Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 13 maggio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani riconosce ad ogni individuo «il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»;
    la violenza a sfondo religioso è legata al declino della tolleranza religiosa, del pluralismo religioso e del diritto all'autodeterminazione religiosa e, soprattutto, nel mondo in via di sviluppo continua ad affermarsi la tendenza ad allontanarsi dal pluralismo religioso, mentre in varie parti del medio e dell'estremo oriente inizia a comparire il fenomeno degli Stati monoconfessionali;
    in base ai dati raccolti dalla Fondazione pontificia ACS nel rapporto sulla libertà religiosa nel mondo nel periodo compreso tra l'ottobre del 2012 e il giugno 2014, il rispetto della libertà religiosa nel mondo continua a diminuire;
    dal rapporto emerge che in quasi il sessanta per cento dei 196 Paesi analizzati si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa e che nel trenta per cento dei Paesi la situazione è peggiorata anche in modo significativo rispetto al biennio precedente;
    in totale, il rapporto ha identificato venti Paesi come luoghi di elevato grado di violazione della libertà religiosa, in quanto in essi la libertà religiosa non esiste, suddividendoli tra quelli in cui le persecuzioni a sfondo religioso sono legate all'estremismo islamico e quelli in cui le stesse sono perpetrate da regimi autoritari;
    nel primo gruppo rientrano Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan e Yemen, mentre del secondo fanno parte Azerbaigian, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan;
    ad oggi, i cristiani continuano ad essere il gruppo religioso maggiormente perseguitato, sia a causa della loro presenza in quasi tutti i continenti, dove rappresentano spesso una minoranza all'interno di culture molto diverse dalla loro, sia a causa del fatto che molte delle terre in cui abitano da secoli, se non da millenni, sono oggi sconvolte dall'estremismo e dal terrorismo;
    inoltre, in molti luoghi in cui cristiani e musulmani avevano convissuto insieme per secoli, ora il gruppo religioso dominante cerca, attraverso l'imposizione della Sharia o con atti legislativi ispirati dalla supremazia di una religione sull'altra, di imporre un conformismo universale nelle pratiche religiose;
    secondo i dati contenuti nella World Watch List 2014, pubblicata nel mese di gennaio 2015 dall'associazione Open Doors International, in ben trentaquattro nazioni la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all'anno precedente, mentre solo in cinque è diminuita;
    anche i musulmani subiscono considerevoli persecuzioni e discriminazioni, da parte di regimi autoritari e, soprattutto, di altri gruppi musulmani, tra le quali si inquadrano in particolar modo quelle che originano dallo storico contrasto tra sunniti e sciiti;
    si registra, inoltre, una drammatica acutizzazione di violenze e persecuzioni per motivi religiosi nei territori in cui si sta affermando lo Stato islamico, che ha cacciato tutti i gruppi religiosi, musulmani non sunniti compresi, concedendo ai cristiani come unica alternativa per rimanere quella della conversione forzata all'islamismo;
    lo Stato islamico ha altresì costretto alla fuga almeno quarantamila yazidi, una minoranza curdofona seguace di una religione pre-islamica, dall'Iraq dopo che nell'agosto del 2014 ha conquistato Sinjar, la città irachena situata a 50 chilometri dalla frontiera con la Siria, e ha dato il via a violenze inaudite nei loro confronti;
    le forme di estremismo e persecuzione contribuiscono in modo significativo al crescente fenomeno delle migrazioni di massa e, a fronte del fatto che le minoranze religiose mediorientali vanno riducendosi già da molti anni, negli ultimi anni la crisi umanitaria è drammaticamente peggiorata, portando, ad esempio, il numero di cristiani in Siria a un calo di oltre il trenta per cento in tre anni, e in Iraq la diminuzione è stata ancora più evidente;
    in Africa, la tendenza più preoccupante degli ultimi due anni è rappresentata dalla crescita del fondamentalismo islamico sotto l'impulso di gruppi come Al Qaeda nel Maghreb islamico, Boko Haram in Nigeria e nei Paesi confinanti, e al Shabaab, che ha la sua roccaforte in Somalia;
    anche in Asia si registrano pesanti limitazioni della libertà religiosa ai danni di comunità cristiane, musulmane, indù e sikh, che culminano in aperte violenze contro gruppi quali gli ahmadi e i sufi,

impegna il Governo:

   ad intraprendere e sostenere ogni iniziativa in ambito europeo ed internazionale volta a sostenere il rispetto della libertà religiosa nel mondo e a contrastare le persecuzioni e le violenze;
   ad esercitare forme di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, se del caso non sottoscrivendo accordi con nazioni che non garantiscano il pieno esercizio di tale libertà;
   a condannare in ogni sede le violenze nei confronti delle minoranze religiose e ad adoperarsi affinché queste siano scongiurate attraverso le opportune iniziative internazionali;
   ad impegnarsi nelle competenti sedi internazionali affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni per motivi religiosi e affinché l'argomento sia oggetto di un indirizzo condiviso tra i Paesi che possa formare la base per una collaborazione tra gli stessi anche nelle politiche di aiuto ai rifugiati.
(1-00862) «Rampelli, Giorgia Meloni, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Taglialatela, Totaro».


   La Camera,
   premesso che:
    con quasi 500 milioni di tonnellate, l'Italia è il secondo produttore mondiale (dopo la Spagna) di olio d'oliva, rappresentando uno dei prodotti più importanti del «Made in Italy» agroalimentare, i cui importanti risvolti socio-economici si esprimono in particolare nei territori del Sud del Paese, dove tale coltura è principalmente presente. L'olivicoltura pugliese costituisce, infatti, uno dei comparii più rilevanti del sistema agricolo, rappresentando il 30 per cento circa della produzione olivicola nazionale;
    per quanto riguarda la superficie interessata dall'olivicoltura, in Puglia risultano in produzione circa 375.000 ettari a olivo (pari al 32 per cento delle superfici olivicole nazionali e a circa il 29 per cento della Superfice Agricola Utilizzata regionale);
   inoltre, per quanto attiene al tessuto-imprenditoriale, l'olivicoltura è realizzata in Puglia da circa 270.000 imprese agricole, pari al 22 per cento delle aziende olivicole italiane, dove si rileva anche come la superficie media per azienda coltivata a olivo (1,4 ettari) sia sensibilmente superiore alla media nazionale (un ettaro);
    nel panorama olivicolo nazionale, la Puglia si contraddistingue anche per l'olio a denominazione di origine protetta (DOP Terra di Bari, DOP Terra di Otranto) con il fatturato più elevato in Italia (28 milioni di euro), rappresentando al contempo il 35 per cento del fatturato complessivo degli oli extravergine a marchio DOP e IGP italiani. Negli scambi internazionali di settore, l'olio rappresenta il terzo prodotto pugliese più esportato (dopo ortofrutta e conserve vegetali) per un valore di circa 106 milioni di euro, pari al 9 per cento dell'export di olio dall'Italia (1,2 miliardi di euro di olio d'oliva esportato nel 2012);
    il ritrovamento nell'ottobre del 2013 nell'area del gallipolino del patogeno da quarantena Xylella fastidiosa su piante di olivo ed su altre specie coltivate, ornamentali e spontanee ha determinato sin dai primi mesi notevole criticità per la gestione di questa emergenza fitosanitaria unica per la sua specificità;
    il 15 ottobre 2013 viene data la comunicazione ufficiale del ritrovamento della Xylella fastidiosa da parte delle istituzioni scientifiche facenti parte della rete dei laboratori pubblici SELGE e in particolare il batterio viene identificato dal CNR – Istituto per la protezione sostenibile delle piante di Bari. Il ritrovamento della Xylella fastidiosa, batterio da quarantena inserito nella lista A1 dell'EPPO (European and Mediterranean Plant Protection Organization) ha determinato l'avvio di una intensa attività tecnico-amministrativa da parte della regione Puglia;
    le attività svolte dalla regione Puglia sono sempre state supportate da istituzioni scientifiche coinvolte, in stretta collaborazione, quali:
     a) il dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti, università degli studi di Bari, Aldo Moro;
     b) dal CNR, Istituto per la protezione sostenibile delle piante, unità di Bari;
     c) dall'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, organo del C.I.H.E.A.M.;
     d) dal dipartimento di scienze agrarie degli alimenti e dell'ambiente dell'università degli studi di Foggia;
     e) dal Centro ricerca sperimentazione e formazione in agricoltura «Basile Caramia»;
    la collaborazione è stata anche estesa, per il tramite delle stessi Istituti su indicati; anche a Istituzioni internazionali di elevato riconoscimento scientifico e professionale;
    sono anche in stretta collaborazione con l'osservatorio fitosanitario regionale altre istituzioni impegnate nella attività di monitoraggio e di realizzazione della cartografia e, precisamente, l'associazione dei consorzi di difesa della Puglia con i consorzi provinciali associati e Innovapuglia, società in house della regione Puglia;
    la Xylella fastidiosa è un batterio xylem-limited che si trasmette in natura solo ed esclusivamente attraverso insetti xilemomizi (xylem-fluid feeding insects) appartenenti all'ordine degli Hemiptera, caratterizzati da apparato boccale pungente-succhiante in grado di infiggerlo nella pianta e di raggiungerne lo xilema acquisendo le cellule batteriche dalle piante infette per poi trasmetterle a quelle sane. Dalle attuali conoscenze scientifiche l'unico insetto vettore identificato in grado di trasmettere le cellule batteriche è lo Philaenus spumarius. Non essendo un batterio sporigeno, non si trasmette per contatto;
    il batterio è in grado di determinare gravi pandemie fitosanitarie nei territori in cui si insedia, in quanto prolifera nei vasi xilematici delle piante, causandone l'occlusione dei vasi e, di conseguenza, con il disseccamento inizialmente dei giovani rami e, successivamente, delle branche e dell'intera pianta;
    la professionalità anche riconosciuta a livello internazionale dei ricercatori che lavorano presso le nostre Istituzioni scientifiche ha consentito di identificare completamente il genoma della Xylella fastidiosa e di isolarlo su piastra di crescita in laboratorio;
    particolare importanza è stata data alle metodologie adottate dai laboratori incaricati di verificare la presenza o l'assenza della Xylella fastidiosa, al fine di garantire l'affidabilità delle analisi di laboratorio. Per tale scopo, è stato fatto un importante lavoro di predisposizione dei protocolli da parte di tutti i ricercatori nel definire le metodologie di analisi consentendo l'accreditamento degli stessi da parte dell'Osservatorio fitosanitario;
    da un punto di vista genetico, oggi è possibile affermare che siamo di fronte ad un ceppo diverso dalle altri riscontrati nei diversi paesi mondiali classificato dai nostri ricercatori come Xylella fastidiosa, subspecie Pauca ceppo «CoDiRO», accertando un ceppo «gemello» presente in Costa Rica. Sono state infatti riscontrate recentemente piante di caffè ad uso ornamentale in importazione con presenza di Xylella;
    nell'ambito del piano di attività sperimentali finanziate dalla regione Puglia – Ufficio fitosanitario, con il programma «Azioni di ricerca urgenti in risposta all'identificazione di Xylella fastidiosa in olivi colpiti dal “Complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)”», sono stati effettuati rilievi in campo nella aree focolaio e saggi di laboratorio, al fine di identificare piante ospiti suscettibili alle infezioni batteriche in condizioni naturali. I rilievi sono stati concentrati nelle aree con oliveti ad elevata incidenza d'infezione da Xylella fastidiosa e che manifestavano gravi sintomi di CoDiRO;
    la ricerca, attivata con finanziamenti esclusivamente regionali, è riuscita dare in breve tempo numerose risposte importanti sulla biologia del batterio e in particolare nella identificazione di uno specifico ceppo che ha interessato la provincia di Lecce;
    sono state effettuate numerose analisi sulle diverse specie di piante presenti nel Salento (oltre le 200) e, ad oggi, la presenza di Xylella fastidiosa è stata riscontrata solo sulle seguenti piante produttrici: olivo, ciliegio, mandorlo; e sulle seguenti piante ornamentali: Catharanthus Rosea, acacia, poligala, oleandro, ginestra, westringia, rosmarino, mirto e alaterno. Mentre, piante di cui non è stata però confermata successivamente la presenza del batterio, sono il quercus, la portulaca, la malva e il sorgo e, allo stato attuale, non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa su vite e agrumi;
    dal ritrovamento iniziale della vasta area di Gallipoli e dei 5 focolai puntiformi, che ad aprile 2014 sono state eradicate, le infezioni sono aumentate in modo esponenziale in tutta la provincia di Lecce;
    successivi monitoraggi effettuati nel periodo estivo del 2014 hanno evidenziato un'estensione delle infezioni sul territorio leccese e la manifestazione dei sintomi hanno mostrato palesemente la gravità della epidemia fitosanitaria, oltretutto la vegetazione ricresciuta dopo le potature drastiche effettuate su piante infette risultava in gran parte disseccata;
    con nota del 21 luglio 2014, n. AOO–030/0069398, il servizio fitosanitario regionale evidenzia l'ulteriore aggravamento che si stava riscontrando in merito al disseccamento degli oliveti infetti da Xylella fastidiosa nella provincia di Lecce. Sono state riscontrate, infatti, in diversi siti della provincia di Lecce la presenza di numerosi oliveti con sintomi ascrivibili alla Xylella fastidiosa confermati successivamente da analisi di laboratorio;
    la regione Puglia in due incontri a fine luglio e fine agosto 2014 con il Ministro e i dirigenti del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha evidenziato la drammaticità della emergenza fitosanitaria e le proporzioni sempre maggiori delle infezioni chiedendo di adottare in modo indifferibile ed urgente strumenti straordinari e di emergenza che consentissero di attivare misure per contenere la diffusione di questo batterio sia nella provincia leccese che nella regione Puglia. È stato, infatti, evidenziato come la problematica fitosanitaria presenti tutte le caratteristiche di una emergenza straordinaria che deve essere affrontata con tutte le forze disponibili per evitare che questo patogeno da quarantena si diffonda ulteriormente mettendo a rischio l'olivicoltura regionale;
    alla luce di quanto si riscontrava nel territorio, la regione Puglia è stata costretta a rimodulare per ben tre volte la delimitazione delle aree interessate da Xylella fastidiosa al fine di attivare misure per contenere o eradicare la diffusione del batterio. L'ultima rimodulazione è stata fatta a marzo 2015 con la determinazione n. 54 a seguito di un ritrovamento di un focolaio in agro di Oria (Brindisi);
    sulla base di quanto rilevato nei territori e anche a seguito di indicazioni molto più rigide dettate dalla Commissione europea (si vedano le due decisioni di esecuzione del 13 febbraio 2014 2014/87/CE – e del 23 luglio 2014 – 2014/497/UE – che ha abrogato la precedente) è stata adottata la determina dirigenziale n. 54 del 13 marzo 2015, pena l'apertura di una procedura di infrazione contro l'Italia, delimitando così il nuovo quadro dell'area in tutta la provincia di Lecce e in parte di quella di Brindisi e di Taranto;
    con la stessa, determina sono state stabilite le diverse zone delimitate come segue:
     a) «zona infetta» da Xylella fastidiosa costituita dal territorio di tutti i comuni ricadenti nella provincia di Lecce e dal focolaio puntiforme ubicato nel comune di Oria in provincia di Brindisi;
     b) «zona cuscinetto» costituita dal territorio contiguo alla zona infetta della provincia di Lecce e dal territorio circostante il focolaio di Oria, entrambi di larghezza non inferiore a 2 chilometri;
     c) «zona di eradicazione» deve essere estesa ad almeno 15 chilometri dalla zona cuscinetto;
     d) «zona profilassi» nella quale vanno obbligatoriamente effettuate le misure fitosanitarie, di cui alle lettere a) e b) del comma 5 dell'articolo 10 del decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 2777 del 2014, «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella Fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana»;
    la presenza della Xylella fastidiosa è stato un evento unico per le proporzioni fitosanitarie con cui si è evidenziata e in particolare su una coltura, quale l'olivo, che ha un valore al di sopra della propria produttività agricola nella produzione dell'olio. Nota è la sua storia culturale che da millenni caratterizza la Puglia e i suoi paesaggi di bellezza ambientale tale da emanare una legge regionale a loro tutela (legge regionale n. 14 del 2007; Tutela e valorizzazione del paesaggio degli ulivi monumentali della Puglia);
    si è reso, comunque, necessario studiare e ricercare numerosi quesiti e dubbi che sono emersi nella gestione di tale emergenza fitosanitaria, per cui molte misure indicate per l'eradicazione e il contenimento delle infezioni non trovavano ancora un riscontro scientifico tale da giustificare la stessa applicazione. Tra l'altro gli eventi rapidi che sono emersi e il riscontro dei sintomi in ampie superfici non consentiva di organizzare e programmare i tempi brevi misure in grado di eradicare o, quantomeno, di contenere le infezioni di Xylella fastidiosa;
    con la definizione delle zone delimitate nel mese di aprile, sono state prese misure di estirpazione delle piante di olivi risultati infetti in 5 focolai puntiformi per un totale di 104 piante. Va evidenziato l'impatto e la complessità dell'intera operazione che è stata posta in essere per ottemperare a quanto imposto dalla Commissione europea completando le operazione entro i termini fissati del 15 aprile 2015;
    il supporto scientifico è stato sempre di elevato contributo nelle decisioni che la regione Puglia ha preso in merito all'emergenza fitosanitaria e, in particolare, nelle decisioni che sono state prese tra fine agosto e fine ottobre 2014, sulla base di quanto realmente stava verificandosi nel territorio leccese e anche grazie al contributo di esperienze maturate in altri Paesi, è emersa la convinzione che la Xylella fastidiosa non poteva più essere eradicata e, quindi, andavano adottate misure diverse da quelle programmate inizialmente. Si delineava, pertanto, la convinzione che quanto riportato nella decisione comunitaria non trovava una sufficiente validità nell'affrontare tale emergenza e nel ridurre le infezioni del batterio in quanto l'elevata quantità di piante da abbattere era tale da non consentire una riduzione dell'inoculo;
    su tale base è stata riprogrammata una nuova strategia da adottare nelle diverse zone delimitate e secondo il Piano di azione concordato con il commissario straordinario (nominato con ordinanza della protezione civile n. 225 dell'11 febbraio 2015) saranno adottate specifiche misure;
    le misure prevedono interventi nella fascia di profilassi, nella zona cuscinetto, nella fascia di eradicazione, nei focolai puntiformi e in quelli di maggiore criticità; prevedono, altresì, interventi nei vivai, nella restante zona infetta e interventi di tipo trasversale. Per tutte le predette misure, tranne quelle previste nella voce «le altre aree della zona infetta», è stato stabilito l'importo di spesa, la priorità e la tempistica. Per la sola voce «le altre aree della zona infetta» non è stata prevista alcuna spesa, atteso che questa sarà a carico dei proprietari o conduttori dei terreni;
    le altre misure riguardano l'eliminazione di tutte le piante ospiti presenti lungo le strade, fossi, canali, aree verdi, eccetera, con trinciatura della chioma e smaltimento di tutte le piante ospiti di Xylella fastidiosa. Le aree interessate sono quelle della zona cuscinetto e della fascia di eradicazione;
    in data 29 aprile 2015 il Consiglio dei ministri ha approvato la deroga al decreto legislativo n. 102 del 29 marzo 2004 per l'attivazione del fondo di solidarietà nazionale, per la prima volta su una emergenza fitosanitaria, per andare incontro alle necessità economiche degli agricoltori e dei vivaisti danneggiati dalla diffusione del batterio della Xylella fastidiosa, prevedendo un plafond di iniziali 11 milioni di euro per interventi compensativi. Lo step successivo è la dichiarazione dello stato di calamità;
    la direttiva 2000/29/CE prevede misure di protezione contro l'introduzione nell'Unione europea di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contro la loro diffusione nell'Unione. La Direttiva predetta è stata modificata dalla direttiva 2002/89/CE (data attuazione dal decreto legislativo n. 214 del 19 agosto 2005), dal regolamento (CE) n. 882/2004 e dalla direttiva 2009/143/CE (data attuazione dal decreto legislativo n. 241 del 23 dicembre 2010). Il testo consolidato, così come il precedente, include il batterio della Xylella fastidiosa nella lista degli organismi nocivi da denunciare alla Commissione europea in caso di accertata presenza sul proprio territorio nazionale di materiale vegetale infetto;
    la direttiva 2000/29/CE prevede per taluni vegetali e prodotti vegetali provenienti da Paesi terzi (Allegato V, parte B) un'ispezione alla loro introduzione nel territorio dell'Unione. L'ispezione comprende, in particolare, un controllo documentale, un controllo di identità e un controllo fitosanitario. Il controllo fitosanitario consiste nel verificare, sulla base di una ispezione totale o su un campione rappresentativo, che i vegetali e i prodotti non presentino segni di contaminazione da organismi nocivi e che siano rispettati i requisiti specifici definiti nella direttiva. È del tutto evidente che la direttiva va radicalmente rivista alla luce di quanto accaduto in Puglia, dato che il batterio proviene da un Paese terzo quale la Costa Rica, giacché i controlli che la direttiva impone sono non solo insufficienti, ma del tutto inadeguati per far fronte alla notevole quantità di materiale vegetale commercializzato che arriva presso lo snodo commerciale di Rotterdam (Olanda) – luogo da dove con quasi certezza è entrato il materiale vegetale infetto. Gestire una così notevole quantità di materiale vegetale nella pratica rende complicatissimo fare i controlli sia a campione che totali, non consentendo, di fatto, di garantire, sufficientemente, il rispetto del divieto di introduzione di patogeni da quarantena molto dannosi per l'ambiente e la società;
    appare incredibile che nonostante la Commissione europea fosse a conoscenza della provenienza del ceppo presente in Puglia, non abbia emesso, da quando è stato scoperto il batterio, pur essendo presente nella lista della Direttiva 2000/29/CE, alcun blocco di importazione da Paesi terzi, mentre ha imposto regole severissime (si vedano le due decisioni di esecuzione comunitarie) nel territorio della provincia di Lecce;
    a conferma di ciò è sufficiente ricordare il ritrovamento, di ulteriore materiale vegetale infetto proveniente dalla Costa Rica come le piante di caffè ornamentali nei Paesi Bassi ed in Lombardia nei primi mesi del 2014;
    va rilevato che ancora oggi moltissime specie ospiti nei Paesi americani possono essere importate senza alcun controllo perché non viene richiesto dalla normativa europea il passaporto delle piante che quindi hanno libero accesso. A tal proposito, anche l'EFSA ha fatto rilevare che la direttiva è del tutto insufficiente a proteggere gli Stati membri dai rischi che le fitopatie rappresentano;
    nella riunione del 23 marzo 2015 della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, il deputato verde José Bové ha riferito che la Xylella è stata trovata in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali. Questa notizia potrebbe cambiare del tutto la prospettiva della ricerca scientifica condotta finora, perché, in attesa che escano i risultati sulla patogenicità dell'ulivo, la Xylella è stata trovata su piante sane, asintomatiche, nel corso di controllo di routine sulla tracciabilità delle stesse;
    il Ministro dell'agricoltura, delle risorse agroalimentari e forestale francese, Stephane Le Foll, ha emanato in data 2 aprile 2015 un decreto relativo alla prevenzione dell'introduzione della Xylella fastidiosa (Well and Raju) in Francia;
    il decreto ministeriale prevede il divieto di importazione dalla Puglia di materiale di propagazione di 102 specie differenti quali: ulivo, vite, fico, albicocco, mandorlo, pesco, agrumi, ciliegio, gelso e molte piante ornamentali. Tra le piante messe al bando vi sono alcune piante sulle quali non è mai stata certificata la presenza del batterio da quarantena, come ad esempio, la vite e gli agrumi;
    il portavoce del Commissario alla Salute, Vytenis Andriulkaitis, ha affermato che il decreto ministeriale francese fosse «...legittimo...» per poi ammettere che la Francia con i divieti «... si è spinta molto in là...»;
    suscita perplessità, commista a preoccupazione, la posizione della Commissione europea che ha affermato che la decisione di bloccare l’import dalla Puglia «... è in linea con la legislazione europea...», aggiungendo di essere consapevole delle preoccupazioni simili della Spagna, Portogallo e Grecia, ma «... non informata...» di iniziative simili nel «... prossimo futuro...». Il precedente è che la Francia apra la strada a misure unilaterali analoghe di altri Paesi dell'Unione, oltre ad essere alquanto singolare che la Commissione europea ritenga di non intervenire sulla decisione di uno Stato membro adottata senza tenere conto dell'approfondimento politico e scientifico in corso a livello comunitario e non;
    in data 15 aprile 2015 le autorità di controllo sanitario francesi hanno individuato il batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale all'interno del mercato all'ingrosso di Rungis, alle porte di Parigi. Secondo le prime verifiche la pianta proveniva, verosimilmente, dall'America Centrale, ed era stata introdotta nell'Unione europea attraverso il porto di Rotterdam (Olanda). Il ministro francese Le Foll ha avviato verifiche al fine di prendere misure precauzionali. Mentre il Commissario Europeo alla Salute ha annunciato che la Unione europea «... indagherà sul caso...»;
    quanto avvenuto in Francia coincide in modo preoccupante con quello che nel 2013, secondo la ricostruzione dell'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, portò la Xylella in Puglia attraverso delle piante di caffè ornamentali provenienti dalla Costa Rica. Questa vicenda appalesa l'immobilismo e i gravissimi ritardi della Commissione europea nell'affrontare l'emergenza fitosanitaria che sta minacciando gli ulivi del Salento;
    le misure imposte finora alla regione Puglia dalla Commissione europea si presterebbero a censure per violazione del «principio di proporzionalità» anche sotto il profilo dell'inadeguatezza tra il fine stabilito e i mezzi adottati: le misure estreme di contenimento potrebbero non essere idonee ad evitare la diffusione della Xylella fastidiosa nel territorio comunitario, visto che, come illustrato nel presente atto, i controlli adottati dagli Stati membri evidenziano la presenza del batterio nelle piante di caffè ornamentali (provenienti dalla Costa Rica e dall'Honduras) in altri Stati membri, come Olanda, Francia e Germania. Questa nuova situazione di fatto renderebbe le nuove misure adottate non adeguate al fine che la Commissione si prefigge e, di conseguenza, le stesse sarebbero lesive del «principio di proporzionalità»;
    il vivaismo viticolo rappresenta uno dei settori maggiormente trainanti dell'economia agricola salentina. Nella zona dell'otrantino operano circa cinquanta aziende, ognuna di esse impiega fino a trenta dipendenti e il relativo indotto che le stesse creano con le attività di imballaggio, trasporto e logistica, è di notevole importanza socio-economica. I provvedimenti adottati dalla Commissione europea hanno messo in ginocchio l'economia salentina (sono state vietate dalla Commissione europea la movimentazione di 180 specie) che si è vista ingiustamente vietare la commercializzazione delle barbatelle della vite le quali sono immuni al batterio dopo, che l'Osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti su di esse che hanno dato tutti esito negativo. Il batterio della Xylella non attecchisce né sui rami e né sulle foglie perché non è l’habitat prediletto dall'insetto vettore, la sputacchina;
    a seguito di queste misure draconiane l'Algeria il 14 gennaio 2015 ha annullato importanti commesse a cui ha fatto seguito la Francia – nostro principale competitor commerciale sulle barbatelle – e il Marocco. Le barbatelle sono un materiale di propagazione che va impiegato entro i due anni, si consideri che le piante messe a dimora sono venti milioni su una estensione di 70 ettari di vivai;
    la stessa sorte è già toccata al settore florovivaistico ornamentale del Salento con drammatiche ricadute sociali in termini di occupazione e mancati guadagni delle aziende che, oggi, dovranno sopportare anche i costi per le pratiche agronomiche e per la distruzione delle piante per le quali è stato previsto dal piano del commissario di Governo un ristoro di 20 centesimi a pezzo, ristoro questo abbondantemente al di sotto dei costi di produzione e del mantenimento a dimora;
    ventisei aziende vivaistiche, ventisei aziende biologiche e alcuni proprietari terrieri hanno fatto ricorso al TAR Lazio ottenendo in data 24 aprile 2015 la sospensione del piano del commissario. Su 5.920 piante analizzate dall'osservatorio fitosanitario, è stato eccepito nel ricorso, neanche una è risultata positiva alla Xylella fastidiosa ma ne è stata ugualmente ordinata la distruzione;
    in data 27 e 28 aprile si è riunito a Bruxelles il Comitato permanente per le piante gli animali, gli alimenti e i mangimi, PAFF, dell'Unione europea sulle ulteriori misure da adottare contro il contagio del batterio;
    le nuove misure dell'Unione europea impongono agli Stati membri di notificare la comparsa di nuovi focolai, di effettuare indagini ufficiali, e di delimitare immediatamente le zone infestate. In tali zone sono applicate misure di eradicazione rigorose che comprendono la rimozione e la distruzione delle piante infestate e di tutte le piante ospiti nel raggio di 100 metri, indipendentemente dal loro stato di salute. L'Italia potrà adottare misure di contenimento in tutta la provincia di Lecce, in cui l'eradicazione non è più possibile. In tal caso resta l'obbligo di eliminare sistematicamente tutte le piante infette e di testare tutte le piante circostanti (entro 100 metri) in una zona di 20 km contigua alle province di Brindisi e Taranto. Le importazioni e la circolazione all'interno dell'Unione di determinate piante note per essere sensibili alla Xylella fastidiosa provenienti da qualsiasi Paese del mondo saranno soggette a condizioni rigorose. Sono vietate, in particolare, le importazioni di piante di caffè originarie dell'Honduras e della Costa Rica le quali presentano un rischio elevato di essere colpite dal batterio;
    il PAFF ha rivisto la lista delle piante quali possibili «ospiti» della Xylella riducendone il numero: la lista è stata ridotta da 17 a 13 e non contiene più, in particolare, le querce, la malva, la portularia e il sorgo. Nella lista restano invece l'acacia, la pervinca, il mirto, l'oleandro, la polygala, il ciliegio, il mandorlo, il rosmarino e la ginestra. Nella provincia di Lecce sarà vietato il reimpianto di queste specie. A questa lista se ne aggiunge un'altra di 188 piante (comprese le 13 «ospiti») che non potranno essere commercializzate dai vivai al di fuori della provincia di Lecce, a meno che non dispongano di un certificato che ne assicuri l'assenza del batterio. La differenza delle due liste consiste nel fatto che per le 13 piante «ospiti» gli esami di laboratorio hanno confermato l'avvenuta infezione dal parte del batterio, mentre per le restanti 175 non ci sono evidenze scientifiche riguardo all'infettività della Xylella fastidiosa. Si tratta, comunque, di specie che sono state attaccate da altri ceppi della Xylella, in California e in Costarica, dove il batterio è endemico da decenni;
    fonti della Commissione europea hanno riferito che l'Esecutivo sarebbe pronto a rivedere la lista se e quando l'Italia sarà in grado di dimostrare con evidenze scientifiche che la Xylella del Salento non attacca alcune delle piante sottoposte a restrizioni nel commercio. Attualmente, vi sono ulteriori test in corso sulla vite, circa 2.000 effettuati finora, che non hanno mai riscontrato l'infezione da Xylella e che dovrebbero completarsi entro la fine di luglio 2015. Anche i test sugli agrumi sono in corso e, ad oggi, non vi è alcun risultato scientifico che abbia accertato la presenza del batterio;
    è alquanto singolare leggere nel comunicato stampa diffuso il 28 aprile 2015 dalla Commissione europea che la Xylella: «... è un organismo nocivo da quarantena che colpisce gli ulivi ed è potenzialmente pericoloso per molte altre piante, come la vite e gli agrumi...». Questo atteggiamento pervicace, nonostante il fatto che gli esami di laboratorio abbiano smentito la presenza del batterio sulla vite e sugli agrumi, induce i firmatari del presente atto di indirizzo a dubitare dell'imparzialità dell'azione dell'Esecutivo comunitario oltre a evidenziare un modus decidendi lesivo del «principio di proporzionalità»;
    è singolare la circostanza verificatasi all'interno del PAFF dove, in maniera particolare e con grande «spirito comunitario», la Francia, la Germania, la Grecia, la Spagna e il Portogallo, a cui si sono aggiunti gli altri Paesi mediterranei, abbiano chiesto il blocco all’import di tutti i prodotti ortofrutticoli pugliesi. Tale atteggiamento sottende il tentativo di avviare una vera guerra commerciale contro la Puglia e l'Italia, già accennata con l'emanazione del decreto ministeriale francese;
    sarebbe opportuno e adeguato, rispetto alle circostanze empiriche dei fatti e ai dati tecnici di laboratorio, avviare con vero «spirito comunitario» un ripensamento delle azioni fin qui poste in essere dalla Commissione europea in considerazione del ritrovamento del batterio della Xylella fastidiosa su una pianta di caffè ornamentale nel mercato all'ingrosso di Rungis, (Parigi), e in Corsica su ulivi ornamentali venduti nei centri commerciali;
    in data 7 maggio 2015 il TAR del Lazio ha accolto la richiesta di sospensiva di ventisei aziende vivaistiche, di ventisei aziende biologiche e di alcuni proprietari terrieri. Il TAR ha sospeso il Piano del Commissario di Governo in attesa che venga pubblicata la nuova decisione di esecuzione assunta nella seduta del 27 e 28 aprile ultimo scorso dal PAFF. Il TAR fa rilevare che: «... rispetto alla Decisione di esecuzione precedente del 2014, si prevedono misure differenti, sia sugli accertamenti tecnici da compiere sia in ordine alle misure da adottare...», in sostanza il Piano andrebbe riscritto alla luce della nuova Decisione di esecuzione comunitaria;
    sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 6 maggio 2015 è stato pubblicato il decreto interministeriale n. 51/2015, Disposizioni urgenti in materia di rilancio dei settori agricoli in crisi, di sostegno alle imprese agricole colpite da eventi di carattere eccezionale e di razionalizzazione delle strutture ministeriali. L'articolo 5 del decreto interministeriale prevede l'accesso al fondo di solidarietà nazionale per le imprese agricole che hanno subito danni a causa di eventi alluvionali e di infezioni di organismi nocivi e, il comma 3 del medesimo articolo, dispone interventi compensativi di sostegno in favore delle imprese danneggiate dalla diffusione della Xylella fastidiosa nella misura di un milione di euro per il 2015 e di dieci milioni di euro per l'anno 2016,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per differire o sospendere tutti gli adempimenti tributari e fiscali dovuti dai soggetti agricoli professionali le cui colture sono state danneggiate dal batterio della Xylella fastidiosa, nonché a postergare ogni scadenza di mutui e investimenti sottoscritti dai medesimi soggetti per i prossimi cinque anni;
   ad assumere iniziative per sospendere dal pagamento dell'IMU agricola, legge n. 34 del 24 marzo 2015, quelle imprese i cui impianti di olivicoltura sono stati colpiti dal suddetto batterio;
   ad assumere iniziative per escludere dal saldo finanziario rilevante ai fini del patto di stabilità interno, le risorse finanziarie provenienti dallo Stato e le spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale;
   a non ricomprendere nel saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183 e rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno degli enti locali, le risorse provenienti dallo Stato e dalle regioni e le relative spese di parte corrente ed in conto capitale, destinate agli interventi per il contrasto alla diffusione della Xylella fastidiosa, nonché gli impegni ed i pagamenti effettuati, per la predetta finalità, dagli enti locali della regione Puglia con risorse autonome, esclusione che opera anche nel caso in cui le stesse siano state effettuate in più anni, purché nei limiti complessivi delle risorse statali e regionali trasferite, e nel limite di 15 milioni di euro per gli interventi finanziati con le risorse autonome degli enti locali;
   alla luce di quanto illustrato nel presente atto di indirizzo, ad avviare le necessarie iniziative politico-istituzionali con la Commissione europea al fine di predisporre un tavolo tecnico con cui avviare una profonda revisione della direttiva 2000/29/CE, rivelatasi inadeguata nel sistema dei controlli dei flussi commerciali all'ingresso dell'Unione europea;
   ad attivare gli opportuni strumenti finanziari previsti nel quadro dei fondi strutturali 2014-2020, dei programmi comunitari come Orizzonte 2020 e a porre in essere tutti gli strumenti e le azioni che la Politica agricola comune prevede all'interno sia del I che del II pilastro e della Organizzazione comune dei Mercati (regolamento (UE) 1308/2013), e, in particolar modo, il «Partenariato Europeo per l'Innovazione», PEI, per la produttività agricola e sostenibilità che mira a unire il mondo agricolo e quello della ricerca – distretti e cluster – a livello regionale, nazionale e comunitario, al fine di strutturare nel contesto sovranazionale un percorso definito e dettagliato di ricerca scientifica sulla Xylella fastidiosa e sul «Complesso del disseccamento rapido dell'olivo (CoDiRO)»;
   in sede comunitaria a far escludere la vite e gli agrumi dalla lista delle piante quali «suscettibili» alla Xylella fastidiosa, in considerazione del fatto che le barbatelle della vite sono risultate immuni al batterio dopo che l'Osservatorio fitosanitario regionale ha fatto tremila campionamenti che hanno dato esito negativo, così come non è stata mai stata riscontrata la presenza di Xylella fastidiosa sugli agrumi e, comunque, ad assumere iniziative per rendere commercializzabili le barbatelle della vite prodotte dai vivai pugliesi;
   ad attivarsi nelle sedi preposte all'esclusione del diritto di impianto per le specie «ospiti» in area di contenimento;
   ad assumere iniziative per predisporre adeguati ristori economici, anche in forma di indennizzi, per i mancati redditi e per tutte quelle operazioni da adottare, a carico dei privati, nel prossimo futuro nelle aree delimitate ed in area di contenimento.
(1-00863) «Duranti, Fratoianni, Pannarale, Sannicandro, Franco Bordo, Zaccagnini, Ferrara, Scotto, Palazzotto, Pellegrino, Zaratti, Kronbichler».


