Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 21 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


  La Camera,
   premesso che:
    le scelte operate negli ultimi anni in materia di portualità, logistica, servizi universali ferroviari, nonché collegamenti aerei e stradali hanno fortemente penalizzato la regione Calabria, costringendola ad una situazione di isolamento e degrado;
    il diritto alla mobilità dei cittadini calabresi è stato fortemente ridimensionato dal degrado delle infrastrutture esistenti e dalla mancanza di una politica strutturale in grado di razionalizzare le risorse esistenti e programmare un piano di investimenti al passo con le sopravvenute esigenze di mobilità;
    i collegamenti all'interno della regione Calabria e quelli da e per la regione sono stati caratterizzati negli ultimi anni dall'interruzione di strategiche arterie stradali, dalla soppressione di numerosi treni nazionali, dall'isolamento della Calabria ionica, dal ridimensionamento di importanti aeroporti quali Reggio Calabria e Crotone, nonché della poca importanza riconosciuta al porto di Gioia Tauro;
    relativamente alla mobilità stradale, la principale arteria è rappresentata dall'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria che ha una estensione complessiva di 443 chilometri, dei quali 118 situati nella regione Campania, 30 in Basilicata e 295 nella regione Calabria;
    il tracciato è tutt'oggi oggetto di continui lavori di manutenzione, ammodernamento e messa in sicurezza, con pesanti ricadute sulla viabilità stradale. Dal sito dell'Anas si apprende come, a fronte di 355 chilometri di rete stradale realizzata, sono ancora in corso i seguenti lavori: 20 chilometri con lavori in corso di esecuzione, relativi al macrolotto 3 parte 2 tra gli svincoli di Laino Borgo (chilometro 153+400) e Campotenese (chilometro 173+900); 10 chilometri, relativi al tratto finale dell'autostrada tra lo svincolo di Campo Calabro (chilometro 433+750 circa) e lo svincolo di Reggio Calabria/Santa Caterina (chilometro 442+920), da sottoporre a intervento di messa in sicurezza (cosiddetto restyling), con bando di gara pubblicato a luglio 2015; per i restanti chilometri di autostrada si prevede un piano di interventi di adeguamento e messa in sicurezza dei relativi tratti autostradali (corpo stradale e opere d'arte presenti), comprensivo anche di alcuni nuovi svincoli richiesti da regioni e enti locali, in parte già finanziato per quanto riguarda i seguenti tratti: 6 chilometri, relativi al tratto tra il viadotto Stupino (chilometro 280+350) e lo svincolo di Altilia (chilometro 286+000), per il quale sono in corso le procedure finalizzate all'appalto dei lavori; 10 chilometri, relativi al tratto tra lo svincolo di Rogliano (chilometro 270+700) e il viadotto Stupino (chilometro 280+350), da appaltare. Sempre da appaltare è l'intervento relativo al nuovo svincolo di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, situato al chilometro 377+750;
    come si evince dai dati di cui in parola, la tratta più interessata dai lavori di messa in sicurezza ed ammodernamento, e dunque più critica, è quella che interessa la regione Calabria;
    vista l'importanza dell'opera, l'entità delle risorse interessate e le caratteristiche del territorio, l'attività di ammodernamento è stata oggetto di diverse indagini sulle infiltrazioni della ’ndrangheta nei relativi appalti;
    nel 2002 con l'operazione denominata «tamburo» furono eseguite 40 ordinanze di custodia cautelare tra imprenditori, esponenti delle ’ndrine e lavoratori dell'Anas con il sequestro di varie imprese. Nel 2007, con l'operazione «arca», furono arrestate 15 persone appartenenti a imprese aggiudicatarie di subappalti dell'autostrada;
    secondo quanto riferito dal collaboratore di giustizia, Antonio Di Dieco, le ’ndrine si sarebbero ripartite gli appalti per l'ammodernamento dell'autostrada A3 secondo logiche territoriali, e precisamente: alla famiglia di Castrovillari sarebbe stata affidata la tratta dal confine con la Basilicata fino a Mormanno; alle famiglie della Sibaride e di Cirò la tratta Mormanno-Tarsia; alle famiglie di Cosenza la tratta Tarsia-Falerna; alle famiglie di Lamezia la tratta Falerna-Pizzo;
    è del tutto evidente come le infiltrazioni malavitose hanno avuto, ed hanno tuttora, un forte impatto all'interno della situazione in cui si trova attualmente l'autostrada in questione;
    le perenni cantierizzazioni hanno ricadute non solo in termini di viabilità, ma anche sugli operai. Dal 2010 ad oggi hanno perso la vita dodici operai;
    l'ultimo episodio, costato la vita ad un giovane operaio di venticinque anni precipitato da una altezza di 80 metri, ha portato alla chiusura per svariati mesi del viadotto «Italia», costringendo gli automobilisti diretti a Reggio Calabria a proseguire lungo la strada costiera tirrenica e quelli diretti a Salerno a deviare lungo un tortuoso percorso sulle strette strade di montagna del massiccio del Pollino, evidentemente inadeguate ad accogliere un afflusso di traffico così importante e a consentire un passaggio regolare dei mezzi pesanti;
    nei periodi di chiusura del viadotto la Calabria ha di fatto vissuto una situazione di reale isolamento e sono state tante le ricadute in termini di mobilità delle persone e delle merci, tanto da indurre il 3 giugno 2015 la giunta regionale calabrese a chiedere alla Presidenza del Consiglio dei ministri di indire lo stato di emergenza e di istituire una commissione ministeriale ispettiva per verificare «le cause dell'evento e quantificarne gli enormi danni alle attività economiche calabresi»;
    secondo una stima resa nota dall'Anas, per il completamento dei lavori di messa in sicurezza e per la chiusura di tutti i cantieri, occorrerebbe stanziare ulteriori 2,3 miliardi di euro, a fronte degli oltre 8 miliardi di euro già stanziati;
    tale situazione caratterizzata da cantierizzazioni costanti, pettorine arancioni presenti in quasi ogni chilometro di strada, deviazioni e tutta una serie di altri disservizi per l'utenza, secondo le previsioni del Presidente del Consiglio dei ministri dovrebbe risolversi «al massimo il prossimo anno» con la chiusura di tutti i lavori;
    suddetta previsione risulta poco confortante e veritiera, soprattutto se considerate tutte le affermazioni rese precedentemente dai responsabili e dagli addetti ai lavori, tra i quali Pietro Ciucci, Corrado Passera e Silvio Berlusconi che avevano indicato il 2013 come data di fine lavori;
    nemmeno la tratta dell'autostrada A3 che interessa la regione Basilicata è esente da criticità. Sebbene dal sito dell'Anas non risulti aperto nessun cantiere, i 30 chilometri di autostrada che attraversano la regione sono caratterizzati da numerose deviazioni, chiusure al traffico per lavori incompleti e gravi problemi infrastrutturali. Il tratto lucano, all'altezza della galleria «Renazza» Lagonegro-Lauria, può certamente essere definita ad alta pericolosità rispetto a tutto il percorso dell'autostrada A3. Infatti, si sono susseguiti negli anni una serie di incidenti stradali, anche mortali, causati dalla presenza di ghiaccio e nebbia sul tracciato poiché inadeguato alle condizioni climatiche del posto. Gli interventi sull'infrastruttura hanno mitigato i disagi, ma non hanno risolto il problema dell'insicurezza della stessa. Negli ultimi mesi, inoltre, sul percorso appena citato, si sono verificati anche gravi incidenti nei cantieri in conseguenza ad alcune frane che hanno causato gravi danni alla salute degli addetti ai lavori;
    la seconda arteria stradale regionale, per importanza, è la strada statale n. 106 «Jonica», anche ribattezzata «strada della morte», che ha un'estensione complessiva, da Taranto a Reggio Calabria, di 491 chilometri, di cui 39 chilometri nella regione Puglia, 37 chilometri nella regione Basilicata e 415 chilometri nella regione Calabria;
    non mancano criticità nemmeno relativamente a questa strada, che risulta essere, lungo il tratto regionale, del tutto inadeguata ad accogliere i volumi di traffico a causa di un'errata progettazione, di una pessima manutenzione, della presenza di guard rail del tutto non conforme e di una cartellonistica pubblicitaria «selvaggia», oltre che di una scarsa illuminazione;
    nella regione Calabria l'Anas ha previsto sia interventi di adeguamento e messa in sicurezza della strada statale n. 106 esistente nei punti di maggiore pericolosità, sia la realizzazione di nuovi tratti in variante a quattro corsie per la realizzazione di un itinerario di lunga percorrenza;
    tratti della nuova strada statale n. 106 a quattro corsie sono stati già realizzati tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico (Cosenza), al confine con la Basilicata per circa 15 chilometri, mentre ulteriori tratti già ammodernati interessano le zone a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande (frazione di Crotone), 17 chilometri tra lo svincolo di Squillace (Catanzaro) e lo svincolo di Simeri Crichi (Catanzaro) nell'ambito del megalotto 2 (dove attualmente sono in corso i lavori relativi al prolungamento della strada statale n. 280) ed infine, sul megalotto n. 1, tra Locri e Marina di Gioiosa Jonica, sono stati ultimati circa 12 chilometri ed aperti al transito 10,5 chilometri;
    la nuova strada statale n. 106 «Jonica» dovrebbe essere completamente integrata con l'autostrada Salerno-Reggio Calabria mediante la realizzazione di arterie trasversali di collegamento come la nuova strada statale n. 182 «Trasversale delle Serre», già in parte in esecuzione, la strada statale n. 280 «dei due mari» e la strada statale n. 534 tra lo svincolo di Firmo (autostrada A3) e Sibari (megalotto 4);
    sui tratti inaugurati appena tre anni fa si sono già verificati crolli e interruzioni, con conseguente aumento dei costi sostenuti dall'Anas;
    sui tratti interessati dai crolli la commissione atta a valutare il progetto, nel verbale n. 8 del 9 dicembre 2004 aveva espresso le proprie perplessità, giudicando non valutabili le varianti proposte, e poi realizzate contenute nel progetto Astaldi;
    anche la vicenda relativa alla strada del Medio Savuto, potenziale infrastruttura viaria di fondamentale importanza per la Calabria centrale perché progettata per collegare il raccordo autostradale del Medio Savuto (strada statale n. 616) e la strada dei «dei due mari» (strada statale n. 280), lede fortemente il diritto alla mobilità nella regione Calabria;
    suddetta infrastruttura, progettata per essere una alternativa veloce e più breve rispetto all'autostrada A3 per raggiungere i principali centri urbani calabresi situati nelle province di Catanzaro e Cosenza, i cui lavori sono iniziati negli anni 1980, ancora non ha visto la luce ed è oggetto di continui finanziamenti da parte del Cipe, senza però che vi siano dei reali sviluppi in termini di realizzazione dell'opera, né tanto meno una copertura totale;
    particolarmente importante per la mobilità locale sarebbero una rapida realizzazione dei lavori del secondo lotto, già finanziato dal Cipe, e l'individuazione delle risorse necessarie a completare l'intero tracciato;
    analoga situazione di criticità si registra per quanto attiene ai collegamenti ferroviari;
    secondo quanto emerso dal rapporto «Pendolaria 2014», in Calabria si è assistito in quattro anni a tagli per il 16,3 per cento, un aumento delle tariffe del 20 per cento, assenza distanziamenti per il servizio e per il materiale rotabile ed una drastica riduzione sulla quantità di treni per chilometro che passano da 7,4 a 5,8;
    nel corso del 2014 la regione Calabria ha tagliato circa 10 milioni di euro al contratto di servizio con Trenitalia, già impoverito di molto negli ultimi anni. In seguito a questa decisione a partire dal mese di giugno 2015 è stata decretata la soppressione di ben 26 treni regionali solo sulla linea jonica tra Reggio e Metaponto e tra Catanzaro Lido e Lamezia. In seguito alle trattative tra regione e Trenitalia i tagli sono poi diventati 16, con 10 corse ripristinate. Ma allarmano le notevoli riduzioni su alcuni linee, come la jonica e la linea Rosarno-Lamezia Terme centrale via Tropea;
    drammatica è proprio la situazione della linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme parzialmente rinnovata nel 2008 con la costruzione della variante Catanzaro Lido-Settingiano e della nuova stazione di Catanzaro-Germaneto. Infatti, dopo un taglio di circa 10 milioni di euro da parte della regione sul contratto di servizio avvenuto la scorsa estate la linea Catanzaro Lido-Lamezia Terme centrale è stata classificata come tratta a scarso traffico e vede 10 collegamenti al giorno (per senso di marcia) di cui solo 3 con treni regionali. Il resto è stato sostituito con autobus. In pratica, si è tornati alla sostituzione dei treni con i mezzi su gomma, proprio come nel periodo di interruzione della ferrovia tra il novembre 2011 e l'aprile 2013, a seguito del crollo di un ponte tra Marcellinara e Feroleto Antico. Nonostante sia una linea di 42 chilometri, a binario unico risulta strategica, perché unisce i versanti tirrenico e jonico della Calabria tanto da aver fatto proporre la sue elettrificazione più volte negli ultimi anni. I tagli, quindi, aggiungono disagi per un'area, quella jonica, già martoriata sul fronte del trasporto ferroviario e che già da anni non può raggiungere in modo diretto in treno Lamezia Terme centrale, avendo spezzato i collegamenti regionali provenienti dalla Jonica sud (Reggio Calabria/Roccella Jonica) e da Crotone/Sibari, a Catanzaro Lido;
    anche i treni a più lunga percorrenza hanno subito dei cambiamenti importanti nel corso degli ultimi anni, mentre addirittura finiranno nel dimenticatoio la maggior parte dei treni notturni, che almeno allo stato attuale sono destinati a scomparire. In Calabria tra il 2010 e il 2011 sono stati soppressi 4 intercity notturni e addirittura 12 treni «espressi», che permettevano, con un costo contenuto, di collegare questa regione sia con la Sicilia sia con Roma. Solo nel 2013 sono stati tagliati gli «espressi» diretti a Torino, Milano, Venezia e Bolzano, mentre nel 2012 i tagli più gravi hanno riguardato la linea jonica. In quest'ultimo caso, oltre alla mancanza ormai di passaggio dei treni, con un solo treno al giorno tra Metaponto e Reggio Calabria (ed un cambio a Catanzaro Lido), si assiste anche alla chiusura di biglietterie di stazioni importanti come Sibari e Crotone;
    la presenza di servizi su gomma in sovrapposizione al treno, alle porte del 2015, non è più accettabile: sono costi che ingiustamente vengono sostenuti dai cittadini calabresi, peraltro beffati due volte, visto che il servizio è assolutamente poco appetibile a causa degli alti tempi di percorrenza (compresi tra 45 e 50 minuti per percorrere 42 chilometri),

impegna il Governo:

   ad attuare, per le parti di competenza, le opportune iniziative affinché, in tempi rapidi, siano ammodernati o ricostruiti i 20,5 chilometri che necessitano ancora di intervento ed ultimati i 98,65 chilometri devono ancora essere cantierizzati e, quindi, ad assumere iniziative concrete finalizzate a definire, in tempi brevi e certi, l’iter conclusivo dei lavori dell'intero tracciato dell'autostrada A3 Salerno Reggio Calabria;
   ad attuare le opportune iniziative, anche in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione, affinché venga eliminato il rischio di infiltrazioni malavitose nell'affidamento di appalti e concessioni per la costruzione, ricostruzione e manutenzione della tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria;
   ad assicurarsi che all'interno dei cantieri vengano rispettate le norme in materia di sicurezza del lavoro;
   ad assumere ogni utile iniziativa volta a garantire il reale godimento da parte dei cittadini calabresi del diritto alla mobilità anche attraverso lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare al ripristino, rivalorizzazione e implementazione delle linee ferroviarie, anche quelle considerate a scarso traffico, attraverso lo studio di nuovi programmi di mobilità, favorendo, ove possibile, il trasporto su ferro rispetto a quello su gomma;
   ad adoperarsi affinché vengano potenziati i collegamenti lungo le principali direttrici nazionali e regionali, assicurando una integrazione modale con porti, aeroporti e stazioni ferroviarie;
   a vigilare affinché venga garantita una rete di collegamenti ferroviari in linea con gli standard nazionali per quanto attiene la velocità e la modernità dei mezzi;
   ad adoperarsi affinché, relativamente alla strada statale n. 106, si provveda nel minor tempo possibile alla messa in sicurezza dei tratti esistenti e alla realizzazione dei nuovi tratti in tempi certi, secondo logiche di correttezza, economicità ed efficienza, rivalutando in alcuni tratti l'analisi costi-benefici e riducendo al minimo l'impatto ambientale dell'opera;
   ad individuare le risorse necessarie al completamento di tutto il tracciato della strada del Medio Savuto e ad intervenire affinché vengano realizzati nel più breve tempo possibile gli interventi già finanziati ricompresi nel secondo lotto.
(1-00990) «Parentela, Liuzzi, Micillo, Nesci, Dieni, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Terzoni, Zolezzi, Dell'Orco, Nicola Bianchi, Carinelli, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Spessotto».


  La Camera,
   premesso che:
    la politica per la coesione territoriale ha lo scopo di incrementare le opportunità di sviluppo (crescita e inclusione sociale) dei cittadini, indipendentemente dal luogo in cui vivono e trae fondamento e legittimazione dalla Costituzione italiana (articolo 119, quinto comma, e articolo 3, secondo comma) e dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (articolo 174), che richiedono «interventi speciali» per «rimuovere gli squilibri economici e sociali» (Costituzione) e per promuovere uno «sviluppo armonico» (Trattato);
    il settore dei trasporti riveste un ruolo fondamentale in termini civili e sociali ed è una realtà rilevante nell'economia nazionale, svolgendo un'attività fondamentale che contribuisce in via prioritaria al soddisfacimento di interessi pubblici di carattere generale;
    il grado di civiltà di un Paese dipende in larga parte dalla qualità della dotazione infrastrutturale inerente, in particolare, al settore dei trasporti e dalla sua diffusione capillare sul territorio, in grado di consentire il raggiungimento di luoghi e persone dislocate nelle varie realtà locali in tempi rapidi e moderni;
    nelle regioni italiane il peso e l'importanza determinante dei trasporti e delle infrastrutture, settori il cui sviluppo è storicamente legato alla crescita dell'intera società nell'ambito delle democrazie più avanzate, hanno condizionato in maniera differente e disomogenea la crescita delle varie realtà territoriali, con particolare riferimento al divario, sempre crescente, tra il Nord e il Sud del Paese;
    i problemi infrastrutturali, le carenze nei servizi, la vetustà del materiale, l'assenza di forme di integrazione e informazione pregiudicano, da parte degli utenti, la scelta di tale modalità di trasporto, che dovrebbe essere prevalente su determinate scale territoriali;
    per quanto concerne la viabilità del Sud del nostro Paese, il tracciato dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, di estensione complessiva di 443 chilometri, attraversa i territori della Campania (chilometri 118), della Basilicata (chilometri 30) e della Calabria (chilometri 295) e rappresenta un'arteria primaria per gli spostamenti Nord-Sud, oltre che un asse strategico della rete autostradale nazionale ed europea;
    il presidente della regione Calabria, Mario Oliverio, nell'incontro del 2 settembre 2015, ha affrontato con il Ministro Delrio i principali temi per lo sviluppo della regione: i collegamenti ferroviari tra la Calabria e Roma in direzione della realizzazione dell'alta velocità tra Battipaglia e Reggio Calabria, senza trascurare l'ammodernamento e il miglioramento dei servizi ferroviari della fascia ionica;
    al miglioramento della logistica saranno destinati gli interventi del «pontrasporti» al fine di rafforzare i servizi tra Gioia Tauro, area centrale del sistema logistico regionale, e la direttrice ionica. Le misure sul sistema infrastrutturale stradale saranno destinate prevalentemente a interventi di completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, di ammodernamento della strada statale n. 106 Ionica con la messa in sicurezza dei tratti che presentano maggiori criticità, di messa in sicurezza della strada statale n. 18 e di completamento delle trasversali, a partire dalla trasversale delle Serre;
    il presidente Oliverio ha illustrato al Ministro Delrio l'ultimo provvedimento adottato dalla giunta per l'attivazione della ZES a Gioia Tauro, sulla quale il Governo ha garantito il suo impegno, e si è infine vagliata anche la possibilità di istituire un'autorità portuale unica per tutta la portualità calabrese ed il collegamento ferroviario con i porti di Corigliano e Crotone, nonché la realizzazione del gateway a Gioia Tauro;
    per i lavori dell'autostrada A3 è delineabile attualmente il seguente quadro:
     a) 355 Km chilometri (per 53 interventi complessivi), di cui 118 chilometri in Campania, 30 chilometri in Basilicata e 207 chilometri in Calabria;
     b) 20 km chilometri lavori in corso di esecuzione, relativi al macrolotto 3 parte 2 tra gli svincoli di Laino Borgo (chilometro 153+400) e Campotenese (chilometro 173+900), consegnato nel 2014. Inoltre, si sta completando la messa in opera, sulla tratta Salerno-Buonabitacolo, di un sistema di gestione del traffico comprensivo del sistema Vergilius di controllo della velocità;
     c) 10 chilometri, relativi al tratto finale dell'autostrada tra lo svincolo di Campo Calabro (chilometro 433+750 ca.) e lo svincolo di Reggio Calabria/Santa Caterina (chilometro 442+920), da sottoporre a intervento di messa in sicurezza (cosiddetto restyling), con bando di gara pubblicato a luglio 2015;
    per i restanti chilometri di autostrada si prevede un piano di interventi di adeguamento e messa in sicurezza dei relativi tratti autostradali (corpo stradale e opere d'arte presenti), comprensivo anche di alcuni nuovi svincoli richiesti da regioni e enti locali, in parte già finanziato per quanto riguarda i seguenti tratti:
     a) 6 chilometri, relativi al tratto tra il viadotto Stupino (chilometro 280+350) e lo svincolo di Altilia (chilometro 286+000), per il quale sono in corso le procedure finalizzate all'appalto dei lavori;
     b) 10 chilometri, relativi al tratto tra lo svincolo di Rogliano (chilometro 270+700) e il viadotto Stupino (chilometro 280+350), da appaltare. Sempre da appaltare è l'intervento relativo al nuovo svincolo di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, situato al chilometro 377+750;
    l'importo complessivamente finanziato è pari a 8,233 miliardi di euro, dei quali ad oggi quasi nulla ha contribuito allo sviluppo della regione Calabria, poiché nessuna delle ditte era calabrese e circa il 60 per cento degli operai non erano calabresi, comportando un’«emigrazione» degli stanziamenti;
    il quadro non migliora viaggiando con le linee ferroviarie: considerando la banca dati di indicatori territoriali per le politiche di sviluppo (Istat-Dps), tra il 2000 ed il 2011 l'indice di utilizzo del trasporto ferroviario, inteso come le persone che utilizzano la ferrovia almeno una volta all'anno sul totale degli abitanti con età superiore ai 14 anni, ha evidenziato una diminuzione di 2,1 punti percentuali e, tra il 2000 ed il 2010, anche l'utilizzo della ferrovia per il trasporto delle merci ha registrato una contrazione dell'1,3 per cento;
    a fronte di un mancato miglioramento del servizio per alcune tratte tra la Calabria e Roma, i prezzi dei biglietti sono notevolmente aumentati, come, ad esempio, nel tragitto tra Paola (Cosenza) e Roma: nell'ottobre del 2009 l’Eurostar, treno 9372 (con tariffa base, in seconda classe di 52 euro) partiva alle ore 8.31 ed arrivava alle ore 12.00, mentre oggi, il treno Frecciargento 9372 (con tariffa base, in seconda classe, di 67 euro) parte da Paola alle ore 8.26 e arriva alle ore 11.55. Ciò dimostra che, a distanza di 4 anni, il tempo di percorrenza è rimasto invariato, mentre il prezzo del biglietto è aumentato del 28,85 per cento;
    i tempi di percorrenza presentano condizioni di enorme disagio in alcune aree tra Calabria e Puglia dove si utilizzano treni assolutamente obsoleti ed in condizioni sanitarie oggettivamente impraticabili; basti pensare che per percorrere la tratta Taranto-Reggio Calabria, lunga 473 chilometri, occorrono 7 ore e 5 minuti, mentre per raggiungere Roma da Crotone bisogna prendere 4 treni diversi, con una media di 9 ore di percorrenza,

