Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 11 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    come ampiamente evidenziato dalla stampa nazionale, sono molto frequenti i casi in cui vengono recapitate bollette di gas e luce di importi esorbitanti per conguagli risalenti a molti anni addietro e spesso il salatissimo conguaglio è dovuto all'inadempimento del fornitore o del distributore, che ha omesso di effettuare le letture periodiche del contatore oppure non ha emesso bollette periodiche. Un disservizio che persiste anche per anni e che comporta pesanti conseguenze per gli utenti, che si ritrovano a dover pagare, in un colpo solo, bollette così elevate da non potervi far fronte;
    al riguardo si evidenzia che, nonostante non possano essere pretese da parte degli utenti somme relative a consumi che il fornitore avrebbe potuto e dovuto pretendere oltre 5 anni prima dell'emissione della fattura in forza di quanto previsto dall'articolo 2948 del codice civile (ove si prevede che si prescrivano in cinque anni gli interessi e in generale tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi), per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo i fornitori spesso sostengono che la prescrizione decorre da quando viene emessa la fattura di conguaglio, con ciò spostando a loro piacimento il termine da cui decorre la prescrizione e consentendo così di richiedere i conguagli anche dopo dieci o quindici anni e potenzialmente per l'eternità;
    quanto precede appare assolutamente inammissibile, perché se il fornitore omette di fatturare consumi per molti anni, perché non tiene conto delle letture del contatore o si è «dimenticato» di emettere bollette periodiche, dovrebbe perdere il diritto ad essere pagato, dato che non vi sono dubbi che tra le somme che devono pagarsi periodicamente, e quindi soggette a prescrizione quinquennale, vi siano anche le bollette relative ai consumi periodici di energia elettrica e gas;
    se così non fosse, l'istituto della prescrizione, che il codice civile prevede come norma imperativa e inderogabile, sarebbe del tutto aggirabile da parte dell'esercente, mentre secondo un ragionamento logico e sulla base dei principi generali dell'ordinamento, la prescrizione decorre da quando può essere fatto valere il diritto, ovvero da quando il fornitore può (e deve) fare la lettura dei contatori (generalmente per il tramite del distributore). È in quell'occasione che, rilevati consumi superiori a quelli addebitati in acconto sulla base di letture stimate, può pretendere il pagamento del conguaglio. Ed è, quindi, da quel momento che decorre la prescrizione quinquennale;
    per capire da quando decorre la prescrizione risulta assolutamente necessario capire quale sia il giorno entro il quale il gestore, per il tramite del distributore, dovrebbe effettuare la lettura del contatore, e di questo dovrebbe essere data massima evidenza nei confronti dell'utente-consumatore che troppo spesso non dispone di strumenti idonei ed efficaci per poter sostenere un contraddittorio;
    in passato sono state irrogate sanzioni per violazione delle norme poste a tutela della trasparenza dei consumi e dei costi relativi alla fornitura del servizio di distribuzione e di vendita dell'energia elettrica ai clienti del mercato regolato;
    nel provvedimento VIS 22/09 dell'Autorità per l'energia ed il gas e il sistema idrico si legge che l'autorità, dopo aver accertato l'inosservanza da parte di Enel dell'obbligo del tentativo di lettura annuale dei contatori presso tutti i clienti allacciati alla propria rete con potenza contrattualmente impegnata fino a 30 kW, ha irrogato alla società Enel una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 2.053.000 euro. Nella delibera VIS 22/09 si legge che «l'illecito in questione è grave sia in ragione dell'interesse tutelato dalla norma violata sia perché ha avuto un'estensione notevole per quanto riguarda i clienti coinvolti e l'ambito territoriale interessato che coincide con l'intero territorio nazionale» e che «la mancata lettura dei contatori per lunghi periodi può danneggiare il cliente finale, dando luogo ad elevati conguagli»;
    l'Autorità per l'energia elettrica e il gas e il sistema idrico, anche a seguito di segnalazioni di altri clienti e associazioni di categoria, ha avviato, con deliberazione VIS 36/101, un procedimento per l'adozione di propri provvedimenti per violazione, tra l'altro, della disciplina in materia di periodicità di fatturazione prevista dalla regolamentazione in vigore (nel caso di contratti di fornitura di gas a condizioni regolate) o dai contratti di fornitura a condizioni di mercato libero;
    con il medesimo provvedimento, l'Autorità ha intimato all'esercente di: provvedere a ripristinare la regolare periodicità di fatturazione nel rispetto delle delibere dell'Autorità (per i clienti che hanno un contratto a condizioni regolate) e delle condizioni contrattuali sottoscritte dai clienti (per coloro che hanno un contratto di mercato libero), emettendo le relative fatture; corrispondere l'indennizzo automatico previsto dal codice di condotta commerciale gas emanato dall'Autorità ai clienti che hanno un contratto gas a condizioni di mercato libero e che ne abbiano il diritto; fornire risposta motivata ai reclami scritti inviati dai clienti aventi ad oggetto la mancata emissione delle fatture, indicando la data prevista per la ripresa;
    più recentemente, in data 13 luglio 2015, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, presieduta dal professor Giovanni Pitruzzella, ha avviato quattro procedimenti istruttori nei confronti delle società per azioni Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni;
    a fronte di numerosi reclami e segnalazioni, ricevute anche da diverse associazioni dei consumatori, tale indagine è volta ad accertare eventuali violazioni del codice del consumo in merito a varie condotte degli operatori, tra cui rientrano: la fatturazione basata sui consumi presunti; la mancata considerazione delle auto-letture; la fatturazione a conguaglio di importi significativi, anche a seguito di conguagli pluriennali; la mancata registrazione dei pagamenti effettuati, con conseguente messa in mora dei clienti fino talvolta al distacco; e, infine, il mancato rimborso dei crediti maturati dai consumatori. Nell'ambito di queste istruttorie, i funzionari dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato hanno svolto ispezioni nelle sedi delle società interessate dal procedimento a Roma, Milano e San Donato Milanese, con l'ausilio del nucleo speciale antitrust della Guardia di finanza,

impegna il Governo:

   ad adottare con urgenza ogni iniziativa, anche normativa, finalizzata a rafforzare le tutele dei diritti degli utenti del mercato dell'energia elettrica e del gas chiaramente vittime di comportamenti scorretti operati ai loro danni da parte di soggetti distributori che oggi, come pure in passato, hanno reclamato conguagli a distanza di anni;
   ad attivare un'indagine ministeriale nei confronti delle società a partecipazione pubblica italiana citate in premessa parallelamente ai procedimenti istruttori recentemente avviati dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nei confronti di Acea energia, Edison energia, Enel energia, Enel servizio elettrico ed Eni, varando al più presto una moratoria del pagamento bollette di gas e luce di importi esorbitanti in attesa della conclusione degli accertamenti;
   ad attivarsi con le iniziative di competenza affinché il contesto competitivo nel settore della vendita dell'energia elettrica sul mercato libero impedisca il consolidarsi di posizioni di ingiustificata profittabilità per taluni operatori e il conseguente peggioramento delle condizioni economiche di migliaia di persone già colpite dalla crisi.
(1-00984) «Ricciatti, Ferrara, Scotto, Zaratti, Pellegrino, Quaranta, Airaudo, Placido, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Zaccagnini, Sannicandro».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni XIII e XI,
   premesso che:
    nel corso di quella che è stata indicata come l'estate più calda degli ultimi decenni, si sono registrati almeno 4 decessi, nella sola regione Puglia, tra i braccianti impiegati nella raccolta del pomodoro;
    certamente, nonostante l'eccezionalità climatica, la principale causa di tali decessi non può essere ascritta alle temperature bensì alle gravissime e inaccettabili condizioni di lavoro e di sfruttamento cui sono costretti migliaia di lavoratori – prevalentemente stranieri ed extracomunitari, ma con percentuali sempre crescenti di manodopera nazionale – da un sistema criminale che opera con spietata determinazione, principalmente attraverso l'operato del caporalato e l'utilizzazione di lavoro irregolare;
    una piaga antica che, nonostante gli interventi normativi degli ultimi anni, sembra lontano dall'essere debellata, nel nostro Paese. Un fenomeno che presenta caratteristiche più strutturali nel Mezzogiorno, mentre appare più legato a forme di evasione ed elusione fiscale nel Nord d'Italia, e che vede coinvolti principalmente i lavoratori immigrati che, per oggettivi motivi di necessità, riconducibili anche al fatto che il lavoro costituisce un requisito indispensabile ai fini di un loro regolare soggiorno nel Paese, risultano maggiormente disposti ad accettare lavori irregolari e sottopagati, con turni massacranti e in condizioni di pericolo per la salute. Tuttavia, negli ultimi tempi, risultano coinvolti anche altri soggetti deboli della società, come i giovani e le donne lavoratrici, cittadini italiani spesso vittime di una crisi economica e di un mercato del lavoro che spesso non è stato grado di favorire i necessari raccordi con il mondo della scuola e che non hanno potuto beneficiare di efficaci attività di formazione e di adeguate politiche di conciliazione;
    da quanto riportato dall'ultimo rapporto «Agromafie e caporalato» della Flai-Cgil si apprende che: «Secondo la nostre stime sono circa 400.000 i lavoratori che potenzialmente trovano un impiego tramite i caporali, di cui circa 100.000 presentano forme di grave assoggettamento a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche, anche se negli ultimi anni le denunce sono sensibilmente cresciute. Dall'introduzione nel codice penale del reato di caporalato (articolo 603-bis del codice penale) sono circa 355 i caporali arrestati o denunciati, di cui 281 solo nel 2013. Secondo le nostre mappe sono circa 80 gli epicentri dello sfruttamento dei caporali, in 55 di questi epicentri abbiamo riscontrato condizioni di lavoro indecente o gravemente sfruttato. Più del 60 per cento dei lavoratori e delle lavoratrici costrette a lavorare sotto caporale – la maggior parte stranieri comunitari e non ha accesso ai servizi igienici e all'acqua corrente. Più del 70 per cento presenta malattie non riscontrate prima dell'inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. Poi ci sono le intollerabili tasse dei caporali che sono pagate dai lavoratori e dalle lavoratrici e da tutti noi in termini di mancato gettito per la fiscalità generale. Solo in termini di mancato gettito contributivo il caporalato ci costa più di 600 milioni di euro l'anno. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 50 per cento di quello previsto dai contratti nazionali e provinciali di lavoro, cioè circa 25/30 euro per una giornata di lavoro che dura fino a 12 ore continuative. A questo bisogna aggiungere le «tasse» da corrispondere ai caporali dovute al trasporto (circa 5 euro), all'acquisto di acqua (1,5 euro a bottiglia) di cibo (3,5 euro per un panino) e commissioni varie dovute all'impossibilità di accedere a beni di prima necessità come il cibo e i medicinali. In molti casi, soprattutto al sud, i lavoratori sono costretti anche a pagare l'affitto degli alloggi fatiscenti nei tantissimi ghetti lontani dai centri urbani e da occhi indiscreti. I lavoratori non scelgono di vivere in questi contesti fatiscenti, ma sono costretti a farlo, visto che solo in quei luoghi troveranno un caporale che gli offrirà una giornata lavorativa;
    anche sul versante dei controlli, si è evidenziata la necessità di mettere a regime il sistema delle banche dati esistenti (del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, o di centri per l'impiego, Inps, Inail, Guardia di finanza e Agenzia delle entrate), nonché di promuovere un'attività ispettiva gestita in modo univoco a livello nazionale, garantendo un efficace coordinamento dei servizi ispettivi, in vista di un'attività di prevenzione più efficace, quale strumento essenziale per assicurare un efficace controllo dello Stato su tutto il territorio nazionale;
    da questo punto di vista riveste una significativa importanza l'istituzione, dal 1o settembre 2015, ai sensi dell'articolo 6, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, della Rete del lavoro agricolo di qualità, cui potranno aderire le imprese interessate, quale organismo autonomo finalizzato a rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità e delle criticità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo. Per la prima volta in Italia si istituisce un sistema pubblico di certificazione etica del lavoro e si prevede inoltre l'introduzione di un sistema premiante per le imprese che aderiranno alla Rete ed entreranno nel circuito. Della cabina di regia, presieduta dall'Inps, fanno parte le organizzazioni sindacali, le organizzazioni professionali agricole, insieme ai rappresentanti dei Ministeri delle politiche agricole, del lavoro e dell'economia della Conferenza delle regioni, con il compito di definire un piano organico complessivo per il contrasto stabile al lavoro nero e al caporalato, attraverso il pieno coinvolgimento e la collaborazione dei sindacati e delle organizzazioni agricole, dell'industria, della grande distribuzione e di tutte le istituzioni;
    i requisiti previsti per richiedere l'iscrizione alla Rete sono: a) non avere riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto; b) non essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni di cui alla lettera a); c) essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi;
    del pari, pienamente condivisibile appare la volontà espressa congiuntamente dai Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali e della giustizia di varare uno specifico atto legislativo finalizzato alla confisca dei beni per le imprese che si macchiano del reato di caporalato, a garantire forme di assistenza legale per i braccianti che denunciano lo sfruttamento, oltreché alla possibilità di introdurre la responsabilità in solido per chi sfrutta il lavoro nero, nonché a misure volte a introdurre l'obbligo di comunicazione preventiva degli operai agricoli a tempo determinato ad assicurare inoltre forme per evitare un uso distorto dei voucher e a realizzare infine un'ipotesi di organizzazione del trasporto pubblico dei braccianti, con il coinvolgimento delle regioni;
    tali specifiche misure appaiono oltremodo opportune e coerenti con la complessiva strategia riformatrice sin qui seguita per la realizzazione di un moderno mercato del lavoro, ed in particolare, con la prossima istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, in attuazione della legge delega 10 dicembre 2014, n. 183;
    parallelamente all'aggiornamento del quadro normativo di contrasto del caporalato e dell'utilizzo del lavoro irregolare in agricoltura, appare indispensabile una riflessione sul tema dei prezzi, dei costi di produzione e di quanto deve essere riconosciuto ai produttori, con il coinvolgimento e la responsabilizzazione di tutta la filiera, dal campo alla tavola, per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, non si nasconda la piaga del lavoro nero e del caporalato,

