Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 25 giugno 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la carenza delle reti infrastrutturali dei trasporti calabresi riveste, ormai da diverso tempo, caratteri emergenziali e di precarietà provocando notevoli disagi sia ai residenti in Calabria sia ai turisti, nonché a tutti coloro che si trovano a transitare nella medesima regione;
    si riscontrano dunque notevoli difficoltà di movimento da e per la Calabria, nonché internamente alla stessa, sia per quanto concerne le merci sia per quanto attiene alle persone; lo status quo delle reti infrastrutturali di trasporto calabresi presenta, quindi, gravi carenze a tutti i livelli provocando notevoli disagi sia per i trasporti che avvengono a livello internazionale, sia per quelle di rilievo locale;
    è altresì evidente che senza infrastrutture efficienti e trasporti adeguati ai bisogni dei cittadini e delle imprese, non ci può essere una modernità né tanto meno uno sviluppo per la regione interessata;
    i servizi di trasporto pubblico sono strumenti essenziali alle finalità, costituzionalmente demandate all'apparato statale della Repubblica, per la rimozione delle disparità economiche e sociali tra i cittadini, ritenute ostative per la partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del paese;
    tali servizi rappresentano un interesse strategico e di cruciale importanza sia sul piano della garanzia del diritto fondamentale alla mobilità dei cittadini e, quindi, per le esigenze di comunicazione interna della regione, sia per la forte vocazione turistica del territorio in questione che, soprattutto nei periodi estivi, riscontra un consistente afflusso di visitatori;
    nonostante l'essenzialità e la strategicità del comportato infrastrutturale, lo stesso è stato, specie negli ultimi anni, soggetto ad un progressivo depotenziamento soprattutto per le mancate opportunità di rafforzamento e invigorimento, alla luce della evidente assenza di una strategia politica, diretta alla revisione del sistema infrastrutturale dell'intero sistema di viabilità e comunicazione territoriale;
    la rete calabrese, in alcune sue parti, è di fondamentale interesse strategico sia nazionale e sia internazionale, poiché costituisce parte dell'Asse ferroviario europeo «Ten-T1» essenziale per il trasporto proveniente sia dal sud e sia dal nord della penisola;
    le tre arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia (A3, la strada statale 106 e la strada statale 18) sono attualmente e contemporaneamente interessate da lavori di manutenzione e/o di messa in sicurezza provando notevoli disagi per automobilisti e trasportatori;
    il tratto della A3 Salerno-Reggio Calabria, tra gli svincoli di Laino Borgo e Mormanno, è interrotto per verifica tecnica a seguito del crollo del «viadotto Italia» che, tra l'altro, è costato la vita ad un venticinquenne caduto con la ruspa da un'altezza di 80 metri. Il crollo del viadotto rappresenta, altresì, una questione di rilevanza nazionale per tutto quello che ne deriva in termini economici, per i servizi alle imprese ed ai cittadini e per il rischio di provocare un arretramento del territorio;
    il tratto dell'A3 Salerno Reggio-Calabria ha una lunghezza di 442,9 chilometri ed è direttamente gestito dall'ANAS. I lavori per la realizzazione del tratto in questione furono progettati nel 1966 e aperti nel 1972, al momento sono stati completati 348 chilometri, mentre più di 95 attendono di essere cantierizzati;
    negli anni successivi all'apertura dei cantieri, il tratto di autostrada costruito si rivelò del tutto inadeguato per contenere il traffico in aumento, in quanto dotata di due sole corsie per senso di marcia e diverse curve molto tortuose che provocarono gravi incidenti. Alla luce di ciò, nel 1990 l'Unione europea ha obbligato l'Italia all'adeguamento del tratto realizzato della Salerno Reggio-Calabria alle normative europee. Da quel momento, iniziarono i lavori di riammodernamento la cui conclusione è stata rimandata di anno in anno;
    dopo ben 49 anni, il cantiere più lungo di tutta Europa, come spesso viene definita la Salerno Reggio-Calabria, è ancora in fase di realizzazione e come se non bastasse oltre ad esserci un tratto ancora da cantierizzare e uno in fase di ammodernamento, da tre mesi con la chiusura del tratto interessato dal crollo del viadotto Italia, la Regione riversa in una condizione emergenziale rispetto al resto del Paese, con una viabilità che giorno dopo giorno è sempre più insostenibile;
    il Presidente del Consiglio, il mese scorso, in diversi dichiarazioni pubbliche ha affermato che entro il 2015 tutti i cantieri avranno un'accelerazione definitiva e al massimo il prossimo anno i lavori saranno terminati. Il Premier, oltre alla superficialità con cui ha indicato i tempi di realizzazione di un cantiere di così difficile concretizzazione, sembra non essere a conoscenza della condizione in cui versa attualmente il tratto di strada che sino ad oggi è stato costruito. Infatti, nell'intero percorso ci si imbatte in 32 lavori temporanei, da Cosenza in giù la segnaletica sull'asfalto è pressoché inesistente e nelle gallerie l'illuminazione non è funzionante;
    il Governo, a seguito della chiusura del tratto dell'A3, ha promesso di impegnarsi ad accelerare il finanziamento per la sicurezza della viabilità secondaria, oltre che a verificare la fattibilità del trasporto via mare delle merci, del potenziamento del traffico ferroviario e, ove possibile, aereo oltre che a riconsiderare il progetto stradale n. 19 come viabilità alternativa. Attualmente, l'impegno annunciato dal Governo non si è ancora concretizzato;
    la strada 106, cosiddetta jonica, è inadeguata a gestire gli attuali volumi di traffico a causa di una serie di criticità infrastrutturali storiche dovute ad una sbagliata progettazione della stessa, per la carente illuminazione, la pessima manutenzione del manto stradale e soprattutto perché detiene il primato di essere la strada più pericolosa d'Italia, tanto da essere soprannominata «strada della morte»;
    la strada 18 è chiusa in più parti a causa di lavori di manutenzione e, quindi, in determinati tratti si può procedere soltanto a sensi unici alternati;
    le difficoltà delle reti infrastrutturali della regione Calabria sono aggravate dalla pessima gestione del sistema ferroviario, tagliato inspiegabilmente fuori dalla rete nazionale ad alta velocità, che nel corso degli ultimi anni sta, altresì, registrando una drastica diminuzione del numero delle corse garantite da Trenitalia;
    ad aggravare la situazione non c’è alcun treno Freccia Rossa che colleghi la Calabria al resto d'Italia, limitando il trasporto ferroviario semi-veloce ad un solo Freccia Argento e due Freccia Bianca. A tal proposito, basti ricordare che l'ultimo treno utile per raggiungere dalla Calabria altre destinazioni è l'Intercity 1560 che parte dalla principali stazioni calabresi di Reggio Calabria alle 15:05, di Lamezia Terme alle ore 16:31, di Paola alle ore 17:09, per giungere dopo ben 7 ore di viaggio, a Roma;
    inoltre, il trasporto ferroviario è da considerarsi quasi inesistente sul tratto ionico, visto che è ancora caratterizzato da un unico binario non elettrificato con corse operate su base regionale, a cui nell'ultimo periodo sono seguite delle soppressioni, in ossequio ad una spending review del tutto illogica;
    la situazione è altresì insostenibile anche in merito al servizio aeroportuale, del tutto inadatto a fronte della crescita della domanda di servizi, testimoniato dalle numerose liste d'attesa per i voli da/per la Calabria, a cui hanno fatto seguito continue cancellazione dei voli, una cattiva gestione degli scali aeroportuali calabresi di Reggio Calabria e Crotone, il continuo aumento del prezzo dei biglietti e l'isolamento degli aeroporti dal sistema ferroviario;
    le difficoltà infrastrutturali della regione Calabria sin qui descritte recano gravi disagi per le attività produttive del territorio, e in modo particolare per l'agricoltura ed il turismo;
    con l'estate alle porte si paventa il rischio che il territorio calabrese non sia in grado di assorbire il flusso di traffico stradale dal nord e sud della penisola, posto che la regione è una tra le mete più ambite dal turismo estivo, costituendo una voce fondamentale per l'economia del Paese;
    lo scoraggiamento dei turisti, nel considerare la Calabria come meta della loro vacanza, sta comportando un esiguo numero di prenotazioni alberghiere, tanto che molte strutture stanno valutando la possibilità di rimanere chiuse, provocando in questo modo un crollo ingente dell'economia della regione, nonché dell'occupazione;
    già nelle vacanze pasquali, in Calabria si è registrata la prima contrazione delle prenotazioni turistiche e secondo la Federturismo regionale, per la stagione estiva si registra già un meno 20 per cento;
    alla luce della situazione sopra esposta il territorio calabrese risulta quasi completamente isolato dal resto della penisola per l'inadeguatezza e la quasi inesistenza, in taluni casi, del trasporto aeroportuale, di gomma, nonché ferroviario;
    per il miglioramento della rete infrastrutturale si susseguono, ormai da decenni, richieste di investimento che ad oggi non hanno trovato alcun accoglimento, al punto che tra rinvii e mancate approvazioni i lavori di ampliamento della strada stradale 106 vengono continuamente negati;
    a causa di questa situazione, alcuni eventi organizzati nei mesi di giugno e luglio nelle coste calabresi sono stati annullati. A luglio vi è in programma l'evento mondiale di kitesurf, al quale sono attese circa 100 mila persone provenienti da tutto il mondo, delegazioni della Thailandia, Australia, Russia e delle Americhe che risconteranno, inevitabilmente, notevoli difficoltà nel raggiungere la zona interessata;
    è doveroso portare all'attenzione di questo Governo le pesanti ricadute sull'economia regionale che determinano la persistenza di una situazione di inadeguatezza del sistema infrastrutturale regionale, rispetto alle esigenze dei cittadini, lavoratori ed imprenditori, con riferimento alle forti limitazioni che tutte le carenze sopra riportate gravano sul comparto turistico, il quale rappresenta la maggiore opportunità di sviluppo e rilancio economico non solo per la regione Calabria, ma anche per il tessuto nazionale,

impegna il Governo:

   ad attuare le opportune iniziative affinché sia garantita in tempi rapidi la transitabilità del tratto autostradale, al momento interrotto, della Salerno Reggio-Calabria, nonché ad assumere iniziative concrete, finalizzate a definire, in tempi brevi e certi l’iter conclusivo dei lavori dell'intero tratto della A3 Salerno Reggio-Calabria;
   a definire ed attuare ogni utile iniziativa al fine di potenziare le maggiori arterie stradali che collegano la regione Calabria al resto d'Italia, attualmente interessate da lavori di manutenzione e/o messa in sicurezza consentendo ad automobilisti e trasportatori di poter circolare regolarmente;
   ad assumere le opportune iniziative al fine di sostenere lo sviluppo della regione Calabria attraverso il potenziamento del sistema di trasporto aereo, ferroviario e marittimo della regione, con politiche orientate all'aumento del numero dei voli, all'incremento quantitativo e qualitativo dei servizi ferroviari, nonché ad un più agevole collegamento tra gli aeroporti e le stazioni ferroviarie;
   ad assicurare a tutti coloro che transitano nella regione Calabria, attraverso politiche di continuità territoriale, di potersi spostare nel territorio nazionale con pari opportunità, accedendo ad un servizio che garantisca condizioni economiche e qualitative uniformi;
   a costituire un tavolo permanente per la predisposizione ed attuazione di un piano di emergenza trasporti in Calabria concertato con i rappresentanti degli enti territoriali calabresi, delle società di gestione aeroportuali, dei rappresentanti dei gestori di trasporto ferroviario, marittimo e aereo, dei rappresentanti delle maggiori associazioni di categoria del sistema dei trasporti e del sistema turistico.
(1-00923) «Occhiuto, Santelli, Galati».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni VIII e IX,
   premesso che:
    in data 10 aprile 2015, sull'autostrada A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, direzione del capoluogo etneo, hanno ceduto due piloni a causa di un movimento franoso, che ha interessato la strada provinciale 24 Scillato-Caltavuturo;
    ad oggi, dopo più di due mesi dal verificarsi del fenomeno di dissesto, il viadotto Himera risulta ancora chiuso ed impraticabile e l'autostrada A19 – unica infrastruttura di collegamento tra la parte occidentale e quella orientale dell'Isola – appare, di fatto, completamente paralizzata; permane, pertanto, una grave situazione di emergenza che sta causando enormi difficoltà nei trasporti ed ingenti perdite economiche per tutta la popolazione;
    la procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto un'inchiesta per «disastro colposo» per far, luce sulla vicenda e per accertare eventuali responsabilità in capo alla protezione civile regionale e ad ANAS – quale gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale – in ordine al mancato intervento di monitoraggio sul viadotto Himera;
    con deliberazione del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015 viene dichiarato lo stato di emergenza per il maltempo dal 16 febbraio al 10 aprile 2015 nelle province di Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina e Trapani e vengono messe a disposizione, per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, risorse economiche nel limite di euro 27.250.000 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
    con le ordinanze n. 257 e n. 258 del 30 maggio 2015 del capo dipartimento della protezione civile, si dispone la nomina dei due commissari delegati per la realizzazione dei primi interventi urgenti di protezione civile finalizzati alla più celere attuazione delle misure volte a rimuovere le situazioni di rischio, a garantire l'assistenza ed il ricovero delle popolazioni colpite e ad assicurare la messa in sicurezza dell'area interessata dal tratto del viadotto dissestato;
    emergono, dalle oltre cento pagine della relazione «riservata» elaborata dagli ispettori nominati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, precisi ed inequivocabili profili di responsabilità in capo alla Protezione Civile Regionale e ad ANAS per una vicenda già nota agli addetti ai lavori non soltanto dal 2005 ma, bensì, addirittura dal 1971;
    dall'analisi di progetti, documenti, lettere e note, infatti, appare chiaro che «ANAS era in possesso degli elementi atti ad avere la consapevolezza della esistenza, entità e gravità dei fenomeni di dissesto e delle criticità geologiche, sin dalla definizione delle scelte del progetto, ed era a conoscenza dell'aggravio della situazione che nel 2005 ha portato, tra l'altro, alla necessità di realizzare una variante alla strada provinciale» e che, pertanto, «aveva l'onere d'intervenire, in quanto soggetto cui spetta la gestione e la manutenzione delle infrastrutture autostradali in gestione diretta e, di conseguenza, aveva l'obbligo di vigilare sulla efficienza e salvaguardia di tali opere»;
    lo stesso ex Presidente di ANAS, Pietro Ciucci – di fatto invitato dal Governo a dimettersi, a metà maggio 2015, proprio a seguito dell'evento calamitoso avvenuto sul viadotto Himera – all'indomani del crollo, aveva dichiarato, che ANAS non aveva ricevuto nessuna segnalazione a riguardo e che l'azienda non aveva nessuna competenza sul monitoraggio delle frane;
    secondo quanto emerge dalla relazione sui «gravi eventi meteorologici con fenomeni alluvionali, forti raffiche di vento, mareggiate che hanno interessato il territorio della regione siciliana nei mesi di febbraio, marzo, aprile 2015» della protezione civile regionale, il verificarsi dell'evento calamitoso non sarebbe da ricollegarsi ad una gestione dissennata delle manutenzioni ed alla mancanza di adeguati controlli finalizzati alla prevenzione del tratto interessato ma, piuttosto, «soltanto» ad eventi meteo avversi ed alle continue precipitazioni nel periodo dal 17 febbraio al 9 marzo 2015;
    eppure, in una lettera dell'ex prefetto di Palermo, Giosué Marino, inviata in data 23 aprile 2005 proprio alla Protezione Civile Regionale – nella quale si faceva riferimento ad una nota dell'ANAS – già si evidenziavano le criticità relative alla frana di Caltavuturo ed ai rischi per l'A19; la stessa ANAS, in data 14 aprile 2005, aveva, peraltro, segnalato al Prefetto un vasto movimento franoso lato Caltavuturo che avrebbe potuto interessare l'A19;
    il Movimento 5 Stelle, al fine di assicurare una rapida risoluzione della situazione di emergenza, propone un'idea progettuale – protocollata presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con numero di protocollo 22779 s.m. 12 giugno 2015 – aggiuntiva a quella sulla scorciatoia di Caltavuturo, che prevede la realizzazione di una bretella che potrebbe vedere la luce in meno di un mese e a costi notevolmente contenuti, grazie al coinvolgimento del Genio militare;
    la proposta prevede, nello specifico, la realizzazione di un by pass sulla sponda sinistra del fiume Imera, meno interessata dai movimenti franosi che hanno provocato il dissesto dell'autostrada A19, utilizzando la vecchia strada di servizio denominata «Lodigiani», che fu utilizzata dall'omonima impresa per realizzare il viadotto interessato dal dissesto – per il collegamento tra l'autostrada e la «bretella», è prevista la realizzazione di un ponte «Bailey» (tipologia di ponte di origine militare che consente un ripristino provvisorio del collegamento stradale) a doppia campata, idoneo al transito dei mezzi pesanti;
    si tratta, in sintesi, di una valida soluzione progettuale che presenta evidenti ed innegabili vantaggi sia in termini di tempo che di costi: le opere – che, come anticipato, prevedono il ripristino e la messa in sicurezza della strada «Lodigiani» già esistente e la costruzione di ponti «Bailey» sarebbero, infatti, direttamente realizzate dallo Stato attraverso il reparto di riferimento del Reggimento Genio guastatori per un importo complessivo dei lavori pari circa ad 1,5 milioni di euro rispetto ai circa 9 milioni di euro previsti per la realizzazione dell'opera progettuale ideata dal Ministero – senza contare la reversibilità delle opere e l'assoluta mancanza di punti di interferenza tra il bypass e il nuovo intervento per la realizzazione dell'infrastruttura principale;
    ma la vicenda del crollo del viadotto Himera sull'autostrada A19 non rappresenta, purtroppo, un caso isolato in Sicilia: lo scorso 30 dicembre, infatti, a soli dieci giorni dalla sua inaugurazione, ha ceduto il viadotto Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento per carenze strutturali e precedentemente (7 luglio 2014) era stata la volta del viadotto Petrulla (crollo di una campata imputabile ad una rottura delle travi in cemento armato) lungo la strada statale 626 (chilometro 4,350) tra Licata e Canicattì, all'altezza di Ravanusa; stessa sorte, sempre sulla statale 626 (primo cedimento strutturale 21 maggio 2009 e conseguente crollo in data 28 maggio 2009) per il viadotto Geremia II in località Butera sulla Gela-Caltanissetta, ad appena tre anni dall'inaugurazione (allora si parlò di calcestruzzo depotenziato). Ed ancora, è del 2 febbraio 2013, il crollo del viadotto sul fiume Verdura lungo la strada statale 115 tra Ribera e Sciacca;
    la Sicilia convive quindi, ormai da decenni, con una drammatica quanto inaccettabile situazione di emergenza non solo del comparto stradale, ma anche di quello ferroviario, portuale ed aeroportuale – visto anche il limitato sviluppo dell'intermodalità strada-rotaia e mare-rotaia che rende sempre più difficoltosi e dispendiosi i collegamenti con la penisola, soprattutto negli scambi tra Messina e Villa San Giovanni – che, ad oggi, non può più essere tollerata né tanto meno giustificata. Le recenti notizie riguardanti gli ennesimi crolli e cedimenti non fanno che confermare l'inadeguatezza, ed in qualche caso l'assoluta carenza, degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria sulle opere infrastrutturali;
    si ritiene che, per far fronte alle enormi criticità che colpiscono il settore del trasporto stradale, sia necessaria, oltre alla realizzazione di una serie di interventi puntuali di carattere manutentivo sulle direttrici stradali più importanti dell'Isola, anche una seria e responsabile attività di pianificazione volta alla ristrutturazione ed al rilancio dell'esistente comparto ferroviario, piuttosto debole ed al momento del tutto inadeguato ai bisogni dei cittadini;
    il Movimento 5 Stelle ha già presentato, in data 4 giugno 2015, un'interrogazione (4-09346, primo firmatario deputata Claudia Mannino) finalizzata, da un lato, alla immediata realizzazione di una serie di interventi necessari per assicurare il ripristino della funzionalità, il potenziamento e la messa in sicurezza della tratta ferroviaria Trapani-Alcamo, Via Milo e, dall'altro, a favorire, più in generale, il miglioramento ed il potenziamento della rete ferroviaria siciliana a supporto dello sviluppo degli assi passeggeri e dei corridoi merci;
    si ricorda, infatti, che il Mezzogiorno risulta penalizzato da una rete complessivamente meno moderna ed efficiente ed in Sicilia, in particolare, si registra una grave mancanza di offerta di servizi veloci regionali di collegamento tra i vari capoluoghi – su una rete ferroviaria di 1.378 chilometri, infatti, soltanto 178 chilometri sono a doppio binario e ben 1.200 chilometri a binario semplice (per ciò che concerne l'alimentazione, la Sicilia può contare su 800 chilometri di linee elettrificate – di cui 178 chilometri a doppio binario e 622 chilometri a binario semplice – ed addirittura 578 chilometri di linee non elettrificate);
    l'indirizzo politico ed economico del nostro Paese (anche alla luce di quanto delineato, da un lato, dal Programma Operativo Infrastrutture e Reti 2014-2020 – in fase di definizione – che individua una strategia finalizzata a migliorare la mobilità delle merci e delle persone nelle Regioni meno sviluppate attraverso l'estensione della rete ferroviaria meridionale ed azioni a favore dell'intermodalità per le merci e, dall'altro, dal nuovo contesto regolatorio della programmazione del Fondo Sviluppo e Coesione (FSC) 2014-2020 a sostegno del completamento delle grandi direttrici di traffico ferroviario e del miglioramento dell'offerta dei servizi di trasporto su rotaia) deve poter favorire maggiori stanziamenti finanziari per il mantenimento del servizio ferroviario – e l'acquisto dei beni prodotti funzionali a quest'ultimo – in particolare, attraverso l'impiego di risorse per il monitoraggio infrastrutturale al fine di offrire un servizio più completo ed efficiente che tenga conto delle esigenze delle persone, dei rapporti commerciali e del turismo,

impegna il Governo:

   a provvedere – al fine di addivenire ad una celere e tempestiva risoluzione dello stato di emergenza dell'autostrada A19 – all'immediata attuazione della soluzione progettuale delineata dai sottoscritti deputati in ragione dei brevissimi tempi per l'esecuzione delle suddette opere di ripristino e di messa in sicurezza e del considerevole contenimento dei costi per la realizzazione delle stesse;
   a provvedere alla sostituzione del commissario delegato per il superamento dell'emergenza nel territorio delle province di Palermo Agrigento Caltanissetta Enna Messina e Trapani, dottor Calogero Foti, in quanto, nonostante fosse ampiamente e da molto tempo informato sullo stato di dissesto dei territori coinvolti – in qualità di dirigente generale della protezione civile in Sicilia da oltre 9 anni – non ha mai provveduto a mettere in atto le opportune misure di manutenzione;
   a vigilare sui lavori della commissione interna ANAS istituita per accertare le responsabilità di quanto è accaduto sull'autostrada A19;
   ad adottare – d'intesa con la regione siciliana, la protezione civile, ANAS ed RA – immediati interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, di controllo e monitoraggio del territorio e dei fenomeni di dissesto idrogeologico e di ristrutturazione, potenziamento e rilancio dell'attuale comparto ferroviario a supporto dello sviluppo degli assi passeggeri e dei corridoi merci.
(7-00715) «Mannino, Cancelleri, Busto, Daga, De Rosa, Di Benedetto, Di Vita, D'Uva, Grillo, Lorefice, Lupo, Marzana, Micillo, Nuti, Rizzo, Terzoni, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».


