Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 30 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    l'educazione alimentare pone le basi per un corretto regime dietetico, indispensabile all'organismo per il mantenimento dello stato di salute e di benessere. Le regole di buona educazione alimentare dovrebbero essere seguite da tutti: paradossalmente, nei Paesi industrializzati una buona fetta di popolazione registra un apporto insufficiente di alcuni micro-nutrienti indispensabili, poiché ha la tendenza a «mangiare troppo e male»;
    le esigenze dell'organismo devono essere sempre soddisfatte: di conseguenza gli alimenti dovrebbero essere assunti con la consapevolezza del loro valore nutrizionale e del relativo apporto di sostanze nutritive e funzionali, allo scopo di trarre vantaggio dalle loro proprietà intrinseche. La piramide alimentare rappresenta un'ideale composizione della dieta mediterranea, in cui nei diversi settori trasversali sono inseriti tutti gli alimenti che si dovrebbero assumere: la frequenza di assunzione dei cibi rappresentati in figura dovrebbe diminuire man mano che ci si avvicina al vertice;
    l'obesità è una condizione caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso corporeo, condizione che determina gravi danni alla salute. È causata nella maggior parte dei casi da stili di vita scorretti: da una parte, un'alimentazione scorretta ipercalorica e, dall'altra, un ridotto dispendio energetico a causa di inattività fisica. L'obesità è quindi una condizione ampiamente prevenibile;
    l'obesità rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale sia perché la sua prevalenza è in costante e preoccupante aumento non solo nei Paesi occidentali ma anche in quelli a basso-medio reddito, sia perché è un importante fattore di rischio per varie malattie croniche, quali diabete mellito di tipo 2, malattie cardiovascolari e tumori;
    secondo dati dell'Organizzazione mondiale della sanità la prevalenza dell'obesità a livello globale è raddoppia dal 1980 ad oggi; nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso (il 35 per cento della popolazione mondiale); di questi oltre 200 milioni di uomini e oltre 300 milioni di donne erano obesi (l'11 per cento della popolazione mondiale). Nel frattempo, il problema ha ormai iniziato ad interessare anche fasce più giovani della popolazione: si stima che nel 2011 ci fossero nel mondo oltre 40 milioni di bambini al di sotto dei 5 anni in sovrappeso;
    si stima che il 44 per cento dei casi di diabete tipo 2, il 23 per cento dei casi di cardiopatia ischemica e fino al 41 per cento di alcuni tumori sono attribuibili all'obesità/sovrappeso. In totale, sovrappeso e obesità rappresentano il quinto più importante fattore di rischio per mortalità globale e i decessi attribuibili all'obesità sono almeno 2,8 milioni/anno nel mondo;
    in Italia, il sistema di monitoraggio «OKkio alla salute» del Centro nazionale di prevenzione e controllo delle malattie (Ccm) del Ministero della salute (raccolta dati antropometrici e sugli stili di vita, dei bambini delle terza classe primaria 8-9 anni di età) ha riportato che il 22,9 per cento dei bambini in questa fascia di età è in sovrappeso e l'11,1 per cento in condizioni di obesità (dati relativi all'anno 2010);
    il progetto Hbsc-Italia (Health Behaviour in School-aged Children – Comportamenti collegati alla salute in ragazzi di età scolare), uno studio multicentrico internazionale a cui aderisce anche l'Italia, con l'obiettivo di approfondire le conoscenze sulla salute dei ragazzi di 11, 13 e 15 anni, nel 2010, ha evidenziato che la frequenza dei ragazzi in sovrappeso e obesi è più elevata negli undicenni (29,3 per cento) nei maschi e 19,5 per cento nelle femmine), che nei 15enni (25,6 per cento nei maschi e 12,3 per cento nelle femmine. Questo dato è particolarmente preoccupante, in quanto indica che il fenomeno obesità è in espansione e colpisce più frequentemente le generazioni più giovani;
   fra gli aspetti più critici rilevati vale la pena citare che 1'11 per cento dei bambini non fa la prima colazione e il 28 per cento la fa in maniera non adeguata, l'82 per cento fa merenda a scuola qualitativamente non corretta, il 23 per cento dei genitori dichiara che i propri figli non consumano giornalmente frutta e verdura (solo il 2 per cento dei bambini ne mangia più di 4 porzioni al giorno), il 41 per cento dei bambini beve ogni giorno bevande zuccherate (il 17 per cento più di una volta al giorno), solo 1 bambino su 10 ha un livello di attività fisica raccomandato per la sua età, mentre 1 su 2 trascorre più di due ore al giorno davanti al televisore o a videogiochi e ha un televisore in camera. Infine, circa 4 madri su 10 di bambini in sovrappeso/obesità non ritengono che il proprio figlio abbia un peso eccessivo;
   nella proposta di legge governativa (AC 2994) di riforma del sistema scolastico, attualmente in corso di esame presso la Camera, si prevede la possibilità per le scuole di ogni ordine e grado di potenziare l'offerta formativa anche attraverso l'introduzione nei POF (Piano offerta formativa) dell'educazione alimentare (articolo 2, comma 3, punto g)) soprattutto come azione preventiva e di sensibilizzazione, anche rispetto alle regole per il recupero del cibo avanzato;
    è importante sensibilizzare gli studenti e le famiglie sui corretti stili di vita alimentare al fine di favorire l'apprendimento dei rischi connessi ai disturbi dell'alimentazione, quali anoressia e bulimia. Si vive infatti in una società che offre una scelta e una abbondanza di cibo senza precedenti, proponendo al contempo ideali di magrezza, spesso irrealistici, come sinonimi di successo personale e sociale. Questi fattori possono incidere molto sul rapporto che gli adolescenti instaurano col cibo e col proprio corpo;
    sono sempre più numerose le iniziative promosse da comuni ed enti locali sull'educazione alimentare nelle scuole, tema che sta avendo grande diffusione a partire dalla scuola primaria fino alla scuola superiore. Complici il crescente aumento di disturbi alimentari in adolescenza e dell'obesità nei bambini. Si tratta di campagne informative a favore di una corretta educazione alimentare nelle scuole tese a indurre nei giovani e giovanissimi l'adozione di stili a sani e la rivalutazione di prodotti tipici del territorio, il tutto in linea con le indicazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fissate già nel 2011;
    un'occasione imperdibile sarà l'imminente EXPO 2015, dedicato al tema «Nutrire il Pianeta, Energia per la vita», per il quale è stato stilato un protocollo d'intesa tra Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Expo per il progetto di educazione alimentare nelle scuole. Nel percorso verso quest'evento le regioni e gli enti territoriali, con il supporto degli uffici scolastici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, hanno coinvolto centinaia di scolaresche in progetti didattici ed educativi;
    l'educazione alimentare è una materia interdisciplinare, capace di trasmettere la conoscenza del cibo e i comportamenti alimentari: a tal fine, le fattorie didattiche in Italia (circa 2.508) hanno promosso l'educazione al consumo consapevole e hanno messo in contatto le scuole con le tradizioni e i mestieri artigianali che rappresentano le radici delle tradizioni e delle abitudini alimentari del nostro paese;
    in tale solco appare indifferibile promuovere la sana e corretta alimentazione dei giovani e lanciare l'utilizzo dei prodotti locali nelle mense scolastiche. Con questi obiettivi la predisposizione e la sottoscrizione di protocolli d'intesa di collaborazione tra il mondo dell'agricoltura, la scuola e le istituzioni per la salute e l'educazione alimentare di giovani e famiglie sulla corretta e sana alimentazione,

impegna il Governo:

   a predisporre un progetto che si proponga di porre le basi per un approccio globale di promozione della salute che tenga in considerazione tutti gli aspetti della vita della scuola, mettendo in evidenza e valorizzando intrecci, correlazioni e collegamenti tra territorio, da un lato, e cultura, storia, benessere e alimentazione, dall'altro, ricordando come la qualità e la genuinità del cibo vanno di pari passo con la tradizione consolidata nelle attività delle comunità locali, frutto d'esperienze millenarie sulle quali oggi si innestano forti innovazioni scientifiche e tecnologiche per conseguire, come ultima finalità, il generale miglioramento dello stato di benessere dell'individuo e della collettività, attraverso la promozione del salute nel contesto scolastico;
   ad indicare linee di didattica per cui l'educazione alimentare nelle scuole non sia soltanto informativa, ma intervenga su quello che è il globale rapporto che bambini e ragazzi hanno col cibo, posto che in ogni famiglia vige una certa cultura alimentare orientata verso la sovralimentazione o salutista, dove quello dei pasti è momento di conflitto, silenzio o riunione dei componenti della famiglia e considerato che questi e altri fattori influenzano il rapporto che bambini e ragazzi sviluppano col cibo ed un intervento di educazione alimentare nelle scuole deve tenerne conto, magari anche prevedendo l'intervento di psicologi;
   a prevedere percorsi formativi nei quali la fattoria didattica diventi una scuola di ecologia all'aperto per proporre esperienze di vita agricola, come la semina e la raccolta dei prodotti della terra, per i bambini del nido, dell'asilo e delle scuole elementari, iniziative che inseriscono l'azienda agricola nella rete delle istituzioni educative presenti nei territori rurali, anche per concorrere a mantenere vitali tali territori, assicurando lo svolgimento di servizi educativi in aree altrimenti destinate all'abbandono anche al fine di avvicinare i bambini, gli insegnanti e i genitori ad una migliore conoscenza del territorio, degli alimenti e della loro storia.
(1-00842) «Rondini, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Saltamartini, Simonetti».

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    la pianificazione familiare è sempre stata riconosciuta come un diritto umano in Iran, sancito in una politica nazionale introdotta dall'ex Shah Mohammad Reza Pahlavi;
    l'obiettivo era quello di accelerare la crescita economica e di migliorare la condizione delle donne, incoraggiandole a lavorare. Una legge del 1973, entrata in vigore nel 1976, allentò le restrizioni alla sterilizzazione maschile e femminile;
    con la rivoluzione islamica del 1979 i programmi di pianificazione familiare furono smantellati e il governo incoraggiò la procreazione, destinando assegni alle famiglie per ogni bambino nato. Solo dopo la fine della guerra con l'Iraq, il programma di pianificazione familiare iraniano fu rilanciato, con l'obiettivo di limitare le dimensioni della famiglia a tre figli. Delle risorse importanti furono destinate per fornire gratuitamente una vasta varietà di contraccettivi moderni per le coppie sposate. Nel 1990, infatti, l’High Judicial Council affermò che le vasectomie erano coerenti con i principi islamici, rendendole di nuovo socialmente accettabili;
    nel 2006, il presidente Mahmoud Ahmadinejad affermò in Parlamento che due figli non erano abbastanza e che le donne avrebbero dovuto adoperarsi per farne di più, ripristinando i citati assegni per ogni nascita. Dal 2012 il fondo del «controllo della popolazione» del Ministero della salute è stato eliminato e destinato invece a far crescere le famiglie più numerose;
    nel maggio 2014, l'Ayatollah Khamenei ha pubblicato un piano in 14 punti per aumentare i tassi di crescita della popolazione. Il progetto di oggi prevede che la popolazione iraniana raddoppi a 150 milioni entro il 2050;
    l'aborto è illegale in Iran, punibile con una multa e con la reclusione fino a 5 anni, sebbene lo si pratichi comunque in condizioni segrete e spesso non sicure;
    con il rischio di un aumento intenzionale dei costi dei contraccettivi, la trasmissione di infezioni a trasmissione sessuale, compreso l'HIV/AIDS, potrebbero aumentare;
    secondo dati forniti dalle Nazioni Unite, il tasso di natalità in Iran è passato da una media di 6,4 figli per ogni donna di trent'anni fa all'attuale 1,6. Il decreto in 14 punti di Khamenei chiede la creazione di consultori e incentivi finanziari per aiutare i giovani a formare una famiglia e a procreare;
    il leader supremo si è detto preoccupato dell'innalzamento dell'età media di chi si sposa e dell'aumento del 3,4 per cento dei divorzi (dati aggiornati a marzo 2014);
    in questa direzione il Governo iraniano sta cercando di approvare due nuove leggi: nell'agosto 2014 in prima lettura è passata a grande maggioranza la Bill to Increase Fertility Rates and Prevent Population Decline (legge sull'incremento dei tassi di fertilità e sulla prevenzione del declino della popolazione) indicizzata come numero 446, mentre è attualmente in discussione la Comprehensive Population and Exaltation of Family Bill (legge quadro sulla popolazione complessiva e l'esaltazione della famiglia), indicizzata con il numero 315;
    la legge 446 vieta la contraccezione chirurgica e limita l'accesso alle informazioni sui contraccettivi, mentre la legge 315 incentiva i giudici a favorire «la riconciliazione» rispetto al divorzio, premiando con un bonus proprio quei magistrati i cui casi comportino una «riconciliazione» piuttosto che il divorzio. Tale proposta renderebbe ancora più difficile per le donne ottenere il divorzio e fuggire da relazioni violente;
    secondo l'articolo 1130 e 1133 del codice civile iraniano, il diritto dell'uomo al divorzio è illimitato, senza particolari condizioni, a differenza della donna; esclusi casi eccezionali, la donna inoltre dovrà lasciare quasi tutti i suoi averi al marito;
    secondo il codice civile nell'articolo 1043 e 1044, le donne di qualsiasi età, nel caso di primo matrimonio, devono ottenere il nulla osta dal padre o dal nonno oppure dal tribunale; i ragazzi dall'età di 15 anni possono sposarsi senza alcuna autorizzazione;
    la donna non ha facoltà genitoriale nei confronti dei figli, e nemmeno quella di amministrare i suoi possedimenti, al contrario il padre oppure il nonno, in osservanza alla legge, possono vendere l'eredità e i soldi ottenuti a loro piacimento (articoli 1180, 1181 e 1183 del codice civile);
    oltre le discriminazioni già presenti nel codice civile, le due leggi menzionate violano ulteriormente gli obblighi internazionali dell'Iran a rispettare i diritti sessuali e riproduttivi delle donne, compreso il diritto ad accedere, a costi accessibili, a beni, servizi e informazioni di alta qualità sulla contraccezione e a decidere se e quando avere figli;
    queste leggi inoltre aumentano il rischio di violenza domestica per le donne e le ragazze, la discriminazione nei loro confronti nell'ambito lavorativo, in materia di status coniugale o di maternità;
    il Governo iraniano si è impegnato a promuovere i diritti delle donne e delle ragazze, ratificando diversi trattati internazionali sui diritti umani, tra cui il Patto internazionale sui diritti civili e politici, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, e la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza,

impegna il Governo:

   a intraprendere ogni iniziativa utile, sia in ambito bilaterale che multilaterale, affinché il Governo iraniano non approvi definitivamente la legge 446 nella sua interezza, eliminando gli articoli che di fatto vietano la contraccezione chirurgica e limitano l'accesso alle informazioni sui contraccettivi;
   ad assumere iniziative affinché il Governo iraniano, fermo restando il diritto all'autodeterminazione e alla sovranità legislativa di ogni Paese, avvii nuovamente programmi di pianificazione familiare per garantire che tutte le donne e le ragazze possano accedere a beni, servizi e informazioni di qualità sulla contraccezione;
   ad assumere iniziative sul piano politico-diplomatico affinché l'Iran ritiri le disposizioni dell'approvanda legge 315, che alimentano la discriminazione nei confronti delle donne nell'ambito lavorativo e rispetto allo status coniugale o di maternità; agiscono come una barriera per ottenere il divorzio, con un impatto discriminatorio sulle donne; incentivano i giudici a favorire «la riconciliazione» sul divorzio e a valutare i loro bonus in base a quanti dei loro casi si sono conclusi con una «riconciliazione» coniugale.
(7-00671) «Spadoni, Manlio Di Stefano, Di Battista, Scagliusi, Sibilia, Del Grosso, Grande».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 28 aprile 2015, il presidente della regione siciliana ha affermato che sono ormai pronti i progetti per la realizzazione della bretella di un chilometro e mezzo che ricollegherà l'autostrada Palermo – Catania in modo veloce e quelli per la demolizione del ponte;
   il primo intervento urgente riguarderà la frana di Caltavuturo, per evitare che continui a costituire un pericolo su tutta l'arteria e evitare che possa procurare altri danni. Proprio per questo motivo è prevista la messa in sicurezza territorio;
   la regione organizzerà, a quanto si apprende, alcuni incontri insieme ai commissari delle due province, Caltanissetta e Palermo, coinvolgendo anche il direttore regionale della protezione civile, il direttore generale e il dipartimento tecnico delle infrastrutture per stilare un piano interventi, fissandone le priorità;
   l'Anas è al lavoro con la sua struttura tecnica e di progettazione, per definire gli interventi necessari a risolvere l'emergenza viabilità creatasi in Sicilia a seguito della frana che il 10 aprile 2015 ha danneggiato alcune pile del viadotto Himera dell'autostrada A19 Palermo-Catania, tra gli svincoli di Scillato e di Tremonzelli;
   si apprende che sono stati già predisposti i progetti di realizzazione della bretella di collegamento provvisorio e di demolizione dei viadotti, che potranno essere affidati con tre distinte gare per un importo di circa 10 milioni di euro;
   la bretella di collegamento provvisorio sarà dimensionata anche per il traffico pesante e servirà a collegare la strada provinciale 24 all'altezza dello vincolo di Scillato con il viadotto, consentendo con una breve deviazione di rientrare sull'autostrada A19, riducendo al minimo i disagi dell'utenza;
   i due progetti relativi alla bretella prevedono nel dettaglio la realizzazione dell'opera di innesto sul, viadotto, per la quale sono stati già effettuati dall'Anas i necessari sondaggi, con interventi di consolidamento del versante a protezione della tratta in rilevato, per un importo di circa 4,8 milioni di euro e tempi di esecuzione di 3 mesi dalla data di consegna dei lavori, oltre che l'adeguamento della SP 24 fino allo svincolo di Scillato, per un importo di circa 2 milioni e tempi di esecuzione di 2 mesi dalla data di consegna dei lavori;
   il terzo progetto, relativo all'intervento di demolizione dei tratti danneggiati delle due carreggiate del viadotto esistente, in direzione Catania e in direzione Palermo, sarà effettuato in parallelo alla realizzazione della bretella e prevedrà anche la totale rimozione dei materiali di risulta, per un importo di circa 3 milioni e tempi di esecuzione di circa 3 mesi;
   nel frattempo, l'Anas ha anche avviato la progettazione dell'intervento di ricostruzione dei due viadotti, per una lunghezza di circa 250 metri, che sarà completata entro i prossimi due mesi. Il costo dell'opera è di circa 20 milioni, con tempi di esecuzione tra i 15 e i 18 mesi, a decorrere dalla demolizione dei viadotti preesistenti –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, a che punto siano realmente i progetti per la riparazione dei danni avvenuti in seguito al crollo che il 10 aprile ha danneggiato alcune pile del viadotto Himera 1 dell'autostrada A19 Palermo-Catania, tra gli svincoli di Scillato e di Tremonzelli;
   quali siano realmente i costi stimati per la realizzazione dei lavori;
   quali sono i tempi per la nomina di un commissario delegato con poteri in deroga oltre che per la dichiarazione dello stato di emergenza, elemento essenziale per il sollecito avvio dei lavori e per la fase di realizzazione dei lavori medesimi;
   se corrisponda al vero che verrà costituito un tavolo tecnico presso la prefettura per la condivisione degli interventi proposti con gli enti territoriali e locali deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni e per coordinare gli interventi dell'Anas con quelli di stabilizzazione dei versanti in frana di competenza della regione. (3-01466)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NESCI, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, CECCONI, BARONI, GRILLO, PARENTELA, CANCELLERI e COLLETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   una neonata di Arena (Vibo Valentia), venuta alla luce all'ospedale «Jazzolino» di Vibo Valentia con parto cesareo, è morta durante il trasferimento in autoambulanza verso l'ospedale «Pugliese-Ciaccio» di Catanzaro;
   secondo quanto scrive Gianluca Prestia su Il Quotidiano del Sud del 29 aprile 2015, l'operazione «per come riferito dal direttore sanitario dell'ospedale, Michelangelo Micheli, è perfettamente riuscita tanto che, pare, la piccola nei primi minuti non avesse accusato alcun problema. La situazione, però, è drammaticamente precipitata poco dopo quando sono sorte le prime complicazioni respiratorie che hanno indotto il personale medico ad attivarsi tempestivamente per rianimare la creatura»;
   da quanto è stato possibile apprendere dai sanitari del reparto, «la bambina non avrebbe pianto e non avrebbe gridato per recuperare ossigeno, come avviene solitamente, e anzi si sarebbe presentata cianotica, violacea, a causa del presunto scarso afflusso di ossigeno»;
   dopo le prime operazioni di emergenza, per la piccola è stato tentato il trasporto in ambulanza verso il nosocomio di Catanzaro «Pugliese-Ciaccio», ma qualche minuto dopo è avvenuto il decesso. Il mezzo del 118 è, dunque, rientrato subito dopo la partenza;
   in casi di asfissia neonatale, sarebbe stato necessario collocare nel giro di pochissime ore il neonato in una condizione di ipotermia per contrastare ogni conseguenza neurologica che potenzialmente può derivare dall'asfissia stessa, ma l'unica struttura in grado di operare un tale intervento presente in Calabria è quella dell'ospedale dell’«Annunziata» di Cosenza, tanto che – secondo quanto si legge sul sito de Il Corriere della Calabria – «una volta arrivato a Catanzaro, in ogni caso, nonostante i primi interventi di rianimazione effettuati, la piccola sarebbe dovuta essere trasferita all'Annunziata di Cosenza, unico centro in Calabria in grado di mettere in atto questa pratica»;
   sul decesso della neonata la procura di Vibo Valentia ha aperto un'inchiesta con il personale della mobile coordinato dal dirigente Orazio Marini che ha iniziato ad acquisire tutta la documentazione sanitaria, il percorso della gravidanza, e poi provveduto a sentire i testimoni. Da parte sua, anche l'Asp ha avviato un'indagine interna con la richiesta, da parte del primario, dottor Imbarlina, dell'effettuazione di un esame necroscopico;
   a parere degli interroganti urge fare presto chiarezza sull'accaduto, anche perché sono svariati i casi di decessi di neonati o delle madri partorienti nelle strutture ospedaliere calabresi;
   nell'interrogazione n. 4-08940 presentata dall'interrogante il 24 aprile 2015, si raccontava di una donna di 37 anni (C.C. le sue iniziali), fisioterapista di Taverna che viveva a Squillace (due piccoli comuni in provincia di Catanzaro), morta domenica 19 aprile all'ospedale «Pugliese» di Catanzaro, poche ore dopo la nascita della figlia;
   a parere degli interroganti tali vicende non possono prescindere da una ricognizione puntuale sulle carenze della rete dell'assistenza calabrese in ordine all'evento del parto;
   nella fattispecie desta forte preoccupazione la situazione della terapia intensiva neonatale, critica a Cosenza, come a Catanzaro e a Reggio Calabria, per cui – secondo quanto detto alla scrivente dallo stesso personale medico durante una recente ispezione a Cosenza – andrebbero ricavati subito nuovi posti dedicati, per evitare di mandare mamme e famiglie fuori regione, il che è un rischio più che concreto;
   a riprova di quanto detto, preme sottolineare che il 25 febbraio 2015, sul quotidiano La Repubblica e come ricordato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-08250, si leggeva un intervento dei dottori Domenico Corea e Pasquale Novellino, rispettivamente direttore dell'unità operativa di ostetricia e ginecologia di Lamezia Terme (Catanzaro) e direttore di patologia neonatale di Catanzaro;
   nel summenzionato intervento si legge che «in Calabria la situazione è drammatica. Per un'area (Catanzaro, Crotone e Vibo) dove avvengono circa 6.000 parti l'anno a fronte dei 12 posti letto previsti in Terapia Neonatale Intensiva, sono attivi, dopo la soppressione di 4 posti letto a Crotone e 4 a Lamezia Terme, solo 4 posti letto a Catanzaro. E non infrequente è il caso di trasferimenti di donne gravide e neonati fuori regione (...) chiediamo un intervento rapido del Ministro perché non vorremmo essere facili profeti»;
   tale carenza di personale sanitario, ovviamente, è causa di pesanti sofferenze dell'utenza;
   in una situazione di tale gravità non mancano, pertanto, anche i casi di malasanità, come già denunciato nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-01564 nella quale si raccontava della morte del signor Cesare Ruffolo, affetto da 24 anni da leucemia linfatica cronica, il quale veniva ricoverato presso il reparto cosiddetto «Valentini» dell'ospedale «Annunziata», lì ricevendo una trasfusione di sangue errata, rivelatasi letale per l'anziano signore;
   in quest'occasione, oltre ai casi già summenzionati, si ricordano le interrogazioni n. 4-07916 riguardante una signora quasi novantenne completamente abbandonata all'ospedale di Crotone, n. 4-07323 riguardante il signor Nicola Guarna, morto a causa di soccorsi tardivi all'ospedale di Vibo Valentia, n. 4-07674 riguardante la signora Santina Cortese, anche lei vittima della negligenza del suo medico curante e della struttura ospedaliera, ancora dell'ospedale di Vibo Valentia;
   per quanto riguarda ancora la struttura ospedaliera di Vibo Valentia – nella quale vi è al momento una gravissima carenza di personale, mentre quello esistente, per quanto ho potuto constatare in una recente visita, lavora intensamente – purtroppo in passato ci sono state condanne definitive per omicidio colposo inflitte a medici e dirigenti in merito alla morte di Federica Monteleone, la sedicenne vibonese deceduta il 26 gennaio 2007 a seguito di un black out elettrico in sala operatoria all'ospedale «Jazzolino» durante un intervento di appendicectomia –:
   di quali elementi dispongano in relazione al caso concreto;
   quali azioni di competenza intendano intraprendere per verificare, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, il reale livello di sicurezza di tutte le strutture in cui si può partorire in Calabria, a garanzia del diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione e dell'erogazione dei livelli minimi di assistenza. (5-05490)

Interrogazioni a risposta scritta:


   GALLINELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il cosiddetto «piano Junker» ovvero il piano di investimenti per l'Europa proposto dal neo presidente della Commissione europea Jean Claude Junker rappresenta un significativo cambiamento di impostazione del nuovo Esecutivo comunitario in quanto riconosce come priorità di policy il rilancio degli investimenti sulla base della necessità di coniugare risanamento e sviluppo;
   nelle intenzioni dei legislatori comunitari, i 21 miliardi di euro assegnati in dotazione al Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), che è uno dei pilastri del piano, dovrebbero attivare un volume complessivo di oltre 300 miliardi di euro di cui una parte consistente destinata a finanziamenti per investimenti in infrastrutture, trasporti, ricerca ed energia;
   affinché gli effetti positivi in termini di crescita e sviluppo possano realizzarsi è tuttavia indispensabile che si creino alcune condizioni a sostegno dell'impiego di capitali privati; a tal riguardo, come sostenuto anche da ABI nel corso di alcune audizioni parlamentari, è indispensabile una giusta combinazione tra finanza di progetto, fondi pubblici, fondi strutturali, garanzie e credito di imposta;
   particolare enfasi ai fini della ottimizzazione dell'uso delle risorse del piano Junker e dei fondi strutturali della programmazione 2014-2020 è pertanto assegnata alla finanza di progetto come modello di partecipazione di capitale privato nella realizzazione di interventi di interesse pubblico;
   l'unità tecnica finanza di progetto istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri a norma della legge n. 144 del 1999 rappresenta una struttura organizzata ed altamente specializzata nella predisposizione e realizzazione di operazioni di partenariato pubblico-privato ed esprime certamente un team di eccellenza ed elevata qualificazione per la gestione di progetti realizzati con la finanza di progetto;
   risulta tuttavia all'interrogante che l'unità in parola è sottodimensionata rispetto al numero di organico previsto dalla legge, e non è pertanto operativa oramai dal 2013, nonostante siano state esperite due procedure ad evidenza pubblica per la selezione dei componenti e del coordinatore;
   a tal riguardo, risulta inoltre che il primo dei due bandi di gara sia viziato da forti illegittimità procedurali e il secondo sia caratterizzato da una sostanziale ed assoluta discrezionalità di scelta dei componenti a dispetto della necessaria concorrenzialità delle competenze come previsto dal regolamento della Presidenza del Consiglio dei ministri –:
   perché l'unità tecnica finanza di progetto risulti sotto organico e, trattandosi di una struttura di eccellenza e di alta specializzazione, se non ritenga urgente procedere affinché essa diventi pienamente operativa anche in considerazione dell'imminente avvio della programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di altre iniziative comunitarie. (4-09005)


   RUSSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 37, comma 6, lettera b), del decreto-legge n. 201 del 2011 (convertito dalla legge n. 214 del 2011), ha previsto un contributo per gli oneri di funzionamento dell'Autorità di regolazione dei trasporti, a carico dei «gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati»;
   con delibera n. 10 del 2014, approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 febbraio 2014, l'Autorità summenzionata includeva tra i soggetti obbligati al pagamento anche le imprese di autotrasporto;
   contro questa delibera, le più importanti associazioni del settore hanno immediatamente preso posizione, lamentando la mancanza del presupposto impositivo previsto dal già citato articolo 37, comma 6, lettera b), del decreto-legge n. 201 del 2011, ovvero l'inquadrabilità delle imprese di autotrasporto nella categoria dei «gestori delle infrastrutture e dei servizi regolati»;
   questa osservazione ha trovato concordi sia il Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, onorevole Umberto Del Basso De Caro, sia lo stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti dell'epoca, onorevole Maurizio Lupi, che con due lettere distinte, rispettivamente del 13 maggio 2014 e del 2 dicembre 2014, indirizzate al presidente dell'Autorità di regolazione dei trasporti, dottor Andrea Camanzi, hanno evidenziato le criticità sottese all'inclusione delle imprese di autotrasporto tra i soggetti obbligati al contributo;
   in particolare, le due missive hanno evidenziato che:
    «l'estraneità dell'autotrasporto alla fattispecie in commento risulta evidente, ove solo si consideri che il mercato del trasporto di merci su strada, nazionale ed internazionale, è completamente liberalizzato...»;
    «le imprese di autotrasporto di merci per conto di terzi ... già versano una quota annuale ad Organi che svolgono effettivi compiti specifici in materia, quali il Comitato Centrale dell'Albo e l'Autorità Antitrust; l'ulteriore contributo richiesto dall'Autorità aggrava dunque il carico fiscale, con ripercussioni negative anche sulla finanza pubblica, incentivando di fatto la delocalizzazione delle imprese, già molto diffusa»;
    «l'Autorità di regolazione dei trasporti è chiamata ad operare in riferimento ai vari settori delle infrastrutture e dei trasporti in cui ancora sussistono profili di esercizio delle attività in regime di esclusiva o di diritti speciali. Non è questo il caso dell'autotrasporto di merci su strada in cui l'accesso al mercato è libero e l'esercizio dell'attività consentito a chiunque abbia i requisiti previsti dalla normativa di settore»;
   nonostante queste autorevoli prese di posizione la questione è rimasta irrisolta visto che l'Autorità dei trasporti, con delibera n. 78 del 2014 approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 aprile 2015, ha continuato ad includere le imprese di autotrasporto tra i soggetti tenuti al contributo sebbene, nelle premesse del citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, si dia atto che sulla materia è in atto un contenzioso;
   in particolare, nel predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si legge che «sulla materia è insorto un contenzioso riferito all'individuazione della platea dei soggetti tenuti al versamento del citato contributo all'Autorità di Regolazione dei Trasporti, a seguito della delibera n. 10/2014 del 10 gennaio 2014»;
   è necessario che questo contenzioso venga sciolto al più presto, come peraltro è stato più volte sollecitato dalle principali associazioni dell'autotrasporto (l'ultima volta con lettera del 28 aprile), tenuto conto che: la platea degli obbligati al pagamento è stata ampliata a seguito della riduzione della soglia di fatturato che da diritto all'esenzione (si è passati dagli 80 milioni di euro del 2014, ai 30 milioni di euro del 2015); si avvicina la scadenza del 29 maggio per il versamento dei primi 2/3 del dovuto –:
   quali ulteriori iniziative urgenti di competenza intendano adottare, per far sì che le imprese di autotrasporto vengano definitivamente escluse dalla platea dei soggetti tenuti al pagamento del contributo all'Autorità di regolazione dei trasporti.
(4-09011)


   BURTONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'agenzia di distribuzione «Toscano Gaetano sas di Sergio Toscano & C.» ha deciso di interrompere, a partire dal 1o marzo 2015, la fornitura di giornali quotidiani e periodici in ben 23 comuni del messinese, e precisamente: Montagnareale, Librizzi, Montalbano Elicona, Castel Umberto, San Piero Patti, Raccuja, Sinagra, Ficarra, Naso, Ucria, Basicò, Tripi, San Fratello, Tortorici, Galati Mamertino, Meri, Tusa, Sant'Angelo di Brolo, Pettineo, Novara di Sicilia, Mistretta, Mazzarà Sant'Andrea e Furnari;
   a quanto risulta dall'interrogante, la Toscano sas opera in regime di monopolio di fatto, essendo l'unico distributore della zona di una pluralità di giornali quotidiani e periodici, quali, ad esempio, Corriere della Sera, La Gazzetta dello Sport, la Repubblica, il Sole 24 Ore, La Sicilia, La Gazzetta del Sud, Quattroruote, Meridiani, Oggi, Visto, Di più, Diva e Donna, Tv mia, Max, Guerin Sportivo, Motosprint, Famiglia Cristiana, l'Espresso ed altri;
   gli edicolanti dei comuni interessati dalla «chiusura», pertanto non hanno di fatto la possibilità di rivolgersi ad altro distributore diverso dalla Toscano sas in quanto quest'ultima è «esclusivista» di zona per la distribuzione dei giornali quotidiani e periodici in via esemplificativa sopra elencati;
   questa situazione determina una chiara ed intuibile lesione ai princìpi fondamentali – di rango costituzionale e comunitario – della libertà di pensiero, del pluralismo e della «facile accessibilità» del beneinformazione, oltre che enormi pregiudizi patrimoniali e non patrimoniali a carico dei rivenditori stessi, costretti a cessare la propria attività, con conseguenti preoccupanti risvolti occupazionali per l'intera comunità;
    la popolazione intera vede irrimediabilmente leso il proprio diritto costituzionale all'informazione. Popolazione – è bene precisarlo – «montana» e formata in gran parte da persone anziane, non in grado di accedere al «bene» informazione mediante canali alternativi, primo tra tutti il web;
   la motivazione addotta dal distributore a sostegno della sua decisione di interrompere le forniture, ossia l'assunta antieconomicità del punto vendita, è secondo l'interrogante non condivisibili, considerato che la regione siciliana – proprio al fine di garantire su tutto il territorio il servizio di distribuzione dei giornali quotidiani e periodici – all'articolo 30-bis della legge regionale n. 32 del 2000, introdotto dall'articolo 4 della legge regionale n. 9 del 2009, ha previsto un contributo regionale a favore delle imprese di distribuzione della stampa al fine di incentivare la diffusione delle opere editoriali nell'intero territorio regionale. Contributo pubblico che, in aperta deroga ai princìpi della libera concorrenza, si spiega solo considerando la circostanza che i giornali quotidiani e periodici non sono meri prodotti commerciali, ma beni la cui destinazione è «funzionalizzata» al perseguimento di interessi pubblici –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative di competenza, anche normative, per garantire e promuovere il diritto costituzionale al pluralismo informativo, con particolare riguardo alle aree montane o che si trovano in situazione territoriale e sociale svantaggiata, evitando così casi come quello descritto che producono oltre tutto conseguenze economiche e sociali che danneggiano la categoria degli edicolanti, con pregiudizi occupazionali gravi, in un territorio già pesantemente toccato dalla crisi. (4-09015)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Desana (VC), a seguito di un'interrogazione comunale del consigliere Pompeo Evangelista (atti comune prot., n. 635 del 3 marzo 15, n. 826 del 20 marzo 2015 e n. 869 del 30 marzo 2015), si apprende che comune e gestore idrico hanno dotato l'acquedotto locale, già dal 2010, di filtri a carboni attivi, per la presenza rilevata dell'erbicida bentazone, senza avere informato, in alcun modo, la popolazione del rischio occorso, né del provvedimento adottato a seguito delle disposizioni della asl di Vercelli — documenti prot. n. 387 e 388 del 5 febbraio 2015;
   i pesticidi o prodotti fitosanitari sono utilizzati nell'agricoltura convenzionale per combattere organismi nocivi, per la protezione delle piante e per la conservazione dei prodotti vegetali, così come durante il trasporto e durante la giacenza dei prodotti alimentari nei magazzini e nei silos;
   il regolamento (CE) n. 396/2005 e suoi successivi aggiornamenti fissa i livelli massimi di residui (LMR) di pesticidi negli alimenti, secondo il principio che sia possibile stabilire, per ogni sostanza tossica, una quantità che non danneggia l'organismo;
   l'Ente federale per la sicurezza alimentare (EFSA) ha ritenuto, però, che questo principio non tiene conto degli effetti a lungo termine dei pesticidi, né del fenomeno dell'accumulo delle sostanze tossiche negli organi, i cui effetti non sono sempre prevedibili e causano, nel tempo, tossicità cronica;
   il recente rapporto dell'ISPRA di novembre 2014 documenta e registra l'ulteriore incremento di pesticidi nelle acque superficiali e profonde del nostro Paese, individuando, in particolare, la Pianura Padana come area maggiormente contaminata;
   in Francia, un decreto di revisione e aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali in agricoltura ha introdotto la malattia di Parkinson provocata dai pesticidi, riconoscendola come malattia professionale per i vignaioli;
   la direttiva 60/2000/CE – direttiva quadro sulle acque – stabilisce che entro il 31 dicembre 2015 tutte le acque superficiali e sotterranee devono raggiungere lo standard di qualità «buono»;
   la direttiva 118/2006/CE, relativa alla protezione delle acque sotterranee, obbliga gli Stati membri a garantire la più stringente protezione delle acque sotterranee;
   l'articolo 93 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni prevede l'identificazione di aree vulnerabili da prodotti fitosanitari, al fine di proteggere le risorse idriche da tale inquinamento;
   l'articolo 94 del decreto legislativo 152 del 2006 e successive modificazioni e integrazioni prevede la tutela delle acque destinate al consumo umano, attraverso la protezione delle zone di ricarica delle falde, con l'individuazione di zone di tutela assoluta, zone di rispetto e zone di protezione;
   il decreto legislativo 195 del 2005 garantisce e promuove l'accesso del pubblico all'informazione ambientale su richiesta e, in particolare, il comma 5 dell'articolo 8 evidenzia come «in caso di minaccia imminente per la salute umana e per l'ambiente, causata da attività umane o dovuta a cause naturali, le autorità pubbliche, nell'ambito dell'espletamento delle attività di protezione civile previste dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, e dalle altre disposizioni in materia, diffondono senza indugio le informazioni detenute che permettono, a chiunque possa esserne colpito, di adottare misure atte a prevenire o alleviare i danni derivanti da tale minaccia»;
   l'articolo 10 del decreto legislativo 31 del 2001 – Provvedimenti e limitazioni dell'uso –, nel caso in cui le acque destinate al consumo umano non corrispondano ai valori di parametro fissati, prevede che l'autorità d'ambito, d'intesa con l'azienda unità sanitaria locale interessata e con il gestore, individui tempestivamente le cause della eventuale non conformità delle acque, indicando i procedimenti necessari per ripristinare la qualità e, al contempo, che le autorità competenti informino i consumatori in ordine – ai provvedimenti adottati; con il comma 2 dell'articolo 8 del succitato decreto, i controlli delle acque destinate al consumo umano sono direttamente correlati a quelli operati nell'ambito dei piani di tutela delle acque, secondo la vigente normativa, e, in tal senso, è indicato l'adeguamento della gamma di sostanze da analizzare per i controlli delle acque destinate al consumo umano, inserendo, per maggiore tutela della salute umana, quelle che vengono pervenute nelle acque anche di natura superficiale; infine, con l'articolo 8 comma 3, le locali aziende sanitarie assicurano, a tal proposito, ricerche supplementari sulle sostanze straordinariamente emerse dalle analisi ambientali e periodiche, con le metodiche predisposte dall'Istituto superiore di sanità –:
   se non ritengano opportuno, a fronte del recente rapporto dell'Ispra e quindi dei dati relativi all'incremento diffuso di pesticidi nelle acque superficiali e profonde – considerando anche l'esempio del caso del comune di Desana –, promuovere un'estesa indagine epidemiologica, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, per conoscere la reale condizione di salute dei cittadini delle zone individuate come più rischiose e contaminate;
   se non si ritenga necessario, per quanto di rispettiva competenza, attuare controlli più vincolanti, necessari a garantire il rispetto della normativa vigente e l'attivazione di tutte le misure previste per la gestione dei rischi, salvaguardando la salute dei cittadini e l'ambiente;
   se intendano avviare le azioni necessarie di competenza, affinché vengano rispettate, in tutte le loro parti, le norme in vigore in materia di prodotti fitosanitari;
   ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, per definire un'unica autorità di riferimento in materia per i cittadini, che possa coordinare l'attività di tutte le autorità preposte già al controllo. (5-05488)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, BRUGNEROTTO, BUSINAROLO, BUSTO, COZZOLINO, DA VILLA, FANTINATI, SPESSOTTO e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la direttiva 2009/128/CE, articolo 7, afferma: «Gli Stati membri adottano misure volte a informare la popolazione e a promuovere e agevolare i programmi di informazione e di sensibilizzazione e la disponibilità di un'informazione accurata ed equilibrata sui pesticidi per la popolazione, in particolare sui rischi e i potenziali effetti acuti e cronici che comporta il loro impiego sulla salute umana, gli organismi non bersaglio e l'ambiente, e sull'utilizzo di alternative non chimiche»;
   l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), nel rapporto 208/2014, certifica che le falde acquifere superficiali sono inquinate da prodotti fitosanitari, principalmente erbicidi (glifosate ed il suo metabolita AMPA), fungicidi ed insetticidi e che la contaminazione è più diffusa nelle aree della pianura padano-veneta;
   la monografia IARC, Volume n. 112, classifica il glyphosate «probabile cancerogeno per l'uomo» e lo inserisce nel gruppo 2A;
   l'Organizzazione mondiale della sanità scrive che il glyphosate può provocare il linfoma non Hodgkin e il cancro ai polmoni;
   l'associazione dei Medici per l'Ambiente (ISDE), nella pubblicazione «Position Paper» elenca problemi per la salute e l'ambiente derivanti dall'uso di fitosanitari in agricoltura;
   tra gli obiettivi del PAN (Piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei fitosanitari) ci sono: ridurre i rischi e gli impatti dei prodotti fitosanitari sulla salute umana, sull'ambiente e sulla biodiversità; proteggere gli utilizzatori dei prodotto fitosanitari e la popolazione interessata; tutelare i consumatori;
   il «principio di precauzione» del Trattato UE: TITOLO XIX - AMBIENTE, è stato introdotto dall'articolo 174 è stato recepito nel decreto legislativo n. 152 del 2006 articolo 301, comma 1 e nel decreto legislativo n. 150 del 2012 articolo 2, comma 2, e confermato in molte sentenze della Corte Europea, es. (Trib. CE, Seconda Sezione ampliata, 26 novembre 2002, T-74/00 Artegodan): «il principio di precauzione è il principio generale del diritto comunitario che fa obbligo alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali interessi sugli interessi economici» e del Consiglio di Stato, es. sentenza n. 01281/2013, dove afferma: «L'applicazione del principio di precauzione postula l'esistenza di un rischio potenziale per la salute e per l'ambiente, ma non richiede l'esistenza di evidenze scientifiche consolidate sulla correlazione tra la causa, oggetto di divieto o limitazione, e gli effetti negativi che ci si prefigge di eliminare o ridurre»;
   il Ministero della salute, dal 2012 al 2014 ha autorizzato 176 fitosanitari in deroga (articolo 53 CE/1107/2009); anche con principi attivi non ancora autorizzati dalla UE, vedere risoluzione in Commissione 7/00435;
   la regione Veneto, con protocollo n. 106112 dell'11 marzo 2015, a fronte di una richiesta fatta in data 5 marzo 2015 da Confcooperative Veneto, approva in deroga e autorizza l'utilizzo dei seguenti principi attivi: Mancozeb, Fluopyram, Tebuconazole, Glufosinate Ammonio; con classi di rischio aventi effetti cronici per la salute:
   a) R63 Possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati;
   b) R60 Può ridurre la fertilità;
   c) R40 possibilità di effetti cancerogeni – prove insufficienti;
   la regione Veneto aveva già autorizzato questi 4 principi attivi nelle Linee tecniche difesa integrata 2015, come normale utilizzo nei vari settori agricoli;
   la regione Veneto, già nell'anno 2014, aveva autorizzato in deroga n. 30 tra prodotti fitosanitari e principi attivi, dei quali n. 8 con effetti cronici per la salute e n. 6 con classe di rischio tossica e molto tossica (T/T+). Inoltre ha autorizzato in deroga principio attivo 1,3 Dicloropropene, non approvato dall'Unione europea –:
   se i Ministri interrogati sono a conoscenza dei gravi fatti illustrati in premessa;
   se tali fatti si verifichino, oltre che in Veneto, anche in altre regioni del Paese;
   quali iniziative, anche di natura normativa, siano in atto per informare i cittadini dei pericoli per la salute derivanti dall'utilizzo di questi principi attivi in agricoltura e nell'ambiente urbano;
   quali iniziative, anche di natura normativa, intenda assumere per ridurre l'utilizzo degli erbicidi chimici inquinanti le falde acquifere superficiali e sotterranee;
   quali iniziative, anche di natura normativa, intenda assumere per vietare l'utilizzo dei fitosanitari con effetti cronici sulla salute, prevedendone il divieto di utilizzo, oltre che nel PAN A.5.6.1 anche per il PAN A.5.6.2. per la maggior tutela della salute dei nascituri e degli abitanti;
   quali metodi e procedure i Ministri interrogati, nell'ambito delle loro specifiche competenze, intendano attivare per applicare il «principio di precauzione» così come espresso in premessa.
(4-09008)


