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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 16 giugno 2015

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   MARCON, SCOTTO, PALAZZOTTO e AIRAUDO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 giugno 2015, come riportato da alcuni articoli della stampa nazionale (La Stampa, «Pistelli: Politica addio. Ricomincio dall'ENI»), una nota del Governo ha annunciato le dimissioni del Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, onorevole Lapo Pistelli, dal suo incarico;
   il Vice Ministro Pistelli, come si legge nella nota di Palazzo Chigi, è infatti in procinto di assumere la carica di Vicepresidente Senior all'interno di Eni spa, società per azioni partecipata al 4,34 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e al 25,76 per cento da Cassa depositi e prestiti spa, che si occupa, come si legge sul portale dell'azienda, di «attività di ricerca, produzione, trasporto, trasformazione e commercializzazione di petrolio e gas naturale»;
   nel corso della succitata intervista al quotidiano La Stampa, l'onorevole Pistelli afferma che si occuperà di «promuovere il business internazionale e di tenere i rapporti con gli stakeholders — in Africa e Medio Oriente — e dei progetti sulla sostenibilità», aree in cui si è spesso concentrata la sua attività in relazione all'incarico di Governo esercitato;
   la proposta di incarico, come si evince dal colloquio del Vice Ministro Pistelli riportato nel succitato articolo, è pervenuta «chiacchierando con l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, facendo analisi e scenari politici, le turbolenze in Medio Oriente, l'Iran, e l'Africa soprattutto che per Descalzi è quasi una seconda patria, il luogo nel quale ha lavorato di più e il continente nel quale Eni ha competenze assolute»;
   desta particolare perplessità e preoccupazione che l'onorevole Pistelli abbia ricevuto la proposta «chiacchierando con una certa regolarità», come da lui dichiarato, con l'amministratore delegato una azienda multinazionale, in merito a questioni inerenti le attività da esso esercitate in qualità di Vice Ministro;
   la legge del 20 luglio 2004, n. 215 (cosiddetta Legge Frattini), prevede alcune norme in relazione all'incompatibilità, anche perdurante per un determinato lasso di tempo, tra cariche di governo e altre cariche presso enti di diritto pubblico o società aventi fini di lucro o attività di rilievo imprenditoriale;
   in particolare, all'articolo 2, comma 1; si dispone che il titolare di cariche di governo non possa: «c) ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni comunque denominate ovvero esercitare compiti di gestione in società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale; d) esercitare attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati; in ragione di tali attività il titolare di cariche di governo può percepire unicamente i proventi per le prestazioni svolte prima dell'assunzione della carica; inoltre, non può ricoprire cariche o uffici, o svolgere altre funzioni comunque denominate, né compiere atti di gestione in associazioni o società tra professionisti»;
   al comma 4 dell'articolo 2 della succitata legge, si dispone inoltre che l'incompatibilità prevista per le cariche di cui alle lettere c) e d) perduri per dodici mesi dal termine dell'incarico di Governo, sia in relazione a cariche presso enti di diritto pubblico, anche economici, che rispetto alle società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta;
   il decreto del Presidente della Repubblica del 12 novembre 2014, attraverso il quale è stato attribuito l'incarico di Vice Ministro all'onorevole Pistelli, elencava all'articolo 1 le attribuzioni ad esso delegate, al fine di coadiuvare il Ministro in alcuni, rilevanti atti, tra cui si segnalano: le relazioni bilaterali con i Paesi del Nord Africa e dell'Africa sub-sahariana, con i Paesi del Golfo Persico, Iran e Iraq, con la Turchia, i Paesi del Caucaso, le Repubbliche centrasiatiche e la Russia, i temi relativi alle politiche ambientali ed energetiche, le questioni relative alla internazionalizzazione delle imprese;
   è evidente, dunque, come sia le attività che le aree di intervento di cui l'ex Vice Ministro si andrà ad occupare all'interno di Eni spa siano strettamente connesse con l'incarico di Governo da esso esercitato, e comportino dunque una incompatibilità per i prossimi dodici mesi rispetto a qualsiasi carica all'interno di enti di diritto pubblico, società aventi fini di lucro o in attività di rilievo imprenditoriale, nonché nell'esercizio di attività professionali o di lavoro autonomo in materie connesse con la carica di Governo, di qualunque natura, anche se gratuite, a favore di soggetti pubblici o privati;
   tuttavia, a quanto si apprende dalle dichiarazioni dell'onorevole Pistelli nel succitato articolo, l'incarico presso Eni spa avrà inizio già a partire dal 1 luglio 2015, a sole due settimane dunque dalle sue dimissioni da Vice Ministro;
   il succitato articolo del quotidiano La Stampa riporta inoltre come ci sia «stato bisogno di un via libera preventivo dell'Antitrust sulla compatibilità tra il nuovo e il vecchio incarico» –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri fosse a conoscenza dei colloqui tra il Vice Ministro Pistelli e l'amministratore delegato di Eni spa, anche in merito alla proposta ad esso pervenuta circa la carica di senior vice president con funzioni di Stakeholder Relations for Business Development Support;
   se sia stato valutato se l'incarico di senior vice president con funzioni di Stakeholder Relations for Business Development Support dell’ex Vice Ministro Pistelli sia in contrasto con l'articolo 2 della legge del 20 luglio 2004, n. 215;
   se non si ritenga opportuno rendere pubblico quanto emerso dal citato parere dell'Antitrust circa la compatibilità tra l'incarico presso la società Eni spa e la carica di Vice Ministro dell'onorevole Pistelli. (3-01544)

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'impianto ITREC (acronimo di Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) si trova all'interno del centro di ricerca Enea-Trisaia di Rotondella, in provincia di Matera. L'imponente struttura fu completata nel 1975 e fu pienamente operante fino al 1987 quando, a seguito del referendum sul nucleare, le attività vennero interrotte;
   la SOGIN è la società per azioni, interamente partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi; tale società, operativa dal 2001 diventa gruppo nel 2004 con l'acquisizione della quota di maggioranza del 60 per cento, di Nucleco spa, l'operatore nazionale incaricato del condizionamento e dello stoccaggio temporaneo dei rifiuti e delle sorgenti radioattive provenienti dalle attività medico-sanitarie e di ricerca scientifica e tecnologica; già dal 2003 la SOGIN è impegnata nella bonifica e messa in sicurezza di molteplici siti in tutto il territorio nazionale, compreso quello di Rotondella;
   annualmente, per svolgere l'attività di bonifica dei siti nucleari, SOGIN riceve risorse statali pari a circa 170 milioni di euro; in una nota stampa di quasi 3 anni fa, il 19 luglio 2012, SOGIN annunciava «l'inizio dei lavori di realizzazione della platea dell'infrastruttura che consentirà la bonifica del deposito interrato di rifiuti radioattivi dell'impianto ITREC di Rotondella»; a tutt'oggi non ci sono comunicazioni certe, circa lo stato dell'arte dei lavori di bonifica del sito ITREC in provincia di Matera;
   a parere dell'interrogante è necessario fare piena chiarezza sulla gestione dei lavori di bonifica del sito di Rotondella attraverso procedure trasparenti, che facciano luce sugli incidenti che si sono verificati nell'area e che, ad avviso dell'interrogante, rappresentano un pericolo reale per la salute dei cittadini e per l'ambiente –:
   se il Governo sia conoscenza dei fatti esposti in premessa, in particolare per quanto riguarda lo stato dell'arte dei lavori gestiti da SOGIN spa, presso il sito ITREC di Rotondella, in provincia di Matera, e per quanto concerne il verificarsi, all'interno dell'impianto stesso di eventi in grado di costituire potenziale pericolo per la salute dei cittadini residenti nei territori circostanti. (4-09477)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZAMPA, RUBINATO, MAESTRI, MIOTTO, BERGONZI, CARLO GALLI, FABBRI, QUARTAPELLE PROCOPIO, CAUSI, MALISANI, MARCO DI MAIO, D'INCECCO, IACONO, ROMANINI, LA MARCA, PREZIOSI e MARCHI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   dal 2001 l'Azerbaijan fa parte del Consiglio d'Europa, i cui principali obiettivi sono la tutela, il miglioramento e la promozione dei diritti umani, della democrazia, dello Stato di diritto e della libertà di espressione;
   i rapporti tra l'Italia e l'Azerbaijan sono improntati ad una intensa e positiva collaborazione in campo economico, commerciale e culturale, con particolare riguardo al tema dell'approvvigionamento energetico;
   con diverse dichiarazioni l'attuale Presidente Ilham Aliyev ha candidato il suo Paese a partner commerciale privilegiato e fornitore affidabile di gas e petrolio per l'Europa;
   il gasdotto TAP rientra nella strategia di diversificazione degli approvvigionamenti energetici stabilita dall'Unione europea e ha nell'Azerbaijan il suo unico fornitore;
   l'Unione europea, secondo linee guida consolidate, intende improntare l'azione esterna propria e degli Stati membri, in campo politico, economico e culturale, al rispetto dei diritti umani;
   nel mese di giugno si svolgeranno a Baku in Azerbaijan i campionati europei di atletica leggera ponendo questo Paese al centro dell'attenzione mediatica;
   l'attuale Governo sta investendo molto su questo appuntamento quale occasione per accreditarsi e accreditare definitivamente lo stato dell'Azerbaijan presso le cancellerie europee;
   il rapporto di Amnesty International «Guilty of defending rights» del 2015 mette in luce la crescente persecuzione nei confronti di chi critica il Governo;
   a seguito di politiche particolarmente restrittive circa la libertà di espressione e la libertà di riunione, si contano circa 100 prigionieri politici (98 al mese di marzo 2015) nelle carceri azere;
   il giorno 5 dicembre 2014 Khadija Ismayilova, una giornalista investigativa azera dell'OCCRP (Organized Crime and Corruption Reporting Project), è stata arrestata e si trova tuttora in carcere a Baku;
   le motivazioni addotte riguardavano inizialmente la vita privata della giornalista e i suoi conoscenti i quali si sono però rifiutati di testimoniare contro di lei;
   non avendo trovato alcuna prova la magistratura ha trattenuto in carcere la giornalista ipotizzando nuove fattispecie di reato;
   il giorno prima dell'arresto, il capo dell'Ufficio di presidenza Ramiz Mehdiyev aveva accusato la stampa del Paese di «tradimento» e aveva definito Khadija Ismayilova «il miglior esempio» di giornalismo contro il Governo;
   il 7 marzo 2012, la giornalista aveva ricevuto una lettera contenente alcune immagini scattate mentre aveva rapporti sessuali nella sua camera da letto dove, evidentemente, qualcuno era entrato piazzando telecamere nascoste. La lettera la invitava ad abbandonare le sue inchieste minacciandola altrimenti di essere «svergognata». Lei aveva denunciato il ricatto;
   negli ultimi mesi, la giornalista era stata addirittura accusata di essere una spia degli Stati Uniti e le era stato impedito due volte di lasciare il Paese: a ottobre per partecipare ad una conferenza internazionale a Praga e il 19 novembre per intervenire a un'audizione del Congresso Usa sul contrasto alla corruzione nei paesi dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa;
   le condizioni di detenzione della giornalista violano completamente le convenzioni internazionali, in quanto non le permettono di vedere né la famiglia né il suo avvocato;
   la radio denominata RFE/RL (Radio Free Europe/Radio Liberty) dove lavorava Khadija Ismayilova è stata chiusa con motivazioni dubbie;
   al suo avvocato, Khalid Baghirov, il giorno dopo aver accettato l'incarico di difenderla, è stata ritirata la licenza, adducendo quale motivazione ufficiale l'aver criticato un giudice della corte d'appello di Sheki in cui era in corso il processo contro il leader dell'opposizione, Ilgar Mammadov, uno dei 23 prigionieri di coscienza adottati da Amnesty International –:
   quali iniziative il Governo italiano, attraverso il Ministro interrogato, intenda assumere nelle sedi opportune, sia europee che bilaterali, al fine di verificare se siano stati effettivamente violati i diritti della giornalista Khadija Ismayilova, di monitorare il rispetto dei diritti umani e dei diritti di libertà (in particolare di espressione) in Azerbaijan e di contribuire al loro rafforzamento. (5-05813)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   la regione Puglia si estende per quasi 900 chilometri di costa, di cui la maggior parte balneabili;
   per l'anno 2015 sono 11 i comuni pugliesi che ricevono il riconoscimento come «bandiere blu» e fra questi sono confermati i comuni di Monopoli e Polignano a Mare (Cala Fetente, Cala Ripagnola, Cala San Giovanni) e (Lido Rosso, Castello S.Stefano, Capitolo), nonché i comuni di Fasano e Ostuni (Creta Rossa, Lido Fontanelle, Lido Morelli Pilone, Rosa Marina); solo per citare il tratto di costa interessato da questa interpellanza;
   tra le mete turistiche scelte dai 32 milioni di italiani, per questa estate 2015, la Puglia rimane la prima, con il 17 per cento di preferenze, con un valore economico che supera i 3 miliardi di euro;
   le bellezze naturali della Puglia sono il patrimonio principale della, regione, come di tutta l'Italia, ed essa fonda la propria economia sull'uso sostenibile del mare, sul turismo e sulla pesca;
   già nel 2012 il Governo italiano stava permettendo le prospezioni in mare Adriatico dinanzi le coste pugliesi, in particolare dinanzi la riserva naturale delle isole Tremiti;
   l'8 giugno 2015, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha definitivamente autorizzato le prospezioni geosismiche per la ricerca di petrolio a largo della costa pugliese, nel tratto compreso, tra Bari e Brindisi, incluse Polignano e Monopoli: si tratta di provvedimenti di via (valutazione di impatto ambientale) per la ricerca di idrocarburi proprio dinanzi alle coste pugliesi nel tratto che va dal comune di Mola di Bari al comune di Fasano, a poche miglia dai luoghi più belli d'Italia, bandiere blu anche per il 2015;
   la decisione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di fatto ignora il parere negativo rilasciato da regione Puglia ed enti locali;
   l'aggressione ai fondali marini attraverso la tecnica suindicata e l'installazione a largo di piattaforme petrolifere mal si conciliano con la bassa quantità di idrocarburi stimata nel mare pugliese;
   il rischio di inquinamento ambientale e il rischio per la salute dei cittadini sono molto alti, vista la delicatezza dell'intervento di ricerca autorizzato;
   tutti i comuni, gli amministratori pugliesi, la regione Puglia, i rappresentanti a vario titolo delle istituzioni locali e nazionali, nonché tante associazioni professionali, economiche, ambientaliste hanno manifestato netta contrarietà a questo progetto petrolifero e sono pronti ad una seria e compatta mobilitazione –:
   se i Ministri interpellati non intendano revocare le autorizzazioni concesse e tutelare il «sistema Puglia» anche attraverso l'uso di fonti energetiche alternative, escludendo definitivamente questo tipo di ricerche invasive nei mari e a ridosso delle coste pugliesi.
(2-01011) «Sisto, Brunetta».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LATRONICO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   per quanto riguarda la gestione dei rifiuti, l'Italia, come tutti gli altri Stati membri dell'Unione europea è tenuta a dare attuazione alle disposizioni contenute nelle seguenti direttive dell'Unione europea che regolano alcune parti della materia: la n. 75/442/CEE relativa ai rifiuti, la n. 91/689/CE relativa alla gestione controllata dei rifiuti pericolosi e la n. 1999/31/CE concernente la gestione delle discariche;
   la direttiva n. 75/442/CEE, all'articolo 4, prevede che: «Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente (...) Gli Stati membri adottano inoltre le misure necessarie per vietare l'abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti»;
   la citata direttiva, all'articolo 8, impone agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un'impresa che effettua le operazioni previste nell'allegato II A o II B di tale direttiva, oppure provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni di detta direttiva;
   il 23 novembre 2012, la Commissione europea, nell'ambito della procedura di infrazione 2011/2215 ha emesso nei confronti dell'Italia un parere motivato ex articolo 258 TFUE per la violazione degli obblighi imposti dall'articolo 14 (obbligo di procedere all'esecuzione di piani di riassetto) della direttiva 1999/31/CE, sulle discariche di rifiuti. In particolare, la Commissione ha considerato irregolari 102 discariche già esistenti o autorizzate al 16 luglio 2001 per le quali, entro il 16 luglio 2009, in base alla normativa europea si sarebbe dovuto prevedere e dare esecuzione ad un adeguato piano di riassetto ovvero procedere alla chiusura, qualora detto piano fosse risultato inadeguato;
   nonostante i progressi compiuti, la Commissione europea ha ritenuto che sul territorio italiano vi siano ancora 46 discariche con riferimento alle quali non sono stati adempiuti gli obblighi previsti dalla direttiva. Le regioni interessate sono l'Abruzzo (15 discariche), la Basilicata (19 discariche), la Campania (2 discariche), il Friuli Venezia Giulia (4 discariche), la Liguria (1 discarica per rifiuti pericolosi) e la Puglia (5 discariche);
   il 2 dicembre 2014, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia al pagamento forfettario di 40 milioni di euro per non aver dato esecuzione alla sentenza del 2007 C-135/05 della stessa Corte, che ha constatato l'inadempimento alle richiamate direttive sui rifiuti;
   il problema dei rifiuti in regione Basilicata ha assunto, ormai da tempo, le caratteristiche dell'emergenza. La raccolta differenziata si attesta ad un livello modesto, pari al 25 per cento; la carenza degli impianti di trattamento fa sì che i rifiuti vengano sversati nelle discariche senza sottoporli ad alcuna lavorazione; inoltre continua ad essere invalso il conferimento e il successivo smaltimento, presso siti della regione Basilicata di rifiuti speciali, industriali provenienti da altre regioni;
   a tutt'oggi, devono ancora essere resi operativi alcuni impianti di trattamento rifiuti, come quello di Colobraro, Pisticci e Lauria; si parla da tempo, tra le possibili soluzioni prospettate, anche dell'ampliamento degli impianti di Venosa, Tricarico e Pomarico, attraverso un'ipotesi di ripartizione dei rifiuti solidi urbani presso gli impianti presenti nel territorio;
   l'ISPRA, Istituto per la protezione e ricerca ambientale, nel Rapporto rifiuti urbani 2013, con dati riferiti all'anno 2012, ha certificato che la metà dei rifiuti raccolti (53 per cento), a livello nazionale, sono stati smaltiti – in palese violazione della Direttiva europea 1999/31/2E – senza essere sottoposti ad alcuna forma di pretrattamento; questa percentuale, per la regione Basilicata supera il 50 per cento; secondo il Rapporto rifiuti urbani 2014 dell'ISPRA, con dati riferiti all'anno 2013, in Basilicata la percentuale di rifiuti urbani smaltiti senza alcun trattamento preliminare è pari al 61 per cento;
   nel corso dell'audizione dello scorso 18 dicembre 2014, dinanzi alle Commissioni riunite VIII e XIV, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha affermato che il piano straordinario di bonifica delle discariche abusive, approvato il 9 dicembre 2014 e finanziato a valere sul fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dalla legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 113, della legge n. 147 del 2013), con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli esercizi 2014 e 2015, individua interventi su complessive 45 discariche in procedura di infrazione, rispetto ai quali sono stati adottati specifici criteri di finanziamento, senza alcuna previsione circa interventi riguardanti la regione Basilicata –:
   quali iniziative, di propria competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato alla luce della sentenza C-196/13 della Corte di Giustizia europea del 2 dicembre 2014 ed in base ai dati dell'ISPRA citati in premessa, per quanto concerne, in special modo, le discariche situate in Basilicata e riconosciute abusive, in violazione della citata direttiva 1999/31/CE. (5-05809)


