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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Venerdì 22 maggio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    con una produzione di quasi 500 milioni di tonnellate l'Italia è il secondo produttore mondiale, dopo la Spagna, di olio d'oliva, uno dei prodotti di eccellenza del made in Italy agroalimentare, i cui significativi risvolti socioeconomici si esprimono, in particolare, nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è particolarmente presente;
    l'olivicoltura è, infatti, uno dei comparti più rilevanti del sistema agricolo pugliese, che contribuisce, secondo i dati del 2013, all'11,6 per cento – pari a 522 milioni di euro – del valore complessivo della produzione agricola della regione e al 30 per cento del valore della produzione olivicola italiana;
    per quanto riguarda la superficie regionale interessata, risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e al 41 per cento delle superfici delle altre regioni meridionali), mentre, per quanto attiene al tessuto imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, che presentano una superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) significativamente superiore alla media nazionale;
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (dop Terra di Bari), con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio dop e igp italiani (Ismea-Qualivita); infine, per quel che riguarda gli scambi internazionali di settore, l'olio di oliva rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali), per un valore di circa 106 milioni di euro, pari a quasi il 9 per cento dell’export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    come ormai noto, in molti territori delle province di Brindisi, Taranto e Lecce la diffusione del batterio Xylella fastidiosa sta causando una vera e propria emergenza fitosanitaria, con l'abbattimento di coltivazioni di olivi secolari che rappresentano un patrimonio di particolare rilevanza per la regione Puglia e per il Salento in particolare;
    la cosiddetta Xylella fastidiosa originaria del Costa Rica, verosimilmente introdotta nel nostro Paese con l'importazione dall'America centrale di piante di oleandro infette, è trasmessa da un insetto ad apparato pungente-succhiatore che, una volta assorbita la linfa delle piante, la trasporta su altri fusti e li contagia, provocandone il disseccamento rapido;
    al fine di eliminare il parassita l'unico rimedio ad oggi conosciuto è il taglio radicale del tronco e l'estirpazione della pianta infetta; è, pertanto, indispensabile intervenire immediatamente per contenere l'epidemia e ridurre al minimo gli abbattimenti delle piante, in particolare quelle secolari, che, comunque, in alcuni territori, come il Salento, producono per lo più olio lampante;
    sin dal primo mese di rilevazione della presenza di Xylella fastidiosa nelle zone del gallipolino, i vivaisti hanno riscontrato difficoltà a commercializzare le piante, sia per obblighi di divieto imposti inizialmente dalle norme regionali e nazionali e successivamente da quelle comunitarie, sia per la preoccupazione e, quindi, per la diffidenza degli acquirenti sulla possibile trasmissione e diffusione del batterio nei propri territori;
    recentemente la Francia ha adottato misure restrittive, considerate in linea con la legislazione dell'Unione europea, contro la diffusione della Xylella fastidiosa che prevedono il blocco delle importazioni delle piante dalla Puglia e da altre zone colpite dal batterio; il decreto, firmato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane le Foll, in vigore dal 4 aprile 2015, vieta l'importazione di 102 tipi di piante vive dal territorio pugliese e di quelle piante contaminate dal batterio e inibisce gli scambi intra-europei con la Puglia, con il conseguente rafforzamento di un piano di controllo su tutto il territorio transalpino; di fatto, ad eccezione di alcune piante, la maggior parte dei contratti già in corso sono stati sospesi e le vendite si sono quasi azzerate;
    l'impatto che si è verificato nella sospensione delle vendite è stato particolarmente grave ed economicamente rilevante per diversi motivi: l'elevata quantità di piante giacenti nei vivai necessita di essere mantenuta in ottima vegetazione con grosse spese di mantenimento, senza però alcun ricavo per la vendita; per molte tipologie di piante la permanenza nel vivaio di 1-2 anni oltre il necessario non consente la vendita delle stesse, in quanto non più commerciabili, per cui si ha una perdita totale dei costi sostenuti. Le piante ritenute ospiti di Xylella fastidiosa non potranno più essere commercializzate, in quanto non rispettano più i requisiti previsti dalla normativa e pertanto vanno distrutte. Va rilevata, inoltre, l'esigenza di fare elevati investimenti per la realizzazione di serre conformi ai requisiti tecnici previsti dalle norme per potere ottenere le autorizzazioni del servizio fitosanitario;
    è evidente che il settore olivicolo-oleario, anche in considerazione dell'insorgere di emergenze fitosanitarie da organismi nocivi come quella in parola, vive una crisi strutturale ed è indispensabile attivare una serie di interventi di lungo periodo, quali prioritariamente i piani olivicoli e attività di ricerca mirate ad approfondire lo studio dei patogeni mediante progetti che mettano in rete tutti gli istituti di ricerca operanti a livello nazionale ed internazionale, salvaguardando l'aspetto produttivo, paesaggistico ed ambientale dei territori colpiti,

impegna il Governo:

   a predisporre tutte le misure necessarie a risolvere l'emergenza causata dal «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», coinvolgendo attivamente le istituzioni e gli enti di ricerca, posto che la rilevanza del settore olivicolo locale si configura come interesse collettivo e non soltanto dei produttori e conduttori di oliveti;
   a rendere pubblici, su un portale dedicato, i dati fino ad oggi raccolti sulla diffusione e sulla gravità del «complesso del disseccamento rapido dell'olivo», in modo da evitare clamore ingiustificato ed allarmismi, nonché a pubblicare, qualora possibile, i risultati relativi al soddisfacimento dei postulati di Koch e, pertanto, alla patogenicità del ceppo di Xylella sull'olivo, come espressamente richiesto dai protocolli europei Eppo (European and Mediterranean plant protection Organization);
   ad intraprendere specifiche iniziative volte ad ampliare il campo di indagine della malattia di «disseccamento rapido degli olivi», considerando anche la correlazione con lo stato vegeto-produttivo e colturale dell'olivicoltura salentina;
   a provvedere affinché siano urgentemente attivate e sostenute politiche di controllo alle frontiere ed interventi di profilassi, nonché azioni di monitoraggio e di rintracciabilità, volte sia ad accertare l'eventuale avvenuta introduzione dall'estero del batterio Xylella fastidiosa, sia ad impedirne, in caso di verifica positiva, il rischio di veicolazione;
   a prevedere azioni e misure preventive e di sostegno per gli agricoltori e le aziende olivicole pugliesi interessate dall'epidemia e, conseguentemente, nel caso in cui le indagini scientifiche in corso accertassero la presenza e l'attività del parassita Xylella fastidiosa, a disporre l'obbligo di attuazione delle prescrizioni di prevenzione e lotta obbligatoria, con relativa estirpazione e distruzione degli alberi infetti;
   ad adottare ogni opportuna iniziativa, per quanto di competenza, affinché siano previste, nell'ambito del programma di sviluppo rurale Puglia 2014-2020, ancora in corso di istruttoria presso l'Unione europea, per tutti gli agricoltori o comunque produttori agricoli potenzialmente a rischio, che, però, rispettino le condizionalità specifiche, misure per il finanziamento delle attività di prevenzione e di ripristino del potenziale produttivo ridottosi a causa dell'infezione causata dalla Xylella fastidiosa, nonché per la certificazione di tutte le aziende, anche vivaistiche, che oggi sono esposte a significativi rischi economici;
   a predisporre urgentemente un piano olivicolo nazionale che punti a:
    a) incrementare la produzione nazionale senza accrescere la pressione sulle risorse ambientali, in modo particolare sulla risorsa idrica, attraverso la razionalizzazione della coltivazione degli oliveti tradizionali, il rinnovamento degli impianti e lo studio di nuovi sistemi colturali in grado di conciliare la sostenibilità ambientale con quella economica;
    b) tutelare l'olivicoltura a valenza paesaggistica, di difesa del territorio e storica, non razionalizzabile e non rinnovabile, in particolare l'olivicoltura marginale delle aree collinari, incentivando la creazione di organizzazioni in grado di gestire gli oliveti a rischio di abbandono o già abbandonati affinché possano essere riportati in produzione;
    c) stimolare il consumo «informato», evidenziando le diverse proprietà salutistiche degli oli extravergini di oliva, anche con adeguata utilizzazione delle indicazioni salutistiche approvate dall'Unione europea, attraverso una capillare e sistematica crescita della cultura sull'olio extravergine di oliva, e valorizzare il made in Italy mediante la promozione della qualità e della biodiversità, elemento distintivo dell'olivicoltura italiana;
    d) sostenere l'iniziativa dell'alta qualità per l'olio extravergine di oliva italiano, anche attraverso l'attivazione di interventi per la promozione del prodotto sul mercato domestico e, soprattutto, su quelli internazionali;
   a sostenere con opportuni interventi finanziari le attività di ricerca anche attraverso la promozione, in accordo con le autorità regionali, di gruppi operativi di cui al regolamento (UE) n. 1305/2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
   a sostenere e ad incentivare l'aggregazione e l'organizzazione economica della filiera olivicola, anche alla luce delle novità contenute nella nuova organizzazione comune di mercato unica di cui al regolamento n. 1308/2013, che introduce lo strumento della contrattualizzazione tra produttori olivicoli ed acquirenti industriali e commerciali, ponendo le basi per la rivisitazione ed il rilancio del sistema delle organizzazioni di produttori e degli organismi interprofessionali;
   a sostenere e promuovere modelli sperimentali di agricoltura che, tenendo in dovuta considerazione l'uso dei consorzi microbici dei suoli e il rispetto della biodiversità microbica delle piante, migliorino le qualità nutraceutiche e la funzionalità fisiologica delle piante, rendendole più forti e reattive naturalmente contro gli attacchi patogeni, tutto ciò anche in considerazione del fatto che il sistema agricolo è strettamente legato all'ambiente e alla salute dei consumatori.
(1-00870) «L'Abbate, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, Lupo, Parentela, Busto, Tripiedi, Businarolo».

Risoluzione in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    il decreto legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, ha reintrodotto l'obbligo di pagamento dell'imposta municipale propria (Imu) per i terreni agricoli al fine di reperire le risorse necessarie per finanziare alcune agevolazioni previste dallo stesso decreto;
    l'applicazione dell'imu ai terreni agricoli rappresenta un ulteriore aggravio di imposizione per il settore agricolo che già è sottoposto ad un carico fiscale insostenibile. È da tempo che il comparto primario attende una revisione complessiva della fiscalità rurale: una revisione che tenga conto delle difficoltà legate alla conduzione dei terreni e che consideri le specificità del comparto agricolo nazionale che rappresenta una delle eccellenze più significative del made in Italy;
    coloro che risultano maggiormente colpiti da questa imposta, non sono poi i grandi imprenditori agricoli, bensì i piccoli agricoltori o anche i piccoli possessori di terreno, che spesso lo coltivano esclusivamente per ragioni di autoconsumo o semplicemente operano su di esso una costante, ma preziosa, manutenzione;
    la reintroduzione dell'IMU sui terreni agricoli appare come una vera e propria patrimoniale sulla terra, suscettibile, tra l'altro, di favorire l'abbandono della stessa da parte degli agricoltori, in assoluta contraddizione con le normative nazionali e soprattutto comunitarie che invece sostengono il ricambio generazionale in agricoltura proprio al fine di limitare i fenomeni di dismissione delle aziende agricole con le conseguenti pericolose speculazioni sui relativi terreni;
    i cambiamenti climatici degli ultimi anni hanno provocato un inasprimento ed una maggior frequenza degli eventi climatici avversi, con conseguente ricaduta sulle produzioni e sui beni strumentali delle aziende agricole italiane, specie quelle che fanno agricoltura in pieno campo e nel 2014 si contano ben 31 calamità naturali ufficialmente riconosciute tramite apposito decreto del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
    la normativa in materia di revisione dei meccanismi di calcolo delle esenzioni è cambiata più volte, fino alla approvazione del decreto legge n. 4 del 2015 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2015 che ha sostanzialmente confermato il riferimento ai parametri stabiliti dall'ISTAT al fine di individuare i comuni i cui terreni agricoli risultano esenti dall'imposta, ovvero i comuni classificati come totalmente montani, e quelli i cui terreni agricoli sono esonerati dal versamento solo se posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, cioè i comuni parzialmente montani;
    è evidente che criteri con i quali viene imposta l'IMU sui terreni agricoli, e quelli sui quali viene calcolata l'esenzione, che fanno riferimento alla cosiddetta «montagna legale dell'ISTAT del 1952» trascurano, anche a causa della loro vetustà, ogni criterio di equità, determinando di fatto delle vere e proprie ingiustizie sociali e andando a colpire la terra e non la redditività dell'agricoltore, senza contare che, attualmente le rendite catastali non corrispondono più alla reale redditività dei terreni a causa del mancato aggiornamento, da decenni del catasto agricolo;
    entro il 16 giugno 2015 i contribuenti interessati dovranno provvedere al pagamento della prima rata e, considerate le criticità sopra esposte, sarebbe opportuno posticipare tale termine,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente ogni utile iniziativa volta a posticipare il termine del 16 giugno 2015 per il pagamento della prima rata dell'Imu sui terreni agricoli.
(7-00692) «Villarosa, L'Abbate, Gallinella, Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Parentela».
* * *

