Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 13 luglio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    le stime dell'Unicef più recenti indicano che globalmente (Cina esclusa) 70 milioni di donne tra i 20 e i 24 anni – circa una su tre – si sono sposate prima dei 18 anni: di queste, 23 milioni si sono sposate addirittura prima di avere compiuto 15 anni;
    il fenomeno delle «spose bambine» è direttamente proporzionale ai casi di mortalità materna e infantile, di malnutrizione e di analfabetismo;
    se è vero che questo fenomeno assume una portata strutturale insita nelle culture di riferimento di alcune aree mondiali come l'Asia meridionale e l'Africa sub-sahriana, è altrettanto noto come il processo di mondializzazione e gli eventi di migrazione di massa abbiano permesso il radicarsi di questi comportamenti anche nei Paesi occidentali;
    per la sua posizione geopolitica, l'Italia è stata da sempre esposta al fenomeno migratorio. In primo luogo, poiché geograficamente protesa verso il mare è, di conseguenza, completamente predisposta ai flussi commerciali o migratori, sempre difficilmente controllabili nella loro interezza. In secondo luogo, poiché, trovandosi al centro del mar Mediterraneo, costituisce il confine meridionale del continente europeo, facilmente raggiungibile non solo dalla vicinissima Africa ma anche dal più lontano Medio Oriente;
    da tempo anche in Italia è emersa la problematica delle «spose bambine», un fenomeno sommerso e poco conosciuto ma diffuso nelle comunità degli extracomunitari presenti nel nostro territorio; si stima siano 2 mila ogni anno i casi accertati;
    già nella Conferenza del Cairo sulla popolazione e lo sviluppo del 1994 era stato affrontato il tema delle «spose bambine» e dei connessi rischi di mortalità dovuti alle gravidanze precoci;
    la tutela dei minori e del loro equilibrato sviluppo è prioritaria, in quanto i bambini rappresentano il futuro della nostra società; è necessario affermare il diritto delle nuove generazioni a vivere pienamente il loro presente e a sviluppare le proprie potenzialità nel loro contesto familiare, affinché possano affrontare positivamente la loro vita;
    il principio VI della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1989 che afferma: «Il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità, ha bisogno di amore e di comprensione; egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre»;
    il 18 dicembre 2014 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la prima risoluzione sui matrimoni di minori, precoci e forzati nella quale si declinano le raccomandazioni per adottare una strategia comune di contrasto al fenomeno da condurre con rinnovata energia come si sta facendo al fine di eliminare la barbara pratica della mutilazione genitale femminile,

impegna il Governo:

   ad adottare, anche attraverso lo strumento della normativa d'urgenza, norme atte a contrastare nel nostro Paese la diffusione del fenomeno dei matrimoni precoci e forzati, prevedendo l'introduzione di una fattispecie di reato specifica e misure atte a revocare il permesso di soggiorno agli esercenti la patria potestà che siano riconosciuti colpevoli di aver costretto le proprie figlie minori a sposarsi;
   a dare attuazione alla risoluzione A/RES/69/156 per l'eliminazione dei matrimoni precoci e forzati, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2014;
   a sostenere in tutte le sedi internazionali campagne per prevenire e contrastare le pratiche che violano i diritti umani delle bambine con rinnovata energia anche in relazione all'aberrante fenomeno delle mutilazioni genitali.
(1-00945) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    il matrimonio forzato, nell'accezione che ne dà la Forced Marriage Unit del Regno Unito, è «un matrimonio in cui uno o entrambi gli sposi non acconsentono (o, nel caso di adulti con disabilità cognitive o fisiche, non possono acconsentire) al matrimonio e viene esercitata una costrizione. La costrizione può includere la pressione fisica, psicologica, finanziaria, sessuale ed emotiva». Tale definizione include i matrimoni combinati allorquando non vi sia il consenso di una delle parti, oltre che i matrimoni precoci come strettamente correlati ai matrimoni forzati;
    il problema è affrontato come una forma di violenza contro le donne e l'indagine ha considerato forzato un matrimonio quando viene violata la libertà delle donne, con la consapevolezza che il concetto di libertà, come quello di consenso, implica il riferimento alla soggettività, al modo in cui ogni donna la percepisce e rappresenta per se stessa e a partire da sé;
    all'origine del fenomeno si trovano un insieme di fattori che riguardano: le norme sociali dominanti in un Paese o in una comunità; le strutture economiche e familiari; il «modello familiare» e i relativi valori che in esso sono riconosciuti quali oggetto di tutela dalle società e dagli Stati, ivi compresi quelli occidentali; le diseguaglianze di genere che assegnano alle donne un ruolo inferiore rispetto agli uomini, decurtando i loro diritti dentro la famiglia e nei più ampi sistemi sociali e culturali in cui vivono;
    non compaiono nella legislazione statale italiana riferimenti specifici al «matrimonio forzato», ma è tuttavia possibile ricorrere agli strumenti giuridici predisposti con valenza più generale e la crescente consapevolezza globale verso il fenomeno dei matrimoni forzati ha determinato un notevole aumento di studi, pubblicazioni, interventi e anche provvedimenti normativi a livello internazionale. La maggior parte di queste iniziative si basa su studi e indagini qualitativi, infatti i rari dati quantitativi sono riferibili soprattutto a rilevazioni di dati connessi all'erogazione di un servizio specifico, come è il caso del Forced Marriage Unit nel Regno Unito;
    per ragioni di natura metodologica è difficile, se non addirittura impossibile, quantificare con precisione il fenomeno dei matrimoni forzati a causa della concomitanza di alcuni fattori quali il grado di coercizione e di conseguenza del consenso, la carenza di basi di rilevamento e quindi la mancanza di rappresentatività statistica, e, soprattutto, il fatto che le persone coinvolte possono sentirsi stigmatizzate socialmente, tutti fattori che possono portare al rifiuto di cooperare, o a dare informazioni inattendibili al fine di proteggere la propria privacy;
    per quanto concerne il matrimonio forzato la resistenza delle vittime a denunciare membri della famiglia o della comunità pone un ulteriore ostacolo alla raccolta di informazioni attendibili, così come l'assenza di un certificato di nascita implica che la vittima stessa abbia difficoltà a provare di essere coinvolta in un matrimonio precoce e, di conseguenza, le stime del fenomeno che si trovano in letteratura, gli andamenti temporali e i profili delle vittime sono poco generalizzabili, anche perché le metodologie applicate e le relative inferenze non sono sempre appositamente disegnate per la rilevazione del matrimonio forzato nelle sue diverse forme;
    dalle indagini a livello nazionale o subnazionale emerge come il fenomeno si differenzi a seconda delle regioni o degli Stati dell'Unione europea dove si sviluppa e dunque può essere più o meno consistente, se non del tutto assente nel dibattito pubblico;
    alcuni Paesi hanno tentato di valutare l'ordine di grandezza del problema (Svezia, Germania, Gran Bretagna, Francia e Svizzera) e si è addivenuti a un quadro delle popolazioni a rischio, considerando dunque non solo la quota di presenza, ma anche quella del potenziale rischio e della consistenza di donne e giovani come gruppi più vulnerabili;
    sono orientamenti utili soprattutto nell'ottica di un'indagine più approfondita sulla valutazione del rischio nel nostro Paese; tenendo conto della distribuzione degli insediamenti delle comunità a livello regionale e degli scarsi dati a disposizione si cerca di combinare il dato della rappresentanza femminile con quello dell'indicazione del rischio potenziale tra le comunità presenti in Italia esposte al rischio (misurato dall'indicazione dell'Unicef e dalle ricerche empiriche); si trovano ai primi posti le comunità provenienti da i paesi del sud-est asiatico (Bangladesh, Pakistan, India, Sri Lanka), caratterizzate tuttavia da una limitata presenza di donne; da alcuni paesi africani (Senegal, Ghana, Nigeria, Egitto), anch'esse – a parte la Nigeria – caratterizzate da una bassa presenza femminile;
    la presenza differenziata delle diverse comunità a livello regionale consente la possibilità di specifici approfondimenti locali, anche perché nel complesso nazionale il peso di queste comunità non è alto, ma si concentra in alcune specifiche regioni o aree: le comunità provenienti da Marocco e Albania, presenti nella lista dei Paesi a rischio, sono le più numerose nel nostro Paese; si tratta di gruppi in cui la presenza di donne e di individui di seconda generazione è una componente importante;
    da un'analisi dei dati a disposizione è evidente che in Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte risiede più della metà di cittadini marocchini, mentre Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna ospitano quasi la metà dei cittadini albanesi, rendendo queste regioni aree di potenziale approfondimento, anche se la consistenza complessiva a livello nazionale ne rende comunque interessante uno studio più approfondito e analisi conoscitive di maggiore dettaglio andrebbero effettuate sia sulle comunità ad alta presenza femminile provenienti dai Paesi dell'est europeo (Ucraina, Macedonia), più esposte al rischio di matrimonio precoce nei Paesi di origine, sia su comunità provenienti dall'America latina (Brasile, Ecuador, Perù), anch'essi considerabili come Paesi in cui è presente la pratica del matrimonio precoce;
    affrontare il tema del matrimonio forzato o imposto implica interrogare le culture (ivi compresa quella italiana) in materia di famiglia, strategie matrimoniali e di tutti i fattori sociali, culturali, economici ed etici che costituiscono elementi importanti per l'espressione del consenso riguardo al matrimonio e al reticolo sociale che questi attiva, sia esso determinato da amore e libera scelta, oppure da accordo a un'unione;
    è necessario preoccuparsi dell'accesso delle donne ai beni sociali ed economici nelle diverse culture e della profonda e strutturale differenza tra i sessi, non solo per le culture «altre da noi», ma anche per il mondo occidentale e ciò implica considerare che, come afferma la politologa Carole Pateman: «le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, le molestie sessuali, lo stupro, il matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto «onore» e le mutilazioni genitali femminili, che costituiscono una grave violazione dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parità tra i sessi»;
    bisogna inoltre considerare, come ricorda Pateman, la distinzione fra contratto e consenso, che quando una giovane donna acconsente (o rifiuta) di sottoscrivere un matrimonio combinato, acconsente (o rifiuta) di intraprendere questa forma di istituto matrimoniale; prendere parte a un contratto matrimoniale crea una nuova relazione coniugale e ciò rappresenta un esempio della differenza tra contratto e consenso; quando si acconsente, l'oggetto del consenso è preesistente e si acconsente a qualcosa. Il contratto relativo alla «proprietà sulla persona» è il veicolo tramite cui vengono riprodotti i rapporti di subordinazione nelle principali istituzioni della società moderna;
    affrontare il tema del matrimonio forzato comporta fare i conti con una limitazione della libertà degli individui e una prevalenza di usi, costumi, sistemi di valori collettivi che investe uomini e donne, tuttavia se la lettura avviene in una prospettiva di genere emerge immediatamente la radicale differenza che anche in questo caso caratterizza i destini delle donne, poiché è un fenomeno profondamente segnato da culture patriarcali e dinamiche di potere decisamente sfavorevoli al sesso femminile;
    per questo si è scelta un'ottica che valuti la differenza sessuale quale base di riflessione sui sistemi sociali e culturali in cui si vive e analizzi senza preconcetti le strategie e le tradizioni matrimoniali delle culture presenti in Italia ed interagenti con la nostra, quali quelle che provengono dalle migrazioni, elemento, quest'ultimo, che aumenta la complessità dell'analisi, contenendo in sé la necessità di considerare anche le dinamiche migratorie e come queste si intreccino con le strategie matrimoniali;
    è risaputo quanto sia delicato parlare di culture «altre» cercando di uscire da una prospettiva «eurocentrica» per guardare con rispetto e interesse (anche per l'apporto che ne può derivare) ad altre storie, altri saperi, altre tradizioni, ma tenendo fermi, da un lato, quei diritti umani fondamentali che garantiscono alle donne di essere e potere agire come libere cittadine nel proprio Paese, come in quello di accoglienza, e, dall'altro, il riconoscimento della differenza sessuale e lo squilibrio di «potere» che questa determina nelle società e in tutte culture, quindi bisogna provvedere a un'equilibrata convivenza di valori che rispetti la nostra legge;
    va evidenziato che questo tema non vede il nostro Paese e le sue tradizioni così distanti da quelle che si accolgono attraverso i flussi migratori, dato che solo nel 1981 è stata abrogata la norma che permetteva il matrimonio riparatore in caso di stupro e che attualmente si può rilevare un aumento dei matrimoni (e delle gravidanze) precoci in particolare nel sud dell'Italia;
    è da ricordare che, come ben evidenzia l'indagine francese «Immigrées et filles d'immigrés: le recul des mariages forcés Enquête Trajectoires et Origines (2008)», l'intervento di una terza persona o delle famiglie nella scelta della sposa o dello sposo era praticata in Francia, come nel resto d'Europa, sino all'inizio degli anni Sessanta e che ancora oggi, in Italia, non si possono escludere pressioni nella scelta matrimoniale in caso di gravidanze precoci o di piccole comunità in cui sia fortemente presente l'elemento del controllo della sessualità femminile e dell'onore familiare;
    tuttavia l'esperienza dei centri antiviolenza fa emergere come il fenomeno delle spose bambine non sia sconosciuto nella cultura italiana, ancora di più se nella fenomenologia del matrimonio forzato si inserisce l'elemento della difficoltà a rompere il legame matrimoniale per pressioni familiari o culturali;
    con l'affidamento della ricerca finalizzata alla costruzione di una stima attendibile del numero delle donne e bambine vittime in Italia di matrimoni forzati, il dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha scelto di avviare un percorso conoscitivo e di approfondimento in merito ad un tema delicato e complesso quale quello del matrimonio forzato, fenomeno che in Italia non è ancora divenuto oggetto di un discorso pubblico e politico e per cogliere il quale mancano spesso le categorie di lettura persino in servizi attenti ai bisogni delle donne;
    il matrimonio forzato è materia di raccomandazioni e direttive internazionali ed europee che hanno prodotto esperienze consolidate di intervento sia sul piano normativo e conoscitivo, sia riguardo alle azioni intraprese dagli Stati per prevenirlo e combatterlo e sono stati individuati gli elementi salienti del fenomeno: la definizione del fenomeno e la creazione di indicatori utili a effettuare una stima della popolazione a «rischio» e delle vittime, residenti in Italia, nonché la comparazione degli strumenti normativi a livello internazionale e comunitario con quelli presenti nel nostro Paese;
    se la finalità generale degli studi condotti in Italia è quella di offrire uno strumento utile per definire, conoscere e sviluppare azioni di prevenzione e contrasto del fenomeno, uno dei principi metodologici considerati come base è stato quello di porsi in una condizione di riflessione concettuale che permettesse di analizzare le differenti modalità e approcci teorici attualmente presenti nel dibattito internazionale sul matrimonio forzato;
    è tuttavia necessario individuare quali sono i campi di intervento in cui si inquadra il matrimonio forzato e lo studio realizzato nel 2013 da Women Living Under Muslim Laws, su incarico dell’Office of the High Commissioner for Human Rights, ha bene messo in luce come siano presenti una pluralità di ambiti in cui viene iscritta l'analisi del matrimonio forzato, evidenziandone i rischi concettuali da considerare adeguatamente nell'analizzare i concetti a cui ci si riferisce alla ricerca di una definizione e di una classificazione ed evidenzia che i principali sistemi di lettura del fenomeno appartengono al campo dei diritti umani, al ruolo del multiculturalismo, in particolare il suo rapporto con le norme basate sull'onore e al movimento contro la violenza verso le donne e la sua cornice concettuale femminista;
    il matrimonio forzato è considerato prima di tutto una violazione dei diritti umani ed è spesso concepito come una forma di violenza endemica, o maggiormente rilevante in particolari comunità, religioni e culture in particolare; nell'ambito delle indagini sulla violenza contro le donne, il matrimonio forzato è esaminato come forma di violenza di genere strettamente connessa al patriarcato, ai ruoli di genere e alla marginalizzazione delle donne rispetto alle posizioni di potere nella società;
    bisognerebbe procedere ad una ricognizione nazionale e internazionale per offrire elementi utili al raggiungimento della finalità sopra espressa, che valorizzasse il dibattito scientifico, politico e concettuale attivo sul tema e permettesse di enucleare le informazioni di base per formulare raccomandazioni utili allo sviluppo di azioni di prevenzione e contrasto;
    è necessario effettuare una ricognizione sulle indagini quantitative e qualitative più recenti o significative prodotte in Italia, in Europa o su mandato dell'Onu e dei suoi organismi, così da avere un quadro complessivo di riferimento che permetta: una prima definizione e qualificazione del fenomeno, allargato ai matrimoni precoci, combinati o di convenienza; la comprensione delle fonti statistiche disponibili mediante una lettura comparata delle normative in vigore in alcuni Paesi comunitari e dei vincoli posti dalla normativa internazionale al quadro normativo nazionale; una verifica della presenza del tema nelle normative regionali e le azioni sviluppate in Italia; l'analisi dei sistemi di aiuto adottati da quei Paesi europei che hanno scelto di sviluppare piani di azione nazionali o specifici interventi; l'analisi delle caratteristiche del sistema di intervento;
    gli ambiti teorici e di intervento sopra accennati (principalmente diritti umani, multiculturalismo, da declinato come intercultura, differenza sessuale e violenza contro le donne, ma anche salute e benessere psicofisico, rischio di schiavitù e sviluppo nell'ottica di azioni transnazionali in materia) sono tutti campi di azione da esplorare, privilegiando uno sguardo fortemente orientato al genere e una stretta connessione con la prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne in ogni sua forma, ivi compresa la tratta, anche in considerazione della direttiva comunitaria inerente a questo fenomeno;
    in estrema sintesi, per ricondurre a unità quanto fin qui affermato, si può dire che un matrimonio è forzato quando contrasta la libertà femminile ma ben sapendo che quella stessa categoria è complessa e mobile, non può essere definita una volta per tutte, non può assumere un significato univoco poiché essa è legata al sistema di valori, all'esperienza, a un «calcolo» soggettivo del rapporto costi/benefici, e al livello di consapevolezza di sé e dei propri desideri che ciascuna donna ha raggiunto in quella fase del ciclo di vita;
    l'analisi degli studi internazionali sul tema offre la possibilità di osservare come negli stessi Paesi vi siano profonde differenze tra le aree di provenienza (rurale o urbana ad esempio), anche perché sono in corso importanti processi di trasformazione che finiscono per dare a quelle società, nonostante alcuni tratti dominanti, il carattere di un mosaico plurale che non permette di generalizzare la pratica o la tradizione dei matrimoni concordati e del controllo della sessualità femminile a un'intera popolazione oltre che l'appartenenza a una data religione;
    mentre le linee di indirizzo e i vincoli posti derivano dai trattati e dalle convenzioni internazionali, la normativa italiana in materia è composta da leggi regionali che si propongono di intervenire sul fenomeno con l'obiettivo di istruire un quadro generale così da fornire le indicazioni utili a introdurre nella normativa italiana i dati essenziali per facilitare gli interventi e aiutare le vittime e le potenziali vittime,

