Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 29 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:


   La III Commissione,
   premesso che:
    l'Italia ha un interesse vitale nella stabilizzazione democratica e nel consolidamento istituzionale della Tunisia, in quanto modello virtuoso di evoluzione pacifica dalla dittatura verso la democrazia e alternativo per le migliaia di giovani di tutti i Paesi della regione nordafricana e mediorientale rispetto all'opzione rappresentata dal fondamentalismo estremista;
    il sostegno alla giovane democrazia tunisina e alla sua economia rafforzerebbe la posizione dell'Italia in Europa e nel Mediterraneo, in linea con le premesse dettate dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, a partire dalla sua visita in Tunisia come primo impegno ufficiale all'estero, e confermate dalle successive missioni del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, nonché dalle iniziative di diplomazia parlamentare assunte dalla Commissione affari esteri della Camera dei deputati nei mesi di gennaio e marzo 2015, da ultimo a seguito degli attentati perpetrati al Museo del Bardo;
    considerato che l'Italia è il secondo partner economico della Tunisia, Tunisi resta un interlocutore privilegiato per gli investitori e le imprese italiane e ciò malgrado le perdite registrate nel settore del turismo, dopo gli attentati del Bardo e alla luce dell'iniziativa assunta dal Ministro Gentiloni sul taglio di 25 milioni di euro del debito tunisino, unitamente alla proposta di un «piano Marshall» per la Tunisia derivante dalla destinazione verso Tunisi di una parte significativa dei finanziamenti provenienti dal piano Junker per contribuire ad una crescita sostenibile, in considerazione delle gravi diseguaglianze esistenti tra il nord e il sud del Paese, e alla creazione di opportunità di lavoro soprattutto con riferimento alle fasce giovanili della popolazione;
    la ridefinizione della politica europea di vicinato rappresenta una finestra di opportunità da cogliere anche per quanto concerne il rapporto tra l'Unione europea e i Paesi della sponda sud del Mediterraneo, in cui auspicabilmente la Tunisia potrà assumere lo «status avanzato» di partenariato, al pari di Marocco e Giordania, potendo così accedere alle agenzie europee competenti in tema di diritti umani, di asilo e di migrazioni, nonché a programmi europei di alta formazione per i giovani, incluso Erasmus;
    rivestirebbe grande valore simbolico l'assunzione da parte della Tunisia anche dello status di Paese osservatore al Consiglio d'Europa, anche ai fini del rispetto della CEDU e della firma in prospettiva delle convenzioni aperte, come ad esempio la Convenzione-quadro del Consiglio d'Europa per la protezione delle minoranze nazionali, e per la riduzione delle gravi diseguaglianze che segnano la società tunisina e che sono state fattori scatenanti delle rivolte del 2011, come pure dell'adesione di molti giovani a fenomeni criminali-terroristici. Infatti, la Tunisia detiene il primato di Paese con il più alto numero di foreign fighters impegnati a sostegno di Daesh;
    va tenuto conto anche degli esiti della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 23 dicembre 2015 che, oltre al rafforzamento della presenza in presenza in mare mediante il potenziamento delle operazioni dell'Unione europea Triton e Poseidon, ha impegnato l'Unione europea al lancio di programmi regionali di sviluppo per l'Africa settentrionale, unitamente ad un dialogo rafforzato con l'Unione Africana per il sostegno anche alla Tunisia per il contrasto al traffico e alla tratta di esseri umani,

impegna il Governo:

   a promuovere, di concerto con gli altri Paesi europei, una conferenza internazionale per gli investimenti in Tunisia, con l'obiettivo di rafforzare l'impegno nella lotta contro il terrorismo e per il consolidamento delle istituzioni e dell'economia tunisine;
   a promuovere l'attribuzione alla Tunisia dello «status avanzato» nel quadro della nuova politica europea di vicinato, e dello status di Paese osservatore in sede di Consiglio d'Europa.
(7-00670) «Cicchitto, Quartapelle Procopio, Amendola, Valentini, Palazzotto, Cirielli».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dalle cronache, sembrerebbe che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito di un monitoraggio effettuato su dati forniti dalla Regione Puglia, abbia evidenziato ritardi nella realizzazione di alcuni progetti inseriti nella delibera CIPE 60/2012 che finanzia 31 progetti pugliesi con un limite di impegno al 31 dicembre 2015;
   tra i progetti segnalati ve ne sarebbero alcuni relativi alla provincia di Foggia che presenterebbero ritardi rispetto al cronoprogramma dei lavori. In particolare, quelli relativi al completamento della rete idrica e della rete fognaria di Cagnano Varano non risulterebbero ancora appaltati nonostante un finanziamento accordato di circa 15 milioni di euro;
   inoltre, sarebbero stati evidenziati ritardi in alcuni progetti con finanziamenti approvati di minore entità che riguardano le fognature dei comuni di Celenza Valfortore, Panni, Alberona, Accadia, Carlantino, Bovino, Volturino, Castelluccio e Celle San Vito;
   secondo quanto riportato dalla stampa, il totale dei finanziamenti che rischierebbero una revoca sarebbe di quasi 25 milioni di euro –:
   se il Governo possa confermare il rischio di revoca dei finanziamenti previsti per i progetti nonché di eventuali sanzioni previste dalle procedure di infrazione comunitaria. (5-05468)


   TULLO, GIACOBBE, CAROCCI, BASSO, VERINI, CARNEVALI, BARUFFI, VAZIO, MOGNATO, PAGANI, BOCCIA, BONACCORSI, POLLASTRINI, MAURI, BRANDOLIN, BONOMO, MORANI, PIERDOMENICO MARTINO, CARDINALE, GANDOLFI, MURA, CRIVELLARI, MASSA, BRUNO BOSSIO, COPPOLA, CARLONI, MINNUCCI, CULOTTA, META, DE MARIA, CARRA, MARIANI, LATTUCA, PARIS, AMENDOLA, MANCIULLI, MARCHI, CINZIA MARIA FONTANA, FONTANELLI, CENNI, TERROSI, TENTORI, FERRARI, SANGA, ROBERTA AGOSTINI, FIANO, MARTELLA, CARRESCIA, GINEFRA, MAZZOLI, MARCO MELONI, BENI, LAFORGIA, CIMBRO, SIMONI, BORGHI, MORASSUT, ZOGGIA, CUPERLO, CAPONE, LENZI, ALBINI, MAESTRI, IACONO, MICHELE BORDO, MICCOLI, BOCCUZZI, FIORIO, BRATTI, BRAGA e DI SALVO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni, nel ricordo del settantesimo anniversario della Liberazione dell'Italia, la figura di Sandro Pertini è emersa tra i protagonisti di quella straordinaria pagina della storia italiana;
   grazie al lavoro di volontariato dell'Associazione Sandro Pertini di Stella, la sua casa natale parzialmente acquistata dalla regione Liguria nel 2008, dal 2008 è stata trasformata in museo ed è costante il flusso di visitatori che salgono a Stella (SV) a rendere omaggio ad un grande italiano, ad uno dei Presidenti più amati;
   la casa, la cui proprietà è divisa tra regione Liguria, i pronipoti dei Pertini e un privato, ha necessità di un intervento di manutenzione straordinaria per evitarne un ulteriore deterioramento, già oggi evidente, intervento che i volontari dell'associazione valutano tra i 50/70 mila euro e che non possono sostenere –:
   se siano a conoscenza, anche per il tramite della competente sovrintendenza, dello stato di deterioramento in cui versa la casa natale del Presidente Pertini, dal 2009 adibita a museo, e gestita dall'Associazione Sandro Pertini di Stella e se e quali eventuali iniziative di competenza intendano assumere. (5-05475)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, TOFALO, SPESSOTTO, PETRAROLI e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015 sul sito di informazione www.formiche.net veniva pubblicato un articolo dal titolo «Agid, come sarà il dopo Poggiani» a firma di Valeria Covato nel quale venivano riportate informazioni afferenti alle spese sostenute dall'Agenzia per l'Italia Digitale (Agid) negli anni 2013-2015;
   nel predetto articolo si riportava il link a un file in formato .xml disponibile sul sito della richiamata agenzia nel quale venivano elencate, tra le altre informazioni disponibili, le spese sostenute dall'agenzia per l'acquisto di domini internet;
   in particolare dal predetto file è possibile rilevare come Agid abbia acquistato dalla società Globo s.r.l. nel dicembre del 2014 con procedura negoziata senza pubblicazione del bando per l'importo di euro 9.000,00 i nomi a dominio www.pagopa.it e www.pagopa.com che corrispondono a siti internet ad oggi inattivi;
   la direttiva n. 8/2009 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione recante disposizioni «per la riduzione dei siti web delle pubbliche amministrazioni e per il miglioramento della qualità dei servizi e delle informazioni online al cittadino» sancisce nelle premesse l'ambito di applicazione e l'obbligatorietà dell'iscrizione al dominio «.gov.it» di tutti i siti tenuti da pubbliche amministrazioni –:
   quali ragioni tecniche abbiano indotto Agid ad acquistare il dominio in parola che allo stato non risulta collegato ad alcun sito internet tenuto dall'agenzia. (4-08975)


   SPADONI, MANLIO DI STEFANO, PETRAROLI, SCAGLIUSI e DE LORENZIS. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'interrogante ha presentato in data 12 dicembre 2014 l'atto di sindacato ispettivo n. 4-07265 in cui chiede quale sarà dettagliatamente l’iter di selezione dei membri del GREVIO nel rispetto dei criteri di trasparenza e meritocrazia, in particolare in che modo il Governo italiano concretamente darà attuazione alla regola 10 della risoluzione 19 novembre 2014 – CM/Res(2014)43;
   come stabilito dalla suddetta risoluzione CM/Res(2014)43, Resolution on rules on the election procedure of the members of the Group–of–Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence (GREVIO), «ciascuno Stato assicura che la procedura di selezione nazionale che porta alla nomina dei candidati per GREVIO sia trasparente e aperta alla concorrenza, al fine di portare alla nomina dei candidati più qualificati» (regola 10);
   a conclusione dei lavori della Commissione avente il compito di valutare le candidature di coloro che hanno manifestato l'interesse a far parte del GREVIO – Group of experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence, il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri ha provveduto a comunicare al segretario generale del Consiglio d'Europa, per il tramite del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, i seguenti nominativi: Anna Costanza Baldry, Simona Lanzoni, Elisabetta Rosi;
   i primi dieci membri del GREVIO saranno eletti dal Comitato delle parti il prossimo 4 maggio –:
   se sia possibile venire a conoscenza del provvedimento e quindi dei criteri di selezione dei membri della Commissione che ha scelto i futuri eventuali membri italiani tra le candidature di coloro che hanno manifestato l'interesse a far parte del GREVIO. (4-08979)


   CATANOSO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   le cronache recenti hanno portato alla luce, come se ci fosse bisogno di ulteriore conferma, numerosi casi di corruzione e di malversazioni che vedono coinvolti decine e decine di funzionari pubblici nell'esercizio delle loro funzioni;
   il settore pubblico, come riporta un articolo della professoressa Veronica De Romanis pubblicato dal settimanale Panorama, è percepito un luogo dove imperversa la corruzione e la malversazione e questa percezione posiziona l'Italia al primo posto tra i 34 Paesi industrializzati seguiti da Portogallo e Grecia;
   si discute in questi giorni della possibilità di introdurre il principio della rotazione dei dirigenti generali con una periodicità molto breve;
   a giudizio dell'interrogante e della professoressa De Romanis, il criterio della rotazione lascia perplessi sia per la sua non semplice ed effettiva realizzabilità, sia per il rischio, concreto, di aumentare ulteriormente l'inefficienza della pubblica amministrazione;
   il cambiamento di ruolo, soprattutto apicale, implica necessariamente una fase di apprendimento e, prima di arrivare alla propria e piena operatività, il dirigente pubblico dovrà affidarsi al personale che già lavora nell'ufficio depotenziandone, in tal modo, la professionalità che ha determinato l'assegnazione dell'incarico;
   a giudizio dell'interrogante, il rischio che la rotazione dei dirigenti non sia uno strumento adatto a combattere la corruzione e ad aumentare l'efficienza della burocrazia italiana è concreto;
   a giudizio dell'interrogante e della professoressa De Romanis, bisognerebbe, piuttosto, introdurre sistemi di controllo e rendicontazione così come avviene nelle aziende private, regole più semplici e trasparenti, ossia procedure comprensibili a tutti e non solo agli addetti ai lavori e, infine, pene certe per chi delinque;
   viceversa, chi fa bene il proprio lavoro deve essere messo nella condizione di continuare a farlo, almeno per un periodo congruo –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano adottare i ministri interrogati per introdurre criteri di efficienza e professionalità nel pubblico impiego. (4-08981)


   MERLO e BORGHESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   le relazioni tra l'Italia e gli Stati Uniti sono caratterizzate da un intenso dialogo politico ed economico, coadiuvato dalla definizione di un articolato partenariato in vari settori culturali, produttivi e merceologici aspetto che ha condotto diversi imprenditori e professionisti italiani ad investire sul territorio americano a tutela degli investimenti economici, anche di natura immobiliare;
   in data 28 gennaio 2015 il quotidiano di Italia Oggi pubblicava un interessante approfondimento in ordine alle tutele di cui godono, negli Stati Uniti, i proprietari nel momento in cui concedono il loro immobile in locazione;
   a New York e a Miami, che sono i luoghi di maggior interesse per gli investitori italiani all'estero, sono in atto leggi locali che prevedono essenzialmente due categorie di persone cui poter affittare: i Section 8 tenants e i Non Section tenants;
   la prima categoria è rappresentata dai residenti indigenti: persone che difficilmente potrebbero permettersi di pagare un canone di locazione e che, per questo sono inserite in apposite liste nell'ambito del cosiddetto programma Section 8;
   lo Stato pertanto concorre al pagamento del loro affitto, di norma per 80 per cento dell'importo complessivo, con la conseguente «garanzia assoluta» per i locatori di riscuotere tutti canoni;
   per le persone invece che rientrano nella categoria Non Section 8 tenants, il pezzo giornalistico evidenzia che esistono validi strumenti per avere una certa sicurezza di incassare regolarmente l'affitto; infatti, prima di consegnare le chiavi dell'immobile all'inquilino esiste la possibilità di controllarne, presso un apposito ente, il cosiddetto credit score cioè la solidità finanziaria, ivi comprese le eventuali segnalazioni negative dovute a trascorsi di morosità;
   la procedura di sfratto, se necessaria, poi, «si richiede in tempi brevissimi»: non solo si esaurisce in una giornata, ma l'inquilino moroso «ha un massimo di 30 giorni per saldare il dovuto, alla scadenza dei quali lo sfratto diventa esecutivo, senza nessun tipo di eccezione e con spesa di poche centinaia di dollari»;
   tale situazione di investimento immobiliare da parte degli investitori italiani all'estero è verificata anche in Tunisia;
   ad oggi, alcuni componenti delle comunità italiane residenti in Tunisia, proprietari di immobili, lamentano, in materia di controversie giudiziali civili instaurate a tutela dei propri diritti di proprietà, una non adeguata ed equa applicazione della legge nei loro riguardi;
   nella fattispecie, i tribunali cantonali tunisini in molte controversie giudiziali civili in materia di diritti di proprietà immobiliari che hanno visto coinvolti cittadini italiani residenti sul territorio estero si sono pronunciati con sentenze che invece di giudicare il fatto oggetto della domanda, hanno applicato disposizioni di diritto locale, rivelando un chiaro ed oggettivo errore nell'applicazione della normativa di riferimento –:
   se il Governo intenda assumere iniziative affinché, in materia di controversie civili instaurate dai cittadini italiani residenti all'estero a tutela dei propri diritti di proprietà immobiliare, possa essere applicato anche il diritto internazionale;
   se si intendano adottare iniziative per definire norme più snelle e veloci ed efficaci come quelle in atto sul territorio americano applicabili presso le rappresentanze diplomatico-consolari estere, istituendo la figura del consigliere giuridico che – fornendo consulenza legale – possa orientare i cittadini italiani, residenti sul territorio estero o domiciliati a fini economici e commerciali sul medesimo territorio, in caso di controversie giudiziarie civili e non;
   quali iniziative intenda porre in essere il Governo a tutela delle proprietà immobiliari italiane, al fine di rendere pienamente esecutivi gli accordi internazionali sul diritto di proprietà. (4-08983)


   NUTI e RUOCCO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   un servizio televisivo de «Le Iene show», andato in onda giovedì 26 marzo 2015, ha trasmesso la testimonianza di un anonimo che ha descritto sospetti episodi di corruzione all'interno della Presidenza del Consiglio dei ministri avvenuti nel corso degli ultimi anni, dipingendo un vero e proprio sistema corruttivo che vedeva coinvolti alti funzionari della Presidenza del Consiglio dei ministri e alcune società: in particolare veniva descritto un appalto di circa 10 milioni di euro, che sarebbe stato bandito con modalità contrarie alle disposizioni di legge vigenti in materia;
   nella puntata televisiva de «Le Iene Show» del 9 aprile 2015, è andato in onda un servizio, legato al precedente andato in onda il giorno 26 marzo 2015, in cui veniva rintracciato l'imprenditore che presumibilmente sarebbe stato al centro di questo sistema corruttivo: David Biancifiore e la società di cui è amministratore unico, procuratore e socio di maggioranza, la Di.Bi. Technology s.r.l.;
   l'imprenditore David Biancifiore, poche ore dopo l'intervista rilasciata a «Le Iene», in cui si difendeva e si giustificava, anche se in maniera non del tutto chiara, rispetto alle accuse rivoltegli nel corso del servizio del 26 marzo, è stato arrestato, in quanto socio assieme a Gianluca Tommasi della Bi.Food, in una vicenda che vede protagonista il sindaco del comune di Marino, in provincia di Roma, Fabio Silvagni;
   secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il sindaco di Marino, tra l'altro, avrebbe consentito la costruzione di un fast food alla società Bi.Food in cambio dell'assunzione a scopo elettorale di alcune decine di lavoratori e del finanziamento in nero per alcune migliaia di euro di iniziative locali;
   secondo quanto risulta da fonte certificata CERVED, nonché da quanto dichiarato nel sito web della Di.Bi Technology, la stessa società intratterrebbe rapporti economici con enti e società a maggioranza pubblica, quali Presidenza del Consiglio dei ministri, Ferrovie dello Stato, Rai, ENEL, ACEA, Teatro dell'Opera di Roma;
   ad opinione degli interroganti, poiché emergerebbe il carattere continuativo, e non episodico della condotta dell'imprenditore David Biancifiore, potrebbe esservi il rischio che anche altri contratti con i sopra citati enti o società pubbliche possano essere viziati da comportamenti illeciti;
   in data 9 aprile 2015 il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, rispondendo all'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01415, ha dichiarato che «le procedure di appalto che, tramite il Ministero per le infrastrutture e per la manutenzione degli immobili o direttamente dalla Presidenza del Consiglio, per altri tipi di servizi, tra cui quelli informatici, sono stati gestiti fino al 2012 dal dottor Ragusa, si segnala che i contratti d'appalto sono attualmente secretati per legge»;
   tuttavia, il magistrato Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, in una breve intervista rilasciata ad un inviato de «Le Iene Show», andata in onda giovedì 8 aprile 2015; ha dichiarato che «dovrebbero essere secretate solo le gare che riguardano i servizi di sicurezza e basta. E comunque devono essere controllabili», aggiungendo che la secretazione di un appalto relativo alla fornitura di telecamere e luci sembrava «poco utile»;
   il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di contratti pubblici stabilisce all'articolo 17 gli unici casi in cui è possibile procedere alla secretazione dei contratti pubblici, così come ribadito dalla stessa ANAC nella propria deliberazione AG2-08 dell'aprile 2008: anche qualora fosse possibile la secretazione, la pubblica amministrazione proponente ha l'obbligo di emanare preliminarmente un proprio atto motivato al fine di spiegare per quali ragioni è necessario apporre una classificazione di segretezza o speciali misure di sicurezza al contratto pubblico in questione;
   il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, inoltre, stabilisce che vengano chiamati almeno 5 soggetti per lo svolgimento della gara, salvo il caso in cui non esistono almeno 5 soggetti qualificati per l'oggetto del contratto pubblico oppure dal fatto che la negoziazione con più soggetti sia incompatibile con le esigenze di segretezza;
   infine, si ricorda che gli operatori chiamati a svolgere un contratto pubblico secretato devono possedere, oltre i normali requisiti imposti dal codice dei contratti pubblici, anche il nulla osta di sicurezza, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 42, comma 1-bis, della legge n. 124 del 2007 –:
   in base a quali criteri gli appalti oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01415 siano stati secretati, visto anche quanto dichiarato dal presidente dell'Autorità nazionale anti corruzione, anche fornendo la documentazione relativa agli atti motivati di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; 
   quali siano le imprese chiamate per lo svolgimento della gara per gli appalti oggetto dell'interrogazione a risposta immediata in Assemblea n. 3-01415 e se le stesse possedessero i requisiti del nulla osta di sicurezza, ai sensi e nei limiti di cui all'articolo 42, comma 1-bis, della legge n. 124 del 2007;
   quali siano e se non intendano, per le parti di competenza, provvedere alla verifica di tutti i contratti stipulati con la società Di.Bi. Technology s.r.l. o comunque collegati all'imprenditore David Biancifiore, ed eventualmente procedere al recesso dagli stessi. (4-08985)