   CIRACÌ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta dagli articoli pubblicati da numerosi organi d'informazione locale, il Governo di recente ha autorizzato la società anglosassone Northern Petroleum, all'avvio dell'attività esplorativa prevista a breve, per l'esplorazione nella costa adriatica pugliese e più specificatamente da Mola di Bari, Polignano a mare, Monopoli fino a Fasano, per la ricerca di idrocarburi nelle acque prospicienti le coste;
   tale decisione, che segue il decreto ministeriale del 25 marzo 2015 del Ministero interrogato, di attuazione dell'articolo 38 del decreto – legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito con modificazioni dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, cosiddetto «sblocca – Italia», attraverso le suindicate disposizioni, ha di fatto eliminato agli enti locali, il potere di veto sulla ricerca di petrolio e trivellazioni, trasferendo la competenza delle valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale dalle regioni, allo Stato;
   l'interrogante evidenzia a tal fine, che la tecnica maggiormente impiegata per la ricerca degli idrocarburi è l’«air gun», ovvero: «bombe d'aria» che emettono vibrazioni a bassissima frequenza, non udibili dall'uomo, ma che provocano sulla popolazione animale marina un'ampia gamma di effetti nocivi, tra cui l'allontanamento dalla sorgente di disturbo violento, l'interruzione dell'attività di alimentazione dei piccoli, la diminuzione di deposizione delle uova, la moria delle larve;
   risulta a tal fine paradossale, a parere dell'interrogante, che questa tecnica sia impiegata quando la disciplina normativa vigente disponga il corretto divieto dell'uso degli esplosivi per la normale attività di pesca;
   al riguardo, l'interrogante rileva altresì, come la decisione del Governo di autorizzare la suesposta società petrolifera inglese, all'esecuzione di trivellazioni al largo della costa adriatica barese, ancorché meramente esplorativa, rischia di determinare gravissime ripercussioni ambientali e marine, oltre che pesantissime ripercussioni turistiche ed economiche, in considerazione che tale autorizzazione intaccherebbe infatti l'integrità dei siti, marini e terrestri del basso adriatico e l'immagine ad alto valore naturalistico della Puglia che sempre più si sta imponendo all'attenzione del turismo internazionale;
   risulta inoltre di particolare criticità a parere dell'interrogante, che l'applicazione del suindicato articolo 38 del decreto-legge n. 133 del 2014, possa porsi in contrasto con la normativa europea in materia di tutela ambientale, con specifico riguardo al recepimento della direttiva 2013/30/UE, sul rafforzamento delle condizioni di sicurezza ambientale delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi;
   dalle suesposte considerazioni, a parere dell'interrogante deriva pertanto l'assoluta inopportunità da parte dei Ministeri interrogati nel proseguire o autorizzare nuove trivellazioni nella zona pugliese, nella consapevolezza che, nel mare adriatico un eventuale incidente rischia di determinare una crisi irreversibile dell'economia non solo della regione interessata, ma dell'intero Mezzogiorno e del Mediterraneo in senso generale –:
   quali orientamenti nell'ambito delle rispettive competenze intendano esprimere con riferimento a quanto in precedenza esposto;
   se non ritengano urgente e necessario, sospendere, le procedure di autorizzazione in corso, riguardanti le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi nei confronti della società Northern Petroleum, che in prossimità della costa del sud barese si appresta ad interventi di trivellazioni finalizzati alla scoperta di giacimenti petroliferi che comportano per loro natura operazioni invasive dei fondali e degli ambienti marini anche in considerazione di un possibile contrasto con quanto disposto dalla normativa comunitaria;
   se, in considerazione delle articolate criticità in precedenza richiamate, derivanti dalle concessioni di estrazioni marittime, indicate dal decreto-legge n. 133 del 2014, peraltro sotto il limite delle 12 miglia dalla costa, non sia necessario in tempi rapidi assumere iniziative normative volte ad abrogare le disposizioni contenute nel suindicato decreto-legge, in considerazione fra l'altro che appaiono in netta controtendenza con il contenuto della direttiva sulla sicurezza delle operazioni in mare, la direttiva quadro sulla strategia per l'ambiente marino e, ai sensi del protocollo offshore, la convenzione per la protezione del mare Mediterraneo dall'inquinamento. (5-05812)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PAGLIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione Report del 7 giugno 2015 ha consentito di riaccendere e ampliare l'attenzione sulle modalità di stoccaggio dei rifiuti vetrosi praticate da Emiliana Rottami spa;
   Emiliana Rottami spa è una società con sede in San Cesario sul Panaro (Modena), fatturato vicino ai 10 milioni di euro e utili superiori ai 2 milioni;
   la sua attività è lo stoccaggio di materiali provenienti da raccolta differenziata, con particolare riferimento al vetro, che mantiene in 2 siti, entrambi situati nel comune di San Cesario sul Panaro, in via Verdi e via Bonvino;
   fra i clienti, va segnalata Hera spa, multiutility quotata a Piazza Affari, che conferisce a Emiliana Rottami un terzo del vetro complessivamente raccolto tramite raccolta differenziata;
   le best practice nella gestione del ciclo dei rifiuti stabiliscono che il vetro di cui non sia possibile il reimpiego, vada riciclato e recuperato al 100 per cento non certo abbandonato in discariche all'aperto;
   la stessa Unione Europea vieta peraltro un deposito superiore ai 3 anni, pena l'acquisizione dello status di discarica, con tutto ciò che questo comporta in termini di regime autorizzativo;
   pare tuttavia che Emiliana Rottami non sia attrezzata sul piano impiantistico ad una gestione pienamente efficace del materiale, avendo probabilmente quindi maggiore interesse alla conservazione che alla sua vendita;
   ci si chiede se questo possa essere accettato dai committenti, e in particolare da Hera spa, dato l'impegno a gestire il riciclaggio del materiale e non la sua semplice differenziazione;
   nel corso degli anni sui depositi di Emiliana Rottami si è concentrata l'attenzione del comune di San Cesario che ha prodotto un'ordinanza non rispettata con cui si imponeva la copertura con teloni dei cumuli e l'adeguamento dell'altezza relativa fra questi e le barriere del sito, ordinanza peraltro avallata da Tar e Consiglio di Stato che hanno entrambi rigettato il ricorso presentato dall'azienda; dell'Arpa le cui analisi hanno accertato che nelle vicinanze dei due stabilimenti sono presenti nell'aria concentrazioni di particelle di vetro, anche di dimensioni molto piccole e per questo più pericolose in quanto in grado di penetrare l'apparato respiratorio fino ai bronchi e agli alveoli; della Ausl di Modena che ha steso una relazione in cui afferma di non poter escludere i rischi per la popolazione, in particolare per i soggetti più sensibili: bambini, anziani e persone con malattie respiratorie; di cittadini e associazioni locali, che da anni chiedono soluzioni che riducano l'impatto sull'ambiente e sulla salute dell'attività aziendale;
   ad oggi non si hanno notizie di reali adeguamenti delle procedure aziendali, nonostante l'ordinanza avallata dalla massima corte amministrativa del Paese –:
   se ritenga opportuno inviare il comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente presso le aree citate in premessa. (4-09485)


   CAPARINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   come segnalato da precedenti atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante, nel comune di Berzo Demo (Brescia), in Valle. Camonica, in località Forno Allione, ove svolgeva l'attività industriale l'Union Carbide, alla quale erano subentrate la Graphtec e la Selca, si è in presenza di un'emergenza ambientale a causa dell'inquinamento del terreno che minaccia la salute pubblica;
   nella seduta dell'Assemblea n. 188 di mercoledì 12 marzo 2014, il Ministro interrogato, in risposta all'interrogazione n. 3-00682, presentata dal sottoscritto, ha fatto presente che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è venuto a conoscenza della situazione solamente nel febbraio 2014, a fronte della richiesta di intervento da parte del comune e che, pertanto, sarà cura del Ministero stesso svolgere le opportune indagini ed attivare gli organi tecnici competenti al fine di accertare gli eventuali danni ambientali provocati dalle «eredità industriali» svolte in passato sul predetto territorio comunale;
   purtroppo non risultano all'interrogante iniziative assunte da parte del Ministero, mentre persistono sul territorio le forti criticità da inquinamento;
   durante l'assemblea pubblica promossa dall'amministrazione comunale di Berzo Demo, il 13 marzo 2015, è emersa la problematicità dell'inquinamento dell'area di Forno Allione in tutta la sua pericolosità per l'ambiente e la salute pubblica;
   l'area avrebbe dovuto essere inserita nei siti di interesse nazionale da bonificare al fine di avere l'opportuno riconoscimento e sostegno economico per affrontare il completamento di una bonifica che, a suo tempo e con grande sottovalutazione, è stata dichiarata ultimata, ma nei fatti non completata;
   i cittadini si sono costituiti in Comitato per formalizzare le proprie proposte agli organi istituzionali e alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati;
   è stata fatta presente anche la necessità, più volte prospettata, di valutare la possibilità di un'azione giudiziaria nei confronti del curatore fallimentare della SELCA, allo scopo di mettere sotto sequestro cautelativo le ingenti somme a disposizione del curatore, prima che sia disposto un piano di riparto verso i creditori, con l'obiettivo di poter utilizzare le risorse, in via prioritaria, per il risanamento dell'area ex Selca, pesantemente inquinata da ingenti quantità di rifiuti portati nel sito da chi a gestito l'azienda e che rischia di compromettere ulteriormente l'ambiente circostante;
   la pesante eredità che la multinazionale americana UCAR CARBON ha lasciato sul territorio è quella di una grande area inquinata e una montagna di metri cubi di rifiuti industriali, provenienti anche dall'estero;
   nei carotaggi a suo tempo compiuti sono stati rilevati dei valori decisamente inquinanti con presenza di benzo (a) pirene che richiedono una immediata bonifica;
   nonostante gli interventi effettuati da parte dell'ARPA Lombardia per la bonifica di una parte della discarica ex UCAR (oggi GRAFTECH) di Forno Allione, il rischio allora individuato sull'area della discarica non è stato risolto;
   in questi anni, durante varie conferenze di servizi, si è chiamata in causa la società UCAR e solo un parziale appezzamento di terreno, all'interno della discarica stessa, ha trovato un suo incapsulamento e la messa in sicurezza;
   è oggi quanto mai opportuno procedere, con specifici carotaggi nel sottosuolo e in profondità, e capire la tipologia, la qualità e l'evoluzione che i rifiuti nel corso degli anni hanno avuto, tenuto conto che il corpo della discarica è stato creato in particolare dall'attività dell'UCAR nel corso dei decenni in cui ha operato;
   occorre inoltre riattivare i pozzi piezometrici di rilevamento e attivarne altri a valle del sito dell'area di Forno Allione per capire se il percolamento creatosi dall'evoluzione dei rifiuti nel corso degli anni possa aver contaminato le falde acquifere e il fiume Oglio;
   tali interventi hanno bisogno di essere seriamente presi in considerazione, complessivamente, per garantire in termini primari la salute pubblica e impedire un nuovo e possibile inquinamento di porzioni ambientali intatte; pertanto occorre l'urgente intervento del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, previo inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale da bonificare;
   si apprende dal giornale online «quibrescia.it» che il sito ex Selca di Berzo Demo, oggi sotto inchiesta della magistratura per traffico internazionale di rifiuti, sarà visitato il 16 giugno 2015 dalla Commissione bicamerale di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati; il 17 giugno tale Commissione sentirà tutte le realtà che fanno parte della vicenda e potrà adottare le iniziative di propria competenza per valutare la gravità della situazione, controllare i terreni, verificare il danno e sollecitare la bonifica;
   in data 31 gennaio 2014, nella seduta n. 164 della Camera dei deputati, il Governo pro tempore ha accolto l'ordine del giorno n. 9/1885-A/17, presentato dal firmatario del presente atto, che impegna il Governo «a valutare un intervento, in collaborazione con le strutture regionali, per la messa in sicurezza del sito ex Selca spa di Berzo Demo e la necessaria bonifica» –:
   se il Ministro interrogato intenda approfondire quanto esposto in premessa e, anche alla luce dell'ordine del giorno citato, valutare la possibilità dell'inserimento dell'area tra i siti di interesse nazionale da bonificare, individuando in tale ambito le opportune risorse per risanare i danni ambientali provocati dalle attività industriali svolte in passato sul territorio del comune di Berzo Demo. (4-09487)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante il 6 giugno 2015 ha pubblicato nei propri profili facebook le foto di uno straordinario ritrovamento archeologico nuragico o addirittura prenuragico nell'area di via Atene, nel comune di Selargius;
   nessuna comunicazione pubblica rispetto al ritrovamento è venuta dalla soprintendenza che pure stava operando sul posto;
   a parere dell'interrogante ogni ritrovamento archeologico non solo non deve essere nascosto ma reso visibile, sin dagli scavi, proprio per tutelarne il sito e rendere partecipe la comunità dello straordinario ritrovamento;
   a distanza di dieci giorni da quella pubblicazione, nonostante numerose prese di posizione a sostegno della segnalazione, quello scavo archeologico è stato trasformato in cantiere edile, con tanto di tracciato di fondazioni e linee guida per ruspe ed escavatori;
   si tratta di un comportamento incomprensibile da parte delle autorità competenti considerata la natura dello scavo archeologico e l'evidente approssimazione della delimitazione dei ritrovamenti archeologici;
   si sta svolgendo tutto con una accelerazione e una fretta a dir poco inusuali;
   c'era da attendersi che la soprintendenza gioisse del ritrovamento di brocche uniche e manufatti di estremo valore archeologico nuragico, invece prevale un silenzio assoluto;
   la Soprintendenza di Stato avrebbe invece dato il via libera ai tracciati di plinti e fondazioni proprio a ridosso dei ritrovamenti già effettuati e a quanto consta all'interrogante senza valutare in alcun modo il prosieguo degli stessi nell'area oggetto di un cantiere edile;
   il fatto che si stia procedendo senza alcuna remora lascerebbe intendere che la soprintendenza ritiene di nessun interesse un intero compendio nuragico nel cuore del centro abitato di Selargius;
   in tal senso la stessa soprintendenza ha ritenuto sino ad ora di non definire bene identitario quei manufatti risalenti a 3000/3500 anni fa elemento che avrebbe immediatamente fatto scattare la norma che impedisce di costruire nel raggio di 100 metri dal bene identitario archeologico;
   appare davvero inconcepibile autorizzare una nuova imponente edificazione, seppur importante, in un'area chiaramente archeologica e dove i reperti ritrovati abbondano;
   è intollerabile che non si tenga conto di una norma che impedisce qualsiasi nuova edificazione ad una distanza minima di 100 metri dal bene archeologico;
   al fine di smentire e confutare l'atteggiamento omissivo degli organi dello Stato l'interrogante ha pubblicato le immagini di alcuni dei reperti più significativi ritrovati nello scavo di via Atene a Selargius;
   si tratta di pezzi unici e rari secondo quanto riferiscono gli archeologi che li hanno potuti vedere;
   elementi significativi della storia nuragica che potrebbero avere 3.500 anni di storia alle spalle;
   per la Soprintendenza non sono sufficienti a tutelare l'area;
   tutta l'area è stata tracciata e a pochi metri dai pozzi (o nuraghi) si sta per iniziare a lavorare con tanto di ruspe ed escavatori già giunte sul posto;
   è davvero singolare che i reperti possano trovarsi solo in un'area circoscritta e niente sarebbe stato trovato in quella a qualche metro dove si devono realizzare gli scavi edili;
   alcuni, e i rilievi fotografici pubblicati lo confermerebbero, segnalano presenze archeologiche anche in quei cumuli di terra che sarebbero stati spianati di tutta fretta negli ultimi giorni –:
   se non ritenga di dover inviare immediatamente un'ispezione urgente al fine di salvaguardare e proteggere l'area archeologica di via Atene a Selargius;
   se non ritenga di dover con provvedimento superiore individuare quell'area come bene identitario da proteggere e tutelare;
   se non ritenga di dover bloccare qualsiasi intervento edificatorio nell'area sino alla definizione delle questioni poste nella presente interrogazione;
   se non ritenga di dover promuovere azioni immediate anche con l'ausilio di strumenti tecnologicamente avanzati per verificare l'esistenza di un più ampio insediamento nuragico o prenuragico nell'area;
   se non intenda segnalare alle autorità competenti eventuali omissioni o danneggiamenti ai beni archeologici dell'area. (5-05808)