impegna il Governo

ad intraprendere e a finanziare azioni efficaci per combattere il fenomeno del matrimonio forzato che viola i diritti umani delle bambine, propugnando una campagna antipedofilia caratterizzata da un impegno anche più determinato quale quello profuso per la campagna contro le mutilazioni genitali femminili.
(1-00946) «Bechis, Artini, Baldassarre, Barbanti, Matarrelli, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni, Turco».

Risoluzione in Commissione:


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    il 28 maggio 2015 la Commissione europea ha inviato al nostro Paese una lettera di costituzione in mora – procedura di infrazione 2014/4170 (ex Caso Eu-Pilot 5697/13/AGRI) – per violazione del diritto dell'Unione europea in quanto sembra che la nostra legge n. 138 del 1974, la quale prevede il divieto, di impiego di latte in polvere, concentrato e latte ricostituito nelle produzioni lattiero-casearie, rappresenti un restringimento del principio della «libera circolazione delle merci» all'interno dell'Unione europea essendo il latte in polvere utilizzato in tutta Europa;
    la ratio della normativa italiana è quella di mantenere alta la qualità delle produzioni casearie italiane salvaguardando le aspettative dei consumatori per quanto riguarda l'autenticità e la qualità dei prodotti italiani mediante la qualità delle materie prime. Una scelta che ha garantito fino ad oggi il primato della produzione lattiero casearia italiana che riscuote un apprezzamento crescente in tutto il mondo;
    in sostanza ci viene chiesto di produrre «formaggi senza latte» e di conseguenza aprire il mercato a quelli prodotti in altri Paesi, appunto senza latte, che fino ad oggi non potevano arrivare sulle nostre tavole. Conseguenza inevitabile sarà la provenienza del latte in polvere dai quei paesi che lo offrono a prezzi bassissimi con ripercussioni anche sul prezzo finale del prodotto e con ricadute sulla tenuta degli allevamenti italiani;
    secondo una analisi di Coldiretti con un chilogrammo di latte in polvere, che costa circa 2 euro, è possibile produrre 10 litri di latte, 15 mozzarelle o 64 vasetti di yogurt. A rischio c’è un intero settore che attualmente conta circa 3 5 mila stalle che nel 20 danno prodotto 110 milioni di quintali di latte mentre l'import è a quota 86 milioni di quintali. Secondo sempre l'analisi di Coldiretti per ogni 100 mila quintali di latte in polvere importato in più scompaiono 17 mila mucche e 1.200 occupati in agricoltura;
    con l'eventuale abolizione dei divieti della legge n. 138 del 1974 sono a rischio ben 487 formaggi tradizionali italiani. L'export di formaggi italiani è cresciuto lo scorso anno del 99 in un settore che vale 28 miliardi e con quasi 180 mila addetti nell'intera filiera;
    come ribadito dal commissario europeo all'agricoltura e sviluppo rurale Phil Hogan e da altre dichiarazioni apparse sui quotidiani la procedura di infrazione nasce da lamentele di alcuni operatori dell'industria lattiero casearia italiana che hanno denunciato la discriminazione operata dalla legge italiana che vieta l'uso di alcuni prodotti per i formaggi;
    l'eventuale modifica della normativa italiana, che dovrebbe rendere «legale» la possibilità di produrre formaggio con latte in polvere, non riguarderebbe però i prodotti DOP (denominazione di origine protetta) e IGP (Indicazione geografica protetta) che hanno una normativa speciale e una tutela particolare da parte dell'Unione europea. Infatti la Commissione europea ha evidenziato come vi siano specifiche protezioni per i suddetti prodotti, mentre mancherebbero prove scientifiche a dimostrazione della scelta del nostro Paese di vietare l'impiego di latte in polvere, concentrato e latte ricostituito nelle produzioni lattiero-casearie;
    l'alternativa, secondo la Commissione europea, dovrebbe essere quella di utilizzare un sistema di etichettatura per informare i consumatori dell'eventuale presenza di latte in polvere;
    infatti, il problema principale con l'Europa è proprio l'etichettatura, ma in particolare quella sulla provenienza delle materie prime. La priorità del nostro Paese deve essere quella dell'indicazione obbligatoria in etichetta dell'origine della materia prima;
    il Regolamento UE n. 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, – che ha fissato nuove disposizioni circa le informazioni contenute nelle etichette dei prodotti alimentari allo scopo di realizzare una base comune per regolamentare le informazioni sugli alimenti e consentire ai consumatori di compiere scelte consapevoli – conferma che l'obbligo dell'indicazione del luogo di origine (Paese di provenienza) sussiste solo nei casi in cui l'omissione dell'indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al Paese di origine o luogo di provenienza reali, in particolare se le informazioni nel loro insieme potrebbe altrimenti far pensare che l'alimento abbia un differente Paese o luogo di origine. L'obbligo è scattato per alcune carni, quali la suina, l'ovina, la caprina e quella dei volatili (pollame). L'obbligo dell'indicazione della provenienza già sussiste, per effetto di Regolamenti specifici, per l'ortofrutta fresca, il miele, le carni bovine, il pesce, le uova e l'olio extravergine di oliva;
    la normativa comunitaria sull'etichettatura sembra essere ambigua e contraddittoria come nel caso dell'obbligo di indicare la provenienza in etichetta della carne bovina, ma non per i prosciutti, per l'ortofrutta fresca, ma non per quella trasformata, per le uova, ma non per i formaggi, per il miele, ma non per il latte. Tutte queste contraddizioni giuridiche non fanno altro che impedire al consumatore di conoscere quello che realmente sta consumando visto che, ad esempio, due prosciutti su tre venduti come italiani, in realtà non lo sono perché provenienti da maiali allevati all'estero, come del resto anche per il latte a lunga conservazione dove tre cartoni su quattro sono stranieri perché privo dell'indicazione di provenienza;
    il decreto-legge n. 91 del 2014, convertito con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, ha previsto l'avvio di una consultazione pubblica, promossa dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, diretta ai consumatori, riguardo le etichettature degli alimenti alla luce della nuova normativa europea e in particolare sul valore dato dal consumatore alla presenza o meno dell'informazione riguardante l'origine. I risultati della consultazioni hanno evidenziato che per i consumatori italiani è importate conoscere l'origine delle materie prime. Infatti il 95 per cento degli intervistati ha mostrato l'interesse a questa indicazione sul latte fresco e il 90 per cento sui prodotti lattiero-caseari, come yogurt e formaggi;
    lo stesso Regolamento UE n. 1169/2011 prevede al tempo stesso, però, che tra le informazioni obbligatorie importanti non venga menzionata l'indicazione dello stabilimento di produzione e di confezionamento della merce. La nostra normativa interna, che invece ne prevedeva l'obbligo, a seguito di questo Regolamento europeo è stata abrogata e quindi ora l'indicazione rimarrà solo facoltativa per il produttore. La non obbligatorietà dell'indicazione dello stabilimento di produzione comporta un grave danno al nostro made in Italy in quanto si rischia di lasciare la libertà al produttore di produrre in qualunque sede europea o extra europea danneggiando ulteriormente le migliori produzioni nazionali;
    l'agricoltura ha un ruolo fondamentale nella tutela dell'ambiente e nello sviluppo sostenibile del territorio. L'azienda agricola deve non solo offrire al consumatore la qualità e la sicurezza dei prodotti agroalimentari ma anche conservare il più possibile il livello qualitativo e quantitativo delle risorse naturali;
    la trattativa sull'accordo di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti, Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) è, un appuntamento determinante anche per tutelare le produzioni agro-alimentari italiane dalla contraffazione alimentare e dal cosiddetto fenomeno dell’italian sounding molto diffuso sul mercato statunitense,

impegna il Governo:

   ad assumere tutte le iniziative necessarie, nelle opportune sedi europee, affinché venga difesa la qualità del sistema lattiero caseario italiano, i produttori di latte e la trasparenza delle informazioni da dare ai consumatori nonché per tutelare i lavoro degli addetti alla filiera, opponendosi fermamente a questo ennesimo tentativo delle istituzioni europee di fare prevalere l'interesse delle multinazionali rispetto a quello dei nostri consumatori;
   ad assumere iniziative volte a rendere obbligatoria l'indicazione del Paese di origine delle materie prime in tutti i prodotti alimentari anche alla luce dei risultati della consultazione pubblica;
   ad intervenire nelle opportune sedi europee affinché le denominazioni DOP e IGP, in particolare dei prodotti di eccellenza italiani, continuino ad essere una priorità della Commissione europea anche nell'ambito del TTIP tra Usa e Unione europea;
   a considerare la possibilità di reintrodurre il vincolo per le aziende produttrici di scrivere sulle etichette lo stabilimento di produzione e di confezionamento dei prodotti alimentari allo scopo non solo di tutelare la salute e la sicurezza alimentare dei consumatori ma anche di permettere loro di scegliere un alimento rispetto a un altro anche in base al Paese o alla regione dove questo è prodotto, per la tutela anche del made in Italy.
(7-00732) «Fedriga, Guidesi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   l'8 luglio 2015 una tromba d'aria devastante si è abbattuta su diversi comuni della Riviera del Brenta: Mira, Dolo, Pianiga tra i quelli maggiormente colpiti;
   in pochi minuti, un evento atmosferico di dimensioni eccezionali, ha causato danni per milioni di euro: vetrine in frantumi, alberi completamente sradicati, case scoperchiate, antiche ville fortemente danneggiate, auto distrutte, coltivazioni rase al suolo;
   i danni non sono stati solo a cose ma anche e, purtroppo, a persone: un morto e circa 30 feriti, ma il bilancio è ancora provvisorio;
   le precipitazioni si sono manifestate improvvisamente e con violenza, cogliendo di sorpresa chi fino a pochi minuti prima stava osservando il sole in cielo: vento fortissimo, chicchi di grandine delle dimensioni di un'albicocca. Diverse frazioni dei comuni sopra citati sono rimaste senza corrente elettrica, sono infatti crollati, per la furia della tempesta, i tralicci dell'alta tensione;
   i tesori della Riviera sono stati devastati: il ristorante hotel Villa Fini praticamente non esiste più, e molte altre dimore storiche avrebbero subìto danni. Un patrimonio inestimabile che rischia di portare i segni a lungo di quanto accaduto;
   la conta dei danni è comunque solo all'inizio, e sarà completa sono nei prossimi giorni. I sindaci di Mira, Dolo e Pianiga hanno chiesto ai vigili del fuoco di stringere le maglie dei controlli per evitare episodi di sciacallaggio: infatti, sono tante le persone che si ritrovano con la propria abitazione inagibile. A tal proposito, la protezione civile ha approntato diversi punti di ricovero distribuiti nei territori dei comuni colpiti;
   il presidente della regione del Veneto Luca Zaia ha convocato giovedì una seduta straordinaria della giunta regionale per capire la portata dei danni e quali potranno essere i prossimi sviluppi dal punto di vista meteorologico;
   a parere degli interpellanti, dovrebbe comunque essere attivata una procedura accelerata per il riconoscimento dello stato di emergenza per il territorio della Riviera del Brenta;
   il Governo dovrà rendersi conto della gravità della situazione e della eccezionalità dell'evento che ha provocato rilevantissimi danni, alcuni dei quali pesantissimi per il patrimonio culturale del nostro Paese –:
   se il Governo, in considerazione del gravità e straordinarietà dell'accaduto, non ritenga opportuno assumere iniziative per proclamare in tempi rapidi lo stato di emergenza nei territori maggiormente colpiti e permettere l'assegnazione di risorse straordinarie, da assegnare direttamente alle amministrazioni colpite, per fronteggiare la situazione di emergenza provocata dalla tromba d'aria e per risarcire i danni subìti, dai cittadini, commercianti, artigiani e dagli agricoltori riguardanti colture e cose;
   se il Governo non ritenga opportuno adottare al più presto iniziative al fine di sospendere, innanzitutto, l'invio delle cartelle esattoriali e i pagamenti richiesti, ma, al contempo, anche al fine di prevedere degli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese delle aree colpite, sovvenzionando in maniera più efficace la ricostruzione degli edifici e la ripresa di tutti i comparti economici, attraverso certi e subitanei finanziamenti.
(2-01031) «Prataviera, Matteo Bragantini, Caon, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARRONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'autorità di bacino nazionale del fiume Tevere è costituita con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 agosto 1989 ai sensi dell'articolo 12 della legge 18 maggio 1989, n. 183 recante «Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo»;
   sono organi dell'autorità di bacino nazionale del fiume Tevere il comitato istituzionale; il comitato tecnico; il segretario generale e la segreteria tecnico operativa;
   il comitato istituzionale è composto, altresì, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Ministro dei beni, attività culturali e turismo e dal Presidente del Consiglio dei ministri;
   il comitato istituzionale (secondo quanto previsto dal comma 4 dell'articolo 12 della legge 18 maggio 1989, n. 183) si occupa tra le altre cose di assicurare il coordinamento dei piani di risanamento e tutela delle acque, esercitando, fin dalla costituzione ed in vista della revisione della legislazione in materia, le funzioni delle conferenze interregionali di cui alla legge 10 maggio 1976, n. 319;
   ad oggi nel fiume Tevere, in particolare all'altezza del «canale navigabile», nel comune di Fiumicino, sono presenti decine di imbarcazioni affondate o abbandonate da anni che, oltre ad essere state ed essere tuttora causa di sicuro inquinamento, rischiano di risultare pericolose per la navigazione;
   tale situazione di degrado offende il patrimonio storico, ambientale, turistico rappresentato, anche in quel territorio, dal fiume Tevere –:
   quali azioni intendano intraprendere per effettuare lo smantellamento di tali imbarcazioni e la rimozione dal fiume al fine di eliminare l'impatto inquinante, rendere sicura la navigazione e avviare un processo di necessaria riqualificazione del fiume Tevere. (4-09801)