   La VI Commissione,
   premesso che:
    tra Italia e San Marino è in vigore una Convenzione per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, modificata con un successivo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012;
    la Convenzione ed il Protocollo di modifica sono stati entrambi ratificati con legge 19 luglio 2013, n. 88, sono in vigore dal 3 ottobre 2013;
    l'articolo 18 della citata Convenzione disciplina la tassazione dei trattamenti pensionistici; in particolare, si fa riferimento alle pensioni e retribuzioni analoghe, pagate in relazione ad un cessato impiego non relativo a funzioni pubbliche (articolo 18, paragrafo 1), soggette a tassazione nel solo Stato di residenza del beneficiario del trattamento, e delle pensioni ed altri pagamenti analoghi ricevuti nell'ambito della legislazione di sicurezza sociale (articolo 18, paragrafo 3), soggetti a tassazione soltanto nello Stato della fonte;
    per l'individuazione dell'ambito applicativo delle citate disposizioni convenzionali risulta necessario definire la nozione di sicurezza sociale presente nel medesimo Trattato internazionale; secondo quanto previsto dal paragrafo 28 del commentario all'articolo 18 del Modello OCSE di Convenzione per evitare le doppie imposizioni, la nozione di sicurezza sociale si riferisce ad un sistema di protezione obbligatoria istituita da uno Stato con l'obiettivo di garantire ai propri cittadini un livello minimo di reddito o di benefici pensionistici o di ridurre l'impatto finanziario di eventi quali disoccupazione, malattia o morte;
    la Segreteria di Stato Finanze e Bilancio della Repubblica di San Marino, recentemente, nella circolare n. 14227 del 2014 del 7 febbraio 2014 ha precisato che tutte le prestazioni pensionistiche, erogate a fronte di contributi obbligatori ai sensi della legislazione sanmarinese, rientrerebbero nell'ambito dell'articolo 18, paragrafo 3, del citato Trattato internazionale mentre nel paragrafo 1 del medesimo articolo rientrerebbero unicamente le pensioni erogate sulla base di contribuzioni volontarie da parte del lavoratore; in sostanza, dall'interpretazione fornita dalle Autorità sammarinesi consegue che l'insieme delle pensioni di vecchiaia, anzianità e reversibilità, erogate dall'Istituto per la Sicurezza Sociale – ISS – di San Marino a residenti italiani dovrebbero essere assoggettate a tassazione esclusiva a San Marino;
    l'Agenzia delle entrate che, in sede di risposta ad un'istanza di interpello fornita dalla Direzione Regionale dell'Emilia Romagna ad un residente italiano titolare di una pensione di fonte sanmarinese, afferma che le pensioni erogate al residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego sono assoggettate ad imposizione esclusiva nello Stato di residenza del beneficiario, nel caso di specie in Italia, restando esclusa la possibilità di fruire del credito previsto dall'articolo 165 del TUIR per le imposte applicate a San Marino;
    a seguito dell'interrogazione 5-05751 svolta presso la VI Commissione dello scorso 9 giugno 2015, il sottosegretario delegato dal Ministro dell'economia ha prospettato, al fine di evitare casi di doppia imposizione, la necessità di addivenire ad un accordo di portata generale tra le Autorità competenti di Italia e San Marino, circa l'ambito applicativo dei paragrafi 1 e 3 dell'articolo 18 del predetto Trattato internazionale, facendo presente che, anche se la Convenzione non prevede, come nella generalità dei Trattati per evitare le doppie imposizioni in vigore nel nostro Paese, la costituzione di alcuna commissione tecnica deputata all'applicazione della stessa, la problematica in questione è stata oggetto di un tavolo tecnico bilaterale tra rappresentanti dell'Amministrazione finanziaria italiana e rappresentanti dell'Amministrazione sanmarinese in esito al quale, non sussistendo elementi che possano fare escludere l'attuale imponibilità in Italia dei redditi in questione, le parti si sono riservate la possibilità di verificare eventuali nuove soluzioni in chiave prospettica;
    sarebbero circa 1.500 i titolari di pensione ISS che risiedono fuori del territorio della Repubblica di San Marino, per un totale di pensioni erogate mensilmente, pari a circa un milione di euro, che, a seguito delle interpretazioni contraddittorie e contrastanti delle amministrazioni finanziarie coinvolte, rischiano di dover pagare le imposte sia in Italia, sia nella Repubblica di San Marino,

impegna il Governo:

   a attivare urgentemente un tavolo tecnico di confronto bilaterale tra l'Amministrazione finanziaria italiana e quella sanmarinese al fine di addivenire, al più presto, a una soluzione chiara e dirimente in merito al regime di tassazione delle pensioni pagate dalla Repubblica di San Marino agli ex lavoratori frontalieri italiani;
   ad intervenire urgentemente, anche in via interpretativa, al fine di evitare la doppia imposizione, prevedendo che le pensioni di vecchiaia, anzianità e reversibilità erogate ai residenti italiani dall'Istituto per la sicurezza sociale – ISS – della Repubblica di San Marino siano assoggettate a tassazione esclusiva a San Marino dando quindi ai medesimi soggetti la possibilità di fruire del credito previsto dall'articolo 165 del TUIR.
(7-00714) «Causi, Arlotti, Capozzolo, Carbone, Carella, Currò, De Maria, Marco Di Maio, Fragomeli, Fregolent, Ginato, Gitti, Lodolini, Moretto, Pelillo, Petrini, Ribaudo, Sanga, Zoggia».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   VACCA, DEL GROSSO, COLLETTI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, VIGNAROLI e MICILLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   è nota la vicenda della discarica di Bussi e del gravoso inquinamento che ha coinvolto più di 700 mila persone nella Val Pescara, in Abruzzo;
   il processo sulle responsabilità dell'inquinamento del sito di Bussi si è concluso con una assoluzione di tutti gli imputati, vari tecnici e amministratori della Montedison-Ausimont, a cui si sono succedute pesanti polemiche riguardo la correttezza del processo, tanto che gli organi di informazione parlano di sentenza scritta senza nemmeno la consultazione di atti documentari;
   dai media si apprende che, a seguito delle rivelazioni della stampa circa le voci sulle assoluzioni degli imputati nel processo e sulle sue presunte anomalie che ne avrebbero condizionato l'esito, sembrerebbe che il Consiglio superiore della magistratura abbia avviato una pratica sul processo stesso;
   dall'articolo de Il Fatto Quotidiano del 23 giugno 2015 si apprende che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nell'aprile 2014, tramite avvocatura dello Stato, ha pronta per l'Edison la richiesta di risarcimento di 1 miliardo e 103 milioni di euro in sede civile, ma la pratica rimane ferma;
   la citazione in sede civile formulata prima della sentenza della corte di Assise di Chieti sui presunti reati di avvelenamento e di disastro ambientale alla luce dell'assoluzione è suscettibile di modifiche. È facilmente intuibile che la sentenza della corte d'Assise può condizionare la richiesta risarcitoria da parte dello Stato;
   dal portale internet della fondazione Edison si apprende che Marco Fortis, consigliere economico di Renzi, sia anche vicepresidente della fondazione stessa, nata per iniziativa della Edison spa (ex Montedison), inoltre lo stesso è stato consigliere di amministrazione di Edison spa, Edison Gas spa, Eridania Béghin-Say, Provimi, Ausimont e Antibioticos e responsabile della direzione studi economici di Edison spa;
   l'incarico in giudizio da parte dell'avvocatura generale dello stato dipende dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   la bonifica del sito inquinato ha un costo di circa un miliardo di euro ed è noto che il Governo non ha impegnato le risorse sufficienti per la bonifica e che la mancata richiesta del danno economico potrebbe pregiudicare la bonifica stessa;
   la mancata richiesta dei danni da parte dello Stato potrebbe configurare un possibile danno alla finanza pubblica in quanto il costo della intera bonifica ricadrebbe sulla comunità e, quindi, sui cittadini –:
   se corrisponda al vero che non sia mai stato conferito da parte dello Stato l'incarico di richiesta di danni in sede civile per il sito inquinato di Bussi e, in caso affermativo, per quale motivo sia tutto fermo dall'aprile 2014;
   se i rapporti con il consigliere Fortis abbiano avuto influenza nella scelta della Presidenza del Consiglio dei ministri di non conferire l'incarico alla Avvocatura Generale dello Stato di richiesta di danni alla Edison e a tutti i soggetti coinvolti nella vicenda di Bussi. (3-01575)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CINZIA MARIA FONTANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 22 luglio 2008, con atto notarile e perizia del geometra Dante Cortiglia, la società Albatramonto con sede legale in Lombardia (CR), al prezzo di 220.000 euro comperava alcuni terreni con un rudere semidiruto in area Parco del Cilento nel comune di San Mauro Cilento (SA);
   la società Albatramonto (costituita in data 16 giugno 2008) ad oggi ha avuto come entrate il solo finanziamento del socio totalitario e la vendita in data 29 gennaio 2013 del rudere semidiruto, nel frattempo parzialmente ristrutturato. Dopo la vendita di quell'immobile, la società Albatramonto nell'anno 2014 ha acquisito due nuovi soci con il 5 percento delle azioni ciascuno, entrambi in possesso del titolo di imprenditore agricolo professionale (IAP) e si è trasformata in società semplice agricola per la gestione dell'unico bene rimasto, e cioè i terreni agricoli e boschivi lasciati incolti da oltre 40 anni proprio perché pietrosi, scoscesi e difficili da coltivare;
   il 12 giugno 2014 la società Albatramonto ha ottenuto dal parco l'autorizzazione a piantumare ulivi e fichi su tutti i suoi terreni e ha iniziato i lavori preparatori, affidati a terzi, con un investimento aggiuntivo e con una previsione di entrata (reddito) a 5-10 anni, in relazione alla crescita degli alberi;
   in data 18 giugno 2010 un funzionario dell'ufficio territoriale di Agropoli spediva all'ufficio di Eboli una nota scritta ,a mano sulla metà di un foglietto (che sull'altra metà conteneva mezze frasi battute a macchina, su altro argomento). Questa nota, in parte incomprensibile, in parte interrogativa e dubitativa, Vo atto di una giornata di un ignoto funzionario dell'Agenzia, metterà in moto una storia lunga almeno 5 anni che coinvolgerà avvocati, giudici, perizie e spese per molte decine di migliaia di euro;
   l'ufficio territoriale di Eboli dell'Agenzia delle entrate riceve questa nota e, nel suo avviso di rettifica e liquidazione del 6 luglio 2010 atto n. 20081T005621000, la pone come suo «pieno ed esclusivo riferimento» (lo ribadisce tre volte), dopodiché la traduce in numeri moltiplicando euro per metro quadro e secondo quanto risulta all'interrogante sbagliando clamorosamente i calcoli;
   questa condotta, ad avviso dell'interrogante, sciatta persino nel compiere banalissime moltiplicazioni da parte dell'ufficio di Eboli potrebbe aver tratto in inganno il giudice di primo grado;
   contro l'accertamento dell'ufficio di Eboli ricorrono sia la parte venditrice che la parte acquirente (ciascuna all'oscuro dell'azione dell'altra) e vengono giudicate in separate commissioni con il seguente risultato:
   la parte venditrice si vede confermato il valore dell'accertamento del rudere semidiruto e del terreno agricolo ed abbassato a 300.000 euro il valore del terreno non edificabile;
   la parte acquirente (Albatramonto) si vede confermato il valore dell'accertamento del terreno non edificabile (perché ameno), abbassato a 18.000 euro il valore del rudere semidiruto ed alzato a 171.198,00 euro il valore del terreno agricolo, secondo l'interrogante tale stima è stata indotta dall'errore e dalla sciatteria dell'ufficio di Eboli;
   in secondo appello i ricorsi della parte venditrice e della parte acquirente vengono riunificati e la commissione giudicante il 2 dicembre 2013 stabilisce di nominare un suo perito (CTU) nella figura dell'ingegner Antonio Zampoli di Salerno, per evitare che ci sia solo una valutazione «di ufficio» e perché, recandosi sul posto e con una ricognizione della situazione reale (verifica in loco), con una comparazione di compravendite effettuate nell'area, ed interloquendo con le amministrazioni locali (con comune e parco, oltre che con l'ufficio delle entrate e con le agenzie immobiliari locali), riporti una valutazione di merito competente e fattuale ed unica;
   il CTU presta giuramento davanti al giudice ex articolo 193 c.p.c. «di bene e fedelmente adempiere le funzioni affidategli al solo scopo di far conoscere al giudice la verità»;
   nei primi mesi del 2014 il CTU (8.000 euro di costo aggiuntivo per i ricorrenti) si reca sul posto, si documenta in comune a più riprese, chiede per iscritto informazioni all'Agenzia delle entrate senza trovare riscontro, riproduce fotografie del rudere nelle sue condizioni all'atto della compravendita, vede e fotografa i terreni collinari ed incolti, abbandonati alla macchia spontanea, acquisisce tutti gli atti della procedura e poi cartografie e molteplici documenti di comparazione di compravendite nel comune di San Mauro e nei comuni limitrofi, comunque entro il Parco del Cilento, ricostruisce la storia del piano regolatore generale e delle normative correlate ed infine il 24 giugno del 2014 deposita una relazione di ben 143 pagine, ricca di allegati e di planimetrie e giunge a questa conclusione:
    a) tutti i terreni sono necessariamente inedificabili ed il loro valore al metro quadro, pertanto va commisurato con il valore dei terreni agricoli dell'area;
    b) l'unico edificio esistente e recuperabile al momento della compravendita era il casolare semidiruto «di modesta cubatura (circa 400 metri cubi)»;
   pertanto il prezzo di compravendita fissato al rogito e pari a 220.000 euro era del tutto congruo, tutt'al più leggermente superiore (del 16 percento circa) rispetto al suo valore di mercato (185.000 euro) ed in totale corrispondenza con l'altra perizia «fattuale» compiuta «in loco» per conto dei venditori dal geometra Dante Cortiglia di San Mauro Cilento che aveva stimato in 200.000 euro il valore di quei beni;
   l'Agenzia delle entrate (che al contrario si era inserita in appello contro la sentenza del giudice di primo grado nel contenzioso con Albatramonto riguardo alla valutazione al ribasso per il rudere) ammette di non aver mai compiuto «accertamenti in loco» ed in questa occasione nulla obietta contro la relazione del CTU;
   a metà marzo 2015, però, quando la commissione tributaria regionale di Napoli, sezione 5 staccata di Salerno, con sentenza n. 1533/15, pronunciata il 7 luglio 2014 e depositata il 16 febbraio 2015;
    decide che le conclusioni del CTU, loro perito, scelto e nominato dalla Commissione stessa e mandato sul posto a verificare tecnicamente le cose, «appaiono complessivamente inattendibili e vanno disattese», pur essendo qua e là «particolarmente scrupolose» (parole del giudice) o «ampiamente motivate» (parole del giudice);
    «reputa» inoltre «non necessario disporre di nuovo incarico peritale»;
   la Commissione dichiara l'inattendibilità del CTU non per ragioni specifiche e puntuali, bensì per «logica», ovvero portando un solo argomento e di ordine concettuale, cioè la «verisimiglianza»;
   non è «verisimile» – scrive – che le parti abbiano concordato al rogito un prezzo di 220.000 euro se il valore reale di mercato fosse stato di 185.000 euro come attestava il CTU;
   la Commissione accusa poi il suo «consulente designato» di aver esposto «con particolare scrupolo ed acribia» una cosa condivisa peraltro anche dallo stesso giudice, e cioè «la sussistenza, nelle aree interessate, di incisivi e rigorosi vincoli di inedificabilità riconnessi alla forte salvaguardia delle aree protette, vincoli correttamente individuati ed adeguatamente illustrati» anche dalle parti, vincoli che ovviamente riducevano di molto il valore dei terreni;
   la Commissione torna poi sui suoi passi ed all'opposto ritiene del tutto attendibile il CTU di sua nomina:
    quando il CTU nella sua relazione rialza a 2,81 euro al metro quadro il valore dei terreni agricoli rispetto al prezzo di rogito («conclusioni ampiamente motivate e documentalmente supportate», sono le parole del giudice);
    quando il CTU nella sua relazione rialza il valore del rudere rispetto al prezzo del rogito portandolo da 20.000 euro a 58.580 euro (la Commissione di secondo appello oltretutto utilizza questa valutazione del CTU per contraddire il giudice di primo appello che ne aveva abbassato il prezzo a 18.000 euro e per dare ragione alla Agenzia delle entrate che su questo punto si era appellata);
   la Commissione, in altre parole, in base ad un criterio di «verisimiglianza», ritiene attendibile il CTU (di sua scelta e nomina) quando rialza le valutazioni e lo ritiene all'opposto inattendibile quando le ribassa, quasi ad affermare implicitamente, ad avviso dell'interrogante, che il CTU alla nomina avesse un mandato non libero ma vincolato, e vincolato ad una valutazione necessariamente al rialzo dei valori in gioco;
   infine, la Commissione dedica il maggior spazio della sua sentenza ad un argomento: la potenzialità dell'agriturismo, come giustificazione di un rialzo del 534 percento del prezzo di acquisto dei terreni da parte della società Albatramonto «che, all'uopo, ha sintomaticamente mutato in esito all'acquisto, natura e oggetto sociale». D'altronde l'agriturismo, anche solo come «potenzialità», è necessariamente «correlato» (parola del giudice) alla «possibilità di sfruttamento del terreno», cioè è correlato obbligatoriamente ai terreni agricoli ed al loro possesso, ovvero l'agriturismo è possibile solo in quanto i terreni siano agricoli;
   con ciò si ritorna al punto vero della questione, e cioè alla determinazione del valore dei terreni agricoli in quell'area:
    tale valore, come afferma il CTU, non può essere radicalmente differente, addirittura con un divario del 554 percento (2,81 al metro quadro alcuni terreni, 15 euro al metro quadro altri terreni) pur essendo collocati tutti nella stessa proprietà, adiacenti, non coltivati, identicamente abbandonati alla macchia spontanea da 40 anni;
    tali terreni non possono aumentare di valore sulla base della sola presunzione che un soggetto (Albatramonto) abbia l'intenzione di recuperarli all'attività agricola e poi, forse, all'attività agrituristica;
    e soprattutto non è credibile che le numerosissime comparazioni di compravendita di terreni agricoli in area Parco del Cilento e Comune di San Mauro, documentate dal CTU, con valori «mediamente inferiori ad 1 euro mq» debbano subire rialzi del 1.000/2.000 percento perché collocati in zone amene e con potenzialità agrituristiche, rialzi in passato e finora non accertati dall'Agenzia semplicemente perché inibita in ciò dalle leggi, ma accertabili d'ora in poi;
    se questo orientamento della Commissione fosse confermato nei prossimi atti di accertamento, sarebbe definitivamente preclusa ogni possibilità di compravendita di terreni agricoli in tutto il Parco del Cilento perché straordinariamente onerosa e con ciò sarebbe preclusa ogni possibilità di recupero alla coltivazione di terreni attualmente incolti ed abbandonati, con gravissimo nocumento per l'intero territorio; - riassumendo, solo le due perizie effettuate «in loco» (perizia al rogito e perizia del CTU) sono risultate tra loro totalmente congrue (neppure il 10 percento di differenza). Le valutazioni complessive «a tavolino» sono risultate invece le più incongrue, fino a giungere ad un divario massimo del 340 percento tra la più bassa e la più alta individuate nel corso dei vari giudizi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, ad avviso dell'interrogante, avviare un'ispezione presso l'Agenzia delle entrate di Salerno, ed in particolare presso gli uffici territoriali di Agropoli e di Eboli, per verificare la serietà ed affidabilità delle modalità ordinarie di accertamento, prima di avviare procedure così onerose e così lunghe sia per la parte interessata che per la pubblica amministrazione;
   se non si ritenga di assumere un'iniziativa normativa per introdurre, non solo la responsabilizzazione dei funzionari pubblici addetti agli accertamenti circa il loro operato, ma anche norme di semplificazione delle procedure di accertamento ed in particolare più efficaci modalità di chiusura dei contenziosi già fin dal loro primo avvio, attraverso, ad esempio perizie fattuali e condivise;
   se non si ritenga, in ogni caso, di assumere iniziative normative o più semplicemente di invitare l'Agenzia delle entrate, ad introdurre con direttive regole che attribuiscano non esclusiva, ma maggiore significatività alle perizie specifiche e documentate («in loco») rispetto alle valutazioni congetturali e «a tavolino» (d'ufficio), compiute sulla base di «presunzioni», di argomenti concettuali e di «verisimiglianze», ovvero di comparazioni cartacee e di parametri aleatori e generici;
   se esistano circolari interne della Agenzia delle entrate volte ad incrementare il numero degli accertamenti ed il loro esito positivo per le casse dello Stato, anche con il rischio di moltiplicare i contenziosi e di passare sopra i diritti dei contribuenti;
   se tali lentezze e tali farraginosità, qualora non estirpate, scoraggino gli investitori, grandi o piccoli, esteri o del nord Italia, soprattutto in queste aree del sud dove maggiore è l'esigenza di ripresa economica nel rispetto dell'ambiente e del territorio. (4-09598)