   MANZI, CARRESCIA, LODOLINI, MORANI e PETRINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   le violente piogge che lo scorso maggio hanno colpito duramente la regione Marche ed in particolar modo la provincia di Macerata, hanno provocato movimenti franosi sul Monte Tabor, a Recanati;
   l’«Ermo Colle», così come il monte è definito dal sommo poeta Leopardi, nel famoso idillio de «L'Infinito», è interessato da tempo da un preoccupante e lento movimento franoso, culminato di recente nell'apertura di una profonda voragine;
   il cosiddetto «paesaggio leopardiano» di cui il Colle fa parte è stato negli anni soggetto a fenomeni idrogeologici, tanto importanti, da portarlo ad essere individuato nel piano di assetto idrogeologico regionale come area a rischio;
   la fragilità geologica comporta una serie di conseguenze negative per tutto quanto sovrasta l'area e vi è radicato: il patrimonio botanico-vegetazionale, il patrimonio storico-culturale e quindi il paesaggio nella sua accezione più ampia, minando gli elementi di base di quei luoghi che oggi consegnano la memoria del poeta e che lui ha reso immortali con i suoi versi;
   operazioni atte a limitare i movimenti del terreno e quindi volte alla mitigazione del rischio suddetto, sono state già poste in essere dalle amministrazioni locali interessate, in passato come all'indomani dell'evento franoso dello scorso maggio, ma rappresentano solo delle soluzioni tampone –:
   se il Ministro interrogato, alla luce dei fatti sopra menzionati, ritenga opportuno intervenire, sostenendo l'attuazione di un piano complessivo e mirato di interventi, che sia risolutivo e che preservi definitivamente questo grande patrimonio storico, artistico e culturale, famoso in tutto il mondo. (5-05810)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   D'UVA, FRUSONE e VILLAROSA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le corti, i tribunali e i connessi uffici giudiziari della città di Messina sono attualmente ospitati, in unica sede, presso Palazzo Piacentini, il palazzo di giustizia della città, edificato nel 1927, in un periodo storico in cui la consistenza organica e la mole del contenzioso erano considerevolmente inferiori in riferimento a quelle attuali;
   secondo quanto emerso nel corso degli ultimi anni, così come riportato dai maggiori quotidiani locali, nonché dagli operatori nel settore della giustizia della città di Messina, l'attuale sede di Palazzo Piacentini risulta essere non più idonea a garantire il regolare svolgimento delle varie attività giudiziarie;
   già in data 23 dicembre 2011, il quotidiano consultabile online «Centonove», riportava circa diversi casi di malfunzionamento delle regolari attività, quali udienze tenute in stanze di pochi metri quadrati, alla presenza di decine di persone, con grande difficoltà per magistrati, avvocati e cittadini a diverso titolo chiamati in giudizio;
   per sopperire in via temporanea alla mancanza di locali adeguati a garantire il regolare svolgimento delle attività giudiziarie, l'ente locale della città di Messina ha posto in essere alcune onerose locazioni, la cui somma è pari a euro 1.871.743,62 annui, secondo quanto riportato da un articolo del quotidiano consultabile online «Tempostretto», in data 23 gennaio 2014;
   il consiglio comunale di Messina, in data 8 febbraio 2013, approvava con 16 voti favorevoli, nessun contrario e 5 astenuti, la delibera sul «procedimento per l'acquisto dell'immobile da destinare a secondo palazzo di giustizia e l'approvazione degli atti della commissione giudicatrice per la selezione delle offerte a vendere di uno o più fabbricati da destinare ad uffici giudiziari», evidenziando ancora una volta l'attualità del problema;
   secondo quanto evidenziato dalle attuali normative in materia, tra cui la legge 24 aprile 1942, n. 392, risulta essere di competenza diretta del comune di Messina l'individuazione di una idonea struttura già esistente, ovvero la realizzazione ex novo di uno stabile, da destinare a plesso satellite dell'attuale palazzo di giustizia, al fine di garantire idonea sistemazione agli uffici giudiziari attualmente in preoccupante stato di sovraffollamento;
   secondo quanto riportato da numerose agenzie di stampa locali, il Ministero della giustizia avrebbe già destinato da alcuni anni in favore del comune della città di Messina, quale finanziamento per l'acquisto ovvero la ristrutturazione di uno stabile già esistente, da destinare a plesso satellite dell'attuale palazzo di giustizia, una somma pari a circa 17.000.000 euro;
   tuttavia, anziché destinare tale somma ad uno stabile già presente tra quelli già presenti sul territorio messinese, non occupato da altri uffici, qual è, ad esempio, l'ex ospedale Regina Margherita, struttura dalla considerevole metratura e pressoché inutilizzata, l'attuale amministrazione sembra aver scelto quale destinazione del nuovo palazzo satellite, il complesso dell'attuale ospedale militare della città di Messina;
   così come riportato dal quotidiano consultabile online «Tempostretto», in data 21 maggio 2015, «l'area in questione, che sorge sul viale Europa, è grande 35 mila metri quadri e ha spazi coperti pari a 9 mila 700 metri quadri», e ospita, oggi, l'ospedale militare di riferimento per tutto il Sud Italia, a seguito delle chiusure delle altre strutture militari ospedaliere in altri importanti centri cittadini;
   dall'articolo citato si apprende come, «in virtù dell'accordo raggiunto il 25 marzo 2015 tra il comune e il Ministero della difesa, il Dipartimento militare di medicina legale, unica sede tra Sicilia e Calabria, sarà trasferito nell'ex Polo logistico della Marina Militare, in via Uberto Bonino»;
   il sito prescelto quale nuova sede dell'ospedale militare, risulterebbe essere l'ex deposito della Marina militare, «Maricommi», struttura in stato di dismissione decennale, i cui locali risultano già alla vista essere occupati da materiale inquinante certamente non idoneo ad ospitare una struttura ospedaliera;
   tale ricollocazione comporterebbe, quindi, una rilevante bonifica di tutta l'area, con costi considerevoli, i quali determinerebbero un doppio costo per lo Stato e per le amministrazioni locali, essendo necessaria sia la completa ristrutturazione del complesso scelto quale nuovo palazzo satellite, sia l'onerosa bonifica del nuovo sito scelto per ospitare l'Ospedale militare e le sue amministrazioni;
   così come evidenziato dagli interroganti in una precedente interrogazione, la n. 4-03165, presentata nella seduta n. 153 del 16 gennaio 2014, sostanzialmente qui richiamata nelle premesse e, ad oltre un anno dalla sua presentazione, in attesa di risposta risulta essenziale una conclusione efficace e senza inutili oneri della questione relativa al nuovo palazzo satellite del tribunale messinese, anche in considerazione del principio di economicità della pubblica amministrazione, tenuto conto, in questo caso, anche delle condizioni di igiene essenziali per qualsiasi struttura ospedaliera –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   se sia stato disposto, ovvero previsto, in accordo con l'amministrazione comunale della città di Messina, così come richiamato in premessa, lo spostamento dell'ospedale militare presso la sede dell'ex deposito militare di via Uberto Bonino di Messina e, in caso di positivo riscontro, quale nocumento possa determinare tale intervento. (5-05806)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 ha avviato un ingente processo di privatizzazione del patrimonio mediante la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare;
   in particolare, l'articolo 4 del decreto-legge n. 351, ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a promuovere la costituzione di uno o più fondi d'investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili ad uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti del Ministero dell'economia e delle finanze;
   con il decreto ministeriale 9 giugno 2004 il Ministro dell'economia e delle finanze ha avviato la costituzione del fondo immobiliare al quale conferire gli immobili. Con successivo decreto ministeriale 15 dicembre 2004 il Ministero dell'economia e delle finanze ha individuato la disciplina afferente alla complessiva operazione di conferimento e trasferimento al fondo degli immobili pubblici;
   il 16 dicembre 2004 la Banca d'Italia ha approvato il regolamento del fondo denominato «FIP – fondo immobili pubblici – fondo comune di investimento immobiliare di tipo chiuso». Altresì, le banche e gli istituti finanziari selezionati ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 9 giugno 2004 hanno individuato quale gestore del fondo la società Investire immobiliare SGR S.p.a.;
   il processo di privatizzazione e cartolarizzazione degli immobili pubblici ha riguardato ben 396 edifici, ovverosia il 15 per cento del patrimonio immobiliare pubblico, ed ha garantito maggiori entrate erariali per soli 3 miliardi di euro, a fronte di un debito pubblico pari a circa 2.200 miliardi di euro;
   da fonti stampa si apprende che le operazioni di privatizzazione e cartolarizzazione prevedevano anche un impegno dello Stato italiano a contrarre, per almeno 18 anni un canone di locazione con gli stessi immobili oggetto delle medesime operazioni. Il valore complessivo dei canoni di locazione contratti sembrerebbe essere pari a circa 300 milioni di euro annui. In appena 10 anni lo Stato italiano ha pagato circa 3 miliardi di euro in contratti di locazione «perdendo» in tal modo sia le maggiori entrate erariali conseguite all'atto del processo di privatizzazione, sia gli immobili pubblici e per il futuro dovrà erogare 300 milioni di euro fino alla scadenza contrattuale delle locazioni degli immobili – ex – pubblici. La Corte dei conti ha definito gli importi dei canoni di locazione «... significativamente superiori ai normali valori di mercato...»;
   con decreto ministeriale, 23 dicembre 2004 l'immobile pubblico sito in Napoli, via De Gasperi n. 16 (Codice NABO73001), il cui valore è pari a circa 8 milioni di euro, è stato trasferito al Fondo FIP. Lo stesso immobile è stato concesso in locazione all'Agenzia del demanio – al fine di assegnare il medesimo ai precedenti utilizzatori – con un contratto di 1 milione di euro circa. La durata del contratto di locazione era pari a 9 anni con la possibilità di rinnovo per ulteriori 9 anni. A parere degli interpellanti l'importo della locazione sembra eccessivo rispetto al valore complessivo dell'immobile stesso e per tal motivo i medesimi interpellanti non possono che condividere pienamente le osservazioni della Corte dei conti sul valore delle locazioni di gran lunga superiore rispetto ai normali valori di mercato;
   in data 14 maggio 2015 la dirigenza regionale dell'Agenzia delle entrate anche per il tramite di dirigenti dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale con sentenza n. 37 del 2015, convocano le organizzazioni e rappresentanze sindacali al fine di comunicare loro l'imminente scadenza del contratto di locazione relativa all'immobile pubblico sito in Napoli, a via De Gasperi n. 16 codice NABO73001) e la necessità di trasferire gli uffici ivi ubicati presso le sedi di via Diaz e via Montedonzelli, senza tener minimamente in considerazione delle difficoltà logistiche degli utenti in particolar modo relativamente agli uffici trasferiti in via Montedonzelli;
   si intende altresì precisare che la direzione regionale della Campania (Direttore Angelillis) in passato ha pubblicato – con protocollo n. 2014/41886 del 21 luglio 2014 – un avviso di indagine di mercato immobiliare teso alla ricerca di uno stabile da destinare ad uso dell'ufficio provinciale di Napoli – territorio e, contestualmente l'Agenzia del demanio ha provveduto a provveduto a recedere dal contratto di locazione con il Fondo FIP con decorrenza 31 dicembre 2014. Con successiva nota, la stessa direzione regionale della Campania (Direttore Palumbo) disponeva – con protocollo n. 2015/8433 del 13 febbraio 2015 – la revoca in autotutela dell'avviso di indagine del 21 luglio 2014 che, in considerazione del recesso dal contratto di locazione, causava l'urgente necessità di individuare un'ubicazione per i 185 dipendenti dell'Up Napoli – Territorio originariamente collocati presso la sede di via De Gasperi;
   le organizzazioni sindacali dei dipendenti di via De Gasperi hanno richiesto di essere convocati al fine di ricevere maggiori informazioni sugli accadimenti descritti, ma la direzione regionale non ha provveduto a soddisfare siffatte richieste;
   la recente sentenza n. 37 del 17 marzo 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012, nonché l'incostituzionalità dell'articolo 1, comma 14, del decreto-legge 30 dicembre 2013, n. 150, e dell'articolo 1, comune 8, del decreto-legge 31 dicembre 2014, n. 192 (cosiddetto decreto milleproroghe 2015), con le quali è stata prorogata la vigenza del citato articolo 8;
   la disposizione censurata, oltre ad autorizzare le Agenzie delle entrate, del territorio e delle dogane ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti (da completarsi entro il 31 dicembre 2013), consentiva, da un lato, di far salvi, per il passato, gli incarichi dirigenziali già affidati alle dette agenzie a propri funzionari; dall'altro, nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, di attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari (con lo stesso trattamento economico dei dirigenti), mediante la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato che consentiva alle Agenzie delle entrate di coprire, in attesa dei concorsi, le posizioni dirigenziali con il ricorso a contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni;
   secondo la Corte costituzionale con tale disposizione è stato eluso il principio secondo cui nel pubblico impiego anche le funzioni di dirigente si acquistano con il concorso pubblico ed anche nell'ipotesi in cui gli incarichi vadano al personale interno. In pratica, consentendo l'attribuzione di incarichi a funzionari privi della relativa qualifica, l'articolo 8, comma 24, del decreto-legge n. 16 del 2012 ha aggirato la regola costituzionale di accesso ai pubblici uffici mediante concorso, attribuendo la possibilità a funzionari privi della relativa qualifica, di accedere ad un «ruolo» diverso nell'ambito della propria amministrazione. L'elusione della regola del pubblico concorso avrebbe così determinato un vulnus ai principi del buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa, in violazione degli articoli 3 e 97 della Costituzione, determinando una diminuzione delle garanzie dei cittadini che confidano in un'amministrazione competente, imparziale ed efficiente;
   in seguito alla richiamata sentenza della Corte costituzionale si dubita della legittimità e legalità degli atti posti in essere dai dirigenti dichiarati illegittimi e non si comprendono le ragioni in base alle quali i richiamati dirigenti la cui nomina è stata ritenuta illegittima continuino ad esplicare funzioni dirigenziali. Si informa, che gli interpellanti risultano essere in possesso di documenti che dimostrano che alcuni dei richiamati dirigenti regionali dell'Agenzia delle entrate dichiarati illegittimi abbiano continuato a porre in essere atti non di loro competenza in quanto afferenti alle funzioni dirigenziali –:
   quali siano le ragioni per le quali l'edificio di via De Gasperi, n. 16 (sede storica del catasto di Napoli) sia stato inserito tra i 396 immobili da trasferire al FIP;
   sulla base delle considerazioni fatte in premessa, quali vantaggi abbia effettivamente conseguito lo Stato dall'operazione di privatizzazione e cartolarizzazione per il tramite del Fondo – FIP, ed in particolare quali siano stati i vantaggi conseguiti per l'immobile di via De Gasperi, n. 16;
   se il valore dell'immobile sito in via De Gasperi, n. 16 (sede storica del catasto di Napoli) sia realmente pari a circa 8 milioni di euro e quali siano le ragioni per le quali si è proceduto alla vendita per tale importo;
   se il canone di locazione dell'immobile sito in via De Gasperi, n. 16 (sede storica del catasto di Napoli), pari a circa 1 milione di euro, non sia eccessivo rispetto al valore di vendita del medesimo immobile e quali siano state le ragioni per le quali si è proceduto alla locazione dell'immobile ad un importo di 1 milione di euro;
   per quali motivi il contratto tra Agenzia del demanio e Fondo – FIP sia stato oggetto di recesso a decorrere dal 31 dicembre 2014 e per quali motivi sia stata prima avviata e successivamente annullata la ricerca di un immobile da destinare precisamente al catasto di Napoli;
   se prima dell'individuazione delle nuove sedi dell'Agenzia delle entrate sia stata effettuata una valutazione per la corretta fruibilità dei servizi da parte dei cittadini e quali siano le ragioni in base alle quali la sede decentrata di via Montedonzelli, sita in un quartiere connotato da gravi difficoltà di trasporto pubblico e di accessibilità al traffico veicolare, possa essere designata quale struttura per espletare servizi ai cittadini che provengono da 92 comuni della provincia di Napoli;
   quali siano le ragioni in base alle quali si è provveduto, alla locazione della sede di via Montedonzelli per il trasferimento di 40 dipendenti, nonostante abbia una capienza notevolmente superiore, di fatto sottoutilizzata per diversi anni;
   quali siano le iniziative assunte dall'amministrazione pubblica per la ricerca degli immobili citati in premessa, ed in particolare, se siano state bandite procedure ad evidenza pubblica e quale esito abbiano avuto;
   come mai dal 2011, al maggio 2015, non solo non si sia mai provveduto a trovare una soluzione economicamente favorevole come quella di accorpare tutto il personale presso la sede storica di via Diaz (come previsto nel piano dell'Agenzia dell'entrate), tra l'altro anch'essa venduta e locata all'amministrazione pubblica, ma si convochino i rappresentanti dei lavoratori a 40 giorni del trasferimento per chiedere una improbabile condivisione delle scelte;
   per quali motivi la municipalità non sia stata ancora informata del trasferimento degli uffici in via Montedonzelli;
   se trovi conferma che alcuni ex-dirigenti dell'Up di Napoli di nomina illegittima secondo la sentenza n. 37 del 2015 della Corte Costituzionale continuino ad occupare gli stessi uffici dirigenziali che occupavano da dirigenti e ad esplicare funzioni in carenza di legittimazione formale;
   se intenda verificare, sulla base dei fatti sopra descritti, e per quanto di competenza, eventuali profili di illegittimità e responsabilità, con particolare riguardo al rispetto da parte dei vertici dell'Agenzia delle entrate dei princìpi del diritto e delle leggi dello Stato nella gestione complessiva dell'amministrazione fiscale, a partire dalla questione delle deleghe ai dirigenti che, in più casi, risulterebbero – a quanto consta agli interpellanti – gli stessi soggetti la cui nomina è stata ritenuta illegittima da parte della Corte costituzionale, soggetti che per essere delegati dovrebbero comunque possedere i requisiti previsti dalla normativa vigente;
   se non ritenga di effettuare anche a livello nazionale un controllo della gestione degli immobili e della legalità all'interno delle agenzie fiscali, come già richiesto in un'altra interrogazione n. 4-04640 a prima firma Villarosa, relativa all'Agenzia delle entrate nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto che occupa da più di 13 anni un edificio non dotato di agibilità e senza regolare contratto d'affitto;
   cosa intenda fare per garantire adeguata sicurezza lavorativa ai lavoratori che regolarmente denunciano tali scelte antieconomiche.
(2-01009) «Pesco, Alberti, Ruocco, Fico, Pisano, Villarosa, Agostinelli, Basilio, Paolo Bernini, Bonafede, Brescia, Businarolo, Chimienti, Ciprini, Colletti, Cominardi, Corda, Dall'Osso, Di Benedetto, D'Uva, Ferraresi, Frusone, Luigi Gallo, Lombardi, Marzana, Rizzo, Sarti, Tofalo, Tripiedi, Vacca, Simone Valente».

GIUSTIZIA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   Bruno Contrada, arrestato il 24 dicembre 1992, è stato condannato dal potere giudiziario domestico, in via definitiva, a 10 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa;
   il 14 aprile 2015 la Corte europea dei diritti umani, in seguito al ricorso presentato dal condannato, ha stabilito che egli non doveva essere tale perché, all'epoca dei fatti (1979-1988), il reato non «era sufficientemente chiaro»;
   in seguito alla sentenza della Corte sovranazionale l'Italia ha subito una condanna consistente nel risarcimento per danni morali pari a diecimila euro in favore di Bruno Contrada;
   si ricorda che il funzionario dello Stato, già numero tre del Sisde, ex capo della mobile di Palermo, ex capo della Criminalpol, in seguito alla condanna del febbraio 2008, presentò alla prima Corte d'appello di Caltanissetta la richiesta di revisione della condanna, che fu rigettata. Tornato libero nel 2012 per fine pena il funzionario rilasciò tali dichiarazioni: «Non porterò, tra non molto tempo, nessun segreto nella tomba. Ne di Stato, ne di altro genere. Quello che ho fatto è consacrato in atti di polizia. La parte preponderante della mia esistenza al servizio dello Stato la ripeterei, la rifarei tale e quale. Senza rammarico e pentimento. Io non mi considero innocente perché lego sempre questa parola ai bambini o gli do un significato religioso. Io sono “non colpevole”»;
   in seguito alla sentenza della Corte sovranazionale a lui favorevole il suo legale ha dichiarato: «Ho presentato due mesi fa la quarta domanda di revisione del processo a Bruno Contrada e la corte di appello di Caltanissetta mi ha fissato l'udienza il 18 giugno. La sentenza di Strasburgo sarà un altro elemento per ottenere la revisione della condanna». Aggiungendo poi: «Ora capisco perché nonostante le sofferenze quest'uomo a 84 anni continui a vivere»;
   il primo commento di Bruno Contrada dopo aver appreso la notizia è stato il seguente: «Ventitré anni di vita devastati non potrà restituirmeli nessuno. Così come i 10 anni trascorsi in carcere»;
   si ricorda che Bruno Contrada si rivolse alla Corte di Strasburgo nel luglio del 2008 basando il proprio ricorso sull'articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani, il quale stabilisce il principio «nulla poena sine lege». La Corte EDU ha riconosciuto fondata la domanda e ha statuito che egli non avrebbe dovuto essere condannato perché «il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso è il risultato di un'evoluzione della giurisprudenza italiana posteriore all'epoca in cui lui avrebbe commesso i fatti per cui è stato condannato»;
   i giudici di Strasburgo, a differenza di quanto fatto da quelli italiani, gli hanno dato ragione, affermando che i tribunali nazionali, nel condannarlo, non hanno rispettato i principi di «non retroattività e di prevedibilità della legge penale». Nella sentenza i giudici affermano che «il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è stato il risultato di un'evoluzione della giurisprudenza iniziata verso la fine degli anni ’80 e consolidatasi nel 1994 e che quindi la legge non era sufficientemente chiara e prevedibile per Bruno Contrada nel momento in cui avrebbe commesso i fatti contestatigli»;
   la Corte di Strasburgo ha sostenuto, inoltre, che i tribunali italiani «non hanno esaminato approfonditamente la questione della non retroattività e della prevedibilità della legge» sollevata più volte da Bruno Contrada, senza ricevere alcuna risposta in ordine alla dirimente, ovvero se «se un tale reato poteva essere conosciuto da Contrada quando ha commesso i fatti imputatigli»;
   si segnala che Contrada aveva chiesto alla Corte di accordargli 80 mila euro per danni morali, ma la Corte ha stabilito che lo Stato italiano dovrà versargliene solo 10 mila. I giudici di Strasburgo hanno respinto anche la richiesta di riconoscergli quasi 30 mila euro per le spese processuali sostenute a Strasburgo, ordinando all'Italia un risarcimento limitato a 2.500 euro –:
   come i Ministri interpellati ritengano utile di adoperarsi al fine di evitare il ripetersi di fatti analoghi a quello sopra descritto;
   relativamente all'aspetto giudiziario, se si ritenga opportuno assumere idonee iniziative volte alla proposizione di ulteriori modifiche dell'ordinamento giuridico al fine di limitare i casi di errori giudiziari che ricorrentemente vengono individuati da Corti sovranazionali ai danni di persone giudicate nel nostro paese, anche promuovendo una eventuale modifica delle norme del codice penale; se intenda assumere le iniziative ritenute idonee e necessarie per definire in modo più preciso la utilizzabilità del concorso nella fattispecie di reato associato ex articolo 110 codice penale; se ritenga, inoltre, utile stabilire ulteriori iniziative normative al fine di limitare i ricorrenti casi di errore giudiziario a diverso titolo imputabili ai magistrati, modificando e migliorando le modalità di selezione degli stessi e prevedendo un più stretto ed effettivo controllo della capacità di aggiornamento degli stessi al modificarsi e l'evolversi della normativa da essi applicabile;
   quanti siano i casi di cittadini ignoti alla gran parte della cittadinanza che hanno subito la medesima sorte del funzionario sopra detto ma di cui nulla si è saputo a causa della minore notorietà che quindi non sono stati oggetto di specifica attenzione da parte degli organi di informazione, quali essi siano, a quanto ammontino le singole sanzioni pecuniarie comminate all'Italia da Corti sovranazionali e a quanto ammonti l'esborso complessivo configurabile, ad avviso degli interpellanti, come danno erariale di cui sono soggetti lesi i cittadini contribuenti.
(2-01008) «Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci».

