Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 17 giugno 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo il rapporto statistico 2014 dell'OCSE, in Italia la spesa sanitaria continua a diminuire, e tale riduzione si deve soprattutto agli interventi del Governo per contenere i disavanzi di bilancio che hanno comportato un calo pari al 3 per cento in termini reali nel 2013;
    con 3,9 medici ogni mille abitanti l'Italia si colloca sopra la media OCSE di 3,2 medici, al contrario risulta sotto la media sia per il numero di infermieri, 6,4 ogni mille abitanti, contro gli 8,8 della media OCSE, che per il numero di posti letto in ospedale per acuti dove ci si attesta su una media di 3,4 per mille abitanti contro i 4,8 della media OCSE. Quest'ultimo dato mostra in particolare una netta diminuzione dei posti letto italiani che solo 12 anni fa erano 4,7 ogni mille abitanti;
    con riferimento all'anno 2014, secondo il Documento di economia e finanza 2015, la spesa sanitaria in termini di Pubblica amministrazione è risultata, nelle stime della Contabilità nazionale, pari a 111.028 milioni, con un tasso di variazione dello 0,9 per cento rispetto all'anno 2013. In particolare, la spesa per il personale è pari a 35.487 milioni, in riduzione dello 0,7 per cento rispetto all'anno 2013.
    la riduzione osservata è influenzata dai seguenti fattori:
     il blocco del turnover in vigore nelle regioni sotto piano di rientro, nell'ambito delle manovre di contenimento della dinamica della spesa e a seguito della procedura sanzionatoria di cui all'articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni;
     le politiche di contenimento delle assunzioni messe in atto autonomamente dalle regioni non sottoposte ai piani di rientro;
     gli automatismi introdotti dalla vigente legislazione in materia di rideterminazione dei fondi per i contratti integrativi del personale in relazione al personale cessato e l'applicazione delle ulteriori misure di contenimento della dinamica della spesa del personale previste dalla normativa vigente;
    la dinamica osservata dall'aggregato evidenzia un andamento della spesa per il personale dipendente che conferma gli effetti derivanti dagli strumenti di governance del settore sanitario introdotti dai diversi accordi tra Stato e regioni intervenuti in materia;
    in particolare, il blocco delle assunzioni e di ogni altra forma di reclutamento, a fronte delle progressive uscite di personale per quiescenza, ha delle ricadute sia sulla offerta sanitaria e il mantenimento dei Lea, sia sull'effettivo conseguimento degli obiettivi di risparmio preventivati;
    l'esigenza di assicurare i livelli essenziali di assistenza induce i soggetti gestori del servizio a porre in essere talune procedure «alternative» per sopperire alla mancanza di personale dedicato (quali il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario o in regime di prestazioni aggiuntive, o altre fattispecie quali l'acquisto di prestazioni professionali da privati) che, tutte insieme, vanificano le conseguenze della misura rigorosa del blocco in termini di mancato risparmio, se non addirittura comportando maggiori costi;
    si registra positivamente che nel mese di aprile 2015 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che permette la stabilizzazione dei lavoratori precari del Servizio sanitario nazionale, aprendo quindi una nuova fase per infermieri, medici e altro personale con contratto di lavoro a tempo determinato che per anni ha garantito la continuità nella erogazione delle prestazioni di cura e assistenza sanitaria dei cittadini. Il decreto disciplina le procedure concorsuali riservate per l'assunzione presso gli enti del Servizio sanitario nazionale, e prevede specifiche disposizioni per il personale dedicato alla ricerca. Le procedure concorsuali sono riservate al personale del comparto sanità e a quello appartenente all'area della dirigenza medica e del ruolo sanitario;
    anche se non determinerà il recupero di quanto perso in termini economici dal personale del Servizio sanitario nazionale in questi ultimi sei anni di blocco della contrattazione, la legge di stabilità 2015 ha introdotto diverse novità tese a sbloccare il trattamento accessorio del personale dipendente come anche le progressioni di carriera orizzontale;
    la stessa Conferenza delle regioni, per quanto attiene a tutto il personale del Servizio sanitario nazionale, ha ritenuto opportuno emanare delle linee guida per l'applicazione della legge di stabilità 2015 e specificatamente con riferimento alle modifiche apportate all'articolo 9 della legge n. 122 del 2010;
    piuttosto che ricorrere a la compressione delle spese per il personale, l'attuale gestione del sistema sanitario consentirebbe di recuperare importanti risorse attraverso l'adozione generalizzata dei costi standard e la riduzione del controllo politico sulla selezione dei manager della aziende sanitarie e della dirigenza sanitaria;
    sta maturando invece in Conferenza Stato-regioni il progetto di coprire le vacanze determinatisi nell'organico della dirigenza sanitaria ricorrendo al finanziamento da parte delle regioni di posti aggiuntivi a più basso costo per medici in formazione,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a limitare il blocco del turn over soprattutto in quelle regioni che hanno da tempo avviato procedure di rientro, al fine di non penalizzare la qualità dei servizi e di contenere il ricorso all’outsourcing ai soli casi di effettiva emergenza, evitando il ricorso alla copertura delle carenze accumulatesi nell'organico del personale sanitario con il personale in formazione (specializzandi);
   a sostenere in sede di Conferenza Stato-regioni l'opportunità di prevedere criteri di riferimento validi su tutto il territorio nazionale in materia di attribuzione delle risorse umane alle diverse attività sanitarie;
   ad adottare iniziative per reperire, compatibilmente con l'equilibrio generale della finanza pubblica, le risorse necessarie al rinnovo dei contratti del personale sanitario;
   ad assumere iniziative per accelerare, per quanto di competenza, l'adozione del meccanismo di finanziamento delle regioni attraverso il sistema dei costi standard;
   a considerare la necessità di assumere iniziative di competenza volte ad accelerare l'effettiva applicazione delle nuove modalità di selezione dei dirigenti di secondo livello secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia.
(1-00909) «Gigli, Capelli, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    una ricerca recentemente redatta dal CENASS – il Center for Near Abroad Strategic Studies, think tank diretto dall'ex ambasciatore Mario Maiolini – e presentata il 27 marzo 2015 nella sede dell'autorevole Centro alti studi della difesa ha dimostrato come, statistiche alla mano, i giovani musulmani europei corrono un rischio maggiore di sviluppare tendenze radicali e jihadiste dei loro coetanei residenti in Medio Oriente o Nord Africa;
    in particolare, la ricerca del CENASS, in corso di pubblicazione da parte del Centro militare di studi strategici del Ministero della difesa, attesterebbe come siano proporzionalmente assai più numerosi i foreign fighters partiti per il fronte siro-iracheno da Danimarca, Svezia o Belgio, di quelli invece provenienti dalla Libia;
    si sottolinea conseguentemente la circostanza che il dato europeo sembra insensibile anche alla pratica delle politiche di depolarizzazione più costose e sofisticate, come parrebbe comprovare proprio il forte rischio di radicalizzazione cui risultano in effetti esposti i giovani musulmani danesi, svedesi e belgi;
    la causa di questo fenomeno è da ricercarsi principalmente nel disagio identitario dei giovani musulmani immersi nelle pluralistiche e secolari società europee, i cui valori paiono loro evidentemente inconciliabili con i propri;
    per quanto di per sé interessanti, le politiche di depolarizzazione attuate nei confronti dei giovani musulmani a rischio non garantiscono conseguentemente alcun risultato certo;
    vanno evidenziate le preoccupazioni crescenti di una popolazione che ormai diffida di tutti i musulmani presenti nella società italiana, vedendo in ciascuno un potenziale terrorista jihadista;
    si giudicano sempre possibili infiltrazioni jihadiste nel tessuto della società italiana da parte di «dormienti» che non manifestano le loro effettive inclinazioni, ma le nascondono invece in vista di una testimonianza definitiva da rendere nel sangue,

impegna il Governo:

   a monitorare con grande attenzione quanto accade nelle moschee e nelle madrasse sorte in Italia, con riferimento alle problematiche poste in premessa;
   a rafforzare i controlli della polizia postale e dell’intelligence nel web da molte fonti ritenuto la sorgente principale dei processi di radicalizzazione attraverso i quali passano i giovani musulmani residenti in Europa;
   a scoraggiare l'afflusso di clandestini provenienti dai Paesi più a rischio, definiti come quelli in cui sono in atto scontri di maggiori proporzioni che coinvolgono cellule terroristiche di natura jihadista;
   a rafforzare i controlli sui clandestini che giungono in Italia illegalmente, sui barconi o per via di terra, potendosi tra loro celare anche foreign fighters di ritorno dalla Siria o dall'Iraq;
   ad intensificare la cooperazione con le forze di polizia ed i servizi di informazione e sicurezza dei Paesi europei partner dell'Italia nei quali più elevato risulti il numero di foreign fighters censiti o presunti;
   a sperimentare dei programmi di deradicalizzazione con le persone in stato di detenzione.
(1-00910) «Gianluca Pini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Rondini, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    i ricorrenti e sanguinosi attentati terroristici di matrice jihadista che hanno colpito vari Paesi europei hanno posto in evidenza quanto gravi siano i pericoli per il nostro Paese, anche alla luce delle esplicite minacce contro l'Italia formulate dall'Isis e dalle odiose forme di giubilo per l'assassinio ed il ferimento di nostri connazionali nell'attentato terroristico contro il museo Bardo di Tunisi indicati in senso dispregiativo come crociati;
    il terrorismo è un atto criminale ingiustificabile in qualsiasi circostanza: rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità interna di ciascun Paese, nonché ai diritti e alle libertà dei suoi abitanti, a causa della volontà degli attentatori di arrecare distruzione e morte in maniere indiscriminata, coinvolgendo i bambini, e persino addestrandoli ad uccidere;
    malgrado tutti gli sforzi coordinati e la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica rimane altissima; a questo proposito ciascun Paese dell'Unione ha l'obbligo di garantire non solo la sicurezza dei propri cittadini e delle persone che vi transitano o soggiornano, ma anche quella dei Paesi che costituiscono l'Unione, ponendo in essere iniziative di polizia e di legge che rafforzino lo Stato di diritto e che prevengano infiltrazioni terroristiche entro i propri confini, attraverso fenomeni migratori, ingressi regolari ai varchi aeroportuali o marittimi, per motivi sia di lavoro, sia di studio o affari;
    con particolare riferimento a quest'ultimo aspetto, assume particolare rilevanza la nostra vicinanza geografica con la Libia, che, in particolare a seguito della defenestrazione del regime di Gheddafi da parte dell'iniziativa militare fortemente voluta soprattutto da Francia e Inghilterra, costituisce il terreno ideale per il proliferare di bande di predatori e terroristi che innalzano le bandiere nere del sedicente califfato per accrescere il proprio prestigio e la propria capacità di attrarre proseliti, aumentando in misura esponenziale i rischi per l'Italia. A tale proposito va ricordata la lungimirante critica formulata dall'allora Presidente del Consiglio Berlusconi nei confronti dell'iniziativa militare franco-britannica in quanto prevedeva che si sarebbe determinata una situazione caotica, dannosa per gli interessi economici del nostro Paese, e che sarebbe venuto meno il forte contenimento del flusso di immigrati clandestini verso le coste europee e italiane, in particolare, assicurato dal pur discutibile regime libico;
    la risposta del Governo di fronte a questi evidenti pericoli per la sicurezza del Paese e dei cittadini è stata fino ad ora assolutamente insufficiente denotando una superficialità ed un dilettantismo a dir poco sconcertanti; non si può pensare di risolvere problemi di questa grandezza attraverso una sistematica minimizzazione, o peggio negando l'esistenza di pericoli effettivi, in quanto è assai probabile che nelle centinaia o a volte nelle migliaia di immigrati clandestini che giornalmente sbarcano nel nostro Paese possano nascondersi militanti dell'Isis o jihadisti fortemente intrisi di fondamentalismo islamico e quindi ostili e pericolosi per l'Italia e per l'Europa tutta;
    le bande di criminali scafisti, spesso infiltrati da jihadisti, che organizzano il trasferimento soprattutto dalla Tripolitania alla Sicilia di decine di migliaia di immigrati clandestini hanno l'obiettivo non solo di realizzare ingentissimi guadagni sulle spalle di questi disperati, ma anche quello di destabilizzare l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea, e la risposta dell'Unione europea di fronte a questa migrazione di proporzioni bibliche insostenibile economicamente e pericolosa per la sicurezza è stata fino ad ora assolutamente insufficiente e del tutto egoistica;
    il nostro Governo non ha ottenuto in sede europea nessuna significativa condivisione dei rischi e degli oneri per fronteggiare questa emergenza peraltro largamente annunciata e soprattutto nessun appoggio reale per contrastare in concreto l'invasione degli immigrati clandestini e i connessi pericoli per la sicurezza e la potenziata operazione Frontex, tanto reclamizzata come un successo del Governo stesso, si è tradotta nei fatti nel più agevole traghettamento di immigrati clandestini e dei profughi da parte di navi militari europee ai porti italiani, senza nessuna politica di ricollocamento;
    ma i pericoli non giungono solo dall'ondata migratoria in atto, ma vengono anche dallo stesso mondo «occidentale»; tra le diverse formazioni jihadiste, bisogna altresì considerare la presenza di molti attivisti stranieri, i cosiddetti foreign terrorism fighters, ovvero di una galassia sempre più vasta di combattenti che arrivano dall'estero e lottano sui diversi fronti la guerra che da mesi sta insanguinando la Siria e l'Iraq. Secondo un rapporto delle Nazioni Unite, negli ultimi mesi, il numero dei foreign fighters, che hanno scelto di giurare fedeltà ai terroristi del Califfato islamico, sarebbero più di 25.000 e provengono da circa 81 Paese. Una buona parte di questi verrebbero da Paesi occidentali, in particolar modo da Paesi dell'Unione europea (in testa Francia e Russia) in quanto figli di immigrati storici integrati in Europa da decenni;
    vi è poi il fenomeno della figura del terrorista molecolare, home made (fatto in casa, ndr) capace di trasformarsi in un'impresa individuale terroristica nel senso che si autoradicalizza e si autoaddestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le istruzioni per l'uso, progetta da solo o comunque senza appartenenza a reti strutturate azioni terroristiche;
    secondo i servizi di intelligence italiani, il nostro Paese è un potenziale obiettivo di attacchi da parte del foreign fighters e come dimostrano le incursioni di matrice jihadista compiute in Occidente tra il 2014 e il 2015, il cui apice è rappresentato da quelli di Parigi, il pericolo più grande, nonché l'obiettivo della loro formazione, è che questi una volta addestrati alla guerriglia conducano attentati nei Paesi d'origine. Considerata l'alta percentuale di provenienza europea dei «volontari stranieri», il pericolo che i foreign fighters possano concretizzare la loro formazione jihadista attraverso importanti attacchi terroristici, in Italia o in Paesi molto vicini al nostro, si fa sempre più vicina;
    intelligence e vigilanza; sono queste le due chiavi fondamentali per proteggere il nostro Paese del rischio terrorismo, ma fino ad ora la situazione critica e l'evidente assenza di una qualunque strategia credibile del Governo per fronteggiarla ha generato una diffusa e fondata sensazione di insicurezza tra i cittadini,

impegna il Governo:

   a rafforzare in modo sostanziale le misure di sicurezza e di prevenzione per scongiurare atti terroristici specie di matrice jihadista, innalzando il livello di guardia e potenziando tutte le risorse di polizia e di intelligence nel nostro territorio, impiegando anche militari per il presidio fisso degli obiettivi sensibili quali stazioni ferroviarie, metropolitane, porti ed aeroporti, luoghi di culto e grandi siti archeologici, stanziando a tal fine risorse finanziarie adeguate;
   ad assumere le opportune iniziative volte all'esclusione dal computo delle spese, ai fini del rispetto dei parametri del patto di stabilità e crescita, delle ulteriori risorse stanziate dallo Stato per le Forze dell'ordine, e volte a finanziare gli interventi, le operazioni di sicurezza e di controllo del territorio nazionale finalizzati alla prevenzione e al contrasto del terrorismo internazionale;
   a monitorare lo spostamento dei foreign fighters e ad adottare ogni possibile misura di contrasto nei confronti di coloro che organizzano, finanziano o propagandano viaggi finalizzati al compimento di condotte terroristiche;
   a sollecitare con forza un fattivo impegno degli stati dell'Unione europea per prevenire l'infiltrazione di cellule terroristiche nei confini dei singoli Stati potenziando nelle misura necessaria le operazioni di intelligence per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione degli estremisti islamici.
(1-00911) «Brunetta, Occhiuto, Santelli».


   La Camera,
   premesso che:
    il nostro Paese è caratterizzato da una presenza significativa ed economicamente rilevante di società partecipate, totalmente o in parte, da capitale pubblico che rappresentano un mondo articolato e poco trasparente che necessita di un profondo disegno di ristrutturazione organico e complessivo;
    il procuratore generale presso la Corte dei conti, Salvatore Nottola, nel suo giudizio di parificazione sul rendiconto generale dello Stato per il 2014, ha evidenziato come le società partecipate risultino essere in tutto circa 7.500 e, in particolare, 50 dallo Stato e 5.258 dagli enti locali, cui si sommano altri 2.214 organismi di varia natura (consorzi, fondazioni e altri);
    il numero complessivo è però sempre variabile, in quanto le società sono soggette a frequenti modifiche dell'assetto societario e in ogni caso provocano un forte impatto sui conti pubblici;
    in particolare, il movimento finanziario indotto dalle società partecipate dallo Stato, costituito dai pagamenti a qualsiasi titolo erogati dai Ministeri nei loro confronti, ad avviso della magistratura contabile, ammonterebbe a 30,55 miliardi di euro nel 2011, 26,11 miliardi nel 2012 e 25,93 miliardi nel 2013; il «peso» delle società strumentali sul bilancio dei Ministeri sarebbe stato di 785,9 milioni nel 2011, 844,61 milioni nel 2012 e 574,91 milioni nel 2013; quanto agli enti partecipati dagli enti locali, un terzo delle 5.258 partecipate è in perdita;
    in questi ultimi anni, il ruolo e le funzioni delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, particolarmente diffuse nel comparto delle amministrazioni locali, è stato oggetto di recenti iniziative finalizzate alla razionalizzazione del settore, sia per ridurne il numero, anche allo scopo di un contenimento della relativa spesa, sia per aumentarne la trasparenza;
    l'esigenza di un intervento volto a ridisegnare l'universo delle partecipate locali aveva trovato espressione con le disposizioni contenute nell'articolo 23 del decreto-legge n. 66 del 2014, con il quale si è conferito al commissario per la razionalizzazione della spesa pubblica la predisposizione entro il 31 luglio 2014 di un programma di razionalizzazione, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali;
    la strategia proposta da tale programma è incentrata su quattro cardini quali: limitare il perimetro delle partecipate entro il perimetro dei compiti istituzionali dell'ente partecipante; introdurre vincoli diretti per limitare e/o vietare alcuni tipi di partecipazioni; promuovere l'efficienza delle partecipate che rimarranno operative, attraverso l'uso dei costi standard e l'aggregazione tra società che offrono servizi simili, per sfruttare al meglio le economie di scala e, infine, fare ampio ricorso alla trasparenza ed alla pressione dell'opinione pubblica come strumento di controllo;
    con riferimento alla trasparenza delle procedure e dei criteri con i quali sono nominati i vertici delle società a partecipazione pubblica, numerose associazioni e movimenti (Associazione pubblici cittadini, il Movimento consumatori, Officine democratiche e altri) hanno proposto l'introduzione di un meccanismo di audizioni pubbliche (Public Hearings) per tutti i candidati con l'obiettivo di aumentare la trasparenza nella prassi delle nomine pubbliche, favorendo così lo svolgimento di selezioni basate effettivamente sul merito e sulla competenza e la diffusione di una cultura della partecipazione e della progettualità politica imperniata su proposte riformatrici di lungo termine elaborate anche alla luce della best practices internazionali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, ove non già assunta, volta a prevedere la pubblicazione dei curricula dei singoli candidati anche sul sito internet delle società partecipate coinvolte dalle procedure di nomina, così da consentire a tutti i soggetti interessati, quali dipendenti, clienti e fornitori delle stesse società, di essere a conoscenza dei requisiti posseduti dai candidati;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa di carattere normativo tesa all'introduzione di un meccanismo di audizioni pubbliche per la nomina dei candidati dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici tale da assicurare la massima chiarezza, trasparenza e partecipazione da parte dei cittadini durante lo svolgimento dell’iter di selezione.
(1-00912) «Scotto, Ricciatti, Ferrara, Zaratti, Pellegrino, Quaranta, Airaudo, Placido, Marcon, Duranti, Piras, Fratoianni, Melilla, Franco Bordo, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Zaccagnini, Sannicandro».

