Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 20 maggio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    il 16 e 17 aprile 2015 si è svolta a Berlino, presso il Ministero della cooperazione economica e sviluppo del Governo tedesco, la Conferenza internazionale delle e dei parlamentari del G7 e del G20 «She matters. Empowering women and girls to lead self-determined, healthy and productive lives»;
    alla Conferenza hanno partecipato 90 parlamentari di 50 Paesi, tra cui, per l'Italia, alcune parlamentari dell'intergruppo di lavoro informale «Salute globale e diritti delle donne», composto da 25 deputate e senatrici. Tra i compiti dell'intergruppo vi è il monitoraggio dell'attuazione degli impegni internazionali assunti dal Governo italiano in materia di salute globale e diritti delle donne. A livello europeo, il gruppo è collegato con lo European Parliamentary Forum on Population and Development (EPF);
    la Conferenza internazionale di Berlino aveva lo scopo di rappresentare ai Paesi del G7, che si riuniranno in Germania nel mese di giugno 2015, e ai Paesi del G20, che si riuniranno in Turchia nel novembre 2015, l'urgenza di un maggiore impegno a favore della cooperazione internazionale allo sviluppo e per la salute globale, in particolare in ambito di parità di genere e di salute e diritti sessuali e riproduttivi. Tutto ciò in linea con la grande attenzione posta dal Governo tedesco all’empowerment economico delle donne, uno dei temi in agenda al Vertice del G7;
    al termine della Conferenza è stato redatto il «Berlin Parliamentarians’ Appeal» che raccoglie le raccomandazioni e gli impegni dei e delle parlamentari presenti affinché le donne possano decidere della propria vita, condurre una esistenza sana ed esercitare un ruolo attivo nell'economia, e per un rinnovato impegno al finanziamento per lo sviluppo;
    l'appello, che contiene anche pregnanti richieste rivolte ai Paesi componenti il G7 e G20, è stato consegnato – al termine dei lavori – al Professor Lars-Hendriik Roeller, sherpa tedesco per il G7, responsabile del processo preparatorio del vertice e coordinatore della stesura della dichiarazione finale;
    l'appello dei e delle parlamentari afferma la necessità di aumentare le risorse destinate all'aiuto pubblico allo sviluppo (APS), destinando almeno il 10 per cento dei fondi per promuovere la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, la parità di genere, i diritti umani delle donne e delle ragazze e il loro empowerment, sia nella cooperazione allo sviluppo sia in contesti umanitari;
    è quanto mai necessario riaffermare il programma d'azione della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo del Cairo e la dichiarazione e la piattaforma d'azione di Pechino, le azioni-chiave per la loro ulteriore implementazione, gli esiti dei processi di follow up, compresi i documenti finali delle conferenze regionali di revisione e altri importanti documenti in materia di diritti umani;
    l'Assemblea generale delle Nazioni Unite sta elaborando l'agenda per lo sviluppo post-2015, che fornirà un quadro di riferimento universale per lo sviluppo sostenibile in campo sociale, economico e ambientale per i prossimi quindici anni anche in tema di diritti e salute sessuali e riproduttivi, parità di genere, diritti umani delle donne e delle ragazze e il loro empowerment;
    il segretario generale delle Nazioni Unite e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stanno lavorando alacremente per promuovere lo sviluppo di una rinnovata strategia globale per la salute di donne, bambini/e e adolescenti contenuti nell'iniziativa «Ogni donna, ogni figlio/a» che sarà lanciata all'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel settembre 2015;
    sono previsti entro il corrente anno il vertice del G7 che si terrà a Elmau nel mese di giugno, la Conferenza sul finanziamento allo sviluppo ad Addis Abeba a luglio, il Vertice post-2015 a New York a settembre, il Vertice del G20 a novembre a Izmir e il Vertice sul Clima a Parigi a dicembre,

impegna il Governo, in occasione dei prossimi appuntamenti internazionali:

   a promuovere e rafforzare la tutela dei diritti e della salute sessuali e riproduttivi, la parità di genere, i diritti umani delle donne e delle ragazze e il loro empowerment in tutti i settori, al fine di favorire le condizioni per una vita autodeterminata, sana, produttiva;
   ad affrontare le cause strutturali della discriminazione basata sul genere e a promuovere le condizioni che favoriscono la trasformazione nelle relazioni di genere per renderle egualitarie;
   a rispettare e rinnovare il sostegno politico e finanziario all'iniziativa assunta dal G8 a Muskoka il 25 e 26 giugno 2010 in merito alla salute materna e infantile, finalizzata alla riduzione della mortalità materna, neonatale, prenatale nei Paesi in via di sviluppo;
   a garantire il pieno rispetto per l'autonomia del corpo delle donne il loro diritto ad averne il controllo e decidere liberamente e responsabilmente riguardo alla propria sessualità, come previsto dalla Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo svoltasi al Cairo nel 1994 e dalla Quarta Conferenza mondiale dell'ONU sulle donne di Pechino nel 1995 e i loro follow-up;
   a garantire alle donne l'effettiva partecipazione e la possibilità di assumere la leadership a tutti i livelli decisionali, politici, economici e sociali, compresa la gestione della riduzione del rischio di catastrofi, la prevenzione e la mediazione dei conflitti e la costruzione dei processi di pace;
   a rinnovare e rispettare – unitamente agli altri Paesi del G7 e con quelli ad alto reddito – l'impegno di contribuire con lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo finalizzato all'aiuto pubblico allo sviluppo e garantire la sostenibilità, la ristrutturazione del debito e la sua cancellazione, ove necessario;
   a farsi promotore affinché tutti i Paesi adottino e attuino le leggi e le politiche che promuovono e tutelano i diritti umani e si impegnino ad abolire – laddove ancora presenti – le discriminazioni di qualunque natura, ivi comprese quelle afferenti allo status di migrante;
   a sostenere tutte le raccomandazioni e le richieste inclusi nel «Berlin parliamentary Appeal» e dare seguito agli impegni e ai piani di azione sottoscritti negli anni dall'Italia in materia di gender equality e women's empowerment.
(1-00868) «Zampa, Locatelli, Marzano, Cimbro, Piazzoni, Centemero, Nicchi, Carnevali, Giuliani, Labriola, Amato, Capone, Di Salvo, Carrozza, Gribaudo, Gnecchi, Iacono, Patriarca, Braga, Marchi, Cenni, Stella Bianchi, Albini, Maestri, D'Incecco, Tinagli, Zanin, Simoni, Migliore, Galgano, Vargiu, Matarrese, Catania, Pinna, Antimo Cesaro, Valeria Valente».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MATARRELLI, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo pubblicato dal Gazzettino di VeneziaMestre del 14 maggio 2015, il responsabile del trasporto persone per la Fita – Cna di Venezia, Massimo Fiorese, denuncia la critica situazione che coinvolge il settore del trasporto persone nell'area dell'Aeroporto «Marco Polo», del Porto di Venezia e della Stazione di Mestre; secondo le dichiarazioni riportate dal quotidiano, un numero sempre maggiore di minibus e pullmini con targa slovena eserciterebbe l'attività di navetta e trasporto passeggeri, operando liberamente sul territorio italiano, dove stazionerebbe, oramai, in maniera stabile – contravvenendo alla normativa regionale e nazionale del settore, che prevede l'inizio e la fine del servizio presso la rimessa del vettore –;
   si tratterebbe, a tutti gli effetti, di una concorrenza sleale nei confronti dei circa 280 titolari di licenza di NCC e taxi presenti sul territorio;
   infatti, tali operatori stranieri, non essendo regolarizzati in Italia, non avrebbero una partita Iva Italiana e quindi, sarebbero sconosciuti al fisco nazionale. Le ditte slovene quindi, oltre ad evadere il fisco italian-o beneficerebbero dei vantaggi derivanti dallo Stato estero di appartenenza, quali i ridotti costi per il personale, per le assicurazioni dei veicoli e per il carburante;
   a Fita-Cna ha segnalato il preoccupante aumento dei mezzi irregolari sloveni alla Guardia di finanza che avrebbe sottolineato le oggettive difficoltà di intervento motivate principalmente dalla «poca collaborazione con la Slovenia»;
   di tale fenomeno è stata informata anche la regione Veneto con note delle associazioni di categoria Cna e Confartigianato nell'aprile 2012 e nuovamente nel giugno 2013; le medesime associazioni hanno inviato una nota al Ministero dei Trasporti il 31 luglio 2014 e all'Autorità di regolazione dei trasporti il 31 marzo 2015. Ma alle citate note informative per non è seguito alcun genere di riscontro;
   gli operatori regolari italiani, di fronte all'inerzia delle autorità italiane nei confronti di tale fenomeno e ai danni economici patiti da tale concorrenza, avrebbero provocatoriamente minacciato di licenziare tutto il personale e di immatricolare i mezzi all'estero, ritornando poi ad operare nuovamente presso le sedi attuali;
   a seguito di una denuncia della CNA di Trieste l'interrogante aveva già segnalato, con l'interrogazione n. 4-05274 del 25 giugno 2014, il fenomeno dei pullman con targa slovena operanti sul territorio italiano che, analogamente alla situazione sopra riportata, non essendo identificati ai fini Iva dall'Agenzia delle entrate e non versando l'Iva sul fatturato prodotto in Italia, avevano la possibilità di applicare tariffe nettamente inferiori a quelle proposte dai vettori italiani;
   l'associazione di categoria segnalava, tra l'altro, come gli operatori italiani fossero sottoposti a rigidi controlli da parte delle autorità preposte quando si recavano all'estero, mentre tali controlli fossero praticamente assenti in Italia sui veicoli stranieri;
   anche la Cna di Treviso, con circolare del 20 maggio 2013, comunicava l'intensificarsi in Slovenia dei controlli sugli autobus stranieri utilizzati per i servizi di linea o di noleggio con conducente, sia in transito che con destinazione la vicina repubblica, per verificare il corretto adempimento degli obblighi IVA relativi alla tratta di viaggio sul proprio territorio;
   tale circolare, oltre a notificare le modalità e le tempistiche per la regolarizzazione del trasporto in Slovenia ai fini IVA, comunicava che le autorità fiscali slovene avrebbero applicato una sanzione amministrativa fino a 900 euro ai soggetti non in regola con la registrazione –:
   se siano a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intendano chiarire le motivazioni per cui non si sia dato seguito alle segnalazioni fatte pervenire dalle associazioni di categoria;
   quali provvedimenti urgenti intendano adottare per tutelare gli operatori nazionali contrastando i fenomeni irregolari lesivi della concorrenza;
   se intendano intensificare i controlli su strada in modo da verificare il rispetto, da parte di tutti gli operatori, della normativa nazionale e comunitaria in vigore ed in che modo;
   se intendano stabilire dei rapporti di fattiva collaborazione con le competenti autorità della Repubblica di Slovenia.
(5-05653)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BECHIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   è stato reso noto che in Piemonte, a due anni dalla entrata in vigore del decreto legislativo n. 33 del 2013, la cosiddetta legge sulla trasparenza, non in tutti i comuni essa è stata attuata;
   i cittadini hanno astrattamente a disposizione una mole di informazioni sulle amministrazioni pubbliche mai avuta in passato, rinvenibili all'indirizzo della Presidenza del Consiglio dei ministri denominata «La Bussola della trasparenza dei siti web», una sezione ove è possibile consultare le informazioni ed i servizi delle PA che vengono pubblicati nelle sezioni dei siti web istituzionali, in conformità alle regole e standard definiti nel decreto legislativo n. 33/2013 dei siti web delle pubbliche amministrazioni;
   nonostante ciò non sempre le informazioni sono effettivamente fruibili per il singolo cittadino, che rischia di rimanerne tecnicamente ignorante;
   prova ne sia il numero irrisorio di «accessi civici», ovvero le richieste di pubblicazione sui siti istituzionali di dati mancanti, presentati dai cittadini piemontesi nel 2014 all'amministrazione regionale: essi sono solo 7, di cui 2 (entrambi respinti) per il consiglio regionale e cinque per la giunta regionale;
   ad avviso dell'interrogante sarebbe necessario rendere i siti web istituzionali più efficaci, fornendo la tracciabilità dei processi decisionali che hanno portato, solo per fare un esempio, alla nomina di un cittadino ad una cosiddetta società partecipata, che hanno in una comunità montana, in una azienda ospedaliera;
   ad avviso dell'interrogante, non è sufficiente adempiere pedissequamente alle norme della legge sulla trasparenza, ma occorre dimostrare pubblicamente l'efficienza delle scelte compiute al fine di evitare che tutta la mole di informazioni da fornire non divenga semplicemente un adempimento burocratico ma sia uno strumento di conoscenza e di miglioramento dell'efficienza delle istituzioni pubbliche;
   la questione principale è relativa, naturalmente, alle tante amministrazioni pubbliche ancora inadempienti. Da una verifica effettuata in Piemonte risulta che quasi 100 comuni su 1206 sono totalmente o quasi totalmente inadempienti – il record negativo lo detiene la provincia di Alessandria con il 20 per cento di comuni che non pubblicano quanto dovrebbero nella sezione «Amministrazione trasparente», il record positivo lo detengono i comuni del Novarese che rispettano tutti la legge;
   si consideri che il Piemonte, regione che è stata monitorata per verificare la mancata attuazione della normativa citata, risulta la regione più trasparente d'Italia per la pubblica amministrazione, mentre la peggiore risulta l'Umbria. Sempre la regione Piemonte risulta seconda per trasparenza limitatamente alle società partecipate e sui bilanci, la prima è il Friuli Venezia Giulia e l'ultima ancora l'Umbria. Tra gli ultimi, sui dati complessivi che dovrebbero essere resi pubblici, risulta il Lazio, la Sicilia e la Campania –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative idonee a modificare l'attuale situazione intendano assumere, per quanto di competenza, al fine di rispettare il principio dello stato costituzionale di diritto, incentivando strumenti e personale necessari per realizzare quanto dichiarato mancante in premessa, fornendo in particolare il supporto indispensabile ai comuni di minore dimensione per fornire ai cittadini le informazioni dovute e a tutte le amministrazioni di attivarsi per risolvere la reiterata disapplicazione della legge. (4-09250)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale Panorama, con un articolo a firma di Pietro Romano, riporta le problematiche inerenti le unioni di comuni;
   le unioni di comuni sono state «istituite» con la legge n. 78 del 2010 con lo scopo di aggregare, obbligatoriamente, i Comuni con meno di 5 mila abitanti ed al fine di conseguire un risparmio nelle spese di funzionamento degli enti territoriali interessati dalla normativa;
   nel corso degli anni, però, le aggregazioni dei comuni hanno visto aggravare i costi piuttosto che ridurli, a tal punto che il processo di unioni si è bloccato;
   anche la Corte dei conti ne ha certificato il fallimento definendo, nella relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali 2013, le unioni di comuni un «poco efficace metodo di razionalizzazione della spesa»;
   a giudizio dell'interrogante, le unioni di comuni sono un ottimo metodo per ottenere risparmi di gestione dagli enti territoriali piccoli tali da poter liberare risorse pubbliche da destinare ad altre finalità. Infatti, fino ad ora sono state soltanto 309 le unioni che hanno interessato 1440 comuni a fronte di 5.639 piccoli enti interessati;
   il dipartimento degli affari regionali ha stanziato 5 milioni di euro, insufficienti a giudizio dell'interrogante, e l'Anci ha rivolto un appello al Ministro dell'economia e delle finanze affinché siano rassicurati gli amministratori locali «sul fronte dell'erogazione delle risorse perché i risparmi dalle fusioni arriveranno nel corso del tempo» –:
   quali iniziative intenda il Governo assumere per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-09251)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come riporta il settimanale Panorama, in un articolo a firma di Mikol Belluzzi, fare conceria in Italia è diventato un vero lusso;
   un lusso, innanzitutto, perché sul mercato sono rimasti solo i grandi operatori, quelli che possono investire in ricerca, innovazione e sostenibilità e, poi, perché chi è «sopravvissuto» crea ed esporta pelli per le grandi aziende del lusso internazionale;
   una così dura analisi del settore è stata fatta dal direttore dell'Unic, Unione nazionale industria conciaria, Salvatore Mercogliano, il quale ha aggiunto che, a dispetto dell'importanza del settore, di esso non si cura nessun esponente del Governo nazionale e comunitario;
   a giudizio di Mercogliano e dell'interrogante, il peso politico dell'Italia nei riguardi del settore della lavorazione delle pelli rispetto alle istituzioni europee è quasi pari a zero;
   uno dei primi problemi posti da Mercogliano nella sua intervista è stato quello della materia prima che, a causa di protezioni e divieti, non è esportabile da Asia e Sudamerica, mentre l'Europa non ha posto alcuna limitazione allo scambio internazionale delle pelli, facendone lievitare i prezzi a tutto beneficio di Pakistan, Brasile, India ed Argentina;
   anche sulla nazionalità del prodotto, l'Unione europea è poco sensibile ai richiami del settore, quando, invece, rappresenta un valore aggiunto nel mercato mondiale;
   l'industria conciaria italiana pratica vera sostenibilità ambientale, decisione che comporta un costo pari al 10 per cento di tutto il fatturato del comparto. L'industria conciaria italiana, per esempio, compra pellami provenienti da allevamenti civili e rispettosi delle leggi nazionali e comunitarie;
   si può affermare in tutta serenità che, quello italiano, è il primo settore conciario al mondo ed anche solo per questo motivo dovrebbe essere tutelato dall'Unione europea;
   il settore conciario nazionale continuerà ad esistere fintanto che esisterà il lusso ed un'attrazione per la pelle da parte dei consumatori, ma ciò non significa che le istituzioni non debbano impegnarsi ad una maggiore tutela in ambito comunitario ed internazionale –:
   quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati affinché il settore dell'industria conciaria nazionale sia tutelato in sede comunitaria secondo le indicazioni dell'Unic. (4-09258)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la Corte costituzionale ha stabilito, con sentenza n. 81 del 2015 depositata il 15 maggio 2015, «l'illegittimità costituzionale» di una legge della Regione Abruzzo approvata in regime di prorogatio;
   la Corte costituzionale ha stabilito, nella riferita sentenza, che tutte le leggi approvate che esorbitano dai limiti della «ordinaria amministrazione», o dalla categoria degli «atti urgenti dovuti», sono nulle perché violano l'articolo 123 della Costituzione, prima comma, secondo cui «ciascuna regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i princìpi fondamentali di organizzazione e funzionamento»;
   secondo quanto si legge nel dispositivo della sentenza in parola, «l'istituto della prorogatio riguarda, in termini generali, fattispecie in cui “coloro che sono nominati a tempo a coprire uffici rimangono in carica, ancorché scaduti, fino all'insediamento dei successori” (sentenza n. 208 del 1992; nello stesso senso, sentenza n. 64 del 2015). Questa Corte ha poi chiarito, con specifico riferimento agli organi elettivi, e segnatamente ai Consigli regionali, che «[l]’istituto della prorogatio, a differenza della vera e propria proroga (cfr., rispettivamente, articolo 61, secondo comma, e articolo 60, secondo comma, della Costituzione, per quanto riguarda le Camere), non incide [...] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l'esercizio dei poteri nell'intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mandato, e l'entrata in carica del nuovo organo eletto» (sentenza n. 196 del 2003; nello stesso senso, sentenze n. 44 del 2015 e n. 181 del 2014)»;
   nel dispositivo summenzionato, la Corte ricorda anche altre sentenze in cui già era stato ribadito «il proprio costante orientamento», secondo il quale in questa fase, i Consigli regionali «dispongono di poteri attenuati, confacenti alla loro situazione di organi in scadenza» (sentenza n. 468 del 1991), pertanto, in mancanza di esplicite indicazioni contenute negli statuti, devono limitarsi al «solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari e urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili». Essi, inoltre, devono «comunque astenersi, al fine di assicurare una competizione libera e trasparente, da ogni intervento legislativo che possa essere interpretato come una forma di captatio benevolentiae nei confronti degli elettori» (sentenza n. 68 del 2010);
   la Consulta specifica dunque che, nonostante «la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni [...] sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione», comunque gli statuti «dovranno essere in armonia con i precetti e con princìpi tutti ricavabili dalla Costituzione» (sentenza n. 196 del 2003, sentenza n. 304 del 2002);
   a scanso di equivoci, nel dispositivo si specifica che, nella fattispecie, mancherebbe anche il requisito della necessità e dell'urgenza «che legittima il consiglio regionale a esercitare i propri poteri in regime di prorogatio». Tale requisito, tuttavia, «evoca l'esigenza che l'intervento normativo sia adottato nell'immediatezza della grave situazione alla quale esso intende porre rimedio, perché diversamente verrebbero travalicati i limiti connaturati all'istituto della prorogatio, che implicano non soltanto la gravità della situazione che forma oggetto dell'intervento, ma anche la sua improcrastinabilità». È illegittima – per contrasto con il già ricordato articolo 123 – pertanto la riforma della legge elettorale;
   come scrive il giornalista Paolo Pollichieni su Il Corriere della Calabria, «le censure mosse alla regione Abruzzo [...] sarebbero esattamente sovrapponibili alla situazione registratasi in Calabria, laddove il consiglio regionale uscente, guidato dall'ineffabile presidente Franco Talarico, ha modificato la legge elettorale e legiferato su materie che erano tutt'altro che «urgenti» o «indifferibili»;
   già nell'ordinanza del Tar Calabria, sezione di Catanzaro, n. 519 del 20 marzo 2015, che ha disposto «l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni, alla Corte costituzionale», si giunge peraltro alla medesima conclusione;
   a riguardo si legge, nella ricordata ordinanza del Tar, che «il “dubbio” sulla costituzionalità» della legge elettorale della regione Calabria (n. 19 del 12 settembre 2014) sorge innanzitutto «con riguardo all'articolo 123 della Costituzione, interpretato nel senso che, nel periodo di prorogatio di un organo legislativo – quale il Consiglio regionale sciolto per effetto delle dimissioni del Presidente della Regione – tale organo sia titolare unicamente «delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili» (sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2010), essendo connaturale a tale istituto proprio la limitazione dei poteri degli organi regionali, anche laddove non espressamente previsti dallo Statuto regionale; attribuzioni limitate in forza della deminutio della rappresentatività politica dell'organo legislativo “in scadenza” e tra le quali non può intendersi ricompresa l'adozione di una legge elettorale»;
   oltretutto, la nuova legge elettorale della Calabria ha colpito fortemente la democrazia, in quanto a rappresentatività –:
   per quali ragioni, anche alla luce di quanto stabilito dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 81 del 2015, il Governo non abbia ritenuto di impugnare la legge regionale 12 settembre 2014, n. 19, della regione Calabria. (4-09261)


   NESCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si legge su «Il Quotidiano del Sud» del 19 maggio 2015, la signora Vincenza Raso, di 34 anni, residente nella contrada da Russo di Taurianova (Reggio Calabria) è morta alle 8,30 del 18 maggio presso l'ospedale di Polistena, dove era stata portata con urgenza e in condizioni gravissime dalla Clinica Villa Elisa, di Cinquefrondi (Reggio Calabria);
   la suddetta signora era stata ricoverata già da quattro giorni perché era negli ultimi giorni di gravidanza e, dunque, vicina al parto;
   stando a quanto raccontato nel summenzionato articolo dal giornalista Michele Albanese, «secondo i parenti aveva finito il ciclo di gestazione il 13 maggio. Ma il dato non corrisponderebbe perché dalla clinica dicono che sarebbe stata alla 39 settimana di gestazione e non alla 40. Aveva dolori – dice la sorella Caterina – ma gli dicevano che erano coliche renali. Gli hanno fatto delle flebo. Ce l'hanno ammazzata»;
   secondo quanto è emerso dalle prime ricostruzioni, la signora Raso «entra in sala parto alle 23 e 30. Si procede per un parto naturale. Alle 12 e 40 rompe le acque e va in arresto cardiocircolatorio, perde conoscenza. I medici tentano di rianimarla e ci riescono. A quel punto si decide di fare il parto cesareo. Subito dopo arriva una forte emorragia. Scatta l'emergenza. Si interviene con trasfusioni ma le perdite ematiche non si arrestano. Un nuovo arresto cardiaco e un nuovo tentativo di stabilizzare la donna. A quel punto la decisione di trasferirla d'urgenza presso il reparto di rianimazione di Polistena. Vi arriva intorno alle 5 di mattina. Anche nel nosocomio pubblico tentano più volte di rianimarla senza però riuscirci. Alle 8 e 30 di ieri mattina la morte»;
   la neonata nel frattempo è stata trasferita nel reparto di neonatologia dei riuniti di Reggio Calabria poiché si teme che, durante le fasi drammatiche del parto, possa aver avuto problemi di asfissia con possibili conseguenze neurologiche;
   secondo quanto emerge dalla ricostruzione giornalistica, la procura di Palmi, nella persona del pubblico ministero, dottor Francesco Ponzetta, ha già aperto un fascicolo d'inchiesta e ha disposto l'esame autoptico sul corpo della vittima e il sequestro della cartella clinica di Villa Elisa;
   a parere dell'interrogante urge fare chiarezza quanto prima sull'episodio stante il fatto che sono svariati i casi di decessi di neonati o delle madri partorienti nelle strutture ospedaliere calabresi;
   preme qui ricordare che nella sola Villa Elisa è il terzo decesso nel giro di pochi anni, dopo il decesso, nel 2008, di Angela Scibilia di 23 anni di Seminara (Reggio Calabria) per la cui morte sono stati condannati tre medici di Villa Elisa; e nel 2009 di Rosa Romagnosi di Gioia Tauro (Reggio Calabria), la cui vicenda processuale è ancora in corso;
   nell'interrogazione n. 4-08940 presentata dall'interrogante il 24 aprile 2015, si raccontava di una donna di 37 anni (C.C. le sue iniziali), fisioterapista di Taverna che viveva a Squillace (due piccoli comuni in provincia di Catanzaro), morta domenica 19 aprile all'ospedale «Pugliese» di Catanzaro, poche ore dopo la nascita della figlia;
   a parere dell'interrogante tali vicende non possono prescindere da un'analisi della grave carenza di personale medico e sanitario che si registra in Calabria;
   tale carenza di personale sanitario, ovviamente, è causa di pesanti sofferenze dell'utenza;
   in una situazione di tale gravità non mancano, pertanto, anche i casi di malasanità, come già denunciato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-01564 nella quale si raccontava della morte del signor Cesare Ruffolo, affetto da 24 anni da leucemia linfatica cronica, il quale veniva ricoverato presso reparto cosiddetto «Valentini» dell'ospedale «Annunziata», lì ricevendo una trasfusione di sangue errata, rivelatasi letale per l'anziano signore;
   in quest'occasione, oltre ai casi già summenzionati, si ricordano le interrogazioni n. 4-07916 riguardante una signora quasi novantenne completamente abbandonata all'ospedale di Crotone, n. 4-07323 riguardante il signor Nicola Guarna, morto a causa di soccorsi tardivi all'ospedale di Vibo Valentia, n. 4-07674 riguardante la signora Santina Cortese, anche lei vittima della negligenza del suo medico curante e della struttura ospedaliera, ancora dell'ospedale di Vibo Valentia;
   a parere dell'interrogante, è evidente che un tale stato dell'arte pregiudichi il pieno rispetto del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione –:
   quali azioni intendano intraprendere per verificare se siano realmente garantiti i livelli essenziali di assistenza con riferimento alla tutela dei nascituri, dei nati e delle madri in Calabria;
   di quali elementi disponga il Governo con riferimento alla vicenda descritta in premessa, della signora Raso. (4-09262)


   BUSIN, BORGHESI, GIANLUCA PINI e CAPARINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 13 maggio 2015 in sede di svolgimento di interrogazioni a risposta immediata nell'aula della Camera dei Deputati, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti ha risposto all'interrogazione n. 3-01492 concernente il completamento verso nord dell'Autostrada A31 Valdastico;
   come è noto, l'autostrada Valdastico A31 nord è un completamento autostradale (di circa 39 chilometri, da aggiungere ai circa 90 chilometri già esistenti) di cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha disposto la realizzazione tramite assegnazione della concessione ad autostrada Brescia Verona Vicenza Padova spa;
   il Governo, inoltre, l'ha inserito nell'8o Allegato Infrastrutture – programma delle infrastrutture strategiche del 2010 ed in successivi aggiornamenti, l'ha confermato nell'Intesa Generale quadro di cui alla legge obiettivo sottoscritta nel 2011 con la regione del Veneto e ne ha chiesto ed ottenuto l'inserimento nelle reti di trasporto europee TEN-T nel 2013 assumendo, in tal modo, l'impegno a realizzare l'opera anche nei confronti della Unione Europea;
   la provincia autonoma, per parte sua, afferma che sia carente l'intesa prevista dalla legge obiettivo (e dallo Statuto di autonomia trentina) per la parte di tracciato ricadente nella provincia autonoma stessa;
   si tratta, nella sua interezza, di un'opera pubblica del valore di circa 2 miliardi di euro, interamente finanziati e senza onere alcuno a carico dello Stato, importante per migliorare i collegamenti dell'Adriatico e del nord-est con l'Europa e che darà al Veneto un contributo decisivo per superare la crisi economica;
   a conferma dell'utilità dell'opera è significativo segnalare che, nella fase preparatoria del cosiddetto decreto Sblocca Italia e in risposta a specifica sollecitazione del Presidente del Consiglio dei ministri, ben 55 sindaci del Veneto hanno sottoscritto un documento comune con il quale veniva segnalata la necessità e l'urgenza di completare l'autostrada e, si ritiene anche in esito a tale forte segnale del territorio, fino all'emanazione del decreto il completamento autostradale era indicato tra le opere da sbloccare e tuttora compare nelle elencazioni e nelle mappe disponibili sul web;
   il progetto preliminare dell'Autostrada Valdastico A31 nord è già stato approvato nel febbraio 2012 dall'Ente concedente – ora coincidente con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – e ha ottenuto la positiva valutazione d'impatto ambientale da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero per i beni e le attività culturali;
   nell'ambito della procedura approvativa, però, la provincia autonoma di Trento ha negato l'intesa urbanistica sulla localizzazione dell'opera;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, nel gennaio 2013 ha così dato avvio agli adempimenti di legge previsti per superare il dissenso della provincia autonoma chiamando il Consiglio superiore dei lavori pubblici ad esprimersi sulla questione, ma nell'ambito di tale istruttoria non è stato possibile superare il dissenso mentre si è preso atto della possibilità di articolare l'opera in due segmenti;
   il 1o lotto funzionale – di circa 19 chilometri, interamente in territorio Veneto – ha così ottenuto la conclusiva approvazione da parte del CIPE nel marzo 2013;
   non si è invece ancora conclusa la procedura approvativa del 2o lotto di completamento di circa 20 chilometri, di cui 15 chilometri in territorio trentino, relativamente al quale nella seduta del 10 novembre 2014, il CIPE «ha assunto motivate determinazioni in ordine all'esigenza di superare il dissenso manifestato dalla provincia autonoma di Trento sulla localizzazione dell'autostrada A31 Valdastico Nord, 2o lotto di completamento – da Valle dell'Astico alla A22 (Besenello) – e di proseguire nello svolgimento dell'apposita procedura prevista dall'articolo 165, comma 6, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti pubblici)»;
   risulta che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti abbia adempiuto, nel corso degli anni, ad ogni possibile tentativo di raggiungimento della più ampia intesa richiesta dalla legge obiettivo e dallo statuto di autonomia trentina, avendo attuato numerosi e reiterati tentativi di dialogo con la provincia autonoma di Trento nel rispetto del principio di leale collaborazione tra amministrazioni pubbliche, riscontrando invece da parte della provincia autonoma un comportamento ostruzionistico che di fatto ha finora concretizzato un improprio diritto di veto;
   risultano pertanto sussistere i presupposti, come supportato da plurime sentenze della Corte costituzionale (che ha più volte sottolineato come il principio di leale collaborazione, che giustifica la ricerca dell'intesa tra lo Stato e le regioni, non possa mai trasformarsi nell'indebito riconoscimento a queste ultime di un indefinito e insuperabile potere di veto), da pareri di autorevoli giuristi (i quali hanno messo in luce come il mancato raggiungimento dell'intesa con la regione o con la provincia autonoma non possa impedire sine die l'assunzione di una decisione finale da parte dello Stato, soggetto portatore e garante delle esigenze unitarie e dell'interesse pubblico generale), e nel pieno rispetto del dettato costituzionale, affinché lo Stato dia corso ad un atto unilaterale finalizzato a superare anche tale seconda Intesa in ragione delle esigenze unitarie nazionali ed europee – di cui è portatore e garante;
   atteso anche il significativo beneficio che deriverà dalla realizzazione dell'opera al nord-est e alla fascia adriatica, la società concessionaria, considerato che alle determinazioni del CIPE del 10 novembre 2014 non hanno fatto seguito gli adempimenti previsti dalla legge (parere della Commissione parlamentare per gli affari regionali, deliberazione del Consiglio dei ministri decreto del Presidente della Repubblica), ha presentato ricorso al TAR contro il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Presidente del Consiglio dei ministri per l'adozione degli atti di rispettiva competenza. Dalla mancata assunzione della decisione finale potrebbero dunque derivare ulteriori danni alle finanze pubbliche, scaturenti dalle eventuali condanne risarcitorie;
   la risposta fornita dal nuovo Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Graziano Delrio il giorno 13 maggio 2015 alla richiamata interrogazione ha destato stupore e sconcerto in quanto il Ministro ha fatto esclusivo riferimento alle presunte prerogative del Trentino ignorando quelle del Veneto e, soprattutto, quelle nazionali di cui invece dovrebbe essere prioritariamente garante;
   il Ministro, inoltre, richiamando la presunta esigenza delle intese con la provincia autonoma, come detto oramai sicuramente contestabile con una più attenta lettura della norma, in tre minuti ha sconfessato anni di operato del suo Ministero oltre ad una volontà già chiaramente espressa dal CIPE, e quindi dal Governo, nel novembre 2014;
   il Ministro ha ignorato e secondo gli interroganti avvilito il comportamento più virtuoso del Veneto, il quale, in risposta all'istanza proveniente dallo Stato, ha da tempo messo a disposizione il proprio territorio per la realizzazione dell'infrastruttura;
   il Ministro, infine, non ha assunto alcun impegno per risolvere una questione grave e annosa, da cui (stante la mancata definizione di soli 15 chilometri di un tracciato complessivo di 129 chilometri) deriva un'opera incompiuta e un gravissimo sperpero di denaro (in ragione degli ingentissimi investimenti sostenuti per la costruzione dei 90 chilometri già esistenti) di proporzioni non inferiori alla tristemente nota Salerno-Reggio Calabria –:
   se intenda dare corso alle determinazioni già assunte dal CIPE nel novembre 2014;
   se la posizione del Governo sul completamento dell'opera è quella espressa dal CIPE, come riportata sul sito istituzionale del Comitato, oppure quella espressa dal neo Ministro Delrio;
   se intenda dare attuazione alla Costituzione che prevede uguale dignità e diritti per tutti i cittadini nello Stato italiano, siano essi trentini o veneti;
   se intenda assecondare il distorto utilizzo delle prerogative dell'autonomia trentina al punto di farne derivare un diritto di veto insuperabile e un potere assoluto di una minoranza nei confronti dello Stato, riconoscendo così che il Governo è di fatto ostaggio della provincia autonoma di Trento;
   se intenda così scongiurare il concretizzarsi di un'opera incompiuta, onorare l'impegno assunto in sede europea e dare la risposta attesa dal corridoio adriatico e dal nord-est. (4-09266)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VIII Commissione:


   MATARRESE, D'AGOSTINO e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dai dati statistici elaborati nel 2014 da Goletta Verde di Legambiente la BAT risulta essere la provincia della regione Puglia con maggiori punti di inquinamento grave;
   le cronache raccontano, ormai da anni, delle cause di inquinamento più rilevanti che sarebbero ascrivibili all'incuria, al mancato rispetto della natura circostante e alla non corretta gestione dei terreni agricoli e degli impianti presenti a ridosso di zone di particolare rilievo dal punto di vista paesaggistico e naturalistico;
   il problema relativo all'inquinamento di queste zone e soprattutto del fiume Ofanto ha delle conseguenze disastrose sull'economia legata al settore turistico, in quanto le zone di mare direttamente collegate alla foce del fiume rischiano seriamente di diventare non balneabili a causa della già rilevata presenza di fosforo e azoto nell'acqua di origine agricola;
   il fiume Ofanto insiste in un importantissimo sito di interesse comunitario che è quindi a sua volta interessato dalle gravi problematiche di inquinamento appena esposte. L'area si estende per 34 chilometri, è denominata SIC IT9120011 «Valle Ofanto — lago di Capacciotti» ed è riconosciuta e protetta in virtù di importanti risorse naturali e in quanto rappresenta il perimetro dell'area compresa dal sistema idrografico del fiume Ofanto;
   il SIC «Valle Ofanto — lago di Capacciotti» è stato proposto alla Commissione europea, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto ministeriale del 3 aprile 2000 (Gazzetta Ufficiale 95 del 22 aprile 2000) ed attualmente inserito nell'ottavo e ultimo aggiornamento dell'elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea adottato con decisione di esecuzione (UE) 2015/74 della Commissione europea del 3 dicembre 2014;
   l'area ricade interamente nel territorio del arco naturale regionale del fiume Ofanto, istituito con legge regionale Puglia n. 37 del 14 dicembre 2007, nonché nel sito IBA «zone umide di Capitanata» codice IT130 (cod. IBA1989: IT95);
   il sito risulta di elevato valore paesaggistico ed archeologico poiché si tratta del più importante ambiente fluviale della Puglia. A tratti la vegetazione è composta da foreste a galleria ripariale Salix alba e Populus alba e da percorsi substeppici di graminee e piante annue denominate Thero-brachypodietea e per questo motivo è un habitat definito prioritario ai sensi della direttiva 92/43/CEE, poiché in pericolo di estinzione sul territorio degli Stati membri e per la cui conservazione l'Unione europea si assume una particolare responsabilità; presenta, inoltre, esemplari di notevoli dimensioni che risultano fra i più maestosi dell'Italia meridionale. È l'unica zona della regione nella quale si registra la presenza della lontra «Lutra lutra»;
   il SIC rientra nella rete Natura 2000 ovvero il complesso delle aree destinate alla protezione della biodiversità nel territorio dei Paesi appartenenti all'Unione europea attraverso il mantenimento o il ripristino degli habitat naturali d'interesse comunitario;
   l'inquinamento delle acque del fiume Ofanto causato dagli scarichi abusivi, l'impoverimento della sua portata idrica per prelievo irriguo, il taglio di lembi residui di vegetazione da parte dei proprietari frontisti e la presenza di sversamenti e scarichi abusivi nel fiume sono fra le principali cause di degrado;
   è solo degli ultimi giorni l'ennesima notizia di stampa che riferisce di abusi e illeciti. Questa volta lungo il fiume dell'Ofanto presso il ponte della ferrovia adriatica è stato riscontrato il taglio, senza alcuna autorizzazione, di alberi di proprietà pubblica per ricavare altro terreno destinato a colture abusive o legname per usi vari;
   è fondamentale evidenziare che lo stato di degrado del sito d'importanza comunitaria è dovuto anche alla mancanza di adeguata diffusione della cultura delle buone pratiche nella gestione di alcune attività imprenditoriali e agricole;
   è compito delle istituzioni non solo individuare e sanzionare gli illeciti ma, anche e soprattutto, promuovere ed intensificare lo sviluppo della cultura e della tutela dell'ambiente anche tramite la promozione della formazione professionale e la diffusione di buone pratiche ambientali, agricole e imprenditoriali nonché tramite l'individuazione di sistemi di incentivazione economica e finanziarla in favore degli imprenditori virtuosi –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare e valorizzare il SIC IT9120011 «Valle Ofanto — lago di Capacciotti», con particolare riferimento alla possibilità di intensificare le attività di controllo anche per il tramite del nucleo operativo ecologico al fine di rilevare eventuali nuovi illeciti, scarichi e sversamenti abusivi nonché di promuovere e intensificare la diffusione di buone pratiche ambientali al fine di tutelare maggiormente le zone protette e rilevanti dal punto di vista paesaggistico e naturalistico. (5-05660)


   ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 30 del 2013, l'Italia ha emanato la norma di attuazione della direttiva 2009/29/CE, che modifica la direttiva 2003/87/CE, al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra;
   ai sensi dell'articolo 19 del citato decreto legislativo la messa all'asta della quantità di quote determinata con decisione della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2003/87/CE, è disciplinata dal regolamento sulle aste. A tale fine il gestore del servizio elettrico svolge il ruolo di responsabile per il collocamento di cui al regolamento aste e pone in essere a questo scopo tutte le attività necessarie, propedeutiche, connesse e conseguenti, ivi incluse quelle finalizzate a consentire alla piattaforma d'asta di trattenere le risorse necessarie per il pagamento del sorvegliante d'asta, in conformità al citato regolamento e agli eventuali indirizzi e norme dei Ministeri competenti;
   i proventi delle aste sono versati al gestore del servizio elettrico in un apposito conto corrente dedicato «Trans-European Automated Real-time GrossSettlement Express Transfer System» («TARGET2»). Il gestore del servizio elettrico trasferisce i proventi alle aste ed i relativi interessi maturati su un apposito conto acceso presso la tesoreria dello Stato, intestato al dipartimento del tesoro, dandone contestuale comunicazione ai ministeri interessati e gli stessi sono successivamente versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad appositi capitoli per spese di investimento, con vincolo di destinazione in quanto derivante da obblighi comunitari;
   alla ripartizione delle risorse si provvede con decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), di concerto con i Ministri dello sviluppo economico (MSE) e Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) da emanarsi entro il 31 maggio dell'anno successivo a quello di effettuazione delle aste, nella misura del 70 per cento a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del 30 per cento a favore del Ministero dell'economia e delle finanze;
   il 50 per cento dei proventi delle aste è destinato alle attività per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra, sviluppare le energie rinnovabili, rafforzare la tutela degli ecosistemi terrestri e marini ed altre attività in campo ambientale;
   il 9 maggio 2014, ai sensi del comma 4 del su citato articolo 19 è stata firmata la convenzione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e Gestore del servizio elettrico che disciplina le modalità nelle quali il Gestore del servizio elettrico adempie al proprio ruolo di responsabile del collocamento delle quote italiane, nel rispetto di quanto già previsto dalla regolazione europea di settore e in particolare dal regolamento aste;
   secondo quanto reso noto dal Gestore del servizio elettrico tramite il rapporto annuale sulle aste di quote europee di emissione 2014 al 31 dicembre 2014, in coerenza con quanto previsto dalla convenzione, sono stati trasferiti alla tesoreria dello Stato proventi per oltre 464 milioni di euro relativi alle aste e agli interessi maturati nel corso degli anni 2012 e 2013;
   i ricavi complessivamente generati dalle aste nell'anno 2014, circa 365 milioni di euro resteranno sotto la temporanea custodia del Gestore del servizio elettrico fino al loro trasferimento alla tesoreria dello Stato che, in conformità con le indicazioni della convenzione del Ministero dell'economia e delle finanze – Gestore del servizio elettrico del 9 maggio 2014, avverrà entro e non oltre il 20 maggio 2015 al netto dei costi di gestione –:
   quale sia l'attuale reale utilizzo dei proventi e la relativa loro ripartizione, per oltre 464 milioni di euro, relativamente alle aste e agli interessi maturati nel corso degli anni 2012 e 2013 già trasferiti alla tesoreria dello Stato, e se non si intenda prevedere, qualora l'Ispra non risulti beneficiario di quota parte delle suddette risorse, che quota delle risorse ripartite con decreto interministeriale venga assegnata anche all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per l'importante svolgimento dei suoi compiti istituzionali, in quanto funzionali agli obiettivi di cui al suddetto decreto legislativo n. 30 del 2013. (5-05661)