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nel 2014 nelle carceri sarde ci sono stati 272 atti di autolesionismo, 42 tentati suicidi di detenuti, 33 ferimenti, 25 colluttazioni;
   i dati sono stati resi noti da Donato Capece, segretario generale del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che dopo aver incontrato i rappresentanti sindacali regionali ha lanciato l'allarme sulla situazione degli istituti penitenziari nell'Isola già oggetto di decine di interrogazioni del sottoscritto;
   nelle carceri sarde c’è un evento critico al giorno;
   risultano dislocati in Sardegna molti più detenuti dello scorso anno, e come è stato già denunciato in un precedente atto di sindacato ispettivo, nel nuovo carcere di Uta si è arrivati a montare la terza branda in cella per far fronte all'affollamento;
   per i poliziotti penitenziari in servizio le condizioni di lavoro restano pericolose e stressanti;
   in Sardegna la polizia penitenziaria è sotto organico di oltre 400 unità;
   l'amministrazione penitenziaria, nonostante i richiami di Bruxelles, non ha affatto migliorato le condizioni di vivibilità nelle celle;
   in Sardegna lavorano circa 700 detenuti, il 35 per cento di quelli presenti, quasi tutti (655) alle dipendenze del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria impegnati in lavori di pulizia o, comunque, internamente al carcere, per poche ore a settimana –:
   se non ritenga indispensabile bloccare questo ennesimo grave segnale di sovraffollamento che sta gravemente compromettendo la sicurezza nelle carceri sarde;
   se non ritenga di dover bloccare nuovi trasferimenti, con particolare riferimento all'inaccettabile piano di trasferire in Sardegna i detenuti in regime di «41-bis»;
   se non ritenga di dover coprire con urgenza i 400 posti vacanti nell'organico della polizia penitenziaria. (4-09481)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la riforma della geografia giudiziaria, attuata con i decreti legislativi n. 155 del 2012 e n. 156 del 2012, disponendo la soppressione delle sezioni distaccate di tribunale presenti sui territori di Afragola e Casoria, ha al contempo previsto l'accorpamento degli ambiti territoriali siti in tali mandamenti nel costituendo tribunale di Napoli nord, collocato nel comune di Aversa, in provincia di Caserta;
   tale revisione della geografia giudiziaria ha prodotto e sta producendo effetti che vengono riferiti al deputato interrogante come devastanti non solo per gli utenti che quotidianamente operano nel settore, ma di fatto ostacola l'accesso alla giustizia dei cittadini dei comuni di Afragola, Arzano, Casavatore e Casoria, in particolare per i cittadini meno abbienti, in totale violazione di diritti costituzionalmente garantiti;
   al deputato interrogante è stata consegnata una petizione recante alcune centinaia di firme, con la quale si sollecita lo scorporo dal tribunale di Napoli nord dei comuni di Afragola, Arzano, Casavatore e Casoria e la ricollocazione dei medesimi nell'ambito territoriale del circondario del tribunale di Napoli;
   molteplici e diverse appaiono – a parere dei cittadini sottoscrittori della suddetta petizione – le cause che rendono inopportuna l'assegnazione dei citati comuni all'ambito territoriale del tribunale di Napoli nord;
   la prima sarebbe la perdita di un presidio di legalità su territori notoriamente interessati da significativi fenomeni di malavita organizzata, comprime ulteriormente il controllo dello Stato, non essendo agevolato dalla non trascurabile distanza dalla sede del tribunale di Napoli nord presso Aversa;
   peraltro, la predetta distanza tra i tribunali e le località menzionate sarebbe aggravata dalla totale assenza di collegamenti diretti del servizio pubblico, peraltro destinato ad ulteriori rimodulazioni e ridimensionamenti a seguito del piano del trasporto pubblico previsto dalla regione Campania;
   tale difficoltà negli spostamenti causerebbe inoltre un aggravio dei costi legati alla giustizia;
   infine, sarebbero molteplici i legami di ordine economico, sociale e culturale che fondono il territorio del comune di Napoli con quello dei comuni citati formando un unicum inscindibile, tanto che gli stessi rientrano nella costituita città metropolitana di Napoli –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei disagi descritti in premessa e quale sia la sua opinione in merito;
   se il Ministro interrogato non ritenga di doversi attivare, per quanto di sua competenza e anche utilizzando il potere di iniziativa legislativa, al fine di procedere con la massima urgenza allo scorporo di detti comuni dal circondario del tribunale di Napoli nord disponendo la contemporanea assegnazione degli stessi all'ambito territoriale del tribunale di Napoli. (4-09482)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   MONCHIERO e RABINO. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'autostrada A33, che collega Asti a Cuneo, in tutto 93 chilometri, attualmente in parte aperta al traffico, in parte in costruzione e in parte ancora solo in progetto, è gestita dall’Autostrada Asti-Cuneo s.p.a., costituita il 1o marzo 2006 (partecipata al 60 per cento dalla società Autostrada ligure toscana spa, al 35 per cento dall'Anas spa e al 5 per cento da Itinera spa), in qualità di concessionaria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi degli articoli 19, commi 2 e 2 bis, e 37-quinquies della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche e integrazioni, e per effetto della convenzione di concessione, efficace a far data dall'11 febbraio 2008;
   dei lotti ancora da completare, i più nevralgici sono quelli 2.5 e 2.6, soprattutto nel tratto che interessa il territorio di Castagnito-Alba e di Cherasco-Alba;
   si è, quindi, creata una situazione assurda, con la Asti-Cuneo quasi completata ma interrotta nel bel mezzo, fra Alba e Cherasco, ove il traffico viene deviato sulla viabilità ordinaria del tutto inadeguata, con gravi penalizzazioni per i cittadini e le imprese della zona;
   negli anni scorsi la società concessionaria, avanzando problemi nel reperimento dei fondi, aveva chiesto di rinviare l'esecuzione del lotto 2.5 e la costruzione della galleria sotto il fiume Tanaro e di utilizzare, come soluzione alternativa, temporanea e senza pedaggio, la tangenziale di Alba, consentendo, quindi, un primo efficace collegamento a scorrimento veloce e a doppia carreggiata senza soluzione di continuità tra Asti e Cuneo;
   gli enti territoriali avevano accettato questa soluzione, pur provocando aggravi e problemi alla circolazione di collegamento con la città di Alba, a condizione che l'utilizzo della tangenziale fosse provvisorio e che contemporaneamente alla costruzione del lotto 2.6 venissero realizzate dalla società concessionaria alcune opere complementari indispensabili per non gravare in modo insopportabile sulla viabilità locale;
   lo stallo, che si protrae da anni, è inaccettabile per il territorio albese, per i cittadini e per le imprese e gli amministratori locali da sempre chiedono chiarezza da parte della concessionaria, visto che la società Asti-Cuneo è tenuta a rispettare i patti sottoscritti dieci anni fa, quando si è impegnata a realizzare l'autostrada, compresi i lotti albesi;
   da tempo la società concessionaria aveva, peraltro, rappresentato al Governo e agli enti locali la necessità di una revisione del piano economico-finanziario che consentisse di reperire le risorse necessarie per il completamento dell'opera, collegando tale operazione ad un accorpamento delle concessioni che il gruppo Gavio gestisce nel settore della viabilità stradale e, aderendo a tale richiesta, il Governo ad agosto 2014 ha presentato all'Unione europea prenotifica per il futuro accorpamento delle concessionarie di Gavio, dove erano previsti nuovi investimenti fino a 1,5 miliardi di euro, anche per completare la Asti-Cuneo;
   in data 9 settembre 2014 gli interroganti hanno presentato l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01015 in cui si chiedeva al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti quali fossero i motivi del ritardo nell'avvio dei lavori, le difficoltà emergenti e i tempi previsti nella realizzazione dei lotti albesi, quale fosse il crono-programma definitivo per completamento del collegamento autostradale Asti-Cuneo, l'entità delle risorse disponibili necessarie sia per la realizzazione dei lotti autostradali sia per le opere complementari previste, nonché le iniziative intraprese dal Governo per ottenere il pieno rispetto degli obblighi contrattuali da parte della società Autostrada Asti-Cuneo s.p.a., dando così una risposta certa alle profonde preoccupazioni delle comunità interessate;
   in quell'occasione il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore, onorevole Maurizio Lupi, si assunse, in Aula, l'impegno ad intraprendere ogni utile iniziativa che favorisse il completamento dell'opera, esprimendo, in particolare, la disponibilità del Governo a riesaminare le condizioni derivanti da contratti di concessione datati e bisognosi di essere attualizzati;
   in effetti, l'articolo 5 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (decreto «sblocca Italia»), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, consente ai concessionari di tratte autostradali nazionali di avviare una procedura di modifica del rapporto concessorio e di predisporre un nuovo piano economico-finanziario per la stipula di un atto aggiuntivo o di un'apposita convenzione unitaria, precisando che gli interventi ulteriori rispetto a quelli previsti nelle vigenti convenzioni devono essere affidati secondo le procedure di evidenza pubblica. La norma non fa esplicitamente riferimento alla possibilità di prolungare concessioni in essere oltre il termine di scadenza, ma si limita a precisare che le modifiche del rapporto concessorio avverranno nel rispetto dei principi dell'Unione europea al fine di assicurare: a) gli investimenti necessari per gli interventi di potenziamento, adeguamento strutturale, tecnologico ed ambientale delle infrastrutture autostradali nazionali, nel rispetto dei parametri di sicurezza più avanzati prescritti da disposizioni comunitarie; b) un servizio reso sulla base di tariffe e condizioni di accesso più favorevoli per gli utenti. In ogni caso il nuovo assetto della concessione deve assicurare l'equilibrio economico finanziario, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato;
   in applicazione della normativa prevista dal decreto «sblocca Italia», risulterebbe che il gruppo Gavio (tra i principali gestori delle autostrade italiane), che controlla la società di progetto Asti-Cuneo, abbia proposto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti una proroga per il completamento dell'autostrada Asti-Cuneo in cambio di maggiori investimenti e minori aumenti tariffari;
   nei giorni scorsi si è diffusa la notizia che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sarebbe espresso negativamente nei confronti del concessionario e il presidente dell'Unione industriali della provincia di Cuneo, Franco Biraghi, ha inviato una lettera provocatoria al Ministro interrogato, ai parlamentari e ai sindaci della Granda, chiedendo di revocare al gruppo Gavio la concessione autostradale per inadempienza della società e per gravi ritardi nel completamento dei lavori, nonché, a parziale compensazione dei danni e disagi subiti dal territorio, di consentire la libera circolazione nel tratto finora realizzato senza far pagare il pedaggio fino al totale completamento dell'opera;
   nella lettera, lo stesso presidente dava risonanza a voci incontrollate relative ad un imminente disimpegno del gruppo Gavio che starebbe trattando con i vertici dell'Anas la risoluzione del contratto di concessione –:
   quali atti siano stati compiuti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dalla società concessionaria negli ultimi mesi in attuazione del citato articolo 5 del decreto-legge n. 133 del 2014 e se corrispondano al vero le illazioni giornalistiche relative all'espressione di eventuali pareri negativi da parte di autorità nazionali ed europee interessate e ad un conseguente disimpegno del gruppo Gavio. (3-01551)


   BARBANTI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MATARRELLI, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il presidente di Unindustria Calabria, Natale Mazzuca, in merito all'interruzione, che si protrae ormai da mesi, della circolazione su un lungo tratto dell'autostrada A3, ha sottolineato come «le voci che si rincorrono, rispetto alla reale situazione circa i tempi e le effettive possibilità di ripristino del viadotto Italia (...) stanno assumendo aspetti grotteschi ed a volte persino comici, se non riguardassero un problema tanto grande e strategico per tutto il territorio da far prefigurare conseguenze drammatiche e diffuse»;
   la vicenda del crollo del viadotto è una questione di rilevanza nazionale per tutto quello che ne deriva in termini economici, di livello dei servizi alle imprese ed ai cittadini, del grave rischio di provocare un ulteriore arretramento del territorio con aumento della disoccupazione;
   è urgente un confronto operativo efficace tra il Governo, le istituzioni locali e gli enti interessati per individuare una strategia che comporti la realizzazione del nuovo viadotto Italia a garanzia della sicurezza necessaria e la creazione di percorsi alternativi capaci di consentire la gestione efficace della fase di transizione, da contenere e programmare negli indispensabili tempi tecnici;
   è necessario intervenire al più presto, dal momento che la stagione estiva è iniziata e si è di fronte ad uno scoraggiamento dei turisti che sono disorientati e scoraggiati nel considerare la Calabria come meta delle loro vacanze;
   visto l'esiguo numero delle prenotazioni alberghiere, molte strutture stanno valutando la possibilità di non aprire per questa stagione, con rischi reali di sopravvivenza e di crollo dell'occupazione, e il notevole rallentamento del trasporto merci ed i costi aggiuntivi da sopportare stanno creando grossissime difficoltà alle attività imprenditoriali che vedono vanificare e svanire ogni speranza di rilancio e sviluppo;
   è fondamentale studiare alternative possibili in ognuno dei settori individuati, allargando la platea dei partner e fornendo ai cittadini una chiara percezione di ritorno di attenzione verso questa parte di territorio tenuta spesso fuori dagli interessi manifesti del Paese;
   l'Anas aveva preannunciato che entro il 25 maggio 2015 avrebbe proceduto al deposito del progetto relativo al rinforzo del pilone di sostegno del viadotto Italia dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, assicurando un aggiornamento del progetto ed una sua integrazione nei termini indicati dai consulenti della procura della Repubblica di Castrovillari, che ha autorizzato la società alla rimozione delle macerie del crollo;
   l'avvio di tali attività è stato purtroppo condizionato all'esecuzione di un'ulteriore serie di indagini laser-scanner, stabilite dai consulenti della procura e programmate dagli stessi nei giorni 25 e 26 maggio 2015;
   l'Anas ha anche avviato tutte le indagini interne per valutare la quantificazione di eventuali danni subiti e le responsabilità dei soggetti coinvolti nel crollo e la giunta regionale della Calabria, riunitasi sotto la presidenza di Mario Oliverio, ha chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, su iniziativa anche dell'assessore ai trasporti, Nino De Gaetano, lo stato di emergenza a causa del crollo del viadotto Italia, che ha comportato la chiusura dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria nel tratto compreso tra Laino Borgo e Mormanno, e allo stesso tempo l'istituzione di una commissione ministeriale ispettiva al fine di verificare le cause dell'evento e quantificarne gli enormi danni alle attività economiche calabresi;
   dopo l'incontro del Governo con il presidente della regione Calabria Mario Oliverio e con una delegazione di sindaci e amministratori calabresi e lucani per affrontare il problema della viabilità dopo il crollo al viadotto Italia sulla A3, a cui hanno partecipato anche il presidente e amministratore delegato dell'Anas, Gianni Armani, e il prefetto di Cosenza, Gianfranco Tomao, sono state evidenziate le gravi difficoltà del territorio per la mancanza di collegamento e la ricaduta del traffico pesante sui centri e le strade minori, oltre alla preoccupazione per gli effetti sul turismo;
   il Governo ha promesso un impegno ad accelerare il finanziamento per la sicurezza della viabilità secondaria, oltre che a verificare la fattibilità del trasporto via mare delle merci destinate a bypassare la regione, dai porti di Salerno e Napoli per i porti di Gioia Tauro e Messina, il potenziamento del traffico ferroviario e, ove possibile, aereo, oltre che a riconsiderare il progetto della strada statale n. 19 come viabilità alternativa, da realizzare e mantenere comunque attiva in modo permanente;
   dal 2 marzo 2015, tuttavia, data della tragica vicenda che ha prodotto la perdita di una vita umana, la regione vive una grave condizione nei collegamenti con il resto del Paese con una viabilità alternativa assolutamente inadeguata, dal momento che si tratta di un territorio montano con un'orografia difficile ed esposta ad una condizione di dissesto idrogeologico;
   la soluzione del convogliare il traffico nella strada statale n. 18 e l'attuale viabilità alternativa non sono nelle condizioni di sostenere il volume di traffico che non trova possibilità di scorrimento sull'autostrada;
   il Governo, rispetto alle misure di compensazione territoriale già sottoscritte dall'Anas con l'Ente Parco e i quattro comuni interessati dai lavori (Morano Calabro, Laino Borgo, Laino Castello e Rotonda), si è impegnato, inoltre, a reperire nell'accordo di programma con l'Anas le risorse necessarie per finanziare i progetti delle opere previste nell'accordo medesimo, oltre che, a seguito di precise richieste della regione Basilicata e del comune di Rotonda, anche la strada provinciale n. 4 nella provincia di Potenza, che attraversa Rotonda, sarà oggetto di attenzione da parte di Anas e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
   se il Governo intenda adempiere agli impegni preannunciati, fissando una data certa per il ripristino della viabilità ordinaria dell'autostrada A3 oggetto della premessa. (3-01552)