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dal 2013 nella regione Puglia, e in particolare nella zona sud della provincia di Lecce, si è assistito ad un progressivo e rapido disseccamento di alcuni esemplari vegetali, appartenenti a diverse specie vegetali, tra cui Olea europaea L., Prunus amygdalus Batsch, Nerium oleander L. e Quercus sp. L.;
    dalle ricerche condotte dalla regione Puglia, in collaborazione con l'università degli studi di Bari e il CNR, è emerso un allarmante quadro parassitario, nell'ambito del quale uno dei principali organismi responsabili dei citati disseccamenti è il batterio fitopatogeno da quarantena denominato Xylella fastidiosa;
    quest'ultimo agente patogeno, proveniente dal continente americano (Stati Uniti, Messico, Costa Rica, Brasile, Venezuela, Argentina e Perù), è ormai massicciamente presente nel territorio della (provincia di Lecce grazie sia alla compresenza nel medesimo habitat di specifici vettori biologici (quale la cosiddetta sputacchina media) sia ad alcune attività umane, quali ad esempio la commercializzazione di esemplari infetti;
    in particolare il suddetto batterio, depositandosi nei vasi xilematici della pianta ospite, ne provoca l'ostruzione e così il rapido essiccamento, con gravissimo danno per gli agricoltori operanti nelle zone interessate;
    il debellamento di questo batterio si profila, sotto il profilo tecnico, come operazione estremamente complessa, non solo per i lunghi tempi di incubazione della malattia, ma anche per la non infrequente sintomaticità dell'infezione;
    a fronte di tale gravissimo quadro agro-economico, l'intera filiera istituzionale, comprendente i competenti organi europei, nazionali e regionali, hanno adottato una serie di provvedimenti (alcuni anche assai risalenti, come la direttiva 2000/29/CE del Consiglio dell'8 maggio 2000) ad arginare e, poi, a debellare la malattia in parola, senza però ottenere i risultati definitivi e totalmente positivi;
    a fronte della comunicazione da parte del Governo italiana agli organismi europei della presenza dell'organismo specificato nel proprio territorio, la Commissione europea ha chiesto all'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, di specificare l'elenco delle specie vegetali note che possono essere infettate, le modalità di trasmissione della malattia, nonché di indicare le possibili misure di profilassi e controllo;
    l'EFSA ha prodotto un primo parere nel novembre del 2013 e uno studio più ampio nel gennaio 2015. Nel primo parere la EFSA ha concluso, testualmente, che «Poiché l'unico mezzo naturale di diffusione della Xylella fastidiosa sono le sputacchine e cicaline che si nutrono di linfa grezza, che in genere possono volare per brevi distanze fino a 100 metri, il modo più efficace di diffusione a lunga distanza di Xylella fastidiosa è la movimentazione delle piante infette per la messa a dimora. Inoltre, il trasporto degli insetti eventualmente portatori del batterio nella movimentazione commerciale dei vegetali viene considerato motivo di preoccupazione. La principale fonte di introduzione nell'Unione europea di Xylella fastidiosa è dunque il commercio e subito dopo la movimentazione di vegetali destinati alla messa a dimora. Sono state inoltre valutate altre potenziali fonti di infezione tra cui frutta, legno, fiori recisi, semi e piante ornamentali, ritenute però trascurabili o poco efficaci come possibili vie di introduzione del batterio»;
    l'autorità citata concludeva, significativamente, affermando che «non è nota alcuna strategia precedente che abbia avuto successo nell'eradicazione di X. Fastidiosa, una volta insediatasi all'aperto. L'EFSA raccomanda pertanto che le strategie preventive per il controllo dei focolai si concentrino sulle due principali vie di infezione (movimentazione di piante da messa a dimora e insetti infetti presenti nelle partite di vegetali) e si fondino su un approccio basato su sistemi integrati»;
    le conseguenti misure volte a contrastare la diffusione da Xylella fastidiosa venivano così adottate, a livello europeo, per mezzo di due decisioni, la n. 2014/87/UE del 13 febbraio 2014 e la n. 2014/497/UE del 23 luglio 2014, a livello nazionale, tramite decreto ministeriale di lotta obbligatoria n. 2777 del 26 settembre 2014 «Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l'eradicazione di Xylella fastidiosa (Well e Raju) nel territorio della Repubblica italiana», e a livello regionale, tramite singoli puntuali provvedimenti;
    tra le varie misure veniva così prevista, oltre all'ispezione delle piante e alla delimitazione dei focolai, anche la rimozione e distruzione delle piante contagiate, nonché il trattamento fitosanitario specifico delle piante;
    l'attuazione di queste misure veniva affidato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ad un commissario ad hoc, il quale avrebbe poi confezionato uno specifico piano di attuazione;
    l'esecuzione di tale piano è stata però bloccata dal TAR del Lazio il quale ne ha sospeso in via cautelare l'efficacia, sottolineando «che gli atti nazionali oggetto dell'odierno contenzioso sono stati assunti in attuazione della decisione di esecuzione n. 2014/497/UE della Commissione europea relativa alle misure per impedire l'introduzione e la diffusione nell'Unione europea del batterio Xylella fastidiosa» e che il 28 aprile scorso «la Commissione europea ha adottato un nuovo testo di decisione di esecuzione sulla medesima questione, che si avvia a completare nei prescritti tempi il proprio iter interno ai fini della formale adozione, e a sostituire la richiamata decisione 2014/497/CE, rispetto alla quale prevede misure differenti sia sul punto degli accertamenti tecnici da compiersi sia in ordine alle misure da adottare». Il Tar quindi ha rilevato che «per gli atti nazionali impugnati, residua, sul piano dell'esecutività, un orizzonte temporale esiguo, dovendo essere a breve termine rimodulati in modo coerente con il nuovo testo della decisione di esecuzione»;
    nelle more della definizione di una strategia operativa efficace, il Ministro francese dell'agricoltura Stéphane Le Foll ha bloccato le importazioni dei vegetali a rischio Xylella dalla Puglia, con gravissimo danno di tutti quegli imprenditori agricoli pugliesi che non operano nella provincia di Lecce;
    il danno che si sta determinando in capo al settore agricolo e vivaistico, non solo pugliese ma propriamente nazionale, è enorme, se si considera che il 10 per cento dell'intero comparto agricolo nazionale è prodotto in Puglia, e che la produzione olivicola, totalmente messa in ginocchio dalla Xylella e dai ritardi nel del debellarla, rappresenta la metà di questo comparto;
    il valore della produzione olivicola pugliese è, infatti, di circa 500 milioni di euro all'anno, vale a dire un terzo della produzione olivicola nazionale;
    l'impatto socio-economico di tale malattia, non solo sui settori agricolo e vivaistico pugliesi, ma su tutto l'indotto che su tali settori si regge, è altresì preoccupante e necessita di una serie di interventi, tra loro coordinati, sia sul piano tecnico-agricolo sia su quello fiscale e finanziario;
    la situazione appena delineata sia estremamente grave, non risulta ancora, soprattutto dopo la suddetta pronuncia del TAR Lazio, una strategia politica ben definita da parte del Governo italiano, per mezzo della quale risolvere il problema nel più breve tempo possibile, arginare gli effetti negativi sul sistema agricolo pugliese e nazionale e difendere in sede europea l'esportazione dei prodotti pugliesi e nazionali,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni utile iniziativa al fine di elaborare, di concerto con la regione Puglia, e nel rispetto della normativa europea vigente, un nuovo Piano operativo per l'eradicazione della fitopatia Xyllella fastidiosa, il quale sacrifichi il meno possibile gli esemplari colpiti e le stesse capacità produttive degli oliveti interessati, e al tempo stesso contenga in modo efficace il diffondersi del suddetto batterio;
   ad assumere iniziative per l'esenzione totale dell'Imu agricola, prevista dal decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, per le imprese i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   ad adottare le opportune iniziative, anche in sede europea, al fine di indennizzare gli imprenditori agricoli danneggiati dalla fiotpatia Xylella, svincolando le relative risorse dai vincoli derivanti dal patto di stabilità;
   ad adottare le opportune iniziative in sede europea al fine di evitare un eccessivo decremento delle esportazioni di prodotti agricoli e vivaistici pugliesi, e in particolare di quelli provenienti dalla provincia di Lecce, nel mercato unico europeo;
   ad adottare ogni utile iniziativa presso l'Unione europea affinché la decisione del Governo francese, che vieta le importazioni dei vegetali a rischio di Xylella fastidiosa dalla Puglia, sia dichiarata illegittima in relazione al diritto dell'Unione europea, perché fortemente lesiva del libertà di circolazione delle merci;
   a predisporre opportuni finanziamenti e mezzi, anche in collaborazione con i competenti organismi europei, per l'avvio di progetti di ricerca finalizzati all'elaborazione di nuove tecniche diagnostiche, di trattamento e di prevenzione della Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa, anche di carattere normativo, affinché le regioni possano deliberare la proposta di declaratoria della eccezionalità degli eventi, anche in deroga ai termini stabiliti all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di risarcire, tramite le misure di sostegno del fondo di solidarietà nazionale, anche le imprese agricole i cui oliveti siano stati danneggiati da infezioni della fitopatia Xylella fastidiosa;
   ad adottare ogni utile iniziativa normativa al fine di escludere dal saldo finanziario in termini di competenza mista, individuato ai sensi dell'articolo 31, comma 3, della legge 12 novembre 2011, n. 183, rilevante ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, le risorse provenienti dallo Stato e le relative spese in conto capitale sostenute dalle regioni e dalle province autonome per l'attuazione delle misure compensative del fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni e integrazioni;
(1-00864) «Pastorelli, Di Lello, Fava, Locatelli, Labriola, Segoni, Barbanti, Rizzetto, Baldassarre, Furnari, Di Gioia, Bruno».

Risoluzioni in Commissione:


   Le Commissioni X e XIV,
   premesso che:
    il Parlamento italiano ha costantemente sostenuto la necessità, in coerenza con il regime linguistico previsto dai Trattati, di promuovere il multilinguismo e tutelare l'uso della lingua italiana in seno alle Istituzioni dell'Unione europea e nelle procedure e strumenti previsti dalla normativa europea;
    il multilinguismo concorre ad assicurare la legittimità democratica e la trasparenza dei lavori e delle decisioni dell'Unione nonché ad assicurare la parità di trattamento tra i cittadini e tra le imprese dei diversi Stati membri;
    si registrano numerose e crescenti violazioni del regime linguistico dell'Unione europea, in contrasto con il principio di non discriminazione in base alla nazionalità e quindi alla lingua di cui all'articolo 18 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e in violazione del regolamento del Consiglio n. 1 del 1958. È infatti crescente il ricorso, sia nelle prassi interne delle Istituzioni dell'Unione europea sia nella disciplina di specifici istituti giuridici, ad inglese, francese e tedesco quali lingue di lavoro o di comunicazione con gli Stati membri e i loro cittadini;
    tali pratiche determinano un'ingiustificata discriminazione a vantaggio dei membri e i funzionari delle istituzioni dell'Unione europea provenienti dai Paesi aventi quale lingua madre inglese, francese e tedesca e dei relativi cittadini ed imprese e a danno di quelli provenienti dagli altri Stati membri, dall'altro. L'affermazione del trilinguismo appare inoltre suscettibile di incidere negativamente sul ruolo dell'Italia nel processo di integrazione europea e sulla competitività del sistema produttivo italiano, costretto a sostenere costi di traduzione ulteriori rispetto alle imprese dei paesi che utilizzano una delle tre lingue in questione;
    con la mozione Pescante e altri, approvata la scorsa legislatura il 19 aprile 2011, la Camera impegnava il Governo, a definire una strategia organica per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea e a contrastare con intransigenza ogni tentativo di violazione del regime linguistico previsto dai Trattati e di marginalizzazione della lingua italiana;
    tale pur condivisibile presa di posizione, tuttavia, non può considerarsi quella dirimente in termini di tutela della competitività delle imprese italiane e non può, anzi, risolversi in una perdita di chance per lo stesso sistema produttivo;
    a tale ultimo proposito si ricorda come la non coerenza con il regime linguistico dei Trattati nel 2011 era stata posta dall'allora Governo, con il pieno sostegno delle Camere, alla base della decisione di non aderire al primo pilastro del nuovo sistema di brevettazione unificata dell'Unione europea, costituito dal rilascio di un unico titolo brevettuale valido nel territorio di tutti gli Stati membri aderenti, disciplinato da due regolamenti dell'Unione europea, uno recante la disciplina sostanziale con l'istituzione di una tutela brevettuale unitaria (regolamento (UE) n. 1257/2012) e l'altro concernente il regime linguistico applicabile (regolamento (UE) n. 1260/2012), entrambi in vigore dal 20 gennaio 2013, in attuazione di una cooperazione rafforzata tra 25 Stati membri dell'Unione;
    il secondo pilastro è costituito da un sistema giurisdizionale unitario che si basa su un accordo internazionale per l'istituzione del tribunale unificato dei brevetti, sottoscritto il 19 febbraio 2013 da 25 Stati membri, tra cui l'Italia (tutti tranne Spagna e Polonia), ma ratificato sinora da cinque Stati firmatari. L'accordo entrerà in vigore una volta ratificato da almeno 13 Stati membri;
    Italia e Spagna non hanno aderito alla cooperazione rafforzata relativa al brevetto unitario in ragione della previsione per cui il brevetto viene rilasciato in una delle tre lingue ufficiali dell'Ufficio europeo per i brevetti, inglese, francese e tedesco e pubblicato nella medesima lingua unitamente a una traduzione delle rivendicazioni nelle altre due lingue. Il brevetto è altresì tradotto, mediante un sistema automatico, nelle altre lingue ufficiali dell'Unione europea che tuttavia non fanno fede;
    sulla base di tali valutazioni, entrambi i Paesi hanno presentato ricorso alla Corte di giustizia dell'Unione europea nel 2011 (causa C-274/11 e causa 2951) per chiedere l'annullamento della decisione che autorizzava la cooperazione rafforzata contestando la compatibilità del trilinguismo con il regime linguistico previsto dai Trattati e la legittimità del ricorso alla stessa cooperazione rafforzata. Il ricorso è stato rigettato dalla medesima Corte con sentenza del 16 aprile 2013;
    la sentenza non prende espressamente in considerazione la questione della coerenza del regime linguistico del brevetto unico con i Trattati, ritenendo che essa debba essere affrontata dalla decisione che la Corte emetterà su un ulteriore ricorso presentato dal solo Regno di Spagna, con cui si contesta la legittimità dei due regolamenti attuativi della cooperazione rafforzata sopra richiamati Causa (C 146/13 – Regno di Spagna contro Parlamento europeo, Consiglio dell'Unione europea). Nelle conclusioni sulla causa in questione, depositate il 18 novembre 2014, l'Avvocato generale dell'Unione europea, Yves Bot, ha affermato che il ricorso della Spagna deve essere respinto poiché «(...) la protezione unitaria fornisce un autentico beneficio dal punto di vista dell'uniformità e dell'integrazione, mentre la scelta linguistica riduce in modo significativo i costi di traduzione e garantisce meglio il principio di certezza del diritto», ritenendo, altresì, che sia appropriato «(...) limitare il numero di lingue del brevetto europeo a effetto unitario, poiché ciò garantisce una tutela unitaria dei brevetti sul territorio degli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata pur permettendo una riduzione notevole dei costi di traduzione»;
    le conclusioni dell'Avvocato generale sembrano dunque prefigurare il rigetto integrale, sul piano giuridico, delle argomentazioni contro il regime linguistico del brevetto unitario. Occorre pertanto valutare con urgenza se, a fronte di tale quadro giuridico, sia opportuna l'adesione del nostro Paese al brevetto unitario, portando comunque avanti la discussione per porre fine alle violazioni del regime linguistico dell'Unione europea;
    appare, infatti, necessario seguire un approccio pragmatico che consenta di combinare l'esigenza di tutelare la lingua italiana con quella di garantire la competitività del sistema produttivo nazionale, evitando che esse subiscano pregiudizi sul piano competitivo;
    la XIV Commissione della Camera aveva chiesto a tale scopo al Governo, in occasione dell'esame della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2014, di predispone una relazione tecnica che stimasse i costi e i benefici dell'adesione o non adesione del nostro Paese a ciascuno dei due pilastri del sistema di brevettazione unitaria. Tale relazione non è stata ancora trasmessa, ma è all'attenzione del Governo, come confermato dalla Sottosegretaria allo sviluppo economico Vicari nel corso dell'audizione del 24 febbraio 2015 presso la XIV Commissione della Camera;
    in attesa di tale relazione, va tuttavia rilevato che, attualmente le imprese italiane, non avendo la possibilità di avvalersi del sistema di brevetto unitario, possono accedere solo ad una protezione brevettuale «nazionale», in Italia e in ciascuno degli altri Paesi membri dell'Unione europea, con costi a carico delle imprese stimati in oltre 9 milioni di euro annui. Analisi di impatto della Commissione europea calcolano che un brevetto valido nei 28 Stati membri attualmente costi circa 36.000 euro (di cui 23.000 euro solo per costi di traduzione). L'avvio del brevetto unitario – secondo un'analisi di impatto dell'EPO – porterebbe a un risparmio di circa il 70 per cento dei costi attualmente richiesti per la validazione di un brevetto per venti anni, nei 25 paesi aderenti al progetto. Il sistema UPO consente infatti la registrazione di un brevetto unitario presso l'Ufficio europeo dei brevetti (EPO – European Patent Office) da cui discende una protezione uniforme in tutta l'Unione europea, garantendo alle imprese la possibilità di depositare, tramite un'unica procedura, un titolo di proprietà intellettuale valido in tutti i Paesi membri, con evidenti risparmi in termini di costi vivi e burocratici;
    anche la piena attuazione del secondo pilastro del sistema di tutela brevettuale unica presenta evidenti benefici, prevedendo essa un'unica Corte per la risoluzione delle controversie brevettuali a livello europeo, con un regime transitorio di 7 anni (rinnovabile di altri 7) e la possibilità per le imprese di avvalersi della clausola «opt out» (facoltà di rimanere fuori dalla giurisdizione esclusiva del TUB, ricorrendo ai tribunali nazionali). L'adesione al TUB impatterebbe positivamente, in quanto eviterebbe alle imprese complesse, costose e lunghe procedure giurisdizionali presso i singoli Stati Ue e offrirebbe un sistema di soluzione delle controversie rapido ed equo. Per l'Italia rappresenterebbe un importante passo avanti per il rafforzamento della propria attrattività per gli investimenti esteri e per l'internazionalizzazione passiva;
    l'adesione al nuovo sistema rafforzerebbe il contrasto alle contraffazioni particolarmente importante per la tutela del made in Italy – in quanto il foro competente sarebbe quasi sempre unico e per le imprese che operano solo in Italia sarebbe italiano, con due dei tre giudici del collegio giudicante italiani e discussione del contenzioso in italiano; inoltre, i giudici italiani entrerebbero a far parte anche di collegi giudicanti in sedi estere, dove le aziende italiane potrebbero essere coinvolte in contenziosi;
    il sistema italiano della media, piccola e micro (più del 90 per cento del nostro tessuto produttivo) ma anche della grande impresa ha bisogno di un salto di qualità per superare alcune situazioni di arretratezza e andare oltre una visione ristretta alla sola dimensione nazionale. L'Italia, pur essendo un Paese ad alta densità manifatturiera, deposita attualmente poco più di 4-5 mila brevetti l'anno – molte piccole e medie imprese si limitano a brevettare solo a livello nazionale – ma i confini nazionali non bastano più a tutelare le innovazioni; l'UPO può contribuire a invertire la tendenza sostenendo la competitività internazionale anche delle piccole e medie imprese;
    certamente incoraggianti sono i dati pubblicati dal recente Rapporto annuale dell'EPO relativamente al 2014, in quanto segnalano un aumento della domanda di protezione dei brevetti nello spazio europeo per il quinto anno consecutivo (+3.1 per cento rispetto al 2013) e anche dopo quattro anni di segno negativo, registra un aumento di richieste di nuovi patents (+0.5 per cento) il nostro Paese, sebbene occupi posizioni inferiori rispetto ad altri, con appena il 2 per cento di tutte le richieste, dal 2014 ribalta il trend negativo costituito dal calo dei consumi. Il medesimo rapporto sembra, dunque, evidenziare che il nostro continente può esercitare ancora un ruolo chiave a livello globale in settori industriali ad alta intensità di brevetti;
    l'adesione alla cooperazione rafforzata sul brevetto unico europeo deve pertanto diventare, nell'ambito di altre misure volte a rafforzare il nostro sistema produttivo, una priorità dell'azione dell'esecutivo; in tal senso si è espressa anche la Ministra dello sviluppo economico Federica Guidi, in risposta al question time (3-01310) svoltosi in Aula il 18 febbraio 2015. Tale orientamento è stato ribadito dalla Sottosegretaria allo sviluppo economico Vicari nel corso dell'audizione del 25 febbraio presso la XIV Commissione della Camera;
    mentre, per quanto attiene alle azioni di sostegno delle piccole e medie imprese italiane, sono previste già alcune importanti misure transitorie. Infatti, per 12 anni, sarà applicabile il regime dell’«english always», secondo cui tutti i brevetti unitari dovranno obbligatoriamente essere tradotti in inglese. Pertanto sarà sempre disponibile, anche per i brevetti depositati in francese e tedesco, una traduzione in inglese e, successivamente, sarà possibile ricorrere al sistema di traduzione automatica di alta qualità in tutte le lingue dell'Unione europea. Le piccole e medie imprese di Paesi che, come l'Italia, non hanno come lingua ufficiale una delle lingue di lavoro dell’European Patent Office (inglese, francese e tedesco) potranno ricevere, con riferimento al brevetto unitario, un rimborso di spese, anche di traduzione, di natura forfettaria che si stima non inferiore a 500 euro (anche se l'importo esatto è ancora oggetto di discussione in sede europea). Questa somma si aggiungerà alla riduzione del 30 per cento delle tasse di deposito e di esame in sede di EPO cui le piccole e medie imprese, le università e gli enti pubblici di ricerca italiani hanno già oggi diritto con riferimento alla procedura per il rilascio di un brevetto europeo tradizionale (Ministra Guidi, Assemblea Camera, 18 febbraio 2015);
    il nuovo sistema di brevetto unitario potrà avvantaggiare le piccole e medie imprese innovative italiane, più numerose di quelle di qualsiasi altro Paese dell'Unione europea; dal rapporto «EU SMEs-in 2012: at the crossroads», Annual report on small and medium-sized enterprises in the EU, 2011/12, si evince che l'Italia ha il numero più elevato (43.287) di piccole e medie imprese ad alta/medio-alta tecnologia fra i Paesi dell'UE. In caso di non adesione dell'Italia alla cooperazione rafforzata, queste stesse piccole e medie imprese italiane sarebbero penalizzate rispetto alle altre piccole e medie imprese europee, per la circostanza di dovere ottenere una doppia protezione nel proprio Paese e nel resto d'Europa;
    inoltre, insieme alle suddette misure, già oggi l'EPO, allo scopo di facilitare l'accesso alla conoscenza depositata in altre lingue, ha messo a disposizione un servizio nato da una partnership di tecnologia con Google, per fornire una Patent Translate per avere traduzioni automatiche in 32 lingue (da e verso le 28 europee, più russo, cinese, giapponese, coreano verso l'inglese);
    come già avviene in altri Paesi europei, con il cosiddetto Investment Compact sono state recentemente introdotte anche nel nostro ordinamento alcune agevolazioni fiscali mirate come la Patent Box, ossia la detassazione degli utili per le aziende che brevettano e investono in ricerca e sviluppo;
    con riferimento al medesimo provvedimento (investment compact), l'11 marzo 2015, il Governo ha accolto l'ordine del giorno n. 9/02844-A/005 Scuvera con cui si impegna a valutare l'opportunità di semplificare le procedure di accesso alle privative industriali, sostenere la competitività delle piccole e medie imprese innovative del Paese, puntando al brevetto unico europeo quale condizione essenziale per una reale concorrenza,

impegnano il Governo:

   a procedere all'adesione italiana alla cooperazione rafforzata relativa al Brevetto Unitario dell'Unione europea, allo scopo di sostenere la competitività delle imprese italiane sui mercati europei e internazionali;
   ad adoperarsi per assicurare il pieno ed effettivo rispetto del regime linguistico previsto dai trattati in seno alle istituzioni ed organi dell'Unione europea, sostenendo, nei casi in cui le esigenze di riduzione dei costi lo giustifichino, il ricorso alla sola lingua inglese, in quanto lingua veicolare di gran lunga più diffusa a livello europeo;
   a promuovere e a tutelare il multilinguismo in tutte le sedi decisionali dell'Unione europea, in coerenza con le previsioni dei Trattati e con i principi di democraticità delle istituzioni dell'Unione europea, anche mediante azioni specifiche, eventualmente concomitanti all'adesione alla cooperazione rafforzata sul brevetto unitario europeo, volte ad escludere l'accettazione del ricorso trilinguismo inglese, francese, tedesco nel funzionamento delle Istituzioni e delle politiche dell'Unione europea;
   a definire, in stretto raccordo con le Camere, una strategia organica ed efficace per la tutela e la promozione della lingua italiana nelle istituzioni dell'Unione europea;
   in vista del negoziato tecnico in sede europea, che dovrà concludersi entro giugno 2015, circa la definizione di aspetti di carattere finanziario – su ammontare delle tasse di rinnovo del brevetto unitario europeo, tariffe annuali e a lungo termine, modalità di distribuzione di tali tasse e ripartizione dei costi del tribunale tra i Paesi aderenti – a mettere in campo tutte le azioni necessarie, affinché tali oneri non impattino negativamente sul «sistema Italia» e sui costi delle imprese di piccole dimensioni;
   a promuovere specifiche azioni di formazione e sensibilizzazione sui territori, rivolte alle realtà produttive, circa i benefici di un brevetto unitario a carattere sovranazionale ed europeo, capaci di accrescere innovazione e competitività dell'intero sistema Paese.
(7-00682) «Scuvera, Berlinghieri, Benamati, Garavini, Albini, Basso, Battaglia, Bergonzi, Bonomo, Camani, Cani, Chaouki, Donati, Gianni Farina, Galperti, Ginefra, Gitti, Giuseppe Guerini, Iacono, Lacquaniti, Montroni, Moscatt, Peluffo, Schirò, Senaldi, Taranto, Tidei, Ventricelli».