   LUIGI DI MAIO, VILLAROSA e PESCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, emerge con sempre maggiore chiarezza l'ipotesi di una prossima riforma del sistema delle banche di credito cooperativo (BCC). L'impressione è che l'obiettivo sia quello di penalizzare un movimento che non solo in molti territori, particolarmente al Sud, rappresenta il vero ed unico interlocutore bancario, ma conta ben 376 banche, 4.441 sportelli, 6 milioni di clienti e 1,2 milioni di soci;
   in altre parole, il rischio paventato con concretezza è che le banche di credito cooperativo diventino come sportelli di una grossa banca, non più organismi autonomi e propositivi come invece sono virtuosamente sempre state. La conseguenza sarebbe una omologazione agli altri istituti sopprimendo quelle peculiarità che hanno reso virtuoso ed utile il movimento del credito cooperativo negli anni;
   altro aspetto problematico è legato al fatto che, qualora fossero confermate le indiscrezioni, sarà inevitabile la creazione di almeno 3.000 esuberi;
   a parere degli interroganti, le difficoltà oggi per il sistema delle banche di credito cooperativo non dipendono, se non in minima parte, da cattive gestioni, ma dalla contingenza economica di crisi che si protrae ormai da alcuni anni e, mentre le grandi banche hanno diminuito la propensione al credito, le banche di credito cooperativo si sono fatte carico di dare credito alle comunità locali da esse servite;
   proprio per questo, appare necessario salvaguardare le piccole banche di credito cooperativo, in particolare evitando interventi che viceversa le penalizzino a vantaggio delle più grandi –:
   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per procedere ad una riforma del sistema bancario cooperativo;
   qualora il Governo abbia tale intenzione, in quale direzione sia intenzionato a procedere e se non ritenga di dover preservare il mondo del credito cooperativo alla luce del valore che rappresenta nei termini descritti in premessa.
(4-09600)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LIUZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto di Calciano è situato sulla strada statale n. 407 della Basentana. È una infrastruttura di strategica importanza per il trasporto viario della Basilicata che unisce di fatto le due province della regione: quella materana e quella potentina;
   nel 1989 per la messa in sicurezza del fiume Basento sono stati spesi 113 miliardi di lire (Fondi FIO C. degli anni ’86-’90) stanziati dal CIPE (interventi di sistemazione idraulica e ripristino dell'officiosità dei corsi d'acqua) solo per la parte che riguarda la zona di Bernalda (MT);
   la stabilità dell'infrastruttura di cui sopra risulta da tempo fortemente indebolita nonostante gli ingenti finanziamenti pubblici stanziati per la messa in sicurezza del ponte che attraversa il fiume Basento. A detta della interrogante ciò dimostra come i fondi pubblici anche se consistenti, non sempre vengono spesi in modo corretto per superficialità, approssimazione o mancanza di competenza adeguata degli amministratori locali;
   i lavori per la messa in sicurezza del viadotto di Calciano cominciarono nel 1985 quando fu realizzata la prima briglia: un'opera definita di ingegneria naturalistica posta trasversalmente rispetto al letto del fiume, per poter frenare il trasporto di materiale solido sul fondale dello stesso fiume. Questa prima briglia si mostrò subito inadeguata. Negli anni che seguirono, dopo aver riempito di materiale il tratto a monte della briglia, la corrente del fiume deviò provocando un solco nel letto dello stesso fiume, scalzò il plinto di una pila del viadotto e ne scoprì i pali;
   nel 2013 il prefetto di Matera Luigi Pizzi, convocò un vertice per fare il punto sulla stabilità dell'infrastruttura. Intorno al tavolo della prefettura, c'erano la regione, l'Anas, l'autorità di bacino ed i comandanti di polstrada, forestale e vigili del fuoco. Il prefetto di Matera dichiarò che si era occupato di garantire la sicurezza degli automobilisti sul Viadotto, interessando la regione affinché facesse un sopralluogo congiunto, svoltosi successivamente senza la presenza del prefetto. Durante il tavolo tecnico il dipartimento infrastrutture della regione, rappresentato dall'ingegner Cerverizzo, precisò che le opere di consolidamento e messa in sicurezza del viadotto, erano di competenza dell'Anas, anche se «la Regione» – per sua stessa ammissione – «svolge un ruolo di coordinamento, verifica e controllo». Del sopralluogo fatto non vi è, incredibilmente, alcuna traccia di verbale, perché la regione sostiene di non essere competente sul caso. Sempre durante il tavolo tecnico, l'Anas dal canto suo, attraverso il suo capo compartimento, l'ingegner Caporaso, evidenziò che le proprie competenze si intrecciavano con quelle di altri enti, in particolare con l'autorità di bacino dato che il viadotto poggia sul letto del fiume Basento. L'ingegner Caporaso dell'Anas accennò ad interventi di «protezione attiva», nella pratica la realizzazione di un'altra briglia a valle del viadotto, per mitigare l'azione erosiva del fiume, un progetto da portare avanti con l'Autorità di bacino e dal costo di circa 3,5 milioni di euro, come fonti di stampa hanno riportato;
   ciò che è emerso da quel tavolo tecnico è un quadro desolante, con un sopralluogo senza verbale, rimpalli di responsabilità tra regione, Anas e autorità di bacino e un messaggio finale rincuorante, così come emerso dai titoli comparsi sui giornali a fine luglio 2013: «Il Viadotto di Calciano non deve fare paura»;
   la briglia realizzata e ultimata nel dicembre 2014, si estende per circa 100 metri, a fronte delle prime 6 campate, lasciando però scoperte le altre otto campate della restante parte del viadotto (250 metri), sotto le quali la corrente del fiume può divagare senza freni;
   nel 2015 l'ANAS ha fatto costruire una seconda briglia anch'essa parziale e nello stesso modo della precedente;
   venerdì 12 giugno 2015 l'interrogante insieme al consigliere regionale del M5S Gianni Leggieri, ha effettuato un sopralluogo per ricostruire l'intera storia del viadotto di Calciano 1 e 2 con la presenza del geometra tricaricese Nicola Bonelli, che ha mostrato le precarie condizioni dell'importante infrastruttura di trasporto lucana;
   l'interrogante fa notare che già nel marzo 2011 e dopo una piena, la corrente del fiume traslò, causando lo scalzamento delle 4 pile che sostengono la campata centrale delle due carreggiate;
   il fiume Basento, il cui alveo è sovralluvionato, scorre su un materasso alluvionale facilmente erodibile in profondità. Non è incassato e ne consegue che la corrente può traslare su tutta la pianura fluviale. Di fronte a questo fenomeno erosivo divagante, a detta del tecnico Bonelli, non bastano briglie parziali, ma occorrono 2 briglie totali della stessa lunghezza dei viadotti (500 metri per Calciano 1 e 350 metri per Calciano 2) –:
   se il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per la messa in sicurezza del viadotto, quale fondamentale arteria viaria di comunicazione per la regione Basilicata;
   se si intenda verificare che la progettazione delle briglie dell'area di cui in premessa sia avvenuta nella piena competenza in materia di idraulica e morfodinamica fluviale e se si intenda preservare l'area con l'installazione di un numero maggiore di briglie come proposto in premessa;
   se il Governo intenda promuovere un incontro tecnico tra ANAS, autorità di bacino ed enti locali al fine di individuare soluzioni definitive per la stabilità e totale messa in sicurezza del viadotto Calciano e per contrastare il dissesto idrogeologico fluviale lucano. (5-05894)


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la notizia di una nuova ordinanza della provincia di Trento per la cattura finalizzata alla captivazione permanente o in alternativa l'abbattimento di un orso colpevole di aver aggredito un uomo mentre faceva jogging;
   dalla ricostruzione dei fatti è emerso che l'orso ha attaccato l'uomo senza alcuna provocazione, ma attirato da urla e gesti bruschi e spaventati dell'uomo, nonché dalla presenza del suo cane: sia la presenza dell'animale, sia i gesti dell'uomo possono essere infatti percepiti come «provocazioni» dall'orso, come si evince sia sul sito della stessa provincia di Trento, sia nelle guide sul comportamento da tenere in presenza di un orso;
   essendo stato provocato in questo modo, pur di certo involontariamente da parte dell'uomo, l'orso non può essere considerato pericoloso e dunque non rientra nei casi contemplati dal PACOBACE (piano di azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi Centro-Orientali), il piano d'azione che contiene gli strumenti da attivare nei casi di riscontrata pericolosità di un orso;
   l'orso è inserito tra le specie presenti nell'allegato II (specie strettamente protette) della convenzione di Berna (recepita in Italia con la legge n. 503 del 5 agosto 1981) per le quali è proibita la cattura ed uccisione, nonché è inserito nell'allegato D (specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa) del decreto del Presidente della Repubblica dell'8 settembre 1997 n. 357 di recepimento della direttiva 92/43/CE (cosiddetta direttiva Habitat). In base all'articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica citato è espressamente previsto che «1. Per le specie animali di cui all'allegato D, lettera a), al presente regolamento, è fatto divieto di: a) catturare o uccidere esemplari di tali specie nell'ambiente naturale»; inoltre, l'articolo 1 della legge n. 157 del 1992 di recepimento della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979 dispone che «la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale», mentre l'articolo 2 della stessa legge statuisce che l'orso è specie particolarmente protetta «anche sotto il profilo sanzionatorio»;
   il piano di azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi Centro-Orientali dispone comunque che «ai sensi decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, l'eventuale abbattimento di un orso richiede una specifica autorizzazione da parte del Ministero, concessa sulla base di un parere dell'ISPRA», eppure non risulta, agli interroganti, esistere né autorizzazione ministeriale, né parere dell'ISPRA avendo ancora una volta la provincia di Trento agito in piena autonomia;
   le associazioni ambientaliste si stanno mobilitando per salvare l'orso dal possibile abbattimento e la LAV, da parte sua, ha già provveduto ad inviare una lettera urgente al Commissario europeo per l'ambiente Karmenu Vella, perché prenda i provvedimenti necessari alla luce di quelle che appaiono violazioni della legislazione comunitaria;
   l'etologo Roberto Marchesini, che lo scorso anno era stato incaricato di redigere una relazione per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare su Daniza, sul nuovo caso trentino ha dichiarato che: «i rappresentanti dell'amministrazione trentina imputano all'orso o in genere agli orsi il problema come se fossero all'oscuro di cos’è un orso. Non viene in mente nemmeno di sfuggita d'aver sbagliato tutte le coordinate del progetto e di non essere stati capaci di gestire poi una corretta politica di convivenza»;
   è importare ricordare infatti che la reintroduzione dell'orso in Trentino, allo scopo di salvare il piccolo nucleo di orsi oramai destinati all'estinzione, ha avuto inizio nel 1999, grazie al progetto Life Ursus ed ai correlati finanziamenti dell'Unione europea. Il buon successo dell'iniziativa è testimoniato dalla ripresa della popolazione di orso e, indirettamente, dal fatto che l'Unione europea ha deciso di contribuire economicamente al progetto, finanziando il parco dell'Adamello-Brenta per ben tre volte mediante l'accesso agli strumenti finanziari Life;
   dal 1o settembre 2010 la gestione e la tutela dell'orso in provincia di Trento, sono entrate a far parte del progetto Life Arctos, che vede tra gli obiettivi principali proprio la gestione del fenomeno degli orsi confidenti/problematici presenti in provincia di Trento e lungo il confine tra la regione Friuli Venezia-Giulia e la Slovenia, oltre che in tutto l'areale dell'orso marsicano. Tale progetto è stato finanziato dall'Unione europea e dagli altri partner, per un importo superiore a 3,9 milioni di euro;
   il «piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno delle Alpi centro-orientali» rappresenta lo strumento fondamentale dal quale dipende la conservazione dell'orso bruno e quindi la possibilità di evitare la sua estinzione. È stato sottoscritto, nel 2010, dalle province autonome di Trento e Bolzano, dalle regioni Friuli Venezia-Giulia, Veneto e Lombardia, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (dipartimento per l'assetto dei valori ambientali del territorio – direzione generale per la protezione della natura) e dall'ISPRA;
   già nel settembre 2014 un'orsa (Daniza) veniva uccisa indebitamente da un medico veterinario della provincia di Trento che otteneva poi oblazione per il reato di cui all'articolo 727 bis del codice penale per uccisione di specie protetta;
   nei giorni successivi l'emanazione dell'ordinanza provinciale con la quale veniva disposta la cattura dell'orsa Daniza, è stata depositata l'interrogazione n. 5-03303 sulla «captivazione permanente» degli orsi considerati problematici. L'interrogazione, depositata il 23 luglio 2014, traeva spunto dalle modifiche introdotte dalla provincia di Trento al PACOBACE (piano d'azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi centro-orientali). Tali modifiche hanno inteso codificare la categoria di «orso dannoso», verso la quale è possibile attivare azioni di «captivazione permanente» e finanche di abbattimento. All'atto ha risposto il Sottosegretario pro tempore Barbara Degani, argomentando, fra le altre cose che «Sin da subito, tuttavia, è stata ampiamente condivisa con gli altri soggetti istituzionali coinvolti nel processo di tutela dell'orso bruno, la necessità di una attenta e rinnovata valutazione a tutto campo delle possibili iniziative volte a integrare e migliorare, laddove possibile, le misure già previste nel PACOBACE, anche tenuto conto della recente esperienza dell'orsa Daniza e dei suoi cuccioli, e ciò al fine prioritario di assicurare la maggiore tutela possibile alla popolazione di orso bruno attualmente insistente nel settore centro-orientale dell'arco alpino, tema sul quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al pari degli enti territoriali interessati, rivolge particolare attenzione istituzionale» –:
   se non intenda, viste le norme citate ed il ruolo preminente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nella gestione degli orsi su tutto il territorio nazionale ivi compreso evidentemente la provincia autonoma di Trento, provvedere al diretto ed urgente coinvolgimento del suo Ministero, ai sensi e per gli effetti della normativa citata e del piano di azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi Centro-Orientali, allo scopo di evitare, per quanto di competenza, la violazione delle disposizioni, dei protocolli e delle norme richiamate, nonché l'uccisione ingiusta di un orso che non ha assunto comportamenti problematici, disponendo le misure non cruente previste dal piano di azione interregionale per la conservazione dell'orso bruno nelle Alpi Centro-Orientali in proposito, ad iniziare dalla cattura con rilascio e radiomarcaggio;
   se e quando intenda dare seguito a quanto indicato dal Sottosegretario pro tempore Degani in risposta all'interrogazione n. 5-03303 sul tema degli orsi, in particolare nella parte in cui afferma la necessità di valutare a tutto campo «le possibili iniziative volte a integrare e migliorare, laddove possibile, le misure già previste nel PACOBACE». (5-05897)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRESCIA e MANZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la legge 25 novembre 1999 n. 452 ha istituito il Museo tattile statale Omero, con sede in Ancona, con l'obiettivo di promuovere la crescita e l'integrazione culturale dei minorati della vista e diffondere tra essi la conoscenza della realtà, attraverso la raccolta di materiali, oggetti o riproduzioni delle diverse forme di arti plastiche e delle manifestazioni storico-culturali dell'organizzazione dell'ambiente, dello spazio e della vita dell'uomo;
   nel 2012 è avvenuto il trasferimento del Museo dalla originaria sede di via Tiziano alle settecentesche sale della Mole Vanvitelliana di Ancona, rendendo fruibile parte della collezione permanente attraverso un percorso espositivo innovativo e multisensoriale, tecnologicamente avanzato e articolato su 1500 metri quadrati per un totale di circa 300 opere e attivando il Centro di documentazione e ricerca, i laboratori didattici, gli uffici;
   com’è noto, il Museo Omero rappresenta un'eccellenza nel panorama museale nazionale e uno dei pochi esperimenti a livello europeo; svolge un'insostituibile funzione culturale e sociale consentendo l'esercizio del diritto universale alla fruizione dei beni culturali per i disabili visivi. Per tali caratteristiche è diventato meta per migliaia di visitatori ogni anno nonché il punto di riferimento per la ricerca scientifica sull'estetica della tattilità e, in collaborazione con l'ENEA e importanti imprese, per l'innovazione tecnologica finalizzata all'autonomia di ciechi e ipovedenti;
   nel 2013 con la legge n. 112 «Valore e Cultura» il Museo Omero ha ricevuto un finanziamento triennale (2013/2015) di 500 mila euro annui per la sua rilevante attività;
   senza un nuovo provvedimento legislativo il Museo rischia di non poter continuare la propria attività –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di assicurare la continuità operativa del Museo tattile statale Omero che garantisce la crescita e l'integrazione culturale dei minorati della vista, attraverso l'individuazione di risorse certe ed adeguate alle sue caratteristiche e al ruolo che riveste nel panorama nazionale. (5-05893)