impegna il Governo:

   a proseguire con speditezza e con tempi certi, in un rapporto collaborativo con le parallele proposte di iniziativa parlamentare, nella definizione di un nuovo quadro normativo finalizzato al contrasto del lavoro irregolare in agricoltura e del caporalato;
   ad implementare le iniziative elaborate dalla cabina di regia, prevista in attuazione dell'articolo 6, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, prevedendo altresì un ruolo attivo e collaborativo dei comuni con le altre istituzioni preposte all'azione di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare e del caporalato, nonché l'attivazione della collaborazione delle associazioni del volontariato sociale e delle associazioni di rappresentanza dei consumatori per definizione e realizzazione di apposite campagne di informazione e sensibilizzazione della cittadinanza sull'importanza di una produzione agricola di qualità e rispettosa dei diritti dei lavoratori;
   a relazionare periodicamente alle Camere sui risultati conseguiti a seguito dell'adozione delle nuove misure di carattere normativo, nonché dei contenuti del piano organico complessivo per il contrasto stabile al lavoro nero e al caporalato, elaborato dalla cabina di regia preposta alla realizzazione della Rete del lavoro agricolo di qualità.
(7-00769) «Capozzolo, Paris, Oliverio, Luciano Agostini, Antezza, Carra, Cenni, Cova, Dal Moro, Romanini, Venittelli».


   La I Commissione,
   premesso che:
    presso il distaccamento del Comando dei vigili del fuoco di Bardolino è operativo dal 2001 un presidio acquatico di superficie sul lago di Garda;
   vista la particolarità del territorio e in considerazione del numero e dell'entità degli interventi svolti ogni anno, nel 2007, al suddetto presidio, fu assegnata l'unità navale «RAFF»;
   l'unità RAFF 06 era dotata di doppio propulsore collegato a idrojet, fattore indispensabile per non ferire eventuale personale in acqua, per navigare anche in acque poco profonde, era inoltre dotata di gru e di sistema di auto protezione, nonché di una più che adeguata dotazione antincendio capace anche di intervenire su incendi di natanti di dimensioni importanti quali i traghetti che partono dal porto della Navigarla;
   successivamente, il Ministero dell'interno, nell'ambito di un progetto di riorganizzazione generale della flotta navale antincendio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ha elaborato un piano di dismissione delle unità navali più vetuste e, perciò, più onerose dal punto di vista gestionale. Tra i trasferimenti previsti, rientrò anche quello del natante a suo tempo assegnato al distaccamento di Bardolino. Obiettivo del piano, che prevedeva la riduzione di circa 1/3 del numero complessivo di unità navali, era quello di raggiungere una necessaria sensibile riduzione dei costi di gestione, assicurando, comunque, il dispositivo di soccorso minimo per le varie categorie di porti, previsti dalla legge n. 690 del 1940;
   in fase di attuazione del progetto il Governo assicurò comunque che al distaccamento del Comando dei vigili del fuoco di Bardolino – pur non rientrando il porto di Bardolino tra i porti per i quali il Corpo nazionale dei vigili del fuoco è tenuto ad assicurare il dispositivo di soccorso minimo – sarebbe stata assegnata, contestualmente, un'altra unità navale tipo RIB grande, in grado, ugualmente, di assolvere ai compiti del soccorso acquatico, quali la ricerca ed il soccorso per la salvaguardia della vita umana in ambito lacustre e l'intervento antincendio di imbarcazioni e natanti da diporto;
   il Governo, altresì, assicurò che non avrebbe privato il territorio di Bardolino di un'unità navale, seppur diversa da quella precedentemente in dotazione, al fine di continuare a garantire il soccorso in situazioni di pericolo sia degli abitanti che degli innumerevoli turisti che ogni anno arrivano in quell'area;
   l'unità RIB 02, però, assegnata dopo il trasferimento del natante RAFF 06, ha evidenziato fin da subito problemi ai motori, tanto da lasciare alla deriva i conducenti sin dopo il primo varo;
   di conseguenza, in aprile 2015 è stata resa operativa l'unità RIB M10, anch'essa, però, ha presentato, da subito, come la precedente, guasti meccanici tanto da essere tuttora ricoverata presso il cantiere nautico di Pacengo di Lazise;
   attualmente, infine, al presidio di Bardolino è stato assegnato un battello pneumatico a chiglia rigida assolutamente inadatto per l'esigenza di contrastare gli incendi in acqua;
   peraltro, il natante, che non garantisce neanche la sicurezza dei vigili del fuoco che vi operano non è idoneo a soccorrere ed imbarcare eventuali naufraghi o eventualmente singole unità,

impegna il Governo

ad assumere cigni utile iniziativa per assegnare al presidio acquatico dei vigili del fuoco di Bardolino un'unità navale in grado di fronteggiare le esigenze di soccorso, di garantire la sicurezza degli operatori del Corpo dei vigili del fuoco interessati, idonea a soccorrere ed imbarcare eventuali naufraghi o eventualmente a soccorrere singole unità navali, e ad intervenire in particolare in caso di incendi di natanti di dimensioni importanti quali i traghetti della Navigarla.
(7-00770) «Naccarato, D'Arienzo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   ANZALDI, ALBANELLA, AMODDIO, BERRETTA, BURTONE, CARDINALE, GRECO, GULLO e ZAPPULLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 settembre 2015 si è registrata la rottura tra la società editrice di Antenna Sicilia e le organizzazioni sindacali in merito al confronto finalizzato a scongiurare il licenziamento, per motivi economici, di 16 unità lavorative tra giornalisti e tecnici;
   la società editrice rimanendo ferma sulle proprie posizioni ha ritenuto impraticabili tutte le proposte alternative al licenziamento avanzate dalle organizzazioni sindacali;
   si è in attesa di una convocazione presso l'assessorato al lavoro della regione siciliana per cercare di riannodare i fili del confronto altrimenti la vertenza si sposterà inevitabilmente presso V Ufficio provinciale del lavoro di Catania;
   Antenna Sicilia è la più prestigiosa delle emittenti locali siciliane e la decisione di tagliare tg e talk show tra i più seguiti sul territorio mortificando lavoro e capacità di professionisti di e di fatto pregiudicando anche il pluralismo nella informazione;
   va posto in essere ogni tentativo utile per evitare i suddetti licenziamenti –:
   si chiede di sapere se il Governo è a conoscenza della suddetta vertenza e quali iniziative intenda adottare per ripristinare un tavolo di confronto al fine di scongiurare i 16 licenziamenti e tutelando professionalità e un brand riconosciuto nell'ambito del panorama televisivo e dell'informazione della Sicilia. (3-01691)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto appreso da fonti stampa (www.corriereadriatico.it/PAY/ANCONA–PAY/147–no–alle–trivellazioni–in –adriatico–148/notizie/1528310.shtml), nella porzione di mare Adriatico antistante la città di Ancona sono in fase di installazione due piattaforme per la perforazione e l'estrazione di gas metano: Bonaccia NW e Clara NW;
   nei due decreti interministeriali di Valutazione di impatto ambientale, che costituiscono elementi fondanti del procedimento amministrativo di autorizzazione dei due progetti, sono riportate le prescrizioni poste a tutela della qualità del mare e della salute dei cittadini e degli operatori;
   alla fine di ogni decreto è riportato l'ente vigilante e la fase progettuale entro la quale provvedere a realizzare le prescrizioni riportate nei rispettivi decreti; la verifica delle ottemperanze alle prescrizioni è una fase fondamentale di controllo del corretto operato del proponente;
   le informazioni presenti sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella sezione relativa alla VIA di ciascun progetto evidenziano il fatto che per molte prescrizioni da attuare in fasi antecedenti l'avvio dei lavori non è stata avviata la verifica di ottemperanza;
   in particolare non è possibile reperire dati riguardo a tutti i controlli di ottemperanza che avrebbero dovuto eseguire la regione Marche, l'ISPRA e l'ARPAM;
   risulta evidente ad avviso degli interroganti che l'inizio dei lavori, così come riportato dalla stampa, è avvenuto senza che siano state avviate tutte le verifiche di ottemperanza previste dai Decreti Interministeriali nonostante gli elevati rischi nei confronti della pubblica incolumità e dell'ambiente connessi alle normali operazioni di cantiere e in caso di incidente –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto illustrato in premessa;
   se sia in grado di relazionare riguardo allo stato di avanzamento dei lavori di installazione e messa in opera delle due piattaforme Clara NW e Bonaccia NW;
   quali iniziative intenda porre in essere per verificare la legittimità delle azioni intraprese fino a questo momento in relazione ai lavori di installazione delle due piattaforme;
   se non ritenga, necessario intervenire anche mediante la sospensione dei lavori in corso, nel caso in cui dovesse essere confermata la mancanza delle ottemperanze alle prescrizioni ministeriali come ipotizzato in premessa. (4-10323)