Risoluzione in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    uno degli obiettivi prioritari dell'Unione europea è costituito dalla «sicurezza stradale»;
    l'Unione europea da anni si impegna per la creazione di uno spazio comune della «sicurezza stradale» attraverso la partecipazione e la cooperazione attiva degli Stati membri;
    a tal fine sono stati identificati come obiettivi primari da perseguire il miglioramento dell'educazione e della formazione, il rafforzamento del controllo, l'armonizzazione e l'applicazione delle tecnologie per la sicurezza stradale, l'elaborazione di una strategia organica in materia di incidenti stradali e servizi di emergenza, l'adeguamento delle nuove tecnologie dei veicoli ai fini della sicurezza stradale e maggiore sicurezza sul piano delle infrastrutture;
    in particolare sull'ultimo punto il nostro Paese registra una carenza significativa. L'inadeguata od assente manutenzione della rete stradale, infatti, costituisce una delle principali cause che determinano i vari incidenti;
    uno degli elementi più significativi per comprendere questo fenomeno (che in tale settore fa tornare il nostro Paese indietro di quasi quarant'anni, quando la rete stradale ed il numero dei veicoli circolanti erano di assai più modeste dimensioni) è testimoniato dai dati forniti dall'Associazione dei costruttori e manutentori delle strade che denunciano l'attuale dimezzamento dell'uso dell'asfalto rispetto ai primi anni del 2000;
    tale situazione non consente certamente di ridurre il triste primato del nostro Paese rispetto agli incidenti stradali;
    solo nel 2013 in Italia si sono verificati oltre 180.000 incidenti stradali con 3.385 morti e costi complessivi per il Paese che ammontano a circa ventisei milioni di euro;
    nel panorama della rete stradale italiana, le strade comunali urbane ed extraurbane risultano particolarmente danneggiate ed in cattive condizioni;
    tale situazione è stata determinata dalle minori risorse a disposizione degli enti locali e dalla incertezza – sul piano delle competenze – determinata dalla riforma delle province non completamente attuata;
    intervenire con efficacia sul piano della sicurezza stradale, operando attraverso una manutenzione ordinaria e straordinaria, comporterebbe il perseguimento di più alti standard di sicurezza e darebbe nuovo slancio ad un comparto essenziale della nostra economia favorendo anche il rilancio occupazionale,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per reperire e stanziare le risorse necessarie per la non più dilazionabile messa in sicurezza della rete stradale italiana attraverso l'individuazione degli interventi che saranno ritenuti necessari, rispettando, in tal modo, le indicazioni dell'Unione europea, favorendo la sicurezza dei cittadini e fornendo sostegno e slancio ad un settore essenziale per l'economia italiana anche superando l'attuale incertezza sulle competenze in materia, determinatasi a seguito della riforma delle province.
(7-00707) «Garofalo, Dorina Bianchi, Piso, Bosco, D'Alia, Minardo, Sammarco, Scopelliti, Tancredi, Vignali».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il Gruppo Arcese spa, guidato da Eleuterio Arcese, con sede ad Arco (Trento) è una delle più grandi ditte dell'autotrasporto che opera in tutta Europa, con bacini di partnership economiche e succursali con paesi come: Russia, paesi Baltici, l'Ucraina ed anche la Cina, con le sedi di Guanzhou e Zhonhan;
   di recente ha riconfermato l'accordo con la Ford fino al 2017 per i servizi logistici. Il Gruppo Arcese svolge questa enorme mole di lavoro con 4.000 dipendenti a livello globale, di cui 1.351 in Italia, 679 autisti e 332 impiegati. Eleuterio Arcese è anche Presidente di Anita, una delle associazioni di categoria aderente a Confindustria. Secondo i dati pubblicati sul sito internet istituzionale il gruppo Arcese è: tra i primi 10 operatori logistici in Italia; nonostante questa grandiosa esposizione mercantile, a partire dal gennaio 2009, così come riportato da più organi di stampa, Arcese ha avviato e continua a perseguire, un cammino di dismissione del personale, nelle sedi italiane, che attraverso l'utilizzo degli ammortizzatori, cassa integrazione e mobilità nell'arco di 5 anni ha comportato la drastica riduzione del personale addetto alla guida degli automezzi, a quel che risulta all'interrogante. In data 29 settembre 2014, il quotidiano on line Torino Today riportava la seguente notizia, dal titolo «Proteste autisti gruppo Arcese interporto Sito di Orbassano. A rischio decine di posti di lavoro: in protesta gli autisti dell'Arcese» nella quale si descriveva come: «Nel 2009 il gruppo contava 750 autisti, oggi molti meno. A rischio altri posti di lavoro nei piazzali di Rivalta, Corbetta e Rovereto. Mattinata movimentata all'interporto Sito di Orbassano. Una quarantina di autisti del gruppo Arcese ha protestato contro la decisione dei vertici aziendali di chiudere tre piazzali, in particolare quelli siti a Rivalta, Corbetta e Rovereto. Chiusura che comporterebbe la perdita di decine di posti di lavoro e 150 persone messe in mobilità. A rischiare maggiormente sono 75 lavoratori facente parte soprattutto del piazzale torinese, o alcuni che sono stati trasferiti nel milanese. Il gruppo Arcese nel 2009 contava quasi 730 autisti. Il numero si è decisamente ridotto da allora e i lavoratori non hanno mancato di sottolinearlo questa mattina durante l'assemblea sindacale. Tra le mancate promesse ci sarebbe anche l'immobilità dell'azienda negli ultimi quattro anni di cassa integrazione»;
   a ciò che risulta all'interrogante il Gruppo Arcese è ricorso a strumenti quali la cassa integrazione e la mobilità, dal gennaio 2009 a tutto il 1o semestre 2015, che hanno prodotto la drastica riduzione del personale autisti, con l'intenzione di Arcese di licenziarne altri 73 entro luglio 2015. Già in data 24 febbraio 2012, il quotidiano on line Linkiesta con un articolo a firma di Andrea Moizzo dal titolo: «Arcese licenzia in Italia, assume in Romania e prende soldi pubblici» nel quale si specificava come: «A lanciare l'allarme sono i sindacati: Arcese, azienda trentina dell'autotrasporto, una delle più grandi in Italia, licenzia circa un quarto dei dipendenti italiani mentre usufruisce di aiuti pubblici e, soprattutto, mentre assume in Romania [...]» l'azienda ha specificato che in assenza di un accordo procederà comunque al licenziamento collettivo ai sensi della legge 223 del 1991 nei termini comunicati il 19 dicembre 2014». I sindacati, anche in relazione al recente potenziamento di Arcese verso altre nazioni, hanno accusato, anche a mezzo stampa, l'azienda di aver fornito «rassicurazioni vaghe» e di voler affidare il lavoro ad «autisti che provengono dall'Est Europa», dove il costo del lavoro è minore. Sotto accusa sarebbe «anche l'impiego in Italia di manodopera straniera attraverso agenzie interinali con sede nei paesi dell'Est, a cominciare dalla Romania dove tra l'altro è presente una importante sede del gruppo Arcese»;
   la stessa azienda ha, inoltre, usufruito nel 2009 di sovvenzioni pubbliche pari a circa 18,6 milioni di euro erogati da Trentina Sviluppo attraverso «l'operazione lease back» a fronte del mantenimento dei livelli occupazionali. Inoltre l'azienda ha usufruito di contributi e benefìci pubblici e statali: per acquisto di mezzi pesanti di ultima generazione, decreto del Presidente della Repubblica 273/2007 – articolo 5, comma 7 del decreto-legge Milleproroghe – per rimborsi gasolio autotrazione, Agenzia entrate nota n. 31373/RU del 20 marzo 2015 – per iniziative di formazione-aggiornamento professionale del decreto-legge n. 281 del 1977 –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere, considerando che l'azienda lamentando costi di gestione e costi del lavoro troppo alti si è detta in difficoltà ed è ricorsa alla cassa integrazione prima ordinaria e poi straordinaria ed infine in deroga, e che alla cassa integrazione sono seguiti i licenziamenti dei camionisti;
   quali controlli siano stati effettuati nei confronti degli autisti provenienti dai Paesi dell'Est, considerato non solo il costo del lavoro nettamente inferiore rispetto agli standard italiani;
   se possano emergere fatti riconducibili alla fattispecie di «cabotaggio stradale», vietato dal regolamento CEE n. 311/25 ottobre 1993 «che vieta l'utilizzo di autisti esteri per il trasporto merci interne allo Stato»;
   se un'impresa con sede nel nostro Paese, beneficiaria di fondi pubblici e di ammortizzatori statali, possa di fatto delocalizzare, in breve tempo, quasi tutta la manodopera relativa all'autotrasporto, utilizzando strumenti contrattuali atipici, pur in presenza di una pubblicizzata solidità aziendale, e che possa procedere con i tagli di altrettante unità di posti lavoro così come annunciata con altri 73 licenziamenti dal prossimo 22 luglio 2015, riducendo il personale dei camionisti da 111 a 73;
   se i Ministri interrogati non reputino di dover svolgere tutte le opportune operazioni al fine di tutelare i posti di lavoro dell'organico Autisti-Gruppo Arcese.
(2-01012) «Zaccagnini».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 30 maggio 2015 sul sito lasicilia.it è stata pubblicata un'intervista al console generale degli Stati Uniti a Napoli, Colombia Barrosse, sul Muos di Niscemi, nella quale non risparmia quelli che all'interrogante appaiono giudizi negativi al nostro Paese e ai siciliani e alle siciliane che in questi anni si sono opposti alla costruzione del sistema satellitare americano;
   il console Usa pensa infatti che lo «stop» alla costruzione sia il frutto della disinformazione di un «piccolo gruppo di persone» che «pensa di sfasciare tutto» e sostiene di essere di fronte ad una speculazione «che non ha fondamento logico, né scientifico», ad avviso dell'interrogante trascurando il grande movimento di massa che si è opposto alla costruzione del Muos e il parere di tanti esperti e scienziati che hanno sollevato più di una perplessità sui danni alla salute che la struttura può creare ai cittadini e alle cittadine siciliani;
   l'assunto da cui parte il console sarebbe quello che siccome ci saranno sempre persone contrarie a qualsiasi cosa facciano gli americani, allora bisogna andare avanti, ignorandoli, poiché si tratta di poche persone che dicono sempre di no soltanto per farsi «un'immagine pubblica»;
   proseguendo con l'intervista, lo stesso console, operando, a parere dell'interrogante, una inopportuna ingerenza in relazione a leggi e procedure italiane, contesta che la vicenda Muos sia stata trattata in «corti giuridiche di livello regionale» perché si tratta di una materia di interesse nazionale, oggetto di un trattato internazionale;
   con tutta evidenza il console si riferisce alla sentenza del 13 febbraio 2015 con la quale il TAR (tribunale amministrativo regionale) della Sicilia ha annullato la delibera della revoca operata dalla regione siciliana il 25 luglio 2013, con la conseguenza di fermo ai lavori;
   nella sentenza, il TAR ha accolto i ricorsi presentati dai Comitati No MUOS e dal comune di Niscemi, perché, alla luce della relazione del verificatore, ritenendo che i possibili effetti negativi su salute e traffico aereo non siano stati trattati in maniera esaustiva dall'Istituto superiore di sanità, dall'Ispra e dall'Enav, sono suscettibili di ulteriori e necessari approfondimenti;
   il 1o aprile 2015, la procura di Caltagirone ha disposto il sequestro della base militare americana. Il provvedimento è stato emesso a seguito della citata sentenza del Tar di Palermo del 13 febbraio;
   il sequestro è stato disposto per «violazione del vincolo paesaggistico di inedificabilità assoluta». La stessa procura aveva, il 5 ottobre 2012, già messo i sigilli al cantiere della stazione MUOS di Niscemi, ipotizzando reati ambientali. Il decreto di sequestro era stato poi annullato il 28 ottobre dalla quinta sezione del tribunale della libertà di Catania, che aveva accolto la richiesta dell'Avvocatura dello Stato e ordinato di togliere i sigilli al cantiere e di restituire l'impianto al Ministero della difesa;
   la medesima intervista già più volte richiamata in premessa si conclude con la possibilità che il Governo Usa possa anche chiedere un risarcimento danni allo Stato Italiano e con un inutile allarmismo rispetto ad una maggiore insicurezza ed esposizioni al pericolo del terrorismo qualora il Muos non fosse ultimato e reso funzionante –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se il Governo non intenda ufficialmente stigmatizzare le affermazioni del console e se non intenda quindi coinvolgere, attraverso i canali diplomatici ufficiali, l'ambasciatore americano in Italia. (5-05829)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CORDA, FRUSONE e BASILIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 luglio 2013, a Milano, è stato siglato un accordo tra Cgil-Cisl-Uil, il comune di Milano ed Expo 2015 spa per favorire l'assunzione a termine di 800 lavoratori e l'utilizzo di 18.500 volontari per garantire la forza-lavoro necessaria a Expo 2015;
   nello specifico sono 18.500 i volontari impegnati e circa 800 i lavoratori con contratti che spaziano dall'apprendistato allo stage, fino ai rapporti di lavoro a tempo determinato. A questi, si dovranno aggiungere i 325 impiegati che verranno inquadrati con un contratto di apprendistato. Gli 800 lavoratori saranno assunti con contratti in deroga rispetto alla normativa in vigore, mentre il focus del protocollo di intesa è l'individuazione di un accordo sulle forme di flessibilità destinati ai giovani. In particolare, 300 verranno assunti con contratti a tempo determinato, da pescare nelle liste di mobilità o disoccupazione; 195 saranno stagisti, retribuiti con 516 euro al mese. Infine, 18.500 giovani saranno inquadrati con contratto di volontariato, impiegati per un minimo di cinque ore durante l'arco di una giornata, per una permanenza media di due settimane;
   il volontariato è una prestazione a favore di categorie che hanno gravi necessità e bisogno di assistenza e non è il caso di Expo. L'istituto del volontariato è disciplinato dalla legge n. 266 del 1991: Essa, all'articolo 2, comma 1, fornisce una puntuale definizione di attività di volontariato; «Per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontario fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà». Inoltre, al secondo comma dell'articolo 2, la medesima legge del 1991 dispone che «L'attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario»;
   ai volontari, ad avviso degli interroganti, si chiede di svolgere, nei fatti, un'attività lavorativa subordinata, part time e a termine, al di fuori di qualsivoglia disciplina contrattuale e legale. La selezione dei volontari è partita da alcune settimane: si cercano persone disposte a lavorare per due settimane, per cinque ore e mezzo al giorno, occupandosi di accoglienza, supporto e informazione per i visitatori;
   Expo 2015 è stato presentato come una grande opportunità occupazionale nella crisi, un volano per favorire la crescita economica e l'occupazione. Oggi vengono forniti i dati: 800 contratti precari, una goccia nel mare della disoccupazione giovanile, a costo ridotto e con deroga alla deroga della giungla precaria già esistente, a fronte di 18.500 prestazioni lavorative di fatto gratuite. Ci si trova di fronte ad una situazione paradossale, più che di un volano per l'economia e l'occupazione: da una parte il giovane, senza elevati titoli di studio, che va a fare l'apprendista con salario ridotto e basso costo per le imprese; e dall'altra il precario adulto, che vive di contratti a termine. I volontari come tali riceveranno solamente dei buoni pasto quotidiani, per non smentire il significato alimentare dell'evento. Difficile che tutto ciò possa creare occupazione o essere uno slancio positivo per i lavoratori;
   inoltre, lavorare all'EXPO non solo non paga, ma costa. Basta immaginare un pendolare che debba accollarsi i costi quotidiani del sistema ferroviario lombardo. O addirittura un giovane di un'altra regione che volesse fare questa esperienza a Milano. Per lavorare gratis bisogna godere di un buon reddito e non tutti ce l'hanno –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali iniziative intenda assumere affinché tutti coloro che presteranno attività lavorativa per l'EXPO 2015, possano essere correttamente identificati come lavoratori, con una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro. (4-09489)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, prevede una serie di norme volte a ridurre i costi della politica a carico delle regioni, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il contenimento della spesa pubblica;
   tra queste, vi è all'articolo 2 comma 1, lettera h), del sopra citato decreto-legge che prevede, pena la decurtazione dell'80 per cento dei trasferimenti erariali a favore delle regioni, diversi da quelli destinati al finanziamento del servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale, l'obbligo di definire «l'ammontare delle spese per il personale dei gruppi consiliari, secondo un parametro omogeneo, tenendo conto del numero dei consiglieri, delle dimensioni del territorio e dei modelli organizzativi di ciascuna regione»;
   la legge regionale siciliana 4 gennaio 2014, n. 1, recepisce parte delle indicazione volte a ridurre i costi della politica indicate nel sopra citato decreto-legge; in particolare, l'articolo 7, recante norme relative al «contributo in favore dei gruppi parlamentari per le spese del personale», stabilisce che «fatti salvi per la legislatura in corso i contratti in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, a decorrere dalla legislatura successiva, l'Assemblea regionale siciliana, secondo le modalità stabilite dalle disposizioni del proprio Regolamento interno, assegna annualmente a ciascun gruppo un contributo per le spese del personale utilizzato, in misura comunque non superiore all'importo determinato moltiplicando il numero dei deputati componenti del gruppo per il costo di un'unità di personale di categoria D, posizione economica D6, senza posizione organizzativa, compresi gli oneri a carico dell'ente»;
   tuttavia, l'articolo 74 della legge regionale siciliana 7 maggio 2015, n. 89, legge finanziaria regionale siciliana per il 2015, interpreta il citato articolo 7 della legge regionale siciliana 4 gennaio 2014, n. 1, secondo l'interrogante, in maniera del tutto anomala: tale articolo 7 non trova infatti «applicazione per i soggetti già regolamentati, alla data di entrata in vigore della citata legge regionale, da previgenti disposizioni emanate ai sensi del Regolamento interno dell'Assemblea regionale siciliana» ed amplia tale trattamento escludente anche ai soggetti con contratto in essere, già contrattualizzati presso i gruppi parlamentari alla data di entrata in vigore del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, a condizione che abbiano intrattenuto rapporti di lavoro con i gruppi parlamentari nella precedente legislatura;
   la norma interpretativa contenuta nell'articolo 74 della legge finanziaria regionale siciliana per il 2015 annulla di fatto gli effetti dell'articolo 7 della legge regionale siciliana 4 gennaio 2014, n. 1, vanificando ogni tentativo in atto nella regione siciliana di riduzione dei costi legati al contributo in favore dei gruppi parlamentari per le spese del personale;
   secondo l'interrogante, in questo modo, oltre a creare un danno economico in primo luogo all'Assemblea regionale siciliana che si deve fare carico del costo di questo personale e in senso più ampio alle finanze pubbliche regionali siciliane, viene completamente disatteso il principio della riduzione dei costi della politica a carico delle regioni contenuto nell'articolo 2 del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, e, più in particolare quanto ivi previsto al comma 1, lettera h), in merito al contenimento della spesa per il personale dei gruppi consiliari;
   non da ultimo, la mancata riduzione dei costi della politica regionale siciliana così come descritta sarebbe in palese contrasto con i principi contenuti nella stessa legislazione regionale, specificatamente nella legge regionale siciliana 4 gennaio 2014, n. 1;
   secondo l'interrogante, nel periodo di grave e perdurante crisi economica e sociale che il nostro Paese sta vivendo, la riduzione dei costi della politica dovrebbe costituire uno dei principali punti da perseguire per ridurre gli sprechi a carico delle finanze pubbliche –:
   se il commissario dello Stato per la regione siciliana abbia valutato la sussistenza dei presupposti per l'impugnazione dinanzi alla Corte costituzionale dell'articolo 74 della legge regionale siciliana 7 maggio 2015, n. 89. (4-09501)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei gironi scorsi è stata avvistata in prossimità del lido di Jesolo una chiazza oleosa presumibilmente di idrocarburi per una superficie di circa 300 metri;
   il sindaco ha emesso una ordinanza per divieto di balneazione lungo il tratto di arenile che va dalla torretta 23 a quella 25 dell'arenile presso piazza Torino;
   sul posto si sono recati capitaneria di porto, Arpav e vigili del fuoco, che hanno proceduto a porre in essere azioni per l'aspirazione della sostanza inquinante e le conseguenti analisi;
   si ipotizza uno sversamento provocato da qualche peschereccio o imbarcazione che sicuramente ha determinato danni ambientali e anche all'avvio della stagione turistica –:
   se il Ministro sia a conoscenza dell'episodio riportato in premessa e se e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di rafforzare il controllo del litorale in questione prevenendo simili episodi e salvaguardando l'ambiente e il turismo. (5-05821)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nella puntata del 7 giugno 2015, la trasmissione televisiva Report, in un'inchiesta del giornalista Giorgio Mottola, ha denunciato che lo Stato italiano importerebbe amianto dall'estero;
   secondo quanto riportato da un documento dell'ente minerario del Governo indiano, infatti, il nostro Paese nel 2012 sarebbe stato il maggiore importatore al mondo di questo materiale con oltre 2.000 tonnellate. L'amianto sarebbe tuttora utilizzato nell'edilizia sebbene sia stato ampiamente riconosciuto come nocivo e pericoloso per la salute;
   nel 2011, inoltre, l'Italia avrebbe importato dall'India 1.040 tonnellate di amianto;
   secondo quanto dichiarato dal presidente dell'Osservatorio nazionale dell'amianto (ONA), l'avvocato Ezio Bonanni, l'asbesto sarebbe ancora utilizzato in alcuni contesti del settore militare, edile e in alcune aziende chimiche;
   l'amianto sarebbe presente anche in alcuni elicotteri in uso dalla Guardia di finanza (ma secondo quanto riportato nel servizio anche agli altri corpi di sicurezza), gli AB412, A109, NH500 prodotti dalla Augusta Westland, l'azienda guidata da Daniele Romiti, partecipata di Finmeccanica, che fornisce elicotteri a tutti i Corpi armati dello Stato;
   nella sua inchiesta giornalistica Mottola ha intervistato anche il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, che si è detto ignaro del fatto che l'Italia ancora importi amianto, ma si è detto pronto e disponibile ad approfondire la questione;
   la società Finmeccanica, in una nota letta dalla conduttrice Milena Gabanelli in studio, ha dichiarato di avere, dal 1992 «adeguato la produzione alle prescrizioni di legge e aver consegnato elicotteri e ricambi privi di amianto» –:
   quale sia l'esito dell'approfondimento che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è impegnato a svolgere;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza del fatto che l'Italia continua ad importare ogni anno centinaia di tonnellate di amianto, nonostante nel nostro Paese sin dal 1992 viga una normativa secondo la quale è vietato utilizzare l'amianto sia per scopi civili che militari;
   se i Ministri interrogati non ritengano doveroso attivarsi per quanto di rispettiva competenza, al fine di far cessare questa ignobile attività commerciale e il perdurante utilizzo di un materiale che nuoce gravemente alla salute di chi vi entra in contatto;
   se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga, per quanto di competenza e in qualità di azionista principale di Finmeccanica, di intervenire affinché Augusta Westland cessi l'eventuale utilizzo dell'amianto nella produzione dei velivoli. (4-09498)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da venerdì nell'area ex Pozzi Ginori di Calvi Risorta, in provincia di Caserta, sono in corso degli scavi effettuati dai mezzi del Genio militare e coordinati dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere;
   tali operazioni sono legate al ritrovamento di quella che lo stesso comandante regionale del Corpo Forestale Sergio Costa ha definito «la discarica sotterranea più grande d'Europa»;
   si tratta di una discarica abusiva con un'estensione di circa 25 ettari e un volume di 2 milioni di metri cubi di rifiuti;
   in particolare sono già state individuate quattro buche nelle quali erano interrati fusti di solventi, ma secondo la forestale il cimitero di veleni è ben più vasto e infatti si continuerà a scavare;
   dieci persone, tra cui i proprietari del terreno, sono già state iscritte nel registro degli indagati;
   si tratta di una bomba ecologica pericolosissima, situata in un'area (l'alto casertano) che finora era stata considerata fuori dal pericolo collegato alla cosiddetta «Terra dei Fuochi»;
   gli interramenti, iniziati circa 30 anni fa, sono andati avanti fino a circa dodici anni fa;
   i vari strati di rifiuti sono stati negli anni ricoperti con strati di terra, così da evitare emissioni gassose che sarebbero state visibili;
   si tratta di rifiuti industriali (e quindi speciali), sulla cui pericolosità ci si potrà esprimere solo dopo le analisi del caso;
   secondo il direttore operativo del Consorzio Polieco in questo caso il disastro ambientale sarebbe opera non della criminalità organizzata, bensì di imprenditori esperti nell'interrare rifiuti e senza scrupoli;
   i fatti sono narrati, tra l'altro, anche dall'articolo pubblicato in data 15 giugno 2015 dall'edizione online del quotidiano «Il Mattino» con il titolo «Nell'area ex Pozzi Ginori a Calvi Risorta “la discarica sotterranea più grande d'Europa”»;
   ci si chiede come sia possibile che per quasi trent'anni sia stato compiuto uno scempio di proporzioni così ampie senza che nulla fosse scoperto –:
   quali iniziative abbiano intrapreso, per quanto di competenza, al fine di mettere immediatamente in sicurezza l'area coinvolta;
   se non ritengano doveroso, anche per il tramite del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, compiere un monitoraggio dell'area per verificare l'esistenza di altre discariche del genere. (4-09500)


   LOREFICE, SILVIA GIORDANO, GRILLO, MANTERO, DI VITA e BARONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   è in corso un'inchiesta, disposta dal procuratore di Ragusa e affidata alla polizia provinciale di Ragusa, per far luce sul funzionamento dell'impianto di depurazione di contrada Fiumara a Modica, in provincia di Ragusa, a seguito di denunce sul presunto sversamento di liquami non trattati nelle campagne circostanti, densamente urbanizzate, e nel torrente che da Modica sfoci in mare in territorio di Scicli;
   secondo le denunce e la documentazione fotografica diffusa a mezzo stampa da oltre 4 mesi il depuratore opera al limite della propria capacità e non riesce a depurare tutta l'acqua fognaria in arrivo, riversando quindi le eccedenze sul torrente Fiumara. I liquami pare vengano immessi nell'ambiente passando solo per una griglia di trattenimento, utile ad imbrigliare soltanto i corpi e gli oggetti più grossolani;
   tale circostanza, confermata dallo stesso sindaco di Modica in sede di consiglio comunale, si aggrava ulteriormente stando alle notizie secondo cui le acque non depurate sversate sul torrente vengono trattate con sostanze presumibilmente a base di cloro, con possibili ulteriori danni per l'ambiente;
   il problema sembrava essere stato risolto dall'amministrazione comunale attraverso il collocamento di due vasche a 300 metri dal depuratore, ma tale soluzione ha in realtà generato lo spostamento dello sversamento dei reflui da monte a valle della struttura, in mezzo al torrente tra la fitta vegetazione;
   sono stati stanziati in passato circa un milione e mezzo di euro per l'ammodernamento del depuratore in questione –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se non intenda promuovere, per quanto di competenza, un processo di riammodernamento dei depuratori siti nelle varie aree geografiche italiane ed in particolare siciliane, considerato che molti depuratori, tra quelli che non rientrano nelle procedure di infrazione dell'Unione europea, presentano le stesse condizioni di quello modicano;
   se non intenda assumere iniziative per stanziare ulteriori fondi da destinare all'ammodernamento dei depuratori desueti. (4-09502)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della bozza presentata alle organizzazioni sindacali concernente la ridefinizione degli organici di Palazzo Ducale di Mantova il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo valuterebbe la previsione di tagliare tredici custodi passando da 78 a 65;
   tale ridimensionamento inoltre riguarderebbe anche il personale amministrativo in quanto si alimentano voci di una ulteriore diminuzione di 10 unità da 32 a 22 anche se attualmente nella definizione di tale pianta organica è ricompresa la competenza sul resto del territorio;
   si tratta di una notizia che sorprende proprio nel momento in cui la Reggia sta attirando sempre più visitatori, anche a seguito dei lavori di consolidamento post terremoto e alla riapertura della Camera degli sposi;
   la struttura museale mantovana viene visitata annualmente da 220 mila persone e la presenza di eventi come Expo nonostante le criticità legate all'isolamento infrastrutturale sta facendo registrare un incremento di visitatori;
   l'inserimento di Palazzo Ducale tra i 20 complessi museali di rilevanza nazionale ha rappresentato un importante riconoscimento verso il polo museale mantovano che necessiterebbe di atti conseguenti;
   già ora su tre turni per carenza di personale di sorveglianza nei week end si registrano percorsi di visita ridotti;
   se tale intenzione dovesse essere confermata si rischierebbe un dannosissimo stop al rilancio culturale e turistico della città che ne verrebbe fortemente penalizzata –:
   se il Ministro interrogato non intenda rivedere tale proposta evitando la previsione di tagli al personale di sorveglianza e amministrativo e conseguentemente provvedere dopo la nomina del nuovo direttore ad un potenziamento della pianta organica come richiederebbe il nuovo status di museo di rilevanza nazionale. (5-05814)

Interrogazione a risposta scritta:


   MANNINO, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   lo statuto della regione siciliana, all'articolo 14, stabilisce che l'Assemblea regionale ha la legislazione esclusiva, tra le altre materie, su turismo, la vigilanza alberghiera e la tutela del paesaggio e conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
   con decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975 n. 637 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975) sono state dettate le norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichità e belle arti, stabilendo che «l'amministrazione regionale esercita nel territorio della regione tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato in materia di antichità, opere artistiche e musei, nonché di tutela del paesaggio»;
   con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, è stato stabilito che tutti gli atti previsti dalle leggi 1o giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497 – successivamente confluite nel codice dei beni culturali e del paesaggio – e da ogni altra disposizione comunque concernente le materie indicate al punto precedente sono adottati dall'amministrazione regionale, e che la stessa amministrazione ha l'obbligo di darne comunicazione bimestrale per conoscenza al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   rispondendo all'interrogazione presentata il 3 ottobre 2013 per avere notizie in merito all'effettiva trasmissione, da parte della regione siciliana, delle comunicazioni bimestrali previste dal citato decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, con specifico riferimento alle torri costiere presenti nell'isola, il Ministero ha precisato che «Nella comune pratica operativa la Direzione generale "Belle arti e paesaggio" non riceve le comunicazioni bimestrali ma, di volta in volta i singoli provvedimenti di tutela ai sensi degli articoli 12, 13 e 45 del Codice, emanati con decreto del dirigente generale del Dipartimento dei beni culturali e dell'identità siciliana, afferente all'Assessorato dei beni e dell'identità siciliana»;
   nella risposta soprarichiamata si dà conto della trasmissione, di volta in volta, di provvedimenti di tutela adottati in base agli articoli 12, 13 e 45 del codice, e dunque in base alle disposizioni contenute nella parte seconda del codice che, come è noto, si riferiscono ai beni culturali, senza fornire alcun chiarimento in merito agli atti adottati dalle strutture regionali competenti in base alle norme contenute nella parte terza del codice riferita ai cosiddetti «beni paesaggistici»;
   a giudizio degli interroganti, l'invio di volta in volta – e per forza di cose casuale degli atti adottati dalla regione siciliana rende, necessariamente, impossibile per il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo avere quella visione compiuta e d'insieme rispetto all'azione amministrativa condotta dalla medesima regione, che l'invio periodico e regolare delle comunicazioni bimestrali, previsto dal citato decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, garantirebbe;
   a giudizio degli stessi interroganti l'invio – di volta in volta – degli atti adottati in materia – di beni culturali, non può essere considerata né una prassi conforme alla lettera del decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, né una modalità operativa idonea a perseguire la finalità sottesa all'articolo 1 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, che è quella di consentire al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di monitorare e vigilare ex post – senza incidere sull'autonomia costituzionalmente protetta – sullo svolgimento, da parte della regione siciliana, dell'attuazione delle norme preposte alla tutela dei beni culturali e del paesaggio con riferimento all'arco temporale stabilito –:
   se, in che modo e con quale cadenza, la regione siciliana – in conformità a quanto stabilito dall'articolo 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975 – dia comunicazione degli atti adottati in base alle norme riferite alla tutela del paesaggio contenute nella parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio;
   se, e in che modo, ritenga necessario attivarsi affinché venga assicurata la piena applicazione dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975 attraverso la comunicazione, con la cadenza temporale stabilita, degli atti adottati dalla regione siciliana sulla base delle disposizioni vigenti in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio;
   se, e con quale tempistica – e coerentemente con l'ordine del giorno n. 149 accolto dal Governo in sede di conversione in legge del decreto 12 settembre 2014, n. 133, che impegnava lo stesso Governo ad assicurare la regolare pubblicazione in una sezione del sito web del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo delle comunicazioni bimestrali della – regione siciliana – ritenga possibile pubblicare, in un'apposita sezione del sito web del Ministero e in formato aperto, le comunicazioni trasmesse dalla regione siciliana in base all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975 richiamato nelle premesse. (4-09506)