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZACCAGNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   in data 7 aprile 2015, l'Autorità nazionale anticorruzione, unità operativa speciale Expo 2015, ha inviato una delibera a firma del presidente Raffaele Cantone, indirizzata al d.r Giuseppe Sala, commissario unico di Expo 2015 e amministratore delegato di Expo 2015 spa, dall'oggetto «Concessione alla Eataly Distribuzione S.r.l del pubblico servizio di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico da svolgere nel perimetro delle stecche denominate “D” ed “E”. Richiesta informazioni e documenti» nella quale si evidenziava come: «[...] Nell'ambito dei compiti di alta sorveglianza attribuiti a questa Autorità ai sensi dell'articolo 30 del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito nella legge n. 114 del 2014, è stata richiesta documentazione afferente alla concessione in oggetto. Pur trattandosi di una procedura pregressa alla norma testé menzionata, l'Autorità ha ritenuto opportuno esaminare gli atti nello spirito della più ampia collaborazione, attesa la rilevanza anche mediatica della concessione. Codesta società ha pertanto inoltrato la seguente documentazione: a) estratto della delibera del Consiglio di Amministrazione del 18 giugno 2013; b) contratto di concessione dicembre 2013 tra Expo 2015 spa e la Eataly Distribuzione S.r.l. [...] la delibera evidenzia i seguenti aspetti: a) la presentazione da parte dell'Amministratore Delegato della “proposta di collaborazione avanza da Eataly” b) le opportunità commerciali elencate dall'Amministratore Delegato il quale ha, peraltro, ritenuto che Eataly presenta “caratteristiche di unicità nell'ambito dei servizi di ristorazione” tra cui quelle “(i) riconoscibilità mondiale del brand come rappresentativo dei prodotti italiani (ii) dell'offerta alimentare di qualità a prezzi accessibili a tutti, coniugati con (iii) la capacità di attrazione dei visitatori sulla base della filosofia distintiva che il “buon cibo” avvicina le persone, crea comunione tra i diversi strati sociali aiuta a trovare punti di vista comuni tra gente di diverso pensiero e (iv) infine, l'offerta dei corsi di educazione alimentare e di cucina, con degustazioni e incontri con le grandi cantine e altro» [..] con riferimento al citato requisito (iv), la puntualizzazione che il «format unico ideato da Eataly» affianca, l'offerta dei prodotti italiani, una «offerta relativa alla didattica, articolata in corsi di cucina, degustazioni, incontri con grandi chef, con le grandi cantine o con gli artigiani, didattica gratuita per bambini e gli anziani»;
   nella stessa delibera venivano elencati i rilievi dell'Autorità nazionale anticorruzione: «[...] Preso atto delle scelte operative della Società e riscontrato il contenuto del contratto di concessione successivamente sottoscritto con Eataly Distribuzione S.r.l.; si invita a chiarire i seguenti ulteriori aspetti: a) Quali sono le circostanze che hanno portato alla proposta di collaborazione avanzata da Eataly; b) sulla base di quale valutazione è stata determinata l'unicità tecnica della Eataly Distribuzione S.r.l., atteso che non risulterebbe effettuata alcuna preventiva ricerca di mercato; c) qual è l'importo atteso dei ricavi – Indicato nel verbale del CdA IN 44 milioni di euro – e, di conseguenza, su quali basi sono state determinate le royalties che la concessionaria retrocederà, quantificate nel 5 per cento del fatturato, cui si somma un ulteriore 1 per cento per fatturati sopra i 40 milioni di euro (articolo 4.1) d) qual è l'ammontare stimato dei costi correlati alla concessione, essendo prevista la deduzione delle spese per la realizzazione delle celle frigorifere [...] e “risultando a carico di Expo gli oneri derivanti da consumi di elettricità ed acqua” (articolo 10.3); e) qual è in definitiva il valore stimato del contratto di concessione da determinarsi ai sensi dell'articolo 29 del decreto legislativo 163/2006; f) le ragioni per cui l'oggetto della concessione prevede che all'interno del perimetro delle Stecche... Eataly potrà altresì, previa approvazione da parte della competente direzione di Expo, organizzare e svolgere specifiche iniziative ed eventi culturali e didattici, volti a valorizzare la propria esperienza, a promuovere e valorizzare il patrimonio enogastronomico nazionale ed a diffondere i valori connessi al tema di Expo Milano 2015 (articolo 2.2). In tal modo le vantate peculiarità di Eataly non risultano teleologicamente connesse con la prestazione dedotta in contratto, che, per come descritta, consisterebbe genericamente nella ristorazione e somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, ancorché di livello qualitativo elevato. Le caratteristiche attività, per contro, verrebbero eventualmente attivate dal concessionario su sua insindacabile iniziativa; g) la previsione di penali legate esclusivamente al “mancato avvio del servizio di ristorazione e di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico a far data dalla cerimonia di apertura al pubblico di Expo Milano 2015” (articolo 14.1) Non sono indicate, invece, penali legate al livello del servizio, reso dalla concessionaria, nonostante tra le richiamate caratteristiche di unicità vi sia un'offerta alimentare di qualità a prezzi accessibili; h) la mancata previsione, tra le cause di risoluzione per inadempimento e le clausole risolutive espresse, della violazione agli obblighi derivanti dal Protocollo di Legalità (articolo 15); i) l'inserimento della clausola per cui “il presente contratto può essere modificato solo su accordo di entrambe le Parti da stipularsi per iscritto” (articolo 17) che non appare ammissibile trattandosi di contratto pubblico. [...] Da fonti aperte, infine, si apprende, come il modello di ristorazione ideato da Eataly preveda la suddivisione degli spazi concessi in 20 aree tematiche regionali con il coinvolgimento di circa 100 ristoratori[...] A tal proposito, si richiede come codesta Stazione appaltante intenda regolare i rapporti con tali operatori terzi, anche nell'ambito del Protocollo di Legalità»;
   in data 9 aprile 2015 il quotidiano Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo a firma di Davide Vecchi dal titolo: «Expo, Cantone: “Chiarimenti su Eataly. Perché a Farinetti 95 per cento ricavi ristoranti ?”» nel quale si descriveva: «Ecco la delibera dell'Autorità nazionale anticorruzione: dieci i punti caldi, a partire dalla scelta dell'azienda senza gara d'appalto e senza “una preventiva ricerca di mercato”. Dubbi anche sulla ripartizione dei ricavi, stimati in 40 milioni di euro, di cui il 5 per cento resterà alla società pubblica che organizza l'evento[...] Dedicare Expo all'alimentazione e rischiare di lasciare i visitatori senza ristoranti italiani. È lo spettro che accompagna l'amministratore delegato, Giuseppe Sala, da quando martedì ha ricevuto i rilievi dell'autorità anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone sull'appalto diretto affidato a Eataly: ottomila metri quadrati, 20 ristoranti e circa 2,2 milioni di pasti da distribuire. Il tutto assegnato senza gara d'appalto. L'anticorruzione il 29 gennaio ha chiesto la documentazione relativa al contratto. Sala ha subito spiegato che era stato assegnato direttamente per “l'unicità” della catena di Farinetti e ha consegnato quanto chiesto. Svolti tutti gli accertamenti, Cantone il 7 aprile ha risposto, chiedendo nuova documentazione e sollevando numerosi dubbi sulla legittimità del contratto stesso» –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali azioni intenda intraprendere; se non si reputi opportuno che i rilievi evidenziati dall'Autorità anticorruzione così, come descritti in premessa, siano accolti e sanati;
   se il Governo, alla luce dell'importanza di tutelare l'immagine dell'Italia nell'ambito di Expo, dedicato al cibo e alla fame nel mondo, non reputi opportuno chiarire attraverso opportuna campagna mediatica i punti contestati dall'Autorità anticorruzione. (5-05671)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBERTI, COMINARDI, SORIAL, CARINELLI, TRIPIEDI, PESCO, DE ROSA, BASILIO, TONINELLI, PETRAROLI, ZOLEZZI, CASO, MANLIO DI STEFANO e NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 1o maggio 2105 si è celebrato ufficialmente l'inizio di Expo 2015;
   durante la prima conferenza stampa dopo l'inaugurazione, tenutasi il 13 maggio alla presenza del ministro Maurizio Martina, l'amministratore delegato Giuseppe Sala avrebbe dichiarato: «Abbiamo già incassato 5 milioni di biglietti, ma ce ne sono altri 6 coperti da fidejussioni, già prenotati e certi. In totale 11,3 milioni di biglietti venduti, su cui garantisco», «Stiamo crescendo a ritmo costante, la situazione continua a essere positiva e non posso che confermare la previsione di 20 milioni di visitatori e 24 milioni di biglietti venduti»;
   nessuna informazione è però stata fornita per quanto riguarda gli importi incassati e quali saranno le ricadute economiche dell'evento;
   l'importo dei biglietti è variabile: i biglietti giornalieri acquistati entro il 1o maggio 2015 costavano con tariffa intera 32 euro (data aperta) e 27 euro (data chiusa). Dopo l'inizio dell'evento i costi per un adulto che paga intero sono pari a 39 euro (data aperta) e 34 euro (data fissa); sono previste agevolazioni per le famiglie, i bambini, gli studenti (10 euro), gli anziani, le persone con disabilità; prezzi diversi durante i giorni feriali per evitare intasamento nei weekend, prezzi scontati per chi ha intenzione di tornare in più giorni e tariffe ridotte anche per chi è interessato alle visite serali (5 euro); altri biglietti sono venduti in offerta da agenzie di viaggio, associazioni, aziende ed anche dalla sezione milanese del Partito Democratico;
   da quanto si evince da recenti pubblicazioni i dati di affluenza ed incassi, sono a disposizione di Expo 2015 spa in tempo reale, grazie anche ad un sistema di tornelli informatizzato e tecnologicamente avanzato, che ne permette la fruizione;
   le stime sull'evento prevedono che gran parte dei costi di gestione debbano essere ripagati dai ricavi della vendita di biglietti e per ottenere il pareggio con le spese siano necessari 24 milioni di ingressi pagati;
   lo stato italiano ha investito 1,3 miliardi di euro di fondi dei contribuenti, e una somma decisamente più rilevante per le opere connesse;
   i cittadini Italiani possono pertanto essere considerati azionisti di questo evento internazionale ad opinione degli interroganti tanto da dover essere messi al corrente sull'andamento dell'operazione, sia dal punto di vista economico che per quanto riguarda le ricadute sociali;
   un'analisi presentata nel 2013, promossa dalla camera di commercio di Milano e dalla stessa società Expo 2015 spa, elenca l'impatto diretto previsto derivante dagli investimenti realizzati dalla società Expo 2015, che comprende il ritorno turistico e la valorizzazione del patrimonio immobiliare nonché l'afflusso di investimenti diretti dall'estero lungo un arco temporale che abbraccia dal 2012 al 2020. Questo modello calcola una produzione aggiuntiva di 23,6 miliardi di euro pari allo 0,8 della produzione nazionale;
   lo stesso studio avanza stime anche sul piano occupazionale basate sulle «unità lavoro annue». La stima del totale occupazionale attivata nel Paese sarebbe stata secondo questa proiezione di ben 191.000 unità di lavoro;
   l'accordo sottoscritto a luglio 2014 dalla Regione Lombardia e dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali Giuliano Poletti con la società Expo 2015 regolamenta i contratti di circa 16.000 persone: 4.000 nei cantieri fino all'apertura dell'esposizione per la costruzione e l'allestimento dei padiglioni; 1.000 assunti direttamente da Expo per il semestre e altri 8.000 dalle aziende impiegate per le pulizie manutenzione vigilanza e leggiamo inoltre «potenzialmente» ulteriori 3.000 lavoratori chiamati dai paesi partecipanti per la gestione dell'evento;
   a novembre 2014, la società Expo 2015 dichiara che il cantiere della così detta piastra ospita circa 1.800 operai, ossia meno della metà di quelli annunciati non più tardi del mese di luglio –:
   se siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   quali siano i dati ufficiali ed i risultati ad oggi ottenuti dal punto di vista occupazionale;
   quale sia l'investimento complessivo finora stanziato dallo Stato e da altri enti pubblici e quali le somme eventualmente ancora da stanziare;
   quale sia ad oggi il numero di biglietti incassati suddivisi per categoria, quali siano gli importi attuali e quali quelli previsti alla fine dell'evento;
   quale sia il bilancio costi-benefici previsto per lo Stato italiano a seguito dell'evento, anche in relazione all'investimento sostenuto. (4-09300)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 23 dicembre 2014 con nota prot. 3985 venivano inviate alla regione Marche le osservazioni della sezione di controllo della Corte dei conti sulla relazione annuale del presidente della regione Marche sulla regolarità della gestione, nonché sul sistema dei controlli interni ex articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 174 del 2012, esercizio 2013;
   in particolare, nella relazione a firma del magistrato istruttore, dottor Liberati, si legge: «ad avviso di questa Sezione è opportuno un intervento normativo regionale che adegui la legislazione regionale alle disposizioni di cui al Decreto legislativo 118/2011. Sarebbe, inoltre, opportuno che il collegio dei revisori garantisca una specifica e approfondita conoscenza circa l'applicazione della nuova disciplina dell'armonizzazione contabile applicabile alle regioni»;
   a fronte di ciò, nel gennaio 2015 veniva presentata la proposta di legge regionale n. 646 di «Riordino della disciplina relativa al collegio dei revisori dei conti della regione Marche» che, tra i requisiti richiesti per far parte dell'elenco dei candidati a componente dell'organo di revisione, prevede all'articolo 3, comma 2: «specifica competenza in merito all'ordinamento contabile delle regioni ed in particolare in merito alle norme e alle tecniche di redazione dei bilanci armonizzati di cui al decreto legislativo 118/2011, acquisita attraverso esperienze significative in materia presso regioni, Stato, organismi deputati all'elaborazione ed applicazione dei relativi principi contabili o altri enti pubblici di rilievo almeno regionale»;
   tale requisito non risulta tra quelli individuati dalla Corte dei conti con deliberazione n. 3/SEZAUT/2012/INPR recante «Criteri per l'inserimento nell'elenco dei revisori dei conti delle Regioni, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera e), del Decreto-legge n. 138/2011»;
   all'articolo 13 della proposta regionale si prevede, inoltre, la ricostituzione del collegio in tempi brevissimi dall'entrata in vigore della legge, in modo da sostituire l'attuale organo di revisione prima del proprio mandato triennale fissato dalla legge regionale n. 40 del 2012 istitutiva del collegio dei revisori dei conti della regione Marche;
   in data 11 febbraio 2015 veniva depositata presso la segreteria della sezione di controllo marchigiana della Corte dei conti la deliberazione n. 34/2015/FGR del 22 gennaio 2015 che approva la relazione del dottor Liberati sulla relazione annuale del presidente della regione Marche sulla regolarità della gestione nonché sul sistema dei controlli interni, deliberando al punto 7): «relativamente all'Organo di revisione di evidenziare come allo stesso deve essere garantita, alla luce delle recenti novità normative, la piena capacità di operare anche nei confronti dell'Assemblea Legislativa, sollecitando una revisione della normativa regionale in tal senso, auspicando che sia garantita specifica competenza in materia di armonizzazione contabile, in considerazione del rilevante impatto della disciplina delineata dal decreto legislativo 118/2011 sull'ordinamento regionale»;

il 9 aprile 2015 la proposta di legge veniva approvata dal consiglio regionale e pubblicata come legge regionale n. 14 del 2015 (B.U.R 13 aprile 2015, n. 32);
   dalla lettura degli interventi dei consiglieri regionali sull'argomento, mentre il relatore di maggioranza sollecitava l'approvazione della legge regionale di riordino del collegio dei revisori proprio sulla base del deliberato della sezione di controllo della Corte dei conti delle Marche, il relatore di minoranza osservava: «Sono tra i firmatari di questa proposta di legge, l'abbiamo firmata tutti come I Commissione, però debbo dire che ricordo bene, e il Consigliere P. – relatore di maggioranza – non può smentirmi, che l'abbiamo firmata in una situazione un po’ strana – si ricorda qualche mese fa ? – a scatola chiusa, di fatto quasi senza poterla leggere per motivi che poi ci furono spiegati e questo non va bene. Lo riconosco, però è successo, a volte succede anche questo in politica.»;
   appare alquanto singolare che già nella proposta di legge regionale di riordino della disciplina relativa al collegio dei revisori dei conti della regione Marche sia stato inserito il requisito non richiesto dalla sezione autonomie di una «specifica competenza», quasi prevedendo quanto riportato con le medesime parole nella deliberazione del 22 gennaio 2015 della sezione di controllo marchigiana della Corte dei conti;
   altrettanto singolare è che non sia stata prevista alcuna anzianità di iscrizione nel registro dei revisori legali, mentre invece la deliberazione della sezione autonomie prevede espressamente un'anzianità di almeno dieci anni; così come non sia stato richiesto il possesso del titolo di studio; né sia necessaria l'acquisizione di almeno n. 10 crediti formativi in materia di contabilità pubblica secondo percorsi di formazione e aggiornamento qualificati dall'acquisizione di speciali competenze nei settori in cui la Corte dei conti esercita funzioni di controllo;
   «mandare a casa» anticipatamente un collegio dei revisori dei conti con una modifica della normativa regionale costituisce un precedente pericoloso che rischia di far venire meno le garanzie di autonomia e di indipendenza dei revisori delle regioni, consci del fatto che possono essere dichiarati decaduti dai controllati con una modifica della legge regionale istitutiva del collegio –:
   se non ritenga il Governo, quando la legge citata sarà sottoposta all'esame del Consiglio dei ministri, intenda tenere conto di quanto segnalato in premessa al fine di verificare la sussistenza dei presupposti, per impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale n. 14 del 13 aprile 2015 della regione Marche.
(4-09302)


