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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 5 maggio 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    secondo i dati contenuti nella IV raccolta dati di «OKkio alla salute», il sistema di sorveglianza promosso dal Ministero della salute che raccoglie informazioni sulla variabilità geografica e l'evoluzione nel tempo dello stato ponderale dei bambini delle scuole primarie, sugli stili alimentari, l'abitudine all'esercizio fisico e le eventuali iniziative scolastiche favorenti la sana alimentazione e l'attività fisica, sarebbe in leggero calo il numero dei bambini in sovrappeso;
    dal 2008 a oggi sono diminuiti i bambini di 8-9 anni in sovrappeso o obesi ma permangono, tuttavia, elevati i livelli di eccesso ponderale, che pongono l'Italia ai primi posti in Europa per sovrappeso e obesità infantile;
    è fondamentale combattere l'obesità sin dall'età evolutiva, perché è l'adolescenza il periodo critico in cui si stabilisce il potenziale di obesità di un individuo, determinato dal numero di adipociti. Nella fase adolescenziale, il numero delle cellule adipose, che è di circa 25-30 miliardi nei soggetti normopeso rispetto ai 40-100 miliardi degli obesi, aumenta significativamente per poi rimanere pressoché invariato per il resto della vita. È dunque importante contenere l'aumento del numero degli adipociti per prevenire l'obesità;
    i dati del 2014 mostrano che i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento, i bambini obesi sono il 9,8 per cento e le prevalenze più alte si registrano nelle regioni del sud e del centro;
    l'indagine citata rileva che l'8 per cento dei bambini salta la prima colazione, il 31 per cento fa una colazione non adeguata (ossia sbilanciata in termini di carboidrati e proteine), il 52 per cento fa una merenda di metà mattina abbondante, il 25 per cento dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura, mentre il 41 per cento dichiara che i propri figli assumono abitualmente bevande zuccherate e/o gassate;
    risulta altresì che il 16 per cento dei bambini non ha svolto attività fisica il giorno precedente l'indagine, il 18 per cento pratica sport per non più di un'ora a settimana, il 42 per cento ha nella propria camera la TV, il 35 per cento guarda la TV e/o gioca con i videogiochi più di 2 ore al giorno e solo 1 bambino su 4 si reca a scuola a piedi o in bicicletta;
    molto dipenderebbe dai genitori che non sempre hanno cognizione dello stato ponderale del proprio figlio: tra le madri di bambini in sovrappeso o obesi, il 38 per cento non ritiene che il proprio figlio sia in eccesso ponderale e solo il 29 per cento pensa che la quantità di cibo da lui assunta sia eccessiva. Inoltre, solo il 41 per cento delle madri di bambini fisicamente poco attivi ritiene che il proprio figlio svolga poca attività motoria;
    l'Italia ha rafforzato le azioni volte alla promozione di stili di vita sani attraverso programmi («Guadagnare salute») e piani nazionali (piano nazionale della prevenzione);
    secondo un sondaggio del 2012 condotto dall'Ipsos e promosso dall'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi), per contrastare la tendenza al sovrappeso bisognerebbe investire sull'educazione alimentare già a scuola e realizzare interventi strutturali per favorire l'attività fisica nelle città, l'educazione sanitaria e la prevenzione a scuola unite ad una maggiore attività fisica;
    l'obesità e le sue complicanze contribuiscono in misura molto rilevante alla spesa sanitaria dei Paesi occidentali. Oltre ai costi sanitari diretti, occorre valutare anche quelli derivanti da una ridotta produttività lavorativa, sia come giorni di lavoro persi che inabilità ad alcune mansioni, e un incremento degli incidenti sul lavoro e del pensionamento anticipato;
    in particolare, occorre segnalare lo stretto rapporto esistente tra il sovrappeso ed alcune patologie di grande rilievo epidemiologico, quali il diabete alimentare, le malattie cardiovascolari, l'ictus cerebrale e le apnee ostruttive nel sonno;
    si segnala che nell'ambito delle attività collegate al programma europeo «Frutta nelle scuole», il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha incaricato il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, con il suo centro per la nutrizione, di realizzare, con specifici fondi ministeriali azioni di formazione rivolte agli insegnanti delle scuole primarie aderenti al programma;
    Expo 2015 ha offerto al mondo della scuola la possibilità di sensibilizzare le giovani generazioni alle tematiche sociali legate ad alimentazione e ambiente, rendendole protagoniste del proprio benessere e sostenitrici di una cultura della sicurezza alimentare e della crescita sostenibile;
    il progetto scuola di Expo Milano 2015 coinvolgerà l'intero sistema scolastico nazionale attraverso visite didattiche e percorsi dedicati agli studenti all'interno dell'area che ospiterà l'Esposizione universale;
    nonostante l'Italia si presenti tendenzialmente più attenta agli sprechi e sia migliorata rispetto al 2013, ammonta ancora a più di 8 miliardi di euro il cibo che annualmente viene gettato nella spazzatura, secondo il rapporto 2014 Waste Watcher – Knowledge for Expo;
    l'educazione riveste, pertanto, un ruolo fondamentale per gettare le basi di un futuro migliore, portando l'educazione alimentare nelle scuole, attraverso un programma educativo che includerà anche l'educazione sugli sprechi domestici;
    nell'ambito del provvedimento riguardante la riforma della scuola (A.C. 2994), tra gli obiettivi volti al potenziamento dell'offerta formativa e delle attività progettuali, è prevista anche l'educazione ad un'alimentazione sana, corretta, sostenibile per l'ambiente, che valorizzi le tradizioni agro alimentari locali, che porti, cioè, allo sviluppo di comportamenti ispirati ad uno stile di vita sano con riferimento all'alimentazione, all'educazione fisica e allo sport;
    oltre che sociale ed etica la questione degli sprechi alimentari riveste un'importanza economica in quanto oltre allo lo sperpero di risorse ambientali utilizzate per produrre i beni che poi vanno persi, vi è un costo per la collettività dei prodotti sprecati che diventando rifiuti,

impegna il Governo:

   a porre particolare attenzione alla realizzazione delle iniziative volte ad introdurre programmi di educazione alimentare nelle scuole italiane sin dalla scuola dell'infanzia;
   a prevedere iniziative di sensibilizzazione per prevenire il rischio di sprechi di cibo, attraverso campagne pubblicitarie;
   ad avviare iniziative volte a far acquisire stili di vita più sani, con particolare riferimento all'educazioni fisica e allo sport;
   ad introdurre in tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado una rilevazione annuale dell'indice di massa corporea (bmi), anche al fine di segnalare alle famiglie il problema del sovrappeso degli alunni al suo emergere, invitandole ad adottare opportuni interventi correttivi e a consultare il proprio medico di fiducia.
(1-00844) «Gigli, Sberna, Capelli, Dellai».


   La Camera,
   premesso che:
    il 5 maggio si celebra la Giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia;
    l'Unione europea segnala che tra il 10 e il 20 per cento dei minori europei subiscono abusi sessuali durante l'infanzia. L'Europa segnala anche la tratta di esseri umani: tra il 2010 ed il 2012 le vittime di tratta in Europa raggiungono le 30.000, con il 60 per cento delle vittime destinate allo sfruttamento sessuale, e 1.000 delle quali bambine;
    secondo i dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nel 2013 sono stati denunciati 523 atti sessuali con minorenne, 155 casi di corruzione di minorenne e 489 casi di pornografia minorile e detenzione di materiale pedopornografico. Nel 2013 negli Stati Uniti d'America sono stati segnalati 679.000 nuovi casi di abusi sessuali su minorenni, 1.520 dei quali deceduti a causa degli abusi e/o per abbandono. Secondo il National Centre for Missing and Exploited Children, dal 2002 sono stati identificati più di 125 milioni di immagini pedopornografiche: dei bambini identificati, tre su quattro erano preadolescenti, il 10 per cento bambini e neonati. Nell'84 per cento dei casi le immagini ritraevano atti di penetrazione fisica delle vittime;
    in base ai dati forniti dal Ministero dell'interno sul lavoro della polizia postale e delle comunicazioni, sono stati individuati 165 minori vittima di adescamento: 430 le perquisizioni effettuate, 55 gli indagati sottoposti a provvedimenti restrittivi e 344 i soggetti denunciati in stato di libertà;
    secondo i dati della polizia di Stato nel 2014 sono stati oscurati 1.745 nuovi siti pedopornografici; sono state 419 le denunce per detenzione, scambio e ricerca sul web di immagini di abuso su minori, 30 delle quali minorenni. Secondo i dati resi noti da «Telefono Azzurro» nel 2014 e ricavati dalle richieste di aiuto di bambini ed adolescenti pervenute negli ultimi cinque anni, sono stati più di diciassettemila gli appelli pervenuti all'Associazione. Secondo altre importanti associazioni che si occupano di tutela dell'infanzia sarebbero sessantamila i casi ogni anno di molestie e violenze in danno di minori;
    purtroppo sono molti i casi che rimangono fuori dalle statistiche a causa dell'età delle vittime, del rapporto tra vittima e carnefice, visto che sono molti gli episodi che si consumano in contesti familiari;
    la pedopornografia è un fenomeno sempre più complesso poiché la produzione e la diffusione di materiale pedopornografico, ad oggi, non avviene più solo ad opera di pedofili. Negli ultimi anni si è assistito alla nascita di un nuovo fenomeno: il cosiddetto Sexiting, che consiste nella diffusione di testi, immagini e video a sfondo sessuale via internet, concorre infatti alla diffusione di materiale pedopornografico da parte dei minorenni stessi che diventano, così, contemporaneamente vittime e autori di reato,

impegna il Governo:

   a vigilare affinché sia sempre puntualmente applicata la normativa nazionale e internazionale vigente, al pari di quanto realizzato in altri Paesi, anche al fine di rendere omogenei e integrati gli interventi di prevenzione e contrasto della pedofilia;
   ad assumere iniziative immediate, normative o di altra natura, affinché i princìpi sanciti nella legge 1o ottobre 2012, n. 172 «Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio di Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento sessuale», non vengano disattesi;
   ad incrementare le risorse economiche destinate al contrasto degli abusi sessuali e della pedofilia e ad assumere iniziative per impedire ulteriori tagli alle risorse attualmente destinate agli interventi in questo settore, dando comunque impulso prioritario a tutti quegli interventi che non implicano impiego di particolari risorse aggiuntive;
   a dedicare particolare attenzione all'attuazione dell'articolo 27 della suddetta Convenzione, supportando l'istituzione di progetti finalizzati alla prevenzione e alla protezione dei bambini dall'abuso e dallo sfruttamento sessuale, con particolare riferimento al progetto numero «114 Emergenza infanzia» promosso dal dipartimento per le pari opportunità e gestito da Telefono Azzurro ha il compito di offrire assistenza psicologica e consulenza psico-pedagogica in situazioni di disagio che possono nuocere allo sviluppo psico-fisico di bambini e adolescenti;
   ad avviare iniziative per definire strutture specializzate nella cura delle conseguenze psichiche e fisiche degli abusi sessuali, considerato che le helplines e le hotlines per la segnalazione di abusi sessuali, oltre ad essere citate nell'articolo 13 della Convenzione di Lanzarote, sono previste da una raccomandazione della UN Special Rapporteur on the sale of children, child prostitution and child pornography, Maud de Boer-Buquicchio che il 22 dicembre 2014 invitava gli Stati membri a «sostenere l'istituzione e il mantenimento of helplines and hotlines per la segnalazione di abusi e sfruttamento sessuale dei minori»;
   a dare piena attuazione alla mozione n. 1-00427 approvata all'unanimità nel 2014 in occasione della giornata nazionale contro la pedofilia e la pedopornografia;
   a prestare particolare attenzione all'attuazione dell'articolo 5 della Convenzione di Lanzarote, facendo in modo che i professionisti che operano in questo settore e quelli che possono precocemente rilevare un abuso (ad esempio, insegnanti e pediatri, operatori del mondo sportivo e religioso), ricevano opportuna formazione;
   ad assumere iniziative per colmare la carenza di un adeguato sistema di raccolta dati sulla condizione dei bambini e degli adolescenti vittime di violenze sessuali, non solo promuovendo maggiormente l'azione degli organismi attualmente deputati a questa funzione (in particolare, dell'Osservatorio per il contrasto della pedofilia e della pornografia minorile), ma anche istituendo un «registro permanente», come avviene in altri Paesi del mondo;
   considerato l'elevato tasso di recidiva dei pedofili, ad assumere iniziative per elaborare misure che consentano il controllo dei soggetti condannati per reati sessuali sui bambini e sugli adolescenti, escludendo il rischio che possano nuocere ad altri bambini/adolescenti;
   a promuovere, ai fini di un'efficace lotta alla pedopornografia e agli abusi dei minori via internet, la cooperazione tra le banche dati delle forze di polizia europee al fine di massimizzare il contrasto ai reati online legati allo scambio di immagini pedopornografiche e l'adescamento;
   a prevedere ed incrementare le iniziative di formazione rivolte agli adulti affinché possano contribuire al pieno sviluppo psicologico del bambino o quantomeno proteggerlo e salvaguardarlo dai pericoli più gravi, promuovendo, nel rispetto del diritto alla partecipazione, iniziative di empowerment dei bambini e degli adolescenti, anche attraverso l'uso di nuove tecnologie e media;
   a promuovere campagne mediatiche di sensibilizzazione al tema della pedofilia e pedopornografia al fine di aumentare la consapevolezza degli adulti e minori rispetto al tema della mozione;
   poiché la rottura e l'interruzione dei legami familiari sono sempre un evento traumatico e lesivo dei diritti dei bambini e degli adolescenti, ad assumere iniziative per potenziare e dare impulso a forme alternative al collocamento fuori dalla famiglia, in accordo con la risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite A/RES/64/142, pubblicata il 24 febbraio 2010, contenente le linee guida relative all'accoglienza dei minori fuori dalla famiglia, favorendo una maggiore applicazione della legge 4 aprile 2001, n. 154, che  ha introdotto l'articolo 342-ter, nel codice civile relativo agli «Ordini di protezione contro gli abusi familiari» che consente al giudice di disporre l'allontanamento dalla casa familiare del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole, in conformità con quanto previsto dalla Convenzione di Lanzarote, la cui legge di ratifica prevede (agli articoli 4 e 6) il «divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente da minori» per l'abusante;
   ad assumere iniziative per prevedere adeguati programmi di trattamento e prevenzione della recidiva per autori di abusi sessuali, promuovendo la ricerca, la sperimentazione e lo scambio di buone prassi a livello europeo, considerato che in attuazione della convenzione di Lanzarote la legge di ratifica ha introdotto, all'articolo 7, la «concessione di benefici ai detenuti per reati in danno di minori» dando al magistrato la possibilità di «valutare la positiva partecipazione ad un programma di riabilitazione e trattamento specifico con finalità di recupero e sostegno»;
   ad adottare anche in Italia iniziative di contrasto dell'adescamento online e della pedopornografia già previste in altri Paesi del mondo, coinvolgendo i più diffusi social network, non solo promuovendo un database di immagini in ogni Paese, con connessioni con il database dell'Interpol ICSE (International Child Sexual Exploitation), ma anche aumentando la condivisione di hashes – gli identificatori digitali di queste immagini – fra le forze dell'ordine e le aziende del settore tecnologico così da poter identificare ancora più vittime;
   ad assicurare, nell'ambito delle proprie competenze, un efficace sostegno all'attività della Commissione parlamentare per l'infanzia che attraverso la sua attività costituisce uno strumento prezioso di monitoraggio del disagio minorile in Italia.
(1-00845) «Campana, Iori, Albanella, Amoddio, Antezza, Argentin, Bossa, Carloni, Carnevali, Carocci, Carrozza, Cimbro, D'Incecco, Marco Di Maio, Fabbri, Gnecchi, Gribaudo, Iacono, Lodolini, La Marca, Maestri, Magorno, Malpezzi, Manfredi, Marantelli, Marchi, Patriarca, Piazzoni, Piccione, Senaldi, Sgambato, Taricco, Verini, Zampa, Zan, Garavini, Romanini, Rostellato».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari – IAM, emanazione del Centro internazionale di alti studi agronomici mediterranei – CIHEAM, è destinatario di uno status speciale previsto dalla legge n. 159 del 2000 che ratifica l'accordo relativo ai privilegi e alle immunità del CIHEAM in Italia;
    relativamente alla organizzazione, sia al CIHEAM che allo IAM, sono riconosciute le usuali immunità dalla giurisdizione di cognizione ed esecutiva, la protezione degli archivi e l'immunità da qualsiasi forma di perquisizione, requisizione, confisca ed esproprio;
    allo IAM, in quanto istituzione, sono inoltre accordate: l'esenzione da qualsiasi tassazione diretta su averi, redditi ed altri beni; l'esenzione da dazi doganali per l'importazione di merci destinate ad attività istituzionali e dal pagamento dell'IVA e di altre imposte indirette per acquisti rilevanti di beni e servizi connessi all'attività istituzionale ed all'esercizio delle funzioni; l'esenzione dal pagamento di dazi doganali sull'importazione di autoveicoli destinati ad uso ufficiale e l'esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche ed il diritto all'acquisto di un contingente di benzina o altri carburanti ed oli lubrificanti in esenzione da dazi, accise ed IVA;
    in relazione alle immunità del personale, il direttore, se straniero e non residente permanente in Italia, gode dell'immunità diplomatica così come delineata dalla convenzione di Vienna del 1961, ossia dalla giurisdizione penale, civile e amministrativa e da ogni misura d'esecuzione; è inoltre esente dalla richiesta di permesso di soggiorno unitamente ai suoi familiari; se italiano o residente permanente in Italia il direttore gode delle sole immunità funzionali;
    i membri del personale e gli esperti, se stranieri e non residenti permanenti in Italia, godono di immunità funzionali e da ogni forma di misura cautelare restrittiva della libertà personale, eccetto in caso di flagranza o di reato che comporti una pena detentiva non inferiore nel massimo a 3 anni e, unitamente ai familiari, non hanno necessità del permesso di soggiorno; godono delle sole immunità funzionali se italiani o residenti permanenti in Italia;
    il personale che non sia cittadino italiano o che non fosse residente permanente al momento del reclutamento, ha diritto all'esenzione da ogni forma di tassazione diretta sui salari, emolumenti, indennità e pensioni e dall'importazione, in franchigia doganale, di mobili ed effetti personali; il direttore, se non italiano e residente permanente al momento della nomina, gode anche dell'esenzione da ogni imposta indiretta (IVA, accise e dazi doganali) sugli acquisti per uso personale di beni e servizi, nonché l'imposta di registro in quanto ha rango di capomissione. Per motivi funzionali gli sono concessi, altresì, targa diplomatica e relativo contingente di benzina;
    le suddette immunità, che configurano per l'Istituto in parola ed il suo personale, a giudizio degli interroganti dei veri e propri privilegi, costituiscono un caso pressoché unico nello scenario europeo e forse mondiale; tale condizione appare del tutto ingiustificata per un istituto scientifico che svolge ricerche finanziate con denaro pubblico e la cui operatività pertanto dovrebbe essere trasparente e verificabile in qualsiasi momento;
    è noto infatti che, anche a seguito di quanto avvenuto nella regione Puglia con riferimento alla infestazione da Xylella fastidiosa, nessuna verifica contemporanea o postuma può essere effettuata dall'autorità giudiziaria, né da altri soggetti, sulla correttezza dei metodi utilizzati nelle sperimentazioni condotte dallo IAM nell'ambito del programma COST 873,

impegna il Governo

a riconsiderare gli accordi internazionali alla base dello status speciale accordato all'istituto agronomico mediterraneo di Bari, al fine di revocare allo stesso le immunità ed i privilegi di cui alla legge 26 maggio 2000, n. 159.
(7-00675) «Scagliusi, L'Abbate, Benedetti, Gallinella, Massimiliano Bernini, Parentela, Gagnarli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la Commissione europea sembra intenzionata ad adottare misure antidumping provvisorie sul prodotto laminati piatti di acciai al silicio detti «magnetici» a grani orientati (GOES), individuato con i codici della nomenclatura doganale CN 72251100 e 72261100, per il materiale importato dalla Repubblica Popolare Cinese, dal Giappone, dalla Repubblica di Corea, dalla Russia e dagli Stati Uniti d'America;
   le misure, antidumping proposte dalla Commissione europea comporterebbero un dazio pari al 28,7 per cento sui prodotti importati dalla Repubblica Popolare Cinese, tra il 34,2 per cento ed il 35,9 per cento sui prodotti importati dal Giappone, del 22,8 per cento sui prodotti importati dalla Repubblica di Corea, del 21,6 per cento sui prodotti importati dalla Russia e del 22 per cento sui prodotti importati dagli Stati Uniti d'America;
   l'adozione di tali misure è all'esame in questi giorni da parte degli uffici tecnici della Commissione Europea;
   i laminati piatti di acciai al silicio detti «magnetici» a grani orientati (GOES) sono utilizzati quasi esclusivamente nella costruzione di trasformatori elettrici;
    a livello europeo i produttori di trasformatori rappresentano una parte importante del comparto relativo alla produzione di apparecchiature, componenti e sistemi per la trasmissione e distribuzione di energia elettrica, con un fatturato approssimativo di 3,7 miliardi di euro all'anno e l'impiego di oltre 200mila addetti;
   in Italia operano circa 50 società nell'ambito della filiera dei trasformatori, di cui circa 35 sono utilizzatori del prodotto oggetto della procedura antidumping;
   gli addetti diretti delle aziende costruttrici di trasformatori sono circa 4.000 con un fatturato superiore a 600 milioni di euro, a cui si devono aggiungere altrettanti addetti impiegati dalle società che operano nell'indotto;
   le imprese italiane costruttrici di trasformatori hanno stabilimenti produttivi localizzati sul territorio nazionale o, in rari casi, in altri Paesi dell'Unione europea;
   al fine di ridurre i consumi di energia elettrica nell'Unione europea, anche attraverso le riduzioni delle perdite nei trasformatori, è stato emanato il Regolamento «EcoDesign» sui trasformatori elettrici n. UE/548/2014 che determina i livelli massimi di perdite (a vuoto e a carico), con standard più elevati in termini di efficienza, per i trasformatori che potranno essere immessi sul mercato dell'Unione europea a partire dal 1° luglio 2015;
   per poter conseguire questi obiettivi l'industria dei trasformatori ha necessità di utilizzare maggiori quantità di lamierino magnetico a grani orientati ad alta efficienza nella produzione di trasformatori;
   il conseguente aumento della domanda di queste tipologie di lamierini magnetici nel breve-medio termine, già riscontrato dall'industria nazionale ed europea, provocherà uno sbilanciamento a livello europeo tra domanda ed offerta di lamierino magnetico che potrà risolversi solo attraverso la possibilità di importare lamierini magnetici da altri Paesi terzi a prezzi competitivi;
   i costruttori di trasformatori segnalano come in Europa esista di fatto un unico produttore in grado di produrre lamierini magnetici ad alta efficienza di qualità corrispondente a quella dei produttori dei paesi terzi;
   l'introduzione dei dazi proposti dalla Commissione europea potrebbe causare un insufficiente approvvigionamento di lamierino magnetico (e conseguentemente un innalzamento dei prezzi) da parte dell'unico produttore europeo;
   diretta conseguenza di un simile scenario sarebbe una repentina e proporzionale perdita di competitività sui mercati europei e mondiali da parte della nostra industria dei trasformatori, in quanto i costruttori di trasformatori extra europei potrebbero approvvigionarsi di lamierino magnetico a grani orientati fuori dall'Europa a prezzi decisamente più competitivi e senza l'aggravio dei dazi;
   questo scenario rischia di condizionare fortemente i produttori europei di trasformatori elettrici spingendoli a delocalizzare la propria produzione in paesi terzi con ricadute negative sia sul piano occupazionale quanto per il ruolo di leader che l'industria italiana ed europea dei trasformatori elettrici riveste sul mercato globale in termini di innovazione e livello tecnologico;
   a partire da gennaio 2014, i prezzi del lamierino magnetico, anche a fronte dell'emanazione del Regolamento UE/548/2014 prima richiamato, hanno registrato un costante e consistente incremento, confermato anche nel 1° trimestre 2015. Sarebbe pertanto necessaria una verifica da parte della Commissione europea della situazione attuale relativa ai prezzi praticati dai produttori di paesi terzi rispetto a quelli praticati dai produttori dell'Unione europea, prima dell'emanazione di misure provvisorie;
   vanno pertanto tenute in conto le ragioni suesposte legate alle conseguenze che l'introduzione delle misure antidumping paventate dalla Commissione europea potrebbero determinare –:
   quali azioni urgenti il Governo, per quanto di competenza, intenda porre in essere per evitare che la Commissione europea assuma la decisione di imporre misure antidumping provvisorie sui prodotti laminati piatti di acciai al silicio detti «magnetici» a grani orientati, capaci di provocare gravi ed immediate ripercussioni negative su un comparto industriale d'eccellenza per il nostro Paese e per l'Europa tutta.
(2-00956) «Donati, Impegno, De Menech, Morani, Dallai, Gadda, Rostellato, Parrini, Carbone, Vazio, Covello, Fregolent, Tacconi, Zardini, Carrescia, Prina, Martella, Taranto, Manciulli, Marco Di Maio, Sbrollini, Ginato, Crimì, D'Incecco, Ermini, Galperti, Fanucci, Ascani, Becattini, Anzaldi, Montroni, Bargero, Bonaccorsi».

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   uno degli argomenti più dibattuti in questi ultimi giorni riguarda le risorse aggiuntive individuate in sede di stesura del documento di economia e finanza, derivanti dallo scarto tra l'andamento del deficit tendenziale e quello programmatico nel 2015;
   in particolare, ammonterebbe a circa 1,6 miliardi di euro il «tesoretto» annunciato dal Presidente Matteo Renzi al termine dell'ultima riunione del Consiglio dei ministri;
   se confermato, tale «tesoretto» potrebbe rappresentare una importante occasione per investire concretamente sulla sicurezza del nostro Paese, molto più di quanto non sia stato fatto finora, partendo dallo sblocco delle assunzioni del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico, dal ripristino del turn over e dallo scorrimento delle graduatorie vigenti;
   sarebbe, infatti, un esempio di buon senso, oltre che di forte presenza dello Stato l'immediata assunzione dei tanti giovani che, dopo aver sostenuto importanti spese di natura economica e aver investito tempo ed energie per arrivare ad ottenere l'idoneità da parte del Ministero dell'interno, sono ancora in attesa di essere assunti;
   con lo stanziamento di soli 100.000 euro si potrebbe consentire l'entrata in servizio di circa 30.000 giovani che hanno già concluso positivamente le dure prove di selezione dei concorsi pubblici;
   è ormai chiaro a tutti, tra l'altro, che la criminalità organizzata continua a produrre danni in tutto il nostro Paese, così come è noto a tutti che l'Italia potrebbe essere il prossimo obiettivo del terrorismo internazionale, così come è purtroppo altrettanto noto che la polizia di Stato non ha più gli uomini ed i mezzi tali da poter garantire livelli idonei di sicurezza;
   da ultimo, la strage nel tribunale di Milano solo il 9 aprile 2015 ha riproposto drammaticamente, semmai ce ne fosse stato bisogno, il problema della sicurezza anche all'interno dei luoghi in cui quotidianamente si lavora per l'affermazione della legalità;
   sarebbe impensabile e quasi assurdo, se a fronte di quello che sta succedendo e che potrebbe succedere nel nostro Paese, il Governo non assumesse tutto il personale immediatamente disponibile, senza dover spendere ulteriori risorse per bandire nuovi concorsi ed aspettare almeno un anno affinché si concluda un eventuale iter concorsuale che graverebbe sulle tasche degli italiani;
   l'impiego di un «tesoretto», trovato proprio alla vigilia delle elezioni regionali, per una nuova distribuzione di risorse, così già come successo con il famoso bonus di 80 euro, piuttosto che per la sicurezza dei cittadini, potrebbe a giudizio dell'interrogante ragionevolmente indurre a pensare che si celi uno scopo elettorale indiretto –:
   se il Governo intenda destinare le risorse aggiuntive individuate in sede di stesura del documento di economia e finanza all'incremento delle misure di sicurezza del nostro Paese, procedendo allo scorrimento delle graduatorie in essere del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico. (4-09039)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, SCOTTO, MELILLA, DURANTI, SANNICANDRO, QUARANTA, KRONBICHLER, PIRAS, LUCIANO AGOSTINI e MARCHETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'Ufficio studi di Assocalzaturifici nel consueto report «Focus Regioni Calzaturiere», che propone una elaborazione dei dati Istat relativi al comparto rappresentato, ha messo in evidenza, nel numero di marzo 2015, come nel quarto trimestre 2014, a fronte di un trend sostanzialmente positivo dell'export nazionale, la regione Marche si sia distinta per una flessione negativa del 3,1 per cento rispetto alle rilevazioni nell'analogo periodo dell'anno precedente;
   le Marche sono una regione tradizionalmente a vocazione calzaturiera, in particolare con i distretti di Fermo, Ascoli Piceno e Macerata. Attualmente è la terza regione in Italia — dopo Veneto e Toscana — per l'export nel comparto di cui si tratta, con una incidenza del 18,2 per cento sul totale Italia;
   il 18 per cento dell'export marchigiano 2014 in valore, nonostante la crisi, ha avuto come destinazione l'area «est Europa e CSI», con la Russia che resta il primo mercato estero regionale con una quota del 13,8 per cento. Quota ridimensionata rispetto alle rilevazioni dell'anno precedente (2013), che ha evidentemente penalizzato le performance nell'export complessivo delle Marche;
   la contrazione degli ordinativi dalla Russia non hanno riguardato solo i distretti marchigiani, ma anche il Nord Est del Paese, con una flessione superiore al 30 per cento in alcuni casi, come ad esempio per i distretti di Padova e Venezia. Tuttavia i distretti marchigiani, a differenza di quelli di altre regioni, non sono riusciti a compensare adeguatamente le perdite provenienti da quei mercati, che rappresentano per la regione i mercati di riferimento;
   in data 5 marzo 2015 il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, si è recato in visita ufficiale in Russia, dove tra i vari dossier affrontati si è discusso delle relazioni economiche e commerciali tra i due Paesi –:
   quali iniziative sano state intraprese dal Governo, a seguito del citato incontro tenutosi a Mosca lo scorso 5 marzo 2015, per agevolare la normalizzazione delle relazioni sotto il profilo commerciale tra i due Paesi. (4-09041)


   POLVERINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Governo Monti, nell'ottica dei tagli alla spesa pubblica nota come «spending review», aveva ridotto il numero dei commissari della Consob da 5 a 3. Infatti la composizione della Commissione, precedente l'attuale, vedeva come Presidente Cardia e come commissari Conti, Di Benedetto, Enriques e Pezzinga;
   con la scadenza del mandato del commissario Di Benedetto, il 20 marzo 2010, la Consob continuò a funzionare con 4 membri;
   il 25 giugno 2010 il Governo nominò alla guida delle Ferrovie dello Stato il Presidente della Consob, Cardia;
   questo ha fatto sì che l'Autorità si ritrovasse ad operare con 3 membri (il Presidente vicario, Conti, ed i commissari Enriques e Pezzinga), ciononostante dando prova di vitalità e buon funzionamento, opponendosi al trasferimento della sede romana a Milano, approvando il codice etico e raggiungendo un tasso di produttività addirittura superiore alla precedente Commissione composta da 5 membri;
   il 18 novembre 2010, il Consiglio dei ministri ha nominato Giuseppe Vegas e Paolo Troiano, rispettivamente Presidente e commissario della Consob, riportando il numero dei componenti a 5 e modificando la composizione della Commissione;
   il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (c.d. decreto salva Italia), ha ridotto nuovamente da 5 a 3 il numero dei componenti dell'Autorità;
   successivamente, in data 23 maggio 2012 (con decorrenza 16 giugno 2012), il commissario Luca Enriques, ha rassegnato le dimissioni prima della scadenza del mandato. Dopo di lui, il 19 luglio 2013, anche il commissario Conti ha lasciato l'incarico alla sua naturale scadenza, facendo riportare la composizione della Consob all'interno di quanto previsto dal citato decreto-legge n. 201 del 2011;
   nel frattempo l'analisi di Cottarelli, nella sua veste di responsabile della «spending review», portava all'attenzione dell'esecutivo e del Parlamento l'opportunità di un ripensamento del ruolo delle autorità indipendenti, sul fronte del quale l'attuale Governo non sembra avere un disegno chiaro;
   dopo mesi di inerzia, il 13 giugno 2014, la professoressa Anna Genovese veniva chiamata a svolgere il ruolo di commissario Consob, ricostituendo la composizione dispari della Commissione;
   con il decreto-legge n. 91 del 2014 il Governo ha riportato a 5 i membri della Commissione, contraddicendo apertamente quanto fatto dai Governi precedenti e smentendo categoricamente qualsiasi politica di tagli alla spesa pubblica e di razionalizzazione –:
   se trovi conferma che, come risulta da indiscrezioni di stampa, il Governo avrebbe dato chiare indicazioni per l'individuazione dei commissari, attraverso un bando pubblico aperto a livello internazionale, con ulteriore sperpero di denaro pubblico;
   se il Governo abbia valutato se la Consob, debba essere accorpata alla Banca d'Italia, o se ci sia un ripensamento dell'attività dei controlli nel settore finanziario. (4-09055)