   NASTRI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto pubblicato dal quotidiano economico «Il Sole 24 Ore» l'11 luglio 2015 l'Associazione nazionale dei costruttori – ANCE, nel suo osservatorio congiunturale, ha previsto un'ulteriore caduta degli investimenti nella costruzioni pari all'1,3 per cento per il 2015, mentre per il 2016 è stimata una percentuale negativa iniziale pari a – 0,5 per cento che potrà andare in positivo solo in presenza di politiche di rilancio;
   al riguardo, evidenzia l'ANCE, sono da considerarsi urgenti, ma anche realistici, interventi cosiddetti di sblocca – opere, da 20 miliardi di euro di cui 15 miliardi di euro già disponibili, mentre altri 4,5 miliardi di euro occorrerà reperirli;
   per accelerare il percorso necessario per raggiungere l'auspicata ripresa economica e sostenere in maniera consolidata e duratura la fase di sviluppo e di crescita, secondo la medesima Associazione, risulta indispensabile rendere effettivi gli annunci del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro interrogato, in relazione ai programmi di sviluppo da sbloccare secondo le indicazioni del Governo e pubblicati nell'articolo sopra citato;
   le misure che l'ANCI esporrà nel corso della presentazione ufficiale dell'Osservatorio per reperire fonti di finanziamento e progetti che possono confluire nel piano «sblocca – opere», consentiranno, secondo quanto sostiene «Il Sole 24 Ore», di rendere più chiaro nei confronti del Governo un quadro complessivo delle risorse per svincolare gli interventi infrastrutturali, dando attuazione a provvedimenti già approvati o in corso, pari a 19,5 miliardi di euro, mentre altri 4,5 miliardi di euro di investimenti potrebbero giungere da progetti e proposte già all'attenzione del Ministro interrogato;
   l'articolo in precedenza richiamato rileva inoltre come sussista un problema gravoso, di attuazione del decreto-legge n. 133 del 2014 cosiddetto decreto «sblocca-Italia», che a più di dieci mesi dall'approvazione, stenta a rendere effettivamente operative le opere cantierabili;
   al riguardo, lo studio predisposto dall'ANCE evidenzia in maniera dettagliata come il «piano Renzi» che indica il programma delle opere pubbliche da sbloccare, dal contratto di programma di Rfi, che vale 4 miliardi di euro di investimenti attivabili, al piano contro il dissesto idrogeologico, che potrebbe portare a opere per tre miliardi di euro, ma che stenta a decollare, interviene in ambiti settoriali importanti, ma a tal fine necessita una riorganizzazione anche legislativa, al fine di stabilire l'entità concreta delle risorse disponibili e quelle necessarie da reperirei –:
   quali orientamenti intendano esprimere, per quanto di competenza con riferimento a quanto in premessa riportato;
   se trovino conferma le rilevazioni riportate dal quotidiano «Il Sole 24 Ore» secondo le quali l'edilizia continua a riscontrare difficoltà in termini di ripresa economica, come confermato dall'Osservatorio congiunture dell'ANCE, secondo cui, sia nel 2015 che nel 2016, non emergeranno significativi segnali d'inversione di tendenza;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie intenda il Governo intraprendere, al fine di sbloccare le opere contenute nel programma riportato dal quotidiano «Il Sole 24 Ore», anche tenendo conto dei suggerimenti evidenziati dall'ANCE, la cui analisi indica una serie di misure finanziarie in grado di attivare gli interventi già individuati. (4-09808)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, DAGA, MICILLO, MANNINO e CARRA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   i trattamenti di acidificazione dei fanghi sono stati associati negli ultimi anni a gravi incidenti anche mortali: alla Co-Im-Po di Adria in provincia di Rovigo il 22 settembre 2014 sono deceduti 4 addetti per la nube sprigionatasi durante il mix dei fanghi con acido solforico (http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/CRONACA/rovigo–adria–acido–solforico–esalazioni–operai–morti/notizie/915817.shtml), alla Kyklos di Aprilia In provincia di Latina, sono morti due operai nel luglio 2014 in un incidente ancora da chiarire (http://pontiniaecologia.blogspot.it/2014/08/kyklos-non-solo-incidente-mortale.html);
   si fa presente che nell'incidente di Adria le nubi tossiche furono letali almeno nel raggio di alcune centinaia di metri dall'impianto, distanza a cui fu trovato cadavere il quarto operaio (le prime case della frazione Cà Emo sono a circa 1 chilometro dall'impianto);
   gli impianti in questione hanno anche determinato una netta riduzione della qualità di vita della popolazione residente limitrofa agli impianti per le emissioni odorigene importanti (come testimoniato da una pletora di articoli di stampa locale per i due impianti citati); tali procedure di acidificazione risultano complesse e devono essere eseguite e monitorate da personale specializzato;
   come dimostrato dallo studio di CEWEP (Confederation of european waste to energy plants) del marzo 2009, gli impianti di incenerimento situati in paesi con climi caldi presentano dei rendimenti energetici più bassi rispetto a quelli situati in aree più fredde a causa delle diverse condizioni climatiche;
   ESWET (European Suppliers of Waste to Energy Technology) su incarico della Commissione Europea ha redatto un documento di proposta in merito alla necessità di adottare fattori climatici correttivi;
   in tale progetto di direttiva sono stati individuati fattori climatici di correzione diversi da quelli adottati dal decreto ministeriale del 7 agosto 2013 che prevede un fattore di correzione pari a 1,382;
   la Commissione europea ha aperto la procedura EU-PILOT 5714/13/ENVI in relazione al decreto ministeriale del 7 agosto 2013 «Applicazione della formula per il calcolo dell'efficienza energetica degli impianti di recupero energetico da rifiuti in relazione alle condizioni climatiche» che modifica la formula stabilita dall'allegato II della direttiva 2008/98/CE;
   la Commissione europea ha richiesto, quindi, a seguito del parere positivo del TAC sul progetto di direttiva della Commissione europea, di modificare prontamente il decreto ministeriale del 7 agosto 2013;
   si fa riferimento all'autorizzazione R1, impianto di recupero energetico, oggetto dell'interrogazione 4/09555 prima firmataria Claudia Mannino;
   risulta evidente che le molte criticità summenzionate comportano una serie di approfondite analisi di controllo anche nei riguardi dei nuovo impianti in via di autorizzazione o di realizzazione. Un esempio evidente è il caso del comune di Moglia, in provincia di Mantova, che già in passato è stato colpito in maniera molto grave dal sisma del 20 e 29 maggio 2012; solo da poco si è avviata a ricostruzione anche per responsabilità statali e regionali. Tra le tante nuove opere emerge un impianto di trattamento di rifiuti liquidi speciali pericolosi e non pericolosi, con annessa attività di recupero di rifiuti solidi non pericolosi; la struttura per le sue caratteristiche tecniche è paragonabile all'impianto della Kyklos di Aprilia in provincia di Latina;
   tale struttura fa presupporre un grave rischio anche per gli abitanti di Moglia in caso di incidente;
   dai documenti pubblici disponibili si evince che presso l'impianto è previsto proprio il trattamento chimico di rifiuti speciali e fanghi anche con acidificazione (utilizzo fra l'altro di acido solforico);
   altre criticità saranno oggetto di valutazione in sede di autorizzazione;
   l'interrogante esprime perplessità in merito allo scarico in fognatura di fanghi ed altre sostanze con un'elevata concentrazione di cloruri;
   una criticità rilevante è rappresentata dall'ubicazione dell'impianto, il quale, individuato in zona artigianale ed industriale, è a 500 metri dalla nuova scuola, realizzata dopo il terremoto del maggio 2012, a 200 metri dagli impianti sportivi e ad un numero significativo di abitazioni civili;
   su questa proposta di insediamento si sono, espresse negativamente l'amministrazione comunale di Moglia e la commissione ambiente del Consorzio Oltrepò Mantovano. Al contrario, la regione Lombardia ha espresso parere favorevole;
   contro la realizzazione di questo impianto si sta mobilitando tutta la comunità mogliese attraverso incontri pubblici e raccolta di firme;
   oltre ai possibili problemi che tale impianto potrebbe creare all'ambiente e alla tutela della salute pubblica, non può essere trascurato il fatto che Moglia deve essere considerato un paese a rischio sismico;
   oltre al progetto previsto, l'autorizzazione è presente sul sito SILVIA di regione Lombardia;
   non si comprende poi se per i rifiuti trattati (in particolare i fanghi) sia previsto spandimento nei campi, contribuendo a impattare su un ambiente già impattato dai nitrati abitualmente smaltiti (vedi rapporto isonitrate di ISPRA) e a ridurre l’appeal per i prodotti agroalimentari del territorio che si sta con fatica risollevando –:
   se il Ministro preveda di assumere un'iniziativa normativa per rivalutare il metodo di trattamento dei fanghi tramite acidificazione alla luce degli eventi luttuosi citati e della riduzione della qualità di vita delle popolazioni circostanti gli impianti;
   se il Ministro voglia eseguire una ricognizione dello stato delle falde acquifere in provincia di Mantova chiedendo all'ISPRA un aggiornamento dello studio ISONITRATE (4-09809)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel territorio compreso tra i comuni di Calci e Vicopisano in provincia di Pisa è ubicato un manufatto monumentale di inestimabile valore denominato «Rocca della Verruca»;
   suddetto fortilizio, risalente al X secolo, è stato un presidio importantissimo della Repubblica marinara di Pisa;
   purtroppo, nonostante sia stato rinnovato, su proposta dell’«Associazione per la rocca della Verruca» di Pontedera, da ben quattro anni, il riconoscimento e il conseguente vincolo quale bene culturale di rilievo, da parte della competente soprintendenza, in quanto ancora di proprietà privata, non è stato possibile adottare alcuna misura di recupero;
   l'immobile si trova, quindi, in un oggettivo stato di abbandono e degrado dovuto ad un profondo disinteresse;
   occorre conseguentemente far presto prima che possa rivelarsi inutile ogni azione di recupero –:
   se e quali iniziative il Ministro, in considerazione di quanto riportato in premessa, intenda adottare al fine di convocare con la massima urgenza la proprietà e le istituzioni competenti per individuare un percorso di recupero e valorizzazione del fortilizio, in considerazione del suo indiscutibile valore culturale ed architettonico. (5-06042)