impegna il Governo:

   a valutare la possibilità di prevedere misure urgenti volte a ridurre il gap tra il Meridione e il resto d'Italia nel settore dei trasporti, sia per quanto riguarda la rete autostradale sia per quanto riguarda quella ferroviaria;
   a valutare la possibilità di introdurre immediate politiche per migliorare i livelli dei servizi di Trenitalia e contribuire a portare a compimento, in tempi rapidi, i programmi infrastrutturali di crescita e di sviluppo della rete ferroviaria, avviati e da avviare da parte di Rete ferroviaria italiana, nelle aree meridionali del Paese;
   ad attuare le misure già previste da tempo e ad adottarne di nuove per garantire la piena transitabilità del tratto autostradale dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria e a porre un termine per la conclusione dei lavori dell'intero tratto dell'autostrada A3 Salerno Reggio Calabria;
   a valutare la possibilità di presentare alle Camere uno o più disegni di legge, ovvero, qualora se ne ravvisino i presupposti, di adottare iniziative normative d'urgenza, ovvero di introdurre specifiche disposizioni all'interno di iniziative normative di carattere più generale, per rimuovere questi evidenti ed ingiusti ostacoli che bloccano la mobilità nelle regioni del Sud;
   ad assumere iniziative per prevedere, nel rispetto della normativa vigente, in via prioritaria ed urgente misure a favore di ditte calabresi operanti nel settore dei trasporti e dei lavoratori in esse impiegati, al fine di recare un immediato e forte beneficio per l'economia regionale;
   ad assicurare la massima efficienza per quanto attiene l'intermodalità nelle zone più «sensibili» quali l'aeroporto di Lamezia e di Reggio Calabria e le strutture di Porto Gioia Tauro, di Villa San Giovanni e di Paola;
   a prevedere, anche in successive iniziative normative, un fondo dedicato e un progetto concretamente finalizzato ad una rapida ultimazione e messa in sicurezza della strada statale n. 106, realizzando una linea ferroviaria adeguata ed efficiente per la costa ionica.
(1-00991) «Barbanti, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».


  La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria 1999), definisce i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato, prevedendo «l'adeguamento di diritto, annualmente in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'Istat, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali»;
    il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, all'articolo 9, comma 21, stabilisce che: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
    in sostanza, il dettato normativo ha avuto il duplice obiettivo di contenere e ridurre la spesa pubblica (cosiddetta spending review) e contestualmente concorrere a riequilibrare i diversi trattamenti contrattuali del pubblico impiego, più alti dei trattamenti corrispondenti nel settore privato. Il citato articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010 ha così previsto, per il triennio 2011-2013, l'esclusione, per le categorie di lavoratori interessati, dai meccanismi di adeguamento previsti dall'articolo 24 della legge finanziaria per l'anno 1999, bloccando tutti gli aumenti retributivi, i premi individuali, gli incentivi e gli scatti di anzianità;
    l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, «Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, ha poi previsto che, con uno o più regolamenti, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dell'economia e delle finanze, la possibilità di prorogare di un anno ovvero al 2014, le sopradette disposizioni restrittive;
    a tal riguardo, il successivo decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, «Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti», ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 di una serie di misure previste dall'articolo 9, comma 21, del citato decreto-legge 78 del 2010;
    con la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta, a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza e nei termini indicati in motivazione, del regime di sospensione della contrattazione collettiva, risultante dall'articolo 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 («Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria»), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come specificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122 («Regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, a norma dell'articolo 16, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111); dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014») e articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 («Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015»);
    la Corte costituzionale ha riconosciuto in tali misure un carattere strutturale, con una conseguente violazione dell'autonomia negoziale. L'estensione fino al 2015 delle misure che inibiscono la contrattazione economica e che, già per il 2013-2014, erano state definite eccezionali, nasconde un assetto durevole di proroghe, in ragione di una vocazione che mira a rendere strutturale il regime del blocco. Le norme impugnate dai giudici rimettenti e le norme sopravvenute della legge di stabilità per il 2015 si susseguono senza soluzione di continuità, proprio perché accomunate da analoga direzione finalistica. Il blocco, così come emerge dalle disposizioni che, nel loro stesso concatenarsi, ne definiscono la durata complessiva, non può che essere colto in una prospettiva unitaria;
    la Corte costituzionale, nella sentenza citata, rivolge, infine, un appello al Governo a modificare al più presto la legislazione: «Rimossi, per il futuro, i limiti che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato»;
    dalla sentenza n. 178 del 2015, dunque, discende la necessità di riaprire la contrattazione nel pubblico impiego che, secondo le ultime stime, interesserebbe più di 3 milioni e 300 mila lavoratori. In tal senso, la Corte costituzionale conclude confermando che: «Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata»;
    secondo uno studio de Il Sole 24 ore, il blocco dei contratti del pubblico impiego, sino a tutto il 2014, ha comportato per i dipendenti pubblici una riduzione pari al 10,5 per cento dell'attuale stipendio di riferimento, con un possibile aumento fino al 14,6 per cento, se il blocco della contrattazione rimanesse in vigore fino al 2017;
    la mancata indicizzazione dei contratti del pubblico impiego ha prodotto anche l'effetto di riequilibrare l'esistente discrepanza tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più elevate, e quelle private; secondo l'ultimo rapporto dell'Aran, l'Agenzia che si occupa della contrattazione nel pubblico impiego, nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era pari a 27.472 euro lordi contro i 25.531 euro del settore privato. Nel 2013 lo scarto si era già ridotto a meno di 500 euro: 27.252 euro nel pubblico contro 27.004 euro nel privato; nel mese di giugno 2015, la Cgia di Mestre ha diffuso una ricerca che ha confrontato le retribuzioni medie lorde dei dipendenti pubblici con quelle dei privati. Sebbene abbiano gli stipendi bloccati dal 2011, i dipendenti pubblici guadagnano quasi 2.000 euro all'anno in più rispetto ai dipendenti privati. In particolare, per quanto riguarda l'anno 2014, secondo lo studio condotto dalla Cgia di Mestre i dipendenti pubblici hanno ricevuto una retribuzione annua in media di 34.286 euro, contro 32.315 euro dei dipendenti privati;
    da ultimo, si segnala la sentenza del 16 settembre 2014 del tribunale di Roma, che ha condannato la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'Aran a dare avvio «senza ritardo» al procedimento di contrattazione collettiva per i comparti della scuola, dell'università, della ricerca, dell'Afam e delle relative aeree dirigenziali;
    a seguito del ricorso presentato dalla Flc Cgil, con cui si rivendicava il diritto dei lavoratori dei comparti pubblici della conoscenza a vedersi rinnovato il contratto di lavoro dopo sei anni di blocco, il giudice del lavoro, riferendosi in particolar modo alla citata sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2015, ha evidenziato come la sospensione della contrattazione comporti un «sacrificio del diritto fondamentale tutelato dall'articolo 39 della Costituzione non più tollerabile». Lo stesso giudice del lavoro ha, altresì, evidenziato come, per effetto dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza citata, l'Amministrazione avrebbe dovuto rimuovere immediatamente gli ostacoli all'avvio della contrattazione, anche per i comparti della conoscenza, cosa che invece – a distanza già di diversi mesi dalla sentenza – non risulta sia stata ancora fatta. Proprio per quest'ultimo motivo, stante l'inerzia dell'Amministrazione nonostante la sentenza costituzionale, secondo il giudice è fondata la richiesta di tutela giurisdizionale avanzata dalla Flc Cgil a nome dei lavoratori che rappresenta,

impegna il Governo:

   a porre in essere opportune iniziative finalizzate alla sospensione del blocco economico della contrattazione nazionale per il pubblico impiego, per le categorie interessate dal decreto-legge 78 del 2010 e dalle successive proroghe;
   ad assumere le opportune iniziative volte ad assicurare che a partire dal 1o gennaio 2016, per i dipendenti pubblici coinvolti, si proceda ad un progressivo adeguamento delle retribuzioni secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 178 del 2015.
(1-00992) «Polverini, Palese, Occhiuto, Brunetta».


  La Camera,
   premesso che:
    lo sviluppo e ammodernamento del settore infrastrutturale della regione Calabria è senz'altro ostacolato da condizioni oggettive non facili, dovute alle specificità orografiche che condizionano sia la scelta dei tracciati che l'esecuzione e la manutenzione delle opere viarie;
    la Calabria è parte del Mezzogiorno, anzi è la regione che, secondo molti indicatori, è quella in maggiori difficoltà nel sistema meridionale, ma è anche quella che occupa una posizione geograficamente centrale in tale area;
    un'analisi approfondita dei livelli qualitativi e di sicurezza delle infrastrutture di trasporto, con attenzione anche ai fenomeni di mobilità, evidenzia le criticità del sistema viario e mostra in tutta la sua gravità il gap infrastrutturale della Calabria rispetto ad altre realtà regionali. Particolarmente critica appare l'esigenza di manutenzione straordinaria di strade, viadotti e gallerie che richiederebbe una programmazione di investimenti costante;
    questa situazione, oltre a limitare la possibilità di crescita delle imprese e a deprimere le condizioni sociali dei calabresi, si riflette sull'intero Mezzogiorno e costituisce un elemento di criticità per il Paese con impatti sulla competitività e sulla produttività del sistema economico italiano;
    il Governo deve farsi carico del fatto che il sistema della viabilità e del trasporto passeggeri e merci della Calabria sconta gravi ritardi – soprattutto in termini di ammodernamento delle reti esistenti su scala regionale – con intere porzioni di territorio, come la provincia di Crotone, nelle quali non sono assicurate condizioni di mobilità alle persone ed ai soggetti economici paragonabili a quelle di tutto il resto del territorio europeo;
    la principale arteria stradale di collegamento della regione con il resto del Paese, l'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, è di fatto l'unica arteria che percorre il versante sud-occidentale della penisola, nodo di traffico di enorme rilievo per i collegamenti e l'approvvigionamento di merci e beni di prima necessità;
    qualunque interruzione di questa arteria ha effetti gravissimi sulle condizioni quotidiane di vita delle persone e sull'intera economia regionale;
    è da considerare che il tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, tra gli svincoli di Laino Borgo e Mormanno, compreso il «viadotto Italia» e la nuova galleria, a lungo interrotto per verifica tecnica a seguito del crollo del suddetto viadotto, è stato riaperto solo a luglio 2015; si ricorda, tra l'altro, che sono in corso di progettazione i lavori di ammodernamento del tratto tra Pizzo Calabro e Sant'Onofrio;
    oltre all'autostrada A3 la Calabria dispone, com’è noto, di due assi costieri della viabilità stradale primaria, la strada statale n. 18 sul versante tirrenico (importante arteria di collegamento tra la Campania e la Calabria) e, soprattutto, la strada statale n. 106 jonica che risulta fondamentale (e sostanzialmente unica) per i tutti i collegamenti tra la Calabria, la Puglia e l'autostrada A14, oltre che per il trasporto interno fra l'area della Sibaritide, del Crotonese, dello Ionio catanzarese, della Locride e del versante sud-orientale dell'Aspromonte. Si tratta di un sistema stradale fragile e troppo esposto in quanto la strada statale n. 106 presenta criticità infrastrutturali ben note, sia per le caratteristiche costruttive (sezioni viarie modeste e disomogenee, tracciati plano-altimetrici vetusti e non adeguati ai livelli di traffico), sia per le condizioni di circolazione. Tali direttrici viarie si sono trasformate nel tempo in attraversamenti urbani, in cui i flussi veicolari sono spesso interrotti e rallentati dalla presenza di accessi secondari, di attività commerciali e di semaforizzazioni. Anche gli assi trasversali della viabilità primaria sono interessati in alcuni tratti da fenomeni di congestione per l'attraversamento di centri abitati (strada statale n. 107 Paola – Crotone) e da bassi standard di sicurezza (strada statale n. 682 Rosarno-Marina di Gioiosa Ionica);
    rappresenta, quindi, una positiva novità il fatto che proprio la statale 106 sarà oggetto di investimenti attraverso la riprogrammazione dei fondi pon delle reti e mobilità;
    è da sottolineare che il 6 agosto 2015 il Cipe ha approvato il contratto di programma 2015, l'atto che regola i rapporti tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Anas s.p.a. in ordine agli investimenti per la realizzazione di nuove opere e la manutenzione della rete stradale di interesse nazionale. In particolare, il contratto di programma 2015 prevede la realizzazione di 254 interventi sulla rete stradale nazionale per un valore economico di 1 miliardo e 115 milioni circa di euro. In particolare, per la regione Calabria sono previsti 29 interventi per la somma di 105,7 milioni di euro: ciò rappresenta un fatto positivo che consentirà di intervenire sulle arterie calabresi con grandi benefici per gli utenti;
    è, altresì, da sottolineare che, con il decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», sono stati approvati interventi di manutenzione straordinaria sulla strada statale n. 18. Il cosiddetto «decreto del fare» ha previsto, inoltre, lo stanziamento di risorse economiche sempre per la strada statale n. 18;
    ma è soprattutto sui collegamenti ferroviari che si registrano gravi carenze dovute all'inadeguatezza di molte linee locali e al ridimensionamento del servizio: oggi si segnala, in particolare, il grave isolamento ferroviario della zona jonica calabrese che abbassa, al disotto dei livelli di servizio oggi ritenuti essenziali, la qualità della vita e la possibilità di relazioni economico-commerciali di aree urbane e metropolitane sempre più distanti dall'Europa;
    il miglioramento della rete ferroviaria del Sud è uno degli interventi previsti dal piano di azione coesione definito dal Governo nel dicembre 2011 e successivamente aggiornato nel mese di maggio 2012, anche sulla base degli aggiornamenti derivanti dal contratto di programma Rete ferroviaria italiana 2007-2011 (aggiornamento 2010-2011 approvato dal Cipe con delibera n.4 del 20 gennaio 2012);
    secondo il piano di azione coesione, in coerenza con il contratto di programma Rete ferroviaria italiana 2007-2011, la Calabria risulta beneficiaria di 3 macrointerventi, oggetto del contratto istituzionale di sviluppo per il completamento della direttrice ferroviaria Salerno-Reggio Calabria, siglato il 18 dicembre 2012 tra il Ministro per la coesione territoriale, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni Calabria, Campania e Basilicata, Ferrovie dello Stato italiane s.p.a., Rete ferroviaria italiana s.p.a.:
     a) l'asse ferroviario Salerno-Reggio Calabria (velocizzazione della linea Battipaglia-Reggio Calabria ed all'aumento della capacità potenziale di trasporto sulla rete);
     b) la dorsale ionica e collegamento Lamezia Terme-Catanzaro;
     c) la tratta Taranto-Sibari-Gioia Tauro;
    tuttavia, occorre domandarsi quale è l'effettiva funzionalità in prospettiva della rete: le criticità principali che condizionano negativamente i servizi di trasporto ferroviario calabresi riguardano la presenza di colli di bottiglia dovuti a tratte a binario unico (Castiglione Cosentino-Paola), limitazioni consistenti sul carico assiale (Paola-Sibari e Sibari-Taranto) e limitazioni sulla sagoma limite (soprattutto sulla direttrice tirrenica, a nord di Paola);
    per quanto concerne il traffico merci, la direttrice tirrenica non rappresenta ancora, a causa di alcune limitazioni infrastrutturali e di capacità, una delle vie privilegiate di diffusione del traffico container che interessa il porto di Gioia Tauro;
    per quanto riguarda la situazione del servizio aeroportuale, è da ricordare che il nuovo piano aeroporti ha riservato ai tre scali calabresi di Lamezia Terme, Reggio Calabria e Crotone la qualifica di aeroporti di interesse nazionale, anche in considerazione dei problemi di «continuità territoriale» dovuti alle citate carenze del sistema infrastrutturale complessivo della Calabria, e particolarmente della fascia jonica. Il Governo ha – in tal modo – confermato un'attenzione al sistema infrastrutturale calabrese che ha un segno positivo. Questo segnale è, però, insufficiente se non si accompagnerà nel prossimo futuro a scelte che favoriscano un processo di ulteriore crescita;
    tale crescita deve traguardare, soprattutto, le potenzialità turistiche ancora inespresse e deve puntare all'obiettivo della valorizzazione delle potenzialità turistiche della stessa Calabria;
    recentemente si è tenuto un incontro tra il presidente della regione Calabria ed il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con l'illustrazione di una proposta che sarà oggetto di incontri con Rete ferroviaria italiana, Anas, Enac, Trenitalia per approfondire i singoli aspetti relativi all'azione da avviare per attuare il potenziamento del sistema dei trasporti. Le problematiche rilevate sono quelle del collegamento tra la Calabria ed il resto del nostro Paese e l'Europa, attraverso politiche che adeguino il sistema di mobilità. In questo contesto è stata posta l'esigenza di avviare subito uno studio di fattibilità per l'alta velocità ferroviaria da Battipaglia a Reggio, che è stata condivisa dai partecipanti e che deve essere supportata da coerenti azioni di governo. Nello stesso incontro è stata rilevata l'urgenza dell'adeguamento della mobilità sulla ferrovia ionica, anche attraverso investimenti strutturali e di ammodernamento del materiale rotabile; è stata, inoltre, posta la necessità di completare l'autostrada A3 e di rafforzare gli investimenti sulla strada statale n. 106, sbloccando quelli già disponibili e programmandone di nuovi dove servono, anche per intervenire sull'elevata incidentalità mortale che si riscontra su quell'arteria;
    queste iniziative del Governo sono certamente positive e vanno nella giusta direzione, tuttavia qualunque iniziativa volta al miglioramento del sistema infrastrutturale calabrese rimarrebbe monca se non si confrontasse con i temi strategici posti dal progetto del ponte sullo Stretto: l'unica opera che può invertire il trend alla marginalizzazione di tutta un'area geografica dotata invece di una felicissima posizione geo-economica. Tanto felice da suscitare le attenzioni interessate e gli ostruzionismi dei grandi competitor che mirano a ridimensionare il peso economico dell'Italia;
    è evidente a chiunque guardi con oggettività all'Italia e ai suoi interessi che il ponte sullo Stretto non solo è elemento indispensabile di una catena logistica in grado di ridare dignità all'intero Mezzogiorno, ma ha le caratteristiche idonee a segnare quel punto di svolta per lo sviluppo dell'Italia e per l'avvio di una nuova fase di crescita e di coraggiosa espansione sui nuovi mercati;
    rappresenterebbe un messaggio di coraggio e di laicità riaprire – lontano da ogni oscurantismo – una fase di esame del progetto del ponte sullo Stretto di Messina e di un suo eventuale miglioramento, aperti ad una valutazione comparata di costi e benefici, secondo il modello non ideologico, non divisivo, ma pragmatico con cui l'opinione pubblica, i Parlamenti e i Governi dei più evoluti Paesi europei affrontano i grandi temi dello sviluppo, dell'ambiente e dell'interesse nazionale;
    inoltre, deve essere sempre ribadito che il target europeo indica – tra gli altri – due obiettivi di sostenibilità: trasferire il 30 per cento al 2020 e il 50 per cento al 2050 del traffico stradale verso altri modi: ferrovia, trasporto marittimo ed idrovie; collegare porti, aeroporti e idrovie del core network Ten-T con linee ferroviarie ad alta velocità; questo obiettivo – se preso sul serio dall'Italia – implica prima di tutto una riconsiderazione delle strategie di sviluppo ferroviario del Mezzogiorno, ivi compresa la continuità territoriale fra Calabria e Sicilia;
    pertanto è opportuno e saggio domandarsi:
     a) se rinunciare a sviluppare un sistema alta velocità/alta capacità e abdicare al sistema Ten-T attraverso l'oggettivo declassamento dell'ex corridoio 1 (derivante dalla archiviazione del ponte) non significhi decidere il declino inesorabile dell'intero Mezzogiorno;
     b) se il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico fino a Taranto-Gioia Tauro-Stretto di Messina, Catania-Palermo non rappresenti oggi l'unica vera prospettiva di sviluppo del Sud, a partire dalle grandi potenzialità della sua portualità e della sua economia del mare;
     c) quanto – in questo quadro – rischia di essere inutile prevedere tratte di secondo livello (Bari-Napoli o Messina-Catania Palermo) se mancano i collegamenti di primo livello alle reti lunghe, a partire dal Ten-T cargo. Infatti, studi economici dimostrano che senza il ponte sullo Stretto, opera anzitutto ferroviaria, le tratte siciliane non reggeranno economicamente e dovranno essere sempre sostenute dal pubblico,

impegna il Governo:

   ad assegnare agli interventi sul sistema infrastrutturale calabrese un livello di urgenza nell'agenda governativa proporzionale alla gravità delle emergenze segnalate e un livello di priorità proporzionale ai rischi di marginalizzazione dai grandi flussi dell'economia del futuro dell'intero Mezzogiorno, e con esso dell'intera Italia, che uscirebbe da tale partita ridimensionata a piccolo e insignificante Stato regionale, con una ristretta area economica – quella padana – ancora viva ma definitivamente subalterna alle strategie di grandi attori posti tutti a Nord delle Alpi;
   ad affrontare il tema dell'ammodernamento delle reti infrastrutturali della Calabria in un'ottica di sistema meridionale e di modernità territoriale, centrata prima di tutto sulla logica europea di sistema intermodale tale da raggiungere gli standard di mobilità e di servizi coerenti con i 10 obiettivi per le reti Ten-T negli orizzonti 2020-2030-2050;
   a favorire, nei limiti delle competenze e dei poteri propri, la creazione di una società unica di gestione dei tre aeroporti calabresi, che potrebbe rappresentare la soluzione per assicurare e rafforzare la credibilità e le competitività del sistema aeroportuale della regione, considerato che ciò consentirebbe di sviluppare politiche commerciali e turistiche più articolate, di incrementare le opportunità di trasporto rispetto ai diversi target di utenza, oltre che rafforzare economicamente le attuali singole società aeroportuali, e che un'unica società garantirebbe anche una maggiore trasparenza nel controllo delle procedure e delle attività amministrative;
   a ribadire – in tutte le sedi – l'impegno dell'Italia alla realizzazione dei corridoi longitudinali e segnatamente del corridoio ferroviario alta velocità/alta capacità lungo l'intero asse tirrenico, includendo sia i collegamenti con il polo portuale di Gioia Tauro, sia ovviamente la continuità con la Sicilia e superando veti che – nel prossimo futuro – saranno sempre più avvertiti come incompatibili con le esigenze degli operatori economici e con la domanda di mobilità dei residenti e dei visitatori;
   a valutare l'opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina quale possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno.
(1-00993) «Dorina Bianchi, Garofalo, Piso, Sammarco, Scopelliti».