   PRATAVIERA, MATTEO BRAGANTINI e CAON. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo uno studio elaborato da CERTet – Università Bocconi, su richiesta di Expo 2015 spa, relativo ai principali impatti economici generati dall'evento Expo 2015 sul territorio nazionale, si stima che tra i principali ambiti si avrà una ricaduta significativa sia sulla dotazione infrastrutturale, sia sull'economia nazionale, sia per quanto riguarda l'occupazione, nel decennio 2011-2020, un aumento di circa 61.000 persone occupate in media ogni anno;
   dello stesso avviso sono le osservazioni della camera di commercio di Milano che ha avuto modo di sottolineare che: «Lo svolgimento di Expo Milano 2015 costituirà un evento di enorme importanza per la città e per l'intera economia italiana con una ricaduta significativa sull'economia nazionale, che produrrà i suoi effetti anche successivamente la conclusione dell'Esposizione Universale»;
   per alcune imprese che hanno partecipato alla realizzazione di infrastrutture di Expo 2015 le cose non sembrano essere andate nel senso auspicato. Infatti, diversi quotidiani, nei giorni scorsi, hanno riportato le vicende relative al gruppo Tosoni. Il presidente del gruppo veronese, in una lettera inviata al commissario unico di Expo 2015 e al presidente dell'Autorità anticorruzione riferisce di gravi ritardi nei pagamenti;
   il gruppo Tosoni ha partecipato alla realizzazione di una delle opere più suggestive di Expo 2015: il viadotto Expo, la porta d'accesso al sito dell'area espositiva che metterà Milano e l'Italia al centro della scena planetaria. L'opera che, strutturalmente e architettonicamente, rappresenta un «unicum» è un viadotto a struttura mista calcestruzzo-acciaio costituito da una travata continua a cinque campate (53 metri di luce) disposte su sei pile complessive dallo sviluppo totale di 265 metri;
   il viadotto Expo è stato realizzato da Pontexpo Scarl, braccio operativo del consorzio Eureca (CMB, Unieco, CLF), vincitore dell'appalto che ha concorso in raggruppamento con Consorzio Cooperative Costruzioni-CCC, Gruppo Vitali e CIC; mentre tutto il complicato e suggestivo sistema di illuminazione che, tra l'altro, presta attenzione a tutti gli aspetti tecnici ed alle esigenze specifiche riscontrate nell'ambiente circostante come temperatura, umidità, polveri o smog è stato realizzato dal gruppo Tosoni, così come le opere di carpenteria metallica e i rivestimenti del viadotto;
   nonostante il ponte sia stato terminato e già consegnato all'appaltatore, l'azienda veronese ha ricevuto, secondo il suo presidente, solo il 65 per cento del valore dell'intervento. In pratica, il gruppo scaligero vanta un credito di quasi 6,5 milioni di euro e, da questa mancanza di liquidità, deriverebbero i suoi problemi a pagare i dipendenti. Un problema di cui nella sede di Infrastrutture Lombarde confermano di essere a conoscenza e che ribadiscono di essere intenzionati a risolvere il più presto possibile;
   i mancati pagamenti, a differenza delle previsioni in termini occupazionali relative ad Expo 2015, hanno bloccato l'attività della Cordioli, l'azienda del gruppo Tosoni che ha fornito le infrastrutture: da lunedì scorso i suoi dipendenti hanno deciso di scioperare ad oltranza per chiedere gli stipendi arretrati;
   nella missiva di cui sopra, il presidente del gruppo sottolinea: «... Confidavamo che le opere di Expo avessero un esito diverso. Sono controllate da altissime autorità di vigilanza e, quindi, confidavamo che funzionasse il sistema che controlla i meccanismi tra fornitori, subfornitori e subappaltatori. Purtroppo per la realtà contorta delle leggi italiane finisce che vengono tutelati i subappaltatori e non i fornitori...»;
   dal sito di Expo 2015 si rileva che le imprese che hanno partecipato ai lavori di realizzazione dell'evento sono circa 400 per cui si potrebbe presumere che altre si possano trovare in situazioni simili a quelle del gruppo Tosoni –:
   di quali informazioni disponga il Governo in merito alla questione esposta in premessa;
   quali iniziative di competenza si intendano adottare al fine di verificare la puntualità dei pagamenti dovuti a tutte le imprese fornitrici da parte delle società appaltanti Expo 2015;
   quali iniziative concrete il Governo, per le parti di competenza, intenda adottare al fine di evitare il ripetersi di casi come quello del gruppo Tosoni dove a subire le conseguenze sono sempre e solo i dipendenti. (4-08986)


   AGOSTINELLI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 aprile 2015 l'interrogante ha depositato l'interrogazione 5-05331 (ancora senza risposta), sui lodi arbitrali riguardanti i piani di ricostruzione di Ancona, Ariano Irpino e Macerata, conclusi con la condanna del MIT al pagamento di circa 1,2 miliardi di euro;
   il collegio arbitrale riguardante il piano di ricostruzione di Ancona era presieduto, in origine, dal dottor Pasquale De Lise (all'epoca Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato). Da una visura effettuata sul sito www.giustizia-amministrativa.it risulta affidato «l'incarico di Presidente del Collegio arbitrale per la risoluzione della controversia “Signor Edoardo Longarini c/ Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”, nominato dalle parti». Risulta altresì l'entità del Petitum di 300.000.000,00 euro circa, alla data di novembre 2008;
   il testo del lodo definitivo emanato dal collegio arbitrale presieduto dall'avvocato Aldo Pezzana Presidente onorario del Consiglio di Stato (subentrato al De Lise in data 9 luglio 2010), a pagina 6 recita: «In particolare l'attore (Longarini) quantificava la sua pretesa risarcitoria in euro 4.850.326.668,00 mentre l'Avvocatura dello Stato proponeva varie eccezioni pregiudiziali e contestava nel merito le conclusioni della relazione peritale»;
   in effetti il Petitum passa da 300.000.000,00 circa a 4.850.326.668,00. Una pretesa che moltiplica per 16 volte quella originaria su cui il Collegio è stato costituito. Circostanza che non risulta evidenziata dal Collegio stesso;
   inoltre a pagina 10 del lodo: «Conseguentemente il Collegio non può prendere in esame le eccezioni pregiudiziali riproposte dall'Avvocatura dello Stato con la memoria finale in quanto su di esse si è già definitivamente pronunciato, con ampia motivazione, nel lodo parziale. Venendo all'esame delle risposte del CTU ai nuovi quesiti, si osserva anzitutto che, per le considerazioni di cui sopra, il Collegio non può prendere in esame le critiche a quanto dedotto dal C.T.U. sui precedenti quesiti. Infatti le argomentazioni della difesa dell'amministrazione e le deduzioni dei suoi C.T.P. sono precluse perché superate dall'intervenuta pronuncia e perciò inammissibili perché non tempestivamente proposte. (...). Comunque, per quanto riguarda le critiche proposte solo ora dai C.T.P. dell'Amministrazione alla relazione peritale del 20 novembre 2011, ferma restando la loro tardività che ne preclude l'esame, si osserva». Ci si domanda come sia stato possibile che l'Avvocatura dello Stato e l'Amministrazione possano aver prodotto le proprie difese «a tempo scaduto» ove si consideri, peraltro, che uno degli arbitri è un Avvocato dello Stato indicato dall'Amministrazione e che il Presidente del Collegio è stato nominato di comune accordo tra le parti. Un Collegio che si è premurato di concedere ulteriori 26 giorni di tempo per il calcolo dei riconoscimenti all'attore scoprendo, proprio alla fine, che la legge n. 317, emanata il 13 agosto (erroneamente considerata nella C.T.U. del 20 novembre 2011) è entrata in vigore il 7 settembre 1993. Eppure è la stessa legge che specifica in modo inequivocabile. Infatti all'articolo 2, comma 3, la legge n. 317 del 1993 dispone: «I lavori relativi a lotti di piani di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, sono contabilmente definiti con riferimento allo stato di avanzamento dei lavori esistente alla data di emanazione del decreto di annullamento. Il comma 3 dell'articolo 2 della legge 12 agosto 1993, n. 317, va interpretato nel senso che per le concessioni di lavori relativi ai lotti di ricostruzione già affidati con atti di concessione annullati con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992, resta confermata la perdita di efficacia e che la loro definizione contabile va effettuata con riferimento allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, data di cessazione dei lavori»;
   sembra sfuggito agli autorevoli membri del collegio che la legge stabilisce che la definizione contabile va effettuata allo stato di avanzamento alla data di emanazione del decreto di annullamento, alla data di cessazione dei lavori. I lavori che sono cessati a seguito dell'annullamento delle concessioni avvenuta con decreto del Ministro dei lavori pubblici dell'8 ottobre 1992 e dell'arresto del signor Edoardo Longarini avvenuto nella notte del 9 ottobre 1992;
   sul Corriere Adriatico del 9 ottobre si legge: «L'arresto nella notte per pericolo di fuga Longarini in manette. Il costruttore era già indagato nell'inchiesta sulle incompiute: insieme a lui erano state raggiunte da informazione di garanzia altre persone: Camillo Florini, amministratore unico dell'Adriatica Costruzioni; Vincenzo Mattiolo, ex ing. Capo del Provveditorato opere pubbliche delle Marche; Lamberto Sortino, ex Presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici; Omero Romano e Antonio D'Ancona, due funzionari dello stesso organismo; Gabriele Di Palma, ex Direttore Generale dell'edilizia statale e Claudio Giordani, direttore dei lavori dell'impresa di Longarini». Successivamente è stato arrestato anche Filippo Prost dirigente del Ministero. Tutti accusati di truffa allo Stato proprio per le vicende legate al Piano di ricostruzione di Ancona.
   all'interrogante appare chiaro che in base alla legge si deve fare il calcolo dei lavori realizzati alla data di cessazione dei lavori: se l'ex concessionario ha realizzato 100 miliardi di lavori e lo Stato ne ha pagato 50 miliardi, lo Stato deve pagare la differenza; il fallimento della Edizioni Locali s.r.l. (undici testate giornalistiche riconducibili al Longarini) non ha legami con le strade; non si può fare un calcolo di lavori non realizzati; né rileva la mancata percezione dell'indennità di revoca, dal momento che la legge n. 317 del 1993 stabilisce che «resta confermata la perdita di efficacia delle concessioni dei piani di ricostruzione», e così dicasi per il «danno all'immagine», mai citati dalla predetta legge;
   eppure l'esimio Collegio riesce a quantificare «per lavori NON REALIZZATI – VARIANTI, mancata percezione dei flussi di cassa euro 350.286.372; per mancata percezione indennità di revoca euro 43.931.378; Per LAVORI NON REALIZZATI – PRESCRIZIONI, mancata percezione dei flussi di cassa euro 230.137.559; per mancata percezione indennità di revoca euro 73.866.092; per Fallimento della Edizioni Locali s.r.l. euro 51.943.218 e per Danno immagine euro 57.195.479» euro 807.360.098 che non c'entrano nulla con quanto prescrive la legge! Un lodo approvato A Voti Unanimi! Compreso il rappresentante dell'Amministrazione, Avvocato dello Stato e il Presidente onorario del Consiglio di Stato;
   risulta all'interrogante che con l'emanazione di una successiva ordinanza, il Collegio ha disposto la liquidazione dei compensi agli arbitri (cioè a loro stessi) e ai segretari, nonché alle spese di funzionamento del collegio arbitrale, nelle seguenti somme: 12.000.000,00 di euro per gli arbitri (tre), 1.200.000,00 euro per i segretari (due) e 620.000,00 euro per il CTU (importi al netto dell'IVA, degli oneri previdenziali e del CPA). La spesa è imputata per la metà a carico dell'attore (Longarini) e per l'altra metà a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
   la direzione generale per gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota 5849/u del 211 novembre 2012, ha rilevato che «le ingenti richieste» del Collegio, non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa e ha chiesto «di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base dei parametri fissati» in base a quanto disposto dall'articolo 241 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici). L'articolo 241, comma 12, dispone tra l'altro che: «Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di centomila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
   non si comprende come, a fronte di un limite massimo imposto dalla legge di centomila euro di compenso per il collegio, compresi i compensi del segretario, sia stato possibile emettere un'ordinanza che obbliga lo Stato a pagare oltre 6,5 milioni di euro (al netto dell'IVA, degli oneri previdenziali e C.P.A.) e altri 6,5 milioni di euro a carico dell'attore. Se il tetto massimo è 100.000 euro come è possibile che un collegio ove è presente il Presidente onorario del Consiglio di Stato e un Avvocato dello Stato, lo stabilisca in oltre 13 milioni di euro e cioè centotrenta volte tanto;
   non è dato sapere all'interrogante quale esito ha avuto la richiesta del Ministero e se il collegio abbia revocato la propria ordinanza per adeguarsi alla legge vigente;
   il Collegio arbitrale risulta composto da: avvocato Aldo Pezzana presidente, arbitri avvocato Gaetanino Longobardi (per Longarini), avvocato Aurelio Vessichelli (per l'Amministrazione) segretari dottore Giorgio Calabresi e dottoressa Patrizia Bruschi C.T.U. Prof. Antonio Nicita;
   risulta altresì che per i lodi riguardanti i piani di ricostruzione di Macerata e Ariano Irpino i lodi arbitrale definitivi stati resi esecutivi con il decreto emesso in data 28 settembre 2010 (R.G. 12682/10). Risulta che la direzione generale del Ministero ha segnalato all'avvocatura, tra le motivazioni e pregiudiziali processuali, anche la nullità del compromesso alla luce della revoca delle concessioni disposta dalla legge 317 del 1993, già intervenuta quando il Longarini ha formulato la domanda di arbitrato. Il Longarini, con riferimento ai lodi arbitrali esecutivi per Ariano Irpino e Macerata, con atto di precetto del 23 febbraio 2011 ha intimato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il pagamento di 254.236.165,43 euro. A tale precetto è seguito un atto di pignoramento in data 18 marzo 2011 per l'importo di 381.354.248,14 euro (si tratta del capitolo di spesa del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per il rimborso alle regioni del contributo per il trasporto pubblico locale). In data 2 maggio 2011 è stato emesso il decreto di pagamento n. 7630, a favore del Longarini, con la speciale procedura in conto sospeso per l'importo di 250.097.010,97 euro relativo alla sola sorte capitale ed interessi;
   per quanto riguarda i compensi per i collegi arbitrali risulta che per il lodo di Ariano Irpino è stato quantificato in euro 1.187.481,37; per il, Lodo di Macerata in euro 1.346.252,56; per oneri e diritti di precetto in euro 1.728,34; per un totale di 2.535.462,27;
   non è dato sapere se Ministero abbia chiesto di revocare le ordinanze, per rideterminare le somme da liquidare sulla base dei parametri fissati in base a quanto disposto dall'articolo 241 del decreto legislativo 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici). L'articolo 241, comma 12, dispone tra l'altro che: «Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di centomila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti»;
   anche in questo caso il tetto massimo di 100.000. euro stabilito dalla legge è stato superato di dodici volte per ognuno dei due lodi –:
   pertanto si chiede ai Ministri interrogati se siano a conoscenza dei fatti suesposti e se risulti agli atti per quali motivi:
    a) un collegio arbitrale come quello sul piano di ricostruzione di Ancona abbia accettato, a fronte di un petitum iniziale di 300.000 di euro, una richiesta risarcitoria di 4.850.326.668,00. Una pretesa che moltiplica per 16 volte quella originaria su cui il Collegio è stato costituito;
    b) il medesimo Collegio abbia quantificato «per lavori NON REALIZZATI – VARIANTI, mancata percezione dei flussi di cassa euro 350.286.372; per mancata percezione indennità di revoca euro 43.931.378; Per LAVORI NON REALIZZATI – PRESCRIZIONI, mancata percezione dei flussi di cassa euro 230.137.559; per mancata percezione indennità di revoca euro 73.866.092; per Fallimento della Edizioni Locali s.r.l. euro 51.943.218 e per Danno immagine euro 57.195.479.» la somma di 807.360.098 euro che non rilevano in relazione a quanto prescrive la legge;
   se l'ordinanza di pagamento dei compensi al collegio arbitrale sia stata revocata, come richiesto dal direttore generale per gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota 5849/u del 21 novembre 2012, con la quale ha rilevato che «le ingenti richieste» del Collegio, non corrispondono assolutamente a quanto effettivamente liquidabile in applicazione della vigente normativa» e ha chiesto «di revocare la suddetta ordinanza, rideterminando le somme da liquidare sulla base dei parametri fissati» in base a quanto disposto dall'articolo 241 del decreto legislativo 163 del 2006 (codice dei contratti pubblici) che dispone tra l'altro che: «Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto. Il compenso per il collegio arbitrale, comprensivo dell'eventuale compenso per il segretario, non può comunque superare l'importo di centomila euro, da rivalutarsi ogni tre anni con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» e se i compensi siano stati rideterminati in base alla normativa richiamata;
   se anche per i compensi riferiti ai lodi di Macerata e Ariano Irpino i compensi siano stati adeguati alla normativa vigente e se e quali provvedimenti intendano assumere nei confronti di eventuali responsabili delle violazioni normative messe in atto dai componenti dei Collegi arbitrali sulle vicende sopracitate.
(4-08994)


   DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, SPESSOTTO, PETRAROLI e COZZOLINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015 sul sito di informazione www.formiche.net veniva pubblicato un articolo dal titolo «Agid, come sarà il dopo Poggiani» a firma di Valeria Covato nel quale venivano riportate, tra l'altro, informazioni afferenti alle spese sostenute dall'Agenzia per l'Italia digitale (Agid) negli anni 2013-2015;
   nel predetto articolo si riportava il link a un file in formato .xml disponibile sul sito della richiamata agenzia nel quale venivano elencate, tra le altre informazioni disponibili, le spese sostenute dall'agenzia per l'acquisto di software;
   in particolare, dal predetto file è possibile rilevare come Agid abbia acquistato da diverse società software di tipo proprietario per centinaia di migliaia di euro;
   in particolare, per l'acquisto di prodotti Microsoft, Agid avrebbe speso la somma di euro 87.550,00 per l'anno 2014;
   l'articolo 68 del decreto legislativo 82 del 2005 (cosiddetto codice dell'amministrazione digitale) prevede che «1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:
    a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;
    b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;
    c) software libero o a codice sorgente aperto;
    d) software fruibile in modalità cloud computing;
    e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso;
    f) software combinazione delle precedenti soluzioni.
   1-bis. A tal fine, le pubbliche amministrazioni prima di procedere all'acqui- sto, secondo le procedure di cui al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, effettuano una valutazione comparativa delle diverse soluzioni disponibili sulla base dei seguenti criteri:
    a) costo complessivo del programma o soluzione quale costo di acquisto, di implementazione, di mantenimento e supporto;
    b) livello di utilizzo di formati di dati e di interfacce di tipo aperto nonché di standard in grado di assicurare l'interoperabilità e la cooperazione applicativa tra i diversi sistemi informatici della pubblica amministrazione;
    c) garanzie del fornitore in materia di livelli di sicurezza, conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali, livelli di servizio tenuto conto della tipologia di software acquisito;
  1-ter. Ove dalla valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico, secondo i criteri di cui al comma 1-bis, risulti motivatamente l'impossibilità di accedere a soluzioni già disponibili all'interno della pubblica amministrazione, o a software liberi o a codici sorgente aperto, adeguati alle esigenze da soddisfare, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso. La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall'Agenzia per l'Italia digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto» –:
   quali ragioni tecniche abbiano indotto l'Agenzia per l'Italia digitale nell'ambito della valutazione comparativa svolta a dare preferenza a software di tipo proprietario secondo la modalità della licenza d'uso. (4-08995)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto si evince dai dati statistici elaborati nel 2014 da Goletta Verde di Legambiente la BAT risulta essere la provincia della regione Puglia con maggiori punti di inquinamento grave;
   le cronache raccontano, ormai da anni, delle cause di inquinamento più rilevanti che sarebbero ascrivibili all'incuria, al mancato rispetto della natura circostante e alla non corretta gestione dei terreni agricoli e degli impianti presenti a ridosso di zone di particolare rilievo dal punto di vista paesaggistico e naturalistico;
   il problema relativo all'inquinamento di queste zone e soprattutto del fiume Ofanto ha delle conseguenze disastrose sull'economia legata al settore turistico in quanto le zone di mare direttamente collegate alla foce del fiume rischiano seriamente di diventare non balneabili a causa della già rilevata presenza di fosforo e azoto nell'acqua di origine agricola;
   il fiume Ofanto insiste in un importantissimo Sito di interesse comunitario che è quindi a sua volta interessato dalle gravi problematiche di inquinamento appena esposte. L'area si estende per 34 chilometri, è denominata SIC IT9120011 «Valle Ofanto – lago di Capacciotti» ed è riconosciuta e protetta in virtù di importanti risorse naturali e in quanto rappresenta il perimetro dell'area compresa dal sistema idrografico del fiume Ofanto;
   il SIC «Valle Ofanto – lago di Capacciotti» è stato proposto alla Commissione dell'Unione europea, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con decreto ministeriale del 3 aprile 2000 (Gazzetta Ufficiale 95 del 22 aprile 2000) ed attualmente inserito nell'ottavo e ultimo aggiornamento dell'elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica mediterranea adottato con decisione di esecuzione (UE) 2015/74 della Commissione europea del 3 dicembre 2014;
   l'area ricade interamente nel territorio del Parco naturale regionale del fiume Ofanto, istituito con legge regionale Puglia n. 37 del 14 dicembre 2007, nonché nel sito IBA «Zone Umide di Capitanata» codice IT130 (cod. IBA1989: IT95);
   il Sito risulta di elevato valore paesaggistico ed archeologico poiché si tratta del più importante ambiente fluviale della Puglia. A tratti la vegetazione è composta da foreste a galleria ripariale Salix alba e Populus alba e da percorsi substeppici di graminee e piante annue denominate Thero-brachypodietea e per questo motivo è un Habitat definito prioritario ai sensi della Dir.92/43/CEE poiché in pericolo di estinzione sul territorio degli Stati membri e per la cui conservazione l'Unione europea si assume una particolare responsabilità; presenta, inoltre, esemplari di notevoli dimensioni che risultano fra i più maestosi dell'Italia Meridionale. È l'unica zona della regione nella quale si registra la presenza della lontra «Lutra lutra»;
   il SIC rientra nella rete Natura 2000 ovvero il complesso delle aree destinate alla protezione della biodiversità nel territorio dei Paesi appartenenti all'Unione europea attraverso il mantenimento o il ripristino degli habitat naturali d'interesse comunitario;
   l'inquinamento delle acque del fiume Ofanto causato dagli scarichi abusivi, l'impoverimento della sua portata idrica per prelievo irriguo, il taglio di lembi residui di vegetazione da parte dei proprietari frontisti e la presenza di sversamenti e scarichi abusivi nel fiume sono fra le principali cause di degrado;
   è solo degli ultimi giorni l'ennesima notizia di stampa che riferisce di abusi e illeciti. Questa volta lungo il fiume dell'Ofanto presso il ponte della ferrovia adriatica è stato riscontrato il taglio, senza alcuna autorizzazione, di alberi di proprietà pubblica per ricavare altro terreno destinato a colture abusive o legname per usi vari;
   è fondamentale evidenziare che lo stato di degrado del SIC è dovuto anche alla mancanza di adeguata diffusione della cultura delle buone pratiche nella gestione di alcune attività imprenditoriali e agricole;
   è compito delle istituzioni non solo individuare e sanzionare gli illeciti ma anche e soprattutto promuovere ed intensificare lo sviluppo della cultura e della tutela dell'ambiente –:
   quali iniziative di propria competenza intenda adottare per tutelare e valorizzare il SIC IT9120011 «Valle Ofanto – lago di Capacciotti», con particolare riferimento alla possibilità di adottare provvedimenti volti a:
    a) promuovere e intensificare la formazione professionale e la diffusione di buone pratiche agricole e imprenditoriali al fine di tutelare maggiormente le zone protette e rilevanti dal punto di vista paesaggistico e naturalistico;
    b) promuovere sistemi di incentivazione economica e finanziaria in favore degli imprenditori virtuosi che conducono le proprie attività seguendo le buone pratiche in favore della tutela ambientale;
    c) intensificare le attività di controllo anche per il tramite del nucleo operativo ecologico al fine di rilevare eventuali nuovi scarichi e sversamenti abusivi. (5-05466)


   MATARRESE e PIEPOLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   ormai da anni le cronache riferiscono dell'alta percentuale di mortalità delle tartarughe «caretta caretta», specie a rischio di estinzione iscritta nella Lista Rossa della IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura), nel corso delle attività di pesca non condotte correttamente dai pescatori professionali e a causa dei rifiuti incautamente riversati in mare da criminali senza scrupoli;
   sono recenti le ultime notizie di stampa che raccontano della morte di altri cinque esemplari adulti nella zona marina compresa tra Bari e Monopoli e in quella di Porto Cavallo a Polignano. Anche in questo caso la morte delle tartarughe è dovuta all'uso indiscriminato delle reti a strascico, alle eliche delle imbarcazioni, che evidentemente non rispettano le distanze minime dalle coste, e ai rifiuti di vario genere presenti in mare e ingeriti dalle stesse tartarughe. Questi ultimi sono facilmente riscontrabili in quantità rilevanti sulle coste a seguito delle mareggiate e costringono i comuni ad impiegare costantemente ingenti risorse economiche per la loro rimozione;
   secondo informazioni diffuse dal CTS e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, le catture accidentali che si verificano durante le attività di pesca professionale sono il principale pericolo per questa specie. Gli studi riferiscono di oltre 130.000 catture all'anno nel Mediterraneo a causa dell'uso di palangari pelagici (circa 57.000) e demersali (circa 13.000), reti a strascico (circa 40.000) e da posta (circa 23.000), con oltre 50000 possibili casi di decesso; le statistiche ufficiali non comprendono però tutte le navi da pesca esistenti e sottostimano il numero di piccole imbarcazioni; dunque, una stima più realistica potrebbe essere di circa 200 mila catture e di 100 mila decessi;
   di recente sono stati resi noti i risultati dell'indagine conoscitiva condotta da Tartalife, progetto realizzato con lo strumento finanziario del Life+ della Commissione europea e promosso dal Centro nazionale ricerche in collaborazione con l'Istituto di scienze marine, il consorzio Unimar che riunisce le associazioni nazionali di pesca professionale, Legambiente e numerosi parchi e Aree marina protette; il progetto si pone come obiettivo la riduzione della mortalità della tartaruga marina nelle attività di pesca professionale nelle 15 regioni italiane che si affacciano sul mare e nello specifico della «caretta caretta»;
   durante il 2013 sono stati raccolti dal consorzio UNIMAR, in collaborazione con gli altri partner, 539 questionari in 13 regioni costiere della penisola ovvero in Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto, Calabria;
   a confermare che sia l'uso delle reti a strascico o da posta a causare la morte delle tartarughe è il seguente dato: il 71 per cento dei pescatori che hanno risposto al questionario afferma di aver pescato nel 2014 almeno una tartaruga e nel 48 per cento dei casi con la pesca a strascico mentre il 34 per cento con le reti da posta;
   un dato significativo è emerso quando ai pescatori è stato chiesto se fossero a conoscenza di alcuni strumenti di pesca che limitano la cattura accidentale degli esemplari di tartarughe e altre specie. Il 65 per cento dei pescatori intervistati dichiara di non conoscere gli ami circolari, che grazie alla particolare conformazione rendono più difficile l'ingestione dell'amo da parte della tartaruga, nonostante sia dimostrato che il loro utilizzo, in luogo dei cosiddetti ami a «J» tradizionali, riduca di circa il 70 per cento la cattura degli esemplari di caretta caretta senza alterare l'efficienza di cattura delle specie bersaglio (pesce spada, tonno rosso e tonno alalunga);
   l'amo circolare, rimanendo impigliato solo superficialmente, può essere agevolmente rimosso dai pescatori che in questo modo potranno contribuire alla salvaguardia della specie con delle semplici operazioni da svolgere direttamente a bordo dell'imbarcazione;
   l'80 per cento dei pescatori intervistati sostiene di non conoscere il TED (Turtle device excluded), una griglia cucita all'interno della rete (prima del sacco terminale) che ha il compito sbarrare la strada alla tartaruga ma non al pesce. Le tartarughe, urtando contro il TED, ritroverebbero la libertà attraverso un'apertura della rete chiusa da un altro panno di rete cucito solo parzialmente;
   il dato che desta maggiore preoccupazione è quello che riferisce che il 55 per cento dei pescatori intervistati dichiara di non essere sufficientemente e correttamente informato su questi metodi innovativi di pesca che tutelano le tartarughe e inoltre gli stessi dicono di aver paura di cambiare modo di pescare;
   secondo quanto affermato dal CNR-ISMAR, i risultati emersi da questa indagine dimostrano che il numero delle catture accidentali di tartarughe marine, che risulta essere pari a 1900 esemplari con un massimo in estate (624) e un minimo in inverno (380), è sicuramente sottostimato e confermano che l'unica strada per contrastare rapidamente il fenomeno è quella di rispondere alla richiesta dei pescatori di maggiore informazione sia sull'uso degli attrezzi più selettivi che sulle questioni tecniche legate alle possibilità di finanziamento. Infine è emersa forte la richiesta di snellire le procedure burocratiche in caso di detenzione di animali durante le operazioni di soccorso che al momento sembrano un ostacolo significativo per convincere i più a partecipare al progetto –:
   se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare per tutelare la specie protetta della tartaruga «caretta caretta» con particolare riferimento alla possibilità di:
    a) promuovere e intensificare la formazione professionale dei pescatori nonché la diffusione di buone pratiche nelle attività ittiche al fine di tutelare maggiormente le specie protette;
    b) garantire la diffusione adeguata delle informazioni relative al più corretto utilizzo di attrezzi selettivi per la pesca che consentirebbero una rilevante riduzione della mortalità delle tartarughe;
    c) intensificare il controllo in mare per prevenire l'inquinamento prodotto da scarichi illeciti di stive di imbarcazioni e natanti in navigazione;
    d) promuovere sistemi di incentivazione economica e finanziaria in favore dell'acquisto di attrezzi selettivi per la pesca e sistemi di premialità per i pescatori professionali virtuosi che conducono le proprie attività seguendo le buone pratiche;
    e) semplificare le procedure burocratiche da eseguire in caso di detenzione di animali a bordo durante le operazioni di soccorso. (5-05467)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:


   LATRONICO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento italiano per l'accesso ai ruoli della polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, della polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato, della Guardia di finanza e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevede tra i requisiti per l'accesso alla selezione concorsuale limiti di età diversi;
   nei mesi scorsi la Corte di Giustizia Unione europea sez. II, con la sentenza 13 novembre 2014 no C-416/13, relativa ad un caso spagnolo, ha dichiarato come, ingiustificata discriminazione il limite di età in quanto è contraria al diritto dell'Unione. La direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000 stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, vietando espressamente, in materia di impiego, ogni discriminazione direttamente o indirettamente fondata sull'età;
   in particolare la Corte va precisando che la selezione concorsuale preveda già il superamento di «prove fisiche rigorose ed eliminatorie» sufficienti a raggiungere l'obiettivo di garantire piena operatività ai Corpi e si richiama, in riferimento al caso di specie, al diritto spagnolo il quale non presenta una omogeneità di comportamento, essendo questa materia regolamentata dalle comunità autonome, e nel quale, quindi, figurano — all'interno del medesimo Stato — comunità che prevedono limiti d'età più stringenti, comunità che dispongono limiti di età più ampi, ed infine comunità che non hanno stabilito alcun limite;
   la sentenza della Corte di giustizia europea del 13 novembre 2014, dovrebbe esortare il nostro Paese a superare l'attuale impostazione, adeguandola all'orientamento della Corte che pare essere, coerente con i principi europei e che comunque consente il raggiungimento degli obiettivi di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico;
   l'adeguamento dovrebbe essere necessario per evitare che il nostro Paese possa essere sanzionato con la notifica dell'apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea –:
   quali iniziative intenda adottare per adeguare l'ordinamento italiano agli orientamenti della Corte di giustizia europea in materia di limiti d'età nell'accesso ai concorsi pubblici. (4-08974)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BRATTI e PAOLA BOLDRINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel 2009 un'ispezione della Banca d'Italia rilevava problematiche relative al credito per la Carife Spa, ed in particolare una posizione debitoria su Milano (Siano) che presentava significative difficoltà;
   data la delicata situazione, nel settembre 2009, l'allora direttore generale, dottor Gennaro Murolo, veniva sostituito dal dottor Giuseppe Grassano; quest'ultimo, in più occasioni ufficiali prospettava un rapido risanamento rilancio della banca;
   nell'aprile 2010, con la nomina del nuovo consiglio e l'approvazione del primo bilancio in passivo della propria storia, la banca proseguì nell'opera di risanamento, sotto l'assiduo controllo della Banca d'Italia, che aveva disposto per Carife la vigilanza rafforzata. Ogni tre mesi la banca era obbligata a fornire alla vigilanza di Roma una relazione dettagliata sui crediti e un riferimento specifico sulla posizione Siano;
   nell'autunno 2010 veniva redatto, di concerto con la Vigilanza, il piano industriale di Carife spa 2011-2014, che ne prevedeva il rilancio. Contestualmente la Banca d'Italia chiedeva di procedere ad un aumento di capitale per 150 milioni di euro, che la Fondazione non poteva sottoscrivere, per mancanza di risorse;
   a dicembre 2010 e aprile 2011, Carife spa definiva il piano per l'aumento di capitale, ricorrendo principalmente all'azionariato diffuso, grazie al supporto dei piccoli risparmiatori, famiglie e imprese. L'intera operazione fu autorizzata, come richiesto dalla normativa di riferimento, dalla Banca d'Italia e dalla Consob e tra luglio e settembre 2011 l'aumento di capitale fu completato con successo, portando il totale degli azionisti a più di 29.000, con 5.000 nuovi sottoscrittori;
   un'ulteriore ispezione da parte di Banca d'Italia, nel settembre del 2012, ha inaspettatamente portato a pesantissime svalutazioni dei crediti: il bilancio 2012 veniva approvato, ad aprile 2013, con una perdita di quasi 105 milioni di euro. Si registra che, in quel momento, il patrimonio netto di Carife risultava comunque superiore a 350 milioni di euro;
   il 27 maggio 2013 la Banca d'Italia otteneva con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, il commissariamento della Carife. Successivamente i commissari, in stretto coordinamento con Banca d'Italia, hanno effettuato la dismissione di banche controllate e di filiali, riducendo il perimetro di Carife al territorio originario; nello stesso periodo i sindacati aziendali aderivano ad un importante accordo di prepensionamenti, con oneri economici a carico dei dipendenti rimasti in servizio e consistenti effetti di diminuzione dell'organico e del costo del lavoro;
   il prossimo 27 maggio termineranno i primi due anni di amministrazione straordinaria disposti dalla Banca d'Italia: in assenza di interventi volti alla salvaguardia dell'attività aziendale, lo scenario attuale potrebbe condurre alla liquidazione, con il rimborso ai clienti, dei depositi fino a 100 mila euro (in totale la raccolta protetta di Carife è pari a un miliardo e mezzo);
   recentemente si apprende che, a seguito del periodo di gestione commissariale, il patrimonio che Carife registrava nel 2012, pari a 350 milioni di euro, potrebbe risultare totalmente azzerato e con esso il valore delle azioni, a fronte dell'intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi; sembrerebbe, infatti, che l'unica prospettiva per il salvataggio dell'istituto bancario sia l'intervento del Fondo, che sottoscriverà integralmente un aumento di capitale (pari a circa 300 milioni di euro) al termine del quale sarà azionista unico dell'istituto; si rileva inoltre che tale intervento, finalizzato ad individuare un nuovo acquirente, è stato deliberato dal Consiglio del Fondo nella riunione del 22 aprile 2015, dando il via libera soltanto alla struttura dell'operazione, nell'attesa di un conseguente piano industriale, atteso nelle prossime settimane;
   appare necessario intervenire a tutela dei risparmiatori anche alla luce del mancato intervento della fondazione nell'aumento di capitale richiesto e delle informazioni che, ottimisticamente, erano state fornite sulle prospettive dell'operazione posta in essere –:
   se, anche alla luce dei fatti esposti in premessa, non intenda assumere iniziative normative per rafforzare la tutela dei piccoli risparmiatori in situazioni quali quelle descritte in premessa. (5-05471)

Interrogazione a risposta scritta:


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, ROSTELLATO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge del 29 luglio 2014, n. 106, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo», all'articolo 13-bis istituisce un gruppo di lavoro sul tax free shopping;
   l'articolo sopracitato rappresenta la riformulazione di un emendamento presentato dall'interrogante che intendeva introdurre modifiche normative al regime di tax free shopping vigente – previsto dall'articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 793 del 1981, che disciplina lo sgravio dell'IVA per i soggetti domiciliati e residenti fuori della Unione europea – ed individuava una nuova fonte di entrata, da destinare al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, costituita dal versamento di una percentuale delle differenze dei margini di guadagno legate alla discrepanza tra l'IVA relativa alla cessione e lo sgravio o al rimborso effettivo, oltre a stabilire dei limiti precisi delle commissioni applicabili dai gestori del servizio;
   l'articolo 13-bis stabilisce che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, si debba istituire entro 45 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto n. 83 del 2014, un gruppo di lavoro con la finalità di individuare i principi ed i criteri per la disciplina dei contratti di intermediazione finanziaria tax free shopping, al fine di operare una corretta applicazione dell'articolo 38-quater del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per individuare risorse da destinare alle attività di promozione della cultura e del turismo;
   al comma 2 del summenzionato articolo, viene specificato che il gruppo di lavoro debba essere istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze ed essere composto da rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, del Ministero della giustizia, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e del dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri;
   inoltre, secondo l'articolo 13-bis, entro cinque mesi dall'inizio della propria attività tale gruppo cui non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti – deve concludere i propri lavori e formulare proposte operative al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il termine dei 45 giorni è stato superato ampiamente: l'interrogante, già il 7 ottobre 2014, ha presentato un'interrogazione, la n. 4-06300, con cui sollecitava il Ministro dell'economia e delle finanze ad istituire il gruppo di lavoro summenzionato e fornire, entro cinque mesi, i criteri ed i principi per disciplinare i contratti di intermediazione finanziaria tax free shopping;
   il gruppo di lavoro è stato ufficialmente costituito con decreto interministeriale Ministero dell'economia e delle finanze-Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 23 febbraio 2015 concernente «L'istituzione del gruppo di lavoro sul tax free shopping, di cui all'articolo 13-bis del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazione dalla legge del 29 luglio 2014, n. 106»;
   durante l'audizione presso la Commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei deputati del 7 aprile 2015, il Ministro Franceschini, alla domanda specifica rivolta dall'interrogante in merito al punto in questione ha risposto confermando «che il gruppo di lavoro è stato costituito e sta lavorando»;
   si apprende, con rammarico, per contatto diretto con la direzione generale del turismo del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, come il gruppo di lavoro, ad oggi, non si sarebbe ancora riunito ufficialmente;
   l'operatività del gruppo di lavoro ministeriale rappresenta una priorità per porre ordine a una situazione che attualmente disincentiva gli acquisti dei turisti extracomunitari nel nostro Paese e contribuisce a ridurne l'appetibilità turistico-commerciale, oltre a rappresentare potenzialmente una fonte di risorse economiche alla quale, attualmente, si sta incredibilmente rinunciando –:
   quali iniziative urgenti intendano porre in essere per avviare, quanto prima, l'attività del tavolo di lavoro istituito ex articolo 13-bis del decreto-legge n. 83 del 2014 convertito con modificazioni, della legge n. 106 del 2014, ed in che modo ritengano di adoperarsi per rispettare i tempi indicati dalla legge;
   se intendano dare ampia pubblicità all'andamento dei lavori e alle sedute e se prevedano la possibilità di interventi consultivi esterni agli organi ministeriali coinvolti. (4-08991)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SPESSOTTO e COZZOLINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la provincia di Venezia è stata caratterizzata negli ultimi anni da un traffico illecito di rifiuti di vasta portata ed è stata oggetto di numerosi indagini da parte della magistratura, alcune delle quali tuttora in corso, volte ad accertare la commissione di reati contro l'ambiente;
   in particolare, una recente indagine del nucleo operativo ecologico – NOE dei carabinieri di Venezia ha portato alla luce una pericolosa attività di riciclaggio, che ha visto coinvolta la ditta Mestrinaro spa di Zero Branco con l'accusa di aver riversato rifiuti nocivi all'interno dei semilavorati in cemento del tratto della terza corsia dell'A4 tra Quarto d'Altino e San Donà, e di un grande parcheggio presso l'aeroporto di Tessera (VE);
   secondo gli inquirenti, gli imprenditori Lino e Sandro Mario Mestrinaro, cogestori della ditta, avrebbero trattato come inerti i rifiuti inquinati che le aziende edili gli conferivano, pur contenendo elementi pericolosi per l'ambiente: tali rifiuti venivano quindi miscelati con calce e cemento, per poi essere rivenduti, secondo un preordinato piano fraudolento, ai diversi cantieri edili, dove finivano a far da base – inquinata – a svariate opere e lavorazioni;
   come riportato dal Giudice per le indagini preliminari, Lino e Sandro Mario Mestrinaro «omisero deliberatamente e volontariamente di eseguire le operazioni tecniche necessarie a trasformare i rifiuti, anche contaminati in materie secondarie», limitandosi «a realizzare illecitamente» «economicissime prassi di mescolatura caotica e arbitraria di rifiuti della più svariata provenienza, inidonee a trasformare rifiuti contaminati in inerti»;
   l'impresa Mestrinaro, come rilevato dalla magistratura, avrebbe quindi venduto illecitamente sul mercato – a caro prezzo – tale composto cementizio denominato Rilcem per sottofondi stradali destinati ai grandi cantieri veneti, nonostante la pericolosità per la salute e per l'ambiente di questo semilavorato;
   è stato dimostrato dai consulenti tecnici della procura che, l'utilizzo spregiudicato di scorie di fonderia nei conglomerati cementizi, come il Rilcem, può provocare sia danni ambientali, a seconda della capacità del manufatto stradale di assorbimento dei componenti usati nella miscela, sia danni allo stesso manufatto, che potrebbe subire gli effetti della cosiddetta lisciviazione, con fratture dannose per la falda ed evidenti profili di insicurezza nei trasporti;
   come confermato nel corso della recente audizione dal comandante dei carabinieri NOE di Venezia Donato Manca nell'ambito della missione a Padova della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, tra le opere realizzate con Rilcem contaminato figura anche una parte del parcheggio, identificato con la sigla P5, dell'aeroporto Marco Polo di Venezia;
   tale parcheggio sarebbe stato lastricato con oltre quattromila tonnellate di rifiuti pericolosi, tra cui ingenti quantità di nichel, cromo e arsenico, venduto dalla «Mestrinaro» alla «Save Engineering spa», società concessionaria della gestione dell'aeroporto Marco Polo di Venezia, la quale ha sostenuto di aver acquistato involontariamente i veleni dalla ditta Mestrinaro;
   è facilmente ipotizzabile come i veleni indicati dalle analisi degli inquirenti, presenti nel sottosuolo del P5, abbiano già provocato un serio inquinamento della falda acquifera sottostante, mettendo a serio rischio la salute delle popolazioni che vivono nelle zone adiacenti all'aeroporto e l'area lagunare che si trova a nemmeno un chilometro dal parcheggio in questione;
   si precisa che l'area del parcheggio P5 appartiene al demanio aeroportuale e ricade all'interno di un vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 «Codice dei beni culturali e del paesaggio»;
   inoltre, come denunciato nella puntata della trasmissione «L'aria che tira», andata in onda in data 18 aprile su La 7, il P5 del Marco Polo, gestito in concessione dalla Save Engineering spa, risulterebbe attualmente operativo senza che sullo stesso siano state effettuate le necessarie opere di collaudo e in assenza dell'osservanza alle prescrizioni della valutazione di impatto ambientale regionale;
   in particolare vi sarebbero alcune criticità relative al rilascio delle necessarie autorizzazioni per la realizzazione delle opere del P5, incluse le opere di collaudo tecnico, nonché per la concessione dell'esercizio dell'attività di parcheggio;
   ai sensi del decreto dirigenziale della direzione tutela ambientale n. 43 del 27 maggio 2011, che ha escluso il progetto dalla procedura di valutazione di impatto ambientale regionale, tra le prescrizioni cui le opere di ampliamento che hanno interessato l'area aeroportuale utilizzata a parcheggio devono rispettare, rientra anche l'esecuzione della caratterizzazione dei terreni nel sedime del parcheggio a inizio lavori, oltre ad una corretta gestione delle terre nel rispetto delle norme vigenti in materia (decreto legislativo n. 152 del 2006 e Dgr. N. 2424/2008);
   come noto, in tale quadro, l'ENAC si configura quale soggetto giuridico deputato all'assolvimento delle funzioni statali di controllo e di vigilanza rispetto all'attività delle società di gestione aeroportuale e, nello specifico, nei confronti dell'attività di Save spa. L'ENAC risulta altresì competente, per conto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ad esercitare le funzioni di vigilanza previste dall'articolo 11, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 521 del 1997, nel rispetto dell'autonomia della gestione;
   essendo il parcheggio P5 situato all'interno del sedime aeroportuale, tale opera risulta inoltre sottoposta alla stretta competenza di ENAV per quanto concerne gli adempimenti relativi al collaudo rispetto alla vigente normativa in materia;
   in particolare, l'ENAC nel suo sito ufficiale, nella sezione relativa alla regolazione per la sicurezza, alla voce infrastrutture aeroportuali, prevede quale ulteriore funzione propria della direzione progetti studi e ricerche dell'ente l'agibilità nonché il collaudo delle opere stesse e le forniture realizzate, con il quale viene certificata la conformità ai progetti approvati, verificando il possesso di tutti i requisiti che consentano l'utilizzabilità delle opere –:
   quali informazioni i Ministri possano riferire in merito al presunto mancato rispetto delle prescrizioni impartite dalla Commissione VIA per il parcheggio a cielo aperto P5 di Tessera, ai sensi del decreto dirigenziale n. 43 del 27 maggio 2011, e alla verifica di ottemperanza delle prescrizioni impartite dalla conferenza di servizi autorizzativi, la cui attività di verifica e controllo risulta di competenza di ENAC;
   se i Ministri siano a conoscenza del fatto che il parcheggio P5, aperto dal 2011, risulti attualmente operativo senza che sullo stesso siano state effettuate le necessarie opere di collaudo tecnico di competenza di ENAC, e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere a tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, al fine di assicurare il collaudo con il quale sia certificata la conformità ai progetti approvati e la verifica del possesso di tutti i requisiti che consentano l'utilizzabilità del parcheggio in totale sicurezza. (5-05477)


   PELUFFO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   regione Lombardia ha presentato il progetto definitivo modificato ad oggetto il «Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Parabiago», che prevede il quadruplicamento dei binari tra Rho e Parabiago, in provincia di Milano;
   il territorio a ridosso del tracciato ferroviario ubicato nell'ambito della Città Metropolitana di Milano e che interessa, per il tratto del quadruplicamento i comuni di Rho, Pregnana Milanese, Vanzago, Pogliano Milanese, Nerviano e Parabiago risulta essere fortemente urbanizzato;
   il CIPE, con propria deliberazione n. 33/2010 (Programma delle infrastrutture strategiche – legge n. 443 del 2001 – Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate – primo lotto funzionale Rho-Parabiago – Approvazione del progetto definitivo e finanziamento CUP J31J05000010001) assunta in data 13 maggio 2010 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in data 21 febbraio 2011, ha approvato il progetto definitivo, con le prescrizioni e le raccomandazioni proposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità;
   in data 9 luglio 2012 il TAR della Lombardia con sentenza n. 1914/2012 accoglieva il ricorso promosso da privati cittadini vanzaghesi e dal comitato civico «Contro il potenziamento Ferroviario della tratta Rho-Parabiago» annullando la delibera CIPE sopra citata. Sentenza successivamente confermata dal pronunciamento del Consiglio di Stato del 21 dicembre 2012;
   attraverso la pubblicazione del 15 ottobre 2013 sui quotidiani Corriere della Sera e Il Sole 24 ore dello studio di impatto ambientale, regione Lombardia, RFI spa e Italferr spa hanno nuovamente avviato la procedura di approvazione del progetto definitivo dell'opera di «Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate – Quadruplicamento Rho-Parabiago e Raccordo Y» ai sensi dell'articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006 e s.m.i.;
   nell'ottobre 2013 Italferr spa, ha trasmesso agli enti interessati il nuovo progetto per le valutazioni di competenza. Il progetto conferma la realizzazione di un complesso a quattro binari dalla stazione di Rho fino alla stazione di Parabiago e la realizzazione del collegamento Rho Fiera-Malpensa attraverso il Raccordo Y;
   in data 25 ottobre 2013 Italferr spa, in nome e per conto di RFI spa, ha pubblicato sui quotidiani nazionali l'avviso di avvio del procedimento, finalizzato alla dichiarazione di pubblica utilità del nuovo progetto di «Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona, tratta Rho-Gallarate – Quadruplicamento Rho-Parabiago e Raccordo Y» ai sensi dell'articolo 166, del decreto legislativo n. 163 del 2006;
   in data 16 gennaio 2014 si è svolta, presso la V Commissione consiliare del Consiglio regionale della Lombardia, un'audizione del sindaco e dell'amministrazione pubblica del comune di Vanzago nella quale è stata chiesta a regione Lombardia una condivisione del nuovo progetto;
   la dgr 1264/X della giunta regionale della Lombardia che ha espresso il parere regionale sul nuovo progetto;
   il Consiglio superiore dei lavori pubblici in data 26 settembre 2014 in relazione all'aff. n. 98/2014 «Infrastrutture ferroviarie strategiche. Legge n. 443 del 2001. Progetto definitivo. Potenziamento della linea ferroviaria Rho-Arona. Tratta Rho-Gallarate. Quadruplicamento Rho-Parabiago e raccordo Y – Approvazione del Progetto definitivo ai sensi dell'articolo 167, comma 4 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e s.m.i:» di fatto ha respinto il Progetto stesso mettendo in evidenza numerosi aspetti di carenza sia sotto il profilo della procedura che della progettazione e in particolare:
    il progetto definitivo non risulta «integrato degli elementi previsti per il progetto preliminare» (167, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006);
    «Non consente di effettuare esame esaustivo del progetto trasmesso»;
    pagina 20 – mancata acquisizione del Consiglio superiore dei lavori pubblici sul progetto preliminare;
    pagina 22 – si richiama il «difetto di adeguata motivazione»;
    pagina 22 – «Il progetto dovrà essere riformulato, rivisto ed integrato e quindi nuovamente sottoposto all'esame di questo Consesso»;
    pagina 22 – mancata «copertura finanziaria dell'opera ad eccezione di 20 M euro»;
    pagina 23 – mancata definizione e verifica dei presupposti progettuali sulla base di dati programmatici, pianificatori, ambientali e trasportistici aggiornati all'attualità che possano consentire di motivare le scelte progettuali effettuate»;
    pagina 24 – assenza di una indicazione rispetto al metodo di valutazione utilizzato nella redazione del SIA (studio incidenza ambientale) in merito alle mitigazioni ambientali da adottare;
    pagina 24 – mancanza di conformità tra progetto preliminare e definitivo;
    pagina 25 – valutazione di incidenza ambientale piuttosto generica e intrinsecamente contraddittoria;
    pagina 25 – necessità di ridurre le barriere antirumore soprattutto nei contesti urbanizzati;
    pagina 25 – attenzione per la problematica degli immobili frontisti e le relative compensazioni economiche;
    pagina 26 – non definizione della destinazione futura delle proprietà acquisite da RFI;
    pagina 27 – necessità di progettare e «realizzare infrastrutture ispirate a precisi principi di crescita non solo in termini di efficienza e ottimizzazione tecnologica, ma anche e soprattutto di sostenibilità sotto il profilo economico ed ambientale»;
    pagina 29 – mancata trasmissione da parte del soggetto aggiudicatore di numerosi documenti e dei pareri di alcuni comuni, con particolare riferimento ai comuni di Busto Arsizio e di Vanzago, dal momento che il parere di Vanzago è negativo (il CSLP ha recuperato la DGC 194/2013 su Internet), non essendoci i verbali della Conferenza di Servizio;
   altre lacune rilevate in termini di:
    a) Tutela dell'ambiente, in particolare sul Bosco WWF;
    b) Aspetti archeologici;
    c) Barriere architettoniche;
    d) Aspetti geologici e idrogeologici;
    e) Aspetti geotecnica;
    f) Aspetti idraulici, in particolare sull'Olona;
    g) Prevenzione incendi, impianti e altro;
   Aspetti di ordine trasportistico;
   Aspetti di ordine economico –:
   quali siano le motivazioni per le quali un progetto in discussione da oltre un decennio abbia ottenuto un giudizio così negativo dal Consiglio superiore dei lavori pubblici;
   come si inserisca detto progetto nel sistema di viabilità e trasporti afferente all'area milanese, con particolare riguardo alla tempistica della sua realizzazione, in considerazione dell'ormai imminente apertura dell'Expo 2015 con il cui svolgimento la realizzazione di tale progetto andrà verosimilmente a interferire;
   se, alla luce delle considerazioni su esposte sulla tempistica di Expo 2015 e a fronte di una sostanziale bocciatura, non si intenda ridiscutere il progetto convocando regione Lombardia e gli altri interlocutori interessati;
   se non si ravvisi una violazione di normativa in considerazione del fatto che la normale procedura prevista dal decreto legislativo n. 163 del 2006 e sue successive modificazioni e integrazioni appare all'interrogante ormai stravolta e che ad oggi l'opera non risulta finanziata;
   se e quando siano previste le fasi di ri-progettazione, di acquisizione del parere sulla localizzazione, della nuova valutazione di impatto ambientale e di tutti gli altri adempimenti. (5-05478)


   DE LORENZIS e LIUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   le Ferrovie Appulo Lucane, di seguito F.A.L., costituiscono una società a responsabilità limitata di proprietà del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sorta dalla scissione delle Ferrovie calabro-lucane attuata nel 2001 che, in Calabria, sono divenute Ferrovie della Calabria e, in Basilicata e Puglia, Ferrovie Appulo Lucane che gestiscono le linee scartamento ridotto (0,950 metri) fra Puglia e Basilicata ed i servizi ferroviari su di esse per conto delle citate regioni, oltre che di numerose autolinee nella medesima area;
   si apprende da fonti di stampa di ulteriori anomalie, oltre quelle già denunciate, che connotano la gestione e l'operatività delle F.A.L. come pubblicato tra i mesi di marzo ed aprile di quest'anno su «Il Quotidiano Italiano», edizione di Bari, a firma di Antonio Loconte;
   in data 16 aprile 2015 è stata pubblicata sulla citata testata giornalistica una lettera aperta ai vertici dell'azienda di un dipendente F.A.L., Gabriele Di Stasio, («Lettera a Colamussi, Corvino e Messano: le accuse di un dipendente sulla parentopoli alle FAL», a firma di Antonio Loconte), che denuncia una gestione discutibile tesa a favorire più le appartenenze politiche e sindacali che il merito. Nello specifico, il dipendente denuncia l'assunzione nello staff di Colamussi di avvocati di uno studio esterno nonostante la presenza già di avvocati interni; lo stesso per l'assunzione di ingegneri esterni «senza premiare ... il personale interno, ad esempio due ingegneri che guidano da anni i treni»; e similmente per l'assunzione di un ufficio stampa «vietato agli interni, richiedendo diploma superiore, quando vi sono già giornalisti interni laureati costretti a guidare il bus»;
   in data 22 aprile è stata pubblicata sempre sulla medesima testata giornalistica un'intervista ad un dipendente F.A.L. «convinto dopo anni di nefandezze a vuotare il sacco», precisa l'articolo «sindacati compromessi, favori agli onorevoli, specie di Forza Italia e Partito Democratico»: (...) «sono alcune delle dichiarazioni del dipendente con il volto coperto, ma la valigia piena di documenti». (parentopoli FAL, la verità di un dipendente: «Non voglio più tacere ...», a firma di Antonio Loconte) Segnatamente, si conferma la perduranza delle vicende legate alla cosiddetta parentopoli in F.A.L. e si fa riferimento a nuovi ed allarmanti fatti: autobus «scartati dalla ditta come ferri vecchi» ma acquistati a circa 100 mila euro da F.A.L. che «appena arrivati non funzionavano» e furono dismessi «senza mai essere usati» con conseguente spreco di denaro pubblico anche per il loro smaltimento. Ma anche pensionamenti di dirigenti cui non si sarebbe ancora provveduto a dare seguito. Ed ancora anomalie legate ad un concorso da guardabarriere;
   quest'ultimo, bandito nel 2010 per l'assunzione di 11 guardabarriere, prevedeva una prova scritta e una orale, con centinaia e centinaia di candidati, la cui selezione fu organizzata e gestita da un'agenzia di lavoro interinale barese. Si legge in un articolo dell'11 aprile «Parentopoli FAL, concorso da guardabarriere: 5 anni di ombre e carriere sospette»: «sul sito dell'agenzia fu pubblicata una prima graduatoria ... dalle 18.30 alle 18.46. In sedici minuti, poi, è cambiato tutto. Dopo quel breve lasso di tempo, di quell'elenco non ci fu più traccia, sostituito da una seconda classifica» Eppure, si legge ancora, «la prima versione pubblicata per errore e quella ufficiale non combaciavano. L'errore – si disse – sarebbe stato quello di pubblicare una classifica che non teneva conto della somma dei punteggi del concorso». Successivamente, sarebbe saltata fuori la «figlia di un dipendente delle FAL, che veniva quasi tutti i giorni da noi per capire come potesse aiutare la figlia»;
   in questo contesto si riferisce, nelle medesime fonti, della diffusione di un clima di ripercussioni e minacce;
   le F.A.L. costituiscono ad ogni effetto un'azienda a totale controllo pubblico e, quindi, tenuta, in ossequio al testo unico sull'ordinamento dei lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni e integrazioni, a specifici meccanismi di reclutamento del personale, di cui all'articolo 35, secondo «adeguata pubblicità» e «modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento» con adozione di meccanismi «idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti». Per il personale interno, possono essere previste riserve alle condizioni di legge e devono essere valorizzate le esperienze lavorative maturate;
   in ogni caso anche le F.A.L. devono garantire la selettività e la concorsualità nelle progressioni di carriera, il riconoscimento di meriti e demeriti, la selettività e la valorizzazione delle capacità e dei risultati ai fini degli incarichi dirigenziali, l'incremento dell'efficienza del lavoro pubblico ed il contrasto alla scarsa produttività e all'assenteismo, la trasparenza dell'operato anche a garanzia della legalità –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa e sia in grado di riferire in merito alle specifiche circostanze del concorso da guardabarriere richiamato e degli autobus acquistati e successivamente dismessi e sulle asserite vicende di pensionamenti cui non si sia stato dato doveroso seguito;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere in ordine alla complessiva gestione della selezione del personale della cui organizzazione è attributario per legge e, segnatamente, quali iniziative intenda assumere in relazione alle modalità di reclutamento del personale esterno e a quelle di avanzamento di carriera del personale interno, nel rispetto del paradigma normativo conformato dai principi di pubblicità, trasparenza e meritocrazia. (5-05479)