   RAMPELLI, GIORGIA MELONI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, NASTRI, TAGLIALATELA e TOTARO. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio 2015 il Ministero delle infrastrutture ha presentato alla Commissione europea un piano organico di interventi infrastrutturali composto da settantuno progetti, per un costo totale di sei miliardi di euro, e la richiesta di contributo comunitario per quasi due miliardi e mezzo di euro da spendere entro il 2020;
   dei progetti presentati, che riguardano per quasi la metà investimenti nella rete ferroviaria e in percentuali minori i settori marittimo, stradale e aereo, solo una minima parte è destinata ad opere localizzate nel Sud Italia;
   proprio nel Meridione, invece, pesano in modo più significativo il ritardo infrastrutturale e le sue conseguenze in termini di mancanza di competitività e di sviluppo dei territori;
   nel Mezzogiorno soprattutto le strade e autostrade soffrono pesanti ritardi nella realizzazione e mancano di interventi di manutenzione e ammodernamento, penalizzando sia gli utenti sia il commercio, ancora costretto a muoversi su gomma a causa del fatto che nel Sud si trova meno di un terzo delle linee ferroviarie italiane;
   sotto il versante del trasporto aereo, invece, basta citare le difficoltà in cui versano sia l'aeroporto di Crotone in seguito alla sentenza di fallimento della sua società di gestione, da anni in attesa di un organico piano di rilancio e che allo stato sembra essere stato escluso dal contratto di programma dei servizi Enav per il triennio 2016-2018, sia l'aeroporto di Foggia ancora in attesa che siano realizzate le necessarie opere di allungamento della pista;
   in Salento, area di importante valenza turistica, continuano ad essere bloccati i lavori per l'ampliamento della strada statale n. 275, che collega Maglie a Santa Maria di Leuca;
   in Sicilia è appena entrato in vigore il nuovo orario ferroviario che prevede la soppressione di tutti gli intercity diurni tra Palermo/Siracusa e Roma e l’intercity notte tra Palermo/Siracusa e Milano, costringendo i siciliani che vorranno raggiungere il continente a viaggiare solo di notte e solo da Palermo e da Siracusa verso Roma, mentre per tutte le altre destinazioni dovranno prima raggiungere Messina con un treno regionale e da lì salire a piedi sul traghetto che li porterà in Calabria;
   i collegamenti di Trenitalia oltre lo Stretto erano stati già in precedenza fortemente ridotti al numero di appena a dieci corse – tra andata e ritorno – al giorno, a causa della carenza di fondi, e anche il nuovo taglio dei colleganti deciso da Trenitalia farebbe seguito alla mancata erogazione dei fondi statali;
   pesano sul ritardo infrastrutturale del Sud anche le difficoltà nella spesa dei fondi europei, rispetto ai quali si attende proprio in questi mesi l'accordo in sede europea sulla riprogrammazione delle opere proposta dall'Italia alla Commissione europea –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di colmare il divario infrastrutturale tra le regioni settentrionali e quelle meridionali d'Italia, con particolare riferimento sia allo stanziamento di risorse adeguate sia al migliore utilizzo dei fondi europei. (3-01553)


   DORINA BIANCHI, GAROFALO e PISO. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il blocco dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria tra gli svincoli di Laino Borgo e Mormanno a causa del crollo, nel marzo 2015, di un viadotto sta provocando un gravissimo disagio, sia alla popolazione residente – che, in mancanza di alternative, deve ricorrere per il trasporto privato all'infrastruttura autostradale anche per brevi tratte – sia alle attività turistiche e commerciali;
   il cedimento di un pilone sulla A19 Palermo-Catania, il 10 aprile 2015, che ha tagliato in due la Sicilia per un periodo quantificato in un minimo di 18 mesi, ha prodotto e sta producendo danni gravissimi, dal momento che addirittura il 60 per cento del prodotto interno lordo della Sicilia passa attraverso l'autostrada A19 e che i percorsi alternativi a quello autostradale si sono ridotti – praticamente – da tre ad uno;
   si ricorda anche la gravissima situazione, in termini di sicurezza degli utenti e di condizioni della struttura, in cui versa la strada statale n. 106 ionica da Reggio di Calabria a Taranto;
   quelli citati sono appena tre esempi – forse i più macroscopici, ma certamente non gli unici – della situazione grave in cui versa il sistema viario dell'Italia meridionale;
   quello che è un ritardo si sta trasformando in una condizione generale dai caratteri emergenziali, dovuta al rallentamento ormai storico di investimenti ma anche ai segni dell'usura mostrati dall'attuale rete viaria;
   al di là dei casi specifici, il vero problema è che le tre emergenze citate dimostrano la fragilità complessiva e l'insostenibilità di un sistema viario nel quale un episodio puntuale di tipo franoso o di cedimento strutturale anche di una breve tratta stradale può mettere in ginocchio intere aree geografiche, bloccare i flussi turistici, rendere più difficoltoso e costoso l'approvvigionamento dei beni d'uso, limitare fortemente la mobilità delle persone;
   la politica comunitaria di coesione 2014-2020 assegna alle regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) 22,2 miliardi di euro. Il 29 ottobre 2014 la Commissione europea ha adottato l'accordo di partenariato con l'Italia, con decisione di esecuzione C(2014) 8021 final. Da queste decisioni è scaturita l'impostazione strategica per i fondi strutturali, che è articolata su 11 obiettivi tematici, tra i quali è ricompreso quello di eliminare le strozzature nelle principali infrastrutture di rete –:
   se il Ministro interrogato ravvisi gli estremi di una vera e propria emergenza viaria dell'Italia meridionale e quali misure stia apprestando per farvi fronte, sia in termini di risposta immediata alle tre emergenze segnalate, sia in termini prospettici, anche in riferimento a quelle che sono per l'anno 2015 e per gli anni successivi le dotazioni finanziarie complessive riservate – tra fondi europei, risorse del fondo di sviluppo e coesione e risorse derivanti da leggi specifiche – all'infrastrutturazione delle regioni meridionali, con particolare riferimento alla rete viaria, e quali ulteriori modalità intenda adottare per accelerare l'utilizzo delle risorse disponibili. (3-01554)

Interrogazione a risposta scritta:


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sulla continuità territoriale aerea da e per la Sardegna dal 15 giugno 2015 risultano, ad avviso dell'interrogante, gravemente disattese le norme europee sulla non discriminazione dei cittadini europei;
   da settimane si registra sulle rotte da e per la Sardegna un sistematico tutto esaurito;
   dal 15 giugno sino al 15 settembre si registrano tariffe quasi quadruple rispetto alle ordinarie per i non residenti e per gli emigrati;
   una tratta Cagliari — Milano andata e ritorno sfiora i 400 euro quasi quanto andare a New York a/r;
   si sta, sin dai primi giorni dall'entrata in vigore di tale palese ed evidente discriminazione, verificando un'operazione che, secondo l'interrogante, ha caratteri speculativi;
   con quello che si sta mettendo in atto si sta realizzando una operazione ai danni della Sardegna e dei sardi;
   dal prossimo fine settimana ci saranno solo pochissimi posti disponibili, gran parte dei voli registreranno il «tutto esaurito» e ci sarà disponibilità solo per la tariffa libera, ovvero con un costo di un biglietto di solo andata di 196 euro;
   tutto questo per evidente responsabilità di una continuità territoriale «capestro» che dal 15 giugno lascia assoluta discrezionalità alle compagnie aeree per quanto riguarda i non residenti, compresi gli emigrati sardi;
   si tratta di una situazione da stigmatizzare che discrimina in modo evidente la Sardegna e i sardi;
   il primo sabato di questa nuova estate scatta puntuale quella che all'interrogante appare un'operazione orientata al profitto con l'utilizzo persino di aerei più piccoli con poco più di 100 posti a fronte degli airbus 380 con una dotazione di 180 posti;
   tutto questo sta avvenendo nel silenzio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e della stessa regione Sardegna, le cui competenze sono esercitate da un'assessore regionale che, da consulente del centrodestra e ora assessore del centrosinistra, è apparso all'interrogante di fatto proteso più a difendere le compagnie aeree che il diritto sacrosanto alla mobilità per la Sardegna;
   la Sardegna per i prossimi tre mesi sarà isolata e irraggiungibile;
   nessuno ha disposto nuovi aerei;
   né Governo né regione hanno proposto un indispensabile e obbligatorio intervento diretto a cancellare le criticità dei prossimi tre mesi che colpiranno pesantemente emigrati e non solo;
   è indispensabile eliminare questa anomalia che porta a differenziare per tre mesi all'anno i costi dei biglietti tra residenti e non residenti;
   si tratta di un vero e proprio «schiaffo» al diritto alla continuità territoriale;
   la posizione di Alitalia all'interrogante non appare ispirata al principio di concorrenza;
   ad avviso dell'interrogante si tratta anche di una questione di mancato rispetto, delle norme comunitarie con riferimento al principio di non discriminazione, questione che va a scapito sia dei non residenti che degli emigrati sardi –:
   se non intenda, considerato il contrasto con le norme in materia di diritto alla mobilità e con il principio di non discriminazione, revocare i decreti che indicano la fascia temporale del 15 giugno — 15 settembre come libera in modo da evitare una discriminazione palese dei diritti dei non residenti e degli emigrati sardi;
   se non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare che la Sardegna venga isolata per assenza di posti aerei, frutto secondo l'interrogante, di una scarsa pianificazione o del tentativo di lucrare sul numero limitato di posti disponibili. (4-09483)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   BRUNETTA, RAVETTO e BIASOTTI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata dell'11 giugno 2015, diverse camionette della polizia nazionale francese si sono dispiegate al valico di ponte San Ludovico a Ventimiglia, fra Italia e Francia, quando, sul lato italiano, erano presenti una quarantina di profughi, in gran parte eritrei, ai quali la Croce rossa stava distribuendo acqua e generi di conforto; altri 150 migranti circa si trovavano nella zona della stazione ferroviaria della città di Ventimiglia;
   in questi giorni, almeno un centinaio di profughi hanno continuato a manifestare e a dormire aggrappati agli scogli a pochi metri dalla frontiera con la Francia, ancora presidiata dalle autorità d'oltralpe che non consentono loro di varcare il confine. Molti di loro sono etiopi, eritrei, senegalesi, somali, sudanesi. Al grido di «indietro non torniamo», chiedono di poter raggiungere, attraverso la Francia, amici e parenti nei Paesi del Nord Europa. Un gruppo ha impugnato uno striscione su cui è scritto, in francese: «urgenza umanitaria, chiediamo una risposta politica dall'Europa»;
   nella mattinata del 16 giugno 2015, carabinieri e polizia hanno iniziato a sgomberare i profughi che dormivano nelle aiuole a ponte San Ludovico nell'accampamento organizzato dagli stessi migranti;
   a ribadire la linea del Governo francese – e con essa la tensione ormai evidente con il Governo italiano – è il Ministro dell'interno francese, Bernard Cazeneuve; «dall'inizio dell'anno in Francia abbiamo avuto circa 8.000 passaggi e abbiamo fatto riammettere in Italia circa 6.000 migranti. Non devono passare, è l'Italia che deve farsene carico. Le regole del regolamento di Dublino devono essere rispettate», ha detto il Ministro in un'intervista a radio Rmc e Bfm-tv. Il Ministro francese, quindi, ha replicato al Governo italiano affermando che in base al regolamento di Dublino la maggior parte dei richiedenti asilo devono risiedere nel Paese dell'Unione europea di ingresso. E ancora: «L'Italia deve accettare di creare dei centri per distinguere i migranti economici irregolari dai rifugiati», ha aggiunto il Ministro, sottolineando che la Francia «non ha bloccato le frontiere». «Ci troviamo di fronte a un fenomeno migratorio di una nuova portata. Chi sono questi migranti ? Ci sono molti migranti economici irregolari che vengono dall'Africa occidentale e non sono dunque oggetto di persecuzioni. Non possiamo accoglierli, dobbiamo riaccompagnarli alla frontiera»;
   in un lungo articolo pubblicato sul quotidiano Le Monde il 15 giugno 2015, si apprende che la Francia «vuole creare dei campi Ue in Italia». Cazeneuve – scrive Le Monde – «tenta di convincere il suo omologo italiano sull'opportunità di creare in Italia (e in Grecia) dei campi gestiti dall'Unione europea per distinguere i migranti economici dai richiedenti asilo già dal loro arrivo. I primi verrebbero immediatamente espulsi verso i loro Paesi d'origine, gli altri ripartiti tra i Paesi d'Europa»;
   secondo l'idea sostenuta dalla Francia – prosegue sempre Le Monde – «l'ufficio europeo per l'asilo e l'Alto commissariato per i rifugiati farebbero questa prima selezione e gli Stati studierebbero poi i dossier». Il giornale francese spiega, poi, che il blocco dei migranti tra Ventimiglia e Mentone è soprattutto dovuto alla situazione esplosiva a Parigi, dove nel giro di appena una settimana centinaia di africani sono stati evacuati per ben tre volte da altrettanti accampamenti di fortuna, dopo il primo sgombero del 2 giugno 2015 al Pont de la Chapelle, tra polemiche e denunce contro i metodi della polizia;
   è evidente a parere degli interroganti come la Francia, ripristinando i controlli alle frontiere, qualora non ne abbia data preventiva comunicazione all'istituzione europea e al Governo italiano, stia di fatto violando il Trattato di Schengen, e ciò indipendentemente da ogni considerazione in merito all'applicazione puntuale o meno delle regole del sistema di asilo europeo e del regolamento di Dublino;
   è necessario ribadire che nessuno Stato può ripristinare i controlli in maniera unilaterale senza averne data preventiva comunicazione alle istituzioni europee e allo Stato confinante (indicandone, tra l'altro, le motivazioni), né, in ogni caso, contestare una presunta violazione di un regolamento (in questo caso Dublino) rispondendo con la violazione di un altro accordo (Schengen);
   nel frattempo, nell'incomprensibile silenzio dell'Alto rappresentante Federica Mogherini, che, pur non essendo diretta titolare di una delega alle politiche migratorie, è comunque responsabile degli affari esteri e della politica di sicurezza dell'Unione europea, il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi ha annunciato che «è pronto un piano B», nel caso in cui il Consiglio europeo non scelga la via della solidarietà nei confronti dell'Italia;
   il Commissario dell'Unione europea responsabile per le politiche migratorie, Dimitris Avramopoulos, ha convocato per il 16 giugno 2015 una riunione tra i Ministri dell'interno di Italia, Francia e Germania, a margine di un Consiglio affari interni a Lussemburgo, per discutere della situazione alle frontiere a seguito dei controlli parzialmente reintrodotti in Francia, Austria e Svizzera alla frontiera con l'Italia. Lo ha annunciato la portavoce di Avramopoulos, Natasha Bertaud, sottolineando che tutti gli Stati devono rispettare le regole di Schengen, ma anche le regole sull'asilo che prevedono la registrazione dei migranti quando arrivano in un Paese dell'Unione europea;
   la portavoce Natasha Bertaud ha, inoltre, affermato che la Commissione europea è a conoscenza delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio dei ministri italiano Matteo Renzi, ma che «non è al corrente di eventuali piani B»;
   il caso di Ventimiglia è emblematico e gravissimo e dimostra chiaramente l'indisponibilità della Francia e degli altri Paesi europei ad accogliere i profughi che sbarcano in Italia; si è di fronte ad un vero e proprio esodo di intere popolazioni verso l'Europa e il nostro Paese, come è evidente da oramai troppo tempo, non può affrontare da solo l'emergenza. Il Consiglio europeo straordinario sull'allarme immigrazione non ha prodotto alcun risultato tangibile; le città italiane, ormai non solo al Sud, sono al collasso, con il rischio di scatenare situazioni imprevedibili: sono, pertanto, necessari una risposta strutturale e un forte posizionamento del Governo nei confronti dell'Unione europea –:
   quale sia la posizione del Governo rispetto ai fatti riportati in premessa, quali le azioni intraprese per superare la situazione di tensione creatasi con la Francia, se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'avvio di un'indagine della Commissione europea per presunta violazione del Trattato di Schengen e quali siano le proposte che l'Esecutivo intende esprimere, in particolare all'interno del Consiglio europeo, in merito alle politiche dei richiedenti asilo, ai ricollocamenti degli stessi all'interno dei Paesi dell'Unione europea e alle misure per le espulsioni e i rimpatri. (3-01545)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella serata del 14 giugno 2015 vi è stato un tentativo di appiccare un incendio nella sede romana dell'associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia (ANVGD), la più importante associazione degli esuli giuliano-istriano-dalmati;
   fortunatamente l'attentatore ha lanciato il suo ordigno dentro al bagno e l'immediato intervento dei vigili ha potuto impedire la distruzione della stessa sede e il dilagare delle fiamme, che avrebbe potuto provocare una tragedia essendo la sede all'interno di un condominio;
   in seguito all'entrata in vigore della legge n. 92 del 2004, istitutiva del Giorno del Ricordo «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale», i temi della tragedia delle foibe e dell'esodo delle popolazioni istriane, giuliane e dalmate sono stati ulteriormente approfonditi e più largamente condivisi;
   tuttavia, proprio in risposta all'istituzione di detta ricorrenza e delle altre celebrazioni previste dalla legge, sono drammaticamente aumentate le iniziative di stampo negazionista, giustificazionista e riduzionista, e soprattutto hanno avuto luogo numerosi attentati, danneggiamenti, distruzioni, e atti di vilipendio ai monumenti dedicati ai martiri delle foibe;
   solo negli ultimi tre anni sono stati imbrattate le foibe di Monrupino e Basovizza, la lapide dedicata ai martiri delle foibe ed esuli in piazza Marghera a Venezia, il monumento al quartiere giuliano-dalmata di Roma, il monumento intitolato ai martiri delle foibe a Trento, la Casa del Ricordo a Roma, la targa commemorativa dei martiri delle foibe a Terni, inaugurata da appena tre mesi, la targa commemorativa a Catanzaro e quella a Villalba di Guidonia, e il lapidario del Parco della Rimembranza di Gorizia;
   a questi danneggiamenti vanno aggiunte le centinaia di scritte inneggianti alle foibe o alla memoria di Tito che compaiono in tutta Italia ogni anno in particolar modo alla data della ricorrenza del Giorno del Ricordo il 10 febbraio;
   simili gesti destano profondo sconcerto sia per la loro gravità, sia per la loro diffusione, sia per il fatto che sovente gli atteggiamenti negazionisti trovano una sponda politica in dichiarazioni di amministratori comunali o regionali che decidono di non partecipare alle manifestazioni di ricordo;
   è difficile promuovere una memoria condivisa e rispettosa delle tragedie dello scorso secolo se anche i finanziamenti destinati agli istituti che la dovrebbero conservare continuano a subire pesanti tagli, come quello del 75 per cento dei fondi che ha colpito l'Istituto regionale per la cultura istriano-fiumano-dalmata di Trieste o quelli che hanno colpito l'Archivio Museo Storico di Fiume a Roma, ormai quasi completamente definanziato, tanto più sorprendenti se si considera l'incredibile sproporzione con i legittimi finanziamenti alla memoria di altre tragedie italiane –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di sostenere in ogni sede e con il massimo impegno la conservazione e condivisione della memoria dei tragici eventi di cui in premessa, a tal fine prorogando la concessione delle medaglie prevista dalla legge n. 92 del 2004, e rifinanziando integralmente sia i fondi per le attività dei principali enti di studio e associativi dedicati allo studio dei medesimi eventi, sia tutte le iniziative sul tema promosse nelle scuole italiane. (4-09476)


