni anno con inevitabili disagi –:
   ponendo l'accento sul ruolo cruciale della continuità didattica ed educativa al fine di garantire e tutelare l'effettivo godimento del diritto all'istruzione per tutti i cittadini, con particolare attenzione, a quanti hanno oggettive difficoltà, se il Ministro interrogato intenda impegnarsi al fine di garantire una maggiore tempestività nell'assegnazione delle risorse professionali di supporto agli alunni con disabilità, che tenga conto del fabbisogno di organico e delle effettive esigenze di ciascuno, onde evitare che ogni anno, all'apertura nell'anno scolastico, si verifichino innumerevoli casi di bambini e famiglie senza insegnanti di sostegno;
   se sia a conoscenza del caso sopra citato, quali siano le iniziative che si intendono attuare al fine di rendere effettivo il diritto allo studio sancito dalla Costituzione e quali siano le cause che portano al verificarsi di questa come altre situazioni analoghe;
   per quali ragioni l’iter per le assunzioni del personale di sostegno per l'anno scolastico 2015/16 non abbia preso in considerazione le esigenze specifiche degli istituti scolastici, risultando tale personale anche quest'anno notevolmente sottodimensionato rispetto alle reali necessità, tenuto conto che le norme contenute nel testo la «Buona scuola» di cui alla legge n. 107 del 2015 non risolvono le problematiche legate all'assunzione degli insegnanti di sostegno che, per il nuovo anno scolastico 2015/2016, non sembrerebbero sufficienti a coprire le ore necessarie nelle scuole dell'infanzia, primarie e secondarie;
   quali siano le iniziative del Governo, e le relative tempistiche di attuazione, atte ad assicurare la continuità didattica ed educativa per gli alunni con oggettive difficoltà di apprendimento e se si intendano prevedere risorse per tale finalità nel prossimo disegno di legge di stabilità. (4-10435)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   presso l'istituto comprensivo di Cossato, in provincia di Biella, è in atto dal 1994, un progetto di bilinguismo «lingua italiana/lingua italiana dei segni (LIS) per l'integrazione dei bambini sordi nella scuola comune». Il progetto si propone di integrare i bambini sordi nella scuola comune dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, formando un gruppo di alunni sordi che acquisiscono la LIS come lingua naturale assieme ad alunni udenti che la impiegano come seconda lingua il più precocemente possibile (cioè partendo dalla scuola dell'infanzia) con l'apporto di operatori esperti (interpreti e docenti);
   l'esperienza maturata dal progetto biellese dimostra che l'intervento linguistico in LIS sui bambini sordi (dalla nascita o prelinguali) è efficace se è iniziato fin dalla scuola dell'infanzia, o, ancor meglio, fin dall'asilo nido, nel rispetto delle previsioni dell'articolo 12 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
   il progetto ha raggiunto risultati decisamente lusinghieri in termini di apprendimento degli alunni sordi e in termini di reale integrazione fra sordi e udenti, ed una notorietà a livello nazionale, come attestato dalle verifiche compiute dal Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) di Roma, dalle ricerche compiute dai consulenti del progetto, dai numerosi convegni nazionali ed internazionali cui la scuola ha partecipato e dal libro sul progetto stesso pubblicato nel 2003;
   il progetto sperimentale di Cossato, realtà presa ad esempio anche a livello internazionale, vive da sempre sulla precarietà, non avendo riconosciuti i fondi che devono quindi essere reperiti di anno in anno;
   attualmente, servirebbero 132 mila euro per assicurare il supporto di interpreti, docenti e consulenti esterni, ma la copertura garantita dalla regione Piemonte (40 mila euro), Fondazione Crb (21 mila) e Consorzio Iris (18 mila) si ferma a 79 mila euro –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere in tempi rapidi per dare un riconoscimento formale al progetto nei programmi ministeriali dell'istruzione che ne garantisca la copertura finanziaria.