   GIANCARLO GIORDANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   è di questi giorni la clamorosa notizia che Presidenti, allenatori, manager, calciatori, imprenditori italiani ed esteri delle società calcistiche della serie «D» dilettantistica, della Lega pro (ex serie «C») e di serie «B» sono stati al centro dell'ultimo scandalo delle partite truccate dei nostri campionati di calcio italiani, sottoposti a restrizione carceraria con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode calcistica e con l'aggravante di aver favorito organizzazioni mafiose, la «’ndrangheta» in particolare;
   il questore di Catanzaro dottor Giuseppe Racca, città da dove è partita la ragnatela delinquenziale, ha reso noto che la scoperta di una stabile organizzazione criminale dedita al calcio scommesse dimostra che l'attività delinquenziale legata al settore è sempre attiva e fiorente non solo in Italia dove abbiamo scoperto una stabile organizzazione criminale che grazie a calciatori, dirigenti e tesserati e non, ha messo in atto condotte finalizzate ad alterare i risultati di varie partite;
   oltre ai suddetti protagonisti sportivi sono stati arrestati oltre ben 10 finanziatori scommettitori italiani, maltesi, kazaki, russi, cinesi e serbi, a dimostrazione dell'internazionalizzazione del fenomeno delle scommesse sportive illecite che conferma come la ramificazione della criminalità organizzata abbia raggiunto livelli esorbitanti non solo nei settori malavitosi tradizionali ma anche in quelli nel mondo dello sport dilettantistico;
   questi «finanziatori» stranieri irrorano le casse delle organizzazioni delinquenziali fornendo denaro ai criminali italiani che a loro volta lo usano in primis per «corrompere» i calciatori in modo da ottenere partite combinate su cui scommettere e realizzare ingenti guadagni, ricorrendo, non poche volte, alle minacce, ivi compreso quella estrema del sequestro di persona, qualora non si fosse rispettata l'indicazione del gruppo organizzato;
   la Federcalcio sarà parte lesa nel prossimo processo riguardante il nuovo filone di calcio scommesse, inerente partite di «Lega Pro» e serie «D», in seguito all'inchiesta della procura di Catanzaro e che il presidente della FIGC Carlo Tavecchio ha dichiarato ai mezzi di informazione che «Quando le scommesse sono state allargate alla serie «D» io dissi, pur non essendo consultato, che era un gravissimo errore e oggi i risultati li vedono tutti... cinque-sei anni fa la scommessa era un reato. Il giorno in cui si è entrati nell'ottica che la scommessa non è reato porta a far sì che ognuno si debba prendere le proprie responsabilità» palesando una evidente posizione di contrarietà a chi ha invece insistito perché il mondo rischioso del calcio scommesse invadesse anche il delicato settore del calcio dilettantistico;
   quattro anni or sono nonostante il mondo del calcio professionistico fosse ciclicamente investito da scandali il Governo italiano, attraverso il Ministero competente, ha deciso, nonostante il parere contrario della Federazione italiana gioco calcio, di estendere la pratica del gioco delle scommesse al settore dilettantistico, determinando il coinvolgimento di un mondo di per sé esposto agli interessi delle organizzazioni criminali nazionali e internazionali;
   il settore non professionistico della serie «D» e di quelle minori è un ambito non interessato dai grandi flussi finanziari che investono le categorie superiori, dove le società sportive calcistiche operano tra forti difficoltà economiche e gestionali riservando ai calciatori ingaggi incerti e modesti che non offrono alcuna sicurezza di stabilità reddituale;
   per queste ragioni le organizzazioni criminali italiane hanno posto la loro attenzione su questo settore del calcio esposto a forti condizionamenti realizzando un sistema di collaborazione con le mafie internazionali, in particolare dell'Est europeo e asiatico, dove il sistema delle scommesse «on line» è totalmente fuori controllo e può, di conseguenza, canalizzare gli eventi calcistici che si possono più agevolmente manipolare, trasformando l'incontro di calcio di una serie minore in un evento catalizzatore di scommesse dall'incomparabile budget finanziario;
   da quando si è diffuso questo fenomeno di scommesse illegali il calcio dilettantistico ha praticamente smesso di svolgere la sua meritoria funzione di leva trasformandosi di fatto in uno strumento di capitalizzazione dell'economia mafiosa internazionale penalizzando fortemente la diffusione di una sana cultura e pratica sportiva tanto che l'obiettivo dei presidenti non è più quello di investire sul conseguimento di traguardi agonistici quanto quello di strutturare un «capitale» funzionale a dinamiche meramente di imprenditoria finanziaria –:
   se non intendano valutare con urgenza l'opportunità di riconsiderare le norme che hanno esteso il gioco delle scommesse al settore dilettantistico del calcio italiano, in quanto in primis le società sportive «minori» per via dei bassi budget di partecipazione ai rispettivi campionati sono oggettivamente esposte al ricatto e ai condizionamenti della criminalità organizzata detentrice di ingenti risorse finanziarie;
   se, con dovuti provvedimenti di iniziativa  normativa non intendano promuovere una riforma generale della gestione delle modalità di concessione e di funzionamento delle agenzie delle scommesse, in particolare quelle «on line» e riguardanti tutte le discipline sportive;
   se non intendano promuovere, di concerto con le autorità sportive competenti, gli stati generali del calcio dilettantistico italiano per avviare una profonda riforma del settore, ivi compreso quello delle categorie giovanili e «primavera», riconducendolo alla sua meritoria missione originaria. (4-09307)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   i numeri sono eloquenti e non lasciano spazio a dubbi: l'adozione internazionale si trova ad affrontare la crisi peggiore della sua storia;
   il numero di bambini stranieri adottati in Italia ha, infatti, subito, dopo il picco del 2010 — con 4.130 minori autorizzati all'ingresso nel nostro Paese — un vero e proprio crollo secondo un trend che è destinato a spazzare via definitivamente questa forma di accoglienza, pregiudicando il diritto di ogni bambino a crescere in una famiglia;
   in particolare, stando ai dati riportati dai rapporti annuali della Commissione adozioni internazionali, fra il 2001 e il 2007 sono stati adottati circa 2800 bambini l'anno, mentre negli anni 2012 e 2013 le adozioni concluse sono state, rispettivamente, 3106 e 2825, con un decremento di circa il 35 per cento rispetto al picco delle 4130 adozioni concluse nel 2010;
   anche il numero delle coppie che hanno accolto un minore straniero negli ultimi anni scende drasticamente: nel 2010 erano 3.241, scesi a 2.291 nel 2013, mentre la proiezione del 2014 indicherebbe, considerando un margine di errore dell'8 per cento, il dato di 1.800 coppie;
   cifre drammatiche che riflettono un trend in caduta libera di un settore che, invece, dovrebbe essere sostenuto e supportato in ogni modo e con ogni strumento dalle istituzioni;
   tali proiezioni per il 2014 anticipano il report annuale che la Commissione adozioni internazionali (CAI), come ogni anno, avrebbe dovuto pubblicare entro il mese di gennaio sul proprio sito e che, invece, per la prima volta, tarda ad arrivare;
   a parere degli operatori del settore, alla base del calo vertiginoso delle adozioni internazionali potrebbe esserci il non corretto funzionamento della Commissione, che non sarebbe gestita in maniera efficiente e da tempo non rilascerebbe le autorizzazioni alle adozioni in nuovi Paesi;
   come denunciato anche dal presidente Ai.bi — Amici dei bambini, principale ente autorizzato per le adozioni dall'estero in Italia, numerose sarebbero le problematiche legate al funzionamento della CAL la Commissione non si sarebbe mai riunita se non una volta all'anno; un tempo il presidente della CAI era un politico che andava in missione all'estero e prendeva contatti e i risultati, avvallati dai dati del passato, si vedevano, invece adesso il presidente e la vicepresidente della Commissione coincidono nella persona di un magistrato non esperto di adozioni;
   in particolare, la commissione è attualmente presieduta dal consigliere di Cassazione, dottoressa Silvia Della Monica, ex magistrato di Cassazione che cumula in sé le qualifiche di presidente e vicepresidente, senza tuttavia possedere secondo l'interrogante i relativi requisiti, e cioè il ruolo politico per la funzione di presidente e la specifica competenza nella materia della giurisdizione minorile, per le funzioni di vicepresidente;
   l'operato dell'attuale presidente della commissione è già stato oggetto di altri atti di sindacato ispettivo che non hanno ancora trovato riscontro da parte del Governo;
   diversi enti autorizzati lamentano inoltre una impasse della Commissione rispetto ad attività di routine consistenti, in particolare, nel rilascio di documenti e attestazioni necessarie agli enti per lo svolgimento delle attività all'estero; così, in particolare, per i documenti necessari al rinnovo degli accreditamenti da parte delle autorità straniere necessari al proseguimento delle attività di accompagnamento delle coppie adottive che, in assenza, si trovano in attesa con procedure di fatto bloccate e il rischio di non poterle portare a termine in tempi ragionevoli;
   in ogni caso, il ritardo nella comunicazione ufficiale dei dati a disposizione della Commissione rivela una lacuna nella esigenza di trasparenza richiesta a tutte le pubbliche amministrazioni;
   non siamo di fronte a semplici numeri perché ognuno di questi numeri rappresenta una vita, in particolare la vita di un minorenne in stato di abbandono a cui è stato riconosciuto dal nostro Paese il diritto a crescere in una famiglia idonea;
   comprendere le motivazioni e le criticità del sistema delle adozioni internazionali è pertanto operazione che non riguarda né la propaganda politica né questioni di statistica, ma che tende alla doverosa individuazione di soluzioni affinché le potenzialità e risorse del nostro Paese in termini di solidarietà sociale e umana a livello internazionale, siano valorizzate appieno in parallelo al diritto costituzionale dell'uomo di costruire la propria famiglia con il supporto delle istituzioni;
   le attuali criticità del sistema delle adozioni internazionali si stanno manifestando oggi non solo sul fronte della citata progressiva riduzione del numero di adozioni internazionali concluse, ma anche sul fronte di un indebolimento della credibilità del sistema Italia nei rapporti con le autorità degli altri Paesi –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, quale sia allo stato attuale, la situazione relativa al numero delle adozioni di minori stranieri concluse nell'anno 2014 e, comunque, se e come il Governo intenda sollecitare la pubblicazione da parte della Commissione per le adozioni internazionali dei dati sulle adozioni realizzate nell'anno 2014;
   cosa intenda fare il Governo per ripristinare il regolare funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali come già segnalato in numerosi altri atti di sindacato ispettivo, a tutt'oggi rimasti in gran parte privi di risposta. (4-09310)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, FRUSONE, CORDA, BASILIO, DELL'ORCO e BUSTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la marina militare si insediò a Taranto nell'immediato periodo post unitario con una presenza massiccia ed invasiva sulle sponde del Mar piccolo di Taranto deturpato l'ambiente e l'economia locale basata sulla mitilicoltura e la pesca e divenendo la probabile complice del pesante inquinamento di quel mare, unitamente all'allora Italsider oggi ILVA;
   l'opinione pubblica, di recente (14 maggio 2015 alla trasmissione delle Iene sull'emittente Italia 1) è stata sensibilizzata sugli inquinamenti provocati dalla marina sia mercantile che militare;
   nel caso della città di Taranto, la base navale militare di recente si è trasferita dal Mar Piccolo alla rada del Mar Grande di Taranto;
   dalla stampa locale e dall'ANSA si è appreso che lo scorso 19 maggio «durante una attività di travaso gasolio tra due casse di deposito combustibile all'interno della Portaerei Cavour ormeggiata nella Stazione Mar Grande di Taranto, a causa del malfunzionamento di una sonda di livello, si è verificata una accidentale fuoriuscita a mare di una piccola quantità di gasolio. Lo rende noto il Comando marittimo sud, precisando che “al verificarsi dell'evento, seppur circoscritto e di lieve entità, il comando di bordo ha prontamente allertato il comando della Base Navale che ha provveduto all'immediato contenimento del piccolo specchio d'acqua interessato tramite la stesura di barriere antinquinamento”. Il successivo intervento di un mezzo navale specializzato per la raccolta di idrocarburi a mare “ha consentito la totale bonifica dell'area in poco più di un'ora”»;
   nell'area della base navale, nella prossimità della quale sussistono diverse coltivazioni di cozze, non è la prima volta che avvengono sversamenti in mare di idrocarburi. Sempre sulla stampa locale si è appreso che lo scorso 15 novembre 2013 una grande macchia oleosa venne avvistata nella base navale di Taranto –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle azioni di polizia ambientale intraprese dalla guardia costiera al fine di appurare le responsabilità dei danni ambientali causati dallo sversamento in mare del 19 maggio 2015;
   se il Ministero della difesa abbia aperto una inchiesta interna per verificare i motivi derivanti dal mancato funzionamento della sonda di livello che ha causato lo sversamento di gasolio dalla nave Cavour ed eventuali responsabilità riconducibili al personale preposto al controllo della stessa o alla qualità della sonda utilizzata;
   se esistano apposite direttive emanate dallo Stato maggiore della marina tese a prevenire incidenti di tale natura sia in porto che in navigazione e se esistano appositi piani d'emergenza per il recupero di agenti inquinati sversati in mare;
   se i rifiuti speciali presenti sulle navi militari, che necessitano di essere smaltiti, seguano un protocollo di tracciabilità e sapere, nel caso di Taranto, quali procedure vengano messe in atto;
   se intenda chiarire i fatti accaduti a Taranto e le relative procedure messe in atto dallo Stato maggiore della marina. (4-09297)


   MICILLO e DE ROSA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   San Vitaliano, comune in provincia di Napoli, riferisce in data 19 aprile 2015 il quotidiano on line «Il Mattino» nell'articolo «Campania. Giallo a San Vitaliano: fumi killer come in Cina, nessuno sa perché», «è il Comune più avvelenato dalle polveri sottili: record italiano, primato europeo e nella top ten dei luoghi più avvelenati del mondo»;
   dalla citata fonte giornalistica si apprende che «si registrano questi impressionanti dati d'avvelenamento dell'aria semplicemente perché l'amministrazione del piccolo centro del Nolano è stata l'unica ad attivarsi per ospitare una centralina di rilevamento»;
   il dato impressionante riguarderebbe la misura del Pm10, «se ce ne sono più di 50 microgrammi per metro cubo, scatta l'allarme. Ogni comune d'Italia può superare questa soglia solo 35 volte in un anno, se non vengono presi provvedimenti, scatta il deferimento alle autorità; a San Vitaliano quel limite è stato superato 51 volte in 100 giorni»;
   per ben 18 volte sarebbe stato superato il limite di 100 e sarebbero stati registrati addirittura picchi di 182, quasi quattro volte superiori alla norma;
   nel servizio si riporta come esempio indicativo a completamento del descritto quadro «che le malattie respiratorie sono in aumento»;
   da indagini dell'Arpac la centralina di rilevamento risulterebbe correttamente e regolarmente funzionante;
   i dati di rilevamento sono disponibili e consultabili (www.arpacampania.it);
   il sito del comune di San Vitaliano ha informato i cittadini testualmente: «Si porta a conoscenza che la centralina di rilevazione della qualità dell'aria posta in Via Risorgimento a San Vitaliano, sta registrando dati recanti valori inquinanti superiori ai limiti fissati dalla legge. Questa amministrazione comunale si è attivata ponendo in essere ogni azione tesa all'individuazione certa delle cause e alla risoluzione del problema in accordo con ASL ed ANPAC. Dato il permanere della criticità, l'amministrazione comunale ha convocato una Conferenza di Servizi invitando l'ASL competente territorialmente, l'ARPAC, i Sindaci dei comuni confinanti e le Associazioni Ambientaliste che ne facciano preventivamente richiesta e che risultino ammesse, per il giorno 24 aprile 2015 alle ore 11.00, presso la Casa Comunale» (http://hosting.soluzionipa.it)
   i dati sono consultabili sul sito web dell'ARPAC;
   comprensibile preoccupazione vi è al momento da parte della popolazione locale circa la situazione esposta in premessa;
   la direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell'aria fissa il limite di tolleranza giornaliero di concentrazione nell'aria del particolato fine PM10 a 50 μg/m3, valore che non deve essere superato per più di 35 giorni all'anno;
   la medesima direttiva ha reso definitivamente obbligatorio anche il monitoraggio del PM2,5, il particolato ultrafine che rappresenta la parte più nociva delle polveri sottili;
   la convenzione di Aarhus sottoscritta sotto l'egida dell'UN/-ECE (United Nations Economic Commission for Europe) nel 1998, entrata in vigore il 30 ottobre 2001 e ratificata dall'Italia con la legge n. 108 del 2001 assicura l'accesso del pubblico alle informazioni sull'ambiente detenute dalle autorità pubbliche, favorisce la partecipazione dei cittadini alle attività decisionali aventi effetti sull'ambiente ed estende le condizioni per l'accesso alla giustizia in materia ambientale –:
   se il Ministro sia a conoscenza della descritta situazione, di quali dati disponga con particolare riguardo alle cause dell'inquinamento alla base di questi dati;
   se il Governo non ritenga opportuno adottare delle iniziative, nell'ambito di propria competenza, al fine di evitare che l'Italia incorra in ulteriori sanzioni della Commissione europea, a causa del mancato rispetto dei previsti standard comunitari sulla qualità dell'aria. (4-09306)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, TOFALO, FRUSONE, BASILIO e D'UVA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta ilfattoquotidiano.it in data 16 maggio 2015 il delegato Cocer caporal maggiore capo scelto Girolamo Foti in forza al 46o reggimento trasmissioni di Palermo, sarebbe stato punito con tre giorni di consegna per avere i capelli asseritamente lunghi, nonostante che, dopo un iniziale richiamo verbale del suo comandante di compagnia, si fosse recato dal barbiere dello Stato maggiore Difesa;
   successivamente, in data 8 maggio 2015, allo stesso Foti veniva contestata dal proprio comandante di reggimento una presunta violazione del regolamento di disciplina punibile con la consegna di rigore in quanto il medesimo avrebbe «svolto attività connessa con la rappresentanza militare al di fuori dell'Organo di appartenenza avendo assunto la Presidenza dell'Organismo/Associazione Movimento Libera Rappresentanza»;
   dalla lettura dello statuto di detta associazione, liberamente consultabile sul sito internet della medesima, non risulta che la stessa sia un'associazione tra militari o che si occupi specificamente di tematiche relative alla rappresentanza militare ma sia un sodalizio tra cittadini per «la promozione della solidarietà e della responsabilità per costruire una nuova qualità del vivere civile»;
   in sostanza, al Foti viene contestato l'esercizio di un diritto civile costituzionalmente tutelato che non va a interferire con il suo status di militare né tantomeno con le sue attività di appartenente al Cocer;
   la vicenda è molto seria. E stranamente questo inusitato accanimento contro il Foti viene dopo che lo stesso in un paio di occasioni si è detto favorevole a un sindacato per i militari. Diritto riconosciuto recentemente dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ma evidentemente indigesto alle alte sfere delle forze armate e probabilmente anche alla Ministra Pinotti che ha fatto scrivere, in quello che pomposamente chiama Libro bianco della Difesa, che lo stesso non si sarebbe occupato del «complesso (sic) tema della Rappresentanza Militare, ... essendo prerogativa dell'azione del Parlamento» –:
   se quanto riportato in premessa risulti al Ministro;
   se il Ministro non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza per salvaguardare l'attività degli organi della rappresentanza militare e nello specifico di un loro delegato;
   se non ritenga inoltre di dover ribadire il diritto costituzionale di tutti i cittadini, compresi i militari, alla libertà di espressione e di associazione. (4-09308)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PISANO e CARIELLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 5-05526 del 6 maggio 2015, a firma degli interroganti, è stato chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze di assumere apposite iniziative volte a risolvere le problematiche applicative relative allo scomputo delle ritenute alla fonte a titolo di acconto operate l'anno successivo a quello di competenza, considerate le difficoltà derivanti dal mancato rilascio, da parte del sostituto, della certificazione attestante le ritenute effettuate sui compensi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di imputazione dei compensi stessi;
   gli interroganti hanno prospettato come possibili soluzioni l'introduzione dell'obbligo per il sostituto d'imposta di trasmettere in via telematica le ritenute operate per singolo versamento o con cadenza periodica mensile o trimestrale, nonché l'introduzione di un sistema telematico che consenta al sostituito di verificare l'adempimento e la correttezza dei dati dichiarati dal sostituto ed in possesso dell'Agenzia delle entrate;
   il Ministero dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia delle entrate, ha ritenuto le dette soluzioni «non in linea con le attuali esigenze di semplificazione, in quanto comporterebbero l'obbligo per il sostituto d'imposta di effettuare adempimenti ulteriori rispetto a quelli già previsti». Lo stesso Ministero ricorda che l'articolo 44-bis del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, che prevedeva in capo ai sostituti d'imposta l'obbligo di comunicare mensilmente in via telematica i dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo delle ritenute fiscali e dei relativi conguagli, mediante una dichiarazione mensile da presentare entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di riferimento, è stato abrogato dall'articolo 51 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69;
   la semplificazione cui si riferisce il Ministero sarebbe dunque rappresentata dalla presentazione da parte dei sostituti d'imposta della certificazione unica e del modello 770/semplificato, di recente modificati dal decreto legislativo n. 175 del 2014; in pratica, entro il 28 febbraio dell'anno successivo a quello in cui le somme e i valori sono stati corrisposti, il sostituto deve attestare le ritenute operate, consegnando la certificazione al sostituito e trasmettendola entro il 7 marzo all'Agenzia delle entrate (anche i fini della predisposizione della nuova dichiarazione dei redditi precompilata). Successivamente, i sostituti d'imposta devono comunicare all'Agenzia delle entrate, mediante una dichiarazione annuale, i dati relativi alle ritenute effettuate in ciascun periodo d'imposta, quelli relativi ai versamenti eseguiti, i crediti, le compensazioni operate e i dati contributivi e assicurativi. A tal fine, posso optare per il nuovo modello 770/semplificato;
   la semplificazione prospetta dall'Agenzia di fatto però non risolve il problema dell'omessa certificazione e dichiarazione delle ritenute da parte del sostituto; inadempimenti questi che finiscono per gravare sul sostituito. Anzi, come già rilevato nell'interrogazione citata, l'assenza di dati e notizie fiscali sul sostituto vincola l'Agenzia a rivolgersi al sostituito per il controllo della correttezza delle ritenute indicate in dichiarazione dei redditi; sicché, oltre alla decurtazione patrimoniale, subita a seguito della ritenuta, il sostituito finisce per essere costretto anche a dover sopportare il controllo fiscale dell'Agenzia e, soprattutto, a dover dimostrare la regolarità dei dati dichiarati attraverso costosissime gestioni manuali dei documenti da esso stesso prodotti ma anche prodotti da terzi, come istituti finanziari presso i quali è stato ricevuto l'incasso;
   le irregolarità, infedeltà e omissioni da parte del sostituto sono peraltro condizioni che si verificano con frequenza, soprattutto per le ritenute subite sui ricavi e compensi di imprese e professionisti. Di questo ne è consapevole la stessa Agenzia che è intervenuta con la risoluzione n. 68/E del 19 marzo 2009, precisando, in linea con la giurisprudenza consolidata, che in tutte le ipotesi di mancata ricezione della certificazione unica di cui all'articolo 4, comma 6-quater, del decreto del Presidente della Repubblica, n. 322 del 1998, il contribuente può avvalersi di documenti diversi per giustificare lo scomputo della ritenuta subita. Il citato documento di prassi precisa, infatti, che il contribuente può ottemperare alla formale richiesta di esibizione dei documenti, inviata dall'Agenzia delle entrate nell'ambito dei controlli ordinariamente previsti dall'articolo 36-ter del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, allegando la fattura emessa, nella quale è indicata anche la ritenuta che il sostituto è tenuto ad operare, nonché l'estratto del conto bancario e una dichiarazione sostitutiva dalla quale risulti che le somme accreditate sono riferite alla fattura allegata e non vi sono stati ulteriori pagamenti;
   tale risoluzione conferma dunque sia l'esistenza del fenomeno ma soprattutto attesta come il controllo ex articolo 36-ter sia di fatto rivolto esclusivamente al sostituito senza coinvolgere affatto il sostituto, unico responsabile dell'omissione contabile e dichiarativa –:
   quale sia, per le annualità a decorrere dal periodo d'imposta 2011, il numero di dichiarazioni dei redditi presentate da imprese e professionisti in cui vengono evidenziate ritenute subite;
   quale sia, per le annualità a decorrere dal periodo d'imposta 2011, il numero di dichiarazioni dei redditi presentate da imprese e professionisti in cui vengono indicate ritenute subite in misura superiore, o comunque non corrispondente, a quelle dichiarate nei modelli 770 presentati dai sostituti di imposta;
   quale sia, per le annualità a decorrere dal periodo d'imposta 2011, il numero di controlli eseguiti sulle dichiarazioni dei redditi presentate da imprese e professionisti, aventi ad oggetto la verifica della regolarità delle ritenute subite e indicate in dichiarazione;
   quale sia l'esito dei suddetti controlli, specificando nel dettaglio:
    a) il numero dei controlli definiti con l'adesione del contribuente;
    b) il numero dei controlli conclusi con l'annullamento della contestazione o archiviazione degli atti;
    c) il numero di controlli oggetto di contenzioso tributario ed il relativo esito;

