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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 28 aprile 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    il campo profughi di Yarmouk, sobborgo di Damasco di poco più di due chilometri quadrati popolato per la grandissima maggioranza da profughi palestinesi e situato a circa 8 chilometri, dal centro della capitale, risale al 1957 e prima dell'attuale conflitto ospitava poco meno di 115.000 persone;
    il distretto di Yarmouk nel complesso era abitato da circa 500.000 persone, di cui 180.000 palestinesi e il resto turcomanni, circassi e siriani poveri ed è zona di guerra dal 2012, quando si registrarono i primi violenti combattimenti tra i ribelli e le forze governative che videro vari gruppi di palestinesi schierarsi da una parte e dall'altra, soprattutto con il Free Syrian Army e con il gruppo filogovernativo PFLP-GC (Popular Front for the Liberation of Palestine – General Command) associato a Hezbollah;
    tra le fazioni in lotta ben presto emerse il gruppo islamista Al Nusra e le forze di Assad decisero di rinunciare alla riconquista del sobborgo e di isolarlo, cingendolo d'assedio e colpendolo solo con l'artiglieria e attacchi aerei che resero impossibile per mesi entrare o uscire da Yarmouk provocando la morte di stenti di numerosi abitanti;
    successivamente la morsa si è a tratti allentata, consentendo alla maggioranza dei rifugiati di fuggire nei sobborghi vicini e agli aiuti dell'ONU di giungere nel campo profughi, ma, quando le milizie dell'ISIS sono entrate nel campo nel mese di marzo 2015, tramite il confinante quartiere di Hajar Aswad (zona sud) i profughi erano ancora circa 18.000 a Yarmouk;
    l'invasione del campo profughi è avvenuta grazie al fatto che alcuni miliziani palestinesi di gruppi ribelli anti-governativi sono passati all'ISIS per ragioni di convenienza e, comunque, le milizie indicate come ISIS in realtà sono probabilmente le stesse di al-Nusra che in virtù dell'alleanza con il «Califfato» ne hanno adottato il modus operandi;
    l'ISIS e al-Nusra non hanno mai avuto il controllo totale di Yarmouk perché hanno incontrato la resistenza delle milizie palestinesi filo-governative, soprattutto il PFLP-GC, ma hanno occupato ampie zone del campo compiendo efferatezze di ogni genere;
    la risposta delle forze di Assad non si è fatta attendere, ma i bombardamenti hanno colpito anche i profughi e anche l'ultimo ospedale da campo rimasto attivo è stato distrutto;
    gli aiuti dell'ONU non riescono più a raggiungere il campo di Yarmouk e la popolazione è nuovamente in gravi difficoltà e dei 18.000 abitanti del campo profughi (di cui circa 3.500 bambini) solo alcune centinaia sono riuscite a uscire, mentre gli altri sono rimasti bloccati all'interno a causa dei combattimenti;
    l'apertura di un corridoio umanitario, almeno dalla parte del campo controllata dalle forze filo-governative rappresenta, dunque, una priorità assoluta e l'istituzione di un cessate il fuoco è molto difficile da negoziare, ma le forze governative il PFLP-GC potrebbero essere in grado di garantire un minimo di cornice di sicurezza, sufficiente ad avviare l'evacuazione di almeno parte di Yarmouk;
    l'UNRWA (United Nations Relief and Work Agency) attualmente sta sostenendo i profughi fuoriusciti da Yarmouk a partire dall'inizio del conflitto e spostatisi nei vicini sobborghi a est e sud-est del campo (Yalda, Babila e Beit Shamm) e nella periferia a nord-est (Tadamoun) e l'agenzia ONU è ormai l'unica fonte di acqua potabile, cibo e cure mediche per gli sfollati;
    nella sola Yalda l'UNRAWA riesce per ora a fornire ogni giorno 10.000 litri d'acqua potabile e 1.200 casse di pane e a medicare circa 200 pazienti nel punto medico mobile appositamente allestito, ma tali sforzi non sono ancora sufficienti dal momento che nel 2014 l'agenzia è riuscita a distribuire in media purtroppo soltanto 400 calorie per persona al giorno, contro le 2000 necessarie per un adulto e il 16 per cento dei bambini sotto i 5 anni risulta già afflitto da malnutrizione grave;
    l'UNRWA ha emesso una richiesta urgente di fondi con l'obiettivo di raccogliere almeno 30 milioni di dollari necessari a proseguire il sostegno umanitario ai circa 470.000 profughi palestinesi rimasti in Siria, per lo più nella zona di Damasco, altrimenti a partire da giugno 2015 non sarà più possibile mantenere l'attuale livello di fornitura di servizi minimi di sostegno umanitario;
    l'UNRWA ha sottolineato di aver ottenuto solo il 15 per cento dei fondi previsti per il 2015,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per provvedere allo stanziamento di una somma congrua destinata a finanziare la United Nations Relief and Work Agency per permettere alla stessa di proseguire a sostenere i profughi palestinesi rimasti in Siria e a promuovere pressioni diplomatiche di Italia e Unione europea verso il Governo siriano affinché si impegni a collaborare con le agenzie dell'ONU presenti per aprire un corridoio umanitario.
(1-00840) «Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Rostellato, Segoni, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il ruolo educativo della scuola, nell'ambito dell'educazione alimentare, rappresenta un elemento fondamentale del processo di sviluppo delle giovani generazioni, nella consapevolezza che i corretti comportamenti alimentari, costituiscono fonte di salute e benessere per uno stile di vita ispirato ad una sana alimentazione mediterranea;
    a tal fine, le recenti iniziative in ambito comunitario, hanno previsto l'introduzione di programmi destinati a migliorare l'accesso ai prodotti alimentari, con riferimento ai bambini che frequentano scuole materne, istituti d'istruzione primaria o secondaria amministrati o riconosciuti dalle autorità competenti di uno Stato membro;
    il regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013, che istituisce un'organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli, nell'ambito delle misure di applicazione, ha previsto, a tal proposito, una serie di norme di aiuto dell'Unione europea, per la distribuzione ai bambini di ortofrutticoli, anche trasformati, di banane e prodotti derivati, per la fornitura di latte e di prodotti lattiero-caseari, finalizzate a rafforzare il quadro educativo e informativo alimentare nel sistema scolastico, per una corretta alimentazione e migliorare le abitudini degli adolescenti;
    interventi normativi supplementari, di modifica al suesposto regolamento (UE) n. 1308 del 2013 hanno stabilito, inoltre, nuove misure intese a riunire in un quadro comune, due distinti programmi per le scuole: «Frutta nelle scuole» e «Latte nelle scuole», con l'obiettivo di affrontare con maggiore decisione, il problema della cattiva alimentazione, rafforzare la dimensione educativa dei programmi e contribuire alla lotta contro l'obesità;
    secondo il commissario europeo per l'agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Ciolos, attraverso i cambiamenti preposti all'interno della nuova proposta di Regolamento (COM(2014)0032) con il nuovo regime di aiuti (che funzionerà nell'ambito di un quadro giuridico e finanziario comune), si permetterà di migliorare e semplificare i requisiti amministrativi dei due programmi esistenti, riducendo gli oneri, in termini di gestione e organizzazione, per le autorità nazionali, le scuole e i fornitori, ma si potrà anche aumentare l'efficacia del programma comunitario;
    al riguardo, nel rinnovato quadro normativo e nelle prospettive che la Commissione europea descrive in materia di educazione alimentare per l'infanzia e l'età adolescenziale, l'alimentazione assume così primaria importanza, in quanto da tempo si sono evidenziati segnali di aumento di numerose patologie legate agli stili di vita a cui si è unito il ruolo fondamentale svolto dall'attività fisica e dalla corretta nutrizione per la protezione della salute (anche con riferimento ai casi di sovrappeso ed obesità); indicatori che rappresentano a tal fine, un filo conduttore fondamentale all'interno dei contesti scolastici;
    le numerose iniziative attivate negli ultimi anni, sia a livello nazionale che continentale, confermano pertanto l'interesse delle istituzioni in proposito e le azioni trasversali nell'ambito scolastico (di ogni ordine e grado), con richiami ed integrazioni alla conoscenza del cibo, dei consumi alimentari, della funzione degli alimenti e degli aspetti culturali, sanitari ed economici dell'alimentazione, hanno una rilevanza didattico-educativa indubbiamente importante all'interno delle decisioni intraprese degli Stati membri;
    ciononostante il problema dell'obesità infantile, che s'inserisce in un andamento generalizzato in tutto l'Occidente, tanto più grave se considerato alla luce del grandissimo numero di bambini che, all'inverso, soffrono per insufficienza di cibo, rappresenta un fenomeno tuttora complesso e articolato, che coinvolge direttamente il nostro Paese, ai primi posti in Europa in termini di maggiore diffusione;
    gli interventi adottati in sede europea, attraverso i suesposti programmi di sostegno, finalizzati a instaurare un filo diretto tra aziende agricole e scuole (attraverso misure educative destinate a sensibilizzare i bambini sull'importanza di abitudini alimentari corrette e sulla gamma di prodotti agricoli disponibili, nonché sugli aspetti riguardanti la sostenibilità, l'ambiente e i rifiuti alimentari, affiancati alle iniziative di promozione dei singoli Paesi membri), se da un lato, rappresentano segnali incoraggianti, dall'altro ribadiscono la necessità di perseguire iniziative più rigorose per contrastare il fenomeno dell'obesità, specie quella infantile;
    al riguardo, le attività promozionali sostenute dall'Italia, nell'ultimo periodo, come ad esempio il programma «Frutta nelle scuole», e risulta indubbiamente datato (essendo basato su disposizioni introdotte con i regolamenti (CE) n. 1234 del 2007 e n. 288 del 2009), finalizzate ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e attuare iniziative che sopportino più corrette abitudini alimentari e una nutrizione maggiormente equilibrata, non sembrano aver conseguito risultati positivi ed utili, in grado di invertire un trend che permane fortemente negativo, come dimostrano gli ultimi dati forniti dal Ministero della salute (che confermano come l'Italia rimanga ai primi posti in Europa per obesità con il 20,9 per cento di bambini in sovrappeso e il 9,8 per cento obeso);
    il programma di educazione sperimentale nelle scuole, annunciato nel marzo dello scorso anno dal Governo Renzi (che avrebbe dovuto coinvolgere tutte le scuole d'Italia a partire dall'anno scolastico in corso, ma che in realtà non sembra aver conseguito particolare successo), in occasione dell'evento universale dell'EXPO 2015, che partirà il prossimo 1o maggio, se da un lato rappresenta un'iniziativa di sensibilizzazione condivisibile sul tema del cibo sano e sostenibile per i giovani, dall'altro, se non adeguatamente sostenuto, anche attraverso interventi finanziari, rischia di non determinare alcun effetto positivo, in termini di conoscenza e divulgazione e di una corretta educazione alimentare nelle scuole;
    la necessità d'intervenire in maniera più efficace, per migliorare il quadro di salute delle giovani generazioni, attraverso una serie di linee guida in materia di educazione alimentare nelle scuole, risulta a tal fine non più rinviabile, se si valutano il preoccupante aumento della diffusione di sovrappeso e obesità e le future implicazioni socio-sanitarie legate al prevedibile incremento delle malattie cronico-degenerative connesse a questi stati;
    in tale ambito, occorre perseguire all'interno del sistema scolastico nazionale la promozione della cultura alimentare, legata alla dieta mediterranea, riconosciuta come modello virtuoso di salute e patrimonio dell'umanità da parte dell'Unesco dal 2010, rafforzandone il valore, attraverso un approccio sistemico attento sia ai prodotti (incentivando la ricchezza della biodiversità del territorio italiano e la filiera corta, in particolare i prodotti biologici), che alle relazioni tra i soggetti che ad essi li legano;
    con riferimento ai programmi finalizzati a migliorare l'accesso dei prodotti alimentari nelle scuole (siano essi ortofrutticoli o di altro genere), l'incremento della diffusione dei prodotti a «chilometro zero» (provenienti da filiera corta in grado di garantire un limitato apporto di emissioni inquinanti legate alla fase di movimentazione dei prodotti agricoli ed agroalimentari e che mirano a consentirne l'individuazione) rappresenta una misura idonea ed efficace, capace di migliorare la qualità nutrizionale dell'offerta alimentare proposta all'interno della ristorazione scolastica;
    l'imminente avvio dell'EXPO 2015 (che porrà al centro dell'attenzione mondiale sul tema: «Nutrire il pianeta, energia per la vita»), darà rilevanza al tema del cibo e dell'alimentazione delle future generazioni, offrendo un'occasione imperdibile per dare centralità ai temi dell'educazione alimentare, sui quali occorrerà accrescere i livelli di attenzione e l'azione del Governo, con argomenti di richiamo e di integrazione nel sistema scolastico italiano che risultano in forte ritardo,

impegna il Governo:

   ad intervenire in sede comunitaria, al fine di una revisione complessiva di un metodo decisionale indirizzato in via principale alla promozione e distribuzione dei prodotti agricoli, potenziando invece la dimensione educativa dei programmi fra cui quello «frutta e latte» nelle scuole, in precedenza richiamato, il cui processo comunicativo volto a migliorare le abitudini alimentari risulta in forte ritardo;
   ad attivarsi in ambito europeo, affinché si eviti il rinvio dei lavori del regolamento (COM(2014)0032), relativo al finanziamento del regime di aiuti per la distribuzione di ortofrutticoli e latte negli istituti scolastici;
   ad assumere iniziative in sede di Unione europea affinché si preveda attraverso specifici negoziati, che, all'interno della suddetta proposta di regolamento, siano stabilite specifiche misure in favore delle giovani generazioni, finalizzate a rafforzare il quadro complessivo dell'educazione alimentare all'interno del sistema scolastico, con specifico riferimento ai seguenti obiettivi:
    a) potenziare la dotazione finanziaria annuale destinata agli Stati membri, attribuendo ad essi una percentuale pari al 30 per cento;
    b) aumentare la gamma dei prodotti agroalimentari ammissibili, all'interno delle scuole, riconoscendo una particolare attenzione a quelli facenti parte della dieta mediterranea, che rappresenta un patrimonio culturale condiviso dell'umanità, ed una componente importante di identità culturale, d'innovazione e sviluppo economico sostenibile ed un elemento riconosciuto di prevenzione delle malattie cardiovascolari;
    c) concedere una specifica valenza qualitativa e distintiva alle produzioni agricole e agroalimentari, a partire da quelle di qualità certificata e biologiche e dagli alimenti a «chilometro zero» provenienti da filiera corta, le cui caratteristiche, in termini di qualità nutrizionali, di sicurezza, di eticità e di ecocompatibilità, possono determinare effetti positivi e virtuosi, all'interno del quadro delle misure volte a tutelare la salute delle giovani generazioni;
    d) incrementare l'attività conoscitiva e le linee guida dei metodi educativi alimentari che s'intendono introdurre all'interno delle realtà scolastiche, attraverso un'attività sinergica e di collaborazione, oltre che con le istituzioni nazionali e regionali, anche con il sistema delle imprese agroalimentari, direttamente interessate dalla distribuzione dei prodotti dell'intera gamma agroalimentare, e quello universitario e della ricerca;
    e) includere i prodotti agricoli e agroalimentari relativi alle misure in precedenza indicate tra quelli beneficiari di pagamenti nazionali ad integrazione dell'aiuto unionale di cui all'articolo 217 del regolamento (UE) 1308/2013;
    f) aumentare la diffusione del modello agroalimentare attraverso la presenza dei prodotti del made in Italy, il cui valore qualitativo e nutrizionale universalmente riconosciuto, è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare all'interno delle scuole e ridurre le patologie legate al sovrappeso e all'obesità;
    g) valutare l'opportunità di assumere iniziative normative in materia di educazione alimentare per promuovere l'educazione alimentare nella scuola italiana, nella ricerca di orientamenti innovativi in materia, con specifica attenzione agli aspetti metodologici, considerando le rilevazioni ed i suggerimenti provenienti dal contesto sanitario.
(1-00841) «Faenzi, Centemero, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo, Russo, Palese, Ciracì, Marti, Distaso, Fucci».

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la sezione IX del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, reca misure per la nascita e lo sviluppo di imprese start-up innovative;
    al 1o ottobre 2014, in Italia, si contano 2.655 start-up innovative e 31 incubatori certificati; il tasso di crescita di questo sistema, pari a circa 30 unità per settimana per quanto concerne le start-up innovative, è tra i pochi a risultare positivo;
    il Ministero dell'economia e delle finanze e la Consob hanno già provveduto, rispettivamente con decreto ministeriale del 30 gennaio 2014 e con delibera n. 18592 del 12 luglio 2013 – «Regolamento sulla raccolta di capitali di rischio da parte di start-up innovative tramite portali online» –, a dare attuazione alle disposizioni dell'articolo 30 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, in materia di equity crowdfunding;
    l'Italia è stato il primo Paese a dotarsi di una normativa specifica sul fenomeno del crowdfunding;
    l'esigenza di delineare una cornice giuridica al fenomeno è avvertita anche a livello europeo; al riguardo, la Commissione europea ha di recente promosso una pubblica consultazione con lo scopo di esplorare le modalità in cui l'azione europea può promuovere il crowdfunding in Europa (riconoscendo dunque il crowdfunding come uno strumento di finanziamento fondamentale per l'economia reale nonché di rafforzamento del tessuto imprenditoriale europeo). Nel documento di consultazione dello scorso 3 ottobre 2013, la Commissione europea ha segnalato, quali possibili aree di una eventuale regolamentazione, i seguenti principali punti critici: (i) i rischi di frode a danno degli investitori al momento dell'investi- mento, (ii) la mancanza di un mercato secondario per i titoli offerti mediante operazioni di equity crowdfunding, oltre alla potenziale diluizione dell'investimento a seguito di ulteriori operazioni e a difficoltà nell'esercizio dei diritti amministrativi connessi alla partecipazione acquisita, (iii) dal lato dell'impresa, i problemi connessi alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale che vengono di fatto messi a conoscenza di una vasta e indistinta platea di investitori, (iv) infine, possibili aspetti connessi alle norme antiriciclaggio;
    in un successivo intervento, è stato altresì rilevato che un'eventuale regolamentazione a livello armonizzato dovrebbe: mantenere snello e veloce il processo di raccolta del capitale, comportare costi molto contenuti riguardo all'aspetto informativo e promozionale dell'operazione, consentire un accesso ampio al canale di raccolta online senza porre limiti di natura soggettiva riguardanti investitori e imprese né soglie di importo minimo investito o di importo massimo oggetto di raccolta;
    il Regolamento Consob disciplina alcuni importanti aspetti legati alla raccolta di capitali di rischio da parte delle start-up innovative tramite portali Internet nonché definisce i doveri e i requisiti che devono essere rispettati dai gestori dei portali;
    precisamente, riprendendo le disposizioni previste nel decreto «sviluppo-bis» (articolo 25 e seguenti decreto-legge n. 179 del 2012) il regolamento limita l'accessibilità di questo strumento di finanziamento alle sole start-up innovative (ovvero quelle start-up che hanno per oggetto sociale lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico), iscritte nell'apposita sezione del registro delle imprese;
    prevede altresì che il crowdfunding debba essere realizzato tramite apposite piattaforme on line che possono essere: a) piattaforme web ordinarie; b) piattaforme web gestite da banche e società di investimento;
    le piattaforme web ordinarie sono soggette ad un obbligo di registrazione nell'apposito registro tenuto dalla CONSOB nonché al rispetto di una serie di requisiti di onorabilità e professionalità. Le piattaforme web gestite da banche e società di investimento, invece, devono essere semplicemente annotate in una sezione speciale del registro, in quanto già autorizzate a svolgere in via ordinaria attività di sollecitazione di pubblico risparmio. Le piattaforme web ordinarie possono gestire in autonomia operazioni di crowdfunding solamente per investimenti di importo limitato (articolo 17, comma 4, del regolamento Consob). In particolare, se l'investitore è una persona fisica l'importo massimo dell'investimento è fissato in 500 euro per singola operazione, con un limite annuale massimo di 1.000,00 euro. Se invece l'investitore è una persona giuridica, l'importo massimo dell'investimento è di 1.000,00 euro per singola operazione, con un limite annuale massimo di euro 10.000,00. Inoltre, è previsto un divieto di detenere denaro o strumenti finanziari di terzi da parte dei gestori di piattaforme web ordinari (articolo 30, comma 4, decreto-legge n. 179 del 2012): a tal fine, dunque, diventa necessario l'intervento di banche e intermediari finanziari per l'apertura di apposito conto a nome della società che propone l'investimento, con un vincolo d'indisponibilità della provvista sino a conclusione del crowdfunding;
    per le operazioni che superano i detti limiti, le piattaforme web ordinarie devono invece collaborare con banche o società di investimento, che cureranno la parte esecutiva dell'investimento, applicando le procedure MIFID, valutando il profilo di rischio dell'investitore, curando l'incasso e le procedure previste dalla normativa antiriciclaggio;
    viceversa, banche o società di investimento possono gestire in piena autonomia gli investimenti, dotandosi di apposite infrastrutture web;
    infine, l'articolo 24, comma 2, del Regolamento, prevede che una quota dell'aumento di capitale da sottoscrivere via internet è riservata agli investitori professionali, alle fondazioni bancarie o agli incubatori certificati. Si tratta del 5 per cento degli strumenti finanziari offerti al pubblico. La norma introduce, dunque, una condizione dal cui avveramento dipende l'efficacia del crowdfunding fino a quando non si ha la certezza che la quota di riserva del 5 per cento è stata raggiunta, l'operazione di crowdfunding non può dirsi perfezionata, i sottoscrittori non assumono la qualifica di azionisti, il denaro raccolto non può essere utilizzato dalla società target;
    il crowdfunding rappresenta un'importante fonte di finanziamento per milioni di progetti che altrimenti non riceverebbero mai i fondi per essere realizzati; esso rappresenta, dunque, un valido strumento di finanziamento dell'economia reale alternativo alle tradizionali fonti di finanziamento. Attraverso il crowdfunding, in Europa sono stati raccolti fondi per oltre un miliardo di euro. In Italia, il valore complessivo dei progetti finanziati attraverso le piattaforme supera ad oggi i 30 milioni di euro;
    le cifre raggiunte nel nostro Paese mostrano tutte le potenzialità del crowdfunding. Tuttavia, se confrontate con i risultanti raggiunti a livello mondiale (ove sono stati raccolti oltre 5 miliardi di dollari solo nel 2013), dimostrano come il crowdfunding interno sia ancora in uno stato embrionale;
    la causa principale va forse ricercata nella scarsa cultura sul fenomeno presente nel nostro Paese e nell'inadeguatezza dell'informazione. Ma anche negli stringenti limiti e vincoli previsti dalla normativa vigente in materia, che di fatto ostacolano il pieno sviluppo del fenomeno: si pensi ai valori massimi degli investimenti previsti per le piattaforme web ordinarie (soli 500 e 1.000 euro); alla quota di riserva del 5 per cento in favore di banche ed investitori qualificati, che potrebbe non perfezionare la procedura; all'applicazione dell'istituto alle sole start-up innovative, con l'esclusione di milioni di imprese con progetti altrettanto interessanti ed appetibili;
    sarebbe auspicabile, dunque, l'adozione di misure normative volte da un lato a sensibilizzare la collettività in merito alle opportunità del crowdfunding; dall'altro, dirette ad agevolare l'accesso al crowdfunding, ampliando la platea degli investitori e dei soggetti finanziati e riducendo al contempo i rischi degli investimenti,