Interrogazioni a risposta scritta:


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo i dati del portale della Liguria dedicato alle infrastrutture, sono circa venti le principali opere infrastrutturali che interessano la regione e sono necessari alla competitività delle piccole e medie imprese liguri, tra cui Gronda, Terzo Valico, raddoppio ferroviario del Ponente, ampliamento dei terminal portuali;
   da maggio 2005 a gennaio 2015 in Liguria sono stati finanziati 689 interventi (strade, autostrade, porti, ferrovie, interventi urbanistici), per un costo complessivo di quasi 414 milioni di euro (di cui 267 provenienti da fondi regionali);
   nella provincia di Genova delle 217 opere già finanziate con 230 milioni ne restano da completare ancora 90, nel savonese sono 148 gli interventi già coperti da circa 77 milioni, di cui 82 già conclusi; nella provincia di Imperia sono 154 le opere già finanziate con 48 milioni di euro, ma ne restano da ultimare 78; nella provincia della Spezia ci sono 170 interventi già finanziati con oltre 58 milioni di euro, ma solo 70 sono conclusi;
   le più interessate a queste opere infrastrutturali sono le oltre 1.600 micro e piccole imprese artigiane attive sul territorio nel settore dell'autotrasporto che rappresentano il 64,4 per cento del totale in Liguria (2.500 secondo i dati Istat 2014): la maggior parte è concentrata a Genova con 499 realtà, nel savonese sono 281, in provincia della Spezia 205, nell'imperiese 161 –:
   quali iniziative intenda adottare affinché siano al più presto ultimati gli interventi di competenza statale rimasti incompiuti nella regione Liguria, non solo per quanto concerne le grandi opere, ma anche quelle più piccole sparse sul territorio, dal momento che la dotazione di infrastrutture adeguate e trasporti efficienti è una condizione necessaria per lo sviluppo e la competitività delle piccole e medie imprese esistenti. (4-08978)


   FORMISANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo n. 163 del 2006, all'articolo 40 prevede che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati attraverso organismi di diritto privato di attestazione il cosiddetto SOA;
   l'ottenimento della qualificazione è disciplinato dagli articoli 188 e 189 dello stesso decreto legislativo n. 163 del 2006 che prevedono il possesso di determinati requisiti, nello specifico:
    articolo 188. Requisiti di ordine generale (articolo 20-quater, decreto legislativo n. 190 del 2002 aggiunto dall'articolo 1, decreto legislativo n. 9 del 2005), 1. Per la qualificazione sono richiesti al contraente generale i requisiti di ordine generale di cui all'articolo 38; 2. La dimostrazione dei requisiti di ordine generale non è richiesta agli imprenditori in possesso di qualificazione rilasciata ai sensi del citato regolamento da non oltre cinque anni;
    articolo 189. Requisiti di ordine speciale (articolo 20-quinquies, decreto legislativo n. 190 del 2002 aggiunto dall'articolo 1, decreto legislativo n. 9 del 2005) (...);

   2. La adeguata capacità economica e finanziaria è dimostrata:
    a) dal rapporto, risultante dai bilanci consolidati dell'ultimo triennio, tra patrimonio netto dell'ultimo bilancio consolidato, costituito dal totale della lettera a) del passivo di cui all'articolo 2424 del codice civile, e cifra di affari annuale media consolidata in lavori relativa all'attività diretta e indiretta di cui alla lettera b). Tale rapporto non deve essere inferiore al dieci per cento, il patrimonio netto consolidato può essere integrato da dotazioni o risorse finanziarie addizionali irrevocabili, a medio e lungo periodo, messe a disposizione anche dalla eventuale società controllante. Ove il rapporto sia inferiore al dieci per cento, viene convenzionalmente ridotta alla stessa proporzione la cifra d'affari; ove superiore, la cifra di affari in lavori di cui alla lettera b) è incrementata convenzionalmente di tanti punti quanto è l'eccedenza rispetto al minimo richiesto, con il limite massimo di incremento del cinquanta per cento. Per le iscrizioni richieste o rinnovate a decorrere dal 1o gennaio 2006 il rapporto medio non deve essere inferiore al quindici per cento e continuano ad applicarsi gli incrementi convenzionali per valori superiori. Per le iscrizioni richieste o rinnovate a decorrere dal 1o gennaio 2009, il rapporto medio non deve essere inferiore al venti per cento, e continuano ad applicarsi gli incrementi convenzionali per valori superiori. Ove il rapporto sia inferiore ai minimi suindicati viene convenzionalmente ridotta alle stesse proporzioni la cifra d'affari;

   3. La adeguata idoneità tecnica e organizzativa è dimostrata dall'esecuzione con qualsiasi mezzo di un lavoro non inferiore al quaranta per cento dell'importo della classifica richiesta, ovvero, in alternativa, di due lavori di importo complessivo non inferiore al cinquantacinque per cento della classifica richiesta, ovvero, in alternativa, di tre lavori di importo complessivo non inferiore al sessantacinque per cento della classifica richiesta. I lavori valutati sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito e ultimati nel quinquennio precedente la richiesta di qualificazione, ovvero la parte di essi eseguita nello stesso quinquennio. Per i lavori iniziati prima del quinquennio o in corso alla data della richiesta, si presume un andamento lineare. L'importo dei lavori è costituito dall'importo contabilizzato al netto del ribasso d'asta, incrementato dall'eventuale revisione prezzi e dalle risultanze definitive del contenzioso eventualmente insorto  per  riserve dell'appaltatore diverse da quelle riconosciute a titolo risarcitorio. Per la valutazione e rivalutazione dei lavori eseguiti e per i lavori eseguiti all'estero si applicano le disposizioni dettate dal regolamento. Per lavori eseguiti con qualsiasi mezzo si intendono, in conformità all'articolo 3, comma 7 quelli aventi ad oggetto la realizzazione di un'opera rispondente ai bisogni del committente, con piena libertà di organizzazione del processo realizzativo, ivi compresa la facoltà di affidare a terzi anche la totalità dei lavori stessi, nonché di eseguire gli stessi, direttamente o attraverso società controllate. Possono essere altresì valutati i, lavori oggetto di una concessione di costruzione e gestione aggiudicate con procedura di gara. I certificati dei lavori indicano l'importo, il periodo e il luogo di esecuzione e precisano se questi siano stati effettuati a regola d'arte e con buon esito. Detti certificati riguardano l'importo globale dei lavori oggetto del contratto, ivi compresi quelli affidati a terzi o realizzati da imprese controllate o interamente possedute, e recano l'indicazione dei responsabili di progetto o di cantiere; i certificati sono redatti in conformità ai modelli definiti dal regolamento. I certificati indicano le lavorazioni eseguite direttamente dal contraente generale nonché quelle eseguite mediante affidamento a soggetti terzi ovvero eseguite da imprese controllate o interamente possedute; le suddette lavorazioni, risultanti dai certificati, possono essere utilizzate ai fini della qualificazione SOA nelle corrispondenti categorie.
   4. L'adeguato organico tecnico e dirigenziale è dimostrato:
    a) dalla presenza in organico di dirigenti dell'impresa in numero non inferiore a quindici unità per la Classifica I, venticinque unità per la Classifica II e quaranta unità per la Classifica III;
    b) dalla presenza in organico di almeno un direttore tecnico con qualifica di dipendente o dirigente, nonché di responsabili di cantiere o di progetto, ai sensi delle norme UNI-150 10006, dotati di adeguata professionalità tecnica e di esperienza acquisita in qualità di responsabile di cantiere o di progetto di un lavoro non inferiore a trenta milioni di euro per la Classifica I, cinquanta milioni di euro per la Classifica II e sessanta milioni di euro per la Classifica III, in numero non inferiore a tre unità per la Classifica I, sei unità per la Classifica II e nove unità per la Classifica III; gli stessi soggetti non possono rivestire analogo incarico per altra impresa e producono a tale fine una dichiarazione di unicità di incarico. L'impresa assicura il mantenimento del numero minimo di unità necessarie per la qualificazione nella propria classifica, provvedendo alla sostituzione del dirigente, direttore tecnico o responsabile di progetto o cantiere uscente con soggetto di analoga idoneità in mancanza si dispone la decadenza della qualificazione o la riduzione della Classifica;
   l'AVCP (oggi ANAC), con comunicato del 6 luglio 2006, ha fornito indicazioni alle stazioni appaltanti con le linee guida per l'emissione dei certificati di esecuzione lavori (cosiddetti CEL) riguardanti l'esecuzione di accordi quadro;
   l'articolo 59 del codice dei contratti pubblici prevede che le stazioni appaltanti possano concludere accordi quadro, intesi come un accordo concluso tra uno o più operatori economici il cui scopo è quello di stabilire le clausole e i prezzi relativi ad un insieme di interventi finalizzati a preservare l'efficienza di un quid già esistente, unicamente per lavori di manutenzione;
   gli accordi quadro, da intendersi come l'insieme di molteplici ordini/commesse, per espressa dictio legis (cfr. 59, comma 1, del decreto legislativo n. 163 del 2006) sono ammessi esclusivamente in relazione ai lavori di manutenzione, mentre non vengono ammessi per la progettazione e per gli altri servizi di natura intellettuale;
   l'articolo 29, comma 13 del decreto legislativo n. 163 del 2006 indica che per i cosiddetti accordi quadro il valore da prendere in considerazione all'atto del calcolo del valore stimato dei contratti pubblici sia il valore massimo dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi previsti durante l'intera durata degli accordi quadro sicché la sommatoria dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi preventivati sarà l'importo stimato dell'accordo quadro;
   il richiamato comunicato dell'AVCP (adesso ANAC) del 6 luglio 2006 prevede che nei Certificati di esecuzione lavori (cosiddetti CEL) rilasciati dalle stazioni appaltanti, in riferimento all'esecuzione di accordi quadro, si debbano indicare i seguenti dati:
    importo complessivo dell'accordo quadro;
    inserimento del numero totale dei molteplici ordini/commesse/contratti applicativi costituenti l'accordo quadro e del loro valore complessivo;
    l'indicazione dei due lavori di punta (importi maggiori tra i molteplici ordini/commesse/contratti applicativi eseguiti nell'ambito dell'accordo quadro);
   è evidente, quindi, che l'accordo quadro in fase di dimostrazione di requisiti per l'ottenimento dell'attestazione da parte del SOA, non ha lo stesso «peso» di un contratto di lavoro specifico, derivante dall'esecuzione di un'opera completa, dovendo, invece, essere considerato come insieme di lavori (quindi, cifra totale lavori eseguiti) tra i quali scegliere i lavori di punta della classificazione lavori;
   talune stazioni appaltanti pongono in essere diversi orientamenti applicativi della norma (articolo 189 decreto legislativo n. 163 del 2006 e comunicato Avcp del 6 luglio 2006) che determinano da parte delle società di attestazione (SOA) valutazioni differenti nell'attribuzione della classificazione delle categorie di lavoro, portando a considerare il cosiddetto accordo quadro nel suo complesso come un singolo lavoro, nonostante la norma preveda espressamente l'indicazione di due lavori di punta;
   in sede di qualificazione queste difformità di indirizzi da parte delle stazioni appaltanti induce quindi a rilasciare attestazioni da parte degli organismi di attestazione (cosiddetto SOA) per l'esecuzione dei lavori svolti nell'ambito dell'accordo quadro (composti da molteplici contratti applicativi o ordini di modesti importi), come un importo di classificazione lavori uguale a quello che si otterrebbe con l'esecuzione di contratti di lavori specifici determinando in capo all'azienda un requisito altrimenti non raggiungibile per mancata esecuzione di lavori di quell'importo;
   risulterebbe all'interrogante che talune stazioni appaltanti, benché espressamente vietato dalla normativa vigente, nel bandire gare per l'affidamento in appalto di accordi quadro, richiedono prestazioni relative alla progettazione;
   in altri casi, risulterebbe che alcune stazioni appaltanti, nell'indire procedure di affidamento mediante accordo quadro, non tengono in debita considerazione la copertura economica dello stesso per l'intero importo, benché gli articoli 151 e 153, comma 5 del decreto legislativo n. 167 del 2000 prevedano il contrario, ed in ultimo l'AVCP (adesso ANAC) con parere n. 11 del 12 gennaio 2011, si esprime in tal senso, considerando che le stazioni appaltanti non possono dare corso ad una procedura ad evidenza pubblica senza copertura economica –:
   se il Ministro intenda far propri gli anzidetti rilievi e intenda anche attraverso formale coinvolgimento dell'Avvocatura dello Stato, anche tenendo conto degli orientamenti dell'Anac, promuovere un'indagine sulla corretta applicazione e interpretazione della normativa vigente, al fine di garantire la massima concorrenzialità e concorrenza, assumendo ogni iniziativa utile a superare ostacoli e limitazioni all'effettiva contendibilità delle commesse a paritaria concorrenza. (4-08989)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   COVELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi giorni si sono verificati una serie di episodi di vandalismo ai danni di Ferrovie dello stato e del suo personale;
   il furto dei cavi di rame presso la stazione di Cosenza ha provocato la cancellazione di 5 convogli e ritardi a 13 treni con gravi conseguenze per pendolari e viaggiatori;
   nei pressi di Melito all'interno di un convoglio regionale è stato dato fuoco ad un sedile di una carrozza;
   tra Feroleto e Nicastro, ignoti hanno lanciato sassi al treno in corsa provocando la rottura di un finestrino, per fortuna senza conseguenze per i viaggiatori;
   si tratta di episodi che necessitano di una risposta al fine di prevenire simili atti e consentire al personale viaggiante di Trenitalia e ai viaggiatori di lavorare e viaggiare in piena sicurezza;
   occorre un potenziamento del personale polfer in viaggio sui convogli che percorrono le tratte calabresi nonché un rafforzamento delle apparecchiature di videosorveglianza al fine di contrastare atti di vandalismo –:
   se e quali iniziative il Governo intenda assumere al fine di rafforzare il controllo sulle tratte ferroviarie regionali con l'obiettivo di un serio ed efficace contrasto degli atti vandalici che purtroppo si stanno registrando in quest'ultimo periodo. (5-05472)


   RIBAUDO e CULOTTA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   negli ultimi mesi nel territorio della valle dello Jato, in provincia di Palermo, si sono registrati diversi fatti di cronaca, quali incendi di natura dolosa ai danni di sindaci e amministratori;
   in particolare l'amministrazione comunale di Partinico (PA), è stata oggetto di diversi atti intimidatori;
   lo scorso ottobre all'assessore comunale Gianlivio Provenzano, esponente del Partito Democratico, ignoti hanno distrutto un uliveto in contrada Albachiara di proprietà del padre, il noto diabetologo Vincenzo Provenzano. Sono stati tagliati secondo pratiche prettamente mafiose settanta alberi d'ulivo;
   pochi giorni fa invece, l'atto intimidatorio è stato consumato ai danni del sindaco Salvo Lo Biundo che ha ricevuto dentro la casa comunale una lettera di minacce con la scritta «tu muori presto»;
   a distanza delle 24 ore successive si verifica un altro efferato gesto: una testa di vitello mozzata viene recapitata davanti la casa comunale. Anche in questo caso il gesto non lascia equivoci per la decifrazione;
   nelle stesse ore un'altra lettera di minacce viene recapitata al vicesindaco di Capaci;
   a seguito di tali fatti veniva convocato da parte del presidente del consiglio comunale di Partinico, un consiglio comunale straordinario per il 27 aprile 2015 alle ore 10:00 nella casa comunale;
   alla seduta hanno partecipato i cittadini, rappresentanti delle associazioni, le scolaresche e amministratori del territorio che hanno espresso la propria solidarietà al sindaco, all'amministrazione e all'istituzioni tutte. Per l'occasione oltre al sottoscritto era presente il senatore Gualdani componente della commissione d'inchiesta sui delitti contro gli amministratori e l'onorevole Cracolici;
   non è passata di certo inosservata l'incomprensibile assenza dei rappresentanti delle forze dell'ordine (comandanti di polizia e carabinieri) ancorché Partinico è sede di commissariato di polizia e compagnia di carabinieri;
   la mancata presenza tra l'altro è stata rilevata da più parti e gli interroganti la considerano molto grave –:
   quali provvedimenti il Ministro intenda mettere in atto per tutelare i cittadini di Partinico e dei territori vicini al fine di garantire la normale e serena gestione ai tanti amministratori locali che pur lavorando in mille difficoltà tentando garantire un presidio istituzionale e di legalità per i cittadini;
   quali siano i motivi che hanno impedito ai rappresentati delle forze dell'ordine (carabinieri e polizia) di non presenziare alla seduta di consiglio comunale straordinario in una fase così delicata e di rischio per la tenuta sociale a garanzia e supporto della legalità;
   se non intende convocare attraverso il prefetto di Palermo un comitato per l'ordine e la sicurezza al fine di affrontare l’escalation di minacce che in questo periodo si stanno verificando nei confronti di amministratori locali. (5-05476)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   la burocrazia italiana continua a mietere vittime nel mondo del lavoro e, cosa ancora più grave, blocca i nuovi inserimenti nelle forze dell'ordine, messe in ginocchio da inaccettabili tagli approvati dagli ultimi Governi;
   delicata è la situazione in cui versano i tanti giovani che, dopo aver concluso positivamente le dure prove di selezione dei concorsi pubblici, sono ancora in attesa di essere assunti, mentre il nostro Governo, in contrasto con i principi di economicità ed efficienza della pubblica amministrazione e, soprattutto, contraddicendo la – pur condivisibile – necessità di spending review, continua ad indire nuovi concorsi;
   in particolare, sarebbero circa cinquanta i ragazzi risultati idonei al concorso per il reclutamento «allievo agente polizia penitenziaria 375+80» e pronti per essere incorporati;
   a fronte di tanto, il Ministero della giustizia – anziché continuare con lo scorrimento della graduatoria del medesimo concorso – ha inopinatamente ritenuto, per la copertura delle relative carenze di organico, di procedere con l'indizione di una nuova procedura concorsuale;
   al riguardo, la stessa adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 28 luglio 2011, n. 14, ha imposto alle pubbliche amministrazioni di «tenere nel massimo rilievo la circostanza che l'ordinamento attuale afferma un generale favore per l'utilizzazione delle graduatorie degli idonei, che recede solo in presenza di speciali discipline di settore o di particolari circostanze di fatto o di ragioni di interesse pubblico prevalenti, che devono, comunque, essere puntualmente enucleate nel provvedimento di indizione del nuovo concorso»;
   vero è che, come osserva la giurisprudenza amministrativa, le norme susseguitesi nel tempo in tema di scorrimento di graduatorie «sul piano sistematico, ne hanno rafforzato il ruolo di modalità ordinaria di provvista del personale, tanto più giustificata in relazione alla finalità primaria di ridurre i costi gravanti sulla amministrazione per gestione delle procedure selettive»;
   aspetto quest'ultimo oltremodo pregnante rispetto al pubblico concorso che inevitabilmente richiede l'impiego di risorse erariali per i costi connessi alla procedura in questione;
   l'articolo 35, comma 5-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevedendo l'efficacia delle graduatorie dei concorsi in tre anni, risponde all'evidente esigenza di riduzione dei costi connessi all'espletamento di dette procedure, senza, tuttavia, svilire la funzione assolta dai concorsi;
   in assenza di una puntuale disciplina derogatoria, a giudizio dell'interrogante l'amministrazione non può decidere sic et simpliciter di bandire un concorso, prescindendo dalla vigenza di una graduatoria di idonei;
   il Consiglio di Stato con le recentissime sentenze n. 3407 del 4 luglio 2014 e n. 4119 del 1o agosto 2014 ha ribadito che in presenza di graduatorie valide ed efficaci, all'assunzione di nuovo personale, l'amministrazione deve provvedere attraverso lo scorrimento delle stesse. In tale situazione, la possibilità di bandire un nuovo concorso costituisce ipotesi eccezionale, considerata con sfavore dal legislatore più recente, in quanto contraria ai principi di economicità ed efficacia dell'azione amministrativa;
   il blocco delle graduatorie, a livello nazionale, comportando un grande spreco di denaro pubblico, va nella direzione opposta alla politica dei tagli nella pubblica amministrazione attuata dal Governo, quando, invece, la soluzione più semplice, che permetterebbe un reale risparmio per il cittadino, è data proprio dallo scorrimento di tutte le graduatorie incomprensibilmente bloccate;
   lo sblocco delle graduatorie, inoltre, garantirebbe quell'iniezione di gioventù davvero indispensabile in un settore come quello della difesa;
   il prezzo da pagare per tale inefficienza è peraltro enorme, sia dal punto di vista prettamente economico, considerati i costi sostenuti dai privati in sede di preparazione del relativo concorso pubblico, sia dal punto di vista della sicurezza garantita al cittadino che ormai non può più contare su organici sufficientemente corposi –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali opportune iniziative intenda adottare per procedere allo scorrimento della graduatoria pubblicata sul Bollettino Ufficiale n. 7 del 15 aprile 2013 dei 375+80 allievi agenti di polizia penitenziaria. (4-08982)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il vice-questore della polizia di Stato, Filippo Bertolami, ha ricevuto il 18 febbraio 2015 la notifica della propria «sospensione cautelare dal servizio per gravi motivi disciplinari», peraltro non meglio specificati, da parte del capo della polizia di Stato, Alessandro Pansa;
   il fatto è stato rilevato dalla stampa nazionale, che ha dedicato alla vicenda ed alla carriera di Bertolami numerosi articoli;
   stando ad alcune ricostruzioni pubblicate, la figura di Bertolami emergerebbe come quella di un investigatore efficiente, determinato ed intransigente, impegnato su vari dossier di grande delicatezza;
   in particolare, Bertolami si sarebbe distinto per l'intensità del suo impegno nel confiscare e sequestrare beni e patrimoni d'origine malavitosa, recuperando allo Stato un controvalore complessivo superiore agli 800 milioni di euro;
   Bertolami risulterebbe tuttavia aver anche assunto iniziative suscettibili di procurargli importanti inimicizie;
   in particolare, Bertolami avrebbe svolto un ruolo di primo piano nel rivelare la sorte toccata agli investigatori che si erano occupati nei primi anni duemila delle infiltrazioni della grande criminalità organizzata ad Ostia, rimossi ed avviati su binari di carriera sostanzialmente penalizzanti;
   del Bertolami viene altresì ricordata l'attività d'indagine condotta sulle cosiddette «case blu» ed in particolare le investigazioni sugli appartamenti occupati indebitamente dai familiari del prefetto Gianni De Gennaro;
   Bertolami viene inoltre descritto come un sindacalista molto attivo, con incarichi nell'Anip-Italia Sicura, specialmente attento nel denunciare le promozioni anomale di poliziotti indagati o condannati;
   da ultimo, Bertolami ha rivelato in un noto programma televisivo come molti sistemi di videosorveglianza recentemente installati nei pressi di istituzioni o luoghi di intenso affollamento non funzionino;
   è quindi forte il sospetto che sul Bertolami si possa essere abbattuta un'ingiusta punizione –:
   in che cosa esattamente consistano le violazioni disciplinari di cui il Bertolami sia stato accusato, considerata la severità delle sanzioni (dimezzamento dello stipendio e consegna delle armi). (4-08987)