   DURANTI, FERRARA, RICCIATTI, PANNARALE, PIRAS e SANNICANDRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   «Finmeccanica» è il primo gruppo industriale italiano nel settore dell'alta tecnologia ed opera in settori legati alla difesa (elettronica, elicotteristica, aeronautica, aerospazio e politiche spaziali), ai trasporti ed all'energia, e il suo maggiore azionista è il Ministero dell'economia e delle finanze; «Finmeccanica» conta sedi sparse in tutto il mondo e circa 70.000 dipendenti ed è uno dei principali gruppi industriali italiani sotto controllo statale, e di conseguenza, le decisioni assunte dal suo gruppo dirigente relativamente alle politiche industriali attuate da «Finmeccanica» sono derivazioni di scelte politiche in senso stretto;
   l'azienda «SELEX ES», facente parte del gruppo «Finmeccanica», opera in Italia sia nel settore civile che in quello militare, e occupa oltre 12.500 persone su tutto il territorio nazionale, di cui oltre il 70 per cento con qualifiche tecniche;
   la sede della «SELEX ES» di Taranto (TA), sita in Viale del Lavoro, conta ad oggi oltre 170 dipendenti, composti da personale altamente qualificato in ambito ingegneristico che opera nei settori dell'aerospazio e della difesa, di concerto con la Marina militare, l'Aeronautica e l'Esercito, e di applicazioni civili in svariati settori strategici nazionali;
   nello specifico l'attività del sito «SELEX ES» della provincia fonica (che nel corso del tempo ha acquisito le società «Datamat» prima «Space Software Italia» poi) è da sempre punto di riferimento per la Marina militare, con collaborazioni importanti sia nell'ambito di progetti logistici, sia in ambito di comando e di controllo sulle unità navali a terra;
   ad oggi, per quanto a conoscenza degli interpellanti, risulta essere prevista una riduzione dell'impegno industriale di «Finmeccanica» sul territorio tarantino, dato che, nonostante l'acquisizione del cosiddetto contratto di «Legge Navale» (o «Programma Navale»), si mette a serio rischio la funzionalità e la continuità delle attività del capoluogo fonico dislocando totalmente le nuove commesse su altre realtà italiane, come si evince anche dalla conferenza sulla legge navale tenutasi a Porto Lotti (La Spezia) il 17 luglio 2015, alla presenza, fra gli altri, del Capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio De Giorgi, dell'amministratore delegato di Finmeccanica, Mauro Moretti;
   il rischio dello smembramento, o della messa in liquidazione, di una realtà altamente tecnologica come la «SELEX ES» rischia di pregiudicare definitivamente la situazione sociale ed occupazione della provincia jonica –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa;
   quali iniziative urgenti intenda assumere per scongiurare il rischio di una riduzione dell'impegno finanziario ed industriale del gruppo Finmeccanica nei confronti della SELEX ES di Taranto, date le immaginabili conseguenze drammatiche sotto il profilo occupazionale e della desertificazione industriale di un territorio già duramente colpito dalla crisi economica. (4-10332)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   Fabio Calassi, esperto di servizi informatici, dopo essere stato messo in mobilità dall'azienda per la quale lavorava in Italia, nel 2010 si è trasferito insieme al figlio Filippo in Guinea Equatoriale per curare un progetto di informatizzazione della Tesoreria di quel Paese;
   nel corso di cinque anni ha scalato le posizioni all'interno della società General Work, nella quale accanto a capitali italiani esiste una rilevante presenza del governo, guidato dal presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, fino a diventarne CEO;
   tra la fine del 2014 e l'inizio del 2015 il crollo del prezzo del barile ha creato forti difficoltà al Paese, e i pagamenti del Governo alla General Work si sono interrotti creando non poche difficoltà all'azienda che conseguentemente non ha potuto onorare i suoi debiti con fornitori e dipendenti;
   il 21 marzo 2015, i signori Fabio e Filippo Galassi sono stati arrestati con l'accusa di voler lasciare il Paese portando con sé fondi della General Works;
   Filippo Galassi, al quale in un primo tempo sono stati concessi gli arresti domiciliari, è stato poi riportato in carcere a Bata, la più importante città della Guinea equatoriale;
   con i Galassi è tuttora detenuto anche un altro italiano, Daniel Candio, di 24 anni, amico di Filippo Galassi e anche lui dipendente della General Work;
   la detenzione dei nostri connazionali, ormai protratta da oltre cinque mesi in condizioni durissime, presenta numerosi profili di ingiustizia;
   le accuse contro i tre risulterebbero non essere state ancora formulate, contrariamente ai principi più elementari del diritto e alle leggi della stessa Guinea, che, prevedono un termine di 72 ore;
   le autorità della Guinea non avrebbero finora esibito alcuna prova a supporto dell'accusa quali biglietti aerei che certificassero l'intenzione di fuggire, o i trolley «pieni di soldi», tantomeno confessioni o parziali ammissioni dei diretti interessati;
   finora gli unici contatti avuti con Galassi sono stati un sms inviato ad un amico e una telefonata alla sua ex compagna nel mese di agosto, evidentemente digitando i due soli numeri che ricordava a memoria e utilizzando un apparecchio prestato da qualcuno;
   la salute di Fabio Galassi, in base ad una breve intervista mandata in onda dalla tv di stato, la Tvge, due mesi dopo l'arresto, risulta, dalle immagini, essere molto provata;
   le condizioni delle carceri della Guinea equatoriale – come ha potuto testimoniare un altro nostro connazionale, l'imprenditore pontino Roberto Berardi, liberato e tornato in Italia lo scorso luglio dopo una detenzione di due anni e mezzo – sono terribili, e in esse viene praticata spesso la tortura;
   nella citata intervista lo speaker della tv di Stato dice testualmente: «lo hanno preso con le mani nel sacco, questo cabron» il che non fa presagire la presenza di presupposti per un equo processo;
   considerati i tempi fin qui trascorsi in carcere senza che siano state neppure formulate le accuse, vi è ragionevolmente da temere tempi processuali lunghissimi, tali da far temere seriamente per le condizioni di salute dei due Galassi e di Manuel Candio –:
   si chiede pertanto di conoscere se e quali iniziative il Governo italiano ha già intrapreso ed intende assumere per accertarsi delle condizioni di salute e processuali dei tre connazionali attualmente detenuti e affinché vengano garantite condizioni detentive e processuali rispettose dei diritti civili e delle convenzioni internazionali. (5-06370)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, MANNINO, MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la legge quadro sulle aree protette (n. 394 del 1991) all'articolo 9 comma 11 stabilisce le modalità di nomina dei direttori dei Parchi, prevedendo che la scelta del Ministro dell'ambiente debba ricadere su una rosa di tre candidati proposta dal consiglio direttivo e formulata in base ai nominativi compresi nell'albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco istituito presso il Ministero dell'ambiente, al quale si accede mediante procedura concorsuale per titoli;
   solo nell'ultimo anno sono stati emanati avvisi pubblici per la individuazione della rosa di tre nominativi da sottoporre al Ministero dell'ambiente per il conferimento dell'incarico di Direttore dei seguenti Ente Parco:
    Aspromonte,
    Circeo,
    Foreste Casentinesi,
    Pollino,
    Cinque Terre,
    Gran Sasso;
   altri direttori dovranno essere presto nominati in quanto quelli attualmente in carica sono vicini alla fine del mandato quinquennale;
   l'articolo 3 comma 1 del decreto ministeriale 10 agosto 1999 prescrive una cadenza biennale per l'indizione del bando di concorso per titoli per l'iscrizione all'albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco;
   l'ultimo bando risulta essere stato indetto nel 2007, quindi l'elenco dal quale vengono scelti i nomi che compongono la rosa dei tre sui quali il Ministro deve ogni volta effettuare la scelta per ciascuna nomina risulta non opportunamente aggiornato, impedendo la partecipazione a chi avrebbe i titoli per potervi accedere e limitando fortemente la possibilità di scelta;
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative e con quali tempistiche intenda intraprendere per fare in modo che l'albo di idonei all'esercizio dell'attività di direttore di parco venga adeguatamente aggiornato nel rispetto della sopra citata normativa vigente.
(5-06371)


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MICILLO e MANNINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 luglio 2015 si è verificato un incidente in autostrada nella piazzuola Tangoni dell'A12 Genova-Livorno; durante una manovra, un tir ha danneggiato una autocisterna causando lo svernamento di un migliaio di litri di carburante. Risulta da notizie di stampa che la bonifica fu eseguita subito, ma i rilievi eseguiti sulle acque del pozzo Case Nuove in Casarza Ligure, da cui attinge acqua potabile buona parte di quel comune e una parte del comune di Sestri Levante, mostrarono un innalzamento del livello di idrocarburi totali nei giorni seguenti, seppur nei limiti di norma; dal 25 agosto, dopo alcune precipitazioni piovose, è stato rilevato un innalzamento importante del metil-t-butil etere (MTBE), fino a 1982 microg/L mentre il limite di sicurezza raccomandato dall'ente di protezione ambientale, statunitense (USEPA) è 20 microg/L; il MTBE è un etere, avente formula bruta C5H12O che a temperatura ambiente si presenta come un liquido incolore dall'odore caratteristico, un composto organico di sintesi derivante dal metanolo (o alcool metilico) e dal 2-metil-2- propanolo (o alcol t-butilico) che viene impiegato come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottano, in sostituzione del piombo tetraetile e del benzene. Il basso costo e la tossicità sicuramente inferiore a quelle del piombo tetraetile e del benzene ne hanno incrementato l'impiego come antidetonante in tutte le benzine verdi, fino ad essere usato oggi in percentuali che vanno dal 7 per cento al 12 per cento;
   ciò che lo rende temibile, rispetto ad altri idrocarburi contenuti nella benzina, è la sua alta solubilità in acqua: il valore medio di solubilità in acqua degli idrocarburi non supera generalmente 0,15 g/l, mentre la solubilità in acqua del MTBE è di circa 50 g/l;
   contrariamente al benzene poi, non viene trattenuto negli strati superficiali del terreno e una volta raggiunta la falda acquifera profonda, si disperde facilmente e vi resta per tempi indefiniti, in quanto scarsamente degradabile;
   Nei casi in cui la contaminazione riguarda solo il suolo (parte insatura), grazie all'alta tensione di vapore e alla scarsa affinità di assorbimento dell'MTBE, due sono le tecniche di bonifica:
    estrazione di vapori dal suolo (in situ);
    desorbimento termico a bassa temperatura (ex situ);
   non sono invece raccomandati trattamenti biodegradativi;
   al contrario, se l'inquinamento coinvolge anche la falda acquifera, il problema è decisamente grave: la falda non potrà più essere usata per approvvigionamento d'acqua potabile per lungo tempo;
   la qualità dell'acqua destinata al consumo umano è regolamentata dal decreto legislativo no 31 del 2001 e il MTBE non rientra tra le sostanze chimiche da ricercare e per le quali è indicato un limite di legge. L'Istituto Superiore di Sanità ha emesso due pareri, nel 2001 e revisionato nel 2006, nei quali è proposto un valore di 20-40 microg/l, in linea con le indicazioni dell'USEPA;
   nel comune di Casarza è stata emanata un'ordinanza che vieta l'utilizzo dell'acqua proveniente dall'acquedotto ad esclusione che per l'igiene personale, lo stesso per alcune zone collinari del comune di Sestri Levante e il 7 settembre il comune di Sestri Levante ha pubblicato online sul proprio sito istituzionale tutte le analisi effettuate dall'azienda Chiavarese Chemilab delle acque prelevate dal pozzo denominato «Case Nuove» in Casarza Ligure e dal pozzo denominato «Sara 1» in Sestri Levante e altri siti di prelievo;
   sul pozzo «Sara 1» non sono state riscontrate criticità anche se non sono stati eseguiti quotidianamente i dosaggi del MTBE nel periodo 25-28 agosto (i giorni in cui i superi sono stati più rilevanti nel pozzo «Case Nuove»). Le falde da cui attingono i due pozzi appaiono essere in collegamento –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative normative per disciplinare la concentrazione e i monitoraggi del MTBE nelle acque;
   se il Ministro è a conoscenza dei fatti su esposti e quali accorgimenti per quanto di competenza intende intraprendere per garantire l'approvvigionamento idrico in sicurezza agli abitanti dei comuni di Casarza Ligure e Sestri Levante. (5-06374)