   ALTIERI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il 27 maggio 2015 si è svolto a Roma un convegno organizzato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, nel corso del quale è stato presentato il progetto «Signa Maris», finanziato con fondi europei del POIn (programma operativo interregionale nazionale);
   il responsabile dell'organismo intermedio del POIn Turismo risulta essere il funzionario ministeriale Roberto Rocca, che avrebbe affidato l'anzidetto progetto alla società pubblica Invitalia e – per la parte informatica – all'ACI (Automobil Club d'Italia);
   la convenzione, sottoscritta il 30 ottobre 2013 tra l'autorità di gestione (del programma operativo interregionale «Attrattori culturali naturali e turismo») ed il funzionario pubblico Roberto Rocca, ha affidato a quest'ultimo le responsabilità di organismo intermedio del POIn Turismo, sulla base di una designazione del gabinetto del Ministro, effettuata con nota del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo-UDCM GABINETTO 0015982 del 18 settembre 2013;
   per effetto di ritardi burocratici ed operativi largamente addebitabili al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo ed agli uffici preposti al POIn Turismo, sarebbe stata persa una parte cospicua dei fondi a disposizione dell'organismo intermedio;
   la succitata convenzione prevede che le funzioni di gestione ed attuazione (di cui all'articolo 60 del regolamento n. 1083 del 2006) siano assegnate al funzionario Roberto Rocca «nei limiti indicati all'articolo 3 della stessa convenzione»;
   la citata convenzione prevede altresì, all'articolo 4, l'obbligo di «garantire che tutte le operazioni siano conformi alle norme comunitarie e nazionali applicabili per l'intero periodo di programmazione, accertandone la relativa fattibilità tecnica ed economica e la rispondenza alle norme comunitarie e nazionali in materia di appalti pubblici»;
   la citata convenzione prevede, all'articolo 7, la possibilità di revocare la delega conferita al responsabile dell'organismo intermedio «in tutte quelle circostanze che potenzialmente e concretamente possano comprometterne l'efficace attuazione» e, in particolare, qualora «incorra in violazione e negligenze in ordine alle condizioni della presente disciplina, a leggi, regolamenti e disposizioni amministrative vigenti, nonché alle norme di buona amministrazione» o anche se «comprometta la tempestiva esecuzione o buona riuscita del quadro complessivo delle operazioni previste e programmate nell'ambito della linea di intervento delegata per imperizia o altro comportamento» -:
   quali siano state le modalità di assegnazione delle risorse pubbliche, utilizzate per il progetto;
   in che date risultino sottoscritti gli atti di affidamento e per quali importi;
   se l'incarico di responsabile dell'organismo intermedio del POIn Turismo, assegnato al funzionario ministeriale Roberto Rocca, sia ricoperto nel rispetto delle norme e regolamenti vigenti e se sussistano rilievi della Corte dei Conti in merito all'esercizio di tali funzioni ovvero all'utilizzo da parte del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo delle risorse finanziarie rivenienti dal POIn;
   quale sia ad oggi lo stato reale dei finanziamenti del POIn Turismo, di competenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con particolare riferimento alle risorse assegnate ed attualmente disponibili, al loro effettivo impegno, alle spese sostenute e rendicontate, ai controlli di primo e secondo grado effettuati, all'eventuale certificazione e/o decertificazione da parte dell'UVER.
(5-05899)


   BOSSA, CARLONI, GIORGIO PICCOLO, ROSTAN, VALERIA VALENTE, PALMA, SALVATORE PICCOLO e SGAMBATO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   sull'isola d'Ischia, in località Lacco Ameno, nella straordinaria Villa Arbusto, è allestito il museo archeologico Pithecusae, una esposizione permanente di grande pregio aperta al pubblico dal 1999;
   il museo ospita i risultati degli scavi eseguiti sull'isola a partire dal 1952, con reperti e rinvenimenti attinenti agli insediamenti umani dei periodi preistorici e di quelli successivi fino all'età romana; il suo pezzo di più celebre è la Coppa di Nestore, una delle più antiche testimonianza dell'alfabeto in Italia;
   la coppa è larga non più di 10 centimetri, decorata a motivi geometrici. Fu portata alla luce nel 1955 dagli archeologi Giorgio Buchner e Carlo Ferdinando Russo; probabilmente era uno dei pezzi di un ricco corredo funebre; la coppa ha inciso su un lato in alfabeto euboico in direzione retrograda, ossia da destra verso sinistra, e un epigramma formato da tre versi che allude alla famosa coppa descritta nell'Iliade di Omero;
   secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali il Museo archeologico di Pithecusae rischierebbe la chiusura, così come si profilerebbe la possibilità che la antica e prestigiosa Villa Arbusto sia venduta ai privati;
   le ipotesi sarebbero legate alle difficili condizioni economiche in cui versa il comune di Lacco Ameno, che avrebbe le finanze locali dissestate; una situazione di emergenza, sottolineata anche dal nuovo sindaco, appena eletto;
   la vendita dell'antico immobile potrebbe essere necessaria per riequilibrare il bilancio comunale con una entrata rapida e sicura;
   la preoccupazione per il destino culturale di Villa Arbusto, del museo archeologico lì ospitato, e di tutti i beni culturali dell'isola, è stata avanzata anche dalla soprintendente ai beni archeologici, Adele Campanelli, che ha scritto una lettera aperta ai sei sindaci dell'isola di Ischia, chiedendo più sforzi nella valorizzazione dei beni culturali;
   nell'appello si fa riferimento anche al museo di Lacco Ameno: un luogo che «molto rassomiglia ai bei musei della Grecia», ha scritto secondo la stampa locale la Soprintendente, «ma che resta, purtroppo, molto poco conosciuto e pubblicizzato»;
   da tempo, secondo quanto pubblicato da alcuni quotidiani locali, appare del tutto ferma la manutenzione della struttura; il giardino di Villa Gingerò, che fa parte del complesso, sarebbe in stato di abbandono, mentre la residenza che ospita il museo ha bisogno di vari interventi –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto e come intenda intervenire, nell'ambito delle sue competenze, per la tutela e la valorizzazione di un sito culturale di primaria importanza come il museo archeologico Pithecusae, allestito nella Villa Arbusto di Lacco Ameno sull'Isola di Ischia. (5-05904)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCIATTI, DANIELE FARINA e SANNICANDRO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 23 giugno 2015 l'agenzia di stampa Ansa ha riportato una segnalazione del Garante regionale dei diritti dei detenuti delle Marche Italo Tanoni, secondo il quale, con la chiusura di alcune sezioni della casa circondariale di Montacuto (Ancona) ed il conseguente trasferimento dei detenuti in altre strutture regionali, si sono create situazioni che comportano un sovraccarico d'impegno per la polizia penitenziaria delle strutture ove sono stati trasferiti i detenuti, causando una difficoltosa commistione tra reclusi pericolosi e non;
   la casa circondariale suddetta è passata da una situazione di grave sovraffollamento – che gli interroganti hanno avuto modo di constatare già nel 2013 – ad una di sottoutilizzo, passando dai quasi 400 detenuti agli attuali 155;
   tale sottoutilizzo della struttura è dovuto anche alla mancata riapertura di due sezioni completamente ristrutturate ma non ancora riconsegnate all'amministrazione penitenziaria;
   tra le strutture circondariali con un maggior nuovo carico, a seguito dei trasferimenti, si segnalano quelle di Pesaro-Villa Fastiggi e Ancona-Barcaglione;
   per quanto riguarda la casa circondariale di Villa Fastiggi, la prima firmataria del presento atto ha avuto modo di verificare personalmente le condizioni di detenzione in una visita avvenuta il 3 aprile 2015, rilevando un grande impegno del personale della polizia penitenziaria, ma riscontrando diversi e significativi limiti alle attività rieducative dei detenuti, considerate anche le pessime condizioni in cui versano alcuni edifici della casa circondariale;
   per quanto riguarda la struttura di Ancona-Barcaglione si segnala come, a causa della citata chiusura di alcune sezioni della casa circondariale di Montacuto, nella struttura sono stati trasferiti alcuni detenuti sottoposti a sistema di alta sorveglianza, mentre in condizioni ordinarie a Barcaglione transitano solo ristretti «fine pena» sottoposti a trattamento attenuato;
   pertanto a Barcaglione, considerata fiore all'occhiello del sistema di vigilanza dinamica, attualmente si trovano 126 reclusi, con sovraccarico di impegno per la polizia penitenziaria presente, «fortemente sottodimensionata rispetto al modello operativo necessario per soggetti che hanno compiuto reati più gravi» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle problematiche illustrate in premessa;
   quali misure intenda adottare affinché le sezioni completamente ristrutturate della casa circondariale di Montacuto tornino nella piena disponibilità dell'amministrazione penitenziaria. (4-09604)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze:


   La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   l'economia marittima è strategica per la ripresa economica del Mezzogiorno: rilanciare la filiera del mare e investire per una portualità efficiente può essere il driver per trainare lo sviluppo del Sud del Paese. È questa in sintesi la conclusione del Secondo rapporto annuale «Italian Maritime Economy. Rischi e opportunità al centro del Mediterraneo», presentato il 5 giugno 2015 da Studi e Ricerche Mezzogiorno (SRM);
   il Mediterraneo ha una posizione centrale per lo shipping mondiale sulla direttrice est-ovest e viceversa, e il raddoppio del canale di Suez (72 chilometri su 193 totali) – che sarà inaugurato il prossimo agosto, come annunciato dalla Suez Canal Authority – ne aumenterà la strategicità. Con la sua posizione geograficamente privilegiata, l'Italia potrebbe ricavarne enormi vantaggi;
   nel nostro Paese l'economia marittima contribuisce alla produzione di prodotto interno lordo per il 2,4 per cento: il settore marittimo vale oltre 43 miliardi di euro di valore aggiunto (VA) e 800 mila posti di lavoro;
   le grandi potenzialità del Mediterraneo e dell'Italia in questo settore sono ben evidenziate dai dati e dalle analisi presenti nella citata relazione di SRM: ha registrato un +123 per cento la crescita del traffico merci nel Mediterraneo negli ultimi 13 anni, il 19 per cento del traffico navale mondiale passa dal Mare Nostrum, mentre nel 2005 era il 15 per cento le direttrici verso e da Golfo-Medio ed Estremo Oriente sono cresciute nel periodo 2001-2014 rispettivamente del 160 per cento e del 92 per cento; hanno fatto rilevare un +339 per cento i passaggi dal canale di Suez verso il Golfo arabo (2001-2014); l'Italia è il primo Paese UE28 per trasporto di merci in Short Sea Shipping (cabotaggio) nel Mediterraneo (204,4 milioni di tonnellate) ed è terza in Europa per traffici gestiti (460 milioni di tonnellate), mentre il valore di interscambio è di oltre 220 miliardi di euro di import-export pari al 30 per cento delle merci e questa percentuale verso i Paesi del Mediterraneo (Area Mena) sale al 75 per cento;
   i dati relativi al Mezzogiorno confermano quanto già detto a proposito dell'economia marittima come volano del rilancio economico e produttivo della macroarea: nel meridione d'Italia è prodotto il 33,7 per cento del valore aggiunto dell'economia del mare (14,7 miliardi di euro) e sempre qui si trova il 38,6 per cento degli occupati del settore. I porti del Mezzogiorno movimentano il 45,7 per cento del traffico container e il 47 per cento del traffico merci, mentre via mare avviene il 60 per cento dell'interscambio del Mezzogiorno (55 miliardi di euro). Un quadro davvero incoraggiante, in particolare nella prospettiva di vedere presto concretizzate le attese ricadute economiche;
   nel Mezzogiorno esistono alcune regioni la cui economia è fortemente agganciata al trasporto marittimo: in Puglia e Campania il 45,6 per cento delle merci in import-export si muove con modalità marittima, nelle isole oltre il 90 per cento;
   il citato rapporto segnala, tuttavia, come il nostro Paese non sfrutti a pieno le sue potenzialità in questo settore e la necessità di recuperare il tempo perduto, tempo che i competitor nel Nord Europa e nel Sud Mediterraneo, hanno usato per rafforzarsi con investimenti infrastrutturali importanti;
   l'ammodernamento e l'efficentamento delle infrastrutture italiane portuali sono prioritari per il rilancio del settore marittimo e più in generale del sistema economico e produttivo del Paese;
   molti porti, invece, sono ancora affidati a gestioni commissariali la cui operatività, anche per ovvie ragioni, è connotata da una eccessiva lentezza nell'utilizzo delle cospicue risorse proveniente dall'Europa, con la conseguenza di ampliare il divario in termini di costi, tempi e volumi di affari. Si stima, a questo proposito, che almeno 500 mila container con destinazione finale Italia vengano sbarcati a Rotterdam o ad Amburgo per poi proseguire su strada il loro percorso verso il nostro Paese, con una perdita di fatturato di circa un miliardo di euro all'anno;
   secondo il rapporto redatto da SRM i driver di sviluppo dell'economia del mare sono rappresentati essenzialmente: dall'integrazione tra le infrastrutture ed i servizi intermodali (rappresentati da strade, ferrovie e vie del mare) che presuppone un sistema retroportuale in grado di assicurare il collegamento con l'entroterra, dalla capacità di attrarre investimenti dall'estero (determinante a questo proposito è la crescita della presenza di zone franche), dalla logistica come asset principale di sviluppo, per il Mezzogiorno in particolare;
   in questo quadro va segnalata la situazione del porto di Taranto, la cui portata strategica nella logistica dei trasporti marittimi sull'asse sud/nord in quanto porta di accesso all'Europa dal Mediterraneo è stata più volte ribadita, anche di recente, dallo stesso Governo;
   a partire dal decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 4 marzo 2015, n. 20, recante «Disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto», l'operatività dello scalo jonico è stato inserita nel più ampio quadro di un «progetto Taranto» destinato a definire una nuova fase per lo sviluppo della città e dell'area circostante anche attraverso l'attivazione di un tavolo istituzionale permanente per l'area di Taranto, così come previsto dall'articolo 5 del decreto-legge citato;
   il porto Taranto situato nel cuore del Mediterraneo è la struttura ideale per il traffico commerciale tra l'Europa ed il resto del Mondo e per il traffico a corto raggio nazionale ed europeo. Non si deve tuttavia considerare il porto solo per la sua tradizionale vocazione mercantile bensì anche in un'ottica di integrazione con la città e di maggiore apertura ai traffici turistici;
   il nuovo piano regolatore del porto, adottato di recente, prevede, infatti, da un lato di incrementare le aree destinate alle attività commerciali per consentire l'acquisizione di nuovi traffici e, dall'altro, di migliorare il rapporto con la città, aprendo ad essa nuove aree dell'ambito portuale. A questo proposito sono stati avviati i seguenti progetti: la piastra logistica, il consolidamento/adeguamento della banchina Terminal contenitori, dragaggi, nuova diga foranea, collegamenti ferroviari, adattamento/riqualificazione del molo S. Cataldo e Calata 1; realizzazione di un nuovo terminal contenitori al 5o sporgente, il Distripark;
   nel 2012, l'autorità portuale di Taranto ha – altresì – avviato una programmazione mirata allo sviluppo della piena operatività del porto dal punto di vista turistico, in particolare per quanto riguarda il traffico crocieristico, alimentato dal bacino territoriale lucano (destinato ad assumere una dimensione internazionale e mondiale in seguito alla designazione di Matera come capitale della cultura 2019) diretto in Nord Africa, in Medio ed Estremo Oriente e in tutti i porti del Mediterraneo. Sempre al fine di promuovere la competitività dello scalo tarantino nel settore turistico e del traffico passeggeri si segnalano le seguenti iniziative: la partecipazione ad eventi fieristici di settore, quale la fiera Seatrade Cruise and Shipping Miami, il Memorandum of Understanding con la regione Basilicata e il successivo MoU con la provincia di Matera, la formulazione nel 2012 della domanda di acquisizione da parte dell'autorità portuale della banchina «ex Torpediniere», per l'utilizzazione della stessa ai fini della nautica da diporto e trasporto passeggeri, la realizzazione di un Port Exhibition Center, da realizzare in ambito portuale con l'intento di valorizzare la vocazione tipicamente portuale di Taranto attraverso l'utilizzo di container marittimi per allestire un centro espositivo multimediale, la realizzazione, infine, del centro servizi polivalente, un edificio polifunzionale finalizzato alla riqualificazione del waterfront portuale;
   a questo proposito l'interpellante ricorda che in occasione della discussione alla Camera del citato decreto-legge n. 1 del 2015, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/2894/014 di cui l'interpellante era cofirmataria, con il quale il Governo si è impegnato a valutare l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa per incentivare la vocazione turistica del porto di Taranto;
   al fine di adeguare lo standard competitivo del porto di Taranto rispetto a quello dell'area mediterranea, l'autorità portuale sta puntando sulla diversificazione delle attività del porto. A questo proposito sono stati avviati cantieri per 377 milioni di euro destinati ad aumentare per progetti non legati alla monocultura industriale. Fra questi il progetto «Fresh Port», che mira ad individuare un percorso teso a valorizzare, in forma consorziata, l'intera catena produttiva e logistica del settore agroalimentare di alcune regioni del Sud Italia (Puglia, Basilicata, Calabria) e del Nord Africa, attraverso l'utilizzazione delle aree e dei servizi portuali e retroportuali di Taranto, e il riconoscimento nel maggio 2014 dell'area portuale di Taranto quale zona franca doganale non interclusa, gestita dalla stessa autorità portuale;
   a fronte delle numerose e significative iniziative intraprese ai fini dello sviluppo dell'area portuale di Taranto, si deve segnalare, altresì, la preoccupante situazione che interessa il terminal dello scalo jonico che ha visto il 12 giugno 2015 la messa in liquidazione, da parte dei soci, della società TCT (Taranto Container Terminal) che gestiva in concessione dal 2001 l'infrastruttura portuale e l'avvio della procedura di mobilità per i 540 dipendenti;
   proprio nella cornice degli incontri che il Governo ha avuto con le parti interessate alla vertenza occupazionale relativa a TCT, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha ribadito come uno degli obiettivi sui quali puntare con più forza è proprio quello di valorizzare la funzione logistica di Taranto come elemento centrale dei collegamenti euromediterranei;
   qualche perplessità, tuttavia, ha sollevato la decisione del Governo di non includere nella stesura definitiva del documento di economia e finanza (DEF) presentato alle Camere il 10 aprile 2015, i progetti di sviluppo di quattro porti fra i quali quello di Taranto;
   nell'allegato infrastrutture al Def è stato, tuttavia, specificato che gli scali marittimi avrebbero potuto comunque sperare nello strumento di programmazione individuato dal PIS (programma delle infrastrutture strategiche) nel documento pluriennale di pianificazione (DPP), che include e deve rendere coerenti tutti i piani e i programmi d'investimento nazionali per le opere pubbliche presenti allo stato attuale;
   data la rilevanza del documento pluriennale di pianificazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ne ha annunciato una rapida definizione, massimo entro settembre 2015, specificando, altresì, che nel documento citato sarebbero state inserite le opere portuali e logistiche necessarie al perseguimento della strategia definita per ogni sistema portuale di interesse nazionale identificati allo stato attuale (Adriatico settentrionale, sistema ligure, Tirreno centrale, sistema sardo, Adriatico centrale, sistema campano, sistema pugliese, sistema calabro e sistema siciliano) nonché le linee strategiche e le relative opere prioritarie per i collegamenti degli aeroporti principali con le reti core e con le città e quelle nei settori idrico e dell'edilizia scolastica –:
   quali tempestive iniziative intenda intraprendere al fine di garantire lo sviluppo del sistema portuale nazionale, con particolare riferimento a quello proprio del Mezzogiorno;
   quali siano, anche nell'ottica del varo del nuovo piano della portualità, le direttrici di sviluppo e i conseguenti provvedimenti attraverso i quali intenda realizzare l'effettiva valorizzazione del porto di Taranto per quanto attiene alla sua tradizionale vocazione commerciale, incentivando, altresì, la vocazione turistica dello scalo jonico, attraverso nuove opportunità per il traffico passeggeri e la nautica da diporto.
(2-01016) «Labriola».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   in data 10 aprile 2015, sull'autostrada A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, direzione del capoluogo etneo, hanno ceduto due piloni a causa di un movimento franoso che ha interessato la strada provinciale 24 Scillato-Caltavuturo;
   ad oggi, dopo più di due mesi dal verificarsi del fenomeno di dissesto, il viadotto Himera risulta ancora chiuso ed impraticabile e l'autostrada A19 – unica infrastruttura di collegamento tra la parte occidentale e quella orientale dell'Isola – appare, di fatto, completamente paralizzata; permane, pertanto, una grave situazione di emergenza che sta causando enormi difficoltà nei trasporti ed ingenti perdite economiche per tutta la popolazione;
   la procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto un'inchiesta per «disastro colposo» per far luce sulla vicenda e per accertare eventuali responsabilità in capo alla Protezione Civile Regionale e ad ANAS – quale gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale – in ordine al mancato intervento di monitoraggio sul viadotto Himera;
   l'assessorato regionale al territorio e ambiente – nella elaborazione del Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), quale strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni, gli interventi e le norme d'uso riguardanti la difesa dal rischio idrogeologico del territorio siciliano – sembra non aver esaminato con la dovuta attenzione le criticità di carattere geologico dell'area su cui insiste il viadotto, alla quale è stato assegnato sulla base delle regole per l'attribuzione dei livelli di rischio previsti dall'Allegato Tecnico alla legge n. 267 del 1998 – un indice di rischio di classe «R3» (rischio elevato) anziché di classe «R4» (rischio molto elevato) data l'assenza, nella zona interessata dai fenomeni di dissesto, di nuclei abitativi;
   con deliberazione del Consiglio dei ministri del 18 maggio 2015 viene dichiarato lo stato di emergenza per il maltempo dal 16 febbraio al 10 aprile 2015 nelle province di Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina e Trapani e vengono messe a disposizione, per l'attuazione dei primi interventi, nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi ed indispensabili fabbisogni, risorse economiche nel limite di euro 27.250.000 a valere sul Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 5, comma 5-quinquies, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
   successivamente, con le ordinanze n. 257 e n. 258 del 30 maggio 2015 del Capo dipartimento della protezione civile, si dispone la nomina dei due commissari delegati per la realizzazione dei primi interventi urgenti di protezione civile finalizzati alla più celere attuazione delle misure volte a rimuovere le situazioni di rischio, a garantire l'assistenza ed il ricovero delle popolazioni colpite e ad assicurare la messa in sicurezza dell'area interessata dal tratto del viadotto dissestato;
   dalle oltre cento pagine della relazione «riservata» elaborata dagli ispettori nominati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti emergono, con estrema chiarezza, precisi ed inequivocabili profili di responsabilità in capo alla protezione civile regionale e, in particolar modo, ai vertici di ANAS per una vicenda già nota agli addetti ai lavori non soltanto dal 2005, bensì, addirittura dal 1971;
   dall'analisi di progetti, documenti, lettere e note, infatti, appare evidente che «L'ANAS era in possesso degli elementi atti ad avere la consapevolezza della esistenza, entità e gravità dei fenomeni di dissesto e delle criticità geologiche, sin dalla definizione delle scelte del progetto, ed era a conoscenza dell'aggravio della situazione che nel 2005 ha portato, tra l'altro, alla necessità di realizzare una variante alla strada provinciale» e che, pertanto, «ANAS aveva l'onere d'intervenire, in quanto soggetto cui spetta la gestione e la manutenzione delle infrastrutture autostradali in gestione diretta e, di conseguenza, aveva l'obbligo di vigilare sulla efficienza e salvaguardia di tali opere»;
   gli ispettori del Ministero fanno, poi, cenno ad una relazione geologica, risalente addirittura al 10 maggio 1971, nella quale già si evidenziavano le criticità inerenti alla «delicatezza ed alla fragilità del complesso geologico» ed alla necessità di emanare provvedimenti di difesa dell'autostrada che avessero carattere di definitività e permanenza – tali interventi, consistenti nella realizzazione di muri ed opere flessibili in gabbionate da collocare al piede del versante, per un costo pari a 6 milioni di vecchie lire, non furono però mai realizzati;
   ma vi è di più: secondo la protezione civile regionale il verificarsi dell'evento calamitoso non sarebbe da ricollegarsi ad una gestione dissennata delle manutenzioni ed alla mancanza di adeguati controlli finalizzati alla prevenzione del tratto interessato ma, piuttosto, ad eventi meteo avversi ed alle continue precipitazioni nel periodo dal 17 febbraio al 9 marzo 2015;
   eppure, in una lettera dell'ex prefetto di Palermo, Giosué Marino, inviata in data 23 aprile 2005 proprio alla Protezione Civile Regionale – nella quale si faceva riferimento ad una nota dell'ANAS – già si evidenziavano le criticità relative alla frana di Caltavuturo ed ai rischi per l'A19; la stessa ANAS, in data 14 aprile 2005, aveva, peraltro, segnalato al Prefetto un vasto movimento franoso lato Caltavuturo che avrebbe potuto interessare l'A19;
   lo stesso ex presidente di ANAS, Pietro Ciucci – di fatto invitato dal Governo a dimettersi, a metà maggio 2015, proprio a seguito dell'evento calamitoso avvenuto sul viadotto Himera – all'indomani del crollo, aveva dichiarato che ANAS non aveva ricevuto nessuna segnalazione a riguardo e che l'azienda non aveva nessuna competenza sul monitoraggio delle frane;
   a nulla vale la nomina del nuovo presidente ANAS, Gianni Vittorio Armani – che, attraverso un comunicato, si è impegnato a verificare, mediante l'istituzione di una commissione interna aziendale, che cosa non ha funzionato e le responsabilità di quello che è accaduto sull'A19 – se non si procederà, in tempi brevi, a mutare radicalmente l'assetto organizzativo di vertice di ANAS che vede al suo interno ancora molti dirigenti, tecnici e collaboratori dell'ex presidente coinvolti nella vicenda del crollo del viadotto Himera;
   in definitiva, appare chiaro che sia la protezione civile regionale che ANAS erano perfettamente a conoscenza, fin dagli inizi degli anni ’70, dei gravi movimenti franosi e dei dissesti in atto nell'area sopra citata; pertanto, durante questo periodo di tempo, avrebbero potuto o, meglio, dovuto provvedere alla realizzazione degli interventi necessari per tentare di risolvere o, perlomeno, di arginare e limitare il più possibile il verificarsi di conseguenze dannose alle infrastrutture;
   il Movimento 5 Stelle, al fine di assicurare una rapida risoluzione della situazione di emergenza, propone un'idea, progettuale – protocollata presso il suo ministero con numero di protocollo 22779 s.m. 12.6.2015 – aggiuntiva a quella sulla scorciatoia di Caltavuturo, che prevede la realizzazione di una bretella che potrebbe vedere la luce in meno di un mese e a costi notevolmente contenuti, grazie al coinvolgimento del Genio militare;
   la proposta prevede, nello specifico, la realizzazione di un by pass sulla sponda sinistra del fiume Imera, meno interessata dai movimenti franosi che hanno provocato il dissesto dell'autostrada A19, utilizzando la vecchia strada di servizio denominata «Lodigiani», che fu utilizzata dall'omonima impresa per realizzare il viadotto interessato dal dissesto – per il collegamento tra l'autostrada e la «bretella», è prevista la realizzazione di un ponte «Bailey» (tipologia di ponte di origine militare che consente un ripristino provvisorio del collegamento stradale) a doppia campata, idoneo al transito dei mezzi pesanti;
   si tratta, in sintesi, di una valida soluzione progettuale che presenta evidenti ed innegabili vantaggi sia in termini di tempo che di costi: le opere – che, come anticipato, prevedono il ripristino e la messa in sicurezza della strada «Lodigiani» già esistente e la costruzione di ponti «Bailey» – sarebbero, infatti, direttamente realizzate dallo Stato attraverso il reparto di riferimento del Reggimento Genio guastatori per un importo complessivo dei lavori pari circa ad 1,5 milioni di euro rispetto ai circa 9 milioni di euro previsti per la realizzazione dell'opera progettuale ideata dal Ministero – senza contare la reversibilità delle opere e l'assoluta mancanza di punti di interferenza tra il bypass e il nuovo intervento per la realizzazione dell'infrastruttura principale –:
   se non si ritenga opportuno – al fine di addivenire ad una celere e tempestiva risoluzione dello stato di emergenza sopra citato – provvedere ad una immediata attuazione della soluzione progettuale delineata dai sottoscritti interpellanti in ragione dei brevissimi tempi per l'esecuzione delle suddette opere di ripristino e di messa in sicurezza e del considerevole contenimento dei costi per la realizzazione delle stesse;
   se non ritenga opportuno provvedere alla sostituzione del commissario delegato per il superamento dell'emergenza nel territorio delle province di Palermo, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Messina e Trapani, dottor Calogero Foti, in quanto, nonostante fosse ampiamente e da molto tempo informato sullo stato di dissesto dei territori coinvolti – in qualità di dirigente generale della protezione civile in Sicilia da oltre 9 anni – non abbia mai provveduto a mettere in atto le opportune misure di manutenzione.
(2-01017) «Mannino, Cancelleri, Busto, Daga, De Rosa, Di Benedetto, Di Vita, D'Uva, Grillo, Lorefice, Lupo, Marzana, Micillo, Nuti, Rizzo, Terzoni, Vignaroli, Villarosa, Zolezzi».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   alla vigilia delle dichiarazioni dei redditi di migliaia di imprese artigiane dell'autotrasporto, la ragioneria generale dello Stato ha deciso di bloccare la fruibilità delle agevolazioni relative alle cosiddette «deduzioni forfettarie», ritenendo i 60 milioni di euro destinati alla copertura di tale agevolazione non sufficientemente capienti;
   si tratta, come hanno sottolineato le organizzazioni sindacali, di deduzioni e crediti d'imposta essenzialmente legati al recupero forfettario delle spese sostenute dagli autotrasportatori per le trasferte e che, in questa drammatica congiuntura economica, sono la sola voce che consente a migliaia di piccole imprese di sostenere i propri bilanci;
   la decisione rischia di aggravare la situazione di un comparto colpito in questi anni, più di altri settori, dalla crisi economica e dall'assenza di programmazione e di una politica di visione;
   il comparto dell'autotrasporto, linfa del sistema economico del Paese, ha infatti risentito profondamente dell'andamento economico negativo, che ha comportato nei 5 anni di analisi (2008-2013) una perdita di quasi 9 punti di prodotto interno lordo;
   in tale contesto la percorrenza dei veicoli delle flotte italiane è calata nello stesso periodo del 25 per cento, il trasporto di merce su strada si è ridotto del 35 per cento ed il consumo di carburante (al netto del gasolio per le autovetture) è calato del 37 per cento;
   nello stesso tempo le percorrenze autostradali dei mezzi pesanti sono calate solo del 14,5 per cento, primo segnale di dati discordanti relativi al trasporto su gomma in Italia. Tutto questo ha portato a una contrazione dell'occupazione per tutta la filiera di 197.000 posti di lavoro, pari a 90 volte i dipendenti dell'Alitalia e a 360 volte quelli delle acciaierie di Terni. Senza contare che 90.000 di questi posti di lavoro sono da attribuire a soggetti che non hanno potuto beneficiare di alcun ammortizzatore sociale; 
   il blocco delle risorse economiche per le deduzioni forfettarie da parte della ragioneria dello Stato in ogni caso, a giudizio dell'interrogante, disattende precisi impegni assunti –:
   se il Governo sia a conoscenza di questa situazione;
   quali iniziative intendano adottare per rilanciare il comparto dell'autotrasporto in Italia;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative per sbloccare tempestivamente le risorse economiche per le deduzioni forfettarie a favore di migliaia di imprese artigiane dell'autotrasporto, eventualmente trasferendo su questa voce di costo fondi destinati ad altri capitoli di spesa non altrettanto prioritari. (5-05901)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SALTAMARTINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Enac, l'ente nazionale per l'aviazione civile, secondo quanto riferito dall'agenzia Ansa, ha deciso di ridurre l'operatività dell'aeroporto di Fiumicino dall'80 per cento al 60 per cento, con la chiusura dell'area partenze T3;
   la decisione è stata presa per garantire la sicurezza, considerata l'impossibilità di utilizzare tutte le infrastrutture dello scalo in seguito all'incendio di un mese fa;
   questa decisione, presa a distanza di un mese, mostra palesemente il disinteresse delle istituzioni nel riaprire in tempo brevi lo scalo principale del nostro Paese;
   di fatto ad oggi la regione Lazio, a giudizio dell'interrogante, non ha assunto le opportune iniziative per quanto riguarda la valutazione della salubrità o meno dell'aria o per assicurare ai lavoratori aeroportuali la sicurezza sul posto di lavoro;
   in un periodo estivo e vacanziero come quello a cui si va incontro, con i turisti che aumentano, il dimezzamento dei voli dello scalo romano rende la situazione problematica e paradossale e si rischia il caos in aeroporto, disservizi ai turisti ma anche problemi di sicurezza per la città;
   già da giorni, con il traffico in aumento con l'arrivo dell'estate, si registrano file e disagi nelle aree di imbarco, mentre i lavoratori continuano a indossare le mascherine per ridurre il rischio di esposizione alla diossina e ad altri agenti inquinanti;
   la cancellazione di quasi 400 voli giornalieri in un aeroporto così importante avrà ripercussioni gravissime per tutte le imprese aeroportuali e dell'indotto derivante dai mancati passeggeri in transito, comprese le strutture ricettive e turistiche che potrebbero addirittura collassare visto il periodo di crisi che già stanno vivendo;
   il molo «D» è stato sequestrato in via cautelativa seppur non compromesso direttamente dall'incendio –:
   quale sia lo stato di agibilità del molo «D» e se rivisti quali siano i risultati delle analisi sulla salubrità dell'aria;
   se la drastica decisione di ridurre l'operatività dell'aeroporto sia stata preceduta da una dettagliata analisi delle soluzioni alternative, come ad esempio l'utilizzo di nuovi varchi provvisori nell'area commerciale;
   se non si ritenga opportuno mettere in atto tutti gli strumenti necessari al fine di scongiurare le gravissime ripercussioni che la cancellazione di 400 voli giornalieri potrebbe avere sulle imprese aeroportuali e su tutte le strutture turistiche, con inevitabili ripercussioni sul comparto occupazionale e sull'economia in generale.
(4-09594)