   SEGONI, PASTORELLI, ARTINI, BECHIS e BALDASSARRE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione. Per questo motivo, i progetti più interessanti affiancano oggi la geotermia alle altri fonti rinnovabili, per le quali verrebbe a costituire un importante sostegno nei momenti di scarsa produzione. La geotermia, quindi, può essere intesa come un elemento importante per la «green economy» e un sostegno significativo per sviluppare politiche «low carbon»;
   lo sviluppo corretto della geotermia porta con sé inoltre non solo benefici ambientali, contribuendo in maniera importante alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma offre anche importanti occasioni per la creazione di nuovi posti di lavoro;
   l'Italia, per le sue caratteristiche geologiche, ha risorse geotermiche importanti e poco sfruttate: secondo i dati forniti dall'unione geotermica italiana, le risorse geotermiche del territorio italiano potenzialmente estraibili da profondità fino a 5 chilometri sono dell'ordine di 21 exajoule (21x1018 joule, corrispondenti a circa 500 mtep, ovvero 500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). I campi geotermici ad alta entalpia, per il cui sfruttamento si dispone di una tecnologia matura, e il cui utilizzo per la produzione di energia geotermoelettrica è oggi possibile a costi competitivi con le altre fonti energetiche, si trovano nella fascia preappenninica – tra Toscana, Lazio e Campania – in Sicilia e Sardegna così come nelle isole vulcaniche del Tirreno;
   in data 15 aprile 2015 le Commissioni parlamentari VIII e X hanno approvato all'unanimità la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00103 «Produzione di energia da impianti geotermici» (testo scaturito dalle risoluzioni nn. 7-00486 Braga, 7-00519 Abrignani, 7-00529 Pellegrino, 7-00530 Segoni, 7-00648 Vallascas) con la quale il Governo è stato impegnato ad emanare, entro sei mesi dall'approvazione della risoluzione, delle «linee guida a cura dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che individuino (...) i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di micro sismicità» –:
   quali iniziative siano state ad oggi intraprese in merito all'elaborazione delle «linee guida» richiamate in premessa e se l'andamento dei lavori sia compatibile con il termine di sei mesi per la loro emanazione. (5-05662)


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, GALLINELLA, CIPRINI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, ZOLEZZI e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 novembre 2013 un ampio movimento franoso ha fatto scivolare nel letto del fiume Burano oltre metà della carreggiata della ex strada statale 452 della Contessa (SS 452), ora strada regionale 452 della Contessa (SR 452) in Umbria e strada provinciale 452 della Contessa (SP 452) nelle Marche (una strada regionale e provinciale italiana di collegamento interregionale), in prossimità della località Tranquillo, al confine tra Marche e Umbria;
   la strada della Contessa è l'unica vera arteria di collegamento tra le due regioni ed interessa il traffico proveniente da Fano, Fossombrone, Urbino, Acqualagna, Cagli e Cantiano verso l'Umbria (ma anche diretto a Roma o Firenze) e in senso inverso, il traffico turistico estivo verso il mare Adriatico, per gli agriturismi, dell'area interna umbro-marchigiana, ma anche quello giornaliero di lavoratori pendolari tra le due regioni, e di trasporto del cemento proveniente da due noti cementifici situati in comune di Gubbio con rientro in sede di autotreni scarichi;
   il traffico rimasto interrotto per un lungo periodo è stato ripristinato, grazie ad alcune opere provvisorie, solo su una corsia e a distanza di quasi 12 mesi, resta ancora regolato da un semaforo, con grave danno per la scorrevolezza del traffico;
   lo stato attuale della strada Contessa, in particolare nel tratto di cui sopra, risulta particolarmente pericoloso, tanto nei mesi invernali, per le ovvie aggressioni climatiche che interessano una strada montana e che sono foriere di rallentamenti nel traffico e rischi per la sicurezza stradale, quanto in quelli estivi, quando al traffico pesante si somma quello turistico rivolto al mare Adriatico;
   nel piano di interventi urgenti proposto dalla regione Umbria e approvato dal dipartimento nazionale della protezione civile è previsto questo intervento e il commissario delegato all'emergenza dell'Umbria ha stanziato una somma per la sistemazione definitiva della frana e la conseguente riapertura del traffico sull'intera sede stradale;
   lo stesso commissario ha da tempo chiesto ai competenti uffici della regione Marche di integrare lo stanziamento con una somma da destinare alle opere previste in territorio marchigiano, essendo la frana per la maggior parte in territorio umbro, ma in parte anche in quello marchigiano, configurandosi quindi come una frana a carattere interregionale;
   a tal proposito, è bene ricordare che UnionCamere, in una recente inchiesta nazionale, ha rilevato che per incuria del territorio si è perso il 16 per cento del fatturato del turismo, che oltre 5 mila imprese dell'accoglienza turistica hanno perso più del 36 per cento del proprio giro d'affari per effetto dei danni ecologici e ambientali registrati nel nostro Paese negli ultimi quattro anni e che alluvioni e frane sono la principale causa di diminuzione del business (68,5 per cento), seguiti dall'inquinamento ambientale (15,1 per cento e dai terremoti (6,5 per cento);
   il permanere di questa situazione, oltre a creare pericolo per pubblica incolumità, mette a rischio l'affluenza turistica verso il mare Adriatico e verso le aree interne dell'appennino umbro-marchigiano o comunque impedisce il ripristino della normalità del flusso stradale tra le due regioni –:
   alla luce della delicata situazione idrogeologica della zona e dell'esistenza del movimento franoso, quali iniziative di competenza intenda adottare il Ministro interrogato, anche attraverso l'interlocuzione con il commissario delegato per l'emergenza in Umbria, al fine di garantire la messa in sicurezza dell'area interessata e il conseguente ripristino della fruibilità dell'asse viario. (5-05663)

Interrogazione a risposta scritta:


   BASSO, BRAGA, BRATTI, CAROCCI, MARIANI e TULLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a causa della gravissima situazione di degrado ambientale, il sito dello stabilimento «Stoppani» di Cogoleto è stato inserito, con decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 – Regolamento recante «Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale», tra i siti di rilievo nazionale (S.I.N.), ai fini della bonifica; con decreto ministeriale 8 luglio 2002 è stata decretata la perimetrazione del S.I.N. di «Cogoleto – Stoppani»;
   a fronte delle reiterate inadempienze della società immobiliare Val Lerone spa su richiesta della regione Liguria, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006, è stato decretato lo stato di emergenza per il sito ex Stoppani e con successiva ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3554 del 5 dicembre 2006, è stato nominato un commissario governativo con poteri straordinari per l'esecuzione dei primi interventi urgenti per il superamento dell'emergenza stessa;
   la struttura commissariale si è sostituita al fallimento nell'esecuzione degli interventi, con oneri a carico dello stesso fallimento consentendo il proficuo svolgimento degli interventi per la messa in sicurezza d'emergenza dell'area, propedeutici all'esecuzione delle operazioni di bonifica, e, dall'altro lato, ha garantito ai lavoratori, già dipendenti dell'immobiliare Val Lerone, di continuare la propria attività, con il mantenimento dei livelli retributivi già in godimento;
   il commissario delegato si è sostituito in danno con proprie ordinanze nn. 83 del 2007, 89 del 2007 e 128 del 2007 per l'esecuzione di interventi di messa in sicurezza di emergenza relativi alla gestione della falda, allo smaltimento dei rifiuti speciali, alla decontaminazione da amianto, alla decontaminazione e demolizione delle strutture ed alla caratterizzazione di Pian Masino;
   a seguito dello stanziamento di circa 4,23 milioni di euro da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della regione Liguria (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 6 agosto 2013), è stata finanziata la concessione di lavori, il cui progetto e relativo quadro economico sono stati approvati nel mese di dicembre dal commissario delegato, inerente: l'adeguamento ai disposti di cui al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 della discarica di Molinetto, il conferimento alla stessa dei rifiuti in deposito presso l'area di Pian Masino (crostoni prelevati dagli arenili), per la quale è stata conclusa la conferenza dei servizi, e la chiusura dell'impianto;
   il comune di Cogoleto ha fatto richiesta, prima in data 26 settembre 2014 e ancora in data 15 aprile 2015, di accesso alla progettazione esecutiva degli «Interventi di messa in sicurezza e di adeguamento della Discarica Cava Molinetto» alla struttura commissariale, al fine di dare informazioni e rassicurazioni alla cittadinanza fortemente preoccupata dalle notizie apparse nelle settimane precedenti sulla stampa e sui media locali;
   con lettera prot. 781/15 del commissario delegato, in data 27 aprile 2015 il soggetto attuatore nega la documentazione con la seguente motivazione: «si precisa che l'accesso agli atti è disciplinato dalle disposizioni di cui agli articoli 22 e seguenti della legge 241/90 e che la scrivente amministrazione provvede ad evadere le istanze previa eventuale notifica ai controinteressati giusta applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 184/2006. In tal senso la S.V. potrà esercitare il diritto di accesso indicando l'interesse, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, collegata al documento al quale è chiesto l'accesso stante l'inammissibilità delle istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni. In relazione alle successive modalità procedimentali, una volta ricevuta l'istanza nei termini indicati, si farà riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 184/06 sopra richiamato»;
   il Presidente del Consiglio dei ministri il 28 febbraio 2014 nel discorso di insediamento del suo Governo ha annunciato che «vorremmo che la parola accountability trovasse una traduzione in italiano, perché vi sono le responsabilità erariali, quelle penali e quelle civili, però non ve n’è una da mancato raggiungimento degli obiettivi, se non a livello teorico: questa, però, è una sfida di buon senso, che nell'arco di quattro anni può essere vinta e affrontata se partiamo subito e se abbiamo anche il coraggio – lasciatemelo dire – di far emergere in modo netto, chiaro ed evidente che ogni centesimo speso dalla pubblica amministrazione debba essere visibile on line da parte di tutti. Questo significa non semplicemente il Freedom of Information Act, ma un meccanismo di rivoluzione nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione tale per cui il cittadino può verificare giorno dopo giorno ogni gesto che fa il proprio rappresentante.» –:
   se il Ministro non ritenga opportuno che siano sempre fornite ai comuni interessati tutte le informazioni utili a informare la popolazione sugli atti che interessano la salute pubblica dei cittadini presenti sul proprio territorio;
   quali azioni il Ministro intenda mettere in atto per consentire ai cittadini del comune di Cogoleto, in cui risiede il SIN «Cogoleto – Stoppani», di conoscere in maniera trasparente tutte le azioni, i tempi e i dettagli del piano di messa in sicurezza della discarica di Molinetto e del SIN «Cogoleto – Stoppani». (4-09265)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:


   NICCHI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   da fonti di stampa si apprende che otto statue attribuite a Nicola e Giovanni Pisano del museo dell'Opera del Duomo (attualmente in ristrutturazione) e il San Paolo di Masaccio del Museo nazionale di San Matteo sono in partenza per l'Expo di Milano;
   la locale soprintendenza, in accordo con il Polo museale regionale della Toscana, aveva provato a opporsi richiamando questioni di opportunità (la tavola di Masaccio è una delle principali opere del San Matteo e perciò considerata inamovibile) e di salvaguardia (le statue non sono mai state concesse in prestito in virtù della loro mole);
   ma nel giro di pochi giorni si è assistito alla rettifica del diniego: evidentemente le ragioni della tutela non sono più sufficienti ad arginare pressioni esercitate dall'alto;
   i marmi di Nicola e Giovanni Pisano saranno esposti fino al 15 ottobre 2015 nella chiesa di San Gottardo in Corte in uno spazio condiviso con l'azienda Robot City, specializzata nella riproduzione di opere d'arte in 3 dimensioni; sarebbe stato più opportuno, dunque, prestare i calchi in gesso già esistenti degli originali del Battistero di Pisa;
   la tavola di Masaccio, invece, troverà collocazione, auspicabilmente per un solo mese, nel padiglione Eataly, una serie di stand tra ristoranti regionali e bar, piadine e tortellini, secondo il concetto della grande distribuzione organizzata applicata all'arte;
   lo storico dell'arte Cristiano Giometti si è fatto promotore di un appello contro il prestito delle opere d'arte pisane all'Expo a cui hanno aderito fra i primi Tomaso Montanari, Adriano Prosperi, Michele Bacci, ordinario di arte medievale all'università di Friburgo, Rita Paris, direttrice del Museo nazionale romano e numerosi altri docenti universitari e storici dell'arte –:
   se non ritenga che non si debbano mettere a rischio opere fragili e difficilissime da spostare, straordinarie nel loro contesto e non in mezzo alla distratta frequentazione di turisti alla ricerca di quelle sensazioni eclatanti che l'Expo milanese promette;
   se, considerato il timore diffuso, non solo riguardo alla movimentazione delle opere, ma anche alla loro sicurezza, persino di fronte a possibili eventi eccezionali di cui i giornali hanno tanto parlato nei giorni scorsi, sia necessario assicurare in ogni modo la prevenzione e la tutela del patrimonio espresso da tali opere non consentendone lo spostamento. (4-09254)