(4-10437)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   CAMANI, MIOTTO, NACCARATO, NARDUOLO e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la scorsa settimana l'azienda Allison ha comunicato ai suoi 120 dipendenti della sede padovana la decisione di spostare tale sede a Volta Mantovana in provincia di Mantova;
   l'azienda produttrice di occhiali di fronte alle richieste di chiarimento da parte delle organizzazioni sindacali ha dichiarato di non voler licenziare nessun addetto ma di aver comunicato agli stessi la possibilità di trasferire la sede di lavoro a Mantova, motivando la decisione con supposti risparmi di gestione, senza presentare un vero e proprio piano industriale;
   la sede di Padova occupa 120 addetti, di cui oltre il 60 per cento donne, per i quali risulta troppo oneroso affrontare tale spostamento per mantenere il posto di lavoro;
   le organizzazioni sindacali hanno dunque chiesto e ottenuto tavoli di concertazione sia presso la provincia di Padova sia presso la regione Veneto;
   a quanto consta agli interroganti nel primo caso i rappresentanti dell'azienda non si sono presentati, nel secondo caso l'assessore regionale ha annullato l'appuntamento poiché gli stessi amministratori della società hanno annunciato che non si sarebbero presentati, vanificando così i tentativi di comporre la vicenda;
   di fronte a questa decisione dell'azienda le organizzazioni sindacali ritengono che si stia utilizzando una via poco trasparente per evitare di affrontare i costi della procedura di mobilità, di fatto costringendo i lavoratori a licenziarsi per impossibilità ad accettare le condizioni proposte dalla ditta per mantenere i posti di lavoro;
   la notizia, immediatamente ripresa dalla stampa locale, ha suscitato clamore e forte preoccupazione per il numero dei lavoratori interessati e per la modalità unilaterale con la quale la proprietà si rivolge agli stessi, evitando il confronto con le istituzioni provinciali e regionali;
   la vicenda inoltre ha generato non poche perplessità per la mancanza di un piano industriale idoneo a motivare la scelta della proprietà e per la scarsa trasparenza della compagine aziendale che senza comprensibili motivi di ordine economico sta di fatto costringendo i lavoratori a scegliere tra un trasferimento il più delle volte impossibile e le dimissioni –:
   se i Ministri siano al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative, di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo e in collaborazione con la provincia e la regione, intendano adottare per attivare un tavolo di concertazione con la proprietà per scongiurare le soluzioni unilaterali anticipate in questi giorni;
   in che modo intendano tutelare i 120 lavoratori e preservare lo storico stabilimento di Padova. (4-10434)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BARBANTI, ARTINI, BECHIS, BALDASSARRE, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   InvItalia è l'Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa spa, già Sviluppo Italia, al quale è demandata la gestione dei fondi disciplinata dal decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, contenente norme per ottenere «Incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2000 e dal decreto 28 maggio 2001, n. 295, contenente il «Regolamento recante criteri e modalità di concessione degli incentivi a favore dell'autoimpiego»;
   le norme citate sono state emanate per agevolare l'autoimpiego che costituisce il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione;
   l'autoimprenditorialità è fondamentale soprattutto per lo sviluppo del Mezzogiorno, ove la suddetta agenzia ha operato bene negli ultimi 15 anni fornendo un supporto fondamentale, soprattutto ai giovani, come strumento efficace di sostegno per la realizzazione e l'avvio di piccole attività economico imprenditoriali;
   l'attuazione della normativa in questione prevede la concessione di agevolazioni finanziarie per il lavoro autonomo (in forma di ditta individuale), con investimenti complessivi previsti fino a euro 25.823, alle microimprese (in forma di società), con investimenti complessivi previsti fino euro 129.114, e per il franchising (in forma di ditta individuale o di società), da realizzare con franchisor accreditati con Invitalia, l'Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa;
   per l'autoimpiego, sono previste agevolazioni a fondo perduto, il cui complesso raggiunge nel massimo il 50 per cento del finanziamento concesso per il lavoro autonomo, precedentemente denominato prestito d'onore, e delle agevolazioni per le microimprese;
   dopo anni di recessione, licenziamenti, fallimenti di imprese, chiusure di negozi e botteghe artigiane, ora che i dati economici sembrano indicare la speranza di una minuta ripresa economica, tanto da stimolare in alcuni cittadini la voglia di intraprendere nuove attività economiche imprenditoriali, sul sito ufficiale di InvItalia è comparso l'avviso, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 183 del 8 agosto 2015, che, per l'esaurimento delle risorse finanziarie, dal 9 agosto 2015 non è più possibile presentare nuove domande di ammissione alle agevolazioni per l'autoimpiego –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per consentire un nuovo finanziamento dell'Agenzia nazionale per l'attrazione d'investimenti e lo sviluppo d'impresa al fine di garantire l'autoimprenditorialità. (5-06435)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANCARLO GIORDANO e FASSINA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Mondial Group s.r.l. della sede di Montemiletto (Avellino), azienda che si occupa della realizzazione di vetrine verticali ed orizzontali per tutti i settori della distribuzione alimentare, per la ristorazione e per le industrie delle bevande, opera in Italia con due siti produttivi a Mirabello Monferrato (AL) e ancora per poco a Montemiletto (AV) e, con diversi impianti siti in Francia, Romania, Turchia, Thailandia, Marocco e Messico;