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione autonoma della Sardegna, il comune di La Maddalena e la sua popolazione sono da considerarsi parte lese in quello che può essere considerato uno dei più grandi scandali della recente storia italiana: il mancato svolgimento del G8 sull'Isola sarda;
   sono stati spesi oltre quattrocentosettanta milioni di euro di denaro pubblico che hanno consegnato al nulla 27 mila metri quadrati di edifici, 90 mila metri di aree a terra e 110 mila di mare;
   nessun progetto privato fino a oggi è mai partito. Insieme allo spreco di denaro, c’è l'enorme danno ambientale, con i veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex Arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del parco della Maddalena;
   urgono bonifiche urgenti per le quali non esistono risorse sufficienti e, anche se si dovessero trovare, l'accordo tra le amministrazioni dello Stato (Presidenza del Consiglio, Ministero, regione, comune) non è ancora raggiunto;
   la protezione civile al termine dei lavori ha consegnato l'hotel e centro congressi al concessionario Mita Resort. Questo, una volta verificato che le bonifiche non erano state fatte e che era impossibile aprire l'albergo in quelle condizioni, senza poter usare la darsena, ha tirato in causa la Protezione civile, ottenendone in un arbitrato la condanna al pagamento dei danni (39 milioni di euro);
   nel lodo arbitrale si è deciso, inoltre, che le chiavi delle strutture debbano essere riconsegnate alla protezione civile, non alla regione, che ne è proprietaria ma non ne è mai venuta in possesso. E viene esplicitamente affermato che la regione Sardegna è estranea alla contesa;
   la protezione civile ha presentato un ricorso, prolungando una vicenda giudiziaria che ancora una volta taglia fuori la regione, alla quale rimane soltanto l'obbligo di versare ogni anno circa 500 mila euro di imu a fronte del canone annuo di 65 mila euro che la società Mita Resort deve alla regione per 40 anni, ma che, dal 2009 a oggi, non ha mai versato;
   il resort che nel luglio 2009 avrebbe dovuto ospitare i potenti della Terra, in uno scenario che non ha eguali sul pianeta, è inutilizzato da anni, come il gigantesco main conference, le strutture di supporto, i negozi, i ristoranti, le piscine, il cinema, le banchine che potrebbero ospitare seicento yacht, di cui almeno sei oltre i cento metri di lunghezza;
   un appello alle più alte cariche istituzionali e ai parlamentari e stato rivolto dal Comitato «Risarcire La Maddalena» perché si interessino della campagna portata avanti per ottenere i danni del mancato G8 nell'isola;
   l'associazione, che vede insieme Italia Nostra, ProNatura e singole personalità, chiede alle istituzioni un appoggio «visibile e motivato» a sostegno della campagna contro i responsabili del danno economico e ambientale provocato dal mancato summit tra i «Grandi della Terra»;
   nella lettera, il Comitato ricorda che «il Governo ha prima illuso la cittadina di La Maddalena con la promessa di uno sviluppo turistico dell'isola e poi, dopo aver creato un danno ambientale, economico e sociale incalcolabile, è scappato lasciando macerie»;
   la promessa di rilancio è stata disattesa, la popolazione è stata lasciata da sola, così come la regione costretta ad addossarsi il peso delle spese senza poter fare alcun intervento sulle strutture presenti nell'isola di La Maddalena;
   salvo alcuni interventi, definiti dalla stampa nazionale dei «semplici spot», niente è stato fatto: il Mita center, l'ospedale militare e tutti gli altri edifici versano in uno stato di totale abbandono, mentre l'area a mare attende le bonifiche;
   la regione Sardegna, così ha affermato anche il presidente della giunta, «vuole rientrare in possesso dell'ex Arsenale, una struttura fondamentale per il rilancio economico dell'arcipelago della Maddalena, in cui ha già investito 450 milioni, ma non intende pagare né il risarcimento che il lodo riconosce a Mita, né tutti i danni dovuti all'abbandono della struttura» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere affinché le strutture costruite in occasione del G8 sull'Isola de La Maddalena, che oggi si trovano in uno stato di totale abbandono a causa del mancato svolgimento del vertice e del contenzioso in atto tra il concessionario (Mita Resort) e la Protezione civile, siano restituite alla regione Autonoma della Sardegna, visto che le chiavi sono in mano alla Protezione civile, affinché possa disporne per il rilancio di un territorio che ha subito un gravissimo danno economico e di immagine da quello che può essere definito uno dei più grandi scandali d'Italia degli ultimi decenni;
   quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano adottare per consentire la bonifica di un'area che, a seguito dei lavori, ha subito gravissimi danni sotto il profilo ambientale, con i veleni liberati dai fondali della darsena dell'ex Arsenale militare, mercurio e idrocarburi pesanti, la cui dispersione ha raggiunto, sedimentandosi in profondità, l'area limitrofa allo specchio di mare del Parco della Maddalena;
   se non ritengano opportuno assicurare, per quanto di competenza, al comune e alla popolazione dell'Isola di La Maddalena, il cui tessuto economico e sociale ha subito un gravissimo danno dal mancato svolgimento del G8, una serie di interventi mirati – anche con iniziative di carattere internazionale – capaci di risarcire una comunità che fino a oggi ha mostrato una grande compostezza davanti a un'incompiuta che è costata agli italiani quasi mezzo miliardo di euro. (4-09069)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   AMENDOLA, BONOMO e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   al congresso del suo partito CNDD-FDD, il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza ha annunciato la sua candidatura per ricoprire un terzo mandato presidenziale, in vista delle elezioni presidenziali che si svolgeranno a giugno 2015;
   tale candidatura si pone in contrasto con la Costituzione, che prevede il limite di due mandati e viola gli accordi di Arusha, che nel 2000 hanno posto fine a una guerra civile ventennale e che sono alla base di un fragile equilibrio di tutta la regione dei Grandi laghi;
   conseguentemente all'annuncio del presidente, a partire dalla giornata di domenica 26 aprile, la popolazione della capitale Bujumbura è scesa in piazza per protestare contro questa decisione;
   il Governo ha quindi indetto un divieto di tenere manifestazioni, al quale sono seguiti crescenti disordini, con un bilancio, dopo dieci giorni di proteste, di nove morti e sessanta feriti;
   superando le azioni del Governo volte a impedire la circolazione delle informazioni, giungono dal Burundi notizie gravissime e inquietanti; la radio indipendente del Paese «Radio Publique Africaine», che seguiva in diretta le manifestazioni, è stata costretta a interrompere la trasmissione; internet e i social network sono stati bloccati per impedire l'organizzazione delle proteste; diversi giornalisti sarebbero stati intimiditi e fermati dalle autorità; un attivista di un'organizzazione di difesa dei diritti umani è stato arrestato; almeno cinquecento studenti burundesi hanno cercato protezione davanti all'ambasciata statunitense, dopo la decisione del Governo di chiudere le scuole e le università con l'obiettivo di costringerli a tornare nelle proprie città di origine e impedire loro di partecipare alle proteste;
   a questo clima di tensione si aggiungono la presenza e l'azione di diverse formazioni ribelli, eredità della guerra civile, e di una milizia paramilitare fedele al partito di Governo (Imbonerakure);
   in un contesto in cui il ricordo degli scontri fra Hutu e Tutsi è ancora vivo e dove è mancato un processo di riappacificazione e accertamento delle responsabilità, alcuni esponenti politici, non solo del Governo, ma anche delle opposizioni, agitano lo spettro dei contrasti etnici, alimentando così la spirale di paura nella popolazione, che conterebbe già più di ventimila fuggiaschi verso il Paese confinante del Ruanda –:
   quali azioni e iniziative intenda assumere il Governo per assicurare il rispetto degli accordi di Arusha, per salvaguardare la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Burundi, e per promuovere un clima di leale concorrenza tra le varie forze politiche nelle prossime elezioni di maggio e giugno 2015, evitando sul nascere una corsa al disastro che potrebbe coinvolgere e condurre alla destabilizzazione anche gli altri Paesi della regione;
   quali urgenti azioni siano messe in atto dal Governo per assicurare la sicurezza dei nostri connazionali attualmente presenti in territorio burundese. (5-05508)

Interrogazione a risposta scritta:


   LA MARCA. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a seguito della soppressione dall'ambasciata d'Italia a Santo Domingo (Repubblica dominicana), a partire dal 12 febbraio 2015 i servizi consolari a favore della comunità residente sono espletati dall'ambasciata italiana a Panama, che garantisce anche i servizi consolari per altri paesi di secondario accreditamento, come Haiti, Antigua e Barbuda, Saint Kitts e Nevis;
   con una nota pubblicata sul sito ufficiale, l'ambasciata italiana a Panama spiega come verranno erogati, a partire dal 12 febbraio, i servizi consolari ai connazionali residenti nella Repubblica dominicana, per quanto riguarda il rilascio dei passaporti, gli atti di stato civile, le certificazioni personali e le legalizzazioni, l'iscrizione all'AIRE, la ricostruzione della cittadinanza, i visti, la dichiarazione di valore dei titoli di studio, e altri atti di interesse per i cittadini italiani;
   per alcune importanti operazioni, quali il rilascio dei passaporti e la ricostruzione della cittadinanza, è prevista la presenza diretta dell'interessato presso la cancelleria consolare dell'ambasciata d'Italia a Panama, mentre per il caso di smarrimento del passaporto, ai soli fini del rientro in Italia, nei Paesi di secondario accreditamento ci si può presentare nell'ambasciata di un qualsiasi altro paese europeo per l'emissione del rispettivo ETD-Emergency Travel Document, che comunque non è di immediato rilascio;
   sono previsti un contatto preventivo e la fissazione di un appuntamento con l'ambasciata di Panama, ma di fatto non si riescono ad acquisire informazioni telefoniche certe, ricevere risposte via email, fissare appuntamenti così da evitare di soggiornare inutilmente e onerosamente a Panama;
   è stato di recente sperimentato il sistema del funzionario itinerante per un totale di circa nove ore di disponibilità al pubblico, e tuttavia gli utenti si sono lamentati del fatto di avere dovuto attendere in condizioni disagiate il proprio turno, che per molti non è mai arrivato;
   la richiesta di atti di stato civile, di iscrizione all'AIRE, di legalizzazione e certificazione può essere presentata in teoria anche agli uffici dei consoli onorari, che provvedono all'inoltro all'ambasciata di Panama, ma ai fini dell'implementazione del servizio si è tuttora in attesa del previsto assenso da parte delle autorità della Repubblica dominicana, ai sensi delle competenti disposizioni delle Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari, alla prevista rimodulazione della rete consolare onoraria operante in Santo Domingo;
   per quanto riguarda la richiesta di visti, in attesa dell'esito della gara per affidare ad una società di outsourcing gestione della presentazione delle domande di visto a Santo Domingo, gli interessati per il rilascio di un visto (sia nazionale che Schengen) dovranno presentarsi direttamente presso la cancelleria consolare dell'ambasciata, e una difficoltà ancora maggiore incontrano i parenti di concittadini di nazionalità non italiana;
   la dichiarazione di valore dei titoli di studio, soprattutto se si tratta di titoli rilasciati da istituti scolastici o università italiane, va ugualmente richiesta alla cancelleria consolare dell'ambasciata di Panama;
   in sostanza, a distanza di quattro mesi dalla chiusura della sede consolare di Santo Domingo, la sola opzione di fronte alla quale molti cittadini italiani residenti a Santo Domingo si trovano è quella di recarsi a Panama per il disbrigo delle pratiche consolari;
   per raggiungere Panama e l'ambasciata italiana gli utenti devono programmare un viaggio lungo e costoso, senza peraltro avere la certezza di risolvere con un solo viaggio il proprio problema, il che per molti diventa talvolta insostenibile considerando l'ampia presenza nella comunità italiana di pensionati e, in genere, di persone con redditi non elevati;
   sono ormai numerose e insistenti le richieste di aiuto che giungono da parte di uomini e donne che non riescono raggiungere i rispettivi coniugi o conviventi e i propri figli, di imprenditori che non riescono ad esercitare compiutamente la propria attività, di persone malate, e di altri concittadini a cui, di fatto, non vengono riconosciuti diritti fondamentali, quali quello di curarsi, di raggiungere i propri familiari, di partecipare alla nascita e alla vita dei loro figli e altro –:
   quali iniziative urgenti intenda promuovere per fare in modo che ai cittadini italiani residenti nella Repubblica dominicana e ai loro famigliari vengano riconosciuti alcuni diritti essenziali come poter ottenere in tempi certi un passaporto o un visto, senza doversi spostare per migliaia di chilometri ed affrontare spese di permanenza per molti proibitive;
   quali indicazioni intenda dare affinché il servizio assicurato dal funzionario itinerante sia reso adeguato alla domanda reale dell'utenza e sia prestato in condizioni di normale e civile fruibilità;
   quali misure intenda adottare per fare in modo che, in attesa dell'assegnazione della gara per i servizi consolari in outsourcing, venga garantito un servizio di prenotazioni e di disbrigo pratiche certo e efficiente. (4-09046)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata:


   RABINO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a partire dal mese di novembre 2014 il territorio della provincia di Cuneo è stato interessato da prolungate precipitazioni piovose, alle quali hanno fatto seguito nel mese di febbraio 2015 abbondanti nevicate anche a quote collinari;
   in particolare, le precipitazioni più intense con cumulate significative sono state registrate nei giorni 3-6 novembre 2014, soprattutto nella parte alta del bacino del fiume Tanaro, dove si sono verificati rilevanti incrementi dei livelli idrometrici che hanno localmente superato la soglia di pericolo;
   precipitazioni diffuse e persistenti, per le quali è stata diramata l'allerta meteo da parte del centro funzionale della regione Piemonte, sono proseguite per tutto il mese di novembre 2014, in particolare nei giorni dal 9 al 12 novembre 2014 e dal 28 novembre al 1o dicembre 2014;
   nel mese di febbraio 2015, invece, abbondanti nevicate si sono depositate sull'arco alpino e sui settori collinari della provincia di Cuneo, determinando, soprattutto nelle giornate del 4 e 5 febbraio 2015, una situazione di elevata criticità legata al rischio valanghe, così come segnalato dal bollettino di allerta diramato dal centro funzionale regionale;
   tale situazione ha determinato condizioni di generalizzata saturazione dei versanti che hanno reagito rapidamente alle recenti piogge del mese di marzo 2015, con rapido sviluppo di numerosi fenomeni franosi che hanno provocato gravi danni alle infrastrutture pubbliche ed hanno richiesto interventi urgenti per garantire la sicurezza di esercizio della viabilità;
   nel periodo dal 15 al 26 marzo 2015 diffuse precipitazioni hanno coinvolto, in particolare, la fascia alpina e prealpina sudoccidentale della regione, le pianure meridionali ed i rilievi collinari a sud del Po, determinando elevate condizioni di criticità sui versanti, accentuate dal contesto idrogeologico già compromesso dalle prolungate precipitazioni piovose del novembre 2014 e dalle abbondanti nevicate di inizio 2015;
   gli effetti al suolo hanno interessato una vasta porzione del territorio cuneese, risultando significativi nei settori delle Langhe, del Roero e del Monregalese, ove la tipologia di dissesto maggiormente diffusa è costituita da frane per fluidificazione delle coperture superficiali e da scivolamenti sia di tipo planare sia di tipo rotazionale allo stato incipiente, che si sono manifestati con la formazione di fratture, trincee, rigonfiamenti e marcate ondulazioni;
   lo sviluppo e la vasta diffusione di tali fenomeni, che hanno interferito in molti punti con le infrastrutture pubbliche (rete viaria provinciale e comunale), provocando danni ed interruzioni, è da mettersi in relazione con le citate condizioni di generale saturazione dei terreni, sui quali le ultime precipitazioni piovose hanno determinato condizioni di superamento dello stato limite per l'innesco;
   nel complesso l'intera viabilità di competenza della provincia di Cuneo ha registrato criticità legate soprattutto ai movimenti gravitativi che hanno interessato il sedime stradale ed hanno comportato l'attivazione del sistema di protezione civile con l'intervento dei vigili del fuoco, delle strutture tecniche comunali e provinciali e del volontariato di protezione civile;
   gran parte dei dissesti conseguenti a tali eventi costituiscono un aggravamento di analoghi fenomeni registrati in occasioni di calamità precedenti, in particolari di quelli derivanti dalle intense ed eccezionali avversità atmosferiche verificatesi nel corso del mese di aprile 2009 (per le quali era stato dichiarato lo stato di emergenza dalla Presidenza del Consiglio dei ministri), in riferimento ai quali erano stati eseguiti i soli ripristini di prima fase urgenti ma non gli interventi definitivi di mitigazione del rischio e messa in sicurezza per mancanza di specifiche risorse economiche;
   le avverse condizioni climatiche, sempre più frequenti, stanno mettendo a dura prova la tenuta idrogeologica di diverse aree della provincia cuneese e rendono necessari nell'immediato interventi per la messa in sicurezza del territorio e ripristino delle infrastrutture, con priorità per le zone più gravemente colpite, prevedendo stanziamenti adeguati per il contrasto al dissesto idrogeologico;
   il 31 marzo 2015 il presidente della provincia di Cuneo ha firmato la richiesta di riconoscimento dello stato di emergenza per le frane e i danni causati alla viabilità dal maltempo dei mesi scorsi –:
   se non sia opportuno procedere al più presto alla deliberazione, da parte del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, come modificata dal decreto-legge n. 59 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 100 del 2012, dello stato di emergenza per i territori del basso Piemonte colpiti dagli intensi eventi meteorologici tra novembre 2014 e marzo 2015 e se non sia necessario programmare interventi di somma urgenza per il ripristino dei collegamenti interrotti ed interventi strutturali di eliminazione del rischio idrogeologico e di ricostruzione e messa in sicurezza del territorio, ritenuti ormai indifferibili, destinando congrue risorse per far fronte all'emergenza alluvionale, ai gravi danni subiti e alle conseguenti opere di ripristino, nonché ad interventi di rimozione delle situazioni di pericolo e di prevenzione e mitigazione del rischio di dissesto idrogeologico. (3-01473)


   AMODDIO, BRATTI, BORGHI, BRAGA, GULLO, IACONO, ALBANELLA, ZAPPULLA, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI, BURTONE, PICCIONE, CAPODICASA, BERRETTA e GRECO. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il 21 aprile 2015 è attraccata nel porto di Augusta la motonave Rita Br, di 6.699 tonnellate di stazza lorda, battente bandiera italiana ed iscritta al compartimento marittimo di Napoli, con un carico di circa 10.000 tonnellate di rifiuti speciali prodotti dall'acciaieria Ilva di Taranto; sembra si tratti del primo carico che sarà seguito da ulteriori migliaia di tonnellate di rifiuti speciali prodotti dalla suddetta acciaieria;
   i rifiuti scaricati nel porto megarese sono costituiti dal polverino, residuo dei fumi dell'altoforno trattenuto dagli elettrofiltri, che verranno smaltiti nella discarica Cisma, ubicata a metà strada tra i territori di Augusta e Melilli all'interno del sito di interesse nazionale di Priolo, un'area che viene chiamata il triangolo della morte per la presenza del petrolchimico più grande d'Europa e dove, come a Taranto, c’è un altissimo livello di mortalità;
   le associazioni ambientaliste sottolineano la carenza di chiarezza nella gestione delle polveri degli elettrofiltri, rilevando come nel provvedimento di sequestro dell'area a caldo dell’Ilva di Taranto si metteva in luce una gestione «dissennata e criminale» delle polveri degli elettrofiltri contenenti diossina, tanto che per l'Arpa Puglia le polveri dovevano essere smaltite in discariche per rifiuti pericolosi;
   il sito di interesse nazionale di Priolo Gargallo, istituito attraverso la legge n. 426 del 1998, si estende lungo la costa sud orientale della Sicilia, affacciandosi al mare per circa 30 chilometri, e comprende i comuni di Augusta, Priolo, Melilli e Siracusa;
   gli impianti presenti nell'area industriale sono prevalentemente di carattere chimico e petrolchimico, raffinerie dunque, ma anche cementerie, un inceneritore per rifiuti speciali pericolosi, centrali termoelettriche, un depuratore di reflui industriali, discariche, l'impianto dismesso di trattamento/lavorazione amianto della ex Eternit, l'impianto cloro-soda della ex Enichem e l'area portuale. Petrolio, metalli pesanti (mercurio e piombo), idrocarburi, cloruri, amianto, rilevanti quantità di ceneri di pirite sono le sostanze che maggiormente hanno contaminato il suolo e le acque, per non parlare della pessima qualità dell'aria, dovuta alle significative emissioni provenienti principalmente dal polo petrolchimico;
   non sono chiare le modalità che hanno determinato l'autorizzazione del trasferimento di tali rifiuti dalla Puglia alla Sicilia per smaltirli in un sito di interesse nazionale ad alto rischio ambientale, che avrebbe, al contrario, una necessità impellente e vitale di bonificare e di eliminare i propri rifiuti industriali, piuttosto che accogliere quelli di altri siti;
   la notizia dell'arrivo della nave carica di «veleni» ha suscitato preoccupazione ed indignazione soprattutto nella città di Augusta e da parte delle associazioni ambientaliste;
   in particolare, si teme che il territorio dei comuni di Augusta, di Priolo e Melilli diventi la discarica dei rifiuti provenienti dall'acciaieria Ilva o da altri siti industriali, determinando un netto peggioramento della qualità della vita della popolazione;
   nell'ultimo studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento: mortalità, incidenza oncologica e ricoveri ospedalieri – Sentieri 2014 – si rileva che, nell'area del sito di interesse nazionale di Priolo, l'incidenza dei tumori nel suo insieme, esclusi i tumori della pelle, è in eccesso in entrambi i generi. In particolare, sono in eccesso sia negli uomini sia nelle donne i tumori del fegato e del pancreas e il mesotelioma; i tumori del polmone, della vescica e del sistema nervoso centrale lo sono tra i soli uomini; nelle sole donne si sono osservati eccessi del tumore del colon-retto, della mammella e dell'utero –:
   quali siano stati i criteri di scelta e secondo quali norme legislative si sia consentito il trasferimento dei predetti rifiuti dalla Puglia alla Sicilia e quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine di incentivare e procedere alla bonifica dell'area già fortemente inquinata e compromessa del triangolo industriale Priolo, Melilli, Augusta. (3-01474)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il progetto relativo ai lavori di «Costruzione di Nuova Darsena commerciale a servizio del traffico Ro-Ro e containers» nell'ambito del PON-Trasporti 2000-2006 – Misura III.1 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è stato deliberato con intesa ai sensi dell'articolo 5, comma 3, legge n. 84 del 1994 del Piano regolatore portuale del 14 settembre 2012;
   si è appreso dalla stampa che è stato eseguito un intervento di dragaggio ad opera del consorzio COMAP (Gruppo F.lli Fazio) per recuperare e rimuovere due relitti presenti sul fondale del porto di Catania di cui una nave mercantile e una petroliera;
   durante le manovre sono stati dispersi ingenti quantitativi di liquami anomali e di idrocarburi per cui è intervenuta la capitaneria di porto che come protocollo, guidata dall'ufficiale Michele Maltese, ha delimitato l'area mediante boe permettendo alla ditta la rimozione del materiale inquinante in acqua;
   un comitato spontaneo di abitanti ha segnalato all'interrogante la presenza di dossi sabbiosi nascosti sulla banchina in prossimità della nuova darsena dai quali sporgono presumibilmente i detriti dei relitti e altri materiali di scarto rimossi durante l'operazione di dragaggio;
   alla luce dei gravi fatti di inquinamento ambientale, si ritiene necessario un intervento del Governo al fine di escludere il verificarsi di irrimediabili danni –:
   se e quali iniziative intenda adottare, entro i limiti di propria competenza e in concertazione con le amministrazioni locali, al fine di contrastare il dannoso fenomeno di inquinamento ambientale segnalato nel porto di Catania a ridosso della nuova darsena, anche verificando le cause di quanto descritto in premessa. (5-05518)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, pare che lungo il litorale di Ripalta a Bisceglie si registri continuamente la presenza di rifiuti di vario genere ovvero di grandi quantità di legname, plastica e cordame, di reti metalliche abbandonate da precedenti cantieri e resti derivanti dai crolli di alcuni caratteristici muri a secco che avrebbero poi reso impraticabile l'adiacente pista ciclabile;
   l'accumulo dei rifiuti sulla spiaggia impedisce ai cittadini di poterne usufruire ed è causa di una situazione di degrado ormai insostenibile per una zona di alto pregio naturalistico quale è Ripalta, uno dei luoghi più importanti della costa adriatica pugliese;
   la presenza e la mancata rimozione dei rifiuti, soprattutto a ridosso della imminente stagione balneare, è certamente causa di incidenze negative sull'economia del settore turistico locale;
   la salvaguardia dei valori naturali, storici, paesaggistici e morfologici del territorio della zona di Ripalta è avvalorata da già esistenti vincoli ambientali, paesaggistici e faunistici;
   le «Grotte di Ripalta-Torre Calderina» sono già state definite, infatti, «area marina di reperimento» ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394;
   l'area marina antistante il complesso delle Grotte di Ripalta, poi, è un sito di importanza comunitaria denominato «Posidonieto S. Vito» (codice IT9120009), essendo caratterizzata da erbari di Posidonia oceanica, habitat definito prioritario ai sensi della direttiva 92/43/CEE;
   i territori della Lama di Croce e dell'area costiera tra Bisceglie e Molfetta sono sottoposti alla tutela del decreto legislativo n. 490 del 1999, Testo Unico in materia di beni culturali e ambientali;
   secondo quanto si evince dalle cronache, pare che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia avviato, nel 2014, la formale procedura per l'istituzione dell'area marina protetta per la zona del litorale di Ripalta che dovrebbe essere denominata «Grotte di Ripalta-Torre Calderina e Lama di S. Croce»;
   quale sia lo stato di avanzamento della procedura di istituzione dell'area marina protetta per la zona di Ripalta e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare il litorale attualmente oggetto di una insostenibile situazione di degrado ambientale. (4-09045)


   MELILLA, PELLEGRINO, ZARATTI, RICCIATTI e FERRARA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la regione Abruzzo rischia di trasformarsi da regione dei parchi a distretto petrolifero;
   in un recente dossier delle associazioni ambientaliste si evidenzia lo stato attuale delle ricerche e perforazioni di idrocarburi in Abruzzo (in terra e in mare): 2.213,05 chilometri quadrati interessati da permessi di ricerca, 441,29 chilometri quadrati interessati da concessioni di coltivazione, 101,03 chilometri quadrati interessati da concessioni di stoccaggio, 35,72 chilometri quadrati interessati da istanze per concessione di coltivazione, 1.018,00 chilometri quadrati interessati da istanze per concessioni di stoccaggio, 4.222,80 chilometri quadrati interessati da istanze per permessi di ricerca;
   in una nota il Wwf Abruzzo sottolinea come nel 2009 il 51,7 per cento del territorio era interessato da istanze di ricerca ed estrazione di idrocarburi;
   in queste settimane il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dato, o si accinge a dare, il proprio parere positivo ad una decina di nuovi pozzi destinati alla ricerca o all'estrazione di petrolio, tutti all'interno delle 12 miglia:
    Elsa2, società Petroceltic, un pozzo esplorativo a 7 chilometri dalla spiaggia di Lido Riccio a Ortona (Ch) (parere positivo della Commissione V.I.A. a marzo 2015, in attesa del decreto);
    Ombrina mare, società Rockhopper, 4-6 pozzi di estrazione a circa 6 chilometri dalla costa di fronte a S. Vito chietino (parere positivo della Commissione V.I.A. a marzo 2015, in attesa del decreto);
    Rospo mare, società Edison, 3-4 nuovi pozzi di estrazione a 20 chilometri dalla costa di fronte a Vasto (decreto di compatibilità ambientale emanato il 15 aprile 2015);
   praticamente è interessato tutto il fronte della costa teatina, con un progetto a nord (Elsa2), uno al centro (Ombrina) e uno al sud (Rospo mare), in un'area in cui vi è il parco nazionale della costa teatina;
   sono tutti progetti fermati nel 2010 dal decreto dell'allora Ministra dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Prestigiacomo che vietava nuove trivellazioni all'interno delle 12 miglia e «resuscitati» colpevolmente dal decreto del Ministro dello sviluppo economico Passera del Governo Monti nel 2012 che escludeva dall'applicazione del provvedimento i procedimenti in corso. Sono numerose le criticità procedurali e di contenuto: a) il parere del comitato VIA considerato valido è quello rilasciato nel 2009, senza tener conto delle mutate condizioni ambientali e sociali; b) non viene considerato l'effetto cumulo con gli altri progetti; c) tutte queste procedure sono state assoggettate a valutazione ambientale strategica, con il paradosso che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare le richiede al Governo croato per le loro nuove concessioni in Adriatico e poi non applica la procedura a quelle di propria competenza; d) non è stato ripubblicato, come invece accaduto per Ombrina, il progetto per le osservazioni del pubblico alla procedura di V.I.A.-A.I.A. congiunta; e) l'analisi del rischio per gli incidenti non è stata esaminata dalla Commissione che però l'ha richiesta entro l'avvio dei lavori (quindi è riconosciuto come aspetto critico del progetto). La procedura di valutazione d'impatto ambientale, a giudizio degli interroganti, così perde totalmente di significato, se gli elementi indispensabili per una corretta valutazione vengono rimandati alla fase esecutiva –:
   se non si intenda intervenire al fine di non concedere le autorizzazioni ed evitare che tutti i suddetti interventi mettano a serio rischio il futuro ambientale della regione Abruzzo e del mare Adriatico. (4-09048)


   PASTORELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio di Stato, Sezione VI, ha annullato con sentenza n. 3205/2013 del 10 giugno 2013, il decreto n. 239/EL-105/143/2011, emesso dal Ministero dello sviluppo economico in data 7 aprile 2012, con il quale veniva rilasciata l'autorizzazione unica per la realizzazione del progetto presentato da Terna spa per la razionalizzazione della rete elettrica Dolo-Camin;
   nel suddetto progetto erano ricompresi anche ulteriori interventi di interramento e demolizione di linee elettriche previsti nell'ambito dell'accordo di programma riguardante il «Vallone Moranzani» (siglato in data 31 marzo 2008 dagli enti locali competenti, ivi compreso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare) la cui realizzazione, a seguito della suddetta pronuncia, è stata sospesa sine die;
   tali progetti erano, e sono, indispensabili per la successiva realizzazione di una discarica nella quale smaltire i fanghi derivanti dallo scavo dei canali portuali, e dai connessi lavori di bonifica di Porto Marghera;
   ad oggi, tali opere irrealizzate presentano una rilevante valenza strategica per quei territori, soprattutto al fine di risanare, sotto il profilo ambientale, tutta la zona di Malcontenta;
   sotto altro, connesso, aspetto, lo stallo amministrativo appena descritto rischia di determinare ulteriori e più gravi danni all'ambiente, posto che al momento i fanghi derivanti dai lavori di Porto Marghera non sono smaltiti ma solamente stoccati in un sito provvisorio;
   il blocco di queste opere determinerà più in generale una serie di riflessi negativi su tutti gli interventi previsti dall'autorità portuale di Venezia, con pesanti ricadute di ordine economico su tutto il territorio veneto;
   la società Terna che, dovrà attivarsi per ottenere una nuova «autorizzazione unica» per i due progetti in questione (quello riguardante Dolo-Camin e quello di Moranzani) sostiene che, sotto il profilo tecnico-progettuale non sarebbero separabili. In ogni caso comunque dovrà attenersi a quanto stabilito nella sentenza che testualmente, con riferimento al nuovo procedimento autorizzativo, recita: «deve essere ripreso dal momento in cui il progetto presentato da Terna (l'intero progetto) è stato sottoposto all'esame del Ministero, e implica, quindi, la compiuta disamina di tutti gli aspetti inerenti la tutela dei valori ambientali, alla luce anche delle valutazioni già espresse, puntualizzate dalla sentenza da eseguire [...] tale nuova valutazione dovrà formarsi alla luce dei dati rilevanti, esistenti e verificati al momento [...] dovrà concretarsi nella scelta della alternativa preferibile, alla luce di tutti gli interessi in gioco»;
   a tutt'oggi non si hanno notizie certe sul complesso procedimento volto al rilascio dell'autorizzazione per tali opere, lasciando i soggetti istituzionali ed economici interessati in un grave stato di incertezza con grave pregiudizio per quanto concerne gli aspetti ambientali –:
   di quali informazioni i Ministri interrogati, per le parti di competenza, dispongano in merito ai fatti riferiti in premessa e quali iniziative urgenti di competenza intendano adottare al fine di individuare, con Terna e gli altri soggetti coinvolti nel processo, una soluzione progettuale che garantisca tempi certi di realizzazione e, di conseguenza, l'attivazione di tutte le procedure necessarie alla realizzazione della discarica per lo smaltimento dei fanghi e i connessi lavori di bonifica del Porto di Marghera. (4-09050)


   SPADONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in territorio di Cadelbosco di Sopra (RE) si registrano da anni reiterati episodi di inquinamento delle acque superficiali e di esalazioni maleodoranti, con grave compromissione della qualità della vita di ampie porzioni di territorio, causando non di frequente malesseri fisici negli individui più sensibili;
   per fronteggiare queste situazioni si è da tempo costituito il comitato Aria Pulita per Cadelbosco di Sopra (di seguito Comitato);
   in data 27 dicembre 2010 il Presidente del Comitato ha depositato, unitamente ad altri esponenti, avanti la procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Emilia (p.p. n. 525/11 R.GN.R. Pubblico Ministero Dott.ssa Isabella Chiesi) esposto-denuncia-querela nei confronti del legale rappresentante di un allevamento di suini ubicato in Cadelbosco di Sopra, Via Liuzzi n. 9, con sede legale in Soncino Cremona, chiedendo di «procedere penalmente nei suoi confronti e/o nei confronti di ogni altra persona che, a seguito delle espletate indagini, verrà ravvisata responsabile, anche in concorso, per i reati p.e.p. dagli articoli 137 del decreto legislativo n. 152 del 2006, 635 II comma codice penale danneggiamento di acque pubbliche, 439 codice penale avvelenamento di acque destinate all'alimentazione, 674 codice penale emissione di gas e vapori, 434 codice penale disastro doloso, 659 codice penale disturbo delle occupazioni o del riposo, articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 false attestazioni e mendaci dichiarazioni, articolo 483 codice penale falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, e per ogni altro reato ravvisabile nella fattispecie», nonché nei confronti del sindaco del comune di Cadelbosco di Sopra, Silvana Cavalchi, «per il delitto di cui all'articolo 328 codice penale rifiuto e omissione di atti d'ufficio e per il concorso in tutti i reati che saranno contestati al signor Ferrari Claudio e ad altri»;
   a seguito dell'esposto-denuncia-querela il pubblico ministero ha richiesto ed ottenuto decreti penali di condanna a carico del legale rappresentante dell'allevamento suino per alcuni degli episodi indicati nell'esposto (per i fatti del 14 marzo 2009 il Gip dottoressa A. Baraldi ha emesso decreto penale n. 09/3682; per i fatti dei giorni 5/14/21 maggio 2010 il gip dottoressa A. Baraldi ha emesso decreto penale n. 3867/2010 Gip dottoressa A. Baraldi), per la sola violazione dell'articolo 16, comma 2 decreto legislativo n. 59 del 2005 (29-quattuordiecies decreto legislativo n. 152 del 2006);
   in seguito il Comitato ha inoltrato un esposto al Comando Nucleo Polizia Tributaria Guardia di Finanza di Reggio Emilia in data 5 marzo 2011 contenente circostanziate segnalazioni che, partendo da un'ampia disamina della consistenza in capi dell'allevamento, oltre a coinvolgere la sfera ambientale per i possibili effetti conseguenti al numero di suini presenti nelle stalle, generavano diverse considerazioni di carattere sanitario e fiscale;
   in data 23 febbraio 2012, con un esposto all'Agenzia delle entrate di Reggio Emilia, il Comitato ha reiterato le segnalazioni all'amministrazione competente in materia fiscale;
   in data 5 dicembre 2012 il Comitato ha presentato esposto presso la locale stazione dei Carabinieri di Cadelbosco Sopra approfondendo ulteriormente la problematica legata al numero di capi presenti presso l'allevamento;
   in data 14 maggio 2013, il Comitato riassumeva i risultati dei documenti di cui sopra in una lettera al procuratore capo Giorgio Grandinetti;
   il disagio e le problematiche ambientali nel territorio di Cadelbosco di Sopra richiedano urgenti impegni e una specifica azione di indagine, volta a definire le responsabilità di intollerabili situazioni di inquinamento della acque superficiali e dell'atmosfera;
   le segnalazioni del Comitato, a seguito di numerosi esposti, denunce e querele, richiedano un forte impegno da parte di numerose Amministrazioni coinvolte a vario titolo nelle vicende dettagliatamente descritte in questi anni –:
   quali riscontri siano emersi dagli esposti successivi al 2010, presso le amministrazioni competenti in materia fiscale;
   se non si ritiene opportuno intervenire avvalendosi anche delle competenze e delle professionalità del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri. (4-09053)


   SILVIA GIORDANO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, recepisce la direttiva comunitaria 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane, che costituisce in quest'ambito la norma di riferimento per gli Stati membri della Unione europea; il decreto prevede lo sviluppo di attività di monitoraggio per la quantificazione del danno ambientale esercitato dall'uomo e offre le basi per la ricerca di sistemi di depurazione «appropriati» in base a specifici obiettivi di qualità delle acque naturali;
   il decreto ministeriale del 18 settembre 2002, n. 198 «Modalità di attuazione sullo stato di qualità delle acque, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152», prevede che vengano trasmessi ad APAT (ora ISPRA) dalle regioni e province autonome i dati conoscitivi, le informazioni e relazioni sullo stato di qualità delle acque, secondo le modalità e gli standard informativi specificati dal decreto entro e non oltre le scadenze temporali previste dal decreto;
   in particolare, le informazioni relative alle pressioni riguardano i settori 2 (disciplina degli scarichi) e 3 del decreto (protezione delle acque dall'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole);
   l'articolo 75, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prevede che le regioni assicurino la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato di qualità delle acque e trasmettano al dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (ora ISPRA). Il dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) elabora a livello nazionale, nell'ambito del sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anche per l'invio alla Commissione europea;
   attualmente, nell'area del Cilento, un monitoraggio dello scarico di acque reflue in diversi comuni tra i quali Casalbuono (SA), Auletta (SA), Teggiano (SA), Padula (SA), Sassano (SA) e Sala Consilina (SA) sembra aver evidenziato la totale inadeguatezza delle infrastrutture preposte allo smaltimento degli scarichi urbani e industriali. Molti depuratori di questo esteso agglomerato urbano pare siano malfunzionanti ed alcuni versano in totale stato di abbandono, permettendo di fatto l'inquinamento delle aree circostanti e lo scarico di fanghi e acque non trattate nel bacino idrografico del fiume Tanagro-Sele, rientrante nell'omonima area naturale protetta riconosciuta dalla regione Campania nel 1993 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda descritta in premessa;
   se la regione Campania abbia fornito i dati conoscitivi, le informazioni e relazioni sullo stato di qualità delle acque del bacino idrografico del fiume Tanagro-Sele.
(4-09054)


   TOFALO, DE LORENZIS e PETRAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il centro diagnostico (CESAT) nella sua sede a Salerno, in zona parco Arbostella densamente popolata, di proprietà della famiglia Cobellis di Vallo della Lucania ha installato, previa autorizzazione, su suolo pubblico un traliccio pubblicitario di oltre 6 metri. Secondo i residenti si tratterebbe di un tubo di Quench per il funzionamento di una risonanza magnetica allocata nei sottostanti locali;
   il tubo di Quench assolve il compito di convogliare all'esterno eventuali fuoriuscite di elio e secondo le norme dettate dall'INAIL va collocato «in luogo remoto» esterno ad una struttura sanitaria;
   è necessario sottolineare che nei pressi del marciapiede in questione sono presenti una scuola materna ed elementare, una chiesa, tre banche, uffici pubblici, esercizi commerciali e abitazioni civili;
   l'INAIL (dipartimento medicina, epidemiologia, igiene del lavoro ambientale), in data 20 marzo 2015, a firma del responsabile della sezione tecnico scientifica di supporto tecnico al SSN in materia Radiazioni, ha inviato un fax urgente al sindaco di Salerno, ASL, Carabinieri NOE e NAS, Vigili urbani, Vigili del Fuoco, ARPAC, rappresentando che «tale situazione può potenzialmente ingenerare scenari di rischio estremamente significativi ed è quindi necessario intervenire prontamente»;
   nonostante i sopralluoghi e l'ordinanza di sospensione dei lavori da parte delle forze predisposte la situazione è in fase di stallo e il «tubo di Quench» non è stato ancora rimosso –:
   vista la pericolosa situazione sopradescritta, se i Ministri interrogati intendano inviare controlli al fine di verificare la situazione descritta e far fronte ad eventuali rischi per la pubblica incolumità o l'ambiente. (4-09066)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   PESCO, CASO, MANLIO DI STEFANO, CARINELLI, VIGNAROLI, DE ROSA, CASTELLI, TRIPIEDI, BATTELLI, ZOLEZZI, SIMONE VALENTE, D'UVA, MARZANA, LUIGI GALLO, ALBERTI, BASILIO, RIZZO e CORDA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   la donazione modale è un istituto previsto dal codice civile all'articolo 793 «La donazione può essere gravata da un onere. Il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata»;
   con deliberazione della giunta comunale di Milano n. 1609 del 31 luglio 2014 viene accolta la proposta n. 1957 del Settore Tecnico Infrastrutture e Arredo Urbano avente come oggetto: «Accettazione della donazione modale da parte della Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri e di NCTM – studio legale associato dell'opera “Teatro Continuo” del maestro Alberto Burri, da collocare nel Parco Sempione. Il provvedimento non comporta spesa. Immediatamente eseguibile»;
   con un comunicato stampa del 6 marzo 2015, Italia Nostra e Fondazione Perilparco ribadiscono: «la loro contrarietà alla decisione del comune di Milano di costruire, sulla distesa erbosa al centro del Parco Sempione, una piattaforma sopraelevata di 170 metri quadrati e di 335 tonnellate di cemento armato, denominata Teatro Continuo, su cui si innalzeranno 6 quinte laterali in acciaio alte 6 metri. Dal primo Teatro Burri del lontano 1973 tutto è cambiato nel Parco Sempione, dai rapporti spaziali a quelli paesaggistici-ambientali e culturali, come ha affermato nel 1986 la stessa Soprintendenza per i Beni Ambientali e Paesaggistici che ha sancito la continuità e la coerenza paesaggistica della linea Castello – Arco della Pace come “composizione prospettica di notevole importanza urbanistico-monumentale”. Anche la frequentazione e la fruizione sono mutate in questo parco: ieri, nel ’73, abbandono e degrado ambientale e umano, oggi un luogo diverso, intensamente vissuto dai cittadini. Italia Nostra e Fondazione Perilparco sono al fianco dei quattro Comitati Parco Sempione e insieme a loro si oppongono a questo intervento inutile e dannoso che tornerà a deturpare un bellissimo luogo che appartiene ai cittadini milanesi, agli italiani tutti e a coloro che lo frequentano»;
   con decreto ministeriale 1o giugno 1963 (Dichiarazione di notevole interesse pubblico della zona del Foro Bonaparte, Castello Sforzesco, Parco e Arena in Milano), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 19 giugno 1963, si decreta «La zona sita nel territorio del comune di Milano, comprensiva del Foro Bonaparte, Castello Sforzesco, Parco e Arena... ha notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, ed è quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa»;
   nella citata deliberazione della giunta comunale di Milano n. 1609 del 31 luglio 2014:
    non si fa riferimento alcuno a deliberazioni similari, attribuibili a «Fondazione La Triennale di Milano», o agli altri soci (Ministero per i beni e le attività culturali, regione Lombardia, camera di commercio di Milano, camera di commercio di Monza Brianza), dai quali si evinca l'accettazione dell’«onere di provvedere in perpetuo alla manutenzione ciclica dell'opera secondo le modalità che verranno indicate dalla Fondazione Burri». L'opera, di un valore economico complessivo attuale di 150.000 euro, era stata abbattuta per lo stato di degrado della stessa: senza alcuna limitazione di spesa per la manutenzione dopo la sua ricollocazione nel parco. Su decisione della sola Fondazione Burri, i costi ai sensi dell'articolo 793 del codice civile sono quantificabili nel valore dichiarato del bene alla stipula dell'atto pubblico di donazione;
    oltre ai costi di manutenzione, a carico dei donatari è previsto l'inserimento dell'opera nell'ambito di Expo2015 e successive manifestazioni e eventi culturali, provvedendone a dare dovuta visibilità all'opera stessa e ai donanti, titolari del copyright relativo;
    si da atto che il Consiglio di zona 1 si sia espresso favorevolmente per la posa dell'opera, ma ciò non risulta agli interpellanti, non avendo trovato alcuna deliberazione della circoscrizione 1;
    non si menziona l'accordo di collaborazione siglato tra il comune di Milano e la fondazione «Perilparco» il 22 febbraio 1990, che al punto 4 di quanto convenuto è riportato «L'Amministrazione Comunale si impegna per parte sua a collaborare fattivamente alla realizzazione delle attività sopraddette, e a sentire il parere della Fondazione Perilparco a proposito di ogni intervento che riterrà di promuovere o di cui dovrà valutare la compatibilità con l'esistenza del Parco Sempione. A tal fine i provvedimenti dell'Amministrazione Comunale riguardanti anche gli interventi di restauro, risanamento conservativo e manutenzione al verde, all'arredo urbano e alle attività edilizie nell'area compresa tra via Legnano – V.le Elvezia – Via M. Pagano – V.le Alemagna – Piazza Castello, con i fronti che vi prospettano e gli assi viari che con tale area compongono un unitario testo visivo, riporteranno negli atti preparatori i contributi e i suggerimenti presentati dalla Fondazione “Perilparco”. Qualora tali provvedimenti si discostassero o disattendessero specifiche proposte inoltrate dalla Fondazione, di tali scelte dell'Amministrazione Comunale verrà data congrua motivazione negli stessi provvedimenti»;
    si fanno riferimenti vincolanti a una «lettera di intenti» non resa pubblica e non accessibile agli interroganti;
   il costo di plateatico per installazioni pubblicitarie fisse calcolato dal sito del comune di Milano in Piazza Sempione per una superficie di 178 metri quadrati ammonterebbe ad oltre 350.000 euro annui. Il comune di Milano offre alla fondazione Burri gratuitamente ed in perpetuo, un luogo di esposizione al centro di una delle vedute più fotografate di Milano e riprodotto in moltissime presentazioni turistiche internazionali. Tale luogo, il centro della veduta prospettica del Parco Sempione, risulta di inestimabile valore comunicativo e potrebbe essere venalmente quantificabile in cifre forse anche superiori a quelle del puro calcolo del plateatico;
   la notifica del Ministero beni culturali e ambientali – soprintendenza di Milano, Protocollo 13103 Milano 27 dicembre 1986, riporta: «Si comunica che gli immobili denominati Corso Sempione, via Canova, via Melzi D'Eril, Piazza Sempione, Parco, Piazza Castello, Foro Bonaparte, [...] rivestono l'interesse di cui alla legge 1 giugno 39 e pertanto devono considerarsi compresi negli elenchi descrittivi previsti dall'articolo 4 della legge citata in quanto [...] costituiscono un insieme di elementi protagonisti di mutamenti urbanistici importantissimi del XIX e XX secolo. [...] Inoltre la grande arteria internazionale del Sempione sull'asse della porta del Barco, della torre Filaretiana, e della via Dante, con l'Arco della Pace ed i suoi caselli e lo spazio dell'attuale Parco, costituiscono una composizione prospettica di notevole importanza urbanistico-monumentale»;
   il parere della soprintendenza riportato nel verbale della conferenza dei servizi del 28 maggio 2014 consiste in una breve frase: «...favorevole a condizione che l'opera sia collocata nella posizione originaria, venga approfondito il tema delle fondazioni, con aggiornamenti in corso d'opera dei dettagli costruttivi delle stesse» –:
   se il parere espresso dalla soprintendenza sia effettivamente così sintetico o se esista un parere più approfondito;
   se in tale parere si sia tenuto conto della contestualizzazione del manufatto in quel punto del parco e delle conseguenze sulla unitarietà e coerenza dell'insieme prospettico, monumentale, ambientale e storico progettato da Emilio Alemagna;
   se sia possibile valutare le ragioni che hanno indotto la soprintendenza a derogare dal vincolo disposto a tutela della «composizione prospettica di notevole importanza urbanistico-monumentale» dalla soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Milano in data 27 dicembre 1986;
   se la prima concessione del 1973 avesse previsto una collocazione dell'opera provvisoria, legata all'evento della triennale d'arte, o senza limiti di tempo;
   se l'attuale concessione, considerato anche l'impatto del volume, dei materiali, e della spiccata visibilità dell'insieme collocato al centro della armoniosa prospettiva, sia o meno coerente per le disposizioni normative a tutela del paesaggio;
   se sia legittimo tale parere e quali criteri storico artistici giustificherebbero la modificazione di un bene artistico stilisticamente definito, antico e oggettivamente riconosciuto, da un intervento di un artista recente la cui valutazione è ancora controversa e soggettiva. (4-09068)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BASILIO, CORDA, RIZZO, FRUSONE, COMINARDI e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il personale dei ruoli degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri è soggetto a frequenti movimentazioni, con notevoli negative incidenze per quanto attiene agli oneri di bilancio da sostenere e per le famiglie degli stessi ufficiali interessati ai movimenti;
   tra ufficiali interessati dai provvedimenti di trasferimento vi sono anche ufficiali appartenenti alla rappresentanza militare, i quali, frequentemente, decadono dal mandato proprio per effetto del loro trasferimento in un altro comando di Corpo, con evidente nocumento dei diritti del personale rappresentato e degli stessi organi della rappresentanza militare;
   il pericolo incombente dell'emanazione di un provvedimento di trasferimento può condizionare, limitare e finanche impedire le attività della rappresentanza militare e non risulta che l'Arma dei carabinieri abbia emanato specifiche disposizioni per la tutela dei delegati, e tra questi, dei delegati appartenenti alla categoria degli ufficiali, soggetta a più frequenti movimentazioni;
   gli ufficiali delegati per la categoria «A» dell'Arma dei carabinieri, ricoprono in ogni caso la carica di presidente o di vicepresidente vicario dell'organo di rappresentanza nel quale sono stati eletti oltre che avere il duplice incarico di rappresentanti e di comandanti-addetti ai reparti di appartenenza;
   ai sensi dell'articolo 882, comma 4, del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare i membri dei consigli della rappresentanza devono essere messi in condizione di espletare le funzioni per le quali sono stati eletti;
   ai sensi dell'articolo 883, comma 5, del testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare i trasferimenti dei delegati se pregiudicano l'esercizio del mandato, devono essere concordati con l'organo di rappresentanza cui il militare, di cui si chiede il trasferimento, appartiene;
   ai sensi dell'articolo 1479 del codice dell'ordinamento militare sono vietati gli atti diretti comunque a condizionare o limitare o addirittura impedire de facto l'esercizio del mandato dei componenti degli organi della rappresentanza;
   ai sensi dell'articolo 1480 del codice dell'ordinamento militare i trasferimenti ad altre sedi di militari di carriera eletti negli organi di rappresentanza, se pregiudicano l'esercizio del mandato, devono essere concordati con l'organo di rappresentanza a cui il militare, del quale si chiede il trasferimento, appartiene;
   compete all'amministrazione della Difesa assicurare che la movimentazione dell'ufficiale non risulti per lui pregiudizievole delle aspirazioni professionali né penalizzante dell'esigenza di garantire a sé ed alla propria famiglia un'esistenza libera e dignitosa;
   l'ordine di trasferimento, in concreto, incide anche sulla sfera d'interesse del destinatario perché condiziona l'organizzazione della vita privata del militare e della sua famiglia imponendogli rinunce nella vita professionale e negli affetti familiari;
   i diritti fondamentali della persona, in un'ottica di necessario bilanciamento con i valori costituzionali, devono essere salvaguardati da trasferimenti illegittimi e discriminatori –:
   quali siano i criteri seguiti dall'Arma dei carabinieri per la movimentazione dei membri della rappresentanza militare;
   quale sia il numero degli ufficiali delegati che per l'anno 2015 sono già o saranno oggetto di trasferimento;
   se per loro sia stato preventivamente richiesto il parere all'organo di rappresentanza militare a cui il delegato, del quale si chiede il trasferimento, appartiene;
   se, in caso di movimentazione anche in itinere degli ufficiali delegati, espressione del mandato loro conferito dai militari della categoria «A», venga assicurata particolare attenzione anche attraverso il gradimento della nuova sede di servizio e dell'incarico da parte dell'interessato e sia garantita la tutela dell'unità familiare, soprattutto in presenza di figli minori. (5-05503)


   SCANU, MARANTELLI, BOLOGNESI, ZANIN, CARLO GALLI e D'ARIENZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione della Difesa si avvale negli istituti di «Mariscuola-La Maddalena» e di «Mariscuola-Taranto» di docenti esterni per l'insegnamento di materie non militari;
   si tratta di un numero di insegnanti circoscritto, undici impiegati presso «Mariscuola-La Maddalena» e altrettanti presso «Mariscuola-Taranto»;
   questi docenti, dopo vari decenni di contratti a tempo determinato, senza soluzione di continuità, sono passati negli ultimi quattro anni ad un contratto, sempre a tempo determinato, ma con un'interruzione per il mese di agosto, durante il quale non percepiscono alcun emolumento;
   inoltre, il contratto è passato da un rapporto a tempo pieno ad uno a tempo ridotto, determinando così una notevole riduzione della retribuzione mensile, con conseguenze negative anche di natura previdenziale;
   tutti i docenti in questione risultano dal 2013 vincitori di una selezione nazionale bandita dal Comando scuole e quindi sono stati chiamati ad insegnare, sulla base dei titoli posseduti e in base a un criterio selettivo –:
   quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per garantire ai docenti in questione la continuità di un rapporto di lavoro, in atto ormai da decenni, che assuma le forme del tempo pieno, parte del quale potrebbe anche essere destinato a funzioni di altro tipo, da svolgere sempre unicamente a vantaggio della amministrazione della Difesa.
(5-05509)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   ad ottobre 2012 il Governo italiano ha aderito insieme ad altri dieci Paesi membri dell'Unione europea (Austria, Belgio, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna) al progetto di cooperazione rafforzata, autorizzata dal Consiglio economia e finanza dell'Unione il 22 gennaio 2013, per l'introduzione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie;
   la tassazione delle transazioni finanziarie (TTF), se efficacemente introdotta negli 11 Paesi dell'Unione europea partecipanti, assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario per programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con altri settori produttivi soggetti ad oggi a prelievo fiscale di maggiore entità; garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, recuperando risorse per azioni di lotta alla povertà in Italia, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto ai cambiamenti climatici a livello internazionale; frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario e minori incertezze sui prezzi delle materie prime;
   il 14 febbraio 2013 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva COM(2013)71 per delineare il modello di tassa da implementare e tale proposta è da più di due anni oggetto di negoziato tra gli 11 Stati membri aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata;
   nel corso dell'ultimo vertice Ecofin sotto la Presidenza italiana, svoltosi il 9 dicembre 2014, i Paesi aderenti alla procedura di cooperazione rafforzata sulla tassazione delle transazioni finanziarie hanno confermato l'impegno di proseguire i lavori negoziali per arrivare alla definizione del modello di tassa entro i primi mesi del 2015;
   un recente studio dell'autorevole German Institute for Economic Research (DIW Berlin) pubblicato a marzo 2015 ha approfondito i profili di gettito fiscale derivanti dalla tassazione delle transazioni finanziarie europea; secondo le conclusioni dello studio una tassa con ampia base imponibile, ovvero applicata alla più ampia gamma di strumenti finanziari (secondo l'impianto della direttiva proposta dalla Commissione europea), con il ricorso al doppio principio di tassazione (di residenza dell'operatore/intermediario e di nazionalità del titolo) e con aliquote dello 0,1 per cento per le azioni e dello 0,01 per cento, per i derivati porterebbe nelle casse dello Stato italiano dai 3 ai 6 miliardi di euro all'anno, risorse vitali che l'Italia potrebbe impiegare sul versante della lotta alla povertà a livello nazionale ed internazionale;
   l'introduzione di un'efficace tassa sulle transazioni finanziarie è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la Campagna ZeroZeroCinque che riunisce oltre 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e ONG di sviluppo; un milione di cittadini hanno sottoscritto la petizione internazionale a sostegno della tassazione delle transazioni finanziarie europea, rivolta agli 11 capi di Stato e di Governo dei Paesi della cooperazione rafforzata –:
   quale sia ad oggi lo specifico posizionamento della delegazione negoziale italiana sul disegno della tassazione delle transazioni finanziarie europea in termini di azioni, obbligazioni e classi di strumenti derivati da includere nella base imponibile, aliquote e principi di tassazione da adottare, inclusione del regime intra-day ed esenzioni per i market-makers, e quale sia lo stato di avanzamento dei lavori negoziali e l'orizzonte temporale per il raggiungimento di un accordo sull'impianto della tassazione delle transazioni finanziarie europea, nonché la disponibilità del team negoziale italiano a promuovere un comune impegno di destinazione del gettito della tassazione delle transazioni finanziarie europea, in parte per le politiche di lotta alla povertà a livello nazionale ed, in parte, per sostenere l'aiuto allo sviluppo ed il contrasto ai cambiamenti climatici a livello internazionale.
(2-00955) «Quartapelle Procopio, Raciti, Salvatore Piccolo, Giorgio Piccolo, Zampa, Rampi, Giuditta Pini, Porta, Realacci, Piccoli Nardelli, Preziosi, Scanu, Sereni, Prina, Zanin, Taricco, Rossi, Albanella, Antezza, Ginato, Berlinghieri, Gnecchi, Cuperlo, Cassano, Capone, Patriarca, Beni, Lacquaniti, Garavini, Chaouki, Stella Bianchi, Montroni, Tentori, Marchetti, Mazzoli, Mattiello, Piazzoni, Guerra, Monaco».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il 18 aprile 2015 era andata in onda una trasmissione di Report su Raitre sul fenomeno grave e diffuso, investigato solo a Roma, della disponibilità di indirizzi «comodi» e fittizi; in origine era stata concessa dal Campidoglio la possibilità di registrarsi in un numero limitato di indirizzi per esempio presso 19 ONLUS ovvero a via Modesta Valenti; poi il fenomeno sembra degenerato tanto è vero che presso tali indirizzi sono risultate registrate società di capitali e/o amministratori di società, spesso cosiddette teste di legno semianalfabete nella lingua italiana ed extracomunitarie;
   in particolare, vengono citate in Report chiaramente sia la ONLUS, Camminare insieme, presieduta del sedicente cavaliere di Malta, Vincenzo Fiermonte sia la comunità di Sant'Egidio, via Dandolo 10, ambedue sono ed erano anche la sede legale di molte società di capitali; Fiermonte ha fatto vedere che in qualche misura egli custodiva la corrispondenza registrata pervenuta di persone e società; il rappresentante della comunità di Sant'Egidio, Morozzo della Rocca, nulla ha riferito riguardo, al fatto che a via Dandolo 10 si incardinasse la sede di molte società quasi che non si fossero mai accorti nella comunità della copiosa corrispondenza necessariamente arrivata alle centinaia di persone e di società di capitali residenti a via Dandolo 10;
   della sede di Camminare Insieme all'interno di Report c’è una lunga videata dove si vedono numerose cartelle esattoriali recapitate presso Camminare Insieme; Equitalia risponde inoltre che le cartelle esattoriali recapitate agli indirizzi fittizi romani con contribuente non rintracciabile ammontano a decine di migliaia per un danno erariale stimato a quasi 100 milioni di euro;
   il fatto che Equitalia sia in grado di stimare il danno erariale dimostra che è possibile effettuare sulla base dei software esistenti delle query su determinati indirizzi, nella fattispecie quelli fittizi romani;
   questo scandalo fiscale si aggiunge: alle nomine illegittime di molti dirigenti dell'Agenzia dell'entrate e dell'Agenzia delle dogane senza adeguato concorso a seguito della sentenza della corte costituzionale 37 del 17 marzo 2015; alla dichiarazione di nullità emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Milano (numero 3222/25/15, presidente Verniero, relatore Ingino) con riferimento ad un avviso di accertamento sottoscritto proprio da un funzionario dell'Agenzia delle entrate cui erano stati conferiti incarichi dirigenziali senza concorso pubblico, e quindi in modo illegittimo, secondo la nota sentenza della Corte costituzionale; alla sentenza del Tar Lazio che ha annullato il concorso dell'Agenzia delle dogane per gravi irregolarità compiute nella correzione delle prove d'esame; alla sentenza emessa in data 28 aprile 2015 con la quale è stata dichiarata inaffidabile la stessa struttura pubblica che ha organizzato e svolto il concorso –:
   se da quando esiste Equitalia siano mai state effettuate o meno delle segnalazioni, prima dalle società periferiche, poi dagli uffici locali, inerenti al fenomeno di indirizzi fittizi che si appoggiavano a grappolo su un'unica residenza sia per contribuenti individuali sia per società di capitali;
   se il dirigente preposto, ovvero quelli che si sono succeduti dal 2007 in Equitalia, alle sedi locali si sia mai avveduto o meno per lo meno dell'emergenza romana sugli indirizzi fittizi;
   per quale motivo non siano state effettuate delle apposite query (procedure informatiche di ricerca) sul database di Agenzia delle entrate e di Equitalia per monitorare il fenomeno degli indirizzi fittizi e contrastarlo alla radice anche mediante relazioni istituzionali con altri Ministeri ed enti;
   quale sia ad oggi il numero preciso di indirizzi fittizi usati per i secondi fini di cui in premessa ed il numero esatto di contribuenti (persone fisiche e giuridiche) registrati in modo improprio a questi indirizzi;
   come si sia combattendo oggi il fenomeno degli indirizzi fittizi a grappolo a Roma ed eventualmente nell'intera nazione ed entro quando si pensi di riuscire a sanare questa stortura per troppo tempo tollerata e assecondata dalle amministrazioni pubbliche.
(2-00954) «Pesco, Alberti, Cancelleri, Villarosa, Tripiedi, Ruocco, Pisano, Frusone, Basilio, Corda, Marzana, Fico, Luigi Gallo, Brugnerotto, Baroni, Agostinelli, Luigi Di Maio, Mantero, Del Grosso, Silvia Giordano, Lorefice, Grillo, Crippa, Petraroli, Nesci, Carinelli, Spadoni, Manlio Di Stefano, Di Battista, Fantinati, Parentela, Benedetti, Paolo Nicolò Romano, Liuzzi, Spessotto, Busto, Daga, Della Valle, Zolezzi, Battelli, Grande, Di Benedetto, Nicola Bianchi, Cozzolino, Micillo, D'Incà, Sarti, Sorial, Rizzo, D'Ambrosio, Ferraresi, Fraccaro, Dall'Osso, De Lorenzis, Lombardi, Cominardi, Vacca, Brescia, Scagliusi, Tofalo, Da Villa, Vignaroli, Vallascas, Cariello, Castelli, Mannino, Ciprini, Di Vita, Bonafede, Gagnarli, Dell'Orco, Businarolo, Dadone, Nuti, Paolo Bernini, Chimienti, Toninelli, Terzoni, Gallinella, L'Abbate».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CARRA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 7 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, (Misure urgenti per l'emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), recante il titolo «Detrazioni fiscali Irpef per il conduttore di alloggi sociali» prevede espressamente che, per il triennio 2014-2016, ai soggetti titolari di contratti di locazione di alloggi sociali, come definiti dal decreto ministeriale di attuazione dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, adibiti ad abitazione principale spetti una detrazione complessivamente pari a:
    b) 900 euro, se il reddito complessivo non supera euro 15.493,71;
    c) 450 euro, se il reddito complessivo supera euro 15.493,71, ma non euro 30.987,41;
   la norma fa espresso riferimento al decreto ministeriale emesso in attuazione dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 2007, n. 9, che com’è noto è il decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008 «Definizione di alloggio sociale ai fini dell'esenzione dall'obbligo di notifica degli aiuti di Stato»;
   nella definizione di alloggio sociale di cui al decreto ministeriale del 2008 rientrano senza alcun dubbio gli alloggi riconducibili alla tipologia di intervento e di gestione della edilizia residenziale pubblica da parte delle Ater o degli Iacp comunque denominati, e quindi deve ritenersi applicabile la detrazione introdotta dalla legge 80 del 2014 in favore dei conduttori di questi alloggi sociali;
   si approssima il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi e, in relazione alle legittime aspettative e richieste dei contribuenti interessati, si stanno verificando situazioni di inspiegabile incertezza nell'ambito dell'Agenzia delle entrate circa il diritto alla detrazione in rapporto alla definizione stessa di alloggio sociale, che ingenerano confusione e incertezza nei contribuenti e negli stessi operatori fiscali impegnati per l'assistenza della dichiarazione da inviare prima della scadenza di legge –:
   quali iniziative il Governo adotterà per meglio esplicitare e rendere certo il diritto alla detrazione per i contribuenti conduttori di alloggio sociale. (5-05504)