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il parco della Sardegna è stato dichiarato il primo parco geominerario storico e ambientale del mondo, esempio emblematico della nuova rete mondiale di geositi/geoparchi istituita nel corso della conferenza generale dell'UNESCO (Parigi, 24 ottobre 12 novembre 1997). La dichiarazione ufficiale di riconoscimento è stata sottoscritta a Parigi il 30 luglio 1998;
   l'articolo 2 del Codice Urbani dispone: «Il patrimonio culturale è costituito dai beni culturali e dai beni paesaggistici. Sono beni culturali le cose immobili e mobili che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà. Nel particolare, la lettera h) dell'articolo 10 annovera tra i beni culturali i siti minerari di interesse storico o etnoantropologico»;
   secondo il codice Urbani sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all'articolo 134, «costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge. I beni del patrimonio culturale di appartenenza pubblica sono destinati alla fruizione della collettività, compatibilmente con le esigenze di uso istituzionale e sempre che non vi ostino ragioni di tutela»;
   nonostante queste chiare disposizioni di legge un patrimonio archeologico minerario unico nel suo genere, esclusivo come la galleria Henry a Buggerru o la Grotta di Santa Barbara a San Giovanni Miniera, esempi unici al mondo, risultano sprangati e vietati non solo d'inverno ma anche d'estate;
   si tratta di una vera e propria violazione delle norme di fruizione del bene e di negligenza da parte di chi ha dilapidato le risorse pubbliche in allegre gestioni e poi non si è occupato di gestire il vero giacimento di questo territorio abbandonato a se stesso;
   lo Stato risulta secondo l'interrogante totalmente assente, nonostante le specifiche e puntuali competenze nella gestione del parco geominerario e la regione appare non in grado di gestire un insieme di emergenze archeologiche minerarie davvero uniche nell'offerta turistica del Mediterraneo;
   la scena vergognosa si è ripetuta anche questo fine settimana a Buggerru con comitive di turisti che arrivano dall'altro capo della Sardegna con il solo obiettivo di attraversare la splendida galleria Henry nel comune di Buggerru e sbucare davanti alla costa mozzafiato del piccolo comune minerario;
   tutto chiuso, senza appello;
   il 12 luglio 2013; piena estate, tutto sbarrato con turisti che affiggono messaggi di protesta all'ingresso e danno un addio per sempre a quel pezzo di Sardegna;
   una situazione inaccettabile considerato che il parco geominerario gestito anche dallo Stato e la regione, hanno letteralmente scaricato il problema sui comuni che per vedersi aperte le strutture deve ricorrere al portafoglio comunale stanziando sino a mille euro al giorno per ottenere l'apertura del museo naturale minerario;
   cifre impossibili per comuni piccoli e grandi;
   i cancelli restano chiusi e i turisti rispediti al mittente;
   è semplicemente vergognoso l'atteggiamento di Stato e regione che se ne lavano le mani e non si preoccupano di gestire invece, come sarebbe doveroso e obbligatorio i siti attraverso soggetti competenti da convenzionare con il parco geominerario che ha competenze e risorse per sovraintendere all'apertura in piena sicurezza dei siti;
   Stato e regione che scelgono di non promuovere, di tenere abbandonato un patrimonio di tale entità con un atteggiamento irresponsabile;
   l'articolo 2 del Codice Urbani è chiaro;
   negli anni passati abbiamo fatto di tutto per consentire il ripristino di questi siti, il sottoscritto interrogante da presidente della regione Sardegna, aveva promosso e sviluppato una vera e propria missione finanziaria con fondi europei e non solo, per attivare questa straordinaria opportunità;
   il disastro e l'abbandono che si registra oggi è inaccettabile;
   nei mesi scorsi il sottoscritto interrogante aveva richiamato l'attenzione su questa situazione e aveva sollecitato un piano strategico gestionale di questo patrimonio coinvolgendo per prime le compagnie low-cost che operano in Sardegna;
   la risposta fu limitata a due giorni per Pasqua e ad una vergognosa convenzione tipo che scarica sui comuni i costi delle aperture dei siti;
   tutto questo significa tenerle chiuse proprio perché i comuni non solo non hanno la capacità finanziaria di gestire il tutto, ma si devono poi affidare a chi invece ha il compito istituzionale e giuridico per farlo;
   non esiste un piano di gestione e di marketing;
   tutto è lasciato al caso e all'improvvisazione;
   un patrimonio che avrebbe meritato ben altra attenzione non foss'altro per la grande civiltà mineraria che l'ha caratterizzato. Se entro pochi giorni non ci saranno risposte compiute saremo costretti ad elevare il grado di contestazione di questa ignavia e incapacità regionale;
   risulta di fondamentale importanza garantire l'apertura e la piena fruibilità culturale, archeologica e scientifica dei siti di:
    a) Gadoni – Miniera Funtana Raminosa;
    b) percorso sotterraneo e negli impianti esterni di trattamento, esposizione macchine da miniera;
    c) Lula – Miniera Sos Enattos;
    d) Orani – Guzzurr a Sos Enattos – percorso sotterraneo (con trenino) e negli impianti esterni di trattamento;
    e) Villasalto – miniera Su Suergiu;
    f) miniera MASUA — Porto Flavia — Museo – Percorso sotterraneo ed a strutture di archeologia – Macchine da Miniera – Vasta e varia esposizione di macchine da miniera di tutte le dimensioni, in parte al coperto e in parte all'esterno;
    g) miniera MONTEPONI, galleria Villamarina – percorso sotterraneo ed a strutture di archeologia industriale mineraria;
    h) miniera NEBIDA, Belvedere – Passeggiata panoramica su antico tracciato ferroviario minerario, strutture di archeologia industriale su paesaggio suggestivo;
    i) miniera SAN GIOVANNI – Grotta S.Barbara – Percorso sotterraneo, speleologica carsica, con trenino;
    l) Buggerru – miniera PLANUSARTU – Galleria Henry – Percorso sotterraneo, viste sulla falesia, archeologia industriale mineraria, con trenino;
    m) Iglesias Istituto Tecnico Industriale Statale «Giorgio Asproni» («Istituto minerario») – museo dell'arte mineraria percorso didattico in sotterraneo e esposizione museale oggetti di miniera e oggetti didattici della scuola mineraria;
    n) Arbus;
    o) miniera INGURTOSU, visita strutture esterne, percorso multimediale, museo;
    p) Guspini – miniera MONTEVECCHIO, – Galleria Anglosarda – Pozzo Sant'Antonio – Pozzo san Giovanni – strutture esterne di Levante, Palazzo Direzione Miniera – Pozzo Amsicora – archeologia industriale (sale argani, compressori, etc.), visita abitazione direttore, museo, esposizioni temporanee;
    q) Narcao – miniera ROSAS – Percorso didattico in laveria, strutture di archeologia industriale, sala storico-espositiva;
    r) Carbonia – MINIERA SERBARIU – grande Miniera di Serbariu – Centro Italiano della Cultura del Carbone – Percorso in sottosuolo (ricostruito) con archeologia industriale e ricostruzioni –:
   se non ritenga di dover intervenire con sollecitudine al fine di ripristinare la piena fruibilità dei siti richiamati anche attraverso un piano di gestione da definire finanziariamente con la regione e i soggetti interessati;
   se non ritenga di dover rimuovere ogni ostacolo ad una corretta gestione del parco geominerario al fine di sfruttarne al meglio le straordinarie potenzialità; 
   se non ritenga di dover con somma urgenza assumere iniziative per stanziare risorse per la piena valorizzazione del patrimonio archeologico minerario inserendo tali emergenze archeologiche all'interno di un piano di comunicazione più ampio di livello internazionale. (4-09807)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la giustificazione che l'interrogante giudica surreale e priva di ogni fondamento giuridico di una cartella di Equitalia da 5.000 euro l'aeronautica militare ha di fatto cacciato via dal poligono di Capo Frasca (Sardegna) gli allevatori che da 40 anni coltivavano una porzione di quell'immensa area;
   entro il 7 agosto lo sfratto esecutivo prevede fuori dai terreni 300 bovini, 1000 ovini e 20 cavalli, oltre che gli stessi allevatori;
   dopo le spiagge si tolgono ai sardi anche i pascoli;
   il 7 agosto prossimo, dopo 40 anni, gli allevatori di S. Antonio di Santadi dovranno lasciare i terreni dentro la base di Capo Frasca che da sempre hanno coltivato, curato e pagato;
   si tratta di una transumanza forzosa e obbligata per una meta indefinita visto che nessuno sa dove potrà andare a finire una quantità di bestiame così rilevante;
   un dato è certo, l'aeronautica militare ha fatto di tutto per cacciarli, a partire da veri e propri ordigni burocratici di ogni genere;
   alla base dell'esclusione dalla gara di affidamento dell'area di pascolo ci sarebbe una cartella esattoriale di Equitalia, contestata e poi prontamente saldata di appena 5.600 euro;
   quella cartella esattoriale per l'amministrazione della difesa costituiva motivo grave per l'esclusione degli allevatori dall'area;
   un fatto gravissimo in violazione di tutte le norme ma soprattutto del buon senso considerato che la società cooperativa aveva pagato i canoni per 40 anni e soprattutto aveva sviluppato in quell'area un'azienda che dava lavoro a tanti giovani della zona;
   si tratta dell'ennesimo sopruso di Stato che prima nega le spiagge e ora anche i pascoli;
   l'Aeronautica militare e il Ministero della difesa hanno agito con un'arroganza senza precedenti cacciando via un'azienda agropastorale che negli anni aveva garantito la buona gestione dell'intera pascolo della base;
   ancora una volta il Ministero della difesa non perde occasione per mettere in ginocchio attività produttive che hanno convissuto, seppur con grandi difficoltà e problematicità, nelle aree militari di fatto sequestrate e vietate al popolo sardo;
   la decisione di cacciare gli allevatori è l'ennesima dimostrazione di come la difesa si rapporti con il territorio, incurante del danno economico che provocherà all'azienda zootecnica;
   la società cooperativa è stata cacciata per una cartella di Equitalia, il braccio armato dello Stato, in contenzioso. Nonostante il Tar Sardegna non si sia ancora pronunciato lo sfratto è esecutivo;
   il 7 agosto 2015, secondo gli ordini militari, una carovana di bestiame dovrà lasciare l'area;
   tutto questo è semplicemente inaccettabile, considerato che la dimensione del patrimonio zootecnico avrebbe meritato ben altra attenzione, insieme a quello di allevatori che da 40 anni lavorano giorno e notte in quell'area;
   l'esclusione dalla licitazione privata per la concessione in affidamento, poliennale (durata anni 6) dei terreni demaniali per sfalcio erba e pascolo limitato con oneri di manutenzione sui terreni del poligono di Capo Frasca, nonostante il diritto di prelazione della società cooperativa preesistente è di fatto una vera e propria azione di cacciata dal poligono;
   dopo aver aggiudicato provvisoriamente alla società cooperativa la gestione è stata di fatto avviata una vera e propria caccia al cavillo per far fuori gli allevatori;
   cavilli molto spesso aleatori e destituiti di ogni fondamento giuridico, funzionali solo all'esclusione della società cooperativa;
   si tratta di un atto di esclusione che non ha minimamente tenuto conto dell'incidenza del modesto debito tributario sulla complessiva affidabilità patrimoniale della società cooperativa Allevatori S. Antonio di Santadi, così come invece prevede la legge e la giurisprudenza in materia;
   si tratta di un'operazione di uno Stato che ignora il territorio, schiaccia i piccoli per riaffermare la propria preminenza –:
   se non ritenga di dover intervenire per sanare in sede di autotutela gli atti che hanno proditoriamente escluso i concorrenti dall'evidenza pubblica;
   se non ritenga di dover valutare l'opportunità di scongiurare lo sfratto esecutivo dell'azienda previsto per il 7 agosto 2015 proprio per quel principio di buon senso e per evitare ulteriori tensioni sulla vicenda;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per richiedere un riesame della procedura seguita anche per la totale assenza di un motivo grave per l'esclusione della società cooperativa di allevatori di S.Antonio di Santadi. (4-09810)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:


   NASTRI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta da uno studio effettuato dalla Confartigianato e pubblicato dal quotidiano Il Corriere della Sera, il 12 luglio 2015, nonostante si continuino a promettere semplificazioni in campo fiscale, le condizioni reali dimostrano che nel nostro Paese avviene il contrario;
   l'analisi della Confederazione degli artigiani evidenzia, infatti, che nei 2.429 giorni intercorsi fra l'inizio della scorsa legislatura e il 31 dicembre 2014, sono state emanate 752 nuove norme, delle quali ben 468 hanno complicato ancor di più la «vita fiscale» dei cittadini e delle imprese, al ritmo di una complicazione ogni 6,6 giorni;
   il suesposto articolo rileva, in particolare, come tutti gli sforzi sembrino concentrarsi su una burocrazia fiscale spietata, la cui unica missione, fa intendere l'organizzazione degli artigiani, sembrerebbe proprio quella di produrre in effetti ostacoli e impedimenti; 
   per rendere applicativi tutti i principi in essa contenuti, sostengono gli esperti della Confartigianato, occorrerebbero almeno 20 decreti legislativi, rispetto agli 11 già varati dal Governo o ancora in via di predisposizione; da ciò conseguentemente si può dedurre che il grado di attuazione della delega fiscale ad oltre un anno dall'approvazione della legge e a pochi giorni dalla scadenza della stessa delega, si attesta a poco più della metà;
   se si considerano i provvedimenti di interesse delle piccole imprese, continua ancora la Confartigianato, il grado di attuazione della delega fiscale non arriva al 50 per cento (esattamente al 47,9 per cento);
   gli effetti critici derivanti dalle suesposte rilevazioni derivano dalla precipitazione del sistema fiscale italiano in un ingorgo normativo, in corso da troppi anni, che appare essere senza via d'uscita, al punto che a ogni norma fiscale eliminata corrisponde la produzione di 4,7 nuove disposizioni;
   la pressione fiscale, sempre secondo i calcoli degli artigiani, nel nostro Paese supera di 1,8 punti il valore medio della zona euro e si pagano ogni anno 29,62 miliardi di euro più della media; ciò di conseguenza significa un carico di tasse supplementari di 476 euro per ogni cittadino, neonati compresi; 
   a giudizio dell'interrogante, l'analisi della Confartigianato, ove confermata, desta sconcerto e preoccupazione, in considerazione del fatto che i tentativi (che avvengono da decenni) da parte del legislatore nel migliorare il livello di semplificazione delle disposizioni tributarie nel nostro Paese, nella realtà, non riscontrano un impatto effettivamente positivo, in grado di riformare in un'ottica di alleggerimento il sistema fiscale italiano; lo studio in precedenza richiamato rileva, infatti, un numero di complicazioni nei riguardi delle famiglie e delle imprese esorbitante;
   l'insostenibile livello di burocrazia rappresenta la principale causa delle difficoltà, che, alla luce di quanto evidenziano gli artigiani, rappresentano un ostacolo insormontabile nell'ottica di superare le criticità «storiche» che riguardano l'intero sistema fiscale del Paese –:
   quali orientamenti intendano esprimere, per quanto di competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se trovino conferma le rilevanti criticità che emergono dall'analisi della Confartigianato in precedenza richiamata;
   in caso affermativo, quali iniziative i Ministri interrogati, intendano assumere al fine di migliorare il sistema normativo del Paese in considerazione degli eccessivi adempimenti burocratici e fiscali, che altro non rappresentano se non un ulteriore aumento della pressione fiscale e della burocrazia, rallentando ogni tentativo di ripresa economica e di sviluppo del nostro Paese. (4-09806)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   OTTOBRE. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la Casa Circondariale di Trento soffre per la grave carenza di personale di Polizia penitenziaria;
   il direttore dell'istituto penitenziario aveva segnalato che il personale in forza presso la casa circondariale era di 122 unità maschili, a fronte delle 214 unità, sempre maschili, previste in organico;
   con nota prot. n. 2853 del 7 febbraio 2014, indirizzata al Ministero della giustizia, veniva pertanto sottolineata l'esigenza di potenziare il personale «al fine di assicurare i livelli minimi di sicurezza»;
   secondo le dichiarazioni del segretario provinciale del Sinappe, Andrea Mazzarese, dopo mesi dalla prima segnalazione, ad oggi, la situazione è peggiorata poiché siamo di fronte ad una ulteriore diminuzione dell'organico, notevolmente al di sotto della soglia prevista per la composizione del Corpo, ovvero 214 unità maschili;
   a detta del comandante di reparto tale mancanza di organico rappresenta un fatto grave in sé poiché molteplici posti di servizio restano scoperti, anche nei periodo ordinari, ovverosia «non feriali», escludendo la possibilità di congedi e con scarse possibilità di offrire circostanze quantomeno accettabili ai sovra citati componenti del Corpo, di attuare il cosiddetto «piano ferie», in un momento nel quale sono stati aperti i reparti detentivi e sono aumentate le ore di permanenza al di fuori della cella e le attività trattamentali;
   anche il direttore Valerio Pappalardo, subentrato a dicembre, si è mobilitato a inizio giugno 2015 indirizzando una lettera al Provveditorato, allo scopo di richiedere l'invio di personale in misura adeguata alle esigenze della struttura, lamentando la carenza di 78 unità;
   in merito alla richiesta di sorveglianza dinamica, elemento direttamente proporzionale alla carenza di posti fissi di servizio (nota del capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria prot. n. 140584 del 15 aprile 2014), si sottolinea che la casa circondariale di Trento è istituto ad alta tecnologia e che la dotazione organica è stata determinata tenendo conto di questa nuova e particolare modalità di organizzazione e gestione delle risorse umane;
   ciò considerato, è evidente che i pochi posti di osservazione di servizio dai quali avviene il controllo su ampi spazi e lunghi corridoi, per non dire delle aperture dei cancelli, sono insostituibili;
   dunque in tale situazione, la quale comporta un utilizzo massiccio di tecnologie e a scapito di un impiego minimo di risorse umane, una riduzione dell'organico inciderebbe indubbiamente sui livelli minimo di sicurezza presso l'istituto trentino, nel caso in cui sia mantenuta la medesima gestione delle attività e del movimento dei detenuti;
   senza considerare il fatto che la riduzione dei movimenti dei detenuti: necessaria a causa dell'esiguità delle risorse umane disponibili, specie nel periodo estivo, crea attriti difficilmente gestibili. Questo di fatto è proprio ciò che sta accadendo: in un recente articolo del 9 giugno 2015 pubblicato sul quotidiano L'Adige sono riportate le tensioni che in misura sempre maggiore animano il carcere di Spini;
   i carcerati lamentando una riduzione delle attività (esempio, possibilità di usare come gli scorsi anni l'area sportiva), sentita come una violazione dei propri diritti, hanno dato il via ad una protesta che ha provocato notevoli danni alla struttura carceraria;
    la situazione inoltre si è fatta ancora più tesa dopo il 2 maggio 2015, con l'apertura di una sezione protetta destinata ai cosiddetti «sex offender», ovvero coloro i quali si sono macchiati di reati di natura sessuale (pedofilia, pedopornografia). Tali detenuti non possono avere nessun contatto con gli altri ospiti della struttura carceraria, pertanto le attività devono sempre essere proposte separatamente;
   a fronte di un aumento del lavoro però non si riscontra un aumento di personale, con ripercussioni sempre più gravi in termini di governabilità e di violazione dei diritti di lavoratori e detenuti –:
   se il Ministro non intenda assumere iniziative al fine di consentire l'assegnazione urgente all'istituto trentino di almeno 17 unità di personale, al netto di eventuali trasferimenti in uscita dalla casa circondariale di Trento di personale anziano aderente all'interpello nazionale di mobilità, al fine di tutelare il rispetto dei diritti fondamentali del personale (riposi e ferie) senza ripercussioni sui diritti dei detenuti. (4-09802)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   in seguito alla vendita dell'intero capitale azionario della Cin/Tirrenia al gruppo Onorato, oggetto di altri atti di sindacato ispettivo a firma dell'interpellante, l'amministratore delegato della Cin ha rassegnato le dimissioni dall'incarico;
   secondo autorevoli fonti giornalistiche, come riportato dal quotidiano economico-finanziario Il Sole 24 ore, l'amministratore delegato avrebbe ricevuto una buonauscita di un milione e mezzo di euro;
   tale ricompensa è del tutto in contrasto con i risultati dichiarati in Commissione trasporti e soprattutto oggetto di una rinegoziazione della convenzione tra lo Stato e la Cin che ha proposto tagli rilevanti ai servizi della convenzione in seguito ad un dichiarato grave deficit di bilancio;
   tali dati relativi ad una grave situazione finanziaria di Cin Tirrenia sono stati accettati dal Governo senza che questi fossero stati certificati dall'approvazione del bilancio;
   la Cin ha, dunque, proposto al Governo e alla regione Sardegna la modifica della convenzione regolatrice del servizio di continuità territoriale da e per la Sardegna che con, ad avviso dell'interpellante, grave violazione del principio di trasparenza, ha accettato a scapito del servizio;
   il Governo e la regione Sardegna, ad avviso dell'interpellante con grave irresponsabilità, e in sostanziale accordo con la stessa società di navigazione, hanno accolto le modifiche alla convenzione proposte dalla Tirrenia;
   il contenuto e le modalità di modifica della convenzione costituiscono, secondo l'interpellante, un comportamento assai pregiudizievole ai danni dello Stato e della regione Sardegna che si somma ad una convenzione già di per sé con gravi profili di dubbia legittimità;
   tale modifica ha comportato un danno gravissimo alla Sardegna e ai sardi;
   è auspicabile che la Corte dei conti sia preventivamente investita del provvedimento per bloccare quello che all'interpellante appare un continuo dilapidare di risorse pubbliche;
   dalla modifica della convenzione emerge con chiarezza che non vi è nessun vantaggio per la Sardegna ma solo ed esclusivamente un guadagno per la Tirrenia a fronte di una cancellazione netta di servizi ai danni della regione per un valore di 13 milioni e 546 mila euro;
   a questo si aggiunge che i bilanci della Tirrenia devono essere sottoposti ad attento esame, visto che lo squilibrio economico dichiarato coincide proprio con uno dei parametri della cosiddetta clausola di salvaguardia;
   la stessa convenzione prevede, infatti, che se viene dichiarato un costo superiore dei servizi del 3 per cento rispetto a quelli previsti dalla convenzione si devono ripristinare le condizioni di equilibrio;
   la Tirrenia ha dichiarato in breve tempo questo squilibrio;
   risulta all'interpellante che i Ministeri avrebbero esaminato tale proposta di «riequilibrio» senza avere elementi fondamentali a disposizione e soprattutto con largo anticipo rispetto ai tempi previsti;
   tutto questo si configura secondo l'interpellante come un vantaggio per Tirrenia in difformità dalle norme previste;
   quel che è più grave è che il Governo ha posto in essere una concessione così rilevante dichiarando di non avere i documenti;
   quel che è più grave è che con questo meccanismo perverso la Tirrenia potrebbe in teoria far risultare la propria società in debito perenne continuando a tagliare servizi e a incassare sempre lo stesso stanziamento di quasi 73 milioni di euro;
   tutto questo, ad avviso dell'interpellante senza adeguati controlli sui bilanci, considerato che questa operazione si è svolta senza che sia stato nemmeno comunicato il bilancio 2013;
   in ogni passaggio della modifica della convenzione si evince che il danno per la Sardegna sarà concreto in termini di cancellazione di servizi;
   Tirrenia ha continuato ad incassare i 73 milioni di euro annui, ma ha ridotto i già precari servizi per la Sardegna di almeno 14 milioni di euro;
   tutto questo al buio, considerato che la convenzione è caratterizzata secondo l'interpellante da zone grigie tipiche d'altri tempi che rendono quel finanziamento un ingiustificato vantaggio;
   con altro atto di sindacato ispettivo si fece rilevare che, secondo l'interpellante contravvenendo a tutte le disposizioni, il Governo accolse le richieste di Tirrenia nonostante la stessa non avesse prodotto i bilanci del 2013, non avendolo approvato al momento della richiesta;
   risultano ad avviso dell'interpellante riprovevoli le decisioni assunte per quanto riguarda il sud Sardegna, con oltre il 50 per cento dei tagli che riguardano Cagliari;
   la tratta Cagliari-Civitavecchia passa da quotidiana a trisettimanale, da 7 frequenze a 3. Sulla solo rotta cagliaritana la Tirrenia taglia servizi per 7 milioni di euro;
   si registra un milione e 700 mila euro di tagli sulle rotte con la Sicilia;
   c’è stata la vendita della nave di riserva, l'Aurelia per un guadagno per Tirrenia di quasi 2 milioni di euro;
   è fin troppo evidente che la notizia relativa alla buonauscita dell'amministratore delegato stride con quanto dichiarato sia dal Governo che dallo stesso amministratore delegato Cin;
   se la Cin Tirrenia, così come dichiarato, ha registrato gravi deficit finanziari legati certamente alla non corretta e ottimale gestione appare all'interpellante davvero improponibile e ingiustificata una buonuscita di tale entità;
   risulta evidente che tale buonuscita milionaria non può in alcun modo essere giustificata con i tagli ai servizi della Sardegna, perché in quel caso si arriverebbe al paradosso che ogni amministratore delegato che limitasse la continuità territoriale da e per la Sardegna verrebbe premiato;
   appare davvero incomprensibile come il Ministero competente possa da una parte accettare una dichiarazione di deficit di bilancio e dall'altra una buonuscita sui conti della Tirrenia di ben un milione e mezzo di euro;
   con provvedimento del 21 giugno 2012, n. 23670, l'Autorità garante per la concorrenza ha deliberato di autorizzare l'operazione di concentrazione consistente nell'acquisizione da parte di Compagnia italiana di navigazione srl (CIN) – società costituita allo scopo di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica per la privatizzazione di Tirrenia, il cui capitale è detenuto al 40 per cento da Moby, al 30 per cento dal 19, al 20 per cento da Gruppo Investimenti Portuali GIP spa, al 10 per cento da Shipping Investnnent srl – del ramo d'azienda di Tirrenia di Navigazione spa in amministrazione straordinaria preposto alla fornitura del servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra l'Italia continentale e le isole maggiori e minori, prescrivendo, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, della legge n. 287 del 1990, una serie di misure;
   l'operazione, infatti, come espressamente motivato nel provvedimento, avrebbe comportato importanti effetti strutturali sui mercati interessati, determinandosi, in capo all'entità post-merger quote di mercato particolarmente elevate sia nel trasporto passeggeri che nel trasporto merci;
   tra le misure prescritte vi erano, in particolare, le misure d) ed e) di seguito riportate:
    «... d) Moby e CIN, con riferimento al periodo 2012-2016, non devono stipulare, o devono rescindere con effetto immediato dalla data di autorizzazione della presente operazione, accordi di code-sharing e qualsiasi altra tipologia di accordo finalizzato alla commercializzazione dei titoli di viaggio che intercorra con operatori concorrenti, o con soggetti a questi riconducibili, relativamente alle rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Porto Torres e Genova-Olbia;
    e) Nella stagione estiva 2012, Moby e CIN, per le rotte Civitavecchia-Olbia, Genova-Porto Torres e Genova-Olbia, devono applicare livelli tariffari, al netto dei migliori prezzi risultanti dall'applicazione delle politiche promozionali di cui al punto g), tali da mantenere invariato il ricavo medio unitario realizzato da Moby nella stagione estiva 2009 sulle rotte indicate, fatto salvo un incremento diretto a neutralizzare gli effetti derivanti dalla variazione nel periodo del prezzo medio del carburante “BTZ” (inteso come prezzo Platt's) dato dalla differenza tra la media del costo del carburante del 2009 e la media rilevata nel primo trimestre del 2012»;
   compagnia Italiana di Navigazione srl, (CIN) era stata costituita allo scopo di partecipare alla procedura ad evidenza pubblica per la privatizzazione di Tirrenia. Il capitale di Cin è attualmente detenuto interamente da Onorato Partecipazioni srl;
   Tirrenia di Navigazione spa in amministrazione straordinaria è stata la società pubblica che ha svolto storicamente il servizio di trasporto marittimo di passeggeri e merci tra l'Italia continentale e le isole maggiori – Sardegna e Sicilia – assolvendo teoricamente, in base a un regime di convenzione con lo Stato italiano scarsamente definito, ad obblighi di servizio pubblico a fronte di specifici sussidi. Tirrenia era a capo dell'omonimo gruppo armatoriale, attualmente controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze attraverso Fintecna – Finanziaria per i settori industriale e dei servizi spa. La società opera attualmente sulla base di una convenzione stipulata tra Tirrenia e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   Moby spa è una società controllata congiuntamente dall'armatore Vincenzo Onorato, al quale è riferibile oltre il 60 per cento del capitale sociale, e da L19 spa (di seguito L19), con il 32 per cento del capitale sociale, quest'ultima indirettamente controllata da Clessidra SGR spa 3. Moby è a capo di un gruppo attivo principalmente in Italia nel settore del trasporto marittimo di linea di passeggeri, con o senza veicoli, e di merci (cosiddette navi ro-pax). Nel 2010 il fatturato complessivo di Moby è stato pari a 263,8 milioni di euro, realizzato quasi interamente in Italia;
   Onorato Partecipazioni srl è una società di partecipazioni che controlla, tra le altre, la società di navigazione Moby. Il fatturato di OP nel 2010 è stato pari a 2,58 milioni di euro, interamente realizzato in Italia;
   Clessidra SGR spa (di seguito, Clessidra SGR), integralmente controllata dal fondo di private equity Clessidra Capital Partners II, è attiva nel settore dei servizi finanziari e, in particolare, nell'istituzione e gestione di fondi di private equity, tra i quali figura L19 spa (di seguito L19), che assumerà il controllo congiunto di Cin insieme a Moby. Il fatturato realizzato nel 2010 da Clessidra SGR e dai fondi di investimento di tipo chiuso da essa istituiti e gestiti risulta pari a circa [1-2] miliardi di euro a livello mondiale, di cui [1-2] miliardi di euro nell'Unione europea e 1.112 milioni di euro in Italia;
   nel maggio 2011 l'acquisizione di Tirrenia da parte di CIN è stata notificata per la prima volta all'Autorità. Tuttavia, a seguito del trasferimento delle partecipazioni di OP e Marinvest rispettivamente alle controllate Moby e Grandi Navi Veloci spa (GNV), l'operazione di concentrazione ha assunto dimensione comunitaria, ed è stata quindi notificata alla Commissione europea nel novembre del 2011;
   la Commissione europea ritenendo che la concentrazione proposta sollevasse «seri dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato interno», ha avviato nel gennaio 2012 il procedimento ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, lettera c), del Regolamento CE n. 139 del 2004. A seguito della intervenuta modifica della originaria compagine azionaria di CIN, e in particolare dell'uscita dei soci Grimaldi e Marinvest, le cui partecipazioni sono state acquisite da OP, le parti hanno comunicato nell'aprile 2012 alla Commissione europea il ritiro della notifica;
   il capitale di CIN inizialmente detenuto interamente da Onorato Partecipazioni, la quale, in base agli accordi sottoscritti dalle parti e subordinatamente al rilascio dell'autorizzazione dell'Autorità antitrust italiana, a seguito dell'operazione, ha ceduto le seguenti partecipazioni: 1) una partecipazione pari al 40 per cento a Moby; 2) una partecipazione pari al 30 per cento a L19; 3) una partecipazione pari al 20 per cento a Gruppo Investimenti Portuali GIP spa; 4) una partecipazione pari al 10 per cento a Shipping Investment srl;
   l'Autorità garante per la concorrenza si è ripetutamente occupata dell'operazione Tirrenia-Cin, riscontrando il rischio della creazione di una posizione dominante in capo a CIN, in particolare sulle rotte ove si verifica una sovrapposizione dell'operatività di Moby e Tirrenia – ovvero sulle rotte Genova-Porto Torres, Genova-Olbia, Civitavecchia-Olbia, prevalentemente per il trasporto passeggeri, e Genova-Olbia, Civitavecchia-Olbia e Livorno-Cagliari, per il trasporto merci;
   tale posizione dominante appare evidente, da un lato, per la scarsa capacità degli operatori concorrenti attuali di esercitare un'efficace pressione competitiva, e, dall'altro, dell'esistenza di barriere alla possibilità di ingresso di altri soggetti sulle rotte interessate a causa della congestione delle banchine nei porti di partenza e destinazione, in particolare nelle stagioni e negli orari di punta;
   oggetto dell'operazione Tirrenia-Cin riguarda il trasporto marittimo di passeggeri, veicoli e merci tra l'Italia peninsulare e la Sardegna;
   nello specifico, si considerano rilevanti ai fini della valutazione dell'operazione in esame le rotte per le quali si verifica una sovrapposizione tra le attività delle Parti. Si tratta, in particolare, delle seguenti rotte dedicate prevalentemente al trasporto passeggeri, con o senza veicoli:
    Genova-Porto Torres;
    Genova-Olbia;
    Civitavecchia-Olbia;
   e di quella dedicata prevalentemente al trasporto merci;
    Livorno-Cagliari;
   nell'istruttoria avviata nel 2012 svolta dall'autorità garante per la concorrenza veniva rilevata la seguente condizione di mercato:
    «Tirrenia rappresenta l'operatore storico nel trasporto marittimo nazionale, che, come ricordato, ha adempiuto negli ultimi anni agli Obblighi di Servizio Pubblico previsti dalla convenzione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Per tale ragione, la sua presenza risulta prevalente sulle rotte tradizionali di collegamento tra la Sardegna e l'Italia peninsulare (Civitavecchia-Olbia e Genova-Porto Torres), con quote che si attestano intorno al 50 per cento, mentre Moby risulta l'operatore più importante sulla rotta Genova-Olbia. Nel 2011, il concorrente GNV era presente su tutte e tre le rotte, mentre Forship operava solo sulla rotta Civitavecchia-Golfo Aranci, e Saremar sulle due rotte tradizionali Civitavecchia-Olbia e Genova-Porto Torres;
   per quanto riguarda il trasporto di merci da/per la Sardegna, come emerge dalla Tabella 3, Tirrenia risulta indiscutibilmente l'operatore dominante sulle rotte ro-pax Civitavecchia – Olbia e Genova – Porto Torres, con quote superiori a [70-80 per cento], in volume e valore; mentre Moby risulta il primo operatore sulla rotta Genova-Olbia, con quote superiori a [50-55 per cento] in volume e valore. A seguito dell'operazione l'entità post-concentrazione deterrà quote ampiamente superiori a [70-80 per cento] per il trasporto passeggeri su tutte e tre le rotte ro-pax (Civitavecchia-Olbia, Genova-Olbia e Genova-Porto Torres) e una quota del 100 per cento sulla rotta merci Livorno-Cagliari;
   sempre in riferimento alla situazione di mercato rilevata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel 2012 era emerso che i concorrenti GNV e Forship hanno deciso di non operare, già dalla stagione in corso, sulla rotta Civitavecchia-Olbia (ro-pax) sulla quale quindi erano risultati presenti unicamente, la nuova entità post-concentrazione, con CIN/Tirrenia e Moby, e la società concorrente Saremar, oggi oggetto di procedura di fallimento;
   l'operazione di privatizzazione di Tirrenia ha prodotto una gravissima alterazione della concorrenza nel cabotaggio marittimo, con la creazione di un ristrettissimo oligopolio collusivo in pregiudizio per la collettività sarda e per gli utenti in generale;
   l'operazione ha determinato importanti effetti strutturali sui mercati interessati;
   secondo quanto rilevato dall'Autorità garante risultano in capo all'entità post-merger quote di mercato particolarmente elevate: infatti, per il trasporto passeggeri, sulla rotta Civitavecchia-Olbia, è ascrivibile alle Parti, nel 2011, una quota complessiva di mercato pari a [70-80 per cento] sulla rotta Genova-Olbia, una quota pari a [70-80 per cento], sulla rotta Genova-Porto Torres, una quota pari a [70-80 per cento]; quanto al trasporto merci, sulla rotta solo merci Livorno-Cagliari la quota di mercato in valore attribuibile alle Parti era nello stesso anno del 100 per cento e sulle altre tre rotte interessate le quote erano ampiamente superiori a [70-80 per cento], con livelli in alcuni casi vicini a [90-100 per cento];
   risultava praticamente irrisoria e irrilevante la pressione concorrenziale che sarebbe potuta essere esercitata dai concorrenti;
   concorrenti che all'atto della cessione di Tirrenia a Cin detenevano sulle rotte interessate posizioni di mercato non confrontabili a quelle di CIN/Moby: nel mercato del trasporto passeggeri, in particolare, il secondo operatore, GNV, deteneva nel 2011 quote inferiori a [25-30 per cento] su tutte le rotte, mentre il terzo, Forship, che operava solo sulla rotta Civitavecchia-Olbia, e il quarto, Saremar, che operava sulla Vado Ligure-Porto Torres e sulla Civitavecchia-Olbia, non superavano nello stesso anno il [5-10 per cento] ciascuno;
   le quote in capo all'operatore post-merger risultano inoltre ancora più elevate nella stagione in corso sulla rotta Civitavecchia-Olbia a seguito dell'uscita dal mercato, a partire dal 2012, dei concorrenti GNV e Forship, che vi operavano in precedenza;
   in relazione alla stagione estiva — decorrente dal 1o giugno al 30 settembre di ogni anno — l'Autorità garante faceva rivelare che, in ragione della sospensione del regime convenzionale, nella valutazione dell'operazione devono prendersi in considerazione con maggiore attenzione gli effetti sui consumatori derivanti dalla completa autonomia commerciale esistente in capo alla nuova entità risultante dalla concentrazione;
   in relazione a modifiche statutarie intervenute in data 18 giugno 2015 e alla definizione del contratto di cessione dell'intero pacchetto azionario e/o di una parte rilevante e ampiamente maggioritario al gruppo Onorato sono profondamente modificate le condizioni iniziali relative all'impatto dell'avvenuta concentrazione rispetto al mercato sia passeggeri che merci operante nelle rotte da e per la Sardegna;
   le norme disciplinano gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni di imprese;
   l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, qualora ritenga che una fattispecie al suo esame non rientri nell'ambito di applicazione di propria, ne informa la Commissione delle Comunità europee, cui trasmette tutte le informazioni in suo possesso;
   in base alle norme vigenti sono considerati intese gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese nonché le deliberazioni, anche se adottate ai sensi di disposizioni statutarie o regolamentari, di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari;
   tali intese sono vietate tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel:
    a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali;
    b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico;
    c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento;
    d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
    e) subordinare la conclusione di contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l'oggetto dei contratti stessi;
   le intese vietate, secondo le norme, sono nulle ad ogni effetto;
   la normativa vigente vieta l'abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ed inoltre è vietato:
    a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
    b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
    c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;
    d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto dei contratti stessi;
   la normativa disciplina altresì le operazioni di concentrazione che si realizzano:
    a) quando due o più imprese procedono a fusione;
    b) quando uno o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente, sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese;
    c) quando due o più imprese procedono, attraverso la costituzione di una nuova società, alla costituzione di un'impresa comune;
   la norma in materia di operazioni di concentrazione soggette a comunicazione prevede che l'Autorità valuti se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza;
   l'Autorità una volta accertata la concentrazione la vieta ovvero l'autorizza prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze;
   secondo il sottoscritto interrogante nei collegamenti marittimi da e per la Sardegna di sta di fatto costituendo un rilevante monopolio, senza nessuna concorrenza, che risulta di fatto gravemente condizionata sia dall'assetto attuale di Cin che da quello futuro considerato l'utilizzo di ingenti risorse pubbliche, oltre 73 milioni di euro, che di fatto alimenteranno tale monopolio a scapito di qualsiasi altra concorrenza;
   risulta ancora non riscontrabile il contenuto degli atti depositati il 22 giugno 2015 dal notaio Carlo Marchetti alla camera di commercio di Cagliari relativi ai rapporti societari tra la Cin e i suoi soci;
   si tratta da quanto si evince dalla sommaria registrazione degli atti e a quanto consta all'interrogante che sarebbero intervenute modifiche statutarie, con particolare riferimento al rapporto tra soci e le prelazioni;
   le registrazioni notarili alla camera di commercio risultano essere due: la prima il 16 giugno scorso, per modifiche statutarie e la seconda il 18 giugno con una registrazione alla camera di commercio di Cagliari;
   il gruppo Onorato avrebbe ratificato il passaggio del nuovo pacchetto azionario in seguito alla definizione di apposita intesa finanziaria con il fondo americano Och Ziff che fornirebbe le risorse necessarie tramite le quali saranno rilevate le azioni in mano al private equity Clessidra e agli azionisti di minoranza di Tirrenia, Luigi Negri e Francesco Izzo;
   l'operazione prevederebbe che il fondo americano, assistito dagli advisor di Bluebell Partners, conceda un prestito da 100 milioni di euro sufficienti ad acquisire il pieno controllo sia di Moby che della stessa Tirrenia;
   l'operazione è stata definita anche negli aspetti finanziari: a Clessidra andranno 80 milioni di euro, agli altri soci di Tirrenia 20 milioni di euro;
   tale operazione comporta, rispetto alle stesse analisi elaborate dalla stessa Autorità garante della concorrenza una concentrazione in un unico soggetto di oltre il 90 per cento del fatturato e del mercato;
   le misure adottate dall'autorità garante per la concorrenza relative al 2012 solo parzialmente sono state messe in essere, a partire dal ridimensionamento dei costi dei biglietti che continua a generare l'effetto più evidente e grave della concentrazione e della posizione dominante che già si verificava nel precedente assetto:
    nella giornata del 7 luglio 2015, secondo quanto consta all'interpellante, sarebbe stata apposta la firma dell'atto di acquisizione dell'interno pacchetto azionario di Cin da parte del gruppo Onorato avviando, se non giuridicamente, ma certamente sul piano sostanziale una fusione societaria che tendenzialmente secondo l'interpellante aggraverà la posizione dominante e rafforzerà ulteriormente la concentrazione limitando ulteriormente la già ridotta concorrenza sul settore –:
   se non ritengano di dover intervenire immediatamente, per quanto di propria competenza, considerato il rilevante contratto di servizio pubblico di cui la Cin è beneficiaria, al fine di valutare se tale operazione non pregiudichi l'interesse pubblico e le stesse condizioni iniziali imposte dalla Commissione europea allo Stato italiano per la definizione dell'operazione di privatizzazione;
   se il Governo sia stato interpellato sulla vicenda societaria e se i dicasteri competenti abbiano in qualche modo dato un assenso, formale e/o politico/istituzionale ad un'operazione che riguarda una società la cui prerogativa principale è quella dello svolgimento di un servizio pubblico per conto dello Stato stesso;
   se non ritenga che, in considerazione delle mutate condizioni iniziali societarie, e il venir meno sostanziale del rispetto del principio della concorrenza, non si debba recedere dal contratto in base all'articolo 15 della convenzione e definire l'assegnazione del contributo attraverso procedure trasparenti di evidenza pubblica che possano garantire un abbattimento dei costi e il miglioramento del servizio;
   se, anche in considerazione della presenza nel collegio sindacale della società dei rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze, non ritengano indispensabile esercitare i controlli di competenza su qualsiasi buonuscita in contrasto con le dichiarazioni di deficit di bilancio poste alla base della grave cancellazione dei servizi da e per la Sardegna;
   se non intendano esercitare, per quanto di competenza, ogni iniziativa di controllo sui conti della Cin Tirrenia;
   se non ritengano di dover verificare i costi reali del servizio di continuità territoriale sia in termini parametrici che di qualità di servizio;
   se non ritengano di dover acquisire ogni elemento utile circa i termini dei contratti con i dirigenti stessi della Cin, considerato il preminente finanziamento dell'attività con risorse pubbliche.
(2-01032) «Pili, Pisicchio».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sono in fase istruttoria i progetti preliminari relativi al Progetto: Adeguamento e messa in sicurezza della SS 131 «Carlo Felice» dal km 108+300 al km 209+500 Risoluzione nodi critici – 1o e 2o stralcio;
   il progetto prevede la messa in sicurezza della S.S. 131 dal km 108+300 al km 209+500 mediante la realizzazione di 6 nuovi svincoli, l'adeguamento di 21 svincoli esistenti, la riqualificazione delle strade provinciali S.P. 124 e S.P. 125, la sistemazione degli accessi diretti sulla S.S. 131 e l'adeguamento della viabilità a servizio degli accessi chiusi, l'inserimento di nuove piazzole di sosta e la realizzazione di impianti di illuminazione in tutte le intersezioni;
   il soggetto proponente: ANAS S.p.A. Tipologia di opera: Opere stradali;
   il termine di presentazione osservazioni era fissato per il 12 luglio 2015;
   sono interessate le Province: Sassari, Nuoro, Oristano;
   l'arteria viaria interessa i Comuni di: Cargeghe, Torralba, Muros, Mores, Giave, Bonnanaro, Bauladu, Florinas, Macomer, Bortigali, Bonorva, Abbasanta, Sassari, Borore, Birori, Paulilatino, Siligo, Aidomaggiore, Cheremule, Tramatza, Codrongianos, Norbello, Cossoine, Ploaghe;
   il sottoscritto interrogante ha avanzato formale osservazione in relazione all'opera in premessa alla Commissione di Valutazione di impatto ambientale formulando i seguenti rilievi:
    1) il tratto di strada oggetto dell'intervento, seppur parziale, riguarda un'area della Sardegna di grande rilevanza archeologica nuragica;
    2) gli innesti proposti non risultano verificati rispetto alla panoramica (skyline) relativamente ai siti nuragici di cui l'area di intersezione stradale è particolarmente densa;
    3) non risulta esaminata la possibilità di rendere funzionale le intersezioni stradali e relativi svincoli relativamente agli stessi siti archeologici;
    4) non risulta esaminata la straordinaria opportunità di rendere l'arteria stradale strumento indispensabile, proprio per la sua importanza viaria, per la valorizzazione e la tutela delle esclusive emergenze archeologiche nuragiche;
    5) si valuti la possibilità di porre come condizione per la valutazione strategica ambientale la connotazione di «autostrada dei Nuraghi» al fine della tutela, valorizzazione e fruizione dell'immenso patrimonio archeologico nuragico della Sardegna;
   nel merito delle singole osservazioni proposte in questo documento si ritiene di dover sottolineare l'importanza e il rilievo nuragico delle seguenti aree nuragiche, attraversate e intersecate con il tratto Strada statale 131 oggetto dell'istruttoria in oggetto:
    a) IL SANTUARIO NURAGICO DI SANTA CRISTINA
    è un sito archeologico situato nel comune di Paulilatino, in Sardegna. L'area archeologica si trova nei pressi della chiesa campestre di Santa Cristina, da cui prende il nome. Il sito si compone essenzialmente di due parti: la prima, quella più conosciuta e studiata, costituita dal tempio a pozzo, un pozzo sacro risalente all'età nuragica, con strutture ad esso annesse: capanna delle riunioni, recinto e altre capanne più piccole. La seconda parte del complesso a circa duecento metri a sud-ovest è costituita da un nuraghe monotorre, da alcune capanne in pietra di forma allungata di incerta datazione ed un villaggio nuragico, ancora da scavare, di cui sono visibili solo alcuni elementi affioranti;
    b) IL NURAGHE LOSA DI ABBASANTA
    il complesso archeologico del Nuraghe Losa è stato oggetto di diverse campagne di scavo già dalla fine dell'Ottocento e per tutto il corso del Novecento. Non è stato portato alla luce del tutto, ma sono state evidenziate soprattutto le strutture megalitiche di età nuragica. Restano ancora da indagare sia l'originario agglomerato di abitazioni nuragiche sia quelli sovrappostisi in età successive. Il nucleo delle strutture preistoriche è costituito da un nuraghe a tholos di tipo complesso a pianta trilobata, svettato in corrispondenza del piano superiore. Il nuraghe si articola in una torre principale troncoconica intorno alla quale sono disposte tre torri minori unite da cortine murarie a contorno concavo-convesso;
    c) VILLAGGIO NURAGICO MACOMER
    il complesso nuragico di Tamùli è un importante sito archeologico risalente all'età del Bronzo medio (1500-1200 a.C.). È situato ad una altezza di 720 m, sul declivio del monte di Sant'Antonio, dove la catena del Marghine si congiunge con il Montiferru e fa parte del comune di Macomer, provincia di Nuoro, da cui dista circa 5 chilometri. Il sito era ben noto già nella prima metà dell'Ottocento grazie soprattutto alla descrizione che lo studioso gen. Alberto Della Marmora fece nel suo Voyage en Sardaigne, pubblicato nel 1840. Nell'atlante allegato illustrò compiutamente con numerosi disegni il nuraghe, due delle tre tombe dei giganti presenti, i betili ed alcuni conci presenti sul posto; a circa 150 metri dal villaggio è presente la necropoli, composta da tre tombe dei giganti del tipo isodomo con pareti a filari e lastra di testata;
    d) LA VALLE DEI NURAGHI
    è una denominazione moderna, coniata nel XX secolo, che definisce un'area del Logudoro Meilogu, in Sardegna, estesa nei territori dei comuni di [senza fonte] Torralba, Giave, Bonorva, Mores, Thiesi, Bonnanaro, Borutta, Cheremule e Ittireddu, nella quale sono presenti i resti di oltre trenta nuraghi e di dieci tombe di giganti. In quest'area favorevoli fattori ambientali e climatici hanno contribuito alla formazione di insediamenti umani, attestati da resti di stanziamenti all'aperto, di insediamenti in grotta e di necropoli a ipogeo (donnus de janas: tra queste quella di Sant'Andrea Priu, presso Bonorva, riutilizzata come chiesa rupestre da religiosi di osservanza bizantina, e quella di Mandra Antine, nelle campagne di Thiesi, che presenta decorazioni dipinte di protomi taurine. Vi si trova inoltre il dolmen Sa Coveccada, posto in agro di Mores. Tra i resti di numerosi nuraghi e dei relativi villaggi, l'esempio più imponente è costituito dal nuraghe Santu Antine, a pianta trilobata. Nel territorio della Valle sono state rinvenute sedici pietre miliari (attualmente conservate nel locale Museo della Valle dei Nuraghi) da riferirsi alle due importanti direttrici viarie (tra Cagliari e Porto Torres e Olbia e una seconda strada disposta in senso est-ovest, che la collegava ad un'altra direttrice nord-sud dell'isola;
    e) IL NURAGHE SANTU ANTINE
    il nuraghe, uno dei gioielli dell'architettura protosarda, è costituito da una torre centrale e da un bastione trilobato con ai vertici tre torri circolari. Fu costruito durante l'età del Bronzo, probabilmente nel corso del XVI secolo a. C. Si tratta dunque di un edificio preistorico, edificato quando in Sardegna fioriva la Civiltà Nuragica, della quale il Nuraghe Santu Antine rappresenta una delle testimonianze più significative sia per le dimensioni che per le caratteristiche architettoniche. I materiali provenienti dagli scavi sono visibili presso il Museo della Valle dei nuraghi del Logudoro-Meilogu di Torralba;
    f) MONTE D'ACCODDI
    talvolta scritto Akkoddi, è un importante sito archeologico attribuito alla Cultura di Abealzu-Filigosa e più precisamente della Sardegna prenuragica. Per la concentrazione di differenti tipologie costruttive, il monumento è a tutt'oggi considerato unico non solo in Europa ma nell'intero bacino del Mediterraneo, tanto singolare da essere accomunato morfologicamente a una ziqqurat mesopotamica. Monte d'Accoddi è situato nella Nurra, regione della Sardegna nordoccidentale, e più precisamente nel comune di Sassari, in prossimità del vecchio tracciato della Strada statale 131 Carlo Felice, in direzione di Porto Torres. Il complesso si trova all'interno di una porzione di territorio che registra una rilevante presenza di monumenti preistorici distanti fra loro poche centinaia di metri. Tra i più importanti da segnalare, oltre a Monte d'Accoddi, le necropoli di Su CrucifissuMannu, Ponte Secco, Li Lioni, Sant'Ambrogio, Su Jaiu, Spina Santa e Marinaru, i dolmen e menhir di Frades Muros, oltre ad una decina di nuraghi. Il monumento, unico nel bacino del Mediterraneo, faceva parte di un complesso di epoca prenuragica, sviluppatosi sul pianoro a partire dalla seconda metà del IV millennio a.C. e preceduto da tracce di frequentazione riferibili al neolitico medio. Il secondo santuario, conosciuto anche come «Tempio a gradoni» ricorda nel suo complesso le contemporanee ziqqurat mesopotamiche. È stato attribuito alla cultura di Abealzu-Filigosa;
   gli innesti proposti non risultano verificati rispetto alla panoramica (skyline) relativamente ai siti nuragici di cui l'area di intersezione stradale è particolarmente densa;
   nella relazione archeologica allegata al progetto che pure prende in esame l'esistenza di emergenze archeologiche diffuse non si considera l'impatto paesaggistico in relazione ai siti archeologici contigui e prossimi all'arteria viaria. Non risultano simulate le visuali panoramiche sui siti archeologici e sul paesaggio archeologico. Appare indispensabile verificare tale impatto visivo delle intersezioni sia in grado di tutelare e proteggere la visuale dalla strada delle insorgenze archeologiche. A questo, oltre all'elencazione asettica dei siti archeologici, occorre una valutazione strategica areale in grado di meglio tutelare non solo i singoli episodi archeologici ma il paesaggio nuragico nel suo insieme;
   non risulta esaminata la possibilità di rendere funzionale le intersezioni stradali e relativi svincoli relativamente agli stessi siti archeologici;
   risulta assente, conseguentemente, l'esame di un possibile sviluppo progettuale in grado di valorizzare e rendere più efficacemente fruibili i siti e i compendi nuragici che proprio in virtù del contesto viario finirebbero per caratterizzare l'opera viaria in chiave archeologica nuragica configurando di fatto un investimento infrastrutturale e immateriale culturale di notevole rilevanza per l'area oggetto di intervento. Le diverse intersezioni stradali e gli svincoli non risultano studiati nei posizionamenti in situ al fine di favorire anche attraverso le complanari l'accesso alle principali aree archeologiche richiamate nelle presenti osservazioni;
   non risulta esaminata la straordinaria opportunità di rendere l'arteria stradale strumento indispensabile, proprio per la sua importanza viaria, per la valorizzazione e la tutela delle esclusive emergenze archeologiche nuragiche;
   come già richiamato in premessa non risulta affrontata con la dovuta attenzione l'opportunità strategica, che altrimenti ne sarebbe compromessa per sempre, di realizzare sul piano strategico una vera e propria Autostrada dei nuraghi predisponendo nel piano di valorizzazione della stessa arteria una caratterizzazione nuragica tale da renderla unica nella sua progettazione, realizzazione e gestione. Un piano progettuale che come condizione sul piano strategico paesaggistico e ambientale rendesse fruibili le aree archeologiche con connessioni viarie, segnaletica e attraverso l'uso di energia rinnovabile la stessa illuminazione;
   è fin troppo evidente che, prescindendo dall'applicazione rigorosa della normativa in materia di valutazione d'impatto ambientale, la caratteristica areale circostante del sedime stradale oggetto dell'intervento proposto pone in essere con evidenza macroscopica l'esigenza di tener conto dell'importanza archeologica non solo del singolo episodio nuragico ma del sistema in termini più ampi paesaggistici, ambientali, antropici e culturali. La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nazionale è stata introdotta in Italia sulla base di norme transitorie che traggono origine da quanto definito dall'articolo 6 della legge 394/86 istitutiva del Ministero dell'Ambiente e conformemente alla direttiva del Consiglio della Comunità Europea n. 85/337 del 1985 modificata ed integrata dalla direttiva CEE 97/11. Secondo la normativa comunitaria i progetti che possono avere un effetto rilevante sull'ambiente, inteso come ambiente naturale e ambiente antropizzato, devono essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale. Tale esame non può prescindere dall'obiettivo di perseguire la sostenibilità ambientale delle scelte contenute negli atti di pianificazione, indirizzo e infrastrutturazione primaria che guidano la trasformazione del territorio. In particolare il richiamo legislativo e concettuale all'antropizzazione si propone di verificare che gli obiettivi individuati nei piani siano coerenti con quelli propri dello sviluppo sostenibile, e che le azioni previste nella struttura degli stessi siano idonee al loro raggiungimento –:
   se non ritengano i Ministri interrogati necessario, opportuno e indispensabile porre come indirizzo per la progettazione definitiva e la stessa valutazione ambientale strategica della principale arteria viaria della Sardegna la connotazione strategica, ambientale e paesaggistica di «autostrada dei Nuraghi» al fine della tutela, valorizzazione e fruizione dell'immenso patrimonio archeologico nuragico della Sardegna funzionale;
   se non ritengano di dover valutare la possibile realizzazione sul piano ambientale, paesaggistico, strategico, antropologico e culturale di un piano di valorizzazione che tenga conto dello straordinario e unico insieme archeologico nuragico racchiuso nel tratto viario oggetto di valutazione al fine di realizzare una sostanziale «autostrada dei nuraghi» che faccia interagire il sistema viario con la tutela e la valorizzazione del complesso e articolato compendio archeologico nuragico prenuragico della Sardegna. (5-06043)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, FERRARA, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, DURANTI, AIRAUDO, PLACIDO, SANNICANDRO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 8 luglio 2015 il sindaco di Urbania (PU), Marco Ciccolini, informava l'interrogante dell'avvenuta chiusura della strada provinciale n. 4 «Metaurense» alla «progressiva distanziometrica chilometro 15+300», a seguito del crollo di una porzione della soletta portante in corrispondenza del ponte nominato «dei Conciatori», presso il comune di Urbania, illustrando la necessità del ripristino immediato di adeguate condizioni di mobilità e circolazione, delle persone e delle merci, nelle aree dell'Alta Valle del Metauro e del Montefeltro;
   il collegamento stradale servito dal ponte dei Conciatori, seppur classificato come «provinciale», svolge un ruolo strategico per la viabilità dell'area, poiché funge da asse viario principale per un ampio bacino territoriale, comprendente almeno 15 comuni, tra i quali il capoluogo di provincia Urbino; dieci zone industriali con oltre 8.200 imprese; l'università statale ed il tribunale di Urbino; diversi istituti scolastici superiori; oltre al rilevante patrimonio storico, artistico e culturale, che costituisce un fondamentale asset per la parte di economia del territorio provinciale legata al turismo;
   il traffico giornaliero medio raggiunge indicativamente i 12.000 veicoli al giorno;
   la chiusura, resa necessaria per ragioni di sicurezza, se protratta nel tempo rischia di compromettere l'intera viabilità dell'area, oltre a causare evidenti ripercussioni negative per le zone industriali coinvolte, peraltro già colpite significativamente dalla crisi economica;
   la chiusura della strada citata ha avuto importanti ripercussioni anche sulla gestione della mobilità nel comune di Urbania, al punto che l'amministrazione comunale è dovuta intervenire emettendo diverse ordinanze per regolare la circolazione dei veicoli attraverso il centro abitato;
   nonostante siano state avviate le necessarie verifiche tecniche di analisi e progettazione, da parte della provincia di Pesaro e Urbino, al fine di procedere al risanamento o alla demolizione e successiva ricostruzione del ponte attualmente chiuso, le difficili condizioni della finanza locale, insieme ai vincoli del patto di stabilità interno, non consentono di intervenire con celerità per ripristinare una condizione di viabilità ordinaria;
   in data 19 giugno 2015 il presidente della provincia di Pesaro-Urbino, Daniele Tagliolini, insieme al sindaco di Urbania, Marco Ciccolini, ha illustrato personalmente al Ministro interrogato, in un incontro informale a margine di una manifestazione culturale tenutasi a Fano, le problematiche sin qui richiamate, consegnando allo stesso una serie di documenti relativi al ponte dei Conciatori e ai problemi di viabilità, anche in funzione della strada statale E78 «Fano-Grosseto» e della circonvallazione già presente nel piano regolatore generale –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare il Ministro interrogato per agevolare il risanamento o la ricostruzione del ponte dei Conciatori al fine di ripristinare le ottimali condizioni di viabilità dell'area indicata in premessa.
   (4-09803)