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'Automobile Club Italia (ACI) è stata istituita all'inizio del novecento con l'obiettivo di favorire lo sviluppo dello sport automobilistico in Italia, di associare gli automobilisti fornendo loro servizi e di organizzare manifestazioni sportive. Quale federazione sportiva automobilistica, ACI SPORT è riconosciuta dal CONI e dalla Fédération Internationale de l'Automobile (FIA);
   l'ACI è anche ente pubblico non economico a base federativa senza scopo di lucro, la cui attività concerne in prevalenza la gestione del pubblico registro automobilistico (PRA) e l'acquisizione dei relativi tributi (bollo auto) in regioni, oltre ad essere fornitrice di numerosi servizi rivolti sia ai propri soci che alla generalità dei consumatori;
   in Italia, ogni anno si svolgono circa 150 competizioni automobilistiche su strada (rally) autorizzate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con apposita circolare, secondo il Calendario proposto da ACI SPORT, a cui partecipano una media di 70 concorrenti ciascuna;
   i rally sono manifestazioni sportive di regolarità che si svolgono lungo percorsi suddivisi in settori o tratti di percorso in ciascuno dei quali, di norma, sono compresi tratti di regolarità su strade aperte alla circolazione stradale dove è obbligatorio il rispetto delle norme del codice stradale, e prove speciali a velocità libera su tratti chiusi al traffico;
   le autovetture utilizzate per i rally vengono immatricolate come autovetture ad uso proprio, senza alcuna menzione descrittiva dalle vetture «stradali»; dopo la richiesta di omologazione sportiva dello specifico modello di vettura da parte della Casa costruttrice alla FIA secondo una particolare regolamentazione tecnica, e il rilascio della relativa fiche di omologazione, la vettura è soggetta a verifica da parte dei Commissari tecnici federali sulla corrispondenza tra i particolari effettivamente montati e le prescrizioni previste dalla fiche di omologazione per la specifica categoria di appartenenza; conseguentemente per ogni vettura preparata viene rilasciato un passaporto tecnico, documento di identificazione in formato digitale dove sono indicati i dati tecnici fondamentali della vettura ed annotati i rilievi nei casi di non conformità rilevati in sede di verifica effettuata durante le gare, o di incidenti di particolare gravità;
   le modifiche apportate alle vetture per poter partecipare ai rally, montando particolari elementi meccanici, sono necessarie sì per aumentarne le prestazioni, ma in particolar modo per garantire una maggiore sicurezza per gli occupanti;
   le vetture, proprio in virtù di tali modifiche, devono essere conformi ai prescritti regolamenti, ma non corrispondono più alle caratteristiche riportate sulla carta di circolazione. Non possono, quindi, effettuare le revisioni periodiche previste, né stipulare l'assicurazione propria di responsabilità civile obbligatoria, né circolare liberamente su strada;
   l'articolo 9 del nuovo codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 30 aprile 1992) sottopone a specifica autorizzazione lo svolgimento di gare sportive su strada, comprese le competizioni automobilistiche rally: in particolare, il comma 4-bis stabilisce: «Fermo restando quanto disposto dall'articolo 193, i veicoli che partecipano alle competizioni motoristiche sportive di cui al presente articolo possono circolare, limitatamente agli spostamenti all'interno del percorso della competizione e per il tempo strettamente necessario per gli stessi, in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 78»;
   l'articolo 78 del nuovo codice della strada relativo alle «Modifiche delle caratteristiche costruttive dei veicoli in circolazione e aggiornamento della carta di circolazione» dispone che le variazioni delle caratteristiche di costruzione debbano essere approvate dai competenti uffici del dipartimento dei trasporti terrestri e annotate successivamente sulla carta di circolazione;
   la circolare del Ministero dei trasporti n. 0108172 del 27 novembre 2007 diffusa a tutti i comparti della polizia di Stato dal Ministero dell'interno con circolare n. 300/A/1/26733/105/2 precisa la deroga anche in relazione all'articolo 80 del nuovo codice della strada, relativo alla revisione che le vetture devono effettuare periodicamente per l'accertamento dei requisiti necessari per la sicurezza e la circolazione su strada;
   gli organizzatori delle gare, come previsto dai regolamenti ACI SPORT e dal decreto legislativo n. 285 del 1992, articolo 9, comma 6, hanno l'obbligo di contrarre delle apposite assicurazioni di responsabilità civile che coprono le autovetture per il solo percorso delle singole manifestazioni, sia sulle strade chiuse che aperte alla normale circolazione;
   pertanto, se le vetture dovessero, erroneamente, percorrere un tratto di strada estraneo al percorso di gara e quindi non coperto dall'assicurazione stipulata dall'organizzatore, sarebbero passibili di sanzioni e sequestro del mezzo da parte degli organi preposti in quanto sprovviste dell'assicurazione per la responsabilità civile e non più corrispondenti alle specifiche riportate dalla carta di circolazione;
   tale situazione, irrisolta da decenni, desta ulteriori preoccupazioni anche a seguito delle notizie riferite sul futuro utilizzo di sistemi automatizzati di verifica dei pagamenti delle tasse di circolazione e dell'effettuazione delle revisioni periodiche, nonché della stipula dell'assicurazione obbligatoria;
   a parere degli interroganti, per regolarizzare tale situazione, sarebbe necessario istituire una definizione speciale, da riportare sulla carta di circolazione, per gli autoveicoli conformi alle specifiche riportate dalle normative tecniche Aci Sport ed alle quali è stato rilasciato il passaporto tecnico digitale dopo le opportune verifiche, in maniera da riconoscere anche nel codice della strada tale status, permettendo così l'omogeneità tra le normative sportive nazionali ed internazionali e il codice della strada. Allo stesso tempo si potrebbero risolvere le questioni pendenti relative alle revisioni periodiche ed alla copertura assicurativa della responsabilità civile auto -:
   se sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   quali iniziative intenda adottare per regolarizzare le vetture che sono conformi alle norme sportive nazionali ed internazionali previste dalla Federazioni sportive e dalla FIA, in particolare, ma che risultano in contrasto con il nuovo codice della strada;
   se ritenga di individuare delle concrete iniziative per permettere una soluzione che dia modo di esplicitare un particolare riconoscimento a tali vetture da inserire sulla carta di circolazione e consentire le revisioni periodiche stabilite e la stipula dell'assicurazione per la responsabilità civile auto. (4-09603)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in occasione della ricorrenza di San Gerardo, protettore della città di Potenza, ed in particolare nell'ambito del cosiddetto «Pranzo dei Portatori» che si è svolto presso la città capoluogo, il 29 maggio 2015, è stato registrato un episodio di gratuita violenza denunciato dai genitori di un ragazzo maggiorenne, vittima di una brutale aggressione;
   il diciottenne è stato costretto a ricorrere alle cure ospedaliere e ad un delicato intervento maxillo facciale, a causa di una frattura scomposta della mascella, provocata da un pugno scagliato con violenza da un aggressore in stato di evidente alterazione a causa dell'elevata quantità di alcol assunta in questo «Pranzo dei Portatori»;
   il Pranzo dei Portatori rientra in quelle tradizioni folkloristiche in grado di creare grande coinvolgimento e aggregazione e per quanto popolare proprio quest'anno, su espressa richiesta delle forze dell'ordine, avrebbe dovuto svolgersi senza l'uso di vino e alcolici;
   è stata proprio una nota dell'ufficio stampa del comune della città capoluogo a ratificare questo indirizzo emerso nel corso della conferenza di servizio convocata prima dello svolgimento della festa patronale;
   una apposita ordinanza ha posto il divieto di vendere e somministrare alcolici in tutto il centro storico usando come deterrente sanzioni pecuniarie e amministrative ai danni di chi ne avesse violato le prescrizioni;
   l'episodio dell'aggressione subita dal ragazzo e i danni derivanti da tale aggressione hanno evidenziato quanto la questione sia delicata e che poteva avere conseguenze anche più gravi;
   a molti cittadini non è piaciuto lo spettacolo di tanti ragazzi, spesso adolescenti, ubriachi in giro per il centro della città con effetti collaterali davvero poco graditi a residenti e visitatori;
   sarebbe opportuna una verifica presso il pronto soccorso della struttura ospedaliera della città sulla data in cui si svolge questa manifestazione, anche gli anni precedenti, per capire l'incidenza di tale fenomeno;
   si sa che l'alcol è tra i giovani uno dei problemi principali e il Governo ha investito e investe molto in tema di prevenzione e, se attraverso manifestazioni che ricevono anche contributi pubblici da parte delle amministrazioni comunali, vengono veicolati messaggio totalmente contrastanti ci si trova, ad avviso dell'interrogante, di fronte ad una schizofrenia incomprensibile;
   non è una questione di «proibizionismo» ma di valutare fino in fondo le problematiche relative ad un fenomeno che inevitabilmente rischia di degenerare per via dell'incontrollata quantità di alcol che gira e che viene assunta da chi partecipa all'evento del pranzo;
   non c’è nessuna volontà di criminalizzare eventi e associazioni promotrici ma di raccogliere dalle parole dei genitori del ragazzo aggredito quella opportuna sensibilità che dovrebbe indurre le istituzioni tutte a farsi carico di gestire al meglio un evento e a prevenire drammi che possono avere conseguenze permanenti e anche purtroppo trasformarsi in tragedie –:
   se il Governo sia a conoscenza anche tramite gli uffici della prefettura di Potenza, di quanto riportato in premessa e se non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza al fine di evitare in occasione della prossima ricorrenza simili circostanze rafforzando i controlli e attivando misure di prevenzione che assicurino un corretto svolgimento delle manifestazioni celebrative della ricorrenza patronale e la sicurezza e l'incolumità per tutti i cittadini promuovendo i messaggi positivi della tradizione e non certo di violenza. (4-09595)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   sarebbe stata programmata per il mese di novembre 2015 la chiusura a Firenze della struttura nota come «Il Magnifico», che comprende il commissariato di Rifredi, il reparto mobile cittadino, il reparto prevenzione del crimine della Toscana, il nucleo volanti, l'ufficio sanitario e ben 800 alloggi;
   motivo della chiusura sarebbero la scadenza del contratto di locazione della struttura e gli eccessivi costi della sua gestione;
   corre però voce che la struttura denominata «Il Magnifico» debba essere adibita a centro di accoglienza per gli aspiranti rifugiati;
   «Il Magnifico» si trova in una zona assai degradata del comune di Firenze, nei quartieri Novoli/Peretola, nei quali risultano in crescita tanto la criminalità quanto la presenza di stranieri extracomunitari;
   tutte le attività attualmente condotte presso la struttura denominata «Il Magnifico» sarebbero trasferite presso la caserma De Laugier, situata sul Lungarno della Zecca, in zona centrale, che i funzionari locali della polizia ritengono piccola ed inadeguata;
   la De Laugier ospiterebbe altresì la polizia scientifica e, forse, il commissariato d'Oltrarno –:
   se il Governo intenda effettivamente procedere al trasferimento delle unità ed attività ospitate dalla struttura denominata «Il Magnifico», privando di un presidio importante di sicurezza un'area di Firenze molto degradata e soggetta ad un sensibile aumento delle attività criminali;
   se rispondano al vero le indiscrezioni concernenti la destinazione de «Il Magnifico» a futuro centro di accoglienza per aspiranti rifugiati. (4-09597)


   GAGNARLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo l'aggressione avvenuta la settimana scorsa nella stazione milanese di Villapizzone nella quale un ferroviere ha rischiato di perdere un braccio a causa di un colpo di machete, il sindacato dei ferrovieri esprime il proprio stato d'animo e la paura di dover lavorare nelle attuali condizioni;
   i sindacati di polizia (comunicato COISP del 17 giugno 2015) convocati dal Ministero dell'interno in data 18 giugno 2015, fanno sapere che riguardo alla convenzione già stipulata con Trenitalia per la quale la stessa può usufruire di agenti per la scorta sui treni da disporre come ritiene più opportuno, gli agenti non siano più disposti ad ulteriori concessioni e denunciano l'utilizzo non ottimale del servizio, effettuato con logiche più mirate al risparmio che all'interesse di tutti i viaggiatori;
   in seguito all'episodio di Milano si era paventata l'ipotesi di soppressione, a partire dal 26 giugno 2015, di alcuni treni che percorrono tratte troppo pericolose se non si fosse decisa la presenza delle forze d'ordine a bordo. Era stata così stilata una «lista nera» di 15 convogli pericolosi, tra i quali anche i regionali Firenze-Arezzo delle 7:08 e Firenze-Viareggio delle ore 7:53, che interessano la regione di appartenenza dell'interrogante;
   in data 19 giugno, a seguito del suddetto incontro con i sindacati, il Ministero dell'interno ha scongiurato le soppressioni e comunicato che i 15 treni pericolosi saranno scortati, dal prossimo 26 giugno, dalla polizia ferroviaria;
   la polizia di Stato, come tutti i settori della pubblica amministrazione, patisce una carenza di organico di circa 18.000 unità e un riordino del settore si rende sempre più necessario;
   il viceministro dell'interno, in risposta all'interrogazione della sottoscritta n. 4-03703 sul piano di razionalizzazione delle risorse della polizia, ha dichiarato che lo stesso piano, sottoposto ad inizio 2014 al parere delle autorità provinciali di pubblica sicurezza, non è ancora definito, in quanto ha dovuto lasciare il passo al disegno di legge governativo sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, contenente alcune importanti indicazioni proprio in tema di riorganizzazione del sistema della sicurezza. Il disegno di legge, attualmente all'esame del Parlamento, tornerà poi sul tavolo del Governo per la definizione del piano di razionalizzazione;
   il piano strategico dovrebbe tener conto di «indicatori di contesto» tali da affrontare i fenomeni delittuosi con approccio più territoriale, compensare e distribuire diversamente il personale delle due forze a competenza generale sul presidio del territorio, razionalizzare i presidi delle quattro specialità di base della polizia di Stato (stradale, ferroviaria, postale e di frontiera);
   nel frattempo, tuttavia, rimangono in essere i tagli alla Polfer già effettuati, i sindacati dei ferrovieri confermano la loro preoccupazione per i recenti casi di aggressioni, ed i sindacati delle forze di polizia rimangono contrari ad ulteriori concessioni a Trenitalia che, comunque, grazie alla convenzione, ha potuto risparmiare quasi 40 milioni di euro sulla spesa della vigilanza privata, salvo poi gestire il servizio in maniera, a giudizio dell'interrogante, discutibile;
   intanto, l'ultimo dei decreti del capo del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, datato 21 maggio 2015, sancisce la chiusure di altre 13 sottosezioni Polfer in Italia: Golfo Aranci in Sardegna, San Giovanni Valdarno e Livorno San Marco in Toscana, Mortara in Lombardia, Catania Aquicella, Palermo Brancaccio, Vittoria e Castel Vetrano in Sicilia, Roma smistamento e Roma Trastevere nel Lazio, Villa Opicina in Friuli Venezia Giulia, Verona Porta Vescovo e S. Candido a Verona ed in Trentino Alto Adige –:
   cosa intenda fare il Ministro interrogato, alla luce di quanto esposto in premessa, per gestire questa fase di transizione nell'attesa del nuovo piano di razionalizzazione, in modo da evitare che l'acutizzarsi della problematica della sicurezza sui treni e nelle stazioni ferroviarie, si ripercuota sul personale ferroviario o sui pendolari. (4-09602)


   COZZOLINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge 6 maggio 2015, n.52, all'articolo 2, comma 7, lettera b), reca una novella all'articolo 14, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957, disponendo il deposito presso il Ministero dell'interno dello statuto da parte di una forza politica che intenda partecipare alle elezioni politiche;
   tale norma appare poco chiara sia per quanto riguarda la sua corretta applicazione sia per quanto riguarda le conseguenze di una sua eventuale disapplicazione parziale o totale. La norma in merito allo statuto da depositare richiama l'articolo 3 del decreto legge 28 dicembre 2013, n.149, lasciando intendere che lo statuto da depositare debba essere conforme alle caratteristiche individuate da tale disposizione;
   allo stesso tempo, però, la lettera b) del comma 7 dell'articolo 2 della legge n.52 del 2015 non individua il soggetto a cui spetti il compito di vagliare la regolarità e la conformità dello statuto depositato, e nulla dispone in merito ad un mancato deposito dello statuto, né in merito al deposito di uno statuto che non sia conforme a quanto disposto dall'articolo 3 del decreto legge 28 dicembre 2013, n.149;
   la scarsa chiarezza della norma e le criticità che questa potrebbe comportare sono state sottolineate anche dal Comitato per la legislazione della Camera dei deputati nel parere espresso sul testo normativo. Nelle premesse di tale parere il Comitato per la legislazione scrive «per poter conseguire una maggiore efficacia nel riordinamento della legislazione vigente, alcune fattispecie appaiono bisognose di essere disciplinate espressamente, anche al fine di ridurre gli spazi affidati all'interpretazione, in sede sia amministrativa sia giurisdizionale, e ciò soprattutto in una materia – quella elettorale – fisiologicamente oggetto di numerose controversie; ciò si riscontra nel seguente caso: il nuovo articolo 14 del TUE, nel testo modificato al Senato, prevede che i partiti depositino, oltre al contrassegno e al programma, altresì “il proprio statuto di cui all'articolo 3 del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13” (detto articolo determina i requisiti dello statuto dei partiti ai fini dell'accesso alle forme di contribuzione previste a seguito dell'abolizione del finanziamento pubblico: nel vigente quadro normativo l'obbligo per i partiti di dotarsi di uno statuto è requisito necessario esclusivamente ai predetti fini). La disposizione in esame: non reca una disciplina espressa in ordine alla verifica della presenza nello statuto dei requisiti indicati dal sopra citato articolo 3; non disciplina le conseguenze del mancato deposito dello statuto né – più in generale – chiarisce se lo statuto sia un requisito obbligatorio anche per la partecipazione alle elezioni; muovendo da tale premessa il Comitato inserisce nel parere favorevole approvato la seguente condizione “sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione: per le ragioni specificate in premessa, cui si rinvia, si valuti l'opportunità di disciplinare il deposito dello statuto dei partiti”»;
   poiché nel corso dell'esame del testo normativo svolto alla Camera dei deputati, prima in Commissione e poi in Assemblea, la disposizione di cui alla lettera b), comma 7, dell'articolo 2 della legge 52 del 2015 non è stata oggetto di modifiche disattendendo la condizione riportata nel parere del Comitato per la legislazione, la stessa disposizione è stata oggetto dell'ordine del giorno 9/3-bis-B/4, presentato a firma dell'interrogante nel corso della seduta della Camera dei deputati del 4 maggio 2015;
   in merito alle criticità sollevate dal parere espresso dal Comitato per la legislazione e dall'ordine del giorno 9/3-bis-B/4 i rappresentanti del Governo, nella persona del sottosegretario Ivan Scalfarotto e del Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, hanno sostenuto la tesi della così detta lex imperfecta;
   più nello specifico il sottosegretario Scalfarotto intervenendo in sede di Comitato per la legislazione ha dichiarato «Premette che la disposizione è frutto di un emendamento di proposta parlamentare approvato nel corso dell'esame al Senato, sul quale – dopo varie vicende – il Governo si era rimesso all'Assemblea. Osserva che la collocazione sistematica della disposizione, nel corpo dell'articolo 14 relativo al deposito del contrassegno e alla sua riconoscibilità e non confondibilità, permette di ritenerlo un onere, piuttosto che un vero e proprio obbligo, finalizzato a concorrere alla protezione del partito e dell'elettore sotto il profilo della riconoscibilità e non confondibilità della lista. Rafforza infatti tale lettura, oltre al criterio della sedes materiae, anche il confronto con le prescrizioni relative al deposito dei contrassegni, rispetto alle quali emerge sia la mancata previsione di conseguenze o sanzioni (che caratterizza la disposizione quale l’ex imperfecta, recante cioè un principio la cui inottemperanza non è sanzionata), sia la correlativa assenza di disposizioni in tema di sanatorio o tardiva integrazione in caso di mancato deposito, che in tale quadro risulterebbero ridondanti stante, appunto, la mancanza di sanzioni»;
   il Ministro Maria Elena Boschi, intervenendo nella seduta della Camera dei deputati del 4 maggio 2015, ha dichiarato «Questo è un tema di cui abbiamo a lungo discusso anche durante l'esame in Commissione di questo testo di legge, perché durante l'esame al Senato è stato inserito, con un emendamento parlamentare, l'obbligo di presentazione e di deposito degli statuti per i partiti politici che intendano partecipare alle elezioni politiche. Vale la pena ricordare che si è trattato di un emendamento parlamentare che è stato approvato sostanzialmente all'unanimità (c’è stato un solo astenuto al Senato): tutti i gruppi parlamentari presenti al Senato hanno dato il proprio assenso a questo emendamento. Ovviamente, il tema che si pone è come questo emendamento, all'articolo 14 del Testo unico in materia elettorale, si coordini con le norme che riguardano invece il deposito del simbolo e del contrassegno. Ovviamente l'intento di questo emendamento parlamentare è stato quello di evitare possibili confusioni al momento della presentazione del simbolo e del contrassegno tra i vari partiti che partecipano alla competizione elezione, attraverso il deposito dello statuto e viene richiamato il decreto-legge n. 149 del 2013, che, intervenendo in tema di finanziamento pubblico ai partiti, ha disciplinato anche la parte relativa agli statuti dei partiti e al contenuto, l'oggetto, degli statuti dei partiti, ma al solo fine di accedere o meno ad una forma limitata di contribuzione pubblica. In questo caso, il tema che viene posto dall'ordine del giorno è la chiarezza circa le conseguenze in caso di tardivo deposito, mancato deposito dello statuto o laddove possano esserci reclami e ricorsi, per capire quale sia il procedimento amministrativo e quali siano i soggetti legittimati eventualmente a pronunciarsi in merito. Ora, quello che emerge – e il Governo ha avuto modo di chiarirlo anche intervenendo sul punto al Comitato per la legislazione, quando se ne è discusso, e anche in Commissione, qui, in questa Camera - è che la norma che è stata introdotta da un emendamento parlamentare, rispetto al quale, peraltro, il Governo si è rimesso all'Assemblea nell'esame al Senato, è una lex imperfecta. Sostanzialmente viene introdotta una norma che rappresenta un onere Per i partiti, viene introdotto un principio per i partiti che, laddove dovesse essere disatteso, non ha però alcuna sanzione, alcuna conseguenza pratica. Si dubita, infatti, che non possa essere accolto un deposito tardivo o che possano essere presentati ricorsi o, addirittura, essere annullate le candidature e le liste nel caso in cui non venga depositato regolarmente lo statuto come previsto dalla norma. Questo perché l'articolo 14 nel prevedere invece sia un giudizio da parte degli organi amministrativi sia un iter per eventuali procedimenti da parte dei partiti politici ricorrenti in tema di simbolo e contrassegno, prevedendo quindi anche specifiche sanzioni, è una norma che limita comunque i diritti e, pertanto, non può che essere interpretata in senso restrittivo, non può quindi esserci un'interpretazione per analogia o di carattere estensivo di quanto previsto per i simboli e i contrassegni;
   il Ministro Boschi usa il verbo dubitare nel sostenere che la norma in questione non possa comportare alcuna sanzione in caso di mancato o errato adempimento e meno che mai l'esclusione dalla partecipazione alle elezioni politiche, lasciando dunque un margine, seppure, ristretto ad interpretazioni differenti;
   si ritiene nella la normativa propedeutica alla partecipazione alle elezioni politiche le disposizioni debbono essere chiare e si deve ridurre lo spazio ad interpretazioni delle stesse –:
   se il Ministro interrogato intenda chiarire se la disposizione recata dalla lettera b) del comma 7 dell'articolo 2 della legge 52 del 2015, rappresenti una lex imperfecta, nel senso che la norma non comporti sanzioni in caso di mancato o errato adempimento, e se il Governo non ritenga di assumere ulteriori iniziative al fine di chiarire la portata e l'applicazione della norma in questione. (4-09607)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Moglia è stato quello più colpito in provincia di Mantova dal terribile terremoto del 20 e 29 maggio 2012;
   sono stati ingenti i danni patiti dalle strutture pubbliche (scuole, municipio, chiese) e dalle abitazioni ed imprese;
   con grande difficoltà, anche in ragione dei non sempre puntuali interventi dello Stato e della regione Lombardia, il territorio mogliese sta tornando a quella normalità conosciuta sino al maggio 2012;
   è di queste settimane la notizia ufficiale che a Moglia si vorrebbe realizzare un impianto di trattamento di rifiuti liquidi speciali pericolosi e non pericolosi, con annessa attività di recupero di rifiuti solidi non pericolosi;
   la criticità, tra le altre, più rilevante è rappresentata dall'ubicazione dell'impianto, il quale, ancorché individuato in zona artigianale ed industriale, è prossimo alla nuova scuola, realizzata dopo il terremoto del maggio 2012, agli impianti sportivi e ad un numero significativo di abitazioni civili;
   su questa proposta di insediamento si sono, espresse negativamente l'amministrazione comunale di Moglia e la commissione ambiente del Consorzio Oltrepò Mantovano. Al contrario, la regione Lombardia ha espresso parere favorevole;
   contro la realizzazione di questo impianto si sta mobilitando tutta la comunità mogliese attraverso incontri pubblici e raccolta di firme;
   oltre ai possibili problemi che tale impianto potrebbe creare all'ambiente ed alla tutela della salute pubblica, non può essere trascurato il fatto che Moglia deve essere considerato un paese a rischio sismico –:
   se sia stato o si intenda interpellare l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia per verificare la compatibilità tra l'insediamento di un simile impianto e la documentazione attestante il grado di sismicità del territorio mogliese. (5-05895)


   BLAZINA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 febbraio 2001 n. 38 del 2001 ha previsto all'articolo 13 la creazione presso l'ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia di un apposito ufficio per le scuole con lingua di insegnamento slovena con la relativa copertura finanziaria;
   con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 ottobre 2011 è stata autorizzata l'indizione di appositi concorsi per l'assunzione di e dirigenziale e amministrativo, addetto a tale ufficio;
   nel corso del 2013 sono stati espletati i concorsi e nel mese di dicembre i vincitori hanno assunto regolare servizio presso l'ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia;
   l'articolo 7 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, prevede otto distacchi del personale scolastico delle scuole con lingua di insegnamento slovena presso gli uffici dell'amministrazione scolastica di Trieste e Gorizia. Tali distacchi sono stati annualmente rinnovati ed hanno garantito in tutti questi anni un supporto sostanziale alle scuole slovene;
   la legge n. 38 del 2001 non dispone in alcuna parte la soppressione della norma sopracitata;
   per questo motivo risulta incomprensibile la decisione del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di non rinnovare i distacchi per l'anno scolastico in corso, il che sta comportando grande disagio al funzionamento dell'amministrazione scolastica, in particolare nella provincia di Gorizia;
   ad oggi risulta ancora senza risposta il quesito posto dal capo dipartimento per l'istruzione all'Avvocatura generale dello Stato rispetto ai dubbi sorti sulla corretta interpretazione della norma, quesito con il quale si chiedeva un parere in merito;
   le decisioni assunte dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno provocato molta apprensione e malcontento nella minoranza linguistica slovena, che si è manifestata recentemente anche in incontri istituzionali;
   è opinione comune, condivisa anche dal comitato istituzionale paritetico per la minoranza slovena, che il mancato rinnovo dei distacchi ovvero la soppressione del precedente organico costituisca un livello di protezione dei diritti della minoranza slovena inferiore a quello già in godimento in base a precedenti disposizioni, il che è espressamente vietato dall'articolo 28 della legge 38 del 2001;
   l'attuale situazione di incertezza sta penalizzando fortemente il funzionamento delle scuole con lingua slovena, in particolare sul versante della didattica e della sperimentazione –:
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di ripristinare quanto prima il rispetto dell'articolo 7 della legge 22 dicembre 1973, n. 932, garantendo in questo modo il buon funzionamento delle scuole slovene. (5-05902)