  La Camera,
   premesso che:
    con la sentenza n. 178 del 2015 la Corte costituzionale, chiamata ad esaminare la legittimità delle norme che hanno imposto dal 2010 al 2015 un prolungato regime di blocco della contrattazione collettiva per il lavoro pubblico, ha imposto al Governo l'immediato avvio di una stagione di consultazione con il mondo sindacale i cui esiti interesseranno circa tre milioni e mezzo di pubblici dipendenti, che, per effetto del relativo congelamento della retribuzione, hanno subito una perdita economica individuale pari a 4.800 euro;
    il pronunciamento della Corte costituzionale, come quello sulle pensioni che lo ha preceduto di qualche mese e che ha bocciato il mancato adeguamento dei trattamenti previdenziali al costo della vita imposto dal Governo Monti, rappresentano un baluardo per tutti i futuri Governi che d'ora in poi non potranno più per mere esigenze di finanza pubblica imporre a lavoratori e pensionati sacrifici ad libitum;
    per il giudice costituzionale, infatti, il blocco reiterato e sistematico della contrattazione, deciso con vari provvedimenti unilateralmente dal datore di lavoro pubblico, ha violato la libertà costituzionale dell'azione sindacale di cui all'articolo 39, comma 1, della Costituzione, già sacrificata, peraltro da altre norme come gli articoli 47 e 48 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (testo unico sul pubblico impiego), come modificati dalla cosiddetta legge Brunetta, che ha notevolmente ridotto l'operatività della contrattazione collettiva, e l'articolo 81 della Costituzione sul principio del pareggio del bilancio;
    non v’è chi non legge nel pronunciamento della Corte costituzionale, che di fatto ha inteso fermare quella distorcente tendenza politica a minimizzare e delegittimare il ruolo delle organizzazioni sindacali in materia di tutela dei diritti contrattuali, un chiaro monito all'attuale Governo che da oltre 18 mesi a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo ostacola, minimizza ed irride l'azione di tutte le confederazioni sindacali, evitando un confronto serio e costruttivo sui molteplici temi del lavoro, in primis quello della pubblica amministrazione. Infatti, è proprio la disciplina contenuta nella legge n. 190 del 2014 (legge di stabilità per il 2015) a rendere strutturali quei blocchi contrattuali e stipendiali introdotti con i precedenti provvedimenti legislativi ed a cristallizzare a tutto il 2018 l'ammontare dell'indennità di vacanza contrattuale ai valori del 31 dicembre 2013, oscurando e disattendendo il criterio di proporzionalità della retribuzione, riferito alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto dal pubblico dipendente;
    secondo la Corte costituzionale le misure di risanamento realizzate attraverso una prolungata sospensione a carico esclusivamente dei pubblici dipendenti delle procedure negoziali e dell'ordinaria dinamica retributiva, oltre, come si è visto, a compromettere irreparabilmente lo svolgersi della dialettica contrattuale ed il diritto degli stessi, sottoposti ad un carico di lavoro sempre più gravoso stante il permanente regime di turn over, a percepire una retribuzione proporzionata al lavoro svolto, violano il principio di eguaglianza tra i cittadini e di dovere di solidarietà politica, sociale ed economica di cui agli articoli 3, primo comma, e 2 della Costituzione. Inoltre quando gli interventi di contenimento della spesa trascendono i limiti della transitorietà e dell'eccezionalità già tracciati dalla precedente giurisprudenza costituzionale, introdurrebbero una forma di compartecipazione alle spese a carico dei pubblici dipendenti, in spregio anche al principio di gradualità dei sacrifici imposti di cui all'articolo 53 della Costituzione;
    a seguito del suddetto pronunciamento, avendo lo stesso rimosso, per il futuro, tutti quei limiti che si frapponevano allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, è compito del Governo dare nuovo impulso, disgiunto da ogni vincolo di risultato, all'ordinaria dialettica contrattuale garantendo quella piena proporzionalità tra il lavoro prestato e la retribuzione dovuta tutelata dall'articolo 36 della Costituzione;
    sul versante finanziario l'esecuzione della sentenza non comporterà per lo Stato un grosso impegno economico essendo stati cancellati nel frattempo dal decreto legislativo n. 150 del 2009 (cosiddetta legge Brunetta) tutti quegli aumenti «a pioggia» precedentemente corrisposti ai dipendenti pubblici in base all'anzianità di servizio maturata. La «riforma Brunetta» ha, infatti, sostituito, a partire dalla prima utile e successiva intesa confederale, il criterio del merito per anzianità con quello per prestazione individuale all'interno dell'unità aziendale di riferimento, lasciando peraltro alla discrezionalità del dirigente tutte le decisioni in materia di organizzazione del lavoro, inquadramenti, promozioni e premi incentivanti, a fronte di una riduzione del potere del lavoratore di partecipare e di controllare le scelte, inaugurando a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo nella pubblica amministrazione una stagione di clientele e di soprusi;
    inoltre, al fine di minimizzare l'impatto che la sentenza avrebbe esercitato sui saldi di finanza pubblica è stata stabilita l'efficacia ex nunc, cioè irretroattiva, della stessa con un effetto strutturale che, stando alla memoria presentata dall'Avvocatura dello Stato, dovrebbe comportare a partire dal 2016 un onere pari a circa 3,6 miliardi di euro all'anno. Il costo netto del rinnovo del contratto del pubblico impiego è, infatti, assai modesto. Secondo una stima, considerando che le retribuzioni lorde nel 2014, secondo i dati riportati nel documento di economia e finanza, ammontavano a 114,3 miliardi di euro, alle quali applicare un'aliquota marginale di tassazione mediamente del 30 per cento, e percentuali di adeguamento pari allo 0,6 per cento per il 2015, all'1,1 per cento per il 2016, all'1,3 per cento per il 2017 ed all'1,5 per cento per il 2018 come definite dalla variazione dell'indice dei prezzi al consumo armonizzati al netto dei prodotti energetici importati, il relativo onere per lo Stato varrà a regime, cioè dal 2018, poco più di 3,6 miliardi di euro, ai quali aggiungere i maggiori contributi sociali da versare all'Istituto nazionale di previdenza sociale;
    a seguito dello stesso pronunciamento si pone anche il problema dell'indennità di vacanza contrattuale, il cui mancato riconoscimento è stato addirittura procrastinato sino al 2018 e che invece per effetto della sentenza, quantomeno con riferimento all'anno 2015, dovrebbe essere corrisposto per il periodo compreso dalla pubblicazione della suddetta sentenza fino al 31 dicembre 2015;
    secondo le anticipazioni riportate nei giorni scorsi da alcuni organi di stampa, il Governo sarebbe intenzionato a fronteggiare la maggiore spesa derivante dall'esecuzione della sentenza ricorrendo ad un ulteriore e nuovo blocco del turn over, che sarebbe, tra l'altro, compatibile con l'attuanda «riforma Madia» che prevede un riordino delle amministrazioni centrali e periferiche realizzato con tagli di unità territoriali, mobilità del personale e passaggio alla definizione dei nuovi fabbisogni delle amministrazioni ed abbandono delle vecchie dotazioni organiche. Attualmente il turn over per le amministrazioni centrali, le agenzie e gli enti pubblici non economici autorizza una quota di assunzioni che non superi il 40 per cento dei contingenti cessati l'anno precedente. Pertanto, stando al ragionamento del Governo, da un nuovo congelamento del décalage, al netto della mobilità in corso del personale delle province, deriverebbe nel triennio una riduzione del personale capace di compensare l'onere dei rinnovi contrattuali, che potrebbero, tra l'altro, essere effettuati proponendo aumenti spalmati nel tempo;
    il reiterato blocco del turn over, diventato oramai uno strumento ordinario di manovra finanziaria, impedisce l'assunzione dei vincitori di concorso rinviandola negli anni, privando le pubbliche amministrazioni del naturale ricambio generazionale, con inevitabili effetti negativi anche sull'efficienza dell'azione amministrativa;
    nonostante la sentenza della Corte costituzionale sia in vigore dal 23 luglio 2015 e stante l'inerzia dell'Amministrazione a darle esecuzione (qualunque ritardo nella stipula dei nuovi contratti comporterà il pagamento di arretrati), il tribunale del lavoro di Roma, dando pienamente ragione ai rilievi avanzati in sede di richiesta di tutela giurisdizionale dalla Flc Cgil, con esemplare condanna ha ordinato il 16 settembre 2015 all'Aran di dare avvio «senza ritardo» al procedimento di rinnovo della contrattazione collettiva per i comparti della scuola, dell'università, della ricerca, dell'Afam;
    altro limite della normativa che si frappone all'immediata esecutività della sentenza è rappresentato dalla necessità di dare attuazione ad accordi tra le parti previsti dalla «legge Brunetta», primo fra tutti quello di ridurre da 11 a 4 i comparti, aspetto su cui, in questi anni, non si è trovata una mediazione;
    con la circolare n. 20 del 2015 della Ragioneria generale dello Stato, dettata con lo scopo di impartire istruzioni in materia di fondi destinati alla contrattazione integrativa, si è inteso attribuire strutturalità ai limiti fino ad oggi imposti ai fondi unici di amministrazione, stabilendo che le risorse destinate annualmente al trattamento economico accessorio vengano decurtate di un importo pari alle riduzioni operate per effetto del precedente periodo. La stessa precisa, inoltre, che l'ammontare della decurtazione permanente da operare a decorrere dall'anno 2015 dovrà essere determinata al lordo delle somme non inserite nel 2014 e previste dalla normativa di riferimento per ciascun comparto e che, corrispondentemente, le predette voci dovranno formare oggetto di alimentazione del fondo 2015, in modo tale da rendere le due grandezze di riferimento, fondo 2015 e decurtazione permanente, del tutto confrontabili ed a sostanziale invarianza di saldo;
    in base alla suddetta circolare, su disposizione del Ministro dell'economia e delle finanze, tutte le amministrazioni statali e la relativa contrattazione integrativa continueranno ad essere private di una parte di quelle risorse economiche che annualmente sono destinate ai fondi unici di amministrazione per il salario di produttività, risorse che si riferiscono alla gestione dell'anno precedente e che solo per ragioni tecniche di bilancio si determinano nel secondo semestre di ogni anno e che sono attribuite alle singole amministrazioni attraverso la legge di assestamento del bilancio. Gli effetti di tale operazione sono stati tangibili per i lavoratori pubblici che hanno pertanto subito, oltre gli effetti del blocco contrattuale, una perdita media annuale di salario accessorio prossima ai mille euro,

impegna il Governo:

   ad ottemperare al pronunciamento della Corte costituzionale n. 178 del 2015 provvedendo, immediatamente e senza ulteriore ritardo, alla riapertura di una fase negoziale con le organizzazioni sindacali per il rinnovo della contrattazione per tutti i comparti della pubblica amministrazione;
   ad individuare le risorse finanziarie da destinare alla liquidazione dell'indennità di vacanza contrattuale relativa al secondo semestre 2015;
   ad individuare, nell'ambito del disegno di legge di stabilità per il 2016, le risorse necessarie all'apertura di una nuova stagione negoziale per il settore del pubblico impiego che risarcisca i pubblici dipendenti della perdita di potere di acquisto delle loro retribuzione a seguito del reiterato regime di blocco contrattuale;
   ad abbandonare qualsiasi logica che, al fine di compensare la maggiore spesa destinata al rinnovo della contrattazione, possa comportare il ricorso ad un nuovo blocco del turn over del personale della pubblica amministrazione;
   ad assumere iniziative, anche amministrative, per superare tutte quelle previsioni che impongono limiti e tagli strutturali alle risorse destinate ai fondi unici di amministrazione ed alla contrattazione integrativa.
(1-00994) «Airaudo, Placido, Quaranta, Costantino, Scotto».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   DALL'OSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   Expo Milano 2015 è l'Esposizione universale che l'Italia ospita dal primo maggio al 31 ottobre 2015 ed è il più grande evento mai realizzato sull'alimentazione e la nutrizione dal titolo «Feeding the world» che vedrà la Città metropolitana di Milano trasformarsi per sei mesi in una vetrina mondiale in cui i Paesi mostreranno il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta concreta a un'esigenza vitale ovvero riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri;
   Expo occupa, nonostante tutte le problematiche emerse prima dell'inizio, un'area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri, più di 140 Paesi e organizzazioni internazionali coinvolti, oltre 20 milioni di visitatori attesi ed è diventato il luogo per un confronto di idee e soluzioni condivise sul tema dell'alimentazione, al fine anche di promuovere nuove progettualità un futuro sostenibile;
   Expo Milano 2015 offre a tutti la possibilità di conoscere e assaggiare i migliori piatti del mondo e scoprire le eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica di ogni Paese poiché la location è quotidianamente animata da eventi di diversa attrazione;
   ad oggi sono ben 50 le personalità tra Capi di Stato e di Governo che hanno visitato EXPO anche con il successo di alcuni forum internazionali di grande significato;
   il Ministro Martina ha dichiarato nella seduta dell'Assemblea del 16 settembre 2015, rispondendo ad un'interrogazione a risposta immediata, che ad oggi, secondo i dati rilasciati dalla società Expo, i visitatori sono stati circa 14 milioni, ben lontano dai 20 previsti, nonostante la campagna di promozione sia visibile in ogni dove –:
   secondo quali statistiche si sia addivenuti ad una previsione di visitatori di circa 20 milioni;
   quanto stia costando al Governo la promozione dell'evento sui media;
   quanto stia costando e secondo quale convenzione l'Alitalia regali biglietti di Expo 2015, essendo essa, a quanto consta all'interrogante, la sola ad offrire tale privilegio;
   se anche altre compagnie di trasporto aereo, marittimo o stradale, italiane od estere, abbiano la possibilità di offrire biglietti gratuiti di Expo 2015 all'acquisto di un viaggio. (3-01708)

Interrogazioni a risposta scritta:


   QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'ultimo rapporto pubblicato dall'Organizzazione internazionale per le migrazioni, solo nei primi otto mesi del 2015 sono circa 2000 le persone morte nel Mediterraneo; accanto al dramma quotidiano delle numerose vite perse in mare, si aggiunge quello dei familiari e dei parenti che spesso cercano per mesi di avere notizie sui propri congiunti, che talvolta risultano dispersi, o altre volte morti e seppelliti, ma in un comune diverso da quello dello sbarco, senza che esista un'autorità o almeno un database al quale i congiunti possano avere accesso per avere informazioni o almeno denunciare la scomparsa di un proprio congiunto che a loro risultava imbarcato;
   in risposta all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01045 presentata il 23 settembre 2014 con la quale si chiedeva l'istituzione di una banca dati in grado di raccogliere i dati e le informazioni disponibili sulle persone morte o disperse nel Mediterraneo, il Ministro Angelino Alfano si diceva interessato alla proposta dell'interrogante volta, con tutti i sistemi di cautele e di protezione nella trattazione e nel trattamento di informazioni così delicate, a favorire il ritrovamento dei dispersi o il riconoscimento dei corpi appartenenti a cittadini stranieri recuperati in mare a seguito delle sciagure;
   la struttura organizzativa alle dipendenze del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, è stata istituita con decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2007, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, per gestire il complesso fenomeno delle persone scomparse e individuare delle linee di intervento volte a fronteggiare tempestivamente i conseguenti problemi di allarme sociale;
   l'attività di tale ufficio si è rivelata di fondamentale interesse anche in relazione al perdurare dell'emergenza migratoria nel Mediterraneo, per favorire l'identificazione delle vittime dei naufragi, quali quelli avvenuti al largo di Lampedusa il 3 e l'11 ottobre 2013; il detto ufficio ha anche sottoscritto un protocollo d'intesa con l'università di Milano e il dipartimento libertà civili del Ministero dell'interno, che ha portato alla messa a punto di una procedura per identificare con metodologia scientifica le vittime in mare e per fornire collaborazione, supporto e, quando possibile, risposte a quanti chiedono notizie dei propri familiari scomparsi con avvisi ai familiari diramati nei Paesi di partenza dei migranti, avvalendosi anche dell'ausilio della Croce rossa internazionale e dell'Interpool;
   tale sistema di riconoscimento e identificazione, oltre a ricevere una grande attenzione mediatica da parte di organi ed agenzie di stampa da tutto il mondo, rappresenta un importante punto di riferimento a livello italiano e internazionale sia per i familiari che per le istituzioni ed è considerato a livello europeo una «best practice» da mutuare anche in altri Paesi;
   l'ufficio ha già proceduto all'ispezione medico-legale di 118 delle 800 vittime del naufragio del 18 aprile 2015 e di altre 142 salme provenienti da successivi naufragi ed è costantemente impegnato, attraverso una costante interlocuzione con le istituzioni e le autorità di Paesi esteri, per offrire risposte a quanti chiedono notizie dei propri familiari scomparsi;
   il commissario straordinario risulta attualmente nominato fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre la struttura organizzativa alle sue dipendenze può contare, a fronte di 32.757 scomparsi, 1.400 corpi senza identità e oltre 10.000 fascicoli aperti, soltanto su 18 unità di personale aggregato/distaccato dal Ministero dell'interno;
   le carenze di dotazioni strumenti e finanziarie che colpiscono la struttura organizzativa del commissario straordinario del Governo per le persone scomparse impediscono la messa a punto di una banca dati governativa per la raccolta e l'incrocio dei dati e delle informazioni disponibili sulle persone che risultano morte o disperse nel Mediterraneo atte, da un lato, a facilitare alle famiglie la ricerca dei congiunti e, dall'altro, al commissario straordinario di avere informazioni il più possibile aggiornate ed esaustive –:
   se, alla luce di quanto illustrato e alla luce delle legittime e pressanti richieste provenienti da associazioni, comitati e famiglie delle vittime e dei dispersi, il Governo non intenda fornire le risorse necessarie per consentire al commissario straordinario per le persone scomparse di sviluppare un database ufficiale delle persone scomparse in mare, così da permettere una proficua collaborazione con gli interessati e un importante interscambio di informazioni atte a facilitarne il ritrovamento, l'identificazione o il riconoscimento;
   se il Governo non intenda farsi promotore, in sede di Unione europea, di un analogo database europeo, così da permettere una più fitta e proficua collaborazione fra Stati membri per l'identificazione e il riconoscimento dei migranti che hanno perso la vita in mare;
   se il Governo non intenda assicurare piena continuità e stabilità all'incarico commissariale, consentendone il necessario collocamento in una struttura istituzionale adeguata. (4-10420)


