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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 18 maggio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    le prime occupazioni dei CSOA (centro sociale occupato autogestito) in Italia sono riferibili ai primi anni ’70. I movimenti extraparlamentari di estrema sinistra collegati alle frange violente dell'eversione antagonista e anarco insurrezionalista hanno pianificato come forma di lotta l'occupazione di immobili da utilizzare come basi logistiche per l'aggregazione dei giovani militanti;
    negli anni, grazie ad una eccessiva tolleranza delle istituzioni, queste occupazioni si sono moltiplicate e si sono sempre più organizzate trasformando le strutture occupate in centri polifunzionali dove vengono svolte le più disparate attività anche al fine di autofinanziare la lotta politica;
    i centri sociali sono dei luoghi dove anche le attività illegali vengono tollerate, basti pensare alle rituali iniziative periodiche finalizzate a propagandare il messaggio politico della legalizzazione delle droghe con iniziative quali «la festa della semina e del raccolto», dove l'uso e l'abuso di sostanze stupefacenti è noto e, contro ogni principio di legalità, in nessun modo contrastato o sanzionato dalle istituzioni;
    la legge delega del 28 aprile 2014, n. 67 (in Gazzetta ufficiale del 2 maggio 2014) ha introdotto la depenalizzazione del reato di occupazione abusiva di edifici o terreni altrui pubblici o privati. Lo stabilisce l'articolo 2, comma 3, n. 4 di detta legge che dispone, tra le altre, l'abrogazione del reato di cui all'articolo 633, comma 1, codice penale;
    secondo una recente inchiesta giornalistica sono circa 170 in tutta Italia i centri sociali abusivi monitorati dalle forze dell'ordine, ma ce ne sarebbero altrettanti «sommersi» di cui non si ha notizia. Nelle due principali città italiane se ne contano 66: 41 a Roma e 25 a Milano. I centri sociali, secondo gli investigatori, sono le basi operative italiane dei movimenti antagonisti;
    l'eversione extraparlamentare della sinistra antagonista e anarco insurrezionalista ha caratterizzato negativamente la storia recente del nostro Paese mettendo in atto azioni di lotta violenta sfociate a volte in fenomeni riconducibili alle organizzazioni terroristiche;
    gruppi eversivi antagonisti presenti nel territorio italiano collegati alle strutture dei centri sociali occupati rappresentano ad oggi un pericolo per la democrazia. I fatti, (basti pensare, a titolo esemplificativo, alla guerriglia messa in atto a Milano in occasione della giornata di apertura dell'Expo 2015), dimostrano i loro collegamenti internazionali con le altra strutture presenti in Europa e nel resto del mondo;
    la rete antagonista opera senza un'organizzazione precisa e senza una pianificazione strategica sul modello che era proprio delle realtà delle cellule terroristiche del passato come le Brigate Rosse. Una realtà orizzontale senza alcuna gerarchia che utilizza il web come principale forma di comunicazione. Tutto ciò rende il lavoro della magistratura più complesso in quanto è difficile accusarli di reati associativi;
    per quanto risulta ai firmatari del presente atto di indirizzo le frange estreme e violente dell'antagonismo di estrema sinistra stanno concentrando le loro azioni criminali contro il movimento politico della Lega Nord. Con un'organizzazione paramilitare mettono in atto aggressioni fisiche, presidi per contrastare la libertà di manifestazione, intimidazioni minatorie anche attraverso l'utilizzo di strumenti telematici e attentati verso le sedi politiche;
    tali episodi non possono essere sottovalutati. Il nostro Paese, infatti, ha già vissuto periodi molto bui dove le frange estreme passarono dalla contrapposizione politica violenta al vero e proprio terrorismo;
    l'antagonismo extraparlamentare è alimentato, ad avviso dei firmatari del presente atto, da atteggiamenti incoerenti di alcune strutture legate ai partiti riconosciuti nell'arco costituzionale, che se da un lato si dissociano dinnanzi all'utilizzo della violenza come strumento di affermazione politica, dall'altro lato partecipano e sovvenzionano queste strutture come se fossero delle organizzazioni parallele per alcune attività di partito;
    ai cittadini tutti ed in particolar modo quando sono chiamati, attraverso l'espressione legittima dell'esercizio del voto, a ricoprire cariche politiche di rappresentanza, deve essere garantito nei limiti stabiliti dalla Costituzione il diritto di esprimere e manifestare le proprie idee;
    è tempo di introdurre nel nostro ordinamento giuridico il DAMPO divieto di accedere alle manifestazioni politiche, prima che il nostro Paese rischi di tornare a vivere «gli anni di piombo»,

impegna il Governo

   ad operare una mappatura dei centri sociali occupati e autogestiti segnalando quelli maggiormente a rischio per la presenza di frange estreme dell'antagonismo e dei movimenti anarco insurrezionalisti;
   ad assumere le necessarie iniziative per giungere all'immediata chiusura di tutti i centri sociali occupati abusivamente;
   ad assumere iniziative normative anche attraverso l'utilizzo dello strumento della normativa d'urgenza per considerare l'occupazione di edifici o terreni altrui pubblici o privati un reato perseguibile d'ufficio;
   ad assumere iniziative normative dirette anche attraverso l'utilizzo della normativa d'urgenza, ad introdurre una forma giuridica similare a quella adottata per il contrasto della violenza in occasioni delle manifestazioni sportive (DASPO) e l'arresto differito, entro le 48 ore, nei confronti dei soggetti noti alle forze dell'ordine per l'appartenenza a movimenti extraparlamentari che fanno dell'uso della violenza uno strumento di contrapposizione politica.
(1-00867) «Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzioni in Commissione:


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    sono trascorsi sei anni da quando, il 6 aprile 2009, un terremoto di magnitudo 5,9 colpì la città de L'Aquila e oltre 160 comuni abruzzesi (dei quali 57 fanno parte del cosiddetto «cratere sismico»), provocando la morte di 309 persone, circa 1.600 feriti, e oltre 67 mila sfollati;
    accanto a questa tragedia, il terremoto ha provocato la distruzione degli edifici, anche storici, di molti comuni, e la distruzione di gran parte del centro storico de L'Aquila, un patrimonio immobiliare tra i più importanti dal punto di vista storico e culturale;
    ai tempi e alle modalità con le quali si è gestita la ricostruzione e i relativi appalti, e alla trasparenza nell'utilizzo delle risorse, non ha certo giovato in tutta la prima fase, l'affidamento esclusivo a un'istituzione monocratica, quale era l'allora commissario delegato Bertolaso del Governo Berlusconi, delle funzioni di gestione dell'emergenza attraverso lo strumento principale delle ordinanze (in deroga) molto ben al di là della fase del primo soccorso, con affidamento di appalti con trattative private, e soprattutto senza alcun controllo;
    enormi sono gli interessi economici che si sono mossi e si muovono dietro la ricostruzione post-sisma. Ricordiamo che già pochi giorni dopo il sisma del 2009, lo stesso allora Procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, aveva invitato tutti a tenere alta l'attenzione e a vigilare su possibili infiltrazioni mafiose negli appalti legati alla ricostruzione delle zone terremotate;
    dopo la gestione Bertolaso, si è fortunatamente passati alla gestione diretta da parte della stessa regione Abruzzo;
    la situazione dopo sei anni dal terremoto è questa: i nuovi quartieri de L'Aquila sono ricostruiti all'80 per cento, dentro le mura siamo al 10 per cento, nel cuore del centro al 3 per cento, nelle frazioni a zero come in molti paesi vicini. La situazione del centro storico de L'Aquila è rimasta quindi pressoché invariata. Nella «zona rossa» sono stati ricostruiti solamente pochi edifici. Un centro storico, quello del capoluogo abruzzese, che prima della costruzione delle 19 new town ideate dal Governo Berlusconi rappresentava il vero cuore della città;
    la costruzione delle new town ha stravolto radicalmente la morfologia e l'assetto urbanistico della città, contribuendo fortemente a snaturare e «togliere l'anima» al capoluogo;
    peraltro tra i tanti oneri a carico dell'amministrazione comunale, vi è proprio la costosa manutenzione di quei 5 mila edifici – tra le C.a.s.e. delle new town, i moduli abitativi provvisori (Map) e i corrispondenti Musp per le scuole – peraltro anch'essi oggetto di indagine da parte della magistratura;
    a tal proposito si ricorda come nell'autunno scorso, la procura della Repubblica de L'Aquila ha sequestrato 800 balconi del progetto C.a.s.e., con l'accusa ipotizzata di una enorme frode nelle pubbliche forniture nelle opere di esecuzione dei complessi antisismici sostenibili ed ecocompatibili in cui furono sistemati migliaia di cittadini aquilani che avevano perso la casa;
    al pericolo dei balconi, alcuni già crollati, si accompagnano altre criticità come le infiltrazioni di acqua, l'inefficienza degli impianti idraulici che macerano le pareti dei bagni, i lampioni esterni che cadono, le incongruità nei consumi elettrici da casa a casa, i pannelli solari mai entrati in funzione per almeno il 70 per cento del totale;
    già l'allora Ministro Barca del Governi Monti, e quindi il Ministro per la coesione territoriale del Governo Letta, Carlo Trigilia, avevano stimato e chiesto uno stanziamento di 1 miliardo di euro ogni anno per 10 anni per assicurare continuità e certezza al processo complesso di ricostruzione de L'Aquila e degli altri comuni del cratere sismico;
    uno dei principali problemi che rallentano la ricostruzione è non solo la quantità di risorse che vengono stanziate ma anche, e forse soprattutto, la continuità dei finanziamenti, che deve essere costante al fine di consentire una effettiva programmazione di tutti gli interventi ancora necessari per completare la ricostruzione. Attualmente vi sono «buchi» di 642 mesi tra le delibere Cipe e l'effettivo versamento dei soldi ai comuni;
    come dichiarato lo scorso mese di aprile dal Presidente della Commissione bilancio del comune de L'Aquila, «per il 2015 il comune sta ancora aspettando di incassare i finanziamenti assegnati per quest'anno con le delibere Cipe del 2012, del 2013 e del 2014, per un totale di 478 milioni (...). Fino a quando non arriveranno questi soldi, le casse sono vuote e non potremo completare i finanziamenti dei cantieri già aperti»;
    le risorse necessarie devono essere rese disponibili agli enti locali attraverso sistemi del tutto trasparenti ma semplificati al fine di ridurre al minimo i rallentamenti burocratici che contribuiscono a ostacolare la ricostruzione post-sisma;
    è inoltre indispensabile, a oltre sei anni dal terremoto, fare piena chiarezza – tra l'altro – sulle modalità di utilizzo dei fondi nazionali e comunitari destinati alla ricostruzione, nonché garantire massima trasparenza sulle procedure di appalto e sull'utilizzo dei fondi che ancora dovranno essere spesi;
    tutto quanto suesposto, in un territorio che negli ultimi due anni ha perso circa 17 mila posti di lavoro in quasi tutti i comparti produttivi. Come ricordato dal segretario provinciale della Cgil, Umberto Trasatti, oggi ci sono 107 mila occupati a fronte di 124 mila del 2012. Nella provincia è ora al 13,9 per cento contro la media nazionale del 12,7 per cento. Sempre nel 2012, quando si stava concludendo la ricostruzione «leggera», gli edili che lavoravano nel più grande cantiere d'Europa erano 16 mila, a fine 2014 erano 12 mila. Inoltre 1.500 lavoratori aquilani dall'aprile 2014 non percepiscono la cassa integrazione in deroga perché non ci sono soldi;
    intanto il 3 aprile 2015 il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio, dichiarava che «la ricostruzione de L'Aquila resta una priorità, assolutamente (...). Credo che L'Aquila attenda soprattutto la visita del presidente del Consiglio che sicuramente la mette in cantiere». Nell'attesa della visita del Premier, la città e gli altri comuni colpiti aspettano un'accelerazione nei lavori di ricostruzione;
    il decreto-legge n. 39 del 2009 ha previsto che semestralmente il presidente della regione predisponga una relazione sull'andamento degli interventi di ricostruzione al Presidente del Consiglio che la inoltra al Parlamento. L'ultima Relazione al Parlamento è del 13 luglio 2012 e riguarda la ricostruzione aggiornata al 30 giugno 2011. Da tre anni quindi, il Parlamento non è stato più messo a conoscenza della situazione abruzzese e gli ultimi dati sul monitoraggio della ricostruzione sono di quattro anni fa,

impegna il Governo:

   a garantire adeguate risorse finanziarie a favore della ricostruzione dei territori colpiti dal sisma del 2009;
   a intraprendere tutte le iniziative volte a garantire una continuità nei trasferimenti di risorse per la ricostruzione al fine di consentire una effettiva programmazione di tutti gli interventi ancora necessari per completare la ricostruzione;
   ad accelerare i tempi tra le delibere Cipe di assegnazione delle risorse, e l'effettiva erogazione delle medesime a favore degli enti locali;
   a semplificare, seppur nella piena garanzia della trasparenza e correttezza degli atti, le procedure di assegnazione delle risorse statali, al fine di ridurre al minimo i rallentamenti burocratici che contribuiscono a rallentare la ricostruzione post-sisma;
   a consentire l'implementazione del personale a termine a disposizione dell'ufficio speciale per la ricostruzione dell'Aquila, al fine di garantire tempi congrui e certi per la valutazione dei progetti presentati;
   a individuare le opportune iniziative volte a favorire, per quanto di competenza e in accordo con gli enti territoriali, il rientro, laddove possibile, dei cittadini alle loro abitazioni originarie, prevedendo il superamento delle new town realizzate a seguito del sisma e il loro utilizzo per finalità non necessariamente abitative individuate dagli enti locali;
   a prevedere opportune risorse e misure volte al rilancio economico, produttivo e occupazionale della provincia colpita dal sisma del 2009;
   a fare piena chiarezza sulle modalità di utilizzo dei fondi nazionali e comunitari destinati alla ricostruzione, nonché a intensificare le iniziative volte a garantire massima trasparenza sulle procedure di appalto e sull'utilizzo dei fondi che ancora dovranno essere spesi;
   a presentare quanto prima al Parlamento la relazione semestrale prevista dal decreto-legge n. 39 del 2009 sull'andamento e il monitoraggio degli interventi di ricostruzione.
(7-00687) «Zaratti, Melilla, Pellegrino».