   RICCIATTI, ZACCAGNINI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, DANIELE FARINA, FERRARA, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, KRONBICHLER, MARCON, MATARRELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 aprile 2015 l'agenzia di stampa Ansa ha divulgato la notizia dell'arresto di un cittadino pakistano indagato per terrorismo, Alì Zubair, documenti e permesso di soggiorno spagnoli, arrestato a Porto Recanati, e due suoi connazionali accusati di favoreggiamento e sfruttamento dell'immigrazione clandestina bloccati a Civitanova Marche: Sher Ghani, padre di Faqir Ghani, il presunto jihadista espulso nel gennaio scorso da Civitanova Marche perché frequentava siti inneggianti alla jihad, e Shah Zuabair;
   l'inchiesta, coordinata dalla procura distrettuale di Cagliari e condotta in sette province italiane con vari arresti, verte su un network fondamentalista di matrice islamica affiliato ad Al Qaida, radicato in Sardegna, ma con esponenti presenti in diverse province italiane;
   dalle conversazioni intercettate tra i componenti della cellula di Al Qaida sarebbe emersa la presenza in Italia di un kamikaze e l'intenzione di progettare un attentato in Vaticano, anche se la circostanza è stata ridimensionata dal portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, il quale ha dichiarato che «non è oggi rilevante e non è motivo di particolari preoccupazioni», in quanto l'ipotesi di attentato risalirebbe al 2010;
   la stampa riporta inoltre che la rete fondamentalista aveva a disposizione diverse armi oltre a un significativo numero di proseliti disposti a compiere atti di terrorismo contro i Governi pakistano e afgano, per poi rientrare in Italia;
   oltre alle attività di stampo terroristico, l'organizzazione era impegnata anche nel traffico di migranti, fornendo documenti falsi, supporto logistico e finanziario, apparecchi telefonici e sim agli stessi e potendo contare su imprenditori italiani compiacenti che fornivano falsi contratti di lavoro;
   fonti investigative assegnano alle Marche un «ruolo di base logistica per i soldati della Guerra santa che trovano ricetto presso amici e connazionali» (Corriere Adriatico, 26 aprile 2015);
   la notizia ha comprensibilmente sollevato l'allarme tra i cittadini della regione, anche in ragione della apparente normalità dei comportamenti dei soggetti arrestati e del loro livello di integrazione nelle città ospitanti, come riferiscono diversi testimoni a seguito della divulgazione della notizia degli arresti (Corriere Adriatico, 25 aprile 2015);
   più che dall'immigrazione dal Mediterraneo — come superficialmente sostengono alcuni — il rischio terroristico pare venire da soggetti di profilo diverso, quelli che diversi analisti definiscono homegrown terrorist, ossia terroristi che vivono in occidente da anni — o vi sono addirittura cresciuti —, spesso ben integrati, che in una certa fase della loro vita si radicalizzano (principalmente attraverso i canali web), diventando soggetti attivi pronti a compiere attentati, come, peraltro, le recenti terribili esperienze in Francia e Danimarca hanno evidenziato –:
   quali elementi il Ministro interrogato intenda fornire con riferimento ai fatti descritti in premessa e alle iniziative che si intendano adottare per garantire la sicurezza delle persone sul territorio nazionale. (4-08990)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   lunedì 27 aprile 2015, il Segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini è stato oggetto di una grave aggressione mentre si accingeva ad un sopralluogo dell'Hotel House di Porto Recanati (Macerata). Uno stabile di 17 piani e 480 appartamenti occupato da oltre 2 mila persone, la maggior parte delle quali immigrati;
   da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, il 23 aprile uno degli occupanti dell'edificio Hotel House è stato arrestato con l'accusa di essere un membro di una cellula terroristica di matrice fondamentalista islamica attiva nel nostro Paese;
   l'occupazione dell'Hotel House è da tempo considerata una situazione emergenziale per l'impatto sociale che una occupazione così massiccia ed incontrollata comporta. Lo stabile, infatti, a quanto consta all'interrogante, è noto per essere una zona franca di fenomeni criminali legati allo spaccio di droga e alla detenzione e vendita di armi;
   è certamente una grave responsabilità aver permesso che in questo stabile si potesse registrare una condizione di illegalità così ad alto rischio per la sicurezza e l'ordine pubblico;
   il segretario federale della Lega Nord, in virtù del ruolo politico e della responsabilità insita nel suo agire in rappresentanza delle istanze dei cittadini, ha sentito il dovere di recarsi in loco per accertare e denunciare la situazione di alta pericolosità sociale insita nell'occupazione massiccia e incontrollata dell'edificio Hotel House;
   al segretario della Lega Nord è stato impedito fisicamente di avvicinarsi all'entrata dello stabile occupato. L'ingresso dello stabile era, difatti, presidiato dagli occupanti, da militanti dell'antagonismo anarco-insurrezionalista dei centri sociali, da noti esponenti del Partito democratico e della sigla sindacale CGIL;
   se da un lato è inaccettabile questo sistema reiterato di manifestazioni violente inscenate da frange estreme e incontrollate dell'antagonismo, dall'altro lato, è ben più grave che membri del partito di maggioranza che ha come segretario lo stesso Presidente del Consiglio, esponendo i simboli di appartenenza, siano stati protagonisti di questa violenta azione nei confronti di un segretario di uno dei partiti politici dell'arco costituzionale;
   è secondo l'interrogante espressione di manifesta ipocrisia di una certa sinistra democratica, da un lato ricordare il 25 aprile, cantando la canzone simbolo della resistenza «Bella Ciao», sottolineando l'amarezza di un risveglio turbato dall'invasore, e dall'altro di fatto vestire i panni dell'invasore per impedire fisicamente la libertà di movimento ad un esponente politico la cui azione è sostenuta da migliaia e migliaia di cittadini che con il proprio libero voto lo hanno deputato a loro rappresentante;
   tali episodi non possono essere sottovalutati. Il nostro Paese, infatti, ad avviso dell'interrogante, ha già vissuto periodi molto bui dove le frange estreme, di fatto protette indirettamente da partiti riconosciuti, passarono dalla contrapposizione politica violenta al vero e proprio terrorismo;
   per quanto risulta all'interrogante, le frange estreme e violente dell'antagonismo di estrema sinistra hanno concentrato le loro azioni criminali nei confronti del movimento politico della Lega Nord. Con un'organizzazione paramilitare mettono in atto aggressioni fisiche, presidi per contrastare la libertà di manifestazione, intimidazioni minatorie anche attraverso l'utilizzo di strumenti telematici e attentati verso le sedi politiche;
   l'antagonismo extraparlamentare è alimentato, ad avviso dell'interrogante, da atteggiamenti incoerenti di alcune strutture legate a partiti riconosciuti nell'arco costituzionale, che se da una parte si dissociano dinnanzi all'utilizzo della violenza come strumento di affermazione politica, dall'altra partecipano e sovvenzionano queste strutture come se fossero delle organizzazioni parallele per alcune attività di partito;
   è auspicabile, considerato il carattere politico ed intimidatorio dell'azione violenta intrapresa contro Salvini, una vasta solidarietà da parte di istituzioni e partiti;
   ai cittadini tutti ed in particolar modo quando sono chiamati, attraverso l'espressione legittima dell'esercizio del voto, a ricoprire cariche politiche di rappresentanza deve essere garantito nei limiti stabiliti dalla Costituzione il diritto di esprimere e manifestare le proprie idee;
   considerata la recrudescenza di tali fenomeni criminali, ad avviso dell'interrogante, è necessario intervenire anche attraverso l'utilizzo dello strumento della normativa d'urgenza prevedendo una forma giuridica similare a quella adottata per il contrasto della violenza in occasioni delle manifestazioni sportive (DASPO), nei confronti dei soggetti noti alle forze dell'ordine per l'appartenenza a movimenti extraparlamentari che fanno dell'uso della violenza uno strumento di contrapposizione politica. È tempo di introdurre nel nostro ordinamento giuridico il DAMPO divieto di accedere alle manifestazioni politiche, prima che il nostro Paese rischi di tornare a vivere «gli anni di piombo» –:
   quali misure il Governo ritenga di dover assumere per garantire a tutti i cittadini la libertà di espressione e manifestazione delle proprie idee nei limiti stabiliti dalla Costituzione e quali strumenti intenda predispone per arginare le derive violente messe in atto dalle frange estreme extraparlamentari che si autodefiniscono movimenti antagonisti. (4-08996)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   quattro ex dipendenti di una piccola azienda artigiana, la «Piselli Edo», che si occupa di installazione impianti a Martinsicuro (TE) non riescono a percepire l'indennità di disoccupazione;
   il datore di lavoro per evitare in tutti i modi il licenziamento dei suoi 5 dipendenti, nonostante la crisi e il calo di lavoro, nel maggio 2014 li mette in cassa integrazione in deroga. A dicembre 2014, però, visto che la crisi non accenna a finire, li deve licenziare. I lavoratori non percepiscono l'indennità di cassa integrazione perché il Governo non ha assicurato la copertura finanziaria a questo ammortizzatore. E dopo otto mesi in cui non ottengono nessuna erogazione, al momento del licenziamento sperano almeno di percepire l'indennità di disoccupazione;
   l'Inps da quattro mesi non dà il «via» ai pagamenti;
   l'Inps, infatti, non sa quale dato salariale calcolare per l'indennità di disoccupazione, non essendo chiaro se la cassa integrazione in deroga per gli 8 mesi precedenti sarà pagata oppure no;
   in una nota i sindacati per superare il grave problema hanno suggerito di calcolare la indennità di disoccupazione senza tener conto della Cassa integrazione guadagni in deroga e poi l'eventuale differenza si potrebbe pagare in un secondo momento. Gli stessi sindacati hanno chiesto un incontro con i vertici dell'Inps per trovare una soluzione condivisa;
   l'Inps ha però negato l'incontro sostenendo che il problema non si può risolvere a livello locale;
   la situazione dei lavoratori è disperata, il datore di lavoro ha anticipato il Tfr, dando loro una mano. È molto probabile che ci siano altri lavoratori nelle stesse condizioni –:
   se non intenda assumere iniziative per trovare una soluzione per risolvere questo grave caso di intoppo burocratico dando un chiaro indirizzo all'INPS e per sbloccare il pagamento delle indennità di disoccupazione per i 4 ex-dipendenti della piccola azienda Piselli Edo e per tutte le altre aziende coinvolte. (4-08980)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi scorsi, quest'anno più che mai, la Peronospora belbahrii, fungo che, nel corso del tempo si è rivelato sempre più resistente ai prodotti comunemente utilizzati in agricoltura, ha messo in ginocchio la produzione di pesto in Liguria, uno dei prodotti dell'eccellenza regionale e nazionale;
   i danni prodotti sono notevoli, in quanto sono state distrutte molte coltivazioni da questo patogeno, che ha fatto la sua prima apparizione nel 2003 in Piemonte e Liguria determinando seri danni alle coltivazioni di basilico, soprattutto perché ha messo in pericolo il prodotto base per preparare il noto «pesto ligure»;
   da qualche anno è presente anche nel Sud della penisola e la diffusione della peronospora indotta dall'agente Peronospora belbahrii è probabilmente dovuta alle favorevoli condizioni termo-igrometriche che hanno caratterizzato le estati degli ultimi anni. In particolare negli scorsi mesi di luglio ed agosto del 2014, infatti, si sono verificate condizioni di elevata umidità e temperature fresche, valori che si discostano rispetto alla media dei rilievi tipici regionali e che hanno favorito la diffusione del fungo;
   la Peronospora Belbahrii, che attacca le piantine del basilico, rappresenta un vero dramma per i produttori, se si considera che addirittura la metà delle piante sono andate distrutte a causa sua nel corso dello scorso anno e che un terzo della produzione complessiva di basilico è andata perduta;
   fondamentale è anzitutto il controllo della sanità dei semi, da effettuarsi con tecniche diagnostiche il più rapide e precise possibili, compito che normalmente è affidato alle ditte sementiere che devono garantire l'origine geografica della semente e la sua sanità;
   il seme contaminato può essere risanato, con trattamenti di concia che a quest'oggi, purtroppo, secondo quanto emerge da studi, avviene con troppa poca precisione;
   a semina avvenuta, identificato il patogeno sulla cultura, si devono quindi applicare sul campo mezzi di lotta efficaci che possono essere fisici, chimici o biologici (questi ultimi purtroppo non si stanno dimostrando efficaci, causando così il propagarsi più rapido del fungo stesso);
   di grande importanza in questo senso sono i sistemi di concia cioè di disinfezione dei semi: nel primo caso, ad esempio, (mezzi fisici) un trattamento dei semi con acqua o aria calda a temperature variabili tra i 45 e i 70 gradi può arrivare ad eradicare completamente alcuni patogeni dai semi e da alcuni studi condotti, particolarmente utili si sono rivelati anche alcuni fungicidi (mezzi chimici);
   parlando di quest'ultimi, il fungicida maggiormente utilizzato, è il CABRIO DUO a base di pyraclostrobin/F500 (40 g/l) e dimetomorf (72 g/l) ideato e sviluppato appositamente per le colture orticole;
   il CABRIO DUO viene assorbito rapidamente (1-2 ore) dalle foglie e si ridistribuisce nella pianta in modalità translaminare e con sistemia locale, determinando la consumazione dello stesso nella pianta medesima ed evitando di destare preoccupazione tra i consumatori, dal momento che viene utilizzato in modo regolare nelle colture di patata, cipolla, lattuga e pomodoro;
   in piena emergenza, non a caso attraverso il decreto del Ministero della salute datato 4 ottobre 2013, si ottenne la cosiddetta «estensione di etichetta», che permise l'impiego dello stesso, nella lotta ai pieno campo, sul basilico; tale rimedio parve essere una buona soluzione per debellare tale infestazione venne concesso per soli 120 giorni dalla sua emanazione, alla quale non è seguita una reiterazione dello stesso, determinando non pochi problemi agli imprenditori che si sono trovati nell'impossibilità di continuare ad utilizzarlo –:
   se e come il Ministro interrogato intenda adoperarsi, alla luce anche degli studi operati dai tecnici e da parte delle università che provano la sicurezza nell'utilizzo di tale agente chimico, per l'inserimento definitivo in etichetta dell'indicazione relativa all'autorizzazione d'impiego del prodotto fitosanitario denominato CABRIO DUO sulla coltura del basilico in campo, per la lotta contro l'avversità Peronospora belbahrii, verificando che non vi siano effetti collaterali derivanti dall'uso prolungato di tale prodotto fitosanitario e aumentando i controlli sulle sementi, in modo da evitare dapprima la diffusione del fungo e, quindi, anche l'uso di questo prodotto. (5-05474)

Interrogazione a risposta scritta:


   CARELLA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Gruppo Italiano Vini è la prima azienda vitivinicola italiana e tra le prime aziende al mondo nella produzione e commercializzazione di vini di pregio;
   il gruppo è proprietario di 15 cantine storiche, con marchi ben noti e presenti in tutto il mondo, tra le quali la cantina «Fontana Candida» al centro dell'Agro Tuscolano, sui colli laziali, nel comune di Monte Porzio Catone (RM) in un casale secolare sorto nell'area dove un tempo si innalzava un'imponente villa romana, appartenuta probabilmente al poeta Quinto Orazio Flacco. I vigneti si estendono per circa 97 ettari nel cuore del comprensorio DOC del Frascati;
   il Gruppo Italiano Vini, azienda storica del «vino Frascati doc» chiede una deroga ministeriale alla legge per imbottigliare il prodotto a Orvieto, fuori dalla zona di produzione. Le maestranze del Frascati doc hanno fatto una lotta storica per avere l'imbottigliamento in zona, concesso 15 anni fa circa, ed adesso devono registrare che proprio l'azienda più grande vuole delocalizzare;
   l'intenzione manifestata dalla direzione aziendale di spostare il 70 per cento dell'imbottigliamento del vino Frascati doc sulla cantina di Orvieto, vedrebbe gravi ripercussioni occupazionali e non solo;
   il vino Frascati doc è un prodotto fortemente legato al luogo di produzione e non si può tutelarlo e valorizzarlo appieno fuori dal suo territorio, la valorizzazione dei territori e delle specialità locali e sempre stato inoltre un elemento caposaldo aziendale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa situazione e se intenda intervenire affinché l'azienda possa rivedere le sue decisioni per quanto in premessa esposto. (4-08976)