   PIRAS, ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nei rifiuti radioattivi si comprendono diverse categorie di rifiuti, fra loro molto diversi, tra cui quelli provenienti dai reattori di ritrattamento del combustibile nucleare, quelli prodotti dallo smantellamento di vecchi impianti e da elementi di combustibile esauriti;
   le scorie nucleari possono essere prodotte nelle centrali nucleari (per la maggior parte), nelle attività di medicina nucleare e nei siti industriali per le analisi produttive di parti metalliche;
   la normativa vigente, il decreto-legge del 15 febbraio 2010, n. 31, prevede la predisposizione di una proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee e di un progetto preliminare relativi alla localizzazione di un deposito nazionale delle scorie nucleari, da parte della Sogin spa (la società statale per lo smantellamento degli impianti nucleari italiani e la gestione dei rifiuti radioattivi), da approvare solo successivamente alle necessarie valutazioni dell'Ispra e all'organizzazione di un seminario nazionale a cui partecipino regioni, province e comuni, sul cui territorio ricadono le aree interessate dalla suddetta proposta di Carta nazionale, nonché l'UPI, l'ANCI, le associazioni degli industriali delle province interessate, le associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul territorio, le università e gli enti di ricerca presenti nei territori interessati, ex articolo 27, comma 4, del suddetto decreto legislativo;
   il deposito nazionale, infrastruttura di superficie dove collocare rifiuti radioattivi, condurrà alla sistemazione definitiva di circa 75 mila metri cubi di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15 mila metri cubi di rifiuti ad alta attività;
   dei circa 90 mila metri cubi di rifiuti radioattivi, ricorda Sogin, il 60 per cento deriverà dalle operazioni di smantellamento degli impianti nucleari, mentre il restante 40 per cento dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca, che continueranno a generare rifiuti anche in futuro;
   la pubblicazione della Carta e quella contestuale del progetto preliminare, spiega la Sogin, «apriranno una fase di consultazione pubblica e di condivisione, che culminerà in un Seminario nazionale, dove saranno invitati a partecipare tutti i soggetti coinvolti ed interessati»;
   l'articolo 27, comma 3, del succitato decreto-legge, prevedeva la pubblicazione tempestiva sul sito internet della Sogin spa della proposta di Carta nazionale e del progetto preliminare;
   tale tempistica, tuttavia, è stata dilatata attraverso il decreto legislativo del 4 marzo 2014, n. 45, che ha disposto la trasmissione all'Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) della proposta di Carta nazionale da parte della Sogin;
   l'Ispra doveva, entro sessanta giorni, validarne e verificarne i dati, inviando una relazione ai Ministeri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dello sviluppo economico, i quali, a loro volta, dovevano comunicare, ai sensi del novello comma 1-bis dell'articolo 27, il proprio nulla osta alla Sogin ai fini della pubblicazione della proposta di Carta nazionale entro trenta giorni, dopo il recepimento degli eventuali rilievi ministeriali contenuti nel nulla osta;
   il 2 gennaio 2015 la Sogin ha consegnato ad Ispra la Carta delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il deposito nazionale;
   il percorso istituzionale previsto, teoricamente di novanta giorni, avrebbe dovuto condurre alla pubblicazione della proposta di Carta nazionale all'inizio del mese di aprile 2015, ma la possibilità dettata da una normativa non chiarissima circa i tempi necessari al recepimento dei rilievi ministeriali ha condotto a un dilatarsi ulteriore dei tempi;
   il comma 4 dell'articolo 27 del decreto-legge n. 31 del 2010, prevedeva l'organizzazione del suddetto seminario nazionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della proposta di Carta; tuttavia, il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, ha prorogato da 60 a 120 giorni tale tempistica attraverso il comma 4-bis dell'articolo 9;
   il 16 giugno l'ISPRA ha comunicato di aver ricevuto dalla Sogin l'aggiornamento della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla localizzazione del deposito nazionale e della relativa documentazione;
   in data 20 luglio l'ISPRA ha consegnato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero dello sviluppo economico l'aggiornamento della relazione;
   i Ministeri avevano a disposizione trenta giorni per trasmettere a Sogin il nulla osta alla pubblicazione della Carta, che avrebbe dunque dovuto essere pubblicata entro il 20 agosto;
   tuttavia, in occasione del meeting di Comunione e Liberazione del 24 agosto 2015, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti ha dichiarato: «abbiamo ritenuto con il Mise di fare un ulteriore approfondimento. Non è facile fare una mappa dei siti idonei per ospitare il deposito nazionale. L'operazione ha richiesto più tempo di quanto avessimo preventivato», aggiungendo, inoltre, che non è possibile per il Ministero pronunciarsi sui tempi di pubblicazione;
   la pubblicazione della Carta continua, dunque, ad essere procrastinata, dilatando l'avvio del Seminario nazionale e, dunque, dell'informazione e della partecipazione degli enti territoriali e locali e dei cittadini;
   l'accesso all'informazione e la partecipazione sono due elementi centrali dei processi decisionali in materia ambientale, come riconosciuto nella Convenzione di Aarhus sul diritto di accesso alle informazioni, la partecipazione ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale del 1998, ratificata in Italia con la legge n. 108 del 16 marzo 2001, e dal diritto comunitario attraverso le direttive 2003/4/CE e 2003/35/CE;
   il ritardo appare ampiamente in contraddizione non soltanto con quanto previsto dalla legge, ma anche con quanto dichiarato fino ad oggi dal Governo: si ricorda, in tal senso, come il 20 febbraio 2015 sia stato approvato in Assemblea l'ordine del giorno 9/02803-A/149, presentato dal primo firmatario del presente atto, in cui si richiedeva il rispetto della tempistica prevista dalla normativa vigente in modo tale da non dilatare ulteriormente l'avvio della fase di consultazione pubblica;
   tale ordine del giorno aveva ricevuto inizialmente il parere contrario del Governo, poiché appariva «ultroneo», pleonastico;
   la proposta di Carta è invece, ancora, inspiegabilmente secretata, a tutti i livelli istituzionali, negando così la possibilità ai governi regionali e ai livelli parlamentari di poter sapere quali territori sono stati individuati in via preliminare per la costruzione del deposito nazionale –:
   a fronte di quanto rilevato, quali siano le motivazioni che, ad oggi, impediscono ai Ministri interrogati di trasmettere il nulla osta a Sogin per la pubblicazione della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee;
   se non si ritenga di procedere immediatamente alla pubblicazione della Carta e del progetto preliminare relativi alla localizzazione del deposito nazionale delle scorie nucleari, avendo non soltanto dilatato i tempi previsti dalla legge sino alla loro ultima scadenza, ma risultando in ritardo di più di un mese, così impedendo la pubblicazione di un documento necessario per consentire a cittadini ed enti territoriali e locali di essere messi a conoscenza su quali siano i siti individuati potenzialmente idonei ad ospitare tale deposito, un diritto riconosciuto a livello nazionale, europeo e internazionale.
(4-10421)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, GRANDE, DI BATTISTA, SCAGLIUSI e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 settembre 2015 Marcello Cucciniello, 23enne residente a Atripalda in provincia di Avellino, è morto in seguito a un terribile incidente stradale avvenuto nell'isolotto di Koh Samui, nel sud est del Golfo della Thailandia, dove era in vacanza;
   secondo quanto riportato dai mezzi di informazione della provincia di Avellino, il giovane aveva noleggiato una moto da cross per fare il giro dell'isolotto ma lungo la strada 4169, nei pressi delle cascate di Namuang è stato travolto da un pick-up che proveniva in fase di sorpasso dal senso opposto di marcia;
   il conducente, che si era dato alla fuga, dopo qualche ora è stato individuato e fermato dalla polizia locale con l'accusa di omicidio colposo e omissione di soccorso; inoltre, lo zio di Marcello, Giulio Urciuoli, volato in Thailandia per le procedure del riconoscimento della salma e del rimpatrio in Italia, è rimasto «deluso, mortificato, forse anche sconvolto dal comportamento dei funzionari dell'Ambasciata italiana in Thailandia. Nessun sostegno, nessun aiuto, neanche una telefonata»;
   il signor Urciuoli, rientrato a Atripalda, ha dichiarato al sito online irpinianews: «Lo Stato Italiano in Thailandia è completamente assente.» «Tutte le telefonate che ho fatto all'Ambasciata non hanno prodotto alcun risultato, si rimpallavano la palla da un ufficio all'altro senza alcun esito. E loro non mi hanno mai richiamato. Avrò fatto cinquanta telefonate inutilmente. E se si considera che in Thailandia non parlano neanche l'inglese ma solo il thai, per poter dialogare con le autorità locali ho dovuto assoldare un interprete privato». «E allora mi chiedo a che servono questi presìdi, a che servono le ambasciate, si parla tanto di unità di crisi, la Farnesina, ma alla prova dei fatti non sono stati neanche in grado di aiutare un povero cristo che aveva finito le lacrime a riportare a casa il corpo di suo nipote morto a 23 anni su una strada maledetta» –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative intenda assumere nei confronti dell'Ambasciata italiana in Thailandia alla luce delle dichiarazioni del signor Urciuoli e delle informazioni che vorrà acquisire al fine di chiarire la tragica vicenda.
(4-10418)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Bevagna è una città di fiumi, adagiata tra la confluenza del Clitumno e del Teverone, cinta per lunghi tratti dal Timia e collocata nel territorio della Valle Umbra sud;
   la qualità delle acque del Teverone e del Timia continua, purtroppo, a peggiorare: infatti, da un diversi anni esse risultano sempre più torbide e limacciose, le loro pietre e i loro fanghi sono rivestiti da una melma argentea strana e preoccupante. L'inquinamento di tali fiumi sembra avere raggiunto negli ultimi tempi una situazione al limite della criticità come risulta in maniera evidente dalla relazione tecnica dell'Arpa del giugno 2012 — stato dei corsi di acqua nel Comune di Bevagna — nella quale: «... emerge una situazione di “sofferenza” del Fiume Timia, in cui la qualità delle acque risente dei numerosi scarichi di origine civile e industriale, che alimentano il corso d'acqua. In particolare, si riscontra la presenza di un inquinamento di “base” che affligge permanentemente le acque, cui si sommano eventi occasionali di una certa rilevanza, spesso concomitanti alle precipitazioni atmosferiche, che lasciano supporre il rilascio di reflui non trattati in alveo dagli scolmatori di piena degli impianti di depurazione. I problemi che affliggono l'asta Marroggia-Teverone-Timia trovano conferma nel numero elevato di eventi anomali rilevati e segnalati dal personale del Servizio Reti Monitoraggio Acque... La rete idrografica che solca il territorio comunale di Bevagna è afflitta, a vari livelli, da problemi tipicamente riscontrabili nelle aree fortemente antropizzate. L'indice LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori per lo stato ecologico), basato sulla determinazione dei parametri azoto ammoniacale, azoto nitrico, fosforo totale e ossigeno disciolto, denota una situazione piuttosto critica in tutto il tratto del Fiume Timia e nel secondo tratto del Fosso Maceratoio...»;
   già nel 2008, l'ARPA Umbria, aveva classificato come drammatica la situazione fluviale del Marroggia-Teverone-Timia, ripetendo le indagini nel 2009 e giungendo alla stessa definizione;
   il protrarsi di questo grave inquinamento che interessa le acque di tali fiumi, il loro sistema biologico e alimentare, la micro e macro, fauna che vive nei fiumi e lungo gli argini non può essere ignorato e sottovalutato;
   è pur vero che, nel corso degli anni, a seguito delle criticità d'inquinamento riscontrate lungo il corso di tali fiumi, si sono intraprese iniziative importanti come la stipula di un protocollo d'intesa in data 17 ottobre 2008 che ha interessato la regione dell'Umbria, la provincia di Perugia, i comuni di Campello sul Clitunno, Trevi, Foligno e Bevagna, ATO 3 e l'ARPA UMBRIA, allo scopo di promuovere azioni strategiche integrate per il risanamento delle acque e più in generale del reticolo idrografico che compone la Valle Umbra Sud, ma allo stato attuale nulla sembra essere cambiato –:
   di quali elementi disponga il Governo, anche per il tramite dell'autorità di bacino del fiume Tevere, in merito a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo. (4-10419)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, PESCO, TONINELLI, TOFALO, FRUSONE e BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in base a quanto riportato sul sito www, pompeifestival.it, dopo la risonanza e il valore riconosciuti a livello internazionale a seguito della prima edizione del «Pompei Festival» che ha visto andare in scena «La Bohème», la grande Opera è tornata alla ribalta al Teatro Grande degli scavi di Pompei per l'anno 2015 giungendo all'organizzazione di «un ricco programma per regalare un'estate di spettacoli straordinari»;
   in vista di tale Festival lirico, preannunciato nel dicembre dello scorso anno dallo stesso Ministro Dario Franceschini e dalla Fondazione Carnovale, affidataria del cartellone lirico, con l'obiettivo di «valorizzare uno dei Siti più belli e apprezzati al mondo attraverso la Grande Musica e i grandi artisti», il maestro Alberto Veronesi, investito della carica di direttore artistico, nelle date del 7-8-9 maggio 2015 (per l'orchestra) e del 9-10 maggio 2015 (per il coro), con l'indizione di un bando di evidenza pubblica mediante audizioni finalizzate alla produzione di una graduatoria, ha selezionato e ritenuto idonei ad essere scritturati per il festival 22 artisti per il coro e 44 professori d'orchestra;
   l'inaugurazione del «Pompei Festival» 2015 avrebbe dovuto coincidere con le tre serate del 27, 28 e 29 maggio, per la messa in scena dell'opera in tre atti «L'ultimo giorno di Pompei» di Pacini, ridotte poi alla sola serata del 27, anch'essa poi saltata e rinviata a causa di un nubifragio; successivamente a tale serie di circostanze, l'opera non è mai più stata riproposta e gli artisti non sarebbero più stati contattati né retribuiti;
   nella mattina del 20 luglio 2015, come riportato da una serie di articoli apparsi online (I coristi del «Pompei Festiva 2015» minacciano l'occupazione del Teatro Grande, pubblicato in data 20 luglio 2015 su www.torresette.it; Pompei Festival, coristi denunciano fondazione: «Noi non pagati, date ridotte», pubblicato in data 20 luglio 2015 su ilmattino.it), gli artisti hanno convocato una conferenza stampa nella quale hanno denunciato il maestro Alberto Veronesi e la Fondazione Carnovale, in quanto ritenuti responsabili della situazione di seguito descritta;
   in primis, gli artisti hanno spiegato che sono stati contattati, per le prove dell'opera di cui sopra, dagli artisti del Teatro San Carlo con i quali hanno lavorato per dieci giorni, senza però che venisse loro consegnato un regolare contratto di lavoro da firmare;
   in seguito alle manifeste perplessità dei primi sulle opache modalità di contrattualizzazione, sarebbero stati stessi artisti del San Carlo a garantire che non si trattava di lavoro «in nero»;
   tuttavia gli artisti selezionati dal maestro Veronesi dichiarano di non aver mai ricevuto un compenso per le prestazioni fornite;
   oltracciò, per la prima del 27 maggio, poi saltata a causa di un nubifragio, sarebbe stata proposto loro un contratto di scrittura artistica dalla Società, «Le Muse» di Palermo, relativamente ed esclusivamente limitato a tale data, «consegnato davanti a un distributore di benzina»; tuttavia, nonostante la sottoscrizione di tale contratto, ad oggi, come sopra descritto, non sarebbe stato corrisposto loro alcun compenso dovuto come da contratto;
   in base a quanto previsto da un contratto di scrittura artistica, il professionista si obbliga a prestare la propria opera nelle rispettive qualità e competenze artistiche in favore di un ente organizzatore di spettacoli (fondazioni liriche, teatri di tradizione, associazioni teatrali) in un rapporto di lavoro autonomo a fronte di un determinato compenso (cosiddetto cachet) e, per quanto riguarda gli artisti interpreti, anche per un determinato numero di recite;
   con la sottoscrizione di un contratto di scrittura artistica, che rientra in toto nello schema del contratto d'opera, (articoli 2222 ss. del codice civile, l'artista è in sostanza obbligato a rendere il proprio opus in un determinato giorno (e ora) e per questo riceve, un compenso ma allo stesso tempo è obbligato a restare a disposizione del teatro per un determinato periodo di tempo;
   se è vero, dunque, che di una prestazione autonoma si tratta, essa si caratterizza anche di elementi propri di un rapporto di lavoro subordinato che, per gli artisti dei Pompei Festival, si tradurrebbe in una perdita in termini economici, dato che delle 36 date annunciate nel Teatro Grande di Pompei, da agosto ai 19 settembre e per le quali i coristi e gli orchestrali hanno rinunciato ad altri ingaggi, sul sito della fondazione soltanto 8 risultano al momento confermate;
   ulteriore timore dei coristi e degli orchestrali del Festival Pompei Opera 2015, date le vicissitudini di cui sono stati e sono tuttora protagonisti, riguarda la possibilità che la direzione artistica abbia intenzione di ingaggiare delle compagini musicali straniere;
   timore, quello sopra esposto, alimentato dal fatto che, come sostenuto dagli artisti nella conferenza stampa di cui sopra, sarebbero a conoscenza di un evento in programma per la messa in scena de «La Tosca», previsto per il 4 agosto (e slittato poi al 9 agosto), per il quale, però non sarebbero stati contattati;
   una tale situazione, caratterizzata da incomprensioni e incertezze, che sembra delineare un'estate tutt'altro che «ricca di spettacoli straordinari», va a sommarsi a tutta una serie di eventi e circostanze che, anziché «valorizzare uno dei siti più belli e apprezzati al mondo», non farebbe altro che danneggiarne ancor più l'immagine agli occhi del mondo intero;
   basti pensare all'iniziativa «Domenica al museo» che prevede, ai sensi del decreto 27 giugno 2014, n. 94, l'ingresso gratuito a molti musei e monumenti in tutta Italia ogni prima domenica del mese;
   all'iniziativa «Domenica al museo» hanno aderito anche gli scavi archeologici di Pompei che, però, facendo seguito alle richieste del Ministro Franceschini, espresse in una lettera del 4 maggio 2015, atte a «individuare forme di regolamentazione degli ingressi negli scavi di Pompei in previsione delle prossime edizioni dell'iniziativa», nelle prime domeniche del mese resterà chiusa al pubblico dalle ore 12 alle ore 14:30, come stabilito dalla Sopraintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia in accordo con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e riportato sul sito del dicastero;
   «una siffatta disposizione parrebbe stridere con le parole del presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, pronunciate in merito ad un ritardo di un'ora e un quarto dell'orario previsto per l'apertura degli scavi a causa di un'assemblea sindacale tenutasi il 24 luglio 2015, come raccontato da ilfattoquotidiano.it in un articolo apparso online il giorno stesso, il quale ha asserito che «la chiusura dell'area archeologica di Pompei è una vergogna internazionale che danneggia Italia e Campania»;
   con tali dichiarazioni, insieme alle parole pronunciate al riguardo dallo stesso Ministro Franceschini, il quale ha dichiarato che la chiusura dell'area archeologica di Pompei ha rappresentato «un danno incalcolabile», i rappresentanti pubblici sembrano esporsi al rischio di essere colpiti dalle medesime invettive che essi stessi hanno esposto a gran voce contro le rappresentanze sindacali presenti il giorno dell'assemblea, a cui è stato rimproverato «un comportamento irrispettoso e malevolo nei confronti di centinaia di turisti»: infatti, una chiusura di due ore e trenta minuti nell'unico giorno del mese in cui ai turisti è data la possibilità di visitare gratuitamente un luogo dal grandissimo valore storico e culturale rischierebbe di generare, in pari modo, se non in misura maggiore, sentimenti di malcontento e biasimo nei visitatori;
   ictu oculi, a parere dell'interrogante potrebbe risultare più vantaggioso e produttivo incoraggiare un incremento delle misure di sicurezza in termini di risorse umane e tecnologiche, piuttosto che limitare tout court gli orari di apertura al pubblico, o, in estrema istanza e in maniera del tutto provvisoria, limitare il numero massimo di presenze simultanee negli scavi archeologici, come peraltro paventato mediante sito internet dalla stessa Soprintendenza in data 7 maggio 2015;
   verosimilmente, se l'annosa «questione Pompei», per la quale il primo firmatario del presente atto ha già posto quesiti all'attenzione del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo (vedasi le interrogazioni a risposta in commissione nn. 5/03622, 5/05285 e 5/04911), fosse stata gestita nel rispetto dei tempi previsti (è bene ricordare che il Grande Progetto Pompei dovrebbe essere realizzato, liquidato e rendicontato entro il 31 dicembre 2015) e in maniera efficiente, probabilmente ora non si sarebbe dovuto discutere dell'afflusso massiccio di visitatori come un «problema» cui far fronte;
   se fossero state predisposte iniziative dal Governo atte a velocizzare le operazioni di realizzazione e la delicata gestione degli appalti, non ci si ritroverebbe oggi in una situazione stagnante in cui sugli amministratori delle società vincitrici di appalti continuano a piovere indagini, quale è il caso ultimo di Marco Cascella, amministratore della «Lande s.r.l.», indagato per corruzione e turbativa d'asta aggravata dal metodo camorristico, come si apprende da un'inchiesta de Le cronache del salernitano pubblicata in data 21 luglio 2015;
   come rinvenuto sul sito appalti-italia.it e appalti.dgmarket.com, la succitata società, in data 10 febbraio 2015, è risultata vincitrice di appalto ammontante a euro 546.769,80 che, ai sensi dell'articolo 53, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e dell'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, ha per oggetto la progettazione e l'esecuzione dei lavori relativi all'intervento denominato «Grande Progetto Pompei – Italia per Pompei: Regiones I, II, III valorizzazione, decoro e messa in sicurezza dei punti di accesso alle domus, sostituzione dei cancelli, delle transenne e degli allestimenti didattici dell'area archeologica di Pompei» – CIG: 5996117846; CUP: F62C14000280006;
   altro caso di rilievo balzato alle cronache locali e nazionali è quello dell'arresto con accusa di corruzione, avvenuto nel 2013, di Annamaria Caccavo, rappresentante legale della società «Caccavo s.r.l.» che, in seguito all'inchiesta della procura di Torre Annunziata sull'appalto dei lavori di restauro del Teatro Grande di Pompei, è stata interdetta a contrarre con la pubblica amministrazione;
   la «Caccavo s.r.l.» detiene il 98 per cento della quota societaria di «Samoa restauri s.r.l.», società che nel 2014 è risultata vincitrice di ben tre appalti per lavori di restauro agli scavi di Pompei (Regio VII per un ammontare di euro 5.457.867, Regio VIII per un ammontare di euro 6.212.000 e Casa della Fontana piccola per un ammontare di euro 188.394) –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni in cui riversano i coristi e gli orchestrali selezionati per il Festival Pompei Opera 2015 e con quali modalità e rispetto a quali contingenze intenda intervenire a loro tutela e dell'immagine di Pompei del mondo, per quanto di competenza;
   se non ritenga, in previsione delle prossime edizioni dell'iniziativa «Domenica al museo» di evitare una limitazione oraria o un contingentamento delle presenze, investendo in risorse umane adeguate per accogliere più visitatori, per il controllo dell'area e per la manutenzione, e promuovere sistemi di prenotazione online capaci di evitare ore interminabili di fila sotto il sole a tutti i turisti italiani e stranieri. (5-06430)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni negli ambienti giudiziari lucani e sui quotidiani locali è tornata con insistenza la voce di un nuovo riordino degli uffici giudiziari che vedrà la scomparsa di alcuni distretti di corte d'Appello, tra cui figurerebbe la Corte di appello di Potenza;
   tuttora, il territorio italiano è suddiviso in 26 distretti di corte d'appello, alcuni coincidenti con il territorio di una regione, altri con una sua parte, mentre solo il distretto di Torino comprende quello di due regioni (Piemonte e Valle d'Aosta);
   la chiusura della corte d'appello di Potenza comporterebbe in Basilicata lo smembramento di altri uffici giudiziari come procura generale, tribunale di sorveglianza, tribunale e procura per i minorenni, procura distrettuale antimafia, tribunale del riesame, con gravi ricadute sul piano della legalità e sui costi economici a danno dei cittadini e degli operatori della giustizia regionale;
   la riduzione dell'efficienza del sistema giudiziario nel distretto di Potenza implicherebbe anche la riduzione delle forze dell'ordine e una minore difesa del territorio e pericolose ingerenze della criminalità presente nei territori circostanti;
   la cancellazione della corte determinerebbe il trasferimento a Salerno o a Catanzaro non soltanto degli uffici materiali, ma di tutta l'utenza della regione con conseguenze disastrose per l'assenza di organi giudiziari in Basilicata e un indubbio notevole aggravio di spesa a carico dei cittadini lucani con pesanti ricadute sul tessuto economico e sociale;
   la prevista soppressione della corte di appello non comporterebbe alcun risparmio di spesa, atteso che il personale rimarrebbe in servizio presso la sede di futura destinazione e che non potrebbero comunque dismettersi i locali attualmente destinati a sede della corte, nell'ambito del palazzo di giustizia;
   un intervento sulla geografia giudiziaria di questa portata non può prescindere da un'attenta e ponderata valutazione di diversi indicatori, da effettuarsi con il coinvolgimento delle componenti professionali, istituzionali, politiche e sindacali del territorio interessato –:
   quali iniziative intenda porre in atto, in considerazione di quanto esposto in premessa, e se intenda promuovere misure correttive della riforma volte a prevenire le criticità evidenziate ed evitare la chiusura del distretto giudiziario lucano.
(5-06429)