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IV Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, RIZZO, TOFALO, PAOLO BERNINI e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Generale di Divisione dell'Esercito Paolo Gerometta, attuale direttore Generale di PERSOMIL (direzione generale per il personale militare), ricopre contemporaneamente anche l'incarico di Presidente della sezione esercito del COCER (Consiglio Centrale della Rappresentanza militare);
   il predetto doppio incarico ha indotto alcuni media a definire l'ufficiale in parola «Generale-Sindacalista», mettendo in discussione la molteplicità delle cariche ricoperte e la loro incompatibilità nell'ordinamento militare, a causa dell'evidente contrapposizione di ruoli e di funzioni;
   nell'ambito dell'amministrazione della difesa spetta a PERSOMIL il potere disciplinare e di determinazione del trattamento giuridico, economico e di avanzamento del personale militare, mentre spetta al COCER la funzione di rappresentanza e di tutela degli interessi del medesimo personale;
   appare alquanto inopportuno che il medesimo ufficiale possa ricoprire contemporaneamente due funzioni contrapposte tra loro, assumendo su di sé sia la difesa degli interessi dell'Amministrazione della Difesa che quelli, presumibilmente diversi, della Rappresentanza militare;
   già in passato, peraltro, il generale Gerometta aveva ricoperto contemporaneamente l'incarico di Capo del I reparto affari giuridici ed economici del personale presso SME e l'incarico di presidente della sezione Esercito del COCER;
   consta agli interroganti, inoltre, che la posizione del generale Gerometta non sia l'unico caso di potenziale conflitto di interessi nelle Forze armate;
   attualmente anche nell'ambito della Marina militare, infatti, risulta anomala la condizione del Contrammiraglio Pietro Luciano Ricca, contemporaneamente a capo del COCER Marina e del 1o reparto di SMM;
   è innegabile che l'attribuzione di due incarichi contrapposti tra loro in capo allo stesso ufficiale pregiudica la serenità, la trasparenza e la corretta amministrazione della difesa, oltre a ridimensionare la funzione di tutela del personale militare a cui è istituzionalmente preposto il COCER –:
   se il Ministro non ritenga opportuno, perdurando la presidenza del generale Gerometta al Cocer Esercito, di provvedere alla sostituzione dello stesso dalla direzione di PERSOMIL con altra persona non componente del Cocer. (5-05817)


   DURANTI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 gennaio 2014, con scadenza il 13 febbraio 2014, è stato bandito un «Concorso per esami e per titoli per il reclutamento di 342 allievi carabinieri effettivi in ferma quadriennale, riservato, ai sensi dell'articolo 2201, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze Armate in ferma prefissata di un anno raffermati ovvero in congedo e, ai sensi del decreto legislativo 21 gennaio 2011, n. 11 ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo»;
   a seguito del normale iter concorsuale, in data 9 settembre 2014, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, con avviso su sito «www.carabinieri.it» ha comunicato l'approvazione della graduatoria finale di merito aumentando i posti disponibili da 342 a 532;
   complessivamente, in seguito alla valutazione concorsuale, il totale degli idonei è stato di 606. Di conseguenza sono stati 74 gli idonei non prescelti;
   in base a quanto previsto dalla «legge del 30 ottobre, n. 125 (Gazzetta Ufficiale n. 255 del 30 ottobre 2013) Conversione in legge del decreto 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle Pubbliche Amministrazioni», gli idonei non prescelti dovrebbero essere incorporati in caso di nuovo bando di concorso, così come già avvenuto per gli idonei non vincitori del concorso per 1886 allievi carabinieri del 2012;
   in data 25 aprile 2015, con scadenza 25 maggio 2015, è stato bandito il «Concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di 602 allievi Carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze Armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo e, ai sensi del decreto legislativo 21 gennaio 2011, n. 11, ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo»;
   il limite di età per l'accesso al concorso del 2014 era fissato a 30 anni, mentre per il concorso bandito il 25 aprile 2015, suddetto limite è stato portato a 28 anni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e come intenda rispettare il diritto degli allievi idonei non prescelti nel concorso del 15 gennaio 2014 ad essere incorporati fra i vincitori del concorso in atto, anche derogando per loro il limite di età di 28 anni inserito con il nuovo concorso. (5-05818)


   ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   durante la riunione dei ministri della Difesa della NATO tenutasi a Bruxelles il 5 febbraio è stato deciso, nell'ambito della crisi in corso in Ucraina, un forte rafforzamento del dispositivo militare schierato ai confini orientali dell'Alleanza;
   tale rafforzamento comprende di portare da 13.000 a ben 30.000 gli effettivi della NATO Response Force (NRF) che sarà guidata a rotazione da Germania, Italia, Francia, Gran Bretagna, Polonia e Spagna, definite «nazioni framework»;
   i dettagli tecnici per l'ampliamento della NRF saranno definiti dal Comando NATO di Bruxelles entro il prossimo mese di giugno, mentre la piena operatività della NRF rafforzata sarà raggiunta dopo il vertice NATO di Varsavia previsto per il giugno 2016;
   tra le misure di rafforzamento della NRF è stata decisa la creazione di una forza d'intervento rapido capace di essere schierata in sole 48 ore e denominata Very High Readiness Joint Task Force (VJTF);
   la VJTF sarà composta da circa 5.000 militari, incentrata su una brigata composta da 5 battaglioni di manovra e supportata da forze aeree e navali;
   in caso di crisi maggiori la VJTF potrà essere rafforzata da ulteriori due brigate con capacità di dispiegamento rapido;
   la VJTF sarà una forza multinazionale, ma il suo corpo principale sarà fornito dalla «nazione framework» che in quel momento, in base alla rotazione annuale, avrà il comando della NRF;
   durante l'anno precedente l'attivazione come VJTF ciascuna brigata sarà impegnata nella necessaria attività addestrativa e di certificazione, pur rimanendo dispiegabile in caso di necessità; nell'anno successivo alla sua attivazione la brigata resterà in riserva per un eventuale rinforzo della brigata VJTF attiva in quel momento, pur restando impiegabile per altri scopi in caso di necessità;
   la VJTF potrà contare su sei comandi denominati NATO Force Integration Unit (NFIU) che saranno costituiti rispettivamente in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania e destinati ad «accogliere» la VJTF in caso di attivazione e gestirne il dispiegamento;
   come spiegato dal Segretario Generale della NATO, Jens Stoltenberg, i NFIU «assicureranno che le forze nazionali e NATO, ovunque si trovino, possano agire subito», «essi renderanno ancora più rapidi i dispiegamenti, supporteranno la difesa collettiva e aiuteranno a coordinare l'addestramento e le esercitazioni»;
   i NFIU saranno costituiti per metà da personale del paese ospite e per l'altra metà da personale NATO;
   il primo paese a guidare la VJTF sarà la Spagna nel 2016 e la prima VJTF sarà composta da una brigata spagnola rafforzata da battaglioni di altri Paesi della NATO;
   il comando della prima VJTF sarà assegnato al NATO Rapid Deployable Corps spagnolo di Bétera (Valencia);
   il NATO Rapid Deployable Corps italiano (NRDC-IT) di Solbiate Olona ha ottenuto la certificazione NATO con l'esercitazione Trident Jaguar 2015 che si è tenuta il 27 aprile 2015 presso il NATO Joint Warfare Centre di Stavanger, in Norvegia;
   tra luglio 2015 e giugno 2016 il NRDC-IT sarà in stand-by quale Land Component Command per le eventuali esigenze di intervento rapido della NATO;
   per il 2018 è previsto l'ampliamento e la riorganizzazione del NRDC-IT in Joint Task Force Headquarters, cioè in un Comando Operativo Interforze in grado di gestire operazioni complesse, sincronizzando le attività della componente terrestre, con quelle navale e aerea;
   l'Italia assumerà il comando della VJTF nel 2018 e, dunque, dovrebbe impiegare il comando NRDC-IT di Solbiate Olona;
   tra il 4 e il 5 marzo 2015 si è tenuta in Germania la prima esercitazione della VJTF che ha coinvolto il 1o corpo tedesco-olandese, l'unità terrestre della NRF in standby nel 2015 e che agisce anche quale VJTF ad interim, convalidando le procedure di allerta e i preparativi per il dispiegamento rapido;
   tra il 7 e il 10 aprile si è tenuta nei Paesi Bassi e nella Repubblica Ceca la prima parte dell'esercitazione Noble Jump 2015, incentrata sulla preparazione dell'attivazione rapida della VJTF con particolare riguardo agli aeroporti e ai punti d'imbarco, attività che ha coinvolto oltre 1500 militari di 11 nazioni (Germania, Polonia, Norvegia, Danimarca, Ungheria, Lituania, Croazia, Portogallo e Slovenia);
   attualmente è in corso (dal 9 al 19 giugno) la seconda parte dell'esercitazione Noble Jump 2015 che ha visto il dispiegamento a Zagan, in Polonia, di oltre 2.100 militari provenienti da nove Paesi (Belgio, Repubblica Ceca, Germania, Lituania, Olanda, Polonia, Ungheria e Stati Uniti e Norvegia) per la simulazione della risposta rapida all’escalation militare di una crisi;
   tra il 1o ottobre e il 6 novembre 2015 si terrà la grande esercitazione Trident Juncture 2015 che avrà luogo in diverse località di Italia, Portogallo e Spagna e coinvolgerà oltre 25.000 militari;
   la Trident Juncture 2015 consentirà di convalidare il concetto operativo della VJTF nell'ambito della NRF e permetterà di testare in particolare gli aspetti di comando e controllo, interoperabilità, comunicazione strategica, intelligence e sostenibilità logistica della VJTF;
   l'esercitazione Trident Juncture 2015 consentirà di certificare IOC (Initial operational capability) della VJTF a partire dal 2016;
   nel 2016 sarà effettuata una ulteriore grande esercitazione che porterà alla certificazione della Full operational capability della VJTF a partire dal 2017;
   nel 2018, dunque, l'Italia si troverà a guidare una forza di reazione rapida pienamente operativa e impiegabile in scenari di crisi reali –:
   come si concretizzerà il contributo italiano alla NRF rinforzata e, in particolare, alla VJTF, quali componenti delle Forze Armate saranno coinvolte e come sarà finanziato questo nuovo sforzo militare. (5-05819)


   SCANU, BOLOGNESI, CARLO GALLI, GIUDITTA PINI, DE MARIA, LENZI, FABBRI, ZAMPA e MONTRONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   i comuni di Anzola dell'Emilia, Crespellano e Zola Predosa, in provincia di Bologna, nel cui territorio si trova la ex polveriera Madonna dei Prati di Ponte Ronca non più utilizzata dal Ministero della difesa, hanno da tempo destinato tale area nei loro Piani urbanistici a valorizzazione e tutela ambientale;
   fin dal 1999 i comuni interessati hanno cercato di individuare una serie di azioni per renderla fruibile alla cittadinanza auspicando anche adeguate recinzioni dell'intera zona;
   come condizione preliminare per lo sviluppo del progetto, le amministrazioni comunali coinvolte avevano espressamente richiesto al Ministero della difesa di stralciare l'area dal piano dei beni pubblici alienabili e di trasferirne la proprietà dal demanio militare a quello forestale dello Stato, come già avvenuto per circa 3 ettari, per completare la messa in disponibilità all'uso pubblico dell'intera area;
   nel giugno 2006 si tenne un incontro convocato dal comandante della Brigata aeromobile Friuli, con i rappresentanti dei comuni e dei Ministeri interessati, per riprendere il percorso che si era nel frattempo interrotto;
   l'area è stata successivamente inserita, con la denominazione «Deposito munizioni – Anzola dell'Emilia», nel secondo elenco di beni che, in base alla legge finanziaria per il 2007, sono passati dal Ministero della difesa all'Agenzia del demanio con il decreto ministeriale 25 luglio 2007 –:
   se il Ministro intenda rendere noto un cronoprogramma in cui risultino indicati i tempi necessari a concludere tutte le operazioni necessarie per rendere possibile la consegna ai comuni delle aree rese di volta in volta disponibili. (5-05820)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PIRAS, DURANTI, RICCIATTI e QUARANTA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 104 del 1990 prevede che ai comuni nel cui territorio sono presenti aree appartenenti allo Stato, in uso all'amministrazione militare e destinate a poligoni addestrativi di tiro, è corrisposto un contributo annuo rapportato al reddito dominicale e agrario medio delle aree confinanti con quelle su cui insistono i poligoni di tiro, rivalutato secondo i coefficienti stabiliti ai fini dell'imposizione sul reddito;
   lo stesso articolo 4 del decreto-legge n. 104 del 1990 prevede al comma 2 che «Alle regioni maggiormente oberate dai vincoli e dalle attività militari, comprese la dimostrazione e la sperimentazione di sistemi d'arma, individuate ogni quinquennio con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della difesa, lo Stato corrisponde un contributo annuo da destinarsi alla realizzazione di opere pubbliche e servizi sociali nei comuni nei quali le esigenze militari, compresi particolari tipi di insediamenti, incidono maggiormente sull'uso del territorio e sui programmi di sviluppo economico e sociale»;
   alla regione Sardegna, è stata destinata la cifra di 15.135.769,00 relativa al quinquennio 2005/2009, come certificata dalla delibera n. 12/33 del 20 marzo 2012 della giunta regionale;
   nel caso del Comune di Arbus, è stata riconosciuta la cifra di 1.424.303,84 deliberata della giunta municipale il 19 aprile 2012 con delibera n. 177 relativa al quinquennio 2005/2009;
   nel giugno 2015, risultano quindi pagati gli indennizzi relativi al quinquennio 2005/2009, con un ritardo nel pagamento ai comuni della Sardegna di circa 6 annualità, relativamente al periodo che va dal 2009 al 2015;
   il contributo degli indennizzi è corrisposto alle singole regioni sulla base della incidenza dei vincoli e delle attività di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 104 del 1990, determinata secondo parametri da stabilirsi con decreto del Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le regioni interessate;
   dalla delibera della giunta regionale della Sardegna n. 12/33 del 20 marzo 2012, a distanza di più di 3 anni, non risultano presenti altri atti ministeriali o regionali in merito al pagamento della annualità di indennizzi alle comunità sottoposte a servitù militari;
   tali misure sono destinate alla realizzazione di opere pubbliche e servizi sociali nei comuni nei quali le esigenze militari, compresi particolari tipi di insediamenti, incidono maggiormente nell'uso del territorio e sui programmi di sviluppo economico e sociale –:
   per quali motivazioni, al giugno 2015 gli ultimi contributi di indennizzo sulle servitù militari versati alla regione Sardegna e di conseguenza ai comuni sardi risultino relativi al quinquennio 2005/2009;
   se non ritenga di dover procedere nel tempo più immediato a decretare il pagamento degli indennizzi relativi alle servitù militari per la regione Sardegna e i comuni interessati riguardanti il quinquennio 2010/2015, riconoscendo alla regione Sardegna e alle comunità interessate ciò che spetta per legge, come disposto dalla legge n. 104 del 1990. (5-05822)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASILIO, FRUSONE, PAOLO BERNINI, BARONI, DALL'OSSO, RIZZO, CORDA, ALBERTI, TOFALO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, COMINARDI, DE ROSA, BUSTO e SORIAL. — Al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 16 aprile del 1999, durante la guerra dei Balcani, un velivolo militare americano F-15 Eagle diretto a Ghedi, al fine di alleggerire il carico di esplosivi presenti a bordo, sganciò taluni di essi all'interno del lago di Garda e, precisamente, nello specchio d'acqua antistante i territori tra Bardolino e Torri del Benaco;
   secondo quanto riportò la stampa, sei ordigni, quattro di tipo BLU a grappolo, e due di tipo GBU Paveway a guida laser vennero sganciati nel lago; stando ai comunicati diffusi dal comando delle operazioni le bombe, prima di essere sganciate, sarebbero state disattivate dal pilota, per poi inabissarsi all'interno delle acque del lago, a poche centinaia di metri dalla famosa spiaggia della «Cartiera», rinomata meta turistica del Garda;
   come dichiarato già all'epoca dell'accaduto dall'allora sindaco di Toscolano Maderno, Paolo Elena, il lago di Garda è pieno di ordigni bellici, taluni risalenti alla seconda guerra mondiale, altri più recenti, che nessuno si è mai preoccupato di rimuovere;
   le iniziative dirette alla rimozione delle sei bombe presenti sui fondali del Garda vennero preannunciate dall'allora portavoce della NATO, Generale Giuseppe Marani, ma a tali proclami non ha fatto seguito alcuna operazione concreta;
   ad oggi, a distanza di circa 16 anni dall'accaduto, non risulta che gli ordigni in parola siano stati rimossi dai fondali del lago, con grave rischio sia per l'incolumità dei pescatori sia per l'inquinamento dell'ambiente e dei territori circostanti;
   oltre alla possibilità di un'esplosione accidentale delle armi a causa dell'erosione dei materiali o a seguito di violenti impatti, consta agli interroganti la possibile presenza di uranio impoverito negli ordigni presenti nelle acque del lago di Garda, ipotesi la cui conferma rappresenterebbe un gravissimo caso di inquinamento ambientale ed una notevole minaccia per la salute dei cittadini;
   il lago di Garda costituisce una delle aree paesaggistiche e naturalistiche più affascinanti d'Italia e tali episodi, oltre alle notevoli ripercussioni sul piano ambientale, rischiano di compromettere anche la tradizionale vocazione turistica delle località lacustri –:
   quali siano i risultati emersi dalle ricerche condotte dai sommozzatori della marina Militare rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se sia stato previsto un piano per la rimozione, in tempi celeri, degli ordigni bellici presenti sui fondali del lago di Garda e se gli stessi possano essere oggetto di esplosione in casi particolari;
   quali siano i risultati scientifici emersi rispetto alla possibile presenza di uranio impoverito nella composizione delle predette bombe;
   se, accertata la pericolosità degli ordigni per l'ambiente e per la salute dei cittadini, previa «mappatura» delle aree interessate dalla presenza di residuati bellici ed altri materiali nocivi, sia possibile prevedere un programma di bonifica dei territori interessati, finalizzato a ristabilirne la condizioni originarie. (4-09504)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013) all'articolo 1, comma 586, al fine di contrastare l'erogazione di indebiti rimborsi di imposte dirette a favore di tutte le persone fisiche che hanno presentato il modello 730, prevede che l'Agenzia delle entrate, entro il mese di dicembre (oppure entro sei mesi dalla data della trasmissione del modello, se questa è successiva alla scadenza del 30 giugno), effettui dei controlli preventivi, anche documentali, sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni dei redditi;
   contestualmente al debutto del nuovo Modello 730 cosiddetto «Precompilato» sono stati introdotti per i suddetti rimborsi differenti tipologie di controllo, a seconda se lo stesso modello sia stato accettato e presentato senza modifiche, direttamente dal contribuente, o, viceversa, sia stato presentato, con o senza modifiche, per il tramite di un CAF o di un professionista abilitato; solo in quest'ultimo caso, infatti, sarà possibile ottenere il rimborso fiscale previe apposite verifiche dell'amministrazione finanziaria;
   a seguito della forte indeterminatezza della nuova previsione normativa, che al successivo comma 587 dell'articolo 1 della medesima legge n. 147 del 2013, non impegnava l'Agenzia delle entrate a rispettare alcun termine per erogare il rimborso dovuto, con inevitabili e forti ritardi nell'erogazione dei rimborsi spettanti ai cittadini, la Commissione finanze, ha approvato all'unanimità una risoluzione (n. 7-00282) che, sottolineando il rischio di incostituzionalità della misura e riportando un pronunciamento della Consulta relativo al principio secondo cui «devono essere stabiliti tempi certi nei rapporti tra amministrazione finanziaria e cittadini», impegnava il Governo a stabilire un termine certo di sei mesi entro cui l'Agenzia delle entrate potrà comunicare al sostituto d'imposta di non procedere al rimborso, prevedendo che, in assenza della suddetta comunicazione da parte della stessa Agenzia, i sostituti d'imposta sono autorizzati a procedere al rimborso;
   successivamente, il comma 726 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), ha fissato un termine preciso per il suddetto rimborso, stabilendo che lo stesso dovrà essere effettuato «non oltre il settimo mese successivo alla scadenza dei termini previsti per la trasmissione della dichiarazione ... ovvero alla data della trasmissione della dichiarazione, ove questa sia successiva alla scadenza di detti termini», ossia, con riferimento all'anno d'imposta 2014, entro il 28 febbraio 2016 ed il 10 giugno 2016 per i 730 integrativi, considerato che, secondo quanto stabilito dal decreto legislativo n. 175 del 2014 sulle semplificazioni fiscali il nuovo termine per la trasmissione del 730 è stato prorogato al 7 luglio di ciascun anno;
   secondo quanto dichiarato con un comunicato stampa dalla stessa Agenzia delle entrate, si tratterebbe di un riscontro che riguarderà una platea molto ristretta di contribuenti, pari a circa 100 mila persone, ossia meno dello 0,5 per cento dei 18 milioni di contribuenti che presentano il modello 730 (pari a meno dell'1 per cento di chi ridiede un rimborso attraverso il modello 730) –:
   quale sia, ad oltre un anno e mezzo di operatività della suddetta nuova disposizione, l'esatto numero delle posizioni di contribuenti coinvolte nelle verifiche, se le stesse siano state evase entro i termini prescritti, e quali siano le tipologie di detrazione che hanno generato i relativi eccessi di rimborso. (5-05823)


   CAUSI e VICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio superiore della Banca d'Italia ha di recente deliberato un piano di riassetto della rete territoriale, da attuarsi nei prossimi tre anni, che prevederebbe la chiusura di 3 divisioni distaccate di vigilanza e la chiusura di 19 filiali; tale delibera, adottata il 30 marzo 2015, è ora all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze;
   nel 2008, l'articolazione territoriale della Banca d'Italia era stata oggetto di una radicale ristrutturazione fortemente voluta dall'allora Governatore Mario Draghi; quella ristrutturazione comportò, da un lato, una riduzione in tempi rapidissimi della numerosità complessiva delle filiali nell'ordine del 40 per cento e, dall'altro, un impegno prospettico di potenziamento delle filiali rimaste in attività; negli anni successivi e, in particolare, durante il Governatorato di Ignazio Visco gli impegni non sono stati, però, mantenuti: si è, così, scelto di non procedere al potenziamento di alcune filiali provinciali rimaste in attività, provocandone, invece, un progressivo ridimensionamento operativo, con grave nocumento per i territori di riferimento;
   dopo il «dimagrimento» avvenuto negli scorsi anni in Puglia e in Basilicata, il progetto riguarderebbe, ora, il definitivo venir meno della filiale di Taranto; ciò dopo che – in un'area assai vasta e popolosa attorno al capoluogo jonico, un'area che parte dalla costa adriatica e abbraccia l'intero Golfo di Taranto, giungendo a ricomprendervi parte della Calabria – sono già venuti meno i presidi, a est, di Brindisi e, a ovest, di Matera;
   sarebbe grave, per il Paese nel suo insieme, rassegnarsi al ridimensionamento del ruolo pubblico della Banca d'Italia, la cui presenza diffusa sul territorio costituisce un imprescindibile riferimento per tutte le realtà economiche e finanziarie dello stesso: basti pensare al ruolo cruciale della Banca d'Italia in ordine alla «gestione del contante» (esito e introito delle banconote in tutti i diversi tagli presso tutte le filiali), alla fornitura di servizi di qualità e al presidio di legalità che la Banca d'Italia ha sempre assicurato;
   ulteriori e drammatiche preoccupazioni si affacciano, ove si consideri la peculiarità della città di Taranto e del territorio circostante, con riferimento alle dimensioni, cruciali, proprio a detta della Banca d'Italia, per procedere alla definizione della nuova articolazione territoriale; tali dimensioni, rilevanti per il rafforzamento solo di alcune filiali provinciali, sono state esplicitate in un documento della stessa Banca dello scorso mese di marzo 2015, nel quale si sostiene l'esigenza di tener «conto delle caratteristiche geografiche, demografiche ed economiche del territorio di riferimento (superficie, popolazione, PIL)»;
   nella città di Taranto e nella provincia vivono 600.000 persone (oltre 1 milione ricomprendendovi parte dei territori di Brindisi, Matera e la zona jonica della Calabria); su tale territorio insistono grandi insediamenti industriali, militari, nonché una delle più importanti realtà portuali del Paese; l'economia di tale area è pesantemente condizionata dall'azione di gruppi criminali organizzati, specializzati, soprattutto, nell'usura e nelle estorsioni alle attività commerciali;
   sarebbe necessario, anche alla luce di queste considerazioni, che siano riassegnate alla sede di Taranto della Banca d'Italia la gestione del contante (esito ed introito delle banconote in tutti i diversi tagli) e gli adeguati controlli da parte dell'operatore pubblico in presenza degli ingenti flussi finanziari derivanti –:
   quali iniziative intenda assumere, ferma restando l'autonomia della Banca d'Italia, affinché la filiale della Banca d'Italia di Taranto – per le caratteristiche geografiche, demografiche ed economiche del territorio di riferimento descritte in premessa – sia salvaguardata, evitando la paventata soppressione della stessa che arrecherebbe gravi disagi al personale dipendente e, in rilevante misura, alla città e alla sua comunità. (5-05824)


   BUSIN. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a quanto risulta da comunicazioni sindacali inviate in questi giorni ai diretti interessati, ai dirigenti ed ex incaricati di funzioni dirigenziali dell'Agenzia delle entrate, in attesa che si rendano disponibili le somme del comma 165 per la sottoscrizione dell'accordo sul saldo dell'indennità di risultato per l'anno 2013, con il cedolino dello stipendio del mese di maggio è stato corrisposto un 2o acconto a valere sul medesimo fondo, mentre su quello del mese di giugno sarà erogato il 1o acconto dell'indennità di risultato anno 2014. Tali acconti sono calcolati in misura pari al 20 per cento della retribuzione di posizione collegata alla funzione dirigenziale rivestita;
   visto che la sentenza della Corte Costituzionale n. 37/2015 ha dichiarato l'incostituzionalità delle norme che hanno introdotto e reiterato nelle Agenzie fiscali, in questi ultimi anni, gli incarichi dirigenziali assegnati sine titulo, in quanto contrastanti con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, secondo cui è possibile l'accesso ai pubblici uffici soltanto mediante concorso;
   la norma impugnata consentiva invece a funzionari privi della relativa qualifica, di essere destinatari, senza aver superato un pubblico concorso, di incarichi dirigenziali, con retribuzioni e premi superiori a quelli in realtà corrispondenti alla qualifica rivestita;
   dunque gli incarichi in parola sono risultati contrari a inderogabili principi costituzionali e la citata sentenza della Consulta ha rappresentato un chiaro monito a che questa situazione finisca;
   la pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge comporta che la norma dichiarata costituzionalmente illegittima debba essere disapplicata con effetti ex tunc, comportando la caducazione degli effetti e dei rapporti ancora in corso di svolgimento, e dato che l'efficacia retroattiva della dichiarazione di illegittimità costituzionale è giustificata dalla stessa eliminazione della norma, che non può più regolare alcun rapporto giuridico;
   le sentenze di accoglimento della Corte costituzionale sono definite come una species di ius superveniens retroattivo e annoverate tra le fonti del diritto;
   la retroattività delle sentenze pronunciate dalla Corte costituzionale trova il suo naturale limite solo nella intangibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici ormai esauriti in epoca precedente alla decisione della Corte, ma si applica sicuramente ai rapporti non ancora costituiti o in corso di perfezionamento, tra cui senz'altro l'erogazione di acconti e premi relativi ad incarichi già dichiarati illegittimamente assegnati;
   come evidenziato anche dal presidente dell'Anac, con il Comunicato del Presidente del 14 maggio 2015, il soggetto che conferisce un incarico dirigenziale nullo risulta pienamente responsabile per il danno erariale rilevabile, anche sotto il profilo risarcitorio nei confronti dell'amministrazione, e la nullità dell'incarico comporta ovviamente l'immediata cessazione dallo stesso del soggetto nominato, determinando una condizione di rischio grave per gli atti eventualmente adottati dal medesimo soggetto nel frattempo;
   come paventato dalla citata Autorità anticorruzione, l'Agenzia delle entrate, dando incarico di dirigenti a funzionari non in possesso della qualifica relativa e senza concorso, non solo ha violato principi elementari ed inderogabili della Costituzione, ma ha in effetti anche messo a rischio la validità degli atti firmati dai dirigenti illegittimi, come confermato dalle numerose sentenze di Commissioni di merito fino ad oggi emesse, con conseguente responsabilità erariale, nella denegata ipotesi in cui tali pronunce dovessero trovare conferma in sentenze passate in giudicato, senza trascurare l'immane danno all'immagine subito;
   il pagamento di premi da dirigenti a funzionari che la Corte Costituzionale ha già dichiarato non essere dirigenti e dunque non aver diritto alle maggiori retribuzioni ed indennità, in un contesto già grave di rilevanti profili di responsabilità erariale, rappresenta:
    a) un ennesimo eccesso di potere, al di fuori delle ipotesi tassativamente previste dalla legge, con ulteriore e ancor più grave danno da responsabilità erariale;
    b) una chiara violazione e aggiramento della sentenza della Consulta, i cui effetti riguardano senza dubbio ogni corresponsione successiva alla sua entrata in vigore;
    c) un fatto ancor più grave in un contesto in cui invece la gran parte dei dipendenti della stessa Agenzia, con qualifica uguale o addirittura superiore a quella degli stessi ex incaricati, e già danneggiati negli anni dal censurato ed illegittimo sistema di selezione della classe dirigente, riceve premi di gran lunga inferiori, con dunque grave violazione degli inderogabili principi costituzionali di buona amministrazione ed uguaglianza –:
   se in qualità di responsabile, per Convenzione, del controllo delle Agenzie fiscali, compreso il rispetto delle leggi, delle sentenze della Corte Costituzionale e del buon ed imparziale andamento dell'amministrazione, non intenda, laddove tale circostanza fosse confermata, far interrompere immediatamente tali illegittime corresponsioni e, laddove già erogate, effettuare le dovute segnalazioni agli organi competenti. (5-05825)