   QUARANTA, FRATOIANNI, SCOTTO, COSTANTINO e PASTORINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da circa tre settimane Ventimiglia si trova al centro dell'emergenza migranti, che transitano dalle frontiere di Ponte San Luigi e Ponte San Ludovico per raggiungere la Francia, negli ultimi giorni diventata ancora più grave a causa del blocco della frontiera attuato dalla Francia;
   la popolazione migrante è formata da uomini, donne, alcune delle quali in stato di gravidanza, da bambini, adolescenti e giovani adulti, da poco maggiorenni. Sono per lo più somali ed eritrei in fuga da guerra e povertà. Il nostro Paese per loro, spesso, è solo un passaggio per raggiungere altri stati europei dove ricongiungersi con la propria famiglia;
   ad oggi, i problemi principali sono legati alla prima accoglienza e all'assistenza: le immagini riportate dai media con migranti che bivaccano all'addiaccio sulle scale della stazione internazionale di Ventimiglia e sugli scogli, restituiscono il dramma di questi ultimi giorni. Al loro fianco sono subito intervenuti diverse associazioni non governative, gruppi di privati cittadini, la Caritas e la Croce Rossa Internazionale fornendo loro cibo e coperte. In queste ultime ore anche il sindaco, il questore e il prefetto di Imperia hanno promesso un aiuto e uomini in appoggio alla frontiera italiana di Ventimiglia;
   ad oggi il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale afferma che la situazione «è in via di miglioramento», purtroppo così non è, soprattutto alla luce dei prossimi arrivi, stimati, secondo alcune ONG in almeno altri 500 migranti in transito da Milano e Roma attraverso Ventimiglia per raggiungere la Francia;
   presso la stazione di Ventimiglia è stato aperto, presso i locali dell'ex dogana, uno spazio che permette di spostare parte della popolazione migrante dalle scale esterne della stazione e dagli spazi contigui, destinati unicamente al transito dei numerosissimi passeggeri, ad una area aperta unicamente agli stessi, così da avere anche maggiore controllo e monitoraggio delle diverse situazioni problematiche. Tale situazione però è temporaneamente limitata all'arco di tre, quattro giorni, i senza conoscere una nuova soluzione definitiva all'emergenza. La stessa area fu utilizzata nell'emergenza di quattro anni fa –:
   vista la situazione che sta via via diventando sempre più grave sia da un punto di vista sanitario che umanitario, se non ritengano opportuno aprire un centro di prima accoglienza con annesso ambulatorio medico per visitare donne incinte e minorenni e uno spazio destinato ai mediatori culturali, tale da incentivare forme di cooperazione e assistenza;
   perché, a quasi una settimana di conclamata emergenza migranti, i Ministri interrogati non abbiano, tramite la prefettura di Imperia, previsto un piano di emergenza con l'adozione di soluzioni concrete per la gestione della stessa;
   se non pensino sia necessario dare aiuti economici e poteri autorizzatori al prefetto di Imperia con il vincolo che siano utilizzati solo per «l'emergenza migranti a Ventimiglia» così da poter collaborare con più efficacia con l'amministrazione comunale visto che i flussi migratori sono stimati in crescita;
   cosa intendano fare per far rispettare gli accordi di Chambéry tra Italia e Francia e il ripristino del Trattato di Schengen – sospeso a causa del G7 in Germania – che ha di fatto bloccato la frontiera francese e ha causato il respingimento di tutti i migranti aggravando ulteriormente una situazione già gravissima sia da un punto di vista sanitario che umanitario. (4-09479)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   così come denunziato da alcune organizzazioni sindacali, già da alcuni anni, l'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla mafia (ANBSC) ha assegnato circa 40 alloggi alla questura di Palermo, taluni per finalità ordine pubblico e altri per essere utilizzati come alloggi di servizio in favore del personale della polizia di Stato;
   a tutt'oggi nessuno di questi alloggi è mai stato assegnato al personale della cosiddetta «truppa» della polizia, ma solo qualcuno ai funzionari;
   alcuni tra questi alloggi, sono stati occupati abusivamente da terzi che non pagano né l'affitto, né le quote condominiali previste, con evidente danno all'erario, considerato che le spese gravano comunque sulla prefettura;
   questi alloggi non possono essere assegnati perché necessitano di essere ristrutturati, ma ciò non è possibile a causa della mancanza di risorse. Il risultato è che tali alloggi, oltre a versare in stato di abbandono, si stanno deteriorando sempre di più;
   il sindacato di Polizia Consap ha più volte chiesto alla questura di Palermo di ricevere le copie: dei decreti di assegnazione di tutti gli alloggi che l'ANBSC ha destinato nel tempo alla questura di Palermo; dei decreti/contratti degli alloggi che sono stati assegnati ad oggi e se per alcuni di questi viene corrisposto affitto; delle relazioni sulla situazione strutturale dei beni destinati all'alloggio di servizio del personale della polizia di Stato;
   si tratta di una documentazione necessaria per fare il punto della situazione di queste strutture;
   oltre ad un danno economico per lo Stato italiano e ad un mancato vantaggio per i poliziotti, questa situazione rappresenta un vero e proprio schiaffo morale per coloro che hanno lottato e lottano contro la criminalità organizzata e fa insorgere il sospetto che talvolta i toni trionfalistici usati con la confisca dei beni alla mafia siano stati solo demagogici, dal momento che buona parte di questi alloggi, a Palermo e in altre realtà d'Italia soprattutto al Sud, risulta non abbiano alcun utilizzo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto denunciato in premessa;
   per quale ragione la questura di Palermo non fornisca all'Organizzazione sindacale richiedente il materiale sopra indicato;
   come sia possibile che beni confiscati alla mafia, grazie anche al sacrificio degli uomini della polizia, debbano versare in questa condizione di abbandono e non possano essere utilizzati per venire incontro alle esigenze abitative della famiglie dei poliziotti che versano in condizioni economiche difficoltose perché mono reddito o numerose o con disabili a carico;
   se il Ministro interrogato possa fornire una mappatura di tutti gli alloggi in Italia confiscati alla mafia ed assegnati alle questure italiane specificando la destinazione d'uso di ciascuno di essi. (4-09484)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:


   SBERNA e GIGLI. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   al fine di contribuire alle spese per il mantenimento dei figli per l'anno 2015, l'articolo 1, comma 130, della legge di stabilità per il 2015 (legge 24 dicembre 2014, n. 190) ha riconosciuto alle famiglie con un numero di figli minori pari o superiore a 4, in possesso di una situazione economica corrispondente a un valore isee non superiore a 8.500 euro annui, buoni per l'acquisto di beni e servizi;
   le disposizioni attuative della misura di cui sopra e la definizione dell'ammontare complessivo del beneficio sono state demandate ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
   tuttavia, non sono stati indicati i termini per l'attuazione della disposizione che, a tutt'oggi, risulta ancora inattuata, eludendo così le attese delle famiglie, maggiormente bisognose di aiuti per il mantenimento dei figli, che contavano sulla ricezione di quel contributo in tempi brevi;
   in risposta all'interrogazione n. 5-05153 presentata anche dal primo firmatario del presente atto di sindacato ispettivo in Commissione XII, in data 26 marzo 2015, era stato assicurato il sostegno economico di cui si tratta nel più breve tempo possibile. Si trattava, infatti, solo di acquisire un numero congruo di dichiarazioni isee per poter simulare gli oneri connessi alla misura e l'importo del beneficio;
   due mesi appaiono, agli interroganti, un tempo sufficiente per le suddette simulazioni necessarie ad addivenire all'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;
   numerose sono le richieste in merito pervenute agli interroganti proprio perché si tratta di famiglie con isee non superiore a 8.500 euro e, quindi, maggiormente bisognose delle misure di sostegno previste –:
   se e come ritenga opportuno intervenire affinché il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui in premessa sia al più presto adottato. (3-01548)


   GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   già con precedenti atti di sindacato ispettivo (n. 5-03845 del 22 ottobre 2014 e n. 4-04838 del 15 maggio 2014), tuttora privi di risposta, venivano denunciati i conflitti di interesse esistenti all'interno di talune cooperative, nonché l'assurda situazione in cui talune aziende italiane si ritrovano sostanzialmente ostaggio di facchini stranieri appartenenti a cooperative;
   la recente inchiesta sul gas a Ischia è solo la punta dell'iceberg: dall'inchiesta sul passante dell'alta velocità di Firenze, passando per la vicenda del porto di Molfetta, fino allo scandalo che ha portato a quello che secondo gli interroganti è un «commissariamento» del Pd capitolino, negli ultimi anni le cooperative emiliane, orgoglio storico della sinistra, sono state al centro di svariate indagini della magistratura, facendo emergere un sistema corruttivo che influenza le più grandi opere italiane;
   le predette vicende sono ricostruite dettagliatamente da un articolo de Il Fatto Quotidiano del 31 marzo 2015;
   è indubbio che il malaffare, l'illegalità ed una dilagante corruzione caratterizzano il mondo delle cooperative, le quali, peraltro, limitano fortemente il principio della libera concorrenza tra operatori economici, utilizzando manodopera a basso costo e non tutelando i diritti di chi lavora;
   ad esempio, in attività inerenti ai servizi di logistica, dal facchinaggio ai traslochi, è frequente l'emergere di cooperative fittizie o di fenomeni di caporalato; inoltre, le cooperative, godendo di sgravi fiscali ed aliquote contributive ridotte, elargiscono ai propri dipendenti o ai soci lavoratori paghe più basse in deroga ai contratti collettivi di categoria;
   dilaga, inoltre, l'insorgere di cooperative che forniscono servizi di accoglienza e assistenza ai profughi, per la gestione dei campi nomadi o che operano nel settore dell'emergenza immigrati, in un quadro – secondo gli interroganti – di un vero e proprio business dell'immigrazione clandestina (basti pensare al caso di «mafia capitale» ed alle intercettazioni di Carminati e di Buzzi);
   a parere degli interroganti, oggigiorno, le cooperative – ed il sistema di appalti e subappalti in cui le stesse operano – sono in palese contrasto con il principio costituzionale di cui all'articolo 45 della Costituzione –:
   se il Governo non ritenga doveroso intervenire celermente, con ogni iniziativa di competenza, sulla vigente disciplina delle cooperative, al fine di rimediare alle distorsioni di mercato e a quella che agli interroganti appare la concorrenza sleale di fatto operata e garantire l'allineamento retributivo dei dipendenti delle cooperative ai dipendenti di aziende dello stesso settore. (3-01549)


   CHIMIENTI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 31 maggio 2010 viene emanato il decreto-legge n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica»;
   per quanto concerne il pubblico impiego, il suddetto decreto-legge ha determinato il congelamento dei trattamenti economici per tre anni, con la finalità del contenimento delle spese, mediante l'articolo 9, comma 21, in base al quale le retribuzioni del personale interessato sono state escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi, i cosiddetti «scatti» e «classi di stipendio», collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
   la misura in oggetto, che avrebbe dovuto essere temporanea e dettata dall'emergenza finanziaria attraversata dal nostro Paese con la crisi dell'euro, è stata, però, puntualmente riconfermata di anno in anno dai Governi successivi: il Governo Monti e il Governo Letta hanno, infatti, provveduto al congelamento dei salari in applicazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011, che ha previsto di prorogare di un anno, ovvero al 2014, le citate disposizioni restrittive;
   il Governo, mediante il decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 2013, n. 122, ha disposto la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle misure previste dall'articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010;
   il Governo Renzi, dopo aver dichiarato di non disporre dei 4 miliardi di euro necessari per sbloccare gli stipendi nel 2015, ha prorogato per tutto il 2015 il blocco economico della contrattazione nazionale e del contratto collettivo nazionale nel pubblico impiego;
   conseguentemente all'effetto della legge n. 190 del 2014, la legge di stabilità per il 2015, viene estesa fino al 2018 l'efficacia della norma in base alla quale l'indennità di vacanza contrattuale rimanga quella in godimento al 31 dicembre 2013 e viene prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco degli automatismi stipendiali relativo al solo personale non contrattualizzato, ferma restando l'esclusione dal blocco dei magistrati;
   a tutt'oggi le buste paga dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici restano, quindi, ferme al 2010, con una perdita pro capite che è stata quantificata, secondo i calcoli della Cgil, in una somma vicina ai 4 mila euro l'anno, pari al 14,6 percento del salario reale;
   secondo l'Istat, invece, nel biennio 2011-2012 si è registrata una perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni contrattuali del settore pubblico di oltre cinque punti percentuali, mentre per il 2013 le retribuzioni contrattuali hanno subito un'ulteriore riduzione in termini reali, salendo fino ad una media di oltre il 13 per cento negli anni successivi;
   alla perdita pro capite legata al mancato rinnovo dei contratti del pubblico impiego va anche aggiunto l'aumento della pressione tributaria sulle famiglie, due fattori che hanno comportato l'attuale depressione economica e una maggiore caduta del potere di acquisto degli stessi stipendi;
   nel novembre 2014, a seguito della proroga del blocco dei contratti e dei salari da parte del Governo Renzi, i sindacati del pubblico impiego hanno deciso di fare ricorso al tribunale di Roma, affinché sollevasse una questione di legittimità costituzionale sul congelamento degli stipendi; il giudizio è stato rinviato alla Corte costituzionale, che dovrà esprimersi il 23 giugno 2015;
   la questione di illegittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1 e 17, del decreto-legge n. 78 del 2010, nonché dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011, per contrasto con gli articoli 2, 3, 35, 36, 39 e 53 della Costituzione è stata sollevata dal tribunale di Roma, che ha espresso il seguente parere: «la sospensione della possibilità di negoziare anche solo in ordine ad incrementi retributivi, viene a determinare, indirettamente, un'anomala interruzione dell'efficacia delle disposizioni vigenti in materia (...) e, quindi, del valore dell'autonomia negoziale riservata alle parti nell'ambito della contrattazione collettiva, interruzione determinata a causa dell'esclusiva e affatto peculiare posizione dello Stato-datore di lavoro. (...); conseguentemente, l'inibizione prolungata della contrattazione in ordine all'adeguamento dei trattamenti retributivi può sollevare il legittimo dubbio di una conseguente violazione del principio di proporzionalità e sufficienza della retribuzione»;
   come riportato da Il Fatto Quotidiano in data 5 giugno 2015, nel caso in cui il ricorso venisse accolto dalla Corte costituzionale e il blocco dei contratti dei 3,3 milioni di dipendenti pubblici venisse dichiarato illegittimo, la memoria dell'Avvocatura dello Stato, depositata dall'avvocato Vincenzo Rago in data 4 giugno 2015, arriva a parlare di un «onere conseguente alla contrattazione di livello nazionale, per il periodo 2010-2015, relativo a tutto il personale pubblico, non inferiore a 35 miliardi di euro, con un effetto strutturale di circa 13 miliardi di euro, a decorrere dal 2016» –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere per sospendere e/o revocare, a partire dal secondo semestre 2015, il blocco economico della contrattazione nazionale e delle tornate contrattuali del contratto collettivo nazionale dei pubblici dipendenti interessati dal decreto-legge n. 78 del 2010 e successive proroghe e, al contempo, quali iniziative intenda intraprendere, di concerto con le organizzazioni sindacali del pubblico impiego, al fine di attuare il recupero dei trattamenti economici e degli aumenti retributivi dovuti per le tornate contrattuali e non goduti per effetto del blocco di cui in premessa. (3-01550)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MINARDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo accordo per il rinnovo contrattuale tra le parti sociali (FNSI e Fleg) e i rappresentanti del Governo per il rinnovo contrattuale dei giornalisti è stato deciso che il Fondo integrativo ex Fissa gestito dalli INPGI per conto della Federazione nazionale della stampa e della Federazione editori, stante la grave crisi che ha colpito l'editoria, non avrebbe più erogato le prestazioni per intero, ma solo il 20 per cento della somma spettante al singolo beneficiario e la restante parte della prestazione economica suddivisa in rate mensili per 12 anni;
   è da sottolineare come il consiglio di amministrazione dell'INPGI nella seduta del 16 febbraio 2015 abbia deliberato che l'INPGI intervenendo quale esecutore degli accordi contrattuali aveva confermato che gli uffici erano pronti ad erogare 10.000 euro lordi agli aventi diritto entro il mese di marzo 2015. Il 30 marzo 2015 aveva risposto ad una ulteriore nota della Covip fornendo i chiarimenti richiesti e auspicava che la problematica potesse essere risolta;
   a tutt'oggi non si conoscono, al contrario, alcune novità circa l'erogazione delle prestazioni previdenziali ai singoli beneficiari –:
   se sia al corrente della situazione descritta in premessa e quali interventi, per quanto di competenza, si possano attivare per risolvere la questione.
(4-09475)