Interrogazione a risposta scritta:


   SORIAL, COMINARDI e BASILIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 al 25 agosto scorso una polvere sottile di colore grigio ha ricoperto alcune vetture e davanzali di abitazioni a Viale Treponti, frazione di Rezzato, in provincia di Brescia;
   i cittadini che hanno portato l'auto a pulire hanno constatato che neppure con il lavaggio era possibile rimuovere tale polvere che, anzi, a contatto con l'acqua, si solidificava, danneggiando la carrozzeria;
   il 25 agosto l'amministrazione ha fatto pervenire all'Arpa un campione della polvere sconosciuta, perché si svolgessero le analisi del caso e parallelamente ha contattato le imprese virlesi, iniziando da Italcementi, per capire se vi fossero collegamenti con il fenomeno;
   il vicino stabilimento dell'Italcementi, che a novembre scorso ha inaugurato (alla presenza del premier Matteo Renzi) il nuovo stabilimento da 150 milioni, con sofisticate tecnologie in grado di abbattere del 70 per cento gli inquinanti, avrebbe inviato all'Arpa in data 28 agosto, «una comunicazione di fermo impianto relativo alla nuova linea di cottura dal 25 agosto»;
   un eventuale guasto avrebbe dovuto essere registrato dall'impianto di monitoraggio in continuo, e immediatamente comunicato alla popolazione per evitare il più possibile l'eventuale inalazione di suddetta polvere, ma né in comune, né all'Arpa sono arrivate segnalazioni fino al 28 agosto, dopo che le proteste dei cittadini si erano fatte pressanti sui social;
   secondo fonti di stampa, l'Italcementi avrebbe comunicato con una nota ufficiale indirizzata al Sindaco di Rezzato ed agli uffici dell'Arpa di Brescia e provincia, l'avvenuta rottura di alcune maniche del filtro di uno dei tre forni per la cottura del cemento, chiuso dal 25 agosto e che – stando alla comunicazione dell'azienda sarebbe stato riaperto lunedì 1o settembre;
   la nota ufficiale firmata dal direttore dell'impianto, l'ingegner Alfredo Vitale, riporta testualmente che: «in occasione della fermata della linea di cottura dello scorso 25 agosto, abbiamo provveduto all'ispezione dei principali impianti di filtrazione. È emersa la rottura di alcune maniche del filtro che presidia l'emissione E172 (depolverazione griglia di raffreddamento)»;
   si stanno attendendo i risultati delle analisi chimiche di Arpa sul reale contenuto della suddetta polvere;
   da anni a Rezzato, Mazzano e in tutta l'area attorno all'impianto e alle cave di estrazione, si registra una qualità dell'aria pessima;
   ben 25.000 cittadini vivono sotto l'influenza dei fumi dell'impianto dell'Italcementi, e hanno dovuto dunque accettare la convivenza con una delle attività umane più inquinanti oggi esistenti: l'Agenzia per la Protezione Ambientale americana classifica i cementifici al terzo posto per l'emissione di diossine –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritengano necessario intervenire, per quanto di competenza, per promuovere un'approfondita verifica – anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente – sulle emissioni di sostanze inquinanti di questo impianto e sulle possibili conseguenze sul piano ambientale, sanitario e sociale, anche a seguito di eventuali malfunzionamenti o errori di gestione, come avvenuto a fine agosto;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano necessario intraprendere le iniziative urgenti di competenza per individuare e mettere in sicurezza le aree che risultassero contaminate dalla polvere di cui in premessa;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano altresì attivarsi per un'implementazione del sistema dei controlli, con ogni strumento a disposizione e su tutto il territorio nazionale, mediante una rete di monitoraggio ambientale, sia sulle emissioni inquinanti dei cementifici, sia sul processo di gestione dei combustibili solidi secondari utilizzati in tali impianti. (4-10325)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'Automobile club Italia (ACI) è una federazione sportiva nazionale a carattere pubblico, istituita all'inizio del novecento, riconosciuta dal CONI e dalla Fédération Internationale de l'Automobile (FIA), con il compito di favorire lo sviluppo dello sport automobilistico e del comparto dell'auto, di associare e tutelare gli automobilisti e di organizzare manifestazioni sportive;
   inoltre, l'Automobile Club d'Italia è un ente pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, per quanto riguarda la gestione del pubblico registro automobilistico e l'acquisizione dei relativi tributi (la tassa di circolazione), del Ministero della giustizia;
   in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 24 novembre 2013, intitolato «Una tassa chiamata ACI: 191 milioni ogni anno per un registro inutile», Sergio Rizzo descrive le vicende legate al pubblico registro automobilistico (PRA) e agli sprechi dell'Automobile Club Italia, denunciando gli stipendi d'oro dei manager ed evidenziando che la crisi del mercato dell'auto ha fatto emergere tutto il peso di una struttura elefantiaca: tremila dipendenti, 106 strutture provinciali e una miriade di società collegate;
   infatti, Rizzo ricorda che l'ACI nazionale controlla, oltre alla Sara Assicurazioni cui fanno capo ben nove ulteriori partecipazioni. ACI informatica, branca a cui era stata assegnata la gestione del costosissimo sito turistico nazionale Italia.it «protagonista di innumerevoli disavventure», ACI Consulti impresa di progettazione, studi e consulenze, ACI Vallelunga, la società proprietaria dell'autodromo di Vallelunga nei pressi di Roma, ACI Globali azienda che fornisce «assistenza tecnica ai veicoli e assistenza sanitaria alla persona», ACI Progei, immobiliare, ACI sport, società sportiva, Ventura, un'agenzia di viaggi, ACI Mondadori, joint venture al 50 per cento con la nota casa editrice, che da sola è in perdita di 257mila euro;
   a queste controllate, alcune con bilanci in perdita da diversi esercizi, ricorda il giornalista de Il Corriere della Sera, si aggiungono ulteriori legate alle ACI provinciali, spesso in passivo;
   il Fatto Quotidiano del 14 marzo 2013 aveva già pubblicato un articolo di Daniele Martini nel quale evidenziava come tre dirigenti «illustri», Alessandro Cocconcelli, Guido del Bue e Maria Giovanna Basile, moglie di Antonio Mastrapasqua ex presidente dell'INPS, occupassero cariche importanti all'interno dell'ACI e delle controllate o dipendenti ACI in chiaro conflitto di interessi ed contrasto con le regole di governance dell'ACI;
   l'attuale presidente dell'ACI, Angelo Sticchi Damiani, come riportato da un articolo pubblicato da Il Fatto Quotidiano 18 giugno 2012, è stato nominato al vertice dell'ACI alla vigilia della sentenza n. 315/2012 della Corte dei conti che, confermando la sentenza della sezione giurisdizionale per la regione Lazio n. 2921/05, l'ha condannato a pagare 21.986 euro per danno erariale arrecato proprio all'ACI per l'annullamento di una gara d'appalto per la promozione dei campionati italiani di automobilismo del triennio 1998-2000;
   quest'abuso è costato all'ACI quattro milioni di euro di risarcimento danni pagati alla società Salerno Corse che aveva vinto la gara d'appalto annullata, oltre alle spese per la difesa;
   oltre a Sticchi Damiani sono state condannate a versare allo Stato il 10 per cento del danno arrecato, per un totale di 154 mila euro altre 6 persone – Pasquale De Vita, Franco Lucchesi, Brunello Oliveri, Ludovico Grandi, Giovanni Asquini e Rosario Alessi –, componenti del Comitato Esecutivo dell'Ente ai tempi dei fatti considerati, tra cui Pasquale De Vita, allora vicepresidente ACI e, per decenni, anche presidente dell'Unione Petrolieri Italiani in chiaro conflitto di interessi, e Rosario Alessi, ex presidente dell'Automobile Club, oggi a capo di Sara Assicurazioni di proprietà dell'ACI e di cui è vicepresidente proprio Sticchi Damiani;
   inoltre, la Corte dei Conti, con sentenza in appello n. 386 del 15 maggio 2014, ha respinto il ricorso depositato il 7 maggio 2013 dai signori De Vita, Lucchesi, Oliveri, Grandi, Asquini, Alessi e Sticchi Damiani, per la revoca della precedente sentenza, la n. 315 del 2012, addebitando i costi in parti uguali a tutti i ricorrenti ad eccezione del signor Pasquale di Vita;
   in un articolo de Il Fatto Quotidiano del 29 giugno 2015 si segnala testualmente che l'ACI è «...un dinosauro di 3 mila dipendenti, partecipate comprese, che a Sticchi garantisce entrate annuali di oltre 415 mila euro l'anno: 264 mila come Presidente, 32 mila e passa come consigliere della Sara, 60 mila circa da ACI Informatica, 60 mila da ACI Consult»;
   la permanenza di Sticchi Damiani alla guida dell'ACI, ad avviso degli interroganti, contrasta con il codice etico dell'Ente stesso, secondo il quale «l'Ente si impegna ad interpretare e svolgere sempre il proprio ruolo secondo i principi di integrità, trasparenza e lealtà che lo contraddistinguono da 110 anni», e con quello del CONI: secondo il Codice di comportamento sportivo» approvato il 30 ottobre 2012, deve essere garantita l'onorabilità degli organismi sportivi (articolo 11) con la sospensione immediata in via cautelare, secondo le modalità previste, «dei componenti che sono stati condannati, ancorché con sentenza non definitiva, per i delitti indicati nell'allegato «A» o che sono stati sottoposti a misure di prevenzione o di sicurezza personale». Tra i delitti indicati nell'Allegato A figurano numerose disposizioni relative ai reati contro la fede pubblica e la pubblica amministrazione;
   secondo il bilancio 2014 dell'ACI quale federazione sportiva, i ricavi relativi all'attività sportiva sono stati pari a 7.710.000 euro, con un incremento del 11,52 per cento rispetto al 2013, composti dalle quote relative ai tesseramenti sportivi, dalle tasse d'iscrizione per gare a calendario e dai proventi per omologazione di vetture, abbigliamento e accessori per attività agonistica. L'Ente ha inoltre iscritto proventi per trasferimenti dal CONI per 1.238.000 euro –:
   se il Governo non ritenga opportuno adottare iniziative urgenti, anche alla luce dei fatti e delle sentenze descritti in premessa, per rimuovere Angelo Sticchi Damiani da presidente dell'AGI e conseguentemente nominare un commissario straordinario che sovrintenda alle attività dell'Ente in attesa di nuove elezioni;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per riformare l'ACI, separando la federazione sportiva dalle funzioni proprie di un ente pubblico non economico, considerato che, alla luce dei dati di bilancio sopra riportati, una federazione sportiva indipendente potrebbe disporre delle risorse sufficienti per una gestione autonoma;
   se, a seguito delle sentenze della Corte dei conti, Sticchi Damiani e gli altri sei condannati abbiano provveduto al Versamento dei 154 mila: euro quale risarcimento del danno arrecato all'ACI e, nel caso di insolvenza, come si intenda agire per quanto di competenza nei confronti degli inadempienti;
   quali iniziative si intendano adottare per restituire credibilità all'ACI anche riorganizzando e razionalizzando la rete di società partecipate. (5-06369)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 luglio 2015 alcuni attivisti del Movimento 5 Stelle del comune di Gravina in Puglia hanno chiesto di essere convocati dal sindaco della città in merito ai lavori di rigenerazione urbana di determinate zone del territorio comunale e di riqualificazione del centro storico;
   è evidente ad avviso dell'interrogante il mancato rispetto delle condizioni dettate, in data 26 gennaio 2015, dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province, di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia relativamente al progetto di riqualificazione del rione Fondovito del comune sopracitato; nel corso del quale non si è provveduto al recupero o alla sostituzione del basolato originario, invece ricoperto da una nuova pavimentazione pericolosa per l'incolumità fisica dei cittadini e munita di una rampa per disabili non confacente alla norma;
   anche altri progetti di riqualificazione degli spazi pubblici nel centro storico di Gravina hanno apportato modifiche non in linea con la pavimentazione originaria della città; modifiche che, insieme ai nuovi arredi urbani, ad esempio la fontana in Piazza Plebiscito, procurano, quotidianamente disagi ai cittadini e mettono palesemente a rischio la loro incolumità, come dimostra il caso dell'anziano trasportato urgentemente in ospedale la sera del 23 luglio 2015 dopo essere inciampato e aver battuto la testa;
   a quanto consta all'interrogante si attesta, inoltre, la mancata comunicazione ai cittadini da parte dell'amministrazione comunale del progetto di riqualifica di via Giudice di Montea a seguito del crollo verificatosi nel marzo 2011, di cui soltanto nell'agosto 2015 si è provveduto allo sgombero dalle macerie, poi gettate nella gravina di Gravina. Tuttora secondo l'interrogante non è chiaro alla cittadinanza se il progetto sopracitato preveda o meno l'installazione di un impianto fognario e se sia prevista la demolizione di parte dell'acquedotto settecentesco per il transito dei mezzi del cantiere;
   infine per l'interrogante i lavori di pavimentazione di Piazza Pellicciari, minacciano di nascondere definitivamente le grotte e le cantine situate al di sotto della piazza, attraverso numerose cementificazioni;
   ad oggi risulta all'interrogante che né gli attivisti del Movimento 5 Stelle del comune di Gravina in Puglia, né tanti altri cittadini abbiano ricevuto risposta alcuna dall'amministrazione comunale –:
   se i Ministri dispongano di elementi in merito a quanto esposto in premessa e, se esso corrisponda al vero, non intendano intervenire, nel rispetto delle competenze, anche promuovendo una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela del patrimonio storico e culturale dell'ambiente in relazione alle modifiche apportate dai progetti di rigenerazione urbana di riqualificazione del Centro Storico della città di Gravina, tenendo conto delle condizioni dettate dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bari, Barletta – Andria – Trani e Foggia. (4-10321)