   RUOCCO, PESCO, ALBERTI, VILLAROSA, PISANO e FICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, introduce, a decorrere dal 1o ottobre 2014, ulteriori obblighi di utilizzo dei sistemi telematici per la presentazione delle deleghe di pagamento F24;
   in particolare, è previsto che: «fermi restando i limiti già previsti da altre disposizioni vigenti in materia, i versamenti di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, sono eseguiti: a) esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate, nel caso in cui, per effetto delle compensazioni effettuate, il saldo finale sia di importo pari a zero; b) esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui siano effettuate delle compensazioni e il saldo finale sia di importo positivo; c) esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate e dagli intermediari della riscossione convenzionati con la stessa, nel caso in cui il saldo finale sia di importo superiore a mille euro.»;
   all'interno delle misure previste, emerge la disposizione relativa alle deleghe f24 a zero, tramite le quali i contribuenti estinguono i debiti tributari compensandoli interamente con i crediti tributari da essi vantati. A decorrere dal 1o ottobre 2014, tali f24 potranno essere presentati esclusivamente mediante i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate («F24 web» o «F24 online») attraverso i canali telematici Fisconline o Entratel. Il contribuente potrà effettuare le operazioni in commento direttamente, registrandosi alle suddette procedure telematiche, oppure per il tramite di un intermediario abilitato che può trasmettere telematicamente le deleghe F24 in nome e per conto degli assistiti avvalendosi del servizio «F24 cumulativo», e del servizio «F24 addebito unico»;
   viene meno, dunque, per le deleghe F24 a zero, la possibilità, in precedenza contemplata, di effettuare l'operazione tramite i comodi servizi di home banking messi a disposizione dagli istituti di credito convenzionati;
   la registrazione diretta dei contribuenti ai servizi telematici Fisconline ed Entratel, e il loro utilizzo comportano maggiori complessità rispetto all'uso dell’home banking — ormai ampiamente diffuso tra la cittadinanza per la possibilità di effettuare comodamente in remoto altre operazioni come bonifici, ricariche telefoniche, pagamento di utenze, e altro — soprattutto per i contribuenti meno avvezzi all'uso delle moderne tecnologie;
   il ricorso agli intermediari abilitati, in alternativa all'uso diretto dei servizi telematici dell'Agenzia delle Entrate, prevede di norma un costo per il contribuente con conseguente aumento dei costi di compliance;
   l'articolo 8 comma 1 della legge 27 luglio 2000 n. 212, nota come «Statuto del contribuente», prevede espressamente che l'obbligazione tributaria possa essere estinta tramite modalità compensative;
   sarebbe opportuno consentire un numero maggiore di opzioni per l'effettuazione delle compensazioni con delega f24 avente saldo finale pari a zero, soprattutto per quelle di modesto importo –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative finalizzate a reintrodurre la possibilità per i contribuenti di avvalersi dell’home banking per le compensazioni con delega f24 avente saldo finale pari a zero, o altre modalità semplificate di estinzione dell'obbligazione tributaria. (5-05826)


   SOTTANELLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   dopo il forte impatto sui bilanci dello Stato causato dalla recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco dell'adeguamento all'inflazione di oltre cinque milioni di pensioni, un altro grave effetto sui conti pubblici rischia di avere un'altra decisione della Consulta intervenuta su un delicato tema che si trascina oramai da anni, quello delle sigarette elettroniche;
   la Corte Costituzionale, confermando quanto già sentenziato dal TAR del Lazio prima e dal Consiglio di Stato poi, ha infatti dichiarato illegittima la tassa sulle e-cig istituita con decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 99;
   in particolare, il citato provvedimento ha previsto un'imposta di consumo del 58,5 per cento sia sui dispositivi, e relative parti di cambio, sia sui liquidi, equiparando di fatto le sigarette elettroniche a quelle tradizionali, con la conseguente applicazione dello stesso livello impositivo su liquidi (con e senza nicotina) e hardware, e la stessa tipologia di regole (depositi fiscali, autorizzazione, regime tariffario dei prezzi);
   già il 29 aprile 2014 il TAR Lazio, con ordinanza n. 4510, ha sospeso i relativi decreti attuativi, a seguito del ricorso presentato dalle aziende aderenti ad ANAFE Confindustria nel tentativo di ristabilire una «giustizia impositiva», vista anche l'impossibilità di operare nel mercato causata dai Tardivi – come confermato anche dalla Corte dei conti in una lettera indirizzata al Ministro dell'economia e delle finanze il 3 dicembre 2013 in relazione al decreto ministeriale applicativo della legge, n. 99 del 2013 – e mal scritti provvedimenti dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
   i profili richiamati dal TAR sono stati confermati dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto contrario all'articolo 3 della Costituzione e «del tutto irragionevole, l'estensione, operata dalla disposizione censurata, del regime amministrativo e tributario proprio dei tabacchi anche al commercio di liquidi aromatizzati e di dispositivi per il relativo consumo, i quali non possono essere succedanei del tabacco»;
   a parere della Consulta, inoltre, la norma bocciata «affida ad una valutazione, soggettiva ed empirica l'individuazione della base imponibile e nemmeno offre elementi dai quali ricavare, anche in via indiretta, i criteri e i limiti volti a circoscrivere la discrezionalità amministrativa nella definizione del tributo», in aperta violazione dell'articolo 23 della Costituzione e a discapito anche del diritto di libera iniziativa economica, posto che gli operatori di settore si sono sempre trovati nell'impossibilità di pianificare correttamente i propri investimenti;
   la dura sentenza della Corte costituzionale, oltre a provocare un buco da 117 milioni nelle Casse dello Stato per il 2014, avrà pesanti ripercussioni anche sul recente decreto legislativo 15 dicembre 2014, n. 188, che, per quanto riguarda i «prodotti da inalazione senza combustione costituiti da sostanze liquide, contenenti o meno nicotina», ha previsto di determinare la tassa in base a un sistema di equivalenza con le sigarette (con uno sconto del 50 per cento, sull'accisa dei tabacchi lavorati), a cui è seguita la determina dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli che ha equiparato «un'unità di prodotto liquido da inalazione, pari a 1 milione, al consumo di 5,63 sigarette convenzionali» sulla base di arbitrarie modifiche dovute – per ammissione stessa dell'ADM – al fatto che la norma ISO 3308/2012, prevista dalla legge ai fini del calcolo dell'equivalenza, non risulta in alcun modo applicabile omogeneamente a sigarette tradizionali e sigarette elettroniche;
   in base a tale «equivalenza» è stata stabilita la nuova imposta di consumo di 0,37344 euro per millilitro di liquido, pari a 3,73 euro più IVA a ricarica, con un insostenibile impatto tra il 100 per cento, e il 150 per cento sui prezzi al pubblico, e del 300 per cento su quelli all'ingrosso;
   come prevedibile, tale livello di imposizione fiscale, oltre ad aver registrato forti ripercussioni negative sugli operatori di settore e in particolare sulle aziende produttrici di liquidi da inalazione adeguatesi alla legge, che hanno registrato un calo delle vendite nazionali di oltre il 70 per cento nei primi cinque mesi dell'anno in un mercato invece in pieno boom in europa e in crescita di oltre il 20 per cento in Italia, ha spinto i consumatori ad approvvigionarsi da aziende e siti esteri, che vendono liberamente in Italia nonostante l'obbligo di nominare un rappresentante fiscale (ma non esiste obbligo senza sanzione) e senza quindi versare alcunché all'Agenzia delle, dogane e dei monopoli;
   ad oggi, peraltro, risulta non aver avuto alcun seguito la circolare dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli (Prot. R.U. 31986 del 18.3.2015 ) relativa ai controlli in materia di liquidi per sigarette elettroniche. Tale circolare, a firma del direttore della direzione centrale gestione accise e monopolio tabacchi, dottore Roberto Fanelli, ricorda obblighi e sanzioni per gli operatori e minaccia una azione repressiva nei confronti del commercio e della produzione illegale, nazionale ed estera;
   sarebbe opportuno che il settore delle sigarette elettroniche arrivasse presto ad avere finalmente un quadro chiaro della situazione relativa all'imposta di consumo, anche per far fronte ai danni provocati alle aziende, ai commercianti, ai consumatori ed allo Stato dalla incertezza relativa alle norme;
   in questo senso, emblematici sono i numeri relativi ad un settore che nel 2013 contava ancora, seppure sull'onda della novità commerciale, circa 4.000 rivenditori finali che oggi, invece, si è già ridotto drasticamente a poco più di 1.000, con la perdita di oltre 8.000 posti di lavoro tra negozi e aziende, e di decine di milioni di euro derivanti da imposte dirette e indirette a causa della migrazione all'estero di molte aziende e dello spostamento verso di esse della domanda dei consumatori :–
   quali provvedimenti ritenga opportuno adottare, anche attraverso il coinvolgimento degli operatori del settore, al fine di rivedere l'intero sistema impositivo dei liquidi da inalazione senza combustione, permettendo la sopravvivenza di un importante settore, già duramente provato dalla crisi economica, e, nel frattempo, se non ritenga comunque opportuno, anche per dare seguito alla sentenza della Corte costituzionale, prevedere un sistema di tassazione bilanciato, non eludibile (a differenza di quello attuale) e basato sulla nicotina, che consenta al mercato nazionale dei liquidi da inalazione di rimanere competitivo a livello internazionale, ciò anche per scongiurare il rischio concreto che gli acquisti da parte dei consumatori si spostino definitivamente sul mercato estero (favorito in maniera enorme dalla legislazione attuale) o su quello illegale, con gravi ripercussioni sulle casse dello Stato e notevoli rischi per la salute dei cittadini a causa dell'impossibilità di qualsiasi controllo sulla filiera internazionale. (5-05827)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, FERRARA, MELILLA, MARCON, SCOTTO, PAGLIA, DURANTI, QUARANTA, PIRAS, FRATOIANNI e SANNICANDRO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 16 giugno 2015, l'agenzia di stampa Ansa ha rilanciato la notizia — ripresa da diverse testate — del sequestro di un ingente carico di ossido di zinco, avvenuto nel porto di Ancona ad opera della Guardia di finanza del capoluogo marchigiano, coadiuvata dalla locale Agenzia delle dogane;
   il carico contenuto in 960 sacchi da 25 chilogrammi ciascuno, destinato al mercato italiano, era trasportato a bordo di un veicolo autoarticolato proveniente dalla Grecia ed è risultato essere privo delle indicazioni obbligatorie imposte dal codice del consumo, che prevede l'indicazione degli estremi del produttore;
   a seguito del sequestro amministrativo la merce è stata affidata in custodia giudiziale gratuita nel deposito della ditta destinataria;
   l'ossido di zinco è un composto chimico utilizzato per diversi tipi di produzione, da quella dei pneumatici, a colori e smalti, sino all'utilizzo in campo medico –:
   quali iniziative, anche normative, il Ministro intenda adottare per rendere più stringenti e applicabili le obbligatorie certificazioni;
   se il Governo sia in grado di fornire i dati sui sequestri intervenuti nei porti delle Marche a causa di violazioni inerenti il codice del consumo. (4-09490)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sul tema delle locazioni e acquisto a titolo oneroso di immobili da parte delle pubbliche amministrazioni, il decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, articolo 3, comma 9, novellando l'articolo 2 alla legge n. 191 del 2009 mediante l'introduzione del comma 222-bis prevede che l'ottimizzazione degli spazi ad uso ufficio è perseguita dalle amministrazioni di cui al precedente comma 222-bis, rapportando gli stessi alle effettive esigenze funzionali degli uffici e alle risorse umane impiegate, avuto riguardo ad un parametro di riferimento compreso tra 20 e 25 metri quadrati per addetto. Le amministrazioni interessate pongono in essere, entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto, piani di razionalizzazione degli spazi nel rispetto dei parametri sopraindicati senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Detti piani devono essere comunicati all'Agenzia del Demanio. Le medesime amministrazioni comunicano al dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, il rapporto mq/addetto scaturente dagli indicati piani di razionalizzazione dalle stesse predisposti. In caso di nuova costruzione o di ristrutturazione integrale, il rapporto mq/addetto è determinato dall'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2012;
   l'Agenzia del Demanio con successiva circolare del 16 luglio 2012 ad oggetto «Indicazioni metodologiche riferite agli adempimenti articolo 3, comma 9, decreto-legge n. 95 del 2012 ed avvio del sistema a supporto del contenimento dei costi e dell'efficienza energetica nell'utilizzo degli immobili ad uso istituzionale da parte delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato», ha riportato testualmente: «Le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2012 pongono a carico delle amministrazioni dello Stato l'obbligo di porre in essere, entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del citato decreto-legge piani di razionalizzazione degli spazi nel rispetto del parametro di riferimento ivi previsto pari a 20-25 mq per addetto... ...La stessa norma pone poi in capo all'Agenzia del demanio la responsabilità di determinare il rapporto mq/addetto per edifici di nuova costruzione o in caso di ristrutturazione integrale. A tal fine, anche sulla base dell'analisi delle best practice nazionali ed internazionali, si determina che il parametro di occupazione degli spazi ad uso ufficio per gli edifici di nuova costruzione o soggetti a radicali azioni di ristrutturazione o che, in generale, abbiano strutture tali da consentire notevole flessibilità nella configurazione degli spazi interni, va dai 12 ai 20 mq per addetto»;
   la regione Abruzzo con deliberazione della giunta regionale n. 182 del 13 marzo 2015 ha avviato la procedura per la locazione/acquisto dell'insediamento «La City» quale sede degli uffici istituzionali della regione Abruzzo;
   alla luce delle disposizioni sopra citate in tema di spending review, l'interrogante non ha contezza del fatto che l'amministrazione regionale abbia proceduto a redigere un piano di razionalizzazione degli immobili di proprietà, nel rispetto dei parametri fissati dalle norme vigenti senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale e ad effettuare le relative comunicazioni all'Agenzia del demanio, così come previsto dal decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, sembrerebbe, peraltro, come supposto da un consigliere regionale dell'Abruzzo, che sono già sufficienti i metri quadri lordi ad uso ufficio a disposizione dei locali in proprietà della regione per soddisfare quasi totalmente le esigenze di distribuzione dei dipendenti regionali di Pescara, nel rispetto dei parametri fissati dalle norma nazionali, consentendo l'abbattimento della quasi totalità di tutti gli attuali fitti pagati dalla regione per i locali attualmente detenuti in locazione su Pescara;
   la legge n. 228 del 24 dicembre 2012 stabilisce che a decorrere dal 1o gennaio 2014 nel caso di operazioni di acquisto di immobili, ferma restando la verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, l'emanazione del decreto previsto dal comma 1 è effettuata anche sulla base della documentata indispensabilità e indilazionabilità attestata dal responsabile del procedimento. «La congruità del prezzo è attestata dall'Agenzia del demanio...»;
   l'Agenzia del demanio, nella propria corrispondenza, pervenuta alla regione in data 25 novembre 2014, relativa al rilascio del proprio parere di congruità sul prezzo di acquisto dell'immobile denominato «La City» faceva presente di non aver mai ricevuto l'attestazione da parte del R.U.P. e invitava la regione Abruzzo a provvedere all'acquisizione obbligatoria della stessa prima di procedere all'acquisto –:
   se la regione Abruzzo abbia comunicato al dipartimento della ragioneria generale dello Stato il rapporto mq/addetto scaturente dagli indicati piani di razionalizzazione che la stessa regione avrebbe dovuto redigere;
   se il Ministro intenda intraprendere iniziative, nei limiti delle proprie competenze e di quanto stabilito dalle norme, per verificare il rispetto della normativa in tema di risparmio della spesa pubblica e eventualmente effettuare le opportune segnalazioni alla Corte dei conti per gli atti di rispettiva competenza. (4-09492)


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 39 del decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetta «Salva Italia») è intervenuto in materia di Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese destinato alla microimprenditorialità, prevedendo che la garanzia diretta e la controgaranzia possano essere concesse a valere sulle disponibilità del Fondo fino all'80 per cento dell'ammontare delle operazioni finanziarie a favore di piccole e medie imprese e consorzi ubicati in tutto il territorio nazionale, purché rientranti nei limiti previsti dalla vigente normativa comunitaria;
   nel Fondo di garanzia possono inoltre affluire anche contributi su base volontaria, visto l'articolo 1, comma 5-ter, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
   dal 27 maggio 2015 è operativo l'intervento del Fondo sulle operazioni di microcredito come comunicato dalla circolare del gestore n. 8 del 26 maggio 2015 in attuazione del decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18 marzo 2015 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell'11 maggio 2015;
   dalla data suindicata, le imprese e i professionisti possono perciò effettuare la prenotazione della garanzia per le operazioni di microcredito utilizzando l'apposita procedura on line disponibile sul sito Internet del Fondo, mentre banche, confidi e intermediari abilitati possono presentare richieste di ammissione al Fondo, anche in assenza di prenotazione;
   in caso di esaurimento delle risorse dedicate alla prenotazione, la stessa viene sospesa dal gestore che ne dà comunicazione nella pagina del sito Internet dedicata al microcredito. Anche in caso di sospensione della procedura di prenotazione, rimane operativa la presentazione delle richieste di ammissione su operazioni di microcredito da parte di banche e confidi;
   le modalità di accesso per le operazioni di microcredito alla garanzia pubblica sono particolarmente vantaggiose: il Fondo interviene senza la valutazione economico-finanziaria dell'impresa o del professionista; la garanzia copre fino all'80 per cento dell'ammontare del finanziamento concesso (garanzia diretta) o all'80 per cento dell'importo garantito da confidi o da altro fondo di garanzia (controgaranzia), a condizione che le garanzie da questi rilasciate non superino l'80 per cento del finanziamento; la concessione della garanzia è gratuita;
   il decreto ministeriale n. 176 del 24 dicembre 2014 ha espressamente richiamato ai fini della sua piena operatività il comma 1 dell'articolo 111 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, che prevede che i soggetti iscritti in un apposito elenco possono concedere, alle condizioni stabilite dal medesimo articolo, finanziamenti a persone fisiche o società di persone o società a responsabilità limitata semplificata di cui all'articolo 2463-bis codice civile o associazioni o società cooperative, per l'avvio o l'esercizio di attività di lavoro autonomo o di microimpresa;
   a tutt'oggi tale elenco non risulta ancora formato;
   oltre agli enti di microcredito (ad oggi formalmente impossibilitati ad operare non esistendo l'elenco previsto dalla normativa) le garanzie possono essere richieste anche da banche e intermediari vigilati;
   chi eroga il finanziamento, pena l'inefficacia della garanzia, deve erogare al beneficiario anche servizi ausiliari (vera caratteristica del microcredito) quali il tutoraggio o la formazione aziendale ovvero, in alternativa sottoscrivere un contratto con ente o persona specializzata cedendo loro l'onere della fornitura di questo servizio;
   la mancata formazione dell'elenco previsto dalla normativa finisce per limitare l'efficacia della legge ed il raggiungimento dei suoi obiettivi al quale deve anche aggiungersi la difficoltà di banche e degli altri intermediari ad erogare i servizi ausiliari nonché la mancanza degli accordi alternativi;
   la mancata formazione dell'albo rischia di svuotare l'interesse per il Fondo –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative normative per assicurare, al più presto, l'operatività dell’«Albo» degli enti che possono erogare microcrediti. (4-09499)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   sei detenuti in regime del 41-bis sono giunti nel carcere di Bancali a Sassari lo scorso 8 giugno;
   si è trattato di una decisione inattesa del Governo Renzi;
   si tratta di un fatto di una gravità inaudita che conferma che il Presidente della regione e gli stessi impegni parlamentari in occasione dell'approvazione delle mozioni per la Sardegna non contano niente;
   l'interrogante il giorno stesso dell'arrivo dei detenuti in regime di 41-bis ha visitato il carcere e ha incontrato tutti e sei i capimafia;
   tra i mafiosi trasferiti a Bancali c’è Francesco Schiavone, 62 anni di Casal di Principe, ritenuto uno dei boss più importanti del clan dei casalesi;
   si è trattato di un blitz deciso il giorno prima dell'arrivo;
   il piano di trasferimento sarebbe stato con due voli militari speciali, uno dall'Aquila e uno da Cuneo con 25 agenti sul volo per tre detenuti;
   in tutto due voli e 50 agenti penitenziari per 6 capimafia;
   nella struttura di Bancali non esiste presidio sanitario creando gravissimi problemi di gestione sia per la Asl che per il carcere;
   basti pensare che se solo uno dei detenuti in regime di 41-bis dovesse chiedere l'intervento sanitario si rischia di bloccare l'intera struttura ospedaliere del carcere;
   già il giorno successivo all'arrivo per ben 6 volte è dovuta intervenire l'unità mobile del 118;
   si tratta del più grave atto politico del Governo Renzi che dà vita a questo trasferimento per fare della Sardegna una Caienna di Stato;
   un atto messo in essere una settimana dopo l'approvazione delle mozioni in parlamento in cui si evidenziava la necessità di affrontare la problematica descritta;
   secondo l'interrogante l'approvazione delle mozioni implica che il piano di trasferimenti di detenuti dovesse essere bloccato per discuterne con le istituzioni;
   esiste in Sardegna un gravissimo rischio infiltrazioni mafiose non tanto per l'interno delle strutture carcerarie quanto per il possibile arrivo in Sardegna di parenti e affiliati delle cosche –:
   se non intenda dover bloccare un piano scellerato che tutti i tecnici del settore hanno definito una follia a partire da Pino Arlacchi;
   se non intenda evitare nuovi trasferimenti di detenuti in regime di 41-bis in considerazione della totale assenza anche delle minime condizioni in grado di garantire il rispetto del trattamento del 41-bis;
   se non intenda rispettare il dettato parlamentare che prevedeva l'esame di tale piano insieme alle autorità locali. (5-05834)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:


   ZARATTI, PELLEGRINO, SCOTTO, QUARANTA, AIRAUDO, PLACIDO, RICCIATTI, FERRARA, MARCON, DURANTI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DANIELE FARINA, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, ZACCAGNINI e SANNICANDRO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192, convertito, con modificazioni dalla legge 27 febbraio 2015, n. 11, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (cosiddetto decreto Milleproroghe) ha prorogato rispettivamente di quattro e sei mesi i termini stabiliti dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014 (cosiddetto decreto Sblocca Italia) per l'aggiornamento o la revisione delle concessioni autostradali anche mediante l'unificazione di tratte interconnesse, contigue ovvero tra loro complementari, ai fini della loro gestione unitaria;
   in base ai nuovi termini, entro il 30 giugno 2015 (in luogo del 31 dicembre 2014) i concessionari dovranno sottoporre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti le modifiche del rapporto concessorio e il nuovo piano economico-finanziario, mentre entro il 31 dicembre 2015 (anziché il 31 agosto 2015) dovrà essere stipulato un atto aggiuntivo o una nuova convenzione unitaria;
   come ben noto, il meccanismo introdotto in materia di concessioni dall'articolo 5 del decreto-legge Sblocca Italia può dar luogo alla proroga automatica di fatto di concessioni in scadenza senza andare a gara, contrariamente a quanto previsto dalla normativa europea e dai principi di concorrenza ed economicità;
   tali criticità, peraltro evidenziate da lungo tempo dall'Autorità dei trasporti, dall'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato durante le audizioni parlamentari svoltesi durante l'esame del decreto Sblocca Italia, nonché dalla lettera inviata il 28 gennaio 2015 dall'ANAC tra gli altri al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono state ribadite in numerose occasioni direttamente dal dottor Raffaele Cantone che, addirittura, aveva chiesto esplicitamente al Governo di stralciare la norma relativa alla proroga delle concessioni autostradali prevista dal citato decreto Sblocca Italia e ulteriormente modificata dal decreto cosiddetto «mille proroghe» al fine di predisporre una legge organica che riguardi le concessioni autostradali;
   nei giorni scorsi, il capo del servizio di struttura economica della Banca d'Italia, dottor Paolo Sestito, audito in Commissione VIII nell'ambito dell'indagine conoscitiva in materia di concessioni autostradali, ha evidenziato come le concessionarie abbiano visto salire i propri proventi dai 2,5 miliardi di euro nel 1993 agli oltre 6,5 miliardi di euro nel 2012 grazie ad aumenti delle tariffe che, purtuttavia, non si sono tradotti in interventi per migliorare la rete in conseguenza di avvenuti rinnovi senza gara e per tempi troppo lunghi;
   in particolare, il dottor Paolo Sestito ha dichiarato che negli ultimi venti anni i ricavi delle concessionarie sono più che raddoppiati, passando da 2,5 miliardi di euro nel 1993 a oltre 6,5 miliardi nel 2012 e che tale crescita è prevalentemente da attribuire alla dinamica delle tariffe unitarie, cresciute più della dinamica generale dei prezzi;
    il traffico, infatti, specie negli anni della crisi, è evidentemente calato e l'aumento dei ricavi si spiega attraverso l'aumento delle tariffe: aumento giustificato sulla carta dagli investimenti effettuati per il potenziamento della rete, che purtuttavia nella pratica non risulterebbero essere stati fatti. Tra il 2008 e il 2013 gli investimenti delle concessionarie sono, infatti, rimasti stabili e non hanno seguito il profilo crescente definito nei piani di sviluppo annessi alle convenzioni siglate all'inizio del quinquennio;
   il dato finale, in sostanza, è che nonostante il mancato rispetto dei piani di investimento, alle concessionarie autostradali sono stati riconosciuti egualmente gli aumenti tariffari e i loro ricavi sono più che raddoppiati;
   il capo del servizio di struttura economica della Banca d'Italia ha, inoltre, evidenziato che ogni chilometro di autostrada a pedaggio genera annualmente in Italia ricavi medi per oltre 1,1 milioni di euro: 300.000 euro destinati allo Stato e 850.000 alle concessionarie. Queste ultime sono anche i principali beneficiari dei ricavi da sub-concessioni e da altre attività commerciali svolte sulla rete autostradale, senza considerare la quota di lavori affidati in house, quota che è calata nel corso degli ultimi anni ma che ha consentito guadagni enormi anche attraverso sistematiche revisioni dei costi grazie alle quali i concessionari hanno spuntato aumenti tariffari a doppia cifra, oltre a far lavorare le proprie imprese mediante l'affidamento diretto dei lavori;
   ad avviso del capo del servizio di struttura economica della Banca d'Italia il problema, in sostanza, sta nel fatto che le vigenti concessioni autostradali sono state tutte rinnovate senza passaggio per una gara pubblica e si caratterizzano per durate residue estremamente lunghe. Se l'obiettivo è il rilancio degli investimenti, questo deve essere assicurato attraverso misure che tutelino la concorrenza, garantendo l'individuazione del miglior offerente e la selezione delle opere in base a trasparenti analisi dei loro costi e benefici sociali;
   alla luce di quanto precede non si comprendono le ragioni per le quali il Governo non sia ancora intervenuto in modo immediato sul tema delle concessioni autostradali al fine di mettere a gara le concessioni come peraltro impone la normativa e non insistere nel cercare insieme ai concessionari ogni possibile scappatoia per prorogarne la durata –:
   quali iniziative normative urgenti intenda adottare il Governo alla luce dei gravi rilievi recentemente mossi dalla Banca d'Italia e prima ancora dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, l'Autorità di regolazione dei trasporti e l'Autorità anticorruzione al fine di modificare le disposizioni di proroga delle concessioni autostradali attualmente vigenti, affrontando in modo serio e trasparente il tema della concessioni autostradali in una nuova iniziativa normativa ad hoc. (5-05831)