   La IX Commissione,
   premesso che:
    l'aeroporto di Firenze-Peretola è un aeroporto, intitolato «Amerigo Vespucci», situato a nord della città di Firenze nel sobborgo di Peretola a circa 5 chilometri della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, la sua pista è perpendicolare all'autostrada A 11;
    l'Organizzazione internazionale dell'aviazione civile (in inglese International Civil Aviation Organization, ICAO) è un'agenzia autonoma delle Nazioni Unite incaricata di sviluppare i principi e le tecniche della navigazione aerea internazionale, delle rotte e degli aeroporti e promuovere la progettazione e lo sviluppo del trasporto aereo internazionale rendendolo più sicuro e ordinato. Il Consiglio della ICAO adotta degli standard e delle raccomandazioni riguardanti la navigazione aerea e l'aviazione civile. Inoltre, l'ICAO definisce i protocolli per le indagini sugli incidenti aerei seguiti dalle autorità per la sicurezza del trasporto dei Paesi firmatari della convenzione sull'aviazione civile internazionale, più nota come convenzione di Chicago. Per classificazione ICAO degli aeroporti si intende un codice alfanumerico di due caratteri che viene assegnato a ciascun aeroporto in ragione della capacità della pista di permettere le operazioni alle varie categorie di aeromobili. Tale codice fa riferimento sia a caratteristiche fisiche della pista, sia alla conformazione degli aeromobili ospitabili. I riferimenti normativi sono contenuti nell'Annesso 14;
    il codice si compone di due caratteri, il primo numerico e il secondo alfabetico; il codice numerico si riferisce alle caratteristiche della pista e assume i seguenti significati:
     1) se la pista ha una lunghezza inferiore a 800 metri;
     2) se la pista ha una lunghezza uguale o superiore a 800 metri ma inferiore a 1200 metri;
     3) se la pista ha una lunghezza uguale o superiore a 1200 metri ma inferiore a 1800 metri;
     4) se la pista ha una lunghezza superiore a 1800 metri;
    il codice alfabetico, invece, si riferisce alle caratteristiche degli aeromobili e assume i seguenti significati:
     a) apertura alare inferiore a 15 metri e distanza esterna tra i carrelli principali inferiore a 4,5 metri;
     b) apertura alare maggiore o uguale a 15 metri ma inferiore a 24 metri e distanza esterna tra i carrelli principali maggiore o uguale a 4,5 metri ma inferiore a 6 metri;
     c) apertura alare maggiore o uguale a 24 metri ma inferiore a 36 metri e distanza esterna tra i carrelli principali maggiore o uguale a 6 metri ma inferiore a 9 metri;
     d) apertura alare maggiore o uguale a 36 metri ma inferiore a 52 metri e distanza esterna tra i carrelli principali maggiore o uguale a 9 metri ma inferiore a 14 metri;
     e) apertura alare maggiore o uguale a 52 metri ma inferiore a 65 metri e distanza esterna tra i carrelli principali maggiore o uguale a 9 metri ma inferiore a 14 metri;
     f) apertura alare maggiore o uguale a 65 metri ma inferiore a 80 metri e distanza esterna tra i carrelli principali maggiore o uguale a 14 metri ma inferiore a 16 metri;
    secondo l'ICAO, l'aeroporto di Firenze, è dotato di una pista in asfalto di classe 3-C, la distanza disponibile per il decollo (Take off distance available, TODA) è di 1.777 metri e larga 30 metri ed è aperta al traffico commerciale nazionale è internazionale;
    secondo i dati dell'ENAC nel 2004 il numero di movimentazioni è stato di 26.760 (commerciale e privato) con un traffico passeggeri pari a 1.483.938 e un traffico cargo di 1.542 tonnellate. Nel 2006 l'aeroporto è stato chiuso per 65 giorni al fine di completare il rifacimento della pista per adeguarla all'aumentato peso dinamico dei nuovi aeromobili che avevano pregiudicato la stabilità della vecchia pista, visto che la stessa insiste sulla estremità di un areale bonificato di provenienza paludosa. Gli interventi sulla pista di volo hanno avuto un costo di circa 11 milioni di euro nel 2006, mentre per la ristrutturazione dell'aerostazione il costo è stato di circa 4,5 milioni di euro con lo scopo di incrementare la capacità complessiva dello scalo da 1.500.000 a 2.200.000 passeggeri/anno, i varchi di sicurezza sono stati incrementati da 3 a 5, i cancelli d'imbarco sono passati da 6 a 10. I nastri a disposizione per riconsegna dei bagagli in arrivo sono aumentati da 2 a 3 e i banchi accettazione sono diventati 23. Il 29 ottobre del 2010 è stato rilasciato, dal Ministero del ambiente e della tutela del territorio e del mare, parere favorevole all'esclusione alla valutazione di impatto ambientale per il progetto che prevede l'ampliamento del piazzale ovest, di lunghezza di 420 metri e larghezza di 82 metri per una superficie di 36.870 metri quadrati che si uniranno ai 33.000 metri quadrati attualmente presenti. Nel 2013 il numero di movimentazioni è stato di 28.164 con un traffico passeggeri pari a 1.963.744 e un traffico merci di 120 tonnellate;
    l'Unione europea afferma che lo sviluppo ottimale della rete transeuropea dei trasporti dovrebbe avvenire attraverso una struttura a due livelli, consistente in una rete globale (comprehensive network) e una rete centrale (core network),  basate su una metodologia comune e trasparente, che costituiscano il più alto livello di pianificazione di infrastrutture all'interno dell'Unione per cui la rete centrale costituisce la spina dorsale dello sviluppo di una rete di trasporto multimodale sostenibile per stimolare lo sviluppo dell'intera rete globale. Tra gli aeroporti inclusi nella rete globale vi sono gli aeroporti di Pisa e Firenze che distano meno di 100 chilometri l'uno dall'altro e gli stessi aeroporti sono collocati in una regione in cui è presente una rete ferroviaria alta velocità. Inoltre l'aeroporto di Firenze dista meno di 100 chilometri dall'aeroporto di Bologna inserito nella rete centrale (Core Network) della rete transeuropea dei trasporti;
    nel piano nazionale degli aeroporti sono stati individuati 10 bacini di traffico omogeneo e in applicazione dei criteri fissati dall'articolo 698 del codice della navigazione; per ciascuno degli stessi, sono stati indicati gli aeroporti di interesse nazionale, nell'ambito dei quali sono stati identificati alcuni scali di particolare rilevanza strategica, inseriti nel «core network» a livello europeo, tra cui, per quanto riguarda il bacino «Centro-nord», vi è l'aeroporto di Bologna. Nello stesso bacino Centro-nord sono presenti anche gli aeroporti di Pisa e di Firenze che, nonostante risultino inseriti dall'Unione europea nella rete globale, per il piano nazionale aeroporti vengono definiti al pari dell'aeroporto di Bologna, che, come detto, risulta inserito nella rete centrale; quindi per il piano nazionale aeroporti gli aeroporti di Pisa e Firenze sono considerati di rilevanza strategica, creando quindi una incoerenza tra i due livelli, nazionale ed europeo, di pianificazione tra la rete centrale e quella globale delle reti TEN-T. Nel piano nazionale degli aeroporti, tale anomalia viene apparentemente giustificata con un'integrazione societaria e industriale tra gli aeroporti di Pisa e Firenze. Tale decisione non trova precedenti in Europa perché i suddetti aeroporti insistono in agglomerati urbani distinti per cui, sebbene il Governo ritenga auspicabile una gestione a sistema dei due scali toscani, nulla spiega come tale integrazione faccia considerare nel piano nazionale aeroporti gli aeroporti di Pisa e Firenze – appartenenti alla rete globale – strategici come l'aeroporto di Bologna – appartenente alla rete centrale. L'assoluta assenza di logica in tale motivazione è ancor più evidenziata dal fatto che gli aeroporti di Pisa e Firenze non sono inseriti alla rete centrale transeuropea perché non rispettano i criteri oggettivi definiti per tale classificazione; essi, infatti, non sono aeroporti appartenenti a nodi urbani centrali – capitale di uno Stato membro dell'Unione europea, area MEGA secondo l'atlante ESPON del 2006 – con urbazione con oltre 1 milione di abitanti ed infine, il traffico passeggeri di ciascuno dei due aeroporti (in realtà neanche in una valutazione congiunta) non raggiunge la soglia minima di volume per i passeggeri (di circa 7,8 milioni) annui e neanche quella per il volume del traffico merci, richieste al singolo aeroporto per essere ricompreso nella rete centrale;
    il 16 luglio 2014 il consiglio regionale della Toscana ha adottato il PIT (Piano di indirizzo territoriale), prevedendo, in particolare, come «qualificazione/ampliamento aeroportuale» la realizzazione della nuova pista per l'aeroporto di Firenze, con orientamento 12/30, definita «parallela convergente» all'autostrada A11 Firenze-Mare, con la previsione di una lunghezza di 2000 metri. Trattasi, in realtà, di una «nuova costruzione» così come definito nella circolare ENAC APT-21A del 31 dicembre 2013 «Approvazione di progetti e varianti di opere e impianti aeroportuali» paragrafo 7-C, nuova costruzione che dovrebbe rispettare i parametri dell'Annex XIV dell'ICAO specialmente in termini di C.U. (coefficiente utilizzo) del 95 per cento. Il 22 settembre 2014 il Consiglio di amministrazione di ENAC ha stabilito, a giudizio dei firmatari del presente atto senza alcuna evidenza e giustificazione concreta, che la pista convergente parallela all'autostrada dovrà essere di 2.400 metri di lunghezza larga 45 metri classificazione 4D performante per voli intercontinentali, decidendo addirittura per il ricorso al TAR adducendo motivazioni di rischio volo quando il precedente documento di ENAC 09/27 – 12/30 del febbraio 2012 confermava la «conformità regolamentare della valutazione 12/30». Infatti che la pista sia di 2000 o 2400 metri nulla cambia sul concetto, «bird Strike» e quindi di fatto ammettendo oggi che tale relazione tecnica era incorretta e non avente i requisiti richiesti per l'approvazione del PIT stesso. La nuova realizzazione andrebbe a cambiare completamente l'attuale profilo dell'aeroporto di Firenze creando di fatto un nuovo aeroporto. Qualora la motivazione di tale riconfigurazione fosse quella di ricevere voli intercontinentali, bisogna ricordare che l'aeroporto di Firenze diventerebbe una struttura duplicata rispetto agli aeroporti di Pisa e di Bologna, i quali sono situati a meno di 100 chilometri di distanza e già effettuano voli intercontinentali;
    il nuovo aeroporto sarebbe in contrasto con quanto viene sancito nel regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), il quale stabilisce nella sezione 5 – Infrastruttura del trasporto aereo – all'articolo 24 «Componenti dell'infrastruttura», comma 2, che gli aeroporti sono conformi ad almeno uno dei seguenti criteri:
     a) per gli aeroporti adibiti al traffico, passeggeri il volume totale annuo del traffico passeggeri è almeno pari allo 0,1 per cento del volume totale annuo del traffico passeggeri di tutti gli aeroporti dell'Unione, a meno che l'aeroporto in questione si trovi fuori da un raggio di 100 chilometri dall'aeroporto più vicino appartenente alla rete globale o fuori da un raggio di 200 chilometri se la regione nella quale è situato è dotata di una rete ferroviaria ad alta velocità;
     b) per gli aeroporti adibiti, al traffico merci il volume totale annuo del traffico merci è almeno pari allo 0,2 per cento, del volume totale annuo del traffico merci di tutti gli aeroporti dell'Unione;
    il nuovo Aeroporto di Firenze sarà ad una distanza inferiore di 100 chilometri sia dall'aeroporto della rete globale di Pisa, sia a quello della rete centrale di Bologna, nonostante in Toscana vi sia la linea ferroviaria per TAV passante proprio da Firenze e prescrizioni di bacino di utenza ampliato a 200 chilometri e quindi, in quanto «nuovo aeroporto», risulterebbe una costruzione non conforme ai criteri impartiti dall'Unione europea. Inoltre l'Unione europea nei propri dettami di orientamento, afferma che il tempo medio di percorrenza da un qualsiasi punto dell'Unione europea primo aeroporto disponibile debba essere ricompreso in 90 minuti, mentre da Firenze, in un tempo anche inferiore ai 90 minuti, si possono raggiungere sia Pisa che Bologna, ragion per cui non vi sono motivazioni utili alla costruzione della nuova opera;
    nel piano nazionale aeroporti si giustifica la costruzione del nuovo aeroporto anche perché la pista sia utilizzabile da aeromobili della categoria B737, A320 che hanno rispettivamente un range di 6.000 chilometri e 5.500 chilometri e quindi per l'apertura di nuove rotte commerciali di medio raggio, ma in realtà nell'attuale aeroporto possono atterrare e decollare già gli Airbus 319 che hanno un range di 6.500 chilometri e quindi possono effettuare rotte a medio raggio anche più lunghe rispetto agli aeromobili di categoria B737 e A320. Inoltre gli aeromobili di categoria B737 e A320 possono usufruire di piste di categoria C, come l'attuale aeroporto di Firenze e quindi non è necessaria una pista 4D che ad avviso dei firmatari del presente atto risulterebbe in contrasto con gli input regionali che nel PIT stabiliscono che l'Aeroporto di Firenze venga classificato come un City Airport classe 3C. Sempre nel piano nazionale aeroporti si afferma che con la realizzazione di una nuova infrastruttura di volo e la conseguente riconfigurazione del complesso aeroportuale, lo scalo di Firenze potrà confermare il ruolo di scalo di particolare rilevanza strategica in sinergia con Pisa. È necessario ribadire che anche con tale riconfigurazione aeroportuale, nel più ottimistico scenario possibile al 2030, i passeggeri annui risulterebbero per entrambi gli aeroporti al di sotto del volume soglia stabilito dall'Unione europea, per cui anche qualora le più rosee prospettive fossero confermate, gli aeroporti di Pisa e i Firenze non rientrerebbero nei criteri definiti per la rete centrale degli aeroporti europei delle reti TEN-T ed inoltre va ricordato che, così come definito nella «Comunicazione della Commissione in merito agli Orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree» (2014/C 99/03), se un aeroporto fa parte di un gruppo di aeroporti, il volume di passeggeri è stabilito sulla base di ogni singolo aeroporto, pertanto, il ruolo strategico che gli aeroporti di Pisa e Firenze assumerebbero, se gestiti in sinergia, risulta secondo gli interroganti del tutto ingiustificato;
    in coerenza con gli indirizzi assunti dalla Commissione europea, la pianificazione dei potenziamenti dovrebbe esser basata sulla razionalizzazione e sulla ottimizzazione della capacità esistente, anche per contenere, per quanto possibile, gli impatti sull'ambiente e sul paesaggio, dovuti alla realizzazione di nuove infrastrutture air side e land side ed inoltre un utilizzo della capacità disponibile in aeroporti esistenti che costituiscono oggi «riserva di rete». Il settore dei trasporti rappresenta una fonte significativa e crescente delle emissioni di gas serra, per questo motivo l'obbiettivo prefissato nel «libro bianco dei trasporti», così come ribadito nella considerazione n. 13 del regolamento UE 1315/2013, è quello di attuare una necessaria riduzione di almeno il 60 per cento di tali emissioni entro il 2050 rispetto ai livelli del 1990. L'ulteriore implementazione di voli aventi come origine o destinazione l'aeroporto di Firenze sembra stridere fortemente con tale indicazione, in quanto qualora fossero realizzate le nuove infrastrutture, nel miglior scenario previsto al 2030 dal piano nazionale aeroporti, il numero di voli che coinvolgono l'aeroporto di Firenze raddoppierebbe la quantità di passeggeri annui arrivando fino a 4 milioni;
    la costruzione del nuovo aeroporto fiorentino avrà un impatto ambientale significativo in quanto per realizzare tale struttura ci saranno interventi invasivi nei confronti della zona inclusa nella Rete Natura 2000, sito di importanza comunitaria «Stagni della Piana fiorentina e pratese» (SIC IT 5140011), protetti ai sensi della direttiva 92/43/CEE Habitat e zona di protezione speciale ai sensi della direttiva 2009/147/CE, versione codificata «uccelli», nonché sito di importanza regionale (SIR 45) ai sensi della legge regionale n. 56 del 2000. La pista e le strutture del nuovo aeroporto andranno a ricoprire interamente il lago di Peretola ed anche il parco della Piana. Oltre a considerare il danno ambientale che si andrebbe a creare, il nuovo aeroporto sarebbe anche in prossimità della Rete Natura 2000 e avrebbe la pista orientata esattamente in direzione dell'area naturalistica in cui vi sono centinaia di specie protette tra fauna e flora ed inoltre vi è la presenza dell'Oasi WWF venutasi a creare per mitigare e per compensare le maggiori emissioni dovute alla contigua autostrada A1 di cui è stata recentemente ampliata la viabilità con la terza corsia. L'ENAC, nell'ambito del ricorso al TAR in merito all'aeroporto di Firenze, chiede di trasferire altrove queste aree protette – a causa del rischio volatili – andando quindi a decidere su opere mitigatorie e compensative che hanno una ragione importante per esser collocate nelle zone dove ora insistono. Come sottolineato dall'informativa tecnica dell'ENAC del 2009, «Linee guida relative alla valutazione delle fonti attrattive di fauna selvatica in zone limitrofe agli aeroporti», queste aree naturali costituiscono potenti fonti attrattive per la fauna selvatica in quanto rappresentano habitat ideali per la ricerca di cibo, come rifugio e per la riproduzione di tantissime specie di uccelli, che le possono frequentare protetti ed indisturbati. Per tale ragione, l'ENAC raccomanda che queste aree siano ad una distanza non inferiore ai 13 chilometri vi è un concreto rischio dei possibili effetti dell'area protetta sulla sicurezza del volo, sia per gli aeromobili che per gli uccelli;
    al confine tra i territori comunali di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio, a qualche centinaio di metri dall'apice della futura pista, sorge l'impianto di trattamento dei rifiuti solidi urbani con inceneritore e la produzione di combustibile da rifiuti e compost. Nelle vicinanze della futura pista c’è anche la discarica di Case Passerini, un impianto di interramento controllato dei rifiuti chiuso all'esercizio. Tutti questi fattori aumentano seriamente il rischio di eventi di «Bird Strike», che consiste nell'impatto tra un volatile e un aeromobile, che potrebbe essere causa di numerosi incidenti. L'ENAC nella ultima relazione pubblicata «Bird strike committee Italy», relativa all'anno 2013, afferma che, rispetto a quanto rilevato durante l'anno precedente, si è registrato «un incremento del numero delle segnalazioni di impatti sia sotto che sopra i 300 ft di quota, confermando così il trend negativo del fenomeno wildlife strike a livello nazionale negli ultimi anni. Anche nel 2013 si è registrato un grande numero di impatti con i rondoni/rondini, soprattutto negli aeroporti del centro Italia, dove si sono verificate condizioni climatiche e meteorologiche simili a quelle dell'anno passato che hanno favorito la presenza di questa specie a basse quote, interferendo con le traiettorie di decollo ed atterraggio degli aeromobili»;
    la pista del nuovo aeroporto avrà un impatto importante anche sul sistema idraulico della «piana», una costruzione artificiale resa possibile dalla bonifica degli anni Trenta, un sistema delicato e di notevole importanza. La Piana, pur essendo un territorio in cui sono state prodotte profonde trasformazioni antropiche a seguito della intensa urbanizzazione, mantiene ancora oggi delle aree ad uso agricolo, dei terreni adibiti a pascolo e campi incolti nonché una serie di micro ambienti idonei per la sosta e la nidificazione dell'avifauna. Le tipologie ambientali prevalenti sono zone umide fra cui prati umidi e specchi d'acqua; inoltre, vi sono pascoli e boschetti igrofili, ex bacini estrattivi. Il reticolo idrografico della piana di Sesto è caratterizzato da numerosi corsi d'acqua provenienti prevalentemente dal Monte Morello e raccolti alla fine del XVI secolo nel Fosso Reale per risolvere, almeno in parte, il fenomeno dell'impaludamento del territorio. Il sistema delle acque alte della piana è piuttosto complesso e vede i torrenti Gavine e Zambra, convergere sul torrente Rimaggio che si innesta sul Fosso Reale, mentre le acque basse costituite da fossi come il Canale Lungo Nord, il canale Gavine, la Gora di Sesto, la Gora di Quinto, il Torrente Termine, il Fosso di Quarto, il Canale di Cinta occidentale, il Canale di Cinta orientale, il Fosso dei Giunchi, sono convogliate in fossi laterali al Fosso Reale (Colatore destro e Colatore Sinistro). Il complesso sistema si completa convogliando le acque verso il Bisenzio. L'aeroporto intercetterebbe tutti questi corsi d'acqua, caratterizzati da una scarsa pendenza ed inoltre il nuovo aeroporto sarebbe posto nel punto di convergenza che segna l'inizio del Fosso Reale. Dalla presentazione del master plan del nuovo aeroporto si prospetta la deviazione di tutti i corsi d'acqua in un collettore che aggiri a ovest l'aeroporto e sarà costretto a formare due curve a gomito, con costi e difficoltà elevate e con il rischio di annullare il secolare lavoro di regimentazione delle acque avviato nel Medioevo e le opere attualmente in fase di realizzazione; infatti sono già in atto le opere (e quindi già finanziate) per la creazione delle Casse di espansione e laminazione del polo scientifico di Sesto Fiorentino sede di distaccamenti UniFi e Centro ricerca CNR. Inoltre, la realizzazione del nuovo aeroporto andrebbe ad incidere, secondo le carte della perimetrazione delle aree con pericolosità idraulica dell'Autorità di bacino, su un'area a pericolosità idraulica media, attraversando, in prossimità del torrente di Rimaggio, un'area a pericolosità molto elevata;
    il nuovo aeroporto di Firenze per via delle opere da realizzare fortemente invasive e per via delle previsioni di aumento di traffico aereo, avrà quindi un impatto rilevante sull'ambiente, in netto contrasto con quanto stabilito dal regolamento (UE) 1315/2013 che, all'articolo 26 – Priorità per lo sviluppo dell'infrastruttura del trasporto aereo – sancisce che, nel promuovere progetti di interesse comune relativi all'infrastruttura di trasporto aereo, tra le priorità di cui si deve tener conto, vi è quello di migliorare la sostenibilità e di mitigare l'impatto del traffico aereo sull'ambiente;
    con la costruzione della nuova pista gli aerei sorvolerebbero, a circa 300 metri d'altezza, il tetto dell'azienda Toscochimica di via Ettore Strobino a Prato, un'azienda che commercializza e distribuisce prodotti chimici per l'industria; essa è già soggetta all'articolo 8 della direttiva Seveso, e per tale motivo ritenuta, secondo le tabelle dell'ARPAT, un'azienda a rischio industriale prevalente così come altre fonti di rischio, stazioni di servizio carburanti soggette all'articolo 6 della normativa Sevevo, consorzi agrari con pesticidi, aziende farmaceutiche (Baxter); in caso di incidente aereo su questi impianti, non sono ancora conosciuti i rischi per la popolazione e per l'ambiente. Inoltre, vi sono rischi connessi alla vicinanza del casello autostradale, del centro direzionale 4o tronco autostrada A1, hotel, la famosa Scuola dei Marescialli e altro nelle immediate adiacenze della Nuova pista; basta pensare che l'Aula Magna del Polo scientifico di Sesto F.no dista esattamente 310 metri dal centro della nuova pista, ovvero 287,5 metri dalla pista (310-22,5);
    il «regolamento (UE) n. 1316/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa», stabilisce le condizioni, i metodi e le procedure per la concessione di un'assistenza finanziaria dell'Unione alle reti transeuropee al fine di sostenere progetti infrastrutturali di interesse comune nei settori dei trasporti, delle telecomunicazioni e dell'energia e di sfruttare le potenziali sinergie tra tali settori; stabilisce inoltre la ripartizione delle risorse da mettere a disposizione nel quadro finanziaria pluriennale relativo agli anni 2014-2020. Lo sviluppo della capacità aeroportuale non è una priorità dell'Unione europea per quanto riguarda lo sviluppo della infrastrutture della rete TEN-T. Inoltre, in conformità con le regole del CEF (Connecting Europe Facility), lo sviluppo della capacità aeroportuale, compresa quella dell'aeroporto di Firenze, non può ricevere sovvenzioni da parte dell'Unione europea;
    tra gli interventi previsti dal Piano nazionale degli aeroporti per l'infrastruttura del nuovo aeroporto di Firenze di competenza della società «Aeroporto di Firenze», con fonte del finanziamento sempre della stessa società AdF, per un importo complessivo di 149,79 milioni di euro, ci sono:
     la nuova pista di volo e piazzali per un importo di 60 milioni di euro;
     interventi terminal per un importo di 36,70 milioni di euro;
     espropri per un importo di 19,55 milioni di euro;
     interventi sul nuovo sedime per un importo di 33,54 milioni di euro;
    mentre per le opere di intermodalità, il collegamento stazione S.M. Novella, gli interventi sono ancora da definire e programmare;
    il decreto-legge n. 133 del 2014, cosiddetto «Sblocca Italia», convertito dalla legge n. 164 del 2014, prevede all'articolo 3, comma 2, lettera c), l'aeroporto di Firenze tra gli interventi appaltabili entro il 30 aprile 2015 e cantierabili entro il 31 agosto 2015; pertanto, esso potrà usufruire sulle risorse del fondo istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – fondo istituito ai sensi dell'articolo 18, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 – per un importo di 50 milioni di euro e altri 100 milioni di euro per la Metrotranvia di Firenze. Da fonti stampa si apprende della richiesta del presidente di AdF (Aeroporti di Firenze Spa), Marco Carrai, che ha chiesto 120 milioni di euro per il completamento delle opere. Sempre da fonti stampa si apprende che il Ministro pro tempore Lupi abbia promesso lo stanziamento per la nuova costruzione di ulteriori 100 milioni di euro. Poiché, gli interventi per la costruzione del nuovo Aeroporto di Firenze, così come definiti nel Piano nazionale degli aeroporti, sono a carico della società AdF, non si comprende per quali opere e per quali motivi, lo stesso aeroporto debba usufruire di finanziamenti pubblici per la realizzazione della nuova infrastruttura che tra l'altro non appartiene alla rete centrale delle reti TEN-T e che e nel raggio di meno di 100 chilometri da aeroporti più grandi come quello di Pisa – appartenente alla rete Globale TEN-T – e quello di Bologna – appartenente alla rete centrale TEN-T. Inoltre, nel bacino «Centro-nord» oltre a quelli di Bologna e Pisa, ci sono aeroporti di interessa nazionale come quelli di Rimini, Parma e Ancona che attualmente, per quanto riguarda il traffico passeggeri, stentano ad avere numeri rilevanti,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per revocare i fondi stanziati per la costruzione del nuovo aeroporto di Firenze e a non stanziare alcun finanziamento pubblico per la costruzione del nuovo aeroporto;
   a classificare, nel Piano nazionale degli aeroporti, gli aeroporti di Pisa e di Firenze come aeroporti di interesse nazionale senza alcun ruolo strategico, eliminando di conseguenza l'eccezione enunciata nel Piano nazionale degli aeroporti a cui farebbero riferimento i due aeroporti definiti strategici.
(7-00688) «De Lorenzis, Liuzzi».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    in data 15 aprile 2015, la multinazionale finlandese Nokia, produttrice di apparecchiature per telecomunicazioni, ha annunciato di aver acquisito, per 15,6 miliardi di euro, l'azienda franco-americana Alcatel-Lucent. L'operazione è stata strutturata per far nascere un gruppo in grado di competere nei settori delle infrastrutture di rete, delle centraline e delle antenne per le comunicazioni cellulari a livello mondiale, con il colosso cinese Huawei e con quello svedese Ericsson;
    in Italia, l'azienda ha la sua sede principale a Vimercate (MB), dove sono ospitati gli headquarter e i principali laboratori relativi agli apparati di trasmissione radio a microonde, mentre a Trieste è attivo uno stabilimento di produzione che occupa circa 850 dipendenti, di cui 320 lavoratori dipendenti di Alcatel-Lucent, circa 400 lavoratori in somministrazione provenienti da tre agenzie diverse e circa 100 lavoratori occupati in aziende di logistica e nella mensa. Vi è anche un indotto costituito da circa 400 dipendenti dell'azienda Mw-Fep di Ronchi dei Legionari (GO);
    in data 5 maggio 2015, è stata approvata all'unanimità dalla Commissione lavoro della Camera dei deputati, la risoluzione n. 8-00105, nella quale il Governo ha sottoscritto l'impegno di difendere gli attuali livelli occupazionali e industriali presenti in Italia negli stabilimenti Alcatel-Lucent dei siti di Vimercate e Trieste;
    in data 13 maggio 2015, al Ministero dello sviluppo economico si è svolto un incontro tra le rappresentanze sindacali e i vertici dell'azienda. Questi ultimi hanno annunciato la vendita dello stabilimento di Trieste a Flextronics, multinazionale statunitense produttrice di componenti elettronici che, nell'ambito impiegatizio, si distingue per il dislocamento dei siti produttivi in Paesi dal costo del lavoro inferiore rispetto a quello italiano come, ad esempio, un importante sito produttivo in Romania. Per i dirigenti di Alcatel-Lucent, la vendita costituirebbe un'opportunità di ulteriore sviluppo per lo stabilimento, consentendo alla dirigenza stessa di portare a Trieste produzioni diverse da quelle attuali, che lo trasformerebbero in un centro globale d'eccellenza. Il progetto illustrato, impegnerebbe Alcatel-Lucent per la durata di cinque anni. I vertici dell'azienda, hanno poi dichiarato di aver previsto la creazione di uno stabilimento in Nord America per le stesse produzioni di Trieste. Tale politica, come facilmente intuibile, diminuirà i volumi di produzione a Trieste e, conseguentemente, i posti di lavoro. In conseguenza di ciò, sono stati annunciati, nell'immediato, scioperi e presidi dei lavoratori, davanti lo stabilimento triestino,