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a Porto Recanati, in provincia di Macerata, nel dicembre 2013 l'amministrazione comunale adottò una variante al piano regolatore generale per consentire la lottizzazione della zona denominata «Burchio», in località Monatrice, per inserire un'area turistica detta «parco del Burchio», tesa alla realizzazione di circa 50 villette residenziali e di un Resort a 5 stelle, con relativo campo di golf e parchi verdi, su progetto proposto da investitori russi e americani, a nome della società Coneroblu Srl;
   l'area oggetto della struttura ricettiva, secondo la competente soprintendenza, «appare sottoposta a vario titolo a forme di rilevante tutela» e di «notevole valenza paesaggistica». «In particolare, si legge nell'atto inviato dalla soprintendenza alla provincia di Macerata, verrebbero violati alcuni vincoli stabiliti dal Codice dei beni culturali del paesaggio per la presenza di corsi d'acqua (fascia di tutela del fiume Potenza) e boschi. In riferimento invece al Piano paesaggistico ambientale regionale (Ppar), la direzione dei beni culturali individua la presenza di vincoli archeologici, che non vengono rispettati per i crinali visibili dall'autostrada, e considerato l'elevato consumo di suolo viste le tipologie costruttive ipotizzate che produrebbero «modificazioni permanenti delle forme del paesaggio»; inoltre la zona rurale di salvaguardia paesaggistico-ambientale – a fronte dell'entità degli interventi – vedrebbe modificata in maniera sostanziale le proprie caratteristiche rurali e paesaggistico-ambientali prima tutelate dal piano regolatore generale vigente di Porto Recanati. «In conclusione – scrive la Soprintendenza – si ritiene che la proposta di interpretazione e di trasposizione attiva delle norme di tutela dei differenti strumenti urbanistici sopra elencati (...) tenda a svilire e rendere inefficace una politica di tutela paesaggistica coerente e condivisa ai vari livelli di pianificazione.»;
   l'ufficio decentrato del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo inoltre contestò la procedura proposta dalla Coneroblu S.r.l. di prevedere che la costruzione sul territorio di Porto Recanati di nuove edificazioni sia compensata dall'eliminazione di volumi destinati a parco fluviale – e quindi di utilizzo pubblico – trasformandoli in altrettanta volumetria ad esclusivo utilizzo privato, contestando quindi la logica del progetto proposto secondo la quale l'edilizia pubblica si trasforma in edilizia privata, «disgregando un sistema del verde attrezzato pubblico ben progettato, rendendo poco efficace una programmazione paesaggistica originariamente coerente (...)»;
   in conclusione, la Sovrintendenza in fase di Valutazione Ambientale Strategica (det. n. 69 del 3 aprile 2014 e n. 202 del 15 luglio 2014) scrive in maniera inequivocabile che «la compensazione urbanistica proposta non appare quindi coerente con le finalità perseguite dalla legge di riferimento; si ritiene non idonea la localizzazione degli interventi proposta in oggetto», per poi suggerire soluzioni alternative alla variante del Burchio, individuando nel Piano regolatore generale di Porto Recanati, aree già previste edificabili e non utilizzate;
   nel mese di novembre del 2014 il nuovo consiglio comunale del comune di Porto Recanati con le delibere nn. 46 e 47 procedeva all'annullamento d'ufficio dell'accordo di programma relativo alla variante urbanistica;
   il Tar per le Marche, con sentenza del 24 luglio 2015, accoglieva il ricorso presentato dalla Società Coneroblu s.r.l. avverso le predette deliberazioni;
   l'esecutività della decisione, che imponeva al comune sopracitato di deliberare nuovamente sull'approvazione della variante al piano regolatore generale nel termine di 45 giorni, è stata sospesa con ordinanza del Consiglio di Stato del 9 settembre 2015, a seguito del ricorso in appello presentato, dal comune di Porto Recanati con delibera del Commissario straordinario, subentrato nella gestione dell'ente a maggio 2015 –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere affinché le valenze paesaggistiche e archeologiche del sito descritto in premessa, riscontrate dalla Soprintendenza sopracitata, vengano effettivamente tutelate e valorizzate, anche attraverso l'apposizione di vincoli archeologici più efficaci, e quali iniziative intende inoltre assumere per far si che l'area venga sottratta a interventi che ne comprometterebbero irreversibilmente il valore paesaggistico, storico e culturale.
   (4-10326)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, GALLINELLA, CIPRINI, AGOSTINELLI, CECCONI, MICILLO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in un comunicato stampa del 23 luglio 2015 (http:/ /www.(iberatiumbria.it/2015/07/24/quadritaterocosti-vecchie-tecnologie-dilluminazione) il capogruppo del Movimento 5 stelle al consiglio regionale umbro, Andrea Liberati, ha denunciato che per illuminare i tunnel nella Quadrilatero Marche-Umbria sono state impiegate soluzioni antiquate, ossia corpi illuminanti ai vapori di sodio ad alta pressione (sap), anziché a led;
   il consigliere ha sottolineato anche il fatto che il risultato è che, tra manutenzione e bolletta elettrica, la collettività spenderà ogni anno circa il 70-75 per cento in più rispetto alla migliore tecnologia esistente;
   questa rappresenta l'ennesima scelta scellerata nell'ambito di un cantiere che ancora vede chiuse le gallerie coinvolte dalla nota vicenda dei sottospessori cementizi –:
   se Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere per garantire, che nei cantieri della Quadrilatero spa, sotto ogni punto di vista vengano adottate le scelte tecnologicamente più avanzate e in grado di perseguire l'obiettivo della massima efficienza e detta minore spesa, anche in termini di gestione e manutenzione, per la collettività;
   se tali impianti di illuminazione installati corrispondano ai requisiti tecnici ed alle richieste presenti nel capitolato tecnico;
   se sia in grado di relazionare riguardo allo stato di avanzamento delle operazioni che ANAS ha annunciato a inizio luglio 2015 nel quadro delle verifiche disposte su tutte le opere della Quadrilatero Marche-Umbria. (5-06368)