   DE ROSA, MICILLO, BUSTO, DAGA, MANNINO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 12 giugno 2015 a Vigevano, in occasione di un convegno organizzato per le elezioni amministrative, il Ministro Delrio ha parlato del progetto dell'asse viario Magenta – Vigevano;
   il Ministro ha affermato: «La storia della superstrada inizia nel 2003, quando io facevo il medico. Ora io sono Ministro da tre mesi e posso garantire ai vigevanesi che i 118 milioni che mancavano per realizzare l'opera, verranno inseriti nel contratto di programma Anas 2015, che verrà approvato entro giugno. Poi andrà in commissione Lavori pubblici e al Cipe. Possiamo quindi dire che l'opera è in dirittura di arrivo, ma non è vero che ce l'ho sul tavolo da mesi, è vero solo che la pratica è lì da anni»;
   il Ministro ha spiegato che per il territorio di Vigevano poter rimanere connesso con Milano è importante e necessario, l'isolamento non aiuta lo sviluppo economico e sociale;
   le affermazioni, condivisibili, del Ministro vengono smentite però dallo stralcio effettivo di quella parte del progetto che prevede l'arrivo dell'asse viario a Milano;
   la tradizione manifatturiera di Vigevano, con la crisi, ha subito una perdita importante di posti di lavoro, tendenza che può essere invertita non solo attraverso la realizzazione di grandi infrastrutture ma soprattutto investendo sulle fonti rinnovabili, incentivando il trasporto pubblico e l'interconnettività dolce, la riqualifica energetica degli edifici;
   accreditati studi affermano, infatti, che i soldi necessari per costruire un chilometro di strada, se venissero investiti nel trasporto pubblico, creerebbero molti più posti di lavoro –:
   se il Ministro non ritenga più utile per lo sviluppo economico e per il benessere sociale dell'area, investire le risorse destinate all'asse viario Vigevano – Magenta in opere veramente utili al territorio, quali il raddoppio dell'asse ferroviario Milano – Mortara, nell'efficientamento della viabilità locale e della mobilità dolce, evitando di sprecare soldi pubblici in opere devastanti per il territorio, socialmente inutili ed economicamente insostenibili. (5-05832)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   recentemente il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha emesso due provvedimenti in materia di esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per i veicoli delle associazioni di volontariato e degli organismi similari non aventi scopo di lucro;
   in particolare, la circolare n. 378 del 18 settembre 2014 e la nota di chiarimento n. 8758 del 2 ottobre 2014, relativa alla medesima circolare, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti hanno esteso l'ambito oggettivo dell'esenzione, in presenza dei requisiti soggettivi di cui all'articolo 373 del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, alle attività di trasporto dei malati effettuate a titolo gratuito non in emergenza;
   oltre ai veicoli muniti di targa C.R.I. e ai veicoli delle associazioni di volontariato, godono dell'esenzione in questione anche i veicoli dei cosiddetti organismi similari non aventi scopo di lucro;
   la circolare n. 378 del 18 settembre 2014 prevede la possibilità di godere dell'esenzione per i soggetti aventi diritto anche mediante autocertificazione per mezzo di apparato Telepass e di una piattaforma web;
   tale modalità di autocertificazione sembra destinata esclusivamente alle associazioni di volontariato, al fine di creare una disciplina «transitoria» per l'esenzione dal pedaggio autostradale in attesa di una riforma organica del codice della strada –:
   quali siano le modalità di autocertificazione per godere dell'esenzione dal pagamento del pedaggio autostradale per i soggetti aventi diritto — ivi compresi i cosiddetti organismi similari non aventi scopo di lucro;
   quali urgenti iniziative intenda assumere per rendere accessibili tali strumenti di autocertificazione anche ai suddetti organismi similari non aventi scopo di lucro. (5-05815)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VECCHIO, CIMMINO, QUINTARELLI, MATARRESE, VARGIU, CAPUA, ANTIMO CESARO, D'AGOSTINO, PINNA, VITELLI, RABINO, ATTAGUILE e MINARDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la viabilità in Sicilia è nota alle cronache nazionali per le condizioni disastrose che la caratterizzano, per le tragedie sfiorate, per i disagi recati quotidianamente alla cittadinanza e ai turisti;
   l'episodio più eclatante, tra quelli recenti, è il crollo del viadotto Himera nell'autostrada A19, a causa del quale gli automobilisti sono oggi costretti a lunghi e faticosi percorsi alternativi: quattro ore d'auto contro le due necessarie quando l'autostrada era ancora tutta percorribile;
   dopo il suddetto crollo, è stato messo sui binari dalle Ferrovie dello Stato un comodo treno («Minuetto») che arriva da Catania a Palermo in due ore e quaranta minuti. Strano caso, che è necessario approfondire, considerato che nel corso dei decenni non s'era mai fatto nulla per migliorare il trasporto ferroviario e la qualità della vita dei pendolari che si spostano tra Catania e Palermo, e viceversa;
   nel caos creato dalla riforma per l'abolizione delle province annunciata dal governatore della regione siciliana, Rosario Crocetta, e da ultimo non votata dall'assemblea regionale siciliana e quindi fallita, le strade provinciali, tra le altre cose, sono state abbandonate al degrado e all'incuria;
   da tale stato di abbandono delle province, nasce dunque una lunga lista di strade pericolose, danneggiate e non transitabili, che ogni siciliano purtroppo sperimenta tutti i giorni sulla propria pelle;
   le 9 province siciliane si trovano attualmente, secondo i dirigenti finanziari, «in situazione di squilibrio finanziario strutturale», cioè sono prossime al dissesto economico;
   un'inchiesta del giornalista di «Repubblica» Attilio Bolzoni del 15 giugno 2015, ha mostrato che dei 20.000 chilometri di strade siciliane, 5.000 non sono percorribili –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti sopra e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per rimediare a una situazione ormai drammatica che ha ulteriormente messo in ginocchio la Sicilia. (4-09491)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 707 comma 1 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 prescrive che al fine di garantire la sicurezza della navigazione aerea, l'ENAC individua le zone da sottoporre a vincolo nelle aree limitrofe agli aeroporti e stabilisce le limitazioni relative agli ostacoli per la navigazione aerea ed ai potenziali pericoli per la stessa;
   in ordine alla programmazione ed al governo del territorio, viene inoltre stabilito che gli enti locali, nell'esercizio delle proprie competenze, debbano adeguare i propri strumenti di pianificazione alle prescrizioni dell'ENAC;
   l'articolo 707 comma 5 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327 stabilisce che, nelle direzioni di atterraggio e decollo negli aeroporti, possono essere autorizzate opere o attività compatibili con gli appositi piani di rischio; opere che i comuni territorialmente competenti adottano nel rispetto del regolamento ENAC sulla costruzione e gestione degli aeroporti;
   tale regolamento prevede:
    a) nella zona di tutela C: ragionevole incremento della funzione residenziale, con indici di edificabilità medi e nuove attività non residenziali;
    b) nelle zone di tutela A, B e C:
     1) divieto di insediamenti ad elevato affollamento;
     2) divieto di costruzioni di scuole, ospedali e, in generale, obiettivi sensibili;
   con deliberazione del consiglio comunale n. 190 del 17 dicembre 2012 il comune di Pescara ha provveduto ad adottare il piano di rischio aeroportuale estendendo il perimetro, come da emendamento è circolari ENAC relativamente alla zona C ampliata e alla nuova zona D prevedendo che nella zona di tutela C, la più distante dalla pista di decollo, sia sostanzialmente consentita attuazione del piano regolatore generale, con conseguente eliminazione di previsioni di spazi pubblici destinati all'istruzione e/o riservati alle attività collettive, nonché sedi di enti pubblici locali, regionali, nazionali;
   nello stesso piano di rischio aeroportuale è disciplinata esplicitamente la realizzazione della nuova sede della regione Abruzzo in area esterna a quella di tutela C;
   il piano di rischio aeroportuale costituisce vincolo sovraordinato al piano regolatore generale del comune;
   la regione Abruzzo con deliberazione della giunta regionale n. 182 del 13 marzo 2015 ha avviato la procedura per la locazione/acquisto dell'insediamento «La City» che sembrerebbe situata nella zona C;
   l'articolo 11 del decreto legislativo 25 luglio 1997, n. 250 prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti eserciti funzioni di vigilanza, indirizzo e controllo sull'attività dell'ENAC –:
   nei limiti delle funzioni e delle competenze previste dalle suddette norme, se la regione Abruzzo possa insediare una propria sede istituzionale nella zona a tutela C del comune di Pescara. (4-09493)


   VACCA, COLLETTI e DEL GROSSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta giornalistica di Ezio Cerasi sui problemi nelle gallerie della variante della strada statale 16 compresa tra Pescara e Francavilla al Mare (Chieti) viene trasmessa dal 9 al 12 giugno 2015 sul TGR Abruzzo della Rai, per sottolineare soprattutto la pericolosa presenza di acqua, detriti e pozzanghere stagnanti sulla carreggiata;
   tale problematica era stata già affrontata dal deputato Gianluca Vacca, il quale presentò l'interrogazione 4-01834 al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in data mercoledì 4 giugno 2014, proprio relativamente alla situazione emergenza delle gallerie della variante della strada statale 16 compresa tra Pescara e Francavilla al Mare;
   nonostante i dubbi sollevati e minimizzati da rassicurazioni e promesse di lavori di manutenzione, si ritiene che la presenza di acqua sia dovuta a infiltrazioni costanti nel tempo e pertanto, trattandosi di perdite di una consistente entità, probabilmente non sia da attribuirsi a problemi di semplice manutenzione ordinaria, bensì da riconoscersi in criticità strutturali;
   i giudizi di rappresentanti della stessa Anas, raccolti dall'inchiesta giornalistica della Rai, non sono concordanti sulla situazione delle due gallerie: secondo Stefano Liani, direttore centrale nuove costruzioni Anas, il fenomeno non rappresenterebbe una situazione normale. Per Lelio Russo, invece, capo dipartimento Anas Abruzzo, non ci sarebbe nulla di così anomalo e le cause sarebbero da ricercarsi nell'aumento delle piogge e della loro intensità di questi ultimi anni;
   nell'interrogazione sopra menzionata si ricordava che:
    inaugurazione delle gallerie nel 2007: la San Silvestro (lunghezza di 3600 metri) e Le Piane (lunghezza di 1900 metri), entrambe a doppio senso di marcia;
    costo per la realizzazione dell'intera variante si approssima ai 180 milioni di euro;
    emissione, a carico dell'Anas abruzzese nel mese di agosto, di un bando del valore di quasi 1,7 milioni di euro per risanamento strutturale e messa in sicurezza delle gallerie;
    riscontro da parte della società appaltatrice, la TOTO S.p.a., di problemi non previsti in fase di progettazione a causa delle caratteristiche meccaniche dei terreni difformi dalle previsioni già durante la fase di realizzazione delle gallerie; si evidenzia inoltre come tali problematiche abbiano fatto lievitare il costo dell'opera di svariati miliardi di lire;
    necessità di opere aggiuntive durante la fase di realizzazione, che permettessero la reale fruizione della variante: non erano infatti stati previsti svincoli di ingresso e uscita nelle località urbane attraversate dalla variante; in particolare nel comune di Francavilla al Mare. Ciò a danno della reale fruizione dell'opera pubblica in fase di realizzazione;
    affidamento, da parte dell'ANAS, dei lavori di realizzazione delle modifiche che permettevano la fruizione della variante alla stessa ditta concessionaria dell'appalto, la TOTO S.p.a.;
   ai quesiti posti dall'interrogante sulla richiesta dei reali problemi strutturali riguardanti l'opera pubblica in questione, concernenti le responsabilità in merito ai problemi immediatamente manifestati, relativamente all'ammontare del costo che lo Stato avrebbe affrontato per sanare i problemi esistenti e alla conoscenza del destinatario a cui sarebbero imputati i costi di eventuali interventi sulle gallerie (tenendo conto che l'opera è stata inaugurata nel 2007. «4-01834», il Ministero risponde dichiarando che:
    le gallerie «Le Piane» e «San Silvestro» sono state realizzate nell'ambito dei lavori di costruzione della Variante di Francavilla al Mare mediante il congiungimento della variante di Pescara con la variante di Ortona, 1o stralcio lotto funzionale, dalla variante di Pescara alla strada statale 263 «vai di Foro»;
    i lavori sono stati ultimati nel dicembre 2003 e regolarmente collaudati, come risulta dal verbale dell'ottobre 2004, che non ha evidenziato alcun vizio realizzativo;
    con il passare degli anni si sono manifestate alcune infiltrazioni d'acqua sul piano viabile a causa delle condizioni litostratigrafiche locali particolarmente complesse che hanno reso estremamente variabile la permeabilità dei terreni sui quali insiste l'opera;
    la galleria «Le Piane», in particolare, attraversa una falda acquifera sostenuta da argille impermeabili del substrato che fungono da «acquiclude» e che la capacità e la potenza della falda varia in funzione degli apporti meteorici e idrici provenienti dalle formazioni sabbiose-ghiaiose sommitali. Il Ministero aggiunge che i fenomeni descritti hanno fatto ritenere che la funzionalità del sistema drenante, realizzato nella citata galleria, sia stata inficiata dal rilascio di silicati trasportati dalle acque di drenaggio che ostruivano i fori della condotta posta sotto l'arco rovescio;
    per una definitiva soluzione delle criticità riscontrate è stata valutata positivamente la progettazione di un intervento mirato esclusivamente al ripristino integrale dell'intero sistema drenante sottostante la pavimentazione stradale e al rifacimento totale della pavimentazione stessa, senza interventi strutturali in galleria;
    i lavori, per quanto riguarda la galleria «Le Piane», sono stati consegnati il 19 novembre 2013 dalla società ANAS alla ditta Ricci Guido Srl e sono stati ultimati il 20 febbraio 2013. L'intervento è stato finanziato, per un importo complessivo di circa 2 milioni di euro comprensivo degli oneri di investimento, con le risorse previste dal decreto-legge n. 69 del 21 giugno 2013 e relativa legge di conversione;
    per quanto concerne, invece, la galleria «San Silvestro», interessata dalle medesime criticità, il Ministero informava l'imminente esecuzione di un analogo intervento non appena si renderanno disponibili le relative risorse finanziarie;
   alla luce delle risposte ufficiali dell'allora Ministro Lupi, dall'inchiesta giornalistica della Rai si evidenzia un quadro molto diverso e da approfondire sulle responsabilità soggettive riguardo le infiltrazioni di acqua nella galleria. In sintesi è emerso che le dichiarazioni dell'ANAS e del Ministro delle infrastrutture sarebbero state smentite da esperti di geologia e ingegneria. In particolare, mentre da una parte l'ex Ministro Lupi e i vertici Anas affermano che la geologia dei territori attraversati dai tunnel è particolarmente complessa, dall'altra parte il professor Brozzetti dell'università d'Annunzio di Chieti, consultando le carte geologiche, illustra invece le condizioni geologiche banali e comuni esistenti sul sito e la scarsa potenza delle falde acquifere. Tesi confermata dall'ingegner Chiarelli, quando dichiara che in altre situazioni geologiche, ad esempio quella delle Alpi, le masse idriche sono davvero potenti e che nonostante ciò le infiltrazioni possono essere evitate. Di tutt'altro avviso, invece, l'ingegner Russo dell'ANAS che afferma che le infiltrazioni sono inevitabili;
   lo stesso ingegner Chiarelli evidenzia che le formazioni geologiche su cui insiste l'opera sono molto comuni nel centro e nel sud Italia e non procurano grossi problemi;
   nella stessa inchiesta giornalistica un ingegnere esperto in impermeabilizzazioni alle dipendenze di una nota azienda specializzata in gallerie che opera in campo internazionale, sostiene che sulla fattispecie della galleria di cui si sta parlando ci sono una serie di concause che hanno portato dopo 15 anni ad avere un «colabrodo» che va dall'inadeguata progettazione al risparmio sui materiali utilizzati alla sommaria esecuzione dei lavori. Ciò è confermato visionando il progetto delle gallerie da cui si nota che dalla sezione della galleria è possibile riscontrare che il manto in pvc di impermeabilizzazione si ferma 50 cm sopra il manto stradale e non si spinge al di sotto di esso;
   nonostante l'opera sia stata inaugurata nel 2007 e sia costata 170 milioni di euro, si era già a conoscenza delle problematiche legate alle infiltrazioni d'acqua, tant’è che da una lettera di Toto Costruzioni Generali all'ANAS spa si evince che quest'ultima avrebbe richiesto verbalmente alla TOTO il progetto inerente la risoluzione delle problematiche relative alle infiltrazioni registratesi nelle due gallerie; dalla stessa lettera si deduce che sarebbero stati eseguiti dei lavori per risolvere le problematiche legate alle infiltrazioni d'acqua; ciò che appare poco chiaro e anomalo, è che la richiesta dell'ANAS di lavori sulle infiltrazioni d'acqua venga fatta verbalmente e non con un documento ufficiale;
   ciò che appare evidente è che gli interventi di manutenzione non avrebbero risolto il problema delle infiltrazioni d'acqua;
   nonostante ciò il rappresentante dell'ANAS, interpellato dal giornalista, dichiara che i collaudi non hanno riscontrato vizi realizzativi;
   dopo i lavori di manutenzione del 2013 nella galleria «Le Piane» per un importo, di circa 2 milioni di euro, stanno per cominciare i lavori analoghi nell'altra galleria, «San Silvestro», per un importo di circa 4 milioni di euro da quello che si apprende dalla stampa;
   un comunicato del 12 giugno 2015 sul portale dell'Anas dichiara che la stessa ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale l'esito della gara d'appalto riguardante i lavori di manutenzione straordinaria della galleria «San Silvestro», situata lungo la strada statale 714 «Tangenziale di Pescara». L'appalto prevede:
    a) demolizione e ricostruzione della sovrastruttura stradale nella galleria;
    b) ripristino e/o sostituzione del sistema drenante centrale al di sotto del piano viabile;
    c) posa in opera di tratti di rivestimento in lamiera in acciaio inox al fine di intercettare le venute d'acqua dalla calotta e convogliarle nel sistema drenante in modo da eliminare ristagni d'acqua sul piano viabile;
   gli interventi sono finalizzati all'innalzamento degli standard di sicurezza per gli utenti in transito lungo la galleria. I lavori sono stati assegnati all'impresa Di Carlo spa, con sede a Casoli, in provincia di Chieti. Il termine stabilito per l'esecuzione dei lavori è di 120 giorni dalla data di consegna;
   appare chiaro che fare una galleria a regola d'arte, sia in fase di valutazione a livello geologico, sia nella fase di progettazione che in quella di esecuzione significherebbe non avere infiltrazioni d'acqua;
   ad avviso dell'interrogante è necessario e doveroso un intervento di manutenzione straordinaria che risolva definitivamente il problema e non soltanto che migliori i livelli di sicurezza stradali;
   è evidente che il costo dei continui interventi di manutenzione per garantire la sicurezza stradale ricadano sulla comunità dei cittadini, mentre sarebbe opportuno individuare i reali responsabili;
   a giudizio degli esperti interpellati nell'inchiesta giornalistica il problema delle infiltrazioni d'acqua erano risolvibili sia in fase di realizzazione che in fase di manutenzione straordinaria –:
   se il Ministro abbia intenzione di promuovere azioni che accertino le eventuali responsabilità dei difetti dell'opera, sia per i profili di competenza dell'ANAS quanto per quelli dell'impresa esecutrice dei lavori, anche verificando, attraverso perizie tecniche e carotaggi, la reale consistenza dell'opera;
   come si giustifichi la richiesta solamente verbale dell'Anas alla ditta TOTO del progetto degli interventi inerenti la risoluzione delle problematiche relative alle infiltrazioni registratesi nelle due gallerie;
   per quale motivo i lavori di manutenzione previsti, per un totale di circa 6 milioni di euro, non siano quelli risolutivi del problema delle infiltrazioni ma solo soluzioni – tampone che, eliminando la presenza di acqua in carreggiata, non risolvono però il problema definitivamente. (4-09495)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARTELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diversi giorni, come denunciato dalle organizzazioni sindacali, presso la questura di Venezia i condizionatori sono fuori uso e questo rende molto difficile lo svolgimento del proprio lavoro da parte degli operatori di polizia in particolare presso gli uffici della squadra mobile;
   il questore di Venezia avrebbe più volte ha chiesto le risorse per sistemare i condizionatori sin dal luglio del 2014 con solleciti anche in gennaio, marzo e da ultimo a maggio 2015;
   secondo le organizzazioni sindacali delle forze di polizia la responsabilità sarebbe del competente dipartimento del Ministero dell'interno che ancora non autorizza la spesa –:
   se il Ministero sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di ripristinare la funzionalità dei condizionatori e consentire che gli operatori di polizia possano svolgere il proprio lavoro in condizioni meno disagiate. (5-05816)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BUENO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come riportano diversi quotidiani locali e nazionali in data 7 giugno 2015, tra gli altri — La Repubblica, Il Corriere del Mezzogiorno, La Gazzetta del Mezzogiorno e il Nuovo Quotidiano di Puglia — a Taranto una 19enne italiana di origine brasiliana è stata aggredita violentemente da tre coetanee;
   la vittima, che vive e studia in Italia da anni, è stata insultata e schiaffeggiata violentemente e a più riprese da tre coetanee all'uscita di un negozio in via Veneto a Taranto e solo l'intervento di un ragazzo molto coraggioso ha evitato il peggio;
   la ragazza dopo l'aggressione è stata trasportata al pronto soccorso dell'Ospedale Santissima Annunziata di Taranto. Le ferite più gravi, questa volta, non sono risultate quelle fisiche ma quelle morali, poiché l'aggressione è sfociata esclusivamente per motivi razziali, per il colore della pelle di una ragazzina di 19 anni;
   il padre della ragazza, Fabio Millarte, ha esporto immediatamente denuncia contro ignoti nella speranza che le responsabili siano individuate e perseguite;
   e indagini da parte delle forze dell'ordine sono ancora in corso per, risalire all'identità delle tre ragazze autrici della brutale aggressione: si stanno esaminando anche le immagini riprese da alcune videocamere di video sorveglianza di alcuni esercizi commerciali della zona ove è avvenuto il fatto;
   l'aggressione razzista, un atto vile e ignobile, ha colpito profondamente i cittadini di Taranto, città che ha dato molto, in questi anni, in termini di accoglienza, solidarietà e inclusione di migranti ed extracomunitari; moltissimi cittadini ed associazioni, in questi giorni, hanno manifestato pubblicamente il proprio disappunto per quanto avvenuto;
   tale episodio porta, ancora una volta, a riflettere su quanta strada c’è ancora da fare nella lotta contro il razzismo e su come si sia costruito nel tempo un clima di odio razziale, che rende possibile l'esplodere di tanta e ingiustificata violenza anche tra i giovanissimi;
   è importante che quest'ennesimo episodio di violenza non passi in secondo piano, ma spinga ancora di più, le istituzioni tutte, a favorire la costruzione di un percorso comune di convivenza e solidarietà, che abbia come unica direzione: il rispetto della dignità della persona senza distinzione di razza, sesso o religione –:
   quali interventi urgenti il Governo intenda intraprendere per favorire i processi di inclusione e di dialogo interrazziale al fine di contrastare questo genere di fenomeni. (4-09505)


   POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la gravissima aggressione avvenuta ai danni di un dipendente di Trenord nell'esercizio delle sue funzioni di capotreno nella serata dell'11 giugno 2015 è soltanto l'ultimo di una serie di atti violenti ed intimidatori compiuti ai danni del personale, in particolare quello viaggiante, e dei viaggiatori;
   appena il 7 giugno le organizzazioni sindacali avevano proclamato uno sciopero regionale in Liguria di sensibilizzazione rispetto al tema della sicurezza;
   con il verbale di incontro del 15 giugno 2015 fra Ferrovie dello Stato spa, Trenitalia spa, Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Ugl Taf e Fast Ferrovie si chiede l'istituzione di una sede di monitoraggio e di individuazione delle possibili iniziative presso i Ministeri dell'interno e infrastrutture e trasporti, con le imprese ferroviarie e le organizzazioni sindacali, anche in considerazione della convenzione tra Ministero dell'interno — dipartimento Pubblica Sicurezza — e ferrovie dello Stato spa del 7 novembre 2007, rinnovata il 17 luglio 2012;
   è necessario:
    a) garantire l'incolumità e le massime condizioni di sicurezza dei lavoratori e dei cittadini che usufruiscono del servizio ferroviario;
    b) scongiurare la paventata soppressione, a decorrere dal 26 giugno 2015, di quindici treni, sulla base degli elementi già acquisiti dal Comitato ferrovie dello Stato — Polfer, rispetto ai quali non sono al momento garantite le condizioni minime di sicurezza;
    c) favorire la massima partecipazione istituzionale, con il coinvolgimento dei Ministeri interessati, dell'Inail, delle Imprese ferroviarie e delle organizzazioni sindacali –:
   se il Ministro, anche in considerazione delle risultanze della citata convenzione, intenda istituire una sede di monitoraggio e di individuazione delle possibili iniziative da attuare, in collaborazione con i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e del lavoro e delle politiche sociali, con l'Inail, con le imprese ferroviarie e con le organizzazioni sindacali, al fine di assicurare l'incolumità del personale ferroviario e dei passeggeri, sui convogli e nelle stazioni. (4-09508)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato, sezione seconda, all'adunanza di sezione del 5 giugno 2013, in riferimento al ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, numero affare 04929/2012, con parere n. 03813/2013 dell'11 settembre 2013 ha riconosciuto il valore abilitante alle migliaia di diplomati magistrali che hanno conseguito detto titolo entro l'anno scolastico 2001-2002, così esprimendosi: «(...) Illegittimo (...)] il decreto ministeriale n. 62 del 2011, nella parte in cui non parifica ai docenti abilitati coloro che abbiano conseguito entro l'anno 2001-2002 la cosiddetta abilitazione magistrale, inserendoli nella III fascia della graduatoria di istituto e non nella II fascia. (...). La disposizione è affetta da evidente eccesso di potere, in quanto contrastante con tutte le disposizioni di legge e di rango secondario, che sanciscono la natura abilitante del titolo conseguito negli istituti magistrali a seguito di regolare corso di studio. In altri termini, prima dell'istituzione della laurea in Scienze della formazione, il titolo di studio attribuito dagli istituti magistrali al termine di corsi triennali e quinquennali sperimentali di scuola magistrale e dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali di istituto magistrale (per la scuola dell'infanzia) o al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale (per la scuola primaria) dovevano considerarsi abilitanti, secondo l'articolo 53 regio decreto 6 maggio 1923, n. 1054, in combinato disposto con l'articolo 197 decreto-legge 16 aprile 1994, n. 297. Ciò è sancito inoltre dal decreto ministeriale 10 marzo 1997, dall'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323, ed infine, recentemente, ai fini dell'ammissione al concorso a cattedre, dal d.d.g. n. 82 del 24 settembre 2012. Pertanto sotto questo profilo il ricorso deve essere accolto ed annullato il decreto ministeriale n. 62 del 2011, nella parte in cui esclude dalla II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli aspiranti in possesso di maturità magistrale abilitante conseguita entro l'anno scolastico 2001-2002»;
   in data 15 maggio 2004 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Presidente della Repubblica del 25 marzo 2014 con il quale si recepisce il suddetto parere 4929/2012 del Consiglio di Stato relativamente al valore abilitante dei diplomi di scuola e istituto magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002;
   per effetto dell'ordinanza n. 1089 dell'11 marzo 2015 con la quale il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso n. 503/2015 per la riforma dell'ordinanza del TAR Lazio n. 5499/2014 e con sentenza n. 1973 del 16 aprile 2015, il Consiglio: «(...) annulla il decreto ministeriale n. 325/2014 nella parte in cui non ha consentito agli ordinari ricorrenti, docenti in possesso del titolo abilitante di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, l'iscrizione nelle graduatorie permanenti, ora ad esaurimento»;
   è indubitabile quindi che la sentenza sia tesa all'inserimento nelle graduatorie provinciali permanenti, costituite ai sensi dell'articolo 401 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994, ora ad esaurimento, cioè nelle graduatorie istituite dalla legge finanziaria per l'anno 2007, legge n. 296 del 27 dicembre 2006, articolo 1, comma 605, lettera c), riservate ai docenti muniti di abilitazione e utilizzate per l'assunzione a tempo indeterminato, in ragione del cinquanta per cento dei posti autorizzati annualmente dal Ministero;
   non sembra, altresì, esservi dubbio alcuno che i diplomati magistrali con il titolo conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, al momento della trasformazione delle graduatorie da permanenti ad esaurimento, fossero già in possesso del titolo abilitante. Il fatto che tale abilitazione sia stata riconosciuta soltanto nel 2014, a seguito della suddetta pronuncia del Consiglio di Stato, non può impedire che tale riconoscimento abbia effetti ai fini dell'inserimento nelle citate graduatorie riservate ai docenti abilitati;
   eppure il Ministero non ha mai concesso ai docenti in possesso del titolo in questione, di presentare la domanda di inserimento nelle predette graduatorie ad inserimento;
   nello specifico, in relazione a richieste di inserimento in graduatoria ad esaurimento inoltrate da docenti in possesso del diploma magistrale conseguito entro l'a.s. 2001/02, per effetto dell'ordinanza del Consiglio di Stato n. 1089 dell'11 marzo 2015 e con sentenza n. 1973 del 16 aprile 2015, agli uffici scolastici, il dirigente dell'ufficio VII contenzioso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha inviato ai dirigenti degli uffici scolastici regionali una nota precisando che gli uffici periferici scolastici dovranno procedere all'inserimento in graduatoria ad esaurimento (GAE) solo dei docenti in possesso di provvedimento giudiziario: in particolare, gli uffici scolastici regionali dovranno procedere all'inserimento solo dei ricorrenti in possesso di ordinanza cautelare o di sentenza di merito favorevole;
   diversamente, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha chiaramente precisato che non dovranno essere inseriti nelle graduatorie ad esaurimento tutti gli altri docenti che, sebbene abbiano formulato domanda cartacea in quanto in possesso di diploma magistrale abilitante, non hanno proposto azione giudiziaria e non sono in possesso di provvedimento emesso dal giudice;
   pertanto vengono esclusi coloro che, pur trovandosi nella medesima posizione giuridica, abbiano tuttavia prestato acquiescenza al decreto ministeriale non invocando alcuna tutela giurisdizionale; pertanto chi non ha fatto ricorso contro l'esclusione non ha diritto all'inserimento nelle graduatorie stesse;
   appare evidente che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con tale indicazione discrimina tra chi ha fatto ricorso e chi no, pur avendo essi lo stesso titolo e trovandosi nella stessa posizione giuridica;
   chiaramente la nota dell'ufficio VII contenzioso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provocherà una pioggia di ricorsi e sta incoraggiando, purtroppo, i docenti diplomati magistrale a proseguire ricercando nelle aule dei tribunali la giustizia e il rispetto dei diritti negati a livello politico e amministrativo;
   inoltre, considerato che i primi ricorsi si sono già conclusi con la soccombenza dell'amministrazione scolastica, tale nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a giudizio degli interpellanti realizza, di fatto, l'unico obiettivo di incentivare il ricorso alla tutela giurisdizionale per vedere riconosciuta una posizione giuridica ampiamente confermata con l'unico risultato di ingolfare la giustizia amministrativa e con il conseguente ulteriore esborso di risorse pubbliche –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda intraprendere per garantire l'inserimento nelle graduatorie ad esaurimento a tutti quei docenti in possesso di diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002 che non abbiano fatto ricorso alla tutela giurisdizionale per vedere riconosciuto un sacrosanto diritto già ampiamente confermato.
(2-01013) «Marzana, Simone Valente, Brescia, D'Uva, Di Benedetto, Vacca, Chimienti, Luigi Gallo».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   gli insegnanti degli istituti tecnici professionali vivono una grave situazione senza avere certezze considerato che nei provvedimenti di riforma sinora avanzati gli stessi docenti risultano di fatto degli Invisibili;
   il piano assunzioni straordinario dei docenti proposto dal Governo non vede menzionata la seconda fascia di istituto;
   si tratta di riconoscere spessore e dignità alla classe di concorso che si occupa della didattica del «saper fare»;
   gli istituti tecnici professionali sono coloro che insegnano agli studenti a servire in un albergo, a cucinare e altro in una parola coloro che negli istituti tecnici e professionali insegnano agli studenti la «professione», mettendo in pratica i concetti teorici;
   oltre il 90 per cento delle cattedre riferite alla tabella C (insegnanti tecnico pratici) vengono assegnate dalla II fascia di istituto su posti vacanti e disponibili;
   tutti gli iscritti in suddetta graduatoria hanno raggiunto e superato i 36 mesi di servizio;
   molte delle GAE relative alla tabella C risultano esaurite da quasi 13 anni;
   esiste la necessità di sanare il problema del precariato includendo nel piano assunzioni direttamente anche la seconda fascia con requisito dei 36 mesi;
   la tabella C rappresenta in buona parte la categoria degli istituti tecnici professionali insegnanti tecnico pratici, docenti in possesso di maturità e abilitazione;
   rappresentano il motore fondamentale degli istituti tecnici e degli istituti professionali;
   la categoria è ormai da anni oggetto di tagli e tagli;
   tali insegnanti esercitano ormai da anni su cattedre vacanti (al 31 agosto) e da quasi 10 anni le GAE risultano esaurite nel 100 per cento dei casi ed in questi ultimi dieci anni non è stata mai data loro la possibilità di stabilizzarsi;
   tantissimi docenti della tabella C da oltre 10 anni non vengono immessi in ruolo poiché l'ultima abilitazione riservata risale al 2004;
   gli stessi docenti istituti tecnici professionali hanno avuto solo dopo 9 anni la possibilità di conseguire una vera e propria abilitazione di Stato denominata PAS;
   in questi anni gli stessi docenti hanno garantito il funzionamento delle scuole, ricoprendo soprattutto posti vacanti, trasmettendo agli allievi competenze per accedere al mondo del lavoro;
   con tale atteggiamento del Governo si vuol distruggere tutto questo negando di poter continuare a svolgere il nostro lavoro;
   sia eticamente che umanamente è assolutamente indispensabile dare ai docenti abilitati della tabella C, la possibilità di immissioni in ruolo sui posti vacanti e disponibili;
   molti di loro hanno fatto delle scelte di vita, al fine di trasmettere il sapere alle nuove generazioni, facendosi ponte tra il mondo della scuola e il mondo del lavoro;
   oggi si rischia di veder sfumare ogni possibilità di stabilizzazione, non solo, addirittura verrebbe negata la possibilità di continuare ad insegnare seppur da precari –:
   se non ritenga il Governo e lo stesso Ministro interrogato intenda adottare provvedimenti dove vengano riconosciuti i diritti acquisiti dagli insegnanti degli istituti tecnici professionali ormai quasi da un decennio lavorando nelle scuole;
   se non ritenga di dover includere nel piano di assunzione tutti gli istituti tecnici professionali abilitati in possesso dei 36 mesi di servizio direttamente dalla seconda fascia (di gran lunga superiore ai 36 mesi);
   se non ritenga di dover garantire per il buon funzionamento della scuola la continuità didattica che sempre più è caratterizzata da un apprendimento di tipo laboratoriale. (5-05833)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VACCA, BRESCIA, DI BENEDETTO, LUPO, SIBILIA, FERRARESI, LUIGI GALLO, MARZANA, D'UVA, SIMONE VALENTE e CHIMIENTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ha istituito l'abilitazione scientifica nazionale (ASN), volta ad attestare la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per essere ammessi a partecipare alle procedure di chiamata di professori di prima o di seconda fascia da parte delle università;
   con decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, è stato emanato il regolamento concernente il conferimento dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso al ruolo dei professori universitari;
   il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in data 7 giugno 2012 ha emanato il decreto n. 76, concernente «Regolamento recante criteri e parametri per la valutazione dei candidati ai fini dell'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale per l'accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori universitari, ed esplicitante le modalità di accertamento della qualificazione dei commissari ai sensi dell'articolo 16, comma 3, lettere a), b) e c) della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e degli articoli 4 e 6, commi 4 e 5, del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222»;
   per l'espletamento delle procedure dell'abilitazione scientifica nazionale è necessario costituire commissioni nazionali che per ciascun settore siano composte da cinque membri;
   con l'emanazione del decreto direttoriale n. 181 del 27 giugno 2012, è stata avviata la procedura per la formazione delle commissioni nazionali per il conferimento dell'abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima e seconda fascia;
   a norma dell'articolo 7 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, per ciascun settore scientifico-disciplinare è stato a suo tempo previamente formato un elenco in ordine alfabetico dei docenti candidati ad entrare in commissione, a ciascuno dei quali è stato assegnato il numero d'ordine corrispondente alla posizione occupata nella lista;
   l'articolo 7 comma 6 del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, prevede che il sorteggio avvenga tramite procedure informatizzate, preventivamente validate da un, comitato tecnico composto da non più di cinque membri e nominato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
   con nota del Ministero pubblicata sulla pagina web della abilitazione scientifica nazionale sono state stabilite le modalità di sorteggio delle commissioni per l'abilitazione scientifica nazionale ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222. Tale nota, al punto n. 3), ha previsto che per ciascun settore concorsuale tutti gli aspiranti commissari sono collocati in ordine alfabetico per cognome e nome, ed è attribuito un numero d'ordine progressivo a ogni docente nella lista; al punto n. 4), ha fissato la seguente procedura, cosiddetta norma anti-brogli: «Si determina il numero N massimo, pari al numero dei componenti la lista più numerosa tra quelle partecipanti alla procedura di sorteggio. Si procede quindi a estrarre una sequenza casuale senza ripetizioni dei numeri da 1 a N massimo che comprenda una e una sola volta tutti i numeri suddetti. La sequenza è unica per tutte le commissioni onde garantire la massima sicurezza e semplicità della procedura»; al punto n. 5), si procede alla formazione delle commissioni, sulla base delle liste numerate secondo quanto indicato al punto 3) e della sequenza generata secondo quanto indicato al punto 4);
   contravvenendo alla previsione che imponeva l'unicità della sequenza numerica, relativamente alle tornate di abilitazione 2012 e 2013 a quanto consta agli interroganti si sarebbe estratta una stringa differente per ognuno dei diversi giorni in cui, inopinatamente, si sono tenuti i sorteggi;
   né il decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 222, né altra fonte normativa conosciuta all'interrogante, stabilisce quali siano le modalità di funzionamento delle procedure informatizzate di estrazione a sorte dei membri delle commissioni giudicatrici;
   l'unico dato certo è quanto stabilito dal decreto ministeriale del 12 giugno 2012, n. 158, in cui ci si limita ad istituire un Comitato tecnico per la validazione delle procedure informatiche;
   qualunque procedura di estrazione a sorte di collegi aventi funzioni giudicanti deve essere improntata alla massima trasparenza in ogni suo passaggio;
   a tal fine le modalità tradizionali di sorteggio hanno sempre comportato la verifica preventiva sulle schede o su altro supporto corrispondenti al numero dei commissari da nominare, l'allestimento di un'urna apposita, il suggello della medesima a scopo di custodia, l'estrazione in pubblica udienza, sotto il controllo di pubblici ufficiali esterni all'amministrazione interessata, tenuti ad attestare la correttezza di tutte le operazioni e a redigere apposito verbale; anche per le procedure informatizzate, in luogo delle modalità manuali, occorrerà perciò individuare, previamente, le garanzie di trasparenza idonee e adeguate al mutato sistema di estrazione a sorte;
   non si è a conoscenza delle modalità tecniche di funzionamento della procedura informatica da validare, circostanza che non consente di verificare la correttezza delle operazioni effettuate, dell'elaboratore designato e software prescelto, delle modalità di funzionamento del meccanismo automatico diretto a determinare la casualità dell'estrazione, sicurezza delle chiavi crittografiche relative all'algoritmo di sorteggio, dei soggetti autorizzati all'accesso nel sistema, delle modalità protette dell'ingresso medesimo, dei presidi a tutela della inalterabilità dei dati (controllo dei file di log), dei report di verifica del corretto funzionamento del sistema, della modalità manuale o elettronica di attivazione finale del programma;
   a giudizio dell'interrogante, secondo quanto è reso pubblico sul portale dell'abilitazione scientifica nazionale, la procedura di formazione delle commissioni giudicatrici è carente di ogni requisito idoneo a garantire la verifica del risultato con particolare riferimento alle modalità di formazione della sequenza numerica per la formazione delle commissioni –:
   per quale motivo non sia stata utilizzata la stessa sequenza generata per la formazione di tutte le commissioni concorsuali;
   quali siano le modalità tecniche di funzionamento della procedura informatica da validare, dell'elaboratore designato, quale sia il software prescelto, quale sia il funzionamento del meccanismo automatico diretto a determinare la casualità dell'estrazione, quali siano i soggetti autorizzati all'accesso nel sistema ed ogni altra procedura utilizzata nell'operazione di sorteggio della sequenza numerica, dei presidi a tutela della inalterabilità dei dati (controllo dei file di log), dei report di verifica del corretto funzionamento del sistema;
   in quale documento ufficiale siano codificate le procedure da eseguire per l'estrazione della sequenza numerica;
   se per il futuro il Ministro intenda utilizzare procedure più trasparenti, che garantiscano la formazione delle commissioni giudicatrici anche utilizzando la stessa sequenza generata per tutti i settori concorsuali. (4-09496)


   LUIGI GALLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con regio decreto-legge del 9 novembre 1885 viene eretto in ente morale l'istituto «Domenico Martuscelli», già «Principe di Napoli», fondato da Domenico Martuscelli e designato come istituto scolastico posto alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che ospita ragazzi non vedenti ed ipovedenti con pluriminorazione sia come convittori che come semi-convittori;
   l'istituto «Domenico Martuscelli» ha conservato tali fini ai sensi e per gli effetti del regio decreto-legge del 16 agosto 1926, n. 1780, ed è sottoposto alla vigilanza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca: de facto, esso rientra nella categoria dei cosiddetti enti strumentali attraverso i quali lo Stato persegue gli scopi istituzionali dell'educazione e dell'istruzione che gli sono propri;
   nello specifico, come riportato sul sito web dello stesso istituto – www.istitutomartuscelli.it –, «lo scopo dell'istituto “Domenico Martuscelli” è la valorizzazione e lo sviluppo delle competenze intellettive, relazionali e sociali degli utenti minorati della vista, con particolare riguardo alla fascia giovanile. Ciò avviene attraverso una serie di attività e servizi in un percorso di sviluppo formativo, culturale e sociale finalizzato ad un positivo inserimento e una consapevole integrazione nella società civile dei disabili visivi, anche con handicap aggiuntivi»;
   accanto alle attività educative, l'istituto ha mantenuto una specifica attività assistenziale rivolta anche ad anziani non vedenti; attualmente la sede dell'ente, che dispone della possibilità di ospitare undici anziane, accoglie quattro non vedenti alle quali vengono forniti servizi riabilitativi, di assistenza materiale e sanitaria, attività ludiche e di integrazione sociale;
   l'istituto è stato sempre governato da un consiglio di amministrazione rappresentativo della Unione italiana ciechi – Uic – e della classe politica locale; la continuità nella gestione, così come riportato dal dottor Toni Nocchetti, presidente dell'associazione «Tutti a scuola onlus», le cui dichiarazioni sono state rese note da un articolo pubblicato il 28 marzo 2015 sul sito web del periodico de Il fatto quotidianowww.ilfattoquotidiano.it –, è stata salvaguardata dai rappresentanti della Uic che ancora oggi guidano l'istituto con il presidente ed il vice e da un consiglio costituito da un rappresentante del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della regione, del comune e dei «benefattori», con cui condividere strategie e governance;
   negli anni, le donazioni cospicue ricevute e le convenzioni con le province di appartenenza dei ragazzi cui erano rivolte le attività e i servizi, per cui queste pagavano una retta, hanno permesso che il patrimonio immobiliare di tale istituto crescesse fino a raggiungere un ammontare, come dichiarato dal dottor Toni Nocchetti nel succitato articolo e come deducibile dal sito dello stesso istituto alla sezione «Gare e appalti» «Fittasi Appartamenti / Uffici / Depositi / Magazzini di Proprietà dell'Ente», di circa euro 50.000.000;
   inoltre, si calcola che l'istituto ricavi, solo dagli affitti degli edifici, circa euro 900.000 l'anno, alcuni dei quali sono stati dati in affitto agli stessi dipendenti ed a componenti del consiglio; altra entrata cospicua è l'affitto del teatro Cilea, sempre di proprietà dell'istituto «Domenico Martuscelli», e dato in gestione alla famiglia Pisco, che ammonta a circa euro 7.000 al mese. Risultano, inoltre, circa ulteriori 8.000 metri quadrati di locali coperti non utilizzati e da ristrutturare, come descritto il 21 aprile 2015 in un documento a cura di Mariano Peluso, apparso sul sito movimento.napoli.it;
   inter alia, balza all'occhio soprattutto il fatto che il piano terra rappresenta un vero e proprio spreco di risorse pubbliche dato che i locali di cui è costituito rappresentano una risorsa unica, ospitando l'ambulatorio con tutte le specialiste mediche, una palestra completamente arredata per la fisioterapia, una sala per la logopedia e l'ortottica ed un living per l'intrattenimento, sempre in base alle descrizioni riportate dal succitato documento;
   nonostante il cospicuo patrimonio immobiliare di cui l'istituto dispone e delle entrate annue fisse derivanti dal pagamento degli affittuari, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che avrebbe dovuto vigilare sul controllo della buona gestione del Martuscelli, per mezzo dell'ufficio scolastico regionale diretto dalla dottoressa Luisa Franzese, con prot. n. AOODRCA8172/1, in data 18 novembre 2014 (http://itdoczz.com/doc) non ha approvato il conto consuntivo per l'anno 2013 né il bilancio di previsione per il 2014 dello stesso istituto, a causa di un deficit di cassa pari a –59.404,20 euro e di una differenza tra residui attivi e passivi pari a –6.273.751,00 euro;
   «indifferente e distratto» viene descritto dalla stampa l'atteggiamento dell'ufficio scolastico regionale della Campania che, ad oggi, continua a non prendere provvedimenti aggiuntivi a quello sopra descritto, malgrado i ripetuti appelli dei genitori dei non vedenti e dei dipendenti del Martuscelli, con lo scopo di dirimere una vicenda sempre più delicata e imbarazzante («Niente fondi, zero stipendi e progetti di rilancio l'agonia dell'Istituto per non vedenti al Vomero», pubblicato in data 12 maggio 2015 su sito www.retenews24.it); tale immobilismo sembrerebbe dunque presagire uno scenario quantomeno illogico: la chiusura di un centro di eccellenza quale è il Martuscelli per un disavanzo che potrebbe essere risanato con una liquidità inferiore ad un terzo del solo patrimonio immobiliare di cui dispone;
   la situazione dell'istituto «Domenico Martuscelli» ha scatenato, quindi, la rabbia e la disperazione di un folto gruppo di genitori e ragazzi non vedenti che in data 7 novembre 2014 hanno protestato occupando l'incrocio tra via Cilea, via Belvedere e via San Domenico a Napoli con striscioni e cassonetti della spazzatura, impedendo la circolazione verso Corso Europa;
   secondo quanto riportato nell'articolo pubblicato nella stessa data della manifestazione su vomero.napolitoday.it a cura di Mario Parisi, uno dei tanti manifestanti dichiarava: «È una vergogna che un istituto di tale importanza, che ospita bambini e ragazzi da tutta la regione, rischi la chiusura. A pagarne le conseguenze saranno proprio questi ragazzi e le loro famiglie. Di istituti con queste competenze ne esistono pochissimi in Italia»;
   il giorno 14 aprile 2015 è stato pubblicato l'articolo «Il paradosso Martuscelli» sul sito www.napolicittasociale.it; dallo stesso si evince oltremodo l'amarezza di genitori, sempre più convinti che «La costante e drastica riduzione delle attività nel corso degli anni sia riconducibile una volontà precisa di far chiudere il Martuscelli e utilizzarlo ad altri scopi, mentre i ragazzi con disabilità non interessano a nessuno poiché non ci si può arricchire»;
   in base a quanto riportato nell'articolo di cui di cui sopra, la direttrice amministrativa dell'istituto, Enza Avino, a causa della mancanza di liquidità per pagare i dipendenti e i debiti, e il succitato dottor Toni Nocchetti di «Tutti a scuola onlus», concordano nel ripensare l'istituto aprendolo alla pluridisabilità ciò che risulta auspicabile è una «attenta revisione dello statuto dell'istituto, lo scioglimento del consiglio di amministrazione e la nomina di un commissario, nonché la riorganizzazione e il rinnovo delle attività, istituendo servizi per le diverse disabilità, convenzioni con le università e corsi di formazione per l'autosufficienza e una casa alloggio per il “dopo di noi”»;
   a giudizio dell'interrogante qualora il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, attraverso l'ufficio scolastico regionale, avesse adempiuto negli anni al primario dovere di vigilare sul controllo costante della buona gestione dell'istituto, oggi il Martuscelli non si ritroverebbe con un patrimonio immobiliare di 50.000.000 di euro e, nel contempo, un disavanzo di oltre 6.000.000 di euro –:
   se il Ministro, nell'esercizio delle proprie funzioni di vigilanza di cui al regio decreto-legge del 16 agosto 1926, n. 1780, sia a conoscenza della grave e precaria condizione nella quale riversa ad oggi l'istituto «Domenico Martuscelli» e delle vicende che, negli ultimi anni, ivi hanno condotto;
   stante l'abbondanza del patrimonio immobiliare posseduto dall'istituto «Domenico Martuscelli» e nel rispetto della nobile missione da esso perseguita di rendere un servizio sociale, culturale e formativo all'avanguardia a tante persone con disabilità percettive, quali iniziative il Ministro intenda attuare a tutti i livelli per far sì che la regione Campania e l'intero Paese non perdano per sempre un simile patrimonio di competenze quale è l'istituto;
   se non ritenga appropriato intervenire per un riesame di quanto alla nota prot. n. AOODRCA8172/1 del 18 novembre 2014, citata in premessa, a firma dalla dottoressa Luisa Franzese, direttore generale dell'ufficio scolastico regionale della Campania;
   quali iniziative intenda assumere il Ministro in merito ai suggerimenti manifestati, per mezzo degli organi di stampa, dalla direttrice amministrativa dell'istituto, Enza Avino, e dal dottor Toni Nocchetti, la cui conoscenza delle vicende descritte non è in discussione, riguardanti la revisione dello statuto dell'istituto, la nomina di un commissario, la riorganizzazione e il rinnovo delle attività al fine di istituire servizi per diverse disabilità, convenzioni, corsi di formazione per l'autosufficienza e una casa alloggio per il «dopo di noi».
(4-09503)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MAESTRI, GNECCHI, ALBANELLA, BARUFFI, GIACOBBE, GRIBAUDO, GREGORI e CINZIA MARIA FONTANA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), ha previsto all'articolo 1 comma 118, un esonero contributivo triennale per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato nel corso del 2015. Lo stesso comma ha escluso l'attribuzione di tale sgravio contributivo in favore di quei lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro;
   l'introduzione della suddetta norma sta comportando problemi nel settore degli appalti, poiché come è noto, in sede di cambio di appalto, è previsto in capo all'impresa subentrante, in base ai contratti collettivi nazionali di settore, l'obbligo di assumere come lavoratori dipendenti coloro che erano impiegati nell'appalto stesso da parte dell'impresa cessante;
   nello specifico ci viene segnalato dalle organizzazioni sindacali di settore che alcune imprese subentranti in attività di appalto, scelgono scientemente, nella fase procedurale prevista dai CCNL per il passaggio del personale proveniente dall'impresa cessante, di pervenire ad un mancato accordo in sede di direzioni territoriali del lavoro, anche se ciò comporta delle sanzioni, con il precipuo scopo di assumere nuovo personale e beneficiare dello sgravio contributivo triennale previsto dalla legge stabilità 2015;
   è appena il caso di ricordare come, pur essendo nuove assunzioni per l'impresa subentrante, non possano trovare applicazione le norme incentivanti, sotto forma di esonero contributivo previste dall'articolo 1, comma 118, della legge n. 190 del 2014 per tutte le assunzioni a tempo indeterminato avvenute nel corso del 2015, in quanto non c’è, in capo ai lavoratori, il requisito dei 6 mesi antecedenti senza un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e l’escamotage del mancato accordo, che viene posto in essere da alcune imprese, non può essere ad avviso degli interroganti assolutamente tollerato, perché contrario allo spirito della norma sopra richiamata, introdotta specificamente per creare nuovi posti di lavoro stabili e comporta altresì un ulteriore onere a carico dell'Inps in quanto ai lavoratori provenienti dall'impresa cessante e non riassunti dalla subentrante, andrà comunque riconosciuta la nuova Naspi –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione sopradescritta e se non ritenga di assumere specifiche iniziative normative, al fine di evitare l'utilizzo improprio dell'esonero contributivo da parte delle imprese che operano nel settore degli appalti. (5-05828)