impegna il Governo

a garantire con urgenza che la vendita dell'azienda Alcatel-Lucent a Flextronics sia effettuata salvaguardando e assicurando i posti di lavoro per tutti i dipendenti del sito di Trieste, compresi i lavoratori che prestano servizio come somministrati e quelli impegnati nella logistica e nella mensa, e per quelli della collegata Mw-Fep di Ronchi dei Legionari, almeno per un periodo di tempo di 5 anni a partire dal momento della nuova acquisizione.
(7-00686) «Tripiedi, Cominardi, Ciprini, Chimienti, Lombardi, Dall'Osso».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ZANIN, VENTRICELLI, BERLINGHIERI e PRINA. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   le ripetute tragedie umanitarie del Mediterraneo non possono trovare un'adeguata soluzione strutturale con il danneggiamento ancorché mirato delle imbarcazioni di trasporto, non solo per i rischi che i colpi potrebbero rappresentare per eventuali innocenti, ma per la struttura indefinita e mutevole delle organizzazioni che promuovono i viaggi clandestini;
   l'intervento umanitario ed economico nei Paesi d'origine delle migrazioni e delle profuganze costituisce la vera chiave strutturale per porre argine e costruire una alternativa;
   le guerre che richiedono un intervento umanitario sono estremamente complesse: hanno come target gruppi terroristici difficili da separare dalla popolazione civile, che facilmente risponderebbero a un intervento con attentati sul territorio, com’è stato ad esempio recentemente nel caso dell'attacco di al-Shabaab all'università in Kenya, collegato al contributo che il Kenya offre alla guerra contro al-Shabaab in Somalia;
   si ha in ogni caso un imperativo morale per cui intervenire, se non militarmente perlomeno attraverso la donazione di aiuti umanitari, in queste guerre che in gran parte si è contribuito a creare con la colonizzazione;
   come ha detto il 29 aprile a Strasburgo il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, occorre essere tutti consapevoli che «Se si chiudono le porte, è chiaro che la gente entra per la finestra: dobbiamo lavorare a fondo per aprire le porte e agire sull'immigrazione in regola»;
   numerosi fonti dirette attestano che i ragazzi che decidono di partire dai campi di rifugiati sono quelli che hanno completato le scuole superiori e non possono nella più parte continuare gli studi perché non hanno accesso alle università in loco o all'estero; questa impossibilità colpisce in genere i più brillanti che rischiano di non completare la loro carriera scolastica e dunque di non poter poi successivamente offrire il loro contributo allo sviluppo sociale ed economico del proprio Paese;
   l'apertura solida e strutturale ai percorsi di studio delle nuove generazioni dei Paesi in via di sviluppo, in particolare in Africa, costituisce in prospettiva il miglior canale di investimento per promuovere lo sviluppo locale in termini economici e per la formazione di Stati democratici stabili; di una forte iniziativa centrata sui temi della formazione diretta e indiretta, oltre a beneficiarne direttamente gli interessati e le loro famiglie, a lungo termine ne beneficerebbero gli europei, dato l'interesse evidente che le classi dirigenti del futuro siano formate nelle università –:
   se e quali risorse e progetti l'Italia nello specifico e l'Europa nel suo insieme abbiano sin qui attivato e/o intendano attivare per assicurare l'istruzione di grado universitario nei Paesi africani, con particolare riferimento ai Paesi coinvolti in situazioni di emergenze umanitarie e di crisi democratiche;
   se e quali canali l'Italia nello specifico e l'Europa nel suo insieme abbiano sin qui attivato e/o intendano attivare per permettere ad un numero stabile di ragazzi africani di frequentare e laurearsi presso le università europee;
   se non si ritenga l'attivazione di una sorta di «Erasmus allargato», in cui le università aprono piccole quote per scopi umanitari, una prospettiva a cui dare rapida attuazione per cominciare ad affrontare i problemi delle migrazioni in forma strutturale anche secondo il fondamentale profilo dell'istruzione e della formazione. (5-05625)