   VICO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio superiore della Banca d'Italia ha di recente deliberato un piano di riassetto della rete territoriale, da attuarsi nei prossimi tre anni che prevederebbe la chiusura di 3 divisioni distaccate di vigilanza e la chiusura di 19 filiali. Tale delibera adottata il 30 marzo 2015 è ora all'attenzione del Ministero dell'economia e delle finanze;
   nel 2008, l'articolazione territoriale della Banca d'Italia era stata oggetto di una radicale ristrutturazione fortemente voluta dall'allora Governatore Mario Draghi. Quella ristrutturazione comportò, da un lato, una riduzione in tempi rapidissimi della numerosità complessiva delle filiali nell'ordine del 40 per cento e, dall'altro, un impegno prospettico di potenziamento delle filiali rimaste in attività. Negli anni successivi e, in particolare, durante il Governatorato di Ignazio Visco gli impegni non sono stati, però, mantenuti. Si è, così, scelto di non procedere al potenziamento di alcune filiali provinciali rimaste in attività, provocandone, invece, un progressivo ridimensionamento operativo, con grave nocumento per i territori di riferimento;
   dopo il «dimagrimento» avvenuto negli scorsi anni in Puglia e in Basilicata, il progetto riguarderebbe, ora, il venir meno definitivamente di Taranto. E ciò, dopo che — in un'area assai vasta e popolosa attorno al capoluogo jonico, un'area che parte dalla costa adriatica e abbraccia l'intero Golfo di Taranto, giungendo a ricomprendervi parte della Calabria — erano già venuti meno i presidi, a est, di Brindisi e, a ovest, di Matera;
   sarebbe grave per il Paese nel suo insieme, rassegnarsi al ridimensionamento del ruolo pubblico della Banca d'Italia la cui presenza diffusa sul territorio costituisce un imprescindibile riferimento per tutte le realtà economiche e finanziarie dello stesso. Basti pensare a un ruolo cruciale della Banca d'Italia in ordine alla «gestione del contante» (esito e introito delle banconote in tutti i diversi tagli presso tutte le filiali), alla fornitura di servizi di qualità e al presidio di legalità che la Banca d'Italia ha sempre assicurato;
   ulteriori e drammatiche preoccupazioni si affacciano, ove si consideri la peculiarità della città di Taranto e del territorio circostante con riferimento a dimensioni cruciali, proprio a detta della Banca d'Italia, nel procedere alla definizione della nuova articolazione territoriale. Tali dimensioni, rilevanti per il rafforzamento solo di alcune filiali provinciali, sono state esplicitate in un suo documento dello scorso mese di marzo 2015. Ebbene, in quel documento si sostiene l'esigenza di tener «conto delle caratteristiche geografiche, demografiche ed economiche del territorio di riferimento (superficie, popolazione, PIL)»;
   nella città di Taranto e nella sua provincia vivono 600.000 persone (oltre 1 milione ricomprendendovi parte dei territori di Brindisi, Matera e la zona jonica della Calabria); sul suo territorio insistono grandi insediamenti industriali, militari, e una delle più importanti realtà portuali del Paese; la sua economia è pesantemente condizionata dall'azione di gruppi criminali organizzati specializzati, soprattutto, nell'usura e nelle estorsioni alle attività commerciali;
   sarebbe necessario, anche alla luce di queste considerazioni, che siano riassegnate alla sede di Taranto la gestione del contante (esito ed introito delle banconote in tutti i diversi tagli) e gli adeguati controlli da parte dell'operatore pubblico in presenza degli ingenti flussi finanziari derivanti dal risanamento ambientale –:
   quali iniziative intenda assumere, ferma restando l'autonomia della Banca d'Italia, affinché la filiale di Taranto — per le caratteristiche geografiche, demografiche ed economiche del territorio di riferimento descritte in premessa — sia salvaguardata, evitando la paventata soppressione della stessa che arrecherebbe gravi disagi al personale dipendente e, in rilevante misura, alla città e alla sua comunità. (5-05519)

Interrogazione a risposta scritta:


   QUARANTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Banca Carige è la più importante banca ligure e uno dei principali istituti di credito nel panorama italiano. Ha sede a Genova e può contare su più di 1.100 sportelli bancari diffusi su tutto il territorio nazionale e oltre 2 milioni di clienti tra famiglie, professionisti, imprese, artigiani ed enti;
   nel 2013 l'inchiesta finanziaria che si abbatte sulla banca fa uscire definitivamente di scena Giovanni Berneschi, che dalla fine degli anni Novanta era stato il protagonista indiscusso dell'espansione di Carige in Liguria e in Italia. L'inchiesta si conclude con l'arresto di Berneschi e l'imposizione da parte di Bankitalia di una drastica pulizia dei crediti in sofferenza e la richiesta di un rafforzamento patrimoniale di 800 milioni nel 2014. Nel frattempo alla guida della banca arrivano Castelbarco e Montani che hanno il compito di fare recuperare credito e solidità alla banca. Vengono cedute le assicurazioni, mentre Creditis (società di credito al consumo) e il private banking (la Banca Cesare Ponti) sono state messe in vendita ma non ancora vendute. È atteso per fine maggio in contemporanea con l'approvazione del bilancio 2014, il secondo aumento di capitale pari a 850 milioni di euro;
   una volta ricevute tutte le autorizzazioni, il primo azionista della banca sarà Vittorio Malacalza, l'imprenditore che ha acquistato per 66,2 milioni il 10,5 per cento del pacchetto dalla Fondazione, dichiarando — riporta il Secolo XIX del 21 aprile 2015: «di essere disponibile a trovare intese “con chiunque voglia investire per il bene della banca”». Ancora sul quotidiano si legge che Gabriele Volpi è pronto a sottoscrivere l'aumento di capitale di Carige. Ma soprattutto vuole crescere, dall'attuale 2 per cento scarso al 5 per cento circa, con l'obiettivo di fare un accordo di governance con il primo azionista della banca;
   Gabriele Volpi è un imprenditore ligure, che ha iniziato la sua attività legata all'industria petrolifera in Nigeria negli anni Settanta occupandosi di logistica a supporto delle piattaforme estrattive e ha sviluppato un gruppo, la Intels, accreditata con un giro d'affari stimato in 2 miliardi di dollari;
   il 1o agosto 2012 il Sole 24ore dedica un lungo articolo a Gabriele Volpi intitolato: «L'ascesa dell'italiano più ricco d'Africa. Affari all'ombra dell’ex vicepresidente nigeriano Abubakar». Nell'articolo viene ricostruita la fortuna dell'imprenditore italiano attraverso i documenti e le testimonianze raccolte dalla Commissione permanente di inchiesta del Senato americano che per oltre un anno ha investigato il fenomeno della corruzione della leadership politica nigeriana;
   dall'articolo emerge il legame tra Volpi e Abubakar grazie al quale la sua azienda Intels ottiene il monopolio della logistica petrolifera. La commissione di inchiesta prova il legame tra Volpi e il vicepresidente nigeriano: «negli anni Ottanta Abubakar entra in società con Volpi attraverso una società creata per fornire servizi di supporto portuale all'industria del petrolio e del gas». Ancora si legge sul quotidiano: «la commissione d'inchiesta e la security exchange commission, equivalente alla nostra Consob, hanno appurato che circa “2,8 milioni di dollari in tangenti pagate dalla multinazionale Siemens sono stati convogliati su un conto bancario in Maryland intestato a Jennifer Douglas” moglie di Abubakar»;
   le indiscrezioni circolate circa la volontà di Volpi di acquistare azione di banca Carige sono confermate il 30 maggio 2015 da Radiocor (Sole 24 ore). Il giorno successivo su Repubblica si legge: «da ieri Gabriele Volpi risulta titolare del 2,5 per cento del capitale Carige attraverso il trust inglese “Summer”, riconducibile alla sua famiglia. È il veicolo usato dall'imprenditore per questa e altre operazioni. Per scoprire quali non resta che aspettare. Fra fine maggio e inizio giugno scatterà l'aumento di capitale da 850 milioni della banca e Volpi non promette solo di onorare la sua quota, bensì di salire ancora fino alla soglia del cinque per cento» –:
   se i Ministri interessati, a fronte di quanto enunciato in premessa, non ritengano opportuno acquisire elementi presso la Consob in relazione ad un'operazione così importante che a breve andrà a ridefinire i cosiddetti azionisti «rilevanti» – secondo il testo unico della finanza — di banca Carige, una banca che ha tra i suoi clienti soprattutto famiglie, piccole imprese ed artigiani;
   se non ritengano opportuno rendere più stringenti i requisiti di onorabilità definiti dal decreto ministeriale 18 marzo 1998, n. 144, sia estendendone l'ambito di applicazione mediante una riduzione della percentuale del capitale rappresentato da azioni con diritto di voto quantomeno nei casi in cui quote inferiori al 5 per cento si trovino a determinare una posizione rilevante in considerazione della composizione dell'azionariato, sia mediante criteri più rigorosi che tengano in conto anche ulteriori circostanze tali da mettere concretamente in dubbio l'onorabilità degli azionisti, innanzitutto indagini o accertamenti in corso o conclusi anche all'estero inerenti alla condotta etica degli azionisti soprattutto nel settore economico e finanziario e in ambiti contigui. (4-09065)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta immediata:


   VALLASCAS, CARINELLI, DELL'ORCO, LIUZZI, DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, NICOLA BIANCHI, NESCI, TRIPIEDI, COMINARDI, SORIAL, DE ROSA, CASO, PESCO, MANLIO DI STEFANO, BASILIO, CRIPPA, TONINELLI, PETRAROLI, ALBERTI e CORDA. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o maggio al 31 ottobre 2015 è in programma Expo Milano 2015, Esposizione universale sull'alimentazione e la nutrizione sostenibile;
   l'evento, presentato come tra i più importanti mai realizzati sul tema, rappresenterà, così come riportato sul sito web dedicato, «una vetrina mondiale in cui i Paesi mostreranno il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta concreta a un'esigenza vitale: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del pianeta e dei suoi equilibri»;
   l'area espositiva di Expo 2015 si estenderebbe per circa un milione di metri quadri, dove troverebbero posto, secondo lo stato dell'arte al 4 settembre 2014 pubblicato sul sito istituzionale www.passodopopasso.italia.it, 53 padiglioni self built, 9 cluster, 5 aree tematiche, un padiglione dedicato a associazioni e organizzazioni non governative. È prevista la partecipazione di 144 Paesi, con un dato previsionale sulle presenze di circa 20 milioni di visitatori;
   non ci sarebbero ulteriori aggiornamenti allo stato dell'arte precedentemente richiamato, ma diversi organi di stampa, a più riprese, avrebbero sottolineato i gravi ritardi nella conduzione e conclusione dei lavori, nella misura che è stata avanzata l'ipotesi che diverse strutture potrebbe essere inaugurate a evento iniziato;
   questo stato di cose sarebbe confermato dal bando da un milione e 100 mila euro indetto da Expo spa nel mese di aprile 2015 per «allestimento di quinte di camouflage», per mascherare le opere non terminate alla data del 1o maggio 2015;
   nello stesso sito istituzionale dell'Expo, nella sezione «cruscotto lavori», dove viene riportato l'elenco delle opere in programma con la previsione della fine lavori di ciascuna, sarebbero presenti opere la cui conclusione non solo è successiva all'inaugurazione dell'evento, ma si realizzerebbe ad evento abbondantemente iniziato;
   in questo contesto destano grave inquietudine le dichiarazioni del direttore del dipartimento prevenzione dell'azienda sanitaria locale di Milano, Susanna Cantoni, secondo la quale, così come riportato dalla stampa, mancando il tempo sufficiente per collaudare le opere, si procederà con il sistema dell'autocertificazione da parte di diversi progettisti, cui faranno seguito delle verifiche a campione;
   il collaudo, così come disposto dagli articoli 120 e 141 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici di lavori servizi e forniture», e dal titolo X – collaudo dei lavori – articoli 215-238 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, recante il regolamento di attuazione del codice dei contratti, è un atto necessario, obbligatorio per opere dal valore superiore ad un milione di euro e scritto, che ha l'obiettivo di verificare, prima dell'accettazione dell'opera, che il lavoro sia stato eseguito a regola d'arte, che vi sia corrispondenza tra quanto contabilizzato e quanto utilizzato e che le eventuali procedure espropriative siano state espletate;
   secondo quanto previsto dalla vigente normativa, non possono essere nominati collaudatori coloro che hanno preso parte alla progettazione, direzione lavori, sorveglianza, vigilanza, controllo dell'esecuzione dei lavori o hanno avuto nel triennio rapporti di lavoro o consulenze con l'appaltatore o subappaltatore, né tantomeno magistrati; se quanto riportato dalla stampa corrispondesse al vero, l'autocertificazione rilasciata dai progettisti risulterebbe a giudizio degli interroganti in pieno contrasto con quanto previsto dal codice degli appalti;
   il sistema delle autocertificazioni annunciato dal direttore del dipartimento prevenzione dell'azienda sanitaria locale di Milano determinerebbe una situazione inaccettabile nella quale il settore pubblico rinuncerebbe alla necessaria funzione di terzietà, di garanzia e trasparenza del collaudatore e, nel contempo, farebbe ricadere sui progettisti responsabilità che esulano dai loro ambiti di intervento e che, in molti casi, richiedono abilità, competenze e conoscenze professionali specifiche;
   tra le altre cose, si determinerebbe una contrazione del perimetro dello Stato per quanto concerne l'assunzione e la verifica delle responsabilità, in un contesto di completa trasparenza e chiarezza a favore del cittadino;
   analogamente grave risulterebbe l'affermazione in merito ai controlli a campione eseguiti successivamente all'autocertificazione che farebbe sorgere l'inquietante dubbio che alcuni lavori non verrebbero mai controllati, né attraverso un collaudo preventivo né attraverso un controllo, appunto, a campione;
   si verrebbe a determinare una situazione di inaccettabile e generale incertezza procedurale, non solo per il mancato collaudo delle strutture, ma anche per la mancata verifica e per il mancato collaudo del complesso sistema impiantistico a supporto dell'attività espositiva;
   nell'area espositiva, opereranno, infatti, oltre 200 ristoranti, che richiederanno un articolato sistema di gestione di acqua, scarichi, elettricità, fuochi, condizionatori, refrigerazione, conservazione e smaltimento degli alimenti, il cui funzionamento deve essere perfettamente testato, considerate le finalità dell'evento volto a tutelare e valorizzare qualità e genuinità degli alimenti;
   il sistema di collaudo con autocertificazione e verifica a campione verrebbe ulteriormente aggravato per tutte quelle situazioni in cui le modifiche in corso d'opera potrebbero aver creato delle discrepanze, anche profonde, tra elaborati progettuali e opere terminate;
   questo stato di cose determinerebbe, secondo gli interroganti, una situazione di generale incertezza e confusione procedurale sia nella produzione dell'autocertificazione da parte dei progettisti e sia nelle deliberazioni, con regime sanzionatorio da adottare, nel caso vengano riscontrate autocertificazioni indebitamente prodotte;
   i casi recenti di crolli e cedimenti di varia natura che hanno interessato opere pubbliche mettono in seria discussione l'azione e il ruolo di alcune amministrazioni pubbliche nella conduzione e nella verifica dei cantieri e richiamano la necessità di procedere con controlli più attenti e stringenti, nonché con una definizione chiara delle responsabilità dei soggetti interessati –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di assicurare il regolare collaudo relativamente alle opere e agli impianti in funzione e di garantire la massima sicurezza dei visitatori e degli operatori. (3-01471)


   CASTIELLO e PALESE. Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dei lavori parlamentari di conversione del decreto-legge cosiddetto «sblocca Italia», nella seduta della Camera dei deputati del 29 ottobre 2014, è stato accolto con il parere favorevole del Governo l'ordine del giorno n. 80, a firma dell'onorevole Castiello, con il quale si impegnava il Governo «ad adottare i necessari adeguamenti legislativi per estendere la competenza del commissario di Governo anche sulle opere di completamento del nodo di Napoli, in modo da dare certezza dei tempi per la conclusione delle procedure di affidamento dei lavori per il completamento della stazione alta velocità/alta capacità di Afragola e dei necessari interventi di collegamento della stessa con i sistemi metropolitani, anche attraverso l'adozione di progettualità nuove che tengano in considerazione il fitto reticolo ferroviario che attraversa la provincia di Napoli ed utilizzando, all'uopo, anche i disponibili finanziamenti europei e nazionali che sono stati collocati all'interno di accordi-quadro in precedenza sottoscritti tra Governo e regione Campania»;
   ad oggi non è dato conoscere le attività attivate dal Ministro interrogato per scongiurare il pericolo che la costruenda stazione dell'alta velocità di Afragola, al momento priva dei previsti collegamenti metropolitani programmati sia con la variante della linea Cancello/Napoli che con l'arretramento della linea della Circumvesuviana, diventi una «cattedrale nel deserto», non essendo collegata al sistema ferroviario regionale;
   a conclusione di un lungo iter procedurale sono stati assegnati – e si tratta della terza gara – i lavori per il completamento e la messa in esercizio della stazione alta velocità/alta capacità di Afragola;
   da notizie apprese dagli interroganti tramite la stampa locale sembrerebbe che l'attuale sindaco di Afragola sia interessato, attraverso il coinvolgimento di aziende di famiglia, al conferimento di una parte dei lavori – in subappalto – assegnati da Rete ferroviaria italiana spa al raggruppamento di imprese risultato vincitore della procedura di gara –:
   se il Ministro interrogato intenda confermare l'impegno del Governo per individuare, in tempi brevi, anche d'intesa con la regione Campania, una soluzione progettuale che garantisca, contestualmente all'avvio in esercizio ed al completamento dei lavori della stazione alta velocità/alta capacità di Afragola, i necessari ed indispensabili collegamenti metropolitani con il capoluogo e con la rete regionale, e se convenga sulla necessità di impedire, anche in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione e allertando la stazione appaltante, l'inopportuna concessione, in subappalto, di lavori ad aziende riconducibili alla famiglia dell'attuale sindaco di Afragola, sul cui territorio è in costruzione la più volte citata opera. (3-01472)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 407 Basentana è una delle arterie più importanti del Mezzogiorno in quanto consente di collegare la A3 dallo svincolo di Sicignano degli Alburni fino all'accesso alla strada statale 106 jonica nei pressi di Metaponto di Bernalda attraversando tutta la Lucania;
   è una superstrada che collega appunto il Tirreno allo Jonio;
   nel 2011 un viadotto crollò a causa della piena del fiume Basento nei pressi dello svincolo di Calciano in provincia di Matera fortunatamente senza conseguenze per le persone;
   da tempo i media locali ed in particolare la Gazzetta del Mezzogiorno denunciano la criticità strutturale di alcuni viadotti della strada statale 407 in particolare nei pressi di Vaglio Basilicata e di Albano di Lucania nonché sempre nei pressi delle campate del viadotto Calciano da alcuni mesi ripristinato;
   rispetto ai tratti citati si riscontrano, anche con fotografie riportate dal quotidiano, piloni scalzati, ferro che fuoriesce dal cemento, deterioramento dei manufatti, che inducono a non poca preoccupazione –:
   in considerazione della rilevanza strategica dell'arteria in questione e delle criticità strutturali denunciate, quali iniziative intenda assumere con la massima sollecitudine al fine di verificare quanto riportato in premessa e quali interventi intenda porre in essere con urgenza per garantire a chi la percorre la assoluta sicurezza dell'arteria. (5-05505)


   BERGAMINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   i cittadini lucchesi attendono da oltre 60 anni nuovi interventi sul sistema viario. Nel tempo si sono succedute innumerevoli proposte, sono stati elaborati diversi progetti che ad oggi non hanno ancora trovato una loro realizzazione. Infatti, per via del dissesto stradale i mezzi pesanti che servono le aree industriali della provincia di Lucca, sono costretti ad impegnare la Circonvallazione per poter accedere ai caselli autostradali;
   il primo progetto, noto come Salt 1, risale al 1987 e si componeva di una variante alla strada statale 12, nota come tratta Nord-sud, lunga circa 8 chilometri e di una complanare pressoché adiacente all'autostrada tra Lucca e Capannori di pari lunghezza. Questo progetto, che prevedeva un tracciato di superstrada a 4 corsie e la realizzazione di molti viadotti, fu accantonato in quanto ritenuto ad elevato impatto ambientale;
   successivamente, negli anni ’90 venne proposto un secondo progetto (Salt 2) che riprendendo il vecchio cercò di eliminare buona parte dei viadotti indicando, in alternativa, un percorso in gran parte interrato. Anche questo progetto, a causa di una fitta rete di canali e fossati e di una falda freatica vicina al piano di campagna, fu accantonato per l'impossibilità di realizzarlo;
   il 21 dicembre 2001, il Cipe con la delibera n. 121 ai sensi della legge obiettivo sui programmi delle infrastrutture strategiche previde una serie di interventi di attraversamento Nord Sud dei valichi appenninici comprendenti, tra l'altro, anche l'ammodernamento della strada statale 12 Abetone Brennero. Il 3 febbraio 2003 la provincia di Lucca, i comuni di Lucca, Capannori ed Altopascio, l'Associazione industriali e la camera di commercio, firmarono un documento contenente le linee guida della nuova viabilità della piana di Lucca. Sulla base di queste linee guida, nel 2005 l'Anas redigé il progetto preliminare e lo studio di impatto ambientale delle tangenziali est ed ovest. La regione Toscana espresse parere contrario in particolare per la tangenziale ovest, in quanto riteneva indispensabile migliorare la qualità degli interventi di mitigazione;
   il 18 aprile 2003 il Governo e la regione Toscana firmarono l'intesa quadro che ha riportato gli stessi contenuti della delibera Cipe n. 121. Nel 2005, all'interno del documento allegato al DPEF, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti individuò il complesso degli interventi stradali di interesse statale riguardanti il territorio della provincia di Lucca, e più nello specifico individuò il cosiddetto «sistema tangenziale di Lucca». Tali interventi furono previsti anche all'interno delle opere infrastrutturali ANAS di nuova realizzazione 2007-2011, per un importo complessivo di 482 milioni di euro e con previsione di appaltabilità nel 2011;
   il 6 marzo 2008 i comuni di Lucca, Capannori, Porcari, Altopascio, Montecarlo e Villa Basilica, Associazione degli industriali, camera di commercio e provincia di Lucca firmarono il documento di intesa sulle infrastrutture necessarie a migliorare il sistema della mobilità nella piana di Lucca. Tale documento divenne necessario affinché la provincia, dietro indicazioni della regione, avesse potuto approfondire la progettazione relativa alla tangenziale est nonché ad ulteriori interventi finalizzati a riorganizzare la rete viaria della piana di Lucca;
   il 28 luglio 2008 si procedette all'apertura del nuovo casello autostradale del Frizzone a Capannori. Nel gennaio del 2010, con atto aggiuntivo all'intesa tra Governo e regione Toscana del 2003, venne previsto il potenziamento della viabilità est di Lucca comprendente i collegamenti fra Ponte a Moriano e i caselli dell'A11 Frizzone e di Lucca est;
   nel 2011 venne siglato un nuovo protocollo d'intesa tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione toscana, la provincia di Lucca, l'Anas spa, i comuni di Capannori e Lucca, sul riassetto complessivo della viabilità della piana di Lucca;
   successivamente, nel marzo 2012 ANAS si è impegnata a presentare il progetto preliminare degli assi della piana entro l'autunno, e più precisamente entro il 30 novembre dello stesso anno. Nel frattempo nell'aprile 2012 il Consiglio regionale toscano approvò l'aggiornamento 2011 al programma pluriennale di investimenti sulla viabilità di interesse regionale per gli anni 2002-2007, a cui si sono aggiunti 23 nuovi interventi sulle strade regionali, per un investimento complessivo pari a 69.100.000 euro;
   il 4 luglio 2012 ANAS redigé il documento preliminare all'avvio della progettazione, che ha modificato il precedente documento redatto nel 2005 a seguito del parere della Commissione speciale e dello studio della provincia condiviso con gli enti locali. Le priorità che compaiono nel documento sono: il tratto ovest est (da Antraccoli fino al casello Lucca est), il tratto est ovest (fino alla viabilità nord sud), e infine il tratto asse nord-sud;
   nella delibera del Cipe n. 4 del 2014 si legge che la legge di stabilità 2014 ha autorizzato la spesa di 485 milioni di euro per la realizzazione di nuove opere. Il criterio per la sezione delle nuove opere è individuato con l'attuazione del piano investimenti 2007-2011 allegato al contratto di programma Anas 2007. In tale piano di investimenti la realizzazione della «tangenziale di Lucca» non appare affatto menzionata, andando dunque ad eliminare ogni presupposto che permetterebbe un legittimo stanziamento di fondi da parte del Cipe;
   nell'allegato al Def (documento di economia e finanza) che è stato approvato il 10 aprile 2015 dal Consiglio dei ministri si legge chiaramente che nel documento pluriennale di pianificazione (Dpp) introdotto dal decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 288 è individuato lo strumento di programmazione che include e rende coerenti tutti i piani e i programmi d'investimento per le opere pubbliche di propria competenza. Tale documento sarà elaborato per settembre 2015, in vista del disegno di legge di stabilità 2016;
   se fino a qualche anno fa il riassetto del sistema stradale della provincia di Lucca era un progetto fissato solo su carta, ad oggi non resta nemmeno questo. Il programma delle infrastrutture strategiche (Pis) approvato e modificato dal Cipe, a cui spetta il compito di indicare quali opere sono contenute nella «legge obiettivo» e dunque seguono le relative norme speciali in materia, include 419 interventi per un costo di 384 miliardi di euro;
   nell'Allegato infrastrutture, che indica lo stato di avanzamento delle opere incluse nel Pis, all'insediamento del Ministro Delrio la lista delle priorità contava 51 opere, mentre l'ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ha voluto accentuare la discontinuità togliendo ben 22 opere, aggiungendone 2 e facendo così scendere a 31 queste super-priorità. Nello specifico, le due opere aggiunte sono la tranvia di Firenze e il servizio ferroviario metropolitano di Bologna, mentre tra le opere eliminate vi è anche la tangenziale est di Lucca;
   l'obiettivo dell'Allegato infrastrutture è quello di indicare, attraverso la tabella 0 contenuta alla fine dell'Allegato, lo stato di avanzamento di ogni opera inclusa nel Pis. Da questo punto di vista nell'Allegato del 10 aprile 2015, l'aggiornamento c’è solo per le 30 opere prioritarie, mentre si legge chiaramente che «con riferimento alle altre opere contenute nel Pis di cui all'allegato XI Allegato infrastrutture si provvederà, a valle di un approfondito confronto con le Regioni, al previsto aggiornamento sullo stato di avanzamento in sede di definizione della nota di aggiornamento al Def 2015»;
   successivamente all'approvazione del Def, il viceministro delle infrastrutture e dei trasporti Riccardo Nencini, durante un incontro tenutosi a Lucca, ha parlato di «termini certi» sia per la realizzazione dei nuovi assi viari, sia per il raddoppio della linea ferroviaria verso Firenze –:
   se il Ministro sia in possesso di maggiori informazioni rispetto a quelle note all'interrogante, che gli permettano di esprimersi in termini ottimistici rispetto alla cosiddetta tangenziale est di Lucca, e se dunque il Ministro non ritenga di dover fornire ulteriori chiarimenti in proposito;
   qualora il viceministro Nencini abbia piuttosto espresso un auspicio, quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di attribuire al progetto in questione la qualifica di opera prioritaria provvedendo al relativo finanziamento. (5-05517)

Interrogazioni a risposta scritta:


   COZZOLINO, BRUGNEROTTO, DA VILLA e SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento alla procedura di valutazione di impatto ambientale in corso relativa al progetto di adeguamento all'accesso alla stazione marittima passeggeri, che prevede lo scavo del Canale Contorta, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha invitato in data 10 febbraio 2015 l'autorità portuale di Venezia a costituire un gruppo di lavoro multidisciplinare che coinvolga istituti di ricerca ed università cittadine per la condivisione del patrimonio di conoscenza in termini di dati e studi eseguiti negli anni sulla Laguna di Venezia;
   nel sito di Corila, il consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti al sistema lagunare di Venezia, si legge che «nonostante i tempi del coinvolgimento (iniziato solo il 19 febbraio 2015) non hanno permesso alla comunità scientifica di svolgere nuove analisi o simulazioni né, in molti casi, di esprimersi puntualmente su documenti già prodotti dai progettisti incaricati dall'Autorità Portuale di Venezia, è stato accettato di raccogliere in un documento consegnato in data 9/3 alla APV i contributi che sono stati elaborati in pochi giorni dagli Enti suoi associati che si sono resi disponibili in questa fase, ovvero i due Istituti del CNR ISMAR e IDPA e il dipartimento DAIS dell'Università Ca’ Foscari»;
   il gazzettino del 3 maggio 2015 riporta alcune delle perplessità espresse da Corila, in sede del convegno scientifico svoltosi il 30 aprile all'Arsenale di Venezia, sull'attuale progetto del canale Contorta in fase di valutazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   le perplessità riguarderebbero sia gli aspetti idrodinamici che di vita nella laguna centrale, oltre che la gestione dei sedimenti derivanti dall'opera di scavo. Sul quotidiano citato si legge «È necessario – è questa la prima conclusione cui sono giunti gli scienziati – che il progetto tenga conto non solo degli effetti locali del nuovo canale, ma anche degli effetti a medio e a lungo termine sulla morfologia lagunare. In particolare, sono da valutare gli effetti dell'onda di massa generata dal dislocamento delle navi in transito... poiché il moto ondoso dovuto al traffico navale genera importanti fenomeni erosivi». Un altro appunto il Corila lo fa sull'insufficienza delle informazioni idrogeologiche messe a disposizione e sui sedimenti;
   nel sito internet del consorzio si legge «Questi contributi, forniti nostro malgrado a ridosso della scadenza della presentazione della risposta da parte di APV al MATTM, possono assumere oggi soprattutto caratteristica di indirizzo rispetto gli eventuali passi di valutazione ed elaborazione progettuale successivi, cui deve essere concesso il tempo necessario. La rilevanza dell'opera e la delicatezza dell'equilibrio lagunare richiedono infatti, in senso generale, che tutte le analisi vengano condotte al livello di dettaglio ragionevolmente più spinto possibile, sia al fine di poter meglio prevedere e quindi mitigare gli impatti del progetto (sull'ambiente, ma anche sulle stesse strutture che si intendono costruire), sia per indirizzare le misure di compensazione necessarie e, non ultimo, le nuove modalità di gestione del traffico portuale. Nel caso di approvazione del progetto preliminare, le fasi successive di progettazione dovranno essere in grado di fornire, a nostro parere tutti i dettagli qui richiesti. Le misure di mitigazione e di compensazione da prevedersi (alcune sono state suggerite) dovranno considerare anche il livello di incertezza degli approfondimenti progettuali, secondo un'opportuna applicazione del principio di precauzione. Essenziale appare anche un adeguato piano di monitoraggio, che dovrà essere dettagliato nel progetto esecutivo, nelle sue modalità di esecuzione, ma anche di comunicazione dei risultati, che dovranno essere efficaci e trasparenti»;
   la laguna di Venezia, nonostante sia protetta da una normativa speciale, è stata oggetto negli anni di iniziative e lavori infrastrutturali di natura fortemente invasiva e devastante, come ha ricordato in un'intervista alla Nuova Venezia del 1o maggio 2015 il professor D'Alpalos, docente di idraulica all'università di Padova. «Stanno distruggendo la laguna. – Ha dichiarato tra l'altro D'Alpalos – E la responsabilità non è solo della politica che ha preso decisioni sbagliate. Ma dei tecnici che hanno spesso minimizzato o nascosto il danno... gli ultimi scavi di canali e restringimenti delle bocche per i lavori del Mose hanno provocato una modifica delle correnti. Anche nei canali interni della città, come mi hanno segnalato alcuni miei assistenti. Un fenomeno preoccupante. Sento parlare di gestione del Mose, una volta che sarà finito, aprendo una bocca e chiudendo l'altra. Ma bisogna studiare bene. Si possono produrre trasformazioni irreversibili –:
   quali iniziative intendano promuovere con urgenza i Ministri interrogati, alla luce delle criticità e degli indirizzi suggeriti da Corila, a tutela della laguna di Venezia al fine di non danneggiarne ulteriormente gli equilibri e l'ecosistema già da tempo fortemente colpito. (4-09047)