Interrogazioni a risposta scritta:


   VEZZALI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori della Fiat Cnh di Jesi (AN), sono in cassa integrazione dall'ottobre 2014;
   nel mese di aprile 2015 hanno lavorato soltanto 12 giorni con una perdita in busta paga di circa 300 euro;
   in pochi anni la fabbrica jesina è passata da una forza lavoro che superava le 1100 unità nel 2008, alle 890 attuali;
   la produzione si è dimezzata scendendo da 33mila trattori ai 17mila previsti per il 2015, segnando la produzione più bassa degli ultimi 20 anni;
   la preoccupazione per il futuro è molto forte. L'incertezza di lavoro futuro riguarda sia l'occupazione che la produzione;
   i lavoratori vivono la situazione con ansia e chiedono da mesi all'azienda garanzie –:
   se non ritenga opportuno avviare un tavolo di confronto con l'azienda e le parti sociali per chiarire quali siano le intenzioni di Fiat, e quanto e se investirà nei prossimi anni, considerando che lo stabilimento jesino è una risorsa per i lavoratori, l'indotto, ma anche per il territorio della provincia di Ancona. (4-09488)


   SBROLLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Enersys spa è una multinazionale statunitense con sedi in tutto il mondo ed operante in più di 100 Paesi con oltre trenta stabilimenti produttivi Enersys spa è un'azienda leader nel settore della produzione e vendita di accumulatori elettrici industriali, batterie per produzione di forza motrice, per auto, per aziende e per scopi militari;
   vi è la volontà dell'azienda di chiudere la linea produttiva dello stabilimento di Gambellara (Vicenza) e ciò comporterebbe la messa in mobilità per 24 lavoratori;
   la multinazionale Enersys nell'anno fiscale 2014-2015 prevedeva un utile di 4,5 milioni di euro, ha raggiunto invece i 5 milioni di euro. Nonostante un risultato operativo superiore alle previsioni si è deciso di smantellare il 30 per cento dei lavoratori in Italia per delocalizzare parte della produzione all'estero;
   molti lavoratori della Enersys spa sono residenti nel comune di Gambellara o nei comuni contermini e pertanto la perdita di ulteriori posti di lavoro in piccole realtà come quelle dell'ovest vicentino avrebbe una pesante e negativa ricaduta in termini di impatto sociale –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Governo per limitare il fenomeno che vede aziende multinazionali delocalizzare e spostare le proprie linee produttive con estrema facilità, caricando tutte le conseguenze sociali ed economiche sullo Stato e sugli enti locali;
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo per incentivare che le aziende multinazionali estere a mantenere e accrescere gli investimenti in processi produttivi nel nostro Paese così da creare occupazione e ricchezza sul territorio nazionale;
   quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare il rischio di ulteriore «desertificazione» industriale e produttiva nelle aree provinciali, lontane dai grandi centri urbani. (4-09494)


   LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a Roma, in via Montecassiano 78, è ubicato un complesso immobiliare di proprietà dell'ex INPDAP, cinque palazzine, in cui risiedono 120 famiglie seriamente allarmate per la persistente condizione di pericolo in cui esso versa;
   a partire dal 2001, gli immobili suddetti sono stati oggetto di numerose verifiche statiche da cui è emerso che essi non garantiscono i livelli di sicurezza compatibili con le funzioni da svolgere;
   nel 2002, usufruendo della normativa sulle dismissioni immobiliari, le 120 famiglie decisero di acquistare le case di proprietà dell'ente;
   quando agli inquilini fu chiesto di esprimere la loro opzione sulla proposta di acquisto, fu loro assicurato che gli appartamenti del complesso presentavano alcune criticità limitate ai balconi e ai lastrici solari causati dall'assestamento degli immobili e per le quali lo stesso ente si impegnava al ripristino all'atto della compravendita;
   nessuno informò gli inquilini che, qualche mese prima della vendita, il consiglio di amministrazione dell'INPDAP aveva incaricato dei tecnici per procedere ad una verifica statica degli immobili (perizia condotta da La Penna e Giardina) da cui risultava come la palazzina C1 risultasse non conforme alla vigente normativa e non garantisse i livelli di sicurezza richiesti dalla legge;
   i lavori di ripristino che l'Istituto si impegnava a realizzare non risultano essere stati eseguiti, ragione per la quale la commissione stabili privati del comune di Roma ha denunciato l'Inpdap per omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina;
   data la presenza di caratteristiche tecniche dei materiali inferiori a quelle previste in fase progettuale, nel 2010 la commissione sicurezza stabili privati ha dichiarato inagibili gli edifici del complesso di via Montecassiano 78 e il comune di Roma, con proprie ordinanze (n. 102 del 14 aprile e n. 137 del 10 giugno 2010), ha disposto la verifica statica e le necessarie opere provvisionali degli stabili di via Montecassiano 78, con diritto di rivalsa della spesa sostenuta nei confronti dell'INPDAP, in via solidale con i proprietari o con chi risulti obbligato per legge o per contratto;
   dopo le prime verifiche dei tecnici comunali si è accertato il grave pericolo di crolli a causa della totale sfaldatura dei superattici e dei balconi pericolanti, tanto che lo stesso comune ha realizzato i primi interventi per la messa in sicurezza di tali strutture;
   nelle conclusioni dei tecnici comunali è scritto che rimane comunque accertato che tutti gli edifici indagati versano in condizioni statiche precarie per cui è altresì necessario programmare interventi generalizzati, tali da garantire la completa idoneità statica intesa nella globalità strutturale. La riparazione dei soli pilastri con assenza di staffe è doverosa, prioritaria, ma non esaustiva in merito alla completa sicurezza dei fabbricati di via Montecassiano;
   i costi per i lavori di consolidamento delle cinque palazzine sono stati stimati in 7.299.500 euro, nel caso di intervento senza sisma, e in 16.042.212 euro in caso di intervento in presenza di sisma;
   con sentenza n. 2507 del 31 gennaio 2012 il tribunale di Roma ha condannato l'INPDAP a dare esecuzione ai lavori di conservazione e rifacimento della statica degli edifici costituenti il complesso di via Montecassiano 78, secondo la soluzione progettuale dell'ingegner Viscomi, riveduta per i profili di rispetto dell'attuale normativa antisismica di settore, previo sviluppo dei calcoli di struttura, secondo previsioni dell'ingegner Esposito (incaricato dal comune di Roma);
   a fronte della diversa valutazione espressa dai tecnici dell'istituto e della consulenza tecnica d'ufficio del giudizio civile, in ordine alla natura degli interventi da eseguire ed al ben diverso conseguente costo, l'Inpdap non ha ritenuto percorribile la condivisione del progetto esecutivo predisposto dal comune di Roma;
   in ottemperanza alla citata sentenza del tribunale civile di Roma n. 2507 del 31 gennaio 2012, l'INPS (subentrato all'INPDAP) ha incaricato un tecnico interno, ingegner Luigi Lauria, di eseguire una nuova perizia su tutte le strutture delle palazzine, al fine di verificare l'effettivo stato di pericolo. Detta perizia rivelava nuove e gravissime verità e cioè che il materiale con cui gli stabili sono stati costruiti non risulta essere materiale da costruzione, che il calcestruzzo si sta sgretolando, evidenziando pilastri spezzati, travi piegate, problemi in fondazione, resistenza dei pilastri molto al di sotto al limite previsto dal progetto costruttivo. L'ingegner Lauria nella relazione finale chiedeva lo sgombero immediato delle palazzine da persone e cose per effettuare lavori contingibili e urgenti. A seguito di ciò l'INPS chiedeva al comune di Roma l'assistenza per gli sgomberi che non avrebbero comportato nessun onere alle casse comunali, in quanto sia i lavori che le sistemazioni in altri appartamenti dei condomini che il trasloco dei mobili erano a carico INPS;
   la commissione stabili pericolanti interpellata per gli sgomberi, anziché emettere immediata direttiva cautelare si è limitata, a quanto consta all'interrogante, ad ordinare una messa in sicurezza (da quando inizia la storia nel 2002 a oggi sono state ordinate solo messe in sicurezza e mai una decisiva presa di posizione rispetto al grave problema);
   nonostante il citato stato di grave pericolo, ancora oggi i condomini (124 famiglie ossia circa 600 persone) vivono in abitazioni fatiscenti puntellate con tonnellate di ferro, in quella che all'interrogante appare l'assoluta indifferenza del comune di Roma, della commissione stabili pericolanti e dell'INPS, il quale ancora non provvede agli sgomberi;
   nel mese di novembre del 2014 sono stati rinviati a giudizio Rocco Familiari e Marco Staderini, succedutisi alla guida dell'organizzazione tra il 2002 e il 2012, anno di soppressione dell'Inpdap, con l'accusa di aver occultato agli acquirenti le gravi carenze strutturali dell'edificio di via Montecassiano 78, al fine di gonfiare il prezzo di mercato degli appartamenti dell'ente e realizzare il più alto profitto possibile.. I due ex presidenti sono imputati di truffa, anche se il vero cuore dell'accusa è l'aggravante contestata dalla procura che riguarda il loro ruolo pubblico. Sotto processo, ma per omissione in atti d'ufficio, anche i tre tecnici, Francesco La Penna, Alberto Biggi e Giovanni Vitali incaricati dall'Inpdap di verificare lo stato degli immobili; costoro, pur avendo rilevato la presenza di gravi carenze di staticità, non segnalarono alle autorità competenti (comune di Roma e vigili di fuoco) quanto accertato –:
   se il Ministro interrogato non intenda attivarsi nei riguardi dell'INPS, affinché vengano rispettati le urgenze e i cronoprogrammi di esecuzione dei lavori, per evitare probabili collassi delle strutture a danno degli abitanti (in osservanza alla perizia fatta nel 2013, proprio per l'urgenza evidenziata l'INPS ha redatto cronoprogramma nel quale prevedeva che l'inizio lavori doveva essere per dicembre 2013 dopo gli sgomberi);
   quali iniziative intenda intraprendere al fine di trasferire, nel più breve tempo possibile, i condomini di via Montecassiano 78 in altri appartamenti, a spese dell'Inps;
   se sia possibile che l'Inps si faccia carico della dismissione degli immobili di via Montecassiano 78 e della contestuale attribuzione di nuovi appartamenti agli inquilini, di valore corrispondente a quelli dismessi; 
   quali iniziative si intendano assumere, per quanto di competenza, nei confronti dei responsabili della condotta e delle scelte tecniche fino ad oggi sostenute dall'ex INPDAP, atteso che l'ente dovrebbe rivalersi nei confronti del costruttore e di tutti i responsabili delle carenze di natura statica e strutturale che le palazzine di via Montecassiano 78 presentano;
   se vi siano le condizioni per segnalare i fatti alla magistratura contabile in considerazione delle spese che l'amministrazione capitolina ha sostenuto a causa dell'inerzia dell'istituto di Previdenza.
(4-09507)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in materia di sicurezza alimentare, i principali cambiamenti apportati dal nuovo Regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori hanno sicuramente aumentato il livello di informazioni sulla etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari nonché sulla loro etichettatura nutrizionale;
   per quanto concerne, invece, tutto ciò che è relativo alla somministrazione alimentare, sia pubblica che privata, attualmente i genitori degli studenti sono costretti a delegare questo importante aspetto alle strutture scolastiche senza avere alcun tipo di controllo sull'alimentazione dei propri figli;
   l'Italia resta ancora ai primi posti in Europa per obesità, con il 20,9 per cento di bambini in sovrappeso ed il 9,8 per cento obeso (dato del sistema di sorveglianza nazionale «Okkio alla Salute», promosso dal Ministero della salute insieme al Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, all'interno del programma strategico «Guadagnare salute — rendere facili le scelte salutari» e coordinato dall'Istituto superiore di sanità, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con le regioni e le aziende sanitarie locali);
   i dati del 2014 indicano che dal 2008 ad oggi sono diminuiti i bambini di 8-9 anni in sovrappeso oppure obesi, ma restano elevati i livelli di eccesso ponderale che pongono l'Italia ai primi posti in Europa per sovrappeso e obesità infantile;
   per quanto attiene alle abitudini alimentari, che possono favorire un aumento di peso, specie se concomitanti, dai dati 2014 emerge che l'8 per cento dei bambini salta la prima colazione, il 52 per cento fa una abbondante merenda a metà mattina, mentre il 25 per cento non consuma quotidianamente frutta e/o verdura;
   i genitori, inoltre, nella maggior parte dei casi non sempre hanno un quadro corretto del problema ponderale del proprio figlio né dell'esposizione del bambino a fenomeni di intolleranza ed allergia alimentare;
   la creazione di un repertorio nazionale per le aziende di prodotti alimentari e aziende che erogano servizi di somministrazione nelle scuole e in altri edifici pubblici, potrebbe garantire una serie di controlli continui e specialistici, soprattutto nella tracciabilità e nell'uso delle materie prime;
   uno strumento del genere permetterebbe allo Stato di essere totalmente trasparente, efficace ed efficiente su tale delicata problematica, prevedendo l'iscrizione dei produttori e dei somministratori nel repertorio con l'obbligo di inserire tutti i propri prodotti con i relativi ingredienti;
   l'obbligatorietà di iscrizione di produttori e somministratori aumenterebbe maggiormente i livelli di sicurezza e di monitoraggio della problematica legata alla prevenzione e cura del diabete infantile –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere iniziative per istituire un repertorio nazionale per le aziende di prodotti alimentari e aziende che erogano servizi di somministrazione nelle scuole, negli ospedali e altri edifici pubblici, sotto il controllo dei rispettivi dicasteri. (3-01555)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LENZI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da quanto si apprende da notizie di stampa, il comando dei vigili del fuoco di Bologna avrebbe messo a bando il ruolo di medico del lavoro nella locale caserma, per un compenso annuo complessivo di 4.000 euro annui, e tale incarico sarebbe stato assegnato al dottor Ercole De Castro;
   il dottor De Castro risulta essere uno stimato professionista e vanta una difficilmente eguagliabile esperienza medica, dall'alto dei suoi 92 anni;
   il direttore regionale del dipartimento dei vigili del fuoco, Tolomeo Litterio, intervistato dalla stampa locale sulla singolare circostanza che ha portato alla nomina del dottor De Castro, sulla base di un bando di gara per soli titoli e senza alcun limite di età, ha difeso tale scelta in virtù della riconosciuta capacità diagnostica del professionista e del suo instancabile impegno lavorativo;
   pur con riferimento a ruoli e inquadramenti del tutto differenti, uno dei primi provvedimenti adottati dal Governo in carica, il decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, all'articolo 1, ha riguardato il cosiddetto ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, ma notizie come quelle del comando dei vigili del fuoco di Bologna appaiono andare in direzione del tutto opposta allo spirito della richiamata norma –:
   quali siano gli orientamenti del Governo in relazione all'episodio sommariamente illustrato in premessa, se non ritengano necessario adottare le opportune iniziative al fine di valutare l'opportunità di tale selezione e, in prospettiva, per prevenire il riproporsi di scelte analoghe. (5-05830)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:


   SCAGLIUSI e PETRAROLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come indicato sul proprio sito istituzionale, Postel spa, società con socio unico del gruppo Poste italiane e caratterizzata da una specifica storia di azienda di stampa, è una grande realtà produttiva per la gestione documentale al fianco di oltre 4.000 clienti, tra imprese e pubblica amministrazione centrale e locale;
   come riportato sul proprio sito istituzionale, «Il codice etico Postel è quello della capogruppo Poste italiane e sancisce non solo i principi e i valori sui quali si fonda la nostra impresa e ai quali tutti i dipendenti sono chiamati ad attenersi, ma anche l'insieme delle responsabilità che Postel assume verso l'interno e verso l'esterno»;
   come riportato nei principi generali del codice etico, «i rapporti e i comportamenti, a tutti i livelli aziendali, sono improntati a principi di onestà, correttezza, trasparenza, riservatezza, imparzialità, diligenza, lealtà e reciproco rispetto»;
   come previsto dalla certificazione sulla responsabilità sociale SA8000 conseguita da Postel spa, i cui, riferimenti normativi sono la dichiarazione universale dei diritti umani, le convenzioni ILO, la convenzione ONU sui diritti dei bambini, la convenzione ONU sulla discriminazione verso le donne, i sistemi legislativi nazionali, l'azienda privilegia l'etica a garanzia del proprio ciclo produttivo;
   la tutela dei soggetti portatori di handicap giustifica, ai sensi della legge n. 104 del 1992, deroga al normale svolgimento della prestazione lavorativa ed ai criteri ordinari che disciplinano i trasferimenti della categoria di personale di appartenenza;
   risulta agli interroganti almeno una domanda di trasferimento per gravi e comprovati motivi familiari ancora non accolta, a fronte di altre domande evase, ad avviso degli interroganti, con tempistiche e modalità che appaiono talvolta non trasparenti;
   nella seconda metà del 2014, Postel spa, ha attuato il trasferimento di 17 lavoratori dalla sede di Pomezia (via Campobello n. 43) alla sede di Roma di viale Europa n. 175;
   tale trasferimento è avvenuto a poco più di due anni di distanza dallo spostamento, alla fine del 2011, di 77 risorse di Postel spa presso la suddetta sede di Pomezia dagli uffici di Roma siti in via Massaia n. 31, in seguito al rilascio dell'immobile che ospitava complessivamente 284 lavoratori. I restanti 207 lavoratori di via Massaia, invece, sono stati contestualmente trasferiti nello stabile di viale Europa 175 Roma;
   dopo poco tempo dallo spostamento collettivo del 2011 da Roma a Pomezia, l'azienda ha ritenuto opportuno riunire le strutture tecnico-operative dal momento che, ad avviso degli interroganti, non ha in alcun modo agevolato né logisticamente né strategicamente le attività aziendali;
   il 25 settembre 2014, con una interrogazione a risposta scritta a prima firma del deputato Bianchi, a cui non è ancora stata data risposta, si chiedeva al Ministero dell'economia e delle finanze, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché al Ministero dello sviluppo economico, se non intendessero intervenire per favorire, nei limiti di competenza, una maggiore trasparenza e una maggiore sensibilità per le problematiche esposte in premessa presso imprese, come Poste italiane spa, a totale partecipazione dello Stato;
   per i dipendenti di Postel, secondo le informazioni in possesso degli interroganti, non esisterebbe una graduatoria trasparente di mobilità né interna a Postel né tantomeno di accesso alla capogruppo Poste Italiane;
   già nel settembre 2005, veniva pubblicato un dossier dall'Espresso, dal quale emergeva, come scritto testualmente nel settimanale, «la mappa del privilegio di cui si è spesso favoleggiato e che trova conferma in database e file con messaggi di posta elettronica e bozze di lettere, indirizzari e minuziosi riepiloghi» finalizzati a favorire, segnalazioni di casi umani, promozioni e trasferimenti per conto di politici e familiari «influenti» –:
   se esista una graduatoria trasparente ed accessibile di mobilità interna a Postel e di accesso alla capogruppo Poste Italiane;
   se il Ministro non ritenga opportuno, nei limiti di competenza e dato che Postel spa è una società con socio unico del gruppo Poste italiane, adoperarsi per favorire una maggiore trasparenza e una maggiore sensibilità alle problematiche esposte in premessa, soprattutto quando trattasi di aziende, come Poste italiane spa, a totale partecipazione dello Stato. (4-09497)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Dambruoso e altri n. 1-00771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Buttiglione, Causin.

  La mozione Miotto e altri n. 1-00899, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giuditta Pini, Gregori.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Carrescia e altri n. 7-00673, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Braga.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Duranti e altri n. 3-01546, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Pellegrino, Piras, Ricciatti, Melilla.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Vico n. 5-05519 del 5 maggio 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Duranti n. 5-05599 del 13 maggio 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Basilio n. 5-05740 dell'8 giugno 2015.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   MANNINO, TERZONI, GRILLO, PARENTELA, DE ROSA, DE LORENZIS, NUTI e LOREFICE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   lo Statuto della Regione Siciliana, all'articolo 14, stabilisce che l'Assemblea regionale ha la legislazione esclusiva, tra le altre materie, su turismo, la vigilanza alberghiera e la tutela del paesaggio e conservazione delle antichità e delle opere artistiche;
   con decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975 n. 637 (di seguito decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975) sono state dettate le norme di attuazione dello statuto della Regione Siciliana in materia di tutela del paesaggio e di antichità e belle arti, stabilendo che «l'amministrazione regionale esercita nel territorio della regione tutte le attribuzioni delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato in materia di antichità, opere artistiche e musei, nonché di tutela del paesaggio»;
   con lo stesso decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, è stato stabilito che tutti gli atti previsti dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497 – successivamente confluite nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio – e da ogni altra disposizione comunque concernente le materie indicate al punto precedente sono adottati dall'amministrazione regionale, e che la stessa amministrazione ha l'obbligo di darne comunicazione bimestrale per conoscenza al Ministero per i beni culturali ed ambientali;
   l'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975 ha stabilito, a questo scopo, che gli uffici periferici del Ministero per i beni culturali e ambientali, allora esistenti nel territorio della Regione Siciliana, competenti in materia di protezione dei beni culturali e del paesaggio, passassero alle dipendenze della medesima regione Siciliana ed entrassero a far parte integrante della sua organizzazione amministrativa;
   le soprintendenze statali – trasferite per effetto della norma citata nei punti precedenti all'interno della Regione Siciliana – sono state sostituite, in base all'articolo della legge Regione Siciliana 1° agosto 1977 n. 80 (di seguito legge regionale 80 1977) dalle Soprintendenze uniche per i beni Culturali ed ambientali che integrano le competenze spettanti alla Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio e quelle per i beni archeologici;
   le coste della Sicilia sono caratterizzate dalla presenza di torri costiere edificate prevalentemente tra il XV ed il XVI secolo per fronteggiare le incursioni di navi turche e barbaresche che per secoli costituirono una grave minaccia per la navigazione e per le popolazioni costiere;
   tali torri, dall'architettura riconducibile a note tipologie standardizzate, costituivano un sistema unico di avvistamento realizzato al fine di intercettare con il maggiore anticipo possibile l'avvicinarsi alle coste dell'isola di navi corsare e consentire così alle popolazioni locali di mettersi in salvo;
   tali torri costiere – testimonianza di un passato cruento che ha comunque legato le storie dell'umanità delle due rive opposte del Mar Mediterraneo – costituiscono un simbolo di identità dei luoghi, un enorme ma sottovalutato giacimento scientifico e culturale da valorizzare anche ai fini turistici;
   molte di queste torri – indipendentemente dal fatto che siano di proprietà pubblica oppure di soggetti privati – versano in uno stato di allarmante degrado strutturale ed incuria, comprovato dal verificarsi di repentini crolli come quello della Torre Toleda nel Comune di Terrasini che ha portato al ferimento di alcune persone;
   questo importante e diffuso patrimonio monumentale – rappresentato dalle circa 200 torri costiere esistenti e dai contesti di elevato valore paesaggistico nel quale le stesse strutture architettoniche sono collocate – non risulta adeguatamente conosciuto, protetto e valorizzato dalle strutture regionali competenti;
   una adeguata e appropriata tutela e valorizzazione dei siti in questione potrebbe rafforzare e qualificare l'offerta turistico-culturale della regione Sicilia –:
   se l'amministrazione della regione Siciliana, nelle comunicazioni bimestrali da rendere al Ministero per i beni culturali ed ambientali (ora Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo), ai sensi dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, abbia dato conto di atti e provvedimenti concernenti il patrimonio delle torri che punteggiano le coste siciliane;
   se e con quale periodicità l'amministrazione della regione Siciliana provvederà dare a dare comunicazione degli atti concernenti la protezione dei beni culturali e del paesaggio, adottati in base alle disposizione del Codice del beni colturali e del paesaggio;
   se le funzioni elencate dagli articoli 7, 8 e 9 del decreto del Presidente della Repubblica (173 del 2004 – che di norma sono delegate alle direzioni regionali – con riferimento alla Regione Siciliana, sono svolte dalla direzione generale per i beni archeologici, da quella per i beni architettonici e paesaggistici, e da quella per il patrimonio storico, artistico ed etno-antropologico ovvero dalle soprintendenze uniche per i beni culturali ed ambientali istituite con la legge regionale n. 80 del 1977;
   se l'amministrazione della Regione Siciliana, nelle comunicazioni bimestrali al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, abbia dato conto di provvedimenti adottati dalle Soprintendenze uniche per i beni culturali ed ambientali, in base ai citati articoli 12, 13 e 45 del codice, aventi ad oggetto le torri costiere presenti in Sicilia;
   se l'amministrazione della regione Siciliana, nelle comunicazioni bimestrali al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, abbia dato conto di provvedimenti concernenti la dichiarazione di notevole interesse pubblico, l'acquisizione coattiva, e l'acquisto a trattativa privata aventi ad oggetto le torri costiere presenti in Sicilia;
   se l'amministrazione della regione siciliana, nelle comunicazioni bimestrali al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 673 del 1975, abbia dato conto di proposte riguardanti l'esercizio della prelazione ai sensi dell'articolo 60 del decreto legislativo n. 42 del 2004, ovvero l'irrogazione di sanzioni ripristinatorie e pecuniarie con riferimento alle torri costiere presenti in Sicilia;
   se l'amministrazione della regione siciliana, nelle comunicazioni bimestrali al Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 673 del 1975, abbia dato conto di proposte riguardanti l'adozione in via sostitutiva della dichiarazione di interesse pubblico aventi ad oggetto le torri costiere presenti in Sicilia;
   se l'amministrazione della regione siciliana, nelle comunicazioni bimestrali al Ministero dei beni culturali, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, abbia dato conto di richieste avanzate dalle soprintendenze uniche per i beni culturali ed ambientali istituite con legge regionale n. 80 del 1977, alle commissioni provinciali in merito all'adozione della proposta di dichiarazione di interesse pubblico per i beni paesaggistici, ai sensi dell'articolo 138 del Codice, aventi ad oggetto le torri costiere presenti in Sicilia;
   se l'amministrazione della regione Siciliana nelle comunicazioni bimestrali al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 637 del 1975, abbia dato conto del fatto che le Soprintendenze uniche per i Beni culturali ed ambientali, istituite con legge regionale n. 80 del 1977, abbiano predisposto programmi e piani finalizzati all'attuazione degli interventi di riqualificazione, recupero e valorizzazione delle aree, all'interno delle quali sono presenti una, o più torri costiere, sottoposte alle disposizioni di tutela dei beni paesaggistici;
   se, con riferimento alla generalità dei beni sottoposti alla disciplina del Codice presenti in Sicilia, ritenga che la disciplina legislativa concernente i beni culturali e il paesaggio, e i rapporti tra l'amministrazione centrale e quella periferica del Ministero siano appropriati e idonei ad assicurare la tutela e la conservazione di quegli stessi beni, ovvero necessitino di una revisione mirata a stabilire una più efficace cooperazione e sinergia tra il Ministero la regione Siciliana e gli enti locali. (4-02067)