   CIMBRO, BENAMATI, GIANNI FARINA, LATRONICO, LOCATELLI, PRINA e ROSTELLATO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   forte è stato il clamore mediatico sul caso di Martina Levato, condannata in primo grado a quattordici anni di reclusione per lesioni gravissime presso il carcere San Vittore, e da poco diventata madre, a seguito della gravidanza passata interamente – compreso l'ultimo mese di gestazione, il luglio appena trascorso, quando le temperature hanno toccato i quaranta gradi – in una cella standard e multipla della stessa casa di reclusione;
   il dibattito pubblico è andato intensificandosi a seguito della preclusione, ordinata dal tribunale dei minori milanese, della possibilità per la donna di tenere con sé il figlio neonato, Achille, partorito il 15 agosto 2015 con parto cesareo nella clinica Mangiagalli del capoluogo lombardo;
   con un provvedimento urgente, immediatamente esecutivo, reso dalla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni di Milano, il neonato è stato allontanato dalla madre immediatamente dopo il parto; provvedimento assunto prima della nascita del bambino e mai notificato né all'interessata né ai suoi difensori. Il padre della donna, Vincenzo Levato, raccontando quei momenti, ha dichiarato: «È stata una barbarie vedere quel bambino portato via dalla madre. Nessuno poteva toccarlo, quasi fosse un appestato. Separare un bimbo dalla madre provoca un dolore mostruoso. Una guardia giurata donna, una di quelle che presidiavano la stanza, ci ha visto e si è messa a piangere»;
   il 18 agosto, il tribunale ha nominato un tutore provvisorio (comune di Milano) al minore; autorizzato la madre ad effettuare una visita giornaliera al neonato, di durata contenuta con esclusione dell'allattamento diretto; e aperto la procedura di adottabilità;
   il 20 agosto i legali di Martina Levato hanno depositato un'istanza, tuttora inevasa, per chiedere che la donna possa essere ospitata con il neonato all'ICAM, istituto a custodia attenuata per madri detenute con figli, o nella comunità Exodus di don Mazzi; o affinché il piccolo venga affidato ai nonni. I giudici, al momento, hanno collocato il bambino in una comunità a carattere familiare, e hanno dato tempo fino al 30 settembre ai servizi sociali per espletare un'indagine sociale sul nucleo familiare: vanificando così la precedente decisione, in seno al procedimento di riesame, del giudice per le indagini preliminari di Milano Claudio Castelli; il quale, accogliendo il parere favorevole del pubblico ministero Marcello Musso, aveva disposto che la giovane, dopo la nascita del piccolo, fosse trasferita con il bambino all'ICAM;
   come osservato dal giudice Annamaria Fiorillo, responsabile della decisione del 15 agosto, «se il bambino fosse nato un giorno prima o due giorni dopo, tutto sarebbe stato meno gravoso, perché i giudici avrebbero potuto esaminare la situazione in modo tempestivo» e ad occuparsene, inoltre, sarebbe stato il pubblico ministero dei minori già titolare del fascicolo, e non invece quello di turno; il quale ha dovuto adottare «provvedimenti urgenti e di prassi» affinché i giudici dei minori possano «prendere le loro decisioni nell'assenza di condizionamenti derivanti da aspettative» da parte delle persone coinvolte. Il suo intervento è servito per «cristallizzare» la situazione;
   la vicenda è notissima; nondimeno, si ritiene doveroso sottolinearne gli aspetti più gravi, riportando l'attenzione sulla questione principale, spesso dimenticata nell'acceso dibattito delle ultime settimane, focalizzato sulla sola figura materna: il benessere e i diritti relazionali del bambino; diritti per i quali possiamo richiamarci, oltre che al nostro Ordinamento (articolo 1 della legge 184 del 1983 e successive modificazione) all'articolo 3 della Convenzione dei dritti del fanciullo (New York 1991), e che non pare siano stati sufficientemente considerati; così come non sembra siano stati adeguatamente valutati gli aspetti di natura prettamente psicologica del caso;
   al riguardo, si riporta di seguito il parere del dottor Giovanni B. Camerini membro della direzione del master in psichiatria Forense e clinica delle dipendenze dell'età evolutiva presso La Sapienza, i quali rilevano, a proposito della vicenda qui esposta, come «i numerosi studi e le ricerche sui bambini precocemente istituzionalizzati dimostrano inequivocabilmente quali possano essere le drammatiche conseguenze di un'alterazione o di una carenza dei processi vitali di attaccamento. Lascia quindi molto perplessi la decisione di lasciare la madre con il bambino solo un'ora al giorno, senza consentirle di allattarlo, ad ancor più la sua giustificazione: evitare che si crei quel legame speciale che unisce le mamme ai loro piccoli. C’è da chiedersi su quale teoria psicologica si basi questo assunto. Si nega in tal modo a un bambino il calore affettivo fondamentale per la sua crescita psichica solo perché non potrà essere erogato a lungo dalla stessa persona. Ma intanto glielo si toglie. Per il bambino è molto maggiore il trauma certo legato al non poter contare su una persona che si prende cura di lui, dell'ipotetico trauma legato al distacco da questa figura. [...] Se un magistrato intende (come in questo caso) maneggiare ed utilizzare costrutti psicologici, occorre che sia aiutato a pesarne e discriminarne la fondatezza, basando le sue decisioni su leggi scientifiche di copertura sufficientemente valide»;
   non sfugge naturalmente agli autori delle considerazioni sopra riportate la figura specifica della madre, e la sua eventuale pericolosità per il neonato; pericolosità che però sembra legata ai suoi aberranti valori relativi alla vita sociale, non al rischio di atti aggressivi contro il proprio figlio. Per questo, gli stessi ritengono più opportuno, alla luce delle scienze psicologiche e nel rispetto dei fondamentali diritti dell'individuo, «consentire che la madre si occupi del figlio per alcuni mesi, almeno tre, anche allattandolo. Non ovviamente da sola, ma affiancandolo ad altre figure di accudimento. Nel frattempo occorrerebbe individuare in tempi rapidi a chi dare Achille in affidamento o in adozione, eventualmente effettuando sulla madre una perizia psicologica per valutare se e secondo quali modalità possa continuare a mantenere contatti con il figlio»;
   come rilevato, in un'intervista su Repubblica, dallo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet, «la funzione materna non ha nessun collegamento con gli altri modelli di comportamento mentali»; suggerendo l'osservazione e lo studio della «relazione che la madre svilupperà con il bambino nei suoi primi incontri, senza farsi accecare dalla psicopatologia che la donna porta con sé [...] Sono problemi complicati, ma rinunciare a capire e decidere di dare un taglio netto a una relazione madre-figlio ha qualcosa a che vedere con la pena di morte, secondo me»;
   l'Unione delle camere penali italiane, con il suo Osservatorio carcere, in un comunicato molto severo, si è rivolto direttamente al Ministro Orlando perché prenda una posizione sul caso; citando solo un passaggio: «lo Stato ha rapito il neonato a una donna detenuta. Violentata la natura, stracciati anni di studi, inflitta a una donna una pena non prevista da alcun codice»;
   la ONLUS «Federico nel Cuore», con un articolo a firma della dottoressa Elvira Reale, ha re o manifesta la problematicità della questione, attraverso una lunga serie di quesiti ai quali la sentenza del tribunale non sembra rispondere appieno. Gli argomenti posti in rilievo sono molti: prima di tutti la privazione dell'allattamento, primo diritto dell'infante; riguardo a ciò, la dottoressa parla di «grave abuso», ricordando come l'Organizzazione mondiale della sanità raccomandi l'allattamento esclusivo al seno per i primi sei mesi di vita. In second'ordine, la mancata assegnazione del bambino alla famiglia allargata (sino al quarto grado di parentela), fin tanto che i genitori non abbiano espiato la pena (che, per quanto lunga, non è a vita). Venendo poi alla madre, la dottoressa Reale osserva come «il comportamento criminale non ha mai costituito prova della inadeguatezza genitoriale ed i tanti uomini e donne in carcere non si sono mai visti comminare come pena accessoria tout court quella della decadenza genitoriale, o addirittura quella della presunta inadeguatezza all'atto della nascita del figlio. Non dimentichiamoci che ciò non è accaduto neanche quando una madre ha commesso il reato di figlicidio (madre di Cogne, ad esempio) che poteva in quel caso far presumere un comportamento recidivante»;
   nel medesimo articolo, un'acuta osservazione sul contesto mediatico, in particolare sulla reazione della stampa e dell'opinione pubblica, va a rilevare come nel caso di femminicidii, di violenze sulle donne, i riflettori dei media siano puntati sulle vittime, e non sugli aggressori uomini; ed invece come a parti, a generi invertiti, come è il nostro caso, l'attenzione sia tutta per l'aggressore donna. Rilevando altresì come del compagno Boetcher si parli pochissimo, pur avendo un ruolo di primo piano nella vicenda;
   medesime argomentazioni porta Ilaria Boiano, avvocato di Differenza Donna, in una lettera pubblicata dal Manifesto («Il doppio standard e il principio di legalità che salta quando a delinquere sono le donne»): «questione da considerare in uno Stato di diritto, prima di ogni considerazione, per altro intrisa di retorica, sull'importanza del primo contatto madre-figlio o della forza “rieducativa” dell'esercizio della maternità per una donna condannata, ancora non in via definitiva, per reati gravi, è se le autorità hanno agito nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della donna in stato di privazione della libertà personale, cioè nelle mani dello Stato»; proseguendo: «In particolare, ciò che desta più perplessità nella vicenda di Marina Levato, almeno in base alle informazioni rese note dai media, è l'immediato allontanamento del neonato dalla madre dopo il parto: giustificato con la finalità di tutelare il benessere psicofisico del minore, ritenuto a rischio in caso di allontanamento successivo, tale atto appare di fatto un arbitrio commesso ai danni di una donna privata della libertà personale, atto per di più eseguito prima ancora dell'avvenuta notifica del provvedimento di allontanamento alla diretta interessata, che ha provocato sofferenza e dolore di tale gravità da configurare un trattamento inumano e degradante vietato dall'articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo»;
   il professor Stefano Vicari, primario di neuropsichiatria infantile del Bambino Gesù di Roma, in un'intervista a Il Messaggero, pur esprimendo un giudizio più sfumato e possibilista di quelli menzionati, parla ugualmente dell'impatto che l'allontanamento di un bambino dalla madre, nelle primissime ore di vita, può avere sulla sua crescita. Riconoscendo «anche il diritto di una mamma che ha partorito un bambino che le viene allontanato contro la propria volontà. Se c’è disponibilità da parte della madre bisognerebbe acconsentire almeno a un periodo iniziale in cui madre e bimbo possano costruire una relazione»;
   il 13 agosto 2015, il Garante de diritti delle persone private dalla libertà personale per il comune di Milano, dottoressa Alessandra Naldi, indirizza una lettera al Ministro Orlando e, per conoscenza, al vice capo di gabinetto del Ministro della giustizia, Francesco Cascini, e al consigliere del Ministro per le tematiche sociali e della devianza, Mauro Palma; a Santi Consolo, capo dipartimento amministrazione penitenziaria, e a Roberto Calogero Piscitello, direttore delle direzioni generali detenuti e trattamento del DAP; oltre che al sindaco Giuliano Pisapia. Nel testo, lamentando «ancora una volta gli ostacoli e i limiti che vengono frapposti nella mia attività istituzionale di Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del comune di Milano all'interno di uno degli istituti penitenziari di mia competenza, la casa circondariale San Vittore», segnala al Ministro «l'impossibilità di effettuare un colloquio riservato» con Martina Levato, «ormai prossima al parto»; e come ciò «abbia costituito un impedimento insormontabile nello svolgimento dei miei compiti istituzionali». «Nell'ingresso in sezione sono stata accompagnata da un'ispettrice di Polizia penitenziaria che ha interamente presenziato al colloquio, senza mai uscire dalla stanza in cui il colloquio ha avuto luogo, e che si è opposta alle richieste da parte mia e della detenuta di poter interloquire in maniera riservata. L'intento della mia visita era quello di verificare le condizioni di detenzione a cui M. L. è sottoposta e di individuare eventuali bisogni in relazione all'imminente nascita del figlio, nonché di capire se potevo essere in qualche modo d'aiuto per garantire il diritto alla privacy per la giovane donna e per il nascituro»;
   la lettera prosegue con un'annotazione, ancora una volta inevitabile, sul circo mediatico: «La vicenda di M. L. ha infatti riscosso e continua a riscuotere un'attenzione enorme (che a tratti definirei persino morbosa) da parte della stampa locale e nazionale; è già accaduto che giornali e trasmissioni televisive abbiano inspiegabilmente reso pubbliche informazioni riservate sulla condizione detentiva e sullo stato di salute dell'interessata. Questo nonostante si tratti di una situazione estremamente delicata dal punto di vista umano e penale, che dovrebbe essere affrontata con la massima riservatezza da parte di tutti gli operatori coinvolti»;
   la missiva si chiude infine con la richiesta al Ministro di intervenire al più presto per restituire alla figura del Garante le funzioni e le prerogative a lei proprie e necessarie;
   come si può leggere tra le «Venti proposte per riformare il sistema penitenziario» della ONLUS Antigone: «Dignità, responsabilità, normalità ma anche fiducia sono espressioni normative che devono ricorrere anche quando si parla di rapporto medico-detenuto. Va sempre garantito il rispetto della privacy nelle questioni sanitarie» –:
   quale sia l'orientamento dei Ministri interrogati in merito alla vicenda riportata, che ha visto coinvolti i diritti di un minore e di una madre, e se quali iniziative intendono assumere sul piano normativo al fine di prevenire il ripetersi in futuro di casi analoghi;
   quali iniziative intendano adottare i ministri interrogati al fine di garantire in futuro il diritto di ogni donna a una gravidanza dignitosa, in luoghi consoni. (5-06431)