   quale sia il numero di controlli eseguiti nei confronti dei sostituti d'imposta aventi ad oggetto la contestazione dell'omessa presentazione del modello 770 o della certificazione delle ritenute operate su compensi corrisposti a imprese e professionisti, specificando l'esito del controllo, il numero dei contenziosi instaurati ed il relativo esito, il maggior gettito conseguito sia in termini di entrate tributarie che di sanzioni amministrative pecuniarie. (5-05672)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, PESCO e FRUSONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   al personale dirigenziale del Corpo forestale dello Stato è attribuita l'indennità di posizione o l'indennità perequativa a seconda che rivestano la qualifica di dirigente superiore o di primo dirigente, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334 e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 3 gennaio 2001, qualifiche equiparate a quelle delle forze armate;
   le fonti normative richiamate e cioè l'articolo 1, comma 2, della legge n. 334 del 1997 e il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 2001, sono dunque inequivocabili nell'individuare come requisito fondamentale, ai fini dell'attribuzione delle indennità in parola, esclusivamente il grado o la qualifica rivestita non facendo alcun cenno alle funzioni esercitate;
   fino al 31 dicembre 2010 tutte le amministrazioni interessate hanno corrisposto tali indennità a decorrere dalla data in cui veniva attribuita la qualifica o il grado, non considerando il disallineamento temporale, che spesso si verificava, tra tale data e quella in cui il dipendente effettivamente esercitava le nuove funzioni e/o mansioni;
   tale orientamento, nella pratica, ha fatto sì che il personale del Corpo forestale dello Stato, che ha acquisito la qualifica di dirigente superiore e di primo dirigente entro il 31 dicembre 2010, abbia percepito le indennità in parola, ai sensi degli articoli 8 e 10 del citato decreto legislativo 155 del 2001 e successive integrazioni e modificazioni, a decorrere dal 1 gennaio dell'anno successivo a quello in cui si sono verificate le vacanze, anche se di fatto l'attribuzione delle nuove mansioni e/o dei nuovi incarichi di maggiore responsabilità, avveniva dopo diversi anni dall'attribuzione della qualifica stessa;
   a decorrere dal 1o gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2014 le amministrazioni interessate, tra cui il Corpo forestale dello Stato, non hanno corrisposto tali indennità in virtù di quanto previsto dell'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 78 del 2010 convertito con modificazioni dalla legge 122 del 2010 (blocco degli effetti economici – delle progressioni di carriera comunque denominate);
   l'ispettorato generale per gli ordinamenti del personale e l'analisi dei costi del lavoro pubblico – IGOP – della ragioneria generale del Ministero dell'economia e delle finanze, con proprio parere, ha avallato di escludere dal blocco di cui all'articolo 9, comma 21, del citato decreto-legge 78 del 2010; convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, le indennità di posizione e perequativa in quanto ad ogni attribuzione di qualifica di fatto, corrisponderebbe l'esercizio di nuove funzioni e/o mansioni;
   da quanto esposto si evince che il personale destinatario dei benefici previsti dall'articolo 1, comma 2, della legge n. 334 del 1997 e dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 2001, percepirà, a titolo di arretrato, gli emolumenti corrispondenti alle indennità in parola per il periodo dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2014;
   in prima battuta appare subito censurabile la competenza dell'IGOP in merito all'interpretabilità delle norme in generale, ma in particolare di quelle in cui, così come affermato dalla III Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 3189 del 23 giugno 2014, a cui ha fatto appello il Ministero dell'interno per la riforma della sentenza del TAR Lombardia – sezione staccata di Brescia – n. 01365/2007, concernente diniego di liquidazione dell'indennità perequativa quindi, chiamato a giudicare in merito all'applicabilità del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 gennaio 2001, «non vi è spazio per interpretazioni estensive, o tanto meno analogiche, ovvero per invocare supposti principi generali» e là dove, sempre nella stessa sentenza n. 3189, i giudici evidenziano come «pregio della norma invocata la chiarezza» nell'individuazione di un unico requisito necessario all'attribuzione della indennità in parola, e cioè quello dell'acquisizione della qualifica ovvero del grado non facendo alcun cenno alle funzioni esercitate. Per gli stessi motivi si ritiene che il medesimo principio di, non interpretabilità possa essere esteso anche all'articolo 1, comma 2, della legge 334 del 1997 –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, ritenga corretta l'interpretazione resa dall'IGOP e – soprattutto – se ritenga corretto, anche sulla base della decisione dalla III Sezione del Consiglio di Stato con sentenza n. 3189 del 23 giugno 2014, che l'IGOP abbia interpretato estensivamente una norma di tale portata, che comporterebbe un aggravio di costi ingiustificati per il bilancio dello Stato;
   se il Ministro interrogato non ritenga di evitare la enorme ed inaccettabile sperequazione che si determinerebbe nei confronti del personale non appartenente al ruolo dirigenziale che, in vigenza di blocco di cui all'articolo 9, comma 21, del decreto-legge 78 del 2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010, non ha percepito alcuna forma di arretrato. (4-09296)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GRILLO, D'UVA, MARZANA, DI VITA, LOREFICE, MANNINO, CANCELLERI, VILLAROSA, RIZZO, NUTI, LUPO e DI BENEDETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giornale La Sicilia del 15 maggio 2015, edizione Catania, riporta la notizia «Edilizia scolastica anche in Sicilia progetti e soldi fermi», nell'articolo a pagina 3, si legge:
    «In Campania, Sicilia e Calabria ci sono più di un miliardo di euro per edilizia scolastica, su 2,3 totali, bloccati in progetti superati e che devono essere riprogrammati per non finire persi.»;
    «Se le risorse ci sono perché le scuole sono in uno stato a volte disastroso ? La risposta che esce dai primi dati raccolti dalla task force sull'edilizia scolastica è chiara: l'inerzia.»;
    «Nei 397 progetti monitorati su un totale di 9.936 nelle tre regioni, nel 62,5 per cento dei casi sono state rilevate delle criticità legate a inadeguatezza tecnica o inerzia. Nel dettaglio il 27 per cento dei progetti analizzati ha avuto esito positivo, ed è stato portato a termine, il 22 per cento è in corso e il 51 per cento ha avuto esito negativo, cioè non più realizzabile perché superato o non più necessario.»;
    «Delrio ha sottolineato che il ministero per sbloccare queste situazioni continuerà a sorvegliare e, nel caso, a revocare i finanziamenti se non si rispetteranno i tempi.»;
   in Sicilia la condizione dell'edilizia e degli edifici scolastici continua ad essere in uno stato di emergenza, a seguito della vetustà degli edifici e per i rischi legati alla morfologia del territorio, a partire da quelli collegati dal dissesto idrogeologico –:
   se non ritenga di fornire chiarimenti sul numero di cantieri, impegnati in lavori di edilizia scolastica, fermi a causa dell'inerzia delle pubbliche amministrazioni;
   quali siano i progetti di edilizia scolastica bloccati e che devono essere riprogrammati per non andare persi nelle province di Catania e di Messina;
   se non ritenga di assumere iniziative, per quanto di competenza, per sbloccare urgentemente i lavori finalizzati a interventi di edilizia scolastica nella regione Sicilia, anche alla luce dei rischi derivanti dalla vetustà degli edifici e di quelli legati alla morfologia del territorio;
   se siano stati revocati i finanziamenti a progetti di edilizia scolastica che non abbiano rispettato i tempi di realizzazione dei lavori e quali siano, in particolare. (5-05674)


   SEGONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi anni, dal 2009 al 2015, il servizio ferroviario alta velocità è cresciuto notevolmente specialmente sulla linea cosiddetta «direttissima» — DD —, Roma-Firenze, con i FrecciaRossa e i FrecciaArgento di Trenitalia e con gli Italo di Ntv, la linea direttissima, sulla tratta Firenze-Figline Valdarno, prevede anche le tracce e il passaggio quotidiano di 38 treni regionali veloci che si riferiscono in particolare alle linee Firenze-Arezzo-Chiusi-Roma e Firenze-Arezzo-Terontola-Foligno. Tali treni regionali sono utilizzati ogni giorno da oltre 10.000 pendolari, provenienti in particolare dal Valdarno fiorentino e aretino, stazioni di Figline, S.Giovanni, Montevarchi, da Arezzo e Valdichiana;
   con l'aumento progressivo negli anni dei treni ad alta velocità è parimenti aumentata anche la criticità dei treni regionali nell'uso della linea direttissima, perché sono continue le interferenze, specialmente nelle ore di punta — fascia pendolare h. 6-9 e 17-19 — con i treni AV, a cui RFI dà spesso la precedenza sui treni regionali, che sono costretti a sostare per 5-15 minuti ogni volta (in base al numero di Frecce e Italo in transito) prima di entrare nella direttissima, al bivio Valdarno Nord in andata e al bivio di Firenze Rovezzano al ritorno, dando luogo ai soprannominati «inchini». Le frequenti interferenze causano conseguentemente ritardi ai treni regionali (ritardi poi recuperati nelle tratte successive per tempi di percorrenza ampi) e quindi alle migliaia di pendolari che li usano, sia per recarsi la mattina al lavoro o allo studio a Firenze che per ritornare il pomeriggio al proprio domicilio nel Valdarno o ad Arezzo;
   di recente c’è stato un salto di qualità con la sistematica espulsione dei treni regionali dalla linea direttissima, per permettere ai treni AV di avere la linea completamente libera e quindi recuperare in velocità eventuali ritardi. RFI procede così al dirottamento dei treni regionali sulla linea lenta aretina, per la stazione di Pontassieve e Valdarno, con conseguente allungamento della linea e ulteriore aumento dei tempi di percorrenza e dei ritardi per i pendolari;
   nel maggio 2012 la regione Toscana aveva aperto un tavolo di confronto con i vertici di RFI, responsabile della circolazione ferroviaria, ma le risposte, che dovevano arrivare in breve tempo, non ci sono state;
   la sottoscrizione dell'atto «integrazione all'intesa quadro fra Governo e regione Toscana sulle infrastrutture del 17 giugno 2011», prevede tra l'altro uno studio di fattibilità, da parte di RFI, sulla linea Firenze-Roma, nella tratta Firenze Rovezzano-Figline Valdarno, con il finanziamento di 1 milione di euro, per verificare l'incremento delle capacità ferroviarie della tratta e del mantenimento dei treni regionali esistenti;
   l'accordo per l'aggiornamento delle opere relative al nodo ferroviario AV di Firenze del 3 agosto 2011, sottoscritto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, RFI, regione Toscana, provincia e comune di Firenze, prevede all'articolo 5, «Modello di esercizio ed adeguamenti infrastrutturali del nodo ferroviario fiorentino», che «R.F.I. s.p.a. s'impegna, inoltre, a procedere, entro due anni dalla sottoscrizione dell'Accordo, ad una sperimentazione in esercizio di un sistema di distanziamento “a sezioni ridotte” che interessi la tratta “Rovezzano Campo di Marte” e precisa che in particolare dovrà essere garantito il mantenimento dell'attuale offerta di servizi regionali in transito sulle tratte DD/AV fra Rovezzano e Valdarno Nord». Inoltre, si indica che «al fine di consentire il mantenimento sulla tratta Firenze-Figline Valdarno degli attuali servizi, sia in termini di quantità che qualità (instradamento, tempi di percorrenza), anche a seguito dell'entrata a regime del sistema complessivo dell'AV/AC si rende necessario studiare i possibili interventi per incrementare la capacità di tale tratta, valutando anche la possibilità di utilizzare treni regionali in grado di raggiungere velocità di 200 chilometri ora»;
   nei mesi scorsi RFI ha ipotizzato e proposto alla regione, ai comuni del Valdarno e al «comitato pendolari Valdarno Direttissima» una sperimentazione per una coppia di treni di spostamento dalla linea DD — tratta bivio Firenze Rovezzano e bivio Valdarno Nord — alla LL per Pontassieve, adducendo la «separazione dei flussi ferroviari» come possibilità di «regolarizzare» il ritardo dei tempi di viaggio, di massimo 5 minuti, ma dopo un primo confronto fra le parti ogni decisione sulla proposta di RFI è stata rinviata;
   di recente, 10 aprile 2015, la regione Toscana e RFI hanno sottoscritto un protocollo d'intesa preliminare alla stipula dell'accordo quadro, dove, tra l'altro, si afferma: «In tutti i casi di conflitto fra i servizi regionali/interregionali e l'offerta della lunga percorrenza, in particolare nelle fasce pendolari e nelle tratte a capacità limitata quali Firenze Statuto/Firenze Campo Marte e Firenze Campo Marte — Firenze Rovezzano, RFI si impegna a dare priorità ai treni che rispettano la traccia oraria e mantenere il percorso programmato»;
   nel suddetto protocollo d'intesa si afferma altresì: «Per quanto concerne la gestione operativa, le parti (Regione e RFI, ndr) concordano sulla: necessità di un monitoraggio costante e puntuale sull'andamento del servizio, volto a individuare le situazioni di conflitto all'origine di perturbazioni d'orario e a rimuoverne le cause; opportunità di predisporre, a seguito del monitoraggio, specifici interventi in gestione operativa ovvero interventi di riprogrammazione dei servizi a breve/medio termine, anche a carattere sperimentale, al fine di testarne i risultati e l'efficacia per un'eventuale conferma in orario»;
   sulla linea DD viene anche previsto un nuovo sistema di segnalamento, denominato «ERTMS», di cui anche i treni regionali dovrebbero esserne dotati, altrimenti non potrebbero percorrere la DD;
   il nuovo velocissimo Frecciarossa ETR1000 entrerà in esercizio sulla Roma-Milano con 50 convogli progressivamente (pare 5-6 nuovi convogli al mese), dal 14 giugno 2015, riducendo gli attuali tempi di percorrenza dei treni AV. Ma attualmente la rete AV italiana non permette velocità di crociera commerciali superiori ai 300 chilometri orari e la Firenze-Roma è stata concepita fin dall'inizio per i 250 chilometri orari: potrebbe essere convertita ai 300 solo parzialmente e solo a prezzo di investimenti significativi, che attualmente non sarebbero previsti;
   è sempre più crescente la protesta e la preoccupazione delle migliaia di pendolari del Valdarno per il futuro dei treni regionali interessati all'uso della direttissima, treni che rischiano di essere destinati a finire sempre più, o addirittura definitivamente, sulla linea lenta aretina, con aumento dei tempi di percorrenza e con ritardi nei tempi di viaggio dei pendolari –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere, anche nei confronti di RFI, per garantire la riduzione progressiva ed eliminazione delle interferenze e dei «conflitti» dei treni alta velocità con i treni interregionali e regionali sulla linea direttissima, sulla tratta Firenze-Figline Valdarno, evitando ritardi sempre maggiori o le deviazioni sulla linea lenta aretina e confermando gli impegni previsti anche nei vari e citati atti e accordi fra Governo, RFI e regione Toscana;
   se da parte di RFI sia stato realizzato o sia intenzione di realizzare lo studio di fattibilità, previsto dall'integrazione all'intesa quadro fra Governo e regione Toscana sulle infrastrutture del 17 giugno 2011, sulla linea Firenze-Roma, nella tratta Firenze Rovezzano-Figline Valdarno, con il finanziamento di 1 milione di euro, per verificare l'incremento delle capacità ferroviarie della tratta e del mantenimento dei treni regionali esistenti;
   se da parte di RFI ci sia la volontà di progettare interventi strutturali e realizzare una velocizzazione della linea lenta aretina, nella tratta Firenze Rovezzano-Incisa Valdarno, e con quali eventuali risorse finanziarie;
   se da parte di RFI ci sia la volontà di sperimentazione in esercizio il sistema di distanziamento «a sezioni ridotte», che interessi la linea AV nella tratta fiorentina «Rovezzano Campo di Marte», e se siano già allo studio possibili interventi per incrementare la capacità di tale tratta, valutando anche la possibilità di utilizzare treni regionali in grado di raggiungere velocità di 200 chilometri ora, così come indicato nell'accordo per l'aggiornamento delle opere relative al nodo ferroviario AV di Firenze del 3 agosto 2011, sottoscritto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, RFI, regione Toscana, provincia e comune di Firenze;
   se in previsione dell'arrivo dal 14 giugno 2015 del nuovo Frecciarossa ETR1000 sia stata anche prevista la conversione ai 300 chilometri orari della linea DD Roma-Firenze e, in caso affermativo, con quali tempi di intervento per le opere e quali siano i relativi costi di investimento. (5-05675)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il servizio taxi, disciplinato dalla legge 15 gennaio 1992, n. 21, viene definito servizio di trasporto pubblico non in linea;
   la materia è devoluta alle regioni, le quali, ai sensi dell'articolo 4 esercitano le loro competenze in materia di trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e, nel quadro, dei principi fissati dalla presente legge;
   il successivo articolo 5 disciplina, poi, le competenze comunali per cui, al comma 1, lettera d), si prevede che questi stabiliscano i requisiti e le condizioni per il rilascio della licenza per l'esercizio del servizio di taxi e della autorizzazione per l'esercizio del servizio di noleggio con conducente;
   la cronaca di questi ultimi giorni, riporta il caso, di gravi abusi del servizio taxi e di noleggio con conducente che riguarda la stazione e l'aeroporto di Venezia, ma che può essere esteso anche ad altre realtà come il Friuli, dove si apprendono simili notizie sui giornali locali;
   da quasi un anno, sono apparsi circa 40 pulmini con targa slovena piazzati in pianta stabile soprattutto all'aeroporto, al porto e in stazione. E sono in continuo, costante aumento;
   «Rischia di riprodursi e diffondersi una sorta di nuovo fenomeno – Tronchetto, con operatori abusivi e decine di minibus che esercitano in pianta stabile l'attività di navetta e trasporto passeggeri. A tutto danno degli imprenditori regolari» denuncia il responsabile del settore Trasporto persone per la Fita-Cna, l'organizzazione di categoria dei trasportatori locali che ha segnalato la cosa alla Guardia di Finanza e ha chiesto un incontro anche alla Polizia stradale: «I colleghi imprenditori minacciano di licenziare tutto il personale e portare le navette all'estero, mettere targhe slovene e tornare a lavorare qui»;
   tali azioni, oltre ad essere illegali e gravemente dannose per i servizi regolari di taxi, restituiscono una pessima immagine del nostro Paese ai turisti che ogni giorno atterrano nei nostri aeroporti o arrivano nelle nostre stazioni se non quando causano un vero e proprio danno economico ai clienti ed ai lavoratori regolari;
   la vigilanza degli organi preposti ed il contrasto del fenomeno abusivo risultano, largamente insufficienti e inadeguati, almeno così riferisce il responsabile di cui sopra in quanto la Guardia di Finanza non gli ha dato molte speranze: «Ci dicono che incontrano mille difficoltà perché c’è poca collaborazione con la Slovenia, quindi i tempi sono lunghi» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;
   quali iniziative urgenti e straordinarie, nell'ambito delle proprie attribuzioni, intendano assumere per contrastare l'abusivismo tutelando in maniera adeguata chi svolge il servizio taxi nel rispetto della normativa vigente. (4-09295)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ZANIN e PRINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'opinione pubblica nel nostro Paese viene costantemente spinta dai mass media a mettere in discussione il proprio grado di sicurezza e la tipologia di rischi che intaccano il territorio, in particolar modo dai reati che di volta in volta inondano le cronache;
   la prevenzione, il cui cardine è in primo luogo rappresentato dalla presenza delle forze di pubblica sicurezza con un'operatività effettiva e qualificata, resta di gran lunga la strada da privilegiare per contrastare la generalità dei crimini; in tal senso, la presenza di addetti alla sicurezza diffusa sul territorio è la forma indispensabile per assicurare sia il senso di sicurezza dei cittadini che la possibilità di intervento rapido, condizione quest'ultima assicurata per altro da personale adeguato agli interventi operativi sia in termini di numero che di qualifica, ivi compresi i fattori di ruolo, di grado e di anzianità delle forze disponibili nell'ambito delle unità operative;
   nel territorio della regione Friuli Venezia Giulia, da tempo non più confine extra Unione europea, si consumano reati distribuiti in tutto il territorio che vedono spesso protagonisti delinquenti con residenza e/o base operativa extraregionale e internazionale, contro i quali non è necessario attestare il presidio in primo luogo lungo le zone di confine;
   oltre ad essere sede di una delle più grandi basi dell'aeronautica statunitense in Europa, il territorio della provincia di Pordenone appare contrassegnato da specificità importanti in termini di sicurezza poiché trattasi di una zona segnata da una forte presenza di immigrati con i problemi di integrazione e con le conseguenti tensioni dovute alla crisi economica al punto da essere segnalata quale sede di reclutamento per i combattenti islamici;
   tali criticità in tema di sicurezza si sono chiaramente palesate in queste ultime settimane che hanno portato Pordenone al centro dell'attenzione nazionale per i ripetuti fatti di cronaca nera che hanno allertato ulteriormente le comunità locali e le autorità;
   assumendo ulteriormente il dato che il 15 maggio 2015, terminato il periodo di attività didattica presso gli istituti di istruzione per allievi agenti della polizia di Stato con contestuale assegnazione finale dei frequentatori, il territorio pordenonese non risulta essere inserito nell'elenco delle province di assegnazione, con la conseguente mancata implementazione dell'organico e con il probabile mancato turn-over –:
   in che termini nell'ambito della regione Friuli Venezia Giulia sia assicurato il presidio di sicurezza del territorio, ovvero in termini statistici, come siano ripartiti per provincia, con riferimento ai dati assoluti degli effettivi degli ultimi tre-cinque anni per polizia, carabinieri e guardia di finanza, le forze di sicurezza nei territori di Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, e inoltre quali siano i luoghi di dislocazione nel territorio regionale, il turn-over medio del personale, i mezzi a disposizione, ivi comprese eventuali dotazioni tecnologiche speciali, la ripartizione per forze e grado nel caso della polizia di Stato;
   se non ritenga opportuno, per quanto in premessa, predisporre un piano che ponga in essere una risposta in termini di qualità e quantità alle esigenze di sicurezza evidenziate di tutto il territorio in questione. (5-05673)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SALTAMARTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come risulta da notizie apparse su quotidiani nazionali, tra cui anche il quotidiano «Libero» del 29 aprile 2015, dal quale risulta che si prevederebbe la chiusura, oltre a degli accorpamenti, di ben 10 commissariati della Polizia di Stato nel comune di Roma;
   tale riassetto preclude, da un lato, il presidio del territorio che in questo momento appare ancora più necessario, tenuto conto che il Governo, e in particolare il Ministro in indirizzo, ha più volte garantito il proprio sostegno alle forze di polizia soprattutto in questo periodo che vede l'Italia, e in particolare Roma e la Città del Vaticano, quale possibile obiettivo del terrorismo islamico, stante la previsione del Giubileo straordinario la cui apertura è prevista per l'8 dicembre 2015 e il cui termine è previsto per il 20 novembre 2016, e dall'altro lato, occorre altresì evidenziare anche le richieste della procura della Repubblica di Palermo circa la necessità di migliorare ed incrementare la presenza sul territorio delle forze dell'ordine, per far fronte all'importante flusso migratorio proveniente dai Paesi africani;
   inoltre si aggiunga che è previsto, altresì, un ridimensionamento dell'organico della Polizia di Stato che è già ampiamente sottodimensionato (di 100 unità nella sola città di Roma e di circa 18.000 in tutta Italia). Come è risaputo anche le organizzazioni sindacali delle forze dell'ordine (in questo senso il SAP di Roma Sindacato Autonomo di Polizia —) hanno più volte evidenziato la grave carenza complessiva dell'organico di circa 42.000 unità oltre a rappresentare anche l'impossibilità di garantire per il futuro la sicurezza «siamo allo stremo, oggi non siamo in grado di garantire la sicurezza dei cittadini (dichiarazione del Segretario provinciale del SAP di Roma, quotidiano “Libero”, 29 aprile 2015, pag. 19)»;
   il Giubileo straordinario che si svolgerà dal mese di dicembre 2015 genererà con certezza un considerevole afflusso di turisti e pellegrini. L'evento richiederà, necessariamente, un incremento dei presidi e il potenziamento delle attività di vigilanza dei luoghi sensibili, e non certamente la previsione di una chiusura di quelli esistenti oppure il loro l'accorpamento –:
   se il riassetto sopra riferito corrisponda al vero, e nel caso quali interventi, anche di natura emergenziale, intenda predisporre questo Ministro interrogato al fine di evitare, un grave rischio per la sicurezza dello Stato e per l'incolumità dei cittadini, in particolare per quelli della città di Roma, tenuto conto sia dell'apertura del Giubileo straordinario prevista per 1'8 dicembre 2015 e sia della richiesta avanzata dalla procura della Repubblica di Palermo, e se intenda risolvere la cronica carenza di organico e le problematiche derivanti dal blocco del turnover dell'organico delle forze dell'ordine che ostacolano un'efficace politica per la sicurezza. (4-09293)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Pistoia si attende da mesi il trasferimento di questura e polizia stradale negli uffici del Nuovo polo della sicurezza, ultimato ma ancora inutilizzato;
   gli immobili che attualmente sono la sede di questura e polizia stradale sono pericolosi, non a norma e costosi e del tutto inadatti ad ospitare i presidi dello Stato sul territorio;
   inoltre, i tagli al settore della sicurezza nella provincia di Pistoia hanno dato luogo ad una riduzione dell'organico tale da renderlo ad oggi insufficiente a svolgere tutti i servizi essenziali e hanno determinato forti carenze nell'equipaggiamento di uomini e mezzi della Polizia;
   l'insufficienza di uomini, strumenti e risorse finanziarie a disposizione delle forze di polizia mette a rischio la loro incolumità e quella di tutti i cittadini, oltre a determinare gravissime ripercussioni negative sul controllo del territorio ed il contrasto della criminalità –:
   quali iniziative intenda assumere rispetto ai fatti di cui in premessa, e se non ritenga di riconsiderare i tagli alla sicurezza che stanno danneggiando gli operatori del settore e tutti i cittadini italiani. (4-09294)