   L'XI Commissione,
   premesso che:
    nel 2007, STMicroelectronics Holding N.V., azienda multinazionale leader nello sviluppo e nella produzione di semiconduttori su scala mondiale, scorpora la divisione memorie creando l'azienda ST-M6;
    nel 2008, nasce Numonyx, costituita dalla divisione memorie di STM e la divisione memorie dell'americana Intel, con la conseguente e successiva suddivisione delle quote azionarie pressoché paritaria tra STM ed Intel, oltre ad un 6 per cento detenuto da Francisco Partners;
    nel febbraio 2010, la Numonyx viene acquisita dalla multinazionale elettronica statunitense Micron Technology, con sede centrale a Boise, in Idaho, tra le prime 10 produttrici di memorie a semiconduttori al mondo. Tale operazione fa acquisire a Micron un enorme patrimonio di brevetti e tecnologie a lei nuove, tra le quali le memorie flash NOR e le memorie a cambiamento di fase PCM, trasferendo in breve queste tecnologie oltreoceano e smembrando e riducendo a ruoli marginali i gruppi di design e di processo;
    in data 3 maggio 2013, lo stabilimento di Avezzano (AQ) di proprietà di Micron, cede alla tedesca LFoundry il contratto di fornitura della durata di quattro anni con il «monocliente» Aptina per la produzione di sensori per immagine a 200 millimetri ricevendo, per tale operazione, 40 milioni di euro circa di finanziamento dal Governo italiano, facenti parte di un accordo di programma destinati alla Numonyx;
    in Italia, Micron ha stabilimenti ad Agrate Brianza e Vimercate (MB), Catania (CT), Arzano (NA) e Avezzano (AQ), che impiegano meno di un migliaio di dipendenti;
    Micron Technology ha annunciato una crescita record del fatturato (+ 42 per cento nel primo trimestre fiscale 2014 rispetto al quarto trimestre 2013, ed un + 120 per cento rispetto al primo trimestre fiscale del 2013);
    il 20 gennaio 2014, durante una riunione presso il Ministero dello sviluppo economico, i dirigenti di Micron Italia hanno annunciato la procedura di mobilità a partire dal giorno successivo, 21 gennaio 2014, per 419 dipendenti a livello nazionale (223 nei siti di Agrate e Vimercate, 127 nel sito di Catania, 52 nel sito di Arzano e 17 nel sito di Avezzano), pari al 40 per cento del totale degli occupati in Italia;
    dopo numerosi tavoli tenutisi prima al Ministero dello sviluppo economico e successivamente al Ministero del Lavoro tra funzionari degli stessi, parti sociali e politiche, lavoratori e dirigenza di Micron, dove è stata ridisegnata più volte la procedura di mobilità prevista, si è giunti, ad oggi, ad avere ancora 13 dipendenti che usufruiscono della cassa integrazione, 11 dei quali distribuiti negli stabilimenti di Agrate Brianza e Vimercate, 1 in quello di Catania e 1 in quello di Arzano. Questi 13 dipendenti il cui procedimento di cassa integrazione terminerà in data 22 luglio 2015, giorno in cui scatterà il loro licenziamento dall'azienda, sono persone di età compresa tra i 35 e i 55 anni e quindi con oggettive difficoltà di ricollocazione nel mondo del lavoro,

impegna il Governo:

a promuovere l'intervento immediato atto a salvaguardare i livelli occupazionali dei tredici lavoratori di Micron sopraindicati, assicurando loro l'assunzione prima della scadenza del loro periodo di cassa integrazione stabilito al 22 luglio 2015, in STMicroelectronics Holding N.V, in considerazione del fatto che la stessa è società direttamente partecipata al 50 per cento del Ministero dell'Economia e delle finanze.
(7-00680) «Tripiedi, Cominardi, Ciprini, Chimienti, Dall'Osso, Lombardi, Carinelli, Pesco, Alberti, Villarosa, Cancelleri, Colonnese, Micillo».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    le più recenti misure di revisione della Politica comune della pesca sviluppate nell'ambito dell'Unione Europea vanno inserite nel contesto della Politica marittima Integrata (IMP, COM (2007) 575), che ha stabilito un'architettura generale delle politiche marittime integrando una serie di strumenti trasversali rispetto ai diversi usi cui l'ambito marittimo è sottoposto. Tra questi ricordiamo in particolare in questa sede la Marine Strategy Framework Directive (MSFD, 200B/56/EC), la Blue Growth (COM (2012) 494), ed il Maritime Spatial Planning (COM (2013) 133);
    questi strumenti legislativi mirano a conseguire un uso armonico dell'insieme delle risorse marine, fornendo strumenti pianificatori rivolti a favorire una crescita economica associata ai diversi usi del mare;
    in particolare, la direttiva quadro strategia marina 2008/56/CE (Marine Strategy) mira a monitorare e a migliorare lo «stato di salute» dell'ambiente marino nelle acque poste sotto la sovranità o di pertinenza degli Stati membri, al fine di pervenire ad un uso delle varie risorse marine che non provochi a lungo termine gravi alterazioni dell'ambiente marino. Più recentemente l'Unione Europea ha anche sviluppato una strategia di supporto allo sviluppo sostenibile della crescita dei settori marittimi nel loro insieme, denominato Blue growth (Crescita blu, COM (2012) 484). Questa Direttiva ha come obiettivo prioritario lo sviluppo di settori che hanno un elevato potenziale per lo sviluppo di opportunità occupazionali. In questo contesto si inserisce la Direttiva sulla Pianificazione dello spazio marittimo (Maritime Spatial Planning, COM (2013)133), che mira invece a creare un quadro comunitario al fine di favorire uno sviluppo armonico dei diversi usi del mare, in un contesto di pianificazione dei diversi settori economici che sia anche in questo caso trasparente ed armonico. Tale Direttiva richiede che gli Stati membri forniscano informazioni rispetto alla pianificazione dell'utilizzo del mare per i maggiori settori economici, ivi inclusi la pesca e l'acquacoltura;
    lo sviluppo di questi strumenti legislativi indica che la Gestione marittima integrata del mare mira a conseguire un uso sostenibile dell'ambiente marino nel suo complesso ed allo stesso modo a gestire l'uso del mare in un contesto multi-settoriale;
    va infatti sottolineato che, negli ultimi anni, la gestione della pesca e delle risorse biologiche marine si sta progressivamente trasformando da un approccio legato alla singole specie oggetto di sfruttamento, in un approccio multispecifico, che tiene in considerazione gli effetti dello sfruttamento anche sulle specie non bersaglio (by catch) e sull'intero ecosistema marino, di cui le comunità ittiche sfruttate dalla pesca fanno parte;
    di contro, l'evidente stato di crisi delle risorse europee e la conseguente necessità di ridurre il livello del loro sfruttamento spiegano perché a livello comunitario siano state introdotte misure sempre più rigide in materia di pesca;
    i Regolamenti (CE) 2371/2002 e (UE) 1380/2013 hanno fissato per la Politica Comune della Pesca dell'Unione europea l'obiettivo di raggiungere il rendimento massimo sostenibile («Maximum Sustainable Yield», MSY) – ossia il massimo livello di catture che le singole popolazioni oggetto di pesca possono sopportare in maniera stabile in condizioni ambientali «medie» – o, in assenza di idonei dati scientifici per la definizione dello stesso MSY, di mantenere il prelievo di pesca entro «valori di riferimento» per alcuni indicatori dello stato delle popolazioni (ad esempio stabilità dei rendimenti di pesca su valori storicamente alti), onde garantire la sostenibilità ambientale a lungo termine delle attività di pesca e una gestione di tali attività in grado di conseguire vantaggi a livello socioeconomico e occupazionale, e di contribuire alla disponibilità dell'approvvigionamento alimentare;
    le possibilità di pesca devono essere fissate in conformità all'articolo 2, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1380 del 2013 (regolamento sulla PCP), e dunque in linea con l'obiettivo di ricostituire gradualmente e mantenere le popolazioni degli stock ittici al di sopra dei livelli di mortalità da pesca coerenti con il rendimento massimo sostenibile. L'obiettivo dell'MSY va raggiunto per quanto possibile entro il 2015 e comunque, in modo progressivo, entro il 2020 per tutti gli stock ittici, sulla base di adeguate informazioni scientifiche;
    per quanto riguarda la pesca, l'area mediterranea rappresenta una grande opportunità non solo di tipo economico e commerciale, ma anche per una gestione unitaria e sostenibile delle risorse, della politica ambientale e della ricerca;
    nel Mediterraneo la regolamentazione della pesca è principalmente basata sulla limitazione dello sforzo attraverso misure di fermo temporaneo dell'attività di pesca, che possono produrre riduzioni dello sforzo, su scala annuale, fino al 20 per cento;
    il fermo pesca biologico, attivato nel nostro Paese, da ultimo, in attuazione della normativa comunitaria recata dal regolamento (CE) n. 1198 del 2006 relativo al Fondo europeo per la pesca (FEP), è una della misure obbligatorie utili a preservare gli stock ittici e a contribuire al ripopolamento della flora e della fauna acquatiche gravemente compromesse, nel corso degli anni, da catture eccessive e da sistemi di pesca inadeguati;
    in virtù di tale arresto temporaneo, comunemente detto «fermo biologico», per le navi da pesca autorizzate ad esercitare l'attività di pesca con il sistema strascico e/o volante, iscritte nei compartimenti marittimi nazionali, ogni anno viene disposta l'interruzione temporanea obbligatoria delle attività di pesca per un periodo che va da 4 a 6 settimane, nel rispetto dei periodi contemplati nei piani di gestione, attualmente compresi tra il 15 giugno e il 15 settembre;
    la normativa europea reca disposizioni specifiche in materia di aiuti pubblici per l'arresto temporaneo della pesca da erogare ai pescatori, tramite cassa integrazione in deroga, e agli armatori, tramite risorse comunitarie, a parziale indennizzo del mancato reddito derivante dall'interruzione della loro attività;
    in particolare, gli armatori usufruiscono di un contributo derivante dalle risorse del FEP/FEAMP che opera quale strumento finanziario comunitario volto a contribuire alla promozione dello sviluppo sostenibile nel settore della pesca, delle zone di pesca e della pesca nelle acque interne;
    il contributo derivante dalle risorse FEP/FEAMP è messo a disposizione dalle Regioni: infatti, per il FEP/FEAMP è prevista la presentazione di un piano strategico e un programma operativo nazionale;
    il 30 ottobre 2014, in occasione della manifestazione nazionale «Blue day» ad Augusta, il ministro Martina ha affermato che nella nuova programmazione sono disponibili 1 miliardo di fondi da utilizzare «per contrastare la crisi e dare un futuro concreto all'intera filiera ittica... il nostro obiettivo principale è sostenere l'occupazione, il reddito e l'attività stessa dei nostri pescatori, rilanciando la pesca in termini strategici attraverso un progetto complessivo di medio e lungo periodo»,

impegna il Governo:

   a prevedere un rafforzamento della ricerca scientifica connessa alla biologia ittica e all'ecosistema marino, con l'obiettivo di acquisire elementi conoscitivi aggiornati e completi sulla consistenza delle specie target catturate a fini commerciali, presupposto imprescindibile per la definizione di Piani pluriennali di pesca conformi all'obiettivo del rendimento massimo sostenibile;
   ad assumere, nell'ambito dei periodi contemplati nei piani di gestione, un approccio flessibile rispetto all'autonomia di scelta delle singole marinerie, in aree omogenee, del periodo obbligatorio di 30 giorni del fermo pesca biologico, ovvero a prendere in considerazione in alternativa al fermo di tempo il concetto di fermo di spazio;
   a sostenere il perseguimento delle finalità del FEAMP (Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca), in particolare quanto ai temi della competitività delle piccole e medie imprese del settore della pesca e dell'acquacoltura, in tal modo preservando l'ambiente e favorendo l'uso razionale delle risorse, naturalmente in coerenza con la politica nazionale e i relativi interventi previsti dal Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura;
   a promuovere un'occupazione sostenibile nel comparto ittico e nell'acquacoltura anche dal punto di vista della creazione di nuove ed integrative opportunità di reddito, a supporto dello sviluppo e della multifunzionalità delle imprese di settore, in senso integrato con la sostenibilità ambientale;
   a sostenere il rafforzamento del ruolo e dell'azione della Commissione generale pesca nel Mediterraneo (CGPM), in particolare riguardo alla necessità di tenere in adeguata considerazione le specificità della pesca nel bacino del Mediterraneo, anche in relazione alle difformità di regolamentazione e, pertanto, alla coesistenza economica con le flotte dei Paesi non comunitari del Mar Mediterraneo, non soggette alla disciplina uniforme europea, e realizzando altresì coordinate azioni con i Paesi comunitari;
   a rafforzare gli strumenti per l'effettiva operatività delle aree di ripopolamento, già individuate nei vari GSA e non ancora realizzate, utilizzando le indicazioni della Nuova politica comune della pesca anche al fine di individuare nuove aree di ripopolamento.
(7-00681) «Venittelli, Oliverio, Capozzolo, Luciano Agostini, Ginoble, Arlotti, Covello, D'Incecco, Minnucci, Amato, Cova, Antezza, Borghi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   gli eventi meteorici di straordinaria portata e costante intensità, che hanno colpito la Regione Sicilia negli scorsi mesi, hanno causato danni ingenti sia alla popolazione che ai territori, per l'emergenza frane e il dissesto idrogeologico;
   in particolare, la pioggia intensa ha provocato danni alle abitazioni, si sono verificate frane e smottamenti, strade di primaria importanza risultano intransitabili rendendo isolati molti comuni, l'agricoltura è stata messa in ginocchio poiché le colture risultano danneggiate e i terreni allagati, molti fiumi sono straripati interrompendo i collegamenti viari e ferroviari;
   molti comuni dell'isola risultano isolati e molte famiglie sono state evacuate dalle loro abitazioni, risultando ancora oggi senza una casa;
   sono necessari interventi urgenti e immediati per ripristinare la viabilità soprattutto delle strade provinciali e comunali, oggetto di frane e smottamenti nonché per sostenere gli agricoltori e gli allevatori la cui annata agraria è pesantemente compromessa e per ripristinare le condizioni affinché le famiglie evacuate ritornino ad avere una dignitosa dimora;
   il blocco del traffico autostradale fra Palermo e Catania, a causa del collasso del viadotto Himera della A19, ha determinato un aumento del traffico nelle strade alternative provinciali e comunali, già peraltro in condizioni di totale abbandono e degrado, oggetto di mancata manutenzione negli ultimi anni;
   il servizio di protezione civile regionale ha stimato i suddetti danni in svariati milioni di euro;
   lo stato di emergenza era già stato chiesto con l'interpellanza urgente del 18 marzo 2015 a prima firma dell'interrogante;
   la regione siciliana con successiva deliberazione n. 95 del 15 aprile 2015, ha effettuato una ulteriore e definitiva ricognizione dei danni provocati dai nubifragi per aggravamento criticità regionali a seguito degli eventi meteo avversi di cui alla deliberazione n. 76 del 12 marzo, per complessivi euro 345.643.990,130;
   la settimana scorsa sono stati già effettuati i sopralluoghi da parte della Protezione civile Nazionale, che ha potuto constatare la gravità dei danni;
   lo stato in cui versano le popolazioni siciliane è di totale abbandono e impotenza di fronte ai danni causati dall'emergenza maltempo che ha isolato molte comunità e reso impossibile i collegamenti viari –:
   se non ritenga urgente dichiarare lo stato di emergenza e intervenire con propria ordinanza di protezione civile a favore della popolazione siciliana (giusta richiesta del Presidente della regione siciliana), affinché si rispristinino le normali condizioni di percorribilità delle strade di collegamento con i vari assi viari, intervenendo soprattutto nella viabilità secondaria, oggi l'unica in grado di assicurare i collegamenti tra le comunità e valutando nel contempo di assumere iniziative per concedere la deroga al patto di stabilità ai comuni che hanno la disponibilità di risorse proprie, e limitatamente ai soli interventi per fronteggiare l'emergenza.
(2-00975) «Ribaudo, Culotta, Amoddio, Burtone, Lauricella, Giuliani, Marrocu, Porta, Chaouki, D'Ottavio, Rossomando, Gribaudo, Schirò, Boccuzzi, Coccia, D'Arienzo, Minnucci, Massa, Ventricelli, Capodicasa, Taranto, Causi, Cardinale, Piccione, Piccoli Nardelli, Moscatt, Berretta, Raciti, Zappulla, Greco, Albanella, Gullo, Vecchio, Iacono, Currò, Catalano, Rigoni, Parisi, Marantelli».

Interrogazione a risposta orale:


   VALLASCAS, DELLA VALLE, CIPRINI, MICILLO, L'ABBATE, NICOLA BIANCHI e DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione Report del 10 maggio 2015 ha trasmesso una puntata sui debiti lasciati dall'Unità dopo il fallimento del 1994. Non soltanto non sono mai stati pagati, ma sono stati trasferiti a carico dello Stato. Ciò significa che a pagare alla fine rischiano di essere i contribuenti;
   oggi finanziatori, giornalisti e fornitori sono costretti a fare i conti con la messa in liquidazione de Nuova Iniziativa Editoriale (la società editrice che ha portato i libri in tribunale nonostante 60 milioni di contributi pubblici incassati in 14 anni di gestione), ci sono anche i debiti della «passata» Unità; a circa 110 milioni di euro ammonta il vecchio debito accumulato dal giornale, fino al 1994 gestito direttamente dal Pds (nato dopo la fine del Pci);
   a svelarlo per primo era stato il giornalista del Corriere della Sera, Manuale Bonaccorsi, precisando come le banche creditrici – San Paolo per 32 milioni, Bnl per 82, 20 per Banco popolare (allora Ifibanca) – abbiano già battuto cassa a Palazzo Chigi per recuperare i fondi prestati al quotidiano fondato il 12 febbraio 1924 da Antonio Gramsci;
   tant’è vero che l'allora tesoriere del partito Pci-Pds-Ds e oggi presidente della Fondazione Ds, si trovò di fronte al maxi debito del partito, circa 447 milioni di euro. Un gran parte (125) derivanti dagli stessi mutui concessi al quotidiano, sui quali era già garante lo Stato, come sottolineò il Corsera. Come dimostra un documento esclusivo allora svelato dalla stesso giornale, l'obiettivo divenne allora «trasferire il debito del partito derivante dai mutui editoria allo Stato, il quale peraltro ne è già garante»;
   non fu un caso che nel 2007, prima della nascita del Pd, i Democratici di Sinistra blindarono il proprio patrimonio immobiliare – valutato per circa mezzo miliardo di euro – dentro a una Fondazione Ds. La stessa che a sua volta ha poi ceduto gli stessi immobili un sistema di 57 fondazioni locali, presenti in tutto il territorio nazionale. Soggetti giuridici indipendenti e autonomi che gestiscono ancora circa 2400 immobili. Ma non più connessi al partito. L'obiettivo come ricorda la trasmissione Report, proprio quello di «fare da schermo e diventare inattaccabili dai creditori»;
   dal 2008, dopo la nascita del Pd, la mole di debiti contratti dall'Unità non viene più pagata. E oggi resta a carico dello Stato, quindi dei contribuenti. Questo grazie ad una legge, varata nel 1998 dal Governo Prodi e che oggi non esiste più, che permise di trasferire la garanzia posta dallo Stato fin dal 1987 sui debiti dei quotidiani di partito «anche a soggetti diversi dalle editrici concessionarie». Specifica la legge: «La garanzia concessa a carico dello Stato è escutibile a seguito di accertata e ripetuta inadempienza da parte del concessionario»;
   in pratica, come ha ricordato la trasmissione Report, «se un partito, non è in grado di pagare i debiti dell'editore, e non ci sono altri beni aggredibili – come nel caso dei Ds, i cui immobili erano stati «blindati» con il sistema delle fondazioni; dovrà essere lo Stato, in quanto garante, a pagare le banche creditrici al posto dell'Unità e della Fondazione Ds inadempienti;
   le banche stesse hanno così prima ottenuto dal tribunale di Roma l'emissione di decreti ingiuntivi contro la presidenza del Consiglio dei ministri per riottenere i fondi prestati all'Unità. E ora il Tribunale ha deciso che entro 120 giorni il debito dovrà essere pagato. La Presidenza del Consiglio ha fatto opposizione, ma intanto, hanno precisato su Report, «bisogna scucire 95 milioni di euro», ovvero «il totale dei decreti ingiuntivi –:
   di quali elementi disponga in merito a quanto descritto in premessa;
   se trovi conferma quanto riportato dalla trasmissione Report e quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di evitare che i contribuenti italiani paghino i debiti di un giornale di partito. (3-01498)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel Documento di economia e finanza approvato il 10 aprile dal Consiglio dei ministri e dalle Camere il 23 aprile scorso sarebbe apparso un fondo, un «tesoretto», pari a circa 1,6 miliardi di euro da spendere in misure «per rafforzare l'attivazione delle riforme strutturali già avviate». Tutto qua, nessun'altra informazione è stata fornita dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   come riporta brillantemente un articolo pubblicato dal settimanale Panorama a firma della competente professoressa Veronica De Romanis, la parola «tesoretto» rischierebbe di trarre in inganno gli italiani;
   a far bene i conti non si tratta di risparmi arrivati all'improvviso, bensì di un maggiore debito che dovrà essere ripagato dalle future generazioni;
   il miliardo e 600 milioni di euro derivano dalla decisione del Governo di fissare al 2,6 per cento il disavanzo pubblico per l'anno in corso, 0,1 punti percentuali di Pil in più (pari appunto a 1,6 miliardi di euro) del disavanzo tendenziale, ossia quello che si sarebbe ottenuto in assenza di interventi di politica economica;
   questo finto, a giudizio dell'interrogante e della professoressa De Romanis, tesoretto ha scatenato dei veri e propri assalti nei riguardi del Governo anche in vista della prossima tornata elettorale in alcune regioni;
   questa nuova «torta» o «tesoretto» che molti vorrebbero spendere in maniera scriteriata richiede altri tagli della spesa pubblica nel prossimo futuro, nel 2016. L'anno, cioè, in cui il Governo si è impegnato ad effettuare un aggiustamento fiscale di un punto percentuale di Pil per disattivare le cosiddette «clausole di salvaguardia» ed evitare, così, l'incremento dell'Iva;
   questa eventualità nefasta, l'aumento dell'Iva, darebbe luogo ad una perdita di prodotto interno lordo di circa lo 0,7/0,8 per cento, quasi 16 miliardi di euro: sei miliardi da risparmi di spesa per interessi e maggiore crescita e dieci dalla «revisione della spesa» (sempre che non si aumentino ancora le tasse);
   i tagli della spesa pubblica sono stati sempre rinviati dai due ultimi Governi (Monti e Letta) introducendo le famose clausole di salvaguardia, che non rappresentano altro che un rinvio delle coperture finanziarie, per centrare gli obiettivi di bilancio concordati in sede europea;
   aggiungere il miliardo e 600 milioni di tesoretto ai 16 miliardi di tagli già «promessi» all'Unione europea oltre agli altrettanti 16 miliardi dovuti ai pensionati italiani a causa della recente sentenza della Corte Costituzionale sul blocco della rivalutazione monetaria introdotta dal Governo Monti, renderà l'aggiustamento fiscale ancora più difficile;
   a giudizio dell'interrogante e della professoressa De Romanis, il Governo dovrebbe finanziare le proprie politiche di contrasto alla povertà o di rafforzamento della crescita con tagli strutturali della spesa pubblica piuttosto che con misure «una tantum»;
   uno Stato con il 132,5 per cento di debito pubblico non può permettersi questo ulteriore «debitino» da 1,6 miliardi di euro –:
   quali serie iniziative intendano adottare i Ministri interrogati per favorire la crescita del prodotto interno lordo e per abbattere il debito pubblico. (4-09154)


   VALLASCAS, DELLA VALLE, CIPRINI, MICILLO, L'ABBATE, NICOLA BIANCHI e DA VILLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 12, commi dal 10 al 14, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ha i istituito i sistemi di sorveglianza e i registri di mortalità, di tumori e di altre patologie;
   in particolare, il comma 10 stabilisce che i citati sistemi di sorveglianza e i registri «sono istituiti ai fini di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, programmazione sanitaria, verifica della qualità delle cure, valutazione dell'assistenza sanitaria e di ricerca scientifica in ambito medico, biomedico ed epidemiologico allo scopo di garantire un sistema attivo di raccolta sistematica di dati anagrafici, sanitari ed epidemiologici per registrare e caratterizzare tutti i casi di rischio per la salute, di una particolare malattia o di una condizione di salute rilevante in una popolazione definita»;
   dal dettato del citato comma 10 emerge la straordinaria importanza della normativa che istituisce i registri tumori, soprattutto, per la sistematicità nella raccolta, classificazione e custodia dei dati relativi alla patologia, che permetterebbe di superare l'attuale situazione di frammentarietà e discontinuità della copertura territoriale;
   in base ai dati riportati dalla pubblicazione «I numeri del cancro 2014», frutto della collaborazione tra l'Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), attualmente sono operativi, in base alla normativa previgente, 45 registri tumori, 40 di popolazione (che raccolgono informazioni sui tumori dei cittadini di tutte le fasce di età) e 5 specialistici (suddivisi per fascia d'età o per tipologia dell'affezione tumorale);
   la rete italiana dei registri tumori, che da un confronto dei dati annuali risulterebbe in espansione, interesserebbe una popolazione di oltre 30 milioni di italiani, circa il 50 per cento del totale. Nel complesso la copertura risulterebbe non omogenea su tutto il territorio nazionale: ad eccezione del Friuli Venezia Giulia e dell'Umbria dove la copertura è regionale, hanno una copertura in ambito provinciale, comunale o di singola ASL;
   il comma 11 dell'articolo 12 recita «I sistemi di sorveglianza e i registri di cui al comma 10 sono istituiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali»;
   il comma 13 prevede, attraverso l'adozione di un regolamento su proposta del Ministro della salute, l'individuazione dei soggetti che possono avere accesso ai registri e i dati che possono conoscere, nonché le misure per la custodia e la sicurezza dei dati;
   il Governo, a seguito dell'esitazione dell'atto di sindacato ispettivo n. 5-02195 aveva fornito, nel mese di maggio del 2014, rassicurazioni in merito al fatto che fosse in corso la predisposizione dello schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con la previsione dell'elenco dei sistemi di sorveglianza e dei registri da istituire;
   a distanza di un anno dalle rassicurazioni fornite dal Governo, non si conoscono ancora le risultanze delle attività annunciate in sede parlamentare;
   i registri tumori rappresentano uno strumento di straordinaria importanza nelle attività di monitoraggio delle patologie oncologiche in Italia per la qualità e la quantità di dati raccolti e custoditi sull'incidenza delle affezioni tumorali, sulle terapie seguite e sugli esiti delle stesse, tutti elementi che potrebbero migliorare significativamente l'efficacia delle attività di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione;
   la ritardata adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e del regolamento di cui ai commi 11 e 13 dell'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, potrebbe determinare un forte rallentamento allo sviluppo dei registri tumori in Italia, riducendo, in tal modo, la portata degli effetti positivi che può garantire una copertura totale dell'attività di monitoraggio su tutto il territorio nazionale –:
   quale sia lo stato dell'arte nella predisposizione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e del regolamento di cui ai commi 11 e 13 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179;
   quali siano le cause che hanno impedito a tutt'oggi l'adozione delle disposizioni attuative dei commi 11 e 13 dell'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179;
   se non si ritenga opportuno accelerare la predisposizione degli atti necessari alla piena applicazione dell'articolo 12 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179.
(4-09157)


   VILLAROSA e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 agosto 2014 il primo firmatario del presente atto ha presentato l'interrogazione 4-05880 senza mai ricevere alcuna risposta. In quell'atto si evidenziava la singolare anomalia riguardante circa 100 lavoratori «abusivi» di Palazzo Chigi, 100 persone senza regolare contratto di lavoro;
   sempre nello stesso atto si menzionava anche il poliziotto Filippo Attili dislocato presso palazzo Chigi assegnato all'ufficio stampa dell'attuale Presidente del Consiglio con mansioni di foto-cameraman;
   il 22 aprile 2015 Il Fatto Quotidiano pubblica un altro interessante quanto sconcertante articolo centrato sulla figura del «Video-Poliziotto di Palazzo Chigi» Attili, si legge nell'articolo, già da qualche anno provava, tra l'altro riuscendoci parzialmente, ad inserirsi negli staff della comunicazione degli ultimi tre Presidenti del Consiglio;
   a fine 2014 il poliziotto acquisisce mansioni non inerenti ai compiti della divisa, pur conservandone l'intero stipendio. Il video-maker ottiene una indennità extra di circa 27.000 euro, da sommare allo stipendio relativo ad un lavoro che, di fatto, non svolge più;
   il caso di Attili, pur essendo il più clamoroso, è solo uno dei tanti osservabili a Palazzo Chigi. Sono tantissimi i «lavoratori» che prestano servizi non inerenti alle mansioni della divisa che indossano; infatti, anche per quanto riguarda gli agenti di polizia penitenziaria prestanti servizio al Ministero della giustizia, nei mesi scorsi, il Ministro aveva provato a fare rientrare in ruolo il personale, riuscendo però a restituire al Corpo di provenienza solo cinque unità;
   tutto ciò accade mentre i vari Corpi di polizia lamentano carenza di organico, nell'indifferenza del Governo e del Presidente del Consiglio, in particolare, che adotta un comportamento concreto che, a giudizio degli interroganti, finisce per peggiorare la già pessima situazione attuale –:
   quali siano le motivazioni che portano a scegliere personale appartenente ai vari Corpi di polizia al fine di far svolgere allo stesso compiti che di fatto nulla hanno a che fare col Corpo di appartenenza con lo stipendio pagato dai cittadini;
   se si intenda disporre immediatamente il rientro effettivo di Filippo Artini nel Corpo della polizia, o, in alternativa, valutare la compatibilità dell'attività di videomaker di Filippo Artini con la permanenza nel Corpo della polizia di Stato, evitando di mortificare, come ritengono gli interroganti, il Corpo medesimo nel suo insieme ed ogni singolo agente che giornalmente rischia la vita indossando, con onore, la divisa. (4-09172)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interpellanze:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   la legge 11 agosto 2014, n. 125 ha istituito la nuova «disciplina generale sulla cooperazione allo sviluppo»;
   il percorso attuativo della citata legge prevede, tra le altre cose, in particolare tre regolamenti attuativi, previsti dagli articoli 16 comma 1, 17 comma 13 e 20 comma 1, rispettivamente per l'istituzione del Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo, per l'adozione dello Statuto dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo nel quale sono disciplinate le competenze e le regole di funzionamento dell'agenzia e per il riordino e il coordinamento delle disposizioni riguardanti il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale in coerenza all'istituzione dell'Agenzia; 
   il decreto 28 novembre 2014 del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 10 dicembre 2014, ha istituito il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo, dando attuazione a quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, della legge;
   nello spirito della legge il nuovo Consiglio rappresenta lo strumento permanente di partecipazione, di consultazione e di proposta sulle scelte politiche, sulle strategie e sulla programmazione, nonché sulle forme di intervento, la loro efficacia, la valutazione delle stesse;
   la legge prevede che esso «esprime pareri», quindi, ad opinione degli interroganti e considerata la sua istituzione prima del compimento degli altri atti attuativi sarebbe stato opportuno nominare i suoi componenti e convocare il Consiglio per consultarlo sul processo attuativo in quanto «strumento permanente di partecipazione, consultazione e proposta» così come previsto dalla legge;
   il Vice Ministro Pistelli, in una intervista al magazine Vita del 19 dicembre 2014 aveva dichiarato che «entro fine anno, massimo inizio dell'anno prossimo, il Consiglio verrà convocato affinché inizi a pronunciarsi sulle nomine»;
   a circa 5 mesi dalla sua istituzione non è mai stato convocato e i suoi rappresentanti, circa cinquanta membri titolari, individuati tra quelli che la nuova legge definisce gli attori del sistema italiano della cooperazione, non sono ancora stati nominati;
   gli altri due regolamenti previsti dalle citate disposizioni della legge dovevano essere emanati entro 180 giorni dalla approvazione della legge n. 125 dell'11 agosto 2014; entro lo stesso termine doveva essere approvato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che determinava la dotazione organica dell'Agenzia;
   il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo (CICS) previsto dall'articolo 15 della legge non risulta essere mai stato convocato, così come non risulta essere approvato, come prevede la legge entro il 31 marzo, previa acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari, il Documento triennale di programmazione e di indirizzo della politica di cooperazione allo sviluppo –:
   quale sia lo stato di attuazione della legge n. 125 del 2014 alla luce delle considerazioni esposte in premessa e con particolare riferimento alla Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, alla riorganizzazione della direzione generale per la cooperazione allo sviluppo e al Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo.
(2-00971) «Palazzotto, Marcon, Melilla, Scotto».


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   a distanza di mesi dalla sentenza del giudice che ha disposto la loro scarcerazione, 3 marittimi italiani non possono ancora lasciare lo Stato del Gambia in quanto le Autorità di Polizia non rilasciano i loro passaporti: nei fatti 3 nostri connazionali sono in stato di «sequestro» in Gambia;
   si rende necessario un forte intervento della nostra diplomazia e del Governo italiano per tutelare cittadini italiani ingiustamente prima detenuti e ora trattenuti in Gambia contro la loro Volontà –:
   quali iniziative hanno sinora svolto il Ministero agli affari esteri e la nostra ambasciata competente per il Gambia per risolvere questa vicenda;
   quali siano i motivi di questa scelta inaccettabile del Governo della Gambia;
   quale intervento risolutivo si intenda assumere per porre fine alla sofferenza intollerabile di 3 cittadini italiani, e farli tornare in Italia.
(2-00974) «Melilla».