   TURCO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e SEGONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la cronaca si è occupata da diversi anni ormai del caso dell'uccisione del signor Bernardino Budroni occorso per mano di un agente della polizia di Stato sul grande raccordo anulare in Roma, il 30 luglio 2011, al chilometro 11, nei pressi dello svincolo per via Nomentana;
   uno dei due proiettili calibro nove esplosi dall'agente, che viaggiava sulla Volante 10, ha attinto il veicolo Ford Focus sul quale viaggiava il signor Budroni, pressoché fermo contro il guard-rail, e lo ha trapassato dal fianco sinistro, perforando i polmoni e il cuore e provocandone il decesso in pochi istanti;
   lo stesso agente avanti il pubblico ministero che lo ha interrogato due giorni dopo i fatti, riferiva di aver esploso due colpi dopo un inseguimento durato dieci minuti;
   nell'inseguimento, avvenuto intorno alle ore 5 del mattino del sabato 31 luglio 2011, erano stati coinvolti anche altri due veicoli delle forze dell'ordine: Beta Como della Polizia e una gazzella dei carabinieri, quest'ultima nelle fasi finali dell'inseguimento era riuscita a sorpassare l'auto inseguita, a farla rallentare ed infine a mettersi in diagonale impedendo alla vettura dei signor Budroni di poter proseguire la marcia;
   l'agente che ha sparato riferisce che prima dell'inseguimento, quella notte, era stato parecchio occupato dall'una meno un quarto a cercare il signor Budroni che sotto l'abitazione della sua ragazza, aveva posto in essere schiamazzi ed il danneggiamento di porte e cancelli che avevano quindi necessitato l'intervento delle forze dell'ordine le quali hanno quindi iniziato una ricerca dell'uomo poi sfociata nell'inseguimento sulla tangenziale romana;
   l'agente scelto Michele Paone, che ha sparato, riferisce che da un controllo effettuato durante le ricerche dell'uomo, prima dell'inseguimento, era emersa una pendenza per il possesso di una balestra e di un fucile ad aria compressa, poi, durante il successivo inseguimento, ha ritenuto di dover estrarre la sua pistola d'ordinanza per fare fuoco in direzione dello pneumatico posteriore sinistro e così tentare di fermare l'auto del signor Budroni;
   secondo la parte civile che assiste i familiari del signor Budroni, invece, il comportamento dell'agente non sarebbe compatibile con quanto dallo stesso dichiarato, sia per l'esito luttuoso che ha avuto il tentativo di sparare allo pneumatico della vettura del Budroni, sia perché apparirebbe che i colpi di pistola ed in particolare il secondo, quello mortale, siano stati esplosi quando il veicolo dell'inseguito fosse ormai fermo contro il guard-rail ed ostacolato dalla posizione della gazzella dei carabinieri che lo aveva bloccato, pertanto impossibilitato a proseguire nella fuga;
   ciò nonostante, il giudice di primo grado ha assolto l'agente che materialmente ha aperto il fuoco contro il veicolo del signor Budroni poiché non ha ritenuto fosse stata accertata la sua responsabilità penale per omicidio colposo, o meglio omicidio dovuto ad eccesso colposo nella scriminante dell'uso legittimo delle armi, poiché ha riconosciuto l'uso legittimo delle armi e pertanto ha assolto l'agente imputato per aver agito in presenza della scriminante di cui all'articolo 53 del codice penale;
   secondo il giudice monocratico di primo grado del tribunale di Roma «l'iniziativa assunta dall'agente appare adeguata e proporzionata», l'uso delle armi sarebbe insomma stato giustificato dal voler interrompere una «grave e prolungata resistenza»;
   in linea teorica questa causa di giustificazione all'articolo 53 del codice penale, permette al pubblico ufficiale di fare uso delle armi o di mezzi di coazione fisica, per impedire una serie di reati tassativamente codificati (ma non è questo il caso, poiché non vi era alcun rischio del genere), o per respingere una violenza o vincere una resistenza;
   nel caso di cui ci si occupa, si assume che l'imputato abbia sparato in direzione delle portiere dell'auto della vittima, ferendola a morte, in un contesto fattuale coperto dalla scriminante (l'arma sarebbe stata usata per costringere il signor Budroni a ottemperare all'ordine degli operanti di fermarsi) di cui però a giudizio degli interroganti vengono ecceduti i limiti per colpa, così che l'evento finale risulta la morte della vittima;
   tuttavia, sebbene il giudice di primo grado non abbia riconosciuto un eccesso colposo, la difesa dei familiari del sig. Budroni sostengono che il momento nel quale sono stati esplosi i colpi non poteva più rientrare nell'uso legittimo delle armi poiché non vi era più alcuna necessità di vincere la resistenza dell'inseguito in quanto il suo veicolo di trovava già pressoché fermo, e senza possibilità di riprendere la fuga; tecnicamente non vi sarebbe più il requisito della «attualità» della resistenza;
   questa teoria è supportata dalle risultanze della perizia richiesta dal pubblico ministero, la quale riconosce che l'impatto contro il guard-rail della vettura di Budroni a velocità non minime avrebbe provocato danni alla carrozzeria ben diversi dal graffio che invece è stato registrato, il consulente del pubblico ministero, infatti, sostiene che al momento del primo colpo la Focus di Budroni aveva una velocità terminale residua, prossima allo zero, in rapida fase di esaurimento e di avvicinamento al guard-rail, quindi di inizio arresto; al momento del secondo colpo, la Focus ormai accostata a ridosso del guard-rail metallico di destra, veniva attinta dal secondo proiettile, esploso dall'agente Paone, passeggero della «Volante 10», con traiettoria obliqua a sinistra quando la stessa Volante era in stato di quiete, ferma;
   non vi sarebbe più stata alcuna resistenza da vincere, cioè il non aver ottemperato all'ordine di fermarsi, poiché la resistenza è stata vinta senza l'uso di armi bloccando il veicolo con la gazzella dei carabinieri: mancherebbe pertanto un presupposto applicativo dell'articolo 53 codice penale dell'uso legittimo delle armi che porterebbe a riconoscere la responsabilità dell'agente se non altro per omicidio colposo;
   ulteriormente la difesa della famiglia Budroni rileva che nell'imputazione era presente l'articolo 575 del codice penale che punisce l'omicidio, reato per il quale la competenza a decidere andrebbe attribuita alla corte d'assise e non al giudice monocratico qual è quello che ha giudicato i fatti in primo grado;
   la difesa dei familiari del signor Budroni ha svolto appello avverso la sentenza di assoluzione, così come lo stesso pubblico ministero, e la data della prima udienza del processo d'appello è stata fissata per il prossimo 4 aprile 2016;
   al di là dell'esito che avrà il processo di appello la stampa segnala sullo stesso caso una ulteriore particolarità: il signor Budroni è stato condannato per altri reati nonostante fosse già deceduto;
   nel 2010 la magistratura, infatti, avviò un'indagine per rapina, nei confronti del signor Budroni accusato di aver rubato la borsa alla sua ex-compagna, per costringerla a tornare a casa;
   la borsa è poi stata effettivamente ritrovata in casa dell'uomo, e nel corso della perquisizione è stata rinvenuta anche una carabina ad aria compressa con dei piombini, ed una balestra;
   l'8 luglio 2013 il signor Budroni viene, quindi, condannato dal tribunale di Roma a due anni e un mese di reclusione per rapina e detenzione illegale di armi; parallelamente il tribunale di Tivoli ha recentemente notificato ai familiari del signor Budroni un decreto di condanna al pagamento di una pena pecuniaria di 150 euro per i medesimi fatti riportati nella sentenza di condanna;
   il procedimento, svoltosi in aula con rito ordinario, sebbene l'imputato fosse contumace, risulta radicalmente viziato a causa dell'intervenuto decesso, medio tempore, dell'imputato stesso, poiché a norma dell'articolo 69 del codice penale si sarebbe dovuto estinguere il procedimento con sentenza di non luogo procedere ex articolo 129 codice di procedura penale; ai sensi dell'articolo 150 codice penale, la morte dell'imputato è, infatti, causa di estinzione del reato;
   ci si augura che la magistratura possa fare chiarezza su questa vicenda poiché appare densa di aspetti che meritano un approfondimento maggiore, stanti anche i numerosi dubbi sollevati riguardo alle valutazioni che sono state rese e che hanno determinato la situazione paradossale nella quale una persona ormai deceduta, ed in codeste circostanze, possa essere condannata dallo stesso tribunale, e dallo stesso giudice persona fisica dottor Polella che ha processato per omicidio colposo l'agente che gli ha sparato causandone la morte –:
   se ritenga opportuno valutare la sussistenza dei presupposti per inviare gli ispettori ministeriali presso il tribunale di Roma ai fini dell'esercizio dei poteri di competenza in merito ai fatti di cui sopra. (5-06432)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   SARTI, FERRARESI, SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 13 novembre 2014 l'interrogante ha depositato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-06876 chiedendo delucidazioni in merito alle numerose irregolarità contenute nel «Bando di affidamento per la gestione totale dell'aeroporto di Rimini» emesso dall'ENAC in data 7 maggio 2014. Nell'elenco delle imprecisioni evidenziate, vi era la mancata richiesta, tra i requisiti per poter partecipare alla gara, di alcuna competenza nel settore aeroportuale. Si ritiene opportuno riportare, infatti, il primo quesito dell'interrogazione in questione: «se il Ministro ritenga di dover verificare la validità del bando e del disciplinare di gara, in ragione delle imprecisioni sopra illustrate che, a parere dell'interrogante, non sono trascurabili ai fini della validità della gara e di una nuova gestione corretta ed altresì, sempre con riferimento a tali documenti, se il Ministro non ritenga che la mancata richiesta di esperienza aeroportuale abbia contribuito alla svalutazione dello scalo di Rimini dato che se non in Italia, sicuramente all'estero, si sarebbero trovate imprese con l'esperienza dovuta»;
   in data 11 settembre 2015 il Tar di Bologna depositava sentenza di accoglimento del ricorso numero di registro generale 119 del 2015, proposto dal Consorzio per lo sviluppo dell'aeroporto di Rimini San Marino S.C.R.L., quarto classificato nella graduatoria finale di gara, contro ENAC, accogliendo il secondo motivo del ricorso presentato: «Con il secondo motivo, mirante a censurare in parte qua il bando di gara, il Consorzio ricorrente rileva la violazione dell'articolo 42 del Codice dei Contratti ed eccesso di potere per irragionevolezza ed illogicità in relazione alla mancata richiesta nel bando dei requisiti di capacità tecnica. Il motivo è fondato»;
   dunque il Tar accogliendo il ricorso di cui sopra ha sancito il conseguente annullamento del bando di gara e il sequenziale atto di aggiudicazione confermando di fatto quanto segnalato nell'interrogazione di cui sopra;
   la gravità della situazione assume profili drammatici poiché, consultando il sito dell'ENAC, in particolare leggendo i bandi di affidamento della gestione di altri aeroporti come ad esempio quelli di Forlì, Siena, Lampedusa e Pantelleria, si nota che essi sembrerebbero contenere lo stesso identico vizio riscontrato dal giudice amministrativo di Bologna per cui ha dichiarato l'annullamento del bando di affidamento di gestione dell'aeroporto di Rimini –:
   che misure abbia intenzione di adottare il Ministro nei confronti di ENAC in ragione della gravità e dei pregiudizi derivanti dalla pubblicazione di bandi di affidamento della gestione di aeroporti predisposti in maniera giudicata illegittima dal Tar di Bologna, sotto il profilo della mancata richiesta dei requisiti di capacità tecnica, e suscettibili di essere oggetto di annullamento in sede giurisdizionale, come già avvenuto per l'aeroporto di Rimini;
   vista l'attuale esecutività della sentenza emessa dal Tar di Bologna, come intenda far fronte a tale situazione di urgenza, con particolare riferimento dunque all’«aeroporto Fellini» di Rimini;
   come abbia intenzione di procedere il Ministro per quanto attiene alla responsabilità di ENAC per la pubblicazione di un bando giudicato errato e la conseguente aggiudicazione della gara da parte della società AiRiminum risultata priva delle necessarie competenze tecniche e, dunque, che misure intenda mettere in atto riguardo alla responsabilità di ENAC per quelli che gli interroganti ritengono gli ingenti danni economici finora causati, oltre a quelli che potrebbero risultare in seguito all'accoglimento del ricorso con l'ennesima chiusura dell'aeroporto Fellini, con riferimento ai dipendenti dell'aeroporto stesso, ma anche con riferimento all'enorme riflesso sull'economia della città di Rimini che si ritrova ancora una volta senza un aeroporto nonostante lo scandalo del fallimento della precedente società gestrice Aeradria s.p.a. (4-10423)


   BUSINAROLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni la popolazione carceraria ha subito un notevole aumento, che ha generato un sovraffollamento degli istituiti di pena, creando situazioni di estrema precarietà ed un netto peggioramento della qualità della vita dei detenuti, già provati dalla restrizione della libertà, costretti a condividere spazi angusti (circa sei/otto detenuti a cella), con evidenti ricadute negative sulla loro salute psico-fisica;
   all'origine di tale situazione vi è un sistema carcerario che lamenta una grave carenza strutturale, con edifici obsoleti e inadatti a contenere un numero regolare di detenuti, oltre ad una carenza di risorse economico-finanziarie adeguate, che risolvano anche la situazione di precarietà legata alla scarsità del personale e dei mezzi;
   le cronache recenti riportano, in particolare, il caso del nuovo carcere di Rovigo, struttura realizzata tra il 2010 ed il 2013 e mai aperta, costato circa 30 milioni di euro e per il quale è stato deciso, da parte del Ministro della giustizia Andrea Orlando, di mettere a punto un dossier per stabilire il motivo della mancata apertura;
   secondo i dati relativi alla popolazione carceraria della regione Veneto le nove case circondariali presenti sull'intero territorio regionale ospitano 2.227 detenuti, ovvero 528 in più rispetto a quelli previsti dalla capienza regolamentare, che è di 1.699 (ovvero 30 per cento in meno);
   in attesa dell'apertura della nuova struttura si registra un sovraffollamento anche nella attuale casa circondariale di via Verdi, a Rovigo, regolamentata per 33 persone e che ne contiene invece 74, tutti uomini, per lo più stranieri, mentre la sezione femminile è stata trasferita lo scorso aprile;
   il nuovo carcere di Rovigo costituisce una delle 40 strutture realizzate in Italia e rimaste non utilizzate e dunque non rese operative. Dal 2013, tra l'altro, sono stati costituiti anche 90 appartamenti di servizio destinati al personale operante nella struttura e due destinati al comandante del Corpo di polizia penitenziaria;
   la situazione di precarietà si riflette anche sul personale operativo, penalizzato dai continui tagli e dalla carenza di risorse (la pianta organica della casa circondariale di Rovigo è di 62 unità, di cui dodici risultano in malattia a lunga degenza per motivazioni diverse, uno in malattia semplice, uno in distacco per motivi personali e due sono stati assegnati al nucleo operativo mobile, cinque sono prossimi alla pensione, dieci sono addetti alla parte amministrativa, mentre altri otto usufruiscono di congedi straordinari), di mezzi e di personale, per cui diventa difficile garantire un adeguato servizio di sorveglianza di 24 ore su 24 della struttura carceraria;
   a giudizio dell'interrogante il problema di fondo è legato da una parte alla mancanza di risorse economico-finanziarie adeguate, per cui scarseggiano i fondi per garantire gli stipendi di nuovi agenti di polizia penitenziaria o per la gestione dei nuovi istituti, dall'altra ad uno spreco di risorse impiegate per una struttura, come quella del nuovo carcere di Rovigo, che rischia di rimanere inutilizzata –:
   alla luce di quanto descritto in premessa, quali iniziative, ciascuno per quanto di propria competenza, i Ministri interrogati intendano porre in essere, per verificare le cause del ritardo dell'apertura del nuovo carcere di Rovigo; quali siano i tempi previsti anche relativamente all'assunzione del personale, con l'obiettivo di garantire la tutela della dignità dei detenuti ed il regolare svolgimento delle attività penitenziarie. (4-10424)


   DAGA, LOMBARDI, DE ROSA, TERZONI, BUSTO, MANNINO, ZOLEZZI e MICILLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 2 luglio 2015 il presidente dell'Autorità nazionale Anticorruzione, Raffaele Cantone, ha presentato presso la Camera dei deputati la relazione annuale al Parlamento per l'anno 2014;
   lo stesso presidente si è espresso sulla questione «Metro C di Roma», terza linea metropolitana della Capitale, descrivendola come «il primo caso di anomalie relative al prolungamento dei tempi e all'incremento dei costi su cui siamo indagando», (nella relazione annuale le anomalie che hanno caratterizzato i lavori della Metro C sono state prese come esempi emblematici di come in Italia le grandi opere pubbliche siano affette dalla «sindrome della lievitazione» per cui i costi e i tempi di realizzazione sono sempre più alti e più lunghi di quelli preventivati);
   «Il costo totale dell'investimento» si legge nella relazione annuale «è passato da 3.047 milioni a 3.740 milioni di euro, mentre l'importo contrattuale a favore del contraente generale da 2.365 a 2.900 milioni di euro» e che, «inoltre, la stazione appaltante, Roma Metropolitane, ha un contenzioso milionario con il contraente generale, Metro C S.c.p.a, (associazione temporanea di imprese costituita dalle società Astaldi, Vianini Lavori, Ansaldo STS, Cooperativa Muratori e Braccianti di Carpi, Consorzio Cooperative Costruzioni);
   «del suddetto incremento di costi, circa 316 milioni sono da ricondurre alle 45 varianti adottate in corso d'opera, di cui 7 a parità di importo, 5 in diminuzione e 33 in aumento», ci sono una pioggia di varianti che l'introduzione della figura del contraente generale avrebbe dovuto evitare, obbligato a consegnare l'opera «chiavi in mano», al prezzo pattuito nella gara d'appalto;
   invece, «l'appalto è stato caratterizzato da un consistente contenzioso» secondo la relazione annuale «che ha portato alla sottoscrizione di un primo verbale di accordo, nel mese di giugno 2008, con il quale sono stati ridefiniti i termini di ultimazione delle tratte da Pantano a Centocelle e di un successivo atto attuativo, datato settembre 2014, che ha ulteriormente prorogato i tempi di realizzazione e riconosciuto al contraente generale un importo di 230 milioni di euro a tacitazione delle riserve iscritte negli atti contabili fino a quella data» (per quanto riguarda i 230 milioni, «l'Autorità non ha ritenuto condivisibile il riconoscimento a Metro C di specifici corrispettivi, atteso che le attività per le quali è stata chiesta la compensazione erano già individuate nel capitolato speciale d'appalto e remunerate quindi nell'ambito dei prezzi a base d'asta»;
   nella relazione è emersa una carenza di indagini archeologiche preventive che ha determinato una notevole aleatorietà delle soluzioni progettuali da adottare nella fase di esecuzione e, ad appalto già in corso di esecuzione, rilevanti modifiche rispetto alle previsioni contrattuali, imputabili in parte anche al consorzio Metro C;
   «è stata rilevata quale ulteriore criticità» si legge nella relazione dell'Anac «la modifica che ha ribaltato la priorità di costruzione, in modo meno favorevole al soddisfacimento delle esigenze di trasporto della città, rimandando la realizzazione della tratta più centrale»;
   per prevenire la corruzione, però, spiega Cantone serve una burocrazia meno invasiva e una politica più onesta poiché, secondo la relazione annuale, nel 2014 il valore degli appalti pubblici ha superato i 101 miliardi di euro;
   l'incremento dei costi degli appalti pubblici rispetto al 2013 riguarda soprattutto quelli di importo molto rilevante (tra cui le grandi opere che avrebbero dovuto essere ridotte), cresciuti del 16 per cento, mentre sono state tagliate fuori le piccole e medie imprese –:
   se il Ministro interrogato, alla luce nelle innumerevoli criticità rilevate dalla relazione annuale dell'Anac, quali iniziative concrete, per quanto di competenza, intenda intraprendere per evitare che altri fondi statali vengano inutilmente spesi per la realizzazione di questa faraonica opera infrastrutturale. (4-10429)

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:


   PAGANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o settembre 2015 alle ore 17, nell'aula consiliare del comune di Monreale, circa sessanta persone erano presenti per partecipare ad un convegno, relativo alle riforme introdotte dalla recente riforma della scuola (cosiddetta «La buona scuola») ed ai possibili progetti scolastici da esso introdotti;
   la conferenza era organizzata dal Comitato «Si alla Famiglia» e da alcuni genitori fortemente interessati alla teoria del Gender ed alle possibili ricadute sulla educazione scolastica;
   quali relatori erano stati invitati il dottor Nino Amato neurologo e l'avvocato Maria Letizia Russo, docente, entrambi di Alleanza Cattolica e del Comitato «Si alla Famiglia», presentati dalla signora Tiziana Piedimonte, referente regionale del «Comitato articolo 26» Palermo;
   già durante l'intervento del dottor Nino Amato, incentrato sugli aspetti scientifici della differenziazione sessuale, gruppi di persone hanno disturbato il corso della relazione, che è stata portata a termine faticosamente;
   il secondo intervento, invece, avente per titolo «Gender: consigli per i genitori», è stato letteralmente impedito;
   sia i relatori sia gli organizzatori hanno tentato di dissuadere i disturbatori invitandoli ad attendere la fine delle relazioni, a cui avrebbe fatto seguito il dibattito, senza successo;
   in più occasioni, tali soggetti, il cui scopo evidente era quello di impedire il libero esercizio della libertà di opinione, hanno apostrofato pesantemente i relatori senza che gli stessi potessero replicare;
   l'azione di disturbo ha tra l'altro impedito ai partecipanti alla conferenza di ottenere le informazioni che si aspettavano dall'incontro di studio, ed alcuni dei presenti, con bambini al seguito, una, volta resisi conto di quello che stava accadendo, si sono allontanati;
   i relatori, nel constatare la totale assenza di senso civico e della libertà dei gruppi filo-gay non hanno potuto far altro che sospendere il momento di riflessione, studio e approfondimento voluto da famiglie sensibili al tema dell'educazione e preoccupate per il futuro dei propri figli;
   una delle organizzatrici, la signora Alessandra Anselmo, alcuni giorni prima dell'incontro, si era recata presso la locale stazione dei carabinieri per comunicare l'iniziativa e chiedere garanzie circa la tutela delle forze dell'ordine così come da circolare dei Ministro dell'interno, segnalando che già altre decine e decine di volte ci fossero stati atti di intolleranza se non di violenza da parte dei gruppi facenti capo alle lesbiche, gay, transessuali bisex, comunemente chiamate LGBT;
   presso la stazione dei carabinieri, veniva dichiarato che non era necessaria una presenza sul posto dell'Arma, atteso che si trattava di un incontro di genitori;
   Alleanza Cattolica e il Comitato «Si alla famiglia», spesso insieme ad altri organismi, organizzano in tutta Italia con frequenza convegni e conferenze su questi temi. È prassi corrente, più volte fatta presente in atti parlamentari, che i siti dell'associazionismo gay segnalino questi eventi chiedendo ai propri militanti di interrompere le manifestazioni e provocano i relatori. La macchina propagandistica afferma sui loro siti che occorre «evitare con tutti i mezzi» che si tengano iniziative sgradite e considera gli organizzatori di queste iniziative una sorta di «Ku Klux Klan anti-omosessuale, che strumentalizza la religione»;
   nel rispondere ad atti parlamentari su vicende analoghe il Governo ha espressamente dichiarato che: «L'impegno delle Forze dell'ordine è continuamente teso a garantire la libertà, a garantire l'autonomia nell'espressione del proprio pensiero da parte dei cittadini e, quindi, in una parola a garantire i diritti costituzionalmente definiti» (sottosegretario Bubbico, Aula della Camera 27 settembre 2013);
   a Monreale in particolare, oltre a essere stati messi in atto comportamenti di dubbia liceità, si è impedito l'esercizio di diritti costituzionalmente tutelati, come la libertà di manifestare il pensiero, la libertà di riunirsi pacificamente, la libertà di ricerca; i siti omosessuali a loro volta, hanno posto in essere un'azione di istigazione che deve ritenersi altrettanto dubbia sotto il profilo della legalità –:
   quali siano gli orientamenti del Governo sull'episodio esposto in premessa;
   per quali motivi le forze dell'ordine, preventivamente avvertite, non siano intervenute in applicazione della circolare del Ministero dell'interno diramata a seguito di precedenti ed analoghi episodi di aggressione subiti da associazioni che come Alleanza Cattolica si occupano di formazione e di studio in difesa del valore della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna;
   quali ulteriori iniziative di prevenzione il Governo intenda adottare per evitare il ripetersi sempre più frequente di episodi simili a quello esposto in premessa. (3-01709)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SIMONE VALENTE, D'UVA, CHIMIENTI, SIBILIA e MARZANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la ratio della diffusione e fruizione dei libri digitali trova la sua ragion d'essere nel decreto ministeriale n. 209 del 26 marzo 2013 (in materia di adozioni dei testi didattici negli istituti scolastici italiani) e nel decreto ministeriale n. 781 del 27 settembre 2013, emesso con la duplice funzione di introdurre gradualmente, a partire dall'anno scolastico 2014-2015, i libri digitali e di stabilire tempi e modalità di passaggio dalla carta all’e-book;
   successivamente, la legge 8 novembre 2013, n. 128 (cosiddetto decreto Carrozza), all'articolo 6, contemplava lo sviluppo della cultura digitale nonché la realizzazione diretta di materiale didattico digitale, promuovendo processi di alfabetizzazione informatica tramite un portale nazionale di libri digitali gratuiti per tutte le scuole;
   elemento fondamentale della succitata norma era la possibilità in capo agli istituti scolastici di elaborare materiale didattico digitale per specifiche discipline da utilizzare come libri di testo e di affidare l'elaborazione di ogni prodotto ad un docente supervisore che avrebbe dovuto garantire la qualità dell'opera sia sul piano scientifico che didattico;
   ad oggi, però, appare del tutto evidente come la maggior parte delle disposizioni contenute all'interno dell'articolo 6 sono state in gran parte disattese; si attende da mesi l'emanazione delle linee guida sui libri digitali e si attende anche il potenziamento a costi contenuti di una didattica multimediale con software open source ed i risultati sono ancora insoddisfacenti;
   a ciò si aggiungano anche le previsioni contenute nel programma «La Buona Scuola» che prima ancora di diventare legge rivolgeva un'attenzione particolare al superamento del digital divide e alla formazione di docenti e di studenti al mondo digitale; il suindicato programma (al punto 8) illustrava una concezione innovativa di scuola fondata sul digitale, sulla necessità di munire tutte le scuole di banda larga veloce e di wi-fi programmabile per classi e, infine, promuoveva, entro la fine del 2015, una iniziativa nazionale di coinvestimento per la dotazione tecnologica della scuola, in sinergia tra risorse nazionali, regionali e private;
   con gli elementi caratterizzanti il programma la «Buona Scuola», poi racchiusi nella legge 13 luglio 2015, n. 107, si attendeva un cambiamento legato all'innovazione digitale, attraverso un «piano nazionale scuola digitale» che avrebbe dovuto garantire risorse per la didattica e per la formazione di docenti ed alunni, un potenziamento delle infrastrutture di rete ed infine la definizione dei criteri e delle finalità per l'adozione dei testi didattici in formato digitale; una innovazione in tal senso veniva pure menzionata nella parte relativa al «potenziamento dell'offerta formativa», non fornendo, tuttavia, indicazioni più esplicative in merito;
   allo stato attuale, rimane però dato certo che solo il 10 per cento delle scuole primarie italiane e il 23 per cento delle scuole secondarie è connesso ad internet con rete veloce;
   si rileva che il 15 aprile 2015, nella risposta all'interrogazione a risposta in commissione n. 5-04825 presentata dal primo firmatario del presente atto, il Sottosegretario all'istruzione, all'università e alla ricerca D'Onghia annunciava l'istituzione di un tavolo tecnico con la precisa finalità di pervenire entro la chiusura dell'anno scolastico all'elaborazione di linee guida concernenti la produzione di contenuti digitali e la definizione di una struttura comune entro la quale le diverse piattaforme di fruizione dei contenuti digitali prodotti dovevano operare; veniva, inoltre, precisato che i lavori del tavolo tecnico avevano già prodotto una sorta di bozza di linee guida –:
   quando sia prevista la conclusione dei lavori di definizione delle linee-guida per i quali il tavolo tecnico era stato appositamente costituito e se abbia già preso il via (ed eventualmente quali siano stati fino ad oggi i risultati) la ricognizione svolta nell'anno scolastico 2014-2015 relativa all'autoriproduzione dei libri digitali;
   quale sarà nello specifico il processo che le istituzioni scolastiche porranno in essere per partecipare alla costruzione dei materiali didattico-digitali;
   se siano confermate le cifre annunziate in occasione della risposta all'interrogazione sopra richiamata, ovvero la spesa di euro 1 milione per l'anno 2015 per la predisposizione del portale e la spesa di euro 100.000 a partire dal 2016 per le spese di gestione e mantenimento. (5-06427)


   BUSINAROLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la cosiddetta «riforma della buona scuola» varata dal Governo Renzi ed approvata di recente dal Parlamento, ha destato numerose polemiche soprattutto in riferimento al comma 16 dell'articolo 1, in cui si prevede di tenere conto, nell'attività didattica, di vari elementi tra cui la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni;
   tale disposizione è stata oggetto di diverse interpretazioni che hanno portato ad una strumentalizzazione che ha creato molta confusione ed allarmismo tra le famiglie degli alunni, riguardo alla possibile introduzione dell'insegnamento della «teoria del gender» (ovvero la presunta negazione delle differenze tra uomo e donna) nelle scuole;
   in particolare, gli equivoci sono sorti in ordine alle prescrizioni previste dal piano triennale dell'offerta formativa contemplate dal succitato comma 16, che però nulla hanno a che fare con il gender, e si è resa necessaria l'emanazione di una successiva circolare, emanata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in cui si ribadisce che per tutte le scuole di ogni ordine e grado, tutto ciò che entra nella scuola come attività curriculare ed extracurriculare deve essere approvato dai genitori;
   il forte allarmismo deriva anche da una pericolosa strumentalizzazione di un documento dell'Organizzazione mondiale della sanità, risalente al 2010, con il quale venivano analizzati gli standard dell'educazione sessuale in tutta Europa, con la descrizione a livello scientifico di ciò che avviene nelle varie fasce di età della vita dei bambini e dei ragazzi in relazione alla sessualità;
   tale documento, di carattere prettamente scientifico, non costituisce una disposizione di legge, non avendo una base a carattere normativo, mentre è diretto esclusivamente agli esperti in materia. Ancora una volta le varie ed errate interpretazioni dello stesso hanno creato ulteriore confusione in materia, contribuendo alla diffusione di informazioni decontestualizzate e strumentali, per cui si è cominciato a parlare, erroneamente, della possibile introduzione, attraverso la riforma della buona scuola, della cosiddetta teoria del «gender» che, in realtà, non esiste, al contrario dei «gender studies», studi sociologici molto avanzati che, pur non mettendo in discussione la differenza biologica tra maschio e femmina, dimostrano come le società abbiano costruito nel tempo ruoli per l'uomo e ruoli per la donna, ma come questi siano mutevoli ed assoggettati ai cambiamenti della società;
   la «teoria del gender», costituendo una definizione meramente teorica, se manipolata ad arte, rischia di diventare un pericoloso veicolo di informazioni sbagliate e distorte sull'argomento;
   nel 2013 il Parlamento italiano è stato il quinto in Europa ad approvare, all'unanimità, la Convenzione di Istanbul, in cui si è espressamente indicata la necessità di inserire nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado delle forme di educazione all'affettività, ovvero uno spazio in cui è possibile far confrontare i ragazzi sulle relazioni, sulle differenze di genere, sulla risoluzione dei conflitti;
   nei giorni scorsi è stata approvata dalla giunta regionale del Veneto una mozione contro le ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l'ideologia gender, con la quale si impegna la regione stessa ad intervenire nelle scuole di ogni ordine e grado venete per impedire l'introduzione di tale teoria e affinché venga rispettato il ruolo prioritario della famiglia nell'educazione all'affettività ed alla sessualità dei figli, come previsto dall'articolo 26 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
   la mozione succitata ha, tra le altre finalità, quella di prevede un coinvolgimento degli enti rappresentativi dei genitori e delle famiglie in ogni strategia educativa, sia nei contenuti che nelle modalità di diffusione dei contenuti –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e come intenda intervenire al fine di fare maggiore chiarezza relativamente alla tematica legata alla cosiddetta «Teoria del gender»;
   in che modo il Ministro intenda intervenire al fine di dare piena e concreta attuazione a quanto disposto rispettivamente dall'articolo 1, comma 16, della «riforma della buona scuola» e dalla Convenzione di Istanbul citate in premessa, nel contrasto all'omofobia, agli stereotipi ed alla violenza in genere, nonché a quanto previsto su tale materia dal decreto-legge n. 93 del 2013, tenendo conto dei contenuti della mozione approvata dalla giunta regionale del Veneto.
(5-06428)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TAGLIALATELA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia che l'università «Orientale» di Napoli sta facendo frequentare gratuitamente i propri corsi ai richiedenti asilo;
   negli stessi giorni le associazioni studentesche stanno esprimendo forte preoccupazione per la notevole riduzione del numero delle borse di studio universitarie che saranno concesse a studenti italiani in ragione dei nuovi parametri del modello ISEE –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto sopra esposto e se intenda promuovere iniziative a beneficio dei giovani italiani indigenti, evitando così discriminazioni rispetto alle agevolazioni concesse ai richiedenti asilo, come accaduto nel caso di cui in premessa. (4-10425)


   FRACCARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con la sentenza n. 1973 del 16 aprile 2015 e l'ordinanza n. 3909/15 del 31 agosto 2015, il Consiglio di Stato ha riconosciuto ai diplomati magistrali prima del 2002 il diritto di essere iscritti nelle graduatorie della scuola primaria e dell'infanzia, maturato attraverso i corsi qualificanti PAS (percorsi abilitanti speciali) e TFA (tirocini formativi attivi) per la stabilizzazione nell'ambito lavorativo. Il Consiglio di Stato ha quindi definitivamente sancito l'obbligo di inserire tale categoria di lavoratori nel piano di assunzioni straordinario della scuola;
   a differenza di quanto avvenuto nella provincia di Bolzano, risulta che per l'avvio dell'anno scolastico 2015-2016 la provincia di Trento non abbia riconosciuto la possibilità di far valere l'abilitazione PAS o TFA e i punteggi previsti a livello nazionale dal decreto ministeriale n. 353 del 2014 ai fini dell'inserimento nelle graduatorie;
   dal sito del Consiglio della provincia autonoma di Trento si apprende che gli esclusi dalle graduatorie provinciali per titoli (G.A.E. – graduatorie a esaurimento), nei quali sono compresi i diplomati magistrali ante 2002, sono circa 300. Tali lavoratori sono stati scavalcati nelle graduatorie, in alcuni casi dopo 12 anni di supplenze, dai laureati in scienze della formazione e sono stati costretti a inoltrare domanda di disoccupazione in attesa della sentenza che il Tar dovrebbe pronunciare il 22 ottobre 2015, a seguito di un ricorso presentato dagli stessi. Tale sentenza, se sarà favorevole ai diplomati magistrali, riaprirà le graduatorie ad anno scolastico già avviato;
   sulla base di dati pubblicati dalla stampa locale, e non smentiti dagli uffici provinciali, si apprende che su 228 insegnanti presenti nella graduatoria, 129 abbiano ottenuto l'assegnazione in ruolo. Gli insegnanti assunti con 0 ore di insegnamento risulterebbero essere 66, ovvero il 51,16 per cento del totale, mentre i docenti esperti con oltre 4 anni di insegnamento alle spalle che trovano una cattedra sarebbero solo 20, cioè il 15,5 per cento. Tra gli altri assunti, vi sono 13 assegnatari con 1 anno di servizio, 21 con 2 anni, 2 con 3 anni e 7 con 4 anni di esperienza lavorativa pregressa;
   in occasione della visita a Trento in data 9 settembre 2015, la Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca Giannini, in un incontro informale con i rappresentanti dei precari, ha pubblicamente affermato che anche la provincia di Trento deve allinearsi al resto del Paese adeguandosi, alle sentenze degli organi giurisdizionali, sostanzialmente stigmatizzando così il comportamento discriminatorio della provincia di Trento nei confronti di docenti esperti tanto da far perdere loro il posto di lavoro a favore di insegnanti con zero ore di insegnamento –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato ritenga di assumere per rimediare all'esclusione dalle graduatorie di coloro che hanno conseguito il diploma di scuola magistrale prima del 2002.
(4-10428)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda leader del comparto produttivo degli elettrodomestici Antonio Merloni spa il 14 ottobre 2008 è stata ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del decreto-legge n.347 del 2003 (cosiddetta «legge Marzano») e i commissari straordinari, una volta verificata e formalizzata l'impossibilità di procedere con una gestione in continuità dell'attività produttiva, hanno formalizzato al Ministero dello sviluppo economico, già nell'aprile 2009, la proposta di un programma di cessione dei complessi aziendali;
   il 21 novembre 2011, presso il Ministero dello sviluppo economico, veniva siglato l'accordo sindacale propedeutico alla cessione del ramo di azienda attivo della Antonio Merloni spa al gruppo Porcarelli, titolare del marchio QS Group spa, attraverso J.P. Industries spa; l'accordo prevedeva l'acquisizione da parte di J.P. Industries Spa, entro dicembre 2011 e con efficacia dal 1o gennaio 2012, degli stabilimenti produttivi situati a Fabriano (Santa Maria e Maragone) e a Nocera Umbra (Gaifana), di 700 rapporti di lavoro del personale dipendente nonché dei marchi Ardo e Seppelfricke;
   il costo della cessione, approvato dal comitato di vigilanza previsto dalla legge Marzano, è stato pari a circa 10 milioni di euro, più 3 milioni di crediti a cui il gruppo Porcarelli ha rinunciato e che vantava nei confronti della precedente gestione della Ardo;
   il 20 febbraio 2012 un gruppo di banche creditrici della precedente gestione A. Merloni (Mps Gestione Crediti Banca spa, Unicredit Management Bank, Banca delle Marche, Banca Popolare di Ancona, Cassa di risparmio di Fabriano e Cupramontana, Banca Cr di Firenze, Banca dell'Adriatico) ha presentato ricorso per chiedere l'annullamento della suddetta cessione;
   in primo e in secondo grado i giudici hanno dato ragione alle banche e ora il contenzioso arriverà alla Corte di cassazione che dovrebbe pronunciarsi in merito il prossimo autunno. Una sentenza che, se dovesse riconfermare le precedenti, rischia di avere delle conseguenze drammatiche sulla tenuta del tessuto economico e sociale di una parte consistente del territorio umbro;
   nel marzo del 2015 presso il Ministero dello sviluppo economico è stato siglato con le regioni Marche ed Umbria l'accordo che ha previsto la proroga di due anni dell'accordo di programma di reindustrializzazione dell'area interessata dell'ex Antonio Merloni spa che dovrebbe consentire anche una rimodulazione di questo strumento (35 milioni di euro per il rilancio dell'intera fascia appenninica);
   tuttavia, sull'accordo di programma e sull'acquisto degli stabilimenti ex Merloni da parte della JP Industries del gruppo Qs Group di Giovanni Porcarelli pesa l'incertezza derivante dal contenzioso giudiziario intrapreso dalle banche creditrici;
   il 12 ottobre, inoltre, oltre 200 lavoratori dell'azienda resteranno senza ammortizzatori sociali perché la cassa integrazione è in scadenza. I sindacati hanno evidenziato come «passeranno da poco più di 600 euro al mese a non percepire nulla. La realtà è drammatica anche perché si tratta prevalentemente di persone tra i 40 e 50 anni, difficilmente ricollocabili nel mercato del lavoro e lontanissimi dalla pensione»  –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta, quali azioni intendano mettere in campo per evitare che i lavoratori interessati restino senza alcun reddito e quali iniziative si intendano attuare per salvaguardare l'economia di un vastissimo territorio, com’è la fascia appenninica, di Umbria e Marche.
(3-01710)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PELUFFO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Radio Lombardia è autorizzata a trasmettere ed operare con la frequenza 100.300 Mhz dal centro trasmittente di Valcava località Caprino Bergamasco (Bergamo);
   da anni Radio Lombardia denuncia interferenze provocate dalla frequenza 100.400 Mhz;
   nel 1994 con decreto n. 8/CD/7149/R/903980 il Ministero delle telecomunicazioni dava parere negativo alla richiesta di concessione per le trasmissioni a Radio Studia 5;
   il 19 giugno 1998, Radio Studio Cinque ha ceduto a Radio Amica la frequenza 100.400;
   in una comunicazione successiva inviata a Radio Amica srl (ora Publicitè Ciblè B4 SARL e GRT srl), prot. ITL/III/148 DIM/6772 del 2004, l'ispettorato territoriale della Lombardia – Ministero delle comunicazioni, affermava che l'impianto in questione è stato ceduto da un soggetto operante in regime di sospensiva (Radio studio cinque – 903980); e che, considerato che alla data della sua cessione in favore della Radio Amica (904838), l'impianto era in stato di conclamate interferenze, quindi non è applicabile quanto previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 7, della legge n. 122 del 1998. Nella stessa nota si evidenzia che l'esercizio di trasmissione di Radio Amica è da considerarsi illegittimo;
   si aggiunge, infine, che la posizione di Radio Studio 5 esula dalla situazione prevista dal comma 13 dell'articolo 1 della legge n. 650 del 1996, richiamata dal comma 7 dell'articolo 1 della legge n. 122 del 1998, perché i trasferimenti sono consentiti tra emittenti concessionarie, che, hanno ottenuto il decreto di concessione, che come espresso in precedenza, invece a Radio Studio Cinque era stato negato;
   questi impianti senza concessione creano turbativa come sopra descritto;
   il tribunale amministrativo regionale Lazio con sentenza definitiva n. 00517/2010 del 19 gennaio 2010, rigettava il ricorso presentato dallo stesso titolare di Radio Studio Cinque contro il diniego di concessione del Ministero dello sviluppo economico –:
   quali siano i motivi per i quali nonostante il provvedimento di rigetto da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, Radio Amica ha la facoltà di trasmettere con l'impianto 100.400 frequenza da Campo dei Fiori (Varese) e se risultino rispettati i dettati dell'articolo 2, comma 12, della legge n. 122 del 1998;
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di tale situazione e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire le radio che hanno regolare concessione come Radio Lombardia. (4-10422)


   PIRAS. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Vega, acronimo di vettore europeo di generazione avanzata, è un vettore operativo, sviluppato in collaborazione dall'Agenzia spaziale italiana (ASI) e l'Agenzia spaziale europea (ESA) per il lancio in orbita di piccoli satelliti;
   lo sviluppo tecnico è stato affidato all'italiana ELV, una società partecipata al 70 per cento dall'Avio e al 30 per cento dall'ASI. Il progetto è stato avviato nel 1998. L'Italia è il maggior finanziatore e sviluppatore del programma con una quota del 65 per cento, seguono la Francia (12,43 per cento), il Belgio (5,63 per cento), la Spagna (5 per cento), i Paesi Bassi (3,5 per cento) e infine con quote marginali la Svizzera (1,34 per cento) e la Svezia (0,8 per cento);
   il razzo è progettato per il trasporto in orbita di piccoli carichi, tra i 300 e i 2000 chilogrammi, in orbite basse o polari, in particolar modo eliosincrone. Una caratteristica particolare e molto apprezzata è la possibilità di trasportare due o tre piccoli carichi contemporaneamente e posizionarli correttamente su orbite diverse, capacità non comune nei lanciatori di così piccole dimensioni;
   il lanciatore è formato da un corpo singolo a quattro stadi, alto circa 30 metri, con un diametro massimo di circa 3 metri e con un peso al decollo di 137 tonnellate. A differenza di molti altri vettori, il Vega è stato costruito in fibra di carbonio;
   fonti di stampa, rendono note delle trattative in corso tra le società Syndial (gruppo ENI) e Avio SpA, per la realizzazione di due piattaforme per il test a terra dei motori dei razzi (Avio spa è primo contractor del lanciatore europeo Vega), trattative che avvengono sotto il patrocinio del DASS (distretto aerospaziale sardo) di cui fanno parte anche la regione Sardegna e le università di Cagliari e Sassari;
   tali attività si sono già svolte nel passato in Sardegna, all'interno del Poligono Interforze del Salto di Quirra (PISQ), dove sono poi state interrotte, dopo il 2010, anche in seguito all'inchiesta avviata dalla magistratura, e sono da considerarsi tra le più inquinanti e pericolose tra quelle svolte in quel sito;
   effettuare prove sui motori dei missili destinati a portare i satelliti in orbita, significherebbe accendere il razzo a terra, fissandolo a una imponente rampa d'acciaio che lo blocca. Nel giro di poche decine di secondi perciò, in quel punto, vengono bruciate decine di tonnellate di combustibile, con il rilascio di un enorme nube di vapori tossici;
   oltre ai rischi di incidente e di esplosione elevatissimi, basterebbe solo considerare questo enorme carico di sostanze inquinanti, tossiche e corrosive diffuse in atmosfera per escludere nella maniera più assoluta che una tale attività si possa svolgere a pochi chilometri dall'abitato di Porto Torres e in prossimità dell'impianto petrolchimico;
   si apprende che Avio spa, sempre sotto l'ombrello del DASS, abbia già provato a riattivare la sua vecchia piattaforma per la prova motori, costruita all'interno del Poligono di Quirra e attiva sino al 2010, senza però riuscirci sia per via del processo per disastro ambientale in corso, sia per il fatto che l'area non risulta abbastanza sicura;
   lo stesso professore Giacomo Cao (presidente del DASS) afferma che «Per motivi di sicurezza, la prova dei potenti motori spaziali va effettuata ad almeno un chilometro da aree abitate o strade aperte al traffico»;
   pare quindi evidente che le aree della Syndial di Porto Torres, situate tra la città, il petrolchimico e una importante centrale termoelettrica (tutte collocate in un diametro di 5 chilometri circa) non possano rispondere alle elevate misure di sicurezza richieste;
   proprio a causa dei rischi elevati, negli altri paesi europei, tali sperimentazioni vengono condotte esclusivamente in aree disabitate: le prove del razzo Arianne si sono svolte infatti nel sito di Kourou, nella Guyana francese, così come anche le stesse prove dei razzi del lanciatore Vega, in seguito alla chiusura della piattaforma di Quirra nel 2010, sono tornate a svolgersi in quel sito;
   all'epoca delle prove motori del razzo Vega al poligono di Quirra, non c’è stata nessuna significativa ricaduta occupazionale per il territorio;
   l'area Syndial di Portotorres è inserita in un SIN (sito interesse nazionale) essendo una delle più inquinate d'Italia, e necessita quindi di urgentissime bonifiche, che stentano ad avviarsi. L'area, negli ultimi 40 anni, è già stata devastata da iniziative industriali sciagurate e predatorie, che hanno lasciato sul terreno una situazione ambientale e sanitaria pesantissima;
   il territorio di Porto Torres non può sopportare ulteriori carichi inquinanti e non deve essere considerato un'area perduta e irrecuperabile, destinata a ospitare attività pericolose e inquinanti che non possono essere svolte altrove. Al contrario, proprio la pesante situazione ambientale e sanitaria di quelle aree impone l'esclusione di ogni ulteriore carico inquinante, la riduzione e l'eliminazione di quelli attualmente esistenti e la bonifica delle aree contaminate;
   lo studio dettagliato realizzato nel 2012 a proposito dell'inquinamento prodotto dalle prove motori del razzo Vega a Quirra, dal titolo «le emissioni inquinanti causate dalle sperimentazioni condotte nel PISQ», a cura del dottor Lucio Triolo, evidenzia come nei sette test effettuati a Quirra tra il 2005 e il 2010, si stima siano state liberate sotto forma di gas in atmosfera 21 tonnellate di acido cloridrico (HCI) corrosivo e fortemente tossico per l'uomo, sia per contatto che per inalazione e per ingestione, potenzialmente mortale e 17 tonnellate di monossido d'azoto (NO), irritante e tossico per l'uomo. Sono state anche rilasciate in atmosfera circa 34 tonnellate di ossidi di alluminio (Al203);
   in data 17 settembre 2015, rispondendo ad un'interpellanza in consiglio comunale, il sindaco di Porto Torres Sean Christian Wheeler ha confermato l'interesse di Avio per alcune aree del territorio del comune in questione da dedicare alla sperimentazione dei razzi Vega;
   in particolare, si fa riferimento a 38 ettari di terreno presenti nell'area industriale di Porto Torres –:
   se il Governo sia a conoscenza della trattativa tra Avio, regione Sardegna e Syndial per l'utilizzo di terreni industriali a Porto Torres al fine di avviare una sperimentazione di razzi Vega;
   se, essendo la Syndial una società per azioni partecipata dalla Cassa depositi e prestiti, a sua volta controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, il Governo sia stato coinvolto nella trattativa e non ritenga di dover fornire elementi in merito;
   quale posizione intenda prendere in merito alle notizie sopracitate viste le numerose problematiche ambientali connesse e la pericolosità che si evince da un tale progetto. (4-10426)