impegna il Governo:

   a potenziare l'autonomia gestionale delle piattaforme web ordinarie elevando i limiti attualmente previsti per gli investimenti di persone fisiche e giuridiche in particolare:
    a) per gli investitori persona fisica, ad assumere iniziative per elevare il limite per singolo ordine a cinquemila euro ed il limite annuale di ordini a diecimila euro;
    b) per gli investitori persona giuridica, ad assumere iniziative per elevare il limite per singolo ordine a cinquantamila euro ed il limite annuale di ordini a centomila euro;
   ad assumere iniziative per ampliare la platea dei soggetti beneficiari della normativa permettendo l'accesso ai portali anche alle start-up operanti in settori più tradizionali ma non meno strategici per lo sviluppo imprenditoriale del nostro Paese e, a regime, a tutte le piccole e medie imprese;
   ad assumere iniziative per eliminare, anche a seguito delle direttive europee sullo snellimento dei processi, l'obbligo che prevede che almeno il 5 per cento dell'offerta venga sottoscritto da investitori professionali, rimuovendo una condizione in pieno contrasto con lo spirito liberale e alternativo del crowdfunding, nato proprio per superare la complessità dei tradizionali strumenti finanziari;
   a potenziare le campagne mediatiche in tema di crowdfunding, evidenziandone gli effetti positivi in tema di finanziamenti alle imprese e d'impatto sull'economia reale.
(7-00668) «Villarosa, Cancelleri, Alberti».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    in data 15 aprile 2015, la multinazionale finlandese Nokia, produttrice di apparecchiature per telecomunicazioni, ha annunciato di aver acquisito, per 15,6 miliardi di euro, l'azienda franco-americana Alcatel-Lucent. L'operazione è stata strutturata per far nascere un gruppo in grado di competere, nei settori delle infrastrutture di rete, delle centraline e delle antenne per le comunicazioni cellulari a livello mondiale, con il colosso cinese Huawei e con quello svedese Ericsson;
    in Italia, l'azienda ha la sua sede principale a Vimercate (MB), dove sono ospitati gli headquarter e i principali laboratori relativi agli apparati di trasmissione radio a microonde, e altri centri di ricerca e sviluppo a Battipaglia (SA) e Rieti, mentre a Trieste è attivo uno stabilimento di produzione;
    già da tempo, la direzione generale sta discutendo del futuro di 43 addetti di Vimercate, attualmente in cassa integrazione, che a maggio 2015 rischierebbero il licenziamento, e della possibile esternalizzazione dello stabilimento di Trieste, che occupa circa 400 addetti;
    con lettera del 16 marzo 2015, le segreterie nazionali di FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM-UIL, hanno richiesto ai componenti della XI Commissione lavoro pubblico e privato della Camera dei Deputati, un'audizione urgente sulle problematiche occupazionali dei lavoratori dell'azienda Alcatel-Lucent;
    in data 27 marzo 2015, con protocollo 2015/0000688/COM, l'Ufficio di presidenza della XI Commissione Lavoro Pubblico e Privato della Camera dei Deputati, integrato dai rappresentanti dei gruppi, dichiarava di avere convenuto, nella riunione tenutasi in data 26 marzo 2015, sull'opportunità di procedere ad un'audizione informale di rappresentanti dei sindacati FIM-CISL, FIOM-CGIL e UILM-UIL, da loro richiesta, sulla situazione occupazionale e sulle problematiche lavorative concernenti il personale dell'azienda in considerazione;
    in data 1o aprile 2015, tale audizione si è tenuta in presenza dei rappresentanti dei sopracitati sindacati, che hanno messo in luce le problematiche occupazionali e di delocalizzazione dei siti di Vimercate e Trieste,

impegna il Governo

a promuovere immediatamente un tavolo di confronto a livello governativo sulla questione Alcatel-Lucent con le parti sociali, rendendo tempestiva informazione alle competenti Commissioni parlamentari, al fine di promuovere azioni volte ad elaborare un piano di intervento che preveda la salvaguardia degli attuali livelli occupazionali e di esclusione di messa in mobilità dei lavoratori degli stabilimenti di Vimercate e Trieste.
(7-00669) «Tripiedi, Placido, Cominardi, Ciprini, Dall'Osso, Lombardi».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, per sapere – premesso che:
   Expo 2015 è una grande occasione per Milano e per il sistema Italia e un momento di incontro prezioso con le comunità di tutto il mondo;
   l'Italia, da sempre Paese che fa del cibo una sua eccellenza, ha la possibilità, insieme alla comunità internazionale, di produrre una seria riflessione riguardo al tema scelto per l'esposizione universale: «Nutrire il pianeta. Energie per la vita», con l'obiettivo di produrre politiche internazionali condivise, in particolare per quel che riguarda il diritto ad una nutrizione adeguata per ogni individuo;
  la Carta di Milano, il documento che dovrà essere la vera eredità di Expo, promosso dalle istituzioni italiane, incentrato sul riconoscimento globale del diritto al cibo, sarà ufficialmente presentata il 28 aprile;
   il Commissario Unico Delegato del Governo per Expo Milano 2015 e Amministratore Delegato di Expo 2015 S.p.A. Giuseppe Sala, ha annunciato che sono stati già venduti più di 8 milioni di biglietti;
   secondo le stime fornite dall'ufficio studi di Confcommercio si prevedono, con riferimento ad Expo 2015, come valutazione di minima, almeno 8 milioni di arrivi dall'estero e 29 milioni di notti nelle strutture ricettive. Una maggiore presenza turistica che dovrebbe tradursi in 2,5 miliardi di euro di consumi «straordinari», che tradotti in percentuali sul Pil equivalgono ad un apporto positivo dello 0,3 per cento, equivalente al 25 per cento della crescita complessiva prevista;
   la Società Expo 2015 S.p.A., a chiarimento delle notizie apparse in questi ultimi giorni sul tema del lavoro giovanile, precisa che le assunzioni di giovani con incarichi temporanei sono: 406 apprendisti, con un'età media di 26 anni e con una retribuzione netta mensile pari a circa 1.300 euro; 247 Team Leader, con un'età media di 36 anni e con una retribuzione netta mensile di circa 1.700 euro; 82 Stagisti con un rimborso mensile, come da accordo sindacale, di 500 euro;
   il comune di Milano, oltre a produrre uno sforzo straordinario che ha riguardato le infrastrutture in città, la capacità ricettiva ed una implementazione dei servizi dedicati ai visitatori, ha ideato Expo in città, un progetto voluto fortemente in collaborazione con la Camera di Commercio di Milano con il convinto sostegno di Expo Milano 2015, con l'obiettivo di dare la possibilità a tutti gli operatori interessati a organizzare eventi di essere accolti in un palinsesto prima, durante e dopo l'esposizione universale, permettendo a turisti, cittadini e city user di identificare, in maniera immediata, appuntamenti ed eventi culturali, commerciali e turistici che prenderanno vita in occasione di Expo 2015;
   i Governi Letta e Renzi hanno dimostrato nei fatti un forte sostegno, economico e politico, affinché il nostro Paese arrivasse pronto a questo fondamentale appuntamento;
   il Governo, tramite il Ministro per le politiche agricole Maurizio Martina, delegato all'Expo, ha garantito la disponibilità per ragionare insieme agli altri soggetti coinvolti per individuare un progetto riconoscibile in Europa e nel mondo riguardo il destino dei terreni in cui sorgerà Expo 2015 dopo l'Esposizione universale, richiedendo di rivedere l'attuale meccanismo di governance, con la convocazione di un tavolo al quale siederanno Regione, Comune, i rappresentanti della società Arexpo, che oltre alle due istituzioni comprende la Fondazione Fiera e il Comune di Rho, i vertici della società Expo, oltre ad invitare l'Università degli Studi e Assolombarda, che nelle scorse settimane hanno lanciato una proposta per l'uso dell'area, Cassa Depositi e Prestiti e l'Agenzia del Demanio, che, potenzialmente, potrebbero in sinergia garantire una soluzione al problema della copertura economica degli interventi;
   il 27 marzo 2014 Raffaele Cantone è stato nominato dal Governo italiano Presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), potenziando l'ente già attivo dal 2013, anche a fronte delle inchieste riguardanti Expo 2015;
   nel quadro di illegalità descritto dalle numerose inchieste, in cui si delinea una pericolosa contiguità fra affaristi, settori tecnici e politici, in data 21 aprile 2015 si è svolto l'ultimo Consiglio di Amministrazione della Società Expo 2015 S.p.A. prima dell'inaugurazione del grande evento ospitato dalla città di Milano, in cui Regione Lombardia, con Decreto del Presidente, ha indicato come membro del CDA l'Avvocato Domenico Aiello, in sostituzione del Consigliere Fabio Marazzi;
   l'Avvocato del Presidente di Regione Lombardia, nel procedimento a suo carico, per presunte pressioni, con lo scopo di ottenere due contratti di collaborazione, uno con Expo e l'altro con Eupolis, a due sue ex collaboratrici, è Domenico Aiello, già avvocato della Lega Nord, che in qualità di difensore del Presidente Roberto Maroni, ha richiesto alla società Expo 2015 S.p.A. documenti utili a scagionare dalle accuse il suo cliente –:
   quale sia lo stato effettivo di avanzamento dei lavori riguardante l'intera struttura di Expo 2015;
   quale tipo di azioni mirate siano previste, durante lo svolgimento dell'Esposizione, per garantire il rispetto della legalità, relativamente ai contratti di lavoro ed alla conformità delle strutture con riferimento alla normativa vigente, e la sicurezza dei visitatori;
   quale sia l'intenzione del Governo riguardo ad un suo possibile ingresso nella società che gestisce i terreni dell'Area in cui sorgono le strutture relative ad Expo 2015;
   quali iniziative di competenza intenda assumere il Governo, anche alla luce delle circostanze appena esposte, per garantire il corretto svolgimento della manifestazione Expo 2015 e la regolare funzionalità degli organi deputati alla sua gestione e controllo.
(2-00949) «Laforgia, Peluffo, Giuseppe Guerini, Cinzia Maria Fontana».


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   desta sconcerto quanto contenuto nella nuova proposta di intesa tra regione e Governo relativa al settore trasfusionale, che sembrerebbe confermare l'intenzione di ridurre i rimborsi relativi alla mobilità extraregionale di sangue ed emocomponenti ed ai contributi previsti dalla legge n. 219 del 2005 per le associazioni e federazioni di volontariato del sangue;
   si tratta di tagli previsti per un settore che rappresenta oltre 1.700.000 donatori di sangue italiani, impegnati nello svolgimento di importanti compiti di promozione della donazione, di chiamata del donatore e di raccolta di sangue ed emocomponenti, e che inoltre orienta i cittadini verso stili di vita sani e positivi;
   i paventati tagli metterebbero a rischio – come già espresso con determinazione negli ultimi anni dal Civis (Coordinamento interassociativo volontari italiani del sangue) – gli sforzi volti ad assicurare in quantità, qualità e sicurezza le necessità di sangue e dei suoi derivati per tutti i cittadini bisognosi di terapia trasfusionale, vanificando un patrimonio che, inoltre, rappresenta un notevole risparmio per la sanità pubblica;
   si tratta, a parere degli interpellanti, di un risparmio che non può essere trascurato e, tantomeno, vanificato, con ciò ostacolando il funzionamento delle sedi associative e mettendo in crisi il sistema trasfusionale nazionale –:
   se sia vero quanto descritto in premessa e quali urgenti iniziative intendano adottare per impedire l'applicazione dei tagli lineari, paventati e sopracitati, che arrecherebbero seri danni ad un settore che ha dato prova negli anni, non solo di generare importanti risparmi di spesa per la sanità pubblica, ma di orientare i cittadini verso stili di vita sani e positivi.
(2-00950) «Galgano, Mazziotti Di Celso».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FIORIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nonostante l'Unione europea disponga che siano le singole nazioni a definire le loro politiche nazionali in materia di alcol, la Commissione dell'Unione europee ha istituito il Comitato per le politiche e le azioni nazionali in materia di alcol (Cnapa), nel novembre 2007, per incoraggiare la cooperazione e il coordinamento tra gli Stati membri e le istituzioni comunitarie;
   si è svolto a Riga in Lettonia il 20 ed il 21 aprile scorso il Consiglio informale dei Ministri della salute dell'Unione europea. Una apposita sessione è stata dedicata alla discussione degli sviluppi della politica comunitaria sull'abuso di alcol, considerato il terzo maggiore fattore di rischio di mortalità in Europa;
   nel corso dell'incontro di Riga è stato discusso il documento del Cnapa che individua alcune linee strategiche sulle bevande alcoliche; tale documento prevede in sintesi anche misure restrittive sulla vendita intracomunitaria del vino, imposizione di un prezzo minimo del prodotto e la riduzione del contenuto di alcol nelle bevande;
   alcune associazioni di categoria, pur condividendo la necessità di promuovere azioni mirate per contrastare l'alcolismo, hanno sollevato forti perplessità sul documento del Cnapa. Tra le critiche al testo:
    a) le proposte del Cnapa non tengono conto delle attuali politiche di contrasto all'abuso di alcol, portate avanti dai singoli Stati, e che stanno dando risultati significativi;
    b) le proposte del Cnapa sono incompatibili con la legislazione europea, le, indicazioni della Pac e con i regolamenti dell'Ocm (Organizzazione comune di mercato);
    c) le proposte Cnapa non riconoscono il prodotto vitivinicolo come risorsa indifferibile di economia, occupazione, tradizione e qualità, le cui caratteristiche organolettiche sono soggette ai differenti disciplinari di appartenenza e quindi non soggette ad imposizioni universali;
    d) le proposte Cnapa non prendono in considerazione che le misure comunitarie di sostegno al settore sono tese a rafforzare la filiera europea e non possono quindi essere considerati strumenti per ridurre gli abusi nel consumo di alcool;
    e) le proposte Cnapa minano i fondamentali obiettivi dei trattati europei tesi a incrementare il mercato interno del vino;
   va poi aggiunto, in questo contesto, che numerosi studi scientifici hanno da sempre ribadito la funzione terapeutica del vino (tra cui antiossidante, antinfiammatorio e regolatore della pressione arteriosa), qualora venga assunto in determinate quantità;
   risulta quindi evidente che non sia il vino ad indurre l'abuso di alcolismo ma le cattive pratiche sulla errata fruizione delle bevande alcoliche;
   il vino, come accennato, rappresenta un mercato italiano e comunitario di notevole valore in termini economici ed occupazionali; un settore che non è uscito indenne dalla recessione: soltanto nel nostro paese il consumo, secondo recenti indagini, ha toccato il minimo storico dall'Unità d'Italia, registrando un calo del 19 per cento dall'inizio della crisi del 2008 ad oggi –:
   cosa sia emerso dalla riunione citata in premessa che si è svolta a Riga rispetto agli indirizzi comunitari sulle politiche di contrasto all'abuso di alcol;
   quale sia stato il giudizio del consiglio informale dei Ministri della salute dell'Unione europea rispetto ai contenuti del suddetto documento del Cnapa;
   se i ministri interrogati non ritengano conseguentemente necessario prendere posizioni ufficiali rispetto ai contenuti del suddetto documento del Cnapa per ribadire la necessità di attuare politiche efficaci di contrasto all'abuso di alcol che non penalizzino l'intero comparto, non restringano le norme comunitarie sull'attuale mercato del vino e che non limitino la sovranità nazionale su tale questione.
(5-05455)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, AGOSTINELLI, PETRAROLI, SCAGLIUSI, DE LORENZIS e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   la legge 22 giugno 1988, n. 221, ha esteso, a decorrere dal 1o gennaio 1988, al personale dirigente e qualifiche equiparate delle cancellerie e segreterie, giudiziarie, e al personale delle qualifiche funzionali dei ruoli di detti uffici, l'indennità che l'articolo 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, aveva istituito per i soli magistrati ordinari;
   il fondamento logico giuridico di tale estensione è stato individuato – come affermato in più occasioni dalla giurisprudenza amministrativa – nei gravosi oneri incombenti sul personale addetto allo svolgimento delle relative attività;
   la legge 24 dicembre 1993 n. 537 (all'articolo 3, comma 60) è poi intervenuta a fornire un'interpretazione autentica della predetta legge n. 221 del 1988 e della legge n. 51 del 1989, giungendo ad affermare che tali disposizioni si interpretano nel senso che debbano essere applicate «al personale in esse espressamente previsto, purché in servizio presso le amministrazioni contemplate dalle norme stesse»;
   l'indennità giudiziaria di cui alla legge 221 del 1988 è stata poi sostituita dall'indennità amministrativa di cui al CCNL ministeriali;
   con riferimento al riconoscimento dell'indennità in questione, anche al personale dipendente di enti diversi dal Ministero della giustizia distaccato o comunque comandato presso le l'amministrazione giudiziaria, gli interroganti hanno appreso che gli orientamenti cui è pervenuta la giurisprudenza amministrativa sono contrastanti;
   da un lato, la predetta indennità è stata ritenuta diretta non a compensare le prestazioni dei dipendenti nella struttura dell'organizzazione giudiziaria, ma solo ad indennizzare il personale amministrativo delle cancellerie e segreterie giudiziarie per i compiti intensi e delicati svolti presso tali specifici uffici; è stato allora ritenuto che l'indennità competerebbe al personale indipendentemente dall'appartenenza ai ruoli dell'amministrazione giudiziaria, purché lo stesso garantisca, in concreto, i compiti assegnati a detti uffici (Cons. St. IV, n. 6162 del 20 novembre 2000; n. 3284 del 14 giugno 2002), e, quindi, anche al personale comandato, distaccato, o comunque fuori ruolo, purché effettivamente addetto ai servizi amministrativi (Cons. St, Sez. IV, n. 705 del 10 luglio 1997; n. 417 del 1o aprile 1996);
   dall'altro lato, altre pronunce sono giunte ad affermare che il presupposto per la corretta corresponsione dell'indennità sarebbe individuabile nell'appartenenza ai ruoli organici della giurisdizione con la conseguenza che la sua spettanza non potrà essere riconosciuta al personale che non ne faccia parte formalmente (C.d.S., Sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4978);
   gli interroganti ritengono che siffatti contrasti interpretativi, seppur legittimi nell'ambito della attività ermeneutica della magistratura, necessitino di un intervento chiarificatore da parte del Governo e del Ministro della giustizia;
   ciò in quanto potrebbero venirsi a creare, come in effetti si sono venute a creare, illegittime disparità di trattamento tra i dipendenti;
   dal punto di vista giuridico, gli interroganti ritengono maggiormente corretta un'interpretazione tesa a privilegiare il rapporto funzionale rispetto a quello formale di dipendenza organica dei dipendenti: ciò in quanto l'indennità giudiziaria risulta legata non alla posizione di status del dipendente, bensì alla circostanza che questi presti servizio presso gli uffici giudiziari;
   sebbene, probabilmente, il sistema delle indennità particolari nel pubblico impiego ed i premi incentivanti, in particolare per il personale dirigenziale, necessitino, di un intervento di razionalizzazione, gli interroganti ritengono, allo stato attuale, che non siano giuste disparità di trattamento tra i dipendenti che, appartenenti al ruolo ministeriale o distaccati presso l'amministrazione della giustizia, svolgono comunque le stesse identiche funzioni e mansioni –:
   se siano a conoscenza della problematica di cui in premessa;
   quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di superare le disparità di trattamento, menzionate in premessa, tra i dipendenti dell'amministrazione giudiziaria ed i dipendenti distaccati o comandati da altri enti presso le stesse amministrazioni. (4-08957)


   CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 aprile 2015, a due giorni dalla condanna da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, che ha definito i drammatici fatti di Genova nella scuola Diaz come tortura, una dura polemica nasceva intorno alle parole pubblicate dal poliziotto Fabio Tortosa sul suo profilo Facebook: «Io sono uno degli 80 del VII Nucleo. Io ero quella notte alla Diaz. Io ci rientrerei mille e mille volte»;
   tali dichiarazioni scatenavano, fin da subito, un vero e proprio «linciaggio mediatico» tanto da indurre l'interessamento persino del Ministro dell'interno che, intervenendo sull'accaduto, annunciava che il fatto sarebbe stato punito con la massima severità;
   ma v’è di peggio, perché anche il dirigente del reparto mobile di Cagliari Antonio Adornato veniva rimosso dall'incarico presso la questura sarda per aver messo un «mi piace» al post di Facebook dello stesso Tortosa;
   in merito ai provvedimenti disciplinari adottati a danno di Tortosa e Adornato, anche gli Autonomi di polizia hanno preso una posizione netta rilanciando il fatto del «perché il Tortosa non dovrebbe rivendicare il suo operato, giacché non ha commesso reati ?»;
   il provvedimento di sospensione appare ancora più vergognoso se si considera che lo stesso Tortosa, all'indomani delle polemiche, ha dichiarato: «Le mie parole sono state travisate, il VII nucleo a Genova nell'irruzione alla scuola Diaz ha rispettato tutte le norme, le leggi e le prassi. Quella dell'irruzione alla scuola Diaz rimarrà una pagina nera per questo Paese — ha detto ancora Tortosa — ma chi c'era sa che è venuta fuori solo una, parte della verità. Crediamo che questa voglia di verità debba albergare anche nelle alte sfere, non solo in me, nei miei colleghi che erano con me e nelle vittime alle quali va tutta la mia solidarietà», ribadendo inoltre: «Io ero alla Diaz quella notte in cui fummo allentati durante la cena, sono entrato in quella scuola non ho picchiato nessuno volontariamente, non ho ecceduto nell'uso nella forza ma ho posto in essere tutte le azioni previste dai protocolli operativi, come me lo stesso hanno fatto i miei compagni»;
   tutto ciò non può che portare ragionevolmente a ritenere che Tortosa, mai accusato di un illecito, né disciplinare, né penale per l'accaduto, sia diventato un vero e proprio capro espiatorio, sacrificato per far cadere il sipario su una vicenda le cui responsabilità andrebbero cercate altrove;
   ma v’è di più, perché mentre un poliziotto veniva severamente punito per aver espresso una sua opinione, che non violava alcuna norma o regolamento, su un'altra pagina di Facebook intitolata «Fabio Tortosa fuori dalle forze dell'Ordine», migliaia di persone inneggiano all'odio contro il Tortosa e tutte le forze dell'ordine; appoggiando persino il ritorno alla lotta armata;
   in un'Italia soffocata dalle troppe difficoltà, dove la crisi economica sta distruggendo il tessuto produttivo creato dai sacrifici dei nostri genitori e proprio le forze dell'ordine, quotidianamente impegnate per la tutela dei cittadini e la sicurezza del nostro Paese, sono le prime vittime della scellerata politica dei tagli attuata dagli ultimi Governi, il vero problema per il Ministro interrogato sembrerebbe essere la sospensione dal servizio del poliziotto Tortosa, reo di avere espresso la propria opinione sulla sua pagina Facebook;
   la polizia e le altre forze dell'ordine del nostro Paese dovrebbero essere messe nelle condizioni di agire e operare per il bene della comunità proprio da quelle istituzioni ad avviso dell'interrogante che non perdono mai occasione per danneggiarle –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare il Governo affinché il poliziotto Fabio Tortosa ed il funzionario di polizia Antonino Adornato vengano riammessi in servizio con effetto immediato. (4-08967)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   a seguito di un violento nubifragio, con eccezionale intensità di pioggia, un vasto fenomeno franoso ha interessato nella notte del 22 febbraio 2015 l'area urbana a valle della collina denominata «Cozzo Serronello» ed altre varie località nel territorio del comune di Bisacquino, in provincia di Palermo, con grave pericolo per l'incolumità pubblica;
   in conseguenza dell'evento franoso che ha colpito il territorio comunale, si sono verificati crolli e si sono registrati danni alla viabilità e ad immobili privati;
   da quanto emerge dall'ordinanza emessa dal sindaco di Bisacquino il 22 febbraio 2015, esisterebbe il pericolo sia diretto che indotto da rischio esterno, con ulteriore coinvolgimento della cittadinanza ed, in generale, delle persone nei crolli che potrebbero ancora verificarsi;
   nella stessa ordinanza già citata in premessa, che fa riferimento al verbale di sopralluogo redatto dai tecnici intervenuti per una prima e approssimativa stima dei danni e del rischio residuale, emerge che:
    a) una parte degli edifici privati ubicati nell'area interessata dalla frana, siti a ridosso del versante interessato è rimasta gravemente danneggiata dalla frana anche se non presenta in atto danni all'integrità delle strutture e, comunque, il terreno a monte appare suscettibile di ulteriori fenomeni di smottamento o crollo;
    b) una restante parte di edifici, ubicati comunque nelle immediate adiacenze di tale area, necessita di una ulteriore verifica in ordine all'eventuale sussistenza di rischi esterni;
   di conseguenza il sindaco, avendo ritenuto, a ragione, di dover tutelare la pubblica incolumità vietando temporaneamente e in via del tutto provvisoria l'agibilità di tutti gli edifici ricadenti nel perimetro interessato dall'evento franoso, in attesa di rilievi tecnici e stime di danno più dettagliati e accurati, ha ordinato l'evacuazione delle abitazioni e di tutti gli edifici interessati dal suddetto evento;
   alcuni edifici non potranno essere abitati finché non verranno effettuate opportune verifiche e la messa in sicurezza del versante, mentre altri sono stati sgomberati in via precauzionale in attesa di ulteriori verifiche e sopralluoghi, al fine di individuare l'eventuale persistenza di rischio indotto dall'esterno;
   le famiglie evacuate dalle proprie abitazioni sono 29, consistenti in tutto in 79 persone, tra le quali si annoverano persone in precario stato di salute, anziani e bambini;
   in data 25 febbraio 2015 la giunta comunale del comune di Bisacquino ha richiesto la dichiarazione dello stato di calamità naturale e dello stato di emergenza –:
   se e quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere per far fronte ai rischi e agli eventi sempre più frequenti, legati al dissesto idrogeologico anche alla luce dell'episodio descritto in premessa. (4-08970)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4, comma 1, della legge 24 dicembre 2003, n. 368 prevede che «misure di compensazione territoriale sono stabilite, fino al definitivo smantellamento degli impianti, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare. Alla data della messa in esercizio del deposito nazionale di cui all'articolo 1, comma 1, le misure sono trasferite al territorio che ospita il deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi»;
   l'assegnazione delle risorse compensative, in base all'articolo 4, comma 1 bis, della stessa legge, viene effettuata ogni anno con deliberazione del CIPE, secondo le stime di inventario radiometrico dei siti, stabilito annualmente con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Ispra, considerata la pericolosità dei rifiuti;
   in Piemonte si concentra la più alta percentuale di scorie nucleari presenti sul territorio italiano, vista la presenza dell'impianto Eurex e del deposito Avogadro che afferiscono al comune di Saluggia – 70 per cento scorie nucleari –, la centrale «Enrico Fermi» di Trino e l'impianto di Boscomarengo;
   le misure di compensazione nucleare prevedono che il contributo venga versato nella misura del 50 per cento ai comuni nel cui territorio è ubicato il sito (centrali, depositi, siti di stoccaggio e altro), del 25 per cento alla provincia e il restante altro 25 per cento, ai comuni confinanti con quello in cui si trova il sito, e che venga destinato alla realizzazione di interventi mirati all'adozione di misure di compensazione in campo ambientale;
   facendo riferimento alla delibera CIPE del 20 gennaio 2012 – Gazzetta Ufficiale n. 95 del 23 aprile 2012–, in particolare alla definizione e finalità delle «compensazione in campo ambientale», la giunta comunale di Saluggia sostiene che «si rileva un'alea di dubbio in merito alla sicurezza interpretativa circa la destinazione delle risorse». Per questo, è ricorsa, addirittura, al vocabolario della lingua italiana, come risulta dal verbale n. 16 di deliberazione del consiglio comunale del 25 giugno 2012, per arrivare a stabilire che «ha utilizzato, parte delle risorse disposte dalla legge n. 368 del 2003, a copertura di interventi di spesa corrente mirati a compensare, cioè a creare o mantenere un equilibrio funzionale dell'ambiente, da intendersi in senso lato e non letterale», inserendo i fondi nell'approvazione del bilancio di previsione 2012 e del bilancio pluriennale 2012/2014;
   nella fattispecie, il comune ha voluto considerare le compensazioni nucleari come risorsa strutturale – visto che vengono recepite dal 2007 –, sebbene andrebbero più opportunamente usate come investimento o spese correnti non ripetitive in campo ambientale, e ha coniato il termine «ambiente sociale», come scritto sempre nel verbale sopra citato, intendendo la possibilità di impiegare i fondi anche per equilibrare il bilancio del comune senza appesantire le tasse dei cittadini;
   la delibera del CIPE del 10 novembre 2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 63 del 17 marzo 2015, relativa all'assegnazione dei fondi di compensazione per l'anno 2012, oltre a stabilire la destinazione delle risorse a interventi di compensazione in campo ambientale, precisa: «in particolare in materia di: tutela delle risorse idriche; bonifica dei siti inquinati; gestione dei rifiuti; difesa e assetto del territorio; conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette e tutela della biodiversità; difesa del mare e dell'ambiente costiero; prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed elettromagnetico; interventi per lo sviluppo sostenibile»;
   il recepimento della stessa delibera ha comportato due diverse interpretazioni, tra il comune di Saluggia e quello di Trino, sulla destinazione dei fondi. Il primo, infatti, dando continuità alla ratio della deliberazione comunale del 2012, ha utilizzato le risorse per azzerare la Tasi a carico dei cittadini in possesso o detenzione di fabbricati o di aree edificabili, come si apprende sulla stampa locale del 6 marzo 2015, dalle dichiarazioni dello stesso sindaco: «abbiamo deciso di far valere il principio secondo il quale le compensazioni nucleari debbano attenuare il peso arrecato a coloro che abitano in un ambiente gravato dalla presenza storica e ultradecennale dei depositi nucleari. Lo faremo attenuando la pressione fiscale a carico dei saluggesi»;
   il comune di Trino, invece, ha interpretato alla lettera le precisazioni della deliberazione CIPE riguardo alle aree di intervento e, come si apprende sempre da fonti stampa del 6 marzo 2015, ha investito nello sviluppo sostenibile. Il sindaco, infatti, ha dichiarato: «con i fondi Scanzano investiremo sul potenziamento energetico degli edifici pubblici, al fine di ridurre le spese correnti che gravano sul bilancio. Ogni altro utilizzo distorto di tali risorse, a mio avviso, è un provvedimento a rischio di intervento da parte della Corte dei Conti» –:
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative per definire cosa si intenda per misure di compensazione in campo ambientale, al fine di circoscrivere i settori di intervento e indirizzare i comuni nelle scelte di investimento più adeguate, tenendo conto che l'equilibrio del bilancio comunale non deve essere vincolato alla presenza di scorie sul territorio, in considerazione del fatto che la natura stessa delle risorse, in quanto compensative, è da intendersi non come quella di fondi strutturali e definitivi, quanto piuttosto legata alla contingente presenza di impianti destinati, nel prossimo futuro, alla dismissione. (5-05458)

Interrogazione a risposta scritta:


   NICOLA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in data 15 aprile 2015 la Guardia di finanza di Sassari ha eseguito due ordinanze di custodia cautelare domiciliare nei confronti del direttore e del vice direttore della centrale termoelettrica della E.ON spa di Fiume Santo, in Sardegna. Tre persone, inoltre, sono state interdette per due mesi dalle rispettive cariche di amministratore delegato di E.ON Produzione spa, di direttore generale risorse umane e sviluppo territoriale di E.ON Italia e di amministratore della società di analisi chimico-fisiche Lithos srl. I due dirigenti sono tornati in libertà in seguito agli interrogatori di garanzia;
   i reati contestati, come riferito in una nota dalla Guardia di finanza, «sono quelli dell'inosservanza di diverse prescrizioni impartite dal Testo unico dell'ambiente con riferimento allo scarico delle acque reflue industriali nonché reati previsti dal Codice Penale»;
   secondo la procura della Repubblica di Sassari, che ha coordinato le attività di polizia giudiziaria per oltre un anno, i manager, per garantire un risparmio di spesa alla multinazionale tedesca, avrebbero omesso di segnalare alle autorità competenti, agendo di comune accordo, che vi erano continui sversamenti di olio combustibile nei terreni sottostanti i serbatoi di alimentazione dei gruppi 1 e 2 della centrale termoelettrica e avrebbero consentito, in questo modo, la persistente contaminazione dei terreni e delle falde acquifere del sito interessato, provocando un danno ambientale in aree di interesse pubblico;
   le persone coinvolte, pur essendo a conoscenza dello stato di dissesto ambientale persistente da anni, avrebbero simulato di aver avuto notizia del fenomeno soltanto di recente, inoltrando le prescritte comunicazioni agli organi istituzionali di vigilanza in concomitanza con l'annuncio della E.ON spa, nel gennaio 2015, della cessione dei suoi asset di generazione elettrica a carbone e a gas in Italia al gruppo energetico ceco EPH;
   le informazioni suddette destano non poche preoccupazioni in relazione ai danni ambientali, ancora da quantificare, nell'area in cui sorge la centrale, individuata come sito di interesse nazionale ai fini delle bonifiche, e ai rischi per la salute dei cittadini residenti nel territorio e dei lavoratori dell'azienda –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se i Ministri interrogati non intendano, per quanto di competenza, adottare iniziative affinché si proceda urgentemente ad una verifica della reale entità dei danni ambientali nell'area della centrale di Fiume Santo;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda adottare iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con la regione Sardegna e con gli enti locali interessati, affinché siano accelerate le procedure di bonifica del sito suddetto e si individuino gli strumenti di intervento per mettere in sicurezza il territorio;
   se il Ministro della salute non intenda adottare ogni iniziativa utile, per quanto di competenza, alla tutela della salute dei lavoratori della centrale di Fiume Santo e delle popolazioni residenti nella zona, considerato che un'indagine condotta dall'Istituto superiore di sanità ha rilevato che nell'area industriale di Porto Torres-Sassari si registra un'incidenza di tumori altissima, superiore alla media regionale. (4-08966)

DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, FRUSONE, CORDA e BASILIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'istituto giuridico dell'avvicendamento consente al personale militare in servizio permanente di avanzare istanza di trasferimento di sede avvicendandosi con un altro militare della medesima categoria;
   con la circolare del 16 marzo 2004 n. 1940/07/PIC-100 lo Stato maggiore dell'Esercito ha disciplinato le istanze di avvicendamento reciproco individuando specifici criteri di ammissibilità delle domande e la relativa procedura amministrativa;
   in particolare, nella richiamata circolare si prevede che i militari interessati al trasferimento devono aver maturato almeno 2 anni di permanenza effettiva presso l'attuale sede di lavoro, non devono essere stati condannati per delitti non colposi, né sottoposti a procedimenti penali, nell'anno di effettivo servizio antecedente la data di presentazione dell'istanza. Si prevede, infine, che l'interessato non abbia riportato qualifiche inferiori a «Superiore alla Media», ovvero rapporti informativi equivalenti;
   si precisa, inoltre, che nel caso di istanze che implicano un cambio di specialità, saranno tenuti in conto i requisiti richiesti per le singole specialità, la necessità di realizzare corsi specifici da parte del personale coinvolto, la necessità di assicurare una permanenza minima nell'incarico al personale destinato ai reparti in prima assegnazione, al fine di massimizzare le conoscenze acquisite durante l’iter formativo di base relativamente alla specialità o incarico assegnato. In questo caso, la permanenza minima richiesta è 3 anni anziché due;
   allo stato non risultano emanate analoghe circolari da parte delle altre Forze armate sebbene l'istituto in esame risulti di estremo interesse anche per il personale militare appartenente alle altre Forze armate –:
   quale sia il quadro normativo di riferimento che regola l'istituto dell'avvicendamento nelle Forze armate e la sua concreta applicazione da parte delle singole Forze armate. (4-08962)