   dal 1998 questa azienda si è insediata a Montemiletto col nome di Mondial Elite s.r.l. e nel 2006 per effetto di una procedura di fusione, con Framec spa, voluta dai soci si è estinta ed incorporata nell'odierna Mondial Group s.r.l;
   nel giugno 2013 l'azienda, in regime di cassa integrazione straordinaria già ottenuto la concessione per il biennio, chiede la modifica del programma, allo scopo di acquisire nuove fette di mercato con prodotti innovativi, in virtù del progetto di finanziamento di ricerca e sviluppo, legge n. 46 del 1982, con la promessa di interventi di riammodernamento impiantistico e innovazione tecnologica:
    dal luglio 2014, scaduta la concessione di cassa integrazione per ristrutturazione si procede con accordi di cassa integrazione ordinaria per sopperire a periodi di mancanza di commesse e nel mese di settembre rientra l'amministratore Franco Monico, con la sfiducia dell'amministrazione aziendale, e le sue conseguenti dimissioni;
   a seguito delle suddette dimissioni è subentrata una nuova amministrazione che dopo appena un mese ha visto la contestuale dimissione dei neo componenti, portando la società a optare per la designazione di un amministratore unico;
   lo stabilimento di Montemiletto, sotto gestione dell'amministratore unico Franco Monico ha continuato a operare in regime di cassa integrazione ordinaria passando da una produzione di circa 14.000 (quattordicimila) del 2014, quando a gestire l'azienda c'era il vecchio consiglio di amministrazione, a circa pezzi 2000 pezzi prodotti;
   il giorno 29 luglio 2015 l'azienda ha convocato tutte le maestranze dello stabilimento in una sala aziendale e davanti a tutti ha dichiarato la chiusura dello stabilimento irpino, ovvero la messa in mobilità di 74 lavoratori su 77;
   nel mese di agosto fino al 14 settembre 2015 l'azienda era in regime di cassa integrazione ordinaria, e proprio in quella data ha invitato a mezzo di raccomandata A/R la comunicazione di apertura procedura di mobilità ex articoli 24 e 4 legge 23 luglio 1991, n. 223, consegnata alla rappresentanza sindacale unitaria a mezzo posta il 19 agosto 2015, per 71 unità su un totale 77 addetti –:
   per le ragioni innanzi esposte e in considerazione del fatto che l'Irpinia è interessata da un lungo periodo di crisi produttiva e occupazionale che sta aggravando le già storiche condizioni di difficoltà socio-economiche delle popolazioni locali, quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per impedire che l'azienda prosegua nella procedura di licenziamento già avviata, affinché vengano mantenuti gli attuali livelli occupazionali accedendo alla cassa integrazione straordinaria per crisi o in alternativa ai contratti di solidarietà, con pagamento diretto da parte dell'Inps, considerato che l'azienda ha ottenuto diversi finanziamenti riconducibili ai fondi strutturali europei ai sensi della legge n. 46 del 1982 con decreto di concessione n. 1783 del 17 settembre 2012, per un importo di circa due milioni di euro. (4-10441)


   OLIARO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   lo stabilimento ILVA di Genova Cornigliano, dopo la chiusura della cokeria, è al centro di un processo di riconversione che ha visto la definizione di un accordo di programma che prevedeva inizialmente 2.700 posti di lavoro, ridotti a 2.200 nell'accordo ridefinito nel 2008, ma che in realtà sono scesi attraverso pensionamenti ed esodi a 1.740 unità;
   a seguito della crisi della siderurgia, 1.450 lavoratori delle 1.740 unità sono coinvolti in «contratti di solidarietà»;
   nella giornata del 20 gennaio 2014, durante un incontro tra la direzione ILVA e i delegati di rappresentanze sindacali unitarie proprio in merito ai contratti di solidarietà, sono emersi da parte dell'azienda criticità tali che comporterebbero il non rispetto in termini occupazionali degli organici previsti dall'accordo di programma e riconfermati dall'azienda nel mese di settembre 2013;
   queste affermazioni dei rappresentanti della proprietà hanno creato una legittima preoccupazione da parte dei lavoratori e delle loro famiglie, rispetto alla possibilità di nuovi esuberi e complessivamente sul futuro siderurgico di Genova/Cornigliano;
   in data 25 marzo 2014, a seguito delle dichiarazioni dell'azienda circa l'impossibilità di garantire l'occupazione, i sindacati hanno richiesto al prefetto di Genova di mantenere gli attuali livelli occupazionali –:
   se il Ministro sia a conoscenza della nuova situazione che interessa lo stabilimento ILVA di Genova/Cornigliano e se non ritenga utile convocare con urgenza un incontro con l'azienda e le parti sociali. (4-10445)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Airaudo e altri n. 1-00994, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Duranti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Oliaro n. 5-02458, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 marzo 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Galgano.

  L'interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-10422, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fiano.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Polverini n. 4-10031 del 29 luglio 2015;
   interpellanza Molea n. 2-01052 del 31 luglio 2015;
   interrogazione a risposta scritta Bergamini n. 4-10243 dell'8 settembre 2015;
   interrogazione a risposta scritta Palese n. 4-10245 dell'8 settembre 2015;
   interrogazione a risposta scritta Sarti n. 4-10423 del 21 settembre 2015.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Oliaro e Galgano n. 5-02458 del 26 marzo 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10445;
   interrogazione a risposta scritta Brescia n. 4-08521 del 23 marzo 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-06438.