   LATRONICO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   dopo la designazione della città di Matera a Capitale europea della cultura per l'anno 2019, la comunità sta vivendo uno straordinario momento che, purtroppo, rischia di essere gravemente pregiudicato a causa di comportamenti assunti da importanti rappresentanti delle più alte istituzioni culturali del luogo, soprattutto in un momento delicato ed importante come lo svolgimento della campagna elettorale per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale;
   nello specifico si fa riferimento al comportamento del direttore del polo museale della Basilicata, dottoressa Marta Ragozzino, e alle sue dichiarazioni rese pubbliche tramite il social network Facebook. La dottoressa Ragozzino, nella giornata di sabato 16 maggio ha infatti lamentato la collocazione temporanea davanti al palazzo del Museo del «Camion di De Ruggeri», candidato sindaco che si oppone al sindaco uscente, Salvatore Adduce;
   nonostante fosse nota la temporaneità della collocazione del mezzo, e la regolare autorizzazione per fini elettorali, la dottoressa Ragozzino si è rivolta tramite Facebook ad Andrea Camorrino, responsabile dell'agenzia che cura la comunicazione e le strategie della campagna elettorale del candidato sindaco uscente, Salvatore Adduce, chiedendo ed elaborando pubblicamente strategie per indebolire Raffaello De Ruggeri, candidato evidentemente in contrasto con le proprie idee politiche;
   a parere dell'interrogante, la Dottoressa Ragozzino ha agito a difesa di una determinata parte politica, mostrando una grave mancanza di indipendenza a fronte del ruolo ricoperto; la stessa dottoressa Ragozzino, attraverso il suo post su Facebook, chiedendo ad Andrea Camorrino suggerimenti per denunciare la presenza del camion di De Ruggeri, ha dichiarato in maniera esplicita la sua «partecipazione a questa campagna, che non è pubblica ma chi vuol sapere sa», specificando che per questo potrebbe «essere messa in difficoltà»;
   date le dichiarazioni, si ritiene che la partecipazione della Dottoressa Ragozzino allo campagna del candidato sindaco uscente Adduce sia concreta, evidente ed assolutamente incompatibile con il ruolo ricoperto da quest'ultima –:
   se, alla luce dei fatti riportati in premessa, il Ministro intenda intervenire stigmatizzando quanto accaduto, ed adoperarsi attraverso specifiche iniziative per quanto di propria competenza, che includano anche l'immediata rimozione dall'incarico di, Direttore del Polo museale della Basilicata, in modo da difendere il prestigio dell'istituzione ed evitare ingerenze nella vita democratica della città, nonché salvaguardare l'importante principio costituzionalmente sancito dell'imparzialità della pubblica amministrazione. (4-09260)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   BRUGNEROTTO e D'INCÀ. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   in data 12 maggio 2015 la stampa locale dà notizia di tre forti boati provocati dagli aerei militari della base Usa di Aviano che avrebbero provocato il panico nel Bellunese; il più violento avrebbe fatto tremare i vetri di porte e finestre, provocando l'evacuazione delle scuole a Trichiana, Mel e nella frazione di Villa di Villa su iniziativa dei docenti; in pochi minuti sarebbero state almeno una sessantina le segnalazioni arrivate al centralino dei vigili del fuoco di Belluno da parte di cittadini spaventati; l'allarme sarebbe scattato alle 10 in punto, quando nelle zone di Sedico, Mel e Trichiana sono state nitidamente avvertiti i fragorosi botti, con molte persone che, temendo un terremoto, hanno abbandonato case e luogo di lavoro per riversarsi in strada;
   i vigili del fuoco e protezione civile avrebbero verificato che non c’è stata traccia nei sistemi dei sismografi che monitorano la zona; solo in serata ci sarebbe stata la conferma dalla base di Aviano che gli assordanti risuonati boati risuonati intorno alle 10 nella valle del Piave erano stati causati da aerei supersonici;
   non sarebbe la prima volta che le esercitazioni militari di volo creano malumori nella comunità della sinistra e destra del Piave. L'inquinamento acustico, e non solo, provocato dai numerosi voli di addestramento sui cieli della vallata avevano spinto alcuni mesi fa l'Unione montana Valbelluna a scrivere una lettera di protesta indirizzata al Ministero della difesa, dove veniva sottolineato il consiglio dell'Arpav di preservare il territorio da ulteriori tipologie di inquinamento;
   il presidente dell'Unione montana Valbelluna, e primo cittadino di Mel, Stefano Cesa avrebbe dichiarato che «L'impatto di queste esercitazioni militari nell'inquinamento acustico è evidente, con conseguente disagio per la popolazione e la compromissione inesorabile dei normali cicli biologici. Grande è anche la preoccupazione verso l'aria, l'acqua e il suolo per le pesanti emissioni di questi velivoli, che determinano rischi per la salute umana, soprattutto in un contesto di valle chiusa come la nostra» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa e quali iniziative intendano assumere a tutela della salute dei cittadini della Valbelluna e del loro ambiente naturale;
   se non si ritenga di avvisare preventivamente la cittadinanza delle esercitazioni previste;
   se e come il Ministro della difesa abbia risposto alla lettera dell'Unione Montana Valbelluna. (4-09253)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MASSIMILIANO BERNINI, L'ABBATE, GALLINELLA, GAGNARLI, PARENTELA, LUPO e BENEDETTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 cita che «Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende» senza specificare se la prevalenza si riferisca al peso, al volume o al valore economico;
   secondo il comma 5 del medesimo articolo «La presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa»;
   il comma 7 del medesimo articolo che richiama il comma 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 esonera i produttori agricoli di cui all'articolo 2135 nell'esercizio della vendita di prodotti non provenienti dalle proprie attività, dalle disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998, concernente disposizioni sul commercio e sugli oneri fiscali a carico dei commercianti;
   il comma 8 del medesimo articolo stabilisce come unico limite affinché un produttore agricolo rientri nelle disposizioni del decreto legislativo n. 114 del 1998, che «l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni di euro per le società» –:
   se, a prescindere dai limiti imposti dal comma 8 del decreto legislativo n. 114 del 1998, vi sia un valore oggettivo per stabilire l'entità del termine «prevalente» al comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
   quali siano le condizioni affinché gli imprenditori singoli o associati di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 che vendono direttamente al dettaglio i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, come previsto decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, rientrino nelle disposizioni del decreto legislativo n. 114 del 1998. (5-05648)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIULIETTI e LAFFRANCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie di stampa nei prossimi giorni dovrebbe essere emanato un decreto concernente gli enti locali e le problematiche ad essi connesse;
    che il tema della finanza pubblica è tra i più delicati perché riguarda la gestione degli enti locali e la ricaduta diretta su servizi e persone;
   resta ancora irrisolto il nodo della consistenza del fondo perequativo per compensare i comuni dei minori introiti derivanti dal passaggio dall'Imu alla Tasi, che ANCI vorrebbero fosse di 625 milioni di euro come l'anno precedente;
   il Governo ribadisce la giustezza della richiesta, ma sul quantum del fondo si è riservato di fare altri approfondimenti, anche in relazione al nuovo scenario che si è determinato dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni;
   è abbastanza chiaro che se questi fondi non dovessero arrivare significherebbe che per 1.800 comuni il taglio non sarà più di 1,5 miliardi di euro ma di 2,125 –:
   quali iniziative intenda porre in essere il Governo per permettere ai comuni, tramite il fondo perequativo relativo al passaggio IMU-Tasi, di non dover subire un taglio ben superiore al previsto e quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per predisporre eventuali elementi di premialità per i comuni virtuosi nella gestione delle risorse e nel rispetto del patto di stabilità interno. (4-09255)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LOREFICE, GRILLO, MANTERO, DI VITA, DALL'OSSO, SILVIA GIORDANO e CECCONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   lo Stato garantisce, quotidianamente, ai detenuti delle carceri il cosiddetto «carrello», costituito da colazione, pranzo e cena consegnati direttamente in cella. Secondo la legge il vitto dovrebbe costituire «alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima» (art. 9 dell'Ordinamento Penitenziario). In alternativa, i detenuti possono decidere di acquistare i prodotti alimentari (e non) presso il «sopravvitto»;
   il «sopravvitto» è una sorta di negozio interno alle carceri, gestito dalla medesima ditta che fornisce i pasti all'amministrazione carceraria. I prezzi al sopravvitto non sono quelli di uno «spaccio», ma sono di molto superiori a quelli di un normale supermercato. C’è un solo articolo per ogni genere di prodotto, di solito della marca più cara; non vi è alcuna possibilità di avvalersi di prezzi scontati e offerte. È raro trovarvi merce sottomarca in alternativa a quella di marca;
   da anni i detenuti segnalano che i prezzi dei prodotti in vendita al sopravvitto sono troppo alti;
   l'Ordinamento penitenziario recita che i prezzi del sopravvitto vengono stabiliti tenendo conto del supermercato più vicino al luogo in cui è sito l'istituto penitenziario, inoltre, la Circolare DAP 27 aprile 1988 n. 687465 recita: «Si invitano le SS.LL ad eseguire costanti, puntuali e penetranti controlli in ordine al servizio del sopravvitto detenuti. Particolare attenzione dovrà essere posta in merito ai prezzi praticati che (...) andranno confrontati, con le informazioni sui prezzi correnti all'esterno, richiesti mensilmente all'autorità comunale locale, fornendo alla stessa l'elenco dei generi posti in vendita nell'istituto, indicandone per ciascheduno dettagliatamente la qualità ed il tipo, la prezzatura, la marca ed il prezzo». E ancora, la Circolare DAP 21 novembre 1996 n. 638616 recita: «Il tariffario mod. 72 deve essere il più ampio possibile, compatibilmente con le esigenze di ordine e sicurezza dell'Istituto»;
   nessuna azienda è disposta a fornire tre pasti al giorno a meno di tre euro, quindi alla stessa viene affidata anche il sopravvitto perché non lavori «in perdita»;
   questo sistema va avanti dal 1920, anno al quale risale il Regolamento generale per gli stabilimenti carcerari, che disciplina la prestazione congiunta di fornitura pasti e gestione dello spaccio (articolo 1, capitolato d'appalto);
   quattordici sono le ditte che si sono aggiudicate entrambi i servizi nelle 206 carceri italiane, creando un sistema di oligopolio con guadagno doppio e assicurato;
   la «Arturo Berselli & C. Spa», con sede a Milano, si aggiudica appalti dal 1930 e li gestisce direttamente o indirettamente, cioè attraverso società controllare dai membri della famiglia Berselli. La «Arturo Berselli & C. Spa» e le altre società del gruppo non hanno un sito internet, ma hanno sedi operative in molte carceri italiane, pertanto, risulta difficile garantire ad aziende concorrenti gare d'appalto a pari condizioni (vedi allegati «Giustizia: lo strano caso del vitto nelle carceri, dal 1930 l'appalto ha un solo vincitore...»; «La spesa dentro»);
   nel 2003 la Corte dei conti regionale della Lombardia ha rifiutato di vistare le procedure di appalto con cui era stato rinnovato il contratto alla ditta «Arturo Berselli & C.Spa», sostenendo che non fossero state seguite le procedure previste dalla legge, circostanza che ha comportato l'avvio di una procedura di infrazione da parte della Ue. La Corte dei Conti del Veneto e quella dell'Umbria, invece, dopo aver sollevato molti rilievi, alla fine hanno ceduto alle pretese di rinnovo di questi appalti alle stesse ditte e senza gara, pur riconoscendo questa procedura contraria a quanto previsto all'articolo 23 della legge 18 aprile 2005, n. 62, «Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004»;
   l'articolo 23 (Disposizioni in materia di rinnovo dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi) ha sancito un generale divieto di rinnovazione dei contratti pubblici, ma di fatto nelle carceri rimane inapplicato in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della giustizia del 21 luglio 2004, cioè il provvedimento in forza del quale «il contratto oggetto del provvedimento di approvazione in esame è stato sottoposto a particolari misure di sicurezza»;
   nelle motivazioni del provvedimento datato 16 aprile 2008 dalla sezione regionale del Veneto si sottolinea come il ministero abbia persino «ribadito la necessità di affidare vitto e sopravvitto al medesimo soggetto per motivi di efficienza e convenienza, in ragione delle reciproche interazioni tra le due attività e dell'incremento dei costi, sia per l'Amministrazione che per i detenuti, che potrebbe conseguire a una diminuzione del volume dei generi approvvigionati dalle singole imprese affidatarie»;
   la Saep Spa è una società che da anni gestisce gli spacci interni di ben 26 carceri italiane, di cui otto in Lombardia. È una delle tredici società controllate dalla Tarricone holding srl, con sede a Balvano in provincia di Potenza e un giro d'affari anche nel gioco d'azzardo: gestisce due sale bingo, una piattaforma telematica per il poker online e la raccolta di scommesse sportive e ippiche, tutte licenze garantite dallo Stato;
   secondo quanto denunciato, nel suo blog, da Gianfranco Modolo, ex direttore di carteBollate (il giornale dei detenuti di Bollate), le sezioni delle Marche e della Lombardia della Corte dei conti hanno respinto, per ben due volte, tra il 2003 e il 2006 i decreti con i quali i provveditori delle carceri (i Dap regionali) assegnavano alla Saep e anche ad altre ditte gli appalti per le forniture di prodotti alimentari alle carceri delle due regioni. Le ragioni sono da individuare nei vizi di forma e anche di sostanza. Nonostante tutto ciò la Saep Spa continua ad essere un delle principali rifornitrici di prodotti alimentari e non, nelle carceri italiane;
   la Saep spa, fondata nel 2001, in soli tre anni è riuscita ad aggiudicarsi gli spacci interni di 26 carceri diversi in tutta Italia. Nel 2009 è arrivata a servire 29 carceri, tra le quali tutti quelli lucani, nonostante le polemiche per i prezzi praticati per i generi del sopravvitto, risultati in molti casi superiori a quelli dei supermercati vicini agli istituti di pena serviti (vedi allegati «Carcere; Meglio mangiare patate: la strana vicenda della Saep Spa»; «Indagine sugli appalti nelle carceri»; «La spesa dentro»);
   la ditta di Claudio Landucci è presente in tutte le carceri della Liguria, ma è attiva anche in Veneto ed Emilia Romagna (vedi allegato «La spesa dentro»);
   per volontà del ministero della giustizia, gli appalti delle forniture di vitto devono essere effettuati limitando l'ammissione alla gara «alle sole ditte che nel triennio precedente abbiano regolarmente svolto rapporti analoghi con enti pubblici», condizione che, tuttavia, non è piaciuta all'Antitrust, che il 17 giugno 2005, con una segnalazione al ministero, ha chiesto di tenere conto del principio di concorrenza da bilanciare con le esigenze di sicurezza, come stabilito dalla normativa europea (vedi allegato «Carceri, per gli alimenti prezzi alle stelle ai detenuti. E le ditte fanno affari d'oro»);
   come ha comunicato il Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), dal 2007 le opere, i servizi e le forniture destinati alle attività «dell'amministrazione della giustizia», «nei casi in cui sono richieste misure di sicurezza o di segretezza», possono essere eseguiti «in deroga alle disposizioni relative alla pubblicità delle procedure di affidamento dei contratti pubblici» in base al codice degli appalti. Ne consegue che gli importi, i nomi e altri dati sono top-secret. I bandi, realizzati dal ministero della giustizia attraverso i 16 Prap (Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria) competenti per territorio, possono essere biennali o triennali, a volte anche di un anno solo –:
   se non ritenga opportuno effettuare periodici controlli così da garantire una reale corrispondenza, come da regolamento, tra i prezzi dei prodotti alimentari e non in vendita nei sopravvitti e quelli dei supermercati più vicini ai luoghi in cui gli istituti penitenziari si trovano;
   se non ritenga opportuno garantire ai detenuti la possibilità di poter scegliere tra più articoli per ogni genere di prodotto, con la possibilità di potersi avvalere anche di prezzi scontati, di offerte e di merce sottomarca;
   se non ritenga opportuno rivedere le regole relative ai bandi delle gare d'appalto per la gestione del vitto e sopravvitto nelle carceri, così da garantire una leale concorrenza tra le ditte appaltanti e contrastare il sistema di oligopolio attualmente esistente. (5-05665)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARZANA, LUPO, GRILLO, NUTI, LOREFICE, DI VITA, RIZZO, D'UVA, MANNINO, DI BENEDETTO, CANCELLERI e VILLAROSA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'ufficio del Tribunale di Siracusa è afflitto da una gravissima carenza di organico in relazione al personale amministrativo, in particolare si rilevano alcune carenze in rapporto alle figure del direttore amministrativo (tre vacanze su sette posti, con scopertura del 42,9 per cento), del funzionario giudiziario (venti vacanze su trentuno posti con scopertura di circa il 70 per cento); del conducente di automezzi (tre vacanze su sei posti, con scopertura del 50 per cento);
   una insostenibile carenza di personale si riscontra anche presso la procura della Repubblica di Siracusa in relazione alle figure di direttore amministrativo (presente solo uno sui tre previsti, con scopertura del 66,7 per cento); funzionari giudiziari (presenti quattro su otto previsti, con scopertura del 50 per cento); nonché alla vacanza di due dei tredici posti di sostituto procuratore in organico;
   seppure a livello nazionale la procedura di mobilità infra-comparto attivata nel 2013 ha permesso di acquisire 71 unità di personale amministrativo proveniente dal comparto Ministeri, sebbene il 2 luglio 2014 è stato pubblicato un interpello nazionale per la mobilità del personale giudiziario; nonostante nella Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio 2015 è stato pubblicato un avviso di mobilità riservato ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche diverse dall'organizzazione giudiziaria, per la copertura di 1.031 posti, per vari profili professionali, presso gli uffici giudiziari di tutta Italia, la copertura di personale presso il tribunale di Siracusa è rimasta immutata e quindi fortemente inadeguata;
   tali condizioni, destinate ad aggravarsi con il pensionamento ed il prossimo trasferimento di altri dipendenti aventi qualifica professionale di funzionario giudiziario, impediscono già adesso, a prescindere dalle ulteriori imminenti carenze, il normale funzionamento dei servizi del tribunale, sia in area civile che in area penale, causando, dunque, gravissimi disagi non solo agli operatori della giurisdizione, impossibilitati a far fronte ad una domanda di giustizia in continua crescita, ma principalmente all'utenza, che viene privata di un servizio essenziale e funzionale alla crescita economica ed alla sicurezza di questa città e dei comuni del circondario;
   si aggiunga che la situazione è divenuta particolarmente insostenibile a seguito dell'accorpamento delle soppresse sezioni distaccate di Augusta, Avola e Lentini, a seguito del quale i quattro funzionari giudiziari, prima assegnati alle predette sezioni, vincitori dell'interpello del 15 ottobre 2012, hanno preso servizio presso altra sede diversa dal Tribunale di Siracusa;
   per cui a causa della soppressione delle sedi distaccate l'impegno lavorativo per il tribunale di Siracusa dal mese di settembre 2013 è aumentato, ma l'incremento del carico di lavoro non ha trovato un'adeguata compensazione in termini di assegnazione di personale, atteso che è stato trasferito presso il tribunale di Siracusa appena il 50 per cento del personale che operava presso le tre sedi distaccate;
   a fronte di tale situazione, in data 21 marzo 2014 il presidente del tribunale di Siracusa e il dirigente amministrativo dottoressa Rosa Pulito, hanno inviato una missiva al Ministro della giustizia e al dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale per rappresentare le gravi carenze di personale degli uffici giudiziari di Siracusa che si ripercuotono negativamente sull'organizzazione e sull'efficienza della sede giudiziaria medesima;
   si aggiunga anche il carico di lavoro presso l'ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa a seguito delle migliaia di immigrati che sono sbarcati nel territorio di Siracusa (Augusta) con l'operazione Triton;
   difatti l'ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa ha assunto l'incarico, in quanto territorialmente competente, per le convalide di arresto o per i fermi dei cosiddetti scafisti che approdano nel territorio della provincia aretusea;
   giova precisare che i procedimenti relativi agli sbarchi degli immigrati non costituiscono più una straordinaria emergenza, ma una situazione ordinaria che però grava sul ridotto personale di cancelleria dell'intero tribunale e, in particolare, sull'ufficio Giudice per le indagini preliminari il cui organico (magistrati, cancellieri e funzionari) per la mole di lavoro che si trova a svolgere si rivela sottodimensionato in maniera preoccupante;
   si aggiunga che, a seguito del decreto legislativo n. 32 del 4 marzo 2014 in attuazione della direttiva 2010/64/UE del 20 ottobre 2010, poiché è divenuta obbligatoria la traduzione degli atti processuali per gli imputati di lingua straniera con la nomina di interpreti e traduttori si rende necessario il reperimento di tali professionalità che data l'esiguità delle risorse è sempre più difficile;
   inoltre la recente scelta del Ministero di non assegnare alcuna unità di personale delle soppresse Province al Tribunale di Siracusa (bando di mobilità volontaria esterna — Gazzetta Ufficiale del 20 gennaio 2015), rappresenta l'ennesimo atto di disinteresse ed abbandono di questi uffici e disattende le legittime aspettative dei cittadini in ordine al normale funzionamento del servizio giustizia –:
   a fronte delle misure intraprese a livello nazionale citate in premessa, poiché la copertura di personale amministrativo è rimasta immutata per il tribunale di Siracusa, quali interventi mirati voglia assumere per colmare la gravissima carenza di organico, che nel caso dei funzionari giudiziari raggiunge addirittura una scopertura pari al 70 per cento dei posti, al fine di giungere alla totale copertura dei posti vacanti in pianta organica, come ampiamente richiesto dal presidente e dal dirigente amministrativo del tribunale;
   se il Ministro intenda assumere iniziative per riconoscere l'ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa sede particolarmente gravata dal carico di lavoro dovuto dagli oramai ordinari sbarchi di immigranti e pertanto, al fine di garantire efficienza e funzionalità, procedere dotando l'ufficio, nel più breve tempo possibile di almeno un'altra unità di cancelleria che possa occuparsi prevalentemente della gestione dei fascicoli relativi agli scafisti;
   se il Ministro intenda adottare le iniziative necessarie per reperire le risorse idonee ed adeguate per la nomina di interpreti e traduttori. (4-09252)


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale Panorama, con un articolo a firma di Riccardo Arena, riporta alcune notizie in merito alla nuova professione di Antonio Ingroia: magistrato prima, politico poi ed avvocato oltre che amministratore pubblico adesso;
   Antonio Ingroia, nella sua veste di avvocato, tutela gli interessi di Massimo Ciancimino nel processo intentato dalla procura della Repubblica di Roma contro i «riciclatori» del tesoro di Ciancimino padre, il sindaco del «sacco» di Palermo ed uomo affiliato alla cosca mafiosa di Corleone;
   l'interrogante non intende porre all'attenzione del Ministro interrogato l'evidente «doppia morale» dell'ex pubblico ministero di Palermo che, da magistrato, accusava le istituzioni di «delegittimare» il proprio lavoro di investigatore e da avvocato lamenta il fatto che l'inchiesta in cui è coinvolto il suo assistito Massimo Ciancimino nasca dalla volontà del colonnello «Ultimo» e del Procuratore capo di Roma Pignatone di distruggere ed azzoppare la credibilità di Ciancimino figlio e con lui il processo sulla trattativa Stato-mafia;
   l'interrogante non intende porre all'attenzione del Ministro interrogato le ragioni di «inopportunità» dal punto di vista processuale che dovrebbero indurre l'ex procuratore di Palermo Ingroia a delegare la difesa del Ciancimino ad altro legale visti i rapporti, in teoria, delicati nati in occasione delle indagini alla base del processo di Palermo sulla trattativa Stato-mafia;
   l'ex procuratore di Palermo, oltre che ex politico ed ex magistrato, dovrebbe invece, a giudizio dell'interrogante e del giornalista di Panorama, dimettersi o dall'incarico di amministratore unico della società a partecipazione pubblica regionale «Sicilia e servizi» o dovrebbe lasciare la professione forense. Il ruolo di avvocato e di amministratore pubblico, secondo la normativa attualmente vigente, sono incompatibili tra loro –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda chiarire anche promuovendo una verifica presso l'Ordine degli avvocati, sulla base di quali presupposti il dott. Ingroia possa continuare a svolgere l'attività di avvocato, alla luce dell'incarico ricoperto presso la società «Sicilia e servizi» spa. (4-09263)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CASELLATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sabato 16 maggio si è verificata una situazione vergognosa e discriminatoria ai danni di 7 ragazzini down della provincia di Treviso, appartenenti all'associazione AIPD Marca Trevigiana, come riportato dall'associazione stessa e dagli organi di stampa. Alle stazioni di Conegliano (provincia di Treviso) e Mestre (provincia di Venezia) il gruppo di ragazzi è stato «rimbalzato» dalla fila in attesa alla biglietteria a causa, a dire dei bigliettai, della loro lentezza e di una Carta Blu scaduta. A causa del tempo perduto e della mancanza di emissione dei biglietti il gruppo ha perso il treno arrivando in forte ritardo alla meta preposta;
   le accompagnatrici hanno provato a spiegare che i loro ragazzi erano perfettamente in grado di dare nome e cognome, mostrare la Carta Blu che serve per fare i biglietti, e pagare, ma per i bigliettai la lentezza dei ragazzi causava un danno alla collettività. I sette ragazzi disabili, dell'Associazione Italiana Persone Down (Aipd) – sezione della Marca Trevigiana Onlus, si fanno da parte, e perdono il treno: saliranno su quello successivo, dopo le 11. E una volta arrivati a Mestre, saranno protagonisti di un altro episodio triste. Il personale della biglietteria si rifiuterà di emettere biglietti singoli per Venezia, dicendo alle accompagnatrici: «Questi ragazzi non sono in grado di imparare, se fate voi per loro fate un favore alla comunità»;
   ieri mattina, l'associazione ha presentato un reclamo formale nel sito di Trenitalia. Anche Trenitalia ha voluto ricostruire nei dettagli la vicenda, mettendosi subito in contatto con gli operatori della biglietteria per capire se le cose sono andate esattamente come raccontato dall'associazione, ribadendo che «Non c’è stato senz'altro alcun rifiuto tant’è che sono stati rilasciati otto biglietti, in appoggio ad altrettante Carte Blu. Altri ragazzi affetti da sindrome di Down avevano il giorno precedente usufruito senza difficoltà dei servizi di biglietteria della stazione di Conegliano. E gli stessi protagonisti dell'episodio di sabato hanno preso altre volte il treno, sempre a Conegliano, senza alcun problema». La difesa di Trenitalia, dopo le pesanti accuse dell'Aipd Marca Trevigiana, fa leva su un passato fatto di buoni rapporti, e su un codice etico che disciplina (severamente) i comportamenti di tutti i dipendenti, bigliettai compresi;
   il diritto delle persone con disabilità a vivere in autonomia, in inclusione sociale e in condizioni di parità reale è un diritto prioritario e irrinunciabile. Questo diritto va promosso e le associazioni che lavorano per raggiungere questa parità devono essere sostenute e valorizzate. La situazione vissuta dai ragazzi di AIPD Marca Trevigiana rappresentano una violazione grave di questo diritto –:
   cosa intenda fare per verificare la situazione con Trenitalia e per garantire alle persone disabili parità di trattamento nell'utilizzo dei trasporti pubblici;
   se intenda valutare l'ipotesi di un confronto con le associazioni che operano nel settore delle disabilità, per mettere a punto un codice etico da proporre alle aziende che si occupano di trasporto pubblico. (5-05659)


   SPESSOTTO, COZZOLINO, PETRAROLI, DELL'ORCO, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CARINELLI e BUSTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo apparso sulla stampa e intitolato «Pignorati i conti del Ministero di Lupi», riporta la preoccupante notizia per cui, a partire dallo scorso 14 gennaio sarebbe stato disposto il blocco giudiziario dei conti correnti appartenenti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la procedura giudiziaria avviata nei confronti dei conti correnti del dicastero trae le sue origini dal piano di ricostruzione post-bellica della città di Ancona, affidato in concessione all'Adriatica Costruzioni srl dell'imprenditore marchigiano Edoardo Longarini;
   con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992 fu disposto l'annullamento nei confronti del gruppo di Longarini di tutti i rapporti concessori per i lavori relativi ai lotti di piani di ricostruzione della città di Ancona;
   a seguito dell'impugnazione degli atti di annullamento da parte del Gruppo Longarini, la corte di appello di Roma, con sentenza depositata lo scorso 8 luglio 2014, si è espressa nel procedimento promosso per la quantificazione dei danni, a favore di Edoardo Longarini, il quale ha richiesto alle Infrastrutture un indennizzo di 1,2 miliardi di euro per gli appalti revocategli e che egli stesso ha sempre rivendicato;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, ha quindi presentato un ricorso in Cassazione contro l'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma e del lodo arbitrale a favore di Longarini per chiedere «la sospensione dell'efficacia esecutiva e dell'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma, nonché dei lodi arbitrali definitivo e non definitivo»;
   nel ricorso si lamenta che «dall'esecuzione del lodo e della menzionata sentenza deriva un danno grave e irreparabile per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quanto l'enorme importo della pronuncia di condanna, da valutare anche alla luce dell'attuale contingenza economica, caratterizzata dalla drastica riduzione delle disponibilità finanziarie di pertinenza del Ministero, rischierebbe di paralizzare l'esecuzione di opere pubbliche di rilevante interesse strategico nazionale, come rappresentato dal ministero, e determinerebbe la perdita di circa 40 mila posti di lavoro;
   per quanto di conoscenza degli interroganti, in base alle notizie di cronaca apparse sulla stampa, si apprende che, a seguito della notifica di un atto di pignoramento di rilevante importo, le disponibilità economiche esistenti sui conti correnti riferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbero state bloccate, dalle piccole spese d'amministrazione ai finanziamenti ai trasporti o addirittura ai cantieri in tutta Italia;
   tra i conti del Ministero sottoposti a pignoramento compare anche il conto di tesoreria centrale sul quale erano disponibili le risorse anche per i lavori di completamento della variante alla S.P. 14 — Circonvallazione al centro di Bojon, le cui procedure di affidamento dei lavori sono state conseguentemente interrotte –:
   se quanto riportato in premessa corrispondesse al vero, attraverso quali risorse intenda far fronte al pagamento del credito per il quale si è proceduto al pignoramento, evidenziando nel dettaglio le eventuali riduzioni di autorizzazioni di spesa con indicazione delle missioni, programmi e capitoli oggetto delle suddette riduzioni. (5-05666)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'articolo 243-bis del TUEL i comuni e le province per i quali, anche in considerazione delle pronunce delle competenti sezioni regionali della Corte dei conti sui bilanci degli enti, sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario possono ricorrere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale;
   per accedere alla procedura il consiglio dell'ente locale deve deliberare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di dieci anni che tenga conto di tutte le misure necessarie a superare le condizioni di squilibrio rilevate e, in particolare:
    a) le eventuali misure correttive adottate in considerazione dei comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e del mancato rispetto degli obiettivi posti con il patto di stabilità interno accertati dalla competente sezione regionale della Corte dei conti;
    b) la puntuale ricognizione, con relativa quantificazione, dei fattori di squilibrio rilevati, dell'eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall'ultimo rendiconto approvato e di eventuali debiti fuori bilancio;
    c) l'individuazione, con relative quantificazione e previsione dell'anno di effettivo realizzo, di tutte le misure necessarie per ripristinare l'equilibrio strutturale del bilancio, per l'integrale ripiano del disavanzo di amministrazione accertato e per il finanziamento dei debiti fuori bilancio entro il periodo massimo di dieci anni, a partire da quello in corso alla data di accettazione del piano;
    d) l'indicazione, per ciascuno degli anni del piano di riequilibrio, della percentuale di ripiano del disavanzo di amministrazione da assicurare e degli importi previsti o da prevedere nei bilanci annuali e pluriennali per il finanziamento dei debiti fuori bilancio per i quali l'ente è tenuto ad effettuare una puntuale ricognizione;
   per gravi squilibri strutturali e per le violazioni del patto di stabilità interno, dal 2013 il comune di Giarre è sottoposto al piano di riequilibrio pluriennale;
   a quanto risulta da notizie di stampa circa l'attività della Commissione consiliare bilancio sembrerebbero emergere debiti per circa 5 milioni di euro, non iscritti nel piano di risanamento pluriennale, non evidenziati dalle precedenti ricognizioni né in sede di revisione del piano –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   quali azioni intenda intraprendere, verificata la fondatezza dei fatti esposti in premessa, al fine di:
    a) stabilire definitivamente l'esatto ammontare e la natura dei debiti non iscritti nel piano di riequilibrio;
    b) verificare gli effetti di tali debiti sugli equilibri di bilancio e sul percorso di risanamento;
    c) verificare le conseguenze dovute ai possibili trattamenti diseguali tra i creditori che risultano nel piano e quelli non inseriti;
    d) verificare se vi siano danni arrecati ai cittadini contribuenti da eventuali fatture non pagate e valutare l'opportunità di procedere al blocco dei pagamenti dei debiti. (5-05655)