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, ZOLEZZI, GAGNARLI, GALLINELLA, PARENTELA, L'ABBATE, BENEDETTI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   la trasmissione Report del 26 aprile 2015, dedicata alla sicurezza alimentare, ha reso pubbliche due inchieste della magistratura di Cuneo, insieme alla Guardia di finanza, volte a denunciare la presenza di carni dopate di migliaia di vitelli che, aggirando i controlli del sistema sanitario nazionale e risultando certificate, finiscono poi sulle tavole dei consumatori;
   la carne bianca, rispetto a quella rossa, registra un consumo maggiore, perché ritenuta più magra e salutare, motivo per cui, il più delle volte, è destinata soprattutto a bambini e anziani per le sue proprietà;
   le indagini, in particolare, si sono concentrate su due allevamenti intensivi della provincia di Cuneo. Nel primo caso l'allevatore – oggi condannato per adulterazione e contraffazione di alimenti, nonché per corruzione di un ex veterinario della ASL —, con la complicità del tecnico della stalla e del veterinario corrotto della ASL, è riuscito a superare positivamente i controlli, per ben 5 anni, nonostante gli animali venissero trattati con il clenbuterolo. È questa una sostanza proibita, che riduce il grasso e fa aumentare la massa magra della carne, provocando, però, iperglicemia e ingrossamento degli organi degli animali e risultando pericolosa per gli uomini. Nel secondo caso, invece, sempre come denunciato da Report, gli animali subivano iniezioni di steroide sessuale cancerogeno;
   il servizio di Report si è esteso anche agli allevamenti tradizionali, rivelando come, in alcuni casi, venissero usati mangimi complementari, autorizzati a livello europeo, fatti di sostanze chimiche usate per assecondare le esigenze dell'industria e del mercato dei mangimi, come nel caso della sostituzione del latte nel momento in cui ne è salito il prezzo;
   i due casi denunciati dimostrano come, nel settore del commercio della carne, esista, in alcuni casi, un sistema di tacita complicità tra grossisti e macellai che, pur accorgendosi delle caratteristiche adulterate della carne — a volte troppo bianca, altre troppo scura – permettono il perpetuarsi di tali situazioni;
   le azioni illecite, denunciate dalla magistratura, trovano supporto nei limiti stessi del sistema ufficiale dei controlli che, basandosi su esami chimici su campioni di urina o sangue, non riesce a individuare, se effettuato anche solo dopo due giorni dal trattamento dopante, i residui di tali sostanze negli animali;
   confidando in questo sistema, invece, il Ministero della salute nel 2013 ha pubblicizzato sul proprio sito come il 99,8 per cento di 38.250 campioni esaminati negli allevamenti di tutte le specie e i loro derivati fossero risultati conformi ai parametri di legge, rassicurando così i consumatori e garantendo per la salute pubblica;
   in realtà, come si apprende dalla stessa trasmissione, esistono due tipologie di controlli alternativi a quello attualmente validato, capaci di rivelare i potenziali trattamenti adulteranti, perché si concentrano sui parametri dei biomarcatori, dove resta impressa, per più tempo, traccia delle conseguenze delle manipolazioni subite dagli animali;
   queste metodologie sono il prelievo e l'analisi del pelo, unico elemento dove resta memoria biologica, e l'esame istologico, che individua le alterazioni delle sostanze anabolizzanti sugli organi degli animali, almeno limitatamente alle sostanze ricercate;
   quest'ultima metodologia risulta essere in fase sperimentale da 7 anni, come dichiara la responsabile istopatologia dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, e viene usata in alcuni campionamenti dai macellai, ma con una media troppo bassa. Inoltre, seppure vengano riscontrate anomalie negli organi degli animali, secondo l'attuale sistema, la carne ha già superato i controlli e si trova già in commercio, mentre gli allevatori non rischiano sanzioni, se non essere inseriti in una lista di sospettati;
   nonostante l'efficacia comprovata di tali metodi, con cui verrebbe assicurato un controllo più approfondito contro il fenomeno della contraffazione delle carni, e lo stesso rapporto dell'EFSA che ha segnalato, già due anni fa, le carenze dell'attuale sistema, la Commissione europea e il Ministero della salute non investono nella ricerca di metodi alternativi, continuando ad attenersi al piano nazionale residui che, definito sulla base di precise direttive comunitarie, stabilisce le sostanze da cercare e il metodo da utilizzare –:
   come intendano procedere i Ministri interrogati, ognuno per il proprio ambito di competenza, affinché il sistema dei controlli sia in grado di rilevare qualsiasi sostanza anomala nel trattamento degli animali e quindi delle carni, a garanzia della salute dei cittadini e della sicurezza alimentare, ciò anche in considerazione del fatto che il consumo di cibi di origine animale è in continua crescita, nonostante le conseguenze, sulla salute e sull'ambiente, riconosciute da numerose evidenze scientifiche e studi medici;
   se si ritenga opportuno, anche con nuovi strumenti normativi, rafforzare i controlli all'interno degli allevamenti e inasprire il sistema sanzionatorio, affinché gli animali non siano costretti a subire tali manipolazioni e tutta la catena di operatori, dagli allevatori ai macellai, sia incoraggiata a denunciare qualsiasi irregolarità, anche a difesa di chi lavora onestamente;
   se ritengano opportuno, in considerazione dei fatti emersi, investire in ricerca e studio di metodi di controllo alternativi per ottenere e mettere in uso un sistema definitivo, più flessibile, che sia strumento di vera garanzia e certificazione della salute delle nostre carni e dei consumatori. (5-05473)

Interrogazioni a risposta scritta:


   LENZI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nel nostro Paese le persone affette da coinfezione Hiv/Hcv accertata sono 33.000, tuttavia si stima che, considerando anche chi non ne è consapevole, il numero salga a 39.000;
   per le persone con Hiv/Aids, l'epatite evolve più rapidamente e con esiti peggiori. Secondo le ultime Linee Guida dell'Organizzazione mondiale della salute sull'Epatite C, l'infezione da HIV infatti accelera e aggrava la progressione della malattia epatica;
   le associazioni (LILA, NADIR, PLUS) hanno lanciato un appello alle istituzioni competenti affinché queste persone malate siano agevolate nell'accesso al trattamento. Nello specifico chiedono di inserire la coinfezione Hiv-Epatite C nell'elenco delle condizioni per l'accesso prioritario alle nuove terapie per l'epatite C cronica poiché in ragione della maggior progressione della malattia in chi ha l'HIV, bisogna trattare urgentemente con i nuovi farmaci chi ha una fibrosi F0-F2;
   nonostante le richieste della Commissione nazionale Aids, della Consulta delle associazioni sull'Aids e della Simit (Società italiana malattie infettive), i criteri di priorità al trattamento definiti dalla commissione tecnico-scientifico dell'Aifa a novembre 2014 non hanno tenuto conto di questa situazione. L'Aifa ha infatti scelto di non considerare la coinfezione da Hiv/Hcv come criterio che conferisce una via preferenziale per l'accesso ai nuovi farmaci antivirali diretti;
   secondo le associazioni, i nuovi farmaci contro l'epatite C sono egualmente efficaci, se non più efficaci, nelle persone con HIV rispetto a quelle con solo HCV –:
   se non reputi doveroso includere, anche le persone con coinfezione Hiv-Hcv, nelle nuove terapie farmacologiche per l'epatite C cronica;
   se non ritenga urgente intervenire nei confronti dell'Agenzia italiana del farmaco al fine di far valere quanto espresso dalla commissione tecnico-scientifica (Commissione nazionale Aids) nel novembre 2015. (4-08973)


   BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   da oltre 700 giorni in Piazza Montecitorio c’è la tenda dei fratelli Biviano, affetti da distrofia muscolare progressiva, giunti dall'Isola di Lipari per richiamare l'attenzione del Governo e del Parlamento sulla condizione di malati gravi, colpiti da una patologia rara e sulla necessità di avviare una seria attività di ricerca in particolare sulle patologie neuro-muscolari;
   all'inizio sembrava che la risposta dovesse venire da metodologie di ricerca a forte carattere innovativo come quelle legate alle cellule staminali, ma la forte delusione per l'amara esperienza del caso Vannoni, li ha indotti a riscoprire il valore del dialogo con le istituzioni, rinunciando a forme di protesta ad effetto, per attivare un processo di confronto su basi di profondo rispetto reciproco;
   Sandro e Marco sono affetti da distrofia muscolare progressiva come le due sorelle rimaste a casa perché ancor più gravi di loro; quando due anni fa hanno deciso di lasciare le isole Eolie per venire a cercare a Roma una soluzione efficace a quei loro bisogni di salute che a Lipari non trovavano risposta, hanno pensato che Piazza Montecitorio, a pochi passi da Palazzo Chigi, fosse il luogo migliore per farsi ascoltare. Ma nonostante alcune promesse, i fratelli Biviano ancora oggi percepiscono un silenzio assordante; un silenzio che appare come un muro di gomma, perché le parole rimbalzano prive di fatti e di contenuti;
   la loro richiesta, fatta a nome di tanti altri malati che in questi mesi si sono avvicinati a loro creando una piccola community di persone affette da patologie neuro-degenerative, è quella di avviare una intensa e mirata attività di ricerca in questo campo, come segnale specifico di speranza nei confronti di malati, spesso bambini, e delle loro famiglie che sono confuse e disorientate e soprattutto si sentono troppo spesso lasciati soli, ai limiti dell'abbandono;
   hanno chiesto che si avviasse un piano di ricerca con obiettivi chiari, con metodologie scientificamente rigorose, con risorse adeguate, gestite in modo trasparente, coraggiose nell'impianto innovativo bio-molecolare, ma orientate ai bisogni dei malati anche sul piano della sperimentazione tecnologica per migliorare il livello della loro qualità di vita;
   hanno chiesto anche che venisse istituita una giornata dedicata ai malati affetti da Distrofia muscolare progressiva, perché in modo analogo a quanto avviene con altre patologie, sia possibile in quel giorno intensificare e attività di sensibilizzazione e di diffusione scientifico-culturale e rilanciare una campagna di fundraising per implementare le attività di ricerca;
   i fratelli Biviano in questi mesi hanno dovuto affrontare un peggioramento complessivo della loro condizione generale e quest'inverno hanno avuto ripetuti ricoveri per l'aggravarsi delle loro condizioni cliniche; dopo tanti mesi vorrebbero tornare a casa e ricongiungersi alle sorelle e alla madre, ma vorrebbero anche concludere con un segno positivo il loro lungo soggiorno romano a sostegno della ricerca in un campo così delicato e così trascurato –:
   quali siano i progetti di ricerca avviati presso il Ministero della salute nell'ambito delle patologie neuro-degenerative e quali sono gli stanziamenti previsti per sostenerli;
   a che punto sia la procedura per l'istituzione della giornata per la distrofia muscolare progressiva e quando si preveda che possa essere istituita la giornata in questione. (4-08977)


   RONDINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del processo di privatizzazione dell'ente pubblico Croce rossa italiana (di seguito CRI) derivante dalla progressiva entrata in vigore del decreto legislativo n. 178 del 2012, allo stato attuale quasi 4000 professionisti dell'emergenza, civile e militare, rischiano il posto di lavoro;
   il sistema sanitario nazionale risente dei continui tagli alle risorse a discapito della quantità ma, soprattutto, della qualità dei servizi offerti ai cittadini, il servizio di soccorso extraospedaliero in emergenza/urgenza risulta essere il primo anello della catena di accesso ai servizi sanitari e l'Italia fonda la propria essenza sul diritto al lavoro e sulla garanzia dell'accesso ai servizi sanitari per tutti i suoi cittadini;
   permane una vistosa lacuna del sistema di assistenza sanitaria pubblica che storicamente si prende cura delle persone solo dopo che si sono presentate in ospedale persistendo un disinteresse diffuso in merito a ciò che accade al di fuori della struttura sanitaria e, quindi, anche del modo in cui le persone vengono trasportate in pronto soccorso, essendo auspicabile avere un'assistenza sanitaria qualificata fin dal primo momento e non solo dopo l'arrivo all'interno delle strutture ospedaliere;
   in ambito europeo ed extra europeo è stata istituita la figura professionale di «AUTISTA-SOCCORRITORE», nel nostro Paese è stato più volte intrapreso un percorso a tale proposito, al momento questo iter risulta essersi completamente arenato;
   il processo di privatizzazione dell'ente Croce rossa italiana ad oggi, mostra una serie infinita di lacune e sta creando problematiche sociali di notevole portata, tanto da richiederne uno slittamento di almeno 3 anni generando una dicotomia tra ente pubblico e associazione privata, ma ciò non si evince in quanto il personale indossa la stessa uniforme, utilizza i medesimi mezzi;
   la proposta di stabilizzazione del personale Croce rossa italiana, con passaggio a contratto privatistico (ANPAS), non ha sortito gli effetti sperati, anzi, detta soluzione ha causato i seguenti effetti negativi: scarsissima adesione da parte del personale direttamente coinvolto che già era in attesa di stabilizzazione per sentenze vinte; riduzione del livello qualitativo del soccorso per effetto di nuove assunzioni, effettuate per ricoprire i ruoli lasciati scoperti dal personale dell'ente pubblico (trasferito dall'usuale territorio di competenza verso le sedi dei comitati regionali e allontanato dalle attività svolte diligentemente negli ultimi 15/20 anni) che aveva raggiunto un grado di professionalità elevato grazie all'acquisizione di un patrimonio esperienziale, elemento fondante di tutte le professioni sanitarie aventi come fine la tutela della salute del cittadino;
   la proposta di stabilizzazione del personale Croce rossa italiana ha creato una fortissima insoddisfazione in tutti i dipendenti, in particolare in quelli aventi finalmente diritto alla stabilizzazione (ma tutt'ora in attesa dell'applicazione delle sentenze), costretti ad accettare un contratto nettamente peggiorativo che non offre garanzia alcuna di stabilità generando ulteriore precarietà;
   gli interventi di soccorso extraospedaliero sono diversi e molteplici per tipologia clinica ed assistenziale, a tale scopo risulta essere di fondamentale importanza l'impiego di personale esperto e qualificato. La progressiva entrata a regime delle disposizioni del decreto legislativo n. 178 del 2012 ha portato alla sostituzione di personale con esperienza sanitaria e conoscenza del territorio, almeno decennale, con altro di medesima qualifica ma carente di queste peculiarità a discapito della sicurezza, tempestività, efficacia, efficienza e qualità del servizio reso in situazioni di urgenza/emergenza a tutti i cittadini;
   il glorioso ente umanitario è presente capillarmente in tutto il nostro Paese ed opera in molteplici attività rivolte alle fasce più deboli della popolazione ma il personale della Croce rossa italiana pubblica, con esperienza pluriennale, rischia la perdita del posto di lavoro vivendo la lotteria degli esuberi in mancanza di canoni generali ed oggettivi ricordando che almeno 4000 professionisti del soccorso rischiano il posto di lavoro e di conseguenza 4000 nuclei familiari vivono nell'incertezza del futuro;
   l'Italia, nello specifico Milano, quest'anno è interessata da un evento di natura mondiale: EXPO, ciò comporterà il quotidiano spostamento di milioni di persone su tutto il territorio e la necessità di un pronto intervento d'eccellenza e che la conoscenza territoriale è il primo requisito per raggiungere tale livello;
   è fondamentale valorizzare l'eccellenza della sanità migliorandone l'efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini e non svendendo questo patrimonio di competenze ed esperienza acquisite in anni di attività;
   per attuare la migliore e più attenta destinazione delle risorse, l'investimento non deve privilegiare apparecchiature o tecnologie sofisticate ma deve essere destinato soprattutto alla valorizzazione delle competenze delle risorse umane;
   pur considerando l'attuale situazione economica del nostro Paese si è ben consci che gli obiettivi del profitto e della solidarietà, pur limitandosi a vicenda, condividono lo scopo primario dell'azione sociale ricordando che la progressiva applicazione del decreto legislativo n. 178 del 2012 mina la qualità dei servizi sanitari offerti ai cittadini dell'emergenza urgenza in quanto priva il territorio della matrice esperienziale dei soccorritori che per anni hanno prestato servizio, sostenuti da forte dedizione e grande responsabilità verso tutti coloro che si sono trovati in stato di necessità –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e non intenda assumere iniziative normative al fine di riconoscere la figura professionale dell'autista/soccorritore vigilando sull'applicazione delle regole generali del Ministero della salute inerenti il personale legato al soccorso extraospedaliero e di garantire, a seconda delle realtà regionali la massima professionalità possibile, favorendo l'impiego sui mezzi di soccorso di due «autisti-soccorritori» professionisti affiancati dalla componente volontaristica al fine di garantire la medesima qualità dei servizi in tutte le fasce orarie e di tutelare e sostenere il valore aggiunto fornito dal personale volontario, investendo sul capitale umano di tutte le componenti dell'ente pubblico Croce Rossa valorizzandone l'esperienza, evitandone la messa in esubero/licenziamento/smilitarizzazione, impegnandosi in prima persona nella salvaguarda delle loro specificità, impegnandosi nella ricollocazione di queste risorse umane altamente qualificate. (4-08988)


   COLONNESE, FICO, PETRAROLI, SIBILIA, DE LORENZIS e TOFALO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia resta il Paese europeo con il più alto ricorso al taglio cesareo. Nel 2013, la percentuale è più che doppia rispetto a quanto raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanità, e superiore di quasi 10 punti rispetto alla media dell'Unione europea 27 (26,7 per cento nel 2011);
   negli ultimi anni si è rilevata una crescita sostenuta del numero dei tagli cesarei e l'eccessiva medicalizzazione della gravidanza e del parto hanno trasformato questi eventi normalmente fisiologici in eventi patologici. L'esito di recenti indagini condotte nell'ottobre 2012 dai Nas, attestano che almeno il 43 per cento di tagli cesarei risulta ingiustificato;
   i fattori che contribuiscono all'incremento del ricorso al taglio cesareo rispondono talvolta ad esigenze di medicina «difensiva» e di matrice medico legali avvertite dai medici, o anche a fattori culturali e carenza di informazioni esaustive sul parto fisiologico;
   l'eccesso di interventi medici ha progressivamente sottratto alle donne l’empowerment e la fiducia nelle proprie competenze biologiche rendendo loro sempre più difficile partorire in modo spontaneo e fisiologico;
   la Campania è la regione nella quale presso le case di cura private accreditate il tasso dei parti chirurgici è del 72 per cento, mentre supera il 50 per cento nelle strutture pubbliche, per una media regionale del 61 per cento. Seguono la Sicilia, dove la media delle strutture private accreditate è quasi del 50 per cento e scende, di poco nelle strutture pubbliche (42,8 per cento), e il Lazio dove la percentuale di cesarei nelle strutture pubbliche si attesta sul 39,1 per cento, mentre sale al 43,6 per cento nelle strutture private accreditate e addirittura al 65,7 per cento nelle strutture private non accreditate;
   di seguito si riportano le percentuali di nascite con taglio cesareo/nascituri di alcune case di cura campane:
    casa di cura Villa Cinzia - Napoli - 91,2 per cento;
    casa di cura Villa delle Querce - Napoli - 85,6 per cento;
    casa di cura San Paolo - Aversa (Caserta) - 85,1 per cento;
    casa di cura Tortorella - Salerno - 85,2 per cento –:
   se il Ministro, interrogato sia al corrente di quanto esposto in premessa;
   cosa intenda fare, per quanto di competenza, al fine di limitare il ricorso ai parti chirurgici nelle cliniche ai soli casi in cui si riscontri una oggettiva necessità di intervenire per salvaguardare la salute del bambino e/o della madre e, pertanto, quali iniziative, e in quali tempi, intenda assumere per introdurre misure volte a sanzionare o penalizzare gli istituti sanitari che ricorrono eccessivamente al taglio cesareo;
   come, intenda intervenire per promuovere il parto fisiologico nelle cliniche riportando il parto cesareo alla sua funzione di intervento salvavita. (4-08992)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOSACCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo francese Auchan operante nella grande distribuzione ha annunciato un piano di ridimensionamento che coinvolge circa 1.500 persone su tutto il territorio nazionale;
   nell'ambito di questo piano particolarmente colpita risulta essere la Puglia che dopo Triggiano vede un ulteriore ridimensionamento degli addetti presso i centri commerciali di Modugno con 58 esuberi su 192 addetti, Mesagne con 35 dipendenti su 209 e Taranto con 50 dipendenti su 260 complessivi:
   il 10 per cento della manodopera in esubero è quindi pugliese, un dato molto rilevante in considerazione del tessuto sociale ed occupazionale già pesantemente colpito dalla crisi di questi anni;
   nel sito di Casamassima vige già da tempo un contratto di solidarietà per i dipendenti che in questo modo sono riusciti a fronteggiare il perdurare del calo dei consumi e il rischio di ulteriori ridimensionamenti;
   in presenza di tale piano e considerata la rilevanza dei tagli occorre individuare misure finalizzate a scongiurare la perdita di posti di lavoro –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare con la massima urgenza di concerto con gli enti territoriali interessati al fine di evitare la perdita di oltre 140 posti di lavoro nella sola Puglia ed individuare strumenti di flessibilità in grado di superare questa difficile fase economica.
(5-05469)