Interrogazione a risposta scritta:


   MANLIO DI STEFANO, DEL GROSSO, DI BATTISTA, GRANDE, SCAGLIUSI, SIBILIA e SPADONI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 4 maggio 2015, alcune organizzazioni della società civile palestinese hanno scritto una lettera alla Commissione dell'Unione europea per denunciare l'ennesima esercitazione militare svolta dall'esercito israeliano nella Valle del Giordano, territorio palestinese occupato;
   l'esercitazione militare, iniziata il 30 aprile 2015, ha interessato una vasta area intorno al checkpoint Hamra che comprende Humsa Fouqa, Khirbet Ibziq, al Borj, al Meeta e al Maleh. Le forze militari israeliane hanno costretto le comunità, prevalentemente agricole, che abitavano in quei territori, ad abbandonare le loro case e la loro terra. L'esercitazione ha provocato la distruzione di 4000 dunam (1 dunam equivale a 1000 metri quadrati) di coltura e alberi. Le comunità temono, inoltre, per la vita dei loro animali, fonte di sostentamento, e per i depositi d'acqua;
   gli addestramenti militari di Israele nella Valle del Giordano sono aumentati drasticamente dal 2012 e rappresentano un crudele escamotage per il trasferimento forzato della popolazione palestinese della cosiddetta Area C. Ciò avviene anche con altri mezzi tra i quali le demolizioni di edifici e la mancata erogazione di acqua;
   secondo l'OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs – Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari) circa il 18 per cento della Cisgiordania è stato dichiarato, in modo permanente, zona militare chiusa per la formazione;
   la dichiarazione di questa «firing zones» avviene in totale violazione del diritto internazionale e dei diritti umani quali il diritto alla vita, a un alloggio adeguato, l'accesso all'acqua e ai servizi igienici;
   la Corte penale internazionale ha definito il trasferimento forzato e arbitrario della popolazione come un crimine contro l'umanità se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro la popolazione civile;
   l'Unione europea ha già espresso non poche preoccupazioni per le politiche israeliane nell'Area C in quanto Si traducono in trasferimenti forzati che minano la fattibilità della soluzione dei due popoli e due Stati –:
   se sia a conoscenza dell'aumento degli addestramenti militari di Israele nella Valle del Giordano che contribuiscono al trasferimento sistematico della popolazione palestinese in piena violazione della legge internazionale;
   come intenda denunciare le politiche israeliane che rendono la presenza della popolazione palestinese nell'Area C, giorno dopo giorno, insostenibile;
   quali misure efficaci intenda adottare per far rispettare l'obbligo dei paesi terzi al fine di garantire il rispetto della IV Convenzione di Ginevra e norme imperative del diritto internazionale da parte di Israele. (4-09167)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   da alcuni anni si parla molto, soprattutto in seguito allo sviluppo delle radiofrequenze e onde libere per connessioni Wi-Fi, nella comunità internazionale dei danni derivanti dal meglio conosciuto inquinamento elettromagnetico. Problema sorto con lo svilupparsi delle apparecchiature Wi-Fi, computer, tablet, cellulari (telefonia mobile), microonde;
   questo abnorme e veloce sviluppo elettronico ha portato alla osservazione, alla conoscenza e alla presa di atto del fatto che detto sviluppo tecnologico è tutt'altro che innocuo e inoffensivo per il genere umano;
   studi e ricerche (ancora da approfondire) lamentano i gravi danni per la salute umana, soprattutto per bambini, adolescenti e donne in stato di gravidanza. Danni che hanno rilevanza importante e a volte mortale, come l'esponenziale aumento del tumori (+400 per cento), dei danni alle cellule celebrali, l'abbassamento del tasso di fertilità. Aumento notevole delle proteine da stress, danni all'apparato visivo, sfaldamento delle cellule dell'occhio, diminuzione del sonno, eccitabilità ed afasia dati dall'eccessivo uso del computer o del tablet;
   con ogni evidenza questi sono danni importanti dovuti non solo alle alte frequenze con lo sviluppo del calore (anche corporeo), ma portati anche dalle basse frequenze, che si scopre essere – anch'esse – tutt'altro che innocue. La comunità scientifica è fortemente preoccupata ed ha, recentemente, lanciato un appello/petizione, per correre ai ripari al più presto;
   l'evidenza della difficoltà che il problema rappresenta è evidenziata dal fatto che la nostra società è oramai tutta, e a tutti i livelli, fortemente improntata dall'uso dei supporti elettronici senza fili, come quelli in questione;
   la nostra legislazione, sebbene allarmata e articolata da tempo, risulta insufficiente alla sicurezza e alla salvaguardia delle specie umana in prima persona e anche alla salvaguardia delle risorse naturali stesse. Tutto ciò sebbene alcuni accorgimenti potrebbero, ad oggi, essere utilizzati. Come l'uso del legno più che dei metalli, il legno non è conduttore di onde elettromagnetiche, ed anche l'utilizzo di alcune piante che pare abbiano la capacità di assorbire le radiazioni così come, anche, alcuni minerali come la tormalina, il quarzo ed altri;
   la disinformazione generalizzata è il pericolo più importante ed imminente, l'uso indiscriminato delle tecnologie senza fili, utilizzate anche nelle scuole (asili nido, materne elementari, medie) e negli ospedali, è un dato di forte apprensione, essendo questi luoghi a forte rischio e con minore salvaguardia proprio perché legati alla minore possibilità di difesa del corpo stesso, sia per l'età dei soggetti che per i disagi fisici dei soggetti malati;
   come intendano adoperarsi in merito e se non ritengano opportuno aumentare il livello di guardia, sensibilizzando la popolazione sugli evidenti danni provocati dalle apparecchiature elettroniche, radio e comunicazione eccessivamente usate al giorno di oggi, ponendo, per esempio, un limite di età all'uso delle apparecchiature computer e cellulari, vietando l'uso degli stessi (se non per quelli a fibra ottica e via cavo) negli ambienti più a rischio –:
   se non ritengano di assumere iniziative per vietare l'uso di tali apparecchiature nelle scuole e negli ospedali, privilegiando l'uso di quelle a collegamento via cavo;
   se non sia opportuno riportare, assumendo iniziative per abrogare l'articolo 14 comma 8 del decreto-legge 179 del 2012, la misurazione dei campi elettromagnetici a 6 ore e non 24 come la suddetta legge prevede, accogliendo in toto l'appello per la difesa della salute dalle radiazioni a radiofrequenza e microonde come da lettera della task force sui campi elettromagnetici del 26 febbraio 2015.
(2-00972) «Melilla».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRAGA, MONTRONI, TARANTO, MARIANI, GADDA, STELLA BIANCHI, DONATI, BASSO, MANFREDI, DALLAI, COMINELLI, GIOVANNA SANNA, CARRESCIA, SENALDI e BINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il SISTRI, ovvero il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nato con l'idea di attuare una semplificazione del processo di gestione e tracciabilità dei rifiuti, avrebbe dovuto avere l'obiettivo di facilitare l’iter di tracciabilità dei rifiuti. In realtà, tra rinvii, abrogazioni e modifiche alla normativa, il SISTRI non ha mai di fatto soddisfatto le aspettative, inoltre sono stati sollevati molti dubbi relativamente alla trasparenza delle procedure di affidamento del sistema, avvenuto senza gara d'appalto, alla società SELEX del gruppo FINMECCANICA;
   è utile, altresì, ricordare che per il sistema Sistri non è stato mai effettuato alcun collaudo sebbene esso sia previsto dalla normativa vigente sugli appalti pubblici;
   ancora oggi, il sistema riscontra numerose criticità, dovute ai malfunzionamenti della tecnologia utilizzata (nella fase di riallineamento circa il 90 per cento delle imprese ha segnalato problemi nell'utilizzo dei dispositivi USB e black box o della stessa piattaforma); all'ingestibilità e all'inadeguatezza delle procedure e all'aumento dei costi per le imprese (20 volte superiori rispetto alle procedure cartacee);
   dal momento della sua istituzione ad oggi le imprese hanno dovuto fare i conti con enormi costi (contributi annuali, installazione delle black box e contratti per l'acquisto delle schede, ma anche formazione, acquisto delle necessarie dotazioni informatiche, veicoli fermi a causa dei danni causati dalle stesse black box, e altro), una normativa poco chiara e l'incapacità del soggetto gestore del SISTRI a fornire le adeguate risposte alle decine di migliaia di segnalazioni;
   il SISTRI comporterebbe, a regime, un costo complessivo per il Paese di 3 miliardi di euro all'anno, decuplicando gli oneri che le imprese attualmente sostengono per la corretta gestione dei rifiuti;
   il servizio di gestione del programma Sistri è stato affidato alla società Selex che continuerà gestirlo sino al 31 dicembre 2015 in base alla proroga del termine di efficacia del relativo contratto disposta con l'articolo 14, comma 2-bis, del decreto-legge n. 91 del 2014;
   la stessa disposizione normativa prevede che, entro il 30 giugno 2015, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare avvii le procedure per l'affidamento della concessione del servizio ad altro idoneo soggetto, nel rispetto dei criteri e delle modalità di selezione disciplinati dal codice degli appalti pubblici e dalle norme dell'Unione europea, nonché dei principi di economicità, semplificazione, interoperabilità tra sistemi informatici e costante monitoraggio tecnologico;
   nel definire un bando per l'affidamento del sistema di tracciabilità ai rifiuti, tale disposizione, anche secondo quanto espresso pubblicamente dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare rispondendo anche ai rilievi mossi da numerosi atti di sindacato ispettivo in Parlamento e anche dalle associazioni di categorie, avrebbe dovuto consentire il superamento dell'attuale sistema e delle relative criticità e una razionalizzazione del sistema;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in conformità alle previsioni normative di cui all'articolo 11, comma 9-bis, del decreto-legge n. 101 del 2013, ha ritenuto di avvalersi della società Consip, la quale, una volta individuate e definite le modalità e le condizioni, anche operative, per la concessione del servizio, procederà alla indizione e alla gestione della gara pubblica;
   Consip pubblicherà entro il 30 giugno 2015 una iniziativa di gara europea che avrà come oggetto la presa in carico dell'attuale servizio; l'analisi di dettaglio delle nuove funzionalità, tenuto conto anche dei requisiti proposti dagli stakeholder; la progettazione, la realizzazione e la gestione dei servizi –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno sospendere non solo l'operatività del SISTRI ma anche il pagamento dei contributi annuali ed il relativo regime sanzionatorio, attraverso l'abrogazione delle modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotte dai diversi provvedimenti che hanno riguardato il SISTRI, mantenendo in essere il regime cartaceo nel periodo necessario a garantire la tracciabilità dei rifiuti in attesa della definizione di un nuovo sistema informatico o introducendo immediatamente l'obbligo della compilazione telematica del MUD da parte dei gestori e dei produttori;
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover affidare tramite un bando di gara la realizzazione di una nuova piattaforma tecnologica, mantenendo in campo ad un soggetto istituzionale l'affidamento della gestione del sistema di tracciabilità dei rifiuti;
   se il Ministro interrogato non ritenga di rendere noti i punti essenziali che dovranno essere la base del nuovo contratto di affidamento e del nuovo regolamento del sistema di tracciabilità dei rifiuti, in ossequio a quanto previsto nel codice degli appalti, garantendo la dovuta trasparenza e legalità, ribadito che, a fronte della grave pervasività delle ecomafie nel ciclo dei rifiuti, la tracciabilità degli stessi e il loro smaltimento corretto senza danni per l'ambiente e i cittadini sono assolutamente necessari. (5-05586)

Interrogazione a risposta scritta:


   REALACCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi rapporti Istat, rispetto agli anni precedenti, si segnala che in Italia la quantità dei prodotti fitosanitari distribuiti per essere utilizzati nel trattamento delle coltivazioni agricole risulti in calo del 5,7 per cento rispetto all'anno precedente considerato e addirittura del 19,8 per cento se ci si confronta con il 2002. Diminuisce rispetto al passato sia la quantità di prodotti nocivi, sia di quelli molto tossici e tossici rispettivamente del 15,6 per cento e 3,8 per cento;
   nel nostro Paese si riduce anche la quantità dei principi attivi consentiti in agricoltura biologica e contenuti nei prodotti fitosanitari (-8 per cento rispetto al 2011). La contrazione dei principi attivi, insieme con quella dei formulati che li contengono, determina anche una riduzione nella concentrazione delle sostanze attive presenti nei prodotti fitosanitari, che, rispetto al 2011, scende dal 49,6 al 46,1 per cento;
   il tema di EXPO Milano 2015 è «Nutrire il pianeta, energia per la vita» e intende includere tutto ciò che riguarda l'alimentazione, importantissima per la salute di ogni persona, dall'educazione alimentare alla grave mancanza di cibo che affligge molte zone del mondo, alle tematiche legate alla riduzione dell'uso dei pesticidi agli OGM;
   recentemente, come si evince da un'intervista apparsa sul Corriere della Sera del 1o maggio 2015, il Ministro dell'ecologia, dello sviluppo sostenibile e dell'energia Ségolène Royal ha dichiarato un impegno del Governo francese nelle riduzione dell'uso dei pesticidi in agricoltura e ha stabilito il completo divieto da fine 2016 della polverizzazione di pesticidi di pesticidi in città, villaggi e generalmente in spazi pubblici e, in particolare, sarebbe fatto «divieto alle persone pubbliche di utilizzare o far utilizzare agrofarmaci per la cura di spazi verdi, foreste, strade per passeggiate, accessibili o aperte al pubblico» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza delle citate misure assunte dal Governo francese e quale sia la posizione del Governo italiano in merito;
   quali iniziative urgenti intendano mettere in campo per arrivare prima alla riduzione e gradualmente al divieto dell'uso dei pesticidi nel trattamento del verde pubblico e del verde negli spazi pubblici. (4-09160)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DURANTI e VICO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 gennaio 2014, con scadenza il 13 febbraio 2014, è stato bandito un «Concorso per esami e per titoli per il reclutamento di 342 allievi carabinieri effettivi in ferma quadriennale, riservato, ai sensi dell'articolo 2201, comma 1, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze Armate in ferma prefissata di un anno raffermati ovvero in congedo e, ai sensi del Decreto Legislativo 21 gennaio 2011, n. 11 ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo»;
   a seguito del normale iter concorsuale, in data 9 settembre 2014, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, con avviso su sito «www.carabinieri.it» ha comunicato l'approvazione della graduatoria finale di merito aumentando i posti disponibili da 342 a 532;
   complessivamente, in seguito alla valutazione concorsuale, il totale degli idonei è stato di 606. Di conseguenza sono stati 74 gli idonei non prescelti;
   in base a quanto previsto dalla «legge del 30 ottobre, n. 125 (G.0 n. 255 del 30 ottobre 2013) — Conversione in legge del decreto 31 agosto 2013, n.101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle Pubbliche Amministrazioni», gli idonei non prescelti dovrebbero essere incorporati in caso di nuovo bando di concorso, così come già avvenuto per gli idonei non vincitori del concorso per 1886 allievi carabinieri del 2012;
   in data 25 aprile 2015, con scadenza 25 maggio 2015, è stato bandito il «Concorso, per esami e titoli, per il reclutamento di 602 allievi Carabinieri effettivi, riservato, ai sensi dell'articolo 2199 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, ai volontari delle Forze Armate in ferma prefissata di un anno o quadriennale ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo e, ai sensi del decreto legislativo 21 gennaio 2011, n. 11, ai concorrenti in possesso dell'attestato di bilinguismo»;
   il limite di età per l'accesso al concorso del 2014 era fissato a 30 anni, mentre per il concorso bandito il 25 aprile 2015, suddetto limite è stato portato a 28 anni –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, e come intenda rispettare il diritto degli allievi idonei non prescelti nel concorso del 15 gennaio 2014 ad essere incorporati fra i vincitori del concorso in atto, anche derogando per loro il limite di età di 28 anni inserito con il nuovo concorso.
(5-05599)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRUSONE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   a Castellaneta (TA) ha sede la tenenza della Guardia di finanza che ha come competenza una vasta area formata dai comuni di Ginosa, Laterza, Castellaneta, Mottola, Palagianello, Palagiano;
   la sede è ubicata al piano terra di un immobile di proprietà del comune di Castellaneta;
   tale immobile è un condominio dove risiedono civili ed è privo di difese passive, condizione piuttosto particolare per una forza di polizia ad ordinamento militare;
   in seguito ad un'ispezione dell'interrogante, che ha riscontrato comunque l'operosità dei presenti nonostante le condizioni, è apparsa evidente la collocazione piuttosto di fortuna di questa tenenza che necessita non solo di maggiori spazi ma di un'adeguata sede;
   in tale occasione si è poi venuti a conoscenza della possibilità di ampliamento dello spazio a disposizione prendendo in affitto un ulteriore locale collocato dall'altra parte dell'atrio del condominio che porterebbe ad un aumento degli spazi a disposizione ma che creerebbe una situazione particolare, in quanto per transitare una zona all'altra degli uffici, si dovrebbero utilizzare passaggi in zone comuni del condominio;
   nella zona di competenza sono presenti alcune realtà imprenditoriali che necessitano di un sostegno costante del Corpo della guardia di finanza;
   nonostante le condizioni di disagio si cerca di operare al meglio con le risorse a disposizione –:
   se il Ministro sia al corrente della disorganizzazione infrastrutturale dell'immobile in affitto della tenenza della Guardia di finanza di Castellaneta ed, in particolare, dello stato di disagio in cui gli operatori sono chiamati ad operare;
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro stia programmando per risolvere il problema che coinvolge non solo il comune di Castellaneta ma tutti i comuni limitrofi. (5-05588)


   ARLOTTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il paragrafo 1 dell'articolo 18 della Convenzione Italia — San Marino contro le doppie imposizioni entrata in vigore il 1o gennaio 2014 prevede che «fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell'articolo 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato Contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in questo Stato»;
   secondo quanto previsto dal commentario all'articolo 18, paragrafo 1, del modello OCSE, le tipologie di pagamento ricomprese nell'ambito di applicazione dell'articolo 18 includono non solamente le pensioni pagate direttamente all'ex dipendente ma anche agli altri beneficiari (ad esempio al consorte sopravvissuto, agli accompagnatori o ai figli dei dipendenti) nonché ai compensi corrisposti relativamente a un passato rapporto di lavoro e alle pensioni relative ai servizi resi a uno Stato o a una sua suddivisione politica o ente locale, che non rientrano nelle disposizioni di cui al paragrafo 2 dell'articolo 19;
   il paragrafo 3 dell'articolo 18 della predetta Convenzione prevede che «nonostante le disposizioni del paragrafo 1 (...), le pensioni e altri pagamenti analoghi ricevuti nell'ambito della legislazione di sicurezza sociale di uno Stato Contraente sono imponibili soltanto in detto Stato»;
   secondo quanto previsto dal suddetto Commentario all'articolo 18 del Modello OCSE (paragrafo 28), l'espressione «sicurezza sociale» si riferisce a un sistema di protezione obbligatoria istituito da uno Stato con l'obiettivo di garantire ai propri cittadini un livello minimo di reddito o di benefici pensionistici o di ridurre l'impatto finanziario di eventi quali disoccupazione, invalidità, malattia, o morte;
   secondo la «Circolare Esplicativa dell'Ambito di Applicazione dell'articolo 18, paragrafi 1 e 3 della Convenzione contro le doppie imposizioni — sottoscritta con la Repubblica Italiana — 30 gennaio 2014», num. 00014227/2014 del 7 febbraio 2014 della segreteria di Stato Finanze e Bilancio della Repubblica di San Marino, rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 18 paragrafo 1 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-San Marino le pensioni erogate in via facoltativa sulla base di una contribuzione volontaria del lavoratore e ne deriva che, le pensioni in commento, qualora corrisposte, su base facoltativa, da parte di un ente sammarinese nei confronti di una persona fisica residente nel territorio dello Stato italiano ai sensi dell'articolo 4 della stessa Convenzione, sono imponibili soltanto in Italia;
   per converso in base alla medesima circolare rientrano nell'ambito di applicazione dell'articolo 18 paragrafo 3 della Convenzione contro le doppie imposizioni Italia-San Marino le seguenti prestazioni pensionistiche, in quanto previste come obbligatorie nell'ambito della vigente legislazione sammarinese sulla sicurezza sociale: le pensioni corrisposte dall'Istituto per la sicurezza sociale sammarinese ai residenti italiani, ivi comprese le pensioni corrisposte ai superstiti e le pensioni di reversibilità; le pensioni di Stato, e, in generale, tutte le pensioni corrisposte e obbligatorie in virtù di una disposizione normativa sammarinese, ivi comprese le pensioni corrisposte ai superstiti e le pensioni di reversibilità; pertanto, l'ente sammarinese che eroga le prestazioni pensionistiche deve operare la ritenuta a titolo d'imposta;
   la direzione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia delle entrate ha recentemente risposto all'interpello di un titolare di una pensione diretta erogata dallo Stato di San Marino, maturata a seguito di contribuzione versata per avere svolto attività di lavoro dipendente come frontaliere, asserendo nel proprio parere che la pensione stessa risulterebbe assoggettabile a imposizione esclusivamente in Italia, quale Stato di residenza;
   nella risposta la suddetta direzione ha affermato che «le pensioni erogate al residente di uno Stato in relazione ad un cessato impiego sono imponibili soltanto nello Stato di residenza del beneficiario (nel caso in specie in Italia), cui compete una potestà impositiva esclusiva»;
   ad abundantiam nella stessa risposta si dice che «ad ogni buon conto, qualora il signor (...) subisse una misura impositiva sul medesimo reddito anche da parte dell'autorità sammarinese, si ricorda la possibilità di esperire la richiesta di apertura di procedura amichevole (MAP) di cui all'articolo 25 della Convenzione»;
   la risposta chiude facendo presente che «nella situazione sopra descritta, resta esclusa la possibilità di fruire del credito di imposta previsto dall'articolo 165 del TUIR»;
   tale parere appare in netto contrasto con quanto dispone il comma 3 dell'articolo 18 dell'Accordo contro le doppie imposizioni sottoscritto e ratificato da Italia e San Marino ed entrato in vigore il 1o gennaio 2014, e rischia di aprire una questione decisamente critica per i 1.468 titolari di pensione ISS che risiedono fuori del territorio della Repubblica di San Marino (per un totale delle pensioni erogate mensilmente pari a 1.083.798,89 euro);
   l'Agenzia delle entrate, interpellata nell'aprile dello scorso anno, ha chiarito nella risposta a firma dell'allora direttore Attilio Befera che la Cassazione sez. tributaria n. 1550/2012 ha ricompreso nella nozione di sicurezza sociale sia il trattamento assistenziale, sia quello previdenziale, confermando così la correttezza dell'impostazione data dalla segreteria di Stato alle finanze della Repubblica di San Marino, che ha applicato la tassazione diretta da gennaio 2014 così come prevedono i parametri internazionali e il commentario Ocse in questo caso per i redditi prodotti a San Marino;
   si è ancora in assenza di risposte da parte della Commissione tecnica prevista dall'Accordo contro le doppie imposizioni che ad oggi, nonostante i solleciti dal sottoscritto fatti, non ha assunto una decisione univoca e dirimente;
   sono 1.468 titolari di pensione ISS che risiedono fuori del territorio della Repubblica di San Marino (per un totale delle pensioni erogate mensilmente pari a 1.083.798,89 euro) –:
   alla luce di quanto esposto e dell'interpretazione data dalla direzione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia delle entrate, e in presenza di evidenti contraddizioni, se il Ministero interrogato non ritenga necessario un chiarimento urgente e definitivo in merito al tema della tassazione delle pensioni dei frontalieri italiani che percepiscono la pensione dall'ISS, che in questi giorni sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi.
(5-05589)


   CURRÒ. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Milazzo, con delibera del Commissario ad acta n. 2 dell'11 gennaio 2013, ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario;
   secondo l'articolo 251 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL) nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della delibera il consiglio dell'ente o il commissario nominato è tenuto a deliberare per le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto;
   al comma 2, si chiarisce che la delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato;
   secondo il comma 3 per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. Resta fermo — ai sensi del comma 4, il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse, nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio;
   secondo il comma 5, per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere, per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto;
   infine, per il comma 6, le delibere devono essere comunicate alla Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai predetti commi sono sospesi i contributi erariali;
   conseguentemente all'applicazione della disciplina del TUEL con delibera del commissario straordinario n. 1 del 24 febbraio 2013 sono state innalzate alla misura massima le tariffe, imposte e tasse locali, a seguito della sopra citata dichiarazione di dissesto;
   con decreto del Ministero dell'interno del 13 novembre 2014 è stato approvato il bilancio stabilmente riequilibrato del comune di Milazzo e sono state disposte delle prescrizioni da osservare;
   il decreto ministeriale di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato recita testualmente: «l'ente, al fine di mantenere la corretta ed equilibrata gestione del bilancio e garantire la stabilità della stessa, è tenuto allo scrupoloso rispetto di tutte le prescrizioni contenute nell'allegato A) che costituisce parte integrante e sostanziale del presente decreto.»;
   le prescrizioni standard, allegate al decreto del Ministero dell'interno di approvazione dell'ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, impongono testualmente: «... di applicare e riscuotere l'imposta municipale propria sperimentale ai sensi dell'articolo 13, comma 6 e seguenti del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 214 del 2011, in sostituzione dell'ICI e dell'IRPEF fondiaria, nell'aliquota massima ivi stabilita; ... di applicare e riscuotere la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (TOSAP) nelle misure massime deliberate ai sensi dell'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 e relativo regolamento comunale, avendo cura di disporre gli adeguamenti annuali dallo stesso previsti tenendo debito conto della rivalutazione annuale sulla base dell'indice ISTAT di cui all'articolo 63, comma 2, lettera f), punto 4 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; di deliberare, applicare e riscuotere, ai sensi dell'articolo 251, comma 3, del TUOEL, per le imposte e le tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita con efficacia per il numero di anni necessario al raggiungimento del quinquennio a decorrere dall'esercizio finanziario 2013»;
   con delibera di giunta del comune di Milazzo n. 57 del 30 aprile 2015 sono state rideterminate le aliquote Imu, Tosap e Irpef, riducendole, si sostiene, in applicazione del contenuto dell'articolo 1, comma 157, della legge n. 662 del 1996;
   secondo l'articolo 1, comma 157, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 «sono esonerati dall'applicazione obbligatoria degli aumenti delle aliquote massime di imposte e tasse comunali, come ridetermina dalla presente legge, gli enti locali dissestati che presentino consuntivi in attivo, per due esercizi finanziari consecutivi, della gestione riequilibrata»;
   la delibera n. 54/2009/PAR della Corte dei conti — sezione regionale di controllo per la Calabria, recita testualmente «... la Corte ritiene doversi osservare come le decisioni di politica fiscale e tariffaria, assunte dall'Amministrazione comunale nell'ambito delle rigorose e vincolanti norme in materia di dissesto finanziario degli enti locali, non siano suscettibili di modifica. Le determinazioni della misura delle aliquote e degli assetti tariffari costituisce, infatti, nel caso di dissesto, e per il periodo dei cinque anni previsti dalla norma, espressione diretta di un obbligo in capo all'Amministrazione, rispetto al quale la stessa impegna la propria responsabilità, correlata alla capacità di gestione delle risorse previste al fine del raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio delineati dalla deliberazione dello stato di dissesto, che non è revocabile»;
   la recente delibera n. 28/2015/PAR della Corte dei conti — sezione regionale di controllo per la Toscana — che conferma la disposizione normativa enunciata dal sopra citato articolo 251 del TUEL, che prevede di fissare nella misura massima consentita le imposte e tasse locali di spettanza dell'ente per un numero di anni necessario al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti in premessa in riferimento agli atti adottati dal comune di Milazzo;
   se ritiene che il combinato disposto tra l'articolo 251 del decreto legislativo n. 267 del 2000 e l'articolo 1, comma 157, della legge n. 662 del 1996 possa ingenerare confusione o conflitti interpretativi determinando da parte degli enti locali applicazione disomogenee delle medesime previsioni;
   se ritenga di dover intraprendere iniziative, anche di natura normativa, conseguentemente alle valutazioni che al riguardo dovesse formulare. (5-05591)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BECATTINI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riporta un articolo pubblicato il 12 aprile 2015 sul sito www.redattoresociale.it, una donna, di professione cancelliera presso il Tribunale di Monza, sarebbe stata costretta a dimettersi in quanto non avrebbe ottenuto un avvicinamento ai genitori disabili residenti a Ravello (SA);
   la signora infatti, pur potendo accedere ai benefici previsti dalla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e, i diritti delle persone handicappate), non sarebbe riuscita ad ottenere né un trasferimento dal tribunale di Monza a quello di Salerno, né l'aspettativa, né il part-time;
   la signora pertanto si sarebbe trovata nella difficile condizione di dover scegliere tra il mantenere il lavoro e la cura dei propri genitori disabili, optando per quest'ultima scelta;
   lo scopo principale della legge 5 febbraio 1992 n. 104 è quello di superare gli ostacoli che si frappongono tra le persone con handicap ed una loro migliore integrazione, con benefici tendenti a favorire il più completo inserimento del disabile nel contesto sociale, realizzando in tal modo le finalità di cui all'articolo 3, comma secondo, della Costituzione;
   per il raggiungimento dello scopo di cui sopra, la succitata normativa prevede agli articoli 3 e 33, in presenza di determinate condizioni, una serie di agevolazioni lavorative per i soggetti che assistono le persone disabili;
   la suddescritta situazione costituirebbe un fenomeno non infrequente che accomuna tante persone (cosiddette «caregivers») che, per le diverse circostanze della vita, si trovano a doversi prendere cura dei loro familiari;
   quanto riferito parrebbe costituire un pregiudizio al diritto al lavoro, tutelato negli articoli 1, 4, 35 e 38 della Costituzione –:
   se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, non ritenga urgente e doveroso acquisire elementi sui fatti di cui in premessa e assumere iniziative normative volte a garantire ai soggetti beneficiari il godimento dei diritti di cui alla legge 5 febbraio 1992 n. 104 (5-05597)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a far data dal 30 giugno 2014, a norma del decreto-legge n. 179 del 2012, articolo 16-bis, convertito dalla legge n. 221 del 2012 e successivamente modificato dal decreto-legge n. 90 del 2014, articolo 44, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite e degli altri soggetti esterni, nei giudizi di competenza del tribunale, ha luogo in formato telematico con modalità informatiche (tanto è applicabile anche al deposito dei ricorsi per decreto ingiuntivo);
   tali norme, dopo alcuni mesi di sperimentazione, hanno dimostrato di incidere profondamente e negativamente sul piano organizzativo nelle attività dei cancellieri, avvocati, magistrati nonché ausiliari esterni;
   inizia ad instradarsi la convinzione che il processo civile telematico rallenti smodatamente i tempi della giustizia in quanto rende più laborioso il lavoro del magistrato che, considerate le modestissime e scarne dotazioni informatiche, è obbligato ad una estenuante ricerca degli atti processuali e ad una faticosa lettura degli stessi;
   i magistrati hanno reiteratamente palesato difficoltà e perplessità riguardo alla consultazione e analisi degli atti endoprocessuali e relativi allegati depositati in formato telematico;
   tali difficoltà, giova ribadirlo, scaturiscono dalla necessità di visionare la documentazione esclusivamente tramite monitor e senza l'indispensabile e insostituibile supporto cartaceo;
   per far fronte a tali criticità, in gran parte dei tribunali si è andata diffondendo la prassi, peraltro fortemente voluta e caldeggiata dai magistrati, di invitare gli avvocati a depositare sistematicamente le cosiddette «copie di cortesia» degli atti endoprocessuali e relativi allegati trasmessi telematicamente;
   perciò, nonostante l'introduzione del processo civile telematico, i magistrati continuano ad evitare di visionare gli atti processuali inviati telematicamente preferendo studiare le cause sulle anzidette «copie di cortesia»; diversamente, si troverebbero a stampare migliaia di atti e allegati, operazioni che, tra l'altro, le cancellerie non sarebbero in grado di fronteggiare;
   l'invalsa e inusitata prassi, se indubbiamente da un canto agevola il lavoro delle cancellerie e dei magistrati, dall'altro costituisce senz'altro motivo di ulteriore aggravamento dell'attività dell'avvocato costretto, in buona sostanza, a sostituirsi al cancelliere e, soprattutto, a raddoppiare i depositi (prima telematico, poi cartaceo);
   autorevoli esponenti informatici hanno osservato come le infrastrutture siano obsolete e le procedure eccessivamente complesse e non allineate con la normativa in materia di digitalizzazione; chi ha elaborato il processo civile telematico ha tenuto conto, ad avviso dell'interrogante, esclusivamente degli interessi del Ministero e degli uffici giudiziari senza preoccuparsi degli utenti; è assente una linea unica ed univoca nei vari uffici giudiziari per la formazione e la trasmissione degli atti; gli operatori non sono stati adeguatamente preparati; gli avvocati si sono dovuti sobbarcare gli oneri economici dell'innovazione; allo stato non esistono infrastrutture adeguate; quotidianamente si verificano disservizi ed disguidi tecnici che rallentano considerevolmente l'attività giudiziaria e vanificano il diritto di poter inviare l'atto processuale nell'ultimo giorno utile;
   nel corso di questi primi mesi di applicazione del processo civile telematico sono emerse ulteriori criticità legate ad una non chiara ed univoca disciplina delle cosiddette anomalie di deposito che espongono gli avvocati e, conseguentemente, i cittadini (utenti finali del servizio giustizia) alla rischiosa possibilità di incappare nelle dannose conseguenze della decadenza dei termini di deposito in ipotesi di malfunzionamento del sistema o comunque di guasti e blocchi informatici non imputabili ai professionisti legali;
   preoccupa oltremodo la nascente diffusione dei filoni giurisprudenziali relativi alle improcedibilità e inammissibilità delle domande causate dall'utilizzo irregolare ed improprio del processo civile telematico (frequentemente dovuto alla complessità e astrusità dei programmi) con conseguente e inevitabile accollo di pesanti responsabilità professionali per gli avvocati;
   non ultimo, tantissimi processi rischiano di essere definiti sulla base di allegati artatamente manipolati (da avvocati e parti scorrette) le cui falsità non potranno essere mai riscontrabili nei monitor; tra l'altro, il magistrato potrebbe rifiutarsi di ordinare l'esibizione degli originali quando il difensore richiedente sia oggettivamente impossibilitato ad argomentare il minimo sospetto; le decisioni fondate su realtà documentali inesistenti e artefatte trascinerebbero la giustizia in un vorticoso e inesorabile declino;
   l'introduzione del doppio binario (cartaceo e telematico) restituirebbe agli avvocati la libertà di scegliere tra i due sistemi senza costringerli a subire le molteplici criticità che il processo civile telematico presenta e, soprattutto, eviterebbe di esporli al rischio di nuove irregolare decadenze, inammissibilità e improcedibilità che già cominciano ad essere elaborate dai primi indirizzi giurisprudenziali –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle gravose problematiche dianzi rassegnate e se stia valutando l'ipotesi di assumere iniziative per reintrodurre, per un ulteriore e congruo lasso temporale predeterminato, a possibilità, per gli avvocati, di depositare gli atti facoltativamente in, formato cartaceo o telematico quantomeno fino a quando il sistema non verrà uniformato, semplificato e reso maggiormente fruibile e funzionale. (4-09156)


   ROSTAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   dalla consultazione presso gli uffici giudiziari dislocati sull'intero territorio nazionale, e dalle segnalazioni pervenute da numerosi professionisti legali e da riviste scientifiche (come «Ex Parte Creditoris» tanto per citare un esempio), si è appreso di numerose criticità nel sistema giudiziario relative all'applicabilità o meno del nuovo articolo 492-bis del codice di procedura penale, in mancanza delle disposizioni attuative previste dalla norma;
   l'intervento in materia di ricerca telematica dei beni da pignorare è stato realizzato dal Governo con l'intento diretto di migliorare l'efficienza dei procedimenti di esecuzione mobiliare presso il debitore e presso terzi in linea con i sistemi ordinamentali di altri Paesi europei (ad esempio i Paesi scandinavi ove i compiti di ricerca dei beni da pignorare sono demandati ad un'agenzia pubblica appositamente costituita; ad esempio in Spagna, Austria, Slovenia ed Estonia ove il creditore ha diritto di interrogare le banche dati pubbliche tramite l'ufficiale giudiziario anche prima di promuovere l'esecuzione);
   tale «deficit» informativo è stato controbilanciato dall'inserimento nel codice di procedura civile dell'articolo 492-bis del codice di procedura penale – e degli articoli 155-quater, quinquies e successive disposizioni attuative del codice di procedura penale –, che consentono all'ufficiale giudiziario prima ed al creditore poi, l'accesso diretto alle banche dati pubbliche contenenti informazioni rilevanti ai fini dell'esecuzione, in primo luogo l'anagrafe tributaria, ivi compreso il cosiddetto archivio dei rapporti finanziari;
   purtuttavia, ad oggi, nonostante la norma sia già in vigore dall'11 dicembre 2014, gli uffici giudiziari versano in grave stato di caos dovuto alla mancata emanazione delle disposizioni attuative previste dalla norma stessa;
   tale carenza ha determinato vari e difformi orientamenti interpretativi sviluppatisi in giurisprudenza con gravissimi danni a carico dei creditori che intendono procedere ad esecuzione;
   taluni uffici giudiziari ritengono che in mancanza di accessibilità alle banche dati da parte dell'ufficiale giudiziario, il creditore, previa autorizzazione del presidente del tribunale, può avere accesso diretto alle banche dati, richiedendosi la previa notifica del titolo e del precetto proprio in ragione del soggetto nei cui confronti la ricerca viene domandata (cfr. ordinanza del tribunale di Mantova, Pavia, Napoli Nord, Napoli);
   talaltri, invece, ritengono, che l'istanza volta ad ottenere l'autorizzazione all'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche può essere, svolta soltanto quando saranno emanati i decreti ministeriali attuativi di cui all'articolo 492-bis del codice di procedura penale;
   la mancata emanazione delle disposizioni attuative, ad avviso dell'interrogante, reca un grave disservizio a tutti gli operatori del diritto, magistrati, avvocati e ufficiali giudiziari, rende inapplicabile la norma; crea discredito a «sistema Giustizia» nonché all'intera classe politica e dirigente atteso che, dopo aver inserito nell'ordinamento una norma che dà efficacia ed efficienza al sistema giustizia per il recupero dei crediti insoluti non ha ancora, a distanza di mesi, consentito di renderla effettivamente operante, in egual modo sull'intero territorio nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato e quali iniziative intenda adottare o abbia già adottato al fine di risolvere la problematica sopra descritta. (4-09158)


   COSTANTINO e SCOTTO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il decreto ministeriale del 22 aprile 2015 emanato dal Ministero della giustizia decreta la chiusura del carcere di Lamezia Terme (Catanzaro), «a decorrere dalla data del presente decreto»;
   la chiusura del carcere di Lamezia Terme rientra nella previsione di cui all'articolo 115 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, che provvede alla revisione dei circuiti penitenziari, attraverso la definizione di un sistema integrato di istituti a livello regionale;
   il 13 febbraio 2015 il sindaco di Lamezia Terme aveva inoltrato al Ministro della giustizia e alla delegazione parlamentare calabrese una richiesta di incontro sulla situazione del carcere, senza ottenere risposta alcuna;
   il 31 marzo 2015 il consiglio comunale di Lamezia, aperto, ha discusso della questione del carcere con tutti i rappresentanti delle categorie professionali e le associazioni cittadine per ribadire il «no» alla chiusura della struttura e il verbale della seduta del consiglio è stato inviato al provveditorato regionale;
   nel testo del decreto ministeriale viene richiamato un presunto accordo per la chiusura della struttura carceraria attribuito al presidente del tribunale, al procuratore della Repubblica e al sindaco di Lamezia Terme, che hanno prontamente smentito pubblicamente di avere mai dato parere positivo alla soppressione del carcere presente in città;
   in particolare, il sindaco di Lamezia Terme ha nuovamente ribadito pubblicamente, con una lettera inviata al Ministro interrogato, di non avere mai condiviso la chiusura dell'istituto penitenziario «scrivendo a Lei e ai suoi predecessori, come potrà far verificare facilmente dai suoi collaboratori»; inoltre, il sindaco è stato ricevuto alcuni mesi fa, su questo argomento, dal sottosegretario Cosimo Ferri, che potrà confermare la netta opposizione del sindaco e dell'amministrazione comunale alla chiusura del carcere –:
   come sia possibile che il decreto contenga un'affermazione che appare priva di fondamento e se dunque il Ministro interrogato non ritenga di ritirare il medesimo decreto ministeriale e riaprire un confronto per trovare soluzioni alternative alla chiusura del carcere di Lamezia. (4-09169)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MARTELLA e MOGNATO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl e Uil hanno minacciato di indire uno sciopero generale se presto non verrà trovata una soluzione per i lavoratori dei servizi, cosiddetti «handling», di assistenza a terra dell'aeroporto Marco Polo di Venezia;
   presso il suddetto aeroporto operano tre società addette ai citati servizi di terra e sono Ata, Gh Italia e Avia-partner;
   il totale degli addetti è di circa 550 lavoratori che diventano 700 conteggiando anche gli «stagionali»;
   le ragioni dello sciopero secondo i sindacati sono da rinvenire nelle difficili condizioni di lavoro del personale in questione nonché nella guerra delle tariffe che le società praticano pur di mantenere quote di mercato e i cui ribassi si ripercuotono a discapito dei lavoratori;
   Ata, secondo notizie riportate anche dagli organi di stampa, intenderebbe mettere in libertà circa 43 addetti e si parla anche di ricorrere per il periodo invernale a contratti di solidarietà;
   i sindacati contestano anche la gestione della società di gestione aeroportuale, la Save, che continua a distribuire dividendi nonostante le evidenti criticità gestionali e occupazioni che interessano uno degli scali più importanti del Paese;
   lo sciopero andrebbe a colpire la città di Venezia nel pieno di eventi di richiamo internazionale come la Biennale e la stessa Expo 2015 con inevitabili ripercussioni negative –:
   se il Governo sia a conoscenza delle criticità riportate in premessa e se non intenda altresì intervenire attivando immediatamente un tavolo di confronto istituzionale al fine di scongiurare lo sciopero e individuare soluzioni utili a salvaguardare i livelli occupazionali e a dare certezze ai lavoratori. (5-05590)


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'incendio che ha interessato il terminal 3 dell'aeroporto di Fiumicino ha determinato gravi disagi nel traffico aereo, in quanto prima la chiusura e poi la riapertura avvenuta nel pomeriggio della giornata del 7 maggio 2015 hanno causato non pochi problemi all'utenza;
   ad aggravare la situazione per i viaggiatori diretti in Sicilia vi è stata anche una sorta di speculazione scattata sul costo dei biglietti in quanto i prezzi sono saliti fino a toccare anche i 600 euro sia per quelli diretti che per quelli con scalo;
   si è trattata di una pessima pagina in quanto si è speculato su una utenza che non aveva alternative;
   il Governo non può ignorare una simile azione praticata dalle compagnie aeree –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda adottare per verificare quanto accaduto e per evitare che in futuro possano verificarsi simili azioni speculative e se non intenda altresì assumere iniziative per istituire un osservatorio permanente che riguardi la Sicilia con l'obiettivo di monitorare costantemente il costo dei biglietti aerei e assicurare la presenza di un regime di concorrenza che non penalizzi l'utenza. (5-05592)


   ANZALDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'incendio del Terminal 3 dell'aeroporto di Fiumicino sulle cui cause sono in corso indagini da parte delle autorità preposte ha evidenziato una serie di criticità non solo dal punto di vista della sicurezza ma anche rispetto ai criteri di concessione che intercorrono tra lo Stato, le società aeroportuali e gli esercizi commerciali;
   è evidente che occorre fare chiarezza sui contratti che intercorrono tra Io Stato e le società di gestione dei servizi aeroportuali anche in riferimento ai contratti di subconcessione che vengono stipulati tra le società di gestione degli aeroporti e gli esercizi e le attività economiche che si trovano all'interno dell'aerostazione;
   il rapporto presenta spesso evidenti sproporzioni con i canoni pagati dagli esercizi commerciali, in regime di subconcessione, di gran lunga più elevati rispetto al canone di concessione stabilito dal demanio tanti che il rapporto, a volte, risulta essere di 1 a 20 con evidenti ripercussioni negative a danno dello Stato;
   questo sistema ha quindi ripercussioni assolutamente negative non solo nel rapporto tra canone e concessioni dal punto di vista del demanio ma anche nell'ambito della sicurezza e delle economie che vengono applicate dagli esercizi all'interno degli aeroporti per il contenimento dei costi –:
   se e quali iniziative il Governo intenda adottare per un'operazione di trasparenza nel regime dei contratti stabiliti tra demanio e società di gestione degli aeroporti nonché per quanto riguarda i canoni applicati a loro volta dalle società di gestione nei confronti degli esercizi e della attività commerciali presenti nelle aerostazioni al fine di fare luce su possibili speculazioni e zone d'ombra che possono ripercuotersi negativamente anche sotto il profilo della sicurezza degli impianti aeroportuali. (5-05598)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATTEO BRAGANTINI, CAON e PRATAVIERA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 25 della legge 29 luglio 2010, n. 120 reca numerose modifiche all'articolo 142 del codice della strada, in materia di limiti di velocità;
   in particolare sono stati inseriti tre commi aggiuntivi al fine di stabilire la destinazione dei proventi derivanti dall'accertamento delle violazioni ai limiti di velocità, eseguiti tramite apparecchi di rilevamento della velocità o dispositivi di controllo a distanza (autovelox);
   il nuovo comma 12-bis prevede che tali proventi vengano attribuiti per il 50 per cento all'ente proprietario della strada su cui è stato effettuato l'accertamento, o agli enti che esercitano le relative funzioni ai sensi dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 381 del 1974 (presidenti delle province autonome di Trento e Bolzano), e per l'altro 50 per cento all'ente da cui dipende l'organo accertatore. Dall'applicazione di dette disposizioni sono escluse le strade in concessione. I proventi così acquisiti sono utilizzati, dagli enti diversi dallo Stato, nella regione nella quale sono stati eseguiti gli accertamenti;
   il nuovo comma 12-ter stabilisce che i proventi di cui al comma 12-bis vengano destinati ad interventi di manutenzione e messa in sicurezza delle infrastrutture stradali, comprese la segnaletica e le barriere, e dei relativi impianti, nonché al potenziamento delle attività di controllo e di accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale, nonché alle spese relative al personale, nel rispetto delle disposizioni in materia di contenimento delle spese per il pubblico impiego e del patto di stabilità interno;
   il nuovo comma 12-quater prevede che ciascun ente locale trasmetta in via informatica al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed al Ministero dell'interno, entro il 31 maggio di ogni anno, una relazione in cui sono indicati, con riferimento all'anno precedente, l'ammontare complessivo dei proventi di cui al precedente comma 12-bis e all'articolo 208, comma 1, del codice, di propria spettanza e gli interventi realizzati a valere su tali risorse, con la specificazione degli oneri sostenuti per ciascun intervento;
   l'articolo 25 della legge n. 120 del 2010 al comma 2 prevede l'emanazione di un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con il quale venga approvato il modello di relazione — introdotto dal comma 12-quater — e siano definite le modalità di trasmissione in via informatica della stessa, e le modalità di versamento dei proventi di cui al comma 12-bis agli enti ai quali sono attribuiti;
   il medesimo articolo al comma 3 stabilisce che l'entrata in vigore delle disposizioni di cui ai nuovi commi 12-bis, 12-ter e 12-quater dell'articolo 142 del codice, relative alla destinazione dei proventi delle sanzioni, si applicano a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo all'approvazione del decreto ministeriale di cui al comma 2;
   benché il suddetto decreto non risulti ancora emanato, il legislatore è intervenuto sulla questione dell'articolo 4-ter del decreto-legge n. 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012 che dispone che l'eventuale mancata emanazione del decreto interministeriale, non preclude l'applicazione delle disposizioni;
   ad oggi comunque ancora non è stato emanato il decreto attuativo –:
   se e quali siano i motivi per cui ad oggi non abbia ancora provveduto all'emanazione del suddetto decreto. (4-09153)


   VILLAROSA, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, DELL'ORCO, CANCELLERI e RIZZO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 aprile 2015, la trasmissione televisiva Striscialanotizia ha mandato in onda un interessante servizio riguardante la disastrosa situazione delle autostrade siciliane;
   nel servizio il dottor Michele Orifici, coordinatore comm.ne protezione civile e membro del Consiglio nazionale dei geologi, denuncia pubblicamente che, con una corretta attività di monitoraggio, il gravissimo evento verificatosi sulla A19 Catania-Palermo poteva essere previsto e quindi anche evitato;
   il dottor Orifici si riferisce al cedimento di due piloni della A19 Catania-Palermo, all'altezza del viadotto Himera, chilometro 61 tra gli svincoli di Sciliato e Tremonzelli, cedimento causato da una frana in movimento dal 2005 sulla strada provinciale Scillate-Caltavuturo;
   l'immediata chiusura della A19 Catania-Palermo rende la A20 Messina-Palermo unica autostrada percorribile da utilizzare per collegare le due grandi città siciliane (Palermo e Messina), effettuando tra l'altro una sorta di circumnavigazione di mezza isola;
   come se tutto ciò non bastasse, l'eccellente servizio di Striscialanotizia elenca una serie di criticità che interessano questa unica autostrada utilizzabile dai cittadini, la A20 Messina-Palermo. Nel tratto Bonfornello-Cefalù il manto autostradale presenta una enorme spaccatura causata da un lento movimento a sua volta causato da una frana e anziché intervenire seriamente e definitivamente sul problema, si osserva, sempre nel servizio video, un rattoppo di asfalto che, nei fatti, nasconde il problema della spaccatura sottostante, rimandando l'eventuale reale soluzione ad un indeterminato futuro;
   nel tratto della A20 nei pressi di Santo Stefano di Camastra invece si nota un considerevole avvallamento, anche questo dovuto ad un movimento attivo sottostante e, naturalmente, anche in questo caso il dottor Orifici denuncia pubblicamente l'assurdità dell'intervento che, addirittura, peggiorerebbe la situazione iniziale e quindi farebbe aumentare notevolmente la probabilità di danni ben più gravi. Infatti anche questo intervento è indirizzato verso una sorta di «occultamento» visivo del sintomo, posizionando in prossimità dell'avvallamento, ulteriori strati di asfalto, quindi ulteriore peso, quindi ulteriore aumento della probabilità di disastro imminente;
   sempre nella A20, nei pressi di Castelbuono/Pollina, si notano, nel servizio video, delle spaccature del manto autostradale con uno scivolamento evidente verso l'esterno della carreggiata, spaccature dovute sempre ad un movimento attivo franoso sottostante;
   questa critica situazione raggiunge il suo apice il 22 e 23 aprile quando, a causa di un incidente in corrispondenza della galleria Calavà, tutto il traffico autostradale è stato dirottato sulla strada statale 113, proprio in un periodo durante il quale la A20 era l'unica arteria autostradale utilizzabile per collegare le città di Palermo e Catania, con conseguenze di congestionamento e tempi di percorrenza facilmente immaginabili;
   in data 24 aprile si apprende, da un articolo della Gazzetta del Sud, che sulla A20 (unica autostrada disponibile per collegare Palermo e Catania) si viaggia a doppio senso di circolazione sulla carreggiata lato mare, ed i mezzi che procedono direzione Messina vengono deviati prima dell'ingresso della galleria Calavà utilizzando a doppio senso tutto il tratto della A20 fino a Patti, dove la situazione ritorna ad essere normale –:
   se intenda prendere in considerazione, nell'ambito delle sue competenze, l'eventualità di fare tutto quanto è in suo potere per deliberare lo stato di d'emergenza per la grave situazione dei trasporti in Sicilia;
   se intenda dare mandato all'ANAS affinché effettui controlli puntuali su tutti quei tratti autostradali siciliani ricadenti in zone a rischio idrogeologico ed in particolar modo su tutti quei tratti della A20 menzionati in questo atto di sindacato ispettivo;
   se intenda accertare lo stato di implementazione delle convenzioni stipulate tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'ANAS, scaturite dal programma degli interventi di manutenzione straordinaria di ponti, viadotti e gallerie previsto dal decreto-legge n. 69 del 2013 e relativa legge di conversione, alla luce dei gravi fatti avvenuti. (4-09159)


   CATANOSO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da qualche anno a questa parte, la società Ferrovie dello Stato ha stabilito che l'accesso ai bagni pubblici delle stazioni ferroviarie italiane sia a pagamento;
   secondo quanto riporta un articolo apparso sul settimanale «Panorama» a firma di Francesco Bisozzi, però, il costo del servizio varia in maniera eccessiva da stazione a stazione;
   nelle stazioni ferroviarie di Roma Termini e di Milano Centrale, occorre 1 euro per poter accedere ai bagni pubblici, in quelle di Torino Porta Nuova, Palermo e Bari occorrono 80 centesimi, nella stazione di Pisa «bastano» 50 centesimi;
   a fronte del pagamento di questo piccolo «obolo», le Ferrovie dello Stato non emettono scontrino o qualunque altro tipo di ricevuta essendo, ad onor del vero, le prestazioni igienico sanitarie esentate dal rilascio di ricevuta o fattura;
   non si ha modo di avere dati certi e certificati sul numero di utenti che utilizzano i bagni pubblici delle nostre stazioni ferroviarie, abbiamo solo i dati dei passeggeri in transito nelle stazioni e da ciò si può provare a fare delle previsioni;
   se pensiamo che dalla stazione Termini di Roma transitano 480 mila persone al giorno e che di queste solo il 5 per cento utilizzi i bagni pubblici abbiamo un giro d'affari presumibile di 8 milioni e 750 mila euro annui;
   sempre seguendo questo criterio di presunzione ed applicandolo su Milano Centrale, abbiamo un fatturato di 5 milioni e 800 mila euro annui e via discorrendo per ogni stazione ferroviaria;
   quasi tutti i bagni pubblici ferroviari sono gestiti dalle stesse imprese appaltatrici che si occupano delle pulizie;
   a giudizio dell'odierno interrogante e del giornalista di Panorama si tratta di valutare una vicenda che sta procurando un guadagno discutibile fondato su beni dello Stato e di cui possono goderne illegittimamente imprese private posto che non v’è traccia contabile e/o fiscale di questi incassi –:
   quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per quanto di propria competenza affinché la gestione dei bagni pubblici delle stazioni ferroviarie sia ricondotta su canoni di efficienza ed al solo fine del superiore interesse pubblico.
(4-09161)


   GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in ottemperanza a quanto previsto dal decreto ministeriale del 29 novembre 2000 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 142 del 2004, la società Autostrade per l'Italia ha presentato il proprio piano di risanamento acustico nel mese di giugno 2007; attualmente il piano è all'esame della Conferenza unificata Stato-regioni per l'approvazione;
   il tratto di autostrada A4 nel comune di Cinisello Balsamo (dal chilometro 7+326 a fine intervento) rientra nei macro interventi n. 51 e 52, che risultano rispettivamente il primo e il secondo nella graduatoria;
   in forza di una convenzione già attiva prima della pubblicazione del piano di risanamento acustico Autostrade per l'Italia ha sviluppato un progetto di intervento specifico per il territorio comunale di Cinisello Balsamo, che è stato approvato da una conferenza di servizi nel mese di marzo 2009 e successivamente dall'ANAS;
   lo studio acustico stima che allo stato attuale (già parzialmente mitigato), il numero di abitanti esposto a livelli superiori a 55 dBA nel periodo notturno sia pari a 35.711, pari all'87 per cento della popolazione residente nei ricettori considerati;
   da quanto si è appreso da un comunicato stampa dell'ANAS, il progetto preliminare per il potenziamento alla quarta corsia dell'autostrada A4 Torino-Venezia è stato approvato dalla conferenza dei servizi il 26 febbraio 2009;
   da un articolo sul quotidiano il Giorno si è appreso che, in un incontro pubblico al quartiere Crocetta il 10 febbraio 2011, il sindaco di Cinisello Balsamo, Gasparini, ha annunciato ufficialmente che la copertura del tratto cinisellese dell'autostrada A4 si farà;
   con decreto VIA del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo n. DVA-DEC-2012-0000336 del 3 luglio 2012 è stata decretata la compatibilità ambientale dell'opera; l'importo totale dei lavori della quarta corsia e della galleria antifonica si prevede pari a 130 milioni di euro;
   il 12 marzo 2013 è stata conclusa la conferenza di servizi e il 1o luglio 2014 è stato dato l'inizio dei lavori per una durata del cantiere di circa 24 mesi; da informazioni dell'interrogante per la copertura del tratto che percorre il quartiere Crocetta servono almeno 36 mesi;
   in realtà, la quarta corsia dinamica è già ampiamente utilizzata dal 2013 in quanto la segnaletica provvisoria ridisegna le carreggiate; pertanto, il traffico si è spalmato su 4 corsie senza prendere ulteriori provvedimenti; infatti, nelle ore mattutine, dalle ore 7 fino almeno alle ore 11, la velocità è da paragonarsi a quella di una provinciale con il traffico tutto intasato e con la conseguenza del rumore assordante che obbliga i residenti, in particolare quelli dei caseggiati di via Sardegna, a dover vivere con le finestre chiuse in quanto il rumore e l'odore non sono sopportabili; la stessa situazione di verifica nelle ore pomeridiane dalle 16 alle 20;
   nelle ore notturne, nonostante la presenza in molte abitazione di doppi infissi, l'inquinamento acustico rende il sonno degli abitanti difficile in quanto il continuo passaggio di mezzi pesanti nel silenzio della notte amplifica le problematiche. Inoltre, in molte unita abitative, la presenza della ventilazione forzata nelle cucine vanifica la presenza del doppi infissi delle altre stanze;
   ad oggi sono intercorse numerose riunioni tra comitato, giunta e cittadini e, nonostante siano passati almeno 6 anni dalla pubblicazione del progetto sulla Gazzetta Ufficiale, nulla è cambiato; inoltre, il progetto era tra quelli essenziali per l'Expo 2015, anche se, ovviamente, l'opera non sarà mai conclusa per l'Expo;
   è stata annunciata come data di inizio dei lavori della galleria antifonica del quartiere Crocetta il dopo Expo, ma non è chiaro se «inizio lavori» significa appalto o inizio della procedura espropri;
   la galleria fonoassorbente dell'autostrada A4, all'altezza del quartiere Crocetta nel comune di Cinisello Balsamo, consiste nella realizzazione di una copertura antifonica, un tunnel di 500 metri, che servirà a mitigare l'impatto acustico in uno dei quartieri più popolosi con residenze e scuole in prossimità del percorso autostradale; la galleria dovrebbe essere dotata anche di pannelli fotovoltaici in grado di captare, utilizzare e convertire l'energia solare. Inoltre, dovrebbe essere transitabile per un tratto di 50 metri per consentire il collegamento con il parco Matteotti-Caldara, in sostituzione dell'attuale passerella ciclopedonale;
   chiaramente, i ritardi verificati, che spostano il fine lavori della copertura antifonica al 2020, costringono i cittadini a sopportare tutti i disagi dell'incremento del traffico legato all'EXPO;
   si segnala che, da quanto si evince dallo stesso studio di impatto ambientale di Autostrade per l'Italia, «sarà necessario verificare il rispetto del limite interno notturno in fase post operam e l'eventuale necessità di procedere con l'esecuzione di opportuni interventi diretti, che potranno essere realizzati tramite la posa di infissi ad alto potere fonoisolante o infissi silenti autoventilati»;
   pertanto, è lampante che la copertura servirà per mitigare il rumore e non per abbatterlo drasticamente, quindi, non è escluso che si tratta di un lavoro inutile, o comunque insufficiente, e, inoltre, non è chiaro se possa abbattere anche l'inquinamento atmosferico, perché non è sicuro che vi siano filtri che riducano gli inquinanti;
   le prescrizioni del decreto VIA chiedono una valutazione successiva (la cui verifica di ottemperanza è assegnata alla regione Lombardia) della possibilità e opportunità di estendere la realizzazione della galleria antifonica laddove le barriere acustiche non consentono di rispettare i livelli normativi di emissione, prevedendo gli interventi diretti sugli edifici come ultima istanza –:
   quali siano i tempi certi per la realizzazione della galleria antifonica sull'autostrada A4 Torino-Venezia, all'altezza del quartiere Crocetta nel comune di Cinisello Balsamo, e se l'intervento si preveda risolutivo per abbattere l'inquinamento acustico anche senza interventi diretti sugli edifici e se, inoltre, siano previsti filtri che possano mitigare anche l'inquinamento atmosferico. (4-09165)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015 è stato tratto in arresto il primo cittadino di Marino (RM) e altre 4 persone, tre imprenditori e un dipendente comunale;
   le accuse sembrano essere, per il sindaco, peculato, corruzione e addirittura usura;
   dalle notizie e indiscrezioni diffuse dagli organi di stampa nazionali (tra questi la Rai e molti quotidiani nazionali) sembra che ci siano almeno una ventina di indagati;
   attualmente, dietro mandato del prefetto, è il vicesindaco che «regge» il governo della città di Marino;
   il vicesindaco non è stato eletto dai cittadini, ma nominato dal sindaco stesso, per sua personale fiducia –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa, e se ritenga possano sussistere i presupposti per lo scioglimento del comune di Marino ai sensi delle disposizioni del testo unico sull'ordinamento degli enti locali.
(4-09170)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa locale, grande polemica ha sollevato la convocazione il 19 aprile 2015 di un «tavolo tecnico sulla sicurezza», presieduto e coordinato dal prefetto vicario, Valerio Massimo Romeo, al quale avrebbero partecipato esponenti politici del PD locale ed una sigla sindacale di polizia, Silp Cgil;
   in tale occasione, oltre a presiedere e coordinare il tavolo tecnico, il viceprefetto di Pisa condivideva pubblicamente un progetto in materia di sicurezza prospettato dalla Silp Cgil quale unica sigla sindacale presente a tale tavolo;
   in particolare, chiaro è apparso fin da subito il taglio politico dell'evento, come confermato dalla presentazione dell'evento da parte degli organizzatori «un approfondimento relativo ad uno dei temi affrontati e dibattuti... la nostra idea di politica partecipata che parte dai temi e approfondisce i contenuti è questa. Persone e temi devono essere gli obiettivi della buona politica, solo ripartendo da questo si trovano soluzioni e risposte»;
   da tale «tavolo tecnico» sarebbero state estromesse le altre sigle sindacali di polizia maggiormente rappresentative, che, peraltro, sarebbero venute a conoscenza di importanti scelte riguardanti la organizzazione del personale e dei servizi da fonti di stampa;
   in una lettera di denuncia il Siulp di Pisa, in particolare, ha espresso tutto il proprio risentimento «non per le argomentazioni riportate in quel documento, che ognuno può giudicare necessarie e rispondenti a realtà o effimere prospettazioni di contenuto propagandistico sindacale, ma per il fatto che le stesse, secondo quanto sostenuto, apparivano “sponsorizzate” da una personalità istituzionale che, per il suo ruolo, abbiamo sempre inteso equidistante, nell'espletamento del proprio compito istituzionale, da etichettature o da vicinanze a questo o quel sindacato, a prescindere la sigla, la colorazione e l'appartenenza politica»;
   il comportamento tenuto dal prefetto vicario, se confermato, oltre ad apparire all'interrogante quantomeno anomalo e degno di chiarimenti, risulta inaccettabile soprattutto se si considera che la presentazione dell'evento si è svolto nell'imminenza di una importante campagna elettorale per l'elezione del presidente della regione Toscana;
   il prefetto di Pisa Visconti (non sarebbe stato preventivamente informato dell'organizzazione del tavolo tecnico e) avrebbe addirittura preso le distanze dal comportamento tenuto dal suo vicario –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
   ove gli stessi trovino riscontro chi e a quale titolo abbia convocato il citato tavolo tecnico;
   se il prefetto di Pisa fosse a conoscenza di tale iniziativa;
   se non sia sconveniente che una figura istituzionale come quella del prefetto vicario di Pisa presieda un tavolo sulla sicurezza organizzato con un partito politico e per di più in pieno svolgimento di campagna elettorale. (4-09171)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è emersa una situazione di emergenza per l'ufficio scolastico di Rovigo in merito al proprio organico;
   dall'evoluzione dell'ex provveditorato negli ultimi quattro anni la sede di Rovigo ha registrato una contrazione di personale e da fine anno sino al 2018 sono previste riduzioni di altre sei unità lavorative;
   l'organico è destinato a ridursi a soli 12 dipendenti ministeriali;
   il blocco del turn over ed i pensionamenti conducono soltanto alla riduzione del personale con conseguente perdita del patrimonio di conoscenza ed esperienza maturati sino ad oggi;
   i primi effetti saranno soprattutto d'estate in prossimità dell'avvio dell'anno scolastico, quando il lavoro diventa più pressante e numeroso;
   a quanto espresso nella legge n. 331 del dicembre 2014 sarà imposto dal ministero il divieto di distacchi e l'utilizzazione di personale scolastico a partire già da settembre di quest'anno;
   le maestranze dell'ufficio scolastico rodigino hanno più volte chiesto la sospensione degli effetti del provvedimento sopracitato e nel contempo la stabilizzazione nei ruoli ministeriali attraverso il ricorso alla mobilità per dare supporto all'organizzazione del lavoro alla quale affiancare anche una possibile mobilità intercompartimentale in entrata degli amministrativi delle province che siano in esubero;
   la situazione descritta sta mettendo a rischio i servizi verso il territorio –:
   se intenda verificare lo stato dell'organizzazione del personale dell'ufficio scolastico di Rovigo e quali iniziative ritenga di intraprendere per consentire al medesimo ufficio di assicurare i servizi e la gestione che il territorio richiede;
   vista l'efficienza ed il ruolo importante che l'ufficio scolastico territoriale ha sempre svolto sino ad oggi, quali decisioni possano essere prese per mantenere gli attuali livelli occupazionali o se si intenda incrementare il numero di addetti attraverso mobilità interne tra le amministrazioni dello Stato. (5-05587)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CHIMIENTI, CASTELLI, DELLA VALLE, DADONE, BUSTO, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRIPPA, D'UVA, LUIGI GALLO, MARZANA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 all'articolo 396, comma 1, statuisce che «il personale direttivo assolve alla funzione di promozione e di coordinamento delle attività di circolo o di istituto; a tal fine presiede alla gestione unitaria di dette istituzioni, assicura l'esecuzione delle deliberazioni degli organi collegiali ed esercita le specifiche funzioni di ordine amministrativo, escluse le competenze di carattere contabile, di ragioneria e di economato, che non implichino assunzione di responsabilità proprie delle funzioni di ordine amministrativo»;
   mentre al comma 2, lettera e) del suddetto articolo si stabilisce di «promuovere e coordinare, nel rispetto della libertà di insegnamento, insieme con il collegio dei docenti, le attività didattiche, di sperimentazione e di aggiornamento nell'ambito del circolo o dell'istituto»;
   nell'istituto d'istruzione superiore «Enzo Ferrari» sito a Susa, in provincia di Torino, in cui il professor Antonino Gentile risulta essere dirigente scolastico, è stato stilato l'ultimo piano dell'offerta formativa (POF) per l'anno scolastico 2014/2015 da cui si evince che:
    «l'orario settimanale è articolato in 5 giorni, dal lunedì al venerdì»;
    «il Collegio Docenti, che ha funzione di programmazione generale, educativa e didattica, è formato da tutti gli insegnanti dell'Istituto e presieduto dal Dirigente Scolastico»;
    «il Collegio Docenti si occupa di approvare il piano delle attività annuali»;
    «i Consigli di Classe, che sono costituiti da tutti gli insegnanti della classe, [...] si occupano di [...] proporre viaggi, visite di istruzione e attività extra curriculari»;
    «il Coordinatore di Classe monitora assenze, ritardi, regolarità nelle comunicazioni tra scuola e famiglia [...] informa la classe e i rappresentanti dei genitori di tutte le attività programmate»;
   il 26 marzo 2015 viene redatto il verbale del consiglio di istituto al cui punto n. 8, riguardante il «Convegno I Giovani progettano il Futuro Delle Valli», risulta che: «Il Dirigente comunica che è fissato per la mattinata di venerdì 24 aprile il convegno dove sono invitati le scuole superiori presenti nella valle, politici e amministratori locali, imprenditori, in collaborazione con il giornale onlineValsusa Oggi”»;
   sul sito istituzionale della scuola non è mai stata pubblicata la delibera inerente all'approvazione da parte del consiglio di classe della suddetta attività, nonostante l'articolo 32 della legge n. 69 del 2009 stabilisca che dal 1o gennaio «gli obblighi di pubblicazione di atti e provvedimenti amministrativi aventi effetto di pubblicità legale si intendono assolti con la pubblicazione, da parte delle amministrazioni e degli enti pubblici obbligati, nei propri siti informatici, o nei siti informatici di altre amministrazioni ed enti pubblici obbligati, ovvero di loro associazioni»;
   il 10 aprile 2015 il quotidiano Valsusa Oggi pubblica sul suo sito internet un articolo intitolato «Idee e proposte dei giovani per la Val Susa e Val Sangone: il 24 aprile a Susa l'incontro delle scuole con i rappresentanti delle Istituzioni», in cui tra le varie informazioni riguardanti l'evento si legge: «Saranno invitati e parteciperanno all'incontro, con il compito di ascoltare e discutere le idee degli allievi, vari amministratori e politici locali che rappresentano la Valle di Susa e la Val Sangone nelle istituzioni pubbliche: consiglieri regionali, consiglieri metropolitani, sindaci e presidenti delle Unioni Montane. [...] Altro obiettivo, è quello di creare un dialogo, un occasione di confronto con gli studenti che sono nell'età del voto o che lo saranno in futuro in qualità di elettori e cittadini sovrani, proprio con chi opera nelle istituzioni con il dovere di occuparsi della “cosa pubblica”, con l'obiettivo di fornire idee e spunti nuovi a chi amministra i nostri paesi e legifera nella nostra regione»;
   nei giorni precedenti all'evento viene recapitata una lettera contenente l'invito formale riservato ai dirigenti scolastici degli istituti Des Ambrois di Oulx, Ferrari di Susa, Frejus di Bardonecchia, Galilei di Avigliana, Norberto Rosa di Susa e Pascal di Giaveno, in cui viene riportato che: «Ogni scuola potrà partecipare con tre/quattro classi del quinto e quarto anno. Le classi scelte, anche organizzate con un gruppo di lavoro misto insieme ad un insegnante, avranno occasione di presentare, a turno, una proposta di progetto/studio di fattibilità/ipotesi concreta da realizzare in Valle di Susa e Val Sangone, nei loro paesi di residenza o area di socialità, a consiglieri regionali e amministratori del territorio; [...] durante questo mese e mezzo di attività, sarà creata con il giornale una “scaletta” degli interventi, inserendo in elenco tutte le classi delle varie scuole»;
   il suddetto evento ha suscitato forti perplessità tra diversi studenti valsusini, tanto che non vi è stata l'adesione di un intero istituto scolastico. Gli studenti hanno denunciato il rischio che l'evento fosse occasione per una vera e propria campagna elettorale all'interno della scuola, in orario scolastico, e hanno annunciato un presidio di protesta davanti alla scuola;
   lo stesso MoVimento 5 Stelle ha denunciato, in una lettera aperta ai dirigenti scolastici, l'inopportunità di organizzare un incontro con esponenti di partiti politici in orario scolastico;
   nella mattinata del 24 aprile, giorno stabilito per il suddetto evento, l'istituto «Enzo Ferrari» di Susa è stato presidiato dalle forze dell'ordine e il cortile è stato occupato da camionette ed agenti in tenuta antisommossa, nonostante davanti all'edificio gli studenti stessero tenendo un presidio assolutamente pacifico;
   secondo la testimonianza di alcuni studenti, e come verificabile da numerose fotografie, alcuni ragazzi sono stati sottoposti ad identificazione, mediante esibizione dei documenti di identità, da parte delle forze dell'ordine prima di poter accedere all'interno della loro scuola –:
   se il Governo ritenga ammissibile una simile militarizzazione di un istituto scolastico, con conseguenti controlli di sicurezza sugli studenti, a tutela di quello che appare agli interroganti un evento di natura politica organizzato in orario scolastico;
   se sia stato corretto l’iter di approvazione della suddetta attività da parte dell'istituto scolastico. (4-09155)