   RIZZO, BASILIO, FRUSONE e CORDA. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   le unità navali e sottomarine delle forze armate dovrebbero essere dotate di sistemi di potabilizzazione e gradevolizzazione dell'acqua dolce necessari al fabbisogno degli equipaggi impegnati nelle operazioni in mare, conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni «Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano»;
   così come previsto dal decreto legislativo n. 31 del 2001, dovrebbero essere eseguiti controlli periodici di routine, con cadenza massima semestrale, dell'acqua erogata per uso umano, dando mandato ai laboratori militari certificati di accertarne il rispetto dei parametri microbiologici e della presenza di cloro residuo nel prezioso liquido;
   dovrebbero anche essere garantiti puntuali controlli sull'efficienza degli impianti stessi atti a garantire il personale imbarcato sul perfetto funzionamento degli stessi così come dichiarato dall'ex Sottosegretario alla difesa, Milone, rispondendo ad una interrogazione parlamentare nella precedente legislatura;
   in passato è accaduto di un caso di inquinamento batteriologico da legionella su nave Bergamini e di un caso di non gradevolezza dell'acqua su nave Duilio, così come riportato da organi di stampa;
   il decreto legislativo n. 31 del 2001, non obbliga l'ente preposto ad effettuare verifiche di routine sui parametri trialometani, idrocarburi e batteriologici dell'acqua erogata ai punti di prelievo. Dovrebbero, comunque, essere previsti controlli totali in occasione di manutenzione o lavori straordinari sulle unità navali e sottomarine, partenza o rientro da lunghe navigazione, lunghi periodi di inattività dell'impianto o su richiesta al comando di appartenenza, sempre secondo quanto dichiarato all'epoca dal Sottosegretario Milone;
   è notizia di questi giorni della presa d'atto da parte del comando della squadra navale (CINCNAV) della impossibilità nella base di La Spezia di idonee attrezzature di laboratorio per effettuare le analisi chimiche a verifica della conformità delle acque di bordo ed assicura, a seguito di specifica richiesta presentata da Nave Elettra, la copertura finanziaria per l'esecuzione delle analisi presso laboratori esterni come riportato su un articolo apparso sul sito www.notizie.radicali.it il 27 marzo 2015 –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto avvenuto presso la base di La Spezia e se corrisponda al vero la notizia apparsa sui media;
   se non intenda verificare lo stato di funzionamento degli impianti di potabilizzazione e gradevolizzazione dell'acqua dolce installati su tutte le unità navali delle forze armate italiane;
   se non intenda verificare se sussistano eventuali gravi violazioni in capo ai datori di lavoro in merito ai rischi a cui è stato sottoposto il personale militare imbarcato sui mezzi navali della difesa fornendo ogni ulteriore elemento in materia. (4-08972)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GAGNARLI, PESCO, VILLAROSA, ALBERTI, CANCELLERI, RUOCCO, PISANO e L'ABBATE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, obesità e sovrappeso rappresentano una delle emergenze più rilevanti della sanità mondiale, poiché associate a morte prematura e universalmente riconosciute come fattori di rischio per numerose patologie croniche, quali malattie cardiovascolari, ictus, diabete tipo 2, nonché alcuni tipi di tumore, come le neoplasie colon rettali, renali, della colecisti, endometriali;
   secondo dati dell'Organizzazione mondiale della sanità, la prevalenza dell'obesità a livello globale è raddoppiata dal 1980 ad oggi; in Italia, in particolare, il 33,1 per cento della popolazione è in sovrappeso (41 per cento degli uomini e 25,7 per cento delle donne) e il 9,7 per cento è obesa, e il fenomeno aumenta se si guarda ai più piccoli: nel 2014 i bambini in sovrappeso sono il 20,9 per cento, i bambini obesi il 9,8 per cento, il 25 per cento dei genitori dichiara che i propri figli non consumano quotidianamente frutta e/o verdura, ma il 41 per cento dichiara che i propri figli assumono abitualmente bevande zuccherate e gassate;
   le cause del dilagante fenomeno dell'obesità vanno ricercate anche nel cambiamento dello stile di vita ed alimentare avvenuto negli ultimi decenni, che ha portato ad una quotidianità sempre più sedentaria e sempre più ricca di cibi e bevande zuccherati nonché dei, cosiddetti, junk food, ossia quegli alimenti definiti «spazzatura» per il loro scarso valore nutrizionale a fronte di una smisurata ricchezza di grassi o zuccheri (hot dog, patatine fritte, soft drink, gelati confezionati, pizze surgelate e altro);
   per arginare questo fenomeno uno Stato ha il dovere di agire su più fronti, partendo dall'educazione alimentare e dalla corretta informazione sulle conseguenze di comportamenti alimentari scorretti, fino all'introduzione di un efficace sistema di etichettatura dei prodotti alimentari, passando per una necessaria regolamentazione della pubblicità degli alimenti, in particolare quella rivolta ai bambini;
   contemporaneamente, appare importante la creazione di una collaborazione tra industria alimentare ed esperti di nutrizione e salute, al fine di riformulare i prodotti immessi sul mercato calibrando i contenuti di sale, zuccheri e grassi;
   un'altra ipotesi per mettere un freno ai comportamenti alimentari sbagliati potrebbe essere quello di prevedere un sistema di tassazione dei cosiddetti junk food;
   in Italia, una proposta in questa direzione è stata ipotizzata nel 2012 dall'allora Ministro della salute Renato Balduzzi, attraverso un provvedimento che avrebbe applicato una tassa sulle bevande alcoliche o analcoliche altamente zuccherate; ma la proposta non ha visto mai luce anche a causa delle numerose polemiche scatenate dopo la dichiarazione e della levata di scudi delle associazioni produttive che temevano un impatto pesante sui settori in una fase congiunturale già fortemente penalizzante;
   in altri Paesi d'Europa e del mondo, però, la tassazione sul cibo «spazzatura», nonché su altri prodotti quali alcol e tabacco, è applicata e giustificata perché l'eccessiva assunzione può tradursi in costi per la società, sia diretti come la spesa sanitaria conseguente all'insorgere delle patologie legate all'assunzione di determinati cibi o bevande, sia indiretti come la perdita di produttività lavorativa delle persone obese, la disabilità, la mortalità prematura;
   in Francia è in vigore da gennaio 2012 la tassa speciale sulle bevande analcoliche con aggiunta di zucchero e anidride carbonica, ed è stata concepita come un sistema per ottenere maggiori entrate (280 milioni di euro circa l'anno), e, anche se l'impatto sui consumi deve essere ancora pienamente valutato, dopo l'entrata in vigore, tra gennaio e maggio 2012, si è registrata una diminuzione del 3,3 per cento delle vendite di bibite, in corrispondenza di un aumento dei prezzi del 5 per cento, doppio rispetto a quello degli altri generi alimentari;
   in Finlandia dal 1999 esiste una tassa sui dolci, caramelle, gelati e soft drink mentre in Danimarca, dal 2011 al 2013 è stata in vigore la cosiddetta «fat tax», un'imposta sui grassi saturi contenuti in qualsiasi alimento venduto nel Paese;
   in Ungheria dal gennaio 2012 è stata introdotta la «tassa di salute pubblica» che colpisce soft drink, bevande energetiche, dolci confezionati, ice lollies, snack salati, prodotti istantanei, alimenti preimballati; secondo una valutazione dell'impatto finanziario e sulla salute effettuata nel 2013 con il supporto dell'ufficio europeo dell'Organizzazione mondiale della sanità, le vendite dei prodotti soggetti alla tassa ungherese sono diminuiti del 27 per cento, con una diminuzione del consumo variabile tra il 20 per cento e il 35 per cento; i produttori hanno riformulato diversi alimenti, eliminando o riducendo gli ingredienti tassati e nel 2013, le entrate sono state pari a 61,5 milioni di euro;
   anche in altri Paesi d'Europa, quali Regno Unito, Norvegia, Svezia, Belgio sono allo studio progetti molto simili a quelli sopra descritti e negli Stati Uniti diversi Stati hanno introdotto da tempo una tassazione più pesante sul cibo o le bevande «spazzatura»;
   per essere efficace, una tassazione di questo genere deve ricadere sul prezzo pagato dal consumatore e non deve essere assorbibile, in tutto o in parte, dal produttore, che potrebbe scegliere questa strada per non subire una significativa diminuzione delle vendite; i parametri da valutare sono dunque di diversa natura, ma è comunque evidente che un simile intervento potrebbe essere un utile disincentivo a determinati tipi di consumo e un argine alle conseguenze negative sulla salute che questi producono;
   una valida alternativa potrebbe essere la differenziazione dell'IVA dei prodotti alimentari in base al valore nutrizionale degli alimenti, diminuendo l'aliquota per prodotti «sani» e aumentandola per tutti quei prodotti pericolosi per la salute umana, ricchi di calorie vuote (ipercalorici), senza principi attivi, pieni di coloranti e sostanze chimiche;
   un valido esempio in questo senso è il Belgio, in cui ad esempio le soft drink sono collocate in un'aliquota del 23 per cento, mentre frutta, verdura, latte, pesce, sono soggetti ad un IVA del 6 per cento –:
   se, in base a quanto esposto in premessa, abbia intenzione di assumere iniziative per prevedere o valutare, anche attraverso un tavolo di confronto tra Ministeri interessati, esperti di nutrizione e industria alimentare, un possibile intervento fiscale sui cibi e sulle bevande cosiddette «spazzatura», al fine di raggiungere il duplice obiettivo della tutela della salute e al contempo del contenimento della spesa pubblica. (5-05456)

Interrogazione a risposta scritta:


   ALBERTI, TRIPIEDI, COMINARDI, SORIAL, BASILIO, PESCO, BUSINAROLO, DA VILLA, DELLA VALLE, FANTINATI, CIPRINI, GRILLO, CANCELLERI e LOREFICE. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 4 del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, modificato dal decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, che recepisce la direttiva 2011/7/UE e successivamente modificato dalla legge 30 ottobre 2014, n. 161 (Legge europea 2013-bis) definisce i termini di pagamento nelle transazioni commerciali e in particolare stabilisce tale termine in un massimo di 30 giorni dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento equivalente (lettera a) o dal ricevimento della merce o dalla data di prestazione dei servizi (lettera b);
   al comma 3 si stabilisce che le parti possano pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello di 30 giorni che può superare anche i 60 giorni (solo tra privati comma 4) purché tale termine non sia gravemente iniquo per il creditore e comunque ogni accordo e clausola deve essere stipulato per iscritto;
   dallo studio sui pagamenti Cribis D&B emerge che in Italia solo il 36,3 per cento delle aziende è puntuale nei pagamenti e che tale performance è la peggiore degli ultimi 5 anni. Solo il 48 per cento paga entro 30 giorni mentre il 15,7 per cento paga con oltre un mese di ritardo (tre volte il valore del 2010);
   dallo studio si evince anche che le microimprese sono quelle più affidabili nei pagamenti con una percentuale pari al 37,4 per cento delle stesse che effettuano correttamente i pagamenti alla scadenza della fattura, ma sono anche quelle con il maggior numero di pagamenti oltre il mese (17,4 per cento) registrando un peggioramento di 4 volte superiore al dato del 2010;
   le grandi imprese risultano essere regolari nei pagamenti solo per il 16,1 per cento ed in grave ritardo nel 8,4 per cento mentre le pmi registrano pagamenti regolari per il 35,6 per cento e gravi ritardi per il 10,1 per cento il settore più in difficoltà è il commercio al dettaglio con il 25,4 per cento delle imprese del comparto puntuale ed il 24,6 per cento in grave ritardo;
   uno studio condotto dall'università di Brescia e commissionato dalla Associazione per l'impresa APINDUSTRIA di Brescia basato su un campione di 439 aziende bresciane, rileva che i tempi di pagamento alle imprese bresciane abbia toccato nel 2013 i 109 giorni contro i 34 della Germania o i 54 della Francia;
   il ritardo nella riscossione dei crediti sale a 141 giorni contro i 130 rilevati nel 2009 se si considerano imprese con un fatturato inferiore a 2 milioni di euro;
   tale tipologia di impresa è altresì quella con il maggior ritardo nei pagamenti, facendo registrare ritardi medi di 145 giorni;
   lo studio evidenza infine che il ritardo nei pagamenti oltre al limite dei 60 giorni previsto dalla normativa europea costa alle imprese bresciane quasi 2 miliardi di euro in termini di maggior indebitamento nei confronti degli istituti di credito;
   infatti le imprese che non riescono a riscuotere i crediti in tempo, tendono ad esporsi maggiormente verso le banche con un aggravarsi dell'indebitamento finanziario dell'intero settore economico-produttivo;
   lo studio bresciano mostra che gli oneri finanziari pesano in media per il 15 per cento sui margini operativi lordi delle imprese della provincia, con punte del 32 per cento per imprese sotto i 2 milioni di fatturato;
   dimezzando il tempo di incasso delle fatture il peso degli interessi passivi scenderebbe dal 15 al 12,6 per cento medio e dal 32 al 27,3 per cento per le microimprese facendo così risparmiare alle imprese bresciane quasi 2 miliardi di euro e riducendo l'indebitamento finanziario del 55 per cento in cinque anni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'incidenza dei dati esposti in premessa e se intendano promuovere la costituzione di un osservatorio permanente con l'obiettivo di monitorare il fenomeno a livello nazionale;
   se a giudizio dei Ministri interrogati il sistema attuale, che prevede la rivalsa con mora sugli interessi, riconosca sufficienti garanzie per il creditore, per quali motivi finora ciò non abbia permesso di ridurre i tempi di pagamento e quali iniziative anche normative intendano assumere in proposito affinché le imprese abbiano modo di operare senza dover ricorrere al sistema creditizio. (4-08969)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il piano straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie – piano originario previsto nel 2010 (ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 marzo del 2010, n. 3861), come peraltro rafforzato e finanziato attraverso la legge n. 199 del 2010, prevedeva la costruzione di 11 nuovi istituti penitenziari per un totale di 4.750 posti e l'ampliamento di 20 padiglioni di istituti esistenti per 4.400 posti, così per un totale complessivo di 9.150 posti;
   rilevato altresì che il piano straordinario sopra richiamato, come è noto, ha subito diversi «tagli» nei finanziamenti, e precisamente il primo Governo che ha provveduto ad assumere iniziative per diminuire gli stanziamenti pari originariamente a 600 milioni di euro circa, è stato il Governo Monti, seguito in questo senso dai Governi, che via via, si sono succeduti (Letta-Renzi);
   si apprende da notizie apparse su quotidiani locali e su siti Internet di informazione, che la costruzione della casa circondariale presso la caserma Dall'Armi di San Vito al Tagliamento in provincia di Pordenone non sia più ricompresa nel programma del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia – che ora gestirebbe il piano sopra richiamato –, poiché parrebbe che manchino alcuni atti necessari a continuare o comunque proseguire l’iter procedurale ai fini di detta costruzione;
   la costruzione della casa circondariale presso la caserma Dall'Armi di San Vito al Tagliamento non solo rientra nel programma di costruzione del piano straordinario delle carceri sopra richiamato, ma va a «sanare» la necessaria dismissione del carcere di Pordenone, edificio obsoleto, all'interno di un Castello, dove, come è stato più volte segnalato dai cittadini di Pordenone, vi siano dei veri e propri colloqui che avvengono tra i carcerati e i passanti, spesso e volentieri in lingue straniere, oltre ad evasioni da parte di detenuti che hanno commesso gravi reati di allarme sociale –:
   se il Ministero sia conoscenza dei fatti sopra esposti e quali interventi e iniziative, anche di natura emergenziale, intenda adottare, in particolare per garantire l'effettività della costruzione della casa circondariale presso la caserma Dall'Armi di San Vito al Tagliamento al fine di «sanare» la necessaria dismissione del carcere di Pordenone, edificio obsoleto, all'interno di un Castello oltremodo privo della necessaria sicurezza e già oggetto di diverse evasioni da parte di detenuti pericolosi. (4-08960)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:


   MARCOLIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Agrigento è, senza ombra di dubbio, una delle più grandi testimonianze della Magna Grecia, nota soprattutto per la splendida Valle dei Templi, patrimonio dell'umanità, ma anche per i natali di Luigi Pirandello e per numerose altre bellezze è testimonianze storiche, paesaggistiche e artistiche, fra chiese, architetture religiose e musei; si tratta pertanto di una città turistica per eccellenza raggiunta, purtroppo, esclusivamente attraverso la rete viaria, in mancanza di un aeroporto nella zona;
   tuttavia, negli ultimi anni, l'emergenza idrogeologica della Sicilia e le carenze infrastrutturali dell'area hanno reso pressoché isolata la città di Agrigento staccata dal resto del territorio da frane, crolli e smottamenti;
   due delle arterie indispensabili per il collegamento della città, il viadotto Morandi e la circonvallazione della via Aviere Volpe, sono state chiuse, il primo per rischio sicurezza della stabilità dei piloni e la seconda per il rischio frane, mettendo in crisi la comunicazione basilare dei cittadini con il resto del territorio siciliano;
   ma anche l'ultimo crollo del viadotto Himera per la frana sulla A19 che ha diviso in due la Sicilia ha comportato gravi ripercussioni per il territorio di Agrigento e gravi contraccolpi per l'agricoltura dell'isola, visto che per raggiungere la parte occidentale della Sicilia si dovranno sostenere maggiori costi di trasporto che si sommano al tempo necessario per raggiungere Palermo dalle strade alternative. Il danno deriverebbe anche dallo stato delle arterie interne dove, anche per carenza di manutenzione, si susseguono frane e smottamenti e dove i mezzi pesanti non possono transitare;
   si tratta degli ennesimi crolli che si vanno ad aggiungersi a quello del 2 febbraio 2013, quando ha ceduto una parte del viadotto «Verdura», lungo la strada statale 115 che collega Agrigento con Sciacca e con alcuni paesi della provincia di Trapani, e a quello del viadotto «Scorciavacche», sulla Palermo-Agrigento, che ha ceduto a pochi giorni dal capodanno 2015, una settimana dopo la sua inaugurazione;
   in data 6 giugno 2014 il «servizio vigilanza enti» dell'assessorato mobilità e infrastrutture della regione siciliana aveva prodotto una relazione sullo stato delle autostrade gestite dal Consorzio per le autostrade siciliane nel quale apparivano evidenti le condizioni drammatiche e di mancanza di sicurezza;
   in particolare, la relazione sottolineava la mancanza di segnaletica orizzontale e verticale, le disfunzioni e malfunzionamenti negli impianti di ventilazione delle gallerie, la carenza delle colonnine di soccorso, il manto stradale deformato, l'assenza di manto stradale drenante, i ritardi nelle opere di messa in sicurezza anche a causa della mancanza di approvazione dei bilanci 2012, 2013 e 2014;
   in data 12 marzo 2015 la regione siciliana con delibera n. 76 procedeva con una prima individuazione delle situazioni di rischio sulla mobilità a seguito delle precipitazioni del febbraio 2015. Da tale relazione, per quanto riguarda la provincia di Agrigento, sono state individuate le seguenti situazioni di rischio: relativamente alla strada statale n. 640, scivolamento e colamento; relativamente alla strada provinciale n. 8 di Butera, voragini e frane con interdizione alla viabilità; relativamente alla strada provinciale n. 37 crollo del ponte S. Carlo in territorio del comune di Caltabellotta; relativamente alla strada provinciale 3B smottamenti e frane; relativamente alla strada statale n. 115 esondazioni presso ponte Verdura; relativamente alla strada provinciale n. 26, frana con distruzione della sede stradale nel territorio di S.G. Gemini; il rischio che l'autostrada rimanga inagibile per anni comporterebbe seri problemi per i pendolari e notevoli danni sul piano economico;
   da quanto ha constatato lo stesso interrogante negli ultimi 5 anni non è mai stata effettuata la manutenzione delle strade nella provincia di Agrigento;
   è necessaria una sinergia tra il Ministero competente e le autorità locali, per accelerare la progettazione e la realizzazione dei necessari interventi stradali –:
   quali normative urgenti per quanto di competenza il Ministro intenda adottare per affrontare i temi dell'emergenza idrogeologica ed infrastrutturale della Sicilia, con l'obiettivo di individuare misure puntuali che garantiscano l'incolumità dei cittadini e il monitoraggio e la prevenzione delle strutture viarie e di comunicazione con particolare riferimento alla provincia di Agrigento e all'attuale isolamento della città turistica di Agrigento che crea ingenti danni all'economia del territorio.
(4-08961)