   FRANCO BORDO e PAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la società Autocamionale della Cisa spa mediante gara n. 01/11 ha affidato alla ditta Pizzarotti & C. spa la progettazione esecutiva ed esecuzione lavori relativi al «Corridoio plurimodale Tirreno-Brennero. Raccordo autostradale tra l'Autostrada della Cisa - Fontevivo (PR) e l'Autostrada del Brennero - Nogarole Rocca (VR) – I lotto»;
   l'oggetto dell'appalto comprende la progettazione esecutiva e l'esecuzione dei lavori della tratta autostradale compresa fra l'autostrada della Cisa A15 in comune di Fontevivo (PR) e l'autostazione Trecasali/Terre Verdiane in comune di Sissa Trecasali (PR) della lunghezza di chilometri 9.5 circa, di cui chilometri 2,350 circa consistenti nel risezionamento dell'autostrada della Cisa esistente, e delle opere di viabilità ordinaria e locale accessorie alla predetta tratta autostradale;
   gli studi e le indagini occorrenti quali quelli di tipo geognostico, idrologico, sismico, agronomico, biologico, chimico, i sondaggi e i rilievi fino ad un livello tale da consentire il computo metrico estimativo sono inclusi nel progetto definitivo (codice degli appalti, articolo 93), redatto dalla Società Concessionaria Autocamionale della Cisa spa;
   le indagini necessarie alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico sono altresì programmate nell'abito del progetto definitivo (articolo 96 del codice degli appalti, articoli 2-quater e 2-quinquies del decreto-legge 26 aprile 2005, n. 63, convertito dalla legge 25 giugno 2005, n. 109);
   da notizie di stampa si apprende che a Ronco Campo Canneto (PR) sarebbero iniziati i lavori per la realizzazione di tale I lotto, se bene non risulti ancora approvato dal Ministero competente il progetto esecutivo dell'opera;
   la titolarità della dichiarazione di utilità pubblica dell'opera è in capo alla società concessionaria, vale a dire Autocisa spa, e non all'impresa che ha semplicemente vinto una gara d'appalto in cui ha formulato l'offerta economica sapendo quali erano le condizioni per la realizzazione dell'opera e che la sua offerta doveva essere, tecnicamente ed economicamente, conforme al progetto definitivo approvato dal Ministero e dal CIPE –:
   se l'attuale presenza del cantiere in località Ronco Campo Canneto (PR) sia conforme alla normativa vigente, in assenza di approvazione del progetto esecutivo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   se tale cantiere sia stato aperto dalla Società Concessionaria Autocamionale della Cisa spa, responsabile del progetto definitivo, oppure dalla ditta Pizzarotti & C. spa, assegnataria dell'appalto e responsabile del progetto esecutivo. (4-09064)

INTERNO

Interrogazione a risposta immediata:


   GIANLUCA PINI, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   commentando a caldo i gravi incidenti occorsi a Milano il 1o maggio 2015 in coincidenza con la solenne inaugurazione dell'Expo 2015, Alessandro Sallusti ha ipotizzato che il comportamento accomodante tenuto dalle forze dell'ordine nei confronti delle «tute nere» del black bloc sia derivato dagli esiti di una trattativa intavolata dal Governo italiano con gli antagonisti;
   in pratica, secondo Sallusti, si sarebbe permesso ai black bloc di devastare interi quartieri di Milano in cambio della certezza di non avere vittime, evitando così una tragedia che avrebbe impresso all'inaugurazione dell'Expo 2015 una macchia indelebile;
   di qui, tra le altre cose, anche la decisione di vietare ai reparti delle forze di polizia qualsiasi contatto fisico con i manifestanti;
   a monte di queste scelte, vi sarebbe stato anche il timore di subire nuove censure internazionali dopo la condanna della Polizia di Stato italiana ad opera della Corte europea dei diritti dell'uomo, che il 7 aprile 2015 l'ha bollata come torturatrice per i fatti del G8 di Genova –:
   se davvero vi sia stata tra lo Stato e i black bloc una trattativa sulla sicurezza di Milano durante i sei mesi di durata dell'Expo 2015 e se ritenga che posa «tenere» alla luce di quanto effettivamente successo il 1o maggio 2015. (3-01478)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

I Commissione:


   COZZOLINO, ZOLEZZI, TONINELLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e TERZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con le elezioni amministrative del 2010 al comune di Mantova sono stati assegnati per legge 40 consiglieri ai quali va aggiunta la figura del sindaco;
   il consiglio comunale del comune di Mantova è stato convocato, in seduta straordinaria e in prima convocazione, per la trattazione della mozione di sfiducia al sindaco Sodano, ritualmente presentata da alcuni consiglieri di opposizione. Circa tre ore prima della seduta, il presidente del consiglio comunale Longfils ha proceduto all'annullamento della stessa e convocato nuovamente il consiglio comunale, in seduta straordinaria e in prima convocazione per il giorno successivo per la trattazione dello stesso argomento, già iscritto all'ordine del giorno della seduta precedente. La nuova convocazione, disposta ai sensi dell'articolo 34, comma 8, del regolamento non riportava alcuna motivazione dalla quale evincere le ragioni dell'urgenza, né i motivi che hanno indotto all'annullamento della seduta precedente;
   da un articolo di stampa pubblicato sulla Gazzetta di Mantova l'11 ottobre 2014 (http://ricerca.gelocal.it) si apprende che un gruppo di consiglieri comunali firmatari della mozione, abbia interessato della questione il prefetto Carla Cincarilli, il quale esprimeva l'intenzione di chiedere chiarimenti in tempi rapidi al presidente del consiglio comunale Giuliano Longfils;
   anomalie si registrano, altresì, in occasione della seduta del consiglio comunale della città di Mantova, convocata in sessione straordinaria, per la trattazione dello «Stato di attuazione dei programmi-verifica degli equilibri di bilancio anni 2014-2016 e conseguenti variazioni al bilancio di previsione 2014 ed al bilancio pluriennale 2014-2016 (358/14)». In prima convocazione, il giorno 28 ottobre 2014, non veniva raggiunto il quorum strutturale per il suo regolare svolgimento e il consiglio comunale veniva riconvocato, in seduta urgente, il giorno 10 novembre 2014 per la nuova trattazione del primo e unico punto iscritto all'ordine del giorno della precedente seduta. Facendo ricorso ad una interpretazione forzata dell'articolo 36 del regolamento del consiglio comunale, basata sull'asserita mancata regolamentazione del numero legale dell'assemblea in seconda convocazione, il presidente del consiglio comunale ha consentito l'approvazione di tali delibere, con soli 19 consiglieri presenti sui 40 consiglieri assegnati per legge, facendo applicazione dell'articolo 38 del TUEL. Come si legge dalla Gazzetta di Mantova del 12 novembre 2014 «Il prefetto Carla Cincarilli ha chiesto al sindaco Sodano una relazione su quanto successo in consiglio comunale (...)»;
   la presenza di una specifica disposizione sulla validità delle sedute contenuta nello statuto comunale non consentiva secondo gli interroganti l'approvazione delle delibere oggetto di trattazione, avvenuta in violazione del quorum previsto dalle norme statutarie;
   i casi segnalati rendono necessario chiarire se il funzionamento del consiglio comunale di Mantova sia conforme con l'impianto normativo concernente le autonomie locali (TUEL); in particolare, se possano ritenersi valide le sedute con la presenza di un terzo dei consiglieri, in applicazione dell'articolo 38, comma 2, del TUEL, rispetto al quorum previsto dallo statuto, o se tale opzione non concretizzi una violazione dei princìpi costituzionali che presiedono al corretto e regolare funzionamento degli organi rappresentativi delle comunità locali, quali il principio di legalità e di trasparenza di cui all'articolo 97 della Costituzione, di effettivo riconoscimento delle autonomie locali e dello statuto locale come fonte primaria, di cui agli articoli 5 e 114, comma 2, e dell'effettiva rappresentanza politica. Tale questione è stata già sottoposta al Ministro con interrogazione a risposta scritta n. 4-07036 –:
   quale sia l'orientamento in merito alle circostanze riportate in premessa e segnalate alla prefettura di Mantova, considerato che i comportamenti di dubbia legittimità emersi nello svolgimento delle sedute del consiglio comunale, su questioni di rilevante interesse pubblico, a giudizio degli interroganti hanno di fatto impedito lo ius ad officium dei consiglieri comunali ed il corretto espletamento del mandato nel rispetto della legalità e della trasparenza. (5-05510)


   NACCARATO, RUBINATO, SBROLLINI, CASELLATO, ROTTA, D'ARIENZO, MURER, MARTELLA, CRIVELLARI, MORETTO, NARDUOLO e FIANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la nuova emergenza umanitaria in atto, a seguito della forte instabilità politica e istituzionale dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, sta riproponendo con forza la necessità di offrire ai profughi e richiedenti asilo risposte immediate ed efficaci a livello europeo e nazionale, non solo sotto il profilo della gestione dell'emergenza, ma anche sotto quello della capacità di un'effettiva accoglienza, stante la grave situazione di difficoltà economiche e sociali in cui si trova il nostro Paese;
   le nuove ondate di richiedenti asilo, infatti, stanno creando forti tensioni in alcune regioni particolarmente esposte come il Veneto, dove gli amministratori locali – a causa dei vincoli del patto di stabilità e dei tagli lineari delle manovre di finanza pubblica intervenuti a partire dal 2010 – sono già in grande difficoltà nel gestire una notevole presenza di lavoratori extracomunitari, regolarmente integrata, che si è poi ritrovata senza lavoro a causa del perdurare degli effetti della crisi, oltre al problema degli stessi cittadini italiani sfrattati e rimasti senza casa dopo aver perso il lavoro, come ha rilevato in rappresentanza dei sindaci la presidente di Anci Veneto, Maria Rosa Pavanello;
   nello scorso anno è stato elaborato, su impulso del Governo, un piano operativo nazionale, divenuto poi il 10 luglio 2014 oggetto di intesa in seno alla Conferenza unificata Stato, regioni e autonomie locali, nella quale, al fine di fronteggiare il flusso straordinario di cittadini extracomunitari, si è stabilito che «è necessario operare su due piani contemporanei, coniugando, da un lato, la necessità di dare risposte immediate alle impellenti esigenze di accoglienza delle persone che arrivano in numeri molto elevati sulle coste meridionali e nei luoghi di frontiera e, dall'altro, l'assoluta e indifferibile necessità di impostare subito un “piano strutturato” che permetta di ricondurre a gestione ordinaria e programmabile» la gestione dei flussi migratori; a tal fine nell'intesa si distingueva fra una fase di soccorso e prima assistenza nelle regioni di sbarco o limitrofe, una di prima accoglienza e qualificazione presso «Centri-Hub regionali e/o interregionali» (attivati dal Ministero dell'interno con propri finanziamenti tenendo conto delle caratteristiche socio-economiche del territorio e di eventuali problematiche di ordine e sicurezza pubblica, attraverso l'utilizzo delle strutture già esistenti o attraverso la creazione di nuove); infine si affermava il principio che «è necessario in tempi brevissimi un consistente aumento delle Commissioni territoriali e/o delle loro sezioni al fine di accelerare i tempi di esame delle domande di protezione»;
   dal verbale relativo alla riunione della conferenza del 10 luglio 2014 risulta essere stata rappresentata e parte dell'intesa anche la regione Veneto, mentre da recenti notizie a mezzo stampa il presidente della suddetta regione avrebbe dichiarato che non ha mai firmato il cosiddetto Patto per l'accoglienza di Luglio e che l'unica cosa da fare «è la sospensione di Schengen»;
   sempre da notizie di stampa si è appreso con preoccupazione che lo scorso 16 febbraio un contingente di circa 35 profughi, inviato a Treviso nonostante la locale prefettura avesse preavvisato la struttura ministeriale della totale assenza di disponibilità di posti di accoglienza in strutture del territorio, ha trascorso la notte in un autobus davanti alla stazione; solo nei giorni seguenti si è riuscito a far fronte a tale emergenza con il supporto della Caritas Tarvisina, di Unindustria Treviso e di alcune cooperative sociali;
   da ultimo alcuni sindaci del Veneto hanno protestato contro l'arrivo di profughi e rifugiati nei propri comuni, arrivando a preannunciare in questa evenienza le dimissioni o forme di contestazione clamorose contro il Governo, mettendo così in difficoltà i prefetti ed alimentando un clima di allarme e paura;
   i richiedenti asilo e i rifugiati sono tutelati da norme internazionali convenzionali e pattizie, da direttive dell'Unione europea recepite o in corso di recepimento, nonché dall'articolo 10 della nostra Costituzione, e l'accoglienza nei loro confronti oltre che «un dovere civile» come dichiarato dal responsabile del Dipartimento immigrazione presso il Ministero dell'interno, costituisce anche un obbligo preciso sancito da norme nazionali e internazionali il cui adempimento dipende in primis dagli strumenti e risorse impiegabili sulla base del contesto regolatorio ed amministrativo stabilito dagli organi statali competenti;
   sotto questo profilo, ad esempio, nonostante nell'intesa del 10 luglio 2014 si riconoscesse l'urgenza di «un aumento consistente» delle Commissioni per l'esame delle domande d'asilo, al fine di renderlo adeguato non solo a gestire il numero di richieste in costante crescita, ma anche a fornire risposte in tempi più accelerati, sino ad oggi ha operato, per l'esame delle richieste di asilo sia del Friuli-Venezia Giulia, sia del Veneto, un'unica Commissione, quella di Gorizia, che risulterebbe averne evase poche decine su centinaia di richieste e solo dal mese di marzo scorso sono state attivate ulteriori due commissioni in Veneto;
   in attesa che giunga a compimento la riforma del sistema previsto dal regolamento di Dublino III per consentire una più adeguata distribuzione dei rifugiati tra i diversi Paesi europei, una prima risposta è arrivata nel marzo scorso dalla Commissione europea con un ulteriore stanziamento di 13,7 milioni in più all'Italia per far fronte alla pressione migratoria e al prolungamento dell'operazione Frontex Triton a tutto il 2015; risposta che è apparsa in tutta la sua insufficienza dopo il naufragio nel Canale di Sicilia di un'imbarcazione proveniente dalla Libia in cui sono morte circa 900 persone;
   successivamente alla tragedia occorsa nella notte tra il 18 e 19 aprile 2015 è apparsa evidente l'entità dell'emergenza umanitaria dei migranti provenienti dalle coste del Nord Africa ed il fatto che la priorità di salvare migliaia di vite umane vada accompagnata da azioni concrete per combattere le cause delle migrazioni, che non possono restare a carico solo del nostro Paese;
   il Consiglio europeo straordinario sulla questione dei migranti nel Mediterraneo svoltosi il 23 aprile 2015, su richiesta del Governo italiano, ha quindi preso una serie di decisioni, relative alla lotta contro i trafficanti e gli scafisti, alla prevenzione dei flussi migratori illegali, ai fondi per la missione Triton, triplicati nel 2015 e 2016, al rafforzamento della solidarietà dei paesi europei verso i rifugiati, ma rimane ad oggi incerto come le autorità europee vogliano raggiungere concretamente tali obiettivi, mentre la situazione degli arrivi è ormai oltre i limiti della sostenibilità per l'Italia;
   nel frattempo i prefetti e i sindaci, che rappresentano un tassello fondamentale sui territori della complessiva strategia dell'accoglienza perseguita dal Governo, devono essere posti nelle condizioni, materiali ed economiche, di gestire un'emergenza che richiede risorse straordinarie e strumenti adeguati, oltre alla dovuta leale collaborazione e cooperazione tra tutti i livelli di Governo –:
   se i fatti riportati corrispondano al vero, in particolare con riferimento alla partecipazione della regione Veneto all'intesa del 10 luglio 2014, quanti siano ad oggi i migranti accolti nelle singole strutture delle province del Veneto, nonché quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare, di concerto con la regione stessa, per dare attuazione alla sopracitata intesa e per porre i prefetti e gli amministratori locali nelle condizioni di poter supportare in modo sostenibile, sia sul piano economico che amministrativo, le procedure di accoglienza, tenuto conto del contesto di difficoltà sociali ed economiche in cui operano e della carenza di strutture di accoglienza sul territorio.
(5-05511)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARONI, D'UVA, GRILLO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, LOREFICE, LOMBARDI, DALL'OSSO e SARTI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo i calcoli dell'Istat (2013) sono 4,9 milioni, l'8,2 per cento degli italiani dai 3 anni in su, coloro che dichiarano di non essere mai stati dal dentista. Particolarmente elevata la percentuale di bambini fino a 14 anni che non ha mai fatto ricorso a visite odontoiatriche (33,3 per cento), sebbene in calo rispetto al 2005 del 6,1 per cento;
   l'indagine Istat sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari del 2013 evidenzia come la popolazione italiana rinunci sempre più alle cure odontoiatriche, segnando un calo del 30 per cento, ma ricorra sempre più spesso ad interventi di tipo protesico. Gli italiani, dunque, vanno sì dal medico specialista, ma rinunciano, di fatto, al dentista;
   sono circa 30.000 gli italiani (stima Eurispes, 2013) che scelgono ogni anno di andare all'estero per problemi dentali. Croazia, Romania, Ungheria e Albania, sono i Paesi più gettonati che riescono a offrire prestazioni a basso costo grazie al minor costo del lavoro, al minor peso dei costi fissi e a regimi fiscali meno restrittivi di quello italiano. Un turismo favorito anche dai voli low-cost e dai bassi costi di ospitalità e soggiorno, spesso offerti «a pacchetto» dalle strutture stesse;
   nel corso degli ultimi anni si è assistito, in maniera sempre più massiccia, al proliferare di catene odontoiatriche in franchising, tutte attive nelle principali città italiane. Con il risultato di una forte attenuazione della figura e del ruolo tradizionali del dentista che, come il medico di fiducia, accompagnava la famiglia media italiana. Poiché la normativa consente a società di capitali di operare in questo come in altri settori della sanità, si sta assistendo a una progressiva e massiccia «invasione» favorita da insistenti campagne di marketing e di pubblicità con le quali si offrono servizi a costi sempre più contenuti e formule di pagamento apparentemente più vantaggiose;
   l'entrata delle società di capitali in tale settore ha trasformato la sanità in un business, gestito da investitori privati che spesso nulla hanno in comune con l'odontoiatria o la medicina e l'Eurispes sottolinea che il mercato del franchising odontoiatrico ha attirato l'attenzione della criminalità organizzata;
   qualche mese fa la direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, indagando sulla cosca Molé ha scoperto che la stessa riciclava denaro di provenienza illecita investendolo, fra le altre attività, anche in una clinica sanitaria odontoiatrica, attraverso la società Terni Uno srl, affiliata al franchising «Vitaldent» che, ad oggi, conta su quasi cento strutture sparse su tutto il territorio nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti in premessa;
   se intenda, per quanto di competenza, attivare controlli più stringenti in questo specifico settore economico, attualmente in grande espansione soprattutto nelle regioni del Nord che è da considerare particolarmente attraente sotto il profilo del cosiddetto «money laundering» (lavaggio del denaro). (4-09037)


   GUIDESI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 30 aprile 2015 la stampa locale lodigiana ha dato notizia, attraverso i propri siti internet, di due nuovi attacchi realizzati ai danni di altrettanti bar;
   in particolare, alcuni malviventi sono riusciti ad introdursi durante la notte tra il 29 ed il 30 aprile scorso nel bar tabacchi «San Francesco» situato a Lodi in piazza Ospitale, razziando, dopo averle forzate brutalmente, due slot machine. Nel bottino sono finite anche centinaia di pacchetti di sigarette e una collezione di monete che il proprietario del locale custodiva nella cassaforte, elevando l'importo di quanto sottratto a non meno di 30 mila euro;
   nella vicina Casalpusterlengo il «Nick Bar», già visitato nelle settimane precedenti dai ladri, ha subito nella stessa notte un nuovo furto: in questo caso, i ladri si sono introdotti nel locale dopo averne distrutto la porta, sottraendo all'esercizio 100 stecche di sigarette;
   a quanto consta all'interrogante i gestori del «Nick Bar» starebbero ora pensando alla chiusura dell'esercizio –:
   quali misure di competenza il Governo intenda assumere per garantire la proprietà privata nel lodigiano e assicurare adeguata protezione agli esercizi; commerciali colpiti dai furti. (4-09038)


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, sembrerebbe che la coesistenza tra i cittadini a Bari Palese e i richiedenti asilo ospitati nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo sia diventata ormai insostenibile a causa di continui scontri e reciproche denunce;
   secondo le denunce e le testimonianze rilasciate alla stampa dai residenti nella zona periferica alle spalle del Centro di accoglienza per richiedenti asilo, pare che da anni vi siano furti nelle ville limitrofe, negli appartamenti e nei campi coltivati, atti di prostituzione, di spaccio di stupefacenti e di violenze e minacce perpetrate anche ai danni di minori;
   la situazione di illegalità verrebbe ascritta agli immigrati che, a loro volta, per il clima di tensione determinatosi denuncerebbero aggressioni da parte degli abitanti della zona;
   l'ultimo caso risale all'8 aprile 2015 quando un profugo avrebbe denunciato ai carabinieri di essere stato azzannati da tre cani aizzati dai proprietari e da altri residenti davanti ad una villa prossima al Centro di accoglienza per richiedenti asilo;
   nelle ore serali un rilevante numero di immigrati percorre a piedi la strada statale 16 in direzione Bari Palese per raggiungere il Centro di accoglienza per richiedenti asilo attraversando anche la linea ferroviaria esistente, determinando condizioni di pericolo;
   l'assenza di illuminazione adeguata lungo le strade della zona favorirebbe gli illeciti e sembra che i residenti abbiano più volte sollecitato l'installazione di un idoneo impianto senza successo –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di proprio competenza intenda adottare per garantire la sicurezza dei cittadini della zona di Bari Palese nonché la pacifica convivenza con gli immigrati ospiti del Centro di accoglienza per richiedenti asilo. (4-09044)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il territorio comunale di Ronago, in provincia di Como, è interessato da un sensibile incremento dei furti e dei reati ascrivibili alla microcriminalità, in atto dal 2011 ed in continuo aggravamento;
   la circostanza sta esasperando la cittadinanza di tutta la Val Mulini, che teme specialmente i furti negli appartamenti ed è consapevole dell'esiguità dei presidi locali delle forze dell'ordine;
   come segnalato con altri atti di sindacato ispettivo, riferiti a realtà locali non lontane da quella di Ronago, ovunque è forte la tentazione dei cittadini di promuovere autonomamente dei servizi non armati di vigilanza di vicinato, all'esclusivo scopo di segnalare ai carabinieri o alla polizia eventuali attività sospette, in modo tale da facilitarne ed accelerarne gli interventi;
   proprio nel mese di gennaio; la segnalazione di un cittadino di Ronago aveva consentito ai carabinieri di Faloppio di recuperare un'autovettura rubata;
   in queste circostanze, il 1o maggio sera un gruppo di nove cittadini, guidati dal Vicesindaco di Ronago, Davide Brienza, si riuniva nel parco comunale del paese, allo scopo di condurre un giro per l'abitato, quale esperimento di un progetto di vigilanza di vicinato, di cui si parla da oltre un anno;
   proprio il loro assembramento, tuttavia, determinava l'intervento dei carabinieri della stazione di Faloppio, accorsi con un'autocivetta perché insospettiti dall'insolito raggruppamento;
   i carabinieri procedevano quindi all'identificazione delle persone presenti;
   all'indomani, in assenza di vigilanza e di forze dell'ordine, si verificava un nuovo tentativo di furto –:
   quali misure di competenza il Governo intenda assumere per rassicurare l'esasperata cittadinanza di Ronago e della Val Mulini rispetto alla crescita esponenziale dei furti in appartamento. (4-09049)


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, sembrerebbe che ad Ostuni, in provincia di Brindisi, siano state trovate alcune scritte contro la comunità cristiana del luogo, impresse da ignoti sulle mura di alcune chiese;
   in particolare, una delle scritte, ovvero «Cristiani tutti morire, Allah akbar», è stata ritrovata su un muro perimetrale della parrocchia Maria Santissima Annunziata e precisamente in un chiostro nel quale ha sede un ufficio di Poste Italiane dotato di telecamere di videosorveglianza;
   altre due scritte identiche sono state poi scoperte vicino ad altre due parrocchie ovvero le chiese di San Luigi Gonzaga e della Madonna delle Grazie, sempre ad Ostuni –:
   di quali elementi disponga circa la matrice dei fatti di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda adottare per tutelare la comunità cristiana di Ostuni da eventuali minacce terroristiche. (4-09056)


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Quotidiano Nazionale ha raccolto e pubblicato lo sfogo di un agente di polizia, che ha concesso un'intervista, mantenendo tuttavia l'anonimato, a proposito dei gravi incidenti occorsi il 1o maggio 2015 a Milano, in concomitanza con l'inaugurazione dell'Expo 2015, manifestazione dalla quale il Paese tutto si attende importanti benefici d'immagine ed in termini di rilancio economico;
   il poliziotto intervistato vi afferma a chiare lettere che regole d'ingaggio particolarmente restrittive avrebbero impedito alle forze dell'ordine qualsiasi contatto fisico con i manifestanti, inclusi quelli appartenenti al cosiddetto Black Bloc, che sono rimasti quindi liberi di accanirsi contro le proprietà private dei cittadini e delle imprese presenti a Milano;
   circostanza ancora più grave, sempre stando all'agente anonimo, alle forze dell'ordine sarebbe stata altresì preclusa la possibilità di catturare sul posto gli elementi più violenti che si era riusciti sostanzialmente ad imbottigliare in una piazza. Nelle parole del poliziotto anonimo «ci sono stati dei momenti in cui tutti noi sapevamo che si potevano prendere, fermare. Ma il funzionario ha detto no. Era un ordine e noi agli ordini dobbiamo obbedire». Del resto, «già dalla vigilia si sapeva che l'orientamento era di evitare il contatto a tutti i costi»;
   tutto questo ha delineato un quadro di debolezza delle istituzioni, che certamente non gioverà all'immagine del Paese e sicuramente non incoraggerà i numerosi ospiti dell'Expo a considerare investimenti in Italia –:
   se quanto dichiarato dal poliziotto anonimo, di cui in premessa, corrisponda o meno al vero;
   qualora sia vero, chi abbia elaborato ed impartito alle forze dell'ordine schierate a Milano il 1o maggio 2015 le regole d'ingaggio che hanno loro imposto di evitare il contatto fisico con i manifestanti e di non procedere ad alcuna iniziativa finalizzata ad isolare i violenti;
   a quale livello di responsabilità sia stata assunta la decisione di rinunciare all'arresto dei violenti in flagranza di reato, che si era comunque riusciti ad imbottigliare in una piazza. (4-09059)


   GALLINELLA e CIPRINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da un comunicato diffuso il 16 aprile 2015 dall'Autorità anticorruzione è emerso che, in molti comuni italiani, vi è la tendenza ad una sistematica disapplicazione di quanto previsto dall'articolo 29, comma 10, del codice dei contratti pubblici, relativamente all'affidamento degli appalti di servizi e forniture sia per le modalità di calcolo del valore presunto dell'appalto, sia per il conseguente utilizzo di procedure di scelta del contraente (affidamenti in economia; affidamenti diretti) che, qualora si fosse rispettato quanto disposto dal citato articolo 29, non sarebbero state consentite;
   l'articolo 29, comma 10, del decreto legislativo n. 163 del 2006, reca specifiche previsioni per il calcolo del valore di appalti di servizi e forniture che presentano carattere di regolarità o sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato periodo. In queste ipotesi, il valore del singolo appalto deve essere stimato considerando: a) il valore reale complessivo dei contratti analoghi successivamente conclusi nel corso dei dodici mesi precedenti, rettificato al fine di tener conto degli eventuali cambiamenti in termini di quantità o di valore che potrebbero sopravvenire nei dodici mesi successivi al contratto iniziale; ovvero b) il valore stimato complessivo dei contratti successivi conclusi nel corso dei dodici mesi successivi alla prima consegna o nel corso dell'esercizio se questo è superiore a dodici mesi;
   l'indagine condotta dall'Autorità tra il 2010 e il 2015 ha evidenziato in particolare come 90 dei 116 comuni capoluogo di provincia oggetto dell'indagine medesima, fossero interessati da una tale anomalia e, in particolare, utilizzassero procedure negoziate per l'affidamento di appalti che sarebbero dovute sottostare, vista la reiterazione, alla procedura ordinaria di affidamento dei servizi;
   i comuni, secondo quanto riportato dal quotidiano online Umbria 24, avrebbero aggirato il divieto di frazionamento artificioso degli appalti per sottoporli alla disciplina delle acquisizioni in economia a discapito della regolarità di una procedura dettata, tra l'altro, anche da soglie economiche stabilite a livello comunitario;
   tra i comuni segnalati si trovano anche le due province umbre di Terni e Perugia con un totale di 17 affidamenti irregolari per oltre dieci milioni di euro: tre servizi di custodia, due per i servizi di pulizia, uno per i servizi di organizzazione di eventi culturali e quattro per i servizi di trasloco, a Perugia, mentre due servizi di istruzione prescolastica, tre di servizi con assistenza sociale con alloggio e due di servizio di trasporto di rifiuti a Terni –:
   se, nelle more della ratifica delle nuove direttive sugli appalti, il Governo intenda valutare la possibilità di assumere iniziative per prevedere che il nuovo quadro normativo impedisca in modo efficace ai comuni italiani di aggirare il divieto di frazionamento degli appalti e il principio che impone di tenere conto dei precedenti contratti. (4-09060)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   tutti hanno visto i filmati degli scontri avvenuti il 1o maggio scorso per le vie di Milano in occasione dell'inaugurazione di Expo 2015: scene di devastazione, di violenza, di vandalismo;
   le immagini, gli arresti, gli agenti delle forze dell'ordine ferite, le vetrine dei negozi sfondate, le auto incendiate e le polemiche che hanno occupato le prime pagine dei giornali continuano alimentate da nuovi particolari;
   una in particolare riguarda il motivo per cui i black bloc, che hanno messo a ferro e fuoco alcune vie di Milano, non sono stati attaccati. Una prima spiegazione è stata data dal Capo della Polizia: «Evitare feriti». Ma a quanto pare non tutti gli agenti sono d'accordo sulla gestione dell'ordine pubblico della giornata del Primo maggio. In una intervista al Quotidiano Nazionale, riportata poi da molti quotidiani online, un poliziotto, di cui non è stato rilevato il nome, sostiene che i black bloc potevano essere fermati: «Molte vetrine erano già state spaccate. Però li potevamo prendere subito, fermare. Ci sono stati dei momenti in cui tutti noi sapevamo che si potevano prendere, fermare. Ma il funzionario ha detto no. Era un ordine e noi agli ordini dobbiamo obbedire... A un certo punto li avevamo chiusi in una piazza. In quel momento i black bloc si potevano bloccare, se ne potevano fermare parecchi. Bastava spostare un po’ di uomini e si potevano chiudere del tutto»;
   le parole dell'agente sembrano essere confermate dall'editoriale de «Il Giornale» dove il giornalista ipotizza addirittura una «trattativa tra Stato e black bloc»: «Le forze dell'ordine eseguono gli ordini alla lettera – spiega Sallusti – Se la disposizione è di menarle di santa ragione loro menano, se l'ordine è di prenderle loro le prendono. Se c’è da arrestarne cento, cento saranno. Se per salvare la faccia basta ammanettarne cinque – dico cinque, come è accaduto venerdì – i primi cinque pirla finiscono in questura e lì finisce». Chi ci guadagna, così ? «Il Ministro degli Interni (...) ma salva il posto. Regione e Comune si affrettano a dire che pagheranno i danni a cittadini e commercianti che hanno subito danni: quarantotto ore di bailamme e di sdegno su giornali e tv e poi è tutto dimenticato. Ma soprattutto l'Expo è salvo e, scommetto, per i prossimi sei mesi nulla più accadrà di sconveniente o grave, almeno su questo fronte». La «Ragione di Stato», conclude Sallusti, «non è un male assoluto, ma questo Stato ha abbassato di molto l'asticella della ragione». Tutta colpa della «sindrome G8 di Genova», che ha indebolito secondo il direttore «i concetti di diritto e di difesa. Guai se un no global finisce all'ospedale dopo che la polizia italiana è stata bollata come torturatrice dalla Corte europea. Meglio rischiare che la testa se la spacchi un poliziotto o un cittadino» –:
   di quali informazioni il Ministro interrogato sia a conoscenza in merito ai fatti esposti in premessa soprattutto con riferimento agli ordini che sarebbero stati impartiti alle forze dell'ordine in quella circostanza. (4-09067)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta scritta:


   SEGONI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'impegno immediato del Consiglio universitario nazionale (CUN), ha posto in primo piano talune delle problematiche legate alla progressiva burocratizzazione del sistema universitario, aggravata dall'ipertrofia normativa dell'ultimo decennio;
   tale impegno è stato tradotto in alcuni documenti che raccolgono atti votati ed approvati e trasmessi al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che purtroppo non li ha recepiti;
   gli atenei sono infatti alle prese non solo con i numerosi decreti applicativi della legge 240 del 2010, ma anche con le nuove modalità di accreditamento dei corsi di studio e dei dottorati, con la riforma del reclutamento, con la valutazione della ricerca e della didattica;
   l'attuale fase di riforma è rallentata da un coacervo normativo che vincola gli atenei alla compilazione periodica di schede, note e rapporti e il risultato è un drastico ridimensionamento dell'autonomia universitaria, resa sempre più «controllata» dai vincoli autorizzativi imposti dal Ministero;
   potrebbero essere evitate talune complicazioni burocratiche generate da regole spesso oscure, obsolete, non sempre adeguate alle specificità del settore, la cui applicazione indifferenziata al Sistema universitario e della ricerca avvolge le attività dei docenti, dei ricercatori, degli studenti, del personale tecnico amministrativo in una rete inestricabile di lacci e di vincoli che assorbono le migliori energie distogliendole dalle attività di didattica e di ricerca;
   a tutto questo si aggiunge la congerie dei passaggi amministrativi e contabili che scandiscono l'ordinaria amministrazione e rimuovere questi ostacoli e realizzare un'effettiva semplificazione normativa e amministrativa, non può che essere l'esito di un processo condiviso ed esteso nel tempo, al quale sia garantita continuità e assicurata la capacità di agire su tutti i centri di regolazione del sistema universitario i cui interventi si sommano gli uni agli altri, aggravando il carico burocratico;
   le farraginosità più evidenti del sistema universitario sono le complicazioni legate al controllo di legittimità dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la lentezza delle procedure di acquisto di beni e servizi tramite il Mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa) e la complessità delle pratiche di rimborso delle spese per missioni del personale universitario, effettuate utilizzando i fondi dedicati alla ricerca;
   il Cun ha segnalato inoltre i settori nevralgici del sistema universitario in cui urge un intervento quali gli ordinamenti didattici, l'accreditamento dei corsi di studio, dei dottorati di ricerca e delle strutture, la valutazione della ricerca e abilitazione scientifica nazionale;
   è da mettere in discussione il modello stesso di valutazione rispondente a una logica prevalentemente autorizzativa e di controllo, fondato sul rispetto di condizioni declinate in termini numerici e applicate in maniera generalizzata, la cui evidenza richiede l'adempimento, da parte di tutti gli attori coinvolti, di oneri informativi estremamente estesi e gravosi;
   l'eliminazione dei vincoli burocratici rappresenta un fattore chiave per liberare risorse indispensabili all'incentivazione della qualità e dell'efficienza del Sistema Universitario e della Ricerca, senza aumentare la spesa pubblica;
   è necessario individuare le procedure e gli adempimenti che, per complessità, per oneri regolatori, amministrativi e informativi correlati, ostacolano il funzionamento e il potenziamento del Sistema Universitario e della Ricerca, proponendo al contempo misure di semplificazione atte a liberare le risorse necessarie a un'incentivazione della qualità e dell'efficienza affidata alla valorizzazione delle attività di didattica e ricerca;
   è importante intervenire in merito al controllo di legittimità sui contratti di collaborazione prevedendo magari l'esclusione dei contratti stipulati da università ed enti di ricerca su fondi di ricerca dalla tipologia dei contratti sottoposti a controllo preventivo e in merito all'acquisto di beni e servizi da parte delle Università oltre che riguardo al rimborso delle spese per missioni del personale universitario effettuate su fondi di ricerca cercando di superare le difficoltà di rimborso per spese non documentabili;
   nell'agenda politica assume un ruolo di primo piano il rafforzamento delle politiche di semplificazione e riduzione degli oneri regolatori e amministrativi, quali condizioni per la competitività e lo sviluppo del Paese ed appare dunque improcrastinabile rimuovere gli ostacoli di natura normativa e amministrativa che, a causa di una stratificazione nel tempo di norme mai riordinate né coordinate, della complessità delle procedure, della proliferazione degli oneri dovuti anche alle più recenti regolazioni, stanno ponendo il sistema universitario italiano in una posizione di forte svantaggio che ne compromette gravemente la competitività e l'attrattività internazionale –:
   se e in che modo il Governo intenda intervenire nell'ambito delle sue competenze, per facilitare il processo di semplificazione nell'ambito universitario, in particolare in merito al controllo di legittimità sui contratti di collaborazione e all'acquisto di beni e servizi da parte delle università e al rimborso delle spese per missioni del personale universitario effettuate su fondi di ricerca cercando di superare le difficoltà di rimborso per spese non documentabili. (4-09051)


   BORGHESI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assunto la decisione di far retrocedere l'ufficio scolastico territoriale di Brescia da sede titolare di dirigenza a sede di reggenza;
   per numero di alunni, scuole, docenti, dirigenti e qualità dell'offerta formativa i dati riguardanti l'istituzione scolastica bresciana attestano una complessità territoriale decisamente superiore a quella di Bergamo;
   nulla dunque può giustificare quello che si può definire come un vero e proprio declassamento per la provincia, che avrà pesanti ripercussioni sul funzionamento del sistema scolastico bresciano –:
   se il Ministro intenda, riconsiderare la decisione, ripristinando la precedente situazione, alla luce del fatto che tale sistema risulta fondamentale per salvaguardare i livelli di efficacia ed efficienza del servizio scolastico provinciale.
(4-09052)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   GASPARINI, FIANO, PELUFFO, MALPEZZI, CASATI, COVA e MAURI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile scorso il consiglio di amministrazione dell'azienda Call&Call ha aperto la procedura di licenziamento collettivo di 186 lavoratori per la chiusura del sito milanese;
   il gruppo Call&Call impiega sul territorio nazionale circa 2500 dipendenti, con un fatturato di oltre 57 milioni all'anno, è una società di servizi di customer care che opera per 3 importanti società finanziarie e bancarie italiane: ING Direct, Agos Ducato, Fiditalia; dal luglio 2014 il personale di Cinisello è in contratto di solidarietà di tipo difensivo per evitare un esubero di 41 unità e l'azienda, pur non avendo mai comunicato le difficoltà legate alla gestione della procedura stessa (utilizzata con una media di circa il 2,7 per cento) ha preferito dirottare parte del flusso di lavoro su altre sedi del gruppo;
   in data 21 aprile 2015 si è tenuto presso Assolombarda un incontro durante il quale Call&Call ha ribadito la decisione di chiudere il sito di Cinisello, nonostante sia emersa durante la discussione un miglioramento del risultato d'esercizio relativo all'anno 2014 con una riduzione delle perdite di più del 20 per cento, dovuta anche ai sacrifici dei lavoratori per l'accettazione del contratto di solidarietà e dell'accordo su una differente gestione delle ferie e ROL;
   in data 22 aprile 2015 si è svolto il coordinamento nazionale unitario dove le organizzazioni sindacali hanno deciso unitariamente di portare la discussione a livello nazionale chiedendo un incontro per discutere in merito alla situazione non solo milanese ma anche dell'intera holding composta da tre società separate: Milano, Spezia e Locri;
   la crisi di Call&Call di Cinisello Balsamo si aggiunge ad altre come People Care di Livorno e 4U di Palermo e, in modo diverso, di altre aziende;
   di fronte alla crisi generale del settore la Commissione lavoro della Camera ha promosso un'Indagine conoscitiva, le cui conclusioni sono state illustrate e commentate nell'incontro tenutosi nella sala del Mappamondo lo scorso 31 marzo, con valutazioni positive da parte di tutti i convenuti: Governo, Parlamento, rappresentanze delle imprese e dei lavoratori –:
   se non intenda promuovere il monitoraggio relativo alla evoluzione della situazione aziendale ed occupazionale della sede milanese del Gruppo Call&Call, anche attraverso la convocazione del management aziendale e dei rappresentanti sindacali, al fine di scongiurare i 186 esuberi dichiarati dall'azienda;
   se non intenda attivare con urgenza il tavolo nazionale presso il  Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al contempo dare piena e rapida attuazione alle misure indicate dalla suddetta indagine conoscitiva, allo scopo di favorire il rilancio del settore dei call center.
(5-05502)


   MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo francese Auchan ha annunciato nelle scorse settimane un piano industriale di riorganizzazione dei propri centri commerciali su tutto il territorio nazionale con la previsione di oltre 1400 esuberi su 11 mila dipendenti;
   per quanto riguarda il centro commerciale Auchan di Mestre sarebbero annunciati circa 65 esuberi su 323 dipendenti;
   tale annuncio segue tutta una serie di misure già adottate precedentemente dal gruppo, come la disdetta del contratto integrativo, la malattia non più retribuita al 100 per cento, l'annullamento dei premi produzione, il taglio della quattordicesima che hanno già fortemente penalizzato i lavoratori;
   le organizzazioni sindacali hanno già annunciato per il giorno 9 maggio 2015, a livello nazionale, uno sciopero dei dipendenti del gruppo Auchan in riferimento agli annunciati tagli di personale;
   per quanto riguarda il sito di Mestre, sempre a detta delle organizzazioni sindacali non vi sarebbero le ragioni di un così rilevante intervento sul personale –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di scongiurare gli annunciati tagli del personale, da parte del gruppo Auchan, nonché per salvaguardare i livelli occupazionali, in particolare del centro commerciale di Mestre. (5-05506)


   FEDRIGA e SIMONETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   da mesi i cosiddetti «esodati legge 104» attendono una risposta circa il loro futuro previdenziale;
   trattasi di quei lavoratori che nel 2011 erano in congedo o permesso per assistere familiari con disabilità, ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 e dell'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992, che avrebbero perfezionato i requisiti anagrafici e contributivi per la pensione con le regole antecedenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011 entro il 36o mese successivo all'entrata in vigore del decreto medesimo (6 gennaio 2015);
   il predetto articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001, riguarda genitori, fratelli e sorelle conviventi in congedo per assistere persone con handicap grave, mentre l'articolo 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992 riguarda genitori, parenti o affini entro il terzo grado (figli, genitori, fratelli e sorelle, nonni, zii, nipoti, bisnipoti e bisnonni, suoceri, genero, nuora, cognati, zii del coniuge) di un bambino fino ai 3 anni di età con handicap grave che hanno usufruito dei permessi mensili di tre giorni per l'assistenza del parente;
   per costoro la salvaguardia era contenuta nell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 102 del 2013, convertito dalla legge n. 124 del 2013 (cosiddetto «quarta salvaguardia»); tale platea era stata stimata in 2.500 unità, invece, lo stesso Inps ha certificato oltre 4.800 aventi diritto a fronte dei 2.500 posti disponibili, comunicando che detta platea si è esaurita consentendo di salvaguardare solo i lavoratori che maturino i requisiti entro il 31 ottobre 2012. Sono pertanto rimasti fuori dalla tutela i lavoratori che hanno maturato il requisito dal 1o novembre 2012 al 31 dicembre 2013;
   il Governo non ha ancora deciso come sanare questi esuberi della 4o salvaguardia, ignorando che ad essi si aggiungono nel tempo gli ulteriori 1.800 lavoratori in congedo dal 2011 (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) della legge n. 147 del 2014) che perfezionano i requisiti pensionistici con le regole pre-riforma Fornero entro il 6 gennaio 2016 –:
   se e ed in che termini il Governo intenda garantire gli «esodati legge 104» di cui alla IV salvaguardia in esubero rispetto ai posti disponibili senza vanificare le aspettative di coloro che, raggiungendo i requisiti entro il 6 gennaio 2016, rientrerebbero nella VI salvaguardia. (5-05507)

Interrogazione a risposta scritta:


   RICCIATTI, GIANCARLO GIORDANO, PANNARALE, FERRARA, SCOTTO, QUARANTA, PIRAS, MELILLA, DURANTI, MARCHETTI, LUCIANO AGOSTINI, FRATOIANNI, KRONBICHLER e SANNICANDRO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   in data 29 aprile 2015 l'associazione indipendente Openpolis, attiva nella elaborazione di open data, ha pubblicato un dossier denominato «Piove sempre sul bagnato. Il lavoro durante la crisi in Italia e in Europa», sulla portata dei cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro durante gli ultimi sette anni di crisi economica;
   l'approfondimento è una analisi comparata tra gli Stati membri della Unione europea che ha come focus disoccupazione, la sicurezza sul lavoro, l'occupazione giovanile e delle donne;
   il documento parte da una analisi dei principali indicatori macroeconomici, dai quali emergono importanti differenze tra i vari Paesi europei aderenti all'Unione in merito agli effetti della crisi ed i cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro;
   dallo studio si apprende come in Europa la percentuale dei disoccupati sia aumentata del 3 per cento negli ultimi sette anni (dal 7,2 per cento del 2007, al 10,2 per cento del 2014), con l'eccezione di tre Stati europei – Polonia, Malta e Germania – dove il trend è stato opposto, con una diminuzione dei disoccupati;
   quanto all'Italia si assiste ad un vertiginoso aumento della disoccupazione, più del doppio della media europea (+ 6,6 per cento, contro una media del + 3 per cento). Il nostro Paese è posizionato al sesto posto nella classifica europea dei Paesi con la variazione percentuale più alta sul dato negativo della occupazione, dopo Grecia, Spagna, Cipro, Croazia, a pari merito con l'Irlanda (che ha però un tasso di disoccupazione del 11,3 per cento contro il 12,7 per cento dell'Italia);
   tutte le regioni italiane, ad eccezione del Trentino-Alto Adige con dati sostanzialmente invariati, hanno subito dal 2007 al 2014 una riduzione del tasso di occupazione, con punte molto elevate (cinque volte superiore alla media europea) in regioni come Puglia, Molise, Campania, Calabria e Sicilia;
   tra le categorie più colpite dalla crisi economica, spicca quella dei giovani. Anche in questo caso il divario tra Italia e media europea è a dir poco significativo. In Europa, infatti, la disoccupazione giovanile è aumentata del 50 per cento, passando dal 15,6 per cento del 2007 al 23,5 per cento del 2013. In Italia, invece, si è avuto un aumento del 96 per cento (dal 20,4 per cento del 2007 al 40 per cento del 2013);
   in alcune regioni il dato assume proporzioni impressionanti con un aumento massimo del + 300 per cento nelle Marche, regione caratterizzata in passato da un solido tessuto manifatturiero;
   il dossier di Openpolis consegna all'Italia, inoltre, il triste primato del Paese europeo con il più alto numero di giovani tra i 15 e 24 anni che non lavorano e non studiano (cosiddetti NEET, Not engaged in Education, Employment or Training), passando dal 16,2 per cento del 2007 al 22,2 per cento del 2013, la maggior parte dei quali situati nel Sud Italia tra Sicilia, Calabria e Campania;
   il Ministro interrogato, a commento dei primi dati successivi all'entrata in vigore delle misure a riforma del mercato del lavoro (cosiddetto Jobs Act), ha dichiarato: «Credo che i primi numeri ci dicano che siamo di fronte ad un cambiamento importante, per cui molte decine di migliaia di giovani che avevano contratti precari stanno avendo contratti a tempo indeterminato», mentre riferendosi ai dati più recenti ha aggiunto: «Credo che questo sia un buon segno, vuol dire che abbiamo colto un risultato almeno su questo versante. Poi, sul fatto che ci sarà più occupazione, questo è molto più figlio delle dinamiche dell'economia» (dichiarazioni riportate dal quotidiano: Repubblica.it del 29 aprile 2015, proprio in occasione della pubblicazione del rapporto Openpolis);
   in data 30 aprile 2015 l'Istat ha reso noti i dati sulla occupazione relativi al mese di marzo 2015, dove si evince un nuovo incremento del dato generale della disoccupazione (al 13 per cento) mentre quello relativo ai giovani si attesterebbe al 43,1 per cento. Rispetto a marzo 2014, l'occupazione è in calo dello 0,3 per cento;
   anche il programma europeo denominato Garanzia Giovani, rivolto proprio alla categoria dei giovani NEET, in Italia sta trovando una applicazione caratterizzata da documentati disservizi ed inefficienze –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato per rafforzare le politiche volte a innalzare i livelli occupazionali;
   quali misure correttive intenda adottare per rendere il programma Garanzia Giovani più performante. (4-09061)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   a seguito delle risposte alle interrogazioni n. 3-01025 e n. 3-01188, in merito alla creazione di un nuovo marchio per i prodotti agroalimentari italiani e ai possibili effetti negativi dello stesso sulle produzioni tutelate da altri marchi di qualità, il Governo ha confermato la realizzazione di un segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari, da utilizzare per le iniziative di promozione all'estero durante l'Esposizione universale 2015, al fine di offrire alla comunità internazionale una identità visiva che contraddistingua l'agroalimentare italiano;
   a tal fine, gli interpellanti, nel ribadire i rilievi critici già esposti nel corso dell'illustrazione dei suindicati atti di sindacato ispettivo, connessi a tale decisione, in quanto, con il nuovo segno distintivo, emergeranno evidenti difficoltà nella riconoscibilità dei prodotti italiani, oggetto di inevitabile confusione e facile contraffazione, rilevano che il 14 aprile, è stato ufficialmente reso noto (dalla commissione dell'Ismea), il segno unico distintivo deputato a rappresentare il cosiddetto made in Italy sui mercati esteri, con il simbolo della bandiera italiana morsicata;
   l'introduzione del segno distintivo posto in essere dai Ministeri interessati, attraverso lo stanziamento d'importanti risorse finanziarie a sostegno del piano di promozione, conferma, tuttavia, a parere degli interpellanti, evidenti penalizzazioni per gli investimenti sulla qualità effettuati dalle aziende agricole italiane nel sistema dei prodotti a marchio; le esportazioni (presumibilmente di modeste entità) di quei prodotti a basso valore aggiunto non italiani, che transitano per il nostro Paese proprio per garantirsi l'italianità (come ad esempio il concentrato di pomodoro di provenienza cinese inscatolato e «verginizzato» in Italia), determineranno nella realtà la configurazione di un modello di sviluppo dell'agricoltura nazionale nettamente diverso e distante dal punto di vista tradizionalmente storico e previsionale;
   secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal sito internet agricolae.eu risulta, inoltre, che, dal punto di vista finanziario, le risorse attribuite alla realizzazione del suesposto strumento distintivo, non sono state tuttora effettivamente erogate, in quanto se, da una parte, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ai sensi del decreto-legge n. 133 del 2014 cosiddetto «sblocca Italia» convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014, dovrebbe ancora rendere effettivi circa 12 milioni di euro, dall'altra parte, il Ministero dello sviluppo economico dovrebbe stanziare 18 milioni di euro previsti dal Def;
   anche l'Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche, secondo quanto riportato dal medesimo articolo, sembrerebbe disposta a partecipare al complessivo investimento, attraverso il finanziamento di 15 milioni di euro, ma, ciononostante, l'intera gestione delle risorse dell'articolato programma di investimenti, attribuita all'Agenzia ICE, non avrebbe ancora trovato una effettiva attuazione;
   a tal fine, gli interpellanti evidenziano, come a distanza di quasi 8 mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge in precedenza esposto (nel corso dei quali i danni economici relativi al fenomeno dell’italian sounding sono ulteriormente accresciuti di circa 30 miliardi di euro) non vi sia attualmente riscontro dell'effettiva introduzione del marchio distintivo, aggiungendo inoltre che (secondo quanto emerge dal suesposto sito web), la stessa Agenzia ICE, non ha ritenuto opportuno fornire risposta al piano di comunicazione previsto dal Governo in merito alla realizzazione della campagna di contrasto all’italian sounding, al contrario di quanto invece gli stessi Ministri interpellati, hanno in diverse occasioni annunciato di realizzare in tempi celeri;
   ulteriori rilievi critici, che emergono nell'articolo in precedenza richiamato e che gli interpellanti ritengono condivisibili, scaturiscono dalle incognite su come l'Agenzia ICE riuscirà ad impegnare i 18 milioni di euro previsti dal piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia (all'interno del quale è riportata l'attività di comunicazione contro l’italian sounding), attività svolta peraltro senza aver indetto nessuna gara europea (considerando fra l'altro cifre stanziate così rilevanti); a ciò si aggiungono le perplessità in merito alle sinergie, con i consorzi di tutela e le associazioni di produttori agroalimentari e vitivinicoli DOP ed IGP, per la predisposizione del piano di comunicazione; l'Agenzia non sembra riscuotere particolare fiducia anche in merito alla gestione delle risorse previste per l'elaborazione del piano medesimo, anche a causa della carenza di personale;
   le osservazioni in precedenza esposte, a giudizio degli interpellanti, accrescono i dubbi e le perplessità in merito all'intera operazione avviata nel mese di agosto 2014 con il decreto-legge n. 133 del 2014 e peraltro tuttora incompleta dal punto di vista normativo e finanziario, relativa all'introduzione del nuovo strumento di comunicazione del segno distintivo unico (se si valuta il quadro generale dei soggetti istituzionalmente preposti all'attuazione del piano), in cui emergono una serie di ritardi nell'emanazione dei decreti attuativi e pareri discordanti in merito alla realizzazione, che rischiano peraltro di alimentare ulteriore confusione ed aumento della contraffazione;
   gli interpellanti a tal fine ribadiscono che la vicenda del marchio unico nazionale, peraltro già esistente, a cui si aggiungerebbero quelli esistenti e riconosciuti storicamente dall'Unione europea e per i quali l'Italia è protagonista assoluta nel mondo, dà luogo, ad avviso degli interpellanti, a un inutile riconoscimento finanziario ad una parte del settore industriale dell'agroalimentare italiano che, in realtà, non è interessato né all'identità dei luoghi né tantomeno alla tracciabilità dei prodotti;
   se il marchio definitivo è stato scelto a pieno titolo, per quanto riguarda gli aspetti finanziari, normativi e gestionali dell'intera operazione, permangono in definitiva a parere degli interpellanti, evidenti lacune e perplessità su un'intera vicenda, i cui investimenti finanziari (peraltro, come suesposto, tuttora non effettivamente erogati), rappresentano un'inutile dispersione di risorse pubbliche, che andrebbero in realtà indirizzate al contrasto del commercio illegale dei prodotti agroalimentari made in Italy e sul fronte della concorrenza sleale –:
   quali orientamenti intendano esprimere, per le parti di rispettiva competenza, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali siano i costi effettivamente sostenuti dal Governo nella realizzazione del segno distintivo unico per le produzioni agricole e agroalimentari, da utilizzare per le iniziative di promozione all'estero durante l'Esposizione universale 2015, il cui decreto attuativo non è stato tuttora pubblicato;
   se siano a conoscenza delle difficoltà finanziarie inerenti alla gestione dell'intera operazione affidata all'ente attuatore Agenzia ICE, che, secondo quanto risulta dall'articolo di stampa in precedenza richiamato, non avrebbe ancora trovato attuazione;
   in caso affermativo, quali iniziative urgenti e necessarie i Ministri interpellati intendano intraprendere al fine di rimuovere gli ostacoli esistenti presso la suindicata Agenzia, che impediscono l'effettiva introduzione del marchio distintivo unico, il quale, a giudizio del Governo, dovrebbe consentire di migliorare l'efficienza nel contrasto all’italian sounding;
   quali siano i motivi del ritardo della pubblicazione del decreto interministeriale relativo al piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia, all'interno del quale è riportata l'introduzione del segno distintivo unico (finalizzato anche alla promozione dell'evento universale EXPO 2015), la cui intera vicenda rappresenta, a parere degli interpellanti, una inutile iniziativa meramente propagandistica che non determinerà alcun tangibile rafforzamento nell'azione di contrasto ai fenomeni di contraffazione e dell’italian sounding, ma accrescerà invece i livelli di confusione sia fra gli operatori del settore, che soprattutto fra i consumatori.
(2-00957) «Russo, Faenzi, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Palese, Occhiuto».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

XIII Commissione:


   FABRIZIO DI STEFANO, RICCARDO GALLO, FRANCESCO SAVERIO ROMANO e FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nel corso dell'ultima sessione speciale tenutasi a Genova nel novembre 2014 l'ICCAT (International commission for the conservation of tunas), a seguito delle pesanti riduzioni delle quote pescabili di tonno rosso, ha adottato una nuova raccomandazione (n. 04-14) con la quale ha stabilito alcune modifiche relative alle misure di gestione e conservazione del tonno rosso, tra cui l'aumento del totale ammissibile di cattura (TAC) per il triennio 2015-2017;
   l'aumento di quote di cattura attribuito dall'ICCAT, come ogni anno, è distribuito tra i Paesi dell'Unione europea, che praticano la pesca del tonno rosso, in relazione al riparto storico e all'Italia, in particolare, nel triennio 2015-2017 spetta un aumento di circa 1.500 tonnellate (nell'anno 2015 la quota aggiuntiva prevista risulta pari a 352,39, passando quindi da: 1.950,42 del 2014 a 2.302,81 tonnellate per la campagna di pesca dell'anno in corso);
   gli interroganti evidenziano come la ripartizione delle quote sia sempre avvenuta attraverso un decreto ministeriale, tuttavia al riguardo, non c’è mai stata, una norma che disciplinasse esattamente la materia, in quanto tutti i decreti che si sono succeduti negli anni, non hanno mai seguito un indirizzo preciso e un criterio unico, ma sono stati sempre influenzati dal momento storico, ed anche dalla situazione politica determinatasi al momento;
   gli interroganti evidenziano altresì, come nel corso degli anni trascorsi, (in relazione alle congiunture economiche sfavorevoli) si sono verificati, tra l'altro, trasferimenti di quote da un sistema all'altro, a differenza di altre volte, in cui quanto detto non è invece avvenuto;
   al riguardo, quanto suesposto, ha influito notevolmente sull'assegnazione delle quote negli anni, con una sempre e costante preponderanza del sistema circuizione in quanto, a tale sistema, viene attualmente assegnato circa il 74,406 per cento delle quote interamente destinate all'Italia, a differenza del sistema palangaro che invece è stata assegnata una quota pari a 13,587 per cento;
   la suesposta situazione, risulta a giudizio degli interroganti, paradossale, in quanto la maggioranza delle quote risultano assegnate soltanto a 12 imbarcazioni da pesca (circuizione) a differenza dei palangari per i quali solo il 13 per cento delle quote deve soddisfare la necessità di 30 imbarcazioni (palangari), determinando pertanto uno squilibrio e la configurazione di due diversi settori economici all'interno dello stesso segmento di pesca: quello della circuizione sempre più ricco e gli altri sistemi sempre più in difficoltà economica;
   un ampliamento della quota di tonno rosso pescabile, con conseguente aumento di prodotto sul mercato, determinerà a parere degli interroganti:
    a) una diminuzione del prezzo a livello internazionale ed in particolare del prodotto morto pescato dai palangari; (a dispetto del tonno pescato vivo con il sistema a circuizione e con possibilità di immissione sul mercato in concomitanza di condizioni più favorevoli di mercato);
    b) un aumento minimo di quote per il sistema palangaro che non riuscirebbe a compensare il calo di prezzo del tonno rosso, determinando quindi problemi economici aggiuntivi alla già precaria situazione economica delle imbarcazioni autorizzate alla pesca del tonno rosso con il sistema palangari –:
   se, in considerazione dei rilievi critici in precedenza richiamati, non ritenga opportuno prevedere una ripartizione che consenta agli altri sistemi, (in primis il palangaro), di ricevere un'autonomia economica, nell'interesse delle comunità marittime interessate, attraverso la soppressione della ripartizione a percentuali predefinite (principio della «stabilità relativa», che non ha tra l'altro nessun riferimento legislativo), assegnando al contempo le nuove quote in base alle specifiche esigenze, in particolare: 120 tonnellate alla circuizione, 150 al palangaro, 50 alla tonnara fissa e 30 alla quota indivisa e consentire a tal fine, per gli operatori marittimi della pesca del tonno, la necessaria armonia (e sanare al contempo scelte precedenti, spesso contraddittorie) ed un più equo ritorno economico non più totalmente sbilanciato verso un'unica direzione, come attualmente invece previsto. (5-05512)


   FEDRIGA, GUIDESI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'11 febbraio 2015 si è tenuta, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una riunione del tavolo per il sostegno e la valorizzazione della filiera del latte alla quale hanno partecipano gli assessori regionali all'agricoltura nonché le delegazioni delle principali organizzazioni agricole e industriali del comparto;
   nel corso della riunione il Ministro ha illustrato il contenuto di un prossimo decreto ministeriale che dovrebbe modificare il «Pacchetto Latte» emanato nell'ottobre 2012 dal pro-tempore ministro Catania, rendendo obbligatoria la contrattualistica fra le parti, rilanciando l'interprofessione, indicizzando i costi di produzione e assicurando una redditività ai produttori. Il nuovo decreto detterà, quindi, nuove regole per la filiera lattiero-casearia al fine di affrontare la grave situazione attuale;
   tra le disposizioni che dovrebbero essere contenute nel decreto si punta innanzitutto ad allungare la durata dei contratti – con l'introduzione obbligatoria di clausole di garanzia –, attualmente soggetta alle disposizioni dell'articolo 62 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n.1 convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012 n. 27. Oggi, infatti, non si riesce a firmare accordi che superino un mese, a fronte di intese di un anno in Spagna e di 5 in Francia;
   inoltre, laddove si riscontrassero, anche nel settore del latte, delle pratiche sleali si procederebbe con le dovute segnalazioni all'Autorità garante per il mercato e la concorrenza rafforzando così la collaborazione tra Ministero e Antitrust;
   il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con la collaborazione tecnica di Ismea, dovrebbe procedere ad un monitoraggio periodico fatto delle principali classi di prodotti agricoli sull'andamento dei costi medi di produzione, dei prezzi dei prodotti pagati ai produttori agricoli e dei prezzi dei prodotti praticati al consumatore;
   sul fronte dell'etichettatura, infine, dovrebbe essere prevista un'informazione chiara e omogenea ai consumatori sul luogo di mungitura;
   il «decreto Catania» è stato secondo gli interroganti un fallimento ed è quindi importante che si adotti subito un nuovo strumento. È necessario verticalizzare le filiere, costruire un sistema che possa salvaguardare la filiera da eccessive oscillazioni della filiera, ma dobbiamo fare attenzione a non incentivare dinamiche che favoriscano il latte estero, perché la priorità è tutelare il latte e le stalle di casa nostra –:
   quando il Ministro intenda emanare il decreto ministeriale illustrato in premessa che doveva, secondo le dichiarazioni del Ministro, essere emanato a marzo e che invece ad oggi non risulta ancora pubblicato, in quanto è necessario che sia fatto in tempi strettissimi perché la priorità è tutelare la produzione di latte.
(5-05513)