   BOMBASSEI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Paese persegue lo sviluppo dell'uso delle energie rinnovabili, al fine di ridurre la dipendenza dalle fonti di origine fossile;
   lo sviluppo di un coerente piano nazionale di geotermia risponde all'esigenza di rafforzare l'autonomia energetica del Paese;
   la riforma costituzionale in corso di approvazione affida finalmente allo Stato la competenza in materia di energia;
   l'incertezza sulle competenze in materia energetica ha talvolta causato al livello locale e regionale l'insorgere di contenziosi da parte di soggetti che hanno effettuato investimenti, nonché società di progettazione, forniture di macchinari, carpenteria, nonché molte aziende del settore della meccanica, mettendo oltretutto in crisi la credibilità del nostro Paese dinnanzi ad investitori stranieri –:
   se, data l'importanza della questione, non ritenga necessaria ed urgente assumere iniziative per introdurre una normativa quadro in materia di geotermia nell'ambito delle quali le istituzioni e gli operatori del settore possano operare in un sistema di reciproche certezze.
(5-05470)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il problema energetico nel mondo è divenuto negli ultimi anni prioritario sotto l'aspetto economico, ambientale e della sicurezza;
   la crisi energetica in atto minaccia di compromettere irrimediabilmente la salute ed il benessere delle generazioni future;
   per sopperire a tale crisi, tutti gli esperti ritengono sia urgente iniziare una graduale transizione dall'uso dei combustibili fossili a quello di altre fonti energetiche;
   il consumo lordo totale di energia nel 2013 in Italia è stato pari a circa 200 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep), di cui l'87 per cento costituito da combustibili fossili (soprattutto petrolio e gas naturale, ed in minor misura carbone), il 6 per cento da energia elettrica importata, e il 7 per cento da fonti non convenzionali o rinnovabili di energia;
   tra le fonti non convenzionali, la frazione geotermica è stata lo 0,6 per cento del consumo lordo totale di energia, consistente per oltre quattro quinti nella produzione di elettricità e per il resto negli usi diretti del calore naturale (balneologia, riscaldamento di ambienti, agricoltura, e altri);
   in Argentina il 24 aprile 2015 si discuterà di questi temi, ossia «energie rinnovabili, gestione dell'ambiente e processi di innovazione», con una tavola rotonda, all'Istituto italiano di cultura (Iic) di Buenos Aires;
   l'incontro che vedrà come tema dominante la discussione su alcune fonti rinnovabili ancora poco utilizzate, come l'energia geotermica, evidenzierà anche il quadro normativo e le previsioni future circa le energie rinnovabili in Argentina e nei Paesi dell'America latina;
   si parlerà della presentazione di un laboratorio situato nella Cordigliera delle Ande, luogo in cui si misureranno i rischi per la salute relativi ai lavori realizzati in altura;
   all'evento, che si inquadra nelle «giornate CUIA 2015 in Argentina» e che fa parte delle iniziative per l'anno dell'Italia in America latina, parteciperanno numerosi esponenti ed esperti della materia appartenenti di Università di Camerino, di Urbino e «della La Sapienza» di Roma ed infine Andrés Fiandrino (Università de La Plata) e Mauro Vazón (Università di Concepción del Uruguay);
   in tale incontro si renderà noto che: a fronte di un contributo poco rilevante il potenziale geotermico italiano è ragguardevole, con risorse di alta temperatura (>150oC) concentrate nella fascia per - appenninica tosco-laziale - campana e in alcune isole vulcaniche del Tirreno, e con risorse di media e bassa temperatura (<150oC) ubicate su vaste aree del territorio nazionale;
   in base alle sue caratteristiche geologiche, dunque, l'Italia è un Paese a forte vocazione geotermica, per cui il suo potenziale potrebbe essere valorizzato molto maggiormente di quanto fino ad ora fatto;
   le risorse di alta temperatura si prestano sia per la produzione di energia elettrica che per usi diretti, mentre quelle di media e bassa temperatura possono essere utilizzate prevalentemente in forma di calore;
   le risorse geotermiche presentano il vantaggio di essere sempre sostenibili, spesso rinnovabili, ovunque compatibili con l'ambiente, ed anche convenienti sul piano economico;
   tenendo quindi presente il probabile ulteriore aumento dei prezzi delle fonti tradizionali di energia nei prossimi anni, per le due forme di utilizzazione delle risorse geotermiche si possono prevedere gli obiettivi seguenti: per l'energia elettrica, a fronte degli 810,5 MWe installati e dei 5,5 miliardi di kWh prodotti nel 2006 (corrispondenti ad 1,1 milioni di tep), la potenza installata nel 2020 può giungere a 1.500 MWe, con una generazione di 10 miliardi di kWh/anno, pari al fabbisogno elettrico di 9 milioni di abitanti. Ciò rappresenta il raddoppio della produzione del 2010, e corrisponde ad un risparmio di oltre 2 milioni di tep; per gli usi diretti, a fronte dei 650 MWt installati e di una produzione corrispondente ad oltre 190.000 tep nel 2006, la potenza installata (senza nulla sottrarre alla generazione di energia geotermoelettrica) può giungere a 6.000 MWt nel 2020, con una produzione equivalente ad 1.800.000 tep, idonea per riscaldare 800.000 appartamenti;
   considerati nell'insieme, gli usi elettrici e non elettrici del calore terrestre possono quindi passare dagli 1,3 milioni di tep del 2006 a quasi 4 milioni di tep del 2020, corrispondenti ad oltre 1,2 per cento del consumo totale lordo di energia del Paese in quell'anno;
   si tratta di un contributo che può sembrare modesto in termini percentuali, ma che non lo è affatto in termini economici se raffrontato al costo del combustibile fossile sostituito;
   tale obiettivo potrebbe essere considerato un punto di partenza per traguardi ancora più ambiziosi. Infatti, le risorse di calore naturale sfruttabili per applicazioni dirette sono almeno 100 volte superiori a quelle citate e non mancano in Italia le competenze tecnico – scientifiche per valorizzarle, al fine di consentire al nostro Paese di limitare la dipendenza dalle fonti energetiche importate, ridurre il deficit della bilancia dei pagamenti, diminuire l'impatto sull'ambiente dei gas effetto serra (la prevista crescita della geotermia nel 2020 consentirebbe di evitare di scaricare nell'atmosfera circa 10 milioni di tonnellate di CO2 all'anno);
   a titolo esemplificativo, basti considerare che attualmente in Toscana, la geotermia copre il 25 per cento del fabbisogno energetico. Il centro nevralgico dello sfruttamento. Le centrali geotermiche della zona boracifera di Larderello producono circa 5 miliardi di kWh di energia elettrica pari al fabbisogno energetico di circa 2 milioni di famiglie italiane. In questo modo vengono risparmiate 1.100.000 tonnellate equivalenti di petrolio ed è possibile evitare l'emissione di 3,8 milioni di tonnellate di anidride carbonica;
   il significato strategico dello sviluppo della geotermia, quindi, va colto con urgenza per evitare che l'Italia si trovi in uno stato di deficit energetico e rischi di pregiudicare gli obiettivi di risanamento ambientale posti dagli accordi di Kyoto;
   lo sviluppo delle fonti geotermiche nella regione, finora è stato rallentato o bloccato a seguito delle carenze tecnologiche e delle difficoltà finanziarie, in cui si sono trovati molti Paesi dell'area tra cui l'Italia;
   la situazione, però, sta cambiando grazie al fatto che sono state accertate grandi potenzialità della regione in questo settore e che la comunità internazionale sta cominciando a investire con le nazioni della zona per svilupparle –:
   se il Ministro interrogato intenda attivarsi, considerando la precaria condizione energetica del Paese, prevedendo nuove e specifiche forme di incentivazione per la produzione di energia geotermica sia sotto forma di calore che di elettricità, capaci di favorire il rapido sviluppo di tutte le possibili forme di uso del calore terrestre;
   se ritenga utile impostare e condurre una campagna per rendere minore il deficit della bilancia dei pagamenti nel comparto energetico sia in Italia che nei Paesi esteri. (4-08984)


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il gruppo Alcatel-Lucent occupa in Italia circa 1.300 dipendenti;
   il sito di Trieste è specializzato sul prodotto WDM trasmissione e multiplazione di dati su fibra ottica, che rappresenta il punto di forza dell'attività di Alcatel-Lucent, ad elevatissima tecnologia, tanto che il sito triestino è rimasto l'ultimo degli stabilimenti produttivi del gruppo nel mondo a produrlo e lo stabilimento di Trieste, oltre a non risentire della crisi, ha volumi in costante crescita;
   le attività del sito di Trieste danno occupazione a più di 850 persone tra i dipendenti, i lavoratori somministrati e l'indotto, sia interno che esterno;
   nel sito di Trieste si svolgono attività di industrializzazione di nuovi prodotti WDM ad altissima tecnologia in stretto contatto con i laboratori di ricerca e sviluppo, nonché attività di integrazione di tutti gli apparati interconnessi con chilometri di fibra ottica, tanto da simulare una vera posa in campo degli stessi, dando la possibilità ai clienti di eseguire prove e misurazioni direttamente in azienda;
   voci sempre più insistenti sostengono una probabile cessione del sito di Trieste; tali voci, che non sono state ancora smentite dai vertici aziendali, neppure durante l'incontro organizzato presso il Ministero dello sviluppo economico, stanno mettendo in stato di forte agitazione i lavoratori e le loro famiglie;
   il sito triestino ricopre un ruolo strategico non solo per il business del gruppo Alcatel-Lucent, ma anche per lo sviluppo dell'economia del territorio, in quanto produce tecnologie ottiche a livello mondiale con un altissimo livello di competenze specialistiche;
   sembra siano due le multinazionali interessate all'acquisizione del sito di Trieste, Jabil e Flextronics, le quali sono conosciute per avere chiuso, in passato, diversi siti produttivi, delocalizzando le attività e licenziando i lavoratori in Italia;
   l'eventuale cessione ad aziende come la Jabil e la Flextronics, che si occupano essenzialmente di attività di manifacturing con immediati ritorni economici, segnerebbe l'inizio di un percorso che nel tempo porterebbe al trasferimento delle attività nei paesi low cost, dove queste multinazionali hanno già numerosi stabilimenti, e dove le tutele sui lavoratori sono minime, con una perdita importante di occupazione e di competenze per il territorio di Trieste già attraversato da una profonda crisi industriale;
   l'azienda ha definito il sito di Trieste come un «asset fondamentale» per lo sviluppo del business di Alcatel-Lucent, anche in prospettiva di una prossima modifica dell'assetto del gruppo che nel 2016 dovrebbe essere assorbito da Nokia Corporation, ma ad oggi nessun impegno è stato reso noto a garanzia della strategicità produttiva ed occupazionale del sito medesimo;
   la vicenda ha una rilevanza nazionale anche in considerazione del fatto che il gruppo riveste una posizione di primo piano nell'ambito del tavolo permanente per l'innovazione e l'agenda digitale costituito per pianificare i futuri investimenti in Italia sulle telecomunicazioni per la banda ultralarga –:
   quali iniziative intenda adottare per favorire l'immediata convocazione di un tavolo di concertazione tra le parti interessate, al fine di arrivare ad una posizione il più possibile condivisa che confermi la strategicità produttiva ed occupazionale del sito produttivo di Trieste, rappresentando questo un'opportunità di sviluppo non solo per Alcatel-Lucent, anche in vista del futuro assorbimento da parte di Nokia Corporation, ma anche per il territorio triestino che ospita uno dei più importanti siti industriali ad alta tecnologia rimasti in Italia. (4-08993)

Apposizione di firme ad una mozione.

  La mozione Carfagna e altri n. 1-00827, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Bergamini, Biancofiore, Castiello, Abrignani, Nizzi, Calabria, Occhiuto.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Paolo Nicolò Romano n. 4-08852, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 412 del 21 aprile 2015.

   PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel programma di iniziativa comunitaria (PIC) interreg III A Italia-Francia (Alpi), denominato ALCOTRA (Alpi latine cooperazione transfrontaliera), per il periodo 2000-2006 è stato presentato uno studio di fattibilità relativo la realizzazione di un traforo sotto il piccolo San Bernardo dal titolo «Analyse des perspectives pour la réalisation d'une liaison permanente entre la Vallée d'Aoste et la Savoie par le Col du Petit – Saint-Bernard», promosso dalla regione autonoma Valle d'Aosta e dal Conseil Général de la Savoie, dipartimento francese della Savoia con sede a Chambéry, con l'obiettivo di accrescere la coscienza dei principali attori istituzionali ed economici, sia nazionali che d'Oltralpe, circa le potenzialità di un collegamento tra la Savoia e la Valle d'Aosta, verificandone quindi la fattibilità e i costi sopportabili per le amministrazioni;
   questo studio italo-francese reso pubblico nel 2007 ha evidenziato come la realizzazione di un collegamento permanente tra la Savoia e la Valle d'Aosta, attraverso un traforo di appena 6/7 chilometri tra i comuni di Séez e Montvalèzan (Francia) e La Thuile (Italia), consentirebbe numerosi benefici non solo per le regioni interessate ma per l'intero sistema viario europeo. Innanzitutto, favorirebbe una più stretta connessione tra i due versanti della frontiera e sinergie per l'integrazione dell'offerta turistica al fine di creare una politica transfrontaliera che valorizzi il comune patrimonio storico culturale e chiaramente paesaggistico essendo quei territori tra i più belli al mondo;
   l'obiettivo principale dell'iniziativa comunitaria Interreg è evitare che i confini nazionali ostacolino lo sviluppo equilibrato e l'integrazione del territorio europeo. A tal fine s'individuano e finanziano progetti di cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale tra operatori pubblici e privati per favorire legami suscettibili di sviluppi futuri anche al di là di quanto previsto dai singoli programmi. Il programma Interreg III A Italia - Francia copre l'intera frontiera alpina tra i due Paesi perseguendo l'obiettivo generale di migliorare la qualità della vita delle popolazioni interessate e lo sviluppo sostenibile dei sistemi economici e territoriali transfrontalieri attraverso la cooperazione in ambito sociale, economico, ambientale e culturale;
   pur essendo uno studio italo-francese, la realizzazione del traforo sotto il piccolo San Bernardo avrebbe apportato alla Valle d'Aosta e alla sua economia, fondata prevalentemente sul turismo, i maggiori benefici. Infatti, l'inadeguatezza infrastrutturale della piccola regione italiana è la causa principale della perdita di significativi flussi turistici – prevalentemente francesi, tedeschi e inglesi – che preferiscono soggiornare nelle Alpi francesi per la facilità di raggiungimento delle loro località sciistiche. Significativi sono i dati turistici relativi allo scorso anno. La Savoia nella stagione invernale 2013-2014 ha registrato 22 milioni di presenze a fronte di appena un milione e mezzo di presenze registrate, nello stesso periodo, in tutta la Valle d'Aosta. Questa enorme disparità è essenzialmente legata all'assenza di infrastrutture adeguate tali da demotivare milioni di turisti a trascorrere le vacanze nella nostra regione alpina. Basta un esempio su tutti: per raggiungere le località sciistiche francesi i turisti europei e non solo possono facilmente andare a Bourg Saint Maurice con i TGV direttamente da Parigi e Londra. Aosta viceversa ha un piccolo aeroporto inutilizzato e la rete viaria è stata pensata esclusivamente per le esigenze di viabilità nazionale. Raggiungere le località valdostane dalla Francia (Savoia) attraverso il colle del piccolo San Bernardo è impossibile d'inverno in quanto il passo per ben 7 mesi rimane chiuso per neve. l'unica alternativa per raggiungere le località valdostane, dalla Francia, nel periodo invernale rimane il traforo del monte bianco (via Chamonix) impiegando non meno di 4 ore di tragitto;
   lo studio italo-francese ha progettato la costruzione di un tratto di galleria, sotto il Piccolo San Bernardo, di appena 5 chilometri tali da consentire di collegare la Savoia e la Valle d'Aosta in appena più di mezz'ora di percorrenza permettendo così di dirottare sul nostro territorio significativi flussi di turismo che altrimenti rimarrebbero bloccati in Francia. Un milione e mezzo di turisti non sono più sufficienti a sostenere gli alti costi per il mantenimento delle strutture alberghiere e ricettive della Valle D'Aosta. Da un calcolo sommario risulta che se appena solo il 5 per cento dei 22 milioni di turisti della Savoia fosse messo in grado di raggiungere con più facilità le località sciistiche valdostane essi sarebbero più che sufficienti a rilanciare l'intera economia turistica non solo della Valle d'Aosta ma di tutto il nord ovest del Paese;
   la Francia si è ampiamente prodigata nella realizzazione di questo progetto, dal costo quantificato in 350 milioni di euro, mentre in Italia si è assistito ad un silenzio assordante da parte dei pubblici poteri. Questo ha compromesso l'avanzamento del progetto in quanto per il suo finanziamento, attraverso il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), è obbligatorio la partnership dei Paesi interessati poiché occorre addivenire ad una convenzione unica designando un capofila per il coordinamento di tutte le operazioni del Programma. Da coloro che maggiormente avrebbero beneficiato di quest'opera, la pars italiana, si è assistito paradossalmente ad un completo disinteresse per tale investimento a danno delle attività turistico ricettive dell'intera Valle d'Aosta;
   il volano della nostra economia è il turismo che vale il 10 per cento del PIL nazionale e impiega oltre due milioni di persone eppure l'Italia perde continuamente punti nel rating internazionale scivolando al quinto posto, dopo Francia, Stati Uniti, Spagna e Cina – appunto per la sua incapacità di attrarre grandi flussi per le note inadeguatezze infrastrutturali che la caratterizza;
   per la realizzazione di un collegamento permanente tra la Valle d'Aosta e Rhone-Alpes a fini turistici è sorto il Comitato per il tunnel del piccolo San Bernardo che, in collaborazione con l'omologo comitato francese, da tempo è impegnato in attività di sensibilizzazione delle autorità politiche nazionali e regionali senza i quali l'intervento sarebbe irrealizzabile. Si fanno molte grandi inutili e costose opere pubbliche come la TAV Torino Lione o il Terzo Valico dei Giovi invisa alla cittadinanza, al punto che ogni giorno aumenta la mobilitazione sociale contro la loro realizzazione, quando invece esistono opere come questa per cui nascono comitati di cittadini per la sua promozione;
   la mancata attenzione per la realizzazione di quest'opera è la dimostrazione di una concezione delle opere pubbliche che non appare finalizzata al benessere e al miglioramento di una comunità e ciò fa riflettere anche alla luce dei recenti casi di cronaca come il caso Mose, Expo, TAV –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto in premessa e se non ritenga opportuno attivarsi nelle sedi opportune, in primis i partner europei, per sostenere un progetto la cui realizzazione rappresenterebbe un'importante occasione di rilancio per l'economia della Valle d'Aosta e dell'intero nord ovest del Paese.
(4-08852)

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Peluffo n. 4-06599 del 27 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05478.