   RICCIATTI, FERRARA, FRANCO BORDO, SCOTTO, QUARANTA, PLACIDO, AIRAUDO, PIRAS, MELILLA, DURANTI e FRATOIANNI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada E78 Fano-Grosseto, detta anche «Strada dei due Mari», è una infrastruttura concepita alla fine degli anni ’60, periodo al quale risalgono i primi progetti di massima per la realizzazione dell'opera, per rendere agevole il collegamento tra versante Adriatico e versante Tirrenico del Centro Italia, nonché verso Roma;
   il tracciato ha origine sulla Via Aurelia all'altezza di Grosseto e si conclude sull'Autostrada Adriatica A14, in corrispondenza del casello di Fano, in provincia di Pesaro. Lungo il suo tracciato, la E78 collega le città di Siena ed Arezzo in Toscana, Urbino e Fano nelle Marche ed interseca la E45 e la fondovalle del Metauro in provincia di Pesaro e Urbino, per una lunghezza complessiva di circa 270 km, di cui circa il 65 per cento in Toscana, il 30 per cento nelle Marche ed il 5 per cento in Umbria (fonte: Anas);
   la realizzazione dell'infrastruttura ha subito nel corso degli anni numerosi rallentamenti a causa di diverse difficoltà burocratiche e di realizzazione dell'opera;
   in data 4 novembre 2014, per promuovere la realizzazione del progetto di infrastruttura, veniva costituita la società Centralia – Corridoio Italia Centrale S.p.A., Società Pubblica di Progetto, ai sensi dell'articolo 172 del decreto legislativo n. 163/2006, con capitale sociale detenuto per il 55 per cento da Anas e per il restante 45 per cento da regione Marche, Toscana (attraverso Logistica Toscana S.c.r.l.) e Umbria (attraverso Sviluppumbria), con una quota del 15 per cento ciascuna;
   in data 23 luglio 2015, nel corso di un incontro con alcuni amministratori locali delle Marche, il presidente della Regione Luca Ceriscioli ha annunciato la fine dell'esperienza di Centralia in quanto «il contratto di disponibilità come evoluzione del project financing per la Fano-Grosseto e su cui si basa l'impostazione della società Centralia, non è praticabile per costruire strade» (Ansa, 23 luglio 2015);
   in data 9 settembre 2015 si è svolto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un incontro tra il sottosegretario ai trasporti Riccardo Nencini, il presidente della regione Marche Luca Ceriscioli, l'assessore ai lavori pubblici dell'Umbria Giuseppe Chianella, alcuni tecnici dell'Anas e il presidente di Centralia S.p.A. Guido Perosino, per discutere il rilancio del progetto dell'infrastruttura con la definizione di un nuovo tracciato;
   nello specifico, da quanto si apprende dagli organi di stampa che hanno fornito un resoconto dell'incontro, il nuovo pacchetto messo a punto dall'Anas prevede «interventi di ammodernamento del tratto limitando al massimo la realizzazione di nuove infrastrutture viarie impattanti per il territorio»; il completamento con raddoppio della galleria della Guinza, scavata più di vent'anni fa e tutt'ora incompiuta; lo stanziamento di un miliardo di euro per la realizzazione dell'opera e l'indicazione del termine di fine lavori al 2020 (Il Corriere Adriatico, 10 settembre 2015);
   in passato l’iter del progetto della E78 è stato oggetto di forti tensioni con le comunità dei territori interessati dal passaggio dell'infrastruttura, sia perché il tracciato concordato con le stesse era stato disatteso e superato da nuove ipotesi avanzate dalle società private interessate alla realizzazione dell'opera, sia per il significativo impatto sul patrimonio paesaggistico del Montefeltro che tali ipotesi avrebbero comportato (sul punto si richiama integralmente l'atto di sindacato ispettivo «Interrogazione a risposta scritta 4-02526 presentata da RICCIATTI Lara, testo di Giovedì 14 novembre 2013, seduta n. 118») –:
   se la definizione del nuovo tracciato dell'infrastruttura verrà sottoposta ad una consultazione pubblica preventiva con le comunità interessate dal suo passaggio;
   se il nuovo tracciato terrà conto dei vincoli e del patrimonio paesaggistico delle aree interessate. (5-06372)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO, SPESSOTTO, DA VILLA, D'INCÀ e BENEDETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   solo a fine agosto 2015 si è avuta notizia dello scoppio di un cassone del Mose dovuto alla pressione troppo alta del calcestruzzo; l'incidente, che sta comportando limitazioni al transito di navi e pescherecci alla bocca di porto di Chioggia, è accaduto ad ottobre 2014 e fu tenuto riservato; il costo stimato per la riparazione è di circa 10-12 milioni di euro;
   questo incidente è solo l'ultimo di cui si è venuti a conoscenza; a marzo 2013 infatti ci fu il cedimento della lunata di Lido, la diga foranea lunga un chilometro in pietra d'Istria al largo del Lido di Venezia (costata 43milioni di euro), ceduta durante una mareggiata, anche in questo caso la notizia non venne divulgata, ed a scoprire casualmente i danni fu un gruppo di pescatori; la lunata del Lido fu «bocciata» dai tecnici del comune di Venezia che l'avevano ritenuta inutile ai fini della riduzione delle maree; costruita a tempo di record era stata ultimata a metà 2012 e cedette dopo nemmeno un anno dal suo completamento;
   a febbraio 2015 ci fu un altro incidente quando la galleria dei cassoni di Malamocco è stata allagata dal mare in tempesta con conseguenti danni considerevoli e nuovi dubbi sul funzionamento del mega progetto in condizioni meteorologiche critiche;
   il 27 maggio 2015 diciotto parlamentari del M5S fecero una visita ispettiva al cantiere del Mose per monitorare l'avanzamento dei lavori; ad accompagnare i parlamentari fu il direttore generale Hermes Redi, punta di diamante della nuova governance voluta dal presidente del Consorzio Venezia Nuova Mauro Fabris, che diede ampio mandato al nuovo direttore Redi di procedere a una complessiva riorganizzazione del consorzio. In tale occasione, nonostante lo scoppio del cassone fosse già avvenuto a fine 2014, il direttore generale non accennò minimamente all'incidente, nemmeno a precise domande dei parlamentari;
   il quotidiano La Nuova Venezia del 3 settembre 2015 dal titolo «Mose e CVN, a rischio Redi e 120 dipendenti» dà notizia dell'invio da parte dei tre commissari del consorzio Venezia Nuova di un dossier su spese, consulenze e subappalti inviato alla procura, al commissario Cantone e al Ministro;
   nel libro «Veneto anno zero» l'autore Renzo Mazzaro dedica alcune righe di pagina 154 a Hermes Redi: «arrivato con Fabris a dirigere il “nuovo corso» Redi era titolare della Hmr di Padova che lavorava per il Mose e continua a farlo anche oggi (sicurezza dei cantieri e direzione lavori) – “quando ho firmato per il Consorzio mi sono dimesso blindando la società con un trust definitivo, non sono più né titolare né beneficiario in alcun modo, né potrò ridiventarlo. I miei figli beneficeranno delle azioni di Hmr solo dopo la mia morte” – lodevole ma con la società che continua a lavorare per il Mose, Redi inevitabilmente amministra la pensione dei suoi cari. La Hmr è la principale delle società affidatarie dei piani di sicurezza, per i quali il consorzio ha speso 9.531.000 di euro (conteggiati dalla guardia di finanza)»;
   Hermes Redi sarebbe anche amministratore delegato di Thetis dal 14 ottobre 2013, incarico non rilevabile dal curriculum visibile nel sito internet del MoSE; l'Azienda conduce, per conto del CVN, la direzione lavori per la realizzazione delle opere di regolazione delle maree alle Bocche di Porto della laguna di Venezia – sistema MOSE;
   un articolo de La nuova di Venezia e Mestre del 21 giugno 2014 dal titolo «Consorzio Venezia Nuova, quel bilancio pieno di misteri» elenca le partecipazioni del Consorzio e tra queste figura che controllerebbe, tra le altre, il 51,181 per cento di Thetis spa, capitale sociale 11,2 milioni di euro, iscritta a bilancio a 5,8 milioni di euro; l'articolo rivela inoltre che dal penultimo bilancio disponibile (2012) d Consorzio Venezia Nuova registra 16,5 milioni di euro di fatture non pagate emesse dalla controllata Thetis, cifra su cui stanno indagato i magistrati –:
   se non ritenga necessaria ed urgente l'accurata verifica di un grave conflitto di interesse, che pare aver intaccato anche la cosiddetta «nuova fase, o nuova governance» nella gestione dell'Opera;
   se non ritenga che i controlli sulla funzionalità del Mose debbano essere affidati ad organismi qualificati ed esperti super partes;
   se non ritenga necessario fare chiarezza in merito agli incidenti occorsi alle strutture dell'opera e se non ve ne siano accaduti di ulteriori, dei quali non sia stata finora fornita evidenza alcuna da parte del concessionario unico dello Stato e costruttore del Mo.S.E, Consorzio Venezia Nuova;
   quali misure intenda attuare a garanzia di una reale trasparenza, affinché d'ora in poi siano tempestivamente resi pubblici ulteriori incidenti. (4-10327)


   DADONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 27 agosto 2015 si è svolto a Torino, presso la sede della regione, un tavolo istituzionale che ha visto presenti il Ministro Delrio e i sindaci della Val di Susa e Val Sangone, riguardante anche le compensazioni previste per i territori interessati dalla linea ferroviaria Torino-Lione;
   secondo quanto riportato dai quotidiani: La Stampa del 27 agosto 2015 nella sezione cronache di Torino, alla pagina 43, La Repubblica del 28 agosto 2015, dorso di Torino pagina V, e Luna Nuova del 4 settembre 2015 alla pagina 2, il tavolo si sarebbe svolto in assenza dei sindaci dei comuni direttamente interessati dal tracciato dell'alta velocità Torino-Lione;
   dalle ricostruzioni giornalistiche i sindaci assenti sarebbero stati quelli comunemente definiti «No-Tav» ovvero quelli delle comunità locali che si oppongono alla realizzazione dell'opera. Anche secondo quanto dichiarato dallo stesso Sandro Plano, sindaco di Susa e presidente dell'Unione montana, il Ministro Delrio non avrebbe risposto alla richiesta di incontro dei sindaci No-Tav; evitando volontariamente di invitarli a partecipare al tavolo svoltosi in regione, nonostante questi rappresentino una parte considerevole del territorio direttamente interessato dal tracciato;
   l'invito rivolto dal Ministro Delrio ai sindaci contrari all'opera, sempre stando alle notizie di stampa, sarebbe stato solo quello di riprendere la partecipazione all'Osservatorio Torino-Lione, istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o marzo 2006, del quale hanno deciso in passato di uscire accusandolo di essere un consesso inutile e fallimentare –:
   se il Ministro interrogato abbia rivolto l'invito di partecipazione al tavolo sopracitato alle sole amministrazioni comunali dell'Osservatorio Torino-Lione; se, e nel caso su quali basi normative o procedurali, la partecipazione all'Osservatorio da parte degli enti locali delle aree interessate dal tracciato Tav rappresenti condizione necessaria e imprescindibile per il coinvolgimento degli stessi enti ai tavoli istituzionali che si svolgono nell'ambito delle attività riguardanti la tratta ad alta velocità Torino-Lione. (4-10330)


   MARTELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   si è registrato durante una fase di lavorazione lo scoppio di un cassone di calcestruzzo una delle basi da 16 mila tonnellate su cui vengono fissate le paratoie delle dighe mobili del Mose;
   in fase di posa del cassone di soglia denominato CBA-02, alla barriera di Chioggia, avvenuta a ottobre 2014, si è verificato, come comunicato dal Consorzio Venezia Nuova, un danno consistente nel sollevamento del massetto fibrorinforzato esterno (soletta S4) e una parziale fuoriuscita del calcestruzzo di riempimento nelle celle 18a e 18b;
   nel dicembre 2014, l'amministrazione straordinaria è intervenuta sulle aziende costituenti l'ATI Codia Scarl, responsabili del lavoro, per la valutazione dei danni e l'avvio della soluzione per il ripristino in corso d'opera;
   sono già in corso i lavori sott'acqua mediante un'apposita camera iperbarica con limitazioni al transito di navi e pescherecci alla bocca di porto di Chioggia;
   i tecnici hanno valutato quale migliore intervento l'utilizzo di una «campana metallica», di 22 metri per 13 metri, in grado di mantenere un habitat subacqueo a pressione atmosferica;
   i lavori di riparazione sono iniziati lo scorso mese di giugno e la conclusione è prevista per il mese di ottobre e comportano un costo pari a 10 milioni di euro che secondo le dichiarazioni del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Del Rio, dovrebbero essere coperti dalle assicurazioni;
   l'opera è ormai giunta all'85 per cento della sua realizzazione –:
   si chiede pertanto di conoscere se l'incidente in oggetto influirà sui costi complessivi dell'opera nonché sui tempi della consegna attualmente prevista per il 2018 e quali misure intenda porre in essere per evitare il ripetersi di incidenti di natura tecnica di tale rilevanza i quali purtroppo non è la prima volta che accadono. (4-10333)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco del comune di San Rocco al Porto è stato recentemente convocato d'urgenza dal Prefetto di Lodi, territorialmente competente, per essere informato della possibilità di istituire un centro di «smistamento profughi» nel territorio sottoposto alla sua responsabilità amministrativa;
   sarebbe stato al riguardo identificato anche un immobile, destinato ad attività produttive e reso disponibile da un privato, che potrebbe contenere fino a 150 migranti;
   il sindaco di San Rocco al Porto a quanto risulta all'interrogante è tuttora all'oscuro di quale sia l'immobile che sarebbe stato prescelto e delle modalità attraverso le quali la prefettura di Lodi avrebbe acquisito la disponibilità del proprietario ad accettarne la destinazione ai migranti;
   l'amministrazione comunale di San Rocco al Porto è nettamente contraria all'operazione che si prospetta;
   è molto verosimile per l'interrogante che l'immobile, probabilmente un capannone, non abbia le caratteristiche igienico-sanitarie adeguate a dare ospitalità a 150 migranti;
   se l'immobile individuato fosse effettivamente un capannone, la normativa urbanistica vigente ne vieterebbe il cambio di destinazione, stabilendo che possa essere adibito esclusivamente all'esercizio di attività produttive –:
   se l'immobile individuato dalla prefettura di Lodi sia effettivamente un capannone e come sia stata accertata la disponibilità del suo proprietario ad accettarne la nuova peculiare destinazione d'uso;
   se, tenuto conto delle circostanze evidenziate in premessa, il Ministro interrogato intenda, o meno recedere dai suoi propositi in merito alla creazione di un centro «smistamento profughi» nel comune di San Rocco al Porto. (4-10322)