   FAENZI e PARISI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   a seguito dell'eccezionale avversità atmosferica che il 5 marzo 2015 ha colpito la regione Toscana, il Consiglio dei ministri nella riunione del 29 aprile 2015, ha dichiarato lo stato di emergenza nelle province di Firenze, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Prato e Pistoia, per l'attuazione degli interventi da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 5, commi 1 e 1-bis, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 e successive modifiche ed integrazioni;
   gli interroganti rilevano tuttavia, che l'intensità del maltempo, ha interessato anche altre aree del territorio della medesima regione, determinando rilevanti disagi nelle province di Pisa, Livorno e Grosseto, in particolare sul versante tirrenico, nel quale le mareggiate hanno provocato numerosi danni agli edifici pubblici e privati, alle opere di difesa idraulica, alle infrastrutture viarie e ferroviarie, alla rete dei servizi essenziali e alle attività produttive e agricole;
   al riguardo, gli interroganti evidenziano altresì, come nonostante le iniziative di carattere straordinario, intraprese a livello regionale, in favore delle popolazioni dei comuni delle predette province, colpiti dai fenomeni meteorologici di particolare persistenza, finalizzate al ripristino delle condizioni di normalità, tali interventi risultano insufficienti per superare le numerose criticità tuttora esistenti, che interessano i territori toscani rimasti esclusi dalla delibera del Consiglio dei ministri del 29 aprile 2015;
   località turistiche come Marciana Marina, comune dell'Isola d'Elba in provincia di Livorno, l'Isola del Giglio in provincia di Grosseto, San Giuliano Terme e Santa Croce sull'Arno, in provincia di Pisa, rappresentano, ad avviso degli interroganti, soltanto alcuni dei numerosi territori delle medesime province coinvolte dall'evento in rassegna, i cui ingenti danni alle infrastrutture sia pubbliche, che private e alle attività commerciali, si sono riscontrati in particolare, sul litorale, a causa delle intense mareggiate, che hanno distrutto numerosi pontili interni ai porti d'attracco, impianti d'illuminazione elettrica ed eroso importanti porzioni di spiagge;
   a giudizio degli interroganti, in considerazione delle criticità in precedenza esposte, risulta pertanto urgente e necessario estendere le iniziative di carattere straordinario già deliberate (in favore delle province di Firenze, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Prato e Pistoia), anche per quelle di Pisa, Livorno e Grosseto in precedenza indicate, se si valutano le persistenti difficoltà, riscontrate dalle amministrazioni locali, le cui decisioni di carattere emergenziale decretate dalla regione Toscana, appaiono carenti, per il superamento definitivo della grave situazione determinatasi –:
   quali orientamenti intendano esprimere, nell'ambito delle rispettive competenze, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   se, in considerazione degli attuali livelli di complessità in cui si trovano i comuni delle province di Pisa, Livorno e Grosseto, non ritengano opportuno estendere la dichiarazione dello stato di emergenza, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 29 aprile 2015, anche per i medesimi territori della regione Toscana, in conseguenza delle eccezionali avversità atmosferiche avvenute il 5 marzo 2015, assicurando l'attuazione degli interventi da effettuare nella vigenza dello stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
(5-05627)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il sindaco di Gorizia Ettore Romoli, con una lettera dei giorni scorsi indirizzata alle autorità politiche di Governo e del territorio, ha voluto esporre le sue preoccupazioni in merito al problema riguardante l'immobile denominato «Caserma Massarelli»;
   tale immobile ed il relativo autoparco, di proprietà del comune di Gorizia, sono attualmente occupati dalla sede della polizia di Stato di Gorizia, ma il rapporto di locazione tra il comune ed il Ministero dell'interno è cessato il 31 maggio del 2009 per mancata stipula di un nuovo contratto;
   l'amministrazione comunale avrebbe in più occasioni sollecitato il Ministero e l'Agenzia del demanio per avviare la nuova stipula ma, malgrado la stesura di un impegno del comune a locare alle condizioni economiche ritenute congrue dall'Agenzia del demanio, anche se inferiori rispetto alle richieste iniziali, non si è ancora proceduto a regolarizzare il rapporto;
   la polizia di Stato, dunque, occuperebbe dal 1o giugno 2009 lo stabile pur non avendone alcun titolo; oltretutto, il Ministero dell'interno avrebbe versato al comune di Gorizia, a titolo di indennità per il periodo 1o giugno 2009-30 giugno 2012, una somma che l'amministrazione avrebbe accettato esclusivamente a titolo di acconto, poiché notevolmente inferiore a quanto dovuto;
   per tutelare l'amministrazione da responsabilità contabili, il comune ha agito in giudizio contro la prefettura di Gorizia ed il Ministero dell'interno, richiedendo lo sfratto per fine locazione; a seguito dell'accoglimento della richiesta del comune da parte del tribunale di Trieste, la polizia di Stato dovrebbe perentoriamente lasciare l'immobile entro la scadenza del 31 ottobre prossimo;
   il sindaco, nella missiva, auspica la stipula del nuovo contratto di locazione tra il comune ed il Ministero dell'interno ed il saldo del debito anche in modo da poter utilizzare le somme dovute dal Ministero per ristrutturare l'immobile ed effettuare i previsti lavori di ampliamento, permettendo così alla questura di occupare un unico edificio al posto dei due stabili utilizzati attualmente, di cui uno in condizioni fatiscenti. Tale prospettiva troverebbe anche il favore del questore di Gorizia, Lorenzo Pillinini –:
   se sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa;
   quali provvedimenti urgenti intenda adottare per sollecitare gli uffici ministeriali competenti ad accelerare le procedure della stipula del nuovo contratto di locazione degli spazi di proprietà del comune di Gorizia occupati dalla sede della polizia di Stato di Gorizia;
   secondo quali tempistiche il Ministro intenda regolarizzare le pendenze contabili con il comune di Gorizia relative all'occupazione degli spazi della «Caserma Massarelli». (4-09211)


   GIANLUCA PINI, GUIDESI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il sisma del 20 e del 29 maggio 2012 che ha duramente colpito l'Emilia Romagna, oltre ad aver provocato la morte di 27 persone, ha lasciato una pesante eredità in danni economici. Il cratere, infatti, è formato da 33 comuni rientranti in 4 diverse province (Reggio Emilia, Modena, Bologna e Ferrara) dove risiedono in tutto 550 mila persone, di cui 270 mila addetti fra agricoltura, industria e servizi;
   la zona colpita, quindi, era un territorio densamente popolato e una delle aree più industrializzate d'Italia, con una fiorente agricoltura e un alto tasso di disoccupazione, dove, almeno fino a prima della catastrofe sismica, si produceva circa il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
   gli edifici crollati sono stati quasi 40 mila, di cui oltre 25 mila ad uso abitativo, e delle 67 mila abitazioni controllate (prime e seconde case) oltre 30 mila sono state dichiarate inagibili, 16.500 hanno avuto danni di importante entità e 14-15 mila danni leggeri;
   il totale dei danni economici stimati si è aggirato intorno ai 3,3 miliardi di euro e il crollo o l'inagibilità degli edifici hanno causato lo sfollamento di 42 mila persone, a cui si sono aggiunte tutte le ripercussioni economiche sul lungo periodo, come l'improvvisa disoccupazione;
   per sostenere la popolazione in difficoltà sono stati emanati diversi decreti ministeriali, due decreti-legge (almeno quelli dedicati esclusivamente all'emergenza post-sisma, ma anche altri provvedimenti hanno introdotto diverse disposizioni in merito) e 142 ordinanze emanate dal commissario straordinario. Attraverso questo massiccio e disordinato procedere legislativo, che ha, tra l'altro, causato incertezza e confusione nei contribuenti interessati, le popolazioni colpite hanno ricevuto: la sospensione dei termini degli adempimenti tributari e non tributari (tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria) prorogata, in più riprese, al 20 dicembre 2012, senza applicazione di sanzioni ed interessi; crediti di imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione degli immobili danneggiati dal sisma; finanziamenti per il pagamento dei tributi;
   nonostante ciò, 9 mila famiglie sono state escluse dai contributi per la ricostruzione, i fondi effettivamente stanziati per la riedificazione si sono rivelati insufficienti e le risorse non sono state distribuite a tutti i cittadini; senza contare le innumerevoli incongruenze normative che, ad esempio, hanno escluso dai rimborsi post-sisma tutte le imprese che non hanno dipendenti, quindi tutte le società in nome collettivo di imprenditori individuali e artigiani (numerosissimi in quelle aree), o i proprietari degli immobili concessi in locazione, come i capannoni, poiché è stato stabilito che fosse il titolare delle attività e non i proprietari a farsi carico della ristrutturazione;
   al sisma si sono poi aggiunte la tromba d'aria del 3 maggio 2013 e l'alluvione del gennaio 2014 che hanno duramente colpito i comuni del modenese, causando danni al settore agroalimentare, con più di 1000 aziende agricole interessate, addirittura più ingenti di quelli del sisma;
   il Governo non sembra però tener conto di tutto ciò: nei primi giorni di maggio di quest'anno, i cittadini e numerosi organi di stampa locali hanno denunciato l'arrivo di esose cartelle esattoriali recapitate alla quasi totalità delle persone residenti in questi territori, riguardanti diversi tributi, relativi anche ai periodi di imposta post-terremoto e alluvione. Si tratta di notifiche relative al mancato adempimento fiscale di tasse ed imposte di qualsiasi genere: dal mancato pagamento del canone Rai, fino ai ritardi per il versamento di irpef o iva e addirittura cartelle relative alla riscossione di somme non dovute perché già pagate in corso di rateizzazione;
   considerate le innumerevoli difficoltà economiche che incolpevolmente questi cittadini si sono ritrovati ad affrontare, sarebbe stato certamente più opportuno prendere dei provvedimenti contenenti sgravi e contributi fiscali più consistenti, indirizzati, soprattutto, ad una effettiva detassazione e non alla semplice sospensione dei tributi, rivelatasi, nei fatti, inadeguata;
   in più, dei contributi per la riedificazione che lo Stato aveva promesso, ne sono arrivati, ad oggi, soltanto una piccola parte, neanche il 15 per cento del totale dei danni;
   in una tale situazione, buona parte di questa popolazione ha già dovuto prendere prestiti per anticipare i costi sostenuti per la ricostruzione oppure per pagare le imposte ed ora si ritroverà a dover pagare anche quei tributi che si pensavano sospesi, almeno, fino al risollevamento, anche minimo, dell'economia emiliana –:
   se il Governo non ritenga opportuno adottare al più presto iniziative al fine di sospendere, innanzitutto, l'invio delle cartelle esattoriali e i pagamenti richiesti, ma anche, al contempo, al fine di prevedere degli sgravi fiscali per le famiglie e le imprese delle aree terremotate e alluvionate, sovvenzionando in maniera più efficace la ricostruzione degli edifici e la ripresa di tutti i comparti economici, attraverso certi e subitanei finanziamenti. (4-09212)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la scorsa settimana il presidente dell'INPS Tito Boeri ha presentato il progetto «La mia pensione», che si inserisce nel processo di miglioramento dei servizi rivolti all'utenza sul quale l'Istituto è impegnato da tempo, anche con l'obiettivo di realizzare un'operazione di reale trasparenza nei confronti degli assicurati, utile a favorire una consapevolezza previdenziale e a orientare le scelte individuali;
   per l'anno 2015, allo scopo di gestire in modo uniforme l'offerta del servizio «La mia pensione» è stato individuato un primo contingente di cittadini cui sarà reso disponibile l'accesso al servizio. Questo contingente, pari a circa 17.800.000 soggetti, è composto dagli assicurati iscritti: al Fondo pensioni lavoratori dipendenti (con esclusione degli assicurati con contribuzione da lavoratore agricolo dipendente o da lavoro domestico), alle gestioni speciali artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri ed alla gestione separata;
   a partire dal 1o maggio 2015, il progetto interesserà coloro che nell'ambito della popolazione di assicurati sopra illustrata sono in possesso di PIN e secondo una graduale estensione del servizio articolata per fasce di età anagrafica ed interesserà un numero di italiani pari a 6.836.084;
   a partire dal mese di settembre 2015, la restante popolazione di assicurati iscritti alle gestioni sopra riportate che non è in possesso del PIN sarà direttamente raggiunta da una comunicazione cartacea dell'Istituto;
   la comunicazione di cui trattasi contiene, oltre al conto assicurativo individuale, una simulazione della situazione pensionistica calcolata preventivamente sulla base di parametri medi, nonché l'invito a dotarsi del PIN per poter effettuare simulazioni personalizzate rispetto al proprio profilo assicurativo e di lavoro;
   a partire da settembre 2016, il progetto «La mia pensione» coinvolgerà i circa 3,2 milioni di lavoratori dipendenti delle Amministrazioni pubbliche, rispetto ai quali è in corso il progetto «Estratto conto dipendenti pubblici» le cui specifiche operative sono state fornite con precedenti circolari;
   in presenza di contribuzione versate in più gestioni, la procedura effettua la simulazione del calcolo della prestazione pensionistica solo qualora le contribuzioni siano cumulabili senza l'esercizio di alcuna facoltà da parte dell'interessato (esempio lavoro dipendente e gestioni speciali degli autonomi);
   al momento, la simulazione non viene effettuata per i titolari di contribuzioni versate sia nell'assicurazione generale obbligatoria, sia in altre gestioni previdenziali per i quali è necessario valutare le opportunità di cumulo, totalizzazione, ricongiunzione, pensione supplementare, e altro;
   in queste situazioni infatti è opportuno che le diverse opzioni previdenziali siano illustrate e valutate insieme all'utente nell'ambito di una consulenza specifica;
   l'INPS per le richieste di informazioni sulla simulazione già ottenuta e sulle opportunità di modifica del proprio status previdenziale, da parte di utenti che hanno utilizzato correttamente la procedura ma vogliono valutare costi e benefici di ulteriori percorsi previdenziali, ha stabilito che gli stessi dovranno rivolgersi alle sedi territoriali tramite la procedura «Agenda appuntamenti» utilizzando il punto di consulenza denominato «La mia pensione»;
   è di tutta evidenza che un progetto di tale portata avrà delle ricadute importanti a livello dell'organizzazione del lavoro, soprattutto nelle sedi territoriali dell'Istituto. È molto probabile, infatti, che un gran numero di cittadini si rivolgerà agli uffici dell'INPS per avere chiarimenti e consulenza specifica sulla propria situazione previdenziale, andando a gravare sul carico di lavoro del personale delle sedi già oberato dalle ordinarie pressanti ed a volte insostenibili richieste relative alle numerosissime prestazioni che eroga l'Istituto;
   sulla risoluzione di questo problema organizzativo, nonché sulla verifica dell'adeguatezza della necessaria attività di formazione del personale INPS coinvolto dal progetto, potremo da subito valutare i nuovi vertici dell'Istituto, presidente e direttore generale, che di questo progetto stanno facendo il simbolo di un nuovo INPS più moderno e vicino ai cittadini;
   l'istituto nazionale della previdenza sociale ed i suoi lavoratori, in questi ultimi anni, hanno subito i tagli e la finta riorganizzazione da parte dei Governi Monti, Letta e Renzi;
   i dipendenti dell'Istituto, soprattutto quelli delle sedi territoriali, nutrono il fondato timore di non poter affrontare le problematiche che questo nuovo progetto porta con sé;
   migliaia di lavoratori sono stati pensionati e non sostituiti da nuove e giovani leve a causa della revisione della spesa, anzi ne sono giunti da altre amministrazioni precedentemente soppresse ma, come facilmente intuibile, senza le dovute ed attese professionalità da parte dell'utenza nazionale;
   un progetto come quello proposto dal Presidente Boeri necessita di investimenti concreti di denaro pubblico al fine di ottimizzare l'organizzazione e la formazione dei dipendenti dell'Istituto a cui si rivolgeranno gli italiani nei prossimi mesi;
   in ogni azienda, pubblica o privata che sia, l'organizzazione e la formazione necessitano di risorse economiche adeguate al raggiungimento dell'obiettivo;
   a giudizio dell'interrogante, l'Istituto, anche a causa dei recenti tagli susseguenti alla revisione della spesa, non è in grado di affrontare efficacemente le problematiche legate all'attività di consulenza che viene richiesta ai propri collaboratori;
   i sindacati dei lavoratori dell'Istituto, tra i quali l'Ugl-Intesa funzione pubblica, in un comunicato hanno chiesto che le possibili ricadute connesse al progetto «La mia pensione» vengano esaminate nell'ambito di uno specifico tavolo di confronto, eventualmente anche di natura tecnica;
   in questo tavolo di confronto andrebbero anche avviati ragionamenti, cui dare corpo con il CCNI 2015, volti all'individuazione di strumenti innovativi che, consentendo di valorizzare in modo sempre più efficace le professionalità e di remunerare al meglio il crescente impegno richiesto alle lavoratrici e ai lavoratori dell'Istituto, siano in grado di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di consolidamento del ruolo dell'INPS che con progetti come quello in questione si intendono perseguire –:
   quali iniziative e provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-09216)


   REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quando si apprende nei giorni scorsi da numerose agenzie stampa nazionali e da un articolo del 15 maggio di Qualenergia, la Commissione europea richiama il nostro Paese per il ritardo nell'introdurre tasse modulate secondo il principio del «chi inquina paga», come ad esempio la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l'ambiente, come il sostegno alle fonti fossili;
   è uno dei richiami contenuti nell'ultimo documento con le Country Specific Raccomendations, diffuso mercoledì, nel quale si contesta al nostro Paese per il ritardo nell'introdurre tasse modulate secondo il principio del «chi inquina paga», come la carbon tax, e nel rimuovere aiuti dannosi per l'ambiente, come quelli alle fossili;
   in Italia, si legge nel documento, «rimangono lettera morta la revisione dell'imposizione ambientale e l'eliminazione delle sovvenzioni dannose per l'ambiente. L'Italia ha anche istituito un comitato per la fiscalità ambientale e questi diversi aspetti sono peraltro contemplati dalla legge delega di riforma fiscale, la cui attuazione è stata tuttavia rimandata per l'assenza di decreti legislativi attuativi»;
   il riferimento della Commissione europea è a quanto previsto dall'articolo 15 della legge di delega fiscale (legge 11 marzo 2014, n. 23). Il Governo, si legge in quel testo, è delegato a introdurre nuove forme di fiscalità «finalizzate a orientare il mercato verso modi di consumo e produzione sostenibili, e a rivedere la disciplina delle accise sui prodotti energetici e sull'energia elettrica, anche in funzione del contenuto di carbonio e delle emissioni di ossido di azoto e di zolfo». Il gettito, secondo la delega, dovrà essere destinato «prioritariamente alla riduzione della tassazione sui redditi, in particolare sul lavoro generato dalla green economy, alla diffusione e innovazione delle tecnologie e dei prodotti a basso contenuto di carbonio e al finanziamento di modelli di produzione e consumo sostenibili, nonché alla revisione del finanziamento dei sussidi alla produzione di energia da fonti rinnovabili»;
   il sopraddetto documento dell'Unione europea sottolinea da ultimo il fatto che la citata delega rischi di rimanere inattuata e, dunque, anche la tassazione ambientale, ad esempio quella sulla CO2, possa non concretizzarsi: l'articolo di legge citato infatti rimanda alla proposta di modifica della direttiva europea in materia di tassazione dei prodotti energetici (2003/96/CE): proposta però è stata ritirata a fine dicembre;
   secondo una prudente stima del Coordinamento FREE – fonti rinnovabili ed efficienza energetica in Italia una carbon tax limitata ai carburanti per il trasporto di 30 euro a tonnellata di CO2, a fronte di un rincaro della benzina di 0,7 eurocent al litro, pari allo 0,5 per cento, produrrebbe entrate per 2,5-3 miliardi all'anno –:
   se il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri interrogati intendano dare quanto prima risposta alla citata recente raccomandazione della Commissione europea ed emanare con celerità i decreti legislativi attuativi relativi alla citata delega fiscale in materia di tassazione ambientale e incentivi alle fonti fossili;
   se e quali iniziative normative intendano mettere in campo per colmare interamente le lacune normative sopracitate. (4-09217)


   NICCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale e locale, in data 13 maggio 2015 è stato firmato l'accordo per la realizzazione dell'Autostrada Tirrenica tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Toscana e la SAT spa –:
   se tale intesa rispetti il progetto preliminare del 2008 e quello definitivo del 2013;
   se sia stata presa in considerazione la circostanza che l'Unione europea ha da tempo aperto una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana in merito al comportamento di SAT spa sull'assegnazione degli appalti e sulla proroga della concessione;
   se lo Stato italiano – in merito alla suddetta procedura – abbia ottemperato alla richiesta ultima di ottobre 2014 da parte della Commissione europea per evitare l'eventuale deferimento alla Corte di Giustizia europea e quali siano state le deduzioni dell'Unione Europea;
   se agli enti locali interessati dalla realizzazione dell'opera  sia stata trasmessa  formalmente la proposta progettuale dell'autostrada e se siano stati direttamente coinvolti nell'intesa firmata in data 13 maggio 2015;
   se sia stato considerato che il progetto definitivo dell'opera è stato impugnato presso il Consiglio di Stato dalla provincia di Grosseto, il comune di Orbetello e un'associazione;
   se l'intesa in questione sia stata raggiunta prendendo in considerazione la circostanza che la realizzazione dell'autostrada Tirrenica a sud di Grosseto dovrebbe passare in territori (come Albinia e la Località Guinzone) che negli ultimi due anni sono stati interessati da alluvioni che hanno coinvolto più di 5.000 persone e causato ben 5 vittime;
   se sia stato considerato che tale autostrada attraverserebbe i bordi della laguna di Orbetello che rappresenta una delle zone più vincolate d'Europa;
   se sia stato considerato che tale autostrada attraverserebbe un centro abitato come Orbetello Scalo cancellando, di fatto, tutte le attività produttive esistenti e gli impianti di produzione ittica di grande qualità;
   se sia stata considerata l'interferenza tra i lavori per la realizzazione dell'autostrada in questione e le falde acquifere superficiali della laguna di Orbetello, l'inquinamento conseguente a tale interferenza e i relativi costi;
   quale rapporto economico e di tutela idraulica vi sia tra realizzazione della cassa di espansione di Campo Regio (Albinia) e la realizzazione dell'autostrada in questione;
   come si intenda superare, nel rispetto del progetto integrato territoriale della regione Toscana, il fiume Albegna, le due controfosse e la S. R. 74 con la realizzazione di un'autostrada;
   come il Governo intenda risolvere i problemi della località Guinzone che, a causa della non adeguatezza dell'infrastruttura ferroviaria, nel 2012 si ritrovò sotto più di due metri di acqua;
   se sia stato considerato che i consorzi di bonifica nella valutazione del progetto autostradale del 2011 sottolinearono la mancanza di adeguati interventi dal punto di vista del rischio idraulico;
   per quali ragioni, nonostante la SAT abbia dichiarato alla stampa che potrebbe essere necessaria una revisione del piano finanziario per il calo del traffico, regione e Governo, contro la volontà degli enti locali interessati e la popolazione del territorio, insistano per la realizzazione della autostrada Tirrenica;
   per quali ragioni non si sia provveduto alla messa in sicurezza della strada statale Aurelia partendo dai punti più critici (Comuni di Capalbio ed Orbetello) considerato che occorrerebbero molte meno risorse e soprattutto non si distruggerebbe l'economia e l'ambiente di un territorio unico al mondo. (4-09226)


   REALACCI e KRONBICHLER. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quando si apprende da alcune agenzie stampa online recentemente il tribunale di Pistoia ha innovato la vigente giurisprudenza in materia di coltivazione biologiche e «tradizionali», ovvero con uso di agrofarmaci, a tutela delle prime;
   detta sentenza ha stabilito che chi usa gli agrofarmaci non può contaminare il vicino biologico o le case e i giardini dei privati. In giudizio la vicenda si è conclusa con una bella e congrua multa per il viticoltore chimico e con l'imposizione di trattamenti verso l'interno sui terreni di confine, al fine di annullare l’«effetto deriva» di prodotti chimici, con tolleranza zero pesticidi, nella proprietà dei vicini;
   in particolare, secondo quanto si apprende, sulla vegetazione e nella proprietà del signor Michelacci, sono stati trovati residui di Cimoxanil (fungicida chimico) e rame (anche se il rame non presenta problemi, in quanto autorizzato in Agricoltura biologica), nel momento in cui venivano fatti i trattamenti convenzionali con tali prodotti. Si rammenta che i residui di pesticidi, in genere, si concentrano nelle polveri, e che i danni dei fitofarmaci si esplicano anche a livelli infinitesimi e, soprattutto, indesiderati dai consumatori biologici (tolleranza corrispondente a 0,01 mg/kg, un livello molto superiore ai limiti di rilevazione della presenza di pesticidi);
   è questo anche il caso di altri agricoltori biologici dell'Alto Adige, come ad esempio una famiglia di Laces-Coldrano, che a fronte dell'uso ampio e intensivo di agrofarmaci per la coltivazione delle mele, soffrono la contaminazione da pesticidi delle loro erbe aromatiche coltivate in biologico, che una volta essiccate e quindi disidratate aumentano di molto la percentuale di residuo di pesticidi;
   in altri Paesi dell'Unione questi limiti alla certificazione biologica vengono aggiornati in caso di vegetali disidratati –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti sovraesposti;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative normative volte a disciplinare le criticità sopra esposte a tutela delle coltivazioni biologiche e della concorrenza tra agricoltori. (4-09229)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   COLLETTI, DEL GROSSO e VACCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 2 marzo 2015 due pescatori italiani, Sandro De Simone, 52 anni, e Massimo Liberati, 50enne, sono finiti in carcere in Gambia per una presunta violazione delle dimensioni delle maglie di una rete del loro peschereccio «Idra Q.», finito sotto sequestro;
   dopo un mese e mezzo agli interroganti risulta che l'Alta Corte del Gambia il 30 aprile abbia assolto i due connazionali dai reati loro ascritti con l'ordine del rilascio dei passaporti ed il dissequestro della nave;
   purtroppo la sentenza non è stata riconosciuta dalle forze militari, che hanno raddoppiato la guardia armata e arrestato di nuovo Massimo Liberati, salvo poi rilasciarlo. Appare quanto mai grave e ingiustificato il totale abbandono da parte del Governo italiano nei confronti dei due pescatori italiani, vittime di una situazione di profonda ingiustizia –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti di cui in premessa, conosca l'attuale situazione dei due cittadini italiani e quali azioni intenda intraprendere per riportare i due pescatori in Italia. (5-05623)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, DURANTI, ARTINI, RIZZO, BASILIO, CORDA, TOFALO, PAOLO BERNINI e PIRAS. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Egitto partecipa all'operazione «tempesta decisiva» lanciata dall'Arabia Saudita nella notte tra il 25 e il 26 marzo 2015 per contrastare l'avanzata in Yemen delle milizie del gruppo sciita Houti;
   alle operazioni militari contro gli Houti partecipano a vario titolo anche Marocco, Giordania, Sudan, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Bahrain e Stati Uniti;
   le forze aeree egiziane sono tra i principali contributori della campagna di bombardamento che in meno di due mesi ha provocato in Yemen oltre 1.400 morti, per la maggior parte civili inermi, e oltre 6.000 feriti;
   anche l'ultimo tentativo di tregua, un cessate il fuoco umanitario di cinque giorni iniziato alle 23 del 12 maggio, è durato solo poche ore, fino a quando un convoglio militare degli Houti è stato colpito nella provincia di Abyan da un caccia della coalizione guidata dall'Arabia Saudita;
   l'ong Human Rights Watch ha denunciato che velivoli impegnati nell'operazione «tempesta decisiva» hanno impiegato bombe a grappolo, un tipo di arma messa al bando sette anni fa dalla Convenzione di Dublino;
   l'Egitto è chiaramente schierato a supporto della fazione libica che fa capo all'esecutivo di Tobruk contro la fazione di Tripoli;
   le forze aeree egiziane sarebbero intervenute a più riprese nel corso del 2014 per colpire le forze della fazione di Tripoli;
   il 16 febbraio 2015 le forze aeree egiziane hanno condotto una serie di attacchi in territorio libico nelle zone di Derna e Sirte a danno di milizie islamiste, presumibilmente vicine all'ISIS;
   le azioni militari egiziane in territorio libico sono unilaterali e non sono coperte da nessuna autorizzazione da parte delle Nazioni Unite;
   il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, nel suo discorso al vertice della Lega araba a Sharm El Sheikh del 28 marzo 2015, ha ribadito la richiesta egiziana di fornire armi all'esecutivo libico di Tobruk nonostante l'embargo appena confermato dall'ONU;
   secondo quanto riportato da fonti di stampa (Defense News) il 18 maggio 2015 si terrà al Cairo un incontro dei vertici militari di Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Bahrain, Sudan e della fazione libica di Tobruk, quest'ultima rappresentata dal generale Khalifa Haftar, per discutere i piani di un intervento militare in Libia;
   le forze di Tobruk hanno iniziato a ricevere armamenti da parte di Paesi arabi, inclusi cinque elicotteri da attacco Mi-35 Hind consegnati il 26 aprile 2015 dagli Emirati Arabi Uniti;
   il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, al termine dell'audizione sul libro bianco della difesa tenutasi il 14 maggio di fronte alle commissioni III-IV Camera e 3a-4a Senato, ha sommariamente annunciato l'intenzione del Governo di procedere alla fornitura d'urgenza all'Egitto di non meglio indicate parti per velivoli F-16 destinate alle forze aeree egiziane;
   l'F-16 è il tipo di velivolo impiegato dalle forze aeree egiziane nei recenti attacchi aerei in Libia e in Yemen;
   l'Egitto non ha aderito alla coalizione internazionale impegnata contro l'ISIS nell'operazione Inherent Resolve, nell'ambito della quale l'Italia fornisce esclusivamente attività di supporto e non di combattimento;
   il 20 dicembre 2014 il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, e il Ministro della difesa della Repubblica Araba d'Egitto, generale Sedki Sobhi, hanno siglato una dichiarazione congiunta in materia di cooperazione tecnico-militare alla quale, tuttavia, non risulta ancora aver seguito la stipula del previsto accordo intergovernativo nel campo della difesa e dell’import-export dei sistemi d'arma –:
   quale sia il tipo, il quantitativo, la provenienza e la destinazione d'uso delle parti di aerei da combattimento di tipo F-16 che il Governo intende fornire alla Repubblica araba d'Egitto e come il Governo ritenga tale cessione compatibile con il divieto previsto dall'articolo 1, comma 6, lettera a), della legge n. 185 del 1990. (5-05624)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCO DI MAIO, CAUSI, PETRINI, RICHETTI, FAMIGLIETTI, BERGONZI, DALLAI, FRAGOMELI, LODOLINI, PARRINI, COPPOLA, PATRIARCA, FANUCCI, GALPERTI, ARLOTTI, VAZIO, GADDA e ERMINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, stabilisce la possibilità di portare in detrazione dall'IRPEF, nella dichiarazione annuale dei redditi, le persone considerate a carico del contribuente;
   ai sensi del medesimo articolo 12, sono considerati familiari a carico il coniuge non legalmente ed effettivamente separato, i figli anche adottivi, gli affidati, gli altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), a condizione che siano conviventi con il contribuente;
   l'articolo 47 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, ha da ultimo elevato la soglia di reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, per usufruire delle citate detrazioni a lire 5.500.000, equivalenti alle attuali euro 2.840,51;
   il limite di reddito annuo per essere considerati fiscalmente a carico, fissato inizialmente, nel Testo Unico delle Imposte sui Redditi del 1986, in 3.000.000 di lire, è stato più volte adeguato (nel 1988, nel 1994 e nel 1997) per tenere conto dell'aumento del costo della vita e della perdita del potere di acquisto reale fino all'attuale valore di 5.500.000 lire corrispondenti alle attuali euro 2.840,51;
   l'articolo 1, comma 483 della legge di stabilità per il 2013 di cui alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha provveduto ad incrementare, a decorrere dal 1o gennaio 2013, le detrazioni spettanti per ciascun figlio a carico, lasciando invariata la soglia di 2.840,51 euro del reddito complessivo oltre il quale un familiare non è più da considerarsi a carico;
   il mancato adeguamento della citata soglia da oltre 18 anni comporta evidenti svantaggi soprattutto per le fasce più deboli dei contribuenti;
   nel caso, ad esempio, di una famiglia socialmente disagiata in cui il padre sia deceduto e il figlio/a minorenne percepisca parte della pensione di reversibilità, che supera il limite dei 2.840,51 euro lordi annui, la madre (in qualità di contribuente con familiare a carico) perderebbe il diritto alla detrazione di circa 800 euro annuali oltre alle agevolazioni sulle spese mediche del figlio/a –:
   quale sarebbe l'onere per il bilancio dello Stato connesso all'incremento della citata soglia di detrazione per famigliari a carico dalle attuali 2.840,51 euro a 5.000,00 euro e se non ritenga urgente assumere iniziative per rivedere quanto prima tale limite di reddito, almeno per i nuclei mono-genitoriali e per le situazioni di maggior disagio sociale. (5-05622)