  Risposta. — In riferimento all'interrogazione in esame con il quale l'interrogante chiede se la regione Sicilia adempia alle prescrizioni previste dal decreto del Presidente della Repubblica 30 agosto 1975, n. 637, relative alle comunicazioni da inviare al Ministero riguardanti i provvedimenti adottati «in materia di antichità, opere artistiche e musei, nonché di tutela del paesaggio», e se l'Amministrazione siciliana abbia dato conto di tutti i provvedimenti concernenti le torri costiere edificate fra il XV e il XVI secolo, si comunica quanto segue.
  Nell'interrogazione in esame si fa una particolareggiata ricostruzione delle specifiche ed esclusive competenze conferite alla Regione siciliana, sia in materia di tutela di beni culturali che di paesaggio a seguito,
in primis, dello Statuto approvato con regio decreto n. 455 del 15 maggio 1946 (poi convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e, successivamente, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975.
  In conseguenza della normativa sopra richiamata, le soprintendenze sono strutture regionali e gli unici uffici periferici di questo Ministero in Sicilia sono la «Soprintendenza archivistica della Sicilia - Archivio di Stato di Palermo» e gli archivi di Stato, distribuiti su base provinciale.
  La Regione siciliana non è quindi interessata dal regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171. Ogni azione di tutela, anche sull'insieme del patrimonio storico- architettonico isolano, si attesta in capo all'assessorato regionale dei beni culturali attraverso le Soprintendenze uniche ai beni culturali, istituite con legge regionale n. 80 del 1977 e aventi giurisdizione corrispondente ai territori delle nove province o ex province dell'isola.
  Il ricordato decreto del Presidente della Repubblica n. 637 del 1975, all'articolo 1, prevede come adempimento per la regione una comunicazione bimestrale da inviare per conoscenza al Ministero su tutti gli atti adottati in base alla normativa di settore (ora il Codice dei beni culturali e del paesaggio – d'ora innanzi: «Codice»), la permanenza del nulla osta ministeriale per le licenze di esportazione (ora attestato di libera circolazione) e la facoltà per il Ministero di esercitare il diritto di prelazione o la facoltà di acquisto di beni culturali, qualora la Regione siciliana vi rinunci.
  Nella comune pratica operativa la direzione generale «Belle arti e paesaggio» non riceve le comunicazioni bimestrali ma, di volta in volta, i singoli provvedimenti di tutela ai sensi degli articoli 12, 13 e 45 del Codice, emanati con decreto del dirigente generale del dipartimento dei beni culturali e dell'identità siciliana, afferente all'assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana, previo avvio del procedimento ed istruttoria svolti dalle soprintendenze di settore, come detto, di esclusiva pertinenza regionale.
  Dal 2010 ad oggi la direzione generale suddetta ha ricevuto dalla Regione siciliana 97 decreti di vincolo, nessuno dei quali tuttavia riguardante torri costiere.
  Parimenti pervengono con continuità alla medesima atti di compravendita riferiti a beni culturali regionali, affinché il Ministero possa esercitare l'eventuale diritto di prelazione; dal 2009 ad oggi ne sono giunti 161, nessuno dei quali, però, riferito a torri costiere.
  A far data dal maggio 2011, fino ad oggi, non sono pervenuti programmi e piani finalizzati all'attuazione di interventi di riqualificazione, recupero e valorizzazione di torri costiere siciliane.
  Per completezza, si riporta qui di seguito quanto comunicato, in spirito di leale cooperazione istituzionale, dall'assessorato dei beni culturali e dell'identità siciliana relativamente alle torri costiere:
   «La Regione Siciliana, attraverso l'Assessorato Beni Culturali e Ambientali e con l'intervento diretto del suo Ufficio preposto alla catalogazione del patrimonio culturale (Centro regionale per l'inventario e la catalogazione – CRICD sito a Palermo) ha curato fra il 2001 ed il 2008 una grande opera di catalogazione e studio di tale patrimonio architettonico. Questo impegno si è così concretizzato nella pubblicazione di un'opera in tre volumi per oltre 1.400 pagine (...).
  Ogni scheda dedicata a ciascuna torre (ca. 200) comprende quindi informazioni relative alla localizzazione (Provincia, Comune, Vallo dell'antica divisione amministrativa, coordinate rilevate con strumentazione elettronica), informazione sulla proprietà, notizie storiche in forma di regesto cronologico, descrizione e sommario giudizio sullo stato di consistenza, oltre che documentazione fotografica, cartografica e rilievo: tanto le fotografie che i rilievi riportano la data.
  La ricognizione realizzata ha permesso, attraverso le visure catastali, di accertare che complessivamente 62 torri risultano di proprietà pubblica (Demanio dello Stato nei vari rami, Regione Siciliana, Comuni, Enti Pubblici): di esse 32 sono scaglionate lungo le coste dell'antico Val di Mazara, 9 su quelle del Val di Noto, 21 su quelle del Val Demone. La Regione Siciliana risulta al catasto proprietaria di 10 torri di cui ben 9 nella sola provincia di Trapani. Queste ultime sono state tutte restaurate negli ultimissimi decenni a cura della Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani, con l'eccezione di una (torre Marausa, comunque in buone condizioni) in affidamento ad un'Associazione privata (...).
  Le torri private, sempre in base ai dati catastali visionati, sono 101 di cui 62 sulle coste del Val di Mazara, 7 su quelle del Val di Noto, 32 su quelle del Val Demone. In questo computo non sono comprese le torri per le quali rimane solo attestazione documentaria o che non presentano resti fuori terra visibili».

  Si allega altresì l'elenco delle torri costiere siciliane, contestualmente trasmesso dall'assessorato e recante gli estremi dell'eventuale provvedimento di vincolo (disponibile presso il Servizio Assemblea).
  Quanto infine all'ultimo quesito rivolto al Ministro dall'interrogante, se cioè «con riferimento alla generalità dei beni sottoposti alla disciplina del Codice presenti in Sicilia, ritenga che la disciplina legislativa concernente i beni culturali e il paesaggio, e i rapporti tra l'amministrazione centrale e quella periferica del Ministero siano appropriati e idonei ad assicurare la tutela e la conservazione di quegli stessi beni, ovvero necessitino di una revisione mirata a stabilire una più efficace cooperazione e sinergia tra il Ministero la regione siciliana e gli enti locali», va rilevato in primo luogo che le direzioni generali di questo Ministero hanno sempre manifestato piena disponibilità a porre in atto cooperazioni e sinergie con la regione siciliana, così in varie circostanze nelle quali si è sostenuta l'opportunità di costituire appositi tavoli tecnici congiunti tra il Ministero e la Regione siciliana, al fine di definire possibili linee d'azioni comuni.
  Peraltro, non si può non ricordare che l'attuale assetto – ben ricostruito dall'interrogante – si fonda su scelte risalenti nel tempo all'Assemblea costituente e fondate su norme di rango costituzionale. Un ripensamento di tale assetto, pertanto, non potrà non collocarsi al più alto livello istituzionale e politico –
in primis dunque in seno alle assemblee parlamentari – intrecciandosi con la riflessione e il dibattito che, non da ora, hanno ad oggetto ragioni e vitalità degli attuali livelli di governo del territorio e ne vanno prefigurando un ridisegno.
La Sottosegretaria di Stato per i beni e le attività culturali e il turismoFrancesca Barracciu.


   RIZZO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ASP 3 di Catania è responsabile del punto territoriale d'assistenza operante nella città di Vizzini;
   da un articolo di giornale apparso sulla testata online Lagazzettadelcalatino.it del 16 febbraio 2015 a firma di Lucio Gambera, vengono lanciate accuse e rimostranza derivanti da ritardi e carenze in alcuni servizi di diagnostica;
   la radiologia risulta inutilizzabile da circa sette mesi, mentre per gli accertamenti mammografici i tempi di attesa non sono inferiori ai 12 mesi;
   la progressiva riduzione dei servizi radiologi e, dal mese di luglio 2014, la totale sospensione degli stessi è da addebitarsi ad un provvedimento dell'Asp 3 di Catania;
   risulta all'interrogante anche che il mammografo, nonostante le periodiche manutenzioni, non offra un servizio adeguato alle aspettative della comunità locale e dei vicini centri di Licodia Ebuea, Grammichele e Mineo;
   tutto ciò creerebbe non poche difficoltà agli abitanti del comprensorio, costretti a rivolgersi a strutture private o agli ospedali di Caltagirone e Militello V.C;
   l'interrogante è venuto a conoscenza, tramite social network, che presso il reparto di radiologia del presidio ospedaliero di Caltagirone il personale medico e tecnico sarebbe costretto a dover svolgere corsi di formazione per l'utilizzo di rmn (risonanza magnetica) presso altre strutture ospedaliere e a proprie spese;
   per quanto risulta all'interrogante presso il presidio ospedaliero di Caltagirone vi sarebbe in organico un esperto di metodica rmn assunto per formare il personale tecnico, che si troverebbe costretto ad andare in trasferta per questa tipologia di aggiornamenti –:
   di quali elementi disponga in relazione a quanto esposto in premessa, se le criticità rilevate siano imputabili a esigenze di razionalizzazione della spesa derivanti dall'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari e quali iniziative di competenza intenda assumere per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza. (4-08035)

  Risposta. — In merito alla problematica segnalata nell'interrogazione in esame, la prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Catania ha precisato quanto segue.
  L'azienda sanitaria provinciale di Catania ha assicurato che sta provvedendo alla riattivazione del servizio di radiologia presso il punto territoriale di assistenza di Vizzini, nonché ad una rivisitazione complessiva dell'offerta diagnostico-sanitaria nel distretto integrato del Calatino, a beneficio della popolazione dei 15 comuni che rientrano in tale territorio.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   SORIAL, CARINELLI, DE ROSA, CASO, MANLIO DI STEFANO, TRIPIEDI, PESCO, ALBERTI, COMINARDI, BASILIO, PETRAROLI, ZOLEZZI e TONINELLI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo fonti di stampa Milano avrebbe esaurito già in questi primi giorni di marzo il bonus dei 35 sforamenti consentiti in un anno, ovvero 35 giorni concessi dall'Europa al di sopra della soglia del Pm10 che sarebbe fissata a 50 microgrammi per metro cubo d'aria;
   per l'Europa Milano sarebbe dunque «fuorilegge» e anche nelle dieci centraline provinciali, negli ultimi giorni di febbraio 2015, i limiti medi erano oltre il valore di 65 microgrammi;
   la questione non riguarderebbe solo il numero di giorni in cui il Pm10 ha superato la soglia di legge, ma anche la media delle concentrazioni: 56 microgrammi contro i 40 stabiliti sempre dall'Europa come limite massimo;
   i danni delle polveri sottili sono ampiamente noti: dichiarate cancerogene dalla Iarc (agenzia internazionale per la ricerca sul cancro), in grado di provocare malattie respiratorie e cardiache, nella pianura padana sono in grado di abbassare di 3 anni l'aspettativa media di vita;
   la pianura padana è stabilmente tra le cinque regioni più inquinate del pianeta: addirittura nel gennaio 2011 nelle città di Milano, Brescia, Verona, Padova, Treviso e Ferrara, l'inquinamento è stato così consistente da produrre un fenomeno di «neve chimica», ovvero una particolare forma di pioggia di ghiaccio causata dalla presenza massiccia di particolato nell'aria;
   l'interrogante aveva già denunciato la gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico in Lombardia con ben due atti di sindacato ispettivo ormai datati, l'atto n. 4-02850 che risale addirittura al 5 dicembre 2013, e quello n. 4-05434 dell'8 luglio 2014, rimasti a tutt'oggi senza risposta, in cui si sottolineavano anche i risultati di importanti ricerche scientifiche sugli effetti dannosi dell'inquinamento atmosferico nei minori: secondo la ricerca del progetto «Respira — “Danni al Dna nelle cellule della mucosa buccale di bimbi d'età prescolare esposti ad alti livello di inquinamento urbano”», l'aria avvelenata da polveri sottili provoca ai bimbi alterazioni cromosomiche che si traducono in significative probabilità di sviluppare, in età adulta, malattie tumorali;
   l'inquinamento atmosferico nuoce all'ambiente e alla salute umana e, nelle zone più inquinate, riduce in media di due anni l'aspettativa di vita: secondo gli esiti di una ricerca condotta su 300 mila persone in 9 Paesi europei seguite nel corso di ben tredici anni, pubblicati dalla rivista Lancet Oncology, la presenza dei biossidi d'azoto, dell'ozono e degli idrocarburi volatili, presenti nell'aria delle città, fa aumentare drammaticamente il rischio di cancro polmonare, per non parlare delle pericolosissime polveri cosiddette ultra-fini, di cui si sa che incidono pesantemente anche su infarti e aritmie, e di cui in effetti si conosce ancora troppo poco;
   l'Unione europea stima che l'aria avvelenata è causa di circa 500 mila morti premature ogni anno;
   il diritto alla salute ex articolo 32 Costituzione, nell'ambito del Titolo Il «Rapporti etico-sociali» della Costituzione relativa all'elencazione dei diritti sociali, gode di un particolare rilievo essendo l'unico diritto in tutta la Carta costituzionale a cui viene attribuito e riconosciuto il carattere di «fondamentale»;
   gli ambientalisti chiedono da tempo interventi per ridurre l'inquinamento atmosferico anche attraverso la riduzione delle auto; il presidente lombardo di Legambiente Damiano Di Simine ha dichiarato a questo proposito: «Abbiamo già sforato nonostante a gennaio e febbraio abbia piovuto oltre la media. Il vero nodo è la mobilità, siamo la Regione più motorizzata d'Europa con il 20 per cento di veicoli in più della media. C’è un milione di auto di troppo in Lombardia: la Regione entro il 2020 dovrebbe eliminarle. Ci sono ancora troppo poche alternative all'auto privata. Servono investimenti più efficienti nel trasporto pubblico anziché buttare via i soldi in strade e autostrade inutili» –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente della gravissima situazione dell'inquinamento atmosferico a Milano esposta in premessa e se non ritengano opportuno ed urgente assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché sia posto rimedio a questa emergenza ambientale e sanitaria per rendere effettivo il diritto alla salute della popolazione italiana sancito dalla Costituzione;
   per quali ragioni non si sia ancora assicurata la piena conformità con la normativa comunitaria in materia di qualità dell'aria e se il Governo non intenda avviare tutte le iniziative necessarie di propria competenza in questa direzione, come la promozione di una maggiore implementazione ed ottimizzazione del trasporto pubblico, anche al fine di evitare le pesanti sanzioni previste in caso di mancato rispetto dei vincoli europei;
   se non si intenda promuovere, anche attraverso l'Istituto superiore di sanità, un'approfondita analisi di monitoraggio sugli effetti dell'inquinamento atmosferico sulla popolazione delle zone più inquinate come la Pianura Padana, anche alla luce delle nuove scoperte sui danni al dna nei bambini di cui in premessa. (4-08296)

  Risposta. — L'interrogazione in esame fa riferimento alla situazione ambientale dell'area della pianura padana interessata, ormai da molti anni, alla problematica del materiale particolato PM10 ed alle problematiche, più generali, della gestione della qualità dell'aria ambiente in aree che presentano specifiche condizioni meteoclimatiche ed orografiche.
  Per quanto riguarda i primi due quesiti, l'Istituto superiore di sanità ha ricordato che il quadro normativo nazionale, in questo specifico settore, può considerarsi ormai completamente adeguato alle direttive comunitarie (da ultimo, il decreto legislativo 24 dicembre 2012, n. 250 «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, recante attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa»).
  In aggiunta ai vari riferimenti normativi (direttive europee e normativa nazionale), vanno ricordati il documento del «Gruppo di lavoro per l'individuazione delle misure per la riduzione dell'inquinamento atmosferico. Decreto 756 del 28 dicembre 2011 DG Valutazioni Ambientali (DVA). Attività Tecnica e Proposte», e «l'Accordo di programma per l'adozione coordinata e congiunta di misure per il miglioramento della qualità dell'aria nel Bacino Padano», sottoscritto nel mese di dicembre 2013, tra i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole alimentari e forestali, della salute, e i presidenti delle regioni Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, della Valle d'Aosta e delle province Autonome di Trento e Bolzano, visto che sussiste la straordinaria necessità di adottare interventi addizionali rispetto a quelli fino ad oggi previsti, al fine di prevenire e fronteggiare tempestivamente i superamenti dei valori limite di concentrazione del materiale particolato PM10.
  La Commissione europea ha evidenziato che si assiste ad una crescente dipendenza dai veicoli privati, con ripercussioni anche sugli aspetti ambientali: infatti, oltre alle emissioni dagli autoveicoli di inquinanti cosiddetti «primari» (ovvero che provengono direttamente dalla sorgente emissiva), vanno considerati anche gli inquinanti «secondari» che si formano in atmosfera a seguito di complessi processi chimico-fisici.
  Fra questi: ozono (O3), parte del materiale particolato sospeso (PM10), e biossido di azoto (NO2).
  Per tali inquinanti, le concentrazioni che si misurano nell'aria non sono legate in maniera semplice, diretta e lineare alle fonti di emissione, ma risentono anche degli apporti da sorgenti diverse e remote.
  La componente secondaria del PM10 nelle aree urbane contribuisce mediamente per il 50 per cento, e più, e nelle aree rurali può arrivare anche oltre il 70 per cento.
  Il miglioramento della qualità dell'aria nelle aree urbane necessita, quindi, di una serie di interventi strutturali, sinergici e generalizzati, che siano tra loro coerenti, considerando la necessità di raggiungere anche risultati sul medio-lungo termine.
  In relazione all'ultimo quesito, l'Istituto superiore di sanità fa presente che sono attualmente disponibili numerosi studi scientifici sull'impatto sanitario dell'inquinamento atmosferico nelle principali città italiane; la necessità di eventuali ulteriori studi va valutata attraverso una consultazione della comunità scientifica, che ha già prodotto numerosi e rilevanti contributi.
  La problematica in questione è stata affrontata dalla regione Lombardia con l'elaborazione del Piano regionale degli interventi per la qualità dell'aria, approvato con la delibera di giunta regionale n. 593 del 2013.
  Tale piano sviluppa le azioni individuate dalla legge regionale 11 dicembre 2006, n. 24 «Norme per la prevenzione e la riduzione delle emissioni in atmosfera a tutela della salute e dell'ambiente».
  Il piano affronta l'obiettivo del miglioramento progressivo della qualità dell'aria con un orizzonte temporale di lungo periodo (fino al 2020), contemplando la collaborazione sinergica dei vari soggetti, anche non istituzionali, coinvolti ed interessati.
  In base a quanto riferito dalla prefettura di Milano, le risorse finanziarie stimate dal piano, per il triennio 2013-2015, sono le seguenti:
   sorgenti stazionarie ed uso razionale dell'energia, euro 63,84 milioni;
   trasporti su strada e mobilità (con esclusione di autostrade e linee ad alta velocità), circa euro 2.725 milioni;
   attività agricole e forestali, euro 64,79 milioni.

  Inoltre, per fronteggiare l'inquinamento ambientale del territorio del bacino padano, il 19 dicembre 2013 è stato sottoscritto l'accordo di programma tra Governo, regioni e province autonome del bacino padano.
  Detto accordo ha come obiettivo il miglioramento della qualità dell'aria nel territorio padano, ed individua e coordina una serie di impegni ed attività da sviluppare in maniera sinergica.
  L'accordo vede il concorso del Ministero della salute, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
  Le amministrazioni del bacino padano che hanno firmato l'accordo sono le Regioni Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia, nonché le province autonome di Trento e di Bolzano.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.


   VARGIU. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) è una procedura medico-chirurgica, messa a punto sull'uomo nel 2002, con la quale si interviene per sostituire, con una protesi biologica, la valvola cardiaca aortica danneggiata, evitando un intervento cardiochirurgico tradizionale con apertura dello sterno, ricorso alla circolazione extracorporea e arresto cardiaco temporaneo;
   le indicazioni cliniche per l'accesso alla procedura sono sancite dalle linee guida ufficiali delle principali società scientifiche in ambito cardiovascolare – le «Guidelines on the management of valvular heart disease», stabilite nel 2012 dalla European Society of Cardiology (ESC) e dalla European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS) e la «2014 AHA/ACC Guideline for the Management of Patients With Valvular Heart Disease» delle statunitensi American Heart Association, (AHA) e American College of Cardiology (ACC);
   la TAVI trova dunque indicazione specifica per quei pazienti non altrimenti operabili ovvero considerati a rischio eccessivamente elevato per l'intervento cardiochirurgico tradizionale;
   il primo intervento TAVI avvenuto in Italia risale dal 2007, ma nonostante siano trascorsi otto anni, tale tecnica operatoria (a differenza di quanto avviene stabilmente da anni in numerosi Paesi dell'Unione europea e extra Unione europea non gode ancora, di una codifica univoca, né di un appropriato riconoscimento da parte del servizio sanitario nazionale;
   in Italia, il ricorso alla procedura TAVI risulta inspiegabilmente meno frequente rispetto a tutti i principali e più avanzati Paesi europei (con l'eccezione della Gran Bretagna), non esistendo alcun fattore epidemiologico che possa giustificare tale situazione. Tra l'altro, ad oggi, gli unici dati ufficiali nazionali sul ricorso alla TAVI sono raccolti ed elaborati dalla Società italiana di cardiologia invasiva SICI-GISE che, dall'indagine annuale sull'attività dei centri di emodinamica, rileva come nel 2013 si siano effettuate 2.188 TAVI, pari a circa 37 impianti di valvola aortica transcatetere per milione di abitanti in 72 centri sul territorio nazionale, che le procedure siano state 1.855 nel 2011 e 2.018 nel 2012 e che il numero dei centri che le effettua è dal 2010 intorno alle settanta unità;
   la principale anomalia italiana appare dunque riconducibile all'assenza di una visione d'insieme sul problema, che riduce inevitabilmente le possibilità di accesso a tali procedure operatorie innovative ed incrementa conseguentemente il fenomeno della mobilità interregionale alla ricerca della prestazione sanitaria più appropriata e di migliore qualità;
   fatta eccezione per la regione Emilia Romagna (che ha effettuato una valutazione di impatto economico della TAVI e ha definito specifiche tariffe di rimborso) tutte le altre regioni hanno affrontato il problema in modo per lo più estemporaneo;
   l'assenza di indicazioni ministeriali chiaramente definite circa la classificazione e la codifica della procedura TAVI ed in grado di circoscrivere il perimetro entro il quale sia possibile identificare i pazienti che possano trarre beneficio dall'intervento e definire i requisiti minimi per gli operatori e per le strutture sanitarie in grado di effettuarlo sta provocando una profonda diseguaglianza sociale tra i cittadini residenti nelle diverse regioni, con esclusione di molti pazienti con specifica indicazione dalle potenzialità di questa innovativa procedura operatoria –:
   come intenda sanare, nell'ambito delle proprie competenze, la situazione sopra descritta, in modo tale da ristabilire modalità di accesso paritarie ed uniformi sull'intero territorio nazionale;
   se non valuti opportuno proporre l'adozione di codici di procedura nazionali univoci per l'identificazione della TAVI nelle SDO;
   se non ritenga utile promuovere, nelle more dei provvedimenti di cui sopra e come è avvenuto in Emilia Romagna, delle soluzioni alternative peraltro contemplate dal comma 2 dell'articolo 9 del patto per la salute, laddove sono previsti: «(...) casi specifici e circoscritti per i quali può essere riconosciuta una remunerazione aggiuntiva, limitatamente ad erogatori espressamente individuati e in relazione a quantitativi massimi espressamente indicati, per tenere conto dei costi associati all'utilizzo di dispositivi ad alto costo», ove venga definita tanto l'identificazione, seppur indiretta, della procedura TAVI, quanto una sua adeguata remunerazione. (4-08217)

  Risposta. — In via preliminare, si precisa che le evidenze attualmente disponibili nella letteratura scientifica, riferite anche allo specifico contesto italiano, confermano l'estrema attenzione da dedicare alla valutazione del ricorso alla tecnologia TAVI (Transcatether aortic valve implant), attualmente adottata anche per i pazienti che non hanno le caratteristiche cliniche per beneficiarne, e per giustificare i maggiori costi (diretti e indiretti) rispetto all'approccio chirurgico alternativo, e inoltre effettuata anche in centri che non ne erogano volumi sufficienti a garantirne adeguati livelli qualitativi.
  È noto anche al Ministero della salute il limite della classificazione ICD-9-CM v. 2007 attualmente utilizzata per la codifica delle procedure e degli interventi nelle Schede di dimissione ospedaliera (SDO) nel descrivere compiutamente la tecnologia TAVI, dal momento che i codici disponibili non consentono di distinguere se la sostituzione della valvola aortica avvenga per via trans-catetere o con modalità tradizionale.
  Per far fronte a questa specifica, criticità dei sistemi di classificazione, codifica, raggruppamento e valorizzazione dei ricoveri ospedalieri attualmente in uso in Italia, questo Ministero ha avviato il «Progetto di un nuovo sistema di misurazione e valorizzazione dei prodotti delle strutture ospedaliere - «Progetto It.DRG».
  Il «Progetto It.DRG», coordinato dalla direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della salute e dalla regione Emilia-Romagna, come regione capo-fila, mira allo sviluppo e alla prima sperimentazione di nuovi sistemi di raggruppamento delle prestazioni ospedaliere per acuti e di definizione dei loro costi, nonché di classificazione e codifica delle diagnosi e degli interventi e delle procedure, orientati a corrispondere alle caratteristiche e al fabbisogno informativo specifici della realtà ospedaliera italiana.
  L'area della cardiologia e cardiochirurgia rientra tra le aree prioritarie di revisione delle classificazioni nell'ambito del «Progetto It.DRG», che proporrà soluzioni idonee per una migliore rappresentazione anche della tecnologia TAVI nelle informazioni prodotte dal flusso informativo SDO, e per una corretta determinazione dei corrispondenti costi di ricovero, sui quali poter basare la definizione di adeguate forme e livelli di remunerazione dei centri di emodinamica autorizzati ad erogarle.
  Nelle more della disponibilità dei prodotti finali del «Progetto It.DRG», il Patto per la Salute prevede la possibilità che le Regioni, nell'ambito degli accordi per la compensazione della mobilità interregionale, «individuino e regolamentino, ai sensi del decreto ministeriale 18 ottobre 2012, i casi specifici e circoscritti per i quali può essere riconosciuta una remunerazione aggiuntiva, limitatamente ad erogatori espressamente individuati e in relazione a quantitativi massimi espressamente indicati, per tenere conto dei costi associati all'eventuale utilizzo di specifici dispositivi ad alto costo».
  Laddove condivise dalle regioni, le soluzioni per una remunerazione definita specificamente per i ricoveri ospedalieri relativi all'esecuzione della TAVI già adottate da alcune Regioni, tra cui l'Emilia Romagna, potrebbero essere estese, ai fini di una uniforme regolamentazione della mobilità sanitaria associata all'esecuzione della TAVI nelle strutture del Servizio-sanitario nazionale.

La Ministra della saluteBeatrice Lorenzin.