   GRIBAUDO, FIANO e FIORIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dagli organi di stampa, nei giorni 11, 12, 13 settembre prossimi sarebbe in fase avanzata di organizzazione nella città di Milano e in altri centri lombardi, tra cui Cantù, una serie di eventi di stampo esplicitamente neofascista da parte di organizzazioni appartenenti all'estrema destra quali Casapound e Forza Nuova;
   di fronte a tale eventualità, vi è stata l'immediata reazione sul territorio delle forze civiche, politiche e sindacali, oltre che delle organizzazioni combattentistiche tra cui l'Anpi. In proposito, una lettera è stata indirizzata il 2 settembre 2015 dal presidente nazionale Carlo Smuraglia al Presidente del Consiglio e tra l'altro a codesto Ministero dell'interno, con la richiesta a nome di tutta l'Associazione di «un pronto e deciso intervento da parte di chi ha competenza in materia e una indifferibile presa di posizione delle massime Istituzioni nazionali»;
   una chiara presa di posizione è altresì giunta dal comune di Milano per voce dell'assessore alla Sicurezza, Marco Granelli, il quale ha ribadito la «ferma contrarietà della città di Milano, medaglia d'oro per la Resistenza, allo svolgimento, sul suo territorio, di manifestazioni con evidenti connotazioni fasciste»;
   un simile raduno, che si connota sin d'ora per la chiara e consapevole ispirazione all'ideologia fascista, non può preoccupare solo i cittadini lombardi, ma deve smuovere le coscienze civili dell'intero Paese e l'insieme delle sue istituzioni democratiche, in piena osservanza del dettato Costituzionale (XII disposizione transitoria e finale) e delle leggi della Repubblica (legge 20 giugno 1952, n. 645) –:
   quali iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere al fine di impedire che sul territorio nazionale possano avere luogo avvenimenti come quelli anticipati in premessa i quali, oltre a costituire potenzialmente un grave rischio per l'ordine pubblico e la sicurezza, ad avviso dell'interrogante sarebbero in palese contrasto con la legge e con la natura democratica e antifascista dell'Italia. (4-10329)


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta dai quotidiani locali, il personale del Corpo dei vigili del fuoco che presta servizio come volontariato nei comuni di Bondeno e di Copparo entrambi in provincia di Ferrara, rischia di essere pesantemente ridimensionato, a causa degli elevati costi delle visite mediche necessarie ad essi addebitati e stimati in circa 430 euro;
   i medesimi articoli di stampa evidenziano tra l'altro che, in assenza di un piano nazionale, scaduto lo scorso 31 dicembre, ogni distaccamento del suesposto Corpo di polizia regionale, attualmente non è in grado di definire la dotazione del numero esatto di volontari, che al momento risultano essere quindici in attesa a Bondeno e una decina a Copparo;
   l'interrogante evidenzia al riguardo, come il ruolo svolto dai volontari dei Vigili del fuoco nei suddetti comuni, sia strategico e di estrema importanza in considerazione del servizio da essi prestato in situazioni di estrema difficoltà, come ad esempio, in occasione del terremoto avvenuto nel recente passato, oltre che dell'attività svolta quotidianamente a tutela delle comunità locali emiliane;
   a giudizio dell'interrogante, ove fosse confermato quanto pubblicato dalle cronache di stampa locali, le conseguenze della riduzione del numero dei volontari dei vigili del fuoco di Bondeno e di Copparo, causata oltre che dall'esoso costo delle visite mediche, anche dall'impossibilità di svolgere addestramenti nelle sedi provinciali e, infine, dalla ventilata ipotesi di eliminazione del gettone di rimborso spese, rischiano di determinare gravi effetti penalizzanti in termini di sicurezza e salvaguardia delle cittadine in precedenza richiamate –:
   se il Ministro interrogato, intenda confermare gli orientamenti esposti in premessa, con riferimento al rischio di chiusura per molti dei distaccamenti di pompieri volontari, attivi sul territorio emiliano dove sono in servizio svariate decine di unità operative, ed in particolare nella provincia di Ferrara, presso i comuni di Bondeno (con i suoi oltre 300 interventi annui) e di Copparo;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda porre in essere, al fine di tutelare l'attività dei volontari del Corpo dei vigili del fuoco, in precedenza richiamati, che come già riportato, risulta essenziale ed indispensabile per la sicurezza dei citati comuni. (4-10331)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il dirigente scolastico regionale, Francesco Feliziani, risulta destinatario di un premio produttività di 63 mila euro;
   è titolare dell'incarico di direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per la Sardegna e sua moglie è a capo di due uffici nella medesima struttura, percependo i due un premio complessivo di produttività pari a 95 mila euro;
   secondo i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il dirigente scolastico regionale della Sardegna si porterà quest'anno a casa un lauto premio di risultato di ben 63 mila euro;
   tutto questo a fronte di una scuola sarda in ginocchio, di zero posti aggiuntivi richiesti ed ora anche il caso delle cattedre scomparse all'ultimo minuto;
   una situazione insostenibile e per la quale davvero serve un gesto di chiarezza da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   è davvero inspiegabile il motivo per il quale il dirigente scolastico regionale deve ricevere un premio di quella entità pur non avendo ottenuto a giudizio dell'interrogante alcun risultato positivo per la scuola sarda;
   in ogni ufficio pubblico, della magistratura alle amministrazioni locali, sono eticamente, e non solo, vietate contiguità familiari di ogni genere, mentre nell'ufficio scolastico regionale tutto questo sembra costituire un dato di fatto;
   si è dinanzi ad un fatto a giudizio dell'interrogante eticamente rilevante;
   da una parte con la gestione della scuola sarda si favorisce la frantumazione delle famiglie del corpo docente, dall'altro ai vertici si persegue e si ottiene il ricongiungimento, con l'aggiunta di una sommatoria di incarichi che assegnano alla famiglia del dirigente scolastico regionale della Sardegna il 100 per cento degli incarichi dirigenziali;
   il dottor Feliziani, autore del piano «zero insegnanti aggiuntivi», regge il primo ufficio che si occupa di affari generali, dirigenti amministrativi, rete scolastica, affari legali e contenzioso;
   nelle sue mani anche il secondo ufficio: risorse finanziarie, personale e servizi della direzione generale;
   il terzo ufficio è, invece, appannaggio della dottoressa Simonetta Bonu, moglie del dirigente scolastico, e si occupa di personale della scuola e dirigenti scolastici, politiche formative e affari legali;
   per finire il quarto ufficio, guidato sempre dalla famiglia Feliziani attraverso la consorte del dirigente regionale, destinato agli ordinamenti scolastici, istruzione non statale, diritto allo studio edilizia scolastica;
   in due, marito e moglie gestiscono l'intero ufficio regionale decidendo da quell'ufficio le sorti di migliaia di docenti;
   cosa che avrebbero fatto in maniera a quanto pare inappuntabile, considerato che il Ministero li premia con un complessivo bonus di risultato di 95.000 euro all'anno;
   la Sardegna per via di questa gestione premiata a peso d'oro non ha avuto una sola cattedra aggiuntiva contrariamente ad altre;
   la Sardegna è l'unica regione dove siano scomparse cattedre da affidare nella prima fase;
   il Ministero aveva infatti, stabilito il numero dei posti da assegnare per regione e per fase;
   tutti gli uffici regionali scolastici hanno rispettato quel contingente previsto. In Sardegna no;
   le cattedre sparivano a volte il giorno stesso delle nomine (è successo nelle graduatorie ad esaurimento) e in alcuni casi sono sparite il giorno prima della fase A;
   il Ministero ha chiesto il rispetto assoluto dei posti in fase zero ed è ciò che è avvenuto;
   in fase A invece, c'era un certo margine di libertà d'azione;
   naturalmente il «duo» Feliziani ha scelto la strada di andare ancora una volta al ribasso;
   in alcune classi di concorso è sparito un posto, ma da altre quasi il 50 per cento dei posti (in una classe di concorso su 17 insegnanti previsti ne sono stati tolti 7);
   decisioni gravissime comunicate in alcuni casi la sera prima delle immissioni in ruolo;
   dopo una riunione urgente con i sindacati, a quanto consta all'interrogante, Feliziani ha parlato, senza dare grandi spiegazioni, di assegnazioni provvisorie;
   le assegnazioni provvisorie, seppur accavallandosi con le nomine, non possono per legge intaccare il contingente e, dato che si tratta di domande di assegnazione di una sede più vicina, le cattedre possono subire modifiche per quanto riguarda il luogo, ma non spariscono dato che il docente si sposta di provincia lasciando l'altra cattedra scoperta;
   si tratta di un atteggiamento a giudizio dell'interrogante irresponsabile giocato non solo sull'organizzazione della scuola sarda ma anche sulla vita degli insegnanti che erano consapevoli di entrare matematicamente e poi la mattina hanno ricevuto comunicazione che non c'erano più i posti –:
   se il Ministro non ritenga di dover intervenire per sanare queste situazioni;
   se non ritenga di dover assegnare alla Sardegna nuove cattedre, anche alla luce della gravissima dispersione scolastica.
(5-06375)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   COSTANTINO, ZARATTI, RICCIATTI, DURANTI, FRANCO BORDO, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, ZACCAGNINI, NICCHI e MARCON. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il parco Collina della Pace è un'area di 13.000 mq che sorge tra Finocchio e Pantano Borghese, ultima borgata della città di Roma al confine con Montecompatri, nel VI Municipio, ex VIII;
   si tratta di un territorio di 40 mila abitanti che si sviluppa attorno alla Via Casilina, estremamente carente, per non dire privo, di servizi: scuole, centri di aggregazione, strade asfaltate, trasporti, mercato, poste. Solo ultimamente è stato raggiunto dalla linea metropolitana Metro C, aperta con ampio ritardo rispetto ai tempi previsti;
   alla fine degli anni ’60 il costruttore Francisci dopo aver lottizzato quasi tutti gli appezzamenti di Finocchio decide di costruire un enorme palazzo a diversi piani nella parte del parco confinante con la Via Casilina contro ogni normativa vigente. Lo scheletro rimarrà così per diversi anni fino a quando negli anni ’90 la Collina con i casali e lo scheletro vengono acquistati dalla Banda della Magliana. Nonostante ciò la cittadinanza mantiene pulito il parchetto e lo utilizza;
   il parco Collina della Pace, dedicato a Peppino Impastato, nasce nel 2001, è un progetto partecipato istituzioni-cittadinanza ideato in seguito alla confisca del parco che prevedeva la ristrutturazione di un casale per destinarlo a biblioteca multimediale di livello universitario gestita da Biblioteca di Roma, e un altro casale per ospitare una sala convegni e vari sportelli di associazioni locali; in base alla legge 109/96 sulla sottrazione dei beni alla mafia, veniva assegnata al comune di Roma nel settembre del 2002 per usi sociali dal Ministero delle finanze;
   nell'ottobre del 2004 viene terminata la demolizione dell'ecomostro e nel marzo del 2005 i lavori di riqualificazione;
   il 19 dicembre del 2007, con delibera no 583 la giunta comunale capitolina approva il progetto definitivo del III lotto relativo all'intervento «Collina Pace – Recupero di due casali a fini culturali e di servizio: biblioteca, centro culturale ed associativo», ma nel dicembre del 2008 sparisce la voce di finanziamento dei casali sul bilancio preventivo del comune di Roma. Solo nel maggio del 2014 l'Assessorato ai Lavori Pubblici e alle Periferie di Roma comunica il reperimento delle risorse economiche per il completamento del restauro dei casali da adibire a biblioteca e centro convegni che nel frattempo erano rimasti incompiuti a causa di inadempienza economica del comune nei confronti della ditta che aveva vinto l'appalto nel novembre 2011, la La Torre Costruzioni s.r.l.;
   durante tutti gli anni di incertezze e di blocchi sull'esito dei lavori di restauro e recupero della zona, che non essendo per lunghi momenti vigilata è fatta attacco di numerosi atti vandalici e sfregi, l'associazione Collina della Pace ha garantito la sorveglianza e la pulizia in maniera del tutto volontaria fino al settembre del 2014, quando il comune riconosce il ruolo all'associazione, che aveva garantito anche la restituzione del bene per uso pubblico coinvolgendo scuole e cittadini nelle attività all'aperto del parco, non ultima la creazione di un murales antimafia, rilasciando a questa la convenzione – dal Dipartimento IX del comune di Roma – per la manutenzione ordinaria del parco;
   nella mattinata del 29 agosto 2015 uno dei referenti dell'associazione Collina della Pace, incontrando casualmente una squadra della Polizia di Roma Capitale del Municipio VI scopre che i casali sono stati oggetto di atti vandalici violentissimi, l'allarme suona ancora — ecco perché ivi si era recata la volante — ma nessuno ha sul momento potuto accedervi, in quanto fino alle 18 dello stesso giorno è stato impossibile reperire qualcuno che negli uffici dell'associazione ARGU fosse in possesso delle chiavi del cancello per l'accesso ai casali. L'associazione ARGU collabora con Biblioteche di Roma e vigila attualmente il parco solo dalle 14 alle 19. Quando finalmente si è avuto accesso si è riscontrata la grave entità dei danni e sporta regolare denuncia contro anonimi;
   la situazione in cui versano le periferie capitoline è molto grave: il disagio, l'abbandono e i disservizi in cui versano interi pezzi della città hanno dimostrato che il vuoto lasciato dalle istituzioni viene colmato dalla criminalità organizzata che gestisce welfare e ampi pezzi dell'economia di questi territori. Esperienze come quella della Collina della Pace andrebbero perciò tutelate e incentivate –:
   se i Ministeri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa, quali iniziative di competenza si intendano assumere per garantire la sicurezza e il contrasto alla criminalità nelle grandi periferie urbane, anche valorizzando, in raccordo con gli enti territoriali competenti, esperienze come quella del Parco Collina della Pace, che rappresentano per le periferie un modello di convivenza e attività civiche. (4-10334)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RICCIATTI, FERRARA, MELILLA, MARCON, PAGLIA, DURANTI, PIRAS, QUARANTA, COSTANTINO, SANNICANDRO, KRONBICHLER, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'indagine «Giuria della congiuntura», condotta dal Centro Studi di Unioncamere Marche con il contributo del sistema camerale nazionale, presenta a cadenze trimestrali una fotografia dello stato del sistema produttivo delle Marche;
   dal rapporto «scenario economico del secondo trimestre» del 4 settembre 2015 emerge che, a fronte di un principio di ripresa economica nella regione — soprattutto grazie al traino dei settori produttivi della meccanica (con una produzione aumentata del 12,8 per cento, gli ordinativi del 13,5 per cento e il fatturato del 14,3 per cento con il fatturato estero salito del 20,5 per cento e quello interno del 6,9 per cento) e dei buoni risultati delle industrie chimiche, petrolifere e plastiche (produzione +5,5 per cento, fatturato +6,6 per cento), del legno mobile (produzione +4,0 per cento, fatturato +5,2 per cento), delle industrie dei metalli (produzione +3,5 per cento, fatturato 6,7 per cento), dell'elettronica (+2,9 per cento la produzione e +7,5 per cento il fatturato) e del calzaturiero (produzione +2,7 per cento, fatturato +1,4 per cento) — destano preoccupazione i livelli di crescita moderati delle province di Fermo e Macerata, caratterizzate, la prima, da una produzione a +1,2 per cento e fatturato del +0,6 per cento; la seconda da un aumento di produzione del +0,4 per cento e da un fatturato del +0,8 per cento;
   in occasione della presentazione del rapporto, il presidente della Camera di Commercio di Fermo, Graziano Di Battista, ha avuto modo di sottolineare come i dati sull'occupazione presentino una «nota stonata» nelle 19.725 imprese manifatturiere della regione, registrando una contrazione dell'1,7 per cento, perché — secondo Di Battista — «la ripresa è ancora incerta e le aziende, prima di tornare ad assumere, attendono che si consolidi»;
   è di avviso analogo il direttore della Cna di Fermo e Macerata, Alessandro Migliore, il quale in merito al mondo dell'artigianato ha sottolineato il dato della cessazione di 85 imprese in 7 mesi con la perdita di circa 270 posti di lavoro;
   tra le proposte avanzate dalle associazioni di categoria, la necessaria ripresa del mercato interno, attraverso la riduzione del costo del lavoro e delle tasse su famiglie e imprese, e della competitività, attraverso incentivi all'innovazione e alla formazione –:
   quali misure intenda adottare il Governo per rendere stabile la ripresa del mercato interno, rispetto ai timidi accenni di questi ultimi mesi;
   considerata la ripresa a «macchia di leopardo» nelle diverse aree delle Marche, ma anche nel resto del Paese, se non intenda adottare specifiche iniziative per i territori con maggiori criticità. (5-06373)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SORIAL. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la ripresa dell'economia italiana è minacciata dalla mancata ripresa dell'offerta, dovuta al crollo del nostro tessuto produttivo, confermato anche dalle ultime stime Istat sulla crescita del Pil: sebbene la crescita sia rivista al rialzo al +0,3 per cento nel secondo trimestre 2015, analizzando le diverse componenti (consumi, investimenti, spesa pubblica, export e import), si apprende che la domanda interna viene soddisfatta, più che in passato, da produzione estera anziché da produzione interna, visto che le importazioni sono in crescita del 2,2 per cento nel secondo trimestre 2015, e del 2 per cento nel secondo semestre;
   l'entità del fenomeno del crescente boom dell’import durante la ripresa, è particolarmente grave se si pensa che oltretutto l'euro è debole da mesi, e appare evidente se si confrontano i dati su consumi e investimenti con quelli delle importazioni nel corso del tempo; inoltre, tale fenomeno non può essere attribuito alla inevitabile globalizzazione che sposta i fornitori e l'indotto delle grandi imprese sempre più spesso all'estero;
   a indurre l'aumento delle importazioni è stata, ad avviso dell'interrogante, la perdita di competitività subita dall'Italia negli anni della crisi, compensata solo parzialmente dal deprezzamento dell'euro degli ultimi mesi; inoltre si rileva che, se a soddisfare la domanda di famiglie e imprese saranno ancora i produttori esteri, il volume di produzione industriale e dei redditi generati in Italia continuerà a registrare sofferenza, innescando un processo di circolo vizioso che frena la ripresa del Pil a lungo termine;
   lo stesso presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, intervistato dal quotidiano online Affaritaliani.it, ha commentato le ultime notizie sull'aumento del Pil dicendo che «Purtroppo è la conferma che non c’è una ripartenza vera», vista la situazione del comparto produttivo italiano;
   secondo il Centro studi ImpresaLavoro in Italia, durante la crisi, i fallimenti sono aumentati del 66,3 per cento passando dai 9.383 del 2009 ai 15.605 del 2014; nessun altro dei Paesi Ocse ha registrato un incremento simile: anzi, in Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania lo scorso anno il fenomeno ha segnato una forte inversione di tendenza, con il numero di aziende fallite calato rispettivamente del 55,1 per cento, del 23,4 per cento e del 20,5 per cento rispetto a sei anni fa;
   nei sei anni tra il 2009 e il 2014, sono fallite nel nostro Paese ben 75.175 aziende e solo l'Italia si troverebbe ancora ampiamente al di sopra dei livelli pre-crisi;
   secondo una ricerca di Link Lab, il Laboratorio di Ricerca Socio-Economica dell'Università degli Studi Link Campus University, negli ultimi 3 anni i suicidi per motivazioni economiche sono più che raddoppiati: nel 2014 sono state complessivamente 201 le persone che si sono tolte la vita, rispetto ai 149 casi registrati nel 2013 e agli 89 del 2012, per un triste totale di 439 suicidi per motivi legati alla crisi economica registrati in Italia nel triennio 2012-2014 –:
   se il Ministro in indirizzo sia al corrente della critica situazione del settore produttivo italiano, del terribile trend dei fallimenti delle imprese e dei suicidi per ragioni economiche, illustrate in premessa, e in che modo intenda intervenire o quale strategia stia attuando, per promuovere la ripartenza di questo settore, ormai in ginocchio, da cui dipende la vera ripresa economica del nostro Paese. (4-10324)