   BRUGNEROTTO, D'INCÀ, COZZOLINO e PETRAROLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della comunicazione da parte di Ikea, la multinazionale svedese specializzata nella vendita di mobili, di revocare unilateralmente il contratto integrativo aziendale a partire dal primo settembre 2015, i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil hanno dichiarato lo sciopero nazionale nella giornata del 6 giugno 2015; ad essere maggiormente contestato dai lavoratori sarebbe il taglio delle maggiorazioni per il lavoro domenicale;
   si legge nel sito IKEA che la visione strategica è «creare una vita quotidiana migliore per la maggioranza delle persone»; è parere degli interroganti che la filosofia di IKEA sia un'altra: si «occupano» territori spesso a rischio idrogeologico e si consuma suolo, mettendo in difficoltà il comparto del mobile locale e l'indotto. Secondo gli interroganti si sfruttano al massimo i dipendenti obbligandoli al part time e al lavoro domenicale e poi, a distanza di qualche anno, si aprono nuovi centri, che entrano in concorrenza con i precedenti, e allora iniziano i tagli ai posti di lavoro e ai diritti dei lavoratori, tra cui il riconoscimento della maggiorazione domenicale attuando una vera e propria cannibalizzazione;
   la sede Ikea di Padova-San Lazzaro quando fu aperta nel 2005 contava 450 dipendenti, oggi calati a 370. Motivo di questo calo, anche a detta della stampa locale, sarebbe stata l'apertura del nuovo punto vendita a Villesse, in provincia di Gorizia, proprio all'uscita del casello dell'autostrada per Monfalcone-Trieste, facendo perdere a Padova i clienti del Friuli Venezia-Giulia e delle vicine Slovenia e Croazia;
   la nuova apertura di un punto vendite prevista nel veronese in zona Marangona, a due passi dal casello autostradale di Verona Nord, sembra confermare il modus operandi dell'azienda –:
   quali urgenti iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, onde evitare che vengano messi in atto i tagli di personale e la diminuzione dei diritti dei lavoratori;
   se intenda, in concerto con la società e le organizzazioni sindacali, aprire un tavolo di trattativa per favorire l'elaborazione di un piano industriale che coinvolga tutti i punti vendita italiani appartenenti ad IKEA. (4-09478)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZACCAGNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 giugno, 2015, l'agenzia stampa Ansa riportava la seguente notizia, dal titolo «Italia rischia perdere 389 mln aiuti Ue per l'agricoltura» nella quale si descriveva come: «L'Italia rischia di perdere circa 389 milioni di aiuti comunitari. La Commissione europea propone infatti una "rettifica finanziaria", cioè una perdita di risorse (da compensare sul periodo 2014-2010) di 388.743.938 di euro, per 11 anni di «gravi carenze» contestate all'Agea, l'agenzia che gestisce gli aiuti comunitari all'agricoltura (circa 7 miliardi annui) [...] Tutto parte con un'indagine di Guardia di finanza e Ufficio antifrode europeo (Olaf) sul sistema informatico agricolo nazionale (Sian), utilizzato per gestire tutte le operazioni relative alla politica agricola comunitaria in Italia. È con questi accertamenti che si arriva alla scoperta di un registro parallelo. Una sorta di «limbo» che in Agea era conosciuto e gestito da pochi. È qui che si iscriveva la contabilità debitoria di posizioni irregolari o fraudolente legate all'uso dei fondi Ue. Una pratica andata avanti dal 1999 al 2013, fino a quando Fiamme gialle e Olaf hanno deciso di vederci chiaro. Di fatto, le situazioni opache, invece di essere approfondite e risolte col recupero del denaro da Agea negli anni, sono state ammucchiate in un angolo nascosto del Sian, lasciando che finissero in prescrizione. Questo significa che quando l'Italia sarà chiamata dalla Commissione europea a rispondere delle somme in sede definitiva (la cifra sarà compensata con i nuovi aiuti Ue 2014-2020), Roma potrebbe non avere posizioni su cui rivalersi per limitare il danno economico. Sulla vicenda ha condotto un'inchiesta anche la procura di Roma e i responsabili dell'Ufficio monocratico e organismo pagatore di Agea che si sono susseguiti a partire dal 2008, Paolo Gulinelli, Alberto Migliorini e Concetta Loconte (quest'ultima tuttora in carica) rischiano il rinvio a giudizio per abuso d'ufficio e falso in atto pubblico. I tre indagati non avrebbero controllato l'esatta contabilizzazione dei pagamenti eseguiti e avrebbero trasmesso all'Ue dichiarazioni relative ai conti annuali degli organismi pagatori omettendo di informare la Commissione «del numero effettivo e della reale entità delle posizioni debitorie conseguenti alle erogazioni indebitamente erogate»;
   in data 11 giugno 2015 il sito online AgroNotizie riportava il seguente articolo a firma di Alessio Pisanò, dal titolo: «Pac, l'Italia rischia di perdere quasi 400 milioni per "sospette frodi"» nel quale si descriveva come: «L'Unione europea ha avviato un'indagine su oltre un decennio di irregolarità. Sotto accusa il sistema informatico agricolo nazionale (Sian)[...] La rettifica finanziaria. In una lettera della direttrice della direzione generale Agri Christina Borchmann dell'aprile 2015 si legge: "Date le preoccupazioni sollevate dall'audit, la dg Agri intende proporre una rettifica finanziaria relativa a tutti i debiti non recuperati anteriormente al 2010. L'importo massimo della correzione ammonta a 388.743.938 milioni, di cui 388.728.816 finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga) e 15.121 dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (Feasr)". Nella lettera si fa anche presente che per il momento non sono stati presi in considerazione i 152 milioni di euro delle cosiddette "banche dati non gestite", vale a dire un altro ambiente del Sian di cui i conti non quadrano e le cifre iscritte, nonostante riportino la dicitura "nazionale", sono in parte comunitarie. Le prime irregolarità riscontrate già nel 2009. L'Olaf parla di irregolarità per 17 milioni di euro già nel 2009 all'interno del cosiddetto schema "set-aside" (in inglese, letteralmente, mettere da parte) un regime agronomico adottato nell'ambito della politica agricola comune nel 1988 e in vigore fino al 1998 e che prevedeva la possibilità per i proprietari di terreni non coltivati di ricevere alcuni finanziamenti. In questo contesto erano state riscontrate documentazioni false e manipolazioni dell'intero sistema con pagamenti non dovuti fino a 100 mila euro a beneficiario fino al 2006. L'ultimo precedente: utilizzo di fondi Pac in Sicilia. L'ultima indagine condotta dall'Olaf e riguardante l'Italia risale al giugno 2013 sull'utilizzo di alcuni fondi Ue in Sicilia, con 28 milioni di euro recuperato e 47 persone indagate. Italia seconda in Europa per sospette frodi ai fondi Ue. Secondo il rapporto 2014 dell'Ufficio anti frodi Ue, l'Italia con 61 inchieste nazionali aperte è seconda in Europa per sospette frodi ai fondi europei nel periodo 2007-2014. In tutto sono 61 i casi, alle quali si aggiungono sette indagini condotte direttamente dall'Olaf nel corso del 2014 e riguardanti l'utilizzo di fondi comunitari da parte delle amministrazioni nazionali o regionali italiane. È quanto emerge dal rapporto 2014 dell'ufficio europeo che ha come obiettivo il contrasto delle frodi, la corruzione e di qualsiasi attività illecita lesiva degli interessi finanziari dell'Ue. Tuttavia Giovanni Kessler, direttore italiano dell'Olaf sostiene che "l'Italia è un Paese che ha questo tipo di reati ma dove, in confronto ad altri Paesi, c’è una buona reazione nello scoprire le frodi e reagire alle truffe sui fondi europei» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati e quali azioni intendano intraprendere, se in base a quanto è emerso e reso noto dagli organi di stampa, così come in premessa, quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati nei confronti dell'AGEA affinché si attivino nuove e diverse procedure a tutela della legalità e dell'efficacia dell'azione amministrativa;
   se non ritengano doveroso assumere iniziative per una revisione integrale e una riorganizzazione degli enti vigilati, tutelando altresì i posti di lavoro e le professionalità e competenze acquisite;
   se non ritengano opportuno e risolutivo nel medio lungo periodo investire nella formazione e nell'aggiornamento obbligatorio di nuovo personale e del personale attualmente incaricato di gestire l'erogazione dei fondi comunitari in agricoltura attraverso i bandi o altre formule e se non ritengano necessaria la previsione di dedicare risorse umane esclusivamente alla strutturazione delle progettualità emergenti dai territori volte a partecipare a bandi per l'accesso ai fondi comunitari con l'obiettivo di raggiungere la capacità di impiegare tutte le risorse comunitarie disponibili fino ad effettivo esaurimento;
   se e quali iniziative immediate i Ministri interrogati intendano assumere per ripristinare i tempi e i modi di gestione dell’iter voluti dalla legge al fine di dare certezza agli agricoltori sulla erogazione, nei tempi, delle somme dovute;
   se ritengano di chiarire, relativamente al portale Sian.it, quante e quali siano state le attività svolte fino ad oggi e quelle attualmente in corso e/o previste per il futuro;
   se non ritengano di dover tutelare il comparto agricolo, ingiustamente penalizzato da una illecita gestione, qualora venissero realmente persi 389 milioni di aiuti Ue per l'agricoltura, con azioni ed iniziative atte ad elargire comunque la somma contestata dalla Commissione europea. (5-05811)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, MANTERO, DE LORENZIS, BRESCIA, D'AMBROSIO, SCAGLIUSI e L'ABBATE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'ospedale di Putignano «S. Maria degli Angeli» ha competenza su un comprensorio di cui fanno parte i comuni di Noci, Alberbello, Turi, Locorotondo, Conversano, Gioia del Colle, servendo un'utenza di 180 mila cittadini. Nel corso degli anni 2012-2015 il presidio ospedaliero ha subito una notevole riduzione del personale e dei posti letto (da iniziali 170, a 130 circa, secondo le ultime previsioni);
   nel luglio del 2013 l'associazione CittadinanzaAttiva di Putignano (Bari) segnalò alle autorità regionali pugliesi il progressivo depotenziamento dell'ospedale di Putignano «S. Maria degli Angeli» e denunciava il sotto utilizzo di un'altra struttura, quella dell'ex ospedale San Michele (localizzata tra il Comune di Noci e quello di Putignano), dotata di un grande stabile e di una superficie di verde di venti ettari di terreno di contorno;
   nell'ottobre del 2014 nel comune di Putignano (Bari) si svolgeva un consiglio comunale monotematico sul destino del presidio ospedaliero «S. Maria degli Angeli» contro il rischio di un suo impoverimento e di una paventata chiusura; alcuni cittadini e qualche esponente politico sostennero la necessità di una riqualificazione del presidio ospedaliero «S. Maria degli Angeli» in un Centro di alta specializzazione chirurgica;
   il 17 maggio del 2015 il quotidiano one line Putignano informatissimo riportava la notizia dello svolgimento di un'iniziativa pubblica sul tema «sanità in Puglia» che vedeva la partecipazione, oltre della sottoscritta, quella del sindaco del Comune di Putignano, Domenico Giannandrea e del direttore generale asl Bari, Vito Montanaro, quest'ultimo intervenuto nella discussione in collegamento telefonico. Il dibattito è stato incentrato sul processo di depauperamento dell'ospedale di Santa Maria degli Angeli. Il presidio ospedaliero di Putignano, negli ultimi cinque anni, ha visto aumentare i carichi di lavoro e, allo stesso tempo, ha subito:
    la perdita di posti letto, che attualmente risulta essere al 2,8 posti/mille abitanti;
    lo spostamento di reparti verso altri presidi ospedalieri:
    la cancellazione di primari e di personale dalla pianta organica;
    il conseguente e progressivo deterioramento delle attrezzature mediche in dotazione;
   nel corso del dibattito pubblico, Vito Montanaro, direttore generale dell'ASL di Bari, ha sostenuto che gli ospedali di Putignano e di Monopoli sarebbero stati chiusi appena fosse stato realizzato il nuovo ospedale di Monopoli-Fasano;
   il quotidiano on-line Putignano informatissimo, nell'articolo dedicato all'evento, scrive: «il Sud Est barese è un territorio vasto che conta 316.600 abitanti. Il nuovo ospedale di Monopoli-Fasano è molto distante dai Comuni di Putignano e di Noci»;
   la delibera dell'Azienda Sanitaria Locale della provincia di Bari, n. 2288 del 1o dicembre 2014, con oggetto: «Benessere e salute. Indirizzi per la progettazione dell'ospedale Monopoli-Fasano», ha previsto un impiego di spesa di 80.000.000 euro per la creazione di circa trecento posti letto nel nuovo ospedale;
   in base alla delibera della Regione Puglia n. 427 dell'11 marzo 2015, dall'oggetto «Criteri di riordino della rete ospedaliera 2015-2016 (...)», all'articolo 11, «Programmazione relativa alla costruzione dei nuovi ospedali», si stabilisce la realizzazione di quattro nuovi presidi ospedalieri tra cui il «nuovo ospedale del sudest barese, tra Monopoli e Fasano»;
   l'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 135, prevede che il rapporto posti-letto/abitante sia di 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi dei 0,7 posti letto per mille abitanti attribuiti alla riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie;
   se la costruzione di nuovi ospedali e la chiusura di presidi ospedalieri, già esistenti all'interno di identiche aree geografiche nel caso di specie le abbia formato oggetto di valutazione nell'ambito del monitoraggio delle politiche di programmazione sanitaria posto che agli interroganti appare in contrasto con i principi di economicità della spesa nella pubblica amministrazione;
   quale sia la percentuale di spesa sanitaria nel nostro Paese utilizzata per interventi di edilizia sanitaria e, in particolare, nella costruzione di nuove strutture sanitarie, anche in presenza negli stessi territori di precedenti strutture ospedaliere;
   se la spesa per il nuovo ospedale di Monopoli-Fasano, quantificata in 80.000.000 di euro, sia compatibile con il piano di rientro finalizzato a ristabilire l'equilibrio economico-finanziario dei conti dei servizi sanitari regionali, sottoscritto dalla regione Puglia;
   se il Ministro interrogato, nell'opera di affrancamento alla regione Puglia, per l'attuazione del piano di rientro finalizzato a ristabilire l'equilibrio economico-finanziario dei conti dei servizi sanitari regionali, abbia valutato appieno la spesa per la realizzazione del nuovo ospedale Monopoli-Fasano;
   se gli standard riguardanti il rapporto posti letto/mille abitanti previsti per il nuovo ospedale Monopoli-Fasano rispettino quanto previsto dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. (5-05807)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   un'inchiesta della Guardia di finanza durata quattro anni, investigando sui capitali accumulati dalla comunità cinese in Italia, avrebbe scoperto che un totale di ben 4,5 miliardi di euro, frutto per lo più di attività come contraffazione, prostituzione, sfruttamento del lavoro ed evasione fiscale, sarebbe stato inviato in Cina con un servizio di money transfer, evitando il pagamento di qualunque imposta, secondo quanto rivelato dall'agenzia americana Associated Press, e riportato da fonti di stampa;
   secondo la documentazione degli investigatori, quasi la metà della somma sarebbe arrivata in Cina passando per uno dei più grandi istituti finanziari del Paese, la Bank of China, la quale avrebbe incassato in questo modo l'equivalente di 758 mila euro in commissioni sui trasferimenti;
   Associated Press farebbe risalire parte del denaro «scomparso» dalle tasse italiane a una società a controllo statale, la Wenzhou cereals oils and foodstuffs foreign trade corporation, già finita sotto accusa in passato per la svendita di prodotti contraffatti negli Stati Uniti;
   il coordinatore delle indagini, Pietro Suchan, già sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze, avrebbe dichiarato ad Associated Press che fin qui sarebbe emerso solo «il 50 per cento della verità» perché non sarebbe stato possibile stringere un contatto con le autorità giudiziarie cinesi; anche altre fonti, sempre citate dall'agenzia americana, sostengono che «Pechino non sta collaborando» con gli investigatori –:
   se il Governo sia informato dei fatti esposti in premessa e come intenda intervenire, per quanto di competenza, per interrompere il perpetrarsi di questa massiccia evasione fiscale da parte di cinesi presenti sul territorio italiano, che si traduce in una grave perdita economica per il nostro Paese, ancor più grave in un momento di crisi come quello che l'Italia si trova ad attraversare;
   se il Governo non intenda comunicare a quanto ammonterebbe la perdita economica per il nostro Paese a fine 2014, secondo le stime più aggiornate a sua disposizione, causata dell'evasione fiscale dei capitali accumulati dalla comunità cinese in Italia;
   se il Governo non consideri necessario intervenire per cercare di aprire un dialogo più proficuo con le autorità cinesi competenti, al fine di ricevere collaborazione nelle indagini ma anche di ottenere un eventuale rimborso delle risorse sottratte al fisco italiano;
   se il Governo non intenda, altresì, attivarsi per interrompere quelli che sono stati individuati essere traffici illeciti, legati a pratiche di contraffazione di marchi, prostituzione, sfruttamento del lavoro, anche promuovendo una efficace campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica sugli effetti negativi della contraffazione, visto che il punto di forza di questo fenomeno è, naturalmente, la domanda dei beni prodotti, e, a questo proposito, se il Governo non intenda chiarire a che punto sarebbero le azioni rivolte al pubblico, progettate e avviate dalla Guardia di finanza, con il coinvolgimento dei principali soggetti (pubblici e privati) interessati al fenomeno (Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, associazioni dei consumatori e delle imprese, Unione delle camere di commercio, e altri) come riportato sul sito del Ministero della giustizia.
(2-01010) «Sorial, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, D'Incà».

Interrogazioni a risposta immediata:


   DURANTI, FERRARA, SCOTTO, FRATOIANNI, PALAZZOTTO, PANNARALE e SANNICANDRO. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come noto, in data 5 giugno 2015 si è tenuto a Taranto, presso il palazzo di città, un incontro fra il sindaco, le organizzazioni sindacali ed i parlamentari jonici, per la definizione di un percorso comune volto a fronteggiare la vertenza dell'azienda Teleperformance, alla luce della scadenza dell'accordo sindacale del 2013;
   l'azienda, che impiega oltre 2.000 persone e rappresenta la seconda realtà occupazionale dopo l’Ilva, in data 9 giugno 2015 ha convocato le organizzazioni sindacali ed ha aperto la procedura di trasferimento e societarizzazione, dopo aver tentato la via del demansionamento e della riduzione di un terzo del monte ore lavorativo;
   all'indomani dell'incontro con i sindacati, Gabriele Piva, amministratore delegato di Teleperformance (2.400 addetti a Taranto, 300 a Roma e 400 a Parco San Leonardo-Fiumicino), rilancia le richieste della multinazionale. Che possono dividersi in tre punti: creazione di una nuova società solo per Parco San Leonardo, mentre Roma e Taranto restano con l'assetto attuale; apertura alla flessibilità e riduzione del tempo indeterminato; riduzione dell'orario di lavoro settimanale da 33 a 20 ore con turni di quattro ore anziché sei, oppure di otto, se necessario per le richieste del committente, ma divise in due tranche;
   successivamente, i sindacati di categoria, con una conferenza stampa a Taranto, rispondono «disponibili a trattare con l'azienda ma nel solco del contratto nazionale – come da dichiarazioni di Andrea Lumino, segretario Slc Cgil Taranto -. Questo significa che non c’è spazio per i turni di 4 ore, né di tornare all'accordo del 2013 che ha ridotto lo stipendio dei lavoratori. Anzi, dobbiamo tornare alle condizioni pre 2013 (...)». In ogni caso, dicono i sindacati, «con Teleperformance non si apre alcuna trattativa se l'azienda non ritira ogni discorso sulla modifica della struttura societaria. Per noi è una pregiudiziale»;
   la crisi di Teleperformance è intanto l'emblema delle più vaste difficoltà dei call center dove, denuncia Michele Azzola, segretario generale Slc Cgil, ci sono 20 mila posti a rischio. Per Azzola, «Governo e maggioranza non sono stati in grado di dare risposte, limitandosi a nascondersi dietro la convocazione di un tavolo di crisi specifico». Tavolo che «da mesi non viene più convocato e dal quale sindacati e aziende dei call center continuano a lanciare grida di aiuto». E intanto il Ministero dello sviluppo economico ha convocato un incontro per il call center People care di Livorno. In bilico in questo caso 350 lavoratori;
   si ritiene inaccettabile il comportamento della dirigenza francese, sia dal punto di vista della gestione aziendale che per quanto riguarda le intenzioni poste in essere lesive dei diritti dei lavoratori, anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 24-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134;
   le criticità che insistono sulla provincia jonica, sia dal punto di vista sociale che da quello occupazionale, non consentono il rischio della perdita di anche solo un altro posto di lavoro ed impongono una soluzione immediata e definitiva della vertenza in oggetto –:
   se non ritenga urgente convocare un tavolo interministeriale nazionale che, di concerto con tutte le parti interessate, affronti in modo costruttivo e risolutivo la vertenza della società Teleperformance, con l'auspicio che il Governo si adoperi al più presto per ridefinire in maniera chiara la giungla normativa in cui è consentito muoversi alle aziende di call center e che riveda la disciplina del massimo ribasso nelle gare d'appalto. (3-01546)