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   domenica 26 aprile 2015 prima della partita di calcio tra Torino e Juventus è stato lanciato un ordigno sugli spalti della Curva Primavera che ha provocato il ferimento di alcune persone;
   questo è soltanto l'ultimo di una lunga serie di gravi episodi causati da gruppi di tifosi violenti, all'interno e all'esterno di numerosi stadi;
   risulta molto preoccupante la facilità con cui negli stadi si riescano ad introdurre oggetti molto pericolosi nonostante il forte dispiegamento di forze dell'ordine ai varchi di accesso e le perquisizioni cui sono sottoposti gli spettatori;
   il calcio, come ogni manifestazione sportiva, ha il compito di trasmettere valori positivi ed educativi soprattutto alle giovani generazioni, spesso vittime di questi episodi di violenza;
   nel nostro Paese, tuttavia, il fenomeno della violenza correlata al tifo sportivo costituisce un fatto non più sporadico ma diffuso e caratterizzato da preoccupanti caratteristiche, quali l'alto numero di soggetti interessati, la premeditazione delle azioni, il livello organizzativo degli stessi e la modalità di estrema pericolosità del loro operato;
   questa violenza rappresenta un'emergenza sotto il punto di vista sociologico, criminologico e politico e negli anni si è trasformata da ostilità tra opposte tifoserie in tentativi di confronto diretto con le forze dell'ordine –:
   quali misure urgenti intenda adottare per porre fine a questo tipo di violenza, evitando così che uno spettacolo come quello sportivo, si trasformi in gravi episodi di cronaca.
(2-00952) «Coccia, Bonomo, Moretto, Rampi, Giacobbe, Malisani, Molea, Andrea Romano, Palmieri, Miccoli, Giuditta Pini, Nardi, Terrosi, Argentin, D'Ottavio, Albini, Cova, Nicchi, Minnucci, Ferrari, Chaouki, Carra, Piccoli Nardelli, Fiano, Laforgia, Borghi, Currò, Sbrollini, Rotta, Gianni Farina, Paris, Gribaudo, Moscatt, Orfini, Fossati, Boccuzzi, Giuliani, Rossomando».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   NACCARATO e D'ARIENZO. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   diverse indagini hanno portato alla luce la presenza della ’ndrangheta nella provincia di Verona;
   le indagini hanno evidenziato che numerose imprese sono di proprietà o controllate da persone con precedenti penali o con inchieste in corso per gravi reati di stampo mafioso;
   di recente la direzione distrettuale antimafia di Bologna con l'operazione «Aemilia» ha smantellato un'organizzazione mafiosa presente anche nel veronese che aveva cercato di inserirsi nella procedura fallimentare di un'importante impresa: la Rizzi costruzioni srl;
   il decreto legislativo 159 del 2011 attribuisce al prefetto il potere di emettere provvedimenti interdittivi per prevenire infiltrazioni criminali nelle imprese;
   la Soveco spa, società con sede a Verona, di proprietà al 50 per cento di Francesco Ultrorer e al 50 per cento di Sabina Colturato, è inserita nei raggruppamenti di imprese interessati alla realizzazione di due importanti lavori pubblici nel comune di Verona: il traforo delle Torricelle e la filotranvia;
   Antonio Papalia, marito di Colturato, pregiudicato per associazione per delinquere, è considerato il socio occulto della Soveco spa;
   diverse interrogazioni parlamentari hanno segnalato il rischio di infiltrazioni mafiose nella società;
   la Gri. Ka costruzioni srl, con sede a San Bonifacio (Vr), è presente nei lavori per la realizzazione di grandi opere pubbliche;
   Giuseppe Grisi, amministratore unico e socio di maggioranza, è stato ucciso il 19 gennaio 2011 a Crotone insieme al fratello Alfredo: i due, da tempo residenti in provincia di Verona, vennero uccisi con colpi d'arma da fuoco mentre cercavano di riscuotere un credito dal gestore di un negozio di ciclomotori. Insieme ai fratelli era presente Francesco Frontera, con diversi precedenti di polizia, considerato dalla Dia «appartenente alla cosca mafiosa di Grandi Aracri Nicolino»; Frontera è stato coinvolto in passato nell'inchiesta «scacco matto»;
   Frontera è stato arrestato nel 2015 dalla direzione investigativa antimafia di Bologna nell'ambito dell'inchiesta «Aemilia»;
   nell'ottobre 2014 la direzione investigativa antimafia di Reggio Calabria, nell'ambito dell'indagine denominata «Porto franco», ha disposto diverse ordinanze di custodia cautelare e misure di sequestro preventivo di beni per persone e società operanti in provincia di Verona;
   tra gli arrestati c’è Giuseppe Franco, residente a Nogarole Rocca (Vr), accusato di associazione a delinquere di stampo mafioso;
   tra le società sequestrate ci sono la Tranz. Veicom. Srl, la Veronatransport srl e la Italspeedy logistic srl, con sedi amministrative a Nogarole Rocca (Vr);
   l'indagine ha portato alla luce la presenza della ’ndrangheta nel tessuto economico veronese attraverso cooperative e aziende che fatturavano prestazioni inesistenti per evadere l'iva e riciclare denaro;
   la Nico. Fer srl, società con sede legale a Verona, è al centro dell'inchiesta «Aemilia» della direzione investigativa antimafia di Bologna;
   il nome del titolare Moreno Nicolis è stato associato a quello del braccio «economico» del clan ’ndranghetista di Cutro Grande Aracri;
   nell'ordinanza dell'autorità giudiziaria è evidenziato che Nicolis ha intrattenuto rapporti con Nicolino Grande Aracri e si è interessato a coinvolgere esponenti collegati alle cosche di ’ndrangheta Grande Aracri e Facchineri nell'acquisizione dei beni del fallimento Rizzi a Verona;
   il titolare è stato sottoposto a provvedimento cautelare nel gennaio 2015 dalla direzione investigativa antimafia di Brescia per il reato di tentata estorsione –:
   se il Ministro, per quanto riguarda gli aspetti di competenza, non intenda promuovere, anche attraverso la prefettura di Verona, accertamenti per verificare il rischio di infiltrazioni criminali di stampo mafioso nella Soveco spa, nella Gri.Ka costruzioni srl, nella Tranz. Veicom. srl, nella Veronatransport srl e nella Italspeedy logistic srl, nella Nico. Fer srl;
   se, per quanto riguarda gli aspetti di competenza, non intenda promuovere, anche attraverso la prefettura di Verona, l'emissione di provvedimenti interdittivi verso le aziende sopra citate, ai sensi degli articoli da 83 a 95 del decreto legislativo 159 del 2011. (5-05465)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 23 aprile 2015 si è svolto a Catania, un incontro tra le delegazioni sindacali dei vigili del fuoco e i rappresentanti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nazionali, regionali e locali per discutere delle problematiche che sta attraversando il comando di Catania, così come molte altre città della Sicilia e in ambito nazionale; tali problematiche da sempre denunciate, ma mai affrontate efficacemente e risolte, hanno determinato la proclamazione dello stato di agitazione provinciale unitario della categoria con nota del 27 marzo 2015;
   nel corso della riunione di raffreddamento, sia da parte datoriale che da parte sindacale, sono state denunciate, a giudizio dell'odierno interrogante e del sindacato Confsal – Vigili del fuoco: gravi mancanze d'organico, vetustà ed inadeguatezza dei mezzi di soccorso e pericolosità ed insalubrità di alcune sedi di servizio;
   tali condizioni non permettono di garantire alla popolazione uno standard di sicurezza adeguato e mettono in serio pericolo la sicurezza e la salubrità dei lavoratori stessi, che con il solito spirito di abnegazione cercano di non far mancare alla cittadinanza le condizioni di sicurezza;
   secondo quanto dichiarato dal comandante provinciale dei vigili del fuoco di Catania, a cui va la riconoscenza di tutti per il fatto di operare in maniera egregia a dispetto di tali condizioni, non v’è un aspetto del dispositivo del soccorso pubblico che non necessiti di un intervento immediato e serio da parte dell'amministrazione centrale del corpo;
   la situazione degli organici, in perenne e cronica sofferenza, rende critico l'approntamento del dispositivo di soccorso ordinario e rende impossibile l'apertura immediata del distaccamento Catania Nord la cui sede è pronta e disponibile da quasi un anno;
   le altre sedi e/o distaccamenti, invece, sono vetuste e pericolose a tal punto che il per il distaccamento Catania Sud è stato chiesto, da parte delle organizzazioni sindacali, la chiusura ed il trasferimento del personale al comando provinciale;
   relativamente al parco automezzi disponibile a Catania sono attualmente efficienti soltanto 9 mezzi sui 17 in dotazione a causa dei guasti e delle manutenzioni obbligatorie cui vengono continuamente sottoposti a causa della vetustà e delle continue usure cagionate da un territorio caratterizzato da numerose asperità. Questi 9 automezzi devono coprire le esigenze operative di 11 distaccamenti a cui si aggiungono porto ed aeroporto alle quali, per queste ultime, non si riesce a dotarli di una APS necessaria;
   a giudizio dell'interrogante e di tutte le organizzazioni sindacali, il capo del Corpo nazionale dovrebbe: disporre la chiusura immediata del distaccamento di Catania sud e il momentaneo trasferimento del personale nella sede centrale di Catania; avviare in tempi brevissimi ogni idonea ed utile iniziativa per individuare una nuova sede per il distaccamento di Catania sud; sopperire alle carenze in organico di personale qualificato e vigile attraverso, la mobilità immediata del personale anziano che presta servizio in altri comandi senza ulteriori oneri per l'amministrazione; disporre un'assegnazione immediata di mezzi antincendio tale da garantire ad ogni distaccamento un APS efficiente;
   sulle carenze di personale, inoltre, le organizzazioni sindacali e l'interrogante, ritengono non più procrastinabile: assegnare immediatamente il contingente totale di vigili del fuoco non specialisti previsto in potenziamento nel nuovo decreto ministeriale di prossima pubblicazione, pari a 40 unità nel profilo da vigile permanente, già in occasione dell'assegnazione del 75o corso di formazione in atto alla DCF e che si concluderà nel prossimo mese di giugno; aumentare il budget per Catania delle ore di straordinario per sopperire nell'immediato alle carenze di organico di personale qualificato ed autista; incrementare il contingente dei richiami dei vigili discontinui attingendo dalla disponibilità nazionale;
   oltre a queste inaccettabili carenze strutturali e di personali, il Corpo dei vigili del fuoco deve subire gli atti amministrativi della regione siciliana;
   infatti, la regione siciliana ha distratto i fondi ex-legge 433 del 1991 destinati alla costruzione del nuovo distaccamento dei Vigili del fuoco di Catania sud, omologo a quello di San Giovanni Galermo, per utilizzarli su altre opere non dedicate al miglioramento dello standard di sicurezza della città e per la provincia di Catania –:
   quali iniziative o provvedimenti intenda assumere il Ministro interrogato al fine di superare le problematiche esposte in premessa. (4-08955)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo nazionale vigili del fuoco a causa di tagli lineari non selettivi, del parziale blocco del «turn over» e di un potenziamento degli organici mai effettivamente perseguito, ha subito una forte contrazione delle risorse umane disponibili a discapito degli standard di efficienza ed efficacia della propria azione, ovvero della qualità del servizio offerto alla cittadinanza;
   a tali fattori si aggiunge il progressivo invecchiamento del personale che, proprio in funzione dell'affaticamento cagionato dall'eccessivo carico di lavoro, dal mancato riconoscimento di norme in tutela della categoria non ancora riconosciute, determina il ricorso da parte delle commissioni mediche Ospedaliere al riconoscimento dell'idoneità parziale al servizio di soccorso;
   tale condizione costringe i locali dirigenti ad individuare, per i suddetti casi in continuo preoccupante aumento, posti e posizioni in attività non correlate all'attività di soccorso e pertanto crea ulteriori carenze nel settore dedicato alla prevenzione, sicurezza e soccorso tecnico urgente;
   nel corso dell’iter di approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013 n. 101, articolo 8, è stata disposta l'assunzione di 1.000 unità di Vigili del fuoco impiegando parte delle risorse rinvenienti dal contingente annuale di richiamo dei vigili discontinui;
   per dare corso a tale assunzione si è proceduto mediante lo scorrimento in parti uguali, da entrante le graduatorie vigenti in corso di validità;
   ai sensi dell'articolo 3 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 la validità delle graduatorie è stata prorogata al 31 dicembre 2016, mentre ai sensi dell'articolo 3, comma 3-octies, del citato decreto si è disposto un ulteriore incremento delle dotazioni organiche di 1.030 unità, di cui 1.000 nel ruolo operativo utilizzando lo scorrimento delle richiamate graduatorie;
   a giudizio dell'odierno interrogante e della Federazione nazionale dei vigili del fuoco l'incremento delle unità ottenute nel corso degli anni non è riuscito a colmare la pregressa carenza di personale del Corpo nazionale vigili del fuoco –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno provvedere a stanziare fondi tali da implementare le esigue risorse disponibili per il recupero del turn over per gli anni 2014-2015-2016 portandolo dall'attuale 55 per cento al 100 per cento;
   se non ritenga altresì utile impiegare le somme residuali rinvenienti il richiamo annuale dei vigili discontinui, pari a circa 40 milioni di euro per potenziare la categoria così come successo per le precedenti potenziamenti di 1.000 e 1.030 unità. (4-08956)


   SALTAMARTINI e MOLTENI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   alla missione militare navale nota come Mare Nostrum, avviata all'indomani della tragedia di Lampedusa, occorsa il 3 ottobre 2013, non era attribuito soltanto il compito di salvare la vita dei migranti clandestini in pericolo nel Mediterraneo, ma altresì quello di contrastare il fenomeno, procedendo all'arresto degli scafisti eventualmente trovati a bordo delle imbarcazioni in difficoltà ed al sequestro dei relativi natanti;
   vengono costantemente ricordati i «successi» umanitari riportati dalla missione Mare Nostrum, specialmente nei confronti di quella nota come Triton, che si svolge sotto l'egida dell'Agenzia Frontex dell'Unione europea, mentre poco o nulla si sa dell'aspetto di deterrenza che la presenza delle navi della Marina militare nel canale di Sicilia avrebbe dovuto assicurare con la medesima intensità;
   nel momento in cui si discute, anche a livello europeo, su cosa fare per indebolire la pressione migratoria gravante sul nostro Paese sembra opportuno informare il dibattito in corso nel modo più completo possibile, fornendo all'opinione pubblica alcuni elementi di cruciale importanza che finora sono mancati –:
   quanti scafisti siano stati arrestati o tratti in stato di fermo dopo la tragedia di Lampedusa ed il conseguente avvio di Mare Nostrum;
   quanti degli scafisti arrestati o fermati siano stati condannati e per quali reati;
   quanti tra i condannati siano ancora nelle carceri italiane e quanti invece siano stati espulsi;
   quanti tra arrestati e fermati fossero in possesso di un regolare permesso di soggiorno, quanti avessero ottenuto asilo politico e quanti fossero stati ospitati nei centri accoglienza;
   quante imbarcazioni siano affondate, quante siano state sequestrate e quante confiscate. (4-08958)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si ha notizia di prefetti che avrebbero inviato lettere ad un certo numero di sindaci alla testa di comuni nelle rispettive aree di competenza, per sollecitarli a predisporre piani di accoglienza per gli immigrati clandestini in arrivo via mare, ventilando in caso contrario il ricorso alla requisizione di immobili, una misura coatta di grande gravità;
   tra loro, stando almeno a quanto hanno pubblicato organi di stampa consultabili on line, vi sarebbe certamente il prefetto di Pisa, Attilio Visconti;
   il prefetto di Bologna, Ennio Mario Sodano, inoltre, il 23 aprile 2015 ha apertamente ammesso che la requisizione di immobili privati «è una delle tante possibilità, uno degli strumenti che ci dà l'ordinamento. È un termine che attira l'immaginazione, ma è straordinario ed eccezionale. Quindi in condizioni straordinarie ed eccezionali sicuramente ci sarà anche quello, ma fino a che possibile cerchiamo di evitarlo», determinando vivo allarme non solo tra i proprietari di case sfitte, ma anche all'interno delle associazioni che raggruppano i costruttori edili –:
   se le circostanze generalizzate nella premessa corrispondano al vero;
   quali siano i prefetti che abbiano inviato lettere del tenore specificato nelle premesse ai Sindaci delle loro zone di competenza;
   se i Prefetti abbiano agito di loro iniziativa — ed in questo caso cosa si aspetti a rimuoverli o invece dando attuazione a disposizioni impartite dal Governo;
   in quest'ultimo caso, per quali ragioni il Governo non abbia impartito analoghe disposizioni ai prefetti per attivarli e spingerli a predispone interventi di emergenza in favore dei cittadini italiani rimasti senza casa. (4-08959)


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dopo aver dato notizia dei tagli apportati alle dotazioni di personale della polizia di Frontiera al Tarvisio, privati del 25 per cento degli organici per rafforzare i presidi aeroportuali lombardi, la stampa locale friulana pubblica reportage e testimonianze che avvalorano le perplessità manifestate anche dalla magistratura circa l'opportunità della scelta fatta;
   secondo una testimonianza, resa da un imprenditore di Porpetto e pubblicata il 27 aprile 2015 da Il Messaggero Veneto, non sarebbero infatti rari gli arrivi nelle prime ore del mattino di mezzi pesanti, che uscirebbero dall'autostrada al casello di zona, percorrerebbero meno di un chilometro di strada provinciale in direzione del Comune di San Giorgio di Nogaro, scaricando infine il loro carico umano nei pressi dell'area artigianale;
   stando alla medesima testimonianza, i clandestini arriverebbero a gruppetti di 5-6 persone ospitate nei cassoni sul retro dei camion – che sarebbero per lo più di apparente provenienza afghana, pakistana e siriana: circostanza che darebbe forza alle opinioni già espresse dal procuratore di Udine, Tito, secondo il quale Tarvisio sarebbe la porta d'accesso degli immigrati asiatici e mediorientali, che si radunerebbero in Ungheria e verrebbero poi convogliati verso il nostro Paese;
   sempre stando alla testimonianza dell'imprenditore di Porpetto, tutti gli extracomunitari scaricati dal mezzo pesante si incamminerebbero verso San Giorgio di Nogaro o altra destinazione, come fossero attesi da qualcuno, che poi permetterebbe loro di far perdere le tracce;
   nella stessa edizione del 27 aprile 2015, la medesima testata locale dà altresì notizia del fermo, avvenuto a Coccau, di altri sei clandestini di nazionalità afghana, condotti alla nostra frontiera da un autista rumeno, che è stato arrestato –:
   se alla luce di quanto la stampa sta documentando sul flusso di clandestini extracomunitari che entrano dal Tarvisio il Governo non ritenga di dover restituire ai presidi della Polizia di Frontiera gli organici appena sottrattigli;
   se il Governo non consideri inoltre opportuno rafforzare comunque tutti i presidi delle Forze dell'Ordine in Friuli-Venezia Giulia. (4-08965)


   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 23 aprile 2015 i carabinieri di Codevigo hanno posto sotto sequestro un'azienda agricola di proprietà dei Fratelli Faverato a Correzzola, in provincia di Padova;
   le indagini erano iniziate nel settembre 2014 dopo l'arresto di un cittadino indiano che aveva ferito un connazionale a colpi di machete nelle campagne della zona;
   gli investigatori hanno impiegato diversi mesi per ricostruire la vicenda e hanno scoperto che nell'azienda trovavano occupazione circa trenta cittadini indiani;
   soltanto per alcuni di questi erano state avviate le pratiche di regolarizzazione, mentre altri si trovavano in Italia in condizione di clandestinità;
   i titolari dell'impresa, insieme ad altri quattro cittadini indiani, sono accusati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e occupazione illegale di lavoratori immigrati clandestini;
   la brillante operazione dei carabinieri ha consentito di far emergere le condizioni disumane nelle quali i trenta operai venivano sfruttati dai loro stessi connazionali al servizio dei fratelli Faverato;
   i lavoratori vivevano in una abitazione in condizioni disumane costretti a dormire anche in dieci in una sola stanza, con servizi igienici precari all'esterno in un container da cantiere, spesso soggetti a punizioni corporali e a sevizie da parte degli stessi connazionali, sottoposti a turni massacranti, privi di tutele, per compensi assolutamente irrisori con i quali dovevano, per di più, pagare l'affitto dell'abitazione;
   i sindacati di categoria e la direzione provinciale del lavoro non hanno esitato a indicare questo caso come un grave episodio di caporalato, fenomeno più volte denunciato dalle organizzazioni sindacali nel settore dell'agricoltura in provincia di Padova;
   la vicenda ha sollevato forte sconcerto nelle comunità locali e nelle amministrazioni della zona e gli investigatori stanno monitorando le aziende che gestiscono terreni limitrofi per verificare se sussistano casi simili –:
   se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intendano adottare per monitorare la situazione e per prevenire e contrastare il fenomeno del caporalato, l'intermediazione e lo sfruttamento di manodopera clandestina e lo sfruttamento dei lavoratori nelle imprese della provincia di Padova. (4-08971)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, VACCA, LUIGI GALLO, D'UVA, SIMONE VALENTE, DI BENEDETTO, MARZANA e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il disegno di legge A.C. n. 2994 contenente la riforma della scuola ha suscitato forti malumori e malcontento in tutta la scuola italiana già dal suo esordio: i molti annunci e i continui cambi di marcia che il Governo ha effettuato fino ad oggi hanno scontentato tutti i precari, molti docenti già in ruolo e tutte le sigle sindacali;
   i docenti e personale amministrativo, tecnico e ausiliario hanno fin dall'inizio manifestato la loro opposizione alla cosiddetta «Buona Scuola» in tutti i modi leciti a loro disposizione, contro la riforma varata dal Governo Renzi;
   gli scioperi, i cortei, i sit-in, i flash-mob e le manifestazioni a cui hanno partecipato numerosi i docenti italiani si sono sempre svolti senza incidenti. Migliaia di persone provenienti da tutte le regioni d'Italia hanno sfilato a Roma il 24 aprile scorso, manifestando il proprio dissenso in modo assolutamente pacifico, ordinato e organizzato;
   i docenti e tutto il personale scolastico hanno espresso il proprio profondo dissenso alla riforma con dignità e responsabilità, palesando in modo forte ma pacifico il proprio malcontento per un disegno di legge che non eliminerà in alcun modo il precariato scolastico ma che modificherà sostanzialmente l'attuale assetto della scuola pubblica statale rafforzando il potere dei dirigenti, introducendo la cosiddetta chiamata diretta dei docenti da parte del dirigente e stravolgendo, di fatto, lo status giuridico dei docenti;
   dopo lo sciopero del 24 aprile scorso che ha visto la partecipazione di un gran numero di cittadini, è stato indetto per il prossimo 5 maggio uno sciopero unitario di tutte le sigle sindacali contro il progetto della «la Buona Scuola»;
   il 18 aprile il Ministro Stefania Giannini in un tweet sul suo profilo Twitter ha dichiarato: «Manifesto rispetto per chi sciopera. Stiamo cercando di costruire consenso su #labuonascuola, riforma culturale rivoluzionaria», mentre il Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi il 19 aprile durante l'inaugurazione della campagna elettorale del PD a Mantova ha dichiarato «Si fa sciopero per un motivo per me incomprensibile»;
   il 25 aprile 2015 a Bologna, durante la Festa dell'Unità, alcuni docenti hanno contestato verbalmente le dichiarazioni del Ministro Giannini e tutta la riforma sulla scuola, contestazioni verbali che hanno espresso l'inadeguatezza di questa riforma e il forte malcontento diffuso non solo tra i precari, ma anche tra studenti e genitori;
   in un'intervista del 26 aprile 2015 al quotidiano Repubblica il Ministro ha commentato con queste parole l'accaduto: «Mi hanno insultata, parolacce irripetibili. Non mi hanno permesso di parlare, in un luogo pensato per discutere: una Festa dell'Unità. Erano disinteressati ad ascoltare quello che avevo da dire. Come li vuole chiamare, quei cinquanta di Bologna. Squadristi. Insegno linguistica da tempo e non trovo altro termine. Sono stata aggredita da cinquanta squadristi. Vivaddio, solo verbalmente»;
   tale dichiarazione ha avuto l'unica conseguenza di esacerbare ulteriormente lo scontro: i docenti italiani hanno infatti scritto una lettera al Ministro, dichiarando inaccettabili queste parole, soprattutto da parte di un Ministro della Repubblica che ha il dovere di porsi in un atteggiamento di ascolto e di confronto nei confronti dei cittadini che rappresenta;
   risulta, in particolare, assai grave e lesivo della dignità del corpo docenti italiano l'epiteto di «squadristi» che il Ministro ha rivolto ai circa cinquanta docenti che, «armati» di fischietti, cucchiai e pentolini hanno contestato il Ministro e manifestato legittimamente e pacificamente, il proprio dissenso verso la riforma a firma Giannini –:
   se Ministro interrogato intenda ritirare l'epiteto di «squadristi» rivolto ai docenti presenti alla manifestazione di cui in premessa, offensivo del corpo docente tutto e totalmente inadeguato al ruolo istituzionale che il Ministro Giannini ricopre. (5-05461)