   CATALANO, PINNA e RIBAUDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste Italiane spa ha avviato in data 1o settembre 2012 il progetto LAMRECOR (acronimo di logistica avanzata, mobilità, recapito, corrispondenza), affidato al dirigente Salvatore Malerba, finanziato con le risorse del programma operativo nazionale ricerca e competitività, riservato alle «regioni della convergenza» Campania, Calabria, Sicilia, e Puglia e destinato originariamente a concludersi entro 33 mesi (e quindi nel maggio 2015);
   il progetto ha come obiettivo la ricerca, lo sviluppo e la messa in esercizio, a livello prototipale, di un sistema tecnologico integrato per l'attivazione di nuove procedure di logistica avanzata per le attività di smistamento e recapito della corrispondenza, consegna di pacchi ed altri prodotti postali, tramite l'utilizzo di motomezzi e quadricicli elettrici e l'impiego di dispositivi e sistemi per il monitoraggio e la tracciatura delle attrezzature dedicate al trasporto della corrispondenza, tali da assicurare il miglioramento dei livelli di sicurezza;
   a tale scopo, è prevista la definizione di modelli innovativi di acquisizione ed analisi dei dati in esercizio, al fine di realizzare più elevati livelli di sicurezza del personale «portalettere» e degli operatori postali in generale, di sistemi per la pianificazione ed il monitoraggio dei veicoli, di attrezzature per il servizio di trasporto e recapito della corrispondenza e consegna dei prodotti postali, nonché lo sviluppo di nuove procedure logistiche;
   il sistema di logistica avanzata si dovrebbe articolare nei seguenti sotto-sistemi: a) modello matematico per lo studio del comportamento degli addetti al recapito ed al trasporto della corrispondenza su veicoli a due ruote e sui quadricicli elettrici, b) sistema integrato di sensoristica di bordo per il controllo dell'effettivo utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) e per il monitoraggio delle funzionalità del veicolo, c) infrastruttura di logistica intelligente, imperniata su dei check-point evoluti, in grado di controllare o stato di manutenzione dei veicoli ed il transito di merci da un nodo all'altro della rete logistica di Poste, d) sistema di raccolta, elaborazione e diffusione di informazioni utili ai fini della pianificazione ottimate dei processi di logistica e della massimizzazione dei livelli di sicurezza;
   in particolare, la proposta prevede lo studio, il progetto, lo sviluppo e la messa in esercizio di un sistema integrato di dispositivi in grado di migliorare la protezione ai fini infortunistici per lo specifico comparto degli addetti ai servizi esterni di trasporto e recapito di corrispondenza, di dispositivi per il monitoraggio funzionale/prestazionale dei mezzi (motocicli/quadricicli); inoltre, nonché per un sistema di tracciamento degli asset in movimento, quale elemento della logistica avanzata;
   inoltre, sulla base dei dati raccolti dal sistema integrato di dispositivi, saranno sviluppati degli innovativi modelli computazionali per l'ottimizzazione dei processi logistici aziendali e per il miglioramento della sicurezza degli operatori;
   sul versante infrastrutturale il progetto ha due aree, una relativa alla organizzazione di un servizio di trasporto e recapito della corrispondenza, coinvolgente un significativo numero di veicoli ed operatori postali equipaggiati con i nuovi sistemi e gestiti direttamente da Poste italiane;
   l'altra, relativa alla raccolta dati e servizi di elaborazione, dovrebbe essere realizzata attraverso un potenziamento dell'infrastruttura ENEA-GRID (CRESCO) da integrarsi con i terminali periferici posizionati presso i nodi della rete logistica di Poste italiane facenti parte del progetto e presso, diverse piccole e medie imprese fornitrici di servizi;
   il Consorzio interuniversitario regionale Pugliese (CIRP) è incaricato di studiare, progettare e sviluppare, in collaborazione con le citate piccole medie imprese, i stemi integrati per la sicurezza e la tracciatura;
   in occasione del terzo SAL nell'aprile 2014, è stata offerta una sintesi dello stato di attuazione del progetto;
   dalla documentazione sui risultati raggiunti (http://www.lamrecor.it/risultati/gantt), verosimilmente predisposta anch'essa nella primavera 2014, risulta che i tempi, inizialmente previsti nel GANTT concordato far i partner con l'esperto tecnico scientifico, per il compimento di numerose attività non siano stati rispettati, con conseguente riprogrammazione delle attività consequenziali a quelle in ritardo;
   in una nota diffusa il 18 novembre 2014 in seguito ad un'incontro con Poste italiane, SLC CGIL ha evidenziato alcune possibili criticità relative al LAMRECOR, tra le quali la sicurezza/salute dei portalettere;
   infatti, il personale dovrebbe indossare per il tempo del recapito (4 ore circa) un casco protettivo elettronico, un abbigliamento dotato di sensori in tutte le componenti dell'equipaggiamento (casco, giubbotto, pantaloni, guanti e scarpe), e dovrebbe guidare delle moto equipaggiate con una centralina trasmittente segnali ai vari sensori allocati negli indumenti e nel casco, ponendo così il problema degli effetti a lungo termine della prolungata esposizione dei lavoratori a tali segnali –:
   se quanto premesso corrisponde al vero;
   se il progetto LAMRECOR si sia concluso nei termini originariamente prefissati di 33 mesi decorrenti dal 1o settembre 2012;
   a che punto sia giunto, altrimenti, lo sviluppo del progetto, nelle sue diverse componenti hardware, software e nell'elaborazione dei modelli logistici;
   a quanto sia ammontata la spesa complessiva per la realizzazione del progetto, come sia stata distribuita tra le diverse attività ad esso inerenti e se risulta adeguatamente rendicontata, anche alla luce dei principi e delle norme di cui al Regolamento dell'Unione europea n.1083 del 2006 e relative norme interne;
   quando sia prevista la prima distribuzione non-sperimentale al personale di Poste italiane delle nuove attrezzature sviluppate tramite il progetto, e in quale consistenza numerica;
   se, sulla base dell'evidenza scientifica disponibile, tenendo anche conto del principio precauzionale, sia possibile ragionevolmente escludere che la prolungata esposizione dei lavoratori ai segnali inviati e ricevuti dall'apparecchiatura dagli stessi indossata possa determinare rischi per la loro salute. (4-09166)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   guadagnano 2 euro e 50 centesimi l'ora e lavorano tra le 12 e le 14 ore al giorno. Nessuno versa loro contributi e non hanno alcun diritto riconosciuto. È questa la vergognosa realtà degli «invisibili» extracomunitari delle campagne del Fucino (provincia dell'Aquila). Sono oltre 2 mila le aziende agricole del territorio e sono impiegati 9.500 braccianti. Il fenomeno del caporalato è particolarmente accentuato nel Fucino perché ci sono molti immigrati non in regola con il permesso di soggiorno che di conseguenza far valere i loro diritti: questi «invisibili» delle campagne del Fucino non hanno nome e per questo spesso non possono essere aiutati;
   dalla Marsica, partono insalate e ortaggi destinati ai mercati del nord Europa e a prevalere non sarebbe la legge del mercato ma quella della malavita che impone prezzi e regole. Ci sono 400 mila persone in tutta Italia che vivono in questa situazione, 100 mila dei quali rischiano la schiavitù, i braccianti sono costretti ad accettare il volere del caporalato senza poter dire una parola perché hanno bisogno di quei soldi. La maggior parte dei braccianti impiegati nelle terre del Fucino è di origine marocchina, romena e albanese;
   secondo uno studio del sindacato ci sarebbero attualmente 9.500 braccianti a rischio «schiavitù» nel Fucino. L'Inail ha comunicato che una quota rilevante dei finanziamenti destinati all'adeguamento delle cabine dei trattori riguardi l'Abruzzo: su un totale di 5 mila domande ben 1.200 interessano il Fucino. Secondo il direttore dell'Inps Abruzzo «nel Fucino ci sono molti casi di agricoltori che lavorano e hanno dipendenti irregolari, senza neanche avere un campo di proprietà. L'attività ispettiva nella Marsica è stata molto intensa e ci siamo resi conto che ci sono molte truffe difficili da scoprire»;
   secondo il sindacato c’è un legame strettissimo tra il Fucino, l'Agro pontino e il Casertano: molti braccianti vengono assunti qui perché le aziende usufruiscono degli sgravi dell'Abruzzo, e poi vanno a lavorare a Caserta o a Fondi. Vi sono state delle segnalazioni di lavoratori con regolare contratto di lavoro ai quali viene corrisposto però il 30 per cento del compenso dovuto, un vero e proprio ricatto che viene fatto per permettere loro di avere poi la disoccupazione agricola. Lo sfruttamento e il caporalato nella Marsica sono una realtà drammatica;
   vi sono numerose vertenze aperte di aziende che non pagano i contributi a centinaia di lavoratori coinvolti –:
   se non intenda intervenire coinvolgendo regione Abruzzo, enti locali e parti sociali per mettere in campo strumenti volti a far emergere e sconfiggere la piaga del caporalato nella zona del Fucino.
(2-00973) «Melilla».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VICO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Teleperformance ha recentemente annunciato la volontà di avviare la «societarizzazione» per le sedi di Taranto e Roma inserendole in una «bad company», come riportato in recenti articoli di stampa nazionale e locale;
   Teleperformance, sede di Taranto, occupa circa 1800 dipendenti, dei quali oltre il 70 per cento donne;
   Teleperformance ha usufruito negli anni di diversi incentivi statali, da ultimo quello previsto nella legge di stabilità 2014, ed incentivi regionali per la formazione del personale;
   Teleperformance Taranto è ricorsa più volte negli ultimi anni agli ammortizzatori sociali, in particolare alla cassa integrazione in deroga ed ai contratti di solidarietà; nel febbraio del 2014 aveva, inoltre, annunciato di voler trasferire in Albania la commessa «Eni» per la gestione telefonica del «back office»;
   nel gennaio 2013 l'azienda ha sottoscritto, con istituzioni e sindacati, un Accordo diventato operativo dall'aprile 2013 per il rilancio del sito di Taranto, grazie al quale l'azienda sta risanando i conti. A ciò si è aggiunta la disponibilità dei sindacati di categoria ed aziendali di attivare misure riguardanti la organizzazione del lavoro in ordine ai «turni di lavoro» e alla prevenzione della «morbilità»;
   la situazione del call center Teleperformance di Taranto non è diversa dalla crisi dell'intero settore dei «call center legali» che attraversa l'Italia, dal momento che si stima, entro la fine dell'anno, una fuoriuscita di circa 20 mila giovani lavoratrici e lavoratori soprattutto a causa degli «abusivi» e del terribile meccanismo relativo al «massimo ribasso»;
   il contesto già drammatico della città di Taranto, legato alle molteplici crisi lavorative (Porto, ILVA e indotto, indotto Difesa, Cementir, Vestas, Marcegaglia, Hauchan, e altro) sarebbe colpito in maniera drammatica da questa ulteriore vicenda Teleperformance, anche rispetto alle gravi situazioni di innumerevoli «call center abusivi» che agiscono in Terra Jonica di Taranto da come si evince dalla recente denuncia alla procura della Repubblica ed all'ispettorato del lavoro da parte della CGIL Jonica –:
   se sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative intenda assumere ed attivare rapidamente, soprattutto se intenda convocare un tavolo interministeriale al fine di affrontare le problematiche dei call center. (5-05595)


   CHIMIENTI, LOMBARDI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO e TRIPIEDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Carrefour S.A. è una società francese specializzata nella grande distribuzione organizzata, fondata nel 1959 con sede a Levallois-Perret, ed è ad oggi uno dei gruppi di distribuzione più importanti del mondo. In termini di reddito e vendite a livello mondiale è seconda solo all'americana Wal-Mart, mentre in Europa è leader incontrastata della vendita al dettaglio e in Italia risulta essere il secondo distributore più importante;
   gestisce 15.500 punti vendita tra proprietà e franchising ed è presente in 34 Paesi, principalmente distribuiti nell'Unione europea, e conta su 475 mila lavoratori. In Italia è presente dal 1993 ed opera con una rete distributiva composta da 65 ipermercati ad insegna Carrefour Italia spa e più di mille punti vendita con marchio controllato;
   la multinazionale francese, oltre a lavorare con le insegne Carrefour, Carrefour Market e Carrefour Express in Italia possiede le società S.S.C. Società Sviluppo Commerciale s.r.l., la GS S.p.A., e la DI PER DI s.r.l. tutte con sede legale a Milano in Via Caldera 21. A livello mondiale Carrefour S.A. possiede molte diverse società specializzate in molteplici settori come beni alimentari, abbigliamento e beni per la casa. Possiede anche alcuni hard discount che offrono prodotti a prezzi scontati, oltre ai negozi Carrefour cash and carry, che offrono prodotti all'ingrosso per le imprese. Un assetto industriale che garantisce al colosso francese ben oltre il 57 per cento dei guadagni;
   dal 2001 Carrefour sviluppa in Italia realtà commerciali con servizi complementari: a Nichelino (Torino) apre il primo distributore di carburante a insegna Carrefour e a Brianza di Paderno Dugnano inaugura il primo negozio specializzato nel settore dell'ottica targato Ottico Carrefour;
   nell'ultimo «Annual Report» la società si è dichiarata a ridotto rischio finanziario, in quanto le sue attività nel mondo sono svolte da controllate locali operanti nei rispettivi paesi che riescono quasi ad annullare il «rischio cambio» derivante dall'attività commerciale di importazione ed investimenti;
   la medesima situazione a basso livello di rischio è stata dichiarata per il cosiddetto «Rischio di Liquidità», per il quale la società ha fatto presente di non essere più sottoposta ad alcun covenant finanziario. Mentre per i rischi legali, essendo la società coinvolta in un certo numero di contenziosi legali sia di natura fiscale che giuslavorista, come viene dichiarato anche nel documento di sintesi redatto ad opera di «Borsa Italiana» per le azioni e obbligazioni della società quotate in Italia come da regolamento Consob n. 11971/99, vengono accantonati oltre 1.500 milioni di euro;
   legalmente, infatti, la storia di Carrefour S.A. risulta essere travagliata. Oltre alle migliaia di cause legali promosse in tutto il mondo dai dipendenti e dalle molte vertenze sindacali che denunciano le pessime condizioni lavorative fino allo sfruttamento, come esempio oltre a quello italiano si riporta l'ultimo caso denunciato dal quotidiano francese Libération in un articolo pubblicato il 13 marzo 2015;
   come riportano molti siti sia d'oltralpe che italiani come rsinews.it che ne pubblica la notizia il 1o dicembre 2008, nel 2007 la società Carrefour SA è stata condannata da un tribunale francese per pubblicità ingannevole, in quanto forniva regolarmente alla propria rete commerciale quantità insufficienti di prodotti pubblicizzati per la vendita;
   in Italia nel luglio 2009 la società francese viene multata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato per pubblicità scorretta, come riportato dal sito Uniconsum.it il 21 luglio 2009; la stessa situazione si ripresenta anche nel 2012 anno in cui la società viene multata per 65 mila euro dall'Antitrust per pubblicità ingannevole in relazione alla promozione «Sottocosto» come è possibile leggere in un articolo del 18 marzo 2013 apparso sul sito helpconsumatori.it;
   nel 2009, il Governo francese ha chiesto a un tribunale di multare la multinazionale per 220.000 euro, come riportato in un articolo del quotidiano francese Libération del maggio 2009, avendo constatato più di 2.500 violazioni. Durante le ispezioni furono infatti trovati prodotti a base di carne che mancavano delle corrette informazioni di rilevamento; inoltre, vi erano in vendita prodotti che avevano superato la data di scadenza e, molti prodotti con necessità di refrigerazione venivano immagazzinati per la conservazione a temperatura ambiente;
   azioni legali che evidenziano come il colosso francese della grande distribuzione organizzata non abbia alcun riguardo nei confronti della propria clientela e, tantomeno, dei propri dipendenti. Limitatamente al nostro Paese Carrefour S.A. sta infatti da tempo portando avanti una discutibile politica di esuberi;
   nonostante nel 2014 la società abbia chiuso il bilancio con una crescita organica del 4,1 per cento nei ricavi, un incremento a livello internazionale del giro d'affari del 5,9 per cento su base annua e abbia chiuso il primo trimestre del 2015 con un aumento di ben +6,2 per cento nelle vendite, la società francese ha già avviato le procedure di mobilità per molti dipendenti;
   nonostante la società francese stia aprendo nuovi punti vendita e abbia deciso di tenere aperti 24 ore su 24 alcuni supermercati italiani, in molti negozi si sono già abbassate definitivamente le serrande, mentre in altri si procederà a breve con la chiusura e con l'esubero di parecchi lavoratori;
   oltre 2.000 dipendenti resteranno senza lavoro, giacché non sono stati stipulati accordi di reintegro dei lavoratori nei suddetti nuovi punti vendita;
   la legge n. 223 del 1991, che disciplina la procedura di mobilità, impone infatti che il datore di lavoro, nei casi di licenziamenti collettivi, debba specificare quali siano i motivi che hanno condotto alla decisione di dare corso ai licenziamenti e soprattutto per quali ragioni ritiene impossibile utilizzare strumenti diversi da quelli del licenziamento;
   nella comunicazione l'impresa deve chiarire anche quali misure intende mettere in atto per eliminare o ridurre l'impatto sociale che deriva dai suddetti licenziamenti. Questo aspetto è particolarmente importante nelle ipotesi in cui il licenziamento collettivo riguarda grandi società che occupano molti lavoratori in un determinato ambito territoriale, come nel caso di Carrefour S.A., e il numero dei dipendenti interessati dal licenziamento risulti elevato;
   nonostante ci siano diverse sentenze della Corte di Cassazione a favore dei dipendenti, Carrefour S.A. non ha finora attuato la suddetta procedura;
   le organizzazioni sindacali di settore hanno intrapreso azioni a tutela dei lavoratori. Mentre questi ultimi deciso di indire per il 9 maggio 2015 uno sciopero generale;
   sul mancato reintegro dei lavoratori in esubero nei nuovi punti vendita Carrefour o, nei supermercati in cui è stata decisa l'apertura 24 ore su 24, è intervenuto il segretario della CGIL FILCAMS Gianni Lanzi che in un articolo apparso sul quotidiano Roma Today del 27 aprile 2015 ha dichiarato che: «invece di reimpiegare il personale nelle nuove sedi, la Carrefour ha preferito formare da zero del personale interinale, cosa che abbassa non poco la qualità del lavoro. Oppure, fanno la scelta di assumere lavoratori dalle cooperative, abbassando notevolmente il costo del lavoro»;
   nello stesso articolo, Gianni Lanzi dichiara inoltre che Carrefour «ha dei punti con carenza di organico, ma continua a non fare un piano adeguato. La gestione è francese e non è adeguata alla situazione italiana. Loro sostengono che il motivo sia la slealtà dei loro competitor» –:
   se il Governo sia intenzionato ad istituire dei tavoli di trattative, in concerto con le organizzazioni sindacali e i vertici della società, al fine di studiare un piano industriale che coinvolga tutti i centri commerciali italiani di proprietà di Carrefour S.A.;
   quali urgenti iniziative di competenza il Governo intenda adottare per fare in modo che la società francese reintegri i suddetti lavoratori in altri punti vendita, così come statuito dalla legge n. 223 del 1991 di cui in premessa. (5-05596)


   PILI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la compagnia aerea Meridiana ha sospeso il comandante Andrea Mascia, il pilota che per protesta nei confronti dei licenziamenti in massa decisi dal management della società era rimasto per 50 giorni sopra la torre faro dell'aeroporto Costa Smeralda di Olbia;
   il pilota ha un'esperienza inappuntabile di volo da 36 anni e da 25 è al comando degli aerei della compagnia Meridiana;
   a settembre del 2014 la compagnia Meridiana aveva annunciato la messa in mobilità del personale in esubero strutturale, che ha coinvolto 1.634 persone: 1.478 dipendenti di Meridiana Fly (262 piloti, 896 assistenti di volo e 320 personale di terra) e di 156 di Meridiana Maintenance;
   il 16 ottobre 2014 il comandante Andrea Mascia insieme ad Alessandro Santocchini (assistente di volo) è salito su una torre faro all'interno dell'aeroporto Costa Smeralda di Olbia;
   la protesta e i due protagonisti divennero il simbolo della protesta agli esuberi delle cosiddette «magliette rosse»;
   il comandante Mascia rimase per ben 50 giorni (di cui 25 in sciopero della fame) sulla torre;
   il suo appello fu sempre esplicito e chiaro: «Non sono un eroe, lotto per il mio lavoro»;
   la comunicazione, firmata dall'amministratore delegato della compagnia di volo sarda, Richard Creagh, è lapidaria, quanto ingiustificabile, grave e lesiva di tutti i diritti dei lavoratori;
   nel testo della comunicazione aziendale è scritto: «In relazione ai recenti avvenimenti, questa compagnia ritiene di doverla dispensare dal comando di aeromobili»;
   con la stessa comunicazione viene preclusa al comandante anche la funzione di copilota: «I responsabili aziendali preposti a garantire la sicurezza dei voli non ritengono opportuno assegnarle attività di volo senza l'esercizio delle funzioni di comando»;
   l'Associazione dei piloti Meridiana (Apm) tramite il segretario nazionale Sandro Spano ha dichiarato: «Si tratta di un provvedimento inaccettabile, soprattutto alla luce del recente accordo siglato al Mise, assunto dall'ad della compagnia, contro il quale ci opporremo in tutte le sedi possibili. Se questo provvedimento non dovesse rientrare e il comandante non ritornasse al suo posto, al comando di un aereo, si riaprirebbe quella conflittualità con i piloti che segnerà tutta la stagione estiva» –:
   se non ritenga, anche alla luce degli intercorsi accordi con la compagnia e i Ministeri, di dover chiedere il rispetto dei diritti dei lavoratori ed avviare quanto di propria competenza per impedire atti lesivi come quello richiamato della stessa condotta delle relazioni industriali e sindacali. (5-05604)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   già il 25 marzo 2015, con l'interrogazione a risposta scritta n. 4-08560, alla quale ancora non è stata data risposta nonostante il decorso dei termini di cui all'articolo 134 del regolamento della Camera, l'interrogante aveva sollevato alcune problematiche concernenti la mancata erogazione dell'assegno di mobilità integrato dal fondo straordinario del trasporto aereo (FSTA) ai dipendenti in mobilità di Alitalia;
   secondo quanto segnalato all'interrogante, successivamente alla pubblicazione dell'interrogazione, i problemi denunciati nel sopra citato atto si sarebbero nel frattempo risolti con l'erogazione di quanto dovuto agli aventi diritto;
   tuttavia, nelle ultime settimane – secondo quanto segnalato all'interrogante e secondo quanto riportato da fonti di stampa, nonché da diversi comunicati di organizzazioni sindacali – Alitalia avrebbe intrapreso una attività di reclutamento di nuovo personale, anche avvalendosi di una nota società di intermediazione di manodopera interinale, il cui bando di selezione è reperibile sul web;
   peraltro, sempre secondo quanto è stato informalmente riferito all'interrogante, ai lavoratori in mobilità sarebbe anche preclusa la possibilità di partecipare alle nuove selezioni che la predetta società di intermediazione di manodopera starebbe effettuando. Almeno in un caso, infatti, un candidato che aveva superato la prima selezione sarebbe stato successivamente escluso in quanto incluso nell'elenco dei lavoratori in mobilità: oltre il danno anche la beffa;
   quindi, non è ben chiaro – anzi parrebbe legittimo nutrire qualche dubbio in merito – se in questo reclutamento l'azienda stia rispettando o meno quanto previsto dal punto 9 dell'accordo, siglato il 26 novembre 2014 tra Alitalia-SAI e alcune organizzazioni sindacali, laddove «le Parti ribadiscono, altresì, quanto previsto dall'articolo 47, comma 6, della legge n. 428 del 1990, compatibilmente con le esigenze organizzative aziendali, confermando che in caso di specifiche esigenze organizzative e produttive si attingerà in caso di assunzioni, per un periodo di due anni, in via prioritaria dal personale oggi collocato in mobilità ai sensi degli accordi sopra richiamati, compatibilmente con la coerenza dei profili professionali richiesti e le esigenze, organizzatrice ed operative (es. profili professionali, certificazioni, competenze, ecc.)»;
   facendo una rapida ricerca sul web, la sensazione è che le nuove selezioni aperte da Alitalia-SAI per l'assunzione di alcune centinaia di unità di nuovo personale non facciano esplicito riferimento al principio secondo il quale le assunzioni sono effettuate «attingendo (...) in via prioritaria dal personale oggi collocato in mobilità»;
   peraltro, qualora l'intento dell'intera operazione si rivelasse ora essere la realizzazione di un turn-over generazionale per un parziale abbattimento dei costi, si profilerebbe l'ipotesi di licenziamenti, ad avviso dell'interrogante, in contrasto con la normativa vigente ed effettuati in assenza di reali situazioni di esubero e ridondanza;
   sarebbe decisamente più opportuno, oltre che dovuto, prima ancora di attivare percorsi di selezione di nuovo personale, procedere alla eventuale riqualificazione delle risorse in mobilità, ricordando che efficientamento e redditività non possono in alcun modo essere ottenuti attraverso l'utilizzo degli ammortizzatori sociali, se non per un periodo circoscritto al superamento delle difficoltà di gestione;
   i Ministri interrogati dovrebbero farsi in un certo qual modo garanti del rispetto degli accordi tra Alitalia-SAI e le parti sociali, anche in considerazione del fatto che la creazione di nuovi posti di lavoro non può considerarsi un successo, se ad essa corrisponde la continua precarizzazione dei rapporti e la contestuale esclusione dal mercato del lavoro di risorse con pregressa e consolidata esperienza, che gravano peraltro pesantemente sulle casse dello Stato –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto illustrato in premessa e se siano in possesso di informazioni più dettagliate;
   se i Ministri interrogati non ritengano doveroso svolgere alcuni accertamenti eventualmente intervenendo, per quanto di rispettiva competenza, al fine di garantire il rispetto di un patto che, se eluso, comporta un notevole aggravio sulle casse dello Stato, oltre che il mancato rispetto di un accordo sottoscritto dalle parti sociali. (4-09163)