   BOCCADUTRI e LOSACCO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 32 del decreto-legge n. 1 del 2012 (convertito dalla legge 24 marzo 2012 n. 27) prevedeva che all'articolo 132 del codice delle assicurazioni fosse aggiunto il comma 1-bis così formulato: «Con regolamento emanato dall'Isvap (ora Ivass), di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e il Garante per la protezione dei dati personali, entro novanta giorni, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di raccolta, gestione e utilizzo, in particolare ai fini tariffari e della determinazione delle responsabilità in occasione dei sinistri dei dati raccolti dai meccanismi elettronici di cui al comma 1 nonché le modalità per assicurare l'interoperabilità dei meccanismi elettronici di cui al comma 1 in caso di sottoscrizione da parte dell'assicurato di un contratto di assicurazione con impresa diversa da quella che ha provveduto ad installare tale meccanismo»;
   il comma 1-ter del predetto articolo 132 recita: «con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro la data di novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, è definito uno standard comune di hardware e software, per la raccolta, gestione e utilizzo dei dati raccolti dai meccanismi elettronici di cui al comma 1, al quale tutte le imprese di assicurazione dovranno adeguarsi entro due anni dalla sue emanazione»;
   con riferimento specifico al regolamento dell'IVASS, attuativo dell'articolo 32, comma 1-bis, la predetta Autorità ne ha a suo tempo predisposto lo schema di concerto con il Garante per la protezione dei dati personali;
   nonostante l'IVASS abbia poi sottoposto il predetto schema in consultazione pubblica in data 19 marzo 2013, il procedimento non risulta ancora concluso ed il regolamento non è ad oggi stato emanato;
   la mancata puntuale applicazione della normativa relativa alle modalità di utilizzo delle scatole nere installate sugli autoveicoli presenta, anche sotto il profilo della protezione dei dati personali, rilevanti criticità, stante la delicatezza dei dati acquisibili dai dispositivi elettronici di bordo (cosiddetta geolocalizzazione);
   ad oggi, in ragione della mancata emanazione da parte dell'IVASS del predetto provvedimento, non è garantita in maniera adeguata la trasparenza nella tipologia di dati raccolti, nelle modalità di conservazione, nelle finalità dei trattamenti –:
   considerato che il regolamento dell'IVASS deve essere adottato di concerto con il Ministro interrogato, a che punto sia l’iter del provvedimento e quali siano le motivazioni del ritardo nella sua definizione; nelle more, quali iniziative di competenza intenda assumere, anche sul piano normativo, per tutelare gli interventi degli assicurati. (4-10427)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Occhiuto n. 1-00923, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 450 del 25 giugno 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    in Calabria la carenza delle reti infrastrutturali dei trasporti riveste, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà provocando notevoli disagi sia ai residenti sia ai turisti, nonché a tutti coloro che si trovano a transitare nella regione;
    si riscontrano dunque notevoli difficoltà di movimento da e per la Calabria, nonché internamente alla stessa, sia per quanto concerne le merci sia per quanto attiene alle persone; lo status quo delle reti infrastrutturali di trasporto calabresi presenta, quindi, gravi carenze a tutti i livelli provocando notevoli disagi sia per i trasporti che avvengono a livello internazionale, sia per quelle di rilievo locale;
    è altresì evidente che senza infrastrutture efficienti e trasporti adeguati ai bisogni dei cittadini e delle imprese non ci può essere l'auspicabile e atteso sviluppo per la regione interessata;
    i servizi di trasporto pubblico sono strumenti essenziali al raggiungimento delle finalità, costituzionalmente demandate all'apparato statale della Repubblica, per la rimozione delle disparità economiche e sociali tra i cittadini, ritenute ostative per la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese;
    tali servizi rivestono un interesse strategico e di cruciale importanza sia sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini e, quindi, per le esigenze di comunicazione interna della regione, sia per la forte vocazione turistica del territorio in questione che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    nonostante rivesta un ruolo strategico, il comparto infrastrutturale, specie negli ultimi anni, è stato soggetto ad un progressivo depotenziamento per l'evidente assenza di un progetto politico diretto alla revisione dell'intero sistema di viabilità e comunicazione territoriale;
    in alcune parti la rete calabrese è di fondamentale interesse strategico da un punto di vista sia nazionale sia internazionale, poiché costituisce parte dell'asse ferroviario europeo «Ten-T1» essenziale per il trasporto proveniente dal Sud come dal Nord della penisola;
    le tre arterie stradali che collegano la regione al resto d'Italia (A3, la strada statale n. 106 e la strada statale n. 18) sono attualmente e contemporaneamente interessate da lavori di manutenzione e/o di messa in sicurezza, che provocano notevoli disagi per automobilisti e trasportatori;
    i lavori di realizzazione dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (442,9 chilometri), gestita da Anas spa, furono avviati a partire dal 1966;
    negli anni successivi all'apertura dei cantieri, il tratto di autostrada costruito si rivelò del tutto inadeguato per contenere il traffico in aumento, in quanto dotata di due sole corsie per senso di marcia e diverse curve molto tortuose che provocarono gravi incidenti. Alla luce di ciò, nel 1990 l'Unione europea ha obbligato l'Italia all'adeguamento del tratto realizzato della Salerno-Reggio Calabria alle normative europee. Da quel momento, sono iniziati i lavori di riammodernamento la cui conclusione è stata rimandata di anno in anno;
    dopo ben 49 anni, il cantiere più lungo di tutta Europa, come spesso viene definita la Salerno-Reggio Calabria, è ancora in fase di realizzazione con tratti ancora da cantierizzare o in fase di ammodernamento;
    i lavori che interessano il tratto dell'autostrada A3 ricadente in Calabria (circa 295 chilometri su 443 chilometri totali) coprono, tra opere in esecuzione e cantieri non avviati, circa 90 chilometri. In particolare, è previsto un piano parziale di interventi, non ancora totalmente finanziati, relativo ai seguenti tratti:
     a) 20 chilometri con lavori in corso di esecuzione, relativi al macrolotto 3 parte 2 tra gli svincoli di Laino Borgo (chilometro 153+400) e Campotenese (chilometro 173+900);
     b) 10 chilometri, relativi al tratto finale dell'autostrada tra lo svincolo di Campo Calabro (chilometro 433+750 circa) e lo svincolo di Reggio Calabria/Santa Caterina (chilometro 442+920), da sottoporre a intervento di messa in sicurezza (cosiddetto restyling), con bando di gara pubblicato a luglio 2015;
     c) 6 chilometri, relativi al tratto tra il viadotto Stupino (chilometro 280+350) e lo svincolo di Altilia (chilometro 286+000), per il quale sono in corso le procedure finalizzate all'appalto dei lavori;
     d) 10 chilometri, relativi al tratto tra lo svincolo di Rogliano (chilometro 270+700) e il viadotto Stupino (chilometro 280+350), da appaltare;
     e) nuovo svincolo di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria, situato al chilometro 377+750, da appaltare;
     f) adeguamento e messa in sicurezza dal chilometro 185+000 al chilometro 206+500 (da Morano Castrovillari a Sibari), in progettazione;
     g) nuovo svincolo di Rende (chilometro 250+000), in progettazione;
     h) sistema di svincoli di Cosenza sud (tra il chilometro 262+000 ed il chilometro 266+000), in progettazione;
     i) adeguamento e messa in sicurezza dal chilometro 259+700 al chilometri 270+700 (da Cosenza a Rogliano), in progettazione; adeguamento e messa in sicurezza dal chilometro 337+800 al chilometro 348+600 (da Pizzo Calabro a Sant'Onofrio), in progettazione;
     l) svincolo di Scilla-collegamento urbano con Ieracari (al chilometro 423+300, località Scilla), da finanziare. Inoltre ad oggi, risultano rescissi i seguenti lavori di ammodernamento: dal chilometro 206+500 al chilometro 213+500 (svincolo di Sibari-svincolo di Altomonte);
     m) dal chilometri 320+400 al chilometro 331+400 (svincolo Lamezia Terme-torrente Randace), addirittura in seconda rescissione; dal chilometro 369+800 al chilometro 378+500 (svincolo di Mileto-località Candidoni);
    il Presidente del Consiglio dei ministri, nei mesi scorsi, in diversi dichiarazioni pubbliche ha affermato che entro il 2015 tutti i cantieri avranno un'accelerazione definitiva e che al massimo nel 2016 i lavori saranno terminati. Il Presidente del Consiglio dei ministri, oltre alla superficialità con cui ha indicato i tempi di realizzazione di un cantiere di così difficile concretizzazione, sembra non essere a conoscenza della condizione in cui versa attualmente il tratto di strada che sino ad oggi è stato costruito. Infatti, percorrendo la Salerno-Reggio Calabria ci si imbatte in 32 lavori temporanei, da Cosenza in giù la segnaletica sull'asfalto è pressoché inesistente e nelle gallerie l'illuminazione non è funzionante;
    nonostante sia slittata al 31 ottobre 2015 la data entro la quale devono risultare cantierabili le opere previste dall'articolo 3, comma 2, lettere b) e c), del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, «sblocca Italia», ovvero i lavori di ammodernamento ed adeguamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, dallo svincolo di Rogliano allo svincolo di Atilia e lo svincolo Laureana di Borrello, queste ultime, non rispettando i requisiti della cantierabilità, rischiano concretamente di perdere i finanziamenti previsti dalla legge, determinando un rilevante danno per l'intera regione;
    il Governo si è recentemente impegnato ad accelerare il finanziamento per la sicurezza della viabilità secondaria, oltre che a verificare la fattibilità del trasporto via mare delle merci, del potenziamento del traffico ferroviario e, ove possibile, aereo. Attualmente, l'impegno annunciato dal Governo non si è ancora concretizzato;
    la strada statale n. 106 (lunghezza 491 chilometri di cui 405 ricadenti nella regione Calabria), principale arteria che collega la Calabria, la Basilicata e la Puglia, è inadeguata a gestire gli attuali volumi di traffico per una serie di criticità infrastrutturali storiche dovute ad una sbagliata progettazione, per la presenza di lunghi tratti a due corsie di marcia, di una moltitudine di accessi non autorizzati, fuori norma o non segnalati, di un manto stradale in pessime condizioni, di attraversamenti dei centri abitati, di guard rail «assassini», di una pessima illuminazione, tanto da essere denominata la «strada della morte», con oltre 600 vittime e circa 9.000 feriti solo dal 1996 al 2014;
    ad oggi risultano ancora in una fase di stallo la maggior parte dei tratti della strada statale n. 106, in particolare:
     a) il megalotto 3, Sibari-strada statale n. 534 e Roseto Capo Spulico (Sibari), è stato appaltato ma non cantierizzato;
     b) il megalotto 5, località San Gregorio (Regio Calabria)-Melito di Porto Salvo, ed il megalotto 9, Crotone aeroporto-Mandatoriccio, non sono stati avviati poiché in attesa dei pareri approvativi;
     c) la variante di Palizzi (2o stralcio funzionale), l'adeguamento e messa in sicurezza del tratto Crotone (chilometro 256+000)-Sibari (chilometro 329+000)-tronco 1 dal chilometro 309+200-al chilometro 329+000, il megalotto 8, Rossano (Mandatoriccio-Sibari), l'adeguamento e messa in sicurezza del tratto Crotone (chilometro 256+000)-Sibari (chilometro 329+000)-tronco 2 dal chilometro 290+200-al chilometro 309+200, strada statale n. 106 «Jonica»-adeguamento e messa in sicurezza del tratto Crotone (chilometro 256+000)-Sibari (chilometro 329+000)-tronco 3 dal chilometro 256+000-al chilometro 290+200, la variante di Crotone dal chilometro 241+250 (svincolo Crotone-Papanice) al chilometro 250+500 (svincolo Passovecchio), il nuovo svincolo per l'ospedale della Sibaritide al chilometro 11+350 della strada statale n. 106, sono ancora in fase di progettazione;
    la strada statale n. 18 «Tirrena inferiore» (lunghezza 535 chilometri di cui 236 in territorio calabrese) è chiusa in più parti a causa di lavori di manutenzione con la presenza di una miriade di sensi unici alternati;
    la ex strada statale n. 522 (ora strada provinciale) presenta numerosi deficit circa gli standard di sicurezza. A tale proposito va sottolineato come tale arteria recita un fondamentale ruolo strategico, in quanto collega l'utenza con la maggiore realtà turistica calabrese, quella relativa alla Costa degli dei. Per le note difficoltà dell'ente provincia, la strada non è soggetta ad alcun intervento di appropriata manutenzione;
    la situazione relativa alla circolazione stradale è ancora più allarmante se si considera anche lo stato di involuzione dei circuiti cittadini, spesso generato dalle note difficoltà di bilancio dei vari comuni;
    le difficoltà delle reti infrastrutturali della regione Calabria sono aggravate dalla pessima gestione del sistema ferroviario, tagliato inspiegabilmente fuori dalla rete nazionale ad alta velocità, che nel corso degli ultimi anni sta, altresì, registrando una drastica diminuzione del numero delle corse garantite da Trenitalia;
    la situazione è tanto più grave in quanto non c’è alcun treno Frecciarossa che colleghi la Calabria al resto d'Italia, limitando il trasporto ferroviario semi-veloce ad un solo Frecciargento e due Frecciabianca. A tal proposito, basti ricordare che l'ultimo treno utile per raggiungere dalla Calabria altre destinazioni è l’Intercity 1560 che parte dalla principali stazioni calabresi di Reggio Calabria alle ore 15.05, di Lamezia Terme alle ore 16.31, di Paola alle ore 17.09, per giungere dopo ben 7 ore di viaggio, a Roma;
    in particolare, sul tema dell'alta velocità nel Mezzogiorno, si è pronunciato recentemente il Presidente del Consiglio dei ministri che, in occasione del meeting di Rimini di fine agosto 2015, ha dichiarato che è necessario portare «la principale infrastruttura realizzata in questi anni» (l'alta velocità, appunto) anche al Sud, perché «non può fermarsi a Salerno», mentre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato che «è giusto ed è serio che anche il Sud abbia la mobilità adeguata per gli spostamenti di business»;
    inoltre, il trasporto ferroviario è da considerarsi quasi inesistente sul tratto ionico, visto che è ancora caratterizzato da un unico binario non elettrificato con corse operate su base regionale, a cui nell'ultimo periodo sono seguite delle soppressioni, in ossequio ad una spending review del tutto illogica;
    la situazione è altresì insostenibile anche in merito al servizio aeroportuale, del tutto inadatto a fronte della crescita della domanda di servizi, testimoniato dalle numerose liste d'attesa per i voli da/per la Calabria, a cui hanno fatto seguito continue cancellazione dei voli, una cattiva gestione degli scali aeroportuali calabresi di Reggio Calabria e Crotone, il continuo aumento del prezzo dei biglietti e l'isolamento degli aeroporti dal sistema ferroviario;
    le difficoltà infrastrutturali della regione Calabria sin qui descritte recano gravi disagi per le attività produttive del territorio e in modo particolare per l'agricoltura ed il turismo;
    lo scoraggiamento dei turisti, nel considerare la Calabria come meta della loro vacanza, sta comportando un esiguo numero di prenotazioni alberghiere, tanto che molte strutture stanno valutando la possibilità di rimanere chiuse, provocando in questo modo un crollo ingente dell'economia della regione, nonché dell'occupazione;
    alla luce della situazione sopra esposta il territorio calabrese risulta quasi completamente isolato dal resto della penisola per l'inadeguatezza e la quasi inesistenza, in taluni casi, del trasporto aeroportuale, di gomma, nonché ferroviario;
    il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con la Commissione europea, ha di recente pubblicato il programma operativo nazionale infrastrutture e reti relativo al periodo 2014-2020, inserendovi il polo logistico di Gioia Tauro per investimenti «finalizzati ad accogliere navi di nuova generazione potenziandone la dotazione infrastrutturale con priorità attribuita all'approfondimento dei fondali, all'ampliamento della lunghezza delle banchine e della dotazione dei piazzali»;
    è doveroso portare all'attenzione di questo Governo le pesanti ricadute sull'economia regionale che determinano la persistenza di una situazione di inadeguatezza del sistema infrastrutturale regionale, rispetto alle esigenze dei cittadini, lavoratori ed imprenditori, con riferimento alle forti limitazioni che tutte le carenze sopra riportate gravano sul comparto turistico, il quale rappresenta la maggiore opportunità di sviluppo e rilancio economico non solo per la regione Calabria, ma anche per il tessuto nazionale,

impegna il Governo:

   ad attuare le opportune iniziative per definire, in tempi brevi e certi, l’iter conclusivo dei lavori dell'intero tratto dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e a finanziare i tratti dell'autostrada A3 non ancora finanziati;
   a definire ed attuare ogni utile iniziativa al fine di potenziare le maggiori arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia, attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza, consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
   ad assumere le opportune iniziative al fine di sostenere lo sviluppo della regione Calabria attraverso il potenziamento del sistema di trasporto aereo, ferroviario e portuale della regione, con politiche orientate all'aumento del numero dei voli, all'incremento quantitativo e qualitativo dei servizi ferroviari, nonché ad un più agevole collegamento tra gli aeroporti e le stazioni ferroviarie, attraverso il rafforzamento dei sistemi di mobilità sostenibile all'interno della regione, pienamente integrato con le grandi reti di trasporto nazionale ed europee;
   ad attivarsi per il potenziamento dei nodi portuali e aeroportuali della regione Calabria, volto allo sviluppo di un moderno sistema logistico per il trasporto delle merci, a partire dal porto di Gioia Tauro, vero e proprio gate di raccordo dell'Europa sul versante sud;
   a rivisitare ogni rapporto di concessione connesso all'utilizzo del porto di Gioia Tauro che dovesse ridurne le potenzialità o, peggio, trasformarne gli obiettivi di sviluppo del territorio a vantaggio di soluzioni monopolistiche;
   a promuovere contemporaneamente il rafforzamento dell'offerta portuale turistica, distribuita lungo le coste della regione Calabria, per incentivare l'offerta e l’incoming turistico legati alla nautica da diporto, anche attraverso accordi di partenariato pubblico-privato;
   ad adottare ogni iniziativa volta al potenziamento della rete ad alta velocità per la regione Calabria e per l'intera area del Mezzogiorno, anche alla luce delle recenti dichiarazioni in merito del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   ad assicurare a tutti coloro che transitano nella regione Calabria, attraverso politiche di continuità territoriale, di potersi spostare nel territorio nazionale con pari opportunità, accedendo ad un servizio che garantisca condizioni economiche e qualitative uniformi;
   a costituire un tavolo permanente per la predisposizione ed attuazione di un piano di emergenza per i trasporti in Calabria concertato con i rappresentanti degli enti territoriali calabresi, delle società di gestione aeroportuali, dei rappresentanti dei gestori di trasporto ferroviario, marittimo e aereo, dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categoria del sistema dei trasporti e del sistema turistico;
   ad attivarsi per potenziare il servizio ferroviario stesso promuovendo l'istituzione di un secondo collegamento con Frecciargento fra Roma e Reggio Calabria, per un miglioramento della qualità del materiale rotabile impiegato e per politiche tariffarie, che, in una logica di garanzia di continuità territoriale, siano orientate a ridare competitività al trasporto ferroviario rispetto alla mobilità automobilistica;
   a definire per la regione Calabria, in coerenza con quanto stabilito nel documento di economia e finanza per il 2015, e più precisamente nel programma delle infrastrutture strategiche del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, deliberato dal Consiglio dei ministri il 10 aprile 2015, politiche e misure facilitanti i tre aspetti assunti come «particolarmente rilevanti del contesto normativo e programmatico nazionale», così come previsti nel documento di economia e finanza per il 2015, riferiti alla sicurezza, alla trasparenza e alla mobilità intelligente;
   a definire per la regione Calabria, atteso l'obiettivo sancito nel documento di economia e finanza per il 2015 di adeguare la programmazione nazionale in materia di infrastrutture strategiche agli indirizzi comunitari, anche in adempimento a quanto richiesto per l'accesso ai fondi comunitari e, in particolare, a quanto previsto dalle «condizionalità ex ante» relative all'obiettivo tematico 7 «Promuovere sistemi di trasporti sostenibili ed eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete», interventi di adeguamento e riallineamento del sistema dei trasporti Calabria, eventualmente anche attraverso una rimodulazione dei fondi 2014/2020, agli standard europei sanciti dagli obiettivi strategici della rete transeuropea dei trasporti Ten-T;
   a considerare strategico e irrinunciabile per la Calabria l'avvio dei processi di attuazione dei corridoi di trasporto multimodali Ten-T, previsti dal regolamento dell'Unione europea 1315/2013, incentrati, come noto, sull'integrazione modale e sull'interoperabilità dei sistemi di trasporto;
   a chiarire definitivamente le intenzioni e i programmi, se sussistono, in merito alla realizzazione dell'opera relativa al ponte sullo Stretto di Messina, nonché sull'eventuale stanziamento di ulteriori risorse, anche a copertura degli oneri derivanti da procedure di contenzioso.
(1-00923)  «Occhiuto, Santelli, Galati».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta orale Nesci n. 3-01706 del 18 settembre 2015.