   TARANTO, BENAMATI, ARLOTTI, BARGERO, BASSO, BINI, CANI, DONATI, FOLINO, GALPERTI, GINEFRA, IMPEGNO, LACQUANITI, MARTELLA, MONTRONI, PELUFFO, PORTAS, SCUVERA, SENALDI, TIDEI, VICO e CINZIA MARIA FONTANA. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Governo si appresta ad attuare una serie di azioni di sostegno all'innovazione del sistema industriale italiano finalizzate a rilanciare la produttività e colmare il gap tecnologico con i concorrenti europei;
   a partire dal 25 e dal 30 giugno 2015, sarà possibile presentare sia le domande per il bando «Agenda digitale», volto a sostenere progetti in grado di esercitare un significativo impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e dell'economia del Paese, attraverso la creazione di un mercato digitale unico, sia per il bando «Industria sostenibile», per progetti finalizzati a perseguire un obiettivo di crescita sostenibile e promuovere un'economia efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva; per gli interventi sono stati stanziati, a valere sul fondo per la crescita sostenibile, complessivamente 400 milioni di euro;
   a partire dal 1o luglio 2015 e fino al 25 settembre 2015, partiranno le domande di agevolazione per lo sviluppo dell'artigianato digitale e della manifattura sostenibile; l'intervento per il quale sono stati stanziati oltre 9 milioni di euro è finalizzato a sostenere programmi innovativi, localizzati sull'intero territorio nazionale e realizzati da reti di imprese, per la diffusione, la condivisione e lo sviluppo produttivo delle tecnologie di fabbricazione digitale;
   sembrerebbe imminente la pubblicazione del decreto attuativo sul credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo introdotto dalla legge di stabilità per il 2015 a favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in università o enti pubblici di ricerca o che assumono ricercatori o profili altamente qualificati;
   un sintetico rapporto denominato «Industria 4.0», stilato dalla società di consulenza Roland Berger strategy consultants gmbh, sta riportando l'attenzione dei Governi europei sul tema, per far comprendere opportunità e rischi connessi alla rivoluzione digitale in corso;
   secondo lo studio, l'Europa dovrebbe porsi l'obiettivo di tornare a rappresentare il 20 per cento di valore aggiunto nel settore manifatturiero, rispetto al 15 per cento attuale, attraverso investimenti pari a circa 1.300 miliardi di euro nei prossimi 15 anni – in media 90 miliardi di euro all'anno – che potrebbero portare ad un aumento occupazionale di circa il 6 per cento nei prossimi dieci anni;
   per rafforzare l'azione intrapresa dal Governo, anche secondo il modello prospettato da «Industria 4.0», è necessario un processo di digitalizzazione capace di coinvolgere l'intera filiera industriale –:
   quali siano, al riguardo, le valutazioni del Ministro interrogato e quali iniziative intenda intraprendere al fine di rafforzare le forme di cooperazione tra pubblico e privato nell'ambito della definizione dei piani operativi dei fondi strutturali per il 2014-2020. (3-01547)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo un articolo di stampa pubblicato in data 11 giugno 2015 l'Agenzia Capitolina sulle tossicodipendenze, attraverso un sistema di «affidamenti diretti, cooperative rosse e milioni di euro affidati in maniera poco chiara» avrebbe «riprodotto in piccolo l'affare Mafia Capitale»;
   stando al medesimo articolo «dalla sua creazione, i servizi forniti dall'Agenzia sulle tossicodipendenze sono stati gestiti nella stessa maniera con cui Buzzi teneva in scacco i lavori delle cooperative sociali romane sparsi per la capitale. I soldi venivano stanziati e affidati a organismi senza regolari procedure: addirittura dal 2000 al 2009 l'assetto dei servizi comunali messi a gara e gli affidamenti venivano rinnovati anno dopo anno e non “bando dopo bando”. Dal 1998, anno della sua istituzione, per 11 anni l'operato dell'Agenzia si è svolto in assenza delle linee guida che sarebbero dovute essere fornite dal Consiglio Comunale, contravvenendo a quanto sancito dal “Regolamento di Organizzazione e Funzionamento dell'Istituzione”»;
   come per la gestione dei servizi per l'accoglienza, sempre stando a quanto pubblicato, anche con riferimento alla gestione dei fondi per la lotta alle tossicodipendenze e delle relative strutture, alcune cooperative avrebbero goduto di affidamenti diretti e proroghe, ricevendo importi di centinaia di milioni di euro senza partecipare ad alcun bando di gara;
   il Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, istituito dall'articolo 127 del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 9 ottobre 1990, n. 309, è ripartito annualmente tra le regioni affinché queste provvedano al finanziamento dei progetti finalizzati alla prevenzione e al recupero dalle tossicodipendenze e dalla dipendenza dall'alcol –:
   se siano state effettuate verifiche, da parte del Ministro interrogato, sulle cooperative coinvolte nei fatti descritti in premessa. (4-09480)


   TENTORI, FRAGOMELI, BORGHI, FAMIGLIETTI, BOSSA, NARDUOLO, CARRA, LODOLINI, INCERTI, CARROZZA, ALBINI, CENNI, GADDA, GNECCHI, MARCO DI MAIO, DELL'ARINGA, RIGONI, ROMANINI, IORI, FOSSATI, LENZI, GALPERTI, CAPONE, TARICCO, ARLOTTI, FABBRI, DE MENECH, IACONO, ROTTA, MORETTO, CENSORE, PREZIOSI, CIMBRO e NARDI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane spa è una società a capitale interamente pubblico che gestisce i servizi postali in una condizione di sostanziale monopolio e che garantisce l'espletamento del servizio universale sulla base di un contratto di programma siglato con lo Stato, in cui la società si impegna a raggiungere determinati obiettivi di qualità, tra cui quelli concernenti l'adeguatezza degli orari di apertura degli sportelli rispetto alle prestazioni richieste;
   Poste italiane spa riceve significativi contributi da parte dello Stato nell'ambito della legge di stabilità per consentire agli uffici postali periferici di garantire l'erogazione dei servizi postali essenziali;
   il piano di riorganizzazione previsto dall'azienda come dichiarato dall'AD Caio in audizione in Parlamento dovrebbe diventare effettivo dal 13 aprile 2015 nell'ambito dell'avviato processo di privatizzazione, e prevede a livello nazionale la chiusura di 455 uffici postali e la riduzione degli orari di apertura in 608 uffici;
   i servizi postali, in particolare per le famiglie e le imprese, sono fondamentali nello svolgimento di moltissime attività quotidiane, come il pagamento delle utenze, il ritiro del denaro contante da parte dei titolari di conto corrente postale e l'invio di comunicazioni soggette al rispetto perentorio di scadenze, soprattutto quelle di carattere legale;
   questa razionalizzazione rischia di tradursi in gravi disservizi soprattutto per i residenti anziani, che si troveranno a non poter usufruire di servizi essenziali quali il pagamento delle bollette o la riscossione della pensione, con la conseguenza di essere costretti a fare lunghe file nei giorni di apertura, ritardare le operazioni o affrontare frequenti e difficili spostamenti, su territori particolarmente disagiati;
   il suddetto piano di riorganizzazione previsto dall'azienda dispone per la provincia di Lecco la chiusura degli uffici postali delle frazioni di Maresso nel comune di Missaglia, di Rossino nel comune di Calolziocorte, di Sala al Barro nel comune di Galbiate, di Beverate nel comune di Brivio, nonché la chiusura di due dei nove uffici della città di Lecco (ad Acquate e a San Giovanni) e di un ufficio nel comune di Verderio. Altri interventi riguarderanno poi la riduzione degli orari di apertura al pubblico degli uffici siti nei comuni di Carenno, Colle Brianza, Ello, Margno, Monte Marenzo, Pagnona, Primaluna, Santa Maria Hoè e Taceno;
   in data 22 gennaio 2014 il Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni rispondendo a specifica missiva del Presidente dell'intergruppo parlamentare per lo sviluppo della montagna ha ricordato che con apposita delibera l'Autorità ha «ritenuto opportuno inserire (...) specifici divieti di chiusura di quegli uffici che servono gli utenti che abitano nelle zone remote del Paese (...) ritenendo prevalente l'esigenza di garantire la fruizione del servizio nelle zone disagiate anche a fronte di volumi di traffico molto bassi e di alti costi di esercizio»;
   la delibera dell'AGCOM n. 342/14/Cons del 26 giugno 2014 ha integrato i criteri elencati nell'articolo 2 del decreto ministeriale 7 ottobre 2008, prescrivendo all'articolo 2 relativo ai comuni rurali e montani, il divieto di chiusura di uffici postali situati in comuni rurali (quelli con densità abitativa inferiore a 150 abitanti per chilometro quadrato) che rientrano anche nella categoria dei comuni montani (quelli contrassegnati come totalmente montani), ed escludendo dal citato divieto soltanto i comuni in cui siano presenti più di due uffici postali e il rapporto abitanti per ufficio postale sia inferiore a 800;
   la delibera AGCOM obbliga altresì Poste italiane ad avviare con congruo anticipo con le istituzioni locali delle misure di razionalizzazione per avviare un confronto sulle possibilità di limitare i disagi per le popolazioni interessate individuando soluzioni alternative più rispondenti allo specifico contesto territoriale;
   il Ministero dello sviluppo economico in data 12 febbraio 2015 a margine dell'incontro tenutosi tra il sottosegretario alle comunicazioni Antonello Giacomelli, l'amministratore delegato di Poste italiane Francesco Caio e il presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni Angelo Cardani aveva dichiarato che regioni e comuni sarebbero stati coinvolti nel piano di chiusura degli uffici postali e che Poste italiane avrebbe coinvolto regioni ed enti locali per spiegare come servizi innovativi avrebbero assicurato la tutela del servizio universale per i cittadini;
   il Consiglio di Stato, con la sentenza 1262/2015 depositata 1'11 marzo 2015, ha ritenuto fondato il ricorso del comune Torre Orsaia contro Poste italiane stabilendo che l'azienda deve garantire un adeguato numero di punti di accesso al servizio su tutto il territorio nazionale comprese le zone montane e rurali. Tale numero, secondo quanto previsto dall'articolo 3 del decreto legislativo 261 del 22 luglio 1999, deve essere basato su precisi criteri. L'articolo stabilisce che il fornitore del servizio postale universale debba assicurare un punto di accesso entro la distanza minima di tre chilometri dal luogo di residenza per il 75 per cento della popolazione, un punto di accesso entro la distanza massima di cinque chilometri dal luogo di residenza per il 92,5 per cento, della popolazione e un punto di accesso entro la distanza massima di sei chilometri dal luogo di residenza per il 97,5 per cento della popolazione;
   nonostante questi pronunciamenti, in data 13 marzo 2015 perveniva presso gli uffici dell'amministrazione provinciale di Lecco la comunicazione della direzione provinciale delle poste di Lecco che «declinava l'invito» del presidente della provincia a partecipare all'incontro che era stato convocato per lunedì 16 marzo, proprio per avviare un confronto con le amministrazioni locali interessate dal piano di razionalizzazione della società, che avrebbe visto la presenza anche delle istituzioni del territorio;
   obiettivo dell'incontro era quello di confrontarsi costruttivamente con la suddetta direzione per cercare di individuare — anche solo in alcuni contesti — delle soluzioni che potessero contenere i disagi per l'utenza, ma la mancanza dell'interlocutore ha fatto venir meno lo scopo dell'incontro, che è stato dunque annullato;
   a parere degli interroganti evitando l'incontro con gli amministratori locali attraverso una formale telefonata, Poste italiane ha dimostrato assenza di attenzione nei confronti del territorio e dei suoi rappresentanti istituzionali, sottraendosi al confronto su un tema così delicato e di vitale interesse, che ha conseguenze rilevanti sui territori interessati –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, che sembra confermare la decisione unilaterale di Poste italiane senza alcun confronto con il territorio, e se intenda intervenire perché si possa aprire una concertazione tra la direzione di Poste italiane spa e le amministrazioni locali, garantendo il rispetto dei disposti stabiliti dall'Autorità per il garante delle comunicazioni;
   se non ritenga altresì appurare che Poste italiane, in vista di questa riorganizzazione aziendale, si sia attivata nel comunicare le proprie determinazioni ai cittadini interessati. (4-09486)

Apposizione di una firma ad una mozione e modifica dell'ordine dei firmatari.

  La mozione Dambruoso, Cicchitto, Fiano e Mazziotti Di Celso n. 1-00771, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gigli e contestualmente, con il consenso degli altri sottoscrittori, l'ordine delle firme deve intendersi così modificato: «Dambruoso, Fiano, Cicchitto, Gigli e Mazziotti Di Celso».

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Nicchi n. 4-09379, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Marcon, Zaccagnini, Melilla, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zaratti.

  L'interrogazione a risposta orale Amoddio e altri n. 3-01534, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Braga, D'Incecco, Quartapelle Procopio, Locatelli.

  L'interrogazione a risposta scritta Bruno Bossio e altri n. 4-09469, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 giugno 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Albanella.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Scotto n. 2-00999, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 437 dell'8 giugno 2015.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   da notizie di stampa si apprende che – a parere degli interpellanti sostanzialmente a dispetto delle prerogative del Parlamento e della normativa vigente – con riferimento al disegno di legge attualmente in discussione al Senato sulla cosiddetta «buona scuola», il Governo si comporta come se il medesimo fosse stato già approvato definitivamente nel testo della Camera, tanto da metterne immediatamente in pratica le disposizioni;
   si tratta di un disegno di legge presentato dopo che era stato ipotizzato un decreto-legge sulla stessa materia che il Governo, nel marzo 2015, ha all'ultimo momento deciso di non presentare, in aperta contraddizione con le più recenti dichiarazioni del Presidente del Consiglio che a Genova ha affermato di voler utilizzare più tempo nella discussione parlamentare: «ci metteremo una settimana in più..., purché si arrivi ad una riforma con il massimo coinvolgimento». Invece il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sembra aver fretta, fretta sempre cattiva consigliera nell'attuazione di una nuova normativa talmente complessa da essere, a parere degli interpellanti, comunque di difficile attuazione;
   si apprende infatti che, dopo una riunione in viale Trastevere con i direttori degli uffici scolastici regionali, siano state predisposte le circolari per chiedere ai dirigenti scolastici di individuare quali e quanti docenti servirebbero per il cosiddetto «organico potenziato dell'autonomia» di ogni singola istituzione scolastica, così come definito dall'articolo 2 del disegno di legge n. 1934, attualmente all'esame della 7a Commissione istruzione del Senato;
   ai dirigenti scolastici verrebbe richiesto: «Nelle more della conclusione dell'iter parlamentare di approvazione del disegno di legge si invita codesta dirigenza scolastica ad individuare le aree omogenee di attività e i relativi fabbisogni di personale secondo l'allegata scheda, avendo cura di specificare, per ciascuna area, le classi di concorso di riferimento», con buona pace delle competenze, pur ancora previste dal disegno di legge in discussione, sia del collegio docenti che del consiglio di istituto;
   ma è proprio sulla questione dei cosiddetti «ambiti territoriali» e della «individuazione» fatta dai dirigenti scolastici che potrebbero arrivare modifiche e novità dalla discussione in Senato al disegno di legge e, quindi, ad avviso degli interpellanti la richiesta fatta dagli uffici scolastici regionali, oltre ad essere in anticipo e illegittima rischia di essere superata proprio «dall’iter parlamentare di approvazione»;
   inoltre, sempre in materia di organici, si apprende che il 10 giugno 2015 le organizzazioni sindacali rappresentative della scuola hanno inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una nota di protesta perché lo stesso ha emanato una nota, la n. 1947 dell'8 giugno 2015, indirizzata agli uffici scolastici periferici e a tutte le scuole relativa all'organico del personale ATA per il prossimo anno scolastico 2015/2016. Nella suddetta circolare, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ancora una volta, «anticipa» e mette in pratica i nuovi e peggiorativi parametri di calcolo secondo gli ulteriori tagli introdotti dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) di oltre 2.000 unità di personale ATA senza aver prima convocato il tavolo di confronto per la prevista informativa sindacale. L'incontro si è tenuto, dopo la protesta, soltanto successivamente in data 11 giugno 2015 e a seguito della diffida dei sindacati nella quale si richiedeva immediatamente quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, del CCNL vigente del comparto scuola, ossia «nel termine di due giorni lavorativi dal ricevimento dell'informazione, l'attivazione di un tavolo di concertazione. Questo sarà aperto dall'Amministrazione nel termine di cinque giorni lavorativi successivi alla ricezione della richiesta di concertazione, e dovrà in ogni caso chiudersi nel termine perentorio di sette giorni lavorativi dall'apertura»;
   senza voler entrare nel merito delle successive relazioni e degli incontri in fieri tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e organizzazioni sindacali, che hanno comunque ribadito il giusto e netto dissenso per gli ulteriori tagli e riduzioni della dotazione organica già dimostratasi insufficiente a garantire il regolare funzionamento delle istituzioni scolastiche, ad avviso degli interpellanti anche questo comportamento appare come un fatto molto grave dal momento che ancora una volta il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca disattende norme e comportamenti definiti dalla normativa vigente;
   inoltre, anche presso le scuole la cosiddetta Buona Scuola è data come già approvata e al di là di ogni opinione e condotta contraria delle lavoratrici e dei lavoratori, si ritiene egualmente «superata» ogni normativa vigente. È il caso della legge 12 giugno 1990, n. 146 – Norme sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati. Presso l'I.P.S.S.S. «Edmondo De Amicis» di Roma, infatti, il dirigente scolastico con circolare n. 227 del 5 giugno 2015 avente per oggetto «condotta in occasione di eventuale adesioni a scioperi» comunica la «sua» normativa vigente e le «sue» relative «disposizioni organizzative», tra cui quelle per cui il personale docente e ATA che «non intenda presenziare allo scrutinio», dovrebbe comunicarlo «preventivamente» e che è possibile la sostituzione del personale in sciopero –:
   come il Governo intenda provvedere nel merito rispettando le prerogative costituzionali del Parlamento e la legge e assumendo iniziative sia per il ritiro e l'eventuale sospensione della circolare per i dirigenti scolastici sull'individuazione del presunto «fabbisogno di personale», sia per il ritiro della circolare del 5 giugno 2015 del dirigente scolastico dell'I.P.S.S.S. «Edmondo De Amicis» di Roma sull'obbligo di comunicazione preventiva dell'esercizio del diritto di sciopero e sulla possibilità di sostituzione dei lavoratori in astensione dal lavoro;
   se intenda chiarire il proprio modus operandi con riferimento all'emanazione della circolare n. 1947 dell'8 giugno 2015 relativa alla definizione degli organici ATA per il prossimo anno scolastico, circolare da considerarsi ad avviso degli interpellanti del tutto in contrasto con la normativa vigente, in quanto emanata in mancanza del decreto ministeriale che avrebbe dovuto essere adottato entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e priva del parere della Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
(2-00999)
«Scotto, Giancarlo Giordano, Pannarale, Fratoianni».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Guidesi n. 5-05283 dell'8 aprile 2015;
   interpellanza Pesco n. 2-00997 del 4 giugno 2015;
   interrogazione a risposta scritta Sorial n. 4-09457 del 12 giugno 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Tentori e altri n. 5-05087 del 19 marzo 2015 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09486.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Micillo e altri n. 4-09441 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 440 dell'11 giugno 2015. Alla pagina 25977, seconda colonna, dalla riga undicesima alla riga tredicesima, deve leggersi: «ancora nel detto comune, alla data del 9 giugno 2015, il numero dei presidenti di seggio rinunciatari arriva a quasi» e non come stampato.