   CHIMIENTI, DI VITA, BUSINAROLO, LUPO, SILVIA GIORDANO, DI BENEDETTO, MARZANA, LUIGI GALLO, BRESCIA, D'UVA, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 17 giugno 2015 Anna Maria Altieri, dirigente scolastico dell'istituto comprensivo «Via A.P. Micheli» di Roma, ha diramato la circolare n. 289 destinata a tutti i genitori degli alunni iscritti presso l'istituto scolastico da lei diretto;
   la circolare è stata, emessa per sopperire, come dichiarato dalla stessa dirigente nella circolare de quo, ad un presunto silenzio della maggior parte degli organi di stampa circa l'imminente introduzione nelle scuole di ogni ordine e grado dell'educazione alla parità di genere;
   secondo quanto sostenuto dalla dirigente Anna Maria Altieri, a partire da settembre 2015, in caso di approvazione della «legge sulla scuola», attualmente in discussione al Senato, si assisterebbe all'introduzione dell'insegnamento della parità di genere secondo quanto stabilito da «un emendamento gender votato a maggioranza» al disegno di legge di riforma della scuola;
   nella suddetta circolare diramata dalla dirigente dell'istituto comprensivo «Via Micheli» di Roma viene fornita una definizione dei principi che animerebbero la teoria gender, secondo cui «il genere maschile e femminile sono imposizioni culturali della società che non riguardano la natura umana e per cui ogni individuo nascerebbe neutro rispetto all'identità di genere, che sceglierà da sé»;
   nella circolare in questione la dirigente Anna Maria Alfieri deduce che dall'introduzione dell'insegnamento della parità di genere deriverebbe «l'eliminazione della complementarietà maschile e femminile, modificando le leggi sulla famiglia e intervenendo sull'educazione dei bambini nelle scuole»;
   la dirigente cita poi uno stralcio decontestualizzato e contenuto nelle linee guida dell'Organizzazione mondiale della sanità per l'educazione sessuale nelle scuole, riportando una serie di suddivisioni per fasce d'età:
    «dagli 0 ai 4 anni la masturbazione infantile precoce;
    dai 4 ai 6 anni, masturbazione, significato della sessualità, il mio corpo mi appartiene. Amore tra persone dello stesso sesso, scoperta del proprio corpo e dei propri genitali;
    dai 6 ai 9 anni, masturbazione, autostimolazione, relazione sessuale, amore verso il proprio sesso, metodi contraccettivi;
    dai 9 ai 12 anni, masturbazione, eiaculazione, uso di preservativi. La prima esperienza sessuale. Come fare l'amore con il partner dello stesso sesso;
    dai 12 ai 15 anni, riconoscere i segni della gravidanza, procurarsi contraccettivi dal personale sanitario, fare coming out;
    a partire dai 15 anni, diritto all'aborto, pornografia, omosessualità, bisessualità, asessualità»;
   tale suddivisione è stata tratta dal documento dell'Organizzazione mondiale della sanità intitolato «Standard per l'educazione sessuale in Europa» ed emanato nel 2010 dal Centro federale per l'educazione alla salute a Colonia che, oltre ad essere stato redatto da specialisti del settore, contiene unicamente un quadro di riferimento della disciplina in questione e non ha alcun valore vincolante per i singoli Stati a cui è rivolto, né risulta in alcun modo collegabile al contenuto dell'emendamento a prima firma Martelli approvato durante la discussione alla Camera del disegno di legge di riforma della scuola;
   oltre a contenere una serie di punti di vista personali e non oggettivi, il contenuto della circolare de quo risulta ad avviso degli interroganti non confermato dai fatti;
   tutte le ulteriori considerazioni contenute nella circolare e riferite alla cosiddetta «teoria gender», quali «l'eliminazione della complementarietà maschile e femminile», la modifica delle «leggi sulla famiglia» o l'attuazione degli «Standard per l'educazione sessuale in Europa» emanati dall'Organizzazione mondiale della sanità risultano non essere oggetto di alcun provvedimento normativo attualmente all'esame del Parlamento e dunque appaiono mere congetture della dirigente scolastica;
   in data 18 giugno 2015, la deputata del gruppo M5S Carla Ruocco riportava direttamente la testimonianza di alcuni genitori della scuola «Via A.P. Micheli», fortemente allarmati per il contenuto della circolare in questione;
   l'episodio della scuola «Via A.P. Micheli» si iscrive in un più ampio contesto di «allarmismo e terrorismo psicologico» diffuso attraverso la proliferazione di messaggi a catena sui social network e via Whatsapp in tutto il territorio nazionale, come riportato in data 17 giugno da Il Fatto Quotidiano.it;
   la circolare de quo, ad avviso degli interroganti, oltre ad aver interpretato in maniera fuorviante il testo di legge di riforma della scuola, aver fatto proprio l'esatto contenuto di un volantino diffuso capillarmente su tutto il territorio nazionale dal comitato «Difendiamo i nostri figli» e ad aver impropriamente fatto riferimento al documento dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha arrecato un grave danno alle famiglie dei ragazzi iscritti nella scuola in questione, allarmandoli in maniera ingiustificata;
   l'articolo 494 del decreto legislativo n. 297 del 1994 denominato «Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione», punisce con la sospensione dall'insegnamento o dall'ufficio tutti gli atti «non conformi alle responsabilità, ai doveri e alla correttezza inerenti alle funzioni» di dirigenti e docenti;
   la pubblicizzazione in calce alla circolare del sito «difendiamoinostrifigli.it», che ha promosso diverse manifestazioni contro la cosiddetta teoria gender nelle scuole e il family day del 20 giugno a Roma, oltre alle altre affermazioni secondo gli interroganti destituite di fondamento, costituisce sempre a giudizio degli interroganti una chiara violazione dell'obbligo di cui all'articolo 97 della Costituzione –:
   quali iniziative disciplinari si intendano adottare nei confronti della dirigente scolastica che ha emesso la circolare di cui in premessa e se si intenda richiederne l'immediato ritiro e una smentita in merito ai contenuti;
   come intenda verificare, attraverso l'azione di ispettori ministeriali, se sussistano casi analoghi a quello citato in premessa sul resto del territorio nazionale. (5-05903)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della crisi economica e per rispondere adeguatamente a nuove esigenze normative (in particolare, nel comparto edilizio e dei trasporti), diversi artigiani della provincia di Lucca si sono aggregati, nel tempo, dando vita a cooperative; il mondo delle cooperative artigiane lucchesi conta circa 150 aziende per un totale di 1500 addetti;
   dal 2014 la sede provinciale dell'Inps di Lucca ha iniziato a respingere le domande di iscrizione (presentate a partire dal 1o gennaio 2014) di soci lavoratori delle cooperative artigiane alla gestione speciale dei lavoratori autonomi artigiani; in seguito la stessa sede Inps ha inviato comunicazioni di cancellazione dei soci delle cooperative dalla gestione speciale degli artigiani;
   l'ufficio Inps motivava la decisione argomentando che nelle modalità di esercizio dell'attività prestata dal socio della cooperativa non si ravviserebbero le caratteristiche tipiche dell'impresa artigiana e gli elementi tipici del rapporto di lavoro autonomo; lo stesso ufficio riteneva tale orientamento coerente con «il regime fiscale riservato ai redditi dichiarati dai soci di cooperativa, trattati, per l'appunto, come redditi di lavoro dipendente»;
   conseguentemente, secondo l'Inps dovrebbero essere estese ai soci di cooperative le regole previdenziali definite per il lavoro subordinato, ponendo l'obbligo contributivo a carico della cooperativa anche nel caso i soci siano iscritto all'albo delle imprese artigiane; a giustificazione di tale scelta l'ufficio lucchese citava tra l'altro un regio decreto del 1924;
   dopo mesi in cui l'Inps di Lucca non aveva proceduto all'iscrizione alla previdenza artigiana di soci di cooperative e a seguito dell'annuncio della necessità di procedere all'iscrizione di quegli stessi soci alla gestione dipendenti, l'ufficio artigianato della locale camera di commercio, che riteneva quanto accaduto in contrasto con la normativa, aveva richiesto un parere in merito alla vicenda rivolgendosi alla Commissione regionale per l'artigianato della Toscana; tale organismo aveva rivolto il quesito alla direzione regionale dell'Inps; il 28 maggio 2014 la risposta dell'Inps regionale indicava come corretto il comportamento dell'ufficio dell'Inps di Lucca, che a sua volta inviava alla camera di commercio locale un elenco di 114 cooperative per le quali era stata negata l'iscrizione alla gestione artigiana, affinché si avviasse l'accertamento dei requisiti artigiani previsti per legge;
   alla fine del 2014 è stata promossa un'azione legale per conto di una ventina di cooperative contro le scelte operate dall'Inps di Lucca, che metterebbero a rischio, secondo i ricorrenti, il posto di lavoro di più di 1000 persone causando la chiusura delle cooperative coinvolte a seguito del forte appesantimento dell'ammontare dei contributi da versare in un momento già difficile a seguito della avversa congiuntura economica;
   all'operato dell'ufficio dell'Inps di Lucca viene contestato dalle cooperative coinvolte facendo riferimento:
    alla legge 142 del 2001 (il cui dettato normativo stabilisce l'obbligatorietà del regolamento interno alla cooperativa, che determina a sua volta criteri e regole del rapporto di lavoro tra società e soci lavoratori);
    al riconoscimento della Corte di Cassazione, che in una sentenza ha stabilito che alle cooperative di lavoro artigiano non si applica la disciplina contributiva dei lavoratori dipendenti ma quella degli imprenditori artigiani che prevede l'iscrizione dei singoli soci alla particolare gestione prevista per questi lavoratori;
    al pronunciamento della Commissione regionale per l'artigianato della Toscana, che ha deliberato che in una cooperativa artigiana la definizione dei rapporti dipende dalla scelta dei soci, prima per categoria di appartenenza poi per tipologia di rapporto mutualisti o e lavorativo adottato;
    alle indicazioni della stessa Commissione regionale che, nella deliberazione 88 del 7 luglio 2005, riferendosi alle legge n. 142 desume che se una cooperativa intende iscriversi all'albo delle imprese artigiane, i soci proprio in quanto coimprenditori, dovranno essere iscritti ai ruoli previdenziali IVS artigiani;
    alla legge regionale n. 53 del 2008 che prevede che l'impresa artigiana può essere esercitata oltre che individualmente anche in forma collettiva (attraverso società anche cooperative, ma escludendo ad esempio le società per azioni);
   negli ultimi mesi la direzione provinciale del lavoro ha avviato controlli tra le imprese artigiane, arrivando a comminare sanzioni elevate cui difficilmente i soci potranno far fronte;
   in ragione della difformità di valutazione e di comportamento delle diverse direzioni dell'Inps e dei relativi uffici, alcune imprese cooperative della provincia di Lucca hanno scelto di iscriversi alla gestione previdenziale in province limitrofe;
   in generale, il quadro normativo risulta non chiaro e tale situazione continua a mettere in grave difficoltà le imprese interessate –:
   quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per definire un quadro normativo chiaro e univoco, in base al quale le imprese possano gestire i rapporti di lavoro, tutelando allo stesso tempo l'occupazione e salvaguardando un tessuto produttivo che rappresenta un patrimonio di competenze per il territorio lucchese e la sua storia. (5-05896)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOFALO e SIBILIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il comportamento del Governo in merito al caso BTP-TECNO precedentemente stabilimento Alcatel, considerata anche la mancata risposta all'interrogazione n. 4-06737, ad avviso degli interroganti lascia intendere che esso non abbia particolare interesse a tutelare il know-how locale e italiano o a risolvere i problemi di carattere lavorativo;
   i recenti sviluppi sono pubblicati da articolo di stampa: «Lo scorso 11 giugno, il giudice delegato ha accolto l'istanza di fallimento presentata dal liquidatore. Naufragata ogni trattativa con la QSE azienda libica che pareva interessata all'acquisto.» Ora toccherà ai curatori fallimentari l'arduo compito di guidare le quattro società fra cui la BTP-TECNO di Battipaglia verso la chiusura –:
   con quali iniziative i Ministri intendano tutelare le aspettative e gli affidamenti dei lavoratori, già traditi dalla fallimentare trattativa con la BTP-TECNO e QSE, affinché questa azienda non venga semplicemente portata a chiusura tramite i curatori fallimentari. (4-09605)


   CARNEVALI e MISIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'INPS, quale ente pubblico, è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   la governance dell'istituto, oltre che dal presidente, è assicurata dai diversi organi con responsabilità inerenti sia a compito di fissare gli obiettivi strategici e di approvare i bilanci, sia a quello di esercitare un controllo continuativo sulla gestione dell'istituto;
   i comitati regionali e provinciali hanno il compito di stabilire regole, decidere sui ricorsi e formulare proposte normative in materia di prestazioni e contributi;
   l'INPS non dichiara profitti e si fonda su un patto di solidarietà fra generazioni, per cui la finalità solidaristica e l'assenza di lucro non lo configurano come impresa;
   l'INPS ha 700 sedi proprie e 25.440 tra palazzi, appartamenti e negozi destinati alla vendita o alla locazione e, secondo il rapporto consegnato al Parlamento nel novembre 2013 dal direttore generale Nori, si tratta di 15.100 unità ex Inpdap, 9.500 ex Inpdai, 750 dell'Inps, 90 ex Ipost;
   il patrimonio è stato valutato complessivamente 3,2 miliardi di euro: 800 milioni sono il valore di 700 sedi proprie, i restanti 2,4 miliardi invece quello di 25.440 unità immobiliari (palazzi, appartamenti, negozi) destinate alla vendita o alla locazione;
   nonostante l'enorme valore del patrimonio immobiliare gli affitti non coprono le spese di gestione per cui, secondo alcune stime, l'INPS ha accumulato tra 2008 e 2013 una perdita di 655 milioni di euro;
   la legge 410 del 2001, di conversione del decreto legge 351 del 2001, ha avviato il processo di privatizzazione e di valorizzazione degli immobili di proprietà delle pubbliche amministrazioni, modificando le disposizioni precedenti in materia di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico (decreto legislativo n. 104 del 1996 e circolari attuative, legge n. 140 del 1997 e relativi decreti interministeriali);
   secondo la prima operazione di cartolarizzazione affidata alla SCIP S.r.l la maggior parte del patrimonio immobiliare è stata venduta agli inquilini, ai sensi dell'articolo 3 della legge n. 410 del 2001 e le unità libere, quelle inoptate e le nude proprietà sono state poste in vendita al miglior offerente tramite le aste;
   con la seconda operazione di cartolarizzazione, effettuata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 novembre 2002, pubblicato sul supplemento ordinario della Gazzetta ufficiale n. 279 del 28 novembre 2002, sono stati trasferiti alla SCIP S.r.l. gli immobili già appartenenti al patrimonio degli Enti previdenziali;
   sulla base del contratto di gestione sottoscritto con la SCIP S.r.l., l'INPS ha assunto il compito di gestire gli immobili trasferiti attraverso l'adempimento di una serie di attività necessarie alla vendita degli immobili cartolarizzati;
   gli immobili cartolarizzati già INPS e quelli già INPDAI sono stati individuati con diversi decreti dell'Agenzia del demanio;
   sul territorio di Bergamo l'INPS, divisione patrimonio regionale di Milano, ha destinato sia alla locazione sia alla vendita diversi immobili, tra cui alcuni destinati alla civile abitazione e altri, come l'area tra i palazzi di via Borfuro e via Sant'Orsola, in pieno centro a Bergamo, destinata a parcheggio;
   secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, la gestione delle proprietà immobiliari dell'INPS sul territorio di Bergamo – appartamenti, box, uffici, negozi – presenterebbe diversi profili di criticità sia sotto il profilo delle procedure adottate per la gestione o l'assegnazione, sia sotto quello della redditività delle proprietà stesse, in quanto i canoni d'affitto per le locazioni e i valori per la dismissione risultano al di sotto dei valori di mercato;
   sono in essere diverse cause in sede civile intentate a vario titolo dai condomini nei confronti dell'INPS;
   anche le organizzazioni sindacali hanno denunciato una gestione contabile approssimativa e poco trasparente del patrimonio immobiliare INPS, definendo non congrui i criteri adottati dall'INPS rispetto alle finalità dell'ente e della stessa normativa vigente, sia per l'assegnazione in locazione sia per le vendite del patrimonio immobiliare;
   è opportuno che i dirigenti dell'INPS adottino, rispetto alle legittime richieste di chiarimenti, un comportamento coerente rispetto alla normativa in materia di trasparenza degli enti pubblici –:
   quali iniziative il Governo intenda mettere in atto al fine di evitare le criticità emerse a più riprese nella gestione del patrimonio immobiliare dell'INPS, con particolare riferimento alle proprietà site nel territorio di Bergamo, tenendo presente che una peculiarità di un ente pubblico deve essere quella della massima trasparenza dei criteri adottati, dell'efficienza delle procedure e di una governance non solo capace di fissare gli obiettivi strategici e di approvare i bilanci, ma anche di esercitare un responsabile controllo sulla gestione. (4-09608)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MURA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo un rapporto dell'ISTAT, nel 2014 il valore aggiunto dell'agricoltura ammonta a 31,5 miliardi di euro, pari al 2,2 per cento del prodotto interno lordo nominale. Rispetto al 2013, si registra una forte flessione, pari al 6,6 per cento in termini nominali, mentre il calo a prezzi costanti è del 2,2 per cento;
   l'agricoltura ha registrato difficoltà anche dal lato dei prezzi dei prodotti venduti: il deflatore dell’output ha subito una caduta del 3,6 per cento a cui ha corrisposto;
   per quanto riguarda la somma del settore agricolo con quello dell'industria alimentare, il cosiddetto comparto agroalimentare, rappresenta il 4 per cento del valore aggiunto italiano e il 6 per cento della produzione totale;
   malgrado le difficoltà, in termini occupazionali nel 2014 l'agricoltura ha segnato un risultato positivo, con un incremento delle unità di lavoro dell'1,4 per cento più pronunciato per i dipendenti (+1,9 per cento) rispetto a quanto registrato per gli indipendenti (+1,1 per cento). Risultati positivi anche per l'industria alimentare, dove l'incremento delle unità di lavoro è pari allo 0,9 per cento;
   a livello territoriale, la produzione in agricoltura cresce solo nel Nord-est (+2,2 per cento), mentre le diminuzioni più marcate si registrano al Sud (-6,5 per cento) e nelle Isole (-3,9 per cento);
   i fattori climatici hanno inciso negativamente sull'andamento dell'annata agraria, contribuendo alle forti cadute della produzione registrate per le produzioni vitivinicole (-12,5 per cento) e oleicole (-34,4 per cento);
   questi fattori hanno penalizzato maggiormente i territori montani e le aree territoriali svantaggiate e disagiate, dove l'agricoltura è spesso la principale e sola fonte di reddito per molti imprenditori e lavoratori della terra;
   è urgente la necessità di affrontare il problema dell'agricoltura in Italia al fine di garantirle un futuro di stabile sviluppo, malgrado le limitate possibilità di intervento delle autorità nazionali a fronte delle decisioni che oggi sono in capo alle istituzioni comunitarie;
   l'Italia ha una vocazione agricola e il quadro in cui questa vocazione naturale può realizzarsi in tutte le sue potenzialità è costituito da una coerente politica agricola europea, che consenta alle varie regioni di sviluppare i settori in cui più sono favorite –:
   se non ritengano opportuno, vista la difficoltà del settore ma anche le grandi potenzialità che esso presenta per il futuro dell'economia italiana, assumere iniziative per eliminare definitivamente l'Imu agricola sui terreni montani e delle aree territoriali svantaggiate e disagiate, in quanto tali equiparabili alle zone montane;
   se non ritengano necessario promuovere politiche che incentivino la coltivazione dei terreni incolti attraverso misure che possano salvare i campi dall'abbandono, contrastare la disoccupazione giovanile e favorire il ricambio generazionale nella gestione agricola;
   se non ritengano urgente adottare iniziative per il ripopolamento degli ambiti rurali, incentrate sulla sostenibilità e sulla consapevolezza che i territori devono riuscire a svilupparsi per potersi definire come veri e propri sistemi locali, organizzati attraverso una rete attiva di persone e territori;
   quali iniziative intendono vogliano adottare per garantire procedure in grado di velocizzare l'impiego delle risorse dei programmi di sviluppo rurale, finanziati con fondi dell'Unione europea, che appaiono appesantiti dalla burocrazia degli organismi pagatori, cosa che rischia di aggravare la situazione di un comparto strategicamente importante per lo sviluppo economico e sociale dell'Italia;
   quali azioni intenda intraprendere per rafforzare le politiche di valorizzazione dei prodotti agricoli made in Italy visto che la contraffazione e la pirateria agroalimentare internazionale riducono in maniera decisiva il fatturato dell'industria alimentare italiana, soprattutto dell’export, e valgono insieme circa 60 miliardi di euro, tre volte quello dell’export dell'industria alimentare. (5-05900)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in questa fase di chiusura del programma di sviluppo rurale 2007-13 della regione Sardegna, è necessario che gli organi nazionali e regionali deputati assumano la responsabilità della situazione e agiscano con immediatezza per scongiurare i pericoli che si delineano per i territori, in modo da non compromettere ulteriormente la salute delle poche imprese funzionanti, e la situazione economica dei singoli cittadini che hanno ricevuto dei finanziamenti;
   l'attuazione del programma incontra troppe incertezze: i tempi differenziati per la rendicontazione delle risorse, l'incongruenza tra le previsioni dei programmi di sviluppo rurale approvati e i regolamenti comunitari circa l'ammissibilità delle spese e la mancanza di precise disposizioni in merito;
   in Sardegna si segnala ancora una volta come il maggior limite all'accelerazione della spendita delle risorse attribuite ai gruppi di azione locale (GAL) siano di natura finanziaria e in particolare, relative ai tempi e alle modalità seguite dall'organismo pagatore (per la Sardegna l'organismo pagatore nazionale, AGEA) per l'erogazione delle risorse ai soggetti beneficiari;
   le problematiche di natura finanziaria e contabile incidono negativamente sull'attuazione del programma;
   relativamente agli interventi in capo ai gruppi di azione locale in Sardegna, la necessità di farsi carico contemporaneamente delle spese di gestione, delle spese per l'attuazione delle azioni di sistema e per i progetti di cooperazione, con le relative anticipazioni, ma anche i vincoli indotti dal numero delle domande di pagamento che è possibile presentare (massimo 2, ad esempio, per la misura 431) e dai tempi di istruttoria di Argea limitano fortemente la capacità di spesa, con il rischio di causare delle difficoltà ancora più serie prima della chiusura del periodo di programmazione, e di pregiudicare l'immagine dei gruppi di azione locale sul territorio per tutto il prossimo ciclo di programmazione;
   relativamente agli interventi a regia dei gruppi di azione locale, i beneficiari lamentano non solo le difficoltà a ottenere credito, che hanno fatto in molti casi slittare i termini di avvio degli interventi in ragione dei tempi di istruttoria bancaria, ma anche i ritardi nei pagamenti delle anticipazioni e degli stati di avanzamento lavori: la disponibilità delle risorse è elemento imprescindibile per il completamento degli interventi, specie nel caso delle anticipazioni, che vengono generalmente richieste per fare fronte a una impossibilità del beneficiario di anticipare tutte le risorse necessarie;
   in molti casi i pagamenti sono avvenuti, e avvengono, con ritardi fino a 6 mesi: ciò significa, stanti i tempi concessi ai beneficiari per il completamento e la rendicontazione degli interventi (in genere, 12 mesi) metterli nella impossibilità di rispettare le scadenze imposte e di completare gli interventi;
   il mancato rispetto delle scadenze, a sua volta, può condurre, in alcuni casi, alla revoca del finanziamento, lasciando in capo al beneficiario l'intero costo dell'intervento: lungi dal determinare un processo virtuoso di crescita del territorio, in questo caso l'inefficienza nell'attuazione delle politiche di sviluppo rurale rischia di acutizzare una crisi senza precedenti. Molti degli interventi per i quali sono stati concessi i finanziamenti non sarebbero stati realizzati in assenza del contributo pubblico, per cui, per i beneficiari, farsi carico dell'intero ammontare dei costi potrebbe essere insostenibile, con rischi di contraccolpi finanziari consistenti, e fallimenti a catena delle imprese del territorio –:
   se sia a conoscenza di questa situazione;
   quali iniziative intenda adottare per scongiurare i pericoli che si delineano per i territori, in modo da non compromettere ulteriormente la salute delle poche imprese funzionanti e la situazione economica dei singoli cittadini che hanno ricevuto dei finanziamenti;
   quale iniziative intenda adottare per evitare le incertezze che caratterizzano l'attuazione del programma di sviluppo rurale (i ritardi dell'organismo pagatore, i tempi differenziati per la rendicontazione delle risorse, l'incongruenza tra le previsioni dei programmi di sviluppo rurale approvati e i regolamenti comunitari circa l'ammissibilità delle spese e la mancanza di precise disposizioni in merito) che non solo costringono le strutture tecniche dei gruppi di azione locale a un surplus di lavoro ma non consentono ai beneficiari di programmare efficacemente l'attuazione degli interventi. (4-09601)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   pochi giorni fa, al termine di un convegno della SIP, la Società italiana di psichiatria, per iniziativa di alcuni psichiatri si è costituito l’Italian Board for Information and Study of Adult Adhd, che nei desideri dei promotori dovrebbe facilitare la presa in carico di adulti che presentano una sindrome di iperattività e che finora non hanno ricevuto una diagnosi precisa;
   tra i sintomi si citano: ansia da prestazione professionale, ansia da pressione sociale e familiare, scarsa autostima, paura di non essere all'altezza della situazione, problemi di concentrazione, facilità a distrarsi, sbadataggine, sarebbero segni di una malattia non curata, perché non correttamente diagnosticata, e secondo i promotori dell’Italian Board for Information and Study of Adult Adhd creerebbero rischio di incidenti, di reati, boom di divorzi e facile ricorso all'uso di droghe, e perfino tendenze al suicidio;
   l'epidemiologia prevista per questa sindrome includerebbe dal 3 al 4,5 per cento degli italiani, ossia circa 2 milioni di adulti. Vi sono segni di disagio psicologico che vanno presi seriamente in considerazione, ma l'iperattività come la disattenzione sono sintomi aspecifici presenti in oltre 300 patologie mediche e non sono sufficienti per definire un nuovo quadro patologico a cui destinare farmaci specifici;
   in America discutono da tempo di disease mongering, la creazione a tavolino di nuove malattie con l'obiettivo di vendere più farmaci, secondo una logica di bulimia diagnostica dagli evidenti riflessi economici;
   l'iperattività e il deficit di attenzione sono un mercato potenzialmente molto interessante per le multinazionali del farmaco, che fatturano miliardi di dollari l'anno vendendo farmaci psicoattivi che in realtà si limitano a sedare i sintomi;
   in definitiva, si prova ad applicare agli adulti ciò che in Italia non è riuscito con i bambini affetti da sindrome da iperattività e deficit di attenzione (ADHD) per cui ripetutamente è stato proposto il Ritalin, i cui effetti negativi sono ben noti in Italia come negli Stati Uniti –:
   cosa si intenda fare per affrontare le problematiche del disagio psicologico dell'adulto evitando il dilagare di interventi privi di quel supporto che l'EBW (evidence board medicine) offre a studi seriamente orientati a cogliere l'eziologia delle malattie, evitando la medicalizzazione di quelle sindromi che hanno ben diversa origine sul piano psicologico ed antropologico.
(3-01574)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'inizio della stagione balneare si ripresenta, su quasi tutte le spiagge d'Italia, il fenomeno non solo della vendita abusiva di qualsivoglia tipo di merci contraffatta da parte di venditori extracomunitari ma anche quello della pratica di massaggi;
   quest'ultima pratica esercitate da stranieri privi di qualsivoglia competenza in materia risulterebbe potenzialmente pericolosa per la salute pubblica;
   secondo quanto affermato da medici e fisioterapisti, un massaggio praticato in assenza di apposite norme igieniche e di altrettanto basilari cognizioni mediche può, infatti, comportare gravi danni fisici, con conseguenti oneri sul servizio sanitario nazionale per la successiva cura e riabilitazione dei pazienti;
   a tal fine, a partire dal 2008 e sino al 2011 il Ministero della salute aveva emanato ordinanze urgenti per la «Tutela dell'incolumità» pubblica dal rischio derivante dall'esecuzione di massaggi lungo i litorali. Lo riferisce in una nota il Ministero della salute;
   l'ultima in ordine di tempo risale al 13 luglio 2011 ed ha esplicato la sua efficacia sino alla chiusura della stagione balneare, prevedendo il divieto di offrire a qualsiasi titolo prestazioni riconducibili a massaggi estetici o terapeutici da parte di soggetti ambulanti al fine di salvaguardare la salute dei cittadini dai rischi derivanti da prestazioni effettuate in luogo non autorizzato da soggetti che non sono in possesso di comprovata preparazione e competenza;
   il dovere di dare applicazione e far rispettare l'ordinanza competeva ai sindaci dei comuni dei litorali italiani in collaborazione con i gestori degli stabilimenti balneari, i quali erano tenuti a segnalare alle competenti autorità ogni violazione di quanto in essa disposto;
   in tal modo, il Ministero della salute dava un importante segnale di attenzione in relazione alla salute delle persone. L'allora sottosegretario alla salute aveva, infatti, avuto modo di sottolineare: «I pericoli derivanti dai massaggi effettuati da ambulanti senza preparazione né parametri igienico-sanitari al costo pochi euro possono essere molto seri e sono spesso sottovalutati dai cittadini. L'assenza di una specifica igiene delle mani può infatti favorire la trasmissione di infezioni e l'utilizzo di creme o unguenti inadeguati può scatenare reazioni allergiche e di fotosensibilizzazione della pelle. Inoltre le persone affette da patologie dell'apparato vasculo-linfatico e osteoarticolare se sottoposte a massaggi da persone incompetenti possono andare incontro a complicanze anche gravi» –:
   quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di arginare ed eradicare il fenomeno descritto in premessa, nel rispetto della tutela, della salute dei cittadini, ma anche al fine di permettere alle forze dell'ordine cui pervengono le denunce di esercizio abusivo di attivarsi per assumere le iniziative di competenza nei confronti di chi contravviene alle norme in vigore nel nostro ordinamento. (4-09596)