   PARENTELA, DIENI e NESCI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a Bocale (RC) permane una situazione di grave degrado ambientale e di oggettiva pericolosità per i cittadini con le baracche ancora sulla spiaggia-spazzatura a un passo della stazione;
   i vari appelli degli abitanti al comune, prefettura, Arpacal, Asp, comando vigili urbani, capitaneria di porto e, per conoscenza, procura della Repubblica, comando carabinieri e Legambiente non hanno portato a quanto consta agli interroganti le autorità destinatarie ad intervenire efficacemente;
   l'estate scorsa un sopralluogo da parte del Nucleo operativo ecologico (Noe) dei carabinieri c’è stata ma «A un anno di distanza», scrive un cittadino nella sua segnalazione riportata nelle testate locali, «nessuna misura concreta è stata adottata e ad aggravare la situazione hanno contribuito le mareggiate invernali che hanno trascinato sul bagnasciuga, in balia delle onde, amianto, materiale di risulta, vecchi elettrodomestici, serbatoi materassi, tavoli, pensili, frigoriferi...». «Oggi le baracche si presentano sventrate e bagnate dalle onde, ma ancora collegate alla rete elettrica attraverso un contatore posizionato sulla spiaggia a rischio perenne di corto circuito; una di esse è addirittura bruciata lo scorso inverno, mentre un'altra (quella meno danneggiata dal mare) è attualmente utilizzata anche per pernottare. Intanto i cittadini (adulti e bambini) che per accedere alla spiaggia dalla stazione devono necessariamente passare attraverso queste macerie, rischiano la propria incolumità tutti i giorni»;
   l'eternit, fortemente deteriorato e decomposto, rilascia le sue fibre letali; i tondini di ferro arrugginito fuoriescono pericolosamente dal cemento sbriciolato; le strutture rimaste in piedi sono talmente instabili che a volte basta un colpo di vento un po’ più forte per farle cadere, gli elettrodomestici e le masserizie stanno inquinando il mare e il suolo;
   l'amministrazione comunale, pochi giorni fa, ha annunciato un piano straordinario per la rimozione dei rifiuti speciali, affidato a tre ditte specializzate. Non disponendo di grandi risorse finanziarie, il comune di Bocale ha deciso di procedere, in una prima fase, recependo le priorità indicate dalla capitaneria di porto e dai vigili urbani;
   i carabinieri del Noe, la Guardia di finanza, la stessa capitaneria e il comando di polizia municipale — che sembrano finalmente intenzionati ad innalzare il livello dell'impegno in un settore troppo a lungo trascurato — hanno richiesto la bonifica di altri siti minacciati dall'eternit ma non è dato sapere se Bocale sia presente in questa mappa –:
   se risulti se la spiaggia di Bocale rientri tra i siti per i quali è stata richiesta la bonifica e, in caso contrario, quali iniziative intenda intraprendere nell'ambito delle proprie competenze per evitare che la situazione descritta nelle premesse non si trasformi in un pericolo ancora maggiore per l'incolumità pubblica dei cittadini calabresi delle aree coinvolte.
(4-09010)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   RONDINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il rettore dell'università di Teramo Luciano D'Amico ha annunciato recentemente di voler vendere a privati l'ex rettorato di Viale Crucioli, un edificio pubblico risalente ai primi decenni del secolo scorso, vincolato dunque ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni, e peraltro facilmente adattabile a casa dello studente a tutto vantaggio dello stesso ateneo locale;
   il prezzo dell’«offerta» rettorale sarebbe di 12 milioni di euro, di cui 4 in cassa, e 8 sotto forma di lavori di ampliamento e ristrutturazione della sede attuale dell'università, situata in collina, distante perciò da un tessuto urbano penalizzato negli anni da continue delocalizzazioni delle proprie risorse strategiche;
   tra i lavori richiesti dal rettore all'evento e acquirente privato a copertura degli 8 milioni di euro, compaiono in realtà alcuni interventi che all'interrogante non sembrano concepiti a beneficio dell'università o della sola università, ma quanto meno anche a favore dei terreni circostanti, che vedrebbero lievitare la loro rendita fondiaria, e favorire un progetto di un nuovo quartiere di cui si parla da tempo;
   appese inoltre evidente incompatibilità tra l'incarico di rettore svolto in regime di tempo pieno dal professor D'Amico ai sensi della legge 382 del 1980, e almeno uno degli altri due incarichi da lui ricoperti: in particolare quello di presidente dell'Arpa, l'ente a capitale prevalentemente pubblico che gestisce i trasporti regionali (ferrovie e autobus). Un lavoro, questo del rettore, non di semplice consigliere d'amministrazione, ma di residente, che come tale richiede anch'esso il tempo pieno –:
   se il Ministro interrogato non intenda acquisire dalla soprintendenza elementi in merito alla vendita dell'ex rettorato di viale Crucioli, che è risalente al secondo decennio del secolo scorso e sottoposto a vincolo, e, per il quale pertanto un coinvolgimento della sovrintendenza stessa nella procedura di alienazione dovrebbe essere comunque assicurata. (4-09016)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   quanto è dato sapere, in quasi 15 anni l'Agenzia delle entrate e quella delle dogane hanno bandito 9 concorsi per coprire 1.257 posti da dirigente, quasi tutti annullati per vizi nei bandi; su 1.257 posizioni dirigenziali, solo 21 sono state assegnate;
   è recente la sentenza della Corte costituzionale del 25 febbraio 2015 che ha dichiarato illegittimi 800 posti da, dirigente nominati senza concorso; ancora più recente è la sentenza del Tar che in data 29 aprile 2015 ha annullato un concorso per dirigenti dell'Agenzia delle dogane sanzionando la procedura addirittura per l’«inaffidabilità» della commissione esaminatrice;
   è assurdo che in tutti questi anni non siano stati adottati idonei provvedimenti volti ad escludere l'assegnazione di posti da dirigente con modalità e procedure illegittime da parte delle agenzie fiscali;
   tale situazione è ancora più paradossale se si pensa a coloro che sono risultati idonei avendo superato legittime prove di concorso per dirigenti nella pubblica amministrazione e non sono stati collocati –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali specifiche iniziative di competenza intenda adottare il Ministro affinché siano accertate le responsabilità e adottati i conseguenti provvedimenti, rispetto all'illegittimità, degli incarichi da dirigente assegnati e delle procedure concorsuali; 
   se il Ministro intenda adottare le idonee iniziative affinché i posti da dirigente vacanti nell'ambito delle agenzie fiscali siano assegnati, con le dovute convenzioni con le amministrazioni centrali che dispongono di graduatorie in vigore, agli idonei di concorsi per posizioni dirigenziali nella pubblica amministrazione.
(5-05481)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   nei prossimi giorni sarà resa effettiva la decisione degli organi preposti di concedere al detenuto del carcere di Tempio, Nuchis, pluriergastolano, Santo Barreca i benefici di cui all'articolo 21 dell'ordinamento penitenziario;
   capocosca calabrese, accusato e condannato per diversi efferati omicidi legati alla cosa di appartenenza, il detenuto sarebbe stato ammesso ai benefici dell'articolo 21 per una valutazione positiva rispetto al suo comportamento nella espiazione della pena;
   il detenuto rientra tra gli oltre 400 «ex 41 bis», detenuti di alta sicurezza, in regime di As1 e As3 che l'amministrazione penitenziaria ha già dislocato in Sardegna, tra il carcere di Tempio Nuchis e di Oristano Massama, trasformando di fatto l'isola in una vera e propria «Cayenna di Stato»;
   il beneficio gli sarebbe stato concesso dai magistrati di Reggio Calabria, con l'ausilio dei magistrati di sorveglianza, e la valutazione del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria della Sardegna;
   senza entrare nel merito di tali valutazioni tale decisione sta provocando giustificate e condivisibili preoccupazioni tra i cittadini di Telti e non solo, considerato che tale trattamento potrebbe dislocare in Sardegna un numero abnorme e decisamente sproporzionato di reinserimenti legato proprio al numero di detenuti già presenti nelle strutture detentive sarde;
   non risulta che tale detenuto sia considerabile un «pentito» e vista anche l'escalation criminale di cui è stato protagonista appare comprensibilmente difficile accettare che la Sardegna e un piccolo paese come Telti possano divenire teatro di sperimentazioni di reinserimento che per la natura dei reati contestati e accertati appare non sopportabile per una realtà sociale come quella sarda;
   il pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia reggina Giuseppe Lombardo secondo i legali dello stesso ritiene che «il regime carcerario di alta sicurezza nel quale Santo Barreca è attualmente allocato ha perso sostanzialmente la sua efficacia e la sua finalità», concludendo che la declassificazione del detenuto «è già avvenuta sul piano sostanziale»;
   in Sardegna, dunque, secondo questo principio applicato al caso Barreca, i capimafia vengono e restano, trovando persino lavoro, ignorando tutti i rischi di contagio e di infiltrazioni;
   la Sardegna dunque diventa baricentro nazionale per la dislocazione in carcere dei capimafia, sia nel regime detentivo di cui all'articolo del 41-bis, ben 200, ovvero un terzo dei seicento capimafia detenuti in Italia, sia assegnati al regime di alta sicurezza 1 e 3; si aggiungono inoltre all'esterno del carcere i detenuti appunto con un regime di articolo 21, ovvero detenuti a lavoro durante la giornata e in carcere nella notte;
   appaiono davvero fuori luogo e gravi le dichiarazioni rese dal direttore del carcere di Nuchis che ha dichiarato che «il detenuto non è stato autorizzato a recarsi a Sassari per frequentare i corsi e sostenere gli esami...», mentre il permesso gli sarebbe stato dato «per assolvere al desiderio espresso dal detenuto di poter riscattare la propria esistenza e di rendersi utile a quelle persone che sono bisognose di assistenza»;
   a prescindere da questi dichiarati e presunti nobili motivi appare evidente che tanti giovani di Telti e non solo, sono desiderosi di trovare occupazione e che si vedono invece «scavalcati» da tali situazioni che potrebbero reiterarsi proprio per il gran numero di detenuti pluriergastolani alla ricerca di redenzione;
   tale situazione risulterebbe fortemente contrastata dalla comunità locale;
   sarebbero in atto azioni «politiche» e «ambientali» per tentare di convincere sulla bontà dell'operazione –:
   se non ritenga il Ministro di assumere ogni iniziativa di competenza affinché queste azioni di reinserimento avvengano nell'ambiente di provenienza dei detenuti senza alterare la serenità delle comunità locali sarde;
   se non ritenga di dover adoperarsi, per quanto di competenza, affinché tali situazioni non diventino una regola di condotta con la dislocazione in Sardegna di un ulteriore peso sociale legato alla già difficilissima condizione occupazionale dei giovani sardi;
   se non ritenga di assumere iniziative per disporre blocco immediato del trasferimento dei detenuti sottoposti al regime detentivo di cui all'articolo 41-bis nelle carceri sarde del tutto inadeguate sul piano sanitario e in considerazione soprattutto dell'impatto sociale che potrebbe gravemente derivarne per possibili fenomeni di infiltrazioni della criminalità organizzata nel tessuto sociale ed economico della Sardegna, come sostenuto dai massimi esperti mondiali in materia;
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, affinché le misure di cui al citato articolo 21 siano applicate per il detenuto di cui in premessa nella regione di provenienza così come sarebbe naturale. (5-05492)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati raccolti da Cerved sono circa 104 mila le aziende che, in Italia, hanno chiuso i battenti nell'ultimo anno tra fallimenti, procedure concorsuali non fallimentari e liquidazioni volontarie;
   dall'inizio della crisi nel 2008, sono fallite più di 82 mila imprese dove lavoravano circa 1 milione di addetti e, a livello geografico, l'area più colpita nel 2014 è il nord ovest, con oltre un terzo di impieghi persi, circa 59 mila (314 mila tra 2008 e 2014);
   dal punto di vista settoriale, le aziende del terziario sono quelle più coinvolte, con 29 mila posti persi nei servizi non finanziari e 27 mila nella distribuzione. In ambito manifatturiero, colpisce il caso del sistema moda dove l'emorragia occupazionale ha toccato i 9 mila posti di lavoro;
   vista, dunque, la complessità e lo stratificarsi della normativa in materia di procedure concorsuali e le continue crisi cui sono sottoposte le imprese a causa del sovraindebitamento, si è ritenuto doveroso, da parte del Governo, procedere ad una valutazione della normativa esistente e all'analisi di eventuali proposte di riordino;
   è stato firmato, dunque, il 28 gennaio 2015, dal Ministro della giustizia, il decreto di nomina della commissione per la riforma delle procedure concorsuali, composta da magistrati, docenti universitari e professionisti, presieduta dal Dottore Renato Rordorf, presidente della I sezione civile della Corte di cassazione e supportata da un comitato scientifico. Vi fanno parte, tra gli altri, Michele Vietti che, nei suoi incarichi di Governo, sottosegretario al Ministero della giustizia e, poi, dell'economia, guidò l'ultima ampia riforma della legge fallimentare, Antonio Maforiti, responsabile affari legislativi di Confindustria, l'attuale Presidente del Consiglio nazionale forense Guido Alpa. Tra i magistrati, il Presidente della Corte d'appello di Roma Luciano Panzani, e i Presidenti dei tribunali di Genova e Modena, Claudio Viazzi e Vittorio Zanichelli. Per i dottori commercialisti Stefania Chiaruttini dell'Ordine di Milano e per gli avvocati, Franco Bonelli e Franco Gianni. Insomma una commissione assai folta, circa una trentina complessivamente i componenti, supportata da un comitato scientifico guidato dal vicecapo dell'ufficio legislativo di via Arenula Paolo Porreca;
   alla commissione – come si legge nel decreto ministeriale istitutivo – è stato assegnato il compito di analizzare organicamente il complesso delle normative in tema di procedure concorsuali e crisi d'impresa per monitorarne gli effetti e valutare la necessità di ulteriori eventuali interventi di riordino;
   in particolare, gli obiettivi della commissione saranno tra gli altri: razionalizzazione della legge e semplificazione dei procedimenti previsti dalla legge fallimentare, anche in raccordo con la disciplina del processo civile telematico; valutazione di tutte le possibili ricadute della proposta di imminente approvazione di regolamento del Parlamento europeo relativo alle procedure di insolvenza, valutando in particolare l'opportunità di introdurre una specifica disciplina nazionale per l'insolvenza di gruppo; individuazione di misure idonee a incentivare l'emersione della crisi; indagine statistica, per il periodo 2010-2014, della durata e degli esiti dei procedimenti di concordato preventivo e di fallimento e all'adozione delle conseguenti misure funzionali; individuazione di linee generali di riforma delle procedure concorsuali; ricognizione di linee di raccordo, da definirsi con il Ministero dello sviluppo economico, relative alla riforma della normativa riguardante l'amministrazione straordinaria di grandi imprese in crisi;
   al di là degli obiettivi del decreto di nomina e vista la «particolare complessità tecnica e scientifica del lavoro da compiere» per cui è necessaria la presenza di esperti anche esterni alle amministrazione, rileva il fatto che solo un esponente delle associazioni di categoria è presente tra i componenti: solo il responsabile degli uffici legislativi di Confindustria;
   la predetta associazione non rappresenta tutto il mondo dell'imprenditoria italiana, composto soprattutto da piccole e medie imprese, colpita forse in maggior modo dalla crisi e dalle sue drammatiche conseguenze –:
   quali criteri il Ministro interrogato abbia adottato nella nomina della commissione di cui sopra e quali iniziative utili intenda assumere affinché tutti i soggetti rappresentativi delle varie realtà produttive italiane siano chiamati a dare il loro contributo in seno ad un processo di riforma e riordino della disciplina delle procedure concorsuali. (4-08997)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la superstrada 407 Basentana è una delle arterie più importanti del Mezzogiorno in quanto consente di collegare la A3 dallo svincolo di Sicignano degli Alburni fino all'accesso alla SS 106 jonica nei pressi di Metaponto di Bernalda attraversando tutta la Lucania;
   è una superstrada che collega appunto il Tirreno allo Jonio;
   nel 2011 un viadotto crollò a causa della piena del fiume Basento nei pressi dello svincolo di Calciano in provincia di Matera fortunatamente senza conseguenze per le persone;
   da tempo i media locali ed in particolare la Gazzetta del Mezzogiorno denunciano la criticità strutturale di alcuni viadotti della SS 407 in particolare nei pressi di Vaglio Basilicata e di Albano di Lucania nonché sempre nei pressi delle campate del viadotto Calciano da alcuni mesi ripristinato;
   rispetto ai tratti citati si riscontrano anche con fotografie riportate dal quotidiano piloni scalzati, ferro che fuoriesce dal cemento, deterioramento dei manufatti, che inducono a non poca preoccupazione –:
   in considerazione della rilevanza strategica dell'arteria in questione e delle criticità strutturali denunciate quali iniziative intenda assumere con la massima urgenza al fine di verificare quanto riportato in premessa e quali interventi intenda porre in essere con urgenza per garantire a chi la percorre la assoluta sicurezza dell'arteria. (5-05483)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARDINALE e BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il dissesto idrogeologico che il 10 aprile 2015 ha danneggiato gravemente il viadotto Himera, sulla A-19 Palermo-Catania, il principale collegamento autostradale della Sicilia, all'altezza del chilometro 61, tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli, ora del tutto inagibile in entrambi i sensi di marcia, ha messo in evidenza la assoluta criticità del sistema infrastrutturale regionale;
   l'A-19 da tempo vede il proprio percorso interessato da una serie di deviazioni e di cantieri da cantieri stradali;
   la stessa strada statale 643 «di Polizzi», una strada alternativa per i veicoli esclusi i mezzi pesanti – provenienti dalla A-19, è interessata da uno smottamento;
   pochi mesi fa l'accesso al viadotto «Scorciavacche 2» sulla statale 121 tra Palermo e Agrigento, è crollato non appena inaugurato;
   ma non è l'unico caso considerato che già negli anni precedenti smottamenti e crolli avevano interessato il sistema viario regionale come nel caso del viadotto «Petrulla», tra Ravanusa e Licata, che provocò il ferimento di quattro persone, tra cui una donna in stato di gravidanza ed un bambino così come il viadotto sul fiume Verdura, lungo la statale tra Agrigento e Sciacca nel 2013 e ancor prima, nel 2009, il viadotto «Geremia» sulla statale 646 da Caltanissetta a Gela;
   il blocco sulla A-19 sta provocando gravissimi disagi nei collegamenti e al tessuto economico regionale;
   nel marzo 2015 la direzione infrastrutture della provincia di Palermo ha segnalato che per mettere in sicurezza la viabilità interna della sola provincia di Palermo occorrerebbero circa 200 milioni di euro e per riqualificare la rete viaria dell'isola, si stimano non meno di 650 milioni di euro;
   in base al sopralluogo fatto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Del Rio e dai tecnici dell'Anas immediatamente dopo il crollo è stato affermato che occorrono 18-24 mesi per ricostruire il ponte, dopo interventi radicali sulla frana e di messa in sicurezza del terreno circostante;
   sempre nella stessa circostanza è stato preso l'impegno che in tre mesi dovrebbe essere realizzato un collegamento provvisorio con una bretella sulla provinciale 24 e la statale 120 e una deviazione collegata allo svincolo Scillato;
   accanto a questi impegni occorre però affrontare in maniera complessiva l'emergenza infrastrutture che interessa il territorio siciliano e individuare misure di sostegno per la mobilità dei cittadini e per le imprese che vedono ulteriormente accrescere il gap di competitività a causa delle diseconomie legate alle infrastrutture –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere per affrontare quanto riportato in premessa al fine di risolvere le criticità relative al crollo lungo l'A-19 nonché le altre emergenze che interessano dal punto di vista infrastrutturale la regione Sicilia, e per pervenire alla messa in sicurezza del territorio in considerazione delle pesanti conseguenze che limitano la mobilità e penalizzano il sistema economico regionale. (4-09000)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LACQUANITI, COVELLO, OLIVERIO, MAGORNO, CARBONE, AIELLO, CENSORE, VILLECCO CALIPARI, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO e STUMPO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Gioia Tauro, nell'aprile 2010 ha eletto il sindaco Renato Bellofiore, a seguito delle sue dimissioni avvenute nel maggio 2014, l'ente locale è attualmente commissariato;
   il servizio di tesoreria del comune di Gioia Tauro, già scaduto durante l'amministrazione Bellofiore, non ripristinato neppure dai commissari attualmente presenti, non è garantito al comune di Gioia Tauro che si trova, ancora oggi, privo di un tesoriere;
   al momento non vengono corrisposti stipendi al personale dipendente del comune, 220 famiglie in gran parte monoreddito, data l'assenza di un istituto bancario disposto ad avere rapporti con il comune di Gioia Tauro;
   l'assenza di un servizio di tesoreria comporta l'impossibilità di gestire le risorse del comune;
   le conseguenze di tale situazione ricadono in particolare sui soggetti più deboli e bisognosi, a seguito dei numerosi tagli alle risorse, ad esempio per quanto concerne il trasporto dei disabili e per gli scuolabus, per il riscaldamento di scuole ed asili comunali, ed il conseguente blocco di tutti i servizi comunali (mensa scolastica, veicoli della polizia municipale, contributi alle famiglie disagiate, manutenzione del manto stradale, degli acquedotti e del sistema fognario);
   l'ente in oggetto non è in grado di gestire la raccolta dei rifiuti, perché la mancanza di liquidità non gli consente di trovare le soluzioni più adeguate, con gravi ricadute sulla salute dei cittadini per i pericoli igienico/sanitari derivanti da questo disservizio;
   il comune in questione è uno dei più importanti della Calabria e del Mediterraneo in considerazione della sua rilevanza economica e geo politica legata ad un porto strategico e alle risorse territoriali presenti –:
   se e quali iniziative intenda assumere il commissario al fine di verificare quanto riportato in premessa e se non ritenga altresì urgente che siano assunte iniziative, nei limiti delle competenze commissariali, e in tempi brevissimi, per far ripartire la struttura amministrativa e burocratica, garantendo una corretta e trasparente gestione dei servizi pubblici nonché la piena tutela dei diritti degli operatori e dei dipendenti dell'ente che contribuiscono ad assicurare ai cittadini la fruizione di tutti i servizi primari offerti dall'ente locale.
(5-05491)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 27 aprile 2015, intorno alle 22.30, due stranieri probabilmente originari dell'Est Europa hanno aggredito dinanzi all'ingresso alla propria abitazione in Albese, in Provincia di Como, il signor Marcello Vernizzi, colpevole soltanto di averli colti mentre si accingevano a svaligiargli la casa;
   il Vernizzi è stato selvaggiamente colpito con pugni e calci;
   nell'abitazione del Vernizzi si trovavano in quel momento sua moglie ed i tre figli della coppia;
   commentando l'episodio, descritto dalla stampa locale, il sindaco del comune di Albese con Cassano, ha affermato che lo Stato non è in grado di garantire la sicurezza dei suoi concittadini e l'autorità municipale è impotente, rimarcando la circostanza che anche i suoi genitori abbiano subito un furto nella loro abitazione;
   i cittadini di Albese, alle prese con una significativa impennata delle attività microcriminali ai loro danni, stanno considerando l'idea di auto-tassarsi per farsi proteggere da una società di vigilanza privata –:
   quali misure il Governo ritenga opportuno assumere per garantire la sicurezza dei cittadini residenti nel Comune di Albese. (4-09003)


   RONDINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 28 aprile Milano è ripiombata negli anni di piombo: perché, attorno alle 4 del 28 aprile, un ordigno incendiario ha distrutto lo Spazio Ritter, sede della casa editrice specializzata in storia militare, musica alternativa ed etnonazionalismo, propone testi di storia militare e di dottrina politica, ma anche romanzi e opere di piccole case editrici sovente escluse dai grandi circuiti di distribuzione che da anni costituisce un centro culturale non conformista, molto apprezzato da giovani e non solo;
   i locali in via Malocchi 28 sono stati danneggiati gravemente costringendo i vigili del fuoco a evacuare gli appartamenti sovrastanti. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito ma la scena che si presenta davanti agli occhi è stata quella di uno spazio raso al suolo: volumi carbonizzati, ovunque l'odore acre della cenere;
   da una prima ricostruzione sarebbe stato sfondato il vetro del locale e sarebbe stata utilizzata una bottiglia incendiaria;
   la proprietà dichiara che «L'impianto elettrico è fuso, I pc andati, senza contare i volumi, molti dei quali intatti ma coperti di fuliggine che, mi creda, non è cosa da poco. Senza contare, poi, la polvere degli estintori. I danni ci sono e sono tanti»;
   oltre a questo attacco vi sono stati altri due episodi nella stessa notte con un attacco ad una sede di partito e di un sindacato;
   nei prossimi giorni, nello specifico il primo maggio in città è previsto l'arrivo di elementi dei black block e dei centri sociali di mezza Europa per via dell'Expo –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e non intenda chiarire il motivo per cui la sede della casa editrice e gli altri luoghi sensibili non fossero presidiati ricordando che erano sede di incontri che ricordavano la morte di un militante di destra vittima di un brutale assassinio politico avvenuto nel 1975 ad opera di militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia operaia, e se tali misure siano previste in occasione della manifestazione del primo maggio.
(4-09004)


   MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   stando alle risultanze di un'indagine condotta da un noto quotidiano nazionale, a Borgo Panigale starebbe sul punto di essere aperto il secondo più grande consolato del Regno del Marocco dopo quello di Bruxelles, un palazzo di cinque piani preesistente, di cui si stanno modificando i locali interni;
   oltre a due sale d'attesa, spazi per conferenze, un'area giochi destinata ai bambini ed una sala ulteriore per l'allattamento di eventuali neonati, il nuovo consolato ospiterà anche almeno due moschee, una delle quali riservata al personale diplomatico e l'altra agli utenti del consolato;
   non è esclusa l'apertura di una terza moschea;
   il consolato è stato recentemente molto contestato in ragione dei tempi lunghi e delle procedure complesse da seguire per il rilascio del passaporto marocchino, che secondo le autorità del Regno si spiegherebbero soprattutto come una reazione alla volontà di spezzare alcuni meccanismi clientelari che avrebbero garantito alcuni, vantaggi indebiti a qualche intermediario –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito a quanto esposto in premessa, con particolare riguardo alle moschee che il Marocco conta di aprire nella sua nuova sede consolare di Borgo Panigale anche alla luce del fatto che dovrebbero essere aperte al pubblico esterno. (4-09012)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   recenti articoli di giornale hanno riproposto che nell'allegato A del decreto ministeriale n. 22 del 9 febbraio 2005, che regolamenta i requisiti di accesso ai Tfa (tirocini formativi attivi) e all'insegnamento, si evince che con la laurea specialistica 57 (laurea in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali) si può insegnare nelle classi di concorso 50-51-52, ossia italiano, latino e greco alle superiori. Detta laurea però non appartiene al campo delle equipollenze della vecchia lettere quadriennale. Essa dà invece accesso all'esame di stato per la figura di assistente sociale;
   si legge, inoltre, che tale incongruenza è dovuta ad un errore di trascrizione tra il codice LS 57 (laurea in programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali) e LS 51 (laurea in musicologia), laurea «figlia» di lettere «vecchio ordinamento»;
   paradossalmente ci si trova di fronte a tale situazione: laureati in musicologia LS 51 che, pur in possesso di titolo e requisiti, non potranno accedere ai Tfa per le classi letterarie alle scuole superiori e terza fascia delle graduatorie e saranno costretti a prendere un secondo titolo per questa presunta mancanza e allo stesso tempo, in base a quanto previsto dal decreto ministeriale, laureati LS 57, potenziali assistenti sociali, potranno insegnare greco, latino e italiano nelle classi di liceo;
   inoltre, una volta istituiti i licei musicali e stabiliti i titoli di accesso all'insegnamento delle varie discipline in essi contemplate, ai laureati in musicologia è stato negato l'accesso all'unica cattedra di loro diretta competenza, quella di «storia della musica», per la quale il Miur ha deciso di fissare un doppio titolo: laurea in musicologia insieme a un qualsiasi diploma di conservatorio;
   sembrerebbe che la laurea in musicologia non trovi alcuna posizione nelle materie oggetto dell'attuale liceo musicale, subendo gli interessati, oltre alla privazione di varie classi di concorso, anche il disconoscimento del proprio prosieguo lavorativo –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritenga utile assumere tempestivamente iniziative al fine di sanare tale situazione dei musicologi. (5-05485)

Interrogazione a risposta scritta:


   GELMINI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dal 21 aprile 2015, per effetto dell'avvenuta pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei decreti ministeriali di organizzazione degli uffici dirigenziali di livello non generale dell'amministrazione centrale e degli uffici scolastici regionali, adottati sulla base del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 98 dell'11 febbraio 2014, nonché per effetto dell'avvenuta registrazione presso la Corte dei conti del decreto ministeriale dell'8 aprile 2015, n. 207, l'ufficio scolastico regionale per la Lombardia ha provveduto ad una riorganizzazione interna delle strutture scolastiche del territorio;
   il decreto ministeriale dell'8 aprile 2015, n. 207 ha prescritto un piano di ripartizione degli incarichi dirigenziali di livello non generale conferiti ai sensi dell'articolo 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 165 del 2001 attribuendo, nello specifico, alla regione Lombardia solamente 5 incarichi dirigenziali da distribuire tra i diversi uffici scolastici;
   sulla base di tale decisione, gli istituti scolastici di Brescia, Mantova, Cremona e Monza restano senza provveditori, provocando in questo modo pesanti ripercussioni sul funzionamento del sistema scolastico bresciano. In particolar modo, nella riorganizzazione ministeriale è stato stabilito che la guida degli uffici scolastici, presenti nelle quattro province lombarde, potrà essere solo a reggenza, divenendo in questo modo delle «succursali» di altri istituti scolastici che invece manterranno la figura del dirigente titolare;
   con i decreti ministeriali di organizzazione degli uffici dirigenziali dell'amministrazione centrale e degli uffici scolastici regionali è previsto, in particolar modo, che i dirigenti di tipo tecnico non possono più essere titolari di un ufficio amministrativo, ma possono invece diventarlo in qualità di reggente;
   la scelta di far retrocedere gli uffici scolastici, da sedi titolari di dirigenza a sedi di reggenza, di ben quattro province su dodici della regione Lombardia ha generato stupore e sconcerto, poiché con i decreti ministeriali di organizzazione degli uffici dirigenziali degli uffici scolastici non sono stati garantiti né un numero sufficiente di dirigenti, al fine di assicurare la copertura di tutti gli uffici scolastici regionali presenti sul territorio, né un numero adeguato di posizioni economiche tali da riconoscere una equa remunerazione a dirigenti che sono attualmente a capo di realtà molto complesse;
   la decisione rivela tutta la sua inadeguatezza sia dal punto di vista strutturale, considerato che i dati riguardanti gli istituti scolastici di Brescia, Mantova, Cremona e Monza, come il numero degli alunni, dei docenti, dei dirigenti e del personale ATA attestano una elevata complessità territoriale di tali strutture e sia dal punto di vista temporale visto che ci troviamo a ridosso della fine dell'anno scolastico, degli imminenti esami di maturità, nonché degli spostamenti di personale e del nuovo piano assunzioni annunciati dal Governo –:
   se il Ministro interrogato intenda fare chiarezza sulla questione descritta in premessa e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire nei presidi scolastici della regione Lombardia un numero congruo di provveditorati al fine di assicurare a tutti i cittadini il diritto all'istruzione e alla formazione ex articolo 34 della Costituzione. (4-09006)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:


   BOSCO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la cassa di previdenza ed assistenza tra i dipendenti dell'ex Ministero dei trasporti e della navigazione è stata istituita dalla legge n. 14 del 16 febbraio 1967, con lo scopo di assicurare l'assistenza e la previdenza al personale della direzione generale della motorizzazione civile e dei trasporti in concessione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (attualmente sotto la vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
   l'organizzazione e le funzioni della cassa sono regolate dallo statuto, approvato con (decreto del Presidente della Repubblica n. 950 del 26 settembre 1985, come modificato dall'articolo 1 B del decreto del Presidente della Repubblica n. 202 del 1998. Le leggi n. 625 del 18 ottobre 1978 e n. 870 del 10 dicembre 1986 hanno modificato la disciplina precedente, per quanto concerne i diritti dovuti dall'utenza alla, motorizzazione, stabilendo una maggiore entrata per la cassa;
   in particolare, l'articolo 16 della legge n. 870 del 1986 ha previsto la destinazione sino al 10 per cento, dei suddetti introiti tariffari, che affluiscono al capitolo d'entrata del predetto Ministero, per interventi assistenziali a favore del personale in servizio ed in quiescenza e dei loro aventi causa;
   con il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 950 del 1985 di approvazione dello Statuto, è stata autorizzata la devoluzione alla Cassa di un importo non superiore al 95 per cento dei fondi che, per ogni esercizio finanziario, vengono stanziati nello stato di previsione della spesa del già menzionato Ministero per le spese di cui sopra, nonché delle somme rimaste a disposizione dell'Amministrazione e non utilizzate a fine esercizio;
   il decreto del Presidente della Repubblica n. 177 del 26 marzo 2001, del Regolamento di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha abrogato il precedente regolamento n. 202 del 1998 facendo salvo l'articolo 18 comma 2, in cui si è concretizzata la fusione dei Ministeri dei trasporti e della marina mercantile, nulla prevedendo in merito alla organizzazione ed alla struttura della cassa;
   in applicazione delle previsioni dell'articolo 15, n. 2 del decreto del Presidente della Repubblica del 2 luglio 2004, n. 184, a decorrere dall'11 agosto 2004 anche i dipendenti dell'ex Ministero dei lavori pubblici sono entrati a far parte della cassa. La legge finanziaria per il 2007 ha previsto che «(...) a decorrere dallo gennaio 2007, in sede di contrattazione integrativa, un importo superiore a un milione di euro annui, viene destinata a garantire il funzionamento della cassa con modalità, stabilite ai sensi dell'articolo 5, lettera a), del decreto-legge 21 dicembre 1966, n. 1090, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 febbraio 1967, n. 14, e successive modificazioni»;
   tale norma è da riconnettersi all'aumento del numero di iscritti che, come rilevato nella relazione sull'esercizio 2007, e come risulta anche dai dati contabili dell'esercizio in esame, ha creato un notevole squilibrio, quanto meno potenziale, nei conti della cassa. Il trend del numero dei dipendenti del Ministero è stato in diminuzione negli ultimi anni, per effetto dei collocamenti a riposo non compensati da nuove assunzioni, non consentite dai ripetuti blocchi del turn over disposti dalla legge finanziaria. Ciò nonostante, la Cassa di previdenza e assistenza attraversa una situazione economico-finanziaria difficile e complessa a causa del debito maturato per liquidare le indennità ai dipendenti che, nel tempo, sono andati in pensione –:
   alla luce di quanto espresso in premessa, cosa il Governo intenda fare al fine di garantire la continuità dell'erogazione della pensione maturata dai dipendenti dell'ex Ministero dei trasporti e della navigazione. (3-01465)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che la Smith International Italia spa è a rischio chiusura. Si tratta di una realtà di eccellenza del territorio della Valdicecina, produttrice di trivelle per il petrolio, che occupa duecento lavoratori;
   la chiusura dello stabilimento avrebbe ricadute pesantissime per l'economia di tutto il territorio. Al riguardo, il sindaco di Volterra si è già rivolto alla regione, che, a sua volta, si è resa disponibile ad aprire un tavolo di confronto con i sindacati per affrontare la questione. Inoltre, è stato chiesto un confronto con i vertici dell'azienda Schlumberger che avrebbe intenzione di procedere alla chiusura dello stabilimento Smith;
   non è dato sapere quali siano i motivi dell'annunciata chiusura, che mette a rischio i 200 posti di lavoro. Pertanto, per le gravi conseguenze che comporterebbe la cessazione di tale sito, si ritiene necessario intervenire con una trattativa tra le parti interessate con il Governo nazionale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se il Ministro intenda promuovere un tavolo di concertazione con le parti sociali affinché si chiarisca la volontà della proprietà aziendale, adottando di conseguenza le opportune iniziative per scongiurare una possibile chiusura del sito, che comporterebbe un grave danno ai lavoratori ed alle loro famiglie. (5-05480)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LODOLINI e RICCIATTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la catena di ipermercati francese Auchan, che in Italia dà lavoro a oltre 11.400 dipendenti e ha 51 sedi, ha annunciato 1.426 licenziamenti;
   l'azienda transalpina ha calcolato 57 esuberi nelle Marche, 36 nella sede di Ancona e 16 in quella fanese;
   «grave riduzione dell'attività di lavoro» ed «esigenza di riduzione del numero degli addetti per avere un livello compatibile sul piano dei costi» le motivazioni con cui l'azienda ha motivato la scelta;
   i sindacati hanno proclamato una giornata di sciopero per il 9 maggio in tutto il Paese –:
   se sia intenzione del Governo aprire subito un tavolo istituzionale e se non ritenga opportuno intervenire, per quanto di competenza, al fine di facilitare l'individuazione di soluzioni che consentano la prosecuzione lavorativa per tutti i dipendenti del gruppo Auchan, vigilando affinché possibili ed eventuali manifestazioni di interesse da parte di altri gruppi commerciali, si traducano in un impegno concreto per i lavoratori. (4-08999)