   CRIPPA e DA VILLA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 febbraio 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha autorizzato la società petrolifera australiana Po Valley Operations ad ampliare il permesso di ricerca nel sottofondo marino già vigente A.R 94.PY riperimetrando di fatto a 526 chilometri quadrati la superficie precedentemente concessa (197,1 chilometri quadrati);
   tale riperimetrazione estenderebbe le attività di ricerca di gas e petrolio in mare entro le 12 miglia dalla costa;
   tale sconfinamento, ad avviso dell'interrogante, andrebbe in violazione del decreto legislativo aprile 2006, n. 152, articolo 6, comma 17, che di fatto vieta le attività di ricerca, prospezione e coltivazione idrocarburi nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale;
   la riperimetrazione parrebbe violare il decreto legislativo 11 agosto 2010, n. 186, articolo 17;
   in merito, alcune associazioni ambientaliste (in particolare FAI, Greenpeace, Legambiente, Marevivo, Touring Club Italiano e WWF) hanno provveduto a presentare ricorso presso il TAR del Lazio contro i Ministeri dello sviluppo economico, dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle infrastrutture e dei trasporti, e delle politiche agricole alimentari e forestali, e nei confronti della società PO Valley Operations PTY LTD, Regione Emilia Romagna, comune di Ravenna e ISPRA, in merito alla concessione di un titolo per la ricerca in mare di petrolio e gas davanti alle coste della provincia di Ravenna;
   secondo le associazioni ricorrenti la situazione sopracitata svelerebbe, come le stesse dichiarano nella nota stampa pubblicata sul sito «www.legambiente.it», «[...] un'interpretazione abnorme dell'articolo 35 del decreto Sviluppo del 2012 [...]. Quella norma prevedeva una deroga al limite delle 12 miglia, e faceva salvi i procedimenti autorizzatori e concessori in corso alla data del 29 giugno 2010. Come ha già chiarito però il Consiglio di Stato, questa espressione («conseguenti e connessi») fa riferimento solo a titoli che costituiscono “attuazione” di provvedimenti già adottati, mentre «devono ritenersi esorbitanti [...] quelle iniziative che si risolvono nell'esistenza di un nuovo titolo abilitativo o, comunque, in una modifica del titolo già esistente [...]»;
   non traspare la ratio che ha portato a concepire l'ampliamento di un'area già concessa come rientrante nella fattispecie sopradescritta;
   se non si ponesse rimedio, la situazione sopracitata rischia di diventare un pericoloso precedente che, se utilizzato per ogni permesso già rilasciato, finirebbe per vanificare il divieto delle 12 miglia sopracitato –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   se in particolare il Ministro dello sviluppo economico non ritenga di rivedere la concessione della riperimetrazione disposta a favore della società australiana Po Valley Operations, riportando la stessa all'interno dei limiti di legge vigenti.
(4-10328)

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

  L'interpellanza urgente Pesco e altri n. 2-01068, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarti.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta scritta Scotto e Costantino n. 4-10284, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ricciatti, Duranti, Franco Bordo, Piras, Quaranta, Melilla, Zaccagnini, Nicchi, Marcon.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Duranti n. 2-01057 del 4 agosto 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta dei presentatori: interrogazione a risposta in Commissione Crippa e Da Villa n. 5-05738 del 5 giugno 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-10328.