   RAMPELLI. — Al Ministro dell'interno. Per sapere – premesso che:
   nell'ambito della «Procedura aperta volta alla conclusione di un accordo quadro tra la prefettura di Roma e più soggetti economici operanti nella Provincia di Roma, per il periodo 1o maggio 2015 – 31 dicembre 2015, per assicurare i servizi di accoglienza ai cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale e la gestione dei servizi connessi», sembra essere in atto anche la trasformazione della ex scuola privata Socrate, nel quartiere di Casale San Nicola, nel XV municipio per essere destinata ad ospitare circa un centinaio di profughi richiedenti asilo;
   l'edificio non possiede i requisiti necessari per ottenere l'abitabilità per così tante persone ed è ubicato in un luogo isolato e privo delle opere di urbanizzazione primaria;
   in particolare, manca l'illuminazione delle strade, il manto stradale è dissestato a causa della presenza sulle banchine di filari di pini, ed è assente la rete fognaria;
   nell'edificio non sono rispettate le condizioni minime di sicurezza sotto il profilo della prevenzione degli incendi, perché vi è un tetto in legno e manca l'alimentazione idrica adeguata per idranti;
   durante la risposta ad un atto di sindacato ispettivo, lo scorso 20 maggio il Ministro per le riforme costituzionali ha affermato che «con riferimento nello specifico alla frazione de La Storta, è noto che, tuttora, sono in corso verifiche e accertamenti proprio per garantire che la struttura che dovrà accogliere i migranti sia completamente a norma sia per quanto riguarda l'antincendio, sia per quanto riguarda l'urbanizzazione primaria. Quindi, sicuramente si stanno facendo tutti i controlli per garantire la sicurezza e la salute di tutti, da chi viene accolto a chi vive nella zona»;
   secondo quanto segnalato in un esposto presentato al XV Municipio di Roma nel cantiere non è esposto alcun cartello con le indicazioni specifiche dei lavori in corso e della responsabilità degli stessi. Sempre dallo stesso esposto si evince che tale mancanza deriverebbe dalla presentazione di una semplice CIL integrata poi da una CILA «la cui validità deve essere nulla laddove non vengano soddisfatti i requisiti nell'allegato prospetto vincoli;
   i residenti all'interno del comprensorio e nelle zone limitrofe hanno già sottoscritto una segnalazione nella quale evidenziano la propria preoccupazione in ordine al progetto, soprattutto con riferimento alla sicurezza nella zona;
   nell'area di Roma nord ci sono già uno dei più estesi campi nomadi sulla Via Tiberina, un Centro di accoglienza per immigrati sito in Via di Grottarossa e un sito di transito per rifugiati istituito all'interno del «Camping Tiber», a Primaporta;
   soprattutto nei primi due di questi centri si sono verificati con frequenza disordini, e si teme che la creazione di una ulteriore struttura di accoglienza, perlopiù in condizioni di estrema disagiatezza, possa portare il territorio a saturazione –:
   se non ritenga, in attesa dei risultati delle verifiche di compatibilità di cui alla risposta del Ministro, di valutare, per quanto di competenza, un sito alternativo. (4-09305)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riferisce lo stesso Ente nazionale protezione animali nel comunicato stampa del 21 maggio 2015, nella nottata appena trascorsa, una trentina di persone, fra cui alcuni minori, hanno assaltato la sede e l'ambulatorio sociale dell'Ente di via Germagnano 8 a Torino, distruggendolo completamente e lasciando terrorizzati ed imprigionati nelle gabbie rovesciate alcuni animali ospitati nell'ambulatorio, su cui sono in corso accertamenti clinici, terminata la loro «opera» sono rientrati nel campo, sotto gli occhi dei carabinieri;
   sempre secondo quanto riferisce l'Enpa, si stimano danni ad impianti, apparecchiature elettroniche e medicali, mobilio, medicinali per circa 100 mila euro. A ciò si aggiunge il danno ulteriore che molta documentazione è andata distrutta per l'allagamento dovuto ai tubi letteralmente strappati dai muri;
   una devastazione, annunciata da decine di intrusioni denunciate negli ultimi mesi ed oggetto di diverse interpellanze comunali che hanno solo evidenziato l'incapacità del comune e della prefettura di Torino nel garantire un minimo di ordine pubblico e pubblica sicurezza nella città Torino e nei suoi quartieri dove la presenza di onesti cittadini arreca, a giudizio dell'Enpa e dell'interrogante, evidentemente fastidio alle attività illecite;
   questo vero e proprio attentato alla tutela degli animali, che è indicatore di civiltà per la società civile, è il simbolo di una città che, mentre ridimensiona e centellina servizi previsti e garantiti dalla legge, concede, sempre a giudizio dell'interrogante e dell'Enpa, ai rom milioni di euro spesi in permissivi mediatori culturali, disprezzata assistenza sanitaria nei campi, inefficaci cooperative di sostegno, inutile personale di vigilanza, continue ristrutturazioni di ciò che essi distruggono, con quotidiani interventi di vigili del fuoco;
   sempre secondo il citato comunicato stampa, le forze dell'ordine intervengono solo per verbalizzare i danni, osservando ignave la quotidiana proliferazione di nuovi insediamenti abusivi e ritornando il più presto possibile al sicuro dei propri comandi. Ad essere lasciata in balia della impunita arroganza di questi nomadi, ormai solo di nome perché difficilmente si staccano dai servizi gratuiti garantiti senza nessuna contropartita sociale, è l'iniziativa privata e solidaristica;
   Enpa di Torino ha preso atto che le istituzioni locali e nazionali preposte non sono in grado di garantire l'ordine pubblico né l'integrità della struttura e degli eventuali ennesimi ripristini, né la sicurezza a dipendenti, volontari ed animali ospiti, e provvederà nei prossimi giorni all'evacuazione della struttura, il cui futuro dipenderà da atti concreti e non dalle parole del buonismo politicamente corretto. Un danno enorme per l'Enpa, ma anche per la civiltà di una città ormai avamposto di invasioni barbariche;
   a giudizio dell'interrogante, oltre all'ignavia delle istituzioni locali e nazionali, v’è l'aggravante che ancora una volta il Governo non da alle forze dell'ordine i mezzi e la possibilità di mantenere la sicurezza pubblica;
   ritenendo l'interrogante che il Governo nazionale non riesce a garantire la sicurezza pubblica, si chiede se il comune di Torino voglia direttamente intervenire per garantire la sicurezza in quella parte della città dove più frequentemente si verificano episodi come quelli poc'anzi riferiti;
   si continuano a spendere risorse su risorse per l'assistenza sanitaria nei campi Rom, assistenza che i destinatari spesso nemmeno apprezzano, oppure per formule di inefficace cooperazione e, nel frattempo, bisogna aggiungere altri fondi per ripristinare ciò che ai rom non piace e che quindi viene sistematicamente distrutto, offendendo la dignità dei cittadini di Torino anche perché tutto rimane impunito;
   a giudizio dell'interrogante bisogna urgentemente provvedere per scongiurare l'abbandono di quel territorio da parte dell'Enpa, con tutto quel che ne conseguirebbe per il benessere degli animali, indicatore di civiltà in una società civile –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato affinché siano risolte le problematiche esposte in premessa.
(4-09311)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'inviato di Repubblica, Paolo Berizzi, ha scritto in un recente articolo che in una scuola materna pubblica di Cantù ci sarebbe un bambino di quattro anni con l'abitudine, inculcata dai genitori, di fare il saluto romano. Le maestre, indignate, avrebbero minacciato di cacciarlo dall'asilo se i genitori non fossero intervenuti;
   nell'articolo si dice anche che questo bimbo sarebbe figlio di una «provincia nera» e questo solo perché Cantù, da due anni, ospita il Festival Boreal, un raduno organizzato da Forza Nuova;
   a scatenare polemiche sul raduno è stata l'autorizzazione concessa dal sindaco di Cantù il quale, per garantire a tutti diritto di espressione, ha dato il benestare all'evento;
   il sindaco sostiene che nelle scuole della sua città non ci sia traccia di questo bambino e che di sicuro non frequenta una scuola di Cantù, come avrebbero confermato i direttori delle scuole materne della zona;
   il sindaco dunque sostiene che Repubblica abbia scritto il falso e per questo motivo intende querelare il giornale;
   anche al provveditorato di Como sarebbero rimasti molto sorpresi, non avendo mai ricevuto segnalazioni simili;
   dal canto suo, Paolo Berizzi conferma tutto, ma non ha intenzione di dire di più per tutelare la sua fonte e non rivela neppure quale sia la scuola –:
   se abbia notizie in merito alla vicenda esposta;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro visto che, anche nel caso in cui questa notizia non fosse confermata, il danno di immagine per la città e per la scuola pubblica è stato evidente. (4-09298)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, GAGNARLI, BENEDETTI e PARENTELA. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il batterio «Xylella fastidiosa» è un patogeno da quarantena che si è palesato per la prima volta in Europa in Salento, in Puglia. Originario dell'America centrale è giunto, presumibilmente attraverso l'importazione di piante ornamentali dal continente americano. Il batterio, per la prima volta al mondo, ha attaccato gli oliveti e si propaga attraverso la «cicala sputacchina», insetti vettori ad apparato pungente-succhiatore (Homalodisca Coagulata) che, una volta assorbita la linfa delle piante, trasportano il batterio su altri fusti;
   sono oramai incalcolabili i danni per i florovivaisti salentini colpiti dall'embargo e per gli agricoltori, che hanno dovuto assistere al crollo della produzione olivicola nonché al disseccamento rapido di innumerevoli olivi nei propri campi;
   il timore del propagarsi di questo batterio ha spinto numerose altre nazioni ad effettuare l'embargo di determinati prodotti dall'Italia, nonostante il ceppo della «Xylella fastidiosa» presente in Salento abbia attaccato solamente gli oliveti. In data 14 gennaio 2015, la direzione della protezione delle piante e dei controllo tecnico in capo al Ministero dell'agricoltura e dello sviluppo rurale del Governo algerino ha disposto la sospensione dell'importazione dall'Italia delle barbatelle da vite adducendo come motivo la presenza del batterio. Dal 6 aprile 2015 è in vigore il decreto varato dal Ministro dell'agricoltura francese, Stephane Le Foll, che impone il blocco delle importazioni di 102 specie vegetali dai territori colpiti dal batterio (ulivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, agrumi, ciliegio, gelso e numerose piante ornamentali), una decisione legittima secondo la Commissione europea che la descrive come «misure in linea con la legislazione Ue»;
   questa situazione è sfociata in una vera e propria «psicosi da Xylella» probabilmente dovuta a disinformazione, mancata chiarezza delle notizie e strumentalizzazione politica. Si è proceduto alla equiparazione tra embargo delle importazioni di materiale vegetale (piante) con embargo dei prodotti agricoli. In Puglia, attraverso il candidato alla presidenza della regione Puglia Francesco Schittulli, è stata persino lanciata la campagna #iononcomproMadeinFrance per rispondere alla presunta guerra commerciale sui prodotti agricoli pugliesi messa in atto da Parigi;
   questo bailamme di dichiarazioni generato dalla stampa non ha fatto altro che aumentare i timori dei Paesi importatori di prodotti agricoli provenienti dalla Puglia. Molte imprese esportatrici di prodotti ortofrutticoli, infatti, lamentano la richiesta di informazioni chiare da parte dei loro clienti a cui non riescono a fornire una risposta univoca e definitiva sulla sicurezza della propria merce;
   come esplicitato dal Presidente del CNO (Consorzio nazionale degli olivicoltori), Gennaro Sicolo, in una nota inviata in data 19 maggio 2015 ai Ministri interrogati ed alla Presidenza del Consiglio, una cooperativa aderente al Consorzio ha ricevuto richieste da clienti giapponesi di avere rassicurazioni circa l'assenza del batterio nelle partite di olio extravergine di oliva esportate in quel Paese;
   questi episodi rischiano di creare turbative, di provocare la contrazione dei flussi di esportazione dei migliori prodotti ortofrutticoli e olivicoli italiani a vantaggio dei concorrenti e, ove non adeguatamente affrontati, potrebbe innescare dei comportamenti opportunistici e speculativi, arrivando ad alimentare anche delle potenziali guerre commerciali –:
   se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere iniziative volte a predisporre e diramare un documento scientifico in cui si attesti e dimostri che il batterio da quarantena «Xylella fastidiosa» non intacca i prodotti agricoli finali, in special modo l'olio di oliva e l'olio extravergine oliva. (4-09301)


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo pubblicato il 19 maggio sul sito https://farmaciavirtuale.it, si legge che l'agenzia di stampa Adnkronos ha condotto un'inchiesta riguardante il mercato in Italia dei farmaci ad uso veterinario;
   secondo l'inchiesta, risulta che il mercato italiano del farmaco ad uso veterinario abbia un volume di affari di oltre 600 milioni di euro l'anno, con una spesa media annua a famiglia di circa 100 euro;
   il trend positivo di tale mercato, sarebbe dovuto all'alto costo dei medicinali ad uso veterinario rispetto ai medicinali con lo stesso principio attivo destinato ad uso umano: ad esempio, una confezione di gastroprotettore per animali avrebbe un costo al pubblico doppio rispetto al farmaco ad uso umano;
   durante l'inchiesta, il presidente del Sindacato italiano dei medici veterinari, Angelo Troi, avrebbe confermato che a parità di principio attivo e quantità, i farmaci ad uso veterinario avrebbero un costo maggiore di quelli ad uso umano; avrebbe, poi, asserito che nonostante la normativa europea preveda la somministrazione di farmaci ad uso umano in alcuni casi eccezionali, le aziende farmaceutiche avrebbero tutto l'interesse a mantenere questo doppio mercato dei farmaci;
   proprio per la forte disparità di prezzo dei medicinali e per il notevole volume d'affari del mercato del farmaco ad uso veterinario, l'Ente nazionale protezione animali avrebbe lanciato una petizione tuttora in corso via web su Change.org raccogliendo oltre 76 mila firme per chiedere al Ministro della salute Lorenzin la modifica della legge italiana in materia;
   la petizione dell'Ente nazionale protezione animali, condividendo la necessità di garantire la salute degli animali e non concordando con il fatto che farmaci ad uso veterinario abbiano un prezzo maggiore, chiede al Ministro di rendere obbligatoria la prescrizione medica del principio attivo, piuttosto che la marca del medicinale, anche per i medicinali destinati ad uso veterinario;
   l'intera materia in Italia è disciplinata dal decreto legislativo n. 193 del 6 aprile 2006 modificato dal decreto legislativo n. 143 del 24 luglio 2007. Tale normativa prevede il divieto di prescrizione, da parte del veterinario, di farmaci ad uso umano nel caso esistano sul mercato farmaci veterinari;
   una nota emessa il 14 febbraio 2013 dal dipartimento della sanità pubblica veterinaria, della sicurezza alimentare e degli Organi collegali per la tutela della salute del Ministero della salute, specifica che i medicinali ad uso veterinario hanno una loro caratteristica specifica e sono studiati e testati appositamente per gli animali destinatari e, pertanto, possono differire da quelli per uso umano. La prescrizione dei medicinali veterinari ha basi scientifiche ed anche il farmacista deve consigliare solo farmaci veterinari generici proprio per la tutela della salute degli animali;
   sembrerebbe, sempre secondo l'indagine svolta, che a Bruxelles si stia discutendo un nuovo regolamento europeo sul farmaco veterinario proprio per controllare il mercato dei medicinali –:

   se non ritenga di intervenire con misure appropriate per vigilare sul mercato dei farmaci veterinari;

   se non ritenga di dare una risposta alla petizione promossa dall'Ente nazionale protezione animale e quindi assumere iniziative per rendere obbligatoria la prescrizione del principio attivo anche per i medicinali ad uso veterinario.
(4-09303)