   GASPARINI, FIANO, PELUFFO, MALPEZZI, CASATI, COVA e MAURI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 10 aprile scorso il consiglio di amministrazione dell'azienda Call&Call ha aperto la procedura di licenziamento collettivo di 186 lavoratori per la chiusura del sito milanese;
   il gruppo Call&Call impiega sul territorio nazionale circa 2500 dipendenti, con un fatturato di oltre 57 milioni all'anno, è una società di servizi di customer care che opera per 3 importanti società finanziarie e bancarie italiane: ING Direct, Agos Ducato, Fiditalia; dal luglio 2014 il personale di Cinisello è in contratto di solidarietà di tipo difensivo per evitare un esubero di 41 unità e l'azienda, pur non avendo mai comunicato le difficoltà legate alla gestione della procedura stessa (utilizzata con una media di circa il 2,7 per cento) ha preferito dirottare parte del flusso di lavoro su altre sedi del gruppo;
   in data 21 aprile 2015 si è tenuto presso Assolombarda un incontro durante il quale Call&Call ha ribadito la decisione di chiudere il sito di Cinisello, nonostante sia emersa durante la discussione un miglioramento del risultato d'esercizio relativo all'anno 2014 con una riduzione delle perdite di più del 20 per cento, dovuta anche ai sacrifici dei lavoratori per l'accettazione del contratto di solidarietà e dell'accordo su una differente gestione delle ferie e ROL;
   in data 22 aprile 2015 si è svolto il coordinamento nazionale unitario dove le organizzazioni sindacali hanno deciso unitariamente di portare la discussione a livello nazionale chiedendo un incontro per discutere in merito alla situazione non solo milanese ma anche dell'intera holding composta da tre società separate: Milano, Spezia e Locri;
   la crisi di Call&Call di Cinisello Balsamo si aggiunge ad altre come People Care di Livorno e 4U di Palermo e, in modo diverso, di altre aziende;
   di fronte alla crisi generale del settore la Commissione lavoro della Camera ha promosso un'Indagine conoscitiva, le cui conclusioni sono state illustrate e commentate nell'incontro tenutosi nella sala del Mappamondo lo scorso 31 marzo, con valutazioni positive da parte di tutti i convenuti: Governo, Parlamento, rappresentanze delle imprese e dei lavoratori –:
   se non intenda promuovere il monitoraggio relativo alla evoluzione della situazione aziendale ed occupazionale della sede milanese del Gruppo Call&Call, anche attraverso la convocazione del management aziendale e dei rappresentanti sindacali, al fine di scongiurare i 186 esuberi dichiarati dall'azienda;
   se non intenda attivare con urgenza il tavolo nazionale presso il  Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al contempo dare piena e rapida attuazione alle misure indicate dalla suddetta indagine conoscitiva, allo scopo di favorire il rilancio del settore dei call center.
(4-09001)


   RICCIATTI, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, SCOTTO, MARCHETTI, LUCIANO AGOSTINI e LODOLINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo francese Auchan è uno dei leader della grande distribuzione organizzata in diversi Paesi europei. In Italia conta 49 punti vendita, distribuiti in diverse regioni, con 11.400 dipendenti;
   in data 27 aprile 2015 diverse fonti di stampa hanno riportato la notizia dell'annuncio di 1.426 esuberi da parte dell'azienda, per far fronte alle perdite derivanti anche dal lungo periodo di crisi economica, che ha avuto notevoli ripercussioni sul fronte dei consumi;
   gli esuberi dovrebbero interessare 32 punti vendita situati in diverse regioni di Italia, con una percentuale di licenziamenti intorno al 20 per cento rispetto al personale impiegato, principalmente commessi e magazzinieri;
   per quanto riguarda le Marche, la procedura di licenziamento collettivo dovrebbe riguardare 36 lavoratori su un totale di 214 ad Ancona e 16 nel centro commerciale situato a Fano (PU);
   le organizzazioni sindacali hanno indetto uno sciopero, a livello nazionale, di otto ore per il prossimo 9 maggio, più diverse iniziative nei vari livelli territoriali interessati;
   fonti sindacali riferiscono che l'azienda aveva espresso la necessità di un taglio di costi per 50 milioni di euro, proponendo la sospensione delle quattordicesime e del contratto integrativo, nonché l'abbassamento delle retribuzioni attraverso la riduzione dei livelli contrattuali;
   al rifiuto di tali proposte da parte delle organizzazioni sindacali – che pure si erano dette disponibili a valutare con l'azienda altre soluzioni – Auchan ha disposto la disdetta unilaterale del contratto integrativo e l'apertura delle procedure di mobilità;
   tra le ragioni dei licenziamenti la società indica inoltre «pratiche di concorrenza sleale», sopratutto nelle regioni del Sud Italia, dove diversi operatori economici, attivi nel settore della grande distribuzione, non applicherebbero i contratti collettivi nazionali di categoria, utilizzando anche impropriamente contratti part-time per prestazioni lavorative a tempo pieno;
   se tale affermazioni fossero confermate, ci troveremmo di fronte ad un caso di particolare gravità, dove l'assenza di adeguati controlli da parte dello Stato è concausa di azioni aziendali che penalizzano esclusivamente i lavoratori, che si trovano a pagare da un lato il prezzo di scelte aziendali non sempre efficienti, dall'altro l'incapacità dello Stato di far rispettare le regole sul lavoro;
   nel caso riportato, inoltre, così come in altre vertenze aperte nel territorio marchigiano – come Indesit-Whirlpool, ad esempio – si assiste ad una strategia comune dei gruppi multinazionali che operano in Italia, quello di privilegiare, nelle attività di riorganizzazioni, soluzioni gravemente impattanti sui livelli occupazionali, senza alcuna responsabilità sociale –:
   se non ritenga, il Ministro interrogato opportuno convocare tempestivamente un tavolo tra azienda ed organizzazioni sindacali sulla vertenza illustrata in premessa;
   se non ritenga opportuno promuovere ed intensificare le attività di controllo sulla corretta applicazione delle norme del diritto del lavoro nel settore della grande distribuzione in modo da inibire, anche, l'adozione impropria di modelli contrattuali che danneggiano sia i diritti dei lavoratori che le aziende che correttamente si uniformano alle previsioni di legge. (4-09002)


   LAVAGNO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   i nuovi sussidi di disoccupazione 2015 nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego e indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, sono stati introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 4 marzo 2015, in osservanza di quanto previsto dalla legge 10 dicembre 2014, n. 183;
   sono destinatari della nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego i lavoratori dipendenti, che hanno perduto involontariamente la propria occupazione, con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché degli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti:
    a) siano in stato di disoccupazione;
    b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione;
    c) abbiamo messo insieme almeno 30 giorni di lavoro negli ultimi 12 mesi;
   la nuova prestazione di assicurazione sociale per l'impiego è riconosciuta anche ai lavoratori che hanno rassegnato le dimissioni per giusta causa e nei casi di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro;
   l'Inps non ha ancora provveduto a mettere a disposizione dell'utenza una modulistica. La cosa diventa particolarmente rischiosa per gli interessati alla indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, che stando al decreto legislativo di introduzione prevede una richiesta da far pervenire entro 68 giorni dal manifestarsi dello stato di disoccupazione;
   i sussidi, che prenderanno il via ufficiale il 1o maggio 2015, non possono essere attualmente richiesti. Infatti, visitando il portale online dell'ente previdenziale ci si accorge infatti immediatamente della mancanza di una sezione dedicata alle nuove forme di sostegno del reddito –:
   se il Governo sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e se intenda procedere in tempi rapidi a mettere a disposizione dell'utenza una modulistica aggiornata e a diramare una circolare attuativa. (4-09007)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il management di MediaWorld, azienda leader in Italia nella rivendita di articoli di elettronica, avrebbe stabilito la chiusura di due rivendite ubicate nel centro commerciale Vulcano Buono, a Nola, e in Via Arenaccia a Napoli;
   tale decisione mette a rischio circa 100 posti di lavoro;
   la chiusura dei due punti vendita è stata comunicata ai sindacati dalla direzione aziendale e dovrebbe decorrere dal 31 luglio 2015; sarebbe previsto il licenziamento di tutti i lavoratori e la ragione di tale decisione sarebbe la causa dell'attuale crisi economica;
   tuttavia, sempre secondo quanto si apprende da fonti di stampa, i punti vendita sopra menzionati hanno un fatturato analogo a quello degli altri punti vendita presenti sull'intero territorio nazionale. Pertanto, non è ben chiaro quali sarebbero le ragioni economiche paventate dall'azienda;
   allo stesso tempo, in un comunicato sindacale, si legge che MediaWorld ha annunciato la chiusura di altri negozi nell'Italia centrosettentrionale, prevedendo tuttavia la possibilità di ricollocare altrove il personale, attraverso l'apertura di altri punti vendita nelle città di Roma, Milano, Brescia, e Verona;
   secondo quanto riferito dai sindacati, pertanto, l'azienda avrebbe comunicato che solo in Campania le ricollocazioni non saranno possibili e non si prevede alcuna riapertura e, quindi, l'unica prospettiva per i lavoratori risulterebbe essere il licenziamento;
   come prevedibile, la comunicazione ha suscitato profonda amarezza e sconforto in tutti i lavoratori della sede di via Arenaccia e di Nola che rappresenta spesso l'unica fonte di reddito per decine di famiglie –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire, per quanto di competenza, al fine di preservare i livelli occupazionali della regione Campania, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di crisi;
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riferito in premessa e quale sia il loro orientamento in merito. (4-09013)


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, la catena di ipermercati francese Auchan, che in Italia dà lavoro a oltre 11.400 dipendenti e ha 51 sedi, ha annunciato 1.426 licenziamenti;
   proprio per questo, i sindacati hanno proclamato una giornata di sciopero per il 9 maggio in tutto il Paese e non escludono ulteriori mobilitazioni;
   secondo quanto si apprende da fonti sindacali, gli esuberi sono distribuiti in maniera omogenea tra Nord, Sud e Centro Italia e non, invece, concentrati al Sud, come inizialmente previsto;
   tuttavia, si tratta di un problema molto serio dal punto di vista occupazionale: basti pensare che nella sola regione Sicilia sono a rischio ben 267 posti di lavoro, laddove nell'isola la società conta 1.137 lavoratori distribuiti su sei punti vendita;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il 12 marzo 2015 la trattativa in corso per superare la crisi interna all'azienda si è bloccata di fronte alla richiesta di Auchan di procedere a deroghe al contratto nazionale in materia di demansionamento, rinuncia alla quattordicesima mensilità strutturale per il Sud e temporanea per i punti vendita del Nord e sospensione degli scatti di anzianità e del contratto integrative;
   in altre parole, l'azienda pretenderebbe di imporre unilateralmente decisioni molto pregiudizievoli per i lavoratori, essendo di fatto indisponibile a qualsiasi tipo di trattativa;
   secondo quanto si apprende da fonti di stampa, peraltro, tra le ragioni dei licenziamenti la società avrebbe indicato pratiche di concorrenza sleale diffuse prevalentemente nell'Italia meridionale, laddove nella grande distribuzione molti operatori economici non applicano i contratti collettivi di categoria nazionale, oppure utilizzano i contratti part-time anche se il personale lavora a tempo pieno;
   risulta di tutta evidenza che una notizia del genere, qualora venisse confermata rappresenterebbe un inaccettabile sopruso alla dignità dei lavoratori –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riferito in premessa e quale sia il loro orientamento in merito;
   se i Ministri interrogati non ritengano di dover intervenire, per quanto di competenza, al fine di preservare i livelli occupazionali, anche attraverso l'attivazione di un tavolo di crisi;
   se il Ministro del lavoro e delle politiche sociali non ritenga di dover promuovere iniziative ispettive al fine di accertare e, del caso, perseguire, le pratiche elusive della normativa vigente che, secondo quanto riportato dalla stampa, sarebbero diffuse nella grande distribuzione, con particolare riferimento all'Italia meridionale. (4-09014)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FAENZI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto risulta dagli articoli pubblicati lo scorso 25 e 26 aprile 2015 dal quotidiano Il Sole 24 ore, nel documento predisposto dai nuovi commissari alla spending review, consegnato la scorsa settimana al Governo, in materia revisione di tax expenditures, il comparto agricolo risulterebbe quello maggiormente interessato dai tagli delle agevolazioni fiscali previste fra le 15 aree d'intervento;
   gli interventi di riduzione, fra i quali la stretta sulle agevolazioni relative alle accise sul gasolio agricolo e la cancellazione degli sconti sui trasferimenti di terreni a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, solo per citare i più rilevanti, dovrebbero garantire un recupero di gettito pari a 331 milioni di euro per il 2016 e 472 milioni di euro per il 2017 (la cui quantificazione complessiva, rientra all'interno del taglio di 52 agevolazioni fiscali, in cui il Governo intende recuperare 1,5 miliardi di euro per il 2016 e 2,4 miliardi di euro per il 2017);
   il contenuto del suesposto articolo, ove confermato, desta, ad avviso dell'interrogante, sconcerto e incredulità, in considerazione del fatto che l'agricoltura italiana da diversi anni, sta scontando un costo altissimo in termini di crescita e sviluppo consolidata, a causa di una serie di decisioni sfavorevoli e immotivate del Governo Renzi, da ultimo l'introduzione dell'IMU sui terreni agricoli (che ha peraltro inciso sulle riduzioni delle deduzioni in materia di IRAP per i produttori agricoli), che rischiano di demolire l'intero settore, con un effetto domino, altamente penalizzante per l'intera economia nazionale –:
   se sia a conoscenza del contenuto del documento indicato in premessa, secondo il quale l'agricoltura sarà il comparto che subirà maggiori tagli dalle decisioni previste dai commissari alla spending review e, in caso affermativo, se non ritenga tali scelte profondamente sbagliate ed inopportune, considerando che esse risultano, peraltro, in netta contraddizione con le linee d'indirizzo recentemente indicate all'interno del documento di economia e finanza 2015, in materia agricola, che delineano invece un quadro d'interventi del Governo orientati alla prospettiva di crescita e competitività dell'agricoltura italiana. (5-05482)

Interrogazione a risposta scritta:


   LOREFICE, MANTERO, SILVIA GIORDANO, DI VITA, BARONI, GRILLO, GAGNARLI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   ai primi di aprile 2015 sono circa 30 i focolai di brucellosi già confermati in appena 30 chilometri all'interno della provincia di Ragusa e, secondo i dati forniti dalla Coldiretti, sarebbero più di 400 i capi da abbattere e oltre 1000 quelli a rischio;
   l'infezione in oggetto è suscettibile di allargarsi senza controllo in poco tempo, anche per le particolari condizioni territoriali degli allevamenti ragusani, spesso uno accanto all'altro;
   molte regioni italiane con delibere ad hoc hanno istituito aiuti in favore delle aziende colpite da brucellosi bovina, tubercolosi bovina o altre epizoozie che hanno colpito gli animali bovini;
   è stato presentato dalla Coldiretti Ragusa un Piano strategico straordinario per fronteggiare l'emergenza in provincia, i cui, punti fondamentali sono così riassumibili:
    a) immediata convocazione di un tavolo tecnico ed istituzionale con il Presidente della regione siciliana Rosario Crocetta e gli assessori alla sanità all'agricoltura e al bilancio;
    b) emanazione di un decreto urgente contenenti misure d'emergenza per ritagliare, all'interno della finanziaria, un capitolo di spesa a sostegno delle aziende i cui capi infetti sono stati abbattuti;
    c) obbligo per le aziende ad «imbolare» gli animali, ovvero seguire una procedura di «microchippatura» interna con una identificazione certa dell'origine del capo, così come già prevede la norma per gli allevamenti ovini;
    d) concessione di un mutuo a tasso zero per rimettere in sesto le aziende colpite dall'infezione;
    e) richiesta di un maggiore supporto di risorse professionali all'Asp per consentire un numero di controlli adeguato, anche per quanto riguarda l'emergenza randagismo, strettamente collegata all'epidemia di brucellosi;
   l'infezione potrebbe essere del tutto debellata attraverso un'identificazione certa degli animali, dei controlli serrati all'interno degli allevamenti e una soluzione al problema mai risolto delle carcasse da incenerire, come già verificatosi in passato e come si è proceduto in altri Paesi europei;
   centinaia di aziende rischiano la chiusura anche per la mancanza di una politica sanitaria che invece occorre avviare subito intervenendo con un ristoro immediato e con fondi a medio termine;
   attualmente, il finanziamento per ogni capo abbattuto equivale all'8 per cento del suo valore, una cifra del tutto inadeguata a far sì che, chi ad esempio è costretto ad abbattere cento animali, possa continuare a produrre e a ricominciare –:
   se siano a conoscenza dei fatti citati in premessa e quali iniziative urgenti, nell'ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano adottare in relazione alla tutela del controllo della patologia in questione sugli animali di allevamento e sull'uomo, anche attraverso un monitoraggio più efficace dell'incidenza della brucellosi sulle popolazioni;
   se non ritengano opportuno intervenire, per le parti di propria competenza, con urgenza per sostenere, insieme alla regione siciliana, il reddito delle aziende interessate dai focolai di brucellosi bovina e nelle quali, sono in corso le operazioni di risanamento, anche inserendo nel prossimo disegno di legge di stabilità un capitolo di spesa destinato all'acquisto di nuovi capi;
   se non ritengano opportuno assumere iniziative affinché l'imbolatura, cioè il sistema di identificazione e di registrazione degli animali, divenga obbligatoria anche per i bovini. (4-09009)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   NESCI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la famiglia Politano, residente a Paola (CS) in viale dei Giardini n. 2, è stata quasi per intero uccisa dal cancro;
   l'abitazione di residenza è ubicata accanto a una centralina per servizi telefonici, ora dismessa;
   l'unica superstite della famiglia, la signora Antonella Politano, si batte da molti anni per onorare la promessa di ottenere giustizia rivolta al padre in punto di morte;
   per cancro la stessa signora ha perduto i genitori, la zia e le proprie tre sorelle, Gabriella, Annamaria e Patrizia, decedute, dopo laceranti sofferenze, per causa di un tumore che ne ha devastato i corpi;
   la superstite, diversi organi di informazione e le indagini giudiziarie avviate hanno ricostruito i fatti;
   il capofamiglia Vincenzo Politano lavorava, per quanto ricostruito, come custode nella vicina «Azienda di Stato per i servizi telefonici» (poi diventata Iritel, poi ancora Telecom e infine Poste Italiane);
   la famiglia in questione viveva in un immobile vicinissimo alla menzionata centralina telefonica;
   nella zona si respirava per anni un'aria pesante, con strani odori stando all'atto di sindacato ispettivo, del deputato Francesco Laratta, n. 4-14978 del 16 febbraio 2012;
   gli odori in questione sarebbero stati prodotti da fumi di scarico della centralina;
   nel 1984 morì la signora Natalina, madre della signora Antonella;
   il 6 agosto del 1988, a soli 39 anni, morì per carcinoma anche la sorella più grande, la signora Gabriella;
   l'8 dicembre del 1998 morì la seconda sorella, la signora Annamaria, e nel 2000 morì pure l'altra sorella, la signora Patrizia;
   negli anni successivi moriranno, pure, il padre della signora Antonella, signor Vincenzo, e la zia, signora Bernardina;
   Antonella Politano, avviò una lunga battaglia giudiziaria, combattuta senza risparmio di energie, per ottenere giustizia;
   nel 1992 le prefata centralina venne smantellata;
   la procura di Paola aprì un'inchiesta da cui emerse che all'interno della centralina esistevano ben 226 accumulatori di piombo sottoposti giornalmente a manutenzione ordinaria;
   dai riferiti accumulatori si sprigionavano sostanze tossiche e nocive, quali il solfato di piombo, rese più nocive dall'azione dell'acido solforico, nonché vapori tossici provenienti da raddrizzatori al selenio;
   dall'inchiesta emersero altre gravissime inadempienze da parte dell'azienda;
   il 30 novembre del 2007 furono rinviati a giudizio due dirigenti della centralina, che processati vennero dichiarati non colpevoli con non luogo a procedere nei loro confronti;
   purtuttavia, il danno ambientale fu riconosciuto e ciò ha permesso alla famiglia Politano e a quanti sono rimasti vittima di quelle esalazioni di intentare una causa civile contro l'azienda, ora di proprietà delle Poste Italiane;
   sul portale della testata giornalistica La Repubblica, in un articolo a firma di Carlo Ciavoni e Anna Maria De Luca si legge che «su 12.590 pazienti, a Paola, la percentuale di giovani ammalati di tumore è quattro volte superiore alla media nazionale»;
   nello stesso articolo figura che «il picco di malattie si è registrato negli ultimi dieci anni» (dal 2009, nda), il che potrebbe essere riconducibile, secondo l'ipotesi contenuta nel pezzo, alla vicenda dei rifiuti tossici relativa alla nave «Cunsky» e allo spiaggiamento della famosa «Jolly Rosso»;
   in un articolo del 2013 pubblicato sul portale Ciak Medicina, Paola risulta addirittura come «la capitale dei tumori»;
   il 24 aprile l'interrogante ha fatto visita alla signora Antonella Politano, constatandone l'ansia per le ingiustizie patite e notando la mancata rimozione di elementi di amianto dall'immobile in cui la stessa abita, in cui si consumarono le riferite tragedie familiari;
   la signora Politano ha l'impressione di essere stata abbandonata dalle istituzioni dello Stato, anche per la mancata risposta all'interrogazione del summenzionato deputato Laratta –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto;
   se non intenda promuovere, per quanto di propria competenza e anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità, un ampio e specifico studio per determinare e rendere note le cause dell'elevatissima incidenza tumorale nella fascia costiera di Paola e dintorni, così da contribuire e assicurare il diritto alla salute dei cittadini, diritto che la Costituzione garantisce come fondamentale. (5-05489)


   GRILLO, BARONI, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il nomenclatore tariffario attualmente in vigore è quello stabilito dal decreto ministeriale n. 332 del 27 agosto 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre 1999, dal titolo «Regolamento recante norme per le prestazioni di assistenza protesica erogabili nell'ambito del servizio sanitario nazionale: modalità di erogazione, e tariffe». Esso individua le categorie di persone che hanno diritto all'assistenza protesica, le prestazioni che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 e le modalità di erogazione;
   l'aggiornamento del nomenclatore non è stato sinora effettuato nonostante fosse previsto entro il 31 dicembre 2000 come l'articolo 1, comma 1, del decreto 332 del 1999 recita: «Il presente regolamento individua le prestazioni di assistenza protesica che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del nomenclatore di cui all'allegato 1, erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn) fino al 31 dicembre 2000 e ne definisce le modalità di erogazione. Entro la suddetta data il Ministro della sanità provvede a ridefinire la disciplina dell'assistenza protesica»;
   l'aggiornamento del nomenclatore era previsto, anche, all'articolo 11 dello stesso decreto che recita: «Il nomenclatore è aggiornato periodicamente, con riferimento al periodo di validità del piano sanitario nazionale e, comunque, con cadenza massima triennale, con la contestuale revisione della nomenclatura dei dispositivi erogabili»;
   l'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158 «Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute», prevedeva che il Ministro della salute procedesse entro il 31 maggio 2013 all'aggiornamento del nomenclatore tariffario di cui all'articolo 11 del regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 27 agosto 1999, n. 332;
   il Ministro della salute, nella sua audizione del 31 luglio 2013 alla Commissione straordinaria del Senato per la tutela e la promozione dei diritti umani ha segnalato che «...si è infatti preso atto che l'evoluzione tecnologica ha consentito l'immissione in commercio di una gamma di ausili di fabbricazione industriale in grado di soddisfare le più diverse esigenze degli assistiti...», mettendo in evidenza come sia necessaria la presenza di una figura con specifiche competenze ed abilitazioni non soltanto nella fase di applicazione del dispositivo, ma anche nella fase di scelta del modello di dispositivo idoneo, almeno per quei dispositivi che sono di fabbricazione di serie ma che rispondono a bisogni complessi;
   il «Forum Nazionale per la riabilitazione» promosso da Simfer, Aitr, Aito, Fli, Csr e presieduto da Fish, nel suo Manifesto per la riabilitazione a proposito di assistenza in materia di ausili scrive: «Considerare la riabilitazione come il processo che deve portare al superamento di tutti i limiti possibili per raggiungere il miglior livello di vita – di autonomia, di salute, di partecipazione – ottenibile, significa anche conoscere le opportunità che la tecnologia oggi offre e valutarne l'appropriatezza nel contesto del progetto riabilitativo». La scelta del modello e della configurazione più adatti tra tutti quelli disponibili avviene, attraverso uno specifico atto valutativo nell'ambito di un team, sulla base di elementi clinici, dei bisogni e delle potenzialità della persona, del suo comfort, della facilità d'utilizzo dell'ausilio nel contesto di vita. La persona partecipa consapevolmente alla scelta; è informata con chiarezza delle caratteristiche dei dispositivi che possono essere forniti gratuitamente e delle eventuali possibilità di ottenere dispositivi diversi versando una differenza di prezzo; lo Stato assicura la disponibilità degli ausili gratuiti indispensabili e rispondenti ai bisogni secondo il Forum Nazionale per la riabilitazione. «Attualmente tali obiettivi sono impraticabili a causa di un sistema obsoleto di catalogazione, individuazione e fornitura degli ausili erogabili nell'ambito del Servizio sanitario nazionale: pertanto è urgente una sua appropriata ridefinizione»; questo aspetto, colloca l'appropriatezza della fornitura in un processo di scelta dell'ausilio specialistico per disabilità motorie attraverso la prova di diversi modelli, è importante anche per gli ausili per l'udito, posto che le autonomie professionali definiti dalle normative vigenti assegnano all'audioprotesista laureato ed abilitato, fra gli atti autonomi e di «sua esclusiva responsabilità l'attività intellettuale di selezione individuazione del dispositivo da fornire»;
   il Ministro della salute nelle recenti bozze per la revisione del nomenclatore ha anticipato che è stata prevista una suddivisione degli elenchi tra ausili su misure ed ausili di fabbricazione industriale;
   a questa suddivisione sono collegate le modalità di acquisto e fornitura: scelta individuale (ad personam) per le tipologie «su misura» e pubblici appalti per tutti i dispositivi di serie;
   il criterio di suddivisione degli elenchi basato sulle modalità di realizzazione era stato utilizzato nel decreto ministeriale 332 del 1999, ma allora si era tenuto conto del fatto che, pur essendo tutti di fabbricazione di serie, alcuni dispositivi potevano essere considerati «standard» è quindi acquistabili ed erogabili con modalità standardizzate quali le gare, mentre altri, anch'essi di produzione industriale ma «specialistici», si rivolgono a bisogni complessi e/o hanno necessità di essere scelti ed adattati da una figura competente per rispondere puntualmente alle specifiche caratteristiche dell'utilizzatore. Per questo motivo gli ausili di serie ma «specialistici» erano stati inclusi nell'elenco 1 che non è soltanto l'elenco dei dispositivi su misura ma «contiene, altresì, i dispositivi di fabbricazione continua o di serie finiti che, per essere consegnati ad un determinato paziente, necessitano di essere specificamente individuati e allestiti a misura ...» (decreto ministeriale 332 del 1999; articolo 1, comma 2);
   nella presentazione della revisione del nomenclatore, a marzo 2015, si è annunciata una ripartizione più precisa separando senza intersezioni i dispositivi «su misura» da quelli di «di serie»;
   l'elenco 1 comprende tipologie di dispositivi che non si trovano pronti sui mercati e che devono essere realizzati ad uno ad uno sulla base delle necessità e delle caratteristiche della singola persona cui sono destinati;
   l'elenco 2 contiene una grande varietà di tipologie di dispositivi che sono realizzati industrialmente ma con caratteristiche tra loro molto diverse e che richiedono, per poter essere forniti appropriatamente, percorsi di individuazione del dispositivo adatto, di adattamento e di erogazione;
   non è venuta meno l'esigenza clinica e funzionale che nel decreto ministeriale 332 del 1999 ha fatto ritenere opportuno inserire un certo numero di tipologie di dispositivi in quell'elenco cui percorsi di fornitura «ad personam» permettevano la specifica individuazione del modello idoneo per l'assistito;
   la nuova revisione del nomenclatore annunciata dal Ministro del salute prevede per: «compensare eventuali maggiori oneri derivanti dall'inserimento di nuove tipologie di ausili tecnologici», il «passaggio dal regime tariffario all'acquisto con procedure di gara ai costi più bassi» per tutti i presidi non classificati come «presidi su misura»;
   il Ministro interrogato nella sua audizione del 31 luglio 2013 in Commissione diritti umani del Senato, ha affermato che: «l'evoluzione tecnologica ha consentito l'immissione in commercio di una gamma di ausili di fabbricazione industriale in grado di soddisfare le più diverse esigenze degli assistiti» e permette quindi di avere, per ogni tipologia inclusa negli elenchi, un'ampia e diversificata gamma di dispositivi tra cui scegliere l'ausilio meglio rispondente a necessità o caratteristiche particolari senza dover ricorrere a fabbricazioni su misura; la gara non permette la messa a disposizione di più modelli entro cui effettuare la scelta e vanifica pertanto quel valore, consistente nella diversificazione delle varianti, che consente in larga parte il superamento degli interventi tecnici e degli adattamenti manuali «su misura»;
   il documento redatto a conclusione della Conferenza del 16 ottobre 2014, tenutasi nella sala capitolare del Senato evidenzia che il ricorso all'acquisto a mezzo gare d'appalto, che prevedono un unico modello vincitore per tutti gli assistiti appartenenti al bacino d'utenti della stazione appaltante, è «pressoché impraticabile in quanto in contraddizione con il principio dell'appropriatezza per quelle tipologie di dispositivi che devono essere scelti, attraverso la prova di differenti modelli, per rispondere a precise e diverse necessità dell'assistito, nell'ambito di un programma specifico del singolo progetto riabilitativo individuale». Questa modalità costituisce una grave lesione dei diritti della persona con disabilità, che verrebbe così privata della possibilità di individuare, nella gamma di dispositivi oggi disponibili nella stessa tipologia, quello più adatto a soddisfare le sue specifiche necessità e dell'autonomia dei professionisti sanitari responsabili dell'efficacia dell'intervento;
   nella bozza del nuovo nomenclatore è previsto che l'elenco 2, ausili di serie venga suddiviso in tre sub elenchi:
    elenco 2 A, ausili di serie che richiedono la messa in opera da parte del tecnico abilitato;
    elenco 2 B, ausili di serie pronti per l'uso;
    elenco 2 C, prestazioni professionali;
   la modalità di fornitura prevista per tutti gli ausili dovrà essere l'appalto pubblico come recita la bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nuovi Lea, principi generali di erogazione dell'assistenza protesica al capitolo 3, comma 2: «Nelle more dell'istituzione del Repertorio dei dispositivi di serie di cui all'articolo 1, comma 292, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per l'erogazione dei dispositivi di serie inclusi negli elenchi 2A e 2B ..., e per la determinazione dei relativi prezzi di acquisto le Regioni e le Asl stipulano contratti con i fornitori aggiudicatari delle procedure pubbliche di acquisto espletate secondo la normativa vigente»;
   nella bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per il nuovo nomenclatore, annunciata a marzo 2015 nell'elenco 1 (ausili su misura) sono stati inseriti aggiuntivi e «funzioni» che devono essere implementati sugli ausili di serie, acquistati a gara, per renderli adatti alla persona;
   nell'elenco 2 C sono inserite prestazioni che identificano «modifiche strutturali dell'ausilio»: in questo modo si sarà costretti ad acquistare attraverso la gara un ausilio (elenco 2 A o 2 B) che, per essere utilizzato, dovrà essere sottoposto ad interventi «su misura» che ne modificano la struttura;
   il caso delle carrozzine elettroniche incluse nell'elenco 2 B può rappresentare un esempio: per rispondere alle necessità e alle caratteristiche delle persone che le devono utilizzare, possono essere dotate di basculamento e/o regolazione in altezza del sedile, di regolazione dell'inclinazione dello schienale o, addirittura, di un sistema di verticalizzazione ad azionamento elettrico. Si tratta di funzioni che non possono legittimamente essere aggiunte a posteriori, ma «nascono» assieme alla carrozzina di base, che esce dalla fabbrica nella configurazione che integra le funzioni richieste, per ovvi motivi che riguardano la conformità alle norme e alle direttive che governano i dispositivi medici e gli obbligatori requisiti di sicurezza;
   nel nuovo nomenclatore, annunciato a marzo 2015, mentre la carrozzina elettronica è inserita nell'elenco 2 B, ausili di serie pronti all'uso e forniti da chi si è aggiudicato l'appalto, questi meccanismi da applicare alla carrozzina elettronica sono inseriti nell'elenco 1 e di conseguenza devono essere montati da un altro soggetto, visto che «l'erogazione dei dispositivi su misura inclusi nell'elenco 1 del nomenclatore»... è riservata ai «soggetti iscritti al registro istituito presso il Ministero della salute ai sensi dell'articolo 11, comma 7, del decreto legislativo del 24 febbraio 1997, n. 46, e accreditati dalle Regioni ai sensi della normativa vigente, previa verifica del possesso dei requisiti di cui al comma 2»;
   se fosse confermato l'utilizzo delle gare pubbliche per tutte le tipologie di ausili questa scelta rappresenterebbe a giudizio degli interroganti una palese violazione delle norme sui dispositivi medici; certamente la carrozzina elettronica è un ausilio di serie, ma, quando deve essere scelta per rispondere a bisogni complessi è indispensabile un percorso «ad personam» che preveda sin dall'origine l'individuazione della carrozzina nel modello e nella configurazione adatti all'assistito. È questa la modalità più razionale; una soluzione semplice e validata da una consolidata prassi riabilitativa;
   l'immissione in commercio dei dispositivi medici è regolamentata su base comunitaria; in tutto il mercato interno dei 27 Paesi dell'Unione europea nonché, in base ad accordi commerciali, nei Paesi dello spazio economico europeo (EFTA) si prevede una particolare definizione di fabbricante, il quale è il soggetto che assume la responsabilità della conformità del prodotto; un essenziale passaggio, nel processo che consente al fabbricante di giungere a dichiarare la conformità dei prodotti, è quello inerente alla gestione dei rischi;
   per la gestione del rischio esistono numerose metodologie; le principali tra esse sono anche richiamate nella norma tecnica EN 14971; nella norma è precisato che la gestione del rischio deve essere affidata a personale adeguatamente formato e chiaramente identificato e che il fabbricante deve dedicare risorse umane ed economiche adeguate a tale aspetto;
   se dovessero essere confermati i contenuti del nuovo nomenclatore, anticipati nella presentazione di marzo 2015, si realizzerebbe secondo gli interroganti una violazione di quanto stabilito dal decreto legislativo n. 502 del 1999, titolo IV – diritti dei cittadini, articolo 14, comma 6, che recita: «l'esercizio del diritto di libera scelta del medico e del presidio di cura deve essere assicurato e favorito per tutti i cittadini, senza alcuna discriminazione»; il ricorso agli appalti pubblici per l'erogazione di tutti i dispositivi di serie priverebbe l'assistito del diritto di scegliere l'erogatore del dispositivo, che resta pertanto garantito solo a chi ha necessità di un dispositivo su misura –:
   se non intenda procedere, alla luce di quanto premesso, ad una riforma che rinnovi l'attuale nomenclatore adeguandolo alle esigenze e ai diritti degli assistiti, alle autonomie dei profili professionali e di responsabilità clinica, alle norme nazionali ed internazionali relative alla conformità ed alla sicurezza dei dispositivi medici;
   se non intenda individuare le tipologie di dispositivi per i quali la scelta del modello e della configurazione adeguati ai bisogni dell'assistito è condizione sine sua non per l'efficacia della prestazione, tipologie che devono pertanto essere escluse dalla gare d'appalto;
   se non intenda assumere iniziative per realizzare in tempi definiti il repertorio dei dispositivi di serie per disabilità motoria di cui all'articolo 1, comma 292, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, per rendere esplicita, trasparente e formalmente legittimata la gamma di modelli erogabili per ciascuna tipologia inclusa negli elenchi»;
   se non intenda assumere iniziative per consentire alle persone assistite il diritto della libera scelta del soggetto erogatore della prestazione, almeno per gli ausili su misura e per gli ausili di serie specialistici. (5-05493)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TULLO, GIACOBBE e BASSO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la Cipriani srl è una società con stabilimento industriale nel comune di Ventimiglia (IM). Da oltre dieci anni nel complesso di circa 10.000 metri quadrati operano direttamente 50 dipendenti a tempo indeterminato, nonché ulteriori 13 unità a contratto per la gestione della produzione, manutenzione, gestione magazzino, laboratorio e uffici, e viene generata altra occupazione attraverso l'indotto;
   la Cipriani srl è una controllata del gruppo Arkopharma France, leader europeo in materia di fitoterapia e nutri terapia, in particolare nello stabilimento di Ventimiglia si sviluppa principalmente, la produzione di integratori alimentari;
   durante l'estate del 2014 la Cipriani insieme ad Arkopharma France è interessata ad una acquisizione da parte della Montagu Private Equity, di cui si è avuta notizia solo in queste settimane;
   a seguito della citata cessione l'azienda ha comunicato la decisione di chiudere nei primi mesi del 2016 la chiusura dello stabilimento di Ventimiglia, con gravi conseguenze occupazionali, prevedendo solo alcune uniti da rioccupare nella sede di Nizza –:
   se siano a conoscenza della grave crisi occupazionale che si determinerebbe con la chiusura dello stabilimento Cipriani di Ventimiglia, in un territorio già alle prese con un difficile quadro industriale ed occupazionale;
   quali iniziative possano essere intraprese ai fini di scongiurare la chiusura dello stabilimento con le gravi occupazionali che questo comporterebbe. (5-05484)