   DI BENEDETTO, BRESCIA, MARZANA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in tutta Italia continuano a crollare le scuole, compromettendo la sicurezza di alunni e docenti;
   insieme ad esse secondo gli interroganti crolla anche la politica di annunci tenuta dal Ministero sul completamento e la pubblicazione dell'anagrafe dell'edilizia scolastica;
   infatti ne era stata annunciata dal Sottosegretario Faraone la definitiva pubblicazione per il giorno 22 aprile 2015, a seguito dell'ultimo crollo avvenuto nella scuola Pessina di Ostuni. Il giorno atteso è arrivato ma il Ministero non ha proceduto ad alcuna iniziativa, se non quella di ennesimo rinvio, peraltro a data non definita; la giustificazione addotta è consistita nel mancato invio dei dati sull'edilizia scolastica da parte di 5 regioni;
   tale fatto, però, era già ben conosciuto tant’è che da numerose dichiarazioni pubbliche sia del sottosegretario Faraone che del Ministro Giannini si evinceva la volontà di voler comunque procedere alla diffusione dei dati dell'anagrafe in proprio possesso, anche se incompleti;
   tutto ciò desta preoccupazione per gli odierni interroganti, consapevoli che l'anagrafe è strumento imprescindibile per procedere agli interventi di edilizia scolastica e necessita di tempi certi e obblighi non più prorogabili;
   il Ministero ha l'obbligo di pubblicare i dati dell'Anagrafe on-line in ottemperanza a quanto deciso dalla sentenza del T.A.R. Lazio n. 03014/2014, e dall'ordinanza del Consiglio di Stato (agosto 2014);
   inoltre il Ministero è obbligato secondo i principi di trasparenza, nonché i principi dettati dal decreto legislativo n. 33 del 2013, che prevede l'obbligo di accessibilità totale, da parte della pubblica amministrazione, delle informazioni concernenti l'organizzazione e le attività delle amministrazioni stesse, ivi comprese, quelle sullo stato delle scuole italiane –:
   quali siano state le ragioni che non hanno permesso la pubblicazione dell'anagrafe in data 22 aprile 2015, come annunciato;
   quali attività intraprenderà il Ministro per giungere alla pubblicazione a data certa dell'anagrafe;
   quale data verrà stabilita per tale pubblicazione;
   quali attività intraprenderà perché le regioni adempiano all'invio dei dati necessari;
   quali siano le regioni che non hanno inviato i propri dati sull'edilizia scolastica.
(5-05463)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   nuovo piano aziendale di Auchan il gruppo francese della grande distribuzione prevede il licenziamento di circa 267 lavoratori nella sola Sicilia, circa il 25 per cento degli addetti complessivi in regione;
   sono sei i centri commerciali siciliani di cui tre nella sola provincia di Catania due a Palermo e uno a Melilli nel siracusano;
   tra le ragioni della crisi oltre al calo dei consumi il gruppo francese parla dichiaratamente di una concorrenza sleale praticata proprio al sud da parte di altri gruppi della grande distribuzione che non applicherebbero i contratti di categoria nazionali;
   sarebbe paradossale che fossero proprio i lavoratori a pagare le conseguenze di una concorrenza sleale;
   il 9 maggio 2015 i dipendenti del gruppo hanno proclamato una giornata di sciopero ed è opportuno che il Governo prima di quella data si faccia promotore di una iniziativa finalizzata a scongiurare i tagli annunciati –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare con la massima urgenza la fine di scongiurare i tagli annunciati da Auchan e salvaguardare gli attuali livelli occupazionali. (5-05459)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso della situazione che stanno vivendo i cento dipendenti che lavoravano presso l'Insider Srl di Udine, azienda poi fallita a causa della crisi. Da oltre 10 mesi questi lavoratori non riescono a ottenere né la mobilità né il trattamento di fine rapporto;
   al riguardo, l'Inps, anche su richiesta dei lavoratori, non dà alcun riscontro sulla mancata attribuzione della mobilità e del tfr; l'Ente si è limitato a riferire che vi è un'indagine in corso. Si ipotizza dunque che l'indagine verta su contributi non versati;
   adesso questi lavoratori con le loro famiglie sono in gravi difficoltà economiche. Si ritiene, dunque, necessario un intervento affinché venga risolta urgentemente questa assurda situazione per tutelare i lavoratori –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro rispetto ai fatti esposti in premessa;
   se e quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché i dipendenti dell'azienda fallita, Insider srl, vengano tutelati e si proceda al riconoscimento della mobilità e del trattamento di fine rapporto. (5-05460)


   DI VITA, LOREFICE, GRILLO, MANTERO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la pensione di inabilità è prevista dalla legge e spetta agli invalidi civili nei confronti dei quali sia stata accertata una totale inabilità al lavoro e che si trovino in stato di bisogno economico. L'assegno mensile, invece, è previsto per gli invalidi civili nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento. In entrambi i casi l'età dell'invalido deve essere compresa tra i 18 e i 65 anni e per valutare lo stato di bisogno economico vengono fissati annualmente dei limiti di reddito personale;
   l'indennità di accompagnamento, invece, spetta agli invalidi civili totali che, per malattie fisiche o psichiche, si trovino nella impossibilità di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognino di una assistenza continua. L'indennità di accompagnamento, a differenza di altri benefìci economici concessi agli invalidi, è indipendente dall'età e dalla condizioni reddituali della persona;
   l'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente) è uno strumento che permette di misurare la condizione economica delle famiglie che tiene conto di reddito e patrimonio (mobiliare e immobiliare) e delle caratteristiche di un nucleo familiare (per numerosità e tipologia);
   detto indicatore esiste nella normativa italiana dal 1998, ma la sua applicazione è unanimemente ritenuta carente, inefficace e causa di un notevole numero di contenziosi. Da alcuni è, inoltre, ritenuto uno strumento scarsamente efficace nel contrasto di elusioni o abusi;
   la procedura di accertamento dell'invalidità civile è stata radicalmente rinnovata dall'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, titolato «Contrasto alle frodi in materia di invalidità civile», che attribuisce all'INPS nuove competenze per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità con l'intento di ottenere tempi più rapidi e modalità più chiare per il riconoscimento dei relativi benefìci, dando così avvio al cosiddetto piano straordinario contro i falsi invalidi;
   nel 2011 il Parlamento ha convertito in legge il decreto «Salva Italia» il cui articolo 5 conteneva le indicazioni per la definizione del nuovo ISEE. In quella disposizione si prevede di considerare come reddito anche le provvidenze assistenziali (pensioni sociali, indennità di accompagnamento, assegni di cura e altro); contro tale norma le associazioni e le federazioni a tutela delle persone con disabilità hanno alzato subito la voce, ma senza trovare piena sponda in Parlamento;
   il 3 dicembre 2013 il Consiglio dei ministri ha approvato decreto del Presidente del Consiglio n. 159 del 2013, ovvero il «Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 gennaio 2014;
   qualche testata giornalistica ha esordito con la notizia presentandola trionfalmente come un mezzo per contrastare furbetti ed evasori che godevano illecitamente di servizi, esenzioni ed erogazioni per meno abbienti. Titoli come «Cambia l'Isee, è guerra ai finti poveri Letta: “Basta Ferrari in università”» hanno sicuramente evidenziato tutta una serie di illeciti che adesso, con i controlli incrociati al reddito reale con lo stile di vita e le spese effettuate, possibili anche attraverso il controllo di conti correnti e depositi, sarà più difficile perpetrare. In altri articoli la stessa frase riferita all'ex Presidente del Consiglio Letta, dove redarguiva l'elusione del giovane universitario che non pagava le tasse universitarie ma si presentava in Ferrari, è sembrata essere una frase di rivincita volta a favorire le famiglie e i disabili meno abbienti;
   sulla base di una recente notizia stampa – ci si riferisce ad un articolo pubblicato su Giornale di Sicilia del 9 aprile 2015, pagina 15, dal titolo «Pensioni d'invalidità stretta del Governo» – gli interroganti hanno appreso di alcune dichiarazioni del nuovo commissario alla spending review, Yoram Gutgeld, dell'intenzione governativa di intervenire nuovamente per rivedere il sistema delle pensioni di invalidità allo scopo precipuo di ridurre le disparità territoriali nel sistema previdenziale italiano;
   si legge nell'articolo che «Dal momento che in alcune regioni viene erogato un numero di pensioni di invalidità ritenuto troppo elevato, saranno messi in campo degli interventi di controllo in collaborazione con le regioni, interventi che andranno ad analizzare non solo le pensioni di invalidità vere e proprie ma anche tutte le prestazioni previdenziali e assistenziali»;
   tale decisione governativa sarebbe altresì motivata, in particolare, – si legge nel medesimo articolo – sulla scorta delle seguenti considerazioni del neo Commissario Gutgeld: «le prestazioni assistenziali vengono erogate da istituzioni diverse (...), ognuna delle quali non conosce gli interventi effettivamente assegnati dalle altre. In tal modo uno stesso contribuente può totalizzare anche tre prestazioni assistenziali differenti (...) mentre un altro contribuente può non disporre di alcuna prestazione. Alcune prestazioni previdenziali e assistenziali, come avviene anche nel caso dell'indennità di accompagnamento, sono del tutto scollegate dal reddito prodotto o percepito dal contribuente, perché assegnate per la sola invalidità totale. Proprio questo sarebbe, il punto in cui potrebbe andare a configurarsi l'intervento più consistente di spending review. Nel comparto delle prestazioni assistenziali: le sole indennità di accompagnamento, infatti, sono una voce di spesa che impegna più di 13 miliardi l'anno e l'intenzione del Governo, come già era stato proposto anche dal precedente commissario alla spending review Carlo Cottarelli, sarebbe quella di collegarle al reddito di ogni contribuente, assegnandole effettivamente nei soli casi di redditi più bassi»;
   d'altro canto, sulla problematica in questione, un articolo de il Fatto Quotidiano.it del 18 aprile 2014, dal titolo «Falsi invalidi, la lotta alle frodi è in salita. Inps: “Risparmi marginali, se non virtuali”», già dalla sola lettura del suo sottotitolo, sintetizza molto bene invece il quadro relativo agli sviluppi più recenti del cosiddetto piano straordinario contro i falsi invalidi, tutta ora in corso: «Cottarelli rilancia la battaglia su truffe e indebite percezioni puntando a 400 milioni di risparmi in due anni. Ma negli ultimi cinque i risultati sono stati modesti: nel 2012 gli indagati e arrestati per truffa erano lo 0,06 per cento degli aventi diritto, lo Stato ha recuperato 170 milioni, ma 110 sono stati spesi per le verifiche. Così l'Inps smorza l'entusiasmo del Governo, mentre le associazioni contestano le analisi del commissario»;
   il 9 aprile 2014 Il Tar del Lazio si è pronunciato, con sentenza n. 3851/2014, sul giudizio avviato da ANFFAS Onlus con l'intervento ad adiuvandum della FISH contro una serie di messaggi e circolari con cui l'INPS, fra il 2011 e il 2012, ha disciplinato i controlli dei piani straordinari di verifica sui cosiddetti «falsi invalidi» per 500.000 persone, riconoscendo che le modalità adottate dall'INPS per le verifiche straordinarie sono state illegittime e lesive dei diritti delle vere persone con disabilità e sconfessando anche i dati forniti dall'Istituto in materia;
   gli interroganti ritengono scoraggiante e deludente vedere riproposta l'intenzione di attivare di nuovo un sistema di controlli straordinari, che ha già ampiamente dimostrato nel recente passato la sua scarsa efficacia, per non dire inutilità. È infatti forse il quinto Governo che ritiene questa la via maestra per risolvere il problema delle risorse, nonostante i controlli straordinari costino più della quota eventuale di risparmio, considerando oltretutto un altro rischio non trascurabile nell'operazione, ovvero che tale campagna porti consenso ma finisca per distrarre l'attenzione dal vero terreno di coltura del fenomeno: la criminalità organizzata, la politica, la burocrazia. Gli invalidi, veri o presunti, non si certificano da soli: dietro si nascondono, infatti, medici conniventi e interessi economici/clientelari enormi;
   molti genitori di persone con disabilità hanno espresso già nei giorni scorsi grande preoccupazione per l'approvazione del nuovo documento di economia e finanza, soprattutto in relazione a possibili «razionalizzazioni» dei fondi per l'assistenza alle persone con disabilità. Infatti, secondo quanto riportato anche dal giornale on line «superabile» dell'Inail, in riferimento alla spesa per anziani e disabili, che tenderà ad aumentare nei prossimi anni per l'invecchiamento della popolazione, il documento di economia e finanza prevede che proseguirà «la razionalizzazione della spesa per invalidità, finalizzata ad eliminare differenze interregionali e intra regionali non giustificate e sarà sviluppato un nuovo modello di assistenza sociale più equo, che ottimizzi il coordinamento tra gli enti preposti (Inps, comuni, Asl)»;
   è dal 2010 che si tende ad eliminare o a ridurre le indennità di accompagnamento e altri fondi di cui godono le persone con disabilità. Si spera che il Governo Renzi non persegua questo obiettivo e non faccia proprie le proposte del commissario Gutgeld, rese pubbliche in più occasioni;
   già in una intervista dell'agosto 2013 rilasciata all’Unità, Gutgeld ha sostenuto che le indennità di accompagnamento si potrebbero eliminare e offrire alle persone disabili maggiori servizi;
   si ritiene che si debbano eliminare sprechi e privilegi di ogni genere e in ogni settore, ma si debba evitare anche di accanirsi ancora sulle persone effettivamente più deboli e in difficoltà, mettendo a rischio nei casi più gravi anche la loro sopravvivenza;
   in tale direzione bisognerebbe prevedere invece un piano che consenta di offrire loro servizi aggiuntivi e non sostitutivi delle indennità di accompagnamento, di aumentare le risorse per la ricerca biomedica, di favorire l'inserimento al lavoro e di eliminare gli ostacoli e le barriere che impediscono di godere a queste persone pari opportunità e di poter condurre una vita autonoma e dignitosa, come prevede anche la Costituzione italiana e la convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità;
   una riforma seria delle modalità di accertamento dell'invalidità dovrebbe tendere a contrastare e prevenire, da un lato, gli abusi e le frodi rendendo facilmente individuabili i corrotti e i corruttori e non limitarsi a disciplinare controlli a posteriori, quando il reato si è già consumato, dall'altro, invece, le inefficienze e le iniquità, anche soprattutto tramite l'introduzione degli ICF, la classificazione internazionale del funzionamento, disabilità e della salute, promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità ormai dal 2001 –:
   se il Governo sia a conoscenza delle questioni sopra esposte e se intenda assicurare sin d'ora, scongiurando la linea di intervento prefigurata dal neo commissario straordinario per la spending review, Yomar Gutgeld, come già dall'allora commissario Carlo Cottarelli, che non procederà a collegare al reddito prodotto o percepito dal contribuente l'assegnazione dell'indennità d'accompagnamento, soprattutto data l'incertezza circa gli esiti applicativi del nuovo impianto ISEE, nonché alla luce della mancata revisione dell'articolo 5 del decreto-legge «Salva Italia» che vede dette provvidenze assistenziali, peraltro costituzionalmente garantite, ingiustamente assimilate a voci di reddito;
   se, in particolare, si intenda correttamente verificare la disomogeneità assistenziale tra Nord e Sud Italia in funzione e sulla base dei servizi offerti sul territorio e della loro qualità, per verificare se la dichiarata disomogeneità si riscontri anche in tal caso;
   se il Governo abbia già provveduto a disporre un'indagine interna alle sedi regionali dell'INPS per individuare le cause reali delle frodi riscontrate o, in caso contrario, se non intenda disporla urgentemente;
   se e quali iniziative intenda intraprendere, o abbia già intrapreso, al fine di favorire l'implementazione del whistleblowing nelle amministrazioni coinvolte al fine di favorire l'emergere dei casi illeciti;
   se intenda avviare iniziative, anche di carattere normativo, più appropriate di quelle attualmente in atto, utili a garantire finalmente una concreta semplificazione dell'attuale iter amministrativo di riconoscimento dell'invalidità civile, secondo la linea di intervento 1 – revisione del sistema di accesso, riconoscimento/certificazione della condizione di disabilità e modello di intervento del sistema socio-sanitario – del decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013 «Adozione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità». (5-05462)


   GUIDESI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   senza stipendio da cinque mesi e con diversi arretrati da percepire, una quarantina di dipendenti, quasi tutte donne, della cooperativa Winfor di Castiglione, ditta che inscatola cosmetici per la Intercos di Dovera, dallo scorso 12 sono a casa senza lavoro;
   non sono noti i motivi del licenziamento, peraltro avvenuto solo verbalmente e senza apertura di procedure di alcun tipo, comunicandolo ai diretti interessati dal venerdì al lunedì successivo, giorno in cui la ditta è stata trovata chiusa;
   per capire cosa stesse accadendo, il sindacato ha interpellato la committente della cooperativa, la Intercos di Dovera, che, però, sembra abbia tentato di chiamarsi fuori spiegando che fino al 28 febbraio ha avuto un rapporto di appalto e di lavoro con la Elenoir, la quale dal 1o marzo ha costruito un rapporto con la Elecos e che, quindi, sarebbero state queste due coop ad avere dato un subappalto alla Winfor, di cui i lavoratori erano dipendenti dall'8 gennaio 2014, e supponendo, con riguardo agli stipendi arretrati, che forse i soldi siano stati utilizzati per comprare materie prime o progettare altro, dal momento che era stato saldato tutto dalla committenza fino al 28 febbraio 2015;
   secondo una ricostruzione esposta dai sindacati in un'assemblea pubblica voluta dall'amministrazione comunale, tenutasi il 21 aprile 2015, trattasi di un crocevia di ben 15 cooperative, tra cui la Winfor impegnata dal 2014, a lavoro sempre per un unico committente, la multinazionale del cosmetico Intercos, le quali, in 11 di lavoro, hanno sempre prodotto cosmetici in un raggio di 25 chilometri, ma si sono spesso avvicendate tra loro cambiando, intestazioni in tutta Italia, in questi 11 anni, peraltro, alcuni dei predetti 40 lavoratori ora licenziati hanno lavorato per 15 imprenditori diversi ma soltanto in due stabilimenti, tra Castiglione e Chieve, ma sempre in capannoni Intercos;
   a parere dell'interrogante è assurdo che un'azienda non sappia il proprio ciclo di esternalizzazione, né lo tenga monitorato ai fini delle commesse e dei pagamenti stipendiali;
   se la ricostruzione di cui in premessa in merito alla Intercos ed ai suoi appalti e subappalti corrispondesse al vero secondo gli interroganti si evidenzierebbe l'ennesimo episodio di ambiguità e disonestà che caratterizza oramai il sistema delle cooperative;
   sarebbe necessario un intervento affinché la Intercos si faccia carico dei pagamenti degli stipendi arretrati, essendo peraltro corresponsabile nella posizione debitoria –:
   se ed in che termini il Governo intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, per far luce sulle ragioni del licenziamento – peraltro illegittimo in quanto intimato oralmente – e sparizione della cooperativa datrice di lavoro, ovvero se intenda assumere iniziative normative affinché in casi come quello descritto in premessa sia prevista – a titolo di sanzione – l'automatica assunzione dei dipendenti da parte della committente.
(5-05464)

Interrogazione a risposta scritta:


   D'INCECCO e FUSILLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'evoluzione tecnologica, le esigenze produttive e organizzative dell'impresa e i possibili benefici derivanti dall'attivazione di impianti di geolocalizzazione su veicoli e strumenti aziendali, hanno determinato un utilizzo sempre più diffuso di simili sistemi;
   l'evoluzione delle condizioni di lavoro rende oggi sempre più difficile distinguere il confine tra le ore di lavoro e la vita privata;
   l'uso improprio e sproporzionato dei sistemi di controllo mette a rischio la libertà e i diritti dei lavoratori;
   la localizzazione di dispositivi in dotazione ai dipendenti, così come di veicoli affidati ai medesimi, può comportare una forma di controllo a distanza dell'attività lavorativa, rispetto alla quale vengono in rilievo le disposizioni del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il «codice in materia di protezione dei dati personali» (noto comunemente anche come «Testo unico sulla privacy») nonché della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante il cosiddetto «statuto dei lavoratori»;
   l'articolo 4 dello statuto dei lavoratori stabilisce che «È vietato l'uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l'Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l'uso di tali impianti. Per gli impianti e le apparecchiature esistenti, che rispondano alle caratteristiche di cui al secondo comma del presente articolo, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, l'Ispettorato del lavoro provvede entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, dettando all'occorrenza le prescrizioni per l'adeguamento e le modalità di uso degli impianti suddetti»;
   secondo la normativa vigente bisogna far precedere l'installazione del sistema di geolocalizzazione alla sottoscrizione di un apposito accordo con le rappresentanze sindacali (o ad autorizzazione della direzione provinciale del lavoro) ed osservare alcuni adempimenti in materia di «privacy»: istanza di verifica preliminare e notificazione al Garante, informativa «privacy» da fornire agli interessati, nomina ad incaricato e a responsabile dei soggetti coinvolti nelle operazioni di trattamento dei dati, misure di sicurezza minime e idonee a ridurre rischi di accessi non autorizzati e perdita o distruzione dei dati;
   la normativa si applica sia nel caso di impianti gps installati su veicoli aziendali, sia nell'ipotesi in cui il trattamento dei dati di localizzazione geografica avvenga attraverso tablet o smartphone aziendali e app mobile ivi installate, come stabilisce il Garante per la protezione dei dati personali nei provvedimenti dell'11 settembre e del 9 ottobre del 2014;
   il Garante però indica alcuni adempimenti da rispettare nel caso di trattamento di dati di, localizzazione geografica effettuato tramite l'utilizzo di uno smartphone aziendale: oltre agli obblighi per il trattamento dei dati di localizzazione, a prescindere dallo strumento adoperato per la loro acquisizione, stabilisce l'obbligo di configurare il sistema in modo tale da rendere sempre chiaramente visibile sullo schermo del device in uso al dipendente un'icona che segnali l'attivazione della funzione di localizzazione;
   i lavoratori dovranno inoltre essere adeguatamente formati sulle modalità di disattivazione di tale funzione nel corso dell'orario di lavoro, dal momento che il sistema non deve consentire, di regola, la rilevazione continuativa di dati relativi alla localizzazione geografica e deve evitare la storicizzazione degli spostamenti del dipendente;
   il Garante prevede infine che il titolare che intenda effettuare un trattamento di dati di localizzazione tramite dispositivo mobile debba adottare, oltre alle misure di sicurezza già previste nel codice della privacy e in specifici provvedimenti dell'Autorità, misure idonee a garantire che le informazioni acquisite tramite il dispositivo mobile siano riferibili esclusivamente ai dati di geolocalizzazione, dovendo invece escludersi, da parte dell'applicazione installata, l'accesso ad altre informazioni presenti sullo smartphone e il conseguente trattamento di dati ultronei (dati relativi al traffico telefonico, agli sms o alla posta elettronica);
   le prescrizioni dello statuto dei lavoratori e le indicazioni del Garante sono riferite ai lavoratori dipendenti e non riguardano i lavoratori autonomi (agenti di commercio, agenti e rappresentanti, consulenti, intermediari, CoCoCo e, in genere, il «mondo» delle partite IVA), costretti a fare lavori sostanzialmente sovrapponibili a quello dei lavoratori a contratto nazionale, senza averne i relativi benefici contrattuali;
   il lavoratore autonomo non gode delle stesse tutele (sindacati, uffici del lavoro, statuto dei lavoratori), di un lavoratore dipendente e spesso viene considerato di «serie B». Pur avendo gli stessi doveri, non ha gli stessi diritti e condizioni di miglior favore ravvisabili nel contratto subordinato;
   l'uso di tablet e smartphone, che registrano dettagliatamente i percorsi e rendicontano, minuto per minuto, l'attività lavorativa, si pone in contrasto con l'autonomia contrattuale e, pertanto, il ricorso a tali strumenti dovrebbe ritenersi discrezionale e non obbligatorio per le tipologie contrattuali autonome;
   in assenza di una precisa normativa e di opportune tutele il lavoratore autonomo che rifiuta di utilizzare i mezzi forniti dall'azienda corre il rischio di subire pressioni verbali e di vedersi revocare il mandato di agenzia o di consulenza;
   la situazione attuale pregiudica la possibilità di rispettare la dignità del lavoratore autonomo e di garantire il rispetto dell'autonomia contrattuale;
   il 1o aprile 2015 il Consiglio d'Europa ha rivolto ai 47 Stati membri una «raccomandazione» sui principi da seguire quando si legifera in tema di lavoro, privacy e nuove tecnologie. Ai punti 15 e 16 si fa esplicito riferimento alle tecnologie utilizzate per monitorare i lavoratori e a quei sistemi in grado di rivelare la loro posizione: il testo ribadisce che il monitoraggio dell'attività del dipendente non può essere lo scopo principale, bensì solo l'indiretta conseguenza di un'azione volta a proteggere la produzione e la salute e la sicurezza dei lavoratori. Al contrario, è fatto divieto assoluto di controllare «attività e comportamenti» dei dipendenti e di usare telecamere o altri sistemi di sorveglianza in spogliatoi, mense e aree ricreative. Viene ribadita poi la necessità di un confronto con le organizzazioni sindacali –:
   quale orientamento intenda esprimere in riferimento alla situazione dei lavoratori autonomi e quali iniziative intenda intraprendere per salvaguardare la libertà, la riservatezza, la dignità dei lavoratori e, soprattutto, il rispetto della autonomia contrattuale;
   quali iniziative intenda assumere per prevedere sanzioni, e di che tipo, per eventuali pressioni indebite, occulte e verbali da parte delle aziende nei confronti dei lavoratori autonomi. (4-08964)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   OLIVERIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   con circolare Agea dell'11 ottobre 2013, l'ente pagatore ha stabilito che, ai fini dell'ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro, fosse obbligatorio procedere al pascolamento diretto, annullando la possibilità di effettuare il pascolamento da parte di terzi, come da sempre consentito;
   a seguito del ricorso al Tar da parte di alcuni operatori, con l'ordinanza n. 1010 del 6 marzo 2014, la terza sezione del Consiglio di Stato ha accolto l'istanza cautelare, sospendendo l'efficacia della circolare Agea dell'11 ottobre 2013;
   Agea, dandone avviso Con circolare dell'11 marzo 2014, ha comunicato che, per la sola campagna 2014, veniva dunque sospesa l'efficacia della circolare dell'11 ottobre 2013, riconoscendo pertanto la possibilità di utilizzare il pascolamento presso terzi;
   di conseguenza, molti operatori del settore hanno fatto domanda, per il 2014, tramite l'opzione del pascolamento tramite terzi, come permesso dallo stesso modulo di richiesta della domanda unica;
   la recente sentenza del Tar del 19 gennaio 2015, però, entrando nel merito, ha rigettato il ricorso presentato nel 2014, restituendo validità alla circolare sospesa. Agea ha quindi disposto il blocco dei pagamenti per le domande non ancora liquidate e pare sia intenzionata a procedere al recupero delle somme che ora considera indebitamente percepite;
   il nuovo dispositivo crea fortissime preoccupazioni tra gli operatori del comparto. Nella difficile congiuntura del settore, per anni gli agricoltori – in particolare in Calabria, ma anche in tutta l'Italia meridionale – hanno sopperito alla loro necessità di ettari tramite l'affitto di superfici agricole, tra le quali quelle a pascolo magro, rispettandone l'ammissibilità e la condizionalità con il pascolamento tramite terzi, come appunto da sempre consentito dall'organismo pagatore, seguendo una prassi che ha creato una consuetudine;
   la nuova PAC introduce la possibilità di utilizzo del pascolo presso terzi in quelle regioni dove tale pratica è consuetudine;
   il quadro normativo risulta quindi ancora indefinito, in fase di evoluzione e in questa situazione fluida gli allevatori hanno continuato ad adottare la pratica del pascolamento tramite terzi, dato che tale pratica risultava loro consentita;
   al momento, il problema maggiore – oltre al mancato pagamento della domanda 2014 relativa ai pascoli presso terzi, dopo che la stessa Agea aveva dato il via libera a tale forma di utilizzo – è l'incidenza che avrebbe il mancato versamento dei pagamenti diretti del 2014 sul futuro valore dei titoli disaccoppiati che verranno assegnati nel 2015 –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga di assumere con urgenza ogni iniziativa di competenza per sanare la situazione relativa all'ammissibilità delle domande di pascolamento da parte di terzi delle superfici dichiarate a pascolo magro per l'anno 2014;
   quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per fornire agli allevatori – in particolare calabresi e dell'Italia meridionale – un quadro normativo certo, anche alla luce delle previsioni introdotte dall'entrata in vigore della nuova politica agricola comune. (5-05457)

SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   come riportato dagli organi di stampa calabresi (esempio La Gazzetta del Sud del 20 aprile 2015), il dottor Antonio Belcastro è stato nominato, dalla giunta regionale guidata dal presidente Mario Oliverio, commissario dell'Azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini» di Catanzaro;
   tale nomina ha di fatto revocato il provvedimento con cui l'allora commissario ad acta per l'attuazione per il piano di rientro dal disavanzo sanitario per la regione Calabria, il generale Luciano Pezzi, aveva conferito ad altri le medesime responsabilità dirigenziali;
   come infatti si legge su un comunicato stampa della regione Calabria del 22 luglio 2014, «la Giunta regionale si è riunita presieduta dalla Presidente f.f. Antonella Stasi con l'assistenza del Dirigente generale Francesco Zoccali. Su proposta della presidente Stasi è stato nominato il nuovo Direttore generale dell'azienda ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro. È Antonio Belcastro, attuale Commissario della stessa Azienda»;
   Belcastro veniva dunque nominato commissario con deliberazione n. 299 nella seduta del 22 luglio 2014;
   il 24 ottobre 2014, come detto, il commissario Pezzi con il decreto del Commissario ad acta n. 76 disponeva «di annullare la delibera della Giunta regionale n. 299 del 22 luglio 2014 relativa alla nomina del dottor Antonio Belcastro a Direttore generale dell'Azienda ospedaliero-universitaria “Mater Domini” di Catanzaro»;
   tale annullamento, secondo quanto si legge ancora nel decreto del commissario ad acta, dipendeva dal fatto che la delibera di nomina in questione era un «atto illegittimo in contrasto con la normativa vigente e con il parere reso dai Ministeri affiancanti e, comunque, di ostacolo per il raggiungimento degli obiettivi del Piano di Rientro e più in particolare alla governance del sistema sanitario calabrese»;
   ciò anche perché l'atto risultava essere «eccedente l'ordinaria amministrazione adottato dalla giunta regionale in regime di prorogatio in violazione dell'articolo 33 della statuto della regione Calabria, interpretato alla luce dei principi costituzionali che regolano la prorogatio degli organi elettivi e di governo regionali e dell'articolo 3 del decreto-legge del 16 maggio 1994 n. 293, con conseguente situazione d'illegittimità nella direzione delle Aziende che pregiudica l'adozione delle misure urgenti attuative del piano di rientro»;
   a parere degli interpellanti, secondo il principio logico del tertium non datur, delle due l'una: o la giunta può in proposito procedere in autonomia – e allora poteva farlo anche quando era guidata dal presidente facente funzioni Antonella Stasi – oppure occorre sempre un atto di recepimento del commissario governativo per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario;
   stando così le cose, sul piano sistematico va da sé che per revocare un atto di nomina del citato commissario ne serva uno della stessa specie, sicché l'ultima deliberazione della giunta regionale non produrrebbe, per sua natura, codesto effetto. Resterebbero in carica, dunque, i direttori generali facenti funzione già incaricati dal commissario Pezzi;
   non è la prima volta che la giunta regionale guidata da Mario Oliverio nomina in autonomia commissari di aziende sanitarie senza che vi sia un atto di recepimento del commissario governativo, Massimo Scura;
   la prima firmataria della presente interpellanza, a riguardo, ha già presentato l'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-05371 del 16 aprile 2015, in cui si solleva il caso di Santo Gioffrè, nominato commissario dell'azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria;
   tale incarico è però, ad avviso degli interpellanti, per legge inconferibile, secondo quanto prescritto dal comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 39 dell'8 aprile 2013, per il quale «gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della ASL»;
   la riferita inconferibilità è rafforzata dalla normativa regionale calabrese, che equipara il ruolo di commissario in questione a quello di direttore generale;
   il summenzionato Gioffrè – già assessore ai beni e alla attività culturali e alla protezione civile della provincia di Reggio Calabria durante la presidenza di Giuseppe Morabito (2006-2011) e segretario cittadino del Partito democratico – nel 2013 è stato candidato a sindaco di Seminara (Reggio Calabria);
   accanto al succitato incarico di commissario dell'Asp di Reggio Calabria per Santo Gioffrè, desta stupore anche la nomina, disposta il 4 aprile 2015, a direttore amministrativo dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria per Giulio Carpentieri, pensionato e già dirigente del consiglio regionale della Calabria;
   detta nomina è avvenuta, sempre ad avviso degli interpellanti, in contrasto con il contenuto di una recente deliberazione, depositata in data 21 novembre 2014, in cui la Corte dei conti ha precisato in via preliminare che «le nuove previsioni dettate dall'articolo 6 del decreto-legge 90 del 2014 hanno quale antecedente l'articolo 25 della legge 724 del 1994 che, al dichiarato fine di garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa, vieta il conferimento al personale delle pubbliche amministrazioni cessato volontariamente dal servizio per l'ottenimento della pensione di anzianità, da parte dell'amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali lo stesso personale ha avuto rapporti di lavoro o di impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio, di incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca»;
   la portata della nuova disposizione appare, pertanto, più ampia della stessa cosiddetta «circolare Madia» (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2015) che – come riassunto dal giornalista Paolo Pollichieni, in un articolo apparso sul portale della testata giornalistica Il Corriere della Calabria – «impone di evitare che i burocrati mandati a casa escano dalla porta per rientrare dalla finestra che il politicante di turno gli spalanca improvvidamente»;
   la Corte dei conti ha sottolineato come «non è più necessario che l'oggetto del conferimento consista in attività o mansioni già svolte in precedenza, essendo il divieto esteso a qualunque incarico di studio e consulenza. L'ambito di applicazione della disposizione, pertanto, abbraccia, oltre alle prestazioni di lavoro autonomo, anche incarichi dirigenziali e direttivi, nonché le cariche in organi di governo (con esclusione, ovviamente, delle cariche elettive), includendo nel perimetro applicativo qualunque tipologia di incarico dirigenziale (a tempo indeterminato, a tempo determinato, di natura fiduciaria) e direttivo»;
   oltretutto, le nomine dei commissari in argomento necessitano sempre, per come ribadito dai ministeri affiancanti in sede di tavolo Massicci, di specifico atto di recepimento da parte del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, come peraltro si può leggere in un articolo del 9 dicembre 2014 pubblicato sul portale web della testata Il Corriere della Calabria a firma di Pietro Bellantoni, che per la nomina di Alessandro Moretti a direttore generale dell'Asp di Cosenza scrisse, con riferimento al citato Commissario Pezzi: «Al fine di provvedere alla stesura del provvedimento definitivo di recepimento della nomina, come richiesto dai ministeri affiancanti, ha chiesto al dipartimento Tutela della salute elementi di informazione in ordine all'istruttoria svolta per l'individuazione del dottor Alessandro Moretti» –:
   se il Governo confermi che le nomine dei dirigenti sanitari debbano in ogni caso essere recepite, per le regioni sottoposto al piano di rientro dal disavanzo sanitario, con atto del commissario ad acta e quali iniziative intenda assumere per rendere sempre effettivo tale obbligo.
(2-00951) «Nesci, Grillo, Silvia Giordano, Baroni, Di Vita, Lorefice, Mantero, Dadone».

Interrogazioni a risposta scritta:


   L'ABBATE, GALLINELLA, PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, BENEDETTI e GAGNARLI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Regolamento (UE) N.1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori si applica a decorrere dallo scorso 13 dicembre 2014 e riguarda tutti gli alimenti destinati al consumatore finale, inclusi quelli per il consumo immediato presso ristoranti, mense, scuole, ospedali ed esercizi di ristorazione;
   a norma dell'articolo 26, paragrafo 5 del suddetto regolamento, la Commissione europea avrebbe dovuto presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, entro il 13 dicembre 2014, una relazione sull'indicazione obbligatoria del paese d'origine o del luogo di provenienza per una serie di alimenti, tra cui la carne cunicola;
   tale relazione, ad oggi non presentata, è molto importante per gli allevatori di conigli italiani ed europei che da anni denunciano le distorsioni del mercato, nazionale e comunitario, a causa della mancata obbligatorietà dell'indicazione di origine dei loro prodotti;
   come noto, alcuni Paesi, tra cui Germania e Belgio, importano una quantità notevole di carni cunicole dai più grandi produttori mondiali quali Cina e Venezuela vendendo sul mercato europeo prodotti senza alcuna indicazione di provenienza a discapito dei mercati comunitari come quello italiano leader del settore;
   in mancanza dell'obbligatorietà dell'origine si viene a creare una discriminazione per le carni cunicole che disattende gli articoli 12, 13 e 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardanti la protezione dei consumatori, il diritto all'informazione e alle esigenze di benessere animale e si lascia spazio a numerose frodi in ambito comunitario –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di tutelare la salute dei consumatori atteso che i conigli di provenienza extra-Ue non sono sottoposte alle normative sanitarie europee e contrastare la concorrenza sleale derivante dall'assenza dell'etichettatura obbligatoria di origine e quali siano le motivazioni che giustificano il ritardo nella presentazione della valutazione d'impatto sull'estensione dell'etichettatura obbligatoria dell'origine anche per le carni di coniglio. (4-08963)