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Giarre in provincia di Catania da alcuni anni vive una gravissima situazione economico finanziaria che ha portato l'ente a sforare il patto di stabilità e ad essere di conseguenza classificato tra le amministrazioni in condizioni strutturali di deficit;
   in data 28 dicembre 2012 con deliberazione del consiglio comunale è stato approvato il piano di riequilibrio pluriennale ex articoli 243-bis e seguenti del TUEL cui è seguita in data 25 febbraio 2013 deliberazione dello stesso organo di approvazione del piano di riequilibrio finanziario modificata successivamente con ulteriore deliberazione avvenuta in data 27 gennaio 2014 estendo la durata del piano a 10 anni;
   la sostenibilità del piano di riequilibrio di cui in premessa è condizionata al rispetto della previsioni contenute come richiamato dalla deliberazione n. 185/2014/PRSP della Corte dei conti sezione di controllo per la regione siciliana;
   è stata rilevata una ulteriore presenza di debiti che ammonta a circa 11 milioni di euro;
   il comma 7 dell'articolo 234-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000 impone la necessità di una ricognizione completa di tutti i debiti riconoscibili con la previsione di possibili piani di rateizzazione dei crediti esistenti con il consenso dei creditori;
   la situazione rischia oggettivamente di diventare critica per la comunità di Giarre in considerazione delle difficoltà pregresse;
   se il Governo nell'ambito delle proprie prerogative non intenda acquisire elementi finalizzati a verificare la reale situazione della situazione finanziaria del comune di Giarre al fine di chiarire l'entità e la natura dei debiti non rilevati nei pani di riequilibrio e degli effetti sulla reale sostenibilità del processo di rientro. (5-05656)


   CAPARINI, BORGHESI, MOLTENI, GRIMOLDI e INVERNIZZI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   martedì 19 maggio 2015 in segno di protesta i vigili del fuoco volontari non hanno, come di consueto, garantito l'operatività di 326 volontari su 380, sguarnendo il territorio bresciano di fronte a possibili allarmi. Una protesta che ha dimezzato la disponibilità dei 17 distaccamenti dei vigili volontari della provincia di Brescia (non ha aderito Pontedilegno), riducendo a tre unità sulle cinque che costituiscono un equipaggio tipo con autopompa serbatoio;
   a causa della protesta era impossibile far intervenire i volontari anche sul più banale dei servizi, se non a mero supporto del personale permanente, ossia di professionisti. Così i presìdi di Brescia, S. Polo, Darfo, Salò, Gardone Vt e Montichiari (al netto di attività aeroportuale) si sono trovati a coprire da soli tutto il territorio bresciano;
   una protesta, questa, atipica che i 400 uomini dei 17 distaccamenti volontari (Orzinuovi, Pontedilegno, Lumezzane, Vestone, Cunettone, Sale Marasino, Bagolino, Breno, Edolo, Verolanuova, Desenzano, Chiari, Palazzolo, Vezza, Darfo e Salò) hanno annunciato tramite fax con il quale ogni domenica comunicano al comando provinciale le disponibilità di personale giornaliere di ogni presidio;
   così facendo i volontari hanno responsabilmente reso possibile il solo intervento tecnico urgente in ausilio ad altro personale, garantendo solo il supporto ai vigili del fuoco effettivi, i quali si sono trovati esposti a chiamate da ogni parte della provincia, una delle più estese del Paese, senza poter contare sui volontari;
   la protesta è motivata dall'insufficienza di formazione, dalle carenze di uomini e di mezzi. Gianluca Colossi, presidente provinciale dell'Associazione dei vigili del fuoco volontari, ha dichiarato (Giornale di Brescia del 20 maggio 2015) che le rivendicazioni dei sindacati sono da imputare alle carenze di uomini e mezzi «Al contempo manifestiamo la difficoltà di accesso al Corpo per nuovi volontari, dettate da un corso base di 120 ore e dalla formazione di autisti, per la quale il Ministero impone 4 settimane di corso. Questo – spiega Colossi – ci penalizza scoraggiando le nuove leve. Spesso alcuni distaccamenti sono costretti a restare chiusi per mancanza di personale»;
   le ricadute non sono mancate, ad esempio, con partenze da Brescia costrette a far rotta sino a Orzinuovi per una semplice apertura di una porta. Uno «spreco di risorse» come lo ha definito lo stesso Colossi, consapevole dell'intento provocatorio dell'iniziativa, che ha portato a un vertice a Milano in tempi record. Alle 20 dello stesso giorno la protesta è rientrata: «Il direttore regionale – fa sapere Colossi – si è fatto carico delle nostre esigenze. La protesta è temporaneamente sospesa. Ma attendiamo fatti»;
   il sindacato autonomo dei vigili del fuoco – Conapo –, purtroppo critica il rifiuto di prestare pieno servizio «Un impegno, anche quello dei volontari, che non può venir meno qualsiasi problema sorga» (Bresciaoggi 20 maggio 2015) ed ha inviato una lettera al comandante provinciale Giulio De Palma per sollecitare verifiche e provvedimenti, oggi, nel caso la protesta si ripetesse, potrebbe rivolgersi all'autorità giudiziaria denunciando i volontari «renitenti» per interruzione di pubblico servizio. Provvedimento che, a quanto pare, il comandante non avrebbe preso. Così come gli è stato chiesto di predisporre uno studio costi-benefici «per ciò che riguarda l'immane presenza di distaccamenti volontari rispetto a quelli permanenti»;
   il 7 agosto 2014 il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione Madia ha accettato l'ordine del giorno Caparini n. 9/2486-B/77 dove si impegna «a valutare l'opportunità di esonerare gli aspiranti vigili del fuoco volontari dal pagamento degli oneri di cui all'articolo 4, punto 14, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e quelli relativi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio indicati dall'amministrazione per il reclutamento del personale volontario per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b) del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, trasferendone la spesa in capo all'amministrazione degli Interni»;
   nel 2014 il Governo ha inserito 1.030 nuovi effettivi nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco al fine di garantire «gli standard operativi e i livelli di efficienza e di efficacia» finanziando parte delle nuove assunzioni con le risorse destinate al personale volontario dei vigili del fuoco, già oggetto di altre misure vessatorie, come quelle varate nell'autunno del 2011, che imputano agli aspiranti vigili del fuoco volontari gli oneri connessi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio connessi alla loro selezione;
   il deficit di organico esistenti all'interno del Corpo potrebbero essere colmati proprio attingendo al bacino di capacità rappresentato dai vigili volontari;
   il Governo ha più volte manifestato la disponibilità a correggere la normativa di merito all'esonero dai costi di reclutamento alla prima occasione utile senza tuttavia aver finora tradotto in gesti concreti l'atteggiamento annunciato –:
   cosa intenda fare per colmare la storica carenza di personale permanente e mezzi a disposizione del Corpo dei vigili del fuoco;
   ad attuare l'ordine del giorno, citato in premessa, che prevede l'esonero degli aspiranti volontari dagli oneri per relativi agli accertamenti clinico-strumentali e di laboratorio indicati dall'amministrazione per il reclutamento del personale volontario per le esigenze dei distaccamenti volontari del Corpo nazionale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139. (5-05664)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno ha regolamentato i limiti di età per partecipare ai concorsi pubblici per accedere ai ruoli del personale in polizia di Stato;
   la riduzione dei suddetti limiti risponde, secondo il Ministero, alle esigenze di miglioramento della funzionalità operativa della polizia;
   tali esigenze di razionalizzazione sussistono anche per il personale che svolge attività tecnico-scientifica;
   per partecipare al concorso per direttori tecnici della polizia di Stato non bisogna aver compiuto i 32 di età;
   da notizie di stampa si apprende che un gruppo di esclusi di Cagliari, proprio per limiti di età, ha chiesto al Ministero dell'interno di innalzare quel limite per consentire anche a chi si è preparato in tempo, ma ha dovuto aspettare il bando, di poter aspirare al posto di lavoro;
   il riferimento è ai bandi di concorso, pubblicati sulla Gazzetta ufficiale del 14 aprile 2015 dal ministero dell'interno per l'assunzione nella polizia di Stato delle figure professionali di direttore tecnico ingegnere civile, di direttore tecnico fisico e di direttore tecnico biologo;
   gli esclusi si appellano anche a un principio affermato dalla Corte di giustizia europea in merito ai limiti di età per l'accesso ai concorsi pubblici;
   le gravi difficoltà di carattere sociale ed occupazionale costringono moltissimi giovani ad attendere lunghi anni dopo aver conseguito laurea o diploma, per i ritardi sistematici e strategici della pubblica amministrazione nell'indire i necessari concorsi;
   la crisi economica, particolarmente dura in realtà come la Sardegna, è una delle cause che prolunga l'inserimento nel mondo del lavoro –:
   se non ritenga opportuno assumere iniziative per innalzare i limiti di età per accedere ai ruoli del personale della polizia di Stato attraverso i pubblici concorsi;
   quali iniziative, per quanto di competenza, e ove ne ricorrano i presupposti di diritto, intenda assumere per consentire ai candidati esclusi per limiti di età di partecipare al concorso per l'assunzione nella polizia di Stato delle figure professionali di direttore tecnico ingegnere civile, di direttore tecnico fisico e di direttore tecnico biologo. (4-09248)


   MURA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   continuano senza sosta gli attentati e le intimidazioni contro gli amministratori locali della Sardegna;
   in data 15 maggio 2015 il sindaco di Nurri, Antonello Atzeni, è stato destinatario di una busta da lettere contenente un proiettile;
   il giorno dopo, il 16 maggio, il presidente del consiglio comunale di Carbonia, Ignazio Cuccu, è stato vittima di un attentato incendiario: ignoti hanno cosparso di liquido infiammabile il portone del garage dell'abitazione dell'amministratore locale sardo;
   questi fatti criminali sono una minaccia alla vita democratica e, pertanto, serve un immediato intervento del Governo e delle l'istituzioni che devono ritornare a essere, con i propri presidi e servizi, un baluardo di legalità e sicurezza per i cittadini;
   la Sardegna, secondo l'ultimo rapporto sulla criminalità nell'isola, è la regione che, in rapporto alla popolazione, ha la percentuale più alta di attentati contro gli amministratori locali, superando di gran lunga regioni dove storicamente sono presenti gravi fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso;
   sono rimasti inascoltati tutti gli appelli che in questi anni le istituzioni sarde, ai massimi livelli, hanno rivolto allo Stato;
   in questi anni lo Stato ha effettuato pesanti tagli nel settore della sicurezza, lasciando alcuni territori dell'isola con presidi di polizia e carabinieri del tutto insufficienti ad arginare questo fenomeno;
   la denuncia delle istituzioni locali e dei sindacati di polizia purtroppo non hanno prodotto alcun effetto. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: oggi fare l'amministratore locale in Sardegna è diventato pericoloso;
   troppo spesso gli amministratori locali della Sardegna sono stati oggetto di intimidazioni per aver garantito con imparzialità il loro ruolo di rappresentanza e per aver difeso il presidio delle istituzioni che nei comuni sono spesso lasciate sole –:
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare per rafforzare la presenza di forze dell'ordine presso ciascun comune sardo;
   se il Governo intenda farsi promotore di una specifica iniziativa normativa che introduca nel codice penale una nuova fattispecie di reato contro i pubblici amministratori. (4-09249)


   CAPONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un grave attentato intimidatorio è avvenuto nel Salento a Casarano, nella notte tra venerdì 15 e sabato 16 maggio 2015, ai danni dell'ex sindaco del paese, dottor Remigio Venuti;
   in particolare, nella ricostruzione fornita agli organi di informazione dalla stessa vittima, si apprende che due persone in scooter con il volto accuratamente coperto avrebbero lanciato intorno alla mezzanotte contro l'abitazione del dottor Venuti un ordigno poi successivamente esploso, con una detonazione avvertitasi chiaramente nella città di Casarano e ben oltre;
   intervenuti immediatamente gli inquirenti, si legge sulla stampa, avrebbero fin da subito escluso una matrice politica da ricondurre eventualmente alla passata esperienza amministrativa così come anche la matrice estorsiva mentre starebbero concentrando la loro attenzione su dissidi di natura personale o, ancor più precisamente, su alcune dichiarazioni pubbliche rese nelle ultime settimane a proposito di una recrudescenza e riorganizzazione della criminalità organizzata sul territorio. Si legge infatti: «forse l'orario e il giorno non sono del tutto casuali: lo stile e le modalità dell'attentato fanno pensare che l'accaduto abbia una matrice di stampo criminale, più che legata ad una bravata»;
   in particolare, come poi nei giorni successivi all'attentato anche sugli organi di stampa, il dottor Venuti aveva «lanciato l'allarme sull'aumento di episodi criminosi in città». E ancora: «Parlando in una manifestazione pubblica aveva rilevato che la criminalità sta prendendo sempre più piede a Casarano e riesce ad avere consenso»;
   è proprio quest'ultimo aspetto, secondo il sottoscritto, ad assumere un aspetto particolarmente inquietante se dovesse rivelarsi fondato il sospetto che un semplice atto di una denuncia pubblica di questo tenore possa essere all'origine del gesto criminale, in quanto testimonierebbe un terreno quanto mai preoccupante in un paese, un tempo epicentro di un tessuto imprenditoriale ed economico di tutto rispetto, oggi alle prese con una crisi rilevantissima dovuta proprio alla difficoltà e debolezza di un particolare modello manifatturiero basato soprattutto sul contoterzismo;
   d'altra parte lo stesso dottor Venuti nel corso di una intervista ad un quotidiano territoriale ha rilevato: «sono sinceramente preoccupato perché negli ultimi tempi si è assistito ad una serie di episodi di questo tipo. Basti pensare, ma non è certamente l'unico caso, al recente attentato incendiario al chiosco dei fiori ubicato all'ingresso del cimitero», e ancora: «purtroppo, avverto un forte calo di tensione sui temi della legalità negli ultimi tempi qui a Casarano. Per questo credo che le istituzioni debbano far risalire l'attenzione su temi fondamentali per la tenuta sociale del territorio»;
   sono anche queste considerazioni a spiegare la costituzione, in questi giorni, di un Comitato spontaneo di associazioni e cittadini per una mobilitazione contro il «proliferare dei recenti gravi atti di intimidazione, più o meno eclatanti» che, secondo gli organi di stampa, sarebbero stati «ben quattro in meno di due mesi», promotore di iniziative pubbliche nei prossimi giorni sui temi della legalità;
   infine, come si ricorderà, proprio Casarano è una delle sedi decentrate di tribunale e nell'ambito della riorganizzazione dei servizi giudiziari sono state moltissime le voci — tra queste la mia — che hanno sostenuto e tuttora sostengono la necessità della permanenza di un presidio di legalità così rilevante nel territorio del Sud Salento, segnato negli anni in modo traumatico e devastante da episodi spesso sanguinosi legati al radicamento della criminalità organizzata e alle dinamiche della sua riorganizzazione territoriale in seguito allo sfaldamento della Sacra Corona Unita;
   dinamiche cui non è peraltro estranea la gravissima crisi economica che il territorio ha vissuto e sta vivendo, brodo di coltura perché il crimine organizzato provi, con successo, a penetrare nell'economia pulita territoriale utilizzando come canale di ingresso le difficoltà economiche delle imprese derivanti anche dall'annosa difficoltà di relazione delle stesse con gli Istituti di credito –:
   come questo Ministero intenda gestire l'emergenza sicurezza in atto nel territorio di Casarano e più complessivamente nella provincia di Lecce;
   come intenda rispondere al bisogno di sicurezza a più riprese sottolineato dalle popolazioni;
   come intenda contrastare questo nuovo dilagare del crimine organizzato e quali iniziative intenda mettere in campo allo scopo. (4-09267)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia è uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio;
   la sismicità della Penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica, poiché è situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive;
   l'Italia è un Paese morfologicamente fragile perché è geologicamente giovane: intensa attività sismica e vulcanica; continui e ricorrenti fenomeni erosivi quali frane, alluvioni, e valanghe che si verificano con tempi di ritorno sempre più brevi e dopo poche gocce d'acqua;
   il nostro Paese è antropicamente malato a causa dell'urbanizzazione selvaggia, dallo scellerato consumo del suolo, dai disboscamenti senza programmazione, violazione di ogni norma di pianificazione; rinvii di spese indispensabili, taglio progressivo dei fondi per il rischio idrogeologico;
   la relazione al Parlamento della «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico» ricorda che il 69 per cento di tutte le frane presenti in Europa è in Italia, distribuite su 5.708 comuni italiani;
   prima dell'anno 2009, ventidue università italiane avevano dei dipartimenti di scienze della terra, oggi solo otto;
   in seguito, per effetto della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 è stato fatto l'accorpamento e il taglio di molti dipartimenti di scienza della terra;
   la situazione del Paese è davvero preoccupante e lo è ancora di più nelle Marche, dove i dipartimenti di scienze della terra stanno chiudendo tutti. Infatti, dopo l'università di Camerino, anche l'università di Urbino si appresta a chiudere il dipartimento di geologia;
   la facoltà di scienze della Terra di Urbino, contava ventuno insegnanti e un'offerta formativa completa di primo e di secondo livello;
   alcuni anni fa, il corso di laurea in scienze della Terra presso l'università di Camerino, è stato costretto a trasformarsi in un corso di laurea interclasse in scienze geologiche, naturali e ambientali;
   la recente proposta di legge concernente interventi per il sostegno della formazione e della ricerca nelle scienze geologiche ha adottato misure per rafforzare la presenza dei dipartimenti di scienze della terra nel sistema universitario incluso le geoscienze tra le aree disciplinari di particolare interesse nazionale e comunitario, che dovranno godere di risorse dedicate per sostenere le immatricolazioni attraverso il piano lauree scientifiche, prevedendo, inoltre un programma di borse di studio a favore degli studenti che s'iscriveranno ai corsi di laurea in scienze geologiche;
   tuttavia, nella regione Marche, dove la tradizione geologica ha da sempre rappresentato un punto di riferimento nel panorama nazionale, scompaiono i dipartimenti di scienze della terra. Proprio in una regione dove sono molto alti i rischi legati all'erosione costiera al rischio terremoti, alle alluvioni e alle frane –:
   se non ritenga opportuno impostare maggiori politiche di sviluppo del nostro Paese dove abbiamo il 69 per cento delle frane d'Europa, oltre che un immenso patrimonio di geologia anche attraverso la promozione dello studio di scienze della Terra che assicura il sostegno scientifico alla salvaguardia del territorio con particolare riferimento ad aree, come la regione Marche, particolarmente esposte al rischio di terremoti, alluvioni e frane. (5-05657)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   è noto che la cosiddetta riforma Fornero dell'anno 2011 ha modificato i presupposti per accedere al trattamento pensionistico non consentendo di godere del diritto alla pensione a migliaia di persone che avevano provveduto al versamento dei contributi previdenziali;
   tale riforma ha pertanto determinato una serie di categorie di persone da salvaguardare con ulteriori interventi correttivi della «riforma Fornero», tra le quali, quella dei cosiddetti «lavoratori esodati», ossia coloro che sono stati espulsi dalle aziende in forza di accordi tra le parti sociali in base alla normativa previgente la riforma e che ha impedito agli stessi di andare in pensione, sebbene prossimi al conseguimento dei requisiti pensionistici di vecchiaia o anzianità;
   per riparare a tale grave situazione, di notevole contenuto sociale, nel tempo l'Esecutivo ha adottato provvedimenti di «salvaguardia» per consentire ad alcune categorie di persone di accedere al trattamento previdenziale in base alla normativa previgente la «riforma Fornero». Sono stati adottati sei interventi di salvaguardia; l'ultimo si è concretizzato con la legge n. 147 del 2014, a tutela di una serie di lavoratori: da quelli in mobilità a quelli che hanno versato contributi volontari;
   tuttavia, ad oggi, sono rimaste ignorate quindi non tutelate ulteriori categorie di persone, ancor più danneggiate di altre per le quali si è proceduto alla salvaguardia. Si tratta di quei soggetti rimasti privi di qualsiasi sostegno economico, poiché all'entrata in vigore della riforma delle pensioni già non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni, e se non fosse stata attuata la «riforma Fornero», avrebbero avuto il diritto di accedere al trattamento pensionistico dal 2012/2013 entro l'intero anno 2016;
   ebbene, individuando gli ulteriori criteri necessari, si ritiene urgente procedere ad un censimento attraverso l'Inps che consenta di individuare queste categorie di persone rimaste fuori dai precedenti provvedimenti di salvaguardia sebbene siano state fortemente danneggiate dalla «riforma Fornero»;
   è evidente, infatti, che non sia equo procedere alla salvaguardia solo di alcune categorie di pensionati ed, invece, escludere persone che si trovano in condizioni ancora più disagiate, poiché non consentendo alle stesse di accedere alla pensione, è stato impedito loro di ottenere quella che sarebbe stata l'unica fonte di reddito che da tempo attendevano, considerando che si tratta di soggetti che all'entrata in vigore della «riforma Fornero» erano già privi di un sostegno economico o lo sono a tutt'oggi, poiché non avevano un posto di lavoro o lo hanno perso in questi anni –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro in relazione a quanto esposto in premessa;
   se il Ministro intenda adottare, urgentemente, un'iniziativa normativa di salvaguardia a tutela dei soggetti ancora esclusi come descritti in premessa, dopo aver proceduto – attraverso l'ente previdenziale – ad un censimento di questa tipologia di persone, considerando che l'individuazione esatta di queste categorie di soggetti senza più alcun reddito, è essenziale per porre in essere un intervento normativo di salvaguardia. (5-05650)