   LACQUANITI, COMINELLI, GALPERTI, BAZOLI, BERLINGHIERI e GITTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Auchan spa è una catena francese di supermercati e ipermercati, considerata una delle principali aziende operanti nel settore della grande distribuzione a livello internazionale, fondata nel 1961 in Francia e operante in Italia dal 1989;
   Auchan spa in Italia occupa 11.422 dipendenti distribuiti su 51 sedi;
   a fine marzo 2015 Auchan spa ha unilateralmente risolto contratto integrativo aziendale;
   il 27 aprile 2015 l'azienda ha inoltre annunciato un piano che prevede 1.426 esuberi, pari al 12,5 per cento del totale;
   l'obiettivo dichiarato è solo di abbattere il costo del lavoro di circa 50 milioni di euro, per alleggerire bilanci gravati da scelte aziendali errate;
   gli esuberi previsti sono distribuiti sull'intero territorio nazionale, con una maggiore concentrazione in Campania (ne sono previsti 320) e Sicilia (ne sono previsti 267);
   il Coordinamento nazionale dei sindacati Filcams, Fisascat e Uiltucs ha indetto lo sciopero nazionale dei dipendenti dell'azienda per il prossimo 9 maggio 2015;
   l'ipermercato Auchan presso il centro commerciale «Le Rondinelle» di Roncadelle (BS) conta 300 dipendenti e nel piano sono previsti ben 52 esuberi, pari a oltre il 17 per cento degli addetti, percentuale ben superiore alla media nazionale;
   recentemente nella zona di Mazzano hanno chiuso diversi punti vendita della grande distribuzione, quali quelli appartenenti alle catene «Mercatone Uno» e «Media World»;
   gli esuberi previsti dal piano Auchan spa andrebbero ad aggravare una situazione occupazionale critica per la provincia di Brescia, già provata dalla crisi del settore metalmeccanico, ove la grande distribuzione era rimasto uno dei pochi settori occupazionalmente dinamici, anche con esperienze di assorbimento di cassaintegrati provenienti da altri comparti –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali di Auchan spa nella sede di Roncadelle e per stimolare il settore del commercio nella provincia di Brescia. (5-05486)


   FONTANELLI, CARROZZA e CENNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'azienda Smith Bits, attraverso la controllante Smith International Inc., fa parte dal 2010 del gruppo Schlumberger LTD, leader internazionale nella fornitura di servizi per il settore oil&gas, con forti investimenti in attività di ricerca ingegneristica e sviluppo di soluzioni tecnologiche;
   la società italiana è presente in Toscana, con una sede legale ed operativa nel comune di Volterra (Pisa), dove realizza prodotti avanzati per l'industria estrattiva (petrolio, gas, vapore, acqua e minerali);
   sul territorio nazionale è presente un'altra sede industriale a Scurelle Valsugana, ma il 70 per cento circa del fatturato annuale deriva dalla produzione realizzata in Toscana e poi esportata all'estero per il 99,8 per cento;
   nella sede di Saline di Volterra, situata nel comune di Volterra, Smith Bits produce scalpelli tri-conici per la perforazione del suolo utilizzati nella ricerca di idrocarburi, gas naturale e geotermica;
   impiega circa 200 addetti, su un totale di 300 a livello nazionale, con un trend in crescita sino al 2008 ed un successivo adeguamento delle proprie strutture all'andamento dei volumi delle vendite;
   il personale impiegato nella sede toscana è altamente qualificato e con elevate competenze;
   la regione Toscana si è specificamente impegnata a promuovere il rafforzamento della competitività del territorio ed il consolidamento del sistema produttivo regionale e a tal fine ha stipulato con Smith Bits, il 16 luglio 2014, un «Protocollo d'intesa per lo sviluppo ed il consolidamento della presenza della Smith International Italia Spa in Toscana»;
   all'articolo 3 del protocollo sono elencati gli impegni che le parti hanno assunto con la sottoscrizione; in particolare, si legge che la Smith Bits «si impegna a perseguire gli obiettivi di consolidamento e sviluppo della presenza in Toscana, a qualificare il proprio personale, a sviluppare nuovi prodotti avanzati, in linea con le proprie strategie di crescita e di ulteriore radicamento sul territorio in una logica di filiera con il sistema universitario, di ricerca e delle imprese del proprio indotto» e che la regione Toscana «si impegna inoltre a collaborare con Smith Bits ai fini del mantenimento della presenza industriale che permetta il consolidamento e sviluppo dei migliori livelli occupazionali in linea con il volume delle attività, verificando possibili sinergie operative sul fronte dei costi energetici e favorendo le collaborazioni con le imprese afferenti al distretto tecnologico regionale sulle energie rinnovabili, anche per il tramite dei Poli di innovazione e dei Distretti tecnologici»;
   la durata del protocollo è stata fissata in due anni dalla data della sua sottoscrizione;
   da tempo l'azienda era in crisi ma dopo mesi di cassa integrazione, la Smith Bits aveva annunciato il rientro dei dipendenti per il 24 aprile, grazie ad una nuova commessa dal Venezuela;
   nella mattinata del 27 aprile i vertici dell'azienda hanno comunicato, durante un incontro a Pisa con le rappresentanze sindacali, l'intenzione di procedere con la procedura di messa in mobilità di tutti i dipendenti per cessazione dell'attività dello stabilimento della Smith Bits di Saline di Volterra;
   le motivazioni addotte dall'azienda sono riconducibili alla lettura dell'attuale scenario macroeconomico globale conseguente alla crisi del settore oil&gas che ha ridotto significativamente la domanda degli scalpelli prodotti a Saline di Volterra; a tutto il processo non è estraneo l'abbassamento del prezzo del petrolio che sembra destinato a durare e che richiederebbe quindi una innovazione tecnologica anche negli strumenti di perforazione e nei loro processi di produzione;
   siamo di fronte ad una violazione da parte della Smith Bits di quanto era stato previsto nel protocollo firmato con la regione Toscana neanche un anno fa, ovvero l'impegno a consolidare la presenza del gruppo industriale nel comune di Volterra e a riqualificare il personale e a sviluppare prodotti avanzati;
   per il territorio dell'Alta Val di Cecina la chiusura di uno degli stabilimenti industriali più grandi presenti significa un impoverimento difficilmente sostenibile da un territorio montano; le ricadute sull'indotto sarebbero altrettanto difficilmente sostenibili e la situazione in cui verrebbero a trovarsi circa 200 famiglie dei lavoratori del gruppo più tutte quelle dell'indotto stesso sarebbe pesantissima;
   in questo momento c’è una grande mobilitazione di tutti gli enti locali a sostegno dell'occupazione della zona e della vertenza che i sindacati hanno aperto contro la chiusura dello stabilimento –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
   in che modo il Governo intenda intervenire per scongiurare la chiusura dello stabilimento e, per quanto di competenza, incentivare l'ammodernamento dei processi di produzione e dei prodotti ed evitare tutti i problemi sociali che si determinerebbero a seguito della cessazione definitiva dell'attività. (5-05487)

Interrogazione a risposta scritta:


   LODOLINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   entro i prossimi due anni si determinerà il futuro della Raffineria Api di Falconara Marittima (AN);
   in data 11 luglio 2011 fu siglata un'intesa tra la regione Marche e il gruppo API, a seguito della quale l'azienda si impegnava al mantenimento dei livelli occupazionali complessivi del sito API di Falconara Marittima per almeno 10 anni e alla possibilità di riconversione del sito produttivo;
   è necessario conoscere al più presto il piano industriale incentrato su investimenti che consentano di dare piena occupazione alla raffineria di Falconara e, al contempo, programmare interventi di caratterizzazione del suolo in vista di una progressiva bonifica dell'area;
   l'utilizzo della solidarietà e degli ammortizzatori sociali in genere deve servire esclusivamente ad assicurare reti di protezione normative ed economiche;
   i prossimi mesi non potranno essere utilizzati per posticipare il momento dei licenziamenti, ma per riorganizzarsi e superare la crisi. Fondamentale, pertanto, porre da subito la questione degli investimenti in raffineria in grado di superare gli esuberi definiti nell'accordo di solidarietà. Investimenti che debbono servire sia per rendere più moderna, sicura e efficiente la raffineria, che per migliorare la condizione di lavoro di tutti i dipendenti;
   le Segreterie nazionali di categoria delle Organizzazioni sindacali 1o aprile 2015 hanno richiesto un incontro con i vertici del gruppo per un confronto sul piano industriale e sulle prospettive dell'Azienda, che è stato fissato per il prossimo 11 maggio;
   al centro dell'attenzione: la gestione del personale in esubero, che l'azienda continua a ribadire, e il premio di partecipazione, che riteniamo debba tornare ad essere calibrato sul lavoro della Raffineria di Falconara e strutturato su obiettivi e indicatori specifici e misurabili –:
   se il Governo sia a conoscenza degli intendimenti circa il piano industriale e se non intenda farsi parte attiva per promuovere un confronto finalizzato ad approfondire il piano industriale. (4-08998)

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione Tripiedi n. 7-00669, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 417 del 28 aprile 2015.

   L'XI Commissione,
   premesso che:
    in data 15 aprile 2015, la multinazionale finlandese Nokia, produttrice di apparecchiature per telecomunicazioni, ha annunciato di aver acquisito, per 15,6 miliardi di euro, l'azienda franco-americana Alcatel-Lucent. L'operazione è stata strutturata per far nascere un gruppo in grado di competere, nei settori delle infrastrutture di rete, delle centraline e delle antenne per le comunicazioni cellulari a livello mondiale, con il colosso cinese Huawei e con quello svedese Ericsson;
    in Italia, l'azienda ha la sua sede principale a Vimercate (MB), dove sono ospitati gli headquarter e i principali laboratori relativi agli apparati di trasmissione radio a microonde, e altri centri di ricerca e sviluppo a Battipaglia (SA) e Rieti, mentre a Trieste è attivo uno stabilimento di produzione;
    già da tempo, la direzione generale sta discutendo del futuro di 43 addetti di Vimercate, attualmente in cassa integrazione, che a maggio 2015 rischierebbero il licenziamento, e della possibile esternalizzazione dello stabilimento di Trieste, che occupa circa 400 addetti;
    con lettera del 16 marzo 2015, le segreterie nazionali di FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM-UIL, hanno richiesto ai componenti della XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, un'audizione urgente sulle problematiche occupazionali dei lavoratori dell'azienda Alcatel-Lucent;
    in data 27 marzo 2015, con protocollo 2015/0000688/COM, l'Ufficio di presidenza della XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dichiarava di avere convenuto, nella riunione tenutasi in data 26 marzo 2015, sull'opportunità di procedere ad un'audizione informale di rappresentanti dei sindacati FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM-UIL, da loro richiesta, sulla situazione occupazionale e sulle problematiche lavorative concernenti il personale dell'azienda in considerazione;
    in data 1o aprile 2015, tale audizione si è tenuta in presenza dei rappresentanti dei sopracitati sindacati, che hanno messo in luce le problematiche occupazionali e di delocalizzazione dei siti di Vimercate e Trieste,

impegna il Governo

a promuovere immediatamente un confronto a livello governativo nell'ambito del tavolo convocato sulla questione Alcatel-Lucent con le parti sociali, rendendo tempestiva informazione alle competenti Commissioni parlamentari, al fine di promuovere azioni volte ad elaborare un piano di intervento che preveda la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e di esclusione dalla messa in mobilità dei lavoratori degli stabilimenti di Vimercate e Trieste, assicurando in ogni caso per i lavoratori l'erogazione della cassa integrazione straordinaria.
(7-00669)
«Tripiedi, Placido, Cominardi, Ciprini, Dall'Osso, Lombardi».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore interrogazione a risposta scritta Attaguile n. 4-08987 del 29 aprile 2015.