Interrogazioni a risposta scritta:


   NUTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 5 giugno 2014 il Ministro dell'economia e delle finanze e la regione siciliana hanno firmato un accordo in materia di finanza pubblica ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, legge di stabilità per il 2013;
   il punto 6 di tale accordo prevedeva l'impegno da parte della regione siciliana al ritiro, entro il 30 giugno 2014, di «tutti i ricorsi contro lo Stato pendenti dinnanzi alle diverse giurisdizioni relativi alle impugnative di leggi o di atti consequenziali in materia di finanza pubblica», promossi prima di tale accordo, «o, comunque, a rinunciare per gli anni 2014-2017 agli effetti positivi sia in termini di saldo netto da finanziare che in termini di indebitamento netto che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento»;
   il punto 7 obbligava «altresì, a recepire con propria legge, mediante rinvio formale recettizio, le disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro organismi, previste dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, nonché gli eventuali atti successivi e presupposti, in modo da consentire l'operatività e l'applicazione delle predette disposizioni entro e non oltre il 1o gennaio 2015»;
   gli obblighi previsti al punto 7 sono stati a giudizio dell'interrogante non rispettati dalla regione siciliana tant’è che alla legge regionale siciliana del 7 maggio 2015, n. 9, recante «Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2015. Legge di stabilità regionale», articolo 6, comma 10, lettera b), si dispone la proroga al 1o gennaio 2016 del termine entro il quale conformarsi agli obblighi sanciti al punto 7 dell'accordo medesimo –:
   se la regione siciliana abbia provveduto al ritiro entro il 30 giugno di tutti i ricorsi contro lo Stato relativi a impugnative in materia di finanza pubblica promossi prima dell'accordo citato in premessa ovvero abbia rinunciato per il quadriennio 2014-2017 agli effetti positivi che dovessero derivare da eventuali pronunce di accoglimento;
   se sia a conoscenza della mancata attuazione da parte della regione, siciliana del punto 7 dell'accordo citato in premessa e quali iniziative intenda, intraprendere in merito. (4-09214)


   SPADONI, DELL'ORCO, DALL'OSSO, SARTI, PAOLO BERNINI e FERRARESI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 aprile 2015 il prefetto di Modena, Michele di Bari, revoca alla Cpl Concordia l'iscrizione alla white list delle imprese per la ricostruzione post sisma, applicando l'interdittiva antimafia come atto conseguente alle indagini di Napoli che hanno coinvolto i vertici dell'impresa;
   l'esclusione dalla white list fa venire meno le condizioni previste all'articolo 18 del contratto per la realizzazione del Business Continuity del Ced, come prevede il decreto legislativo n. 159, del 2011, recante il codice delle leggi antimafia;
   diversi sindaci della provincia di Reggio Emilia (Montecchio, Novellara e Rolo) richiedono un incontro urgente al prefetto, per capire se sospendere i rapporti in essere con la Concordia, in quanto i suddetti comuni hanno appalti per diversi milioni di euro per la gestione del calore o per l'illuminazione pubblica;
   il Gip di Modena in data 7 maggio 2015 concede gli arresti domiciliari ai tre ex dirigenti Cpl Concordia Nicola Verrini, Maurizio Rinaldi e Francesco Simone, indagati per il presunto giro di tangenti per la metanizzazione di Ischia. I tre potranno così lasciare il carcere di Modena, dove erano stati trasferiti da quello di Poggioreale di Napoli. In tale carcere rimane invece l’ex Presidente di Cpl Concordia, Roberto Casari, ancora in attesa della decisione del Gip di Modena per l'eventuale trasferimento in Emilia;
   il sindaco di Novellara Elena Carletti relativamente alla gestione del calore degli impianti dichiara alla stampa che il comune non è concessionario, ma la stazione appaltante è il Ministero tramite la Consip (concessionario governativo che fa capo al Ministero dell'economia e delle finanze): il bando è stato vinto da una cordata di imprese che fa capo a Coopservice, che a sua volta ha affidato il facility management di Novellara a Cpl –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della gravità dei fatti sopra elencati e quali iniziative di competenza intendano intraprendere in materia di azioni di contrasto alla diffusione delle infiltrazioni mafiose, affinché nessuna ditta senza requisiti minimi di adeguatezza possa operare;
   quale posizione il Ministro dell'economia e delle finanze intenda assumere in vista del fatto che il suddetto Ministero a Novellara risulta essere la stazione appaltante e se non ritenga opportuno mettere in atto iniziative per sospendere immediatamente l'appalto in corso. (4-09219)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro interrogato ha presentato un programma volto alla revisione degli uffici giudiziari delle corti di appello tramite due atti:
    a) la relazione tecnica del 13 agosto 2014;
    b) l'atto di indirizzo politico del 5 settembre 2014;
   in entrambi i summenzionati atti il Guardasigilli riferisce che le corti di appello vanno ridotte anche adottando criteri diversi da quelli seguiti nella cosiddetta prima riforma della geografia giudiziaria (legge 14 settembre 2011, n. 148, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari»; decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, recante «Nuova organizzazione dei tribunali ordinari e degli uffici del pubblico ministero, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 14 settembre 2011, n. 148»). In particolare si ritiene di abbandonare la regola che ha imposto di mantenere almeno tre tribunali per ogni distretto di corte di appello e di rimuovere il divieto di soppressione dei tribunali con sede nei capoluoghi di provincia, a prescindere dalla conformità ad altri parametri funzionali;
   in altri interventi pubblici del Guardasigilli, riportati dalla stampa nazionale, il Ministro ha dichiarato di ritenere un'anomalia la situazione della presenza di quattro corti di appello in Sicilia, così confermando la preoccupazione che la revisione delle corti di appello in Sicilia porterà alla soppressione di uno o più distretti;
   il progetto di revisione in Sicilia avrebbe effetti devastanti in termini di presidio e presenza sul territorio siciliano del servizio giustizia, anche per l'impatto della criminalità organizzata per la conseguente soppressione degli uffici direzione investigativa antimafia e direzione distrettuale antimafia;
   a tal proposito lo stesso consiglio giudiziario della corte di appello di Caltanissetta ha precisato che «I comuni interessati soffrono della presenza di tradizionali “famiglie” mafiose che, spesso favorite dall'isolamento geografico, dalla vastità dei territori di competenza che inevitabilmente sottrae buone fette di questi ultimi al controllo delle Forze di Polizia risultano ben radicate e, malgrado i colpi inferti dalla magistratura e dalle Forze dell'Ordine, continuano a fare sentire pesantemente il loro controllo sulle attività economiche locali e a mantenere relazioni con il sottobosco politico amministrativo, condizionando lo sviluppo sociale e inquinando l'esercizio delle pubbliche funzioni». Giudizio, questo, riferibile a tutti i distretti dell'intero territorio siciliano;
   le due corti di appello della Sicilia particolarmente esposte al progetto di revisione, avendo meno di quattro tribunali, sarebbero evidentemente individuabili nei distretti di Messina e Caltanissetta, almeno in questa prima fase di revisione, non essendo esclusa alcuna altra opzione che viene identificata nel rapporto «una corte per ogni regione», ipotesi questa che – ove portata a compimento dal Governo centrale – dimostrerebbe la totale incomprensione delle specificità e caratteristiche del territorio siciliano;
   il progetto di revisione, così come presentato nelle grandi linee dal Ministro della giustizia, non fa cenno della specificità territoriale dei bacini di utenza che, in una regione come la Sicilia, soffre di un deficit infrastrutturale cronico;
   secondo le linee guida della Commissione europea per l'efficienza della giustizia del 21 giugno 2013, (CEPEJ), occorre verificare l'impatto delle riforme nei vari Stati membri alla luce di elementi di criticità che incidano negativamente sulla possibilità di accesso alla giustizia dei cittadini, fino al punto che «Allo stesso tempo non possiamo escludere che ci potrebbero essere situazioni in cui l'autorità costituita potrebbe voler introdurre nuovi Tribunali in modo da ridurre la distanza ai cittadini», valutazione ribadita nella recente revisione del rapporto del 6 dicembre 2013 (CEPEJ 2013-7 REV.1 – par. 2.2 – pag. 5); questo criterio assume nel territorio siciliano una valenza particolare a causa del rapporto deficitario esistente tra distanze degli uffici giudiziari e strutture viarie di collegamento (come dimostra il caso emblematico, documentato da più fonti, del tribunale di Enna, rispetto al soppresso tribunale di Nicosia) –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché la decisione di sopprimere le due corti d'appello siciliane di Messina e Catania venga ridiscussa in favore di una migliore e più efficiente riorganizzazione dell'amministrazione della giustizia in Sicilia. (4-09218)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della Costituzione prevede che «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza»;
   questo articolo va a configurare, quindi, un «diritto alla mobilità», ma porta inevitabilmente implicazioni anche di ordine economico visto quanto disposto nel secondo comma dell'articolo 3 della stessa Carta fondamentale, ove è previsto che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
   il trasporto è quindi servizio di interesse generale che, come tale, deve essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro posizionamento geografico sul territorio nazionale secondo il principio di uguaglianza;
   ciò va in contrasto, invece, con lo stato disastroso dei trasporti ferroviari in cui versa la Locride, che è tra le zone più disagiate e meno ricche della Nazione;
   tra il 1o marzo 2010 e l'11 dicembre 2011, infatti sono stati soppressi tutti i collegamenti di lunga percorrenza verso Roma, Milano e Torino;
   questa situazione, che si ripercuote dalla costa ionica su ampie fette di territorio dell'entroterra porta a situazioni penalizzanti così come difficoltà oggettive;
   l'impossibilità di fruire di collegamenti ferroviari ha come conseguenza il sostanziale isolamento col Centro-nord del Paese, anche in considerazione della scarsa offerta di collegamenti alternativi al mezzo privato;
   anche quest'ultimo, spesse volte, porta a dover affrontare disservizi quanto a scarsa manutenzione delle strade e insufficienza delle opere viaria rispetto al traffico, che producono per il territorio una situazione di sostanziale isolamento;
   all'interrogante appare pertanto essenziale che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, unitamente a Trenitalia, valuti il ripristino del servizio Intercity almeno sulla tratta Reggio Calabria centrale – Bari centrale e Reggio Calabria centrale – Taranto-Roma Termini –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere ogni iniziativa di competenza affinché sia ripristinato il servizio Intercity sulle tratte Reggio Calabria centrale – Bari centrale e Reggio Calabria centrale – Taranto-Roma Termini. (4-09213)