   RICCARDO GALLO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il crollo di calcinacci avvenuto lo scorso 10 luglio, all'interno della galleria «Garebici», sulla strada statale 115 tra Siculiana e Montallegro nell'agrigentino, che ha intrappolato diversi automobilisti all'interno del tunnel per oltre un'ora, a giudizio dell'interrogante, ripropone ancora una volta il tema legato alla sicurezza stradale e la tutela dei viaggiatori, che nella regione siciliana in particolare, risulta essere particolarmente avvertito, stante i numerosi cedimenti strutturali avvenuti di recente;
   gli interventi tempestivi dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine, a cui si sono uniti anche gli operatori dell'Anas, finalizzati al ripristino della viabilità subito dopo la rimozione dei detriti, consentendo la ripresa normale del traffico in direzione Sciacca-Agrigento, se da un lato evidenziano a parere dell'interrogante, un segnale positivo connesso al livello di pronto intervento, dall'altro ribadiscono l'esigenza di potenziare il livello di monitoraggio, da parte delle autorità competenti, al fine di verificare le condizioni complessive delle infrastrutture legate alla viabilità in Sicilia;
   al riguardo occorre evidenziare, a giudizio dell'interrogante, come il differenziale delle infrastrutture nel Mezzogiorno d'Italia simbolicamente rappresentato, dal crollo del viadotto Italia, in Calabria, dall'interruzione per crollo di un pilone dell'autostrada A19 tra Palermo e Catania e dalle condizioni insostenibili in cui versa la strada statale 106 Reggio Calabria-Taranto, (per citare soltanto tre esempi), confermano il perpetuarsi delle politiche di dismissione da parte del Governo in carica, la cui azione complessiva in tema di rilancio e di sviluppo competitivo nei riguardi delle regioni del Mezzogiorno, appare visibilmente in ritardo –:
   quali valutazioni intenda esprimere con riferimento a quanto esposto in premessa e se non ritenga opportuno intervenire nei confronti dell'Anas, al fine di potenziare il sistema dei controlli e della sicurezza per i tratti stradali di competenza, nella regione Sicilia, il cui crollo in precedenza richiamato ribadisce l'esigenza di migliorare i livelli di attenzione legati alla manutenzione stradale;
   quali misure intenda intraprendere il Ministro interrogato, in favore del sistema dei collegamenti nella regione Sicilia, il cui divario in termini infrastrutturali con le altre regioni del Paese, è ulteriormente accresciuto negli ultimi anni. (4-09804)