   FEDRIGA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il disturbo di identità di genere e transessualismo sono i vocaboli usati per descrivere la condizione di un soggetto che desidera vivere ed essere accettato come un membro del sesso opposto; in particolare, il disturbo consiste in un intenso e persistente convincimento di appartenere al sesso opposto, in persone che non presentano alcuna anomalia fisica. Tale condizione si manifesta con malessere e disagio profondo (la cosiddetta «disforia di genere») nei confronti delle caratteristiche sessuate del proprio corpo, sentito come estraneo; lo stesso senso di estraneità viene provato per i comportamenti e gli atteggiamenti che sono tipici del proprio sesso, all'interno del quale il soggetto non si riconosce;
   il disturbo, che nella maggior parte dei casi è autodiagnosticato, può colpire sia i soggetti di sesso femminile (disturbo female to male, FtM) che quelli di sesso maschile (disturbo male to female, MtF);
   la guida per la pratica professionale, fornendo i requisiti minimi per la procedura terapeutica, si struttura in: un'accurata diagnosi, l'esperienza di vita reale, preferibilmente accompagnata da psicoterapia, la terapia ormonale e la terapia chirurgica;
   prima che sia preso in considerazione qualsiasi tipo d'intervento fisico, è necessaria un'esplorazione estensiva delle risorse personali, familiari e sociali del soggetto, una valutazione puntuale del funzionamento psichico e della psicopatologia. Il gruppo medico dovrà effettuare un'accurata diagnosi differenziale con i disturbi della differenziazione sessuale (valutazione di cariotipo, dosaggi ormonali ed esame obiettivo) e con condizioni psichiche potenzialmente confondibili con DIG. Tra queste, una semplice non conformità allo stereotipo di genere, omosessualità egodistonica, crisi con disagio riguardo al genere, feticismo da travestimento (presente in circa il 30 per cento dei soggetti che richiedono RCS), schizofrenia (presente in meno del 5 per cento dei soggetti che richiedono RCS) e gravi disturbi di personalità (es. disturbo di personalità borderline). Il paziente deve poi essere informato su tutte le procedure ed i trattamenti previsti, nonché sui rischi connessi a tali trattamenti e sull'irreversibilità di alcuni di essi. Bisogna inoltre discutere con il paziente riguardo alle aspettative più o meno realistiche relative ai benefici del trattamento e aiutarlo a valutare le varie possibilità terapeutiche, sia ormonali sia chirurgiche;
   la fase successiva alla diagnosi consiste nella cosiddetta esperienza di vita reale, vale a dire nel tentativo pratico del soggetto di vivere a tempo pieno come membro del sesso desiderato. Durante tale periodo il soggetto vive stabilmente negli abiti e nel ruolo del sesso desiderato, in modo da gestire la propria identità di genere nella vita di tutti i giorni. Questa esperienza serve a valutare la decisione del paziente, la sua capacità di funzionamento nel genere preferito, l'adeguatezza del supporto sociale, economico e psicologico. Permette al soggetto, e ai professionisti che lo seguono, di monitorare l'esperienza di vita nel ruolo desiderato e di osservare le interazioni con gli altri. Senza tale esperienza il soggetto conoscerebbe solo le sue convinzioni e fantasie private riguardo alla sua appartenenza al sesso opposto. Queste potrebbero essere irrealistiche e portare ad attese «magiche» riguardo ai risultati dell'intervento;
   è proprio durante l'esperienza di vita reale che, previo esame obiettivo e valutazione di esami ematici e del cariotipo, è possibile iniziare il trattamento ormonale. Il passaggio da uno stato di genere all'altro non dovrebbe essere attuato prima che ci sia stato il tempo necessario per la persona e la sua famiglia di assimilare pienamente gli effetti di tale esperienza, al fine di evitare interventi precoci. La terapia ormonale, se tollerata dal punto di vista medico, dovrebbe precedere ogni intervento chirurgico sui genitali. La soddisfazione relativa agli effetti della terapia ormonale consolida l'identità della persona come membro appartenente al genere d'elezione e aumenta la convinzione a procedere nel percorso;
   gli studi clinici hanno dimostrato come le terapie ormonali hanno moltissime controindicazioni e a volte producono danni irreversibili;
   nel 2013 il reparto di Medicina della Sessualità e Andrologia di Careggi alla regione, ha avanzato la richiesta di consentire la diagnosi del disturbo dell'identità di genere sui bambini. Il professor Maggi, dirigente del reparto ha infatti dichiarato: «Ci sono farmaci che bloccano la pubertà precoce, noi abbiamo chiesto l'autorizzazione ad estenderli sulla pubertà “inadeguata”. In questo modo possiamo indirizzare la pubertà verso il sesso a cui il paziente si sente davvero di appartenere»;
   da tali dichiarazioni si evince l'intenzione di estendere l'uso dei farmaci per il blocco dello sviluppo puberale precoce ai bambini ai quali viene riconosciuto il disturbo di disforia di genere, per «correggere» la loro pubertà. Si andrebbe così a modificare lo sviluppo fisico di bambini, ancora minori ed in piena fase di sviluppo e crescita, con una terapia ormonale, paventando la possibilità per Careggi di essere l'unico centro di tutta l'Europa meridionale dove sarà possibile diagnosticare la disforia di genere su minori -:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se non intenda intervenire, eventualmente coinvolgendo il Consiglio superiore di sanità e l'Istituto superiore di sanità, perché sia celermente valutato se sussistono i presupposti per impedire l'utilizzo dei farmaci citati in premessa per terapie ormonali per il cambiamento del sesso nei confronti dei minori, verificando, nelle more, se altre strutture ospedaliere nel Paese abbiano posto o intendano porre in atto tali misure. (4-09606)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LABRIOLA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nonostante il trend storico di contrazione della corrispondenza tradizionale (quella affrancata con francobolli), il numero delle emissioni filateliche, in Italia come in molti altri Paesi occidentali, rimane elevato;
   il programma di emissioni annuale delle carte-valori postali per il 2015, definito dal Ministero dello sviluppo economico di concerto con la Consulta filatelica, comprende più di 70 nuovi francobolli ma il numero definitivo sembra destinato a crescere. Si segnala a questo proposito come la cifra relativa alle emissioni per il 2015 sembrerebbe ben al di sopra delle 40 all'anno che il Ministero dello sviluppo economico prevede di autorizzare e che fanno parte del programma filatelico;
   quanto sopra conferma, altresì, come, nel quadro più ampio della politica filatelica nazionale, particolare attenzione sia riservata alla valorizzazione del ruolo del francobollo non solo nell'accezione più comune connessa alla funzione di pagamento anticipato di servizi di corrispondenza, ma soprattutto come strumento, di identità civile e promozione culturale ed anche come veicolo dello stile italiano e del made in Italy nel mondo;
   nell'epoca di internet e della comunicazione elettronica, inoltre, il francobollo mantiene intatta la propria validità di testimone della cultura e delle tradizioni di un Paese e per questo è necessario promuoverne l'utilizzo e la conoscenza, in particolare presso le giovani generazioni;
   in questa ottica è del tutto evidente come l'emissione di un francobollo assume una caratura particolare laddove essa va ad intrecciarsi con forti motivazioni sia di carattere storico e culturale, ma anche di sviluppo economico e produttivo attinenti l'oggetto del francobollo stesso;
   è questo il caso della richiesta di emissione di un francobollo celebrativo dei Riti pasquali della Settimana Santa: «Le Perdune – I Misteri di Taranto», promossa dal Circolo filatelico e numismatico «La Persefone Gaia» di Taranto e dall'Arciconfraternita del Carmine di Taranto;
   nel vasto panorama delle ritualità religiose legate alle celebrazioni pasquali nel Sud Italia, i Riti della Settimana Santa tarantina si distinguono per molteplici ragioni di carattere culturale. Ricchissima, infatti, è la bibliografia legata ai Riti tarantini e le ritualità tarantine sono state oggetto di numerose tesi di laurea di primo e secondo livello, in diverse università italiane ed europee, nei corsi di lettere, filosofia, antropologia, economia aziendale, sociologia, scienze religiose, e altro. Il mecenatismo delle stesse confraternite coinvolte e di altre realtà della società civile, ha promosso negli anni, in occasione della preparazione dei Riti, numerosissimi concerti di complessi sinfonici, bandistici e formazioni coreutiche, locali, regionali, nazionali e internazionali, militari e civili, nonché numerosissime mostre di arte figurativa, mostre e concorsi fotografici e cinematografici, concorsi letterari e di arte figurativa nelle scuole di, tutti i livelli. I Riti di Taranto sono comparsi numerose volte in documentari realizzati dal servizio pubblico o da produttori di televisioni commerciali, ininterrottamente, ormai a partire dal documentario realizzato dall'Istituto Luce nel 1949. Si ricordi, fra gli altri, il reportage realizzato nel 1990 dall'emittente inglese BBC. Le Confraternite tarantine con i riti pasquali sono state sempre presenti alle varie Borse del turismo di Milano, Bologna, Foggia. I Riti di Taranto sono comparsi in molte produzioni televisive (sceneggiati e fiction) per la RAI e per le reti Mediaset, e in numerose produzioni cinematografiche, in ultimo il lungometraggio «Il miracolo» del regista Edoardo Winspeare (2004, CliCiak: Primo Premio Sezione Colore; 2003, Premio «Città di Roma» Migliore Film alla Biennale di Venezia; 2003, Premio FEDIC alla Biennale di Venezia);
   nel corso del tempo, tuttavia, è apparsa ancor più evidente l'occasione di sviluppo economico e sociale che i riti pasquali della Settimana Santa possono rappresentare non solo per la città di Taranto ma per tutto il suo territorio, Un territorio, non si dimentichi, che vede la propria originaria vocazione allo sviluppo turistico – in ragione delle bellezze paesaggistiche e delle ricchezze e unicità enogastronomiche – pesantemente mortificata da una massiccia presenza industriale che, per converso, non ha saputo creare, almeno a parziale contrappeso, un'accettabile stabilità economica garantita da buoni livelli occupazionali;
   in un contesto nel quale si sta facendo ogni sforzo per cancellare un immagine di Taranto e del suo territorio legata sempre ad eventi negativi (inquinamento ambientale, crisi dell'Ilva, crisi occupazionale) e, ribaltando la tendenza alla rassegnazione ed alla critica, si punta a restituire al capoluogo jonico – culla della «Magna Grecia» – il posto che merita, i riti pasquali della Settimana Santa rappresentano una reale occasione di rinascita;
   l'emissione del francobollo celebrativo dei Riti pasquali tarantini sarebbe un volano importante per l'attivazione di un circuito virtuoso di sicuro impatto dal punto di vista economico, produttivo e sociale sull'intero territorio;
   tale richiesta può essere inserita a pieno titolo, secondo l'interrogante, in quel «progetto Taranto» al quale ha fatto riferimento il Presidente del Consiglio Renzi in occasione dell'approvazione definitiva del decreto-legge n. 1 del 2015 convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, relativo al risanamento e alla riqualificazione del capoluogo jonico e dell'are circostante, in un quadro di sviluppo più ampio comprendente la cultura, il porto, l'ambientalizzazione dell'area e non più (solo) Ilva;
   una prima richiesta relativa all'emissione del francobollo celebrativo dei Riti Pasquali Tarantini è già stata inoltrata dai soggetti promotori nel 2014, non ricevendo tuttavia alcun riscontro dal Ministero dello sviluppo economico;
   la richiesta è stata rinnovata di recente, in modo da pervenire entro il 31 ottobre 2015, al fine di poter costituire – secondo quanto disposto dal Ministero dello sviluppo economico – la base per una limitata integrazione al programma filatelico per il prossimo anno, già definito con le proposte raccolte ed esaminate dal Ministero tra quelle che già pervenute entro il 31 maggio 2015 –:
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di contribuire alla promozione del messaggio culturale e di sviluppo economico e produttivo del quale il francobollo è un potente veicolo, con particolare riferimento alla vicenda dell'emissione del francobollo celebrativo dei Riti Pasquali Tarantini sopra descritta. (5-05898)

Interrogazione a risposta scritta:


   SANGA e CARNEVALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   le notizie di stampa riportano il piano di riorganizzazione nazionale 2013/2014 di Poste Italiane spa che prevede la chiusura di 65 uffici postali in Lombardia e la limitazione dei giorni di apertura di altri 120 uffici;
   la possibilità concreta che il piano d'impresa 2015/2019 possa prevedere ulteriori tagli e limitazioni al servizio;
   sono pervenute numerose segnalazioni di disservizio dell'attività di Poste italiane spa nel territorio della provincia di Bergamo;
   il territorio bergamasco subirà gravi penalizzazioni e ricadute negative anche dal punto di vista occupazionale –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda attivare per garantire la qualità ed efficienza del servizio sull'intero territorio bergamasco e lombardo, con particolare attenzione alle aree montane. (4-09599)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Brunetta e Giammanco n. 1-00901, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Polidori.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Sanga e Carnevali n. 5-04683 del 10 febbraio 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09599;

   interrogazione a risposta scritta Mariani n. 4-09256 del 20 maggio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05896.