   BECHIS. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nella cosiddetta «Terra dei fuochi», un'area molto vasta che si estende tra le province di Napoli e Caserta, comprendendo i comuni di: Giugliano, Qualiano, Villaricca, Mugnano, Melito, Arzano, Casandrino, Casoria, Caivano, Grumo Nevano, Acerra, Nola, Marigliano, Pomigliano, Parete, Casapesenna, Villa Literno, Santa Maria Capua Vetere, Casal di Principe, Aversa, Lusciano, Marcianise, Teverola, Trentola, Frignano, Casaluce, esistono molte discariche abusive in cui vengono smaltiti molteplici tipologie di rifiuti, in particolar modo, quelli speciali, che comprendono quelli derivati da attività di demolizione, costruzione, da lavorazione industriale e artigianali, da attività commerciali o di servizio e quelli derivati da macchinari, combustibili, veicoli a motore;
   questi rifiuti divengono ancora più inquinanti nel caso in cui il loro smaltimento avvenga in maniera rudimentale;
   la presenza di queste discariche, oltre a creare danni all'ambiente, sono nocive per la salute dei cittadini residenti nei suddetti comuni;
   numerosi studi medici dimostrano la stretta correlazione esistente tra inquinamento ambientale e salute pubblica e numerose sono le testimonianze di medici i quali affermano che ciò ha causato un aumento delle patologie neoplastiche, come è avvenuto nel comune di Acerra (Napoli), appartenente all'ASL2 Napoli Nord, dove nel triennio fra 2009 e 2012, si è registrato un aumento di malati tumorali del 300 per cento;
   il medesimo aumento di patologie neoplastiche si è registrato in molti comuni della provincia di Caserta, dove oltre alla presenza di versamenti e smaltimento di rifiuti tossici, si aggiungono attività estrattive di cemento;
   dal sito on-line dell'Associazione italiana registri tumori, si apprende che i registri dei tumori (reparto di epidemiologia deputato alla raccolta, codifica, elaborazione ed analisi delle informazioni relative ai casi di neoplasie diagnosticate in una determinata area), presenti nella regione Campania sono 2 (due). Il primo, a seguito della delibera di estensione del proprio territorio di riferimento, n. 125 del 13 marzo 2012, copre l'intero territorio della ASL Napoli 3 sud mantenendo la copertura anche dei distretti sanitari n. 46 – Acerra – e 47 – Casalnuovo, già precedentemente coperti dal Registro ma confluiti nella ASL Napoli 2 Nord, copertura che viene effettuata nelle more della realizzazione del registro Tumori dell'ASL Napoli 2 Nord. Attualmente, quindi, il territorio di riferimento del registro tumori della regione Campania c/o l'ASL Napoli 3 sud è di 686,5 Kmq, strutturato su 59 comuni e comprensivo di una popolazione di 1.170.000 abitanti, pari al 20 per cento della popolazione della regione Campania;
   il registro tumori di popolazione è stato istituito nel luglio del 1995 dalla ex Azienda sanitaria locale Napoli 4 (delibera DG del 15 luglio 1995 n. 644/95). Nel dicembre del 2001 la regione Campania, con delibera di Giunta n. 6965 del 21 dicembre 2001, fa proprio il registro tumori della ASL Napoli 4, che diventa quindi il Registro Tumori della Regione Campania, e lo finanzia con fondi regionali mantenendo inalterata l'area di riferimento del Registro (il territorio dell'ASL Napoli 4), la struttura organizzativa ed operativa, la metodologia di lavoro. A seguito del nuovo assetto territoriale delle aziende sanitarie locali regionali, il registro tumori ha continuato la propria attività facendo capo alla ASL Napoli 3 Sud e, con delibera del DG n. 125 del 13 marzo 2012, il territorio di riferimento del Registro viene esteso all'intero territorio della ASL Napoli 3 sud. Sin dalla sua istituzione, e tutt'ora, le attività del Registro sono gestite tramite apposita convenzione tra la ASL e la sezione di Napoli della Lega italiana lotta contro i tumori;
   sul sito del registro tumori ASL Napoli 3 Sud, si precisa che l'aggiornamento della scheda è ferma al giugno 2014. Nella scheda di presentazione si dichiara che sono disponibili i casi 1996-2007 registrati sul territorio della ex ASL Napoli 4 (area di riferimento precedente l'estensione del registro tumori), e quelli per il periodo compreso tra il 2008 e il 2010 relativamente all'intero nuovo territorio di riferimento del Registro che comprende l'intera ASL Napoli 3 sud, più due Distretti Sanitari, il 46 e 47, appartenenti alla ASL Napoli 2 nord; (nuova popolazione di riferimento 1.170.000 abitanti);
   nella scheda si rimanda alla pagina www.registrotumorinapoli3sud.it dalla quale si evince che i dati sono limitati al 2009 senza aggiornamenti per il periodo successivo;
   un secondo registro dei tumori, è stato istituito a Salerno nel 1996 con delibera del consiglio provinciale ed ha iniziato l'attività di raccolta dati nel 1997 interessando una popolazione di 1.080.000 abitanti circa. Esso è stato accreditato nel 2004 da una specifica commissione AIRTUM;
   esso ha concluso la rilevazione dell'incidenza 1996 al 2003. I dati sono stati inviati alla banca dati AIRT (Firenze) per le prossime pubblicazioni nazionali ed internazionali mentre quelli relativi alla sopravvivenza non sono ancora disponibili poiché è in fase di completamento l'anagrafe dei residenti. Sul sito si legge che «a breve sarà disponibile la sopravvivenza dei casi diagnosticati nel periodo 1996-2003 alla data del 31 dicembre 2006.»; un terzo registro è stato istituito presso la ASL Caserta. Esso è attivo dal 2012, monitorando i 104 comuni e la salute dei 904.000 abitanti. Esso non ha ancora pubblicato nulla poiché sta completando la raccolta dei dati relativi alla registrazione del primo triennio di incidenza degli anni 2008-2010;
   dal sito AIRTUM si evince che altri 4 registri, afferenti ognuno a una ASL (ASL Napoli 2 Nord, ASL Napoli 1 Centro, ASL Benevento, ASL Avellino), sono in fase di start up, corrispondente al periodo di avvio della rilevazione dei dati di incidenza (relativi al periodo 2010-2012/13) e che solo al termine di questa fase potranno chiedere l'accreditamento ad AIRTUM. La ASL Napoli 2 Nord ha avviato l'attività per il triennio 2010-12 (32 comuni – 1.032.000 abitanti), la ASL Napoli 1 Centro ha avviato l'attività per il triennio 2010-12 (3 comuni – 1.010.000 abitanti), la ASL Benevento ha avviato l'attività per il triennio 2010-13 (78 comuni – 290.000 abitanti), quella di Avellino ha avviato l'attività per il triennio 2010-12 (119 comuni – 440.000 abitanti) –:
   se ritenga inoltre opportuno assumere iniziative per razionalizzare e mettere a regime il sistema di raccolta e analisi dei dati relativi all'inquinamento ambientale al fine di stabilire scientificamente il nesso esistente tra l'inquinamento detto e l'aumento dell'incidenza delle patologie neoplastiche ai danni dei cittadini inconsapevoli di vivere in territorio soggetti a tale rischio a causa della mancata attività di monitoraggio, studio e ricerca, potenziando quindi il ricorso alla prevenzione piuttosto che la cura, anche in considerazione delle importanti risorse economiche necessarie alla tutela della salute e alla scarsità delle stesse, in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, che ha statuito la competenza condivisa in materia di sanità posto che ciò ha causato un generalizzato aumento delle spese raggiungendo un debito pubblico complessivo nel settore sanitario pari a 24 miliardi di euro, con una esposizione notevole soprattutto nel regione Campania la quale da sola detiene il non invidiabile secondo posto per indebitamento tra tutte le regioni, per un importo pari a 3,8 miliardi, corrispondente al 15.83 per cento dell'intero debito sanitario nazionale. (4-08968)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:


   GALGANO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   acciai Speciali Terni spa, nota anche come AST, è una società italiana operante nel settore della metallurgia, siderurgia e informatica, fondata il 10 marzo 1884 con il nome di Società degli Alti Forni, Fonderie e Acciaierie di Terni;
   l'azienda, attraverso società controllate e partecipate in Italia e all'estero, è specializzata nella lavorazione e distribuzione di acciai (inox, basso legati e al carbonio) destinati principalmente ai settori alimentari, edili, casalinghi, elettrodomestici, energetici e all'industrie di base, siderurgiche e meccaniche;
   ad oggi, AST si qualifica come gruppo industriale leader per l'impiantistica moderna e sofisticata, per le innovazioni tecnologiche e produttive e per la qualità dei propri processi e prodotti, classificandosi come uno dei maggiori poli siderurgici mondiali;
   pertanto Acciai Speciali Terni spa ricopre un ruolo strategico nel panorama non solo nazionale, ma anche europeo e mondiale nella produzione di acciai speciali, essendo tra i primi produttori mondiali di laminati piani inossidabili e costituendo un imprescindibile pilastro economico per l'intera regione umbra e per il centro Italia;
   il polo siderurgico di Terni rappresenta il più grande sito industriale dell'Italia centrale e produce il 15 per cento del prodotto interno lordo umbro, occupando fra manodopera e indotto circa 5.000 lavoratori; a fine 2014 infatti il totale degli addetti era di circa 2.750 unità: di questi 2.230 erano impiegati in AST (Acciai speciali Terni), di cui circa 1.690 operai, 530 impiegati e 26 dirigenti, e circa 520 nelle società controllate;
   dal 2014 AST è controllata nuovamente dalla ThyssenKrupp che nel novembre 2013 ha riacquisito, tra le altre, le attività di parte di Inoxum, di AST e delle sue società controllate (SDF, tubificio e Aspasiel). Il passaggio è avvenuto dopo un periodo di due anni per effetto della cessione della proprietà da parte della multinazionale finlandese Outokumpu, che ebbe ad acquistare la proprietà del polo dalla stessa ThyssenKrupp il 7 novembre 2012; l'operazione, che si è resa necessaria a seguito della richiesta della Commissione europea antitrust per evitare la costituzione di imprese aventi posizioni dominanti sul mercato europeo, si è perfezionata con l'approvazione dell'Unione europea in data 13 gennaio 2014;
   in ragione di tale perfezionamento, ThyssenKrupp ha fornito alla Commissione europea un piano di attività sugli investimenti in AST e sugli interventi per migliorarne la redditività, sulla base del quale la Commissione ha ritenuto che l'acquisizione avrebbe preservato una concorrenza effettiva, mantenendo una quarta forza competitiva nel mercato dello spazio economico europeo dell’inox;
   successivamente ThyssenKrupp ha annunciato lo sviluppo e la presentazione entro il mese di luglio 2014 di un nuovo piano industriale al fine di rendere profittevole il sito di Terni, risanando i conti degli ultimi esercizi;
   nel luglio 2014 Thyssenkrupp – AST ha presentato un piano di rilancio che, al fine di rendere profittevole il sito di Terni, ne prevedeva un drastico ridimensionamento. Secondo le previsioni del management tedesco (nella persona dell'amministratore delegato Lucia Morselli e di Joachim Limberg in qualità di CEO dell'area «materials services» di ThyssenKrupp), il piano ipotizzava, entro l'anno fiscale 2015-2016, lo spegnimento di uno dei forni elettrici dello stabilimento e la riduzione dei livelli occupazionali di circa 550 unità, prevedendo altresì interventi sui costi in tutte le aree, per un risparmio stimato di 100 milioni di euro in 5 anni (39 milioni nei primi due anni più altri 61 da spalmare nel quinquennio);
   i licenziamenti previsti dal primo piano TK-AST erano così distribuiti: 220 nei primi due anni e 330 alla fine dei due anni; a questi si sarebbero aggiunti poi altri 400 dipendenti delle ditte esterne e dell'indotto. L'azienda ThyssenKrupp aveva infatti proposto anche un taglio del 20 per cento dei contratti stipulati con le ditte esterne, dalla manutenzione ai trasporti passando per la vigilanza, la pulizia e l'edilizia industriale per arrivare ad un licenziamento complessivo di circa 900-950 dipendenti dell'intero sito ternano, con prevedibili effetti sull'intero tessuto economico e sociale del ternano, che verrebbe sottoposto ad un forte depauperamento di risorse produttive ed occupazionali;
   i sindacati locali e nazionali hanno ritenuto «inaccettabile» il piano TK-AST e all'incontro del 25 luglio 2014 presso la Camera del lavoro di Terni gli stessi hanno definito il piano industriale dell'azienda come un piano finanziario che puntava al ridimensionamento e che sanciva la deindustrializzazione di Terni e dell'Umbria intera;
   il piano di licenziamenti presentato da ThyssenKrupp per AST avrebbe implicato costi sociali ed industriali elevatissimi, in termini di impatto sia sull'occupazione diretta delle imprese del gruppo sia sulla riduzione dei volumi di produzione, sulle attività e sulle imprese dell'indotto;
   nel corso della successiva trattativa sindacale è intervenuta da ultima la proposta dell'amministratore delegato Morselli, la quale proponeva una mobilità agevolata per circa 300 addetti con un incentivo economico di circa 80.000 euro, ma i sindacati locali ritennero inaccettabile questa condizione rigettando l'ipotesi di accordo sulla mobilità agevolata;
   in data 5 settembre 2014, dopo un confronto durato oltre quattordici ore, presso il Ministero dello sviluppo economico, la proprietà delle Acciaierie Speciali Terni ha sottoscritto una intesa con le organizzazioni sindacali in base alla quale la Thyssen Krupp ha ritirato la procedura di mobilità per circa 550 lavoratori dipendenti nonché la disdetta del contratto collettivo integrativo sociali ed ha stabilito il termine del 5 ottobre 2014 entro il quale trovare una soluzione condivisa in merito al piano di ristrutturazione proposto dall'azienda a tutela dei livelli occupazionali e della capacità produttiva del sito umbro;
   purtroppo il 9 ottobre 2014 il «fitto calendario di incontri» deciso al tavolo del Ministero per discutere il piano industriale di ThyssenKrupp, nella speranza di trovare una composizione tra gli interessi di efficientamento dell'azienda e la richiesta di tutele dei lavoratori e dei livelli occupazionali, è sfociato in un nulla di fatto e il 10 ottobre 2014 l'azienda ha riattivato la procedura di mobilità per 537 lavoratori dipendenti (fra operai, quadri e impiegati: 473 per la sola AST, i restanti distribuiti nelle società controllate);
   l'annosa vicenda dell'azienda di Terni, prima in mani finlandesi che l'avrebbero voluta come centro produttivo dell'area mediterranea e poi, a causa di un abuso di posizione dominante nella produzione dell'acciaio inossidabile riconosciuto dall'autorità europea antitrust, nuovamente in mani tedesche che hanno ribaltato il piano espansivo dei finlandesi rafforzando gli stabilimenti in Germania a scapito di quelli italiani, ha provocato lunghi scioperi da parte dei lavoratori nonché scontri di piazza fra le forze dell'ordine e i manifestanti a partire dal mese di agosto 2014;
   in data 3 dicembre 2014, dopo quattro mesi di una delle vertenze più dure degli ultimi trent'anni, è stato siglato il nuovo accordo per l'Ast di Terni e le controllate Aspasiel, Sdf e Tubificio;
   tale accordo modifica profondamente il piano industriale di ridimensionamento del 17 luglio, prevedendo un piano di ristrutturazione, rilancio e sviluppo su quattro anni che si pone l'obiettivo di garantire: almeno un milione di tonnellate di fuso; il mantenimento dei 2 forni; un significativo piano di investimenti; una politica commerciale adeguata; la gestione delle eccedenze attraverso la fuoriuscita esclusivamente volontaria e incentivata, evitando di fatto licenziamenti coatti; la tutela dei contratti a tempo determinato e degli apprendisti; il nuovo contratto integrativo che prevede: il mantenimento delle maggiorazioni notturne e dell'indennità domenicale, un premio per tutti di 723 euro detassati e decontribuiti, un percorso che garantisce la tutela anche ai lavoratori delle ditte terze. Nel corso dell'ultima fase della trattativa è stato respinto il tentativo dell'azienda di introdurre la cassa integrazione guadagni straordinaria per 400 lavoratori per 24 mesi;
   a seguito del recente annuncio della vendita della controllata Vdm (società specializzata nel business delle leghe speciali) da parte della Thyssenkrupp, nei giorni scorsi i sindacati nazionali e locali, preoccupati per le possibili pericolose ripercussioni su Ast, hanno chiesto al Ministro dello sviluppo economico un urgente incontro in sede governativa per la verifica dell'accordo del 3 dicembre 2014. Nella nota congiunta firmata da Fiom, Fim, Uilm, FismiceUgl si legge «Tale richiesta, già, inoltrata, ha assunto un carattere di urgenza a fronte di quanto determinatosi negli ultimi giorni che, dal nostro punto di vista non è in linea con quanto concordato nell'accordo del 3 dicembre 2014. La suddetta richiesta è ancor più necessaria in considerazione del fatto della ferma volontà, da parte del management di Ast, di non voler ripristinare le corrette relazioni sindacali. Ciò è dimostrabile dall'improvviso sottrarsi, in sede locale, al confronto sulle tematiche dell'accordo stesso»;
   sono quindi due i motivi alla base della richiesta: l'improvvisa vendita da parte della multinazionale della controllata Vdm e la riorganizzazione aziendale che sarebbe stata decisa dal management al di fuori della contrattazione sindacale, mettendo a repentaglio sia la sicurezza, sia gli obiettivi di produzione aziendali sottoscritti nell'accordo;
   nel comunicato della ThyssenKrupp che ha annunciato la vendita di Vdm, riacquistata a fine 2013 dai tedeschi da Outokumpu, la multinazionale è tornata a dire di aver sempre sottolineato di non aver intenzione di mantenere le due società (Vdm e Ast) «nel medio-lungo termine»; tuttavia la cessione della società specializzata nel business delle leghe speciali potrebbe avere ripercussioni sul brevissimo termine;
   ThyssenKrupp ha annunciato la vendita di Vdm Group a Lindsay Goldberg, un fondo americano con sede in Europa a Düsseldorf. Il valore dell'operazione non è stato divulgato, ma il colosso industriale tedesco ha sottolineato che influirà positivamente sulla sua, situazione finanziaria. La vendita consentirà inoltre al colosso tedesco dell'acciaio di ridurre «l'esposizione al settore volatile dei materiali supportando l'obiettivo strategico di rendere ThyssenKrupp un gruppo industriale diversificato e portando a una correzione del book value di circa 100 milioni di euro»;
   i sindacati hanno sottolineato: «Oltre alla necessità di mantenere in equilibrio le produzioni tra area a caldo e area a freddo, abbiamo sempre chiesto al management aziendale quale futuro potesse avere il titanio. Negli ultimi anni Ast ha eseguito la produzione in conto lavorazione per Vdm fino allo scorso autunno. Come sindacato denunciammo che il mercato che aveva in passato Titania, per le scelte poco lungimiranti effettuate in Germania anni orsono, in poco tempo fosse andato distrutto, con i clienti che si sono dispersi». «Dall'accordo del Mise, Ast ha affermato in più di una circostanza la volontà di rimanere nel mercato del titanio. Come sindacato abbiamo chiesto al management aziendale cosa abbia messo in campo per valorizzarne la strategia commerciale, quali azioni siano state elaborate per creare gli stock strategici, senza ottenere risposte esaustive e di prospettiva. Ora il tempo sta scadendo. Il sito di Terni deve attrezzarsi il più velocemente possibile per non perdere questo business sicuramente di nicchia ma dall'elevato valore aggiunto, che per anni è rimasto strategico nelle logiche aziendali»;
   nell'accordo firmato il 3 dicembre 2014 le parti si erano impegnate a rilanciare la produzione del titanio, che ora è a rischio smantellamento ed è una delle produzioni di Ast che hanno fatto la forza del sito siderurgico di Terni –:
   quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere per assicurare il rispetto dell'accordo del 3 dicembre 2014 e salvaguardare la realtà produttiva ed occupazionale del polo ternano e il patrimonio di competenze produttive acquisite negli anni, tutelando il valore strategico che AST ricopre per l'economia umbra e italiana, scoraggiando fenomeni di smantellamento e delocalizzazione industriale che provocano il depauperamento delle risorse produttive del Paese e garantendo il rilancio del settore dell'acciaio e dell'intero settore industriale siderurgico, la cui perdita rappresenterebbe un duro colpo per la politica industriale italiana. (3-01464)

Apposizione di una firma ad una mozione.

  La mozione Oliverio e altri n. 1-00817, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zappulla.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Scagliusi n. 4-08854, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Grande, Spadoni, Manlio Di Stefano, Sibilia, Di Battista.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Chimienti e altri n. 5-05444, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Dadone, Castelli, Della Valle, Crippa, Busto, Paolo Nicolò Romano.

  L'interrogazione a risposta scritta Alberti n. 4-08954, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Cominardi, Businarolo, Sorial, Spessotto, Zolezzi, Basilio, Tripiedi, De Rosa.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Mongiello e altri n. 5-05452, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 aprile 2015, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Capone, Zanin, Capozzolo.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in Commissione De Rosa n. 7-00621, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 389 dell'11 marzo 2015.

   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche o semplicemente rifiuti elettronici (talvolta citati anche semplicemente con l'acronimo RAEE), sono rifiuti di tipo particolare che consistono in qualunque apparecchiatura elettrica o l'elettronica di cui il possessore intenda disfarsi in quanto guasta, inutilizzata, o obsoleta e dunque destinata all'abbandono;
    in Italia la materia è regolamentata dal decreto legislativo 14 marzo 2014, n. 49, in attuazione della direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE);
   al capo I del decreto legislativo n. 49 del 2014, «Sistemi di gestione dei RAEE», la formulazione attuale del comma 3 dell'articolo 9 («I sistemi individuali») e del comma 10 dell'articolo 10 («I sistemi collettivi») è poco chiara, e potrebbe quindi creare qualche dubbio interpretativo. La ratio della norma è quella di prevedere un'adeguata certificazione che garantisca la correttezza dell'operato dei sistemi: sebbene l'interpretazione corretta sia quindi quella di prevedere una sola certificazione (ISO o EMAS o altro sistema), l'attuale formulazione potrebbe determinare qualche incertezza tra i soggetti interessati; infatti, non esplicitando in maniera chiara che una certificazione esclude le altre, qualora fosse attuata in modo erroneo (nel senso cioè di imporre ai sistemi collettivi o individuali sia le certificazioni ISO 9001 e 14001 sia la registrazione EMAS), questa disposizione comporterebbe un inutile aggravio di costi e procedure, essendo ciascuno dei due sistemi di certificazione da solo, sufficiente a garantire il raggiungimento dei requisiti richiesti dal decreto,

impegna il Governo

ad intervenire sul quadro normativo al fine di chiarire che è sufficiente possedere una delle certificazioni previste ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo n. 49 del 2014, in modo da superare l'ambiguità della norma attuale.
(7-00621)
«De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Mannino, Segoni, Terzoni, Zolezzi».

Ritiro di un documento di indirizzo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: risoluzione in Commissione Faenzi n. 7-00649 del 1o aprile 2015.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Nesci n. 5-05443 del 24 aprile 2015.

ERRATA CORRIGE

  Interrogazione a risposta scritta Carrozza n. 4-08756 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 407 del 13 aprile 2015.
  Alla pagina 23854, seconda colonna, dalla riga quarantaquattresima alla riga quarantacinquesima, deve leggersi: «radicale, stanziando 196.397 euro e ulteriori e ulteriori tagli sono previsti nel 2016 e nel 2017» e non come stampato.