INTERNO

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARANTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 1o luglio il sindaco di Alassio (Savona) Enzo Canepa firma un’«Ordinanza di tutela sanitaria» che vieta l'ingresso in città «a persone prive di fissa dimora, provenienti da Paesi dell'area africana, asiatica e sudamericana, se non in possesso di regolare certificato sanitario attestante la negatività da malattie infettive e trasmissibili». Dal momento che nessun migrante è munito di certificato l'ordinanza, di fatto, si traduce in un divieto di accogliere migranti; 
   l'ordinanza segue di qualche giorno la richiesta da parte della prefettura di accogliere nella cittadina rivierasca altri otto migranti, prontamente rifiutata dal sindaco adducendo, parrebbe, come motivazione che avrebbero disturbato i turisti presenti in città;
   mentre ad Alassio, riporta la cronaca di giornali locali, è lo stesso sindaco Canepa ad andare in giro per chiedere ai migranti se abbiano una dimora e il certificato obbligatorio, i sindaci di alcune cittadine vicine (Zuccarello, Ortovero, Vendone, Erli e Garlenda) poco dopo adottano la stessa ordinanza;
   il flusso dei profughi in arrivo nel nostro Paese non si ferma e nei prossimi giorni sono attesi in Liguria altri 800 migranti; è palese la difficoltà in cui si trovano le prefetture che a fatica riescono a fare fronte alla situazione;
   a Savona non si può nemmeno contare sull'azione del prefetto, vacante da metà giugno e ancora in attesa di essere nominato –:
   come si possano conciliare atti come quelli di cui in premessa con gli orientamenti del Governo in ordine all'accoglienza dei migranti, considerato che si tratta di uomini e donne che per la maggior parte stanno fuggendo da guerra e povertà e quali iniziative di competenza intenda assumere per evitare che si verifichino per il futuro casi analoghi, con particolare riguardo alle misure per migliorare condizione sanitaria dei migranti. (4-09811)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DI VITA, LOREFICE, GRILLO, SILVIA GIORDANO, MANTERO, BARONI, MANNINO, NUTI, LUPO e DI BENEDETTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   relativamente alla annosa questione della chiusura del punto nascite di Cefalù una recente nota del Ministero ha stabilito il monitoraggio dei punti nascita di Cefalù e di Termini Imerese, per stabilire quale dei due dovrà restare aperto dopo il 31 dicembre 2016. L'assessorato regionale veniva invitato a provvedere a tale monitoraggio una prima volta al 31 dicembre 2015 e una seconda volta definitivamente al 31 dicembre 2016;
   per quanto riguarda il punto nascite di Cefalù così si esprime il Ministero: «si concorda con la richiesta di deroga, con la prescrizione di un attento monitoraggio della attività dello stesso Punto nascita, da verificare congiuntamente al monitoraggio del PN di Termini Imerese: i due PN devono essere monitorati al 31 dicembre di ogni anno, con termine ultimo il 31 dicembre 2016, per verificare l'andamento delle nascite; successivamente la regione, sulla base dei volumi di attività dei PN, come anche dei volumi totali di attività dei due Presidi ospedalieri, ne dovrà valutare il mantenimento in funzione, anche in base a quanto indicato dal decreto interministeriale recante “Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”»;
   l'assessorato, si apprende soltanto da fonti locali, avrebbe invero già nominato il 26 giugno 2015 detta Commissione di vigilanza regionale (nominata appunto per verificare il percorso della struttura cefaludese e di quella termitana), della quale risulterebbero far parte due figure professionali attualmente operanti presso la struttura sanitaria di Termini Imerese, i dottori Giuseppe Canzone, direttore UOC del reparto ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Termini Imerese e Domenico Cipolla, direttore UOC del reparto di pediatria e neonatologia dello stesso ospedale;
   tale circostanza ragionevolmente appare quantomeno destinata a suscitare sospetti e polemiche, con ogni consequenziale valutazione in termini di opportunità ed obiettività; una corretta trasparenza e più che motivi di opportunità, si ritiene, avrebbero dovuto indurre a scelte diverse sul piano della «terzietà» dell'organo giudicante;
   si apprende dalla medesima fonte che lo stesso 26 giugno 2015 i succitati dottori dell'ospedale di Termini Imerese Giuseppe Canzone e Domenico Cipolla; Gaetano Desti e Gasperino Como, congiuntamente ai dottori dell'ospedale di Cefalù Rosario Squatrito, responsabile pronto soccorso; Giovanni Malto, responsabile anestesia e rianimazione; Francesco Andolina, direttore pediatra e Sarah Tardino, responsabile facente funzione UO del reparto ginecologia e ostetricia, avrebbero proceduto al primo controllo previsto per il monitoraggio dell'ospedale G. Giglio di Cefalù, con particolare riferimento al suo centro nascite;
   il verbale stilato a conclusione del sopralluogo così addebiterebbe al punto nascite di Cefalù: «Per ciò che attiene l'area neonatale si evidenzia che non è stata identificata la figura del responsabile organizzativo e gestionale dell'area neonatale»;
   occorre rilevare che la citata nota del Ministero, che stabilisce il monitoraggio degli ospedali di Termini e Cefalù, si chiudeva con queste precise parole: «Relativamente al nuovo assetto dei Punti nascita così come concordato con il Ministero della salute, si suggerisce che la regione siciliana promuova una attività di comunicazione trasparente con la popolazione, per consentire maggiore chiarezza e trasparenza nelle motivazioni che sottendono a tale processo di riorganizzazione»;
   ebbene a tal proposito, malgrado la nota ministeriale suggerisse chiaramente la trasparenza nella procedura di monitoraggio, le medesime fonti locali hanno invece evidenziato sino ad ora la totale assenza di informazione e comunicazione trasparente sia da parte della regione che da parte del consiglio di amministrazione della fondazione Giglio, a partire già dal semplice fatto che i cittadini interessati sarebbero stati tenuti all'oscuro della nomina della commissione regionale e dei suoi componenti, che dovranno monitorare gli ospedali di Termini e di Cefalù, per decidere quale dei due centri nascita dovrà rimanere aperto –:
   se sia al corrente dei fatti citati in premessa;
   se quanto riportato dagli organi di informazione locale risponda al vero;
   se qualora la citata nota del Ministero non avesse trovato seguito, laddove essa prescriveva totale trasparenza nella procedura di monitoraggio dei due ospedali, se intenda assumere iniziative in merito. (5-06041)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FERRARA, SCOTTO, PLACIDO, AIRAUDO, PIRAS, QUARANTA, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da gennaio 2013 è stato introdotto in Italia lo standard LTE (Long Term Evolution), tecnologia per la trasmissione dei dati su reti mobili di quarta generazione (4G) che permette di fruire di connessioni a internet in mobilità, caratterizzate da una velocità nominale pari a 100 Mbps in download e 50 Mbps in upload;
   tale standard opera in banda 1800 MHz, 266 MHz e 800 MHz; 
   le frequenze 800 MHz, fino a prima dell'introduzione dello standard LTE, erano riservate alla trasmissione televisiva dei canali digitali;
   l'accensione di stazioni radio base LTE che trasmettono in banda 800 MHz hanno generato, in diversi casi e in diverse aree del Paese, delle interferenze con la trasmissione televisiva dei canali del digitale terrestre, causando disturbi alla visione dei programmi televisivi;
   per far fronte a tali disagi il Ministero dello sviluppo economico ha attivato il servizio denominato «HELP Interferenze» (helpinterferenze.it), portale web gestito dalla Fondazione Ugo Bordoni, ente terzo e indipendente che opera sotto la supervisione del Ministero dello sviluppo economico, dipartimento per le comunicazioni;
   tramite il suddetto portale è possibile, per gli utenti privati o gli amministratori di condominio, sapere se le interferenze riscontrate sui canali del digitale terrestre dei propri apparecchi siano riferibili alla problematica della sovrapposizione di segnale emesso dalle stazioni radio LTE delle compagnie telefoniche. In caso affermativo, gli utenti possono inviare una segnalazione e chiedere un supporto tecnico gratuito, che consiste nell'installazione, sull'antenna degli apparecchi televisivi segnalati, di un filtro in grado di eliminare le interferenze;
   il costo del servizio e i relativi interventi tecnici degli antennisti sono posti a carico degli operatori titolari delle frequenze in banda 800 MHz, che finanziano, attraverso un fondo appositamente costituito, tali misure atte a mitigare le interferenze;
   con il diffondersi della copertura dello standard LTE nelle diverse aree del Paese, si moltiplicano i casi di interferenze sulle frequenze del digitale terrestre, in alcuni casi suscitando allarmi dovuti all'assenza di adeguate informazioni sul fenomeno;
   solo per fare un esempio, si cita il più recente di questi casi, presso il comune di Sant'Elpidio in provincia di Fermo, dove negli scorsi giorni gli organi di stampa hanno dato conto di diverse segnalazioni, da parte dei residenti di alcune zone della città alle istituzioni locali, dell'interruzione delle trasmissioni del digitale terrestre («Il digitale terrestre va ko, è giallo», Il Resto del Carlino, 4 luglio 2015; «Segnale Tv assente. È rivolta», Il Corriere Adriatico, 9 luglio 2015; «Antenne telefoniche. Sindaco in prima linea», Il Corriere Adriatico, 10 luglio 2015);
   dagli articoli di stampa citati — ma è possibile riscontrare episodi analoghi, più o meno recenti, in altre città — emerge come, sia i cittadini, che le istituzioni territoriali, siano scarsamente a conoscenza del fenomeno delle interferenze e dei rimedi posti in essere dal Ministero dello sviluppo economico –:
   quali iniziative siano state poste in essere dal Ministro interrogato, dall'introduzione dello standard LTE, per rendere edotti i cittadini e le amministrazioni locali del rischio delle possibili interferenze del segnale LTE con quello del digitale terrestre;
   se non intenda, alla luce anche dell'episodio richiamato, intensificare le attività di comunicazione ed informazione nelle aree di recente copertura del segnale e quelle in procinto di copertura.
(4-09805)