   DE ROSA, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con decreto n. 178 del 2012 è stato avviato il processo di riorganizzazione della Croce rossa italiana;
   il decreto-legge n. 178 del 2012 contiene alcuni punti irrisolti che, da un lato, impediscono un corretto svolgimento del tavolo sulla mobilità aperto presso il dipartimento della funzione pubblica e, dall'altro, evidenziano alcune lacune e contraddizioni anche sulla corretta attribuzione di funzioni alla CRI;
   la riforma prevede, infatti, la privatizzazione integrale della CRI pregiudicando i servizi garantiti alla collettività nell'assistenza sanitaria e mettendo a rischio 1.500 posti di lavoro, tra cui amministrativi, tecnici, sanitari ed autisti di ambulanze;
   con il «decreto Milleproroghe» è stata rimandata di un anno l'entrata in vigore della privatizzazione integrale della CRI, mentre nell'ultima legge di stabilità è passato un emendamento che lega la mobilità dei lavoratori della Croce rossa alla situazione dei lavoratori delle province;
   la CRI è un ente che svolge, sul territorio nazionale, un delicato e strategico servizio pubblico tra i quali:
    servizio di assistenza socio sanitaria in favore di popolazioni nazionali e straniere in caso di calamità e nelle situazioni di emergenza in collaborazione con le Forze armate e la protezione civile;
    assistenza in favore degli indigenti, immigrati e ai cittadini portatori di handicap;
    organizza il servizio di pronto soccorso e trasporto infermi;
    promozione e diffusione tra i giovanissimi, in collaborazione con le autorità scolastiche, dei principi fondamentali umanitari;
    è presente inoltre con il proprio personale, effettivo civile, militare e volontario, su tutti teatri operativi, nazionali ed esteri, adempiendo ai compiti attribuiti con leggi, regolamenti e norme internazionali;
   la soppressione dell'attuale CRI e l'istituzione di una associazione privata che comunque sarà finanziata con fondi pubblici e sottratta agli attuali controlli ministeriali, rappresenterebbe un enorme danno, sociale, sanitario ed erariale;
    l'importanza del lavoro che svolge la Croce rossa italiana è testimoniato dall'appello inviato dalla Federazione internazionale della Croce rossa e della Mezzaluna rossa (FICR) a tutte le società di Croce rossa nel mondo, per raccogliere 2,7 milioni di franchi svizzeri (pari a 2,6 milioni di euro) al fine di sostenere la Croce rossa italiana nelle attività di assistenza a favore di 85.000 migranti;
   la Croce rossa italiana ha già risposto, infatti, al recente aumento di arrivo di migranti attivando centinaia di volontari e organizzando le proprie strutture di accoglienza per ospitare, curare e proteggerli in modo dignitoso: solo la scorsa settimana, volontari CRI di Sicilia e Calabria hanno consegnato aiuti umanitari, tra cui la distribuzione di cibo, acqua, kit igienici e altri beni di prima necessità, a più di 4.000 persone salvate dalla Guardia costiera italiana al largo delle coste libiche;
   il decreto-legge n. 178 del 2012 produrrà, inoltre, il totale smantellamento del personale del Corpo militare della Croce rossa, fiore all'occhiello nel mondo, dopo 150 anni di onorato servizio;
   dei mille militari in servizio continuativo, circa trecento unità gestiscono gli arruolamenti e la logistica di 11 centri di mobilitazione (suddivisi sul territorio nazionale) che hanno permesso di arruolare e formare, in questi anni, un esercito di oltre 20.000 ufficiali e sottufficiali volontari (medici, farmacisti, commissari, infermieri e personale di assistenza) sempre pronti ad intervenire, nei vari teatri operativi nazionali ed esteri, a costo zero per le casse dello Stato. La restante parte del personale militare, circa settecento, sono dislocati nei vari comitati regionali e provinciali in supporto alle attività svolte dal Corpo delle infermiere volontarie e dal personale civile dell'ente, coordinando un servizio di volontariato efficiente, capillare, necessario al sistema sanitario nazionale ed anche a saldare, in chi lo svolge, lo spirito di solidarietà e comunità;
   con la privatizzazione dell'ente e lo smantellamento del personale effettivo, che ha sempre garantito un supporto tecnico/logistico ai volontari, si creerebbe un inevitabile disorientamento degli stessi che si ritroveranno catapultati nella nascente «associazione privata» orfani dell'ausilio di quel personale assunto per garantire l'efficienza di tutto l'apparato di emergenza;
   la Croce rossa italiana possiede un ingente patrimonio immobiliare, pubblico, pertanto demanio dello Stato e quindi patrimonio di tutti gli italiani, che, a seguito di privatizzazione, andrebbe perso irrimediabilmente, a favore di speculatori privati –:
   se il Governo non ritenga necessario ed urgente assumere iniziative per modificare il decreto-legge n. 178 del 2012 al fine di salvaguardare il ruolo fondamentale della Croce rossa italiana, per il servizio sanitario nazionale e per le operazioni umanitarie internazionali;
   se il Governo non ritenga necessario ed urgente salvaguardare le competenze specifiche ed il lavoro qualificato dei dipendenti della Croce rossa italiana, anche nella veste di formatori e coordinatori di un movimento di volontariato, essenziale per il sostegno al soccorso sanitario precedente all'ingresso nelle strutture ospedaliere e fondamentale per la promozione della coesione sociale;
   se il  Governo non ritenga fondamentale salvaguardare il patrimonio immobiliare pubblico della Croce rossa italiana, affidatole dai donatori con il preciso scopo di devolvere i propri beni ad un servizio pubblico, per il bene comune.
(4-09304)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   PLACIDO e FOLINO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nella XIV legislatura venivano presentate due interrogazioni 4-05721 e 4-06903 dal senatore Sodano Tommaso;
   nella XV legislatura veniva presentata l'interrogazione a risposta scritta 4-01688 dai senatori Anna Maria Palermo, Sodano Tommaso, Di Siena Piero, Vano Olimpia;
   in entrambe le interrogazioni venivano chiesti chiarimenti al Governo circa la situazione della società Sinoro S.r.l. di Tito (Potenza), azienda cinese finanziata con un contributo di circa 20 miliardi di lire, assegnati all'azienda in virtù della legge n. 219 del 1981, quale contributo per la realizzazione di uno stabilimento per la lavorazione dell'oro nell'area industriale di Tito, riutilizzando altresì i 98 dipendenti della ex Memofil a suo tempo fallita;
   l'interrogazione della XV legislatura non ha ricevuto risposta entro la fine della legislatura;
   la Sinoro S.r.l. (prima denominata «Centro Orafo», poi «Cripo» ed ancora «Orop») nel 2005 aveva assunto (dopo il mancato riutilizzo dei dipendenti Memofil collocati in mobilità) personale formato con corsi di formazione, finanziati dalla regione Basilicata per attività inerenti alla lavorazione dell'oro. Tuttavia, le stesse maestranze, 40 unità, sarebbero rimaste pressoché inutilizzate. L'azienda però non è mai entrata in produzione come industria orafa, nonostante i contributi assegnati dallo Stato e la presenza di macchinari inerenti all'attività;
   in data 6 novembre 2006 il Ministero dello sviluppo economico aveva disposto la revoca dei finanziamenti statali di fronte ad inadempienze pluriennali su cui la magistratura ha aperto tre inchieste, alcune prescritte ed altre in corso. Lo scorso anno è stato presentato un esposto della cgil alla procura della Repubblica di Potenza sulle ultime vicende relative all'ulteriore cambio di nome della società ed alla gestione fallimentare della Sinoro Srl;
   per il recupero delle somme oggetto di revoca sono state attivate procedure di recupero dei fondi statali tramite Equitalia di oltre 20 milioni di euro attraverso una cartella esattoriale;
   in data 14 febbraio 2008 la Sinoro s.r.l. ha licenziato la maggioranza dei dipendenti ed avviato la procedura di mobilità in contrasto con gli accordi stipulati con il Governo e la regione Basilicata;
   i lavoratori, che risultano creditori di diverse mensilità e TFR, hanno incardinato azioni legali, dopo tentativi di conciliazione andati a vuoto presso la direzione provinciale del lavoro di Potenza, per il recupero delle somme non corrisposte ed ottenuto decreti ingiuntivi sulle stesse, ma rischiano di non recuperare alcunché in considerazione della procedura esecutiva immobiliare avviata da equitalia e della successiva dichiarazione di fallimento che in dettaglio verrà approfondita nelle successive considerazioni;
   erano stati presi impegni dalla vecchia compagine sociale Sinoro Srl (che comunque ritroviamo nella nuova Sinorop Srl) per il reintegro in azienda degli operai messi in mobilità non appena si fosse risolta la situazione di stallo venutasi a creare nel 2006 a seguito del decreto di revoca, specificando nei verbali redatti in regione Basilicata che ciò sarebbe avvenuto anche in caso di cambio di denominazione sociale;
   la «Sinoro s.r.l.» risulta in fallimento in seguito a provvedimento del Tribunale civile di Potenza Rep/Reg 15/13 del 24 ottobre 2013; in detta procedura, a fronte di un progetto di stato passivo iniziale molto consistente è stata redatta una perizia estimativa dei beni davvero irrisoria;
   in data 18 giugno 2012 è stata costituita la «Sinorop S.r.l» con lo stesso oggetto sociale della Sinoro s.r.l. e con sede in zona industriale di Tito sin dal momento della costituzione, nonostante che l'opificio industriale ivi ubicato sia stato acquistato dalla Sinorop S.r.l. solo a seguito di decreto di trasferimento emesso nel dicembre 2013 nel corso di procedura esecutiva immobiliare (Equitalia contro Sinoro S.r.l.). Si ribadisce che la società Sinorop S.r.l. è entrata in possesso del predetto immobile quindi prima ancora del decreto di trasferimento da emettere da parte del giudice dell'esecuzione e pertanto prima ancora che vi fosse titolo contenente l'ingiunzione alla consegna del complesso immobiliare in virtù del trasferimento del relativo titolo di proprietà. Si precisa inoltre che durante l'istruttoria fallimentare né il giudice fallimentare né il curatore hanno ritenuto di assumere la revocatoria della vendita del capannone;
   amministratore delegato, nonché socio, della nuova Sinorop S.r.l. risulta Mauro Nardelli, ex amministratore della Orop e per questa già rinviato a giudizio per bancarotta fraudolenta ed ex consulente della Sinoro s.r.l.;
   lo stesso è stato arrestato nel novembre 2014 dalla Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta con l'accusa di aver sottratto oltre 3 milioni di euro alle casse di un Confidi, con ordinanze, emesse dal Gip di Roma Stefano Aprile su richiesta del sostituto procuratore Paolo d'Ovidio che ha coordinato le indagini;
   qualche mese prima di tale arresto la Sinorop s.r.l. si era trasformata in spa aumentando considerevolmente il proprio capitale sociale da 10.000 euro a 4.250.000;
   nell'ultima riunione del 6 maggio 2014 tenutasi presso il Dipartimento di sviluppo, lavoro, formazione e ricerca della regione Basilicata con tutte le parti sociali interessate, col curatore fallimentare e l'assessore Raffaele Liberali si verbalizzava tra l'altro: «...L'assessore ha assunto l'impegno di svolgere ogni opportuno approfondimento sull'intera vicenda e sull'eventuale ruolo che la Regione potrebbe adottare formalmente nelle sedi competenti –:
   se trovino conferma le notizie di stampa relative alla commercializzazione di prodotti di fabbricazione cinese con il marchio made in Italy riconducibili a Orop o ad altre società sopraindicate;
   quali urgenti iniziative si intendano adottare, per quanto di competenza, al fine di fare luce, una volta per tutte, sulla vicenda nel suo complesso, anche acquisendo elementi dal Governo cinese, che ha sostenuto l'attività della Sinorop spa già Sinoro srl, già Orop, già Cripo società, che da tre decenni promettono di produrre a Tito oggetti in oro, ma in realtà hanno solo prodotto fallimenti, inchieste giudiziarie, civili e penali e corsi di formazione, che non hanno determinato altro che disoccupazione;
   se il Governo, insieme alla regione Basilicata, intenda adottare iniziative utili ad agevolare un piano di reindustrializzazione dello stabilimento di Tito con recupero degli operai che erano stati messi in mobilità nel 2008, in seguito al licenziamento collettivo, e che pur avendo avviato causa già dal 2007 per recupero crediti, non sono ancora riusciti a recuperare né mensilità né tfr né dignità lavorativa;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non ritengano di adottare ogni iniziativa per il recupero, anche parziale, dei crediti che Equitalia sta cercando di recuperare per conto dello Stato anche valutando di agire nei confronti della nuova Sinorop che ha un capitale ad oggi ben più consistente rispetto a quello della precedente società, considerato che i soggetti debitori sarebbero gli stessi.
(4-09299)


   GIORGIA MELONI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nel mese di febbraio 2014 la ditta Askoll P&C ha reso nota la propria intenzione di chiudere lo stabilimento di Castell'Alfero in provincia di Asti, e con una lettera del 26 febbraio ha comunicato il licenziamento di tutto il personale e l'apertura della procedura di mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 223/91;
   ad oggi i dipendenti dello stabilimento di Castell'Alfero stanno beneficiando di contratti di solidarietà di un anno che scadranno il prossimo 31 agosto 2015;
   al termine di questi contratti la sorte dei dipendenti sarà diversa in base al continuare a sussistere o meno della cassa integrazione guadagni in esito all'approvazione dei decreti delegati del Jobs-act di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali;
   qualora, come ipotizzato, a seguito di tale riforma dovesse essere definitivamente abolita la possibilità di concedere la cassa integrazione per cessazione di attività, i lavoratori della Askoll dovranno immediatamente ricollocarsi nel mercato del lavoro pena l'assenza di una qualsiasi forma di copertura economica –:
   di quali informazioni siano in possesso rispetto a quanto esposto in premessa, e quali iniziative intendano assumere al fine di garantire ai lavoratori una forma di tutela economica nelle more della ricerca di un nuovo impiego.
(4-09309)

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione L'Abbate n. 7-00284, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 182 del 4 marzo 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    tracce di prodotti fitosanitari si riscontrano in circa la metà degli alimenti analizzati, come si evince dal rapporto EFSA riferito all'anno 2013. Tale presenza, tuttavia, per quasi tutti i campioni analizzati, è risultata essere collocata entro soglie legali di residuo (LMR) stabilite a livello europeo; in Italia, nel corso dell'anno 2012, sono stati analizzati complessivamente 8.294 di campioni di frutta, ortaggi, cereali, olio, vino, baby food e altri prodotti per verificare la presenza di residui di prodotti fitosanitari. Di questi soltanto 33 sono risultati superiori ai limiti massimi consentiti dalla normativa vigente, con una percentuale di irregolarità molto contenuta, pari allo 0,4 per cento. Rispetto allo scorso anno le irregolarità si sono mantenute in percentuale costanti ma comunque in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Inoltre i risultati complessivi nazionali, indicano un elevato livello di protezione del consumatore con una media di superamenti dei limiti massimi di residui allo 0,4 per cento ben al di sotto della media europea (1,6 per cento);
    l'elenco relativo alle sostanze attive ammesse in agricoltura, di cui all'allegato I della direttiva 91/414/CEE (lista positiva di sostanze attive che possono essere utilizzate nei prodotti fitosanitari) è costantemente aggiornato dalla Commissione europea che, nel corso del tempo, ha depennato alcune molecole ritenute pericolose per la salute umana e per l'ambiente. Attualmente su 400 princìpi attivi disponibili, l'agricoltura italiana dispone di appena circa 350 sostanze attive per la lotta fitopatologica;
    i limiti massimi di residui, espressi in mg/kg di sostanza attiva di prodotto vegetale, vengono fissati al momento dell'autorizzazione con criteri internazionalmente condivisi, al fine di garantire un'esposizione accettabile da parte dei consumatori. Il corretto impiego dei prodotti fitosanitari secondo le modalità riportate nelle etichette autorizzate assicura il rispetto di tali limiti;
    dalle segnalazioni di diversi agricoltori operanti nella Terra di Bari – ancorché il problema risulti interessare tutto il territorio nazionale –, si apprende che le coltivazioni di erbe aromatiche destinate alla vendita in vaschette nella grande distribuzione organizzata, a seguito di analisi di laboratorio, presentano a volte residui di princìpi attivi contenuto in alcuni prodotti fitosanitari, tra i quali il pendimetalin (erbicida selettivo ad azione sistemica che controlla diverse malerbe annuali inibendone la germinazione dei semi e lo sviluppo dei germinelli), il propizamide (erbicida selettivo che esplica la sua azione per assorbimento radicale distruggendo le malerbe nella prima fase del loro sviluppo) e il propamocarb (fungicida sistemico appartenente alla classe chimica degli azotorganici-carbammati, impiegato contro fitomiceti che attaccano le colture alle radici, al colletto e alla parte aerea di ortaggi e piante ornamentali);
    i campioni analizzati presentano principi attivi contenuti in prodotti fitosanitari non autorizzati in Italia sulle colture catalogate come «erbe fresche», tra cui rientrano le erbe aromatiche, mentre risulterebbero autorizzati, ad esempio, per l'impiego su colture molto simili, come ad esempio le insalate;
    è probabile che alcuni prodotti fitosanitari che contengono i suddetti principi attivi, utilizzati su altre colture della zona, possano essere giunti sulle erbe fresche a causa del cosiddetto effetto deriva o per lisciviazione o perché illegalmente irrorate su di esse. Non ci sono, tuttavia, prove scientifiche che le erbe fresche contenenti tracce dei suddetti princìpi attivi, entro le soglie degli LMR stabilite a livello comunitario, siano rischiose per il consumatore, semplicemente perché non sia stata effettuata la richiesta di immissione in commercio del prodotto da parte della ditta produttrice. Di fatto, però, le stesse colture di erbe fresche che ne risultano contaminate non sono commercializzabili, causando notevoli perdite economiche ai coltivatori, già penalizzati da un contesto già fortemente provato dalla crisi come l'agricoltura;
    questa casistica dimostra che alcune colture a bassa diffusione, cosiddette minori, come le erbe fresche, il luppolo, e altre, probabilmente per motivi di mancato interesse economico delle imprese produttrici di prodotti fitosanitari ad estendere in Italia l'utilizzo dei propri formulati commerciali anche sulle colture minori, si trovano sguarnite nei confronti di alcune fitopatie o erbe infestanti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire un tavolo tecnico per gli «usi minori» di cui al Regolamento dell'Unione europea n. 1107/2009, che possa innanzitutto classificare in Italia le colture minori, per mettere successivamente in atto misure in grado di garantire ai produttori agricoli un livello minimo accettabile di prodotti fitosanitari tale da poter condurre un'adeguata difesa fitosanitaria.
(7-00284)
«L'Abbate, Grillo, Gagnarli, Lupo, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Parentela, Silvia Giordano, Cecconi, Baroni, Dall'Osso».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Gagnarli n. 7-00504, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 320 del 29 ottobre 2014.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    la Direttiva n. 2009/128/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 ottobre 2009 ha istituito un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi che l'Italia ha recepito con il decreto legislativo n. 150 del 14 agosto 2012, in vigore dal 14 settembre 2012;
    l'articolo 6 del decreto legislativo n. 150 del 2012 ha previsto che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute, d'intesa con la Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome, adottasse un piano attuativo, denominato PAN (piano di azione nazionale). Con più di un anno di ritardo, in data 22 gennaio 2014 è stato emanato il PAN (pubblicato il 12 gennaio 2014) che va inteso quindi come la concreta attuazione delle previsioni del decreto legislativo per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari;
    in data 5 giugno 2014 con atto n. 4-05032 presentato dai deputati del gruppo M5S membri della Commissione agricoltura della Camera sono stati interrogati, senza ancora riceverne risposta, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in merito alle carenze riscontrate nella normativa di recepimento della direttiva n. 2009/128/CE, sia il decreto legislativo che piano d'azione, in particolare sui troppi rinvii a decreti attuativi che tale impianto normativo prevede, sulla inconsistenza dell'impianto sanzionatorio e delle misure previste dalla lotta integrata obbligatoria, sulla mancata individuazione degli obiettivi, sulle azioni di tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile da applicare in campo agricolo;
    per alcuni decreti attuativi e misure risulta sia scaduto il termine previsto, in particolare: l'articolo 25, comma 3, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali da emanarsi entro il 12 agosto 2014, con cui determinare le tariffe ed il relativo versamento per i controlli delle attrezzature di applicazione dei prodotti fitosanitari; l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro il 26 novembre 2013, per adottare specifiche disposizioni per l'individuazione dei prodotti fitosanitari destinati ad utilizzatori non professionali; il paragrafo A.3.10 del piano di azione nazionale che prevedeva un decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi entro 6 mesi dall'approvazione del piano di azione nazionale, per la costituzione di una banca dati nazionale relativa ai controlli effettuati sulle macchine di distribuzione dei prodotti fitosanitari, ed il ruolo di ENAMA, organismo di supporto al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; l'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 aprile 2013, la trasmissione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali delle misure messe in atto dalle regioni e dalle province autonome, per rendere possibile l'applicazione dei princìpi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 giugno 2013, la trasmissione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali alla Commissione europea di una relazione sullo stato di attuazione delle misure messe in atto dalle regioni per rendere possibile l'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria; l'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012 che prevedeva, entro il 30 ottobre 2012, la trasmissione delle regioni al Ministero della salute ed al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali dell'elenco dei soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari;
    fanno seguito a questi atti e misure, una serie di altre questioni che il piano di azione nazionale affida ad ulteriori decreti attuativi, da emanare entro 1 anno dall'entrata in vigore dello stesso, quindi entro il prossimo 13 febbraio 2015. Tra questi, l'emanazione delle linee guida per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile, le linee guida per la scelta delle misure da inserire nei piani di gestione e nelle misure di conservazione dei siti NATURA2000 e delle aree protette, la messa a disposizione per le regioni delle informazioni più rilevanti sulla tossicità, ecotossicità, il destino ambientale e gli aspetti fitosanitari dei prodotti in commercio;
    all'articolo 14 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela dell'ambiente acquatico e delle fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei prodotti fitosanitari, e che le regioni assicurano l'attuazione delle misure previste da piano, formando ogni anno il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute sulle misure adottate. A questo proposito, la Commissione europea, nella riunione bilaterale del 24 settembre 2013, ha chiesto all'Italia la precisa definizione delle misure da applicare in campo agricolo per la tutela delle acque;
    all'articolo 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012 si specifica che il piano di azione nazionale definisce le misure appropriate per la tutela di aree specifiche (parchi, giardini, campi sportivi ed aree ricreative, cortili ed aree verdi all'interno di plessi scolastici, aree gioco per bambini, aree adiacenti alle strutture sanitarie, aree protette di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, altre aree designate ai fini di conservazione per la protezione degli habitat e delle specie, aree trattate di recente frequentate dai lavoratori agricoli), tenuto conto dei necessari requisiti di tutela della salute umana, dell'ambiente e della biodiversità e dei risultati dell'analisi del rischio;
    al paragrafo A5 del piano di azione nazionale, riferito agli articoli 14 e 15 del decreto legislativo n. 150 del 2012, si stabilisce che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed il Ministero della salute, su proposta del Consiglio, entro 12 mesi dall'entrata in vigore del piano, predispongano linee guida di indirizzo per la tutela dell'ambiente acquatico e dell'acqua potabile e per la riduzione dell'uso di prodotti fitosanitari e dei relativi rischi in aree specifiche;
    oltre a quelli innanzi citati, altre misure e decreti attuativi dovranno far seguito al piano di azione nazionale, per i quali tuttavia non è stato definito un termine temporale, come ad esempio la definizione degli indicatori, fondamentali per la verifica del raggiungimento degli obiettivi del piano di azione nazionale, la definizione di un manuale di orientamento sulle tecniche per la difesa fitosanitaria a basso impatto ambientale e strategie fitosanitarie sostenibili, o le misure per disciplinare la vendita di prodotti fitosanitari on-line;
    l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012, infine, stabilisce le sanzioni per la mancata applicazione delle prescrizioni stabilite dal decreto stesso. Tuttavia, risulta evidente che la maggior parte delle sanzioni interessa la parte della distribuzione e della formazione professionale, trascurando ad esempio quelle relative all'articolo 11 su informazione e sensibilizzazione, all'articolo 14 sulla tutela dell'ambiente acquatico e delle acque potabili, all'articolo 15 sulla tutela delle aree specifiche, all'articolo 17 sulla manipolazione e stoccaggio dei prodotti fitosanitari e trattamento dei relativi imballaggi e delle rimanenze, ma soprattutto all'articolo 19 in merito all'applicazione dei principi generali della difesa integrata obbligatoria, di cui all'allegato III del decreto legislativo n. 150 del 2012, argomento principale della norma,