   FERRARA e SCOTTO. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 7 maggio 2015 un incendio ha distrutto il Terminal 3 dell'aeroporto «Leonardo Da Vinci» di Fiumicino che, oltre ad aver causato numerosi danni materiali, voli cancellati e ritardi sulle partenze, ha reso praticamente inagibile il suddetto Terminal, creando di conseguenza numerosi disagi ai passeggeri in transito;
   la situazione allo scalo di Fiumicino sembrerebbe che stia tornando sempre più verso la normalità, grazie anche ad una task force di circa 500 addetti di Aeroporti di Roma e di 150 di Alitalia che prosegue senza sosta in tutti i punti dello scalo, interni ed esterni, nei tunnel di collegamento e alla stazione ferroviaria per dare assistenza ai passeggeri;
   a quanto si apprende dagli organi di stampa, al Terminal 3, alcuni operatori aeroportuali continuano a girare con mascherine anti smog per coprire naso e bocca a causa della cattiva aria che ancora si respira all'interno del Terminal incendiato;
   l'allarme lanciato dalle organizzazioni sindacali riguarda proprio il tema relativo alla sicurezza dei dipendenti dal momento che, nelle ultime ore, molti passeggeri e dipendenti hanno accusato dei malori per i quali è stato necessario l'intervento delle ambulanze;
   un articolo pubblicato l'11 maggio 2015 sul quotidiano online fiumicino.romatoday.it riporta la seguente dichiarazione di un'organizzazione sindacale: «Le autorità hanno dato indicazione ai dipendenti di uscire nelle aree esterne ogni ora, per quindici minuti, a causa delle polveri sottili che circolano nell'aria e gli aeratori spenti perché non sanificati e riattivati»;
   a parere degli interroganti tale affermazione desta molta preoccupazione rispetto alle condizioni in cui vivono i dipendenti e i viaggiatori all'interno del Terminal 3 e dell'intera area aeroportuale e sarebbe opportuno che tutti gli organi preposti facessero chiarezza al più presto sulle condizioni di vivibilità all'interno dell'intero aeroporto e si attivassero per porre sia i dipendenti che gli utenti in sicurezza per la tutela della salute, verificando altresì che tutti gli impianti dell'Aeroporto Leonardo Da Vinci siano in sicurezza;
   sostare in un ambiente in cui vi sono ancora presenti dei fumi e fuliggine nell'aria, in molti casi senza neanche le protezioni previste dalle normative non è raccomandabile, specialmente finché non si avrà la certezza sulla tipologie di sostanze che l'incendio ha sparso nell'aria e se esse sono dannose o meno per la salute, con particolare attenzione alla eventualità che possa essere presente dell'amianto nelle strutture coinvolte nell'incendio ma anche in quelle attigue di tutta l'area dell'aeroporto;
   occorre evitare che si compia una grave violazione delle norme di sicurezza e di tutela del personale aeroportuale e dei viaggiatori e che si verifichi un danno imminente alla salute, conseguente al deposito delle polveri sottili nelle vie aeree ed è necessario venire incontro alle difficili condizioni di lavoro del personale che opera nell'aerostazione a causa dei danni provocati dall'incendio –:
   se e con quali strumenti il Governo stia intervenendo rispetto a quanto espresso in premessa;
   se il Governo non intenda attivarsi, per quanto di competenza, affinché si proceda al controllo della qualità dell'aria e all'esame delle polveri sottili presenti nel Terminal 3 dell'aeroporto Leonardo Da Vinci sprigionatesi a causa dell'incendio del 7 maggio 2015, al fine di certificare se esistano o meno rischi legati alla salute per i dipendenti dell'aeroporto e i viaggiatori in transito presenti sia nel Terminal oggetto dell'incendio che in tutta l'area aeroportuale, con particolare riferimento alla possibile presenza di amianto;
   se il Governo non intenda intervenire affinché, nel rispetto delle condizioni di salute e sicurezza previste dalla legge, si proceda alla verifica di tutti gli impianti elettrici e antincendio dell'Aeroporto di Fiumicino, affinché un evento come quello descritto in premessa non abbia a ripetersi. (4-09225)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso di una processione religiosa svoltasi domenica 10 maggio 2015 mattina a Conselice, in provincia di Ravenna, alcuni giovani musulmani hanno gridato ingiurie e slogan inappropriati nei confronti dei fedeli quando la statua della Madonna ha raggiunto l'edificio che ospita l'associazione culturale islamica «Attadamun» in via Dante Alighieri;
   la circostanza è stata motivo di sbigottimento per tutti i partecipanti alla processione che, ad un certo punto, si è fermata a causa del livore e della violenza verbale espressi dai giovani aderenti al centro culturale islamico;
   quanto avvenuto attesta il livello raggiunto dall'intolleranza dei giovani musulmani residenti a Conselice nei confronti delle tradizioni religiose del nostro Paese –:
   quali iniziative di competenza il Governo conti di assumere per assicurare ai cittadini di Conselice la possibilità di esercitare in futuro senza ostacoli e serenamente il proprio diritto a professare liberamente il culto cattolico, rinnovando le proprie processioni tradizionali;
   se risultino indagini già aperte in relazione a quanto esposto in premessa;
   se non ritenga opportuno effettuare, per quanto di competenza, un attento monitoraggio del suddetto centro islamico nonché avviare le opportune verifiche, in aderenza a quanto previsto dalle ultime normative in materia di antiterrorismo. (4-09221)


   DANIELE FARINA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   le aziende, le agenzie e le organizzazioni che operano nel sito di Expo hanno l'obbligo di chiedere l'accredito per i propri collaboratori. Queste richieste di accredito (che comprendono dati anagrafici, documento d'identità, foto, ruolo e titolo, ma non il casellario giudiziario) vengono vagliate dalla questura che accetta o meno il nominativo senza fornire spiegazioni;
   non c’è nessuna trasparenza sui criteri adottati per la «piattaforma accrediti» da parte della questura aprendo di fatto la possibilità di discriminazione fra lavoratori;
   decine di segnalazioni sono arrivate ad Assolavoro (associazione delle agenzie interinali), al sindacato e ad Expo Spa riportano il rifiuto del permesso da parte della Questura;
   tra i casi di rifiuto, ci sono situazioni nelle quali il giudice aveva previsto la non menzione nel casellario e quindi, a giudizio dei segnalanti, la Questura avrebbe utilizzato dati in proprio possesso per negare l'accredito –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   quali azioni i Ministri interrogati, intendano intraprendere, per quanto di competenza, al fine di riorganizzare i criteri di valutazione della «piattaforma accrediti» tali da non produrre la discriminazione dei lavoratori e la violazione delle libertà costituzionali del cittadino.
(4-09224)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   BINETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 11 novembre 2014 è stata avanzata all'ANVUR domanda per il riconoscimento in classe A, per l'area 11, settore C3 (Filosofia morale e bioetica) della rivista MEDIC, edita da oltre 20 anni con grande puntualità, con un comitato scientifico accreditato internazionalmente, con un sistema di referaggio anonimo e con abstract in inglese. La rivista si colloca nel variegato settore delle Scienze umane, le Medical Humanities degli anglosassoni, a cui fanno riferimento anche la pedagogia medica e la didattica specifica, la bioetica, l'epistemologia, la psicologia della comunicazione, la sociologia e la comunicazione multi-dimensionale. La rivista ha carattere interdisciplinare, non solo per gli argomenti che affronta, ma anche per la pluralità dei linguaggi che utilizza, in cui indubbiamente si riflette quella evidente contaminazione, così apprezzata nell'ambito dei saperi traslazionali;
   il titolo esatto della rivista è MEDIC. METODOLOGIA DIDATTICA E INNOVAZIONE CLINICA, ed è diretta dalla Professoressa Maria Teresa Russo, docente di filosofia morale e di bioetica all'università Roma3; l'inserimento in classe A risulta particolarmente rilevante ai fini della abilitazione scientifica nazionale e di eventuali successivi appuntamenti concorsuali, anche perché non sono molte le riviste che si collocano in questa interfaccia di saperi, a cui in molti casi è affidata la dimensione umanistica degli studi tecnico-scientifici e della formazione medico-infermieristica;
   da un punto di vista scientifico-disciplinare la rivista si colloca nell'area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche. Nella procedura di classificazione delle riviste indetta nel 2013, l'ANVUR in data 11 febbraio 2014 ha classificato la rivista in fascia A relativamente all'area 11, settore D2 – DIDATTICA, PEDAGOGIA SPECIALE E RICERCA EDUCATIVA, in cui c’è stato un pieno riconoscimento della scientificità. Tra le motivazioni si affermava che sono soddisfatti i criteri previsti dall'allegato B, punto 2 del decreto ministeriale del 7 giugno 2012, come mostrano i giudizi complessivi dei referee: «La rivista offre un prezioso spazio di riflessione e di dialogo inter-disciplinare e transdisciplinare tra pedagogia e scienze biomediche sui temi dell'educazione e della didattica. La sua diffusione, il profilo e la qualità del comitato scientifico, la coerenza delle sue linee di ricerca ed il rigore metodologico dei processi di revisione in presenza di contributi provenienti da diverse tradizioni scientifiche ne consentono un giudizio positivo. Appare quindi ampiamente motivato l'inserimento in fascia A. La rivista in oggetto è dotata di un comitato scientifico internazionale, si avvale di procedure di referaggio con referee anonimi e i contributi sono accompagnati da un abstract in lingua inglese per la diffusione internazionale»;
   a seguito della richiesta di riconoscimento inoltrata l'11 novembre 2014 per il settore C3 (filosofia morale e bioetica), la scientificità è stata riconosciuta, ma non è stata concessa la classe A, perché l'esperto consultato ritiene che il livello generale degli articoli pubblicati non abbia valore scientifico. Le motivazioni fornite dall'esperto in questione, ovviamente rigorosamente anonimo, per negare il riconoscimento in fascia A sono le seguenti: «La rivista è nata nel 1993, ha diffusione nazionale, si rivolge ad un pubblico molto definito dal punto di vista ideologico e non pubblica articoli filosofici di alto valore scientifico. Si avvale di un comitato nazionale ed internazionale, e adotta procedure di valutazione standard, anche se non applicate in modo molto selettivo. Le argomentazioni addotte a sostegno della richiesta non sono sufficienti a motivare la richiesta di inserimento in fascia A, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale del 7 giugno 2012, n. 76 (allegato B, articolo 2, lettera a)»;
   singolare però appare la argomentazione chiave del giudizio negativo: «A livello nazionale, nel suo genere e soprattutto relativamente alla cospicua Comunità di studiosi fortemente marcata da “militanza” cattolica presente in Italia, la rivista si colloca tra le migliori». Le argomentazioni per la domanda di revisione in sé sono buone, indicano il bisogno di allargare una prospettiva strettamente pedagogica verso una prospettiva etica e politico-sociale. Ma il giudizio complessivo sulla rivista non può prescindere dal fatto che non risulta che gli autori ospitati siano di «scuole diverse». La rivista è fortemente ideologizzata, anche se alcuni autori e soprattutto diversi membri del Comitato scientifico hanno buona stampa internazionale. Inoltre, anche se spesso i Focus dei numeri monografici sono interessanti, il livello dei contributi raramente può essere considerato «scientifico», mantenendo mediamente un tono «moralistico» e poco più che giornalistico, assai lontano dal livello della discussione internazionale in ambito di filosofia pratica, filosofia morale e bioetica. Alla luce dei punti precedenti l'inserimento della rivista nella fascia A non viene accolto –:
   vista la differenza dei giudizi su cui si fonda l'inserimento della rivista in classe A nell'area 11 – Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche, dove alla valutazione positiva del settore didattico-pedagogico non corrisponde un analogo giudizio positivo nel settore C3 – FILOSOFIA MORALE, se non ritenga che tra le argomentazioni si possa scorgere un evidente pregiudizio nei confronti della cultura cattolica e dell'appartenenza di molti degli autori della rivista a questo ambito, dal momento che non sembrano molto oggettive espressioni come «La rivista è fortemente ideologizzata, comunità di studiosi fortemente marcata da “militanza” cattolica o tono moralistico, ecc.», usati in contrapposizione a visione scientifica e nasce il sospetto di un effettivo discrimine tra orientamenti di diverse scuole di pensiero, in netto contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione e con quella libertà di espressione che dovrebbe caratterizzare il mondo accademico.
(3-01502)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il 23 ottobre 2014, Davide Zotti, docente di filosofia e antropologia al liceo Carducci di Trieste, nonché responsabile nazionale scuola di Arcigay, prima dell'inizio dell'ora di insegnamento in una terza classe, ha staccato dal muro il crocifisso e ha dedicato l'ultima parte della sua lezione a spiegarne le motivazioni ai ragazzi;
   tutto questo solo perché un importante esponente della gerarchia cattolica aveva ribadito le posizioni, a suo dire omofobiche, della Chiesa. L'alto prelato aveva affermato che l'omosessualità non è conforme alla realtà dell'essere umano e dunque Zotti, come docente e omosessuale, non poteva più accettare di svolgere il proprio lavoro in un luogo, l'aula scolastica, contrassegnato dal simbolo principale della Chiesa cattolica, il crocefisso, che per lui calpesterebbe la sua dignità di persona omosessuale;
   in tal modo, si finisce per considerare la Chiesa in ritardo culturale, perché continua a ritenere l'omosessualità non conforme alla realtà dell'essere, che è articolato in due sessi dal punto di vista organico, psicologico e più in generale antropologico;
   non è questa, purtroppo, la prima volta che un insegnante compie un gesto simile per sollevare la questione omosessuale. Clamoroso fu un altro caso, quello che nel 2009 vide Franco Coppoli, a Terni, staccare ripetutamente dal muro il crocifisso durante le sue lezioni invocando «la libertà di insegnamento, la libertà religiosa e la laicità dello Stato e della scuola pubblica previste dagli articoli costituzionali» e la conseguenza fu che l'ufficio scolastico regionale dell'Umbria gli notificò infine il provvedimento disciplinare di sospensione dal servizio per trenta giorni;
   infatti anche per Davide Zotti è stata aperta una procedura dall'ufficio scolastico regionale della regione Friuli Venezia Giulia;
   nei giorni scorsi il medesimo Zotti ha declinato un invito ad un incontro politico pubblico dove erano presenti esponenti di varie forze politiche, non solo pubblicando sui social media la propria avversione nei confronti dell'invito di un esponente della Lega Nord al suddetto dibattito, ma addirittura dedicando, in vista dell'evento, un'intera lezione, una sorta di comizio in aula, contro gli «imprenditori politici del razzismo», identificandoli sostanzialmente con il partito della Lega Nord –:
   quale sia l'orientamento del Ministro sulla vicenda nel suo complesso ma soprattutto riguardo a questo recente risvolto;
   quali iniziative urgenti intenda adottare e se non si intendano assumere iniziative adeguatamente dissuasive nei confronti del professor Davide Zotti, per quella che agli interroganti appare incapacità di operare una distinzione tra piazza e aula, continuando a fare propaganda omosessuale nella scuola e cercando in ogni modo di affermare un concetto, secondo l'interrogante, inesistente di parità tra orientamenti sessuali diversi.
(4-09228)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'INCECCO, FUSILLI, DELL'ARINGA e ZARDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con la legge 3 marzo 2009, n. 18 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009), il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale, sottoscritta dall'Italia il 30 marzo 2007;
   l'obiettivo della Convenzione è quello di promuovere, proteggere e assicurare il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà da parte delle persone con disabilità, e promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità;
   nell'articolo 10 della Convenzione gli Stati Parti riaffermano che il diritto alla vita è connaturato alla persona umana ed adottano tutte le misure necessarie a garantire l'effettivo godimento di tale diritto da parte delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri;
   nell'articolo 33 si stabilisce che gli Stati Parti, designano in conformità al proprio sistema di governo, uno o più punti di contatto per le questioni relative all'attuazione della Convenzione e si propongono di creare o individuare in seno alla propria amministrazione una struttura di coordinamento incaricata di facilitare le azioni legate all'attuazione della Convenzione nei differenti settori ed a differenti livelli;
   benché siano passati sei anni dalla ratifica della Convenzione, in Italia ancora oggi non sempre è conosciuta e rispettata. Purtroppo, nonostante gli sforzi sostenuti in questi anni, esistono ancora situazioni di discriminazione verso le persone disabili per quanto riguarda i diritti civili e politici di accessibilità, partecipazione, salute, lavoro, educazione, adeguata qualità di vita, servizi ridotti e presenza di barriere architettoniche. Circostanze che rendono piuttosto difficile il raggiungimento della piena inclusione sociale –:
   quale sia lo stato di divulgazione e applicazione della Convenzione e le iniziative che, in tal senso, il Governo intenda assumere. (4-09215)


   COPPOLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   al personale dipendente della società Poste italiane spetta, per il servizio prestato al momento dell'assunzione fino al 28 febbraio 1998 — data della trasformazione dell'ente Poste italiane in società per azioni — l'indennità di buonuscita di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973;
   l'indennità di buonuscita è calcolata, in base all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica, per tutti i dipendenti pubblici avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita dal lavoratore prima della sua collocazione in quiescenza;
   il calcolo dell'indennità di buonuscita, avendo a riferimento l'ultima retribuzione percepita, ne garantisce la sua costante rivalutazione per effetto degli aumenti contrattuali e degli avanzamenti di carriera dei lavoratori; per i lavoratori postelegrafonici, l'articolo 53, comma 6, della legge n. 449 del 1997 (legge finanziaria 1998) stabilisce che «a decorrere dalla data di trasformazione dell'Ente poste italiane in società per azioni al personale dipendente dalla società medesima spettano il trattamento di fine rapporto di cui all'articolo 2120 del codice civile e, per il periodo lavorativo antecedente, l'indennità di buonuscita maturata, calcolata secondo la normativa vigente prima della data di cui all'alinea del presente comma»;
   la cifra complessiva destinata alle predette liquidazioni è confluita in un fondo chiuso presso l'Ipost, affidato a una gestione commissariale denominata «Gestione commissariale fondo buonuscita per i lavoratori di Poste Italiane»;
   l'Ipost ha quindi provveduto alla liquidazione dell'indennità di buonuscita sino al 31 maggio 2010, data di soppressione di detto ente e di trasferimento delle sue funzioni all'INPS; detta liquidazione viene però effettuata in base all'interpretazione letterale del comma 6 di cui sopra, facendo riferimento alla retribuzione percepita al 28 febbraio 1998, data di trasformazione dell'ente in società per azioni; il sopra citato sistema di calcolo, che «congela» la buonuscita al valore maturato al 28 febbraio 1998 indipendentemente da quando il lavoratore andrà in pensione, determina quindi un evidente e grave danno economico ai lavoratori interessati, e cioè a tutti i dipendenti di Poste assunti prima di tale data, che sono la grande maggioranza degli attuali dipendenti, e, nel contempo, impedisce la conseguente rivalutazione della buonuscita stessa;
   in questi anni i lavoratori collocati in quiescenza hanno prodotto un notevole contenzioso giudiziario per la rivalutazione della buonuscita sulla base dell'ultima retribuzione percepita prima della quiescenza stessa; il contenzioso giudiziario ha avuto sino ad ora esito favorevole per i lavoratori, ma, nonostante le sentenze avverse, le dinamiche di liquidazione adottate continuano a fondarsi sull'interpretazione restrittiva dell'articolo 53 della suindicata legge;
   i lavoratori postelegrafonici possono ottenere la concessione di un mutuo da parte dell'Ipost, che lo eroga attingendo al fondo costituito dalla buonuscita del dipendente e rimasto nella disponibilità dell'istituto previdenziale per effetto dell'articolo 53 della legge n. 449 citata e sul quale l'istituto chiede al dipendente la corresponsione di interessi. Si realizza pertanto una situazione paradossale, che vede il dipendente prestare il proprio denaro a sé stesso e corrispondere gli interessi legali sul prestito all'Ipost;
   con risoluzione approvata il 6 novembre 2012 la XI Commissione impegnava il Governo ad assumere, entro il 31 gennaio 2013, ogni utile iniziativa che consenta di conoscere la consistenza del patrimonio immobiliare di cui il fondo presso l'Ipost è dotato e la relativa destinazione d'uso, nonché a valutare la possibilità, entro il medesimo termine, compatibilmente con gli effetti finanziari, di adottare eventuali iniziative, anche di natura normativa, che consentano ai lavoratori di Poste Italiane spa di usufruire di un costante aggiornamento del valore dell'indennità di buonuscita, nonché per consentire il diritto alla corresponsione della buonuscita di detti lavoratori, pur in costanza di rapporto di lavoro –:
   quale seguito sia stato dato alla risoluzione approvata dalla XI Commissione il 6 novembre 2012 e, in particolare, quale sia la consistenza patrimoniale individuata del fondo chiuso «gestione commissariale fondo buonuscita per lavoratori di Poste Italiane». (4-09222)


   FRATOIANNI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   a quanto si apprende da notizie giornalistiche, la società controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, Fincantieri, ha disposto il trasferimento di otto tecnici e otto impiegati di alto livello. Secondo quanto riferito dalle rappresentanze sindacali, i trasferimenti sarebbero stati disposti come risposta punitiva alla partecipazione allo sciopero dei lavoratori dell'azienda, impegnati nella trattativa per il rinnovo dei contratti integrativi;
   l'azienda rivendica la legittimità delle procedure di trasferimento, ma la tempistica, la mancata precedente comunicazione agli interessati e alle parti sociali e alcuni grossolani errori nell'individuazione del personale da trasferire, fanno pensare ad una risposta davvero estemporanea e con motivazioni differenti dalle necessità produttive e organizzative dell'azienda;
   i rapporti in Fincantieri fra i lavoratori e la direzione aziendale non sono buoni. L'azienda, infatti, nei mesi scorsi ha provato a imporre l'utilizzo dei microchip nei caschi e nelle scarpe dei lavoratori impegnati nei cantieri, come forma di telecontrollo, come già segnalato dall'interrogante al Ministro in una precedente interrogazione a risposta scritta (4-08404) –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare affinché vengano riconosciuti i diritti dei lavoratori e vengano ripristinati i corretti rapporti fra rappresentanti dei lavoratori e azienda, posto che l'interrogante non ritiene conformi alla disciplina in essere né gli atteggiamenti dell'azienda nei confronti dei lavoratori e dei sindacati né i trasferimenti disposti. (4-09227)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   MARTELLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella serata di mercoledì 13 maggio 2015 all'interno dell'ospedale civile Santi Giovanni e Paolo di Venezia, nell'ala storica del Rio delle Mendicanti, è divampato un incendio che ha impegnato per tutta la notte i vigili del fuoco;
   per fortuna l'ala era vuota in quanto da poco i pazienti del reparto di medicina erano stati trasferiti presso il nuovo padiglione Jona;
   le fiamme si sono espanse rapidamente facendo crollare una parte del tetto e lambendo anche una finestra della chiesa;
   secondo quanto viene riportato anche dalle cronache dei giornali all'interno delle sale dismesse la presenza di alcuni contenitori di solventi potrebbe aver alimentato le fiamme;
   il fumo acre del rogo ha investito buona parte della città e le fiamme erano ben visibili anche dall'esterno;
   a seguito dei danni la competente Asl 12 è stata costretta a trasferire anche i reparti per la dialisi e il laboratorio di analisi in quanto inagibili e ha deciso di allestirne uno provvisorio per le urgenze di necessità dell'ospedale civile in un'altra ala del nosocomio, mentre i campioni per le analisi di routine saranno trasferiti al laboratorio di Mestre, pur continuando a operare il centro prelievi;
   all'indomani vi è stato un sopralluogo del magistrato il quale dopo il sequestro della parte danneggiata è chiamato ad accertare le cause dell'incendio;
   i danni ammonterebbero a circa un milione di euro e inevitabilmente si verranno a creare dei disagi per i pazienti e il personale sanitario in servizio –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di favorire il superamento della emergenza che si è venuta a determinare e consentire il ritorno a un pieno funzionamento della struttura ospedaliera veneziana. (3-01501)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, CORDA, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il giornale La Stampa del 14 maggio 2015 riporta la notizia riguardante il trasferimento da Sassari a Roma dell'infermiere contagiato dal virus di Ebola in Serra Leone, in particolare, a pagina 16 si legge:
    «le prime stranezze si notano nelle immagini registrate martedì sera sul piazzale dell'ospedale di Sassari: l'infermiere contagiato dal virus di Ebola in Serra Leone esce sì su una barella speciale, ma tutt'intorno si è verificato ciò che i protocolli vietano. Per qualcuno sembrava quasi una festa e c’è chi approfitta per scattare le foto con il cellulare. “L'autista dell'ambulanza che deve trasportare il paziente fino all'aeroporto di Alghero va da una parte all'altra con la mascherina sulla testa”.»;
    «l'emergenza ha colto impreparato il sistema sanitario locale (....), chiedere qualche spiegazione all'ASL è impossibile. (...) Il primario del reparto malattie infettive dice che non può rispondere. Parla invece l'assessore regionale alla sanità, Luigi Arru: “La macchina operativa ha funzionato secondo i tempi previsti dall'Unità di crisi”.»;
    «in Sardegna non esiste una barella ermetica e quella utilizzata per il volo è stata fatta arrivare da Roma. La Regione aveva deciso di acquistarle, ma la gara di appalto non è stata conclusa. (...) Due medici delle cliniche sassaresi raccontano: “Non abbiamo neanche un'ambulanza adatta e per questo i colleghi del 118 avevano adattato due dei loro mezzi, svuotandoli di tutti i presidi sanitari che potevano essere contaminati. Alla fine è stata utilizzata l'ambulanza di un'associazione con tutte le dotazioni di bordo, quindi senza rispettare le prescrizioni del caso”»;
    «“il protocollo sembrava rigido, ma martedì si è scoperto che tra le pagine mancava un percorso obbligatorio per i mezzi di soccorso”. I due medici delle cliniche sassaresi continuano il loro racconto: “Sarebbe stato giusto tenere le persone lontane invece abbiamo visto che in mezzo agli operatori sanitari c'era tanta gente che passava, ovviamente senza protezione”»;
    «in città per il momento in tre sono in quarantena, ma l'asl tiene sotto controllo una ventina di persone» –:
   se corrisponda al vero che nel piazzale dell'ospedale di Sassari al momento del trasferimento dell'infermiere contagiato dal virus di Ebola vi fossero tante persone presenti sul posto, in violazione delle più basilari norme di sicurezza sanitaria;
   se l'autista dell'ambulanza, che doveva trasportare il paziente contagiato dal virus di Ebola, sia stato messo a conoscenza dei protocolli di sicurezza da rispettare e sia stato dotato delle attrezzature idonee per la necessità del caso;
   quali procedure abbia seguito l'asl di Sassari in presenza di un caso di contagio di Ebola nel suo territorio e se siano stati rispettati i protocolli previsti dalle norme sanitarie;
   se sia a conoscenza di quali interventi siano stati attivati per tutelare la salute dei cittadini e degli operatori sanitari della Sardegna;
   quali siano state le difficoltà amministrative che hanno impedito alle strutture competenti di dotarsi di una barella ermetica adatta per i trasferimenti di pazienti contagiati da virus particolarmente pericolosi come quello di Ebola;
   se corrisponda al vero che per il trasporto del paziente contagiato sia stata utilizzata un'ambulanza contenente tutti i presidi sanitari «normali» e non sia stato utilizzato un mezzo di trasporto sanitario fornito di strutture, personale specializzato e formato, nonché di dotazioni adeguate per affrontare, durante il trasporto, l'assistenza ai pazienti contagiati da Ebola;
   se sia a conoscenza di quale tragitto abbia percorso l'ambulanza che trasportava il paziente contagiato dall'ospedale di Sassari all'aeroporto di Alghero; se tale tragitto fosse un percorso obbligato per i mezzi di soccorso, in modo da essere al riparo da ogni eventuale incidente oppure l'ambulanza abbia percorso un tragitto a caso;
   se a Sassari le persone messe in quarantena e quelle messe sotto controllo a seguito di eventuali contatti con il paziente contagiato da Ebola siano tenute sotto osservazione seguendo i protocolli e le procedure sanitarie previsti per la lotta contro Ebola;
   se non intenda attivare tutte le iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, per verificare se vi siano stati rischi per la tutela della salute dei cittadini di Sassari e della Sardegna da parte delle istituzioni preposte. (5-05626)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHESE. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del commissariamento di Federconsorzi il consorzio agrario provinciale di Rovigo è stato posto in liquidazione coatta amministrativa (L. C. A.);
   tale consorzio risultava in liquidazione coatta amministrativa, in data del 31 dicembre 1991, con esercizio provvisorio;
   tale situazione veniva giustificata tramite la relazione parlamentare su Federconsorzi in data 2001;
   nell'aprile dell'anno 2011 tale consorzio ritornava in stato di «bonis» dopo che erano trascorsi 20 anni;
   a seguito del ricorso da parte di alcuni creditori, l'azienda veniva nuovamente commissariata con decreto-legge n. 563 del 2011 del 19 ottobre 2011;
   in data 3 luglio 2012 veniva depositato presso il tribunale di Rovigo lo stato del passivo del Consorzio agrario provinciale di Rovigo;
   dopo oltre tre anni, i creditori sono in attesa di notizie e/o informazioni sull'operato della gestione commissariale del consorzio –:
   se il Governo sia al corrente di queste mutate condizioni del consorzio nel corso di questi anni e quali azioni siano state prodotte sino ad ora;
   se nel frattempo siano stati effettuati pagamenti a creditori e, se ci sono stati pagamenti, in quali forme;
   quali siano le attività liquidate e non e se siano risultate offerte di acquisto da parte di enti in riferimento al ramo dell'azienda. (4-09220)


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i rappresentanti sindacali della la Smith Bits del gruppo Schlumberger di Saline di Volterra, specializzata nella produzione di punte per le perforazioni petrolifere, hanno comunicato l'apertura della procedura di mobilità per tutti i 200 dipendenti dello stabilimento meccanico toscano, che sembra così avviarsi alla chiusura;
   l'amministratore delegato della multinazionale americana ha giustificato il ricorso alla mobilità con la seguente affermazione: «la debolezza dell'industria della perforazione ha causato il declino della domanda dei nostri prodotti: in queste condizioni la società deve rivedere le risorse e ridurre l'eccesso di capacità produttiva»;
   dietro l'attuazione di simili strategie spesso si nascondono politiche orientate alla pura ricerca del profitto che vedono negli stabilimenti italiani mete desiderabili dove poter copiare i processi produttivi e portarli all'estero, depauperando le risorse industriali ed occupazionali del nostro Paese;
   in data 16 luglio 2014 l'azienda aveva firmato con la regione Toscana un «Protocollo di intesa per lo sviluppo e il consolidamento della presenza della Smith Bits in Toscana»; con questo protocollo l'azienda si impegnava a perseguire obiettivi di consolidamento e sviluppo, a qualificare il proprio personale, a sviluppare nuovi prodotti avanzati diventando un centro di eccellenza e la ricerca e lo sviluppo di prodotti per l'estrazione multidirezionale;
   tale accordo non ha prodotto i risultati sperati, tanto che oggi l'azienda rischia di chiudere mettendo a rischio il futuro dei lavoratori e delle loro famiglie, le quali trovano nell'azienda un'importante fonte di sostentamento economico;
   l'eventuale chiusura dello stabilimento avrebbe un impatto devastante per l'economia del territorio, già a bassissima densità occupazionale, contribuendo ad alimentare la crisi che da tempo ha colpito la sua industria;
   la Smith Bits è l'unica azienda in Europa in grado di produrre questo tipo di prodotto con standard di eccellenza tecnica riconosciuti a livello internazionale grazie ad una manodopera altamente specializzata;
   è necessario un intervento a livello nazionale che miri a difendere la ricchezza industriale ed occupazionale delle aziende italiane dalle politiche di tipo predatorio messe in atto dalle multinazionali –:
   se il Ministro sia conoscenza della vicenda esposta in premessa e quali azioni intenda adottare a difesa del patrimonio industriale e occupazionale delle imprese sul territorio toscano;
   se non intenda aprire un tavolo di concertazione tra le parti interessate al fine di giungere ad una soluzione della crisi della Smith Bits, verificando se esistano i presupposti per favorire l'acquisto della società da parte di società, anche a partecipazione pubblica, come il gruppo Eni, che si impegnino a rilanciare il sito di Saline e l'occupazione. (4-09223)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Frusone n. 5-05611, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Rizzo, Crippa, Corda, Basilio, Paolo Bernini, Tofalo.

  L'interrogazione a risposta scritta Locatelli e altri n. 4-09195, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Argentin, Civati, Migliore, Nicchi, Schirò, Vecchio.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Ferrara n. 2-00968 del 12 maggio 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Coppola n. 5-04006 del 12 novembre 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-09222.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Scotto e altri n. 1-00866 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 428 del 15 maggio 2015. Alla pagina 25230, prima colonna, dalla riga quindicesima alla riga diciottesima deve leggersi: «Zaratti, Pellegrino, Piras, Ricciatti, Ferrara, Marcon, Duranti, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Franco» e non come stampato.

  Risoluzione in Commissione Artini e altri n. 7-00685 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 428 del 15 maggio 2015. Alla pagina 25230, prima colonna alla riga ventiquattresima deve leggersi: «Le Commissioni III e IV,» e non come stampato.
  Alla pagina 25231, prima colonna alla riga trentaduesima deve leggersi: «impegnano il Governo:» e non come stampato.
  Alla pagina 25231, seconda colonna alla riga decima deve leggersi: «(7-00685) “Artini, Palazzotto, Duranti, Frusone,”» e non come stampato.