   LEVA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Ittierre spa dal 31 luglio 2014 è stata posta in liquidazione dal giudice delegato del tribunale di Isernia e che in tale data sono stati nominati commissario giudiziale e commissario liquidatore, rispettivamente, il dottor Ferreri e la dottoressa Caruso;
   per i lavoratori Ittierre il 13 aprile 2014, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, legge n. 223 del 1991, per la durata di 12 mesi, veniva concessa la CIGS per complessive n. 600 unità lavorative;
   il suddetto trattamento economico è cessato in data 2 aprile 2015;
   l'azienda per il tramite del commissario giudiziale, dottor Ferreri, e del commissario liquidatore, dottoressa Caruso, ha presentato istanza al Ministero per chiedere una ulteriore proroga per i 247 lavoratori ancora in carico a Ittierre spa;
   i suddetti lavoratori da aprile 2015 non percepiscono alcuna tipologia di sostegno al reddito;
   molti di questi lavoratori, a causa di una crisi industriale particolarmente grave che interessa il territorio del distretto produttivo di Isernia—Venafro, fanno parte di nuclei familiari monoreddito;
   quale sia la fase in cui si trova l’iter procedurale, con particolare riferimento alla tempistica riguardante il decreto di concessione della proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria per 247 lavoratori di cui sopra, e quale azione il Ministro interrogato intenda mettere in campo affinché si accorcino notevolmente i tempi per la concessione, stante la grave situazione di disagio economico in cui si troverebbero nei prossimi mesi le famiglie dei lavoratori. (5-05651)


   MIOTTO, CAMANI, ZAN, NARDUOLO e NACCARATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i quotidiani locali e nazionali riportano oggi una notizia che desta interrogativi;
   si riporta integralmente quanto descrive Il Fatto Quotidiano: «Sabato mattina, stazione di Conegliano Veneto. Un gruppo di autonomia, così sono chiamati i ragazzi dell'Aipd sezione Marca Trevigiana affetti dalla sindrome di down che hanno a disposizione un weekend all'anno per gestirsi una vacanza in completa autonomia con la supervisione di un educatore, ha avuto la spiacevole sorpresa di trovare un addetto di Trenitalia che si è rifiutato di fare loro i biglietti perché la procedura sarebbe troppo lenta e avrebbe fatto perdere tempo alle persone in fila. I portatori di handicap hanno diritto a saltare la fila e in ogni caso, come gli educatori sottolineano, integrazione vuole anche dire mettersi in coda insieme a tutti gli altri e aspettare il proprio turno.

"Ogni volta che i nostri ragazzi si presentano a uno sportello c’è il pregiudizio e tutti vogliono parlare con l'educatore, non tengono conto che loro sono perfettamente in grado di capire. Questo progetto fa sì che i ragazzi si possano integrare ed essere autonomi. La cosa che ci ha lasciati a bocca aperta è, oltre la maleducazione dell'operatore, il fatto che le persone in fila sono passate davanti non curanti della grave discriminazione e hanno proseguito facendo i loro biglietti lasciando i nostri ragazzi in disparte facendo perdere loro il treno" afferma la dottoressa Eliana Pin coordinatrice del AIPD – Associazione Italiana Persone Down – Sezione Marca Trevigiana.

Il gruppo di autonomia ha perso il treno delle 9,40 ed è riuscito a partire per Venezia solo alle 11. "Purtroppo per fare i biglietti con la carta blu l'unico modo che Trenitalia ci mette a disposizione è andare allo sportello perché non è possibile né farli online, né dalla biglietteria automatica in quanto richiede la compilazione dei dati. Non è colpa nostra se la procedura è lenta, è un problema solo di Trenitalia che ad oggi nonostante la denuncia su Facebook dell'accaduto non ci ha ancora chiamati per chiederci scusa" continua la coordinatrice Eliana Pin»;
   quanto accaduto è molto grave, segnala un atteggiamento che merita una iniziativa per far sì che venga riparato in modo esemplare il torto subito dai ragazzi dell'associazione AIPD sezione Marca Trevigiana –:
   quali iniziative intenda assumere in relazione al grave episodio di discriminazione nei confronti dei ragazzi disabili in premessa indicati;
   se il Ministro intenda far visita ai ragazzi down presso la loro associazione al fine di riconoscere che le istituzioni sono in prima linea allorché viene lesa la dignità dei cittadini più deboli. (5-05658)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARIANI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della crisi economica e per rispondere adeguatamente a nuove esigenze normative (in particolare, nel comparto edilizio e dei trasporti), diversi artigiani della provincia di Lucca si sono aggregati, nel tempo, dando vita a cooperative; il mondo delle cooperative artigiane lucchesi conta circa 150 aziende per un totale di 1500 addetti;
   dal 2014 la sede provinciale dell'Inps di Lucca ha iniziato a respingere le domande di iscrizione (presentate a partire dal 1o gennaio 2014) di soci lavoratori delle cooperative artigiane alla gestione speciale dei lavoratori autonomi artigiani; in seguito la stessa sede Inps ha inviato comunicazioni di cancellazione dei soci delle cooperative dalla gestione speciale degli artigiani;
   l'ufficio Inps motivava la decisione argomentando che nelle modalità di esercizio dell'attività prestata dal socio della cooperativa non si ravviserebbero le caratteristiche tipiche dell'impresa artigiana e gli elementi tipici del rapporto di lavoro autonomo; lo stesso ufficio riteneva tale orientamento coerente con «il regime fiscale riservato ai redditi dichiarati dai soci di cooperativa, trattati, per l'appunto, come redditi di lavoro dipendente»;
   conseguentemente, secondo l'Inps dovrebbero essere estese ai soci di cooperative le regole previdenziali definite per il lavoro subordinato, ponendo l'obbligo contributivo a carico della cooperativa anche nel caso i soci siano iscritto all'albo delle imprese artigiane; a giustificazione di tale scelta l'ufficio lucchese citava tra l'altro un regio decreto del 1924;
   dopo mesi in cui l'Inps di Lucca non aveva proceduto all'iscrizione alla previdenza artigiana di soci di cooperative e a seguito dell'annuncio della necessità di procedere all'iscrizione di quegli stessi soci alla gestione dipendenti, l'ufficio artigianato della locale camera di commercio, che riteneva quanto accaduto in contrasto con la normativa, aveva richiesto un parere in merito alla vicenda rivolgendosi alla Commissione regionale per l'artigianato della Toscana; tale organismo aveva rivolto il quesito alla direzione regionale dell'Inps; il 28 maggio 2014 la risposta dell'Inps regionale indicava come corretto il comportamento dell'ufficio dell'Inps di Lucca, che a sua volta inviava alla camera di commercio locale un elenco di 114 cooperative per le quali era stata negata l'iscrizione alla gestione artigiana, affinché si avviasse l'accertamento dei requisiti artigiani previsti per legge;
   alla fine del 2014 è stata promossa un'azione legale per conto di una ventina di cooperative contro le scelte operate dall'Inps di Lucca, che metterebbero a rischio, secondo i ricorrenti, il posto di lavoro di più di 1000 persone causando la chiusura delle cooperative coinvolte a seguito del forte appesantimento dell'ammontare dei contributi da versare in un momento già difficile a seguito della avversa congiuntura economica;
   all'operato dell'ufficio dell'Inps di Lucca viene contestato dalle cooperative coinvolte facendo riferimento:
    alla legge 142 del 2001 (il cui dettato normativo stabilisce l'obbligatorietà del regolamento interno alla cooperativa, che determina a sua volta criteri e regole del rapporto di lavoro tra società e soci lavoratori);
    al riconoscimento della Corte di Cassazione, che in una sentenza ha stabilito che alle cooperative di lavoro artigiano non si applica la disciplina contributiva dei lavoratori dipendenti ma quella degli imprenditori artigiani che prevede l'iscrizione dei singoli soci alla particolare gestione prevista per questi lavoratori;
    al pronunciamento della Commissione regionale per l'artigianato della Toscana, che ha deliberato che in una cooperativa artigiana la definizione dei rapporti dipende dalla scelta dei soci, prima per categoria di appartenenza poi per tipologia di rapporto mutualisti o e lavorativo adottato;
    alle indicazioni della stessa Commissione regionale che, nella deliberazione 88 del 7 luglio 2005, riferendosi alle legge n. 142 desume che se una cooperativa intende iscriversi all'albo delle imprese artigiane, i soci proprio in quanto coimprenditori, dovranno essere iscritti ai ruoli previdenziali IVS artigiani;
    alla legge regionale n. 53 del 2008 che prevede che l'impresa artigiana può essere esercitata oltre che individualmente anche in forma collettiva (attraverso società anche cooperative, ma escludendo ad esempio le società per azioni);
   negli ultimi mesi la direzione provinciale del lavoro ha avviato controlli tra le imprese artigiane, arrivando a comminare sanzioni elevate cui difficilmente i soci potranno far fronte;
   in ragione della difformità di valutazione e di comportamento delle diverse direzioni dell'Inps e dei relativi uffici, alcune imprese cooperative della provincia di Lucca hanno scelto di iscriversi alla gestione previdenziale in province limitrofe;
   in generale, il quadro normativo risulta non chiaro e tale situazione continua a mettere in grave difficoltà le imprese interessate –:
   quali iniziative il Ministro intenda mettere in atto per definire un quadro normativo chiaro e univoco, in base al quale le imprese possano gestire i rapporti di lavoro, tutelando allo stesso tempo l'occupazione e salvaguardando un tessuto produttivo che rappresenta un patrimonio di competenze per il territorio lucchese e la sua storia. (4-09256)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi la San Marco, storica azienda del Frentano per la costruzione di lavorazioni destinate al settore automotive e militare con sedi a Lanciano (Ch) e Atessa (Ch) ha annunciato l'apertura della procedura di mobilità per riduzione del personale di 70 unità;
   l'azienda è stata dichiarata fallita dal tribunale di Lanciano nel 2012. Attualmente gli ordinativi sono del settore militare e del comparto della sub fornitura Sevel. Nelle prossime settimane dovrebbero aprirsi le aste per la vendita dei due siti produttivi. Dopo il fallimento della San Marco, l'azienda era stata ceduta in affitto dalla curatela fallimentare al gruppo Stola di Torino per due anni rinnovabili di altri due. Alla fine dello scorso aprile è scaduto il contratto di affitto;
   l'annuncio della mobilità si va ad aggiungersi ad una situazione già di estrema incertezza;
   cè il timore che un ipotetico compratore possa smembrare le attività e lazienda con gravi conseguenze per i posti di lavoro;
   per oltre 200 famiglie di dipendenti la prospettiva di non sapere come e con chi continuare a lavorare è un ennesimo motivo di angoscia. Il rinnovo del contratto è stato formalizzato nei giorni scorsi. Ma ci sono timori anche in questa fase: per la prima volta in 4 anni il rinnovo ha riguardato un periodo di appena sei mesi e non di un anno. Si proseguirà sulla strada già tracciata quindi solo fino al 31 ottobre;
   secondo i sindacati la tensione è altissima tra i lavoratori dei due stabilimenti, e serve chiarezza sul futuro occupazionale dei lavoratori. Preoccupa che siano stati chiesti e concessi solo sei mesi, quando i sindacati avevano fatto riferimento a un periodo di almeno un anno. Il sindacato, inoltre, chiede che vengano tutelati gli attuali livelli occupazionali della San Marco con uno sforzo anche da parte del gruppo Stola, visto che possiede anche altri siti produttivi in Val di Sangro che potrebbero far fronte alle esigenze lavorative delle oltre 200 famiglie della San Marco –:
   se non ritengano di convocare le parti sociali, gli enti locali e la regione Abruzzo per cercare positive soluzioni produttive e occupazionali e scongiurare un ennesimo dramma sociale. (4-09257)


   LOMBARDI, COMINARDI, CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, DALL'OSSO e DE LORENZIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Telecom Italia ha chiuso l'esercizio 2014 con un utile netto consolidato di 1,35 miliardi di euro rispetto alla perdita di 674 milioni dell'anno precedente (l'ultimo risultato positivo era stato nel 2010, quando Telecom Italia aveva registrato un utile netto di 3,12 miliardi);
   Telecom Italia ha chiuso gli esercizi dal 2011 al 2013 in perdita a causa della svalutazione degli Avviamenti attribuiti alle Business Unit Domestic e Media. Dai dati pubblicati da Telecom Italia stessa nei bilanci consolidati di gruppo, L'EBITDA di Telecom è sempre stata stabilmente compreso fra 9,5 e 11 miliardi di euro, l'EBIT Ante svalutazioni dell'avviamento stabilmente compreso fra 4,9 e 6,1 miliardi di euro; quindi prima della svalutazione dell'avviamento, manovra contabile afferente ad una partita non corrente, la gestione caratteristica dell'impresa ha sempre evidenziato EBITDA e EBIT molto positivi; le citate svalutazioni degli Avviamenti devono essere riportate a Conto Economico perché Telecom ha un bilancio aderente ai principi contabili IAS (IAS 36 in particolare) ma quest'ultime sono «atti dovuti» contabili, quindi, non un effetto della capacità «organica», «ricorrente», «caratteristica» di fare ottimi cash flow, ottimi EBIT, ottimi utili;
   dai dati pubblicati da Telecom Italia stessa nel bilancio consolidato del 2013 l'Utile dell'esercizio attribuibile ai Soci della Controllante normalizzato (escludendo l'impatto della citata svalutazione dell'Avviamento) è pari a +1.636 milioni di euro nel 2013, +2.320 milioni di euro nel 2012, +2.448 milioni di euro nel 2011;
   il consiglio di amministrazione ha proposto all'assemblea dei soci, convocata per il 20 maggio, un dividendo per i soli azionisti di risparmio pari a 2,75 centesimi per azione per un ammontare totale di 166 milioni di euro;
   i commenti dell'amministratore delegato Marco Patuano agli organi di stampa nel mese di marzo 2015 sono stati «I risultati del 2014 testimoniano che la scelta di investire sul nostro futuro si sta dimostrando vincente», aggiungendo che anche l'andamento positivo del business dei primi mesi di quest'anno, «in linea con gli obiettivi che ci eravamo prefissati, conferma che Telecom è sulla giusta traiettoria e sta tornando al ruolo che le compete di operatore di primaria importanza nel settore delle telecomunicazioni»;
   il 27 febbraio 2015 sul sito istituzionale di Telecom Italia è stato pubblicato un comunicato in cui l'azienda ha illustrato ai sindacati il nuovo piano strategico 2015-2017 all'interno del quale vi sono importanti novità sull'ambito occupazionale:
    a) «Con il nuovo piano industriale, torneremo ad assumere dopo sette anni — ha sottolineato Patuano – Abbiamo, infatti, la necessità di rafforzare l'organico introducendo in azienda nuove professionalità con giovani tecnici e laureati tra i 20 e i 30 anni. Assumeremo fino a 4.000 persone nell'arco di 3-4 anni utilizzando i nuovi strumenti normativi che il Governo sta mettendo a punto»;
    b) l'azienda, contemporaneamente, intende continuare a tutelare la consistenza occupazionale, valorizzando le competenze e le professionalità presenti senza mai perdere di vista il miglioramento continuo dell'efficienza e della qualità dei servizi. L'attuale solidarietà «difensiva», che terminerà la sua vigenza a fine, aprile, potrà essere sostituita, con modalità da definire con le organizzazioni sindacali, da una solidarietà «espansiva» che tuteli ancora l'occupazione e che consenta l'immissione di giovani e riduca l'età media in azienda;
    c) dopo la lunga trattativa che ha visto la società confrontarsi con le organizzazioni sindacali per oltre 8 mesi, ma che non ha permesso di arrivare ad un'intesa che modificasse gli accordi già siglati nel 2013, l'Amministratore Delegato ha ribadito la posizione dell'azienda: si darà corso alla prevista nascita di una società che esternalizzerà, incorporandole, le attività della Divisione Caring che attualmente sono in Telecom Italia Spa. L'obiettivo è quello di meglio focalizzare le problematiche di qualità, sostenibilità e gestione del servizio di assistenza alla clientela;
   Telecom Italia ha usufruito per ben quattro anni dei contatti di solidarietà dichiarando esuberi ma questi non sono stati applicati a tutte le strutture aziendali; da segnalazioni ricevute risulta che in alcune strutture Telecom Italia abbia assunto nuovo personale che successivamente ha impiegato in aree oggetto dei contratti di solidarietà: a solo titolo di esempio, personale assunto in area strategy & innovation è stato reimpiegato in un'altra funzione aziendale quale marketing consumer che pure dichiarava esuberi e applicava il contratto di solidarietà;
   l'articolo 5 (contratti di solidarietà) del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, convertito, con modificazioni, alla legge 16 maggio 2014, n. 784-bis prevede che all'articolo 6 del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo il comma 4 è inserito il seguente: «4-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti criteri per la concessione del beneficio della riduzione contributiva di cui al comma 4, entro i limiti delle risorse disponibili. Il limite di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come rideterminato dall'articolo 1, comma 524, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a decorrere dall'anno 2014, è pari ad euro 15 milioni annui.» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
   se ad oggi Telecom Italia abbia fatto richiesta per accedere alla solidarietà «espansiva»;
   in caso fosse arrivata tale richiesta, in base a quali criteri sarà accordata la solidarietà espansiva alle aziende che ne facciano richiesta;
   quali saranno i criteri che verranno analizzati al fine della sopracitata «concessione del beneficio» e se sarà verificato il reale stato di salute dell'azienda;
   quali iniziative intenda adottare in relazione a quelle che alle interroganti appaiono situazioni di uso distorto dei meccanismi di solidarietà verso aziende assolutamente sane, che espongono nei propri conti economici dinamiche positive a nove zeri, che hanno assorbito ed assorbiranno risorse INPS, quindi pubbliche, per centinaia di milioni di euro. (4-09264)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:


   PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la «riduzione delle attuali articolazioni territoriali del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria pari ad almeno il 50 per cento» secondo quanto previsto dalla legge n. 190 del 23 dicembre 2014 verrebbe attuata – come si evince dalla lettura del testo della citata legge – con l'intento di rilanciare e razionalizzare l'attività di ricerca e sperimentazione in agricoltura nel nostro Paese;
   dalla lettura del documento predisposto dal commissario straordinario del consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria si prende atto della totale frammentazione e perdita della specifica missione del Centro di ricerca per l'olivicoltura e l'industria olearia (CRA-OLI) di Rende (CS), in palese contrasto con gli obiettivi di razionalizzazione e rilancio dell'attività di ricerca;
   nel sopracitato documento il commissario straordinario ha disposto che, a seguito dell'accorpamento, nel costituendo centro di ricerca per le colture arboree, saranno mantenute solo le sedi di Roma/Ciampino (CRA FRU) e Acireale (CRA ACM) mentre il CRA-OLI diventerà sede distaccata. In tal modo viene decretata la fine per la filiera olivicolo/olearia che verrà spezzettata in altri centri di regioni non a vocazione prettamente olivicole come il CRA-OLI di Rende che perderà, di fatto, la sua missione originaria;
   tra ricercatori, tecnici e amministrativi il centro di Rende attualmente impiega circa una ventina di unità ed una decina di precari mai stabilizzati nonostante l'anzianità di collaborazione e le competenze specialistiche maturate nel corso degli anni –:
   perché, differentemente da quanto è avvenuto per la viticoltura, sia stata frammentata la filiera olivicolo/olearia e quali siano state le ragioni che hanno portato al distaccamento dell'unico centro operativo della regione Calabria che si occupava di olivicoltura, fiore all'occhiello del made in Italy e pilastro dell'economia Italiana;
   se il Governo non intenda intervenire per far sì che il CRA-OLI rimanga centro al pari del CRA-FRU e del CRA-ACM o quantomeno che vengano garantite le mansioni del personale di Rende affinché non venga disperso il patrimonio di conoscenza e competenza acquisito nel corso degli anni nel centro calabrese. (4-09259)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 luglio 2014 l'Autorità garante della concorrenza del mercato (Agcm) ha presentato le sue proposte di riforma sulla concorrenza, al cui interno è presente una sezione dedicata alla distribuzione farmaceutica che prevede:
    «superare l'attuale sistema di contingentamento del numero di farmacie presenti sul territorio nazionale, il quale non consente una razionale e soddisfacente distribuzione territoriale degli esercizi farmaceutici basata sulla domanda dei consumatori/pazienti»;
    «garantire che l'aumento del numero delle farmacie si traduca in un effettivo incremento della concorrenza di prezzo e/o di qualità»;
   in concomitanza alla divulgazione delle prime bozze del disegno di legge concorrenza si apriva un dibattito nel Paese, che divideva in due fronti la discussione: da un lato i favorevoli alla riforma, vista come occasione per efficientare la distribuzione dei farmaci al dettaglio e creare possibilità di sviluppo professionale e occupazionale; dall'altro lato, i contrari alla riforma, che la giudicavano portatrice di pochi vantaggi e molteplici rischi, in primis quello di compromettere gli equilibri dell'attuale rete territoriale delle farmacie e quello di trasformare il farmaco in un normale prodotto senza adeguati vagli di appropriatezza del consumo;
   i due fronti di discussione sulla riforma della sistema di distribuzione e commercializzazione dei farmaci avevano nel Ministro dello sviluppo economico Guidi un sostenitore più convinto della liberalizzazione del farmaci di fascia C, mentre il Ministro della salute Lorenzin, mostrava di avere forti resistenze alla liberalizzazione del farmaco di fascia C;
   l'Aifa con la nota del 17 febbraio 2015, dal titolo «Liberalizzazioni: facciamo parlare i numeri» contribuisce allo sviluppo della discussione sulla liberalizzazione della distribuzione e sulla commercializzazione dei farmaci. La nota si focalizza sui dati di mercato dei farmaci C-Op (con obbligo di prescrizione) e C-Sop (senza obbligo di prescrizione) e, in particolare, descrive:
    a) i volumi dei consumi delle confezioni dei farmaci C-Op risultano stabili tra il 2006 e il 2010, per poi contrarsi tra il 2012 e il 2013. Per i farmaci C-Sop la riduzione dei volumi è stata più contenuta (circa la metà), probabilmente per effetto sia dell'ampliamento dei punti vendita (con l'aggiunta di parafarmacie e corner Gdo) sia della riclassificazione di taluni prodotti C-Op (quelli con ricetta ripetibile) in C-Sop;
    b) la liberalizzazione della vendita dei farmaci C-Sop non sembrerebbe aver portato alcun vantaggio ai pazienti «[...] visto che la spesa a loro carico ha avuto una crescita del +2,2 per cento dal 2006 al 2013. In altri termini, a fronte di un paziente che per effetto della crisi tendeva a contrarre il volume dei propri acquisti di medicinali di fascia C, il sistema produttivo e distributivo ha “compensato” sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali [...]»;
   la liberalizzazione ha causato per fascia C-Sop un aumento di spesa tra il 2006 e il 2013 del 9,7 per cento mentre per la fascia C-Op la spesa è diminuita (-3 per cento);
   la nota dell'Aifa non illustra, invece, alcuni altri dati che potevano essere importanti per la compressione del consumo e della spesa dei farmaci in questi anni; la nota non descrive:
    a) l'andamento dei prezzi medi o dei prezzi per singola confezione di prodotto con il dettaglio per canale di vendita;
    b) la quota parte dell'effetto finale sulla spesa in fascia C-Sop ascrivibile alla riclassificazione dei prodotti di fascia C-Op;
   inoltre, la fascia C-Sop viene trattata solo in aggregato e questo non consente di registrare eventuali dinamiche anomale di quantità e prezzi, né si riesce a stabilire a quale canale di distribuzione appartengano, a quello delle parafarmacie e corner Gdo, o a quello delle farmacie;
   la nota ha un taglio unicamente economico e non affronta le questioni legate alla libera concorrenza di cui istituzionalmente è competente l'Agcm – Autorità garante della concorrenza e del mercato;
   non sottolinea che la domanda di farmaci C-Op non è funzione del prezzo, ma delle prescrizioni mediche. Di conseguenza, una eventuale riduzione dei prezzi di tali farmaci a causa di un ampliamento dei canali distributivi non avrebbe alcun effetto sulla domanda, ma avrebbe conseguenze eminentemente distributive, a favore dei consumatori;
   nessun riferimento è fatto, secondo l'interrogante, agli effetti sulla sicurezza della distribuzione al dettaglio, e alle conseguenze sull'appropriatezza dei consumi e sulla salute dei pazienti. I 7 anni trascorsi dalla liberalizzazione del 2006, oltre alle esperienze internazionali (quella del Regno Unito su tutte), avrebbero potuto dare materia di argomentazione su queste tematiche –:
   se non si ritenga opportuno che l'Aifa dia diffusione tramite il sito web istituzionale, dei dati già contenuti nella nota, ma con la specificazione, per i consumi e per le spese, a quale canale di distribuzione appartengano (farmacie, parafarmacie, corner Gdo);
   se non si ritenga opportuno che i dati contenuti nella nota Aifa siano rielaborati in modo tale da poter distinguere quali siano i consumi e le spese riferiti alla fascia C-Sop prima della pre classificazione e dopo la riclassificazione;
   se non si intenda acquisire un parere dell'autorità garante della concorrenza e del mercato sulla struttura del mercato pre e post liberalizzazione del 2006 e sulle dinamiche osservate su volumi, prezzi e spesa aggregata per i farmaci;
   se non sia opportuno che l'Aifa illustri più compiutamente le analisi economiche sostenute nella nota, in particolare in relazione alle stime dell'elasticità della domanda al prezzo dei farmaci e sugli effetti delle liberalizzazioni in termini di impatto sullo stato sociale, tenendo conto di quanto previsto nelle conclusioni della stessa nota: «gli effetti di tali provvedimenti di liberalizzazione in realtà non sembrerebbero aver portato alcun vantaggio ai pazienti», «non vi sono stati risparmi per i cittadini», e «il sistema produttivo e distributivo ha compensato sfruttando la nota attitudine al consumo del mondo occidentale con un costante incremento dei prezzi di questi medicinali». (5-05654)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CANI, MARCO MELONI, FRANCESCO SANNA, GIOVANNA SANNA, MURA e MARROCU. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane Terna ha presentato un progetto di ristrutturazione della rete elettrica nazionale dove è prevista la chiusura del centro di controllo di Quartucciu-Cagliari, che oggi governa e mantiene in equilibrio l'intera rete elettrica isolana di Alta tensione;
   Terna ha deciso che la rete sarda sarà governata dal Piemonte (insieme all'intera rete del nord ovest d'Italia) prevedendo lo spostamento a Torino del citato Centro di controllo della rete di Alta tensione;
   il Centro di controllo di Cagliari, che attualmente impiega 23 lavoratori altamente specializzati, è strategico per la risoluzione delle problematiche della rete elettrica insulare anche alla luce della particolarità della stessa, in quanto è lì che arrivano tutti i dati relativi a guasti e malfunzionamenti delle centrali sarde ed è da lì che partono gli interventi necessari; i tecnici del centro di controllo studiano la sicurezza elettrica della rete sarda, collaborano alla predisposizione dei piani di difesa, dei piani di riaccensione in caso di blackout;
   una ulteriore peculiarità del centro di Quartucciu-Cagliari è data dall'interazione con la protezione civile per la gestione della rete elettrica in caso di incendio sul territorio, attività che necessita di comunicazioni chiare e rapide per consentire agli operatori di lavorare in sicurezza con l'apertura, la chiusura o lo spostamento di interconnessioni da una linea elettrica all'altra, e che quindi presuppone una profonda conoscenza sia del territorio che delle infrastrutture esistenti;
   la decisione di Terna di accorpare le sale controllo sembra in contrasto con il rapporto della commissione di indagine «Black-out del sistema elettrico italiano del 28 settembre 2003» dove al cap. 8 del par. h) punto c) pagina 44 dove indica: «c) accentramento dei telecomandi di rete in tre soli centri. Soluzione forse poco adatta per gli elevati volumi di allarmi e manovra richiesti in caso di emergenza da blackout nazionale»;
   la decisione di Terna, giustificata da una possibile innovazione tecnologica, sembra agli interroganti conseguire solo obiettivi di mera riduzione dei costi e del personale attraverso la chiusura di sedi, invece di rafforzare in Sardegna la struttura «Anti Black-Out» come dichiarato dall'azienda stessa –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda porre in atto per arrivare ad una soluzione che non penalizzi la Sardegna in termini di sicurezza e equilibrio della rete elettrica, di efficienza e stabilità della fornitura della stessa e di salvaguardia dell'occupazione e delle competenze esistenti. (5-05649)


   VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre del 2013 la direzione aziendale del gruppo Marcegaglia Buildtec annunciava alle organizzazioni sindacali la volontà di dismettere il sito di Taranto;
   tale decisione secondo l'azienda era motivata dall'assenza di mercato per il prodotto: lamine fotovoltaiche realizzate a Taranto;
   conseguentemente, le maestranze, circa 140 addetti, furono poste in cassa integrazione;
   la vertenza si trasferì presso il Ministero dello sviluppo economico, dove il gruppo Marcegaglia sollecitato dalle organizzazioni sindacali a farsi carico delle proprie responsabilità si rivolse ad una agenzia di scouting, la PRAXI, con l'obiettivo di individuare un nuovo soggetto industriale che rilevasse il sito e riassorbisse i lavoratori salvaguardando i livelli occupazionali;
   nonostante diverse riunioni in sede del Ministero dello sviluppo economico non ci furono esiti positivi circa la ricerca di tale soggetto industriale. Ciò determinò nel novembre 2014, l'allungamento di ulteriori 12 mesi di cassa integrazione guadagni straordinaria e l'utilizzo dello strumento della mobilità incentivata, con l'obiettivo di consentire l'accesso alla pensione per chi avesse i requisiti anagrafici e previdenziali e conseguentemente diminuire la platea dei lavoratori da ricollocare in previsione di un investitore industriale;
   tuttavia l'azienda chiese ed ottenne di spostare tutta l'impiantistica per realizzare lamine fotovoltaiche in un altro sito del gruppo ubicato nel nord Italia;
   nel dicembre 2014 le organizzazioni sindacali furono convocate dal Ministero dello sviluppo economico e furono informate dell'interessamento del gruppo industriale piemontese, la OTLEC, che avrebbe presentato un progetto industriale e ricollocato entro il novembre 2015 i restanti 84 lavoratori. In tale occasione fu siglato un accordo tra le parti;
   nonostante l'accordo siglato presso il Ministero dello sviluppo economico prefigurasse un piano industriale autonomo economicamente già a partire dai primi incontri si palesarono le prime difficoltà relative all'accesso ai finanziamenti regionali facendo emergere evidenti preoccupazioni tra le organizzazioni sindacali e soprattutto tra i lavoratori;
   a distanza di circa sei mesi si apprende che la Otlec abbia comunicato il disimpegno dall'accordo del relativo progetto industriale ed occupazionale con l'aggravante che tra circa sei mesi sarà in scadenza l'ammortizzatore sociale per i lavoratori;
   in data 18 maggio 2015 i lavoratori della «Marcegaglia» di Taranto hanno manifestato per le vie della città e davanti alla sede del municipio di Taranto chiedendo che le istituzioni tornino ad occuparsi della propria situazione –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare con la massima urgenza per convocare un incontro in sede ministeriale al fine di individuare un nuovo soggetto industriale che possa dare effettiva garanzia di un rilancio del sito industriale ricollocando le 84 unità lavorative in considerazione della necessità di non attendere ulteriormente anche in vista della scadenza a fine anno della cassa integrazione straordinaria. (5-05652)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Campana e altri n. 1-00845, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Valeria Valente.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Scotto n. 5-02770, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palazzotto.

  L'interrogazione a risposta scritta Spessotto e altri n. 4-08746, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 aprile 2015 deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dell'Orco, Nicola Bianchi, De Lorenzis, Paolo Nicolò Romano, Carinelli, Busto.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Lupi e altri n. 3-01506, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bernardo.

  L'interrogazione a risposta immediata in assemblea Toninelli e altri n. 3-01507, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colletti.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Sorial n. 2-00964, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 425 del 12 maggio 2015.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il Premier Renzi, la scorsa settimana, davanti alla platea della Borsa italiana, avrebbe garantito che «nelle prossime settimane» troverà realizzazione il provvedimento «per le sofferenze delle banche italiane», cioè la bad bank per alleggerire gli istituti del peso di crediti bloccati;
   Renzi si sarebbe limitato a dire che il Governo sta «negoziando con l'Unione europea sui dettagli», nonostante gli fosse stato richiesto di spiegare tale operazione anche da Gian Maria Gros-Pietro, vicepresidente dell'Abi, che chiedeva maggiori dettagli;
   nel frattempo, la scorsa settimana, Bankitalia, lavorando insieme al Tesoro e a Palazzo Chigi sul progetto, ha affidato senza gara, con procedura negoziata per l'urgenza che caratterizza la definizione del progetto, al consulente Boston consulting group l'affidamento di un servizio di consulenza finalizzato alla costituzione di un’asset management company per la gestione delle sofferenze bancarie, ovvero la Bad Bank, pagando 379.500 euro iva esclusa;
   una bad bank di sistema è una società che, usando denaro pubblico, si farebbe carico di aiutare gli istituti di credito a liberarsi dalle sofferenze, assumendosi la gestione dei loro crediti anomali cioè i prestiti difficili o impossibili da recuperare, come quelli che attualmente sembrerebbero ingolfare i bilanci delle banche italiane;
   il Ministro dell'economia e delle finanze Pier Carlo Padoan, in una recente intervista a Repubblica, ha confermato che il Governo sta «esaminando varie opzioni, anche tenendo conto delle implicazioni sulle regole europee sugli aiuti di Stato» e riflettendo sul modo in cui «introdurre degli strumenti che vanno sotto il nome generico di bad bank»;
   l'esecutivo Ue sia pure con qualche perplessità, non avrebbe opposto pregiudiziali all'ipotesi di una bad bank di sistema italiana;
   Padoan avrebbe già ricevuto dalla Commissione europea il via libera all'ipotesi di una bad bank di sistema: l'esecutivo Ue «sia pure con qualche perplessità», non avrebbe opposto pregiudiziali;
   secondo fonti di stampa, prima della crisi economica i crediti in sofferenza all'interno dei bilanci delle banche italiane ammontavano a circa 42 miliardi di euro, mentre oggi si conta un'ammontare di 183 miliardi; se si considera anche che molti debitori non sono ancora tecnicamente insolventi ma rischiano di diventarlo in tempi più o meno stretti, l'insieme delle sofferenze diventa una frana capace di seppellire il sistema bancario: il totale di tutti i prestiti cosiddetti «deteriorati» arriva infatti a 315 miliardi, ovvero il 16,6 per cento dei crediti concessi complessivamente dagli istituti;
   in un recentissimo paper del Fondo monetario riportato da Il Sole-24 Ore, si mostra che solo Irlanda, Cipro e Grecia hanno fra sofferenze e prestiti maggiori del nostro; sempre il Fondo monetario calcola che, dato il modesto ritmo di uscita dei crediti deteriorati dal bilancio delle banche italiane (nel 2013 solo il 7 per cento) il peso delle sofferenze sul portafoglio prestiti continuerà a crescere fino al 2019, frenando inevitabilmente la propensione a concedere nuovi prestiti;
   se questa operazione della bad bank andrà in porto, anche se si verificherà l'ipotesi, che già circola, appoggiata da Padoan, che il Tesoro abbia una quota di minoranza, mentre della maggioranza si dovrebbero fare carico le banche interessate, un costo da pagare ci sarà comunque: se il valore dei crediti trasferiti nella bad bank è più basso dei soldi che verranno effettivamente recuperati in futuro, la perdita iniziale potrebbe ricadere anche sullo Stato; e tutto questo anche se la montagna di crediti in sofferenza è stata creata anche per scelte sbagliate delle banche che, con poche cautele, hanno prestato soldi alle loro cerchie clientelari; invece, per quanto riguarda il risultato sperato, ovvero che le banche finalmente ricomincino ad erogare credito all'economia reale, è d'obbligo sempre e comunque il condizionale, infatti anche se le banche venissero risanate completamente, la fine del credit crunch non sarebbe affatto certa;
   durante la sua audizione del 26 marzo 2015 presso le commissioni Finanze, Bilancio e Politiche Ue della Camera riunite, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha detto che la Bce «guarda con molto favore a iniziative per ridurre il peso delle partite deteriorate nei bilanci delle banche in modo da liberare risorse» a beneficio delle imprese, riferendosi alla possibile nascita di una bad bank di sistema per liberare dalle sofferenze gli istituti di credito;
   sempre durante l'audizione alla Camera, il numero uno della Bce e promotore del quantitative easing, ha anche affermato che nel 2014 è stata portata a termine un'operazione di scrutinio e pulizia dei bilanci delle banche che erano «malate» per via del peso dei crediti deteriorati; nonostante ciò, le banche non hanno ricominciato a erogare prestiti all'economia reale, anzi, quando è stata la volta della prima operazione TLTRO, non avendo vincoli in tal senso, hanno utilizzato tutte le risorse messe a disposizione per speculazioni finanziarie, come ricordato dallo stesso Draghi;
   secondo l'economista Marco Onado «Negli Stati Uniti, il premio Nobel Joseph Stiglitz denuncia che con una distribuzione del reddito così squilibrata come quella attuale, ci vorranno almeno 13 anni per tornare al pieno impiego: figurarsi in Europa dove la ripresa è ancora più stentata. Ma nell'agenda politica questi temi non entrano, se non sotto forma di mere dichiarazioni di principio: basta guardar alle campagne presidenziali di Stati Uniti e Francia, per capire che tutti si muovono allineati e coperti dietro una strategia basata solo sull'arma monetaria e che ha come unico corollario certo il salvataggio delle banche. Il resto è solo speranza. E i banchieri centrali sono i veri signori della crisi»;
   mentre il credit crunch colpisce soprattutto le piccole imprese, una recente analisi del Centro studi Unimpresa su dati della Banca d'Italia ha mostrato che il peso delle sofferenze bancarie è legato soprattutto ai grandi prestiti che difficilmente vengono rimborsati: su tre rate non onorate, due sono relative a crediti di alto importo: il 66,1 per cento del totale dei crediti difficili da riscuotere (107 miliardi di) si riferisce a finanziamenti superiori a 500 mila euro, mentre il 33,9 per cento (54,9 miliardi) fa capo a crediti compresi tra i 250 mila e i 500 mila euro. In una platea di oltre 1,2 milioni di clienti in ritardo sui pagamenti, su appena 457 soggetti pesano sofferenze per 20,3 miliardi. Detto in altri termini, oltre il 66 per cento dei crediti dubbi si riferiscono a una piccolissima percentuale di debitori: il 3,9 per cento del totale;
   Diego Valiante, responsabile della ricerca su mercati finanziari, Centre for European Policy Studies (CEPS) di Bruxelles, ha scritto su Il fatto quotidiano che la badbank «È un intervento con cui si separano gli attivi che hanno poche probabilità di recupero da quelli che hanno ancora un valore di mercato. La banca con gli asset tossici, la bad bank appunto, è mantenuta in vita di solito tramite garanzie statali, in attesa che questi attivi recuperino un valore di mercato. È la principale alternativa alla nazionalizzazione diretta delle banche durante una grave crisi finanziaria, come nell'autunno del 2008... La proposta di una bad bank in questo contesto macroeconomico ha il sapore di una minestra riscaldata, con la quale si pospone un intervento risolutivo nel breve e si salvano elegantemente un po’, tutti quelli che quell'ignoto meccanismo di autoconservazione nel nostro Paese lo conoscono molto bene. Si salvano pertanto i principali azionisti delle banche italiane, che si contano oramai sulle dita di una mano, da una pesante svalutazione di capitale scaricata in gran parte sui cittadini tramite le garanzie statali sul capitale della bad bank. Si salva il management, che ricicla se stesso mettendo in curriculum la capacità (più politica che manageriale) di aver protetto gli azionisti dalla diluizione del capitale e i creditori più importanti da perdite eccessive nella ristrutturazione della banca. Si salva il governo, che diventa paladino dell'italianità del sistema bancario limitando nell'arco della sua breve legislatura l'impatto di una ristrutturazione del sistema bancario sul costo del debito pubblico. La patata bollente passerà intanto al prossimo esecutivo. Si salva una parte della classe politica, che sulle commistioni con la governance delle banche ha costruito la sua intoccabilità»;
   il beneficio più evidente dell'operazione bad bank, su cui preme Bankitalia, sarebbe quello strettamente legato al credit crunch, ovvero la stretta creditizia verso famiglie e imprese: eliminare dai bilanci delle banche i crediti in sofferenza potrebbe significare ridare ossigeno alle banche e quindi liberare risorse che potrebbero andare a finanziare famiglie e imprese, soltanto che non ci sono garanzie che questo poi avverrà;
   secondo Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente alla Sda della Bocconi, una bad bank a partecipazione pubblica, in Italia, sarebbe «una cattiva idea. Anzi, pessima, in queste condizioni di contesto: non è affare dello Stato costituire banche o enti affini», perché se il Governo vuole davvero aiutare le banche a smobilizzare i crediti deteriorati, «la cosa più efficace che può fare è agire sui processi della giustizia civile, riducendo drasticamente tempi e complessità dei contenziosi» e intervenendo «sulle condizioni tecnologiche e normative che migliorano la trasparenza e l'accountability dei bilanci aziendali»; per di più, sempre secondo il professore Carnevale Maffè, «aiutare banche fragili, senza serie prospettive di competitività sostenibile a medio-lungo termine, rischia di essere accanimento terapeutico e di avere l'indesiderabile effetto di prolungare la crisi del credito all'economia reale». Mentre gli istituti più grandi e solidi «sanno provvedere meglio da soli, utilizzando soluzioni di mercato e in competizione tra loro», come sta già facendo Unicredit;
   le associazioni dei consumatori sono del tutto contrarie all'ipotesi della bad bank: il Codacons annuncia battaglia e ricorsi in sede europea parlando di «ennesimo regalo alle banche, verso cui lo Stato corre ogni volta in soccorso scaricando come al solito i costi finali sui cittadini contribuenti», «una follia», perché «l'efficiente funzionamento del sistema bancario dovrebbe essere garantito prima di tutto dalle autorità di Vigilanza cui spetta il compito di controllare le banche e il loro corretto operato»;
   secondo Adusbef e Federconsumatori «se il Governo ed il ministro dell'Economia Padoan non dovessero pretendere una equa retribuzione sulla garanzia statale prestata alla bad bank per cartolarizzare prestiti allegri spesso erogati ad amici e compari ai quali le banche hanno affidato prestiti incauti, lasciando scoperte proprio quelle sofferenze causate dalla crisi sistemica prodotta dai banchieri, sarebbe un vero e proprio regalo di Stato, che cercheremo di contrastare in tutte le sedi». «Sarebbe inaccettabile», prosegue la nota, «premiare gratis istituti di credito e banchieri che hanno sbagliato, in buona parte, a concedere fidi con criteri privi dei requisiti prudenziali nella corretta gestione del credito e del risparmio» –:
   se il Governo sia consapevole dei problemi relativi all'operazione di costituzione della bad bank e in che modo abbia intenzione di adoperarsi per far sì che, nel caso questa operazione venisse messa in atto, la perdita finanziaria iniziale non ricada anche sullo Stato e dunque sulle tasche dei cittadini;
   se il Governo non abbia intenzione, nel caso in cui si ponesse in atto con o senza bad bank un'operazione di risanamento delle banche dai crediti «malati» da parte dello Stato, di selezionare gli istituti di credito meritori di questo intervento, in modo da premiare i comportamenti virtuosi e allo stesso tempo evitare di spendere risorse per realtà bancarie che hanno messo in atto scelte sbagliate, con poche cautele, prestando fondi alle proprie cerchie clientelari;
   in che modo il Governo intenda attivarsi per garantire, visto il precedente comportamento delle banche in tal senso, che, qualora avvenisse il risanamento degli istituti di credito per opera dello Stato, questo comporti davvero come diretta conseguenza la fine del credit crunch e dunque il ritorno al finanziamento dell'economia reale;
   di quali elementi disponga il Governo circa l'affidamento del delicato compito di costruire un’asset management company per la gestione delle sofferenze bancarie ad una realtà esterna, la Boston consulting group, nonché in ordine ai criteri secondo cui è stata effettuata la selezione, visto che l'affidamento è avvenuto senza gara;
   se il Governo non consideri altresì importante promuovere processi di ristrutturazione finanziaria e di rafforzamento patrimoniale, necessari per una parte ampia del nostro sistema imprenditoriale, rilanciando finalmente gli investimenti produttivi.
(2-00964)
«Sorial, Pesco, Villarosa, Alberti, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cariello, Colonnese, D'Incà, Ruocco, Fico, Pisano, Corda, Cozzolino, Dadone, Daga, Zolezzi, D'Ambrosio, De Lorenzis, De Rosa, Del Grosso, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Uva, Ferraresi».