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la vicenda del cementificio Sacci di Cagnano Amiterno (L'Aquila) parte da lontano, ma ora è arrivata a un bivio: l'intero gruppo è in crisi, con la richiesta di concordato e il sito aquilano non riesce a vendere il cemento neanche nel cantiere più grande d'Europa, quello della ricostruzione dell'Aquila dopo il terremoto;
   nella fabbrica di Cagnano Amiterno lavorano 88 persone, ma il numero dei lavoratori coinvolti, con l'indotto, arriva a 140. Il gruppo Sacci, che opera a livello regionale, ha avanzato richiesta di concordato in bianco al tribunale, per cercare di tamponare la situazione debitoria: se il giudice non accoglierà il piano di risanamento, scatterà la cassa integrazione straordinaria;
   in questo scenario, il sito aquilano appare fortemente a rischio e il 12 maggio 2015 si svolgerà un tavolo presso la regione per affrontare la grave situazione;
   nei giorni scorsi i lavoratori hanno protestato in occasione dell'inaugurazione del salone della ricostruzione, nel nucleo industriale di Bazzano. I dipendenti sottolineano come nei cantieri del cratere sismico si vedono sacchi di cemento di tutte le marche ma non della Sacci, che sta attraversando un periodo disastroso;
   in una nota i sindacati sottolineano che ora si dovrà ricorrere alla cassa integrazione ordinaria a zero ore per sei settimane e poi ci sarà la procedura concorsuale in atto per l'intero gruppo;
   il problema, oltre agli 88 dipendenti, potrebbe trascinare anche i tanti addetti dell'indotto, tra trasporti e servizi. E non dimentichiamo che gran parte dell'economia dell'Alta Valle dell'Aterno (provincia dell'Aquila) ruota intorno al cementifico Sacci. Per questo i sindacati chiedono l'apporto delle istituzioni del territorio –:
   se non intendano convocare un incontro con le parti sociali, la regione Abruzzo e i vertici aziendali per trovare una soluzione condivisa con l'obiettivo di tutelare l'occupazione e la presenza produttiva della Sacci di Cagnano Amiterno (L'Aquila). (4-09164)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GALLINELLA, L'ABBATE, GAGNARLI, PARENTELA e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile 2015, rispondendo ad una interpellanza parlamentare sulla questione AGEA-SIN, il Vice Ministro dell'economia e delle finanze Enrico Morando ha dichiarato che «Per ciò che concerne l'assetto del Sian, anche tenuto conto delle risultanze dell'indagine preliminare svolta dal CNR (...) si è deciso di operare attuando un complessivo audit del sistema informativo, in conformità con la normativa vigente»;
   dalle parole del Vice Ministro appare chiaro che tale indagine preliminare sia stata una importante base di partenza per valutare il funzionamento e i possibili interventi sul sistema informatico che è alla base del lavoro di Agea;
   secondo quanto dichiarato da Morando, l’audit scaturito dall'indagine preliminare poteva essere un utile elemento per trovare soluzioni utili a garantire la continuità dell'attività del sistema Sian in vista della scadenza, fissata a settembre 2016, della convenzione quadro e dei contratti con la società SIN Spa, società alla quale è affidata la gestione e lo sviluppo del Sian –:
   se all'indagine svolta dal CNR sia seguito effettivamente l'audit per definire la nuova struttura informatica alla base del funzionamento di Agea, in vista della scadenza del contratto con la società Sin spa, fissata a settembre 2016. (5-05594)

Interrogazione a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 dicembre 2014, con nota protocollo 69812, il dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ha approvato la rimodulazione delle autorizzazioni ad assumere, consentendo che si bandisse un concorso per 393 posti da allievo agente del Corpo forestale dello Stato;
   in data 3 febbraio 2015, con D.C.C. del Corpo forestale dello Stato, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV S.p. concorsi, n. 11 del 10 febbraio 2015 è stato bandito il relativo concorso pubblico per titoli ed esami finalizzato all'assunzione di 393 allievi agenti del Corpo forestale dello Stato riservato a coloro abbiano già prestato o stiano prestando servizio nelle forze armate nel ruolo di volontario ferma prefissata di un anno o quadriennale o rafferma;
   oltre 10 mila ragazzi hanno presentato la domanda di partecipazione, molti dei quali soggetti al vincolo di poter partecipare ad un solo concorso annuale tra quelli indetti dalle forze di polizia, indirizzando in tal modo le proprie aspirazioni di carriera nel Corpo forestale dello Stato e pregiudicando una loro partecipazione ad altri concorsi;
   si stanno interrompendo le procedure che prevedono l'assunzione tramite concorso di 393 nuovi agenti del Corpo forestale dello Stato per assumere al loro posto, secondo quanto denuncia da tempo il sindacato Sapaf del Corpo forestale dello Stato, 300 operatori delle polizie provinciali (rinunciando in tal modo a 393 nuove assunzioni, tra l'altro già finanziate negli anni scorsi);
   in tal modo si avrà un ulteriore indebolimento dei livelli di presidio del territorio con conseguenze negative sul contrasto ai crimini ambientali, visto che questi giovani sarebbero destinati alla fine del loro iter concorsuale e di preparazione, alle 1.000 stazioni territoriali e, in particolar modo, a quelle del nord Italia, fortemente carenti nell'organico;
   la legge n. 56 del 2014 prevede una riorganizzazione radicale delle province, con riferimento specifico alle nuove funzioni di polizia provinciale che andrebbero ridisegnate e ricollocate secondo disposizioni normative ancora non ben definite;
   la collocazione futura del personale della polizia provinciale dovrà necessariamente avvenire attraverso una soluzione unitaria, che dia le stesse opportunità e le stesse garanzie a tutto il personale e non soltanto ad una sua parte come avverrebbe con la loro collocazione nel Corpo forestale dello Stato utilizzando, tra l'altro, le risorse economiche allocate per il concorso per 393 allievi agenti;
   l'attuale dotazione organica del Corpo forestale dello Stato è carente nel ruolo degli agenti/assistenti di oltre 900 unità, con forte rischio di pregiudicare l'azione di contrasto ai crimini ambientali e agroalimentari;
   l'unicità delle funzioni e delle competenze del Corpo forestale dello Stato sono imprescindibili per garantire azioni di vigilanza e contrasto ai fenomeni di criminalità ambientale;
   a giudizio dell'interrogante, l'eventuale transito del personale della Polizia provinciale nel Corpo forestale dello Stato non deve, in ogni caso, avvenire a discapito degli eventuali 393 futuri giovani agenti;
   sarebbe uno «scambio politico» inadeguato ed inaccettabile per il personale del Corpo forestale e per i cittadini che reclamano più sicurezza in materia ambientale oltre a lasciare indefinito il futuro dei circa 2 mila ed 800 appartenenti alle varie polizie provinciali –:
   quali iniziative intenda adottare il ministro interrogato affinché il concorso bandito per 393 agenti rinviato a data da destinarsi venga svolto in tempi brevi;
   nell'eventualità che il concorso non venga più espletato, quali iniziative intenda adottare il ministro interrogato per far sì che i partecipanti a detto concorso possano partecipare ai concorsi nelle altre forze di polizia che stanno per essere banditi a breve. (4-09162)

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la sensibilità chimica multipla (MCS) è una malattia che pochi conoscono e che la maggior parte dei medici riconosce con difficoltà. La malattia si caratterizza Infatti per una serie di sintomi differenti, che possono colpire ogni organo, e le sue manifestazioni sono estremamente differenti da persona a persona e infatti il nome stesso dato alla patologie è piuttosto generico. I sintomi più frequenti, ed altamente lesivi della qualità della vita del paziente, fino all'invalidità, sono quelli di tipo allergico come difficoltà respiratoria, nausea, emicrania, dermatiti da contatto, vertigini, ipersensibilità agli odori e manifestazioni, talvolta anche gravi a livello neurologico, come sdoppiamento della personalità e amnesia;
   con il tempo, soprattutto se l'esposizione alla sostanza continua, la malattia produce nell'organismo effetti irreversibili e può portare addirittura allo sviluppo del cancro, di malattie autoimmuni e all'ictus. Proprio la presenza dei sintomi neurologici, accompagnata dal fatto che nei pazienti non venivano riscontrate allergia, ha per molto tempo indotto a indirizzare queste persone verso cure psichiatriche ma solo in alcuni casi trattamenti con gli antidepressivi hanno dato buoni risultati. Oltre alla varietà dei sintomi e della loro gravità a rendere più difficile la diagnosi – e anche a rendere assai difficile una vita normale – è il fatto che a causarli possono, essere sostanze molto differenti tra loro e di uso estremamente comune come la candeggina, detergenti, profumi, saponi, pesticidi e prodotti da giardino, ma anche gas di scarico, micropolveri e campi elettromagnetici accentuati. Per molti pazienti diventa difficile trovare anche un ambiente adeguato in cui vivere poiché l'installazione di un ripetitore telefonico, la presenza di un benzinaio o di molto traffico o di altre comuni attività commerciali vicine può rendere la vita insopportabile;
   spesso i sintomi si accompagna a stati ansiosi e depressioni, ma è difficile ancora stabilire se questi facciano veramente parte della malattia o siano piuttosto una conseguenza del timore continuo di entrare in contatto con le sostanze e la difficoltà a condurre una vita normale. Attualmente l'ipotesi tenuta in maggior considerazione, scartata ormai quella che si tratti di un problema di tipo psichiatrico, è che la malattia sia causata da una ridotta capacità di metabolizzazione delle sostanze xenobiotiche a causa di una carenza genetica o della rottura dei meccanismi enzimatici di metabolizzazione a seguito della esposizione tossica;
   un caso drammatico è rappresentato dalla situazione di Deborah Iori una giovane mamma di Varese non può più abbracciare i suoi figli, non può alimentarsi, non può uscire; non può indossare gli abiti che portava prima, perché rischia di morire. Se non parte subito per la costosa terapia all'estero, difficilmente qui, a Varese come in Italia, senza le adeguate cure, potrà sopravvivere a lungo;
   la situazione fisica è quasi compromessa con un peso di 35 chili, costretta su una sedia a rotelle, respirare con una mascherina e non può più alimentarsi, se non attraverso l'acqua. La condizione peggiora visibilmente, di giorno in giorno. I problemi fisici della signora Iori erano già sorti nell'infanzia e l'incertezza della diagnosi è durata fino al 2001, quando viene scoperta una forma di celiachia. Tuttavia, nonostante la rigorosa dieta i sintomi hanno continuato a persistere;
   negli anni la malattia, attribuita ad un quadro di miastenia gravis, peggiora a tal punto da compromettere la deambulazione e a costringere la paziente su di una carrozzina;
   dall'estate 2012 comincia un doloroso declino progressivo che porta ad avere continui rischi letali, anche solo attraverso il contatto casuale con odori o profumi della quotidianità, come cibi o detersivi. L'unico modo per sopravvivere è vivere costantemente attaccata alla mascherina in una camera della sua casa, completamente aerata. Nell'ultimo mese è arrivata finalmente a conoscere il nome del suo nemico: una grave mitocondriopatia causata da un forte deficit di attività di glutatione trasferasica, meglio conosciuta con la sigla Mcs, in Italia non è possibile curare questa malattia, gli unici centri al mondo sono a Londra e a Dallas, e sono entrambi privati;
   il giorno 5 maggio 2015 è prevista la partenza per raggiunge Dallas per iniziare le cure, ma per il viaggio è necessario predisporre un velivolo speciale che, per rispettare il protocollo internazionale del MCS, dovrà subire un trattamento particolare che porterà ad un completo smontaggio, a quattro procedimenti di pulitura totali e ad un rimontaggio con copertura di fogli di alluminio di ogni superficie al fine di azzerare ogni possibilità di contatto con sostanze che non siano aria purissima;
   il costo del viaggio e delle cure si aggira tra i 180 ed i 200 mila euro, non sostenibili dalla famiglia Iori provata da una vita di cure e che al momento si sta provvedendo con aiuti che giungono attraverso la generosità di molti cittadini della provincia di Varese attraverso le più disparate iniziative –:
   se il Ministro, essendo a conoscenza della situazione non intenda intervenire urgentemente predisponendo forme di sostegno per i malati di sensibilità chimica multipla nell'immediato per i casi più gravi dando loro la possibilità di curarsi nei centri esteri in attesa di istituire centri specialistici in Italia ricordando che per gli esperti italiani in Italia le persone affette da sensibilità chimica multipla siano circa 1 milione ma che solo quindicimila, circa l'uno virgola cinque per cento del totale, sappiano di esserne affetti. (5-05600)


   FUCCI e RUSSO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il sistema di bollinatura dei farmaci è stato avviato nel 1988 al fine di stroncare le truffe al Servizio sanitario nazionale. Sulla base degli ottimi risultati riscontrati nella lotta alle truffe, con decreto del Ministro della sanità 2 agosto 2001, il bollino farmaceutico è stato arricchito di un codice numerico per la tracciabilità integrale di sicurezza di tutti i farmaci indipendentemente dal fatto che gli stessi siano destinati al Servizio sanitario nazionale. Il decreto stabilisce, tramite specifiche rigidissime riportate nell'allegato tecnico, tutte le caratteristiche che deve avere il bollino sia come layout, che come tecniche di stampa e di lettura dei dati in chiaro e codificati;
   l'articolo 13, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in materia di tecnologie digitali dal Servizio sanitario nazionale, stabilisce la progressiva introduzione della ricetta medica elettronica e quindi l'avvio di un sistema di erogazione del farmaco dematerializzato. La misura si inquadra nell'ambito dello sviluppo della «Sanità digitale», tematica che è stata centrale nel corso del recente semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea dalla cui applicazione possono derivare risparmi per oltre 7 miliardi di euro;
   di fatto si prevede il superamento, sia pure con un temporaneo doppio utilizzo, delle attuali metodologie anticontraffazione del farmaco basate sul bollino cartaceo da staccare dal prodotto dispensato dal Servizio sanitario nazionale e da applicare sulla ricetta «rossa», E ad oggi, circa il 40 per cento delle prescrizioni sul territorio nazionale avvengono già con la ricetta elettronica, che si basa sul codice riportato sul bollino farmaceutico e non sul supporto cartacee di sicurezza, che tra qualche tempo non avrà più motivo di essere applicato e di conseguenza, di essere prodotto;
   nonostante l'avvio di tale fase di superamento del bollino farmaceutico cartaceo, l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, il 19 luglio 2013, apriva una gara per l'acquisto di impianti di macchine da stampa del bollino cartaceo, non convertibili ad altro uso, costate – secondo notizie riportate da Il Corriere della Sera – non meno undici milioni di euro, e il tutto solo per incentrare la produzione interamente su scala interna. Di fatto quindi e con una. soluzione autarchica, il Poligrafico decideva di investire somme sproporzionate per acquistare impianti e macchinari non solo un giorno destinati a fermarsi, in quanto atti alla creazione di un bollino che verrà interamente superato dalla ricetta elettronica, ma anche inutili, posto che alla metà del costo d'investimento altre industrie cartografiche fiduciarie avevano dimostrato di poter offrire lo stesso servizio con personale qualificato e già formato;
   ed infatti le tre imprese esterne che si erano aggiudicate, prima di tale scelta sconsiderata, l'ultima gara (5,2 miliardi di bollini) avevano offerto prezzi di gran lunga più bassi: 13,6 euro la prima, 12,4 la seconda, appena 9 la terza. Ovvero la metà esatta del costo di produzione interna del Poligrafico, che ad oggi produce solo un quarto circa dei 2,3 miliardi di bollini farmaceutici stampati ogni anno con costi di produzione pari a 18 euro, esattamente il doppio di quanto offerto dalle imprese esterne;
   a questa disastrosa scelta di politica manageriale, che sembra riportarci indietro ai tempi di un solitario Gutemberg, si aggiungono anche i copiosi ritardi verificatisi da quando il Poligrafico si occupa in proprio della bollinatura. Ed infatti, è recentemente accaduto che le ultime bobine della carta speciale utilizzata per la stampa siano risultate difettose, con la carta adesiva a triplo strato che si scolla e che sarà pressoché impossibile utilizzare, Siamo dunque al colmo per il quale le ricorrenti carenze di referenze farmaceutiche sul circuito distributivo nazionale registrano un brusco ed esteso peggioramento per ragioni mai sentite, ossia «tipografiche»;
   ma questo è solo accadimento frutto delle evidenti difficoltà in cui versa un Poligrafico annaspante. È chiaro in definitiva che qualcosa non ha funzionato nel calcolo dei tempi necessari per l'acquisizione, i collaudi e il rodaggio delle nuove macchine che, di fatto, non potranno essere utilizzate a regime prima delle prossima estate;
   ma i bollini necessari per i milioni di confezioni in giacenza nelle varie aziende ad oggi sono quasi finiti, ed è praticamente escluso che il Poligrafico riesca a stare dietro alle necessità del mercato. Non bastasse, è anche saltato il nuovo bando per la fornitura di altri 800 milioni di contrassegni, ipotizzato per fronteggiare le prevedibili difficoltà, della transizione dal regime di stampa ai fiduciari esterni a quella tutta interna al Poligrafico –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle scelte dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato riassunte in premessa, se sia in grado di quantificare il danno inferto alle casse dello Stato dalle suddette scelte, e quali immediate iniziative, anche normative, intenda porre urgentemente in atto per porvi rimedio, affinché sia immediatamente concesso alle imprese cartografiche esterne ed autorizzate al trattamento delle carte valori, di concorrere alla fornitura dei bollivi farmaceutici anche in un rapporto diretto con le industrie farmaceutiche, per superare per sempre le incertezze, i problemi ed i ritardi accumulati dall'Istituto Poligrafico dello Stato. (5-05601)


   BARONI, GRILLO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 10 luglio 2014 il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 15, comma 1 e 1-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 «per l'espletamento dei compiti connessi al ripristino dell'equilibrio finanziario dell'Istituto superiore di sanità», nominava il professor Gualtiero Walter Ricciardi come commissario straordinario e, contestualmente, prevedeva la scadenza del Presidente del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico;
   la nomina, semestrale, avveniva a causa del riscontrarsi di un disavanzo di competenza per i due esercizi consecutivi relativi agli anni 2011 e 2012 e una previsione di disavanzo anche per il 2013 e veniva prorogata per altri sei mesi in data 21 gennaio 2015 per poter permettere, entro il 30 aprile 2015, in sede di approvazione dell'esercizio finanziario 2014, il riscontro definitivo dell'azzeramento del disavanzo dell'esercizio di competenza «contrariamente a quanto rilevato negli esercizi 2011, 2012 e 2013»;
   suscita perplessità la nomina del professor Ricciardi chiamato per compiti di esclusiva natura finanziaria all'Istituto superiore di sanità, avendo egli ad avviso degli interroganti carenza di competenze, essendo laureato in medicina con specializzazione in igiene e medicina preventiva e non si comprende come mai all'approvazione del bilancio suddetto non abbia rimesso il mandato, avendo portato a termine il compito per cui era stato nominato;
   risulta inoltre agli interroganti che il professor Ricciardi abbia continuato a ricoprire la sua carica di professore ordinario di igiene presso la facoltà di medicina e chirurgia «A. Gemelli» dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma secondo gli interroganti in contrasto con quanto previsto dal decreto legislativo n. 106 del 2012 (articolo 4, comma 2) che prevede che il Presidente se «professore universitario, è collocato in aspettativa» e che ricopra diverse altre cariche fra cui quella di presidente della terza sezione del Consiglio superiore di sanità dal settembre 2013 e risulta ancora, come da curriculum vitae pubblicato sul sito dell'Istituto, essere componente di diversi organismi di carattere scientifico e/o medico che hanno numerose interrelazioni con materie afferenti all'Istituto superiore di sanità;
   la sezione «amministrazione trasparente» dell'Istituto superiore di sanità non riporta, come dovrebbe, la dichiarazione del commissario straordinario riguardo l'assenza di conflitti di interesse o di cause di incompatibilità o di inconferibilità ai sensi del decreto legislativo n. 39 del 2013;
   in data 24 ottobre 2014 e pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 268 del 18 novembre 2014, con decreto del Ministro della salute, è stato emanato il nuovo Statuto dell'Istituto superiore di sanità, che è stato approvato dal suddetto commissario straordinario, ad avviso degli interroganti in contrasto col decreto legislativo n. 106 del 28 giugno 2012 articolo 2, che prevede che lo Statuto sia «deliberato dal Consiglio di amministrazione, sentito il Comitato scientifico, a maggioranza assoluta dei componenti», travalicando, de facto, i suoi meri compiti di «ripristino dell'equilibrio finanziario» e, da fonti di stampa, si apprende che il professor Ricciardi stia anche procedendo alla completa riorganizzazione dell'Istituto attraverso un nuovo piano triennale che, in base all'articolo 16, comma 4, del nuovo Statuto, deve essere «predisposto dal Presidente, sentiti i responsabili delle strutture della area operativa tecnico scientifica», deve essere «reso pubblico per almeno trenta giorni, al fine della formulazione da parte del personale dell'Istituto di eventuali osservazioni» e deve essere «deliberato dal Consiglio di amministrazione, previo parere del Comitato scientifico» –:
   se il Ministro non ritenga urgente la immediata nomina degli organi statutari dell'Istituto superiore di sanità, il presidente, il Consiglio di amministrazione e il comitato scientifico, al fine di superare definitivamente la condizione di straordinarietà che si è venuta a verificare negli ultimi mesi, posto che tali organi sono legittimati dallo statuto a procedere all'adozione del nuovo piano triennale e all'eventuale riordino dell'Istituto stesso. (5-05602)


   CARNEVALI, LENZI, ALBINI, AMATO, D'INCECCO, CAPONE, PIAZZONI, PATRIARCA e GRASSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il Patto per la salute per gli anni 2014-2016, di cui all'intesa 10 luglio 2014, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, prevede all'articolo 5 (assistenza territoriale), comma 21 la stesura di un Piano nazionale della cronicità;
   in particolare tale comma prevede: «Al fine di definire le principali linee di intervento nei confronti delle principali malattie croniche, il Ministero della salute, entro il 31 dicembre 2014, predispone il “Piano nazionale della cronicità” da approvare con Accordo sancito dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trenta e di Bolzano»;
   secondo l'OMS in Europa le malattie croniche provocano almeno l'86 per cento dei morti e il 77 per cento del carico di malattia. Per questo motivo la lotta alle malattie croniche rappresenta una priorità della salute pubblica, sia nei Paesi più ricchi che in quelli poveri. Di qui la necessità di investire nel controllo di queste malattie ma anche nella prevenzione;
   come emerge dalla Relazione sullo Stato sanitario del Paese 2012-2013 presentata dal Ministero della salute il 14,7 per cento della popolazione dichiara di essere affetto da almeno una patologia cronica e queste, come si legge nella relazione rappresentano una delle principali sfide per la sanità pubblica in tutti i Paesi. Tra i fattori che determinano tali patologie, alcuni sono comportamentali e quindi modificabili attraverso la promozione di stili di vita salutari, altri sono di tipo genetico e altri ancora afferiscono ad aspetti socioeconomici e ambientali, anch'essi rimuovibili attraverso politiche non strettamente sanitarie. Allo stesso tempo le malattie croniche sono responsabili di molte delle persistenti disuguaglianze nella salute, evidenziando un forte gradiente socioeconomico e rilevanti differenze di genere nella loro diffusione; importante anche l'impatto che tali malattie producono sulla qualità della vita e sulla percezione del benessere a livello individuale. In base ai risultati dell'ultima indagine sulle «Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari», nel 2013 il 14,7 per cento della popolazione ha dichiarato di essere affetto da almeno una malattia cronica grave. Tale percentuale è in aumento solo per effetto dell'invecchiamento della popolazione. La salute percepita (uno dei principali indicatori di salute soggettiva riconosciuto a livello internazionale per la sua capacità di riflettere condizioni fortemente correlate con la sopravvivenza e la domanda di prestazioni sanitarie) non evidenzia variazioni significative nel tempo. Nel 2013, la prevalenza, standardizzata per età, di chi dichiara di stare male o molto male rimane stabile al 7,39 per cento nella popolazione di 14 anni e più e al 20,1 per cento tra gli anziani, ma si accentuano le differenze di genere a svantaggio delle donne, già marcate 2005. Rispetto al 2005 migliora lo stato di salute fisica e peggiora lo stato di salute psicologico;
   un approccio globale nella lotta alla malattie croniche, secondo alcune esperienze già, consolidate sì realizza anche attraverso l'adozione di specifico percorso diagnostico assistenziale integrato (PDTA), piuttosto che un percorso integrato di cura (PIC), dove oltre i farmaci e le terapie innovative sono necessari servizi più adeguati, anche nel segno della flessibilità organizzativa delle prestazioni, proprio nel rispetto della dignità del malato che giustamente reclama il diritto a vivere una vita nella normalità oltre la malattia cronica, per consentire inoltre un costante adattamento o una riformulazione alla realtà specifica del paziente in relazione spesso alle fasi di riacutizzazioni alternate a periodi di totale benessere;
   infatti il percorso diagnostico assistenziale integrato, è lo strumento più adeguato di gestione del malato e anche di governance del sistema, che da una parte produce un importante risparmio di risorse riducendo gli sprechi e le inefficienze del sistema sanitario e socio sanitario, e dall'altra parte, razionalizzando i processi sanitari tra i diversi attori coinvolti nel percorso di cura, può garantire la diagnosi precoce, l'appropriatezza delle prestazioni, il miglioramento della qualità dell'assistenza, l'equità di accesso ai trattamenti sul territorio;
   rimangono rilevanti le disuguaglianze sociali e territoriali che penalizzano alcuni gruppi di popolazione, in particolare gli anziani del Sud del Paese –:
   quale sia allo stato attuale l’iter di approvazione del piano nazionale delle cronicità così come previsto all'articolo 5, comma 21, del Patto per la salute per gli anni 2014-2016, di cui all'intesa 10 luglio 2014 visto che lo stesso articolo disponeva la sua realizzazione entro il 31 dicembre 2014 e come intenda risolvere le diseguaglianze sociali e territoriali rilevate.
(5-05603)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FOSSATI e MIOTTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2013 AIFA con propria Determinazione n. 376 «con determinazione n. 376 “Regime di rimborsabilità e prezzo del medicinale per uso umano ‘Buccolam’” – (Gazzetta Ufficiale n. 99 del 24 aprile 2013), ne specifica nelle “Indicazioni terapeutiche: trattamento di crisi convulsive acute prolungate, in bambini e adolescenti (da 3 mesi a <18 anni) BUCCOLAM deve essere usato solo da genitori/persone che prestano assistenza in pazienti che abbiano ricevuto una diagnosi di epilessia. Per i bambini di età compresa tra 3 e 6 mesi il trattamento deve essere eseguito in contesto ospedaliero, in cui sia possibile il monitoraggio e siano disponibili presidi per la rianimazione»;
   il 9 giugno 2014, su richiesta dell'AICE-Associazione italiana contro l'epilessia, AIFA con propria determina n. 570 – (Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 139 del 18 giugno 2014) prevede l’«Inserimento del medicinale per uso umano “midazolam (Buccolam)” nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per l'indicazione: trattamento di crisi convulsive acute prolungate in soggetti di età 18 anni, già sottoposti a terapia in età pediatrica»;
   il 7 novembre 2014, su richiesta dell'AICE-Associazione italiana contro l'epilessia, AIFA con propria determina n. 1316 – (Gazzetta Ufficiale n. 271 del 21 novembre 14, pag. 42) prevede «Inserimento del medicinale “midazolam (Buccolam)” nell'elenco dei medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, ai sensi della legge 23 dicembre 1996, n. 648, per il trattamento di persone in età evolutiva, con età superiore ai 3 anni, con crisi febbrili convulsive prolungate»;
   il 27 aprile 2015, a fronte di richiesta dell'AICE-Associazione italiana contro l'epilessia, tra l'altro, di estendere l'indicazione di detto farmaco per il trattamento di persone in età evolutiva, se non dall'età di 3 mesi almeno da quella di 6 o all'inserimento in struttura educativa, con crisi febbrili convulsive prolungate, con propria nota comunica ad AICE «che non sia possibile ottemperare alla richiesta per motivi di sicurezza...» e comunica che «i dati di Farmacovigilanza segnalano un certo numero di effetti avversi anche gravi (decessi)» –:
   se non ritenga urgente acquisire da AIFA dati precisi sulla manifestazione di tali «effetti avversi anche gravi (decessi)», al fine di verificarne la relazione con l'età dei pazienti, le modalità di somministrazione del farmaco, il tipo di crisi conclusiva a cui si riferiscono e assumere orientamenti conseguenti che contemperino la massima diffusione di farmaci efficaci e di facile somministrazione nelle fasi di crisi convulsiva, con la garanzia della sicurezza dei pazienti. (5-05605)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato sventato dalle forze dell'ordine un tentativo di furto all'interno degli impianti della Mythen di Ferrandina;
   un addetto alla vigilanza a quanto riportano le cronache durante un giro di perlustrazione ha notato aperto uno dei cancelli di accesso dell'impianto chimico e ha immediatamente chiamato il commissariato di polizia competente che è quello del comune di Pisticci;
   la prontezza del vigilante e il pronto intervento delle forze dell'ordine hanno messo in fuga i malintenzionati;
   obiettivo dei malviventi era il rame contenuto all'interno dei numerosi cavi di conduttura perimetrali, in parte già estratto dalla guaina protettiva, nonché diversi elementi di arredo di ufficio che si trovano raccolti in un unico locale;
   purtroppo la Mythen che occupava circa 80 dipendenti ora in cassa integrazione straordinaria è chiusa da tempo ed è stato nominato dal tribunale di Matera un curatore fallimentare;
   periodicamente appaiono notizie di presunti interessamenti ma senza che al momento si sia concretizzato nulla con la preoccupazione che gli ammortizzatori andranno in scadenza e il comprensorio è già in enorme sofferenza a seguito della chiusura progressiva di numerose attività industriali;
   è noto che la curatela fallimentare ovviamente è una procedura delicata e che è finalizzata a tutelare i creditori e comunque in questo ambito bisogna individuare possibili strade per la ripresa produttiva e occupazionale cercando di verificare ove vi fossero delle manifestazioni di interesse a rilevare gli impianti;
   anche episodi come il tentativo di furto costituiscono elementi che devono indurre ad accelerare i tempi, anche per la sicurezza, al fine di trovare soluzioni che possano consentire il reinserimento dei lavoratori e il fattore tempo non è elemento trascurabile –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di verificare se e quali interessamenti di natura industriale vi siano al fine di consentire alle maestranze di avere una prospettiva di reinserimento occupazionale ed evitare che incuria e predatori umilino ulteriormente il territorio ed in particolare i lavoratori. (5-05593)

Interrogazione a risposta scritta:


   RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la stazione sperimentale Industria Pelli di Napoli (SSIP) nacque nel 1885, come ente pubblico;
   dal 1923, in forza di un regio decreto, ottenne dalle industrie del settore pelli il pagamento di un contributo (imposizione parafiscale), che attualmente consiste nella duplice forma di importo in base al numero dei dipendenti dell'azienda e di trattenuta a dogana sulle importazioni extra Unione europea pari all'1 per mille;
   nel maggio 2010, con decreto-legge n. 78 (articolo 7, comma 20), tutte le stazioni sperimentali sono state soppresse e le relative attribuzioni conferite alle camere di commercio; quelle della SSIP alla CCIAA di Napoli;
   quest'ultima, come le altre camere di commercio, ha istituito un'azienda speciale ad hoc, cui ha trasferito attribuzioni e patrimonio del soppresso ente;
   essendo il settore contribuente basato sostanzialmente su distretti, la legge di stabilità 2014 ha stabilito che i compiti della soppressa SSIP spettino, in aggiunta a Napoli, a Pisa e Vicenza (cfr. comma 442 della legge n. 147 del 2013), ma ha tralasciato il distretto di Solofra in provincia di Avellino;
   le tre camere di commercio di Pisa, Vicenza e Napoli, a dicembre 2014, hanno costituito un nuovo soggetto (s.r.l.) il cui capitale sociale, formato integralmente dal patrimonio del precedente ente soppresso (euro 9.500.000) è stato assegnato per un terzo a ciascuna delle predette camere di commercio;
   è interessante evidenziare come, di recente, il Consiglio di Stato ha, con sentenza 5027 del 9 ottobre 2014, rinviato alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 7, comma 20, decreto-legge n. 78 del 2010 con cui sono state trasferite le funzioni nazionali delle stazioni sperimentali alle camere di commercio, enti gestori di interessi locali parziali e non in grado, ai fini della tutela dei diritti costituzionali, di tutelare gli interessi nazionali (o di altre province) –:
   secondo i dati in possesso del Governo, su quali basi, nell'attribuire le funzioni dell'ex stazione sperimentale Industria Pelli alle sole tre camere di commercio di Vicenza, Pisa e Napoli, siano state escluse altre province con forte presenza produttiva nel settore contribuente, tra cui Avellino;
   come si concili la forma societaria a responsabilità limitata di tipo privatistico (gestita da tre enti meramente locali) con il potere pubblico, in capo alla stessa società, di riscuotere obbligatoriamente a livello nazionale contributi e imposte parafiscali. (4-09168)

Apposizione di firme a mozioni.