   ZACCAGNINI e FRANCO BORDO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nell'ultimo numero della rivista «The Lancet Oncology» l'agenzia dell'Organizzazione mondiale della Sanità, OMS, ha annunciato di aver classificato tre pesticidi nella categoria 2A, cioè «probabilmente cancerogeni», l'ultimo livello prima di «sicuramente cancerogeni»;
   fra le molecole prese in considerazione dallo IARC ci sono due insetticidi, il diazinon e il malathion, ma a suscitare scalpore è stato il parere dello IARC sulla terza sostanza, il glifosato;
   il glifosato è stato sintetizzato dalla Monsanto negli anni settanta, è il principio attivo del diserbante Roundup, ed è di fatto l'erbicida più usato al mondo oltre a essere quello che si ritrova più spesso nell'ambiente; è presente in più di 750 prodotti destinati all'agricoltura, silvicoltura, usi urbani e domestici;
   il suo impiego è decisamente aumentato con lo sviluppo delle colture transgeniche resistenti al glifosato;
   l'Italia, secondo un rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA, è il maggiore consumatore tra quelli dell'Europa occidentale di pesticidi per unità di superficie coltivata, con valori doppi rispetto a quelli della Francia e della Germania. Molto alto anche il numero delle sostanze di cui si trovano importanti tracce nelle acque: 175 tipologie di pesticidi nel 2012 a fronte dei 166 del 2010 e di 118 del biennio 2007-2008. Le sostanze che più spesso hanno determinato il superamento sono il glifosato e i suoi metaboliti, il metolaclor, il triciclazolo, l'oxadiazon e la terbutilazina;
   uno studio pubblicato nel 2011 dallo «US geological survey» ha rivelato che in alcune regioni degli Stati Uniti il glifosato era presente a livelli misurabili in tre quarti dei campioni di aria e di acqua piovana analizzati;
   in Francia è il pesticida di sintesi più diffuso. Nel 2011 ne sono state impiegate più di ottomila tonnellate, molte di più delle circa 2.700 della seconda sostanza più usata, il mancozeb (un fungicida). Secondo il rapporto del 2010 dell'Agenzia di sicurezza sanitaria dell'alimentazione, dell'ambiente e del lavoro, ANSES, in Francia «... il glifosato è il principale responsabile del degrado della qualità dell'acqua...»;
   va precisato che gli studi esaminati dallo IARC segnalano un aumento del rischio di tumore tra i giardinieri e agricoltori, non nella popolazione generale. Secondo l'Agenzia, «...gli studi caso-controllo di esposizione professionale condotti in Svezia, Stati Uniti e Canada hanno rivelato un aumento del rischio del linfoma di non Hodgkin...»;
   alcuni esperimenti sugli animali hanno mostrato che il diserbante provocava danni cromosomici, un maggiore rischio di tumore alla pelle e al tubolo renale e di adenomi delle cellule pancreatiche. Tuttavia lo IARC ritiene che l'insieme della letteratura scientifica esaminata non permetterebbe di concludere con assoluta certezza che il glifosato sia cancerogeno;
   in un comunicato pubblicato il 23 marzo 2015 la Monsanto ha reagito duramente, sostenendo che lo IARC si è basato su «scienza spazzatura» e ne ha rifiutato categoricamente le conclusioni. In una lettera del 20 marzo 2015, la Monsanto ha intimato alla direttrice generale dell'OMS, Margaret Chan, di far «rettificare» la valutazione dello IARC;
   la valutazione dello IARC è il frutto di un processo immutabile da quarant'anni: una ventina di scienziati di diverse discipline (tossicologia, epidemiologia, eccetera) sono selezionati dall'Agenzia in base alle loro competenze e all'assenza di conflitti di interesse con l'industria. All'Agenzia viene chiesto un parere sulla base della letteratura scientifica pubblicata: per vari giorni i ricercatori discutono dell'argomento in presenza di osservatori dell'industria, rappresentanti di agenzie di sicurezza sanitaria e portatori di interesse di altre realtà socio-economiche. A seguito di una conclusione condivisa degli esperti, lo step successivo è l'adozione di un parere. I pareri dello IARC — che hanno carattere puramente informativo e non normativo — godono nella comunità scientifica internazionale del massimo riconoscimento, ma spessissimo sono oggetto di contestazioni, prive di controprove empiriche, da parte dell'industria;
   l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare, EFSA, ha incaricato il Bundesinstitut für Risikobewertung, BfR, tedesco di valutare nuovamente il glifosato. Fatto singolare, però, è che un terzo dei ricercatori del gruppo di esperti di pesticidi dell'agenzia tedesca è alle dirette dipendenze di giganti del settore agrochimico e/o biotecnologico –:
   se il Governo non ritenga opportuno e urgente mettere al bando il glifosato dal territorio nazionale, al fine di applicare il «principio di precauzione» per salvaguardare le condizioni di vita e di lavoro degli operatori del settore, unitamente alla salute dei consumatori e dell'ambiente, avendo quale punto di valutazione scientifica il parere dell'Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro e i numerosi studi di cancerogenicità fin ora esperiti, oltre a promuovere in sede europea uno studio scientifico elaborato da organismi indipendenti, contrariamente a quanto fatto dall'EFSA che ha incaricato il Bundesinstitut für Risikobewertung di valutare nuovamente il glifosato da parte di esperti di pesticidi che sono alle dirette dipendenze di giganti del settore agrochimico e/o biotecnologico. (5-05514)


   ROSTELLATO e OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi, quest'anno più che mai, la Peronospora belbahrii, fungo che, nel corso del tempo si è rivelato sempre più resistente ai prodotti comunemente utilizzati in agricoltura, ha messo in ginocchio la produzione di pesto in Liguria, uno dei prodotti dell'eccellenza regionale e nazionale;
   i danni prodotti sono notevoli, in quanto sono state distrutte molte coltivazioni da questo patogeno, che ha fatto la sua prima apparizione nel 2003 in Piemonte e Liguria determinando seri danni alle coltivazioni di basilico e soprattutto perché ha messo in pericolo il prodotto base per preparare il noto «pesto ligure»;
   da qualche anno è presente anche nel sud della penisola e la diffusione della peronospora indotta dall'agente Peronospora belbahrii è probabilmente dovuta alle favorevoli condizioni termoigrometriche che hanno caratterizzato le estati degli ultimi anni. In particolare negli scorsi mesi di luglio ed agosto del 2014, infatti, si sono verificate condizioni di elevata umidità e temperature fresche, valori che si discostano rispetto alla media dei rilievi tipici regionali e che hanno favorito la diffusione del fungo;
   la Peronospora belbahrii, che attacca le piantine del basilico, rappresenta un vero dramma per i produttori, se si considera che addirittura la metà delle piante sono andate distrutte a causa sua nel corso dello scorso anno e che un terzo della produzione complessiva di basilico è andata perduta;
   fondamentale è anzitutto il controllo della sanità dei semi, da effettuarsi con tecniche diagnostiche il più rapide e precise possibili, compito che normalmente è affidato alle ditte sementiere che devono garantire l'origine geografica della semente e la sua sanità;
   il seme contaminato può essere risanato, con trattamenti di concia che a quest'oggi, purtroppo, secondo quanto emerge da studi, avviene con troppa poca precisione;
   a semina avvenuta, identificato il patogeno sulla cultura, si devono quindi applicare sul campo mezzi di lotta efficaci che possono essere fisici, chimici o biologici (questi ultimi purtroppo non si stanno dimostrando efficaci, causando così il propagarsi più rapido del fungo stesso);
   di grande importanza in questo senso sono i sistemi di concia cioè di disinfezione dei semi: nel primo caso, ad esempio, (mezzi fisici) un trattamento dei semi con acqua o aria calda a temperature variabili tra i 45 e i 70 gradi può arrivare ad eradicare completamente alcuni patogeni dai semi e da alcuni studi condotti, particolarmente utili si sono rivelati anche alcuni fungicidi (mezzi chimici);
   parlando di quest'ultimi, il fungicida maggiormente utilizzato, è il CABRIO DUO a base di pyraclostrobin / F500 (40 g/l) e dimetomorf (72 g/l) ideato e sviluppato appositamente per le colture orticole;
   il CABRIO DUO viene assorbito rapidamente (1-2 ore) dalle foglie e si ridistribuisce nella pianta in modalità translaminare e con sistemia locale, determinando la consumazione dello stesso nella pianta medesima ed evitando di destare preoccupazione tra i consumatori dal momento che viene utilizzato in modo regolare nelle colture di patata, cipolla, lattuga e pomodoro;
   in piena emergenza, non a caso attraverso il decreto del Ministero della salute datato 4 ottobre 2013, si ottenne la cosiddetta «estensione di etichetta», che permise l'impiego dello stesso, nella lotta a pieno campo, sul basilico, rimedio che parve essere una buona soluzione per debellare tale infestazione, venne concessa per soli 120 giorni dalla sua emanazione alla quale non è seguita una reiterazione dello stesso, determinando non pochi problemi agli imprenditori che si sono trovati nell'impossibilità di continuare ad utilizzarlo –:
   se e come il Ministro interrogato intenda provvedere, alla luce anche degli studi operati dai tecnici e da parte delle università che provano la sicurezza nell'utilizzo di tale agente chimico, per l'inserimento definitivo in etichetta dell'indicazione relativa all'autorizzazione d'impiego del prodotto fitosanitario denominato CABRIO DUO sulla coltura del basilico in campo, per la lotta contro l'avversità Peronospora belbahrii verificando che non vi siano effetti collaterali derivanti dall'uso prolungato di tale prodotto fitosanitario e aumentando i controlli sulle sementi in modo da evitare dapprima la diffusione del fungo e di conseguenza anche l'uso di questo prodotto. (5-05515)


   GALLINELLA, L'ABBATE, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI, GAGNARLI, LUPO e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   l'Associazione Italiana Allevatori – AIA – è Ente morale riconosciuto con il decreto del Presidente della Repubblica n. 1051 del 27 ottobre 1950 e conta 47 tra Associazioni provinciali ed interprovinciali allevatori (Aipa/Apa), 19 Associazioni regionali Allevatori – ARA, 27 Associazioni nazionali allevatori di specie o razza (Ana);
   ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 30 del 1991, i libri genealogici del bestiame sono tenuti dalle ANA, mentre, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della stessa legge i controlli delle attitudini produttive sono svolti, per ogni specie, razza o altro tipo genetico, dall'Associazione italiana allevatori (AIA) per il tramite degli uffici provinciali del libro di pertinenza delle Associazioni provinciali ed interprovinciali allevatori;
   la mission dell'Associazione è dettata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che attraverso specifiche leggi dello Stato, affida all'Associazione italiana allevatori il compito di perseguire gli obiettivi istituzionali indicati dallo statuto Associazione italiana allevatori: svolgimento dei controlli delle attitudini produttive o svolgimento dei controlli funzionali; tenuta dei libri genealogici e dei registri anagrafici; assistenza tecnica alle aziende zootecniche, gestione informatizzata dei dati del sistema allevatori; coordinamento della rete di laboratori nazionali; azioni mirate al benessere animale e sicurezza alimentare; valorizzazione del prodotto italiano al 100 per cento;
   a seguito delle ultime decisioni avallate dall'intesa raggiunta nella Conferenza tra Stato e regioni l'ammontare complessivo della contribuzione pubblica si è progressivamente ridotto, con la conseguente difficoltà economico/gestionale da parte delle organizzazioni nazionali e territoriali del sistema allevatori;
   nel corso del 2014 le crescenti difficoltà economiche hanno indotto l'Associazione italiana allevatori, le ANA e le APA/AIPA a ricorrere per gran parte del proprio personale all'Istituto della Cassa integrazione in deroga e con l'esercizio 2015 la situazione sembra essersi pesantemente aggravata anche per l'impossibilità normativa delle strutture di ricorrere nuovamente all'Istituto della Cassa integrazione in deroga;
   a seguito della delibera assembleare assunta in data 16 gennaio 2015 è stata decisa la partecipazione dell'Associazione allevatori italiani ad EXPO 2015;
   l'allocazione dell'Associazione è prevista nell'ambito del padiglione Italia presso lo spazio espositivo della Confederazione nazionale coltivatori diretti, come rilevabile dalla nota inoltrata dalla presidenza dell'AIA ad alcune strutture territoriali nonché all'Assessorato agricoltura della regione Lombardia del 13 marzo 2015 (protocollo n. 1177/2015);
   dalla suddetta nota si evince, inoltre, che la Confederazione nazionale Coltivatori diretti metterà a disposizione dell'Associazione italiana allevatori per tutta la durata della manifestazione spazi attrezzati, servizi e infrastrutture;
   l'importo che l'associazione sosterrà in conseguenza della sottoscrizione di una specifica convenzione con la confederazione nazionale coltivatori diretti è pari a 366 mila euro e tale somma, come deliberato dagli organi direttivi dell'Associazione italiana allevatori sarà addebitata a tutte le APA/ARA socie operanti sul territorio nazionale secondo un criterio che prevede un importo fisso pari a 5 mila euro ed importo variabile pari a 0,10 euro per capo grosso controllato;
   oltre al suddetto importo l'Associazione italiana allevatori ha già anticipato alle proprie associate che sarà necessario provvedere ad ulteriori investimenti, ripartiti tra la stessa AIA e le ANA, relativi ad allestimento spazi, produzione materiale divulgativo e di presentazione, al costo oltre al suddetto importo l'Associazione italiana allevatori ha già anticipato alle proprie associate che sarà necessario provvedere ad ulteriori investimenti, ripartiti tra la stessa AIA e le ANA, relativi ad allestimento spazi, produzione materiale divulgativo e di presentazione, al costo del personale impegnato –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e se la ritenga opportuna considerando che l'obiettivo prioritario dell'Associazione italiana allevatori dovrebbe essere il raggiungimento della mission così come esposta in premessa e che le attività indicate in premessa non sembrano previste dagli obiettivi statutari quali la realizzazione delle attività legate alla tenuta dei libri genealogici e la realizzazione dei controlli funzionali del bestiame, specie in considerazione delle difficoltà che sta affrontando il personale dell'associazione e come il Ministro interrogato intenda assicurare il principio di trasparenza economica da parte delle finanziate strutture del sistema dell'Associazione italiana allevatori. (5-05516)

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   GRIMOLDI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   alla fine del mese di aprile 2015 a Monza si è avuto notizia di due casi di scabbia dove madre e figlia sono rimaste contagiate;
   i due casi sarebbero stati accertati, come rende noto la asl locale, da un controllo in ospedale effettuato a febbraio 2015. Secondo quanto riferito dall'associazione «Articolo 51» di Monza, che ha raccolto le testimonianze di alcune mamme degli istituti scolastici della zona, ci sarebbero stati anche altri casi;
   come da protocollo, le persone residenti nello stesso complesso della famiglia contagiata sono state poste sotto osservazione per oltre quaranta giorni. Secondo quanto riportato dalla asl sono state informate tutte le classi della scuola elementare frequentata dalla bambina malata;
   altri due casi di scabbia sono stati segnalati e presi in carico dall'asl di Monza, in una scuola materna. Secondo quanto reso noto dall'ufficio sanitario si tratterebbe di due bambini di 5 anni di una scuola materna, «che il 3 e 17 marzo, sono stati accompagnati in visita alle classi prime e quinte della scuola elementare dove si era verificato il primo allarme»;
   secondo quanto riferito dall'assessore alle politiche sociali del comune di Milano, Pierfrancesco Majorino «quattro sospetti casi di scabbia sono stati rilevati dagli operatori sanitari tra i profughi in attesa di essere trasferiti dalla Stazione Centrale al Centro di via Corelli». I quattro sono stati portati all'ospedale Niguarda e al San Paolo per gli accertamenti e le eventuali cure –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione e se non intenda provvedere a rafforzare i promuovere, per quanto di competenza, un rafforzamento dei controlli sanitari nei luoghi a più alta densità di profughi che siano centri di accoglienza o luoghi ove essi si ritrovano, al fine di limitare il diffondersi di una patologia che potrebbe arrivare ad essere una vera e propria epidemia. (4-09043)


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel nostro Paese le persone affette da coinfezione Hiv/Hcv accertata sono 33.000, tuttavia si stima che, considerando anche chi non ne è consapevole, il numero salga a 39.000;
   per le persone con Hiv/Aids, l'epatite C evolve più rapidamente e con esiti peggiori. Ciò è ribadito dalle ultime Linee guida dell'organizzazione mondiale della salute sull'epatite C, che confermano incontrovertibilmente che l'infezione da HIV, infatti, accelera e aggrava la progressione della malattia epatica con virus C;
   le associazioni (LILA, NADIR, PLUS) hanno lanciato un appello alle istituzioni competenti affinché queste persone malate siano agevolate nell'accesso al trattamento. Nello specifico chiedono di inserire la coinfezione Hiv-Epatite C nell'elenco delle condizioni per l'accesso prioritario alle nuove terapie per l'epatite C cronica poiché, in ragione della maggior progressione della malattia in chi ha l'HIV, bisogna trattare urgentemente con i nuovi farmaci tutti i pazienti coinfetti HIV/HCV, indipendentemente dal grado di fibrosi, ossia di progressione del danno epatico (quindi anche F0, F1, F2, e non solo, come accade ora, le forme gravissime F4 e, solo talvolta, F3) come insindacabilmente raccomandato nelle più recenti Linee guida dell'associazione europea per lo studio del fegato nonché nel recente aggiornamento delle Linee Guida Italiane sull'utilizzo dei farmaci antiretrovirali e sulla gestione diagnostico-clinica delle persone con infezione da HIV-1 del Ministero della salute, sezione «infezione da virus epatitici»;
   nonostante le richieste della Commissione Nazionale Aids, della Consulta delle associazioni sull'Aids e della SIMIT (Società italiana malattie infettive e tropicali), i criteri di priorità al trattamento definiti dalla commissione tecnico-scientifico dell'AIFA in novembre 2014 non hanno tenuto conto di questa situazione. L'AIFA ha, infatti, scelto di non considerare la coinfezione da Hiv/Hcv come criterio che conferisce una via preferenziale per l'accesso ai nuovi farmaci antivirali diretti, ignorando così completamente una categoria di pazienti a rischio vita: le persone con coinfezione HIV/HCV –:
   se non reputi doveroso includere, anche le persone con coinfezione Hiv-Hcv, tra le persone che possono avere accesso rapido e preferenziale in merito alle nuove terapie farmacologiche per l'epatite C cronica;
   se non ritenga urgente intervenire nei confronti dell'Agenzia italiana del farmaco al fine di far valere quanto contenuto nei più importanti documenti di indirizzo nazionali ed internazionali e, dando così accesso a questi farmaci salvavita a chi oggi non ne ha con conseguenze gravissime sulla propria salute. (4-09057)


   CARIELLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la de cuius Angela Valeria Lepore, da ora in poi Valeria, nata a Grumo Appula il 28 aprile 1987, perdeva la vita in data 17 luglio dell'anno 2014 alle ore 14.06 dopo aver fatto accesso al pronto soccorso di Manduria, in Taranto, alle ore 03.18 a.m. 12 luglio del 2014, per dolori addominali lato destro zona renale;
   nel corso delle ore trascorse al pronto soccorso, in «osservazione breve», Valeria veniva sottoposta ad esame diagnostico ecografico, dal quale emergeva calcolo renale destro e una sacca fluida adiacente al calcolo stesso, e ad esami ematici, cui risultati evidenziavano valori nella norma;
   la mattina del 12 luglio alla ore 11.00 Valeria veniva trasferita con diagnosi «colica renale» nella struttura complessa di urologia del presidio ospedaliero «SS. Annunziata» di Taranto dove veniva ricoverata alle ore 13.11. Al suo arrivo le veniva ripetuta ecografia addominale che confermava la precedente diagnosi di calcolo renale destro;
   da numerose testimonianze raccolte dagli inquirenti, si constatano le scarse condizioni igieniche del reparto, soprattutto dei servizi igienici e del materiale preposto all'evacuazione e minzione. Alla stessa Valeria veniva fornito, a tal fine, dal personale infermieristico «pala» già sporca e con tracce di «feci»;
   nel primo pomeriggio, sempre del 12 luglio, le condizioni di Valeria andavano peggiorando, i forti dolori aumentavano e la temperatura raggiungeva i 38,5 gradi;
   nonostante varie e numerose richieste e solleciti da parte dei genitori della ragazza di poter essere visitata dal medico di turno in corsia tempestivamente, il medico si presentava in stanza di Valeria solo alle 19.30 di sera, e nonostante i forti sintomi evidenti nella ragazza già descritti, dichiarava ai genitori della medesima che si trattava di normali conseguenze del calcolo renale;
   nelle ore successive Valeria iniziava a sentirsi debole, a riportare evidente calo di vista e a riportare un forte abbassamento di pressione che, alle ore 22 arrivava ai valori di max 75 min. 35;
   veniva così richiesta una visita da un medico internista, che mentre tardava nel sopraggiungere, Valeria, veniva visitata da un medico specializzato in cardiologia (consulenza che avveniva alle ore 00.20 del 13 luglio) che, oltre a somministrare la flebo dopo averle effettuato gli esami di rito, sottoponeva la paziente ad una ecografia cardiaca che risultava con esito «negativo»;
   solo successivamente veniva visitata dal medico internista unitamente dal medico urologo che preso atto dell'innalzamento dei globuli bianchi le trasfondevano sacche di Plasma oltreché predisporre visita chirurgica per valutare stato intestinale che risultava, conseguentemente alla visita, privo di complicanze;
   alle ore 03.00 a.m. del 13 luglio a Valeria veniva effettuato esame radiodiagnostico TAC mentre le condizioni della stessa peggioravano di ora in ora, dal quale come si evince dalla consulenza tecnica medico legale sulle cause e circostanze della morte di Lepore Angela Valeria (Proc. Pen. n. 13076/14 R.G.N.R. MOD. 21 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari), emergeva «idronefrosi destra, stato settico»;
   la mattina del 13 luglio alle ore 8.30 Valeria, le cui condizioni peggioravano notevolmente, veniva portata in sala operatoria per essere sottoposta ad un intervento chirurgico urgente non differibile di cistoscopia+ stent ureterale dx nefrostomia dx, con sedazione (anestesia totale), che secondo quanto sostenuto dai medici doveva trattarsi di un intervento di routine di breve durata, per inserire cannula al fine di far defluire il liquido dalla sacca fluida adiacente al calcolo. Venne introdotto, infatti, il cistoscopio, e individuato il meato ureterale dx, veniva posizionato filo guida di sicurezza del rene e venne introdotto uno stent ureterale, che accidentalmente rimaneva nell'uretere (peraltro rinvenuto dall'esame autoptico post mortem), e che per impossibilità di recupero estrattivo veniva introdotto un secondo;
   le ore trascorrevano e Valeria non usciva da quella sala operatoria;
   di lì a poco invece diverse e sconcertanti notizie sopraggiunsero: l'intervento aveva dato luogo a complicazioni post-operatorie, e pertanto i medici avevano dovuto procedere nuovamente a sedare Valeria la quale sarebbe stata sottoposta successivamente ad un esame TAC e alle 12.30 trasportata in rianimazione con diagnosi di accesso: «sepsi grave in infezione delle vie urinarie, Sindrome multigrado CID, con sanguinamento dal sondino naso-gastrico e secrezione schiumosa sanguinolenta dal tubo endotracheale», dove la ragazza veniva attaccata ad un polmone artificiale per sopperire all'insufficienza respiratoria sopraggiunta;
   giunta intorno alle 23.00 del 13 luglio al policlinico di Bari presso il reparto di rianimazione si provvedeva all'impianto di polmone artificiale per evitare il decesso di Valeria, l'intervento si concludeva intorno alle 03.00 a.m. del 14 luglio;
   nei giorni successivi, seppur in gravi condizioni (severa compromissione cardiaca, respiratoria, renale del sistema emocoagulativo con emorragie spontanee diffuse e metabolica), Valeria sembrava presentare miglioramenti transitori del quadro radiologico polmonare e dello scambio respiratorio;
   tuttavia, in data 16 luglio 2014 intorno alle 08.30 la paziente veniva sottoposta ad esame TAC e conseguentemente, seppur con un altissimo rischio operatorio e scarsissime possibilità di recupero, ad operazione neurochirurgica di craniectomia de compressiva fronto-temporo-parietale sinistra ed evacuazione dell'ematoma cerebrale perché dalla stessa TAC emergevano complicanze cerebrali ovvero ampio ematoma intraparenchiale in sede cerebrale sinistra con edema perilesioanale ed emorragia;
   l'esito dell'intervento purtroppo denunciava cessazione dell'attività cerebrale di Valeria il cui decesso è stato certificato in data 17 luglio 2014 alle ore 14.06;
   consta dalla consulenza tecnica medico legale sulle cause e circostanze della morte di Lepore Angela Valeria (Proc. Pen. n. 13076/14 R.G.N.R. MOD. 21 Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari) che Valeria decedeva per emorragia cerebrale nell'ambito di una multiple organ failur e conseguentemente a shock settico successivo a pielonefrite enfisematosa (PNE). Quindi la situazione clinica di Valeria Lepore cambiava, da SEPSI GRAVE a SHOCK SETTICO dalle ore 21.30 del 12 luglio 2014, orario in cui sarebbe stato opportuno rilevare una condotta medica più tempestiva nell'applicazione di stent ureterale che invece avveniva alle ore 09.00 a.m. del 13 luglio 2014;
   numerosi da anni sono i casi di mala sanità che si registrano periodicamente in Italia;
   la Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali ha accertato 570 presunti casi di malasanità verificati nell'arco temporale dall'aprile 2009 al dicembre 2012, di cui il 70 per cento ha avuto come epilogo il decesso del paziente. Il dato rilevante è che i casi di malasanità derivati da errori medici sono 384 ovvero il 67,3 per cento del totale di cui 261 con decesso;
   sempre dalla stessa Commissione viene rilevato che tanti sono i presunti errori medici che, a livello geografico, si registrano soprattutto nelle regioni del Sud Italia (303 su 507);
   altamente differenziata e difforme è l'offerta sanitaria a livello regionale sul territorio italiano, creando diversità di efficienza di cura e di soccorso e quindi una conseguente disuguaglianza del diritto alla tutela della salute sul territorio;
   tutti i cittadini hanno diritto di fruire dello stesso livello di qualità di offerta sanitaria in quanto principio universale riconosciuto dal testo costituzionale all'articolo 32 –:
   di quali elementi disponga in merito ai fatti citati in premessa;
   se, in virtù dell'articolo 32 della Costituzione Italiana secondo cui, al comma primo, «la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività..» e ancora dell'articolo 117, comma primo, lettera m), intenda dare avvio e intraprendere un percorso ponendo in essere tutte le misure istruttorie, valutative e regolamentari atte a impedire il ripetersi di casi simili di «mala sanità» a tutela e garanzia della salute dei cittadini uniformemente su tutto il territorio nazionale, e ridurre così il numero di vittime. (4-09063)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazioni a risposta immediata:


   GIGLI. Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   risulterebbe che a cinque anni dal suo varo non vi sia ancora un uso massivo della posta elettronica certificata da parte della pubblica amministrazione;
   questo fatto, evidentemente, rappresenta il vero ostacolo alla diffusione e al successo del nuovo strumento tra professionisti e imprese;
   soltanto Inps, Inail e camere di commercio, infatti, sembrano adottare frequentemente la posta elettronica certificata, mentre le altre amministrazioni si servono dei canali di comunicazione ordinari;
   su 2,3 milioni di professionisti solo 1,1 hanno attivato la posta elettronica certificata: medici, infermieri e giornalisti risultano tra i professionisti che non hanno adottato la posta elettronica certificata, mentre avvocati, commercialisti e notai sfiorano il 100 per cento di attivazioni. A livello territoriale si segnalano maggiori ritardi al Sud rispetto al resto d'Italia;
   si ricorda che le sanzioni previste per mancata attivazione sono praticamente irrilevanti: le società rischiano al massimo la sospensione della loro iscrizione al registro delle imprese per tre mesi, mentre per i professionisti si rinvia al regolamento del relativo ordine;
   la posta elettronica certificata consente di certificare l'invio, l'integrità, la consegna di documenti alla stregua della raccomandata con avviso di ricevimento, avendone anche il medesimo valore legale;
   pur non essendo obbligatorio nei rapporti con la pubblica amministrazione è chiaro che questo ritardo rappresenta un vulnus nella diffusione della rete digitale –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di agevolare la diffusione di questo importante canale di comunicazione soprattutto tra pubblica amministrazione ed operatori economici per realizzare quella modernizzazione della pubblica amministrazione perseguita dal Governo. (3-01469)


   RIZZETTO. Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   è ormai noto che da anni vi sono migliaia di idonei di concorsi pubblici ancora in attesa di collocazione, pur avendo superato le prove concorsuali a cui hanno partecipato;
   addirittura si apprende che, invece di collocare gli idonei di concorsi da dirigente nella pubblica amministrazione, in quasi 15 anni, in agenzie pubbliche, quali sono l'Agenzia delle entrate e quella delle dogane, sono stati assegnati posti da dirigente con procedure assolutamente discrezionali, poi annullate poiché illegittime. A riguardo, è del febbraio 2015 la sentenza della Corte costituzionale (sentenza n. 37 del 2015) che ha dichiarato illegittimi 800 posti da dirigente nominati senza concorso;
   dunque, è paradossale che, da un lato, non si interviene per far scorrere le graduatorie di persone che hanno superato le prove di regolari concorsi pubblici e, dall'altro, ci sono enti pubblici che negli anni hanno assegnato posizioni vacanti attraverso procedure discrezionali a persone che non possedevano i requisiti curriculari richiesti;
   è stata rilasciata l'autorizzazione all'Agenzia delle entrate per l'assunzione di 219 unità di personale dirigente da parte del dipartimento della funzione pubblica con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2014;
   dal monitoraggio effettuato dal dipartimento della funzione pubblica risultano 409 di vincitori ed idonei a concorsi per la qualifica di dirigente banditi da altre amministrazioni centrali;
   vi è la possibilità per le amministrazioni pubbliche di effettuare assunzioni utilizzando le graduatorie di pubblici concorsi approvate da altre amministrazioni, come previsto dall'articolo 3, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 –:
   se e quali provvedimenti intenda adottare affinché attraverso la stipula di convenzioni tra le amministrazioni interessate venga disposto il reclutamento dei dirigenti presso l'Agenzia delle entrate attingendo dalle graduatorie in vigore di concorsi per la qualifica di dirigente.
(3-01470)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:


   RICCIATTI, SCOTTO, FERRARA, AIRAUDO e PLACIDO. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Prysmian è una realtà multinazionale che opera nel settore dei cavi e sistemi per l'energia e le telecomunicazioni. Il gruppo vanta nel 2013 un fatturato di circa 7 miliardi di euro e una presenza in 50 Paesi con 91 stabilimenti e circa 19.000 dipendenti, posizionandosi, in particolare, nella fascia di mercato a più elevato contenuto tecnologico;
   nel settore dell'energia, il gruppo Prysmian opera nel business dei cavi e sistemi terrestri e sottomarini per la trasmissione di energia, cavi speciali per applicazioni in diversi settori industriali e cavi di media e bassa tensione per le costruzioni edili e le infrastrutture, mentre per il settore delle telecomunicazioni produce cavi e accessori per la trasmissione di voce, video e dati, con fibra ottica, cavi ottici e in rame e sistemi di connettività;
   in Italia il gruppo opera attraverso la società Prysmian cavi e Sistemi Italia srl, con sede legale a Milano, in Viale Sarca 222;
   Prysmian produce in Italia negli stabilimenti di Merlino (Lodi), Giovinazzo (Bari), Pignataro Maggiore (Caserta), Livorno, Ascoli Piceno, Origgio (Varese) e Quattordio (Alessandria) cavi e accessori per la generazione, il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica; per il cablaggio di navi, per i sistemi di sollevamento, per treni e metropolitane; per le linee ferroviarie, per ascensori, per l'alimentazione e il controllo di impianti industriali, per le energie rinnovabili, come il fotovoltaico e l'eolico. Inoltre, Prysmian Italia è il centro di eccellenza per la progettazione, la vendita e la produzione di cavi ed accessori dedicati ad impianti petrolchimici e di estrazione, infrastrutture e piattaforme offshore;
   attraverso la società Prysmian powerLink srl, il gruppo produce – nello stabilimento di Arco Felice (Napoli) – cavi sottomarini, impiegati per la realizzazione dei più grandi collegamenti esistenti al mondo, mentre nell'ambito del business telecomunicazioni, Prysmian Italia opera sul mercato italiano ed estero con una struttura dedicata, la società Fibre ottiche Sud srl di Battipaglia (Salerno) è specializzata nella produzione di fibre ottiche;
   si tratta, quindi, di un'azienda ad alto contenuto tecnologico e con una consistente presenza in Italia, con fatturati in attivo e leadership nel settore riconosciuta a livello mondiale;
   il gruppo Prysmian group nel contratto di sviluppo 2014, presentato dall'agenzia Invitalia, ha presentato un progetto di investimento di 48 milioni di euro nei tre stabilimenti di Arco Felice (Napoli), Battipaglia (Salerno) e Pignataro Maggiore (Caserta), che prevede il miglioramento dell'efficienza della filiera produttiva dei cavi sottomarini, tramite utilizzo di nuove tecnologie e impianti innovativi, con agevolazioni pari a 32 milioni di euro circa, di cui 13 milioni di euro circa a fondo perduto e 19 milioni di euro circa in finanziamento agevolato, con il fine di salvaguardare ed incrementare l'occupazione;
   il 27 febbraio 2015 la società ha annunciato la propria volontà di chiudere lo stabilimento di Ascoli Piceno, che conta 120 dipendenti e dal quale dipendono numerose società dell'indotto piceno;
   il 29 aprile 2015, al tavolo tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico tra azienda, organizzazioni sindacali e istituzioni, Prysmian ha la ribadito la volontà di chiudere lo stabilimento di Ascoli Piceno, affermando di essere pure disposta a restituire i finanziamenti europei ricevuti per gli stabilimenti di Fos di Battipaglia e Arco Felice di Napoli. In particolare, la Prysmian, secondo quanto risulta, intende garantire investimenti in altri stabilimenti presenti in altre regioni dove sarebbe pronta a ricollocare i 120 dipendenti di Ascoli e la riunione si è, dunque, conclusa con l'impegno da parte del Governo a mantenere aperto il tavolo ministeriale fino al raggiungimento di una soluzione condivisa;
   in particolare, secondo fonti sindacali, il Governo avrebbe chiesto che si apra un confronto sul piano sociale per arrivare nelle prossime settimane a un accordo di programma per Ascoli con investimenti per la reindustrializzazione: piano rispetto al quale la Prysmian stessa dovrebbe essere chiamata a contribuire;
   ad avviso degli interroganti il rifiuto della Prysmian di ripensare il proprio piano industriale è da considerarsi sotto il profilo industriale e occupazionale del tutto inaccettabile. Si tratterebbe, infatti, di una decisione paradossale, visto che chiuderebbe proprio uno stabilimento che da sempre si è contraddistinto in termini di efficienza;
   il sito produttivo di Ascoli Piceno è il più efficiente del gruppo e da 15 anni circa registra il raggiungimento di tutti gli obiettivi di produzione;
   sono, inoltre, immaginabili, anche nel caso della ricollocazione in altri sedi, i gravi disagi che i 120 lavoratori dello stabilimento di Ascoli potrebbero dover affrontare. Si pensi soltanto all'ipotesi di trasferimento in altri stabilimenti situati a centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza, che costringerebbe i lavoratori a riprogrammare la propria vita e quella delle proprie famiglie, sopportando ulteriori spese che contrarrebbero sensibilmente la loro disponibilità economica;
   si considerino pure le gravi ripercussioni economiche che ne deriverebbero su un territorio già colpito significativamente da crisi industriali. Il territorio piceno ha, infatti, visto negli ultimi sei anni una continua delocalizzazione delle multinazionali con la chiusura di importanti stabilimenti industriali, una perdita considerevole di posti di lavoro e l'incremento della disoccupazione –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Ascoli Piceno – che sinora si è sempre distinto per l'elevata competitività nell'articolato panorama del gruppo – e impedire la conseguente desertificazione industriale e occupazionale che ne deriverebbe per l'intero territorio marchigiano. (3-01475)


   CAUSIN. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato già avviato un confronto di carattere generale con il Governo relativamente alla crisi del settore motociclistico in Italia e, in particolare, dell’Aprilia dell'area miranese e della Riviera del Brenta;
   la situazione è in continua evoluzione e registra un trend negativo;
   negli ultimi anni il mercato motociclistico italiano è crollato da 500 a 250 mila pezzi venduti, con un crollo nel settore degli scooter del 50,5 per cento, delle moto del 45,3 per cento. Contestualmente il mercato europeo scende del 23,5 per cento nel settore scooter e del 24,4 per cento nelle moto, passando in 4 anni da 1,4 milioni di pezzi venduti ad 1 milione;
   nel primo quadrimestre 2013 il mercato Italia ha segnato altri dati preoccupanti: -36 per cento scooter e -20 per cento moto. Aprilia segna un trend negativo rispetto al mercato negli scooter di cilindrata superiore ai 50 centimetri cubici (-50 per cento contro il -36 per cento del mercato) e nelle moto (-30 per cento contro il -20 per cento del mercato): segna un dato positivo negli scooter 50 centimetri cubici (-30 per cento contro il -38 per cento del mercato);
   Aprilia è un'azienda motociclistica italiana fondata nel 1945 che fa parte del gruppo Piaggio e che occupa circa 720 lavoratori negli stabilimenti di Noale e Scorzè;
   Aprilia rappresenta per il territorio di Scorzè e Noale, e più in generale dell'area miranese, un'eccellenza industriale, un'azienda simbolo per i due comuni che ha saputo conquistare sempre maggiori fette del mercato degli scooter e del motociclo e importanti successi sportivi;
   nel corso di incontri con le organizzazioni sindacali, alla luce del negativo andamento del mercato della motocicletta, l'azienda ha messo sul piatto un piano di mobilità riguardante soprattutto lo stabilimento di Scorzè, consistente in un taglio di 150 lavoratori sui 360 in organico. Si tratta di una vera novità, visto che negli anni scorsi il provvedimento ha riguardato soprattutto il sito di Noale, dove gli esuberi oggi sarebbero 45 su altri 360 dipendenti;
   la riduzione di quasi 200 unità rappresenta, in pratica, la riproposizione dei tagli prospettati in passato e scongiurati grazie al buon esito della trattativa condotta con l'applicazione del contratto di solidarietà (in scadenza il 31 gennaio 2013), una soluzione individuata per scongiurare licenziamenti in una realtà di fabbrica in cui l'età media è molto bassa: il grosso dei dipendenti è sui quarant'anni, età critica per riuscire a trovare un'altra collocazione e troppo distante per predisporre un percorso verso il pensionamento;
   l'attività dell'azienda non è proprio stagnante, dal momento che tra qualche mese dovrebbero entrare in produzione alcuni nuovi modelli e che la Banca europea per gli investimenti e Piaggio hanno recentemente firmato un contratto da 60 milioni di euro per sostenere ricerca e sviluppo del gruppo –:
   quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda porre in essere per affrontare la difficile situazione di crisi in Aprilia, eventualmente convocando urgentemente un tavolo di concertazione presso il Ministero dello sviluppo economico con le organizzazioni sindacali e rappresentative delle realtà produttive e degli enti locali interessati dell'area miranese e della Riviera del Brenta. (3-01476)


   GIORGIA MELONI e RAMPELLI. Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'11 luglio 2014 il gruppo Indesit ha reso noto la sottoscrizione di un accordo per la cessione alla multinazionale americana Whirlpool corporation del 66,8 per cento della propria partecipazione aziendale;
   il 25 luglio 2014 l'agenzia Invitalia, di proprietà del Ministero dell'economia e delle finanze, ha siglato un contratto di sviluppo con il gruppo Whirlpool che prevedeva un investimento di 31 milioni di euro, 10 dei quali finanziati dalla medesima agenzia, per il potenziamento dello stabilimento di Napoli;
   da tale potenziamento era atteso anche un incremento occupazionale che avrebbe dovuto portare il personale impiegato nello stabilimento da 540 a 588 dipendenti;
   il 16 aprile 2015 il gruppo Whirlpool ha annunciato un piano di riorganizzazione aziendale che prevede la chiusura del centro di ricerca di None e dello stabilimento di Carinaro in provincia di Caserta, all'interno del quale sono attualmente impiegati 815 dipendenti che rischiano di trovarsi senza occupazione da un momento all'altro;
   la vertenza Whirlpool è solo l'ultimo caso di crisi o riorganizzazioni aziendali che stanno determinando la perdita di migliaia di posti di lavoro, oltre a costituire un significativo depauperamento dei territori nei quali erano attivi i siti produttivi e di servizi;
   le procedure di dismissione, chiusura, cessione o addirittura delocalizzazione messe in atto da aziende nazionali e straniere in settori strategici per l'economia e lo sviluppo dei territori italiani, in particolar modo nelle regioni meridionali, e le conseguenti ricadute occupazionali stanno determinando, anche per la frequenza con la quale si stanno verificando, una vera e propria emergenza;
   basti citare a questo proposito la drammatica crisi delle acciaierie di Terni, la chiusura della sede di Ascoli Piceno del gruppo Prysmian, la delocalizzazione portata avanti nel settore dei call center della quale sono caduti vittime i lavoratori delle società Infocontact e Almaviva, la crisi che sta investendo grandi catene di supermercati quali Auchan e Mercatone Uno, la vertenza dei lavoratori di Meridiana e da ultimo a destare preoccupazione è arrivato il nuovo piano industriale di Finmeccanica che prevede la vendita di Alenia Aermacchi spa, oltre alla cessione di rami d'azienda, quali Ansaldo Breda e Ansaldo Sts ad imprenditori stranieri, e dal quale sono attesi la chiusura o il ridimensionamento di altri stabilimenti;
   molte delle aziende che stanno portando avanti le citate operazioni di dismissione, a dispetto della tutela dei lavoratori e della politica economica e industriale nazionale, hanno ricevuto finanziamenti dalle apposite agenzie governative, da regioni o da enti locali, senza realizzare in cambio i promessi incrementi produttivi ed occupazionali, ma, anzi, chiudendo gli stabilimenti non appena i finanziamenti erano esauriti –:
   quali urgenti iniziative intenda assumere in particolare con riferimento alla vertenza Whirlpool e, in generale, con riferimento a tutte le altre vertenze attualmente in corso, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e il tessuto produttivo nazionale. (3-01477)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PASTORINO e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Costa Crociere è una compagnia di navigazione italiana con sede a Genova dedicata all'attività crocieristica. Con un fatturato da 2,5 miliardi di euro (dati 2009) e 18 mila dipendenti in totale rappresenta la flotta standard maggiore in Europa, appartiene al Gruppo Carnival Corporation plc e controlla la tedesca AIDA Cruises;
   negli ultimi due anni l'azienda ha subito un rinnovamento totale della dirigenza aziendale, i manager italiani sono stati sostituiti poco a poco con dirigenti tedeschi, statunitensi ed europei;
   alla situazione di incertezza per i lavoratori si sono sommati un serie di cambi al vertice: il primo è stato quello che ha riguardato Gianni Onorato, ex direttore generale passato ad MSC in cui oggi ricopre il ruolo di presidente, percorso seguito anche da altri dirigenti ex Costa; inoltre, dopo l'evento Concordia la Carnival Plc, proprietaria dell'azienda, ha sostituito l'amministratore delegato Pierluigi Foschi con il tedesco Michael Thamm;
   lo scorso 29 gennaio proprio il nuovo amministratore delegato Thamm ha annunciato ai dipendenti l'esistenza di un piano aziendale per la cessione di un ramo d'azienda alla società tedesca «Carnival Maritime». La Compagnia aveva chiuso l'anno 2014 con un utile in crescita del 30 per cento e elargito ai dipendenti un bonus produzione pari a quasi una mensilità;
   in base a questo piano 161 dipendenti su Genova si trovano a rischio delocalizzazione, con la prospettiva di essere trasferiti ad Amburgo;
   il trasferimento riguarderebbe l'ufficio operativo e avrebbe come primo risultato una perdita di indotto pari a circa 60 milioni di euro annui nel solo territorio ligure (42 solo su Genova) che andrebbero poi a pesare sui circa 400 fornitori il cui fatturato è per lo più rappresentato da Costa. In pratica un pezzo di PIL italiano e ligure, pari a circa 100 milioni annui, diventerà tedesco;
   ribadito che i lavoratori, da tempo in una situazione di incertezza, hanno chiesto ripetutamente notizie all'azienda su investimenti e prospettive future e alle istituzioni liguri e nazionali di farsi parte per ottenere chiarimenti sul mantenimento occupazionale, il piano industriale ancora non è stato presentato, nonostante le trattative;
   dopo l'incontro tra l'amministratore delegato e l'ex Ministro Lupi, la promessa di presentare un piano d'investimenti entro 30 giorni e un nuovo tavolo in regione Liguria, la situazione è stata nuovamente congelata e i lavoratori restano in attesa di notizie sul loro futuro;
   ad oggi il rischio è che a Genova rimangano i soli uffici finanziari e il marketing, ossia quelli più facilmente delocalizzabili in futuro, probabilmente breve, visti i presupposti. Genova perderà figure professionali competenti, perderà fatturato, perderà migliaia di lavoratori marittimi –:
   quali iniziative intendano intraprendere, secondo le rispettive competenze, al fine di avviare un'interlocuzione tra l'azienda e le organizzazioni sindacali affinché venga presentato il piano industriale da parte di Costa e venga chiarito il motivo per cui, dopo avere usufruito negli ultimi anni di numerosi incentivi fiscali, oggi l'azienda guardi all'estero, depotenziando la sua presenza nel nostro Paese e sul territorio ligure. (4-09040)


   PASTORINO e QUARANTA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il pastificio Agnesi è il più antico marchio di produttori di pasta in Italia, fondato nel 1824 da Vincenzo Agnesi a Pontedassio, nell'imperiese, conosciuto per qualità e per la sua storia produttiva. Controllata dal 1987 al 1998 dal gruppo Danone, poi dalla banca Paribas, oggi appartiene alla Colussi dal 1999, quando è stato acquistato dal gruppo alimentare italiano insieme a Banca Commerciale italiana e Banca Euromobiliare. Angelo Colussi è amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione di Agnesi;
   il gruppo Colussi conta 1300 lavoratori in tutta Italia. Su Agnesi i dipendenti diretti sono 110 nello stabilimento di Imperia (200 totali compreso l'indotto);
   dopo l'annuncio di cessazione della produzione della pasta nel 2014 e la paventata chiusura dello stabilimento di Imperia entro lo scorso anno era stata attivata la cassa integrazione per 28 lavoratori con prospettiva di ricollocazione nello stabilimento cuneese di Fossano per alcuni e la cassa integrazione per gli altri;
   attualmente, dopo una serie di stop alla produzione, dipendenti e rappresentanze sindacali unitarie chiedono chiarezza sul futuro e sul mantenimento dei livelli occupazionali, dopo un anno di incertezze passate tra l'attivazione dei contratti di solidarietà per i lavoratori e una prospettiva di vita e produzione garantita fino a giugno 2016 con i quantitativi di produzione scesi dalle 52 mila tonnellate del 2014 alle 30 mila di quest'anno;
   i sindacati chiedono da tempo di conoscere i dati, il piano industriale e le prospettive per i dipendenti. Ma mancano risposte dall'azienda che trascura marketing e marchio e, dalle ultime analisi, ha perso quote importanti di mercato;
   inoltre i lavoratori sono in attesa di vedere calendarizzato l'incontro programmato per metà maggio al Ministero dello sviluppo economico, sul quale non c’è ancora una data certa nonostante le promesse e senza un motivo. I dipendenti attendono anche l'avvio dell'annunciata campagna pubblicitaria che dovrebbe dare un input positivo alla produzione;
   i lavoratori del pastificio in questi mesi oltre agli scioperi e alle proteste hanno proposto all'azienda un «contro piano» che prevede un'azienda integrata nella realtà produttiva che possa fare da volano anche per il turismo e l'economia cittadina affiancando alla produzione della semola anche una parte museale dove mettere in mostra le eccellenze del territorio (olio, pasta ecc.) attivando così un turismo gastronomico puntando sulle potenzialità e il marchio del «made in Italy» –:
   quali iniziative urgenti i Ministri interrogati intendano proporre alla luce di quanto enunciato per fare sì che una azienda come Agnesi non abbandoni il territorio su cui si trova da 190 anni, causando la perdita di centinaia di posti di lavoro (tra lavoratori diretti e indotto) e un grave danno per l'identità della città;
   se non ritenga necessario attivare al più presto il tavolo già concordato e chiedere la presentazione del piano industriale. (4-09042)


   MURA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i sindacati denunciano la chiusura del centro di controllo sulla rete elettrica della Sardegna e il trasferimento delle funzioni nel nord Italia;
   la società Terna, che gestisce tutta la rete di alta tensione in Italia, ha presentato il nuovo progetto di ristrutturazione del sistema di controllo e comando della Rete elettrica italiana: di 8 centri di controllo e di 3 di conduzione attuali, secondo quanto riportano anche notizie di stampa, ne rimarrebbero soltanto 3 dislocati a Torino, Venezia e Napoli;
   tale ristrutturazione penalizza la Sardegna: la conseguenza diretta è lo smantellamento dell'attuale sala di controllo del Centro ripartizione, comprendente complessivamente circa 22 lavoratori di altissima professionalità;
   con questa riorganizzazione la Sardegna verrebbe telecontrollata dalla centrale di Torino e in questo modo, secondo i sindacati, perderebbe la conoscenza e il governo della rete;
   non è chiaro quale sia il futuro dei dipendenti, per i quali si apre un periodo di grande incertezza lavorativa;
   la decisione della Terna indebolisce nel complesso le garanzie sulla tenuta della rete sarda e contraddice l'affermazione di voler rafforzare la struttura «anti black out» in Sardegna;
   la perdita di un ulteriore centro decisionale e di controllo in Sardegna, da cui prendono vita le proposte di sviluppo, modifica e indirizzo dell'intera rete energetica regionale, penalizzerebbe ulteriormente l'isola relegandola ad un ruolo di subalternità inaccettabile –:
   se sia a conoscenza di questa situazione;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per impedire che la riorganizzazione decisa dalla società Terna abbia pesanti ripercussioni sulla rete elettrica sarda, a partire dal rischio black out nel territorio regionale che, stando alla denunzia dei sindacati, sarebbe in sensibile aumento;
   quali iniziative intenda adottare per evitare che la Sardegna, già fortemente penalizzata in campo energetico, debba essere ridotta in questo settore a un ruolo di subalternità inaccettabile;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per evitare lo smantellamento della sala di controllo del centro ripartizione, che in Sardegna comprende complessivamente circa 22 lavoratori di altissima professionalità. (4-09058)


   SEGONI, PRODANI, BECHIS, BALDASSARRE, BARBANTI, TURCO, RIZZETTO, ARTINI, DAGA, VALLASCAS, TERROSI, PELLEGRINO, ZACCAGNINI e MAZZOLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   quella «geotermica» è una forma di energia naturale che trova origine dal calore della terra e, tra le energie rinnovabili, ha un valore aggiunto che condivide soltanto con l'idroelettrico: la continuità della produzione. Per questo motivo, i progetti più interessanti affiancano oggi la geotermia alle altri fonti rinnovabili, per le quali verrebbe a costituire un importante sostegno nei momenti di scarsa produzione. La geotermia, quindi, può essere intesa come un elemento importante per la «green economy» e un sostegno significativo per sviluppare politiche «low carbon»;
   lo sviluppo corretto della geotermia porta con sé inoltre non solo benefici ambientali, contribuendo in maniera importante alla lotta contro i cambiamenti climatici, ma offre anche importanti occasioni per la creazione di nuovi posti di lavoro;
   l'Italia, per le sue caratteristiche morfologiche, ha risorse geotermiche importanti e poco sfruttate: secondo i dati forniti dall'unione geotermica italiana, le risorse geotermiche del territorio italiano potenzialmente estraibili da profondità fino a 5 chilometri sono dell'ordine di 21 exajoule (21x1018 joule, corrispondenti a circa 500 mtep, ovvero 500 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio). I campi geotermici ad alta entalpia, per il cui sfruttamento si dispone di una tecnologia matura, e il cui utilizzo per la produzione di energia geotermoelettrica è oggi possibile a costi competitivi con le altre fonti energetiche, si trovano nella fascia preappenninica – tra Toscana, Lazio e Campania – in Sicilia e Sardegna così come nelle isole vulcaniche del Tirreno;
   in data 15 aprile 2015 le Commissioni parlamentari VIII e X hanno approvato all'unanimità la risoluzione conclusiva di dibattito n. 8-00103 «Produzione di energia da impianti geotermici» (testo scaturito delle risoluzioni nn. 7-00486 Braga, 7-00519 Abrignani, 7-00529 Pellegrino, 7-00530 Segoni, 7-00648 Vallascas)con la quale il Governo è stati impegnato ad emanare, entro sei mesi dall'approvazione della risoluzione, delle «linee guida (...) che individuino (...) i criteri generali di valutazione, finalizzati allo sfruttamento in sicurezza della risorsa, tenendo conto delle implicazioni che l'attività geotermica comporta relativamente al bilancio idrologico complessivo, al rischio di inquinamento delle falde, alla qualità dell'aria, all'induzione di micro sismicità» –:
   quali siano le iniziative intraprese in merito all'emanazione delle «linee guida» richiamate in premessa;
   a che punto sia ad oggi l’iter dei lavori per la loro elaborazione;
   se prevedano che possa essere rispettato il termine di sei mesi per la loro emanazione;
   quali strumenti verranno impiegati per rendere tali «linee guida» facilmente reperibili e divulgabili. (4-09062)

Apposizione di firme a risoluzioni.

  La risoluzione in Commissione Carrescia e altri n. 7-00673, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marco Di Maio, Cova.

  La risoluzione in Commissione Albanella e altri n. 7-00674, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 maggio 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Peluffo, Damiano, Gnecchi, Boccuzzi, Casellato, Dell'Aringa, Di Salvo, Cinzia Maria Fontana, Gregori, Gribaudo, Incerti, Maestri, Martelli, Paris, Giorgio Piccolo, Rotta, Simoni, Tinagli, Zappulla.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della mozione Marchi n. 1-00825, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 412 del 21 aprile 2015.

   La Camera,
   premesso che:
    il cambiamento dell'assetto istituzionale e finanziario degli enti territoriali costituisce uno snodo centrale nell'ambito della complessiva azione riformatrice del Governo e del processo di risanamento del Paese;
    dal primo punto di vista, l'intervento più significativo è costituito dalla legge 7 aprile 2014, n. 56, che ha dettato un'ampia riforma in materia di enti locali, prevedendo l'istituzione e la disciplina delle città metropolitane, la ridefinizione del sistema delle province ed una nuova disciplina in materia di unioni e fusioni di comuni;
    a ciò si unisce, sotto il profilo della contabilità, il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, adottato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, che ridisciplina il coordinamento della finanza pubblica al fine di rafforzare le attività di programmazione, gestione, monitoraggio, controllo e rendicontazione finanziaria tra i diversi enti che compongono la pubblica amministrazione e di favorire un migliore raccordo della disciplina contabile interna con quella adottata in ambito europeo ai fini del rispetto del patto di stabilità e crescita;
    dal punto di vista finanziario e del risanamento, per le disposizioni contenute nella legge 29 dicembre 2014, n. 190, gli enti territoriali concorreranno complessivamente al contenimento della spesa pubblica per circa 6,2 miliardi di euro nel 2015, 7,2 nel 2016 e 8,2 nel 2017, senza tener conto delle ulteriori riduzioni operate dal decreto-legge n. 66 del 2014;
    in particolare, il comma 435 dell'articolo 1 della legge di stabilità per il 2015 ha stabilito la riduzione della dotazione del fondo di solidarietà comunale di 1.200 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015; il comma 418 ha operato una riduzione della spesa corrente per province e città metropolitane di 1.000 milioni di euro per l'anno 2015, di 2.000 milioni di euro per l'anno 2016 e di 3.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Infine, il comma 398 ha disciplinato un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica delle regioni a statuto ordinario, per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, pari a 3.452 milioni di euro e il comma 400 ha stabilito entità e modalità a contributo aggiuntivo pari a 467 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 per le regioni a statuto speciale;
    si tratta oggettivamente di riduzioni molto significative per gli enti territoriali che si aggiungono a quelle già operate nel corso della XVI legislatura, pari a circa 34 miliardi di euro;
    la dimensione dello sforzo richiesto alle amministrazioni territoriali rende necessario prevedere un contesto più orientato a definire indirizzi e incentivi che non a prescrivere specifici vincoli, accogliendo anche talune richieste provenienti dai vari comparti;
    una prima risposta a questa impostazione è costituita dall'incremento al 20 per cento della quota del fondo di solidarietà comunale spettante ai comuni delle regioni a statuto ordinario sulla base delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard e l'avvio del processo di riforma del meccanismo del patto di stabilità che è stato allentato per complessivi 2.889 milioni annui, di cui 2.650 milioni ai comuni e 239 milioni alle province;
    nel documento di economia e finanza il Governo si impegna a proseguire in questa direzione favorendo il progressivo passaggio da un sistema basato sulla spesa storica ad uno che utilizza costi e fabbisogni standard, più razionale ed efficiente, in cui vengano premiati con maggiori spazi finanziari e, quindi, maggiori possibilità di investimento gli enti che hanno ridotto la spesa corrente e che hanno una maggiore capacità di riscossione delle entrate proprie;
    ulteriori misure a beneficio del comparto degli enti locali sono la possibilità di destinare i proventi delle concessioni edilizie per il finanziamento di spese correnti, la facoltà di rinegoziare mutui, l'innalzamento dall'8 al 10 per cento dell'importo massimo degli interessi passivi rispetto alle entrate dei primi tre titoli delle entrate del rendiconto per poter assumere nuovi mutui o finanziamenti, il passaggio da tre a cinque dodicesimi del limite massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria, l'assegnazione delle maggiori somme riscosse per effetto della partecipazione all'azione di contrasto all'evasione fiscale;
    rispetto alle regioni a Statuto ordinario, per le quali il comma 463 ha introdotto la disciplina del pareggio di bilancio, si è prevista una fase transitoria per l'anno 2015 finalizzata a rendere più flessibile il passaggio al nuovo sistema;
    inoltre, i commi da 484 a 488 hanno esteso anche al 2015 la disciplina del patto verticale incentivato, che favorisce una maggiore flessibilità per il rispetto degli obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti territoriali;
    a fronte dell'importante contributo al risanamento dei conti pubblici che arriva dagli enti territoriali, permangono alcune situazioni di criticità che potrebbero incidere sul livello e sulla qualità di erogazione di servizi ai cittadini, in particolare per quel che riguarda l'attuazione del Patto per la salute per gli anni successivi al 2015, il riparto del taglio alle città metropolitane e il rifinanziamento di 625 milioni del fondo compensativo IMU-TASI;
    su questi argomenti si stanno svolgendo incontri politici e tecnici con le rappresentanze delle parti interessate finalizzati a individuare soluzioni condivise alle questioni tuttora aperte;
    l'importanza del comparto territoriale richiede interventi organici e di ampio respiro da attuare necessariamente all'interno di un percorso condiviso a tutti i livelli istituzionali, a cominciare dalla ridefinizione e semplificazione della fiscalità immobiliare comunale in coerenza con gli indirizzi contenuti nel documento di economia e finanza 2015,

impegna il Governo:

   ad adottare con la massima sollecitudine ogni iniziativa utile volta a dare soluzione alle principali criticità normative relative agli enti territoriali, con particolare riferimento:
    a) all'attuazione dell'intesa del 19 febbraio 2015 raggiunta in seno alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in particolare in merito alla rideterminazione degli obiettivi del patto di stabilità interno dei comuni per gli anni 2015-2018 e delle sanzioni per mancato raggiungimento degli obiettivi;
    b) alla sostenibilità del concorso al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per il comparto province e città metropolitane, stabilendo la possibilità di rinegoziare i mutui e utilizzare gli spazi ottenuti a copertura di spese correnti, l'esclusione dalla sanzione sul personale delle proroghe dei contratti di lavoro a tempo determinato (anche per le città metropolitane e le province che non hanno rispettato il patto di stabilità nel 2014) e la disapplicazione dei limiti alle assunzioni per l'assorbimento del personale;
    c) alla gradualità e flessibilità della fase di avvio a regime dell'armonizzazione contabile;
    d) all'introduzione di meccanismi di perequazione per l'applicazione delle nuove norme in materia di Imu-agricola e al rinnovo, almeno parzialmente, di quelli previsti per il passaggio dall'Imu alla Tasi;
    e) all'attuazione dell'intesa del 26 febbraio 2015 raggiunta in seno alla Conferenza Stato-regioni in merito alle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 398, 465 e 484, della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
   a valutare l'opportunità di consentire a province e città metropolitane di non approvare il bilancio pluriennale, limitandosi al solo bilancio di previsione 2015 in cui siano illustrate le spese sostenute per funzioni fondamentali e funzioni non fondamentali, in modo da accertare le entrate effettivamente destinate all'esercizio di tali funzioni, e consentendo, in via eccezionale, l'utilizzo degli avanzi di gestione 2014 per il conseguimento degli equilibri;
   a definire entro il 2015 un assetto stabile della finanza locale in grado di consentire reale autonomia ed effettive e virtuose possibilità di programmazione da parte degli enti locali;
   ad assumere iniziative per prevedere un'ulteriore evoluzione del sistema dei vincoli di cui agli articoli da 9 a 12 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nell'ottica di istituire un sistema di vincoli di finanza pubblica tra Stato e amministrazioni locali che sia caratterizzato da semplicità operativa, linearità di funzionamento e piena coerenza con le regole fiscali che la Repubblica deve rispettare con i partner europei;
   a procedere al riordino e alla semplificazione, all'interno della legge di stabilità per l'anno 2016, della fiscalità immobiliare comunale, al fine di garantire un assetto legislativo e finanziario definitivo e stabile in materia, prevedendo, altresì, adeguate forme di perequazione verticale e meccanismi di monitoraggio e verifica dei criteri di alimentazione e distribuzione tra i comuni delle risorse del fondo di solidarietà comunale;
   a proseguire e rafforzare ulteriormente il percorso già avviato volto a rilanciare e sostenere i programmi di investimento degli enti locali.
(1-00825)
(Nuova formulazione) «Marchi, Tancredi, Paola Bragantini, Misiani, Guerra, Laforgia, Melilli, Causi, Marchetti, Fragomeli, Carnevali, Fabbri, Scuvera, Ginato».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05329 del 14 aprile 2015;
   interrogazione a risposta scritta n. 4-08973 del 29 aprile 2015;
   interrogazione a risposta orale n. 3-01468 del 4 maggio 2015;

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Gasparini e altri n. 4-09001 del 30 aprile 2015 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05502.

ERRATA CORRIGE

  Mozione Faenzi e altri n. 1-00784 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 405 del 9 aprile 2015.
  Alla pagina n. 23701, prima colonna, dalla riga ventitreesima alla riga venticinquesima, deve leggersi: «n. 504, per i soggetti individuati sulla base delle disposizioni previste dal decreto del Ministro» e non come stampato. Alla pagina 23701, prima colonna, dalla riga quarantacinquesima alla riga quarantottesima, deve leggersi: « il minor gettito complessivo derivante dalla mancata entrata tributaria» e non come stampato. Alla pagina 23701, seconda colonna, alla prima riga, deve leggersi: «attraverso l'immediata», e non come stampato.