impegna il Governo:

   ad adottare, entro 6 mesi dall'approvazione del presente atto, gli atti e le misure previste dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale non emanati, per i quali risultino già scaduti i termini nonché ad assumere ogni iniziativa di competenza affinché le regioni e le province autonome che non abbiano ancora provveduto trasmettano le informazioni di cui agli articoli 19, comma 6, e 16, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2012, per le quali i termini risultano già trascorsi;
   a rendere noti ai competenti organi parlamentari lo stato dei lavori sulla predisposizione degli atti, delle misure e delle linee guida previsti dal decreto legislativo n. 150 del 2012 e dal piano di azione nazionale, per i quali è prevista scadenza entro 13 febbraio 2015 o per i quali non è stato individuato alcun termine temporale;
   a valutare l'opportunità di assumere iniziative per implementare l'articolo 24 del decreto legislativo n. 150 del 2012 con un apparato sanzionatorio più esaustivo che racchiuda anche misure sanzionatorie per la mancata osservanza di quanto prescritto dagli articoli 11, 14, 15, 17 e 19 e relativi approfondimenti contenuti nel piano di azione nazionale.
(7-00504)
«Gagnarli, L'Abbate, Gallinella, Parentela, Massimiliano Bernini».

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Benedetti n. 7-00666, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 413 del 22 aprile 2015.

   La XIII Commissione,
   premesso che:
    decenni di politiche volte a favorire la pesca industriale hanno fortemente danneggiato le risorse marine, fino a provocare, in alcuni casi, dei veri e propri stermini di stock ittici, come più volte denunciato anche da associazioni e organizzazioni scientifiche;
    secondo uno studio recente dell’Hellenic Centre of Marine Research, apparso su Current Biology, negli ultimi vent'anni la situazione degli stock ittici nel Mar Mediterraneo è andata sempre peggiorando. La crescita demografica e tecnologie di pesca sempre più sofisticate hanno causato uno sfruttamento eccessivo dei mari con il risultato che molte zone di pesca risultano sovrasfruttate, ovvero il pesce viene pescato ad un ritmo più rapido rispetto ai tempi necessari per rinnovarsi e la relativa popolazione è destinata ad esaurirsi;
    secondo la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), il prodotto della pesca negli scorsi decenni è andato crescendo, a livello globale, fino al 1996, quando ha raggiunto il picco di produzione con 86 milioni di tonnellate. Da allora la quantità di pescato è rimasta costante intorno a circa 80 milioni di tonnellate all'anno;
    la stessa Commissione europea per gli affari marittimi e la pesca, attraverso la pubblicazione di un report nel mese di giugno 2014, ha lanciato l'allarme sul rischio estinzione delle risorse ittiche dei mari, in particolare del Mediterraneo, in cui è un sovrasfruttamento pari al 96 per cento degli stock ittici di acque profonde, mentre, per le specie pelagiche come sardine e acciughe, lo sfruttamento eccede di almeno il 71 per cento. Secondo l'Esecutivo comunitario «non intervenire potrebbe avere effetti devastanti sulla fauna marina e sulle economie costiere fondate sulla pesca»;
    come noto, il fermo biologico è una sospensione temporanea delle attività di pesca e vale come strumento di tutela delle risorse ittiche attivato nell'ambito del programma operativo dell'intervento comunitario del fondo europeo per la pesca 2007/2013 con particolare riferimento alla linea d'intervento definita «Aiuti pubblici per l'arresto temporaneo delle attività di pesca», come si evince anche dal Regolamento (CE) n. 1198 del 2006 del 27 luglio 2006, relativo al fondo Europeo per la pesca (FEP), ed in particolare all'articolo 24, paragrafo I, lettera v), che stabilisce la possibilità di finanziare misure di aiuto all'arresto temporaneo delle attività di pesca a favore dei pescatori e dei proprietari di pescherecci, per una durata massima di «otto mesi nell'ambito dei piani di adeguamento dello sforzo di pesca di cui all'articolo 21, lettera a), punto iv), e dei piani di gestione adottati a livello nazionale nel contesto delle misure comunitarie di conservazione, qualora tali piani prevedano riduzioni graduali dello sforzo di pesca»;
    il periodo di arresto temporaneo, articolato per aree geografiche (GSA), è destinato alle imbarcazioni autorizzate con i sistemi strascico e/o volante e dovrebbe essere disciplinato in conformità a quanto previsto dai piani di gestione adottati a livello nazionale e sulla base dei dati scientifici riguardanti lo stato delle specie ittiche;
    tuttavia, anche nell'ultimo decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 23 luglio 2014 in materia di arresto temporaneo obbligatorio delle attività di pesca per l'annualità 2014, il calendario del fermo biologico non è stato stabilito con un adeguato supporto tecnico-scientifico ma definito sentite le regioni e le associazioni nazionali professionali e sindacali di settore;
    ferma restando la validità della partecipazione delle suddette associazioni nel processo decisionale è indispensabile che i periodi di fermo vengano stabiliti sulla base di accurate evidenze scientifiche che tuttavia non penalizzino la sostenibilità economica che invece nel lungo periodo ne risulterebbe incrementata;
    il mare Adriatico è uno dei più esposti al rischio del collasso delle risorse marine. In questo bacino, dove Chioggia rappresenta la maggiore marineria peschereccia dell'Adriatico, gli indici rilevati sono drammatici: nel 1948 la cattura media per chilometro quadrato era di 480 chili, nel 1998 è scesa a 180 chili e non è più risalita. Per questo proprio a Chioggia è stata effettuata, grazie al progetto GAP2, una collaborazione pescatori-ricercatori che ha permesso di valutare l'efficacia del fermo biologico, normalmente in vigore per circa 40 giorni compresi tra fine luglio ed inizio settembre;
    anche alla luce dell'analisi dei dati risultanti dal progetto di cui sopra, la pesca sarebbe più redditizia e maggiormente eco-compatibile se il fermo biologico fosse reso obbligatorio da metà luglio e metà settembre. Lo «stop» nelle catture per un periodo superiore consentirebbe infatti l'accrescimento delle specie ittiche e della loro taglia, producendo anche un maggiore guadagno in termini economici per i pescatori; inoltre una riduzione dello sforzo di pesca nel periodo del fermo tecnico successivo (8-10 settimane) eviterebbe di far crollare i prezzi alla vendita del prodotto, permettendo anche uno sfruttamento più razionale in relazione al rapido accrescimento delle fasi giovanili generalmente sfruttate in tale periodo;
    sempre con riferimento al bacino Adriatico è indispensabile altresì che i Paesi rivieraschi quali segnatamente la Croazia, che dal luglio 2013 ha acquisito lo status di piena membership nell'Unione europea, potenzino le strutture operative nazionali e locali incaricate dell'attuazione della politica comune della pesca, specie per quanto riguarda la gestione, l'ispezione e il controllo della flotta,

impegna il Governo:

   a stabilire i periodi di fermo pesca obbligatori sulla base di rigorose valutazioni scientifiche al fine di privilegiare i tempi richiesti dal ciclo biologico delle specie ittiche e di consentire quindi la riproduzione e il ripopolamento degli stock ittici;
   a valutare l'opportunità di valorizzare i risultati del citato progetto GAP2 e di diffonderli come esempio di best practice al fine di meglio valutare l'efficacia dei fermi biologici;
   ad impegnarsi nelle competenti sedi comunitarie affinché i Paesi del vicinato, che condividono bacini marini con Paesi membri, e soprattutto i Paesi di più recente adesione quali la Croazia, contribuiscano anche loro alla tutela delle risorse condivise dell'Adriatico ai fini del ripopolamento degli stock ittici, stabilendo misure complementari a quelle adottate a livello nazionale dall'Italia.
(7-00666)
«Benedetti, Gallinella, Massimiliano Bernini, Lupo, Parentela, Gagnarli, L'Abbate».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Cancelleri n. 4-09238, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 430 del 19 maggio 2015.

   CANCELLERI, LOREFICE, RIZZO, GRILLO e MANNINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dopo un sopralluogo avvenuto un mese fa, prevede due anni per sanare l'autostrada A19 Palermo-Catania. La Sicilia è spaccata in due e per andare da Palermo a Catania si potrà solo prendere l'aereo o circumnavigare l'isola, portando disagi ai pendolari e al mercato turistico già fortemente disagiato dalla mancanza di mezzi pubblici di trasporto;
   il M5S, ha già depositato una risoluzione volta a impegnare il Governo ad adoperarsi con l'intervento immediato del Comando Genio per accelerare i tempi necessari alla demolizione dei viadotti interessati dal cedimento e al ripristino della viabilità anche attraverso la realizzazione di opere provvisorie da affidare al 2o Reggimento Genio Pontieri;
   la deviazione che costringe ad uscire a Scillato e a percorrere la strada statale fino a Polizzi Generosa per poi raggiungere lo svincolo di Tre Monzelli (e viceversa) è un collegamento critico e non può essere considerata una soluzione a lungo periodo;
   come sottolinea Coldiretti Sicilia «un'azienda che trasporta prodotti agricoli da Palermo al Siracusano a causa del crollo del pilone dello scorso 10 aprile ha già speso, in media, 3.200 euro a camion, per cui 100 euro al giorno in più determinati dal costo del carburante e del doppio autista a cui va sommato il consumo del mezzo. Per gli agricoltori si tratta di spese che non possono essere sostenute»;
   il cedimento del pilone sull'autostrada A19 Palermo-Catania è l'ultimo tassello di un mosaico di crolli che hanno coinvolto negli ultimi due anni le strade siciliane;
   Calogero Foti, direttore generale del dipartimento siciliano della protezione civile, ha dichiarato che si tratta di una vecchia frana risalente a qualche anno addietro, riattivata in conseguenza delle abbondantissime piogge che hanno interessato il territorio dell'isola. Il fenomeno ha interessato almeno tre pile portanti dell'impalcato autostradale creando danni strutturali ben visibili all'impalcato stesso;
   oltre alla grande difficoltà creata dall'impossibilità di percorrere tutta l'autostrada A19 Palermo-Catania, si registra un altro disagio con il crollo di una porzione del viadotto Verdura del 2 febbraio 2013, lungo la strada statale 115 che collega Agrigento con Sciacca in territorio di Ribera, dove sono stati indagati i due tecnici che avrebbero dovuto effettuare dei controlli riguardanti il ponte e il deterioramento graduale che avrebbe potuto evitare il crollo;
   tra Licata e Ravanusa il 7 luglio 2014 è crollata una delle campate del ponte Petrulla in territorio di Licata (Ag), sulla strada statale 626 che collega Campobello di Licata, Ravanusa, Canicattì. Fu sfiorata la tragedia causando il tamponamento a catena di alcune autovetture con conseguente ferimento di quattro persone;
   il 23 dicembre 2014 è stato inaugurato il viadotto Scorciavacche sulla strada statale Palermo-Agrigento, crollato il giorno di Capodanno, consegnato tre mesi prima della data di fine lavori, dove il Presidente del Consiglio con tweet disse: «è finito il tempo degli errori che non hanno mai un padre. Pagheranno tutto»; ancora si è in attesa di conoscere i responsabili;
   il 18 maggio 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato la delibera che stanzia le risorse per l'emergenza del viadotto A19 Himera in Sicilia –:
   se le opere in questione siano state monitorate e se possano fornire l'eventuale relazione di monitoraggio;
   se il Governo intenda controllare se ci sono state opere di manutenzione ordinaria e straordinaria per i vari tratti interessati che potevano prevenire gli avvenimenti sopra citati;
   se intendano controllare, per quanto di competenza, le responsabilità di tutte le ditte appaltanti e progettisti/direttori dei lavori dei citati crolli;
   se stiano valutando la realizzazione di opere per garantire una migliore viabilità alternativa temporanea rispetto a quella individuata in questo momento, principalmente per i lavori del ripristino del viadotto Himera;
   se, in relazione alla delibera sullo stato di emergenza del 18 maggio 2015, abbiano elaborato un cronoprogramma stabilendo tempi certi e controlli puntuali sull'uso dei fondi stanziati;
   se intendano mappare le reali condizioni della viabilità siciliana e intervenire in maniera adeguata, per quanto di competenza, con stanziamenti che permettano lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria della viabilità, anche secondaria, della regione siciliana. (4-09238)