  La mozione Mura e altri n. 1-00854, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pinna.

  La mozione Preziosi e altri n. 1-00857, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Amoddio, Cova, Piccione, Prina.

  La mozione Fragomeli e altri n. 1-00861, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sanga.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Ferro n. 5-05453, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

  L'interrogazione a risposta scritta Tofalo e altri n. 4-09066, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Colonnese.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Brunetta e Gelmini n. 3-01496, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Palese.

  L'interrogazione a risposta scritta Pellegrino e altri n. 4-09150, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Braga.

Pubblicazione di testi riformulati.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Dambruoso n. 1-00760, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 390 del 12 marzo 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    in ampie aree del mondo, dall'area mediorientale – Iraq, Siria, Libia, Palestina – a quella del Nord e del Centro dell'Africa – Libia, Nigeria, Somalia, Kenya – si sono intensificate le persecuzioni nei confronti dei cristiani. Le continue violazioni della libertà religiosa, ispirate dall'odio ultrafondamentalista causano morte, sofferenze, l'esilio, perdita delle persone care e dei propri beni;
    i cristiani al mondo che in questo momento subiscono persecuzioni sono stimati in non meno di 100 milioni e le uccisioni, secondo le valutazioni più prudenti, sono almeno 7.000 all'anno (ma per qualcuno si dovrebbe aggiungere uno zero);
    le violazioni della libertà religiosa non riguardano solo i cristiani: la follia omicida dell'Isis, per esempio, colpisce con eguale crudeltà gli yazidi, i musulmani sciiti e anche i musulmani sunniti che non accettano le prevaricazioni dei terroristi. Sono rase al suolo non soltanto le chiese, ma anche i templi, le moschee e i minareti. I cristiani, tuttavia, vantano il triste primato di essere circa l'80 per cento del totale dei perseguitati per ragioni religiose;
    il terribile destino riservato ai ventuno coopti decapitati nei giorni scorsi sulle coste libiche, espiando la «colpa» di essere cristiani, a poche centinaia di miglia dalla Sicilia, ha esplicitato nel modo più turpe che si tratta di una tragedia molto prossima a noi;
    il rischio è che la moltiplicazione delle notizie di uccisioni, di massacri, di distruzioni provochi non un incremento della capacità di reagire da parte dell'Occidente, dell'Europa e dell'Italia, ma un incremento dell'assuefazione, come se fossero eventi inevitabili, qualcosa che comunque deve succedere;
    la risposta a un'aggressione ingiusta deve essere intelligente e adeguata al contesto. È, dunque, necessario che un eventuale intervento sia multilaterale, non di sole potenze «occidentali», coinvolgendo possibilmente anche Paesi musulmani;
    ogni azione, compreso l'intervento militare, sarebbe efficace soltanto se coerente con l'atteggiamento culturale. È fondamentale pertanto respingere l'idea che tutto l'Islam è il male assoluto, quasi fosse una guerra finale fra l'Occidente e un miliardo e mezzo di musulmani. L'unico modo di disinnescare l'ultrafondamentalismo islamico e il terrorismo è trovare dei musulmani che aiutino a farlo: fuori e dentro i confini nazionali;
   quel che è certo è che non può proseguire una indifferenza di fatto, che concorre ad aumentare i lutti, le violenze e le distruzioni,

impegna il Governo:

   a rendersi promotore e a sostenere nelle sedi europee e internazionali ogni iniziativa necessaria ad assicurare la concreta protezione dei perseguitati per motivi religiosi, in coerenza con le deliberazioni delle Nazioni Unite sulla libertà di religione o di credo e con gli indirizzi già approvati dal Parlamento italiano;
   ad assumere e partecipare a iniziative in sede europea e internazionale, tese a rafforzare la collaborazione con i principali attori regionali e le autorità locali, a tutela della libertà di religione o di credo, onde reagire alle violenze più efferate e a tutelare le popolazioni e comunità oggetto di massacri e di persecuzioni per ragioni di fede religiosa;
   ad aggiornare periodicamente la Camera dei deputati sullo stato dei lavori e sui risultati ottenuti.
(1-00760)
(Nuova formulazione) «Dambruoso, Pagano, Capezzone, Catania, Fauttilli, Bernardo, Binetti, Bueno, Centemero, Antimo Cesaro, Chiarelli, D'Agostino, Fabrizio Di Stefano, Ermini, Galati, Galgano, Riccardo Gallo, Gigli, Laffranco, Latronico, Maietta, Marazziti, Marotta, Matarrese, Molea, Palese, Piepoli, Piso, Rabino, Romele, Santerini, Tancredi, Vargiu».

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Preziosi n. 1-00857, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 424 dell'11 maggio 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    i drammi che i popoli hanno vissuto per poter affermare il culto delle proprie religioni tornano tristemente vivi. Più e più volte nella storia le minoranze religiose sono state oggetto di persecuzioni molto violente, gli anni che si vivono non sono da meno e l'evoluzione delle società e delle culture non è riuscita a tenere sotto controllo questi atroci fenomeni di intolleranze religiose;
    nel Medio Oriente si sta consumando quella che molti definiscono una vera e propria guerra di religione: il nuovo sedicente califfato Isis sta consumando un vero e proprio genocidio ogni giorno in nome di Allah e i venti di questa guerra stanno soffiando sempre più forti sino in Europa, dove ancora una volta gli ebrei vengono colpiti per la sola colpa di essere minoranza religiosa, mentre in Medio Oriente e in Africa i cristiani sono sotto costante attacco;
    il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato le persecuzioni contro i cristiani nel nord dell'Iraq, sottolineando che i provvedimenti adottati dal califfato contro le minoranze religiose potrebbero essere considerati crimini di guerra. Il Consiglio, con una dichiarazione approvata all'unanimità, ha condannato «la sistematica persecuzione di membri di minoranze e di quanti in Iraq rifiutano l'ideologia estremista dell'Isis e dei gruppi armati associati». I membri del Consiglio di sicurezza ribadiscono che i diffusi e sistematici attacchi diretti contro i civili a causa della loro etnia, del loro credo religioso o della loro fede potrebbero costituire un crimine contro l'umanità;
    in questa guerra particolare rilievo assume la persecuzione che stanno subendo i cristiani: decine di migliaia di cristiani, curdi e yazidi sono in cerca di una via di fuga. Donne, bambini, anziani, e con loro sacerdoti e suore, sono in marcia per cercare di trovare rifugio dopo essere stati costretti a lasciare le loro case. La minaccia del califfato dell'Isis è solo l'ultima nei loro confronti; basti pensare che negli ultimi 11 anni sono fuggiti dall'Iraq oltre 2/3 dei 2 milioni e mezzo di cristiani e ora le persone in fuga sono oltre 200.000;
    in queste ore circa 300 mila cristiani soffrono e guardano al proprio futuro con angoscia e preoccupazione senza alcuna via di fuga, come sta accadendo ai cristiani iracheni che vivono a Mosul, ai quali è impedito anche di celebrare la messa, a causa dell'offensiva dell'Isis;
    secondo il Center for the study of global christianity di South Hamilton, nel Massachusetts, su scala internazionale il numero dei cristiani uccisi, in quanto tali, tra il 2000 e il 2010 è stato di circa un milione, 100.000 all'anno;
    la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento;
    i dati riguardo la libertà religiosa nel mondo sono davvero allarmanti: circa il 74 per cento della popolazione mondiale (quasi 5,3 miliardi di persone) vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a più o meno gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Recenti studi dimostrano che circa i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    il divieto di cambiare religione è tuttora in vigore in 39 Paesi, la quasi totalità dei quali appartenenti al consesso dell'Onu;
    accade con troppa facilità ormai che i diritti umani siano violati in nome della fede, invece ogni Stato dovrebbe garantire il rispetto e la possibilità di professare la propria fede, qualunque essa sia. La trappola degli estremisti è voler far credere che la religione sia fonte di divisione, invece è e deve essere parte fondante della pace tra i popoli, unica vera garante di uno sviluppo umano ed economico globale;
    in questo crescente clima di odio e di intolleranza le organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, l'Unione europea, gli Stati tutti devono far sentire la loro voce e tenere alta l'attenzione su questa tematica così importante e così foriera di pace o di guerra;
    in data 8 novembre 2014 ad Oslo, presso il Centro dei Nobel per la pace, 30 parlamentari provenienti da ogni parte del mondo hanno sottoscritto la «carta della libertà di religione e credo» come impegno alla promozione della medesima nel proprio ruolo di parlamentari e attraverso la cooperazione globale tra istituzioni rappresentative;
    il Parlamento e il Governo italiani non possono chiamarsi fuori da questa sfida, per la tradizione, la reputazione, l'identità universalmente riconosciute al nostro Paese, come nazione impegnata nella costruzione della pace e del dialogo tra le religioni;
    in Italia sono presenti fedeli di religione ebraica da oltre duemila anni e, seppure nel recente passato si sono avuti episodi di intolleranza, questo rappresenta per tutte le istituzioni un monito a contrastare, senza riserve, gli episodi di antisemitismo riemersi prepotentemente negli ultimi tempi;
    esiste una libertà religiosa cosiddetta «positiva», che consta nella possibilità di professare e manifestare la propria fede;
    esiste una libertà religiosa cosiddetta «negativa», che consta nell'impossibilità di negare, in nome del proprio credo, la libertà religiosa altrui;
    un appello alla comunità internazionale è stato rivolto anche da Papa Francesco per «porre fine al dramma umanitario in atto» e perché la comunità internazionale «si adoperi a proteggere i minacciati di qualunque religione»,

impegna il Governo:

   a rafforzare, in vista dell'entrata in vigore della nuova agenda per lo sviluppo sostenibile, l'applicazione della libertà di religione e della protezione delle minoranze religiose nei Paesi a rischio, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
   a rendere il tema della reciprocità religiosa e del rispetto delle minoranze un tema di discussione nell'ambito delle negoziazioni diplomatiche e culturali bilaterali con i Paesi dove questi diritti non sono tutelati;
   a destinare parte dei fondi per la cooperazione allo sviluppo per il sostegno di progetti di tutela delle minoranze religiose e per la promozione di una cultura di tolleranza religiosa.
(1-00857)
(Nuova formulazione) «Preziosi, Berlinghieri, Ermini, Giuliani, Quartapelle Procopio, Monaco, Piccoli Nardelli, Tidei, Gianni Farina, Ascani, Amoddio, Cova, Prina, Piccione».

  Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Quartapelle Procopio n. 2-00955, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 421 del 5 maggio 2015.

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   ad ottobre 2012 il Governo italiano ha aderito insieme ad altri dieci Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) al progetto di cooperazione rafforzata, autorizzata dal Consiglio economia e finanza dell'Unione il 22 gennaio 2013, per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie;
   la tassazione delle transazioni finanziarie (TTF), se efficacemente introdotta negli 11 Paesi dell'Unione europea partecipanti, assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario per programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con altri settori produttivi soggetti ad oggi a prelievo fiscale di maggiore entità; garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, recuperando risorse per azioni di lotta alla povertà in Italia, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto ai cambiamenti climatici a livello internazionale; frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario e minori incertezze sui prezzi delle materie prime;
   il 14 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva COM(2013)71 per delineare il modello di tassa da implementare e tale proposta è da più di due anni oggetto di negoziato tra gli 11 Stati membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata;
   nel corso dell'ultimo vertice Ecofin sotto la Presidenza italiana, svoltosi il 9 dicembre 2014, i Paesi aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata sulla tassazione delle transazioni finanziarie hanno confermato l'impegno di proseguire i lavori negoziali per arrivare alla definizione del modello di tassa entro i primi mesi del 2015;
   un recente studio dell'autorevole German Institute for Economic Research (DIW Berlin) pubblicato a marzo 2015 ha approfondito i profili di gettito fiscale derivanti dalla tassazione delle transazioni finanziarie europea; secondo le conclusioni dello studio una tassa con ampia base imponibile, ovvero applicata alla più ampia gamma di strumenti finanziari (secondo l'impianto della direttiva proposta dalla Commissione europea), con il ricorso al doppio principio di tassazione (di residenza dell'operatore/intermediario e di nazionalità del titolo) e con aliquote dello 0,1 per cento per le azioni e dello 0,01 per cento, per i derivati porterebbe nelle casse dello Stato italiano dai 3 ai 6 miliardi di euro all'anno, risorse vitali che l'Italia potrebbe impiegare sul versante della lotta alla povertà a livello nazionale ed internazionale;
   l'introduzione di un'efficace tassa sulle transazioni finanziarie è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la Campagna ZeroZeroCinque che riunisce oltre 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e ONG di sviluppo; un milione di cittadini hanno sottoscritto la petizione internazionale a sostegno della tassazione delle transazioni finanziarie europea, rivolta agli 11 capi di Stato e di Governo dei Paesi della cooperazione rafforzata –:
   quale sia ad oggi lo specifico posizionamento della delegazione negoziale italiana sul disegno della tassazione delle transazioni finanziarie europea in termini di azioni, obbligazioni e classi di strumenti derivati da includere nella base imponibile, aliquote e principi di tassazione da adottare, inclusione del regime intra-day ed esenzioni per i market-makers, e quale sia lo stato di avanzamento dei lavori negoziali, anche alla luce dei recenti incontri informali tra gli 11 Paesi, e l'orizzonte temporale per il raggiungimento di un accordo sull'impianto della tassazione delle transazioni finanziarie europea, nonché la disponibilità del team negoziale italiano a promuovere un comune impegno di destinazione del gettito della tassazione delle transazioni finanziarie europea, in parte per le politiche di lotta alla povertà a livello nazionale ed, in parte, per sostenere l'aiuto allo sviluppo ed il contrasto ai cambiamenti climatici a livello internazionale.
(2-00955)
«Quartapelle Procopio, Raciti, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Zampa, Rampi, Giuditta Pini, Porta, Realacci, Piccoli Nardelli, Preziosi, Scanu, Sereni, Prina, Zanin, Taricco, Rossi, Albanella, Antezza, Ginato, Berlinghieri, Gnecchi, Cuperlo, Cassano, Capone, Patriarca, Beni, Lacquaniti, Garavini, Chaouki, Stella Bianchi, Montroni, Tentori, Marchetti, Mazzoli, Mattiello, Piazzoni, Guerra, Monaco».

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Binetti n. 1-00483, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 239 del 4 giugno 2014.

   La Camera,
   premesso che:
    in data 2 luglio 2014 la Camera dei deputati ha approvato a grandissima maggioranza una mozione unitaria che aveva come oggetto la tutela della libertà religiosa: la mozione impegnava il Governo su vari fronti, che hanno ancora piena attualità, anche perché nel tempo sono andati moltiplicandosi gli episodi di intolleranza, con grave pregiudizio non solo per la libertà, ma anche per la vita delle persone;
    la mozione approvata il 2 luglio 2014 sollecitava il Governo a denunciare ogni forma di persecuzione nei confronti delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane che vivono in alcuni contesti in cui sono maggiormente vulnerabili; a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, in particolare nei confronti delle diverse esperienze religione; a sostenere iniziative che promuovano il dialogo interreligioso; a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, sono pesantemente discriminate; ad adottare le opportune iniziative, anche in sede Onu, in, materia di libertà religiosa, per monitorare gli episodi di persecuzione religiosa, impegnando i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religioso; ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan per rafforzare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa; infine, ad assumere iniziative a sostegno delle minoranze religiose con particolare attenzione all'educazione;
    all'Onu l'11 marzo 2015 Heiner Bielefeldt, relatore speciale sulla libertà di religione o di credo durante la 28.ma sessione del Consiglio dei diritti umani a Ginevra, ha affermato: «Esistono violenze commesse in nome della religione e questo può portare a massicce violazioni dei diritti umani, compresa la libertà di religione o di credo». Il rapporto è in realtà un atto di accusa contro gli Stati che, implicitamente o esplicitamente, appoggiano violenze commesse in nome della religione, le tollerano sul loro territorio o ne hanno istituzionalizzato, anche, il funzionamento. L'analisi delle cause di questo tipo di violenza è l'essenza del rapporto. Si parla, infatti, di gruppi armati terroristici barbari o della strumentalizzazione della religione per fini di potere o politici; altre volte si tratta di politiche di esclusione etnica o religiosa, oppure della mancanza di uno Stato di diritto che garantisca pace e stabilità ed eviti l'emergere di forme di radicalizzazione religiosa. Altre cause, però, risiedono nella mancanza di istruzione, della quale approfitta l'irrazionalità della violenza religiosa, o nei media stessi che si trasformano in vettori di violenza. Infine, le autorità religiose e politiche che non condannano le barbarie commesse in nome della religione, complici nel promuovere e far crescere tali atti violenza;
    le persecuzioni contro i cristiani sono cresciute in modo esponenziale nell'attuale situazione in Iraq e in altri Paesi del Medio Oriente dove il sedicente «califfato» islamico marchia con una «N» come nazareni le case dei cristiani, costretti a fuggire in massa. La lettera «N» da marchio d'infamia è diventata simbolo di una battaglia di libertà religiosa. Un marchio della vergogna non per chi lo subisce ma per gli jihadisti che lo impongono, come è avvenuto sulle case dei cristiani a Mosul: «N» come nazareno, cioè cristiano;
    fino al 1990, anno della prima guerra del Golfo, i cristiani in Iraq erano circa 600.000, il 3,2 per cento della popolazione, stimata in 18 milioni. Con gli anni dell'embargo (1990-2003) inizia il calo: sono circa 554.000 nel 2003, così ripartiti: 370.000 caldei; 100.000 siriaci cattolici e ortodossi; 50.000 assiri; 20.000 armeni; 10.000 protestanti; 4.000 latini. Nel 2003, con l'occupazione dell'Iraq e l'inizio degli attentati contro chiese e clero, si accelerano l'esodo verso nord e l'emigrazione all'estero. Nel 2010 i cristiani sono stimati attorno ai 400.000. Con l'occupazione di Mosul e di parte della piana di Ninive, la presenza cristiana è a rischio estinzione. Oggi i cristiani sono stimati attorno ai 250.000, meno dell'1 per cento della popolazione;
    «La difesa della libertà religiosa è la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani in un Paese». Così disse Giovanni Paolo II nell'ottobre del 2003 ai partecipanti all'Assemblea parlamentare dell'Osce (Organization for security and co-operation in Europe). «Se in un Paese la libertà religiosa non è rispettata, difficilmente lo saranno gli altri diritti umani». In quella, come in molte altre occasioni, Papa Wojtyla sottolineò «la dimensione internazionale del diritto alla libertà di religione e la sua importanza per la sicurezza e la stabilità della comunità delle nazioni», incoraggiandone la difesa e la promozione da parte dei singoli Stati e di altri organismi internazionali;
    oggi circa il 74 per cento della popolazione mondiale – quasi 5,3 miliardi di persone – vive in Paesi in cui la libertà religiosa è soggetta a gravi violazioni e limitazioni, che si traducono spesso in vere e proprie persecuzioni religiose. Recenti studi dimostrano che almeno i tre quarti dei casi di persecuzioni religiose nel mondo riguardano i cristiani. Sono almeno 500 milioni i cristiani che vivono in Paesi in cui subiscono persecuzione, mentre altri 208 milioni vivono in Paesi in cui sono discriminati a causa del proprio credo;
    anche il numero di cristiani uccisi ogni anno in ragione della propria fede è tristemente elevato. Le stime variano da 100 mila a poche migliaia. Non è, tuttavia, rilevante sapere se vi è un cristiano ucciso in odio alla fede ogni cinque minuti, oppure ogni giorno. Anche un solo cristiano che sia reso martire per la propria fede è comunque troppo, soprattutto in una civiltà che si definisce pluralista e che fa della tutela dei diritti umani la vera cifra della modernità;
    tra i colpevoli di discriminazioni e persecuzioni ai danni di gruppi religiosi vi sono numerosi Governi. «La libertà religiosa è qualcosa che non tutti i Paesi hanno – ha ricordato Papa Francesco rientrando dal suo viaggio in Terra santa – Oggi ci sono martiri cristiani, cattolici e non cattolici. In alcuni posti non puoi portare un crocifisso, avere una Bibbia, o insegnare il catechismo ai bambini. E io credo che in questo tempo ci siano più martiri che nei primi tempi della Chiesa»; in Corea del Nord la libertà religiosa è completamente negata. Il Governo controlla le attività religiose e chiunque partecipi ad attività religiose non autorizzate è arrestato e soggetto a torture o perfino esecuzioni. Migliaia di nordcoreani sono internati nei campi di lavoro per motivi religiosi – almeno 15 mila su un totale di 150 mila prigionieri – e se rifiutano di rinunciare alla loro fede, subiscono abusi perfino peggiori di quelli cui sono soggetti gli altri detenuti. Molto simile la situazione dell'Eritrea, nota non a caso come la «Corea del Nord d'Africa», dove si contano dai 2 mila ai 3 mila prigionieri arrestati a causa del loro credo religioso. Prigionieri che subiscono atroci torture e sono costretti a vivere in condizioni disumane;
    in Cina il controllo dello Stato sulle attività religiose è andato tristemente aumentando negli ultimi anni, così come il numero degli arresti di cristiani, buddisti e musulmani e la distruzione di edifici religiosi. Recentemente nella provincia di Zhejang oltre sessanta chiese sono state demolite o danneggiate. La Costituzione riconosce sulla carta la libertà di religione, ma autorizza le sole attività religiose «normali», senza tuttavia fornirne alcuna definizione. Chiunque partecipi a riunioni o manifestazioni religiose non «autorizzate» è arrestato e può subire torture e abusi. Stessa sorte è toccata ai numerosi cattolici che, per fedeltà al Papa, hanno rifiutato di aderire all'Associazione patriottica cattolica cinese;
    lo stretto controllo governativo limita in modo rilevante la libertà religiosa anche in altri Paesi asiatici, quali Laos, Vietnam, Malesia, Kazakhistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Vietnam;
    uno dei Paesi in cui la libertà religiosa è meno tutelata è senza dubbio il Pakistan. Qui lo strumento d'elezione per la discriminazione e la persecuzione delle minoranze religiose è la cosiddetta legge anti-blasfemia, corrispondente ad alcuni articoli del codice penale pachistano che punisce con la pena di morte chi insulta il profeta Maometto e con il carcere a vita chi profana il Corano. In Pakistan sono detenute 36 delle 43 persone arrestate con l'accusa di blasfemia in tutto il mondo. 17 di queste sono state condannate alla pena capitale, mentre le altre stanno scontando una pena detentiva a vita. Senza contare le migliaia di omicidi extra-giudiziali compiuti a causa di tale norma;
    anche se tra gli accusati non mancano appartenenti alla maggioranza musulmana, i dati dimostrano come la legge – che non prevede l'onere della prova per chi accusa e si presta, dunque, facilmente ad un uso improprio – è soprattutto utilizzata per colpire le minoranze religiose. Nel 2013, su 32 casi registrati, 12 hanno riguardato imputati cristiani: si tratta del 40 per cento delle denunce, in un Paese in cui la minoranza cristiana rappresenta appena il 2 per cento della popolazione;
    un'altra piaga che colpisce le minoranze religiose del Pakistan è il rapimento e la conversione forzata all'Islam di adolescenti e bambine. Secondo i dati ufficiali, ogni anno circa 750 giovani cristiane e 250 indù sarebbero rapite e obbligate a convertirsi per contrarre matrimonio islamico. Ma, dal momento che la percentuale dei crimini riportati è minima, si ritiene che i casi siano almeno il doppio;
    in questi giorni il caso di Meriam Yahya Ibrahim Ishaq, la donna sudanese condannata a morte per apostasia, ha portato all'attenzione internazionale il dramma in atto nei Paesi in cui è vietato convertirsi dall'Islam ad altra religione. In 21 Paesi il reato di apostasia è regolato dal codice penale e alcuni di questi, tra cui Iran, Sudan, Arabia Saudita, Egitto, Somalia, Afghanistan, Qatar, Yemen, Pakistan e Mauritania, contemplano la pena di morte per questo tipo di reato;
    gravi sono le violazioni alla libertà religiosa nei Paesi in cui la legge islamica è fonte di diritto, sia che questa venga applicata a tutti i cittadini – come, ad esempio, in Sudan – sia che sia fatta distinzione tra musulmani e non musulmani. In 17 dei 49 Paesi a maggioranza islamica, l'Islam è riconosciuto come religione di Stato. Un primato sancito dalla Costituzione che implica molteplici conseguenze: dall'esclusione delle minoranze dalla pratica religiosa – è questo il caso dell'Arabia Saudita – fino a forme di tolleranza vincolate a rigidi controlli delle attività religiose; in Medio Oriente, in seguito alla cosiddetta primavera araba, si è assistito ad un aumento della pressione di gruppi fondamentalisti e ad una crescente ostilità nei confronti della minoranza cristiana. In Egitto nel solo 2013 sono stati distrutti o danneggiati oltre 200 tra chiese, edifici religiosi e attività gestite da cristiani; in alcune aree di diversi Paesi del mondo arabo – tra cui Egitto, Iraq e Siria – gli estremisti pretendono dai cristiani il pagamento della jizya, la tassa imposta ai non musulmani durante l'impero ottomano;
    la radicalizzazione dei gruppi fondamentalisti ha contribuito ad alimentare il massiccio esodo di cristiani dal Medio Oriente. Se appena un secolo fa essi rappresentavano circa il 20 per cento della popolazione mediorientale, oggi raggiungono a stento il 4 per cento. Tra i fattori che spingono i cristiani ad abbandonare il proprio Paese vi è la concezione, tradizionalmente diffusa nelle società islamiche, che i non musulmani siano cittadini di seconda classe. Tale concezione non di rado porta a gravi discriminazioni in ambito scolastico e lavorativo e perfino a disparità nell'applicazione della giustizia;
    uno dei Paesi simbolo delle difficoltà cristiane nell'area è senza dubbio l'Iraq, che negli ultimi 25 anni ha visto diminuire la propria comunità cristiana da un milione e mezzo di fedeli a poco più di 300 mila; anche in molte aree dell'Africa la pressione dei gruppi fondamentalisti islamici è andata fortemente aumentando, con gravi conseguenze per la popolazione locale e in particolar modo per i non musulmani. Caso emblematico è quello della Nigeria, dove dal 2009 ad oggi si sono intensificati gli attacchi della setta islamica Boko Haram. Nel Nord a maggioranza islamica i fondamentalisti hanno distrutto o danneggiato centinaia di chiese e ucciso migliaia di persone, oltre 2 mila soltanto negli ultimi 12 mesi. Da una ricerca condotta nell'ottobre del 2012 è risultato che su 1.201 cristiani uccisi in odio alla fede durante l'anno, ben 791 avevano trovato la morte in Nigeria. Il Governo è stato più volte accusato di non aver saputo reagire in maniera adeguata, anche a causa della dilagante corruzione che caratterizza l'apparato statale; nonostante i cristiani subiscano le maggiori persecuzioni in Paesi di religione islamica, non si può dimenticare che nei Paesi islamici ci sono anche molti moderati che desiderano dialogare con la popolazione cristiana per dare vita ad iniziative politiche e sociali condivise; il dialogo con loro è fondamentale per costruire modelli nuovi di convivenza e di pace, a vantaggio di tutti, in Italia e nei diversi Paesi; molti dei Paesi citati sono firmatari della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, la quale esige dai Paesi firmatari il rispetto di diritti civili e politici, incluso quello alla libertà religiosa;
    la Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 18, stabilisce che: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti»,

impegna il Governo:

   a promuovere l'istituzione di una giornata europea per ricordare coloro che sono stati uccisi a causa della propria fede religiosa;
   ad adoperarsi affinché i diritti umani e le libertà fondamentali siano al centro delle politiche di aiuto allo sviluppo fermo restando il rispetto dei principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza ed umanità;
   ad organizzare e a partecipare a incontri con i rappresentanti delle minoranze religiose presenti in Italia per acquisire informazioni dirette sulle loro condizioni e potere, quindi, realizzare interventi umanitari più efficaci;
   ad inserire il tema del rispetto della libertà religiosa nell'agenda degli incontri internazionali tra i membri del Governo italiano e i Governi di altri Paesi, specie se in questi Paesi tale diritto non è pienamente garantito;
   ad assicurare protezione ai perseguitati per motivi religiosi, in coerenza con le deliberazioni delle Nazioni Unite;
   ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione, fermo restando l'impegno dell'Italia a rispettare i principi guida dell'aiuto umanitario: imparzialità, neutralità, indipendenza e umanità;
   ad assumere e partecipare, in particolare, a iniziative politiche in sede europea e internazionale per rafforzare la collaborazione con i principali attori regionali e le autorità locali a tutela della libertà di religione o credo e atte a reagire alle violenze più efferate e a tutelare popolazioni e comunità oggetto di massacri e di persecuzioni per ragioni di fede religiosa;
   ad aggiornare periodicamente la Camera dei deputati sullo stato dei lavori e sui risultati ottenuti.
(1-00483)
(Ulteriore nuova formulazione) «Binetti, Buttiglione, Gigli, Fauttilli, Calabrò, De Mita, Cera, Preziosi, Pagano, Sberna, Piepoli, Fitzgerald Nissoli, Fucci, Bueno, Adornato, D'Alia».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione Artini n. 5-05098 del 20 marzo 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Chimienti n. 5-05444 del 24 aprile 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Lacquaniti n. 5-05491 del 30 aprile 2015;
   interrogazione a risposta in Commissione Rondini n. 5-05496 del 4 maggio 2015.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Braga e altri n. 4-09028 del 4 maggio 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05586.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Zaratti e Pellegrino n. 4-09115 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 423 dell'8 maggio 2015. Alla pagina 24927, prima colonna, alla riga ventiseiesima deve leggersi: «gennaio 2015 il Ministero dell'ambiente e», e non come stampato.
  Alla pagina 24927, seconda colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quaranteseiesima, deve leggersi: «avrebbe pubblicato bandi per il reclutamento di 183 figure professionali «tecnico»», e non come stampato.

  Interrogazione a risposta immediata in Commissione Da Villa e altri n. 5-05582 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 425 del 12 maggio 2015. Alla pagina 25091, seconda colonna, dalla riga quarantatreesima alla riga quarantaquattresima deve leggersi: «FANTINATI, DA VILLA, CRIPPA, CANCELLERI, DELLA VALLE e VALLASCAS» e non come stampato.