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Villarosa n. 2-00982, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 430 del 19 maggio 2015.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   nel 1994 «L'Unità spa» in capo al PDS va in liquidazione;
   nella legge 11 luglio 1998, n. 224, «Trasmissione radiofonica dei lavori parlamentari e agevolazioni per l'editoria» all'articolo 4, successivamente abrogato dal decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 leggiamo:
    1. La corresponsione delle rate di ammortamento per i mutui agevolati concessi ai sensi dell'articolo 12 della legge 25 febbraio 1987, n. 67, e dell'articolo 1, comma 1, della legge 14 agosto 1991, n. 278, può essere effettuata anche da soggetti diversi dalle imprese editrici concessionarie, eventualmente attraverso la modifica dei piani di ammortamento già presentati dalle banche concessionarie, purché l'estinzione dei debiti oggetto della domanda risulti già avvenuta alla data della stessa e comunque prima dell'intervento del soggetto diverso. In tale evenienza, ferma restando la trasferibilità della garanzia primaria dello Stato già concessa ai sensi dell'articolo 2 della legge 8 maggio 1989, n. 177, e dell'articolo 1, comma 3, della legge 14 agosto 1991, n. 278, viene parimenti modificata in conformità la corresponsione delle rate di contributo in conto interessi a carico dello Stato.
    2. La garanzia concessa a carico dello Stato applicata per capitale, interessi anche di mora ed indennizzi contrattuali, è escutibile a seguito di accertata e ripetuta inadempienza da parte del concessionario ovvero a seguito di inizio di procedure concorsuali;
   il 14 febbraio 1998 il PDS al termine degli Stati Generali della Sinistra, con larga maggioranza confluisce nei Democratici di Sinistra «DS»;
   secondo le rivelazioni del servizio «Paga Pantalone» trasmesso dal programma tv «Report» andato in onda il 10 maggio 2015, i debiti del PDS nel 2000 ammontavano a 82.585.000 euro con BNL, 32.645.000 euro con BANCA IMI (ora Banca Intesa) e 10.124.000 euro con EFI BANCA (ora Banco Popolare) per un totale di 125.000.000 euro;
   nello stesso anno i «DS» concordano con le banche creditrici la possibilità di ristrutturare il debito caricando sui propri bilanci le rate concordate per l'estinzione della totalità del debito;
   nel 2001 i debiti ammontavano a 82.585.000 euro con BNL, 32.645.000 euro BANCA IMI (ora Banca Intesa) e 10.124.000 euro con EFI BANCA (ora Banco Popolare) per un totale di 125.000.000 euro;
   nel 2007 gli immobili di proprietà dei «DS» vengono trasferiti alla «Fondazione 2000» e nel 2008 dopo la trasformazione del partito «DS» in una nuova compagine chiamata P.D. e viene interrotto il pagamento delle rate concordate con le banche creditrici;
   nel 2007 con il decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 viene abrogato l'articolo 4 della legge 11 luglio 1998, n. 224;
   oltre che a Bologna e in Emilia Romagna sembra che le stesse operazioni di trasferimento con modalità analoghe siano state effettuate in altre regioni italiane e in base all'inchiesta giornalistica, il patrimonio immobiliare trasferito sembra essere pari a circa 500 milioni di euro;
   dall'inchiesta di «Report» gli interroganti vengono a conoscenza di un documento allegato alla rendicontazione contabile dei DS datato 24 gennaio 2002 nel quale vengono indicate strane richieste di intervento «politico» ed in particolare una frase riportata in calce nel documento conferma: «effettuare un intervento “politico” sul debito del partito derivante da mutui editoria al fine di trasferire tale debito allo Stato, il quale peraltro ne è già garante»;
   il giornalista Emanuele Stefano Bellano, nella trasmissione «Report» «LA CAUSA PERSA» chiede all'ex tesoriere dei «PDS», ora senatore Sposetti, vero artefice del trasferimento degli immobili «mi viene da pensare che questa è stata una strategia, una mossa calcolata e strategica?» il senatore Sposetti afferma «che cosa vuole dire ... che sono stato bravo?» inoltre il senatore afferma «Il debitore è morto. Se il debitore muore che succede? Il debitore è morto. Scusate, voi ragionate... Voi andate alla ricerca non si sa di che cosa... Ci sono le norme, ci sono i rogiti, ci sono le autorità preposte e in questo caso un Magistrato Civile ha detto: guarda signor Stato che devi pagare tu! Chiaro?»;
   ancora più grave a detta degli interroganti sembrano queste affermazioni dell'ex tesoriere oggi senatore del «PD», partito che detiene la maggioranza parlamentare in questo momento quando afferma: «Se lei da una garanzia a me che mi garantisce fino al 2020... cosa vuole da me... la garanzia l'ha data lei... le banche quindi vengono a cercare lei ... è chiaro questo, non le faccia queste cose non dia garanzia... e non le conceda vengono a cercare lei... cioè se Sposetti chiede la garanzia non le conceda che vengono a cercare lei»;
   il debito risultante ad oggi sembra essere pari a 110.000.000 di euro;
   la società Nuova Iniziativa Editoriale Spa (appresso NIE) è editrice della testata «L'Unità» ed è dal 1° agosto 2014 sottoposta alla procedura di concordato preventivo innanzi al tribunale di Roma;
   la NIE, proprietaria della testata editoriale «L'Unità» dal 2001, è composta da seguenti azionisti: Matteo Fago, per euro 1.350.006 (18 per cento); Gunther Reform Holding Spa, per euro 1.038.466 (13,98 per cento); Montevredi Srl, per euro 918.242,00 (12,36 per cento); Società Partecipazioni Editoriali Sa, per euro 129.808 (1,75 per cento); Renato Soru, per euro 115.961 (1,56 per cento); Chiara Srl, per euro 81.629 (1,10 per cento); Eventi Italia Srl, per 519 euro (0,01 per cento);
   da quanto appreso da fonti giornalistiche (puntata del 10 maggio 2015 del programma «Report», in onda su Rai 2), il Partito Democratico sembra abbia avuto un ruolo fondamentale nelle scelte gestionali della NIE. Anzi, il ruolo del PD nell'amministrazione della società sarebbe andato ben oltre le effettive cariche societarie e amministrative avute all'interno della compagine sociale, alla quale parteciperebbe per il tramite della società Eventi Italia Srl (con una partecipazione dello 0,01 per cento);
   dalle dichiarazioni rilasciate da Matteo Fago (socio di maggioranza della NIE), infatti, si apprende che il PD avrebbe «in un modo o nell'altro» sempre imposto le proprie scelte, nonostante la partecipazione dello 0,01 per cento;
   tale ingerenza nella gestione, a fronte di una partecipazione dello 0,01 per cento, sarebbe stata resa possibile da un accordo riservato stipulato con i soci di NIE in virtù del quale il PD, per il tramite della Eventi Italia, avrebbe avuto il diritto di nominare un consigliere di amministrazione, a indicare il presidente, l'amministratore delegato e il direttore, nonché il compito di «autorizzare» l'approvazione dei bilanci e piani industriali della società;
   l'esistenza dell'accordo risulterebbe addirittura confermata da Matteo Orfini, attuale presidente del PD, il quale non solo non ha ritenuto di smentirlo ma ha scaricato ogni responsabilità all'ex tesoriere del partito Antonio Misiani, che ha a sua volta ha confermato l'esistenza del patto parasociale (al fine di «tutelare il legame politico tra Partito Democratico e un giornale che è la voce storica della sinistra italiana»);
   il ruolo del PD nella gestione di NIE è confermato anche dal decreto del tribunale di Roma del 24 marzo 2015, con il quale è stata dichiarata l'apertura della procedura di concordato preventivo, ove si legge che al fine di fronteggiare le perdite della società nell'anno 2010 «si avviava un “restyling” del formato del quotidiano, passando dal “tabloid” al “berliner”, concludendo un importante accordo con il PD in relazione alla piattaforma editoriale “Pdlive”, che prevedeva il contributo del partito per 1,6, milioni di euro su base annua per il triennio 2013-2015 a fronte di 57.043 abbonamenti digitali giornalieri di minimo garantito. Tale contratto è stato modificato dal PD con un notevole impatto economico e finanziario sulle prospettive di sviluppo della società.»;
   l'attenzione degli interroganti si pone sulle interviste di Report e soprattutto sullo scorcio riferito alle parole di Mian: «Noi ci mettemmo 3 milioni. Altri 4 milioni, che poi sono diventati 6 per la telefonata di Bersani a Miami il Natale del 2012, Natale del 2012, che lei mi ha detto “è, Bersani”. E crollava la società, non c'erano più soldi per gli stipendi, non c'era la cosa. Bersani dice “ma Maurizio bisognerebbe vedere, come si fa, dobbiamo cercare una maniera per vedere se possiamo sistemare queste cose, dobbiamo vedere come si fa, vedere...”. Dico “senti, guarda, io sono a Miami, che ti devo dire? Mandami qualcuno a Miami”. E lui dice “ma sì, ma sì, ma sì ti mando qualcuno a Miami, ti mando qualcuno lì”. Poi dopo ci siamo messi d'accordo: “senti è inutile che tu venga qui a Miami, tanto questi soldi ce li devo mettere”. Mi hanno detto: “grazie, grazie”»;
   parole con le quali in pratica Mian descrive come i vertici del Partito Democratico, nello specifico l'ex segretario Pier Luigi Bersani, per tramite dell'attuale presidente del Partito Democratico Orfini abbiano, secondo gli interpellanti, in modo scandaloso elemosinato il finanziamento della testata da parte del socio di minoranza Mian il quale ha complessivamente versato nelle casse della testata giornalistica più di nove milioni di euro in quanto, così come si apprende dal seguito dell'intervista, era interessato ad aver degli spazi tematici all'interno della programmazione televisiva delle reti pubbliche, in particolare, a detta del giornalista di Report, per «promuovere un modello rivoluzionario di famiglia: non più moglie e marito, ma un gruppo di cinque: tre ragazze, due ragazzi e l'immancabile pastore tedesco. Dove la sessualità ha un ruolo centrale ed è praticata in una versione innovativa, programmata e promiscua e non esclude nemmeno il cane Gunther. Un modello che Mian vuole diffondere attraverso la tv»;
   appare ancora più scandaloso, sempre ad avviso degli interpellanti, il fatto che la testata giornalistica L'Unità che fino al 2014 ha preso il contributo dello Stato come organo informativo del partito politico Democratici di Sinistra, ora Partito Democratico, attuale partito di Governo il cui segretario e Presidente del consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha più volte affermato di voler attuare una vera lotta all'evasione fiscale, sia stato finanziato dallo stesso Mian grazie a risorse, inizialmente occultate al fisco, per le quali sempre Report ricorda: «Veri sono invece i 130 milioni che il suo padrone Maurizio Mian incassa vendendo la ditta farmaceutica di famiglia, l'Istituto Gentili di Pisa, alla americana Merck. Maurizio Mian sfrutta poi lo scudo fiscale e fa rientrare in Italia il tesoretto depositato in Liechtenstein.  «Crea una fondazione con sede alle Bahamas, e vi pone come beneficiario il cane Gunther. Con i soldi di questa fondazione nel 2012 acquista le azioni de l'Unità. E diventa il socio di maggioranza del giornale fondato da Antonio Gramsci»;
   dalle interviste pubblicate da Report sembra dedursi che la stessa partecipazione del Gruppo Veneziani e Pessina nella procedura di concordato, diretta all'acquisizione della testata giornalistica, sarebbe stata previamente concordata con il PD;
   vi sarebbero state poi anche attività di dispersione del patrimonio aziendale, al fine di fuggire ad eventuali esecuzioni dei creditori, e che sarebbero state poste in essere nell'anno 2007 attraverso la costituzione di un apposita fondazione (nella quale sarebbero confluiti i beni della società);
   inoltre, è emerso che la compagine sociale sarebbe composta da soci (nel servizio si fa riferimento alla Gunther Reform Holding Spa) beneficiari dello scudo fiscale; circostanza questa inaccettabile ove si considerino i contributi pubblici ricevuti dal giornale;
   a tutto ciò si aggiunge il rischio che il debito della società finisca per gravare sui conti pubblici. Al riguardo, sempre dal servizio di «Report» si è appresa dell'emissione di tre decreti ingiuntivi da parte del tribunale di Roma (per complessivi 95 milioni di euro) che avrebbero condannato al pagamento del debito de L'Unità la Presidenza del Consiglio dei ministri. Circostanza questa che, se confermata, sarebbe davvero intollerabile considerato che L'Unità, al pari di altri giornali, ha già ricevuto contributi pubblici per milioni di euro –:
   se confermi i fatti in premessa, in particolare l'esistenza di decreti ingiuntivi a carico della Presidenza del Consiglio dei ministri per debiti relativi a L'Unità, ed in generale il rischio che l'esposizione debitoria della società Nuova Iniziativa Editoriale spa, editrice della testata L'Unità, possa finire per gravare sui conti pubblici;
   se tale soluzione, qualora confermata, possa configurarsi come illecito aiuto di Stato e quindi comportare una sanzione da parte dell'Unione europea;
   se ritenga che possa sussistere una responsabilità pubblica in merito all'esposizione debitoria della testata giornalistica L'Unità e, conseguentemente, il rischio che tale esposizione possa gravare sulle casse dello Stato;
   se sia a conoscenza del patto parasociale che è stato stipulato dal PD per la gestione interna della NEI;
   se sia a conoscenza delle richieste, riportate nel documento riservato richiamato in premessa in quanto nella sezione: «Interventi da avviare subito con effetti di medio periodo entro il 2004» al punto 1 si legge: «effettuare un intervento «politico», sul debito del partito derivante da mutui editoria al fine di trasferire tale debito allo Stato, il quale peraltro ne è già garante» e di quali ne siano gli eventuali esiti;
   se al Governo risulti quale sia il valore totale degli immobili trasferiti in capo a fondazioni o società immobiliari, che secondo l'inchiesta di Report, ammonterebbero a circa 500 milioni di euro;
   se la «fondazione duemila» proprietaria dell'immobiliare «Porta di castello» riceva fondi pubblici nazionali o europei;
   se non intenda intervenire repentinamente sulla vigente normativa per porre fine alla possibilità per cittadini, società e partiti politici insolventi di nascondere e distrarre l'eventuale patrimonio aggredibile da parte dei creditori per trovare ristoro, attraverso le fondazioni eludendo in questo modo gli obblighi contrattuali;
   se, anche in seguito alle dichiarazioni rese dal senatore Sposetti, che, ad avviso degli interpellanti, documenterebbero la premeditazione delle azioni finalizzate alla costruzione dello strumento per la distrazione dei beni immobiliari, non intenda valutare se sussistano i presupposti di fatto e di diritto per rivalersi sul Partito Democratico, che tra l'altro rappresenta il partito di maggioranza che sostiene il Governo;
   se possa confermare l'importo totale del debito ad oggi, che sembra essere pari a 110.000.000 di euro;
   se, qualora il Governo facesse ricorso avverso i decreti ingiuntivi e qualora tale ricorso fosse accolto, non ritenga che i crediti in sofferenza che ne deriverebbero possano rientrare tra quelli assegnati alla cosiddetta «bad bank», al cui progetto il Governo sta lavorando, con ciò nuovamente trasferendo tale debito allo Stato.
(2-00982)
«Villarosa, Alberti, Pesco, Cancelleri, Ruocco, Fico, Businarolo».

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Spessotto n. 4-08746, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 406 del 10 aprile 2015.

   SPESSOTTO, COZZOLINO, PETRAROLI, DELL'ORCO, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CARINELLI e BUSTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   un recente articolo apparso sulla stampa e intitolato «Pignorati i conti del Ministero di Lupi», riporta la preoccupante notizia per cui, a partire dallo scorso 14 gennaio sarebbe stato disposto il blocco giudiziario dei conti correnti appartenenti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la procedura giudiziaria avviata nei confronti dei conti correnti del dicastero trae le sue origini dal piano di ricostruzione post-bellica della città di Ancona, affidato in concessione all'Adriatica Costruzioni srl dell'imprenditore marchigiano Edoardo Longarini;
   con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992 fu disposto l'annullamento nei confronti del gruppo di Longarini di tutti i rapporti concessori per i lavori relativi ai lotti di piani di ricostruzione della città di Ancona;
   a seguito dell'impugnazione degli atti di annullamento da parte del Gruppo Longarini, la corte di appello di Roma, con sentenza depositata lo scorso 8 luglio 2014, si è espressa nel procedimento promosso per la quantificazione dei danni, a favore di Edoardo Longarini, il quale ha richiesto alle Infrastrutture un indennizzo di 1,2 miliardi di euro per gli appalti revocategli e che egli stesso ha sempre rivendicato;
   il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite l'Avvocatura Generale dello Stato, ha quindi presentato un ricorso in Cassazione contro l'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma e del lodo arbitrale a favore di Longarini per chiedere «la sospensione dell'efficacia esecutiva e dell'esecuzione della sentenza della Corte d'appello di Roma, nonché dei lodi arbitrali definitivo e non definitivo»;
   nel ricorso si lamenta che «dall'esecuzione del lodo e della menzionata sentenza deriva un danno grave e irreparabile per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quanto l'enorme importo della pronuncia di condanna, da valutare anche alla luce dell'attuale contingenza economica, caratterizzata dalla drastica riduzione delle disponibilità finanziarie di pertinenza del Ministero, rischierebbe di paralizzare l'esecuzione di opere pubbliche di rilevante interesse strategico nazionale, come rappresentato dal ministero, e determinerebbe la perdita di circa 40 mila posti di lavoro;
   per quanto di conoscenza degli interroganti, in base alle notizie di cronaca apparse sulla stampa, si apprende che, a seguito della notifica di un atto di pignoramento di rilevante importo, le disponibilità economiche esistenti sui conti correnti riferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbero state bloccate, dalle piccole spese d'amministrazione ai finanziamenti ai trasporti o addirittura ai cantieri in tutta Italia;
   tra i conti del Ministero sottoposti a pignoramento compare anche il conto di tesoreria centrale sul quale erano disponibili le risorse anche per i lavori di completamento della variante alla S.P. 14 — Circonvallazione al centro di Bojon, le cui procedure di affidamento dei lavori sono state conseguentemente interrotte –:
   se quanto riportato in premessa corrispondesse al vero, attraverso quali risorse intenda far fronte al pagamento del credito per il quale si è proceduto al pignoramento, evidenziando nel dettaglio le eventuali riduzioni di autorizzazioni di spesa con indicazione delle missioni, programmi e capitoli oggetto delle suddette riduzioni. (4-08746)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Artini n. 2-00970 del 12 maggio 2015.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Lorefice e altri n. 4-03104 del 9 gennaio 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05665;
   interrogazione a risposta scritta Spessotto e altri n. 4-08746 del 10 aprile 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05666.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta immediata in Assemblea Pinna e altri n. 3-01514 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 430 del 19 maggio 2015. Alla pagina 25332, seconda colonna, dalla riga diciassettesima alla riga diciannovesima, le parole «anche alla luce del sovraffollamento che attualmente sta gravando sulla struttura penitenziaria di Uta» si intendono soppresse.