   BRUNO BOSSIO, BATTAGLIA, BURTONE e STUMPO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la società Invitalia, Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa spa ha pubblicato un bando di gara per la cessione della partecipazione societaria dei porti e pari al 100 per cento di «MARINA DI PORTISCO S.p.A., al 100 per cento di «TRIESTE NAVIGANDO S.r.l», al 51 per cento di «PORTO DELLE GRAZIE S.r.l.», al 49 per cento di «PORTO TURISTICO DI CAPRI S.p.A.», al 32 per cento di «MARINA D'ARECHI S.p.A.»;
   in relazione al 51 per cento della società «PORTO DELLE GRAZIE S.r.l.» definito come «Lotto n. 3» l'articolo 4 del bando prevede che il 51 per cento del capitale sociale di «Porto delle Grazie srl» è «costituito da n. 1 (uno) quote, del valore contabile unitario 60.690,00 euro (sessantamilaseicentonovanta/00, salvo quanto indicato in data room, in merito ai limiti di acquisto da parte di soggetti privati»;
   l'articolo 6 del bando medesimo prevede che «il singolo lotto offerto non è frazionabile»; per cui, ogni singolo lotto non poteva essere frazionato in due quote;
   ai sensi dall'articolo 10 del bando i termini per la presentazione delle domande, della documentazione per la partecipazione e l'accesso alla data room scadevano alle ore 14 del 29 maggio 2015;
   le autorizzazioni all'accesso alla data room per le aziende partecipanti venivano fissate per il 29 maggio 2015;
   in data 9 giugno 2015 Invitalia comunicava ai soggetti che avevano manifestato interesse all'acquisizione dei lotti di quote societarie possedute dall'Agenzia, che nella data room era stata inserita ulteriore documentazione, tra cui i modelli «offerta economica soggetti privati» e «offerta economica soggetti pubblici»;
   i modelli anzidetti presentavano data di redazione 23 magio 2015 (rispettivamente alle ore 13:36 il primo e alle ore 13:37 il secondo), ma non risultavano presenti in data room in data antecedente al 9 giugno 2015;
   solo dopo il 9 giugno, ossia dopo la comunicazione inviata a mezzo PEC, i partecipanti hanno potuto visionare i predetti documenti ed avere conoscenza che, con riferimento al Lotto 3 (51 per cento di Porto delle Grazie S.r.l.) è stata fissata una riserva, nella misura del 31 per cento a favore di enti e/o imprese pubbliche, restando limitata ai soggetti privati la rimanente quota del 20 per cento;
   il bando di offerta prevedeva espressamente, all'articolo 6, che «Il singolo Lotto offerto non è frazionabile e, pertanto, può essere formulata esclusivamente un'offerta di acquisto per l'intero Lotto» e solo successivamente alla pubblicazione del bando e successivamente alla scadenza dei termini (22 maggio 2015 ore 14,00) per richiedere l'accesso alla data room (accesso la cui visione, per espressa previsione del bando è consentita unicamente ai concorrenti che avevano presentato formale richiesta e ottenuta specifica autorizzazione) si è resa nota la suddivisione dell'intero lotto n. 3 (pari al 51 per cento delle quote della società Porto delle Grazie s.r.l) in due diverse frazioni (di cui una quota pari al 31 per cento riservata agli enti pubblici); invero, i modelli di «offerta economica soggetti privati» e di offerta economica soggetti pubblici» sono stati redatti in data 23 maggio 2015, rispettivamente alle ore 13:26 il primo e alle ore 13:37 il secondo. È evidente, pertanto, che l'inciso contenuto nell'articolo 4 «salvo quanto indicato in data room, in merito ai limiti di acquisto da parte di soggetti privati», consistente in una riserva generica e indefinita, è a giudizio degli interroganti privo di ogni effetto giuridico considerato che l'intenzione di Invitalia è stata materialmente esplicitata solo in data 23 maggio 2015 (e, quindi, in data successiva alla scadenza dei termini per la richiesta di autorizzazione all'accesso alla data room). Ad avviso degli interroganti il comportamento tenuto dall'Agenzia nazionale, oltre a modificare di fatto e surrettiziamente le condizioni generali (di cui all'articolo 6) fissate ed esplicitate dal medesimo ente nel bando, comporta una modifica, solo dopo aver avuto conoscenza dei soggetti realmente interessati alla gara, dei requisiti generali di partecipazione alla procedura di alienazione del lotto n. 3 (infatti, solo dopo che sono scaduti i termini per manifestare l'interesse all'acquisto del predetto lotto, l'Agenzia nazionale ha introdotto una limitazione di acquisto ai privati che, ad avviso degli interroganti in sostanza si concretizza in una palese agevolazione dell'unico ente pubblico – il comune di Roccella Ionica – interessato all'acquisto del predetto lotto. Solo il comune di Roccella Ionica, infatti, stante la riserva del 31 per cento in favore degli enti pubblici potrà effettivamente concorrere all'acquisto dell'intera quota societaria del 51 per cento posseduta ad oggi da Invitalia. Inoltre, per quanto di ragione, si evidenzia che l'aver reso nota, solo in data successiva alla scadenza dei termini per poter accedere alla «data room», la riserva in favore degli enti pubblici non ha determinato una limitazione dell'accesso alla gara; infatti, altri enti e/o soggetti pubblici ove conosciuta la riserva in loro favore della quota del 31 per cento avrebbero potuto avere interesse alla partecipazione, e, allo stesso modo, altri soggetti privati, conosciuta la suddetta circostanza, che si concretizza in una diminuzione del valore contabile della quota acquistabile dai privati (non più pari al valore contabile unitario di 60.690,00 euro (sessantamilaseicentonovanta/00) di cui alla quota del 51 per cento del capitale sociale del Porto delle Grazie s.r.l.) avrebbero potuto decidere di partecipare alla gara;
   la legge n. 296 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni, in relazione alla disciplina per la dismissione delle partecipazioni pubbliche, prevede, in particolare, che i comuni con popolazione inferiore 30.000 abitanti (quale è il comune di Roccella Ionica) non possono detenere alcuna partecipazione societaria. Per effetto di tale norma, nonché dell'articolo 1, comma 611, della legge finanziaria 2015, il comune di Roccella Jonica (detentore del 20 per cento delle quote della società Porto delle Grazie S.r.l.) secondo gli interroganti non solo avrebbe dovuto rimettere (entro il 15 marzo 2015) alla sezione regionale della Corte dei conti il piano di dismissione delle proprie partecipazioni societarie, ma addirittura non avrebbe potuto partecipare alla gara di cui all'oggetto in quanto ciò avrebbe determinato un accrescimento di dubbia legittimità delle quote di partecipazione societarie, per di più in servizi non istituzionali. Pertanto, la riserva in favore del comune di Roccella Ionica, risulta essere a giudizio degli interroganti illogica, ingiustificata, di dubbia legittimità ed in contrasto con la legge n. 296 del 2006 e successive modificazioni ed integrazioni, l'articolo 1, comma 611, della legge finanziaria 2015, nonché il principio generale di «Rispetto di leggi e regolamenti» sancito nel codice etico dell'Agenzia il quale espressamente prevede che «La Società ha come principio imprescindibile il rispetto di leggi e regolamenti vigenti in tutti i Paesi in cui essa opera»;
   il comune di Capri, con riferimento alla alienazione del 49 per cento della quota societaria del Lotto n. 4 (PORTO TURISTICO DI CAPRI S.p.A.) del bando medesimo, ha, con delibera di consiglio comunale chiesto ad Invitalia di fermare la procedura di vendita ai privati manifestando la propria contrarietà alla partecipazione dei suddetti alla procedura medesima e manifestano la propria volontà di acquisire la totalità del capitale posseduto dall'Invitalia. INVITALIA, rispondendo alla formulata richiesta, ha comunicato di non poter recedere dalla procedura avviata ritenendo la stessa in esecuzione di quanto disposto dalla legge n. 296 del 2006 che, appunto, prevede la dismissione delle partecipazioni societarie da parte degli enti pubblici. Ingiustificata e quanto meno dubbia appare, pertanto, agli interroganti la circostanza che con riferimento al lotto n. 3 non solo non sia stato tenuto in considerazione quanto disposto dalla legge 296 del 2006 e dalla legge finanziaria 2015, ma sia stata addirittura prevista una riserva pari a 31 per cento in favore di un comune con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti;
   la previsione di cui all'articolo 8 del contratto di concessione stipulato, con scrittura privata non autenticata (e, dunque, rimasta conosciuta solo alle parti contraenti) tra il comune di Roccella Jonica e la società Porto delle Grazie secondo cui «il concessionario si impegna a non mutare la propria struttura societaria per ciò che concerne la presenza maggioritaria congiunta dell'Ente locale Comune di Roccella Jonica e della società Italia Navigando Spa. A tal riguardo, riportandosi alle premesse, lettera r (1,2), la somma delle partecipazioni detenute dal Comune di Roccella Jonica e dalla società Italia Navigando Spa non potrà scendere al di sotto del limite del 51 per cento del capitale della società concessionaria. Sono fatti salvi i casi in cui le mutazioni della struttura societaria siano conseguenza diretta di imposizioni di legge o siano disposte a favore di soggetti aventi medesima natura giuridica» non è idonea a giustificare la riserva del 31 per cento in favore di soggetti o enti pubblici. Infatti, sul punto, non vi è dubbio che «le mutazioni della struttura societaria» sarebbero diretta conseguenza di specifiche imposizioni di legge e più dettagliatamente dalla legge n. 296 del 2006 e successive modificazioni, come, tra l'altro, affermato dalla società alienante con riferimento al porto di Capi – Lotto n. 4;
   l'articolo 3 del bando nell'elencazione degli allegati, non menziona il modello «Offerta Economica 2 (unico atto che prevede il frazionamento del lotto n. 3), pertanto, le previsioni di tale modello non possono essere considerate normative di bando, conseguentemente, il frazionamento del lotto n. 3 dovrebbe essere considerato come improduttivo di effetti, ciò anche in relazione alla già evidenziata infrazionabilità dei singoli lotti di cui all'articolo 6 del medesimo bando –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno, per quanto di competenza, assumere iniziative urgenti per la sospensione dell'avviata procedura, in attesa che si faccia chiarezza sul punto;
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno urgenti per assicurare la piena conformità alla legge dell'operato dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa spa (società di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze che agisce su mandato del Governo), garantendo il rispetto dei principi di derivazione costituzionale di buon andamento, trasparenza ed imparzialità della pubblica amministrazione nonché il rispetto della normativa nazionale vigente in materia e del codice etico di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001. (4-09812)

Apposizione di firme ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Locatelli e altri n. 1-00553, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Giorgia Meloni, Scuvera e Antimo Cesaro e contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Locatelli, Zampa, Bergamini, Binetti, Galgano, Spadoni, Nicchi, Gebhard, Giorgia Meloni, Albanella, Amato, Carocci, Chaouki, Cimbro, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Fabbri, Gadda, Gribaudo, Gullo, Iori, Patrizia Maestri, Malpezzi, Marzano, Mongiello, Palma, Pastorelli, Piazzoni, Piccione, Quartapelle Procopio, Rocchi, Sbrollini, Tidei, Tinagli, Venittelli, Ventricelli, Vezzali, Villecco Calipari, Carfagna, Giammanco, Scuvera, Antimo Cesaro».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Costantino e altri n. 4-09758, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nicchi.

  L'interrogazione a risposta scritta Scotto n. 4-09792, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 luglio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Costantino.